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IL DE ANIMA DI ARISTOTELE

Spunti per una prospettiva attualizzante In base a una schematizzazione presentata da Aristotele stesso nel sesto libro della Metafisica1, il pensiero aristotelico normalmente (e scolasticamente) rappresentato come una tripartizione sistematica che divide diverse specie di sapere, il cui status determinato dalloggetto preso in considerazione. Poche volte, per, si consapevoli del rischio intrinseco ad assumere passivamente questo dato di fatto: la scissione tra un ambito teoretico e uno pratico/poietico che, in forza di un assunto mai argomentato e dovutamente sviluppato in senso critico, risulterebbero ciascuno in s e per s sussistenti e, di conseguenza, separati dallaltro. Per questo motivo, penso che sia giusto controbilanciare un simile approccio al pensiero di Aristotele con uno dallo spirito non altrettanto unilaterale, che pu svolgere per i nostri fini una funzione fortemente regolativa e dialettica. In una tale ottica mi vorrei prendere spunto dalle parti che Hegel dedica ad Aristotele nelle sue Lezioni sulla storia della filosofia. Qui Hegel - pur essendo un ammiratore e un profondo conoscitore di Aristotele, tanto da definirlo insieme a Platone un maestro del genere umano2- non prende in considerazione la distinzione tra scienze teoretiche, pratiche e poietiche e privilegia lunit{ della filosofia aristotelica. Hegel ci permette di vedere la filosofia di Aristotele come un unico discorso che, partendo dagli strumenti logico-dialettici necessari per ragionare e comunicare, arriva alla divina staticit del pensiero che pensa s stesso, comprendendo in s anche tutti gli aspetti dellumano. da tenere presente in un tale orizzonte interpretativo il filosofo tedesco non solo e si rivela un continuatore della scuola neoplatonica3. In questa luce la filosofia aristotelica supera ogni pregiudizio settario, e i richiami tra unopera e laltra possono essere considerati nella maniera pi fruttuosa; essa per utilizzare unefficace metafora schilleriana ci appare come un enorme fiume in piena di cui noi notiamo di volta in volta solamente i flutti illuminati che salgono in superficie e delle cui analogie e differenze dobbiamo farci carico. Infatti, solo uscendo da un approccio scolastico possiamo evitare ogni interpretazione meramente strumentale delle teorie aristoteliche e tentare di svelarne i punti di forza che, per Metafisica, 1025b-1026a 32 G. W. F. Hegel, Lezioni sulla storia della filosofia, vol. II, trad. it. a cura di E. Codignola e G. Sanna, Nuova Italia, Firenze, 1964, p.153. 3 Cfr. A. Ferrarin, Hegel and Aristotle, Cambridge University Press, Cambridge, 2001, pp.89101.
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certi versi ancora oggi, continuano a dar loro quella linfa vitale che le rende sempre pronte ad aprirsi alla nostra comprensione e a svelarci alcune condizioni operanti dietro la nostra maniera di essere, di pensare, di fare, di percepire. Quel contesto storico che non deve mai essere perso di vista in cui Aristotele vissuto non pu far altro che arricchire la nostra prospettiva: il punto di vista di Aristotele proprio per questo interessante, scoperto, chiarificatore, perch agisce sulla conclusione di unesperienza storico-culturale e ad un tempo di unevoluzione di una particolare problematica filosofica. E il suo risultato, lo vedremo, nuovo4.

De Anima. Tratti generali. Alla luce di quanto si appena detto possiamo leggere lincipit del De Anima, il trattato aristotelico sul quale intendo qui concentrarmi:
Poich consideriamo il sapere tra le cose belle e degne donore, e una forma di sapere pi di ogni altra o in rapporto al rigore o perch riguarda oggetti migliori e pi mirabili, per entrambi questi motivi possiamo ragionevolmente porre ai primi posti la ricerca sullanima. Sembra inoltre che la conoscenza dellanima contribuisca grandemente alla verit{ in tutti i campi, e specialmente alla ricerca sulla natura, giacch lanima come il principio degli animali. (De anima, 402 a 1-7).

Le verit{ che stanno al centro di questo trattato riguardano lintero ambito della conoscenza e investono pertanto anche le condotte pratiche delluomo. Ma dal momento che lanima il principio degli animali (ovvero del vivente), sar{ dapprima compito del fisico indagarne gli aspetti e le caratteristiche. Come accade anche altrove5, Aristotele intende in un primo momento vagliare le opinioni dei filosofi che lo hanno preceduto per vedere che cosa vi sia di vero e di falso nelle loro teorie. Questo itinerario storico-filosofico sulla concezione della psych prende lo spazio dellintero primo libro. Nel secondo libro lo stagirita entra pi nel dettaglio e, dopo aver definito in generale lanima come sostanza nel senso di forma, ovvero () lessenza di un determinato corpo 6 e averne distinto le tre funzioni fondamentali a cui corrispondono differenti L. Sichirollo, Giustificazioni della dialettica in Aristotele, Argala, Urbino, 1963, p. 17. Metaph., libro I, 983 a24 993 a27. 6 De An., 412 a 11-12.
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configurazioni del vivente (funzione nutritiva comune a tutti i viventi, funzione sensitiva comune agli animali e agli uomini e funzione intellettiva caratteristica degli uomini), passa ad analizzare le forme della percezione sensibile e i loro correlati oggettivi (i sensibili). Il terzo libro per la maggior parte dedicato allIntelletto e alla nota distinzione tra Intelletto Passivo e Intelletto Agente, che ha attirato su di s lattenzione della maggior parte degli interpreti. Lasciando da parte questa annosa questione, preferirei concentrarmi sulla maniera assolutamente innovativa in cui Aristotele considera la psych e la teoria percettiva che sviluppa nel secondo libro. Si vedr come la corretta considerazione della prima possa condizionare positivamente la lettura e linterpretazione della seconda. Prima di Aristotele possiamo identificare due maniere di definire lanima: da una parte (in un filone che da Omero arriva fino ai materialisti e ai fisicalisti) si considera lani ma come soffio vitale e principio del movimento, dallaltra parte (in un filone che dalle correnti orfico pitagoriche si sviluppa fino a Platone7) si pensa lanima come immortale e principio di conoscenza. Aristotele non soddisfatto completamente da alcuna di queste due correnti e ne prende le distanze sulla base di istanze metodologiche che lo porteranno alla sua innovativa definizione di anima sia come principio di vita corporea che di conoscenza. Del resto le posizioni del fisico e del dialettico, unilateralmente prese, non possono aiutarci a spiegare correttamente alcuna affezione dellanima e del corpo e si rivelano in ultima battuta vuote. Sembra che le affezioni dellanima abbiano tutte un legame con il corpo (403 a 17) e di costoro il fisico indica la materia, il dialettico la forma e lessenza (403 b 1). Il vero fisico - quello che si fa portatore di una teoria il cui valore scientifico non pu essere messo in discussione - non pu prescindere dal considerare le affezioni dellanima come inseparabili dalla materia fisica degli animali (403 b 18-19). Le affezioni dellanima sono proprio il punto da cui Aristotele parte. Esse sono definite come logoi enyloi, forme che implicano la materia e che nella materia si realizzano. Il termine enylos, fra laltro, non trova altre attestazioni in Aristotele n in altro autore classico. Ma la sua formazione (quasi sicuramente un neologismo aristotelico), rinvia senza dubbio ad una costruzione nella materia, e con ci esprime la connessione forte fra dato psichico e dato corporeo8. Da queste premesse e dalla confutazione delle teorie psicologiche dei predecessori emerge linnovativa posizione di Aristotele nel definire lanima e nel

Si tratta ovviamente di una semplificazione necessaria: una simile visione nella sua purezza si trova ad es. nel Fedone. Successivamente, a partire ad es. Repubblica e dal Fedro fino al Timeo, Platone complica e articola maggiormente il rapporto tra anima e corpo. 8 M. M. Sassi, Il De Anima nel quadro del pensiero aristotelico, www.gral.unipi.it, 2008.
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considerarne le propriet{ e le attivit{. Proprio allinterno di questo orizzonte teorico di cui lo stagirita si fa iniziatore, trova spazio una teoria della percezione che non pu tenere distinta una spiegazione puramente fisiologico-fisica (che va a spiegare il lato materiale del processo percettivo) da una spiegazione psichica (che va a spiegare il lato formale del processo percettivo). A questa concezione che vede uniti lato materiale e lato formale, orizzonte corporeo e orizzonte psichico, si soliti dare il nome di ilemorfismo. In seguito al fallimento e al superamento del dualismo mente-corpo, che ha trovato nella distinzione cartesiana tra res cogitans e res extensa una nuova configurazione in et moderna, le recenti filosofie della mente hanno subito il fascino dellilemorfismo aristotelico e ne hanno tentato pi o meno a ragione, a seconda dei casi un recupero in una nuova ottica.

Lilemorfismo aristotelico e le filosofie della mente. Come risulta evidente dalla lettura del saggio di Deborah K. W. Modrak Aristotle. The power of perception (University Chicago Press, Chicago, 1987), se vogliamo continuare a leggere in una prospettiva ragionevolmente attualizzante il De Anima e i Parva Naturalia, per indagarne le ragioni e svelarne i limiti, non possiamo fare a meno di confrontarci con le interpretazioni di questi scritti che, a partire dagli anni settanta del novecento, i cosiddetti filosofi della mente hanno proposto. Ma prima ancora, come ci suggerisce intelligentemente lautrice, bene misurarci con due assunti che ci permettono di individuare lo scheletro della teoria aristotelica qui in esame, senza il quale il confronto di cui sopra non avrebbe alcuna ragione di essere. Il primo di questi due assunti consiste nella possibilit reale di una lettura unitaria di De Anima e Parva Naturalia, che verrebbero in questo modo a costituire ununica esposizione di ununica teoria psicologica. Nellassumere questo punto di vista la Modrak si contrappone a quella corrente interpretativa iniziata da Werner Jaeger9 e che corrisponde al cosiddetto paradigma genetico-storico. Jaeger sosteneva la necessit{ di rileggere lintero pensiero di Aristotele e le sue opere come un progressivo distacco del filosofo da posizioni platoniche (che si ritroverebbero negli scritti essoterici) che giunge fino alla maturazione di un proprio sistema (di cui sarebbero testimoni gli scritti esoterici a noi giunti). Come noto, Jaeger, dopo aver sottoposto gli scritti aristotelici a unanalisi profonda e averli sezionati, li dispone lungo
9Cfr.

W. Jaeger, Aristotele. Prime linee di una storia della sua evoluzione spirituale, Nuova Italia, Firenze, 1935 (prima edizione tedesca 1923).

questa linea evolutiva. Per quel che riguarda le opere biologico-psicologiche, questo approccio stato portato avanti da Francois Nuyens10, il quale ha suddiviso la psicologia di Aristotele in tre fasi: una prima fase di stampo platonico (rappresentata dal dialogo Eudemo), una seconda detta di strumentalismo psico-fisico (documentata dai Parva Naturalia, dove il corpo sembra essere concepito come uno strumento dellanima), e infine una terza che coincide con lilemorfismo espresso nel De Anima. Mentre secondo Nuyens la visione strumentistica espressa nei Parva Naturalia incompatibile con quella ilemorfica teorizzata nel De Anima, i recenti studi hanno dimostrato, anche sulla base di forti evidenze testuali che qui non ho il tempo di riportare, come le due concezioni non siano contrastanti, ma anzi vadano ad integrarsi in un orizzonte di senso garante di una lettura unitaria di insieme e tutto sommato non problematica. Un simile approccio comporta inevitabilmente dei vantaggi per linterprete contemporaneo: the advantages that the unitarian approach affords to the interpreter of Aristotles psychology provides a strong prima facie argument for the thesis that Aristotle espouses a single psychological theory which finds expression in the Parva Naturalia as well as the De Anima11. Il secondo assunto fatto proprio dalla Modrak consiste nel riconoscere operanti nella psicologia aristotelica cinque principi (tre descrittivi e due prescrittivi) che ne vanno a costituire la cornice teoretica nella quale Aristotele inscrive la propria teoria. Vale la pena di elencare e di descrivere questi principi fondazionali: 1) Principio psicofisico (The Psychofisical Principle): il principio in base al quale, come abbiamo gi detto, Aristotele si distingue da un approccio riduzionista-materialista e uno dualista allanima. Le affezioni dellanima coinvolgono inevitabilmente anche il corpo. Affermare il carattere psicofisico degli stati psichici (come fa Aristotele nelle prime battute del De Anima) garantisce unanalisi del rapporto tra mente e corpo che non riposi su una concezione unilaterale e per s sussistente di una matrice unicamente formale o di una matrice unicamente corporea degli eventi psicologici che riguardano il soggetto. Proprio in ragione di questo, Aristotele pu permettersi di descrivere di volta in volta sia laspetto formale che laspetto materiale di un determinato fenomeno cognitivo senza che questi rimangano separati da una comune matrice psicofisica nella quale vedono la loro origine. Di conseguenza una potenzialit

Cfr. F. Nuyens, Lvolution de la psychologie dAristote, Vrin, Louvain, 1948. D. K. W. Modrak, Aristole. The power of perception, University Chicago Press, Chicago, 1987, p.12.
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presente nellanima descritta prima dal lato formale e poi incorporata nella materia corporea che ne rappresenta linseparabile correlato oggettivo in cui quella si realizza. 2) Principio dattualit{ (The Actuality Principle): il principio in base al quale una facolt cognitiva in potenza ci che nel suo oggetto in atto e attraverso il quale Aristotele risponde allottava delle aporie che aveva posto nel primo capitolo del primo libro: E qualora le attivit debbano venir prima, si potrebbe daccapo, chiedersi se si debbano esaminare i relativi oggetti prima delle attivit{, ad esempio loggetto sensibile prima della facolt{ sensitiva, e quello intellegibile prima dellintelletto (402 a 11-15). Questa problematica risolta da Aristotele nel quarto capitolo del secondo libro, laddove afferma: Ancor prima che le attivit{ si devono prendere in considerazione gli oggetti correlativi, poich di questi anzitutto, e per lo stesso motivo, che si deve trattare, ossia dellalimento, del sensibile e dellintelligibile (415 a 21-23). Il correlato oggettivo di una determinata funzione dellanima latto che alterando la corrispondente facolt{ dellanima la fa passare dalla potenza allatto. In questo senso lanima sembra un atto secondo rispetto alloggetto esterno, ma in una prospettiva teleologica essa ontologicamente anteriore: gli animali non vedono perch possano avere la vista, ma hanno la vista perch possano vedere.12 Aristotele in questa prospettiva in grado di concepire i processi fisici come cause della percezione. Un oggetto esterno, infatti, agisce sul senso esterno in virt di determinate caratteristiche in suo possesso e che si trasmettono attraverso un medio. Il medio, lorgano e loggetto sensibile devono possedere delle caratteristiche comuni (ad es. nel caso della vista questa caratteristica la trasparenza). Questo principio implica che un determinato atto mentale sempre diretto verso un oggetto e che la mente non si trova mai in una condizione di completa passivit verso un oggetto esterno, ma anzi alla sua percezione di esso si accompagna una coscienza di questo evento. 3) Il principio di rappresentazione del sensibile (The sensory representation principle): se loggetto verso cui diretto un atto mentale un sensibile, allora levento cognitivo in questione implicher{ lesercizio di una delle facolt{ costitutive della funzione percettiva dellanima. La rappresentazione sensoria prevede che ci siano delle caratteristiche sensibili che gli oggetti fisici possiedono in relazione al soggetto percipiente. Queste caratteristiche sensibili sono in atto come oggetti della percezione e sono conservate dalla phantasia. Tramite questo principio Aristotele amplia lo

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Cfr. Metaph., 1049 b 12-16.

spettro delle facolt che partecipano del processo percettivo, che si rivela qualcosa di pi complesso di unimmediata corrispondenza tra soggetto e oggetto. Nelluomo, ad es., la capacit di conservare delle immagini sensibili non pu prescindere dalle condizioni di linguisticit proprie della caratura razionale di tutte le sue condotte. 4) Principio analitico (The analytic principle): il primo di quella tipologia di principi che Modrak chiama prescrittivi. In base a questo principio ogni fenomeno psicologico deve essere scomposto nelle sue parti fondamentali che, una volta analizzate, potranno concorrere alla costruzione di una spiegazione del fenomeno nel suo complesso. Nellindagine aristotelica le parti in cui un fenomeno divisibile vengono sempre prima dellintero. per questo che, di fronte alla complessit delle funzioni vitali che una definizione generale attribuisce allanima, Aristotele scrive:
chiaro che una la definizione di anima allo stesso modo che una la definizione di figura. Infatti, come nel caso delle figure non esiste una figura oltre il triangolo e le figure che ne conseguono, cos, nel caso delle anime, non esiste unanima oltre quelle dette. Si potrebbe certo formulare per le figure una definizione comune, la quale per sar bens applicabile a tutte, ma non sar propria di nessuna figura, e lo stesso si potrebbe fare per le anime suddette. perci ridicolo, in questi ed altri casi, cercare la definizione comune, che non sar la definizione propria di nessun ente e non sar riferibile ad una specie appropriata e indivisibile, rinunciando a questultima definizione. Il caso delle figure simile a quello dellanima giacch sempre nel termine successivo contenuto in potenza il termine antecedente, e ci vale sia per le figure come per gli esseri animati ( 414 b 20-30).

Come la Modrak fa giustamente notare, il principio analitico costituisce un asse portante di tutto il pensiero aristotelico e lo si ritrova negli Analitici Posteriori cos come nellEtica Nicomachea. Nel De anima questo principio agisce non solo nellanalisi dei cinque sensi, ma anche nel rapporto che questi intrattengono con il senso comune, che come Aristotele precisa13non un senso speciale oltre agli altri cinque trattati nel secondo libro, ma deriva dallinterazione di alcuni di questi. 5) Principio psicofisico normativo (The normative psychophysical principle): il correlato prescrittivo dellomonimo principio descrittivo. Seguendo questo principio, quando prendiamo in considerazione un fenomeno psicologico non possiamo prescindere da una spiegazione che debba prendere in considerazione il carattere psicofisico che ne costituisce lessenza. Senza stare a spendere molte altre parole, possiamo concludere
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425 a 27-30.

con la Modrak: Aristotles treatment of all psychological phenomena (with the possible exception of noetic activity) is shaped and unified by a single methodological assumption.14 Tenendo ben fermi questi principi, che non possono esser persi di vista, mi accingo a passare in rassegna gli schieramenti delle filosofie della mente che hanno tentato di interpretare lilemorfismo aristotelico, il quale, trovandosi al di l di ogni concezione dualistica del rapporto anima-corpo, apparso ai cognitivisti incredibilmente attuale. Da una parte abbiamo il riduzionismo materialista-fisicalista che rappresenta una forma estrema di monismo naturalista: monista e naturalista chiunque, in qualunque modo e forma, si trovi ad aver accolto la tesi che unico il mondo in cui tutto realmente accade e che nulla di quanto in esso accade qualcosa di diverso da un processo o comportamento fisicamente osservabile e a proposito del quale nullaltro resterebbe da scoprire allorch fossero chiare le leggi secondo cui interagiscono i fattori elementari (anche essi fisicamente osservabili e fisicamente determinabili) che concorrono a produrlo. Fisicalisti si diventa solo quando si pensa che un mondo cos concepito sia pensabile solo come una gigantesca macchina al cui interno possono trovare posto solo altre macchine disposte a fungere da ingranaggi luna dellaltra .15 Risulta chiaro come un tale approccio, fortemente condiviso da ampi settori della filosofia di derivazione analitica negli anni trenta e quaranta del novecento, porti a identificare ogni evento di natura cognitiva con dei processi chimici ed elettrochimici in atto nel nostro cervello. Un simile paradigma lontanissimo dal riuscire ad appropriarsi del punto di vista di Aristotele, il quale esplicitamente avverso a ogni forma di riduzionismo materialistafisicalista16. Diversamente stanno le cose per il funzionalismo, nome col quale ci si riferisce a un modo di concepire il rapporto mente-cervello pi complesso rispetto allidentit{ immediata sostenuta dai riduzionisti. Negli anni sessanta, infatti, Hilary Putnam critic la Type Identity Theory, ovvero la tesi che mente e cervello non sarebbero altro che due modi diversi per definire una stessa cosa. Sulla scia di questa critica verso la fine degli anni sessanta questa lidentit{ di tipo lasci il posto allidentit{ cosiddetta di occorrenza (token-token identity), con la quale si veniva a descrivere in una maniera meno deterministica un rapporto tra mente e cervello chiamato di sopravvenienza. Si pensava, partendo da prove empiriche

Modrak, op. cit., p. 27. M. Barale, Sfondi e confini ontologici delle contemporanee filosofie della mente, in Nuova Civilt delle Macchine, 1/2006, pp. 79-104. 16 Cfr. Modrak, op. cit., pp. 43-49.
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indiscutibili, che, poich stati mentali dello stesso tipo possono essere implementati da stati cerebrali differenti, il rapporto tra mente (stati logici) e cervello (stati fisici) fosse quello che un software intrattiene con uno dei tanti hardware che gli permettono di realizzare i propri stati logici 17 . Questa teoria stata poi fatta propria e sviluppata come teoria computazional-rappresentazionale della mente dallo psicologo Jerry Fodor. Il funzionalismo, sulla base di una definizione degli stati mentali come stati funzionali degli organismi quali che siano, si profondamente interessato ad un proficuo confronto con lilemorfismo di Aristotele, giustamente pensato anchesso come un tentativo per evitare ogni estrema riduzione materialistica. Gli interpreti che hanno tentato una reinterpretazione della psicologia aristotelica sono, tra gli altri, lo stesso Putnam (allontanatosi da un paradigma a suo stesso parere immaturo del funzionalismo) e Martha C. Nussbaum. Questultima descrive in questo modo il tentativo interpretativo funzionalista: They (Putnam and the others) attempt to interpret Aristotles psychophysicalism in such a way as to avoid the difficulties of interactive dualism and reductive materialism, hoping to use functionalism to clarify the under-specified relation between the formal and the material-efficiente causes of thought18. Questo modulo interpretativo ha suscitato pi di qualche perplessit. Penso che queste siano completamente condivisibili, senza arrivare ad affermazioni estreme come quella di Myles Fredric Burnyeat che, partendo da una critica dellinterpretazione letteralista proposta da Sorabji, arriva a distruggere le fondamenta del discorso funzionalista dicendo che Aristotele non condivide il nostro concetto di materia e che, pertanto, all we can do with the Aristotelian philosophy of mind and its theory of perception as the receiving of sensible forms without matter is what the seventeenth century did: junk it19. Diversa e per molti versi molto pi condivisibile per la cornice istituzionale filosofica in cui si trova iscritta la posizione di S. Marc Cohen20 che, pur rifiutando ogni identificazione della teoria psicologica aristotelica con il funzionalismo, riesce a rivendicare loriginalit{ e lattualit{ dellilemorfismo. Secondo Cohen, infatti, se Burnyeat non ha tutti i torti nel rilevare i nodi problematici dellilemorfismo (ad es., per quel che riguarda la teoria percettiva il problema del senso che

Il modello al quale i funzionalisti si ispirano quello della Macchina di Turing, una macchina ideale in grado di manipolare i dati contenuti su di un nastro di lunghezza infinita secondo delle regole procedurali ben definite. 18 M. C. Nussbaum, Introduction in M. C. Nussbaum - A. O. Rorty (a cura di), Essays on Aristotles De Anima, Clarendon, Oxford, 1992, p.13. 19 M. F. Burnyeat, Is an Aristotelian Philosophy of Mind Still Credible? , in Nussbaum Rorty, op. cit., p. 26. 20 Cfr. S. M. Cohen, Hylomorphism and Functionalism, in Nussbaum Rorty, op. cit., pp17

assume la forma del sensibile senza assumerne la materia21), egli non altrettanto perspicace nel considerarli nella loro complessit. Infatti, se Burnyeat a ragione sostiene che la ricezione di una forma sensibile non pu essere identificata con un processo fisiologico, ci non significa che questa non richieda un processo fisiologico. A questo riguardo, dunque, il problema di un confronto tra ilemorfismo e funzionalismo non si pone (come vuole Burnyeat) tanto per il concetto di materia, quanto piuttosto per il fatto che linterpretazione funzionalista riconosce alla mente una causalit di tipo semplicemente formale, quando invece Aristotele22riconosce alla psych tre tipi diversi di causalit (rispettivamente: finale, formale ed efficiente). La conclusione di Cohen paradigmatica: The functionalist interpretation holds that psych is the form of a living body in the sense of an arrangement or functional organization of bodily components a formal cause. Explanations that appeal to such a cause will explain the properties and behaviour of an organism in terms of functional properties of its material components. But Aristotle (perhaps unwisely) was working with a richer conception of form. For him, form or essence can also be agent, an efficient cause. () The success of the functionalist interpretation seems to me depend on whether the apparent role of psych as efficient cause can be satisfactorily explained away23. Oltre ai due contributi appena riportati (troppo importanti e, da un certo punto di vista, esemplari per non soffermarcisi anche solo brevemente), penso che le critiche pi fondate ad un tentativo di interpretazione funzionalista dellilemorfismo aristotelico possano essere fatte proprio sulla base di quella costellazione di principi che va a costituire la sua cornice teoretica. Da questo punto di vista, i primi due capitoli del testo della Modrak sono di grande aiuto. Lautrice, infatti, non si limita a individuare la cornice istituzionale che sorregge il discorso di Aristotele, ma ne sottolinea lincompatibilit{ di principio con gli assunti fatti propri dai funzionalisti. Vediamole una per volta queste incompatibilit. 1) Se prendiamo il principio psicofisico che, come abbiamo visto, agisce alla base dellesposizione della psicologia aristotelica, pu sembrare che questo possa trovare un proprio analogo nel funzionalismo. Dobbiamo, per, tenere conto che con il nome funzionalismo possiamo descrivere due approcci che, pur condividendo una matrice comune nellanalisi del rapporto mente-corpo, sono antitetici: da una parte abbiamo funzionalisti che danno una definizione di stato psicologico indipendente da qualsiasi stato fisiologico; dallaltra parte molti funzionalisti sono materialisti convinti che gli Cfr. 424 a 17-21. 415 b 10-25. 23 Cohen, op. cit., p. 71.
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stati psicologici, alla luce di unanalisi funzionalista, possano essere identificati con stati neurofisiologici. La prima impressione che la stessa analisi aristotelica possa ricalcare questa scissione fondamentale del funzionalismo. Infatti, anche Aristotele non solo d una definizione formale degli stati psicologici senza trattare in alcun modo un correlato fisiologico, ma crede anche, daltra parte, che gli stati psicologici debbano trovare una realizzazione fisica. Ma a uno sguardo pi attento vediamo che Aristotele per prima cosa non condivide la definizione funzionale di stato psicologico tesa a rivelare il ruolo causale che questo assume rispetto ad altri stati interiori o comportamentali; e poi, dal momento che nel De Anima la definizione formale di stato psicologico non pu prescindere da un riferimento allesperienza fenomenica del soggetto, egli crede che solo passando da una descrizione di uno stato fisiologico possiamo arrivare a definire completamente lo stato psicologico corrispondente.24 2) Se vero che il principio psicofisico rappresenta la fondamentale originalit della psicologia aristotelica e, di conseguenza, la sua irriducibilit alle moderne filosofie della mente, questo non significa che gli altri principi non concorrano a evidenziare la peculiarit della prospettiva di Aristotele. In particolare, mi riferisco al principio analitico che, scomponendo ogni fenomeno psichico nelle sue parti fondamentali, intesse una fitta rete di rapporti tra il lato psicologico e quello fisiologico. Tale principio, per le ricadute che ha sullesposizione del filosofo greco, segna uno scarto decisivo rispetto a una posizione puramente funzionalista. La stessa cosa non pu dirsi per il riduzionismo che, nella sua corrente eliminativista, si servito del principio analitico per spiegare come tutti gli stati psichici, se scomposti nelle loro componenti pi semplici, possano essere descritti in termini di relazioni subatomiche tra le particelle che compongono le fibre della corteccia cerebrale. Da parte mia, mi limito a seguire la Modrak e a sottolineare come un simile utilizzo del principio analitico, strumentalmente impiegato per ricondurre uno stato psicologico ad uno fisiologico, non trova antecedenti in nessun luogo del De Anima. 3) Pi sopra ho parlato di come le principali correnti delle moderne filosofie della mente si siano distinte in base ai due diversi tipi di identit (identit di tipo e identit di occorrenza) che rilevano tra processi mentali e processi fisici. Ancora una volta, ad una lettura che non tenga conto dei principi teoretici che definiscono la cornice istituzionale della teoria aristotelica, pu sembrare che la posizione anti-dualistica di Il passo chiave ancora quello in cui Aristotele descrive le diverse definizione che un dialettico e un fisico danno della collera: cfr. 403 a 30 403 b 1.
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Aristotele possa essere ridotta ora alluna ora allaltra. Ma, sempre ammesso che sia lecito leggere in questa prospettiva alcuni passi aristotelici, what the modern identity theorist treats as two alternative descriptions of the same psychlogical state, one couched in mental terms and one couched in physiological terms, Aristotle would treat as alternative and incomplete descriptions of the same psychophysical state25. 4) Infine, sembra che un orizzonte critico come quello funzionalista perda di vista il contesto ontologico nel quale Aristotele inserisce il proprio soggetto, il suo modo di agire, pensare e interagire con il mondo esterno. Se, infatti, il funzionalismo attribuisce alla struttura operativa che chiama mente (software) il compito di permettere al cervello (hardware) di reagire agli input della realt (e solo in seconda battuta di interagire con essa), Aristotele, al contrario, non pensa mai il soggetto come un ente completamente passivo, ma anzi dimostra come anche la ricezione delle forme sensibili non preveda una sua completa passivit e possa essere spiegata fondamentalmente nei termini di uninterazione con il mondo esterno. Con questa ultima obiezione vorrei suggerire che esistono percorsi alternativi per aggirare lo scoglio rappresentato da una concezione dualistica del rapporto mente-corpo. Il percorso intrapreso dalle moderne scienze cognitive solidale con la matematizzazione, la naturalizzazione e la conseguente identificazione con un ente in s e per s sussistente e da ogni altro separato di qualsiasi realt. Facendo questo, le scienze cognitive hanno demolito la dimensione coscienziale che si accompagna alle manifestazioni proprie della soggettivit, vedendo in essa un fardello troppo pesante che ci stato lasciato dalla tradizione dualistica cartesiana. Un fardello che, alla luce dei dati empirici rilevati dalle scienze biologiche, risulta insostenibile. E cos, su questa strada, a dettare i canoni di una spiegazione dei fenomeni che definiscono il soggetto umano in tutta la sua complessit non vi pi il filosofo, ma il neurofisiologo. In quanto filosofo, in quanto allievo di una tradizione che parte da Platone e Aristotele, non me la sento di identificarmi con questo percorso. Penso che, per quel di cui si discute qui, un vero e proprio ritorno ad Aristotele, un fruttuoso confronto con la sua lezione, non possa prescindere da una lettura filosofica in chiave speculativa della sua opera. Proprio questo, a mio avviso, quello che si pu leggere nel testo della Modrak: ogni interpretazione della psicologia aristotelica che si rifiuti di vedere il contesto teoretico in cui questa viene elaborata non pu che essere parziale.

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Modrak, op. cit., p.47.

Aristotele oltre le scienze cognitive. Lobiettivo, adesso, duplice: compiere una critica fondata di quellapproccio matematizzante e naturalizzante nel cui solco si collocano le odierne scienze cognitive e proporre una rilettura speculativa della psicologia aristotelica. Concentrandomi dapprima sul primo obiettivo, penso che sia possibile e utile rinvenire un modello nella Fenomenologia dello Spirito di Hegel. Non questo, ovviamente, il luogo per fare una rilettura completa del percorso della coscienza protagonista del testo hegeliano del 1807, ma penso che sia necessario toccare un paio di punti. Il progetto della Fenomenologia dipende in tutto nel cogliere es esprimere il vero non come sostanza, ma anzi propriamente come soggetto26, come dice lautore nella Prefazione dellopera. A farsi portatrice di questistanza una coscienza che Hegel definisce naturale, la quale alle prese con dei drammi ide ntitari che la riguardano in prima persona. Il punto topico di questo percorso, quello che pi di ogni altro al centro del nostro interesse, lo troviamo nel momento Ragione, quando la coscienza naturale assume su di s i poteri di una Vernunft identificabili con il metodo matematico e con le logiche procedurali dei saperi nati dalla rivoluzione scientifica. Il primo gradino di una coscienza che si configura come razionale, dice Hegel, coincide con la certezza () di essere ogni realt. () Al modo in cui la coscienza che entra in scena come ragione ha in s immediatamente quella certezza, cos anche lidealismo la esprime immediatamente: Io sono Io27. Hegel intende rivelare i limiti di un idealismo che nelle Lezioni sulla storia della filosofia (non a caso, proprio mentre sta parlando della psicologia aristotelica) definisce falso28, e intende farlo in base a questioni di merito e di metodo 29. Una coscienza che si concepisce come ragione, ovvero come un potere in grado di ricondurre a s tutta la realt con il sostegno di leggi logiche in grado di garantire le condizioni di coerenza del suo discorso e del metodo matematico, non pu fare a meno di ricercare s stessa in ogni realt (proprio questa la naturalizzazione accennata sopra) ed pertanto definita come ragione osservatrice, ma quandanche la ragione rovistasse in tutte le viscere delle cose-oggetto, e ne aprisse tutte le Hegel, Fenomenologia dello Spirito, tr. It. a cura di G. Garelli, Einaudi, Torino, 2008, p.13. Id., op. cit., p. 158. 28 Id, op. cit., p. 350. 29 Si pensi a tal riguardo alla critica radicale che Hegel compie di scienze al suo tempo in voga, quali la Fisiognomica e la Frenologia, e di quelle che ancora oggi godono di una certa fortuna, quali la Psicologia e la Logica. Cfr. Hegel, op. cit., pp. 202-235.
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vene, nellintento di farne sgorgare se stessa, non avr{ questa buona sorta. Essa anzi, per poter sperimentare la propria compiutezza, deve prima trovare compimento in se stessa 30. In questa contraddizione di fondo nella contraddizione di una ragione idealisticamente concepita ed empiristicamente esercitata Hegel riconosce il triste approdo del soggettivismo moderno, da Cartesio a Fichte. Per criticare una simile forma di pensiero, della quale inevitabilmente per si riteneva figlio, il filosofo tedesco si rifatto proprio al De Anima di Aristotele31. Il punto di forza del testo aristotelico messo subito in chiaro: non dobbiamo aspettarci che Aristotele nella dottrina circa lanima ci dia una cosiddetta metafisica dellanima. Codesta considerazione metafisica difatti propriamente presuppone che lanima sia una cosa, per cui ci si chiede che sia, se sia semplice ecc. Il concreto genio speculativo di Aristotele non soccupa di codeste determinazioni astratte, ma, come abbiamo gi osservato, preferisce esaminare i modi della sua attivit; e se anche questa appare in generale come una serie di determinazioni successive, non riunite in un tutto secondo la necessit, tuttavia ciascuna di esse nella propria sfera intesa con esattezza e profondit{32. La filosofia immediatamente precedente, la quale pretende di indagare astrattamente le forme del conoscere, manca proprio di qui tratti che Hegel ritrova in Aristotele, cio la considerazione unitaria delle varie forme del vivere, sentire, sapere e volere in cui si articola la soggettivit in quanto vivente. Nel concetto di lgos nulos Hegel trova un concetto di anima pensata come costante attivit (termine con il quale il filosofo tedesco traduce il greco entelcheia). Necessariamente dice infatti Aristotele dunque lanima sostanza, nel senso che la forma di un corpo naturale che ha la vita in potenza. Ora tale sostanza atto, e pertanto lanima atto del corpo che s detto (412 a 20-22). Hegel commenta dicendo: che la forma attiva sia la vera sostanza, e la materia invece sia soltanto in potenza, un concetto veramente speculativo33. Ma se nel rapporto tra le tre anime Aristotele tocca il suo livello

Id., op. cit., p. 165. Testo al quale, e la cosa non pu essere casuale, dedica una approfondita lettura in ciascuno dei suoi corsi sulla storia della filosofia: Ora Hegel ha tenuto 9 volte corsi sulla storia della filosofia, a Jena (1805/1806), a Heidelberg (1816/07 e 1817/08), a Berlino (1819, 20/21, 23/24, 25/26, 27/28, 29/30): in ogni suo corso ha esaminato esattamente il De Anima, leggendo e commentando agli studenti la propria traduzione del testo greco (A. Ferrarin, Hegel interprete di Aristotele, ETS, Pisa, 1990, p. 87). 32 Hegel, op. cit., p. 344. 33 Id., op. cit., p. 347.
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speculativo pi alto34, proprio nelle pagine dedicate alla percezione che possiamo trovare gli argomenti contro quellatteggiamento che, ancora ai nostri giorni, continua a oscurare le ragioni operanti nascoste dietro una realt quale che sia e che ne impedisce, di conseguenza, ogni attualizzazione come verit razionale. Il ruolo rivoluzionario di queste pagine consiste proprio nel fatto che Aristotele non descrive il sentire come una pura passivit; anzi il subire, che inevitabilmente presente in ogni processo percettivo, non ha un unico significato: in una prima accezione una specie di distruzione da parte del contrario, in unaltra piuttosto la conservazione, da parte di ci che in atto, di ci che in potenza e che gli simile allo stesso modo che la potenza ha relazione con latto (417 b 1-5). Durante la sensazione, dapprima si d{ lazione dallesterno come passivit{, ma dopo interviene lattivit{ del soggetto a far proprio questo contenuto passivo. Infatti il soggetto, dal momento che subisce unalterazione perfectiva (e non corruptiva), deve appropriarsi del dato attraverso un processo che prevede una sua partecipazione coscienziale e una sua contestuale attivazione. Nella sensazione non si pu parlare di meccanica e passiva ricezione. Hegel passa di qui a criticare quella forma di soggettivismo che concepisce idealisticamente le forme della soggettivit{: con questo momento della passivit{ Aristotele non si trova certamente in condizione dinferiorit{ di fronte allidealismo; la sensazione per un certo lato sempre passiva. Ma falso idealismo quello il quale opina che la passivit e la spontaneit dello spirito dipendano dallessere quella data determinatezza interna o esterna, come se la libert{ si trovasse nella sensazione, che sempre una sfera della limitatezza. Altro il concepire quella

Secondo Franco Chiereghin, nella rilettura della Scienza della logica, uno degli aspetti caratterizzanti lorganizzazione sistematica del pensiero che Hegel espone nella sua opera di pi alta levatura speculativa la ricorsivit, che consiste nel fatto che alla conclusione di ogni ciclo i risultati raggiunti vengono utilizzati allinterno del nuovo ciclo che nel frattempo si apre. Un antecedente di questa procedura pu essere rinvenuta nel rapporto che Aristotele descrive tra le tre forme di anima che intrattengono tra loro rapporti di consecuzione (414 b 20- 415 a 13): Aristotele afferma lesistenza in ciascun vivente sempre di ununica psyche. () Il rapporto di consecuzione tra le anime fa s che le da un lato lanima inferiore sia la condizione materiale dellesistenza di quelle superiori. () Dallaltra parte, per, lanima vegetativa non contiene in potenza quella sensitiva n quella intellettiva. () Il fatto che il livello anteriore sia ora presente in quello posteriore in modo potenziale non significa che lanteriore sia sminuito o privato di alcune sue prerogative, ma al contrario: esso ora viene immesso in un nuovo ambito che ne arricchisce le caratteristiche in un modo che era impensabile dallinterno delle funzioni puramente vegetative. Altrettanto accade al comparire del livello intellettivo: il fatto che ora le funzioni vegetative e sensitive siano presenti in esso in potenza fa s che esse si lascino plasmare dal nuovo livello secondo una pluralit di possibilit espressive della loro natura che emergono in un modo indeducibile dalle loro precedenti forme di esistenza (F. Chiereghin, Rileggere la Scienza della logica, Carocci, Roma, 2011, pp. 25-26).
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data cosa, sensazione, luce, colore, vista, udito, ecc., sulla base dellidea: allora infatti si scorge che essa posta dallautodeterminarsi dellidea; altro il fatto per che, in quanto io esisto come soggetto individuale, lidea esiste in me come questo singolo individuo: allora posto il punto di vista della finitezza e quindi della passivit. Non quindi il caso di fare complimenti col sentire, n di fondare un idealismo sul fatto che a noi non venga nulla dallesterno, come ha inteso fare il Fichte35. Anche se espressa nel difficile linguaggio hegeliano, non difficile notare qui finalmente esplicitata dallo stesso Hegel uneffettiva critica del soggettivismo moderno. Ferrarin riassume bene questo punto con queste parole: Hegel thought that Aristotle had a superior conception of the unity of spirit than moderns, who remained entangled in their divisions and oppositions. () No absolute demarcation between sensibility and understanding can be affirmed as an ultimate truth. And it is Aristotle who is the ancestor of this thesis for Hegel. Differences between inferior and superior whithin subjectivity are differences of degree, not nature36. Proseguendo, durante le sue Lezioni, nella lettura del De Anima, Hegel non pu evitare di soffermarsi anche su questioni interpretative dal taglio pi specifico e filologico. In questi frangenti egli prende nettamente posizione per uninterpretazione spiritualista di quei passi aristotelici, che ancora oggi fanno problema e sono al centro del dibatitto37. In uno di questi passi aristotelici, Hegel trova una prova testuale fondamentale per la costruzione del proprio discorso. Da un punto di vista generale, riguardo ad ogni sensazione, si deve ritenere che il senso ci che atto ad assumere le forme sensibili senza la materia, come la cera riceve limpronta dellanello senza il ferro o loro: riceve bens limpronta delloro e del bronzo, ma non in quanto oro o bronzo (424 a 17-21). Uninterpretazione letteralista di questo passo non pu far altro che compromettere la comprensione del centro della questione. Di fatto la cera, infatti, non assume alcuna forma, invece lanima assimila la forma con la propria sostanza, perch essa in un certo modo tutto il sentito. Il paragone di Aristotele non si riferisce al fatto che la forma e resta esteriore alla cera, n vuol significare che lanima, come la cera, non abbia forma in se stessa38. Lanima non della cera passiva. Essa senza dubbio passiva nella sensazione, ma il suo subire anzitutto Hegel, op. cit., pp. 351-352. Ferrarin, op. cit., p. 95. 37 Per evitare fraintendimenti e anacronismi, da precisare che questi due filoni interpretativi sono sorti recentemente. Del filone letteralista inauguratore R. Sorabji, mentre di quello spiritualista M. F. Burnyeat. 38 Hegel, op. cit., p. 354.
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un ricevere la forma sensibile che prevede anche la sua contestuale attivit. La definitiva prova di una conciliazione tra attivit e passivit nella sensazione si ha, per Hegel, nel secondo capitolo del terzo libro del De Anima, laddove Aristotele scrive:
Latto del sensibile e del senso sono il medesimo ed unico atto, ma la loro essenza non la stessa: intendo, ad esempio, il suono in atto e ludito in atto. possibile infatti che chi possiede ludito non oda, cos come loggetto sonoro non sempre risuona. Quando per ci che capace di udire ode in atto, e ci che capace di risuonare risuona, allora ludito in atto e il suono in atto si producono simultaneamente (425 b 23 426 a 1).

Da una parte c un oggetto che risuona, dallaltra un soggetto che ode, ma queste due attivit, solo apparentemente distinte, sono unite in ununica attivit{: ludire. Una simile descrizione di un processo percettivo quale che sia si presta a essere riletta agli occhi di Hegel secondo il paradigma dialettico della differenza e dellidentit{. Il percepire lattivit{ che identifica due attivit, quella del sensibile e del senziente, poste come distinte e per s separate. Una tale interpretazione dai tratti fortemente speculativi sembra essere suffragata dallo stesso Aristotele quando, parlando del pensiero e della sensazione, dice:
Ma avviene come per quello che alcuni chiamano punto, il quale, in quanto uno e due, per ci stesso insieme divisibile e indivisibile. In quanto dunque ci che giudica indivisibile, esso uno e giudica simultaneamente; in quanto divisibile, usa due volte lo stesso punto simultaneamente. In quanto perci usa due volte il limite, giudica due oggetti separati e, in certo modo, separatamente; in quanto invece usa il limite come uno, giudica un solo oggetto e simultaneamente (427 a 10 -15).

La sensazione dunque allo stesso tempo uno e due, separato e inseparato, ed il senziente, con la sua attivit, a costituire il punto focale nella cui prospettiva si trova svelato questo procedimento dialettico. I vantaggi di una simile lettura che dal punto di vista metodologico non tiene distinta la teoria percettiva dal contesto teoretico nel quale viene elaborata e propende per una lettura metaforica dei paragoni di cui Aristotele si serve; e dal punto di vista dei contenuti costruisce fondatamente sui concetti speculativi consistono proprio nella possibilit di attualizzare la psicologia aristotelica. In questa prospettiva (la pi rigorosa per riportare ragionevolmente un modello antico alla nostra attualit) Aristotele pu rimanere per noi un forte punto di riferimento e, come ha fatto Hegel, possiamo servircene per criticare alcuni percorsi della modernit, ancora

oggi influenti, che concepiscono in maniera unilaterale il rapporto anima corpo (o, se si vuole, mente cervello). Su questa strada ci troviamo nel centro di una questione della pi alta complessit: in che cosa consistono in ultima istanza quelle dinamiche che determinano i modi di essere, di agire e di pensare delluomo? Senza ricadere in una prospettiva dualistica, siamo in grado di indicare un percorso alternativo rispetto a quello intrapreso da quelle filosofie della mente che, anche rifiutando ogni logica riduzionista, non si discostano comunque dal definire luomo e la sua pi intima essenza secondo il modello di una macchina. A mio avviso allora, forse il caso di ripartire dalla coscienza, da quella dimensione profonda della soggettivit, a partire dalla quale tutti i processi (anche quelli chimici e elettrochimici che hanno luogo nel cervello, se vogliamo) trovano la propria origine. In questo modo possiamo elaborare nella maniera pi profonda il rapporto delluomo con la realt che lo circonda: egli non si limita a reagire unidirezionalmente agli input che da questa realt gli derivano, ma in ogni momento si trova a interagire con essa sulla base di quelle domande che le ha posto e che trovano la loro matrice regolativa nei valori e nei significati che ad essa (alla realt in questione) ha contestualmente attribuito con la sua attivit. Scoprire il vero come Soggetto (Hegel) uno dei motivi per cui possiamo continuare ragionevolmente a porre la ricerca sullanima ai primi posti (Aristotele). Solo in una simile prospettiva possibile indagare lumano in tutta la complessit{ dei suoi aspetti, senza isolare il lato sensibile da quello intellettivo, quello teoretico da quello praticopolitico.39

Per un interpretazione dei modelli della soggettivit elaborati dal mondo greco che coglie nellontologia e nella politica aristotelica il profilo di un soggetto che, attraverso percorsi sotterranei, arrivato fino a noi, cfr. M. Vegetti, Lio, lanima, il soggetto, in S. Settis (a cura di), I Greci. Storia Cultura Arte Societ, I: Noi e i Greci, Einaudi, Torino, 1996, pp. 430-467.
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