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http://www.archive.org/details/gabrieledannunziOOborg
H V/a.-
CONTEMPORANEI D'ITALIA
II.
Edizioni della
Critica
1905).
La Nuova Germania
La Canzone paziente
d'imminente pubblicazione.
Di prossima pubblicazione:
in versi.
di
Brunilde, storia
Tbo
G. A.
BORGESE
Gabriele d'Annunzio
CON
BIBLIOGRAFIA,
RITRATTO
AUTOGRAFO
VNoS
ir; RI ym
WgF
,
i^BP
)^s5R^
IL^-5^=r4
NAPOLI
Riccardo Ricciardi editore
1909
PROPRIET LETTERARIA.
Tutti
diritti
di
TIPI
S.MORANO- NAPOLI
A mio
padre
compagna
della
sua solitudine
alpestre.
CHE COS'
IL
DANNUNZIANESIMO?
Ancora fermo
cora lontano
briele
di
sul
d'Annunzio pu ripensare a un trentennio di marzo del 1879 si pubblicava giovani Vittorio Gara Prato un opuscolo, ove baglia e Gabriele d'Annunzio facevano augurii e voti all'augusto Sovrano d'Italia Umberto I di Savoia nel... suo giorno natalizio , e vedeva la luce il primo endecasillabo del nuovo poeta
i
:
Lungo
declivi del
romuleo Tebro.
si
propagava lungo
annunzio
di di
fili
te-
lieto
nascita della
sogno
un impero coloniale; durante questo lentissimo spegnersi d'un secolo vecchio e questo lento
Che cos'
il
dannunzianesimo?
che andava seppellendo lentamente superstiti delle guerre e delle congiure tra le quali si fond l'unit e
i
di questioni e di passioni
ondeggianti
in
una rapiinfati-
dissima successione di
cabilmente
il
crisi
che mescevano
passato
al futuro;
uomo
si
E queir uomo
Una
si
tornava a
rifluire nell'
anima
italiana,
non appena
commozione d'una campagna elettorale, d'uno sciopero agrario, d'un regicidio. E quella inesauribile questione s'aggirava intorno a Gabriele d'Annunzio. Gabriele d'Annunzio o non
un grande poeta? e la sua arte una gloria, che bisogna iscrivere nel libro aureo della nazione, o una macchia da cancellare, una vergogna da espellere? J Sono ora passati trent' anni. Non un anno s'
chiuso, senza che questo idolatrato ed esecrato
nome
tornasse a squillare sulla folla semianomina dei frontispizH allineati nelle vetrine dei librai.
talvolta
Non un mese,
tempo, senza che agli orecchi ed alla fantasia dei contemporanei non giungesse l'eco fragorosa dell'ultima
avventura spirituale la trama ed il titolo
rale,
di
di
Gabriele
d'
Annunzio. Oggi
scritta
un discorso
solo
eletto-
teatro
d'Albano,
la ricetta
Non un
Che cos'
durante
tre
il
dannunzianesimo?
,
di
concentrazione puin-
muta elaborazione
Pur
d'Annunzio non propalarono primizie invereconde e ciarlataneschi in ventarli, pareva quasi ch'egli fosse riuscito a rendere
pubblicit la segretezza, fragoroso
il il
silenzio.
Pareva che
popolo italiano soffrisse di questo immeritato abbandono. Che cosa far d'Annunzio, giacch non parla, non telegrafa, non telefona, giacch non diffonde almeno il bollettino delle sue passeggiate a cavallo e non inventa nemmeno una nuova ruota d'automobile? Che cosa cova nell'ombra? Ed il popolo italiano si torceva in una crudele ansiet,
come l'amante,
scuro e con
la
la cui bella si
sia
ritirata
col viso
un apnessuna
II,
nemmeno
fu
blicamente ed
sua casa
di cristallo illuminata da un riflettore elettrico. Chi volle e chi non volle dove apprendere a memoria come dorma e come si svegli
il
opportuno astenersi dalle sigarette e dal vino, con che foga faccia all' amore, e dove compri le sue cravatte e quanti levrieri mantenga. Alcune diecine di migliaia sono' le persone che l'hanno conosciuto da vicino;
parecchie centinaia quelle che
gli
dettero
banchettarono con
lui
in
affettuosa dimestichezza, e
di fraterna
ami-
6
cizia
Che cos'
e
di
il
dannunzianesimo?
ammirazione.
il
singolare
Ciascheduno
di
di beatitu-
potendo attingere alla fonte, chiedevano alla succurbesale, con un fremito di appassionata cupidigia,
i
neficii
dell'intimit.
Ma
quelli,
curiosit nei
suoi cento e
cento
ritratti
donde
il
suo sguardo
artista o
vitreo sfuggiva
con l'enimmatica
ge. Chi
era
suoi romanzi,
man-
darono a mente le sue liriche, applaudirono o fischiasuoi drammi. raro che un pregiudizio o un rono si sia fatto strada neh" anima di un solo itaerrore
i
perch non mai liano per difetto di conoscenza avvenuto in Italia che un artista fosse cos largamente ed esattamente conosciuto come d'Annunzio. Le molte migliaia di copie, nelle quali ciascun libro rappresentano quasi un milione di suo fu diffuso in massima parte non distratti o lettori e lettori fugaci, ma fervidamente curiosi, ardentemente indagatori, usi a tornare sul libro dannunziano gi letto con vigorose discussioni da strada o da caff, con epistole agli amici, con riletture ed urti ed antitesi e sintesi d'impressioni cozzanti. Uscivano articoli e
,
,
;
opuscoli,
si
pronunciavano conferenze
Critici di
e discorsi sul
poeta e sull'uomo.
e d'inesorabile
specchiata imparzialit
saggi, ch'ebbero
acume pubblicarono
Che cos'
il
dannunzianesimo?'
il
giudizio definid'
ma
imporlo
in
alla
una
si
rassegna all'incer-
ma
in un giudizio enuncon solennit che non ammette repliche, salvo a riprendere il cammino, passando dall'errore superato ad un errore da superare. Tale il fenomeno dannunziano, e non quello che volgarmente si crede. Non sono dannunziani quei quattro o cinque giovincelli, che, dipartendosi da ogni generazione di studenti ed abbandonando il tempio di Minerva diplomata, approdano allo scoglio sirenico di Settignano, imparano a parlare con voce nasale e con giusta dizione, colluttano coi fischiatori al lubbione del teatro d'opera dove nasce con grande frastuono la decima musa, e rimano Paralipomeni delle Citt del Silenzio e imparano a memoria la Prefazione a Pi che l'amore ove s'afferma che dopo Dante Alighieri non c' che Gabriele d'Annunzio. Bisogna
migerato dannunziano,
lato
il
anche quand'ha la pelle d'un creolo e la zazzera d'un Assalonne, e pare impubere anche quand' padre di figli, e, giunto sul limitare dei quarant'anni, procrea nella solitudine del suo spirito il progenitore dei superuomini, sfaccettando per un editore, ignoto
di Delfo, le strofe d'un novello Isotperdonare a costui, perch sono danteo. Bisogna lo deridono e l'oltraggiache quelli nunziani anche
il
come
nume
Che cos'
il
dannunzianesimo?
i
direttori di giornali che gano. Sono dannunziani loppano a briglia sciolta dietro la primizia del nuovo poveri diavoli che capolavoro sono dannunziani pagano con un biglietto di medio taglio la poltrona di prima rappresentazione; dannunziani critici che lanciano una catapulta di cinque colonne ad ogni
;
moralisti dell'idolo da infrangere, scomunicano, gli amici trascurati che lo diffamano. Sono insomma dannunziani denigratori non
i
nuovo miracolo
lo
che
meno che gl'idolatri, pappagalli orgogliosi n pi n meno che pappagalli ipocriti definiti esattai i
,
mente dal medesimo d'Annunzio, quando disse che non sapendo aver/o per maestro, /' hanno per padrone e recano in fronte il suo marchio rosso e cercano invano di graffiarlo rompendosi le unghie. Dannunziani coetanei, soffocati dall'incubo di una gloria fragorosa troppo altamente squillante sulle loro vite stentate, che, non sapendo proseguire per un libero cammino, si contorcevano in una grottesca rivalit; e dannunziana la nuova generazione, pi pura
,
ma fiacca inoperosa con una rispettabile ma impotente smorfia di disgusto un edificio di celebrit e di grandezza che fu costrutto con gran fatica di schiena e con grand' impeto di petto. Dannunziani quelli che bociano in una servile frenesia e dannunziani quelli che strillarono di dispetto e d'ira, non escluso il povero Panzacchi, non escluso il poverissimo Chiarini, primo a dar fiato alla tromba dell'elogio (2 maggio 1880) e colto dalla Morte con la frusta del vituperio nel pugno; e dannunziani quelli che consacrano al Gloriosissimo il primo pensiero
di spirito e pi
acuta d'intelietto,
Che cos'
il
dannunzianesimo?
non lo nomina neppure. Giacch essere dannunziano non significa ripetere d'Annunzio e nemmeno adorarlo in una resupina pasitaliana,
sivit.
Significa
ingigantire
lui
V importanza del
o contro di
,
caso
lui,
senza
sua e
fissa,
senza
della sua
di
farsi
dell' arte
di
mana, d'idea
intervalli
pigrizia.
Ed
questo senso
Italia,
che
il
la
un fascio
di
Perch, se
non fosse dannunziana si sarebbe gi formato un giudizio medio ed equanime dell'uomo e dell'opera; giudizio, per il quale non le mancava n il tempo trent'anni n documenti tutta la vita privata di d'Annunzio, ed in pi la leggenda di questa vita; e tutte le opere, essendo pi che sicuro che non un solo rigo vergato dalla penna d'oca patisce la clorosi del-
l'
inedito
ed,
oltre a tutte le
altre
1'
au-
Ma
pro-
irragionevolezza
ansioso in-
teresse o vuota e dissennata curiosit. Quindi l'uno e l'altro accesso: la nausea per un atto od un libro
opera
1'
;
lirica
10
Che cos'
il
dannunzianesimo?
l'uomo. La passione non esita nel giudizio, non conma tumultua orgiasticamente da trappesa s ed
i i
una perentoria affermazione ad una negazione furibonda. Tale dunque il fenomeno dannunziano: nuovo pure in una terra, come la nostra, che fu sempre dilacerata dalle contese letterarie. Non ha nulla di simile col marinismo, transitoria effervescenza d'un entusiasmo irragionevole ma concorde; ha poche affinit con la
celebre disputa sul
villosi
Tasso
problemi retorici e
un
grande morto ed un malvivo. Forse siamo vicini ad una soluzione della crisi trentenne; forse va preparandosi
quello
stato
,
di in
pensosa indifferenza
la
di
equanime placidit
cui
giovine
Italia
metter
l'immagine del non pi giovine d'Annunzio al posto che le compete, senz'inazzurrarla d'incenso n co-
Ma, proprio mentre il dannunzianesimo accenna ad esaurirsi, appare pi viva e pi tormentosa all' osservatore la complicata difficolt del fatto storico che si chiude. Come spiegarlo? basta darne la colpa all' inverecondo reclamismo del poeta, che s' fatto commesso viaggiatore della sua
ronarla di spine. poesia, adulando e blandendo, fustigando
i
sensi ed
eccitando
momento
la
opportuno, coronando
nit delle citt
sonetti e di
drammi
va-
suo profitto
il
la
subbuglio
l'avevano
preceduto nel metodo; e non rimasero a lungo sulla baster darne il superficie del pubblico interesse.
Che cos'
il
dannunzianesimo?
Il
meno
il
grandi e potenti di
lui,
fecero tranquillamente
la
la
larva di
Banquo,
alla
colezione
ed
nel
pranzo dei suoi contemporanei. Ci dev'essere suo temperamento qualche cosa di pi alto che non sia l'impostura e qualche cosa di men puro che non sia l'arte; ci dev'essere un nodo assai pi intimo
al
siano
le
locare
interpretandolo
moderno.
IL
J.
La
aritmetica
d'
,
precisione
in
la vita e
,
l'opera di
Gabriele
Annunzio
tre periodi
di
un
decennio ciascuno
al
dal 1879 al
1909.
E mettete
ed edel
che un collaboratore
di
questa
del
insignificante
secondo periodo il romanzo e del terzo il dramma. E che un altro collaboratore osservi come, nel primo decennio d' Annunzio abbia eletto a centro urbano della sua attivit la capitale ed a rifugio campagnuolo di raccoglimento e di lavoro la spiaggia del nativo Abruzzo; come, nel secondo abbia lungamente esitato fra
primo periodo
la
lirica,
, ,
Napoli,
Roma
e Firenze, decidendosi
infine
per
la
e nel terzo
domiil
lo
tea-
room
dei
grandi
alberghi internazionali
onorando
la solitaria villa
saggio nei
nio
le
rari
momenti
facili
rapide e
do
le
liaisons dangereuses,
durevoli e placidamente
16
Lo spirito
l'arte dannunziana.
di
vittoria V esor-
superata
la
decenne
i
crisi
d'
Ansua suo
capelli la
ottenne V universale
riconoscimento
del
Un
avvenimento esteriore separa il primo periodo dal secondo svelando al critico psicologo il segreto della trasformazione. E quest'avvenimento il serprestato dal d' Annunzio a ventisei vizio militare
,
,
composizione del Piacere e quella d Giovanni Episcopo parentesi, che interruppe la gaudiosa vita romano-bizantina e spezz la florida catena dei trionfi. Un altro avvenimento esteriore spiegherebbe la transizione dal secondo al terzo periodo. E quest' altro avvenimento la vita parlamenanni
,
tra
la
Annunzio,
la
campagna
elettora-
(1897),
il
doveva tener
dietro
La Gloria
le forsi ri-
tune e
passata
ora
l'Italia
poeta,
d'
illuminandola,
e
come
ambigua sofferenza. E
d'una
irrifles-
concludereb-
nostro immaginario biografo psicologista e tainiano coincide con la folata africanista, con l'imperialismo marittimo di Brin, con 1' orgoglio Crispino,
be
il
della terza
Ro-
dell'artista.
17
alla
periodo disastroso,
il
fra
Dogali ed
fra
la
disavanzo
pace
e la fiducia,
Italia
fonda
Ebbene,
press' a
le
tappe
di
noi ripudiamo,
dopo
le
inventata,
le
coincidono
che
noi
poco con
tappe e con
crisi,
narreremo nello svolgimento interiore dello spirito di Gabriele d'Annunzio. Noi scegliamo un altro metodo, perch crediamo che la vita proceda dal di dentro al di fuori, e non dal di fuori al di dentro, e crediamo che
lo spirito spieghi l'evento e
lo spirito.
cui
non che l'evento spieghi Scomporre d'Annunzio entro una storta, sul fondo si dopositi una certa dose di Abruzzo viorealistico sensuale e coloristico
(di
lento
quel
co-
modo Abruzzo,
incolparono
liani di
quando
un' altra
metodi abruzzesi
Roma sommarughiana
,
che
tutti
sappiamo a memoria
sarebbe
per
chi
comoda
e sbrigativa
vuole arrivare ad altro che a chiacchiere. I fatti see guono lo spirito, come V ombra segue il corpo
;
narrati
abilmente,
la
vita
di
d'arte, anzi
2
18
Lo spirito
l'arte dannunziana.
ma
sua legge e
suo volere.
Non
tutti
figli
della si-
gnora d' Annunzio arrivarono a comporre le Laudi o qualche cosa di simile; n tutti gli abruzzesi furono giovani letterati, che voluttuarii e violenti, n tutti cantarono o circolarono neh' orbita di Sommaruga
i
,
tentarono di attuare
il
poteva a Roma,
oltre
Roma
la
pontificia de-
Roma
delle
terme
il
pienza legislatrice. Ed a Firenze si poteva imparare placido ritmo del rinascimento, ed a Napoli la
franca schiettezza d'un riso perpetuo, che sgonfia
le
le
formule inani. Se da
Roma, da Napoli e da Firenze, dalla civilt moderna memorie classiche, da Carducci e da Maupassant, Gabriele d' Annunzio ha imparato certe dealtre
questo
avvenne,
altre,
il
suo
spirito.
storia
comincia
non
dalle
immigra-
non si ricerca nella genealogia dei d' Annunzio n in quella dei Rapagnet-
ta,
ma
di
comincia e
Il
medesimo.
finit
ricerca in Gabriele
La biografia dell'uomo
simativamente
si
dell'artista.
19
indivi-
duo
rono
la sintesi delle
alla
che
contribututte in se
comprende
stesso.
Ma
fa
e la critica di
quest' individuo
non
rio
si
con un'
analisi arbitraria,
ricercar V infinito.
La
critica
opera non procede a ritroso non nunzio cercandone gli elementi nel
nutrice,
giudica
d'
An-
nonno
nella
ria glieP
in
la
lo prende dalla storia cos come la stoha dato, trasforma P intuizione dell' artista coscienza d'arte, e, trasformatala, la supera. E
ma
non un attimo prima; come la stoun temperamento artistico comincia dall'istante questo temperamento divenuto attivo, rivei
P unica reale,
la storia interiore, che potranno a loro agio illustrarla cacce e cP amori, con serate teatrali di viaggi, con servizii militari e cam-
lettori
e cronologie.
i
decennii,
periodi, le crisi e
rinnovamenti este;
anzi non contraddiranno alla sintesi storica non ne sono mentre parranno tutt' uno con essa,
riori
che
le
pi
facili e visibili
i
trascureremo
fatti,
fatterelli
E non
baderemo che
tistico.
Il
all'
intimo
dramma
giudizio sull'uomo
se
sario
scaturir
da
s.
20
Lo spirito
l'arte
dannunziana
2.
A Umberto
Savoia (1879)
In
Primo
Vere (1879)
Memoriam
(1880).
Leggiamo, un momento, la fede di nascita di queLa fede di nascita un piccolo volume in trentaduesimo, stampato sul finire dell'anno 1879, nella tipografia di Giustino Ricci, a Chieti. S' intitola Primo Vere. commovente indugiarsi alquanto fra quelle impacciate fanciullaggini, quando si pensa alla forza e alla gloria che dovevano seguire. L' autore non contava ancora diciassett' anni; e, fuori che la sua vecchia ed umile casa di Pescara e le nude pareti del Collegio Cicognini, non aveva
mondo e meno ancora del bel mondo. La Roma di Sommaruga non esisteva nemmeno in sogno le amanti la gloria la fortuna esistevano in
nulla visto del
;
sogno, come esistono per tutti collegiali nella stanchezza del compito gi scritto e nel disgusto del compito da scrivere. Con quale ambiente di corruzione
i
e di lusso
potrebbe interpretarsi
ridursi all'eredit
Il
il
Primo Vere?
bi-
sognerebbe
fiorentino.
Francesco
Luisa
scriveva sonetti
per far piacere
di
ai
in
memoria
professori,
vero che
Savoia.
Non
precoce; la
no, fra
belli
i
sedici e
ri-
meno
puerili
21
Tanno suo
di nascita 1879.
componimenti liceali chiuso il germe d'un temperamento artistico, ed il temperamento gi quello di d'Annunzio. Carducci o Stecbrutti dei suoi. In questi
Leggeva ed imitava l'uno e l'altro, ma cercando se stesso. Gli piaceva di Stecchetti la licenza,
chetti?
gli
ripugnava
la
tenerezza;
sua mollezza
il
scherzevole
divenuta
la
impeto
forma.
Il
affermativo. Simile
contenuto, dissimile
gerezza,
ciano.
ma
legge;
il
libito
Che
era
il
non
delle
il
Romano, Autore
Odi Barbare
pur
e
la
Musa
il
t'infuse
ti
ricinse
d'eolie
Volan
le
come
molli,
saette:
con
risi
dolci, balzanti
caldi
baci delle
Muse escono
quasi quasi
22
di
Lo spirito
l'arte dannunziana.
la
por-
nografia:
Nude
ne' giri
guizzavan
le
forme
snelle, procaci...
Il
s'
anche
Carducci medesimo
saette
e del
quello
delle strofe
,
volanti
Alceo persiste nella fantasia del giovinetto come un'immagine imparaticela, raccogliticcia, cozzante con quella eh' la sua immagine di Carducci, insita alla sua personalit, consentanea al suo temperamento. Era un Carducci irreale, ma realizzabile: un poeta il quale prenfoco di
come
e ce-
ardimento. Traslocare
pietto di
tica.
Primo Vere (l'autore, pi da aragnominava Floro o si Floro Bruzzio), un'Ora tetra, un'Ora soave, un'Ora gioconda, un'Ora satanica, che non sono precisamente le Ore dell' Ufizio. Leggiamo 1' Ora gioconda :
Sono
cade
che da
carducciano
In questi
oceani di rosee luci mi beo: mi beo in queste danze di visioni arcane, e mentre respiro quest' aure portanti profumi una trepida voce suona d'intorno e dice: un riso la vita: l'amore un raggio fecondo;
godi, Floro, la vita; godi l'amore, o Floro
!
23
spiritualizzato, n sof-
Solleva, o Lilia,
il
mondo
questo
gaio
giovinetto
quella figurazione
Oppresso d'amor,
il
di piacere
popol dei
vivi
s'
addorme.
Io
era
dir
ancora pi
tardi, tratteggiando di s
ritratto:
adolescente un felicissimo
Io
M' ardea,
con
la
core;
sua lancia
il
cavalier Dolore.
Felicissimo
salvo
in
i
memoria,
quanta festosa e
,
van fabbricando, nelleggenda di una puegioconda. Il dolore acdal primo vagito al-
compagna
conosceva
invece
il
piacere
il
l'ultimo rantolo.
Ed anche
l'afflizione, afflizione
24
la
Lo spirito
V arte dannunziana.
di
stanchezza
sognare:
tedio gelato su
in
Un lungo
e
'1
core mi pesa,
l'anima
un
Su
le
penna mi cade,
i
e indarno, o amico,
sopra
Oh mio Giovanni,
Guarda
in
Ieri
sogni perch
dileguano presto?
poco tempo quale mutanza strana: la vita rise benigna com' alito d' alba, oggi m' appare fosca come piovosa sera.
quando 1' ora tetra indugiava, e, trascorsa che fosse, non le seguiva un'altr'ora gioconda, allora il poeta, pur di non guardare a faccia a faccia il dolore, abbandonava l'anima sua in preda a Satana. Il quale Satana non era quello di Carducci, spirito della
E,
negazione scientifica, e ma un Satana tutto speciale e individuale fabbricato ad uso del giovinetto e studente liceale d'Annunzio, che voleva godersi la vita e conoscere il mondo:
rivoluzione
sociale e
della
nemmeno
quello
No
di latte e mele non voglio carmi: non pi carle gentili tra' fiori a '1 tramonto, non pi femminee nenie, non pi languori...
i
pregni
la
sfammi
Voglio l'ebrezze che prostrano l'anima e sensi, gl'inni ribelli che fan tremare i preti:
voglio ridde infernali con strepiti e grida insensate,
seni d' etre su cui passar le notti
:
di d' Annunzio
25
voglio insanire...
grand' ala di foco:
:
la
stammi a fianco
e ispirami
Tema
Per
il
vile
il
lini
lui ragli
come una donnaccola, con pentimenti e lai. un requiem co '1 viso compunto il curato
;
e la beghina pia due lagrimette sparga un abatino ponzi per lui un sonetto morale e un santo padre scriva il panegirico... Ma io con la spada ne '1 pugno e di fronte a' nemici con lo scherno su' labbri morr da forte: morr tra' gridi feroci de' vati compagni, tra gli strilli canini de' vinti che fuggono. E l'estrema parola sar una sfida superba, una minaccia atroce sar il mio moto estremo. Su questo corpo esangue gli amici porranno corone, e
fremeran su l'arca
liberi carmi...
stammi a fianco
Lacerate
la
e ispirami:
il
nuovo
poeta
pretate
ralit
si
il furore pretofobo come furore contro la moconvenzionale o contro la moralit, sic et simpliciter. Aggiungete una verniciatura semifilosofica, nietzschismo o un che di simile, che l'imberbe scolaro non trovava ancora n sentiva bisogno di cer-
care.
Ed
la
il
superuomo
con
suo piccolo bagaglio di aforismi: per non dormire, soffrire e far soffrire, navigare necesse est, la saggezza non vai legno fi-
morale eroica e
culno
Rivelando
agi' Italiani
il
nuovo poeta
Giuseppe
26
Lo spirito
l'arte dannunziana.
ostentazione di sentimenti e desiderii, che mi piace non creder veri. La poesia intitolata Ora satanica una cosa poeticamente e moralmente brutta. Un giovinetto di sedici anni, pieno d'ingegno e di cuore,
d'
pieno
entusiasmo per
il
le
1'
arte,
come
di certo
che cosa di meglio che ridde infernali con strepiti e grida insensate, che seni d'etre su cui passar le notti.
Simili desiderii
suo cervello
in
o poco felice
non possono essere che schiuma del di poco sana ispirazione imitazione. Giuseppe Chiarini era un
un momento
che sfornito
di
onest'uomo,
tutt' altro
senso
critico;
ma
1'
senso
non era una fugace frenesia nel volle persuadersi che bisogna poeti, quando sono poeti, cos come soprendere no, e che queste non fugaci frenesie corrispondevano momenti essenziali nello spirito di Gaad uno fra briele d' Annunzio. Abbiamo voluto discorrere ampiamente intorno a
Ora satanica
i
giovine poeta;
ma non
questo fiacchissimo e
e
Primo Vere con pi parole che non spenderemo intorno alle Laudi, appunto per fissare il ritmo del temperamento dannunziano fin dal suo primissimo albeggiare, quando all'orizzonte mentale e morale del poeta non erano apparse n le dame romane n poeti decadenti, n la musica secentesca
parlare del
i
la filosofia di
Nietzsche. In questi
balbettamenti
,
tre malcerti
quasi inarticolati
neh'
Ora gioconda,
27
storia e,
direi quasi,
la
dia-
temperamento. C' una tesi che la gioia, ed una antitesi che la stanchezza di godere. Ma invece della sintesi abituale che sarebbe un sentimento carico di dolore e di gioia commisti ricco insomma di umanit e di quel malinconico ottimismo, che afferma la possibilit di superare il dolore negando la saggezza di rincorrere la gioia, il d'Annunzio forma una falsa sintesi la quale costituisce
,
, ,
lo
se la
il
delirio sar
meno amaro
mentre
lont.
il
del
dolore
perch
il
delirio
,
cieco
e questo
la
addormenta
vo-
Noi
moralisti a proposito di
poesia
possiamo evitarci la pena di discutere se questo schema di sentimenti sia lo schema dell'uomo probo o dell'egoista e malvagio, se generi una poequasi che alla poesia potesse sia sana e malsana tastarsi il polso per constatare altra sanit che una
,
28
altro,
Lo spirito
V arte dannunziana
dramma
r intimo
in
dramma
era gi nettamente
disegnata
di letteratura e filosofia
decadente,
immune
,
di vizii
di
Stecchetti,
Ora-
zio
di
qualche
3.
L'ora gioconda.
libro delle
Vergini (1884).
Tra il 1879 e il 1883, avvicinandosi ai vent'anni. d'Annunzio ebbe la sua ora gioconda. Libero dalla
disciplina del convitto e dal fastidio dei compiti scolastici,
in
contatto del
monte
degli
speranzosi
in
vaticinii
amici
egli
conobbe,
la gioia.
non
Era
la
sogno,
ma
in
la fisica
gioia di
terra e
sapere infine
del
che cosa
fosse
il
colore
,
della
mare
lo
il
il
vivo.
Una
libera di
ansiet e di timori,
la sua immaginazione, come le giuste nozze fecondano fianchi d'una vergine non ancora impallidita dalla lunga
L'ora gioconda.
attesa n corrotta dalle solitane libidini. Dentro
il
29
suo
pian-
non avesse
letto
Giovanni
meno
di
,
accorgersene.
e g'
La
letteratura lo costrinse
a guardare
impose
d'impietosirsi.
sentimento del
non
riesce a capire
come mai
pagno
ch
di
di
velluto.
in altri termini,
in
Cin-
beneducato:
Dopo
lo rividi spessissimo; quando passava nella via lo chiamavo sempre per dargli del pane. Una volta gli offersi certi soldarelli, che m' avea dati la mamma: lui si fece serio, li respinse con un gesto sdegnoso, e mi volt le spalle. La sera P incontrai fuori di Porta Cincinnato, perdoNuova; mi avvicinai; gli dissi:
nami !
il
Ma
si
non
:
ma
di curiosit.
Nemmeno
ilari,
cattiveria
che non
tutti
siano
me
lui.
tendenze imprecise
e cozzanti:
da un
lato
1'
onesta
(in istile
pedagogico
30
si
Lo spirito
l'arte dannunziana.
direbbe commendevole) intenzione di soffrire per sofferenti e la letteraria velleit d'interpretare auste-
ramente
il
dolore,
la
come
sana,
il
Verga; dall'altro
tamente ignara
zare per
il
di
dolore
sentire
pi in
quel-
un qualche segno
osservare
1'
d' infantile
perversit
in
altrui
sofferenza avidamente,
la
come per
coscienza
accetil
come un abbellimento
in
quanto singolare, bizzarquella diversit, che diciott' anni ro, espressione di pi tardi apparir divinizzata nelle Laudi, e che agisce
come energico
ma-
linconia,
ma
la
in
quanto salsisce
gioia,
facendola
Un po' 1' animo frivolo damina del basso impero assisteva alle truculenze del circo pollice verso un po' uno stato
pi saporosa e pungente.
con cui
quali
credono che
mascalzoni esistano perch sia possibile decretare un premio di virt alla gente per bene e che l' umana imbecillit serva di sfondo al quadro
i
su cui risaltano
Cos nel
degli
altri
un'astinenza morale che stuzzichi l'appetito: Agli sguizzi dell' impiccato, pe '1 silenzio del Venerd
Santo, la Caterina vibr cinque o sei squille improv-
L'ora gioconda,
vise,
31
gaie, argentine,
di
tando un volo
delle
Libro
il
Primo
Vere
(1879)
Capuana
e Verga.
La maturit
esser
liberi
anzich
anche pi difficile acquistare nozione del mondo esterno come materia di narrazione oggettiva anzich ripiegarsi su s medesimo e liricamente sfogarsi. Considerare la vita come un'immensa partita di piacere (oppresso d'amor di piacere il popol de' vivi s'addorme) e il mondo, a somiglianza della Cina nella famosa operetta, come
seguire uno schema.
un
paradiso
di
volutt
impossibile
senza
ca-
D'altro canto,
se
lo
il
il
dramma
per
la
sua
mo-
struosa speciosit.
di questo,
Ma
non
si
capirebbe
Canto
novo.
Acquichiu-
dere una coscienza, sia pur torbida e implicita, dell' angoscia degli altri. Come colui ch' perfettamente
fettamente ed unicamente felice
tuale.
innocente non ha vita morale; cosi colui eh' pernon ha vita spiriin una taciturna non scrivono versi. Considerate, per un momento,
Prospera
vita
vegetativa.
gli alberi
il
32
Lo spirito
l'arte dannunziana.
nostra
analisi
confermata
ai
ritmi
gaudiosa
di
si
e gl'impeti d'a-
more, abbondano
ficiale
le
poesie miste
tenerezza
arti-
e di
geme
sulle scia-
gure dei
derelitti:
Godete, godetevi balli e le cene, o felici; sognate entro a' ben caldi letti. Fuori, ne le strade fangose, ne' sozzi angiporti,
i
ne
l
le
soffitte,
ne
le
stamberghe a
'1
buio,
si
muore,
Queste novelle
in
versi,
dove
indi reclina
grossa testa;
sente
il
si
fa
bianco bianco;
la
sangue a
gola salire...
dove
il
per
me non
e'
non
sono
la
l'
il
Canto Novo e
trillanti
Terra Vergine,
come
pezzi di prosa
di
uccelli in
amore,
sfavillanti di
primavere turgide, ui
midi
cioli
Il
di
tru-
Canto Novo.
critico migliore di
d'
medesimo
maturit
le
questo primissimo periodo fu il Annunzio, che, raccogliendo nella sua Novelle della Pescara (1902), ripudi tutta
L'ora gioconda.
Terra Vergine e presso che tutto
e,
il
33
licenziando
1'
Novo
e
(1896), ne espulse tutto ci che non fosse libera ingenua celebrazione di gioia.
Ma
le
cose pi stupende
nunzio.
meno
periture di Gabriele
d'Ancar-
Come
rapidamente
esulato lo spirito
ducciano dai
gravato
d'
una sublime e tuttavia libresca malinconia e, quando v' era giunto, la guardava attraverso un sottilissimo ma illacerabile diaframma
nostalgica,
cartaceo
D'Annunzio si tuffa risolutamente nel gurappena in contatto con la nasente natura egli stesso. Le strofe precipi!
come avessero
fretta
mare
durezze
d' espressione, le
incongruenze
stilistiche,
i
non bastano a raffrenare l' impeto lirico, come ciottoli non arrestano torrenti ma fanno percosse dall'acqua, musiche dolci ed acerbe, e suscitano dali
,
,
l'
mare,
la selva, la
spiaggia, la
la
1'
china audace,
le
nari feline a
odor de
:
la
selva,
violata da
tutto egli
contempla con
al
lo stesso desiderio, e,
all'
do
egli parla
mare,
Oceano che
gli
quantempra
nervi e canzoni,
non
gli
basta chiamarlo:
Mare
34
Lo spirito
Mare
!
l'arte
dannunziana
O
lo
con
le
Thneldi
latta!
Thlatta!
e,
l'alcaica ne rimbalza.
Vede
T Oceano
fiori
lini,
infecondo vivere
alighe
in
una
strana
famiglia
sa-
navigare
si
le
come
bisce.
Le forme della
gli
s
natura
alberi
le
s'
mescono animano
i
improvvisi abbracciamenti, e
che
carpe, e
e
i
eretti sulla
coda,
acqua.
che
gli
antichi
intui-
tronchi,
passavano
agevolmente
dall'
una neh'
le
altra
forma,
in
,
questo spirito
terribile e dolce,
che accomuna
un
immenso
anima
di
un poeta fanciullo.
Il
mito non pi mitologia. Egli non s'industria a costringere in versi politi le favole lette nei
libri; egli
narra di s.
narra
come
lo
tenesse
il
sonno, e co-
me, pur non sentendo le mani e il fiato della sua amica carezzevole, sentisse serpere per tutta la percapelli vigoregsona una virt ignota. Ed ecco giano come un cespuglio, nervi si fanno radici, il sangue fibrille, ed ecco dal cuore sale la linfa vermiglia fino alla cima:
i
i
gemme proruppe
subita a
1'
aure
L'ora gioconda.
V infanzia gentil de
e
le
35
rame;
i
da
le
rame
le
foglie,
fiori
corolle
ampie
di
porpora
E V
rica di
Cantavi come
in
una favola,
I
incoronata d'oro.
d'
miei calici
tua voce.
una rugiada, de
il
la
canto e
il
il
fiore,
prodigio duplice
sagliente,
cielo
Ah, tutta
la gioia
chi T
la
gioia ( la
!
la
libera donatrice
si
senza
lussurie
come
una Musa contadina. L'amore di Lalla rimase il pi schietto nell'opera di Gabriele d'Annunzio.
e giocondo,
36
Lo spirito
4.
l'arte dannunziana.
La
crisi
sensuale.
Piacere (1889)
San Pantaleone (1886) L'Isotteo e la Chimera (1890) Elegie Romane (1892) Poema Paradisiaco (1893) Trionfo
Intermezzo di rime (1884)
//
//
della
Morte (1894)
Le
Se Gabriele d' Annunzio si fosse fermato a Lalla, sua vena si sarebbe esaurita rapidamente. Egli non era di quelli, che dalla coscienza del piacere traggono una durevole e tranquilla euritmia epicuraica; e, quando imitava P hoc erat in votis oraziano, non dimenticava di aggiungere alle delizie della sua immaginaria villetta sul mare un agile veliero,
la
simbolo e germe dei futuri yachts. Il carattere singosua gioia, quello che, malgrado le metamorfosi e i miti, collocava d'Annunzio agli antipodi della letteratura classica, era un infrenabile anelito
lare della
verso una gioia pi vasta. Dell' amore di Lalla e di questo primo virgineo contatto con la natura e col
mondo
che
la felicit
siderio e la
maricarsi di
ma non felice, nel senso sembra includere di identit fra il decosa raggiunta. Pur non avendo a ramnulla, sospirava egli nel Canto Novo:
madre, mi chiama un intenso desio di battaglie a genti ignote, lungi, ad ignoto cielo
!
Era dolce P incanto dei sereni occhi materni, una pace nuova si sentiva egli fluire pel sangue, quando, sfinite
dal nuoto
le
membra
alla
dalle corse
folli,
dai galoppi,
il
posava
madre
sulle ginocchia
capo
L a cr isi
riarso, e la sua
sensuale
37
mano
calde.
Ma
bisogna
partire.
vocazioni alla madre, alla casa paterna, alle sorelle che ritroveremo pi tardi nei Poema Paradisiaco e nella Laus Vitae. E le presentite con la medesima motivazione eroica, con cui d'Annunzio giustificher verso il 1900 la sua lontananza dal focolare. Sarebbe
dolce posare sotto
glie
il
tetto
arguto
di rondini, in vista
ma
un intenso desio
di batta-
di vittoria.
Me
ode
attende una torva battaglia, me forte recluta un fratel ritto sovra gli spaldi chiama;
ei
come un
ode
ei
gemiti, aneliti, misere bestemmie... Non pi sogni, non ozii. L'azza sfavilli nel pugno salda; guardi V occhio vigile a V avvenire.
Anche
fine,
la
definitiva del
No
pregni
carmi;
ma il d' Annunzio del Primo Vere non mentiva ancora a se stesso, imponendo un contenuto socialistoide e filantropico alla sua vuota e soggettiva libidine di mutamento. In realt egli andava a Roma,
non tanto per redimere
le
plebi,
38
Lo spirito
l'arte
dannunziana
conoscere
per compiere
volutt
studii universitarii e
per
pi
offrirgli
un villag-
ma
le
volutt non rimasero ignote. Hoc erat in votis: Il poeta poco pi che ventenne ebbe l' indiscutibile virt poetica, giacch noi non discorriamo di vizii
e di virt morali
di
sprofondatisi tutto
quanto,
abbandonando le plebi ad un illacrimato destino. A primi aforismi morali del questo tempo risalgono d'Annunzio, e non somigliano a quelli dei decalogo n suggeriscono insegnamenti di virt di Manzoni
i
,
sociali e civili
La carne
santa.
V immortale rosa
la madre dell' uomo ed la figlia. Ed quella che sta sopra ogni cosa.
Giova, o amico, ne 1' anima profonda meditare le dubbie sorti umane,
piangere
il
melancolie
la
amo
in
questa mia
le
opra fatale
perdere
Tutto ci semplice
preciso
chiaro
scevro
biamo a questa ispirazione , perci, coerente e, nella massima parte, nettamente poetica. Nel 1884
usc
l'
Chi-
La
cr isi
sensuale
39
mera, preparate gi fin dal 1886 con Isaotta Guttadauro ed altre poesie, nel 1892 il fascicolo delle Elegie Romane. La prosa narrativa progred dal Libro
delle
Piacere (1889).
mono-
la ripetizione del
Sono
svanite
le
tracce di
dapprima impegnarsi fra gioioso ed un mondo di sofferenze, or si or no intraveduto con un' oscura ed imprecisa velleit di commozione altruistica. La societ degli altri uomini divenuta assolutamente estranea alle preoccupazioni dello spirito dannunziano. Sono del Piacere le famose parole d' insolente disprezzo per le vittime
di di
Dogali; culmina
in
Vergini e
nella
male
altrui, che in Terra Vergine esitava ancora a prorompere oltre la scolaresca vernice umanitaria. Poich per d'Annunzio non esiste altra gioia che la gioia fisica, cos non esiste altro dolore che lo spasimo corporale. E questo trovate descritto con inaudita perfezione nelle Novelle della Pescara. La contemplazione della ferita cancrenosa, del moncherino la contemplazione flaccido, della piaga purulenta della carne che si dissangua e si affloscia macerata dai veleni del tifo, e poi ripalpita nel tepore umi,
le
medicinali, esaspera in
lui
la
vive pulsanti
in
un irrefrenabile
sanit.
40
Lo spirito
il
l'arte
fu
dannunziana.
strettamente
veristico,
Non mai
verismo
cosi
monca
complesso dell'essere. Lo schema tipico della novella dannunziana si trova nella Veglia funebre, dove la vedova e il fratello del morto s' accoppiano in presenza d' un cadavere che si corrompe. Il laido sfiorato, laddove, come nella Madia, una mendace folata di piet scompagina 1' armonia della concezione feroce. Il capolavoro raggiunto nel Cerusico di mare, dove protagonista del racconto un tumore maligno, e il martirio fisico intuito con una crudelt raccapricciante. I motivi e
le
in
furto,
da autori
debitore
rie
stranieri.
al
Di molto
il
Annunzio rimase
e d'altre
i
Maupassant. Di queste
pirate-
quali ap-
pagano molte
curiosit e non concludono nulla. Quasi nessun poeta rimase cos libero d' imitazioni e d'influenze come il d'Annunzio, e quel che dicemmo, a proposito del Primo Vere, del Canto Novo, di Terra Vergine, intorno ai suoi rapporti con Carducci, con Stecchetti, con Verga, si pu ripetere dei suoi rapporti con Flaubert e con Maupassant, con Baudelaire e con Verlaine, con Dostoiewski e con Wilde.
La
agli
spiriti
medesimi
esteriore
,
rimane
gono
sordi
al
l'
tumulto del
mondo
non
discernono
motivi, essi
hanno bisogno dei libri. d' Annunzio fruga dapprima nel verismo italiano, pi tardi nel decadentismo franceQuindi Gabriele
La crisi sensuale.
se,
41
in-
dopo
nel
romanzo russo,
al
infine
nella
lirica
Ma
tutto
ci
eh' egli
tocca s'incenerisce
il resto svapora acqua caduta sopra una lama rovente. Le rare volte che d' Annunzio ha imitato con spirito imitatore, ne son venute fuori evidenti
P opera nuova,
la
vecchia carcassa:
d'
esercitazioni
si
lettera-
che non
il
si
dissimulano, anzi
ai
pavoneggiano,
di
evitando
disturbo
critici
della
le
scuola
Shere
dugentesche
:
quattrocentesche colascionate
dell' Isotteo
Torna
Isaotta
in fior di
giovinezza
Blanzesmano.
Ma
di
Maupassant
s'
rimasto.
al
P interesse morale
to,
personaggio ed all'avvenimen-
disciolto in
nale. Si
pu
P autore dice
dell'avvenimento. Benigna incuranza anche in d'Annunzio, perch senza rimorsi e tormenti, come nel
fanciullo che spennacchia
il
cardellino vivo.
d'
Con
le
novelle
Gabriele
Annunzio chiude
le
42
Lo spirito
l'arte
dannunziana
porte del suo spinto alla simpatia, ed elimina personaggi fittizii patria, plebe, umanit che vivacchiavano, per reminiscenza scolastica, nei suoi componimenti puerili. Il dramma ora tutto quanto coni
del
poeta,
si
combatte
fra
due personaggi
interiori,
che chiamere-
mo, con nomi dannunziani, Andrea Sperelli e la Chimera. La Chimera quella che inspir nell'amante
felice di Lalla un' insaziabile avidit di piaceri, lo
che
mento
Roma.
Chimera il cuor mio torcendo
altri
Sonvi
dicea
la folle
sonvi pi dolci
frutti,
ignorati beni.
la
Chimera:
Vuoi tu pugnare ? sangue ?
di
femmine
tu far vivere
Vuoi un marmo? Ergere un tempio? Comporre un immortale inno? Vuoi (m'odi, giovine, m' odi) vuoi divinamente
? schiavi ? Altre, altre prede ?
amare
non prendeva ancora troppo sul ad uccidere, a veder greggi di captive femmine; ma prendeva sul serio V invito a divinamente amare. E divinamente amare voleva dire, non soltanto descrivere, ma anche realizzare la quando la tredicesima fatica di Ercole. Dapprima felicit del Canto Novo torn a risplendere sulla sua
Andrea
l'
Sperelli
serio
invito a pugnare,
La crisi sensua'i.
vita cittadina, egli
(il
si
43
d'
rituff nei
ricordi
Abruzzo
Peccato di Maggio,
si
poco
lasci penetrare
florida
Roma
barocca, e colloc
ville,
delle fontane,
delle
Ma
la
gioia
non era pi
quella.
titoli, spiritosi
e sottili, del
Peccato di
Magil
fio-
mondo. Non
era pi l'allegrezza
il
suo
cuore battere
ali'
ma
dia-
una
consona
al favellio
scop-
come da una
Don
Chi-
mi fer vedendo la prima volta Gabriele addobbato e azzimato e profumato per una festa. L'anno innanzi non mai lo avevamo potuto indurre a vestirsi altrimenti che d' una giacchetta scura e d' una cravatta di raso bianco spesso anzi, dimenticava anche la cravatta. Ma quella sera che si pranzava abruzzesemente con una compagnia di abruzzesi in casa di Ciccillo Michetti, vedendolo cos lindo e cos studiosamente preoccupato della lindezza sua, mi parve brutto . Forse come uomo come poeta non pare brutto
:
nemmeno dopo
l'
azzimate e linde e Intermezzo e della Chimera preoccupate della lindezza loro, addobbate e profumate per la festa, sono piccole cose, ma sicure
e conchiuse nel cerchio della loro breve perfezione.
di
un parvenu
44
e
spirito
di
l'arte dannunziana.
un provinciale,
il
dell'eleganza
ma
espressione
inarrivabile.
Manca
vigore e
altro.
l'ala del
Canto^Novo,
il
perch
di
il
contenuto un
e
Quello era
,
poema
sono
della
una
questi
g' idillii
cio
delle
ed un pen-
ma
curve pi snelle e
le
Quante
chiari e tiepidi, io
aspetto
letto
suo
Su
s'
Il
la
piazza Barberini
il
apre
ciel,
zaffiro schietto.
'1
Tritone de
il
Bernini
leva
I
nudi olmi a' Cappuccini metton gi qualche rametto; senton giungere il diletto de' meriggi marzolini.
una natura
natura
in
inurbata,
,
incipriata
affiochita
una
tono nninore
soavissima e debolissima.
,
Per ritrovare un d' Annunzio veemente e robusto bisogna trascurare fugaci ritorni dell' ora gioconda, per ascoltarlo neh' ora triste una lunghissima ora che dur circa dieci anni, dall' Intermezzo di Rime
i
.
La
al
e r
si
sensuale
ed
al
45
Poema
si
paradisiaco
(1893)
Trionfo
della
e la
robustezza, a dir
istanti di
que-
Rime. Non immemore delenergia, con cui aveva pocanzi celebrato la gioia
nel
alla
medesima rude
l dalle
fran-
delicatezze
la descrizione del suo sgomento. Qual' l'origine del male? La Chimera che sugge il sangue giovine di Andrea Sperelli. impossibile godere quanto Y immaginazione vorrebbe e se pure si raggiunge un vertice o una profondit di godimento (in questo caso il picco e la palude coincidono), sui vertice o nella profondit ma s' incontra il raggiunta non si trova il riposo vento di una libidine che aspira ad un vertice e ad una profondit pi lontana. La lussuria, istruita e disgustata dall' esperienza sazia sempre pi debolmente le cupidige della fantasia. Quindi un'amarezza, che diviene implacabile via via che s' allarga la distanza abissale fra il desiderio che giganteggia e la salute che sfiorisce. Quindi due motivi lirici conla nausea correnti verso la medesima espressione per l'ultima notte d'amore, la speranza di una frenesia ancor pi febbrile: speranza gravata dalla certa previsione del futuro disgusto. Tra Y uno e 1' altro dei due motivi s'interpone un breve momento di fiacca e verbale resispicenza, il rimpianto della sana giovinezza, il buon messaggio alla madre e alle sorelle, il proposito di menare altra vita e di cantare
metropolitane
altre cose.
Tale
la
46
il
Lo spirito
quale
,
l'arte dannunziana.
brev' ora dall' ilare
interrotto per
ma non
narrato
mondano
e nella
l'Intermezzo, le Elegie
siaco. L' ha confessata
Romane
il
il
Poema
paradiin
medesimo d'Annunzio,
poco posteriore all' Intermezzo e pubblicata da Edoardo Scarfoglio nel Libro di Don Chisciotte: Non mi sento ora nel possesso pieno di
una sua
lettera di
tutte le
e intellettuali.
Sono indedalla
bolito dall'amore e
piaceri
dell'amore e
consuetudine
della
orizzontale.
Non ho
pi
il
fastidio
m'impedisce
irrequietezza
nei
nervi
l'
l'
mali . Ma meglio che nelle letha detto nelle sue opere pubbliche e
stampate
la carne immonda, fiamma del desio nel gelo del disgusto si spegne, e nessun velo
Tristezza atroce de
la
quando
d'amor
Era
la
carne stanca....
Ma
tualit,
non perci desiderosa di abolirsi nella spirianzi bisognosa di nuove e pi vaste lussurie
dal
suo
:
letargo.
Amer
da
tutti
posseduta
sue
Quella amer. Su
io
le
membra impure
mondo;
coglier tutto
il
1'
desio terreno,
del
conoscer tutto
amor
La
e r
isi se ns
di
le
47
nembi
il
arido battere
il
Giacch
sensi
sono
esausti
bisogna
:
invocare
nuovo senso
primavere,
stanchezza indicibile
sempre su
Invocava talvolta
l'
come un
diversivo e
come un pungolo
:
di
curiosit
Bere
io
non posso a
la
t'
anelava.
Ma
mento
nuovo
e d'un
tutto, le
corpi,
dell'
come
le
foglie,
come
anima
sfarsi, marcire;
Devi
sogni sciogliersi in putredine. devono tu, uomo, sempre, di ci che ti diede l'ebrezza
assaporare torpido la nausea. Nulla dal fato immune. Nel corpo e nell'anima, tutto,
tutto,
48
Lo spirito
l'arte
Il
dannunziana
e l'incapacit di superarlo
:
con
1'
astinenza lo stran-
lei,
dall'
ime
ogni piet di
lei
Confessioni
di
questo
genere
si
trovano a iosa
quali
Andrea
nunzio,
Sperelli e a Giorgio
Aurispa
di
non
Gabriele d'An-
come
alla strofe
un
Piacere con-
tiene,
insieme commisti,
mezzo e le graziette ceramiche dell' Isotteo; il Trionfo della Morte rispecchia piuttosto le Elegie e il Poema
paradisiaco, rialzati di parecchi toni dal paesaggio a-
bruzzese
scara.
e dalla
ma
estrin-
seche pagine descrittive, che possono trascinare il lettore ad un' approvazione complessiva per tutta V opera, ed alcune acuminate analisi di psicologia sensuale.
Ma
la
fiamma centrale
fiacca,
somigliando a
brace della
tra la
CL *L U&A&D
>\#tylkfyJLo
Ji|/ CObc
HM0U #/ %\ff
ut
vm
ntf\_
v^
M^d^d
Dalle
"Odi Navali
La
stanchezza, tra
cr isi
sensuale
49
la lussuria
la libidine e la
nausea, tra
ed una impotente
nuova
lit
lussuria, assunta,
Il
superiore.
stesso genere potranno succedere nella vita del protagonista. Giorgio Aurispa gi pi disfatto e pi
triste,
come
pi disfatto e pi triste
il
poeta del
Poema pa-
radisiaco. La sua fiacchezza senza scampo, altro /che nella morte. Ed alla morte giunge Giorgio Aurispa, trascinandovi anche, in una specie di suicidio forzoso, Ippolita, tiranna dei suoi sensi. Giacch il d'Annunzio, lirico e romanziere, nell'amore un che di combinato fra Caligola e don Giovanni. Vorrebbe prima baciare tutte le donne sulla bocca di una donna sola (Pamphila); vorrebbe poi, con V uccidere in immaginazione una donna, uccidere tutte le donne, non conoscendo altro mezzo di affrancarsi dalla schiavit del
sesso.
Tutto ci che appartiene all' anima intima dei romanzi sembra ottenuto con la stesura degli appunti, che servirono al d'Annunzio per la costruzione delle sue liriche. Dice di Ippolita: Ella era la sovrana Lussuria , un altro nome, il vero nome della Chimera, che ripeteva: Io sono sempre l'invitta... Sono pi forte del tuo pensiero... L'odore della mia pelle pu dissolvere in te un mondo. Dice di Giorgio Aurispa: Un disgusto gagliardo come una nausea e un odio quasi selvaggio gli si levavano dalle radici dell' essere, s' egli pensava che anche per quella notte giacerebbe con la donna sul medesimo guanciale e
ascolterebbe
nell'
insonnio
il
50
Lo spirito
1'
l'arte
e
il
dannunziana.
desiderio e rimar-
e sentirebbe
odore
sotto
rebbe
di
nuovo
il
nuovo
al
giorno,
si
estenue-
perpetue
la
sostanza, in quest'unico
Intermezzo
i
Elegie
due capitoli narrativi: Piacere e Trionfo della Morte. Progredisce il romanzo dal Piacere, al Trionfo, non solo per una pi ricca complessit sinfonica, ma anche per un pi aue
La
s'
sciolta in un tono pi
ma-
linconico e solenne.
fu scritto fra
il
Trionfo,
e
in
massima parte
il
concepito integralmente
liriche
1889 e
1890,
Romane
raccolte
Poema
Non
pi
ma una
languida
Perci
d'
il
Annunzio
di
preraffaelliti.
Lo
stato
animo
sentiva
salire
improvvisa; e rimaneva
ad assaporarla, torpida-
La crisi sensuale.
mente, senza aver
la
5i
di
Tale
Elegie
siaco.
lo
stato di paralisi,
da cui
sono
nate
le
Romane e, peggio assai, il Poema ParadiNon mancano, nemmen qui, squisitissime cose
(chi non ricorda Villa d'Este?), perch a un temperamento d' artista quale quello del d' Annunzio era negata la possibilit di cadere nel triviale. Prima cadeva nel vuoto che nel triviale. Raccattava studiosamente dal cestino motivi e le situazioni dei volumi precedenti, per riconfezionarle, sciupandole e dissanguandole. Le Elegie Romane, ancora indecise, non trovarono popolarit, e rimasero quasi ignote come nessun' altra cosa di d'Annunzio. Celebri divennero invece le liriche del Poema Paradisiaco, ov'era raggiunto il ne plus ultra dell'impoverimento. La proprii stati d'animo s'era facolt di reagire contro quasi del tutto oscurata; e gli stati d'animo, cui non sottolinea il contrasto, svaniscono in un limbo di
i
i
larve.
rate,
Sono
svenevoli, circonfuse di un
si
sudore molle
che
non gocciola n
lo
i
rapprende.
miei passi. Io sono come non odo ombra; il mio dolore come un'ombra. tutta la mia vita come un' ombra vaga, incerta, indistinta, senza nome.
un'
si
affievoliscono riman-
52
Lo spirito
1'
l'arte dannunziana.
s
do;
meil
desima
ri-
una miserevole parvenza di continuit. Il pensiero poetico non procede, ma resta viscido e rattrappito, sbavando alcune secrezioni opalescenti. Protoplasma poetico anzich poesia. Un marasmo loquace, un' ebetudine importuna biascicano rosarii fraseologici, dove pure il nesso grammaticale s' sciolto. Un cervello inetto raccoglie,
tornello piagnucoloso offrono
numerandoli,
strofe,
li
in-
bambagia rosata
d'
una
fi-
ove
versi
s'
assottigliano
come
tentacoli
liformi, e la
rima
s'
prevista.
Dov'
!
colui
dite plaudite,
line.,
come un popolo
mare
?
la
giovinezza, ahim,
tua corona
sfiorita.
Auscultando
il
Musa
un
si
spenga.
5.
La
crisi
morale.
L'Innocente (1892).
cui
temperamento artistico moribondo era quello da sgorg il Canto Novo e quello da cui dovevano prorompere le Laudi. E perci, udendo la storia di
Il
La
e r
isi
mo
si
ale
53
trattiene
il
respiro co-
me
pi
alla
cara.
Giunto
tardi,
alcune
strofe
d'impetuosa commozione,
:
sperato soffrire
Congiunto
fui
alla
colpa
come
la
vertebra congiunta
uno sguardo pi fiso che il ferreo sguardo del Fato. E le labbra nel mio viso non potevan pi ridere e gli occhi non potevan pi piangere, o Amore
Ahim, non la bianca pruina, non la rugiada tremante,
n
la
scaturiggine chiara,
poteva guarire
il
mio male.
privata, scritta suin parte
bito
riportam-
mo:
lunghe passeggiate e alle larghe respirazioni delOh, se venisse la neve dalla Majella l' aria salutare. o da Montecorno Verr; la invocher con tanta pas!
54
Lo spirito
l'arte dannunziana.
Ma
non bast
la
neve
Come
nell'
in
io sentii
il
Supino giacente il mio corpo non avea pi ombra nel mondo. L' immobilit del dolore era la mia sola grandezza.
Come fece il d' Annunzio ad uscire da questa tenebrosa immobilit, a guarire il suo male, a ricuperare la nativa robustezza del suo temperamento? Il
primo tentativo consistette nello sforzare il pianto perch giungesse fino agli occhi, nel cercar d'acquistare un'
ombra
nel
mondo;
in altri termini,
nel rin-
novato desiderio
di uscire dalla
umano.
La
nesta esperienza.
razione,
Non potendo
trovare in s
la
libe-
Gabriele d'
e la letteratura di letteratura dissimile dal suo tempo, quando non era sensuale e decadente, era umanitaria ed evangelica. Comincia a penetrare in Italia, per il tramite francese, l'opera di Leone Tol-
genere
del
egli
Prima di partire per il servizio militare (1889-1890) aveva gi scritto gran parte delle Elegie Romane
la crisi morale.
e del Trionfo della Morte.
55
Una
fra le ultime
voci vive
si
Andrea
Sperelli,
Sperelli, piange ne
1'
'1
Anima al fine disperata e sola ? Fa che raccolga ogni dolor del mondo.
La poesia era cos commentata nelle note: Andrea ammalato di egoismo estetico... dall'esaurimento stesso del Piacere e dalle amarezze che gli lascia nelP anima e dalle stanchezze onde gli affatica
Sperelli,
il
corpo, ne intende
la
vanit e
la
miseria, e
si
sente
attratto
grande salvezza di questi anacoreti della societ moderna, verso la Vita multipla e mulverso
la
trascinante
verso
la
e delle
pas-
avesse rinfrancato
e
il
diversi
l'astinenza
mondane
al
prefazione
leccornie. Cosi parve almeno dalla Giovanni Episcopo (1892), scritto nel
lettera dedicatoria a
la
Matilde
poeta
in crisi
,
affermava
necessit di rinil
novarsi o morire
e dichiarava che
metodo per
uomini e
gli
le
per
ai
ri-
suo male
lui
d'Annunzio
s'appigli
un protagonista realmente
romana;
e lo scelse
56
Lo spirito
l'arte dannunziana.
vile,
miserevole e ributtante e
nell'
quasi
pericolo di
narrando se stesso sotto mentite spoglie. Per colmo di precauzione, cur che Giovanni Episcopo (ed anche Tullio Hermil, dell' Innocente,
poco pi
tardi) narrasse
cftl
da s
s
le
sue sventure.
Poneva
cos le basi
suo futuro
stile
drammatico.
s'affa-
di fuggire
medesimo,
il
tic a rosicchiare la
suo peaccor-
Ma
di
Giovanni Episcopo
vaneggiare,
il
si
di
confondersi e
di
sentiva
la
bisogno
ripeterlo,
maniera
di
Andrea
rac-
conto
fila
me
l'olio,
quali
originati
al
dai
riga-
fanciulli
Il
collocano
in
mezzo
gnolo
e
nell'
dell' orto.
tentativo della
spasmodica
fu presto
abbandonato,
Innocente.
Giovanni Episcopo paragonato al Christus patiens, e la sua confessione lardellata di apostrofi untuose: Conoscete voi la fame ? Avete mai guardato un uomo mezzo morto di fame?... E non vi
s'
strutto
il
Il
poveraccio
cielo.
convinto
chiudere in fondo
Abbiamo
meritato
il
meritato
tuo
cielo?.
Ma
la verit
La crisi morale.
57
sposato Ginevra per lussuria, che ha tollerato F ignominia per vilt, che ha amato F ubbriacone Battista
per
affinit
elettiva,
come ha amato
Cristo, che,
il
suo fanCristo.
un bruto, non un
Tanto bruto
pugnalare
glie,
e tanto
poco
quando pu
alla
moqui,
lo
d'Annunzio
come
ma
cutanea.
Solo che, a differenza delle novelle, il Giovanni Episcopo brutto, essendo la crudelt sensuale falsificata
da un volontario impietosimento,
altri
fini,
e trascinando
escogitato per
il
d'
Annunzio a un lirismo
tutti
suoi atti.
Ah,
L'uomo
si sente divorare e si vede perduto pu salvarsi... Che cosa pi non non vuole, e delle ginocchia che triste delle mani che tremano,
si
torcono,
di
tutto
d'
implacabile
un una
Questo
d'
Annunzio
non
Giovanni Episcopo,
58
Lo spirito
l'arte
dannunziana.
che parla di s medesimo, il d'Annunzio <z\Y Intermezzo e del Trionfo; e 1' ubbriachezza non che lo pseudonimo della libidine. Ma d' Annunzio vorrebb' essere un altro, vorrebbe almeno nella sua tri,
Ed ecco Giovanni Episcopo che continua per conto deli' autore: E... vedere, intendete?, vedere in ciascun uomo la sofferenza, e comprendere, comprendere sempre, e avere una misericordia fraterna per ogni trastezza, dolorare per tutto V
uman
genere.
propria sostanza la voce di questa grande fraternit umana, e non considerare su la via nessun uomo come uno sconosciuto... V Innocente, scritto pochi mesi dopo il Giovanni Episcopo (aprile-luglio 1891), e annunziato nella lettera a Matilde
Serao
come
il
il
metodo con
cui fu scritto
la
Andrea
Sperelli e di
Au-
come
e al suicidio.
come
afflitta signora somiGinevra per un certo piccolo segno bruno che tutte e due hanno sul collo. E il piccolo segno bruno dei due protagonisti la vilt;
Giuliana, la nobile ed
pianto,
e,
u-
dito
nome
dell'
amante, sfoga
vilt,
la
suria sulla
quel
mo-
La crisi morale.
ciare la moglie (necessaria al suo priapismo, che
,
59
si
compiace di incrudelire contro una malata utilizzando come un afrodisiaco il pericolo di ucciderla con l'eccesso di venere), o invece di strangolare l'infamatore della sua famiglia e dei suo nome, questo ripugnante farabutto gode bassamente nell'apprendere
P inguaribile malattia del suo
l'
rivale, e si
adulterio, assassinando
l'
Ma
la
menzogna
produzione
resistere
all'
lirica:
1'
angoscia
sessuale.
istinto
vile, perch conminore gagliardia, e di poco antecedente al rammollimento del Poema Paradisiaco. Non giunto all' atassia n alla balbuzie ma un velo di diffuso languore estenua il tono della prosa.
momento
di
Il vano ed inascoltato ammonimento della coscienza assume qui veste umanitaria e slavizzante. Imitata da
Dostoiewski
l'
introduzione
al
racconto;
lettori di
essere Federico e
il
contadino Giovanni
di
Scordio,
si-
Da
insegnamento morale che Tullio Hermil vorrebbe eleggere a fondamento della sua vita: La tua vista spirituale si ripieghi sul tuo essere interiore. Domanda a te stesso se tu sei contento di te stesso. A qual esito sei giunto avendo
Tolstoi infine
deriva
1'
il
tuo intelletto
Voi
siete
giovine.
60
Lo spirito
l'arte dannunziana.
Che avete
fatto
anima
di Tullio
ricolma
d'
piet intenzionali,
non troppo
dissimili
Cocom-
me
sentii
che nulla
al
!
mondo
>
vale la semplice
mozione
della bont
1'
me
!
que de
faire
une me moins
triste
Ma
la
luci-
che non
sarebbe,
in
quella del-
autore che
difetta
non
1'
s'
, senza dubbio, indispensabile e che negli altri romanzi dannunziani. Tullio Hermil illude sulla sua bont, sulla sua piet, sulle
1'
sue conversioni, e
autore
meno
con
di lui.
Concordi,
uno
e T altro districano,
il
scia,
viluppo
di
queste inette
dano l'incorreggibile bassezza dall'involucro di menzogne convenzionali in cui sperava di celarsi. Tullio Hermil non ignora che la sua gelosia soltanto sensuale,
come
ri-
amore per
le
sue creature:
Strane voglie mi
venivano di baciare il guanciale, di sentire se il solco era ancora tiepido. Non il talamo d' un'amante, ma il lettuccio di una piccola figliuola. Una sterile, ma illuminata coscienza vigila gli avvolgimenti tor-
La crisi morale.
tuosi dei sentimenti mendaci.
61
realt
di
una malata,
di fantasticheria
in-
cestuosa per una che Tullio s' era compiaciuto di chiamare sorella. E chi s' indugiava in queste miserabili sottigliezze era
1'
al lume di un sorimpreveduto . Giuliana convulsa dalla passione e dal rimorso gli prende la mano per fargli sentire battito veemente e malaticcio del suo cuore Pi il battiti del suo cuore io sentii la mollezza del che
la
s'
stoffa .
Poche
parole, che
non
pu
Il
cuore
in un impenetrabile ebbi piet di velame di sensualit. Mi ammollii me, ebbi piet di Giuliana.... In realt, ebbe piet solamente di se stesso. In questo ammollimento maturavano le liriche del Poema Paradisiaco. La fine di tutti gli sforzi una stanchezza vacua, il sentimento della forza che si disperde e del tempo che
;
si
dilegua.
La confessione
dialettica, agitata
drammatica,
e
da un pathos commovente
che
l'
sonel
lenne.
Questo
fa s
Innocente
e
il
collocato
tempo
colta,
fra le Elegie
Romane
Poema
la
Paradisiaco,
n
sta-
prima
zionario ed apatico
come
la
62
nel
Lo spirito
quale un libro
di
l'arte
dannunziana.
gemella. La
di
emerga
superba disfida:
degli uomini
terra
Non posso
n voglio. La giustizia
della
saprebbe giudicarmi
sostanza del
si
perch contradsociali e
dittoria alla
libro, nel
i
mil
sforza di riconoscere
legami
la
ad
pa-
sua propria
vilt.
Sono
le
rusticane,
e
semislave:
consimili.
Ma,
nel
suo complesso,
l'
Innocente non
soltanto
un magnifico romanzo; esso , malgrado lo splendore dei particolari che tutti ammiriamo nel Trionfo
della Morte, V unico
e,
romanzo
quel
di
Gabriele d'Annunzio
rester
della
che
sua
prosa insieme ad alcune novelle e ad un' antologia di pagine scelte. un' opera d'arte, perch un velo
di
retorica e di tronfiezza
1'
non
si
frappone
tra
il
sog-
getto e
la
sua malattia
n
s'
come Andrea
in
:
Sperelli e Giorgio
An-
posa eroica, come Claudio Cantelmo e Stelio Effrena ma, pur fra le squisitezze dell' estetismo, riconosce e compiange 1' abiezione della sua disfatta, e non si dissimula la lugubre inrispa;
immortala
Con
morale
di
Ed un temperamento dissanguato ed esausto. La fine di tutti gli sforzi una stanchezza vacua, il sentimento della forza che si disperde e del tempo che si dilegua.
63
dio cronico
La sofferenza acuta passa rapidamente ad uno sta(Poema Paradisaco), ove si compiace di s medesima, in una grottesca vanit. Anche il Poema Paradisaco si conchiude con un proposito di
resipiscenza.
Dileguali
le
poi che
il
Odo
Vedo
in
altro
Ma nemmeno
6
d'Annunzio
ci
credeva ormai
pi.
Allegoria dell'Autunno (1895) Odi Navali (1893) Sogno di un matLe Vergini delle Rocce (1896) Sogno di un tramonto di tino di primavera (1897) autunno (\898) La Citt Morta (1898) La Gloria // Fuoco La Gioconda (1899) (1899) (1900).
rire.
Poich non era possibile rinnoversi bisognava moCome riusc dunque Gabriele d'Annunzio a salNel numero del 9 settembre 1892
varsi ?
il Mattino di Nauna breve odicina Per la festa navale nelle acque di Genova. Lo stesso giornale, il pubblicava un articolo di Gabriele 25 settembre La bestia elettiva. Vi si pard' Annunzio intitolato lava, per la prima volta, di Federico Nietzsche.
poli
dava
alla luce
64
Il
Lo spirito
l'arte dannunziana.
miraglio Saint-Bon.
d'
di bellicose liriche
pochissime
forma-
Odi navali che l'anno seguente, 1893, furono pubblicate in coda al Poema Paradicol tono fiacco e mellifluo del libro.
alle
mente
stampe
in
il
Trionfo della
spirito di-
uno
ma
anaf-
che da quello
dell' Innocente, e
contemporaneo ed
generato
il
Piacere.
La
lettera dedicatoria a F.
,
concludeva con questo pe Noi tendiamo l'orecchio alla voce del mariodetto gnanimo Zarathustra, o Cenobiarca; e prepariamo nell' arte con sicura fede V avvento dell' Uebermensch, del Superuomo. Queste parole non illustracalen d'aprile del 1894
:
il
fitta
Superuomo, si narra la sconun miserabile ma rivelano che il travaglio interiore, iniziato con le Odi navali, non s'era arrestato. Nel 1895 apparve di Gabriele d'Annunzio solo
sto che l'avvento del
di
;
.
una conferenza, intitolata l'Allegora dell' Autunno Era una celebrazione retorica della Venezia cinquecentesca, come citt di dominazione e di piacere. Finiva con una profezia imperialistica, e conteneva apofVenezia tegmi filosofico-morali di questo calibro ci persuade ogni giorno l'atto che la genesi stessa
:
di nostra specie:
lo sforzo di
sorpassar s medesimo
la possibilit di
senza tregua;
ella ci
mostra
un do-
65
c'insegna che il piacere il pi certo mezzo di conoscimento offertoci dalla Natura e che colui il quale molto ha sofferto men sapiente di colui il quale molto ha gioito. Da questo silenzio vennero fuori, nel 1896, le Vergini delle Rocce. Il voto fatto al Cenobiarca era sciolto. Assistevamo finalmente all'avvento del Superuomo. Non che nascesse d' improvviso. Il cervello poetico di Gabriele d'Annunzio ne aveva, per lunghissimi anni, nutrito il germe. Ma il nascituro non si chiamava superuomo: si chiamava eroe. Ne troviamo qualche traccia perfino nel Canto Novo, nell'epicedio per un amico morto affogato. L'amico era un eroe. E il suo eroismo consisteva, a quel che sembra, nella persistenza con cui
ella
/{
profonde
Eroe,
in altro
Consalvo.
in tanto la
Una qualche
ricorda,
di
non
quel
discendente
alla
gli
Goletta oper
occhi di Carlo
66
Lo spirito
l'arte dannunziana.
non potere
licoso
suo progenitore.
Non
o,
ma
e
bel-
erotiche,
come
mezzo, erotica-heroica.
Questi languidi
facili
amori sono fastidiosi, dice il primo sonetto. Il secondo sonetto dice un tempo fui principe ed amai donne possenti.
:
fui
pugnace; ed
ai
infiniti
le
mali
;
addussi
vinti
ne
la
e pi d'un
rogo
le
per l'orgia ne
sere trionfali.
Pare impossibile che un simile eroe sia disceso vili lussurie del bel mondo romano.
alle
Dove
quando pot, de
al
l'ostil
sangue
guerra
deterso,
Ietto
suo preda
di
Voi riconoscete
co e guerresco
della
l'ora
satanica
il
terzo
momento
la
Come
con-
miseria
(Novelle
,
cos
sogno
la lussuria.
certa-
che possa
67
fra
cuscini di un
canap
di
Perci
d'Annunzio
dell'
compiere,
fatica.
in qualit di
Ercole redivivo,
tredi-
cesima
collocare, un po'
meno
/(
nello spazio,
nel tempo e d'Annunzio diviene patriotta e imperialista. Nel 1888 egli pubblica un opuscolo: l'Armata d'Italia, sull'amministrazione della marina italiana al tempo del ministro Brin. Benedetto Croce
arbitrariamente, quest'ambizione
ne
cita,
Il
una prossima guerra sar affidato ai marinai delle torpediniere: S'avvicineranno essi alla gran nave nemica sotto la grandine incessante delle mitragliatrici e dei cannoni a tiro continuo, capaci di dare pi che seicento colpi al minuto con incredibile sicurezza. S'avvicineranno
tive.
a quattrocento metri: a
possibile.
men
di
quattrocento se sar
Lanceranno il primo siluro; lanceranno il secondo. E nessuna gioia umana eguaglier la loro, se potranno vedere la mostruosa corazzata nemica
in
inclinarsi
sul
fianco,
volgere
al
cielo
le
inutili
bocche dei suoi cannoni da cento, e rapidamente scomparire, con le sue torri e con le sue batterie Quel po' di sentimento in un gorgo smisurato nazionalista, che poteva serpeggiare nelle vene delItalia fu rapidamente usurpato da Gabriele l' umile d'Annunzio, il quale, volendo sognare carneficine e saccheggi, doveva necessariamente abbandonare il
!
nale
68
glia
Lo spirito
l'arte dannunziana.
il
programma. Abbranc
si
primo che a
lui,
ita-
liano,
presentasse.
il
Ed
era l'irredentismo e
qualche folata africanista e qualche vernice garibaldina. Tutte le scarse ed equivoche velleit della terza
Italia
conglomerate
in
una.
L'irredentismo
apparve
nelle
Odi Navali, sempre come pretesto per sensuali descrizioni d'immaginarie battaglie. Ma la nave qualcos'altro oltre che strumento di guerra. La nave l'esploratrice. Ora confluiva nella stessa corrente la puerile ansiet, non celata nemmeno nel Canto Novo, di salpare verso gl'ignoti cieli, verso le patrie
lontane.
e quasi
esotiche
donne
il
a formare
suo
gran
umano diveniva un
la
popolo
italiano, si facesse
coronare impe-
ratore in
e cannoni, battesse
una corsa
Respice finem.
Questo
nitarii
alla
umainter-
bont
la
menzogna.
Il
sua lussuria. Egli era conscio allora della bellicoso imperialismo, avulso da una
69
ducevano
al
lubrico
sogno
strozzare
un'
amante
sfogarsi,
Ma Tullio Hermil non si faceva Ideava un sotterfugio per nobilitare la feroce vilt, con cui aveva perseguitato la moglie Giuliana. La grandezza morale risultando dalla violenza dei
magari, sul cadavere.
illusioni.
occasione
d'es-
ho
fatto soffrire .
gio, la coscienza lo
miei rimorsi,
profondamente radicato nel mio spirito generandovi un fantasma ideale della parte migliore di me assunta in una specie di culto platonico. Tutto il mio vizio, tutta la mia miseria e tutta la mia debolezza si appoggiavano a questa illusione . Sapeva che la virt la virt dannunziana era un fantasma, e sapeva che un fantasma della sensualit era l'eroismo dannunziano: Ed io pensai, curioso e perverso, che avrei veduto la debole vita della convalescente ardere e struggersi sotto la mia carezza; e pensai che la volutt avrebbe avuto quasi un sapore d'incesto. Se ella ne morisse ? pensai. Certe parole del chirurgo mi tornarono alla memoria, sinistre. E, per quella crudelt che in fondo a tutti gli uomini sensuali, il pericolo non mi spavent ma mi attrasse . Ecco la base dell'eroismo. Nemmeno al pi robusto temperamento, nemmeno a Gabriele d'Annunzio, riesce di staccarsi definitivamente dalla storia. Se nello svolgimento dell'umanit,
s'era
70
Lo spirito
l'arte
dannunziana.
procreando una
all'alba dei
mo-
se in quella trib e in
gosce
suoi
canti
di fe-
fine
del
XIX
la
il
XX
secolo, egli
doveva subire
ne-
Superando
il
luppando
la
Lo
sua propria
inferiorit,
la
Poema Paradisiaco,
momenti
infrequenti
pi che decenne
crisi,
la quale, nei
di
lampi
La
lettura di
Federico
Nietzsche
(1892-1894)
lo
Non
buo-
ha capito, o creduto
il
una mendominio l'unica legge, che, avvicinandosi alla belva, l'uomo supera l'uomo, s'accosta al ^superuomo, realizza l'eroe. Questa lettura coincideva, a un di presso, con alcuni avvenimenti propizii: la definitiva separazione dalla moglie scioglieva il poeta dagli ultimi vincoli sociali, mentre il consolidamento fisiologico della maturit risolveva la crisi sensuale l'implacabilit della libidine e l'insufficienza del corpo
la sola verit, che la morale
zogna, che
71
folle ten-
ch'
documen-
nel
Giovanni Episcopo
crisi.
,
e nell' Innocente.
Nelle
il
superamento della
Domati
necessarii tumulti
battute le bramosie
all'
troppo
veementi e discordi
posto un argine
irrompere
momenun
avventura
la vita
potesse
divenire
comodative
ideal
di
imperatore o
re,
che
dir si voglia,
Roma
in
la
bestia eroica.
Da
questo
momento
sparisce
Ma
sicurezza
e
artificiale,
ottenuta
dopo
dieci anni di
crisi
con
l'aiuto
di
celebra la franca e libera animalit, in quanto animanel qual caso potrebbe scrivere poesie belle come Canto Novo e pi belle del Canto Novo. Celebra un' animalit pavesata di bandieruole eroiche, intrulit,
il
un frasario ideologico e idealistico. la belva che si arroga, a modo suo, ia funzione di redimere patria ed umanit. Quindi una belva sapiente ed eloquente e perci esteticamente laida. D'Annunzio, moribondo nel Poema Paradigliata
di
belva,
ma una
siaco,
non muore; ma sopravvive a se stesso, sfreuna invereconda truccatura. La vena poetica da giato s' esaurita con le Odi Navali. Per cinque anni d'An-
72
Lo spirito
l'arte dannunziana.
di
mente
il
vuoto, e
panellano assordando
Claudio Cantelmo
gio,
vile
come
Tullio,
ma
lui,
vilt:
da ci
discendente
ma,
,
di
Tullio
la-
una progressiva e volontaria individuazione verso un ideal tipo latino . E Pi volte, dopo una meditazione esallavora cos tante, divorato da un furioso bisogno di prove, lanvora con
tutta seriet a
:
e,
il suo cavallo contro una troppo alta maceria superando il pericolo, sente che sempre e dovunque saprebbe morire, in realt non muore in nessun posto n mai; ma, oltre a coltivare con grande
cia
amore
sofi
il
filo-
greci, e trova
modo
d' interpretare
Socrate
avrebbe bisogno di contemporanea vile e corrotta, non glien' offre il mezzo. Roma, la terza Roma, non nemmeno attraversata dalla fiamma d' un' ambizione perversa , n dal lampo di un Borboni non vale la bel delitto. Di restaurare
come un
grandi gesta;
ma
la societ
II
fu
tanto
di
miserabile
lo
che
nemmeno
gli
Napoli
spinsero
lo
73
potentis-
grandi pensieri
Le
belle e lus-
suriose tirannidi
si
ha
nemmeno
il
gusto
contrapporre
ribelli
alle
piccole
una qualche magnifica strage ad arme bianca per irrigare e concimare le sue terre isterilite . Il mondo dunque in decadenza. Che pu fare un eroe come Claudio Cantelmo?
formule chimiche dei suoi
Il
demonico,
lo
spirito interiore,
gli dice:
tutti
l'
i
Goditi...
la
soffii, lasciati
penetrare da
germi; accogli
altro
ti
ignoto e
V im-
preveduto e quanto
lisci
recher
l'evento; abo-
ogni divieto . Questo, Claudio Cantelmo lo fa, senza lasciarselo dire due volte; ma abolire ogni dicarabivieto impossibile, fin quando ci saranno nieri. Forse in America sar un' altra cosa. Non cani
tava
il
poeta
alla
verso
A-
tlantide:
le
Sirti
le
sue leggi,
il
s la sua forza e
suo sogno ?
Ma a
slazione americana.
Italia.
Che cosa
suo compito
74
Lo spirito
metodo
il
l'arte dannunziana.
alla perfetta integrit del
diritto
suo essere
profonda visione del suo uniuna sola e suprema opera d' arte; preservare le ricchezze ideali della sua stirpe e le sue proprie conquiste in un figliuolo che, sotto P insegnamento
e riprodurre la pi
in
verso
paterno,
le
riconosca e
le
possibilit
sem-
l'ultimo
e,
mondo un
il
,
figliuolo
il
pi preciso
un certo senso,
pi
comodo.
Ragion
per
1'
cui
at-
Claudio Cantelmo
sospesa provvisoriamente
si
propone di dare opera al terzo. Ma, giacch senza una collaboratrice nemmeno Claudio Cantelmo capace di fare un figliuolo, bisogna scegliere la sposa. Quale delle tre principesse ? Violante,
eroi
Anatolia
Massimilla ?
tutte e tre:
Claudio
tantae
mo-
che
difficolt. Frattanto
de compito
sensualit
e
sentimentalit
ufo;
tre
giovinette,
mangia a
la
Anatolia respinge
monaca
e di
si
chiude
75
Questo singolarissimo spirito politico non era esaurito con le Vergini delle Rocce. Avendo creduto per un momento di poterlo attuare nella vita oltre che celebrarlo nei periodi e nelle strofe, Gabriele d'Annunzio consenti a farsi nominar deputato (1897). Pronunci discorsi elettorali, scrisse articoli sulla sua legislatura , e, arrivato alla Camera, sedette nel settore di estrema destra, come a un propugnatore della tirannide si conveniva. Ma, venuto in contatto con dell' Italia contemporao malviva la realt viva nea, l'amarezza di Claudio Cantelmo divenne ancora pi inesorabile. Era veramente impossibile reBorboni o la monarchia despotica di distaurare ritto divino. La speranza della bella carneficina, da
questo
lato,
svaniva.
Ma
ricompariva dall'altro.
Non
rivoluzione?
E
i
la
g' in-
cendii,
delle
convulsi
suoi
bellissimo
tiranno
e
fiammeggiante, coi
le
g^ggi
di
d'oro
del 1898 e
sanguinose chiassate
veniva
la strage,
il
di
Milano splendettero
l
dacar-
come una
di
subita rivelazione:
volutt
l'inaudita
nale.
dall'
Clamorosamente
estrema destra
la
all'
estrema
la
sinistra
Io
vado
verso
Vita
la Vita,
come
76
Lo spirito
di
l'arte dannunziana.
Fu accusato d'istrionismo.
se stesso.
sogno
una
siffatta Vita.
torto.
fu pi coerente a
Dal famoso gesto politico nacque la Gloria (1899), ove l'eroe Ruggero Fiamma strappa all'eroe Cesare Bronte la potenza e 1' amante gran baldracla
imperiale,
Anna Comnena,
agraria
confini,
,
escogita
ma, prima
perisorella
di nota,
una nuova incarnazione della Lussuria, Nemica; ma, invece di chiamarsi Chimera, battezzata la Gloria. Le convinzioni politiche e sociali di questo conquistatore sono riepilogate nelle parole di Giordano Fauro, le quali sembrano la professione di fede di Gabriele d'Annunzio deputato di estrema sinistra: dovunque, in qualunque campo, ogni segno di energia virile, di volont maschia e calma, di sincerit rude, mi solleva il cuore . La sua forza eroica definita dalle parole della Comnena Se le mie mani ti toccano, se le mie braccia ti prendono, se la mia bocca t'invita, non si dissolve il mondo per te come una nuvola? . E un debole anch' egli, una vittima della lussuria, un consanguineo di Giorgio Aurispa. Ma Ruggero Fiamma non conosce la sua debolezza, e si crede un eroe per davvero. N d' Annunzio lo contraddice. La pace sociale fu rapidamente restaurata in Italia, e la speranza della rivoluzione esul dal cuore di Gabriele d' Annunzio. Meglio era abbandonare per un istante 1' eroismo patriottico e starsene paghi all' eroismo individuale. Il poeta si ripieg su se stesdella bellissima
:
77
dela
quattro e
cinque
atti:
morta (1898) e la Gioconda (1899); come questi due drammi erano preceduti e preparati dai due primi tentativi drammatici, in un atto, il Sogno d'un mattino di primavera (1897) e il Sogno d' un tracompiti di Claudio monto d' autunno (1898). Fra Cantelmo non erada dimenticare il secondo: adunare la pi pura essenza del suo universo in una sola e suprema opera d'arte. Anche per raggiungere quedivieti , cio a dire sto fine bisognava abolire conquistar la potenza d' immaginare liberamente il delittuoso e lo sconcio, senza turbare 1' immaginazione con pregiudizii morali. Nel sogno primaverile T animo del poeta occupato dal pensiero fisso delche stringe sulla sua nudit il nudo e sanl' amante, guinoso cadavere dell' amato; nel sogno autunnale
i
la
primi pallidissimi esperimenti. Altra bisoErano gna lo urgeva. Un nastro sottile percorreva, ora spa-
tutta
1'
La
Trionfo della Morte scoppiava ancora una volta, con invincibile furia, in quel delicato amante, che si avido di piaceva di chiamar sorella la sua amata comunioni spirituali . Pensai dice V Innocente che la volutt avrebbe avuto quasi un sapore d'incesto . Un'immaginazione crudele si mesceva all'immaginazione oscena: l'assassinio dell'amante: Io penso che morta ella raggiunger la suprema espres,
78
Lo spirito
l'arte
dannunziana.
d'
un
la vidi
io
sangue, e alzare
le
supplici
trivialmente.
Il
ca-
quindi l'assassinio,
sopprime la lussuria, distruge 1' un delitto sembra pu1' Morta rificare ed assolvere altro delitto E s' ella morisse ? Ella diventerebbe materia di pensiero, una pura idealit. Io l'amerei oltre la vita, senza gelosia, con un dolore pagato ed eguale . Questa
ge
fantasia incestuosa,
perversa e
sottile dialettica
dell' incesto
dell'
as-
gognosa
tea,
di
s.
Nella leggenda di
incastrata nelle
si
tasia
La frainmal rediviva, nobilita la schiavit sensuale di Leonardo. E, quand'egli ha soffocato la sorella Bianca Maria, le sue parole
Citt
:
io sono quelle d' un eroe trionfatore del mondo sono puro: sono tutto puro... esclama l'incestuoso; chi, chi avrebbe fatto per lei quel che io ho fatto? prosegue 1' assassino ogni macchia scomparsa dalla mia anima; io sono divenuto puro, tutto puro . La donna del romanzo e della lirica dannunziana era una cortigiana o una schiava, che poi fa lo stes;
so.
Come
79
crisi
sensuale
di
l'
come
Tullio
Giuliana
coscienza
rimorsi
Hermil
suscitandovi
larve di
per
di
iniquo
creatura
perfetta
1'
assassinio
impossibilit di nuo-
mentre 1' amante, uccidendola, ne cava un' estrema e tremenda volutt. La crisi morale doveva
superarsi con V eroica convinzione che la sofferenza
dell'
essere debole
giusta
necessaria.
le
Quando
le
ha
fatto soffrire ,
e
s'
ac-
ne soffre.
Ma
Lucio Settala vive nel sofisma promosso a dignit di legge, e la Gioconda ha ragione contro Silvia, Per riscattarsi da un sorella di Giuliana Hermil
:
ma non da quello che mi legava a lui: da un altro, dal vostro, da quello che gli imponeva la vostra virt o la vostra legge e che lo faceva soffrire intollerabilmente.
vincolo egli ha voluto morire,
La Gioconda,
la
femmina perversa,
si
la Bellezza,
l'i-
limitava, precisandosi.
L'eroe dannunziano, la belva perfetta, non chiedeva ormai pi 1' abolizione dei divieti per generare il re di Roma o per condurre alla perfezione un ideal tipo latino. Egli eleggeva il secondo compito: adunare
la pi
riprodurre
la
80
Lo spirito
l'arte dannunziana.
pi profonda visione del suo universo in una sola e suprema opera d' arte. Fra Ruggero Fiamma e Lucio Settla, Stelio Effrena, respinto dalla vita
tica e
poli-
demail
gogo
tiranno.
il
Da
questa
deliberazione
nacque
Fuoco, ove
tragedia greca
la
dolcisla
sedurne
gi
mi-
Come
;
Claudio
Cantelmo per mettere al mondo il re di Roma aveva bisogno di tutte e tre le principesse cos Stelio Effrena chiedeva che due donne, la cantatrice e V atpartorissero trice, imparzialmente fecondate da lui
,
in
collaborazione
gli
la
nuova tragedia
il
Straordinarie
promiscuit
fingeva
deva potessero avverarsi con la facilit dei sogni e con la solennit delle cerimonie liturgiche . Malgrado le divine pagine dei levrieri, del labirinto, della pazza, dell'aurora veneziana, dell'Avemaria
sulla
laguna
previsioni liriche di
cui sussulta
romanzo faticoso, incoerente, sconnesso, non immune qua e l di fastidio per quelle gonfie e puerili discettazioni di arte e di filosofia. Si pu dire del Fuoco quello che l'autore dice, una volta,
la
prosa
il
role
Parlando egli s'accorse che le sue paavevano un suono falso, che la sua disinvoltura contrastava troppo crudamente con l'ombra mortale che occupava la faccia velata dell'amante. O, medi
Stelio:
L*
81
glio, si pu ripetere quello che Claudio Cantelmo osservava alla villa di Trigento: E nulla poteva eguagliare in desolazione il contrasto tra la realt mise-
revole e
demente.
Pomposi
rificava s
Ma
il
medesimo, elevandosi un monumento di parole, era ben diverso da quello che nel 1893 aveva
pubblicato
il
Poema
Paradisiaco
Protagonista im-
mutabile
egli
di tutta la
sua vita e
di tutta la
sua opera,
aveva preso sul serio la triviale sinonimia, che fa tutt'uno di protagonista e di eroe . Aveva battezzato superuomo la creatura inferiore, incapace di dominio morale; aveva travisato in energia virile
l'
delle cudi
pidige
eroi-
smo, diffuso
s'
convulso
lungo
idoli
Non sapendo
;
trasformar se stesso,
sconfitto
nei
dibattito
sua coscienza
contro
la
sua imma-
ginazione,
diffondeva
e,
V incenso
davanti agli
dell'immaginazione,
vo del suo temperamento tiranno, deificava il tiranno, organizzando il vizio come un rito religioso e vestendo
largava
il
servaggio
in
di
niva virt.
L'opera d'arte
l'artista era
risonava
e
di
sofistica
vacuit.
Ma
e di
orgoglioso
le
:
contento
del
mondo
crisi,
egli
sensuale e morale.
E tornava
fresco
82-
Lo spirito
l'arte dannunziana.
gli
ed ardente come quando sulle rosse labbra ventenni gorgogli il Canto Novo.
Oh
l'
ima boscaglia
7.
La
vittoria.
Francesca
di Jorio
da Rimini (1902)
I.
Laudi
II.
mare
Figlia
(1903);
(1904)
il
La
(1904)
La Fiaccola
sotto
moggio
(1905).
La vena poetica, esaurita con le Odi navali, tornava a gonfiarsi di nuova linfa. Il 16 novembre 1899 la Nuova Antologia pubblicava il primo saggio di un libro di versi intitolato Laudi del cielo del mare della terra e degli eroi. Erano semiritmi, strofe ondose e multiformi, un compromesso fra il verso e la
prosa dannunziana, come
sussultante di
il
accenti e canoro
sembrava un compromesso tra la prosa ed il verso dannunziano. Mail compromesso delle Laudi faceva gi presentire la sintesi, l'armonia definitiva ove si
fondesse
metro.
nella
libert del
periodo
la
rigidezza del
Un anno dopo veniva alla luce il Fuoco, con l'annunzio orgoglioso della rinnovata tragedia greca. Ed ecco che, invece della tragedia, prorompe ancora
una volta
tista,
la
lirica.
L'
onda, a lungo
scroscia con
trattenuta nel
ne spezza
le
pareti,
immenso im-
La
peto
ittor a
83
in cascate ruinose. Dal 1900 al 1905 Gabriele Annunzio non scrisse che versi circa ventimila nei due volumi delle Laudi, almeno dodicimila tra Francesca da Rimini, Figlia di Jorio e Fiaccola sotto il moggio. Un tale furore di creazione non s' era da gran tempo visto in Europa. La sua foga ci riportava alle immagini leggendarie degli epici indiani. La storia estrinseca, la cronologia di questo pe-
d'
si riassume in quattro date: 1902 Francesca da Rimini; 1903 (primavera) Laudi del cielo del mare
riodo
della terra e
libro
libri
;
I,
Maia (Laus
e
III
II,
II
(Elettra
moggio. La storia intima e reale alquanto diversa. Le prime ispirazioni sono patriottiche e nazionaliste. Si percepisce un filo di continuit con con le Odi Navali, con le Vergini delle Rocce, con la Gloria, ed una memore persistenza dei programmi elettorali e dei gesti parlamentari. Il poeta assume la funzione di vate. Egli riprende ancora una volta il motivo ammonitore, con cui si chiudeva il Poema Paradisiaco
:
Quando
poeti al
mondo canteranno
:
su corde
O voi,
Questo
fittizio
umanitarismo,
come
gli
permise di
84
Lo spirito
il
l'arte
dannunziana
per
gio).
Ma,
primo maggio (Canto di festa per calendimagin realt, agli operai Gabriele d'Annunzio
la
Bellezza:
La quale
vita bella
non
dannunziana, che un'inversione della bella vita; come mondo, che cos spesso nominato e invocato il
nella prosa e nel verso di d'Annunzio, sembra l'antomasia del bel mondo. Il canto di festa fu preso sul serio per una poesia socialista. Mentre le velleit democratiche di d'Annunzio erano spente ancora
prima
di
nascere.
Quel che gli stava a cuore, ora come prima, era l'immagine del bel tiranno e della guerra considerata
come
spettacolo.
Ma
le
trent'anni in un
varsi,
solitario, finiva
ben
feroce e primitivo
meno
re di
Roma; ma sperava
di
assistere
e si-
all'avvento di un re di
Roma
:
fatto a
immagine
ti:
un giorno
il
mare
latino coprirsi
Vittorio
Emanuele
III
consigliava:
Tendi
La
Venera
il
v iti o r
ia
il
85
!
lauro, esalta
forte
le
porte
Ricordiamo il programma elettorale del 1897: L'idi conservazione e' induce ad affermare e a difendere l'integrit della nostra persona e del nostro bene; l'istinto di predominio c'induce ad aumentare la nostra conquista sviluppando le nostre energie fino al grado supremo .
stinto
Che, se
il
danno
e la
vergogna
duri,
quando
i
di
Ruggero
Fiamma.
11 poeta patriottico e non pi ribelle ora che la pace sociale e il progressivo arricchimento dell' Italia rendevano pi probabile lo spettacolo della guerra
all'
interno
cer-
cava con avidit gli argomenti eroici. Celebrava la memoria di Narciso e di Pilade Bronzetti, piangeva marinai italiani caduti in Cina, s' indignava della
i
il
futuro
il
imperio
uni-
poema
epico.
se
E
la
quale materia
gesta
offriva
V
il
Italia
moderna
la
non
garibaldina?
del
Cos
come
telino,
l'apologeta
semiborbonico Claudio
Cau-
86
Lo spirito
l'arte dannunziana.
commoveva unicamente
il
lo
terzo canto
La notte di Caprera. La bont dell' eroe rimaneva un elemento puramente decorativo di contrasto, all'incirca come lo spirito d'abnegazione delle eroine dannunziane. Vi sono versi sfolgoranti di battaglia,
il
banchetto dell'eroe
ove
Il
il
videnza
Ma
lo
d'Annunzio abbandon
e perci
di
Un
progresso
di
sincerit
bellezza
la
era gi raggiunto,
quando
il
poeta, lasciata
cele-
militari e politici,
passava a canpoeti.
il
nel
Fuoco
in
Vergini delle
l'assurdit di mettere al
re di
Roma.
In
questo secondo
momento
mondo mo-
mento non cronologico, ma psicologico il d'Annunzio canta inni di gloria per Giuseppe Verdi, per Vincenzo Bellini, per Giovanni Segantini, per Leonardo da Vinci, per Victor Hugo, per Dante Alighieri. L'ispirazione affine a quella delle ultime
pagine del
in
compagna
prosa acsalma di Riccardo Wagner. Ed anche qui rumoreggiano strofe impetuose, si allargano lala
Ma
un
sottile filtro di
men-
La vittoria
87
zogna attossica tutto l'organismo dell'ode. E questa menzogna una fiacca e vuota ideologia
paludata
di
d'iniziali
ma-
iuscole
La peggiore ideologia restava senza dubbio quella della stirpe, della razza, del sangue latino: l'ideo-
Ma v'era una salvezza: celebrare suoi bei monti e il suo bel mare, incoronare di fantasia le citt silenziose e turrite, tradurre parole sonanti le sue tele e suoi marmi profondare, insomma, il sentimento
l'Italia
logia patriottica.
per
patriottico
il
in
una
sensualit
patriottica e
sommergere
vaticinio del
Da
questo nacquero
sonetti e le canzoni delle Citt del Silenzio, bellissime nei frequenti casi, ove non sono fredde e pompose versificazioni del Baedeker e dove non le dett
la gelida ambizione di completar la ghirlanda. Sono quasi tutte citt del Kinascimento, ove vissero uomini non troppo dissimili dall'ideale
di
Claudio Can-
potenamatore. In cosiffatta compagnia la musa dannunziana, sciolta dall' increscioso dovere di redimere l'Italia moderna, genera
:
telmo
il
tiranno
crudele,
raffinato
artista e
tissimo
meraviglie. La pi
88
Lo spirito
fra
l'arte dannunziana.
le
lunga canzone,
cesca
pi
bella,
Citt
in
da Rimini, tragedia
insieme
ai
atti.
Ed
alla
anche
la
quattordici
sonetti
su Prato.
Non
alla
si
Gloria,
Gioconda,
tesi,
difende una
fra la moralit
n vi convenzionale
gi
e la moralit eroica.
le
E non ha
terzine dantesche, le
quali servirono
troppe
Secondo
dannunziana,
egli
la
moralit
convenzionale
gioiosamente
rievoca
di
selvaggi prePaolo o selvaggi come Gianciotto. valgono sui voluttuosi. Gabriele d'Annunzio, scrivendo, non ignorava tutto ci, e chiamava la sua tragedia un poema di sangue e di lussuria . Non si lasci turbare da quei problemi morali, di cui nel lungo travaglio che va dalle Vergini al Fuoco dimostr studiosamente a se stesso l'inanit. Fu dunque scevro d'ambagi e di menzogna, e scrisse cosa bel
lissima.
Orgoglioso
tregua
al
d'aver
raggiunto
l'espressione
il
ade-
poeta chiede
La vittoria
89
O magnanimo
al
despota, concedi
del lauro,
nudi piedi,
ch'ei consacri
il
conosca
la
Da
di tutte le crisi,
il nuovo Canto novo. una seconda pubert. D'Annunzio torna qual era nei suoi diciott'anni, quan-
al
mattino
!
dicean
c'
gli
alberi
o Centauro
Di mutato non
la
che
la
commozione
della vit-
toria.
Dimentico degli
liberamente sensuali.
tro fine
Non
dire
si
propone
:
in
Alcione alestate. Vi
che quello
di
per dire
della sua
di cantare per
cantare,
come
la
cicala
bella
sono poesie delicate e poesie veementi. Le delicate colli di Quiesa: sono soavi come
i
E
tu
fra
cieli chiari e
l'acque trasparenti,
non la vedi quasi, ma la senti come una gioia che non si palesa.
90
Lo spirito
:
l'arte dannunziana.
si
Cos
lit
la
percezione
in tal
fatta acuta e la
forma
il
tra-
sparente
modo
Con
la spiritua-
del senso.
la
d'An-
nunzio
mormorando La pioggia
le
piuttosto
ci
che
sfugga
fa
li-
quida
pestri,
e cos
come
non
vi
siano im-
merse
Il
mani.
la
potenza sensuale
si-
dell'
uomo
come
curi
quelli
come
quelli dei
,
Si fa centauro per godere dei fiumi si fa Glauco per godere della salsedine, Icaro per volare. Ed esprime pur le minime sue percezioni in ritmi che hanno tutti sapori e tutti gli odori, nelle quartine dell'Off ove l'asprezza della prugnola si mesce al
rapaci.
miele del fico, negli accordi delle Stirpi canore talsilenziosi come voli d' insetti nell'afa. Non v' pi la parola ma la frase; non pi verso ma la strofe. Ed ogni strofe congiunta all'altra, come nuvola a nuvola, per aerei legami. impos-
volta quasi
il
sibile
critica
due periodi di prosa un verso della Pioggia nel pineto o una quarVersilia.
di
tina di
Ritmi
La
ci
tto ria
91
chiudono
in
ambagi
voluttuose.
;
comincino
rinti
dove
finiscano. Ci
una fluida continuit senza pause. Talvolta sembra che il ritorno di una parola, il riapparire di un'immagine congiunga le cose pi fugaci e pi lontane, come un solo spillo segreto raccoglie un velo intorno a un molle corpo. Sono
di labili
sogni, in
come
fra
i
le
liane
delle
le
foreste,
come
le
le
rami,
come
alghe fluttuanti.
ci
prendono
le tele
in
un
intrico
le
impervio,
come
liane
come
!
come
P
dove
pi
quel-
intrico di
melodie
infinite talora
dolce dei
che
fa lacrimare di
volutt:
il
cor dilania.
L' intensit
di
tale che,
il
come
poeta
:
E
gli
nel petto
occhi
alvoli
intatta come psca son come polle tra l'erbe, son come mandorle intatte
ardente
tra le
il
cuor
palpebre
denti negli
mia forza supina stampa nell'arena, diffondesi nel mare e il fiume la mia vena, il monte la mia fronte, la selva la mia pube
la
si
;
92
Lo spirito
la
l'arte dannunziana.
il
nube
mio sudore.
Non ho
tra gli
pi
nome n
;
sorte
uomini ma il mio nome Meriggio. In tutto io vivo tacito come la Morte. E la mia vita divina.
Questo
il
Non
ma ha
il
ridotto l'infinito
suo spirito pu comprendere ed esaurire senza margine. Ci che non intende e non sente addirittura obliterato dal mondo, senza curiosit e senza rimorsi con la perfetta e tranquilla ignoranza della bestia la quale almeno in questo identica a Dio che esclude perentoriamente
e l'universale alle proporzioni che
,
:
le
cose viventi
oltre la
di
d'Annunzio marinneartisti
turo e completo,
mancando nume ignoto o gato che oscura con la sua ombra l'opera degli
(Zola, p.
li
brutali
e.
o,
il
in
quasi
tormentasse
trepassare se stessi, la fusione tra soggetto ed oggetto definitiva e perfetta. Tutto ci ch'egli vede
e
conosce nel mondo veduto e conosciuto con una immersione ove lo spirito creatore e la materia assi
sunta non
e
l'
non conosce
Innocente
il
come
sospetto di un pi
che se
la
Chi legge
La vittoria
vive nel centro d'un cerchio,
il
93
di l dal quale non v' Vive dunque nel capolavoro. Nella cronologia editoriale la Laus Vitae anteriore ad Elettra e ad Alcione; nella biografia di d'Annunzio, oltre che nella storia del suo spirito, postequattro quinti delle riore. Egli aveva forse scritto odi raccolte nel secondo volume, quando pens di pubblicarle con un lungo prologo (vasto preludio
che
buio ed
il
nulla.
del
Il
prologo,
la
Laus
Vitae, fu
dalla correzione
delle
bozze
(primavera del 1903) usc pi che raddoppiato di mole. Pure il poema serb una approssimativa unit di
struttura.
I
tre
il
primi canti
ci
narrano
come
il
poeta,
attra-
verso
medesimo
Il
inno ad Ermes,
il
pi
moderno
commerci, Macchinatore, Costruttore, Pellegrino, ad Ermes, che sotto il nome di Vita, di Scienza, d'Impero, di Progresso ancora il dio conduttore degl' infaticabili mortali, d il presentimento musicale della seconda parte. Roma, l'altra patria, il secondo viaggio, il figli legittimi della regno della vita. I Latini sono Grecia, e ad essi il poeta canta. j3ouXou.ac Ttateaatv
fra gli dei
le citt
terribili, le citt
del
sangue della fame e della frode, ricche della gloria d'una vita immensa, le citt febbrose che hanno la sera ebbra e la notte infame, e sono sacre alla grande alba, al risveglio dell'Uomo eletto al dominio del
94
Lo spirito
l'arte
la
dannunziana
mondo
cantata
brutalit dell'animale
urla,
umano,
Roma;
il
cantata la e tetra,
strada
sozza come
tale
budello
vi
bovino, funebre
apparire
ma
pur
che
debba nuovo
pur
ma
suoi
fratelli
nuova primavera. Dalla campagna deserta giunge un profumo di fieno e di libert, quasi un fiato
.
panico
Ma Roma
chiude
in
s un
altro
deserto,
un culmine inaccessibile,
gelo dipinse
la vittoria
la Sistina,
ove Michelantende
il
finale
cui
nuovo
lo conil deserto libico poeta. L'ultimo viaggio Nelsolitudine trionfale. alla Paradiso, duce al suo
l'immensa
giunge
ta.
aridit
pura
il
senza vie e
senz' oasi
gli
col vento
egli
messaggio
putredine
ultimo della
liber-
Ivi
gli
avelli
le
con
la
lor
inclusa
Ivi
egli
adora
Vol'o-
Istinto superiore a
Compiuta
pera immensa,
,
suo spirto liberato il poeta pu render grazie della sua e liberatore vita alla madre mortale ed alla gran madre immor
al
monumento
tale,
alla
Natura armoniosa;
al
padre morto ed
al
pa-
ebbe tempra
l'opera, sciogliere
un inno
al
suo inno.
ha
mantenuto
la
la
promessa
di
Claudio
Cantelmo
adunare
pi
L a
itto
ia
95
pura essenza del suo spirito e riprodurre la pi profonda visione del suo universo in una sola e suprema opera d'arte . Con un processo che sembrerebbe
miracoloso,
tenne,
fragili
se
non fosse
la
subitanea
esplosione
scorie,
vina sincerit.
lentissimo sentimento perpetuamente rinnovantesi nella spettacolo immensit del libro. Qui v' un uomo stupefacente acceso d'incoercibile odio contro l'umanit: non contro suoi simili, ma contro ci che di umano era nello spirito suo e nello spirito dei
lui
abolire
rimorso
i
divieti,
sop-
primere
la
coscienza, eliminare
primigenia.
Il
dissidii, profondarsi
nella natura
pensiero
identica nel-
il
cristianesimo e
conflitti
di spirito e materia
Da
Pan orgiaste
profetato
l'avvento di colui
Quando, quattro anni pi tardi, Gabriele d'Annunparagonava la Laus Vitae alla Divina Commedia, obbediva a un'oscura coscienza del vero. Se non
96
Lo spirito
il
l'arte dannunziana.
per
1'
regge
spirito,
parallelo,
regge
il
antitesi.
Come
la
Divina Commedia
cos la
pi
sublime
proclama
dello
Laus Vitae
la pi colossale dichia-
Commedia capovolta
la
nella
storia
l'altro
polo. Poich
senso
storia,
al
lettore
e,
poich questa
della
religione
movimento
manc
e
poeta
il
da questa solitudine nacque cosa anche esteticamente non paragonabile al poema cui misero mano
cielo e terra e collaborarono, taciturne
tutte le
ma
presenti,
epoche dell' umanit. Ma, data la materia, il d'Annunzio ne ha creato 1' insuperabile espressione. Lo poteva ormai, perch era ormai giunto a uno stato di convinzione che pu
nazioni e tutte
le
Tutta
la vita
dello
acerbamente come un peccato contro natura; e, nel divinizzare l'arbitrio, ch'egli chiama legge, di quella ch'egli chiama natura, l'empito del suo canto raggiunge il sublime. La sua bestemmia gareggia in fervore col tono della pi pura preghiera. Le strofe ov' egli ricorda le crisi superate sono
immense
come
s'
ultimi
contrasti
pi morte. Invece
alla materia
non
,
lo
la
spirito
pentiva
di
soggiacere
ma
:
carne
doleva d'aver ceduto per un momento allo spirito. E, quando il vittorioso esulta cantando
si
dissi al
mio cuore
il
mio nome
La
itio
ia
97
il
di ritrovare
rimbrotdella
cammino
E crediamo
per un
filosofico,
d'Annunzio sia divenuto un idealista, nel significato quando in cospetto degli eroi michelangioleschi esclama
:
Ciascuno la sua ossatura creato avea dall' interno del suo spirto, artefice ardente del suo simulacro vitale
;
la
come uno
di s
s
che
triste
pondo animale
in
del
poema
sione finale:
Ed ebbi
cos nel
mio sguardo
V inconsapevolezza
della purit bestiale.
La
dunque
spirito,
rito,
e purit
sinonimo
di bestialit.
Ma
lo spi-
anche a dispetto di se medesimo, rimane quello che e, mentre aspira alla soppressione di se stesso, se vi aspira con convinzione e con passione profonde, fa opera di poesia, opera perci su;
premamente
spirituale,
dando testimonianza
di
s
7
98
Lo spirito
l'arte dannunziana.
zione implica
di
in
se
il
un dramma,
si rinnega. Giacch la negamedesima, come le due persone soggetto che nega e la cosa che
viene negata.
La schiettezza e la violenza di questa negazione generarono il capolavoro dannunziano. Ben lungi dal gareggiare con la Divina Commedia, la Laus Vitae V amplificazione di un qualche gruppetto
di terzine
che
:
si
dantesco
la
il
angosciosa ansiet d' infinito, la bestemmia di Capaneo senza il divino pathos della sconfitta, il gesto di Vanni Fucci, purificato della sua plateale lubricit. Ma nessuno fino allora s' era sentito con
di orgoglio personaggio paragone della Laus Vitae le solite apologie dell' immoralismo sono fiacchi atteggiamenti snobistici. E nel poema dannunziano non v' nemmeno V ultimo vestigio del bel gesto e della posa da viveur pirgopolinice. Esaltazione della stirpe e programmi politici, celebrazione reclamistico-egoistica e paludamento archeologico, invocazioni platoniche alla madre e alle sorelle ed esibizione di sadici furori, Fuoco ed Intermezzo, Vergini e Poema Paradisiaco, Odi Navali e Citt Morta
cos incredibile
dell'
veemenza
In
Inferno dantesco.
nulla eliminato,
tutti
triti
motivi dannunziani
ri-
Ma
La vittoria
volta
99
velleit di essere
Canto Novo d' Annunzio non pi la qualche cosa d' Annunzio qualche cosa. Ed egli ancora il d' Annunzio del Canto
il
:
dopo
Novo
con
il
impetuosa negazione di tutto ci che contraddice al Canto Novo. Il poema dell' adolescenza era la tesi, ove con tranquilla e gaudiosa ingenuit s' affermava un temperamento
in
pi la
immune
d'umanit
non segnata
al
dall' Intermezzo Canto di festa per Calendimaggio e all' inno pel re che viene dal mare, l'antitesi laboriosa, nella quale il temperamento barbarico in attrito con la storia percepisce confusamente la sua
Fuoco,
al
o tenta fiaccamente
delle Rocce).
di assorbire la storia
(/'
scienza
le
si
contrappone (Vergini
e
la
il
Le
odi
naturalistiche
Laus
in
sofista
selvaggio,
la
assunta
gli
l'immortalit dell'istinto
natura e
persistenza
eterni
,
uomo come
,
domina
s'
bestemmiandola
la
violentandola, vi
la
incorpora.
in perfet-
Poich
ta sincerit
in cui
viene pro-
nunciata, poich
gesto
di
diatamente
il
fulmine distruttore, e
sua immobilit,
da una
della
furia
strepitosa,
di
finir
poeta pa-
necessit
100
al
Lo spirito
suo
l'arte dannunziana.
Scritta
impeto
sublimemente vertiginosa nel ritmo. Pi sostanzialmente che l'altre opere dannunziane, essa ha una struttura musimotivi cale. In ogni parte del poema serpeggiano
precipitosamente
tempo,
essa
annunziatori
della
parte
seguente,
come
i
spunti di
una melodia che balzer intera quando sensi e l'anima dell' ascoltatore saranno pronti a riceverla con
viduale che nel concetto
un fremito. L' esaltazione della sfrenata libert indisi manifesta anche nella
:
forma
la
la
pindarica strofe di
ventun
versi,
rapida
come un galoppo
tale
serrato, rapinosa
come un
le
torrente,
al
poema
roto-
lunghissi-
me enumerazioni
lano
della
come valanghe
Laude
,
ottomilaquattrocento versi
la felina
si
snellezza
I
delle
un inno
alle
guerresco.
sillabe ed
versi
varianti
dalle cinque
nove
ancor pi dissimili nell'accento, sono come una materia infiammata in formazione che tenda come a sua
forma
che
cristallina
la
verso
il
conchiusa
fissi
il
strofe
palpitanti,
feconde
sono
le
e
in
ma
affratellate
un
soffio ardente
il
che elimina
della
tutte le contraddizioni
come
vigore creativo
tutte le tinte.
gianti di
magini
armonizza fiammeguna fulminea percezione delle cose le impari nello stupefacente unisono della creaprimavera
Dritto e fugace
il
periodo;
La vittoria.
tura
101
con
le
la
natura creatrice
le strofe,
i i
ai
cione
le
pagine,
singoli versi
nubi,
gemono
Y occhiuto fior della fava nel pioggia e chiaria . In questo negator dello spirito tace il cuore dell'uomo. Ma la materia del cosmo 10 elesse profeta.
Compiuto il capolavoro, Y artista si ripos spogliandosi della sua personalit per rientrare nel mondo oggettivo. Vent' anni prima, al Canto Novo erano immediatamente seguite le Novelle della Pescara. Non per puro caso le Novelle della Pescara furono defipubblicate al tempo stesso Laudi (1902). Ora al nuovo Canto Novo, alla Laus Vitae, tenevano dietro le nuove Novelle della
delle
nitivamente raccolte e
La
fiaccola sotto
il
moggio,
tragedia
in
quattro
atti
(1905).
volta nell'
rusico di
sanguinaria
come
nozze con Vienda, la cortigiana campestre Mila di Codra dal furore lussurioso dei mietitori avvinazzati, e, sconvolto da un accesso di mistico amore, abbandona la casa e la sposa e conduce la donna impura nella pura solitudine alpestre. Quivi lo raggiunge il violento suo padre, Lazaro di Roio, invasato da un' acre libidine per Mila. Aligi per proteggere la donna si fa parricida, e, trascinato al villaggio nativo, consegnato al carnefice che deve
102
Lo spirito
l'arte dannunziana.
Ma
sopraggiunge
la
si
courtisane a-
dennnzia per
gridando
:
maga
la
fiamma
ascende il rogo sul quale perir. Il conte Tibaldo de Sangro, vescica di grassume smorto, ha sposato la lurida serva Angizia, assassina della perita per contessa Monica sua rivale e padrona
,
una violenza identica a quella del fratricidio nelle Novelle della Pescara (la Madia). Gigliola, figlia di Tibaldo e di Monica, vendica la madre assassinata, mentre tutta la sua famiglia, colpita dalla decadenza fisica e morale, perisce in una lugubre catastrofe. La fiaccola sotto il moggio La figlia di Iorio capovolta:
il
quintetto Tibaldo-Angizia-Gigliola-Simonet-
to-donna Aldegrina parla e vive secondo il tema rovesciato del quintetto Aligi-Mila-Lazaro-Ornella-Canmedesimi dia della Leonessa. Sono medesimi fatti e
i
Annunzio elesse fin dalla sua prima giovinezza: amori selvaggi, vendette spietate, padri nemici dei
d'
figli,
o
,
bruciate
vive,
di
costumi paesani,
cattolica
macchiette
Fiaccola
stregoni e di fanatici. La
della Figlia di Iorio
si
;
materia
della
ed
e non era mai stata messa in in San Pantaleone completa dimenticanza. Ecco nel Trionfo della Morte
il
a Casalbordino e del
nella
Paterna
il
rancore
domestico
poco
Casa non
arma
delle
il
fratricidio e
il
Rocce
La
la
Uxoria.
;
103
nobile famiglia impazzata e abbrutita ecco nel Tramonto d' autunno la bella cortigiana data in preda alle fiamme; e in tutte l'opere della crisi sensuale il
come una cosa pugno della femmina prava. Ci che seduce ora come allora d' Annunzio lo spettacolo scenolibertino impenitente ed afflosciato
vile dal
il
ge-
Manca
me manc
stampo
rati,
alle
maschera edi
compenso
pure
vecchio
bont assoluta,
la virt di
ventiquattro ca-
Ornella, di Simonetto, di
di
carnose e vi-
gorose rappresentazioni sensuali che, se una volta carpiscono una particella dell' interno teroro spirituale, pervenuta che questa in contatto del loro
clima poetico, precipita improvvisamente,
rigida e
facendosi
opaca come un
lo
in
sale al
fondo
di
un liquido
le
che non
per
le
epoche:
epoche
di
corruzione
rappree
melodrammatiche (il dramma pastorale, la comdie larmoyante, la pittura preraffaellita); in epoche di rinnovamento morale le rappresentazioni del vizio sono grossolane o barocche (i padri della Chiesa, V Innominato). Nell'opera del d'Annunzio questi precipitati di candore
si
Maria Ferres del Piacere alla Giuliana dellV/znocente, dalla Silvia della Gioconda alla Bianca Maria della Citt Morta, dalla Foscarina ad Ornella, da Gigliola alla Maria Vesta di Pi che V amore. Di nuovo sviluppo s' arricchisce invece nelle due tradalla
104
Lo spirito
il
l'arte dannunziana.
gedie gemelle
liturgico allo
tipo della
madre nobile
della ve-
donna Ale
di
Ema
(la
Nave)
Etra
Per
le
cui
Pescara bellissima
di
come la Laus Vitae sta alle liriche prime. La medesima ispirazione in una forma d'ingigantita poprio
sentiamo
an-
cora
il
un
equilibrio
di
resto
non
privo
di
elementi
melodrammatici
i
di
personaggi
sembrano vivere amare e morire danzando. Ma, anche dove si sente V artificio, l'artificio nobilitato da una indefinibile leggiadria. come se d'Annunzio, elevatosi al grado di nume nella Laus Vitae, guardasse
i
dolori e
dall' alto
le gioie, le
contese e
le
di un monte inaccessibile. Considera suoi con moltissima curiosit, con viva simpatia di ricercatore, con nessunissima compartecipazione alMettiamo che qualcuno abbia scritto la l' esser loro. vie des hommes con uno spirito non lontano da quello
simili
La vittoria.
105
con cui Maeterlinck scrisse la vie des abeilles; e avremo la Figlia di Iorio. Il nuovo d'Annunzio il d' Annunzio fermamente persuaso della sua oltreumana superiorit, non parteggia per la virt contro il delitto, come n' ebbe voglia nell' Innocente, e nem,
meno
per
il
come
Il
fece nelle
avvento del
superuovizio e la
mo. Egli
virt,
disinteressato
il
ed imparziale.
realt,
la purit e
delitto lo interessano
come
schi.
aspetti di
una lontana
Esamina
gli
campagna
esaminava
rito
press'a poco
la terra dei
come
il
paraventi di lacca e
Ma-
dame Chrysanthme.
rare ed ingenue.
I
gano
piangono
si
artista burattinaio,
meticoloso
o
come un monaco
scul-
come un vecchio
orologiaio
loro im-
maginarie sventure.
le
De
Karolis,
popolaresco ed
Tutta
la
arcaico, tra
commovente
e grottesco.
Figlia
e un'esecuvi fa
,
con
il
una lacrimetta
se
volete
come
dramma
di Pierrot.
106
Lo spirito
l'arte dannunziana.
fievoli, simile a
nilunio e di strane
musiche
una fugca-
folletti
sar re e
si
un trono, regina cima alle rupi, ove Aligi pecoraio ? Questa meravigliosa fiaba che
la
chiama
Figlia
di Iorio la
sia
pi
bella descri-
mai stata compiuta da chi conosce l'umanit solamente di vista e di saluto. Ma la Fiaccola sotto il moggio non n un dramma n un fregio n una fiaba n nulla: somigliante nella materia alla Figlia di Iorio e nella forma alla Figlia di Iorio e alla Francesca e nei motivi a tutte le ozione dell'umanit che
pere dannunziane, non somiglia
in in nessun punto ed nessuna figura a se stessa. una tragedia combinata a ricetta. La verbale violenza dei personaggi non diventa mai ruggito di passione; la descrizione
secchezza. La
decadenza
lante,
il
una
si
vita ed
della tragedia.
toglie la
quali
liriche, alle
il
V azione
in
alfieriana.
verso estrinseco ed
scarno ed esangue,
,
arbitrariamente spezzato, lo
stile
ove
la
sobriet era
finalmente
la
,
raggiunta
chi per
ma
ragil
giunta
come raggiunge
virt
evitare
rivelano
apertamente
le
La vittoria.
condizioni di stanchezza mentale
fu pensata e scritta.
in
107
cui la tragedia
del
mezza dozzina di artisti, umano, raggiunta la vetta capolavoro, ebbero braccia e polmoni per ediuna
casa ed aspettare sul vertice
la
Forse neanche
ficarvi la
morte.
8.
Decadenza.
uomini oscuri (1906) Pi Fedra (1909).
Vite
di
uomini
illustri e di
che
V amore (1907)
lirica
i
La
,
Nave (1908)
Dalla
pi tardi
le
novelle,
drammi. La gloriosa lirica della maturit non gener che drammi. L' esclusione delle altre forme si deve in parte a
romanzi
romanzi
e
l'
inesausto e
insoddisfatto
;
bisogno
di
di
uscire
dalia
personalit
soggettiva
:
in
la
necessit
guadagnare rapidamente
crisi
crisi
che
mente
estetica
il
si
pu
rintracciare
parente e per
militare
,
ed
cui di
sfug-
accennammo. Durante l'ascensione dal Sogno primaverile alla Laus Vitae d'Annunzio fu sorretto da una grandiosa amicizia: quella di Eleonora Duse. Compiuta la Figlia di Iorio, le due potenze alleate
gita
si staccarono; e da quel punto comincia la decadenza. Le opere seguenti sembrano dettate da un' in-
108
Lo spirito
l'arte dannunziana.
composta
furia affaristica,
dell'
come
in
se
d'Annunzio
,
vi-
anno
amatorii e
mondani
far
mo-
impegni economici urga alla sua porta. Sembra allora che egli convochi disperatamente le sue forze superstiti; serri usci ed imposte; scelga ciecamente una fra le mille ispirazioni confuse e abortive, che sciamarono dal suo cervello distratto durante le sieste o le cala
mento ove
necessit di
fronte
affannosa e
gione
non
sia gi
Ed anche questa
schere
dell'
ma-
capolavoro non si ripete che in rarissimi casi di miracolosa forza creativa; non si ripete giammai quando sorto in quella che chiamavano l'ora satanica. Se la negazione e la bestemmia avessero prodotto, come altre volte produssero nel ventennio precedente, un'opera esteticamente fiacca, d'Annunzio si sarebbe ancora una
intima legge.
Il
Ma, la Laus Vitae essendo un capolavoro, Gabriele d'Annunzio smunto di forze ed incapace di generare un altro capolavoro spasmodico, era anche immune di rimorsi artistici e per conseguenza incapace di un rinnovamento. La Fiaccola sotto il moggio con paralipomena della Figlia di Iorio tiene le opere successive contengono paralipomena delle Laudi. Sono, in altri termini, riproduzioni dello stato d'animo che prepar l'avvento del capolavoro; con
,
Decadenza.
l'aggravante che vengon dopo. Abbiamo ancora
volte l'apologia
della
109
tre
morale eroica,
di
la
al
comparsa
tribunale
conclusionale
della societ.
del
superuomo
dalla
fronte
Prima a germogliare
l'
sua
mente stracca
fu
idea della
Nave
laida
sorella della
la
Francesca da
celebrazione,
celebrazione d'una
la
Ma
laida,
perch
non esteticamente disinteressata, si pavoneggia di falsi furori patriottici. Se nella Gloria messa alla
gogna la politica interna di d'Annunzio, nella Nave messa alla gogna la sua politica estera. Venezia,
simbolo della futura
origini.
di
Italia
sue prime
Venezia la fazione grecanica, partigiana della sommissione a Bisanzio, combatte contro la fazione
la
quale
cos
quando
si
spoglia, nes-
nando ad una collettiva follia priapica il generoso popolo veneziano, e seducendo l'uno e l'altro capo della fazione gratica, Sergio e Marco, fratelli. Acceso di gelosia, Marco Gratico scanna il vescovo fratello;
ma, stanco
di
lussuria
come un antenato
alla
di
Giorgio
prua della
patriottica,
si
un dramma
cui nucleo e la
110
Lo spirito
l'arte dannunziana.
si
della cortigiana,
che
contro
prigionieri della
Fossa Fuia,
e,
di Iorio.
Poema
di
sangue
e
ma
a cui
conseguenza la bellezza della Francesca. Gli eroi protagonisti sono bestiali briganti, nel cui corpo la libidine contrasta con la violenza, e il cui supremo ideale consiste nel menar le mani poco importa contro chi ed in favore di
la
manca
sincerit
per
che
salpando verso
il
mondo,
moda
che
Marco
sempre me-
Gratico
ha
l'aria
di
partir
per
la
guerra
di
Ercole
Quando non ha
ma. appena
la
gli
altro
si
da
fare,
sua forza
il
eroica
si
affloscia.
Simile
di bruti
ai
suoi eroi
che fa pen-
invasione tartarica
e corrotta,
voun pretesto
a pi
forte.
alti
ad applaudire in ogni occasione il pi Questa la tragedia della folla, nescio quid maius della sua progenitrice, la Gloria giacch per
scenit, pronta
;
Decadenza
d'Annunzio
il
Ili
popolo sinonimo
tipi
di folla, e,
rappresentativi
non pardeve
,
necessariamente
manifestarsi
per
urli
elementari e
drone
d'Annunzio
artista,
di
ma pessimo
con un branco
minare
la
il
di facchini
lussuria
estetica la sostanza di
d' ideale che contenuta nel loro vessillo, bisogna chiedersi come si figurasse d'Annunzio gli Schiavoni e Bizantini, giacch la sua turpe e briaca Venezia aveva da Domeneddio la missione di sottoi
somma
metterli e di purificare
/'
Adriatico.
primo disegno della Nave (1905) e il suo varo (1908), d'Annunzio ritent la prosa. Sostanzialmente pensate in prosa, quantunque scritte o a dir meglio stampate in versi, sono tutte le tragedie dalla
Tra
il
Fiaccola
i
in
come
nella
Fedra,
sono
sillabe ordinate a
schiere di sette e
di
undici,
arbitrariamente. Quasi
il
il
senso
senso
della seconda. L'ultima parola sta per ragion di disciplina nel verso
,
,
quasi
ansiosa di
rendendo
di fastidio,
il
in fretta,
ci
s'abbottona
primo bottone col secondo occhiello e si prosegue sbagliando, ed alla fine il vestito fa due goffe pieghe semiconiche, che e' imbarazzano gonfiandosi al pi
112
Lo spirito
l'arte dannunziana.
quanta
in
enin
quali
finiscono in pi,
ma, in n, in non serie casuali di sillabe, intonate con un accento casuale, che potrebbero cedere il posto a una qualunque altra forma prosodica. Non indispensabile che
la struttura
con
la
ma, quando costantemente le contraddice, segno che la forma non s'addice al suo contenuto e non gli nacque gemella. Il d'Annunzio trov gli schemi estrinseci beli' e fatti nella Francesca da Rimini (endecasillabi misti a settenarii) e nel Canto di festa per calendimaggio (endecasillabo sociale, patriottico, profetico). Li impose per forza alle sue nuove tragedie, che li subirono di mala grazia.
Ma
rica
1'
promesse
ultimo
;
Vite di
uomini
illustri e di
guizzo
dell' esaurito
patriottismo
Elettra
due episodii Pi che /' amore. Qui, segnatamente nella bella scena iniziale del secondo episodio tra Corrado Brando e Maria Vesta, la prosa di gran lunga pi poetica che la solita fiacca ed errabonda versificazione. Ma il dramma vai meno delle Citt Morte e delle Gioconde, cui da vicino somiglia. Corrado Brando
e la tragedia
moderna
in
un eroe, perch vuole scose l'Omo appartenga al sistema del Nilo o sbocchi nel lago Rodolfo. Stanley fece molto di pi senza incorrere nel codice penale, e, poich non
;
credette indispensabile
all'
esplorazione
dell'
Africa
Decadenza.
tenebrosa n
abbattere
i
113
la
il
male, di
ci
legge
la
la
talit
quella che
lega
consangui-
possiamo anche perdonargli, se sulla gobba del suo cammello non caric fatti d'Alessandro Magno, Dante, Erodoto, V Odissea, Rime e lettere di Michelangelo. Corrado Brando non fece in tempo ad apprendere da questi spiriti magni l'eroismo apprese bens da costoro, e perfino da Beethoven, secondo ci eh' egli, se Dio glielo perdoni, asserisce, che nel mondo degli eroi non si combina nulla, se non si calpesta la cosiddetta bont e la cosiddetta giustizia. Anch'egli, come due fratelli Gratici e l'altra numerosa superumana progenie di euritmico nome e cognome che gli era prenata e premorta ai tempi del re di Roma e del tribuno agrario Ruggero Fiamma, un fervoroso praticante dela vanvera. L' eroe proclama nella l' eroismo
nei ,
i
;
che
Il
la
nomare.
si
ma
purch non
auto-
dimentichi che
crede ca-
pace di compiere, ma per le azioni che ha effettualmente compiute non per le sue colpe, sibbene malgrado le sue colpe. Chiunque possegga s per
;
essersi conquistato a
prezzo
il
di
travagli, considera
come suo
grazia,
e
privilegio
diritto
di punirsi
o di farsi
questo
114
Lo spirito
l'arte dannunziana.
autopunizione, vale a dire che pu riconoscere di aver peccato, cio di non aver saputo dominarsi, di non essere ancora riuscito a compiutamente possedersi. Cade dunque nel vuoto il suo presunto diritto.
pudore,
do-
vrebbe astenersi dal parlare di self-government, precisamente l'aspirante eroe Corrado Brando. Una nobile e platonica ambizione geografica lo autorizza a tutte le infamie. Giuoca disperatamente, e,
poich non
rarsi
vince
al
Disgraziato
giuoco, fortunato
la
in
amore
ragion
mi-
Quand'ecco, proprio nel momento in per farsi uccel di bosco, imbarcando per
equatoriale,
al
l'Africa
sicuro
dall'estradizione,
il
Roma
la
fanciulla
vili
Roma
o-
sano penetrare nel santuario per arrestare quel magnanimo. Cos finisce la tragedia n il poeta ci dice se da Maria Vesta, pi fortunata delle vergini
;
delle
rocce,
sia
per nascere
Il
il
piccolo Brando, re
della quarta
Roma.
frenetico
megalomane
la
finir,
fatto
di
pagar cara
pubblica
Anche da poteva cavare un bel dramma, se il poeta avesse osato guardar dentro la vacuit del suo eroismo come altra volta os guardar dentro la vacuit del moralismo di Tullio Hermil che, non dissimile da Corrado Brando pronunciasicurezza.
Corrado Brando
si
Decadenza.
va
1'
115
il
suo
crimine.
Quando
tro parole:
al
ziano.
Vivono
nel deserto, o,
quanto l'eroismo dannunvincono gli eroi dannunziani, ma diciamo meglio, nel vuoto, ove morte
di contrarii coincidenti,
mordono
Mancava
romismo
al
supe-
superdonna.
A poco
nerarla, la squisita cortigiana andava mescendosi in un mostruoso connubio con la folle Chimera. La nuova creatura giunta quasi a maturit in Basiliola Faledra, che a Marco Gratico dona il suo corpo e promette l' impero dei mari di Levante. E viene final-
mente
rebbe
e,
nome
lo
di Fedra, la
quale fa o vor-
far le
medesime cose
di
non riuscendovi,
violenta.
colti
Dopo
due volumi
la
Fedra
indimenticabile
perpetrando
davanti
al
cadavere
la
di
Sifrido,
glorifica
delitto.
l'amor suo
per Ippolito e
santit del
116
Lo spirito
l'arte dannunziana.
la vittoriosa debellatrice della
gonisti.
Anche Fedra
la purit
giunge
per
la
dove
si
della libidine.
il
suo nome
di chi
come
il
nome
sovverte antiche
Il
d'Annunzio
dunque tornato
Per
triottismo
proclamato l'avvento del superuomo col suo pacannibalico e la sua moralit incestuosa,
fagi
l'autore.
la
materia; stracirritante
ca, afosa,
opprimente
di
languore ed
per
Poich non nostro compito scrivere il necrologio d'un artista vivo e verde e nel pieno vigore degli anni, non nostro compito profetare se da questa oscurit sia o non sia per prorompere un'altra crisi ed una terza primavera di artistica grandezza. Il pubblico, che, fino alle Laudi, derisa ed oltraggi le dannunzianeggianti aristocrazie
intellettuali,
dichiaratosi
la
unanime per
il
Figlia di
abbandonano
grado
la la
dopo
di
la
Decadenza.
zienti e maligni
117
bestemmiano
la
troppo diuturna
la
ti-
rannide;
critici inflessibili
protestano contro
cieca
troppo
com-
quando
le
Ed
neces-
negare
tista
il
trionfo
all'
artista
che
lo
merit,
pentitasi
l'ar-
perseverando ad onorarlo
di trionfi, ch'egli
non
merita pi.
III.
J.
Cultura di G. d'Annunzio
-
Suo
L' intelligenza
G. d'Annunzio
Un giudizio complessivo su Gabriele d'Annunzio molto semplificato dalla purit estetica dell'opera
una strana eliminazione,
altri
sua. Per
di
cui
non
si
cose
noscono
si
esempii fra
grandi poeti
il
italiani,
cervello del
d'Annunmedita-
zio
di
il
poco un'epoca nella quale l'indagine degli astratti penetra pure temperamenti pi alieni dall'esercizio del raziocinio. Chi lo conobbe intimamente sa come la sua conversazione, sfavillante d'immagini ed ebra di una instancabile sensibilit, tronchi con una aforistica conclusione il filo appena iniziato del pensiero. Ricchissimo di genialit, egli difetta di quella pi comune virt, che per una comoda antitesi potremo chiamare intelligenza. A che si riduca il suo programma politico ed il suo credo filosofico e morale abbiamo ampiamente mostrato, tracciando la
zione filosofica o
realizzando
press'a
tipo astratto del puro poeta in
i
122
L'arte di
d'
Annunzio
La sua appariscente
cultura
si
cellente
conoscenza
di
rature straniere modernissime, molto studio dei tragici e dei lirici greci,
nella poesia
torii
una larga e vivace curiosit infinitamente pi fresca ed immediata che non sia di solito fra gli uomini di lettere, per la pittura per la scultura e per la musica. Questo ricettario di dottrina, escogitato dal d' Annunzio trov grande fortuna fra le
,
signore.
Manca
la
distingue
il
intimit,
letti,
disinteresse. Tutti
libri
che d'Annunzio ha
tutte le
inconsapevolmente assimilatrice,
ma
d'un'enerdi
raccoglitrice
ma-
per
le
il
ramente
stesse a cuore:
suo
gli
libro, la
sua opera.
gi
altrui
come monumenti
ma come
ne predominante, che
precisamente
il
gli lasci la
Divina Commedia,
ombra
prima volta la comprese. Le pagine somigliano alle pietre di Colossei sgretolati o da sgretolare per metter su un ediegli per la
ficio
novello.
Elementi intellettuali
Tutte
le
123
sime;
ma
d'Annunzio non
fratelli
si
trov,
si
cerc nelle
di
maggiori. Incapace
accumu-
come
immediatamente speso, per il dramma o per il romanzo d' imminente pubblicazione , il danaro contante guadagnato alla pi recente lettura. Pare anzi eh' egli abbia letto solamente per nutrirsi in vista del prossimo sforzo, quasi per prepararsi ad un esame. Medita la Francesca da Rimini: s' impadronisce della lirica dugentesca. Escogita la Fedra: sfoglia tutti
i
loro
dalla
difficolt
spianate
diligente
una
alla
certa coscienziosit,
tutta
quanta esteriore
del
resto,
ed intesa
quel
alla volutt
scenografica anzi
che
Ma
d'
che
il
Annunzio non legge e non studia per 1' amor dello studio, e che, se improvvisamente venisse a mancreatrice,
1'
cargli la frenesia
gli
si
estinguerebbe
di
colpo anche
percorrere un
la
pazienza e
attenzione necessarie a
di
volume. Manca
dottrina occulta
manca, in una parola, di quelle letture e di quelle contemplazioni inutili, cio non premeditate ad un fine, che poi sono le pi fertili e feconde. La sua cultura un
di capitali nascosti, di chilificazioni inconscie;
arsenale di arnesi
calcolabile,
del
mestiere:
di
visibile,
palpabile,
numerabile
cassa
in
prim' acchito,
Il
come un
fondo
di
metallo sonante.
che non ha
124
L'arte di
con
la
a"
Annuzio
nulla a vedere
tediosa
che,
questione
se
in
dei
plagi
rara
dannunziani.
verissimo
qualche
Canto novo, ed in molte cose del libro di Alcione il d'Annunzio riuscito a poetare in immediato e fulmineo contatto della sua materia, nelV enorme maggioranza dei casi ha concepito 1' opera sua marginalmente ed interlinearmente ai libri letti. Ma questa constatazione non ha nessun significato critico. L' originalit di un poeta consiste nella robustezza del suo temperamento. taluno che, non
poesia del
resta
un
pedissequo
avendo cod'Annunzio
la
impeto
di
suoi
furti
innocenti nelIl
originalit.
V intonazione
ed
il
tono che fa
sa-
un definibile
com-
equivoci, chia-
pronunciate
un' iniquit, la
chi
commuove energicamente
si
non
origi-
Negare
1'
originalit
l'
del
plagiario d'
dei
Annun,
zio
significa
ammettere
identit
plagiati
la
somiglianza di Verlaine con Pindaro, di Maeterlinck con Eschilo. Poich il d'Annunzio ha saccheggiato
indifferentemente
i
violenta
ha
tutte
quante
falsificate e corrose.
Leggendo Dante
e Tolstoi,
gl'inni
della
Chiesa e
Elementi intellettuali
125
poteva,
con un marchio
Perfino
contraffazione,
,
rendersi
delle
somigliante.
Platone
nelle
Vergini
lettura
non
toglie
pregio,
esploratori di fonti
ed Enrico
la
senza dubbio
spoglia
di
il
pi diligente
opera
ma
ogni seriet
del
d'
Annunzio.
Esponendo la sua maniera di conoscimento, abbiamo dato implicito un giudizio delle sue facolt
critiche.
Non
critico
quegli
che,
cupido
unica-
mente d'intensificare
dividualit, rinuncia
sieri
discordi e
le
Wagner (Trionfo della Morte), come prosa poetica, rivela una squisita sensibilit, come prosa critica non si allontana dalla convenzionale analisi tematica. Wagner giudicato da
un wagneriano,
intenda
che
Wagner
di
monda
formule settarie. Le
scuola
digressioni
fiorentina, a pitture
michelangioleschi
sono deliziose divagazioni e traduzioni letterarie. Anche il d'Annunzio, come la massima parte dei cosiddetti critici d'arte, non pu intendere la plastica, se prima non l'ha distillata e volatizzata in poesia. Resterebbe la scienza. Fiorito primamente sotto la costellazione della letteratura positivistica, attratto dalle
126
L'arte di d'Annunzio.
materialistico, bisognava che anche il d'Annunzio cadesse nell'agguato che a tutti gli arruffoni tendeva
la
E t'inviluppi, germe inviolato, monade pura, ne' riflusso immenso de la materia che giammai non muore.
1
Non aveva
letto
il
Novo?
un certo punto prorompe in questa nervi dellapalissiana esclamazione Che mistero, l'uomo Ed ecco finalmente un prezioso excursus psico-patologico dal Trionfo della Morte : La vi:
sione dell'amplesso
gli
violento
che
il
sua lunghezza
da un sussulto simile a quello prodotto da una scarica di elettricit. Avveniva in lui quel terribile fe-
nomeno
senza dominio
del desiderio
poich tutte
le
devano i suoi nervi, di attimo in attimo, valevano a muovere quel punto del centro cerebrale che il periodo di riposo anteriore aveva portato a un grado estremo
molecolare . Simili ridicolezze sono molto rare nel d'Annunzio; il suo buon gusto salv la decima Musa dell'amplesso di Cesare Lombroso.
a" instabilit
77
mondo
di
d'Annunzio.
127
2. Il
mondo
di Gabriele d'
Annunzio.
Angustia
Paesaggi
- Mancanza d' umanit e di monotonia del suo mondo fantastico personaggi dannunziani - Il labirinto di specchi.
caratteri
intellettuali
dell'
opera
dannunziana
si
il
quali
ra-
Laus Vitae;
stampate: la Canto Novo nell'edizione definitiva; un'antologia lirica scelta con abbondanza dall' Intermezzo e dalla Chimera, con parsimonia dal libro di Elettra, con avarizia dallVil
libro di Alcione;
sotteo,
dalle Elegie,
dal
Poema
Paradisiaco,
;
dalle
Odi Navali, dalle tragedie sbagliate la Francesca da Rimini; la Figlia di Jorio; V Innocente; molte fra
le
assai
l'antologia lirica.
Non
un manipolo, un esercito di periodi e di strofe, e vi son cose immortali. Pure, quando il conto consuntivo chiuso e non resterebbe che firmarlo se il critico si vede sfilare innanzi le bellezze vittoriose, eh' egli ha assolte scernendole dalle consanguinee brutture, un sottile rimorso lo prende, come se fosse necessario un processo d'appello, nel quale un pi acuto e penetrante avvocato fiscale perori contro l'opera superstite e il migliore d'Annunzio. Qualche voce nell'aula commenta sfavorevolmente
,
128
la finale
L'arte di d'Annunzio.
apologia
dell'artista,
da
nella quale
giudice entusiala
piaga in-
mano
palpitante la bellezza.
Questa voce partita dalla folla, che cede ai sentimenti non ne penetra motivi, dice che, pur dove l'arte del d'Annunzio grande, non ci persuade senza resistenza dove forza la nostra ammirazione, non
e
i
;
conquista
la
di quelli
mediocre uomo d'azione, che cerca in qualche raro e grande libro una parola di consolazione, di coraggio e di riposo. Guido Mazzoni accenn con accorata sottigliezza all'incessante esitazione del lettore, che dall'entusiasmo cade nella pigra saziet, dalla saziet risale a un impeto di franco ma non duraturo consenso. vero per rileggere il d'Annunzio bisogna trovarsi in uno stato d' animo, che quella rilettura pu intensificare ma non per forza propria generare. Si riprende nelle mani un volume del d'Annunzio, quan:
abbiamo
dan-
nunziano
trice in
orgoglio
di
gaudio per la natura irrompente, solitudine spregiauna dura coscienza delle nostre forze. Quicquid humani a me alienimi puto. Allora il d'Annunzio la mano ardente un ospite desiderato e invocato
;
//
di chi
mondo
>
di
d'Annunzio.
129
da lungo tempo non aveva percorso le sue volumi derelitti nello scaffale, li fruga con cupidigia, si ferma sulla strofe che la nostra voce rotonda declamer per la volutt dell' animo
pagine, cerca
i
nostro oltracotante.
ciali
Ma,
in
se g' infiniti
in
filamenti
in
so-
che
ci
legano
alle
odio e
amore,
rancore e
in
desiderio,
cose del
mondo
e della vita ci
nostra quotidiana
fati
responsabilit
e dei fatti,
Y in-
se Y aliquid
humani trepida
ansiosa, allora
il
nella
d'Annunzio
gli
un visitatore imporcui
si
chiudono
le
porte e
orecchi. Se
non siamo
ci
di-
vince. Ospite
padre, non non amico e nemmeno nemico. Se Y amiamo, percepiamo come un' ombra Y imminente stan-
ma non
fratello,
chezza se lo respingiamo, lo respingiamo come conti domauno con cui non sia necessario fare dalla nostra vita senza ni, che si possa espellere rimorso, che si possa radiare, senza perdita, dalla
;
storia.
Non
,
n la fecondit n
il
matrimonio;
la
;
l'arte
del
d'Annunzio
la
spirito
pi
frusciante di sete
pi
densa
di
di tutte la pi
ed amara.
ch un
La sua fantasia troppo chiusa ed angusta peruomo vi possa respirare. Vi entrate sbadatamente, per la prima volta, con Y animo disposto a spaziare e ad acclamare. Ecco infiniti paesi e lon-
130
L'arte di d'Annunzio.
tananze sfolgoranti ed ombre di mistero ed uomini, donne, fanciulli nei pi diversi atteggiamenti della
sofferenza e del tripudio, della vittoria
sfatta,
della
di-
o, poich non dantesca n una Commedia dannunziana, non divina non umana , la Commedia eroica"? tutto un universo di natura e di creature ? La vostra ammirazione davanti a quella mutevole immensit diviene ponderata cupidigia di disamina. Guardate pi maturamente le cose vicine. Cinque mirabili quadri, di-
dia,
divina od umana,
balzacchiana,
sposti
come
perfetti diorami,
fontane e
:
di
fascina-
trice
in
Roma
? Le terme e
;
archi
si
raggricciano
gli
uno sfondo malcerto ma di l dalle terme e daarchi biondeggia di ristoppie e di febbre la campagna. Un cavaliere, emergendo da un nembo di polvere, galoppa verso V orizzonte nel primo piano sale, molleggiandosi, una procace magrezza velata per un'ampia scalea, da una piazza scintillante di acque verso una chiesa coronata d' azzurro. Nel secondo quadro, un fiume, gi stanco del suo lungo cammino, traversa la pineta. Ride prossimo il mare; pascolano le cavalle sfrenate tra le macchie basse, in vista dell' Alpe Apuana rosea di tramonto. Un altro mare splende pi cupo ed austero, nella terza
;
pittura
paranze
di vele scarlatte di
dormono
;
sull'
on-
da
biancheggia
in
contro
la
Maiella
s'
i
assiapano
popolani,
sgargianti
urlando
un rito religioso che somiglia a un baccanale. Ed ecco ancora il mare nel penultimo qua-
//
mondo
di G.
d'Annunzio.
131
dro,
coli.
da un
sole
dardeggia
femmine opulente. Roma papale, l'Abruzzo, Venezia, Bocca d'Arno; quando mai s' erano viste dipinte con siffatta bravura di mas
s
no, con
lore,
Il
lor giusto
cocor-
con
simbolico ?
se
le
come
paradisi tangibili.
colonne spezzate e cima a nude acropoli spopolate le larve degli dei sull' Olimpo. Remota nello deserto il sfondo una chiazza d' oro abbagliante con le piramidi e la Sfinge, e, dove la cornice si chiude, in una fosca macchia di verde inestricabile, il primo sentore dell' Africa tenebrosa. Nient' altro ? Certo, tutte le patrie degli uomini e dei miti splenandremo pi dono in quelle favolose lontananze quelle che paiono tardi. Ma vicino a noi nuli' altro
L' ultima
pittura
scarna
finestre
sono pesanti cortinaggi di velluto superbamente panneggiati al limitare del carcere. La fantama mondo di sia dannunziana tutto un mondo guardare aluscire n lecito sortilegio, onde non
;
trove.
Guardiamo dunque
non pi
quadri,
Dove
pugno chiuso
e col
il
fascio
uno slancio
in
di assalto
ginocchiata accoppia
le
palme
132
L'arte di d'Annunzio.
il
Una madre veneranda, appoggiata mento sulla mano scarna, medita sull'inevitabile destino; e, non
un giovinetto bellissimo, dalle chiome il carnoso corimbo del piacere, e gi reclina la testa, ove la saziet scava, presso alla bocca libidinosa, una ruga precoce. Altre ancora. Ecco un mistico pastore, grasorretto il vate le spalle da un agnello dormente corpo giovanile da una lunga croce, volge estatici gli occhi al cielo, mentre dall' altra estremit par si avanzi danzando incontro ai due cedevoli imberbi
lungi da
lei,
ricciute,
immagine vivente della Bellezza, la cortigiana seraccolti fra le dita minuda dai seni prorompenti
1'
,
lunghe
pini le
di
pamdel-
chiome, affondate
cave
la
le
pupille
devastatrici.
l'
E accanto
la
alla
Chimera
statua
Odio
fratricida,
all' atleta
che
rappresenta
tale
il l'
forza eroica,
i
che gli discopre denti e dietro alla Chimera simbolo dell'Incesto, dagli occhi esterrefatti, dalidre guizzanti fra capelli sconvolti e sul basai
;
mento donde si svincolano le membra della bellissima nemica un bassorilievo, dov' ella, ignuda sul rogo, trasale di gioia sovrumana, sentendo le fiamme salire lambendole il ventre. E tutt' intorno alla sala un fregio di schiettissima grazia, ove innumerevoli giovinette, simili l'una all'altra nel volto, prosui capo canestre di spighe. Magnifico e ancora pi stupendo sar quello che ci promettono vagamente le crepuscolari lontananze che si stendono, invitandoci, davanti ai nostri occhi.
!
cedono recando
in l
lasciamo
//
"-mondo
>
di
d'Annunzio.
133
Venezia e Bocca d' Arno, la madre veneranda e il melodioso pastore. iWa ecco un improvviso ostacolo ci arresta. Non si passa di l. E nemmeno dall'altro lato. E neanche dal terzo. Dovunque ci volgiamo, il nostro capo sbatte contro una muraglia. La quale uno specchio. Guardiamo con ansiet nelle vaghe e fantastiche lontananze sono medesimi quadri, le medesime statue, medesimi gruppi infinitamente ripetuti, con multiple rifrazioni ed inversioni e giochi di luce per un mirabile sistema di
:
spiragli
e
1'
di
riflessi
artificiosi
proiettati
d'
dall'
uno
la
contro
altro cristallo.
il
Venezia, Bocca
Arno,
campagna romana,
neranda,
la
pastore mistico,
il
la
madre vecupido
fratello
della sorella
dovunque, a destra
sinistra,
da
dannunziano
segnati
all'
un piccolo labirinto
di
specchi. Ras-
libero e vasto
come
il
rare le
immagini note.
ci
Ma
insensisi
bilmente
basamento per
randa incapace
colo
il
d'
figliuolo,
rovina
tutti
gli
di
s,
non
Incesto impotente.
134
girano
mai
fine.
Non
avverr
dunque mai
nulla fra tutte queste passioni scatenate? Ma le passioni si muovono in leggiadre figure coreografiche
;
non
s'
ch
danza si compongono in un gruppo Forza si slancia ancora ed ancora la Bont procombe e la madre piange e il pastore guarda il cielo e il giovinetto sfoglia il suo corimbo. Non verr dunque un gran colpo di vento
alla fine della
decorativo, ove
la
di
un tanfo
e di pro-
museo
;
nuova
lo
fumi stappati
di
strascico
!
confuse musiche svanite. Quale caldo rappreso quale languore snervante! Chi direbbe che a pochi
passi di l tumultua
il
mondo
e gorgoglia la vita?
Ancora qualche
ove un con esalazioni di narcotici perversi, e voi sfonderete con l'impeto del vostro cranio le pareti di vetro. Per sanistante di questa prigionia,
guinare
chi d'
all'
aria libera.
E
sul
giuo-
ombre magiche
muro,
Forma, lingua
stile.
135
3.
Forma, lingua
e di
e stile.
Impressione di fatica
Grammatica e
Un
che
le
poste alla
vostra
lettura siano
state
grande stento
e dolore.
Nella rigidezza
pieghe, nell'imbarazzata compostezza dei loro movimenti, esse tradiscono lo sforzo creativo. Le creature
dannunziane, araldi
stanche di vivere
fin
di
con pein
noso anelito la fine del dramma o del cui vivono per sommergersi nel mondo
de
la
romanzo
larvale,
donIl
mano
il
del
poeta
le
ha
riluttanti
suscitate.
gesto che
figure troppo
incomodo ed
innaturale
perch sia
Sono come
che
come
Il
palato.
poeta, inflessibile
le
come un pedagogo
dal primo al-
o un impresario,
l'ultimo
tiene
per mano,
all'
ultima
parola.
Non
le
accom-
pagna
nemmeno un
solo istante
abbandona
medesime. La sua
136
L'arte di d'Annunzio.
son tronfii come chi una lezione, ed impacciati come chi delle sue azioni debba senza scampo render conto a un padrone. Immancabilmente il d'Annunzio sa quel che le sue creature fanno e debbono fare, dicono e debbono dire, non come un dio che per infinita prescienza conosca il partito che gli uomini trarranno dal loro libero arbitrio, ma come un meccanico il quale non ignori che, se la sua mano cade per un attimo stanca, la vita riflessa del suo schiavo microcosmo s'arresta. Eroi ed eroine egli tiene per le tiranti. E non gli sfuggono. Quel che pensino e se pensino quel che sentano e se sentano egli non
tasia.
debba
sa n chiede:
mancano
affatto di vita
intima,
come
mancano
tuali.
di riflessione,
di
dubbii, di
si
secondo
s e s,
il
gesto prestabilito.
lano fra
quando
si
raccolgono
nel
loro
dramma
illude
il
falsificata
invano,
come
quella del
pubblico di discutere
le narici,
mentre, contratte
in
angusto che la mano del poeta pu sempre raggiungere il limite per acciuffare un personaggio ribelle al
dunque
le
d'interpretazioni.
Manca
alle creature di
quest' arte
F o r ma
la libert,
lingua
stile
137
gilio largirono
in
gran foga
giovinezza,
le
da lanciarle nel mondo a farsi strada da s, ad amare a lottare a morire secondo la loro quali, usciti dal cervello gagliardia ed il loro sogno, dell' arte, parvero all' arte troppo stupendi perch valesse la pena di regolarne isocronicamente palpiti
ste
ed
alacri
come
latta
fa
1'
orologiaio
ai
tutal-
dannunziana
un interminabile puerperio; e nessuna cresce cos forte che possa staccarsi dal seno materno balbettando: ora vado da me. Nessuna creatura del d' Annunzio trascende il suo creatore; nessuna proietta la sua ombra oltre
invece
le
sue creature
in
come
le
figure allegoriche
Il
arcaica,
il
loro
significato.
di
lettore
non
collaborazione,
di
valore
un'opera
perch
il
d'
Annuncento
sempre
ad impedirvelo.
S' egli
fra
nessuno gli darebbe la sorpresa che a Dante redivivo avrebbe dato il De Sanctis, che a Sofocle redivivo darebbe egli stesso, d'Annunzio.
anni risuscitasse,
La sua
arte esattamente
imbottigliata,
ci
sigillata e
numerata.
Ne
varietur.
E
nel
che
non
varia
nel
si
flusso della
vita,
varia
l'artista e
138
L'arte di d'Annunzio.
i
per
scrivendola,
significati, ai
posteri quell'opera
trificate
Le materie piesono impenetrabili, ed il futuro non le scava per deponi suoi germi. Solo ci che trascende l'individuo e la contingenza sacro alla storia. E il capolavoro classico definito dalla coesistenza di qualit, solo in apparenza contraddittorie esattamente limitato nella forma, illimitato nella fluidit
sar perfettamente incomprensibile.
i
:
compongono; sfericamente
i
e-
perpetuamente mute-
che nascono
suo specchio. Finito ed infinito, costante ed iridescente come una perfetta goccia d'acqua. Tra classico e dannunziano passa la stessa differenza che passa
il
tra
il
cristallino e cristallizzato.
Dove
grande
poeta,
vero
simbolo,
tornato;
ivi
il
d'Annunzio
il
dove
classico infallibilmente
il
d'Annunzio
suoi coe-
dilata capriccioso
Manca
tanei,
al
d'
altri
una
le
virt
sima, fra
ficienza pi evidente,
come
pi
evidenti sono
le
suo capolavoro: nella Laus Vitae. Malgrado la trinitaria armonia dell'ispirazione, vi si percepisce facilmente un certo disordine d'esecuzione, un perico-
Forma, lingua
convulso come
sero
al
stile.
139
un edificio ove
scale
si
le
scuderie fos-
soffitto,
le
si
nerottolo,
bifore, l
finestre
qua
accoppiassero quasi
materiale
in
distaccassero lasciando
il
frammezzo un
;
largo
sublime
T altezza;
disegno.
Non
crolla,
ma
par
debba crollare come una torre da secoli pericolante. Se togliete il primo atto della Figlia di Jorio, un piccolo gruppo di liriche quadrangolari nel libro di Alcione (La Morte del Cervo, L'Otre, Versilia, Undulna, qualche altra) fors'anche le Vergini delle Rocce, tutta l'opera dannunziana soffre di squilibrio, di
,
irregolarit
di
proporzioni
casuali
ed arrischiate.
del
Quando
quest' architetto
contento
suo primo
largo del
pre necessario
e troppo
spesso
pi
primo, di
in
modo
che
lo
copre
d'ombra
e ne
mette
rischio la solidit.
prolungano
in
prolissit filiformi.
gli
che
egli filialmente
am,
manca un'essenziale
il
virt:
nucleo
intorno simmetrica-
mente
le
parti.
Difetta,
di
per
dirla
retoricamente
e di fine.
ed
orazianamente,
materia
gli
si
principio, di
mezzo
La
istato di in-
nel suo procedere, di costiun nucleo intorno al quale organizzarsi. Ma talvolta l'opera compiuta prima che sia compiuto questo processo di raffreddamento e di condensamento stilistico, che il poeta non ebbe la forte pa-
candescenza, e cerca,
tuirsi
140
L'arte
di
d'Annunzio.
zienza di attendere senza por mano alla penna. Quindi tutto gli par buono nel suo cammino; e si
sovraccarica di elementi
dentali,
di
spurii,
di
analogie
acci-
Si trascina dietro
come
troppo
la
la
piena
forte,
un codazzo d'immagini e di cose, un torrente lungo un declivio come una banda musicale in una citt
di
disoccupata.
Non
sceglie e
pi
nebulosa informe, ma non ancora V astro cristallino, di misura geometrica e di splendore concentrato.
la
pagnata da un gravame d'imprecisi fulgori. La forma sinceramente espressiva di questa mentalit la strofe della Laus Vitae. Continuamente prossima al ritmo, alla rima, all' equilibrio strutturale, essa non raggiunge mai V adamantina simmetria,
ed appena l l per toccarla gorgoglia in un nuovo singulto che sconvolge l'iniziato processo di
ossificazione. Questa forma alata
coglie la materia
si rapprende e congeda. La lunghezza della strofe permette qualunque ampliamento della cornice ov' chiuso il pe-
riodo, ed
ammette
;
lo
meratrice
ma
la
sua approssimativa
(ventun
le
versi) ripiglia
infallibilmente le redini
raccoglie
forze, le riordina
rapidamente
per
un nuovo volo
ma non
pazzesco,
all'
come
sadel
rebbe se
la
misura
fosse lasciata
arbitrio
momento. Anche da questo punto di vista, superficiale in apparenza, la Laus Vitae il capolavoro. Le rare volte che il d'Annunzio s'abbandona risoluta-
Forma, lingua
mente
te
al
stile.
141
verso libero,
gli
capita di sfuggire
in
per la
tangente;
metri rigidamen-
ordinati, troppo
in
contraddizione con
sforzi di
se stesso.
Pare come
entro
multo
in
cui s'agitano
suoi
tenerli prigioni
esercizio di tirannide su se
medesimo
gli riesce
per-
fettamente
tissimi,
I
e in questo
senso
anche
le
in
altri
mol-
del resto
egli
le
uno stupefacente
fra
i
stilista.
sue terzine,
sue quartine,
pi perfetti
sono soltanto
che
al
abbia messi
i
media, sono terminologia una pi meravigliosi. Se fosse che nesdiremmo questioni d'arte, in da computisti peruna vantare pu prosatore nessun poeta, sun centuale cos bassa di periodi sciatti e di versi scadenti. Forse Sofocle. Forse Orazio. Lo stesso Pe-
mondo; ma,
considerati
nella lor
lecita
trarca, lo stesso
Foscolo sono zoppicanti al paradopo, pare un operaio cui la fuliggine dell' officina si sia imscamiciato pressa sul volto e sul petto velloso. Le parole e le frasi dannunziane somigliano a un felice popolo utopistico, senza cenciosi, senza mendicanti, senza
gone; Carducci,
,
letto subito
analfabeti
lionaria.
tutto
virt
ed colpa
tempo stesso
eccezione un
splendore
Se
in
un
altro
poeta
incontriamo
per
verso od
un
periodo di quella qualit che nel d'Annunzio la regola: uno di quei periodi esattamente circolari che
si
cavano
fuori dal
contesto
si
142
L'arie di d'Annunzio.
,
uno
di
quegli
si
endecasillabi ove
equilibrano in partita
perfettamente pari ed un'immagine esaurita senza margine, noi siamo pronti ad esclamare: ecco una parola eterna! E l'impariamo spontaneamente a memoria per non dimenticarla mai pi. Ma il d'Annunzio s' imprime con estrema facilit e con maggiore
facilit
si cancella. Non per la vilissima ragione anche le cose supremamente belle se troppo abbondanti, vengono a noia, come la caccia preli-
che
proruppe
nel
Ma
La
perch quella solenne perfezione non sempre necessaria e connaturata alla materia che esprime.
fantasia di un artista tutto
un mondo,
canicolare
si
nel
quale
il
sole
conduce
in
processione
il
Santissimo.
Un monla variet
che per
come
inconcepibile
una nazio-
ne tutta
quanta aristocratica
od un
esercito tutto
quanto di marescialli, cos assurda una fantasia perennemente sublime, salvo che non sia esclusivamente lirica, quasi sterile, e che non dia suono se non quando la sua corda pi acuta scossa da un' ispirazione frenetica. Ma la musa dannunziana non solamente lirica, ed dotata di considerevole fecondit. E, poich non n pu essere costantemente in uno stato di pathos dionisiaco, vale a dire periodi che l'artista ha camuffato artificiosamente umili ed versi di seconda qualit. La societ dei suoi fantasmi non tutta quanta aristocratica, come a
i i
Forma, lingua
prima vista sembrava,
ristocrazia:
stile
di
143
di
ma
e gli
mista
vi
plebe e
aat-
scimmiotta
di
gli
teggiamenti,
partengono.
stemmi, che
poeta
desideroso
Da
ci quell'incertezza d'impressione
in
e quell'ansia
continua
l'arte
chi lo studia:
di
sua un convegno
valata strepitosa ?
nell'arte sua vi
sublime
insieme; e
d' oro e di
acciaio
goffamente
per par-
sontuosamente perfetti per l'afflato creatore dell'ispirazione gigantesca da cui procedono; ve ne sono altri che sembrano e non sono perfetti, perch la loro perfezione uno schema convenzionale imposto pigramente ad una materia discorde. Si troppo spesso derivato il verso del d'Annunzio dal verso dei Parnassiani,
il
nunzio dal periodo del Flaubert. In realt, dai suoi maestri francesi egli impar se pur d'insegnamenti
poetiche e per
nella scelta
di
gli
arbitrii
grammaticali, l'eclettismo
dai
delle parole
monumenti
formazione di termini nuovi, la religiosa accuratezza nell'evitare spiacevoli incontri fonici e neh' alternare sillabe di vocali diverse e nel provvedere a che la rima coincidesse col senso invece di poggiare casualmente su
nella sapiente
ogni tempo e
parole di
secondaria importanza.
Non bisogna
di-
144
L'arte di d'Annunzio.
di
Gabriele d'Annunitaliana:
astenutosi
saggiamente
l'unica forza
dal del
teorizzare
egli
la
ha risoluto, con
famigerata que-
suo esempio,
materia questo poeta Se egli ha V intuizione di un particolare, che l'uomo medio suo contemporaneo non intuisce e di cui manca perci il termine nella lingua parlata, il poeta ha non solamente il diritto di estrarre una parola arcaica dall' oblio secolare, ma anche di prenderla a prestito da una lingua antica o moderna e perfin di foggiarsela, non arbitrariamente, da s. Il modello linguistico nella coscienza individuale del poeta, non neh' uso fiorentino e nemmeno nella lingua aulica ed accademica. Pu sembrare contraddittorio questo liberismo lessicale con l'assolutismo grammaticale. Ma il d'Annunzio ha respinto la massima parte delle inversiocompiaceva la lingua ni e dei capricci in cui si letteraria italiana non per ossequio pedantesco alle capricci, da leggi, sibbene perch le inversioni e
possibile
meno
fissare quale
qualche secolo
in
Forma, lingua
In
stile.
145
riguarda
questo senso, egli assolutista anche per ci che il vocabolario. Se credesse che la parola
speme ha un' intonazione diversa dalla parola speranza e che la parola umile ha una sfumatura di significato che la distingue dalla parola mile, il d'Annunzio le adoprerebbe a dispetto dei manzoniani. Ma, poich non lo crede o non lo sente, ha eliminato dalla sua arte le parole e le licenze cosiddette poetiche, non per far comodo ai manzoniani, ma perch la sua coscienza estetica non vi passerebbe su senza rimorso. Il suo stile detestali sotterfugio; e in questo senso non supera soltanto di mille miglia lo stile carducciamo, ma, insieme al manzoniano,
il
moderna
lette-
ratura italiana
vanti.
a suo
vantaggio: che
gici,
mentre
il
te la teoria di
il Manzoni obbediva a canoni illod'Annunzio, precorrendo praticamenBenedetto Croce, non obbediva che
canone solo: quello dell'impressione che cerca la sua espressione. Purismo e neologismo, Crusca e ribobolo rivoluzione e pedanteria venivano egualmente negate e superate. La materia verbale del d'Annunzio ne risulta fusa, compatta, armoniosa, esente di tumori e di ingorghi tutta una pasta calda ed omogenea. Ha avuto il successo che meritava, parendo impeccabile agli accademici e diventando in brevissimo tempo popolarissima. Per questo lato, tutti quelli che son venuti dopo il d'Annunzio sono e vogliono essere dannunziani e la apparizione del suo stile segna un momento decisivo nella storia della nostra letteratura. Senza colpo ferire e senza scrivere neanche un opuscolo di poleliberamente
,
:
a un
10
146
L'arte di d'Annunzio.
il
mica,
d'Annunzio ha risoluto
al
la
questione della
g'
lin-
di
gl'idolatri della
regola e
dell'uso.
4.
Falsit dello
nunziano
ristico -
Tale
senso.
il
dannunzianesimo
stilistico, nel
suo miglior
dire,
quando
respingiamo con saziet una strofe od un periodo, asserendo, nel peggior senso, che quella strofe o
quel periodo dannunziano? Vogliamo dire ch'esso
una speciale falsit, ove la pompa estenasconde con cattiva coscienza la miseria della cosa detta. La falsit non viene dal di fuori, come nei poeti che, scrivendo, si piegano forzosamente a di lingua e criterii convenzionali di grammatica viene dal didentro, cio dall'ostinazione con cui il d'Annunzio impone un certo suo ritmo e fraseggiamento tipico a qualunque bazzecola gli passi per il capo. Il suo verso non deriva nel tono e nel ritmo tanto dal verso parnassiano quanto dall' ideale cui tendeva la tecnica della pi antica poesia italiana,
falso di
riore
;
sopratutto
in
lirici
del trecento
nel d'
maniera. Egli
147
mezzo so-
che piacque molto a Vincenzo Monti e ad Ugo Foscolo e al Leopardi di Consalvo. Il suo endecasillabo di prosapia pi nobile e pi antica: martellato accuratamente su ogni sillaba, alternato di sdrucciole e di piane, ordinato nella successione delle vocali, ma rettilineo nelP accento, precisamente inquadrato nell'immagine e tale che
con un tono
piuttosto
di
all'ultima sillaba.
sferico e non luminoso che iridescente sfaccettato, sostenuto, ma senza salti di ostacoli eleganti. Anch'esso pu sonar falso. Ma nella poesia dove l'esaltazione che genera il verso perfetto pi
frequente e dove
il
sione
di
che nella
prosa. Qui la monotonia dello schema diviene soffocante. Per dire ogni cosa in stile sublime
complicato,
ma
tutto
compreso
nel
cento della dignit di ci che dice. Anche qui la derivazione dal Flaubert non sostanziale. I parnassiani e
il
Flaubert cercavano,
come
il
d'Annunzio,
la
ma
stendevano
di
ed
Il
il
lucida
freddezza.
primissime pasia
modo
che
il
lettore
subito
affascinato dalla
che nel
sguito
diranno.
Grandissimo
era
il
148
L'arte di d'Annunzio.
silenzio, nella pausa: tale che nel percepirlo io mi sgomentai davanti all'immensit delle cose mute che esso abbracciava. Voi sentite che la prima parola, grandissimo, dovrebb'essere stampata in maiuscole e che un sapiente dicitore, leggendo ad alta voce periodo, deve concentrare lo sforzo della sua voil
;
ce ascendente su
subito
quel superlativo,
per discendere
e di
roco mistero
e
perdurante sino
da
dire
fa
aralda di
la
medesima,
prende
la
rincorsa,
annunciando
sua imminente ed
la
imman-
cabile vittoria.
drini
Un
troverebbe
facilmente
formula
del periodo
dannunziano, con le successioni di accenti dattilici e spondaici e con la sua chiusura, che in innumerevoli casi suona come la chiusura dell' esametro. Non importa. Importa notare che il d'Annunzio concepisce il periodo come un'unit vivente in solitudine, accovacciata in se stessa ed agganciata con mezzi puramente esteriori all'unit precedente e seguente. Ortografia ed analisi grammaticale sono ferree ed assolute. E quasi assoluto anche lo stampo ritmico, nel quale il d'Annunzio pigia o pi spesso diluisce la sua materia. Quindi 1' enorme moltitudine le parole di sillabe vaganti, bonnes tool faire; che esasperano anche nulla, giammai e consimili,
fuor di proposito
tivi e di
il
significato
ibile,
l'abuso di
superla-
aggettivi in
alla
consue-
tudine
mandare ogni
sostantivo
accompagnato
non meno
come un
149
come
di
successione
ondate interrogative
asseriscono; e
Il
i
pagine, che
sinonimi oziosi e
per paralledi
enumerazioni superflue.
antitesi,
de per
lismi,
per contrapposizioni o
come
poeti che
pensano o s'illudono
sare;
ma
Quando
il
pu
sfrenarsi,
come
tendenza del suo spirito anticristiano, e perci nemico di ogni dualismo, lo porta in generale alla giustaposizione di tre immagini simili. Immaginifico
fra le
rapporti d'identit veramente: nel cogliere cose lontane, nell'asserire l'unit della materia di fronte alla diversit delle apparenze, insuperabile di dovizia e di precisione. Tuttavia strano che il
egli
i
nesso comparativo come sia quasi pi frequente nella sua prosa che nel suo verso. Anch'esso un espeper riempirne la diente per rimpolpare il periodo carcassa prestabilita. A questo modo il suo stile diventa tronfio e lungagginoso; e quel suo periodo,
;
miracolo
pi
di
dirittura,
logica e di forza,
considerato
rivela
inerte,
troppo
spesso
scarso di giunture e d'ossa, incapace di reggersi in piedi e studiosamente arrotondato con un grassume molle, che tappa tutti buchi e biancheggia
i
forza
di
n salute.
Manca
di asciuttezza,
rapidit.
E, veden-
dolo cos florido ed impettito per la mal celata difficolt che ha di procedere e di muoversi, voi desiderate qualche volta il fervido anacoluto di Cellini,
150
L'arte di
d'
Annuzio
la
il
durezza gra-
nitica di Alfieri,
bonomia quasi
di
sciatta di
Man-
zoni, la
magrezza sanguigna
Leopardi.
Anche qui la malattia verbale non che un sintomo dell'ispirazione malata. Come nelF ispirazione
la vilt la libidine animada eroismo, cos nel suo stile si drappeggiano di paludamenti grandiosi anche le cose pi viete e pi semplici. Come un certo tipo di bel tiranno e una certa immaginazione sadico-guerresca domina con la fissit di una mania il suo cer-
del
d'Annunzio
il
crimine
lesca
camuffata
vello, cos
di
di
periodo e
tutte
verso tronca
avvenuto
le
stesso
modo
od
estetica.
Osservate ancora un
riso,
di
altro
sintomo dannun-
l'assenza di gaiezza,
d'umorismo,
deficienza
scherzosa ironia.
all'
Da
un
lato,
questa
Poich il riso superiorit spirituale e violenta negazione dell'inferiore, non possibile che scoppii in un artista, il quale, malgrado tutte le illusioni, deve oscuramente sentire che l'arte sua non celebra un supeconnaturata
ispirazione.
ramento,
ma
quali,
malgrado
la
negazione,
sghignazza; Cere la
le
mentre
della
il
feudo
si
scompone
monarchia
i
Padri
Chiesa
sbeffeggiavano
qualche volta,
151
superstite idolatria:
Nietzsche,
di
Ma
il
d'Annunzio, se togliete
Vitae,
Laus
cata,
non raggiunge
Quindi
che
lo
ma
la
coscienza di
di
Tullio Hermil.
valori morali
non ha forza
li
deridere
assalta
irosamente
non
ride pubblicamente:
lo
il
sollazza,
ma
lo
esaspera
la
e,
sua inferiorit
se
eccezionale degnazione, e sorride con una compostezza musona, d' un riso che pu contrarre muscoli faciali ma non vibra nell'intimo. Quasi teme, ridendo, di spogliarsi della sua dignit
faccia notare
1'
i
stile.
Una pa-
grandiosa
, i
in
Balzac
quali
ispirazione
il
stilistica
mente
al
scherzevole
paragone
fra la
materia
di
quel periodo e
la
ma-
teria,
pagine e
152
L'arte di d'Annunzio.
a sublimit. Sarebbe
periodi atteggiati
trata
come V en-
un servo di scena prima che il sipario calasse sulla scena madre di un dramma sentimentale, o come Carlo Magno che scoppiasse a ridere sul pi bello d'una mascherata storica. Si dice volgarmente che l'illusione svanisce.
prematura
di
5.
Il
D'Annunzio
Suoi rapporti
- Il
pre-
coi
Parnassiani
veneziana
e
-
con Flaubert
Influenza
Pittura preraffaellita
pittura
il
dell' 'enfasi
wagneriana
Perch
d'Annunzio non
un decadente n un secentista.
artefatta gravit,
Schematismo
tutte
le
stilistico,
conven-
che
si
sono succedute
boccaccevolmente ? plicato e macchinoso di periodo anche per un' ideuzza quotidiana o per un ovvio nesso logico, che potrebbe esprimersi in quattro e quattr'otto. Essere un petrarchista ? gonfiare fino all' immensit della passione senza scampo una qualsiasi frivolezza galante o, perfino, una scipita immaginazione scolastica. Un arcade ? prendere sul serio un arbitrario e leggiadro giocherello di fantasia, esagerandolo fino al grado di sentimento austero e di utopia sociale. Direttamente il boccaccismo, indirettamente le altre
153
cui
precetti erano
estremamente numerosi
si
riducono
te
retori, l'opera d'arad uno persuadere. Secondo non consisteva nel comunicare una rappresentai
zione,
ma
nel
trascinare
ad un' azione.
l'on.
Quindi
la
riducevano,
parlare
come direbbe
in
Majorana,
alla
all'
ar-
te di
pubblico
L' intimit
era negata
all'artista.
supervatutti
poeta inspirava
palestrita e
sensi di
nobile
ardire
i
nella
giovent
guerresca, ed infocava
delle patrie
mura od
alla
bariche;
il
prosatore incitava
indecisa verso
la deliberazione pi proficua al
che se scriveva
storie,
delle
no per un pubblico
allo stile di
amici
letterati,
Cicerone,
come
se le loro esercitazioni
dovessero decidere, contro Catilina ed Antonio, inalle sorti della Repubblica e del Senato. Cicerone fu, in tutte le malattie della letturatura itatorno
liana
fu,
la
sima,
come
crisi
a gravi
periodiche
schema
gli
di
54
L'arie di d'Annunzio.
fraseggiamento
del
quando
non
bastava
il
rigore
della
deduzione
inviolabile
proporzioni
nesso del pensiero da esprimere l'oratore poteva permettersi qualunque arbitrio pur di obbedire allo
schema. Meglio dir bene che dir qualche cosa. Non pensava cos Demostene ma Cicerone pi era un che uomo di passione di parte e di patria avvocato, il quale aveva bisogno di montarsi, e non osava presentare il suo animo in nudit, perch della sua nudit non era sinceramente persuaso. Quindi
;
s'imitava facilmente,
smorfie: di qui
la
come s'imitano
facilmente
le
nei secoli.
Quando
donare
il
la
divenimmo
il
ciceroniani.
Certo, sarebbe
esagerato
cercar
trarchismo e nell'Arcadia;
alla
ma
se
fosse un'assemblea
di
il
chiamata a decidere
umanit. Anch'essi
la storia dell'
combinate a
non
volevano rappresentare,
,
ma
esaltare
un seguace immaginario.
dalla
che eruppe
fra
assordante
il
cat-
d'Annunzio
e dei
quello delle apostrofi patriottiche sofismi morali spregiatore della folla ed apoil
Anche
suo
stile
155
gogico della facondia reboante. Ed il tono del suo periodo deriva dai precetti e dagli esempii dell' Orator. dunque. 1 suggerimenti Malattia tutta nostrana che venivano dall' estero non gli erano discari, quando favorivano la sua individuale tendenza. Moltissimo
,
pi eloquente ed enfatico tra colui che, come il d'Annunzio, prei grandi musicisti, annunzia la grandiosit del prossimo momento creagli
piacque Wagner,
il
tivo,
ed imprime con violenza l'accento sulle prime battute della frase musicale. Ma un esempio non
veneziana, si trovava nella gloriosa pittura d'AnGabriele da amata entusiasticamente essa anch' di nunzio, anch' essa grave di sontuoso eroismo
dissimile
,
pompa
cupida
la
celebratoria
di luci
di
gesti
definitivi;
anch'essa
rotondit formale.
pittura
li-
melodie
turgiche,
come non
la
neg
alla
dugentesca.
Ma
erano queste le Bianche Marie, le Silvie Settale, assolute, scarne le Omelie della sua cultura: purit capricci sorti manierata, virt una personificazioni d'
si
davanti rativo stupore davanti alle tele di Rossetti preraffaellita, virgo gelida Penuele, de May Liliana a
le
ceree dita,
pareva
si
fer-
intensificare la sua libidine dell' per ed aromatica che gli stava veramente a cuore, Veronese del tornare con nuova delizia alla carnalit qualche ed all'enfasi del Tintoretto. Ammirava, e, in 1' esangue scimmiottava momento di dilettantismo,
masse per
arte pingue
poesia dugentesca
ma
subito
dopo
si
rimetteva, tutto
156
L'arte di
in
d'
Annunzio
chiuso
s,
Lasciamo star Cicerone. Ma, per collocare storicamente la malattia dannunziana, abbiamo citato nientemeno che Pindaro, l'oratoria classica, Boccaccio,
la
al
pittura veneziana,
nato
petrarchismo e
all'
tenuto parola,
atteso, del
come qualunque
e del
gli sforzi
lettore
si
questo
il
decadentismo.
sarebbe Ebbene,
dell'avvocato fiscale,
anche
si
in
quello che
arte.
rompono contro l'innegabile realt della grande Con tutte le sue debolezze, l'opera di d'Analla
nunzio appartiene
storia
dell'arte,
e per
conse-
guenza
dello spirito,
desimo. Ma il decadentismo e il secentismo, o almeno ci che comunemente s' intende con queste movimenti consimili nelle arti figudue parole, e rative e nella musica, sono oziosi esperimenti dello spirito ripiegato su se stesso e trastullantesi con se
i
stesso
come
il
il
proverbiale
fanciullo
annoiato
che
sciupa
fatto. In letteratura,
questi vizii
ed
infallibile,
mancanza
di
rispetto
per
la
forma prestabilita in continuo disaccordo con la materia da esprimere; nel decadente, il conflitto definitivamente eliminato, essendo il contenuto puramente arbitrario. Il decadente ed in modo diverso, il secentista, considerano la parola come fine a se stessa, come un giuoco di suoni appena sostenuto da qualche larva d'immagine. Il deparola. Nel retore,
,
157
secentista festevole;
realt,
scherzano l'uno
e
e l'altro. Si
la
divertono con
l'espressione vuotata,
fanno
d.
rimbalzare
come
Fanno freddure o
le quali ci fanno con ilare disgusto, come avviene per le freddure, non appena percepiamo 1' assurda scomposizione meccanica delle parole, disarticolate nel loro organismo e falsate nel loro significato secondo una accidentale somiglianza di suono. Il decadente non un artista; un letterato a riposo che passa il tempo a far mille ghiribizzi con gli strumenti del mestiere che non gli servono pi. Ma il d'Annunzio non s' lasciato sedurre da queste perversioni che nel pi triste momento della sua vita, nel Poema Paradisiaco (e nelle cose peggiori di questo, non in Olimene, n nell'altre belle). Indegnamente paragonato ai
secentisti e ai
1'
antitesi
di
costoro
di
che
il
suo senti-
mento
date
le
fermata
in
sillabe eterne
rivendicarvi io seppi
nella vostra vergine gloria
!
158
L'arte
di
d'Annunzio.
mano
Io vi trassi
con
come
corolle del
contrttili
che
il
indicibilmente colora.
Io vi
che
le
la
vita
vostra rivel
radici, le
segrete
fibre
innmere
la stirpe
Natura sonora.
apparire tra
i
I'
una
1'
altra sillaba
mille
volti del
Passato tremendi
di
come sembianze
Io dal
morti
che illuminarono
del futuro
1'
amore ombra
mondi.
pregna
di
il
vasto
Converse
in
ho novamente
in
sostanza umana,
viva
pianto.
vene
di
sangue
e di
Qui
la
commozione
dell' artista,
forza del
su-
ch
ciascheduno
deve
159
al
malgrado
al
il
Carducci,
clas-
manzonismo
degli Sten-
e,
italiano.
Se, redente
al
sti-
prestabilito,
questo un sintomo
di malattia,
dan-
libidinosa,
si
solitarii.
ma non
abbandona
il
Da-
d'Annunzio
puro e potente; ha
mano
6.
casta e robusta.
i grandi artisti sono malati - Relazioni del d'Annunzio col pensiero europeo e con la coscienza italiana
In che senso
che rappresenta
La formula
del suo
dramma
interiore -
Constatare
il
la
Lo sanno
saggio del
tutti
quelli
che
hanno
meditato
e
il
De
Sanctis sul
come
con-
Omero, Giotto
ceptae,
tista
Bach, opere
sono apparizioni miracolose. Un grande arcrea per solito una specie di grandezza e, con-
genita ad essa,
alla
una specie
di
corruzione,
intorno
quale
si
ma
per superarne
la
160
L'arte di d'Annunzio.
dannunziana? di quale crisi sono espresda noi analizzate, della sua immaginazione e del suo stile? Bisogna pensare che Gabriele d' Annunzio, italiano ed europeo del secolo XIX volgente al suo tramonto, nato es' svolto in un momento di stanchezza storica. Era stanca P Europa
dell'arte
sive
le
malattie,
sistemi
d' idee
che
aveva rintronato
e di misticismo,
in
Germania
;
stanca di romanticismo
musica
e d' utopia.
chi
sperimentar
alla
verni, di quella
alla felicit,
di
pazzesca rincorsa
anni
fatto
giustizia
aveva ogni
stanca P
dieci
mondo
la
Italia delle
padri P unit
libert
Lo
spirito, affranto
si
da una spaventosa
ubbriacatura di pensiero,
ma comoda
i
consolavano di troppe delusioni mirando malvaceo dell' automatica saggezza britannica P Italia, pazzamente e allegramente sicura di s, pensava d'imbandire un luculliano festino commemorativo delle battaglie franco-piemontesi e delle forche austriache. La terza Roma, Depretis, Sommaruga, la crisi edilizia, Tanlongo, Dogali. Carducci sbraitava: Bisanzio essi ci han dato . Il d'Annunzio e suoi fratelli d'arme scrivevano le Cronache Bizantine . Nell'arte del d'Annunzio ha tropopoli
si
all'
ideale
;
vato
la
momento
di
negazione
contrapposta
con
gaia
impertinenza
al
161
Una
ce-
uomo
panico
il
panteismo dannunziano
il
addentro, rivela
nelle
non poggia
della
sulla persuasione
il
forme
inferiori
natura palpita
germe
natura.
dello spirito,
ma
sulla persuasione
le
pi alto persistono
forme
inferiori
, per cos dire, l'afflato panico risucchiato dal mondo anzi che respirato sul mondo il rovescio,
;
la
le
funzioni animali
riprodursi,
prendevano
sopravvento
nutrirsi,
!)
;
go-
e le percezioni
il pensiero. Per d'Annunzio era
il
mirabilmente dotato, fornito com' era d' un' ardentissima libidine e d' una inaudita raffinatezza di sensi. Poich non gli era possibile distruggere in s definitivamente
1'
uomo, cerc
lui
di fabbricare
1'
uomo
pi
:
vicino o che a
parve pi vicino
alla
natura
il
Ma
questa crudelt
Qui il ncciolo dell' intimo dramma del d'Annunzio, qui la sintesi della sua malattia. Lontano da lui nello spazio, vicino a lui per il tempo, lavorava un altro grande artista, Rudyard Kipling. In molte cose dei Kipling troviamo un' ispirazione gemella a quella del d'Ansadica, cio raffinata anch' essa.
nunzio
1'
natura
della
i
162
L'arte di d'Annunzio.
Ma,
in
naturale barbarie.
paragone del
vantaggi
:
d'
Annunzio,
godeva
il
Kipling
di tre
un popolo infinitamente meno carico di storia che italiano, conosceva de visu e di persobarbari e le belve, fondava la sua nale simpatia celebrazione della forza non sopra un sogno vuoto ma sopra il fatto dell'imperialismo britannico. Quindi non pens una barbarie sensuale e complicata e comp un' opera di gran lunga pi vera e pi sana.
non fosse V
Anche meno
significativa e
meno
potente, per.
Il
vuno appunto da morso ed arrovellio di contraddizione, donde vano anche le sue falsit e le sue malattie.
Quell'abbassamento dello spirito era definitivo o almeno duraturo? Il d'Annunzio sentiva confusamente
la
alla storia.
Perci
la
sua
immaginazione torbida; perci il suo stile affannoso. Ma anche perci la sua opera grande. Quando l'auriga-aedo della Fedra iniziale sue rapsodie, cantando: Cuore, narrami l'uomo... e subito dopo aggiunge: narrami il fuoco e il sangue, noi subiamo la tentazione di strappar quelle frasi dal contesto e d'intrometterci protestando. No, quest'arte
non pu invo-
care ad ispiratore
di quelle che
il
non ha cuore; manca umilmente si chiamano doti di simpatia e d'umanit e che, per non cadere nel triviale, possono chiamarsi doti d'intelligenza storica e d'anima sociale. Il fuoco e il sangue, la lussuria e la violenza sono le abiette sue muse. Nel mondo egli non vede che la materia, nell'uomo altro che l'animalit. Ma,
163
e semplice rappresenta-
zione di animalit, sarebbe piccola e perfetta, ammirabile nella storia dell'arte e trascurabile nella storia
bisogno
andar
si
oltre.
L'artista scontento di s.
che
riassume
in
Questo il suo dramma una formula definitiva: una bardi ritorno alla
coscienza che
non esistono
la terra,
ritorni.
Lo stesso
la
non pu dimenticare
il
soma
che
barbaro;
ma
di s
paganeggia
la
e filosofeggia e interpreta a
modo
rito;
suo
Grecia,
scendendo al di sotto dell'uomo, si proclama superuomo. barbarie, s ma barbarie, che si sente chiusa in una gabbia d'oro, e tenta irosamente le sbarre e s'illude di respirare a pieni polmoni nella
;
La sua gabbia
il
suo
stile
il
duro schema
lette-
trasta singolarmente
con
la
leggi:
il
164
Annunzio
della
quale contrasto
ziana.
Si
chiave
malattia dannun-
pu negare
la storia,
con festevole indiffele Barrack-room Ballads del Kipling o le poesie umoristiche di Lorenzo Stecchetti. La superiorit e l'originalit del d'Annunzio consiste nell'aver trovato una terza strada: negare la
stato di barbarie o scherzando
storia,
di
nemica. Ce-
pisce l'ombra dell'ideale, e ne soffre acerbamente. Lo spirito rinnegato si vendica, cospirando controia gioia
conosceva che
l'arte sua, sotto
la parte deteriore,
forma d'inquietudine
angoscia,
quello che non vi entrava come sostanza direttamente sentita e voluta. Egli ha eletto a sua ispiratrice la
ma
lo
spirito universale,
la
invisie,
ha intorbidato
sua ispirazione,
in perfe-
il d'Annunzio ha guadagnato in vastit: ed, esprimendo quello che chiamavamo un momento di debolezza storica, si raccomanda all'avvenire non come documento ove si possa
periodo
di
stasi,
ma come
la
165
7.
cavaliere er -
Sublimit
dell'
ora satanica
-
Tra-
gedia
dannunziana
Lussuria mistica
e lussuria eroica
Tale
zio.
la spiritualit e
facile dire
il
che
suale;
guere..
difficile
questa
do ripensate
del
a tutta l'opera
sua, un'impressione di
la libidine
frivola giocondit ? Si
paragona facilmente
d'Annunzio alla libidine di Maupassant;si nota facilmente che nel d'Annunzio manca quel doloroso ardore spirituale dell'amore che fugge. Ma anche il sentimento della gioia che non si afferra spiritualit
,
d'altro genere.
Ed
al
desiderio l'irraggiungibile
quel
di
perdersi
conquiste di
viaggi e di lussurie, quel penoso aspirare a un godimento sempre pi sottile e complicato, ad una volutt
che
che a poco a poco diviene puramente cerebrale, fisica negli elementi che la compongono, ma
la fisica
,
trascende
nemmeno
lit,
perch nessun essere naturale d'Annunzio, l'ha mai provata. spirituafinalmente, quel non contentarsi del Canto Novo,
il
166
L'arte di d'Annunzio.
fragoroso battagliare contro l'inesorabile realt, quella donchisciottesca frenesia in servizio d'una causa perduta. Lanciarsi a carriera sfrenata contro
i
mulini a
vento della propria idealistica immaginazione grandioso e pazzesco; ma non men grandioso e paz-
la vita
ci
menar botte
e fendenti
con-
Anche
il
materialismo
ha avuto
il
compostezza di parola e di stile, malgrado tanta eleganza di pose mondane, un vento di dolorosa folla si sprigiona dalle ben verniciate pagine dannunziane. Venne un giorno che questo vento di follia eruppe
dalla piacevole vernice, e
dia.
si
Nacquero
materia,
le
Laudi, ove
Chisciotte della
i
mulini a vento,
di
un immaginario trofeo.
dello spi-
A
pi
don Chisciotte
rito, e
;
Pote-
vano vano
altri
fargli
compagnia neh'
all'
sforzarsi
unisono
ci
volevano
polmoni.
Ed
minori. Cos il d'Annunzio soverchiava di tutta la grandezza della sua passione l'epoca, che si riconobbe nell'arte sua solo finch l'arte sua diguazz negli equivoci e nei compromessi. Quando emerse
167
follia e del suo contemporanei se ne ritrassero spaventati. Ho detto nella sincerit del suo dolore . E veramente l'amore carnale, che presiede, suprema
dolore,
divinit,
all'arte
di di
Gabriele d'Annunzio,
rose.
non
un idolo coronato
P<xp>
NOv eyvwv xv
"Eptoxoc
0sg 4 Eros,
e di Orazio, ne
il
un funesto e terribile Iddio. Non vi accade mai , chiede Giovanni Episcopo guardando a lungo una donna, di smarrire d' un tratto ogni nozione della sua umanit, del suo stato sociale, dei legami che vi avvincono a lei e di vedere, con una evidenza che vi atterrisce, la bestia, la femmina, 1' aperta brutalit del sesso? Anche il d'Annunzio pu ripetere, In tutti miei ricordi.... con Giovanni Episcopo
:
e'
un po'
di sole,
qualche riga
gialla,
come
intorno
alle coltri
mortuarie
perch
in tutta la
sua opera
l'Amore fratello carnale della Morte. E tutta la sua opera ripete la disperata bestemmia di Fedra contro
la tirannia di
Venere.
Il
per
lui,
allo
spasimo
la
;
agonia.
al
Cede
alla
tenta-
zione
come
vittima cede
s' offre,
carnefice.
Si
;
dibatte
ed, ab-
debolmente
tire,
poi
pallido e
inerme
men-
celebrando
la sconfitta
i
come una
gloriosa vit-
toria.
vi
svolazza
sopra cupamente
il
Ed ecco supine
distendo
al
le
membra
168
L'arte di d'Annunzio.
Oh, vienmi sul petto, gentile vampiro; dono il mio sangue, la mia giovent.
ti
Quando la lussuria ha raggiunto questo tragico non si sfoga in madrigali scherzosi od in pathos svenevolezze galanti od in amene turpitudini. L'in,
vincibile libidine spinse le sue vittime talora al suicidio, talaltra alla rinunzia ascetica.
resistere al male,
i
Per incapacit
di
pi forti fuggirono il mondo nella santit. Incontrammo, nel Trionfo, la larva del suicidio; e fa capolino, qua e l, nel Trionfo ed altrove, la larva
morte,
del misticismo.
Non mancano
francescana,
gl' istanti
all'
transitorii, che,
sensualit.
Giorgio riconosceva
la
divina
incomparabile
bocca, quella bocca che tante volte egli aveva creduto sentire appoggiata su la superficie dell'anima,
oltrepassasse la sensibilit
comunicasse a un elemento oltrasensibile dell' essere interno *. Dice Tullio Hermil, avvicinandosi 1' ora del gaudioso convegno: stavo per girare la chiave col tremito del devoto che apre il reliquiario. Non mi sorprenderebbe punto, se da un giorno all'altro il d'Annunzio si facesse frate. Ma il d'Annunzio non sparito nel suicidio n nel convento, perch il suo temperamento artistico era troppo forte per rassegnarsi a perire con l' individuo cui la natura 1' aveva affidato; perch la sua sofferenza, violentissima a tratti, non era cos tenace e continua da
169
nella
una risoluzione
radicale;
perch
decideva
e
le
anime tormenil il
Discussione
umoristica.
Non volendo
il
Come Marco
Gratico in-
d'Annunzio scuote il giogo della guerra o sognando di andare alla guerra, un po' per procurarsi nuove ed inaudite volutt, un po' per uscire dall' afa soffocante del
Basiliola Faledra,
libidine
il
andando
alla
popoli, rinnova
regni,
riil
fiumi
dell' Africa
tenebrosa
salpa
verso
il
mondo, sgozza,
incendia, saccheggia.
Quando
d'An-
nunzio ascendeva, V ipocrita e dolciastra morale borghese declinava verso il suo disfacimento. Nietzschiani e stirneriani, anarchici e sindacalisti sono oggi
d' accordo, per motivi diversi, nel
propugnare
la
vio-
Ma, an-
che
in questo, il d'Annunzio fu donchisciottesco. Non propugn la violenza in servizio dell'avvenire, ma in omaggio di pallide larve del passato del tirannello mecenate e frodolento o della smidollata ari:
nome
di
Giorgio Sorel. E la violenza dannunziana resta, malgrado qualche segno dei tempi, un capriccio individuale ed un pseudonimo della lussuria.
si
riduce
a
ri-
Ma
170
L'arte di d'Annunzio.
;
sconcezza ma dolore ed ansiosa volont di superamento. Questa tragica lussuria si presenta al giudizio della storia purificata dal suo medesimo ardore. E, in questo senso, diventa una figura altamente simbolica la meretrice dannunziana, Mila o Basiliola gridando nella sua bella che perisce trasfigurata
,
,
fiamma.
IV.
CHE COS'
IL
DANNUNZIANESIMO,
sta
Che cos' dunque il dannunzianesimo? Con quedomanda abbiamo iniziata la nostra ricerca. Con-
chiuderemo con la risposta. Oltre che un grande artista, il d'Annunzio il rappresentante e 1' apologeta d' una generazione inferiore, nella quale era decaduto il pensiero, s'era infiacchita la coscienza e
l'
Italia
dilapidava
il
patrimo-
mio ideale
quasi
tutti
contemporanei si riconobbero e chi vi riconobbe le sue palesi cupidigie, chi le sue celate magagne. Furono dannunziani gli uni e gli altri: secondi, avversarii inconciliabili del d' Annunzio, contro cui menavano pugnalate critiche e bombe polemiche a ripetizione, non mai persuasi d' aver distrutto il nemico, perch il nemico era anche dentro l'animo loro; primi, dannunziagiure e delle guerre.
in
queir
arte;
ni in
senso
stretto,
Altri elementi di
clamoroso e non
letterario
suc-
cesso erano nell'opera e nella vita del d' Annunzio. Lasciamo stare il cosiddetto reclamismo. Se il d'An-
nunzio
s'
pubblicit, la colpa
di
dei
174
Che cos'
il
dannunzianesimo
quali, ritrovando nei
suoi contemporanei,
nisti
protago-
dannunziani
di
le
dunque
una
il
gran parte
s medesimi,
si
od esecrabili tripudii consumasse la sua vita l'autore. Volevano sapere fatti suoi, e il d'Annunzio li content. Anche senza il reclamismo, c'era neh' arte dannunprossimo protagonista ed
in quali invidiabili
i
quattro quinti della gente ziana di che far delirare che consuma carta stampata: le donne e gli adolescenti. Le donne ci trovavano la lussuria attillata in vesti d' irreprensibile eleganza, l'odore di mondanit
i
peccaminosa,
il
nome
della letteratura,
una cul-
come un
revano filosofica profondit, fatti proprio per mandarsi a mente con qualche opportuna variante e per
brillare nei
salotti intellettuali.
trovavano
tutto
il
loro paradiso.
L' adolescente
o un sempre un rivoluzionario In qualunque epoca si voglia. d' animo in cui era la societ bor-
L'adolescente, a dir vero, non ce l'ha con tafisica tedesca e con l'imperativo di Kant;
1'
la
mece
ma
ha con V odiosa disciplina imposta dai genitori e dai professori. Vorrebbe vivere secondo la sacra leg-
ge
Che cos'
fumare
fare
le
i
il
dannunzianesimo.
175
ma
non ha
quattrini; divertirsi
;
ma
donne
deve
compiti scolastici
sfogarsi con
le
ma
i
donne non lo vogliono ancora. Salvo il fumo, del d'Annunzio gli danno tutto questo e molt'altro ancora: ville sul mare, passeggiate a cavallo,
libri
vestiti d' ultimo figurino, successi mondani. Gli danno cortigiane famose, scenarii luminosi, immagini di terre lontane. Per giunta, gli danno ragione: gli dicon che ha ragion lui, l'adolescente, a volersi emancipare, a volere abolire divieti , e che hanno torto genitori e professori a tenerlo in gabbia. Le ore
i i
i
d'itinerarii,
e di
Napoleone d
di
cozzo contro
di
le
schiere nemiche
le
e,
dopo
tre giorni
stratagemmi,
mette
fini.
non siano V
isole
le
li-
penisole di
queste
Che
i
i
volete
i
di
pi ?
diciot-
non
stato
Il
un Ulisside
fra
tredici e
t'anni?
Tempietto di Venere e
Grant non bastavano a tanta sete: bisognava trovare un libro che non solo soddisfacesse alle immaginarie cupidigie dell' adolescente, ma, aureolando di un nimbo eroico la sua libidine solitaria e la sua inerte e sfaccendata ambizione, le facesse sacre. Bisognava
176
Che cos'
il
dannunzianesimo.
lennemento l'Istinto; e di questi libri ce n' parecchi neir opera dannunziana. Non le Laudi, intendiamoci bene ossa troppo dure per cos giovani ganasce. Ma fra le cose minori c' di che esaltarsi
:
di
vizioso languore.
Mettete poi
che l'adolescente
in
com' quasi
detto
sempre, un
letterato
erba.
Chi
l'ha
che,
per essere letterato, bisogna lavorare e studiare? I professori e genitori. Basta invece leggere il d'Ani
nunzio;
c' tutto l'onniscibile, antico e moderno, concentrato: Grecia, Roma, Rinascimento, letteral
tura francese,
la pittura
romanzi
russi,
la
Shelley,
preraffaelliti,
veneziana,
dire
musica tedesca,
la glittica
perfin la filo-
Senza
scrivere.
uno schema
pi,
e
si
che
vi
vi
abbandona
il
ripete a volont.
d'Annunzio, ed essere celebri come lui, pi genitori che la vita dei poeti celebri di lui. Dicono l'ha detto anche il d'Ansa da cani. Si vita una vincoli familiari sono un castigo di Dio, nunzio
imitare
i
superuomo. Tra 1' altre cose, genitori non punto vero. poeti fanno una vita da cani ? Guardate dunque il d'Annunzio. Guardate Stelio Effrena. Guadagnano un sacco di quattrini, piacciono alle belle donne, viaggiano in automobile e in yacht, lavorano poco, e splendono in cospetto del pubblico come un immenso fal di gloria e di fortuna mondana. Certo,
sono
la
rovina
del
quello
che dicono
Che cos'
prima d'ora
cioso.
il
il
il
dannunzianesimo.
177
un figuro stomasciupava
e
di
in furia
lario.
montava vocabo-
Di buono non aveva che la sua adamantina la sua sdegnosa indifferenza intorno a tutto ci che non fosse la prosodia d' Orazio e il Forcellini. Anche il letterato di tipo dannunziano
ignoranza e
sia
il
la
scienza,
la
storia, la
religione,
il
socialismo,
il
la
borghesia,
l'avvenire.
l'educazione,
passato,
presente e
guastarsi
Ma
sangue, n trasgredire, salvo che con vituperii le regole della buona di puro stampo umanistico creanza. comodo ed economico. Senza dire che soprattutto elegante per essere letterato di tipo dan,
:
nunziano non necessario essere pedante, occhialuto, goffo e cencioso come queir insopportabile professore di letteratura italiana, che d sempre cinque ai componimenti del futuro poeta. Anzi necessario esser proprio il contrario. Molto chic, con un sorrisetto canzonatorio a fior di labbra e una strizzatina di precoce miopia dietro la lucida caramella.
Cos
il
giovinetti, specie di leva nazionale, che reclutava La forza lubbioni. dei conquista alla li lanciava e
si
mantiene costante il contingente dell'esercito, quantunque una nuova generazione soppianti d'anno in
anno
la
gli
adolescenti
ma.12
178
Che cos'
si
il
dannunzianesimo.
i
turavano,
placavano
Ta-
scomunicavano
;
il
nome
della moralit
fra
il
pigri dilettanti
il
d'Annunzio pencolavano
artista,
perpetuamente
ed
ma
(grande
pec-
ma
pel teatro
non
i
falso);
gradatamente antidannunziani naturale avversione della sua (quanti?) per qualcuno libera personalit contro la forte personalit avverdivenivano
:
stiere.
impotente gelosia di metrovano forse pi antidannunziani che dannunziani: e fanno pi schifo quelli di;questi. Fra
saria;
i
Oggi
Italia aspetta,
vanit,
d' acci-
dente
fosse
il
e,
se
non
per
benedetti
divieti
che
nemmeno
vergogna
confessare pubblicamente,
prosa o
in
Non
questo antidannunzianesimo,
come non
del-
Che cos'
il
dannunzianesimo.
non vengono facilmente
179
alla
luce; forse
si
pensiero; certo,
di lettere
ed agli aspiranti
illusione
nella speranza
che questo
momento
di
l'arte
dannunziana, definitivamente
dopo
le
l'oltraggio posi-
penne; riemergono
affaristiche
i
dallo stagno
transigenze
grandi
una generazione intellettualmente pi austera, moralmente pi sobria. , dunque, superato il dannunzianesimo. necessario, dunque, superare V antidannunzianesimo. Bisogna cio riconoscere che Gabriele d'Annunzio rimane il pi grande artista che l'epoca sua abbia dato ed il pi grande che la mentalit dell'epoca sua potesse dare bisogna
problemi
storici
sale
riconoscere
la vastit del
suo sforzo,
la
sua religiosa
altri,
;
ma
ammiranon sar
inutile persuadersi,
qualunque
sia la nostra
umana
Carducci,
che,
Carducci di gran lunga scolaro. Non so degenere meno significativo del suo dannunzianesimo malanno il un tutto sia stato in se certo, sarebbero stati malanni peggiori il pascolismo
il
;
ed
il
generazioni
180
Che cos'
Il
il
dannunzianesimo.
la
suistica bigotta.
veneradi
grandi maestri
maestro
storia;
ma
cammino
della storia,
spaventarsi davanti all' ostacolo, n ci deve mettere a sedere sul masso, eh' nel mezzo della via. Bisogna scavalcarlo di buon animo, e andar oltre. Ma, quando s' oltrepassato l'ostacolo, un ozioso e odioso capriccio vendicarsene tirandogli un calcio; ed una ingenerosa menzogna negare al d'Annunzio il suo grande posto nella strada maestra della
si
Non bisogna
come
non
era
il
per esempio,
il
Fogazzaro o
il
come non
la let-
isolamento,
nel
ricondotta a re-
rappresentare
l'anima
malata
Se noi, uscendo dalla crisi che ebbe in Gabriele d'Annunzio il suo complice, la sua vittima e il suo poeta, desideriamo ed invochiamo un'altra anima storica ed un altro spirito poetico V ardore della nostra speranza non basta a disperdere la tristezza, che ci coglie, quando pensiamo come le cose intorno
,
il
Che cos'
di
il
dannunzianesimo
181
ragionata analisi, di freddo giudizio che respinge senza incrudelire od accetta senza abbandonarsi. Il d'Annunzio, che dieci anni fa, che cinque anni fa era T oggi e il domani della nostra insaziabile e innarico,
morata fantasia, s' gi trasformato in un fatto stoche c'ingombra il tavolino e la mente, e che bisogna togliere di l per collocarlo in uno scaffale,
proprio nel posto che
gli
un
con
la
memoria
le
alle
che
ci
diedero anche
pagine e
al
convulso sfogliammo le pagine del nuovo poema, chiesto quasi in elemosina per ventiquattr' ore soltanto, ad un amico pi ricco, o al singulto che spesso c'interruppe durante la declamazione in un
nunzio da noi oggi rinnegate,
cui
fremito
con
il
re-
filiale
gratitudine c'inonda
cuore per
l'artista
che pass
largo fiume
giunti un
come un
Svanisce
di
il
venuti storiografi
dannunzianesimo come ad un piccolo passato. E, e si pur ripigliando lentamente il cammino, susurriamo alla sorte una goethiana preghiera
guardare
e al
suoi dis-
le
NOTA,
Non
questa la
pubblicamente
intorno all'opera di Gabriele d'Annunzio. Anzi, cominciai troppo presto. Appena diciassettenne, sotto l'impressione
delle opere
qui raggruppate
nel
capitolo
L'avvento del
articolo, pueril-
Il
di Palermo (anno I, n. 1, 5 marzo 1900). opere comprese nel capitoletto La vittoria (cf. diconobbi allora personalmente il poeta p. 82 sgg.) scorsi ripetute volte in tono apologetico. Credo presso
-La
Scintilla
Delle
articoli, a
:
Francesca di G. d'A., e
La
la
il
malvezzo
di frain-
tendere
Medusa
>
di
Firenze, anno
I,
n. 11,
27 aprile 1902.
:
<-
Nuova
Antologia
Vitae
1'
16 settembre 1903).
Fin d'allora
il
(cf.
concezione
di
186
In
Nota.
il mio pensiero ed espressi il mio parravvedimento in un articolo, pi equilibrato nel tono, sebbene egualmente entusiastico nella sostanza, che pub-
blicai su
5. Le nuove Laudi, nell' Illustrazione Italiana (27 dicembre 1903). La seconda annata della Critica pubblic il saggio di Benedetto Croce sull'opera dannunziana (1904, gennaio e marzo, p. 1-28 e 85-110). Si deve al Croce, finora, il pi bello e compiuto ed equanime giudizio complessivo sul d'A., come al Croce si deve la magnifica bibliografia dannunziana (cf. La Critica, II, pp. 169-190, III, pp. 437-480,
il
rapido elenco
d'A., che bisogna aspettare con molta speranza, ha compiuto e dar fra non molto alle stampe Alfredo Gargiulo. Le analisi pi acute del verso e dello stile dannunziano si trovano di negli articoli purtroppo non raccolti in volume Francesco Pastonchi. Benedetto Croce polemizzava gentilmente contro di me, rifiutando la mia interpretazione idealistica dell' opera dannunziana. Ho dovuto accettare la sua opinione. In quel tempo si pubblicava a Firenze una rivista, Hermes , intorno alla quale si raggrupp l' ultimo considerevole movimento dannunziano della giovent letterata italiana (cf. qui p. 171 sgg.). Se ne pu leggere il proclama nel-
che chiude
il
nostro libro.
Un
l'anonima,
6.
ma
da me scritta:
(Hermes, fascicolo 1), ove si sonon contraddetta, d' altronde, in questo libro essere d'Annunzio sulla via della tradizione italiana ed essere magari necessario oltrepassarlo ma a patto d'averlo prima compreso e assimilato. L' Hermes non mor dannunziano. Pochi mesi dopo la sua comparsa, pubblicai un lungo scritto:
Prefazione
stiene una tesi
:
Nota.
7.
187
Resurrezioni
Hermes
marzo-aprile
1904)
malgrado la non rinnegata ammirazione per l'artista, la mia antipatia per l'enfasi dannunziana e la mia diffidenza per il dannunziano paganeggiamento. Tradussi allora in versi siciliani, mantenendomi strettamente fedele alla metrica del testo, la Figlia di Jorio. La traduzione fu messa in prova nel maggio; fu recitata a Roma, dalla compagnia di Giovanni Grasso, il 17 settembre 1904. Qualche frammento fu pubblicato allora sul
dove
evidente,
Giornale
a" Italia
e sulla
Tribuna.
si
Per
le
8.
rino, 28
Campo
->
di
To-
ed un articolo negativo, a proposito della Fedra: 9. / rimasugli del d'Annunzio (nella Stampa * di Torino, 5
maggio
i
1909).
il
Per
rapporti fra
d'Annunzio
giovani, vedi
,15
Stampa
maggio
1909).
Maturando questo
libro,
nerale gran parte dei giudizii, che nel corso di nove anni
Altri giudizii miei
avevo saltuariamente espressi su riviste e su giornali. ho modificati o temperati o esacerbati o addirittura sovvertiti. Ed ho compilato questa nota per offrire un divertimento a coloro, che amano mettere cricome tici in contraddizione con s medesimi: persuaso sono che il primo dovere d'un uomo pensante non coni
siste nel
al
suo pensiero
per raggiun-
passato,
del vero.
ma
pi
alta
ed un pi maschio possesso
BIBLIOGRAFIA DANNUNZIANA
Nota
il
biografica.
12
di Chieti)
marzo
1863.
I.
XVI marzo
gurii e voti
MDCCCLXXIX
dei
Primo Vere
liriche di
In
Memoriam
versi
di
Primo Vere
Seconda
Canto Novo
Roma,
Sommaruga,
1882.
economica
6.
nella Collezione
Sommaruga,
n. I,
pi volte ristampata.
Terra Vergine
di
Roma,
si
Sommaruga,
1882.
Colle-
Anche
questa raccolta
n.
2.
zione Sommaruga,
7.
Intermezzo di rime
Roma,
Sommaruga,
1884.
192
8. 9.
//
Bibliografia.
libro delle
1384.
San Pantaleone
Firenze,
Barbera, 1886.
,
10. Isotta
Guttaduro
ed altre poesie
con disegni di
Cellini,
G. A. Sartorio
Roma
1886.
Piacere,
romanzo
Milano,
10.
Treves, 1889.
L'Isoiteo,
Romane
ediz.,
(1887-1891)
Bologna, N. Zanichelli,
C,
1906, con
1892.
Nuova
Milano, T. Antongini e
de Titta.
versione latina
14.
15.
di C.
Giovanni Episcopo
L' Innocente,
L. Pierro,
1892.
di
un disegno
G. A.
16.
Poema
Milano,
:
Treves, 1893.
Delle Odi Navali una parte era stata pubblicata in un opuscolo
Al-
la
navali.
Intermezzo
Con un disegno
di F.
P. Michetti
comprese
nell'ediz. segn. al n. 7.
18.
1894.
Bibliografia
19.
193
offerto
L'Allegoria
d'
dell'
Autunno
Omaggio
1895.
a Ve-
nezia da G.
20.
A.
Firenze, Paggi,
Rocce
,
Le Vergini
delle
romanzo
di
Milano
Tre-
ves, 1896.
Compiuto questo
Rosa
ai tre
:
libro,
il
d' A.
dette
il
nome
Romanzi
della
//
Romanzi
del Giglio
due annunziati
La Grazia
nora pubblicati.
21.
Conto novo
de-
Canto novo
5,
vi
compone
segn. al n.
ve ne ha qualcuna nuova.
22.
di
primavera
Roma
Ita-
lia-,
1898.
La Parabola
delle
denti (nella
24.
Nuova
La Parabola
Uomo
1
ricco e del
povero Lazaro
(nella
25.
gennaio 1898).
NaI,
anno
1904, n.
26.
1).
La
Milano,
autunno,
Treves,
1898.
27.
Sogno
un tramonto
a"
poema
tragico
il
Cfr. n. 22.
28.
La Gioconda, tragedia
Milano,
Treves, 1899.
13
194
29.
Bibliografia.
La
Gloria, tragedia
30. // Fuoco,
31.
La Canzone
1901.
32. In
un'orazione
33.
Giovani
Ve ne ha
il
titolo generale:
trilogia della
quale
le
altre
due parti
34.
Per
il
centenario di Victor
Hugo, 1802-1902
35.
Milano,
Treves, 1902.
Milano,
(v.
Treves, 1902.
n. 9),
//
Contiene tutte
novelle del
San Pantaleone
parte del
meno due
//
Commiato
romanzo
Piacere) e San
Laino navigatore.
titoli
La Vergine Orsola,
la
n. 8).
Sono
aggiunte anche La morte del duca d' Ofena e La madia, che, insieme
col Martirio di Galluca (intitolato II martire), furono
prima raccolte
in
un volumetto
lezione
Col-
Minima,
19,
furono ristam-
San Pantaleone.
e degli
36.
Eroi
il
primo
Maia
e contiene la
Laus
Vitae.
37.
Voi.
Comprende
mente
libri II e III:
le
poesie sparsa-
composte
nel
decennio 1894-1904.
Bibliografia
38.
195
La figlia
1904.
Milano,
D'A., musica
Tre-
ves,
Se ne ha
Franchetti
dallo stesso
di
A.
Milano,
Ricordi, 1906.
39. 40.
La Fiaccola
Vite di
sotto
il
moggio
Milano,
di
Treves, 1905.
uomini
illustri e di
Rinascimento
1905 5
Milano, nn.
II.
III.
10 dicembre
gennaio 1906).
Milano,
Treves, 1907.
Canzone
La Nave, tragedia
Milano,
II.
Treves, 1909.
SCRITTI DI ARTE
1.
POLITICA.
2.
don Marzio,
di
Napoli, 31 gen-
Roma
del 1893,
libro di
Angelo Conti
La Beata
l'oblio,
196
Bibliogr afia.
di
namento
Gabriele
d'
Annunzio
che va da pag.
pag. XLVIII e
Nencioni,
G.
6.
d'
A.
Una
d'Annunzio concernenti
la
nel
volumetto
L'
Armata
d' Italia
(capitoli
La Tribuna)
Roma,
Tribuna, 1888.
7.
i
Il
tutti
sono ristampati
nelle
Prose scelte
(v. s.).
II.
STUDI CRITICI
INTORNO AL D'ANNUNZIO.
Il
catalogo, che
;
precede,
e
come
si
detto (p.
le
186),
molto sommario
indica-
lo stu-
dio del
Croce
sul
II, III,
VI).
Dei lavori
gli articoli
critici
(oltre
Capuana,
nei voli.
>
Per
l'arte,
Caivi,
tania
Giannotta
1885, Gli
ismi
contemporanei,
Bibliografia.
1898, e nella
Rivista d'Italia, 15
197
di
marzo 1900;
,
Dino
Mantovani
Roux
(articoli nel
Letteratura
contemporanea
Torino-Roma,
Gargano
dome-
Marzocco), Il primo
fu scritto
nica, 2
maggio 1880
estratti in
Critica,
II,
pp. 164-6).
Come documento
dannunziana
metto
:
dell'
Intermezzo , da vedere
il
volu-
Roma, Sommaruga,
Nencioni e Panzac(Guerrini-Ricci). La
Lodi
sonetti di
sui
Marco Balossardi
si
polemica
zetta
plagi
letteraria di
I
Thovez.
risultati di
del 20
maggio 1909
Vogu, La
mond.es,
1
(VII,
pp.
165-177).
in
prima
linea,
1'
articolo del
De
gennaio 1895;
R.
Doumic,
nel voi.
di
Ouida,
di
in Criticai Stu-
V.
CRAWFORD,
,
in
London, Duckworth
1899;
VON Plttkammer
Grande
INDICE.
CHE COS'
IL
DANNUNZIANESIMO?
pag.
2.
NUNZIO
3.L'ORA GIOCONDA
4.
20
28
36
5.
6.
52 63
82
107
7.
8.
BELLO
1.
GLI
TE DANNUNZIANA
202
2.
Indice
IL
MONDO
DI
GABRIELE D'ANNUNZIO...
E
pag.
127
3.
4.
5.
6.
7.
FORMA. LINGUA ANALISI DELLA MALATTIA DANNUNZIANA D'ANNUNZIO NELLA STORIA DELLA LETTERATURA ITALIANA SINTESI DELLA MALATTIA DANNUNZIANA SIGNIFICATO DEFINITIVO DELL'OPERA
STILE
135 146
152
159
DANNUNZIANA
IV.
165
CHE COS'
IL
DANNUNZIANESIMO
171
NOTA.
183
BIBLIOGRAFIA DANNUNZIANA
"jiL*auvi
^cc
ui;
k{
o isog
co LO
T3