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SCHIAVI DEL COMPUTER - Gli schiavi moderni Fino a che punto si diventati schiavi del computer?

? Parlare del computer, della sua strapotenza, dei pericoli che la sua diffusione e il suo costante potenziamento presentano non solo per il singolo individuo, ma per l'intera civilt mondiale, un po' come parlare delle razze umane: tutti sanno che esistono, ma non lo si pu dire, per timore di essere bollati come razzisti. Cos, tutte le persone dotate di un minimo di buon senso e d'immaginazione sanno, pe rch lo vedono quotidianamente e perch lo intuiscono altrettanto facilmente, che l'in formatica ci sta prendendo la mano, che ce l'ha gi presa, che ormai non il computer al servizio dell'uomo, ma l'uomo al servizio di un calcolatore elettronico sempre p i potente, sempre pi complesso, sempre pi capace di sostituirsi all'uomo medesimo; ma guai a dirlo apertamente: si passa per oscurantisti, retrogradi e nemici del Pr ogresso. Del resto, se ne pu forse fare a meno? Ormai tutto, ma proprio tutto - mandare un'a stronave nello spazio o mungere il latte di una mucca - si fa per mezzo del comp uter; non c' convento di clausura in cui non sia arrivato; non c' operazione, per quan to semplice - come effettuare un versamento di pochi euro tramite l'ufficio postal e, o prelevare qualche soldo allo sportello della banca pi vicina che si possa fa re senza di esso. E dunque? Non forse irrealistico, per non dire patetico, voler parlare della uti lit e della effettiva necessit di uno strumento che divenuto, alla lettera, insost ituibile e irrinunciabile? Non forse accademico, non forse terribilmente ozioso? Non significa gi, di per s, che si fuori, che ci si posti fuori dalla societ reale dai suoi problemi concreti, per divagare in una realt fatta di pura astrazione i ntellettuale? Ahim, questo precisamente il ricatto del Progresso: non ammette critica, non amme tte dubbi, non ammette neppure la pi piccola discussione; come ogni tiranno che s i rispetti, vorrebbe essere servito ciecamente, senz'ombra di discussione, con la stessa fedelt assoluta che Hitler pretendeva nel Bunker di Berlino, giungendo a f ar fucilare, a poche ore dalla fine di tutto, il suo stesso cognato per aver osa to tentare di ricongiungersi alla famiglia, abbandonando la propria posizione ne lla capitale ormai condannata. Gi in questa semplice riflessione dovrebbe apparire chiara, se la si la vera minaccia ed il reale pericolo insiti nella strapotenza della : che essa si configura come un vero e proprio totalitarismo; peggio: e una sola direzione di marcia: andare avanti, sempre pi avanti, non e non importa come. Tornare indietro impossibile; del resto, per i n vi sono che il disprezzo e la fucilazione alla schiena. vuol vedere, tecnologia che ammett importa dove disertori no

I sostenitori pi democratici e meno rozzi dell'imperante tecnocrazia, del resto, si d egnano di spiegare al volgo profano che certi eccessi della tecnologia, che cert i efetti collaterali, ad esempio l'abuso di essa da parte di persone poco mature e specialmente dei bambini, sono cosa transitoria e tale da non destare preoccupa zione, n da inficiare gli enormi benefici che la tecnologia stessa non mancher di portare a tutti indistintamente, solo che si siano messi a punto alcuni strument i per dirigerla in maniera assolutamente razionale e benefica. N Hiroshima, n Chernobyl, n il disastro della British Petroleum nel Golfo del Messi co, hanno insegnato alcunch; del resto, i danni pi gravi causati da questa tecnolo gia disumana sono quelli che non si vedono, quelli che agiscono nella mente e ne ll'anima delle persone, e specialmente dei pi indifesi dal punto di vista psicologi co e morale. Ma che vorreste dunque, replicano spazientiti i tecnocrati e tutti i cantori del

le magnifiche sorti e progressive, che tornassimo alla candela, all'uomo delle caver ne? questo che vorreste, voi profeti di sventura, voi terroristi psicologici, vo i apocalittici reazionari: annullare il cammino trionfale dell'uomo verso la civil t, verso il benessere? E con ci, ritengono di aver chiuso la discussione una volta per sempre, forti del la supposta autoevidenza delle loro argomentazioni. Progresso, civilt, benessere, sono infatti vocaboli che non si discutono nemmeno, se non si vuol finire nell'in granaggio repressivo della tecnocrazia dominante: che non si serve pi del braccio amato della legge, come ai tempi in cui c'era la pena di morte per i luddisti che danneggiavano i telai meccanici, ma dell'ultimo ritrovato della scienza in fatto di problemi originati dal dissenso: il trattamento psichiatrico. Agli argomenti dei tecnocrati bisogna rispondere che la cosiddetta inevitabilit d el Progresso, di questo modello di Progresso, tutta da dimostrare; che una civil t conscia di se stessa ha tutto il diritto di limitarsi sul piano dello sviluppo tecnico, ove lo ritenga opportuno, per concentrarsi sullo sviluppo spirituale; c he costruire macchine sempre pi potenti non risolver affatto i problemi fondamenta li dell'uomo e neppure la maggior parte di quelli contingenti e materiali, visto c he ogni intervento invasivo sul mondo della natura, di cui l'uomo parte, provoca i mmancabilmente una reazione a breve o lungo termine, della quale sappiamo pochis simo perch, nella nostra ignoranza e presunzione, non ci prendiamo neppure la bri ga di valutarne il possibile impatto. Non si tratta, ovviamente, di distruggere i computer, ma di decidere se dobbiamo continuare a costruirne di sempre pi potenti e di sempre pi capaci di sostituirsi all'uomo, in tutte le sue funzioni; cos come non si fa questione, ad esempio, di a bolire l'automobile, ma di chiedersi se sia saggio continuare a distruggere il ver de per costruire sempre nuove autostrade che consentano spostamenti sempre pi vel oci, inseguendo il miraggio di una velocit, e in ultima analisi di una potenza, c he sono perfettamente fine a se stesse. Occorre, quindi, un profondo ripensamento culturale, che passa attraverso una pr esa di coscienza di quali siano i veri valori in vista dei quali la societ dovreb be orientare il proprio movimento complessivo, ivi compresa quella teoria e quel la pratica ormai pressoch cadute nel dimenticatoio, che un tempo andavano sotto i l nome di educazione dei giovani. Vogliamo continuare a inseguire il progetto di una velocit sempre maggiore, di una comodit sempre maggiore, di una potenza sempr e maggiore, oppure vogliamo costruire un mondo a misura d'uomo e di tutti gli altr i viventi, senza il rispetto dei quali l'uomo stesso non potrebbe pi vivere, perch s i condannerebbe alla distruzione con le sue stesse mani? Ha scritto Gregory J. E. Rawlins nel suo libro Schiavi del computer? (nel titolo o riginale manca il punto di domanda: Slaves of the Machine. The Quickening of the Computer Technology, Cambridge, Mass.-London, The MIT Press, 1997; traduzione ita liana di Giorgio Cini, Bari, Laterza, 1999, pp. 26-28) Oggi, soltanto due secoli dopo l'avvio della rivoluzione industriale, le cose sono sul punto di cambiare di nuovo, forse pi radicalmente ancora, e certamente a un r itmo molto pi frenetico. Perch? In primo luogo, il surplus alimentare prodotto dalla rivoluzione industriale ha determinato una esplosione demografica, proprio come le guerre mondiali hanno fa tto esplodere la ricerca scientifica. Nel 1910 esistevano nel mondo forse ventim ila scienziati; oggi ce ne sono pi di cinque milioni, uno dei quali solo negli St ati Uniti. Grazie alla nostra immensa crescita demografica, e ai conseguenti bis ogni di sviluppo militare e commerciale, pi del novanta per cento di tutti gli sc ienziati, ingegneri e inventori mai esistiti ancora in vita. Sono fra noi in que sto momento, a inventare materiali, macchine, armi, medicine, geni: idee.

In secondo luogo, i computer, sommati alla crescita della popolazione e della ri cerca, hanno reso molto pi a buon mercato il costo del pensiero, per la prima vol ta dopo l'invenzione della stampa, cinque secoli fa;: il numero delle comunicazion i scientifiche oggi raddoppia ogni dieci anni, e il numero degli scienziati ogni venti. Al giorno d'oggi, inventare, progettare e costruire nuovi dispositivi pi fa cile d quanto non sia mai stato in passato. I Babbage e i Turing di oggi non han no bisogno di altrettanto denaro, specializzazione o tempo. E poich in giro ce ne sono cos tanti, pi difficile che le nuove invenzioni vengano soffocate fino a qua ndo non siamo in grado di abituarci a loro. In terzo luogo, computer, popolazione e ricerca in sinergia hanno fato esplodere i mezzi di comunicazione e di trasporto. Come crollato il costo del pensiero, c os crollato il costo per comunicare i risultati di tale pensiero. Oggi pi persone si incontrano e comunicano con pi persone e scorgono pi connessioni tra pi cose. Gr azie a comunicazioni pi estese e veloci, pi cose nuove con pi funzioni nuove vengon o inventate da pi persone nuove per compiti pi nuovi, e tutto viene immesso nella societ pi in fretta e pi a buon mercato che mai prima d'ora. Questi acceleratori, quindi, continuano a lavorare in sinergia per aumentare pop olazione, invenzioni, comunicazioni e automazione. oggi, l'unica cosa che non espl ode a nostra capacit di aver a che fare con tutto ci. Siamo a cavallo di una meteo ra di trasformazioni. Purtroppo abbiamo bisogno di molto tempo per digerire emotivamente una nuova ide a. Il computer rappresenta un passo troppo grande, e troppo recente, per farci r ecuperare rapidamente il nostro equilibrio e poter valutare il suo potenziale. S i tratta di un colossale acceleratore, forse il pi notevole dai tempi dell'aratro, dodicimila anni fa. Come amplificatore dell'intelligenza, pu accelerare qualsiasi c osa (compreso se stesso) ed evolve continuamente perch il suo cuore l'informazione, cio, in parole povere, le idee. Non siamo in grado di prevederne le conseguenze pi di quanto Babbage potesse prevedere gli antibiotici, la pillola e le stazioni spaziali. Inoltre gli effetti di queste idee si stanno rapidamente moltiplicando, perch un progetto di computer esso stesso nient'altro che un conglomerato di idee. E quanto pi evolviamo nel manipolare idee grazie a computer sempre migliori, tanto pi evol viamo nel costruire computer ancora migliori: una spirale ascendente inarrestabi le. I primi dell'Ottocento, quando cominci la storia del computer, sono cos lontani che sembrano `et della pietra. Oggi il nostro computer pi veloce e complesso, equipaggiato col nostro software p i sofisticato, ha pi o meno la complessit di un lombrico. Ma allora, data la sua es plosiva capacit di auto evoluzione, quanto tempo occorrer al lombrico per diventar e un pesce? Se riusciamo ad insegnargli ad adattarsi da solo, quanto impiegher a diventare complesso come noi? E poi anche pi complesso? Se gi oggi ha trasformato talmente la nostra vita, cosa sar di noi a quel punto? Oggi il computer un lombri co cieco, sordo, muto e privo di sensi. Ma un giorno, forse prima di quanto pens iate, potr passeggiare in mezzo a noi. Sar una creatura pi aliena di qualsiasi altr a cosa possiamo mai immaginare. Allora come sar il nostro futuro? Meraviglioso o tremendo. Ormai, dunque, perfino molti scienziati incominciano a nutrire seri dubbi circa l'opportunit di proseguire nella direzione di una tecnologia informatica sempre pi p otente, indipendentemente da ogni valutazione sulle ricadute negative, materiali e spirituali, che un tale modello di sviluppo comporta; anzi, che comporta qual siasi modello sociale e culturale basato sullo Sviluppo, eretto al rango di divi nit gelosa e infallibile. Qui, infatti, si parla di sviluppo in senso puramente materiale. N si risponda ch

e questo sviluppo materiale pur sempre suscettibile di diffondere valori spiritu ali, come la vasta circolazione delle idee resa possibile, appunto, dal computer rispetto al libro stampato. Perch tale argomentazione vera, verissima; ma non ne consegue affatto che ci sia bisogna di uno sviluppo materiale sempre pi grande p er rendere possibile lo sviluppo spirituale. Lo sviluppo spirituale dell'individuo, cos come quello della societ, non ha niente a che fare con la potenza sempre maggiore della tecnologia o di quella sua partic olare versione che la tecnologia informatica. Anche se il discorso, oggi, non piace, bisogna inoltre ricordare che il fatto ch e milioni di persone possano accedere all'informazione tramite il computer (la cul tura un'altra cosa), non sposta di una virgola la questione dello sviluppo spiritu ale, sia del singolo, sia del corpo sociale: perch lo sviluppo spirituale non dip ende dai grossi numeri. Per la societ, ad esempio, sarebbe preferibile potersi avvantaggiare della profon da saggezza di pochissimi individui, piuttosto che possedere un livello medio di semi-istruzione, di semi-informazione e di semi-pensiero largamente diffuso tra la popolazione. Una societ, infatti, pu andare molto lontano, abbeverandosi alle profondit spiritua li anche di un solo individuo; ma non andr mai da nessuna parte per mezzo della s uperficialit, dell'ignoranza e della stoltezza delle masse, anche se frettolosament e dipinte con i colori pi sgargianti e fatte passare per merci di prima scelta. , questo, un discorso essenzialmente aristocratico? Ebbene s, non temiamo di riconoscerlo: ricordando che il vocabolo aristocrazia non affatto una parolaccia; significa, puramente e semplicemente, il governo dei migl iori.

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