You are on page 1of 18

Annalisa Di Clemente, 2011

Peculiarit del sistema produttivo italiano

NUOVI MODELLI INTERNAZIONALI DI VIGILANZA BANCARIA E SVILUPPO INDUSTRIALE IN ITALIA

5. Peculiarit del sistema produttivo italiano (aggiornamento) Abbiamo gi rimarcato come con Basilea 3 (e gi con Basilea 2) le imprese per raggiungere un giudizio di sufficiente affidabilit dovranno produrre, a favore delle banche, un flusso di dati e dinformazioni di maggiore qualit e complessit: budget, piani dimpresa, relazioni programmatiche di progetto, analisi dei flussi finanziari. Le limitate informazioni fornite alle banche dalla piccola e media impresa italiana, di norma basate sulla centralit dellimprenditore e della sua famiglia, con Basilea 3 divengono gravemente insufficienti. Lo sforzo culturale che si chiede allimprenditoria italiana non da sottovalutare, vista la tradizionale reticenza dellimprenditore alla trasparenza e alla diffusione delle informazioni sulla performance dei propri progetti dinvestimento nei confronti dei finanziatori esterni, compresa la banca. Lopacit informativa della PMI italiana , daltro canto, coerente con la riluttanza a condividere il controllo aziendale e a ricorrere al finanziamento dellattivit imprenditoriale tramite i mercati di borsa, date le implicazioni negative in termini di contendibilit della propriet e di vincoli sugli standard informativi. Il risultato stato la forte sottocapitalizzazione e, conseguentemente, il nanismo dellimprenditoria italiana. La tendenza alla riduzione della dimensione dimpresa, gi in atto dalla met degli anni Settanta, si ulteriormente accentuata negli anni recenti, accompagnandosi ad elementi di crisi del capitalismo italiano. Il progressivo declino industriale del nostro paese legato alla ridotta competitivit dei prodotti nazionali sui mercati esteri, cos come al basso profilo di crescita della produttivit. Tali risultati deludenti possono ricondursi alla polverizzazione dellimprenditoria italiana che, limitando lattivit di ricerca, lo sviluppo di prodotti innovativi e tecnologicamente avanzati, cos come la conquista di nuovi mercati, ha finito per frenare la produttivit del sistema industriale italiano. In passato, quando linnovazione era prevalentemente di processo, la piccola dimensione

Universit di Roma Sapienza

11

Facolt di Scienze Politiche

Annalisa Di Clemente, 2011

Peculiarit del sistema produttivo italiano

dimpresa riuscita a dare flessibilit al sistema produttivo, ritagliandosi nicchie di specializzazione, soprattutto attraverso unaggregazione in distretti industriali. Oggi linnovazione, riguardando principalmente i prodotti e la loro

diversificazione, rende difficile alle imprese pi piccole sfruttare le economie di scala e competere con successo nel mercato globale. Lattivit di ricerca e sviluppo, cruciale per linnovazione, nel nostro paese pi bassa della media europea: nel 2010 questa ha rappresentato l1,2% del PIL rispetto al 2% medio della UE. In particolare, non italiana nessuna delle oltre 20 regioni europee che hanno raggiunto lincidenza del 3% prevista dagli obiettivi di Lisbona per il 2010. La quota delle imprese che intraprendono unattivit di ricerca e sviluppo legata positivamente alla dimensione dimpresa. Infatti, la ridotta dimensione, rendendo difficoltoso sostenere gli elevati costi fissi connessi con lattivit di R&S, con lutilizzo delle innovazioni e con la penetrazione sui mercati esteri, finisce per frenare la produttivit e la competitivit del sistema produttivo. Le imprese italiane continuano ad oggi a privilegiare linnovazione di processo, in particolare attraverso lacquisizione dallesterno di macchinari innovativi e di nuovi software. Poche imprese fanno invece innovazione di prodotto, poich questa richiede centri di ricerca o di progettazione e limpiego di personale ad elevata specializzazione. Queste forme dinvestimento sono inoltre pi diffuse tra le grandi imprese e nelle regioni del nord. Negli ultimi anni sono cresciuti i rapporti di collaborazione con le Universit italiane, ma anche in questo caso principalmente per le imprese di grandi dimensioni1. La dimensione rappresenta per le imprese un fattore determinante anche per rendere conveniente la diversificazione delle proprie fonti di finanziamento. La crescita dimensionale cos come la capacit dintraprendere e sostenere processi dinnovazione di prodotto richiedono alle imprese di accrescere il peso dei mezzi patrimoniali tra le proprie fonti di finanziamento. La diffidenza della PMI nei confronti di una struttura proprietaria

E in aumento lo sviluppo di imprese spin-off della ricerca pubblica, create cio da ricercatori e partecipate dagli Atenei, maggiormente presenti in Toscana, Lombardia ed Emilia Romagna. Queste imprese sono concentrate nei settori innovativi dei servizi (software, servizi per Internet, per telecomunicazioni e multimediali) e del manifatturiero (automazione e robotica, strumenti e componenti elettronici), sono invece quasi assenti nei settori chimico, farmaceutico e dei nuovi materiali.

Universit di Roma Sapienza

12

Facolt di Scienze Politiche

Annalisa Di Clemente, 2011

Peculiarit del sistema produttivo italiano

diffusa

spiega,

in

parte,

la

debolezza

di

una

struttura

finanziaria

in

cui

lautofinanziamento prevale sul conferimento soci tramite aumento del capitale proprio. La propensione dellimprenditore italiano infatti quella dinvestire in azienda i flussi di cassa generati dalla gestione corrente senza aumentare il proprio impegno, in termini di capitale di rischio, oltre la quota originariamente investita. In altri termini, limprenditore preferisce utilizzare il capitale proprio come garanzia dei finanziamenti bancari. Ampio e sistematico inoltre il ricorso alla leva di debito (leverage), anche per ovvi motivi fiscali2, da parte delle nostre imprese. Il peso degli oneri finanziari, a sua volta, riducendo la disponibilit di risorse interne da investire nellimpresa, costringe la societ a finanziare il capitale circolante o gli investimenti ricorrendo ancora al debito. Il fatto che oltre i tre quarti del debito bancario sia a breve termine segnala una liquidit delle imprese bassa e dominata dal ciclo commerciale, evidenziando come il ruolo delle banche si limiti molto spesso ad assicurare la continuit nel tempo del sostegno finanziario alla gestione ordinaria delle imprese, pi che a sostenere prospetticamente percorsi strategici di crescita e di sviluppo attraverso interventi di finanza straordinaria e di credito a medio-lungo termine. Anche lelevato peso del debito commerciale (che consente alle imprese di dilazionare i propri pagamenti ai fornitori) nasce dalla difficolt di finanziare il capitale circolante. E evidente come la presenza di rapporti di liquidit inferiori a quelli delle imprese europee accanto ad una quota di debito a breve superiore sia per le imprese italiane un elemento di forte fragilit finanziaria, soprattutto in congiunture economiche, come quella odierna, caratterizzate da crisi di liquidit e da difficolt di rifinanziamento del credito3. La dipendenza dal credito bancario da parte delle imprese italiane risulta particolarmente evidente nel confronto con i paesi anglosassoni, dove i mercati finanziari sono storicamente pi sviluppati. Nel 20104 la quota del finanziamento bancario sul totale dei debiti finanziari delle imprese italiane stata pari al 67%, mentre la quota del debito
Deducibilit degli interessi passivi dal reddito imponibile. Banca dItalia (2010). 4 G. Carosio (2011), Indagine conoscitiva sui mercati degli strumenti finanziari, VI Commissione Finanze, Camera dei Deputati, Roma, 4 maggio 2011.
2 3

Universit di Roma Sapienza

13

Facolt di Scienze Politiche

Annalisa Di Clemente, 2011

Peculiarit del sistema produttivo italiano

finanziario a breve (sul totale debiti finanziari delle imprese) stata del 37%. Nel Regno Unito questi valori sono stati, rispettivamente, del 27% e del 43%, mentre negli Stati Uniti sono stati del 33% e del 26% (rispettivamente). Diversamente, il peso delle obbligazioni sui debiti finanziari delle nostre imprese risulta estremamente contenuto: pari all8% (sempre nel 2010) contro il 24% del Regno Unito e il 44% degli Stati Uniti. Le differenze, sebbene meno marcate, si ripropongono anche nel confronto con le principali economie dellEuropa continentale. Lincidenza della raccolta obbligazionaria strettamente correlata alla quotazione in borsa delle imprese. Le ampie differenze che si riscontrano nelle emissioni di obbligazioni tra lItalia e gli altri principali paesi europei si riducono notevolmente quando si considerano le sole imprese quotate. Per questultime, infatti, il rapporto tra obbligazioni e debiti finanziari pari a circa il 40% in Italia e Germania e a circa il 45% in Francia, Paesi Bassi e Regno Unito. Nel nostro paese, la capitalizzazione di borsa delle imprese industriali (o non finanziarie) rimane molto bassa, pari al 19% del PIL a fine 2010, contro il 38% della Germania, il 59% della Francia e il 95% del Regno Unito. Il numero di imprese italiane quotate, includendo anche il segmento finanziario, stato a fine 2010 pari a 291 (dieci anni fa le imprese quotate furono 276) 5. A livello aggregato, il grado dindebitamento delle imprese italiane, misurato dal leverage, risulta superiore a quello dei paesi anglosassoni e a quello medio dellarea euro. Inoltre, confrontando anche i bilanci delle singole imprese operanti negli stessi settori dattivit e con la stessa dimensione, le imprese italiane risultano (nel panorama europeo) mediamente pi indebitate. Le caratteristiche della struttura finanziaria delle imprese sono correlate con la dimensione delle imprese stesse. In particolare, il livello dindebitamento e la dipendenza dal credito bancario a breve termine maggiore per le imprese di minori dimensioni. Lelevata quota del credito bancario riflette le esigenze di un tessuto produttivo costituito prevalentemente da imprese di dimensioni molto contenute. In Italia le micro e le piccole

Ricordiamo come il massimo storico per il nostro paese fu raggiunto a fine 2006, quando il numero complessivo delle societ quotate (finanziarie, bancarie, assicurative e industriali) sui mercati di Borsa italiani fu pari a 311 societ.

Universit di Roma Sapienza

14

Facolt di Scienze Politiche

Annalisa Di Clemente, 2011

Peculiarit del sistema produttivo italiano

imprese (con meno di 50 addetti) assorbono circa il 70% delloccupazione dellintero settore industriale, contro il 50% dellEuropa e meno del 40% del Regno Unito. Nel nostro paese anche il peso del credito specializzato erogato alle imprese dagli intermediari finanziari non bancari, nelle forme del leasing e del factoring, elevato nel confronto europeo. Alla fine del 2009 il mercato italiano del leasing era, per consistenza dei finanziamenti, il secondo in Europa dopo la Germania (in rapporto alle dimensioni delleconomia era al primo posto in Europa), mentre il mercato del factoring italiano risultava il terzo pi grande in Europa, inferiore solo a Regno Unito e Francia (ma lincidenza sul PIL del volume dei crediti ceduti era ampiamente superiore alla media europea). Ricordiamo come il leasing ed il factoring siano strumenti finanziari utilizzati dalle imprese in due momenti importanti della vita aziendale: lacquisizione dei mezzi di produzione (leasing) e la gestione dei crediti commerciali (factoring). Il leasing stato favorito da significativi vantaggi fiscali per le imprese, oggi in parte superati e rilevanti, in alcuni casi, solo per il comparto immobiliare. Il factoring permette una gestione efficiente del capitale circolante, soprattutto nei casi in cui ampie dilazioni di pagamento alla clientela generino un elevato ammontare di crediti commerciali per limpresa. Entrambe le tecniche di finanziamento non richiedono, a differenza di altre modalit di erogazione del credito, particolari garanzie aggiuntive e sono meno influenzate dalle asimmetrie informative tra debitore e creditore. Per tali ragioni il credito specializzato ampiamente utilizzato soprattutto dalle piccole e medie imprese e dalle ditte individuali che, talvolta, accedono al credito bancario con maggiore difficolt. Nel nostro paese il credito specializzato alle imprese, pur rappresentando poco meno del 15% del credito complessivo allindustria, fornisce unimportante fonte di finanziamento esterno per le imprese che hanno esigenza di ammodernare i processi produttivi e necessit di smobilizzare in tempi rapidi i propri crediti commerciali. Soprattutto per queste categorie dimpresa, quelle micro e piccole, i costi daccesso ai mercati dei capitali di rischio sono molto elevati in tutti i paesi e soltanto nel Regno Unito le quotazioni raggiungono numeri significativi. La dimensione delle imprese italiane non esaurisce, tuttavia, le cause del limitato sviluppo della rispettiva struttura

Universit di Roma Sapienza

15

Facolt di Scienze Politiche

Annalisa Di Clemente, 2011

Peculiarit del sistema produttivo italiano

finanziaria ancora troppo poco orientata ai mercati di Borsa. In Italia, infatti, anche tra le imprese di medie dimensioni il numero di quelle quotate generalmente inferiore a quello degli altri principali paesi europei. Ad esempio, secondo le statistiche diffuse nel 2010 da Eurostat, il numero delle imprese di media dimensione in Francia del 20% superiore a quello dellItalia, ma il numero di medie imprese quotate in Francia pari a 5 volte quello osservato in Italia. Le differenze crescono notevolmente se il confronto viene esteso al Regno Unito, e permangono ancora significative nei confronti degli altri paesi dellEuropa continentale, come la Germania. La scarsa propensione delle imprese italiane alla quotazione in Borsa pu ricondursi ad una serie di fattori causali che, a fini di chiarezza espositiva, possono raggrupparsi in tre tipologie: motivazioni storico-culturali; i costi diretti e indiretti di accesso ai mercati dei capitali; lo scarso interesse degli investitori verso le imprese italiane. Sui fattori di tipo storico-culturale e di conformazione degli assetti proprietari delle imprese, quali il ruolo del capitalismo familiare e la chiusura dei gruppi che esercitano il controllo rispetto agli investitori esterni, non facile incidere. Si ricordi come in Italia, tra le imprese familiari, diffuse anche in molti altri paesi europei, la percentuale di quelle con management interamente costituito dai membri della famiglia proprietaria molto pi alta che negli altri paesi. Relativamente alla seconda tipologia di fattori causali, ossia i costi diretti e indiretti di accesso ai mercati dei capitali, si ricorda come tra i costi diretti figurino quelli che le imprese devono sostenere per la quotazione e per il mantenimento delliscrizione al listino di borsa, le commissioni richieste dagli intermediari che offrono tali servizi, le commissioni dovute (nei mercati regolamentati) alle autorit di vigilanza e i costi di adeguamento (compliance) alla normativa. Nonostante la complessa articolazione di questi oneri renda difficile un confronto tra paesi, nel complesso non sembra comunque emergere una situazione di svantaggio per le imprese italiane che intendano quotarsi.

Universit di Roma Sapienza

16

Facolt di Scienze Politiche

Annalisa Di Clemente, 2011

Peculiarit del sistema produttivo italiano

Tra i costi indiretti vi sono quelli legati alla trasparenza: la disponibilit dinformazioni dettagliate, comparabili e credibili un requisito essenziale per gli investitori. Daltro canto, la produzione e la diffusione delle informazioni pu essere particolarmente onerosa per le imprese pi piccole e per quelle nelle fasi iniziali del ciclo di crescita. Per tale ragione sono stati istituiti mercati con oneri informativi pi limitati e con minori costi in termini di capitalizzazione e requisiti di ammissione a quotazione rispetto al mercato azionario principale (MTA-MTAX in Italia). Nel settembre 2007, Borsa Italiana S.p.A. ha infatti istituito per le PMI il Mercato Alternativo dei Capitali (MAC). Lobiettivo del MAC permettere alle piccole imprese italiane di finanziare i propri piani di sviluppo con buone prospettive di reddito raccogliendo nuovi fondi sul mercato dei capitali e, quindi, affrancandosi in parte dal credito bancario, ma senza incidere sul proprio sistema di governo e sulla propria struttura organizzativa e, soprattutto, senza diluire il controllo societario. Il MAC si presenta ai piccoli imprenditori italiani come un mercato privilegiato, ossia riservato esclusivamente agli investitori istituzionali (fondi pensione e fondi dinvestimento) che possono acquistare le azioni sviluppo emesse dalle PMI quotate sul MAC. A fine 2010 sono state quotate sul MAC solo dieci societ, ma si stima che il bacino potenziale possa essere di circa 3.600 imprese. Nel dicembre 2008 ha preso avvio anche lAIM-Italia, istituito sul modello dellAlternative Investment Market inglese. LAIM italiano il mercato dedicato alle PMI ad alto potenziale di crescita ed offre a queste imprese la possibilit di accedere alla pi selezionata platea degli investitori internazionali. SullAIM-Italia le PMI possono infatti avere accesso ai flussi di capitale specializzato delle pi importanti piazze finanziarie europee, oltre ad acquisire una visibilit internazionale e a godere di una flessibilit regolamentare (pari a quella dellAIM inglese). A fine 2010 si contavano undici societ quotate sullAIM Italia (a fronte di 1.600 societ quotate sullAIM inglese, delle quali 350 non residenti in Inghilterra). Il numero ancora esiguo di quotazioni sui listini del MAC e dellAIM-Italia riflette la difficolt oggettiva che questa tipologia di mercati dedicati incontra nelle fasi di avvio, le resistenze culturali delle imprese italiane verso i mercati dei capitali di rischio e la sfavorevole congiuntura reale e finanziaria in corso.

Universit di Roma Sapienza

17

Facolt di Scienze Politiche

Annalisa Di Clemente, 2011

Peculiarit del sistema produttivo italiano

Il terzo insieme di fattori che limitano la crescita dei mercati dei capitali in Italia lo scarso interesse degli investitori verso le nostre imprese, data la loro bassa redditivit nel confronto europeo. Analisi comparate condotte su dati di bilancio mostrano come le imprese italiane, soprattutto quelle di medie e grandi dimensioni, abbiano una redditivit operativa mediamente inferiore a quella degli altri paesi europei. Inoltre, in presenza di un debito pi elevato, il peso degli oneri finanziari contribuisce a ridurre considerevolmente anche la redditivit netta delle nostre imprese. Poich laccesso al mercato dei capitali spesso il punto darrivo di un processo di crescita e di consolidamento della struttura finanziaria aziendale, il bacino delle imprese italiane per le quali conveniente la quotazione in borsa risulta attualmente circoscritto. Infatti, la raccolta dei capitali in borsa presenta vantaggi in termini di costo per quelle imprese in grado di offrire agli investitori buone prospettive di rendimento in corrispondenza di profili di rischio contenuti. Tra i potenziali investitori delle imprese vi sono, oltre agli investitori istituzionali, anche i private equity operators, intermediari specializzati nellinvestimento in capitale di rischio, ossia in titoli azionari delle societ non negoziati sui mercati regolamentati. Nellaccezione prevalente in Europa, il segmento del private equity include due principali tipologie dinvestimento: il venture capital e il capital expansion. Le operazioni di venture capital si rivolgono a imprese giovani e con elevate prospettive di crescita per le quali laccesso al credito bancario comunque reso difficile dalla bassa redditivit, tipica delle prime fasi dello sviluppo, assieme alla scarsa dotazione di capitale fisso da utilizzarsi come garanzia a fronte dei prestiti bancari. Le operazioni di capital expansion riguardano invece imprese mature e hanno come obiettivo o il consolidamento sul mercato di tali imprese attraverso una politica di ricapitalizzazione (aumento del capitale proprio) o il sostegno di operazioni di buyout (ossia di acquisizione) al fine di mantenere lefficienza operativa e gestionale attraverso il ricambio degli amministratori, spesso in occasione della successione allinterno dimprese a controllo familiare. Di frequente i buyout comportano un accrescimento della leva finanziaria (in tal caso, si definiscono operazioni di leverage buyout) e si caratterizzano per ladozione di meccanismi dincentivo che legano la

Universit di Roma Sapienza

18

Facolt di Scienze Politiche

Annalisa Di Clemente, 2011

Peculiarit del sistema produttivo italiano

retribuzione degli amministratori agli andamenti aziendali. Infine, alcune operazioni di sono finalizzate alla ristrutturazione di aziende mature in crisi. Levidenza empirica, disponibile a livello internazionale, indica che gli operatori private equity possono svolgere un ruolo strategico nel favorire la nascita, la crescita e la successiva patrimonializzazione delle imprese, soprattutto attraverso le operazioni di finanziamento early stage e di capital expansion. A fini di chiarezza espositiva va precisato come le modalit innovative di finanziamento di unidea imprenditoriale, di un piano aziendale, della costituzione di una societ e, successivamente, del consolidamento e dellinnovazione continua del prodotto, chiamate sommariamente venture capital financing operations (ossia, operazioni di finanziamento attraverso capitale di rischio), riguardino tre fasi distinte del ciclo di vita di una societ, definendosi in questo modo: i) ii) iii) finanziamento della fase iniziale (early stage financing); finanziamento della seconda fase (second round financing); finanziamento dellespansione o dello sviluppo della societ (expansion o growth capital financing). A sua volta la early stage si articola in tre diversi momenti: pre-seed, seed e start-up. La preseed (la pre-sovvenzione) finalizzata a finanziare lanalisi e la valutazione dellidea imprenditoriale, mentre la seed (la sovvenzione) finanzia la definizione del piano aziendale. Entrambe le modalit di finanziamento necessitano dellintervento di incubatori, business angels, capitale familiare o operatori pubblici. Lo start-up (o avviamento), fase riguardante la costituzione della societ, il completamento del prodotto e i primi riscontri commerciali, finanziato tramite venture capital. La seconda fase del ciclo di vita di una societ, second round, finalizzata al consolidamento del prodotto e alla ricerca di partnership strategiche finanziata attraverso venture capitale e private equity. Infine lo sviluppo della societ (capital expansion), realizzato attraverso linnovazione continua di prodotto, il consolidamento dellorganizzazione, linnovazione commerciale e di marketing e le acquisizioni, finanziato tramite private equity e la quotazione in Borsa.

Universit di Roma Sapienza

19

Facolt di Scienze Politiche

Annalisa Di Clemente, 2011

Peculiarit del sistema produttivo italiano

In Italia il comparto del private equity si sviluppato nel passato decennio a ritmi molto sostenuti. Tra il 2000 e il 2010 il numero degli operatori presenti sul mercato italiano censiti dallAssociazione Italiana di Private Equity e Venture Capital (AIFI) passato da 84 a 188; nello stesso periodo lattivo dei fondi di private equity gestiti dalle SGR (Societ di Gestione del Risparmio) cresciuto da 580 milioni di euro a 5,8 miliardi di euro. Lespansione maggiore si avuta, tuttavia, nel segmento delle operazioni di leverage buyout, favorite anche dal livello dei tassi di interesse, basso nel confronto storico. Tali operazioni di acquisizione (leverage buyout) si caratterizzano per un forte uso della leva finanziaria ed hanno come oggetto soprattutto aziende mature e spesso in difficolt6. I segmenti di mercato che si concentrano sugli investimenti in imprese giovani e innovative sono restati, diversamente, relativamente poco sviluppati nel confronto internazionale. Nel quinquennio 2005-2009, gli investimenti in operazioni di early stage7 sono stati, in rapporto al PIL, circa un sesto della media europea e un decimo di quelli effettuati negli Stati Uniti. Un ritardo nel nostro Paese si rileva anche nel segmento delle operazioni di capital expansion, finalizzate alla crescita dimensionale di imprese che gi operano sul mercato: nel quinquennio 2005-2009, sempre in rapporto al PIL, tali investimenti sono risultati pari a circa due terzi della media europea e a circa la met di quelli effettuati negli Stati Uniti. Solo negli anni pi recenti una frazione significativa delle imprese italiane che si sono quotate in Borsa sono state precedentemente finanziate da una societ di private equity. La crescita dimensionale del nostro sistema produttivo potrebbe quindi stimolarsi anche attraverso lofferta di tali modalit di finanziamento non tradizionali alle PMI e alle potenziali imprese nascenti. In altri termini, una pi ampia articolazione degli intermediari e degli strumenti finanziari nel nostro paese potrebbe rendere pi agevole la
Per le operazioni di buyout lintermediario di private equity detiene una partecipazione che gli garantisce il controllo dellimpresa. 7 Per le operazioni di early stage, lintermediario di private equity detiene una partecipazione pari in media a circa il 32% del capitale dellimpresa. Sia nei casi di early stage che di expansion sono comunque presenti accordi che tendono ad attribuire al socio di minoranza, cio allintermediario di private equity, poteri di controllo e di monitoraggio sullimpresa finanziata. La quota dellintermediario, relativamente consistente, assieme alla presenza di clausole statutarie e di patti parasociali, consente alloperatore finanziario una partecipazione sufficientemente attiva alla gestione della societ.
6

Universit di Roma Sapienza

20

Facolt di Scienze Politiche

Annalisa Di Clemente, 2011

Peculiarit del sistema produttivo italiano

crescita dimensionale delle PMI italiane attraverso un loro rafforzamento patrimoniale e/o stimolando processi di fusione e incorporazione. Sempre nella direzione di sostenere le PMI, il 18 marzo 2010 ha preso avvio il Fondo Italiano di Investimento per le PMI, finalizzato a favorire il rafforzamento patrimoniale e i processi di aggregazione tra le piccole e medie imprese italiane in fase di sviluppo con fatturato compreso tra i 10 e 100 milioni di euro. Il Fondo stato voluto dal Ministero del Tesoro ed istituito, inizialmente8, dallAssociazione degli Industriali, assieme allAssociazione Bancaria Italiana, alla Cassa Depositi e Prestiti e alle Banche Monte dei Paschi di Siena, Intesa SanPaolo e UniCredit. Successivamente, il 24 agosto 2010, Banca dItalia ha autorizzato la creazione della Societ di gestione del Fondo (Sgr) e approvato il regolamento del Fondo: il Fondo, con una dotazione iniziale di 1,2 miliardi di euro, operer per le piccole e medie imprese con una durata complessiva fino a 14 anni, di cui 5 anni per linvestimento, 5 anni per il disinvestimento, pi altri eventuali 2 anni di proroga per ciascuna fase. Il Fondo si rivolge ad imprese non in crisi ma con buone prospettive di sviluppo e con un fatturato compreso tra 10 e 100 milioni di euro. Si ritiene che circa 15.000 imprese italiane presentino queste caratteristiche e che il 70% di queste appartengano al settore manifatturiero. Ogni possibile investimento da parte del Fondo valutato in base al merito del piano industriale, del progetto di sviluppo e delle capacit del management dellimpresa di portarlo a termine. Alla luce di quanto detto, unazione di riequilibrio del bilanci delle imprese appare condizione indispensabile per lavvio di una crescita nel medio termine. Le risorse necessarie per finanziarie gli investimenti dovranno assumere la forma soprattutto di mezzi patrimoniali. Il capitale azionario infatti pi adatto del capitale di debito a finanziare linnovazione, elemento strategico per sostenere la produttivit e,

conseguentemente, la crescita delle imprese. Il rafforzamento patrimoniale delle societ potr essere favorito dallo sviluppo delle nuove modalit di finanziamento offerte dagli

Rispetto al progetto iniziale si allargata la partecipazione del sistema bancario italiano al Fondo Italiano dInvestimento con ladesione dellIstituto Centrale delle Banche Popolari, del Credito Valtellinese, della Banca Popolare di Milano, della Banca Popolare dellEmilia Romagna, Ubi e Banca di Cividale.
8

Universit di Roma Sapienza

21

Facolt di Scienze Politiche

Annalisa Di Clemente, 2011

Peculiarit del sistema produttivo italiano

intermediari finanziari specializzati. Relativamente al capitale di debito delle societ questo dovr avere scadenze pi lunghe ed essere meno utilizzato per esigenze di liquidit.

6. Verso un nuovo modello relazionale banca-impresa La crisi finanziaria ed economica in atto rende improrogabile unattenta riflessione sulla validit del nostro modello relazionale banca-impresa, intesa come capacit di creare sviluppo economico nel nostro paese. In Italia il rapporto banca-impresa si contraddistinto per una bassa capacit del sistema bancario di approfondire analisi e valutazioni di rischio-rendimento delle imprese clienti, cos come per una ridotta capacit di discriminazione ex ante ed ex post tra le diverse controparti per merito di credito e redditivit prospettica. Le banche, prive della possibilit di portare avanti una valutazione analitica dei propri affidati (a causa delle asimmetrie informative), hanno dovuto rinunciare ad un rapporto banca-impresa pi evoluto, ossia caratterizzato: da politiche di pricing del credito differenziate per segmenti omogenei di clientela; da obiettivi di massimizzazione della redditivit e del mark up9 nel lungo periodo; da una gestione attiva dei portafogli; ripiegando spesso su politiche di sussidio incrociato (il multiaffidamento) e sulle garanzie personali. Il fenomeno del multiaffidamento rappresenta per le nostre banche una sorta di meccanismo co-assicurativo attraverso il quale queste riducono il rischio legato allerogazione del credito alle imprese, ripartendolo tra gli altri intermediari creditizi. Per le imprese, a loro volta, il multiaffidamento uno strumento attraverso il quale poter massimizzare lammontare del finanziamento bancario minimizzando al contempo i costi di hold-up che si verificano quando la banca erogatrice, godendo di un rapporto esclusivo con limpresa, pu sfruttare una posizione di rendita di monopolio. Daltro canto, se il multiaffidamento ha difeso le imprese dalla dipendenza da una sola relazione, non le ha rese meno subordinate al credito bancario anche al costo di relazioni meno stabili di quelle
9

Il mark up (o anche mark on) il rapporto tra il prezzo del servizio dintermediazione bancaria e il suo costo e rappresenta il margine lordo dintermediazione (o di profitto) della banca.

Universit di Roma Sapienza

22

Facolt di Scienze Politiche

Annalisa Di Clemente, 2011

Peculiarit del sistema produttivo italiano

tipiche di un modello di relationship banking puro (come quello tedesco e giapponese). Leccessiva subordinazione al credito bancario da parte delle PMI , a sua volta, legata ad unelevata avversione al rischio di queste ultime, tipica di una struttura proprietaria prevalentemente familiare. Se, per limprenditore ed il banchiere, il modello banca-impresa italiano basato sulla relazione localistica e sul multiaffidamento risultato tranquillizzante, doveroso chiedersi se per il sistema economico italiano non rischi oggi di essere penalizzante. E lecito inoltre domandarsi se il sistema finanziario italiano nel suo complesso abbia saputo fare emergere ed incoraggiare tutte le iniziative imprenditoriali potenziali, veicolando il risparmio nella loro direzione. Solo attraverso una migliore distribuzione dei rischi tra imprenditore, banca e mercati di borsa pu essere possibile migliorare quantit e qualit delle fonti di finanziamento dellattivit imprenditoriale. Affinch ci sia attuabile occorrerebbe rafforzare il modello tradizionale della banca locale dotandolo delle competenze di investment banking tipiche di una banca nazionale ed europea. La banca dovr quindi superare il tradizionale ruolo di erogatrice di credito per proporsi allimprenditore nella veste pi matura di gestore dei rischi aziendali, offrendo allimpresa: - appropriate tecniche di copertura della volatilit dei tassi, dei cambi e dei prezzi delle materie prime; - una pi equilibrata composizione delle fonti di finanziamento aziendale attraverso lidentificazione di idonee soluzioni di finanza straordinaria e linserimento dellimpresa nei circuiti mobiliari. La progressiva finanziarizzazione delleconomia, la necessit di modulare correttamente le risorse a fronte della tipologia dei progetti dinvestimento e, non ultimo, limpostazione di una gestione dei rischi in linea con la best practice internazionale sottopongono la gestione finanziaria delle PMI italiane ad una pressione competitiva finora sconosciuta. In uno scenario di mercato in cui il sistema produttivo non pu pi sfruttare le svalutazioni del tasso di cambio nominale per sostenere la propria capacit concorrenziale, la finanza aziendale diviene uno strumento prezioso attraverso il quale individuare il migliore profilo rischio-rendimento dellimpresa, sostenere i processi

Universit di Roma Sapienza

23

Facolt di Scienze Politiche

Annalisa Di Clemente, 2011

Peculiarit del sistema produttivo italiano

dinvestimento in innovazione, perseguire gli obiettivi di crescita e di dimensionamento competitivo. In un contesto in cui il controllo del rischio diventa strategico, il rating pu rappresentare per limpresa un utile strumento di auto-diagnosi attraverso il quale definire sia gli obiettivi di gestione corrente che valutare costo ed efficienza delle scelte di struttura finanziaria e di finanziamento degli investimenti. Levoluzione verso un rapporto banca-impresa pi maturo e virtuoso richiede, infatti, che le banche possano disporre di tutte le informazioni necessarie per lattivit di monitoraggio delegato, quali: informazioni quantitative di bilancio affidabili, precise e tempestive; informazioni previsionali di natura economico-finanziaria, desumibili dai business plan, dai budget aziendali e dai risultati di capital budgeting; informazioni qualitative relative alla qualit del management, alle strategie produttive e commerciali, alla struttura organizzativa e alla struttura di governo societario. Solo attraverso un ampio e completo set informativo il banchiere potr stimare correttamente la probabilit dinsolvenza del proprio affidato nei futuri stati del mondo possibili ed erogare un credito migliore, ossia pi consapevole e selettivo. Diversamente in Italia, nel decennio passato, si sono affermati due diversi modelli di erogazione del credito che hanno caratterizzato il modo di operare delle banche piccole da un alto, modello relazionale, e di quelle grandi dallaltro, modello quantitativo. Le piccole banche valutano il merito di credito utilizzando in misura significativa le informazioni di carattere qualitativo raccolte attraverso il rapporto diretto con i clienti e grazie allinserimento nella comunit di appartenenza. Tali informazioni possono essere rapidamente elaborate e valorizzate tramite una struttura organizzativa snella, procedure semplici e grazie alla vicinanza al cliente da parte dei centri decisionali della banca. Se condotta in modo efficace, rigoroso e tracciabile, questa modalit di screening della clientela, oltremodo semplificata e quasi artigianale, pu portare ad unerogazione selettiva del credito e al consolidamento dei rapporti tra intermediario e affidati, grazie ad

Universit di Roma Sapienza

24

Facolt di Scienze Politiche

Annalisa Di Clemente, 2011

Peculiarit del sistema produttivo italiano

un allineamento degli interessi del debitore con quelli del creditore. Diversamente, nei grandi gruppi bancari il processo di erogazione del credito si basa principalmente sullelaborazione automatica dei dati relativi alle controparti e su procedure codificate. I sistemi di rating traducono unenorme massa dinformazioni, prevalentemente di natura quantitativa, in giudizi sintetici sul merito di credito il cui significato immediatamente condiviso da strutture aziendali complesse e articolate. Tali tecniche quantitative di valutazione del credito sfruttano le economie di scala nel trattamento delle informazioni, consentono di estendere lofferta di credito a soggetti meritevoli ma privi di una rete consolidata di relazioni, favoriscono la trasparenza e la comparabilit dei giudizi. Attualmente, la separazione tra i due modelli (relazionale e quantitativo) non cos netta come in passato. Gran parte delle piccole banche affianca strumenti quantitativi per la valutazione del merito di credito alla conoscenza diretta del cliente; mentre le grandi banche hanno predisposto metodi per utilizzare informazioni qualitative nelle procedure di assegnazione e correzione del rating. Una fascia significativa di banche di dimensioni intermedie combina in varia misura il modello relazionale con le tecniche quantitative10. Entrambi i modelli tradizionali non sono comunque privi di rischi. Riguardo al modello piccole banche, il primo limite rappresentato dal grado di efficienza con cui questa tipologia di intermediari alloca le risorse, fortemente influenzato dal contesto esterno. Accanto al localismo virtuoso esiste infatti anche il localismo pericoloso, che si manifesta quando la banca catturata dal territorio di appartenenza e perde la capacit di valutare efficacemente il profilo di rischio della clientela. Anche il localismo virtuoso non esente la limiti, che si riscontrano nella recente evoluzione, attuata da alcune piccole banche locali, caratterizzata da espansione territoriale e diversificazione delle controparti. Il localismo virtuoso non infatti replicabile nei confronti di clientela lontana, per localizzazione e dimensione, dallambito tradizionale dinsediamento della banca. Nei confronti di questa clientela, la banca infatti non dispone di uno specifico patrimonio dinformazioni qualitative e nemmeno del vantaggio derivante dalla prossimit e dalla

10

S. Mieli (2011).

Universit di Roma Sapienza

25

Facolt di Scienze Politiche

Annalisa Di Clemente, 2011

Peculiarit del sistema produttivo italiano

conoscenza delleconomia locale. Nel 2009, quando il credito alle imprese sub una flessione del 3% (in virt della crisi finanziaria ancora in atto), sono state numerose le banche di piccola dimensione che hanno invece evidenziato, negli impieghi verso le imprese, una dinamica superiore al 10%. Queste piccole banche che hanno dato maggiore prova di dinamismo fornendo un sostegno importante alleconomia in un momento cos difficile (nel 2009), rischiano oggi di perdere i vantaggi del localismo se non si dotano di strumenti idonei a governare il loro sviluppo dimensionale in atto. La crisi ha dato infatti unaccelerazione al processo di crescita dei piccoli intermediari bancari, che sono andati allontanandosi dalle zone di insediamento tradizionale ampliando significativamente il ventaglio delle proprie controparti. Tale crescita dimensionale richiede alle piccole banche interessate di superare il tradizionale modello relazionale per passare ad una valutazione del credito basata non pi sulle sole conoscenze qualitative, ma irrobustita dalladozione di metodologie pi oggettive come, per esempio, i sistemi di scoring quantitativi. Esemplificativa di tali rischi la strategia di crescita seguita da alcuni intermediari, basata su impieghi a controparti di dimensioni elevate nei confronti delle quali si fa ricorso ad un approccio assicurativo: la piccola banca si accoda, senza disporre di uno specifico patrimonio informativo, alle banche pi grandi, mantenendo nei confronti delle nuove controparti, una quota dinserimento relativamente bassa, ma erogando importi significativi in rapporto alle proprie dimensioni. Ancora pi rischioso il modello di crescita fondato sulla rapida espansione territoriale e lacquisizione da altre banche di personale dotato di un proprio portafoglio di clienti di riferimento: si tratta di uno stravolgimento del localismo che viene, per cos dire, gestito in outsourcing. Anche in relazione al modello grandi banche, due problemi restano aperti: da un alto, la macchina organizzativa, pur disegnata accuratamente, ha bisogno di informazioni aggiornate per funzionare efficacemente; dallaltro, questa pi adatta alla gestione di informazioni quantitative rispetto a quelle qualitative, per loro natura difficilmente elaborabili statisticamente. Il primo di questi problemi stato acuito dalla crisi, poich si verificata unaccelerazione del mutamento del contesto esterno: linformazione disponibile diviene obsoleta rapidamente e deve essere aggiornata tempestivamente affinch possano

Universit di Roma Sapienza

26

Facolt di Scienze Politiche

Annalisa Di Clemente, 2011

Peculiarit del sistema produttivo italiano

assumersi decisioni consapevoli nellerogazione del credito. La capacit di reazione dei grandi intermediari non si dimostrata, in tale contesto, pienamente soddisfacente: scarso infatti laggiornamento sistematico del patrimonio informativo attraverso la raccolta di bilanci infraperiodali e informazioni sul fatturato o sul portafoglio ordini (Banca dItalia, 2011). Inoltre loverride, ossia la possibilit di modificare con interventi discrezionali, ma motivati, il rating risultante dai modelli quantitativi, permettendo lincorporazione di elementi rilevanti (di natura qualitativa) per la valutazione delle controparti (ma che i modelli non riescono a cogliere), non stata valorizzata dalle grandi banche. Inoltre, grandi e piccole banche sono accomunate dal problema dellaggiornamento e dellefficace utilizzo degli strumenti di monitoraggio del credito, basati sugli indicatori andamentali. La crisi ha sottoposto i modelli di valutazione e assegnazione del credito a un vaglio severo, mettendone in dubbio laccuratezza, soprattutto in relazione alla robustezza dei parametri computati. Tali parametri, stimati in condizioni di sostanziale stabilit economica e finanziaria, non rispondevano al requisito regolamentare di incorporare almeno un ciclo economico, come suggerito dagli organismi internazionali di vigilanza bancaria11. La severit della crisi pone oggi il problema opposto: quello di incorporare efficacemente i dati senza introdurre nei modelli unindebita distorsione in senso recessivo. Il nuovo quadro regolamentare (ossia Basilea 3) conferma la centralit dei modelli interni delle banche (pur richiedendo uno sforzo di ricalibrazione e ristima dei parametri) basati sulla combinazione pi efficace di informazioni qualitative e andamentali, dati quantitativi e analisi prospettiche. Ci significa che la banca erogatrice deve poter valutare adeguatamente i piani industriali, le possibilit prospettiche del segmento merceologico (di appartenenza dellimpresa prenditrice), la credibilit dellimpresa, la struttura proprietaria e la qualit del suo management. Il rapporto bancaimpresa deve evolvere in modo da accompagnare le imprese lungo un percorso di crescita che preveda una struttura finanziaria pi equilibrata, ossia caratterizzata da maggiori

11

Per una disamina del problema si veda, per esempio, A. Di Clemente (2008).

Universit di Roma Sapienza

27

Facolt di Scienze Politiche

Annalisa Di Clemente, 2011

Peculiarit del sistema produttivo italiano

mezzi propri. Le imprese, a loro volta, devono essere incentivate ad una maggiore trasparenza informativa e ad un rafforzamento della propria struttura finanziaria. In questa prospettiva, il nuovo quadro regolamentare (Basilea 3) deve essere visto come unoccasione per riprendere il percorso, iniziato con Basilea 2, ma rimasto incompiuto a causa dello scoppio della crisi finanziaria internazionale, verso un assetto pi equilibrato sia del sistema bancario che di quello industriale, caratterizzato da meno debito e pi capitale (Draghi, 2011). Per le banche si tratta di comprendere che possibile sostenere le imprese con strumenti anche diversi dal credito e proporre alle famiglie prodotti alternativi ai depositi e alle obbligazioni bancarie (attraverso un maggior ricorso ai servizi di gestione del risparmio, come i fondi comuni dinvestimento e i fondi pensione).

Bibliografia Carosio G. (2011): Audizione del Vice Direttore Generale della Banca dItalia, Indagine conoscitiva sui mercati degli strumenti finanziari, in VI Commissione Finanze, Camera dei Deputati, Roma 4 maggio 2011. Di Clemente A. (2008): Ciclo economico e solidit finanziaria: uno studio di macro stress-testing per il segmento corporate italiano, in G. Bracchi e D. Masciandaro (a cura di), Banche italiane e governo dei rischi. Imprese, famiglie, regole, Fondazione Rosselli, Bancaria Editrice, Roma. Mieli S. (2011): Credito e valutazione del rischio, intervento del direttore centrale area vigilanza bancaria e finanziaria della Banca dItalia, in Il credito alla imprese in tempi di instabilit. Occorre un ripensamento nei criteri di valutazione del rischio?, Milano, 8 marzo 2011. Mieli S. (2010): Il credito e la crisi: problemi e prospettive, intervento del direttore centrale area vigilanza bancaria e finanziaria della Banca dItalia, XLII Giornata del Credito, Roma, 22 giugno 2010. Tarantola A. (2010): Il credito specializzato: funzione, rischi, azione di vigilanza, Convegno AIBE Assifact Assilea - Assofin, Milano, 23 settembre 2010.

Universit di Roma Sapienza

28

Facolt di Scienze Politiche

You might also like