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Andrea Di Maio Secundum dictamen legum politicarum, sicut philosophus loquendo

Ermeneutica dei testi e del lessico di Bonaventura da Bagnoregio sulla comprensione della dimensione politica fra eredit classica, innovazione cristiana e peculiarit francescana

1. INTRODUZIONE 1.1 Il problema: la sorprendente proposta politica bonaventuriana Nella sua trattazione delle nove scienze filosofiche allinterno delle Collationes in Hexameron del 1273, Bonaventura in un passaggio breve ma significativo [Hex 5.14; HexD 1.2.14] introduceva la politica con una serie di affermazioni abbastanza sorprendenti: tale scienza (che la terza diramazione della filosofia morale, che a sua volta la terza diramazione della luce della verit naturale) sarebbe infatti finalizzata alla realizzazione delle giustizie morali (al plurale) e consisterebbe nella comprensione del retto dettame delle leggi politiche dal punto di vista non teologico o canonistico, ma filosofico; tuttavia tale scienza non sarebbe stata esaurientemente trattata da alcuno dei filosofi precedenti, e pertanto solo sintetizzando in maniera nuova gli apporti delleredit del passato si sarebbe potuto fondare filosoficamente la vita politica su quattro funzioni progressivamente implicantisi, ossia il culto monoteistico, la derivazione delle leggi politiche (positive) dalla legge naturale, la delimitazione dellesercizio del potere di governare, e la misura dellattuazione di quello di giudicare.

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Il carattere prettamente filosofico (nel senso di laico) di tale impostazione gi a suo tempo era stato messo in luce da Francesco Corvino;1 il nostro scopo, in questo contributo, sar di verificare nei testi lintento programmatico bonaventuriano di parlar della politica da filosofo, oltre gli antichi filosofi: si cercher in particolare di ricostruire, attraverso lermeneutica testuale e lanalisi del lessico adoperato da Bonaventura per la sfera politica, linterazione tra eredit classica, innovazione cristiana e peculiarit francescana nella elaborazione delle sue idee politiche.

1.2 Il campo: la divisione bonaventuriana delle scienze In precedenza avevamo esaminato la divisione bonaventuriana delle scienze (pur gi abbondantemente studiata2) sia attraverso lanalisi lessicografica che attraverso lermeneutica testuale.3 Qui dobbiamo brevemente richiamare alcuni elementi che da tali indagini avevamo acquisito. Fra le divisioni medievali della filosofia, quella proposta da Bonaventura di Bagnoregio 4 riveste un interesse tutto particolare, sia perch intende sintetizzare le
Cfr. F. CORVINO, Bonaventura da Bagnoregio francescano e pensatore, Bari 1980. Cfr. solo per il problema della divisione bonaventuriana delle scienze: C. WENIN, Les classifications bonaventuriennes des sciences philosophiques, in Scritti in onore di G. Giacon, Padova 1972, pp. 189-216; B. HINWOOD, The Principles underlying St. Bonaventures Division of Human Knowledge, in J.-G. BOUGEROL (Ed.), S. Bonaventura 1274-1974, Grottaferrata 1973, v. 3, pp. 463504; H. M. STIEBING, Bonaventuras Einteilung der Wissenschaften als Beleg fr universalkategoriales Vorgehen in der Wissenschaftstheorie des Mittelalters. Eine semiotische Analyse, in Sprache und Erkenntnis im Mittelalter, Berlin 1982* (Miscellanea Mediaevalia 13), vol. 2, pp. 602-608; A. SPEER, Triplex Veritas. Wahrheitsverstndis und philosophische Denkform Bonaventuras, Werl 1987; C. DEL ZOTTO, La sistematizzazione della filosofia e teologia del cuore di S. Bonaventura, in G. BESCHIN (Ed.), Antonio Rosmini, filosofo del cuore? Philosophia e theologia cordis nella cultura occidentale (Atti del Convegno tenuto a Rovereto il 6-7 ottobre 1993), Trento-Brescia 1995, pp. 113-46. Per problemi connessi cfr. anche C. BRUB, De la Philosophie la Sagesse chez Saint Bonaventure et Roger Bacon, Roma 1976; R. RUSSO, La metodologia del sapere nel sermone di san Bonaventura Unus est Magister vester Christus. Con nuova edizione critica e traduzione italiana, Spicilegium Bonaventurianum 22, Grottaferrata 1982; P. MARANESI, Formazione e sviluppo del concetto di Verbum Inspiratum in San Bonaventura, in Collectanea Franciscana 64 (1994), pp. 5-87; E. CUTTINI, Scienza e teologia nel De reductione artium ad theologiam di Bonaventura da Bagnoregio, in Miscellanea francescana 95 (1995), pp. 395-466; K. OBENAUER, Summa actualitas. Zum Verhltnis von Einheit und Verschiedenheit in der Dreieinigkeitslehre des heiligen Bonaventura, Europische Hochschulschriften. XXIII. Theologie 559, Frankfurt a. M. 1996. 3 La divisione bonaventuriana delle scienze. Unapplicazione della lessicografia allermeneutica testuale. [I] In Sincronia; [II] In Diacronia - Confronto con Tommaso, in Gregorianum 2000 (81), pp. 101-136 e 331-351; Lettura di Bonaventura, Collationes in Hexameron 3.2, in G. DONOFRIO (Ed.), Divisio philosophiae, Schola Salernitana 2001. 4 Sancti BONAVENTURAE Opera omnia, Ad Claras Aquas (Quaracchi) 1882-1902 (in 10 volumi). Breviloquium e sermoni teologici sono citati dalleditio minor: Opera theologica selecta, vol. 5, Ad Claras Aquas 1964. Le collazioni in Hexameron sono citati per la prima recensione dalla editio
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diverse divisioni ereditate dal passato, sia perch sottintende una visione abbastanza originale del sapere e della realt, enfatizzando e reinterpretando il principio aristotelico che scientiae secantur quemadmodum et res;5 sia perch, paradossalmente, pur essendo uno degli autori medievali che pi si interessato alla divisione del sapere in generale e della filosofia in particolare, tuttavia non ha scritto alcuna opera filosofica: tutte le divisioni, anche quelle molto articolate, sono in contesto teologico.
Le principali sistematizzazioni del sapere da lui ereditate sono: la divisione accademica, stoica ed agostiniana della filosofia in Fisica (o, per i latini, filosofia naturale), Logica (o filosofia razionale), Etica (o filosofia morale); la divisione aristotelica del sapere in logica e in filosofia teoretica (Fisica, Matematica e Filosofia prima detta anche Teologia o Sapienza, o dai posteri Metafisica), pratica (Etica, Economia, Politica) e poietica (Poetica e Retorica); larticolazione didattica tardo-antica e altomedievale delle arti liberali (in opposizione a quelle meccaniche o servili) del Trivio (Grammatica, Retorica e Dialettica o Logica), e del Quadrivio (Aritmetica, Geometria, Musica e Astronomia); la distinzione ebraica ma soprattutto cristiana tra conoscenza naturale accessibile a tutti gli uomini e conoscenza rivelata ai soli credenti (secondo quello che chiamiamo schema del doppio).

La lessicografia trova nelle divisioni delle scienze unapplicazione particolarmente brillante. Sul piano linguistico, infatti, la divisione delle scienze consiste in una tassonimia di tipo funzionale, i cui elementi sullo stesso livello gerarchico si determinano reciprocamente per antonimia (od opposizione verbale).6
La tassonimia la struttura logica ad albero che ordina le parole (o meglio, i loro significati) secondo rapporti di implicazione. Per tipo di ordinazione, la tassonimia pu essere classificatoria (in generi e specie, come nellalbero di Porfirio: ad esempio, casa si divide in palazzo, appartamento), componenziale (in intero e parti integranti: ad esempio, casa si divide in fondamenta, mura, tetto) e funzionale (in totalit potestativa e in parti potenziali). Nella tassonimia classificatoria liperonimo generale si predica universalmente delliponimo speciale ma non viceversa (ogni appartamento una casa, ma non ogni casa un appartamento); nella tassonimia componenziale n gli iponimi integranti si predicano delliperonimo integrale n liperonimo integrale si predica dei singoli iponimi integranti, ma semmai della loro somma completa (n la casa parete, n la parete casa, ma la casa le pareti, pi le fondamenta, pi il tetto, pi i piani); nella tassonimia funmaior; per la seconda recensione da Sancti BONAVENTURAE Collationes in Hexameron et bonaventuriana quaedam selecta, edidit Ferdinand DELORME, Ad Claras Aquas 1934. Gli altri testi bonaventuriani citati sono desunti dal CETEDOC Library of Christian Latin Texts - CLCLT-3, Lovanii Novi Turnhout 1997 [ossia Breviloquium, Itinerarium, De reductione, De scientia Christi, Legenda maior e minor, Sermones dominicales, De donis, In Hexameron (Delorme)]. Si tengano presenti le seguenti abbreviazioni: Brev (Breviloquium), Don (De donis), Hex (In Hexameron, prima recensione), HexD (In Hexameron, recensione edita da Delorme), Itin (Itinerarium mentis in Deum), Red (De reductione artium ad theologiam), Sent (In Sententiarum libros). Tutte le evidenziazioni tipografiche nei testi citati sono nostre. 5 Sent 3.35 ad db 1; cfr. ARISTOTELE, De Anima 3.8. 6 Cfr. i paragrafi 1, 15-39, 61, 72, 85-86, 95 e 115 del mio Il concetto di Comunicazione. Saggio di lessicografia filosofica e teologica sul tema di communicare in Tommaso dAquino, Roma 1998.

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zionale media tra le prime due liperonimo potestativo si predica delliponimo, ma in modo imperfetto, perch consiste nella somma completa degli iponimi. Il sistema delle scienze filosofiche appunto una tassonimia di questo tipo. In Bonaventura tale tassonimia sviluppata e analizzata nelle Collationes in Hexameron: predicate a Parigi (davanti ai frati minori dellUniversit) tra Pasqua e Pentecoste del 1273, e interrotte, come sappiamo, dalla nomina di Bonaventura a Cardinale Vescovo di Albano, esse ci sono giunte in due recensioni, frutto di reportatio: la prima recensione (pi lunga) nelleditio maior di Quaracchi; laltra (pi breve, ma che il reportator asserisce essere stata rivista e corretta dallo stesso Bonaventura) stata edita successivamente dal padre Delorme:7 sebbene questultima abbia goduto di un certo credito ( stata indicizzata nelle concordanze elettroniche delle opere di Bonaventura), essa presenta alcune incongruenze cos grossolane8 da consigliare di non prenderla come base di lettura, ma solo come complemento allaltra.

1.3 Il concetto: usi e significati del lemma politicus in Bonaventura Il lemma politicus non compare n negli indici delledizione di Quaracchi, n nel Lexicon bonaventurianum o nel pi recente Lexique Saint Bonaventure; tuttavia, nella concordanza elettronica degli opuscoli bonaventuriani allinterno della terza edizione del CETEDOC Library of Christian Latin Texts, su un totale di 66 in tutto il corpus di testi medievali censiti dalla concordanza ricorre ben 19 volte (ossia, molto per un autore che non si mai occupato ex professo di scienza politica).9 Alla luce del suo uso politicus significa in generale relativo alla convivenza civile (ossia alla civitas terrena e naturale; ma indirettamente anche a quella ecclesiale, in quanto operante nella respublica Christiana); di conseguenza, denota le leggi o le virt ad essa connesse; in un uso specialistico e con riferimento a Macrobio, indica la prima fase (quella cio dellesercizio attivo, nel mondo) delle virt cardinali; per traslato (e perlopi come aggettivo sostantivato) indica la scienza politica (perlopi sottintendendo scientia) e lo scienziato (o filosofo) politico (sempre sottintendendo philosophus); non indica per il politico (ossia luomo politico) nel senso odierno, anche se a volte pu comprendere il princeps, in quanto egli deve possedere almeno larte, se non proprio la scienza, politica.10 Non sembra
7 Cfr. supra. La recensione Delorme raggruppa le collationes in cinque sezioni (il prologo, che abbiamo numerato come 0, e le quattro visiones trattate); la numerazione dei paragrafi segue in parallelo quella delledizione di Quaracchi. 8 Ad esempio nella elencazione dei sette medi [in HexD 0.1.11] (rispetto al buon senso e alla loro trattazione effettiva) e alcune incongruenze minori (ad esempio sullapproccio da decretista, prima negato e poi attuato, come si vedr anche nel nostro studio). 9 Cfr. ANTONIO MARIA DA VICENZA (Ed.), Lexicon Bonaventurianum philosophico-theologicum, Venezia 1880; J.-G. BOUGEROL (Ed.), Lexique saint Bonaventure, Paris 1969; CLCLT, cit. 10 In De reductione, 4; Itinerarium, 3.6; e De donis, 4.10 per indicare la scienza politica in opposizione a quella economica ed etica del singolo (o monastica); in Hex 1.11 e 1.39 in riferimento alla scienza e allo scienziato politico, visto in connessione con il giurista; in Hex 5.1 e 5.14, in riferimento alle leggi e alle virt di quella che potremmo chiamare la comunit civile; in Hex 1.33; 6.24; 6.26; 7.3-4 in riferimento al grado iniziale delle virt cardinali; in Sermones domenicales, 44.5, in ri-

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invece attestato in Bonaventura il senso di politicus che Agostino aveva tramandato in riferimento alla teologia civile (o politica) di Varrone.
Il vocabolario politico comunque pi ampio ed ricavabile da tutti i sinonimi e tassonimi di politicus: in Bonaventura tale vocabolario comprende ad esempio lex (ma al plurale; perch al singolare indica pi la manifestazione di Dio in una religione), ius, dictamen, norma: e tutti questi o da soli o in combinazione con naturale o naturae; inoltre, forma vivendi (o convivendi), censura, iudicium, iurista, e cos via.

1.4 I testi nel contesto: le Collationes in Hexameron Siccome le occorrenze bonaventuriane di politicus si concentrano nelle collationes in Hexameron, cercheremo di proporre una lectura lessicale e testuale dei testi in cui occorrono. Come prima cosa, dobbiamo per delinearne in generale il contesto.
Secondo la dottrina bonaventuriana, i doni dello Spirito Santo sono infusi simultaneamente nelluomo giustificato, il quale per deve imparare progressivamente ad esercitarli e a stabilizzarli, cominciando dal pi basso (cio il timore) e arrivando progressivamente (attraverso lesercizio di piet, scienza, fortezza, consiglio) ad esercitare i doni di intelligenza e sapienza. Le Collazioni in Hexameron vogliono appunto guidare gli ascoltatori, che sono tutti cristiani impegnati, ad esercitare questi due ultimi doni, e in particolare a sviluppare in sei stadi o visioni lintellezione del Verbo ispirato (intellectus qui non la facolt, ma il suo abito (ovvero la sua attivit abituale, di sottofondo), una intuizione non immediata e non momentanea; il Verbo ispirato il Cristo secondo lo Spirito, e che fonda ogni virt e gnsis cristiana: tale concezione dorigine biblica ovviamente si intreccia con la dottrina aristotelica dellintelletto come abito dianoetico dei primi princpi). Lopera, fortemente strutturata e quindi a sua volta tassonimica, collaziona dunque testi e temi nella cornice delle sei visioni di Dio nellopera di creazione secondo il primo capitolo della Genesi (quando cio si dice che Dio vide ossia, secondo linterpretazione agostiniana comunemente accettata, fece vedere per illuminazione intellettuale che la realt creata era cosa buona e buona assai). La prima di queste visioni conterr (paradossalmente) la filosofia [cfr. Hex 3.2 + 3.22-24].

Allinizio della quarta collatio, la prima visione dellintelligenza, ossia la filosofia, viene introdotta da una tassonimia rigorosa e completa, che fonda filosoficamente la struttura stessa della filosofia: Philosophi dederunt novem scientias et polliciti sunt dare decimam, scilicet contemplationem [Hex 4.1]. Paragonata alla luce creata il primo giorno nel senario della Genesi, la verit sirradia in tre raggi: la verit delle cose, oggetto della filosofia naturale, la verit dei segni, oggetto della filosofia razionale, e la verit delle azioni (veritas morum), oggetto della filosofia morale. Ciascuna di queste irradiazioni si distingue in tre raggi, corrispondenti ciascuno ad una scienza filosofica: la politica sar il terzo raggio del terzo ragferimento alle virt cardinali in generale. In alcuni dei testi citati politicus ricorre pi volte, per un totale di 19 occorrenze.

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gio. Alle nove scienze far seguito una decima scienza, che non sar propriamente una scienza (ossia considerazione di oggetti), ma vera e propria sapienza (per riflessione su s, speculazione nelle intelligenze, contuizione del Principio fontale). 2. LA POLITICA COME ULTIMA SCIENZA FILOSOFICA [Ermeneutica testuale e lessicale di Hex 5.14-21] Leggiamo innanzitutto il testo, che piuttosto lungo, nella sua interezza.
[5.14] Tertius radius veritatis illustrat ad morales iustitias secundum dictamen legum politicarum. Hic non debeo loqui sicut theologus nec sicut iurista, sed sicut philosophus loquitur. Haec comprehensio est circa quatuor. Nullus autem philosophorum dedit hanc, sed si fuerit collecta ex multis, aliquid proveniet. Attenditur autem quantum ad ritum colendi, quantum ad formam convivendi, quantum ad normam praesidendi, quantum ad censuram iudicandi. Ad censuram iudicandi non pervenitur nisi per norma praesidendi; nec ad normam praesidendi nisi per formam convivendi; nec ad istam nisi per primam. [15] Omnes veri philosophi unum Deum coluerunt. Unde etiam Socrates, quia prohibebat, sacrificium fieri Apollini, interfectus fuit, cum coleret unum Deum. Verum est, quod Plato suasit sibi fugam. Absit, inquit Socrates, ut negem veritatem, quam asserui; et ideo Plato non interfuit morti eius, erubescens, quod suasisset sibi fugam. Cultus Dei pietas est fidei. Unde dicit Tullius, quod pietas consistit in cultu deorum. Non placet, quod dicit deorum. Scriptura nunquam vocat Angelos deos, ne venerentur sicut dii, sed homines dicuntur dii []. Cultus autem Dei consistit in laude et sacrificio. [] [17] Sacrificium autem laudis in corde naturale iudicatorium dictat, et est de dictamine naturae; et in hoc consenserunt omnes veri philosophi. Unde dicit ille, quod qui dubitat, utrum parentes honorandi sint, et Deus venerandus, poena dignus est. [18] Secundum modus est forma convivendi, ut Quod tibi non vis fieri, ne facias alteri. Hoc in corde scriptum est per legem aeternam. Ex hac naturali lege emanant leges et canones, pullulationes pulcrae. Sed quid? Tu non vis suspendi, et latronem suspendis? Dicendum, quod latro prius debet suspendi, quam ut respublica laedatur; Ionas contra se dedit sententiam, ut proiiceretur in mare. [19] Tertia est norma praesidendi, ide est qualiter princeps ad populum debet se habere, et e converso. Et haec emanat a veritate prima: quia populus debet assistere punienti e vindicanti; princeps non debet suam utilitatem quaerere, sed rei publicae. Philosophus dicit, quod differt tyrannus et princeps: tyrannus quaerit propriam utilitatem, sicut Herodes, qui, timens privari regno suo, saevit in pueros; princeps autem communem utilitatem intendit. Tamen hodie magna abominatio est in his qui praesunt, quia in navi non ponitur rector, nisi habeat artem gubernandi; quomodo ergo in republica ponitur ille qui nescit regere? Unde quando per successionem praesunt, male regitur respublica. David fuit sanctissimus; Salomon, etsi lubricissimus, tamen sapiens; Roboam stultus, quia divisit re-

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gnum. Romani per artem diaboli elegerunt Diocletianum. Debebant eligere comedentem super mensam ferream et invenerunt comedentem illum super vomerem; qui postmodum multa mala fecit. Unde quamdiu Romani illos qui praeessent, elegerunt, sapientissimos elegerunt; et tunc bene gubernata est republica; sed postquam ad successionem venerunt, totum fuit destructum. [20] Ultimum est censura iudicandi, ut homo sciat quid de quacumque re sit iudicandun, quod spectat ad personas, ad res, ad modum agendi. Haec omnia manant a veritate prima. [21] Sed in his omnibus luxuriata est ratio []. Ars moralis non ita luxuriata est, quia non in sola speculatione stat; sed scientia iuris multum luxuriatur propter lucrum; et causae, quae deberent terminari per ius, modo per allegationem et subtilitatem iuris fiunt immortales, cum tamen intentio iuris sit causas rescindere.

Provvediamo ora a rileggere e commentare pezzo dopo pezzo il testo. 2.1 Il posto della politica nel sistema delle scienze 2.1.1 Tertius tertii: la politica nella divisione bonaventuriana delle scienze
[5.14] Tertius radius veritatis illustrat ad morales iustitias secundum dictamen legum politicarum.

Per capire meglio il testo, dobbiamo leggerlo alla luce della tassonimia completa delle scienze che Bonaventura cos ricapitolava:
Haec sunt novem lumina illustrantia animam, scilicet veritas rerum, vocum, morum. []. Veritas morum tripliciter: quantum ad modestias, industrias, iustitias: modestias, quantum ad exercitationes consuetudinales; industrias, quantum ad speculationes intellectuales; iustitias, quantum ad leges politicas. Prima virtus consuetudinalis, secunda virtus intellectualis, tertia virtus iustitialis [Hex 5.22].

Proviamo a rileggere schematicamente il testo nella seguente tabella.

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Schema preliminare: disposizione tassonimica del riepilogo della divisione delle scienze in Hex 5.22
Sono questi i lumi che rischiarano lanima, cio la <triplice> verit <a sua volta tripartita> [A] delle cose, [B] dei segni, [C] delle azioni. []. <A sua volta> la verit delle azioni <> di tre tipi: quanto [C1] alle moderazioni, [C2] alle attivit <immanenti> e [C3] alle relazioni giuste. [C1] Le moderazioni <delle passioni> <consistono in> comportamenti etici; [C2] le attivit <immanenti> <consistono in> speculazioni intellettuali <ovvero in abiti dianoetici>; [C3] le relazioni giuste <consistono in> leggi della convivenza civile. <La conoscenza di questi tre tipi di verit costituisce rispettivamente> [C1] la virt comportamentale <o etica>; [C2] la virt intellettuale <o dianoetica>; [C3] la virt relazionale <o politica>.

Si noti che tutti gli oggetti di scienza sono al plurale, il che suona abbastanza inconsueto nel latino scolastico e rimarca una costante stilistica bonaventuriana: la scienza infatti considerazione di oggetti, e tale considerazione possibile solo differenziando, ossia riconducendo la molteplicit a differenti unit; i plurali potrebbero non limitarsi ad indicare semplicemente la gradazione delle essenze, ma anche le differenze singolari (secondo un uso concretivo). La divisione della filosofia morale adottata in queste collationes almeno in parte nuova per Bonaventura: precedentemente in tre o quattro testi 11 egli aveva adottato la tripartizione in Monastica, Economica e Politica, che per era funzionale a formare un ternario piuttosto che rispondente a una reale distinzione; la Monastica, poi, indicava, in opposizione a quella della domus e della civitas, letica filosofica individuale, ma riletta attraverso la disciplina monastica ovvero allascesi dei monaci cristiani, secondo il topos del monachesimo come filosofia.12
LEconomia, ossia il trattato sulla amministrazione della casa, era comunemente (anche se erroneamente) attribuita ad Aristotele; la scienza corrispondente costituiva cos la seconda disciplina della filosofia pratica, tra lEtica e la Politica, secondo uno schema logico di successione che avr fortuna nella formazione del liberalismo moderno (si pensi al ruolo della famiglia e della societ civile tra lindividuo e lo Stato in Hegel).
11

In Red 4; Itin 3.6; De modo inveniendi Christum 8; e De septem donis 4.10, che cita la

12 Cfr. Hex 2.3 (che cita Eth. Nic. 2.4), in cui si oppongono disciplina scholastica e disciplina monastica sive morum, pur essendo entrambe necessarie a conseguire la sapienza. Cfr. anche R. QUINTO, Scholastica. Contributo alla storia di un concetto. I - Sino al secolo XIII, in Medioevo 17 (1991), pp. 1-82; successivamente riedito in volume.

terna.

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Linnovazione che notiamo nel nostro testo risente dellacceso dibattito del tempo intorno alletica aristotelica. La terminologia adottata da Bonaventura richiama infatti immediatamente lEtica Nicomachea. Cos, il sintagma virtus consuetudinalis traduce la aret ethik di Aristotele, ossia linsieme (e liperonimo) di tutte quelle virt morali come la temperanza, la fortezza, la liberalit eccetera che si acquisiscono per buona consuetudine e che regolano secondo il giusto mezzo le diverse passioni; la loro trattazione copre i libri terzo e quarto dellEtica Nicomachea. Il sintagma virtus intellectualis traduce a sua volta la aret diano-etik, ossia linsieme (e liperonimo) delle virt dianoetiche (o abiti di pensiero: prudenza, scienza, arte, intelligenza, sapienza);13 la loro trattazione occupa il libro sesto dellEtica. Il sintagma virtus iustitialis corrisponde alla dikaiosne aristotelica (ma comprende anche la phila), la cui trattazione copre non solo i libri quinto, ottavo e nono dellEtica, ma in qualche modo anche la Politica, comprendendo quindi oltre alla giustizia commutativa e distributiva anche lamicizia. Nella sua ultima sistematizzazione della filosofia morale, dunque, Bonaventura da una parte elimina leconomia e riduce la politica alla parte delletica che studia la giustizia e le virt relazionali (come lamicizia), e dallaltra rilegge letica, cogliendone tre parti: letica delle passioni (ossia dellaffetto), letica del pensiero (ossia dellintelletto), letica delle azioni esterne (ossia delleffetto), in base ad una tripartizione di tutta la materia morale comune anche a Tommaso.14
Unultima considerazione: a differenza delle sue prime tripartizioni della filosofia morale in tre scienze particolari (monastica, economica e politica), qui Bonaventura divide la filosofia morale in tre tipi di virt, rompendo la simmetria (solitamente a lui fin troppo cara) con le divisioni delle altre due parti della filosofia. Non si tratta, probabilmente, di un fatto casuale (ne ritroviamo tracce nella trattazione della morale in entrambe le reportationes), ma frutto di una ulteriore comprensione della morale come non soltanto scienza, ma azione: ars moralis [] non in sola speculatione stat, enfatizzando lesempio aristotelico del malato che non guarisce perch capisce la prescrizione del medico, ma perch la mette in pratica.15 Insomma, la comprensione della verit morale non sta in una pura scienza morale, ma nella virt stessa.

Riassumiamo la collocazione della politica in Bonaventura, evidenziando il passaggio dalla prima schematizzazione (attestata fino al 1268), alla seconda (del 1273).

13 Cfr. Eth. Nic. 1.13 (1103a). Gli abiti dianoetici (da non confondere con le virt e i doni sovrannaturali omonimi e simili) sono innanzitutto circa necessaria la sapienza (circa causas altissimas: principi dellessere), lintelligenza (circa principia: principi del sapere), la scienza (circa conclusiones: contenuti del sapere), e poi circa contingentia la prudenza (per gli agibilia) ed arte (per i factibilia) [HexD 1.2.12]. 14 Cfr. TOMMASO, In tertium Sententiarum, 33.2.1d co; 34.3.2a co. 15 Hex 5.21; cfr. anche 19.3 e 2.3 (che cita Eth. Nic. 2.4).

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Primo schema: le opere aristoteliche di filosofia pratica rilette secondo la tradizione monastica
PHILOSOPHIA
NATURALIS:

Physica Mathematica Metaphysica


RATIONALIS:

Grammatica Logica Rethorica


MORALIS

Monastica [!] conomica Politica

Secondo schema: le tre parti dellEtica a Nicomaco


PHILOSOPHIA
NATURALIS: MORALIS:

Veritas rerum vocum exercitationes consuetudinales: speculationes intellectuales: leges politicas: ritum formam normam censuram colendi (con)vivendi praesidendi iudicandi virtus consuetudinalis virtus intellectualis virtus iustitialis quantum ad Veritas morum quantum ad modestias: industrias: iustitias:

RATIONALIS: Veritas

Ma poich la scienza politica la terza diramazione della filosofia morale, che ha come oggetto la veritas morum, occorre spiegare che cosa si intenda per verit morale. Altrove [in De regno Dei 43], Bonaventura aveva definito lunit come indivisione dellente, la verit come indivisione dellente e dellessere (riecheggiando la celebre definizione aristotelica, secondo cui vero dire essere ci che e non essere ci che non ), e la bont come indivisione dellente, dellessere e dellagire. Ma esiste una triplice dimensione veritativa: quella reale (a cui si applica immediatamente la precedente definizione), quella logica (che a motivo della sua intenzionalit definita come adeguatezza dellespressione al pensiero, ossia come correttezza) e quella morale (che a motivo della sua prescrittivit definita come rettitudine del vivere, ossia come normalit). In altre parole, una proposizione detta vera in filosofia naturale se attribuisce ad un soggetto un predicato che esso effettivamente possiede; in filosofia razionale se grammaticalmente, logica-

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mente o retoricamente corretta; in filosofia morale se eticamente corretta.


Aprendo una parentesi, possiamo fare un passo indietro nella lettura del testo. Le prime tre collazioni in Hexameron costituiscono una formulazione generale dintenti e la determinazione rispettivamente del centro e mezzo dellitinerario (Cristo), della sua meta (il dono di sapienza) e del punto di esercizio a cui gli uditori dovrebbero essere gi arrivati (il dono dintelletto). Cos, gi allinizio Bonaventura ha modo di illustrare il suo proposito nel contesto concreto dei suoi uditori (frati studenti e professori allUniversit) con lefficace e paradossale affermazione del cristocentrismo di tutte le scienze. Propositum igitur nostrum est ostendere, quod in Christo sunt omnes thesauri sapientiae et scientiae Dei absconditi [Col 2,3] et ipse est medium omnium scientiarum. Est autem septiforme medium, scilicet [1] essentiae, [2] naturae, [3] distantiae, [4] doctrinae, [5] modestiae, [6] iustitiae, [7] concordiae. [1] Primum est de consideratione metaphysici, [2] secundum physici, [3] tertium mathematici, [4] quartum logici, [5] quintum ethici, [6] sextum politici seu iuristarum, [7] septimum theologi [Hex 1.11] Nel prosieguo del testo, si dice che Cristo diviene centro di ciascuna scienza in un particolare mistero cristologico; inoltre la metafisica, la fisica e la politica vengono trattate con una materia pi ampia di quella consueta. Senza addentrarci nella problematica cristologica, ci basti notare qualche importante variante nella tassonimia delle scienze. La necessit di associare le scienze ai misteri cristologici, convenzionalmente ma felicemente distinti in sette, obbliga Bonaventura ad accorpare diverse scienze, ma il criterio di accorpamento ci dice qualcosa di pi su come veniva al tempo percepita la concreta articolazione dellUniversit di Parigi. La prima disciplina (la Metafisica), una parte della seconda (la Fisica), la terza (la Matematica), la quarta (la Logica), la quinta (lEtica), una parte della sesta (la Politica) costituiscono linsegnamento della Facolt delle Arti; la grammatica e la retorica non compaiono, in quanto probabilmente non separate dalle competenze del Logico. Nella seconda e nella sesta scienza sono poi compresi anche gli insegnamenti delle Facolt (rispettivamente) di Medicina e di Diritto (significativamente connessi con le scienze filosofiche corrispondenti). Invece la settima scienza, che costituisce linsegnamento della Facolt di Teologia, del tutto autonoma rispetto alla filosofia e corona la successione delle scienze. Nel complesso, emerge forse anche una novit dimpostazione: anticipando una consapevolezza odierna, le scienze non solo si dividono in res, ma anche in scientes, ossia si articolano secondo le divisioni funzionali della comunit scientifica.

2.1.2 Lasserita filosoficit dellapproccio politico bonaventuriano


Hic non debeo loqui sicut theologus nec sicut iurista, sed sicut philosophus loquitur.

La recensione Delorme ha una variante interessante, che quella su cui ha posto lattenzione Corvino, nel suo studio precedentemente citato:
Nec sicut theologus vel decretista, sed sicut philosophus loquor.

Lasserzione, pur brevissima, pone due problemi interpretativi (di cui il primo riguarda lidentit del giurista, laltro quella del filosofo). Vi riscontriamo infatti una plurima antonimia, che pu essere intesa o come un trinomio o come un binomio in cui uno degli elementi si biforca in un ulteriore binomio: nel primo caso

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philosophus sarebbe opposto tanto a theologus quanto a iurista (o decretista); nel secondo caso philosophus sarebbe opposto complessivamente al gruppo degli altri due, allinterno del quale c una ulteriore opposizione tra theologus e iurista. Fermo restando che il decretista il canonista (ossia lesperto di diritto ecclesiale), cosa vuol dire Bonaventura? In una prima interpretazione, prendendo le tre figure di filosofo, giurista e teologo come un trinomio, le possiamo riferire alle tre facolt universitarie che a quel tempo si occupano della lex (ossia la facolt delle arti, quella teologia e quella di diritto); quasi a prevenire un conflitto delle facolt ante litteram, Bonaventura avrebbe delimitato i campi delluna e delle altre. In tal caso sembrerebbe opporre lapproccio sistematico tipico del filosofo (anche morale) e lapproccio positivo tipico del giurista, ma condiviso anche dal teologo. In una seconda interpretazione invece (quella adottata da Corvino), considerando i tre termini in una opposizione binomiale (da una parte il teologo e il canonista, e dallaltra il filosofo, ossia il politico, ma anche il giurista), si oppone lapproccio naturale (che oggi preferiremmo intendere come aconfessionale, o meglio preconfessionale), tipico del filosofo e quello sovrannaturale (che oggi preferiremmo intendere come confessionale), tipico del teologo e del canonista (anche se il diritto canonico si presenta come sovrannaturale solo quanto ai contenuti, ma come scienza giuridica quanto al metodo). Pur ritenendo fondamentalmente buona linterpretazione di Corvino, occorre notare che le ambiguit per non mancano. Da una parte Bonaventura sembra identificare la scienza politica (filosofica) con la scienza del diritto: cos ad esempio Bonaventura aveva detto che il medio di giustizia oggetto di considerazione per chi iurista sive politicus [Hex 1.34]; inoltre della filosofia morale dir che in quanto scienza pratica si corrotta meno delle altre scienze, ma quanto alla scientia iuris ha peccato propter lucrum [Hex 5.21]. Dallaltra parte, Bonaventura stesso a volte assimila il diritto canonico alle leggi della societ [cfr. Hex 16.15] e il diritto (civile) alla costituzione della Chiesa [cfr. Hex 22.9]; ed anzi, quando va a trattare la forma del convivere attraverso la legislazione, fa scaturire dalla legge naturale non solo le leggi civili, ma addirittura i canoni ecclesiastici [Hex 5.18 e HexD 1.2.18]; e nella trattazione della norma del presiedere accanto al princeps laico troviamo il praelatus ecclesiastico [HexD 1.2.19]. Questo per dovuto in parte alla non particolare precisione di questo secondo recensore, in parte alla sostanziale ambiguit, in cui la distinzione tra ambito secolare o naturale e quello ecclesiale assorbita nel comune corpo della Respublica Christiana, ma forse anche allapproccio che Bonaventura adotta al riguardo, come vedremo fra poco. Il secondo problema da affrontare come vada intesa laffermazione bonaventuriana di parlare sicut philosophus: philosophus detto in senso proprio o per antonomasia, ossia intendendo Aristotele? E lespressione va tradotta da filo-

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sofo o come il Filosofo? possibile che lespressione sia volutamente ambivalente. Certamente per non si riduce alla menzione di Aristotele. In effetti, abbiamo da una parte lantonimia con teologo e decretista, che non sono intesi in senso antonomastico, ma generale. Inoltre nella frase successiva Bonaventura dir che nessuno dei filosofi ha dato questa comprensione. In altre parole, Bonaventura si fa paladino della filosofia simpliciter, svincolata dalla tradizione aristotelica, ma ad essa comunque legata. In un testo che esamineremo pi in l [Hex 7.4], Bonaventura ribadir che il discorso sulle virt fatto dai filosofi principali, che furono illuminati, tamen sine fide, ossia naturalmente (per le facolt naturali). Perci, se Bonaventura in questa sede parler anche dei canoni e dei prelati, lo far in quanto vede la portata filosofica di tale potere; in altre parole, lungi dallassorbire la filosofia nella teologia, dar in questa collatio uno sguardo filosofico e giuridico alle realt teologiche (un po come oggi si fa sociologia della Chiesa). 2.1.3 Lasserita novit dellapproccio politico bonaventuriano
Haec comprehensio est circa quatuor. Nullus autem philosophorum dedit hanc, sed si fuerit collecta ex multis, aliquid proveniet.

La recensione Delorme rinvia la quadripartizione a dopo e dice semplicemente:


Hanc nullus philosophorum plene tradidit, quia haec consideratio ex pluribus considerationibus provenit [HexD 1.2.14].

Dal confronto tra le due recensioni emerge che lintenzione di Bonaventura di limitare la portata dellaffermazione eclatante sulla totale novit di questa impostazione: secondo la prima recensione, sarebbe la quadruplice comprensione che era finora mancata in filosofia, anche se non sono mancati contributi parziali; secondo la recensione Delorme, nessun filosofo lavrebbe ancora data plene. A quali philosophi si riferiva Bonaventura? Certamente soprattutto a quelli pagani, ma non solo: nella precedente trattazione delle altre otto scienze filosofiche aveva infatti citato tranquillamente anche autori cristiani come Agostino e Boezio. E cosa aveva letto Bonaventura dei testi politici della tradizione filosofica? Dallanalisi delle sue fonti fatta da Bougerol, non sembra abbia mai citato la Politica di Aristotele.16 Tuttal pi cita qua e l Cicerone, ad esempio dal De officiis. Questo potrebbe farci pensare che laffermazione di Bonaventura sulla non esistenza di una trattazione politica organica fosse dovuta al fatto che non ne conoscesse i testi. Ma non tanto o soltanto questo. infatti altrettanto sorprendente che Bonaventura non menzioni qui nemmeno lamato Agostino (ispiratore con il De civitate
16 Cfr. J.-G. BOUGEROL, Introduzione generale, volume preliminare alla edizione delle Opere di San Bonaventura, Roma 1990, p. 39.

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Dei dellidea di respublica Christiana medievale, e di cui egli aveva detto nel De tribus quaestionibus [12] che nulla o quasi stato insegnato dai maestri che non si trovi gi nelle sue opere). Dunque, laffermazione perentoria di Bonaventura risponde a una precisa intenzione: la politica che aveva in mente lui a non aver ancora avuto unadeguata fondazione. Possiamo innanzitutto ipotizzare, alla luce di un altro testo, che Bonaventura ambisse a una fondazione di una politica che pur essendo pienamente filosofica, considerasse il contributo del cristianesimo. Infatti, nella collatio introduttiva Bonaventura aveva enfatizzato tre contributi cristiani alla filosofia, ossia la nostra filosofia: la nostra metafisica [Hex 1.17], ossia la metafisica creazionista della creazione, della esemplarit e del compimento, nel Verbo increato per mezzo del quale tutto fu fatto, la nostra logica [Hex 1.30], ossia quella della croce, che poi, secolarizzata sar la dialettica, dellaffermazione, della negazione e del superamento, e il nostro giudizio [Hex 1.36], che si preoccupa non di vincere le cause, ma di giudicare se stessi. Ma questa interpretazione non sembra del tutto rispondente al caso: la nostra filosofia pi il senso cristiano delle scienze che una scienza specifica, come bene spiega la recensione Delorme: in omni ergo scientia sine Christo evanescit sciens [Hex D 0.1.39]. Allora dobbiamo considerare un altro fatto. Bonaventura non stato solo filosofo e teologo e mistico: stato lui a curare, da giurista, la compilazione nel 1260 delle Costituzioni dette di Narbona per lOrdine dei Frati Minori: questo non potrebbe averlo spinto a una riflessione anche filosofica sul diritto? E poi c la carica profondamente socio-politica del francescanesimo, con i suoi richiami alleguaglianza, alla pace (bench mistica, tuttavia riflessa nella sfera terrena), alla povert e ridistribuzione dei beni 2.1.4 Le quattro funzioni della vita politica in connessione sequenziale
Attenditur autem quantum ad ritum colendi, quantum ad formam convivendi, quantum ad normam praesidendi, quantum ad censuram iudicandi. Ad censuram iudicandi non pervenitur nisi per norma praesidendi; nec ad normam praesidendi nisi per formam convivendi; nec ad istam nisi per primam.

Del quadrinomio citato, eccettuata la norma praesidendi che viene aggiunta per loccasione, il trinomio costituito dai sintagmi ritus colendi, forma (o norma) vivendi (o convivendi) e censura iudicandi era familiare a Bonaventura, che lo cita anche altrove [cfr. Don 4.12 e Hex 16.14-20]. I singoli sintagmi, poi, ricorrono da soli diverse volte in Bonaventura, ma appartengono al linguaggio della tradizione ecclesiale: in particolare, la forma vivendi sembra alludere spesso al vivere secondo la forma del santo vangelo tipica del francescanesimo.17
17

Possiamo provare a indicare come possibili fonti bonaventuriane (citate dal CLCLT-3) AM-

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Ma cosa sono le quattro funzioni della dimensione politica enumerate da Bonaventura? Un tentativo di trasposizione nella cultura contemporanea pu aiutare a cogliere, per contrasto, lo specifico storico. Le quattro sfere della convivenza civile sono quella dei valori di coscienza, quella delle leggi (con la conseguente funzione legislativa), quella di governo, quella di giudicare. A differenza dellimpostazione che facciamo discendere da Montesquieu, non si tratta di poteri distinti, ma di funzioni connesse secondo un diagramma di flusso. Il fatto che il diagramma di flusso si debba concludare con il giudizio permette di capire meglio perch allinizio [Hex 1.36] Bonaventura aveva detto che mentre i giuristi si preoccupano del giudizio altrui, noi dovremmo preoccuparci del giudizio nostro; come pure capiamo perch la critica che Bonaventura far alla filosofia morale che i giuristi che dovrebbero terminare le cause, le rendono eterne [cfr. Hex 5.21]. 2.2 Il rito del culto, ossia la sfera dellethos fondante condiviso 2.2.1 Il monoteismo creazionista come fondamento della fraternit universale
[15] Omnes veri philosophi unum Deum coluerunt. Unde etiam Socrates, quia prohibebat, sacrificium fieri Apollini, interfectus fuit, cum coleret unum Deum.18 Verum est, quod Plato suasit sibi fugam. Absit, inquit Socrates, ut negem veritatem, quam asserui; et ideo Plato non interfuit morti eius, erubescens, quod suasisset sibi fugam. Cultus Dei pietas est fidei. Unde dicit Tullius, quod pietas consistit in cultu deorum.19 Non placet, quod dicit deorum. Scriptura nunquam vocat Angelos deos, ne venerentur sicut dii, sed homines dicuntur dii 20 []. Cultus autem Dei consistit in laude
De fuga saeculi, 2.9 (ad imaginem eius forma uiuendi); AGOSTINO, De moribus ecclesiae catholicae et Manichaeorum, 1, col. 1336 (nam Christianis haec data est forma uiuendi, ut diligamus Dominum Deum nostrum ex toto corde, et ex tota anima, et ex tota mente, deinde proximum nostrum tanquam nosmetipsos); De doctrina christiana, 4.29 (si autem ne hoc quidem potest, ita conuersetur, ut non solum sibi praemium comparet, sed et praebeat aliis exemplum et sit eius quasi copia dicendi forma uiuendi); Vulgata, Ex (nella traduzione della Vulgata), 18,20 (ostendas que populo caerimonias et ritum colendi viam que per quam ingredi debeant et opus quod facere); BEDA, Homeliarum evangelii libri II, 1.13 (perfectam uiuendi formam sumeret ubi per summos christi apostolos totius ecclesiae caput eminet eximium). Ma in particolare la forma vivendi rimanda al vivere secondo la forma del Santo Vangelo di Francesco dAssisi, nelle sue Regole e nel suo Testamento, a cui Bonaventura si riferisce in pi passi [Legenda maior 3.9; 4.6; 4.11; Legenda minor 2.1; 2.3; 2.6 e 6.9; inoltre, con un riferimento pi generale alla vita cristiana e religiosa, cfr. De donis 4.12 e 7.19]. 18 La fonte non chiara: c una confusione tra loracolo di Apollo e laccusa di introdurre di stranieri e tra Platone e Critone. Delorme segnala come possibili fonti indirette CICERONE, De divinatione, 1,54; GIUSTINO, Cohortatio ad Graecos, 36 e Apologia II, 10; AGOSTINO, De civitate Dei, 8.3. Possiamo aggiungere TERTULLIANO, Ad nationes, 1.4; e Apologeticum, 46: loracolo di Apollo considera sapientissimo Socrate che diceva che gli di non esistevano. 19 Delorme segnala come fonte Cicerone, De natura deorum, 1.41-44; De officiis, 2.3. 20 Il riferimento al Ps 81,1, ma nellinterpretazione stessa data da Ges in Io 10,34.
BROGIO,

322 et sacrificio. [].21

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Volendo trattare il primo punto, di carattere religioso, in contesto filosofico, Bonaventura si appella ai filosofi precristiani, introducendo la nozione di veri filosofi: si tratta di una precisazione logicamente poco stringente: gli eventuali filosofi non daccordo sarebbero infatti considerati non veri. Vedremo che per lipotesi di un retto rito del culto puramente filosofico considerata da Bonaventura fittizia. La pietas (in cui la virt romana, nota a Bonaventura tramite Cicerone e probabilmente Virgilio, riletta alla luce della virt cristiana, tratteggiata nelle lettere paoline a Timoteo) per Bonaventura latteggiamento filiale verso Dio [cfr. Don 3], da cui sgorga di conseguenza verso gli altri latteggiamento di innocentia (non far male a nessuno) e di benevolentia (far bene a qualcuno, secondo lordine di giustizia) [cfr. Praec 5 e 7.8]: in termini moderni la pietas la fraternit universale che si fonda sul sentimento di comune figliolanza degli uomini nei confronti di Dio creatore e Padre: senza tale fondamento, come accadr alla fraternit della Rivoluzione Francese, inefficace.22
Comunque sia, il monoteismo creazionista qui inteso come il fondamento dellethos condiviso. Qui si vede da una parte il carattere medievale (ossia storicamente contingente) della teoria bonaventuriana (legato cio al paradigma, cos problematico, della respublica Christiana), e dallaltra il suo carattere moderno (ossia teoricamente anticipatore): a fondamento dello stato e della convivenza civile ci devono essere valori fondamentali condivisi e tali valori appartengono alla sfera della coscienza personale, che le leggi devono rispettare; e se oggi metteremmo alla base della convivenza il rispetto della libert di coscienza, il pluralismo e la secolarit dello stato, dobbiamo ammettere che in fondo la nascita degli Stati Uniti dAmerica legata a una concezione teistica (o perlomeno deistica) alla base della politica. Il paragrafo infine molto interessante per capire i rapporti di Bonaventura con la filosofia antica: Socrate e Platone sono conosciuti di seconda o terza mano e in veste cristianizzata. Analogamente, Cicerone riletto con preoccupazione cristiana.

2.2.2 La sfera dei valori morali di coscienza


[17] Sacrificium autem laudis in corde naturale iudicatorium dictat, et est de dictamine naturae; et in hoc consenserunt omnes veri philosophi. Unde dicit ille, quod qui dubitat, utrum parentes honorandi sint, et Deus venerandus, poena dignus est.23

Il sacrificio di lode s, come indicano gli editori di Quaracchi, citazione salmica [Ps 49,14 e 23; cfr. Heb 13,15], ma va collegato anche alla dottrina paolina [cfr. Rom 12,1-2], mutuata dalla filosofia ellenistica, del sacrificio razionale, che consiste nel retto comportamento. Tant che esso ricondotto al naturale iudicatorium, ossia alla ragione naturale che nella coscienza morale mostra il dettame
21 22

Il paragrafo 16 tratteggia una storia del sacrificio e di come sarebbe nato quello idolatrico. Cfr. A. M. BAGGIO, Il principio rimosso, in via di pubblicazione. 23 ARISTOTELE, Top. 1.11.

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della legge di natura, su cui sarebbero daccordo tutti i veri filosofi. Come esempio di tale consenso, citata la celebre massima di Aristotele, che quindi Bonaventura riconosce come vero filosofo Si badi che Bonaventura non dice che il rito del culto sia efficacemente attuato nella respublica, ma che deve essere efficace perch il diagramma di flusso prosegua.

2.3 La forma del convivere, ossia la funzione legislativa 2.3.1 La derivazione dalla legge naturale delle leggi positive
[18] Secundum modus est forma convivendi, ut Quod tibi non vis fieri, ne facias alteri. Hoc in corde scriptum est per legem aeternam. Ex hac naturali lege emanant leges et canones, pullulationes pulcrae.

La forma di convivenza la regula aurea, che con molte varianti presente in diverse culture, ma che in questa forma enunciata per la prima volta nel libro deuterocanonico di Tobia [Tob 4,16], ed assunta da Ges stesso secondo i vangeli [Mt 7,12 e Lc 6,31]. Kant stesso, nella Fondazione, riconoscer in essa una certa primitiva formulazione dellimperativo categorico. La legge naturale scritta nel cuore delluomo mediante la legge eterna (ossia di Dio) richiama la dottrina paolina [in Rom 1-2] per cui tutti gli uomini (e non solo i giudei) hanno ricevuto nel cuore, mediante la coscienza, ci che chiede la legge mosaica. Bonaventura ne tratta spesso, riconducendo la legge positiva a quella naturale, questa alla regula aurea, e questultima, come s detto, alla pietas [cfr. Praec 1.22-23; 5.3; 7.8]. Le leggi che dalla legge naturale promanano sono quelle civili (non in opposizione a penali, ma in opposizione ad ecclesiali), ossia quelle politiche vere e proprie; i canoni sono le leggi ecclesiali, qui considerate come operanti nella respublica christiana. Sia le leggi civili che quelle ecclesastiche (canoni) sono leggi positive, dette pullulationes, in quanto derivanti dalla legge eterna tramite la legge naturale. Siamo in un giusnaturalismo ante litteram. Il limite della impostazione bonaventuriana che non dice n come n da chi debba esser fatta questa derivazione. Le leggi positive sono anche dette pulcrae in riferimento al giusto centro di pertinenza del giurista e politico, ossia al medium iustitiae [Hex 1.34] che abbellisce tutto il mondo e su cui dovremo tornare. Nella recensione Delorme, abbiamo una elencazione della legislazione utriusque iuris: canonica, raccolta nelle Decretales da Raimondo di Peafort e nel Corpus decretorum da Graziano; e civile, a partire dal Corpus iuris civilis giustinianeo.

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2.3.2 Laporia fondamentale della convivenza civile


Sed quid? Tu non vis suspendi, et latronem suspendis? Dicendum, quod latro prius debet suspendi, quam ut respublica laedatur; Ionas contra se dedit sententiam, ut proiiceretur in mare.

La regula aurea presenta unaporia fondamentale: nessuno vuol essere punito, eppure la legge deve punire i rei. Laporia risolta da Bonaventura in una maniera in parte brillante e in parte sconcertante. La soluzione (pi chiara nella recensione Delorme) si rif ad Agostino24 e consiste nel dire che la valutazione va fatta pro statu rei publicae, ossia (diremmo oggi) del nostro io collettivo e del nostro io trascendentale. Il riferimento a Giona [cfr. Ion 1,12] non costituisce una auctoritas biblica (qui si parla da filosofi), ma un exemplum ragionevole: la condanna del reo non va contro la regola aurea, in quanto lo stesso reo, se si esprimesse secondo ragione, chiederebbe di essere condannato.
La recensione Delorme aggiunge un altro esempio, chiaramente fittizio (e da non imitare): un giudice romano che avendo inavvertitamente infranto un ordine da lui stesso impartito si sarebbe punito suicidandosi.

Daltra parte la crudezza dellaffermazione di Bonaventura (il ladro devessere impiccato prima che la cosa pubblica venga lesa) ci fa pensare che lui stesso abbia trascurato la pi autentica lezione agostiniana (che aveva criticato la tortura e la pena di morte proprio a motivo del fine espiatorio e rieducativo della pena), ma soprattutto abbia pi o meno inconsapevolmente rimosso lesempio di Francesco.25 2.4 La norma del presiedere, ossia la funzione di governo 2.4.1 La funzione di presidente
[19] Tertia est norma praesidendi, ide est qualiter princeps ad populum debet se habere, et e converso. Et haec emanat a veritate prima: quia populus debet assistere punienti e vindicanti; princeps non debet suam utilitatem quaerere, sed rei publicae. Philosophus dicit, quod differt tyrannus et princeps: tyrannus quaerit propriam utilitatem, sicut Herodes, qui, timens privari regno suo, saevit in pueros; princeps autem communem utilitatem intendit.

La norma del presiedere non altro che la struttura del governo (e del relativo esercizio di potere), che lega governanti e governati; si noti che, coerentemente con una visione ancora medievale, il popolo non sia concepito come il tutto della
Cfr. AGOSTINO, De libero arbitrio, 1.6.14-15. Cfr. AGOSTINO, Sermo 13.8 (Non arrivare alla condanna a morte: puniresti la colpa, ma faresti perire luomo) e De civitate Dei, 19.6; FRANCESCO DASSISI, Admonitiones, 9 (sullamare i nemici), 18 (sulla compassione: Come ciascuno vorrebbe essere sostenuto in un caso simile).
25 24

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vita politica, ma come linsieme dei soli governati. C una sorta di alleanza fra i due: ma il riferimento al ruolo di punitore e vindice un piccolo accenno alla teoria della naturale eguaglianza fra gli uomini; la sobordinazione conseguenza e rimedio del peccato.
Nella recensione Delorme, fra i presidenti oltre al princeps si considera anche il praelatus, ossia il vescovo o chi ne fa le funzioni [HexD 1.2.19], in quanto portatore di un potere.

La funzione di governo viene terza: averla posposta nel diagramma di flusso delle funzioni politiche non solo al rito del culto, ma anche alla forma del convivere quindi gravido di conseguenze e costituisce una germinale affermazione del principio di delimitazione della sovranit: il potere scende s dallalto, dalla verit prima, ovvero da Dio: manat exemplariter a primo Praesidente [HexD 1.2.19]: ma appunto esemplarmente, e non direttamente da Dio al sovrano (magari con lintermediazione del papa), ma da Dio tramite i valori etici fondanti e la forma del convivere. Troppo poco per costruire una concreta teoria politica, ma abbastanza per fondarla. Dire poi che la sovranit emana esemplarmente da Dio, per partecipazione metafisica e non per diretta investitura comporta che sia il sovrano a dover imitare la sovranit di Dio; in un certo senso Bonaventura opera cos una desacralizzazione del potere, che si manifester anche nella teorizzazione dellelettivit di tutti i governanti. Insomma, la funzione di governo viene definita (e delimitata) in funzione alla nozione (accennata in maniera peraltro vaga) di utilit comune, intesa non come vantaggio di tutti o della maggior parte, ma della res publica in quanto tale, intesa alla luce della forma del convivere precedentemente menzionata. Pertanto, tale utilit comune offre il discrimine tra autorit legittimamente costituita e autorit di fatto.
La classica citazione aristotelica26 sulla differenza tra principe e tiranno ha perfino modificato la semantica dei termini: tyrannos, che indicava solo chi si era impadronito del potere (in opposizione al basileus che lo aveva ereditato), da allora passato a indicare lusurpatore, privo quindi di legittimit. Ma, questo alla luce della dottrina paolina sulle autorit costituite da Dio [Rm 13], a cui si deve obbedienza non solo per timore della pena o dello scandalo, ma soprattutto per ragioni di coscienza, fa derivare che chi avesse un potere e lo esercitasse al di fuori di una forma del convivere, non avrebbe quello status di autorit costituita da Dio.

Per capire bene il testo dobbiamo andare allarticolo secondo e terzo della distinzione 44 del commento di Bonaventura al secondo libro delle Sentenze, rispettivamente sulla potestas praesidendi e sulla necessitas subiacendi ad essa. Con una argomentazione molto attenta agli equilibri, Bonaventura distingue una triplice presidenza: una insita nella natura, una propria di quella istituita in statu
26

ARISTOTELE, Eth. Nic. 8.10.

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viae e quella relativa alla natura corrotta dalla colpa. Le auctoritates addotte enfatizzano la naturale eguaglianza fra gli uomini. I sudditi devono obbedienza, ma entro certi limiti, e mai contro la legge di Dio: non viene teorizzata, come faranno teologi successivi, la liceit del tirannicidio, ma, pur con una certa prudenza, lideale francescano proposto anche in politica. Analogamente (anzi, pi esplicitamente) Bonaventura si esprime nelle questioni sulla perfezione evangelica.27 Si pu forse dire che per elaborare questa sua idea che la potestas dominativa nella costruzione della comunit civile non costitutiva, ma dovuta allo stato di natura corrotta, Bonaventura abbia riletto alcuni aspetti dellinsegnamento di Francesco,28 ma alla luce
27 Ad esempio, in De perfectione evangelica, 3.1 (in traduzione nostra): Si dice che uno superiore a un altro o quanto allorigine di natura, o quanto al dominio di potenza e prepotenza, o quanto alla reggenza provvidente. La prima <forma di> superiorit compete alla natura stessa di per s []; la seconda <forma compete> invece <ad essa> per vizio, giacch, come dice Ambrogio, la schiavit pena del peccato; la terza <forma>, infine, compete <ad essa> per rimedio []. A chi superiore nel primo modo si deve obbedienza filiale; a chi lo nel secondo, servile; a chi lo invece nel terzo, giurisdizionale, che riguarda la dignit di prelazione. Ne consegue dunque che lobbedienza filiale dettata dalla legge naturale, sia secondo lo stato di natura decaduta, sia secondo lo stato di natura istituita. Lobbedienza servile, invece, non dettata <dalla legge naturale> in maniera assoluta, ma <solo> nello stato di natura decaduta, a punizione del peccato, secondo il dettame del diritto delle genti, che promana dalla ragione e dallistinto naturale. Lobbedienza giurisdizionale, infine, dettata <dalla legge naturale> secondo lo stato di natura riparabile o riparata, e questo, <comunque, solo> in stato di via []. Essendoci perci tre modi di prestar obbedienza, conformi alle tre diverse forme di superiorit, il primo dettato dalla natura in maniera assoluta, in quanto <lo > esplicitamente e senza eccezioni e secondo ogni stato; il secondo e il terzo, invece, <lo sono> implicitamente e secondo un determinato stato. E per questa ragione, ciascuna delle suddette <forme di> obbedienza consona alla legge di natura: e non alla legge di natura soltanto, ma anche alla legge di grazia e alla legge scritta. In quanto, infatti, la legge di grazia considera origine, caduta e rimedio della natura, perci proprio di essa approvare i tre diversi modi della suddetta obbedienza. Approva infatti lobbedienza filiale [] e servile []; loda anche lobbedienza giurisdizionale []. Viceversa, la legge scritta [mosaica], in quanto era legge di rigore, non soltanto approva queste tre forme di obbedienza, ma ne punisce anche i trasgressori. []. Da quanto s detto, si conclude chiaramente che lobbedienza delluomo alluomo consona sia alla legge di grazia, sia alla legge scritta, sia alla legge di natura. 28 Cfr. Regula non bullata, 5, nella edizione di Esser: Similiter omnes fratres non habeant in hoc potestatem vel dominationem maxime inter se. Sicut enim dicit Dominus in evangelio: Principes gentium dominantur eorum, et qui maiores sunt potestatem exercent in eos [Mt 20,25], non sic erit inter fratres [cfr. Mt 20,26a]. Et quicumque voluerit inter eos maior fieri, sit eorum minister [cfr. Mt 20,26b] et servus. Et qui maior est inter eos fiat sicut minor [cfr. Lc 22,26]. Si noti anche, ibidem nel capitolo 23, legualitarismo della fraternit francescana e linserimento di tutte le virt nella legge evangelica dellamore: Et Domino Deo universos intra sanctam ecclesiam catholicam et apostolicam servire volentes et omnes sequentes ordines: sacerdotes, diaconos, subdiaconos, acolythos, exorcistas, lectores, ostiarios et omnes clericos, universos religiosos et religiosas, omnes conversos et parvulos, pauperes et egenos, reges et principes, laboratores et agricolas, servos et dominos, omnes virgines et continentes et maritatas, laicos, masculos et feminas, omnes infantes, adolescentes, iuvenes et senes, sanos et infirmos, omnes pusillos et magnos, et omnes populos, gentes, tribus et linguas, omnes nationes et omnes homines ubicumque terrarum, qui sunt et erunt, humiliter rogamus et supplicamus nos omnes fratres minores, servi inutiles, ut omnes in vera fide et poenitentia perseveremus, quia aliter nullus salvari potest. Omnes diligamus ex toto corde, ex tota anima, ex tota mente, ex tota virtute et fortitudine, ex toto intellectu, ex omnibus viribus, toto nisu, toto affectu, totis visceribus, totis desideriis et voluntatibus Dominum Deum, qui totum corpus, totam animam et totam vitam dedit et

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della dottrina (perlopi agostiniana) della natura corrotta: il che forse gli ha impedito di trarre tutte le conseguenze dalla sua intuizione, che rimane nellambito utopico del Paradiso terrestre perduto: Infatti, se luomo non avesse peccato, non vi sarebbe stata alcuna divisione di campi, ma tutte le cose sarebbero state comuni [Hex 18.7]. 2.4.2 La questione della selezione di chi presiede e lelettivit
Tamen hodie magna abominatio est in his qui praesunt, quia in navi non ponitur rector, nisi habeat artem gubernandi; quomodo ergo in republica ponitur ille qui nescit regere? Unde quando per successionem praesunt, male regitur respublica. David fuit sanctissimus; Salomon, etsi lubricissimus, tamen sapiens; Roboam stultus, quia divisit regnum. Romani per artem diaboli elegerunt Diocletianum. Debebant eligere comedentem super mensam ferream et invenerunt comedentem illum super vomerem; qui postmodum multa mala fecit. Unde quamdiu Romani illos qui praeessent, elegerunt, sapientissimos elegerunt; et tunc bene gubernata est republica; sed postquam ad successionem venerunt, totum fuit destructum.

Definita la funzione di governo, occorre stabilire il modo di selezione dei governanti, al fine di porre i pi adatti al governo. Devono essere i migliori quanto alla scientia regendi: se per il Socrate platonico tutti i cittadini erano competenti sulla vita della citt, per Bonaventura (ma nel De regimine principum Tommaso aveva unidea analoga) bene che a governare sia il pi competente. Due erano le vie di selezione legittima (esclusa quindi lusurpazione tirannica): lelezione e la successione ereditaria; questultima poi era ammissibile nella sfera civile ma non in quella ecclesiastica; inoltre electio in latino (a differenza di elezione in italiano) poteva indicare sia una nomina dallalto, sia unelezione dal basso. Gli esempi addotti fanno capire il senso del discorso: non importa la loro storicit o autorevolezza; sono exempla palesemente ficta, ma che servono a delineare fattispecie. Dei due esempi addotti, uno ad evidente sostegno della sua tesi; laltro, apparentemente in contrario, serve a dire che leccezione non contraddice la regola: mentre la successione ereditaria alla fine sicuramente perniciosa, lelezione invece solo rischiosa (e il rischio, se si sta attenti, tutto sommato evitabile).
Il climax delle tre figure di sovrani ebraici significativo: solo Davide santo (ma sintende che fosse anche sapiente); Salomone non era santo ma era il sapiente per eccellenza; Roboamo non era n santo n sapiente. Secondo un assioma diffuso nella vita religiosa, per governare non necessario, anche se utile, essere santi, ma indispensabile essere prudenti. Si tratta di uno spunto interessante dal punto di vista teorico moderno: la politica s connessa con la sfera morale, ma gode di una certa autonomia. Laneddoto, puradat omnibus nobis, qui nos creavit, redemit et sua sola misericordia salvabit, qui nobis miserabilibus et miseris, putridis et foetidis, ingratis et malis omnia bona fecit et facit.

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mente leggendario, su Diocleziano ricondotto da Delorme alla Chronica Imperatorum di Tommaso di Papia.

Nella sua invettiva contro il passaggio dallelezione alla successione ereditaria a cosa si riferiva realmente Bonaventura? Non pare avesse sufficienti conoscenze di storia romana; daltra parte potrebbe aver attinto dalla letteratura latina la critica al principato. Ma forse siamo fuori strada e dovremmo piuttosto chiederci se Bonaventura intendesse parlare di fatti a lui contemporanei (del resto limpero si chiamava ancora romano).
Qual era allora la situazione dei principati e dellistituto dellelezione? Erano eletti sia il papa sia limperatore; questi veniva eletto dai grandi feudatari prima come Re dei Romani, poi come Re di Germania, e doveva infine ricevere la consacrazione e incoronazione come Imperatore da parte del papa; molti imperatori per riuscivano a far eleggere gi in vita i propri figli come Re dei Romani, instaurando cos una sorta di successione ereditaria. Daltra parte, per i feudatari lelezione (in questo caso dallalto) era stata sostituita dalla successione ereditaria fin dall877 per i feudi maggiori e dal 1037 per tutti gli altri. Listituto dellelezione non sembrava godere di particolare salute nel papato e nellimpero: quanto al primo, dal 1271 era papa Gregorio X, ma la sua era stata una delle elezioni papali pi travagliate, dopo due anni di sede vacante, a Viterbo, sbloccatasi solo dopo che i viterbesi ebbero rinchiuso a chiave (cum clave) i cardinali nel palazzo papale fino a che non avessero proceduto allelezione; quanto allimpero, dal 1273 era re di Germania e dei Romani Rodolfo di Asburgo (che non venne mai a ricevere a Roma lincoronazione imperiale) dopo il grande interregno seguito alla morte di Federico II nel 1250. Non migliore era la situazione delle successione ereditaria nelle grandi monarchie europee. Bonaventura parlava a Parigi: allora era re di Francia Filippo III di Valois, detto lArdito, succeduto nel 1270 al padre, Luigi IX il Santo; ma rispetto a tale padre, la sua personalit era debole e il suo regno deludente: si riferiva a lui Bonaventura? Oppure a Carlo dAngi, fratello di Luigi IX, che (forse incautamente) il papa Clemente IV aveva nel 1266 infeudato come Re di Sicilia e che ora con la sua politica espansionistica verso oriente metteva in difficolt i progetti di riunificazione coi Greci del papa Gregorio X? Oppure Bonaventura, che in quanto italiano e come Generale dellordine doveva conoscere bene la situazione politica delle periferie europee si riferiva da una parte alla decadenza delle famiglie feudali e dallaltra alla tendenza dei comuni dellItalia settentrionale a trasformarsi in signorie ereditarie?

Quanto alla positiva valutazione della designazione per elezione, probabile linflusso di varie esperienze: quella comunale italiana, ma soprattutto quella ecclesiastica in genere, e soprattutto quella minoritica dei capitoli, a cui proprio Bonaventura in qualit di ministro generale dellOrdine dei Frati minori aveva dedicato tanta attenzione nella stesura nel 1260 delle Costituzioni dette Narbonensi, le quali ratificarono questa superiorit del capitolo generale e introdussero il sistema elettivo [] a tutti i livelli dellorganizzazione, che cos veniva ad assomigliare alla legislazione domenicana.29
29 A. FLICHE et al., Storia della Chiesa dalle origini ai giorni nostri, vol. 10, trad. it. di Mariano da Alatri, Torino 1968, p. 358. Le Constitutiones Narbonenses trattano nella rubrica nona delle

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Con tale disposizione da una parte si stemperavano le tensioni nellordine, e dallaltra si limitava la forza di pressione costituita dagli spirituali, che avevano a volte costretto i ministri a dimettersi. Un altro possibile scenario, difficile da provare ma suggestivo, il seguente. Il 31 marzo 1272, ossia poco pi di un anno prima che Bonaventura pronunciasse questa collatio, il papa Gregorio X aveva convocato un Concilio, da tenere a Lione nel 1274, per deliberare su tre temi: crociata per la terra santa, riunificazione con la Chiesa greca, riforma della Chiesa; e aveva successivamente chiesto su questultimo punto suggerimenti a tutto il popolo cristiano; nel maggio 1273, il papa cre cardinale Bonaventura, perch lo assistesse nel Concilio, cosa che fece, morendo due giorni prima della conclusione. interessante notare che pi della met delle disposizioni del concilio riguarda le elezioni ecclesiastiche,30 in primis quella papale (per cui si prescrive il conclave), dal cui retto svolgimento si fa dipendere tutto il buon esito della riforma della Chiesa e il benessere del popolo di Dio: che Bonaventura vi abbia contribuito con le sue idee politiche e la sua esperienza di Ministro generale?

Insomma, siamo ancora lontani dalla teorizzazione del suffragio popolare (a fortiori se universale), ma il principio della convenienza della elezione (almeno da parte di grandi elettori) chiaramente enunciato. 2.5 La censura del giudicare, ossia la funzione giudiziaria
[20] Ultimum est censura iudicandi, ut homo sciat quid de quacumque re sit iudicandun, quod spectat ad personas, ad res, ad modum agendi. Haec omnia manant a veritate prima.

La censura iudicandi il potere giudiziario (in senso ampio, comprendendo tutti i giurisperiti e non solo i giudici): esso giudica riguardo alle persone, ai beni materiali (res), e alle procedure ed azioni. Sebbene in base al diagramma di flusso precedentemente enunciato tale potere derivi dalla norma del presiedere (in effetti i giudici venivano nominati dai governanti) e la forma del convivere, tuttavia una certa indipendenza del potere giudiziario dagli altri germinalmente enunciata col dire che anchesso come gli altri emana dalla verit prima, cio da Dio; pertanto il giudice deve essere vincolato solo alla verit. Bonaventura qui non dice altro, ma nella successiva analisi della corruzione delle scienze se la prender proprio con la professione del giurista, che nelle cause giudiziarie tradisce spesso la verit per il lucro.
elezioni dei ministri dellOrdine francescano. Va ricordato che Bonaventura aveva introdotto unanaloga trasformazione dellordine in senso domenicano quanto agli studi, come attesta il sermone di Bonaventura in onore di san Domenico, preso a modello di contemplazione e predicazione (era consuetudine che nelle feste dei due fondatori mendicanti, lelogio delluno venisse fatto da un frate dellordine dellaltro; ed per questo che nel Paradiso Dante fa pronunciare lelogio di Francesco proprio a Bonaventura). 30 Cfr. Conciliorum Oecumenicorum Decreta (a cura di G. ALBERIGO, G. DOSSETTI et al.), edizione bilingue, Bologna 19912; p. 303-331; si tratta delle constitutiones (nel senso antico di disposizioni) 2-18 (ossia 17 su un totale di 31). Tenendo conto che la prima costituzione una professione di fede nella Trinit, la sezione sulle elezioni costituisce il fondamento di tutta la serie di riforme.

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La recensione Delorme amplia largomento e aggiunge un exemplum fictum, macabro, di giudice ingiusto crudelmente punito.

2.6 La corruzione della scienza politica e giuridica


[21] Sed in his omnibus luxuriata est ratio []. Ars moralis non ita luxuriata est, quia non in sola speculatione stat; sed scientia iuris multum luxuriatur propter lucrum; et causae, quae deberent terminari per ius, modo per allegationem et subtilitatem iuris fiunt immortales, cum tamen intentio iuris sit causas rescindere.

A conclusione della trattazione delle nove scienze, Bonaventura ne enumera i difetti (dovuti allerrore colpevole dei rispettivi scienziati).
Nel riportarne il testo, abbiamo omesso la parte relativa alle prime sei scienze: la metafisica ha posto leternit del mondo, ritenendo che questi dovesse essere durevole come la sua prima causa; la matematica scaduta nella numerologia ed astrologia; la fisica nellalchimia; la grammatica (ossia la letteratura) nella mitologia; la logica nella sofistica; la retorica nella vacuit ( interessante che nel testo Bonaventura alluda in realt alla retorica sacra, che rischia di ridurre il regno di Dio al solo colore del discorso; per lui, conformemente alla tradizione francescana, la predicazione devessere nei fatti).

La scienza morale delle virt etiche e dianoetiche salvata da Bonaventura con una motivazione interessante: non sono solo teoretiche. Della teologia Bonaventura aveva detto, nelle questioni sul prologo delle Sentenze, che era scienza pratica, in quanto finalizzata a che diventiamo buoni (ut boni fiamus). Similmente, della morale aveva citato lesempio aristotelico che mai malato fosse stato guarito dallaver compreso le prescrizioni del medico, ma solo dallaverle messe in pratica [Hex 2.3; cfr. Eth. Nic. 2.4]. C quindi un sostanziale ottimismo sulle capacit umane di cogliere il bene; viceversa lerrore insidia irrimediabilmente la conoscenza. Ma la scienza del diritto, che corrisponde in parte a quella politica, ha peccato: siamo a un secolo dalla rinascita degli studi giuridici; ebbene, proprio questo studio, ha portato ai molti cavilli, con cui il principio della certezza del diritto insidiato per la lunghezza delle cause: problema che, a distanza di secoli, temiamo essere irresolubile. 3. LA POLITICA COME PRIMA FASE DI SVILUPPO DELLE VIRT NEL CONSEGUIMENTO DELLA SAPIENZA FILOSOFICA [Ermeneutica testuale e lessicale di brani di Hex 6] 3.1 La sapienza filosofica Bonaventura, dopo aver detto che erano stati gli antichi filosofi a fornire le nove scienze filosofiche, e che in questo erano stati rischiarati (in base alla

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citazione paolina per cui proprio Dio lo avrebbe loro rivelato), aggiunge che dopo vollero giungere alla sapienza stessa, tratti dalla verit, e la promisero ai loro discepoli [Hex 5.22]: ma dal prosieguo del ragionamento comprendiamo che tale legittima promessa e pretesa di passare dalla filo-sofia alla sofia non possa essere mantenuta. La distinzione, qui formalmente compiuta da Bonaventura, della sapienza dalla metafisica (intesa come ontologia) un fatto filosoficamente rilevantissimo: se gi tutta la tradizione neoplatonica distingueva henologia e ontologia, tuttavia qui abbiamo una impostazione diversa: la sapienza, secondo un canone che unisce tradizione greca e cristiana (biblica e monastica) e che pu essere definito socratismo cristiano, conoscenza di s, delle intelligenze, di Dio.31 Luomo conosce le cose (e il mondo artificiale del linguaggio e delle istituzioni) come oggetti, per scienza, che va verso il basso; mentre conosce se stesso come soggetto per riflessione, le intelligenze per speculazione, Dio, quale fonte di tutto, per ragionamento, esperienza e contuizione [cfr. Hex 6]. Per Bonaventura [cfr. Hex 6.6], gli errori verificatisi di fatto nelle scienze sono evitabili, e in particolare sono stati evitati da quanti, come i nobili filosofi antichi (categoria in cui Bonaventura include Socrate, Platone e Plotino, o meglio i loro simulacri cristianizzati divulgati dalla tradizione patristica), hanno impostato la loro ricerca filosofica sui due capisaldi delle cause esemplari e delle virt, o pi precisamente sulla tesi fondamentale della esemplarit della virt (sostenendo cio che Dio stesso possiede in massimo grado le virt, e ne quindi la fonte). Daltra parte, neanche i filosofi nobili poterono conseguire la vera sapienza. Dagli artistae parigini del tempo, Bonaventura desumeva lidea di una metafisica di portata sapienziale e beatificante: egli (pur condannandolo in nome della fede cristiana) non sottovalutava affatto lideale neoaristotelico della beatitudine dellintelletto compiuto, o intellectus adeptus [Hex 5.22 e 33]: ne fa anzi una struttura portante della sua dottrina del desiderio naturale del sovrannaturale, desiderio che per secondo lui entra necessariamente nello scacco (dovendo desiderare limpossibile), e aprendosi cos alla nuova possibilit della grazia: questa la dinamica sottesa anche al canto XXVI dellInferno di Dante: Ulisse in forza della sua umana semenza, doveva seguir virtute e canoscenza fino ad aspirare alla perfetta felicit; ma non poteva conseguirla con le sue sole forze: il dovere impossibile richiama infatti la gratuit del dono.

31 Cfr. . GILSON, Lsprit de la philosophie mdivale [Gifford Lectures], Paris 19322; trad. it., Lo spirito della filosofia medioevale, Brescia 1947, 19882, capitolo 2.1 (sulla conoscenza di s e sul socratismo cristiano); P. COURCELLE, Connais-toi toi-mme. De Socrate Saint Bernard, Paris 1974; trad. it., Conosci te stesso, Milano 2001.

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3.2 Le virt politiche o civili come vita activa virtuosa Dopo aver sviluppato in chiave teoretica la sapienza come conoscenza di s per riflessione, delle altre intelligenze per speculazione e di Dio per ragione, esperienza negativa e contuizione, Bonaventura affronta la necessit delle virt in questo progresso e in particolare delle virt dette cardinali, che furono gi platoniche e che il libro deuterocanonico della Sapienza aveva assimilato nella Bibbia.32
[6.23] Hae virtutes fluunt a luce aeterna in hemisphaerium nostrae mentis et reducunt animam in suam originem, sicut radius perpendicularis sive directus eadem via revertitur, qua incessit. Et haec est beatitudo. Unde primo sunt politicae, secundo purgatoriae, tertio animi iam purgati. Politicae sunt in actione, purgatoriae in contemplatione, animi iam purgati in luce visione. [24] Et de his agit Salomon, ut dicit Origenes, de politicis in Proverbiis, de purgatoribus in Ecclesiaste, de animis iam purgatis in Cantico Canticorum. Et in notitiam istarum pervenerunt nobiles philosophi. Unde Macrobius, narrans sententiam Plotini, dicit sic: Qui aestimant nullis nisi philosophantibus inesse virtutes, nullos praeter philosophos beatos esse pronuntiant. []. [27] Sed Plotinus, inter philosophiae professores cum Platone princeps, in libro De virtutibus gradus earum vera et naturali divisionis ratione compositos per ordinem digerit. Quatuor sunt, inquit quaternarum genera virtutum. Ex his primae politicae vocantur, secundae prugatoriae, tertiae animi iam purgati, quartae exemplares. [28] Et sunt politicae hominis, quia sociale animal est. His boni viri reipublicae consulunt, urbes tuentur; his parentes venerantur, liberos amant, proximos diligunt; his civium salutem gubernant [].

Cominciamo con lidentificare le fonti del testo. Innanzitutto si notino la reductio neoplatonica e la metaforica della luce, che Bonaventura avr potuto conoscere anche dalla tradizione francescana oxoniense che si rifaceva a Grossatesta; e tramite Ruggero Bacone, di cui per non condivideva il progetto.33 La scansione poi dei tre libri di Salomone, proposta da Origene nel prologo al suo commento al Cantico, era universalmente nota nel Medioevo, anche se le opere di Origene non erano lette. Che le virt politiche siano ricondotte al libro dei Proverbi ci fa capire che esse consistono nel buon comportamento umano. Macrobio, erudito latino pagano del quinto secolo, una delle fonti principa32 Et [Sapiens] loquitur quodam modo ut philosophus quia amator sapientiae, unde dicit: Hanc amavi et non solum propter se, sed quia ex illa fiunt in me proprietates consimiles. Unde sequitur: Sobrietatem enim et sapientiam docet et iustitiam et virtutem quibus utilius nihil est in vita hominibus [Sap. 8 7]. Per sobrietatem intelligitur sinceritas temperantiae, per sapientiam serenitas prudentiae, per fortitudinem stabilitas constantiae intelligitur, per virtutem suavitas iustitiae. De iis virtutibus loquitur Sacra Scriptura. Et dicuntur cardinales quia per eas est ingressus ad omnes virtutes vel quia principales ex quibus integratur omnis virtus vel quia per eas tamquam per regulam habet dirigi vita humana quantum ad activam et contemplativam et tamquam per cardines [HexD 1.3.8; cfr. anche Sermones dominicales, 25.12]. 33 Cfr. BERUB, cit.

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li per la conoscenza medievale del neoplatonismo. Qui citato alla lettera (con un testo quasi identico a quello criticamente edito) il commentario al Somnium Scipionis di Cicerone, in particolare 1.8.3-11, che dopo una introduzione cerca di riassumere la dottrina del trattato plotiniano sulle virt attraverso il testo di Porfirio.34
In Porfirio per le quattro modalit delle virt appartengono rispettivamente alle varie ipostasi plotiniane che seguono lUno: le virt paradigmatiche o esemplari sono proprie dellIntelligenza; quelle teoretiche o contemplative sono proprie dellAnima universale; quelle catartiche o purificatrici e quelle politiche o civili sono proprie delle anime umane, rispettivamente nellesercizio della vita contemplativa e attiva. Bonaventura, ignorando la complessit del sistema neoplatonico, pone le virt esemplari in Dio, e le altre in tre gradi di sviluppo dellanima umana. Macrobio trattava le virt politiche con pi dovizia di particolari rispetto alle stesse virt dei gradi superiori; distingueva cos una prudenza politica (che fa volere e fare solo ci che retto), una temperanza e fortezza politica (non desiderare nulla di cui vergognarsi, ma temerlo e sopportare ogni cosa); una giustizia politica (dare a ciascuno il suo), da cui derivano non solo linnocenza (non far male ad alcuno), ma anche lamicizia, la concordia, la piet, la religione, laffetto, lumanit [6.29].

Le quadruplici quattro virt sono le cosiddette cardinali, di origine platonica ma fatte proprie dal libro deuterocanonico della Sapienza [8,7], come esplicitato da Bonaventura [Hex 5.8-10] 35: i loro gradi (ossia le fasi della loro acquisizione) sono quelle della vita di azione, di contemplazione, di visione, secondo una commistione tra impostazione platonica, aristotelica e monastica. Possiamo riassumere in un ulteriore schema questo apporto platonizzante, che si va ad aggiungere a quelli aristotelizzanti precedentemente mostrati.
Terzo schema: plotiniano (da Macrobio e dalla tradizione patristica) Gradus virtutum
politicae purgatoriae animi iam purgati exemplares in actione in contemplatione in lucis visione | emissione cfr. Proverbia cfr. Ecclesiasticus cfr. Cantica Canticorum

Luomo considerato come animal sociale pi che rationale (Tommaso


34 MACROBIO, In somnium scipionis, 1.8.5-11; in MACROBE, Commentaire au songe de Scipion. Livre I, texte tabli, traduit et comment par Mireille ARMISEN-MARCHETTI, Paris 2001; cfr. in particolare pp. 50-54 (per il testo) e 157-159 per le importanti note complementari. Secondo la curatrice, il commentario sarebbe stato scritto intorno al 420-430; Macrobio doveva conciliare la dottrina di Cicerone, che riteneva le virt politiche beatificanti dopo la morte e quella di Plotino (in cui Macrobio si riconosceva), che le riteneva solo preliminari; la lunga citazione che Macrobio riferisce al trattato di PLOTINO sulle virt [ossia Enneades, 1.2], fonte dottrinaria, dal punto di vista letterale in realt tratta da PORFIRIO [Sententiae ad intelligibilia, 32]. 35 Cfr. Platone, Repubblica; mediato da Cicerone, Rhetorica, 2.54-55.

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nel De regimine principum era riuscito a fondere i due aspetti nella celebre definizione di animal communicativum): ma la sua societas si sviluppa da quella provvisoria terrena (civile o politica) a quella definitiva e celeste nelle tre fasi successive della vita attiva, della vita contemplativa e di quella che possiamo chiamare vita unitiva: e la societas si costruisce interiormente tramite le virt cardinali, su cui girano tutte le altre: la prudenza insegna allintelletto (o capacit di intendere) come intendere per sapere, la temperanza e la fortezza insegnano allaffetto (o capacit di desiderare) come desiderare, la giustizia insegna alleffetto (o capacit di fare) come fare [cfr. Hex 6.10-24]. Di fronte allo scacco, tali virt risulteranno insufficienti e bisognose di altre, ossia la fede, la speranza e la carit teologali, che insegnino cosa rispettivamente necessario sapere, desiderare e fare [cfr. Hex 6.13-22].
Lidea che luomo sociale in quanto fatto per la comunione e che la societas si debba costruire interioremente tramite le virt s alla lontana unidea platonica, ma qui soprattutto unidea cristiana: luomo, creato ad immagine di Dio, deve tendere alla somiglianza con lui; ma anche unidea specificamente francescana: Francesco aveva intrapreso una ricostruzione della Chiesa tramite le virt (a cui aveva dedicato alcune famose laudi); aveva addirittura definito Maria come la Vergine fatta Chiesa; da qui probabilmente, oltre che dallo Pseudo-Dionigi, Bonaventura aveva attinto la sua dottrina delluomo gerarchizzato, ossia messo in comunione con Dio e con gli altri.36

In questa luce, la dimensione politica svincolata dalle istituzioni civili, ma la socialit interpersonale (e per cos dire cosmopolitica) a monte di ogni istituzione e coincide con lactio umana in quanto tale. Rispetto alla scienza politica (intesa come nona scienza filosofica), che solo di alcuni e si riferisce ad oggetti (i mores, e in particolare le istituzioni), il grado politico delle virt deve essere assimilato da tutti gli uomini e si riferisce al loro stesso modo di essere.
Ma interessante raffrontare la recensione Delorme. Qui la terza collatio della prima visione si apre con la considerazione che dopo aver trattato della consideratio scientialis, adesso si tratta di passare alla contemplatio sapientialis: nel linguaggio bonaventuriano significa che si passa dalla conoscenza di oggetti (cose materiali), alla conoscenza del soggetto e della Fonte (ossia di s, ma anche degli altri, in particolare della societ delle intelligenze, e di Dio); a tutto questo si estende lintelligentia per naturam indita [HexD 1.3.12]. Ci sono quattro gradi di tali virt, o meglio (dato che uno dei quattri quello fontale di Dio) tres gradus [HexD 1.3.24-25], per cui le virt politiche devono progredire in purgatorie e dellanimo purgato: le prime aiutano a vivere nel mondo, le seconde separano dal mondo, le terze uniscono a quelle esemplari; altrove per Bonaventura usa virtutes politicae per indicare le virt cardinali in quanto tali.37 Bonaventura ci tiene a precisare: et hoc

36 Ho trattato largomento nel contributo: San Bonaventura e la teologia francescana, in G. OCCHIPINTI (Ed.), Storia della Teologia. 2. Da Pietro Abelardo a Roberto Bellarmino, Roma - Bologna 1996, p. 59-104. 37 Cfr. Sermones dominicales, 44.5 (a commento dellinno alla carit di 1Cor 13): Apostolus discurrendo per omnes virtutes tam politicas quam theologicas concludit tum ratione remotionis tum ratione positionis quia caritas habet maioritatem.

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totum adhuc est philosophiae, non fidei. Il che deve far riflettere quelli che pertinacemente insistono nel negare che in Bonaventura ci sia una filosofia. Nella recensione Delorme, la citazione di Macrobio appena accennata (una frase, anzich i molti paragrafi dellaltra recensione) e per di pi citata a senso e significativamente modificata: Qui solum aestimant philosophis inesse virtutes, nonnisi philosophantes aestimant esse beatos. Ne possiamo ipotizzare che Bonaventura avesse citato a senso e che laltro recensore abbia successivamente copiato il testo di Macrobio? Comunque lo scambio tra philosophi e philosophantes potrebbe non essere casuale: philosophantes nellultimo Bonaventura ha una connotazione negativa:38 indica quelli che vogliono tornare alla filosofia precristiana. Quindi se solo i filosofi hanno le virt, solo i filosofanti, ossia gli aristotelici radicali, comunemente detti averroisti, saranno beati, come del resto essi stessi dicevano, nellampia letteratura parigina sulla beatitudine (ad esempio, Boezio di Dacia e Giacomo da Pistoia39). Infine, la recensione Delorme presenta una variante: le virt dellanimo purificato non consistono in lucis visione, ma in lucis emissione. possibile che ci sia stato un errore di comprensione acustica; tuttavia lambivalenza pure interessante: essa riflette molto bene la spiritualit minoritica bonaventuriana, che proprio nelle Collazioni in Hexaemeron dir che francescani e domenicani sono contemplativi di tipo speculativo: essi cio non solo pregano ma speculano (e quindi riflettono) la luce; Francesco addirittura fu sursumattivo [Hex 22.21-22]. La vita unitiva sia visiva che comunicativa. In questo, le ragioni dellascetica e quelle della metafisica coincidono: il massimo dellacquisizione coincide con la diffusione. E poi la recensione Delorme abbina i tre gradi ai tre libri sapienziali di Salomone: Proverbi, Ecclesiaste, Cantico, senza nominare Origene, ma associandoli alla triplice vita animale, intellettuale e divina, ossia ad una tripartizione antropologica in parte platonizzante, in parte paolina [cfr. 1Ts 5,23].

38 Come gi abbiamo notato altrove, per Bonaventura i philosophi sono veri quando sono amatores sapientiae; poich la filosofia una via, se vogliono tornare indietro alla filosofia precristiana o se vogliono fermarsi nelle scienze senza proseguire per la sapienza non sarebbero veri filosofi, ma philosophantes [Itin 1.9; De Tribus Quaestionibus 12; HexD 1.15-16.], come gli artistae eterodossi, e probabilmente anche il confratello Ruggero Bacone, tanto dedito alle scienze sperimentali [cfr. Don 4.12; Hex 17.25; 19.12; Hex 1.9; per la polemica, cfr. BRUB, cit.]. Il participio philosophans, inizialmente neutro, viene successivamente in Bonaventura connotato negativamente [cfr. P. MICHAUD-QUANTIN, tudes sur le vocabulaire philosophique du moyen ge, Roma 1970], probabilmente per analogia con iudazans (indicante il giudeo convertito al cristianesimo che per continuava segretamente a praticare la legge mosaica). Ci nonostante, per Bonaventura ci sono, nella Chiesa, [] <diversi ordini di persone, fra cui> i maestri, ossia quanti insegnano o la filosofia, o il diritto, o la teologia, o qualcunque altra buona scienza, per mezzo di cui venga fatta progredire la Chiesa; gli stessi filosofi sono da lui accomunati agli angeli e ai profeti nella percezione del vero [cfr. Hex 22.9 e 1.13]. 39 Cfr. F. BOTTIN, Introduzione a BOEZIO DI DACIA - GIACOMO DA PISTOIA, Il sommo bene, Firenze 1989, pp. 7-41; sulla reazione di Bonaventura, cfr. in particolare pp. 26-29.

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4. LA POLITICA IN PROSPETTIVA TEOLOGICA [Ermeneutica testuale e lessicale di brani di Hex 7, 16 e 1] 4.1 I limiti della filosofia e lapertura a una teologia In ogni caso, per, alla fine della sua riflessione [Hex 7.1-12] sulla visione dellintelligenza inserita per natura, Bonaventura conclude che nella creazione Dio ci fece vedere che la <sua> luce <intellettuale> era buona attraverso la considerazione scienziale (secondo la triplice verit di cose, parole e azioni, e cio nelle nove scienze), e attraverso la contemplazione sapienziale di tale luce nella propria anima, nelle Intelligenze, e nella sua Sorgente divina; ma mentre la considerazione scienziale, pur insidiata da molti errori, sempre possibile alluomo, invece la contemplazione sapienziale de iure impossibile da raggiungere pienamente senza la fede: neanche i filosofi nobili possono infatti arrivare a conoscere da soli il reale stato delluomo (ossia la sua non corrispondenza al progetto originario di Dio).
Illi autem praecipui philosophi posuerunt, sicut etiam illuminati, tamen sine fide, per defluxum in nostram cognitionem virtutes cardinales. Quae [1] primo dicuntur politicae, in quantum docent conversationem in mundo; [2] secondo, purgatoriae quantum ad solitariam contemplationem; [3] tertio, purgati animi, ut animam quietari faciant in exemplari. Dixerunt ergo, per has virtutes animam [1a] modificari, [2a] purgari et [3a] reformari [Hex 7.4].

Ma nonostante ci furono nelle tenebre, perch non ebbero la grazia: si trovarono alle prese con lo scacco di un dovere e di un desiderio impossibile (come lUlisse dantesco, che intraprese un volo che non era empio, bens folle: ma lui non poteva saperlo). Il deflusso delle virt umane da quelle divine o esemplari avviene infatti non per infusione sovrannaturale, ma per naturale partecipazione.
La recensione Delorme dice che nella terza fase di sviluppo delle virt lanima si deiforma e non semplicemente si riforma. Ma questo non basta, come Bonaventura spiega nel prosieguo del testo.

Nella predicazione universitaria tenuta da Bonaventura sempre a Parigi nel 1268, Bonaventura aveva, a proposito della scientia, trattato un tema simile al nostro, ma evidenziandone lesito nello scacco:
Certum est etiam, quod secundum scientiam moralem non potest homo scire, quid utile, quid damnosum, nisi ex additione ultra scientiam moralem secundum quod scientia moralis est ritus colendi, norma vivendi et censura iudicandi. Quis potest scire ritum colendi per philosophiam naturalem? []. Est impossibile, quin cadat in errorem, nisi sit adiutus lumine fidei. []. Ultra scientiam philosophicam dedit nobis Deus scientiam theologicam, quae est veritatis credibilis notitia pia [De septem donis 4.12].

Insomma, il rito del culto, premessa del diagramma di flusso della politi-

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ca, non sufficiente naturalmente; di conseguenza la censura iudicandi civile si limita a giudicare gli altri ma non se stessi; necessaria una riparazione interiore della casa e della citt, analoga a quella intrapresa da Francesco; probabilmente a questo topos del francescanesimo Bonaventura ispira la sua dottrina della gerarchizzazione interiore, che sar oggetto della quarta visione delle collazioni sui sei giorni. Per compiere il rito del culto ci vuole (e questo un caposaldo della teologia bonaventuriana) latteggiamento della pietas, intesa paolinamente come accoglimento del mistero dellamore di Dio e come spirito di orazione che fa scoprire la figliolanza verso Dio,40 ma anche francescanamente come come filialit e fraternit [cfr. Legenda Maior 8.1 e 6 e 11]. Non stupisce quindi che Bonaventura di Francesco citi proprio il detto sulla vera generosit che possibile solo al povero [Hex 5.5] (in palese contrasto con la tesi aristotelica per cui solo il ricco pu essere munifico); e lesempio del libro del Nuovo Testamento che Francesco, perch tutti i frati potessero leggerlo, aveva diviso in fascicoli [De tribus quaestionibus, 8], exemplum di una soluzione solidaristica geniale. Ma senza la pietas, sembra dire Bonaventura, anche il progetto politico rimane a met: legualitarismo e la condivisione dei beni che erano nel progetto della natura istituita, in una realt segnata dalla corruzione del peccato rimangono un ideale che tuttal pi si pu realizzare nella vita evangelica (come quella francescana), ma non si pu tradurre a livello politico.41 Questo spiega la costante tensione tra utopia e realismo della teoria politica non solo bonaventuriana, ma anche dei pensatori francescani successivi. 4.2 Lo sviluppo della dimensione politica nella storia sacra Un ultimo schema di collocazione della sfera politica lo possiamo ritrovare solo grazie allindagine lessicografica su tutte le occorrenze di politicus nella concordanza elettronica bonaventuriana: ebbene, nella collatio sedicesima, dove meno ce laspetteremmo, ossia nella trattazione della terza visione (ossia la meditazione della Scrittura): Bonaventura fa una divagazione sul settenario come simbolo del decorso del tempo, quasi come algoritmo della storia.
Accanto a un triplice settenario che potremmo definire ontologico (quello archetipico in Dio, quello microcosmico e quello macrocosmico), Bonaventura introduce il settenario storico, in cui sette et si ripetono in ciascuno dei tre tratti della storia sacra che sono la genesi del mondo (i sette giorni della creazione), lAntico Testamento (le sette et della storia di Israele) e il Nuovo Testamento (le sette et della storia della Chiesa). Con un gusto
40 Exerce temet ipsum ad pietatem. Nam corporalis exercitatio ad modicum utilis est pietas autem ad omnia ualet promissionem habens uitae quae nunc est et futurae [1Tm 4,8; citato in De septem donis 3.1 (De dono pietatis) et passim in 3; poi in 7.17 e LeMa 8.1]. 41 Cfr. De perfectione evangelica, 1; 2.1; 4.1 e passim.

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delle corrispondenze che ci lascia oggi un po freddi, Bonaventura dice istituisce accostamenti tra le tre storie. Fermiamoci a considerare lo sviluppo della Chiesa: et evangelica, et dei martiri, et della norma cattolica (post-costantiniana), et della legge di giustizia (ossia della Respublica Christiana, corrispondente allet veterotestamentaria della Legge), et della cattedra sublime (ossia dellaffermazione del primato romano, corrispondente allet veterotestamentaria dei Re), et della chiara dottrina (ossia, come si dir, da papa Adriano I, che chiam i Franchi, e corrispondente allet veterotestamentaria dei Profeti), et della pace ultima [Hex 16.14-20].

Tutta la collatio risente indirettamente dellinflusso gioachimita degli spirituali, ai quali il Generale Bonaventura tenta di offrire una alternativa istituzionale.42 Si annuncia una nuova era nella vita della Chiesa che corrisponda al giorno in cui fu creato luomo e allet della profezia: int ale tempo deve venire un ordine religioso profetico simile allordine di Ges Cristo, il cui capo fosse langelo che saliva da oriente col sigillo del Dio altissimo. E secondo il recensore Bonaventura avrebbe detto che era gi venuto: chiaro riferimento a Francesco e allordine minoritico [16.16]; inoltre si invoca la venuta di un principe pieno di zelo per la Chiesa: di lui invece non si sa se sia gi sorto o se debba ancora sorgere [16.29]. Ma nel mettere in parallelo let della Legge mosaica e quella della legge cristiana, si dice che una legge canonica, politica, monastica [Hex 16.15 e 16.28] e che la legge fu distinta secondo il rito del culto, la censura del giudicare e la forma del vivere, ovvero secondo norme morali, giudiziali e cerimoniali, ossia i canoni, le leggi del corpus giustinianeo (in cui le leggi dei pagani divennero leggi anche dei cristiani), e infine le regole monastiche a partire da Benedetto. Ritroviamo cos il rito del culto, la censura del giudicare, la forma del vivere (la norma del presiedere omessa perch sar oggetto del tempo seguente: dei re per Israele e dei papi per la Chiesa; la censura del giudicare anteposta alla forma del vivere probabilmente per far tornare i conti con la storia della Chiesa). A differenza che nella quinta collatio, in qui le funzioni politiche erano considerate in chiave filosofica, qui sono viste come momenti di sviluppo della storia sacra, che si concretizzano nei precetti morali, giudiziali e cerimoniali dellAntico Testamento e nei canoni, nelle leggi politiche e nelle regole monastiche del Nuovo (ossia della storia della Chiesa), in base al seguente schema.

42 Cfr. J. RATZINGER, San Bonaventura. La teologia della Storia, Firenze 1991 (or. 1959), e STANISLAO DA CAMPAGNOLA, Langelo del sesto sigillo e lAlter Christus, Roma 1971.

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Quarto schema: di tipo gioachimita [morale come interiorizzazione della politica]


Rito del culto: norme morali nellAntico Testamento canoni nel Nuovo Testamento (comprendente la Storia della Chiesa) Censura del giudicare: norme giudiziali nellAT leggi politiche nel Nuovo Testamento (comprendente la Storia della Chiesa) Forma del vivere: norme cerimoniali nellAT regole religiose nel Nuovo Testamento (comprendente la Storia della Chiesa)

La corrispondenza tra gli elementi dello schema non chiarissima; la recensione Delorme [cfr. 3.4.15] associa moralia e canonica (questi quanto al rito del culto, che quindi si conferma essere di natura morale), iudicialia e politica (questi quanto alla censura del giudicare) e caerimonialia e monastica (questi quanto alla forma del vivere, anche se lassociazione un po forzata).

C per un quid non detto: in base alla legge di sviluppo indicata nella collatio, coerentemente con lo spirito gioachimita di cui almeno in parte risente Bonaventura, la forma del vivere, ossia le regole religiose, ma in particolare la francescana vita secondo la forma del santo vangelo diviene la forma pi elevata di politica, in cui la sfera morale e spirituale interiore supera (e non precede, come per Aristotele) quella giuridica e istituzionale. Si tratta di un implicito riferimento alla valenza politica del messaggio francescano? Del resto cos era stato nei decenni precedenti.43 4.3 Il compimento escatologico della politica come arte del bello La ricapitolazione finale della politica, come di ogni altra scienza umana, in Cristo trattata da Bonaventura allinizio delle Collationes sui sei giorni:
[1.34] Sextum medium est iustitiae iudiciali recompensatione perpulcrum seu praecelsum. Quod medium erit Christus in iudicio. Hoc considerat iurista sive politicus, ut fiat retributio secundum merita. Hoc totum mundum pulcrificat, quia deforma facit pulcra, pulcra pulcriora et pulcriora pulcherrima. Unde Augustinus dicit, quod damnati pulcherrime locantur in inferno.44 []. [36] Agant ergo iuristae de iudiciis pecuniarum, nos agamus de iudicio nostro. Unde
43 Si pensi al cosiddetto tempo dellAlleluia, nel 1233, e di altri movimenti analoghi, di cui parla SALIMBENE DI ADAM nella sua Chronica (citata in Fonti francescane, Padova 19803, pp. 213439). 44 Gli editori di Quaracchi indicano come fonti in AGOSTINO, De vera religione, 41.77; De libero arbitrio, 3.9.26-27; De natura boni, 7-9.

340 ante iudicium para iustitiam tibi [cfr. Eccli 18,19].

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Abbiamo gi accennato a pi riprese a questo giusto centro o medium iustitiae [Hex 1.34] di pertinenza del politico e giurista: tale centro o medio quello che fa s che il giudizio sia imparziale (non a caso la giustizia umana rappresentata allegoricamente dalla bilancia a stadera, da tenere in equilibrio al centro). Ebbene, tale centro abbellisce tutto il mondo (in quanto fa bello il brutto e pi bello il bello). Il legame tra giustizia giudiziaria e politica e bellezza era gi dottrina platonica (si pensi alla chiusa del discorso di Diotima nel Simposio), ma qui si tratta di qualcosa di nuovo, come acutamente nella sua monumentale ricostruzione dellestetica teologica aveva notato Balthasar,45 pur criticando lassunzione acritica, da parte di Bonaventura, della tesi agostiniana sulla bellezza della punizione dei dannati. Come nellarchitettura gotica la raffigurazione dei mostri come elementi decorativi nelle cattedrali aveva la funzione di includere nella bellezza complessiva anche gli elementi di per s deformi, cos la giustizia non elimina o non impedisce del tutto le brutture delle ingiustizie, ma punendole le integra nellarmonia di insieme. Questo il senso estetico-politico della giustizia, non solo intesa come dare a ciascuno il suo, ma come giustezza, perfezione e bellezza. Insomma la bellezza armonia, e per Bonaventura non vi armonia maggiore che una comunione interpersonale pienamente rettificata, che per non si potr realizzare se non in Cristo, quando verr a giudicare vivi e morti alla fine dei tempi. In questo troviamo un misto di ottimismo e pessimismo: da una parte, la giustizia umana non potr mai rettificare del tutto le ingiustizie per realizzare una politica bella; dallaltra, tale pulcrificatio avverr alla fine per intervento divino, cos che di l, mediante lultimo medio, quello di concordia, ci sia francescanamente la pace [Hex 1.37]. Nel frattempo, possibile curare ciascuno il giudizio su di s, mediante un comportamento bello e virtuoso e possibilmente anticipatore di quello finale. 5. CONCLUSIONI A conclusione di questa analisi testuale e lessicale, possiamo tirare alcune conclusioni per riassumere la dottrina politica bonaventuriana. Innanzitutto, si deve dire che la politica per Bonaventura una dimensione fondamentale: oggetto dellultima scienza filosofica e costituisce il primo grado delle virt cardinali richieste dalla sapienza filosofica. La struttura della dimensio45 Cfr. H. URS VON BALTHASAR, Gloria. Una estetica teologica, vol. 2 (Stili ecclesiastici), Milano 1978 (or. 1961): il capitolo dedicato a Bonaventura commenta proprio questo passo.

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ne politica risulta paradossale: da una parte occorre sforzarsi di fondare una citt delluomo armoniosa e felice, ma questo in ultima analisi impossibile per il difetto intrinseco alle virt filosofiche (a cui manca la dimensione della gratuit del dono). Nella visione politica di Bonaventura molto dovuta alla eredit classica, genericamente aristotelica, ma soprattutto platonica (mediata da Macrobio), con qualche elemento di romanit ciceroniana; un po ha influito la conoscenza indiretta degli elementi pi vistosi del diritto romano giustinianeo; ma questa eredit non basta, in quanto la prospettiva adottata da Bonaventura, che pure vuole essere pienamente filosofica, nuova rispetto al passato; in essa gioca molto linnovazione cristiana, quanto alla formazione del concetto di sapienza e di pietas, ossia di fraternit universale in dipendenza al Primo Presidente e Padre di tutti; troviamo inoltre una sintesi di agostinismo e francescanesimo nellidea della comunit (anche civile) come bellezza; quanto poi alla peculiarit francescana, Bonaventura ne assume la forma vivendi, ma anche alcuni elementi caratteristici, come il senso della solidariet (esemplificata dallepisodio francescano del libro fatto a pezzi perch tutti possano leggerlo); c una assunzione parziale, come per leguali-tarismo e la povert, che rimangono ideali; c per anche una certa rimozione della radicalit francescana, ad esempio nel caso della pena di morte, ammessa senza alcun problema da Bonaventura. Questa tensione tra ideale e reale, e una certa ambiguit di fondo, la ritroveremo anche nel successivo pensiero politico francescano: si pensi alle contrapposte posizioni che assumeranno rispetto al Papa e allImperatore Matteo dAcquasparta e Guglielmo di Ockham: segno, forse, che il messaggio di Francesco di Assisi supera di gran lunga i tentativi di riformulazione da parte dei filosofi e teologi francescani...

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