Tentativo di portare in luce la nascosta duplicità dell'approccio "fenomenologico" di Heidegger in Essere e Tempo attraverso un'analisi della morte intesa come "fenomeno"; in particolare si mette in luce l'inconciliabilità del carattere della "propriezza", con il fenomeno della morte così come viene concepito da Heidegger.
Pubblicato originariamente su "Aquinas" nel 1999.
Original Title
Roberto Risaliti - "Propriezza" e Morte dell'"Esserci" in Essere e Tempo di Heidegger
Tentativo di portare in luce la nascosta duplicità dell'approccio "fenomenologico" di Heidegger in Essere e Tempo attraverso un'analisi della morte intesa come "fenomeno"; in particolare si mette in luce l'inconciliabilità del carattere della "propriezza", con il fenomeno della morte così come viene concepito da Heidegger.
Pubblicato originariamente su "Aquinas" nel 1999.
Tentativo di portare in luce la nascosta duplicità dell'approccio "fenomenologico" di Heidegger in Essere e Tempo attraverso un'analisi della morte intesa come "fenomeno"; in particolare si mette in luce l'inconciliabilità del carattere della "propriezza", con il fenomeno della morte così come viene concepito da Heidegger.
Pubblicato originariamente su "Aquinas" nel 1999.
Roberto Risaliti Com' noto, Essere e tempo 1 si presenta come un tentativo di tema- tizzazione e problematizzazione dell'essere e del suo senso, ma con la posi- zione stessa del problema dell'essere, la ricerca si sposta su un tipo parti- colare di ente: la posizione di tale problema richiede infatti una compren- sione preliminare di chi pone il problema, e di quali mezzi concettuali sono richiesti al fine di risolverld; Heidegger dichiara immediatamente che ta- le ente noi Io siamo 3 La successiva denominazione di tale ente "che noi stessi sempre siamo" col termine di "Esserci" non aggiunge nulla alla ge- nericit di questa determinazione 4
La prima, generalissima, determinazione di "Esserci" si trova al principio del primo capitolo della prima sezione: L'ente che ci siamo proposti di esaminare il medesimo che noi stessi sempre [corsivo mio] siamo. L'essere di questo ente sempre mio. Nell'essere che pro- prio di esso, questo ente si rapporta al proprio [corsivo mio] essere 5
Questa definizione contiene in realt non una ma due determinazio- ni essenziali dell'Esserci: l'Esserci "noi" e l'Esserci "sempre mio". ll "noi" cui fa riferimento Heidegger sembra essere il noi esseri umanz: noi uomini, in un senso pre/iloso/ico per cui, nel modo di vivere quotidiano, siamo ovviamente presenti gli uni agli altri. Ma il vivere quotidiano e il lin- guaggio tramite cui, in esso, ci si esprime, sono naturalmente ambigui 6 , e 1 M. HEIDECGER, Sein und Zeit, Tiibingen, Max Niemeyer, 1979", ristampa sostanzialmente iden- tica della prima edizione, uscita nell'ottavo volume dello fiir Philosophie und phiinome- nologische Forschung>> dei 1927 (trad. it. Essere e tempo, a cura di Pietro Chiodi, Milano, Longanesi & C., 1976'; le citazioni, talora modificate tacitamente, sono tutte tratte da quest'opera). 2 M. HEIDEGGER, Essere e tempo, cit., 2, p. 22. 3 Ibidem. 4 lvi, 2, p. 23. 5 lvi, 9, p. 64. 6 Heidegger non pare rendersi conto dell'ambiguit posseduta dall'espressione "noi". Anche nel- l'introduzione, nel contesto della riproposizione del problema dell'essere, Heidegger assume pacifi- camente, quasi come un'ovviet, la sinonimia di "ente che nel modo di essere dell'Esserci" e "uo- mo" (ivi, 4, p. 28). AQVINAS, Anno XLII; 1999, Fascicolo l 126 Roberto Risaliti la determinazione ontologica degli enti non qualcosa che gi c': anzi il compito che Heidegger si propone di realizzare col complesso della sua indagine. Per queste ragioni, il "noi" usato al principio del 9, e poi nel corso di tutta l'opera, non pu che denotare ci che quotidianamente, nel vivere di tutti i giorni pre-filosofico e pre-scientifico, gli esseri umani chia- mano "uomini", "esseri umani", per l'appunto. n concetto di tali entit per essenzialmente indeterminato: la determinazione che si ha di chi sia- mo noi .cambia inevitabilmente con il cambiare di chi siano coloro che di- cono "noi" e che si intendono al riguardo. Questa necessaria indetermina- tezza del "noi" esplicitamente teorizzata,'proprio nel contesto del chia- rimento preliminare dei caratteri pi generali e pi fondamentali dell'ente indagato col nome "Esserci" 7 n concetto di mediet (Durchschnitt- lichkeit), o quotidianit (Alltliglichkeit) dell'Esserci, lo svelamento della quale uno dei compiti dell'analisi esistenziale, non contiene soltanto l'u- suale rapporto dell'Esserci col proprio essere (ordinariamente "inautenti- co"), ma determina anche l'estensione del concetto di Esserci, ossia di chi si parla quando si usa sensatamente e appropriatamente l'espressione hei- deggeriana "Esserci", come viene in luce laddove Heidegger differ:enzia la quotidianit dalla primitivit 8 Heidegger ben consapevole che la quotidianit, o mediet, sempre quella di una determinata cultura; non solo: che possono esserci pi culture diverse fra loro, che queste, a loro volta, non sono qualcosa di statico, ma si differenziano nel tempo e posso- no evolversi, progredire. La sua scelta teorica per quella di ignorare de- liberatamente tali differenziazioni, in quanto la conoscenza di diverse cul- ture e, eventualmente, della loro storia, non pu che provenire da una ri- cerca scientifica determinata, e tutte le ricerche scientifiche sono, nella lo- ro essenza, fondate dall'ontologia, e non possono esserne i presupposti 9
Si pu concludere che, nonostante ci non venga mai esplicitamente teo- rizzato da Heidegger, il "noi" di cui parla denota, se non altro in via preli- minare, gli esseri umani appartenenti alla cultura o comunit accessibile pi direttamente al filosofo. Cos, nonostante Heidegger usi sempre il ter- mine "Esserci" al singolare in tutto Essere e tempo, io, nel seguito della mia analisi, parler anche degli Esserci, al plurale. Ci mi pare giustificato a sufficienza da vari fatti: in primo luogo dall'uso del "noi" appena visto; secondariamente dal concetto heideggeriano di con-essere; infine dal suo richiamo alla "comunit", al "popolo". In uno dei paragrafi finali dell'o- pera, dopo che ha determinato il senso dell'essere dell'Esserci come tem- poralit e ha specificato quest'ultima come storicit in senso originario, - 7 lvi, 9, p. 66. 8 lvi, 11, pp. 73-74. 9 Ibidem. )"\ J l ' -------- "Propriezza" e morte dell"'Esserci" in Essere e tempo di Heidegger 127 Heidegger scrive che l'Esserci si concretizza sempre e necessariamente nel popolo (Volk), nella comunit (Gemeinschaft), pi specificamente, nel- la storia di questa 10 n concetto cos raggiunto, per, ancora vago: rima- ne indeciso infatti se il "noi" vada riferito alla civilt occidentale in gene- rale, a quella europea, a quella soltanto di lingua tedesca, in modo ancora pi specifico, oppure pi ampio. n "noi"' la prima determinazione che Heidegger d dell'Esserci, con cui si apre !'"analitica esistenziale", denota la comunit umana a cui l'autore di Essere e tempo riconosce implicita- mente di appartenere. Heidegger non si limita ad asserire che l'Esserci siamo "noi": quella che viene data subito dopo una determinazione completamente diversa. Viene detto che l'essere dell'Esserci sempre mio (je meines), e consiste in un rapportarsi dell'Esserci al proprio essere. Heidegger, per rendere esplicito il proprio pensiero in merito all'essere dell'Esserci, non usa il pronome alla terza persona, come pure sarebbe lecito aspettarsi: non dice che l'Esserci in modo tale che il suo essere sempre suo; dice invece che esso "mio". Si tratta di una forzatura fatta al linguaggio che pu ragione- volmente avere un solo scopo: sottolineare il carattere di "propriezza" del- l' essere dell'Esserci, l'assoluta unicit e insostituibilit dell'essere di ogni Esserci; ma l'essere dell'ente in generale fenomeno in senso proprio, mostrare s nel senso teorizzato nel 7 dell'operali: dunque la struttura formale di quel tipo di ente che si chiama "Esserci" consiste in un mo- strarsi che si rapporta a se stesso in modo tale che esso appartiene necessa- riamente sempre a s. Si tratta allora di vedere come si configura questo rapporto. Nel 11, in cui viene rimarcata la differenza essenziale tra la ricerca antologica e le scienze positive, "ontiche", il filosofo, per la prima volta, accenna a quello che per lui il punto sostanziale che impedisce a scienza e filosofia di concepire in modo adeguato ed originario l'essere dell'uomo, l'Esserci: il disconoscimento del fenomeno del mondo 12 Heidegger avver- te immediatamente che il concetto di mondo non pu essere ricavato comparativamente attraverso il confronto di quante pi possibile civilt o comunit umane, e nemmeno tramite il raffronto di Weltanschauungen. Queste ricerche, secondo Heidegger, presuppongono il mondo e non ne chiariscono l'essenza; compito della filosofia esplicitare il concetto au- tentico del mondo, ma ci possibile soltanto attraverso un'analisi appro- 10 Ma poich l'Esserci, carico di destino per il fatto di essere-nel-mondo, esiste sempre e per es- senza come con-essere con gli altri, il suo storicizzarsi un con-storicizzarsi ed determinato come destino. Con questo termine intendiamo lo storicizzarsi della comunit, del popolo [corsivo mio] (ivi, 74, pp. 460-461). 11 lvi, 7, specialmente il punto C, pp. 54-60. 12 lvi, 11, p. 74. 128 Roberto Risaliti fon dita della costituzione dell'Esserci 13 Al principio del secondo capito- lo, Heidegger passa sommariamente in rassegna alcuni concetti fonda- mentali per la comprensione dell'Esserci, come essere-sempre-mio, au- tenticit e inautenticit, e cos via. L'oscurit della terminologia adoperata lascia aspettare un immediato chiarimento di tutte queste importanti pro- priet, ma Heidegger lo rimanda ad un momento successivo dell'indagi- ne14; l'esistenza dell'Esserci, e quelle propriet che in essa si fondano o co- munque ad essa si riconnettono, sono tutte possibili, e comprensibili, sol- tanto sul fondamento ( Grund) di questa costituzione d'essere: l'essere-nel- mondo. A sua volta, il mondo considerato da Heidegger un costituente dell'Esserci: Esserci e mondo, allora, rimandano l'uno all'altro in modo essenziale, in modo, cio, per cui non pensabile Esserci senza mondo co- me non pu darsi mondo senza Esserci che in esso vive 15 . L'Esserci ne- cessariamente "nel-mondo", nel senso che la nozione di Esserci effetti- vamente esplicabile solo sulla base di una comprensione di qualcosa come il mondo. Per quanto riguarda questo stesso mondo, tuttavia, le cose stan- no in modo ben diverso: esso non semplicemente spiegabile, ma anche in assoluto possibile, solo sul fondamento ontologico dell'Esserci. Heideg- ger giudica insensato chiedersi se sia possibile un mondo a prescindere to- talmente dall'Esserci 16 . Comunque il mondo sia fatto, il suo essere dipen- de dall'Esserci in quanto quest'ultimo come (als) essere-nel-mondo. Ma se l'essere-nel-mondo un costitutivo dell'essere dell'Esserci, ci com- porta che, qualsiasi senso concepibile l'espressione "mondo" possa assu- mere, tale senso comunque in riferimento essenziale all'Esserci. D mon- do tale solo in quanto mondo per l'Esserci, quindi, in definitiva, il mon- do non pu che essere un mondo che mostra s all'Esserci: comunque il mondo si conformi, l'essere del mondo sar in linea di principio un mo- strarsi interno a ci che Heidegger denomina "Esserci" 17 Se "mondo", qualunque cosa questa parola possa denotare, un carattere (Charakter) dell'Esserci, 1' ente che ontologicamente possibile solo sul fondamento del mondo, e ilmondo stesso, risultano in definitiva essere possibili sol- tanto in virt dell'Esserci. "Mondo" va inteso nel senso di mondo vissuto, colto direttamente dall'Esserci come il mondo in cui l'Esserci stesso si tro- va ad essere. Quest'ultima proposizione pu sembrare l'espressione di una contraddizione, ma a mio parere non si tratta propriamente di una contraddizione, piuttosto di una nascosta duplicit di senso del termine "Esserci". Heidegger sembra soltanto usare "Esserci" in modo determi- 13 lvi, 11, p. 75. 14 lvi, 12, p. 76. 15 lvi, 11, p. 75. 16 lvi, 43a, p. 252. 17 lvi, 14, p. 89. 'l 1 l ,, l ' .. ij ' "Propriezza" e morte dell'"Esserci" in Essere e tempo di Heidegger 129 nato; in realt, nel corso di tutto il libro, l'espressione "Esserci" viene usa- ta per denotare, di volta in volta, due enti categorialmente distinti: quel- l' ente a cui il mondo si mostra, e quel tipo di ente che comunemente no- to con i nomi "uomo", "essere umano". li mondo, in assoluto, considerato da Heidegger parte dell'Esser- ci, un suo "costitutivo", perci tutti gli enti intramondani sono anch'essi interni, in un certo senso, all'essere dell'Esserci. Dunque, "rapportarsi al proprio essere" non indica necessariamente il raccogliersi nella propria interiorit, non un'introversione di tipo psicologico dell'essere umano. Lo , anzi, tanto poco che ordinariamente l'Esserci si rapporta al proprio essere nel modo inautentico dell'immedesimazione con gli enti intramon- dani. L'Esserci entra in relazione con questi enti, agisce su di essi o subi- sce qualcosa da essi, prendendo gli altri enti, e non se stesso, come punto di riferimento del proprio agire, pensare, valutare, etc. Si tratta pur sem- pre di un rapportarsi dell'Esserci al proprio essere perch comunque, in ogni circostanza, l'Esserci stesso che si comporta, pensa, valuta in que- sto o quel modo, etc. Sceglie, dunque, di essere in un certo modo, esiste. caratteristico dell'esistenza inautentica che tale rapportarsi al proprio es- sere sia di tipo mediato: per Heidegger, infatti, non ha importanza diffe- renziare questo amplissimo genere di rapporto. Secondo lui, ogni modali- t di esistenza in cui l'Esserci non si rapporta direttamente e consapevol- mente al proprio essere inautentica. L'esistenza inautentica si caratteriz- za in questo modo: l'Esserci sceglie, consapevolmente o meno, di realiz- zarsi attraverso possibilit che non sono il suo stesso essere e che sono da lui trovate come "esterne" a s, cio, come pare di capire, contingenti, ac- cidentali, non comprese a priori, rispetto a quanto c' di fondamentale nel proprio essere. Per quanto riguarda, invece, l'esistere autentico, la possi- bilit su cui esso si fonda non pu provenire da enti intramondani; deve allora risultare dallo scegliere, da parte dell'Esserci, quella possibilit che scaturisce solo da s, e in cui egli gi sempre si mantiene, sia pure ignoran- dola o misconoscendola. Tale possibilit identificata da Heidegger con quella della morte 18 Ma "morire", all'interno della prospettiva antologi- co-fenomenologica di Essere e tempo, un termine il cui senso tutt'altro che chiaro: appena il caso di ricordare come l'antologia fondamentale di Heidegger abbia carattere di precedenza e di fondativit per ogni scienza, quindi anche per quelle scienze che in qualche modo scoprono e indagano il morire dell'essere umano o anche semplicemente il morire in generale. Per cogliere il concetto antologicamente adeguato della morte, occorre, secondo Heidegger, prendere le mosse dal contesto della vita quotidiana in cui l'Esserci abitualmente si muove, essendo per principio impossibile 18 lvi, 48, p. 300. ,_ 130 Roberto Risaliti esperire realmente la propria morte e successivamente poteme avere un concetto ed esprimerlo 19 Secondo Heidegger, uno dei risultati dell'anali- tica esistenziale consiste nel mostrare che solo uno pseudo-problema quello di una presunta soggettivit chiusa in se stessa, tale per cui sarebbe problematico il passaggio da essa ad "altri" soggetti. Perch si mostri l'in- consistenza del problema, occorre esplicitare il senso che ha, all'interno del mondo scoperto dall'Esserci, il riferirsi ad "altri" 20 ll rapporto sussi- stente fra ogni singolo Esserci e la molteplicit degli altri Esserci caratte- rizzata come originaria compresenza di pi Esserci in un unico mondo a tutti comune; questa fondamentale propriet dell'Esserci in quanto esse- re-nel-mondo chiamata da Heidegger "con-Esserci" (Mitdasein): gli al- tri si rivelano come altri Esserci e vengono compresi come tali, proprio come l'Esserci comprende se stesso come ente che in quella modalit di essere, quindi non come utilizzabile n come semplice-presenza, ma, ap- punto, come Esserci. Questo mostrarsi in modo immediato degli altri Es- serci avviene, come gi per il mondo in generale e per 1' ente che ha il mo- do di essere dell'utilizzabile, in un ambito preconoscitivo, preteoretico, cos da escludere la mediazione di vissuti, esperienze in senso fenomeno- logico husserliano, sia per cogliere l'Esserci degli altri, sia per se stessi come Esserci. Heidegger, peraltro, non sostiene che tali vissuti non ci siano, ovvero che siano una chimera filosofica; teorizza, piuttosto, che la presenza di tali vissuti va, nel corso dell'analisi, sistematicamente saltata, per fare s che si mostri d che invece . colto come entit, come essente: gli enti nella loro variet di utilizzabili, di Esserci, etc. 21 Heidegger non ri- fiuta in assoluto che ci siano cose come i vissuti, ma nega che la conoscen- za di questi possa avere una funzione esplicativa per la comprensione del- le strutture in cui l'essere dell'Esserci si articola, in questo caso la struttu- ra del con-Esserci. In un primo momento della sua analisi del fenomeno della morte, Heidegger pare riconnettersi in modo diretto e con coerenza con quanto aveva sostenuto nel paragrafo dedicato al con-Esserci, e manifesta l'inten- zione di arrivare a comprendere in cosa consista ontologicamente la mor- te dell'Esserci, attraverso l'esperienza (Er/ahrung) che si ha del morire de- gli altri Esserci 22 L'apertura (Erschlossenheit) per cui gli altri Esserci sono presenti ed accessibili immediatamente nel contesto esistenziale di ogni 19 lvi, 47 p. 291. 20 lvi, 26, p. 153. 21 il modo primario ed elementare in cui si incontra l'Esserci nel mondo, cos originario che an- che il proprio Esserci innanzi tutto "scopribile" per l'Esserci nel volgere gli occhi altrove da, cio in assoluto ancora non "vedere", "esperienze vissute" e "centro di atti" (ivi, 33, p. 154). 22 L'Esserci pu, tanto pi che esso essenzialmente con-Esserci con gli altri, acquisire un'espe- rienza della morte (ivi, 47, p. 291). .... "Propriezza" e morte dell'"Esserci" in Essere e tempo di Heidegger 131 singolo Esserci, , infatti, quella stessa apertura attraverso cui l'Esserci si comprende, presente a se stesso, come Esserci. Poich dell'essere del- l'Esserci fanno essenzialmente parte situazione emotiva (Be/indlichkeit) e comprensione (Verstehen), ne risulta che questi due fondamentali caratte- ri sono a loro volta, in qualche modo, accessibili negli altri Esserci, oltre che in se stessi. Ora, gli "altri" di cui si parla all'inizio del 47, quello sul- l'esperibilit della morte degli altri, non si capisce che "altri" possano es- sere se non altri Esserci. Risultando impossibile arrivare ad avere concetti fenomenologicamente .adeguati del morire e della morte in base alla pro- pria esperienza diretta, Heidegger sposta l'analisi fenomenologica in dire- zione di ci che colto da un Esserci quando esperisce che altri Esserci muoiono. La chiarificazione fenomenologica della morte in base all' espe- rienza che l'Esserci ha del morire degli altri Esserci ha, per, contraria- mente alle aspettative che il lettore di Essere e tempo potrebbe avere, esito fallimentare. In linea generale: per principio escluso che, dato un certo Esserci, avere una qualsivoglia esperienza del morire degli altri Esserci, possa essere in grado di fornirgli il concetto fenomenologicamente rile- vante della morte. L'argomentazione di Heidegger si articola in quattro punti: in un primo momento il morire dell'altro Esserci viene identificato con il suo passare dallo stato di Esserci a quello di una semplice-presenza; in un secondo momento, Heidegger corregge questa interpretazione del morire, notando che il cadavere, il corpo dell'Esserci defunto, non pu, per certe ragioni, in ogni caso essere considerato una semplice-presenza; in terzo luogo, il rapportarsi con l'Esserci morto viene identificato come una particolarissima modificazione del con-essere; infine, l'ultima deter- minazione raggiunta viene dichiarata categorialmente inadatta a fornire il concetto a cui Heidegger tentava di arrivare, e viene spiegata la ragione fondamentale di questa impossibilit. Quest'ultima conclusione fa s che l'analisi di Heidegger si porti su un altro campo, del tutto estraneo a quel- lo del con-Esserci e comunque dell'avere a che fare con "altri" in genera- le, quello dell'Esserci, al singolare, inteso come assoluto, cio non pi co- me "un" Esserci rapportabile ad "altri" Esserci, ma come "l'Esserci", in un senso dell'espressione affatto peculiare. TI primo passo dell' argomenta,zione di Heidegger consiste nel nota- re che quando un altro Esserci muore, questi non pi "nel" mondo nel senso in cui l'essere-nel-mondo propri solo di quel particolare tipo di ente che l'Esserci; ci che prima era "Esserci", una volta sopravvenuta la morte, pare diventare una mera porzione di materia, una cosa fisica; nel linguaggio di Heidegger: una semplice-presenza 23 Ma al concetto rag- giunto viene fatta immediatamente una correzione essenziale: la .semplice- 23 lvi, 47, p. 292. 132 Roberto Risaliti in cui l'essere di coltii che defunto, il corpo dd morto, non presepza. nel senso in cl.li lo una. osa, a ct estranea per principio ridea che possa essere, o possa essere viva. L'idea della vita, cio di che, se non si pu identificare sen. z' altro con l'Esserci, pur sempre antologicamente fondato per sottrazio. ne sull'Esserci, rimane ome filo conduttore per la comprensione dell'es. sere delFEsserd morto, e dunque del morire e della morte in generale. La, seconda della morte, a cui Heidegger cos giunge, si pu sintetizzare con queste parole: morire consiste nella delle atti. vt vitali, dalle pi semplici, come quelle che pu avere una pianta, a qt1elle proprie solo di quel vivente che
Dato che il vivere
possibile solo sul fondmnento dell'Esserci, la domMda che verte su cosa sia il ''cessare" della vita, rimanda nec;essariamente all'analitica dell'Es serd. Conseguentemente, Heidegger tenta di concettualizzare il modo 4i essere ddl'Esserci morto in base fll fenomeno del con,Esserd. Viene allo ra in luce che, dopo che un Esserci morto, il con,essere imieme a lui di coloro che, invece, sono vivi, permane anc;ora, ma essenzialmente modifi cato. n con,essere con u defunto prende, infatti, l'aspetto della reverenza verso qualcosa che era e che quindi era anche ''vivo'\ ma che non lo pi. Gli altri possono rkordare, compiangere il defunto, pensar lo, rammentarne azioni e convinzioni, ma egli, come Esserd, non nel mondo; il suo corpo semplicemente un indice a cui d si pu riferir{) per presentificare un ente che, a rigore, non c' pi. Tale corpo, inoltre, pro prio per il suo intrinseco rimando ad un ente che stato nel modo d'essere delF esistenza, non pu essere considerato un utilizzabile2 5 n carattere pi rilevante che mi pare emergere da questa applicazione dei risultati feno menologid conseguiti del on,Esserd al problema di co. sa sia la morte, che jn modo r analisi fenomenologica pu scopri re, in sostanza, soltanto questo: con il morire, l'Esserd non pi. Ci si. gnifica che non si pu c:;ogliere, in quanto Esserci, colui che morto, nel mondo che appartiene a ciascuno nl suo on,essere con gli altri26: re", dunque, verrebbe a significare, a voler dire, passare, da parte dell'ente del tipo ''Esserci", dall'Esserci come essert>nel.mondo, al non-Esserci pi, e quindi al lasciare di s nel mondo solo il corpo privo di vita e il fi, cordo (eventuale) negli altri Esserci, Ma questo risultato non soddisfa as. solutamente Heidegger, il quale, anzi, afferma l'inadeguatezza non solo eU ci a cui l'analisi pervenuta, ma del metodo stesso adoperato per inten. 24 Ibidem. 25 Ibidem. 26 Ibidem. ; "Prapriezza" e morte dell"'Esserci" in Essere e tempo di Heidegger :!-3.3 dere l'essere della morte e dd morire, Vale la pena citare per intero il pas, so. in cui Bddegger compie questa sorta di autocritica: Quanto pi adegua,tamente si considera il fenomeno del non-esserci-pi del de- funto, tanto pi si fa chiaro che l'essere-con i morti non e s p e ~ i s c e affatto l'a utenti- co e!ser-pervenuti-alla-fl.ne da parte dei defunti. La morte si rivela certamente co- me l,lfla perdita, ma qualcosa di pi di quanto coloro che rimangono possono esperire. Nei parimenti per la perdita del defunto non si accede alla perdita del- l'essere qnale "patita" da chi muore. Noi non abbiamo esperienz,4, nel senso ge- nuino, del morire degli altri [corsivo mio]; piuttosto, siamo, tutt'al pi, sexnpre soltanto ' 1 vicino" (agli altri) 27
L'esperienza che l'Esserci ha del morire degli "alu:i" (le virgoktte, d'ora in poi, sono d'obbligo, per motivi che spiegher) si rivela per princi- pio incap;lce di fornire quelle c:onoscenze che, sulla base del con-Esserci, Heidegger tentava di acquisire; quell'esperienza non un'esperienza "ge, nuina'2 8 , Poich la ricerca era stata impostata nei termini dell'esperibilit della morte degli ''altri" Esserci, si pu affermare che l'Esserci non esperi- sce mai in senso proprio U morire degli "altri": al massimo esperisce il ri- flesso, l'effetto, le conseguenze della morte altrui, nel mondo che continua a mostrarglisi. Premesso che "esperire" ed ''esperienza" non ricevono mai, in tutto Essere e tempo, una esplicita chiarificazione ontologic:a, con- siderato come Heidegger si esprime nel paragrafo sulla esperibilit della morte degli altri, e ci che da lui inteso con il termine ''comprensione", risulta che l'esperire fa parte di quell'ampia serie di attivit che si ricondu- cono alla comprensione esistenziale. Se, come esplicitamente asserito dal filosofo, ''intuizione" e 1 'pensiero" sono derivati della comprensione originaria, in quanto questa veduta immediata, pre-rifl.essiva e pre-di, scorsiva degli enti nel loro essere4 9 , a maggior ragione "esperire", poich di questa espressione non viene specificato alcun uso tecnico che ne muti il signific:f!tO ordinario, india !)enz' altro una certa modalit di entrare in rapporto con enti che fa parte di quel modo di essere dell'Esserci denomi- nato da Heidegger "comprensione". Comprendere qualcosa, allo stesso modo dell'essere in una situazione emotiva, stato descritto da Heidegger come intrinsecamente pubblico, coglibile da un Esserci nel suo proprio essere cos come nell'essere degli "altri", perch tutti sullo stesso piano del conessere. Ma, nel caso del morire, le cose non stanno affatto in que- sto modo. L'Esserci che esperisce il morire degli "altri", non coglie, di questo fenomeno, che propriet del tutto estrinseche: gli effetti che la 2 7 lvi, 47, pp. 292-293. 28 Ibidem. 29 lvi, 31, p. 187. ,_ 134 Roberto Risaliti morte ausa nel mondo e in chi, in questo mondo, continua ad esistere. n punto che l'Esserci non comprende affatto il morire degli "altri"; nel sen- so che pu bene constatare il fatto che muoiono, o che sno morti, ma non pu esperire il loro morire, non Pll cogliere la morte altrui in prima per- sona, diversamente, si direbbe, da come succede in ogni altro ii compren- dere". Ancora nd 47, dopo avere constatato l'impossibilit d\ sostituire un Esserci ad un altrq - com' fattibile, invece, nel vivere quotidiano - quando in gioco d sia la morte dell'Esserci stesso, Heidegge:r spiega di fatto, pur non presentando esplicitamente la sua spiegazione come spie- gazione, la ragione per cui le categorie esistenziali ddla comprensione e del con-Esserd, da lui stesso messe in luce, non sono in grado di fornire gli strlijllenti per rendere conto conettualmente del fenomeno della mor- te in modo fenomenologicamente adeguato: l'esperienza che FEsserd ha della morte degli "altri" non genuina, non esperienza nel senso auten- tico e p regnante del termine, perch non esperis(e l'esperire del sopravve- nire della morte. La transitivit cl.ell' esperienza possibile, per l'Esserd, solo in se stesso, solo nel proprio essere. Le esperienze di. .. in cqj. quakosa viene colto e dunque si mostra, sono esse stesse direttamente coglibill dal- l'Esserci solo se sono le sue quelle da lui compiute (o patite) in prima persona 30 Nel caso degli "altri", l'Esserci ha s esperienza d loro: li vede, li sente, d lavora insiemt::, parla con loro, li ama, li odia, o gli sono in- differenti, e cos via; non esperisce, per, l loro vedere, sentire, etc. Se le cose non stessero in questo modo, non avrebbe senso, allora, l'insistere di Heidegger sul fatto che l'esperienza del morire degli ''altri" , in qtw.nto tale, categorialmente preclusa, inaccessibile all'Esserci. cos che la ricerca di Essere e tempo si sposta sul piano di una sorta di presenti- ficazione della propria morte da parte dell;Esserci; essa, non ogllbile e concettualizzabile come realt, viene afferrata come una peculiarissima possibilit, L'enfasi con cui Heidegger fa risaltare l'impossibilit di principio di "vivere" il morire altrui (' 1 Nessuno pu assumersi il morire di un altro") pu offuscare U fatto che cos messo in gioco l'intero campo esperienzia- le di un individuo. L'unico argomento portato da Heidegger a sostegno della tesi dell'impossibilit di ottenere u concetto omologico autentico morte sulla base del con-Esserci , infatti, quello he il motire un'e- sperienza propria dell'Esser, inerise alla sua esistenza, e non a quella di chiunque altro. Ma questo lo si pu dire di qualsiasi esperienza, di qualsia- si modo in cui un certo Esserci avverte s come esistente, Heidegger stes- so lo riconosce implicitamente ne1 passo in cui spiega perch non si possa far ricorso alla sostituibilit di un Esserci con un altro per comprendere 30 lvi, 47, p. 294. ,' /.'' -: . "Propriezza" e morte dell"'Esserci" in Essere e tempo di Heidegger 135 cosa sia la morte. Viene dichiarata l'impossibilit di assimilare il morire a tutte le attivit pubbliche in cui gli Esserci sono sullo stesso piano del con- essere, sulla base del fatto che un Esserci scambiabile, sostituibile con un altro, solo nel "prendersi cura di qualcosa" mondano, in cui l'Esserci si mantiene sempre3l. Quello che pubblico nel con-essere, e che quindi ammette la sostituibilit degli Esserci, sono gli eventi del mondo, non l' av- vertire, il cogliere gli eventi, da parte dell'Esserci. Per esempio: suppo- nendo che due Esserci debbano piantare un chiodo in una parete, nell'e- vento che consta dell'Esserci che pianta il chiodo, un Esserci senza dub- bio sostituibile all'altro, senza che la sostituzione cambi la sostanza dello stato di cose mondano dal punto di vista del con-essere, ma l'esperienza dell'Esserci che pianta il chiodo non sostituibile, qualcosa di soltanto suo per principio, non coglibile direttamente da nessun altro. Nel caso dell'esperire proprio, non pensabile che gli Esserci possano prendere il posto l'uno dell'altro. Se cos stanno le cose, la comprensione e la situazio- ne emotiva acquistano un senso completamente diverso da quello preteso da Heidegger. Prendiamo un caso di comprensione dalla forma, si direb- be, semplicissima: l'immediata cognizione del dolore. In che senso l'Es- serci comprende il proprio dolore, e in che senso comprende che un tro" Esserci prova dolore? Heidegger direbbe che in entrambi i casi l'Es- serci comprende in modo del tutto adeguato il fenomeno del dolore. Si tratta, tuttavia, della comprensione di due fenomeni completamente di- versi: nel primo caso ci che compreso la sensazione di dolore, il dolo- re stesso provato; nel secondo caso viene compreso in primo luogo che un certo ente, che per qualche ragione l'Esserci ritiene di poter giudicare suf- ficientemente simile a se stesso, grida, si contorce, etc. In generale: si com- porta in un modo. Questo comportamento, unito alla credenza spontanea, e cio al pregiudizio, per cui esso sarebbe indice che anche "nell'altro" avvengono quei fenomeni che l'Esserci conosce come "senti- re dolore", costituisce ci che inteso dalla comprensione dell'Esserci nel suo con-essere con gli altri. appena il caso di dire che ci mette in una nuova luce l'immediatezza e la genuinit per cui, nel con-essere, l'essere degli altri Esserci sarebbe coglibile direttamente, allo stesso modo, cio, in cui l'Esserci trasparente a se stesso. n mostrarsi degli "altri" Esserci, pur essendo il mostrare s di qualcosa che ha il nome "Esserci", non ci _ che si pretende che sia, perch la stessa espressione viene usata per riferir- si ad enti di specie diversa; ora all'Esserci che ha, in prima persona, sensa- zioni, umori, pensieri, volizioni, etc.; ora ad enti a cui l'Esserci crede di poter riferire, a ragione o meno, il provare sensazioni, l'avere pensieri, etc. n fatto che l'Esserci creda in modo spontaneo, irriflesso, che gli enti che lui 31 lvi, 47, pp. 293-294. 136 Roberto Risaliti considera "altri" Esserci abbiano certe esperienze (intendendo questo termine nel senso pi ampio possibile), non lo si pu confondere col fatto, " del tutto diverso, di avere, di provare su di s, certe esperienze. A mio pa- rere questa ambiguit semantica che caratterizza il cosiddetto "con-Es- serci": in esso, gli "altri" Esserci non sono che Esserci creduti, le cui pro- priet e caratteristiche sono, conseguentemente, propriet e caratteristi- che solo credute, dunque presunte. Da questo punto di vista la "distanza" tra l'Esserci e gli "altri", abissale: in senso proprio questi "altri" non hanno lo stesso status ontologico dell'Esserci, o almeno non si pu giudi- care se ce l'abbiano in base a quanto Heidegger dice di loro. per questo motivo che il termine "altri" stato da me virgolettato: non si tratta, per quanto se ne sa, di enti antologicamente equiparabili a quell'Esserci la cui analisi svolta in Essere e tempo. La propriezza dell'Esserci, il suo costitutivo carattere di "sempre mio" per cui il suo essere gli "appartiene", verso cui l'analisi heideggeria- na si necessariamente sospinta, determinabile, in base ai miei risultati, come accessibilit immediata dell'Esserci alle proprie esperienze ed a ci che in esse si mostra come ente. Di contro, eventuali altri Esserci sono, per l'Esserci, scopribili, a rigore, solo come enti che si mostrano, ma non nel loro proprio accedere agli enti e all'essere. Heidegger, coerentemente, prosegue la sua analisi della morte prendendo a tema la propriezza del- l'Esserci, dove l'uso del singolare non indica una semplice esemplarit (come sarebbe se si parlasse di un Esserci), ma indice di una scelta teori- ca: considerare l'Esserci, se non altro metodologicamente, come un asso- luto, qualcosa di unico e completo in se stesso. Cos l'accessibilit imme- diata ha come conseguenza necessaria la privatezza dell'essere dell'Esser- ci, ovvero, anche ammessa l'esistenza di altri Esserci, l'essere di quell'Es- serci di cui parla Heidegger rimane immediatamente accessibile solo ad esso. importante precisare che la morte si mostra come una possibilit di essere assolutamente peculiare, ma ci non perch essa sia la sola possi- bilit d'essere che propria in via esclusiva dell'Esserci, non perch, in l ~ tre parole, sia l'unica esperienza privata dell'Esserci, mentre tutte le altre sarebbero pubbliche, in quanto possibilit sue proprie, accessibili da que- sto o da quell'Esserci. La peculiarit di questa possibilit consiste piutto- sto, in primo luogo, nel rivelare all'Esserci la "propriezza" che lo lega al proprio essere, e dunque nello scoprire l'autentica natura della modalit d'essere "esistenza": In questa possibilit ne va per l'Esserci puramente e semplicemente del suo es- ser-nel-mondo. La morte per l'Esserci la possibilit di non-poter-pi-esserci. Poich in questa possibilit l'Esserci sovrasta a se stesso, esso viene completamen- "Propriezza" e morte dell"'Esserci" in Essere e tempo di Heidegger 137 te rimandato al proprio poter-essere pi proprio. In questo sovrastare dell'Esserci a se stesso, dileguano tutti i rapporti con gli altri Esserci 32
In merito a quanto sostiene Heidegger in queste proposizioni, fac- cio tre considerazioni. La prima un rilievo di come, nella proposizione finale, Heidegger si trovi di fatto a sostenere che, quando si consideri l'Es- serci nella sua propriezza, ossia in ci che , gli "altri" Esserci non si pos- sono pi, in senso autentico, considerare in "rapporto" (Bezug) con l'Es- serci. sottointeso che per essere in rapporto con qualcuno, l'Esserci deb- ba trovarsi sullo stesso terreno d'essere, debba condividere con questo "qualcuno" una sorta di affinit ontologica; ma tale affinit, quando l'at- tenzione del filosofo si sposta sull'essere proprio, quindi, in definitiva, sull'essere stesso dell'Esserci (su cosa lui, e non su cosa appare a lui), non si d pii!., come invece Heidegger aveva sostenuto teorizzando il "con-Es- serci". ll secondo punto questo: nella spiegazione di cosa sia in gioco in questa particolare possibilit che quella di morire, di cosa sia con essa in questione e a cosa essa s riferisca, Heidegger menziona per due volte un rapporto di riferimento, all'interno dell'Esserci, dell'Esserci a qualcosa. Nel primo caso si tratta dell'Esserci in relazione al "suo" essere-nel-mon- do, nel secondo, l'Esserci viene detto rapportarsi a questo Esserci stesso (a se stesso, dice Heidegger) nella maniera dell'incombere (Bevorstehen) su di s. L'Esserci, perci, scisso, o almeno idealmente scindibile, in due: da una parte costituito dal mostrarsi dell'essere-nel-mondo, con tutto ci che a questo si collega (il mondo come tale, gli enti che si mostra- no, la pi o meno chiara ed autentica cognizione di "se stesso"); dall'altra da un "s", dunque una specie di "io", a cui tutto si mostra. questa una polarit immanente all'essere dell'Esserci che Heidegger tende a velare il pi possibile, ed anzi a pretendere di negare come essente, ma che qui, a mio avviso, si mostra in modo inequivocabile come necessaria proprio al- l'interno del suo impianto teorico. Non possibile determinare maggior- mente questo "polo", in quanto Heidegger teorizza, come ho gi avuto modo di notare trattando del 26 (quello sul con-Esserci), che tale "centro d'atti" va deliberatamente ignorato, se si vuole che gli enti si mostrino nel- la loro immediatezza. Nel periodo citato, infine, Heidegger d una deter- minazione esplicita e precisa della morte: essa consiste nella possibilit che l'Esserci non esista. Ma ci equivale all'annientamento di tutto l'essen- te, al puro e assoluto nulla; si tenga presente, infatti, che Heidegger sostie- ne l'inconcepibilit, l'insensatezza, dell'essere in generale, qualora non esista Esserci 33 La morte dell'Esserci si identifica, sia per quanto lo ri- 32 lvi, 50, pp. 305-306. 33 lvi, 43c, p. 262. ,_ 138 Roberto Risaliti guarda, sia per quanto se ne sa, con il non essere di se stesso e quindi del mondo, data la correlazione del secondo con il primo. Comprendere di cosa sia possibilit, la possibilit della morte, rende manifesto all'Esserci che tutto ci che mostra s, mostra s a lui. Inoltre, poich tra i caratteri che contraddistinguono la possibilit della morte c' quello per cui tale possibilit assolutamente certa 34 , l'Esserci costretto a riconoscere nel proprio non essere l'unico evento della propria vita che non pu, volente o nolente, non scegliere. La possibilit della morte cos l'unica che ineri- sce necessariamente all'essere dell'Esserci, mentre qualsiasi altra possibi- lit in linea di principio non attuabile. per questo che Heidegger la considera la pi propria possibilit dell'Esserci; non che qualsiasi altra possibilit non sia propria dell'Esserci. Piuttosto, ciascuna possibilit d'essere (di comprendere, di sentirsi, di progettarsi, etc.) propria del- l'Esserci, esperibile direttamente solo in lui e da lui; ma tale carattere di "propriezza" pu essere posto chiaramente in luce solo quando l'essere dell'Esserci si svela come intrinsecamente finito, limitato dalla morte. TI modo di progettarsi, ossia di rapportarsi al proprio essere, conseguente alla consapevolezza della propria morte, Heidegger lo chiama "Vorlauj en": alla lettera "correre avanti", dunque, metaforicamente, ''precorre- re", o "anticipare"; di fatto una modificazione di quella modalit d'esi- stenza che quotidianamente chiamata "attesa" o "aspettativa" (Erwar- ten)35. Quando a quest'ultimo fenomeno si tolga il carattere per cui l'a- spettativa sempre aspettativa di qualcosa di reale, di effettivo, e si sosti- tuisca alla determinatezza di una cosa o di uno stato di cose concreti, la pura possibilit del non-essere radicale, lo Erwarten diventa un Vorlau- /en. Se l'Esserci pensa, vuole, agisce, in generale vive (cio ), nella consa- pevole attesa del proprio ineluttabile non-essere, allora la sua esistenza, in quanto costituita dalla scelta della sua possibilit pi propria, auten- tica36. L'essere-per- costitutivo dell'essere-per-la-morte una forma parti- colare dell'aspettare, e l'aspettare si riconduce a quel carattere dell'Esser- ci che Heidegger ha chiamato "comprensione". Ma "comprensione" il nome usato per indicare i modi tramite cui l'Esserci intende, in senso ge- nerale, l'ente: il nome di un'ampia, anche se non chiaramente determi- nata, classe di atti. Ora, fuori discussione che gli atti di comprensione facciano capo a un qualcuno o qualcosa di unico e stabile, altrimenti chi progetterebbe l'Esserci nel modo dell'essere-per-la-morte? Ma non vedo come questo 34 lvi, 53, p. 321. 35 lvi, 53, pp. 318-319. 36 lvi, 53, p. 319. '; '. :-,,.. ,..f: i. 1 "''>"''_-.- . .
"Propriezza" e morte dell"'Esserci" in Essere e tempo di Heidegger 139 chi progettante possa identificarsi con l'Esserci nel senso di quella com- plessa struttura di cui fanno parte, tra le altre cose, il mondo, gli "altri", gli utilizzabili, etc. T antomeno uno qualsiasi di tali enti pu essere questo "qualcosa" a cui, tra gli altri, gli atti di progettarsi ed anticipare fanno ca- po. Di nuovo si costretti a far ricorso, nonostante che Heidegger non ne faccia esplicitamente menzione, all'idea di un polo, di un centro di attivit in grazia solo del quale ponibile come problema se l'Esserci sia "se stes- so" o meno. L'Esserci che si venuto cos delineando qualcosa di ben lontano dall'Esserci come uomo, essere umano, con cui Heidegger pretende, inve- ce, di identificarlo. L'Esserci che si progetta per la morte, che vive in vista del proprio annullamento, determinabile a mio avviso come un ego fenomenologico: una sfera in s conchiusa di vissuti. A questa sfera fa capo un centro iden- tico di tali vissuti, o esperienze, i quali, da parte loro, rivelano bens enti di ogni tipo, ma come enti per lui, per l' egon. Per questo ego l' esternit una nozione assai problematica, se non addirittura insensata. Naturalmente, quello denotato da "esternit" diventa un concetto banale, se con questo termine intendiamo ci che sta fuori dall'ente psicofisico che l'Esserci as- sume aproblematicamente come il proprio corpo, o addirittura come se stesso. Heidegger, anche dopo aver determinato di fatto l'Esserci come un ego, nel senso che ho tentato di chiarire, usa per "Esserci" anche co- me nome per indicare l'essere umano. Sono, quindi, rintracciabili nell' ontologia fenomenologica di Essere e tempo due istanze teoriche contrapposte. Da un lato, l'ente che compie la ricerca ontologica, fra l'altro, identifica gli enti che si presentano come apparentemente della sua stessa specie, come ontologicamente simili a s, cio altri Esserci. In questo modo comprensibile che Heidegger dica che l'Esserci siamo "noi", dato che estende immediatamente ci che trova co- me costituente del proprio essere a quegli enti che sono da lui esperiti in modo aproblematico come Esserci. D'altro canto, l'analisi dell'esistenza porta in luce la propriezza dell'Esserci, dunque la privatezza del suo esse- re, la quale comporta, in ultima analisi, la sua assolutezza ontologica. Con- sapevole di ci, Heidegger qualifica l'essere dell'Esserci come "sempre mio", ed anzi enfatizza la propriezza dicendo che l'Esserci io lo sono. Nel sottolineare che l'Esserci sono "io", o che l'essere di questo ente "sem- 37 L'idea di usare il termine "ego" per indicare la regione dei puri vissuti in connessione con il po- lo soggettivo che, pur vivendo in essi, non si identifica o risolve nei vissuti stessi, una suggestione delle Meditazioni cartesiane di Husserl. Cfr. specialmente i 30-33 della Quatta meditazione, pp. 99-103 di E. HUSSERL, Cartesianische Meditationen und Pariser Vortriige, herausgegeben von Stefan Strasser, Den Haag, Mattinus Nijhoff, (trad. it. Meditazioni cartesiane, a cura di Filippo Costa, Milano, Bompiani, I ed. riveduta, 1988, pp. 91-94). ' ..... 140 Roberto Risaliti premio", emerge, a mio avviso, una visione della fenomenologia inconci- liabile con quella che Heidegger pretende di far valere come genuina, ori- ginaria, quando teorizza che fenomeno il mostrare se stesso dell'ente. In ) questa seconda concezione ci che mostra se stesso il mio esperire, il mio cogliere, i miei vedere e sentire, qualcosa: di me, cio, come ego, soggetto fenomenologico.