You are on page 1of 66

diventare adulta.

E fra queste due scelte non c'era poi tanta differenza ; la Maria bambina comunque non sarebbe pi esistita. E questa constatazione mi faceva soffrire, perch non avevo che undici anni. Quando stanchi giungemmo alla casa di ittnau, la sera del giorno dopo la nostra partenza, trovammo ad attenderci parecchie sorprese. !a prima si present" non appena entrammo in casa e pap# accese la luce $ vedemmo subito, in un angolo dell'ingresso, una 31 bicicletta nuova, piccola, colorata di rosso e di giallo e cos% lucida da sembrare nuova. Mio padre teneva &icola in braccio, gli indic" la bici e gli disse $ ' (i piace la bicicletta, a' pap# ) ' e vi ci appoggi" sopra mio fratello che, mezzo addormentato, non parve apprezzarla. Mia madre non aveva una faccia entusiasta per la novit#, ma pap# intu% al volo il suo stato d'animo e le disse $ ' &on ti preoccupare *armeli', non + mica nuova sta bici, non mi + costata una lira , -ndai alla discarica gi a .faffi/on, e me ne tornai a casa con tre vecchie biciclette che i bambini di qua avevano buttato. !e smontai, tenni i pezzi pi sani, li lucidai e li rimontai. Ed ecco la bicicletta di &icola , ' -ppena entrati in cucina vedemmo un frigorifero che prima non c'era, ed ora invece troneggiava nel suo maestoso e quasi ieratico aspetto, grande e rumoroso come un trapano. - 0ionero non avevamo il frigorifero in casa ; d'inverno non era un problema perch+ fuori faceva freddo a sufficienza, mentre d'estate mamma si arrangiava con i cubi di ghiaccio che compare -lfio, u' baccal#, portava in giro per tutto il paese con il suo motocarro. 1oltanto una decina di famiglie del paese possedeva un frigorifero, e fra queste c'era la signora -ltomonte, 'a pilusa, che quando glielo consegnarono chiamo' a raccolta tutte le comari del quartiere perch vedessero bene che lei, la moglie dell'avvocato -ltomonte, possedeva un frigorifero. Ma le novit# non erano finite, c'era anche una vasca da bagno nuova fiammante, e soprattutto nella nostra cameretta c'erano letti nuovi ; uno a una piazza, in legno di pino, dove avrebbe dormito *aterina in quanto figlia maggiore, e un altro, pure di pino, che che si sviluppava in verticale e aveva un materasso di sotto e uno di sopra, con una scaletta rossa di ferro per montarci su. ' 1i chiamano letti a castello, Mar% ' mi disse pap#. ' 1otto + meglio che ci dorma &icola, sai mai che potrebbe cadere, e tu dormi sopra, cos% dall'alto domini i tuoi fratelli ,' &on ce lo facemmo ripetere due volte, ci spogliammo nel tempo che impiega nelle notti estive una stella a cadere, e ci infilammo sotto le coperte. !a stanchezza si trasform" in sonno non appena mamma astut" la luce. 2l giorno dopo, appena usciti di casa scoprimmo un'altra novit# $ pap# aveva un orto. &aturalmente non era di propriet# sua, era in affitto ; il Municipio di ittnau aveva dei terreni incolti che concedeva, a piccoli lotti, in affitto alle famiglie affinch+ ne ricavassero degli orti da coltivare. .ap# ci disse che lui era stato

l'ultimo italiano ad avere il suo piccolo lotto, perch gli abitanti della zona, gli Ureinwohner, quando scoprirono che diversi lotti erano stati concessi ad immigrati italiani protestarono vivacemente contro le -utorit# ; sostenevano che i lotti di terreno si trovavano in 1vizzera, e quindi doveva essere data la precedenza ai cittadini svizzeri. 3li spaghetti venivano dopo, e solo dopo che tutte le domande degli svizzeri erano state soddisfatte, allora si poteva pensare agli immigrati. &on appena nostro padre ricevette l'autorizzazione a coltivare il suo pezzetto di terra, si mise immediatamente a lavorarla prima che cambiassero idea ; zappava e seminava sotto gli sguardi contrariati degli abitanti del villaggio, anche di quelli che la terra l'avevano gi# ottenuta $ lavoravano l'orto a fianco di pap# e ogni tanto si fermavano a guardarlo scuotendo la testa. Ma lui continuava a lavorare a testa bassa, non guardava in faccia nessuno, zappava, concimava e rivoltava le zolle per pi tempo e con maggior vigore degli 4rein5ohner, e mentre calava la zappa o raccoglieva le pietre, pensava $ ' 6e lo faccio vedere io chi + il vero contadino qua , 2n fabbrica non sono un operaio migliore di voi svizzeri, ma qui, a spaccarsi la schiena sulla terra, siete voi che avete qualcosa da imparare , ' 32 2nfatti sembrava che il suo orto producesse di pi e meglio di quelli dei suoi rivali svizzeri. Questi avevano seminato soprattutto cavoli, verze, patate e zucchine, mentre pap# oltre agli stessi ortaggi aveva piantato dei pomodori e in un angolo un po' di fragole, per noi bambini. !a verdura cresceva pi fitta e pi rigogliosa che negli orti accanto, e i pomodori, beh, certo non godevano n del sole n dell'aria della !ucania, per" sembravano rossi quasi quanto i nostri, erano sugosi e avevano un ottimo profumo. !a sua cultura contadina esplodeva tutta intera nella coltivazione di quel minuscolo pezzo di terra che a confronto con i campi che coltivava nelle vallate di 0ionero pareva semplicemente l'angolino di terra sopra cui appoggiare gli attrezzi. !'ultima novit#, la pi importante di tutte, era riservata a me, e sarebbe giunta molto presto. 1i trattava della scuola. Era la fine di settembre ed io sapevo bene che al mio paese quel periodo coincideva con l'inizio della scuola. Ma noi non eravamo pi a 0ionero, e agli studi io non ci stavo proprio pensando. 7ino al momento di partire per ittnau, la scuola era stato uno dei miei pensieri pi ricorrenti, mi chiedevo ogni giorno dove avrei potuto riprendere a studiare. E se mai avrei ripreso. Ma ora che a ittnau ci stavo, il collegamento con la scuola era scomparso dai miei pensieri. 1apevo che i bambini svizzeri avevano gi# ripreso la scuola, che iniziava per tutti a fine agosto. Ma vedevo che mamma e pap# non ne parlavano neppure tra loro e quindi proseguivo la mia vita tranquilla. 7inch venne il giorno in cui i nostri genitori ci spiegarono la decisione che avevano preso riguardo al nostro futuro $ &icola avrebbe frequentato l'asilo di ittnau, il kindergarten, io le scuole elementari a .faffi/on e *aterina avrebbe abbandonato gli studi. *ater%, tu ormai sei grande, tieni quattordici anni, tu non andrai a scuola ' le disse pap#. .er la verit# le scelte per il futuro non riguardavano solo noi ragazzi, ma comprendevano anche mamma. !ei sarebbe andata a lavorare in fabbrica,

pap# le aveva trovato il lavoro in un laboratorio tessile non molto lontano da casa. Ma che avrebbe potuto fare mamma in una fabbrica ) *e lo stavamo chiedendo tutti, pure lei, perch+ la sola idea che nostra madre, casalinga a tempo pieno e contadina a tempo parziale, potesse fare l'operaia suscitava in noi un misto di sentimenti che andavano dall'ilarit# all'angoscia. Mamma andr# a fare l'operaia in questa fabbrica tessile 8 ci spieg" pap#. ' 2l lavoro + semplice, le donne devono intrecciare dei fili di carta tagliata sottilissima intorno ai cavi elettrici di rame. 3i# ci lavorano tante donne immigrate, ci sono siciliane, napoletane, calabresi, mi hanno detto che + un lavoro facile e s'impara subito. !ei comincer# tra due settimane e poi, dopo &atale, pure *aterina potr# andare a lavorare in quella stessa fabbrica '. E cos% tre su quattro erano sistemati. 0estavo solo io. 2o avrei ripreso la scuola pochi giorni dopo, ai primi di ottobre, pap# mi aveva iscritta alla sesta classe, l'ultima delle elementari, a .faffi/on. *ome prima cosa, avrei dovuto sottopormi a un colloquio con un insegnante della scuola, che avrebbe verificato il mio grado di preparazione e la mia conoscenza della lingua tedesca. 1ubito pensai con terrore a quell'esame cui dovevo sottopormi, pensai che la mia conoscenza della lingua era quasi inesistente, e dunque come avrebbe potuto un insegnante che mi interrogava in tedesco verificare la mia preparazione ) Ma le cose non stavano esattamente cos%, lo scoprii due giorni dopo quando pap# mi accompagn" al colloquio. !'insegnante era una donna abbastanza giovane e molto carina 33 Era decisamente alta, bionda e magrissima, con un delizioso nasino all'ins e le labbra colorate con un rossetto color prugna. 2l suo aspetto grazioso era in netto contrasto con il suo modo di fare, freddo e sbrigativo, che non mi metteva per nulla a mio agio. .er" parlava bene l'italiano, il che mi permise di capire meglio che l'esito del colloquio fu disastroso. !ei mi faceva domande in italiano e io avrei dovuto rispondere in tedesco. !a decisione finale dell'insegnante fu che non avrei potuto frequentare la sesta elementare in quella scuola, perch non ero sufficientemente pronta. .erci" sarei stata assegnata d'ufficio alla quinta elementare, ma non mi avrebbe iscritta ad una quinta normale, bens% a una quinta sonderklasse. &elle scuole svizzere c'era a quel tempo una suddivisione dei bambini, dalla seconda elementare in poi, tra quelli pi bravi e quelli meno bravi. 9 per meglio dire, tra i bambini che imparavano pi in fretta e quelli che rimanevano un pochino indietro, quando non erano addirittura ritardati. 2 primi potevano frequentare i corsi normali, mentre i secondi venivano inseriti tutti insieme in una classe apposta per loro, la sonderklasse. !a ragione di questa separazione era che i bambini pi svegli, o quelli che semplicemente avevano pi voglia di studiare, avrebbero beneficiato di programmi di studio pi rapidi e pi intensi, perch gli insegnanti non sarebbero stati costretti a rallentare il programma per permettere ai bambini che non ce la facevano di recuperare e mettersi al pari con gli altri. Questa divisione tra i piccoli studenti, fatta in un tempo cos% precoce e in modo definitivo e inappellabile, era in realt# una sentenza che decideva il futuro

delle loro vite. 2nfatti i ragazzi inseriti nella classi :normali; erano quelli che poi avrebbero frequentato le scuole superiori e l'universit#, mentre quelli delle sonder/lassen sarebbero stati avviati alle scuole professionali per imparare un mestiere. !a cosa che a me parve pi incredibile era che questa selezione avveniva quando i ragazzini avevano solo sette o otto anni , *i riflettei per alcuni giorni e alla fine ne conclusi che questa divisione dei bambini era fatta per permettere ai bambini pi intelligenti di diventare pi intelligenti, e a quelli pi indietro di rimanere indietro per sempre. E tra quelli destinati a restare nelle retrovie della vita c'ero anch'io. 2o che alla scuola di 0ionero ero la prima della classe , &on avevo comunque scelta, e quindi dai primi giorni di ottobre mi ritrovai inserita in quella quinta elementare di serie <. 2l primo giorno, osservai tutti i miei compagni di classe, uno ad uno. Erano in tutto quattordici bambini svizzeri, io ero l'unica italiana, otto maschi e sei femmine e sembravano ragazzini perfettamente normali, vivaci e con tanta voglia di giocare. 2ngrid non era in classe con me, frequentava la sesta ed era in una classe normale. !a maestra, 7raulein 0ueti, era giovane, alta con i capelli castani raccolti dietro la nuca ed era marcatamente truccata. -veva gi# quella pinguedine appena accennata che di li a qualche anno l'avrebbe sicuramente portata ad essere grassa e con il sedere a panettone, come la maggior parte delle signore svizzere. .arlava lentamente, con un tono di voce suadente e un monotono sorriso costantemente sul volto. 2l problema era che parlava soltanto in tedesco e io non capivo una sola parola. *io+, la prima parola che pronunciava spesso la comprendevo, perch non ero proprio a digiuno della lingua, ma non capivo quelle successive, n un minimo senso della frase. !ei, 7raulein 0ueti, parlava ai bambini svizzeri, non a me. 2o sembravo non interessarle affatto, che fossi presente o no a lei non importava, lei era l% per insegnare ai bambini della quinta sonder/lasse e lo faceva con la preparazione che aveva acquisito con il diploma. 3li studi che aveva fatto per diventare maestra non comprendevano l'eventualit# 34 che avrebbe dovuto insegnare a bambini stranieri, perci" lei poteva tirare avanti diritto e tenere le sue lezioni ; il fatto che io non capissi nulla, non era un suo problema. 2l problema era soltanto mio e non sapevo come affrontarlo. .er qualche giorno mi misi a fissare negli occhi 7raulein 0ueti mentre lei parlava ai suoi studenti. !a fissavo anche per un'ora di fila, senza toglierle gli occhi di dosso, cercavo il suo sguardo, il mio implorava aiuto e speravo che lei se ne accorgesse. Ma non lo fece mai. Mentre parlava guardava ora la lavagna ora i bambini, il suo sguardo si spostava dall'uno all'altro, ma quando incrociava casualmente il mio lo distoglieva immediatamente, e guardava il bambino di fianco a me. =opo la scuola tornavo a casa da sola ed ero esausta. 1coprii che + molto pi faticoso stare per quattro ore sui banchi di scuola senza imparare nulla, che non starci per imparare qualcosa. 1alivo sull'autobus che mi portava in dieci minuti a ittnau, poi camminavo fino a casa per altri cinque, e in tutto quel tempo avevo la testa frastornata da tutte le parole in tedesco che avevo udito ma non capito, da quei suoni gutturali e duri che contrastavano violentemente con la dolcezza della mia lingua e del mio dialetto.

Ma il sentimento pi angosciante che dentro di me cresceva ogni giorno sempre di pi non era la rabbia, o la noia, o la confusione mentale. Era la vergogna. 7requentavo una scuola senza riuscire a imparare nulla, e a poco a poco mi stavo convincendo che la colpa era soprattutto mia, di me che non ero all'altezza di poter frequentare le scuole di quel paese cos% tanto pi evoluto del nostro, e cos% difficile da comprendere. E quando incontravo qualche vicino di casa italiano, oppure la sera quando pap#, mamma o *aterina mi chiedevano com'era andata a scuola, mi vergognavo di dover ammettere che non era andata molto bene, che avevo imparato poco. 7u quello un periodo orribile per me, ogni giorno entravo nella mia classe senza salutare nessuno dei miei compagni, mentre loro ogni mattina mi prendevano in giro. !o facevano in tedesco e io non capivo le parole che mi dicevano, ma intuivo perfettamente il loro significato attraverso le loro risate, i loro sguardi allusivi, e quelle parole italiane pronunciate male, spagghetti, maccarroni, kinder cinq..... Quei bambini non ne conoscevano il significato, nessuno di loro aveva mai mangiato un piatto di spaghetti in vita sua, ma udivano quelle frasi in bocca ai loro genitori e le ripetevano ai bambini come me, con l'innocente arroganza della propria superiorit#. &el deridermi, per", i bambini mi trattavano quantomeno come una persona viva, mi sbeffeggiano, il che significava che esistevo ; la maestra, invece, ignorava del tutto la mia presenza, come se fossi diventata invisibile. Quando giungeva l'ora di inizio della lezione, l'impeccabile 7raulein 0ueti entrava in classe e nello stesso istante ne uscivo io. 9 meglio, usciva dalla classe il mio cervello, lo sentivo staccarsi dal mio corpo sul sottofondo dei suoni delle frasi tedesche che pian piano si affievolivano, e lo vedevo volare sulle colline verdi del 6ulture, cercare il calore del sole mediterraneo, tra le voci biascicate dei contadini. .er fortuna il tempo della scuola dur" poco, non pi di un paio di mesi. 2 miei genitori si erano finalmente accorti del mio stato di angoscia e avevano deciso di non mandarmi pi a quella scuola' 6eramente, non ho mai saputo con certezza fino a che punto la ragione del mio ritiro scolastico fosse dovuta alla mia sofferenza, e fino a che punto invece si fosse resa necessaria per le nuove esigenze della famiglia. *aterina aveva iniziato a lavorare come operaia nella fabbrica dove gi# lavorava mamma, e c'era quindi bisogno di qualcuno che 35 badasse a &icola $ accompagnarlo all'asilo del paese la mattina, andarlo a prendere nel pomeriggio, portarlo a casa e fargli fare merenda, e badare a lui fino all'arrivo di mamma. *on *aterina che aveva iniziato a lavorare rimanevo soltanto io per quel compito. E poich tutte le mattine rimanevo in casa da sola, mi sarei dovuta occupare anche dei lavori domestici, cio+ pulire, lavare i pavimenti, stirare. -ccadde, per", una novit# bella nella mia vita di allora. .ap# e mamma si erano resi conto delle mie difficolt# ad apprendere la lingua locale, e pensarono a un rimedio. &on era cos% scontato che loro si preoccupassero che io imparassi il tedesco, perch+ per loro non conoscere la lingua del posto non costituiva, in fondo, un problema. (utti e tre loro lavoravano in fabbriche in cui la maggior parte degli operai erano italiani e quindi la sola lingua che

parlavano era la nostra ; se capitava che un capo'reparto svizzero desse loro qualche ordine, bene o male riuscivano a capirlo, e se proprio non comprendevano c'era sempre qualche collega italiano che traduceva. !a soluzione per me fu trovata in poco tempo $ i miei genitori decisero che avrei smesso di frequentare la scuola elementare, perch mi avrebbero mandata a lezioni private di tedesco. -vevano saputo che nel viale delle villette a ittnau dove abitava 2ngrid, viveva un'anziana signora in pensione, che in passato era stata la maestra delle scuole elementari, e per di pi aveva soggiornato in 2talia, sul lago Maggiore, dove aveva imparato perfettamente l'italiano. 2 miei genitori mi dissero che avrebbero preso contatto con lei. 4n giorno che tornavo da scuola, era uno dei miei ultimi giorni, feci la salita fino a casa insieme a 7rancesco 6inciguerra, un bambino siciliano mio vicino di casa. 7rancesco, che aveva un anno pi di me, tornava anche lui da scuola. 1trano, pensai io, non l'ho mai visto nella nostra scuola, n all'entrata o all'uscita, n nell'intervallo. Ma tu in che scuola vai ) ' gli chiesi. 2o vado a scuola a >urigo. 7requento le scuole italiane della *olonia libera italiana ' - >urigo ) E perch vai fino a >urigo ) ' .erch l% si parla italiano. 2 maestri sono tutti italiani, e fanno lezioni in italiano. -bbiamo anche lezioni di lingua tedesca, ma soltanto quattro ore la settimana ' Ma come fai ad andare fino a >urigo ) E' lontano....' Macch+, io prendo il treno a .faffi/on, scendo alla stazione di >urigo, sono soltanto venti minuti di treno. .oi da l% in cinque minuti a piedi raggiungo il *onsolato 2taliano. !a scuola + l%, dentro il *onsolato ' .ensai per tutta la strada alla sua scuola italiana. Quando entrammo nel portone della nostra casa gli chiesi $ ' Ma tu ti trovi bene l% ) &on fai fatica a studiare ) ' ' Mi trovo benissimo. 3li insegnanti sono italiani, ti ripeto, e sono bravissimi. E poi tutti i miei compagni di classe sono italiani. 1iamo tutti italiani , ' !a sera a cena ne parlai con mamma e pap#. &on avevano ancora trovato il tempo di parlare con la vecchia maestra in pensione, e io raccontai loro ci" che mi aveva detto 7rancesco. ' .ap#, voglio andare anch'io alla scuola italiana di >urigo ' gli dissi. &on ebbi risposta. Mio padre continu" a mangiare tenendo gli occhi fissi sul piatto, e neppure mamma fiat". 1ta a vedere, mi dissi, che ora sono diventata invisibile non pi soltanto alla maestra 0ueti ma anche ai miei genitori , 2o, per", non mi diedi per vinta, anche se avevo imparato da tempo che quando mio padre non rispondeva a una domanda significava che era meglio 36 cambiare argomento. E io invece insistetti $ ' .ap#, visto che 7rancesco ha pi o meno la mia et# e va alla scuola italiana, ci posso andare pure io ) ' 1egu% un secondo silenzio, era come se nessuno avesse udito la mia domanda. 2o allora smisi di mangiare, incrociai le braccia sul petto e rimasi in attesa. =opo qualche minuto, mio padre finalmente rispose $

' &o , ' ' Ma perch no ) ' ripresi io immediatamente dopo. ' .erch no , ' 1ignificava che il discorso era chiuso. 1ubito dopo, per", lui sent% il bisogno di giustificarsi. ' >urigo + troppo lontano ' ' Ma se 7rancesco mi ha detto che impiega solo venti minuti di treno, e quando arriva alla stazione il *onsolato + proprio l% a due passi ) ' ' E poi >urigo + una citt# molto grande, non + un posto per i bambini ' sentenzi" lui. ' Ma 7rancesco + un bambino come me, lui ci va senza nessun problema alla scuola di >urigo, e io andrei insieme a lui. .ap# ti prego, sono sicura che alla scuola italiana imparerei molto di pi.... ' ' (u non ci andrai a >urigo , ' concluse 1coppiai a piangere, mia madre stava zitta e teneva gli occhi bassi, evitando di guardarmi. ' Ma perch 7rancesco ci va e io non ci posso andare ) ' gli chiesi in lacrime. -ltro silenzio. 7orse pap# non trovava il coraggio di dirmi il motivo vero del suo rifiuto. -lla fine il coraggio lo trov" e mi disse $ ' !ui + maschio, tu femmina sei , 1e tu fossi maschio ti lascerei andare a >urigo, ma sei femmina, e non ti lascio andare sola in una grande citt#. E con questo l'argomento + chiuso , ' Mamma era stata in silenzio per tutto il tempo, ma proprio quando pap# chiuse il discorso lei lo riapr% $ ' Ma sei proprio testardo, sai ) ' disse sgarbatamente a pap#. ' Ma non capisci che tieni una figlia che vuole studiare, cazzo ) E che 'n ce vole a mannarla a la scola, cazzo ) ' Quando i miei genitori erano arrabbiati, il loro linguaggio diventava parecchio scurrile, fatto molto comune tra la gente del nostro paese. 2 !ucani, in genere, sono tanto castigati nei costumi quanto triviali nel linguaggio. ' (u statti zitta e basta, ca nun so' cose c'hai a decide tu, ca nun capisce nient , ' le rispose pap# con altrettanto sgarbo. Ma la mamma in quei frangenti diventava cocciuta $ ' *apatosta si', ecco cosa sei, capatosta , Mari' + una ragazza che tiene giudizio, + na figliola ca tene voglia 'r studia', a confront alla sora ca nun tene voglia 'r fa nient , E tu falla studiare. (eni nu vase da nott al posto del core, mannaggia a chi t'a muort , ' ' Mannaggia a chi t'a muort a te, e pure a chi t'a vive e chi t'a stravive , ('agge dett 'r nun t'impicci# , E' il padre che + responsabile dei figli. ' .ap# era davvero infuriato, non sopportava le maledizioni di mia madre contro i suoi parenti morti.

Mamma per" voleva avere sempre l'ultima parola. ' Ma guarda l# , 3uarda l#, cazzo , !ui non la manda a scuola solo perch+ + femmina, ma se era maschio ce la mannava. Ma 'n do vive tu ) (u in -frica dovevi nascere, in -frica , (u si' nu ciuccie dell'ottocento, cazzo , ' ' E mo' basta, hai capite ) Mo' basta senn" stu' ciuccie qua te spara nu' cauce in capa, mannaggia a chi t'a muort , ' 37 &on ci fu nulla da fare, pap# rest" inamovibile nelle sue convinzioni, e cos% una settimana dopo iniziai a prendere lezioni di tedesco da 7raulein <uc/me?er. !a prima volta ci andai malvolentieri dalla vecchia signora, ero ancora arrabbiata con mio padre perch non mi aveva mandato alla scuola di >urigo per la sola ragione che ero femmina. Ma mi bast" entrare in quella casa perch la malavoglia sparisse. !a casa dell'anziana maestra in pensione era una delle pi vecchie del paese, aveva i balconi in legno, lucidati che parevano nuovi, il tetto molto spiovente per permettere alla neve di cadere pi facilmente, e sopra il tetto quattro o cinque comignoli di mattoni rossi. 1uonai e una cameriera mulatta di mezza et#, grassa e sorridente, mi fece entrare. =entro, i pavimenti erano tutti in parquet di legno scuro che cigolavano al passaggio delle persone, ad eccezione del pavimento della cucina che era piastrellato con cubetti di porfido color granata perfettamente allineati, quel tipo di pav che spesso si trova sulle strade o sui marciapiedi nel centro delle citt#. !a stube dove la mulatta mi fece accomodare era una grande sala inondata di luce, al cui centro stavano due tappeti dai colori vivaci, e appoggiati alle pareti c'erano diversi mobili in legno scuro, molto austeri. !a cosa che pi mi colp% fu la gran quantit# di violette che vidi $ c'erano vasi di coccio colmi di violette disseminati per tutta la stube, li notai sopra i mobili, sul tavolo e sui tavolino e su ogni davanzale delle finestre. Era una casa incantevole, quasi fatata, non avevo mai visto niente di pi bello. 7raulein <uc/me?er comparve all'improvviso davanti a me con un sorriso raggiante ; era decisamente vecchia, alta e ossuta, ma aveva un'espressione e un modo di fare molto giovanili. -llarg" le sue lunghe braccia e prima che potessi dirle guten morgen mi abbracci" sollevandomi da terra e mi baci" su entrambe le guance. .oi mi fece sedere sul divano, davanti al quale c'era un tavolino su cui aveva posato, accanto all'immancabile vaso di violette, una ciotola di vetro colorato dentro cui c'erano delle fragole. ' *ome prima cosa mangia queste fragoline che ho preparato per te ' mi disse in un italiano che mi parve subito migliore di quello dei miei genitori. ' (i piacciono, carina ) 2ntanto che mangi chiacchieriamo un po', cos% cominciamo a conoscerci ' -ssaggiai le fragole, erano ottime, anche se lei doveva averci spremuto sopra un limone intero, perch sul dolce della fragola prevaleva l'aspro del limone. =a quella volta, ogni giorno che sarei andata a lezione da lei avrei trovato una ciotola di fragole e limone pronta ad attendermi.

!a prima lezione dur" poco, soltanto un'ora, ma uscii da quella casa felice. Mi incamminai soddisfatta verso casa, ero in anticipo sull'orario di uscita di &icola dall'asilo, per cui potevo prendermela comoda. !a mia vita e quella della mia famiglia avevano assunto nuovi ritmi in quell'inizio inverno svizzero insolitamente caldo. .ap# aveva il suo lavoro a .faffi/on e mamma aveva il suo nella fabbrica tessile situata a met# strada tra ittnau e .faffi/on. E siccome lei aveva imparato bene il lavoro che svolgeva a cottimo con rendimenti parecchio elevati, ne derivavano due conseguenze positive. !a prima era che in famiglia cominciavano ad entrare un po' di soldi, che ci permettevano di allontanarci dalla miseria che fino ad allora aveva sempre tenuto compagnia alla nostra casa, e la seconda che i proprietari della fabbrica tessile erano molto contenti di lei. E cos%, quando mamma chiese al direttore se poteva assumere sua figlia *aterina, questi rispose immediatamente di s%. Quindi anche *aterina inizi" a lavorare come operaia nello stesso laboratorio di mamma, 38 per cui i soli a rimanere a casa di giorno eravamo &icola ed io. -nzi, la mattina soltanto io, poich &icola frequentava l'asilo del paese. !a nostra vita era scandita dai tempi dell'orologio, a differenza di quando vivevamo a 0ionero dove l'orologio lo si guardava solo la domenica per non arrivare tardi alla Messa. Qui, invece, la sveglia suonava la mattina verso le sei e mezza, pap#, mamma e *aterina si precipitavano a turno in bagno, e poi a turno in cucina a preparare la colazione che mangiavano uno alla volta e di corsa. =opo si vestivano, sempre di fretta, e uscivano di casa per andare al lavoro. - quel punto ci alzavamo dal letto io e &icola, con calma ci lavavamo nel bagno ancora denso del vapore delle docce precedenti, poi io preparavo la colazione per tutti e due, che consumavamo seduti l'una accanto all'altro. .oi vestivo &icola, dopo essermi vestita io, gli infilavo nello zainetto qualche panino, o qualche dolce quando c'era, per la sua merenda, infine uscivamo insieme e lo accompagnavo fino al suo asilo. =opo averlo lasciato, tornavo a casa a sbrigare le faccende domestiche. *'erano le tazze da lavare e la cucina da riordinare, poi i letti di tutti da rifare, il bagno da pulire e altre cose che restavano da fare, una volta la biancheria da lavare, che il giorno dopo era da stirare, un'altra volta i pavimenti da spazzare e lavare. &el pomeriggio avevo la lezione di tedesco da 7raulein <uc/me?er, e quello era il solo spazio bello delle mie giornate, le mie due ore d'aria, dopo di che dovevo riprendere &icola all'asilo prima delle cinque, tornare a casa e aspettare i genitori e la sorella che arrivavano verso le sei. Questa era la mia vita di tutti i giorni, perlomeno di quelli feriali. 2l solo svago che avevo erano le lezioni private di tedesco. (utti i pomeriggi andavo a casa di 7raulein <uc/me?er, spesso correndo per non perdermi neppure un minuto. -ppena entrata, insieme al sorriso della vecchia maestra trovavo ad attendermi le fragole col limone, poi ci sedevamo nella sua stube e lei iniziava la lezione. 2l buonumore e il calore umano di quella donna mi facevano sentire a mio agio pi che a casa mia, e mi permettevano di non distrarmi neppure per un istante. !ei non mi insegnava la lingua spiegando la grammatica e le regole, aveva un modo di insegnare molto diverso dagli schemi tradizionali. 1i trasformava d'improvviso in una bambina, una come me, e mi parlava dei giochi da bimba che desiderava fare con me ; altre volte mi raccontava qualche fiaba che

conosceva, e dapprincipio parlava soltanto in italiano, poi, man mano che mi lasciavo coinvolgere dai suoi racconti, cominciava a inserire qua e l# qualche parola in tedesco che io capivo immediatamente, perch riuscivo a legare quella parola con il senso di tutta la frase. *ol procedere del racconto, le parole tedesche aumentavano, fino all'ultima frase che lei pronunciava tutta nella sua lingua. !ei mi insegn" il tedesco puro, non lo schweizerdeutsch, il dialetto parlato nella 1vizzera tedesca. .er noi italiani il tedesco + una lingua difficile, + aspra, piena di suoni gutturali, ricca di contrasti fonetici che richiedono continue articolazioni dei muscoli della bocca che per noi sono innaturali ; e spesso + parlata con una cantilena anch'essa innaturale per gli italiani. Ma la signorina <uc/me?er fu capace di farmi scoprire i tanti frammenti di assoluta dolcezza che pure sono presenti nella lingua tedesca. -l termine delle due ore 7raulein <uc/me?er mi congedava, ogni volta con un regalino, una caramella o un cioccolatino, e ogni volta mi salutava dicendomi $ ' -uf @iedershen, meine /leine 7reundin , ' E io uscivo da casa sua con la sensazione di essermi fermata da lei soltanto pochi minuti. 2 miei progressi nell'apprendimento della lingua erano notevoli, me ne accorgevo quando spesso a casa tentavo di parlare con qualcuno dei miei in tedesco anzich in italiano o in 39 dialetto. 1olo mio padre ne sapeva un po' pi di me, mia madre e mia sorella conoscevano il tedesco assai meno di quanto ne sapessi io, e forse era questo il motivo per cui le nostre conversazioni in quella lingua straniera duravano meno di un minuto ; entrambe mi rispondevano con qualche parola a mo' di battuta, poi riprendevano a parlare italiano e non c'era verso di convincerle a continuare in tedesco. Era questo il mio maggior problema, io imparavo in fretta dalle lezioni della <uc/me?er, ma poi avrei dovuto applicare gli insegnamenti conversando con qualcuno in tedesco. Ma non trovavo mai nessuno con cui esercitarmi, salvo le commesse svizzere dei negozi quando entravo per qualche acquisto, ma ci" accadeva di rado. 1olo con 2ngrid potevo farlo quando la incontravo, ma lei ed io non stavamo spesso insieme, perch lei studiava a .faffi/on e quando tornava era l'ora in cui io dovevo riprendere mio fratello all'asilo e portarlo a casa. 7iniva che 2ngrid ed io ci vedevamo soltanto il sabato, e in quei rari e felici momenti lei mi aiutava a migliorare il mio tedesco, mentre io le insegnavo qualche parola di italiano. 9ppure del nostro dialetto lucano, tanto lei non capiva la differenza. - parte 2ngrid, con nessun altro riuscivo a parlare la mia nuova lingua. 1pesso, nelle serate di tempo buono, si usciva tutti di casa per andare a trovare qualche amico o qualche collega di mio padre ; ma si trattava sempre di italiani, e tra di noi si parlava esclusivamente nella mia vecchia lingua. .oi arrivava la domenica, giorno in cui non si lavorava, non c'era l'asilo n le mie lezioni. !a domenica mattina si usciva tutti e cinque di casa per andare alla Messa nella *hiesa cattolica di .affi/on. -lla *hiesa cattolica avevano fatto arrivare un prete italiano, visto l'alto numero di immigrati in quella zona, e cos% la funzione delle dieci veniva celebrata dal curato svizzero, e a quella Messa partecipavano quei pochi svizzeri di fede cattolica, mentre la funzione delle undici e trenta era celebrata dal prete italiano, =on 3iuseppe, il quale diceva

messa in italiano, davanti a una gran quantit# di fedeli, tutti italiani. 2l pomeriggio della domenica si restava a casa di rado ; nostro padre ci portava a trovare gli amici, d'autunno o d'inverno ci si riuniva in luoghi chiusi, mentre d'estate si faceva quasi ogni domenica un pic'nic all'aperto, sulle rive del .faffi/ersee, il piccolo lago del paese, di forma tonda e quasi interamente circondato da canneti. !ungo il quale per" c'erano due o tre spiagge contornate da platani e pioppi, nelle quali si poteva cucinare al barbeque e dopo il pranzo bagnarsi. 2l numero di famiglie italiane che stendevano le loro tovaglie sul prato in riva al lago cresceva ogni anno in misura molto evidente. !e famiglie si sistemavano tutte vicine, ognuna con i propri bambini che giocavano a palla e con le ceste di vimini stracolme di cibo, di formaggi, sottolio e salumi italiani che molti portavano con s e dividevano con chi non ne aveva. *'erano soltanto italiani, pugliesi, siciliani, napoletani, anche diversi lucani, ma sempre e soltanto italiani. 3li svizzeri di .faffi/on non facevano pic'nic a fianco a noi, si limitavano a passeggiare sulle rive al lago, senza mai sostare nei pressi delle trib italiche. E naturalmente nelle nostre sagre l'unica lingua che si udiva era quella italiana, con parole e accenti che rivelavano le diverse provenienze meridionali. ='inverno, invece, la comunit# italiana si riuniva quasi ogni domenica in alcuni locali, che, anche se erano pubblici, erano frequentati quasi esclusivamente da italiani. 2 locali erano tutti gestiti da italiani, c'era una pizzeria napoletana a <auma, un ristorante italiano a @etzi/on e una trattoria a 4ster, che era la mia preferita perch+ era quella pi strana. Questa non era un locale a livello della strada come tutti i ristoranti o le pizzerie che si conoscono ; i proprietari, una famiglia abruzzese, avevano preso in affitto due 40 appartamenti confinanti al secondo piano di una casa del centro, che avevano poi trasformato in ristorante, abbattendo i muri divisori interni. .er entrare, si suonava il citofono come per entrare in un normale appartamento, si saliva a piedi fino al secondo piano, si passava nell'unica porta del piano e si entrava in una sala parecchio grande, oltre la quale c'erano altre due sale da pranzo pi piccole. =a loro noi andavamo abbastanza spesso, si pagava poco e si mangiava benissimo, naturalmente cucina italiana. E anche l%, come in tutti i posti che frequentavamo, si incontravano tante famiglie di immigrati, quasi sempre le stesse con cui facevamo i pic'nic d'estate.

*om'+ facile capire, io mi dovevo rassegnare al fatto che riuscissi a dire qualche frase in tedesco quasi unicamente con la signorina <uc/me?er , - quel tempo ero incapace di spiegarmi il comportamento delle famiglie italiane ; non comprendevo perch nelle famiglie degli immigrati non ci si sforzasse di parlare la lingua del luogo, ma sempre e soltanto la nostra. Mi chiedevo come mai quegli uomini e quelle donne non capivano che se avessero parlato in tedesco tra di loro avrebbero aiutato i propri figli ad inserirsi pi in fretta nelle scuole e in quella societ# svizzera nella quale loro, i genitori e non i figli, avevano scelto di vivere.

1olo dopo diversi anni ne compresi la ragione. E la ragione era che, nel profondo del loro subconscio, gli immigrati non desideravano affatto integrarsi in quel tipo di societ#, che aveva una cultura cos% lontana dalla loro, e quei modi di vivere e quei costumi cos% troppo avanzati rispetto ai loro ; oppure, come sostenevano gli immigrati stessi, cos% provocatoriamente scostumati. 3li immigrati, almeno quelli che erano diventati tali nell'et# adulta, desideravano rimanere italiani dalla testa ai piedi, restare per sempre legati alle proprie radici, ai loro modi di pensare e di concepire i rapporti con =io e con le persone, rifiutando ogni possibile contaminazione esterna. Questa era la ragione per cui, quando erano fuori dall'ambiente di lavoro, si astenevano da ogni rapporto con gli zurighesi, non avevano amici svizzeri e non discutevano n si confrontavano con nessuno di loro. &on si preoccupavano punto del futuro dei propri figli in quella terra, dei loro ragazzi che erano immigrati da bambini, quando addirittura non erano nati l#. 2 genitori lavoravano come operai nelle officine o come muratori nei cantieri e potevano permettersi di vivere in una comunit# auto'segregata, ma i loro figli cosa avrebbero potuto fare da grandi se non venivano aiutati a inserirsi nell'ambiente umano che li ospitava ) 4na volta diventati adulti non avrebbero potuto avere che due opportunit# $ o quella di fare gli operai o i muratori come i padri e le madri, o quella di tornarsene in 2talia, senza peraltro averci mai vissuto n aver frequentato le loro scuole, e quindi senza essere parte delle evoluzioni e della crescita culturale del proprio paese d'origine. *os%, gli immigrati adulti restavano italiani nella testa e nel cuore, seguitando a tenere alta la loro bandiera italiana fin sopra le cime delle montagne svizzere. Mentre il destino dei loro figli, gli immigrati di seconda generazione, quando non nasceva dentro di loro uno scatto di ribellione, sarebbe stato quello di crescere senza essere n italiani n svizzeri. =i non avere nessuna bandiera.

41

2. 4n giorno capit" un brutto episodio che mi fece piangere, ma subito dopo mi rese evidente una realt# sulla quale riflettere. Era un pomeriggio di dicembre, e le nuvole basse avevano gi# depositato trenta centimetri di neve sulle strade del paese ; io ero appena uscita dalla casa di 7raulein <uc/me?er per la solita lezione. Ero contenta, come sempre mi accadeva quando stavo con la mia vecchia maestra, e mi incamminai verso l'asilo di &icola, canticchiando una filastrocca della mia terra $ !ina, !ina !ina tre piatt 'r cannelline un a me, un a te un au figl 'r lu re ; ma lu re + malat vai truanne la ciucculat, ciucculat nun ce n'+

va a vire au caf+. Entrai ancora cantando nell'asilo, dimenticando di pulire bene le scarpe sullo zerbino all'ingresso. 6isto che si era ormai all'ora di chiusura, il pavimento era stato pulito e lucidato da poco, e le impronte nere dei miei stivali si stagliarono sul linoleum grigio'perla creando un contrasto che pareva quello della camicetta immacolata di mio fratello che, ogni volta che beveva la cioccolata calda, si lordava di macchie marroni. !a donna delle pulizie era una giovane signora svizzera di nemmeno trentanni, con le gote rosso fuoco e le labbra color arancio che marcavano il contrasto con la la pelle diafana del suo viso ; pareva una di quelle bambole di cartapesta che i negozianti svizzeri espongono nelle vetrine, accanto ai coltellini rossi multiuso e alle sagome di plastica di Emmenthal. !a donna stava a pochi passi da me e, dopo aver visto in che condizioni avevo ridotto il suo pavimento pulito di fresco, si mise a urlare. Ma non si limit" a darmi la sgridata che in fondo meritavo, cominci" ad insultarmi $ - (u, piccola carogna italiana, schmutzfin/in , 3uarda come tu ha ridotto il pavimento , &on usare pulire scarpe voi italiani ) -desso tu pulire con lingua, sporca spaghetti , ' *on una mano mi prese per i capelli, mentre con l'altra mi stringeva forte le guance facendomi male, nel tentativo di farmi uscire la lingua. 8 1chnell , die >unge ausser, tira fuori lingua, scheisse 2talienerin, lecca pavimento , ' 0iuscii a svincolarmi da quelle tenaglie di mani e corsi piangendo verso il salone dei bambini, l% vi trovai &icola gi# pronto per uscire e scappai di corsa trascinandomelo per mano. *ontinuai a piangere per tutto il tragitto fino a casa, e solo quando vi giunsi mi sentii finalmente al sicuro. !a mia casa, in cui trovavo sempre protezione, era in 1vizzera, ma noi svizzeri non lo eravamo, di conseguenza non eravamo uguali a loro. loro. 1iamo diversi, pensavo tra me e me, e diversamente veniamo trattati, e forse + giusto cos%, o almeno questo + il nostro destino. .oi per", dopo aver fatto fare merenda a &icola, mi calmai e mi misi a riflettere. .ensai alle tante persone che avevo finora conosciuto in quella terra straniera, e mi accorsi di provare simpatia soprattutto per le persone anziane. 9gni giorno cercavo istintivamente, senza che me ne fossi mai accorta prima di allora, il contatto con le 42 persone anziane, cercavo le loro parole, la loro amicizia. Quando, la sera prima di chiudere gli occhi per la stanchezza, mi sentivo serena d'animo, allora mi ricordavo della mia maestra, 7raulein <uc/me?er, poi di 7rau <achmann, la padrona della Aonditorei che mi offriva con un luminoso sorriso le caramelle quasi gratis. Mi veniva alla mente addirittura la gentilezza compassata di err

offmann, il padrone di casa, che ogni volta che mi incontrava per le scale mi salutava dandomi un buffetto sulla guancia, e la stessa cosa faceva sua moglie. Mi ricordavo spesso anche di 2ngrid, ma era la sola bambina, l'unica persona giovane che appariva alla mia mente nei momenti in cui ero in pace con il mondo. -ltre sere, invece, andavo a dormire con il cuore triste, e allora mi comparivano davanti agli occhi i visi degli svizzeri che mi avevano trattata in brutto modo, quelli che con le loro maniere scostanti avevano manifestato il loro disprezzo verso di me e le mie origini straniere. *ome in un incubo, rivedevo 7raulein 0ueti, la maestra che ignorava la mia esistenza, e poi la prima insegnante, quella che mi esamin" con una fare da contadino che controlla i denti dei cavalli, e sbrigativamente decise che non ero all'altezza di frequentare le loro scuole. E i ragazzi, i miei compagni di classe che mi deridevano e mi escludevano dal loro gruppo. E ora la donna delle pulizie dell'asilo, e l'umiliazione cui mi aveva sottoposta. (utte queste erano persone giovani, erano quelle che pi avrei sperato di sentire vicine a me e ai miei problemi, e invece erano proprio le pi ostili, giovani donne e ragazzi nei quali percepivo a pelle l'enorme carico di odio verso noi immigrati. 9 forse soltanto di paura. Quella sera a casa, mentre aspettavo l'arrivo di mamma e di *aterina, mi parve tutto chiaro $ gli svizzeri che non riuscivano ad accettarci per come eravamo, quelli che temevano che noi immigrati italiani avremmo inquinato la loro societ# e le loro tradizioni, erano le persone giovani, o al massimo di mezza et#. -l contrario, gli svizzeri anziani non ci temevano, capivano bene che eravamo diversi da loro, ma sapevano con certezza che la nostra presenza sulle loro terre non avrebbe mai potuto rompere il loro equilibrio, n stravolgere la loro identit#. Quella riflessione da bambina rimase dentro di me per tutto il tempo che vissi in 1vizzera, e si consolid" attraverso numerose altre conferme. 7ui sempre certa di questo, del fatto che la paura del diverso, la Benofobia, si impadroniva facilmente delle personalit# insicure dei giovani, lavorava sulle loro incertezze per il futuro. (rovava invece pochi varchi tra le solide credenze dei vecchi, ma non perch questi possedevano solo il passato e non erano spaventati da un futuro che non avrebbero vissuto. !a ragione era che le loro spalle si erano incurvate sotto il peso di tutto il bene e il male che avevano attraversato le loro vite, e in tutto ci" che vedevano adesso, in quei capelli neri con il loro strano modo di vivere, in quelle facce sporche che gridavano in una lingua incomprensibile, non c'era nulla di veramente nuovo e di diverso da ci" che avevano gi# visto nel passato.

43

PARTE TERZA
1. 2l locale in cui suonavano la musica e dove la gente ballava era un salone molto grande, e grandi erano anche le finestre poste a intervalli regolari lungo una sola parete. -l centro della parete di fronte, quella senza finestre, avevano collocato il ritratto del .residente della 0epubblica, un uomo anziano, molto stempiato, il viso rugoso e sul naso un paio di occhiali con lenti spesse. 2l .residente era quello della 0epubblica italiana, visto che il grande locale era di propriet# del *onsolato italiano di >urigo ed era gestito dalla *olonia libera italiana. Ma anche tutto il resto era italiano, il gruppo che suonava, la gente che ascoltava e quella che ballava. E italiana era anche la manifestazione, la 7esta de l'4nit#, che ogni anno nei mesi estivi si teneva a >urigo, e in altre importanti citt# svizzere, organizzate dalle locali sezioni del .artito *omunista 2taliano. E la sezione di >urigo era quella con pi iscritti e la meglio organizzata di tutta la 1vizzera. Quell'anno la festa non si faceva all'aperto come gli anni precedenti, ma in quel locale grande messo a disposizione dalla *olonia italiana ; fuori faceva molto caldo, per" il cielo era nero e si era messo a piovere, e dai finestroni penetrava il puzzo stagnante della prima pioggia che cade sull'asfalto caldo. .ur se il locale era grande e tutte le finestre aperte, il volume troppo alto della musica era frastornante, e i suoni delle chitarre, dell'organetto e della batteria rimbalzavano tra le quattro pareti e finivano con il sovrapporsi tra loro. - diciannove anni + morto 9vidio 7ranchi per quelli che son stanchi o sono ancora incerti 2o ero andata alla festa de l'4nit# insieme a pap#. Eravamo io e lui soli, mamma non era venuta, era rimasta a casa a badare a &icola che aveva la febbre, e pure *aterina non aveva voluto venire con noi. *on un tono di sufficienza, lei ci aveva detto che quella non era una festa che gradiva, perch non condivideva questa scelta di fare una festa ufficiale tutta italiana nel cuore della 1vizzera. E per di pi era una festa organizzata da un partito politico italiano $ che ci azzeccava la politica italiana con la 1vizzera ) <isognava finirla, sosteneva lei, di vivere qui, ma con il pensiero rivolto a una terra che ormai non era pi la nostra, perch ora la nostra patria era la 1vizzera. E lei, *aterina, svizzera voleva diventarlo senza compromessi. *redo che il vero motivo del suo rifiuto a partecipare a quella festa fosse proprio che c'era di mezzo il partito comunista. 4n motivo condiviso anche da mia madre, che solo a sentire quella parola, comunista, le si alzava la pressione ; a mia sorella, oltretutto, tornavano in mente i moniti delle suore del nostro paese, che ci insegnavano che in 0ussia i comunisti quando hanno

freddo bruciano i bambini per riscaldarsi. - pap# e a me, invece, la parola comunista non ci impressionava per nulla, anzi io provavo una certa attrazione per quel mondo che esprimeva idee che andavano contro corrente rispetto ai tradizionali valori che ci appartenevano da secoli, immutabili nel tempo come i movimenti dei pianeti. 44 2o stavo seduta e mi divertivo ad ascoltare quelle canzoni strane, suonate e cantate da quei lunghi capelli neri italiani con le loro barbe incolte. *antavano canzoni che non avevo mai sentito per radio o per televisione, n sui canali svizzeri n su quelli italiani, musiche rabbiose che parevano composte dal rancore, e fatte di parole dure come pietre. *ompagni sia ben chiaro che questo sangue amaro versato a 0eggio Emilia + sangue di noi tutti -rrivava dall'2talia, attraverso quelle feste di partito e quelle canzoni, un vento di protesta che a noi italiani che vivevamo l%, in quella nazione sonnecchiosa in cui la pace sociale era considerata una conquista irreversibile, sembrava un fatto estraneo e lontano, come di un'altra epoca. Quel vento ci sfiorava e lasciava sulla pelle di alcuni di noi una sensazione di freschezza, ma subito dopo svaniva, ridimensionato dalla nostra quotidianit#. 6idi pap# che stava chiacchierando con compare -gostino, il nostro primo amico italiano incontrato in 1vizzera, durante un &atale di tanti anni fa. -gostino sembrava completamente cambiato rispetto ad allora $ i capelli, tagliati corti, ora non erano pi nerissimi, ma avevano qualche filo argentato, e il suo abito era un bel vestito di cachemire con un taglio da sartoria. -veva un'aria matura e insieme serena, non pareva nemmeno parente di quell'-gostino triste e dimesso di alcuni anni prima. -veva avuto successo sul lavoro, da semplice muratore dopo pochi anni era diventato Bauleiter, capomastro, responsabile del lavoro di trenta operai, e adesso stava addirittura mettendosi in proprio, con una piccola impresa di costruzioni tutta sua. -veva perso il soprannome di 'u prevete, perch alla vigilia dei quarantanni si era sposato, con un'italiana naturalmente, dalla quale un anno dopo aveva avuto un figlio. Mi alzai e andai a salutare -gostino. Mentre lo abbracciavo, pap# mi disse sorridendo $ ' Mari', hai visto 'a pap# il nostro -gostino com'+ tutt belle spacchiuse ) ' Era vero, era proprio un bel signore, molto elegante e a dispetto dei capelli brizzolati sembrava pi giovane di quando l'avevamo conosciuto. -l suo fianco c'era la giovane moglie, molto carina e con marcati lineamenti meridionali, e il suo bambino di cinque anni, tutto occhi neri e riccioli neri. Qualcuno interruppe la nostra chiacchierata invitandomi a ballare, io lo guardai appena perch di ballare non avevo nessuna voglia, volevo solo ascoltare quelle canzoni. 0isposi $ no, grazie. 9ltretutto era un operaio siciliano che avevo gi# visto in occasione di altre feste, durante le quali non mi toglieva mai gli occhi di dosso e proprio per questo non mi piaceva. !'operaio se ne and" con una punta di rossore sul viso, e io colsi un'espressione di delusione in mio padre, il quale avrebbe desiderato che io accettassi l'invito.

7eci finta di non accorgermi del suo disappunto. &on ero andata alla festa per discutere con lui e soprattutto non avevo nessuna voglia di litigare. =a qualche mese mio padre aveva preso a interessarsi agli uomini che incontravo sul lavoro e a quelli che ci capitava di conoscere alle feste degli italiani. 2n un crescendo di frequenza, mi faceva domande che volevano apparire scambi innocenti di punti di vista sui giovani. -ccadeva spesso che al ritorno da uno di quei pic'nic che facevamo in riva al lago nelle domeniche estive mi chiedesse $ ' Mari', hai notato quel ragazzo abruzzese che + venuto al lago oggi con la sua famiglia ) *he te ne pare ) - me sta simpatico, credo che sia un bravo giovane.... ' -ltre volte si entrava in qualche geschaft o in un grande magazzino a .faffi/on a fare 45 spese, e ci si fermava a chiacchierare con altri italiani incontrati l% per caso. -ll'uscita pap# mi diceva $ ' Mari', hai visto 'a pap# come s'+ fatto uomo il figlio del mio compaesano 0iccardo ) Quello + un giovane che far# fortuna nella vita , ' 2o non rispondevo mai a quelle sue allusioni che mi davano un fastidio sempre pi insopportabile. Ma che cosa voleva da me ) -vevo soltanto diciassette anni e mezzo , &e dimostravo almeno un paio di pi, + vero, ed ero anche una bella ragazza, alta quanto un uomo, uno delle nostre parti ovviamente, con un corpo asciutto, un seno sviluppato, e con i capelli e gli occhi neri. Ma tutto ci" che significava ) -nche se avessi avuto diciannove o vent'anni non avrei voluto di certo fidanzarmi con qualcuno, e men che meno con uno scelto da mio padre. Mi piacevano i ragazzi, mi divertivano soprattutto quando, sul lavoro o alle feste, mi rivolgevano la parola tradendo un certo imbarazzo, senza mai guardarmi dritto negli occhi, e improvvisando un pretesto che anche un idiota avrebbe capito che era solo una scusa inventata all'istante. .er" non c'era nessuno, fra i tanti che mi capitava di conoscere, che mi interessasse, nessuno per cui provassi anche la minima curiosit#. Ero ancora giovanissima e la sola cosa che desideravo era conoscere le persone e tutto ci" che mi circondava, senza nessun fine. Ma io conoscevo mio padre, e quello stesso atteggiamento allusivo riguardo ai ragazzi che lui ora teneva con me lo avevo gi# visto all'opera esattamente tre anni prima. -llora era rivolto a *aterina, quando era lei ad avere diciassette anni. - differenza di me, lei stava ad ascoltare le allusioni di pap# e dialogava con lui ; ad un commento di pap# su qualche giovane, *aterina si sforzava di capire perch a pap# piacesse quel ragazzo, che cosa l'avesse colpito di lui. 3iungeva a immedesimarsi nei gusti di nostro padre, per poter valutare le persone esattamente come le vedeva lui e tentare di condividerne i giudizi. Era felice quando, dopo averci pensato parecchio, poteva rispondere a pap# che s%, anche lei trovava quel giovane interessante. Ma io e mia sorella avevamo caratteri molto diversi, lei accettava con spontaneit# i consigli di pap# e mamma, e cercava di individuare il modo di soddisfare i loro desideri. 2o no, io avevo scelto di vivere senza bisogno di consigli. !a mia vita da adolescente era una continua ricerca di occasioni per poter tagliare poco per

volta il cordone ombelicale che mi legava agli stili di vita dei miei genitori, e prima di loro dei nonni e dei bisnonni. Ero terrorizzata all'idea di ripercorrere lo stesso destino loro, cio+ di sposarsi a venti anni, con un uomo gradito, se non addirittura scelto, da pap# e mamma e di avere in futuro la stessa :normale; vita familiare, identica alla loro.

-vevo diciassette anni e mezzo e lavoravo da quasi due anni. !a scelta del mio lavoro, fu un'altra occasione di conflitto con i miei genitori. !oro avevano da tempo deciso che, non appena avessi avuto l'et# consentita dalle leggi svizzere, sarei andata a lavorare nella stessa fabbrica dove gi# lavoravano mia madre e mia sorella. Ma che bella idea , (utti insieme appassionatamente, tutti uniti in casa e al lavoro , Mi rifiutai ostinatamente di obbedire ai loro voleri, pur comprendendone, se non le ragioni, quantomeno le paure. !e motivazioni dei miei genitori non nascevano solo dall'ossessione di proteggere me, che lavorando con la madre e la sorella maggiore sarei stata, secondo loro, pi al riparo da cattivi incontri. 1i era aggiunto un altro motivo non dipendente dalla loro volont# $ in 1vizzera i tempi si erano fatti molto difficili per noi. 46 =a qualche tempo si era imposto all'attenzione dell'opinione pubblica svizzera un uomo politico che si chiamava Cames 1ch5arzenbach, il quale aveva promosso una campagna forsennata contro l'immigrazione straniera, a suo dire esageratamente dilagante. &ella sua battaglia politica 1ch5arzenbach usava argomenti e slogan efficaci che da un lato convincevano molti cittadini svizzeri e dall'altro terrorizzavano la comunit# italiana, la pi grande in assoluto presente in 1vizzera, e le altre, pi piccole, comunit# di stranieri. 4sava spesso un termine insolito, 4berfremdung, cio+ inforestierimento, una parola che non avevo mai udito prima. *hiesi a mio padre cosa significasse, ma non seppe, o non volle, spiegarmelo. !o chiesi alla mia amica 2ngrid, ma neppure lei lo sapeva. 2ngrid, per", lo chiese al suo di padre, e il giorno dopo venne a dirmi che quella parola voleva dire che nella *onfederazione elvetica le masse di stranieri che ci vivevano erano cresciute a dismisura, e che se non si introduceva qualche limite presto o tardi il numero dei forestieri avrebbe superato quello dei cittadini svizzeri. E cos% la 1vizzera sarebbe diventata un paese straniero. & io n 2ngrid capivamo come fosse possibile che quella terra, la 1vizzera, divenisse per gli svizzeri una terra straniera ; ero io la straniera, non lei, quindi a stare a sentire i timori di quelli come 1ch5arzenbach noi due cosa saremmo diventate ) 7orse, concludemmo, ci saremmo capovolte, lei sarebbe diventata straniera e io svizzera , !e cose che diceva 1ch5arzenbach turbavano le giornate di mio padre e le mie notti. 9gni sera guardavo la televisione, e non c'era sera in cui non si parlasse di questo movimento politico, -zione &azionale, e dei suoi obiettivi. *onoscevo il tedesco sufficientemente bene per capire cosa dicessero ; certe sere riuscivo ad afferrare bene il pensiero di questi signori, soprattutto quando veniva espresso, nelle interviste televisive, con parole semplici, pesanti come macigni, ma chiare. 4na sera il loro leader disse esplicitamente che :i

migranti italiani sono un fardello del quale occorre s arazzarsi per non tur are la quiete del cittadino svizzero. 1ch5arzenbach e i suoi amici sostenevano che la presenza massiccia di stranieri rischiava di affievolire le caratteristiche culturali elvetiche. =icevano che parecchi immigrati non erano ritenuti assimilabili al popolo svizzero. 4savano proprio questo termine, assimilieren, e quando lo udivo il mio pensiero correva istintivamente alla figura di mia madre, e mi domandavo $ come si pu" pensare che questa donna, *armela *uccione in &ardella, con i suoi legami stretti con le tradizioni millenarie e con i riti magici della sua !ucania possa mai un giorno, fosse anche tra cent'anni, essere assimilata alla cultura del popolo svizzero ) !a caratteristica pi marcata della societ# svizzera era ed + la sua componente razionale, figlia diretta del suo pragmatismo protestante ; tutto in questo .aese si decide sulla base di una lucida, obiettiva e a volte cinica razionalit#. Ma nel mondo di mia madre e nella sua realt# fatta di fantasie secolari e di credenze pre'cristiane non c'+ posto per la ragione. 2l suo + un mondo che non si pu" modificare, n tanto meno assimilare a una realt# tanto diversa $ o lo si accetta com'+ e si prova a conviverci o lo si ghettizza. 1ch5arzenbach e i suoi seguaci paventavano anche il timore che la 1vizzera rischiasse di importare, insieme agli stranieri, le dottrine totalitarie e le ideologie comuniste. Queste e tante altre invettive tennero banco in ogni *antone. (utti ne parlavano, molti svizzeri dicevano che 1ch5arzenbach aveva ragione, altri che stava esagerando e che in fondo gli immigrati erano utili perch costruivano le strade e mandavano avanti le fabbriche. 3li immigrati, invece, ne avevano una paura blu, e tra questi i pi terrorizzati erano gli italiani ; tra i quali ce n'erano tanti che sapevano poco o nulla della lingua tedesca e in costoro la paura si trasform" in angoscia, perch avevano la percezione del 47 clima di ostilit#, ma non riuscivano a comprenderne n la ragione n i possibili effetti. !a paura crebbe in tutti gli stranieri e divent" panico quando 1ch5arzenbach annunci" che aveva raccolto le firme per indire un referendum, che si sarebbe tenuto di l% a pochi mesi. Mio padre inizi" a comprare il giornale tutti i giorni, cosa che non faceva prima, per tenersi informato. -nch'io seguivo ogni giorno la situazione, e ne parlavo spesso con 2ngrid. =a pap# non ricevevo informazioni, si intuiva facilmente che era molto preoccupato, ma per proteggerci rifiutava di ammetterlo, anzi ogni volta che gli chiedevo qualcosa sull'argomento lui cercava di buttarla sul ridere. Ma io ne sapevo a sufficienza per comprendere che il nostro futuro era seriamente in pericolo. 2l referendum che si sarebbe tenuto coinvolgeva soltanto gli svizzeri, mentre nessun immigrato, n italiano n di altra provenienza, avrebbe potuto votare. .er votare, infatti, occorreva essere cittadini svizzeri, e la cittadinanza poteva essere richiesta solo dopo venti anni di permanenza continua nei confini dello 1tato. Ma gli stranieri presenti in 1vizzera da pi di venti anni erano chiaramente pochissimi, e neppure quei pochi si sognavano di chiedere la cittadinanza. 2l motivo era che, secondo le leggi di allora, nel momento in cui veniva concessa la cittadinanza elvetica bisognava rinunciare a quella originaria, quindi l'immigrato italiano che diventava cittadino svizzero avrebbe

perso la nazionalit# italiana. E in tutti i ventisei *antoni della *onfederazione non si riusciva a trovare un solo immigrato disposto a questa rinuncia. !a proposta referendaria di 1ch5arzenbach prevedeva che la presenza degli stranieri venisse limitata al dieci per cento massimo della popolazione svizzera. Questo significava che, se fosse stata approvata, trecentomila italiani sarebbero stati espulsi dal .aese. !a campagna elettorale per il referendum assunse ben presto toni esagitati e drammatici. (utti i cittadini svizzeri vi presero parte, chi a favore e chi contro ; per le strade, nei centri commerciali, nelle fabbriche, perfino nelle chiese non si parlava d'altro. 2n quel clima di tensione esasperata, ognuno di noi rimase vittima di episodi Benofobi. 2o stessa salii un giorno su un autobus mentre stavo finendo di mangiare un cono gelato. !'autista mi fece immediatamente scendere, ma non us" toni civili, mi aggred% brutalmente urlando $ ' 1cendi subito, vattene di qua , *osa credi ) &on siamo mica in 2talia dove potete fare quello che volete , -ndate via, sparite , a ragione 1ch5arzenbach, siete tutti ebrei , *attivi coltelli , Ebreiii , ' *i chiamavano spesso ebrei, anche se non lo eravamo affatto, anzi molti immigrati non sapevano neppure chi fossero gli ebrei. Ma quella parola, gridata come insulto, voleva significare che noi immigrati ci comportavamo con arroganza in una nazione che non era la nostra ; rubavamo agli svizzeri lavoro e denaro, e ci sentivamo liberi di fare tutti i nostri comodi sul loro territorio. .er quelle persone noi impersonificavamo il male, esattamente come gli ebrei qualche anno prima. (racimava, in questo paragone assurdo, la parte peggiore dell'influenza della cultura nazista che alcuni svizzeri, specie tra quelli di lingua tedesca, avevano subito prima e durante la guerra. Esistevano anche tante persone perbene che non condividevano affatto il progetto di espulsione degli stranieri. !'unica volta che pap# parl" in famiglia del referendum lo fece per tranquillizzarci ; ci raccont" che nella sua fabbrica i capireparto svizzeri avevano espresso a lui e agli altri italiani la loro solidariet#. =issero loro che non erano d'accordo con 1ch5arzenbach, e che al referendum avrebbero votato contro la sua proposta. ' *ome faremo ' spiegarono ' a tenere aperte le nostre fabbriche senza voi italiani ) ' 48 (utta la mia famiglia trasse un sospiro di sollievo dopo il racconto di pap#, io no. Era tutta qui, dissi tra me e me, la differenza tra i sostenitori e gli oppositori di 1ch5arzenbach ) Era solo per una questione di convenienza economica che molti gli avrebbero votato contro ) .erch coloro che non erano d'accordo con 1ch5arzenbach non riflettevano a fondo sulle parole di MaB 7risch $ :!olevamo raccia, sono arrivati uomini. .erch erano cos% rari gli svizzeri che condividevano il pensiero dello scrittore zurighese )

2.

2l timore di una possibile espulsione immediatamente dopo il referendum, nel caso di vittoria di 1ch5arzenbach, era la ragione principale per cui pap# e mamma insistettero perch+ io andassi a lavorare in quella fabbrica tessile di ittnau, insieme a mia madre e a *aterina. ' 2l =irettore, err &ussbaumer, + una brava persona, e mi ha garantito che verrai subito assunta ' insisteva mamma. ' Quindi il posto c'+, e se assumono anche te abbiamo qualche speranza in pi di non venire espulsi dalla 1vizzera in futuro. ' Ma io ero molto testarda, avevo deciso che in quella fabbrica non ci sarei andata a lavorare, e non mollai per nessuna ragione. &el frattempo si tenne, ai primi di giugno, il tanto temuto referendum di :2niziativa 1ch5arzenbach;. !'immenso dibattito che aveva coinvolto l'intera 1vizzera sull'argomento dette i suoi frutti, e poco meno dell'ottanta per cento degli elettori svizzeri and" a votare. 4na percentuale di votanti cos% alta non s'era mai vista, e nemmeno si sarebbe vista in seguito. E il risultato fece impazzzire di gioia i seicentomila italiani che a quell'epoca vivevano in 1vizzera. 2l DEF dei cittadini elvetici respinse la proposta di contingentamento degli stranieri. !a maggioranza quindi disse no, e che lo dicesse per ragioni umanitarie, o per solidariet#, o per semplice interesse non aveva, per noi, alcuna importanza. .er noi contava solo il risultato, e quello diceva che gli immigrati potevano stare tranquilli, potevano continuare a vivere e lavorare in 1vizzera senza pi l'incubo di essere rimpatriati con la forza in 2talia. 4no dei motivi dell'insistenza dei miei genitori per mandarmi a lavorare dove loro volevano venne, quindi, a cadere. Ma restava l'altro, solidissimo, motivo $ quello di tenere la figlia quindicenne sotto stretto controllo anche nelle ore di lavoro , Ma altrettanto solido era il mio rifiuto ad accettare quel lavoro, anzi dopo l'esito favorevole del referendum si era ulteriormente rafforzato. !e ragioni della mia ostinazione erano almeno tre. !a prima era che anche quella sarebbe stata una scelta dei miei genitori, ancora una volta pap# e mamma sceglievano per me, per il mio bene. E questo era un fatto che io rifiutavo con tutte le mie forze. !a seconda ragione era che c'ero gi# stata in quella fabbrica, mamma mi ci aveva portato un giorno per presentarmi al direttore. *'ero rimasta soltanto dieci minuti o poco pi, ma quando uscii avevo le orecchie frastornate da quell'estenuante rumore prodotto dai macchinari ; ricordo che per ore non riuscii pi a udire nessun altro suono senza avere come sottofondo quel sibilo metallico con i suoi ritmi ripetitivi. E l% dentro, sottoposta per otto ore a quella tortura sonora, io non ci sarei mai entrata. !a terza ragione era l'ambiente sul lavoro. 2l personale era quasi tutto femminile e quasi tutto italiano, ma questo non era un problema perch la stessa situazione si ritrovava pi o meno in tutte le fabbriche del *antone di >urigo. .er", la realt# di quella fabbrica era un 49 caso particolare, era un concentrato di donne meridionali pettegole ; era come se avessero messo a lavorare insieme tutte le portinaie di un intero

quartiere di una grande citt#. 1ar# stato il fatto che il tipo di lavorazione era molto semplice e richiedeva mano d'opera poco qualificata e con nessuna istruzione ; oppure che, siccome non era possibile parlare neanche un poco durante il lavoro a causa del rumore assordante, le operaie lavoravano in silenzio e solamente con le mani, lasciando correre la fantasia, e al termine dell'orario di lavoro davano sfogo ai pi inquietanti pettegolezzi, diffondevano i pi sordidi sospetti su tutte le persone, uomini e donne, di cui si aveva memoria. *onoscevo bene le colleghe di mia madre, la maggior parte di loro abitava a ittnau o a .faffi/on e mi capitava spesso di incontrarle. 2o mi limitavo a salutarle, ma loro mi fermavano e mi bisbigliavano le ultime novit#, le loro novit# naturalmente, sulle vite intime, sulle fortune e le sfortune di tutti gli italiani che vivevano nel circondario. 2l pettegolezzo di quelle donne dilagava come un torrente in piena, io le temevo pi della varicella e non potevo accettare di andare a lavorare nel loro ambiente, piuttosto sarei andata a vivere sotto un ponte. 7ui irremovibile nella mia decisione di non andare a lavorare con mia madre e *aterina. 2 miei tentarono in tutti i modi di farmi cambiare idea, arrivarono a minacciarmi persino di rimandarmi in 2talia, al paese a vivere a casa dei nonni. Ma io non cedetti. E fu poco prima di giungere al culmine della tensione, che un nostro vicino di casa port" la notizia che una grossa fabbrica di 4ster assumeva ragazze giovani. 4ster non era vicinissima a ittnau, ma neppure era lontana, distava venti minuti o poco pi di autobus. ' &on se ne parla nemmeno ' disse pap#. ' !a ragazza non va fino a 4ster da sola con la corriera. E' fuori discussione '. ' E perch ) ' feci io, che proprio perch pap# non mi ci voleva mandare mi stavo convincendo che sicuramente avrei trovato il modo di andare a lavorare a 4ster. ' .erch sei ancora piccinenna, non ti lascio uscire di casa da sola la mattina presto per stare tutto il giorno in un luogo dove nessuno di noi ti pu" controllare, da sola e in mezzo a uomini che non si conoscono. <ada Mari', la risposta + no, e l'argomento + chiuso '. 2nvece l'argomento non era chiuso, perch capit" una piccola fortuna. 4na signora italiana che aveva lavorato con mia madre ed era diventata sua amica, ora lavorava in quella stessa fabbrica di 4ster. Mi madre and" a parlarle, e questa si offr% di farmi da balia, avrebbe viaggiato in autobus con me e mi avrebbe tenuta tutto il giorno sotto tutela. !a signora si chiamava come me, Maria, detta 'a contra andera, ed era sui cinquantanni. &ativa della provincia di <ergamo, aveva vissuto da giovane sulle montagne della provincia di *omo, poi, finita la guerra, era immigrata in 1vizzera dove si era sposata e aveva avuto un figlio, ormai grande. !a conobbi soltanto il primo giorno di lavoro, esattamente alle sei e venti del mattino a .faffi/on, alla fermata dell'autobus che ci avrebbe portate a 4ster in meno di mezzora. .er permettermi di riconoscerla fra le tante donne che affollavano la fermata del pullmann, mia madre me la descrisse $

' E' alta cos% ' mi disse tendendo il braccio sopra la sua testa e piegando la mano a squadra. ' a un corpo massiccio, i capelli castano chiari e un seno decisamente fuori misura. ' !a riconobbi subito, la sua testa emergeva di due spanne sopra il gruppo delle altre 50 signore ferme in attesa dell'autobus $ era ancora pi alta di come me l'ero immaginata dalla descrizione di mamma, e i suoi seni parevano davvero due piccole mongolfiere. 1ulla sua faccia, grossa come il resto del corpo, splendevano due occhi intelligenti, verdi come le foglie di magnolia. Ebbi appena il tempo di farmi riconoscere e di salutarla, poi salimmo tutte sull'autobus. !'orario di inizio del lavoro era alle sette precise e non erano ammessi ritardi. !a fermata dell'autobus a 4ster distava dalla fabbrica circa quattrocento metri, che Maria, per poter timbrare il cartellino in orario, mi fece percorrere con un passo da montanaro al quale lei era abituata fin da ragazza. !ei era allenata al passo di montagna, ma io no, e all'ingresso dove campeggiava grande la scritta "ellweger ci arrivai con il fiato grosso. &on solo, Maria era anche abituata ad alzarsi la mattina alle cinque e mezza, ma per me era la prima volta, per cui dopo averle stretto la mano ed essere salita sull'autobus, dormii seduta per tutta la durata del viaggio. Mentre dormicchiavo, la sentivo parlare, parl" senza interruzione fino alla fermata in cui dovevamo scendere. &on ricordo una sola parola di ci" che disse, ma credo che pi o meno fossero le stesse cose che mi raccont" nel viaggio di ritorno poco dopo le cinque di pomeriggio, quando ero perfettamente sveglia. 2l lavoro nella fabbrica di 4ster mi piacque sin dal primo giorno. 2l solo termine di paragone che avevo era con l'azienda in cui lavoravano mamma e *aterina, e francamente non c'era confronto tra il loro e il mio ambiente di lavoro. &el reparto in cui mi avevano messa a lavorare si assemblavano telefoni. &on avevano niente a che vedere con i telefoni di oggi, erano apparecchi grandi come scatole da scarpe e pieni di tasti per le commutazioni, le attese e tutte le altre funzioni. 2o stavo seduta insieme ad altre sette operaie attorno a un lungo tavolo, accanto a ciascuna di noi era collocata una cassetta contenente i singoli pezzi del telefono, costituiti da tasti e pulsanti di diverso colore ; ognuna di noi prelevava dalla cassetta il suo pezzo e lo montava al punto giusto sulla maschera del telefono, poi passava l'apparecchio alla collega vicina che continuava la sua parte di montaggio. Quando i pezzi nella cassetta erano esauriti, ci si alzava e si andava al magazzino di fianco a restituire la cassetta vuota e prenderne una piena. E cos% per l'intera giornata. Era s% un lavoro semplice e ripetitivo, per" l'ambiente non era per nulla rumoroso, anzi, mentre lavoravamo ascoltavamo musiche melodiche diffuse da un altoparlante. =urante il lavoro c'era il permesso di parlare con le colleghe, tutte donne di et# varia ; io e un'altra eravamo al di sotto dei vent'anni, quattro erano sulla trentina e altre due avevano almeno cinquant'anni. !e italiane erano sei con me, una sola era svizzera e l'ultima era una signora turca. - mezzogiorno in punto suonava la sirena della pausa, al che tutte le donne si alzavano di scatto e insieme andavano nel locale mensa dove si poteva cucinare le cose che ognuna si era portato da casa. *ontemporaneamente a noi, arrivavano le tante operaie e i pochi uomini che lavoravano negli altri reparti, e in quel salone seduti sulle panche ci stavano ogni giorno almeno

trecento persone. .er diverse settimane io mi sedetti sempre in disparte dalle altre operaie, prendevo dalla borsa il pane e il cibo che mi ero portata da casa e mangiavo sola, evitando gli sguardi degli altri. &on so perch+ lo facessi, so che non mi piaceva essere osservata mentre mangiavo, forse per la timidezza, o forse perch+ da quando ero nata avevo sempre pranzato insieme alla mia famiglia, e mai in ambienti promiscui. -ppena finito il frugale pasto, mi alzavo e andavo a sedermi vicino a Maria, che al contrario di me stava sempre seduta tra le colleghe del suo reparto, e mentre mangiava 51 chiacchierava con tutte, e siccome parlava assai pi che mangiare, quando arrivavo io lei era solo all'inizio del suo pranzo. Maria mi vedeva arrivare, mi sorrideva e senza smettere di parlare si stringeva accanto alla sua vicina di tavola per farmi posto. -ll'una e mezza la sirena suonava di nuovo e si riprendeva il lavoro, sempre uguale a quello della mattinata, a quello del giorno prima e del giorno dopo. -lle cinque l'ultima sirena della giornata ci avvisava che potevamo tornarcene a casa. !a gente sciamava dalla fabbrica tutta insieme, un torrente umano che veniva a restringersi in corrispondenza del cancello per poterlo attraversare, e poi sfociava nello spazio grande della piazza. =entro rimanevano solo gli o erar eiter, i capi, oltre a una piccola schiera di operai che lavoravano a turni. 9gni giorno all'uscita aspettavo Maria alla fermata dell'autobus, lei arrivava sempre dopo di me perch+ camminava piano, impegnata a chiacchierare con le colleghe. !a vedevo arrivare da lontano, sovrastando dall'alto della la sua statura la marea di donne in cammino ; avanzava verso di me e sembrava una nave in mezzo a tanti pescherecci. .ortava bene i suoi anni la mia Maria, specie quando sorrideva mostrando una dentatura perfetta. 6estiva per" in modo molto approssimativo, portava abiti spesso un po' logori e dai colori male accostati. Quando si accorgeva che io, ferma, la stavo aspettando, si scostava dalle altre e si dedicava a me, senza mai smettere di parlare. 7iniva una frase con una donna e attaccava subito con me. ' -llora ) *om'+ andata oggi ) ' .oi salivamo sull'autobus e ci sedevamo vicine. 2l secondo giorno di lavoro, forse si accorse che stavo osservando il suo modo di vestire dimesso, e mi chiese $ ' *om'+ la biancheria intima che indossi sotto ) ' ' &on so, normale penso. - dire la verit# non ricordo bene che intimo ho messo stamattina, morivo di sonno e non ci ho badato. Ma perch vuoi sapere che biancheria porto ) ' !ei non mi rispose in modo diretto. (acque qualche secondo poi riprese $ ' E' nuovo o vecchio l'intimo che indossi ) &on sar# mica sdrucito ) &on avr# per caso qualche smagliatura ) ' ' Maria, non lo so, non mi sembra. Ma + cos% importante ) ' ' 2mportante ) Ma + fondamentale , 0icordati piccola, la biancheria intima deve

sempre essere in perfetto ordine e sempre pulita, + una questione della massima importanza. 2o metto sempre un intimo nuovo, e ogni ogni giorno lo cambio '. 2o la guardavo divertita, e lei aggiunse $ ' 2 vestiti che porti sopra possono anche essere vecchi, puoi metterti anche abiti modesti perch+ magari non hai tanti soldi per poterti permettere cose eleganti. Ma la biancheria intima no, quella dev'essere bella, e sempre perfettamente pulita. (i pu" capitare un incidente, anche una sciocchezza qualsiasi, ti portano all'ospedale, ti spogliano, e sotto cosa vedono ) 6edono una persona trascurata, vedono una donna che non ha stima di se stessa. 4na sciattona, insomma , '

=opo una decina di giorni che viaggiavamo insieme, mattina e sera, e avevamo raggiunto una buona confidenza, trovai il coraggio di soddisfare la mia curiosit# e le chiesi $ ' 1cusa Maria, ho sentito che in fabbrica e al paese ti chiamano a'contra andera. 52 =a dove viene questo soprannome ) ' !ei rest" insolitamente zitta, le labbra distese in un sorriso distratto. ' E' una faccenda lontana ' disse dopo un po'. ' &on pensavo che mi chiamassero ancora cos%, dopo tanti anni. 6edi piccola, quando io avevo pi o meno la tua et# c'era la guerra. &on qui in 1vizzera, in 2talia. 6ivevo presso una zia in una vallata della provincia di *omo a ridosso del confine svizzero. &on c'era solo la guerra, c'era anche la fame. 2o ero giovane e forte, in montagna arrampicavo come una capra, tenevo un passo cos% veloce che anche i ragazzi della valle faticavano a starmi dietro. 4n giorno un negoziante del paese mi propose di attraversare il confine di notte, con uno zaino sulle spalle, una bricolla. =entro c'erano dei tessuti di seta bellissimi, roba fabbricata a *omo, sai ) E anche diversi gioielli, collane e braccialetti, probabilmente li aveva avuti, si fa per dire, da qualche famiglia ebrea che aveva pagato con i gioielli il prezzo per farsi accompagnare clandestinamente in 1vizzera. =a quelle parti ce ne sono stati tanti di ebrei che pur di scappare all'estero e salvarsi dai campi di sterminio avevano lasciato delle fortune a parecchi contrabbandieri. 9 meglio, a tanti farabutti '.

!'autobus ondeggiava ad ogni curva, e il suo carico di operaie si uniformava per istinto o per abitudine al suo monotono beccheggio. !a testa di Maria dondolava a destra e a sinistra a seconda degli sbandamenti della corriera, solidale nel movimento ma del tutto estranea ad esso. ' 4n po' per spirito d'avventura e un po' per fame ' riprese ' accettai. !'uomo mi fece fare il viaggio in compagnia di un suo nipote, un ragazzo poco pi grande di me. &on voleva assumersi la responsabilit# di mandarmi di notte sola ad attraversare illegalmente il confine, con il rischio di essere scoperta dalla milizia fascista. *i andai con l'incoscienza dei miei diciott'anni, e mi tirai dietro il ragazzo che si rivel" pi un peso che non un aiuto. -vevamo una mappa disegnata a matita dove era indicato il villaggio in cui, alle due del mattino, avevamo appuntamento con un signore svizzero a cui consegnare la merce. !o incontrammo in una stalla, tra gli asini e le vacche, lui prese la roba e ci fece riempire di nuovo gli zaini con tante cose che aveva preparato. *'era dello zucchero, del caff+, delle buste di minestre, dei pezzi di carne avvolti nella carta da macellaio. E una decina di stecche di sigarette. -l ritorno lo zaino pesava molto di pi che nel viaggio di andata, ma ce la facemmo lo stesso e alle sei del mattino ritornammo al paese, senza che nessuno ci avesse visto ' . Ero rimasta affascinata dal racconto di Maria, e quasi non mi accorsi che nel frattempo l'autobus era arrivato alla fermata di .faffi/on. 1cendemmo entrambe, ma prima di lasciare Maria per la sua strada le chiesi $ ' =opo quel primo contrabbando, ne hai fatti altri ) ' ' *erto, il secondo fu appena quattro giorni dopo, e ne feci parecchi altri ancora. .er", a parte il primo, tutti gli altri viaggi li feci sempre da sola, non volevo compagnia perch non facevano altro che rallentarmi la marcia. E potevano rappresentare un pericolo se fossimo stati intercettati dalle guardie. -ccadde due volte, la prima volta fui scoperta dalle guardie svizzere di confine, sul loro territorio ; mi videro da lontano e fischiarono, gridandomi di fermarmi. 2o invece allungai il passo e loro mi seguirono di malavoglia per un chilometro finch si accorsero che ero sparita. !a seconda volta fu pi brutta e mi spaventai tanto. 7ui vista da una squadra della milizia fascista, che forse erano sulle tracce dei partigiani ; quelli non si limitarono a gridare di fermarmi, mi spararono contro. 1entii le raffiche dei mitra e le pallottole che

scheggiavano le pietre intorno a me, dalla paura presi a scendere la collina di corsa, saltellando come una capra rincorsa dai cani, fu un miracolo se non rimasi distesa l#, 53 su quella pietraia, con il collo rotto. *alcolai la distanza che mi mancava per arrivare al paese e nascondermi da qualche parte, poco pi di un'ora, ma quando ci arrivai mi accorsi che ci avevo impiegato solo mezzora, e dei fascisti non c'era pi traccia ' . ' Maria, ma perch lo facevi, che ci guadagnavi ) ' le dissi io. ' 9hi bella, noi morivamo di fame, te l'ho gi# detto , 2l mio guadagno ) 4na piccola parte di bottino che riportavo in 2talia, un poco di zucchero, qualche minestrina, un piccolo pezzo di carne. *on quella roba davo da mangiare a mia zia e a mio cugino che era paralitico '. !asciai Maria, a' contrabbandera, e mi incamminai verso casa. .rima di lasciarla non le strinsi la mano come facevo sempre, ma mi alzai in punta di piedi e le diedi un bacio intenso sulla guancia. .oi la guardai negli occhi per un secondo e vidi due lacrime correre sul suo viso. -nch'io mi ero commossa a sentire la storia della ragazzina che volava sulle montagne, raccontata da quel granatiere di donna che era adesso. E fu solo dopo parecchio tempo che seppi che Maria aveva raccontato soltanto a me la storia del suo soprannome. .arlai spesso di lei con tante persone che la frequentavano ; sapevano tutti che era detta 'a contrabbandera, ma nessuno ne conosceva il motivo.

3. *ol passare del tempo e con la frequentazione cos% assidua, mi affezionai molto a Maria, e lei a me. 6iaggio dopo viaggio, lei mi raccont" la sua vita, mi parl" del marito conosciuto a >urigo e che anche ora lei amava come all'epoca del loro matrimonio. Mi parl" del figlio che aveva avuto, figlio unico e maschio, mentre lei desiderava una femmina. !'aveva cercata quasi con disperazione e alla fine riusc% a rimanere incinta una seconda volta, ma un giorno, scendendo dall'autobus, lo stesso che ora prendevamo insieme, cadde malamente proprio sulla piazza vicino alla nostra fabbrica. !a caduta le tolse dalla pancia la sua bambina, che fin% l% la sua vita, in quel cesso di piazzale, e la priv" per sempre della possibilit# di avere altri figli. 7orse fu per via di quella figlia mai nata che Maria si attacc" tanto a me, divenendo molto pi che la badante che si prendeva cura di una ragazza minorenne sul lavoro. Mi

proteggeva in tutte le situazioni in cui io mi sentivo fragile, alzava la voce se qualche collega si azzardava a criticarmi o a prendermi in giro, voleva che appoggiassi la testa sulla sua spalla quando, ogni mattina, sull'autobus dormivo per tutta la durata del viaggio. 7u per l'affetto che provava per me che accett", mentendo a mio padre, di accompagnarmi alla festa del .rimo agosto al lago di .faffi/on. 2l .rimo agosto + la festa nazionale svizzera, commemora il .atto con cui i *antoni di 4ri, 1ch5e?z e 4nter5alden diedero vita, nel (redicesimo secolo, al primo nucleo della *onfederazione elvetica. 3li svizzeri festeggiano quel giorno in tutti gli angoli dello 1tato, con un sentimento patriottico molto pi fervido di quello che prova qualunque italiano. - quell'epoca, gli svizzeri organizzavano per il primo agosto grandi feste popolari in ogni 54 paese, alle quali partecipavano soltanto loro ; gli italiani erano s% a casa, perch fabbriche, negozi e uffici erano rigorosamente chiusi, ma si guardavano bene dal metter piede nei luoghi in cui il popolo svizzero che ci ospitava, e che spesso ci sopportava, andava a divertirsi. 2o a quella festa ci volevo proprio andare, 2ngrid mi aveva invitata dicendomi che ci saremmo divertite moltissimo. Ma mio padre pose il veto. ' -lle feste tu ci puoi andare solo se ci sono anch'io o c'+ almeno tua madre. E siccome n+ io n lei, come nessun altro italiano che vive qua, abbiamo intenzione di partecipare alle feste di questi senza =io, di questi maschi ubriaconi e di queste femmine svergognate, tu resti a casa , ' 1apevo come la pensava mio padre sui costumi della gente di l%, e non mi illudevo di riuscire a fargli cambiare idea. E conoscevo a memoria le regole della nostra famiglia $ le ragazze vanno nei luoghi pubblici soltanto se accompagnate dai genitori. Era sempre stato cos%. &on si contavano le volte che eravamo andati alle feste organizzate dagli italiani, in primavera e in estate, di sabato e di domenica e, quando le fabbriche chiudevano, anche nei giorni feriali. 1empre e comunque con pap# e mamma. .ap# si metteva seduto sulla panca, i gomiti appoggiati al tavolo e le mani chiuse a pugno a sorreggere il mento. 7aceva sedere me alla sua destra e *aterina alla sua sinistra, e tutti e tre guardavamo la gente ballare. 9gni tanto qualche giovane si avvicinava al nostro tavolo e allora pap# lo squadrava dai capelli fino alla punta dei piedi. 2 giovani italiani non invitavano mia sorella o me a ballare, chiedevano il permesso a nostro padre. ' 1cusasse cump#, posso far ballare a vostra figlia ) ' !ui rifletteva qualche istante, osservava com'era vestito il ragazzo, se era pulito o trascurato, valutava il grado di cortesia con cui quello gli aveva rivolto la richiesta, e se non l'aveva mai visto prima cercava di intuire, da quelle poche parole, da quale regione del 1ud provenisse. =opo di che, se il ragazzo non lo ispirava rispondeva $ no. 1e invece gli dava fiducia, mio padre girava la richiesta a noi. ' *he dici *ater%, vuoi ballare a' pap# ) ' 9ppure a me $

' Mar%, ti va di ballare ) ' - volte arrivava perfino a decidere lui stesso se era pi opportuno che il ragazzo ballasse con mia sorella oppure con me. Ma alle feste degli italiani erano presenti anche parecchi ragazzi svizzeri, al contrario delle loro feste alle quali quasi nessun italiano partecipava. Quando un ragazzo svizzero si avvicinava al nostro tavolo, puntava direttamente su me o su mia sorella, a seconda della sua preferenza, e arrivato davanti a una di noi ci guardava negli occhi. ' (anzen 1ie mit mir ) ' &essuna apriva la bocca, era pap# che rispondeva per noi, e per ognuno la risposta era $ ' Aeine tanzen fur 1ie , ' Quella volta io ero cos% decisa ad andare alla festa del primo agosto, che chiesi aiuto a Maria. !ei venne a casa nostra una sera con la scusa di salutare mamma, e i miei l'accolsero con calore. Mia madre ammirava quella donna, la cui indipendenza forse le ricordava come avrebbe potuto essere lei stessa se fosse nata in un altro posto e con altri genitori. -nche mio padre aveva per Maria molta simpatia, unita a un po' di soggezione perch intuiva che era una donna capace di tener testa a qualsiasi uomo. Maria inizi" raccontando di come andavano le cose sul lavoro, si spertic" in elogi rivolti a me, disse che ero brava a lavorare, giudiziosa nei comportamenti con i superiori e con gli 55 operai, riservata con tutti quelli che incontravo. -l termine della visita, disse a mio padre $ ' - proposito, dopodomani sera vado alla festa svizzera gi al lago, pure voi ci venite ) ' &aturalmente mio padre le rispose che per combinazione aveva altro da fare, e allora lei riprese $ ' 4uuh, ma come mi dispiace. .eccato perch sar# una bella festa, spareranno pure i fuochi artificiali..... 1entite, mi lasciate portare la ragazza con me ) 1tiamo insieme tutto il santo giorno sul lavoro, mi piacerebbe almeno una volta stare con Maria fuori da quella noiosa fabbrica a chiacchierare un po'. &on vi preoccupate, io bado a Maria tutti i giorni e vorr# dire che mi prender" cura di lei anche alla festa, non la lascer" un istante ' 4n po' perch i miei si fidavano molto di Maria, un po' perch, presi alla sprovvista, non trovarono scuse per rifiutare l'invito, fatto sta che le dissero di s%. E cos%, il pomeriggio del primo agosto Maria a' contrabbandera pass" a prendermi a casa e andammo insieme alla festa. *'erano ghirlande, festoni di tanti colori, bandiere rosso'crociate dappertutto, barbecue giganteschi ad ogni angolo e tanta gente. &aturalmente tutti svizzeri. 2n mezzo a tutta quella folla ci volle qualche tempo prima che riuscissimo a trovare 2ngrid, e quando la incontrammo Maria mi disse $ ' 1enti Mari', io ti lascio qui con la tua amica e me ne torno a casa, cos% posso preparare la cena a mio marito e mio figlio. &on mi va di stare in questa bolgia insieme a tutti questi crucchi, gi# ne ho abbastanza quando ne vedo tre o quattro, figurati ora che saranno un migliaio. Ma non ti preoccupare, non lo diciamo ai tuoi che ti ho lasciata qui sola ' *i mettemmo d'accordo che sarei venuta via dalla festa non oltre le undici e trenta tassativamente, e sarei passata da lei che poi mi avrebbe riaccompagnata a casa.

2ngrid mi port" al suo tavolo dove c'erano i suoi amici, che in parte gi# conoscevo, e c'era pure .eter, il suo ragazzo. -vevano gi# preso a ingozzarsi di cervelat e di spiedini di carne, e ognuno dei ragazzi aveva davanti a s un boccale di birra da un litro. !a musica era a un volume alto, ma non tanto quanto quello delle feste italiane, e a quell'ora precoce suonavano musiche melodiche tedesche, pi tardi avrebbero iniziato il roc/. 2ngrid era seduta tra me e il suo ragazzo, un giovane svizzero che parlava poco e beveva molto ; ogni tanto lui smetteva di bere e la baciava, erano baci lunghi e intensi, io li osservavo con la coda dell'occhio e vedevo che entrambi muovevano freneticamente la testa e le braccia. - un certo punto 2ngrid si gir" verso di me e mi sussurr" $ ' 1ai, stanotte io e ans dormiamo insieme. E' la seconda volta che lo facciamo e spero che sar# bello come la prima, quando abbiamo fatto l'amore tre volte ' ' -llora passi la notte fuori casa ) ' le chiesi. ' E perch dovrei stare fuori quando ho una casa mia ) ' ' -h, ho capito, sei sola a casa, i tuoi genitori non ci sono ' ' Ma certo che ci sono, e dove dovrebbero essere ) -nzi, sono anche loro qui alla festa ' ' Ma scusa 2ngrid, se i tuoi sono in casa come fai a dormire con .eter ) ' ' Maria, non vedo dov'+ il problema. Mio padre e mia madre dormono nella loro camera, io dormo nella mia con .eter. ' !ei non vedeva dov'era il problema , 2o invece ci vedevo un problema gigantesco, ma non ero capace di spiegarglielo. Mi vergognavo a farlo. Ero confusa, provavo un sentimento di stupore misto a invidia e pensavo ai miei di genitori, che si sarebbero fatti scannare piuttosto che permettere una situazione del genere. ' 1cusa 2ngrid, ma io tuoi non ti dicono proprio niente che tu, una ragazza di 56 nemmeno diciott'anni, passi la notte a letto con un ragazzo nella loro casa ) ' ' E che vuoi che dicano ) *onoscono .eter, + venuto diverse volte a cena da noi, e quando io dissi a mia madre che desideravo fare l'amore con lui, lei mi rispose che invece di farlo in un bosco, sul prato o nella sua auto era meglio che lo facessi in camera mia. !a differenza + che a casa mia non ci sono pericoli, mentre fuori ce ne possono essere '. 3i#, la differenza era quella, la casa + sicura, il prato no. *e n'era un'altra di differenza ed era molto pi importante, ma io la vedevo mentre 2ngrid non la poteva scorgere. Era che se fai l'amore con un ragazzo in casa tua i tuoi ne sono consapevoli, se invece lo fai fuori non lo vengono mai a sapere. Quella era la vera diversit# , 0estai in silenzio a pensare. .ensavo ai genitori di 2ngrid che accettavano senza nessun problema, se non quello della sua sicurezza, i desideri della loro figlia, e ne comprendevano la curiosit# e le prime pulsioni sessuali da adolescente. E trattavano i figli come persone adulte e indipendenti, e li

crescevano abituandoli al senso di responsabilit# verso loro stessi. 0iflettevo sui miei, che invece non accettavano neppure l'ipotesi che le loro figlie potessero provare delle voglie, o anche soltanto delle innocenti curiosit#, prima del matrimonio. *ontinuavo a pensare con la testa abbassata sul petto, quando d'improvviso udii una voce. ' (anzen 1ie, bitte ) ' -lzai il viso molto lentamente, un po' infastidita, e di colpo rimasi pietrificata. =avanti a me si era materializzato un giovane sui venticinque anni, alto, il corpo atletico, gli occhi del colore della glicine, i capelli biondi come il grano e grossi come corde, e due sottili baffi pure quelli biondi. Era la cosa pi bella che io avessi mai visto, gli mancavano solo le ali per sembrare un angelo. !ui ripet $ ' @ollen 1ie tanzen mit mir ) ' Ma io non risposi. &on potevo farlo, ero immobile e senza fiato, come una balena spiaggiata. !ui rest" qualche minuto davanti a me, con il sorriso sulle labbra e un'espressione di attesa sul volto. .oi, visto che io non rispondevo, anzi non muovevo un solo muscolo del corpo, si allontan" piano. 2o avrei voluto fermarlo, avrei voluto gridargli $ aspetta , 1cusa se non ti ho risposto subito, certo che voglio ballare con te , Ma rimasi muta e immobile, come il dipinto della Madonna della neve. *i pens" 2ngrid a fermarlo, la vidi alzarsi in piedi, allargare le braccia e strillare $ *hristian , !ei e il biondino, *hristian, si abbracciarono e si baciarono. .oi lo present" a me. ' Maria, lui + *hristian, un mio amico di @interthur. 1i trova qui in vacanza, ospite dei suoi zii. ' *hristian mi tese la mano, io gli porsi la mia che tremava come le foglie degli ulivi esposti ai venti del 6ulture. ' *iao Maria, come stai ) ' mi disse. 2o non gli risposi, ancora non mi era tornato il respiro. .er" gli sorrisi, o almeno credetti di farlo, e lo salutai con lo sguardo. !ui si sedette di fianco a me, e cominciammo a parlare. 9 meglio, lui parlava e io ascoltavo. Mi raccont" che era ingegnere e lavorava a >urigo in un'impresa di costruzioni, mi disse che nella sua azienda quasi tutti i muratori erano italiani, e che a lui gli italiani piacevano, li trovava cordiali, sempre pronti alla battuta. E anche grandi lavoratori. 7orse un po' troppo furbi secodo lui, ecco, questo era il solo difetto degli italiani. ' 1ono i muratori italiani ' disse ' che a poco a poco stanno costruendo tutta la 1vizzera ' 1ubito dopo *hristian mi chiese di raccontargli qualcosa di me, ma in quel momento io avevo la testa assente, a stento riuscivo a ricordarmi chi ero e da dove venivo. *he potevo 57 dirgli di me ) 1parai la prima cosa che riuscii a focalizzare dentro il mio cervello in disordine $ ' Mia sorella *aterina si + da poco fidanzata con un giovane di <arletta che vive a

@etzi/on.... ' Mi morsi la lingua e mi maledii ancora prima di finire la frase. *he razza di idiota, lui mi chiede di me e io gli parlo di mia sorella , 2nfatti lui mi guard" stupito, ma poi scoppi" in una risata fragorosa, che sembr" durare in eterno. Quella risata spontanea sdrammatizz" la situazione, e mi mise pi a mio agio. *ontinuammo a chiacchierare per quasi due ore, parlammo di tutto ed io pian piano tornai ad essere me stessa e recuperai la mia naturalezza. 1mettemmo di parlare soltanto per ballare, ma facemmo solo un paio di balli perch *hristian non era granch come ballerino, o perlomeno non lo era quanto un ragazzo del sud. &on mi accorsi neppure per un istante dello scorrere del tempo e verso mezzanotte mi vidi arrivare Maria, tutta trafelata. ' Maria, io ti aspettavo a casa mia, accidenti , Ma non eravamo d'accordo che venivi da me alle undici e mezzo ) -vevo cos% da aspettare con te che te ne stai qui a divertirti , ' Era arrabbiata e non aveva tutti i torti, lei s'era assunta davanti a mio padre la responsabilit# di badare a me. ' Ma, dico, lo capisci in che guaio sei, piccola ) -rriveremo a casa tua con un bel ritardo, tuo padre non si fider# pi di me, e non ti lascer# pi uscire senza di lui. 1picciati che ce ne andiamo, e lungo la strada mi far" venire in mente qualche idea per giustificare il nostro ritardo. 2o sono brava a raccontare balle, vedrai che lo rincoglionisco per bene il tuo vecchio. ' !asciai la festa in fretta e furia. - *hristian soltanto un saluto con la mano e nient'altro. &on gli lasciai neppure il tempo di chiedermi se potevamo rivederci.

4. -nche quell'anno, giunti alla met# di ottobre, arriv" l'inverno. E come tutti gli inverni precedenti si present" con il suo lugubre biglietto da visita $ il cielo plumbeo, le prime nevi, le giornate corte e il sole che, quando c'era, non riscaldava pi neppure il dorso delle lucertole. Quello era il settimo inverno che passavamo a ittnau e ci stavamo facendo l'abitudine. !a nostra vita di un tempo, quella da immigrati disorientati e insofferenti era ormai un ricordo, ora avevamo raggiunto un equilibrio stabile nella convivenza con la comunit# svizzera. 9 almeno credevamo di averlo raggiunto. 2n verit# non era proprio cos%, perch in fondo non potevamo dirci integrati in quella realt# tanto diversa da quella in cui eravamo nati. (utti i membri della nostra famiglia lavoravano, tranne &icola che frequentava una scuola professionale a .faffi/on dove avrebbe imparato il mestiere di pasticciere, per" ognuno di noi entrava la mattina in una fabbrica in

cui quasi tutti gli operai erano italiani e si parlava italiano. !a sera ci si riuniva tutti in casa, si parlava di tante cose, ma sempre in dialetto lucano. &ei giorni di festa o nei fine settimana ci si riuniva tra appartenenti alla comunit# italiana, e spesso anche con loro ci si esprimeva in dialetto, tanto eravamo tutti 58 del sud e bene o male ci si capiva sempre. (utto intorno a noi vivevano gli svizzeri, erano la gran parte dei vicini di casa, degli impiegati e dei capi nelle fabbriche, delle commesse dei negozi, degli autisti degli autobus, degli impiegati degli uffici pubblici. &oi li osservavamo con curiosit#, un po' come si guardano gli animali in gabbia negli zoo, cercavamo di capire i loro modi di vivere e di pensare. Ma la gran parte degli immigrati italiani restava l%, sulla soglia della conoscenza, rifiutandosi di stabilire con loro contatti che non fossero puramente formali. .erch in fondo lo stile di vita di quelle famiglie agli italiani non piaceva affatto. 3li immigrati italiani non accettavano il tipo di educazione che gli svizzeri impartivano ai figli, ai quali concedevano troppe libert# e un 'autonomia esagerata ; non capivano perch le loro donne fossero cos% libere e cos% poco obbedienti ai mariti, n perch gli uomini fossero sempre tanto quieti e non si abbandonassero mai agli impeti d'ira. E neppure comprendevano perch amassero tanto gli animali. 3li italiani li osservavano e basta. E gli zurighesi facevano altrettanto con noi, anche se a dire il vero erano pi frequenti i loro tentativi di comunicare con noi che non viceversa. &oi vivevamo circondati dagli svizzeri, ma era come se fossimo su un'isola, in un mondo tutto nostro, chiuso e sempre pi distante, come avrei scoperto di l% a poco tempo, dai progressi degli italiani rimasti in 2talia, e al tempo stesso impermeabile agli stimoli della cultura del paese che ci ospitava. 1%, eravamo un'isola alla deriva, senza rotta n+ meta. 9gni tanto nella nostra famiglia capitava qualche novit#, come l'automobile che finalmente pap# acquist". !o fece dopo averci pensato su parecchio, quasi due anni, ma io credo che i suoi indugi non fossero tanto per i soldi da spendere per un'auto, quanto piuttosto per la patente che sarebbe stato costretto a prendere. 9rmai, di problemi economici non ne avevamo pi, visto che in famiglia lavoravamo in quattro. -lla fine arrivarono entrambe, patente e auto, una -ustin grigia presa d'occasione da un rivenditore italiano, che non gli cost" molto. Ma la novit# pi grande, per me, fu l'incontro con *hristian. =opo quel primo incontro alla festa svizzera, non rividi pi *hristian per qualche tempo. 7u solo dopo una decina di giorni che lo incontrai di nuovo. 2o stavo tornando da 4ster con il solito autobus, era il mio ultimo giorno di lavoro prima di cominciare le ferie estive, e quando scesi alla fermata di .faffi/on trovai 2ngrid ad aspettarmi. E insieme a lei c'era *hristian. !a mia sorpresa nel vederlo fu pari al terrore che mi colse quando feci mente locale a come ero vestita $ tornavo dal lavoro ed ero diretta a casa, avevo una gonna sgualcita, scarpe di tela logore sulle punte e non mi ero neppure riassettata i capelli. -ccidenti a 2ngrid e alla sua mania per le sorprese, pensai. &on poteva dirmelo la sera

prima che mi avrebbe portato *hristian ) Ma l'imbarazzo pass" subito quando, prima 2ngrid poi lui, mi abbracciarono a mi baciarono. !ei fu molto carina $ ' Maria, ma dov'eri finita ) =i giorno lavori, o/, ma la sera non riesci proprio ad uscire dal tuo lager ) o capito, ti regaler" un paio di forbici cos% potrai tagliare il cordone ombelicale che ancora ti lega ai tuoi vecchi , ' 0idemmo tutti, poi 2ngrid disse che doveva scappare perch aveva la lezione di violino. ' Ma ti lascio in buona compagnia, come vedi. ' mi url" correndo via. 2l braccio di *hristian mi sfior" appena la schiena, come ad indicarmi la direzione verso cui incamminarci. Mi lasciai portare da lui, e ci dirigemmo verso il centro del paese e intanto 59 che lui parlava io cercavo furtivamente di sistemarmi i capelli con la mano. ' a ragione la nostra amica, non ti sei pi fatta vedere ' disse. ' 2o ho provato a cercarti, ma non sapevo dove, anche perch tu sei fuggita dalla festa come una cerbiatta inseguita dai cani e non mi hai lasciato un indirizzo. .oi mi sono ricordato di 2ngrid, ho chiesto a lei di te, ed eccomi qua. (i fa piacere rivedermi ) ' ' <eh, s% certo.... ma certo che mi fa piacere. ' Eccomi alle solite, pensai, lui + un ragazzo spontaneo e naturale mentre io sono impacciata come una mucca dentro una piscina , Ma *hristian sapeva parlare e riusciva a interessare e coinvolgere le persone ; ci sedemmo a un bar, e lui continu" a chiacchierare. 2o ero una buona ascoltatrice, e lo davo a capire. E poi *hristian non parlava mai di cose banali, e anche quando gli argomenti parevano futili, lui riusciva ad evidenziarne gli aspetti pi seri. <evemmo due gazzose al mandarino con tanto ghiaccio, lui mi chiese, sorseggiando la bibita, se avevo piacere di andare al lago con lui a fare il bagno. ' .otremmo andarci domani, visto che adesso sei in vacanza ' mi disse. ' =omani no, purtroppo i miei genitori avevano programmato dei lavori da fare in casa proprio il primo giorno di vacanza. =opodomani s%, tu puoi dopodomani ) ' ' Ma certo, io posso tutti i giorni, io in vacanza ci sono gi# da tempo. ' *i accordammo e mi riaccompagn" verso casa, a piedi erano circa venti minuti e li passammo tutti senza smettere di parlare. !ui mi raccont" dei suoi genitori, che erano divorziati e vivevano in due citt# diverse. ' 9rmai hanno le loro vite, mia madre sta con un nuovo compagno che fa lo scultore, mentre mio padre si + risposato, vive a <erna e ha una figlia di sei anni . ' Mi sembr" triste il suo racconto, anche se lui non dimostrava nessuna tristezza. Ma io non riuscivo a capire come si potesse vivere felici senza una vera famiglia, con i genitori separati, ognuno dei quali con una nuova vita. *i" che non capivo come si potesse disfare una famiglia e ricostruirsene una nuova,

anzi due. !a famiglia + sacra e deve durare sempre. Questi erano i valori che all'epoca mi portavo dentro. ' =ev'essere brutto avere i genitori che vivono in due diverse citt#. (uo padre ogni quanto lo vedi ) ' 3li chiesi io. ' .erch brutto ) E' normale in fondo. !oro mi hanno messo al mondo, mi hanno cresciuto e mi sono stati vicini quando ne avevo bisogno. 9ra sono grande, io vivo da solo, ho la mia vita e i miei genitori hanno la loro. *he c'+ di brutto in questo ) 1embrava tutto cos% semplice, ma io di semplicit# ne vedevo davvero poca. ' Maria ' riprese lui ' io sto facendo la mia strada, ed + giusto che la faccia da solo. *os% come i miei figli, se ne avr", faranno la loro. &on ho bisogno di genitori che mi aiutino, perch l'hanno gi# fatto quando dovevano. -desso ho solo bisogno di un padre e di una madre che posso stimare e di cui posso essere fiero. E lo sono, sai ) 1pecie di pap#. ' -lz" lo sguardo verso le cime degli alberi e mi parve evidente che in quell'istante lui, sullo sfondo dei pini, stava vedendo suo padre. ' Mio padre + in politica. E' consigliere cantonale a <erna per il .artito !iberale. E' una brava persona, sai ) - volte si sente parlare male dei politici, ma la vita di mio padre testimonia che la realt# + spesso ben diversa. !ui si impegna e d# il massimo di s, lavora per un suo scopo, quello di lasciare alle nuove generazioni un .aese migliore di quello che lui ha trovato. ' -rrivammo rapidamente nei pressi di casa mia, come se avessimo usato le ali anzich i piedi. 2o non sapevo come dirgli che non era opportuno che mi accompagnasse fin sotto casa ; non volevo che i miei mi vedessero arrivare in compagnia di un ragazzo svizzero. 60 Ma non ci fu bisogno di dirgli nulla, lui aveva compreso il mio imbarazzo. Mi salut" a duecento metri da casa, sfiorandomi la fronte con un bacio. E mi disse soltanto $ ' - dopodomani , ' &aturalmente mi presentai all'appuntamento con *hristian vestita nel miglior modo possibile $ una camicetta di cotone a quadretti piccoli, la mia preferita, e un paio di ballerine comprate tre giorni prima in un grande magazzino a 4ster. .oi una gonna che, come tutte le gonne che pap# mi concedeva di comprare, era lunga fino alle ginocchia, ma che io, ogni volta che uscivo di casa, rimboccavo e fissavo con le spille da balia fino a farla diventare una minigonna. 2l solo problema da risolvere restava il costume da bagno. 2o possedevo solamente costumi da bagno interi, molto castigati e dai colori opportunamente spenti. &on avevo costumi a due pezzi, avevo insistentemente chiesto a mio padre di poterne acquistare uno che avrei

pagato con i soldi miei, ma lui mi viet" di indossare un bi/ini. &on era cosa per le ragazze serie della mia et#, sentenzi". Mia sorella *aterina invece possedeva ben due bi/ini, pap# le aveva concesso il permesso di comperarli solo dopo che lei si fidanz" con 1alvatore, perch a quel punto il problema della decenza di *aterina stava cessando di essere suo e cominciava ad essere di competenza del futuro sposo. Mai e poi mai io sarei potuta andare al lago con *hristian indossando il mio costume intero di foggia medievale e di colore nero sfumato. .erci" presi a prestito uno dei bi/ini di *aterina, quello pi carino, rosso e stampato a fiorellini, senza dire nulla neppure a lei. !o provai, mi stava benissimo, io e mia sorella eravamo simili di corporatura, l'unica differenza era che lei era un po' pi bassa di statura. 2l due pezzi di *aterina metteva in risalto il mio seno ben sviluppato, i miei fianchi stretti e le spalle ampie. *os%, arrivai sulle rive del .feffi/ersee con i miei vestitini migliori, la bicicletta di mio fratello e il bi/ini di mia sorella. *hristian era gi# l% ad aspettarmi, sdraiato al sole sopra un telo steso sul prato, una gamba tesa e l'altra incrociata sulla prima, le braghette rosse e un cappello di panama in testa. 6isto cos%, era bello come un dio greco , !ui aveva colto dei fiori di campo per me e me li porse. !egati insieme con dei fili d'erba, l'azzurro dei fiordalisi, il bianco delle margherite e il giallo dei narcisi componevano una stupenda macchia di colore. 2o naturalmente arrossii e gli dissi uno striminzito grazie, tutto ci" che la mia emozione mi concedeva di dire. 7acemmo subito il bagno. !'acqua opaca del lago non era fredda, ma io non sapevo nuotare. *hristian si tuff" e nuot" verso il largo con bracciate energiche, forse pensando che io gli stessi dietro. 7atti una cinquantina di metri, si ferm" e solo allora si accorse che io non ero dietro di lui, ma stavo ferma a ridosso della riva, in piedi e con l'acqua che mi arrivava all'ombelico. (orn" subito indietro, spingendo sull'acqua con la stessa cadenza di bracciate. ' &on mi avevi detto che non sapevi nuotare , ' Mi disse sorridendo. 6olle insegnarmi a nuotare, e io non mi opposi nonostante la paura che avevo dell'acqua profonda ; avrei risposto s% a qualunque cosa lui mi chiedesse di fare. Mi fece sdraiare prona sulla superficie del lago, e con la delicatezza di una pantera verso i suoi cuccioli appoggi" la sua mano sulla mia pancia. .oi mi spieg" i movimenti che avrei dovuto fare con le braccia e con le gambe, e io eseguii obbediente. =opo qualche minuto, senza che io me ne accorgessi lui lev" la mano dalla mia pancia, e io nuotai da sola. &on ho mai saputo se imparare a nuotare + cos% facile per chiunque, ma per me lo fu ; la sicurezza di avere *hristian vicino mi permise di abbandonarmi all'acqua con la stessa naturalezza con cui da bambina ballavo alle feste con mio padre. 61 .oco dopo, sdraiati sull'erba al caldo clemente del sole svizzero d'agosto, una accanto all'altro, lui pose la sua mano sulla mia. 1entii i battiti del mio cuore accelerare come un orologio impazzito, udivo il loro rumore simile a quello degli zoccoli dei cavalli al galoppo, ed ebbi paura che quel fragore si potesse sentire anche a distanza. !asciai che lui mi stringesse la mano senza dire nulla, ma neppure il sole riusciva a nascondere il rossore che avevo sul viso. ='improvviso, *hristian si gir" su un fianco, e senza lasciare la mia mano mi sussurr" $

' Maria, Maria, bella signorina del sud..... cos% timida ma anche cos% ricca , ' Malgrado l'emozione, riuscii a trovare il fiato per rispondere $ ' 0icca ) 1cusa *hristian, guarda che ti sbagli, io non sono affatto ricca. ' ' 1% invece. !o sei, sei ricca di sentimenti, hai il cuore grande come una miniera di diamanti. !o si capisce chiaramente, + la prima cosa che un buon osservatore pu" vedere in te. ' 2o sorrisi e gli risposi $ grazie. !ui fissava il mio viso, i miei occhi semichiusi accecati dal sole. E continu". ' 1ei molto diversa, Maria, dalle ragazze di qui. !e ragazze svizzere appartengono a due gruppi $ *i sono quelle che desiderano solo sposarsi e avere una bella famiglia con tanti figli, e quelle che pensano solo al lavoro e alla carriera, e mettono il lavoro davanti a tutto. 1ono davvero poche le ragazze di qui che si interessano a cose diverse dai loro scopi. &on pensano all'amore le ragazze di qui. (u sembri diversa da loro, sei semplice e complessa allo stesso tempo, e sei capace di guardare oltre le apparenze. ' Mi parve un bellissimo complimento, e gli risposi $ ' 1ai *hristian, anche tante ragazze italiane hanno in mente il matrimonio prima di qualunque altra cosa. Quando superano i vent'anni, se non sono gi# sposate o almeno fidanzate vendono prese dal panico, si sentono inutili, come mutilate di qualcosa. ' ' !o so, ho conosciuto qualche altra ragazza italiana e spesso sono come dici tu. Ma tu non sei cos%. ' ' &o, credo di no. -nzi ne sono sicura, io non ci penso affatto a sposarmi, vorrei piuttosto riprendere gli studi, imparare qualcosa.... ma non so, finora non ne ho parlato mai con nessuno '. ' E' bello questo tuo desiderio. 1e vuoi io ti posso aiutare, a >urigo ci sono corsi professionali anche di alto livello '. ' 3i#, perch tu pensi che per me sarebbe semplice frequentare una scuola a >urigo , .urtroppo non + cos%. &on + facile vivere in famiglie come le nostre, dove non si + liberi di fare ci" che si vuole. *redo che sia per questo che le ragazze italiane si sposano molto giovani, perch con il matrimonio acquistano finalmente la libert#. ' !ui stette un po' a pensare, poi scoppi" a ridere e disse $ ' Ma sai che forse hai ragione ) *erto, si sposano per la libert#, non per amore. 2o trovo che sia una gran contraddizione, in fondo + come dire che una si

sposa per conquistarsi la libert# di potere poi cercare l'amore , Ma + assurdo , E anche un po' penoso.... Ma che senso ha ) Quelle ragazze pensano forse che sposarsi giovani sia il modo giusto per costruirsi una famiglia ) ' ' &o *hristian, non pensano che sia il modo giusto e nemmeno quello sbagliato. Molte ragazze del sud vogliono semplicemente che la loro autonomia cresca insieme all'et#, poi si accorgono che questo non + possibile, perch una femmina + destinata a restare sempre sotto tutela dei genitori, specie del padre, finch non si sposa. E quando lo capiscono decidono di fare ci" che hanno fatto le madri prima di loro, e ancor prima le 62 nonne $ si sposano. 1olo cos% possono diventare adulte. ' 1misi di udire la voce di *hristian, sentivo solo il tepore delle sue dita che accarezzavano la mia mano. *hiusi del tutto gli occhi, cos% da escludere il resto del mondo. 2n quell'istante le sue labbra si unirono alle mie. 1entii un contatto insolito, come avere un petalo di rosa adagiato con delicatezza sulle labbra, e subito dopo l'umido della sua lingua che cercava la mia, e felice mi lasciai cadere dentro quel vortice di sensi e aprii a lui la mia bocca, mentre sentivo la pelle del mio viso torrida come di febbre. (ardai qualche secondo a realizzare che lui mi stava baciando, e che non era solamente il primo bacio di *hristian, era il primo bacio della mia vita.

&on so quanto ancora rimanemmo cos%, baciandoci e toccandoci con le nostre mani che sembravano moltiplicarsi e trasformarsi in zampe di ragni. 1o che mi risvegliai da quell'incanto quando d'improvviso avvertii che il calore del sole sul mio corpo si era fatto pi tenue. 2l sole obliquo stava ad indicare che era giunta l'ora del mio ritorno a casa. *hristian mi riaccompagn" fin quasi sotto casa, camminando a fianco a me e portando a mano la mia bicicletta. !ungo la strada non parlammo per un bel po', entrambi avremmo voluto prolungare all'infinito i momenti vissuti fino a poco prima. .oi, sulla salita per arrivare a ittnau lui ruppe il silenzio. ' 1ai Maria, mi sono rimaste impresse nella mente le cose che mi dicevi prima. ' ' .rima quando ) ' gli chiesi io. ' .rima.... , adesso non ricordo quando era , 9ggi sono successe cos% tante cose tra noi.... forse era ancora mattina quando ne abbiamo parlato, o forse era gi# pomeriggio, e comunque non ha molta importanza. -lludevo a quelle ragazze italiane che si sposano giovanissime, spesso con il primo uomo che incontrano. .erch voi donne italiane legate sempre l'amore e il matrimonio come se fossero due

facce della stessa medaglia ) ' .arlava piano, con una calma serafica. Era tornato ad essere il *hristian razionale che rifletteva con metodo tedesco su ogni piccolo dettaglio, non avevo pi davanti il *hristian passionale che stava con me soltanto qualche mezzora prima. ' 1ai, credo di essere la persona sbagliata a cui fare questa domanda ' gli risposi. ' .erch io non la penso cos%. .er" hai ragione, tutte le ragazze italiane che conosco e che vivono qui hanno questa idea. - cominciare da mia sorella. ' ' 2o credo invece che l'amore sia un fatto a s, separato da ogni altra cosa. 1pecie dal matrimonio. Quando due persone si amano devono pensare a stare insieme, a vedersi ogni volta che lo desiderano, a darsi l'uno all'altro reciprocamente, magari a convivere. 1oltanto se dopo nasce in entrambi il desiderio di costruire una famiglia, di avere dei figli, solo allora si pu" pensare al matrimonio. Maria, non sar# che con questi valori delle ragazze italiane c'entri la vostra religione cattolica ) ' ' <eh, probabilmente s%. E' un fatto che la morale delle nostre famiglie del sud rifletta le regole della *hiesa. 2n effetti la nostra religione proibisce di avere rapporti prima del matrimonio. &elle famiglie questo divieto viene fatto rispettare alle femmine rigorosamente, mentre per quanto riguarda i maschi ci si passa sopra. ' !o vidi sorridere ironicamente, io mi fermai per ringraziarlo di quel sorriso di comprensione, poi continuai. ' -nche quando due giovani si amano veramente, le famiglie, le famiglie della donna intendo, proibiscono addirittura che i due stiano insieme da soli, anche in un 63 luogo pubblico. Quindi + normale che quei due desiderino sposarsi in fretta, cos% possono stare insieme liberamente. ' !ui camminava silenzioso spingendo senza alcuna fatica la mia bicicletta sulla salita. 1tava riflettendo sulle mie parole. ' 2nsomma *hristian ' ripresi io ' l'amore fuori dal matrimonio + peccato per la *hiesa, e di conseguenza + immorale anche per la famiglia. Ma da quello che so credo che qui da voi le cose vadano in modo molto diverso.... ' ' 1%, + cos%. 2 costumi qui sono molto diversi. E' la morale che + differente. 6edi io, come quasi tutta la gente di qui, appartengo alla *hiesa 0iformata, e il mio =io mi chiede..... anzi, mi consiglia di interpellare la mia coscienza per valutare le

situazioni. 2l mio =io mi lascia libero di scegliere tra cosa + bene e cosa + male. &oi non chiediamo alla nostra *hiesa di spiegarci che cosa sia giusto e cosa sia immorale, siamo noi stessi a deciderlo. &oi, soli con la nostra coscienza, che si forma e si rafforza attraverso le nostre scelte. E se io capisco che amo una donna e lei ama me potr" fare con lei qualunque scelta, perch se amo sinceramente sar# sempre la scelta giusta. (u capisci, vero Maria ) =io non giudica i miei comportamenti, valuta piuttosto le mie intenzioni. ' &o, io non capivo, ero troppo confusa. Mi turbavano quelle parole che non avevo mai udito in vita mia, non soltanto in casa ma neppure in *hiesa o a scuola, per" trovai quei concetti nuovi e difficili di *hristian molto suggestivi. 2stintivamente sentii che contenevano qualcosa di vero, qualcosa che dovevo ancora scoprire, ma che gi# mi davano conferma delle ragioni della mia inquietudine di allora.

5. .oco prima del mio incontro con *hristian, ci fu la novit# pi importante nella nostra famiglia $ il fidanzamento di *aterina. 2l suo fidanzamento ufficiale con 1alvatore, giovane operaio in un'officina di automobili di @etz?/on, nativo di <arletta, fu la conclusione di un'attivit# di ricerca del futuro sposo che dur" un tempo relativamente breve, ma che fu vissuta con grande affanno. -ppena ebbe compiuto i diciannove anni, mia sorella *aterina venne presa dalla paura di rimanere zitella per tutta la vita. 7ino a quel momento nessun giovane si era fatto avanti con lei, che oltretutto non aveva molte occasioni di conoscere ragazzi liberi e dell'et# giusta, visto che le persone che frequentava sul lavoro erano soltanto di sesso femminile. .artecipavamo frequentemente alle feste degli italiani, + vero, e in quelle circostanze di giovanotti ne circolavano parecchi, ma lei non era ancora riuscita a trovarne uno che le piacesse e che fosse intenzionato a farsi avanti. *i" era dovuto in parte all'indecisione che tanti di quei ragazzi rivelavano, e in parte al fatto che mia sorella pur non essendo brutta, era anzi decisamente carina, si presentava male. 6estiva sempre in modo scialbo, i colori delle gonne e delle camicette sembravano scelti apposta per passare inosservata, come un alpino in un reggimento di alpini, e portava i capelli sempre raccolti in un'anonima coda di cavallo. E sul suo viso, sugli occhi e sulle unghie non c'era mai ombra di trucco, anche se questo non dipendeva dalla sua volont# bens% da quella di pap#, che ci vietava nel modo pi categorico che ci truccassimo. 7u cos% che, compiuti i diciannove anni, a *aterina venne la sindrome da zitella. 64 *erto la nostra famiglia svolse un ruolo da protagonista nell'influenzare il suo stato d'animo e provocarle la malattia, perch mamma e soprattutto pap# se

ne uscivano spesso, ancor prima che mia sorella compisse i diciott'anni, col dire che era ormai giunto per lei il momento della ricerca di un bravo ragazzo italiano. .ap# si era messo a cercarlo personalmente, dopo essersi reso conto delle difficolt# di autonomia di *aterina in questo tipo di ricerca. E tanto fece, tanto cerc", che alla fine riusc% nel suo intento. 7u una fortuna per tutti noi, ma soprattutto per *aterina, la quale stava rischiando di ammalarsi davvero da tanto si preoccupava per il suo futuro destino da nubile. 4n giorno arriv" addirittura a chiedere lei stessa a nostra madre di eseguire per lei il rito del cuculo. Quando sent% la richiesta di *aterina, mamma in un primo tempo stent" a crederle ; ma immediatamente dopo le usc% di bocca un grido di gioia, abbracci" e baci" la sua figlia maggiore. 7u quello un momento di vera felicit# per mamma, lei temeva che i suoi figli scordassero le tradizioni della nostra terra e non le trasmettessero poi ai loro figli, soprattutto ora che vivevamo in 1vizzera, un paese che, secondo lei, viveva nell'oblio delle proprie tradizioni. E io ero certamente la figlia che pi le dava preoccupazioni da questo punto di vista. 1coprire ora che sua figlia *aterina le chiedeva di recitare uno dei riti pi antichi del nostro passato era, per mamma, motivo di grande soddisfazione. 1%, pens" in cuor suo, mia figlia sta crescendo come una vera donna della nostra terra , 1i misero subito al lavoro. Eravamo alla fine della primavera, dunque i cuculi stavano frequentando i nostri boschi per deporre le uova nei nidi di altri uccelli. Mamma e *aterina uscirono sul balcone della camera, quello che si affacciava sul bosco, e insieme recitarono a voce alta, quasi gridando, la filastrocca $ *uccu, cuccu mio galante sopra a quale rama cante ) ' !a rama chiu' pulite ' =imme $ quant'anne aggi 'a sta' zite ) !a nostra tradizione voleva che un cuculo cos% interrogato rispondesse con il suo caratteristico verso $ cu'cu, cu'cu. -d ogni verso del cuculo corrispondeva un anno di ulteriore zitellaggio, cos% se il cuculo emetteva un solo cu'cu, significava che dopo un anno la ragazza a favore della quale si interrogava l'uccello si sarebbe sposata. 1e l'animale cantava dieci cu'cu, gli anni di attesa del matrimonio erano dieci, e cos% via. -ccadde per" che alla richiesta di mia madre e *aterina nessun cuculo che nidificava nei paraggi rispondesse. &on era affatto chiaro il significato di questo responso, e *aterina rest" molto delusa. Ma mia madre, dopo averci pensato qualche minuto, decret" che la sola interpretazione possibile fosse che a zero cu'cu corrispondevano zero anni di attesa delle nozze, e cio+ che lei si sarebbe sposata entro i prossimi undici mesi. !a realt# dei fatti non rispett" il presagio con quella matematica precisione, e tuttavia ci and" molto vicino. Mia sorella *aterina spos" 1alvatore nella *hiesa cattolica di .faffi/on circa un anno e mezzo dopo. -d essere sinceri per", pi che il canto del cuculo, o meglio l'assenza dello stesso, pot la costanza di pap# nella ricerca del fidanzato. =a qualche tempo, pap# si era fatta venire la voglia di avere l'automobile, considerato che ormai la nostra situazione finanziaria sembrava avviata verso

una prospettiva di benessere, e che, quindi, lui si poteva permettere quel lusso. !a famiglia non sentiva pi di tanto la 65 necessit# di un'auto, dal momento che i nostri spostamenti erano sempre sulle brevi distanze e i mezzi pubblici svizzeri erano frequenti e puntuali. Ma tutto ci" non aveva alcuna importanza, poich il desiderio di pap# sembrava limitato al solo possesso di una macchina, e non al suo effettivo utilizzo. !a cosa era pi che comprensibile ; nella nostra famiglia non se ne era mai vista una, non solo ma anche tra i parenti rimasti a 0ionero nessuno possedeva un'auto, e il solo fatto di avere la macchina faceva acquistare un prestigio alla nostra famiglia che solo qualche anno prima non era neppure immaginabile. .ossedere un'auto significava confermare a noi stessi, ai parenti e agli amici che la decisione di emigrare si rivelava non un'avventura disperata, ma una scelta giusta, il definitivo riscatto dalla miseria. !a prima cosa che pap# fece fu di iscriversi ad una scuola guida per prendere la patente. !a sua pratica di guida ebbe fasi alterne, all'inizio lui si trov" molto impacciato alle prese con quel mostro di ferro che mostrava logiche e comportamenti assai diversi rispetto a quelli degli uomini e dei muli, ma poi col passare del tempo le cose migliorarono, finch una sera rincas" sventolando a tutto il vicinato la sua patente nuova. !a seconda cosa da fare era, ovviamente, l'acquisto dell'automobile. .ap# non voleva comperarla nuova, perch costava parecchio e lui era di natura sparagnina, ma anche perch non riteneva giusto spendere tutti i risparmi accumulati per una banale macchina. Quindi si mise a cercarne una usata. Ma l'impresa non fu facile, perch la maggior parte delle auto usate che vision" erano grandi e di cilindrata elevata, mentre lui ne voleva una pi piccola, trattandosi oltretutto della prima auto della sua vita. 4n giorno capit" per caso in una piccola concessionaria a @etz?/on, a pochi chilometri da casa, e l% incontr" un giovane operaio italiano che gli mostr" tutte le auto che aveva a disposizione e che potevano fare al caso suo. 2l ragazzo cap% con prontezza cosa pap# desiderava, e cio+ un'auto di cilindrata media, non troppo vecchia, e comoda per portarci la famiglia. 1i diresse quindi in un angolo dell'officina dove stazionavano due macchine che facevano per lui, una .rinz color verde bottiglia e un'-ustin di un azzurro tenue. (utte e due sono macchine che io garantisco personalmente ' disse il giovane. ' !e ho ritirate io stesso e ho sistemato quelle poche cose del motore che andavano fatte. Ma le assicuro che erano davvero poche cose, perch le auto non hanno percorso tanti chilometri e stavano in mano a persone di mezza et#, gente con la testa sulle spalle, mica sbarbatelli che non sanno guidare '. .ap# alternava lo sguardo tra le automobili e il giovane meccanico. 3li piaceva quel ragazzo, gli ispirava fiducia. Era di modi garbati, molto rispettosi, e sapeva fare bene il suo mestiere. !o guard" pi attentamente $ era ben pettinato, sbarbato a dovere, portava una giacca grigia sopra la camicia bianca, non aveva nulla, a parer suo, che fosse fuori posto. (rascur" la .rinz, troppo piccola per la famiglia e poi di un verde pacchiano che non gli garbava, e si concentr" sull'-ustin. <ella macchina, disse tra s e s,

comoda quel tanto che serve a me, cinque posti quindi ci sta tutta la famiglia, e ha un colore che mi piace. !a potrei provare ) ' chiese. Ma certamente. 1i accomodi al posto di guida, signore ; apro la porta del garage e andiamo a farci un giro '. 7ecero insieme il giro del paese, impiegando pi o meno cinque minuti, poi rientrarono. .ap# era entusiasta. &on solo dell'-ustin, anche del ragazzo. ' =immi un po', tu come ti chiami ) ' gli chiese quando scesero dall'auto. ' 1alvatore, per servirla '. 66 ' <ene, bel nome italiano. 2talianissimo. =i dove sei 1alvatore ) ' ' 2o vengo da Montaltino, una frazione di <arletta. 1a dove si trova, signore ) ' ' <arletta ) 1%, come no ) E' vicino a <ari. 7igurati che io sono del 6ulture, noi siamo a un'ora di treno da 7oggia , E qui, dove vivi ) ' ' 6ivo in questo paese, @etz?/on. 1ono otto anni che vivo in 1vizzera '. ' Ma guarda che combinazione , 3rosso modo + lo stesso tempo che sono immigrato io. E qui ci vivi con la tua famiglia ) 1ei sposato ) ' ' 1%, signore. *io+ no, non sono sposato, ma vivo con la famiglia, padre, madre e una sorella pi piccola '. ' -h, una classica famiglia italiana, bene, bene. E tu 1alvatore, quanti anni tieni )' ' 6entiquattro. Ma compir" i venticinque tra due mesi. ' ' <ene, bene. &o.... volevo dire della macchina, l'-ustin. Mi piace. ' .ap# si chiuse in silenzio a riflettere. 3li sembrava di non avere altre domande da fare, aveva saputo tutto ci" che doveva sapere per il momento, sia a proposito dell'auto, che di 1alvatore. .oi concluse $ ' 1alvatore, io la macchina la compro. 1%, la compro, mi piace molto '. 2l viso di 1alvatore si apr% in un sorriso gioioso. ' a pure dei denti sanissimi ' pens" mio padre. 1i strinsero vigorosamente la mano e passarono subito alla firma delle carte. .rima di salutarsi, 1alvatore gli disse $ ' !a macchina sar# pronta tra quattro giorni, signor &ardella. 3liela far" trovare lucidata come se fosse uscita ieri dalla fabbrica , ' ' 6a bene, non ho molta fretta ' gli rispose mio padre. ' -h 1alvatore, fra quattro giorni + sabato, e questo sabato facciamo una piccola festa in famiglia, perch + il compleanno di mio figlio &icola. M'+ venuta un'idea.... cos%, d'improvviso , 1enti, perch non facciamo cos% $ tu sabato pomeriggio mi porti l'auto a casa mia, a ittnau, e poi ti fermi a cena da noi. *he ne dici, eh ) (i va l'idea ) 9h, sempre che tu non abbia altri impegni per sabato..... chess", magari devi uscire con la fidanzata G.. '

' 9h signor &ardella, io sono molto onorato di venire a cena a casa vostra. !a ringrazio, la ringrazio davvero tanto. &o, no, no, non ho nessun impegno per sabato sera. E non ho neppure la fidanzata, io. -llora sabato le porto la macchina a casa sua. ' 1i salutarono e pap# si avvi" lentamente verso la fermata dell'autobus. Era davvero felice, e anche compiaciuto del suo talento. 2n una sola giornata, anzi in poco pi di un'ora, aveva comprato la prima automobile della sua vita, e forse anche un marito per *aterina. 1abato sera tutto and" secondo le previsioni di mio padre. 1alvatore arriv" che erano le sei alla guida della macchina nuova di pap#, bella e luccicante come il mare all'orizzonte. .er l'occasione si era messo in ghingheri, portava un completo color topo e una camicia bianca sopra cui contrastava una cravatta antracite. 2l suo modo di vestire rivelava chiaramente la sua mancanza di buon gusto, e a me ricordava quei mediatori di bestiame che giravano, la cravatta nera allentata sul collo e il cappello sollevato all'indietro, per le sagre della !ucania, ovunque vi fossero animali da vendere. =urante la cena 1alvatore non stacc" un solo minuto gli occhi di dosso a *aterina, che invece non lo guard" in faccia neppure una volta, segno molto evidente che il ragazzo le piaceva. 2o mangiai in silenzio, osservando divertita gli sguardi languidi che 1alvatore lanciava a mia sorella. (utto ad un tratto, scoppiai a ridere senza un motivo apparente, e tutti 67 smisero di ingurgitare cibo e restarono con le forchette a mezz'aria, guardandomi stupiti. !essi uno sguardo di rimprovero negli occhi di pap#, lui forse credeva che io stessi burlandomi dell'ospite, e invece l'oggetto della mia ilarit# era un altro, e lo potevo conoscere soltanto io. !a presenza a tavola di 1alvatore mi aveva improvvisamente ravvivato un ricordo che credevo di aver dimenticato ; un episodio della mia vita che, se si fosse concluso in modo diverso, avrebbe fatto s% che pure io mi sarei trovata nella stessa situazione di *aterina, cio+ con un fidanzato mio, seduto alla nostra tavola , -vevo all'epoca quattordici anni compiuti da poco, era il periodo di carnevale e la *olonia italiana organizz" una festa in maschera nei locali del Municipio di .faffi/on. *'era una gran quantit# di gente, tanti italiani ma anche parecchi svizzeri venuti per la curiosit# di vedere come gli italiani festeggiavano il carnevale. 2o ero l% con tutta la famiglia, e mi ero vestita da contadina lucana, con una gonna ricamata appartenuta a mia nonna, un vero costume tipico della nostra terra, una camicetta bianca di pizzo e un fazzoletto nero in testa. &on mi trovavo a mio agio in mezzo a quella confusione, tra musica a volume alto, mille persone che ballavano e gridavano e boccali di birra vuotati in pochi sorsi. - un certo punto mi accorsi di un giovane che stava fermo in piedi a qualche passo da me, e che mi fissava con insistenza. &on ci badai e continuai a guardarmi in giro. =opo diversi minuti, mi voltai di nuovo verso di lui e vidi che non smetteva di fissarmi. &on era mascherato, ed era vestito con abiti modesti ; era di media statura, con una selva di capelli sulla testa separati dalle sopracciglia soltanto da un paio di centimetri di fronte. 2l viso era grassoccio come il resto del corpo, con naso e orecchie grandi e carnosi, e

aveva un'espressione intelligente quanto quella di un mohai. !'avevo gi# visto da qualche altra parte, forse in un'altra festa, era siciliano, ma questo lo seppi qualche giorno dopo. 1eppi pure come si chiamava, ma francamente non me lo ricordo pi. .ass" ancora qualche minuto prima che vedessi con la coda dell'occhio il giovane che si stava avvicinando. ' 1ignorina, permettesse questo ballo ) ' mi chiese non appena fu davanti a me. 2o mi voltai verso mio padre con uno sguardo che domandava protezione. ' 3iovane , ' gli disse pap# in tono secco ' - me dovete rivolgervi se volete ballare con mia figlia. ' ' .erdonasse cump# ' gli fece quello ' .osso far ballare a vostra figlia ) ' -llora mio padre mi guard" $ ' Mari', vuoi ballare, a pap# ) ' ' &o ' risposi io ' proprio per niente ' ' 6edete ) Mia figlia non vuole ballare , ' gli gir" la risposta pap#. E quello concluse $ ' .acenzia cump#, sar# per un'altra occasione. Mi permettesse almeno di stringervi la mano ) ' Mio padre gli porse la mano, quello gliela strinse e se ne and" dicendogli $ ' <aciamo le mani a voscienza. ' *redevo che non l'avrei pi rivisto, anzi ci speravo dato che non mi piaceva affatto, n lui n il suo modo di fare. 2nvece due giorni pi tardi me lo ritrovai di fronte, una sera che, ovviamente con tutta la famiglia, stavo camminando nel centro del paese. ' 1alutammo cump# ' disse rivolto a mio padre. ' Eh buonasera giovane, buonasera ' gli rispose. ' *i posso offrire cannoli siciliani a tutta la famiglia ) ' riprese lui. ' 3razie, ma abbiamo appena finito di mangiare dei /ipferl ' tagli" corto pap#. 68 ' E pacenzia cump#. <ona passiata, baciamo le mani. ' E finalmente se ne and". 4na sera della settimana dopo, pap# mi volle parlare. -vevamo appena finito di cenare, io e lui restammo in cucina mentre tutti gli altri si spostarono in sala. !ui mi spieg" che il giorno prima all'uscita dal lavoro trov" quel giovane siciliano che lo stava aspettando. .ap# mi rifer% parola per parola il dialogo avuto con lui. ' <aciamo le mani, cump# ' lo salut" il siciliano. Mio padre tard" un attimo a rispondergli, stupito di trovarselo di fronte in quella circostanza. 1ubito dopo ricambi" il saluto. ' -h, il nostro giovane siciliano , *ome state ) *ome mai da queste parti ) ' ' Eh, volevo parlarvi di una cosa, cump#. 6oss%a me lo permette ) ' ' =ite, dite pure. =i che si tratta ) ' ' 1i tratta della figlia vostra, cump#. ' ' =i mia figlia ) E che ci trase mia figlia ) ' ' *i trase, ci trase. 2o ci ho una cosa da spiare a voss%a. 6oglio chiedervi la mano di vostra figlia , ' ' !a mano..... scusate, ma in che senso la mano ) -h, ma ho capito bene ) 6oi mi state

dicendo che volete sposare a mia figlia Maria ) ' ' '3nors%, proprio a vostra figlia Maria. ' .ap# tir" un lungo respiro, trattenne per qualche secondo il fiato poi lo soffi" fuori di un colpo. (utto si sarebbe aspettato quel giorno, alla fine del suo lavoro, tranne che ricevere una domanda di matrimonio. ' Ma, sentite giovane ' riprese dopo aver superato lo smarrimento iniziale. ' 6oi lo sapete quanti anni tiene mia figlia ) Maria tiene quattordici anni , ' ' '4 sacciu, cump#. 9 megghiu, nun ce lo sapevo con certitudine spaccata, per" mi ero immaginato che quella era l'et# della figlia vostra. ' ' 1entite, finitela di chiamarmi cump# perch quantomeno fino ad ora non sono un vostro compare. Quattordici anni sono un po' pochi per un matrimonio, giovanotto. ' ' 6i chiedo perdonanza se mi sono permesso tanta confidenza, signo', non volevo mancarvi di rispetto. .er" quattordici anni non sono pochi, sono giusti. ' ' 6oi quanti ne avete ) ' ' 2o, ventitr signo'. ' ' !o vedete ) 6entitr anni + l'et# giusta per sposarsi, e voi fate bene a cercarvi la fidanzata. Ma quattordici sono troppo pochi, la ragazza + ancora piccinenna. ' ' &onsi, secondo a mia l'et# + giusta. E' giusta per il maritu. ' ' 1anto =io, mi fate uscire pazzo , !o so che + giusta per voi che avete ventitr anni, ma non lo + per mia figlia che ne tiene solo quattordici , '4 capisti ) ' ' &onsi, non mi spiegai bono. 6i dico che + giusto che il maritu sposi una femmina che tiene quattordici anni. ' ' -h s% ) E questo dove lo avete imparato ) ' ' Me' patri. Me' patri me lo dissi sempre. ' ' E cosa ti disse sempre tuo padre ) ' ' *he un omo la moglie deve prenderla quando + ancora nica nica, quando ancora non ha un carattere so'. .i picciottedda +, e meglio +. .irch% accuss% l'omo pu" criscirla come meglio gli pare. !'omo la educa, la impara a fare le cose giuste, e a poco a poco pu" diventari una brava mugghiera , ' .ap# stette a lungo in silenzio. 0ifletteva. Effettivamente, il ragionamento del giovane aveva una sua logica. 4na donna giovanissima non ha ancora un carattere formato, quindi + plasmabile come la creta fresca. .uoi insegnarle le tue abitudini e lei le accetta pi 69 facilmente, puoi crescerla come meglio piace a te. .er", =io santo , Maria ha soltanto quattordici anni. -lla fine comunic" al ragazzo il suo pensiero $ ' 1enti, facciamo cos%. 2o a mia figlia ci parlo, e ci racconto la tua richiesta di fidanzamento. .oi lascio decidere a lei. 6a bene ) ' ' 6a bene s%, cump# , Mi perdonasse.... volevo dire signo'. =urante il racconto che pap# mi fece, i miei sentimenti mutavano con la rapidit#

delle nuvole sotto un temporale estivo $ passavano dall'ilarit# allo stupore e all'angoscia. &on riuscivo a rendermi conto che fosse tutto vero ci" che mi stava dicendo, mi sembrava piuttosto che lui mi stesse facendo il riassunto di un film che aveva visto. .ensavo e ripensavo a come rispondergli alla domanda che mi fece a conclusione del suo racconto dell'incontro con il siciliano $ ' E questo + tutto Mari'. 9ra tu ci pensi e poi mi dirai se intendi accettare la richiesta di fidanzamento di questo ragazzo oppure no. &on voglio metterti fretta, fai con comodo. E comunque lascio a te la decisione finale. ' Ma com'era possibile che mio padre, l'uomo che mi aveva messo al mondo e che aveva il dovere di crescermi e di educarmi, mi rivolgesse una simile proposta ) &on si rendeva conto dell'assurdit# di una tale situazione ) Era davvero possibile che per lui crescere una figlia significasse solamente trovarle un fidanzato, non importa chi e a quale et# ) Ero confusa, non riuscivo a convincermi che quell'uomo che avevo di fronte fosse veramente mio padre. =opo qualche minuto gli risposi semplicemente $ ' .ap#, la risposta te la do subito. E' no. &o, non intendo fidanzarmi con quel tipo, non voglio fidanzarmi n con lui n con nessun altro. o quattordici anni e non penso neppure lontanamente al fidanzamento, adesso voglio solo diventare grande, perch ancora non lo sono e quando lo sar" decider" io, se, quando e con chi. '

!a sera della cena combinata da mio padre per adescare il probabile fidanzato di *aterina, provai un po' di pena, anche se soltanto un poco, per 1alvatore, caduto come una marmotta nella trappola di pap# ; poi, quando col tempo lo conobbi meglio, scoprii che 1alvatore una marmotta lo era per davvero, e in tutti i sensi. 2l pretesto della macchina, l'invito a cena, la presentazione di *aterina e il disinteresse malcelato di questa verso di lui, parevano il copione di una commedia dell'arte, reg%a di -ntonio &ardella. .oteva anche sembrare che pap# e *aterina si fossero messi d'accordo per infilare 1alvatore nella trappola, ma io so che non era cos%. Erano stati entrambi molto naturali, erano se stessi, per questo la cosa funzion". .er tutta la sera, io continuai a mangiare in silenzio. &on mi appassionava pi di tanto quel fidanzamento in divenire, congegnato nella totale inconsapevolezza del fidanzato in fieri. 2o pensavo a *hristian. Era settembre inoltrato e non lo vedevo dalla fine di agosto. .er stare con me, lui aveva prolungato di una settimana la vacanza presso sua zia, ma poi era stato costretto a tornare a @interthur, la sua citt#, per riprendere il lavoro. *i eravamo salutati sulla riva del lago, nello stesso punto del nostro primo incontro. !o avevo voluto io stessa, perch cos% poteva restare impresso nella mia mente quel luogo in cui, a una ventina di metri dall'acqua, i pioppi si infittivano e l'erba era pi verde perch non esposta al caldo del sole ; era il luogo in cui il primo incontro con *hristian coincideva con l'ultimo. !ui era stato molto carino nell'incontro dell'addio. &on mi disse che era un addio, anzi mi 70

promise che non avrebbe mai potuto dimenticarmi, e che con la scusa di venire a .faffi/on a trovare la zia avrebbe avuto l'occasione di incontrarmi di nuovo, non appena il lavoro glielo avrebbe permesso. 1ono soltanto ad un'ora di treno da qui, Maria. ' Mi ripet pi volte. Ma io sentivo che a quell'incontro non ne sarebbero seguiti altri. !a settimana prima, *hristian volle portarmi a fare una gita per l'intera giornata, io e lui soli. !a cosa mi cost" la fatica di inventare un esercito di bugie, raccontai a mio padre e a mia madre che una collega di lavoro che abitava a 4ster mi aveva invitata ad andarla a trovare. .ap# volle accompagnarmi fino all'autobus, sul quale io salii per scendere alla prima fermata dove *hristian mi attendeva con la macchina avuta in prestito da suo zio. Ma valse la pena di ricorrere ai sotterfugi, perch trascorsi con lui una giornata meravigliosa. 2n auto mi port" a 0appers5il, una cittadina medievale non molto distante. =alla collina del *astello vedemmo dei luoghi splendidi $ sotto di noi, adornata di rose di tutti i colori immaginabili, si distendeva la citt# che si affacciava sulle rive di un grande lago, lo >urichsee, che proprio in quel punto si chiudeva formando una piccola laguna. E sullo sfondo le -lpi dell'9berland con le cime ancora innevate. =issi a me stessa che ci voleva *hristian per farmi conoscere i posti pi belli della 1vizzera. 7ino ad allora ero riuscita a vedere soltanto >urigo, tre o quattro volte, nonostante vivessi in 1vizzera da ormai otto anni. &on dimenticher" mai quella giornata a 0appers5il, io e lui mano nella mano tra i vicoli e le piazze del paese, innamorati al punto di annullare le nostre grandi, addirittura epocali diversit#. .er me fu un caso trovarmi l% quel giorno, per *hristian forse non lo fu, forse fu una scelta consapevole. &on lo so. &on lo seppi mai. 7u comunque un esperimento riuscito. Quel giorno e quel luogo, cos% lontani dalla realt# del nostro vivere quotidiano, ci permisero di estraniarci per poche ore dal resto dell'universo, e sia lui che io ci trovammo a vivere senza pi una famiglia e senza nessuno al mondo. Esistevamo soltanto noi due, e cos% fu possibile, in quello spazio e in quel tempo irreali, dimenticare le nostre differenze di cultura, di nazionalit#, di origine, di ceto. !'unico rimpianto che mi lasci" quella storia d'agosto con *hristian fu il fatto che io e lui non facemmo mai l'amore. !ui me lo chiese una volta, mentre stavamo insieme nei boschi sopra ittnau, sdraiati su un plaid scozzese a baciarci e a stringerci. Quella fu la sola volta che mi chiese di amarci nel modo pi completo e pi bello che potessimo desiderare, poi visti i miei tantissimi dubbi, lui, rispettoso come sempre, non me lo propose pi. 2o lo volevo con tutta la passione dei miei sentimenti e dei miei sensi. Ma non con la ragione, e non mi riusc% di convincere la mia testa che fare l'amore con lui sarebbe stata la cosa pi naturale che avrei potuto fare. .erch, come mi disse un giorno *hristian, quando si ama per davvero, come io amavo lui, qualunque scelta si compie + qualcosa che nasce dai nostri sentimenti pi veri, e quindi + sempre la scelta pi giusta. Ma questo lo capii e lo accettai fino in fondo soltanto diversi anni dopo. !a strada della mia emancipazione dalle regole e dai tab che la nostra terra ci tramandava dalla notte dei tempi era ancora parecchio lunga.

71

6.

2l mio nono inverno svizzero, l'inverno dei miei diciott'anni, fu lievemente pi mite dei precedenti. &on nevic" tanto, si fa per dire perch il mese di gennaio lo passammo sotto cinquanta centimetri di neve. 3li anni precedenti, per", erano cento. 7u tutto pi calmo, non solo il maltempo, ma anche il clima familiare. 2l fidanzamento ufficiale con 1alvatore restitu% a mia sorella la serenit# che aveva perduto, e di conseguenza anche la famiglia ne trasse beneficio. 1olo &icola, che aveva compiuto quindici anni, ci dava un po' di pensieri $ studiare non gli piaceva proprio e le sue amicizie con i figli degli italiani, ma anche le sue frequentazioni con i figli di immigrati portoghesi e turchi, non erano certo di quelle per cui una famiglia pu" andare orgogliosa. 7orse avremmo dovuto cominciare a preoccuparci per &icola sin da allora, perch qualche segnale del disagio che stava vivendo gi# era visibile, e abbastanza eloquente. Ma non lo facemmo, neppure io che per lui, a cui avevo fatto da vice'madre per anni, nutrivo un affetto smisurato. !a vita familiare prosegu%, quell'inverno, senza il minimo scostamento dalla routine. Era dominata soprattutto dal lavoro, pap# aveva sempre il suo nella fabbrica di .faffi/on, mamma e *aterina lavoravano ancora nella stessa azienda tessile, e io avevo sempre il mio a 4ster. &el frattempo molte cose erano cambiate alla >ell5eger, quegli enormi telefoni erano stati sostituiti da apparecchi pi piccoli composti da enigmatici circuiti integrati. !a linea di produzione dei vecchi apparecchi venne smantellata, ed io e le mie compagne trasferite su una nuova linea, nella quale il mio compito consisteva nell'inserire minuti transistors, valvoline e fusibili all'interno di una sagoma di cartone pressato, da collegare poi tra loro con una piccola colata di stagno fuso. Ero contenta di lavorare in quell'azienda, la #irma "ellweger, malgrado che il mio lavoro fosse monotono e ripetitivo. (utti i capireparto svizzeri, i werkmeister, e pure i vorar eiter, erano contenti di me, dicevano che, a differenza di tante altre, io lavoravo sempre con la testa e non solo con le braccia, e mi trattavano nel pi rispettoso dei modi. &on ero peraltro l'unica a godere di un trattamento corretto, perch il rispetto per le persone che vi lavoravano, svizzeri o stranieri che fossero, era la regola fondamentale di quell'azienda. -nche quell'anno a marzo si tenne come ogni anno l'assemblea generale del personale. 0iuniti nella sala mensa, predisposta per l'occasione con sedie e panche perfettamente allineate, tutti i cinquecento dipendenti, operai e capi insieme, ascoltarono la relazione di err !itterme?er, il direttore generale della societ#. Era un uomo sulla sessantina, alto e magrissimo, gli occhiali con lenti spesse e una testa piena di capelli bianchissimi, vestito all'italiana in modo molto

raffinato ; io lo vedevo solo una volta all'anno, in quella circostanza ufficiale. 2nizi" a parlare con voce calma, senza fretta, parlava in tedesco e io riuscivo a comprenderlo bene, anche se ogni tanto qualche parola mi sfuggiva. -lla fine del discorso, che dur" poco pi di venti minuti, non si sedette ; tenendo in mano la stessa relazione, ripet in italiano tutto ci" che aveva spiegato prima in tedesco. 2l suo italiano era buono, anche se tradiva in modo evidente l'accento e la cantilena della parlata tedesca. err !itterme?er illustr" ai lavoratori l'andamento della 7irma >ell5eger nell'anno precedente, cit" le cifre del bilancio e gli utili della societ#. 1pieg" anche quanto 72 sarebbe spettato a tutti i dipendenti, sia svizzeri che stranieri, in termini di aumento di salario ; un po' meno di quanto avevamo ricevuto l'anno prima, perch la societ# aveva incontrato una piccola congiuntura negativa. .arl", alla fine, anche del referendum sull'iniziativa 1ch5arzenbach che si era svolto quasi un anno prima. =isse di essere molto soddisfatto del risultato, che lui considerava una vittoria della civilt# sulla vocazione all'arretratezza, e una conferma della collocazione della *onfederazione elvetica nel mondo occidentale. !'avvenire, ci volle dire, sarebbe stato migliore per tutti, per i cittadini svizzeri e per gli immigrati. 7u un bel discorso, anche se non tutti lo capirono, tra gli operai c'erano anche diversi greci, turchi e portoghesi, che non capivano l'italiano e sapevano poco di tedesco. Mi fermai a riflettere su quelle parole $ l'avvenire sar# migliore per tutti. E pensai al mio di avvenire, a come sarebbe stato ; non pensavo soltanto al mio futuro lavorativo, ma quello pi generale. *he vita mi sarebbe toccata di vivere ) 2nsieme a quali persone ) E, soprattutto, dove, in quale paese, in quale nazione )

!'estate che sopraggiunse di l% a poco, ci regal" una bella novit#, qualcosa che ancora non si era verificata da quando eravamo immigrati in 1vizzera, e di cui ormai avevamo perso le speranze $ tornammo a 0ionero per le vacanze d'agosto. *i fu tra noi uno scoppio di allegria quando, a maggio, pap# e mamma ci comunicarono che avevano deciso che nelle vacanze di agosto saremmo ritornati a quello che continuavamo a sentire come il nostro paese. !o spunto per quel viaggio era di andare a trovare nonno -ngelo, il pap# di mamma, che stava poco bene ; non era grave, per" aveva superato gli ottanta, e mamma espresse il desiderio di rivedere suo padre, perch+ quella avrebbe potuto essere l'ultima volta. &elle nove estati precedenti non ci eravamo mai spostati da ittnau, le nostre vacanze si limitavano al lago di .faffi/on, a qualche gita al lago di 4ster, che era pi o meno uguale, e alle numerose feste degli italiani sparse per il *antone di >urigo. !a felicit# quindi era duplice, perch quella sarebbe stata la nostra prima vera vacanza e perch finalmente avremmo rivisto la nostra terra, i parenti e gli amici di un tempo. 2 preparativi per il viaggio furono laboriosi, fitti di telefonate ai parenti di gi per

annunciare la bella notizia, e di interminabili elenchi di regali da comprare e portare in 2talia. Mica ci possiamo presentare in paese a mani vuote , ' disse una sera mio padre alla mamma. 1anto =io, certo che no , ' rispose lei. ' =opo dieci anni da emigranti, tornare gi senza regali sarebbe un disonore , *he penserebbe la gente ) *he torniamo con le pezze al culo, che siamo morti di fame , =obbiamo portare regali a tutti, a ogni singolo parente, anche a quelli pi lontani. E pure ai vecchi amici, ai vicini di casa ' Ma mamma ' chiesi io. ' Quante valigie dovremo portare sul treno per farci stare i regali per tutta la popolazione del 6ulture ) ' 7u mio padre a rispondermi $ (reno ) E chi ha mai parlato di treno ) ' 1%, mo' ci andiamo a piedi a 0ionero ' intervenne *aterina. &ossignore, n in treno n a piedi. *i andremo con la macchina , ' sentenzi" pap#. *i fu uno stupore generale, noi quattro rimanemmo in silenzio guardandoci a turno negli 73 occhi. 1tentavamo a credere che nostro padre pensasse davvero di poter fare un viaggio cos% lungo su un'auto che non era grande, in cinque adulti pi i regali per l'intero paese. !a prima a reagire fu *aterina $ <eh, se + cos% ci andate voi al paese, ma s%, andate proprio a quel paese , 2o non ci vengo su quella macchina. E poi l'unico che pu" guidare + pap#, solo lui ha la patente. E pap# da quando guida non ha mai fatto un viaggio che andasse oltre i cento chilometri. Ma dico, siete pazzi ) -ndiamo a finire tutti a 0ionero s%, ma al camposanto di 0ionero , Quella volta pap# non disse subito, com'era solito fare, che lui aveva deciso cos% e che il discorso era chiuso. -spett" cinque minuti prima di dirlo . =oveva prima tentare di convincere *aterina, il cui pensiero al sentire che avremmo fatto il viaggio in auto, corse subito a 1alvatore, con cui si sarebbe sposata solo pochi mesi dopo. Mia sorella desiderava che anche il suo fidanzato venisse in vacanza in <asilicata con noi, per presentarlo ai parenti rimasti al paese ; ma era evidente che un sesto posto sulla macchina di pap# non c'era. 1alvatore possedeva un'auto e avrebbe potuto venire con la sua macchina al seguito, ma nessuno avrebbe avuto il coraggio di chiedergli di fare quel viaggio cos% lungo, tutto solo con la sua auto. 3i#, perch *aterina sapeva molto bene che mai nostro padre avrebbe acconsentito a far viaggiare insieme lei e il suo fidanzato da soli. *'era &icola, + vero, ma si sapeva che la mamma

non avrebbe permesso che il suo bambino viaggiasse sull'auto guidata da una persona di cui non si conosceva n la perizia, n la prudenza. 7u proprio mamma a trovare la soluzione al problema $ la famiglia sarebbe partita con la macchina, 1alvatore ci avrebbe raggiunti con il treno. *os% fu deciso, e tutti si adeguarono. !asciammo passare il primo di agosto che era la festa nazionale svizzera alla quale noi ragazzi non volevamo mancare per nessun motivo, e il giorno dopo, all'alba, la famiglia &ardella sal% a bordo dell'-ustin gi# carica di valigie e di un numero inverosimile di pacchi regalo e salp" da ittnau con destinazione 2talia.

7. 2l viaggio fu una penitenza per qualcosa di cattivo che la nostra famiglia aveva commesso, non so che cosa, ma sono certa che qualcuno di noi si era macchiato di una grave colpa che ora dovevamo espiare' 2l caldo torrido dell'agosto ci aggred% al passaggio della frontiera con l'2talia, quando si erano fatte le nove del mattino, e ci accompagn" fino alle otto di sera quando giungemmo in vista di 7oggia. &oi cinque, insardinati dentro la macchina di pap# che fino ad allora non mi era mai parsa tanto piccina, litigammo su tutto. &icola ed io volevamo tenere i finestrini abbassati, il condizionatore, si sa, a quell'epoca non c'era ancora, mentre mamma li voleva alzati perch l'aria le dava fastidio ; quando qualcuno chiedeva di fare una sosta in autogrill per fare pip% e sgranchirsi le gambe, trovava subito qualcun altro che diceva che a lui non scappava e quindi si poteva tirare avanti ancora un po'. !a sola sorpresa positiva venne da pap#, che guid" veloce e bene per tutto il viaggio, senza spazientirsi e senza mai bestemmiare. 7inalmente verso le nove di sera, quando tutto il paese sedeva a tavola per la cena, arrivammo a 0ionero. !'emozione di rivedere, dopo dieci anni, le case e le strade del 74 paese a quell'ora deserte, di riconoscere i luoghi che conservavo indelebili nella memoria, fu tale da farmi passare la spossatezza in pochi secondi. 6edemmo per prima la (orre -ngioina che svettava sopra le case, poi passammo sotto l'arco di 1an Michele ed entrammo nel centro del mio paese. =apprima mi parve molto diverso da come lo ricordavo, ma poi guardando meglio mi accorsi che le case, le vie e le piazze erano le stesse di quando le avevo lasciate, la sola novit# era la gran quantit# di automobili parcheggiate ai lati delle strade, che davano l'impressione di una cittadina profondamente cambiata. 2 giorni seguenti al nostro arrivo furono un carosello di visite che facemmo seguendo l'ordine gerarchico ; prima i parenti stretti, poi quelli lontani e infine gli amici. -d ognuno di loro portavamo i regali $ sciarpe e maglioni di lana che, anche se si era in agosto, erano tra le poche cose che potevano ricordare la 1vizzera, tanti dolciumi, alcuni portafrutta in ceramica di (hun, oltre a qualche orologio e un paio di sveglie riservati al parentado pi prossimo. 9gni famiglia che visitavamo ci accoglieva con un calore umano al quale non eravamo da tempo abituati $

3es , Maria , -vardate chi c'+ , -ntonio, *armela che piacere , .ure i piccinenni, <enedica , ' 1ubito dopo, chiamavano a raccolta l'intero vicinato e apparecchiavano la tavola. 1eguiva un banchetto nel quale venivamo ingozzati di cibo, di vino e di bevande fresche. 2 pellegrinaggi di casa in casa durarono quattro giorni completi, durante i quali non facemmo nient'altro che visite. -pprendemmo l'evoluzione degli ultimi dieci anni di ogni famiglia di 0ionero, dettagli compresi ; alla fine conoscevamo le sorti di ciascuno proprio come se non ci fossimo mai allontanati dal paese. 7urono quattro giorni che misero a dura prova la nostra capacit# di riadattamento a quella realt#, una prova difficile soprattutto per &icola, il solo tra noi ad aver trascorso pi della met# della vita in 1vizzera. 3i# al secondo giorno &icola si rifiut" di continuare le visite ai parenti e chiese di esserne esonerato. Mio padre gli neg" sdegnato il permesso e si imbestial%, mamma lo supplic" di non insistere perch quello era un dovere a cui non potevamo sottrarci. Ma pi che le arrabbiature e le suppliche dei genitori, pot la promessa che al ritorno a ittnau gli avrebbero comperato un ciclomotore. 1olo allora &icola cambi" idea. .er nostra fortuna, l'elenco delle visite obbligate si esaur% e dal quinto giorno di vacanza recuperammo una vita normale. 7inalmente la mattina non ci si doveva alzare presto per i pellegrinaggi di famiglia in famiglia, e si poteva oziare fino a tardi, in quella casa grande fatta tutta di corridoi e piccole camere, ad eccezione della cucina che era enorme. !a casa dove alloggiavamo era di nonno -ngelo, che viveva da solo dopo la morte della nonna, avvenuta sei anni prima. - casa di nonno -ngelo stavamo noi cinque, mentre 1alvatore aveva preso una camera in una piccola pensione a pochi metri da noi, anche se un letto per lui lo si poteva rimediare in casa di nonno. Ma lui e *aterina non erano ancora sposati, quindi di dormire sotto lo stesso tetto non se ne parlava, pure se non sarebbero stati soli visto che nella stessa casa dormivano il padre, la madre, due fratelli e il nonno. 0ivedere nonno -ngelo dopo dieci anni mi fece una brutta impressione. &ei miei ricordi il nonno era la rappresentazione del vigore, un uomo dotato di una vitalit# straordinaria. 9ra, invece, appariva vecchio e stanco, le spalle curve e una magrezza spettrale. Mi tornarono alla mente i tanti giorni e le sere passati a casa dei nonni, quando da bambino &icola era spesso ammalato e allora mamma mandava me e *aterina a stare da loro, cos% lei poteva dedicarsi tutta a mio fratello. 75 Erano ricordi che mi riempivano di tenerezza, rivedevo i rudi modi di fare da contadini di nonno -ngelo e di nonna 3iuseppa trasformarsi in atteggiamenti di grande dolcezza verso noi bambini. Era soprattutto nonno -ngelo a circondarmi di cure affettuose affinch io non sentissi la mancanza della mamma. !a sera tardi, quando non riuscivo a prendere sonno, lui si avvicinava al mio lettino e con le sue dita callose mi accarezzava delicatamente la fronte. .oi iniziava un canto, una musica triste e dolcissima che non potr" mai scordare, e che faceva $ ninna ninna ninna nanna

vole dorme 'u figlie de la mamma ) ninna ninna ninnarella 'u lupu s'ha mangiate 'a pecurella ninna ninna ninnarella vole dorme sta figliuol belle ) !a nonna non c'era pi da qualche anno, e dal giorno della sua morte nonno -ngelo aveva scelto di lasciarsi invecchiare. !a lotta per la sopravvivenza, che pure aveva caratterizzato la sua vita come quella di tutti gli altri contadini lucani, sembrava non interessarlo pi. 1enza pi la sua compagna, non riusciva ad amare la vita e cos% inizi" a spegnersi piano piano, senza dare fastidio a nessuno, e adesso, mentre lo stavo guardando, mi sembrava che non fossero passati dieci, ma almeno trent'anni, da tanto lo trovavo invecchiato.

Quasi ogni giorno in tarda mattinata io e i miei fratelli venivamo svegliati dall'arrivo delle nostre due cugine, *lara e Michela, le figlie di zio =omenico, fratello di pap#. *lara, la maggiore, aveva un anno pi di me, mentre Michela ne aveva uno di meno, il che significa che nella sostanza eravamo coetanee. =opo una colazione buttata gi di fretta, le cugine mi trascinavano fuori casa per portarmi in giro per il paese e farmi conoscere i loro amici, ai quali mi presentavano come Maria, la cugina svizzera. Ero io sola ad uscire con loro, perch+ *aterina preferiva restare insieme al fidanzato, naturalmente con mamma e pap# appresso ; quanto a &icola, lui faceva il possibile per restare da solo, stava in casa quando tutti uscivano, o usciva quando gli altri erano a casa. 4n pomeriggio in cui tirava lo scirocco e per le strade del paese l'aria pareva fosse stata grigliata, le cugine mi portarono a casa loro. *'ero gi# stata in quella casa il primo giorno in occasione della visita di cortesia, ma allora ero distratta e non avevo notato all'ingresso un arco appeso alla parete. Era un vecchio arco con i flettenti di legno scuro molto robusti, con una corda in nerbo di bue spessa mezzo centimetro, un vera arma da guerra di epoca lontana. !o toccai e lo staccai dalla parete. E' l'arco di 4lisse ' mi disse Michela. ' E' un cimelio che pap# trov" nella soffitta di un contadino tanto tempo fa. .are che sia appartenuto alla banda di &inco &anco, sai quel brigante che imperversava qui nel 6ulture e di cui ancora oggi si parla perfino nelle scuole. &oi per" lo chiamiamo l'arco di 4lisse perch pochi riescono a tenderlo, e nessuna donna c'+ mai riuscita '. !o tenni sospeso, pesava come una bicicletta da bambino. .oi avvolsi il mio fazzoletto intorno alla mano sinistra e con quella presi la corda ; con la destra impugnai il flettente dell'arco e cominciai a tirare con entrambe le braccia. !'arco si curv", chiusi gli occhi e 76 continuai a tirare, mi usc% un piccolo grido per lo sforzo, e alla fine l'arco fu teso fino al massimo della sua estensione, pronto per lanciare una freccia. Era da mio padre che avevo ereditato la mia forza fisica. *lara e Michela mi guardarono con le bocche spalancate, nel frattempo io,

concentrata nello sforzo, non mi ero accorta che non eravamo pi sole. Me ne resi conto solo dopo aver udito una voce maschile che, alle mie spalle, aveva gridato $ *azzo , ' Mi voltai e vidi sulla porta due ragazzi giovani. !e cugine e i due appena arrivati mi batterono le mani e mi fecero i complimenti. <rava, bravissima, sei la prima donna che ci riesce , .oi *lara me li present", erano 3iacomo e un altro di cui non ricordo il nome, due suoi compagni di scuola. 0iappesi l'arco al chiodo e ci trasferimmo tutti nella camera delle ragazze. Michela inser% una cassetta di musica roc/ dentro un magnifico stereo con due grandi casse ai lati. *hiacchierammo per un po', anche se il roc/ ad alto volume ci costringeva a sgolarci. !e cugine mi raccontarono che entrambe studiavano, *lara frequentava il liceo e Michela le magistrali ; io dissi che ammiravo molto la loro scelta di continuare a studiare. !a cosa, per", mi stup% parecchio, perch mi ricordai che un tempo, in verit# soltanto qualche anno prima, dalle nostre parti le ragazze non le si faceva studiare, anche quando lo desideravano. .i o meno in tutte le famiglie si sosteneva che erano i maschi a poter proseguire gli studi, mentre il destino delle femmine era di diventare delle brave donne di casa e delle brave mogli, non quello di studiare. 3iacomo sembrava un tipo simpatico, aveva la battuta facile e un sorriso contagioso. =al modo in cui lui e *lara si guardavano capii che i due si piacevano e forse c'era gi# qualcosa tra loro. .oco dopo nella stanza comparve zia !aura, se ne stette immobile a guardarci aspettando che qualcuno abbassasse il volume dello stereo, e dopo che *lara lo spense disse $ ' 0agazze io esco, vado a fare un po' di spesa per stasera. -nche se fuori fa un caldo cornuto, non posso farne a meno, visto che in casa non abbiamo niente. Mi raccomando, tenete il volume di quell'apparecchio infernale il pi basso che potete. !o sapete che poi i vicini si lamentano. ' =opo che fu uscita, chiesi a *lara se zio =omenico fosse in casa. &o, pap# + fuori, + al lavoro. (orna stasera all'ora di cena. ' Ma allora ' dissi ' che facciamo ) =obbiamo uscire pure noi ) ' Ma sei matta ) E dove vorresti andare con questo caldo ) ' 1cusa, ma noi stiamo qui in casa, e ci sono anche questi ragazzi.... ' 1%, e con ci" ) &on ti sono simpatici ) ' ' &o, anzi li trovo molto simpatici. Ma *lara, sono due ragazzi , ' ' E certo che sono ragazzi , E allora ) &on possiamo continuare a sentire la musica perch loro sono ragazzi ) ' ' *lara, non riesco a capire, noi tre femmine stiamo in casa con due maschi, e in casa non ci sono i tuoi genitori, siamo sole.... ' ' *'+ qualcosa di male se tre femmine e due maschi stanno in casa ad ascoltare musica, mentre i genitori sono fuori ) ' 1tetti a pensare un po' prima di risponderle. ' &on c'+ proprio nulla di male. Ma questo lo penso io, il fatto che non capisco +

che tuo padre e tua madre vi lascino stare in casa sole con i ragazzi. ' ' Mari' che dici ) 2 miei vecchi mica vivono nell'ottocento , Ma perch+, tu o tua sorella non siete mai state in casa sole con qualche ragazzo ) ' ' Mai. Mio padre mi caverebbe gli occhi con le unghie. ' 77 ' 3es , Maria, siamo nel ventesimo secolo , &on la pensa pi nessuno cos%. Ma guarda un po' , E voi siete quelli che vivono a >urigo, mentre noi quelli che stanno nel profondo sud , Mi spiace per te, cara cugina, ma i miei genitori non la pensano per niente come i tuoi. 2 miei si fidano di me e di Michela. ' *ontinuammo a sentire la musica e a chiacchierare, ma io ogni tanto mi estraniavo dalla compagnia e riflettevo per conto mio. Ero soprattutto stupita del fatto che tra mio padre e zio =omenico, che oltretutto era suo fratello maggiore di due anni, ci fosse una differenza cos% grande nel modo di crescere i figli. Mi torn" alla mente un detto che mio padre citava ogni volta che io e *aterina gli contestavamo la sua ossessione di volerci tene ,e sempre sotto stretto controllo $ chi si guarda la ro a sua, non $ chiamato ladro % Mi stavo chiedendo come mai zio =omenico non considerasse le figlie :roba sua; , Mi ricordai di quando eravamo piccoli ed io passavo molto tempo a casa delle cugine, e all'epoca mai mi capit" di notare qualche diversit#, anche la pi piccola, tra la mia famiglia e la loro. Qualche ora dopo rincas" zia !aura, e per i ragazzi era tempo di tornare a casa loro. .rima di salutarli, *lara e Michela si dettero appuntamento con loro per le nove e mezza, dopo la cena. ' *i troviamo in piazza con loro e con altra gente ' mi disse Michela. ' -ndiamo a mangiarci un gelato e poi spariamo qualche botto. &aturalmente vieni anche tu. ' .regai *lara di riaccompagnarmi a casa, cos% avrebbe chiesto lei stessa a mio padre il permesso di lasciarmi uscire con loro quella sera dopo cena. ' Mi raccomando, spiega a mio padre che tua madre ci accompagner# in piazza e star# con noi per tutto il tempo. ' - *lara venne da ridere fino alle lacrime quando ripet quelle parole a mio padre. Ma lui non ci fece caso e mi diede il permesso di uscire. *os% dopo cena e ancora col boccone in bocca, uscii e passai a prendere *lara e Michela a casa loro. !e trovai che mi stavano aspettando al portone di casa e stentai a riconoscerle $ portavano entrambe la minigonna, sul viso avevano un trucco discreto ma evidente, gli occhi erano truccati e le unghie smaltate. 2o ero il loro esatto contrario, gonna che mi copriva le ginocchia e nessun trucco sul viso, n sugli occhi e sulle unghie. !a piazza era naturalmente gremita di gente, le due gelaterie del centro prese d'assalto, e pure le quattro bancarelle improvvisate erano affollate. 3li amici e le amiche delle cugine erano tantissimi, praticamente mezzo paese ; qualche viso gi# lo conoscevo, riconobbi tre o quattro compagni e compagne delle elementari, e

ora li ritrovavo adulti, ma la gran parte non li avevo mai visti, oppure non li ricordavo. 7u un susseguirsi di presentazioni $ ' !ei + Maria, la nostra cugina svizzera ; Maria, lui + G.. ' 1eguivano i vari nomi di ragazzi e di ragazze, cos% tanti che non riuscii a tenerli a mente tutti. (ranne &ino, naturalmente. !ui mi aveva colpita dal primo istante. &on per il suo aspetto, che non si distingueva da quello degli altri $ moro, di media statura, carino ma non pi di tanto, vestito allo stesso modo degli altri, Heans e polo. !'unico particolare che poteva rendere originale il suo volto era una marcata fossetta sul mento. Era stato il suo sguardo a colpirmi. 3li occhi, grandi e scuri, avevano un fondo velato di tristezza, ricordo perfettamente il contrasto tra la sua bocca che si allargava in un sorriso sereno e gli occhi che rimanevano seri. 2l suo sguardo, dritto nei tuoi occhi, era capace di vedere dentro di te, e scoprire cosa c'era di vero, al di l# delle apparenze. 78 8. !a serata fu bellissima e io mi divertii come mai prima ; gli amici delle cugine fecero di tutto, i girotondi lungo la piazza, i botti lanciati sui piedi dei passanti compassati per farli spaventare. E prima di mezzanotte, comparirono come d'incanto due chitarre e un organetto e suonammo, cantammo e ballammo fino alle tre. - casa non mi dissero niente quando rientrai, dormivano tutti tranquilli, rassicurati dalla presenza in piazza di zia !aura, che invece stava dormendo quanto loro. .assai una notte agitata, non ero abituata ad andare a dormire cos% tardi e poi avevo bevuto vino, e pure parecchio. !a mattina mi svegliai tardi perch solo all'alba ero riuscita a prendere sonno, mi sentivo fisicamente scombussolata, ma allo stesso tempo felice. .ensai a &ino, che la sera prima, quando iniziarono a suonare le chitarre e l'organetto, si avvicin" e si sedette a fianco a me, sui gradini della fontana. -veva sempre quel sorriso timido e quello sguardo profondo, ma lontano nel tempo. &ino mi raccont" che aveva appena fatto l'esame di 1tato ed era diventato geometra. Mi parl" della noia che gli ispirava il mio e suo paese, che gli pareva separato dal mondo, racchiuso dentro una virtuale muraglia di pietre. E della sua voglia di fuggire, di esplorare ci" che stava al di l# della cortina, di andare a vivere in qualche luogo, non sapeva dove, purch fosse il centro del mondo. 6orrei vivere ' mi disse ' in un posto dove avvengono cose nuove e importanti, ed essere l% quando succedono, cos% da essere il primo a conoscerle e a viverle. ' -ggiunse che non desiderava affatto diventare una persona importante, ma solo fare qualcosa di importante nella vita. .er se stesso, innanzitutto. ' *ome si vive a >urigo ) ' mi domand". 1orrisi, ma non gli risposi, la sua era una domanda che non richiedeva risposte. !o sentivo vicino a me, alle mie inquietudini e alla mia sete di verit#. .i lui parlava e pi scoprivo quanto eravamo simili, sarei stata ad ascoltarlo per

giorni. Quella mattina ero serena perch il pomeriggio ci saremmo rivisti, le cugine sarebbero venute a prendermi com'era ormai consuetudine, e una volta fuori casa le avrei lasciate per incontrarmi con &ino. !'ambiente di casa era invece molto meno sereno, soprattutto perch &icola brontolava che voleva tornare in 1vizzera. ' 6oglio ritornare a casa , ' diceva, e in quella frase c'era tutta la sua estraneit# alla realt# di 0ionero con la quale non riusciva a convivere. 2 miei erano ovviamente sgomenti per il suo atteggiamento, e non capivano perch mio fratello fosse cos% inquieto. *aterina e 1alvatore proposero di fare una gita tutti assieme alla fonte dell'acqua minerale a Monticchio, e poi passeggiare intorno ai laghi dove l'aria era pi fresca. -lla fine decisero per la proposta dei promessi sposi, e subito dopo pranzo partirono. 1enza di me, naturalmente, perch io dissi che preferivo restare in paese con le cugine. =ovetti attendere qualche ora prima di incontrarmi con &ino, l'appuntamento era alle quattro. -mmazzai il tempo girando da sola per il paese, e rividi le case, le salite e le discese dei vicoli, la mia scuola elementare. Quasi nulla era cambiato, mi sembrava di essere passata da quei luoghi soltanto la settimana prima. Entrai nella basilica di 1anta Maria della neve e mi fermai sotto il quadro della vergine $ me lo ricordavo pi grande, ora mi pareva pi minuto, ma era soltanto l'inganno della crescita. (utto ci" che si vede 79 con gli occhi di un bimbo appare pi grande di quanto realmente +, vale per le cose e le persone, ma anche per i segreti e i misteri. *amminai fino all'area archeologica, dove non era cambiato nulla da almeno quattromila anni. 1olo gli alberi e i cespugli erano cresciuti e ora distribuivano qualche metro d'ombra in pi che all'epoca della mia infanzia. !'unica cosa nuova che vidi fu un giovane che mi dava le spalle, seduto su una grossa pietra tutta esposta al sole ; stava l%, solo, senza muovere un muscolo, sotto le vampe di quella luce meridiana che toglieva il sangue ai colori. (eneva tra le mani un libro e aveva la testa leggermente chinata sul petto. 1tetti immobile senza fare rumore, volevo osservarlo ancora un po' prima che lui si accorgesse della mia presenza. Quel ragazzo era &ino che stava aspettando me, e in quel momento volevo gustare ogni attimo di quella sensazione sconosciuta che stavo provando, la piccola eccitazione nell'osservare da lontano, come se fossi sopra una nuvola, un uomo che non stava aspettando una persona qualunque, ma proprio me. 2n quell'istante la coda di una lucertola solletic" le dita dei miei piedi e io mi ritrassi facendo scivolare via dei ciottoli, e allora &ino si volt" risvegliandosi dal suo torpore. Mi baci" sulle guance e mi mise in mano il libro. 1pero che tu non l'abbia ancora letto ' mi disse. ' 6oglio regalartelo perch + un libro importante per noi di qua, aiuta a capire da dove veniamo ' 2l libro era &risto si $ fermato a ' oli, e ancora non l'avevo letto, anche se ne avevo sentito parlare. - .faffi/on c'era una libreria italiana dove mi recavo almeno un paio di volte al mese, guardavo tutte le novit# e spesso compravo un libro. - quei tempi leggevo tantissimo, e in quella libreria avevo gi# notato quel romanzo e mi ero ripromessa di leggerlo.

3razie &ino ' gli risposi. ' .er" + meglio che non restiamo in questo posto, il caldo qui + da svenimento. ' 6oleva portarmi alla fiumara, gli feci presente che era piuttosto lontano. &on ti scoraggerai per cos% poco. ' fece lui. ' 7orse non te lo ricordi bene, non + poi cos% lontano. 6edrai, cammineremo chiacchierando e ci arriveremo senza accorgercene. ' 7u proprio cos%, scendemmo piano lungo il sentiero parlando senza interruzione, o per meglio dire, lui parlando ed io ascoltando, e senza esserci resi conto del tempo e della distanza arrivammo alla fiumara, dove i castagni, gli aceri e i frassini intrecciavano le fronde tra loro e spandevano nell'aria un fresco miracoloso. &ino parlava di come si viveva in paese, in quella terra, la <asilicata, dove le cose cambiano s%, ma al ritmo della secolare sonnolenza del suo popolo, come sosteneva lui. ' 2o penso che pi o meno sia uguale in tutto il 1ud d'2talia ' gli dissi io. ' *redo di s%. ' 1tette un attimo a pensarci, poi riprese $ ' -nzi no, tutto sommato da noi in !ucania + meno peggio che altrove. 1tiamo meglio dei nostri vicini calabresi, ad esempio. *'+ tanta violenza in *alabria, le faide, la mafia, i soprusi tra le mura di casa. -lmeno tra noi lucani la violenza + quasi sconosciuta ; si litiga, si grida, si bestemmia, ma difficilmente si commettono atti violenti. ' *i sedemmo vicini, su un grosso masso sulla riva di quel torrente che pareva innocuo, ma che era percorso da correnti improvvise che rendevano pericolose le sue acque a tratti profonde. &ino parl" del suo diploma di geometra, fresco d'inchiostro. ' 1ono geometra, s%, e rimarr" tale per il resto della vita ' mi disse con evidente amarezza. ' 2 miei genitori non hanno i mezzi per mandarmi all'universit#. .eccato, mi sarebbe piaciuto laurearmi in architettura.... sarei un bravo architetto, sai ) ' 80 ' *osa faresti se fossi un architetto ) ' gli chiesi. ' 9h, un'infinit# di cose. 2nnanzitutto vorrei specializzarmi a .arigi, l% si vive l'architettura come dovrebbe essere, e cio+ la profezia del futuro. Mi piacerebbe poi costruire scuole qui in 2talia. &on fosse che per far dimenticare quelle che ci sono oggi, brutte, vecchie e senza personalit#, senza neppure l'intuizione che cosa dovrebbe essere una scuola. 2o costruirei scuole tutte di vetro, dove gli studenti possano guardare fuori e vedere gli alberi e i cespugli fioriti e sentirsi davvero parte della natura ; ma non soltanto loro, i ragazzi, anche le materie che stanno studiando in quel momento acquisterebbero una dimensione pi concreta. .oi anche chi sta fuori potr# guardare dentro la scuola ogni volta che lo desidera. 2nsomma, la scuola come uno specchio della realt# , '

2 discorsi di &ino partivano tutti dalla sua quotidianit#, poi improvvisamente cessavano di essere razionali e sconfinavano nel sogno. 3lielo feci notare $ &ino, tu fai delle analisi profonde, dico sul serio, sai ) &on conosco ragazzi della nostra et# che sanno leggere la realt# come sai fare tu. - un certo punto per" ti interrompi e cambi completamente strada, smetti di essere logico e diventi un sognatore romantico. !e tue storie di vita reale tutto d'un tratto diventano fiabe. ' !ui sorrise e si volse a guardare le cime degli alberi mosse dal vento. ' ai perfettamente ragione. ' rispose. ' E' vero, io sono cos%, non riesco ad essere conseguente. =evo ancora crescere.... ' - pensarci bene, per", + molto bello il tuo modo di essere. ' ripresi io. ' 1%, tu parli e ragioni come un uomo, ma a un certo punto spunta il bambino. 1ai che ti dico ) 7orse + meglio se non cresci. ' 0idemmo entrambi e subito dopo riprendemmo la salita, non volevamo fare tardi perch in piazza ci attendevano gli amici. =urante il ritorno io incespicai in una buca e lui mi tenne in piedi prendendomi la mano. &on me la lasci" pi e ci tenemmo per mano finch arrivammo all'angolo prima di svoltare nella piazza. &on vi trovammo nessuno, c'erano soltanto due capannelli di persone, uno di vecchi che parlavano di politica e uno di bambini che giocavano. Mi stup% vedere al centro della piazza &icola che camminava tutto solo, voltandosi di continuo e guardando ora a destra e ora a sinistra. ='un tratto, &icola mi vide e mi venne incontro correndo. Maria, Maria, ma dov'eri finita ) ' mi disse tutto trafelato. ' E' pi di un'ora che ti sto cercando per tutto il paese. =evi correre a casa, devi venire subito , ' Ma perch ) E' successo qualcosa ) ' 2l nonno. &onno -ngelo si + sentito male e l'hanno portato all'ospedale. ' *orremmo tutti e due verso casa, prima di mettermi a correre avevo lanciato uno sguardo a &ino, e lui aveva ricambiato guardandomi negli occhi e facendomi di s% con la testa, come a dirmi $ non ti preoccupare, vai, corri a casa. - casa non c'era nessuno, erano andati tutti all'ospedale, ci disse un vicino. 2l vicino si offr% di accompagnarci con la sua auto all'ospedale, lo ringraziammo per la gentilezza e partimmo subito. &onno -ngelo stava in una cameretta singola nel reparto di Medicina 3enerale ; fuori dalla porta trovammo pap#, mamma, *aterina e 1alvatore. Mamma piangeva e scuoteva la testa. ' &on vuole vivere pi, non vuole pi lottare.... ' diceva tra le lacrime. 6oglio vederlo. ' le dissi io. 9ra non si pu". =entro ci stanno due medici e un'infermiera, stanno cercando di capire che cosa gli possono fare. anno detto che + grave, tra poco 81 usciranno e ci diranno qualcosa, poi potremo entrare noi. ' Era molto grave, dissero i medici, il cuore era troppo affaticato e i reni funzionavano poco, uno dei due niente del tutto. *i dissero che stavano facendo il possibile, ma la situazione poteva precipitare da un momento all'altro.

4sarono proprio questo termine, precipitare. 2o intuii che precipitare significava morire, ma loro non parlavano esplicitamente, non ho mai capito se era per un riguardo verso di noi che potevamo disperarci al solo sentire quella parola, la morte, oppure perch loro stessi avevano paura della morte, e cercavano di esorcizzarla non nominandola. .oco dopo rividi mio nonno disteso sul lettino, intubato e cateterizzato, la pelle diafana e le mani ridotte a ossicini di pollo. &onno -ngelo mor% quella notte stessa, verso le quattro del mattino. !'ora esatta non la conosciamo, perch al suo capezzale era rimasta solo *aterina, pap# ed io, stanchissimi, ci eravamo appisolati sui divani nel corridoio appena fuori dalla camera, e mamma era andata al bagno a rinfrescarsi. Ma anche *aterina si era addormentata sulla sedia a fianco del nonno, e proprio in quei pochi minuti di assenza di tutta la famiglia lui mor%. - me piace pensare che scelse quel momento per non creare a nessuno di noi quel senso di angoscia che avremmo provato vedendolo esalare il suo ultimo respiro. Mor% come visse, orgoglioso della sua autosufficienza, e senza voler mai dare fastidio a nessuno, n dipendere da qualcuno. &ei giorni che seguirono una profonda tristezza prese il posto del clima gioioso delle nostre prime vacanze in 2talia. *i tocc" anche una penosa ricerca tra i negozi del paese di gonne nere, camicette e calze nere, perch sia io che *aterina non avevamo nulla di nero da metterci, solo mamma aveva un abito nero che si era portata dalla 1vizzera. 7orse fu un presentimento il suo, o forse lo fece per scaramanzia. *hiss# , 2l nero per la morte del nonno era d'obbligo, era l'evidenza del nostro dolore che dovevamo rappresentare a tutta la gente del paese. 2l dolore doveva essere esternato pubblicamente, recitato sul palcoscenico della societ#, non era sufficiente portarselo dentro con dignit#. 2l nero, per", era comandato soltanto alle donne, gli uomini ne erano esentati. (utte le donne dall'et# della pubert# in su portavano il lutto totale, il nero assoluto, mentre gli uomini potevano vestire i colori che pi gradivano, compreso il bianco ; il solo obbligo cui loro dovevano sottostare era di mettersi una fascia nera al braccio, oppure il bottoncino nero sulla giacca. 2l secondo giorno ci fu il funerale del nonno. =ur" poco, o almeno cos% parve a me, il tempo della processione da casa fino alla chiesa che distava duecento metri, poi la messa. &essuno parl" del nonno, nessuno raccont" nulla di lui e di ci" che aveva fatto di buono, ci furono solo tante strette di mano e una sola parola, condoglianze, ripetuta all'ennesima potenza, in pratica dall'intero paese. =opo la messa, nonno -ngelo inizi" la sua ultima camminata fino al camposanto. !a bara era portata a spalla da otto uomini, tutti parenti pi o meno stretti. *'era pap#, zio =omenico, tre cugini di mia madre, e altri tre che conoscevo solo di vista, forse amici del nonno. - met# del tragitto, uno degli otto uomini, quello pi anziano, sussurr" a mio padre che gli era venuto un gran mal di schiena e chiedeva il cambio. Mio padre allora si volt" a cercare lo sguardo di 1alvatore, e quando lo trov" gli fece un semplice cenno con la testa ; lui si mise a correre, raggiunse la bara e diede il cambio a quello dolorante. 2l povero 1alvatore non vedeva l'ora di essere chiamato a questo

compito, a casa si era 82 offerto di far parte della squadra di sostenitori della bara, ma fu rifiutato. &on era ancora sposato con *aterina, era solo lo zito e quindi non era decoroso che venisse ammesso all'impresa. 2 miei genitori ebbero per" qualche esitazione nel rifiutare questo onore a 1alvatore, e in ogni caso ne apprezzarono la buona volont#, tant'+ che appena l'occasione si present", lo ammisero a far parte della cerchia della famiglia. .er tutto il funerale, e non soltanto al momento della tumulazione, io non riuscii neppure una sola volta a guardare la bara di mio nonno. Ero ancora scioccata a causa dei preparativi del funerale che si erano svolti a casa. !a sera precedente il funerale, ci fu il trasporto del corpo del nonno dall'ospedale a casa, dove fu immediatamente fatta la vestizione. !e infermiere ci avevano detto che, se lo desideravamo, l'ospedale si sarebbe fatto carico di vestire il defunto, ma mia madre rispose sdegnata che quello era un compito che spettava rigorosamente alla famiglia. .erci", una volta che il nonno arriv" a casa, le donne si riunirono tutte nella sua camera da letto ; mia madre chiuse la porta, e rimanemmo noi tre donne della famiglia, oltre a *lara che aveva voluto starmi sempre vicino. 3li uomini stavano tutti nell'altra stanza a parlare e a fumare, l% dentro non erano ammessi. Mamma si mise subito al lavoro, aiutata da due sue cugine e da altre due donne, vicine di casa, che erano avvezze a questo genere di pratiche, avendo gi# vestito nella loro vita qualche dozzina di salme. Mamma aveva scelto i vestiti del nonno e ora dirigeva le operazioni ; io e *aterina le chiedemmo di poter essere esentate dalla vestizione, e lei ci guard" inorridita $ Ma come ) 6olete farmi uno sgarbo simile in un giorno come questo ) &on ditelo neppure per scherzo, voi dovete restare qui e partecipare al rito. E' questa la piet# che avete per i morti ) ' .oi osserv" i nostri visi impauriti, si calm" e aggiunse $ 1e volete potete rimanere in un angolo e limitarvi a guardare, non siete obbligate a fare niente. ' &on ci opponemmo, sarebbe stato come voler fermare il vento con le mani, e cos% vedemmo e sentimmo tutto. 6edemmo le gambe del nonno, ormai ridotte a zampe di merlo, sollevarsi e ripiegarsi sotto lo sforzo di quelle grasse donne che gli infilavano i pantaloni ; vedemmo le sue braccia penzolare fuori dal lettino, e la sua testa ricadere all'indietro e ciondolare mentre lo costringevano a indossare la camicia bianca. E sentimmo per tutto il tempo della vestizione il rosario recitato in coro dalle cinque donne impegnate in quell'opera. 2o ero sgomenta, assistevo a quella scena con gli occhi sbarrati, e provavo piet# per il nonno che in quel momento veniva strapazzato senza troppi riguardi. Ma la mia era una piet# del tutto diversa da quella che stavano esprimendo mia madre e quelle altre brave donne. !a mia piet# era per quel vecchio corpo inerte continuamente sballottato, quasi violentato, un corpo che un tempo era appartenuto ad una persona viva che avevo amato. E ora mi sembrava che quei maltrattamenti che mio nonno subiva inconsapevole fossero altrettante offese alla sua dignit#. !a loro piet#, invece, era un sentimento di dedizione e di amore, era l'ultimo

aiuto che si poteva portare al defunto, interpretandone il desiderio di presentarsi per l'ultima volta ai parenti e agli amici nel modo pi decoroso possibile. E sicuramente il morto avrebbe preferito che fossero le persone che nella sua vita gli avevano voluto bene a prepararlo a quest'ultimo incontro, piuttosto che il personale estraneo dell'ospedale. Quella sera feci una promessa a me stessa, giurai che prima di morire avrei lasciato scritto ai miei figli le mie volont# circa il mio funerale $ quando morir", vorrei essere rinchiusa nella bara con gli stessi abiti che portavo al momento della morte. .ure se dovessi morire 83 sul lavoro con indosso la tuta da operaia, oppure piantando i pomodori in giardino vestita con i pantaloni lisi e la camicia logora, io cos% vorr" essere seppellita. Ma la parte pi assurda e pi raccapricciante dei rituali preparatori di un defunto doveva ancora arrivare. E venne la mattina dopo, qualche ora prima del funerale, quando mia madre e le sue cugine, stavolta aiutate da mio padre, adagiarono il corpo del nonno dentro la bara. =opo averlo sistemato, mamma and" a prendere una piccola cassetta di legno che si era procurata il giorno prima. !a cassetta non aveva alcun tipo di chiusura, e dentro lei aveva infilato una camicia del nonno, stirata a dovere, un paio di mutande e uno di calzini, e la coppola che lui portava sempre. Mamma controll" che il contenuto fosse sistemato bene, poi colloc" la cassetta in un angolo della bara, proprio vicino ai piedi del morto. =opo di che, apr% il suo borsellino, ne cav" una decina di monete, in tutto qualche migliaio di lire, e le infil" in una tasca della giacca del nonno. 1ubito dopo fu la volta di una delle donne che avevano aiutato a vestire il morto, la quale chiese a mia madre il permesso di poter deporre dentro la bara una lettera. 2l destinatario era il marito morto nove anni prima, a cui la signora inviava, per tramite del nonno, i suoi affettuosi saluti insieme alla raccomandazione di continuare a pregare per la famiglia rimasta in vita. 2nfine entr" Margherita, 'a ztella, un'amica d'infanzia di mia madre, il cui padre era morto l'anno prima. 0accont" a mamma che quella notte stessa aveva sognato suo padre che si lamentava con lei. o freddo Margheri', tanto freddo. ' diceva il vecchio nel sogno. ' E tu quando mi hai vestito l'ultima volta non mi hai messo addosso i mutandoni di lana.... ' .erdonami pap#, non ci pensai. ' ci feci io. ' E ora + troppo tardi ormai..... ' &on + troppo tardi Margheri'. Mandameli con il primo che viene. ' Margherita guard" mia madre con occhi supplicanti. ' *arme', amica mia, ti chiedo questo grosso favore, posso infilare il pacchetto che ho preparato con i mutandoni per pap# dentro la bara di tuo padre ) ' 2l favore fu fatto e finalmente la bara era pronta per essere chiusa e sigillata. 2o osservavo tutte queste pratiche senza rendermi conto se era tutto vero oppure se stavo sognando. &ella stanza c'era pure la cugina *lara, la quale d'improvviso mi prese per un braccio e mi costrinse a seguirla fuori. Ma + pazzesco , ' mi disse appena fummo uscite. ' Maria, dimmi che l'abbiamo sognato. Queste cose non si fanno pi da decenni, qui nessuno pi mette nella bara il cambio della biancheria e i soldi in tasca del morto perch

nell'aldil# potrebbe averne bisogno , 3es, tutto questo non significa credere nella religione, questa + superstizione ' ai ragione *lara. !a mia famiglia crede ancora in queste cose, o almeno mia madre ci crede. &on c'entra con la religione cattolica, + vero, sono pratiche a met# strada tra fede e magia che hanno origini antichissime, sono nate prima e la religione non le ha neppure scalfite. 1%, ma mi spieghi come fate voi a vivere nella civile 1vizzera conservando queste credenze, queste pratiche stregonesche ) ' &on lo so, + un mistero anche per me. 2n realt# nella civile 1vizzera noi non ci viviamo, ci lavoriamo soltanto. 3uadagniamo i nostri soldi e con quelli campiamo, ma la nostra testa e i nostri sentimenti rimangono qui al paese. .arlo per quelli come mio padre e mia madre, non per me che la penso diversamente. !oro continueranno a vivere qua e a seguire le loro abitudini. !a cultura svizzera li circonda, s%, ma nemmeno li sfiora. !a osservano, la valutano, ma poi fanno un'alzata di spalle e tirano avanti con le loro idee. !a 84 sera quando entrano in casa chiudono la porta dietro di s e si lasciano fuori tutto, proprio come se avessero chiuso la porta della nostra casa di 0ionero. '

=alla notte della morte del nonno non uscimmo di casa per tre giorni, fatta eccezione per il funerale. *os% voleva la tradizione, e cos% fu. 2n quei tre giorni nessuno della famiglia aveva il permesso di sbrigare le faccende domestiche, pensavano a tutto i parenti e i vicini di casa. !a porta di casa nostra restava sempre aperta perch c'era ancora parecchia gente che veniva a farci le condoglianze, e i vicini entravano e uscivano di continuo. -rrivavano la mattina con il caff+, il latte e il pane fresco, poi tornavano a portarci il pranzo che avevano cucinato per noi, ce lo servivano e lavavano i piatti. E la sera ci portavano la cena. .er tre giorni tutta la famiglia muore insieme al morto. -l quarto giorno, pap#, i miei fratelli ed io avemmo il permesso di uscire di casa, io e mia sorella rigorosamente vestite di nero, pap# e &icola con la fascia nera al braccio. 4scimmo a fare qualche giro in paese, ma niente di pi' Mamma invece non usc% mai, se non il giorno che dovevamo ripartire. 7ummo noi quattro a portare i bagagli e caricarli sulla macchina, mamma usc% di casa solo quando pap# le disse che era pronto ad avviare il motore. -llora lei scese, sal% sull'auto e partimmo. 2l viaggio di ritorno mi sembr" notevolmente pi breve e pi tranquillo di quello dell'andata. !a distanza e il tempo erano gli stessi ovviamente, era il clima che si viveva nella macchina ad essere radicalmente mutato. 1tavano tutti zitti, ognuno rintanato nei suoi pensieri e l'aria era spessa e gonfia di tristezza. .areva autunno, non estate, non si percepiva neppure il caldo ancora soffocante di fine agosto. 1oltanto &icola di tanto in tanto rompeva il silenzio fischiettando qualche canzone, lui era il solo ad essere contento per il ritorno a casa.

-nch'io non feci altro che pensare per tutta la durata del viaggio, e pure io ero molto triste. !o ero per la morte del nonno, che mi aveva colta di sorpresa e per di pi in frangenti poco predisposti al dolore $ il tempo della vacanza, la mia prima vacanza al paese, la gioia di conoscere tanta gente, vecchia e nuova. =entro di me era avvenuto un violento capovolgimento di sentimenti, ero passata dalla felicit# al dolore nello spazio di mezzora. &on me la prendevo certo col nonno per aver scelto un momento poco opportuno per morire, perch qualunque momento non + mai opportuno, ero invece arrabbiata con me stessa per essermi lasciata cogliere impreparata alla sua morte. .erch mai non avevo considerato che il nonno, vecchio e malato, avrebbe potuto morire da un giorno con l'altro ) 1e soltanto ci avessi pensato almeno una volta, avrei potuto stargli vicina e dedicarmi a lui in quelli che sarebbero stati i suoi ultimi giorni. Mi consolai dicendo a me stessa che se il nonno fosse morto mentre noi eravamo in 1vizzera, senza neppure averlo rivisto un'ultima volta, sarebbe stato ancora peggio. =urante il viaggio mi sentivo triste anche perch non avevo pi rivisto &ino. Mi sembrava di aver lasciato in sospeso tanti discorsi che avrei voluto fare con lui, tanti lati del suo carattere che ancora mi restavano da esplorare. !'avrei pi rivisto ) E quando ) -lla prossima vacanza a 0ionero, che chiss# tra quanti anni sarei riuscita a fare ) Mi ripromisi che appena giunta a casa avrei scritto a *lara e, tra una cosa e l'altra, gli avrei chiesto il suo indirizzo per potergli scrivere. E pure il suo cognome, visto che non me lo aveva mai detto. 1e non avrei pi potuto parlare di persona con lui, camminando 85 mano nella mano, la possibilit# di continuare il dialogo per lettera era meglio di niente. -vrei fatto qualunque cosa pur di sentirlo di nuovo, il mio istinto mi diceva che ne valeva la pena. - met# del viaggio cominciai a tracciare un bilancio di quella mia turbolenta vacanza. !e immagini dei giorni appena trascorsi scorrevano davanti ai miei occhi come se guardassi un film in un videoregistratore con l'avanzamento rapido inserito, un susseguirsi convulso di movimenti spastici e privi del sonoro. ='un tratto il film rallent" la sua corsa, e ora le immagini apparivano pi definite e accompagnate dal suono delle parole. 0iascoltavo i discorsi di &ino, e le mie chiacchierate con *lara e Michela e i loro amici, rivedevo il loro aspetto moderno e curato che contrastava con il mio, limitato all'essenziale e fuori dal tempo ; rivisitavo i frammenti pi assurdi della preparazione del funerale del nonno. (utti quei ricordi raffiguravano una realt# nuova del paese in cui ero nata ed ero vissuta per dieci anni, una realt# nella quale faticavo a riconoscermi. 2n dieci anni il mio vecchio paese non era mutato in nulla dal punto di vista toponomastico, era per" profondamente cambiato nei costumi, negli stili di vita e nella sua cultura. !'impressione epidermica che avevo ricavato al contatto con le tante persone del paese cominciava ora ad avere contorni pi precisi $ s%, pensai, la gente di 0ionero, quella che ancora consideravo la mia gente, si + evoluta moltissimo in questi ultimi anni. &oi migranti, invece, no. &oi, lucani come loro, non avevamo vissuto la stessa emancipazione, eravamo fermi allo stadio di quando eravamo partiti dieci anni prima. Mio padre e mia madre, a differenza dei miei zii, conservavano le stesse abitudini e gli stessi rituali che avevano prima di

emigrare, educavano i figli con le stesse regole che erano state dei loro genitori e prima ancora dei loro nonni. !a nostra famiglia emigrata all'estero non aveva conosciuto progressi, ma non soltanto la nostra, anche tutti gli altri meridionali che conoscevo in 1vizzera rimanevano immobili nel loro mondo di altri tempi. Queste constatazioni mi crearono angoscia, non vedevo pi un futuro, nessuna possibilit# di riscatto. *apii per" le ragioni di questo procedere statico, e mi sembr" che fosse importante, per cominciare a cambiare la realt#, conoscerne le cause. !'2talia stava progredendo a passi molto rapidi sul piano culturale e su quello dei costumi, e la gente della mia terra veniva coinvolta nel progresso della nazione. *i" avveniva attraverso tante forme $ c'erano migranti che lavoravano a Milano o a (orino e tornavano spesso al paese diffondendo le idee del nord, le scuole erano frequentate ormai da tutti, c'era la televisione, i giornali e gli spettacoli. &oi emigrati non vivevamo pi in <asilicata e quindi non eravamo a contatto con quella evoluzione, dalla cui influenza venivamo esclusi. &oi vivevamo a >urigo, immersi in una cultura diversa, forse troppo diversa perch potesse esercitare su di noi anche il minimo contagio. 6ivevamo in mezzo agli svizzeri ma non insieme a loro. Eravamo impermeabili alla cultura svizzera e non pi raggiungibili da quella italiana, chiusi nella nostra comunit# di immigrati, tutta ripiegata su se stessa e separata dal mondo. Quindi le idee e i costumi dei nostri genitori, i quali poi cercavano di trasmetterle ai propri figli, erano quelli dominanti nella <asilicata degli anni cinquanta, anche se nel frattempo si era giunti alla met# degli anni settanta. E se non si fosse trovata la maniera di cambiare le cose, di rompere il nostro isolamento, il destino di tutti noi sarebbe stato per sempre quello di vivere prigionieri del passato. -desso eravamo noi lucani emigrati ad essere isolati dalla societ# in cammino e a 86 perpetuare le nostre vite dentro quel mondo statico fatto di religione cristiana e di magia pagana intrecciate tra loro. &oi, non pi i contadini lucani di *arlo !evi, eravamo ora gli esclusi dalla 1toria.

87

You might also like