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Ninna nanna, ninnarella u lupu s'ha mangiate 'a pecurella La canzoncina era in dialetto lucano e la piccola Annelore non

capiva nemmeno una parola, ma questo non aveva importanza, la musica era cos dolce e malinconica da ottenere l'effetto di calmarla rapidamente e di farla riaddormentare. La rimisi dolcemente nel suo letto e spensi la luce, non prima di aver lasciato anche a lei il mio bacio sulla fronte. Baciavo spesso i bambini ricoverati nel nostro reparto, seguivo il mio istinto che mi spingeva a dare loro affetto e tenerezza. Io amavo i bambini, amavo la loro spontaneit e la loro natura non contaminata, anche se ancora per poco, dalle convenzioni e dai divieti. !rovavo deliziosa la loro vivacit priva di freni e di schemi, e mi emozionavo di fronte a quegli improvvisi ribaltamenti di umore tipici dei bambini, dalla gioia alla tristezza, dal riso al pianto, dalla curiosit alla noia. " #n giorno avr$ un bambino mio " dicevo convinta a me stessa. " % vorr$ crescerlo e farlo diventare adulto senza neppure scalfire la sua spontaneit . " Nel corridoio semibuio il silenzio sarebbe stato totale, se non fosse stato per il chiacchiericcio a voce alta delle mie colleghe che non tacevano un secondo. &uardai l'ora, le due e trenta, era giunto il momento di andare da 'aria Lourdes e (eline e scuoterle dal loro ozio. )i l a poco avremmo dovuto iniziare il giro delle ispezioni in tutte le camere, osservare bambino per bambino, toccare loro la fronte per capire se scottava e a volte misurare la temperatura, e rimboccare le coperte.

Nel reparto *ediatria del Lindenhofspital avevamo trentaquattro bambini ricoverati, che andavano dall'et neonatale fino agli undici anni. La met esatta di loro erano bambini svizzeri del (antone di Berna, l'altra met erano stranieri e la maggior parte di questi, italiani. Il reparto funzionava bene, i medici non erano tanti, cinque in tutto, ma tutti a tempo pieno e molto bravi sul piano professionale, forse un po' meno su quello umano + in compenso sul personale infermieristico l'ospedale non sparagnava e laddove non arrivavano i dottori ci pensavamo noi infermiere. Le procedure da seguire erano meticolose , si aggiornavano scrupolosamente le cartelle cliniche, si redigevano le relazioni da trasmettere ai colleghi del turno successivo al nostro, si registrava tutto. Insomma, le regole erano precise e parecchio avanti rispetto ai tempi. #na di queste regole prevedeva che, durante l'orario di visita ai piccoli pazienti, il numero dei parenti che potevano sostare nelle camere era limitato a due al massimo. La regola era scritta su un grande cartello posto all'entrata del reparto, nelle lingue tedesca, italiana, spagnola e portoghese, e veniva rispettata alla lettera dai genitori dei pazienti svizzeri. (os non era per i genitori dei pazienti italiani, che all'ora delle visite, tra le quattro e 89 mezza e le sei del pomeriggio, entravano in massa nelle camerette dei loro bambini.

-olitamente giungevano il pap e la mamma, quasi sempre accompagnati dalla nonna e da un paio di fratellini, spesso da uno zio e dai cuginetti, ma a volte anche da un compare che non era un parente stretto. Andare a far visita al bambino ricoverato era per tutti loro un momento di gioia, e lo si capiva chiaramente dai modi chiassosi con cui salutavano il piccolo e gli facevano domande sulla sua salute, quasi sempre con un volume di voce altissimo e spesso parlando tutti contemporaneamente. Le infermiere avevano ricevuto l'ordine di far rispettare la regola sul numero dei visitatori, e le mie colleghe cercavano ogni volta di eseguire il compito, ma ne scaturivano sempre incomprensioni e litigi con i visitatori italiani. I quali non accettavano di essere costretti a uscire dalla stanza, contestavano la regola sostenendo che fosse esageratamente fiscale, che rispondesse soltanto a una logica di burocrazia fredda e poco umana, e che non teneva in alcun conto sia le esigenze dei parenti, che quelle dei bambini ricoverati. (apitava a volte che nel mio turno pomeridiano io fossi l'unica infermiera italiana presente in reparto, e allora le colleghe svizzere mi chiamavano per dirmi , 'aria, hai visto in quanti sono entrati nella diciotto . -ono pi/ numerosi delle zanzare nelle notti d'estate 0 1a tu a buttarne fuori una mezza dozzina, tanto sono tutti italiani come te, e tra voi vi capite meglio 0 " Io fui a lungo perplessa su come comportarmi in queste situazioni. Naturalmente capivo la regola inflessibile dell'ospedale, giustificata da esigenze igieniche + dopotutto eravamo in un reparto pediatrico ed era fondamentale limitare il proliferare dei batteri. 'a comprendevo allo stesso tempo il bisogno dei genitori italiani di dare protezione ai propri figli e di non farli sentire soli. Le loro sensibilit si manifestavano anzitutto con la presenza fisica dinnanzi al bambino, di tutti coloro che gli volevano bene. 2ueste cose io le capivo a pelle, perch3 erano gli stessi sentimenti che avevo vissuto nella mia famiglia. Non che i genitori svizzeri provassero meno affetto per i figli, n3 avessero un minor istinto protettivo , la diversit , tra italiani e svizzeri, stava semplicemente nel concetto di famiglia. Al centro delle loro famiglie stavano gli individui, i singoli genitori e i singoli figli + al centro delle nostre c'era il gruppo, il ceppo, l'insieme, le radici. Al centro della famiglia italiana c'era la famiglia. (os, mentre i figli delle famiglie svizzere erano legati ai genitori dall'affetto che ricevevano e che contraccambiavano, ma ciascuno di loro cresceva nella propria indipendenza, nelle famiglie italiane si rimaneva sempre interdipendenti, anche da adulti , il destino di ognuno era legato a quello degli altri, e quando qualcuno della famiglia aveva un problema, diventava un problema dell'intera famiglia. Naturalmente era impossibile che le mie colleghe svizzere potessero comprendere questi concetti, e perci$ si rivolgevano a me quando c'era da cacciare qualche parente italiano dalla stanza di un bambino ricoverato, perch3 io sapevo capirli e risolvevo la questione pi/ efficacemente di loro. Io mediavo, li coinvolgevo e poi lasciavo che fossero i parenti stessi a decidere. A volte, ad esempio, facevo entrare nella camera del bambino tre parenti soltanto, e gli altri me li portavo in giro a visitare tutto il reparto, sala operatoria compresa + poi i secondi davano il cambio ai primi. Altre volte,

quando il bambino ricoverato era in grado di muoversi, trasferivo tutti, paziente e trib/ di parenti, nella sala rela4, dove non esistevano limiti numerici. 90 Non ci voleva molto a coniugare le esigenze dell'ospedale con i desideri dei parenti, bastava un pizzico di fantasia e di comprensione per gli altri.

2.

Al Lindenhofspital di Berna c'ero arrivata per puro caso, invece al suo reparto pediatrico no, quella fu una scelta ben precisa, voluta e perseguita con ogni mezzo lecito. !utto ebbe inizio cinque anni prima, poco dopo aver compiuto i vent'anni, quando dovetti prendere una decisione importante per la mia vita e il mio futuro, anzi la pi/ importante che avessi mai preso fino ad allora. In famiglia eravamo rimasti in quattro, dopo che (aterina si era sposata ed era andata a vivere con -alvatore in un quartiere nuovo a *faffi5on. Il quartiere sorgeva su una collinetta che iniziava la sua corta salita proprio dal centro della cittadina, in direzione opposta a quella del lago + le case, nove in tutto, erano a tre piani, rifinite con cura e circondate dal verde dei prati e dei platani. %rano state interamente costruite da muratori italiani, ed ora erano abitate, cosa che a me pareva pi/ che giusta, tutte da italiani, in particolare dalla seconda generazione di immigrati. Io crescevo rapidamente di et , e con quella crescevano altrettanto rapidamente le mie speranze nel futuro, al pari delle mie esigenze di libert e di autonomia. *ap e mamma, invece, non crescevano insieme a me, rimanevano immobili nelle loro antiche abitudini, come sospesi nel vuoto della mia infanzia, che ormai non esisteva pi/. Avevo vent'anni ma la mia vita era la stessa di quando ne avevo quindici , sveglia all'alba per andare a prendere l'autobus che mi portava al solito lavoro, ritorno a casa nel tardo pomeriggio, aiutare mamma in cucina o a sbrigare le solite faccende domestiche, e la sera sempre dentro casa, oppure, quando il tempo lo permetteva, fuori a passeggio, io, mamma e pap . Insieme sempre. (aterina aveva la sua vita e Nicola, che ancora frequentava la scuola professionale o fingeva di frequentarla, con noi tre non usciva pi/. Lui, maschio, poteva permetterselo. 6are, per me, erano le occasioni di incontro con le amiche, inesistenti quelle di passare del tempo con gli amici maschi, a meno di non accettare la condizione che uno dei due genitori fosse presente. %bbi presto la sensazione di vivere in un incubo, mi vedevo e mi sentivo gi vecchia, sprofondata nell'erba degli anni, anche se di anni ne avevo solo venti. Il mio malessere e l'inquietudine che mi invadeva sempre pi/ frequentemente si elevavano all'ennesima potenza tutte le volte che mi capitava di incontrare

Ingrid e di mettere a confronto la mia esistenza con la sua, che lei trascorreva tra l'#niversit a 7urigo, le serate trascorse come meglio desiderava, e i 8ee5 end impegnati a girare la -vizzera insieme al suo ragazzo. La mia vita era un tormento soltanto per me, ovviamente, non certo per mamma e pap , secondo i quali la mia era invece una vita normale. Normale era, per loro, che il mio vivere procedesse scandito sempre dagli stessi ritmi, nella sola attesa di trovare presto un 91 bravo ragazzo italiano con il quale sposarmi e metter su famiglia. 'eno normale, per i miei genitori, era vedere quanto poco io mi dessi da fare in tal senso, al contrario di mia sorella. I miei non riuscivano a spiegarsi perch3 io rifiutassi sistematicamente tutti i possibili fidanzati che pap andava cercando per me. Lui si dava molto da fare per farmi conoscere nuovi possibili candidati. %ra reduce da un grande successo, quello di aver trovato il marito a (aterina, e questo lo rendeva sicuro di s3. *overo pap , lui era sicuro che sarebbe riuscito a trovare un buon marito anche a me, un bravo giovane o, come spesso gli ribadivo io, un'altra tranquilla marmotta per la sua figliola pi/ piccola. La fiducia in se stesso non veniva mai meno, anche se ogni volta che mi parlava di qualche italiano celibe che aveva conosciuto, oppure se lo portava direttamente a casa e me lo presentava, io assumevo un comportamento scandalosamente introverso pur di farlo scappare. 'a lui non si dava per vinto, e, incurante dell'insuccesso, il giorno seguente ricominciava la sua ricerca. L'idea di trovare una soluzione radicale alla mia situazione, di dare una svolta netta alla mia vita, matur$ in me a poco a poco. )apprima pensai di parlare con i miei genitori, e di spiegare loro con calma le necessit che avevo di scegliere da me il mio futuro. Avevo pensato di chiedere loro di lasciarmi andare a vivere per conto mio, sola, da qualche parte nei dintorni, magari in un appartamentino in affitto rimediato a #ster, dove lavoravo, o a *faffi5on. 9ui per qualche tempo convinta che sarei riuscita a spiegare a pap e mamma che il bisogno di vivere una vita tutta mia, di fare da sola le mie esperienze e le mie scelte sia sentimentali che professionali, non poteva venire appagato da un matrimonio. *oi, per$, vi rinunciai. 'i ero resa conto che, anche se avessi trovato le parole giuste, anche se fossi riuscita a parlare loro con il cuore e a far capire a entrambi che il bene che volevo loro era davvero grande e lo sarebbe stato sempre, e che quindi la scelta di andarmene di casa non significava che provassi per loro meno affetto di quando ero piccola, i miei genitori non sarebbero mai stati in grado di capire perch3 io me ne volessi andare. Non avrebbero potuto capirlo, e credere che sarebbero riusciti anche solo in parte ad accettare la mia scelta, sarebbe stato da parte mia una pretesa assurda. % assurdo sarebbe stato che io non prevedessi le reazioni di mio padre alla mia richiesta di andare a vivere sola , pap avrebbe reagito non con un semplice, netto e indiscutibile rifiuto, ma nella disperazione di ritrovarsi una figlia snaturata, indegna di una famiglia perbene + una vera tragedia a cui sarebbero seguiti giri di vite alla mia gi scarsa libert , e pressioni ancora pi/ forti affinch3 prendessi al pi/ presto marito. La mentalit loro era incapace di accettare l'idea che una figlia femmina volesse e potesse vivere sola, lontano dalla famiglia + questo evento era ammissibile soltanto in due casi , che il figlio fosse maschio, oppure che i

genitori fossero morti. Nel caso mio nessuna di queste condizioni sussisteva, quindi il mio stato di femmina, nubile e con i genitori in vita, mi obbligava, secondo le loro regole, a continuare a vivere in famiglia finch3 non fosse apparso un principe azzurro che mi avrebbe presa, sposata e portata a vivere con lui. Non avrebbero mai potuto immaginare, i miei, un'evoluzione diversa da questa, per il semplice motivo che non riuscivano a concepire che una donna potesse appartenere a se stessa. La donna, la femmina, : di qualcuno, e appartiene sempre a qualcuno. 9inch3 : piccola : roba dei genitori, i quali la crescono pura e illibata secondo la morale della nostra societ rurale, ne fanno una donna virtuosa cos da poter legittimamente aspirare al miglior matrimonio possibile. 92 All'et giusta la donna passa di propriet dai genitori allo sposo, come in un rogito notarile per il passaggio di propriet di una casa. 9ui alla fine convinta che la sola scelta che avrei potuto fare per liberarmi da quel destino che mi opprimeva era di andarmene di casa. Andare a vivere per conto mio da qualche parte, senza chiedere permessi e senza discutere sugli inevitabili rifiuti. -apevo che la conseguenza di ci$ sarebbe stata la rottura dei rapporti con pap e mamma, e la cosa mi spezzava il cuore perch3 in fondo volevo loro davvero un gran bene, ma non esistevano alternative. La scelta era tra accettare i loro modelli o rifiutarli, io sarei stata disponibile a cento compromessi pur di avere sia la mia autonomia che un buon rapporto con i genitori, ma loro no. I miei non erano di quelli che accettano compromessi sui propri principi, cos scelsi il rifiuto e la rottura, con tutte le relative conseguenze. -e la decisione di andarmene fu dettata soprattutto dalla parte istintiva di me, il percorso che studiai per realizzare il mio progetto fu il frutto, invece, della mia componente razionale. -e proprio dovevo rompere l'equilibrio con i miei genitori, dissi a me stessa, tanto valeva farlo in modo netto. Il che significava che a quel punto non aveva senso che io andassi a vivere per conto mio in uno dei paesini nei pressi di ;ittnau, perch3 ci$ avrebbe avuto una sua logica soltanto se fossi riuscita a conservare una buona armonia con i miei. No, dovevo andarmene lontano, in un posto che fosse difficilmente raggiungibile e dove non potesse mai capitare un incontro con mamma e pap in un supermercato o la sera passeggiando per il centro. L'ideale, a quel punto, era una grande citt , svizzera naturalmente perch3 ormai la mia vita era l e non avevo intenzione di emigrare da qualche altra parte, aggiungendo problemi a problemi. *er tutti i miei vent'anni non m'era ancora capitato di vivere in una grande citt , e adesso la prospettiva mi attirava molto + volevo rompere i ponti con il mio passato, e tanto valeva allora romperli radicalmente vivendo in una vera citt , che mai avrebbe potuto ricordarmi i paesini italiani o svizzeri in cui avevo vissuto. 9eci l'elenco delle citt grandi della -vizzera , 7urigo, Berna, Basilea, &inevra..... 'a capii presto che la decisione sulla citt in cui andare a vivere non era la prima da dover prendere, era anzi la conseguenza di una scelta precedente , il lavoro. Io sapevo che, secondo le leggi svizzere di allora, come cittadina straniera non potevo rimanere disoccupata per pi/ di sei mesi, perch3 in tal caso non avrei pi/ potuto avere il rinnovo del permesso di lavoro e avrei perso il diritto a

vivere in -vizzera. 'i avrebbero rispedita subito in Italia. )ovevo quindi cercarmi come prima cosa un nuovo lavoro, uno qualsiasi tanto quello che avrei perso non valeva un granch3, poi licenziarmi dalla 7ell8eger e andare a vivere nel luogo dove avrei continuato a lavorare. *er settimane comprai ogni giorno i quotidiani e lessi tutti gli annunci di lavoro , non ne trovai uno che andasse bene, o perch3 non possedevo i requisiti richiesti, o perch3 quello che poteva andar bene era troppo lontano oppure troppo vicino. 9inalmente, la terza settimana lessi sulla Berner Zeitung quell'annuncio in cui un ospedale bernese cercava personale per le pulizie per le sue cucine, e scrissi subito inviando il mio curriculum. 'i risposero dopo sei giorni, scrissero che avevano bisogno di personale con decorrenza immediata e che trovavano interessante il mio curriculum. Il giorno dopo telefonai al Lindenhofspital. (hiesi , quando dovrei iniziare il lavoro . *er noi va bene anche luned prossimo, risposero. )evo prima effettuare un colloquio . No, non lo riteniamo necessario. )ove potrei alloggiare provvisoriamente . Noi abbiamo qualche cameretta libera nel convitto per il personale interno. %' disponibile da subito . -i, lo :. 93 %ra un gioved, lo ricordo perfettamente. 2uando tornai a casa scrissi la prima lettera , spettabile 9irma 7ell8eger <.. queste sono le mie dimissioni. -enza preavviso, non lo posso fare, se volete trattenermi il mancato preavviso dalle mie spettanze, fate pure. La sera del giorno dopo, venerd, rincasai stanca dal mio ultimo giorno di lavoro a #ster. Non ero stanca fisicamente, lo ero nello spirito, nei nervi e nel cuore. %ro consapevole che quella che stava per scendere sarebbe stata l'ultima notte che avrei passato a casa con mio padre, mia madre e mio fratello. Li guardavo mentre stavamo cenando, per loro quella era una sera come un'altra e parlavano dei piccoli fatti della giornata, erano allegri perch3 anche quella settimana lavorativa era terminata e discutevano di cosa avrebbero potuto fare nel 8ee5 end. *arlavano di cose senza importanza, io restai sempre zitta fingendo di ascoltare. -olo mamma intu che il mio umore era diverso dal solito. -ei triste stasera 'ar, che hai . " mi chiese nel mezzo della cena. Niente ma', non : tristezza, : solo un po' di stanchezza " le risposi. Io ne avrei avuto uno di fatti da raccontare che era grande come un palazzo, e importante quanto la decisione di emigrare in -vizzera che mio padre aveva preso dodici anni prima. 'entre loro chiacchieravano, mi passarono davanti agli occhi quegli ultimi dodici anni , l'inizio difficile in quel clima ostile, la fatica di adattarci alla nostra nuova esistenza, il riscatto dalla miseria. % adesso la prima, vera e forse definitiva frattura della famiglia. &i , la famiglia, il gradino pi/ alto nella scala dei valori di mio padre e mia madre, il centro attorno al quale ruotano tutti gli avvenimenti del mondo. Il centro della -toria. )ovetti ammettere a me stessa che qualcosa, anzi parecchio, di quel valore sacro che la famiglia rappresentava per i miei genitori era rimasto scolpito dentro di me, come il marchio a fuoco sul bestiame che n3 il tempo n3 gli eventi possono mai cancellare. 'a ora la famiglia, quella famiglia, era diventata un vestito troppo corto per

me, da caldo focolare si era a poco a poco trasformata in una prigione fredda e buia. Non ebbi neppure il minimo ripensamento quella sera. Avevo il cuore che urlava di dolore, ma mi tenni tutto dentro, la sofferenza, la rabbia, la paura e la solitudine. La mattina dopo, sabato, non c'erano n3 lavoro n3 scuola e tutti dormirono un po' pi/ a lungo. Io invece mi alzai all'alba, dopo una notte insonne, e seduta al tavolo della cucina scrissi la seconda lettera, pi/ lunga e molto pi/ sofferta della prima. (ari pap e mamma...... -crissi che me ne andavo via, dissi loro dove sarei andata, quale lavoro avrei fatto e dove avrei alloggiato. *erfino quanto mi avrebbero dato come stipendio, che era addirittura superiore a quanto guadagnavo in fabbrica. -crissi tutti i dettagli della vita che mi aspettava a Berna nel tentativo di rassicurarli, poi passai alle motivazioni della mia scelta. Alle parole da usare nella lettera per spiegare i motivi della mia fuga da casa ci avevo pensato tutta la notte che avevo passato sveglia. 2uando fu poi il momento di scriverle mi ero dimenticata tutto, e riuscii solo a buttar gi/ poche frasi senza un ordine preciso, parole che nascevano dall'istinto e non dalla ragione. !anto, non sarebbero bastati i concetti profondi e le belle parole a cambiare le cose, non esisteva linguaggio in grado di far loro accettare la mia decisione. !erminai la lettera scrivendo , vi ho sempre voluto bene e ve ne vorr$ sempre. La lasciai dove l'avevo scritta, sul tavolo della cucina, poi andai in camera mia e infilai tanta roba alla rinfusa nella valigia pi/ grande che avevo. Andai a piedi trascinandomi la pesante valigia fino alla stazione di *faffi5on, e all'impiegato dissi , un biglietto di seconda classe per Berna. -ola andata. 94

3. *ulire le cucine del Lindenhofspital non era certo un lavoro gratificante, ma nelle circostanze in cui mi trovavo non mi curavo della qualit del lavoro. Il posto che avevo accettato era soltanto un mezzo per aprire un capitolo nuovo della mia vita, e prima di ogni altra cosa ora dovevo preoccuparmi di trovare un equilibrio mio in questa nuova esistenza. -apevo di dover costruire tra la mia vita di adesso e quella precedente un diaframma che le separasse in modo distinto, e sapevo pure che solo il tempo mi avrebbe permesso di giungere a quel distacco, cos da trovare finalmente il mio nuovo equilibrio. 'a avevo molta fretta di arrivare a quel risultato + gli attacchi di nausea che mi prendevano tutte le sere prima di dormire e i bruciori di stomaco che arrivavano puntuali ogni mattina non mi davano tregua. % poi, in fondo, un lavoro : un lavoro, ci sono milioni di persone che svolgono mansioni pesanti, o noiose, o umili, insignificanti, stupide, eppure accettano senza fare una piega il lavoro che fanno. *erch3 . 'i chiedevo la sera tardi chiusa nella mia camera del convitto dell'ospedale. *erch3 per alcune di quelle persone, spiegavo a me stessa, il lavoro : solo un mezzo per poter guadagnare il denaro sufficiente a mantenere la famiglia + per altre serve per i propri piaceri, per viaggiare, comperare un automobile o magari mantenere

l'amante. In tutti i casi, il lavoro non : altro che uno strumento per poter cercare la felicit nei modi che ciascuno desidera, e i diversi modi per essere felici si trovano sempre al di fuori del lavoro, e la gente inizia a cercare le proprie soddisfazioni dopo aver terminato l'orario di lavoro. 'i raccontavo queste cose per aiutarmi ad accettare meglio la mia nuova realt lavorativa, ma sapevo bene di non credere a una sola parola di ci$ che andavo pensando. -apevo che per me fare un lavoro per il quale mi sentivo portata, un lavoro in cui poter esprimere le mie sensibilit , era una cosa importante, una componente non secondaria della felicit che volevo trovare. 'a io quello avevo come lavoro, la sguattera in cucina, e dovevo farmelo andar bene ad ogni costo. A fare qualcosa di diverso ci avrei pensato in seguito. )i sguattere oltre a me ce n'erano cinque e neppure una, naturalmente, era svizzera + c'era una signora italiana di quasi sessantanni, una ragazza greca, una portoghese, una turca e una signora croata. -i lavorava a turni di otto ore, due donne per turno pi/ un turno che riposava. Non avevo mai lavorato a turni avvicendati e mi ci volle parecchio tempo per abituarmici. &li orari erano infelici, il primo turno iniziava alle cinque e trenta del mattino e io dovevo svegliarmi alle cinque. 'a ero la pi/ fortunata fra tutte le colleghe, perch3 vivevo al convitto interno che stava sei piani sopra la cucina, e per raggiungere il posto di lavoro prendevo l'ascensore. Le mie colleghe abitavano fuori citt , arrivavano al lavoro con i mezzi e la sveglia per loro era alle quattro del mattino. Il lavoro era pesante, per almeno la met del tempo si doveva spazzare, lavare e ogni tanto incerare i pavimenti della grande cucina, pi/ quelli di due magazzini adiacenti + poi c'era la mensa grande, quella per i dipendenti, da pulire, oltre alla mensa pi/ piccola riservata ai parenti degli ammalati gravi o post"operati che avevano bisogno di continua assistenza, e infine il locale dove pranzavano i primari. *er l'altra met del tempo bisognava apparecchiare i tavoli, sparecchiarli e caricare le 95 lavastoviglie, scaricarle e mettere tutto a posto, e da ultimo lavare a mano tutto il pentolame. *er parecchie settimane, quando finivo il primo turno, alle tredici e trenta, mi sentivo sfinita. 'angiavo un boccone e mi ritiravo nella mia camera a dormire. Non andava meglio quando lavoravo nel secondo turno, che terminava alle ventuno, e spesse volte salivo in camera mia e mi addormentavo senza cenare. 9u cos per qualche mese, poi mi abituai alla fatica, ai ritmi, ai cambi di turno e di orari da una settimana con l'altra, a piegare la schiena per tutto il giorno. )ivenni pi/ rapida nell'eseguire ogni mansione e alla fine dei turni non mi sentivo pi/ stanca. Anzi, avrei potuto continuare a lavorare ancora per qualche ora, e spesso lo feci. (apitava a volte che qualche collega si assentasse per un permesso o non venisse a lavorare perch3 malata, e allora io mi offrivo di sostituirla e di fare almeno una parte delle sue ore di lavoro, dopo aver fatto le mie. 2ueste prestazioni straordinarie avvennero sempre pi/ frequentemente, e col passare del tempo il responsabile della cucina si abitu$ a chiamare sempre me ogni volta che c'era un'assenza improvvisa e occorreva una sostituzione. Le mie colleghe cominciarono a guardarmi storto e a prendere le distanze da me + mi isolarono e smisero di parlarmi e di farmi le loro confidenze. 'a di ci$ non me ne fregava proprio niente. &razie alla quantit di ore straordinarie che facevo, la mia busta paga a fine

mese divenne sempre pi/ ricca, guadagnavo molto bene e spendevo poco perch3 non pagavo affitto e mangiavo gratis. 'a anche dei soldi non m'importava un accidente. Non lavoravo cos a lungo per il denaro, lo facevo per un altro scopo che si delineava in me, giorno dopo giorno, sempre pi/ chiaramente. -apevo di non voler fare la sguattera per il resto dei miei giorni, avevo tutte le intenzioni di cambiare lavoro il pi/ presto possibile. 'i avevano informata che ogni tanto l'ospedale organizzava corsi per infermiere, riservati al personale interno. *er poter accedere a questi corsi, oltre a una giovane et erano necessari alcuni requisiti, tra cui quello di lavorare al Lindenhofspital da almeno sei mesi, e di essere segnalati dai capireparto come lavoratore che si sempre distinto per puntualit, assiduit e dedizione al lavoro. (onsideravano l'accesso al corso di formazione una specie di premio per il personale pi/ duttile e che avesse dato prova di attaccamento al lavoro. % io volevo quel premio, non m'importavano i sacrifici che avrei dovuto sopportare, lo volevo a qualunque costo.

Alla famiglia lasciata a ;ittnau pensavo ogni giorno. *ap non mi aveva mai cercata, nonostante gli avessi lasciato il numero di telefono del convitto. 'amma l'aveva fatto due volte, di nascosto a mio padre, la prima tre giorni dopo che ero scappata da casa. In una telefonata concitata, lei mi fece piangendo cento domande su come stavo di salute, com'ero sistemata e se avevo bisogno di soldi che lei avrebbe trovato il modo di mandarmene un po'. Non mi chiese perch3 me n'ero andata a vivere a Berna, non che la cosa non le importasse, ma lei sapeva bene che non avrebbe potuto capire la mia risposta. La seconda telefonata arriv$ un mese dopo, quando eravamo ormai sotto Natale. 'ar, voglio vederti per Natale " mi disse senza mai smettere di piangere. Anch'io ti voglio vedere mamma " le risposi. " *ossiamo incontrarci a casa di (aterina il giorno di -anto -tefano. Lei rispose che naturalmente il giorno di Natale loro l'avrebbero passato insieme alla famiglia di mia sorella, ma per -anto -tefano avrebbe trovato una scusa per uscire di casa 96 e ci saremmo visti da (aterina. (on mia sorella ero sempre rimasta in contatto e il nostro rapporto era buono + anche se lei non approvava per nulla la mia scelta, proprio come mamma e pap , per$ la rispettava. (on (aterina ci si sentiva due o tre volte la settimana, e io come prima cosa le chiedevo di %lisabetta, la sua bambina che aveva ormai un anno. Le dicevo che sentivo una mancanza terribile di tutti loro, in particolare della mia nipotina, ed ero davvero sincera. *oi le chiedevo notizie di mamma e pap , ma a questo punto (aterina diventava evasiva, mi raccontava semplicemente che stavano bene, la salute era buona e continuavano a fare la stessa vita di sempre. (apivo che mia sorella non mi diceva tutto, soprattutto non mi parl$ mai di come i nostri genitori stavano vivendo la mia fuga + e intuivo che la ragione dei suoi silenzi era il desiderio di non farmi sentire in colpa per le conseguenze

della decisione che avevo preso. %ra diventata protettiva nei miei confronti, aveva assunto per la prima volta nella sua vita il ruolo di sorella maggiore e faceva di tutto affinch3 io non avessi altri problemi di cui preoccuparmi. 9orse avrei dovuto, allora, contrastare il ruolo protettivo di mia sorella e non accettare le sue reticenze al telefono. -e l'avessi fatto, magari mi sarei accorta in tempo di un grave problema che stava per scoppiare e avrei potuto fare qualcosa. 2uando al telefono chiedevo a (aterina notizie di nostro fratello Nicola, la sua titubanza diventava ancor pi/ imbarazzata. Nicola . " mi rispondeva. " Ah s, Nicola s.... sta bene. -ta abbastanza bene. -ai, io in fondo lo vedo poco..... lui non viene quasi mai a trovarmi e quando vado a casa di pap e mamma lui non c': mai..... ma sta bene, non preoccuparti che sta bene..... " Non era vero, non stava bene, ma lo scoprii solo parecchio tempo dopo. )i salute Nicola stava benissimo, i problemi che aveva erano tutti nella sua testa e nel suo carattere. (resciuto come figlio pi/ piccolo e unico maschio, sin da bambino a lui tutto era permesso. 'amma e pap , dopo l'emigrazione in -vizzera, avevano preso a lavorare entrambi, e presto erano finiti col diventare genitori assenti + pure mamma si curava poco di lui, tanto c'ero io a casa a badare al fratellino. Loro si preoccupavano che Nicola mangiasse bene, che crescesse sano e che potesse avere un lavoro e un futuro nel nostro nuovo paese. La sua educazione sentimentale, gli insegnamenti e le regole, e il suo equilibrio psicologico erano affidati soprattutto a me. 'a io ero solo la sorella maggiore di tre anni, una bambina quasi come lui, non ero la madre n3 il padre. (rescendo, il suo carattere si fece via via pi/ introverso, e cominci$ a ribellarsi alle regole, a quelle regole che nessuno gli aveva mai insegnato a rispettare. I miei erano dispiaciuti di come si comportava, ma gli lasciavano fare tutto ci$ che voleva + per tutta la sua adolescenza a lui non erano mai stati posti dei limiti, all'opposto di me e di mia sorella che invece ne avevamo anche troppi. Lui era il maschio della famiglia, e poteva godere della piena libert di scelta che il nostro vecchio costume sociale riservava ai maschi. )iventato adulto, Nicola era in realt un selvaggio, un disadattato. &ioc$ molto a suo sfavore anche il fatto che vivevamo in -vizzera, un *aese che fa delle regole l'ossatura fondamentale della sua convivenza civile, e la ribellione di mio fratello contro la disciplina e l'ordine di quello -tato in cui lui non aveva scelto di vivere crebbe quanto le cattive amicizie di cui si stava circondando. (redo anche che l'et che aveva Nicola quando emigrammo, sei anni, fosse la pi/ critica per poter accettare lo sradicamento dalla sua vita trascorsa fino ad allora in Lucania, e che questo fatto possa essere stato devastante per lui. 97 All'epoca dell'emigrazione, (aterina era ormai una signorina, io avevo quasi dieci anni e riuscivo almeno in parte a comprendere le ragioni che obbligavano i miei a trasferire lontano la famiglia, e fui subito in grado di cogliere, non appena vi giunsi, le vistose differenze tra gli stili di vita nostri e quelli svizzeri. Nicola no, lui era stato costretto ad abbandonare un mondo che da poco e solo a livello istintivo stava imparando a conoscere, per venire catapultato su un pianeta irriconoscibile. Avesse avuto qualche anno in pi/ o qualche anno in meno, l'impatto con la nuova realt sarebbe stato meno traumatico.

)el turbamento che avvenne dentro di s3, lui non ne fu mai consapevole, perch3 nessuno l'aveva aiutato a capire. Anzi, da ragazzo Nicola sosteneva spesso, a differenza di tutti noi, di sentirsi molto pi/ svizzero che non italiano. Non era vero per niente, era solo un tentativo per dimostrare a se stesso di aver pienamente accettato lo sradicamento della famiglia. Alla fine Nicola era finito nei guai, con altri amici, stranieri come lui, aveva rubato un'auto e tentato di rivenderla. Le Leggi svizzere in materia di furto della propriet e di ricettazione erano parecchio severe, e ora era in attesa di processo + e per di pi/ aveva diciannove anni, quindi non avrebbe potuto usufruire degli sconti di pena previsti per i minorenni. A me non lo disse nessuno della famiglia, non mio padre che con me non voleva pi/ parlare, non mia madre che mi considerava ancora una figlia ma non pi/ parte della famiglia, n3 mia sorella che aveva assunto questo ruolo protettivo nei miei confronti. Lo seppi direttamente da lui. #na sera Nicola mi telefon$ a casa + chiamava dal carcere di Baden dove era detenuto in attesa di giudizio. 2uando udii la sua voce mi agitai subito perch3 telefonarmi a casa di sera non era da lui. *oi, in uno stato catatonico ascoltai il suo racconto , il furto, il carcere, il processo...... 'i chiamava per chiedermi se potevo mandargli un po' di soldi, gli servivano per l'avvocato + pap non gli avrebbe dato nemmeno un franco, (aterina gli avrebbe portato del denaro ma non era sufficiente. Io potevo dargli qualcosa . 'a certo che potevo, glielo dissi non appena riuscii a riprendere fiato e a far funzionare il cervello. %ro sotto shoc5 e lo sarei stata per giorni e giorni, ma ora, subito, dovevo aiutarlo, dargli un minimo di sicurezza. " Nicola non ti preoccupare, ho da parte un po' di soldi, te li mando anche tutti, puoi contare su di me. Anzi no, non te li mando, te li porto io, voglio vederti, parlarti e dove ti trovi tu adesso non : lontano da dove vivo io. 1engo da te dopodomani, stai tranquillo, non ti lascio solo <.. non ti lascio bambino mio.... " La telefonata si interruppe, non sentii la sua risposta. -tetti forse una mezzora in piedi, immobile e con la cornetta in mano. *oi mi sdraiai, vestita, sul mio letto e spensi la luce. -ubito dopo feci una cosa che ancora non avevo fatto dal giorno della mia fuga da casa, nemmeno quando avevo il cuore gonfio di tristezza per aver abbandonato la famiglia, n3 quando parlavo con mamma al telefono, n3 durante i primi durissimi giorni di lavoro all'ospedale. -coppiai a piangere.

98

4.

(ol passare dei mesi la mia vita a Berna andava facendosi pi/ accettabile. *er la verit dovrei parlare della mia vita al Linfenhofspital, non della citt di Berna, poich3 tra le alzate mattutine in orari antelucani, la necessit che avevo di riposare durante il giorno e gli straordinari che spesso facevo, il tempo che mi restava per conoscere la capitale era davvero poco. Le mie visite alla citt si riducevano a qualche passeggiata in centro nei pomeriggi della domenica, nella maggior parte dei casi da sola e pi/ raramente in compagnia di qualche collega. Berna, la citt dell'orso, : stupenda. Il suo antico centro, con le sue casette nordiche tenute in perfetto stato, viene quasi interamente circondato dal fiume, la Aar, che proprio in quel punto compie un'inversione di marcia a centottanta gradi e cinge come un fossato medievale il centro cittadino. All'interno del quale si estendono infiniti porticati sotto cui pulsa la vita commerciale bernese, non soltanto in superficie ma anche sottoterra + ai bordi dei portici, infatti, si aprono numerose botole che conducono ai negozietti sotterranei. &irovagare senza meta per il centro di Berna nella sua tranquillit domenicale era, per me che non avevo mai vissuto in una citt , come una meravigliosa vacanza. 'i fermavo spesso sotto la torre dell'orologio, la 7=tglogge, ad aspettare che i personaggi meccanici uscissero dai loro nascondigli per battere l'ora esatta, con il sottofondo musicale, il &loc5enspiel, suonato dal carillon + e sostavo per lungo tempo al culmine della fossa degli orsi, ai quali buttavo carote avanzate anche se era proibito. 1isitai anche, per due o tre volte, la casa"museo sulla >ramgasse in cui per anni aveva vissuto %instein, e ogni volta mi chiedevo stupita come fosse stato possibile che in un appartamento cos angusto un semplice impiegato dell'ufficio brevetti riusc a fare, tanti anni prima, una scoperta che cambi$ la storia della fisica. Non trovai mai una risposta, ma l'esempio di %instein contribu a far crescere il mio coraggio e la fiducia in me stessa. 'i stavo adattando bene sia al mio nuovo lavoro che alla solitudine. Avevo vent'anni e per la prima volta scoprivo di star bene con me stessa, e mi piaceva pensare che l'unica persona a cui ora dovevo badare ero io stessa, e quindi dovevo diventare responsabile della mia vita, imparare ad organizzare i tempi di lavoro e quelli di svago, decidendo tutto da sola senza pi/ dover chiedere a qualcuno se una cosa la potevo fare o no. !erminato l'orario di lavoro, nella mia vita ora c'era tanto silenzio. #n silenzio che non avevo mai potuto ascoltare prima, quando vivevo in una famiglia in cui le voci e le grida non si interrompevano mai. (hiusa nei due metri per quattro della mia camera al convitto, con i tappi alle orecchie per evitare che mi giungessero gli schiamazzi delle colleghe o la musica banale dei loro stereo, imparai ad amare quel silenzio finalmente raggiunto, che mi aiutava a concentrarmi su me stessa e a riflettere. 6iflettevo sul fatto che il taglio del cordone ombelicale che mi legava al passato era ormai giunto a un punto avanzato. 2uel taglio non significava che io volessi rinnegare i miei anni trascorsi in famiglia, n3 cancellare gli affetti che avevo vissuto e che conservavo immutati + ci$ che intendevo fare era realizzare una separazione netta tra il tempo della mia infanzia e quello dell'adolescenza e del mio presente di donna, ed ero sicura che il giorno in cui ci sarei riuscita avrei recuperato un rapporto pi/ naturale con la mia famiglia. -apevo bene che il cammino era ancora lungo, che ero soltanto agli inizi e che

mi restavano da compiere alcune scelte importanti. *i/ riflettevo e pi/ capivo con sempre maggiore lucidit che c'era, fra i tanti, un passo 99 fondamentale che dovevo fare per raggiungere il mio obiettivo , la perdita della verginit . La verginit mi pesava come un macigno, la percepivo come un freno sulla strada della mia emancipazione, e mi stavo rendendo conto che non avrei potuto tagliare fino in fondo quel cordone ombelicale rimanendo ancora vergine. 1ivevo la mia verginit come una situazione incompatibile con la scelta che avevo fatto , finch3 fossi rimasta con quella catena psicologica addosso non sarei stata n3 carne n3 pesce, ma solo un bruco che vuole mutarsi in farfalla, ma che poi non si decide a uscire dal buio del suo bozzolo. Non potevo restare a lungo in mezzo al guado, perci$ decisi che la cosa andava fatta. % anche presto. Il problema era che in quel periodo non avevo nessuno, e non conoscevo neppure un solo uomo che avrebbe potuto piacermi. %ra da troppo poco tempo che vivevo a Berna e non avevo ancora avuto occasioni di conoscere i colleghi, di stringere amicizie, scoprire nuovi interessi. Io sapevo soltanto che quella cosa andava fatta, perch3 stava cominciando a diventare una fissazione. ?ccasioni non ce n'erano state . L'avrei creata io l'occasione 0 Nelle cucine dell'ospedale capitava spesso un signore sui quarant'anni, un tipo asciutto, moro, di media statura. %ra il rappresentante di un'azienda che ci riforniva di tovaglie e tovaglioli di carta, posate di plastica e altro materiale simile. 1eniva una volta o due al mese per raccogliere gli ordini di merce dal nostro direttore, e da lui seppi che si chiamava ?rtega %chevarria, che era spagnolo ma che avendo sposato una svizzera aveva ottenuto la cittadinanza elvetica. Le due sole volte che l'avevo visto girare per i tavoli della mensa, notai che lui mi guardava con molta insistenza + mi davano fastidio i suoi sguardi, non mi piaceva per niente il modo di fare di quell'uomo, servile con ;err &oldenstein, il direttore, e arrogante con tutte noi. La seconda volta che venne tent$ pure di parlarmi , mi disse qualcosa a proposito dei miei occhi neri, che erano splendidi o una cosa del genere + non lo ricordo bene perch3 non ci badai, me ne andai di fretta nel magazzino senza nemmeno guadarlo in faccia. *erch3 non lui . 'i dissi. Non mi piace affatto, non accetterei mai un invito a cena da uno come lui. 'a forse proprio per questo : la persona adatta al mio scopo. *er quello che avevo deciso di fare, uno valeva l'altro. % poi questo ?rtega %chevarria non lavorava in ospedale, quindi non l'avrei pi/ rivisto e quando sarebbe tornato per i suoi ordinativi mi sarebbe stato facile evitarlo + per di pi/ era sposato, quindi difficilmente sarebbe andato in giro a vantarsi delle sue prodezze. Alcuni giorni dopo lo rividi nel salone grande. Lui mi fiss$ come aveva fatto le altre volte, e io gli sorrisi. La sua bocca color rosso bandiera si allarg$ in un sorriso esagerato, quasi un ghigno. -i tolse il cappello e si avvicin$ a me. (ome va . " mi disse. *oi mi chiese come mi chiamavo. Adelaide " gli risposi. Bel nome " riprese. -, grazie " feci io.

'a insomma dovevamo andare avanti tanto con quelle stupide smancerie . No, la cosa non dur$ a lungo, ?rtega %chevarria sembrava un tipo risoluto e io in quella circostanza lo era pi/ di lui. Infatti pass$ presto all'azione, in sala mensa eravamo soli e lui mise la sua mano sulla mia + poi, visto che io non mi tirai indietro, lui spost$ la mano sul mio seno. Non qui, potrebbe arrivare qualcuno " gli sussurrai. )ove allora . " mi chiese con un respiro leggermente affannoso. In camera mia. " 100 Lui strabuzz$ gli occhi, non gli pareva vero di poter fare una conquista cos facilmente. " 'a..... adesso . " " No, ora non posso, sto lavorando. -tasera alle nove. " conclusi pensando che, se proprio doveva avvenire, meglio che fosse oggi stesso. !olto il dente, tolto il male. . Accidenti 0 " fece lui che sicuramente non se l'aspettava. (i mettemmo d'accordo, io l'avrei atteso all'ingresso posteriore, quello riservato al personale, alle nove in punto. *oi saremmo saliti al convitto al sesto piano, non insieme perch3 qualcuno avrebbe potuto vederci, ma io con l'ascensore e lui a piedi. 1uoi avere quello che desideri . Beh, fatti almeno la fatica di salire sei piani a piedi, cos quando arrivi sei gi stanco 0 2uando sei al sesto, prendi il corridoio a sinistra, la quarta camera sulla destra, la numero @, : la mia. Non bussare, lascio la porta socchiusa, Bada ?rtega %chevarria devi camminare in punta di piedi, nessuno ti deve sentire, e se qualcuno ti vede dentro il convitto, te ne torni a casa tua e non se ne fa pi/ niente. " !utto and$ come previsto, alle nove scesi, aprii la porta d'ingresso e lo trovai che mi aspettava. -i era messo la brillantina sui capelli, cosa che ormai nessuno pi/ faceva, e il puzzo di quell'unguento si sparse per tutti i sei piani delle scale, e quella notte io dovetti dormire con la finestra aperta. La cosa, il rapporto sessuale, il coito..... non so nemmeno come chiamarlo, dur$ in tutto dieci minuti, esattamente come una tonsillectomia. 7ero preliminari, penetrazione immediata con adeguata protezione. -entii parecchio dolore, sia fisicamente perch3 ero asciutta come una fetta di pane tostato, e sia dentro di me, nel cuore e nell'anima. Appena la cosa termin$, aiutai ?rtega a rivestirsi, volevo che se ne andasse dalla mia camera il pi/ presto possibile + sulla porta lui tent$ di dirmi qualcosa, del tipo se potevamo rivederci, ma io lo spinsi fuori e chiusi a chiave la porta. (orsi in bagno a farmi una doccia, rimasi una buona mezzora, immobile, con l'acqua prima fredda poi calda che scivolava sul mio corpo senza trascurarne un solo centimetro, e piano piano portava con s3 nel tubo di scarico anche la mia amarezza, la vergogna e quel senso di umiliazione che ti prende quando diventi oggetto di una prepotenza o di un abuso e potresti reagire, ma non hai la forza di farlo. 'i sentivo affranta e l'unica consolazione, per quel che valeva in quel momento, era di pensare che da domani non sarei pi/ stata vergine, avrei vissuto senza pi/ quella zavorra opprimente, la cui perdita, per$, mi era costata tanto, forse troppo. (he cosa fu quel rapporto, non saprei dire. Non fu uno stupro, perch3 ero consenziente, non fu fare l'amore n3 un momento di gioia, perch3 lo lasciai fare

senza neppure chiudere gli occhi. Non fu niente, soltanto una fredda operazione chirurgica necessaria per la mia salute. *regando, come per tutti gli interventi chirurgici, che non capiti pi/ un'altra volta.

5. #n anno esatto dopo il mio arrivo a Berna la fortuna si accorse della mia esistenza, e mi regal$ due cose importanti. La prima fu che mi trovai in citt uno splendido appartamentino di due locali, naturalmente in affitto. %ra da parecchio che mi ero stancata di vivere al convitto dell'ospedale circondata da tanta promiscuit e poca privac=. % potendo ora disporre di una buona scorta di denaro che ero riuscita a risparmiare, avevo 101 deciso di trovarmi casa per conto mio. )a tempo leggevo gli annunci immobiliari sui quotidiani, spargevo la voce tra le colleghe, e avevo anche appiccicato un biglietto sulla bacheca della mensa, sul quale avevo scritto le caratteristiche dell'appartamento che cercavo. % proprio l, sopra il mio foglietto, un giorno una mano ignota aveva scritto , Balmerstrasse .... quartiere di Schosshalde telefono n. : ........ !elefonai subito per sincerarmi che fosse vero. -, era vero, non era lo scherzo di qualche anonimo burlone come avevo immaginato. Andai il giorno dopo a visitare la casa e a scoprire dove e come fosse il quartiere. La casa era un severo palazzo di tre piani dell'ottocento tenuto benissimo, e il quartiere era pi/ elegante di quanto avessi previsto, abbastanza vicino al centro e ben servito dai mezzi pubblici con i quali avrei dovuto fare avanti e indietro dall'ospedale. L'appartamentino era piccolo, ma mi parve subito un gioiello. %ra arredato con il tipico gusto svizzero con influenze tedesche , i muri tappezzati di carta con disegni di cachemire dai colori vivaci su cui prevaleva il rosso, e i mobili tutti di legno di noce scuro, austeri ma non pesanti, con i ripiani fitti di soprammobili leziosi adagiati sopra centrini di pizzo. Le porte interne erano a vetri con mosaici colorati, e i locali molto luminosi, compreso la cucina che era dotata di tutto. 9irmai immediatamente il contratto con il padrone di casa, e uscii felice come non lo ero da tempo. Non avevo nessuna fretta e feci a piedi la strada per tornare all'ospedale. *er tutto il percorso vedevo che parecchia gente si voltava a guardarmi , il motivo era che stavo ridendo per conto mio, ma ridevo in modo esagerato, fino a scoppiare, e chiss quanti mi avranno scambiata per pazza. Il secondo regalo fu dovuto solo per met alla fortuna, per l'altra met era il premio che mi ero meritata. *ochi giorni dopo aver trovato casa, il Lindenhofspital emise il bando per il corso di infermiere riservato al personale interno. La mattina stessa compilai e consegnai la domanda, il pomeriggio andai a parlare con il direttore della

cucina per chiedergli se avrebbe fornito le referenze necessarie. ;err &oldenstein era un ossuto cinquantenne completamente calvo e con un viso rugoso che lo faceva sembrare molto pi/ vecchio. 1estiva costantemente di nero, come forse gli suggeriva la sua religione, ed era un apostolo del risparmio, sparagnava su qualsiasi cosa compreso le parole. -tette ad ascoltarmi in silenzio, e solo dopo quattro o cinque minuti che ebbi finito di parlare mi concedette il privilegio di ascoltare la sua misurata risposta. -ignorina Nardella, le posso solo dire che sono dispiaciuto di perdere la sua collaborazione in questa cucina. -, dar$ di lei referenze superbe. " %ra tanto, troppo addirittura per un uomo come lui, lo ringraziai stampandogli un bacio sulla fronte che lo lasci$ inebetito, e corsi fuori in giardino. % l, sola in mezzo ai tigli che davano il nome al nostro ospedale, scoppiai un'altra volta in una fragorosa risata di gioia. -ostenni poi un colloquio con il responsabile della formazione, ma pi/ che l'esito positivo del colloquio, dovuto alla mia ostinazione di ottenere a qualunque costo quel posto, a farmi ammettere al corso valsero le referenze che quell'uomo onesto, parsimonioso nelle parole ma non nei sentimenti, aveva effettivamente trasmesso. Il corso decoll$ il mese successivo e si present$ subito come un impegno tutt'altro che 102 facile. -arebbe durato diciotto mesi, ed era articolato in cinque ore di lezione in aula tutte le mattine, pi/ altre cinque di tirocinio da compiere nei reparti dell'ospedale ogni pomeriggio o nei turni di notte. In totale lavoravo dieci ore al giorno, con la testa costantemente concentrata su ci$ che facevo, soprattutto durante le ore di lezione perch3 le materie erano complesse per una come me, a digiuno di ogni conoscenza medica. %ravamo in tutto dodici corsisti, in prevalenza donne, e ognuno di noi venne assegnato ad un reparto presso cui compiere il tirocinio. A me capit$ la !raumatologia, e non ne fui felice, perch3 passare le giornate in mezzo a femori spezzati, rotule artrosiche e a protesi di anche non era certo il mio sogno. Avrei preferito un altro reparto, dove ci fosse bisogno del cuore per lavorare, oltre che della scienza, e mi ero decisa a protestare contro questa scelta perch3 era avvenuta per sorteggio. 'a perch3, mi chiedevo, ricorrere al sorteggio . Non sarebbe stato meglio che i docenti parlassero con ciascun corsista per sapere se aveva qualche predisposizione o qualche preferenza per l'una o l'altra specialit . *oi mi convinsi che era meglio lasciar perdere, perch3 non mi conveniva farmi notare subito come quella che mette in discussione i loro sistemi in uso da decenni. Il sorteggio forse soffocava le aspirazioni individuali, ma secondo i dirigenti dell'ospedale garantiva l'eguaglianza di partenza fra tutti i tirocinanti. 'i feci andar bene la traumatologia, in fin dei conti ci sarei dovuta stare solo per il tirocinio, mica per tutta la vita.

6. -tavo iniziando a vivere con entusiasmo un'esistenza che completamente nuova, che a volte mi pareva addirittura estranea a me, alla vita di 'aria nei ventuno anni precedenti. -pesso la sera, distesa in mutande e reggiseno sul comodo divano in velluto bordeau4 della mia nuova casa, tiravo dei bilanci su ci$ che avevo fatto nella giornata ma anche sul mio presente in generale, e il saldo mi sembrava sempre positivo. 9acevo studi molto impegnativi ma che mi coinvolgevano fino in fondo, cominciavo a percepire che ero davvero portata per il lavoro di infermiera + imparavo in fretta ed eseguivo ci$ che stavo imparando nelle ore di tirocinio in !rauma con ottimi risultati, cos almeno dicevano le infermiere del reparto. % scoprivo a poco a poco che dedicarmi agli altri mi faceva star bene, mi dava pace. % poi abitavo in uno splendido appartamentino tutto mio, sola e in piena autonomia. La stanchezza fisica e la solitudine mi facevano compagnia ogni sera, ma erano compensate dalla soddisfazione per ci$ che facevo e per come vivevo. 'ancava s qualcosa nella mia vita, una presenza che fosse importante per me, ma a quei tempi quel vuoto non si era fatto ancora sentire in maniera pressante, perch3 mi bastava quello che avevo. Il sabato e la domenica erano i miei giorni liberi , il primo era destinato alle pulizie di casa e a quel po' di spese indispensabili, il secondo era tutto per me stessa. -pesso la domenica passeggiavo per il centro della citt insieme a due nuove amiche che avevo conosciuto al corso , una, Autta, era svizzera grigionese, una ragazza bionda, massiccia e con i pomelli delle guance cos rossi da farne il ritratto della salute + di carattere era dolcissima, parlava poco e mai senza una ragione precisa. L'altra era spagnola, si chiamava )ominga ed era l'opposto di Autta + sia fisicamente, perch3 era magra, di pelle scura e bassa di statura, sia per il suo carattere loquace ed estroverso, ma anche un po' troppo impulsivo, il che la portava agli eccessi tanto nelle amicizie quanto nei rancori. 103 Le mie domeniche pi/ belle, per$, erano quelle in cui potevo prendere il treno e andare a *faffi5on da (aterina. Lei e gli altri erano ancora la mia famiglia, ero stata troppo legata a loro perch3 non ne sentissi la mancanza. 2uando (aterina ed io combinavamo di incontrarci, lei faceva in modo che quel giorno ci fosse anche nostra madre, magari soltanto per qualche ora + e qualche volta riusc anche a farmi incontrare con nostro fratello Nicola. % poi c'era la sua bambina, %lisabetta, alla quale mi stavo affezionando molto + la mia nipotina cresceva rapidamente e io trovavo che veniva sempre pi/ assomigliando a me. )i carattere era forte e gi un pochino ribelle anche solo all'et di due anni, e aveva i miei stessi occhi e quel modo di guardare con curiosit e con un pizzico di ironia le persone e le cose, che era sempre appartenuto a me, non a sua madre. *urtroppo non era semplice incontrare mia sorella a casa sua, e non capitava molto di frequente. Non per colpa mia, perch3 io ci sarei andata tutte le domeniche, ma a causa di (aterina stessa. )opo il matrimonio, lei si era gradualmente avvicinata alla mentalit e allo stile di vita comune a molte donne svizzere + tendeva cio: a programmare in modo rigido le sue giornate e a riempirle di abitudini metodiche e di azioni pianificate. -i era fatta venire la sindrome svizzera, un rispetto ossessivo per gli orari e per

i programmi, e aveva perso la sua naturale flessibilit . -e le telefonavo il sabato per dirle che avevo voglia di vedere lei e la bambina il giorno dopo, capitava che (aterina mi rispondesse che quella domenica non era possibile, perch3 per quel giorno aveva programmato di sistemare il garage insieme a suo marito. #na volta arriv$ a dirmi che non potevamo vederci la domenica successiva perch3 aveva programmato di stirare la biancheria. Io ci rimanevo male, non capivo perch3 quelle cose che aveva deciso di fare, e che non erano per niente urgenti, lei non le rinviasse ad un altro giorno, e perch3 non fosse pi/ importante per lei vedere me, piuttosto che fare quei lavori banali. 'a superato lo sconcerto iniziale, capii che non si comportava cos perch3 aveva smesso di volermi bene, ma perch3 quello era diventato un suo abito mentale + era quello stesso rigido schematismo che avevo gi conosciuto in parecchie signore svizzere, ma che mai avrei pensato che potesse un giorno appartenere anche a una di noi. Avevo paura che prima o poi mia sorella mi confessasse che con suo marito si era ridotta a far l'amore soltanto il sabato sera, perch3 quello era il giorno riservato al sesso, come pensava una gran parte delle coppie svizzere. 9ui quindi costretta a pianificare le mie visite a (aterina e alla famiglia, e mi adattai a quest'obbligo + le telefonavo ogni sabato, e quando verificavo che lei non aveva altre incombenze festive le dicevo , " Allora domani vengo. " Appena entravo in casa, poco prima di mezzogiorno, il sorriso di %lisabetta si allargava per la gioia di vedermi, le sue pupille nere si dilatavano e la sua espressione diventava identica a quella mia da bambina. (ome prima cosa, io mi occupavo solo di lei, la prendevo tra le braccia e me la portavo in giro per tutta la stanza. *oi sedevo sul divano con lei sulle ginocchia e le cantavo una filastrocca che avevo composto proprio per lei, e che faceva , Elisa sa zingara del sole un giorno potr avere ci! che vuole lei vincer draghi dem!ni e santi maghi potenti e il maledetto nano la spada splender nella sua mano la testa taglier di tutti quanti. Le cantavo la filastrocca quando ero sicura che -alvatore, suo padre, non fosse in casa, perch3 a lui non piaceva e non voleva che sua figlia imparasse certe brutte cose 0 104 *oi pranzavamo insieme, e ogni domenica (aterina cucinava sempre qualcosa di diverso perch3 c'ero io, un'ospite speciale. %ra una brava cuoca, decisamente migliore di me che non ero mai riuscita ad imparare bene le ricette lucane di nostra madre. Nel pomeriggio spesso arrivava mamma a trovare me. Appena la vedevo io le sorridevo, mentre lei prendeva a piangere, ma subito dopo le raccontavo le cose interessanti che facevo in ospedale a Berna e a quel punto lei, quando si accorgeva di quanto ero serena e contenta, passava dal pianto al sorriso. -apevo che pur di vedermi, mamma ogni volta scappava da casa sua con una scusa, perch3 pap non doveva sapere che io mi trovavo da (aterina + mi confess$ di temere che se lo avesse saputo, lui avrebbe potuto rompere i rapporti anche con mia

sorella che gli aveva fatto il torto di ospitarmi. A tanto dunque era arrivata la collera di mio padre, e mi chiedevo quanto tempo ancora gli ci sarebbe voluto per sanare la sua ferita.

Nelle domeniche pomeriggio quando stavo a casa di (aterina capitava a volte che venisse in visita qualche parente che abitava nei paraggi. #n giorno, rientrata da una passeggiata con %lisabetta, vi trovai zio &aetano, "u #rsaglier, accompagnato dalla moglie, zi' (oncetta, "a fescinecch . Non era un vero zio, era il cugino di mamma, che essendo figlia unica non mi aveva portato zii in dote + ed io, che avrei desiderato averne anche uno materno, avevo finito col chiamare zio il cugino &aetano. 2uando vivevamo a 6ionero eravamo vicini di casa, le nostre famiglie erano molto unite e quell'uomo mi voleva bene pi/ che se fosse stato un vero zio. Io per lui provavo molta ammirazione, soprattutto dopo che emigr$ in -vizzera, chiamato da mio padre. 7io &aetano, sua moglie e i suoi tre figli tutti pi/ piccoli di me, quando vivevano in Basilicata camminavano a braccetto con la fame. *er questa ragione, come pap lo inform$ che nella fabbrica di *faffi5on in cui lavorava da tre anni cercavano operai, e che lui avrebbe potuto metterci una buona parola, zio &aetano fece la valigia ed emigr$. )a solo, naturalmente, perch3 anche lui avrebbe dovuto attendere i tempi delle leggi svizzere prima di portarsi appresso la famiglia. 7io &aetano venne assunto in quella stessa fabbrica come manovale generico, e lavor$ per anni come un animale, vivendo con altri due immigrati in una baracca semi"diroccata, fino a poco prima adibita a pollaio, proprio come vivono le bestie. 2uasi tutto il suo guadagno arrivava alla famiglia al paese, puntualmente ad ogni inizio mese, e per s3 teneva quei pochi spiccioli che gli servivano per non crepare di fame. Niente abiti nuovi, niente svaghi n3 cene con i compaesani, lui gi/ teneva quattro bocche da sfamare e quelle bocche erano la vita sua + e per sfamarle si privava di ogni cosa, eccetto la mera sussistenza che gli serviva solo per continuare a inviare denaro. #na fredda sera invernale di tanti anni prima, un sabato sera in cui noi stavamo cenando e chiacchierando in allegria, nostro padre ci raccont$ cosa aveva fatto il giorno precedente zio &aetano sul lavoro. %ra un periodo in cui una cattiva influenza invernale circolava da quelle parti, mietendo molte vittime e decimando gli operai nelle fabbriche. 7io &aetano lavorava a turni in un reparto diverso da quello di pap , e a dispetto del suo nutrirsi in modo precario era sano come un pesce. 2uel giorno, in fabbrica aveva lavorato il primo turno, dalle sei alle quattordici, e quando fu il momento di smettere si accorse che il compagno che avrebbe dovuto dargli il cambio non c'era perch3 era rimasto a casa con l'influenza. Allora and$ dal suo vorar#eiter per dirgli che, se gli avesse dato il permesso di uscire dieci minuti per comprarsi un panino, lui avrebbe continuato a lavorare sostituendo il compagno ammalato. Il capo era pure lui italiano e lo ringrazi$ per 105 quell'offerta, perch3 sapeva che altrimenti avrebbe dovuto lasciare la macchina ferma, e gli concesse il permesso di uscire per il panino. &li conferm$ che poi avrebbe potuto continuare a lavorare in regime straordinario

per altre quattro ore. 'a quali quattro ore . " rispose zio &aetano. " Io continuo a lavorare per tutto il secondo turno, cio: fino alle ventidue 0 " Il capo strabuzz$ gli occhi, fu sul punto di dirgli che era troppo, che gi aveva otto ore di lavoro sulle spalle, ma poi ci ripens$. )opotutto all'azienda faceva comodo non fermare nessuna macchina, e se quell'imbecille voleva rompersi la schiena lavorando sedici ore filate, che facesse pure, non era un problema suo. % cos gli dette il consenso. Arrivarono le ventidue e al secondo turno subentrarono gli operai del turno di notte, che avrebbe terminato il lavoro alle sei del mattino dopo, che era sabato, giorno in cui la fabbrica chiudeva. Alle ventidue zio &aetano era molto stanco, ma non tanto da non andare a parlare con il capo dopo che si fu accorto che anche il suo compagno del turno di notte era rimasto a casa con l'influenza. La frase che disse al capo fu la stessa di prima , " -e mi date un permesso di dieci minuti per uscire a comperare un panino perch3 tengo fame, io proseguo a lavorare anche nel turno di notte e cos voi non dovete fermare la macchina. Il capo gli volt$ le spalle, ma non si mosse + si vergognava anche solo di guardarlo negli occhi. !orn$ a riflettere sul fatto che far funzionare la macchina anche nel turno di notte sarebbe stato interesse dell'azienda, e per di pi/ lui avrebbe ricevuto i complimenti dai suoi superiori + poi, rimanendo voltato di spalle, diede la sua risposta a zio &aetano. &li disse semplicemente , " 1a bene, va bene...... " % cos zio &aetano svolse il suo faticoso lavoro per ventiquattro ore in una sola giornata 0 &razie a sacrifici impensabile come quella volta, lui riusc a mantenere con dignit la famiglia al paese e, non appena fu possibile, a portarsela a vivere a Bauma, un paesino non lontano dal nostro. In seguito fece anche un po' di fortuna, sfruttando la sua non comune resistenza alla fatica divenne socio di altri immigrati italiani insieme ai quali fond$ una piccola azienda meccanica. 9u per via della sua disponibilit a sacrificare se stesso per dare un futuro alla famiglia, che io ebbi sempre tanta ammirazione per lui. 2uel giorno, per$, l'avevo seduto di fronte a me a casa di (aterina, lo ascoltavo parlare e lo scoprivo diverso. Non era solo che lo trovavo terribilmente invecchiato, era pi/ grande di qualche anno di mio padre, ma quei solchi profondi sulla fronte e attorno alla bocca lo facevano sembrare mio nonno. Anche la sua testa era cambiata, non era pi/ il &aetano che conoscevo, o perlomeno quello che mi ero immaginata che fosse fino a quel momento. *arlava della recente ondata migratoria in -vizzera, che non proveniva pi/ dall'Italia ma dall'oriente. ('erano tanti islamici tra i nuovi immigrati e lui sosteneva che erano lazzaroni e incapaci di lavorare. " -ono capaci solo di imbrogliare la gente perbene 0 " Il disprezzo per i turchi di fede islamica che andavano rapidamente aumentando in -vizzera era visibile anche nei lineamenti del suo volto, che si contorcevano. " % poi sono sporchi, puzzano come capre e hanno quell'ossessione assurda per i riti religiosi loro. 2uando arriva quel maledetto 6amadan sembrano perdere la testa, digiunano per tutto il giorno, e al lavoro li vedi che si muovono lenti e stanno

in piedi per scommessa. 1erso sera ne raccogliamo ogni giorno due o tre da terra, che sono caduti come mosche. " Io stavo zitta e facevo fatica a guardarlo in faccia. 'i stavo chiedendo , ma quest'uomo quale lezione ha imparato dalla sua durissima vita di un tempo . (om': possibile che si sia gi scordato di aver vissuto per anni negli stenti . % non ricordava pi/ le ostilit e le 106 discriminazioni cui erano oggetto gli immigrati italiani in questa nazione che non ti regala mai niente . Adesso che era diventato benestante aveva dimenticato tutto, non riusciva pi/ a rendersi conto che la sua condizione di un tempo e quella degli immigrati musulmani di oggi erano la stessa cosa.

7. Il giorno pi/ felice della mia vita, almeno fino a quel momento, fu quando al Lindenhofspital mi consegnarono il diploma di infermiera. Al termine del corso sostenemmo l'esame finale, e io risultai essere la prima del mio corso. !utti i medici esaminatori mi fecero i complimenti, compreso qualcuno tra loro che non aveva gradito molto che l' infermiera diplomata quell'anno con i voti pi/ alti fosse un'italiana e non una svizzera. Io ringraziai tutti per pura cortesia, ma sapevo da me, senza peccare di arroganza, che mi ero meritata pienamente quel diploma con i suoi voti alti. Il giorno dopo ci fu la destinazione di ciascun neo"infermiere presso i vari reparti dell'ospedale. A quel momento giunsi preparata, perch3 avevo le idee chiare sulla specializzazione che desideravo, e sapevo che, se non mi fossi mossa per tempo, mi poteva capitare di essere destinata a un reparto qualsiasi. 'a io non ne volevo uno qualsiasi, io volevo lavorare in *ediatria con i bambini. *erci$, prima dell'esame finale andai a parlare con il *rimario pediatra, che conoscevo perch3 aveva tenuto delle lesioni al corso, durante le quali io avevo cercato di farmi notare ponendogli numerose domande, le pi/ intelligenti possibili. %ro a conoscenza che i *rimari hanno la possibilit di intervenire sulla scelta dei neo"diplomati da inviare alle varie specialit , e quando fanno richiesta di avere una determinata persona per il proprio reparto di solito vengono accontentati. Il *rimario, dottor >ovacs, era un cinquantenne ungherese di origine, ma laureato in un'#niversit svizzera. %ra quello che comunemente si dice un bell'uomo, di media statura, con folti capelli castani e le sole basette sale e pepe + parlava con un tono di voce calda, da consumato attore teatrale. -i ricordava bene di me, per fortuna, mi aveva notata durante le sue lezioni e rammentava con precisione anche qualche domanda che gli avevo posto. 6icordo che pensai di lei che fosse molto appassionata alla medicina, una ragazza attenta e anche molto spigliata. " 'i disse prima ancora di

chiedermi cosa volevo da lui. &li confidai che, nonostante che il mio tirocinio fosse avvenuto in !raumatologia, io avevo in realt un grande interesse per lo studio delle patologie dell'infanzia, e che quella era la materia che avevo studiato con il maggior impegno. " -ono sicura, dottor >ovacs, che se fossi assegnata al suo reparto io riuscirei a tirar fuori il meglio di me stessa, perch3 unirei la passione alla competenza. " -apevo come cogliere il loro punto debole , la cultura svizzera : molto sensibile alla meritocrazia, soprattutto se coniugata con la buona volont . 2ualsiasi dirigente svizzero nemmeno si sognerebbe di raccomandare un parente o un amico in quanto tali, perch3 sarebbe in contrasto con la sua etica + lo fa solo se ne individua il merito. %' solo vivendo in una societ che, come quella svizzera, affonda le sue radici nell'etica 107 protestante che si riesce a capire fino in fondo il valore del merito. )a secoli, il fedele calvinista vive nell'ansia di non conoscere il proprio destino ultraterreno, di non poter sapere se, quando : nato, : stato predestinato al Bene o al male. %', quindi, sempre alla ricerca di un segno, di una prova che gli dia la sufficiente sicurezza di essere predestinato al 6egno di )io + il possesso di meriti e il successo che ne consegue rappresentano in modo tangibile il segno tanto atteso" Il *rimario mi rispose che non poteva garantirmi nulla, ma che si sarebbe interessato alla cosa e se si fosse presentata la possibilit , lui sarebbe stato felice di avermi nel suo reparto. (inque giorni dopo prendevo servizio in )ivisione *ediatria, al quarto piano del Blocco B.

-e quello fu il giorno pi/ felice di tutti i miei ventitr3 anni, tre settimane dopo arriv$ quello pi/ doloroso. 9u la sera della telefonata di Nicola, quando appresi che aveva commesso un reato e che ora si trovava in prigione. Io ero serena, ero sola in casa in quel momento e stavo preparando la cena per due + di l a poco sarebbe arrivato il mio compagno e sapevo che avremmo passato una splendida serata insieme. *enso che accada sempre cos, le novit pi/ brutte arrivano quando stai davvero bene, proprio come il detto che parla di un fulmine a ciel sereno. )'improvviso il telefono squill$. Non aspettavo chiamate dalle amiche, pensai che poteva essere lui che mi avvisava di un suo ritardo, e andai a rispondere con un senso di curiosit , ero quasi divertita. I lineamenti del mio viso cambiarono di colpo non appena Nicola inizi$ il suo racconto, e il mio corpo fu scosso da fremiti. -tavo distesa sul mio letto vestita com'ero, la luce spenta e un pianto silenzioso che non si arrestava, quando poco pi/ tardi arriv$ il mio compagno e trov$ la casa immersa nel buio. &li raccontai tutto, lui mi abbracci$ e mi baci$ teneramente. " )omani vado in banca e prelevo i soldi, e dopodomani vado al carcere di Baden. " gli dissi. Lui si offr di accompagnarmi, ma gli risposi che quella visita

dovevo farla da sola. Lui cap e non insistette. -ul treno che mi stava portando a Baden non smisi un istante di guardare dal finestrino. %ra una stupenda giornata di sole e davanti ai miei occhi correvano via veloci le dolci colline dell'?berland bernese, con le sue casette bianche e i sottotetti marroni, e i gerani rossi ad ogni balcone + e poi le stalle in legno a fianco delle case e le mucche al pascolo, che completavano in quadretto di un presepe naturalista. -tavo andando a Baden, splendida cittadina del (antone di Aargau, nota per le sue terme di origine molto antica, e ancora una volta la realt si presentava a me con il crudele gioco dei contrasti , il panorama bellissimo, la giornata di sole, la graziosa cittadina termale, ed io che stavo andando a incontrare mio fratello in carcere. Nicola stava seduto davanti a me, magro, sciupato, con i suoi occhi che guardavano da tutte le parti fuorch3 nei miei. In viaggio avevo cercato di immaginare il luogo dell'incontro, ed ero arrivata addirittura a pensare che avrei visto mio fratello attraverso le sbarre. Invece no, le guardie mi avevano fatto accomodare in un salottino modesto ma lindo, e dopo qualche minuto era entrato Nicola e ci avevano lasciati soli. Non appena mi vide, lui si mise a piangere, singhiozzava come quando da bambino gli 108 succedeva di farsi male. Io riuscii a resistere alle lacrime che mi salivano fino ai bordi degli occhi, il mio dolore aument$ nello sforzo di trattenere il pianto, ma dovevo farlo per lui, per dargli coraggio. % mentre piangeva, io gli accarezzavo la testa e le mani, avrei voluto cantargli una canzoncina come quand'era bambino, ma capii che non era il caso, ora la faccenda era pi/ grave di una semplice caduta. *oco dopo si calm$ e parlammo, io gli chiesi come stava, come si sentiva, e altri convenevoli per rompere il ghiaccio. " Non lo far$ mai pi/, 'aria, te lo giuro mai pi/.... " mi disse guardandomi finalmente negli occhi. Lo so, lo so, mai pi/ piccolo mio. (aterina : venuta . " gli chiesi. Non ancora, ma ha detto che verr presto. 1uole venire anche mamma ma io preferisco che non mi veda qui. " ;ai ragione : meglio che non venga. *arler$ io a mamma, le dir$ che ti ho visto, e che stai bene. Non ti preoccupare, ci penser$ io a tranquillizzarla. " 'aria io non lo so perch3 : successo..... non : stato per i soldi, quelli non mi mancano..... e poi pap : sempre stato generoso con me. " Aveva ripreso a piangere, anche se pi/ sommessamente. " -tai tranquillo Nicola, a tutto c': rimedio " gli dissi sforzandomi di essere convincente. " !i aiuter$ a cambiar vita, anzi ti aiuteremo tutti e vedrai che presto dimenticherai questi momenti. " Lui sembr$ non ascoltare quello che gli dicevo, si asciug$ il viso e riprese , " L'ho fatto solo per provare l'emozione di rubare, per sentire l'adrenalina che mi scorreva dentro e mi faceva capire che ero uomo e che ero ancora vivo. % poi

)iego, un portoghese che : il capo del nostro gruppo, ci spiegava che il rapporto tra te e il commerciante : sempre un rapporto illegale , o rubi tu o ruba lui 0 *er questo abbiamo rubato l'auto in quell'officina..... " " Nicola, tu hai diciannove anni e hai la vita davanti a te. *er$ devi crescere, non puoi continuare a credere alle stupidaggini che ti racconta quel tipo. La vita non : facile per nessuno, la vita : sofferenza, : lottare per qualcosa che desideri. La prima cosa che devi fare : isolarti dalla realt che ti circonda e guardare dentro di te. *rova a pensare che non vivi pi/ n3 in -vizzera n3 in Italia, ma in un mondo dove ci sei solo tu, e guardati dentro + ma non smettere mai di guardare fin quando ti apparir un sogno. %cco, quello sar il sogno della tua vita, quello che ti dovrai conquistare a fatica, perch3 nessuno ti regaler niente, e cos non dovrai rubare i sogni degli altri. % solo allora scoprirai che puoi sopportare facilmente il dolore e la sofferenza. " -tavolta pareva che mi ascoltasse. -tette a pensare un po', poi mi disse , " &razie 'ar, tu mi stai aiutando parecchio. ;o bisogno di pensare e di capire, ho bisogno di sentirti pi/ spesso. " La porta si apr e una guardia apparve sulla soglia. (ompresi che il colloquio era finito, baciai mio fratello, gli tenni la testa ferma tra le mie mani e guardandolo negli occhi gli sussurrai un ultima cosa , " !utte le volte che vuoi, io ci sar$ fratellino mio. *er te ci sar$ sempre, verr$ spesso a trovarti, ma ti scriver$ ancora pi/ spesso, anche ogni sera. " 'i porse un bigliettino su cui aveva scritto il nome e il telefono del suo avvocato, col quale mi sarei messa in contatto, e lo vidi sparire insieme alla guardia oltre la porta. % poi uscii all'aria aperta, dove nel frattempo si era alzato un vento di tramontana che sollevava foglie e polvere. Adesso potevo distendere i miei nervi e finalmente mettermi a piangere. 109 8. 9u durante uno dei tanti viaggi in treno che facevo le domeniche quando andavo a *faffi5on a trovare (aterina e sua figlia, che conobbi ;ans. % fu per caso, come tutte le occasioni che capitano nella nostra vita. La nostra vita : governata dal caso. 2uel giorno non ci volevo nemmeno andare da (aterina, era una domenica d'inverno, nevicava da una settimana senza neppure un armistizio, e io avevo un forte raffreddore, che verso sera mi metteva sempre un po' di febbre. *er$, nelle

domeniche precedenti non ero potuta andare a *faffi5on, sempre a causa degli impegni che mia sorella programmava con il suo ordine meticoloso e distaccato. Non le vedevo da un mese, e la mia nipotina e mia madre mi mancavano molto + ma in fondo pure (aterina mi mancava. (os decisi che con qualsiasi tempo e anche con il naso che gocciolava come un gelato al sole, quel giorno sarei andata da loro. )iversi treni prima del mio non erano partiti perch3 occorreva prima sgomberare i binari dalla neve, per cui il treno che presi io era strapieno. Lungo il viaggio continuai a starnutire, chiedendo ogni volta scusa alle tante persone che stavano intorno a me, anche se nessuna di loro mostr$ mai di essere infastidito. Infilavo a ripetizione i fazzoletti di carta usati dentro il cestino di metallo sotto il finestrino, e immediatamente dopo cercavo nella borsetta il pacchetto nuovo. !ra una e l'altra di queste operazioni, mi accorsi guardando nella borsetta che di fazzoletti puliti me n'erano rimasti pochi. 'entre calcolavo se mi potevano bastare fino ad arrivare a casa di (aterina, vidi una mano avvicinarsi a me e porgermi un pacchetto di fazzoletti. Li presi e dissi subito " &razie 0 " prima ancora di alzare lo sguardo per vedere a chi apparteneva quella mano caritatevole + poi vidi quel ragazzo e il suo sorriso timido. Avr avuto tre o quattro anni pi/ di me, era alto ben oltre il metro e ottanta, magro come una rotaia, con un viso piccolo, un po' sproporzionato a confronto con la sua statura. Aveva un'espressione serena e quieta, di quelle che a prima vista ispirano fiducia, e portava un paio di occhiali molto grandi, anche questi piuttosto sproporzionati. Non era bello, ma aveva un'aria intelligente. 'i disse , " -e continua cos, signorina, la prossima volta le dovr$ offrire un salvagente 0 " 6isi forte, tossendo per lo sforzo di ridere + ma guarda, mi dissi, uno svizzero spiritoso, credevo che non ne esistessero 0 -empre che fosse davvero svizzero. &lielo domandai. " -, sono svizzero " rispose. " 'i chiamo ;ans, sono originario di )ubendorf, vicino a 7urigo, ma vivo e lavoro a Berna. " A Berna, ;ans lavorava da tre anni nell'ufficio studi di una grande banca. % viveva solo, con l'unica compagnia di un gatto, in una piccola mansarda nel centro storico. -tava tornando a )ubendorf dove aveva pap , mamma e una sorella + si sarebbe fermato a pranzo con loro, poi, dopo qualche ora passata a chiacchierare con i genitori, nel tardo pomeriggio sarebbe ripartito per Berna. A trovare i genitori, ;ans ci andava una domenica s e una no, esattamente ventisei domeniche l'anno + anche se fosse scoppiata la terza guerra mondiale, lui non avrebbe smesso di tornare a )ubendorf a domeniche alterne. Appena sceso dal treno, un paio di fermate prima della mia, ;ans picchi$ con le nocche della dita sul finestrino dietro il quale ero seduta, e grid$ , " -ignorina, con quale treno torna a Berna . " " (on quello delle diciassette e venti. " gli urlai. 'i sorrise, annu con la testa e mi salut$ con la mano. 110 9eci il viaggio di ritorno insieme ad ;ans, che sal alla stazione di )ubendorf sul primo vagone, poi li percorse tutti con metodo di ricerca scientifico, fino ad arrivare all'ultimo, dov'ero seduta io. 'a con lui passai anche una bella serata in una birreria del centro, il marted successivo dopo che mi ripresi dal raffreddore + poi un'altra il venerd e infine il sabato pomeriggio, quando visitammo insieme il 'useo *aul >lee e poi

passeggiammo a lungo sotto i portici. (ominciava a piacermi quel ragazzo che parlava poco e mai a sproposito, ma sapeva ascoltare ci$ che gli raccontavo. ;ans si fermava a riflettere su ogni cosa, quasi su ogni frase che io gli dicevo, e il suo fermarsi talvolta avveniva anche fisicamente + capit$ qualche volta che io gli parlassi mentre camminavamo insieme, e improvvisamente mi accorgevo di essere sola , lui era rimasto fermo tre metri dietro me a pensava. % soltanto dopo aver riflettuto a lungo mi rispondeva. (on me, ;ans si comportava da gentiluomo di antico stampo, mi dava il braccio di cortesia mentre camminavamo vicini, e quando ci salutavamo mi sfiorava la guancia con un bacio. La domenica dopo era quella in cui ;ans non sarebbe tornato al suo paese, e a me nemmeno pass$ per la testa di andare da (aterina. *erci$ trascorremmo il pomeriggio insieme. Il clima era cambiato, le nevicate intense avevano lasciato il posto al cielo azzurro e a un introverso sole invernale che, anche se non scaldava, almeno ci permetteva di stare all'aperto. *assammo la giornata a camminare per quelle vie in cui gli splendidi palazzi d'epoca si susseguivano l'uno dopo l'altro, e ognuno diverso dall'altro. % di ciascuno ;ans mi spiegava la storia, l'epoca di costruzione, a cosa era servito, sapeva tutto come se fosse vissuto l per secoli. %ra tutto molto bello e vivo, mi sembrava di essere sulla scena di un film. 2uando ci sentivamo stanchi, ci sedevamo sulle panchine dei giardini, e dopo il tramonto sulle panche delle birrerie. La sera cenammo in un ristorantino che teneva le luci basse e aveva ad ogni tavolo grossi candelabri con quattro candele accese. (i sedemmo a un tavolino accanto alla finestra e, dopo aver fatto le ordinazioni, ;ans mi invit$ a guardare fuori e disse , " 'aria, vedi quella casa di fronte, quella con le finestre in pietra e i vetri a mosaico . " " (erto, la vedo. " dissi io. " &uarda l'ultimo piano della casa, vedi quelle finestre pi/ piccole . Io vivo l, quella : casa mia. " !erminata la cena, uscimmo sulla strada che cominciava a farsi deserta + ;ans mi prese sottobraccio e iniziammo a camminare, stavolta le parti si erano rovesciate, lui parlava e io ascoltavo, forse perch3 cenando si era fatta la terza caraffa di birra della giornata. La direzione verso cui il suo braccio mi spingeva con delicatezza era quella che portava fuori dal centro, verso la Balmerstrasse dove vivevo io. 9ui stupita di quella scelta, e sulle prime anche un po' delusa. (asa sua era proprio di fronte a noi e lui neppure aveva pensato di chiedermi se io volessi vedere dove viveva. La cosa peraltro non mi dispiaceva, anzi se me lo avesse chiesto mi sarei sentita imbarazzata, perch3 non ero ancora pronta ad entrare nella casa di un uomo, a baciarlo e fare l'amore con lui, nemmeno con ;ans, che pure mi piaceva. Il disgusto per l'unico rapporto sessuale che avevo avuto fino ad allora era pi/ che mai vivo dentro di me, ed ero terrorizzata alla sola idea di fare l'amore con un altro uomo , temevo che avrei rivissuto con lui le medesime sensazioni di ribrezzo, la stessa nausea che mi coglieva ogni volta che pensavo a quell'episodio. &iungemmo esausti sotto casa mia, avevamo camminato per tutto il giorno. ;ans mi 111

accarezz$ il viso e mi baci$ sulla guancia. *oi si volt$ e si incammin$ verso casa sua. &li fui grata di questo. -draiata sul mio letto, seminuda in quella casa riscaldata come una fornace, realizzai che ;ans mi piaceva molto. 'i faceva star bene, le ore che passavo con lui volavano, e soprattutto mi faceva sentire rispettata. -apevo di piacergli, tanto quanto lui piaceva a me, ma ;ans non mi imponeva le sue esigenze n3 i suoi tempi, aveva scelto di attendere pazientemente i miei di tempi, prima di chiedermi qualunque cosa. -arei stata io a fargli capire, quando sarebbe arrivato il momento, che desideravo fare l'amore con lui. La domenica successiva era quella in cui ;ans andava a trovare i genitori e la sorella, la quindicina come la chiamavo io per prenderlo in giro. )ecisi che quel giorno sarei andata anch'io da (aterina, e cos avremmo viaggiato insieme. Il treno non era molto affollato, cos riuscimmo a trovare posto uno accanto all'altra. Appena seduti, la mano di ;ans tocc$ casualmente la mia e subito si ritrasse. )'istinto la mia mano corse a rincorrere la sua, e quando la trov$ l'avvolse e la tenne stretta. 1iaggiammo cos, mano nella mano per tutto il tempo, fino alla fermata di )ubendorf, quando lui dovette scendere. Lo accompagnai fino alla porta automatica, e l ;ans mi baci$ per la prima volta sulle labbra. #n bacio casto, appena sfiorato, troppo tenue per le emozioni che in quel momento stavo provando per lui + lo afferrai per i capelli e lo tirai ancor pi/ verso di me, e tenni legata la sua bocca alla mia in un bacio da troppo tempo atteso e, proprio per questo, passionale e liberatorio. 'i staccai da lui soltanto quando le porte iniziarono a richiudersi, e con un balzo ;ans scese a terra. %ro felice quando arrivai a *faffi5on e mi incamminai, senza badare a dove mettevo i piedi, verso casa di (aterina, felice per quel lungo bacio che aveva finalmente rotto il ghiaccio. L'aveva rotto per ;ans, ma ancor pi/ per me + a lui aveva tolto l'imbarazzo di prendere l'iniziativa con me, a me aveva infranto di colpo quella barriera fitta di ansie che mi impediva anche il solo pensiero di essere baciata da un uomo. % felice entrai in casa di mia sorella. Appena mi vide, %lisabetta mi si precipit$ incontro, io la presi sotto le ascelle e la feci volare sopra la mia testa, lasciandola sospesa in aria per riprenderla durante la discesa, in un gioco che a lei piaceva tanto, e quando la riprendevo le dicevo , " %ccola qui la mia terroncella 0 " %l= gi parlava e si faceva capire perfettamente + batt3 una manina sul mio ginocchio e grid$ , " ginocchia, ginocchia 0 " Allora mi sedetti sul divano, la misi a cavalcioni sulle mie gambe e la feci saltellare come se fosse sulla groppa di un cavallo. ?gni volta che entravo in casa sua, quello era il primo gioco che voleva fare con me. Le dissi con dolcezza , " Adesso, zia ti canta la filastrocca del cavallino , !ro, tro, tro che belle cavall ca passa mo' e facitele passa' ca lu scappe 'r caca'..... 'i fermai di botto, non m'ero accorta della presenza silenziosa di -alvatore che, pur se pugliese, capiva bene il dialetto lucano, e io sapevo altrettanto bene che quando lui stava in casa dovevo misurare il linguaggio con sua figlia.

(hiesi a (aterina il permesso di portare %l= al giardino pubblico, appena fuori casa. Nel giardino c'era una gran quantit di giochi per i bimbi, scivoli, altalene e bilancieri, tutti 112 rigorosamente in legno, sui quali facevo salire la mia nipotina, e poi giocavamo insieme + ed era difficile stabilire chi delle due si divertisse di pi/ 0 9u proprio mentre spingevo %l= sull'altalena che sentii quelle grida , " )isgrazia 0 (he disgrazia 0 " urlava correndo una signora italiana. Le fece eco una donna svizzera, anch'essa in preda alla disperazione , " 'ein &ott 0 #ngluc5 0 )ie selige 9rau..... " La piccola %l= avvert tutta la tensione di quel trambusto concitato e scoppi$ a piangere + la riportai subito in casa e la lasciai con sua madre, poi corsi di nuovo fuori. -i era creato, nel frattempo, un piccolo capannello di gente attorno alle due donne, che stavano parlando con la voce continuamente interrotta dai singhiozzi, ma io sentii distintamente le parole , " Al lago 0 &i/, al lago 0 " ripeteva angosciata la donna svizzera. " (osa : successo al lago . " domandai. " #na donna, una signora di qui 0 -i : gettata nel lago ed : morta annegata 0 " fece quella italiana. " 'a quale signora . " ripresi io. " )i dov': . La si conosce . " " Io, io la conosco. " La signora svizzera diceva di conoscerla di vista, sosteneva che fosse un'italiana sui sessantanni che viveva a *faffi5on. " %' una donna alta e molto grossa, ma non ricordo come si chiami.... ricordo solo che tutti gli italiani la chiamavano con un soprannome..... ma non so ripeterlo adesso..... -o solo che era una parola italiana che mi sembra significhi -chmuggel.... " -chmuggel, contrabbando. Lasciai il gruppo di persone e mi precipitai al lago + quando vi andavamo a passeggio, da casa di (aterina ci impiegavamo tra i dieci e i quindici minuti, ma quella volta credo che non ce ne misi pi/ di due. 2uando vi giunsi, vidi un secondo assembramento di persone , stavano tutte in piedi attorno a un corpo adagiato a terra, quasi sul bagnasciuga, coperto da un lenzuolo bianco. 'isurai la lunghezza del corpo che stava sotto il lenzuolo, a occhio sembrava pi/ alto di me, doveva essere circa un metro e ottanta. % il terrore mi assal, il sospetto che ebbi quando udii la signora pronunciare la parola -chmuggel, stava diventando sempre pi/ certezza. Ancora, per$, non ero capace di accettare la realt , che sotto quel lenzuolo ci fosse proprio 'aria "a contra##andera, la mia 'aria. *ochi minuti dopo dovetti arrendermi all'evidenza. #n centinaio di metri pi/ in l , c'era un poliziotto che ispezionava la spiaggetta, e d'un tratto lo udimmo gridare qualcosa al collega che stava in mezzo a noi. (orremmo tutti a vedere che cosa avesse scoperto il poliziotto , a pochi metri dalla riva, c'erano dei vestiti perfettamente piegati, una gonna, una camicia e una maglia di lana. Non era roba di pregio, erano abiti da bancarella di mercato, ed anche piuttosto logori. 6estai immobile sulla spiaggia, in mezzo alla gente che andava aumentando di numero. -icuramente c'erano parecchi italiani tra loro, persone che conoscevo fin da bambina, ma non ero in grado di mettere a fuoco i loro volti, ero troppo scossa da ci$ che era successo a 'aria. *u$ darsi che molti di quegli italiani mi

salutarono, ma io non me ne resi conto e non ricambiai. )opo quasi un'ora, arriv$ fin sulla spiaggia un furgone nero, credo di un'impresa di pompe funebri + ne scesero due uomini che indossavano una divisa nera, avevano con s3 una barella sulla quale caricarono il corpo che stava per terra. Nell'alzare la barella con il suo carico pesante e tetro, il lenzuolo scivol$ e cadde sulla sabbia + vidi cos, per pochi istanti, il volto di 'aria, esangue e deformato dal gonfiore, con i capelli scomposti e intrisi d'acqua. L'orrore nel vederla in quello stato fu troppo grande e distolsi subito lo sguardo 113 dal suo viso. Lo spostai sul corpo e notai la sua biancheria , reggiseno, mutande e una sottoveste che si era arricciata su di lei e ora le arrivava a met pancia parevano di ottima qualit , nonostante grondassero di acqua del lago. -icuramente la mia 'aria si era messa addosso quella mattina un intimo nuovo, di seta e della migliore marca, forse comprato proprio per quella occasione. ''incamminai sconvolta verso casa di (aterina, in quel posto non riuscivo pi/ a rimanerci. *assai nuovamente davanti al giardino pubblico, vidi che il capannello si era sciolto e ora c'erano solo due donne. #na di loro era 6osaria, una signora calabrese che aveva lavorato nella fabbrica di #ster con 'aria e con me. Naturalmente stavano parlando del suicidio della contra##andera, e mi fermai ad ascoltare. 6osaria era rimasta buona amica di 'aria e ne conosceva le sofferenze degli ultimi anni, quando io l'avevo persa di vista. )ue anni prima, in un incidente stradale era morto il suo unico figlio, e ora il marito era ricoverato in ospedale, con una malattia terminale all'ultimo stadio. 'aria era distrutta dal dolore e non ce la faceva pi/ a vivere, diceva a tutti che non sarebbe mai riuscita a sopportare anche la morte del marito, dopo quella del figlio. Non sarebbe stata capace di sopravvivere ai soli due uomini che aveva amato per tutta la vita. " *overa donna " concluse 6osaria " quando me ne ha parlato, una settimana fa, io non ho capito che era cos disperata, pensavo che provasse tanto dolore, questo s, ma che poi si sarebbe rassegnata come fanno tutti <.. Invece aveva gi in mente di compiere questo gesto insano. ;a voluto raggiungere il figlio lass/ e preparare l'arrivo del marito, che la raggiunger tra qualche giorno. " Non era il tipo, 'aria, capace di accettare la rassegnazione, pensai io. Lei aveva dedicato la vita agli altri, e ora gli altri non c'erano, o non ci sarebbero stati pi/. *er chi e perch3 il suo grande cuore avrebbe dovuto continuare a battere .

9. -tavo ferma l, sotto il campanile dell'orologio di Berna, ormai da dieci minuti, in piedi e sotto il sole di mezzogiorno, mentre ;ans non si decideva a scattare quella maledetta foto.

" #n po' pi/ a destra, cos riesco a inquadrare te e anche le statue che battono le ore. " % dopo mezzo minuto , " No, sei andata troppo a destra, ritorna pi/ verso sinistra. - ecco, cos va bene, per$ vieni un passo avanti che ti inquadro pi/ da vicino. " % ancora , " No, no, sei andata troppo avanti, ho detto un solo un passo e tu ne hai fatti due. Adesso torna leggermente indietro..... " ;ans era veramente un caro ragazzo, gentile e premuroso con me in un modo difficile da descrivere. *eccato che fosse cos ossessivamente meticoloso in ogni cosa che faceva, e persino in ci$ che pensava. In ogni caso, io e lui ora stavamo insieme da un paio di mesi, e a me per il momento andava bene cos. Avevo un compagno, una persona che stendeva un tappetino rosso su ogni passo che muovevo, un ragazzo intelligente che sovente mi faceva divertire. (i mettemmo insieme dopo il nostro primo viaggio in treno, quando lui mi baci$ per la prima volta. Non immediatamente dopo, per$, perch3 io rimasi sconvolta dalla morte della mia 'aria, e per quindici giorni non volli vedere nessuno, e non uscii di casa se non 114 per andare al lavoro. Ad ;ans raccontai tutto durante il viaggio di ritorno + lui cap perfettamente il mio stato d'animo e mi lasci$ tranquilla a smaltire il mio dolore e la mia rabbia. Non mi cerc$ neppure una volta, fui io a cercarlo dopo un paio di settimane, e lo trovai che stava aspettando la mia chiamata. &li dissi che il periodo di solitudine che mi occorreva per elaborare la morte di 'aria stava per finire, e che ora avevo bisogno di stare in compagnia di qualcuno, qualche persona amica che mi aiutasse a riconciliarmi con il mondo. 9u felice della mia decisione e mi diede appuntamento per il giorno dopo. 6ipresi a vedermi con ;ans nei fine settimana, e poi per diverse sere dopo aver terminato il mio lavoro all'ospedale, che continuava ad essere la cosa pi/ importante per me. 'i buttai nella storia con lui senza riserve mentali, dando tutta me stessa con entusiasmo + ero convinta di ;ans e del suo affetto, che forse era amore o forse no, come del resto era per me, ma percepivo comunque che il suo era un sentimento profondo, qualcosa che, fino ad allora, non avevo mai ricevuto da un uomo. % sapevo anche che in quella fase della mia vita avevo bisogno di lui, dopo il distacco doloroso dalla mia famiglia, le decisioni difficili che avevo voluto prendere da sola, la mia vita che nell'ospedale di quella citt stava ripartendo quasi da zero e, da ultimo, la fine di una persona importante negli anni della mia adolescenza, come 'aria "a contra##andera. )opo una settimana che avevamo ripreso a frequentarci, una sera volli portare ;ans a casa mia. -ulle prime, lui parve titubante e indag$ per sapere se davvero mi sentivo pronta , " 'aria, sei sicura che : una cosa giusta andare a casa tua . " " (he ti prende ;ans . ;ai paura che al termine della cena io faccia di te dei cubi di sapone come quell'italiana di (orreggio <. . " " No, no, 'aria, non intendevo quello, certo che non ho paura di te. 1a bene,

saliamo a casa tua. " A quel tempo vivevo nell'appartamentino che avevo affittato sulla Balmerstrasse da pochi mesi, e nessuno era ancora venuto a trovarmi nella mia nuova casa + ;ans, quindi, sarebbe stato il primo e l'idea che fosse proprio lui la prima persona a mettere piede in casa mia mi piaceva molto, la trovavo un segno del destino. La serata a casa non inizi$ affatto bene. Avevo cucinato un arrosto che avevo poi lasciato nel frigo ed era solo da riscaldare + ma ci avevo messo troppo sale, prova evidente che come cuoca non ero all'altezza di mia madre, ma nemmeno di mia sorella. 'angiammo a piccoli bocconi l'arrosto salato e bevemmo molto, ma solamente acqua perch3 la bottiglia di vino comprata per l'occasione sapeva di tappo. Alla fine servii il dolce, una &ugelhopf, una specialit svizzera con mandorle e cioccolato. 'a sar stato che ci avevo messo poco lievito, fatto sta che la torta si era afflosciata e ora assomigliava a un panino al cioccolato. Il seguito della serata fu, per fortuna, decisamente migliore. (i sedemmo vicini sul divano, ;ans accese la televisione ed io immediatamente la spensi. Lui allora cap che facevo sul serio, capi che quella sera avremmo fatto l'amore. Nessuno dei due disse una sola parola mentre io mi spogliavo davanti a lui. !enni indosso soltanto l'intimo, nuovo e curato come mi aveva insegnato 'aria, perch3 volevo che fosse lui a togliermelo. Aiutai ;ans a spogliarsi, poi lo feci sdraiare sul divano e io mi misi sopra di lui. (i baciammo a lungo, baci di tenerezza e di passione, poi ancora di dolcezza e di volutt . Lui, per$, non si decideva, e allora fui io, che forse ero pi/ rilassata di quanto non fosse lui, a iniziare i preliminari. Il suo fallo turgido ora non mi metteva pi/ paura come tempo prima, quando inorridivo al solo pensiero del membro di un uomo. Lo guardai da vicino , dritto come un noce, solenne, trionfale, lo trovavo davvero bello, uno splendido 115 esempio della bellezza della natura. *oco dopo ;ans penetr$ dentro di me, e il mio piacere raggiunse vette mai conquistate prima, e da quelle sommit fu come rivivere, per la durata di in un lampo, tutti i momenti di gioia vissuti nella mia infanzia e nella mia adolescenza. 6estammo cos, abbracciati l'una sull'altro, per un lungo tempo. 'uti, stanchi e indolenti. 9ui io la prima a risvegliarsi da quel torpore, e gli chiesi , " ;ans, tu hai dei sogni . " Lui non rispose subito, doveva prima scuotersi e riprendere il pieno possesso della sua razionalit perduta facendo l'amore con me. " 2ualche volta..... s qualche volta faccio dei sogni, la notte. )opo per$ non me li ricordo. "

" 'a no ;ans, non dicevo sogni in quel senso 0 1olevo dire se hai sogni per il tuo futuro. " " Ah, scusa, non avevo capito. No, non ho quel tipo di sogni. " " *erch3 non ne hai . " " 'ah..... non saprei. Non ho mai avuto dei sogni e non mi sono mai chiesto perch3." " 'a come fai a vivere senza sogni . " " Beh, io vivo benissimo senza, voglio dire che non ne sento la mancanza. -cusa, ma uno non pu$ vivere anche senza sogni . " (i stetti un po' a pensare, non mi ero mai fatta una domanda simile, e non trovavo una risposta immediata. " No ;ans, credo che non si possa vivere senza sogni. " " 'aria, questo significa che tu hai dei sogni, vero . " " -, certo che ne ho, e parecchi anche. Io non potrei farne a meno. " " 2uali sono i tuoi sogni . " " !e li dir$ in seguito, poco per volta. Intanto comincia a pensare a qualche sogno che potresti avere tu, ti far bene. 9atti venire in mente qualcosa che desideri e che ancora non hai, ma deve essere una cosa che desideri tanto..... " " (i prover$. 'a non ti assicuro che ci riuscir$. Io vivo bene senza sognare + i sogni sono illusioni, ti fanno perdere di vista la realt . Io vivo nella realt e questo mi basta, l'unica cosa di cui ho bisogno : semmai un po' di fortuna. Non di sogni. "

10. #na domenica di fine ottobre, sotto un cielo nero che da giorni rovesciava torrenti d'acqua sulla citt , decisi di andare da sola a *faffi5on a trovare mia sorella. Ad ;ans l'avevo detto il sabato precedente, mentre stavamo cenando in una pizzeria napoletana nel centro di Berna. Lui smise per un attimo di masticare e mi guard$ stupito + era da quasi sei mesi che, una domenica s e una no in osservanza alle sue abitudini, andavamo insieme a far visita alle nostre famiglie, e insieme facevamo in treno i viaggi di andata e di ritorno, anche se il resto della giornata ciascuno lo passava per conto suo. 'a quella domenica in cui io avevo scelto di andare dalla mia famiglia era una domenica no, per questo lui si stup e me ne chiese la ragione. &li spiegai che io ci volevo andare lo stesso e da sola, tentai di fargli capire che se una ha improvvisamente voglia di vedere la 116 madre, la sorella e la nipotina, significa che vuole vederle subito, e che non pu$ rimandare voglia e visita di una settimana solo a causa di stupide regole

stabilite tempo addietro. " ;ans " gli dissi " sono le regole che devono adattarsi ai sentimenti, non viceversa. " In effetti, un gran desiderio di rivedere la famiglia non ce l'avevo, visto che ero stata da loro soltanto una settimana prima + la vera ragione era che volevo passare una domenica da sola, senza di lui. La mia storia con ;ans durava da quasi sei mesi, tutti scanditi dai ritmi e dai tempi dettati dal metronomo di una vita che aveva s una sua armonia, ma che era pianificata sin dal principio e per sempre + dal suo nascere fino alla morte, pensai con orrore. -empre pi/ frequentemente mi ricordava il lavoro alla catena di montaggio che facevo da ragazza nella fabbrica di #ster. !ra lui e me c'era una storia fatta di cenette serali, di sabati della spesa o delle passeggiate nel centro della citt , di domeniche alterne in viaggio verso le famiglie. % poi di cinema, di teatro, di scopate a casa mia o a casa sua, ma mancavano gli imprevisti, le sorprese, le pazzie, la fantasia. % i sogni. I primi tempi ero felice della mia storia con ;ans, avere un uomo al mio fianco, il primo della mia vita di cui dovevo occuparmi, mi dava una serenit fino ad allora sconosciuta. 'a presto mi accorsi che il motivo vero di quella pace era soltanto che mi trovavo finalmente lontana dalla solitudine. (he ;ans era davvero un caro ragazzo e un amico prezioso, ma io non lo amavo. Non era mai scattata in me nessuna scintilla per lui, e per come ero fatta io non sarebbe mai potuto succedere con ;ans. &li volevo molto bene, ma non ne ero innamorata. *er questo decisi di prendermi degli spazi miei in cui stare da sola a riflettere sulla situazione, e poi prendere una decisione. %ntrata in casa, fui accolta da una quiete insolita. 'ia sorella era intenta a leggere l'ultimo opuscolo informativo sulla cura dei bambini inviatole dal (omune di *faffi5on. L'#fficio svizzero per la prevenzione degli infortuni mandava periodicamente a casa di tutte le donne che avevano avuto un figlio degli opuscoli che informavano i genitori sui rischi di infortuni domestici che i bambini potevano correre, e di come fare per prevenirli + e per le donne italiane gli opuscoli erano in lingua italiana. " %lisabetta dov': . " le chiesi. " Ieri : stata tutto il giorno a casa dei nonni " mi disse (aterina " % ha voluto fermarsi anche la notte. Nel pomeriggio mamma la riporter qui. -cusa, ma io non ti aspettavo, sei venuta domenica scorsa e pensavo che saresti tornata la prossima domenica, non oggi. " 9ui costretta a spiegarle che avevo deciso di venire da sola. 'ia sorella non conosceva ancora ;ans, ma io le avevo parlato spesso di lui, le avevo raccontato praticamente tutto di noi due. (ompreso che una domenica s e una no facevamo insieme il viaggio in treno fino a )ubendorf. Non parve molto convinta. " %' successo qualcosa tra te e ;ans . " mi domand$. Io non avevo intenzione di darle nessuna spiegazione, non avevo ancora spiegazioni da dare a me stessa, figuriamoci agli altri. " No, : tutto come al solito, va tutto bene. " le risposi. -enza la mia nipotina, quella casa sembrava vuota, e io ero imbarazzata e senza sapere cosa fare. )ecisi di sfruttare l'occasione per parlare un po' con

mia sorella, cosa che non facevo pi/ da quando era nata sua figlia. " (aterina " le dissi " aiutami a recuperare un rapporto con nostro padre.... " 117 La mia richiesta non la trov$ impreparata, forse l'attendeva da molto tempo. " -ai, 'aria, pap si sente solo. %ra abituato ad una famiglia numerosa e chiassosa, e ora si ritrova la casa vuota, con la sola presenza della mamma. Io ho la mia famiglia, anche se viviamo vicini + lo invito spesso qui, ma lui ci viene di rado, solo quando vuole vedere %lisabetta, per$ sono pi/ frequenti le volte che non viene con la scusa di impegni con gli amici. 2uanto a Nicola, lui vive ancora con loro, per$ di giorno studia e lavora, e la sera a casa non c': mai. " La interruppi per dirle , " % poi ci sono io..... " " -, ci sei tu. 'a tu sei andata via di casa, anzi sei fuggita all'improvviso e senza dare spiegazioni, e questo pap ancora non riesce ad accettarlo. " " (aterina, quando vi vedete, lui chiede mai di me . " " I primi tempi no, e anche quando ero io a dirgli che tu eri passata a trovarmi, lui cambiava subito argomento..... nemmeno mi chiedeva come stavi. *er$ qualcosa sta cambiando in lui, perch3 da qualche tempo capita che sia lui stesso a domandarmi se ti ho vista e come ti ho trovata. " " 'i fa molto piacere. -e oggi andassi a casa sua a parlargli, come credi che mi accoglierebbe . " " 'mmm.... non credo che sia una buona idea. 'ari', se vuoi la mia opinione, io penso che sia ancora presto. Lascialo nel suo brodo a riflettere un altro po', prima o poi arriver il momento giusto, vedrai. -ai, pap : fatto a modo suo, tu conosci come la pensa, il suo : un vecchio modo di pensare tutto italiano. Anzi, diciamocelo pure , pap : un terrone 0 Le sue idee sull'obbedienza assoluta che i figli devono al padre mica sono uguali a quelle della gente di qui 0 " Io ero ammutolita e non le risposi, ero troppo scioccata dalle sue parole. 'a cosa stava dicendo mia sorella . Non l'avevo mai sentita parlare cos, cominciavo a rendermi conto che forse era davvero trascorso troppo tempo dall'ultima chiacchierata fatta con lei. (he diritto aveva di giudicare nostro padre in quel modo . % poi proprio lei, che fino al matrimonio aveva conservato dentro di se tutti i pi/ primitivi valori del pi/ profondo sud, lei che si era rivelata quasi pi/ BterronaC che nemmeno i nostri genitori . (aterina non colse neppure di sfuggita il mio sconcerto, e continu$ , " -ei fortunata tu ad avere un fidanzato svizzero 0 -ai che ti dico . !ientelo stretto il

tuo ;ans, non lasciartelo sfuggire. -posatelo e metti su famiglia con lui. (os almeno una di noi riesce a diventare come una di loro 0 -tavolta non riuscii a tacere , " (ateri', finiscila 0 'a che discorsi fai . !i sei scolata una bottiglia di grappa stamattina . 'a che vuol dire diventare una di loro . " " %' cos, 'ari', : cos 0 Loro sono migliori di noi, noi abbiamo solo da imparare dagli svizzeri. -ono meglio di noi in tutto, sono esseri superiori e noi dobbiamo imparare a vivere come loro 0 " " 'i sembri scema 0 In cosa sono superiori . Li vedi come degli dei . &uarda che non : come pensi tu, gli svizzeri sono solamente diversi da noi, ed : naturale che sia cos. 'a questo non significa che siano migliori o addirittura superiori, sono diversi e basta. " #scii di casa a prendere un po' d'aria, perch3 non la sopportavo pi/. )opo che mi fui calmata, provai pena per lei. *overa (aterina, incapace di trovare uno spazio che fosse soltanto suo, schiava da bambina dei tab/ e dei pregiudizi della nostra famiglia, e succube da adulta degli stranieri in mezzo ai quali viveva senza neppure conoscerli. 118 9u una pessima giornata quella che passai da mia sorella, e cos decisi di anticipare il mio rientro. All'uscita della stazione a Berna, la fila indiana di persone in attesa del mio stesso autobus superava i cinque metri, perci$ decisi di prendere un ta4i, e al diavolo l'avarizia 0 Avevo una gran voglia di essere a casa mia il pi/ rapidamente possibile. 1olevo rimanere sola, non mi andava di passare a casa di ;ans e neppure di sentirlo al telefono. Appena entrata nell'androne di casa, vidi che nella cassetta della posta c'era una busta bianca, che probabilmente stava l da tempo perch3 nella cassetta ci guardavo di rado. La lettera era affrancata con un francobollo italiano e la cosa mi incurios, per$ era priva di mittente. Lacerai la busta mentre salivo le scale e cominciai a leggere , $ia carissima $aria..... 'a chi poteva essere . (orsi subito alla fine della lettera, due pagine fitte, e lessi la firma , . tua cugina %lara. ?h, la cara cugina 0 La gioia di ricevere una lettera da lei mi fece superare l'amarezza che fino a quel momento mi portavo dentro. (lara mi parlava di cose della mia terra, raccontava che in famiglia stavano tutti bene e che si ricordavano di me, di (aterina e di Nicola + e di s3 scriveva che era sul punto di laurearsi.

)i gi . *ensai io. 'a quanti anni ha . )unque, vediamo, io ne ho ventitr3, lei ne ha uno pi/ di me, quindi ventiquattro. )io, ma quanto tempo : passato dalla mia ultima vacanza al paese, quella funestata dalla morte di nonno Angelo . (lara proseguiva dicendo che avrebbe voluto scrivermi molto tempo prima De di colpo mi sentii meschina per non aver neppure pensato a scriverle io stessa....E ma che non era mai riuscita ad avere il mio indirizzo + aveva telefonato una o due volte a casa dei miei, ma aveva trovato soltanto mio padre, il quale le disse in modo sbrigativo di non conoscere il mio indirizzo. Aveva poi cercato a lungo mia sorella e quando finalmente riusc a trovarla lei le diede l'indirizzo di un ospedale di Berna + aveva scritto presso l'ospedale, ma la lettera gli era tornata indietro con l'indicazione di destinatario sconosciuto. Alla fine riusc ad avere, sempre da (aterina, il mio nuovo indirizzo di casa. La lettera di (lara terminava con un post scriptum che diceva , &i ricordi di 'ino ( )uel mio amico che ti feci conoscere quell"anno che tu venisti in vacanza da noi ( 'on so se sai che da qualche tempo emigrato anche lui in Svizzera, anzi ho saputo da amici comuni che vive e lavora a Berna, proprio dove stai tu. 'on una curiosa coincidenza ( Nino era a Berna . % perch3 n3 lui n3 nessun altro me l'avevano detto prima . 'i sarebbe piaciuto rivederlo, conservavo uno splendido ricordo di lui e di quella mezza giornata trascorsa insieme cinque anni prima. ?ra lui stava a Berna, magari a poche centinaia di metri da me, ma io non sapevo dove. *resi carta e penna e mi misi subito a rispondere a (lara. Le chiesi scusa per non averle mai scritto per tutto quel tempo, ma che ora che lei si era fatta viva avevo il fermo proposito di mantenere i contatti con lei + poi le raccontai i miei ultimi e turbolenti anni di vita, facendo una splendida sintesi, degna di ?scar Filde 0 Aggiunsi un post scriptum che 119 interloquiva con il suo , Sai darmi l"indirizzo di 'ino a Berna ( % la prima cosa che feci la mattina dopo, fu di spedire la lettera.

Nei giorni che seguirono ;ans mi cerc$ pi/ volte. Io tirai per le lunghe, non mi andava di incontrarlo + gli dissi una prima volta che avevo una cena con i colleghi, una seconda che quel giorno era il mio turno settimanale per l'uso della lavatrice condominiale e dovevo fare il bucato, e poi semplicemente che mi sentivo stanca. Il che era anche vero, ma c'entrava poco con il mio desiderio di staccarmi da lui. *resto mi resi conto che dovevo smetterla di inventarmi scuse per non vederlo e che invece dovevo affrontare il problema in modo diretto. (os ero abituata a fare da quando ero maggiorenne, e cos avrei dovuto comportarmi con lui. Anche perch3 ;ans non si meritava proprio un mio atteggiamento ambiguo, lui che

con me era sempre stato sincero e mi aveva rispettata oltre ogni aspettativa. Il mio timore, per$, era che soffrisse per la fine della nostra storia, che dentro di me avevo gi deciso. Nella mia vita avevo causato sofferenza, fino a quel momento, soltanto ai miei genitori, soprattutto a mio padre, e ancora stavo vivendo con grande senso di colpa la conseguenza di una mia scelta + mai avrei voluto essere di nuovo la causa di un dolore. 'a d'altra parte io non amavo ;ans, e non sarebbe stato onesto nei suoi confronti fingere di proseguire una storia che per me non significava pi/ nulla. Non avevo dunque alternative, perci$ decisi che l'avrei incontrato e gli avrei spiegato tutto. Non fu semplice per me, e neppure facile. 1olevo incontrarlo in un luogo in cui insieme non eravamo mai stati, un posto che non potesse ricordarmi nulla della nostra storia, e quindi gli diedi appuntamento ai giardini di -teinholzli. All'inizio non sapevo quali parole usare per cercare di non umiliare i suoi sentimenti e di rendere le cose meno difficili + e allora feci com'ero abituata a fare in questi frangenti, lasciai che fosse il mio istinto ad esprimere ci$ che sentivo dentro di me e le parole vennero da sole, senza bisogno di cercarle. Lui cap + s, mi disse proprio che capiva. %ro io, invece, a non capire come mai ;ans prendesse con quella calma la mia decisione di rompere la nostra relazione. 9orse sar stato che, in fondo, anche lui non era mai stato innamorato di me, o forse fu semplicemente che, anche in quella circostanza, la sua parte istintiva e naturale non riusc ad avere il sopravvento sulla componente razionale. -ul finire, gli dissi che desideravo che noi restassimo amici. 'a non era una frase di circostanza, era la verit , ero sinceramente convinta che ;ans avrebbe potuto diventare il mio migliore amico.

La lettera di (lara mi giunse ancor prima che cominciassi a desiderarla + era trascorsa appena una settimana da quando le avevo spedito la mia, e gi avevo la sua risposta tra le mani. (lara scriveva che aveva appreso con gioia le notizie che le avevo dato sulla mia vita, ed era felice di sapere che me la cavavo bene. *Stai percorrendo, cara cugina, una strada in salita, e tutta da sola, ma da ci! che scrivi mi sem#ra che tu stia pedalando con grande 120 sicurezza....+ (os pensava di me, e le sue parole mi diedero molto coraggio. Non c'era un post scriptum, ma di Nino mi parlava a met lettera , ,urtroppo non conosco l"indirizzo di 'ino a Berna, ho anche cercato di saperne di pi- parlando con gli amici, ma pare che nessuno sappia dove viva n. dove lavori, si dice solo che fa l"operaio in un cantiere. %on i suoi genitori non sono riuscita a parlare, perch. si sono trasferiti da una sorella di 'ino che a#ita a $ilano. $i dispiace..... *azienza, dissi a me stessa. %' un vero peccato, perch3 mi sarebbe davvero piaciuto incontrarlo di nuovo, visto che vive nella mia stessa citt 0 % poi lui : qui da poco, e magari potrebbe essergli d'aiuto frequentare una persona amica, un'italiana che vive in -vizzera da molto pi/ tempo di lui.

Lasciai perdere la lettera, (lara e Nino e mi misi a preparare la cena, visto che si era fatto tardi e avevo la fame di un branco di lupi. Lavorai sodo per cucinare la carne, preparare un'insalatona con almeno dieci verdure, e mangiare tutto con volutt . 'a durante quel gran daffare, il mio cervello non aveva mai smesso di elaborare. -tavo per finire la cena, quando il mio orgoglio si fece vivo. 'a quale pazienza . Io sono forse il tipo che di fronte a queste piccole avversit reagisce dicendo BpazienzaC . 'aria Nardella : una persona che si arrende . 'a nemmeno per sogno 0 Io non ho mai abbassato le armi neppure di fronte a difficolt ben maggiori di questa, e non comincer$ a farlo ora. ;o deciso che ti trover$ Nino, scoprir$ dove ti nascondi, dovessi rovesciare Berna come un calzino 0 'i misi a riflettere su dove orientare la mia ricerca. %sclusi la possibilit di un incontro casuale + io ho sempre creduto al caso come creatore dei nostri destini, ma Berna contava oltre centocinquantamila abitanti ed era molto estesa, e le probabilit che, passeggiando per il centro della citt , alla stessa ora e nello stesso punto, io potessi incontrarlo erano davvero scarse. No, dovevo essere io ad andare incontro al caso, dovevo provocarlo il caso. )unque, io sapevo che Nino era appassionato di architettura moderna e quindi, trovandosi a Berna, avrebbe sicuramente desiderato conoscere qualche esempio di architettura moderna. Bene, anzi male, perch3 Berna abbondava s di esempi splendidi di architettura medievale e rinascimentale, ma non certo di capolavori di epoca contemporanea. *er$, mi dissi, Nino era anche appassionato d'arte, per cui nel suo tempo libero vorr visitare qualche museo, o qualche galleria ricca di opere artistiche. 9eci mentalmente un rapido elenco dei musei della citt , e la mia attenzione si ferm$ subito su uno di questi , la >unsthalle. La >unsthalle : un museo d'arte che possiede una quantit enorme di dipinti che vanno dal !recento italiano all'arte contemporanea + vi sono esposte numerose opere di *icasso, (ezanne, >lee, 'atisse, 'odigliani, *olloc5 e >andins5=. #na persona che ami l'arte e che si trovi anche di passaggio a Berna non pu$ non visitare il >unst 'useum. -icuramente Nino sar andato, o ci andr , o vorr tornare a vedere la >unsthalle. (os decisi che anch'io sarei andata a visitare il 'useo. Il problema era, ovviamente, capitare l nello stesso giorno e nelle stesse ore in cui c'era pure lui, il che era tutt'altro che probabile. 'a avevo alternative . No, mica potevo bivaccare giorno e notte davanti all'ingresso della >unsthalle 0 Avevo raggiunto, per$, una prima certezza , Nino in quel museo ci va, e probabilmente pi/ di una volta, vista la quantit e la bellezza delle sue 121 opere. -ar stato poco, ma, senza sapere nient'altro della sua vita quello era l'unico appiglio che avevo, e questa constatazione era un primo traguardo che mi dava fiducia e mi incitava a portare avanti la mia ricerca. )ue giorni dopo, il sabato mattino, mi recai sulla ;odlerstrasse ed entrai nel >unst 'useum. -eguii il percorso ordinato per cronologia, partendo dal !recento, dapprima con uno scarso interesse , anche se i dipinti erano dei capolavori, io non ero l per loro. &uardavo i quadri, ma guardavo pi/ spesso il pubblico che osservava i dipinti, nella speranza di notare il viso che stavo cercando e che ricordavo molto bene. *oi arrivai alle sale dov'era esposta la ricca collezione dell'?ttocento e del Novecento, ma anche a quel punto della

visita ero ancora parecchio distratta, non riuscivo ad emozionarmi di fronte a quelle meraviglie, cosa che invece mi sarebbe successa se ci fossi andata con il solo scopo di ammirare l'arte. *er$ con il passare del tempo la bellezza di quelle opere, alcune delle quali le avevo gi viste sui libri d'arte, cominci$ a coinvolgermi sempre di pi/. 'a ero ancora troppo concentrata ad osservare la gente che mi girava intorno. Il capovolgimento di attenzioni si verific$ dentro di me non appena arrivai alle sale dedicate alle opere di Adolf Folfli. Non conoscevo quell'autore e non sapevo niente di lui, ma fui istintivamente colpita dalla raffinata sensibilit che quei dipinti, con la loro insistenza ossessiva dell'ornamento, esprimevano. Lessi una scheda che raccontava la vita di quel pittore bernese , ricoverato, dopo la prigione, in un manicomio nel quale trascorre pi/ della met della propria vita, fino alla morte, : autore di una produzione torrentizia di quadri e di scritti, in parte distrutti dai malati di mente ricoverati nella sua stessa clinica psichiatrica, e che fanno dell'artista uno dei rappresentanti pi/ efficaci dell'Art Brut. Li guardai tutti, raffiguravano con gusto sublime e insieme sconcertante il mondo osservato da dietro le sbarre, il mondo della realt da cui fuggire e da ricostruire secondo l'ordine psichedelico, forse frutto della sua candida follia, del suo creatore + il risultato : un universo straripante nel quale, per$, ogni cosa ritrova la piena armonia con tutte le altre. %bbi la sensazione, guardando quei quadri, che ci fosse qualcosa che appartenesse anche al mio di mondo, come se qualche scheggia della sua ricerca sull'esistenza coincidesse con la mia. 'i accorsi che per diverso tempo mi ero distratta dal mio compito principale e rimproverai me stessa per quelle divagazioni, anche se ero felice di aver avuto l'occasione di scoprire Folfli. 'i volsi intorno e continuai a guardare le persone fino a raggiungere l'uscita. )i Nino, nemmeno l'ombra.

!ornai alla >unsthalle il sabato successivo, convinta che il giorno di sabato fosse quello pi/ congeniale a Nino per una visita al museo. ('erano meno visitatori del sabato precedente e questo mi permetteva di dedicare un po' di tempo in pi/ al mio scopo secondario, osservare le tele. Non era semplice, i quadri sono quasi tremila, anche se ordinati bene. )ovevo fare una scelta, e scelsi di dedicarmi agli impressionisti, le opere che mi trasmettono le emozioni pi/ profonde. Ammirai 6enoir, 'onet, !ulouse Lautrec e (ezanne, il mio preferito. 'i distrassi solamente per loro, poi tornai a concentrami sui volti dei visitatori. (ominciavo ad essere certa che anche stavolta non avrei incontrato Nino, per cui sarei dovuta ritornare al museo, e forse anche pi/ volte. Infatti, dopo aver ispezionato tutti gli angoli della >unsthalle, mi arresi all'evidenza che 122 neppure quel sabato lui era l. 6imasi delusa e anche scoraggiata + forse il mio piano era sbagliato, forse Nino c'era gi stato al museo e non aveva intenzione di ritornarci, oppure non lo interessava per niente, o non ne conosceva l'esistenza..... !roppi forse e troppi chiss . Non avevo un piano B, e di sicuro

non avrei potuto scorrazzare per tutti i cantieri edili del (anton Berna chiedendo di un operaio italiano 0 Ne avrei trovati mille, visto che da quelle parti tutti i muratori erano italiani, ma non sarei riuscita a trovare l'unico che cercavo io. #scii dal museo sconsolata e con le speranze abbandonate l dentro, tra gli impressionisti e i cubisti. &iunta sulla strada successe che, per caso, voltai a sinistra invece che a destra, come avevo fatto la volta prima. #n centinaio di metri pi/ avanti c'era un (af: con ampie vetrate e, per caso, anzich3 tirare diritto mi fermai a guardare attraverso i vetri. ('erano soltanto tre tavolini occupati, ad uno era seduto un vecchio che aveva la testa reclinata sul petto e pareva dormire, forse per smaltire la sbornia + ad un altro tavolo c'era un signore di mezza et con i capelli bianchi e un grosso sigaro in bocca, seduto a fianco di una signora pure lei bianca di capelli. Al terzo tavolino c'era un giovane con i capelli neri, piuttosto lunghi. *ortava una camicia scozzese sotto quella che sembrava la giacchetta logora di una tuta da ginnastica. Non riuscii a vedere il suo volto, perch3 era chinato, intento a leggere un giornale + vidi solo che aveva una barba nera molto folta. 6imasi ferma ad osservarlo, alzer la testa prima o poi, mi dissi. 9u questione di qualche minuto, poi il giovane pieg$ il giornale e sollev$ il viso , la barba fitta e lunga gli copriva il mento, quindi non riuscii a vedere se aveva o no una fossetta, e per di pi/ gli allargava i lineamenti del viso. -embrava molto diverso dal ragazzo che avevo conosciuto, perfettamente rasato, cinque anni prima. )'improvviso il giovane alz$ lo sguardo e guard$ fuori, non nella mia direzione ma verso una vetrata vicino a quella dove stavo ferma io. % allora lo vidi, vidi quello sguardo profondo, velato di tristezza, quegli occhi neri con riflessi blu, grandi e luminosi, capaci di vedere oltre le apparenze. %ntrai nel locale e mi diressi verso di lui. 2uando mi vide, Nino allarg$ la bocca, corrug$ la fronte e i suoi occhi si strizzarono nel tentativo di mettere meglio a fuoco la mia immagine. -ul suo viso era disegnata un'espressione di inquieta incertezza degna, per me che ero fresca di museo, del miglior (aravaggio. %ra evidente che la sua memoria stava passando affannosamente in rassegna i volti di tutte le persone conosciute nella sua vita, per riuscire a ricordare dove aveva gi visto quella donna che si stava avvicinando. 'i fermai davanti a lui e gli dissi , " )ovresti tagliarla quella barba, la fossetta sul mento : una delle cose pi/ belle che hai, : un peccato non lasciarla vedere. " La sua espressione mut$ da incertezza in stupore, forse la mia voce l'aveva aiutato a riconoscermi. % poi balbett$ , " 'a.... 'aria 0 'a sei proprio tu . -ei davvero tu . (he ci fai qui . Non vivevi a 7urigo . " " 'i fai sedere oppure rimango in piedi . " " ?h, scusami. 'a certo, siediti. -cusa, ma sono sorpreso. %' che non mi aspettavo di incontrarti.... sono un po' confuso, ma ora mi riprendo subito 0 " " Io sono molto contenta di rivederti.... " " ?h, ma anch'io lo sono, eccome se lo sono. 'i fa un piacere immenso. La mia barba dicevi . -, hai ragione dovrei tagliarla, lo so. 'a vedi, col lavoro che faccio non mi

serve una faccia sbarbata a dovere, e poi non dovermi rasare ogni giorno mi permette di risparmiare tempo.... " 6estammo seduti in quel (af: per ore parlando di noi. *ass$ l'una di pomeriggio, poi le 123 due, e a nessuno di noi venne in mente che avremmo potuto mangiare qualcosa, nessuno avvert gli stimoli della fame. Io gli raccontai i miei ultimi tre anni di vita, la fuga dalla mia famiglia, la mia vita da single a Berna, il diploma di infermiera, il lavoro in *ediatria. Lui mi parl$ di s3, mi raccont$ del lavoro che non riusciva a trovare in Basilicata, della decisione di immigrare in -vizzera, per trovare finalmente un impiego, ma non soltanto per quello. -tava a Berna da sei mesi e lavorava come muratore esperto presso un'impresa di costruzioni + si trovava bene, anche se come geometra lui aspirava a qualcosa di pi/ che fare il muratore. L'hai trovato il centro del mondo . " gli chiesi. -coppi$ in una sonora risata, aveva un modo divertente di ridere sollevando indietro la testa e socchiudendo gli occhi. No che non l'ho trovato. !i dir$, anzi, che su questa cosa ho le idee pi/ confuse di quando vivevo al paese. ;o l'impressione che pi/ giro il mondo e pi/ il suo centro si allontani.... (hiss , forse non esiste nemmeno 0 " %siste invece, Nino, solo che non : un luogo fisico. %' un posto fatto di persone, sono le persone il centro del mondo. Io sono riuscita a capirlo, ancora non l'ho trovato, ma so almeno dove cercarlo. " *oi gli chiesi dove vivesse a Berna. Beh..... sai com':, ho dovuto arrangiarmi. 1ivo insieme ad altri due colleghi, un turco e un italiano, che poi sarebbe quello che mi ha trovato il lavoro qui. -iamo sistemati in un appartamentino nell'estrema periferia della citt , non : un gran che, ma : solo provvisorio. % tu . " &li raccontai della mia casetta appena fuori dal centro, e lui esclam$ sorpreso , " Accidenti 0 " 2uando uscimmo da quel locale semideserto, gi cominciava ad imbrunire.

11. Nei giorni e nelle settimane che seguirono io e Nino ci vedemmo quasi ogni giorno. Non fu facile, perch3 io facevo i turni all'ospedale e lui lavorava sui cantieri dalle sette e mezzo del mattino fino alle cinque del pomeriggio, per$ cercavamo di sfruttare tutti i momenti della giornata o della sera in cui eravamo entrambi liberi dal lavoro. (os, quando io facevo il turno di notte ci incontravamo in qualche piazza vicino al centro tra le sei e le otto di sera a mangiare un boccone, e quando ero di turno di pomeriggio si stava insieme la sera tardi fino a mezzanotte. L'ideale era quando mi capitava il turno di

mattino, allora avevo il pomeriggio e la sera liberi e spesso lo raggiungevo in autobus sul cantiere all'ora in cui lui terminava il lavoro e stavamo insieme fino a tardi. 'i accorsi subito che Nino era spaesato , viveva l da sei mesi, conosceva poco il tedesco, non si muoveva con autonomia in citt e non riusciva n3 a capire n3 tanto meno ad adattarsi alla vita e al modo di pensare degli svizzeri. Io gli feci da guida, lo portai a vedere le cose belle di Berna che io avevo gi visto da sola o con ;ans, ma soprattutto cercai di istruirlo sulla lingua e sulla cultura del luogo in cui anche lui aveva scelto di vivere. )opo aver visitato con lui la (attedrale gotica, il palazzo del *arlamento, lo 7=tlogge, gli 124 interminabili porticati e la !heaterplatz, gli chiesi , -ei mai stato alla >unsthalle . " No, mai sentita. (he roba : . " -coppiai in una delle mie rimbombanti risate, e poich3 non riuscivo a smettere di ridere, lui mi chiese stupito , " %' un luogo cos divertente . " " No.... " gli risposi non appena riuscii a riprendermi. " -cusami, la >unsthalle : il museo d'arte di Berna. (': una stupenda collezione di capolavori che devi vedere senz'altro. 'a io non ridevo per questo, l'arte non mi fa ridere, mi fa semmai pensare. 6idevo perch3 io mi ero convinta che ti avrei incontrato l..... e invece tu nemmeno ne conoscevi l'esistenza 0 " Lui mi sorrise e quando sorrideva, ora che si era tagliato la barba, la sua fossetta sul mento tendeva a dilatarsi. 'i disse , " (he bello averti incontrata qui, 'aria 0 -ono davvero felice. Io non ti ho mai cercata perch3 pensavo che tu vivessi a 7urigo o in quei paraggi + prima di partire avevo chiesto alle tue cugine il tuo indirizzo, ma loro sapevano solo che tu te n'eri andata di casa e non sapevano dove vivevi. " !ra i momenti passati con Nino e il mio lavoro in pediatria di cui ero sempre entusiasta, ma che mi impegnava tanto, il tempo che trascorrevo sola con me stessa era davvero poco. -tavo sola la notte, che per$ passavo dormendo come un ghiro, e poi durante gli spostamenti casa"lavoro in autobus. !roppo poco, mi dissi, io sento il bisogno di stare di frequente da sola per riflettere su ci$ che accade nella mia vita, sui miei sentimenti e su ci$ che desidero, per riuscire a capire se ci$ che ho fatto o che sto per fare : giusto oppure no. %ra la stessa presenza di Nino, che a quel punto della mia vita cominciava a diventare totalizzante, a stimolarmi la necessit di rimanere un po' sola a riflettere. (osa stavo provando per Nino . % lui per me . ('era tra noi una bella amicizia, : vero, ma era anche qualcosa di pi/ . Io ho voluto cercarlo con insistenza, e perch3 l'ho fatto . Non riuscivo ancora a vedere chiaro dentro di me e non sapevo dare risposte a quelle domande. )ecisi, cos, di tornare a *faffi5on a trovare mia sorella e la bambina, era ormai un mese che non le vedevo e mi mancavano molto + e intanto avrei

approfittato delle tre ore di treno, tra andata e ritorno, in cui sarei rimasta sola a pensare ai miei problemi. !rascorsi una bellissima giornata a casa di (aterina, con mia madre che ci raggiunse portando una delle sue eccezionali torte e fermandosi a pranzo con noi. L'allegria gioiosa che zampillava da tutti i pori della piccola %l= contagi$ tutti fino a sera + la bambina aveva da poco compiuto i tre anni e ora parlava davvero bene, diceva frasi complete e logiche scandendo le parole con una velocit sorprendente. (onosceva bene l'italiano ma capiva anche il tedesco e pure il dialetto lucano in cui la nonna le parlava. Aveva, per$, una peculiarit che per la madre e il padre erano un difetto da correggere, mentre per me era solo una piccola e simpatica anomalia a cui non dar peso , nel suo linguaggio c'erano alcuni termini completamente inventati, che non avevano significato n3 in italiano, n3 in tedesco e neppure in dialetto. Al posto di dire cetriolo, ad esempio, lei diceva buscaione, la galleria la chiamava patta=a, l'ombrello era bula8aio e il cappello era thalassa. Non sapemmo mai da chi o da dove avesse appreso quei termini che crescendo elimin$ da sola, ma quando li nominava io mi divertivo molto, anzi spesso facevo allusioni a quegli oggetti al solo scopo di ascoltare lei che li pronunciava nel suo misterioso linguaggio + e quando lo faceva, io ridevo e lei, contagiata, rideva pi/ di me. 9eci il viaggio di ritorno senza mai smettere di guardare dal finestrino dal treno le dolci colline dell'?berland interamente coperte di neve, con le loro casette dai tetti rossi e le 125 luci interne accese che, sotto il colore livido del tramonto, ricordavano il presepe illuminato. 2uando scesi alla stazione di Berna, avevo tutto chiaro dentro di me.

Il sabato successivo io e Nino ci demmo appuntamento di primo mattino, avevamo deciso di passare tutto il giorno insieme. (i trovammo alle nove alla Ausserholligen Bahnhof, la stazione ferroviaria pi/ vicina a casa mia, non perch3 dovessimo prendere un treno, ma solo perch3 in quella stazione noleggiavano le biciclette. Avevamo in programma, infatti, di girare in bicicletta tutto il centro della citt . Appena salita sulla mia bici, intanto che Nino era intento a regolare il sellino della sua, fui presa dai dubbi. %ravamo ai primi di dicembre e il freddo mattutino picchiava come un maglio, suggerendo prudenza perfino agli orsi + era proprio una buona idea quella di pedalare all'aperto con un clima simile . 'a poi osservai Nino e lo vidi felice mentre sistemava in fretta la sua bici, e allora non dissi niente, mi strinsi la sciarpa al collo e partii. Lo lasciai l, ancora intento a trafficare sulla bicicletta e pedalai con forza lungo la 9reibourgstrasse, una strada lunga e diritta per cui Nino avrebbe potuto vedermi anche a distanza. Lo sentii brontolare, " aspettami, dove vai .... " gridava verso di me, ma io non mi voltai e continuai a pedalare. 'i raggiunse qualche metro prima che io girassi a destra per andare verso il centro. Lo guardai , era bellissimo, nella foga di raggiungermi era gi sudato nonostante il freddo, i capelli neri volavano ovunque, spinti dall'aria, e mi stava sorridendo. *edalammo di gran lena per poterci riscaldare, superandoci a vicenda. Non appena lui accennava a rallentare, io spingevo sui pedali e lo superavo, allora lui spingeva

con tutta la sua forza e tornava davanti a me. I campanelli delle nostre biciclette non smisero mai di trillare, soprattutto mentre filavamo come il vento nella zona pedonale, facendo lo slalom tra i passanti inorriditi che imprecavano contro di noi. (hiss cosa avr pensato quella gente vedendosi la strada tagliata da due ciclisti che sfrecciavano sui loro piedi, in sella ad una bici una ragazza mora che rideva fin quasi a spezzarsi, e sull'altra un ragazzo del sud che lanciava grida incomprensibili..... &iungemmo alla Bundesplatz dove c'era il mercatino dei fiori, e facemmo una sosta per bere un caff: caldo e girare tra le bancarelle zeppe di fiori invernali. Nino compr$ per mezzo franco un m=osotis di un azzurro tenue, probabilmente di serra, e me lo infil$ tra i capelli. 9ui felicissima di quell'umile regalo, non so se la sua scelta fu casuale oppure se lui sapeva che quel fiore deve il suo nome comune, nontiscordardime, ad un'antica credenza frequente tra i popoli del nord, secondo cui la donna che portava il m=osotis non si sarebbe mai scordata del proprio amato. 6iprendemmo a pedalare come pazzi slegati, fino a quando sentimmo addosso la stanchezza e decidemmo di riposare un poco. %ntrammo in una /astatte, un'osteria che aveva l'aria di essere un locale alternativo, pieno di giovani con orecchini, barbe e capelli lunghi. 'angiammo avidamente, cervelat e insalate ricchissime, e restammo l quasi tre ore. *arlammo senza interruzione di tutto, lui volle anche che io gli raccontassi tanti episodi successi nel mio lavoro all'ospedale. )opo un paio d'ore che eravamo seduti su rozze panche di legno senza avvertirne la scomodit , Nino inizi$ a parlarmi dei suoi progetti per il futuro + disse che il lavoro di muratore era solo un mezzo per entrare nel mondo dell'edilizia svizzera, ma che gi stava cominciando a scorrere gli annunci economici per cercare qualcosa di pi/ adatto ai suoi studi di geometra. Lui parlava mentre io mi limitavo ad ascoltarlo e a osservarlo , la tristezza era scomparsa dai suoi occhi che 126 ora avevano cessato di scrutarti l'anima, adesso il suo era lo sguardo di un uomo felice. ?gni tanto mi voltavo a guardare verso gli altri tavoli dell'osteria, vidi ragazze con le braccia nude piene di tatuaggi stringersi ai ragazzi e alle loro pantagrueliche barbe e baciarli. 'isi un dito sulla bocca di Nino che fu costretto a tacere, mi alzai in piedi e mi sporsi verso di lui che rest$ seduto di fronte a me, immobile, poi levai il dito dalla sua bocca e vi appoggiai le mie labbra. Lui rimase impietrito, senza aprire la sua bocca, forse non si aspettava quell'approccio improvviso + io spinsi la lingua oltre le sue labbra fino ad incontrare la sua e allora lui allarg$ la bocca, e il nostro primo bacio d'amore, in quella bettola fatiscente, fu dolce, ma anche profondo, sensuale, universale. *assammo quel che restava del pomeriggio a girovagare pigramente per le vie del centro, per lo pi/ spingendo le biciclette a mano, senza pi/ pedalare. Il clima spensierato e garrulo che c'era tra noi in mattinata aveva lasciato il posto a un'atmosfera quieta di estasi l'uno per l'altro. % soprattutto di attesa smaniosa di ci$ che con certezza sarebbe accaduto quella sera stessa tra noi. %ntrambi avremmo voluto che le ore mettessero le ali e che scendesse al pi/ presto il buio, cos da avere un pretesto per attuare il comune desiderio che il pudore ci impediva di esplicitare , correre il pi/ rapidamente possibile a casa mia. 1enne finalmente il crepuscolo, e appena me ne accorsi dissi a Nino ,

-i sta facendo buio e fa molto freddo, ti volevo proporre una cosa.... " Anch'io. " rispose lui. *ensavamo la stessa cosa. 6iconsegnammo le biciclette e ci avviammo, mano nella mano, verso casa mia. Appena entrati, non gli feci neppure vedere l'appartamento in cui vivevo, non c'era tempo, chiusi la porta dietro di noi e rimanemmo fermi nell'ingresso, abbracciati stretti senza smettere un attimo di guardarci negli occhi. I suoi avevano il colore del cielo in una notte estiva sotto il vento di maestrale e mi stavano parlando, raccontavano di attese e speranze, di passioni e promesse. 6estammo in piedi l, sull'ingresso, mentre io gli toglievo di dosso i vestiti e lui faceva lo stesso su di me. *oi, nudi, lo presi per mano e lo trascinai sul divano, il posto pi/ a portata di mano dove poterci sdraiare. L'eccitazione che provavamo in quel momento l'uno per l'altra era una sensazione nuova e antica allo stesso tempo, e come una cortina di nebbia calda isolava i nostri corpi dal resto del creato. -entivo il suo corpo strisciare sopra il mio e il suo odore maschio inondarmi le narici, mentre vampe di calore mi avvolgevano dalla testa ai piedi e, bagnata come una fontana, gridai, gridai forte il suo nome e lo urlai pi/ volte. &iungemmo insieme all'ultimo orgasmo e non poteva che avvenire cos. #n secondo dopo, i nostri corpi si afflosciarono l'uno sopra l'altro, e a me successe un fatto che non avrei mai potuto prevedere e neppure immaginare , scoppiai a ridere, risi forte e sonoramente, un riso incontenibile che dur$ parecchi minuti, come un temporale estivo che si porta via l'afa. Nino sollev$ la testa e mi guard$ stupito di quel ridere cos impetuoso. Non so il perch3 di quell'esplosione di riso che non mi era mai capitata dopo aver fatto l'amore, e nemmeno perch3 non riuscii a fermarmi se non dopo tanto. -o che non fu una risata liberatoria, perch3 non avevo ansie da cui liberarmi. 'i piace pensare che fu un ridere di felicit , una spontanea risata d'amore. 127

12. 2uello che giunse, tre settimane dopo che Nino venne per la prima volta a casa mia, fu il primo Natale che trascorsi insieme a lui. A passare il giorno di Natale sola, ci avevo quasi fatta l'abitudine, visto che i due precedenti li avevo trascorsi a casa mia, per l'appunto, da sola. % ad essere sincera non avevo neppure sofferto la solitudine pi/ di tanto, perch3 alla festivit del natale non ci credevo pi/ da parecchio tempo, anche se i ricordi dei Natali passati con la mia famiglia, prima in Basilicata e poi in -vizzera, mi mettevano un po' di tristezza. 'a sapevo bene che la solitudine di quel giorno era una delle poche conseguenze negative della mia scelta di andarmene via di casa, a fianco delle quali vi erano, per$, conseguenze positive ben pi/ numerose. *er cui quel poco di tristezza che provavo ogni GH dicembre andava messo nel conto e accettato. % cos, per due ricorrenze natalizie consecutive mi ero fatta coraggio per superare lo sconforto che mi aveva colto la mattina appena alzata, e mi ero

data da fare per festeggiare nel migliore dei modi il giorno di Natale in compagnia di me stessa + ne avevo il pieno diritto ed era un riconoscimento ai miei meriti. A met mattina, avevo preso a cucinare seguendo qualche ricetta che non ero solita preparare, per esempio il pollo farcito con le mele, e avevo apparecchiato la tavola come si usa in occasione delle grandi feste, con una tovaglia rossa con tanto di candele accese, proprio come se aspettassi degli ospiti. *oi avevo aperto il regalo comprato per me stessa, confezionato nella carta natalizia con tanto di fiocco e sistemato sotto l'alberello che avevo allestito nei giorni precedenti. Alle dodici e trenta, com': d'uso in -vizzera nei giorni di festa, mi ero seduta a consumare il pranzo di Natale, accompagnato da una bottiglia di vino bianco italiano. Il pomeriggio di Natale l'avevo passato, entrambe le volte, a letto a dormire, perch3 io non sono in grado di reggere neppure un cucchiaio di vino, e avendone bevuto mezza bottiglia durante il pranzo, il pomeriggio non riuscivo a rimanere dritta in piedi. 2uel Natale, invece, non ero sola. ('era qualcuno con me, e per giunta una persona speciale, un uomo di cui da qualche giorno ero innamorata. Nino non venne da me soltanto per il pranzo di Natale, arriv$ portandosi dietro un piccolo pacchetto che conteneva un regalo per me, e una enorme valigia con dentro tutta la roba che possedeva. 1eniva da me per starci per sempre, glielo avevo chiesto io, pochi giorni prima, di mollare la squallida cameretta in cui viveva con due colleghi per venire a convivere con me. Lui aveva accettato, ringraziato e aggiunto , Beh, visto che sar$ da te per il pranzo di natale, vorr dire che quel giorno far$ anche il trasloco. " % fu cos che quel GH dicembre insieme ai regali arriv$ anche il mio &es/ Bambino, in carne ed ossa, non biondo ma nero come i pastori del presepe, e destinato a restare per sempre 0 )iedi il massimo di me stessa, delle mie energie e delle mie risorse, per preparare il pranzo per noi due. (ome primo piatto, cucinai i cauzunciedd, ravioli ripieni di ricotta, uova, mentuccia e due cucchiai di zucchero, che preparai da sola, dalla pasta al ripieno, come pure l'agnello al forno, comperato da un contadino appena fuori citt + e per dessert le pettole, frittelle tipiche della nostra terra, ripiene di miele e bagnate col vino, 128 Il pranzo fu, stavolta, un successo trionfale, tutto riusc perfettamente e Nino mi fece un complimento che non scorder$ mai. -ai 'aria, nemmeno mia nonna cucina cos bene 0 "

9u Nino ad aiutarmi quando successe il fatto di mio fratello. La sera in cui Nicola mi telefon$ dal carcere di Baden, noi due vivevamo insieme da un paio di mesi + quella sera io stavo preparando la cena, in attesa che lui arrivasse di l a poco, quando squill$ il telefono. 2uando, poco pi/ tardi, Nino entr$ in casa, io stavo sdraiata sul letto e piangevo. Lui si preoccup$ e volle sapere tutto. 'i disse che mi avrebbe accompagnata al carcere, due giorni dopo, ma io ci volli andare sola. Lui, per$, non si diede per vinto, e senza dirmi nulla prese il treno per Baden un paio

d'ore dopo di me, e cos quando uscii dopo il colloquio con Nicola lo trovai al cancello che mi aspettava. In tasca avevo il nome e l'indirizzo dell'avvocato, e ci andammo insieme quello stesso pomeriggio. Nino sapeva dl diritto assai pi/ di me, anche se era pur sempre diritto italiano mentre noi stavamo in -vizzera. *er$ mi fu d'aiuto, discusse lui con l'avvocato su alcune questioni legate alla libert provvisoria per Nicola e alla possibile dissociazione delle sue responsabilit da quelle degli altri due complici, visto che, oltretutto, Nicola era fra i tre quello pi/ giovane, e solo da poco maggiorenne. A pensarci ora, vien quasi da sorridere per come si svolse quel colloquio , Nino parlava il tedesco poco e male, per cui rivolgeva una domanda tecnica a me in italiano che io poi traducevo in tedesco all'avvocato, il quale rispondeva in tedesco a me che traducevo in italiano per lui. L'avvocato Nieberfeld di Baden mi fece l'impressione di essere una brava persona. 9orse perch3 era un uomo di cultura in grado di superare i pregiudizi, o forse semplicemente perch3 era l'avvocato difensore di Nicola, fatto sta che non diede mai l'idea di dar credito a quanto si diceva in -vizzera degli italiani. (he erano persone nelle quali la propensione alla violenza era congenita, e che il loro istinto li portava a delinquere + solo per il fatto che qualche italiano si era reso protagonista di episodi criminali, tutti gli italiani erano criminali. -pesso ci definivano schlecht 0eute, brutta gente, molti ci insultavano chiamandoci #ose $esser, cattivi coltelli, in tanti diffidavano di noi anche senza ragione, e quando nelle aziende si scopriva qualche piccolo furto, oppure in un negozio spariva della merce, gli italiani erano sempre in cima alla lista dei sospettati. L'avvocato sembrava detestare questi luoghi comuni, e ci promise che Nicola avrebbe avuto una difesa adeguata e avulsa da pregiudizi + e avrebbe fatto in modo che venisse giudicato per il reato che aveva commesso, subendo la giusta condanna, ma in quanto colpevole di un reato e non perch3 italiano propenso a delinquere. 'a l'aiuto pi/ grande Nino me lo diede moralmente, mi fece capire che il mio problema era anche il suo, come se Nicola fosse anche il suo di fratello. (apiva perfettamente quanto io fossi preoccupata anzitutto per lui e per il suo futuro, ma, in fondo, anche per mio padre + povero pap , con un figlio in carcere accusato di furto, dopo che aveva rotto i rapporti con una figlia fuggita di casa , anch'essa quasi come una ladra 0

129 !orn$, come ogni anno, la primavera e la citt dismise il suo aspetto ferrigno e austero e si vest di colori. I numerosi giardini erano tutti in fiore e le giornate ripresero ad essere lunghe e luminose, con temperature finalmente miti che ci fecero presto scordare i quindici e i venti gradi sottozero che avevamo avuto per tutto l'inverno. Nino ed io stavamo insieme da sei mesi, in un'atmosfera da estasi. La notte dormivo sonni tranquilli e ininterrotti, e al risveglio della mattina, ancora nel dormiveglia, cercavo di ricordare cosa avessi sognato la notte + e quasi ogni volta mi sembrava di aver fatto lo stesso sogno, cio: che io e Nino vivevamo insieme. (on prudenza, quasi con la paura di rimanere delusa, allungavo lentamente la mano finch3 non incontravo il suo corpo. Allora lo toccavo, ma :

proprio vero, mi dicevo, non l'ho sognato : la realt , io vivo davvero con Nino, lui : realmente qui con me 0 -ubito dopo esplodevo in una delle mie lunghe e fragorose risate di gioia, e lui a quel punto si svegliava, brontolando che era ancora presto e voleva continuare a dormire. La nostra vita scorreva con gli stessi ritmi di tutte le coppie, la sveglia il mattino presto, la corsa per chi occupa il bagno per primo, la colazione, frugale per lui e abbondante per me, un lungo bacio e poi fuori di casa per andare al lavoro. 'a in ogni cosa che ciascuno di noi faceva, anche la pi/ banale oppure la pi/ intima, c'era sempre la presenza dell'altro. Non eravamo mai soli, neppure per un solo istante delle nostre giornate. La sera rientravamo a casa ciascuno per conto suo, qualche volta arrivavo prima io, qualche altra volta lui, dipendeva dai miei turni in ospedale. (enavamo senza mai smettere di guardarci negli occhi e di parlarci, e spesso ci alzavamo da tavola anche due ore dopo aver finito di cenare, perch3 le nostre chiacchierate ci coinvolgevano al punto di dimenticarci che avevamo pure un comodo divano sui cui sederci. Nino era dolce quando mi parlava di noi due e dei nostri sentimenti, interessato quando ascoltava i racconti del mio lavoro durante la giornata, diventava invece pi/ teso quando si metteva a parlare di cosa aveva fatto lui quel giorno sul cantiere. #na sera mi raccont$ un episodio che gli era capitato sul lavoro. " (': un acquirente di un appartamento in un palazzo che stiamo costruendo il periferia, che oggi viene e chiede al mio Bauleiter, il capomastro, se : possibile aggiungere un locale all'appartamento che ha comprato. Il capo gli dice che gli dar risposta fra venti giorni. Allora io dico al Bauleiter che basterebbe abbattere due tavolati non portanti che separano quell'appartamento da altri non ancora venduti, e prima di sera abbiamo accontentato il cliente. 'a lui mi risponde che no, non si pu$ fare, che lui deve far fare uno studio dall'architetto, al quale deve seguire un altro studio dell'ingegnere e infine la relazione del (apo cantiere. 'a ti rendi conto . " Beh, a me sembra una cosa normale.... " gli risposi io. " Normale . 'a : assurdo, in poche ore avremmo potuto risolvere il problema e quelli ci impiegano venti giorni. 2uesto : normale per te . In Italia avremmo subito fatto come suggerivo io. " " In Italia, Nino, ma qui siamo in -vizzera. " " Lo so, amore, ma ancora devo capire come ragionano questi svizzeri. !i dico un'altra cosa, ieri ero sul ponteggio e dovevo rifinire un lavoro in un angolino + per lavorare meglio in uno spazio angusto bisogna togliere il casco per cinque minuti, perch3 con il casco ce ne metti venti e il lavoro riesce male. Il Bauleiter mi vede senza casco e si mette a urlare, io con calma gli spiego , guarda, : questione di tre minuti, finisco

il lavoro e mi rimetto il casco. Lui per tutta risposta mi grida che se non me lo rimetto subito mi licenzia 0 " " ;o capito. -ai, amore, credo che ti avrei detto anch'io la stessa cosa. " " !u dici questo solo perch3 capisci poco di costruzioni, e poi mi vuoi bene e non vuoi 130 che mi accada qualcosa. 'a ti assicuro che un palazzo come quello che stiamo costruendo qui in Italia lo faremmo in met del tempo. " " % si capisce che qui il tempo : meno importante di altri fattori, come la sicurezza. 1edi amore mio, qui : tutto diverso dall'Italia, e tu puoi forse dire che in Italia le cose vanno meglio di qua . No, non puoi dirlo, come io non ti posso dire che qui : meglio che in Italia, : semplicemente diverso. )iverso e basta. " " 1uoi un altro esempio . " riprese Nino sempre pi/ accalorato. " )ue giorni fa, capito in una piazza vicino al centro, e fuori da un bar vedo l'insegna di una famosa marca di caff: italiano. 9inalmente mi posso fare un vero caff: italiano, penso, e subito dopo entro. Il caff: era anche buono, ma ci ho impiegato un quarto d'ora per berlo, e davanti a me c'erano solo quattro persone. (apisci, amore . #n quarto d'ora 0 % sai perch3 . Intanto le quattro persone erano in fila indiana e non assiepate sul bancone, e il barista, svizzero naturalmente, chiede al primo della fila , desidera . % quello , un caff: 0 Allora il ragazzo si gira e gli fa il caff:, poi glielo porge e chiede al secondo , desidera . % quello , un caff:. -i gira e lo prepara, glielo serve e poi passa al terzo, che manco a dirlo vuole pure lui un caff: 0 'a dico, non poteva chiedere a tutti cosa volevamo e cos preparare quattro caff: contemporaneamente . " 'i misi a ridere forte, Nino mi piaceva da impazzire quando lo vedevo cos infervorato per qualcosa che lo aveva colpito, e amavo quel suo entusiasmarsi per ogni cosa che faceva o diceva, anche per le cose pi/ banali. &li diedi un lungo bacio sulla bocca, cos da costringerlo a pensare ad altro. 'a il mio tentativo fall, perch3 lui insistette , " %' come la storia della carriola 0 " " La carriola . " - -ul cantiere : sparita una carriola, l'altro giorno. !utti i capi, il 'eister e il Bauleiter, si stupiscono e per l'intera mattinata non fanno che parlare del furto della carriola. Io avrei voluto dir loro , imbecilli, per forza che spariscono le carriole, voi di notte le lasciate incustodite e cosa pretendete . )i ritrovarle tutte la mattina dopo . In Italia le carriole e il materiale la notte si mettono in un gabbiotto chiuso con una

catena da dieci millimetri e cos non sparisce niente. *ossibile che qui non la capiscano ." 'i resi conto che i problemi di cui parlava Nino non erano poi cos banali, o almeno non lo erano per lui + dietro quelle piccole contrariet quotidiane c'era la sua difficolt a comprendere il *aese in cui gli era capitato di vivere. Aveva bisogno di essere aiutato, e io potevo farlo perch3 a me la cultura svizzera era chiara da un pezzo. &li dissi , Amore, sabato ti porto a fare la spesa in un posto speciale. Non : lontano, con la macchina ci impiegheremo una mezzora. Andremo a comprare le verdure, tante verdure, e se siamo fortunati troveremo anche un po' di frutta. " % che c'entrano la verdura e la frutta con quello che ti sto dicendo io . " ('entrano. -abato lo capirai da te che c'entrano. 1

Il sabato mattina, come avevamo stabilito, anzi come avevo deciso io, partimmo da Berna con la macchina di Nino. L'acquisto dell'auto era molto recente, ma la macchina non era nuova, era una 9iat IGJ comprata d'occasione. 9ino ad allora nessuno di noi possedeva un'auto, io non avevo neppure la patente, e un giorno Nino mi propose di acquistarne una, perch3 una macchina in famiglia, disse, era necessaria anche solo per avere pi/ libert nei piccoli spostamenti. )isse proprio cos , in famiglia. % di fronte a quella parola, che 131 manifestava per la prima volta il senso di ci$ che noi stavamo diventando, non potevo certo rifiutare la sua proposta, per cui misi la mia parte di soldi per comprare l'auto. La scelse lui, doveva essere un'utilitaria, costare poco e possedere un'unica caratteristica , quella di essere un prodotto italiano. Appena usciti da Berna prendemmo la cantonale in direzione di -olothun, ma l'intenzione mia era di fermarci molto prima, in qualche villaggio lungo la strada. Attraversammo un primo paesino, io mi guardai in giro, ma non vidi niente. Ne attraversammo altri dai nomi per me sconosciuti, !annacheren, -and, -choenbuhl, finch3 persi l'orientamento e non seppi pi/ nemmeno dove ci trovavamo. Nino si spazient un poco. " Insomma, posso sapere dove siamo diretti . )ov': che dobbiamo fare la spesa . " Non gli avevo detto nulla, volevo che fosse una piccola sorpresa, cos l'effetto su di lui sarebbe stato pi/ efficace e forse gli avrebbe aperto uno spiraglio. &iungemmo alla fine in un paesino che sembrava identico ai precedenti , la strada cantonale, uno svincolo per entrare nel centro, le casette linde con i gerani alle finestre e il campanile che svettava alto. % l, nell'angolo di una piazzetta del paesino, accanto a quella che sembrava una stalla, lo vidi. %ra il classico banco in legno, quattro assi lunghe cinque o sei metri appoggiate sopra a tre cavalletti. % sul banco, perfettamente ordinate dentro le ceste di

vimini, c'era di tutto , zucchine, patate, cavoli, insalate di diversi tipi, pomodori, qualche melanzana, sedano e varie erbe. (ompletavano l'esposizione la lavagna con scritto sopra i prezzi della merce, la bilancia e ai bordi del bancone il classico salvadanaio a forma di maialino. -cendemmo dall'auto e ci avvicinammo + gli dissi , " 9orza, pensiamo a quello che ci serve. " " -cusa amore, ma qui non si vede nessuno, dobbiamo aspettare che arrivi il fruttivendolo. " " 'a quale fruttivendolo . Nino, ancora non hai capito . 2uesta : merce che il contadino ha raccolto stamattina presto nel suo campo, o forse nella sua serra + lui la espone qui, scrive il prezzo di ognuna e lascia il salvadanaio, poi torna a lavorare nell'orto. La gente passa, compra ci$ che gli serve, fa i conti e mette i soldi nel maialino, e il contadino torna nel pomeriggio e si porta via tutto. " Lo vidi pensare a lungo, di tanto in tanto mi interrogava con lo sguardo, forse sospettando che lo stessi prendendo in giro. " 'a : davvero come dici tu . " mi chiese. &li risposi con i fatti, cominciai a raccogliere dei pomodori e a infilarli in uno dei sacchetti di carta a disposizione sul banco, poi li pesai e con la matita che stava di fianco alla bilancia scrissi l'operazione , un chilo e duecento grammi di pomodori per novanta centesimi al chilo, fanno un franco e otto centesimi. *oi passai alle carote, quindi alle patate e a una lattuga che grondava freschezza. 9eci tutto da sola, Nino teneva le mani in tasca e mi guardava senza proferire parola. Alla fine feci la somma di quanto avevo comprato , dieci franchi e trentacinque centesimi. *ago io o paghi tu . " gli chiesi. A quel punto parve svegliarsi dal suo torpore. " 'a.... tutti mettono spontaneamente i soldi nel salvadanaio, oppure prendono la merce e vanno via senza pagare . " !u che ne dici . !i pare che se la gente prendesse la roba e scappasse il contadino domani tornerebbe a mettere altra merce sul bancone . " %' incredibile, amore. -e facessero una cosa simile in Italia, per primo sparirebbe il maialino e subito dopo la verdura. Non resterebbero neanche gli assi di legno 0 " % io l'altro giorno cosa ti dissi . (he la gente di qui ha una cultura diversa dalla 132 nostra, e quello che vedi ne : un esempio. 1uol dire che sono migliori di noi . Non so, per alcuni versi s e per altri no. -o solo che sono diversi e noi per integrarci dobbiamo interagire con la loro diversit . (erto che : stupefacente 0 #n banco di vendita lasciato qui sulla strada, pure con il salvadanaio pieno di soldi e il tutto completamente incustodito. "

Amore, tu riesci a capire perch3 la merce e il denaro stanno ogni giorno incustoditi, eppure nessuno ruba niente . " 'mmm..... faccio fatica a comprenderne la ragione. %' forse perch3 hanno una natura fondamentalmente onesta . " Non : tanto per questo, : pi/ il risultato di una logica razionale. Le verdure che vedi sono state raccolte stamattina, quindi sono freschissime, e se fai attenzione ai prezzi scoprirai che costano la met rispetto ad un qualsiasi negozio. Le persone che abitano qui, ma non solo loro, c': gente che viene apposta dalle citt , da Berna o da -olothun, sanno che qui possono avere i prodotti freschi al prezzo migliore, ma solo se si comportano onestamente. *erch3 se qualcuno ne approfitta, fa il pieno di verdure e scappa senza pagare, dal giorno dopo il contadino non esporr pi/ la sua merce sul banco, quindi saranno tutti costretti a comprare al negozio verdure pi/ scadenti e a pagarle di pi/. &li svizzeri ci ragionano sopra e deducono che essere onesti verso il contadino : nel loro stesso interesse. " Alla fine, Nino si offr di pagare lui il costo delle verdure, e con un'espressione insieme stupita e divertita infil$ i dieci franchi e i cinquanta centesimi nella fessura del maialino. Lasci$ pure quindici centesimi di mancia 0 La sera del medesimo giorno capit$ accidentalmente un altro episodio che contribu a far riflettere Nino a proposito dei costumi e della culturadel *aese in cui vivevamo. Avevamo cenato a casa mia, anzi a quella che ormai era casa nostra, bistecca e insalatina comprata quella mattina al banco incustodito. )opo cena, uscimmo per fare quattro passi approfittando della mite temperatura della serata + camminammo a lungo senza meta, chiacchierando come facevamo sempre, finch3 giungemmo al *arco di -charmen8ald. Li ci sedemmo su una panchina, guardando le persone che passavano davanti a noi. 9ui colpita da una coppia di mezza et , lui alto, magro e vestito molto distintamente, lei una donna molto bella sui cinquantanni, che portava il suo vestito elegante con grande naturalezza. (amminavano piano perch3 il cane che tenevano al guinzaglio, uno splendido esemplare di setter inglese, si fermava di continuo ad annusare gli odori. 2uella donna l'avevo gi vista parecchie volte in televisione e sapevo chi era. 'isi una mano su un braccio di Nino per farlo tacere e gli sussurrai , Amore, la vedi quella bella signora bionda davanti a noi . 2uella con il cane che sta facendo pip . %' una svizzera francese, ed : il 'inistro degli esteri svizzero. " 'a chi . 2uella col cane, vicina a quell'uomo alto . " -, proprio quella. " Nino si guard$ attorno, sapevo che stava cercando con lo sguardo gli uomini della scorta, in divisa o in borghese, ma tutt'intorno c'erano solo donne, vecchi e ragazzini. " -cusa 'ar, ma ti starai confondendo con qualcun'altra, quella non : il 'inistro degli %steri, non vedi che : sola . %' accompagnata da quel signore che potrebbe essere il marito, ma non c': nessun altro uomo nei paraggi. 'agari le assomiglia ma non pu$ essere lei. " !i assicuro che : proprio lei, l'avr$ vista almeno cinquanta volte in

tiv/. Lo vedi 133 amore . -tasera hai fatto un'altra scoperta che riguarda questo *aese. 2ui i ministri vanno a passeggio la sera nel parco con il marito e con l'unica scorta di un cane da caccia 0 " (i prese d'improvviso il desiderio di rientrare a casa, io camminavo abbracciata al mio uomo e mi stringevo a lui senza lasciarlo un istante, neppure durante gli attraversamenti di strade trafficate. % a casa facemmo l'amore anche quella sera, e anche quella volta a me, esausta dopo ripetuti orgasmi, venne spontaneamente di ridere, e ridere, e ridere d'amore.

13. Il processo che sub Nicola dur$ in tutto due mesi, e si concluse con la condanna a quattordici mesi. Io partecipai a due delle quattro udienze, compreso l'ultima, al termine della quale fu emessa la sentenza. 6icordo che piansi disperatamente tra le braccia di Nino, che aveva voluto accompagnarmi a Baden + quattordici mesi per un ragazzo di nemmeno vent'anni che aveva sbagliato una volta mi parevano un'enormit . 9u proprio Nino a farmi vedere la cosa sotto un altro profilo, quello della ragione, perch3 io, dopo la lettura della sentenza in quell'aula austera di !ribunale, la capacit di ragionare l'avevo completamente persa. Amore mio " mi disse " l'avvocato : stato bravissimo, pensa che gli altri due complici sono stati condannati uno a quattro e l'altro a tre anni e sei mesi. Noi non potevamo certo sperare che tuo fratello venisse assolto, e questa condanna in fondo : il minimo della pena che poteva prendere. " Aveva ragione, la condanna era stata tutto sommato mite, gli erano state riconosciute le attenuanti della giovane et e pure un'azione di plagio che il portoghese capobanda, condannato a quattro anni, aveva esercitato su di lui. % poi Nicola aveva gi trascorso quattro mesi in carcere prima della sentenza, per cui gliene restavano solo dieci di pena, che avrebbe oltretutto scontato non in carcere, ma in un centro di recupero giovanile presso #ster, cio: vicino a casa sua. 2uel centro aveva fama di funzionare bene, faceva lavorare i ragazzi da recuperare otto ore al giorno negli orti e nei parchi, e insegnava loro il mestiere di giardiniere. L'avvocato Nieberfield fu davvero bravo, e il suo capolavoro fu di ottenere dal giudice una sospensione della pena di un mese + prima di scontare la sua pena, Nicola avrebbe potuto trascorrere un mese a casa mia a Berna, e io avrei fatto da garante per lui.

'io fratello lasci$ il carcere di Baden il pomeriggio dello stesso giorno e io e Nino lo portammo con noi a Berna. 9u solo dopo essere entrati in casa che cominciai a prendere coscienza di quanto Nicola fosse cambiato, dopo i quattro mesi passati in cella, il processo e la sentenza che forse lui ingenuamente non si aspettava. A casa mia non volle sedersi, rimase in piedi fino all'ora di cena, ma non riusciva neppure a stare fermo in un punto preciso. (hiuso in un mutismo assoluto, si muoveva di continuo, andava dal bagno fino alla finestra della sala, 134 dalla camera da letto alla cucina e poi ripeteva un'altra volta gli stessi spostamenti, come un pesce nell'acquario. &irovagava in modo compulsivo per i sessanta metri quadrati dell'appartamento senza un solo attimo di quiete, e alle domande mie o di Nino rispondeva con notevole ritardo, come se fosse scotomizzato e dovesse elaborare a lungo una domanda, anche la pi/ semplice, prima di trovare la risposta. I suoi occhi erano sempre fissi e il suo sguardo sembrava perdersi nel vuoto + gli erano venuti diversi tic nervosi, sbatteva di continuo le palpebre ed era affetto da quella che nel linguaggio medico si chiama cheilofagia, il bisogno di mordersi ripetutamente le labbra. 'i spaventai moltissimo perch3 non l'avevo mai visto cos, ma cercai di tenere le paure dentro di me, senza lasciar trapelare il mio stato d'animo per non drammatizzare ancor pi/ la situazione. -oltanto a Nino rivolgevo di tanto in tanto uno sguardo interrogativo e lui mi rispondeva con l'espressione serena dei suoi occhi che provavano a tranquillizzarmi, parevano dirmi che : inevitabile che sia cos dopo quello che ha passato, e che occorre del tempo prima che torni ad essere normale. Nino mi aiutava davvero tanto cercando di coinvolgere Nicola in chiacchierate su argomenti che potessero interessarlo, il calcio, le moto, la musica o i romanzi di avventure. Normale, gi , perch3 adesso Nicola normale non lo era affatto. L'indomani sarei andata subito a parlare con qualche psicologo del mio ospedale, perch3 lo vedesse e mi consigliasse su cosa potevamo fare per recuperarlo alla sua vita di sempre. La notte faticavo a trovare sonno, Nicola dormiva sul divano e le mie orecchie erano costantemente tese a cogliere il minimo rumore che potesse provenire dalla sala, anche il lieve mutamento del suo respiro. *er i primi dieci giorni Nicola si svegli$ nel cuore della notte, anche pi/ volte per notte, urlando di terrore. Io allora correvo da lui e lo trovavo seduto sul letto, ancora tremante e con gli occhi strabuzzati + lo abbracciavo e lo tranquillizzavo, e rimanevo accanto a lui finch3 non riprendeva a dormire. % in quei momenti maledivo il carcere di Baden che me lo aveva ridotto come uno straccio. Non ero preparata a dovermi prendere cura di un fratello psicologicamente alterato + quando seppi che Nicola avrebbe potuto stare da me per un mese l'unico sentimento che provai fu la gioia di averlo accanto, non pensai neppure minimamente alla possibilit che la sua personalit fosse distrutta e vicina alla dissociazione. Il giorno dopo parlai con lo psicologo, che mi conferm$ che sicuramente lo stress della vita carceraria unita alla vergogna per ci$ che aveva commesso era la causa del suo stato, e che il ragazzo necessitava di riposo e svago e di avere sempre qualcuno vicino. 'i sugger di portargli Nicola che l'avrebbe visitato e gli avrebbe prescritto dei farmaci + ma io non lo

feci, conoscevo bene la tendenza dei medici svizzeri a curare i pazienti imbottendoli di medicine e non volevo che mio fratello occultasse i suoi problemi sotto una coltre di farmaci. *oi parlai con il mio *rimario per poter avere un po' di giorni di ferie. ?ttenni quindici giorni di ferie e la sospensione del turno notturno finch3 Nicola avesse vissuto con me, e lo ringraziai perch3 era davvero tanto. (os rimasi a casa e mi occupai di lui a tempo pieno. La prima mattina decisi di portarlo in giro per il centro di Berna, per fargli vedere i posti pi/ caratteristici della citt ma anche per entrare in qualche negozio e comprargli dei vestiti nuovi, visto che quelli che aveva con s3 erano ormai ridotti a stracci da buttare. Nicola si rifiut$ di uscire, preferiva stare chiuso in casa. 'i ci volle tanta pazienza unita a un po' di astuzia per convincerlo ad andare fuori, ma alla fine ci riuscii. (amminammo a braccetto, lui sempre a testa bassa e muto mentre io gli mostravo le piazze pi/ belle e i palazzi storici. 'a lui non prestava attenzione a nulla, camminava come uno zombie e si lasciava portare in giro senza opporre resistenza, ma anche senza dare il minimo segno di vitalit . 'ostr$ un lievissimo 135 interesse, per$, quando ci fermammo sotto la torre dell'orologio e vedemmo il &loc5enspiel, la danza delle statue meccaniche che battono l'ora. Lo interpretai come un segnale, significava che esistevano alcune cose che avrebbero potuto risvegliarlo dal suo stato catatonico, bisognava solo cercarle. 6imanemmo in centro tutto il giorno e nel tardo pomeriggio, appena terminato il lavoro, ci raggiunse Nino. Insieme andammo a mangiarci la pizza in un locale gestito da napoletani. 2uando ci portarono le pizze, Nicola guard$ la sua, e io colsi per la prima volta in lui uno sguardo che lasciava intuire che in quel momento era presente, finalmente i suoi occhi avevano perso quell'espressione opaca che avevo notato per l'intera giornata. 9orse la pizza, che non vedeva da mesi, gli ricordava qualcosa che gli era appartenuto prima dell'episodio che aveva sconvolto la sua vita, sicuramente pensava alle pizze che mamma preparava frequentemente per noi. !agli$ con impazienza il primo pezzo e se lo mise in bocca, poi finalmente parl$. )isse che era buona, ma che le pizze di mamma lo erano molto di pi/. )isse soltanto queste poche parole, ma a me pareva gi tanto e lo not$ anche Nino che inarc$ le sopracciglia. %ra la conferma che avrei dovuto coinvolgerlo in qualsiasi cosa che potesse stimolare la sua memoria, i suoi gusti sensoriali, il suo istinto sopito. 'i buttai con impegno nella ricerca di stimoli + un giorno noleggiammo le biciclette e girammo per tutto il centro, un altro lo portai a fare shopping e gli comprai pantaloni, camicie, scarpe e giubbotti. Andammo a visitare la casa di %instein e in quell'atmosfera un po' greve, densa di austerit ma anche di intimit , vidi che Nicola cominciava ad osservare ci$ che aveva di fronte a s3 e a stupirsi per le cose nuove che vedeva. Lo portai sulle rive della Aar al !ierpar5, lo zoo di Berna dove gli animali vagano liberi e si possono accarezzare, e l scoprii il suo amore per gli animali di cui mai mi ero accorta prima. La sera, Nino, io e lui salivamo spesso in macchina e fuggivamo dalla citt , fermandoci a mangiare nelle linde &astatten dei minuscoli paesi che ricordavano a mio fratello e a me il paesino di ;ittnau e la nostra infanzia. )opo un paio di settimane di distrazioni continue, Nicola sembrava gi un altro.

Non era certo tornato quello di prima, per$ non era neppure il relitto umano che, come un pacco, mi era stato consegnato. ?ra aveva ripreso a parlare, sia pure solamente su alcuni argomenti e oltretutto solo con me e con Nino, e i suoi occhi adesso sapevano vedere ci$ che guardava. Aveva ancora i suoi momenti di mutismo e di assenza dalla realt e continuava a mordersi le labbra, per$ questi episodi si erano fatti via via pi/ rari e limitati ai momenti di ozio. Non era ancora giunto in cima alla salita e avrebbe dovuto faticare parecchio per arrivarci, per$ io sentivo che i progressi che faceva gli davano fiducia nel futuro. % di pari passo con la fiducia in se stesso che Nicola stava ritrovando, io riprendevo la mia serenit e ricominciavo a rivolgere attenzioni anche a Nino, che fino ad allora avevo quasi completamente ignorato per dedicarmi soltanto a mio fratello. #na sera, a letto, Nino si avvicin$ a me e mi diede lunghi baci sul collo, mentre io stavo immobile e fredda come un mattone. Lui allora mi disse , &uarda che tuo fratello si immagina perfettamente cosa facciamo io e te a letto la sera, e lo pensa anche se non sente le nostre grida. " Lo so, amore, ma io mi sento imbarazzata, come se fossi di fronte ad un esame, non so cosa farci.... " " Beh, qualcosa dovresti pur fare. Nicola si fermer qui con noi per un'altra settimana.... " &li dissi che avevo tanta voglia di lui e che volevo comunque provarci. 'a gli posi una 136 condizione , !u non appena ti accorgi che io comincio ad ansimare mi metti una mano sulla bocca e la tieni premuta fino a quando abbiamo finito, cos almeno non posso urlare. " % cos fece ed io, sicura che non avrei potuto gridare, riuscii a rilassarmi e a godere del nostro amore come se non ci fosse nessuno nel raggio di un chilometro. Appena finito, Nino si abbandon$ sopra di me, lasciando la mano che aveva tenuto per tutto il tempo sulla mia bocca, ma a quel punto anche se Nicola avesse udito il mio ridere strepitante avrebbe pensato che stessi ridendo per una barzelletta di Nino e nulla pi/.

Il mese di sospensione della pena di Nicola pass$ presto e arriv$ il giorno del suo ingresso nel (entro di accoglienza, il riformatorio come lo chiamava lui, e l rimanerci per dieci mesi. )ue sere prima, lui prepar$ la sua valigia, piegando ordinatamente gli indumenti, e l'indomani di buon mattino partimmo tutti con l'auto, io, Nino e lui, direzione 7urigo. )opo averla meditata bene, avevo preso la decisione di portare Nicola a casa dei miei, che poi era anche casa sua + volevo che trascorresse uno o due giorni insieme a mamma, ma soprattutto a pap . *er tutto il tempo che Nicola aveva vissuto da me mamma non aveva lasciato passare un solo giorno senza telefonarmi chiedendo sue notizie + io ero costretta a mentirle, le dicevo che stava bene e

che non era sciupato, e quando lei mi chiedeva di passarglielo al telefono inventavo ogni volta una scusa per non farlo. Le raccontavo che Nicola stava riposando, oppure che era sceso a fare due passi, o che era andato con Nino da qualche parte + se mia madre avesse parlato con lui si sarebbe subito accorta dello stato di depressione in cui versava, e si sarebbe allarmata. -oltanto dopo una quindicina di giorni, quando Nicola cominciava a stare leggermente meglio, la feci parlare con lui, ma lei non si accorse di nulla perch3 tra le lacrime e il suo continuo porgli domande sulla sua salute non gli dava quasi neppure il tempo di rispondere. *ap invece non venne nemmeno una volta all'apparecchio nelle occasioni in cui mamma telefon$, non volle mai parlare n3 con me n3 con lui. 'i ero alla fine convinta che, prima del suo ingresso in (omunit , sarebbe stato necessario che Nicola avesse un contatto con mamma e pap per ritrovare il calore della sua famiglia + se fosse entrato nel (entro di accoglienza senza quel passaggio, si sarebbe sentito abbandonato e il suo recupero avrebbe potuto diventare pi/ difficile. 'a sapevo altrettanto bene che non avrei potuto mandarcelo da solo, perch3 tutti e tre, mamma, pap e Nicola stesso, non sarebbero stati in grado di gestire una situazione cos complessa. No, mi dissi, devo accompagnarlo io dai nostri genitori, ed essere io a parlare con loro cercando di stemperare le apprensioni di mamma e di calmare la rabbia di pap . %ro anche consapevole che il problema non riguardava solo mio fratello ma anche me stessa. Non sarebbe stato semplice affrontare mio padre dopo che da quattro anni non ci rivolgevamo la parola. 'a per il bene di Nicola era inevitabile che io gli parlassi, ero l'unica in grado di farlo e non volevo sottrarmi a questa responsabilit + era arrivato il tempo in cui non potevo pi/ evitare il confronto con pap . Non avevo idea di quale sarebbe stato l'esito di quell'incontro e nemmeno se avrebbe mai avuto un inizio, perch3 il suo andamento non sarebbe dipeso da me, ma soltanto da lui. Io la speranza e la voglia di recuperare un rapporto con mio padre non le avevo mai perse, ma delle sue di speranze e dei suoi sentimenti non avevo neppure una vaga percezione. Non avevo mai voluto 137 approfondire quanto avesse sofferto per la mia fuga da casa e quanto fosse frustrato il suo senso dell'onore, e non riuscivo ora ad immaginare quanto il tempo avesse saputo lavorare per mitigare la sua rabbia e il suo orgoglio ferito. In fondo, non mi ero mai interessata pi/ di tanto ai suoi problemi, ero troppo impegnata a risolvere i miei. 'i trovavo, dunque, di fronte ad una scelta e ad un momento decisivi, ed io, giunta all'et di quasi venticinque anni, mi sentivo matura e pronta a fare la scelta giusta. *erci$ decisi che dovevamo andare a ;ittnau, e il giorno dopo partimmo senza preavvisare i miei del nostro arrivo. Lungo il viaggio sentii crescere dentro di me l'ansia per quell'incontro che avveniva dopo tanto tempo, e l'eccitazione aument$ quando giungemmo in vista di quella collina che non avrei mai pi/ dimenticato. %ra la collina della mia infanzia e della mia memoria, il rifugio del pensiero nei momenti tristi, e vedermela d'improvviso apparire davanti ai miei occhi mi procur$ un'emozione fortissima.

Non suonai il campanello della porta di casa, bussai con le nocche della dita. -entii una voce provenire dall'interno , " ma chi : . " e subito dopo mamma apr la porta. -gran$ gli occhi vedendomi e pronunci$ a voce bassa il mio nome con un'espressione di gioia mista a imbarazzo sul volto. La baciai e le dissi che volevo parlare con pap + lei mi chiese , -ei sola . " -, ho lasciato Nicola con Nino, fanno un giro in paese, poi ci raggiungono. " *ap stava seduto al tavolo della sala intento a leggere il giornale. -i era messo gli occhiali da lettura, cosa che prima non faceva mai, ma a parte quel particolare non lo trovai molto invecchiato + i segni degli anni si notavano solo nei capelli un po' pi/ bianchi e nella pancia pi/ prominente. " (iao pap . " La mia voce non era ferma come avrei voluto, il mio sguardo per$ era diritto a guardare nei suoi occhi. Lui mi guard$ con la bocca spalancata e si tolse gli occhiali per mettere meglio a fuoco. *ieg$ lentamente il giornale cos da prendere tempo e poter superare lo stato di turbamento dovuto alla mia visita inattesa, poi finalmente parl$. % tu che sei venuta a fare qui . " #n inizio brusco me l'aspettavo, era scontato, ma quello era anche meno peggio di quanto temessi. -ono venuta per parlarti, pap . " % di cosa dovremmo parlare io e te . " -ono qui con Nicola, lui ora : fuori, ma dopo vuole parlarti. *rima voglio raccontarti di me. " Io non desidero sentire niente. " No, non : vero che non vuoi ascoltare tua figlia, forse vuoi punirmi e in fondo : giusto che tu lo faccia. 'a se non vuoi neppure ascoltare quello che ho da dirti tu finisci col punire te stesso, e questo non : giusto, non lo meriti. " 6est$ un poco in silenzio, abbassando lo sguardo. *oi annu con la testa e disse con un tono che voleva sembrare seccato , % va bene, sentiamo quello che hai da dire. Basta che fai in fretta perch3 ho molto da fare. " Iniziai a parlare con un tono calmo di voce, cercando di mascherare la tensione che avevo, lasciando come sempre che fosse il mio istinto a scegliere le parole giuste, e parlai stando 138 in piedi perch3 lui non mi aveva invitata a sedere. &li dissi che capivo quanto la mia decisione di andarmene di casa l'avesse fatto soffrire e che anche io provavo un dolore grande quanto il suo, anche se per una ragione diversa. -o di aver offeso la tua autorit , pap , e so pure che tu sei ancora convinto che io abbia voluto mancarti di rispetto. (onosco bene il tuo senso dell'onore. 'a ti giuro che non : cos, non ho mai avuto l'intenzione di offenderti e comunque oggi sono qui a chiederti perdono. " Lui ascoltava senza tradire la minima emozione, al contrario di me che stavo quasi per mettermi a piangere. 6imaneva immobile, senza mai smettere di guardare fuori dalla finestra. % allora ripresi ,

-ono sincera pap , non sono pentita di essere andata via di casa, e di questo non chiedo il tuo perdono + te lo chiedo invece per i modi che ho usato, perch3 sono fuggita senza darvi neppure uno straccio di spiegazione, senza aver perlomeno tentato di discuterne con te e con la mamma. " &li spiegai che negli ultimi anni passati in famiglia ero infelice. (he quella che vivevo allora era una vita triste e senza avvenire , non avevo il temperamento adatto per accettare le scelte imposte dalla famiglia, ma non avevo neppure la possibilit di farne delle mie. Lo supplicai di capire che non era quella la vita che desideravo fare e che le giornate trascorse in quel modo erano una sofferenza, anche se non lo davo a vedere. *ap , io so che tu non avresti mai voluto vedermi soffrire. Noi ci vogliamo bene, il bene che proviamo l'uno per l'altro : la misura della grandezza di questa famiglia. *erch3 noi siamo davvero una grande famiglia nella quale ognuno prova dolore nel vedere che un altro soffre. -e tu fossi stato al mio posto avresti preso la mia stessa decisione, magari mettendola in atto in modo diverso, ma la tua scelta sarebbe stata la stessa mia. " Avevo preso coraggio e gli stavo parlando col cuore, non con la testa. 1isto che lui taceva, proseguii. Io qui mi sentivo come dentro una gabbia, pap , e non ce la facevo pi/ a stare rinchiusa. In gabbia tu puoi metterci un canarino, ma la rondine, quella non ce la rinchiudi. %cco pap , io sono nata rondine, non canarino. " Lui insistette nel suo silenzio immobile che io non sapevo come interpretare. *oi d'un tratto mi chiese , % adesso . (ome ti butta dove vivi ora . " 'i butta bene pap . " gli dissi sorridendo. " 9accio un lavoro che mi piace moltissimo, ed : pure pagato bene. ;o impostato da sola la mia vita, ho faticato, lottato, ho fatto tanti sacrifici, ma adesso sono soddisfatta e sono molto orgogliosa di quello che sono. - pap , adesso sto davvero bene, la sola cosa che mi manca : la tua comprensione. " 'i fa piacere, 'ar. Io per$ ho sofferto tanto quando te ne andasti, per me : stato come se tu fossi morta. % non ti volevo pi/ rivedere, sai . La tua : stata una ribellione alla famiglia. " Non : vero pap , non : stata contro la famiglia che : l'affetto pi/ profondo che mi porto dentro e all'amore per la mia famiglia non potr$ rinunciare mai. 'i sono ribellata, s, ma solo ai costumi, alle usanze e a tutte quelle regole fredde e senza amore. " 1idi che l'espressione del suo viso diventava a poco a poco pi/ serena, e ora quasi abbozzava a un sorriso + e finalmente mi disse , " -iediti, 'ar. (he fai l in piedi . " 139

*ap mi stava perdonando, o forse l'aveva gi fatto da tempo ma il suo orgoglio gli aveva impedito di fare il primo passo, aveva atteso che fossi io ad andare da lui a chiedergli scusa. (he stupida ero stata, avrei potuto farlo prima, avrei dovuto pensarci prima.

'a ora potevo recuperare il mio ritardo con un gesto d'amore per mio padre. &li avrei fatto un annuncio inatteso che riguardava un fatto di cui io stessa ero a conoscenza solo da poche ore, e volevo che lui fosse il primo a saperlo. *ap , voglio dirti una cosa che : importante per me, anzi, : la cosa pi/ importante che avrei mai potuto dirti , sono incinta 0 -, aspetto un bambino, un figlio mio. -ei la prima persona a cui lo dico, pensa che Nino, il mio compagno che conoscerai tra poco, non lo sa ancora, e nemmeno mamma. Lo so soltanto da un giorno, ieri all'ospedale un ginecologo mi ha visitata e me l'ha confermato. Lo dico a te prima ancora che al padre di mio figlio, e questo mi rende felice. " Il suo sorriso poco prima abbozzato si allarg$ in un'espressione di sorpresa e di commozione e dopo qualche secondo gir$ la faccia verso la finestra, per nascondere due lacrime che gli stavano colando sulle guance. Io corsi ad abbracciarlo, e strinsi forte a me quelle ossa di vecchio contadino un po' burbero, antiquato e padre"padrone, sempre a disagio con il suo presente, ma anche generoso e con il cuore ricco di sentimento. )opo un lungo abbraccio, si riprese dall'emozione e mi disse , 'ari', ti perdono. %' da tanto tempo che aspetto il giorno in cui tu saresti venuta da me, e aspettavo quel giorno solo per dirti che ti avevo perdonata. 1oglio dirti un'altra cosa. 'ari', fra tutti i miei figli tu sei quella di cui sono pi/ orgoglioso. &uardai nei suoi occhi e vi lessi solo sincerit . Avevo sempre creduto che mio padre detestasse le mie idee e le mie scelte e ora invece scoprivo che provava ammirazione per me, e forse addirittura un po' d'invidia. Adesso, per$, c'era un'altra persona a cui pensare, un altro a cui mio padre doveva concedere il suo perdono. *ap , sei una persona stupenda. 9uori c': un altro tuo figlio che ha bisogno del tuo perdono, e occorre che tu glielo dia in fretta perch3 dopodomani deve entrare in un posto per starci alcuni mesi. " (ambi$ rapidamente espressione, torn$ ad avere quel viso severo che aveva quando io entrai in casa. No. Lui no. 'ar tu mi recasti offesa, ma la tua fuga non : stata un crimine. Il suo invece s. )opo quello che ha fatto tuo fratello io per mesi non ho avuto il coraggio di guardare in faccia gli amici. (he vergogna 0 #n figlio ladro 0 *ap , hai un figlio che ha sbagliato, : vero, ma lui ha ammesso il suo errore e lo sta pagando. Non facciamogli pagare anche i nostri di errori. " 'a quali errori nostri . %' lui che ha fatto una grossissima cazzata 0 Io non gliela posso perdonare, 'ari', lui non doveva farmi questo. -e aveva bisogno di soldi poteva chiedermeli, senza andare a rubare. " -ai bene anche tu che quello che ha fatto non : stato per soldi. ;a sbagliato perch3 era allo sbando, era solo e insicuro. *ap , tu sei venuto a vivere in questo *aese che avevi trentacinque anni, e hai scelto tu di venirci. #na decisione molto difficile, ma che prendesti tu. Noi non l'abbiamo scelto, ci siamo venuti perch3 c'eri tu, e Nicola aveva solo sei anni. !i sei mai chiesto cosa prova dentro di s3 un bambino che perde il suo piccolo mondo e si ritrova a crescere in una realt che non riconosce. " 140 Anche tu e tua sorella eravate bambine quando siete venute qua. "

-, ma eravamo un po' pi/ grandi. % poi noi siamo femmine e l'educazione rigida con cui tu e mamma avete cresciuto noi femmine : stata, alla fine, una protezione. Io e (aterina non decidevamo niente per noi stesse in questo mondo sconosciuto in cui non avremmo saputo cosa decidere + noi dovevamo obbedire e basta, e questo ci sollevava dalla responsabilit di prendere iniziative. 1oi avete tracciato le nostre strade e questo ci : stato utile finch3 siamo state bambine. Nicola, invece, : sempre stato libero di fare ci$ che voleva, nessuno l'ha mai costretto a seguire delle regole, che magari erano inadeguate ai tempi, ma sempre regole erano. % cos : diventato adulto ma dentro : rimasto un bambino disorientato. " Non mi rispose subito, rimase a pensare per un po', con gli occhi fissi verso qualcosa che non esisteva. 'ar, tu pensi davvero che l'abbiamo seguito poco . " - pap . L'abbiamo aiutato poco, abbiamo pensato che lui potesse farcela da solo, come in fondo ce l'abbiamo fatta tutti noi. 'a a lui non : andata cos, e si : ritrovato grande senza avere dei punti di riferimento, perch3 la famiglia non glieli ha saputo dare. % cos : potuto succedere che quando qualcuno, qualche balordo, gli ha proposto di fare una cosa, lui non : stato in grado di decidere da solo se era buona o cattiva. *ap , se l'abbiamo aiutato poco in passato, ora abbiamo l'occasione per recuperare. " -entii una porta sbattere e voci che si sovrapponevano tra loro, quella di mamma sopra tutte. Nino e Nicola erano arrivati e io dissi a mio padre che andavo da loro in cucina. L, ormai non potevo fare pi/ nulla per Nicola, quello che avevo da dire l'avevo detto.

14. Lungo il viaggio, per tre volte dovetti chiedere a Nino di fermarsi &li scossoni della macchina mi procuravano una forte nausea e in quei momenti avevo bisogno di una sosta per poter prendere una boccata d'aria. Nino era sinceramente imbarazzato per il mio malessere, era stato lui a propormi con insistenza un 8ee5 end in auto fino a -chaffhausen, ma non aveva messo nel conto, n3 del resto l'avevo fatto io, che un viaggio in auto nel mio stato mi avrebbe procurato forti nausee. (ontinuava a chiedermi scusa e, dopo ogni sosta, a domandarmi come stavo. Io non volevo rientrare a casa, anche se lui seguitava a chiedermelo, perch3 il programma del 8ee5 end mi piaceva , una giornata a -ciaffusa, notte in un alberghetto in citt e il giorno dopo sulla via del ritorno ci saremmo fermati dai miei e da mia sorella a *faffi5on. *er fortuna le ore di viaggio fino all'estremo nord della -vizzera non furono molte e, sia pure dopo numerose interruzioni, finalmente arrivammo a

destinazione. (amminare per le vie di quella stupenda citt , tra i suoi palazzi rinascimentali ornati di affreschi e di sculture, mi fece stare meglio + la giornata era serena anche se un vento di tramontana frustava la faccia come lo scudiscio sull'anca di un cavallo, ma cercando riparo nei vicoli stretti e con la mano di Nino a stringere sempre la mia mi sentii rinascere. Nel pomeriggio andammo al vicino paese di Neuhausen a vedere le cascate del 6eno, 141 quando possenti volumi di acqua furiosa precipitano rapidi nelle ampie cascate con un fragore inquietante. % l, ingoiando a pieni polmoni quell'aria satura di spuma, ebbi la sensazione precisa di quanto il mio vivere fosse determinato dagli istinti della natura. La sera cenammo nell'alberghetto lindo e decorato con motivi ornamentali rosa corallo nel quale avremmo passato la notte. (i serv la cena il proprietario, una specie di &argantua vestito nel pi/ classico dei costumi svizzeri , pantaloni di fustagno marroni, camicia di flanella scozzese e bretelle rosse larghe dieci centimetri. Il &argantua, ?scar ci disse di chiamarsi, portava due grossi baffi a manubrio, biondi e probabilmente induriti dal sego, ed aveva modi di fare cortesi, ma per nulla servili. %ra dotato di una grazia fine e romantica appartenuta ad altri tempi. 2uando giunse al nostro tavolo portando la zuppa di verdure con pancetta camminava leggero come una gazzella e canticchiava una canzoncina delle montagne della -ch8arz8ald nel suo dialetto quasi incomprensibile + cantava con una voce dolce, quasi in falsetto, a dispetto della sua mole titanica, e pareva il ritratto vivente del nonno di ;eidi 0 !orn$ per servirci una fonduta di formaggi con contorno di patate e porri e, adattando le parole alla musica di montagna, pos$ il piatto davanti a me e mi cant$ , 2uesto : per voi, mia leggiadra principessa dagli occhi incantevoli, e quest'altro per il vostro principino dall'aspetto coraggioso e dall'aria malinconica 0 " 6idemmo tutti e due di gusto e giocammo con la metafora di ?scar fino alla fine della cena , Nino era il principino ed io la principessa, e ci davamo del voi.

-cendendo lungo la statale KI verso Finterthur e 7urigo, non avvertii neppure un vago sintomo di nausea. 2uel giorno sarei stata benissimo, sia di salute che di umore, lo capii appena mi alzai di buon mattino e scesi con Nino, dopo aver fatto una doccia io e lui insieme, a fare colazione. ?scar ci aveva preparato di tutto, caff: lungo, latte, nuss5ipferl, salumi di vario tipo e spremute di frutta. (i ingozzammo come se fossimo digiuni da settimane, e baciammo ?scar promettendogli che saremmo tornati presto. " !orneremo quando saremo in tre 0 " gli disse Nino nel suo tedesco ancora stentato. -ole e tramontana del giorno prima avevano ceduto il posto ad una pioggia sottile che cadeva senza tregua da un cielo plumbeo, quel tipo di pioggia che al mio paese chiamano ##agna vellane. L'auto procedeva piano a causa dell'asfalto viscido e cos il viaggio fu tranquillo, e dopo nemmeno due ore

arrivammo a *faffi5on dove, a casa di (aterina, ci attendevano mamma, pap , mia sorella e la piccola %l=. 'i fecero tutti una gran festa e tutti vollero toccarmi la pancia che si era fatta turgida e soda, ed %l= ci tenne a lungo appoggiato l'orecchio per sentire i movimenti del piccolo che portavo dentro. %' troppo presto " le dissi. " Ancora non si muove, bisogna aspettare qualche settimana, e allora lo sentirai scalciare come un mulo. " (aterina mi aveva preparato un bauletto con dentro le tutine che erano state di %l=. " -periamo che sia femmina, 'ari', cos potrai mettergli anche le tute e i pigiamini rosa, se invece sar maschio pazienza 0 " Il regalo pi/ bello me lo fecero mamma e pap , una carrozzina nuova, del tipo che si trasforma per tanti usi. *ranzammo insieme in un clima di grande allegria, cucina di mamma come sempre ottima. 'io padre vedeva Nino per la seconda volta, ma la prima era avvenuta in una circostanza particolare, il primo incontro tra me e mio padre dopo quattro anni, perci$ non faceva 142 testo. 2uella era la prima vera occasione in cui i due si incontravano ed io, conoscendo i carattere di pap cos protettivo nei miei riguardi e sempre pronto al sospetto, temevo potesse nascere qualche contrasto. Avvenne esattamente il contrario, perch3 loro due fraternizzarono in fretta come se fossero vecchi amici + Nino, che aveva lasciato 6ionero da poco pi/ di un anno, raccont$ i fatti recenti del paese e allora pap gli chiese notizie degli amici che ancora vivevano l. Nino rispose a tutte le sue domande, dimostrando di conoscere tutte le persone di cui pap desiderava sapere le sorti, comprese quelle che in realt non conosceva affatto. Le paure che avevo su quell'incontro erano infondate , forse avevo sottovalutato la sensibilit di Nino e la sua capacit di farsi voler bene. Nel pomeriggio il gruppo si sfald$, pap propose a Nino una passeggiata fino al lago cos avrebbero continuato la chiacchierata e mamma port$ %l= a giocare ai giardini pubblici. Io preferii restare in casa, sdraiata a riposare sul divano, con (aterina a farmi compagnia. " %' stata una bella rimpatriata. " mi disse mia sorella appena rimanemmo sole. " &i , come ai vecchi tempi. 'ancava solo Nicola. " " A proposito, sai come se la passa . " " -, lo sento spesso, sta abbastanza bene. )ove si trova lo trattano bene, non come un detenuto ma come l'ospite in un collegio, almeno cos dice lui. % poi dice che sta imparando il mestiere di giardiniere, e a quanto pare gli piace molto. !u lo senti mai . " " 'ai. *referisco non chiamarlo. Non desidero parlare con lui. " " % perch3 . %' tuo fratello.... " " 1uoi che non lo sappia . %' mio fratello ma non voglio pi/ sentirlo. "

Intuii che c'era qualche risentimento profondo in lei, forse era rancore o forse paura. " (aterina, tu ti vergogni di lui . " - Non : soltanto vergogna. (': anche quella, ma c': soprattutto rabbia in me. Nicola non doveva comportarsi cos. Io non riesco a trovargli delle scusanti. -ono indignata per quello che ha fatto nostro fratello. " - Non puoi sforzarti di comprenderlo . ;a sbagliato, l'ha fatto una volta e la sta pagando. ;a fatto una cazzata, : vero, per$ la colpa : un po' anche nostra che non abbiamo capito prima il suo disagio. " - No 'ari', la colpa : solamente sua, : lui che : andato contro la legge. -i : messo contro l'ordine di questo *aese che ci ospita, ha mancato di rispetto alla famiglia e alla gente di qui. -ta pagando, s, le autorit l'hanno condannato a un anno di pena, ma la mia condanna : molto pi/ lunga, non so se riuscir$ mai a perdonarlo. " - )io quanto sei dura, (ateri'. Nicola ha solo vent'anni, ha tutto il tempo per riscattarsi, ma non lo potr fare se noi gli voltiamo le spalle. !utti hanno diritto a una seconda possibilit , non : giusto che lui porti la croce per tutta la vita. " - Io non la penso come te, 'ari'. &li errori qui non sono ammessi + fossimo stati in in Italia lo si poteva perdonare, ma qui no. 2ui siamo in -vizzera e ci dobbiamo comportare da svizzeri, non da italiani. " - (ateri', ma ti rendi conto di quello che dici . -vizzera o Italia, noi siamo noi 0 (on i nostri difetti e i nostri limiti, e anche con le nostre insicurezze come nel caso di Nicola. Non : che uno emigra dall'Italia e va in -vizzera e soltanto per questo fatto cambia completamente la sua natura e la sua storia. % pure se la cambia, la cambia in peggio, perch3 l'emigrazione lascia dei traumi profondi, specie in un bambino. (he senso hanno le cose che dici . !u pensi che in Italia si pu$ rubare e invece qui no . " - Non ho detto questo. ;o detto solo che siccome viviamo in -vizzera dobbiamo accettare senza riserve le leggi e il modo di vivere degli svizzeri. % se trasgrediamo 143 non abbiamo attenuanti. 'ari', questo : un grande popolo, e noi immigrati se vogliamo continuare a vivere qui ce lo dobbiamo meritare. " - -enti, tu parli di questa gente, degli svizzeri, come se fossero perfetti,

esseri superiori dai quali abbiamo solo da imparare. &uarda che non : cos, non sono privi di difetti, non saranno gli stessi nostri ma sempre difetti sono. La gente di qui ha una grande rigidit mentale, non ti accorgi di come schematizzano le loro vite fin nei pi/ piccoli dettagli . Non conoscono neppure l'esistenza della fantasia e il rispetto che hanno degli altri : puramente formale. 2ui ci sar anche ordine, ma : un ordine senza amore. !u continui a guardare solo due o tre tessere di un mosaico, ma ti sfugge l'insieme del disegno. (ateri', la nostra natura : diversa, noi viviamo di sentimento e di spontaneit , e a queste cose non : giusto rinunciare. " - Io ci rinuncio, invece. % prendo tutto ci$ che loro mi insegnano. 'ari', qui c': ordine, c': pulizia sia dentro che fuori, ci sono regole che tutti rispettano. % tu o le rispetti o sei fuori. Io ho fatto mie le regole e il costume di questo *aese, soltanto cos sono riuscita ad integrarmi nella loro societ . " *ensai a quel punto che sarebbe stato meglio che rimanessi zitta. *ortavo avanti una gravidanza non facile, dovevo evitare tanto gli strapazzi fisici quanto le tensioni emotive e una discussione accesa con mia sorella, che avrebbe potuto degenerare in lite, era meglio scansarla. Avrei potuto passare sopra alle sciocchezze che stava dicendo (aterina e pensare solo a me e al mio bambino. 'a non lo feci, perch3 avrebbe significato perdere per chiss quanto tempo la possibilit di avere un dialogo con mia sorella. % io questo non lo volevo, anche se quello che c'era stato fino a quel momento era un dialogo tra sordi. " (ater, io ti voglio bene, e se ora ti dico delle cose non : certo per ferirti, ma per aiutarti a capire meglio. (aterina, tu non ti sei integrata nella societ svizzera, ti sei semplicemente omologata ad essa. !u porti ancora dentro di te tutta la cultura della nostra terra, ma la tieni nascosta anche a te stessa, sepolta in un angolino della coscienza. 'a quei valori li hai ancora tutti addosso, e tu non li metti in discussione mai. Non fai mai i conti con la tua natura, la ignori e basta. )a piccola ti hanno trasportata, come me, in questo paesino svizzero e sei stata messa di fronte a una realt che : quanto di pi/ lontano esista rispetto a quella delle nostre radici. La tua reazione istintiva : stata di adattarti in fretta alla nuova realt , senza cercare di capirla, senza mettere a confronto i valori che abbiamo conosciuto qui con quelli che ci hanno trasmesso i nostri genitori. !u hai

evitato questi confronti e alla fine ti ritrovi ad essere un'italiana del sud che pensa come una svizzera. - !i sbagli cara sorella. Io mi sono integrata perfettamente, amo questo *aese pi/ del mio d'origine, mi piace il modo di vivere di questa gente e ho deciso da tempo di diventare uguale a loro. Io non mi sento affatto italiana, anzi gli stili di vita degli italiani, il loro modo antiquato di pensare, o i loro valori come dici tu, io li detesto. % li ho rigettati, non ne voglio nemmeno sentire parlare. " %ra una conferma evidente che avevo visto giusto. (aterina aveva passato tutta la sua vita da emigrante a osservare senza giudicare i comportamenti degli svizzeri, al solo scopo di diventare simile a loro, perch3 questo era il solo modo che lei aveva saputo trovare per superare la paura del nuovo. % la cosa triste : che c'era riuscita. Non avevo molto altro da dire e non sapevo come finire la discussione, ma l'arrivo di mamma e di %l= mi trasse dall'imbarazzo. 144

15. -ono seduta al tavolo della cucina di casa mia e sto scrivendo. -ono sola, Nino : al lavoro e non torner che per l'ora di cena, e io sono a casa perch3 sono in congedo di maternit , in $uttershafturlau#, come lo chiamano qui. !ra un mese o forse meno nascer il mio bambino, o la mia bambina, ancora non si sa. 'a per me non ha nessuna importanza se sar maschio o femmina, spero solo che sia sano. )urante il giorno mi annoio, sto quasi sempre in casa sola ed esco poco, soltanto per quel po' di spesa che mi serve con urgenza, vale a dire la farmacia e il fruttivendolo, perch3 mi : venuta una voglia irresistibile di noci. A tutto il resto pensa Nino, che : felice pure lui per la nascita imminente ed : premuroso verso di me con una tenerezza commovente. -crivo una lettera a mamma e pap , perch3 mi : venuto il desiderio di mettere per iscritto i miei sentimenti e le mie emozioni + potrei dire le stesse cose per telefono, ma trovo che scrivere sia meglio, posso esprimermi senza essere interrotta e non rischio di dimenticare qualcosa di importante. % poi quella che sto scrivendo : la seconda lettera indirizzata ai miei genitori, l'unico precedente accadde cinque anni fa, quando una notte scrissi loro che scappavo di casa, e ora desidero che i miei leggendo questa lettera scordino quella di prima. B(ari pap e mamma, credo di non aver mai trovato l'occasione di dirvi, con tutta la franchezza di cui sono capace, quanto vi voglio bene e come sono fiera di aver avuto due genitori come voi. La felicit che sto provando in questo

periodo della mia vita, accanto ad un compagno che amo e in attesa di mettere al mondo un figlio desiderato, mi permette di ripercorrere con serenit le tappe dei miei venticinque anni di vita e di scoprire quanto voi due siate stati importanti. -iete stati dei genitori magnifici, perch3 mi avete insegnato con l'esempio che la famiglia : il bene pi/ grande che possiamo avere. -ono cresciuta sotto un'educazione molto rigida, fatta di divieti e proibizioni, ma le vostre imposizioni, che pure ho detestato per anni e alle quali mi sono ribellata, non solo non mi hanno condizionata, ma al contrario mi hanno insegnato ad essere spontanea, a dire sempre ci$ che penso senza esitazioni. % mi hanno permesso di capire che qualunque cosa si desideri la si conquista solo lottando e a prezzo di sacrifici. 1oi mi avete messo nel cuore i buoni sentimenti e nella testa la convinzione che essi siano la sola cosa che deve guidare le nostre azioni. )evo a voi la mia determinazione a camminare nella vita a testa alta, rispettando gli altri pur senza sentirmi inferiore a loro. 1i devo molto, siete il mio passato, il mio presente e sarete sempre il mio futuro. 1i voglio veramente tanto beneC. 6ileggo ci$ che ho scritto, ci penso e faccio una correzione. (ancello il Bvi voglio beneC, e scrivo , vi amo, come si usa dire da queste parti. Nella lingua tedesca il termine lie#e definisce qualunque tipo di amore, quello tra un uomo e una donna non meno che quello per i genitori o per i fratelli o i figli. %' pi/ schietto e meno ambiguo, non sottintende gradi diversi di amore, come fa invece la lingua italiana distinguendo tra amare e voler bene. 0ie#en significa amare in senso universale, e questa : una delle cose che mi piacciono di questo *aese e dei suoi modi di esprimersi, e ho deciso che d'ora in poi user$ sempre la parola amore. Non : la sola cosa che di questo popolo ho imparato ad apprezzare, ce ne sono tante 145 altre. (': il rispetto per l'altro, che gli svizzeri manifestano, magari con il silenzio, pi/ frequentemente di quanto gli immigrati normalmente non pensino. (': il pensiero mite di queste persone spesso chiuse nel loro riserbo, ma quasi sempre sincere e leali, e c': la quiete delle loro foreste, ma anche delle loro citt . % poi la loro coscienza civica, radicata e inossidabile, forse il risultato pi/ tangibile della 6iforma protestante + da secoli i credenti nella (hiesa riformata sono allenati all'interpretazione della Bibbia senza la mediazione del sacerdote, e questa pratica li ha sempre pi/ spinti ad assumersi delle responsabilit e ha fatto di loro uomini razionali in grado di discernere da soli il bene dal male. -ono, allo stesso tempo, molto critica nei riguardi di altri aspetti del vivere degli svizzeri. Non : difficile scorgere nella loro quotidianit misurata e frugale i limiti di una cultura statica, richiusa su se stessa e scarsamente ricettiva di stimoli esterni. La cultura svizzera assorbe poco o nulla di quella degli immigrati che ormai giungono sul suo suolo da ogni angolo d'%uropa + : questa impermeabilit al pensiero esogeno a spingere il popolo svizzero su posizioni conservatrici. Il mio amico ;ans ;eberle mi racconta che i suoi antenati hanno creduto per quasi cinque secoli nella teoria della predestinazione + pure ;ans, oggi, ci crede. I suoi avi pi/ remoti hanno vissuto senza sapere neppure per un solo giorno se erano predestinati al bene oppure al male, e questa incertezza era

causa di un insopportabile disagio interiore. (on che animo si passano le giornate lavorando, pensando e crescendo i figli, senza poter sapere nulla del proprio destino ultraterreno, e senza nemmeno contare su una cattolica confessione che ti assolva dai peccati che hai commesso e dispensi la salvezza . 2uesto si chiedevano gli antenati di ;ans, e la loro inquietudine non veniva placata semplicemente con un comportamento onesto verso )io e gli uomini, non bastava essere probi, perch3 l'esserlo non infondeva di per s3 nessuna certezza , i buoni comportamenti, mi conferma ;ans, sono inefficaci ai fini della grazia divina. ?ccorreva di pi/, occorreva un segno percepibile qui, nella vita terrena, che tu indipendentemente dalle tue azioni eri destinato alla vita eterna. % questo segno lo trovarono nel successo che molti uomini conseguivano nella loro attivit lavorativa o nella vita di comunit . %cco, il successo era il tanto atteso presagio. &li uomini che avevano successo erano gli eletti, quelli predestinati al bene, perch3 l'affermazione nella vita terrena significa che )io : con te, : al tuo fianco qui e poi. Aiutati che )io t'aiuta, dice un detto diffuso anche in Italia, ma da queste parti il vecchio adagio : diventato scienza. 'a al successo consegue inevitabilmente la ricchezza, e a quel punto nascono i problemi. Il legame tra stato di grazia e successo si evolve attraverso i secoli in una pi/ pragmatica connessione tra predestinazione al bene e ricchezza + gli svizzeri ricchi non sono pi/ soltanto le persone pi/ felici, diventano anche, fra tutti i membri della comunit , quelli che sono pi/ vicini a )io. %' un geniale pensatore svizzero come )urrenmatt a mettere a nudo alcune meschinit della societ calvinista elvetica che ritiene che i ricchi abbiano un rapporto privilegiato con )io. L'esaltazione della ricchezza come valore spirituale oltre che materiale generer il cupo inverno della civilt svizzera, capace ancora oggi di creare mostri di egoismo.

Adesso mi riposo un po', il mio bambino sta scalciando come un puledro nel recinto della mia pancia, forse perch3 le mie riflessioni amare mi hanno lasciato una folata di pessimismo. 146 'i devo occupare un po' di lui ora, devo rilassarmi e rilassare anche il piccolo, che non si deve preoccupare di questi problemi ancor prima di nascere + avr tutto il tempo di farlo poi. -e sar maschio, il mio bambino si chiamer &iona, cos ricorder finch3 vivr che : possibile rinascere anche dopo un lungo periodo trascorso in un tunnel senza luce n3 vita. Io e Nino non abbiamo ancora deciso il nome nel caso nascesse femmina. Abbiamo preferenze diverse, a me piacerebbe &iulietta, cos da non dimenticare mai che per amore si pu$ dare tutto, anche la propria vita + lui invece preferirebbe 1elia, perch3 ha scoperto che significa proveniente dalla 0ucania. 1orr dire che se sar una bimba si chiamer &iulietta 1elia (ancellara. -orrido, oddio che nome altisonante 0 pare quasi di nominare una contessa 0 'a in fondo : giusto cos, perch3 sar davvero una contessa. -ola, in questa casa silenziosa, non riesco tuttavia a stare senza pensare. 'i

viene alla mente che proprio ieri : arrivata la lettera con cui il (omune di Berna mi comunica che la mia domanda per avere la cittadinanza svizzera : stata accolta. L'ho richiesta due mesi fa, dopo che avevo acquisito il diritto a diventare svizzera. 1eramente il diritto l'ho acquisito da sette anni, ma non ho voluto esercitarlo subito. ;o preferito prendere tempo per riflettere su cosa significasse per me diventare cittadina svizzera, e solo alla fine decidere. Anche se la Legge che imponeva la perdita della cittadinanza italiana al momento di ottenere quella svizzera : stata abrogata, ho voluto comunque pensarci a lungo. % ora, dopo sette anni, mi sono decisa. Non : soltanto perch3 il mio bambino che sta per arrivare potr nascere svizzero se almeno uno dei genitori lo :, ma : soprattutto per me stessa che ho voluto riflettere per tanto tempo, : per capire chi sono. -ono un'italiana che vive qui da diciassette anni, per$ non mi sento veramente italiana + non mi sento neppure svizzera, : ovvio, ma allora cosa sono . Nei momenti di pessimismo penso di essere una via di mezzo, un ibrido o una bastarda che non sa da che parte stare, mentre nei momenti allegri mi piace pensarmi come un albero che ha le radici dentro la terra e le foglie esposte ai venti. % allora, mi sono detta due mesi fa, se davvero sono una meticcia tanto vale regolarizzare il mio stato e prendere anche la cittadinanza svizzera. (os sar$ italiana e svizzera, o meglio, nessuna delle due. Lo so che i sentimenti che si agitano dentro di me e che mi hanno spinta a chiedere il passaporto svizzero sono pi/ profondi, ma ancora non mi sono perfettamente chiari. 9orse lo saranno quando crescer$ il mio bambino, quando lo accompagner$ a scuola e parler$ con gli insegnanti e la sera chiacchierer$ con lui in tedesco mentre gli insegno una lingua pi/ bella, dolce e musicale. 'a adesso : ancora troppo presto per capire e posso spiegare la mia scelta solo come dettata dall'istinto. Il mio istinto, di cui ho la massima fiducia, mi ha suggerito di avere due passaporti e io l'ho seguito. % pazienza se avr$ due passaporti, ma nessuna bandiera. #na domanda che mi faccio spesso : , io sono riuscita ad integrarmi in questa societ straniera . Ancora non sono capace di darmi una risposta. Anche perch3 non sono neppure certa di sapere cosa significhi integrarsi. -o soltanto che da quando ho messo piede in questo *aese non ho mai cessato di osservare i comportamenti della gente che lo abita da secoli + per anni li ho esaminati, studiati, ho indagato ogni dettaglio del loro modo di vivere, ho letto a fondo le opere dei suoi scrittori pi/ lucidi e alla fine ho imparato a conoscerli e a capirli. Allo stesso tempo ho meditato sui valori della mia Lucania che mi portavo dentro , alcuni li ho condivisi e accettati, ma molti altri li ho respinti. Io non ho rifiutato i modelli di vita svizzeri come hanno fatto mio padre e mia madre, ma nemmeno li ho subiti come mio fratello, n3 li ho assunti acriticamente come mia sorella. -ono arrivata fin qui cercando di vivere la realt che ho intorno senza mai smettere di pensare con la mia testa, senza compromessi con la mia personalit , e con una coscienza 147 critica tanto verso gli svizzeri quanto nei confronti di me stessa. ;o cercato di muovermi come il lupo quando si trova fuori dal suo territorio. % mi sono accorta che io e questa realt col passare del tempo eravamo sempre meno estranei una all'altra. 2uesto significa essere integrata . Ancora non lo so, avrei bisogno di una conferma, per$ io credo di esserci quantomeno arrivata vicina. (erte volte penso che l'integrazione del migrante in una societ straniera sia

paragonabile alla mutazione del bruco in una falena. La falena sfilaccia la seta che l'avvolge ed esce dal bozzolo, e solo quando : fuori scopre una realt diversa , non striscia pi/ ma ha le ali e pu$ volare, guarda il mondo dall'alto e non pi/ dal basso, ha nuovi nemici e si nutre di cibi nuovi, la sua vita ora : fatta di fiori dai mille colori e non pi/ di foglie verdi. &razie al suo imprinting, la falena esita qualche secondo poi muove le ali e vola via, e immediatamente la sua corta vita si adatta alle sue nuove forme. % del suo passato sopravvive soltanto il ricordo. Anche l'emigrante che si trova a vivere in una terra lontana deve imparare a volare. _______________

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