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SCUOLA NORMALE SUPERIORE DI PISA

Laboratorio di Storia, Archeologia e Topografia del Mondo Antico

QUARTE GIORNATE INTERNAZIONALI DI STUDI SULLAREA ELIMA


(Erice, 1-4 dicembre 2000)

ATTI I

Pisa 2003

Il presente volume stato curato da Alessandro Corretti.

ISBN 88-7642-122-X

INSEDIAMENTI ELLENISTICI NELLA SICILIA OCCIDENTALE. IL CASO SEGESTANO


FRANCO CAMBI

I dati che qui presento provengono dallesperienza del progetto della carta archeologica di Segesta-Calatafimi. Nellambito di questo progetto sono stati rinvenuti 475 siti archeologici in unarea complessiva di ottanta chilometri quadrati, intensivamente indagata attraverso la ricognizione. In questa pratica della ricerca vengono normalmente a sommarsi due difficolt, una di carattere descrittivo ed una di carattere interpretativo. Alla prima difficolt si pu far fronte applicando una serie di paradigmi analitici, sui quali non star qui a dilungarmi, utili a chiarire gli aspetti quantitativi e metrologici dellinsediamento (sue dimensioni e forme), gli aspetti cronologici (sua durata nel tempo) ed eventualmente gli aspetti morfologici, quali possono essere desunti dai tipi di materiali da costruzione rilevati. Se queste istanze ottengono risposte corrette alcune inferenze potranno essere fatte sulla tipologia insediativa (casa, villaggio, villa, tomba) e sul momento storico di pertinenza. Questa fase di analisi e di datazione dei siti, spesso tanto diversi per tipologia e per ambito cronologico, ha richiesto tre anni di lavoro e, soprattutto, un gran numero di competenze e di approcci interdisciplinari1. Mi pare tuttavia che questo sia il solo modo per potere avviare la ricerca verso la sua naturale conclusione, ovvero ledizione scientifica. Ben diverso , invece, il problema dellinterpretazione avanzata, laddove una definizione chiara del ritrovamento non potr non utilizzare, anche se con le dovute cautele, categorie terminologiche antiche. Quel che pi difficile trovare il giusto

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punto di contatto fra pochi documenti letterari, spesso, ad un primo esame, non troppo precisi, e una massa di documenti archeologici, talvolta abbondanti per quantit e qualit. Per loro stessa natura i secondi rischiano di essere fin troppo precisi, nel senso che tendono a rafforzare in maniera anche troppo netta i dati provenienti dalle letterature. In questi casi il rischio pi grande per larcheologo quello di sovrastimare i dati delle fonti letterarie, o, al contrario, di affossarli in modo anche clamoroso perch del tutto in contrasto con le fonti archeologiche. Il paradigma indiziario, pur sempre una delle colonne portanti del procedere della conoscenza archeologica, va usato sempre con la dovuta prudenza, a maggior ragione quando lindizio effettivamente tale. Pochi frammenti di ceramica sparsi in un campo rappresentano un contesto decontestualizzato, certamente pi provvisorio di un gruppo scultoreo o di una stratificazione ben conservata eppure, una volta esposti i limiti di questa documentazione, non possiamo gettarla via ma provare a inserirla in sistemi di informazioni pi stabili ovvero a sottoporla ad una sorta di stress di verifica. Se il sistema la accetta e la ingloba, senza forzature, si pu continuare a lavorare in tal senso. In caso contrario, sar il sistema stesso a segnalare che, incongruamente, si raggiunto un punto critico2. Accanto alle molte analisi su dati puntuali raccolti nelle campagne, si possono oggi aprire o, se non altro, impostare, alcuni momenti di sintesi, ovvero tentare di vedere in quale modo abbozzare una sorta di percorso dellinterpretazione per i molti documenti archeologici inediti. Lo scopo sar appunto quello di chiamare con un nome antico un ritrovamento fatto da noi e in ci stesso risiede il fascino e il rischio: nel tentare di descrivere lantico non nei limiti entro i quali noi siamo capaci di descriverlo ma nel pi ampio ambito della percezione che gli antichi ebbero del loro stesso paesaggio. Fino ad oggi la nostra visione dei paesaggi antichi stata, forzatamente, poleocentrica. Questo anche giusto e corretto anche se, non va dimenticato, la base della ricchezza e delle accumulazioni che rendono possibile laccrescimento e labbellimento delle citt antiche , molto spesso, la terra e il buon uso

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che di questa risorsa viene fatto. In questo contributo si tenter una schematizzazione dei dati relativi alla chora segestana fra il IV e il II secolo a.C., basando il ragionamento su due concetti: quello di casa e, in secondordine, quello di villaggio. Prendiamo il caso della colonizzazione romana. In una ricognizione condotta in un territorio dellItalia centrale si rinvengono spesso molti insediamenti attribuibili al periodo di questa o quella deduzione coloniaria. Se, nella maggior parte dei casi, non si esita a definire villa una lussuosa dimora tardorepubblicana di rango senatorio, quando si deve definire il ritrovamento corrispondente alla dimora del colono romano o latino, sorgono improvvisamente numerose titubanze. Da queste discendono alcune terminologie pi o meno improprie: fattoria, villa rustica, addirittura podere. In realt c un termine che in latino designa esattamente la casa del colono: casa, nella pi semplice accezione, indicata da molte fonti (Cicerone)3, anche preferibile allalternativa domus rustica, utilizzato come corrispettivo di domus (urbana) e quindi in qualche modo condizionato dalla necessit di ribaltare la prospettiva di osservazione. Fra laltro, occorre tenere presente che i nostri scrittori, in gran parte di et tardorepubblicana, furono spesso di estrazione cittadina (per non dire urbana) e costantemente proprietari di ville, che essi consideravano per quello che erano, ovvero modelli di piccole citt trapiantate in campagna per consentire ai proprietari il distacco dagli amati agi urbani. Nel caso della villa, la tipologia insediativa deve necessariamente sposarsi con lambiente, inteso come fonte di bellezza intrinseca ma soprattutto come paesaggio agrario evoluto e quindi, nellottica dei personaggi, trasformato in giardino-piantagione, dove alla ricchezza delle architetture doveva rispondere lelaborata articolazione delle aiuole e delle colture. Ci si spesso chiesti quali siano i prodromi della villa romana e sulla base di quali esperienze pot essere costruita lidea della villa perfetta che ossessiona le pagine di Varrone. Carandini, nel noto saggio sulla villa romana del 19894, intravedeva la possibilit di un apprendistato romano in Sicilia e in Africa coincidente con le operazioni militari della prima guerra punica. Penso che lintui-

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zione, nelle sue linee generali, fosse giusta anche se, necessariamente, da contemperare alla situazione contingente5. 1. Diodoro Siculo e lepaulis Una delle nostre principali fonti per la storia della Sicilia ellenistica Diodoro Siculo. Questi appartiene in maniera troppo diretta al mondo tardorepubblicano per potere essere accolto come testimone diretto delle et tardo-classica ed ellenistica e necessita quindi di alcune considerazioni6.

Tab. 1. Luso del termine e[pauli" in Diodoro Siculo.

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Vi sono due termini costantemente citati da Diodoro: epaulis (Tab. 1) e agroikia7 (Tab. 2). Il primo, che gode di maggior fortuna presso lo scrittore, usato nella maggior parte delle citazioni per indicare una dimora agricola architettonicamente evoluta e normalmente circondata da giardini e da horti particolarmente belli e attraenti8. Laltro sembra indicare una residenza di campagna, forse priva di giardini ma comunque interessata da belle decorazioni architettoniche (stucchi in Diod., 20, 8).

Tab. 2. Luso del termine ajgroikiva in Diodoro Siculo.

Dimostrato, da Diodoro stesso, il tono alto di queste costruzioni, va considerato un secondo, fondamentale aspetto: il regolare collegamento fra evoluzione architettonica, arte topiaria e piantagione. Laspetto di giardino di questi insediamenti non si esauriva, infatti, nellinsediamento stesso ma si estendeva alla campagna circostante. I tipi di colture pi citati insieme con le epauleis e le agroikiai sono, nellordine, il vigneto, loliveto e la piantagione degli alberi da frutta. I luoghi delle operazioni meglio individuati sono: lArgolide, lAttica, il Peloponneso e la chora acragantina. Nello specifico non viene fatto alcun riferimento alla Sicilia elima, della quale lo stesso Diodoro parler con dovizia di particolari nella circostanza delle guerre servili. La cronologia delle citazioni diodoree pare, almeno ad un primo esame, poco illuminante. La citazione delle epauleis ha inizio allindomani della battaglia di Imera, prosegue con una devastazione del territorio operata dagli Ateniesi in Argolide, nel 437 a. C., si concentra negli anni della guerra del Peloponneso e infine negli

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ultimi dieci anni del IV sec. a. C., prima di comparire nuovamente in relazione alle vicende siceliote della fine del II sec. a. C. Un dato che qui preme particolarmente sottolineare la ricchezza, si direbbe proverbiale, della chora acragantina a prescindere dal periodo storico. Nella prima met del V sec. a. C., nel corso della guerra del Peloponneso e in epoca agatoclea, questo comprensorio non cessa di stupire per la sua feracit. Dopo il 480 a. C. Gelone in grado di inviare una quantit di schiavi punici nelle piantagioni di Agrigento, dove esistevano addirittura dei vivai (di viti), estese colture e piantate di alberi di ogni tipo. Nel 406 a. C., in piena guerra di Sicilia, gli Acragantini sono costretti a indietreggiare di fronte ai Cartaginesi di Annibale e a portare i raccolti allinterno delle mura. Il loro territorio , allepoca, incredibilmente prospero e arricchito da vigneti eccellenti per estensione e bellezza. La maggior parte del territorio piantata con olivi da cui si traeva abbondante raccolto, che veniva venduto a Cartagine. Un commento merita, infine, il passo relativo alle imprese di Agatocle degli anni 311-310 a. C. Lattacco del tiranno alla citt di Megalepolis (in Africa) ambientato in uno scenario rurale diviso in giardini e in piantagioni di ogni genere. Corsi dacqua immessi in piccoli canali di allevamento irrigavano ogni parte. Diodoro distingue, almeno superficialmente, due tipi di insediamenti: - le agroikai, che lo scrittore descrive come disposte in successione, lussuose e rivestite con stucco, che davano lidea della ricchezza del proprietario; - le epauleis, dotate di tutto quello che era necessario allotium, i cui abitanti per molto tempo avevano immagazzinato una abbondante variet di alberi da frutto. Di seguito si elencano inoltre mandrie di bovini e di cavalli e greggi di pecore. Infine viene spiegato il motivo di tutta questa prosperit: da quando la zona era passata al dominio (eparchia) dei Cartaginesi, che qui avevano costituito le loro propriet, le cose si erano trasformate in meglio, conclude intenzionalmente Diodoro. Anche se di ambientazione extra-siceliota, pare questo il passo pi significativo fra tutti quelli in cui Diodoro impiega il

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termine di epaulis, per due motivi. Il primo, di carattere tipologicoagronomico, risiede nella identificazione, indispensabile agli occhi dello scrittore, fra edificio architettonicamente pregevole e adatto alla apolausis e agricoltura evoluta. Nel termine apolausis, non ben traducibile, possono ben essere ravvisati concetti romano-latini familiari, quali fruitio - usus - commodum - fructus. Volendo spingere pi oltre linterpretazione, ci troveremmo di fronte alla duplice idea di fructus/delectatio, forse addirittura di otium, che nella sua forma pi matura e consapevole si avr con la villa romana tardo-repubblicana9. In questa accezione lepaulis cesserebbe di essere la semplice dimora rurale e acquisirebbe, gi nella primissima et ellenistica, i connotati di un palatium nelle campagne, con giardini e conduzioni agricole estremamente evolute, sofisticate e volte a valorizzare le specificit geografiche locali. Il secondo motivo, di carattere ideologico, ricerca specificamente nel dominio cartaginese e nel fatto che i Cartaginesi avessero qui costituito le loro propriet, lorigine della prosperit. Evidentemente i Cartaginesi rivestono, almeno agli occhi di Diodoro, il ruolo dei portatori del bonum colere di varroniana memoria. Linteresse del passo non si ferma qui. Si infatti individuata almeno unaltra progenitura da inserire nel dibattito sulla villa romana tardo-repubblicana, rappresentata, appunto, dalla piantagione punica, forse sorta in Africa, sicuramente, pare di poter dire, diffusasi nella Sicilia delleparchia e nella chora acragantina. Ora, la frequenza con cui ricorre il modello acragantino pone una serie di interrogativi. Sono state le epauleis africane a ispirare quelle siceliote o viceversa? Nella tradizione punica mediata dagli scriptores de re rustica occupa un posto significativo Magone, citato da Varrone (1, 1, 10) e da Columella (1, 1; 1, 1, 6; 1, 1, 10). Magone avrebbe insistito, nei suoi scritti, particolarmente sullimpiego a vasta scala della arboricoltura e dellallevamento-pastorizia. Si deve allora pensare che altrove fossero i bacini di approvvigionamento cerealicolo di Cartagine, magari in Libia, in Sicilia, in Sardegna? In questo caso potrebbe essere contemplata la possibilit di un antecedente modello punico nella formazione dellepaulis. Il processo , in realt,

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inverso ed lo stesso Diodoro a fornirne la descrizione. LAgrigentino, si scrive, va precocemente orientandosi verso il paesaggio della piantagione gi dopo il 480 a. C., quando le sue campagne sono dette ricche di vigneti e di alberi di ogni tipo. Nel 406 a. C. i Cartaginesi, impegnati nella campagna di Sicilia, hanno modo di verificare la prosperit della chora agrigentina, ricca di oliveti e di vigneti e tanto ferace da esportare i suoi prodotti in Africa. Sembra di leggere, in trasparenza nelle parole dello scrittore, che vi fu dunque un apprendistato siceliota anche per i Cartaginesi. La prova nel passo relativo alle imprese di Agatocle in Africa. Il paesaggio descritto e riferito al 306 a. C. sembra quasi un calco di quello agrigentino di un secolo prima. Le stesse dimore riscontrate nelle campagne di Megalepoli hanno un sapore fortemente siceliota e magno-greco, soprattutto quando si tratta di epauleis. Lepaulis sembra dunque proporsi come una tipica creazione della Sicilia classica, non originale (per evidenti parentele greche e magnogreche) ma con connotati certamente forti. In un momento che possiamo collocare fra la fine del V e gli inizi del IV sec. a. C. questo modello fatto proprio dai Cartaginesi, che lo adattano alle diverse circostanze geografiche dellAfrica del nord e ad una scala maggiore (con molti pi schiavi?). Lo sviluppo dellagricoltura punica in senso intensivo nel IV sec. a. C. avrebbe portato al raggiungimento della maturit colturale alla fine del secolo e, fra laltro, si sarebbe verificato in contemporanea con la formidabile crescita della citt10. da pensare, inoltre, che il modello abbia subito profonde modificazioni sullo stesso suolo siciliano, come dimostrerebbe la persistenza della prosperit agrigentina e geloa nel IV sec. a. C. Questa impressione , con le dovute cautele, confermata dallarcheologia, nelle sue grandi linee. Ed proprio larcheologia a farci intravedere la relativa difficolt nel reperire esempi di insediamenti in ambito punico11. 2. Larcheologia e lepaulis Il problema rappresentato dalla scarsit di esempi di insediamenti di ambito punico e dalla esigenza di ricorrere a quelli

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del mondo greco di Occidente. In prospettiva, indispensabile trovare il debito confronto fra residenza cittadina e residenza rurale anche perch, in molti casi, lesperienza cittadina procede di pari passo con quella rurale. Le prime case a peristilio (o meglio ad aule) di Megara Iblea, di Monte Iato e di Morgantina sono databili alla met del IV sec. a. C. o poco dopo12. Elemento costante di questa nuova tendenza lo spazio scoperto pi o meno esteso che, nelle costruzioni pi antiche, poteva essere anche recinto per gli animali e orto, integrando in parte le funzioni del lotto assegnato nella chora per la coltivazione.Tale spazio evolve successivamente in elemento di collegamento, fonte di luce e daria, luogo raccolto e chiuso verso lesterno. Nelle campagne siceliote lepaulis si diffonde a partire dalla met del IV sec. a. C., ovvero nel periodo di tregua in cui la Sicilia vede rifiorire i maggiori centri gi distrutti dai Cartaginesi. questo un periodo di grande affermazione dellinsediamento sparso13. La aule delle dimore rurali un cortilespazio centrale14 ai lati del quale si dispongono gli ambienti destinati alla residenza dei proprietari, alla lavorazione e alla conservazione delle derrate alimentari, al ricovero degli animali e degli strumenti. In ogni caso, lepaulis riproduce fedelmente la casa greca coloniale di et avanzata, lasciando alle spalle lesperienza delle tradizionali case a L e a pastas. Per la verit, la tradizione delle case a L non venne del tutto abbandonata e non nello stesso modo. Casi di persistenza di questa tipologia sono noti in area siracusana (Akrai e Noto)15. In ogni caso, loikos cessa di essere la semplice dimora unifamiliare per divenire unit cellulare complessa, residenziale e produttiva. Le origini del fenomeno, almeno per quanto riguarda le aree coloniali, risalgono abbastanza indietro nel tempo16. Ricerche recenti nella Sicilia orientale stanno sempre pi mostrando come case a corte anche piuttosto complesse vengano costruite gi attorno alla met del V sec. a. C.17. Passando alla Sicilia occidentale il pieno sviluppo della tendenza si ha invece dopo il 409 a. C., con la distruzione dei principali abitati (Imera, ad esempio) operata dai Cartaginesi18. Si ebbe allora un fenomeno di temporanea eclissi della citt, accompagnato da una netta tendenza

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alloccupazione delle campagne e allintensificarsi dellinsediamento sparso19. Questo, almeno, quanto emerge anche dalle ricognizioni fin qui condotte. Il momento della maturazione, almeno per ci che riguarda la Sicilia, va fissato nella matura et classica, pi precisamente in et timoleontea, ed particolarmente tangibile nellarea geloa20. Il momento avanzato (e terminale) dellesperienza della epaulis in Sicilia occidentale invece ben rappresentato dalla grande dimora di Contrada Mirabile (Mazara del Vallo)21. Ledificio infatti costruito nel II sec. a. C., ovvero in un momento in cui era ormai ben lontano lorizzonte storico delle epauleis in senso stretto. Bench la Sicilia avesse ormai da tempo superato il momento della prima romanizzazione e il momento delle grandi trasformazioni indotte da Levino, lignoto proprietario riproponeva, non senza un certo compiacimento, il modello evoluto della casa greca a corte centrale. Diverso , invece, il problema delle conduzioni agricole. Un apporto del mondo punico, fosse esso o meno di lontana matrice siceliota e agrigentina, in questo senso possibile ma, al momento, poco dimostrabile. Pare quindi preferibile ricercare eventuali modelli ispiratori nel mondo greco. Studi recenti22 hanno mostrato come fra le tanti fonti di ricchezza dellAttica fra V e IV sec. a. C. sia da annoverare lagricoltura specializzata e i prodotti agricoli di pregio per il mercato. Nel demo di Atene (sud-ovest dellAttica) vi sono fattorie ben costruite costruite, alcune con torri, macine e torchi per olio. Agli insediamenti collegato, almeno a partire dagli inizi del IV sec. a. C., un sistema di terrazzamenti, coinvolgente tutta la valle, che consente di mantenere limpianto degli oliveti, che producono su larga scala per il mercato. La ricerca in questione consente di tracciare un quadro significativo della evoluzione dellagricoltura greca nella piena et classica, limmagine di un paesaggio agrario estremamente evoluto. Contemporaneamente, in ambito magno-greco, conosciamo i risultati delle ricerche intraprese particolarmente in area ionica e adriatica23. Nellagro Segestano la ricerca aerofotografica ha consentito di individuare una serie di opere di terrazzamento o di divisione

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agraria di una certa importanza, con particolare riferimento alla fertile vallata situata fra il monte Pispisa e il monte Domingo e al vallone della Fusa, in vista del tempio. Naturalmente n la lettura delle fotografie n la ricerca sul terreno hanno consentito di datare queste anomalie. Si pu solo dire che esse pertengono evidentemente ad una fase di forte organizzazione dellagricoltura (tavv. XVII-XVIII). lo stesso Diodoro, in ogni caso, e senza parlare di epaulis, a fornire una bella immagine del paesaggio siciliano nel passaggio fra et classica ed et ellenistica24, nel passo in cui descrive lo stupore dello storico Policleto di Larissa di fronte alla cantina del ricco acragantino Tellia, tale da suscitare lispirazione per una dettagliata descrizione. Avvicinandosi al comprensorio che qui interessa, quello elimo, si gi rilevato quanto questo risulti particolarmente vivace fra la tarda et classica, let ellenistica e il II sec. a. C.25 (tav. XIX). Nelloccasione del precedente nostro contributo ericino il dato emergente con particolare nitidezza nel territorio segestano era rappresentato dalla alternanza fra fortune cittadine e fortune delle campagne nel corso dei secoli compresi fra il V e il I sec. a. C. Alla prosperit di Segesta nella prima et classica corrispondeva un sostanziale vuoto nelle campagne; al declino della citt allindomani dellinstaurarsi delleparchia cartaginese corrispondeva invece una crescita esponenziale dellinsediamento sparso (case di piccole e medie dimensioni, alcuni villaggi nelle aree periferiche); alla ripresa cittadina, inquadrabile alla met del II sec. a. C. corrispondeva un ripiegamento, relativo ma apprezzabile, del medesimo insediamento sparso. Intendo precisare che il relativo vuoto registrato dalle carte di distribuzione per le et arcaica e classica, pu anche essere soltanto apparente. Nella chora metapontina, ad esempio, le ricerche di J.C. Carter hanno mostrato i meccanismi di trasformazione di un territorio indigeno in una chora coloniale greca, ritrovando sul terreno le tracce degli stanziamenti pre-coloniali26. In genere, tuttavia, pi facile che queste fasi pi antiche siano state enucleate grazie a scavi mirati. Del resto, nella stessa Lucania, la visibilit dellethnos indigeno,

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che in ogni caso cera sempre stato, viene resa improvvisamente nitida nel IV sec. a. C., allorch un pi diffuso e pi profondo processo di ellenizzazione permea in maniera decisiva le diverse culture locali. Allora nella architettura domestica si assiste al passaggio dagli edifici del V sec. a. C., semplici e caratterizzati da spazi abitativi scarsamente differenziati, a quelli del IV sec. a. C., con spazi specializzati e differenziazione delle funzioni maschili e femminili27. Inoltre va anche considerato il diverso modo di organizzare il territorio. Fra V e IV secolo a.C., per esempio, il processo di definizione della Leukania si svolge anche grazie allaffiancamento di case sparse agli oppida, connesse con la diffusione di colture specializzate come la vite e lolivo28. In area elima, stando agli scavi condotti entro le mura di Segesta nelle architetture domestiche, sembra godere di particolare fortuna lusanza di abitare in grotta. Sulle acropoli nord e sud sono stati individuati capanne e insediamenti rupestri di et tardoarcaica e classica29. La citt rupestre quindi potrebbe avere avuto un forte potere accentratore sul popolamento, almeno in et arcaico-classica e questo potrebbe in parte spiegare la scarsit delle tracce archeologiche nel territorio circostante. Gi per let classica possono essere fatte maggiori considerazioni rispetto a quella arcaica. I siti (17 in tutto) si trovano in posizioni significative: alcuni sono poco al di fuori delle mura urbiche di Segesta, altri sono invece localizzati in zone eccentriche e talvolta strategiche (Monte Calemici, M. Pispisa, Terme Segestane, Contrada Sasi) ed hanno la caratteristica di una lunga continuit di vita. Se ci vero, non dovr meravigliarci il fatto che la ricognizione trovi poche tracce di et arcaica e classica. Accanto ad una quantit delle presenze effettivamente minore nei periodi citati, si dovr considerare una scarsa efficacia del metodo di indagine nel rilevamento degli insediamenti di tipo rupestre. Questi ultimi sono forse pi facili da individuare attraverso analisi di dettaglio di fotografie aeree a bassa quota, approfondimenti toponomastici e ricognizioni particolarmente mirate e molto intensive. comunque un fatto che la ricognizione in generale assicuri un profitto notevolissimo non appena, dopo la met del V sec. a. C., il modo di abitare in campagna si fece sempre meno elimo

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(rupestre) e sempre pi greco (case). A riprova di questo il fatto che lincremento tumultuoso dellinsediamento sparso, un secolo dopo o poco meno, viene documentato sia in superficie sia in fotografia aerea, in tutta la sua potenza. Sulla base delle conoscenze finora disponibili, sembra di potere distinguere due tipi di esperienze: una greco-coloniale ed una romana. Uno stesso tipo di casa rettangolare oppure ad L, spesso con torri, che troviamo in Grecia (nella versione a pastas) e in Italia (nella versione tipo Villa Sambuco o Tolve) produce due effetti completamente differenti. In Magna Grecia la costruzione allungata indigena sembra evolvere precocemente, anche per effetto di una precoce romanizzazione culturale, verso una tipica casa romana ad atrio: il caso evidente di Tolve30. In Sicilia la persistenza del modello magno-greco e siceliota dellepaulis tale che, ormai nella piena et romana, un proprietario siciliano costruisce la casa di Contrada Mirabile ancora seguendo quel modello di casa a corte31. 3. Il comprensorio segestano Contestualizzando i dati archeologici della ricognizione nellambito di un sistema di fonti e di documenti pi complessi ci si accorger di quanto lontano possa arrivare il discorso e quanto pi valorizzata possa essere la materia. Unarea di frammenti fittili senzaltro una generica e anonima casa contadina mentre unaltra, analoga ma al tempo stesso con caratteristiche diverse, pu essere interpretata in un altro modo: lepaulis di Diodoro Siculo. Lo scrittore fornisce unimmagine articolata di queste residenze: si tratta di case greche in tutto e per tutto, anche se mediate dallesperienza punica, con ambienti specializzati (abitazioni, stalle, depositi per alimenti) disposti attorno ad uno spazio centrale (la aule) evidentemente aperto, una corte. I passi di Diodoro relativi alle epauleis e alle agroikiai finiscono per rendere comprensibili i ritrovamenti e per collocarli in una prospettiva storica pi ampia. I dati della ricognizione consentono di intravedere il vorticoso dinamismo che caratterizz le campagne della Sicilia occidentale fra il IV e il II sec. a. C. Il

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problema , semmai, quello di rendere percepibili le diverse articolazioni della tipologia insediativa. Nella fase finale dellet classica si avverte, sensibilmente, la crescita dellinsediamento rurale. Si diffondono nelle campagne segestane e soprattutto intorno a Segesta, piccoli insediamenti rurali di carattere permanente posti in posizione dominante (in cima alle colline, su lievi pendii, su pianori). Una prima domanda sorge spontanea: esiste un nesso fra la temporanea eclissi della citt e questo crescente successo delle campagne? Intanto si dovr constatare come un qualche rapporto sussista fra gli eventi della storia istituzionale e il succedersi del paesaggio contestuale. La fitta occupazione delle campagne sembra inaugurarsi allindomani degli sconvolgimenti che caratterizzano gli ultimi anni del V secolo a.C. e i primi del IV sec. a. C. (inizio del processo di punicizzazione della Sicilia occidentale). La supremazia punica in questa parte della Sicilia, sancita dal trattato del 405 a. C. e ribadita da quello del 374 a. C., trova riscontro, a livello di cultura materiale, nella presenza di anfore puniche che si diffondono in maniera sempre pi ampia proprio nel corso del IV sec. a. C. anche se in maniera discontinua. Queste anfore rappresentano il segno tangibile di contatti abbastanza stretti con la Tunisia e di un consolidamento dellleparchia, consolidamento che dovette concretizzarsi soprattutto dopo la conferma del trattato, nel 374 a. C.32. Il paesaggio subisce profondi cambiamenti proprio nella fase di passaggio fra let classica ed ellenistica. Basti pensare che quasi il 50% dei siti rinvenuti durante la ricognizione sono datati in et ellenistica o comunque hanno una fase di vita in questo periodo. Di questi ritrovamenti solo il 25% possono essere considerati come frequentazioni extrasito, trattandosi per la maggior parte di siti stanziali a carattere permanente. Lalta densit insediativa si riscontra in tutte le zone prese in considerazione, in particolare nei dintorni della citt di Segesta, e la componente dominante del paesaggio periurbano e rurale , in questo periodo, la casa. Per obiettivit, nella classificazione interna al progetto (Tab. 3), sono stati interpretati come casa1 i ritrovamenti relativi a

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insediamenti piccoli e caratterizzati da scarsa monumentalit, almeno sulla base dei ritrovamenti di superficie. In queste case pi modeste doveva risiedere un ceto medio estremamente collegato e inserito nella vita cittadina, come sembra dimostrare la tendenza di queste dimore a scegliere siti di insediamento prossimi a Segesta. Lattivit economica di rilievo sembra essere in questo caso lallevamento ovino, accanto allovvia agricoltura di sussistenza con qualche margine di surplus in virt della favorevole congiuntura agronomica. Si tratterebbe comunque di case di campagna unifamiliari. Ben diversa invece la categoria delle case2, pi grandi e, apparentemente, pi ricche e articolate. Anzitutto importante la localizzazione di queste case, situate spesso presso corsi dacqua e generalmente ben collegate alla viabilit principale. Case di questo genere, come si accennato, sono state scavate in diverse zone della Sicilia, in particolare nel fertile retroterra di Gela (Manfria, Milingiana, Contrada Priorato)33 e nella zona tra Acri e Noto (Contrada Aguglia). Per larea in questione, purtroppo, non sono disponibili scavi altrettanto illuminanti. In linea di massima, e con le debite cautele, sembra per riscontrabile una generale corrispondenza tra i siti scavati nella Sicilia orientale e le Unit Topografiche individuate nei dintorni di Segesta, per dimensioni, posizione geografica dellinsediamento e tipologia dei manufatti rinvenuti. Nella casa2 della ricognizione segestana va con ogni probabilit ravvisato il tipo della epaulis da Diodoro indicato per la chora acragantina. ancora una volta lo stesso scrittore a fornire unutile indicazione indiretta. Nel racconto relativo alle guerre servili (34-35, passim) il termine epaulis riemerge nella forma caratteristica del popolamento delle campagne siciliane a partire dal IV secolo a. C. anche se con embrionali differenze di tipo gestionale, come si vedr. Ora, tenendo conto del fatto che lorigine delle guerre servili connessa con la geografia elima e segestana (il tumulto sarebbe scoppiato ad Halyciae-Salemi), mi pare che vi siano sufficienti motivi per sostenere che nella zona vi erano delle epauleis, anche se diverse da quelle classiche. I confronti fra i ritrovamenti

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Tabella 3. Tipologia provvisoria degli insediamenti ellenistici nel territorio segestano

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segestani e gli insediamenti scavati in altre zone della Sicilia sono, al momento, virtuali. Dovendo scegliere una progenitura per lepaulis diodorea, fra mondo punico, Grecia metropolitana e mondo magno-greco e siceliota, al momento non resta che orientare la ricerca verso le tipologie pi evolute delloikos classico, con elementi di forte interazione da parte del mondo coloniale. Questa , nei fatti, la fisionomia dei manufatti strutturali (tav. XX, 1-2). In relazione alla visibilit esterna del fenomeno delle epauleis tardo-classiche ed ellenistiche un aiuto, sia pure relativo, potrebbe provenire dallo studio delle anfore commerciali. Si accennato alla presenza di anfore puniche, rinvenute nel corso della ricognizione in alcuni insediamenti sparsi e, in particolare, in quelli prossimi a Segesta. Le anfore puniche del periodo sono, presumibilmente, olearie e attestano la circolazione di olio nordafricano (cartaginese) in molti siti del Mediterraneo occidentale34. Tuttavia la stragrande maggioranza dei frammenti di contenitori da trasporto pertinente ad anfore vinarie greco-italiche dei tipi pi antichi, quindi non provenienti dallItalia centrale tirrenica bens, con ogni probabilit, dalla Sicilia35. Circa il 97% (800 frammenti) delle anfore greco-italiche raccolte nelle ricognizioni appartiene alle produzioni antiche . Anche ammettendo le inevitabili distorsioni connesse con la documentazione archeologica di superficie, il dato, considerate le dimensioni del campione, appare particolarmente significativo. La mole, e soprattutto limplacabile regolarit, di questi ritrovamenti, spinge a confermare anche per Segesta il quadro, accertato per lintera Sicilia, di unampia diffusione non solo del vino italico, ma anche di quello di produzione locale. Accanto ad una diffusa attivit pastorizia, attestata soprattutto nelle case pi piccole, va quindi contemplata una spiccata vocazione vinicola, generata dalle casa2/epauleis, in una fase che possiamo collocare fra la seconda met del IV e la fine del III sec. a. C., con una lieve persistenza nei cinquanta-ottanta anni successivi. Il dato collima con il passo diodoreo relativo alla celebre cantina di Tellia. Il tenore della vitivinicoltura elima, quantunque, al momento, non possa essere equiparato a quello di ambito acragantino, ormai divenuto quasi un topos storiografico confermato dalla

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ricerca archeologica, dovette comunque essere elevato. Ad ulteriore riprova di ci levidenza negativa rappresentata dalla insignificante scarsit dei frammenti di anfore grecoitaliche del tipo pi maturo, databili nel II sec. a. C., e linconsistenza delle attestazioni di anfore Dressel 136. Il dato ceramologico confermato dalla epigrafia dellinstrumentum37, la quale mostra inequivocabilmente che i contenitori bollati del tipo greco-italico (MGS V e VI) sono databili entro la fine del III sec. a. C. In particolare, per quanto attiene allambito segestano, vi sono tre diversi tipi di attestazioni relativi allantroponimo Onasos-Onasus che pongono una serie di problemi. Il nome compare infatti: - su alcune anse di anfore greco-italiche (Onavsou), una conservata nella Collezione Whitaker38, unaltra proveniente dalla ricognizione (tipo MGS VI della classificazione Vandermersch), e genericamente inquadrabile nel III sec. a. C., quindi nella fase iniziale della vita di un sito (SG 108, del quale si dir); - sempre in greco, su tegole ampiamente diffuse nella Sicilia occidentale39. Dal sito SG108 proviene un frammento di coppo con bollo Onavsou; - in latino, nelle Verrine: Onasus Segestanus il personaggio celebrato da Cicerone per le sue belle qualit morali40. Le tre attestazioni (anfore, tegole, Verrine) presentano problemi interpretativi di difficile soluzione. A tuttoggi esiste una sola, possibile, coincidenza, quella fra il personaggio delle tegole e il personaggio di Cicerone anche se tuttaltro che certa. Proprio per queste incertezze, viene da chiedersi se non sia strano che il proprietario di una figlina per laterizi bollasse in greco i suoi prodotti ancora nel secondo quarto del I sec. a. C. e se sia proprio necessario identificare questi con lOnasus ciceroniano. Quel che invece pi interessa, in questa sede, lassoluta alterit del personaggio ravvisabile nellantroponimo che compare sulle anse delle anfore greco-italiche41. Questi, infatti, per forza di cose, sar vissuto almeno cento o centocinquanta anni prima, ed avr avuto un ruolo importante in un intenso commercio vinario, forse nei decenni della creazione della Provincia Prima o, al pi

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tardi, in quelli successivi alla seconda guerra punica, commercio evidentemente collegato allorizzonte delle case2/epauleis. Saremmo quindi in presenza di anfore inserite nella fase matura, terminale, dellorizzonte dellepaulis. Lorizzonte vitivinicolo dellepaulis (e della Sicilia), almeno come fenomeno di ampia portata, in stretto legame con questa tipologia anforaria. Il consolidarsi del controllo romano sullisola, e la diffusione originaria del sistema della villa nellItalia centrale tirrenica, portano ad un drastico ridimensionamento della geografia produttiva delle campagne siceliote. Spostandosi verso il I sec. a. C., si osserva che il numero dei frammenti di anfore vinarie del tipo Dressel 1, dilagante in altri ambiti geografici e comprensoriali, , almeno in questa zona, assolutamente insignificante. Si tratta di unosservazione preliminare e provvisoria, per linsufficienza delle ricerche, ma che potrebbe contribuire a spiegare almeno alcuni aspetti del grande cambiamento che si verifica nel II sec. a. C. 4. Epaulis e villa romana Lepaulis si inserisce nel processo di formazione della villa romana attraverso lapprendistato siceliota degli anni della prima guerra punica (conquista della chora agrigentina), forse anche attraverso lo stage in terra dAfrica del 255 a. C. (i superstiti dellimpresa di Attilio Regolo avranno forse visto anche loro le belle campagne tunisine attraversate cinquanta anni prima da Agatocle)42 e certamente nel corso della seconda guerra punica. Se si indaga il problema dal solo punto di vista della tipologia architettonica (la casa ad atrio che avrebbe originato la domus e quindi la villa), non vi dubbio che le origini remote della villa si trovino in Etruria e nel Lazio. ormai certo che i prodromi pi antichi della villa romana tardo-repubblicana vadano ricercati nelle sperimentazioni palaziali di et arcaica43. Fra la fine dellet regia e gli inizi dellet repubblicana sono noti nel suburbio grandi edifici a corte centrale, circondati da vaste propriet. Questi rappresentano una sorta di filone parallelo nellevoluzione degli insediamenti rurali, che sembra confluire, a distanza e

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grazie allindispensabile acquisizione degli elementi provenienti dalla temperie culturale ellenistica, nella villa varroniana della met del I sec. a. C.44. Nel mezzo, lorizzonte siceliota dellepaulis rappresenta il tramite mediante il quale conoscenze agronomiche ricchissime e disparate, da quelle greche metropolitane a quelle magno-greche e siceliote, per finire alla tradizione punica di Magone, cui tributata riconoscenza dagli scriptores ancora nel I sec. a. C. e nel I sec. d. C., si trasferiscono su suolo italico. Allindomani della conquista, la scarsa interferenza romana negli affari interni dei Sicelioti consent loro di godere un lungo periodo di sostanziale stabilit e benessere45 e garant anche ai paesaggi una fase di sostanziale equilibrio. Lagricoltura dovette subire un nuovo impulso alla fine del III sec. a. C. in seguito al programma portato avanti da Valerio Levino per conto del senato romano, finalizzato alla ripresa produttiva della Sicilia allindomani delle guerre puniche che coinvolse anche la parte occidentale dellisola46. La stessa costruzione della Via Valeria, che congiungeva Messina a Lilibeo, dovuta probabilmente allo stesso Valerio Levino, dovette favorire il territorio segestano, in particolare la zona di Ponte Bagni: la statio di et romana imperiale, individuata nel corso della ricognizione e da identificare con quella denominata Aquis Segestanis sive Pincianis (Itinerarium Antonini 91, 2), fu sicuramente preceduta da strutture di et ellenistica con analoghe funzioni. La riforma, e il conseguente sbarco nellisola di personaggi di origine romana e italica (soprattutto), massiccia in Sicilia occidentale, introdussero tuttavia i primi germi di un cambiamento che si mostr soprattutto nel II sec. a. C.47. La provincia apparve allora come la sede ideale per quelle colture granarie di cui tanto bisogno aveva unItalia allora sempre pi orientata verso la vite e verso lolivo, tanto pi nelle regioni geografiche prossime allUrbe. Il crescente peso dei rifornimenti annonari costrinse la provincia a produrre sempre pi grano e ad espandere tanto le superfici coltivate a cereali quanto le turmae degli schiavi. Questo port, nel tempo, alla situazione critica che determin il bellum servile del 136 a. C. Eppure, almeno in questo caso, non vi sar un ritorno in

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Sicilia delle libere rielaborazioni avvenute nelle ricche piantagioni dellItalia centrale tirrenica. Il tipo insediativo della villa romana , in Sicilia, un fantasma, per motivi che ora cercheremo di spiegare. Il concetto della domus/palatium ellenistica non era estraneo alla Sicilia. Agli inizi del percorso possiamo collocare il vicino esempio di Monte Iato, dove un grande edificio di 800 metri quadrati viene costruito fra la seconda met del IV e il III sec. a. C.48 Gli ambienti sono distribuiti su due piani attorno ad un peristilio e vi sono ambienti di rappresentanza, alcuni dei quali decorati con mosaici (esedre e due andrones). Al termine del percorso si pone invece la Domus detta del Navarca, sullacropoli Sud di Segesta49. La Casa rivela, grazie anche alle celebri decorazioni architettoniche a forma di rostro, che hanno consentito lidentificazione del proprietario nella figura del navarca Eraclio, amico di Cicerone, un gusto per gli abbellimenti e le finiture che ben si ambienta nel volgere fra II e I sec. a. C., anche in un centro ormai inesorabilmente avviato a divenire cittadina di provincia come Segesta. Quantunque il Navarca porti con s lidea stessa di villa e di domus, dimostrando che vi furono comunque personaggi di spicco nella zona, a quellepoca, lidea rimase lettera morta. Nella Sicilia non pu descriversi un paesaggio della villa romana, non solo nei termini evidenti per lItalia centrale tirrenica, ma neanche in quelli, pi sfumati, riscontrati in Apulia50, nella Calabria romana51, nel Bruzio52. Questa convinzione basata su alcuni fatti a mio avviso inoppugnabili. Anzitutto mancano in Sicilia quelle attestazioni, letterarie ed epigrafiche, di senatori romani, ovvero dei personaggi che normalmente erano fondatori e proprietari delle grandi ville e delle grandi aziende53. Anche se la presenza di personaggi di origine romana e italica appare massiccia in Sicilia occidentale, non sembrano esservi, fra questi, a parte alcuni elementi di rango equestre, chi avrebbe potuto figurare quale dominus di una azienda agricola paragonabile a quelle del Tirreno centrale54. Secondariamente le ville, in quanto manufatti architettonici di rilievo, quindi monumentali, devono, senza possibilit di equivoco, essere trovate (dallo studio delle foto aeree, dagli scavi, dalle ricognizioni), come, in un modo o nellaltro, avvenuto in

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Apulia, in Calabria e nel Bruzio. Se possibile indicare almeno cinquanta esempi di casa2/epaulis per il periodo che va dalla seconda met del IV alla prima met del II sec. a. C., diventa oltremodo difficoltoso suggerire un esempio di villa per la tarda et repubblicana nellagro Segestano. Lunico caso, dubbioso, quello del sito SG 108, situato ai piedi del monte Pispisa, con bella vista sulla collina del tempio, dal quale proviene il frammento di coppo con bollo Onavsou (vd. supra), forse identificabile con il personaggio ciceroniano. In conclusione, vi erano a Segesta personaggi (non romani) ambiziosi al punto di costruire dimore decorate con sfarzo e con ricercatezza, gi a cavallo dei secoli II-I sec. a. C., e di procurarsi le maestranze in grado di realizzare tali aspirazioni. Tutto questo indice, fra laltro, di un elevato tenore della vita cittadina55, confermato, se mai ve ne fosse bisogno, dalla scenografica e monumentale risistemazione urbanistica della citt, avvenuta nella seconda met del II sec. a. C., quando furono eretti sullacropoli Nord lagor, il bouleuterion, il ginnasio, il teatro e un tempio56. Nelle campagne, invece, sembra di assistere ad una fase di stagnazione e non vi traccia di un nuovo orizzonte, paragonabile a quello cittadino (ad eccezione del citato caso di SG 108, peraltro incerto). Le fonti contribuiscono a spiegare questa assenza, anche se in maniera indiretta. , ancora una volta, il passo delle Verrine relativo allagro Segestano, a fornire qualche indizio utile. Una delle vittime di Verre, Diocles, Panhormitanus, Phimes cognomine, homo inlustris ac nobilis, coltivava un agrum nel Segestano, da lui affittato (conductum), dal momento che in quel territorio la terra non pu essere oggetto di compravendita, verosimilmente perch di propriet sacra (del tempio) sulla base di normative presumibilmente assai arcaiche57. In questa sede a noi interessa soprattutto il fatto che un personaggio inlustris ac nobilis, evidentemente ricco, fosse precisamente un conductor (fittavolo, affittuario) e quindi non titolare dello status di dominus. Laltra, essenziale, informazione, fornita da Cicerone, riguarda lestensione dellagrum conductum da Diocles, quale pu essere ricostruito dalla elevata decima che questi era tenuto a

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pagare annualmente: 2042 iugeri (ca. 511 ettari)58. Una simile superficie esorbita (e di molto) rispetto alla scala di grandezza media dei fundi delle ville romane di tipo classico, avvicinandosi invece alle ville dette periferiche59, ovvero ad aziende mediograndi caratterizzate dalla tendenza alla dilatazione, da una minore accentuazione verso le colture specializzate e da una maggiore articolazione delle attivit agricole, fra le quali, in ogni caso, la cerealicoltura, meno redditizia e meno rischiosa, doveva occupare un ruolo importante. Fra laltro, il sistema della conductio pare caratteristico e vantaggioso per la gestione di parti anche ampie di territorio. Esso pu funzionare anche bene in contesti cerealicoli, non richiedendo necessariamente la creazione di manipoli di schiavi specializzati nelle diverse attivit/settori del fundus ma abbisognando delle normali competenze contadine degli agricoltori di condizione libera presenti in zona e della forza lavoro naturale degli schiavi comuni. evidente che, in una situazione simile, si veramente a un passo dal latifondo, inteso almeno in senso generale. Il problema , a questo punto, cercare di capire quando sia avvenuta la trasformazione da sistema tardo-classico ed ellenistico dellepaulis a sistema del latifondo quale, forse, vediamo sorgere nel I sec. a. C. e che, per molti versi, prefigura i paesaggi della piena et imperiale. 5. Lesito finale dellepaulis Un mito va sfatato, almeno alla luce di queste ultime ricerche: quello di una nascita precoce del latifondo nel comprensorio trapanese, nato addirittura agli inizi del III sec. a. C. sullonda di una crisi della piccola e della media propriet60. In realt i dati quantitativi mostrano univocamente come lorizzonte dellepaulis perduri senza eccessivi traumi almeno fino alla prima met del II sec. a. C. Un sensibile cambiamento, emergente anche dai dati di superficie, rappresentato dalla netta flessione dellinsediamento sparso a partire dalla seconda met del II sec. a. C. Come si era avuto modo di dire in un contributo precedente61, la concomitante riorganizzazione della vita urbana spinge a credere che non vi fu un decremento demografico, n per causa del bellum servile n

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per causa delle guerre civili. I dati che pare di potere registrare sono: labbandono delle aree periferiche rispetto a Segesta e il cambiamento nelle tipologie insediative. Dei siti ellenistici sopravvivono i pi grandi mentre tendono a scomparire le case1, segno della crisi inarrestabile del modello della piccola e della media propriet. Tuttavia questo fenomeno potrebbe non denotare una flessione demografica rurale, bens un cambiamento nellorganizzazione socio-economica delle campagne. Infatti mentre diminuiscono fortemente le case monofamiliari, rimane pressoch invariato il numero delle unit abitative pi grandi, probabili centri di fundi di dimensioni maggiori rispetto al periodo ellenistico e in progressiva espansione. Ci non ci autorizza a parlare di diffusione del latifondo nel territorio di Segesta in et romana repubblicana ma ci permette di accertare lesistenza di propriet terriere che vanno via via crescendo. Allora, forse si pu dire che linstabilit delle campagne a partire dal 136 a. C. non caus diminuzione della popolazione ma certamente abbandono dei siti piccoli, considerati ormai insicuri, facendo ritenere preferibili insediamenti pi grandi e, in qualche misura, accentrati. Del resto, ancora Diodoro (34, 27-29) a fornire una dettagliata spiegazione degli eventi degli ultimi trenta anni del II sec. a. C.: una massa di schiavi, nella quale dobbiamo vedere cosa diversa dai pacifici oiketai che avevano garantito il funzionamento delle epauleis nei due secoli precedenti, aveva inondato (epekluse) la Sicilia e, con il tempo, aveva finito per costituire vere e proprie bande affidate a s stesse. Costoro, prosegue il racconto, prima ammazzavano coloro che si fossero messi in viaggio da soli o in piccoli gruppi, poi cominciarono ad assalire di notte le epauleis dei meno potenti. Il passo appare assai significativo perch mostra come, inevitabilmente, non pot esserci maturazione fra la fase dellepaulis e quella della villa. In un dato momento, che possiamo fissare allindomani della distruzione di Cartagine, la Sicilia fu invasa da una marea di servi. Questa stupefacente disponibilit di forza-lavoro non innesc per nellisola il processo virtuoso destinato a portare agli ordinati paesaggi delle ville, come nel Tirreno centrale, bens dette vita ad una crescente destabilizzazione. Esito analogo si legge nello sviluppo planimetrico dellepaulis matura di

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Contrada Mirabile62. Alla casa aggiunto il nuovo edificio a corte sul lato est nel quale pu essere individuato un luogo per lalloggio degli schiavi (un ergastulum?), proprio nella seconda met del II sec. a. C., ormai sullorlo delle guerre servili. Fra laltro, la stessa superficie arabile disponibile calcolata dagli scavatori, valutata in 150 ettari, fa del fundus di Contrada Mirabile una propriet media ma, in ogni caso, di gran lunga superiore a quella della villa di Settefinestre (125). Come stato osservato, questo non il paesaggio del latifondo e si ancora pi nel fundus che nel saltus. Tuttavia mi pare che, nelle architetture e nella stratificazione, Contrada Mirabile rifletta un cambiamento in fase embrionale che si svilupper poi non nel senso della villa ma nel senso del latifondo. il mondo dellepaulis e della agricoltura specializzata che tramonta e lo stesso edificio finisce per assumere un aspetto sempre pi accentrato con il passare del tempo. Questo mondo non venne sostituito da niente che gli assomigliasse, anche vagamente. Decolla, gi a partire dalla tarda et repubblicana, lorizzonte dei villaggi. A questo, di per s complesso e al di fuori del tema di questo contributo, dedicher un rapido accenno. Troppo spesso alcuni insediamenti di un certo spessore sono stati promossi socialmente e interpretati come ville. Il fatto che, non di rado, il tema e limmagine ingombrante della villa hanno finito per confondere la vista degli antichi come dei moderni. In verit gli stessi antichi avevano le idee poco chiare sul tema del villaggio63 quantunque il villaggio inteso come agglomerato rurale con una certa consistenza demografica fosse un elemento caratteristico dei paesaggi di molte zone dellItalia antica. In realt, in alcuni casi e in alcune circostanze geografiche, labitare in villaggio (per pagos o kat kmas) era condizione tuttaltro che disprezzabile, come pu evincersi dagli esempi di agglomerati rurali di aree in cui, pure, la villa fu fenomeno assai caratterizzante e incisivo, come lEtruria o la Apulia, aree in cui, spesso, vici e pagi crebbero di importanza fino a diventare delle diocesi64. Nei villaggi potevano trovarsi infrastrutture e opportunit ancor pi che nelle stesse citt. Per la verit, anche nel periodo di maggiore intensit dellin-

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sediamento sparso, il villaggio sembra detenere un proprio ruolo. La carta dei siti dellet ellenistica mostra chiaramente come nelle aree centrali si abbiano case di maggiori o minori dimensioni, nelle aree periferiche i villaggi, in prevalenza. Questo pare un dato di straordinario interesse. Come pure interessante pare il frequente collegamento fra villaggi e sfruttamento delle risorse idriche. Pagani sono coloro che eadem aqua utuntur dir poi Festo65 e questa coincidenza appare talvolta direttamente strumentale (necessit dellacqua), talvolta mediata da forme di culto delle acque, come avviene nel caso delle Aquae Segestanae. Nel caso, va ricordato che questo santuario, circondato da una necropoli66, sembra conoscere la sua fase di maggiore spicco proprio in et ellenistica, ovvero nel periodo doro dellinsediamento sparso (tav. XX, 3). Saranno proprio questi villaggi, in gran parte sopravvissuti ai secoli doro dellinsediamento sparso (IV-II sec. a. C.) a riprendere in mano le sorti della Sicilia di et imperiale, ormai orfana di insediamento sparso ma anche di citt, e a trasformarsi in poli di aggregazione demica di straordinaria energia. Su questo punto, che da considerare di straordinario interesse, la ricerca appena agli inizi. Non da escludere, fra laltro, che, scavando un giorno una epaulis caratterizzata da una lunga fase di vita, non si debba scoprire che anche alcune di esse, fra le quali, forse, Contrada Mirabile, finirono per trasformarsi in villaggi, secondo una linea di sviluppo propria di alcune ville dellItalia centrale67. La posizione geografica di questo tipo di insediamento particolarmente interessante: i villaggi occupano infatti siti di altura e sono posti in posizione dominante e di controllo rispetto ai corsi dacqua e alla viabilit principale. I villaggi pi grandi sono vicini ai maggiori fiumi della zona: Gaggera, Caldo e Freddo. Sono inoltre posti sui versanti di una vallata sul fondo della quale si doveva trovare la strada principale che consentiva lo sbocco al mare di Segesta. La zona di Ponte Bagni, occupata in et romana da una statio, risulta frequentata e abitata fin dallet ellenistica. Il contatto di questi insediamenti con il mercato , del resto, dimostrato, oltre che dalla loro vicinanza alle principali vie di comunicazione, anche da unosservazione a suo tempo fatta sui tipi di fossili-

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guida presenti nei villaggi siciliani di et imperiale. Si era visto, infatti, che, nei secoli II-IV d. C., dallAfrica si importano cospicue quantit di vasellame da mensa a fronte di importazioni di anfore olearie e da conserve di pesce assolutamente insignificanti. Quei villaggi avevano dunque unottima capacit di acquisto nei confronti di merci esterne dal costo contenuto ma, al tempo stesso, dovevano essere autosufficienti dal punto di vista alimentare68, capaci di produrre olio (si ricordi il torchio oleario rinvenuto a Segesta) e vino per il proprio consumo, oltre al grano, la cui diffusa presenza confermata, se mai ve ne fosse bisogno, dai frammenti di macina in pietra lavica ritrovati in molti siti69. Si pu in ogni caso supporre che almeno in questa parte della Sicilia occidentale non si praticasse ancora una monocoltura, almeno non nel senso ossessivo che ci si aspetterebbe da un latifondo pienamente strutturato, ma che si alternassero coltivazioni di cereali, di olivi e di viti. Nei grandi villaggi e nelle case superstiti del Segestano, probabilmente, risiedeva una popolazione di estrazione locale, non siamo in grado di dire, al momento, se coincidente con quei coloni o servi agricultores di cui si ha notizia dalle fonti70. Dal ragionamento emerge soprattutto una conclusione preliminare: il dinamismo che, giustamente, larcheologo identifica nellinsediamento cittadino, viene ad estendersi alle campagne, troppo spesso viste come il luogo della stagnazione e del tempo lungo. In realt le campagne, almeno quelle siciliane, sanno essere straordinariamente dinamiche, siano esse pi o meno sensibili e recettive ai modelli urbani. Del resto, a ben vedere, non rappresenta forse la stessa epaulis una sorta di proiezione della citt nella campagna, anche a prescindere delle sorti degli insediamenti urbani, proprio come, in Italia, le ville romane saranno delle piccole citt nelle campagne? Ed vero che la parte dellItalia interessata in maniera pi precoce e pi intensiva dal fenomeno delle ville coincide con quella nella quale pi profonda e pi forte stata lincidenza del fenomeno della colonizzazione e della urbanizzazione di et romana (e anche preromana), come se esistesse una sorta di forza di attrazione esercitata sulle ville da

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parte delle aree caratterizzate da una storia urbana antica, profonda e articolata. Potrebbe essere altrettanto non casuale che, sempre in Italia centrale, la riconversione profonda a cui andarono incontro le ville sia stata quasi contestuale allinizio della decadenza delle citt, a partire dal II sec. d. C. Si era detto che, almeno dallet arcaica e fino al I sec. a. C., esiste unalternanza fra fortuna della citt e fortune delle campagne in area segestana71. Le fortune delle campagne, almeno per quel che pu essere dimostrato dalla ricerca sul campo, sembrano iniziare con le sfortune cittadine, fra la fine del V e il IV sec. a. C. per un fatto che le campagne comincino embrionalmente a prosperare prima che la citt entri in crisi. Vi allora da chiedersi se il decollo dellinsediamento rurale non cominci proprio quando Segesta ha ancora un effetto direzionale sulle campagne e se quindi questo non sia un effetto del consolidarsi della vita urbana piuttosto che unalternativa ad esso. comunque un fatto che, quale che sia la datazione iniziale del fenomeno, il suo emergere in modo prepotente va collocato a partire dalla met o nella seconda met del IV sec. a. C. Questo contributo apre probabilmente pi questioni di quante, in realt, ne risolva. Credo, per che sia giunto il momento di considerare realmente il problema delle tipologie insediative, del loro rapporto con il contesto e dei paesaggi che esse stesse concretamente contribuirono a costruire sia alla luce delle fonti, che alle cose danno un nome, sia alla luce di nuove indagini stratigrafiche che, auspicabilmente, dovranno essere avviate su case sparse e villaggi della Sicilia.

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NOTE Le recenti esperienze archeologiche nella Sicilia occidentale, e soprattutto le belle relazioni presentate in queste Quarte Giornate dai colleghi del Laboratorio della Scuola Normale, indicano che questo un buon modo di procedere e fanno pensare se non si debba creare una sorta di Seminario allargato sul tema dellinsediamento rurale nella Sicilia elima. Questo potrebbe essere realizzato anche verificando la possibilit di una codifica ragionata delle interpretazioni date ai diversi insediamenti, partendo da quelli noti, scavati e pubblicati fino ad arrivare a quelli scoperti con le recenti ricognizioni, sfuggenti per loro stessa natura ma capaci comunque di esercitare un ruolo importante come massa critica. Tutto questo potrebbe poi essere messo e reso consultabile in rete e, con il tempo, reso suscettibile di aggiornamenti in tempo reale. 2 Intervento di D. Manacorda al Seminario senese di studio su Populonia. 3 Nella letteratura casa indica un domicilio stabile. Comunemente essa la dimora rurale o pastorale, collegata a un fundus, ci che spiega con nitidezza la sua pertinenza al mondo della campagna. In poesia pu talvolta essere concettualmente accostata allimmagine, ben pi miserabile, del tugurium, oppure a quella, arcaizzante, della dimora degli uomini primitivi. Il termine infatti usato anche da Livio (3, 13, 10; 3, 26, 9) per indicare eventi relativi a episodi di conquista. 4 A. CARANDINI, La villa romana e la piantagione schiavistica, in Storia di Roma 4, Torino 1989, 101-200, in part. 112-113. 5 Esperienze che possono atavicamente ricollegarsi a quella della villa romana sono da individuare nei palazzi e nelle dimore di et arcaica: cf. G. RICCI - N. TERRENATO, La villa dellAuditorium, in BAR Int. Series, 718, 1998, II, 45-52. Il problema , evidentemente, assai complesso. Da un lato va considerato il radicamento, in molti orizzonti regionali, di modelli palaziali variamente articolati (fra cui quelli etruschi), del quale soltanto da pochi anni si sta tenendo la debita considerazione, dallaltro la diffusione dei nuovi modelli di ispirazione ellenistica. Un terzo, importante, elemento, rappresentato dalla adozione di un sistema di uso del suolo particolarmente evoluto. Esiste quindi una terza domanda alla quale trovare una risposta: fu, nella prospettiva della creazione della villa romana, decisivo lapporto dellapprendistato siceliota? 6 Per un commento alla Bibliotheca diodorea, cf. G. CORDIANO, Introduzione generale, in G. CORDIANO - M. ZORAT (a cura di), Diodoro Siculo. Biblioteca storica, libri I-VIII, Milano 1998, 11-34, 11-21. 7 Per cui cf. S. I. MC DOUGALL (ed.), Lexicon in Diodorum Siculum, Hildesheim - Zurich - New York 1983, ad v. 8 Pare significativa la fedelt di Diodoro a questo lessico: alle dieci
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citazioni dellautore (riportate nella tabella) vanno aggiunti soltanto: Plutarco (Pomp., 24; Pericl., 33; Poplic., 5, 8 et alibi); Filone (Vita Mosis, 1); Ateneo (5, 215).. 9 A. CARANDINI (a cura di), Settefinestre. Una villa schiavistica nellEtruria romana, I*, Modena 1985, 107-108; ID., Schiavi in Italia, Roma 1988, passim. 10 CARANDINI, Schiavi... cit., 271. 11 Cf. M. DE VOS (a cura di), Rus Africum. Terra, acqua, olio nellAfrica settentrionale, Catalogo della mostra, Trento 2000. 12 M. BARRA BAGNASCO, Edilizia privata e impianti produttivi urbani, in G. PUGLIESE CARRATELLI (a cura di), I Greci in Occidente, Catalogo della Mostra, Milano 1996, 353-360. 13 A. BOVE, La tipologia strutturale dellinsediamento agricolo presente nella Sicilia centro-occidentale, SicA, XXVII, 84, 1994, 79-126. 14 Non lo definirei come atrio, termine che designa esattamente il cuore della casa romana. 15 P. PELAGATTI - G. CURCIO, Akrai (Siracusa). Ricerche nel territorio, NSA, 1970, 436-523; M. AIELLO, Considerazioni su alcuni siti rurali nel territorio di Siracusa, in Insediamenti rurali nella Sicilia antica, Atti delle Giornate di Studio, Caltagirone 1992, Aitna, 2, 1996, 71-73. 16 Si vedano le ottime sintesi per territorio in: M. BARRA BAGNASCO E. DE MIRO - A. PINZONE (a cura di), Magna Grecia e Sicilia. Stato degli studi e prospettive di ricerca, Atti dellIncontro di Studi, Messina 1996, Messina 1999; Insediamenti rurali nella Sicilia antica. Atti delle Giornate di Studio, Caltagirone 1992, Aitna, 2, 1996. 17 Nella chora di Camarina: Fattoria Iurato, epaulis di venticinque metri di lato con torre, cisterne, torchi oleari e granaio. La costruzione di queste grandi case di campagna messa in relazione con la rifondazione democratica post-tirannica geloa del 461 (G. DI STEFANO, Insediamenti rurali nella chora di Camarina, in Insediamenti rurali nella Sicilia antica, Atti delle Giornate di Studio, Caltagirone 1992, Aitna, 2, 1996, 25-34. 18 V. ALLIATA - O. BELVEDERE et alii, Himera III, Roma 1988. 19 BOVE, La tipologia strutturale... cit. 20 Un caso fra gli altri costituito dal sito di Contrada Priorato (BOVE, La tipologia strutturale... cit.) 21 E. FENTRESS - D. KENNET - I. VALENTI, A Sicilian Villa and its Landscape (Contrada Mirabile, Mazara del Vallo), Opus, V, 1986, 75-96. 22 B. WELLS (ed.), Agriculture in Ancient Greece, Acta Instituti Atheniensis Regni Sueciae, S. 4, XLII, 1992, in particolare i contributi di R. Osborne, H. Lohmann, A. Sarpaki, M. C. Amouretti. 23 In generale: contributi in F. DANDRIA - K. MANNINO (edd.), Ricerche sulla casa in Magna Grecia e in Sicilia, Atti del Colloquio, Lecce 1992, Galatina1996; M. GUALTIERI (ed.), Fourth Century B.C. Magna

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Grecia: a Case Study, Jonsered 1993; J.C. CARTER, Between Bradano and Basento: Archaeology of an Ancient Landscape, in W. M. KELSO R. MOST (edd.), Earth Patterns. Essays in Landscape Archaeology, Charlottesville London, 1990, 227-244; D. YNTEMA, Greek, natives and farmsteads in southeastern Italy, in H. SANCISI - WEERDENBURG et alii (edd.), De Agri cultura, Amsterdam 1993, 78-96. Metaponto: J.C. CARTER, Ventanni di ricerca nel territorio di Metaponto, in Sibaritide e Metapontino. Storia di due territori coloniali. Atti dellIncontro di Studi, Policoro 1991, Napoli - Paestum 1998, 237-260; ID., The Decline of Magna Graecia in the Age of Pyrrus? New evidence from the Chora, in T. HACKENS et alii (edd.), The Age of Pyrrus, Archaeologia Transatlantica, XI, Providence-Louvain 1992, 97-145. Sulla Messapia: F. DANDRIA, Insediamenti e territorio: let storica, in I Messapi. Atti del XXX Convegno di Studi sulla Magna Grecia, Taranto Lecce 1990, Taranto 1991, 393-478; ID., La casa in Messapia, in DANDRIA - MANNINO, Ricerche sulla casa... cit., 403-438; D. YNTEMA, In Search of an Ancient Countryside, Amsterdam 1993; G.J.L.M. BURGERS, Constructing Messapian Landscapes, Amsterdam 1998. 24 DIOD., 13, 83, 3: Policleto nelle sue Storie descrive la cantina nella casa [di Tellia, ricco acragantino], ancora esistente ai suoi tempi, avendola egli visitata quando era soldato ad Agrigento: 300 pithoi scavati nella roccia, ciascuno dei quali conteneva 100 anfore. Vi era una vasca intonacata della capacit di 1000 anfore, da cui il vino scorreva nei pithoi (F. PESANDO, La casa dei Greci, Milano 1989, 150). 25 Cf. S. BERNARDINI - F. CAMBI - A. MOLINARI - I. NERI, Il territorio di Segesta fra let arcaica e il Medioevo, in Atti delle Terze Giornate Internaz. di Studi sullArea Elima, Erice - Gibellina - Contessa Entellina 1997, Pisa-Gibellina 2000, 90-133. 26 J.C. CARTER, Insediamenti agricoli, in G. PUGLIESE CARRATELLI (a cura di), I Greci in Occidente, Milano 1996, 362-368. 27 A. RUSSO TAGLIENTE, Processi di trasformazione nelledilizia domestica della Basilicata centro-settentrionale, in M. BARRA BAGNASCO - E. DE MIRO - A. PINZONE (a cura di), Magna Grecia e Sicilia. Stato degli studi e prospettive di ricerca. Atti dellIncontro di studi, Messina 1996, Messina 1999, 107-116. 28 A. RUSSO TAGLIENTE, Tipologie nel mondo indigeno della Basilicata tra IV e III secolo a.C., in BAR, Int.Series, 718, II, Oxford 1998, 65-74. 29 R. CAMERATA SCOVAZZO, Note di topografia segestana, in Atti delle Seconde Giornate Internaz. di Studi sullArea Elima, Gibellina 1994, Pisa-Gibellina 1997, 205-226. 30 RUSSO TAGLIENTE, Tipologie... cit. 31 FENTRESS - KENNET - VALENTI, A Sicilian Villa... cit. 32 P. ANELLO, Larea elima nel V e IV secolo a.C., in Atti delle Terze

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Giornate Internaz. di Studi sullArea Elima, Erice - Gibellina - Contessa Entellina 1997, Pisa-Gibellina 2000, 13-39. 33 Cf. PELAGATTI - CURCIO, Akrai... cit., in part. 438-499; R. MARTIN - G. VALLET, Larchitettura domestica, in E. GABBA - G. VALLET (a cura di), La Sicilia antica, Napoli 1980, II, 338-340; BARRA BAGNASCO, Edilizia privata e impianti produttivi urbani... cit. 34 Per cui si veda J. RAMN TORRES, Las nforas fenicio-punicas del Mediterraneo central occidental, Barcelona 1995. 35 C. VANDERMERSCH, Vin et amphores de Grande Grce et de Sicile en IV-III sicle av. J. Ch., Naples 1994. 36 Al contrario di quanto accade in Etruria, Lazio e Campania, dove le tipologie dei contenitori di passaggio fra le greco-italiche e le anfore Dressel 1 tardo-repubblicane tendono ad aumentare costantemente di numero a partire dai decenni successivi alla guerra annibalica: cf. D. MANACORDA, A proposito delle anfore cosiddette greco-italiche: una breve nota, in J.Y. EMPEREUR Y. GARLAN (ds.), Recherches sur les amphores greques. Actes du Colloque, Athnes 1984, BCH, Suppl. 13, 1986, 581-586; A. TCHERNIA, Le vin dans lItalie romaine, Rome 1986. 37 Cf. B. GAROZZO, I bolli anforari della collezione Whitaker, in Atti delle Terze Giornate Internaz. di Studi sullArea Elima, Gibellina - Erice Contessa Entellina 1997, Pisa-Gibellina 2000, 547-633; ID., Nuovi bolli anforari dalla Sicilia occidentale, in ASNP, S. IV, Quaderni, 1, 1999, 281383, 315, n. 47. 38 GAROZZO, I bolli anforari... cit., 570-571, nr. 28; 547-633; ID., Nuovi bolli anforari... cit., 315, nr. 47. 39 L. BIVONA, Epigrafia romana, Kokalos, XXXIV-XXXV, 19881989, 427-436, passim. 40 BIVONA, Epigrafia romana... cit.; G. NENCI, Onasus Segestanus in Girolamo, Ep. 40, RFIC, CXXIII, 1995, 90-94; ID., I toponimi Segesta e Calatafimi e il regime delle terre nellager Segestanus, in C. MONTEPAONE (a cura di), Studi in memoria di Ettore Lepore, Napoli 1996, 479-488. 41 La datazione paleografica dei bolli porterebbe alla prima met del II sec. a. C. (Garozzo, I bolli anforari... cit., 570-571, nr. 28; 547-633; ID., Nuovi bolli anforari... cit., 315 , nr. 47), con uno slittamento verso il basso della cronologia, rispetto alla datazione tipologica dellanfora. 42 G. PUCCI, Schiavit romana nelle campagne, in A. CARANDINI (a cura di), Settefinestre. Una villa schiavistica nellEtruria romana, I*, Modena 1985, 15-21. 43 G. CIFANI, Caratteri degli insediamenti rurali nellager Romanus tra VI e III secolo a.C., in BAR, Int. Series, 718, II, Oxford 1998, 53-57. 44 TERRENATO - RICCI, La villa dellAuditorium... cit.; P. CARAFA, Le domus tardo arcaiche della Sacra via e lorigine della casa italica ad atrio, in BAR, Int. Series, 718, II, Oxford 1998, 35-44.

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PINZONE, La romanizzazione... cit., 859 sgg. PINZONE, La romanizzazione... cit., 859 sgg. 47 PINZONE, La romanizzazione... cit., 849-878. 48 H. P. ISLER, Monte Iato: Scavi 1992-1994, in Atti delle Seconde Giornate Internaz. di Studi sullArea Elima, Gibellina 1994, Pisa-Gibellina 1997, 1019-1028; ID., Monte Iato, scavi 1995-1997, in Atti delle Terze Giornate Internaz. di Studi sullArea Elima, Gibellina - Erice - Contessa Entellina 1997, Pisa-Gibellina 2000, 715-729; BARRA BAGNASCO, Edilizia privata... cit., 354. 49 Sulla quale B. BECHTOLD, Una villa ellenistico-romana sullacropoli di Segesta, in Atti delle Seconde Giornate Internaz. di Studi sullArea Elima, Gibellina 1994, Pisa-Gibellina 1997, 85-110; R. CAMERATA SCOVAZZO, I pavimenti ellenistici di Segesta, in Atti del IV Colloquio AISCOM, Palermo 1996, Roma 1997, 107-122; EAD., Note di topografia segestana, in Atti delle Seconde Giornate Internaz. di Studi sullArea Elima, Gibellina 1994, Pisa-Gibellina 1997, 205-226; D. DANIELE, Gli stucchi della villa ellenisticoromana di Segesta (Casa del Navarca), in Atti delle Terze Giornate Internaz. di Studi sullArea Elima, Gibellina - Erice - Contessa Entellina 1997, Pisa-Gibellina 2000, 327-356. Il proprietario della domus stato identificato con il navarca Heraclius, vittima di Verre, da G. Nenci (Novit epigrafiche dallarea elima, in Atti delle Seconde Giornate Internaz. di Studi sullArea Elima, Gibellina 1994, Pisa-Gibellina 1997, 1187-1203, in part. 1196). 50 G. VOLPE, La Daunia nellet della romanizzazione, Bari 1990. 51 D. MANACORDA, Produzione agricola, produzione ceramica e propriet della terra nella Calabria tra Repubblica e Impero, in VII Rencontre franco-italienne sur lpigraphie du monde romain, Rome 1992, Rome 1994, 3-59; F. CAMBI, Calabria romana. Paesaggi tardo-repubblicani nel territorio brindisino, in E. LO CASCIO - A. STORCHI MARINO ( a cura di), Modalit insediative e strutture agrarie nellItalia meridionale in et romana. Atti del Convegno, Napoli 1998, Bari 2001, 363-390. 52 A. B. SANGINETO, Per la ricostruzione del paesaggio agrario delle calabrie romane, in S. SETTIS ( a cura di), Storia della Calabria antica, RomaReggio Calabria 1994, II, 559-593; ID., Il vino. Il rimpianto e la nostalgia di unepoca, in Nella terra degli Enotri, Archeologia a Tortora, 1, Reggio Calabria 1996, 111-119. 53 Sul tema: L. BIVONA, La documentazione epigrafica latina in area elima, in Atti delle Terze Giornate Internaz. di Studi sullArea Elima, Gibellina - Erice - Contessa Entellina 1997, Pisa-Gibellina 2000, 153-166. 54 PINZONE, La romanizzazione... cit., 849-878. 55 S. DE VIDO, Citt elime nelle Verrine di Cicerone, in Atti delle Terze Giornate Internaz. di Studi sullArea Elima, Gibellina - Erice Contessa Entellina 1997, Pisa-Gibellina 2000, 389-435.
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F. DANDRIA, Ricerche archeologiche sul teatro di Segesta, in Atti delle Seconde Giornate Internaz. di Studi sullArea Elima, Gibellina 1994, Pisa-Gibellina 1997, 429-450; CAMERATA SCOVAZZO, Note di topografia segestana... cit. 57 CIC., Verr. 2, 3, 92-93; si rinvia agli esaustivi commenti che di questo luogo hanno fornito G. Nenci (I toponimi... cit., 485 sgg.) e S. De Vido (Citt elime... cit., 400-402). 58 Secondo la ricostruzione fornita da M. Mazza (Terra e lavoratori nella Sicilia tardo repubblicana, in A. GIARDINA - A.SCHIAVONE (a cura di), Societ romana e produzione schiavistica, Bari 1981, I, 19-49, in part. 40. 59 A. CARANDINI, I paesaggi agrari dellItalia romana visti a partire dallEtruria, in LItalie dAuguste Diocltien. Actes du Colloque International, Rome 1992, Rome 1994, 167-174. Sulla evoluzione del sistema, da proprietari di ville a proprietari di latifondi, con particolare riferimento alla situazione salentina, Cf. D. MANACORDA, Sulla propriet della terra nella Calabria romana tra repubblica e impero, in Du Latifundium au Latifondo. Actes de la Table ronde, Bordeaux 1992, Paris 1994, 143-189. 60 BOVE, La tipologia strutturale... cit. 61 BERNARDINI - CAMBI - MOLINARI - NERI, Il territorio di Segesta... cit., 104-106. 62 FENTRESS - KENNET - VALENTI, A Sicilian Villa... cit. 63 Cf., dal punto di vista giuridico, il sempre valido contributo di R. Martini (Il pagus romano nella testimonianza di Siculo Flacco, RIL, CVII, 1973, 1041-1056); da ultimo: L. CAPOGROSSI COLOGNESI, Pagi, vici e fundi nellItalia romana, Athenaeum, XC, 1, 2002, 5-48. 64 SullEtruria, v. F. CAMBI, Paesaggi dEtruria e di Puglia, in Storia di Roma, III.2, Torino 1993, 229-254; ID. Paesaggi romani dellagro Falisco, in A. WALLACE HADRILL - H. PATTERSON (eds.), The Middle Tiber Valley Project. Atti del Colloquio, Roma 1997, c.d.s.; sulla Puglia: G. VOLPE, Per pagos et vias. Un sito di et tardoantica lungo lAppia nellager Brundisinus, in C. MARANGIO - A NITTI (edd.), Scritti di Antichit in onore di Benita Sciarra Bardaro, Fasano 1994, 69-80; ID., Contadini, pastori e mercanti nellApulia tardoantica, Bari 1996. 65 FEST. P. 247, Lindsay; il lessico giustamente messo in rilievo da VOLPE, Per pagos et vias... cit. 66 V. GIUSTOLISI, Parthenicum e le Aquae Segestanae, Palermo 1976; G. CAPECCHI, Una cariatide inedita dal territorio segestano: tipo e significato, in Atti delle Giornate di Internaz. di Studi sullArea Elima, Gibellina 1991, Pisa-Gibellina 1992, 173-190. 67 CAMBI, Paesaggi dEtruria e di Puglia... cit.; ID., Paesaggi romani dellagro Falisco... cit. 68 BERNARDINI - CAMBI - MOLINARI - NERI, Il territorio di Segesta... cit., 111-112.

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Numerose citazioni di vini siciliani nelle fonti antiche attestano che nel primo e medio impero la Sicilia produsse vini pregiati, meritevoli quindi di essere ricordati e diffusi nellisola, nella penisola italica e nellAfrica settentrionale (R.J.A. WILSON, Sicily under the Roman Empire, Warminster 1990, 192). Tuttavia la vocazione vitivinicola siceliota, che abbiamo visto fiorente anche dal punto archeologico, al tempo dellepaulis e delle anfore greco-italiche, pare in questo caso assai pi sfuggente. Finch non saranno ben identificate le anfore vinarie di produzione locale, lestensione del traffico del vino siciliano durante limpero rimarr in certo senso ambigua. In alternativa, si pu pensare ad una produzione di estrema selezione (un vero e proprio grand cru), tale da essere celebrato dalle fonti per la grande qualit ma prodotto in quantit troppo scarse per lasciare nella documentazione archeologica (anfore) tracce significative. 70 BERNARDINI - CAMBI - MOLINARI - NERI, Il territorio di Segesta... cit., 112. 71 BERNARDINI - CAMBI - MOLINARI - NERI, Il territorio di Segesta... cit., 107.

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TAV. XVII

Territorio di Segesta. Tracce di divisioni agrarie nella vallata di Monte Domingo.

TAV. XVIII

Teritorio di Segesta. Tracce di divisioni agrarie nel Vallone della Fusa, ad E del Monte Pispisa.

TAV. XIX

Il territorio segestano fra la seconda met del IV e la prima met del II sec. a. C.

TAV. XX

1. Territorio di Segesta. Il sito SG 155 sopra il Monte Domingo. Veduta generale.

2. Territorio di Segesta. Il sito SG 155 sopra il Monte Domingo. Elementi da costruzione.

3. Aquae Segestanae. Elementi strutturali dal sito del santuario ellenistico.

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