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Condominio: casi e soluzioni

SOMMARIO
Condominio: casi e soluzioni
NOTA INTRODUTTIVA AMMINISTRATORE DI CONDOMINIO
Nomina dellamministratore Revoca giudiziaria Obbligo di iscrizione al Curit

4 5 5 6 8 9 9 11 13 14 16 16 17 19 19 19 20 20 21 21 22 22 24 25 26 28 30 31 34 34 35 38

ASSEMBLEA DI CONDOMINIO
Delibera per abbattimento e ricostruzione delledificio Delibera per installazione di pannelli fotovoltaici Soppressione servizio pulizie Termini convocazione

CONTROVERSIE CONDOMINIALI
Danni da infiltrazione dacqua Notifica decreto ingiuntivo

ASPETTI FISCALI
Registro - Divisione delle parti comuni condominiali Detrazione 36% Ritenuta del 10% sul 36% e 55% Detrazione del 36%: spese per interventi su parti condominiali Ritenute dacconto applicate da un condominio Recupero edilizio 36%

IMPIANTI
Dichiarazione di conformit Certificato di prevenzione incendi Distacco impianto di riscaldamento Installazione di antenna centralizzata Impianto a gas Impianto ascensore Riparazione condutture del gas

INNOVAZIONI
Pavimentazione balconi Installazione di stenditoio sulla terrazza condominiale Sostituzione telaio finestra

Installazione insegna

40 43 43 44 46 48 50 51 52

SPESE CONDOMINIALI
Riparazione colonna di scarico Sostituzione piastrelle della terrazza Servizio erogazione gas Ripartizione spese pregresse in base alle tabelle millesimali Facciata Frontalini balconi Sottotetto

Immobili 24

Dossier
Condominio: casi e soluzioni
a cura della Redazione di Immobili 24

Nota Introduttiva
Il dossier Il Condominio: casi e soluzioni una raccolta di pareri sui casi pi significativi e ricorrenti sottoposti dagli abbonati. I pareri suddivisi per argomento, affrontano diversi aspetti della materia condominiale (amministrazione, spese comuni, maggioranze assembleari, innovazioni, aspetti fiscali). I pareri sono a cura dellAvv. Raffaele Cusmai. La Redazione redazioneediliziaeambiente@ilsole24ore.com

Amministratore di condominio


Quesito:

NOMINA DELLAMMINISTRATORE

Nellassemblea condominiale, convocata per la nomina dellamministratore, pur essendo indicata all'ordine del giorno la nomina dellamministratore per dimissioni del precedente, si omette di riportare nel verbale la nomina del nuovo amministratore. Un condomino dinnanzi alla richiesta di pagamento con decreto ingiuntivo si oppone, adducendo il difetto di legittimazione attiva del neo amministratore. Come procedere? ----Risposta: 1. Inquadramento normativo Art. 1136 cod. civ.: Lassemblea regolarmente costituita con l'intervento di tanti condomini che rappresentino i due terzi del valore dell'intero edificio e i due terzi dei partecipanti al condominio. Sono valide le deliberazioni approvate con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno la met del valore dell'edificio. Se l'assemblea non pu deliberare per mancanza di numero, l'assemblea di seconda convocazione delibera in un giorno successivo a quello della prima e, in ogni caso, non oltre dieci giorni dalla medesima; la deliberazione valida se riporta un numero di voti che rappresenti il terzo dei partecipanti al condominio e almeno un terzo del valore dell'edificio. Le deliberazioni che concernono la nomina e la revoca dell'amministratore o le liti attive e passive relative a materie che esorbitano dalle attribuzioni dell'amministratore medesimo, nonch le deliberazioni che concernono la ricostruzione dell'edificio o riparazioni straordinarie di notevole entit devono essere sempre prese con la maggioranza stabilita dal secondo comma. Art. 63 Disp. att. cod. civ.: Per la riscossione dei contributi in base allo stato di ripartizione approvato dall'assemblea, l'amministratore pu ottenere decreto di ingiunzione immediatamente esecutivo, nonostante opposizione. Art. 1137 cod. civ.: 1. Le deliberazioni prese dall'assemblea a norma degli articoli precedenti sono obbligatorie per tutti i condomini. 2. Contro le deliberazioni contrarie alla legge o al regolamento di condominio ogni condomino dissenziente pu fare ricorso all'autorit giudiziaria, ma il ricorso non sospende l'esecuzione del provvedimento, salvo che la sospensione sia ordinata dall'autorit stessa. 3. Il ricorso deve essere proposto, sotto pena di decadenza [2964 ss. ], entro trenta giorni, che decorrono dalla data della deliberazione per i dissenzienti e dalla data di comunicazione per gli assenti. 2. Conclusioni Innanzitutto occorre precisare che le due questioni, quella della validit della nomina del nuovo amministratore e del diniego opposto da un condomino al pagamento di spese condominiali dovute sulla base dellasserita carenza di legittimazione attiva del nuovo amministratore vanno tenute distinte. Sulla prima, osserviamo che da quanto ci viene riferito non comprendiamo se a verbale sia stato omesso i) il nominativo del nuovo amministratore, la quale non risulti nemmeno dallordine del giorno, o se lomissione riguardi solo ii) la dichiarazione del condomino moroso. Nellipotesi i) dovr provvedersi alla convocazione di una assemblea straordinaria e quindi ad una nuova votazione, curando questa volta di inserire a verbale le generalit dellamministratore nominato. Nellipotesi ii) se la delibera di nomina stata approvata da almeno

la met, oppure da un terzo, dei condomini secondo il valore millesimale delledificio, a seconda che lassemblea abbia deliberato in prima, o come avviene di solito nella prassi, in seconda convocazione, la nomina pienamente valida e lamministratore cos nominato - e qui veniamo alla seconda questione - potr presentare ricorso per ingiunzione di pagamento ex artt. 633 c.p.c. e 63 disp. att. cod. civ., per ottenere un decreto ingiuntivo nei confronti del condomino moroso. Leventuale eccezione, di natura processuale, di carenza di legittimazione attiva del nuovo amministratore, di cui non comprendiamo comunque il fondamento giuridico, riguarder poi leventuale fase di cognizione piena a seguito di opposizione al decreto ingiuntivo. Il condomino moroso potr comunque impugnare la delibera nei modi e termini di cui allart. 1137 cod. civ. se ritiene che la stessa abbia violato norme di legge o del regolamento di condominio, violazioni che non individuiamo nella omissione della sua dichiarazione a verbale che pu essere imputata a mero errore materiale e che comunque non impedisce la proponibilit del ricorso per decreto ingiuntivo da parte dellamministratore validamente nominato dallassemblea di condominio. (Parere a cura dellAvv. Raffaele Cusmai)


Quesito:

REVOCA GIUDIZIARIA

Se l'amministratore in regime di prorogatio da ormai sei mesi stato invitato da un condomino a riconvocare l'assemblea per la nomina dell'amministratore e non vi ha provveduto pu essere revocato in sede giudiziaria dal condomino? ----Risposta: 1. Giurisprudenza - La casistica in tema di gravi irregolarit dellamministratore di condominio: In tema di ricorso per la revoca dell'amministratore, promosso da alcuni condomini adducendo fondati sospetti di gravi irregolarit individuati nel non avere l'amministratore medesimo convocato lassemblea per la discussione sulla realizzazione di box-auto nel sottosuolo condominiale, stante il carattere non contenzioso del procedimento di volontaria giurisdizione, deve ritenersi inammissibile ogni statuizione inerente alla propriet del sottosuolo oggetto dell'intervento realizzativo delle autorimesse, presupponendo essa l'utilizzo - piuttosto - della via contenziosa, giacch destinata ad incidere sulla estensione dei diritti individuali dei partecipanti al condominio (Trib. Salerno Sez. I, 30-10-2007). Il fondato sospetto di gravi irregolarit di cui all'art. 1129 c.c. ricorre in presenza di comportamenti gravemente significativi del venir meno del necessario rapporto di fiducia tra amministratore e condomini, e tale situazione esclusa nel caso di lamentele attinenti a una gestione avallata dalla maggioranza assembleare con delibere non impugnate dai condomini ricorrenti (Trib. Modena, 17-05-2007) Seppure le gravi irregolarit di gestione che giustificano la revoca dell'amministratore, ai sensi dell'art. 1129 c.c., possano consistere in una gestione semplicemente anomala e non necessariamente dissennata o infedele, una gestione cio contraria ai principi di una sana e retta amministrazione, all'adozione di un provvedimento cos particolarmente severo nei confronti dell'amministratore condominiale si pu pervenire solo allesito di un giudizio, in cui non solo il fumus delle gravi irregolarit si renda verificabile attraverso la rappresentazione di elementi precisi e concordanti, ma quando a ci si possa far seguire la prognosi che la protratta permanenza nella carica dellamministratore revocando risulti pregiudizievole per l'interesse del condominio (Trib. Bologna Sez. III, 25-05-2006).

2. Conclusioni Lart. 1129, comma 3, cod. civ. indica tre ipotesi in cui un singolo condomino legittimato a presentare ricorso allAutorit giudiziaria per chiedere la revoca dellamministratore: i) se omette di dare immediatamente notizia allassemblea dei condomini di un atto giudiziario notificato al condominio il cui contenuto esorbiti dalle sue attribuzioni; ii) se per due anni non ha reso il conto della sua gestione; iii) se vi sono fondati sospetti di gravi irregolarit. Esclusa la ricorrenza nel caso di specie delle prime due ipotesi descritte, necessario analizzare lestensione della terza, al fine di poter comprendere se la mancata ottemperanza alla richiesta di convocazione dellassemblea su invito di un condomino possa configurarsi come una grave irregolarit. Abbiamo visto che per grave irregolarit si deve intendere lesecuzione da parte dellamministratore di comportamenti tale da far venir meno il rapporto fiduciario con i condomini e comunque contrari ai principi di una retta e fedele amministrazione. Quindi, in estrema sintesi, nel caso che ci occupa lamministratore aveva lobbligo di convocare lassemblea ? Osserviamo sul punto che lart. 66 delle Disposizioni di attuazione del codice civile cos recita: Lassemblea, oltre che annualmente in via ordinaria per le deliberazioni indicate dall'art. 1135 del codice, pu essere convocata in via straordinaria dall'amministratore quando questi lo ritiene necessario o quando ne fatta richiesta da almeno due condomini che rappresentino un sesto del valore dell'edificio. Decorsi inutilmente dieci giorni dalla richiesta, i detti condomini possono provvedere direttamente alla convocazione. In mancanza dell'amministratore, lassemblea tanto ordinaria quanto straordinaria pu essere convocata a iniziativa di ciascun condomino. L' avviso di convocazione deve essere comunicato ai condomini almeno cinque giorni prima della data fissata per ladunanza. Applicando detti principi di diritto alla fattispecie sottoposta deduciamo quindi che quando vi lamministratore di condominio, seppure in regime di prorogatio, la richiesta di un solo condomino non sufficiente per convocare lassemblea, essendo necessario che listanza provenga da almeno due condomini che rappresentino almeno 1/6 del valore millesimale delledificio. Pertanto, riteniamo che lamministratore, salvo che il contratto di mandato che lo lega al condominio stabilisca diversamente, si sia comportato diligentemente in perfetta conformit con il dettato normativo. Infatti, costituisce approdo interpretativo consolidato dei giudici di legittimit il principio secondo cui durante il periodo della c.d. prorogatio lamministratore di condominio conserva tutti i poteri che aveva in costanza di mandato. Ci fin quando non viene nominato un sostituto: La disposizione dellart. 1129 c.c., secondo la quale lamministratore nel condominio degli edifici dura in carica un anno, non sancisce una decadenza ope legis e non esclude, pertanto, n la tacita riconferma di anno in anno, per effetto della mancata nomina di altro amministratore, n la proroga dei poteri di rappresentanza dell'amministratore fino alla sua sostituzione con altro amministratore da parte dell'assemblea dei condomini o del giudice (Cass. civ. Sez. II, 24-01-1994, n. 705). Lamministratore di un condominio, anche dopo la cessazione della carica per scadenza del termine di cui allart. 1129 cod. civ., conserva ad interim i poteri conferitigli dalla legge, dallassemblea o dal regolamento di condominio e pu continuare ad esercitarli fino a che non sia sostituito con un altro amministratore (Cass. n. 7256/86); Il principio secondo cui lamministratore di condominio, anche dopo la cessazione della carica (art. 1129 c.c.) o per dimissioni, conserva ad interim i suoi poteri e pu continuare ad esercitarli fino a che non sia sostituito, non pu trovare applicazione, quando risulti che i condomini, con espressa delibera assembleare, siano contrari alla conservazione dei poteri di gestione da parte dellamministratore cessato dallincarico (Cass. n. 1445/93). In conclusione, quindi, per le esposte ragioni, riteniamo che linterrogativo posto dal richiedente meriti risposta negativa, in quanto, in estrema sintesi: lamministratore ha agito nel pieno rispetto della legge e del

mandato conferitogli e non ha quindi commesso alcuna irregolarit, n lieve n grave. Non vi sono pertanto gli estremi per fondare un ricorso allAutorit giudiziaria per ottenere la revoca dellamministratore de quo. (Parere a cura dellAvv. Raffaele Cusmai)


Quesito:

OBBLIGO DI ISCRIZIONE AL CURIT

E' vero che un amministratore deve essere iscritto al CURIT (Catasto Unico Regionale Impianti Termici) se amministra un condominio con riscaldamento centralizzato? ----Risposta: Linterrogativo sottoposto merita risposta affermativa. Nella delibera n.8355 del 5.11.2008 la Giunta Regionale della Lombardia ha stabilito che Lamministratore di condominio, in caso di impianto centralizzato , a tutti gli effetti, a meno di nomina di un soggetto terzo, da considerarsi responsabile dellimpianto per lesercizio e la manutenzione. Pertanto tenuto i) a trasmettere allEnte locale competente la propria nomina di amministratore di condominio sottoscritta nellarco di un mese solare entro e non oltre la fine del mese successivo al mese in cui avvenuta la sottoscrizione; ii) allo stesso Ente con la tempistica di cui sopra le eventuali revoche o dimissioni dallincarico, nonch eventuali variazioni sia di consistenza che di titolari dellimpianto. Le comunicazioni di cui sopra devono avvenire mediante lutilizzo dello schema L allegato alla dgr 5117/2007 e successive modifiche. Le suddette comunicazioni, oltre che nel formato cartaceo, devono essere trasmesse allEnte locale competente, direttamente o attraverso le strutture dei CAIT presenti sul territorio, anche in via telematica tramite il Catasto Unico Regionale degli Impianti Termici. Quindi successivamente il Legislatore regionale con la legge n.10/2009, allart.1 d), ha sancito che Lamministratore di condominio servito da impianto di riscaldamento centralizzato che, entro i termini e secondo le modalit stabilite dalla Giunta regionale ai fini dellistituzione e gestione del catasto degli impianti termici, omette di comunicare la propria nomina al comune o alla provincia, sulla base della competenze previste rispettivamente dagli articoli 27, comma 1 lettera d e 28 comma 1 lettera c , della l.r. 26/2003, incorre nella sanzione amministrativa da 100,00 a 600,00. (Parere a cura dellAvv. Raffaele Cusmai)

Assemblea di condominio


Quesito:

DELIBERA PER ABBATTIMENTO E RICOSTRUZIONE DELLEDIFICIO

Un condominio che amministro, a seguito di una verifica statica, stato dichiarato dal comune di Manfredonia (Fg) inagibile. Con ordinanza sindacale si disposto lo sgombero dello stesso. Oggi, grazie al piano casa, il comune ha approvato il progetto di demolizione e ricostruzione delledificio concedendo lincremento di volumetria (35%) e di altezza. I quesiti che vi pongo sono i seguenti: - Con quale maggioranza il condominio pu deliberare labbattimento e la ricostruzione delledificio? Certo lart. 1136 cc prevede che la ricostruzione di un edificio possa essere deliberata con la maggioranza degli intervenuti allassemblea e la met del valore delledificio, ma nel caso si debba deliberare la demolizione delledificio si potr procedere con la stessa maggioranza e, se si, in base a quale principio? (si consideri che ledificio, allo stato attuale, si presenta integro in tutte le sue parti); - in considerazione del fatto che il condominio ha deliberato labbattimento e, contestualmente, la sua ricostruzione e lassegnazione agli attuali condmini delle rispettive nuove unit il condominio continuer ad esistere nonostante ledificio sia stato demolito e, se cos fosse in base a quale principio? - il fatto che lart. 1136 al quarto comma preveda la possibilit di deliberare la ricostruzione delledificio, implicitamente statuisce che, se quandanche non dovesse essere materialmente esistente ledificio in quanto crollato per fatti indipendenti dalla volont dei condmini, o, come nel caso in esame, demolito a seguito di una decisione assembleare resasi necessaria per provate carenze statiche, il condominio continui ad esistere e, conseguentemente, potranno e dovranno essere applicate tutte le norme del Cc contenute nel Capo secondo del Titolo settimo? ----Risposta: 1. Inquadramento normativo Art. 1108, comma 3, cod. civ.: E' necessario il consenso di tutti i partecipanti per gli atti di alienazione o di costituzione di diritti reali sul fondo comune e per le locazioni di durata superiore a nove anni. Art. 1111 cod. civ.: Ciascuno dei partecipanti pu sempre domandare lo scioglimento della comunione; l'autorit giudiziaria pu stabilire una congrua dilazione, in ogni caso non superiore a cinque anni, se l'immediato scioglimento pu pregiudicare gli interessi degli altri. Il patto di rimanere in comunione per un tempo non maggiore di dieci anni valido e ha effetto anche per gli aventi causa dai partecipanti. Se stato stipulato per un termine maggiore, questo si riduce a dieci anni. Se gravi circostanze lo richiedono, l'autorit giudiziaria pu ordinare lo scioglimento della comunione prima del tempo convenuto. Art. 1128 cod. civ.: Se l'edificio perisce interamente o per una parte che rappresenti i tre quarti del suo valore, ciascuno dei condomini pu richiedere la vendita all'asta del suolo e dei materiali, salvo che sia stato diversamente convenuto. Nel caso di perimento di una parte minore, l'assemblea dei condomini delibera circa la ricostruzione delle parti comuni dell'edificio, e ciascuno tenuto a concorrervi in proporzione dei suoi diritti sulle parti stesse. L'indennit corrisposta per l'assicurazione relativa alle parti comuni destinata alla ricostruzione di queste. Il condomino che non intende partecipare alla ricostruzione dell'edificio tenuto a cedere agli altri condomini

i suoi diritti, anche sulle parti di sua esclusiva propriet, secondo la stima che ne sar fatta, salvo che non preferisca cedere i diritti stessi ad alcuni soltanto dei condomini. Art. 1136, comma 4, cod. civ.: Le deliberazioni che concernono la nomina e la revoca dell'amministratore o le liti attive e passive relative a materie che esorbitano dalle attribuzioni dell'amministratore medesimo, nonch le deliberazioni che concernono la ricostruzione dell'edificio o riparazioni straordinarie di notevole entit devono essere sempre prese con la maggioranza stabilita dal secondo comma. 2. Giurisprudenza Sullestinzione del condominio in ipotesi di perimento totale delledificio: Il perimento, totale o per una parte che rappresenti i tre quarti dell'edificio condominiale, determina l'estinzione del condominio per mancanza dell'oggetto, in quanto viene meno il rapporto di servizio tra le parti comuni mentre permane tra gli ex condomini soltanto una comunione "pro indiviso" dell'area di risulta, potendo la condominialit essere ripristinata solo in caso di ricostruzione dell'edificio in modo del tutto conforme al precedente. Ne consegue che, in caso di ricostruzione difforme, la nuova costruzione sar soggetta esclusivamente alla disciplina dell'accessione e la sua propriet apparterr ai comproprietari dell'area di risulta in proporzione delle rispettive quote. (Nella fattispecie, riguardante un palazzo andato distrutto a causa dei bombardamenti nell'ultimo conflitto bellico, la Corte ha confermato la pronuncia di secondo grado che aveva escluso il diritto alla sopraelevazione in capo ad uno dei comproprietari, perch la nuova costruzione era stata edificata con un piano in meno rispetto alla precedente, e non poteva applicarsi il regime giuridico del condominio) (Cass. civ. Sez. II Sent., 20-05-2008, n. 12775). In ipotesi di perimento totale di edificio condominiale, viene a determinarsi l'estinzione del condominio, come dei diritti reali esclusivi sulle singole porzioni immobiliari, residuando un regime di comunione "pro indiviso" tra gli ex condomini sull'area di risulta in ragione dell'entit della quota a ciascuno di essi appartenente sull'edificio distrutto. Ove sia poi operata la ricostruzione dell'edificio, in modo notevolmente difforme dal precedente, per il principio dell'accessione deve ritenersi, salvo contrario accordo scritto preventivo, che ciascuno dei comunisti venga ad acquistare la propriet di una quota ideale di esso corrispondente a quella spettantegli sul suolo (Trib. Nocera Inferiore Sez. II, 06-03-2005). Nella ipotesi di perimento di un edificio in condominio, quest'ultimo viene meno, e permane soltanto la comunione sul suolo, con la conseguenza che, ove il fabbricato venga ricostruito in maniera conforme a quello preesistente, il condominio stesso si ripristina, mentre, qualora esso venga ricostruito in maniera difforme, il condominio non rinasce, e quanto edificato costituisce, invece, un'opera realizzata su suolo comune, come tale soggetta alla disciplina dell'accessione, e, quindi, da attribuire secondo le quote originarie ai comproprietari del suolo. La deroga a tali principi richiede "ad substantiam" la forma scritta ai sensi dell'art. 1350 c.c. (Cass. civ. Sez. I, 23-02-1999, n. 1543). La distruzione di un edifico fa venir meno il diritto esclusivo dei diversi proprietari sui singoli appartamenti; e dunque sopravvive solo la comunione di propriet dell'area. Ove - poi - si proceda alla ricostruzione sull'area, non si forma un condominio, ma una comunione sull'edificio realizzato. Il condominio nasce solo quando i comunisti individuano gli appartamenti di propriet esclusiva di ciascuno di essi, con un'operazione negoziale che assume la portata di una vera e propria divisione, la quale andr - pertanto - soggetta ad imposta proporzionale di registro e ad Invim (Cass. civ. Sez. I, 16-12-1996, n. 11201). Nel caso di perimento di una parte dell'edificio che rappresenti meno dei tre quarti del suo valore, l'assemblea condominiale, mentre sarebbe tenuta a deliberare la ricostruzione, rimane pur sempre libera di decidere, nella pienezza dei suoi poteri discrezionali, <circa> la medesima (come testualmente si esprime il 2 comma dell'art. 1128 c.c.), e cio sulle concrete modalit (tecniche, statiche ed estetiche), sui tempi e

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sulle spese della ricostruzione, tanto che l'art. 1136 c.c. richiede all'uopo espressamente una maggioranza qualificata, senza che il giudice possa egli stesso ordinare la ricostruzione delle parti comuni perite, sindacando il merito, l'opportunit e l'equit della deliberazione (Trib. Milano, 14-09-1992). 3. Conclusioni Labbattimento e la ricostruzione totale delledificio deve a nostro avviso essere deliberata allunanimit e non con la maggioranza di cui allart. 1136 comma 4 cod. civ., applicabile solo per perimento parziale inferiore ai tre quarti delledificio. Ci in quanto la demolizione d luogo a perimento totale delledificio e quindi ad estinzione del condominio per mancanza delloggetto. E necessario pertanto che tale decisione abbia il consenso di tutti i condomini, come accade per lalienazione di beni comuni. Questa appare la soluzione pi aderente con la ratio legis dellimpianto normativo delineato al paragrafo 1, come interpretato alla luce degli approdi giurisprudenziali riprodotti al paragrafo 2. Tuttavia, anche lapprovazione dellintervento demolitorioricostruttivo a maggioranza ex art. 1136, comma 4, potrebbe essere ritenuta comunque legittima in quanto avente un suo puntello giuridico, costituito dallutilizzo da parte del Legislatore del termine ricostruzione delledificio. Sulle conseguenze della demolizione abbiamo gi detto: il condominio si estingue e la comunione si trasferisce sullarea e poi sulledificio risultante dalla ricostruzione. Per quanto riguarda la rinascita del condominio, anche in questo caso la delibera che dispone lassegnazione delle unit immobiliari risultanti dalla ricostruzione ai singoli comunisti (ex condomini) deve essere adottata allunanimit, trattandosi di divisione della comunione dellerigendo edificio. Inoltre tale accordo deve essere formalizzato in un atto negoziale sottoscritto da tutti i condomini. Ricordiamo, infatti, che lart. 1350 n. 11) cod. civ. stabilisce che devono farsi per atto pubblico o per scrittura privata gli atti di divisione di beni immobili e di altri diritti reali immobiliari. Latto dovr poi essere trascritto presso la competente Conservatoria dei Registri Immobiliari ai sensi dellart. 2646 cod. civ. (Parere a cura dellAvv. Raffaele Cusmai)


Quesito:

DELIBERA PER INSTALLAZIONE DI PANNELLI FOTOVOLTAICI

Per linstallazione di pannelli fotovoltaici su lastrico condominio per la durata di 20 anni, quale maggioranza assembleare richiesta? ----Risposta: 1. Inquadramento normativo Art. 1120, comma 1, cod. civ.: I condomini, con la maggioranza indicata dal quinto comma dell'articolo 1136, possono disporre tutte le innovazioni dirette al miglioramento o all'uso pi comodo o al maggior rendimento delle cose comuni. Art. 1123, comma 1, cod. civ.: Le spese necessarie per la conservazione e per il godimento delle parti comuni dell'edificio per la prestazione dei servizi nell'interesse comune e per le innovazioni deliberate dalla maggioranza sono sostenute dai condomini in misura proporzionale al valore della propriet di ciascuno, salvo diversa convenzione. Art. 1137, comma 1, cod. civ.: Le deliberazioni prese dallassemblea a norma degli articoli precedenti sono

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obbligatorie per tutti i condomini. 2. Giurisprudenza Sulla nozione giuridica di innovazione: L'art. 1136 c.c., al comma V, statuisce che le deliberazioni che hanno per oggetto le innovazioni previste dal primo comma dell'art. 1120 c.c. devono essere sempre approvate con un numero di voti che rappresenti la maggioranza dei partecipanti al condominio e i due terzi del valore dell'edificio. Presupposto per lapplicazione di tale disposto normativo che la delibera condominiale abbia ad oggetto una innovazione, sicch preliminare la decodificazione di tale nozione. E noto che per innovazione in senso tecnico-giuridico debba intendersi non qualsiasi mutamento o modificazione della cosa comune, ma solo quella modificazione materiale che ne alteri l'entit sostanziale o ne muti la destinazione originaria, onde le modificazioni che mirano a potenziare o a rendere pi comodo il godimento della cosa comune e ne lascino immutate la consistenza e la destinazione, in modo da non turbare i concorrenti interessi dei condomini, non possono definirsi innovazioni nel senso suddetto. Sempre nell'ottica dei diritti/doveri dei condomini quali comproprietari delle parti comuni dell'edificio, ciascun condomino ha il diritto - dovere di vigilare e provvedere al relativo mantenimento delle cose comuni. Sicch, se le opere necessarie al mantenimento o alla ricostruzione della cosa comune non sono deliberate o vi stata una delibera negativa, ciascuno dei condomini ha il diritto di agire in giudizio per la condanna del Condominio all'adempimento dell'obbligo comune di fare. Tale obbligo, in caso di accoglimento della domanda deve essere assolto dallamministratore con la cooperazione di tutti i condomini (Trib. Salerno Sez. I, 27-10-2009). In tema di condominio negli edifici, la differenza tra modifica ed innovazione consiste nella diversa entit e qualit dell'incidenza della nuova opera sulla consistenza e sulla destinazione della cosa comune. Pertanto, per innovazione in senso tecnico-giuridico deve intendersi non qualsiasi mutamento o modificazione della cosa comune, ma solamente la modificazione materiale che ne muti l'entit sostanziale o la destinazione originaria, mentre le modificazioni che mirano a perfezionare o a rendere pi comodo il godimento della cosa comune, lasciandone immutate la consistenza e la destinazione, non possono definirsi innovazioni nel senso suddetto (Trib. Chieti, 14-07-2008). In tema di condominio negli edifici, per innovazione in senso tecnico-giuridico, vietata ai sensi dell'art. 1120 c.c., deve intendersi non qualsiasi mutamento o modificazione della cosa comune, ma solamente quella modificazione materiale che ne alteri l'entit sostanziale o ne muti la destinazione originaria, mentre le modificazioni che mirino a potenziare o a rendere pi comodo il godimento della cosa comune e ne lascino immutate la consistenza e la destinazione, in modo da non turbare i concorrenti interessi dei condomini, non possono definirsi innovazioni nel senso suddetto (Cass. civ. Sez. II, 19-01-2005, n. 1076). 3. Conclusioni Linstallazione di pannelli fotovoltaici sul lastrico solare costituisce una innovazione in senso giuridico e deve essere approvata dallassemblea a maggioranza dei due terzi del valore millesimale delledificio. Ne consegue in tal caso lobbligo di tutti i condomini di contribuire alla spesa secondo le rispettive quote millesimali, salvo diversa convenzione, ovvero accordo, fra costoro. (Parere a cura dellAvv. Raffaele Cusmai)

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Quesito

SOPPRESSIONE SERVIZIO PULIZIE

Quale maggioranza assembleare richiesta per la soppressione del servizio di pulizia e il licenziamento del pulitore? ----Risposta: 1. Inquadramento normativo Art. 1123, comma 1, cod. civ.: Le spese necessarie per la conservazione e per il godimento delle parti comuni dell'edificio per la prestazione dei servizi nell'interesse comune e per le innovazioni deliberate dalla maggioranza sono sostenute dai condomini in misura proporzionale al valore della propriet di ciascuno, salvo diversa convenzione. Se si tratta di cose destinate a servire i condomini in misura diversa, le spese sono ripartite in proporzione dell'uso che ciascuno pu farne. Qualora un edificio abbia pi scale, cortili, lastrici solari, opere o impianti destinati a servire una parte dell'intero fabbricato, le spese relative alla loro manutenzione sono a carico del gruppo di condmini che ne trae utilit. Art. 1136 cod. civ.: L'assemblea regolarmente costituita con l'intervento di tanti condomini che rappresentino i due terzi del valore dell'intero edificio e i due terzi dei partecipanti al condominio. Sono valide le deliberazioni approvate con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno la met del valore dell'edificio. Se l'assemblea non pu deliberare per mancanza di numero, l'assemblea di seconda convocazione delibera in un giorno successivo a quello della prima e, in ogni caso, non oltre dieci giorni dalla medesima; la deliberazione valida se riporta un numero di voti che rappresenti il terzo dei partecipanti al condominio e almeno un terzo del valore dell'edificio. Le deliberazioni che concernono la nomina e la revoca dell'amministratore o le liti attive e passive relative a materie che esorbitano dalle attribuzioni dell'amministratore medesimo, nonch le deliberazioni che concernono la ricostruzione dell'edificio o riparazioni straordinarie di notevole entit devono essere sempre prese con la maggioranza stabilita dal secondo comma. Le deliberazioni che hanno per oggetto le innovazioni previste dal primo comma dell'articolo 1120 devono essere sempre approvate con un numero di voti che rappresenti la maggioranza dei partecipanti al condominio e i due terzi del valore dell'edificio. L'assemblea non pu deliberare, se non consta che tutti i condomini sono stati invitati alla riunione. Delle deliberazioni dell'assemblea si redige processo verbale da trascriversi in un registro tenuto dall'amministratore. Art. 1138, comma 3, cod. civ.: Il regolamento deve essere approvato dall'assemblea con la maggioranza stabilita dal secondo comma dell'articolo 1136 e trascritto nel registro indicato dall'ultimo comma dell'art. 1129. Esso pu essere impugnato a norma dell'articolo 1107. 2. Giurisprudenza Qualora un servizio condominiale (nella specie: portierato) sia previsto nel regolamento di condominio, la sua soppressione comporta una modificazione del regolamento che deve essere approvata dall'assemblea con la

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maggioranza stabilita dall'art. 1136, comma 2, c.c. (maggioranza degli intervenuti che rappresentino almeno la met del valore dell'edificio) (Cass. civ. Sez. II, 29-03-1995, n. 3708). 3. Conclusioni Dal combinato disposto delle disposizioni riprodotte al paragrafo 1 si deduce che la soppressione del servizio di pulizia ed il licenziamento del pulitore devono essere approvati dallassemblea con le maggioranze indicate dai commi 2 e 3 dellart. 1136 cod. civ., a seconda che lassemblea deliberi in prima o in seconda convocazione, se tale servizio non previsto dal regolamento di condominio. Diversamente, se il servizio previsto come obbligatorio, sar necessaria la maggioranza indicata dal comma 2 del medesimo articolo, analogamente a quanto affermato dalla giurisprudenza per il servizio di portierato. (Parere a cura dellAvv. Raffaele Cusmai)


Quesito:

TERMINI CONVOCAZIONE

L'assemblea condominiale convocata entro 10 giorni dalla richiesta del condomino, ai sensi dell'art. 66 disp. att. c.c.., pu essere fissata ad una data superiore al mese dalla convocazione? Se s gradirei conoscere eventuali limiti di tempo se esistenti. ----Risposta: 1. Inquadramento normativo Art. 66 Disp. att. cod. civ.: L'assemblea, oltre che annualmente in via ordinaria per le deliberazioni indicate dall'art. 1135 del codice, pu essere convocata in via straordinaria dall'amministratore quando questi lo ritiene necessario o quando ne fatta richiesta da almeno due condomini che rappresentino un sesto del valore dell'edificio. Decorsi inutilmente dieci giorni dalla richiesta, i detti condomini possono provvedere direttamente alla convocazione. In mancanza dell'amministratore, l'assemblea tanto ordinaria quanto straordinaria pu essere convocata a iniziativa di ciascun condomino. L'avviso di convocazione deve essere comunicato ai condomini almeno cinque giorni prima della data fissata per l'adunanza. 2. Giurisprudenza In tema di convocazione dellassemblea condominiale, il termine di cui all'art. 66 disp. att. c.c. decorre non dal giorno in cui stato inviato l'avviso di convocazione dell'assemblea condominiale ma dalla data in cui, detta comunicazione, stata effettivamente ricevuta da tutti i condomini (Trib. Roma Sez. V Sent., 09-062009). In tema di convocazione dellassemblea condominiale, posto che nel computo dei termini a giorni di cui allart. 66, comma terzo, disp. att. c.c., si deve escludere il giorno iniziale, mentre si calcola quello finale, il termine di cinque giorni prima delladunanza stabilito per la comunicazione dellavviso di convocazione deve essere calcolato a ritroso, partendo dal giorno immediatamente precedente a quello della riunione, e si riferisce a giorni non liberi. In ogni caso, la convocazione dei condomini per lassemblea condominiale pu avvenire con qualunque mezzo a ci idoneo senza che lavviso di convocazione sia stato materialmente consegnato a ciascun condomino, sebbene ricada poi sul Condominio lonere di dimostrare il rispetto dei termini previsti dalla legge in ordine alla tempestivit dellavviso di convocazione. Nel caso di specie, sebbene

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il testimone confermi che lavviso di convocazione avveniva personalmente da parte dellamministratore, tramite chiamata citofonica e conseguente immissione degli avvisi di convocazione nelle cassette delle lettere dei rispettivi condomini, non risulta agli atti dimostrata la tempestivit di detta convocazione. Ci posto, alla luce delle emergenze istruttorie e in accoglimento della domanda svolta da parte attrice, la delibera condominiale in tal modo assunta in data viene integralmente annullata (Trib. Monza Sez. I Sent., 09-092008) In tema di condominio degli edifici, non previsto alcun obbligo di forma per l'avviso di convocazione dell'assemblea, sicch la comunicazione pu essere fatta anche oralmente, in base al principio della libert delle forme, salvo che il regolamento non prescriva particolari modalit di notifica del detto avviso; deve, quindi, ritenersi legittima la prassi, precedentemente non contestata, in base alla quale l'avviso di convocazione dell'assemblea condominiale, destinato ad un condomino non abitante nell'edificio condominiale, venga consegnato ad altro condomino, congiunto del primo. (Nella specie, la S.C., in applicazione del riportato principio, ha ritenuto regolare l'avvenuta consegna dell'avviso di convocazione al detto congiunto, essendo l'atto, cos recapitato, pervenuto nella sfera di normale e abituale conoscibilit del destinatario e, pertanto, oggettivamente da quest'ultimo conoscibile con l'uso della normale diligenza, sua e del consegnatario designato, conformemente alla clausola generale di buona fede) (Cassa e decide nel merito, App. Bari, 30 Giugno 2003) (Cass. civ. Sez. II Sent., 01-04-2008, n. 8449). 3. Conclusioni Il Legislatore non fissa un termine massimo tra la comunicazione dellavviso di convocazione e la riunione dellassemblea, limitandosi a stabilire solo il termine minimo di cinque giorni, quindi in linea teorica essa potrebbe svolgersi anche un mese dopo la convocazione. Tuttavia il tenore letterale dellart. 66 Disp. att. cod. civ. appare disvelare a chiare note la volont del Legislatore di voler garantire una delibera assembleare nel pi breve tempo possibile per salvaguardare gli interessi dei condomini che hanno richiesto la convocazione in via straordinaria. Sotteso al dato testuale della norma infatti il requisito dellurgenza che deve essere necessariamente perseguito, altrimenti non avrebbe senso la stessa norma, che stata introdotta per consentire a ciascun condomino la possibilit di ottenere una riunione in tempi brevi. Tenere ladunanza oltre un mese dopo la convocazione rischia di ledere i diritti e gli interessi a tutela dei quali i richiedenti hanno richiesto la convocazione in via straordinaria, ovvero urgente, dellassemblea, esponendo il condominio al rischio di eventuali azioni risarcitorie. Queste sono tuttavia considerazioni astratte e di mero principio, le uniche possibili dal momento che non conosciamo loggetto della riunione straordinaria. Si consiglia pertanto di applicare i richiamati principi generali alla fattispecie concreta e quindi valutare i possibili rischi derivanti dalleffettuazione delladunanza in tempi certamente non brevi rispetto alla convocazione ed alla richiesta. (Parere a cura dellAvv. Raffaele Cusmai)

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Controversie condominiali


Quesito:

DANNI DA INFILTRAZIONI DACQUA

Ho citato in giudizio il Condominio perch il mio appartamento, situato all'ultimo piano del fabbricato, stato danneggiato dalle infiltrazione di acqua piovana provenienti dalla copertura. L'atto di citazione successivo al ricorso di natura cautelare, da me promosso, che si concluso con la condanna del condominio al rifacimento totale del tetto. Successivamente alla conclusione del giudizio cautelare, un appartamento stato venduto, chi tra i due proprietari deve essere convocato nell'assemblea che decider se resistere o no in giudizio? A chi dovranno essere imputate tutte le spese? ----Risposta: 1. Inquadramento normativo Art. 63, comma 2, Disp. att. cod. civ.: Chi subentra nei diritti di un condomino obbligato, solidalmente con questo, al pagamento dei contributi relativi allanno in corso e a quello precedente. Art. 66, comma 3, Disp. att. cod. civ.: Lavviso di convocazione deve essere comunicato ai condomini almeno cinque giorni prima della data fissata per ladunanza. 2. Giurisprudenza Sulla necessit di inviare lavviso di convocazione ai soli condomini: In tema di condominio degli edifici, conformemente all'art. 1136 c.c., secondo cui l'assemblea non pu deliberare se non risulta che tutti i condomini siano stati invitati alla riunione, ogni condominio ha il diritto di intervenire all'assemblea e, conseguentemente, deve essere messo in condizione di poterlo fare. Di talch, necessario che l'avviso di convocazione previsto dall'art. 66, comma 3, disp. att. c.c. sia non solo inviato ma anche ricevuto nel termine ivi previsto, ovvero almeno cinque giorni prima della data fissata per l'adunanza. Ne deriva che il predetto avviso deve essere comunicato cinque giorni prima della data fissata per l'adunanza e non, semplicemente, inviato in tale termine (Trib. Genova Sez. III, 05-05-2010). In tema di condominio, una volta perfezionatosi il trasferimento della propriet di un'unit immobiliare, l'alienante perde la qualit di condomino e non pi legittimato a partecipare alle assemblee, potendo far valere le proprie ragioni sul pagamento dei contributi dell'anno in corso o del precedente, solo attraverso l'acquirente che gli subentrato. Ne consegue che non pu essere chiesto ed emesso nei suoi confronti decreto ingiuntivo ai sensi dell'articolo 63 disp. att. cod. proc. civ. per la riscossione dei contributi condominiali, atteso che la predetta norma di legge pu trovare applicazione soltanto nei confronti di coloro che siano condomini al momento della proposizione del ricorso monitorio (Cass. civ. Sez. II Sent., 09-092008, n. 23345). Sulla ripartizione delle spese fra vecchio e nuovo proprietario: Ai sensi dell'art. 63, comma 2, disp. att. c.c., l'acquirente dell'unit immobiliare in propriet esclusiva solidalmente obbligato con l'alienante per il pagamento dei contributi relativi all'anno in corso e a quello precedente. Siffatta solidanza espressione del c.d. principio dell'ambulatoriet passiva che al fine di apportare all'ente di gestione condominiale una specifica garanzia per il conseguimento dei propri crediti gestori, lascia intatto, nei rapporti tra dante causa ed avente causa della pertinente unit immobiliare, il

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principio della personalit che radica, in capo a ciascuno, il debito sorto in costanza della relativa titolarit dominicale si da consentire a colui che, in ragione di tale solidanza, abbia soddisfatto verso il condominio un debito sorto antecedentemente al suo acquisto, il diritto a rivalersi nei confronti del vero obbligato personale (Tribunale Civile di Roma, Sezione V, Sentenza 29 gennaio 2010). 3. Conclusioni Per quanto riguarda il primo interrogativo riteniamo non possano esservi dubbi che lavviso di convocazione vada spedito allattuale proprietario, in quanto solo costui riveste la qualit di condomino. Infatti, tale pacificamente colui che vanta la titolarit di un diritto di propriet su una o pi unit immobiliari poste allinterno delledificio ed per leffetto automaticamente comproprietario delle parti comuni. Sul secondo interrogativo, osserviamo che dando ingresso in questa sede allapprodo ermeneutico (riprodotto al paragrafo precedente) della pi recente giurisprudenza di merito pronunciatasi sullinterpretazione del citato art. 63, comma 2 , se ne deduce che le spese legali per la costituzione nel giudizio di merito, che ancora deve essere deliberato dallassemblea e che quindi ancora devono sorgere, dovranno gravare interamente sul nuovo proprietario, mentre quelle relative al procedimento cautelare dovranno essere sopportate integralmente dal vecchio proprietario, in quanto lobbligazione di pagamento legata alla titolarit del diritto dominicale sullunit immobiliare compravenduta nel momento in cui sorge lobbligazione medesima, fermo restando che il condominio legittimato a domandare il pagamento di entrambe le voci al nuovo proprietario in virt del principio di solidariet ed ambulatoriet passiva dellobbligazione derivante dal pagamento di contributi condominiali di cui al citato art. 63, comma 2. (Parere a cura dellAvv. Raffaele Cusmai)


Quesito:

NOTIFICA DECRETO INGIUNTIVO

Un creditore ha notificato al Condominio un decreto ingiuntivo per il recupero delle somme dovute. L'amministratore pu non comunicare la notifica del decreto ingiuntivo ai condomini che hanno pagato la loro quota? ----Risposta: 1. Giurisprudenza Lamministratore convenuto in giudizio da un terzo o da un condomino tenuto a darne senza indugio notizia allassemblea dei condomini solo quando la citazione abbia un contenuto che esorbita dalle sue attribuzioni cos come delineate dallart. 1130 c.c. (Cass. civ. Sez. II, 02-03-1998, n. 2259). Ai sensi dell'art. 1131 c.c. l'amministratore di un condominio tenuto a dare notizia ai singoli condomini della citazione nei soli casi in cui il giudizio di cui si tratta esuli dalle sue attribuzioni, il che escluso, quando si tratti di danni da infiltrazioni provenienti dalle parti comuni di un edificio (Trib. Salerno, 22-07-2009). 2. Conclusioni Lart. 1131 cod. civ. stabilisce che lamministratore di condominio pu essere covenuto in giudizio per qualunque azione concernente le parti comuni delledificio; a lui sono notificati i provvedimenti dellautorit amministrativa che si riferiscono allo stesso oggetto. Qualora la citazione o il provvedimento abbiano un

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contenuto che esorbita dalle attribuzioni dellamministratore, questi tenuto a darne senza indugio notizia allassemblea dei condomini. Lamministratore che non adempie a questobbligo pu essere revocato ed tenuto al risarcimento dei danni. Ci precisato, consigliamo innanzitutto di verificare se loggetto del credito azionato rientri tra le materie di competenza dellamministratore secondo il regolamento di condominio ed in ipotesi negativa di comunicare a tutti i condomini a mezzo raccomandata a/r (o anche fax), o anche nella prossima assemblea di condominio se ladunanza fissata entro qualche giorno, del decreto ingiuntivo notificato al condominio al fine di scongiurare qualsiasi rischio. Precisiamo inoltre che la decisione di instaurare o meno il giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo non rientra tra gli atti conservativi dei diritti inerenti alle parti comuni di cui allart. 1130 n.4) cod. civ. In conclusione, in estrema sintesi, riteniamo che, salvo che il regolamento di condominio disponga diversamente e ricomprenda tra le attribuzioni dellamministratore loggetto del credito fatto valere dal terzo, lamministratore sia tenuto a comunicare a tutti i condomini, nessuno escluso, che stato notificato al condominio un decreto ingiuntivo. (Parere a cura dellAvv. Raffaele Cusmai)

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Aspetti fiscali


Quesito:

REGISTRO - DIVISIONE DELLE PARTI COMUNI CONDOMINIALI

Qual il trattamento ai fini dell'imposta di registro della divisione delle parti comuni condominiali ai singoli condomini? ----Risposta: La R.M. 16.11.2007, n. 334/E ha fornito precisazioni in merito all'imposta di registro applicabile nel caso in cui i condomini di un fabbricato, come nel caso in questione, vogliano attribuire in propriet esclusiva a ciascuno di essi, senza alcun conguaglio in denaro, alcuni beni che costituiscono parti comuni del condominio. Quando al condomino sono assegnati beni per un valore complessivo non eccedente quello a lui spettante sulla massa comune, la divisione ha natura meramente dichiarativa e sul valore dei beni assegnati corrispondente alla sua quota di diritti si applica l'imposta di registro proporzionale con aliquota dell'1%. L'eventuale parte eccedente considerata vendita e nel caso in cui l'assegnazione divisionale dei beni superi di una percentuale maggiore del 5% il valore della quota di diritto, tale eccedenza soggetta all'imposta con l'aliquota stabilita per i trasferimenti. (Quesito tratto dalla rivista La Settimana Fiscale - Quesiti, Il Sole 24 Ore, 1 ottobre 2010)


Quesito:

DETRAZIONE 36%

Pu il condominio far intestare le fatture ad ogni condomino non essendoci un amministratore ed essendo solo quattro condomini, visto che un condomino ha effettuato l'invio del modello per usufruire del 36% in qualit di condomino ma ha inserito il codice fiscale del condominio nell'apposito spazio? ----Risposta: Al proposito si legga la circolare 204/E del 6/11/2000 che cos dispone per i condomini senza amministratore: le ritenute previste dagli artt. 23 e 25 del D.P.R. 600 del 29 settembre 1973, dovranno essere effettuate da uno qualunque dei condomini che, utilizzando il codice fiscale del condominio medesimo, provveder ad applicare le ritenute alla fonte, a effettuarne i relativi versamenti e a presentare la dichiarazione dei sostituti d'imposta per le ritenute, i contributi e i premi assicurativi. E' ovvio che tutte le fatture passive dovranno essere intestate al condominio (con il suo codice fiscale). (Quesito tratto dalla rivista BDC Risponde, Il Sole 24 Ore, 14 settembre 2010)

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Quesito:

RITENUTA DEL 10% SUL 36% E 55%

In una fattura emessa da un'impresa edile nei confronti di un condominio per lavori di ristrutturazione con agevolazione del 36% nel mese di maggio 2010, stata applicata la ritenuta del 4% a titolo di ritenuta d'acconto. Il pagamento avvenuto in data odierna. Ora alla luce dell'art. 25 del D.L. 31/05/2010 n. 78 e dei chiarimenti successivi, la banca trattiene il 10%, ma resta anche la trattenuta del 4%? ----Risposta: In considerazione del carattere speciale della disciplina di cui all'art. 25 del DL n. 78 del 2010, al fine di evitare che le imprese e i professionisti che effettuano prestazioni di servizi o cessioni di beni per interventi di ristrutturazione edilizia o di riqualificazione energetica subiscano sullo stesso corrispettivo pi volte il prelievo alla fonte, dovr essere applicata la sola ritenuta del 10% prevista dal predetto decreto legge n. 78 del 2010. Cos si esprime la Circolare n. 40/E del 28/07/2010 in merito alla ritenuta oggetto del presente quesito. L'obbligo di applicazione della suddetta ritenuta da parte delle banche e di poste italiane decorre dal 1 luglio 2010 e deve essere applicata all'atto dell'accredito dei pagamenti ai beneficiari. A parere di chi scrive, ed in considerazione di quanto esplicitato nella suddetta circolare, va applicata la sola ritenuta del 10%. (Quesito tratto dalla rivista BDC Risponde, Il Sole 24 Ore, 29 luglio 2010)


Quesito:

DETRAZIONE DEL 36%: SPESE PER INTERVENTI SU PARTI CONDOMINIALI

Un lettore segnala di aver versato al condominio, nel gennaio 2010, la propria quota di spesa per interventi effettuati nel 2009 su parti comuni di un edificio residenziale. L'amministratore del condominio aveva provveduto, nel dicembre 2009, al pagamento integrale tramite bonifico bancario delle relative spese. Tanto premesso, chiede di sapere se possa usufruire della propria quota di detrazione del 36% nella prossima dichiarazione dei redditi. ----Risposta: La risposta al quesito affermativa. Infatti, ai fini della detrazione del 36% relativa alle spese sulle parti condominiali rileva in primo luogo la data del bonifico effettuato dall'amministratore del condominio. Quindi la detrazione spetta con riferimento all'anno di effettuazione del bonifico bancario o postale da parte dell'amministratore e nel limite delle rispettive quote dallo stesso imputate ai singoli condomini e da questi ultimi effettivamente versate al condominio, anche in via anticipata o posticipata, rispetto alla data di effettuazione del bonifico. (Quesito tratto dalla rivista La Settimana Fiscale - Quesiti, Il Sole 24 Ore, 2 luglio 2010)

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Quesito:

RITENUTE D'ACCONTO APPLICATE DA UN CONDOMINIO

Sono un amministratore di condominio ed ho incaricato un geometra per la predisposizione di una pratica edilizia del condominio. Ho rilevato che, al momento del pagamento della prestazione, il professionista non indica nella fattura la ritenuta d'acconto Irpef in quanto soggetto a "nuova iniziativa produttiva". E' corretto non applicare la ritenuta d'acconto da parte del condominio? ----Risposta: L'art. 25-ter, D.P.R. 600/1973 prevede che i condomini devono operare una ritenuta a titolo di acconto pari al 4% all'atto del pagamento dei corrispettivi sulle prestazioni relative ad appalti di opere o servizi rese nell'esercizio di un'impresa. Sono espressamente escluse dalla normativa le cessioni di beni nei confronti del condominio, e le cessioni di beni con posa in opera, per le quali la componente del servizio soltanto accessoria rispetto alla fornitura. Di conseguenza, essendo previsto che i soggetti rientranti nel regime delle nuove iniziative non sono soggetti a ritenuta d'acconto Irpef del 20% prevista per i lavoratori autonomi, il condominio non sar tenuto ad applicare la ritenuta d'acconto del 4%. (Quesito tratto dalla rivista La Settimana Fiscale - Quesiti, Il Sole 24 Ore, 28 maggio 2010)


Quesito:

RECUPERO EDILIZIO 36%

Contribuente acquista da inquilino dello stesso condominio un box sul quale il venditore usufruiva delle rate del 36%. L'acquirente pu utilizzare le rimanenti rate? ----Risposta: In base all'art. 1 comma 7 della L. 449/97 in caso di vendita dell'unit immobiliare sulla quale sono stati realizzati gli interventi di recupero, le detrazioni non utilizzate dal venditore spettano, per i periodi di imposta rimanenti al l'acquirente persona fisica. (Quesito tratto dalla rivista BDC Risponde, Il Sole 24 Ore, 23 aprile 2010)

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Impianti


Quesito:

DICHIARAZIONE DI CONFORMIT

Lamministratore del condomino ha lobbligo, qualora limpianto di riscaldamento sia costituito da caldaie a gas autonome, di richiedere le singole conformit? ----Risposta: 1. Inquadramento normativo - D.M. n. 37/2008: Art. 6: 1. Al termine dei lavori, previa effettuazione delle verifiche previste dalla normativa vigente, comprese quelle di funzionalit dell'impianto, l'impresa installatrice rilascia al committente la dichiarazione di conformit degli impianti realizzati nel rispetto delle norme di cui all'articolo 6. Di tale dichiarazione, resa sulla base del modello di cui all'allegato I, fanno parte integrante la relazione contenente la tipologia dei materiali impiegati, nonch il progetto di cui all'articolo 5. 2. Nei casi in cui il progetto redatto dal responsabile tecnico dell'impresa installatrice l'elaborato tecnico costituito almeno dallo schema dell'impianto da realizzare, inteso come descrizione funzionale ed effettiva dell'opera da eseguire eventualmente integrato con la necessaria documentazione tecnica attestante le varianti introdotte in corso d'opera. 3. In caso di rifacimento parziale di impianti, il progetto, la dichiarazione di conformit, e l'attestazione di collaudo ove previsto, si riferiscono alla sola parte degli impianti oggetto dell'opera di rifacimento, ma tengono conto della sicurezza e funzionalit dell'intero impianto. Nella dichiarazione di cui al comma 1 e nel progetto di cui all'articolo 5, espressamente indicata la compatibilit tecnica con le condizioni preesistenti dell'impianto. 4. La dichiarazione di conformit rilasciata anche dai responsabili degli uffici tecnici interni delle imprese non installatrici di cui all'articolo 3, comma 3, secondo il modello di cui all'allegato II del presente decreto. 5. Il contenuto dei modelli di cui agli allegati I e II pu essere modificato o integrato con decreto ministeriale per esigenze di aggiornamento di natura tecnica. 6. Nel caso in cui la dichiarazione di conformit prevista dal presente articolo, salvo quanto previsto all'articolo 15, non sia stata prodotta o non sia pi reperibile, tale atto sostituito - per gli impianti eseguiti prima dell'entrata in vigore del presente decreto - da una dichiarazione di rispondenza, resa da un professionista iscritto all'albo professionale per le specifiche competenze tecniche richieste, che ha esercitato la professione, per almeno cinque anni, nel settore impiantistico a cui si riferisce la dichiarazione, sotto personale responsabilit, in esito a sopralluogo ed accertamenti, ovvero, per gli impianti non ricadenti nel campo di applicazione dell'articolo 5, comma 2, da un soggetto che ricopre, da almeno 5 anni, il ruolo di responsabile tecnico di un'impresa abilitata di cui all'articolo 3, operante nel settore impiantistico a cui si riferisce la dichiarazione. Art. 8: 1. Il committente tenuto ad affidare i lavori di installazione, di trasformazione, di ampliamento e di manutenzione straordinaria degli impianti indicati allarticolo 1, comma 2, ad imprese abilitate ai sensi dellarticolo 3. 2. Il proprietario dell'impianto adotta le misure necessarie per conservarne le caratteristiche di sicurezza previste dalla normativa vigente in materia, tenendo conto delle istruzioni per l'uso e la manutenzione predisposte dall'impresa installatrice dell'impianto e dai fabbricanti delle apparecchiature installate. Resta ferma la responsabilit delle aziende fornitrici o distributrici, per le parti dell'impianto e delle relative componenti tecniche da loro installate o gestite. 3. Il committente entro 30 giorni dall'allacciamento di una nuova fornitura di gas, energia elettrica, acqua, negli edifici di qualsiasi destinazione d'uso, consegna

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al distributore o al venditore copia della dichiarazione di conformit dell'impianto, resa secondo l'allegato I, esclusi i relativi allegati obbligatori, o copia della dichiarazione di rispondenza prevista dallarticolo 7, comma 6. La medesima documentazione consegnata nel caso di richiesta di aumento di potenza impegnata a seguito di interventi sull'impianto, o di un aumento di potenza che senza interventi sull'impianto determina il raggiungimento dei livelli di potenza impegnata di cui allarticolo 5, comma 2 o comunque, per gli impianti elettrici, la potenza di 6 kw. 4. Le prescrizioni di cui al comma 3 si applicano in tutti i casi di richiesta di nuova fornitura e di variazione della portata termica di gas. 5. Fatti salvi i provvedimenti da parte delle autorit competenti, decorso il termine di cui al comma 3 senza che sia prodotta la dichiarazione di conformit di cui allarticolo 7, comma 1, il fornitore o il distributore di gas, energia elettrica o acqua, previo congruo avviso, sospende la fornitura. Art. 1130 cod. civ.: L'amministratore deve: 1) eseguire le deliberazioni dellassemblea dei condomini e curare losservanza del regolamento di condominio; 2) disciplinare l'uso delle cose comuni e la prestazione dei servizi nell'interesse comune, in modo che ne sia assicurato il miglior godimento a tutti i condomini; 3) riscuotere i contributi ed erogare le spese occorrenti per la manutenzione ordinaria delle parti comuni dell'edificio e per lesercizio dei servizi comuni; 4) compiere gli atti conservativi dei diritti inerenti alle parti comuni delledificio. Egli, alla fine di ciascun anno, deve rendere il conto della sua gestione. 2. Giurisprudenza Interpretazione estensiva della locuzione atti conservativi dei diritti inerenti le parti comuni delledificio: La prescrizione di cui allart. 1130 n. 4) cod. civ. non va interpretata nel senso restrittivo dei soli atti di natura cautelare, bens come relativa a tutti gli atti diretti a conservare lesistenza delle parti comuni (Cass. civ. 18 giugno 1996, n. 5613). 3. Conclusioni Dal testo del quesito non comprendiamo se il dubbio sia sulla legittimit di una richiesta presentata alla ditta installatrice oppure ai singoli condomini per attestare la conformit dei loro impianti alla normativa vigente al fine di escludere che dagli stessi possa derivare un pericolo per cose e persone che si trovano nel condominio. In ogni caso, precisiamo che per espressa previsione legislativa la dichiarazione di conformit deve essere sempre rilasciata dalla ditta installatrice, anche in ipotesi di modifiche del singolo impianto autonomo, al committente, ovvero, deve ritenersi, generalmente al proprietario della singola unit immobiliare. Per quanto riguarda il diritto dellamministratore di prendere visione del certificato, lunico puntello giuridico per poter fondare tale richiesta appare essere costituito dal suo inquadramento tra gli atti conservativi dei diritti inerenti le parti comuni di cui allart. 1130 n. 4) cod. civ., ovvero giustificare lo stesso con la necessit di dover effettuare verifiche per evitare il pericolo di danni a beni comuni derivanti da impianti non a norma in virt dei poteri attribuitigli dalla predetta disposizione del codice civile. Ci chiarito, evidente che, salvo specifica pattuizione del regolamento di condominio oppure che linstallazione sia stata commissionata dallo stesso amministratore in nome e per conto dei condomini, lobbligo per lamministratore di condominio di richiedere alla ditta appaltatrice o ai singoli condomini il rilascio del certificato di conformit potrebbe derivare solo inquadrandolo tra gli atti conservativi di cui sopra. Ci certamente plausibile per gli esposti motivi, ma non ravvisandosi precedenti giurisprudenziali che lo abbiano espressamente affermato e mancando interpretazioni autentiche del Legislatore, lesistenza di siffatto obbligo per lamministratore costituisce questione rimessa allinterprete e come tale suscettibile di

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essere risolta sia in senso positivo che in senso negativo. Per scongiurare qualsiasi rischio, suggeriamo di richiederne lesibizione fondando la richiesta sullinterpretazione estensiva della locuzione atti conservativi di cui allart. 1130 n.4 cod. civ. (Parere a cura dellAvv. Raffaele Cusmai)


Quesito:

CERTIFICATO DI PREVENZIONE INCENDI

Amministro un condominio di 7 unit, nel piano seminterrato oltre ai box dei 7 condomini sono presenti altri 9 box, la costruzione di fine anni 80 e non mai stata presentata domanda per il rilascio del Cetificato di Prevenzione Incendi. Dovendo presentare la domanda, per le sette unit da me amministrate, come regolarizzare le altre 9 unit? ----Risposta: 1. Inquadramento normativo Art. 1106 cod. civ.: Con la maggioranza calcolata nel modo indicato dall'articolo precedente, pu essere formato un regolamento per l'ordinaria amministrazione e per il miglior godimento della cosa comune. Nello stesso modo l'amministrazione pu essere delegata ad uno o pi partecipanti, o anche a un estraneo, determinandosi i poteri e gli obblighi dell'amministratore. Art. 1129, comma 1, cod. civ.: Quando i condomini sono pi di quattro, l'assemblea nomina un amministratore. Se l'assemblea non provvede, la nomina fatta dall'autorit giudiziaria, su ricorso di uno o pi condomini. Art. 1130 cod. civ.: L'amministratore deve: 2) disciplinare l'uso delle cose comuni e la prestazione dei servizi nell'interesse comune, in modo che ne sia assicurato il miglior godimento a tutti i condomini; 4) compiere gli atti conservativi dei diritti inerenti alle parti comuni dell'edificio. 2. Conclusioni Innanzitutto occorre verificare se i proprietari dei nove box possono essere considerati condomini in senso giuridico. Ricordiamo che, pur in mancanza di una specifica definizione legislativa, pacifico alla luce della giurisprudenza che per condomino si debba intendere colui che titolare di un diritto di propriet (in esclusiva o pro quota) su una unit immobiliare situata allinterno del condominio, da cui consegue automaticamente anche la con titolarit sulle parti comuni ex art. 1117 cod. civ. Orbene, per unit immobiliare si suole intendere generalmente il singolo appartamento, a prescindere dalla sua destinazione (abitazione, ufficio, ecc.), mentre il box ne rappresenta di solito una semplice pertinenza. Tuttavia, laddove un soggetto sia proprietario di un semplice box, questultimo perde il requisito della pertinenza e pu assurgere a quello di cosa principale, ovvero di propriet principale, e quindi di unit immobiliare atipica, e pertanto il proprietario potrebbe essere considerato ugualmente un condomino, tenuto al pagamento delle spese comuni limitatamente ai beni comuni che hanno carattere accessorio rispetto al proprio box (es. ingresso dellarea box e spazi di manovra). Proseguendo su tale ragionamento pertanto, anche i proprietari dei nove box dovrebbero essere assoggettati al rispetto del regolamento di condominio, che dovrebbero aver accettato nei singoli atti di acquisto. Pertanto, lamministratore potrebbe richiedere il rilascio del certificati di

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prevenzione incendi, cos come addebitare le spese di manutenzione delle aree ad essi comuni, anche ai proprietari dei soli box. In mancanza di accettazione del regolamento negli atti di acquisto, oppure qualora si volesse rimanere rigidamente fedeli alla definizione di condomino come proprietario di unit immobiliari tipiche, ne consegue comunque la necessit di un regolamento fra condomini e soli proprietari dei box per disciplinare modalit di uso e di ripartizione delle spese delle parti comuni dellarea box. In mancanza di un regolamento, nel frattempo, vista lestrema urgenza di provvedere allottenimento del certificato di prevenzioni incendi per lintera area box, la soluzione migliore, soprattutto per scongiurare il rischio di danni derivanti al fabbricato, riteniamo sarebbe quella di ottenere dai proprietari dei nove box una delega allamministratore del condominio alla presentazione anche in loro nome e per loro conto della richiesta di certificato di prevenzione incendi. In caso di loro diniego, riteniamo sarebbe legittimo, in quanto rientrante fra gli atti conservativi cui tenuto ex lege lamministratore, presentare allAutorit giudiziaria un ricorso ex art. 700 c.p.c. per ottenere la condanna in via cautelare dei proprietari dei box negligenti ad ottenere il rilascio del certificati di prevenzione incendi vista la sua obbligatoriet legale ed il pericolo di incendio e quindi di danni ai condomini che deriva dalleventuale mancato adeguamento degli impianti di sicurezza alla normativa antincendio. (Parere a cura dellAvv. Raffaele Cusmai)


Quesito:

DISTACCO IMPIANTO DI RISCALDAMENTO

Nel caso in cui un condominio, si dovesse procedere alla sostituzione della vecchia caldaia, i condomini, i quali in passato si sono staccati dalla stessa, dovranno partecipare alla spese? Quali sono le spese per le quali devono partecipare color che si sono staccati dalla caldaia condominiale? ----Risposta: 1. Inquadramento normativo Art. 118, comma 2, cod. civ.: Il condomino non pu, rinunziando al diritto sulle cose anzidette, sottrarsi al contributo nelle spese per la loro conservazione. 2. Giurisprudenza In caso di distacco dall'impianto centralizzato, non essendo configurabile una rinuncia alla compropriet dello stesso il condomino non pu sottrarsi al contributo per le spese di conservazione del predetto impianto. D'altra parte, tra le spese indicate dall'art. 1104 c.c. soltanto quelle per la conservazione della cosa comune costituiscono obligationes propter rem e per questo il condomino non pu sottrarsi all'obbligo del loro pagamento ai sensi dell'art. 1118, comma 2, c.c. Tale ultima norma, invece, significativamente nulla dispone per le spese relative al godimento delle cose comuni. Quando poi non pu ritenersi illegittima la rinuncia di un condomino all'uso dell'impianto centralizzato di riscaldamento, non potranno essere poste a carico dello stesso, in applicazione del principio contenuto nell'art. 1123, comma 2, c.c., le spese per l'uso del servizio centralizzato, vale a dire le spese per l'acquisto del carburante, in assenza di validi e probanti elementi che dimostrino un aggravio di spesa per gli altri condomini in conseguenza del distacco (App. Roma Sez. IV, 18-04-2007). Poich le spese per la sostituzione della caldaia comune attengono alla "conservazione" dell'impianto (cio

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alla tutela dell'integrit materiale e, quindi, del valore capitale dello stesso), esse costituiscono oggetto di vere e proprie "obligationes propter rem" che, nascendo dalla contitolarit del diritto reale sull'impianto comune, sono dovute dai condomini in proporzione della quota che esprime la misura di appartenenza, ovvero in base ai millesimi. Conseguentemente, ove nell'edificio condominiale vi siano locali (come cantine e box) non serviti dall'impianto di riscaldamento centralizzato, i condomini titolari - soltanto - della propriet di tali locali, non sono contitolari dell'impianto centralizzato, non essendo questo legato da una relazione di accessoriet, cio da un collegamento strumentale, materiale e funzionale all'uso o al servizio di quei beni. Cosicch, venendo meno il presupposto per l'attribuzione della propriet comune dell'impianto, viene meno anche l'obbligazione propter rem di contribuire alle spese per la conservazione dello stesso (Cass. civ. Sez. II, 27-01-2004, n. 1420). In tema di impianto comune di riscaldamento, occorre distinguere il riparto delle spese di rifacimento, manutenzione e sostituzione (da eseguirsi secondo il criterio proporzionale ai valori della propriet), da quello relativo alle spese del godimento del servizio (da operarsi in base ai consumi dei singoli). Conseguentemente, deve essere annullata la delibera impugnata laddove abbia ripartito le spese per la sostituzione della caldaia dell'impianto di riscaldamento secondo i millesimi riportati nella tabella riscaldamento anzich in base ai millesimi di propriet (Cass. civ. Sez. I (Ord.), 23-05-2000, n. 365). 3. Conclusioni Tali consolidati approdi giurisprudenziali applicati alla fattispecie sottoposta conducono alle seguenti conclusioni: tutti i condomini, tranne quelli che sono proprietari esclusivamente di locali non serviti dallimpianto come box e cantine, che si sono in passato staccati dallimpianto di riscaldamento centralizzato dovranno partecipare in proporzione ai millesimi di propriet alle spese per la sostituzione della caldaia cos come a tutte quelle relative alla conservazione (manutenzione ordinaria e straordinaria, gestione) dellimpianto comune, ma non a quelle relative all'uso del servizio centralizzato, vale a dire le spese per l'acquisto del carburante, in assenza di validi e probanti elementi che dimostrino un aggravio di spesa per gli altri condomini in conseguenza del distacco. (Parere a cura dellAvv. Raffaele Cusmai)


Quesito:

INSTALLAZIONE DI ANTENNA CENTRALIZZATA

Il regolamento condominiale contrattuale prevede che il fabbricato sia munito di una sola antenna tv centralizzata mai installata dal costruttore. Nel corso degli anni i proprietari hanno installato ciascuno la propria. Oggi un condomino mi chiede di applicare il regolamento e far rimuovere le antenne private esistenti sulla copertura. Come mi devo comportare? ----Risposta: 1. Inquadramento normativo D.P.R. 156/1973 recante Approvazione del testo unico delle disposizioni legislative in materia postale, di bancoposta e di telecomunicazioni - Art. 397. Installazione di antenne riceventi del servizio di radiodiffusione. I proprietari di immobili o di porzioni di immobili non possono opporsi alla installazione sulla loro propriet di antenne destinate alla ricezione dei servizi di radiodiffusione appartenenti agli abitanti dell'immobile stesso.

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Le antenne non devono in alcun modo impedire il libero uso della propriet, secondo la sua destinazione, n arrecare danno alla propriet medesima o a terzi. Art. 1102 cod. civ.: Ciascun partecipante pu servirsi della cosa comune, purch non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto. A tal fine pu apportare a proprie spese le modificazioni necessarie per il migliore godimento della cosa. Il partecipante non pu estendere il suo diritto sulla cosa comune in danno degli altri partecipanti, se non compie atti idonei a mutare il titolo del suo possesso 2. Giurisprudenza In tema di condominio negli edifici, la norma dell'art. 1102 c.c. derogabile dalle norme del regolamento condominiale purch la deroga sia espressamente prevista nel regolamento (Trib. Genova Sez. III, 19-042007). In tema di condominio, i poteri dell'assemblea condominiale possono invadere la sfera di propriet dei singoli condomini, sia in ordine alle cose comuni sia a quelle esclusive, soltanto quando una siffatta invasione sia stata da loro specificamente accettata o in riferimento ai singoli atti o mediante approvazione del regolamento che la preveda, in quanto l'autonomia negoziale consente alle parti di stipulare o di accettare contrattualmente convenzioni e regole pregresse che, nell'interesse comune, pongano limitazioni ai diritti dei condomini (Cass. civ. Sez. II Sent., 14-12-2007, n. 26468). 3. Conclusioni Tutto ci precisato in punto di diritto, se ne deduce che la previsione contenuta nel regolamento di condominio che prevede che il fabbricato sia munito di una sola antenna televisiva centralizzata, con ci escludendo la possibilit di installare antenne serventi le singole unit immobiliari, introduce nella regolamentazione delluso dei beni comuni un limite ulteriore rispetto a quelli del rispetto della sua destinazione e delleguale diritto degli altri condomini voluti dal Legislatore. Ne deriva quindi unulteriore compressione della facolt di godimento spettante ai condomini e quindi una deroga allart. 1102 cod. civ. Orbene, la giurisprudenza ha pi volte precisato che tale norma ha natura dispositiva ovvero derogabile dalla volont delle parti. Ne consegue quindi che la richiamata pattuizione del regolamento di condominio deve ritenersi pienamente legittima. Tale iter interpretativo ha come logica conclusione che i condomini che hanno installato le proprie antenne in violazione del regolamento di condominio che loro stessi hanno accettato al momento dellacquisto della loro porzione immobiliare, hanno lobbligo di rimuoverle e di conformarsi ad esso, allacciando la propria unit immobiliare allimpianto televisivo comune. Questa la soluzione cui si giunge inserendo la fattispecie descritta allinterno dellimpianto normativo generale posto dal codice civile in materia di condominio, come interpretato dalla giurisprudenza. Invece, ampliando il panorama normativo possibile individuare anche unaltra soluzione, diametralmente opposta. Infatti, il Legislatore nel d.P.R. n.156/1973 ha sancito il diritto del proprietario di un immobile di installare antenne televisive anche su immobili di propriet altrui a condizione che si rispetti il libero uso spettante al proprietario e non si arrechino danni al bene altrui. La giurisprudenza ha poi ulteriormente precisato che linstallazione legittima solo se, oltre ai limiti indicati, non stato possibile installare lantenna allinterno della porzione immobiliare di chi ha richiesto linstallazione. Orbene, evidente che il Legislatore ha voluto introdurre una garanzia particolare per gli utenti del servizio televisivo ritenendo evidentemente che nel contemperamento fra le esigenze del proprietario a non veder in alcun modo infastidito il suo diritto di godimento del proprio bene e quelle del cittadino a godere dei benefici del servizio indicato, debbano

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prevalere queste ultime. Per logica deduzione se vero che tale principio vale con riferimento ad un bene in propriet esclusiva di un terzo, a maggior ragione deve valere con riferimento ad un bene su cui anche il richiedente linstallazione pu esercitare un diritto di propriet. Riproduciamo di seguito un approdo interpretativo della Suprema Corte di Cassazione che riteniamo decisivo per determinare quale sia fra le due soluzioni proposte quella giuridicamente pi corretta: Il diritto allinstallazione di antenne ed accessori, sia esso configurabile come diritto soggettivo autonomo che come facolt compresa nel diritto primario allinformazione e diretta alla attuazione di questo (art. 21 cost.), limitato soltanto dal pari diritto di altro condomino, o di altro coabitante nello stabile, e dal divieto di menomare (in misura apprezzabile) il diritto di propriet di colui che deve consentire linstallazione su parte del proprio immobile; pertanto, qualora sul terrazzo di uno stabile condominiale sia installata (per volont della maggioranza dei condomini) unantenna televisiva centralizzata e un condomino (o un abitante dello stabile) intenda invece installare unantenna autonoma, lassemblea dei condomini pu vietare tale seconda installazione solo se la stessa pregiudichi luso del terrazzo da parte degli altri condomini o arrechi comunque un qualsiasi altro pregiudizio apprezzabile e rilevante ad una delle parti comuni; al di fuori di tali ipotesi, una delibera che vieti linstallazione deve essere considerata nulla, con la conseguenza che il condomino leso pu far accertare il proprio diritto allinstallazione stessa, anche se abbia agito in giudizio oltre i termini previsti dall'art. 1137 c.c. o, essendo stato presente allassemblea, senza esprimere voto favorevole alla delibera, non abbia manifestato espressamente la propria opposizione alla delibera stessa (Cass. civ., 06-11-1985, n. 5399). Applicando tale principio giurisprudenziale alla fattispecie che ci occupa si ricava quindi che fermi restando i limiti posti dallart. 1102 cod. civ. e dal d.P.R. 156/1973 sopra indicati, che, da quel che ci stato riferito e che possiamo presumere da massime di esperienza, riteniamo siano stati rispettati, la previsione del regolamento di condominio, al pari di ogni delibera assembleare, che vieta linstallazione sulla copertura del fabbricato di antenne televisive non centralizzate deve ritenersi nulla in quanto contraria alle norme pocanzi citate. In conclusione, in estrema sintesi, ad avviso dello Scrivente, bench entrambe le esposte soluzioni abbiano un loro fondamento giuridico, la seconda deve ritenersi preferibile, in quanto rispettosa non solo delle norme generali dettate in materia di condominio ma anche dei principi scolpiti da norme speciali dettate per loggetto della fattispecie sottoposta, ed quindi pi aderente ai principi dettati dal nostro ordinamento giuridico nel suo complesso. (Parere a cura dellAvv. Raffaele Cusmai)


Quesito:

IMPIANTO A GAS

L'assemblea condominiale ha deliberato a maggioranza il rifacimento dell'impianto del gas metano in quanto vetusto. Devono essere fatti i lavori per il rifacimento delle tubazioni del gas e le singole unit abitative dovranno mettere nuovi contatori e nuovi allacci. Nel condominio vi un condomino moroso al quale l'amministratore ha gi notificato il decreto ingiuntivo per il recupero delle spese di ordinaria amministrazione, ma il problema che il condomino non ritira gli atti in quanto ricoverato in una comunit. Pu l'amministratore procedere con i lavori deliberati dalla maggioranza anche se ci comporta che l'immobile del condomino moroso ed assente venga privato dell'utenza del gas oppure i condomini sono

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tenuti ad anticipare le spese per l'impianto del condomino moroso? ----Risposta: 1. Inquadramento normativo Art. 1137, comma 1, cod. civ.: Le deliberazioni prese dall'assemblea a norma degli articoli precedenti sono obbligatorie per tutti i condomini. Art. 832 cod. civ.: Il proprietario ha diritto di godere e disporre delle cose in modo pieno ed esclusivo, entro i limiti e con l'osservanza degli obblighi stabiliti dall'ordinamento giuridico. 2. Giurisprudenza Applicabile per analogia alla fattispecie che ci occupa il seguente principio affermato dalla giurisprudenza: Nel sistema di comunicazione tra ciascun appartamento condominiale e l'esterno (citofono) possono distinguersi parti comuni (il quadro esterno e comunque tutta la parte dell'impianto che precede la diramazione dei cavi in direzione delle singole unit abitative) e parti di propriet esclusiva dei singoli condomini. Da ci la necessit di distinguere, anche in sede di riparto delle spese di installazione, la parte comune da quelle di propriet individuale: di esse, la prima ricade nel regime previsto dall'art. 1123, comma 2, c.c., mentre le seconde gravano interamente su ciascun condomino in ragione della loro obiettiva entit (Trib. Bologna, 22-05-1998). 3. Conclusioni Innanzitutto occorre spendere alcune precisazioni sul perfezionamento della notifica del decreto ingiuntivo al condomino moroso. Lart. 140 c.p.c. stabilisce che Se non possibile eseguire la consegna per irreperibilit o per incapacit o rifiuto delle persone indicate nellarticolo precedente, lufficiale giudiziario deposita la copia nella casa del Comune dove la notificazione deve eseguirsi, affigge avviso del deposito in busta chiusa e sigillata alla porta dellabitazione o dellufficio o dellazienda del destinatario, e gliene d notizia per raccomandata con avviso di ricevimento. La Corte Costituzionale ha poi precisato che la notifica si perfeziona comunque, per il destinatario, decorsi dieci giorni dalla spedizione della raccomandata. Ne consegue quindi che la notifica del decreto ingiuntivo nei confronti del condomino moroso irreperibile si perfeziona comunque trascorsi dieci giorni dalla spedizione della raccomandata informativa. Per quanto riguarda poi il diritto di iniziare i lavori, precisiamo che, ai sensi dellart. 1137, comma 1, cod. civ., la delibera dellassemblea che li ha approvati ed autorizzati obbligatoria anche per il condomino moroso e quindi pu essere eseguita immediatamente. Pur non potendone leggere il contenuto immaginiamo che - come generalmente avviene - sia stabilito che spetti ai singoli condomini provvedere a dotare il proprio appartamento dei nuovi allacci e dei nuovi contatori ed a pagare le relative spese. Se ci non espressamente indicato pu comunque sostenersi la medesima conclusione sul presupposto che tali installazioni riguardando il singolo appartamento rientrano nellesercizio del diritto di propriet e pertanto il proprietario libero di effettuarle o meno. In conclusione quindi in estrema sintesi: i lavori possono essere iniziati immediatamente ed il condominio non deve anticipare le spese per allaccio e installazione contatori relativi allunit immobiliare del condomino moroso. (Parere a cura dellAvv. Raffaele Cusmai)

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Quesito:

IMPIANTO ASCENSORE

Le spese di manutenzione straordinaria sostenute per la riparazione dellascensore condominiale, non essendo indicati nel regolamento condominiale redatto nel 1954 i criteri di ripartizione, ma solo la ripartizione per tabelle millesimali delle spese sostenute per interventi di manutenzione ordinaria, come vanno ripartite? ----Risposta: 1. Inquadramento normativo Art. 1123, comma 1, cod. civ.: Le spese necessarie per la conservazione e per il godimento delle parti comuni dell'edificio per la prestazione dei servizi nell'interesse comune e per le innovazioni deliberate dalla maggioranza sono sostenute dai condomini in misura proporzionale al valore della propriet di ciascuno, salvo diversa convenzione. Art. 1124 cod. civ.: Le scale sono mantenute e ricostruite dai proprietari dei diversi piani a cui servono. La spesa relativa ripartita tra essi, per met in ragione del valore dei singoli piani o porzioni di piano, e per l'altra met in misura proporzionale all'altezza di ciascun piano dal suolo. Al fine del concorso nella met della spesa, che ripartita in ragione del valore, si considerano come piani le cantine, i palchi morti, le soffitte o camere a tetto e i lastrici solari, qualora non siano di propriet comune 2. Giurisprudenza In base all'art. 1124 c.c., le spese di manutenzione e ricostruzione delle scale e, quindi, dell'ascensore, sono assimilate e assoggettate alla stessa disciplina, senza alcuna distinzione tra le une e le altre, sicch la clausola di regolamento condominiale che esoneri una determinata categoria di condomini dal pagamento delle spese di manutenzione (ordinaria e straordinaria), ove sia intesa dal giudice nel senso di modificare anche detta assimilazione legale, distinguendo le varie spese, richiede una motivazione adeguata (Fattispecie relativa a regolamento condominiale che, in deroga alla disciplina di cui agli artt. 1123-1125 c.c., prevedeva l'esenzione da tali spese per una categoria di condomini). Cass. civ. Sez. II, 25-03-2004, n. 5975 Gli interventi di adeguamento dell'ascensore alla normativa CEE essendo diretti al conseguimento di obiettivi di sicurezza della vita umana e incolumit delle persone, onde proteggere efficacemente gli utenti e i terzi, non attengono all'ordinaria manutenzione dello stesso o al suo uso e godimento, bens alla straordinaria manutenzione, riguardando l'ascensore nella sua unit strutturale. Le relative spese devono quindi essere sopportate da tutti i condomini, in ragione dei rispettivi millesimi di propriet, compresi i proprietari degli appartamenti siti al piano terra. Trib. Parma, 29-09-1994 3. Conclusioni Sul criterio di ripartizione delle spese relative alla manutenzione straordinaria dellascensore si registrano due orientamenti giurisprudenziali: un primo, pi recente, avallando lassimilazione tra scale ed ascensore, sostiene lapplicabilit anche a questultimo del criterio di ripartizione dettato dal Legislatore allart. 1124 cod. civ., salvo che nel regolamento condominiale non vi sia una deroga a tale ripartizione legale; un secondo orientamento favorevole invece alla ripartizione secondo i millesimi di propriet, ovvero secondo il criterio generale dettato dallart. 1123, comma 1, cod. civ. Nel caso di specie vi poi una clausola del regolamento di condominio che disciplina la ripartizione delle

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spese di ascensore ma solo per la manutenzione ordinaria. Orbene, tutto ci precisato riteniamo sia legittima la scelta di ripartire le spese o secondo il criterio di cui allart. 1124 cod. civ. o secondo la regola generale di cui allart. 1123, comma 1, cod. civ., avendo entrambe un loro fondamento giuridico. (Parere a cura dellAvv. Raffaele Cusmai)


Quesito:

RIPARAZIONE CONDUTTURE DEL GAS

Amministro un condominio di 30 villette a schiera. Sei abitazioni hanno i rispettivi contatori gas ubicati nel muro perimetrale della recinzione di una villetta. Si rende necessario sistemare e adeguare le condutture del gas di queste abitazioni che passano nel giardino della villetta. Chi deve contribuire alle spese e quali sono i criteri di ripartizione? ----Risposta: 1. Inquadramento normativo Sulle servit coattive: Art. 1033 cod. civ.: Il proprietario tenuto a dare passaggio per i suoi fondi alle acque di ogni specie che si vogliono condurre da parte di chi ha, anche solo temporaneamente, il diritto di utilizzarle per i bisogni della vita o per usi agrari o industriali. Sono esenti da questa servit le case, i cortili, i giardini e le aie ad esse attinenti. Art. 1056 cod. civ.: Ogni proprietario tenuto a dare passaggio per i suoi fondi alle condutture elettrice, in conformit delle leggi in materia. Sulle servit volontarie: Art. 1350 cod. civ.: Devono farsi per atto pubblico o per scrittura privata, sotto pena di nullit: 4) i contratti che costituiscono o modificano le servit prediali su beni immobili. Sulla ripartizione delle spese condominiali: Art. 1123 cod. civ.: Le spese necessarie per la conservazione e per il godimento delle parti comuni dell'edificio, per la prestazione dei servizi nell'interesse comune e per le innovazioni deliberate dalla maggioranza sono sostenute dai condomini in misura proporzionale al valore della propriet di ciascuno, salvo diversa convenzione. Se si tratta di cose destinate a servire i condomini in misura diversa, le spese sono ripartite in proporzione dell'uso che ciascuno pu farne. Qualora un edificio abbia pi scale , cortili, lastrici solari , opere o impianti destinati a servire una parte dell'intero fabbricato, le spese relative alla loro manutenzione sono a carico del gruppo di condomini che ne trae utilit. 2. Giurisprudenza Sulla servit di passaggio di tubi per la fornitura di gas: inammissibile la costituzione coattiva di una servit di passaggio di tubi per la fornitura di gas metano, dovendosi escludere un'applicazione estensiva dell'art. 1033 cod. civ. in tema di servit di acquedotto coattivo (Trib. Padova, 11-09-2007).

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Non manifestamente infondata la q.l.c. dell'art. 1033 c.c. nella parte in cui non prevede anche l'obbligo di dare passaggio, analogo a quello dovuto alle condotte di acque, a tubi o ad altri condotte per la fornitura del gas metano, in riferimento agli art. 3 comma 1 e 42 comma 2 cost. (App. Milano, 12-12-1997). manifestamente infondata la q.l.c. dell'art. 1033 c.c., nella parte in cui non prevede l'obbligo di dare passaggio, analogo a quello dovuto alle condotte di acque, a tubi o ad altri condotti per la fornitura di gas metano, in riferimento agli art. 3 e 42 cost. (Corte cost. (Ord.), 17-07-2002, n. 357) A differenza delle servit volontarie che possono avere ad oggetto una qualsiasi utilitas, purch ricavata da un fondo a vantaggio di un altro fondo appartenente a diverso proprietario, le servit prediali coattive formano una numerus clausus, sono cio tipiche avendo ciascuna il contenuto predeterminato dalla legge, sicch non sono ammissibili altri tipi al di fuori di quelli espressamente previsti da una specifica norma per il soddisfacimento di necessit ritenute meritevoli di tutela; pertanto, inammissibile la costituzione coattiva di una servit di passaggio di tubi per la fornitura di gas metano, dovendosi escludere un'applicazione estensiva dell'art. 1033 c.c. in tema di servit di acquedotto, in conseguenza della non assimilabilit delle due situazioni per i caratteri peculiari di struttura e funzione di ciascuna di esse, ed in particolare della pericolosit insita nell'attraversamento sotto terra delle forniture del gas, non ricorrente nella servit di acquedotto (Cass. civ. Sez. II, 25-01-1992, n. 820) Sulla ripartizione delle spese di condominio secondo il criterio dellutilit: Per espressa previsione dell'art. 1123 c.c. il criterio, ivi fissato, di ripartizione delle spese in relazione al possibile uso o alla concreta utilit delle cose e dei servizi cui le stesse si riferiscono, liberamente derogabile per convenzione. Infatti, pacifica la legittimit della deroga al criterio di ripartizione operata da una disposizione del regolamento di condominio contrattuale che, per esempio, escluda i proprietari dei locali commerciali dalla partecipazione alle spese relative a beni e servizi comuni non goduti. Tuttavia, la deroga convenzionale, per essere valida ed efficace nel tempo, deve essere prevista in un regolamento contrattuale o in una convenzione sottoscritta da tutti i condomini originari del fabbricato, e deve essere opponibile a tutti i successivi aventi causa. In ordine a quest'ultimo aspetto va chiarito che la validit e l'opponibilit ai successivi acquirenti delle clausole di regolamenti di condominio che impongono limitazioni al normale contenuto dei diritti dei condomini sulle unit immobiliari o deroghe ai criteri legali di riparto derivano dall'accettazione delle clausole nei singoli atti di acquisto, in quanto solo il concreto richiamo nei singoli atti di acquisto ad un determinato regolamento condominiale gi esistente che consente di ritenere quest'ultimo come facente parte per relationem di ogni singolo atto (Trib. Roma Sez. V Sent., 12-05-2009). 3. Conclusioni Innanzitutto osserviamo che la fattispecie descritta appare chiaramente individuare una servit di passaggio di tubazioni di gas, in cui fondo servente la villetta nel cui giardino le stesse sono installate e che dalle stesse viene attraversato e fondi dominanti le sei villette che hanno i contatori nel muro perimetrale della prima e che beneficiano del passaggio del gas attraverso la medesima. Occorre pertanto spendere alcune brevi considerazioni sul titolo costitutivo della servit. Orbene, lorientamento giurisprudenziale consolidatosi sempre pi nel corso degli anni ci porta ad escludere la possibilit di applicare per analogia alla tubazioni di gas le norme che disciplinano le servit di acquedotto e di elettrodotti e quindi alla conclusione che nel caso di specie non configurabile una servit coattiva, bens necessariamente una servit volontaria. Titolo costitutivo della servit deve pertanto essere nel nostro caso un contratto, o comunque una scrittura privata sottoscritta dai proprietari dei fondi servente e dominante. Essendo la forma scritta prevista a pena di nullit, il passaggio delle tubazioni di gas sarebbe illegittimo in mancanza di un accordo scritto tra le parti ed il proprietario della villetta su cui passano potrebbe richiederne

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ed ottenerne la rimozione. Immaginiamo per - in quanto non ci viene indicato - che il proprietario della villetta servente non contesti il passaggio delle tubazioni sul suo fondo oppure che il diritto di servit sia stato formalizzato per iscritto e quindi comunque non vi siano discussioni sul diritto di passaggio. Nellaccordo scritto in cui viene formalizzata la servit generalmente si inserisce anche una clausola sul corrispettivo dovuto al proprietario del fondo servente per il pregiudizio che lesercizio della servit arreca al bene di sua propriet. Il principio generale infatti quello della normale onerosit della servit proprio per la diminuzione di valore e la limitazione del diritto di propriet che provoca. Escludiamo che in mancanza di unespressa pattuizione tale indennit, anche laddove prevista nel titolo costitutivo, possa andare a coprire in tutto od in parte le spese di manutenzione delle tubazioni proprio per la sua diversa finalit. Se pertanto non esiste un titolo costitutivo scritto della servit oppure lo stesso non prevede nulla sulle spese di manutenzione delle tubazioni la ripartizione dovr essere determinata sulla base delle disposizioni generali del codice civile in tema di condominio, ovvero in particolare lart. 1123 cod. civ., il cui terzo comma stabilisce che in ipotesi di impianti comuni destinati a servire solo alcuni dei beni di propriet esclusiva le spese di manutenzione sono ripartite solo tra i primi secondo il criterio dellutilit, ovvero dellutilizzo separato. Pertanto, nel caso di specie le spese - a nostro avviso - andrebbero ripartire solo fra i proprietari delle sei villette che beneficiano del passaggio con esclusione di quello della villetta servente se esso non beneficia di quelle tubazioni, ovvero se non servono anche la sua propriet, diversamente, se le tubazioni portano gas anche al suo bene allora dovr partecipare anche costui. La ripartizione tra costoro dovr poi essere effettuata secondo i) quanto previsto dal regolamento di condominio, o ii) deliberato allunanimit dallassemblea di condominio o da una convenzione fra tutti i condomini se si vuole derogare alla ripartizione prevista dal regolamento di condominio, o iii) previsto da una convenzione sottoscritta dai condomini interessati. (Parere a cura dellAvv. Raffaele Cusmai)

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Innovazioni


Quesito:

PAVIMENTAZIONE BALCONI

Sto ristrutturando un edificio condominiale. Alcuni condomini hanno chiesto il rifacimento del pavimento dei balconi. La maggioranza ha scelto un colore della piastrella simile all'esistente, una condomina vuole utilizzare un colore completamente diverso. Posso obbligare la condomina a rifare il suo pavimento utilizzando mattoni uguali a quelli utilizzati dagli altri condomini? ----Risposta: 1. Inquadramento normativo Art. 832 cod. civ.: Il proprietario ha diritto di godere e disporre delle cose in modo pieno ed esclusivo, entro i limiti e con losservanza degli obblighi stabiliti dallordinamento giuridico. Art. 1120 cod. civ.: I condomini, con la maggioranza indicata dal quinto comma dell'articolo 1136, possono disporre tutte le innovazioni dirette al miglioramento o alluso pi comodo o al maggior rendimento delle cose comuni. Sono vietate le innovazioni che possano recare pregiudizio alla stabilit o alla sicurezza del fabbricato, che ne alterino il decoro architettonico o che rendano talune parti comuni dell'edificio inservibili alluso o al godimento anche di un solo condomino. 2. Giurisprudenza Sulle strutture del balcone che devono ritenersi costituenti parte della facciata condominiale: Le spese di manutenzione riguardanti il frontalino dei balconi, che un elemento della struttura esterna del balcone destinato a garantire l'integrit architettonica dell'edificio come componente della facciata, devono gravare su tutti i condomini (Trib. Milano, 26-09-1988) Sulla nozione di lesione del decoro architettonico: In relazione al concetto di alterazione della facciata del fabbricato, per decoro architettonico del fabbricato, ai fini della tutela prevista dall'art. 1120 c.c., deve intendersi l'estetica data dall'insieme delle linee e delle strutture che connotano il fabbricato stesso e gli imprimono una determinata, armonica, fisionomia. L'alterazione di tale decoro pu ben correlarsi alla realizzazione di opere che immutino l'originario aspetto anche soltanto di singoli elementi o punti del fabbricato tutte le volte che la immutazione sia suscettibile di riflettersi sull'insieme dell'aspetto dello stabile come nel caso della realizzazione di una veranda che dia luogo a discordanze nel prospetto, modificandone l'unit stilistica e conseguentemente devesi ritenere che leda l'estetica dell'edificio ed il decoro architettonico (Trib. Roma Sez. V, 18-02-2009). Ai sensi dellart. 1122 c.c., ciascun condomino, nel piano o nella porzione di piano di sua propriet, non pu eseguire opere che rechino danno alla parti comuni. Nella specie, trattandosi di elementi apposti in facciata, occorre, inoltre, far riferimento anche agli artt. 1102 e 1120 c.c., dai quale si desume che ciascun condomino pu utilizzare le parti comuni, purch non ne alteri la destinazione, non impedisca agli altri condomini di farne parimenti uso, non arrechi pregiudizio alla stabilit e sicurezza del fabbricato e non ne alteri il decoro architettonico. (Nel fattispecie in esame, in particolare, mentre devono rigettarsi le domande volte alla rimozione di fioriere ad ornamento del balcone, in quanto non comportano di per s alcun pregiudizio alle parti comuni delledificio, ovvero delle tende da sole e della lampada da esterno, poich trattasi di elementi di

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arredo volti al miglior godimento e allabbellimento della propriet esclusiva, che non comportano alcun pregiudizio alla facciata esterna, deve accogliesi la domanda tesa alla rimozione del reticolato verde apposto a rivestimento di una parte della ringhiera dei balconi, trattandosi, in questo caso, di manufatto non autorizzato dagli altri condomini ed esteticamente discutibile) (Trib. Monza Sez. I, 09-05-2007). 3. Conclusioni Tutto ci precisato in punto di diritto, osserviamo che il pavimento in quanto parte interna del balcone non pu ritenersi parte integrante della facciata e come tale assoggettato ai limiti posti dallart. 1120 cod. civ. in materia di innovazioni, ovvero oltre alla preventiva approvazione dellassemblea il rispetto del decoro architettonicio, ecc., come invece il frontalino. Pertanto, la sig.ra legittimata a scegliere il colore che desidera per il pavimento del suo balcone in quanto ci espressione della facolt di godimento del proprio bene contenuta nel diritto di propriet come delineato dal Legislatore. (Parere a cura dellAvv. Raffaele Cusmai)


Quesito:

INSTALLAZIONE DI STENDITOIO SULLA TERRAZZA CONDOMINIALE

Gestisco un condominio in cui stata deliberata a maggioranza l'installazione di stenditoio removibile sul terrazzo, un condomino contrario e con lettera legale intende far rimuovere lo stenditoio in questione adducendo questioni tecniche, anche se le spese sono state addebitate ai soli condomini che ne hanno necessit non escludendo alcun condomino all'utilizzo della cosa comune. Il condomino dissenziente pu limitare il miglior godimento della cosa comune? ----Risposta: 1. Inquadramento normativo Art. 1102 cod. civ.: Ciascun partecipante pu servirsi della cosa comune, purch non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto. A tal fine pu apportare a proprie spese le modificazioni necessarie per il migliore godimento della cosa. Il partecipante non pu estendere il suo diritto sulla cosa comune in danno degli altri partecipanti, se non compie atti idonei a mutare il titolo del suo possesso Art.1120 cod. civ.: I condomini, con la maggioranza indicata dal quinto comma dell'art. 1136, possono disporre tutte le innovazioni dirette al miglioramento o all'uso pi comodo o al maggior rendimento delle cose comuni . Sono vietate le innovazioni che possano recare pregiudizio alla stabilita o alla sicurezza del fabbricato, che ne alterino il decoro architettonico o che rendano talune parti comuni delledificio inservibili alluso o al godimento anche di un solo condomino. Art. 1121 cod. civ.: Qualora l'innovazione importi una spesa molto gravosa o abbia carattere voluttuario rispetto alle particolari condizioni e all'importanza dell'edificio, e consista in opere, impianti o manufatti suscettibili di utilizzazione separata, i condomini che non intendono trarne vantaggio sono esonerati da qualsiasi contributo nella spesa. Se l'utilizzazione separata non possibile, l'innovazione non consentita, salvo che la maggioranza dei condomini che l'ha deliberata o accettata intenda sopportarne integralmente la spesa. Nel caso previsto dal primo comma i condomini e i loro eredi o aventi causa possono tuttavia, in qualunque

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tempo, partecipare ai vantaggi dell'innovazione, contribuendo nelle spese di esecuzione e di manutenzione dell'opera. Art. 1137, comma 1, cod. civ.: Le deliberazioni prese dall'assemblea a norma degli articoli precedenti sono obbligatorie per tutti i condomini 2. Giurisprudenza Sulla nozione di innovazione in senso tecnico-giuridico: L'art. 1136 c.c., al comma V, statuisce che le deliberazioni che hanno per oggetto le innovazioni previste dal primo comma dell'art. 1120 c.c. devono essere sempre approvate con un numero di voti che rappresenti la maggioranza dei partecipanti al condominio e i due terzi del valore dell'edificio. Presupposto per l'applicazione di tale disposto normativo che la delibera condominiale abbia ad oggetto una innovazione, sicch preliminare la decodificazione di tale nozione. E' noto che per innovazione in senso tecnico-giuridico debba intendersi non qualsiasi mutamento o modificazione della cosa comune, ma solo quella modificazione materiale che ne alteri l'entit sostanziale o ne muti la destinazione originaria, onde le modificazioni che mirano a potenziare o a rendere pi comodo il godimento della cosa comune e ne lascino immutate la consistenza e la destinazione, in modo da non turbare i concorrenti interessi dei condomini, non possono definirsi innovazioni nel senso suddetto. Sempre nell'ottica dei diritti/doveri dei condomini quali comproprietari delle parti comuni dell'edificio, ciascun condomino ha il diritto - dovere di vigilare e provvedere al relativo mantenimento delle cose comuni. Sicch, se le opere necessarie al mantenimento o alla ricostruzione della cosa comune non sono deliberate o vi stata una delibera negativa, ciascuno dei condomini ha il diritto di agire in giudizio per la condanna del Condominio all'adempimento dell'obbligo comune di fare. Tale obbligo, in caso di accoglimento della domanda deve essere assolto dall'amministratore con la cooperazione di tutti i condomini (Trib. Salerno Sez. I, 27-10-2009). Sul limite dellinservibilit alluso o godimento degli altri condomini: In tema di condominio, ai sensi dell'art. 1120, comma 2, c.c., vietato rendere inservibili all'uso o al godimento di anche un solo condomino le parti comuni dell'edificio. Nella specie l'ipotesi di cui sopra risulta integrata dall'arbitraria rimozione della guardiola d'ingresso ad opera dell'amministratore del condominio, condannato per ci stesso alla rimessione in pristino dello status quo ante (App. Napoli Sez. II, 04-05-2006). L'art. 2 della legge 9 gennaio 1989, n. 13, contenente disposizioni per favorire il superamento e l'eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici privati, dopo avere previsto la possibilit per l'assemblea condominiale di approvare le innovazioni finalizzate allo scopo predetto con le maggioranze indicate dall'art. 1136, comma 2 e comma 3, c.c. - cos derogando alla norma di cui all'art. 1120, comma 1, c.c., che richiama il comma 5 dell'art. 1136 c.c., e quindi le pi ampie maggioranze ivi contemplate dispone, al comma 3, che resta fermo quanto previsto dall'art. 1120, comma 2, c.c., il quale vieta le innovazioni che rendano talune parti comuni dell'edificio inservibili all'uso e al godimento anche di un solo condomino. La norma in questione vuole certamente favorire quelle innovazioni che aumentano la funzionalit ed il valore dell'edificio, ma pone il limite invalicabile della inservibilit della parte comune anche nei confronti di un singolo condomino, inservibilit che va interpretata come sensibile menomazione dell'utilit che il condomino ne ritraeva secondo l'originaria costituzione della comunione. Ne consegue che, se non possono essere lesi da delibere dell'assemblea condominiale, adottate a maggioranza, i diritti dei condomini attinenti alle cose comuni, a maggior ragione non possono essere lesi, da delibere non adottate all'unanimit, i diritti di ciascun condomino sulla porzione di propriet esclusiva, indipendentemente da qualsiasi considerazione di eventuali utilit compensative (App. Catania Sez. II, 17-11-2005). Una delibera assembleare che sopprima totalmente un determinato uso della cosa comune da parte dei

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singoli partecipanti verrebbe ad essere in contrasto con l'art. 1120 c.c. che vieta le innovazioni (tra cui vanno ricomprese tutte le modificazioni alla destinazione del bene) che rendano talune parti comuni inservibili all'uso o al godimento anche di un solo condomino. (Fattispecie in cui, nel riformare la sentenza di primo grado, il tribunale ha condannato il condominio convenuto a mantenere il condomino attore nel compossesso di una stradella, il cui accesso carrabile era stato impedito dall'amministratore che, in esecuzione di una delibera assembleare, aveva fatto apporre un paletto di ferro all'imbocco del tratto di stradella) (Trib. Catania, 28-02-2002). L'installazione (utile a tutti i condomini tranne uno) di un'autoclave nel cortile condominiale, con minima occupazione di una parte di detto cortile, non pu ritenersi innovazione vietata ai sensi dell'art. 1120, comma 2, c.c. (prevedente il divieto di innovazioni che rendano talune parti comuni dell'edificio inservibili all'uso o al godimento anche di un solo condomino), atteso che il concetto di "inservibilit" espresso nel citato articolo va interpretato come sensibile menomazione dell'utilit che il condomino ritraeva secondo l'originaria costituzione della comunione, con la conseguenza che pertanto devono ritenersi consentite quelle innovazioni che, recando utilit a tutti i condomini tranne uno, comportino per quest'ultimo un pregiudizio limitato e che non sia tale da superare i limiti della tollerabilit (Cass. civ. Sez. II, 21-10-1998, n. 10445) Sul diritto di ciascun condomino di installare unantenna televisiva su beni altrui o comuni se ci non possibile nella propria unit immobiliare: Con riguardo ad un edificio in condominio ed allinstallazione di apparecchi per la ricezione di programmi radio-televisivi, il diritto di collocare nellaltrui propriet antenne televisive, riconosciuto dalla legge 6 maggio 1940, n. 554, articoli 1 e 3 e dal decreto del Presidente della Repubblica 29 marzo 1973, n. 156, articolo 231 (ora assorbiti nel decreto legislativo n. 259 del 2003), subordinato allimpossibilit per lutente di servizi radiotelevisivi di utilizzare spazi propri, giacch altrimenti sarebbe ingiustificato il sacrificio imposto ai proprietari. Tale diritto non comprende la facolt di scegliere voluttuariamente il sito preferito per lantenna, ma, come insito nei principi generali in materia di condominio, di atti emulativi e di imposizione di servit coattive, va coordinato con lesistenza di uneffettiva esigenza di soddisfare le richieste di utenza degli inquilini o dei condomini e quindi con il dovere della propriet servente di soggiacere alla pretesa del vicino solo qualora costui non possa autonomamente provvedere ai propri bisogni (Corte di Cassazione, sent. 21 aprile 2009, n. 9427). 3. Conclusioni Posto che linstallazione dello stenditoio sulla terrazza condominiale appare rientrare nella nozione di innovazione in senso tecnico giuridico elaborata dalla giurisprudenza, presumendo che la stessa sia stata approvata dallassemblea con la maggioranza qualificata necessaria e considerato che le deliberazioni della maggioranza vincolano anche la minoranza dissenziente, riteniamo che consentitone lutilizzo anche al condomino che ne chiede la rimozione, la sua richiesta non possa considerarsi legittima, salvo che linstallazione dello stenditorio i) abbia cagionato una sensibile menomazione dell'utilit che il condomino ritraeva dalla terrazza condominiale secondo l'originaria costituzione della comunione, oppure ii) pregiudichi un diritto inerente il godimento della sua propriet esclusiva che nel contemperamento degli interessi contrapposti deve ritenersi prevalente. Ad esempio se impedisce linstallazione di unantenna televisiva che non possibile collocare nel suo appartamento. Non conoscendo quali sono queste ragioni tecniche addotte dal condomino non possiamo che limitarci alle considerazioni di ordine generale appena esposte, senza poterci esprimere nello specifico sulla fondatezza o meno delle sue pretese. (Parere a cura dellAvv. Raffaele Cusmai)

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Quesito:

SOSTITUZIONE TELAIO FINESTRA

La sostituzione del telaio del serramento interno (finestra) non cambiando dimensioni e colori ma solo materiale (da alluminio a pvc) e lasciando inalterato il decoro architettonico soggetta a delibera assembleare? ----Risposta: 1. Inquadramento normativo Art. 832 cod. civ.: Il proprietario ha diritto di godere e disporre delle cose in modo pieno ed esclusivo, entro i limiti e con losservanza degli obblighi stabiliti dall'ordinamento giuridico. Art. 1102 cod. civ.: Ciascun partecipante pu servirsi della cosa comune, purch non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto. A tal fine pu apportare a proprie spese le modificazioni necessarie per il miglior godimento della cosa. Il partecipante non pu estendere il suo diritto sulla cosa comune in danno degli altri partecipanti, se non compie atti idonei a mutare il titolo del suo possesso. Art. 1120 cod. civ.: I condomini, con la maggioranza indicata dal quinto comma dell'articolo 1136, possono disporre tutte le innovazioni dirette al miglioramento o all'uso pi comodo o al maggior rendimento delle cose comuni. Sono vietate le innovazioni che possano recare pregiudizio alla stabilit o alla sicurezza del fabbricato, che ne alterino il decoro architettonico o che rendano talune parti comuni dell'edificio inservibili all'uso o al godimento anche di un solo condomino. Art. 1122 cod. civ.: Ciascun condomino, nel piano o porzione di piano di sua propriet, non pu eseguire opere che rechino danno alle parti comuni dell'edificio. 2. Giurisprudenza Sulla nozione di innovazione in senso tecnico-giuridico: L'art. 1136 c.c., al comma V, statuisce che le deliberazioni che hanno per oggetto le innovazioni previste dal primo comma dell'art. 1120 c.c. devono essere sempre approvate con un numero di voti che rappresenti la maggioranza dei partecipanti al condominio e i due terzi del valore dell'edificio. Presupposto per l'applicazione di tale disposto normativo che la delibera condominiale abbia ad oggetto una innovazione, sicch preliminare la decodificazione di tale nozione. E' noto che per innovazione in senso tecnico-giuridico debba intendersi non qualsiasi mutamento o modificazione della cosa comune, ma solo quella modificazione materiale che ne alteri l'entit sostanziale o ne muti la destinazione originaria, onde le modificazioni che mirano a potenziare o a rendere pi comodo il godimento della cosa comune e ne lascino immutate la consistenza e la destinazione, in modo da non turbare i concorrenti interessi dei condomini, non possono definirsi innovazioni nel senso suddetto. Sempre nell'ottica dei diritti/doveri dei condomini quali comproprietari delle parti comuni dell'edificio, ciascun condomino ha il diritto - dovere di vigilare e provvedere al relativo mantenimento delle cose comuni. Sicch, se le opere necessarie al mantenimento o alla ricostruzione della cosa comune non sono deliberate o vi stata una delibera negativa, ciascuno dei condomini ha il diritto di agire in giudizio per la condanna del Condominio all'adempimento dell'obbligo comune di fare. Tale obbligo, in caso di accoglimento della domanda deve essere assolto dall'amministratore con la cooperazione di tutti i condomini (Trib. Salerno Sez. I, 27-10-2009).

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Sulla nozione di lesione del decoro architettonico: Ai fini della tutela prevista dall'art. 1120, secondo comma, cod. civ. in materia di divieto di innovazioni sulle parti comuni dell'edificio condominiale, non occorre che il fabbricato, il cui decoro architettonico sia stato alterato dall'innovazione abbia un particolare pregio artistico, n rileva che tale decoro sia stato gi gravemente ed evidentemente compromesso da precedenti interventi sull'immobile, ma sufficiente che vengano alterate, in modo visibile e significativo, la particolare struttura e la complessiva armonia che conferiscono al fabbricato una propria specifica identit. (Nella fattispecie, la S.C. ha confermato sul punto l'impugnata sentenza che aveva ritenuto dimostrata la violazione del decoro architettonico in un caso in cui la trasformazione in veranda dell'unico balcone esistente al piano ammezzato aveva spezzato il ritmo proprio della facciata ottocentesca del fabbricato, che nei vari piani possedeva un preciso disegno di ripetizione dei balconi e di alternanza di pieni e vuoti, non potendosi trascurare, a tal fine, anche la rilevanza delle caratteristiche costruttive della veranda e il suo colore bianco brillante, contrastante con le superfici pi opache dei circostanti edifici) (Cass. civ. Sez. II, 19-06-2009, n. 14455). In relazione al concetto di alterazione della facciata del fabbricato, per decoro architettonico del fabbricato, ai fini della tutela prevista dall'art. 1120 c.c., deve intendersi l'estetica data dall'insieme delle linee e delle strutture che connotano il fabbricato stesso e gli imprimono una determinata, armonica, fisionomia. L'alterazione di tale decoro pu ben correlarsi alla realizzazione di opere che immutino l'originario aspetto anche soltanto di singoli elementi o punti del fabbricato tutte le volte che la immutazione sia suscettibile di riflettersi sull'insieme dell'aspetto dello stabile come nel caso della realizzazione di una veranda che dia luogo a discordanze nel prospetto, modificandone l'unit stilistica e conseguentemente devesi ritenere che leda l'estetica dell'edificio ed il decoro architettonico (Trib. Roma Sez. V, 18-02-2009). Ai sensi dellart. 1122 c.c., ciascun condomino, nel piano o nella porzione di piano di sua propriet, non pu eseguire opere che rechino danno alla parti comuni. Nella specie, trattandosi di elementi apposti in facciata, occorre, inoltre, far riferimento anche agli artt. 1102 e 1120 c.c., dai quale si desume che ciascun condomino pu utilizzare le parti comuni, purch non ne alteri la destinazione, non impedisca agli altri condomini di farne parimenti uso, non arrechi pregiudizio alla stabilit e sicurezza del fabbricato e non ne alteri il decoro architettonico. (Nel fattispecie in esame, in particolare, mentre devono rigettarsi le domande volte alla rimozione di fioriere ad ornamento del balcone, in quanto non comportano di per s alcun pregiudizio alle parti comuni delledificio, ovvero delle tende da sole e della lampada da esterno, poich trattasi di elementi di arredo volti al miglior godimento e allabbellimento della propriet esclusiva, che non comportano alcun pregiudizio alla facciata esterna, deve accogliesi la domanda tesa alla rimozione del reticolato verde apposto a rivestimento di una parte della ringhiera dei balconi, trattandosi, in questo caso, di manufatto non autorizzato dagli altri condomini ed esteticamente discutibile) (Trib. Monza Sez. I, 09-05-2007). In tema di condominio, per "decoro architettonico del fabbricato", ai fini della tutela prevista dall'art. 1120 cod. civ., deve intendersi l'estetica dell'edificio, costituita dall'insieme delle linee e delle strutture ornamentali che ne costituiscono la nota dominante ed imprimono alle varie parti di esso una sua determinata, armonica fisionomia, senza che occorra che si tratti di edifici di particolare pregio artistico. (Nella specie, stato ritenuto che, in conseguenza della costruzione realizzata dal convenuto in aderenza alla facciata del fabbricato, ne era stato completamente alterato lo stile architettonico, che era caratterizzato dall'esistenza a piano terra di un porticato con grossi archi, risultato inglobato dal manufatto "de quo") (Cass. civ. Sez. II, 14-12-2005, n. 27551). 3. Conclusioni Applicando i principi di diritti delineati dalla giurisprudenza alla fattispecie descritta riteniamo che lintervento

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che si vuole realizzare non rientri nella nozione di innovazione in senso tecnico-giuridico, ma anzi costituisca pi un legittimo esercizio del diritto spettante al proprietario di modificare a sua discrezione il proprio bene anche incidendo su cose comuni (la facciata condominiale), purch non vengano lesi eguali diritti di altri condomini. Lintervento pu essere realizzato quindi senza che sia necessario alcun consenso preventivo dellassemblea di condominio. Lunica opposizione che gli altri condomini potrebbero sollevare riguarda leventuale lesione del decoro architettonico. Come abbiamo visto ci si verifica quando viene alterata larmonia delle linee e quindi lestetica del fabbricato. Orbene, da quanto ci stato riferito nel caso di specie, anche avvalendosi della casistica giurisprudenziale riprodotta al paragrafo precedente, in cui sono ravvisabili ipotesi con indubbie similitudini con quella che ci occupa, non sembra potersi ravvisare alcuna alterazione lesiva dellestetica delledificio a causa della sostituzione del telaio del serramento interno. (Parere a cura dellAvv. Raffaele Cusmai)


Quesito:

INSTALLAZIONE INSEGNA

Qualora il regolamento sia privo di norme in materia, pu essere installata sulla facciata delledificio condominiale l'insegna di un'attivit commerciale che ha ottenuto i regolari permessi comunali? Risposta: 1. Inquadramento normativo Art. 1102 cod. civ.: Ciascun partecipante pu servirsi della cosa comune, purch non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto. A tal fine pu apportare a proprie spese le modificazioni necessarie per il migliore godimento della cosa. Il partecipante non pu estendere il suo diritto sulla cosa comune in danno degli altri partecipanti, se non compie atti idonei a mutare il titolo del suo possesso. Art. 1120 cod. civ.: I condomini, con la maggioranza indicata dal quinto comma dell'articolo 1136, possono disporre tutte le innovazioni dirette al miglioramento o all'uso pi comodo o al maggior rendimento delle cose comuni. Sono vietate le innovazioni che possano recare pregiudizio alla stabilit o alla sicurezza del fabbricato, che ne alterino il decoro architettonico o che rendano talune parti comuni dell'edificio inservibili all'uso o al godimento anche di un solo condomino. Art. 1122 cod. civ.: Ciascun condomino, nel piano o porzione di piano di sua propriet, non pu eseguire opere che rechino danno alle parti comuni delledificio. 2. Giurisprudenza Sullinserimento di una insegna luminosa sul muro comune: In tema di condominio di edifici consentita ai singoli condomini o ai conduttori l'apposizione di un insegna luminosa sul muro perimetrale comune, trattandosi di un'attivit che non impedisce agli altri compartecipi di fare egualmente uso del muro comune secondo la sua destinazione (Cass. civ., Sez. II, 03-02-1998, n. 1046). Qualora il condomino abbia locato ad altri il bene di sua propriet esclusiva, il conduttore pu servirsi del muro perimetrale dell'immobile locatogli con uguale contenuto ed uguali modalit del locatore, purch non rimanga alterata la sua destinazione n pregiudicato il pari uso degli altri condomini (fattispecie in tema di

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apposizione di insegna) (Cass. civ. Sez. III, 24-10-1986, n. 6229). Sulla nozione di innovazione in senso tecnico-giuridico: L'art. 1136 c.c., al comma V, statuisce che le deliberazioni che hanno per oggetto le innovazioni previste dal primo comma dellart. 1120 c.c. devono essere sempre approvate con un numero di voti che rappresenti la maggioranza dei partecipanti al condominio e i due terzi del valore dell'edificio. Presupposto per lapplicazione di tale disposto normativo che la delibera condominiale abbia ad oggetto una innovazione, sicch preliminare la decodificazione di tale nozione. noto che per innovazione in senso tecnico-giuridico debba intendersi non qualsiasi mutamento o modificazione della cosa comune, ma solo quella modificazione materiale che ne alteri l'entit sostanziale o ne muti la destinazione originaria, onde le modificazioni che mirano a potenziare o a rendere pi comodo il godimento della cosa comune e ne lascino immutate la consistenza e la destinazione, in modo da non turbare i concorrenti interessi dei condomini, non possono definirsi innovazioni nel senso suddetto. Sempre nell'ottica dei diritti/doveri dei condomini quali comproprietari delle parti comuni dell'edificio, ciascun condomino ha il diritto - dovere di vigilare e provvedere al relativo mantenimento delle cose comuni. Sicch, se le opere necessarie al mantenimento o alla ricostruzione della cosa comune non sono deliberate o vi stata una delibera negativa, ciascuno dei condomini ha il diritto di agire in giudizio per la condanna del Condominio all'adempimento dell'obbligo comune di fare. Tale obbligo, in caso di accoglimento della domanda deve essere assolto dall'amministratore con la cooperazione di tutti i condomini (Trib. Salerno Sez. I, 27-10-2009). Sulla nozione di lesione del decoro architettonico: Ai fini della tutela prevista dall'art. 1120, secondo comma, cod. civ. in materia di divieto di innovazioni sulle parti comuni dell'edificio condominiale, non occorre che il fabbricato, il cui decoro architettonico sia stato alterato dall'innovazione abbia un particolare pregio artistico, n rileva che tale decoro sia stato gi gravemente ed evidentemente compromesso da precedenti interventi sull'immobile, ma sufficiente che vengano alterate, in modo visibile e significativo, la particolare struttura e la complessiva armonia che conferiscono al fabbricato una propria specifica identit. (Nella fattispecie, la S.C. ha confermato sul punto l'impugnata sentenza che aveva ritenuto dimostrata la violazione del decoro architettonico in un caso in cui la trasformazione in veranda dell'unico balcone esistente al piano ammezzato aveva spezzato il ritmo proprio della facciata ottocentesca del fabbricato, che nei vari piani possedeva un preciso disegno di ripetizione dei balconi e di alternanza di pieni e vuoti, non potendosi trascurare, a tal fine, anche la rilevanza delle caratteristiche costruttive della veranda e il suo colore bianco brillante, contrastante con le superfici pi opache dei circostanti edifici) (Cass. civ. Sez. II, 19-06-2009, n. 14455). In relazione al concetto di alterazione della facciata del fabbricato, per decoro architettonico del fabbricato, ai fini della tutela prevista dall'art. 1120 c.c., deve intendersi l'estetica data dall'insieme delle linee e delle strutture che connotano il fabbricato stesso e gli imprimono una determinata, armonica, fisionomia. L'alterazione di tale decoro pu ben correlarsi alla realizzazione di opere che immutino l'originario aspetto anche soltanto di singoli elementi o punti del fabbricato tutte le volte che la immutazione sia suscettibile di riflettersi sull'insieme dell'aspetto dello stabile come nel caso della realizzazione di una veranda che dia luogo a discordanze nel prospetto, modificandone l'unit stilistica e conseguentemente devesi ritenere che leda l'estetica dell'edificio ed il decoro architettonico (Trib. Roma Sez. V, 18-02-2009). Ai sensi dellart. 1122 c.c., ciascun condomino, nel piano o nella porzione di piano di sua propriet, non pu eseguire opere che rechino danno alla parti comuni. Nella specie, trattandosi di elementi apposti in facciata, occorre, inoltre, far riferimento anche agli artt. 1102 e 1120 c.c., dai quale si desume che ciascun condomino pu utilizzare le parti comuni, purch non ne alteri la destinazione, non impedisca agli altri condomini di farne parimenti uso, non arrechi pregiudizio alla stabilit e sicurezza del fabbricato e non ne alteri il decoro

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architettonico. (Nel fattispecie in esame, in particolare, mentre devono rigettarsi le domande volte alla rimozione di fioriere ad ornamento del balcone, in quanto non comportano di per s alcun pregiudizio alle parti comuni delledificio, ovvero delle tende da sole e della lampada da esterno, poich trattasi di elementi di arredo volti al miglior godimento e allabbellimento della propriet esclusiva, che non comportano alcun pregiudizio alla facciata esterna, deve accogliesi la domanda tesa alla rimozione del reticolato verde apposto a rivestimento di una parte della ringhiera dei balconi, trattandosi, in questo caso, di manufatto non autorizzato dagli altri condomini ed esteticamente discutibile) (Trib. Monza Sez. I, 09-05-2007). In tema di condominio, per "decoro architettonico del fabbricato", ai fini della tutela prevista dall'art. 1120 cod. civ., deve intendersi l'estetica dell'edificio, costituita dall'insieme delle linee e delle strutture ornamentali che ne costituiscono la nota dominante ed imprimono alle varie parti di esso una sua determinata, armonica fisionomia, senza che occorra che si tratti di edifici di particolare pregio artistico. (Nella specie, stato ritenuto che, in conseguenza della costruzione realizzata dal convenuto in aderenza alla facciata del fabbricato, ne era stato completamente alterato lo stile architettonico, che era caratterizzato dall'esistenza a piano terra di un porticato con grossi archi, risultato inglobato dal manufatto "de quo") (Cass. civ. Sez. II, 14-12-2005, n. 27551). 3. Conclusioni In mancanza di specifiche previsioni del regolamento condominiale che vietino linserimento di insegne sulla facciata del fabbricato, deve ritenersi che ci sia legittimo in adesione allapprodo ermeneutico in tal senso, da ritenersi consolidato, della giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione. Lapposizione di insegne infatti non pu ritenersi una innovazione in senso tecnico-giuridico bens una semplice modificazione della cosa comune rientrante nelle facolt duso attribuite ex lege a ciascun condomino, ai sensi dellart. 1102 cod. civ., che pertanto non necessita della preventiva autorizzazione dellassemblea, purch vengano rispettati i limiti posti dalla norma appena citata e non venga leso il decoro architettonico delledificio. (Parere a cura dellAvv. Raffaele Cusmai)

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Spese condominiali


Quesito:

RIPARAZIONE COLONNA DI SCARICO

E noto che le spese di ripartizione delle colonne di scarico devono essere divise per millesimi di propriet fra coloro che di questa colonna si servono. Tuttavia, devo gestire un caso particolare. Un appartamento al primo piano anzich realizzare un bagno ha realizzato un ripostiglio. Dalla videoispezione emerge che al suo piano vi una braga opportunamente chiusa, evidenziando che a tutt'oggi la colonna non utilizzata ma che potrebbe realizzare un bagno e collegarsi in futuro. Pertanto chiedo alla luce di quanto segnalato se alla posa di un sifone Firenze all'inizio della colonna al fine di evitare esalazioni maleodoranti debba contribuire anche il condomino che non usa ora la colonna. ----Risposta: 1. Inquadramento normativo Art. 1123 cod. civ.: Le spese necessarie per la conservazione e per il godimento delle parti comuni dell'edificio, per la prestazione dei servizi nell'interesse comune e per le innovazioni deliberate dalla maggioranza sono sostenute dai condomini in misura proporzionale al valore della propriet di ciascuno, salvo diversa convenzione. 2. Se si tratta di cose destinate a servire i condomini in misura diversa, le spese sono ripartite in proporzione dell'uso che ciascuno pu farne. 3. Qualora un edificio abbia pi scale, cortili, lastrici solari, opere o impianti destinati a servire una parte dell'intero fabbricato, le spese relative alla loro manutenzione sono a carico del gruppo di condomini che ne trae utilit. 2. Giurisprudenza Per analogia sono applicabili alla fattispecie descritta i principi di diritto delineati dalle seguenti massime: Poich le spese per la sostituzione della caldaia comune attengono alla "conservazione" dell'impianto (cio alla tutela dell'integrit materiale e, quindi, del valore capitale dello stesso), esse costituiscono oggetto di vere e proprie "obligationes propter rem" che, nascendo dalla contitolarit del diritto reale sull'impianto comune, sono dovute dai condomini in proporzione della quota che esprime la misura di appartenenza, ovvero in base ai millesimi. Conseguentemente, ove nell'edificio condominiale vi siano locali (come cantine e box) non serviti dall'impianto di riscaldamento centralizzato, i condomini titolari - soltanto - della propriet di tali locali, non sono contitolari dell'impianto centralizzato, non essendo questo legato da una relazione di accessoriet, cio da un collegamento strumentale, materiale e funzionale all'uso o al servizio di quei beni. Cosicch, venendo meno il presupposto per l'attribuzione della propriet comune dell'impianto, viene meno anche l'obbligazione propter rem di contribuire alle spese per la conservazione dello stesso (Cass. civ. Sez. II, 27-01-2004, n. 1420). I proprietari delle unit immobiliari (nella specie, mansarde) che, per ragioni di conformazione dell'edificio, non siano servite dall'impianto di riscaldamento centralizzato non possono legittimamente vantare un diritto di condominio sull'impianto medesimo, perch questo non legato alle dette unit immobiliari da una relazione di accessoriet (che si configura come il fondamento tecnico del diritto di condominio), e cio da un collegamento strumentale, materiale e funzionale consistente nella destinazione all'uso o al servizio delle

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medesime. Il presupposto per l'attribuzione della propriet comune in favore di tutti i compartecipi viene meno, difatti, se le cose, gli impianti, i servizi di uso comune, per oggettivi caratteri strutturali e funzionali, siano necessari per l'esistenza o per l'uso (ovvero siano destinati all'uso o al servizio) di alcuni soltanto dei piani o porzioni di piano dell'edificio (Cass. civ. Sez. II, 07-06-2000, n. 7730). 3. Conclusioni In mancanza di decisioni della giurisprudenza su casi identici o simili a quello che ci occupa la soluzione al quesito sottoposto rimessa allinterprete. Essa dovr essere fondata sui principi generali in materia di ripartizione spese comuni quali risultano dal codice civile ed alla luce degli approdi ermeneutici della giurisprudenza su casi analoghi. Ci premesso dal punto di vista metodologico, osserviamo quanto segue. Il fondamento giuridico dellattribuzione delle spese condominiali costituito dalla relazione di accessoriet, ovvero da un collegamento strumentale, materiale e funzionale, di un bene comune con ununit immobiliare posta allinterno del condominio. In altri termini, come acclarato dalla consolidata giurisprudenza, per il proprietario di ununit immobiliare sorge lobbligazione di contribuire alle spese di conservazione e godimento di una parte comune, ovvero anche alla posa di un apparecchio per evitare odori fastidiosi provenienti dalla colonna, se lo stesso destinato a servire per oggettive caratteristiche strutturali e funzionali lunit immobiliare medesima. Orbene, nel caso che ci occupa, la colonna fognaria destinata a servire anche lappartamento al primo piano. La scelta di non utilizzarlo soggettiva del proprietario e non dipendente da un oggettivo impedimento strutturale e funzionali (come invece accade sovente per box e cantine) che ha deciso di installarvi un ripostiglio al posto di un bagno, ma la colonna pu servire anche detto appartamento. Una valutazione della fattispecie concreta che ci occupa alla luce dei richiamati principi giurisprudenziali e del pacifico fondamento giuridico dellobbligazione di contribuire alle spese relative alle parti comuni induce a ritenere pertanto che la soluzione pi corretta sia quella di applicare nel caso di specie la regola generale di cui al comma 1 dellart. 1123 cod. civ., in luogo di quella di cui al comma 3 del medesimo articolo, che potrebbe applicarsi solo laddove si accogliesse una interpretazione meramente empirica della norma de qua fondata sulla mera utilit del bene comune, ritendo quindi che non avendo attualmente la colonna fognaria alcuna utilit concreta per lappartamento al primo piano dovrebbe escludersi che il proprietario debba contribuire alle spese per linstallazione del sifone de quo. Ci precisato, fermo restando che nel silenzio di interpretazioni autentiche del legislatore o giurisprudenziali su casi identici o simili vi un puntello giuridico per escludere il proprietario dallobbligo contributivo, la prima soluzione prospettata appare preferibile per gli esposti motivi. (Parere a cura dellAvv. Raffaele Cusmai)


Quesito:

SOSTITUZIONE PIASTRELLE DELLA TERRAZZA

Le spese per ripristinare alcune piastrelle in fase di distacco di una terrazza a livello di propriet esclusiva che funziona da copertura a un locale commerciale posto al piano terra, devono essere addebitate al proprietario della terrazza o bisogna applicare l'art. 1126 del cod. civ.? -----

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Risposta: 1. Inquadramento normativo Art. 1126 cod. civ.: Quando l'uso dei lastrici solari o di una parte di essi non comune a tutti i condomini, quelli che ne hanno l'uso esclusivo sono tenuti a contribuire per un terzo nella spesa delle riparazioni o ricostruzioni del lastrico: gli altri due terzi sono a carico di tutti i condomini dell'edificio o della parte di questo a cui il lastrico solare serve, in proporzione del valore del piano o della porzione di piano di ciascuno. 2. Giurisprudenza Poich la terrazza a livello, anche se di propriet o in godimento esclusivo di un singolo condomino, assolve anche alla stessa funzione di copertura del lastrico solare posto alla sommit dell'edificio nei confronti degli appartamenti sottostanti, a norma dell'art. 1126 cod. civ., alla sua manutenzione sono tenuti, a norma della stessa disposizione, tutti i condomini cui essa funge da copertura, in concorso con l'eventuale proprietario superficiario o titolare del diritto di uso esclusivo. Conseguentemente, dei danni cagionati all'appartamento sottostante da infiltrazioni di acqua provenienti dalla terrazza deteriorata per difetto di manutenzione devono rispondere tutti i condomini tenuti alla sua manutenzione, secondo i criteri di ripartizione della spesa stabiliti dall'art. 1126 cod. civ. e che la domanda di risarcimento dei danni proponibile nei confronti del condominio in persona dell'amministratore, quale rappresentante di tutti i condomini tenuti ad effettuare la manutenzione, ivi compreso il proprietario dell'appartamento posto allo stesso livello della terrazza (Cass. civ. Sez. III, 12-12-2008, n. 29212). In tema di condominio di edifici la terrazza a livello, anche se di propriet esclusiva o di uso esclusivo di un singolo condomino, assolve alla stessa funzione di copertura del lastrico solare posto alla sommit dell'edificio nei confronti degli appartamenti sottostanti. Ne consegue che, anche se esso appartiene in propriet e se attribuito in uso esclusivo ad uno dei condomini, all'obbligo di provvedere alla sua riparazione o alla sua ricostruzione sono tenuti tutti i condomini, in concorso con il proprietario o con il titolare del diritto di uso esclusivo. Pertanto, dei danni cagionati all'appartamento sottostante per le infiltrazioni d'acqua provenienti dal lastrico, deteriorato per difetto di manutenzione, rispondono tutti gli obbligati inadempienti alla funzione di conservazione, secondo le proporzioni stabilite dall'art. 1126 c.c., vale a dire i condomini ai quali il lastrico serve da copertura, in proporzione ai due terzi, ed il titolare della propriet o dell'uso esclusivo, in ragione della altre utilit, nella misura del terzo residuo (Cass. civ. Sez. III, 13-12-2007, n. 26239). In tema di condominio di edifici, la terrazza a livello, anche se di propriet esclusiva di un singolo condomino, assolve alla stessa funzione di copertura del lastrico solare posto alla sommit dell'edificio, nei confronti degli appartamenti sottostanti; ne consegue che, ai sensi dell'art. 1126 c.c., obbligati alla riparazione del terrazzo stesso sono i condomini che usufruiscono della copertura del terrazzo in concorso con il proprietario superficiario. Pertanto, dei danni cagionati all'appartamento per le infiltrazioni provenienti dal terrazzo deteriorato per difetto di manutenzione, risponde il condominio in proporzione di due terzi e la titolare della propriet esclusiva del terrazzo nella misura del residuo terzo (App. Roma Sez. III, 24-07-2007). Le spese di manutenzione e riparazione del lastrico solare di un edificio, cui va assimilata la terrazza a livello, devono essere sopportate a norma dell'art. 1126 c.c., in ragione di un terzo dal condomino che ne abbia l'uso esclusivo, restando gli altri due terzi della spesa stessa a carico dei proprietari dei piani o porzioni di piano sottostanti ai quali il lastrico o la terrazza serve di copertura (Trib. Genova Sez. III, 28-02-2006). 3. Conclusioni Tutto ci precisato in punto di diritto, evidente che non possono esservi dubbi sul fatto che nel caso

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sottoposto le spese per ripristinare le piastrelle della terrazza a livello debbano essere ripartite secondo la prescrizione dellart. 1126 cod. civ., essendo tale approdo ermeneutico acclarato dalla giurisprudenza consolidata, sia di legittimit che di merito. (Parere a cura dellAvv. Raffaele Cusmai)


Quesito:

SERVIZIO EROGAZIONE GAS

Ho letto di recente, ma non trovo rispondenza, che anche le aziende erogatrici del gas metano non possono sospendere la fornitura in caso di mancato pagamento delle bollette ma devono rivolgersi all'autorit giudiziaria come tutti i fornitori normali di un condominio? ----Risposta: 1. Inquadramento normativo Linee Guida Autorit per lEnergia Elettrica ed il Gas: Sospensione della fornitura Preavviso e sospensione Se il cliente non paga entro i termini indicati in bolletta, il venditore deve inviare una raccomandata (non necessario l'avviso di ritorno) con l'indicazione: del termine ultimo per il pagamento; delle modalit con cui comunicare l'avvenuto pagamento (telefono, fax, ecc.); del termine previsto per la sospensione della fornitura, se il cliente continua a non pagare; del costo delle eventuali operazioni di sospensione e riattivazione della fornitura.

Se il cliente non paga il venditore pu dare corso alla sospensione della fornitura. Garanzie per il cliente La fornitura non pu essere sospesa se il cliente non stato preavvisato con raccomandata. Inoltre, la fornitura non pu essere sospesa nei seguenti casi: quando il pagamento della bolletta gi stato eseguito ma non ancora comunicato al venditore se l'importo non pagato inferiore o uguale al deposito cauzionale; in caso di mancato pagamento di servizi diversi dalla fornitura di gas (ad esempio la fornitura di nei giorni di venerd e sabato e nei giorni festivi e prefestivi; per cause non previste in modo dettagliato nel contratto di vendita e quindi non note al cliente; in caso di mancata sottoscrizione del contratto di fornitura. per accertata appropriazione fraudolenta di gas (furto di gas); per manomissione e rottura dei sigilli del contatore; per utilizzo degli impianti in modo non conforme al contratto di vendita. dall'incaricato alla riscossione per una causa non imputabile al cliente;

energia elettrica) quando tale fornitura erogata da un'impresa multiservizio;

Il venditore pu sospendere la fornitura anche senza preavviso in soli tre casi:

Oneri per il cliente Nel caso di sospensione della fornitura per morosit, il venditore pu chiedere al cliente il contributo per la disattivazione e la riattivazione , nel limite del costo sostenuto per queste operazioni. Riattivazione

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La riattivazione della fornitura deve avvenire entro due giorni da quando il cliente comunica lavvenuto pagamento secondo le modalit indicate nella raccomandata di preavviso. Sono esclusi dal conteggio i giorni festivi. Art. 1454 cod. civ.: Alla parte inadempiente l'altra pu intimare per iscritto di adempiere in un congruo termine, con dichiarazione che, decorso inutilmente detto termine, il contratto s'intender senz'altro risoluto. Il termine non pu essere inferiore a quindici giorni, salvo diversa pattuizione delle parti o salvo che, per la natura del contratto o secondo gli usi, risulti congruo un termine minore. Decorso il termine senza che il contratto sia stato adempiuto, questo risoluto di diritto. 2. Giurisprudenza Il mancato pagamento pluriennale della fornitura di gas metano, legittima il relativo fornitore ad avvalersi della sua facolt di accedere nella propriet dell'inadempiente al fine di predisporre materialmente l'interruzione del servizio mediante l'apposizione dei relativi sigilli, oltre ad agire in giudizio, ai sensi dell'art. 1453 c.c., chiedendo la risoluzione del relativo contratto causa inadempimento (Trib. Lodi, Sent., 23.01.2009). In ipotesi di contratto di somministrazione di gas, il somministrante ha diritto di sospendere la fornitura in caso di inadempimento della parte che ha diritto alla somministrazione; detta sospensione del servizio richiede la collaborazione attiva dell'utente, il quale deve permettere l'accesso al contatore sito presso la propria abitazione. Sussiste pertanto il fumus boni iuris per ottenere un provvedimento ex art. 700 c.p.c. che consenta di accedere alla abitazione dell'utente per provvedere alla chiusura del misuratore dei consumi. Per quanto riguarda il periculum in mora, va tenuto presente che il somministrante, senza lemissione del provvedimento cautelare richiesto, sarebbe costretto a continuare l'erogazione del servizio per il tempo occorrente a far valere il suo diritto in via ordinaria, subendo cos il persistere ed aggravarsi dell'inadempimento dellutente. Anche sotto questo aspetto, pertanto, il predetto provvedimento cautelare pu essere concesso (Trib. Carpi, Ord., 26.01.2007). 3. Conclusioni Tutte le Aziende che forniscono gas metano nel regolare i loro rapporti contrattuali relativi alla sua somministrazione agli utenti finali devono attenersi fedelmente alle Linee Guida emanate dallAutorit per lenergia Elettrica ed il Gas, riprodotte al paragrafo precedente. Nulla da esse previsto sulla necessit di ricorrere allAutorit giudiziaria per ottenere la sospensione dellerogazione del servizio in ipotesi di morosit nei pagamenti. Tuttavia, ragionando per principi generali osserviamo che la sospensione pu essere disposta nei casi indicati e previo preavviso comunicato allutente con lettera raccomandata, che se ha valore di diffida ad adempiere risolve di diritto il contratto senza necessit di una pronuncia costitutiva dellAutorit giudiziaria. Diversamente, in mancanza di tale preventiva comunicazione e dellinserimento nella stessa della dichiarazione che decorso inutilmente il termine (minimo) di quindici giorni il contratto s'intender senz'altro risolto, la sospensione immediata della fornitura non potr tuttavia ritenersi legittima in quanto la risoluzione per inadempimento in mancanza di diffida ad adempiere, oppure se non prevista nel contratto una clausola risolutiva espressa in caso di morosit nei pagamenti, non opera automaticamente ma solo a seguito di pronuncia del Giudice. In ogni caso, lAzienda erogatrice ha diritto di entrare nei locali del somministrato al fine di chiudere il misuratore dei consumi, potendo ottenere, in caso di opposizione del proprietario, un provvedimento cautelare durgenza ex art. 700 c.p.c. che gli consenta di accedere allabitazione. (Parere a cura dellAvv. Raffaele Cusmai)

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Quesito:

RIPARTIZIONE SPESE PREGRESSE IN BASE ALLE TABELLE MILLESIMALI

Le tabelle millesimali possono essere applicate con retroattivit? In un condominio si sono ripartite le spese condominiali sempre in parti uguali fra i condomini. Ad un certo punto uno dei condomini ha preteso che si applicassero le tabelle millesimali per ripartire le spese condominiali, richiedendo altres la retroattivit di applicazione e quindi, rifacendo i calcoli delle somme spese per gli anni passati applicando le tabelle, ha chiesto un rimborso per delle somme in pi versate. Il rimborso era dovuto?Se effettuato dei lavori e ripartita la spesa con regolare tabella millesimale ci si accorge a distanza di qualche mese che la tabella conteneva degli errori, rifatta la tabella con le correzioni, la spesa effettuata deve essere ricalcolata in base alla nuova tabella o rimane valido il riparto effettuato con la tabella vigente nel momento in cui si sono realizzati e ultimati i lavori? ----Risposta: 1. Inquadramento normativo Art. 1123, comma 1, cod. civ.: Le spese necessarie per la conservazione e per il godimento delle parti comuni dell'edificio per la prestazione dei servizi nell'interesse comune e per le innovazioni deliberate dalla maggioranza sono sostenute dai condomini in misura proporzionale al valore della propriet di ciascuno, salvo diversa convenzione. Art. 69 Disp. att. cod. civ.: I valori proporzionali dei vari piani o porzioni di piano possono essere riveduti o modificati, anche nell'interesse di un solo condomino, nei seguenti casi: 1) quando risulta che sono conseguenza di un errore; 2) quando, per le mutate condizioni di una parte dell'edificio, in conseguenza della sopraelevazione di nuovi piani, di espropriazione parziale o di innovazioni di vasta portata, notevolmente alterato il rapporto originario tra i valori dei singoli piani o porzioni di piano. Art. 1137 cod. civ.: Le deliberazioni prese dall'assemblea a norma degli articoli precedenti sono obbligatorie per tutti i condomini. Contro le deliberazioni contrarie alla legge o al regolamento di condominio, ogni condomino dissenziente pu fare ricorso all'autorit giudiziaria, ma il ricorso non sospende l'esecuzione del provvedimento, salvo che la sospensione sia ordinata dall'autorit stessa. Il ricorso deve essere proposto, sotto pena di decadenza, entro trenta giorni, che decorrono dalla data della deliberazione per i dissenzienti e dalla data di comunicazione per gli assenti. 2. Giurisprudenza Sul quorum necessario per adottare criteri di ripartizione delle spese diversi da quello generale di cui alla comma 1 dellart. 1123 cod. civ.: In mancanza di diversa convenzione adottata all'unanimit, quale espressione dell'autonomia contrattuale, la ripartizione delle spese condominiali, cos come degli oneri risarcitori, cui tenuto a far fronte il condominio deve necessariamente avvenire secondo i criteri di proporzionalit, fissati dall'art. 1123 c.c., con la conseguenza che non consentito all'assemblea condominiale, deliberando a maggioranza, di ripartire tra i condomini non morosi il debito delle quote condominiali dei condomini morosi. In tal senso , pertanto, illegittima per contrasto con il dettato di cui all'art. 1123 c.c. la delibera condominiale nel caso concreto impugnata, nella parte in cui imputa pro quota a tutti i condomini, anche a quelli non morosi, le spese del precetto, resosi necessario a seguito dell'inadempimento di alcuni soli condomini (Trib. Genova Sez. III, 12-

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03-2010). In mancanza di diversa convenzione adottata all'unanimit, espressione dell'autonomia contrattuale, la ripartizione delle spese condominiali deve avvenire necessariamente secondo i criteri di proporzionalit, fissati nell'art. 1123 c.c.. Tale norma, infatti, detta le regole da seguire in sede di riparto delle spese condominiali, pur ammettendo patti in deroga. Allo stesso tempo essa, per, pone dei limiti insuperabili. Ed infatti, non consentito all'assemblea condominiale, deliberando a maggioranza, di ripartire tra i condomini non morosi il debito delle quote condominiali dei condomini morosi. Tanto perch l'obbligazione di cui all'art. 1123 c.c. una obbligazione parziaria. Infatti stato fissato nel principio della parziarit (in proporzione alle rispettive quote facenti capo ai singoli condomini) il criterio per il pagamento delle obbligazioni assunte dal condominio verso i terzi, superando, cos, il tradizionale assunto della responsabilit solidale dei condomini, accolto e seguito dalla giurisprudenza maggioritaria sia di legittimit che di merito. Ed infatti, affinch possa invocarsi la solidariet passiva, necessario il concorso di tre fattori, ovverosia, la sussistenza della pluralit dei debitori, l'identica causa dell'obbligazione e, soprattutto, l'indivisibilit della prestazione comune. In mancanza di quest'ultimo requisito e in difetto di una espressa disposizione di legge l'intrinseca parziariet della obbligazione prevale. In particolare, nel caso che ci occupa, l'obbligazione ascritta a tutti i condomini naturalisticamente divisibile, trattandosi di somma di danaro, sicch ciascun condomino tenuto a pagare quanto gli compete pro quota e nulla in pi (Trib. Salerno Sez. I, 19-10-2009). L'art. 1123 c.c. stabilisce che le spese per la conservazione ed il godimento delle parti comuni dell'edificio sono ripartite in proporzione al valore della propriet salva diversa convenzione. In assenza di tabelle millesimali approvate all'unanimit dai condomini occorre applicare il criterio generale disposto dalla norma (Trib. Terni, 02-04-2009). Sullimpossibilit di ottenere il rimborso di spese approvate sulla base di tabelle errate: Per analogia: La sentenza che accoglie la domanda di revisione o modifica dei valori proporzionali di piano, vale a dire delle tabelle millesimali, nei casi previsti dall'art. 69 disp. att. c.c., non ha natura dichiarativa, ma costitutiva, in quanto ha la stessa funzione dell'accordo raggiunto all'unanimit dai condomini. La sentenza di revisione di tali valori, peraltro, in quanto sentenza costitutiva, non pu provvedere sulla ripartizione di spese imputabili a periodi gi decorsi e conseguentemente non pu comportare condanna alla restituzione di eventuali maggiori somme pagate sulla base delle precedenti tabelle millesimali. Ne consegue che l'efficacia di tale sentenza, in mancanza di specifica disposizione di legge contraria, opera ex nunc e non pu avere efficacia retroattiva (Trib. Monza Sez. I, 17-03-2008). 3. Conclusioni Non sembra sussistere la possibilit per il condomino di ottenere il rimborso di quanto versato in eccedenza. Infatti, posto che legittimo che i condomini allunanimit decidano di ripartire le spese di conservazione delle parti comuni utilizzando un criterio diverso da quello generale secondo i rispettivi millesimi di propriet, e che non ci dato sapere se la decisione di procedere con la suddivisione in parti uguali sia stata presa a maggioranza dallassemblea oppure con la necessaria unanimit dei condomini, unico quorum che integra quella diversa convenzione di cui parla il Legislatore allart. 1123, comma 1, cod. civ., osserviamo in ogni caso che le delibere assembleari con cui sono state approvate le spese comuni secondo la ripartizione in parti uguali doveva essere impugnata a pena di decadenza entro 30 giorni. Il tenore letterale dellart. 1137, comma 3, cod. civ. chiaro e non pu lasciare spazio a dubbi interpretativi. Pertanto, il condomino, se ancora in termini, potr ottenere lannullamento solo dellultima delibera di approvazione impugnandola dinanzi allAutorit giudiziaria, a condizione ovviamente che non risulti un atto sottoscritto in precedenza da

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tutti i condomini da cui risulti il consenso alla deroga di cui trattasi, e quindi la ripartizione delle spese secondo le tabelle millesimali. Detta ripartizione dora in avanti dovr essere applicata in luogo di quella in parti uguali, mancando evidentemente lunanimit dei consensi alla deroga, salva sempre lesistenza di tale convenzione, nel qual caso sarebbe necessaria una nuova convenzione che ripristinasse luso delle tabelle millesimali. Per quanto riguarda laltra questione sottoposta, ovvero quella della tabella secondo cui ripartire le spese dei lavori, osserviamo che, essendo anche decorsi i trenta giorni dalla delibera, deve ritenersi valida la ripartizione effettuata ed approvata dallassemblea secondo la tabella errata. Ci applicando per analogia il principio di diritto affermato dalla giurisprudenza citata al paragrafo precedente, che non risulta smentito da altre sentenze. (Parere a cura dellAvv. Raffaele Cusmai)


Quesito:

FACCIATA

In caso di subentro di un nuovo proprietario a seguito di successione ereditaria, le spese di manutenzione della facciata, vanno pagate dal nuovo proprietario o dal precedente, tenuto conto che i lavori sono stati deliberati prima del subentro? ----Risposta: 1. Inquadramento normativo Art. 63, comma 2, Disp. att. cod. civ.: Chi subentra nei diritti di un condomino obbligato, solidalmente con questo, al pagamento dei contributi relativi allanno in corso e a quello precedente. 2. Giurisprudenza Sulla ripartizione delle spese fra vecchio e nuovo proprietario in caso di trasferimento dellimmobile inter vivos: Ai sensi dell'art. 63, comma 2, disp. att. c.c., lacquirente dell'unit immobiliare in propriet esclusiva solidalmente obbligato con l'alienante per il pagamento dei contributi relativi all'anno in corso e a quello precedente. Siffatta solidanza espressione del c.d. principio dell'ambulatoriet passiva che al fine di apportare all'ente di gestione condominiale una specifica garanzia per il conseguimento dei propri crediti gestori, lascia intatto, nei rapporti tra dante causa ed avente causa della pertinente unit immobiliare, il principio della personalit che radica, in capo a ciascuno, il debito sorto in costanza della relativa titolarit dominicale si da consentire a colui che, in ragione di tale solidanza, abbia soddisfatto verso il condominio un debito sorto antecedentemente al suo acquisto, il diritto a rivalersi nei confronti del vero obbligato personale (Tribunale Civile di Roma, Sezione V, Sentenza 29 gennaio 2010). 3. Conclusioni Tutto ci esposto osserviamo tuttavia che nel caso di specie ogni questione relativa alla ripartizione delle spese fra vecchio e nuovo proprietario, che normalmente andrebbe risolta alla luce dei principi legislativi e giurisprudenziali richiamati nei paragrafi precedenti, appare non sussistere. Infatti se vero che ci viene riferito che limmobile pervenuto per successione ereditaria, e non per atto inter vivos, il pagamento non

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pu che essere richiesto al nuovo proprietario, sol considerando che il vecchio proprietario deceduto ed il nuovo, che ne lerede, gli subentrato nella titolarit di tutti i rapporti attivi (diritto di propriet) e passivi (oneri condominiali) relativi allimmobile trasferito mortis causa. Diversamente, in ipotesi normale, ovvero di trasferimento inter vivos, la soluzione la seguente. Dando ingresso allapprodo ermeneutico (riprodotto al paragrafo precedente) della pi recente giurisprudenza di merito pronunciatasi sullinterpretazione del citato art. 63, comma 2, se ne deduce che il condominio pu richiedere il pagamento delle spese di manutenzione della facciata sia al nuovo che al vecchio proprietario, essendo costoro vincolati da unobbligazione solidale. Poi, se proprietario dellunit immobiliare nel momento in cui sorta lobbligazione, ovvero al momento della delibera dellassemblea di approvazione dei lavori, il vecchio proprietario, mentre a pagare in quanto richiesto dal condominio stato il nuovo, questultimo potr agire in via di regresso nei confronti del suo avente causa per ottenere il rimborso di quanto pagato. (Parere a cura dellAvv. Raffaele Cusmai)


Quesito:

FRONTALINI BALCONI

In un condominio debbono essere rifatti i frontalini dei balconi. Come si ripartiscono le spese? ----Risposta: 1. Inquadramento normativo Art. 1123 cod. civ.: Le spese necessarie per la conservazione e per il godimento delle parti comuni dell'edificio per la prestazione dei servizi nell'interesse comune e per le innovazioni deliberate dalla maggioranza sono sostenute dai condomini in misura proporzionale al valore della propriet di ciascuno, salvo diversa convenzione. Se si tratta di cose destinate a servire i condomini in misura diversa, le spese sono ripartite in proporzione dell'uso che ciascuno pu farne. Qualora un edificio abbia pi scale, cortili, lastrici solari, opere o impianti destinati a servire una parte dell'intero fabbricato, le spese relative alla loro manutenzione sono a carico del gruppo di condmini che ne trae utilit. 2. Giurisprudenza Di legittimit: Il criterio di ripartizione delle spese di cui all'art. 1123 c. c., con riguardo all'ipotesi di cui al 2 comma, pu trovare applicazione in concrete circostanze, con riguardo a qualunque parte comune dell'edificio e quindi anche alla facciata, in guisa che i condomini siano obbligati a contribuire alle spese di manutenzione e riparazione, non in base ai valori millesimali, ma in ragione dell'utilit che la cosa comune sia obiettivamente destinata ad arrecare a ciascuna delle propriet esclusive, laddove la spesa potrebbe gravare indistintamente su tutti i partecipanti alla comunione secondo il criterio generale di cui all'art. 1104 c. c. solo se la cosa comune in relazione alla sua consistenza ed alla sua funzione fosse destinata a servire ugualmente ed indiscriminatamente i diversi piani o le singole propriet (nella specie, la suprema corte ha ritenuto correttamente applicato il principio surriportato con riguardo alla ripartizione delle spese di riparazione della pannellatura della facciata di un edificio, sul rilievo che essa assolve ad una duplice funzione, l'una di protezione verso l'esterno dei balconi di propriet esclusiva dei singoli condomini e di riparo dagli agenti atmosferici, l'altra di abbellimento della facciata del fabbricato) (Cass. civ. Sez. II, 23-12-1992, n. 13655).

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Di merito: Le spese di manutenzione riguardanti il frontalino dei balconi, che un elemento della struttura esterna del balcone destinato a garantire l'integrit architettonica dell'edificio come componente della facciata, devono gravare su tutti i condomini (Trib. Milano Sez. VIII, 26-11-1988). Le spese di manutenzione riguardanti il frontalino dei balconi, che un elemento della struttura esterna del balcone destinato a garantire l'integrit architettonica dell'edificio come componente della facciata, devono gravare su tutti i condomini (Trib. Milano, 26-09-1988). 3. Conclusioni Innanzitutto, occorre precisare che lapprodo ermeneutico della giurisprudenza richiamata al paragrafo precedente costituisce un principio consolidato. Infatti, non solo non si sono rinvenute sentenze successive di segno contrario, ma anche la dottrina (Rezzonico-Rezzonico, Manuale del Condominio) si pronunciata in senso favorevole al principio giurisprudenziale, ovvero che le spese relative al frontalino dei balconi, che fa parte integrante della facciata, devono essere sostenute da tutti i condomini. Per quanto riguarda poi il criterio di ripartizione fra questi ultimi la medesima dottrina, richiamando una decisione sempre del Tribunale di Milano (n.5934 del 17 giugno 1999), ha avallato lapplicabilit dellart. 1123, comma 2, cod. civ., ovvero la regola secondo cui che le spese per il rifacimento del balcone debbano essere suddivise secondo la diversa utilit della spesa. Ci in quanto mentre per i condomini i cui appartamenti non sono dotati di balconi lutilit dellintervento costituita esclusivamente dal ripristino del decoro architettonico della facciata, per gli altri vi anche lutilit derivante dalla possibilit di utilizzo diretto del balcone, quale prolungamento della propriet individuale. Non si individuano ragioni per non condividere tale approdo interpretativo. (Parere a cura dellAvv. Raffaele Cusmai)


Quesito:

SOTTOTETTO

Nel caso di un lastrico solare di propriet esclusiva situato all'ultimo piano di un edificio, parzialmente in aggetto, corretto applicare per la manutenzione dell'intera superficie il criterio di cui all'art 1126 considerando la porzione in aggetto un tutt'uno con la terrazza? E necessario distinguere le due porzioni applicando alla parte di lastrico solare il criterio dell'art 1126 cc ed la parte in aggetto completamente a carico della propriet? ----Risposta: 1. Giurisprudenza Sulla ripartizione delle spese di manutenzione di balconi aggettanti: Lart. 1125 cod. civ. non trova applicazione nel caso di balconi "aggettanti", i quali, sporgendo dalla facciata delledificio, costituiscono solo un prolungamento dellappartamento dal quale protendono; e, non svolgendo alcuna funzione di sostegno, n di necessaria copertura delledificio (come, viceversa accade per le terrazze a livello incassate nel corpo delledificio), non possono considerarsi al servizio dei piani sovrapposti e, quindi, di propriet comune dei proprietari di tali piani, ma rientrano nella propriet esclusiva dei titolari degli appartamenti cui accedono. Ne consegue che il proprietario dellappartamento sito al piano inferiore non pu agganciare le tende alla soletta del balcone aggettante sovrastante, se non con il consenso del proprietario

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dellappartamento sovrastante (Cass. civ. Sez. II, 17-07-2007, n. 15913). In tema di condominio, i balconi "aggettanti", i quali sporgono dalla facciata dell'edificio, costituiscono solo un prolungamento dell'appartamento dal quale protendono e, non svolgendo alcuna funzione di sostegno n di necessaria copertura dell'edificio - come, viceversa, accade per le terrazze a livello incassate nel corpo dell'edificio - non possono considerarsi a servizio dei piani sovrapposti e, quindi, di propriet comune dei proprietari di tali piani e ad essi non pu applicarsi il disposto dell'articolo 1125 cod. civ. I balconi "aggettanti", pertanto, rientrano nella propriet esclusiva dei titolari degli appartamenti cui accedono. (Nella specie la S.C., sulla base dell'enunciato principio, ha escluso che il proprietario dell'appartamento sito al piano inferiore potesse agganciare le tende alla soletta del balcone "aggettante" sovrastante, se non con il consenso del proprietario del corrispondente appartamento). (Cassa con rinvio, Trib. Alessandria, 28 Maggio 2002) Cass. civ. Sez. II Sent., 17-07-2007, n. 15913 Le spese di rifacimento o di manutenzione per le infiltrazioni derivanti dall'inadeguatezza del risvolto della copertura impermeabilizzante sottostante il calpestio del terrazza, non costituente "lastrico solare" in quanto non lastra piana di copertura a servizio dell'intero condominio ma risolventesi in un prolungamento "aggettante" della soletta divisoria tra l'abitazione sovrastante e quella sottostante, vanno ripartite secondo lo schema di cui all'art. 1126 c.c. (Trib. Genova, 27-04-2005). Sulla ripartizione delle spese di manutenzione del lastrico solare di propriet esclusiva: In tema di condominio di edifici, il lastrico solare - anche se attribuito in uso esclusivo, o di propriet esclusiva di uno dei condomini - svolge funzione di copertura del fabbricato e, perci, l'obbligo di provvedere alla sua riparazione o ricostruzione, sempre che non derivi da fatto imputabile soltanto a detto condomino, grava su tutti, con ripartizione delle spese secondo i criteri di cui all'art. 1126 c.c. Ne consegue che il condominio, quale custode ex art. 2051 c.c. - in persona dell'amministratore, rappresentante di tutti i condomini tenuti ad effettuare la manutenzione, ivi compreso il proprietario del lastrico o colui che ne ha l'uso esclusivo - risponde dei danni che siano derivati al singolo condomino o a terzi per difetto di manutenzione del lastrico solare. A tal fine i criteri di ripartizione delle spese necessarie non incidono sulla legittimazione del condominio nella sua interezza e del suo amministratore, comunque tenuto a provvedere alla conservazione dei diritti inerenti alle parti comuni dell'edificio ai sensi dell'art. 1130 c.c. (Trib. Benevento Sent., 14-01-2009). In tema di ripartizione di spese comuni, l'obbligo di provvedere alla riparazione o ricostruzione del lastrico solare grava su tutti i condomini, con ripartizione delle spese secondo i criteri di cui all'art. 1126 c.c., anche nell'ipotesi in cui lo stesso sia attribuito in uso esclusivo o in propriet esclusiva ad uno dei condomini, attesa la funzione che svolge di copertura del fabbricato (Trib. Roma Sez. XII, 26-11-2008). Il lastrico solare, anche se attribuito in uso esclusivo o di propriet esclusiva di uno dei condmini, svolge funzione di copertura del fabbricato e perci l'obbligo di provvedere alla sua riparazione o ricostruzione, sempre che non derivi da fatto imputabile soltanto a detto condmino, grava su tutti i condmini, con ripartizione delle relative spese secondo i criteri di cui all'art. 1126 c.c. Di conseguenza, il condominio risponde, quale custode ex art. 2051 c.c., dei danni che siano derivati al singolo condmino o a terzi per difetto di manutenzione del lastrico solare, non rilevando a tal fine che i necessari interventi riparatori o ricostruttivi non consistano in un mero ripristino delle strutture preesistenti, ma esigano una specifica modifica od integrazione, in conseguenza di vizi o carenze costruttive originarie, salva in questo caso l'azione di rivalsa nei confronti del costruttore-venditore (Trib. Genova Sez. III, 07-03-2008). 2. Conclusioni Effettuata tale ampia indagine ricognitiva degli orientamenti giurisprudenziali che interessano la fattispecie

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descritta dal richiedente, osserviamo che mancando un precedente giurisprudenziale identico a quello sottoposto che consentirebbe di fugare definitivamente i dubbi avanzati dal richiedente, non possiamo che concludere che entrambe le soluzioni hanno un loro fondamento giuridico e sono pertanto attuabili per le ragioni di seguito esposte, ma anche che una delle due ad avviso di chi scrive preferibile. Analizziamole entrambe: i) quella di ripartire le spese applicando il criterio di cui allart. 1126 per tutta la superficie del lastrico solare trova sostegno nella considerazione che quando la giurisprudenza ha ritenuto esistente un lastrico solare, pur se di propriet esclusiva, ha sempre fatto rigida applicazione del criterio di ripartizione di cui allart. 1126 cod. civ.; ii) quella di ripartire le spese ponendo la parte aggettante a carico integrale del proprietario esclusivo del lastrico e la restante parte secondo il criterio di cui allart. 1126 trova sostegno nella considerazione che la giurisprudenza allorquando si trovata di fronte alla necessit di dover decidere a carico di chi porre le spese di manutenzione di un bene (balcone) aggettante le ha poste a carico esclusivo del proprietario in quanto esclusa la funzione di copertura del fabbricato ha ritenuto esclusa la funzione di soddisfare esigenze comuni. Per lo scrivente la soluzione preferibile tuttavia la prima in quanto il lastrico solare deve essere considerato nella sua unitariet, ovvero come bene unico e non come un bene composto. Inoltre, come detto, la giurisprudenza rigida nellapplicare fedelmente la ripartizione prevista dal 1126 ogni qualvolta sia individuabile un lastrico solare. Essendo pacifico che nel caso di specie siamo di fronte ad un lastrico solare riteniamo di dover aderire a tale orientamento ed applicare per lintero bene la medesima disciplina speciale prevista dal 1126 cod. civ. (Parere a cura dellAvv. Raffaele Cusmai)

Quesito: Come sono ripartite le spese in caso di rifacimento del solaio sottotetto con travi a vista se il tetto di propriet comune e il sottotetto di propriet esclusiva? ----Risposta: 1. Inquadramento normativo Art. 1123 cod. civ.: Le spese necessarie per la conservazione e per il godimento delle parti comuni dell'edificio, per la prestazione dei servizi nell'interesse comune e per le innovazioni deliberate dalla maggioranza sono sostenute dai condomini in misura proporzionale al valore della propriet di ciascuno, salvo diversa convenzione. Se si tratta di cose destinate a servire i condomini in misura diversa, le spese sono ripartite in proporzione dell'uso che ciascuno pu farne. Qualora un edificio abbia pi scale, cortili, lastrici solari, opere o impianti destinati a servire una parte dell'intero fabbricato, le spese relative alla loro manutenzione sono a carico del gruppo di condomini che ne trae utilit. Art. 1125 cod. civ.: Le spese per la manutenzione e ricostruzione dei soffitti, delle volte e dei solai sono sostenute in parti eguali dai proprietari dei due piani l'uno all'altro sovrastanti, restando a carico del proprietario del piano superiore la copertura del pavimento e a carico del proprietario del piano inferiore l'intonaco, la tinta e la decorazione del soffitto. 2. Giurisprudenza Sulla natura condominiale o meno del sottotetto: In tema di condominio, in base all'art. 1117 c.c., il lastrico di copertura, se il contrario non risulta dal titolo, si presume di propriet comune a tutti i condomini sottostanti. Tuttavia, l'applicazione di tale norma presuppone che si abbia chiaro il concetto di copertura di un edificio: la copertura, infatti, sia essa in forma di

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lastrico, calpestabile o meno, sia essa in forma di semplice solaio, piano o inclinato, sia essa in forma di tetto, essenzialmente quella opera non avente altra funzione che quella di proteggere l'edificio dagli agenti atmosferici. In tale ottica, il sottotetto, ossia quello spazio vuoto che, per effetto della inclinazione del tetto viene a crearsi fra lo stesso e il solaio dell'ultimo piano, non costituisce, di per s, copertura, e di regola non segue la presunzione di condominialit di cui all'art 1117 c.c. Ci maggiormente vero laddove il sottotetto, per le sue dimensioni o per la sua accessibilit, si presti a fornire ad uno o a pi condomini una qualche utilit particolare (App. Firenze Sez. I Sent., 04-02-2009). Il criterio imprescindibile, e come tale prodromico e oggetto di primaria delibazione quanto alla natura giuridica dei vani che nell'immobile condominiale ad uso residenziale costituiscono il sottotetto (o solaio), non pu essere che il "titolo", afferente la propriet comune oppure l'acquisto da parte delle propriet esclusive immediatamente sottostanti, derivandone che solo in caso di inesistenza o mancanza di un valido ed esaustivo titolo relativo ai predetti beni potranno addursi, nella disciplina del caso concreto, le ragioni ed i motivi idonei a farne ritenere, mediante lo strumento della "presunzione", la natura (in specie presuntiva) di pertinenza delle unit abitative poste all'ultimo piano dell'edificio, ovvero, la natura (in specie presuntiva) di bene propriamente in comunione, risolvendone in tal modo la questione controversa della loro appartenenza e del loro uso, condominiale od esclusivo (Trib. Bologna Sez. I, 07-02-2006). L'ambiente ricavato sotto il tetto dell'edificio in condominio, in modo da formare una camera d'aria limitata, in alto, dalla struttura del tetto ed in basso, dal solaio che copre i vani dell'ultimo piano (cosiddetto sottotetto) assolve, di regola, ad una funzione isolante e protettiva di questi vani e, quando non risulti una diversa destinazione o non sia diversamente disposto dal titolo, non , quindi, oggetto di comunione ma costituisce pertinenza dell'appartamento dell'ultimo piano (Cass. civ. Sez. II, 15-06-1993, n. 6640). Il proprietario del solaio o sottotetto pu aprire nel tetto abbaini per dare aria e luce ai locali sottostanti quando l'abbaino sia costruito a regola d'arte e non pregiudichi la funzione di copertura del tetto, n leda altrimenti il diritto degli altri condomini, in quanto l'esercizio di tale facolt rientra nelle modificazioni necessarie per il miglior godimento della cosa, previste dall'art. 1102 c. c., che il partecipante - proprietario del solaio - pu realizzare senza bisogno del consenso della maggioranza dei condomini (Trib. Milano, 28-021991) 3. Conclusioni Dalla descrizione della situazione fattuale che ci stata riferita sembra doversi concludere che il solaiosottotetto non pi di propriet privata ma di propriet comune. La questione della ripartizione delle spese per il rifacimento del solaio-sottotetto strettamente connessa con lindividuazione della potest dominicale sullo stesso. Infatti i) se di propriet del proprietario dellultimo piano, che si presume se non vi un titolo contrario, allora le relative spese sono interamente a suo carico, ii) se invece comune perch lo prevede il regolamento di condominio o altro titolo (es. contratto di compravendita di ciascuna unit immobiliare fra costruttore delledificio e singoli acquirenti) allora le spese di rifacimento dovranno essere poste a carico dei condomini secondo i millesimi spettanti a ciascuno in base alla tabella generale di propriet, in applicazione del criterio principe nella suddivisione delle spese di conservazione di parti comuni ex art. 1123 comma 1 cod. civ. Riteniamo non sia applicabile nel caso di specie il diverso criterio speciale previsto dallart. 1125 cod. civ. in quanto il solaio cui si riferisce il Legislatore inteso in una accezione diversa da quella che invece ha nel nostro caso e la fattispecie astratta descritta da questultima norma appare diversa da quella concreta che ci stata riferita, ed anche per la sostanziale equivalenza fra sottotetto e solaio affermata dalla giurisprudenza sembra pi corretto applicare la regola generale del 1123 comma 1. (Parere a cura dellAvv. Raffaele Cusmai)

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