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Arte e cultura

Alla scoperta dei tesori di marmo che ornano le chiese di Chiavari


di Raffaella Fontanarossa

Anche in materia di circolazione di oggetti darte e, in particolare, di marmi pregiati, per Chiavari e per la riviera di levante bisogner, a quanto sembra, ricorrere ancora una volta a una delle casate pi frequentate in questarea dagli studi storico-artistici, cio quella dei Costaguta, nota per aver operato la rivoluzione urbanistica della citt moderna, introducendovi parallelamente il gusto per il collezionismo darte1.

Da Roma si segnalano un G. B. Costaguta genovese che il 1 febbraio 1592 manda a Chiavari sopra la barca di patron Vincenzo Descalzo una tavola di marmo mischio, incassata, lunga palmi tre in circa e larga palmi 2 1/ 2 e, poco pi di un decennio prima, un monsignor Filippo Ravenna genovese manda a Chiavari un marmo nel quale vi scritto il privilegio di un altare2. Questultimo era forse destinato alla locale chiesa di San Francesco, dove i Ravenna, con alcune tra le famiglie pi facoltose della citt, i Rivarola, i Ravaschieri, i Grillo e i Della Torre, avevano il proprio giuspatronato, e, naturalmente, dove di l a poco i Costaguta incaricavano i Bianco dei lavori di riedicazione dellintero edicio3. Le due righe sopra citate dellarchivio romano del Camerlengo aprono let moderna della microstoria locale dei viaggi per mare di quadri, di statue e di arredi interi che conferiranno anche alla maggior parte alle chiese di Chiavari limpronta attuale tipicamente barocca e rococ. Uno dei pi popolari annalisti chiavaresi ricorda che sul modello genovese, gi nel Quattrocento, epoca in cui Chiavari non poteva neppure fregiarsi del titolo di citt4, le abitazioni dei ricchi vi erano fornite a dovizia
A fronte N.S. dellOrto. Laltare del crocisso (particolari).

[di ornati marmorei, nda.], com provato da quelle gi di Vincenzo Della Cella, di Alessandro Della Torre, di Francesco Mongiardini, di Domenico Rivarola5. In questa sede si possono restituire, in virt del ritrovamento di alcuni documenti, alcuni marmi di edici ecclesiastici alienati per effetto delle soppressioni napoleoniche, mentre unultima carta della ne del Settecento sancir lapoteosi degli apparati decorativi del duomo6 attorno a cui si coagulano un po tutti gli elementi messi in campo nel secolo precedente. Tenendo ora un lo cronologico, conviene partire dalloratorio di Santa Maria della Valle, gi San Marco e Mortis et Orationis. Il rettangolo della sua navata unica con abside semicircolare rivolta a est ben visibile sulla planimetria vinzoniana7. Evidentemente ampliata e dotata di abside nel XVIII secolo, alle date del Vinzoni (1773), essa doveva essere gi ornata del suo arredo principale, ovvero dellaltare maggiore8. Circa un ventennio prima infatti i due massari mortiferi, Luca Andrea Pizzorni e Luca Figari9, commissionano allo scultore Alessandro Aprile proprio questo manufatto principe da porsi in opera il mese di aprile dellanno venturo 175310. Come di consuetudine in questo genere di compromissum, il foglio descrive con dovizia di particolari sia la tipologia del-

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laltare, sia la variet dei marmi da impiegare, rimandando per ogni dettaglio al disegno ad esso allegato. Bench questultimo progetto sia andato perduto e nonostante che loratorio, seguendo il destino imposto dalle soppressioni napoleoniche agli edici ecclesiastici sia stato smantellato, il suo corredo marmoreo di pregio ancora oggi visibile in citt. Secondo una pratica piuttosto consolidata, esso, come vedremo tra poco, venne infatti reimpiegato. Ad ogni modo il dettagliato del contratto restituisce con chiarezza sia la sua tipologia, sia la variet di marmi con cui andr realizzato: laltare doveva corrispondere in particolare a quel modello a vasca trapezoidale, bombato, con marmi policromi, al cui centro del paliotto vaschiforme, c la grata contornata da una cornice elaborata, secondo un canone gi codicato in zona dalla ne del Seicento, come dimostra il secondo altare a sinistra della basilica dei Santissimi Gervasio e Protasio a Rapallo. Gli esempi similari sono molteplici e peraltro gi oggetto di puntuale catalogazione11, la cui referenza rappresentata dallintervento di Francesco Maria Schiafno in San Giovanni Battista a Chiavari dove egli realizza laltare maggiore nel 1728, ed ancora un dominio Costaguta, quindi laltare della cappella del Crocisso (1741)12. Questo sfarzoso archetipo verr ripreso in pi occasioni dallo stesso Alessandro Aprile durante lesecuzione dei suoi numerosi appalti provenienti dal levante ligure13. Come gi stato ipotizzato circa le sue opere pi tarde, probabile che a partire dagli anni settanta alla sua persona si sovrapponga e si alterni quella del glio Giovan Battista14. Questa pratica spiega anche lavvicendamento dei due nomi che compare nei manoscritti compilati dagli annalisti chiavaresi. Una coincidenza che sembra particolarmente presente nella chiesa di San Giacomo di Rupinaro, dove laltare maggiore viene tradizionalmente attribuito a Giovanni Battista con una datazione tarda, ssata dalla critica al 1796-9715. Risulta invece che gi il 9 febbraio 1772, i massari della Compagnia di Nostra Signora del Caravaggio chiedano sussidio per saldare alcuni debiti e in particolare per i lavori dornato marmorei fatti al coro della chiesa, specialmente per la somma dovuta al sig. Alessandro Aprile16. Nel 1773 la stessa casaccia delibera la costruzione dellaltare dedicato a Nostra Signora della Guardia, il terzo a destra, come da disegno di Alessandro Aprile17. Quello che le cronache cittadine sembrano non riconoscere che dellAprile a Chiavari si conserva un altro altare, quello che oggi presentato nella cappella del Crocisso e di San Luigi (la quarta a destra) della chiesa di Nostra Signora dellOrto, la cattedrale di Chiavari. Quando furono chiusi gli Oratori nel 1798, la Confraternita Mortis et Orationis fece trasportare il suo altare dallOratorio di Santa Maria della Valle al Santuario di N.S. dellOrto -scrive padre Raimondo Spiazzi- dove fu collocato nel Cappellone del Crocisso al posto del vecchio altare di pietra e calce18. Lo studioso domenicano cita correttamente la provenienza del il prezioso altare di marmo bianco e bardiglio a forma di vaso19, comprovata peraltro dalle insegne della confraternita Mortis et Orationis tuttog-

gi ben visibili al centro del paliotto, che ora, con ritrovamento del nuovo documento qui reso noto, sappiamo essere opera di Alessandro Aprile del 1753-56. Un secondo rogito reperito in questa occasione da conto di unaltra presenza tardiva in citt da parte di Alessandro, Egli a Chiavari il 20 luglio 1781 quando simpegna col padre agostiniano Paolo Tommaso Sanguineti, procuratore del convento di San Nicola di Chiavari per fare costruire laltare maggiore di marmo bianco di Carrara, in conformit del disegno20 nellattigua chiesa. Anche in questo caso il progetto non pi allegato alla carta, e, seguendo la prassi comune agli altri oratori, anche San Nicola andato distrutto21. Tuttavia la puntuale descrizione delle tipologie di marmi e dellornato rimanda ancora una volta al prototipo del paliotto a vasca poggiante su gradini per i quali si specica: dovendosi servire delli scalini di ascendenza dellaltare vecchio per ridurli al novo altare; quelli per che saranno servibili, e non potendo questi servire, si faranno novi per accordarli al rimanente, e questi dintende di pezzi interi sino al risalto come dal disegno, e similmente sar di pezzo intero la predella e mensa. Si propone inne un ulteriore documento che concerne il pulpito, quello della chiesa di San Giovanni Battista, perch anchesso attiene agli scultori Aprile, e segnatamente allideale passaggio di consegne tra padre e glio. Lincipit del foglio infatti pone la formula: Il Sig. Gio Batta Aprile glio del Sig. Alessandro marmoraro in Genova maggiore di gran longa danni 25, e che negozia pubblicamente a coscienza di suo padre22. Dunque anche per il pulpito di San Giovanni, i delegati della parrocchiale erano forse entrati in contatto con Alessandro che aveva lavorato nelle connanti San Giacomo e San Nicola e per questo motivo afdano la sua costruzione al di lui legittimo discendente. Al riguardo una delle rare guide della citt del primo novecento ci informa che qui il magnico pulpito fu eseguito da Giacomo Aprile nel 179323, riprendendo forse la cifra espressa da unerudita del secolo precedente che rubric lordine, il 6 giugno del 1793, a Giacomo Aprile un pulpito in marmo per detta chiesa24. Ora il rinvenimento da parte di chi scrive dellatto siglato presso il notaio Giovanni Podest tra i M.ci Gio Batta Vaccarezza q. Giacomo Antonio, B[] Canepa q. Gio Battista e Gio Batta Sinibani q. Domenico fabbriceri nella Chiesa Collegiata di S. Giovanni Batta di Chiavari25 e il Il Sig. Gio Batta Aprile glio del Sig. Alessandro marmoraro in Genova fuga ogni incertezza sullautore del prezioso manufatto26. Anche in questo contratto vengono dettagliati marmi e decori, ma laspetto pi interessante costituito dalla richiesta espressa dai massari della chiesa di contribuire allunit dello stile. La gamba dovr essere egualmente al pulpito di marmo bianco statuario connessa li seguenti mischi. Li fuori eguali a quelli del pulpito, e della scala di giallo di Siena corrispondente a quello connesso allaltare maggiore in suddetta chiesa, e che non sia niente a questo inferiore. Nelle lesenine verde antico come quello del ciborio dellAltar maggiore suddetto con Seravezza di Firenze nel sotto piede, e gamba, e basamento della scala. Il Rosso

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sar di Seravezza ben machiata, o quanto sopra giudicato pi adatto di marmo bianco avvenato di machia na. Come da contratto era costato duemilaseicentocinquanta lire e, a dar retta alle fonti locali, era arrivato in citt con quasi un anno di ritardo rispetto al mese di febbraio del venturo anno 1794 convenuto al momento della stipula. Giacomo Rocca infatti ne registra lingresso il 26 gennaio del 1795, giorno in cui fu portato da Genova su brigantino il pulpito di marmo per la chiesa di San Giovanni [], e levato quello che vi era di legno; ed ai 7 marzo fu eretto27. evidente che il cantiere di San Giovanni era arrivato, con la messa in opera del pulpito, al trionfo degli apparati liturgici previsti. Oltre agli altari e ai cicli pittorici gi presenti, qualche decennio prima, nel 1724, un altro cittadino illustre, Francesco Maria Grimaldi, si era speso per dotare il complesso di sedie di damasco per gli anziani, mentre nel 45, gli stessi Ranieri Grimaldi rimetteranno nuovamente le mani al portafoglio per sborsare le trentasettemila lire con cui fecero realizzare le tappezzerie di damasco cremisi28. Il corredo efmero che scandiva la scenograa della navata culminava con i sontuosi drappeggi Grimaldi della zona presbiteriale con al centro il capocielo sospeso sullaltare maggiore. Un altro baldacchino pensile di forma circolare e in legno dorato era posto proprio sul pulpito, il cui balconcino allestiva altri drappi e altre nappe, inequivocabili insegne del suo massimo splendore raggiunto.
Note
Al debutto del Seicento, i rapallesi Costaguta, con una solida liquidit derivatagli dalle attivit svolte dal ramo romano della famiglia in stretto contatto col Vaticano, nanziarono a Chiavari i cantieri (ecclesiastici e privati) pi signicativi. Per tutte le referenze, con bibliograa precedente: C. Montagni e L. Pessa, La chiesa di San Francesco e i Costaguta, Genova, 1987. 2 A. Bertolotti, Esportazione di oggetti di Belle Arti nella Liguria, Lunigiana, Sardegna e Corsica nel secoli XVI, XVII e XVIII, in Giornale Ligustico di Archeologia, Storia e Belle Arti, 1876, III, pp. 117. Un palmo corrisponde a circa 24,8 centimetri. 3 Oggi trasformata in auditorium civico, larchitettura stata indagata in: C. Montagni e L. Pessa, Op. cit. nota 1, pp. 39-64. 4 Qualica che le venne concessa solo nel 1648 (C. Garibaldi, Memorie di Chiavari no al 1800, sec. XVIII, ms. 229.II.9, Biblioteca della Societ Economica di Chiavari, fondo conservazione -dora in avanti: BSEC-, f. 143). 5 In C. Garibardi, Della storia di Chiavari, Genova, 1853, 79. In ordine ai pi recenti passaggi di propriet, il riconoscimento di questi palazzi nel tessuto urbano non immediato, ma i cognomi riportati, alcuni dei quali tornano anche nei patronati in San Francesco, e, pi avanti, in altre chiese cittadine, cominciano ad essere utili per allargare la mappatura della locale committenza. 6 Vha un bello, e magnico duomo, scrive il Ratti riferendosi alla chiesa di San Giovanni (C. G. Ratti, Instruzione di quanto pu vedersi di pi bello in Genova, in pittura, scultura, ed architettura, Genova, 1780, II, p. 12). 7 M. Vinzoni, Luoghi della Serenissima Repubblica di Genova, [1773], Genova, Biblioteca Berio, fondo conservazione. Alcune mappe della citt pi antiche disegnano la chiesa ancora a pianta quadrangolare, ovvero allepoca in cui portava ancora il titolo dellevangelista: per esempio le topograe contenute in uno dei manoscritti di Agostino Della Cella come le Memorie di Chiavari, sec. XVIII, ms. 230.II.9 BSEC, parte prima, ff. 45 bis e 108. Qualche anno dopo la profanazione, nel 1804, loratorio fu trasformato in teatro pubblico (G. Rivarola, Un secolo e mezzo di teatro a Chiavari, in La Casana, 2, 1977, pp. 20-25). La storia di questa architettura e dei suoi apparati attende ancora uno studio analitico. In questa sede si pu tuttavia ricordare che esso fu tra i primi insediamenti chiesastici del territorio circostante lattuale sobborgo di R (Chiavari). La valle a cui si riferisce lintitolazione ovviamente relativa al sito dove esso fu eretto, ai piedi della collina di R e a ponente delle mura che scendevano dal castello. Dal 1628 vi dimorarono denitivamente i disciplinati della confraternita Mortis et Orationis, delegati della chiesa genovese di Santa Sabina che da tempo convivevano in questo sito con i confratelli di San Filippo (C. Garibaldi, Op. cit. nota 5, pp. 192-193). 8 Fra laltro, le fonti, citano in qualit di nanziatore del camerlengo di questa istituzione, dal 1740 al 1749 il nobile Antonio Della Cella, della stessa famiglia incontrata poca fa a proposito dei palazzi degni di menzione (G. Rocca, Chiese di
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Chiavari ed altre liguri, sec. XIX, ms. 229.II.12-13 BSEC, f. 96). 9 Entrambe le due personalit, esponenti di signicative casate chiavaresi, riaforano pi volte nei rogiti relativi alle locali casacce: LucAndrea, che nel [] 1728 fu uno dei Rettori della Compagnia del Corpus Domini in S. GioBatta e, tra i Figari, oltre a alcuni membri impegnati nelle Scuole Pie, altri letterati e poeti, ci sono anche: 1720 Bernardo Figaro fu altro de Massari dellOratorio di S. Francesco [] 1725 Gianbatta Figaro [] massaro in S. Cristoforo (per le citazioni si veda: A. Della Cella, Delle famiglie indigene, avventicce, nobili e popolari, ms. 229.III.1, BSEC, ff. 488, 309-310. 10 Probabilmente i tempi di consegna e di posa si dilatarono un po, ma da una nota del 6 ottobre 1756, per mano dello stesso Aprile, sappiamo che allora egli ricevette la prima rata dellonorario pattuito, millecinquecento lire, ovvero la met del costo dellaltare. Non vi qui lo spazio di trascrivere interamente il rogito, di seguito sempre citato virgolettato, gi fascicolato -ma mai edito- in P. Castellini, Appunti sulla chiesa e monastero di S. Nicol a Rupinaro (Chiavari) dei PP. Agostiniani, e documenti originali, ms. 227.I. 66, sec. XIX, BSEC. 11 M. Torre, Gli altari, in Larredo sacro nelle chiese del Tigullio, Quaderno del Catalogo regionale dei Beni Culturali n. 3, Genova, 1985, pp. 11-32. Sul tema inoltre: F. Franchini Guel, Altari genovesi del Settecento, in Antichit viva, 1986, 4, pp. 33-40. 12 Sullo Schiafno (Genova 1688-1763) in San Giovanni, con bibliograa precedente: L. Puccio Canepa, Interventi settecenteschi a Chiavari: F. Schiafno e G. Galeotti nella Chiesa di S. Giovanni Battista, in Arte cristiana, 806, 2001, pp. 355-368. 13 Nato a Carona (1709), nel canton Ticino, nei pressi di Lugano e praticamente di fronte a Bissone, altra localit da cui proveniva a Genova lomonima dinastia di marmorai, anche Alessandro membro di una prolica famiglia per le cui referenze: R. Santamaria, Un esempio di marmoraro nella Genova settecentesca: Alessandro Aprile e la sua bottega, in La valle Intelvi, 10, 2005, pp. 89-135. 14 R. Santamaria, Op. cit. nota precedente, p. 132. 15 Laltare maggiore, gi erroneamente attribuito allo Schiafno (M. Torre, Op. cit. nota 11, p. 21), stato restituito agli Aprile, ma a Giovan Battista, da: F. Franchini Guel, Architetti de marmi e marmorai, in La scultura a Genova e in Liguria, Genova, 1988, p. 289. I Remondini ricordano il marmorino Gio. Batta Aprile esegu laltar maggiore improntato del brio dello Schiafno (A., M. Remondini, Parrocchie dellArcidiocesi di Genova. Regione quinta. Rada di Chiavari, Genova, 1888, p. 52). 16 P. Castellini, Note e documenti sulla Chiesa di S. Rupinaro di Chiavari 14401858, ms. sec. XX, BSEC, f. 94. 17 La sovrapposizione padre glio si ripropone per lattribuzione degli altari laterali: il primo e il secondo a sinistra e il secondo a destra di Alessandro o di Giovan Battista (secondo: M. Torre, Gli altari, in Op. cit. nota 11, p. 21); tutti e sei i laterali di Giovan Battista (secondo: F. Franchini Guel, Op. cit. nota 15, p. 289). In effetti, la coerenza stilistica espressa dai sette gruppi marmorei, sembra accreditare lidea di una continuit di elaborazione allinterno della stessa bottega testimoniata anche dai Remondini (Gio Batta Aprile continu nel 1790 il lavoro marmoreo degli altari, ma troppo chiaro mostr che mancatagli il maestro, tanto discordano dal primo, in A., M. Remondini, Op. cit. nota 15, p. 53). Il passaggio di testimone tra i due evidenziato anche in un terzo atto di cui si da conto poco pi avanti. 18 Nostra Signora dellOrto in Chiavari. Memorie e testimonianze raccolte da p. Raimondo Spiazzi, Rapallo, 1995, p. 93. 19 Op. cit. nota precedente, p. 92. 20 Anche questo documento, di cui di seguito si danno, tra virgolette, stralciati alcuni passi, , come il precedente, conservato nella miscellanea: P. Castellini, Appunti sulla chiesa e monastero di S. Nicol a Rupinaro (Chiavari) dei PP. Agostiniani, e documenti originali, ms. 227.I. 66, sec. XIX, BSEC. 21 Ancora un complesso cittadino che attende una puntuale riesamina. La chiesa e il convento degli agostiniani anno una data di fondazione riferita allunisono da tutte le fonti locali, il 1532; a cui segue, un secolo dopo, la consacrazione, sotto il segno dei Ravaschieri, nobile casata iscana. In riferimento alla committenza espressa dalle famiglie borghesi, sono interessanti i dati relativi ai XVII-XVIII secoli quando sono documentati i primi rifacimenti ad opera della famiglia Zenoglio (Ginocchio): un cantiere conclusasi con la signicativa commissione degli affreschi settecenteschi di Giuseppe Galeotti (P. Castellini, Appunti sulla chiesa e monastero di S. Nicol a Rupinaro (Chiavari) dei PP. Agostiniani, e documenti originali, ms. 227.I.66, sec. XIX, BSEC, f. 3). Dopo la soppressione (1798-99) fu destinato a pubblico ospedale (1808). 22 Reperito in questoccasione, latto del notaio Giovanni Podest, lza 8490 n. 179 del 6 giugno 1793 (Archivio di Stato di Genova, sezione di Genova-Campi, notai di Chiavari). 23 L. Gravina, Chiavari e le sue vallate, Livorno, 1932, p. 55. 24 G. Rocca, Memorie di Chiavari, ms. 234.IV.6 sec. XIX, BSEC, f. 324. 25 Tra i delegati della chiesa, qui spicca Sinibani la cui Antica, e poi nobile famiglia (anche Scribanis o Sinibanis) ricordata dagli annalisti dal sec. XVII per le numerose attivit di sostegno alle chiese cittadine (A. Della Cella, Op. cit. nota 9, ff. 584-585). 26 Fra laltro il nome Giacomo non stato individuato nelle recenti veriche anagrache in ordine allalbero genealogico dei marmorai Aprile prima citato. 27 G. Rocca, Op. cit. nota 24, f. 324. La tempistica slitta di un po 1795 Nuovo pulpito marmoreo di maestro Aprile cost circa 2650, e nel 1797 fu messo a posto 7 marzo in: P. Castellini, Memorie di S. Giovanni Battista a Chiavari, BSEC, ms. 227.II.19, ff. 26-27. 28 G. Rocca, Op. cit. nota 24, f. 320.

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