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9448v
a,us,-

PREZZOLINI

VITTORIO VENETO

1^^
I

n5
Y ^ ^
-

10-40

MIGLIAIO

QUADERNI DELLA VOCE, SERIE TERZA,

N. 43.
18.

LA VOCE, SOC. AN. EDITRICE, ROMA, TRINIT MONTI,

PROPRIET LETTERARIA

Stab. Tip. Riccardo Garroni

Piazza Mignanelli, 23

Roma

PREFAZIONE
Queste
scritte nel

note sono

state

pensate

nel novembre

1918,

novembre 1919,

e pubblicate
e

soltanto ora, nel-

l'aprile 1920.

Censura del governo


la verit.

mia. Si capisce. Si teme

sempre di nuocere, a dir


die an-che a
gli scrupoli:

Ce Vianno tanto ripetuto,

non

volerlo, si finisce per crederlo.

Poi

ci

sono
per-

parere d'approfittar del

memento buono,
si

ch

il

libro si

venda di pi.

Ma

io

ho sempre fatto conto

sopra
sti

un

piccolo pubblico, quello che


all<i

mi

formato in que;

anni di lavoro, a poco

volta, e provato

che

non bada

al

momento.
Pubblicando dopo tanto tempo, nasce
la

necessit di

qualche giunta
cio,

ammenda, quando

si lavora,

come

io fac-

sui

vivo,
si

tagliando sul corpo

degli avvenimenti

che

crescono e

sviluppano {anche a rovescio, maga-i). Cos


li-

mi verrebbe
bretti.

voglia di scriverne tutt'un altro, di questi


lo far.

Fm^se

Ma
mi

intanto

sta troppo

non posso a cuore.

lasciarlo cos. C'

una cosa che

Eccola qui.
Io appaio, da parecchi armi, come un cntico aspro del mio paese. Io non nU limito, come fanno molti, a osteggiare


tin

VI

L'ho fatto anche io nel

uomo

un

partito o

una

setta.

passato. Arrivando a quella che si dice m<j,turit ,

non credo
sempre

d'avere

canibmto

carattere.

[Gli

uomini

restano

quello che sono, sulla stessa linea, con diversa intensit o


colororzione
.

anche
si

io

son sempre quello d'un tempo). Per


la convinzioi'e,
le

con

gli

anni mi

andata accentuando

che

possedevo anche prima


volte

ma meno
si

forte, che

critiche ri-

ad un uomo
se

ad un partito non hanno ragione


quanto
riferiscono a qu^ilche

d'essere,
di
titi

'non in

cosa

pi

generale e vasto.

Uomini, che Cirino emersi, parri-

che s'erano formati, stte che potevano dominare,


e

spondevano vecessariamente

valevano e contimmvaw)

sol-

tanto in quanto dietro di loro certe qualit, abitudini, tendenze della gratide maggioranza degli italiani li sorreggeva/no e
li

facevano valere.

Di
miglioH

qui,

prima

la

speranza di poter raggiun^geir

effetti

col colpire pi

a fondo, cercando di agire sul ca

ratiere degli italiani an-zich sui loro rappresentanti^ e poi


la convinzione che

non

si si

pu concludere nulla nemmeno in


trova a continuo con forz^ troppo
di
a)itud,in,
e

questo senso, poich ci

profonde di tradizione, di interesse,


quindi quello che
di coloro con
i

che

si

pu fare

di

Hchiamare l'attenzione
i

quali si va d'accordo nel riprovare

difetti

nazionali, separa/tidosi dal resto del paese, piuttosto che es


ser trascinati

ad una azione

sterile di protesta o

ad una

lotta

ineguale, la quale probabilmente, essiccherebbe anche quslle


forze di ent^isiasmo e di rinnoiximento che csiMono in u/na

minoranza.

Le

critiche che io faccio al nostro paese,

mi fanno ap-

parir dunque come


pidi, che

poco nazionale. Lasciamo star gli stu-

dicono questo, per la convinzione e ^abitudine,

VII

propn<i in questo
tare ogni qualit

momento

storico in troppi paesi, d esal{calili

nazumale ad ogni costo

che tornava',

in Italia e subito si recava felice

a giocare

al lotto, per mct-

tersi all'unisono del suo paese, era


di questo tipo), faenza

un

rappresentante carino
in

addentrarmi tanto

questa questione,

.alla quale ho spesso pensato di dedicare uno dei miei libretti^ dir soltanto mia cosa ovvia che nato e cresciuto in Italia, io mi sono trovato in attrito pi con i difetti nazionali d^l
:

mio paese che con quelli degli

altu-i

paesi.

Non

parlo male

degli stranieri, quanto degli italiani, perch non- mvo fra loro: altrimenti la vanit francese, V ipocrisia inglese, la

grossolanit pedante dei tedeschi, la follia mistica dei russi, mi avrebbero probabilmente urtato e spinto a scrivere. Sarei
stato con

Shaw

in Inghilterra
in

Nel caso
che io
svaluti

trattato

questo

con Harden in Germanm. volume, non si creda


per
esaltare
la

Vittorio

Veneto

vittoria

libretto, finale degli eserciti degli alleati. So, e dico anche nel

che

le

loro vittorie sono state

un

po'

del Giostro calibro.

con

il

QU alleati hanmo vinto sopratutto con la propaganda, con quella rott?ura del fronte bulgaro sul cui blocco,
e

retroscena storico lascio a qualche americano o inglese o francese che ami la verit, rivelare qualche divertente docu-

mento. L'u^o della vittoria da parte dei nostri alleati, nhi indigna non meno di quello fatto da noi. Ma purtroppo debbo
riconoscere che se

un poco furfanti sono

stati tutti gli autori

siamo stati della Pace di Versailles, noi, oltre che furfanti, mentre gli altri, sempre instando fvrfanti, sono
stupidi,
stati per lo

meno

furbi.

Intelligente nessuno.
leati si fossero riwniti

Perch se

cap dei governi

al-

per dimostmre

che volevano tradire

vili

avevano giurato
i

tutti gli scopi di gverra per i quali

si corm-

hatteva, quando si trattava di tenere

popoli in trincea

per dare ragione ai socialisti,

quali sostenevano che le


i

borghesie erano incapaci di risolvere


suscitato con la guerra,
loro intento.

problemi che avevano


riescire nel

non potevano meglio

C' in me, come si vede, uno stato d'animo


nale
:

non

nazioor-

di cui

mi

dico, sopratutto in questi tempi,


di,

molto

goglioso, se si

pu essere orgogliosi

avere stomaco scno,

vista acuta, muscoli forti e cos via. Io


di strillare contro
il

non me

la sento

bottino dei pirati nostri colleghi, sem-

plicemente perch noi non abbiamo potuto pirateggiare.

Non
'

vedo perch la qualit di

italia7io

non

pi

non meno

di quella di francese, di inglese, di tedesco, di russo


diritto di occupare terre,
re, e via dicendo.

fciife

imporre tributi, prendere minie-

Io cerco di ragionare, di veder chiaro e sono d'accordo

con coloro che ragionano

vedono chiaro di quahmquc

paese siano e qualunque lingua, parlino, piuttosto che con


quelli del

mio paese

e della

mia lingua, che non sanmo

ra-

gionare e veder chiaro.

Lo

stesso sentimento di giustizia, che


riflessioni,
foggiato,

mi pare animare
U7i

molte mie

in

gran parte, sopra

bisogno di equilibrio razionale.

Perci non
io

non ragiono da

mi ho punto per male, quando dicono die italiaru), in quanto io non conosco che un>
da uomo.

solo

modo

di ragionare, ed quello

Per mio conto reputo tanto necessario per essere uomo


saper superare
le diffcren<<:c

nazionali, quanto coloro che sono

IX

attaccati al sentimento della nazione reputano necessario sollevarsi sul loro regionalismo per dirsi patriota.

Non

credo

possibile

una educazione
:

nel concetto di nazione


in quanto

un pensiero^ che si esauriscano non posso sentirmi italiano^ die


storico^ ma,

uomo nato

in

un determinato clima

cosciente delle limitazioni di esso e che fa di tutto per\ pollevarsi sopra di esso.

Era necessano che


l'Italia,

il

lettore

conoscesse
il

questo

stato

d'animo. Io 'non protesto contro

tradimento sulito dal-

perch quello che

mi

ferisce pi
h^a

a fondo

il

tradile

mento

di tutta

V umanit che
portano
per

fatto

la,

guerra, e

perch

ragioni

che

si

lagnarsi di quel

tradimento

rassomigliano troppo a quelle che servono anche per giustificarlo.

L'umanit, insoddisfatta degli egoismi di stato


zione,

e di na-

corre verso
il

nuove soluzioni.
e

Il

problema nazionale
il

non
ve.

oggi

principale

sopratutto non

problema-chia-

Soltanto una visione sinceramente supomazionale pu

dare la soluzione dei problemi nazionali. Sarei socialista,


se credessi che
i

socialisti fossero capaci di dare

im
loro

nuoix)

ordine al mondo. Essi credono la classe dirigente malvagia

ed invece semplicemente stupida; credono

le

classi

mature
di

sono ancora ben lontane dall'avere la capacit

creare

un mondo

nuovo.
alla

La borghesia

capitalista
il

non aveva alcun


massimo interesse
compiti non credo

interesse
alla pace.
le

guerra ed avrebbe ora

Ma

se essa inferiore ai suoi


i

possano essere superiori

capi delle
in

masse operaie
Italia.

contadine che conosciamo,

sopratutto


Siamo in
veri e
del

presen^sa di due grandi crisi, la meno, pericala crisi dei vi-

Iosa delle quali quella pi appariscente


lavoro.

Un

economista, die passer a posteri


il

come n^ grande
tenere.

storico,

Keynes, ha detto che

ci

sono cento

milioni di uomini in

Europa pi
il

di quelli che essa

pu man-

C' di fatto, larvata sotto nomi, vari di lotta di

classi e di stati ^ una, lotta per

pane, resa pi brutale dai

ricordi e dalle ahitudini della guerra.

Non sappiamo come


una scoperta
abbassamento

questa

si risolver, se

si

risolver

forse con

scientifica, forse

con grandi emigrazioni ed assai pi pro-

hahilmente con un temporaneo

ma

inevitabile

di civilt fino a ritorni mcdiocvali.

Ma
morta

la crisi

meno

appo/-iscente pi profonda.

quella

dei principii stessi della nostra vita sociale.


nelle coscienze.

La Chiesa

Lo ^tato

laico nulla

ha saputo

sosti-

tuire se

non per

piccole minoranze. Il sooialismo

una fede

ma

ancora troppo materialmente foggiata sopra idealit di

benessere borghese. Il sindacalismo, come lo avevano inteso

alcuni idealisti, pure fallito. Si dice che

questa guerra
.

stato

il

fallvmsnto
il

deU&
fal-

ideologie democrati^lie

Direi piuttosto che stato

limento di tutte
stocratici,

le

ideologie e di tutti gli ideali. Quelli ariquelli della


:

quelli della potenza,

politica reali-

stica, haivno fatto fallimento

anche loro

guardate la Ger-

mania.

Le ideologie sono
delle forze

insufficienti

a contenere

il

movimento
passato e

sprigionate

dalla

civilt del secolo

scoppiate nella guerra yiondiale.


oggi inferiore alia realt,

Ogni programma- appare


ci

come ogni mente direttiva


il

parsa

ieri inferiore agli

avvenimenti. Chi non ha

senso del

XI

ridicolo di fronte ad provvedimenti di tutti


getti di tutti gl'ideologi, in questo

got^emi e ai proultra

momento? Non)\o'
i

saggezza che

quella, di seguire

movimenti

reali, e le forze

attuose die si palesano, cercando che

rivolgimenti che esse


cJi^

preanwum.ziano con rinevitahiUt dell'uragano

si

ad-

densa all'orizzonte, avvengaito col minimo danno possibile. In questo momento


istinti, interessi,
il

passio^ii, formidahiled!

mente operose, sconvolgono tutto


nioni appaion<i quanto

mondo. Governi

opi-

mai

piccoli ed insuffmenti

ad

argi-

narle per poterle tmttenere nell'orbita, della vecchia societ.

L'unica opera che

si

presenti

come

possibile e relativamente

assennata, sarebbe quella paziente e u/mMe di seguire e su-

blimare

quanto

possibile,

sbarbanzzando, intellettualiz-

zando, rendendo conscia e raffinata, questa esplosione necessaria di urna barbarie chiamata forse a risalire alla superfe^ie

per risanarci di troppa

civilt.

Uunianit, insomma, mi inspira assai pi fiducia che

non
sto-

gli uomini. Il momento mi sembra consigliare piuttoun atteggiamento d'osservazione passiva che di attiva

direzione.

Chi presume
che non desti
il

dirigere riso, se

oggi?

Dov'

il

pro-

gramma

non per

piccole soluzioni

parziali, temporanee,

cmitingenti, immediate e sempre di-

pendenti dagli avvenimenti generali?

Nulla di pi ridicolo oggi,


politica

e di pi impossibile , di

una

nazionale.

L'interdipendenza

delle pi chiare necessit che il

delle nazioni una momento imponga. Non ov

pu essere che una politica mondiale.


L'errore di Vittorio Veneto stato quello di
guAirdare che alla politica italiana. Tale errore

non fard ci ha fatto


il

perdere

un anno

di pace, l'entusiasmo della vittofia,

bene-


ficio

XII

morale compiuti
si ri-

di hit ti gli

sforzi

di rinnovamento

dopo Caporetto. Bisogna ricominciare da capo, come

cominci allora, a pestar nella testa alla gente la realt,

ognuno nel suo paese, ognuno


zione

niella

sua classe, ognuno

nella,

sua famiglia. Io non credo che in quest'opera i illuminae di

miglioramento morale, su piccoli gruppi.


di

Il resto

e nelle

m<mi

una potenza maggiore

pi profonda nei

suoi disegni di quanto noi possiamo ideare.

30 marzo 1920.

VITTORIO VENETO

La

verit

Scrissi

le

pagine

su

Coporetto

(1),

nei

giorni

del

disastro; pensai queste pagine, che scrivo


nei giorni della vittoria.

un anno dopo,

metterci la
irritazione,

Le stenderei tali e quali; potrei data arretrata; se non fosse passato un anno di
di delusioni, di ansie, di stanchezza e soprat-

tutto di confusione.

Faccio ogni sforzo per conservare la

tranquillit che avevo nel

novembre 1917,
della

ma

non posso
il

evi-

tare che

si

senta l'intima mia persuasione che

pili

confusiodi

nismo
Quella

di
ci

oggi

pericoloso
ci

disfatta

allora.

tempr, questo

E' vero che la vittoria

stempera ogni giorno di pii. non fu per me cos allegra come

per tanti, che ne videro soltanto la luce di gloria. Io ebbi


subito la sensazione del male che ci preparava e slava re-

suscitando, coperto ma non ucciso da Caporetto. La menzogna avvelenava ancora l'Italia.

Caporetto era stato, in fondo effetto di menzogne e di


illusioni,

sovrapposte

alla

nobile

causa della guerra,


il

le

quali avevan soverchiato l'eroismo e

sacrifcio degli indi-

vidui. La guerra era parsa forse terribile nella rudezza della sua verit, e i giornalisti l'avevano illeggiadrita; non eran sembrate sufficientemente ragionevoli le ragioni ideali di

(1)

Caporetto (Quaderni della Voce,

n. 32j

2
commozione onesta
e di

indipendenza

giustizia,

per

le

quali la gran maggioranza delle persone coscienti vi ave-

vano aderito; e perci l'avevano caricata di altri scopi, che non poteva sopportare, che la contraddicevano nei suoi
ideali, e sotto
il

peso dei quali era destinata a cadere. Semla

pre, in ogni

modo,

menzogna
il

ci

tradiva; e

ci

impediva
provoca

ogni correzione nella condotta e nella tecnica, nei mezzi e


nei
fini:

la

menzogna, che ripara

male

di giorni, e

quello di anni. E'

dunque necessario
gli italiani

dire la verit agli italiani.

Sem-

bra che

diventino un altro popolo, con la verit.

Come

certi

composti chimici attendono soltanto una goccia,


le

una molecola d'un dato corpo per operare


fusioni
le

pi miracolose

pi strane cristallizzazioni, cos anche questo no-

stro popolo sembra prendere una fisionomia pi austera ed una angolosit insolita quando riceve 11 dono di un po' di
verit.

Caporetto
straordinaria.
retto

fu,

sotto
si

Non

dir

ha

fatto all'Italia.

questo aspetto, una rivelazione mai abbastanza il bene che CapoSembr restituire al paese il buon
il

senso, la misura, l'umilt, la volont seria, la concordia,

senso della precisione, la coscienza severa dei propri

atti,

che

tanto avevano scarseggiato nei primi retorici anni di guerra.


L'esercizio di verit cui ci costrinse ebbe ottimi effetti. Ci
si

pu rammaricare che noi dobbiamo imparare sempre a cos caro prezzo; ci si deve augurare che nel futuro non sia necessario sempre passare col dito sulla fiamma per sapere che
brucia.
ristica

Ma non

resta che prendere atto di questa carattei

della storia nostra recente: che

periodi pi sani

della nostra vita sono stati quelli in cui, avendo duramente

battuto contro la realt,

imposto a noi

stessi di

siamo raddrizzati ed abbiamo cambiare strada. Lo storico dell'Italia


ci

futura dir molto bene di

Adua

di Caporetto; cio,

dir

3molto bene degli


lit

italiani,

perch, in fondo non una quadi sapersi correggere.

da disprezzare quella
Caporetto, dunque,
ci

cur; quello che accaduto dopo

Vittorio Veneto dimostra per che

non

ci

guar.

Se

la verit fosse stata detta fino dal

tempo

dell'inva-

sione del Trentino, Caporetto non sarebbe avvenuto. Se la


verit fosse stata detta fin dal principio della guerra,
il

ne-

mico non avrebbe rotto


alle nostre

le

nostre linee nel Trentino. Spetta


le

menzogne
;

il

merito di avere raddoppiato


il

forze

del

nemico

tocca alle nostre illusioni

peso di averne pro-

lungato di due anni la vita. L'Austria sarebbe stata sfasciata


fin

dal 1916 se l'Italia avesse fatto la politica estera e la

politica militare del

periodo che va dal gennaio all'ottoci

bre 1919.

Ma

perch

deve esser sempre bisogno di un Ca-

poretto, per imparare a conoscere la realt?

Non accuso
Ogni popolo
propria testa e

la censura.

Non accuso uomini

e sistemi.

responsabile degli uomini che lascia alla dei sistemi con i quali si fa governare. La
capisce, agli av-

grande maggioranza della classe politica italiana ha creduto


e crede tuttora nella

censura (applicata,

si

versari).

La grande maggioranza

della classe dirigente ita-

liana ha sostenuto Sonnino. Essa tutta corresponsabile dei

suoi errori e delle sue manie, delle sue cecit e dei suoi difetti.

mo

rifare la storia

Se non siamo capaci di comprendere questo, e vogliacon supposizioni, cambiando qualche

uomo
Il

qualche sistema, siamo ammalati della grande ma-

non sapersi conoscere bene quali si . primo dovere di un italiano dunque quello di dire la verit. Anche se inopportuna. Molti dicono che sono verit, ma che non conviene dirle. Molti osservano che gli stranieri stanno in ascolto. Illusioni. Gli stranieri sanno benislattia italiana del

simo

tutte queste cose che

sono

novit soltanto per noi.

Prezzolini.

2.

se

una

verit ci

nuoce nel momento, non

si

sa quanto male

ci porti pili tardi

una bugia. Che importanza ha quel mio


s,

scritto su

Caporetto, al

quale questo fa seguito? In

nessuna. Non dice nulla di

nuovo. L'inchiesta ha detto di pi, per molti punti, anche se

non ha detto

tutto.

l'ha detto con

maggiore autorit.

Il

vero significato di quello scritto, la sua importanza, stanno


nella sua data: 10

novembre 1917. Esso

per dimostrare

che un semplice tenente di fanteria, dotato di medio ingegno,

poteva avere saputo benissimo e capito magnificamente fino

da

allora, quello che la

lato al paese soltanto nel 1919 e


tori e di studi.

Commissione di Inchiesta ha rivedopo un anno di interroga-

Ora tutto ci che accade dopo Vittorio Veneto accade perch non si osa dire la verit anche su Vittorio Veneto.

La Caporetto
la

della diplomazia,
fini

il

disfattismo della vittoria,

negazione dei

deJla guenia sono possibili soltanto


e delle illusioni, nate e riscaldate
le

sulla base delle


negli stessi

menzogne

ambienti che crearono

cause occasionali, se

non

le

profonde, della Caporetto militare.

Ed

anche pos-

sibile

iDefci che un privato, dotato di medio ingegno, il quale nella vita pubblica italiana non rappresejta molto

pi di quanto era nella vita militare, possa sapere e capire benissimo quello che una Commissione d'Inchiesta su Vittorio

Veneto potrebbe rilevare benissimo, anche con minor numero di interrogatori e di documenti, di qui ad uno o due anni.

Dopo Caporetto

di

Subito dopo Caporetto, sentimmo tutti che qualche cosa mutato c'era in Italia. Non parlo soltanto di quello spi-

rito di resistenza,

sgorgato dalle ultime riserve della fede

5
nostra, del quale, dopo qualche giorno di dorata illusione, anche la stampa nemica si accorse; e neanche di quell'ammirevole fermata sul Grappa e sul Piave, che si potr stra-

tegicamente attribuire a Cadorna,

ma

che soltanto

il

calmo

e sopportante spirito del nostro fant^ e non alcun geniale

conc-epimento o fatato ordine scritto avrebbe potuto ottenere. C' stato in Italia

un rivolgimento intimo pi proqueste forze di resistenza di-

fondo che non


quale

lo scaturire di

sperata, che non la lotta per riparare al vicino passato al


si ripar, come si pot: i soldati senza mantellina sul Grappa combattendo, il paese col pane scarso lavorando e

soffrendo.
Il

fatto importante consistito in questo, che l'Italia

ha cominciato a
si

riflettere per la prima volta, dia che si era dichiarata la guerra. Nelle ansiose settimane della neutralit

era interrogata, e

le

sue simpatie

si

erano manifestate.

Ma

qui accadeva qualche cosa di pi. L'Italia iniziava un


di coscienza e di auto-critica,

esame

intenso fino alla vittoria di giugno sul Piave,

che durato dei mesi: meno acuto

fino a Vittorio Veneto, che l'ha cancellato del tutto in quasi

Secondo me, assai pi della vicenda militare, questa caratteristica rende profondamente opposto Vittorio Veneto, a Caporetto. Non gi il fatto della vittoria che si oppone
tutti.

al fatto della sconfitta; l'atto della

incoscienza che canil

cella quello dell'auto-coscienza. Caporetto

colpo che co-

stringe a guardare nell'intimo e mette ogni spirito alle prese

con s stesso; Vittorio Veneto la fortuna che esilara, gonfia, stordisce, e troppo superiore in apparenza ai meriti che uno
si

acquistato, fa dimenticare problemi e ricordi, peccati

ed erramenti.

Non
a

era, in verit, la
il

gogia della guerra,


riflettere

prima volta che dall'aspra pedapaese avrebbe potuto esser condotto


il

sopra s stesso. C'era stato

maggio 1916.

Ma

6
non era stato
sufficiente a svegliare. Ci voleva

un colpo pi

forte, e fu Caporetto.

Gli italiani

cominciarono a

flettere sentirono di
il

riflettere; ed a forza di ridover meno accusare la sorte avversa,

nemico terribile, le responsabilit dei capi. Dall'aneddoto passarono alla visione, dalla cronaca alla storia. Le cause
del disastro erano cos numerose, grandi, remote, profonde,

lontane nel corso dei secoli, che non era possibile, se non a
piccoli individui, lanciare accuse contro questo o quell'uomo.
I

soldati, che, molto pi acuti dei giornalisti e dei silurati,


di Caporetto le canzonette contro

cantavano prima
in

Cadorna,

smisero da saggi di cantarle all'indomani, sentendo battuto

quell'uomo qualche cosa che era anctie in loro

stessi. L'I-

talia

guardava

a s e sentiva, su di s tutta, rovesciarsi la


si

colpa. Nessuna classe

sottraeva a questo peso, nessun


il

cit-

tadino ne era libero. Vario


colpa. Chi aveva fatto
il

grado, comune in quasi tutti la

male, chi eccitato, chi aiutato, chi

tollerato, chi preparato, chi

da anni, per

vizio di

trepidamente combattuto, e ci educazione e di tradizione, pi grave,


riflettere e

pi nascosto, pi profondo.
Gli italiani

cominciarono a
il

a capire:
i

il

pi

grave colpo non

nemico ce

lo inferse

ma

nostri; l'avver-

sario pi pericoloso non quello che sta fuori

ma

quello che

abbiamo

in

casa; non

sono austriaci e tedeschi da temere,

ma
non

italiani;
i

non

generali loro da vincere,

ma

nostri;

politici di l

ma

questi di qua

non

le loro virt

ma

nostri difetti. Ci che devo temere l'italiano disordinato, ignorante, senza puntualit, mentalmente vecchio, retorico

nella letteratura, borioso


disgrazie, autoritario se

quando domina

fortunato e tiacco e servile se perde,

nelle

con

il

suo essere sempre spezzato in due, fra la sua cos viva ed immediata, e il suo scetticismo, che

intelligenza,
gli

fa da

7
visiera alle azioni lontane, con la sua furbizia, che gli tie-

ne luogo e

gli

d fama

d'intelligente.

E
tur

l'Italia fu

triste,

perch cominci a capire.

Ma

da

questa tristezza, da questi esami, da questa angoscia sca-

un grande bene. La parola Caporetto

divent un simbolo ed una octutti,

casione di pensieri e di considerazioni, in

secondo

la

capacit mentale e l'orizzonte morale di ciascuno.


tutto di quelle che pi contano: le intime.

Fu

sor-

gente di propositi e di attuate correzioni e riforme, sopra-

Ognuno portava
quelle di
i

nell'esame
guerra;
i

le

proprie esperienze:

icombattenti,

maestri, quelle dell'insegnamento:


i

padri, quelle
i

dell'educazione;
tici,

religiosi,

quelle della confidenza;

poli-

quelle delle loro lotte. Pochi ambienti restarono impas-

sibili

e freddi.
le

Non
si

vi fu

cerchio di menti un poco sollevate

sopra

preoccupazioni ordinarie della vita, dove la convolgesse a quel tema e discorsi e confelibri

versazione non

renze e lezioni e prolusioni e

ed articoli vi

si

adden-

trarono

lo sfiorarono. Tutti

cercavano di capire come Casi

poretto fosse stato possibile e che cosa

potesse fare per-

ch pi non

si

ripetesse. Persino

socialisti ufficiali si

dimo-

strarono sensibili alla situazione e Turati pot, senza proteste, inneggiare al Monte Grappa. L'azione disfattista sub

una

forte riduzione.

quello dell'esame di coscienza; ed

fenomeno pi importante era appunto da questo prese nome una iniziativa, partita da un gruppo di studiosi e di combattenti, che in una circolare allora diffusa, esprimeva bene il bisogno da tutti sentito di riprendere in mano e rieMa, torno a
ripetere,
il

saminare la storia della nostra formazione nazionale. Le responsabilit mediate e profonde diceva l'appello

risalgono a cinquant'anni

zione politica, di dittature

mal governo, di corruparlamentari, di menzogne eletdi

8
torali,

assenza della scuola popolare, di voluto e sistein tutti i rami di funzionari, di assenza di dignit, di forza, di volont nei rappredi

maticamente procurato servilismo


sentanti dello Stato.
((

Oggi

l'Italia

sconta durissimamente questa politica


il

nefasta; e tuttavia carit di patria, con

nemico
se

in casa,

ed
zi

il

bisogno! urgente di raccogliere

conumque
di

tutti gli sfor-

nella resistenza bellica, ci

fosse la censura

vieterebbero,

anche

non
alla

quest'ultima orma

inimicizia

dura

sana

verit, nell'interesse dei colpevoli


le

di analiz-

zare con crudele sincerit

colpe e denunziare pubblica-

mente
((

responsabili antichi e nuovi,


solo la coscienza degli errori passati indicheil

Eppure

rebbe agli italiani

modo

di

riparare oggi,

come

si

pu,

dinanzi al supremo pericolo, e di mettersi risolutamente per


.

una nuova via. Ma, ad ogni modo, quello che non si pu fare oggi, conviene pur che sia fatto un giorno, e il pi presto possibile, se il paese non deve morire; perch la concordia nazionale non diventi il ricatto dei colpevoli ai buoni cittadini; e i^erch non avvenga che, riabilitati presso gli inco((

scienti ed inorgogliti dalla sventura del paese, gli organiz-

zatori della disfatta si accingano a perturbare


delle responsabilit,

il

giudizio

a rovesciare l'indignazione di parte delle masse contro quelli che vollero la guerra, ed annullare il valore morale di tanti sacrifici e
a consolidarsi
al

potere,

di tanto

devoto amore di giovani per

la patria.

Bisogna che, almeno appena sia finita la guerra, la nazione sappia, compia il suo esame, vegga la storia degli
ultimi cinquant'anni, quello che fu, al

lume

di

quello che

deve essere e che doveva essere.

E per questo

necessario preparare sin

da oggi una
degli errori e

esposizione

sincera, completa,

documentata

9
delle colpe che ci

hanno condotti

alla disfatta del 24 ottobre

a guerra conchiusa, gli italiani, leggendo le pagine rivelatrici e riconoscendo in esse, imparino e sappiano
cos che,

provvedere...

(1).

Queste parole esprimevano, ed esprimono tutt'ora assai bene,


il

desiderio che c'era nei migliori italiani di cac-

menzogna, l'equivoco, la retorica dalla vita nadopo Caporetto, volle sapere che cosa era; non volle pi consolanti menzogne ma dure verit. Non seppe forse volerle con totale, completa energia. Rimase la
ciare via la
zionale. L'Italia,

censura, pi d'un equivoco perdur e spesso rimbalz fuori


l'idropisia letteraria.

Ma

si

fecero molti passi avanti, molte

verit poterono essere palesate,

parecchie

mormorate;

le

voci
lore,
si

dal

basso
il

furono

pi

ascoltate, molti uomini di va-

che

regime aveva condannato ad un secondo piano


il

videro portati pi in alto, per


Si fece pi

bisogno che
alle

si

sentiva
Nell'e-

di loro.

spesso

appello

capacit.

sercito gli ufficiali di

complemento

e della

territoriale eb-

direttivi
Ufficio

bero adito ai gnadi superiori e furono utilizzati negli organi con grande giovamento. Comandi, Stato Maggiore,
Informazioni, Sezioni Propaganda ne furono pieni.
del proprio

L'Italia acquist allora cognizione di s,

essere e della propria piccolezza, di ci che poteva e sapeva,


di

quanto era giusto pretendesse e

di

quanto bisognava

la-

sciasse.
tro

Ebbe un intuito pi preciso dei propri limiti, ed enquelli, una pi chiara coscienza della propria dignit

e dei propri doveri.

Fu saggia

e paziente, ebbe entusiasmo,

fede, tenacia e sincera unione di spiriti.

Chiam a

contri-

buto tutte

le

sue forze, dette esempi mirabili di energia e di

(1) Comitato per l'esame nazionale, che vedo con piacere annunzia ora la prossima ripresa del suo programma (Roma, via 3 novembre, presso Volont).


un poco di
pili delle

10

il

eroismi. Quasi tutti gli italiani sentirono


loro forze. Le

dovere di fare

parlato ne l'ultimo paragrafo del


dei riconoscimenti ufficiali.
dell'esercito quasi cess: divenne

anime religiose di cui ho mio Caporetto ebbero

Lo spreco delle migliori energie un impiego ragionato.

L'atmosfera di quel periodo ce la ricorderemo lungamente, con orgoglio; e in questi tempi di delusione, con rammarico. Abbian^o allora vissuto le nostre ore migliori. Lo
spirito del paese agitato e

pur

serio,

intensamente

si

fissava
legit-

sopra un solo scopo e

si

sentiva pieno di

una speranza

tima, ben diverso da quello sfarfalleggiare di fede cieca e

vana
pi
il

di molti

mesi prima. La fiducia nella vittoria non era


stella

luogo comune derivante da una asserita fatalit che

sotto
le

conduce a compimento indefettibile quanto si faceva per rimediare agli errori del passato e per ottenere nel mondo
sorti

una benevola
d'Italia,

ma

la coscienza di

una pi giusta riparazione ed il nostro posto. Quando, volgendomi indietro, ora che una pace raggiunta, penso a quel tempo, come mi paiono giuste le parole di un taccuino dove scrissi: la pace sar tanto pi difficile della guerra quanto il vivere pi difficile del morire. Vivere, esige uno sforzo quotidiano, morire, quello di Ma allora non si pensava al danno che una pochi minuti.

vittoria improvvisa e nella

sua rapidit impreveduta, e in

certo

modo

pi grande dei meriti dell'Intesa, avrebbe tattu

ai fini della

guerra: non

si

pensava all'ubriacatura violenta

che avrebbero preso tutte le oliassi dirigenti e gli alti militari di tutti i paesi, travolgendo ogni ritegno, facendo di-

menticare ogni promessa,


flitti,

preparando cause
e

di

nuovi cone
diffi-

seminando malumori

disgusto,

scetticismo

denza fra popolo


volgimento noi

e popolo, fra classe e classe. Nel quale traaltri,

no imperialisti

cademmo pi in basso degli lo apparimmo di pi, meno

perch me-

ambiziosi urtam-

limo nele difficolt maggiori, e gusto della vittoria.


Ma
difficile della
ci

guastammo

il

\^anto

ed

il

riesciremo anche a sorpassare questo periodo, pi

guerra e pi duro
si

di quello della resistenza al

nemico invasore, purch

adoperi

in

questo

tempo, che
vit-

sar pi lungo di quello da Caporetto al Piave ed alla


fetti

toria finale, la stessa volont di veder chiaro nei nostri di-

nazionali e di porvi riparo.

Abbiamo molte colpe da


in questo si

espiare,

come dopo Caporetto. Ma

dimostra la

forza di un popolo pi che nel pascersi di illusioni e di parole.

La propaganda

nel paese

C' una cosa che ha fatto molto bene all'Italia tra Caporetto e Vittorio Veneto: la propaganda. Ce n' un'altra che

ha

fatto molto male: la mentalit propagandista.

Propaganda
altri paesi:

in Italia

significa un'altra cosa che negli

Il nostro popolo essendo abbandonato dalla sua classe dirigente, questa fa

vuol dire istruzione ed assistenza.


tutte le volte che si

occupa semplicemente di un paese senza coltura popolare e senza giustizia, assume carattere di propaganda qualunque interessamento che sollevi un poco lo spirito dei nieno abbienti e lo conforti nelle sue prime necessit. Perci propaganda fu assistenza. Per molti propaganda erano bei discorsi e distribuzione di opuscoli. Durante la guerra fu un imperversare di chiacchiere dette e stampate. Era la parte pi appariscente e meno solida. Tutti i conferenzieri bocciati si offrirono non
istruirlo e di aiutarlo. In

propaganda

gratuitamente

al

governo per essere mandati in giro fra


soldati

12

a
l'estero o nelle colonie,
i

nelle stazioni balnearie,


lo spirito

a tener desto

nazionale.

Come

pescicani avevano

fatto la loro fortuna con le scarpe di cartone e le pelliccie


di pelo di cane, cos letterati e giornalisti

cercarono di farla

dando parole per concetti e discorsi per atti. Fu una cosa sempre inutile e spesso dannosa. Ma non importa. Le cose buone debbono avere il loro rovescio e le virti i loro difetti
correlativi.

La propaganda vera fu quella


rit

delle

Opere federate
le

intesa specialmente a creare in ogni centro, dove

auto-

non funzionavano
i

in questo senso,

una specie
Il

di segreta-

riato del popolo per


stro

bisogni della guerra.


le

popolo

no-

non sa come difendersi contro


diritti.

ingiustizie n

come
evi-

usare dei propri

Esso, che gi soffriva dei mali nasoffrire

turali della guerra,


tabili della cattiva
fici.

non doveva

anche dei mali


e

amministrazione

e dell'incuria

degli uf-

Ci voleva chi aiutasse per le


gli

domande

per

le

ricerche,

per

schiarimenti e per

sussidi, che

dando ed intuendo,
la

sapesse collocare al

momento opportuno

parola che rincono-

cuora
che
il

il

sussidio che rialza.

La classe borghese credeva


lo

popolo avesse bisogno di animo perch non

aveva pi della borghesia. Ci che mancava era la conoscenza e l'aiuto. Le Opere federate e tutto il nuovo tipo di propaganda che fior dosceva. Di
e di resistenza ne

animo

po Caporetto

cipio era semplice:

a l'esercito. Il prinun sussidio vale pi di un discorso una istruzione pi di una chiacchierata; una lettera dal figlio dal marito al fronte pi di una medaglietta o di un nalo
;

dettero al paese ed

strino tricolore; e via dicendo.

L'Itaha diventava pratica.


utile e

Le

Opere

federate

compirono un lavoro vasto,

pratico.

dista, si miglior

Anche quella che ho chiamato la mentalit propagandopo Caporetto. La base di questa men-


talit l'ottimismo

13

Non
c' nulla di pi grande,

paesano.

di pi bello, di pi sano, di pi e delle sue istituzioni.

buono ecc. del nostro paese La natura ci ha messo al centro della


popolo modello,
il

creazione, ci ha fatto
do, ci

il

giardino del mon-

ha dato l'ingegno ad esuberanza

ecc., ecc.

Tutte

le

disgrazie che ci capitano sono colpa degli altri popoli, invidiosi del nostro splendido avvenire, ecc. .
losofia sottintesa

Questa Ila fiod aperta del propagandismo. Di fronte


((

alla realt c'era poi l'altro motivo:


e

Ora siamo

in

guerra
gli

non

si

possono dire certe cose;

ci

nuocciono presso

stranieri; ci diminuiscono con gli alleati; bisogna esaltare

quello che facciamo .

E
ci

via dicendo.
fece pi

Questa mentalit

male

all'estero che
di

l'in-

terno. All'interno era la continuazione

un

vizio.

All'e-

stero parve, troppo spesso, aggressivit, imperialismo, spro-

porzione dei nostri

fini ai

nostri mezzi, rovin cause

buone

aggregandole a cause cattive, suscit diffidenza ed antipatie,


ci ci

cre dei nemici, e

ci

procur delle derisioni.


i

pi grossi
odiarono,

disprezzarono, senza favorirci;

pi piccoli

ci

senza temerci.

Dopo Caporetto non c'era tanto da pensare a questo. Il tono divent un poco pi basso e perci pi sentito. Si cominci anche a capire che propaganda all' estero significava, innanzi tutto, conoscenza dell' estero. La diploma<(

zia vecchia, che la guerra avrebbe dovuto spiantare, ebbe la

concorrenza degli

uffici

di

propaganda,

affidati in

generale

a persone di maggiore levatura mentale, di fede pi profonda, di coltura pi estesa, persone che avevano dato i proprii
titoli

esami nella vita e non nella carriera, che erano partiti senza e senza rendita, e si erano fatti quello che conta pi

cio un nome. Ci sarebbe stato, un buon personale per una diplomazia nuova, pi adatta ai tempi moderni, costituita da giornalisti
del titolo e della rendita,

scelto con cautela,


e
si

14

da commercianti,

da

studiosi,

da gente
si

d'affari e

ma

non

seppe e non

pot sviluppare l'idea.

Infatti, oltre ai difetti di tante di queste iniziative italiane

improvvisate durante la guerra,


errori inseparabili

e della solita
il

percentuale di

da l'improvvisazione,

guaio pi grave

fu la duplicit di direttive e gli ostacoli che alla


all'estero vennero dal rappresentante pi

propaganda
si

puro delle vecchie

concezioni diplomatiche, cio da Sonnino.

Non

pu giuditiene conto

care l'opera della propaganda alestero, se non


di

si

questo peso morto che tutto fece per ignorarla o per osta-

colarla.

Molto dimentic o non vide Sonnino: pi


egli ignorato,

ci

e volutamente, l'America. Ci

nocque avere ha gravato su


fini

tutta la condotta della guerra e sul


si

conseguimento dei
si

che

erano proposti

gli italiani.

Non soltanto non

capito che

con l'America i sistemi della vecchia diplomazia non attaccavano; che l'America non aveva firmato il Patto di Londra; che la sua mentalit gli era troppo opposta; ma si cre
nelle nostre relazioni con gli Stati Uniti

un

attrito gravissi-

mo,

la cui

responsabilit cade direttamente su Sonnino.

Se c'era uno Stato che avrebbe potuto andare d'accordo

con l'America, questo era 1" Italia. Tutti i nostri interessi reali, sforbiciate alcune pretese di piccolo imperialismo paesano adriatico, si trovavano sulla stessa linea di quelli grandi
americani. L'indole ultima del nostro popolo democratico,
l'interesse alla libert dei mari,

l'accordo utilissimo con

popoli balcanici (senza del quale ogni douinio sull'Adriatico vano potere), l'autodecisione dei popoli, e via dicendo,

avrebbero potuto collegarci pi strettamente d'ogni altro


Stato europeo con l'America. Non si fece nulla per propiziarcela. Mentre
le altre

na-

zioni inviavano uomini di primo ordine, noi abbiamo mandato e tardi, scarti. Per l'America ci volevano grandi uomini

15

attivi,

perch cos piacciono;

in

pieno possesso della lingua,

perch ci giova; simpatizzanti e simpatici alla mentalit

americana, perch questo aiuta ogni trattativa. Tutti sanno


che cosa invece
si

fatto.

Intanto l'opinione pubblica americana

veniva

lavorata

dai nostri rivali jugoslavi con altri sistemi e mezzi. Noi pur-

troppo, fornivamo buone occasioni ad essi di mostrarci agli

americani come imperialisti ed aggressori. Le nostre pubbli-

propaganda erano sbagliate di sana pianta: retoun popolo di pratici, piene di reminiscenze storiche per un popolo di attuali, scritte da dispregiatori della democrazia per un popolo di democratici, raggiungevano lo scopo opposto a quello che si proponevano. Fecero pi male che
cazioni di
riche per

bene e talora perfino


rore

le

autorit italiane
in

si

accorsero dell'er-

commesso

e le

misero

cantina dopo averle fatte stamil

pare. In materia di

propaganda

caso non era nuovo: Or-

lando aiutava una pubblicazione e Sonnino la faceva proibire


dalla Censura. Cos agli sbagli iniziali
si

aggiungeva

la

con-

fusione delle direttive.

La propaganda

nell'esercito

uno dei pii importanti fattori della riscossa dopo Caporetto: stato propaganda, assistenza, vigilanza. E' nato da Caporetto, anche lui. Si sviIl

servizio

P (propaganda)

stato

luppato per via di iniziative private, e


cos tutte le istituzioni italiane

il

Comando Supremo

l'ha riconosciuto e codificato quand'era gi maturo. Fossero


!

necessit della propaganda fu reazione all'abbandono del soldato nei primi anni di guerra, ed alle forme piij

La


Si

16

le

ingenue e tradizionali della propaganda, come

conferenze.

chiamava propaganda ordinare un cortile, dopo otto ore di fatiche


inabile alle fatiche di guerra.

dei soldati sull'attenti in


e
l,

togliendo loro un'ora

di libert, obbligarli a sentire la chiacchierata

d'un avvocato
parlare

Uno

dei primi principii del servizio

fu: fare

ai soldati soltanto dai loro ufficiali.

Ma
il

bisognava, per, parlare agli

ufficiali

perch ripetes-

sero ai soldati; istruire l'ufficiale perch facesse valere, con

suo prestigio,

gli

argomenti che in bocca

d'altri
le

perdevano
le

forza; e suggerirgli, quasi giorno per giorno,

ragioni e

osservazioni tratte dagli avvenimenti.


Si

deve all'allora tenente Lombardo-Radice, un educa<(

tore di razza, l'invenzione di quegli

spunti di conversaziogli

ne

che fecero fortuna e


<(

si

ritrovarono poi in quasi tutti


si

uffici P.
ficiale di
li

Spunti

cio idee, argomenti che


li

offrono all'ufli

buona volont, perch


li

faccia crescere,
gli

svolga,

maturi,

applichi secondo

le

circostanze e

uomini, che
:

egli soltanto in

grado

di conoscere.
le tronfie,

Di conversazione

ed

ecco la condanna di tutte


scorse che
il

reboanti e seccanti di-

soldato, talora a scapito delle sue ore di libera

uscita, era costretto a stare

ad ascoltare, come ho detto soiniziativa individuale, accolta

pra, dopo un attenti

Fu

da un Comando del Genio; passata ad un Comando di Corpo d'Armata e quindi al Comando Supremo. Furono tutte iniziative individuali. Va data gran lode a
Diaz per non averle ostacolate, legate e rinseccolite,
venuto
il

ma

anzi,

momento buono, per

averle

riconosciute

ufficial-

mente e formatone un codice, in quelle Norme che si leggono con vero compiacimento per il senso di libert, di incoraggiamento all'iniziativa, di buon senso e di ordine (nel vero profondo significato della parola) che dentro vi spira. Va data lode al generale Caviglia, di averle, da comandante della


della guerra, introdotte

17

da ministro

Vili Armata, pi arditamente di tutti appoggiate ed imposte


alla riluttanza degli alti gradi militari, ostili, e

anche nei Comandi territoriali. Assistenza. La guerra durava da anni. Combattenti che avevan lasciato figli e moglie, padre e madre, interessi vari, si trovavano angosciati per le crisi economiche, per il sostentamento dei loro, per gli affitti, per le vendite. Un contadino combatte male il giorno in cui riceve una lettera dalla moglie,
che deve vendere una bestia, o dalla perch ha poco da mangiare.

mamma,

che

si

lagna

La
Nitti,

polizza d'assicurazione di combattenti,

creata da
ai

fu un'idea ottima.

Ma

bisognava che arrivasse

com-

battenti. Gli uffici

P che lavoravano, fecero molto

in questo

senso.

Migliore ancora, forse la pi efficace delle propagande,


fu quella del sussidio alle famiglie dei combattenti, la cui di-

stribuzione era affidata direttamente, con pochissime formalit,

mento

comandanti dei reparti. Si creava cos un collega paese fra ufficiali e famiglie dei soldati. In molti reparti il superiore usava scrivere al soldato in licenza, per ricordarsi a lui e ricordargli il suo dovere. La
ai
<(

fra esercito

diserzione era minore in quei reparti.

Una buona parola

sal-

vava molte volte le volont tentennanti. La Croce Rossa Americana segu questo impulso con i suoi doni e sussidi. Vennero gli oboli dei privati. Premi e doni di soldati furono in abbondanza per ogni festa, premiazione, ricorrenza.
Si pot cos
lavori,

pensare a distrante il soldato. Ai faticosi che facevano sembrare sanguinosa ironia la parola di
applicata ai periodi in cui
i

riposo

reparti si allontana-

vano
tutto

dalle

prime
di

linee,

furon sostituite gare ed allenamenti

ginnastici. Si girava nella

zona

di guerra,

incontrando da per

campi

((

foot-ball , e squadre intente alla palla vi-


ves di un tempo.
All'idea di

18

in

brata e cerchi di ginnasti allegri,

luogo delle

tristi

cor-

animare distraendo ed incoraggiare sorriden-

do,

si

ispirarono molti giornaletti d'armata, trasformazione

lussuosa dei primi organi di stampa nati in trincea e poligra-

modestamente nei comandi di battaglione o di reggimento. Si comprese finalmente la natura fanciullesca del popolo soldato: gli si parl con le illustrazioni a colori, si tocc
fati

la

sua ambizione pubblicandone


il

le

lettere.
il

Il

senso del suo


la congli

valore, lo sdegno contro


fitta,

nemico,

rannnarico della scon-

l'amore per

le

terre

abbandonate all'austriaco,
tutti

vinzione che era necessario vincere per finire la guerra,

vennero trasfuse da questi organi, non

bene indovinati

anche se bene intenzionati, qualche volta concepiti da persone troppo del mestiere, talora sempre tanto borghesi di spirito
in

da non saper prendere una veste veramente popolare, e qualche caso persino letterari e stuccosi e falsi tanto da raggiungere l'effetto opposto. Ma eran sempre qualche cosa,

megho

del nulla; in taluni casi, indovinate creazioni,

come

r Astico e la Ghirba (dovuti a Jahier e a Soffici) in due sensi completamente opposti: l'uno in quello della moralit,
l'altro in quello della farsa popolare.

Si

pens

al

soldato nella sua realt. Si presero copie del


gli agricoltori.

Giornale del contadino per

Si provvide ai

profughi, mediante corrispondenze per via d'aria,

pubbli-

cate in un Bollettino che dava pure notizie delle terre invase;


e sussidi speciali furon concessi e

procurata ospitalit per il periodo della licenza a questi che non avevano famiglia. Poi si pens a quelli venuti di Svizzera che, frontiera chiusa tre
quarti dell'anno, non potevan

mandare

notizie a casa; e ai

reimmigrati di pi lontano ancora; ed ai condannati, che meritavano condono per la loro buona condotta. Quante pene

hanno addolcito

gli uffici P,

quante anime rassicurato, quante

fedelt legato, quanti disertori fermato.


eer

igSi

necessit di provvedere alla lettura. Si crearono

bibliotechine per ufficiali e per soldati.

regalarono mi-

gliaia di romanzi, di riviste, di giornali. Questi venivano distribuiti


diti alle

anche in mezzo

al

truppe del rancio e della posta.

cannoneggiamento, non meno graIl popolo ha impagior-

rato molto a leggere durante la guerra. Proprietari agricoli


oggi osserveranno
il

contadino leggere o farsi leggere

il

non faceva. Ma il segno pii esplicito e comprensivo dell'interessamento per il Soldato, furono le Case del soldato , talora stabili, bellissime, affrescate da pittori valenti, che resteranno domani come Case del popolo; pii spesso improvvisate, in case abbandonate, o sotto una tenda pi vasta, con pochi tavoli, due coperte, una lanterna da campo. Ma erano il posto dove il soldato poteva rifugiarsi quando pioveva, scrivere una franchigia , trovare una compagnia, giocare a dama a filetto, e quando capitava, godere persino gli spettacoli di qualche compagnia improvvisata o d'un cinematografo montato sopra un'automobile (che nei giorni di offensiva funzionava da stazione mobile colombi o da stazione fotoelettrica) Il buon umore del soldato per tre quarti nella vittoria
della guerra
(( ((
.

nale come prima

del generale.

Infine ottima sotto ogni aspetto la liberazione dal giogo degli

usurai e imboscati vivandieri con

gli

Spacci cooperativi,

che s'impiantavano fino a poca distanza dalla trincea, fornivano a buon mercato viveri e bevande e carta e oggetti di pulizia al soldato, e seguivano,
gestione
in ogni reparto,
in

autonoma

vagone speciale,
li

le

tradotte e davano (e daranno nelle caalla fine introdotti) utili di milioni, che
il

serme, dove

hanno
il

servivano a migliorare

trattamento dei soldati.

Come
di, lizia,

vigilanza

servizio

P fu malvisto

agli alti

coman-

che avrebbero voluto funzionasse come un organo di pocontro


i

soldati,
3.

mentre spesso funzion come rivela-

Prezzolini.


infatti,

20

tore della marachelle e delle deficienze dei capi. Gli uffici P,

chica;

ma

furono autorizzati a non passare per la via gerara corrispondere direttamente fra di loro. E chi sa

che strappo grosso fosse alla mentalit militare e quale giovamento se ne pot cavare, immagina anche l'utilit che

han recato
la

e la rabbia che suscitava nei pi vecchi e testardi

tipi di militare di carriera:

tanto pi, poi, che

gli uffici

P per
a uf-

natura del loro compito furono quasi sempre

affidati

ficiali di

ne.

complemento che vi avevano maggiore preparazioCos accadeva per es. di un colonnello, che per il solito
il

spirito di carriera, assicurava che

reggnento suo era

in

grado

di partecipare

ad un'offensiva,
tre quarti del

ma

la relazione della
il

l'ufficiale

P rivelava che

reggimento aveva

spagnola o era in condizioni


reggimento, per fortuna, non

di disastrosa stanchezza: e
si

prendeva un cicchetto.
servatori ottimi per
il

Gli ufficiali

muoveva, e il colonnello P erano perci degli osdi collegadi ghiaccio

Comando supremo: organi


la

mento morale, che rompevano

famosa crosta
gli uffici

solita a formarsi tra inferiori e superiori nella vita militare.

Dopo

l'armistizio,

pur troppo,

P sono decaduti.

Avrebbero avuto davanti un bel compito durante la smoMa trasformati in organi di incensamento, bilitazione.
di soffietti giornalistici e di cerimonie uffi.ciali, or

sono gene-

ralmente tenuti da ufficiali di carriera, e


quelli

magari proprio da
e osteggiato
il

che durante

la

guerra avevano deriso

servizio

P come

vece di rendere
di
cratici.
Il

contrario allo spirito militare, cosicch inservizi che avrebbero potuto, di coltura e
inutili e

assestamento sociale, son diventati organi


servizio

buro-

P continua

nel paese, per opera di quelli che

ne hanno ereditato
tatto fra
lia

lo spirito e

cercano di mantenere

il

con-

ed il popolo senza aiuto del Governo. I governi non si persuadono di queste cose che sotto Ma non . il peso della necessit e questa sembra cessata.
classe dirigente

21

La
politica delle nazionalit

Le idee
fra
i

si

realizzarono spesso per opera dei pi accaniti

E in un paese di scarsa nettezza politica come l'Italia, ci accade assai spesso. La politica delle nazionalit ne un esempio chiarissiloro avversari.

mo. Essa venne applicata da persone che non


addirittura l'avversavano.
I

la

sentivano o

suoi resultati sono stati buoni.


in politica
ci

Sarebbero
la

stati ottimi se

a dirigerne quella che

polpa delle idee, e cio l'applicazione caso per caso,


suo merito, tutto ci che
(1).

fossero state persone con essa simpatizzanti. Tutto ci che

ha dato

ha

fallito

colpa dei suoi

esecutori

La

politica delle nazionalit

venne applicata dopo Ca-

poretto e per causa di Caporetto.

La sua applicazione
colte,

uno

dei migliori resultati di Caporetto.


circoli di
idealisti e di

Caporetto la prese dai


che l'avevano soste-

persone

nuta,
in

ma non
al

alto,

avevano potuta imporla, e la port e l'impose Governo. Ma con l'idea non salirono, se non in

minima parte, le persone adatte che l'avevano concepita; e come uno strumento musicale in mano di ignari e come una arma in mano di interessati a non farla funzionare, dette
pi di un suono falso e di

uno scatto a vuoto. Fino a Caporetto avevamo fatto una politica estera con-

traria ai nostri interessi ed alle nostre tradizioni. Sorti

come

Stato contro l'Austria, colpiti nel nostro avvenire dalla di-

chiarazione di guerra dell'Austria, abbiamo pensato di fare

di

Per tutto questo paragrafo vedere in questi quaderni II Patto a cura di G. Amendola, G. A. Borgese, U, Ojetti, A. Torre, con pref. di F. RufBni.
(1)

Roma


romanzo
nino.
politico fu

22

la guerra all'Austria ma senza volerla distruggere e di rompere la Triplice con l'idea di ricomporla ben presto. Questo

chiamata

la politica realistica di

Son-

Fino a Caporetto noi abbiamo sostenuto con la diplomazia l'avversario che irritavamc con le armi.
blica opinione
si

Governo e pub-

orientarono per due anni e mezzo verso una

politica di sacro

egoismo e

di retorica imperialistica. Tutto

era affidato alle armi negli anni in cui

meno

valsero

le

armi.

Nulla al fattore morale quando pi gli avversari se ne giovavano in casa nostra e dei nostri alleati. La Germania sobillatrice di irlandesi e di

fiamminghi

e di bolscevichi e di

finlandesi, dentro al corpo dei suoi nemici, dai pi temibili

a quelli gi abbattuti,
che non

mostrava una strada da seguire, La censura, causa ed effetto di questi mali insieme, non lasci parlare se non chi voleva conci

sapemmo

scegliere.

quistare tutta l'altra riva dell'Adriatico. Alle rivendicazioni


(li

Trento, Trieste ed Istria, nelle quali fino all'agosto 1914

la tradizione italiana,

anche irredentistica,
slavi.

si

era ristretta,

gruppi numerosi e bene organizzati e sussidiati, aggiunsero


la

Dalmazia, terra di
Tali pretese,

accompagnate da grossolani

insulti e

da
fer-

minaccie contro
stria dal

gli slavi,

venivano abilmente diffuse in Aue sollevavano contro di noi


il

governo austriaco

vore patriottico di popolazioni che risvegliate dalla felice


vittoria del

1913 dei serbi contro turchi


costretto

e bulgari, attende-

vano

la

liberazione degli Absburgo.


il

Complotti, diserzioni,

amnmtinamenti avevano
cerbire

governo austriaco a ina-

eccezionale nel quale manteneva da il regime gi anni quelle popolazioni, con altre repressioni, con bandi, con ostaggi, con impiccagioni. Al governo austriaco, che
questi movimenti czechi e jugoslavi indebolivano in s e da-

vanti alla pubblica opinione liberale degli alleati noi

venimmo


incontro
il

23

di divina
il

24 maggio 1915
il

come una specie

prov-

videnza, fornendogli

modo

di presentarsi quale

protet-

tore nazionale di sloveni, croati e dalmati.

Non
si

tiene

comprende nulla di questa nostra guerra, fissa in mente l'idea che per due ajini e mezzo
si

se

non

l'Italia

fu, nell'interno dell'Austria e

presso

le

diplomazie neutre ed
i

alleate,

il

migliore sostegno dell'Austria stessa. E quando

nostri soldati esasperati dalla vita di trincea,

esprimevan

tal-

volta l'idea che

governi fossero tra loro d'accordo, manife-

stavano in

nucleo di una certa verit: prima di essere italiana, era diplomazia e restava perci legata ad una concezione, l'austriaca, che non poteva pensare di distruggere. Ed i nostri soldati, come molto spesso dovettero combattere, pi che
grossolano
il

modo

cio che la nostra diplomazia,

contro

generali austriaci, contro


e

generali italiani, certala

mente per due anni

mezzo dovettero combattere contro

tenace durezza mentale dei diplomatici italiani che meglio


e pi di ogni ordine austriaco

esasperava contro di loro la

convinzione dei popoli austriaci.

proponeva espressamente di mantenere in vita l'Austria. Esso partiva da questo presupposto e per tale ragione rinunziava esplicitamenu a Fiume, che
Il

Patto di Londra

si

doveva far parte della Croazia. Sonnino nel suo discorso sui fini della guerra, ribadiva il suo concetto, di non volere distruggere o smembrare l'Austria. E d'accordo con lui, la massima parte dei giornali,, sostenendo un pazzo programma imperialista, eccitava le truppe slave, cio il sessanta per
cento di quelle austriache, a difender sul Carso e sulla Bainsizza e nell'Adriatico,
i

loro paesi

dia

una occupazione

stra-

niera e da una divisione politica assai pi pericolosa, per il loro avvenire nazionale, dell'oppressione absburghese stessa.

Meglio uniti sotto l'Austria che divisi tra italiani e au-

striaci.


guerra per

24

Il Patto di Londra era appena comprensibile pensando ad una mentalit diplomatica in azione sul principio della

la quale l'Austria doveva essere mantenuta, sebbene ridotta, come cuscinetto contro la Russia, e gli slavi dovevano esser tenuti divisi. xMa pi tardi, quando l'entrata

di

grandi masse costrinse

governi a fare promesse demoil

cratiche e l'America divent, con

suo esercito e con

le

sue
si

provviste ed

suoi prestiti, l'arbitra della situazione,

non

poteva mantenerlo cos. Esso urtava contro


litici

gli interessi

po-

dei nostri alleati, che esigevano

una corona
il

di stati tra

Germania ed Oriente; urtava contro

sentimentalismo de-

mocratico di larghe frazioni della pubblica opinione anglosassone; sollevava contro di noi cinque irredentismi, il tedesco nell'Alto Adige, lo sloveno da Tolmino a l'Istria,
to dall'Istria alla
il

croa-

Dalmazia,

il
1'

greco nell'Epiro e

n-el

Dodee

canneso, l'albanese in tutta


Grecia!

Albania, che inconsideratadividere


fra

mente esso acconsentiva a lasciar

Serbia

cito

Bisognava negoziare e cambiarlo. Finche il nostro eserebbe un valore, la nostra frontiera una importanza, e
austriaco, che
si

l'esercito

sarebbe rovesciato sugli alleati

un certo peso, fino ad allora noi potevamo negoziare, cambiando ci che non ci spettava ed era inutile, cio la Dalmazia, con Fiume e con seri compensi coloniali. Noi dovevamo negoziare con tutti: con gli jugoslavi, ai quali la fine dell'Austria premeva pi che a noi ed ormai non avevano altro naturale e cointeressato alleato nella lotta contro quella; con gli alleati, per modificare condizioni che essi avevan firmato ed avrebbero mantenuto, seppure a malincuore; con l'America, la quale non si era impegnata a nulla, e che bisognava convincere adoprando sise noi avessimo ceduto,

stemi e persone adatte. Non


zati dalla

si

fece nulla di questo, ipnotiz-

cambiale firmata, che Sonnino avrebbe dovuto pre-


sentare alla scadenza.

25

la scadenza, e

Wilson non aveva firmato nulla; Fiume era stata esclusa; la guerra era
vinta e
in
il

Ma

venne

nostro esercito poco pi contava. Si pretese

Fiume

base a quegli stessi princpi che venivano da noi negati


si

quando

voleva

il

Brennero

e le Alpi Dinariche,

fondandoci

sul diritto della nazionalit e sull'autodecisione, che calpe-

stavamo quando da Fiume


si

si

andava a Bolzano o a Sebenico


il

passava semplicemente a Sussak ed a Volosca. Da piccoli avvocatuzzi pretendevamo la Dalmazia per


di nazionalit, a dispetto del Patto di
il

Patto di Lonclra a dispetto del principio di nazionalit, e

Fiume per quello


pensava che
e chiedere
gli

Lon-

dra, infine l'Asia Minore per

diritto di conquista.

jugoslavi potevano rovesciare la


il

Non si domanda
il

Fiume per

Patto di Londra, la Dalmazia per


Si

principio di nazionalit.

pestavano

piedi ai vicini e

si

pretendeva per di avere l'accoglienza amabile di tutti. Tutto ci non ci metteva in buona luce presso la pubblica opinione straniera, la quale avr certamente avuto
i

suoi buoni motivi per essere

meno indulgente
nel nostro
stati,

verso di noi

che verso
alle

altri,

ma

trovava certamente pi d'un appiglio


rifiuti,

sue malignit o ai suoi

modo

di presentrattati

tare le nostre rivendicazioni.

Siamo
;

vero,

spesso come una nazione balcanica


i

nostri rappresentanti all'estero,

possiamo negare che dai maggiori che andarono


minori che
e
fino
ri-

ma

occasionalmente alla Conferenza

di Parigi ai

masero permanentemente
vari, contradittori e

nelle capitali straniere

curiosi

esploratori

della

propaganda,

non abbiano
L'ignoranza e
ta

fatto parecchio perch ci si considerasse tali?


i

sofismi, l'arroganza e la servilit, furono vol-

a volta adoperate, senza che mai si trovasse la via giusta da battere, che salvasse i nostri diritti indispensabili con
la

nostra dignit.

Le modificazioni necessarie

al Patto di

Londra venivano


indicate dal Patto di
l'Austria,
il

26
Il

Roma.

Patto di

Roma

Patto di Londra sosteneva l'abbatteva; il Patto di Londra


i

era concluso fuori e contro Patto di

popoli soggetti all'Austria,


essi.

il

Roma
si

era concluso d'accordo con

Ma non
retto.

sbocc al Patto di

Roma

che a traverso Capoda un piccolo


sopratutto perch

Le idee sostenute, durante gruppo di uomini convinti, ma


onesti,

la neutralit,

inabili,

a maneggiare

le

forze reali della politica italiana,

furono durante due anni e mezzo soffocate dalla censura e dal clamore dei vari nazionalismi. Soltanto la lunghezza della guerra rese possibile ad una pi larga frazione dell'opinione pubblica rendersi conto che mantenendo
della politica antislava
le direttive

non si faceva che sostenere l'Austria e privarci di un potente strumento politico. Caporetto dette il colpo di grazia. Perch, ron fosse altro per ragione d'utilit, non si adopravano con' ;o l'Austria quei sistemi di sconvolgimento interno, che i nemici avevano con t-anta arte saputo maneggiare nel Belgio e in Russia, durante la neutralit anche da noi ed in Romania, con non indifferenti effetti sulla preparazione prima, e poi sulla condotta della guerra?
Il

Patto di

Roma nacque come


il

un'alleanza fra l'idealiil

smo
non
le

di pochi, la convinzione politica di parecchi,

machia-

vellismo di molti e
ci si

lasciar fare dei pi.

os opporre apertamente, se
sinceri!)

Dopo Caporetto non da pochi fanatici

(questi

almeno

alla

nuova

politica di accordo con

nazionalit che volevano liberarsi dal gioco tedesco-unghe-

rese della monarchia degli Asburgo. Diciamo pure la verit,

anche se scotta. Soltanto la i)aura, soltanto l'austriaco cerato al Piave pot persuadere una parte della classe
gente italiana a rinunziare,
folle politica di

trindiri-

spremere

il

almeno temporaneamente, alla sangue del nostro popolo contro

l'Austria che sosteneva gli artifci della nostra diplomazia e


le bestiali

invettive della nostra stampa.


sito di

27

il

L'accordo fu firmato da parecchi con


infrangerlo appena
il

segreto propo-

pericolo fosse passato.

Ed

in-

fatti cos avvenne.

Tanta malafede, abituale nelle transazioni politiche, trovava il suo degno riscontro fra gli jugoslavi. Essi pure, come i nostri nazionalisti, cercavano nell'Italia solamente un
aiuto contro l'Austria e un'alleanza contro le tendenze austro-

gran parte delle diplomazie e degli ambienti finanziari dell'Intesa, nonch di quelle, apertamente delineate, di Wilfile

di

son, che scorgeva nell'Austria

uno stato d'avvenire federalistico sul tipo della Societ delle Nazioni da lui vagheggiata. La sconfitta dell'Italia sarebbe stata una jattura anche per gli jugoslavi ed un appoggio netto dell'Italia alle rivendicazioni loro e degli altri eredi dell'Austria, avrebbe avuto

grande

efficacia sugli alleati.

Fu merito

degli Italiani,

a loro
gli

paragone, che almeno una minoranza desiderasse puramente


e per sano intuito politico la soluzione di

un accordo con
fin

jugoslavi, e che importanti giornali politici del nostro paese


vi

aderissero

anche

prima

di

Caporetto,

dall'estate

del 1917.

Coloro che sostennero in buona fede


ci

il

Patto di Roma,

vedevano tutto un avvenire per

l'Italia:

quello di esser la

guida dei popoli Balcanici. Era il nostro avvenire politico, colturale, commerciale nel prossimo Oriente, (pii sincero di
tante avventure coloniali) che non bisognava lasciarsi por-

Era un primato reale pii vantaggioso, e nello stesso tempo pii nobile, di quei primati di prepotenza che vagheggiavano i nazionalisti. Ma quando si tratt di dare forma pratica alle deliberazioni del Patto di Roma, ripresero le ostilit dall'alto. Sonnino ignor od ostacol. La legione czeco-slovacca si form
tare via dalla Francia e dalla Inghilterra.

con grande

difficolt, e

invano

si

cerc di organizzare ufficiai-


mente
i

28

alla quale,

ventimila jugoslavi che avevano chiesto di essere vo-

lontari sul nostro fronte.

Gi dopo la vittoria del Piave

come

al

com-

plotto di Garzano, fallito per insigne buaggine di un nostro

capo
i

e che ci avrebbe potuto portare a Trento, dettero forza

disertori czechi e jugoslavi dell'esercito austriaco,

notizie, piani,

ora d'attacco

mento di coloro che il una necessit, ed il rivolgimento avvenne completo dopo


torio Veneto.

recando cominci un primo rivolgiPatto di Roma avevano accettato come

Vit-

Si vide nella cosidetta, per eccellenza polela festa,

mica

Passata

gabbato

lo

santo.
di

Questo principio sembra molto politico alle persone


dei nostri

corta veduta e regge purtroppo gran parte delle deliberazioni

uomini

politici

che spazio e tempo giudicano tutto

da
ra,

quelli di Montecitorio.

La
che

politica delle nazionalit


alle

doveva far vincere


indipendenza
il

la guer-

garantendo
l'Italia

popolazioni slave e latine dell'Austria


la loro e

avrebbe sostenuto
Patto di

non

sol-

tanto l'autonomia federale, al Congresso,

che

solenne-

mente, dopo

Roma, avveniva con dichiarazioni di Lansing che trovarono restio soltanto Pichon, di Ralfour, di Sennino; ma doveva anche portare pi avanti l'Italia, garanil

tirle la

pace e

la tranquilla espansione nei Balcani, l'accordo

con

gli alleati.

Gi non avvenne per l'opera degli avversari

di tale politica, misti di vecchi germanofli, di clericali e di

irredenti adriatici.

Conseguenze importanti ebbe pure il Patto di Roma sulla condotta delle operazioni. Ebbero da allora ben altra efficacia le nostre relazioni con i disertori austriaci. I prigionieri

non furono pi

la

massa anonima contro


si

la quale

il

sentimentalismo italiano
i

nostri prigionieri in Austria,

accaniva perch soffrissero come ma divisa per nazionalit si

pens che poteva essere utilizzata. Non tanto premeva l'aiuto


tuglia di

29

vennero utilizzate) quanto

materiale (poche diecine di migliaia di czechi, qualche pat-

romeni

e di jugoslavi,

l'aiuto morale. Essi tennero costante contatto

con l'esercito

austriaco. Passavano e tornavano nelle nostre linee.


canti, con manifesti, con discorsi

Con

da trincea a trincea eccita-

vano nei reparti austriaci della stessa razza e lingua lo spirito patriottico e ottenevano l'abbandono delle file austriache.
Gnazie a czechi ed a jugoslavi noi

sapemmo

in anteceden-

za

il

piano e l'ora d'attacco delle truppe austriache nel giu-

ni che

gno 1918. E durante tutto quell'anno mentre, per altre ragiovedremo, diminuiva e quasi cessava la diserzione nostra con passaggio al nemico, continuavano ad affluire i disertori austriaci, grazie alle notizie dei quali,

finalmente coordi-

nate dagli

Uffici

d'informazioni d'Armata organizzati sul serio


si

dopo Caporetto,

era cos minutamente informati dello stato

delle truppe austriache

da conoscere talvolta financo


si

pet-

tegolezzi dei singoli reggimenti. L'ostilit tradizionale della

nostra marina, nel cui Stato Maggiore


cleo di imperialisti negatori

era formato un nudelle

ad ogni costo della politica

nazionalit, imped che si traesse egujftle frutto delle infor-

mazioni pervenutaci per mezzo degli aviatori e marinari jugoslavi passati dalla nostra parte, specialmente nel mo-

mento della insurrezione

delle navi a Cattaro.

Se una cor-

rente di simpatia e di propagandia avesse animato la nostra marina, anche i resultati di questa sarebbero stati pi pronti ed efficaci. Invece, per una di quelle troppo abituali anarchie
del nostro paese, dall'alto partivano ordini contradittori, le
iniziative

non avevano seguito e mentre Diaz faceva


ebbe
il

in

modo

Thaon

di Revel agiva in un'altro.


l'Ufficio di

iMirabile efficacia

propaganda

delle na-

zionalit fondato presso

Comando Supremo, con rappre-

sentanti dei vari comitati nazionali e con l'incarico special-

mente

di

compilare e stampare manifesti che gettati da aero-

30

le truppe austriache informate dei movimenti nazionali, eccitate alla ribellione e alla diserzione. notorio che un forte nucleo di militari

plani nelle trincee avversarie, tenevano

aveva

austriaci datisi prigionieri durante la battaglia del Piave, in tasca, sebbene fossero proibitissimi, i nostri maniIl

lancio di questi fu lungamente deriso da lutti conon avendo mai avuto fiducia nell'eflicacia del fattore morale sopra il soldato italiano prima di Caporetto, non l'avevano, naturalmente, dopo Caporetto, leppure nell'effioacia del fattore morale sopra il soldato austriaco. Ma tutta l'opera di propaganda, che riesci del resto ad avere diretta relazione con i centri nazionali dell'Austria, ebbe profondi effetti dopo il Patto di Roma, assicurando le
festini.

loro che,

popolazioni soggette all'Austria-Unglieria che l'Intesa avrebbe appoggiato la loro indipendenza e dando quindi loro l'incentivo a spingere fino a fondo la lotta nazionale.

Gli irredenti

Gli irredenti, specie gli adriatici,

avrebbero dovuto esdelle

sere

il

fattore principale della politica

nazionalit.

Essi avrebbero dovuto trovarsi al posto d'onore: e per la loro

appartenenza
zioni.

al

regno austro-ungarico e per

le loro

cogni-

Ed

al

posto d'onore fu veramente una frazione, spela

cialmente trentina, che seguiva la tradizione di Cesare Battisti.

Ma non

grande maggioranza,

specie

degli

adria-

tici.

Essi conservavano troppo nel cuore


locali

il

ricordo delle lotte

con

gli slavi,

per potersi inunedesimare con l'interesse

d'Italia,

che

le

voleva in quel

momento

sedate, a costo di

qualunque

sacrifcio.

ci

umano. Meno umano e vera-

31

mente deplorevole il fenomeno di alcuni tra loro, per fortuna in minoranza assoluta, che pur odiando l'Austria s'erano fatti una mentalit austriaca e sognavano che la vittoria avrebbe semplicemente rovesciato l'ordine delle
cose,
sosti-

tuendo

minoranze italiane al posto Essi sognavano di fare a Spalato o slave. delle minoranze a Sebenico con l'appoggio del governo italiano quello che con l'appoggio del governo austriaco facevano gli sloveni a
l'Italia all'Austria e le

Trieste.

Per disgrazia questo piccolo nucleo ebbe il sopravvento, con l'aiuto del governo. Invece di informatori furono deformatori dei fatti. Avvelenarono la pubblica opinione italiana
con racconti e con teorie esagerate, con dati di fatto
rati,

alte-

appellandosi al nostro sentimento,


i

facile

a commuo-

versi, coltivando in noi italiani tutti

nostri difetti, l'esagera-

to

amore per
ci

le

nale che
In essi

fa credere superiori a tutti

cose passate e l'estetismo, la boria nazioi popoli e via dicendo.


dell'Italia,

non parl mai un ben inteso amore


il

ma

principalmente

risentimento personale e
Ili

il

desiderio di asi

verla vinta nel proprio comune.

campianilismo

ridest
in,

sotto veste di irredentismo e la Peretola che sonnecchiava

cuore ad ogni italiano divent la misura della politica estera.

All'interesse dell'Italia anteposero l'interesse di Lussin-

piccolo.

Furono quindi focolari di dissidi, lanciatori di notizie cervellotiche od esagerate, fabbricanti di innumerevoli articoli e libriciattoli senz'altro

scopo che di creare discordie e

attizzare odi.

Grazie all'appoggio del

Governo ed

al

na-

zionalismo jugoslavo, riescirono pienamente al loro scopo, e il popolo italiano si trov in breve a odiare un altro popolo, come lo jugoslavo, di cui fino ad un anno prima igno-

rava l'esistenza
stoli,

ma

che da Mazzini a Cavour,

tutti gli

apo-

idealisti

o pratici, del suo Risorgimento gli avevano


additato
austrieca
fu

a2

della

come
(1).

fratello e

compagno

comune

lotta anti-

Pi grave forse degli


ne,
il

effetti pratici stessi di

questa azioL'atten-

restringimento dell'orizzonte mentale die doveva

schiudersi all'Italia per questa guerra

mondiale.

zione che essi costrinsero a dare a problemi minuti e di or-

dine secondario, persuasero gran parte della pubblica opi-

nione che

la guerra fosse stata fatta per questioni di un tipo che ormai pu dirsi sorpassato dallo stato mentale del mondo moderno, in cui le competizioni d'ordine economico e i grandi problemi della tecnica e della educazione, hanno un'importanza di gran lunga superiore alle conquiste chilometriche ed alle rivendicazioni puramente etniche.

Il

paese

Caporetto contribu infine in


lo spirito del

modo

efficace

a cambiare

paese. Si pu dire che fino a Caporetto gran

parte dell'Italia non sapesse che cosa era la guerra, in quel

senso in cui la provavano la Francia e

gli

imperi centrali.
;

Le nostre campagne,
le citt.

le
il

erano spopolate di uomini ma non privazioni non erano forti. Dopo Caporetto ansi,

che

le citt

cui

animo era pi lontano dalla guerra, come


il

Roma, sentirono passare

grave respiro suo. La vista dei

profughi impression e connnosse persino lo scettico e critico spirito toscano. Essi portarono in tutta Italia con i loro
stracci e con
i

loro volti spauriti, con le nidiate di bimbi e

(1)
il

bellissimo

Vedasi nel volume Italia e Jugoslavia della nostra Voce saggio di A. Anzilotti: Austria e Savia nel risorgi-

mento italiano.


mente
si

33

paese

con l'incerta ed ingenua loro apparenza, un segno della realt che si svolgeva lass, in quei luoghi non mai veraintravisti fra le parole retoriche del giornale.
II

miglior,

come

la

zona

di guerna.

Non bisogna esagerare


che
si

in quella distinzione e contrapposizione

voluto creail

re fra paese e

zona

di guerra.

Non bisogna giudicare


le

paese

da quello che facevano nel centro


scati lavoratori e burocratici.
teatri e
Il

grandi citt

di

imbo-

popolo, che non andava ai

per

le vie principali,

quello che doveva comperare la


il

razione di

pance

sollecitar con la tessera

droghiere e

il

lattaio, ed attendere l'unica

ora di gas per poter mangiare


infinita,

caldo, soffr con

una pazienza
di

quasi eguale a quella


il

dei soldati in trincea, se si pensi che

paese era composto


vecchi.

or-mai principalmente
e l,

femmine e

di

Popolo qui

della stessa razza e della stessa educazione, sarebbe

stato ben strano che avesse avuto


diverse.

due manifestazioni cos

Ed

alile

piccole categorie di arricchiti e di i3escicani

e di burocratici dei grandi centri che se la spassavano con

donne

in festini,

Milano', a Torino,
le altre

a Roma,

si

potevano

l^enissimo contrapporre

categorie di imbosc/ati nei co-

mandi delle citt e paesetti della zona di guerra, che se non facevano del lusso e non gozzovigliavano, non era certo
perch ne mancassero
di

desiderio

ci

che

mancava
i

loro
la-

(quando mancava) era l'occasione. Del resto


litari in

primi a

mentarsi delle chiusure serali, delle proibizioni enano


licenza che di
di

mi-

ritomo dal fronte non domandavano

meglio che
e
i

poter dimenticare in qualche

modo

gli

orrori

dolori di quella vita.

No. Tutte

le

accuse che

si
si

son fatte per disfattismo al

paese non reggono, quando

pensa che chi salv l'Italia sul Piave, dopo Caporetto, furono i battaglioni del- 1899. Ora quiesti battiaglioni erano di giovianotti fino a quattro cinque mesi prima vissuti nelle loro case, presso i genitori,


ascoltando
i

34

il

loro discorsi e

vedendo
il

loro esempio. Essi

si

sacrificarono con entusiasmo. Se


tista,

non avrebbero

resistito.
si

paese fosse stato disfatAnzi, proprio presso di loro, i


il

pi giovani, noto che


crifizio e

trovava

maggiore spirito

di sa-

d'amor patrio e quella specie di animo fatto alla guerra che a forza di sentirne parlare e di dovercisi preparare, era penetrato in tutti, anche nei contadini dei luoghi pi remoti. In verit il disfattismo e l'eroismo non furono monopolio di nessuno. Nel paese la resistenza a sofferenze e privazioni lunghissime non fu meno grande che al fronte. Il popolo italiano non sment la sua formidabile qualit di sapere patire. Bisogna essere esciti dai grandi
centri
e

dai

grandi alberghi, ed essere andati in qualche piccolo comune


meridionale, per comprendere la forza di resistenza di famiglie prive di tutta la giovent, assassinate dalle requisizioni,

abbandonate dal governo, taglieggiate fin nell'onore domestico, dalle camorre borghesi locali; e allora non si crede
pi
alle

frasi

fatte

che

dividevano

questo

paese,

unito

prima volta nella sua storia dopo il Risorgimento, in due pezzi: fronte ed interno. L'Italia dopo Caporetto fu una, grande nel soffrire e nel resistere, e cosi giunse alla vittoria del Piave ed a Vittorio Veneto.
forse per la

Vittorio Veneto; vittoria dello Stato Maggiore

Vittorio Veneto

non

stata

una

vittoria militare, per la


ci

semplice ragione che per esserci vittoria


glia; e per esserci battaglia,

dev'essere batta-

un nemico che si batte. Ora a Vittorio Veneto c'era un nemico che si ritirava. Vittorio Veneto una ritirata che abbiamo disordinato e confuso: non una battaglia che abbiamo vinto. Questa la ve-


rit che si

35

che
gli italiani

deve dire agli

italiani: la verit

debbono lasciarsi dire. A Vittorio Veneto non abbiamo vinto


co, che era gi vinto;

l'esercito austria-

era gi in
se

non
Se

nel
si

non abbiamo distrutto l'Austria, che pezzi non abbiamo fatto una guerra di manovra, senso della manovra di Piazza d'Armi.
;

sapesse ragionare

ragionare

semplicemente,

senza neppure ricorrere alla testimonianza di chi c' stato


si

comprenderebbe l'impossibilit
feriti in

di

perdere soltanto sedicidallo

mila uomini fra morti e


Stelvio al

un combattimento
i
;

mare durante una settimana (escludo vemila del Grappa per le ragioni che dopo dir)
che perdite, tutte
in otto giorni
le

diciannodi sorpas-

sare in poche ore o in pochi giorni e relativamente con po-

pi

difficili

posizioni delle quali


;

si

era
in

infranto l'impeto delle nostre migliori brigate

di sconfggere

un

esercito che

non avevamo potuto battere camion a Trento e


,
si

tre anni, altro che

una

volta, e che ci era superiore di nuin pi-

mero

e di posizione; di entrare in

roscafo a Trieste; se quell'esercito avesse resistito sul serio.

Quando
in

si

parla della
il

grande vittoria

dimentica
si

che quindici giorni prima

comando

italiano

non

sentiva

grado

di attaccare

il

nemico, se non venivano parecchie

divisioni

mamento
falla nel

americane a colmare la differenza di numero, d'are di posizioni; non si ricorda pi cYc alla fine del
suo fronte, che

settembre la Bulgaria aveva diplomaticamei:lc aperto una


il

primo

di ottobre

aveva accettato
e

l'armistizio e troncato cos le conmnicazioni fra Imperi centrali e

Turchia, messa la

Rumania

in

grado di insorgere
le

obbligato l'Austria a difendersi sul Danubio; che


lit

naziona-

dell'Austria-Ungheria in fermento politico stavano dila

chiarando
zionali,

propria indipendenza, formavano eserciti nail

chiedevano

ritiro delle

truppe dal fronte; che


del

tutti

sentivano nella offensiva


PlEZZOLINI.

germanica

maggio intesa a

i.


schiacciare

36

la Francia prima dell'arrivo di tutte le forze americane l'ultimo sforzo del nemico; che nell'Austria pi
tutti facevano al si salvi chi pu per primo; che la lotta delle nazionalit era penetrata anche nell'esercito austroungarico, l'ultimo elemento di sal-

debole e sconnessa,

il

dezza del regime; che ammutinamenti, diserzioni, fame,


Ijellione

ri-

endemica e bande

di disertori

dovunque, erano

la

regola al fronte e nell'interno dell'Austria.

Se ci non fosse, Vittorio Veneto sarebbe un miracolo; e


nella storia miracoli

non

se ne conoscono.

Se poi queste ragioni non persuadono, s'interroghi qualunque combattente onesto delle armate al fronte nei gionii

Veneto esclusi quelli della quarta armata sul Grappa; e vedremo perch ed egli risponder che non fu una battaglia ma un inseguimento, con qualche urto delle retroguardie austriache con le nostre avanguardie. Se non
di Vittorio

ha

spirito di osservazione e di verit sufficiente per dare que-

sta risposta, lo si faccia

paragonare

combattimenti delle

giornate d'ottobre e novembre 1918 e con tutti quelli precedenti, e la risposta verr

La

verit

da s. che noi cogliemmo


ritirarsi e gi si

l'esercito austriaco

quan-

do era deciso a

stava in parte ritirando ai

vecchi confini, quando l'Austria aveva ripetutamente implorato la pace, chiesto l'armistizio e cercava di risolvere i problemi interni delle nazionalit e della fame mediante qualunque frettoloso accordo con l'Intesa. Questo esercito in molti tratti del fronte non aveva pii grosse e medie artiglierie,

che catturammo gi nell'interno, sui treni o sui piani caricamento pronte per partire; questo esercito non aveva pi, in massima parte, volont, e spesso nemmeno mezzi sufficienti per resistere, ed il nostro comando lo sapeva benissimo, perch alla vigilia del passaggio del Piave
di

faceva ufficialmente annunziare alle truppe che non avreb-


bero trovato resistenza,
rono.
Io

37

difatti

come

pochissima ne trova-

non dubito che

l'esercito austriaco, se

anche avesse
l'a-

combattuto, sarebbe stato vinto come nel giugno; perch

non era mai stato cos pieno di sicurezza e di spirito aggressivo ma non sarebbe stato vinto con sacrifizi cos leggeri da parte nostra: dico leggeri, a paragone di quelli che costava un'avanzata di poco sul Grappa o sull'Isonzo, quando gli austriaci non si ritiravano.
dei nostri soldati
;

nimo

In realt gli austriaci

si

batterono sul serio soltanto sul

Grappa, nei giorni 24, 25, 26 ottobre; e in questi tre giorni, sopra pochi chilometri, perdemmo diciannovemila uomini, sia per la resistenza nemica, sia per la nostra impreparaziosul

ne e l'insipienza di chi comandava. Si pu dire che l'attacco Grappa stato l'ultimo disastro ordinato dai nostri geneDisastro perch inutile nei resultati, se ottenuti; perch

rali.

male preparato; perch male diretto. Al solito, anche quella volta i sacrifizi delle prime ore non ebbero dalle riserve il sostegno sufficiente per affermarsi. Perdemmo fior di uomini e

non avanzammo di un metro.


tre giorni,

Il

Grappa cadde, quando, dopo


del
il

superate

le

difficolt

passaggio a Vidor, a
massiccio montuoso
si

Sernaglia, al Ponte della Priula,

sent avviluppato dalla destra; e le riserve

non

si

vollero

battere.

La

verit che le riserve austriache

non vollero

pii af-

fluire dalle retrovie ai

luoghi di

combattimento, perch non

pu combattere un soldato, per disciplinato che fosse nel passato, quando sa che lo Stato si va dissolvendo, che il proprio paese acquista l'autonomia e deve difenderla contro
pericolosi vicini,
il re ed i ministri non parlainsistenza armistizi, quando con chiedono di pace e

quando ormai

no che

gli alleati

concludono paci separate.

Vorrei sapere che cosa sarebbe accaduto in Italia se al


leati

38

momento dell'offensiva di Caporetto, l'esercito italiano invece di sentirsi alle spalle un paese deciso a resistere, degli almandavano aiuti, (sia pure fermati avessero avuto notizia che la Francia aveva concluso una pace separata, che il re aveva chiesto un armistiche promettevano e
al Mincio),
zio,

che la Sicilia sollevatasi aveva dichiarata


le

la

propria

in-

dipendenza e che

altre regioni d'Italia la seguivano.

L'esercito austriaco vinto militarmente nel giugno, ca-

deva nel novembre per ragioni morali, come una parte del nostro era caduto per ragioni morali a Caporetto. Ma dopo Caporetto si trov in Italia un popolo pronto a resistere ad ogni costo; ed altre parti dell'esercito si mostrarono salde; mentre Vittorio Veneto fu una Caporetto totale e definitiva
per l'Austria.
Vittorio Veneto

non

una

vittoria militare che per

pro-

fessionisti dell'esercito.

Per

lo

Stato Maggiore stata una

battaglia ideale, in cui tutto andato


sto sulla carta.

come era

stato previ-

nemico quasi non resii corpi posson fare all'incirca quei bei movimenti ed eseguire quelle belle marce che l'ufficiale dei comandi studia sulle carte al 25000. Ma le vere battaglie hanno ben altro svolgimento. Lo Stato Maggiore propone e il nemico dispone. Chi le prepara
si

capisce: dove

il

ste, l'imprevisto

viene a mancare e tutti

dopo

le

storie che si leggono nei rapporti ufficiali

racconta non sa mai la verit. Tutte quelle ordinate sono inventate a

Le relazioni dello Stato Maggiore sono false come La battaglia si svolge sempre in modo inipreveduto e il Comando nel raccontarla bisogna sempre
tavolino.

quelle dei giornalisti.

che l'accomodi per farla andare d'accordo con


zioni date.

le

disposi-

gi,

Invece la battaglia di Vittorio Veneto andata, su per secondo i progetti dello Stato Maggiore. un peccato

che sia mancato, in questa battaglia, il nemico, altrimenti potrebbe diventare classica nei manuali di strategia.


E perch questa

39

si

serie di

combattimenti di retroguardia
incontrarono
mirabil-

d'un esercito sfasciato, stata cos gonfiata?

Per gonfiare Vittorio Veneto

mente due

desideri: quello della casta militare, di far

buona

figura e prepararsi

un buon dopo guerra

glorioso, e quello

della casta politica, che voleva sfruttare la facile vittoria,

te di

per rinfacciarla agli alleati e riaccendere nel paese le fiammaboria nazionalista, di sentimenti imperialistici e di odio
i

per

vicini,

che Caporetto e la necessit d'una politica pi


bel pezzo sedate

calma avevano per un mente spento.


(Anche
gli alleati,

ma

non mai

total-

sul

fronte

francese

compivano

un
l'a-

avanzata su per gi nelle nostre stesse condizioni. Anche


vanzata franco-inglese-americana non trov dinanzi a s
ri

se-

ostacoli. L'esercito

germanico

si

stava ritirando. Non era

finito e

spezzato da interno disordine come l'austriaco,


di

ma
gli

ci

non

meno non

era in grado pi di resistere.

Anche

alleati

gonfiavano la loro vittoria e bisognava gonfiarla ansi

che noi).

Ecco come

spiega, con l'aiuto della censura, con l'inil confronto degli alleati, che abbian bevuto alla coppa incantata della

genuit della maggioranza, con


le classi dirigenti
((

grande vittoria
il

e sian tornate all'ebbrezza ed all'illusione


dell'Intasa,
il

di credersi

primo popolo

salvatore e definitivo
cattivi sentimenti

vincitore della guerra, tutto pieno di sospetti per la preda

avuta in mano, col cuore ribollente di


e gli orgogli,
la

tutti

dimenticando in un attimo
i

gli

insegnamenti ed

passata esperienza,
la

propositi di umilt, la critica dei pro-

pri difetti esercitata

ma non

ancora trionfatrice. Ed ecco,

con

menzogna

militare e politica, avvelenata la vera vit-

toria e prepararsi per l'Italia la

seconda Caporetto, quella


ed
seguente vergognoso

diplomatica, ossia la conmiedia di Orlando e Sonnino col


trionfale viaggio
ritorno.

da Parigi a

Roma

il


del pomeriggio del quattro

40

L'ultimo colpo di cannone era stato tirato alle quattro

novembre che gi nei Comandi si brindava alla nuova guerra con la Francia o con la Jugoslavia. Bisognava continuare la bella vita con l'automobile, con
le ville

a disposizione,

piantoni servitori,

le

signore per la

sera,

le

grasse indennit e l'avanzamento rapido. All'infuori


di an-ivare

di Diaz, che pi di generalissimo

sognavano

non poteva diventare, i pi ad un grado pi alto. Il mondo era


si

veduto attraverso l'annuario' militare.


Nella grande industria dove
del cliente unico, che
la
la

temewi

di

perder

la

bazza

compra a qualunque
esoneri per la

costo, fornendo

materia prima e

gli

mano

d'opera, nonch

si formavano gli stessi auguri. La guadagnare milioni senza fatica, aveva male cosidetti capitani dell'industriia, ai quali non doabituato veva arridere troppo l'avvenire con la concorrenza straniera, gli scioperi operai, la necessit di rifarsi un mercato ed un pubblico. Il mondo era veduto attraverso il libro degli

discipMma militare,

possibilit di
i

introiti.

Vittorio Veneto per tutti questi


fine

non poteva essere una


un'ideologia
se

ma

soltanto un principio. Bisognava cercare ad ogni cose

sto

un pretesto

non una ragione,

non

un'idea, per continuare la dittatura militare tipo

Supremo, e non smobilitare. A ci servivano


sico
i

in

Comando modo clas-

gruppi nazionalisti e

il

sentimento nazionalista della

classe diligente.

La Conferenza

di Parigi,

con

le

sue deviazioni dai prinoffrire pi

cipi ideali sui quali era fondata,

doveva

d'una

occasione. Fatto pi di un assaggio e pi di un tentativo, con

molta abilit questa


ventura che

stata definitivamente scelta nell'av-

si svolge mentre io scrivo e clie ha preso nome da Fiume. Essa proviene e si svolge in quella atmosfera, che io chiamerei l'atmosfera della vittoria da Stato Maggiore,

_- 41

che s'era cominciata a formare poche ore dopo Vittorio Veneto.

La

vittoria del

Piave-Grappa: vittoria

di

combattenti

Ma

pure stata una vittoria! Perdio,

vittoria militare,

ma

non

vittoria strategica.
il

toria morale,'

se si vuol esser esatti,

Ma non una vitcoronamento d'una


s,

e come!

stata

vittoria morale, nella quale l'episodio di Vittorio Veneto rap-

presenta press 'a poco per l'Italia quello che per uno studente
l'esame di riparazione. Noi bocciati

rimessi a Vittorio Veneto.


l'azione militare, gliorato
le

La vera

vittoria

a Caporetto, ci siamo non consiste nel-

bens nell'esserci corretti, ne l'aver mi-

dopo

la punizione di

Caporetto; nell'aver espiato


sfasciava, sotto la piccola

nostre colpe; nell'aver rinsaldato la nostra unit nazionale


l'urto,

dopo

mentre l'Austria

si

spinta di Vittorio Veneto.

stata
i

una

vittoria e grande, pi

grande

di'

quelle che

sognano

militari di professione;

la vittoria di di

uno stato

nazionalie contro

uno plurinazionale,
:

contro un sistema oppressivo.


teristiche morali
corretti e rifatti migliori.

un sistema liberale vittoria ha caratl'abbiamo avuta soltanto perch ci siamo

Mr questa

Di vittorie militari

ne

avemmo

autenticamente

due:

quella del Sabotino e Gorizia nell'agosto 1916, e quella sul

Gnappa e sul Piave

nel giugno 1918.

Per tutte
:

le

altre si

possono trovare limitazioni e diminuizioni alcune inventate di sana pianta, veri tracolli battezzati per offensive vittoriose; altre non sfruttate a fondo, come la Bainsizza; altre
ancora,

come

la

ritirata

austriaca nel Trentino, piuttosto

debolezze altrui che forza nostra.

42

fico.

Su questa, nulla da eccepire. Perch non celebrata come si deve? Prima di tutto per il nostro carattere italiano scenograLa gran maggioranza degli italiani preferisce la vittoria

tipo Vittorio Veneto, quella che in sette giorni

esercito superiore per

numero
di

e per posizione, disf


alleati. Il

sgomina un un impubblico
abituato

pero e chiude la guerra a vantaggio degli


italiano

ha bisogno

queste

vittorie-miracolo,

com' dalla retorica scolastica a prender sul serio certe molto simili vittorie del Risorgimento. Di fronte a questa, l'autentica battaglia, la vera vittoria del Piave fa

una modesta

figura.

la vittoria quale po-

teva ottenerla l'Italia sana e buona, concorde ed umile, se-

rena nei suoi propositi e limitata nelle sue aspirazioni; la


vittoria certa, onesta,

ma

piccola e naturale; la vittoria so-

pra tutto l'esercito austriaco,


e impossibili e fantastici.
lia

ma

senza svolgimenti inattesi


che risponde all'Ita-

la vittoria

dopo Caporetto, guadagnata col sudore, con la fatica, con il lavoro e con la buona volont. la modesta fortuna del lavoratore che ha risparmiato, mentre Vittorio Veneto
il

terno al lotto.

La seconda ragione questa: che la vittoria del giugno 1918 non fu che secondariamente opera dei Comandi superiori. Fu opera delle unit: da colonnello a soldato. I Comandi e gli Stati Maggiori fecero fortunatamente ben poco.
Vi erano disposizioni di

dit

larghe

buon senso (schieramento


il

in profon-

riserve ecc.). Per

resto nulla di importante

da

Nessuna grande manovra. Si trattava di combattere, dappertutto e rimandare di l dal fiume il nemico. Perci lo Stato Maggiore tratta questa battaglia come una Cenerentola
fare.

mentre spende tutte

le

sue simpatie per Vittorio, dove finali

mente

'la

potuto far valere

principii dei suoi trattati.

La

vittoria del Piave fu principalmente vittoria di con-

>_ 43

gran cosa. Essa

vinzione e di combattenti. Per questo lo Stato Maggiore e la


classe dirigente italiana
lx)co si presta

non

la ritengono

a l'eloquente ingrandimento.

la storia di

un popolo che si difende disperatamente ad un termine che sente di non poter lasciar passare. In essa tutto funzion,
quasi tutto, dagli
uffici di

informazione che raccolsero

le

prove dell'attacco imminente e ne conobbero l'ora esatta, fino alla corrente continuamente alimentata di truppe e di
munizioni dove maggior era
resistenza.
il

logorio.

Fu

lotta di tenacia, e
militi.

Non

genialit di capo

ma

spontaneit di

la

leggenda

di unit corse dal riposo


il

spontaneamente a

combattere l dove maggiore era

bisogno, risponde perfet-

tamente alla verit storica dell'insieme.

Fu

la vittoria dei fessi,

insomma, contro

la vittoria dei

furbi, che stata quella di Vittorio Veneto.

Fu
mento,
il

la vittoria sugli italiani che ci

erano pi nemici de-

gli austriaci. Si

vinse allora la retorica, sorella dello scora-

la fede nelle stellone, fratello della impreparazione, menefreghismo, padre legittimo del disordine. Si vinsero

gli

italiani che

andavano

in otto giorni
il

a Vienna,

e quelli

che volevano conquistare tutto


amalfitano e romano,
della guerra e quelli che

mondo

veneziano, genovese,
il

gli italiani

che discutevano
la

perch

pensavano che
ci

guerra sarebbe andeputatoi del loro

data meglio, se a guidarla


collegio.
bili pilastri

fosse stato

il

Si vinsero Peretola e Roccia

Cannuccia, insupera-

all'orizzonte d'Italia.

Quell'altra Italia, che stata tanto, troppo spesso co-

perta dall'Italia pi generalmente


dali e delle lotte,
Italia silenziosa,
tutti

conosciuta,
dei

degli

scan-

dei processi

giornali;
e

quell'altra
solida,

modesta,
esiste,

tenace,

religiosa

che

sappiamo che
non
si

perch parecchio di vivo c' pu-

re nel nostro paese, quell'altra Italia di

lunedi, che

seconda Unea e del indomenica perch lavora anche di festa


per
tutti quelli

44

che fanno festa anche del d di lavoro


<(

quel-

l'altra Italia dei

fessi alla

quale

ci

vantiamo

di apparte-

nere, tutti noi che crediamo, che vogliamo, che ci affatichia-

mo, anche senza speranza


contro l'Italia dei
I

di frutto, se

spirilo tranquillo nel suo giudizio: quell'altra Italia


furbi .

non quello del nostro ha vinto

han fatto Caporctto e Vittorio Veneto. I fessi han fatto il Piave ed il Grappa, le dieci battaglie che si fondono in una e rivelano negli otto giorni di durata un lavoro di cofurbi

scienza durato otto mesi.

Grazie a loro l'Italia vincj\'a quel male, quella vergo-

gna, quell'onta che era stata Caporetto, che

ci

aveva pesato

sopra dei mesi


tro,

e ci

a domandarci

le

aveva costretto a guardarci bene addencolpe connnesse e a costringerci alla

cura.

La
II
il

vittoria

nacque dal pentimento.


la

principale peccato, di tutti noi che con la penna, con

comando, con
il

potenza del danaro o del grado abbiamo


il

avuto una parte di responsabilit nel guidare


se,

nostro paei

peccato verso

il

popolo,

il

peccato verso

fessi

che abbiamo tenuto lontani, ai quali non abbiamo rivolto


parola o cure e neppur tradotti nella lingua in cui parlano,
i

nostri concetti.

C' voluto Caporetto per capire che bisogna farsi capire.

C' voluto Caporetto perch

ci

con

la

propaganda, che vale uno,

si occupasse davvero, con l'assistenza che vale

dieci, e

esso ci
toria.

con l'amore, che vale cento, del nostro popolo. Ed ha compensato con quella cosa enorme che la vit-

Noi siamo debitori.

giugno 1918 non ricordatia come quella dell'ottobre 1918 dipende dal fatto che l'Italia vive sbandierando i suoi falsi valori e dimenticando quelli veri;

Se

la

vittoria del


l'Italia

45

le

craa la siderurgia, cancro della vita economica naindustrie che ne deri-

zionale, e trascura l'agricoltura e

vano;

l'Italia affida

il

governo

ai pi

incompetenti ed ai

meno

onesti dei suoi uomini, mentre tiranneggia e sfrutta coloro

che producono ed hanno la coscienza tranquilla. L'Italia ha una vittoria vera, quella del giugno 1918,
e la trascura;

ha una mezza
i

vittoria,

quella del novembre

1918, e ne fa la grande vittoria.

Bisogna cambiare

valori italiani.

Conclusione

Mi pare dunque di avere chiarito come va che Vittorio Veneto debba essere considerato in opposizione a Caporetto, ma in senso assai differente dal solito. Se volessi esprimermi
paradossalmente, direi che Caporetto stato una vittoria, e

Senza paradossi si ha fatto del bene e Vittorio Veneto del male che Caporetto ci ha innalzati e Vittorio Veneto abbassati, perch ci si fa grandi resistendo ad una sventura ed
Vittorio Veneto

una

sconftta per l'Italia.

pu

dire che Caporetto ci


;

espiando

le

proprie colpe, e

si

diventa invece piccoli gonfiani

dosi con le
il

menzogne

facendo risorgere

cattivi istinti

per

fatto di vincere.

Bisogna impedire che un nuovo falso valore


de vittoria
di V. V.) si

(la

granadi-

introduca nella storia d'Italia. Gi

biamo dovuto tanto combattere contro altri falsi valori e abbiamo sentito pesare su di noi la retorica di tante false grandezze letterarie e
civili e del

recente

Risorgimento. Un'altra


Speriamo che
l'Italia si

46

serie delle

menzogna aggiunta alla non breve zionali non ci farebbe punto bene.

menzogne na-

persuada di questo: che la delusione per l'incompleto raggiungimento dei fini nazionah deve attribuirsi per buona uarte,
ai

propri

dirigenti,

poliessi

tici e militari, letterati e giornalisti,

ed all'appoggio ad

concesso dalla pubblica opinione.

Se l'Italia sar persuasa di questo, potr dire d'avere


in

gran parte riparato

al

danno

subito.

Non

vi

nulla di

stabile nel
les.

mondo

e tanto

meno dopo

l'attuale

pace di Versail-

Nulla s'annunzia di altrettanto provvisorio e modificabile


gli

con

anni, anche senza violenze e conflitti.

La carta d'Eu-

ropa

migliore di quello che fosse

prima

della guerra; la no-

stra posizione superiore, e le intemperanze di qualche ora


di esaltazione

vittoria

di quella vera nostra

speriamo non l'abbiano guastata; i frutti della si sono ottenuti. Se qual-

che cosa resta ancora da avere,

si

potr,

dando tempo
de

al

temIl

po

e sopratutto

migliorando noi

stessi, l'intimo

l'Italia.

vero problema nazionale un problema di politica interna piuttosto che di politica estera, un problema di anima nazionale, cio di carattere, di istruzione, di giustizia, di
fie-

rezza e sopratutto di giustizia e di verit: di verit verso


tutti

ma

specialmente verso noi

stessi.

novembre 1919.

INDICE

Prefazione
1.

Pag.

vn
1

La

verit

2.

Dopo Caporetto La propaganda La propaganda


La
nel paese
nell'esercito

4 11

3.

4.

15 21

5. 6.
7.

politica delle nazionalit

Gli irredenti
Il

30
32 34
41

paese

8.
9.

Vittorio Veneto: vittoria dello S.

La

vittoria del Piave

Grappa

vittoria di combattenti

10.

Conclusione

45

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