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Purgatorio, Canto XXI



Apparizione di Stazio (1-36)
La sete di conoscere le ragioni del terremoto tormenta Dante, mentre egli si affretta a seguire Virgilio lungo
la Cornice e prova compassione per il castigo delle anime. All'improvviso, in modo simile a Cristo risorto che
apparve ai due discepoli, appare un'anima (Stazio) che segue i due poeti intenti a camminare tra i penitenti stesi a
terra, cos che essi non se ne accorgono finch non si rivolge a loro. Il nuovo arrivato augura loro la pace, quindi i
due si voltano e Virgilio risponde al saluto. Il poeta latino augura all'anima di raggiungere la salvezza da cui lui
escluso, al che l'altro si stupisce e chiede come sia possibile la loro presenza in Purgatorio. Virgilio spiega che Dante
ha sulla fronte i segni incisi dall'angelo, quindi degno di essere in questo luogo: ma poich ancora vivo, gli era
necessaria una guida e per questo ruolo Virgilio stato tratto fuori dall'Inferno, per cui far da scorta al discepolo
finch gli sar permesso. A questo punto Virgilio chiede all'anima qual la ragione per cui poco prima il monte
stato scosso da un terremoto e le anime hanno intonato il Gloria.
Stazio spiega le ragioni del terremoto e del canto (37-75)
Con la sua domanda Virgilio ha indovinato il desiderio di sapere di Dante, che ora spera di avere una
risposta. Stazio spiega che il monte del Purgatorio non subisce alcun fenomeno che sia in contrasto col suo assetto
religioso, inoltre su di esso non avviene alcun evento atmosferico estraneo all'influsso celeste. Ne consegue che l
non cade la pioggia, n la neve o la grandine, n si vedono mai brina o rugiada al di sopra della porta presidiata
dall'angelo; ugualmente non ci sono nubi n lampi, n compare mai l'arcobaleno. In Purgatorio non ci possono
essere i venti sotterranei che causano i terremoti, mentre forse possono avvenire al di sotto della porta: gli unici
terremoti l avvengono quando un'anima penitente si sente purificata e pronta a salire all'Eden, e il grido
accompagna tale ascesa. Quando un penitente ha espiato la propria pena se ne accorge perch si sente libero dal
peccato e pu salire, mentre prima ci gli impedito dalla giustizia divina. Stazio spiega di essere stato nella V
Cornice per oltre cinque secoli e di essersi sentito purificato poco prima, quindi per questo che c' stato il
terremoto e le anime hanno intonato il Gloria. Alla fine della spiegazione Dante soddisfatto come chi, bevendo,
spegne una sete tormentosa.
Stazio si presenta ed esalta l'Eneide (76-93)
Virgilio risponde a Stazio di aver compreso quanto ha detto e gli chiede quindi il suo nome, e il motivo per
cui ha trascorso tanto tempo nella V Cornice. Stazio dichiara di essere vissuto sulla Terra al tempo in cui
l'imperatore Tito vendic la crocifissione di Cristo con la distruzione del Tempio di Gerusalemme, e di aver avuto il
nome onorato di poeta, famoso ma non ancora dotato di fede cristiana. Fu un poeta cos apprezzato che da Tolosa
and a vivere a Roma e qui ricevette l'incoronazione poetica. Nel mondo ancora ricordato come Stazio, autore di
Tebaide e Achilleide, bench il secondo poema sia rimasto incompiuto per la sua morte. La sua opera poetica trasse
ispirazione dall'Eneide, che stata un modello per altri mille: essa stata per lui una madre e una nutrice, tanto che
senza il suo esempio non avrebbe scritto nulla di importante. E per essere vissuto al tempo del suo autore, Virgilio,
sarebbe disposto a restare un altro anno nella Cornice a espiare il suo peccato.
Imbarazzo di Dante. Omaggio di Stazio a Virgilio (103-136)
Alle parole di Stazio, Virgilio si volta verso Dante e gli fa cenno con lo sguardo di tacere, ma il discepolo
non pu trattenere le proprie emozioni e non riesce a mascherare la propria espressione, sorridendo al maestro e
suscitando la meraviglia di Stazio che inizia ad osservarlo con attenzione. Stazio chiede a Dante il motivo del suo
improvviso sorridere e ci mette il poeta in grande imbarazzo, poich vorrebbe obbedire alla richiesta di Virgilio e al
tempo stesso pressato dalla domanda dell'altro. I suoi sospiri inducono Virgilio a consentirgli di parlare
liberamente, per cui Dante spiega a Stazio che la sua guida proprio quel Virgilio dal quale egli ha tratto ispirazione
nella sua opera poetica. Se Stazio ha creduto che lui avesse un'altra ragione per sorridere, sappia che essa era
unicamente per le parole che il penitente ha appena pronunciato. A questo punto Stazio si getta ad abbracciare i
piedi di Virgilio, che per lo invita a non farlo in quanto entrambi sono ombre inconsistenti. Stazio si rialza e
dichiara di provare incondizionato amore per il grande poeta latino, al punto che si era scordato di essere un corpo
aereo, pensando che le ombre siano di carne e ossa.

Purgatorio, Canto XXII

L'angelo della giustizia. Virgilio chiede a Stazio del suo peccato (1-24)
L'angelo della giustizia ha indirizzato Dante, Virgilio e Stazio alla scala che conduce alla VI Cornice, dopo
aver cancellato dalla fronte di Dante la quinta P ed aver dichiarato beati coloro che hanno desiderio di giustizia.
Dante segue spedito gli altri due poeti su per la scala, mentre Virgilio informa Stazio che da quando l'anima di
Giovenale giunta nel Limbo e gli ha rivelato l'affetto di Stazio verso di lui, egli ha ricambiato il sentimento.
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Proprio in nome di questa amicizia, nonostante i due non si siano mai visti prima, Virgilio prega l'antico poeta di
spiegargli com' possibile che abbia peccato di avarizia data la sua grande sapienza.
Stazio rivela il suo peccato di prodigalit (25-54)
Dapprima Stazio sorride un poco, quindi spiega a Virgilio che spesso si traggono conclusioni errate
riguardo cose le cui vere ragioni sono nascoste. Stazio ha capito che Virgilio lo crede un avaro per il fatto di averlo
trovato nella V Cornice, ma in realt egli ha commesso il peccato opposto, quello di prodigalit, che ha scontato con
una permanenza di secoli in quella Cornice. Stazio sarebbe dannato se non avesse letto il passo di Virgilio (Aen., III)
dove il poeta latino parla dell'assassino di Polidoro ad opera di Polinestore e invoca la sacra fame / de l'oro. Fu allora
che egli cap che si poteva peccare spendendo troppo, oltre che troppo poco, e si pent di quella come delle altre
colpe. Quanti peccatori, risorgendo il Giorno del Giudizio, si ritroveranno coi capelli tagliati per non aver saputo che
questo un peccato mortale come l'avarizia! Stazio precisa che nella V Cornice si sconta con la stessa espiazione un
peccato e il suo opposto; quindi egli stato fra gli avari, ma per purificarsi del peccato opposto a quello di avarizia,
cio della prodigalit.
Il Cristianesimo di Stazio (55-93)
Virgilio osserva che Stazio nella Tebaide, cantando della lotta fratricida fra Eteocle e Polinice, mostrava di
non possedere quella fede cristiana senza la quale la salvezza impossibile, non essendo sufficienti le buone opere.
Se cos, chiede Virgilio, chi o cosa lo ha indotto a convertirsi al Cristianesimo? Stazio risponde che il merito
proprio di Virgilio, il quale prima lo ha indirizzato alla poesia e in seguito lo ha illuminato dal punto di vista
religioso, facendo come quello che cammina di notte e porta il lume dietro di s, giovando a chi lo segue e non a se
stesso. Virgilio infatti aveva scritto nella IV Egloga che era imminente un profondo rinnovamento del mondo e ci
spinse Stazio a farsi cristiano, nel modo che ora spiegher. La nuova religione era gi diffusa nel mondo e le parole
di Virgilio si accordavano agli insegnamenti dei Cristiani, cos che Stazio inizi a frequentarli. Al tempo delle
persecuzioni di Domiziano egli prov pena per loro, li aiut e ader totalmente al loro culto, venendo battezzato
prima di iniziare la sua opera poetica. Tuttavia, per timore di subire anch'egli persecuzioni, non rivel la sua
conversione e ostent a lungo il paganesimo, con una tiepidezza che ha scontato restando pi di quattro secoli nella
IV Cornice fra gli accidiosi.
Stazio nomina personaggi del Limbo (94-114)
Stazio chiede a Virgilio, che gli ha svelato la verit sul Cristianesimo, di dirgli se conosce il destino
ultraterreno del poeta antico Terenzio, di Cecilio Stazio, di Plauto e di Varrone, poich egli vuol sapere se sono
dannati e in quale Cerchio si trovano. Virgilio risponde che tutti loro, insieme a lui, a Persio e a molti altri, si
trovano con Omero nel I Cerchio dell'Inferno, il Limbo; spesso parlano del monte Parnaso, che ospita le Muse
nutrici dei poeti. Nello stesso Cerchio vi sono anche Euripide, Antifonte, Simonide di Ceo, Agatone e molti altri
poeti greci; ci sono anche personaggi della Tebaide, fra cui Antigone, Deifile, Argia, Ismene, Isifile (che mostr ai
greci la fonte di Langia), Manto (la figlia di Tiresia), Teti, Deidamia con le sue sorelle.
Ingresso nella VI Cornice. Esempi di temperanza (115-154)
I tre hanno ormai percorso tutta la scala e fanno il loro ingresso nella VI Cornice, dove Stazio e Virgilio si
guardano intorno. Sono gi passate le prime quattro ore del giorno (sono tra le 10 e le 11 del mattino), quando
Virgilio osserva che forse meglio procedere verso destra e girare il monte come lui e Dante sono soliti fare. Stazio
non fa obiezioni, quindi i tre vanno in quella direzione, con Virgilio e l'altro poeta latino che procedono innanzi e
Dante che li segue e ascolta i loro discorsi. A un tratto la conversazione interrotta dall'apparire di un albero posto a
met strada, dai cui rami pendono frutti dal dolce profumo: simile a un abete rovesciato, si allarga cio
progressivamente verso l'alto, forse per impedire alle anime di salire su di esso. Sul lato vicino alla parete del monte
sgorga una fonte d'acqua che sale verso l'alto, tra le foglie dell'albero. Stazio e Virgilio si avvicinano alla pianta e
una voce li ammonisce a non toccarne i frutti, aggiungendo poi alcuni esempi di temperanza: quello di Maria, che
alle nozze di Cana pens al decoro della cerimonia e non alla propria gola; quello delle donne dell'antica Roma, che
erano cos sobrie da bere soltanto acqua; quello del profeta Daniele, che disprezz il cibo e ottenne in cambio la
sapienza; quello dell'et dell'oro, quando la fame e la sete resero appetibili le ghiande e l'acqua dei ruscelli; infine
quello di Giovanni Battista, che nel deserto si nutr di miele e locuste, rendendosi in tal modo glorioso.

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