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LM Didattica Scienze,2008/09

Aritmetica
Prof. S. Mantovani
1 Insiemi e terminologia
Assumeremo come intuitiva la nozione di insieme e ne utilizzeremo il linguaggio
come strumento per studiare collezioni di oggetti.
Gli Insiemi sono generalmente indicati con le lettere latine maiuscole
A, B, X, Y . . . , e gli elementi di un insieme con lettere latine minuscole a, b, x, y, ....
Per indicare che un elemento x appartiene allinsieme X, si usa il simbolo
e si scrive: x X, mentre per indicare che y non appartiene allinsieme
Y si scrive y / Y.
Si considera anche linsieme privo di oggetti o insieme vuoto, che si indica
con il simbolo .
Ci sono diversi modi per descrivere un insieme: uno di questi consiste
nellelencare, se possibile, tutti i suoi elementi.
Esempio 1 Linsieme X delle lettere dellalfabeto che compongono la parola
ITALIA `e:
X = {I, T, L, A}
Osservazione 2 In genere gli elementi elencati sono intesi distinti e non ha
importanza lordine in cui essi compaiono, cio`e
X = {A, L, T, I} = {T, A, L, I} = {L, A, T, I}....
Osservazione 3 Si considerano anche gli insiemi singoletti formati da un
unico elemento {a}.
Esempio 4 Linsieme W dei capoluoghi di provincia della regione Lombardia
`e:
W = {Milano, V arese, Sondrio, Lecco, Como, Cremona, Pavia, Bergamo, Brescia, Mantova, Lodi}
Un altro modo per rappresentare un insieme X `e quello di specicare X
mediante una condizione denitrice, cio`e una legge che permetta di stabilire
se un oggetto appartiene oppure no allinsieme X.
Esempio 5 Linsieme dei numeri naturali strettamente minori di 100, pu` o es-
sere indicato con la scrittura
X = {0, 1, 2, ....., 99}
oppure
X = {x N | 0 x 99}
Gli insiemi possono anche essere rappresentati gracamente utilizzando i
diagrammi di Venn.
1
Denizione 6 Un insieme Y si dice sottoinsieme di un insieme X e si scrive
Y X se ogni elemento di Y `e anche elemento di X, cio`e se y Y si ha
che y X, ove il simbolo si legge per ogni.
Esempio 7 Detto N linsieme dei numeri naturali, Z linsieme dei numeri in-
teri e Q linsieme dei numeri razionali, si ha N Z Q.
Esempio 8 Ogni insieme X `e sottoinsieme di se stesso, cio`e X X. Inoltre
X, X.
Denizione 9 Se A e B sono due insiemi, scriveremo A = B per indicare
che A B e B A.
Notazione 10 Con la scrittura A B (A sottoinsieme proprio di B) si vuole
indicare che A B ma non `e A = B; cio`e a A a B ma b B tale
che b / A.
Notazione 11 Attenzione a non confondere i simboli, in particolare e .
{a} A, mentre a A.
1.1 Operazioni sugli insiemi
Due insiemi possono essere combinati in modi diversi per ottenere nuovi insiemi.
Sia assegnato un universo U e siano A, B U.
Denizione 12 Si denisce intersezione di A e B, linsieme degli elementi
comuni ad A ed a B e la si indica con il simbolo A B, cio`e
A B = {x U | x A, x B} = {x U | x A x B}.
Osservazione 13 Lintersezione A B `e un sottoinsieme sia di A che di B,
cio`e A B A, A B B.
Denizione 14 Due insiemi A e B si dicono disgiunti se A B = .
Propriet` a dellintersezione insiemistica:
1) A (B C) = (A B) C (propriet`a associativa)
2) A B = B A (propriet`a commutativa)
3) A A = A (propriet`a di idempotenza)
4) A = .
Denizione 15 Si denisce unione di A e B linsieme degli elementi che
appartengono ad A o a B (o ad entrambi) e la si indica con il simbolo AB,
cio`e
A B = {x U | x A o x B} = {x U | x A x B}.
2
Osservazione 16 A e B sono sottoinsiemi di A B, cio`e A A B e
B A B.
Propriet` a dellunione insiemistica:
1) A (B C) = (A B) C (propriet`a associativa)
2) A B = B A. (propriet`a commutativa)
3) A A = A (propriet`a di idempotenza)
4) A = A.
Esercizio 17 Dimostrare che per ogni terna di sottoinsiemi A, B, C U val-
gono le seguenti propriet` a:
1) A (B C) = (A B) (A C) (propriet`a distributiva)
2) A (B C) = (A B) (A C) (propriet`a distributiva)
3) A B A B = B
4) A B = A A B
5) A (A B) = A (A B) = A (propriet`a di assorbimento)
Denizione 18 Per ogni A U si dice complemento di A in U linsieme
A

= {x U | x / A}.
Valgono le seguenti propriet` a:
1) U

= ,

= U
2) A A

= U, A A

=
3) (A

= A
Verichiamo per esercizio che valgono le uguaglianze
seguenti (Leggi di De Morgan):
1) (A B)

= A

(A, B U)
2) (A B)

= A

(A, B U).
Dimostrazione. Per dimostrare la 1) occorre provare la seguente doppia
inclusione:
(A B)

e A

(A B)

.
Sia x (A B)

; allora x U, ma x / A B per cui x non appartiene


ad almeno uno dei due insiemi A oppure B. Ne segue che x appartiene ad
almeno uno degli insiemi A

o B

e quindi anche ad A

.
3
Viceversa se y A

si ha che y appartiene ad almeno uno dei due insiemi


A

o B

. Pertanto y U ma non appartiene ad almeno uno degli insiemi A


o B per cui y (A B)

.
Per dimostrare la 2) occorre provare la seguente doppia inclusione:
(A B)

e A

(A B)

.
Sia x (A B)

: allora x non appartiene n`e ad A n`e a B e quindi x


appartiene sia ad A

che a B

, quindi x A

.
Sia y A

: allora y non sta in A e non sta in B. Si pu`o concludere


che y sta in (A B)

.
Denizione 19 Siano A, B U; si dice dierenza fra A e B linsieme
A\ B = {x U | x A, x / B}.
Osservazione 20 Per ogni sottoinsieme A U A

= U \ A.
Osservazione 21 Per la dierenza di insiemi non vale la propriet` a commuta-
tiva.
Infatti, siano a, b, c tre elementi distinti di un insieme U , si ponga A =
{a, b}, B = {a, c}.
Si ha che A\ B = {b} = B \ A = {c}.
Osservazione 22 Si possono utilizzare i diagrammi di Venn per visualizzare e
risolvere con facilit` a problemi altrimenti piuttosto complicati.
Un esempio `e il cosiddetto Problema del trifoglio
Sia da risolvere il seguente problema: Una scuola serale propone linsegnamento
di tre lingue: Inglese, Francese e Tedesco. Al corso di Inglese sono iscritti 24
studenti, al corso di Francese 23 e al corso di Tedesco 18. Poich`e 3 studenti
frequentano sia il corso di Inglese sia quello di Francese, 10 frequentano sia In-
glese che Tedesco, 9 sia Francese che Tedesco e 1 studente `e iscritto a tutti e
tre si domanda: quanti sono gli iscritti alla scuola di lingue?
La risposta `e 12 + 7 + 5 + 9 + 8 + 2 + 1 = 44.
1.2 Insieme delle parti
Denizione 23 Fissato un insieme U, linsieme i cui elementi sono tutti e soli
i sottoinsiemi di U `e detto Insieme delle parti di U, e lo si indica con il
simbolo P(U). In simboli
P (U) = {X | X U}
Esempio 24 Se U = {1, 2, 3} allora
P(U) = {, {1}, {2}, {3}, {1, 2}, {1, 3}, {2, 3}, {1, 2, 3}}
4
1.3 Prodotto cartesiano di due insiemi
Denizione 25 Dati due insiemi A, B, si dice prodotto cartesiano di A e
B linsieme:
AB = {(a, b) | a A, b B}
costituito dalle coppie ordinate degli elementi di A e di B.
Osservazione 26 Se A = B si ha che AB = B A.
Osservazione 27 Se A = B si usa anche scrivere A A = A
2
, in particolare
R R = R
2
.
2 Relazioni binarie
Denizione 28 Una relazione binaria fra due insiemi X e Y (non vuoti)
`e un sottoinsieme R del prodotto cartesiano X Y, cio`e un insieme R di
coppie ordinate (x, y), x X, y Y.
1. Se X = Y la relazione binaria si dice relazione su X.
2. Se R `e una relazione fra X e Y e la coppia (x, y) R si scrive anche
xR y e si dice che x `e associato a y nella relazione R.
3. Ogni sottoinsieme R di XY `e una relazione fra X e Y ; in particolare:
3.1 R = `e la relazione vuota (nessun elemento di X `e in relazione
con elementi di Y ).
3.2 R=XY `e la relazione totale (ogni elemento di X `e in relazione
con ogni elemento di Y ). Se X = Y , X
2
`e la relazione universale
(totale) su X.
4. Se X = Y , la diagonale di X
2
cio`e I
X
= {(x, x)| x X}, `e la relazione
identica su X.
Denizione 29 Data una relazione R fra X e Y si dice relazione trasposta
di R la relazione R
T
cos` denita R
T
= {(y, x)| (x, y) R }.
Esempio 30 Sia X = {a, b.c}
R = {(a, a), (b, b), (a, b), (a, c), (b, c)}
R
T
= {(a, a), (b, b), (b, a), (c, a), (c, b)}.
Osservazione 31 (R
T
)
T
= R.
Sia ora R una relazione denita su un insieme X.
Denizione 32 R `e riessiva se I
X
R, cio`e se per ogni x X si ha che
(x, x) R , ovvero xRx, x X.
5
Denizione 33 R `e simmetrica se R
T
= R, cio`e se (x, y) R (y, x)
R , ovvero xRy yRx.
Denizione 34 R `e antisimmetrica se R R
T
I
X
, cio`e se (x, y) R
e (y, x) R x = y, (xRy yRx x = y).
Denizione 35 R `e transitiva se (x, y) R e (y, z) R (x, z) R
(xR y yR z xR z).
Esempio 36 Sia X = {a, b, c} e R
1
= {(a, a), (a, c), (b, b), (b, c), (c, b)}
1. la relazione non `e riessiva perch`e la coppia (c, c) / R
1
;
2. la relazione non `e simmetrica perch`e (a, c) R
1
ma (c, a) / R
1
3. la relazione non `e transitiva perch`e (a, c) R
1
, (c, b) R
1
ma (a, b) / R
1
.
4. la relazione non `e antisimmetrica perch`e (b, c), (c, b) R
1
con b = c.
Esempio 37 R
2
= {(a, a), (b, b), (c, c), (a, b), (a, c), (b, c), (c, a), (c, b)}
1. la relazione `e riessiva
2. la relazione non `e simmetrica: (a, b) R
2
ma (b, a) / R
2
;
3. la relazione non `e transitiva, infatti (b, c), (c, a) R
2
ma (b, a) / R
2
;
4. la relazione non `e antisimmetrica: (b, c) e (c, b) R
2
.
Esempio 38 R
3
= {(b, b), (c, c)}
1. la relazione R
3
non `e riessiva perch`e (a, a) non appartiene ad R
3
.
2. la relazione R
3
`e simmetrica, antisimmetrica e transitiva.
Denizione 39 Una relazione che sia riessiva, simmetrica e transitiva si
dice relazione di equivalenza.
Denizione 40 Una relazione che sia riessiva, antisimmetrica e transitiva
si dice relazione dordine.
2.1 Matrici di incidenza
Sia X = {x
1
, x
2
, , x
n
}. Una relazione R su X si pu`o rappresentare mediante
una tabella a doppia entrata (matrice) M
R
con n righe ed n colonne e cos`
denita:
M
R
= (r
ij
) =

r
ij
= 1, se (x
i
, x
j
) R
r
ij
= 0, se (x
i
, x
j
) R
M
R
`e detta matrice di incidenza della relazione R (su X).
6
Esempio 41 La matrice di incidenza della relazione R
1
` e :

1 0 1
0 1 1
0 1 0

La matrice di incidenza della relazione R


2
` e :

1 1 1
0 1 1
1 1 1

Viceversa una matrice M=(a


ij
) (a n righe ed n colonne), con a
ij
{0, 1}
pu`o essere vista come la matrice di incidenza di una relazione su un insieme di
ordine n.
Esempio 42
La matrice M =

1 1 1 0
0 1 0 0
1 1 1 1
0 0 0 1

pu` o essere vista come la matrice di incidenza


di una relazione R su un insieme X, formato da quatto elementi. Se scegliamo
X = {a, b, c, d} avremo
R = {(a, a), (a, b), (a, c), (b, b), (c, a), (c, b), (c, c), (c, d), (d, d)}.
Osservazione 43 Le propriet` a di una relazione si possono dedurre molto agevol-
mente osservando la matrice di incidenza:
a.1 R = (relazione vuota) se r
ij
= 0 i, j = 1, 2, , n.
a.2 R =X
2
(relazione totale) se r
ij
= 1 i, j = 1, 2, , n.
a.3 R =I
X
(relazione identica) se r
ii
= 1 i e r
ij
= 0 i = j.
b.1 R `e riessiva se r
ii
= 1 i = 1, 2, , n.
b.2 R `e simmetrica se r
ij
= r
ji
.
b.3 R `e antisimmetrica se r
ij
r
ji
= 0, i = j.
b.4 R `e transitiva se r
ik
r
kj
r
ij
i, j, k = 1, 2, , n.
Esempio 44 La matrice M
R
=

1 0
1 1

pu` o essere la matrice di incidenza


di una relazione sullinsieme X = {a, b}; tale relazione `e riessiva poich`e `e
vericata la (b.1), antisimmetrica per (b.3) ma non simmetrica perch`e non `e
vericata la (b.2) ed `e transitiva perch`e `e vericata la (b.4).
Esempio 45 La relazione R
1
non `e transitiva perch`e r
13
r
32
= 1 r
12
= 0.
Osservazione 46 Questa condizione per testare la transitivit` a `e equivalente
alla condizione presentata a lezione, che fa uso del prodotto booleano tra due
matrici di incidenza.
7
R
1
R
1
=

1 0 1
0 1 1
0 1 0

1 0 1
0 1 1
0 1 0

1 1 1
0 1 1
0 1 0

e la relazione
non `e transitiva.
R
2
R
2
=

1 1 1
0 1 1
1 1 1

1 1 1
0 1 1
1 1 1

1 1 1
1 1 1
1 1 1

e la relazione
non `e transitiva.
Invece R
3
R
3
=

0 0 0
0 1 0
0 0 1

0 0 0
0 1 0
0 0 1

0 0 0
0 1 0
0 0 1

e la re-
lazione `e transitiva.
2.2 Relazioni di equivalenza
Denizione 47 Ricordiamo che una relazione R su un insieme X si dice
relazione di equivalenza se
i) a R a a X (propriet` a riessiva)
ii) a R b bR a (propriet` a simmetrica)
iii) a R b, bRc aR c (propriet` a transitiva)
Denizione 48 Diremo classe di equivalenza individuata dallelemento a
X linsieme degli elementi di X che sono equivalenti ad a nella R; in simboli
[a]
R
= {x X | x Ra}.
Teorema 49 Siano a, b X e sia R una relazione di equivalenza su X.
Allora si ha:
1. a [a]
R
2. bR a [b]
R
=[a]
R
(quindi una classe di equivalenza `e individuata
da uno qualsiasi dei suoi elementi)
3. b/ [ a]
R
[b]
R
[a]
R
= (cio`e due classi di equivalenza distinte
non hanno elementi in comune, ovvero sono disgiunte).
Dimostrazione.
1. Immediato poich`e aRa per la propriet`a riessiva.
2. Sia x [b]
R
e quindi xR b; poich`e per ipotesi bRa, per la transitivit`a di
R segue xR a cio`e x [a]
R
. Quindi
[b]
R
[a]
R
Viceversa, sia y [a]
R
, allora y R a e, per la simmetria di R , aRy.
Da bR a e aR y segue b R y cio`e y [b]
R
e quindi anche [a]
R
[b]
R
,
da cui segue luguaglianza delle classi.
8
3. Per assurdo sia x [b]
R
[a]
R
allora x R b e x R a e, per la simmetria
di R,
bR x e xRa e quindi b R a, contro lipotesi.
Denizione 50 Si dice partizione di un insieme X = ogni collezione {A
i
| i
I} di sottoinsiemi non vuoti A
i
di X tali che:
1) A
i
A
j
= per i = j;
2)

iI
A
i
= X;
In altre parole, ogni elemento di X appartiene ad uno ed un solo sottoinsieme
A
i
della partizione.
Teorema 51 Ogni relazione di equivalenza R su un insieme X determina
una partizione di X i cui elementi sono le classi di equivalenza (rispetto ad
R).
Viceversa ogni partizione di X determina una relazione di equivalenza (su
X ) le cui classi di equivalenza sono gli elementi della partizione considerata.
Dimostrazione. 1. Mostriamo che le classi di equivalenza rispetto ad R
sono gli elementi di una partizione di X.
Infatti ogni a X sta in una classe poich`e a [a]
R
. Inoltre appartiene ad
una sola classe; infatti se a [c]
R
, c X, si avrebbe aR c e quindi [a]
R
= [c]
R
.
2. Viceversa, sia {A
i
| i I} una partizione di X e si consideri la relazione
R cos` denita:
per x, y X poniamo xR y x, y A
i
( con lo stesso i). Si verica in
modo immediato che R `e una relazione di equivalenza e quindi segue la tesi.
Denizione 52 Data una relazione di equivalenza R su un insieme X, linsieme
delle classi di equivalenza prende il nome di insieme quoziente di X rispetto
ad R e lo si indica con X/
R
.
Esempio 53 Sia T linsieme dei triangoli del piano euclideo. Le note
relazioni di congruenza e di similitudine sono relazioni di equivalenza.
Esempio 54 Sia X = {1, 2, 3, 4, 5, 6} e sia Y = {{1, 3}, {2}, {4}, {5, 6}}. Os-
serviamo che Y `e una partizione dellinsieme X e individua, pertanto, la re-
lazione di equivalenza su X cos` denita:
= {(1, 3), (3, 1), (5, 6), (6, 5)} I
X
.
9
0.1 Applicazioni
Siano A e B due insiemi non vuoti e sia una relazione binaria tra A e B.
Denizione 1 Diciamo che `e unapplicazione (o funzione o mappa) tra A e B se per ogni a A
esiste uno ed un solo b B tale che (a, b) .
Di solito per indicare che `e unapplicazione tra A e B si scrive
: A B
e, invece di (a, b) , si pone (a) = b.
A `e detto dominio e B codominio.
Denizione 2 Date due applicazioni e esse coincidono se e solo se hanno lo stesso dominio A, lo
stesso codominio B e se (a) = (a) a A.
Esempio 3 1.
1
: Z Z ove
1
= {(x, x
2
)|x Z}. In questo caso `e
1
(x) = x
2
.
2.
2
: Z Z ove
2
= {(x, 3x + 5)|x Z}. In questo caso
2
(x) = 3x + 5.
Notazioni
Se : A B `e unapplicazione e a `e un elemento del dominio A, lelemento (a) `e detto immagine di
a attraverso .
Se A

A, linsieme (A

) = {(a)| a A

}, `e detta immagine di A

mediante (o per) .
Nel caso in cui A

= A, (A) = {(a)| a A} `e detta immagine dellapplicazione .


Se, invece, b B, con la scrittura
1
(b) si indica linsieme degli elementi a A tali che (a) = b, ovvero
linsieme delle preimmagini (o controimmagini) di b.
Ad esempio nel caso della
1
si ha
1
(2) = 4, in altri termini limmagine di 2 attraverso
1
`e 4, mentre

1
2
(5) = 0, cio`e 0 `e una preimmagine di 5 attraverso
2
.
Osserviamo invece che
1
2
(7) / Z, quindi non tutti gli interi relativi hanno preimmagine per la
2
.
Denizione 4 Sia : A B unapplicazione. Diremo che
i) `e iniettiva se (a
1
) = (a
2
) implica che a
1
= a
2
, ovvero se ogni elemento di B ammette al pi` u una
preimmagine.
ii) `e suriettiva se (A) = B, cio`e se b B esiste almeno un a A tale che (a) = b, cio`e se ogni
elemento di B ammette almeno una preimmagine.
iii) `e bijettiva ( o biunivoca) se `e iniettiva ed anche suriettiva.
Consideriamo lapplicazione
3
: Z Z (
3
(x) = x
3
x Z).
Essa `e iniettiva, infatti, se
3
(x
1
) = x
3
1
= x
3
2
=
3
(x
2
) si ha x
3
1
x
3
2
= 0
cio`e (x
1
x
2
)(x
2
1
+x
1
x
2
+x
2
2
) = 0 da cui si deduce x
1
= x
2
.
Ma
3
non `e suriettiva: infatti non tutti gli elementi di Z hanno controimmagine.
Basta considerare 5 Z : non esiste alcuno z Z tale che
3
(z) = 5 (lelemento
3

5 / Z ).
Osserviamo che, se per dominio e codominio per
3
assumessimo R, allora
3
sarebbe biunivoca, quindi la
suriettivit`a (e liniettivit`a) di una funzione dipendono dal dominio e dal codominio.
Lapplicazione
2
: Z Z denita precedentemente ponendo
2
(x) = 3x + 5 `e ancora iniettiva ma non
suriettiva.
Sia ora
4
: Q Q lapplicazione denita ponendo
4
(x) =
x
3
. Essa `e iniettiva ed anche suriettiva:

4
`e iniettiva: infatti se
4
(a) =
a
3
=
4
(b) =
b
3
, allora segue a = b ;

4
`e suriettiva: infatti y Q esiste x Q tale che
4
(x) =
x
3
= y. Basta prendere x = 3y.
1
0.2 Insiemi niti e inniti
Denizione 5 Dato un insieme X, si dice che `e nito se esiste una applicazione biunivoca fra X e
linsieme {1, 2, , n} N. Il numero n si dice ordine o cardinalit` a di X e si scrive |X| = n.
Denizione 6 Un insieme X si dir` a innito se non `e nito.
Propriet`a 7 Un insieme X `e innito se e solo se esiste una applicazione biunivoca di X in un suo sot-
toinsieme proprio Y.
Esempio 8 Sia X = N (insieme dei numeri Naturali) e sia P il suo sottoinsieme proprio costituito dai
numeri pari. Consideriamo lapplicazione f : N P tale che f(n) = 2n, per ogni n N.
Questa applicazione `e ben denita (ad ogni numero naturale associa il suo doppio).
Tale applicazione `e iniettiva: infatti, se f(n) = f(m) si ha che 2n = 2m n = m.
Inoltre `e suriettiva perch`e ogni numero pari ha controimmagine: 2t P, la controimmagine `e t.
Denizione 9 Un insieme X si dice numerabile se esiste unapplicazione biunivoca da N ad X.
Quindi N `e in particolare un insieme numerabile.
In generale, se un insieme X `e numerabile, anche X X `e numerabile.
Esempio 10 Z `e numerabile. Infatti possiamo costruire la seguente applicazione biunivoca f (non `e l
unica possibile) da Z ad N nel modo seguente:
f(a) =
_
2a 1 se a > 0 2a se a 0.
f `e ben denita poich`e ogni numero intero ha una ed una sola immagine in N.
f `e iniettiva: infatti se a, b Z sono tali che f(a) = f(b) si possono avere due casi:
1. f(a) = f(b) `e un numero pari e quindi si ha f(a) = f(b) = 2a = 2b a = b
2. f(a) = f(b) `e un numero dispari e quindi si ha f(a) = f(b) = 2a 1 = 2b 1 a = b.
f `e suriettiva: infatti ogni elemento di N ha controimmagine in Z , cio`e n N x Z tale che f(x) = n.
Anche qui si hanno due casi:
1. se n `e pari consideriamo x =
n
2
Z ( negativo) ed `e f(x) = n.
2. se n `e dispari consideriamo x =
n + 1
2
Z (positivo) ed `e f(x) = f
_
n + 1
2
_
= 2
n + 1
2
1 = n.
Si pu`o mostrare che linsieme dei numeri Razionali Q `e numerabile, mentre linsieme R dei numeri reali non
lo `e.
0.3 Alcune tecniche di enumerazione
Siano A e B due insiemi niti: A = {a
1
, a
2
, , a
n
} e B = {b
1
, b
2
, , b
k
} , cio`e | A |= n, | B |= k.
Proposizione | AB |= n k.
Ci proponiamo di contare quante sono le applicazioni tra A e B, quante sono le applicazioni iniettive e
quante le applicazioni biunivoche.
a) Contiamo le applicazioni. Sia f una applicazione da A a B. Allora limmagine di a
1
, cio`e f(a
1
) pu` o
essere scelta in k modi diversi (perch`e pu`o essere un qualsiasi elemento di B). Analogamente f(a
2
)
pu`o essere scelta in k modi e cos` pure limmagine di ogni altro elemento di A. Quindi per ogni scelta
di f(a
1
), f(a
2
), , f(a
n
) si ha unapplicazione diversa e si pu`o concludere che le applicazioni tra A e
B sono
k k k
. .
= k
n
n volte
2
Esempio 11 Siano A = {a, b, c} e B = {0, 1} . Allora linsieme delle applicazioni tra A e B, spesso
denotato con il simbolo B
A
, ha 8 elementi, precisamente:
f
1
=
_
_
_
a 0
b 0
c 0
f
2
=
_
_
_
a 0
b 0
c 1
f
3
=
_
_
_
a 0
b 1
c 0
f
4
=
_
_
_
a 1
b 0
c 0
f
5
=
_
_
_
a 1
b 1
c 1
f
6
=
_
_
_
a 1
b 1
c 0
f
7
=
_
_
_
a 1
b 0
c 1
f
8
=
_
_
_
a 0
b 1
c 1
Si osserva che, delle 8 applicazioni sopra riportate, nessuna `e iniettiva, mentre la f
1
e la f
5
non sono neppure
suriettive.
Osservazione 12 Si pu` o stabilire una corrispondenza biunivoca tra le applicazioni sopra descritte e i sot-
toinsiemi del dominio A, associando ad ogni applicazione f
i
il sottoinsieme di A costituito dallinsieme
delle controimmagini dellelemento 1 B. (Il risultato si ottiene anche considerando le controimmagini
dellelemento 0 B).
Otteniamo che f
1
, f
2
{c}, f
3
{b}, f
4
{a}, f
5
A, f
6
{a, b}, f
7
{a, c}, f
8
{b, c}.
Il procedimento pu`o essere generalizzato:
Proposizione 13 Dato un insieme X nito con |X| = n, i sottoinsiemi di X sono in corrispondenza
biunivoca con le applicazioni di X nellinsieme Y = {0, 1} e quindi sono 2
n
.
Vedremo che questo risultato si pu`o ottenere anche usando la dimostrazione per induzione.
Osservazione 14 Per il conteggio delle applicazioni suriettive tra due insiemi niti X e Y , il risultato
`e molto pi` u complicato da ottenere e ne omettiamo la dimostrazione. Si deve supporre che linsieme dominio
X abbia cardinalit` a minore della cardinalit` a dellinsieme immagine Y .
Se |X| = m, e |Y | = n, il numero delle applicazioni suriettive da X a Y , con m n, `e dato dalla formula
n!S(m, n)
(ove S(m, n) sono i numeri di Stirling della seconda forma, deniti per ricorrenza nelle pagine seguenti ).
Proposizione 15 Siano A e B due insiemi niti con lo stesso numero n di elementi e sia f : A B
unapplicazione. Allora f `e iniettiva se e solo se f `e suriettiva.
Dimostrazione. Sia f iniettiva. Allora |f(A)| = |A| ma |A| = |B| quindi |f(A)| = |B|. Poich`e f(A) B
segue che f(A) = B, cio`e la f `e suriettiva.
Sia f suriettiva. Allora f(A) = B da cui segue che |f(A)| = |B|. Poich`e per ipotesi |B| = |A| segue anche
|f(A)| = |A|, cio`e elementi distinti di A hanno immagini distinte e quindi f `e iniettiva.
b) Supponendo che k n, contiamo il numero di applicazioni iniettive tra linsieme A = {a
1
, a
2
, , a
n
}
e linsieme B = {b
1
, b
2
, , b
k
} ,
Il discorso `e analogo a quello fatto per contare le applicazioni tra A e B : si deve solo tener conto del fatto
che elementi distinti debbono avere immagini distinte, quindi f(a
1
) pu`o essere ancora scelto in k modi
diversi, ma f(a
2
) dovr`a essere diverso da f(a
1
) e quindi potr` a essere scelto solo in k 1 modi distinti,
f(a
3
) potr` a essere scelto solo in k 2 modi e cos` via. Si ottiene:
|B
A
| = k(k 1)(k 2) (k n + 1) = D
k,n
(disposizioni di k oggetti di classe n).
c) Nel caso in cui |A| = |B| = n, allora le applicazioni iniettive tra A e B sono anche suriettive e quindi
bijettive ed `e
|B
A
| = n(n 1)(n 2) 2 1 = n!
Queste applicazioni si dicono anche permutazioni.
Esempio 16 Sia A = {a
1
, a
2
, a
3
} , B = {b
1
, b
2
, b
3
} ; le 6 applicazioni bijettive tra A e B sono:
3
f
1
=
_
_
_
a
1
b
1
a
2
b
2
a
3
b
3
f
2
=
_
_
_
a
1
b
1
a
2
b
3
a
3
b
2
f
3
=
_
_
_
a
1
b
2
a
2
b
1
a
3
b
3
f
4
=
_
_
_
a
1
b
2
a
2
b
3
a
3
b
1
f
5
=
_
_
_
a
1
b
3
a
2
b
2
a
3
b
1
f
6
=
_
_
_
a
1
b
3
a
2
b
1
a
3
b
2
.
Osservazione 17 Nel caso in cui A coincide con B si parla di applicazioni sullinsieme A e tra queste c`e
sempre lapplicazione identica (o identit` a) I
A
: A A denita ponendo I
A
(a) = a, a A.
0.4 Prodotto di applicazioni
Denizione 18 Siano f : A B e g : B C due applicazioni. Si denisce prodotto delle due
applicazioni lapplicazione g f : A C cos` denita:
g f(a) = g [f(a)] , a A
Si verica che il prodotto di applicazioni `e associativo, cio`e per ogni terna di applicazioni f, g, h
f : A B, g : B C, h : C D
`e
(h g) f = h (g f)
Per ogni applicazione f : A B si ha che I
B
f = f I
A
= f, mentre in generale il prodotto non `e
commutativo, come si pu`o vedere considerando il seguente
Esempio 19 Siano f : R R e g : R R cos` denite:
f(x) = 2x g(x) = (2x + 1)
si ha che
(g f)(x) = g [f(x)] = g(2x) = 2(2x) + 1 = 4x + 1
(f g)(x) = f [g(x)] = f(2x + 1) = 2(2x + 1) = 4x + 2;
e chiaramente sono applicazioni diverse perch`e, per esempio, (g f)(0) = 1 = (f g)(0) = 2 e quindi non
vale la propriet`a commutativa.
Corollario 20 Sia X un insieme. Il prodotto di applicazioni biunivoche su X `e ancora una applicazione
biunivoca su X.
Esempio 21 Sia X = {1, 2, 3} e siano
=
_
_
_
1 1
2 3
3 2
=
_
_
_
1 2
2 1
3 3
due permutazioni.
Il prodotto =
_
_
_
1 3
2 1
3 2
; infatti
_
_
_
( )(1) = ((1)) = (2) = 3
( )(2) = ((2)) = (1) = 1
( )(3) = ((3)) = (3) = 2
invece =
_
_
_
1 2
2 3
3 1
; infatti
_
_
_
( )(1) = ((1)) = (1) = 2
( )(2) = ((2)) = (3) = 3
( )(3) = ((3)) = (2) = 1
Osserviamo quindi che, anche questa volta, ( ) e ( ) sono applicazioni diverse.
Esempio 22 Consideriamo ora =
2
. Abbiamo un caso particolare:
( )(1) = 1, ( )(2) = 2 ( )(3) = 3, cio`e
2
= i (applicazione identica).
4
0.5 Principio di Induzione
Il Principio o postulato di induzione `e unimportante tecnica dimostrativa, quando si tratti di di-
mostrare proposizioni in cui intervengano numeri interi.
Principio di induzione ( I forma): Sia n
0
un intero e sia P(n) un enunciato che ha senso per ogni n n
0
.
Se:
i) P(n
0
) `e vero
ii) per ogni k > n
0
, P(k 1) vero implica P(k) vero,
allora P(n) `e vero per tutti gli n n
0
.
Diamo, ora, alcuni esempi di dimostrazioni che fanno uso del principio di induzione.
Esempio 23 Dimostrare che la somma dei primi n numeri interi naturali `e
n(n + 1)
2
, cio`e mostrare che `e:
1 + 2 +....... + (n 1) +n =
n(n + 1)
2
.
In questo caso P(n) `e 1 + 2 +....... + (n 1) +n =
n(n + 1)
2
.
i) P(1) `e vera; infatti il primo membro vale 1 e il secondo membro
1(1 + 1)
2
= 1
ii) Supposto vero P(k 1) dimostriamo P(k).
P(k 1) `e:
1 + 2 +.... + (k 1) =
(k 1)k
2
quindi, poich`e 1 + 2 +....... + (k 1) +k = [1 + 2 +.... + (k 1)] +k,
sostituendo lespressione tra parentesi quadra, che, per ipotesi induttiva, `e
(k 1)k
2
, si ottiene che
1 + 2 +. . . + (k 1) +k = [1 + 2 +.... + (k 1)] +k =
=
(k 1)k
2
+k =
k
2
k + 2k
2
=
k(k + 1)
2
.
Pertanto la propriet`a `e vera per tutti gli n 1.
Esempio 24 Dimostrare che la somma dei primi n numeri naturali pari (non nulli) `e n(n + 1),
cio`e
2 1 + 2 2 + 2 3 + 2 n = n(n + 1).
i) P(1) `e vero: infatti il primo membro `e 2 1 = 2, mentre il secondo membro `e 1(1 + 1) = 2.
ii) Supposto P(k 1) vero, cio`e supposto che valga luguaglianza
2 1 + 2 2 + 2 3 + 2 (k 1) = (k 1)k
proviamo P(k).
[2 1 + 2 2 + 2 3 + 2 (k 1)] + 2 k = [(k 1)k] + 2 k = k
2
k + 2k = k
2
+k = k(k + 1).
Esempio 25 Ricordando che si indica con |X| il numero degli elementi di un insieme X, si pu` o dimostrare,
usando il principio di induzione, che, dato un insieme X con n oggetti, linsieme delle parti di X possiede
2
n
elementi, cio`e il numero di sottoinsiemi di X `e 2
n
.
In questo caso P(n) pu`o essere cos` riscritto :
|P(X)| = 2
n
.
i) P(0) `e vero: infatti in questo caso X = e qundi P(X) ha come unico sottoinsieme,
e quindi |P(X)| = 1 = 2
0
.
ii) Supposto lasserto vero per k 1 dimostriamolo per k;
supponiamo cio`e che un insieme dotato di k 1 oggetti possieda 2
k1
sottoinsiemi.
5
Consideriamo, ora, linsieme X con k oggetti X = {a
1
, a
2
, a
3
......a
k
}.
X pu`o essere visto come unione di un insieme Y = {a
1
, a
2
, a
3
......a
k1
} e del singoletto {a
k
} :
X = Y {a
k
} = {a
1
, a
2
, a
3
......a
k1
} {a
k
}.
Per contare i sottoinsiemi di X dobbiamo tener conto dei sottoinsiemi di Y che per ipotesi induttiva sono
in numero di 2
k1
e di quelli che si ottengono unendo a questi il singoletto {a
k
} e che, naturalmente, sono
ancora in numero di 2
k1
.
(Osserviamo che tutti e soli i sottoinsiemi di X che non contengono a
k
sono i sottoinsiemi di Y, mentre tutti
e soli i sottoinsiemi di X che contengono a
k
sono i sottoinsiemi ottenuti aggiungendo a
k
ad un sottoinsieme
di Y ).
In totale si hanno: 2
k1
+ 2
k1
= 2 2
k1
= 2
k
.
Pertanto |P(X)| = 2
n
per tutti gli n 0.
Questo risultato `e gi`a stato dimostrato per altra via nel paragrafo sulle tecniche di enumerazione.
0.6 Dimostrare (per induzione) le seguenti relazioni
Se non `e altrimenti specicato gli elementi in gioco sono numeri Naturali.
1.

n
i=1
i
2
=1
2
+ 2
2
+.... + (n 1)
2
+n
2
=
n(n+1)(2n+1)
6
2.

n
1
i
3
=1
3
+ 2
3
+.... + (n 1)
3
+n
3
=
n
2
(n+1)
2
4
=
_
n(n+1)
2
_
2
3.

n
1
i
4
=1
4
+ 2
4
+.... + (n 1)
4
+n
4
=
n(n+1)(2n+1)(3n
2
+3n1)
30
4.

n1
0
2j + 1 = n
2
(la somma dei primi n numeri positivi dispari)
5.

n1
0
(2j + 1)
2
=
n(2n1)(2n+1)
3
6. (1 +a)
n
> na + 1 per ogni n 2, a > 1 (Disuguaglianza di Bernulli)
7. 1 + 2 + 2
2
+ 2
n1
= 2
n
1.
8. (1
1
4
)(1
1
9
)(1
1
16
) (1
1
n
2
) =
n+1
2n
9.
1
2
23

2
2
34

3
2
45

n
2
(n+1)(n+2)
=
2
(n+1)
2
(n+2)
10. x + (x +y) + (x + 2y) + (x +ny) =
(n+1)(2x+ny)
2
per ogni x, y R.
11.
1
2
0
+
1
2
1
+
1
2
2
+ +
1
2
n
= 2
1
2
n
12. 4
3
+ 8
3
+ 12
3
+ + (4n)
3
= 16n
2
(n + 1)
2
13. 1
3
+ 3
3
+ 5
3
+ + (2n 1)
3
= n
2
(2n
2
1) (Formula riportata in Talckys di Ibn Albanna nel 13
o
secolo)
14. Vericare che n N \ {0} si ha che n
2
+n `e un numero pari.
15. Vericare che n N \ {0} si ha che 4
n+1
+ 5
2n1
`e divisibile per 21.
Principio di induzione (II forma):
Sia n
0
un intero e sia P(n) un enunciato che ha senso per ogni n n
0
. Se:
i) P(n
0
) `e vero;
ii) per ogni n > n
0
, P(k) vero per ogni n
0
k < n implica P(n) vero;
allora P(n) `e vero per tutti gli n n
0
.
Useremo nel seguito questa forma del principio di induzione per dimostrare vari teoremi sugli Interi.
6
0.7 Denizione di successioni per ricorrenza
Un problema frequente in matematica `e quello di trovare il termine generico di una successione, cio`e, dato
n N, si chiede di calcolare il numero f
n
originato da qualche problema concreto.
0.7.1 I numeri di Fibonacci.
A Leonardo Fibonacci, mercante e matematico italiano vissuto tra il 1170 e il 1250, fu posto il seguente
quesito relativo allallevamento di conigli: data una coppia di conigli tale che:
a) generi una nuova coppia (maschio e femmina) ogni mese;
b) ogni coppia diventi fertile dopo un mese di vita.
Se nel periodo di tempo considerato non muore nessun coniglio, quante coppie sono presenti dopo n
mesi?
La funzione `e denita nel modo seguente: f
n
=
_
f
0
= 1, f
1
= 1
f
n
= f
n1
+f
n2
(Il problema fu risolto, nella forma che conosciamo, da De Moivre nel 1718.)
1
Con f
n
`e indicato il numero di coppie di conigli dopo n mesi , mentre f
0
`e la coppia iniziale (al tempo
zero) ed f
1
`e la stessa coppia (diventata fertile) dopo un mese.
I primi numeri di Fibonacci sono:
1 = 1
1 + 1 = 2
1 + 2 = 3
2 + 3 = 5
3 + 5 = 8
5 + 8 = 13
. . . . .
e cos` via.
0.7.2 I numeri di Stirling del secondo tipo
2
.
Questi numeri contano il numero di partizioni di un insieme di n elementi in k classi: per esempio il numero
di modi di formare k classi in una scuola con n studenti.
I numeri di Stirling (di II tipo), indicati con lespressione S(m+ 1, n) sono cos` deniti:
(i) S(m, m) = 1, m 0
(ii) S(m, 0) = 0, per m > 0
(iii) S(m, n) = 0, per m < n
(iv) S(m+ 1, n) = S(m, n 1) +nS(m, n).
Esempio:
S(2, 1) = S(1, 0) + 1S(1, 1) = 0 + 1 = 1
S(3, 2) = S(2, 1) + 2S(2, 2) = 1 + 2 1 = 3.
S(4, 3) = S(3, 2) + 3S(3, 3) = 3 + 3 1 = 6
Valgono anche le propriet`a seguenti:
S(n, 2) = 2
n1
1
S(n, n 1) =
(n
2
n)
2
Osservazione 26 I numeri di Stirling (di II tipo) si possono utilizzare per calcolare quante sono le appli-
cazioni suriettive da un insieme X di ordine m ad un insieme Y di ordine n.
Precisamente il numero di tali applicazioni suriettive `e dato dal numero
n!S(m, n).
Ad esempio le applicazioni suriettive da X a Y , nel caso in cui m = 3 ed n = 2 sono 2!S(3, 2) = 2 3 = 6,
mentre nel caso in cui m = 4 ed n = 3 sono 3!S(4, 3) = 3 2 6 = 36 (in questo ultimo caso tutte le
applicazioni sono 3
4
)
1
Se si cerca nel sito www.google.it Fibonacci numbers si trova moltissimo materiale
2
Si pu` o cercare Stirling numbers
7
0.7.3 I numeri di Bell
I numeri di Bell B
n
rappresentano il numero di partizioni di un insieme di n elementi e quindi il numero
di relazioni di equivalenza distinte che si possono introdurre in un insieme di cardinalit`a n.
Sono deniti nel seguente modo:
_
B
0
= 1
B
n+1
=

n
k=0
_
n
k
_
B
k
.
I primi numeri di Bell sono:
B
1
=
_
0
0
_
B
0
= 1 1 = 1.
B
2
=
_
1
0
_
B
0
+
_
1
1
_
B
1
= 1 + 1 = 2.
B
3
=
_
2
0
_
B
0
+
_
2
1
_
B
1
+
_
2
2
_
B
2
= 1 + 2 + 2 = 5.
B
4
=
_
3
0
_
B
0
+
_
3
1
_
B
1
+
_
3
2
_
B
2
+
_
3
3
_
B
3
= 1 + 3 1 + 3 2 + 1 5 = 1 + 3 + 6 + 5 = 15.
Osservazione 27 Utilizzando i precedenti numeri di Bell, vediamo che le relazioni di equivalenza che si
possono denire in un insieme di 3 elementi sono 5, mentre sono 15 le relazioni di equivalenza che si
possono introdurre in un insieme di 4 elementi.
8
0.1 Anello degli Interi
Introduciamo linsieme degli Interi, come ampliamento dellinsieme dei Naturali.
Consideriamo linsieme N N = {(a, b) | a, b N} e introduciamo la relazione seguente:
(a, b) (c, d) a + d = b + c.
La relazione introdotta `e una relazione di equivalenza.
Infatti valgono le propriet`a:
i) riessiva: (a, b) si ha che (a, b) (a, b) : infatti a + b = b + a (Propriet`a commutativa della somma
di numeri naturali)
ii) simmetrica: se (a, b) (c, d) (c, d) (a, b); infatti per ipotesi
a + d = b + c b + c = a + d c + b = d + a (c, d) (a, b).
iii) transitiva se (a, b) (c, d) e se (c, d) (e, f) (a, b) (e, f).
Infatti per ipotesi valgono le uguaglianze:

a + d = b + c
c + f = d + e
e da esse segue che
(a + d) + (c + f) = (b + c) + (d + e) a + f = b + e (a, b) (e, f).
Poich`e la relazione introdotta in NN `e di equivalenza, linsieme NN `e suddiviso in classi di equivalenza
(che rappresentano una partizione di NN: indichiamo con la scrittura [(a, b)]

la classe di equivalenza cui


appartiene la coppia (a, b), cio`e
[(a, b)]

= {(x, y) N N | (x, y) (a, b)} = {(x, y) N N | x + b = y + a}


Scegliamo in ogni classe i rappresentanti canonici.
Si possono presentare tre casi:
1) a = b : [(a, b)]

= {(x, x) | x N} = [(0, 0)]

2) a > b : [(a, b)]

= [(a b, 0)]

3) b > a : [(a, b)]

= [(0, b a)]

Consideriamo ora linsieme delle classi di equivalenza Z = N N


/
.
Osserviamo che in Z possiamo considerare il sottoinsieme

N = {[(h, 0)]
/
| h N}, che, in modo naturale,
`e in corrispondenza biunivoca con lo stesso N.
Infatti se consideriamo lapplicazione f : N

N tale che f(a) = [(a, 0)]
/
, si verica immediatamente che
f `e ben denita e biunivoca.
Quindi possiamo porre [(a, b)]

0 (ed `e lelemento neutro) se a = b


+(a b) se a > b ( e sono i numeri positivi)
(b a) se a < b ( e sono i numeri negativi)
Operazioni in Z = N N
/
.
Somma:
Deniamo la seguente operazione di somma tra classi di equivalenza:
[(a, b)]

, [(c, d)]

Z = N N
/
[(a, b)]

+ [(c, d)]

= [(a + c, b + d)]

Verichiamo che questa somma `e ben denita, cio`e non dipende dai rappresentanti delle classi.
Mostriamo che, anche considerando altri rappresentanti delle stesse classi, cio`e
( a,

b) [(a, b)]

e ( c,

d) [(c, d)]

otterremo, come risultato della somma, ancora la stessa classe.


1
Consideriamo
[( a,

b)]

+ [( c,

d)]

= [( a + c,

b +

d)].
Poich`e per ipotesi ( a,

b) [(a, b)]

e ( c,

d) [(c, d)]

, si ha che

a + b =

b + a
c + d =

d + c
sommando membro a membro, otteniamo
a + b + c + d =

b + a +

d + c = ( a + c) + (b + d) = (

b +

d) + (a + c).
Questa uguaglianza ci permette di aermare che
( a + c,

b +

d) (a + c, b + d)
e quindi
[( a + c,

b +

d)]

= [(a + c, b + d)]

Rispetto alloperazione di somma introdotta, valgono le propriet`a:


Associativa: [(a, b)]

, [(c, d)]

, [(e, f)]

si ha che
([(a, b)]

+ [(c, d)]

) + [(e, f)]

= [(a, b)]

+ ([(c, d)]

+ [(e, f)]

)
Infatti, utilizzando la propriet`a associativa valida in N, si ha:
([(a, b)]

+ [(c, d)]

) + [(e, f)]

= [(a + c, b + d)]

+ [(e, f)]

=
= [((a + c) + e, (b + d) + f)]

= [(a + c + e, b + d + f)]

[(a, b)]

+ ([(c, d)]

+ [(e, f)]

) = [(a, b)]

+ [(c + e, d + f)]

=
= [(a + (c + e), b + (d + f)]

= [(a + c + e, b + d + f)]

Commutativa: [(a, b)]

, [(c, d)]

si ha che
[(a, b)]

+ [(c, d)]

= [(c, d)]

+ [(a, b)]

Infatti, utilizzando la propriet`a commutativa valida in N, si ha:


[(a, b)]

+ [(c, d)]

= [(a + c, b + d)]

= [(c + a, d + b)]

= [(c, d)]

+ [(a, b)]

.
Esiste lelemento neutro, cio`e un elemento [(x, y)]

tale che :
[(a, b)]

si abbia [(a, b)]

+ [(x, y)]

= [(a, b)]

.
Basta considerare lelemento [(0, 0)]

:
infatti [(a, b)]

+ [(0, 0)]

= [(a, b)]

.
Ogni elemento ammette opposto, cio`e [(a, b)]

[(x, y)]

tale che [(a, b)]

+ [(x, y)]

= [(0, 0)]

.
Anche in questo caso, si vede subito che una soluzione `e [(b, a)]

:
infatti [(a, b)]

+ [(b, a)]

= [(a + b, a + b)]

= [(0, 0)]

.
Prodotto
Come si pu`o denire un prodotto in modo che risulti ben denito, cio`e in modo che il risultato non dipenda
dalla scelta dei rappresentanti delle classi?
Se lo deniamo in modo naturale nel modo seguente,
[(a, b)]

[(c, d)]

= [(ac, bd)]

possiamo vedere che [(1, 2)]

= [(0, 1)]

, [(3, 5)]

= [(1, 3)]

ma [(1, 2)]

[(3, 5)]

= [(3, 10)]

,
[(0, 1)]

[(1, 3)]

= [(0, 3)]

ma [(3, 10)]

= [(0, 3)]

.
Quindi la precedente denizione non va bene. Come possiamo procedere?
2
Osserviamo che unaltra condizione alla quale dovr`a soddisfare il prodotto tra classi `e che vengano conservati
i risultati tra gli elementi che corrispondono ai vecchi numeri naturali.
In particolare, se [(a, b)]

= [(a b, 0)]

e [(c, d)]

= [(c d, 0)]

(trattandosi delle classi corrispondenti ai


naturali, devono essere a b, c d) si dovr`a avere:
[(a b, 0)]

[(c d, 0)]

= [(ac + bd ad bc, 0)]

= [(ac + bd, ad + bc)]

Deniamo pertanto la seguente operazione di prodotto tra classi di equivalenza:


[(a, b)]

, [(c, d)]

Z = N N
/
.
[(a, b)]

[(c, d)]

= [(ac + bd, ad + bc)]

Verichiamo ora che il prodotto `e ben denito.


Infatti se, come prima, consideriamo altri rappresentanti delle stesse classi, cio`e
( a,

b) [(a, b)]

e ( c,

d) [(c, d)]

otterremo
[( a,

b)]

[( c,

d)]

= [( a c +

d, a

d +

b c)].
Poich`e per ipotesi ( a,

b) [(a, b)]

e ( c,

d) [(c, d)]

, si ha che

a + b =

b + a
c + d =

d + c
da cui si ottiene, con qualche passaggio,
a c +

d + ad + bc = ac + bd + a

d +

b c.
Questa uguaglianza ci permette di aermare che
( a

d +

b c,

d) (ad + bc, bd)


e quindi
[( a

d +

b c,

d)]

= [(ad + bc, bd)]

Rispetto alloperazione di prodotto introdotta, valgono le propriet`a:


Associativa: [(a, b)]

, [(c, d)]

, [(e, f)]

si ha che
([(a, b)]

[(c, d)]

) [(e, f)]

= [(a, b)]

([(c, d)]

[(e, f)]

)
Infatti, utilizzando la propriet`a associativa valida in N, si ha:
([(a, b)]

[(c, d)]

) [(e, f)]

= [(ac + bd, ad + bc)]

[(e, f)]

=
= [((ac + bd)e + (ad + bc)f, (ac + bd)f + (ad + bc)e]

=
= [(ace + bde + adf + bcf, acf + bdf + ade + bce)]

;
[(a, b)]

([(c, d)]

[(e, f)]

) = [(a, b)]

[(ce + df, cf + de)]

=
= [(a(ce + df) + b(cf + de), a(cf + de) + b(ce + df)]

=
= [(ace + adf + bcf + bde, acf + ade + bce + bdf)]

Commutativa: [(a, b)]

, [(c, d)]

si ha che
[(a, b)]

[(c, d)]

= [(c, d)]

[(a, b)]

Infatti, utilizzando la propriet`a commutativa valida in N, si ha:


[(a, b)]

[(c, d)]

= [(ac + bd, ad + bc)]

[(c, d)]

[(a, b)]

. = [(ca + db, cb + da)]

Esiste lelemento neutro, cio`e un elemento [(x, y)]

tale che :
[(a, b)]

si abbia [(a, b)]

[(x, y)]

= [(a, b)]

.
Basta considerare lelemento [(1, 0)]

: infatti [(a, b)]

[(1, 0)]

= [(a, b)]

.
Invece non `e vero che ogni elemento ammette inverso, cio`e non `e vero che
[(a, b)]

[(x, y)]

tale che [(a, b)]

[(x, y)]

= [(1, 0)]

.
3
Elementi invertibili
Vediamo allora quali sono gli elementi che ammettono inverso, cio`e gli elementi [(a, b)]

per
i quali [(x, y)]

tale che
[(a, b)]

[(x, y)]

= [(1, 0)]

.,
cio`e che soddisfano luguaglianza:
[(ax + by, ay + bx)]

= [(1, 0)]

.
Dobbiamo risolvere lequazione (parametrica, di primo grado in due variabili) in N:
ax + by + 0 = ay + bx + 1. ()
Poich`e ax + by N, ay + bx N si ha che ax + by > ay + bx > 0.
Si possono avere due situazioni: a > b oppure b > a (a = b `e da escludere per lipotesi).
Se a > b nella () possiamo raccogliere
(a b)x (a b)y = (a b)(x y) = 1 a b = 1, x y = 1.
Se a < b nella () possiamo raccogliere
(b a)y (b a)x = (b a)(y x) = 1 b a = 1, y x = 1.
Quindi gli elementi che ammettono inverso sono: [(a, b)]

= [(1 + b, b)]

= [(1, 0)]

e [(a, b)]

= [(a, a + 1)]

= [(0, 1)]

Sono questi gli interi 1 e 1.


Osservazione 1 Con il prodotto denito precedentemente si vede molto chiaramente la regola
meno per meno = pi` u.
Infatti [(0, 1)]

[(0, 1)]

= [(0 0 + 1 1, 0 1 + 1 0)]

= [(1, 0)]

.
Osservazione 2 La stessa regola pu` o essere dedotta utilizzando le propriet` a distributive:
(1)(1) = (1)(1) + 0 (1) = (1)(1) + [(1 + 1)](1) =
utilizzando la propriet` a distributiva

(1)(1) + [(1)(1) + (1)(1)]
=
utilizzando la propriet` a associativa

[(1)(1) + (1)(1)] + (1)(1) =
utilizzando la propriet` a distributiva

[(1)(1 + 1)] + (1)(1) = 0 + (1)(1) = 1.
Denizione 3 Per ogni z Z si denisce il valore assoluto o modulo di z e lo si indica con il
simbolo |z| :
|z| =

z z 0
z z < 0
Osservazione 4 Per ogni z
1
, z
2
Z, vale luguaglianza |z
1
z
2
| = |z
1
| |z
2
|.
Osservazione 5 Non vale invece, in generale, luguaglianza |z
1+
z
2
| = |z
1
| +|z
2
|.
Ad esempio se z
1
= 5, z
2
= 3 allora |z
1+
z
2
| = 2 = 8 = |z
1
| +|z
2
|.
Supponiamo familiari le principali propriet`a delle operazioni sugli interi e la rappresentazione
di Z sulla retta orientata.
4
0.1 I Numeri Razionali
Il procedimento di costruzione di Q come ampliamento di Z, `e molto simile al procedimeno visto per la
costruzione di Z, come ampliamento di N.
Consideriamo linsieme Z Z \ {0} = {(a, b) | a, b Z, b = 0} e in esso introduciamo una relazione di
equivalenza cos` denita:
(a, b) (c, d) ad = bc
Verichiamo che la relazione gode delle propriet`a richieste.
1. Propriet`a riessiva: per ogni (a, b) si ha (a, b) (a, b). Infatti ab = ba.
2. Propriet`a simmetrica: se (a, b) (c, d) segue che (c, d) (a, b).
Infatti da ad = bc segue che bc = ad e quindi cb = da da cui segue (c, d) (a, b).
3. Propriet`a transitiva: se (a, b) (c, d) e (c, d) (e, f) (a, b) (e, f).
Infatti per ipotesi

(a, b) (c, d) ad = bc
(c, d) (e, f) cf = de
: ()
moltiplicando membro a membro si ha
adcf = bcde.
Poich`e d = 0 si pu`o semplicare, ottenendo acf = bce. si presentano ora due casi:
1. Se c = 0, si ottiene af = be e quindi (a, b) (e, f).
2. Se c = 0, dalle () si ha ad = de = 0 a = e = 0 (essendo d = 0) e quindi ancora (a, b) (e, f).
Quindi `e vericato che la relazione `e di equivalenza.
Risulta perci`o introdotta in Z Z \ {0} una partizione in classi di equivalenza.
Indichiamo con Q = (Z Z \ {0})

linsieme delle classi di equivalenza e cerchiamo un rappresentante


canonico per ogni classe.
Consideriamo [(a, b)]

= {(x, y) Z Z \ {0} | ay = bx} =

( a,

b)

ove M.C.D.( a,

b) = 1.
Osservazione 1 Gli elementi di una stessa classe di equivalenza sono le coppie che possono essere rapp-
resentate sul piano cartesiano come rette a coordinate intere passanti per lorigine e private dellorigine
stessa.
Osservazione 2 Ogni classe di equivalenza [(a, b)]

`e un numero razionale e pu` o essere rappresentato da


una frazione. Precisamente [(a, b)]

pu` o essere rappresentata dalla frazione


a
b
oppure da una qualsiasi
frazione
c
d
equivalente alla data, cio`e tale che ad = bc ( si ottiene
c
d
=
ak
bk
, k = 0) .
Lunica coppia (a, b) con a e b coprimi, corrisponde alla frazione equivalente detta ridotta ai minimi ter-
mini.
Vale infatti la seguente
Propriet`a 3 Se a = 0, nella classe [(a, b)]

esiste una ed una sola coppia ( a,

b) con M.C.D.( a,

b) = 1 e

b > 0.
Esistenza:
Sia d = M.C.D.(a, b) : allora a = d a, b = d

b e M.C.D.( a,

b) = 1 (vedi capitolo sul M.C.D.).


Dalla denizione si vede subito che ( a,

b) (a, b). Infatti ab = a(d

b) = ( ad)

b = a

b.
Unicit` a:
1
Supponiamo che nella classe [(a, b)]

, con b > 0, ci siano due coppie, (m, n) ed (r, s) con n, s > 0 e


M.C.D.(m, n) = M.C.D.(r, s) = 1.
Poich`e le due coppie stanno nella stessa classe di equivalenza si avr`a
(1) ms = nr.
Quindi m `e un divisore del prodotto nr. Poich`e m `e primo con n (per le propriet`a viste nel capitolo sulla
divisibilit`a in Z) necessariamente m dovr`a essere un divisore di r. Quindi esister`a h Z tale che r = mh.
Sostituendo nella (1) abbiamo
(2) ms = n(mh)
e semplicando per m (= 0) otteniamo s = nh.
Sostituendo nella (1) si ottiene il sistema

m nh = nr
s = nh
da cui si deduce

r = mh
s = nh
Segue che h `e un divisore comune, quindi necessariamente h = 1 e (m, n) = (r, s).
Si pu`o concludere che esiste una corrispondenza biunivoca tra le classi di equivalenza e le coppie (a, b)
con b = 0 e M.C.D.(a, b) = 1.
Osservazione 4 Gli elementi della classe [(kb, b)]

= [(k, 1)]

costituiscono un sottoisieme Z

di Q =
(Z Z \ {0})

che `e in corrispondenza biunivoca con linsieme degli Interi Z


Una corrispondenza pu`o essere quella che associa alla classe [(kb, b)]

= [(k, 1)]

Q lelemento k
Z.
Introduciamo ora le operazioni e studiamo la struttura di Q = (Z Z \ {0})

.
Somma:
Osservazione 5 Come al momento di introdurre il prodotto in Z abbiamo dovuto scartare la denizione
pi` u immediata (componenete per componente), cos` qui non `e accettabile la somma ottenuta componente per
componente.
Infatti se poniamo [(a, b)]

+ [(c, d)]

= [(a + c, b + d)]

ci accorgiamo subito che


[(3, 1)]

+ [(1, 2)]

= [(4, 3)]

mentre [(9, 3)]

+ [(2, 4)]

= [(11, 7)]

e [(4, 3)]

= [(11, 7)]

(osserviamo che [(3, 1)]

= [(9, 3)]

e che [(1, 2)]

= [(2, 4)]

)
Introduciamo la seguente operazione di somma tra classi di equivalenza:
[(a, b)]

, [(c, d)]

Q = (Z Z \ {0})

[(a, b)]

+ [(c, d)]

= [(ad + bc, bd)]

Verichiamo che questa somma `e ben denita, cio`e non dipende dai rappresentanti delle classi. Intanto bd = 0
e quindi [(ad + bc, bd)]

Q = (Z Z \ {0})

.
Inoltre, cambiando i rappresentanti delle classi addende, otteniamo ancora la stessa classe.
Consideriamo infatti
( a,

b) [(a, b)]

e ( c,

d) [(c, d)]

Per denizione di somma


[( a,

b)]

+ [( c,

d)]

= [( a

d +

b c,

d)]

.
Mostriamo ora che [( a

d +

b c,

d)]

= [(ad + bc, bd)]

(tesi).
Poich`e per ipotesi ( a,

b) [(a, b)]

e ( c,

d) [(c, d)]

, si ha che

ab =

ba
cd =

dc
moltiplicando la prima uguaglianza per d

d e la seconda per b

b (che sono quantit` a = 0) si ottiene


2

abd

d =

bad

d
cdb

b =

dcb

b
da cui, sommando membro a membro e applicando la propriet`a commutativa e distributiva, si ottiene:
abd

d + cdb

b =

bad

d +

dcb

b
bd( a

d +

b c) =

b

d(ad + bc)
da cui segue che ( a

d +

b c,

b c) (ad + bc, bc) che `e la tesi.


.
Rispetto alloperazione di somma introdotta, valgono le propriet`a:
Associativa: [(a, b)]

, [(c, d)]

, [(e, f)]

si ha che
([(a, b)]

+ [(c, d)]

) + [(e, f)]

= [(a, b)]

+ ([(c, d)]

+ [(e, f)]

)
Infatti si ha:
I membro:
([(a, b)]

+ [(c, d)]

) + [(e, f)]

= [(ad + bc, bd)]

+ [(e, f)]

= [((ad + bc)f + bde, (bd)f)]

II membro:
[(a, b)]

+ ([(c, d)]

+ [(e, f)]

) = [(a, b)]

+ [(cf + de, df)]

=
= [(adf + b(cf + de), b(df)]

e si vede che sono uguali, applicando la propriet`a associativa valida in Z.:


Commutativa: [(a, b)]

, [(c, d)]

si ha che
[(a, b)]

+ [(c, d)]

= [(c, d)]

+ [(a, b)]

Infatti, utilizzando le propriet`a di Z, si ha:


[(a, b)]

+ [(c, d)]

= [(ad + bc, bd)]

= [(cb + da, db)]

= [(c, d)]

+ [(a, b)]

.
Esiste lelemento neutro, cio`e un elemento [(x, y)]

tale che :
[(a, b)]

si abbia [(a, b)]

+ [(x, y)]

= [(a, b)]

.
Basta considerare lelemento [(0, 1)]

:
infatti [(a, b)]

+ [(0, 1)]

= [(a, b)]

.
Ogni elemento ammette opposto, cio`e [(a, b)]

[(x, y)]

tale che [(a, b)]

+ [(x, y)]

= [(0, 1)]

.
Anche in questo caso, si vede subito che una soluzione `e [(a, b)]

:
infatti [(a, b)]

+ [(a, b)]

= [(ab + (b)a, bb)]

= [(0, bb)]

= [(0, 1)]

.
Prodotto
A dierenza di quanto si vericava nel caso del prodotto di interi e nella somma precedentemente denita,
il prodotto in Q si introduce in modo naturale, moltiplicando componente per componente
Deniamo il prodotto tra classi di equivalenza:
[(a, b)]

, [(c, d)]

Q = (Z Z \ {0})

[(a, b)]

[(c, d)]

= [(ac, bd)]

Verichiamo ora che il prodotto `e ben denito.


Infatti se consideriamo altri rappresentanti delle stesse classi, cio`e
( a,

b) [(a, b)]

e ( c,

d) [(c, d)]

otterremo
[( a,

b)]

[( c,

d)]

= [( a c,

d)].
3
Poich`e per ipotesi ( a,

b) [(a, b)]

e ( c,

d) [(c, d)]

, si ha che

ab =

ba
cd =

dc
da cui si ottiene, moltiplicando membro a membro
ab cd =

ba

dc cio`e ac

d = bd a c.
Questa uguaglianza ci permette di aermare che [(ac, bd)]

= [( a c,

d)].
Rispetto alloperazione di prodotto introdotta, valgono le propriet`a:
Associativa: [(a, b)]

, [(c, d)]

, [(e, f)]

Q = (Z Z \ {0})

si ha che
([(a, b)]

[(c, d)]

) [(e, f)]

= [(a, b)]

([(c, d)]

[(e, f)]

)
Infatti, utilizzando la propriet`a associativa valida in N, si ha:
([(a, b)]

[(c, d)]

) [(e, f)]

= [(ac + bd, ad + bc)]

[(e, f)]

=
= [((ac + bd)e + (ad + bc)f, (ac + bd)f + (ad + bc)e]

=
= [(ace + bde + adf + bcf, acf + bdf + ade + bce)]

;
[(a, b)]

([(c, d)]

[(e, f)]

) = [(a, b)]

[(ce + df, cf + de)]

=
= [(a(ce + df) + b(cf + de), a(cf + de) + b(ce + df)]

=
= [(ace + adf + bcf + bde, acf + ade + bce + bdf)]

Commutativa: [(a, b)]

, [(c, d)]

si ha che
[(a, b)]

[(c, d)]

= [(c, d)]

[(a, b)]

Infatti, utilizzando la propriet`a commutativa valida in N, si ha:


[(a, b)]

[(c, d)]

= [(ac + bd, ad + bc)]

[(c, d)]

[(a, b)]

. = [(ca + db, cb + da)]

Esiste lelemento neutro, cio`e un elemento [(x, y)]

tale che :
[(a, b)]

si abbia [(a, b)]

[(x, y)]

= [(a, b)]

.
Basta considerare lelemento [(1, 0)]

: infatti [(a, b)]

[(1, 0)]

= [(a, b)]

.
Ogni elemento diverso da [(0, b)]

ammette inverso, cio`e


[(a, b)]

= [(0, b)]

[(x, y)]

tale che [(a, b)]

[(x, y)]

= [(1, 0)]

.
Si vede subito che un possibile risultato `e [(x, y)]

= [(b, a)]

Valgono inoltre le propriet`a distributive (destre e sinistre), cio`e [(a, b)]

, [(c, d)]

, [(e, f)]

Q = (Z
Z \ {0})

si ha che
{[(a, b)]

+ [(c, d)]

} [(e, f)]

= {[(a, b)]

[(e, f)]

} +{ [(c, d)]

[(e, f)]

}
Osservazione 6 Una struttura come quella che abbiamo appena ottenuto si dice Campo.
4
1 La divisione in Z
Teorema 1 Siano a e b Z, b = 0; allora esistono e sono univocamente determinati due interi q
ed r Z tali che
1) a = bq + r
2) 0 r < |b|
Dimostrazione.
1) Esistenza della coppia q, r Z. Distinguiamo quattro casi:
i) a 0, b > 0
ii) a 0, b < 0
iii) a < 0, b > 0
iv) a < 0, b < 0
i) Procediamo per induzione su a, ssato b.
Se a = 0 si ha che a = b 0 + 0 ( e quindi q = 0 = r).
Se 0 < a < b si ha che a = b 0 + a ( ove q = 0 ed r = a).
Se a b allora 0 a b < a e, utilizzando lipotesi di induzione nella II forma, si ha che esistono due
interi q, r tali che
a b = b q + r con 0 r < b
e quindi
a = b + b q + r = b(1 + q) + r da cui si conclude q = q + 1, r = r.
ii) a 0, b < 0. Poniamo b

= b > 0. Allora poich`e a 0, b

> 0, per il punto i) q, r Z tali che


a = b

q + r con 0 r < b

= |b|.Allora
a = (b) q + r = b( q) + r, e quindi q = q, r = r.
iii) a < 0, b > 0. Poniamo a

= a > 0; quindi, essendo a

> 0, b > 0, per il punto i) q


1
, r
1
Z tali che
a

= bq
1
+ r
1
, 0 r
1
< b
cio`e
a = bq
1
+ r
1
da cui moltiplicando membro a membro per (1) si ottiene:
a = b(q
1
) + (r
1
).
Se r
1
= 0 allora q = q
1
, r = r
1
= 0;
se r
1
> 0 allora, aggiungendo +b e b al secondo membro, si ottiene
a = b(q
1
) + b b + r
1
= b(q
1
1) + (b r
1
)
e quindi si ha q = q
1
1 e r = b r
1
( osservando che 0 b r
1
< |b|.)
iv) a < 0, b < 0.
Poniamo b

= b > 0, come nel punto ii). Allora, per il punto iii), esistono q
2
, r
2
Z tali che
a = b

q
2
+ r
2
, con 0 r
2
< b

= |b|
e quindi otteniamo
a = b(q
2
) + r
2
, ove q = q
2
, r = r
2
.
2) Unicit`a della coppia q, r, nellipotesi in cui 0 r < |b|.
Supponiamo che, accanto a q ed r, esistano q, r tali che
a = bq + r, a = b q + r, con le condizioni 0 r < |b|, 0 r < |b|.
dalla relazione precedente, uguagliando e supponendo r r, si ottiene:
bq + r = b q + r, 0 r r < |b|
1
da cui
r r = b( q q) e quindi r r = |b| |( q q)|.
Si conclude che r r, dovendo essere un multiplo non negativo di |b| e strettamente minore di |b|, dovr`a
essere nullo, cio`e r = r, q = q.
Denizione 2 Gli interi q ed r si dicono quoziente e resto della divisione di a per b.
Denizione 3 Dati a, b Z diciamo che b | a (b divide a) se b = 0 ed esiste c Z tale che a = bc.
Osservazione 4 Se b = 0, b | a il resto della divisione di a per b `e 0.
Osservazione 5 a Z si ha sempre che 1, a sono divisori di a (detti divisori banali).
Propriet`a 6 Se a = 0, b = 0, allora b|a e a|b a = b (ab = 0).
Infatti, per ipotesi b|a e a|b, q
1
, q
2
Z tali che a = bq
1
, b = aq
2
, da cui si ha a = bq
1
= aq
2
q
1
e quindi
q
2
q
1
= 1. In Z le soluzioni sono q
2
= q
1
= 1 e quindi a = b.
Il viceversa `e banale.
Denizione 7 Dati a, b, c Z, se esistono due interi x, y tali che (ax + by) = c, si dice che c `e
combinazione lineare di a e di b.
Osservazione 8 Se a, b, c Z, c|a, c|b c|(ax + by), x, y Z.
Infatti, c|a q
1
Z tale che a = cq
1
, c|b q
2
tale che b = cq
2
.
Allora ax + by = cq
1
x + cq
2
y = c(q
1
x + q
2
y) e quindi c|(ax + by).
1.1 Massimo comun divisore (M.C.D.) e Minimo comune multiplo (m.c.m.)
Denizione 9 Un intero d si dir` a massimo comun divisore degli interi a, b (non entrambi nulli) e lo si
indicher` a con M.C.D.(a, b), se e solo se
i) d|a, d|b;
ii) se t `e un intero tale che t|a, t|b allora t|d.
Osservazione 10 Si verica facilmente che , se d = M.C.D.(a, b) allora `e pure
d = M.C.D.(a, b) = M.C.D.(a, b) = M.C.D.(a, b)
d = M.C.D.(b, a) = M.C.D.(b, a) = M.C.D.(b, a) = M.C.D.(b, a)
Osservazione 11 M.C.D.(0, b) = b = M.C.D.(b, 0).
Baster`a quindi provare lesistenza di un massimo comun divisore per ogni coppia di interi a, b > 0.
Daremo una dimostrazione di tipo costruttivo, utilizzando una procedura detta
Algoritmo euclideo delle divisioni successive,
che permette leettiva determinazione di un M.C.D.(a, b). e che pu`o essere facilmente tradotta in un pro-
gramma per calcolo automatico.
Teorema 12 Per ogni coppia a, b Z, a > 0, b > 0, esiste un massimo comun divisore d fra a e b.
Dimostrazione. Si supponga a b e si eseguano le divisioni successive
a = bq
1
+ r
1
con 0 r
1
< b (1)
Se r
1
= 0 abbiamo nito e un Massimo Comun Divisore di a e b `e b stesso.
se r
1
= 0 b = r
1
q
2
+ r
2
con 0 r
2
< r
1
(2)
se r
2
= 0 r
1
= r
2
q
3
+ r
3
con 0 r
3
< r
2
(3)
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
se r
h1
= 0 r
h2
= r
h1
q
h
+ r
h
con 0 r
h
< r
h1
(h)
se r
h
= 0 r
h1
= r
h
q
h+1
. (h + 1)
2
Poich`e r
h
< r
h1
< r
h2
< . . . < r
3
< r
2
< r
1
< b,
dopo un numero nito di divisioni si otterr`a un resto nullo, cio`e h tale che r
h+1
= 0.
Un Massimo Comun Divisore `e allora lultimo resto non nullo nelle divisioni precedenti cio`e r
h
= d =
M.C.D.(a, b).
Infatti se r
1
= 0, r
h
= 0 e r
h+1
= 0, mostriamo che r
h
= M.C.D.(a, b), cio`e che r
h
verica le condizioni i),
ii) della denizione.
i) r
h
| a e r
h
| b. Infatti dalla uguaglianza sulla riga (h + 1) segue r
h
| r
h1
, dalla uguaglianza sulla riga (h)
e, sostituendo, si ha r
h2
= (r
h
q
h+1
)q
h
+ r
h
= r
h
(q
h+1
q
h
+ 1) r
h
| r
h2
.
Cos` risalendo si ottiene dalla (2) e dalla (1) che r
h
| b ed r
h
| a.
ii) se t| a e t| b t| r
n
.
Infatti dalla (1) si ha che r
1
= a bq
1
, cio`e r
1
`e combinazione lineare di a e di b e quindi si ha che t| r
1
.
Poich`e t| r
1
e t| b, dalla (2) si ha che t| r
2
.
Cos` proseguendo, alla ne si ottiene che t| r
h
e quindi si conclude che r
h
`e un M.C.D.(a, b).
Teorema 13 Nelle ipotesi del teorema precedente, esistono due interi x e y tali che d = ax + by.
Dimostrazione. Riprendendo le divisioni del teorema precedente, osserviamo che la (1) permette di es-
primere r
1
nella forma
r
1
= a + b(q
1
).
Sostituendo lespressione di r
1
nella (2) si ha:
r
2
= b r
1
q
2
= b [a + b(q
1
)]q
2
= a(q
2
) + b(1 + q
1
q
2
)
e cos` via.
In questo modo si esprime ciascun resto come combinazione lineare a coecienti interi di a e di b.
In particolare esisteranno x, y Z tali che:
d = M.C.D.(a, b) = r
h
= xa + yb, x, y Z.
Esempio 14 Determinare un M.C.D.(24, 39).
Eettuiamo le divisioni successive:
39 = 24 1 + 15
24 = 15 1 + 9
15 = 9 1 + 6
9 = 6 1 + 3
6 = 3 2 + 0
Poich`e 3 `e lultimo resto non nullo, 3 = M.C.D.(39, 24).
Possiamo inoltre scrivere 3 come combinazione lineare di 39 e di 24.
Utilizzando le uguaglianze trovate, ricaviamo 3 dalla penultima cio`e
3 = 9 1 + 6 (1) e, procedendo a ritroso con le sostituzioni, si ottiene:
6 = 15 1 9 1 3 = 9 1 + 6 (1) = 3 = 9 1 + [15 1 9 1] (1) = 9 2 + 15 (1)
9 = 24 + 15 (1) 3 = 9 2 + 15 (1) = [24 + 15 (1)] 2 + 15 (1) = 24 2 + 15 (3)
15 = 39 + 24 (1) 3 = 24 2 + 15 (3) = 24 2 + [39 + 24 (1)] (3) =24 5 + 39 (3)
Esempio 15 Trovare un M.C.D.(210, 182) ed esprimerlo come combinazione lineare di 210 ed 182.
Come prima eettuiamo le divisioni:
210 = 182 21 + 28
182 = 28 6 + 14
28 = 14 2
Quindi un M.C.D.(210, 182) `e 14. Una combinazione lineare si otterr`a nel modo seguente:
14 = 182 + 28 (6) = 182 + [210 182 (1)] (6) = 182 7 + 210 (6).
Denizione 16 Due interi a e b si dicono relativamente primi ( o primi tra loro o coprimi) se
M.C.D.(a, b) = 1, ovvero se (e solo se) esistono due interi relativi x e y tali che valga luguaglianza:
1 = ax + by (identit` a di Bezout).
Osservazione 17 Se a, b Z e d = M.C.D.(a, b), posto a = d a, b = d

b, si ha che M.C.D.( a,

b) = 1.
Infatti, detto t = M.C.D.( a,

b) si ha che t| a, t|

b td | t a = a, td| t

b = b quindi t = 1.
Osservazione 18 Sia d = M.C.D.(a, b) = 1 e a | bc = a | c.
3
Infatti, poich`e M.C.D.(a, b) = 1, esistono x, y Z tali che 1 = ax + by; poich`e a | bc q Z tale che
bc = aq. Allora si ha c = cax + cby e, sostituendo, si ottiene c = cax + aqy = a(cx + qy).
Segue quindi che a | c.
Esercizio 19 Se a | c e b | c con M.C.D.(a, b) = 1 allora il prodotto ab | c.
Infatti poich`e M.C.D.(a, b) = 1 esistono x, y Z tali che ax + by = 1. Inoltre da a | c e b | c segue che
esistono due interi, h, k, tali che c = ha, c = kb.
Dalluguaglianza ax + by = 1, moltiplicando entrambi i membri per c otteniamo
cax + cby = c
e, sostitendo a c nel primo addendo kb e nel secondo ha, otteniamo(kb)ax + (ha)by = c ab(kx + hy) =
c ab | c.
Osservazione 20 Lipotesi che M.C.D.(a, b) = 1 `e essenziale: se per esempio a = 10, b = 6, c = 30 si ha
che a | c e b | c ma ab c.
Denizione 21 Siano a, b Z, a = 0, b = 0. Si dice minimo comune multiplo di a e b, e lo si indica con
il simbolo m.c.m.(a, b), ogni intero m tale che :
1) a | m, b | m;
2) se t Z `e tale che a | t, b | t allora t | m.
Esistenza ed unicit` a a meno del segno sono garantiti dal seguente
Teorema 22 Siano a, b Z, a = 0, b = 0 (non lede la generalit` a supporre a > 0, b > 0) allora, detto
d = M.C.D.(a, b) si ha che m =
a b
d
`e un minimo comune multiplo fra a e b;
Dimostrazione. Posto a = d a, b = d

b, si ha
ab
d
=
d ad

b
d
= ab = a

b
quindi a|
ab
d
, b|
ab
d
ed `e soddisfatto il punto 1) della denizione.
Sia ora t Ztale che a | t, b | t, mostriamo che
ab
d
|t. Infatti
t = at
1
= bt
2
adt
1
=

bdt
2
at
1
=

bt
2
e, per le osservazioni precedenti, si ha che M.C.D.( a,

b) = 1 da cui si deduce che a | t


2
, t
2
= at
3
e quindi
t = bt
2
= b at
3
=
ab
d
t
3
=
ab
d
| t.
Osservazione 23 Se m = m.c.m.(a, b), lunico altro m.c.m.(a, b) `e m.
Esercizio 24 Vericare che k Z sono coprimi i numeri a = 22k + 5 e b = 33k + 7.
Dimostrazione. Sia d = M.C.D.(a, b).
Allora esisteranno a,

b Z tali che a = 22k + 5 = d a, b = 33k + 7 = d

b.
Se moltiplichiamo la prima uguaglianza per 3 e la seconda per 2, si ottiene:

3a = 3 22k + 15 = 3d a
2b = 2 33k + 14 = 2d

b.
Sottraendo membro a membro si ottiene 3a 2b = 1 = (3 a 2

b)d d | 1 M.C.D.(a, b) = 1.
4
1.2 Equazioni Diofantee.
Si dicono diofantee equazioni del tipo
ax + by = c, ove a, b, x, y Z.
Si possono avere due casi:
1) non ci sono soluzioni (intere): per esempio 2x + 6y = 5.
2) Ci sono innite soluzioni (intere): per esempio 2x + 3y = 5.
Osserviamo che invece in R lequazione ax + by = c, ha sempre innite soluzioni che possono essere
interpretate come gli inniti punti di una retta.
Per quanto riguarda il caso in Z, vale il seguente
Teorema 25 Lequazione ax + by = c, con a, b Z ha soluzioni intere x, y, se e solo se, detto
d = M.C.D.(a, b), si ha che d | c.
Dimostrazione. Supponiamo dapprima che d | c. Per le propriet`a del massimo comun divisore si ha che
esistono due interi x e y Z tali che
a x + b y = d. ()
Poich`e d | c esiste un k Z tale che dk = c. Moltiplicando entrambi i membri della () per k si ottiene
a( xk) + b( yk) = dk = c
e quindi lequazione data ammette soluzioni intere (che sono x = xk, y = yk). Viceversa supponiamo che
esistano x

, y

Z tali che ax

+ by

= c. Poich`e d = M.C.D.(a, b) si ha che a = d a, b = d

b da cui segue che


c = d ax

+ d

by

= d( ax

by

) d | c.
Teorema 26 Sia data lequazione diofantea
ax + by = c ()
che ammetta soluzioni x, y. Allora tutte e sole le soluzioni sono

x = x +

bt
y = y at
. ()
ove M.C.D.( a,

b) = 1, a = d a, b = d

b, d = M.C.D.(a, b), t Z.
Dimostrazione. Cominciamo col mostrare che ogni coppia del tipo () `e soluzione dellequazione ().
Infatti, sostituendo si ha
a( x +

bt) + b( y at) = a x + a

bt + b y b at = c.
Viceversa, sia la coppia x, y, soluzione della () e quindi si abbia
ax + by = c = a x + b y.
Poich`e a = d a, b = d

b, (ove d = M.C.D.(a, b)), sostituendo si ottiene


d ax + d

by = d a x + d

b y e, semplicando a x +

by = a x +

b y
raccogliendo
a(x x) =

b( y y) ()
Poich`e M.C.D.( a,

b) = 1, dal fatto che a |

b( y y) segue che a | ( y y) e quindi esiste un intero t tale che


y y = at y = y at.
Sostituendo nella () si ottiene a(x x) =

b( at) x = x +

bt.
5
1.3 Numeri primi e Teorema fondamentale dellAritmetica
Denizione 27 Un numero p Z, p = 0, p = 1, si dice primo se, ogni volta che p divide il prodotto di
due interi a e b esso divide almeno uno dei due fattori. In simboli:
p | ab = p | a o p | b.
Denizione 28 Un numero p Z, p = 0, p = 1, si dice irriducibile se e solo se p `e divisibile solo per
1 e p.
Teorema 29 Sia p Z, p = 0, p = 1. Allora p `e irriducibile se e solo se p `e primo.
Dimostrazione.
Assumiamo per ipotesi che p sia primo e dimostriamo che p `e irriducibile.
Sia q un divisore di p cio`e sia p = qp. Poich`e p `e primo e p | p, segue che o p|q oppure p| p.
Se p | q allora q = pq q = qpq cio`e 1 = pq da cui si ottiene p = q = 1 e si conclude che p = q.
Se p | p allora p = p p p = qp p cio`e q p = 1, da cui si ottiene q = p = 1.
Viceversa supponiamo p irriducibile e dimostriamo che p `e primo. Sia p un divisore di ab, cio`e
p|ab e quindi q Z tale che ab = pq. Sia d = M.C.D.(p, b); allora d | p che `e irriducibile e quindi
d = p oppure d = 1.
1) d = p p| b;
2) d = 1 x, y Z tali che si abbia 1 = px+by. Allora segue che a = apx+aby = apx+pqy = p(ax+qy)
p|a .
Teorema 30 (TEOREMA fondamentale dellAritmetica): Ogni numero intero n, diverso da 0 e
da 1, pu` o essere scritto come prodotto di s 1 numeri primi (non necessariamente distinti). Tale
fattorizzazione `e essenzialmente unica, cio`e se
n = p
1
p
2
p
s
= q
1
q
2
q
t
ove ogni p
i
(1 i s) e ogni q
j
(1 j t) `e un numero primo, allora si possono ordinare i fattori in
modo che sia
1) s = t
2) p
1
= q
1
, , p
s
= q
s.
Dimostrazione. Supponiamo n > 1 e procediamo per induzione (II forma) osservando che per n = 2 il
Teorema `e vero essendo 2 un numero primo.
Esistenza della fattorizzazione:
Supponiamo che il Teorema sia vero per ogni intero m con 2 m n e proviamolo per n. Se n `e un
numero primo, il teorema `e vero; se n non `e primo, allora sar`a fattorizzabile nella forma n = ab con
1 < a < n e 1 < b < n. Per ipotesi induttiva
a = a
1
a
2
a
h
e b = b
1
b
2
b
k
ove i fattori a
i
e b
j
sono primi i = 1, , h e j = 1, , k.
Quindi n = a
1
a
2
a
h
b
1
b
2
b
k
cio`e `e esprimibile come prodotto di un numero nito di numeri primi.
Unicit`a della fattorizzazione:
Sia n = p
1
p
2
p
s
= q
1
q
2
q
t
()
con i p
i
e i q
j
numeri primi i = 1, , s e j = 1, , t.
Dimostriamo che s = t e che, a meno dellordine in cui compaiono e del loro segno, i fattori del primo
membro sono uguali a quelli del secondo membro.
Poich`e p
1
|q
1
(q
2
q
t
), per denizione di numero primo si ha che o p
1
|q
1
e allora p
1
= q
1
, oppure
p
1
|(q
2
q
t
).
Se p
1
q
1
allora p
1
|[q
2
(q
3
q
t
)] quindi o p
1
|q
2
e allora p
1
= q
2
oppure p
1
|(q
3
q
t
).
Procedendo in questo modo, essendo nito il numero dei fattori, esister`a qualche q
i
tale che p
1
= q
i
.
Allora dalla (), semplicando, si ottiene
p
2
p
s
= q
2
q
t
. ()
Non pu`o essere s < t altrimenti, dopo s passaggi si avrebbe 1 = q
s+1
q
t
. (Analogamente non pu` o
essere t < s). Quindi in ogni caso `e provata lunicit`a della fattorizzazione.
6
Corollario 31 Ogni numero intero n ha una fattorizzazione (essenzialmente unica) come prodotto di
potenze di primi distinti, cio`e ogni numero intero n si pu` o scrivere nella forma
n = p
1
1
p
2
2
p
r
r
p
i
= p
j
se i = j,
i
> 0.
Corollario 32 Sia n = p
1
1
p
2
2
p
r
r
: possiamo agevolmente contare quanti sono i suoi divisori (propri
ed impropri). Infatti, sia d un divisore di n. Allora d = p
1
1
p
2
2
p
r
r
con 0
i

i
e quindi i divisori
di n saranno tanti quanti sono i valori distinti di d ottenuti al variare delle potenze
i
.
Poich`e ogni
i
pu` o essere scelto in
i
+ 1 modi, i divisori di n saranno
(
1
+ 1)(
2
+ 1) (
r
+ 1).
Esempio: quanti sono i divisori (propri ed impropri ) di 50?
Poich`e 50 = 2 5
2
si ha che
1
= 1 e
2
= 2. I divisori saranno 2 3 = 6. Infatti
X = {d N|d|50} = {1, 2, 5, 10, 25, 50}.
Teorema 33 Esistono inniti numeri primi.
Dimostrazione. Sia P = {p
1
, p
2
, , p
t
} linsieme dei numeri primi.
Procediamo per assurdo e supponiamo che P sia nito.
Consideriamo ora il numero m = p
1
p
2
p
t
+ 1. Esso risulta coprimo con ogni elemento dellinsieme P
quindi non `e divisibile per nessuno di essi. Inoltre non `e un numero primo perch`e m / P (infatti m > p
i
, i)
e quindi si ha lassudo.
Si pu`o anche dimostrare che sono inniti i numeri primi della forma 4k 1 e anche quelli della forma 4k +1.
Non `e a tuttoggi conosciuta una formula che permetta di rappresentare tutti i numeri primi.
1.4 Numerazione in base n.
Teorema 34 Sia n un intero n 2. Ogni intero a 0 pu` o essere scritto in uno ed un sol modo nella
forma:
a = r
h
n
h
+ r
h1
n
h1
+ r
1
n
1
+ r
0
n
0
per ogni i = 0, 1, , h ed r
h
= 0, per h > 0.
Dimostrazione. Si procede per induzione su a.
1. Se a = 0 la tesi `e dimostrata poich`e 0 = 0 n
0
.
2. Supposto che lasserto sia vero per ogni k con 0 < k < a, mostriamo che `e vero anche per a.
Dividiamo a per n : si ottiene
a = qn + r con 0 r < n . Poich`e q < a, per lipotesi di induzione, q ammette la scrittura:
q = s
h1
n
h1
+ s
h2
n
h2
+ + s
1
n
1
+ s
0
n
0
con 0 s
i
< n
e quindi, sostituendo. si ha:
a = nq + r = s
h1
n
h
+ s
n2
n
h1
+ + s
1
n
2
+ s
0
n
1
+ rn
0
= r
h
n
h
+ r
h1
n
h1
+ r
1
n
1
+ r
0
n
0
ove r
h
= s
h1
, r
h1
= s
h2
, , r
1
= s
0
, r
0
= r.
Lunicit`a dellespressione segue dallunicit` a di q ed r.
Osservazione 35 r
0
, r
1
, , r
h
sono i resti della sequenza di divisioni:
a = qn + r
0
0 r
0
< n
q = q
1
n + r
1
0 r
1
< n
q
1
= q
2
n + r
2
0 r
2
< n
.
.
.
.
.
.
.
.
.
q
h1
= q
h
n + r
h
0 r
h
< n .
Osservazione 36 : Sia X un insieme di n simboli (cifre) distinti, il numero
a = r
h
r
h1
r
0
con r
i
X `e rappresentato in base n.
7
Esempio 37 1. n = 10 : abbiamo lusuale rappresentazione in base 10, che utilizza le cifre appartenenti
allinsieme X = {0, 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9}.
Il numero (2002)
10
= 2 10
3
+ 0 10
2
+ 0 10
1
+ 2 10
0
.
2. n = 2 : utilizziamo i simboli 0 e 1. Rappresentiamo il numero (2002)
10
in base 2.
2002 = 2 1001 + 0
1001 = 2 500 + 1
500 = 2 250 + 0
250 = 2 125 + 0
125 = 2 62 + 1
62 = 2 31 + 0
31 = 2 15 + 1
15 = 2 7 + 1
7 = 2 3 + 1
3 = 2 1 + 1
1 = 2 0 + 1
e quindi (2002)
10
= (11111010010)
2
.
3. n = 8 : utilizziamo le cifre 0, 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7,
ancora, utilizzando losservazione precedente si ha
2002 = 8 250 + 2
250 = 8 31 + 2
31 = 8 3 + 7
3 = 8 0 + 3
e quindi (2002)
10
= (3722)
8
1.5 Operazioni in base 2
Le operazioni in una qualsivoglia base si impostano e si risolvono in modo analogo a quanto si fa nel caso
della numerazione in base 10.
Nel caso della numerazione in base 2 `e molto agevole fare i calcoli.
Esempio 38 In base 10 si sa che 8 + 12 = 20. e 8 12 = 96.
In base 2 si ha: (8)
10
= (1000)
2
, (12)
10
= (1100)
2
e quindi:
1000+
1100 =
10100
mentre
1000
1100 =
0000
0000
1000
1000
1100000
8
1.6 Relazione di congruenza in Z
Diamo ora un esempio importante di relazione di equivalenza: la relazione di congruenza modn in Z.
Denizione 39 Sia X = Z , a, b Z ed n un intero n > 1. Si dice che a `e congruo a b modulo n e
si scrive
a b(modn) se h Z tale che a b = hn.
1
Proposizione 40 La relazione di congruenza (modn) `e una relazione di equivalenza in Z.
Dimostrazione.
Propriet`a riessiva: a Z `e a a(modn) : infatti a a = 0 n.
Propriet`a simmetrica: sia a b(modn) h Z tale che ab = hn; ma `e anche ba = (h)n, (h) Z
quindi b a(modn).
Propriet`a transitiva: a b(modn) h
1
Z tale che a b = h
1
n; b c(modn) h
2
Z tale che
b c = h
2
n. Sommando membro a membro si ottiene
a c = (h
1
+ h
2
) n
da cui segue che a c(modn).
1.7 Classi di resti modulo n.
Fissato n > 1, linsieme Z pu`o essere ripartito in classi di congruenza (includendo in una stessa classe tutti
e soli gli z Z a due a due congrui tra loro modulo n), quindi la classe di congruenza individuata da x `e:
[x]
n
= {x + hn| h Z} = {y| y x(modn)}.
Proposizione 41 Fissato n > 1, si hanno esattamente n classi di equivalenza distinte, che possono essere
rappresentate dai numeri 0, 1, . . . , n 1. Linsieme di queste classi di `e indicato con il simbolo Z
n
e viene
usualmente chiamato insieme delle classi di resti modulo n. Si ha quindi
Z
n
= {[0]
n
, [1]
n
, . . . , [n 1]
n
}.
Dimostrazione. Sia x Z; per lalgoritmo della divisione ! q, r Z tali che x = nq +r, con 0 r < n. Si
ha quindi che x r(modn), cio`e [x]
n
= [r]
n
. Daltro canto, due classi [x]
n
, [y]
n
con 0 x < y < n sono
sempre distinte. Infatti se [x]
n
= [y]
n
avremmo x y(modn) cio`e n|(x y). Poich`e x e y sono entrambi
minori di n lunica soluzione `e x y = 0 cio`e x = y.
Osserviamo ora i legami che sussistono tra le operazioni di somma e di prodotto deniti in Z e la relazione
di congruenza modulo n.
Proposizione 42 La relazione di congruenza (modn) `e compatibile con le operazioni di somma e di prodotto
di Z, cio`e se a, b Z da a b(modn) e c d(modn) segue
a + c b + d(modn)
a c b d(modn).
Dimostrazione. Poich`e a b(modn) e c d(modn) esistono h, k Z tali che a b = hn, c d = kn.
Sommando membro a membro otteniamo
(a b) + (c d) = hn + kn
cio`e (a + c) (b + d) = (h + k)n, da cui segue a + c b + d(modn). Analogamente, moltiplicando membro
a membro, si ottiene ac = (b + hn)(d + kn) = bd + (bk + hd + hk)n = ac bd(modn).
Valgono anche le seguenti propriet`a
Proposizione 43 Sia n > 1 e siano a, b, t Z, t 0.
1
Otteniamo la stessa relazione se poniamo a b(modn) k Z tale che b a = kn
9
1) se at bt(modn) e t `e primo con n allora a b(modn) (cio`e si pu` o semplicare, se t ed n sono
coprimi!);
2) se a b(modn) allora n| a n| b.
Dimostrazione. 1) Per ipotesi si ha che at bt = hn e quindi (a b)t = hn. Poich`e M.C.D.(t, n) = 1
segue che n | (a b) e quindi a b(modn).
2) Per ipotesi sia a = nq e a b = hn . Allora b = a nh = nq nh = n(q h) da cui si ha n|b.
Il viceversa segue sfruttando la propriet`a simmetrica della relazione di congruenza e scambiando b con a.
1.8 Un po di nomenclatura.
Sia dato un insieme (non vuoto) nel quale siano introdotte delle operazioni, che possiamo indicare con i
simboli +, , , , , , ....
Rispetto ad una o pi` u di queste operazioni possono valere varie propriet`a (commutativa, associativa, dis-
tributive), possono esistere elementi neutri e/o elementi reciproci, ecc.
Sono particolarmente interessanti i casi delle seguenti strutture:
1) Semigruppo: (S, ): `e un insieme non vuoto dotato di legge di composizione che sia associativa, cio`e
tale che a, b, c S valga luguaglianza (a b) c = a (b c).
2) Monoide: `e un semigruppo in cui esista lelemento neutro, cio`e un elemento u S tale che u a =
a u, a S.
3) Gruppo: `e un monoide G in cui ogni elemento ammetta inverso, cio`e a G a G tale che a a =
a a = u.
4) Gruppo abeliano: `e un gruppo in cui valga la propriet`a commutativa, cio`e a, b G valga luguaglianza
a b = b a.
5) Anello: `e un insieme non vuoto dotato di due leggi di composizione, che possiamo indicare con + e
: (A+, ) che sia gruppo abeliano, rispetto alla somma e sia semigruppo rispetto al prodotto. Devono
inoltre valere le propriet`a distributive, cio`e a, b, c A devono valere le uguaglianze: (a + b)c = ac + bc e
a(b + c) = ab + ac.
6) Campo: `e un anello in cui gli elementi non nulli formano un gruppo abeliano.
Gli insiemi numerici che generalmente si usano sono esempi notevoli:
N , linsieme dei numeri Naturali `e monoide rispetto alla somma e rispetto al prodotto usuale .
Z , linsieme dei numeri Interi relativi `e un anello commutativo rispetto alla somma e al prodotto usuali.
Q, linsieme dei numeri Razionali `e un campo rispetto alla somma e al prodotto.
R, linsieme dei numeri Reali `e un campo rispetto alla somma e al prodotto.
C, linsieme dei numeri Complessi `e un campo rispetto alla somma e al prodotto in esso denito.
1.9 Lanello delle classi di resto modulo n
Se, ssato n 2, consideriamo linsieme delle n classi di resto modulo n, e lo indichiamo con Z
n
, possiamo
introdurre in tale insieme due operazioni inducendole in modo naturale da Z.
Somma di classi di resto: [a]
n
, [b]
n
Z
n
deniamo una somma:
[a]
n
+ [b]
n
= [a + b]
n
e un prodotto
[a]
n
[b]
n
= [ab]
n
Utilizzando le propriet`a riportate nel precedente paragrafo (compatibilit`a della relazione di equivalenza con
le operazioni), si pu`o dimostrare che tali operazioni non dipendono dalla scelta dei rappresentanti delle classi
e che sono associative e commutative.
Inoltre vediamo che la classe [0]
n
`e lelemento neutro rispetto alla somma: infatti [a]
n
Z
n
si ha che
[0]
n
+ [a]
n
= [a]
n
e [a]
n
Z
n
esiste un elemento [ a]
n
(opposto) tale che [a]
n
+[ a]
n
= [0]
n
: basta considerare la classe [a]
n
.
Esiste inoltre lelemento neutro rispetto al prodotto che `e evidentemente la classe [1]
n
.
Valendo anche le propriet`a distributive, possiamo concludere che Z
n
`e un anello commutativo per ogni
n 2.
10
1.10 Il Campo delle classi di resti mod p, con p numero primo.
Tutto quello che `e stato detto per un qualsiasi numero n, continua a velere se n = p cio`e se il modulo `e un
numero primo.
In questo caso per` o abbiamo unaltra propriet`a: ogni elemento (classe) diverso da 0, possiede inverso e quindi
Z
p
risulta essere un campo (nito).
Per vericare che ogni classe [a]
p
= [0]
p
ammette inverso, bisogna vericare che [a]
p
= [0]
p
[x]
p
tale che
[a]
p
[x]
p
= [1]
p
.
Si tratta di trovare soluzione alla equazione (diofantea) di primo grado con coecienti in Z
ax = 1 + kp
cio`e
ax + kp = 1
Abbiamo visto che una tale equazione nelle incognite x e k ha soluzioni (intere ) se e solo se M.C.D.(a, p) = 1.
Essendo p un numero primo e poich`e a non `e un multiplo di p (poich`e per ipotesi [a]
p
= [0]
p
) segue la tesi.
1.11 Criteri di divisibilit`a
Le congruenze modulo n sono strumenti di grande utilit` a nello studio delle propriet`a aritmetiche degli interi.
Ad esempio giocano un ruolo primario nella dimostrazione dei cosiddetti criteri di divisibilit`a. Abbiamo
visto che, dato un intero a > 0, se a = r
h
r
h1
. . . r
1
r
0
si pu`o scrivere
a = r
h
10
h
+ r
h1
10
h1
+ . . . + r
1
10 + r
0
10
0
, r
h
= 0, h 0.
Osserviamo ora che 10 0(mod2); 10 0(mod5); 10 0(mod10), e quindi anche
10
t
0(mod2) 0(mod5) 0(mod10) 0(mod100), t > 1.
Segue che
Criterio 44 Dato un numero
a = r
h
10
h
+ r
h1
10
h1
+ . . . + r
1
10 + r
0
10
0
, r
h
= 0, h 0,
1. a `e divisibile per 2 se e solo se 2|r
0
, cio`e se e solo se lultima cifra r
0
{0, 2, 4, 6, 8}
2. a `e divisibile per 5 se e solo se 5|r
0,
cio`e se e solo se r
0
{0, 5}
3. a `e divisibile per 10 se e solo se r
0
= 0
4. a `e divisibile per 100 se e solo se r
0
= r
1
= 0.
Con ragionamento analogo, osservando che 10 1(mod3) 1(mod9) possiamo concludere che
Criterio 45 Dato un numero a = r
h
10
h
+ r
h1
10
h1
+ . . . + r
1
10 + r
0
10
0
, r
h
= 0, h 0
1. 3|a 3|(r
h
+ r
h1
+ . . . + r
1
+ r
0
)
2. 9|a 9|(r
h
+ r
h1
+ . . . + r
1
+ r
0
),
cio`e 3, (rispettivamente 9), dividono un numero intero a se e solo se 3 (rispettivamente 9) ne dividono
la somma delle cifre.
Criterio 46 Dato un numero a, nelle ipotesi dei precedenti criteri, allora 11|a 11|

h
0
(1)
i
a
i
cio`e,
come noto, un numero `e divisibile per 11 quando, eseguita la somma delle cifre di posto pari e la somma
delle cifre di posto dispari, la dierenza `e un multiplo di 11.
Dimostrazione. Osserviamo che 10 1(mod11) e quindi 10
2
1(mod11), . . . , 10
r
(1)
r
(mod11).
Si ha quindi che
10
t
(1)
t
=

1 se t `e pari
1 se t `edispari
Allora a r
h
(1)
h
+r
h1
(1)
h1
+. . . +r
1
(1)+r
0
(mod11) e quindi 11|a 11|(r
h
(1)
h
+r
h1
(1)
h1
+
. . . + r
1
(1) + r
0
).
Osservazione 47 Si possono enunciare molti altri criteri di divisibilit` a, ma questi presentati sono quelli
pi` u utilizzati perch`e pi` u vantaggiosi.
11
Osservazione 48 Un criterio di divisibilit` a per 2
2
, 2
3
, 2
4
, . . . , 2
n
:
Abbiamo precendetemente osservato che , poich`e 10 0(mod 2), segue che 2| a 2| r
0
.
In modo analogo, poich`e 10
2
0 (mod 2
2
), avremo che 2
2
| a 4|( r
1
10 + r
0
); cio`e un numero `e
divisibile per 4 se (e solo se) lo `e il numero formato dalle due ultime cifre.
Generalizando, poich`e 10
n
0(mod 2
n
), si potr` a dire che un numero a `e divisibile per 2
n
se (e solo se) `e
divisibile per 2
n
il numero formato dalle ultime n cifre, cio`e il numero (r
n
10
n
+ . . . + r
1
10 + r
0
).
Osservazione 49 Un criterio di divisibilit` a per 25.
Con ragionamento analogo a quello usato nellosservazione precedente, si vede che 10
2
0(mod 5
2
) e quindi
un numero `e divisibile per 25 se (e solo se) lo `e il numero formato dalle ultime due cifre.
Osservazione 50 Un criterio di divisibilit` a per 7.
Poich`e il numero
a = r
h
10
h
+ r
h1
10
h1
+ . . . + r
1
10 + r
0
10
0
, (r
h
= 0, h 0)
`e divisibile per 7 se e solo se
[a]
7
= [r
h
10
h
+ r
h1
10
h1
+ . . . + r
1
10 + r
0
10
0
]
7
. = [0]
7
e poich`e valgono le seguenti congruenze
10
0
1 (mod 7), 10
4
3 (mod 7)
10
1
3 (mod 7), 10
5
2 (mod 7)
10
2
2 (mod 7), 10
6
1 (mod 7)
10
3
1 (mod 7)
avremo che
[a]
7
= [a
0
+ 3a
1
+ 2a
2
a
3
3a
4
2a
5
+ a
6
+ ]
7
= [0]
7
e quindi a `e divisibile per 7 se e solo se `e divisibile per 7 il numero
(a
0
+ 3a
1
+ 2a
2
) (a
3
+ 3a
4
+ 2a
5
) + (a
6
+ 3a
7
+ 2a
8
)
Esempio:
Decidere se il numero a = 11188821 `e divisibile per 7.
Usando il criterio sopra esposto, poich`e
(a
0
a
4
+a
7
)+3(a
1
a
5
+a
8
)+2(a
2
a
6
+a
9
) = (18+1)+3(28+1)+2(81+0) = 6+15+14 = 7,
si conclude che il numero dato `e multiplo di 7.
Osservazione 51 Per alcuni criteri si possono dare giusticazioni ( potrebbero anche diventare dimostrazioni)
che e possibile proporre agli studenti della scuola media inferiore.
Divisibilit`a per 3 e per 9.
Esempio 52 Consideriamo il numero 2421 e scriviamolo come somma di potenze di 10, ovvero:
2421 = 2 1000 + 4 100 + 2 10 + 1
poi scriviamo 1000 = 999 + 1; 100 = 99 + 1; 10 = 9 + 1 e sostituiamo:
2421 = 2 (999 + 1) + 4 (99 + 1) + 2 (9 + 1) + 1
usando ora la propriet` a distributiva
2421 = 2 9 111 + 2 + 4 9 11 + 4 + 2 9 + 2 + 1 = 9(222 + 44 + 2) + [2 + 4 + 2 + 1].
Si pu` o concludere che il numero proposto `e divisibile per 3 o per 9 se e solo se `e divisibile per 3 o, rispet-
tivamente, per 9 il numero [2 + 4 + 2 + 1] che corrisponde alla somma delle cifre. In questo caso si deduce
che 2421 `e divisibile per 9 e quindi anche per 3.
Esempio 53 Consideriamo il numero 42015. Ancora possiamo scriverlo
42015 = 4 10000 + 2 1000 + 0 100 + 1 10 + 5 = 4 (9999 + 1) + 2 (999 + 1) + 1 (9 + 1) + 5 =
4 (9 1111) + 4 + 2 (9 111) + 2 + 1 9 + 1 + 5 =
9(4444 + 222 + 1) + [4 + 2 + 1 + 5] = 9k + 12.
Si deduce che 42015 `e divisibile per 3 (e non `e divisibile per 9)
Se invece di un esempio consideriamo un intero scritto in forma polinomiale, si pu` o utilizzare il procedimento
esposto per dare una dimostrazione. Osserviamo pure che con procedimento analogo possiamo giusticare
(e dimostrare) il criterio di divisibilit`a per 2, 4, 5, 10, 100, ecc.
12
Numeri
Se consideriamo linsieme N ={0, 1, 2, 3, ..., n, ...} dei numeri naturali (incluso 0), le
operazioni che possiamo eseguire allinterno di questo insieme sono solo la somma e il
prodotto. Ci`o implica che equazioni di I grado in unincognita x del tipo:
ax b = 0, con a, b N (F)
sono risolubili in N solo in questi casi:
(
a = b = 0
a 6= 0, a divisore di b.
Se vogliamo quindi avere soluzioni per equazioni di tipo (F), dobbiamo estendere
linsieme N. La prima estensione riguarda la possibilit`a di eseguire dierenze e questo
ci porta allinsieme Z dei numeri interi (relativi), ottenuto aggiungendo a N una sua
copia negativa, cio`e Z = {(, n)|n 6= 0, n N} {0} = {n, n N} , dopo aver
identicato 0 con 0. N risulta immerso in Z, una volta identicato n con +n.
- s s s s s s s s s
0 1 -1 2 3 -2 -3 n -n
Anche lavorando in Z per` o abbiamo soluzioni solo per:
(
a = b = 0
a 6= 0, a divisore di b.
Tutto ci` o perch`e neppure in Z siamo in grado di eseguire loperazione che ci serve per
ottenere sempre (tranne quando a = 0 e b 6= 0) una soluzione: la divisione. Per fare
questo, dobbiamo estendere ulteriormente Z, considerando dapprima le frazioni:
n
m
,
con n, m N, m 6= 0. Volendo denire delle operazioni sulle frazioni ed in particolare
la divisione, ci accorgiamo presto che ci sono pi` u (innite) frazioni che rappresentano lo
stesso numero: sono frazioni equivalenti, cio`e frazioni
n
m
,
r
s
tali che ns = mr. Dob-
biamo quindi identicare tutte le frazioni equivalenti, cio`e considerare linsieme delle
classi di equivalenza rispetto a questa relazione di equivalenza tra frazioni (notiamo
che in ogni classe di equivalenza ci sono innite frazioni tutte riconducibili mediante
semplicazione ad una stessa frazione ridotta ai minimi termini, cio`e con numera-
tore e denominatore primi tra loro, frazione che possiamo eleggere a rappresentante
privilegiato). In questo modo otteniamo linsieme Q dei numeri razionali, in cui sono
denite le operazioni di somma, opposto, prodotto, reciproco (questultimo solo per
numeri diversi da 0).
A questo punto abbiamo esteso a sucienza il nostro insieme di partenza per riuscire ad
ottenere sempre (tranne in un caso) una soluzione (in Q) di una qualunque equazione
Un'equazione diIgradoinunincognitaacoecientiinQ(equindiancheinNo in Z)
ax = b, con a, b Q ha:

come soluzione x =
b
a
, se a 6= 0
come soluzione ogni x Q, se a = b = 0
nessuna soluzione, a = 0 e b 6= 0.
Per poter risolvere in Q unequazione del tipo x
2
2 = 0 , dovremmo trovare un
numero razionale
p
q
tale che

p
q
!
2
2 = 0, con p e q che possiamo prendere primi tra
loro. Avremmo allora che

p
q
!
2
= 2
p
2
q
2
= 2 p
2
= 2q
2
p
2
pari p pari, cio`e
p = 2k p
2
= 4k
2
2q
2
= p
2
= 4k
2
q
2
= 2k
2
q
2
pari q pari, il che `e
impossibile, visto che p e q non hanno divisori in comune.
Questa equazione non pu` o quindi avere soluzioni razionali, ma almeno una soluzione
deve pure averla, visto che x rappresenta lipotenusa di un triangolo rettangolo isoscele
di cateto 1, grazie al Teorema di Pitagora: x
2
= (1)
2
+ (1)
2
= 2 :
1
1
Allora dove cercare le soluzioni, se non tra i razionali? Apriamo una breve parentesi:
ogni numero razionale si pu` o scrivere in forma decimale, o nita o illimitata perio-
dica. Esiste per`o una terza possibilit`a: una forma decimale illimitata non periodica,
forma che rappresenta un numero irrazionale. Ci sono inniti numeri irrazionali, tra
cui il famoso ed anche il numero di Nepero e, per esempio tutte le radici di in-
dice n di numeri (positivi, nel caso n pari) che non siano potenze n-sime. Aggiun-
gendo a Q i numeri irrazionali otteniamo linsieme R dei numeri reali. Dal punto di
vista algebrico, in R si possono fare somme, opposti, prodotti, reciproci (di reali non
nulli) ed in pi` u radici, non tutte per` o, visto che, se n `e pari, x
n
0, per ogni x :
(
n pari :
n

x `e denita solo per x 0


n dispari :
n

x `e denita per ogni x


.
Lestrazione di radici ci permette allora di risolvere in R lequazione x
2
2 = 0, in
quanto da x
2
= 2 otteniamo che x =

2.
Polinomi
Unespressione (letterale) `e una scrittura che indica operazioni o funzioni da eseguire
sui numeri o sulle lettere che vi compaiono, dove i numeri appartengono ad un s-
sato insieme (che pensiamo essere quello dei razionali o dei reali) e le lettere rap-
presentano numeri di tale insieme:
x 2
y
cos
2
z + 1
. Unespressione si dice algebrica intera
(fratta) se le operazioni da eseguire sulle lettere sono solo somma, sottrazione, prodotto
(e quoziente) : 3a
2
b
3

2
3
abc
4
,

2v
2
u 3s
3
t
4uv(3ts
2
)
. Quindi in unalgebrica intera possono
comparire solo potenze con esponente positivo, mentre in una fratta possono compari-
re anche quelle con esponente negativo, del tipo a
n
=
1
a
n
.
a
2
2b
3ab
`e unespressione
algebrica fratta, come pure 3a
2
2b
3
c, mentre 3
2
a
3
c +
2bc
2
5
`e algebrica intera.
Si dice monomio (intero) unespressione algebrica (letterale) in cui gurano solo o-
perazioni di prodotto: 3ac
2
(4)b
3

c
2

2
. Un monomio si dice ridotto a forma normale
se si presenta come il prodotto di un unico fattore numerico (detto coeciente) per
la sua parte letterale, in cui ogni lettera presente compare una sola volta con un espo-
nente positivo: 3ab
3
c
4
. Chiaramente ogni monomio si pu` o ridurre in forma normale,
eseguendo i prodotti numerici, e applicando le propriet`a delle potenze. Due monomi
sono uguali quando ridotti in forma normale hanno stesso coeciente e stessa parte
letterale, simili se hanno la stessa parte letterale. Si dice grado di un monomio la
somma degli esponenti delle sue lettere (se non compaiono lettere, ma solo un numero
diverso da 0, si dice di grado 0). Il monomio formato dal solo 0 non ha grado. Si pu` o
denire il prodotto di due monomi qualunque, mentre la somma si pu` o eseguire solo tra
monomi simili. Chiamiamo polinomio una somma di monomi: 3ab, 2a
2
3, 2c3ab, 0
sono tutti polinomi (da notare che consideriamo i monomi come particolari polinomi).
Si dice grado di un polinomio il massimo dei gradi dei monomi che lo compongono
e grado di un polinomio rispetto ad una lettera il massimo esponente con cui quella
lettera compare nei monomi che lo compongono.Tra polinomi sono possibili le ope-
razioni di somma, dierenza e prodotto, che si ottiene dalla somma dei prodotti di
tutti i termini (monomi) di un polinomio per tutti i termini dellaltro polinomio. I
prodotti notevoli (quadrato e cubo di un binomio, quadrato di un polinomio, somma
per dierenza, somma e dierenza di cubi, ect) sono ottenuti attraverso lapplicazione
della denizione di prodotto, seguita da opportune semplicazioni; sono quindi utili da
ricordare per ottenere conti pi` u semplici e per non dover rifare per ogni caso particolare
le semplicazioni che valgono per il caso pi` u generale. Sono regole mnemoniche, ma
non campate per aria, ed utili per fare i conti! Non solo: conoscere i prodotti notevoli
diventa particolarmente importante quando si vuole compiere loperazione opposta
rispetto al prodotto, la scomposizione di un polinomio in fattori : prendere un poli-
nomio e volerlo scrivere sotto forma di un prodotto di due o pi` u fattori e quindi `e utile
quando ci sono da fare quozienti e, se possibile, semplicare. Attenzione alluso di
questa parola: purtroppo con il termine semplicazione si indicano operazioni ben
diverse, che hanno per`o lo stesso eetto, cio`e quello di rendere lespressione data pi` u
semplice. Questo uso genera spesso confusione negli alunni, quindi `e bene specicare
ogni volta il tipo di semplicazione che si esegue ed il perch`e:
(a +b)
2
2ab +b
2
= a
2
+2ab +b
2
2ab +b
2
= a
2
+2b
2
, in quanto 2ab 2ab sono
termini opposti e la loro SOMMA `e 0, quindi non d`a contributo in una somma
(a
2
b
2
) (a b)
a b
=
(a b) (a + b) (a b)
a b
=
(a b) (a + b 1)
a b
= (a + b 1) ,
in quanto a b `e un fattore comune al numeratore e al denominatore e posso can-
cellarlo sia sopra che sotto ottenendo 1 (e non 0!). Bisogna essere molto chiari e
spiegare che questo tipo di semplicazione si pu` o fare solo quando si `e in presenza di
un prodotto sia sopra che sotto: non capita di rado (purtroppo) vedere miei studenti
(I anno Universit`a) che tranquillamente semplicano in questo modo:
a + b
b
= a!
Polinomi in una indeterminata (o incognita)
Sia K un campo (Q, R) ed x una lettera che rappresenta unindeterminata. Allora un
polinomio di grado n a coecienti in K `e unespressione del tipo:
a
n
x
n
+ a
n1
x
n1
+ ... + a
1
x + a
0
, con a
i
K, i = 1, .., n e a
n
6= 0.
Linsieme di tutti i polinomi in x a coecienti in K si indica con K[x]. Da notare il ruolo
profondamente diverso delle lettere in questa espressione: x rappresenta unincognita
(un buco), gli a
i
, detti coecienti del polinomio, sono da pensarsi dati, nel senso che
questa scrittura rappresenta tutti i polinomi di grado n su K, al variare dei coecienti
in K, e ogni assegnazione degli a
i
d`a luogo ad un polinomio: 4x
5
3x
4
+x
2
5 `e un
polinomio di grado 5 con coecienti (4, 3, 0, 1, 0, 5). Quindi un polinomio di grado
n `e individuato dalla n + 1 pla ordinata (a
n
, a
n1
, ..., a
1
, a
0
) e due polinomi dello
stesso grado sono uguali, per denizione, quando hanno coecienti di ugual potenza
uguali: a
n
x
n
+a
n1
x
n1
+... +a
1
x+a
0
= b
n
x
n
+b
n1
x
n1
+... +b
1
x+b
0
a
i
= b
i
,
i = 1, .., n (polinomi di diverso grado non possono essere uguali).
Le operazioni di somma e prodotto indicate prima per polinomi generici valgono ovvia-
mente anche per polinomi in K[x], con semplicazioni di calcolo dovuti alla forma
pi` u semplice: la somma, per esempio, tra un polinomio di grado n ed uno di grado
m, dove m n, si ottiene sommando i coecienti di potenze di ugual grado no
a grado n e lasciando invariate quelli del polinomio di grado maggiore da n + 1 a
m.

3x
5
2x
3
+ x 7

+

3x
3
x
2
+ 2x + 5

= 3x
5
+ x
3
x
2
+ 3x 2. Per il
prodotto possiamo notare che un polinomio in x di grado n moltiplicato per uno di
grado m d`a luogo ad un polinomio di grado n + m. Come per i numeri interi, non
`e ovunque denita una operazione di divisione:
x
2
2x
x+1
non d`a luogo ad un polinomio
intero (mentre
x
2
2x
x2
si!). Nel caso di polinomi in unincognita esiste un algoritmo di
divisione del tutto analogo a quello tra interi che permette di dimostrare che, dati due
polinomi f(x) e g(x), se il gr(f) gr(g), allora esistono due polinomi q(x) e r(x), detti
rispettivamente quoziente e resto tali che f(x) = g(x) q(x) +r(x), con gr(r)< gr(g),
oppure r(x) = 0. In questultimo caso, cio`e quando il resto `e nullo, si dice che f(x) `e
divisibile per g(x) o che g(x) `e un divisore di f(x) e vale allora che f(x) = g(x) q(x)
(e allora anche q(x) `e divisore).
Caso semplice si ottiene quando si divide per un polinomio di I grado, del tipo x .
In questo caso, c`e un teorema (Teorema del resto) che ci permette di conoscere il
resto di tale divisione senza eseguirla:
Il resto della divisione del polinomio f(x) per x coincide con il valore f().
Infatti f(x) = (x ) q(x) + r e quindi f() = ( ) q() + r = 0 + r = r.
Se chiamiamo radice in K di f(x) K[x] un numero K tale che f() = 0, (per
cui `e radice del polinomio f(x) se e solo `e soluzione della equazione algebrica
f(x) = 0) otteniamo come corollario che
Il numero `e radice del polinomio f(x) se e solo f(x) `e divisibile per x .
Se un polinomio ha radici e , sar`a divisibile per (x ) e per (x ) , quindi
per (x ) (x ). Quindi se
1
,
2
, ....,
k
sono k radici distinte di un polinomio
f(x), allora (x
1
) (x
2
) ....

x
k

, che ha grado k, divide f(x) e quindi


gr(f) k. Come conseguenza immediata otteniamo che:
Un polinomio di grado n non pu` o avere pi` u di n radici distinte.

[In Q ed in R ci sono polinomi che non ammettono radici razionali o reali: x


2
+ 1 ne `e il pi` u classico
esempio. In realt`a si pu` o estendere R al campo C dei numeri complessi, in cui vale il seguente:
Teorema fondamentale dellalgebra. Ogni polinomio di grado n a coecienti in C ha in C n radici
(ognuna contata con la propria molteplicit`a).]
Consideriamo ora un polinomio f(x) R[x] di grado n, cio`e con coecienti reali.
Ci interessa sapere se ha delle radici reali ed, in tal caso, quante e, come obiet-
tivo massimale, quali. Il problema `e completamente risolto nel caso di n = 2, dove
sappiamo esistere una formula risolutiva per unequazione di II grado ad unincognita
a coecienti in R del tipo
ax
2
+ bx + c = 0 ()
con a 6= 0, (altrimenti si torna al caso di I grado). Se vale la condizione b
2
4ac 0 () ,
si ottiene la ben nota formula risolutiva x
1,2
=
b
q
b
2
4ac
2a
.
[Infatti, questa equazione pu` o essere scritta attraverso un semplice completamento di quadrati come:
ax
2
+bx + c = a(x
2
+
b
a
x+
c
a
) = a

x
2
+
b
a
x+

b
2a

b
2a

2
+
c
a

=
a

x+
b
2a

b
2
4ac
4a
2

= 0

x+
b
2a

2
=
b
2
4ac
4a
2
La prima osservazione da farsi `e che se cerchiamo soluzioni reali,
b
2
4ac
4a
2
deve necessariamente essere
positivo o nullo, in quanto il quadrato di un qualunque reale `e positivo o nullo. Otteniamo quindi una
condizione per avere soluzioni reali: b
2
4ac 0 () . Una volta vericatesi questa condizione,
per risolvere lequazione abbiamo bisogno di estrarre radice quadrata, che nel campo reale si pu` o fare,
a patto che il radicando sia positivo o nullo, cosa vera grazie a (): x +
b
2a
=
r
b
2
4ac
4a
2

x =
b

b
2
4ac
2a
R.]
Cosa succede quando il grado del polinomio cresce? Per quanto riguarda il grado 3,
c`e una formula dovuta a Cardano che permette di trovare le soluzioni di unequazione
di terzo grado:
x =
3
v
u
u
t

q
2
+
s
q
2
4
+
p
3
27
+
3
v
u
u
t

q
2

s
q
2
4
+
p
3
27
.
Per il quarto grado abbiamo una formula analoga, anche se ancora pi` u complicata, che
esprime le soluzioni per mezzo di radicali. Da notare che, se il metodo per risolvere le
equazioni di 2
o
grado era noto gi`a agli antichi greci, per arrivare a queste formule si `e
dovuto aspettare no al XVI secolo. E per i successivi tre secoli si `e cercato di trovare
formule analoghe esprimenti le radici di un polinomio di grado 5 mediante (somma,
prodotto, quoziente e) radicali dei suoi coecienti, no a quando, intorno al 1820, Abel
dimostr`o che non pu` o esistere una tale formula per un generico polinomio di grado
n 5. In altri termini Abel dimostr`o che un generico polinomio di grado n 5 non `e
risolubile per radicali (come invece accade per i polinomi di grado inferiore). Questo
non vuol dire che per particolari polinomi ci` o non possa accadere, ma solo che non vale
per tutti. Dopo una decina danni, Galois trov` o una completa caratterizzazione delle
condizioni a cui devono soddisfare polinomi di grado n 5 per essere risolubili per
radicali, trovando esplicitamente polinomi che non possono essere risolti per radicali
(come ad esempio, x
5
4x2 : in tal caso, si possono trovare soluzioni approssimate,
mediante vari algoritmi numerici ed analitici, in questo caso x ' 1. 24, 0. 51, 1. 52).
Il lavoro di Galois (morto in un duello a soli 21 anni) fu fondamentale per la nascita e
lo sviluppo dellalgebra moderna, ma questa `e unaltra storia.
Equazioni
Abbiamo visto il caso delle equazioni (od algebriche intere) in unincognita. Ma cos`e
unequazione? In modo molto generale, possiamo dire che unequazione `e unuguaglianza
tra due espressioni che contengono una o pi` u incognite, che rappresentano elementi
(allinzio sconosciuti) in un certo insieme che, una volta determinati (sempre che es-
istano) e sostituiti nellequazione, soddisfano luguaglianza tra le due espressioni date.
In particolare, se le espressioni che compaiono in questa uguaglianza sono polinomi
interi, avremo a che fare con equazioni algebriche; se le incognite che compaiono sono
x
1
, x
2
, ..., x
n
avremo a che fare con equazioni in x
1
, x
2
, ..., x
n
. Da notare che se nelle
espressioni compaiono pi` u lettere, bisogna specicare a priori quali sono le incognite
e quali fungono da parametro o coeciente. Ad esempio, luguaglianza che d`a larea
A di un rettangolo di base b e altezza h, data da A = b h, diventa unequazione
nellincognita A se conosciamo b e h, mentre `e unequazione in b, se conosciamo A
e h. (perch`e quindi dover sempre imparare le cosiddette formule inverse, una o pi` u
duna per ogni formula diretta, quando si pu` o imparare una volta per tutte a risolvere
le equazioni?). Da qui limportanza di non dare peso al nome delle incognite, ma
alla sostanza, cio`e al fatto che le incognite rappresentano dei vuoti che si cerca di
riempire con elementi di un dato insieme in cui si cercano le soluzioni e di solito tale
insieme dipende dal problema. Per esempio se vogliamo sapere quante arance ha man-
giato Mario, sapendo che in totale erano 12 e che Giovanni ne ha mangiate il doppio
di Mario,indicando con x il numero di arance mangiate da Mario, necessariamente la
soluzione del problema x + 2x = 12 va ricercata in N, visto che si richiede un nu-
mero intero. In tal senso la soluzione del problema predente partendo da 10 arance
in totale non ha soluzioni in N, ma solo in Q, visto che la soluzione diventa x =
10
3
(soluzione che diventa accettabile per il nostro problema solo se pensiamo di riuscire a
dividere unarancia in tre parti uguali!). Data quindi unequazione, sostituendo al posto
delle incognite numeri appartenenti ad un dato insieme, si ottiene unuguaglianza tra
due numeri che pu` o risultare vera o falsa. Si chiama soluzione in K di unequazione
in x
1
, x
2
, ..., x
n
una n pla di numeri (k
1
, k
2
, ..., k
n
) K
n
che, sostituiti (con or-
dine!) nellequazione si ottenga unuguaglianza numerica vera, cio`e tali da vericare
(o soddisfare) lequazione. Risolvere in K = N, Z, Q, R unequazione nelle incognite
x
1
, x
2
, ..., x
n
signica trovare soluzioni dellequazione che appartengono a K. Ci sono
vari casi :
1) Se non esistono soluzioni che appartengono a K, lequazione `e impossibile in K,
mentre, se non esistono soluzioni in alcun insieme, lequazione si dir`a impossibile.
x+3 = 0, 2x+3y+2 = 0 sono impossibili in N, ma non in Z, mentre (x + 1)
2
= x
2
+2x
`e impossibile in ogni insieme.
2) Se esistono soluzioni che appartengono a K, lequazione si dice risolubile in K. In
particolare si dir`a determinata, se ammette un numero nito di soluzioni, indeterminata
se ne ammette un numero innito. x + 3 = 0, 2x + 3y = 0 sono rispettivamente
determinata ed indeterminata in Z.
3) Se lequazione in x
1
, x
2
, ..., x
n
viene vericata da qualunque n pla di numeri
(k
1
, k
2
, ..., k
n
) reali, si dir`a unidentit`a: (x + y)
2
= x
2
+ 2xy + y
2
, x = x, 0x
3
= 0,
sono tutti esempi di identit`a.
Attenzione a non confondere le equazioni indeterminate con le equazioni identiche, in
quanto nel caso algebrico ad unincognita vanno a coincidere, ma con pi` u incognite
sono ben diverse:
2x + 3y = 0 ha innite soluzioni, tutte le coppie del tipo (3k, 2k), ma non `e
unidentit`a: (1, 3) non la soddisfa!
Risoluzione di equazioni
Per risolvere equazioni, si cerca di ridurre lequazione data ad unequazione pi` u sem-
plice, ma equivalente a quella di partenza, cio`e che abbia le stesse soluzioni. Per
ottenere ci` o, si utilizzano i famosi principi di equivalenza, che si possono enunciare
in varie forme:
I Principio di equivalenza: aggiungendo o sottraendo uno stesso numero ad entrambi
i membri di unequazione, si ottiene unequazione equivalente alla data.
II Principio di equivalenza: moltiplicando o dividendo per uno stesso numero diverso
da zero entrambi i membri di unequazione, si ottiene unequazione equivalente alla
data.
Oppure:
I Principio di equivalenza: aggiungendo o sottraendo una stessa espressione ad en-
trambi i membri di unequazione, si ottiene unequazione equivalente alla data.
In questo caso non ci sono problemi solo lespressione che si aggiunge o si toglie non
modica il campo di variabilit`a delle incognite che compaiono nellequazione data:
2x + 1 =
x
3
4 NON `e equivalente a 2x + 1 +

x =
x
3
4 +

x, in quanto lunica
soluzione (x = 3) della prima non appartiene al campo di variabilit`a dellincognita
della seconda (x 0). Ovviamente questo problema non sussiste se lespressione da
aggiungere e togliere `e un polinomio intero (dove lincognita varia su tutto il campo).
A maggior ragione nascono problemi se esprimiamo il II Principio di equivalenza in
modo analogo:
Moltiplicando o dividendo per una stessa espressione diversa da zero ad entrambi i
membri di unequazione, si ottiene unequazione equivalente alla data.
x2 = 1 NON `e equivalente a (x 2) (x + 2) = x+2,perche la seconda ha la radice
x = 2, assente nella prima. Si `e infatti moltiplicato per il fattore C = x + 2, che si
annulla per x = 2.
2x = 4 ammette la soluzione x = 2 mentre lequazione 2x

x 3 = 4

x 3 non
ammette soluzioni.
Per quanto riguarda la trattazione delle equazioni di I grado, intere o fratte, per non
correre rischi baster`a usare il I principio nella seconda forma (serve anche aggiungere o
togliere monomi del tipo kx) ed il II nella prima (serve solo dividere per il coeciente
dellincognita, quando diverso da zero).
Problemi da risolvere con equazioni
A parte la ovvia osservazione che sarebbe opportuno partire da problemi concreti proprio
per introdurre le equazioni, ovviamente si possono (e si devono) riprendere dopo aver
svolto la parte relativa alla risoluzione delle equazioni. Attenzione comunque alla scelta
dei problemi, soprattutto quelli introduttivi.
Problema 1. Gianni ha 3 anni e suo padre 25. Tra quanti anni let`a del padre sar`a il
triplo di quella del glio?
Problema 2. Due fratelli hanno complessivamente 28 anni. Qual `e let`a di ciascuno
dei due fratelli, se gli anni del minore sono i 3/4 di quelli del maggiore?
Questi 2 problemi presentano aspetti dierenti: nel primo caso c`e solo un dato inco-
gnito, il numero di anni necessario anche venga vericata lunica condizione richiesta:
let`a del padre diventi il triplo di quella del glio. Chiamando x (o anche n, visto che
stiamo cercando un numero intero) tale dato incognito, otterremo immediatamente
lequazione risolutiva, cio`e: (x +25) = 3 (3 + x),cio`e x = 8. Nel secondo caso ci sono
2 dati incogniti, let`a del minore, x, e let`a del maggiore, y, che sono legati da due
condizioni, che devono valere contemporaneamente, cio`e x+y = 28 e x =
3
4
y. Quindi
siamo di fronte ad un sistema di due equazioni in due incognite:
(
x + y = 28
x =
3
4
y
, che
ovviamente ha come immediata equazione risolutiva unequazione in una sola incognita
(che pu`o essere sia x che y)
3
4
y + y = 28, da cui y = 16 e sostituendo nella seconda
equazione risolviamo x =
3
4
16 = 12.
Concettualmente i due problemi sono molto diversi e come tali devono essere proposti
agli alunni. In realt`a i libri di testo sono pieni di tali problemi, ma non trattano
assolutamente i sistemi due equazioni in due incognite!

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