Vico Acitillo 124 - Poetry Wave Vico Acitillo 124 - Poetry Wave www.vicoacitillo.it mc7980@mclink.it Napoli, 2004 La manipolazione e/o la riproduzione (totale o parziale) e/o la diffusione telematica di questopera sono consentite a singoli o comunque a soggettinon costituiti come imprese di carattere editoriale, cinematografico o radio-televisivo. 1 L'Iliade d'Omero tradotta in veneziano da Giacomo Casanova
di Carlo Odo Pavese
Giacomo Casanova, come noto, fece due traduzioni, o per meglio dire rifacimenti, dell'Iliade, ambedue in ottava rima, una in toscano, come egli sempre dice, comprendente diciotto Canti, di cui diciassette furono da lui pubblicati in tre tomi a Venezia negli anni 1775-78, e una in veneziano, comprendente otto Canti, che rimasta finora inedita, forse trascurata a causa della lingua, a parte i due primi Canti, che furono recentemente pubblicati, per cos dire in anteprima, in due volumi a Venezia nel 1997 e nel 1998. Gli otto canti dell'Iliade in veneziano sono tramandati nel manoscritto autografo U 25, fascicoli 1-7. L'autografo conservato nel fondo da Casanova lasciato al Conte di Waldstein nel Castello di Dux, ora nazionalizzato e custodito nell'Archivio di Stato di Praga. Inoltre, tre testi attinenti al poema sono tramandati nell'autografo U 16a/26: lo Aviso al lettore, concepito per l'Iliade in veneziano, i titoli e gli argomenti in versi italiani di tutti i ventiquattro Canti, che furono composti a quanto pare per l'Iliade in italiano e di cui otto furono utilizzati anche per quella in veneziano. Carlo Odo Pavese ha curato la prima edizione critica completa dell'inedito casanoviano: essa si compone della Prefazione e della Introduzione da lui scritte, degli otto canti del poema e dei tre testi attinenti al poema, scritti dalla penna di Giacomo Casanova. A varie riprese il curatore ha collazionato gli autografi sopra citati, fondandosi sulla fotocopia e sull'autopsia degli stessi. Egli ha cos potuto restituire, rispetto alla prima trascrizione, circa un migliaio di lezioni, varianti e note d'autore, recuperando intere frasi e brani mancanti, e fare inoltre alcune osservazioni sulla datazione e sulla composizione del poema. La Introduzione disposta in vari capitoli: Descrizione del manoscritto, Contenuto del poema, Datazione del poema, Lezioni del manoscritto, Grafia, Fonetica, Morfologia, Sintassi, e infine un ampio capitolo intitolato Stile. Ogni capitolo articolato in varie sezioni. I capitoli hanno forma di note puntuali a loci selecti, che sono discussi in ordine di testo, affinch possano dare al lettore una pi concreta idea del testo ed essere all'occorrenza consultati come un commentario continuo al poema.
2 L'opera di C. , pi che una traduzione, un rifacimento dell'Iliade in veneziano. La forma metrica prescelta l'ottava rima, perch pi gradevole e armoniosa del verso sciolto. Era stata usata per tradurre l'Iliade in italiano fra gli altri da Dolce (Venezia 1570), Tebaldi (1620), Malipiero (Venezia 1642), Bozoli (1769). Altri, tra cui Salvini (1723), Ridolfi (Venezia 1776), Cesarotti (Padova 1795), usarono l'endecasillabo sciolto. L'Iliade vi appare completamente travestita in veneziano. L'A. traduce il poema non solo nella lingua, ma anche nello spirito e nel costume veneziano. In ci sta l'originalit e il pregio della sua creazione: egli ne fa quasi un poema nuovo e veneziano. Se ci che fa grande un poeta la facolt di dominare gli strumenti dell'arte, cio i mezzi metrici, linguistici e stilistici, e di esprimere con quelli un mondo di valori e una visione del mondo a lui propria, l'opera del Nostro si pu ben dire deve nel suo genere essere considerata, sia per la mole (1157 ottave) sia per la qualit, come un capolavoro, o almeno come un cospicuo monumento, rimasto finora ignorato, della poesia e della letteratura veneta e in particolare veneziana. La versione veneziana , a parere del curatore, migliore, pi fluente e armoniosa, pi eloquente ed espressiva, della traduzione italiana. Il suo naturale temperamento dispone il Nostro a simpatizzare per i valori del mondo eroico: i valori quali il senso di onore, di conquista, di avventura (in ogni campo, anche amoroso), intesi con una certa dose di candore e d'ingenuit, gli sono almeno tendenzialmente congeniali. Lungi dall'esprimerli col cinismo che certe fittizie rese moderne gli attribuiscono, egli li interpreta piuttosto, stando almeno al dettato della Vita, col buon senso dell'uomo di mondo e con la bonariet propria della civilt veneziana. In generale l'A. stempera e distende, dove pi dove meno, il racconto dei fatti, dispiegando il testo per renderlo meglio comprensibile al lettore moderno ed elaborandolo con interventi improntati a garbato moralismo, modernismo e colloquialismo. Rispetto alla semplice e sublime distinzione della dizione epica, l'A. amplifica e colorisce, moralizza e modernizza il testo omerico. Lo rende in tono patetico e moralistico, talora anche filantropico o umanitario. Aggiunge insomma, aristotelicamente parlando, pa@qov ed hqov al mu^qov. Egli introduce intere scene e connotazioni di scene, che non sono nel testo. Lo rende spesso con veneziana grazia, bonomia e buonsenso, lo lumeggia talora secondo un gusto improntato allo zelo del diletto Ariosto. Egli rende Omero come lo comprende, e cos facendo lo rende comprensibile e godibile al pubblico dei suoi tempi. Come la dizione epica, pi o meno formulare, si pu dire che poeti in un certo senso per Omero, cos la lingua veneta, o, se si preferisce, il dialetto 3 veneziano, infonde il suo spirito nella creazione casanoviana: in qualche modo l'A. costretto a esprimersi con la sorridente grazia e bonomia connaturata alla sua lingua. Talora pu perfino sembrare che egli assuma un tono parodico. Ma questo non generalmente il caso: non tanto l'A. quanto la lingua da lui usata a non prendere troppo sul serio le eroiche gesta narrate. Sarebbe stato infatti difficile assumere in veneziano un tono uniformemente serio ed elevato, come in greco e come si poteva in toscano, sicch egli naturalmente indotto a trattare i personaggi e le loro gesta con garbata bonariet. Il Nostro fa nel complesso opera creativa e originale. Si pu dire che egli ricrei il poema omerico, cio in sostanza crei uno stile e un poema affatto nuovi. La sua opera nuova dal punto di vista dello stile e dell'invenzione, perch da una parte l'Iliade in s e per s metteva a dura prova qualsiasi tentativo di traduzione e d'altra parte non v'erano precedenti di versioni veneziane o generalmente dialettali, se non la versione napoletana di Nicol Capasso, che per essere napoletana e dichiaratamente parodica era assai lontana dalle intenzioni artistiche del Nostro. La sua Iliade davvero voltata in veneziano, non solo nella lingua, ma anche nello spirito e nei contenuti. Probabilmente egli leggeva un luogo per intero, lo comprendeva nel suo complesso, lo elaborava nella mente e poi lo rendeva secondo il suo gusto, che era ovviamente anche il gusto del suo tempo. Malgrado egli sostenga nel Proemio che il buon traduttore non deve tralasciare alcuna parte di testo, bisogna pur riconoscere le difficolt di una tale impresa. I segni di stanchezza sono, tutto sommato, relativamente rari, v. p. es. XI 25, 29, 34, 35, ottave un po' incerte, in particolare per la sintassi e per l'interpunzione. Dopo la met del '700, per influenza dell'incipiente neo-classicismo, si diffuse la voga di Omero. Al contrario di ora, l'Iliade era pi spesso tradotta dell'Odissea. Il Conte Paolo Brazolo Milizia si suicid sotto un albero nella campagna padovana (1769), a detta del Foscolo, per non essere riuscito in undici traduzioni a a rendere l'armonia dei versi omerici (e ci non meraviglia).