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Johan & Levi editore, 2010

Petala
aurea
Lamine di ambito bizantino e longobardo
dalla Collezione Rovati

A cura di Marco Sannazaro e Caterina Giostra

Johan & Levi editore, 2010

Petala Aurea
Lamine di ambito bizantino e longobardo
da una collezione privata monzese
Cappella della Villa Reale di Monza
15 dicembre 2010/16 gennaio 2011

Assessorat o
alla Cult ura

Mostra promossa da
Comune di Monza
Assessorato alla Cultura
Sindaco
Marco Mariani
Assessore alla Cultura
Alfonso Di Lio
Dirigente Settore Cultura
Laura Brambilla
Responsabile Servizio Attivit e Beni
Culturali
Elda Paleari
Responsabile Uicio Beni Culturali
Dario Porta
Responsabile Uicio Mostre
Cinzia Ercoli

Progetto della mostra


Giovanna Forlanelli
Curatore
Marco Meneguzzo
Comitato scientiico
Marco Sannazaro, Caterina Giostra

Si ringraziano:
Ornella Cereda, Monica Lofredo,
Micaela Acquistapace, Alessandra Ratti,
Gabriella Villa, studio Consuline.

Allestimento
Progetto
Marco Ferreri
Realizzazione
Metea Srl
Comunicazione/Immagine
Progetto graico
Silvia Gherra
Stampa
Vigraica, Monza
Uicio stampa
Clarart
Servizio guardiania
copat, Torino

In partecipazione con Consorzio


Villa Reale e Parco di Monza
Consiglio di Gestione
Marco Mariani, Maria Antonietta
Crippa, Tino Cennamo
Direttore Generale
Pietro Petraroia
Comunicazione e Promozione
Corrado Beretta

Catalogo
Johan & Levi editore
A cura di
Marco Sannazaro, Caterina Giostra
Fotograie della collezione
Marco Moscadelli

Con il contributo di

Media partner

Johan & Levi editore, 2010

Sommario

Le motivazioni di un collezionista Luigi Rovati

Le ragioni di unesposizione Marco Sannazaro

11

Considerazioni di un critico darte contemporanea Marco Meneguzzo

15

La collezione

19

Studi
Le brattee auree: pluralit di utilizzo Marco Sannazaro

117

Le croci in lamina doro: origine, signiicato e funzione Caterina Giostra

129

Temi iconograici: la croce, Cristo, limperatore Marco Sannazaro

141

La lavorazione delle lamine auree Caterina Giostra

151

Analisi xrf Letizia Bonizzoni, Mario Milazzo

159

Considerazioni conclusive Caterina Giostra, Marco Sannazaro

169

Schede

175

Tavola sinottica

225

Glossario

231

Bibliograia

233

Johan & Levi editore, 2010

Johan & Levi editore, 2010

Le croci in lamina doro: origine, signiicato


e funzione
Caterina Giostra

In concomitanza con larrivo dei Longobardi in Italia, soprattutto nelle regioni del Regnum, nelle sepolture compaiono improvvisamente croci in lamina doro. Rinvenute in corrispondenza del volto o del
busto dellinumato, si ritiene che esse fossero cucite al sudario mediante i forellini presenti alle estremit.
Le inumazioni interessate dalla presenza di questi preziosi simboli sono sia maschili che femminili e, in
minor misura, anche infantili, di livello di ricchezza medioalto1; i ritrovamenti provengono sia da contesti
urbani che rurali e castrensi, non solo da sepolture legate a luoghi di culto cristiani, ma anche dalle ampie necropoli aperte e dai piccoli nuclei funerari nobiliari. La difusione risulta piuttosto rapida in dalle
prime generazioni longobarde stanziate nella penisola e capillare, interessando anche i territori pi marginali; tuttavia, la massima concentrazione di crocette auree si registra nellattuale Lombardia (circa novanta esemplari) e in alcune particolari localit come Cividale del Friuli, prima sede di ducato e sito con
il maggior numero di ritrovamenti longobardi, e Nocera Umbra, dove stata riportata alla luce unestesa
necropoli (entrambe con almeno trenta attestazioni)2.
Si tratta di manufatti che, pur presentando lievi varianti morfologiche e una gamma piuttosto ampia
di stili ornamentali, costituiscono una tipologia coerente e ben caratterizzata per dimensioni mediopiccole, sagoma prevalente a croce greca, decorazione a sbalzo o supericie liscia e forellini perimetrali,
con una marcata visibilit archeologica soprattutto in Italia centrosettentrionale3. Pur non potendo
costituire un indicatore etnico, la frequente associazione a corredi darmi o monili di tradizione germanica, nonch lampia difusione di attestazioni nella Langobardia, rimandano allambiente culturale
longobardo (o longobardizzato). Anche in Italia meridionale (Langobardia Minor e qualche area rima129

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sta sotto il controllo bizantino) e persino in Sardegna si registra la presenza di questa consuetudine funeraria; tuttavia, accanto alle attestazioni pi canoniche (per esempio alcune da Benevento) ve ne sono
una quindicina in lamina dargento e qualche altra, pi sporadica, in rame o bronzo e anche in ferro
(complessivamente, pi della met degli esemplari noti da queste aree). Inoltre, piuttosto frequente la
sagoma a croce astile, priva di forellini marginali, assente nelle regioni centrosettentrionali (ig. 18)4. In
questi casi, che non possono essere datati puntualmente e quindi non se ne pu veriicare leventuale
priorit rispetto a quelle longobarde, possibile che luso della croce derivi dalla gi difusa volont di
connotare in senso cristiano la sepoltura, con croci variamente rappresentate fra le oferte o sullinvolucro funebre5. Le possibili reciproche inluenze fra i due gruppi di crocette restano al momento di
diicile deinizione6.
Il consistente fenomeno di ambito longobardo trova un signiicativo parallelo oltralpe, soprattutto nellattuale Germania meridionale, presso popolazioni di stadio culturale aine, anche qui a partire dal tardo
vi secolo. Le sepolture, in gran parte alamanne e in minor misura bavare, hanno restituito poco pi di
un centinaio di crocette, quasi esclusivamente auree e con caratteristiche intrinseche al manufatto e

18.

di contesto decisamente confrontabili con quelle nord e centro-italiche. Tali somiglianze indicano un
sicuro rapporto di inluenza cultuale che dallItalia passa le Alpi in direzione nord, nellambito di intensi
rapporti di varia natura (culturali, economici, diplomatici) e di un parallelo processo di cristianizzazione
di questi gruppi barbarici7.
Le crocette longobarde non trovano invece nessun precedente nellultima sede di stanziamento dei Longobardi prima della migrazione in Italia, la Pannonia. I pochi reperti ungheresi, infatti, in bronzo, argento
o argento dorato decorati da semplici perlinature lineari o lisci, provengono da contesti di et vara8. Dotati di ampi fori per il issaggio mediante chiodini, essi sono stati rinvenuti anche in coppia nella stessa
sepoltura, luno sul capo e laltro ai piedi del defunto, con resti di legno sui chiodi: in questo caso dunque,
si supposto che le lamine cruciformi fossero issate sul coperchio della bara lignea.
Anche il gruppo di brattee cruciformi della collezione Rovati, nonostante non siano noti i contesti di rinvenimento, per caratteristiche morfologiche e stilistiche pu agevolmente essere ricondotto al tipo difuso nelle sepolture della penisola (per lo pi di ambito longobardo) o germaniche transalpine.
Oltre alle crocette di tipo funerario sono note altre lamine auree cruciformi: le croci votive. Alcune
provengono dal Mediterraneo orientale e vengono attribuite al vi-vii secolo. Quasi tutte prive di decorazione e dotate di fori alle quattro estremit, esse sono percorse da iscrizioni greche che veicolano
preghiere sia in soccorso dei vivi che in sufragio dei morti (ig. 19)9. In mancanza di dati sul contesto di

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Le croci in lamina doro: origine, signiicato e funzione

rinvenimento, ci si chiesti se esse fossero tutte depositate nelle chiese, magari applicate su tessuti, o se
venissero trattenute dai fedeli a ricordo dei pellegrinaggi e a volte deposte nelle sepolture, per le propriet curative o proilattiche e salviiche a esse attribuite10.
Altre crocette votive provengono dalla Spagna visigota: il tesoro di Torredonjimno (Jan) comprendeva
numerose croci in semplice lamina doro a forma greca o latina, prevalentemente lisce, pi raramente
recanti castoni, perlinature o motivi a stampo e iscrizioni di contenuto votivo (ig. 20); lungo il margine
superiore un foro con gancio o un appiccagnolo erano funzionali alla loro sospensione, testimoniandoci
che dovevano essere appese, mentre altri fori o appiccagnoli al di sotto dei bracci orizzontali e lungo il
margine inferiore dovevano servire per i pendenti. Linsieme di reperti, del vii secolo, stato interpretato
come parte dellarredo liturgico (verosimilmente oferto da un donatore) e degli oggetti votivi di una
chiesa, occultati in un momento di pericolo come potrebbe essere stata linvasione araba11. Nel Liber
Ordinum, uninteressante fonte medievale spagnola che riporta la liturgia locale della cerimonia per la
dedicazione delle croci oferte, alla formula impiegata nel caso di croci semplici si aggiunge una descrizione qualora i simboli siano impreziositi da gemme: la circostanza ci permette di equiparare nella funzione le crocette lisce e quelle impreziosite da gemme, pi frequenti nei tesori liturgici e spesso sospese
20.

alle corone votive12.


Crocette pendenti datate ai secoli vi-viii sono state recuperate anche durante scavi efettuati allinterno
di chiese di area transalpina e balcanica; in lamina doro o dargento, esse recano un unico foro lungo il
margine superiore, al quale spessono ancora agganciati la catenella o il gancio di sospensione13.
Tra queste, una croce in argento con foro e gancio e con la scritta Petrus Votum Solvit stata ritrovata
allinterno di una capsella argentea nella chiesa di San Pietro in Vincoli, a Barat presso Kanfanar (Istria),
entrambe ritenute di ine vi-vii secolo. La croce pendente argentea decorata con incisioni geometriche
di ipulji, Flur Crkvina presso Bugojno (Bosnia) proviene da una tomba allinterno di una chiesa ediicata nel vi secolo, segnalando cos la possibile destinazione funeraria di manufatti in origine destinati
alla sospensione14. Alla luce di tali attestazioni possibile che anche qualche esemplare italiano inserito
nel novero delle crocette funerarie longobarde, ma privo di dati sul contesto di ritrovamento e dotato
di un solo foro in alto, quando non anche del gancio di sospensione (come le crocette da Belluno e da
harros, in Sardegna, entrambe conservate al British Museum di Londra) fosse sospeso in chiesa e non
deposto nelle sepolture15.
Anche la croce in lamina aurea con castoni consunti e privi di gemme ritrovata sul petto di un inumato
nella cattedrale di Benevento verosimilmente da ritenere una croce in origine votiva per dimensioni
(19,5 14,5 cm), presenza degli appiccagnoli per la sospensione del reperto e per laggancio di pendenti

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ai bracci; la croce fu poi riusata per la deposizione, rilesso di una almeno occasionale interferenza fra i
due ambiti votivo e funerario16.
Dal quadro dei ritrovamenti di croci in lamina appena tracciato emerge una certa variet di fenomeni,
che possono presentare tratti formali comuni e dare adito a qualche interferenza nelluso, quando non
assommare pi signiicati. Su questo sfondo, la comparsa delle crocette longobarde pu aver visto il
concorso di vari spunti formali, tecnici e devozionali, senza che al momento sia possibile, a mio avviso,
quantiicare il peso di ciascuno: la volont difusa fra le comunit cristianizzate di sostrato di connotare materialmente con il segno della croce il sentimento di piet per i defunti in una dimensione salviica (peraltro ancora poco documentata in Italia settentrionale); le croci votive, espressione di devozione
e di richiesta dintercessione17; la grande familiarit con le brattee, gi note alla tradizione artigianale
germanica e largamente impiegate nella penisola in svariati ambiti (a cominciare da quello ecclesiastico), come prova la stessa collezione Rovati. La vicinanza ad altre lamine impresse peraltro confermata
dallimpiego, in qualche caso, dello stesso motivo sbalzato: questo il caso cividalese con intreccio continuo antropomorfo delle crocette da Santo Stefano (tombe 11 e 12) presente anche sulle guarnizioni in
lamina dargento per recipiente ligneo da San Mauro (tomba 41)18. Analogamente il volto umano riprodotto sulla crocetta proveniente da Pavia in tutto simile a quello sbalzato sulla croce della collezione
Rovati numero 19 (ig. 21) e si ritiene impresso con lo stesso modano sulla lamina di bronzo della ibbia
di cintura dalla tomba 107 di Saig (Kr. Mayen-Koblenz)19.
Il problema dellorigine delle crocette longobarde, tuttavia, potrebbe forse essere compreso pi a fondo,
cogliendone anche il grado di originalit e di speciicit, se si spostasse lattenzione dai possibili modelli
ispiratori alle possibili ragioni e istanze sottese alla deinizione di un fenomeno decisamente particolare
e al senso religioso pi difuso; se si legassero cio le origini al signiicato, anchesso ambiguo e ancora
assai sfuggente, che a sua volta pu richiamare scelte formali e stilistiche, nonch la funzione stessa
delloggetto.
In primo luogo, un fenomeno tutto sommato discontinuo e disomogeneo come quello delle crocette in
lamina meridionali lascia intravedere una forma di devozione forse piuttosto spontanea e legata a pi
generiche consuetudini difuse e a una cristianizzazione ormai radicata. Di contro, in ambito longobardo
limprovvisa comparsa di un simbolo cristiano con caratteri omogenei, quanto meno per materiale, forma e modalit dimpiego, con difusione capillare e adozione pressoch sistematica da parte dei ceti medioalti, stupisce in relazione a uno stadio religiosocristiano assai meno consapevole, almeno a livello individuale, quale doveva essere quello delle prime generazioni di Longobardi stanziate in Italia (si tratt,

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Le croci in lamina doro: origine, signiicato e funzione

con ogni probabilit, di una conversione imposta per necessit politica, prima ancora di essere stimolata
dal contatto con il sostrato autoctono). Sorge piuttosto il sospetto, ancora da approfondire, che lassunzione della struttura (loggetto croce), del signiicato ideologico-religioso a essa sotteso e del pi ampio
contesto culturale relativo sia stata rielaborata (da svariati possibili spunti formali e devozionali) in ambienti ristretti e collegati fra di loro e sia stata difusa in maniera in qualche modo coordinata (anche se
forse variamente recepita quanto a sentimento religioso e stadio culturale di riferimento). Ritenute in
genere il rilesso dellavvenuta cristianizzazione del popolo longobardo, in realt le crocette potrebbero
aver espresso, soprattutto inizialmente, ladesione alla conversione uiciale, agli orientamenti politicoculturali dei vertici della gerarchia sociale e a modelli culturali ostentati dalle aristocrazie, costituendo
dunque un fenomeno non esclusivamente religioso, ma anche, indirettamente, con qualche valenza
politica e sociale20. In questa prospettiva potrebbe risultare signiicativa la croce di Beinasco (Torino),
22.

dove liscrizione letta Ag(i)lu(l)f rex permetterebbe di riconoscere nel personaggio raigurato il sovrano
longobardo (ig. 22)21.
Anche la frequente adozione, soprattutto in Italia settentrionale, dei decori a intrecci di animali stilizzati
e scomposti, tipicamente germanici, nonch lassociazione ad amuleti pagani22 tradiscono un processo
di cristianizzazione tuttaltro che lineare e passato attraverso la superstizione e il sincretismo religioso.
Ladozione di Cristo e della croce a volte non esente da attribuzioni di carattere magico spesso non
avviene in maniera esclusiva, bens in una visione politeistica, alla ricerca della divinit pi potente. Lo
stile animalistico germanico, nel quale si riconoscono serpenti, uccelli rapaci, cinghiali e altri quadrupedi
tratti dalla mitologia che costituiscono attributi del divino o incarnano forze ultraterrene23, pu essere
stato soggetto a uno slittamento semantico, con una valenza religiosa che gradualmente trascolora in
quella cristiana24: forse questa la ragione per la quale lo ritroviamo anche sul reliquiario in lamina dargento di Trento25. Tuttavia, esso deve aver evocato a lungo la cultura pi tradizionale e pagana, se ancora
nel 747 San Bonifacio disapprova aspramente i decori zoomori, emanazione dellAnticristo e simbolo
del peccato, sulle vesti dei religiosi26. probabile che proprio a causa di tali rimandi lo stile animalistico
germanico, allo stato attuale dei ritrovamenti, non compaia mai sulle crocette rinvenute in sepolture poste allinterno o in prossimit delle chiese27.
Fra le croci in lamina della collezione Rovati, la numero 23 interamente interessata da un caotico intreccio di nastri. Esso rimanda alla forma pi disorganica e convulsa dellornamentazione germanica,
la Schlaufenornamentik (ine vi - primi decenni vii secolo), che ha per ormai perso i dettagli zoomori
(teste e zampe)28. Verosimilmente si tratta dellespressione di una particolare visione formale dellartista
e della comunit che fruisce del prodotto, inconscia e istintiva e intrisa di elementi irrazionali, la rappre-

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sentazione delle forze che governano la natura e la vita, sostanze invisibili rese in forme interpretative
astratte e scomposte. Anche in relazione al pi semplice e simmetrico decoro a nastri della crocetta
numero 24 (ig. 23,1), non si pu escludere che esso costituisca la sempliicazione del ii stile animalistico
A della classiicazione del Roth, ovvero della giustapposizione di due quadrupedi di proilo con corpo
nastriforme che si interseca al centro, rappresentato per esempio sulla crocetta conservata in Vaticano
(ig. 23,2)29.
Un intreccio di animali che circondano volti umani invece larchetipo del motivo inciso a punta sui
quattro bracci della crocetta numero 20 (ig. 24,1): al di sopra di essi, infatti, due fasce convergenti e un
ulteriore nastro campito a tratteggio richiamano i volti stampati su tre crocette da Calvisano (ig. 24,2),
che presentano gli stessi tratti, ma sono circondati da due animali identiicabili come cinghiali grazie alla

23,1

23,2

rappresentazione della zanna. La composizione la parziale riproposizione del motivo rappresentato in

24,1

24,2

24,3

24,4

24,5

maniera pi estesa sulla lamina di Pieve del Cairo (ig. 24,3) e completamente su quella dalle vicinanze
di Milano (ig. 24,4): un primo volto racchiuso da un serpente bicefalo, con becco dal quale scaturisce
un intreccio che termina con un secondo volto tra due cinghiali. Forse zoomori, ma non pi chiaramente leggibili, sono anche i dettagli pendenti ai lati del volto che campeggia al centro della crocetta numero
19 (ig. 25,1): sono i confronti noti e in particolare la crocetta da Pavia (ig. 25,2) che ci permettono di
completare limmagine e ipotizzare anche per lesemplare della collezione Rovati lassociazione del volto
umano fra due animali30. Il soggetto lungamente rappresentato nella tradizione iconograica germanica: esso raigura in genere la divinit, in stretta relazione con animali connessi con il culto sacro, che
richiamano episodi mitologici o che incarnano forze ultraterrene. Sulle crocette esso potrebbe aver subito un graduale slittamento semantico, con il passaggio da Odino a Cristo e dallincarnazione di esseri
demoniaci pagani a creature infernali31.

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25,1

25,2

Le croci in lamina doro: origine, signiicato e funzione

Se nellimmagine umana, parziale o completa, rappresentata su crocette e placche di scudo possono essere riconosciuti soggetti diferenti, dal guerriero al religioso, dal sovrano a Cristo, senza che questultimo
sia mai chiaramente caratterizzato32, sulla crocetta numero 18 il volto con croce sicuramente identiicabile con il Cristo: circostanza ancora unica nel panorama iconograico longobardo33. Dal repertorio
decorativo mediterraneo derivano anche gli intrecci a stuoia e a matassa che ornano i bracci delle crocette numeri 22 e 25, come pure gli elementi loreali. Particolarmente difusi in Italia centromeridionale
(ma con attestazioni anche oltralpe) sono i decori realizzati con puntinature e piccole bulle a rilievo (numeri 26-32), soluzioni pi sbrigative a imitazione di tecniche orafe quali iligrana e castoni, ampiamente
26.

adottati per monili come le ibule a disco (igg. 26-27).


Le dimensioni di alcuni esemplari della collezione Rovati risultano superiori alla media (5-6 cm), arrivando a volte a oltre 8 centimetri di lunghezza: lanalisi sistematica delle crocette in relazione ai contesti
di rinvenimento ha provato che vi un rapporto diretto fra le attestazioni pi grandi e la isionomia sociale dellinumato, in genere un uomo adulto di elevato livello di ricchezza34. Nelle inumazioni privilegiate, oltre alle dimensioni anche il numero delle lamine cruciformi pu riferire dello status del possessore:
in questi casi, infatti, attorno alla croce principale se ne possono trovare quattro pi piccole. Le crocette
minori della collezione (numeri 29-32), tuttavia, per disomogeneit di sagoma, decoro e titolo delloro,
non dovevano far parte di uno stesso insieme.
Nel vasto repertorio iconograico impiegato sulle croci, che spazia da soggetti e stili prettamente germanici a reminiscenze paleocristiane e acquisizioni mediterranee, anche la scelta della decorazione, legata
allo stadio culturale e al retaggio etnico del gruppo familiare, pu dipendere dalla isionomia sociale del
destinatario. Cos alcuni motivi come il monogramma e limpressione monetale, per la costante provenienza da contesti privilegiati, dovevano avere carattere di esclusivit ed essere riservati a personaggi
preminenti35. Nella collezione Rovati, pur mancando tali soluzioni, la crocetta numero 23 ha visto lappli-

27.

cazione al centro di una moneta o pseudomoneta di Ratchis, re longobardo attivo intorno alla met del
viii secolo; la moneta issata mediante due fori e un ilo doro chiuso sul retro, un espediente attestato
solo eccezionalmente. Una circostanza degna di nota: tra la decorazione della lamina, riconducibile
alla prima et longobarda, e la coniazione della moneta (744-749) intercorso pi di un secolo; purtroppo, in assenza di dati sul ritrovamento non pi possibile disporre di qualche indizio per stabilire se la
croce sia stata recuperata occasionalmente da un contesto pi antico e riutilizzata con laggiunta centrale, oppure (forse con minor probabilit) sia rimasta cos lungamente in circolazione e abbia ricevuto il
pi tardo adattamento.
Il reperto (sullautenticit del quale grava qualche dubbio) ci impone una rilessione sulluso delle crocet-

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te auree longobarde. In passato si ritenuto che esse potessero essere portate gi in vita, cucite allabito36;
tuttavia, i movimenti le avrebbero danneggiate, data la loro fragilit, mentre in genere esse si ritrovano
in buono stato di conservazione. Un uso in vita forse pi moderato stato comunque riproposto in virt
della presenza di fori danneggiati e duplicati e soprattutto di alcuni appiccagnoli in aggiunta ai fori, a
testimonianza di un duplice uso delloggetto37. Di recente lopinione pi accreditata che avessero esclusivamente funzione funeraria, anche sulla scia di osservazioni tecniche che hanno evidenziato lassenza
di tracce di usura sulle superici e la frettolosit con la quale sono state realizzate molte delle crocette38.
La loro esecuzione in occasione del decesso presuppone un agevole approvvigionamento di materia prima, di strumenti di lavoro idonei (in particolare il modano da stampo, gi impiegato in altre produzioni) e
di competenze tecniche: ci rimanda a una certa disponibilit di oro presso le classi pi abbienti e soprattutto a una difusione piuttosto capillare di artigiani39. Tuttavia, non si pu escludere che il velo funebre
con le crocette cucite potesse essere confezionato in precedenza per qualche cerimonia religiosa. Una
cronaca di viaggio in Palestina della seconda met del vi secolo, per esempio, spiega che alcuni oggetti del
corredo funebre venivano scelti appositamente per questa funzione in dal momento del battesimo, poi
accuratamente conservati in ambito domestico40. A tal proposito, risulta assai suggestivo il ritrovamento
di una crocetta nellarea insediativa della Pieve del Finale, da un settore a carattere abitativo di ine vi - inizi vii secolo41: il contesto indica un uso privato del simbolo aureo, diverso da quello votivo o funerario.
Per una migliore deinizione del momento di realizzazione delle crocette (e quindi della loro funzione e
del loro signiicato) potr essere utile analizzare alcuni esemplari signiicativi, come per esempio quelli
che, per stringenti analogie decorative (quando non impressi con lo stesso modano), rimandano verosimilmente a uno stesso momento di lavorazione ma sono stati rinvenuti in sepolture non coeve, presupponendo diferenti periodi di vita e quindi escludendo la realizzazione allultimo minuto42. In questottica
anche la crocetta numero 23 della collezione Rovati con lamina ben pi antica della moneta applicata
costituisce un nuovo indubbio elemento di rilessione, qualora non si tratti di un recupero di un cimelio da un contesto pi antico. La datazione della moneta, comunque, fa dellesemplare il pi tardo del
complesso dei ritrovamenti inora noti e databili43, risalendo alla ine del Regnum dei Longobardi in Italia
e chiudendo la serie di attestazioni in concomitanza con la ine di un importante segmento della storia
medievale italiana.

Note
1. Il rapporto fra sepolture maschili e femminili con crocette in Italia circa di 2:1, mentre oltralpe di 3:1.

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2. Anche da Castel Trosino proviene un consistente nucleo di reperti, analogamente a Fornovo San Giovanni (Bergamo) e al territorio
di Calvisano (Brescia).
3. Attualmente dallItalia sono note circa trecentoquaranta croci in lamina (comprendendo anche ventiquattro attestazioni meridionali anomale), alle quali vanno aggiunti gli esemplari della collezione Rovati, per alcuni dei quali, tuttavia, a rigore non si pu escludere
una provenienza transalpina. Fra i contributi di sintesi pi recenti sul tema segnalo: Die Goldbrattkreuze 1975; Riemer 1999; Rotili
2001, pp. 246-256. Per il presente lavoro ci si basati principalmente sulla sistematica raccolta di dati e sulla rassegna bibliograica
presenti in Giostra 2000-2001, in corso di revisione in vista della pubblicazione.
4. Sulla tipologia si vedano, in particolare: Peduto 1992, pp. 43-49; Pastore 1992, pp. 356-358; DAngela 2000.
5. Nelle regioni del sud dItalia stata constatata piuttosto frequentemente la deposizione di monete, oggetti preziosi, lucerne e
brocchette recanti il segno della croce, interpretati come oggetti salviici (Peduto 1992 e 1995). La croce pu essere graita sulla
cassa, come in una sepoltura di Santa Maria Capua Vetere e una di Trani (Carettoni 1943, p. 148, ig. 6; DAngela 1978) o scolpita sul
sarcofago, come registrato a Benevento (Rotili 1986). Tra le testimonianze pi curiose di croci funerarie si segnalano quelle ricavate
da punte di lancia usate come braccio verticale dal sepolcreto altomedievale di Serri, Santa Maria della Vittoria (Serra 1990, ig. 16).
6. La questione si pone dal momento che la pratica funeraria, pur presente in aree meridionali non controllate dai Longobardi, non
trova ancora riscontro in altre regioni del Mediterraneo. In merito, la critica si spesso divisa fra gli assertori di una derivazione del
fenomeno longobardo da una consuetudine romano-mediterranea (fra gli altri, Roth 1974; Bierbrauer 1984, p. 474; Rotili 2001, p.
248) e chi ha rimarcato il carattere di originalit delle crocette longobarde, che avrebbero inluenzato le pratiche funerarie meridionali (di recente, Rupp 1996, p. 107; Riemer 1999, p. 622; Riemer 2000, p. 169). A mio avviso, un rapporto biunivoco fra i due fenomeni
rischia di rendere in maniera riduttiva la complessit delle dinamiche culturali e la molteplicit dei possibili stimoli recepiti anche
autonomamente, rielaborati per istanze e da sentimenti religiosi decisamente diferenti e che hanno dato esiti con caratteristiche
proprie; questo senza escludere parziali reciproche contaminazioni. Cfr. anche infra.
7. Lusuardi Siena, Giostra, De Marchi 2002; Keim 2007, pp. 127-132. Negli altri regni romano-barbarici i ritrovamenti sono sporadici; fra i pi distanti si segnala quello della ricca tomba di Prittlewell in Gran Bretagna (he Prittlewell Prince 2004, p. 10).
8. Kiss 1987; Brdos 2000, p. 87.
9. Un reperto doro di localit ignota presenta liscrizione per la pace delle anime e per la remissione dei peccati di hekla e Augusta.
Amen; altri due esemplari aurei da Cipro recano le invocazioni per il refrigerium di Chrestinos, Solomone e Sisinno e per la guarigione e la salvezza di Leontia. Le altre crocette sono dargento e provengono, una, dalla Palestina, con inciso Signore, rendi libera
dal male la tua serva, il cui nome tu conosci, e le rimanenti dallAsia Minore, con la pi semplice formula (questa la) preghiera di
Georgios, preghiera di Teodosio, [] di Paolo dallEgitto, preghiera di Isachio. La formula anonima il cui nome tu conosci potrebbe tradire una produzione di serie forse commercializzata nei pressi dei santuari. Vierck 1975; Weidemann 1975; Rom und Byzanz
1998, p. 198, n. 282.
10. Vierck 1975, p. 134.
11. Hbener 1975 e 1981. Tre crocette in lamina doro con catenella di sospensione ancora inilata al foro superiore provengono
da un pozzo rinvenuto a Villafvila. Lo studioso si chiede anche se tali oggetti, che dovevano essere conservati in un luogo di culto,
fossero solo espressione della devozione personale o venissero utilizzati anche in occasione di particolari cerimonie, magari issate su
indumenti o drappi (Hbener 1975, p. 90).
12. Frotin 1904, cap. lviii. La preghiera spiega che il dono dei fedeli ha la forma della croce, segno della vittoria di Cristo e della
redenzione dei cristiani, ainch anche le anime dei donatori siano liberate da ogni colpa attraverso la grazia di questo segno. Inoltre,
essa parla del valore simbolico dei materiali impiegati: nelloro risplende la purezza delloferente, le perle rilettono il candore della

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Petala aurea

fede, il colore verde del diaspro richiama la buona speranza e lametista la conversione nella vita spirituale.
13. Si pensi alla croce aurea dalla chiesa di St. Michael di Burgfelden (Zollernalbkreis) (Christlein 1978, p. 82, ig. 9, 3) o a quelle
argentee da St. Stefan a Beromnster (Cantone di Lucerna) (Bill 1987, pp. 129-130) e da St. Remigius a Nagold (Kr. Calw) (Knaut
1994, p. 327). Anche le crocette argentee dallinsediamento di Kuar, presso Podzemelj, in Slovenia, ricondotta al vi secolo (Knific,
Sagadin 1991) e dallIstria (Vinski 1968, pp. 153-154, tav. iv, 19) sono dotate di foro e gancio di sospensione.
14. Vinski 1968, pp. 153-154, 161, tavv. vi, 28 e vii, 26.
15. Alpago Novello 1977, p. 173; Serra 1990, p. 148, ig 21. Pi diicile valutare i casi di Castel Trosino, tomba 42, e Voghenza,
tomba 18, nei quali la crocetta, dotata di un solo foro, sospesa a uno spillone sul petto mediante maglie metalliche allungate; croci da
Belluno, Capua e Foligno, invece, recano due fori diametralmente opposti e due catenelle ai lati (Giostra 2000-2001, p. 225).
16. Rotili 1986, pp. 215-217. Il diritto reca il nome +petrus in lettere onciali che ne indicherebbero una datazione pi tarda
(carolingia) rispetto alle altre attestazioni in analisi, ma non agevole stabilire se stato inciso in origine o in concomitanza con il
riutilizzo funerario.
17. Per le crocette astili il modello formale pu essere stata la croce benedicente, del tipo ben noto per esempio grazie alla croce
manale di Senise (da ultimo, Corrado 2000-2002, pp. 251-254). Per una derivazione dalle croci votive: Vierck 1975; in Riemer
1999, p. 623, essa viene ritenuta improbabile, sulla base della diversa intenzione che vi in unoferta funebre, e si propende per
uninvenzione longobarda; in Rotili 2001, p. 248, si legge invece: Il riferimento a modelli di cui i Longobardi non ebbero diretta
esperienza risulta ipotetico e inadatto a giustiicare unusanza praticata dagli invasori germanici sin dalla prima generazione italiana che sembra aver avuto, viceversa, lopportunit di conformarsi ad una signiicativa consuetudine romano-mediterranea rispetto
alla quale il pur esiguo numero di croci in lamina dargento, ferro, rame rinvenute in tombe romane dellItalia assume, nonostante
tutto, valore di adeguata testimonianza.
18. Ahumada Silva 2006.
19. Melzer 1986.
20. Circa un valore sociale e politico, oltre che religioso della crocetta risultano suggestivi alcuni passi del De cerimoniis aulae byzantinae di Costantino Porirogenito (913-959). Ai capp. 31 e 32 si descrive la distribuzione di crocette dargento da parte dellimperatore bizantino ai pi alti dignitari di corte, la vigilia della domenica delle Palme e anche durante la stessa festivit allinterno del
luogo di culto, nellambito delle cerimonie liturgiche; i simboli sono di diversa grandezza a seconda del rango di ciascuno di loro.
21. Roth 1973, pp. 156-160, tav. 17,3. Non pi condivisibile, allo stato attuale delle conoscenze, ma sicuramente stimolante per
lepoca lipotesi espressa in passato da Gian Piero Bognetti, in merito alle crocette quali espressioni della conversione nazionale
allarianesimo da parte dei Longobardi, in contrapposizione ai cattolici autoctoni (Bognetti 1950).
22. Nella tomba 47 di Collegno la giovane defunta aveva una crocetta sul petto ma anche un ciondolo a forma di testa di cinghiale
appeso alla cintura, chiaro rimando alla mitologia germanica e a credenze pagane che vi collegavano, nel caso di una donna, laugurio di fecondit (Giostra 2004, pp. 64-65 e 81).
23. Sullinterpretazione e la decodiicazione dei motivi rappresentati nellarte germanica: Die Goldbrakteaten 1985; Zur Problem
1986.
24. La stessa ambiguit investe anche soggetti raigurati interi e con tratti pi naturalistici come il cervo, la colomba e laquila. Il primo,
infatti, presente fra gli animali del Walhalla, il paradiso dei valorosi guerrieri, ma ben presto viene a richiamare la metafora del Salmo
42 della cerva che anela ai corsi dacqua come il fedele alla sorgente della vita; la colomba in ambito germanico rappresenta lanima
del defunto e come tale viene posta in cima alle pertiche che segnalano le sepolture dei guerrieri morti lontano; anche laquila domina
limmaginario di molte culture.

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Le croci in lamina doro: origine, signiicato e funzione

25. Il reliquiario conservato al Museo del Castello del Buonconsiglio di Trento (Roth 1973, p. 264).
26. San Bonifacio, lettera al vescovo di Canterbury Cuthbert, MGH, Epistolae, iii, p. 355: [] Supervacuam et Deo odibilem vestimentorum superstitionem omni intentione prohibere stude. Quia illa ornamenta vestium ut illis videtur, quod ab aliis turpitudo dicitur
latissimis clavis vermium imaginibus clavata adventum antichristi, ab illo transmissa, precurrunt [].
27. Giostra c.s.
28. Le principali classiicazioni stilistiche si devono a Gnther Haselof e Helmut Roth (Haseloff 1956, 1970 e 1981; Roth 1973, 1975
e 1978); lapproccio di tali studi risulta essere prettamente ordinatorio e classiicatorio, pi che improntato al metodo archeologico,
con analisi delle localit e dei contesti di rinvenimento. Inoltre: Dorigo 1988, di taglio pi storico-artistico.
29. Roth 1973, pp. 142-146.
30. Se lanalisi stilistica aveva portato il Roth a datare il motivo fra ine vi e inizi vii secolo, il rinvenimento della ibbia con lamina
impressa con lo stesso motivo nella tomba 107 di Saig in Germania, degli anni intorno al 600, ofre una preziosa conferma (Melzer 1986).
31. Su questo tema iconograico nella tradizione germanica e le sue possibili valenze semantiche Giostra 1998.
32. Dorigo 1988, pp. 44-47 e 70-73.
33. Solo su una crocetta di provenienza ignota e attualmente dispersa, ma documentata ad Amburgo (Roth 1973, p. 185) vi era la
rappresentazione della Madonna con Bambino.
34. Giostra c.s.
35. Giostra 2007, pp. 324-328.
36. Fuchs 1938, pp. 18-22.
37. Roth 1973, pp. 121-123.
38. Foltz 1975, p. 15.
39. In questa direzione Christlein 1975 sulle crocette alamanne.
40. Itinerarium Antonini Placentini, cap. xi, 6: Terminato il Battesimo, tutti si immergono nel iume (Giordano) per la benedizione
vestiti della sindone e con molti altri oggetti che conservano per la sepoltura (Milani 1977, pp. 126 e 242). Purtroppo il passo fa chiara
menzione solo del sudario di tela, che, se portato nella tomba, testimonia la conservata purezza ottenuta mediante il battesimo, mentre non vengono speciicati gli altri oggetti. Fra questi potrebbero esserci stati anche piccoli simboli della benedizione ricevuta: dalle
fonti cristiane si ricava che la croce, segno materiale, posta sulla fronte mediante il battesimo (Peduto 1992, p. 48).
41. Murialdo, Palazzi, Arobba 2001, pp. 50-52.
42. questo il caso, per esempio, delle crocette di Trezzo, San Martino, tomba 13 (primo trentennio del vii secolo) e via delle Rocche,
tomba 5 (met vii secolo ca.), in corso di studio da parte di chi scrive.
43. Finora le attestazioni pi tarde sicuramente databili erano una crocetta di possibile provenienza beneventana esposta al Germanisches Nationalmuseum di Norimberga, con limpressione centrale di un tremisse di Leone iii (717-741), e due esemplari di piccole
dimensioni, ricavati da due tremissi di Liutprando (712-744) e trovati nella chiesa di San Lussorio a Fordongianus (Oristano) (cfr.
Sannazaro, supra).

Didascalie e crediti delle illustrazioni


18. Croce astile in lamina dargento da Pratola Serra (Avellino), San Giovanni, tomba 46 (da Magistra Barbaritas 1984)

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19. Croci votive da Cipro (aurea) e Asia Minore (argentea) (da VIERCK 1975).
20. Croci votive dal tesoro di Torredonjimeno (Andalusia) (Barcellona, Museu dArqueologia de Catalunya) (da Roma e i Barbari 2008).
21. Coll. Rovati, croce n. 19, particolare del volto centrale.
22. Croce aurea da Beinasco (Torino), con volto circondato da iscrizione al centro e stile animalistico germanico sui bracci (foto di C.
Giostra).
23. 1. Coll. Rovati (n. 24) (dis. C. Giostra); 2. Biblioteca Vaticana (da ROTH 1973).
24. 1. Coll. Rovati (n. 20); 2. Calvisano (Brescia); 3. Pieve del Cairo (Pavia); 4. Milano (vicinanze); 5. Rodeano Alto (Udine). (1, 2: disegno C. Giostra; 3, 4, 5: da ROTH 1973)
25. 1. Coll. Rovati (n. 19) (disegno C. Giostra); 2. Pavia, Campo Camino (da ROTH 1973).
26. Fibula a disco da San Zeno (Brescia) (da Carta Archeologica della Lombardia 1991).
27. Fibula a disco da Caste Trosino (Ascoli Piceno), tomba 115 (da PAROLI 1995).

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