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I Edizione

iMerica 2013
Giovanni Collot, Nicolas Lozito,
Federico Petroni, Patricia Ventimiglia
www.laguerradeidroni.it
www.imerica.it
team@imerica.it

Tutti i testi e le infografiche sono stati elaborati e prodotti dagli autori del libro e so-
no riproducibili solo previa autorizzazione.
Le mappe interattive sono state create dagli autori del libro attraverso luso di Goog-
le Maps e CartoDB e anchesse sono riproducibili solo previa autorizzazione. I dati
su cui sono basate sono specificati nella didascalia di ciascuna mappa.
Le fotografie utilizzate sono di dominio pubblico, rilasciate con licenza Creative Com-
mons, sotto licenza Open Government License o concesse a scopo informativo. Lau-
tore specificato tra parentesi nella didascalia di ciascun immagine.
Immagine di copertina Crown 2013.

Con la collaborazione di Limes Rivista Italiana di Geopolitica


i
PROLOGO 4
1 . LE VALCHIRIE DI OBAMA 22
OPERAZI ONI CLANDESTINE, TEATRI GEOROBOTICI
E LE REGOLE CON CUI LAMERICA UCCIDE
Come e perch Obama impar ad amare il drone? E come lAmerica
torn a uccidere i suoi nemici? Tra Pakistan, Yemen e Somalia, il
mondo un campo di battaglia.
2. CI NGUETTI I CONTRO MI SSI LI 53
GLI EFFETTI DEI DRONI SULLA GUERRA AL TERRORI SMO
Dar la caccia ad al-Qaida solo con i droni come attaccare un al-
veare ape per ape: puoi uccidere tutte le api ma non distruggerai
mai lalveare. Linevitabile cammino verso una guerra al terrori-
smo permanente. possibile vincere perdendo i cuori della popola-
zione?
3. I DRONI SOGNANO
PECORE ELETTRI CHE? 71
COME FUNZI ONANO I PREDATOR E I REAPER
Avete mai pensato di entrare in un drone? Lo abbiamo fatto per voi.
Alla scoperta dei segreti del robot alato. Come fa a volare da solo, a
osservare indisturbato e a sparare bombe e missili? I limiti di una
macchina costruita per sapere troppo.
4. DRONE UNCHAI NED 98
LA BASE LEGALE E LA LEGI TTIMAZI ONE INTERNAZI ONALE
DEGLI ATTACCHI CON I DRONI
Tutti a lezione di diritto internazionale per scoprire se la guerra dei
droni rispetta le regole della guerra giusta. E se la giustificazione
degli Stati Uniti regge. Tra autodifesa e proporzionalit, come il
mondo si prepara a regolare linvasione dei robot alati.
INDICE 2
INDICE
5. LE STREGHE TRI COLORI 1 24
IL BIVI O I TALIANO TRA DIECI ANNI DIMPIEGO VIRTUOSO
E I RI SCHI DI UN FUTURO ARMATO
Un esclusivo viaggio tra i Predator e i Reaper italiani. La storia di
dieci anni dimpiego virtuoso in Iraq, Afghanistan e Libia attraver-
so episodi inediti. Ora che il nostro governo intende armare i droni,
lItalia si trova a un bivio. I rischi del futuro, anche per la salute dei
piloti.
EPI LOGO 1 54
NOTE 1 59
BI BLI OGRAFI A 1 80
INDICE 3
Daraz Kahn non lo sa ma c qualcosa di peggio della povert. Es-
sere il pi alto del villaggio.
La scarpinata stata lunga. Coprire 16 chilometri su un erto pen-
dio di montagna con le capre al seguito non semplice. Men che
meno quando tutto intorno bianco. Lascesa a quota tremila non
per fine a se stessa. Daraz, Jenhagir Khan e Mir Ahmed hanno
una missione: guadagnarsi il pane. Quass, nei giorni scorsi, si
combattuto. Forse non proprio combattuto. Di certo, si sparato.
E sparato pesante.
Quel 4 febbraio 2002 Daraz e compagni si sono mossi dai villaggi
di Lalazha e Palatan in cerca di pezzi di metallo, avanzi di proietti-
li, rifiuti di guerra. Dicono che servano a farci le armi, in Pakistan.
Ma questo ai tre uomini non importa. Li pagano circa 50 centesi-
mi ogni sacco caricato da una capra. Basta anche qualche spiccio-
lo, in un Afghanistan martoriato da trentanni di violenze. Soprat-
tutto ora che gli americani hanno iniziato a fare sul serio.
Daraz non pu saperlo ma londata di fuoco che ha investito la ca-
tena montuosa tra le province di Paktia e Khost era diretta al ricer-
cato numero uno del mondo: Osama Bin Laden. Loperazione Ana-
conda sui monti di Tora Bora si appena conclusa, mancando lo
sceicco del terrore per pochissimo. Gli americani scandagliano le
PROLOGO 4
PROLOGO
le loro tombe affondano
nella cenere,
gli uccelli neri, il vento,
coprono il loro cuore.
~ Salvatore Quasimodo
possibili vie di fuga e nel gennaio del 2002 ricevono indicazioni
dallintelligence che Bin Laden possa aver trovato rifugio qui, nel
feudo di un suo vecchio alleato, Haqqani. Per giorni e per notti i
bombardamenti cambiano la morfologia della zona delle caverne
di Zhawar Kili. Ancora un nulla di fatto.
Sui picchi innevati sembra essere tornata a regnare una quiete ir-
reale. Sembra. Perch Daraz e compagni non sono soli. O almeno
non nel senso virtuale del termine. Diverse persone sono presenti
senza esserlo fisicamente. Sono lontani, negli Stati Uniti, in un cu-
bicolo della Cia. Osservano, studiano, decifrano i comportamenti
dei tre uomini. Non ne conoscono lidentit, ma gli atteggiamenti
destano sospetti: due di loro sembrano agire con reverenza nei
confronti dellindividuo pi alto. Molto pi alto. E non quello di
Zhawar Kili un vecchio nido di jihadisti? E non quello Bin La-
den, dallalto del suo metro e novanta? Non si pu permettere che
scappi. Non dopo averlo perso cos tante volte. Non ora che final-
mente esiste unarma per colpirlo quasi allinstante.
La morte, per i tre malcapitati, arriva in trenta secondi. A uccider-
li un missile piovuto dal cielo. Ma non da un aereo normale. Da
uno il cui pilota non a bordo ma a migliaia di chilometri di di-
stanza. Un aereo mai provato prima in questa forma. Un aereo de-
stinato a cambiare in profondit lesperienza della guerra.
ESSERCI SENZA ESSERCI
Cos ha inizio la guerra dei droni
I
. Daraz e compagni sono le pri-
me vittime mietute da un drone al di fuori di un campo di batta-
glia ufficiale. Questi velivoli avevano gi debuttato qualche mese
prima in Afghanistan, ma solamente come sostegno alle operazio-
ni belliche: si parla di un attacco gi l8 novembre 2001, che man-
ca uno dei leader dei taliban. In altre parole, facevano parte di una
guerra pi ampia.
PROLOGO 5
Nota I
Il 4 febbraio 2002 succede qualcosa di diverso: per la prima vol-
ta, un drone compie unuccisione mirata. Targeted killing, la chia-
mano gli americani. Un colpo isolato, contro persone ben precise
(o almeno cos si pensa), i membri del terrorismo jihadista, i nemi-
ci giurati dellAmerica, i responsabili dellUndici Settembre e tutti
i loro alleati. Quello che uccide Daraz e i suoi due amici dunque
il colpo inaugurale non della guerra al terrorismo ma della caccia
ai terroristi. Una caccia che in quanto tale personalizzata, condot-
ta contro singoli individui, senza bisogno di dichiarazioni belliche
formali perch tanto, recita il mantra di Washington, il campo di
battaglia il mondo.
I droni sono gli strumenti principe di questo conflitto. Sono aerei
senza pilota o, meglio, pilotati a distanza, dallaltra parte del mon-
do. Lequipaggio sta seduto in una base degli Stati Uniti, combatte
i terroristi e la sera va a casa dalla famiglia. Sono spie alate, dotate
di occhi, anche abbastanza precisi. Volano a qualche migliaio di
metri daltitudine, permettendo di cogliere molti dettagli di ci
che succede a terra. Alloccorrenza, caricano missili e bombe e si
trasformano in assassini. Piacciono perch sono veloci: concentra-
no nella stessa arma lo strumento per avvistare lobiettivo e quello
per colpirlo.
I droni sono rivoluzionari. Per la prima volta nella storia, si va in
guerra senza andarci fisicamente. Senza rischiare la propria vita.
Sin dallinvenzione della catapulta, la storia della guerra stata
contrassegnata da tappe che hanno allontanato i combattenti luno
dallaltro: la freccia, la pallottola, il cannone, fino al missile nuclea-
re intercontinentale. Mai per unarma aveva azzerato il rischio di
essere uccisi, nemmeno la testata atomica che prometteva la reci-
proca distruzione a chi la impiegasse.
I droni fanno un salto di qualit. Lontani dal mandante, vicini al-
la vittima. Rimuovono il guerriero dalla reciprocit della guerra.
Ma non le sue ambiguit. Lenorme precisione di questarma crea
PROLOGO 6
lillusione di poter colpire i propri nemici senza creare - almeno al-
lapparenza - danni ingenti alla popolazione civile. Eppure, sono
proprio le presunte chirurgia, economicit e invisibilit del drone
a rischiare di renderlo estremamente appetibile e abusato. Una vol-
ta, il generale Robert Lee disse: un bene che la guerra sia cos
orribile, perch altrimenti finirebbe per piacerci. Luso smodato
del drone pu eliminare alcune delle inibizioni nellordinare unuc-
cisione. Se Piero, invece dellartiglieria, avesse avuto un drone, ora
dormirebbe sepolto in un campo di grano?
PERCH I DRONI?
La domanda legittima. Fra tutte le cose che succedono nel mon-
do, proprio di aerei senza pilota dobbiamo finire a parlare? Alt, un
PROLOGO 7
Predator A configurazione base. Sar il drone di riferimento in questo libro ( General Atomics)
attimo. Non dobbiamo commettere un errore. Si limitassero alla
guerra, questi argomenti potrebbero restare confinati nellorticello
dei patiti delle armi. Tuttavia, i droni non sono solo potentissimi
aerei da combattimento confinati al mondo militare. Ce n di ogni
specie e per ogni impiego, anche grandi come modellini. E come
modellini possono essere usati.
La tecnologia che sta alla base dei droni da combattimento la
stessa che sta inondando la vita quotidiana. Le autorit di polizia
americane chiedono sempre pi aerei senza pilota per pattugliare
quartieri e inseguire criminali. Nei supermercati, piccoli droni gui-
dabili con liPad si acquistano con poche centinaia di euro - non
sparano, ovvio, ma osservano. E dagli Stati Uniti arriva il primo ca-
so di scontro uomo-drone fuori da un campo di battaglia: nel feb-
braio 2012, un gruppo di animalisti aveva noleggiato un drone per
monitorare lattivit di alcuni cacciatori illegali; cacciatori che, ac-
cortisi di essere pedinati, hanno aperto il fuoco sul drone, abbat-
tendolo.
Il drone si rivela per quello che in realt: una protesi dellessere
umano. Porta luomo dove non pu o non vuole andare. Dove non
si vuole mostrare. Consente di essere presenti virtualmente senza
esserlo fisicamente. Un avatar metallico. Internet insegna che
uninvenzione militare rivoluzionaria ha ottime probabilit di per-
vadere anche il mondo civile. E nel nostro caso pone sfide impor-
tanti alla privacy. Per dirne una, in America i droni che volano per
addestramento o per sorvegliare le basi possono incidentalmente
finire per spiare degli individui. Bene, lAviazione ha 90 giorni di
tempo per stabilire se il materiale possa essere utilizzato o vada di-
strutto.
Il boom dei droni in corso. Silenziosamente. Se non siete dac-
cordo, contattateci quando vi troverete un drone alla finestra. Noi
vi avevamo avvisati.
Perch sia impiegata in modo corretto nel campo civile, una tec-
PROLOGO 8
nologia va regolata per prima cosa nelle sue iniziali applicazioni
militari. I paletti vanno messi sin dai suoi primi impieghi. pro-
prio nel mondo della guerra che i droni pongono gli interrogativi
pi urgenti. Esiste un impiego virtuoso dei droni? Come li hanno
usati gli Stati Uniti? Sguinzagliarli contro i terroristi una buona
strategia o finisce solo per alimentare il problema? Questarma ri-
spetta il diritto internazionale? Come dovr utilizzarla in futuro
uno Stato che li voglia aggiungere al proprio arsenale?
Tutte domande che La guerra dei droni cerca di affrontare, con-
ducendovi alla scoperta di un tipo di particolare di drone, il Preda-
tor, assieme al Reaper, la sua evoluzione. Qui ci occupiamo unica-
mente di loro sia per evitare di scrivere unenciclopedia, ma soprat-
tutto perch, per quanto la storia degli aerei senza pilota sia quasi
centenaria, sono loro i protagonisti del boom dei droni dinizio mil-
lennio. Pionieri senza esserlo.
Il capitolo 1 descrive la guerra dei droni condotta dagli Stati Uniti
contro al-Qaida e soci. Quali sono i motivi storici e politici per cui
a Washington hanno imparato ad amare il drone? Dove infuria la
guerra clandestina condotta a suon di attacchi dal cielo? Chi viene
colpito e in base a quale processo decisionale?
Il capitolo 2 si chiede invece quali siano gli effetti di questa strate-
gia, se lalto numero di terroristi eliminati sia un successo o se in-
vece i risultati non vengano offuscati da un discreto numero di civi-
li coinvolti e dalla radicalizzazione della popolazione.
Una volta capito come viene impiegato, il capitolo 3 cambia regi-
stro e ci porta dentro il Predator, illustrando come funziona que-
sta macchina, le sue potenzialit ma anche i suoi limiti.
Il capitolo 4 affronta il problema della legittimit della guerra dei
droni e in quali casi gli attacchi dal cielo violino o rispettino le nor-
me del diritto bellico e del diritto umanitario internazionale.
Il capitolo 5 guarda allItalia: dotato di Predator e Reaper da an-
PROLOGO 9
ni, il nostro paese sta cercando di armarli. Momento opportuno
per stilare un bilancio di come li abbiamo impiegati e dei rischi e
delle opportunit di dotarli di missili e bombe.
Potete leggere La guerra dei droni per intero, a pezzi, al contra-
rio, in ordine sparso. Abbiamo pensato a tutti: da chi ha sentito
parlare dei droni e non ha ancora capito bene di cosa si parli, agli
specialisti a caccia di raccomandazioni e riflessioni esclusive. Un
consiglio per tutti, prima di tuffarsi nel cuore delleBook: partite
con calma e leggetevi i paragrafi che seguono. Etimologia e storia:
due ottimi ingredienti per digerire quello che verr.
COME LEGGERLO
Se state leggendo questo eBook con un iPad potrete godere di una serie
di funzionalit aggiuntive. Linterattivit la parola chiave. Le immagini
sono ingrandibili, le gallerie fotografiche sfogliabili, le citazioni e le note
possono essere isolate e le mappe esplorate (per alcune caratteristiche ser-
vir una connessione). Quando fate capolino su questi contenuti potete an-
che ribaltare il vostro device per una migliore e pi grande visualizzazio-
ne. Tutto molto intuitivo, e vi consigliamo di fare un po di prove cos da
capire al meglio tutte le funzionalit. Putroppo queste funzioni sono dispo-
nibili solo su iPad, non per nostro litismo, ma piuttosto perch lunico
strumento che le rende possibili. Per chi legge il documento in Pdf da com-
puter o altri tablet sar possibile cliccare su dei link che vi rimanderanno
ai contenuti esterni, che vedrete sul vostro browser.
PERCH SI CHIAMANO DRONI?
Che il drone sia gi leggenda lo dimostra almeno un punto: attor-
no allorigine di questo termine gira un gran numero di teorie.
Neanche fosse un mostro mitologico. Serve un po di chiarezza. In
questi casi, conviene sempre aprire il vocabolario. Secondo lOx-
ford English Dictionary, drone vuol dire fuco. Proprio cos, il ma-
schio dellape, dr!n, dr!n, in inglese antico.
PROLOGO 10
Risalendo il torrente delletimologia, si arriva al termine germani-
co risuonare. C infatti un secondo significato della parola dro-
ne: produrre un brusio basso e continuo. Proprio come il ronzio di
unape. Cos, attraverso varie derive semantiche, il termine drone
si applica al rumore del traffico, a un discorso o a un tono di voce
monotono, fino ad arrivare a un effetto musicale in cui una nota o
un accordo sono suonati continuamente in sottofondo. In italiano,
questo effetto si chiama bordone e indica anche tutte le parti di
strumenti musicali come la cornamusa o il sitar che producono
questo effetto. Ascoltatevi il preludio de LOro del Reno di Wagner
per capire cosa sia un drone, o bordone, in musica.
Escludendo lopzione che i droni discendano dalle cornamuse, ab-
biamo due possibili radici per i nostri aerei senza pilota. Il primo
il maschio dellape. Il secondo il brusio. Ora, molte fonti giornali-
stiche riconducono il termine drone alla seconda alternativa. In ef-
fetti, il pap del Predator, il drone Amber, era soprannominato ta-
gliaerba per il discreto rumore che produceva. Inoltre, le persone
che vivono sotto un cielo solcato costantemente da droni, come
nelle aree tribali del Pakistan, riferiscono di sentire il ronzio di
queste macchine.
Eppure, nessun velivolo emette suoni proprio soavi. Perch affib-
biare questa particolarit proprio agli aerei pilotati a distanza? For-
se il fuco ci pu dare una mano. Il maschio dellape un insetto
che, a differenza delle operaie, non lavora. Non produce miele.
Non ha il pungiglione. Il suo unico compito fecondare le regine.
Un ruolo tutto sommato molto parassitario. Tanto che, sempre se-
condo lOxford English Dictionary, drone pu indicare anche una
persona pigra, che vive sfruttando gli altri. La passivit potrebbe
essere la caratteristica che ha attirato lattenzione degli inventori
dei primi prototipi di aerei senza pilota.
Un piccolo assaggio di storia (trovate bocconi pi consistenti nei
prossimi paragrafi) corrobora questinterpretazione. I primi droni
PROLOGO 11
nascono in ambito militare come strumenti passivi, velivoli da usa-
re in addestramento come obiettivi per allenare le difese anti-ae-
ree. Negli anni Trenta del secolo scorso, la Gran Bretagna speri-
menta, grazie ai successi nel campo del radiocontrollo, il Fairey
Queen, da cui nascer poi nel 1935 il DH.82 Queen Bee. Incuriosi-
ti dai progressi dei pi avanzati britannici, gli americani si fanno
raccontare qualche segreto. E in un documento del 1936 di un
gruppo di ricerca della Marina statunitense appare il termine dro-
ne
II
. Metafora entomologica che piace e ha successo: un modello
impiegato in Vietnam si chiama Firebee o Lightning Bug.
PROLOGO 12
Una delle prime dimostrazioni del Queen Bee, nel 1936 ( Suas News)
Nota II
CENTANNI E NON MOSTRARLI: STORIA DEL DRONE
Chiedere let ai droni come farlo con le belle signore: spesso
hanno molti pi anni di quanto non dimostrino. Lidea dellaereo
senza pilota vecchia quasi quanto quella dellaereo stesso. Alme-
no in America. Risalendo lalbero genealogico, si scopre che i dro-
ni provengono da due stirpi precise
III
: quella dei missili da crocie-
ra e quella degli aeromodelli, diletto radiocomandato delle fami-
glie patrizie dAmerica e Gran Bretagna.
Durante la prima guerra mondiale, gli Stati Uniti sinventano la
bomba volante, progettata dallingegnere Charles Kettering. Il ri-
sultato, il Kettering Bug, ha le fattezze dellaeroplano ed in grado
di volare 50 miglia prima di colpire lobiettivo. Il primo test falli-
sce ma la vera sconfitta la bomba volante la subisce contro il tem-
po: prima ancora che potesse essere impiegata in battaglia, i tede-
schi firmano larmistizio.
Lidea delle bombe alate prosegue e nel corso del secondo conflit-
to mondiale gli americani lanciano nel 1944 loperazione Afrodite,
con bombardieri B-24 caricati di un migliaio di chili di esplosivo
Torpex, il cui pilota, una volta fatto decollare laereo dalle portae-
rei, si deve espellere dalla cabina. Il fallimento totale. A perdere
la vita in questo programma Joseph Kennedy, fratello maggiore
del pi famoso John Fitzgerald. Il quale inizia la carriera politica
partecipando alla convention democratica del 1946, prendendo il
posto proprio di Joseph.
Quanto al progenitore civile, laeromodello, il protagonista lat-
tore cinematografico Reginald Denny, che i cinefili pi attenti ri-
corderanno nel cast di Rebecca di Alfred Hitchcock. Britannico
dorigine trapiantato in America, tra un film con Sinatra e uno con
la Garbo si dedica alla sua passione, il modellismo. Ed qui che fa
fortuna. Con la seconda guerra mondiale, laviazione e la contrae-
rea americana devono tenersi in allenamento e cercano bersagli
mobili e manovrabili per addestrarsi. Nel 1941 Denny inizia cos la
PROLOGO 13
Nota III
produzione di massa dei suoi OQ-2 Radioplane, a tutti noti come
Dennymite. La funzione di obiettivo rimarr la caratteristica sa-
liente dei droni per decenni. Tra gli anni Cinquanta e Settanta, cir-
ca 73mila droni fabbricati dallindustria Denny (poi acquisita dalla
Northrop) verranno utilizzati da Stati Uniti e altri paesi.
Parentesi da rotocalco. per ben altra star di Hollywood che il
Dennymite passer alla storia. Il drone ha infatti lanciato, con la
sua prima fotografia di sempre, quella che le ha garantito i primi
ingaggi, nientemeno che Marilyn Monroe. Nel 1945, lallora 19en-
ne Norma (non ancora Marilyn) lavora in un aeroporto alla manu-
tenzione dei droni e un giorno viene notata dal fotografo militare
David Conover, incaricato di un servizio sullo sforzo delle donne
in guerra e l spedito da un altro personaggio che sarebbe diventa-
to discretamente famoso: il capitano Ronald Reagan, futuro qua-
rantesimo presidente degli Stati Uniti.
Durante la guerra fredda, la ricerca sui droni viene messa da par-
te in favore della missilistica. Comprensibile, visto che larma nu-
cleare a dominare gli incubi del mondo. In ogni caso, in questo pe-
riodo i droni compiono il primo salto di qualit: da bersagli a rico-
PROLOGO 14
Reginald Denny e un suo drone ( Monash Uni) Marylin Monroe ( David Conover)
gnitori. Un discreto impulso ai droni da ricognizione viene nel
1960, con labbattimento dellaereo-spia U-2 sui cieli dellUnione
Sovietica: gli Stati Uniti si rendono conto di non potersi permette-
re altre crisi come quella scaturita dalla cattura del pilota Francis
Gary Powers. Cos, appena tre mesi dopo lincidente parte il pro-
gramma Red Wagon, per studiare alternative alle missioni di sor-
veglianza segrete.
I primi droni ricognitori di massa sono i Firebee, le api di fuoco
della Ryan che nel 1962 ottiene un finanziamento di 1,1 milioni di
dollari. Lispirazione la Ryan la prende da un prototipo del 1955, il
Falconer, dotato di fari e fotocamera, mezzora di autonomia e un
sistema di pilota automatico molto semplice: traiettoria dritta, vi-
rata di 180 gradi e ritorno per la stessa rotta. Aggiungendo sistemi
di depistaggio, contromisure e radar, i Firebee diventano i modelli
di riferimento. uno di loro a fotografare, quasi per sbaglio, i so-
vietici che installano batterie di missili a Cuba, innescando la famo-
sa crisi.
PROLOGO 15
Un Ryan BQM-34S Firebee della Marina americana, nel 1993. ( US Defence Imagery)
A molti generali si accende una lampadina: ingrandirli, mandarli
pi in alto e sostituirli al lavoro dei ricognitori U-2. Il teatro in cui
questi droni - o, meglio, la loro modifica, i Lightning Bugs - vengo-
no impiegati il Vietnam: tra 1964 e 1975 eseguono 3455 missioni,
senza grossi successi, anche perch ben il 16% dei velivoli si schian-
ta.
Un lungo buco temporale tra gli anni Settanta e Ottanta sembra
portare i droni sulla strada delloblio: le star della sorveglianza so-
no i satelliti. Una dimostrazione dellattenzione a luminaria natali-
zia attorno ai droni il programma Aquila. Varato nel 1979 per
progettare un drone da missioni di ricognizione, viene abbandona-
to al primo lievitare dei costi (oltre un miliardo di dollari solo per i
prototipi), segno che le esigenze strategiche non sono tali da giusti-
ficare investimenti tecnologici ancora molto onerosi.
A far capire al mondo che i velivoli senza pilota in battaglia han-
no un futuro ci pensa Israele, per necessit esistenziale da sempre
allavanguardia nella tecnologia bellica. Nel 1982 i droni vengono
usati nella valle della Bekaa contro le forze aeree siriane: fatti de-
collare per intercettare il segnale radar nemico, emettono segnali
fasulli per attirare i colpi della contraerea avversaria, permettendo
poi a veri jet di attaccare mentre questa si ricarica. Il successo se-
gna lingresso in una nuova ra: quella dei battlefield drone, i dro-
ni da battaglia, utilizzabili nel bel mezzo di uno scontro. Per la pri-
ma volta i droni si possono schierare in prima linea, senza interfe-
rire o essere distrutti.
Gli americani sincuriosiscono. Quando il generale statunitense
P. X. Kelley vede una registrazione video che ritrae guerriglieri del-
lOlp (secondo alcuni lo stesso Arafat) effettuata da un drone Ma-
stiff esclama: Ne voglio uno!. Inizia una collaborazione che porta
qualche anno pi tardi a presentare il Pioneer, ispirato quasi inte-
ramente ai progetti israeliani. La Marina lo impiega nella guerra
del Golfo del 1991 per segnalare gli obiettivi di terra alle bombe
PROLOGO 16
lanciate dalle navi. In quel conflitto, lAeronautica schiera un solo
aereo senza pilota. Non ancora il tempo dei droni. Ma non man-
ca molto al debutto del vero vincitore della selezione naturale dei
droni e il protagonista del nostro libro, il Predator. I Balcani non
sono lontani.
NASCI TA DI UN PREDATOR(E)
il 1984. La Darpa, lagenzia del Pentagono incaricata della ricer-
ca per nuovi armamenti, assegna un contratto di 40 milioni di dol-
lari alla Leading Systems per sviluppare droni e missili da crocie-
ra. Tra i ranghi dellazienda c Abraham Karem, ex capo progetti-
sta per laeronautica israeliana dei primi droni. Negli Stati Uniti,
Karem crea due prototipi, Amber e Gnat 750, i genitori del moder-
no Predator. Nel frattempo per il Congresso americano taglia i
fondi per gli assetti da ricognizione e la Leading Systems fallisce.
Qui entrano in gioco i fratelli Blue, solo per assonanza assimilabi-
li ai pi famosi bluesmen del cinema. Nel 1986, i due acquistano la
General Atomics, una compagnia di ricerca nucleare, dalla Che-
vron per 50 milioni di dollari. Nel 1990 vengono a sapere del falli-
PROLOGO 17
Un Mastiff israeliano, drone che ha ispirato gli americani a sviluppare droni pi sofisticati ( Bukvoed)
mento della Leading Systems e la rilevano, assieme ai suoi proget-
ti. Tra questi c Amber, gi proposto senza successo al Pentagono.
I Blue non si danno per vinti e decidono di iniziare a produrre lo
stesso il drone: qualcuno prima o poi sar interessato. Quel qualcu-
no la Cia, il cui interesse determinante nellottenere la vittoria
della General Atomics nella gara dappalto del 1994
IV
.
Lultimo decennio del secolo daltronde un periodo di grande
impulso in America. Le aziende ritornano a sfornare prototipi, in
campo militare ma anche in campo civile. Alcuni progetti sono in
itinere ancora oggi, altri sono stati abbandonati mestamente. La
Marina pensa a droni che riescano a decollare senza complicazio-
ni, possibilmente da spazi ristretti come le piattaforme delle porta-
erei; ed ecco che arriva lMQ-8 Fire Scout
V
. La Nasa vuole una son-
da per verificare le condizioni meteo in zone difficilmente raggiun-
gibili e ottiene lAerosonde
VI
dalla AAI, usato anche in alcune cala-
mit naturali, come luragano Ophelia nel 2005. La Boeing invece
investe alla cieca 100 milioni in quello che doveva essere un drone
dalle super prestazioni alimentato a energia solare, il Condor
VII
,
flop che nessuno ha acquistato e ora trovate in un museo califor-
niano.
La vincitrice indiscussa per la General Atomics. Il primo volo
della storia di un Predator datato 3 luglio 1994. Neanche quattro
mesi e il velivolo finisce in prova in una base dellEsercito in Arizo-
na. E dopo un anno, la prima missione. Nel 1995, nei Balcani infu-
ria lo smembramento della Jugoslavia e gli Stati Uniti decidono di
intervenire nel conflitto che ha la Bosnia come epicentro. luglio
quando dallaeroporto di Gjader, in Albania, il Predator si libra in
volo per la sua prima operazione, chiamata Nomad Vigil, sotto
legida della Cia. I finanziamenti per la missione arrivano per il rot-
to della cuffia, grazie allintervento di un avventato cronico come il
deputato Charlie Wilson, lo stesso che negli anni Ottanta aveva fi-
nanziato i mujahiddin in Afghanistan contro i sovietici, poi porta-
PROLOGO 18
Nota IV, V, VI, VII
to sullo schermo da Tom Hanks
VIII
.
Nessuno conosce le reali capacit del Predator: stato appena in-
tegrato il sistema di guida Gps e il velivolo in grado di trasmette-
re solo unimmagine alla volta. Va a scatti, come le telecamere dei
supermercati. Compie 15 voli di ricognizione pre- e post-attacco e
per linverno va in letargo: con temperature molto basse, il rischio
di accumulare ghiaccio sulle ali troppo alto. Lanno seguente ve-
de aggiungersi una nuova base per il drone, quella di Taszar, in Un-
gheria
IX
.
Le prestazioni non sono delle pi straordinarie: letteralmente sca-
raventato sul campo di battaglia, al Predator manca una dottrina
dimpiego che ne sfrutti tutte le potenzialit. La contraerea serba
ne fa fuori due, iniettando cautela nel loro uso. Il coordinamento
con gli altri aerei risulta complicato e, per di pi, con buio o meteo
sfavorevole locchio del drone del tutto inutile. Durante Allied
PROLOGO 19
Aerosonde della AAI ( AAI photos)
GALLERIA Prologo.1 Droni moderni
Nota VIII, IX
Force, la campagna di bombardamenti della Nato contro il regime
di Milosevic del 1999, cade almeno una ventina di Predator
X
.
IL BOOM DEI DRONI
Lo scoccare del millennio segna linizio del boom dei droni. Un
autentico Big Bang che incrementer i droni nellarsenale america-
no da 167 (nel 2002) a oltre 7500; che porter la flotta dei soli Pre-
dator da 10 (nel 2001) a quasi 250 costantemente in volo nel 2013;
che gonfier il bilancio del Pentagono da 284 milioni di dollari
(nel 2000) a 3,8 miliardi (nel 2013)
XI
.
Cos, nonostante le difficolt iniziali, Predator e Reaper diventa-
no protagonisti assoluti della guerra al terrore statunitense e ogget-
to del desiderio di tante semipotenze regionali, a cominciare dal-
lItalia. Limpulso viene dato dallallineamento di tre particolari
stelle:
1. LUNDICI SETTEMBRE
Lesigenza di dar la caccia a un nemico non in divisa, che si ali-
menta del sostegno della popolazione e tra essa si nasconde rende
improvvisamente imprescindibile la conoscenza del terreno e latti-
vit di sorveglianza;
FIGURA Prologo.1 La storia del Predator
PROLOGO 20
Nota X, XI
2. IL PROGRESSO TECNOLOGICO
I droni conoscono un miglioramento nelle tecnologie di comuni-
cazione e di trasmissione dati, nella qualit delle immagini e nel-
laffidabilit;
3. LINVESTIMENTO POLITICO-BUROCRATICO
I due fattori citati sarebbero stati quantomeno depotenziati se,
ancora prima dellattentato alle Torri Gemelle, gli Stati Uniti non
avessero preso la decisione di puntare sensibilmente sulluso dei
robot in guerra. Nel 2000, infatti, il presidente dellArmed Service
Committee del Senato Warner obbliga il Pentagono a far s che en-
tro il 2010 un terzo dei velivoli e un terzo dei veicoli terrestri sia
senza pilota
XII
. Giustificando questa decisione, Warner indica due
motivi. Primo, nelle guerre del futuro, gli Stati Uniti non si potran-
no pi permettere tanti morti come nelle guerre mondiali o del
Vietnam; di qui lesigenza di puntare sui robot. Secondo, occorre
rendere le forze armate specializzate e tecnologicamente allavan-
guardia, un centro deccellenza per la scienza e la ricerca, in modo
da attirare le menti pi giovani e brillanti del paese.
PROLOGO 21
Il 23 gennaio 2009 Barack Obama perde la verginit. mattina
nei pressi della cittadina pakistana di Mir Ali. Incastonata in
unampia valle circondata da alti picchi innevati, Mir Ali si trova
nel Waziristan del Nord, una delle famigerate Fata, acronimo dal
suono fiabesco che nasconde una verit meno incantata. L, il go-
verno del Pakistan non arriva: le aree tribali sono amministrate in
modo federale, eufemismo per dire che non sono proprio ammi-
nistrate. La quiete del mattino rotta da tre esplosioni. Tre missili
piovuti dal cielo. Ridotta in macerie la casa di uomo che i media
LE VALCHIRIE DI OBAMA 22
LE VALCHIRIE DI OBAMA
1
Operazioni clandestine, teatri georobotici
e le regole con cui lAmerica uccide
Obama in aereo ( White House Photos)
locali identificano come Khalil. Dentro, quattro o cinque uomini,
di origine araba. Probabilmente legati ad al-Qaida
1
.
Passa qualche ora e un centinaio di chilometri a sud-ovest, nel-
larea di Wana, Waziristan del Sud, altre due esplosioni squarcia-
no un edificio. Stavolta una decina di persone perde la vita. Ma
non si tratta di terroristi, militanti o di gente che offre loro soste-
gno: labitazione appartiene a un leader locale favorevole al gover-
no di Islamabad. I due missili lanciati da un drone americano dai
cieli pakistani hanno colpito lobiettivo sbagliato
2
.
A Washington non nemmeno sorta lalba sul quarto giorno da
presidente di Obama che gi la Cia d il battesimo al nuovo inquili-
no della Casa Bianca. Il duplice attacco - duplice anche nella natu-
ra, luno a segno e laltro errato - il primo compiuto con i droni
sotto lamministrazione democratica. Il primo di una serie di quasi
400 effettuati in teatri come Pakistan, Yemen e Somalia, paesi con
cui gli Stati Uniti non sono formalmente in guerra. Ma dove infu-
ria un conflitto clandestino, lontano dai titoli dei quotidiani e dai
capitoli pi onerosi del budget federale, condotto contro singole
persone o gruppi di estremisti che hanno giurato morte allAmeri-
ca. Un conflitto dove i droni sono protagonisti assoluti.
COME LAMERICA IMPAR A UCCIDERE
Eliminare i terroristi a suon di droni non uninvenzione di Oba-
ma. Il Predator armato un figlio dellUndici Settembre. Pi preci-
samente, del colossale riorientamento di investimenti, attenzioni,
armamenti, uomini e donne da compiti tradizionali alla nuova mis-
sione esistenziale degli Stati Uniti: la guerra al terrorismo. Una
guerra nella quale lAmerica riscopre lassassinio mirato come le-
gittimo strumento politico.
Uccidere i nemici non da sempre lopzione madre per Washing-
ton. Assuefatti da oltre un decennio di caccia ad al-Qaida e soci,
LE VALCHIRIE DI OBAMA 23
Nota 1, 2
dimentichiamo che per un certo periodo lomicidio mirato stato
vietato in America e che i servizi segreti si sono rifiutati di immi-
schiarsi in queste faccende. Oggi, far fuori Bin Laden e compagnia
appare scontato, quasi dovuto. Appena 14 anni fa, mica unra geo-
logica, la sola opportunit di effettuare simili scorribande era inve-
ce la miccia per furibonde liti allinterno dellamministrazione
americana.
Nel 1976, il presidente Gerald Ford stende linchiostro su un do-
cumento epocale: lordine esecutivo 11905 con cui vieta gli assassi-
nii mirati a scopi politici. Tra gli anni Cinquanta e Settanta infatti
la Cia ha facilitato una serie di colpi di Stato, insurrezioni e omici-
di di leader politici scomodi, soprattutto in America Latina. Pro-
fonde cicatrici sono rimaste nellagenzia, consolidando una cultu-
ra di aperto rifiuto delle operazioni clandestine
3
.
Tutti i presidenti, da Bush padre in avanti, comunque trovano il
modo di aggirare lostacolo del divieto delle uccisioni mirate. Sen-
za per mai rovesciare la dottrina, intendendo le eccezioni come ta-
li, dimostrando ladesione al principio in s. Quando lamministra-
zione Clinton dibatte come rispondere ai primi attentati di Bin La-
den, non tutti sono daccordo con lidea di eliminarlo, a comincia-
re proprio dai vertici della Cia. I favorevoli allassassinio ci sono
ma usano i guanti di seta. Bisogna essere molto attenti a quanto
si espande lautorizzazione a usare la forza letale. Non penso che
lesperienza di Israele di avere una vasta lista di obiettivi abbia avu-
to cos successo, testimonia in privato al Congresso Richard Clar-
ke, consigliere per lantiterrorismo di Clinton e Bush
4
.
Qui entra in gioco il Predator. Nel settembre 2000 decolla dalla
base uzbeka di Karshi-Khanabad e inizia a sorvolare lAfghanistan.
Compie una dozzina di missioni e in una di queste avvista Bin La-
den. Ma non pu mordere, armato solo di occhi, svolge voli di ri-
cognizione, si limita a inviare immagini alla base. Il modo pi velo-
ce per colpire lo sceicco del terrore veloce non : sei ore si impiega-
no ad allertare un sottomarino americano nel Mare Arabico, lancia-
LE VALCHIRIE DI OBAMA 24
Nota 3, 4
re un missile Tomahawk e aspettare che questo copra le migliaia
di chilometri che lo separano dellAfghanistan. Il tutto sperando
che nel frattempo Bin Laden resti l dov. Il Predator va armato
5
.
Nel gennaio 2001, nella semi-citt fantasma di Indian Springs,
un tiro di schioppo dal deserto del Nevada, iniziano i test. Il 16 feb-
braio il drone spara il suo primo colpo e il 21 centra tutti e tre gli
obiettivi. In agosto, una riunione dei vice del Consiglio di sicurez-
za nazionale americano sancisce la legalit di eliminare Bin Laden
con il Predator
6
. Il programma per si arena, fra le liti di corridoio
tra Cia e Aeronautica su chi debba gestirlo e la questione dellau-
mento dei costi: 2 milioni di dollari, ununghia per il budget della
Difesa americano
7
. Non passer lestate che tre aerei diretti verso
Torri Gemelle e Pentagono spalancheranno le porte dellra di un
altro aereo, stavolta senza pilota.
LEREDI T DI BUSH
LUndici Settembre spazza via la questione delle uccisioni mirate.
Assassinare i propri nemici non solo legittimo ma un imperativo
strategico. Il drone fa il suo debutto in battaglia. Due sono i tipi di
operazione in cui impiegato: a supporto della guerra vera e pro-
pria, quella convenzionale che la Casa Bianca scatena contro las-
se del male, iniziando dallAfghanistan dei taliban e dallIraq di
Saddam; e come protagonista di una guerra clandestina, condotta
fuori dai teatri consueti a colpi di raid, isolati ma sistematici.
I due mandati di George W. Bush hanno un impatto su entrambi
gli aspetti di questo conflitto bipolare. In questo periodo vengono
gettate le basi per la manifestazione clandestina della guerra al ter-
rorismo ( durante la presidenza repubblicana che si compiono i
primi attacchi in Yemen e in Pakistan) a cui poi Obama attinger a
piene mani. Ma leredit di Bush consiste soprattutto nellaver pre-
sidiato a unespansione vertiginosa delluso dei droni nelle opera-
LE VALCHIRIE DI OBAMA 25
Nota 5, 6, 7
zioni convenzionali. Nei primi due mesi della guerra aerea in
Afghanistan iniziata nellautunno del 2001, i Predator acquisisco-
no (cio indicano a chi li colpir direttamente) 525 obiettivi e nel
primo anno dellintervento ne fanno fuori in prima persona 115
8
.
La vera invasione dei droni avviene per quando gli Stati Uniti at-
taccano lIraq. Gi nel 2005, a Baghdad e dintorni, le forze a stelle
e strisce contano su 150 velivoli non pilotati. Nel 2010, nellarea di
operazione del Central Command (Centcom, il comando america-
no responsabile del Medio Oriente) i Predator oltrepassano quota
700 mila ore di combattimento, sganciando pi di mille bombe
9
.
Per dare un assaggio della pervasivit dei Predator, nellanno tra
giugno 2005 e giugno 2006, compiono 2073 missioni con 242 at-
tacchi e 33.833 ore di volo, sorvegliando 18.940 obiettivi (una me-
dia di 51 al giorno)
10
.
Cosa fanno in concreto i droni in guerra per rendersi insostituibi-
li? Consentono di distinguere un uomo che ripara buche per stra-
da da un insorto che interra un esplosivo. Riconoscono un campo
di addestramento di nemici o aiutano le truppe al suolo a rintrac-
ciare i fuggitivi in seguito a un attacco. Possono seguire un veicolo
sospetto, coglierlo in fallo mentre carica armi e colpirlo senza per-
dere lattimo. Quando bombardano, contengono i danni collatera-
li. O quantomeno sono meno distruttivi di un attacco compiuto da
un jet normale.
Un esempio per chiarire il punto. Nelle sue memorie
11
, il Tenente
Colonnello Matt Martin racconta come, sorvolando Fallujah in
Iraq, fosse in cerca col suo Predator di un bulldozer che aiutava gli
insorti a costruire barricate. Prima di lui per lo ha trovato un jet
F-18 che ha sganciato una bomba da 250kg, qualche razzo e centi-
naia di colpi di mitragliatrice da 20mm. Uccidendo 20 persone e
spazzando via un isolato. Un po troppo per un bulldozer.
Non tuttavia questa lincarnazione del drone in guerra che inte-
ressa a Obama e che egli espande vigorosamente. Lattuale presi-
LE VALCHIRIE DI OBAMA 26
Nota 8, 9, 10, 11
dente sale infatti alla Casa Bianca per chiudere il decennio di guer-
re inaugurato da Bush. Lunico campo di battaglia ufficiale in cui
sotto Obama i droni ampliano il loro ruolo lAfghanistan. Ma
non al fianco delle truppe, bens al posto di esse. Il ritiro dallHin-
du Kush prosegue a ritmo serrato. Nel 2012 cerano 34 mila solda-
ti in meno rispetto al 2011. A fine 2013, altri 34 mila tornano in
America. I droni vanno in senso inverso: rimasto piuttosto costan-
te tra 2009 e 2011, il numero degli attacchi coi robot simpenna
nel 2012. Sul totale degli attacchi aerei (che cala da 5409 nel 2011
a 4082 nel 2012), quelli condotti dai droni sale dal 5% al 12,5%.
Addirittura, tra novembre 2012 e gennaio 2013, i raid dei droni
ammontano a 205, quasi un terzo degli attacchi aerei totali
12
.
PERCH I DRONI SONO LARMA PREFERI TA DI
OBAMA?
I droni e le guerre clandestine diventano le superstar dellarsena-
le a stelle e strisce perch sinseriscono perfettamente nella cosid-
detta dottrina Obama sulla guerra. Meglio, perch contribuisco-
no a plasmarla.
Sin dal primo mandato, Obama determinato a riformulare il
modo in cui lAmerica impiega la forza militare, abbandonando lo
stile arrogante di Bush. Sa che gli Stati Uniti non possono permet-
tersi altre guerre costose come quelle in Afghanistan e Iraq: oltre
ad aver alienato simpatie, hanno prodotto pochi risultati, quando
non plateali sconfitte. Tuttavia, Obama vuole rompere con una tra-
dizione molto forte tra i democratici, quella dellestrema cautela
nelluso dello strumento militare, inaugurata da McGovern, il falli-
mentare candidato alle presidenziali del 1972, sulla scia del rifiuto
del Vietnam
13
.
Obama non sedotto n dalla prima personificazione dellimpero
americano, quella dello sceriffo, n dalla sua negazione, quella del
LE VALCHIRIE DI OBAMA 27
Nota 12. 13
pacifista. Lattuale presidente appartiene infatti alla prima genera-
zione a non essere stato profondamente segnato dalla guerra in
Vietnam: alla firma degli accordi di Parigi, Obama aveva appena
11 anni. N ha vissuto in prima linea un altro dei periodi formativi
delle visioni di politica estera di molti funzionari governativi e par-
lamentari americani: il 1989-2004, il quindicennio tra la caduta
del muro di Berlino e linizio della guerra civile in Iraq. Un lasso di
tempo in cui lAmerica la superpotenza solitaria, senza rivali
dopo aver vinto la guerra fredda, si percepisce come nazione indi-
spensabile. , in breve, affetta da un delirio di onnipotenza.
LIraq costituisce un brusco risveglio da questo sonno della ragio-
ne che ha determinato una sovra-estensione militare e finanziaria
dellimpero.
Obama diventa noto al grande pubblico proprio in opposizione al
conflitto a Baghdad e dintorni. E dal 2009, una volta alla Casa
Bianca, simpegna per voltare quella triste pagina. Ma non lo fa sta-
LE VALCHIRIE DI OBAMA 28
FIGURA 1.1 Progressione attacchi tradizionali/UAV in Afghanistan
bilendo un generale rifiuto alla guerra. Oltre a ordinare nel primo
anno da presidente linvio di altre 54 mila truppe in Afghanistan,
la vera pietra tombale sulle speranze che i pacifisti ripongono in
lui, Obama la pone nel discorso di accettazione del Nobel per la pa-
ce.
Il dilemma esistenziale e affligge tutti i comandanti di una forza
armata. A maggior ragione se il tuo budget per la Difesa deve af-
frontare tagli di 500 miliardi di dollari in dieci anni perch demo-
cratici e repubblicani non riescono a mettersi daccordo per ridur-
re il debito pubblico, salito ben oltre quota 1500 miliardi. Al dub-
bio amletico, lamministrazione Obama ha risposto elaborando
una dottrina: ove possibile, luso della forza seguir i criteri di pre-
cisione, economicit e scarsa rintracciabilit. E solo in risposta a
minacce immediate a interessi vitali e strategici per gli Stati Uni-
ti
15
.
Qui entrano in gioco i droni perch nella guerra contro il terrori-
smo firmato al-Qaida soddisfano tutti e quattro i principi elenca-
ti:
1. PRECISIONE
Gli attacchi condotti dagli aerei senza pilota sono pi precisi di
uno effettuato da un aereo convenzionale, che impiega spesso mu-
nizioni pi pesanti e che sorvola una zona senza poter osservare la
situazione sul terreno;
2. ECONOMICIT
Per quanto costose, queste macchine non comporteranno mai
una spesa pari allo schieramento di un contingente sul campo, eli-
LE VALCHIRIE DI OBAMA 29
Gli strumenti della guerra giocano un ruolo nel preservare la pace. Eppure, questa verit
deve coesistere con unaltra: per quanto giustificata, la guerra promette tragedia per luo-
mo. [...] Parte della nostra sfida riconciliare queste due verit apparentemente irreconcilia-
bili: che la guerra a volte necessaria e che la guerra a un certo livello espressione della
follia umana
14
Barack Obama Oslo, 10 Dicembre 2009
Nota 14, 15
minando pure il rischio di perdere uomini in combattimento;
3. SCARSA RINTRACCIABILIT
I droni permettono di negare la fonte: a volte in Yemen e Paki-
stan, la responsabilit dellattacco viene addossata ai militari loca-
li;
4. FLESSIBILIT
Lampio raggio di volo del drone consente di schierarlo, per esem-
pio, oggi in Yemen e domani in Somalia, rispondendo allesigenza
di affrontare un nemico fluido e mutevole, nonch a quella di dare
priorit solo ai gruppi che minacciano direttamente gli Stati Uniti
(motivo per cui ci si finora astenuti dal colpire i qaidisti in Mali o
in Libia).
Esiste tuttavia un ulteriore motivo della popolarit dei droni alla
Casa Bianca, meno legato alla storia e pi alla politica nuda e cru-
da. Alle elezioni del 2008, Obama fa campagna sul rifiuto della tor-
tura, marchio dinfamia dellamministrazione Bush. Durante la
transizione per si rende subito conto che qualunque esitazione
sui temi scottanti della sicurezza nazionale sar massacrata dai
transfughi dellamministrazione Bush. Il messaggio : denuncia
pure la tortura, caro Obama, vedremo come te la caverai senza.
Come evitare di mostrarsi debole e allo stesso tempo mantenere
le promesse della campagna elettorale? Lo staff del presidente
ascolta le opzioni del consulente legale della Cia John Rizzo: cattu-
rare e interrogare i terroristi ancora possibile, basta esternaliz-
zare le pratiche a paesi terzi. Ma la truppa di Obama non dac-
cordo: troppo alto il rischio di critiche dai democratici pi liberal.
Meglio affidarsi ai droni. I repubblicani non li hanno usati in
modo massiccio e non si corre il rischio di essere additati come ere-
di di Bush. N alcun democratico s ancora espresso contro que-
sta tattica. La morale: se non possiamo catturarli, non resta che uc-
ciderli
16
.
LE VALCHIRIE DI OBAMA 30
Nota 16
DOVE OSANO I DRONI: I TEATRI GEOROBOTICI
Obama passer alla storia per lespansione senza precedenti della
guerra clandestina al terrore, di cui i droni sono lemblema. Se
Bush il primo presidente ad autorizzare le operazioni letali con i
velivoli senza pilota, queste dovevano essere solo un supporto di
ultima ratio rispetto alle guerre da combattersi in modo pi tradi-
zionale in Iraq e Afghanistan. Obama, al contrario, ne fa subito un
pilastro della propria concezione della guerra. A dirlo sono i dati:
mentre Bush in cinque anni autorizza 52 attacchi, sotto Obama ta-
le numero si moltiplicato fino ad arrivare a superare quota 350
nel 2013.
Chiariti i motivi per cui gli Stati Uniti si stanno orientando a un
uso meno invasivo e visibile della forza, dove viene condotto que-
sto quotidiano conflitto a bassa intensit? Quali sono i palcosceni-
ci della guerra dallalto? I teatri georobotici principali sono tre. In
comune hanno un aspetto: non sono formalmente in guerra con
gli Stati Uniti, i loro governi - l dove esistono - non hanno inten-
zioni ostili nei confronti di Washington, anzi sono considerati al-
leati, seppur con gradazioni diverse di inaffidabilit. Eppure, in
certe regioni entro i loro confini, trovano rifugio gruppi terroristici
contro i quali le autorit ufficiali sono impegnate in duri conflitti
civili. E che la potenza a stelle e strisce aiuta a liquidare. Spesso
perch questi militanti hanno progettato attentati contro gli Stati
Uniti.
Le similitudini finiscono qui. Perch in realt i tre teatri sono pro-
fondamente diversi tra loro per problematiche, situazioni sul terre-
no e motivi che hanno spinto lAmerica a impiegarvi i droni, pur
nel contesto di una strategia di lotta al terrorismo globale, dimo-
strandone il grado di flessibilit ed efficacia. Ecco perch utile
soffermarsi su ciascuno di essi.
LE VALCHIRIE DI OBAMA 31
1. PAKISTAN: LA PORTA DELLINFERNO
La guerra dei droni sbarca in Pakistan il 18 giugno 2004. Sono le
dieci di una torrida sera a Kari Kot, Waziristan del Sud. In una mo-
desta abitazione, Nek Muhammad sta cenando con quattro suoi
ospiti, uno di essi accompagnato dai figli di 10 e 16 anni. Il padro-
ne di casa non una persona qualunque: luomo forte della regio-
ne. Appena tre mesi prima, Muhammad ha resistito con successo
alloffensiva dellesercito pakistano nel Waziristan, operazione con-
dotta per stanare i militanti stranieri legati ad al-Qaida a cui lui
stesso dava rifugio. Non solo: nellimmaginario collettivo della po-
polazione, Muhammad colui che si permesso dinfrangere la
tregua con i militari pakistani, negoziata peraltro da un posizione
di forza. Sono loro che sono venuti da me, si vantava con i gior-
nalisti. Proprio con uno di loro al telefono il 17 giugno del 2004
quando, a uno dei suoi uomini, chiede cosa sia quelluccello metal-
lico in cielo. Solo 24 ore pi tardi, luccello metallico spara un mis-
sile sulla sua casa, uccidendo sul colpo tutti i suoi ospiti e trancian-
dogli mano e gamba sinistra, ferite per le cui conseguenze morir
sulla via dellospedale
17
.
Assurdo, del tutto assurdo. Con i reporter locali, il Major Gene-
ral Sultan, portavoce in capo delle forze armate pakistane, cate-
gorico: Muhammad non stato eliminato con lassistenza degli
Stati Uniti. Tutto il merito dellesercito di Islamabad. Falso.
Muhammad la vittima sacrificale di un patto tra la Cia e i milita-
ri pakistani, svelato da Mark Mazzetti del New York Times
18
: noi
vi uccidiamo un nemico di Stato ma che per noi non una priori-
t; in cambio voi ci permettete di far volare i Predator armati sul
vostro territorio.
Perch gli Stati Uniti hanno bisogno di espandere la guerra al ter-
rorismo al Pakistan, Stato formalmente alleato? Perch le sue re-
gioni nord-occidentali ad amministrazione tribale, le Fata, sono di-
ventate, per la vicinanza allAfghanistan e il territorio montagnoso
LE VALCHIRIE DI OBAMA 32
Nota 17, 18
e quasi inaccessibile, il rifugio ideale per al-Qaida e soci. Afghani-
stan e Pakistan formano sempre pi un unico teatro di guerra, che
verr battezzato dallamministrazione Obama AfPak: per stabiliz-
zare lAfghanistan e sconfiggere al-Qaida, bisogna colpirla in Paki-
stan, la base strategica in cui si riorganizza e alimenta linsurrezio-
ne a Kabul e dintorni.
Sin dal suo prologo, la guerra dei droni in Pakistan rivela almeno
tre dei suoi nodi pi profondi:
1. LACCORDO CON ISLAMABAD
I riluttanti militari pakistani si piegano alle richieste di Washing-
ton pretendendo che tutti gli attacchi pianificati passino per la lo-
ro approvazione e che gli americani condividano informazioni e vi-
deo. Inoltre, la Cia non pu sorvolare che una porzione minima
del paese, solo quella dove si concentra la maggior parte di insorti
legati ai taliban o ad al-Qaida. Sino al 2009, infatti, solo tre raid
colpiscono fuori dalle Fata, tutti nella provincia di Bannu, poco di-
LE VALCHIRIE DI OBAMA 33
La mappa mostra larea del
Pakistan in cui al-Qaida
maggiormente attiva, ovvero
le FATA Aree Tribali di
Amministrazione Federale.
Sono evidenziate anche le
posizioni delle basi
americane in Afghanistan da
cui sono operati gli UAV.
(Dati Foreign Affairs)
FIGURA 1.2
Al-Qaida in Pakistan
stante dallepicentro. In questo periodo, i droni decollano da Jaco-
babad e da Shamsi.
2. LA TOTALE OSCURIT
Non si deve mai sapere che gli Stati Uniti violano cos platealmen-
te la sovranit del Pakistan. Al massimo, se scoperti, governo e mi-
litari di Islamabad condanneranno in pubblico Washington per
limpiego dei droni. Ma in privato continueranno a supportarlo. Il
23 agosto 2008, il primo ministro Gilani dice allambasciatore
americano Anne Patterson: Non mi interessa cosa fanno fintanto
che uccidono le persone giuste. Protesteremo allAssemblea Nazio-
nale [dellOnu] e poi ignoreremo tutto. Il 12 novembre 2008, toc-
ca al presidente Zardari: Uccidete i leader [di al-Qaida]. I danni
collaterali preoccupano voi americani. Non me
19
.
3. GLI OBIETTIVI NON PRIORITARI
Gli Stati Uniti eliminano militanti ed estremisti che non pongono
minacce dirette e immediate. Non solo leader di al-Qaida ma faci-
litatori (persone che forniscono un supporto) o membri di altri mo-
vimenti violenti
20
. Muhammad ne un esempio ma pure Baithul-
lah Mehsud, capo dei taliban pakistani ucciso il 5 agosto 2009
21
,
dimostra come i droni di Washington servano anche al governo di
Islamabad per portare avanti le proprie campagne di contro-insur-
rezione.
Le aree tribali del Pakistan diventano la principale tenuta di cac-
cia dei droni. Un enorme laboratorio della strategia di antiterrori-
smo, un inaccessibile buco nero dove in nove anni di guerra clan-
destina sono stati compiuti tra i 343 e i 372 attacchi con i droni, di
cui fra i 298 e i 320 durante lamministrazione Obama. Le vittime
di questa guerra dallalto ammonterebbero a una cifra compresa
tra 2500 e 3500, a seconda delle fonti consultate, di cui un nume-
ro tra 150 e 925 civili
22
. Stima molto pi alta rispetto ai dati ufficia-
li dellamministrazione, che parlano di 60 morti civili. Una diver-
LE VALCHIRIE DI OBAMA 34
Nota 19, 20, 21, 22
genza che, come si vedr, punta dritto al cuore delle operazioni
clandestine.
I pakistani iniziano per a giocare un gioco sporco. Alcuni degli
obiettivi, infatti, sfuggono sistematicamente ai raid. Cia e militari
americani iniziano a pensare che i servizi segreti locali, le Isi, avvi-
sino dellimminenza degli attacchi alcuni militanti. La collaborazio-
ne con certi gruppi estremisti non certo una novit: i taliban
afghani sono un prodotto delle Isi, che continuano a fornire loro
un certo grado di protezione per garantirsi un braccio armato in
grado di influenzare gli eventi in Afghanistan. A met 2008, Cia e
militari riescono a convincere la Casa Bianca a smettere di notifica-
re gli attacchi ai pakistani
23
. Dora in poi, la guerra dei droni sar
unilaterale.
I rapporti con il governo di Islamabad si fanno sempre pi tesi.
Le evidenze che sono gli americani a compiere quei misteriosi e le-
tali attacchi dal cielo aumentano. Nel marzo 2011, il Major Gene-
LE VALCHIRIE DI OBAMA 35
Fonte dati: stime New America Foundation
FIGURA 1.3 Attacchi in Pakistan
Nota 23
ral Mehmood Ghayur, comandante delle truppe pakistane in Wazi-
ristan, ammette: Molti sono i miti attorno agli attacchi con i Pre-
dator statunitensi. [...] S, c qualche perdita civile in questi attac-
chi di precisione, ma i morti sono in maggioranza terroristi, anche
stranieri
24
. Il Pakistan costretto a riconoscere lesistenza di que-
ste operazioni. Ma sfrutta la rabbia dellopinione pubblica per ela-
borare una narrazione, alimentata da media compiacenti, secondo
cui la colpa dellinstabilit del paese anche dei droni.
Chiaro lintento: salvarsi la faccia e usare i velivoli senza pilota co-
me carta negoziale con Washington. Che, intanto, sempre pi fru-
strata per landamento di una guerra, quella in Afghanistan, cui
non riesce a imprimere una svolta, anche per colpa del doppiogio-
chismo pakistano, alleato da un miliardo di dollari lanno ma pro-
tettore di alcuni dei suoi nemici. Lapice si tocca a novembre 2011,
quando sulla frontiera afghana, aerei americani uccidono per erro-
re 24 soldati pakistani. Islamabad costretta a chiudere le basi da
cui volano i droni. Anche se il divieto non sancir la fine degli at-
LE VALCHIRIE DI OBAMA 36
Fonte dati: New America Foundation
FIGURA 1.4 I dettagli degli attacchi in Pakistan
Nota 24
tacchi delle macchine senza pilota.

2. YEMEN: IL VECCHI O-NUOVO EPICENTRO DEL
TERRORI SMO GLOBALE
Non tuttavia in Pakistan che stata posta la prima pietra della
guerra dei droni fuori dai campi di battaglia convenzionali. Il 3 no-
vembre 2002 a Tampa, Florida, il vicecomandante del Centcom,
generale DeLong, riceve una telefonata
25
. il direttore della Cia.
Hanno avvistato lobiettivo. DeLong osserva il video che arriva in
diretta dallocchio di un Predator nella provincia di Marib, Ye-
men: su quella Land Cruiser c un terrorista che militari e servizi
segreti cercano da due anni. Si chiama al-Harithi, uno degli uo-
mini chiave di al-Qaida nella penisola araba e ha orchestrato lat-
tentato alla nave U.S.S. Cole del 2000 in cui hanno perso la vita 17
marinai americani.
LE VALCHIRIE DI OBAMA 37
INTERATTIVO 1.1 Mappa degli attacchi droni in Pakistan
Per aprire la mappa interattiva cliccare sullimmagine. Potete anche girare liPad per una migliore
visualizzazione. Cliccando sugli indicatori possibile visualizzare i dettagli di ciascun strike.
Nota 25
Per vederla su browser clicca qui.
Harithi ha commesso un errore. Ha fatto sentire la sua voce al te-
lefono. Nellauto, uno dei suoi uomini ha usato il cellulare, e la
chiamata stata intercettata da una squadra di Gray Fox, lunit
di spionaggio dellEsercito americano penetrata in gran segreto in
Yemen. Riconosciuta in sottofondo la voce del terrorista, il genera-
le DeLong ordina di lanciare il missile dal drone
26
. Una trentina di
secondi dopo, Harithi e cinque suoi uomini tolgono il disturbo.
Se il Pakistan ha unimportanza strategica in quanto stampella su
cui si regge la stabilizzazione dellAfghanistan, con lo Yemen ci si
trova molto pi vicini alla lotta al terrorismo globale pi pura. Le
sue statistiche sono molto diverse rispetto a quelle del Pakistan:
dopo luccisione di Harithi, i droni hanno taciuto fino al 2009.
Poi, il numero degli attacchi ha cominciato a salire vertiginosamen-
te anche qui, arrivando a quota 42 nel solo 2012.
LE VALCHIRIE DI OBAMA 38
INTERATTIVO 1.2 Mappa degli attacchi droni in Yemen
Per aprire la mappa cliccare sullimmagine. Potete anche girare liPad per una migliore visualizzazione.
Cliccando sugli indicatori possibile visualizzare i dettagli di ciascun strike, con anche il conteggio delle
vittime. (Dati: Long War Journal)
Nota 26
Per vederla su browser clicca qui.
Perch questo silenzio pluriennale? Il motivo risiede nellimpron-
ta americana in Yemen: gli Stati Uniti non rappresentano la forza
di guerra principale, qui svolgono un ruolo pi spiccatamente di
sostegno al governo yemenita nella sua personale lotta ai terrori-
sti
27
. Fin dallUndici Settembre, il presidente Ali Abdullah Saleh si
ripromette di eliminare la presenza dei jihadisti, che in diverse zo-
ne del paese trovano rifugio senza incontrare particolari ostacoli,
una sfida che sintreccia con pi ampie insurrezioni secessioniste
nel sud e nel nord. In questa missione, Saleh riceve fin da subito il
sostegno di Washington. Ma il conflitto allinizio un affare pretta-
mente interno.
La situazione peggiora dal 2009 grazie al concorso di due fattori.
Da un lato, nel gennaio di quellanno, due costole locali di al-Qai-
da si uniscono per dar vita a una terza pi consistente organizza-
zione: al-Qaida nella Penisola Arabica (Aqap). Dallaltro, lo Ye-
men inizia a fornire rifugio a molti terroristi in fuga da Afghani-
stan e Pakistan. Cos, in breve tempo, il paese diventa uno dei cen-
tri nevralgici del jihadismo mondiale.
A chiarire al mondo le intenzioni del nuovo gruppo yemenita, il
giorno di Natale del 2009 un ragazzo sudanese di nome Umar Fa-
rouk Abdulmutallab tenta di farsi esplodere sul volo Northwest
Airline Flight 253, diretto da Amsterdam a Detroit. Lattentato fal-
lisce e il terrorista, che aveva nascosto lesplosivo al plastico nella
propria biancheria intima, confessa che il suo ispiratore un predi-
catore che gli statunitensi conoscono bene: Anwar al-Awlaki. Al-
Awlaki un cittadino americano convertito allislam e trasferitosi
in Yemen dopo lo scoppio della guerra al terrore.
Per la prima volta di fronte allincubo di un nuovo attentato ae-
reo, la Casa Bianca si convince a intervenire in modo pi massic-
cio in Yemen. Gi poco prima del Natale 2009, Obama aveva ordi-
nato un attacco missilistico nel paese (finito in tragedia, con 14
donne e 21 bambini uccisi). Ma ora ogni titubanza rimossa. Lam-
ministrazione spende in Yemen le sue punte di diamante nella
LE VALCHIRIE DI OBAMA 39
Nota 27
guerra al terrore, a cominciare da John Brennan, il consigliere spe-
ciale per lantiterrorismo, che, forte della militanza da agente della
Cia nella penisola araba, si occupa personalmente di orchestrare
un sostegno pi muscolare al governo di Saleh. Assieme al Genera-
le Petraeus, allepoca capo del Centcom e del Vice Ammiraglio
McRaven, comandante del Joint Special Operations Command
(Jsoc), ossia delle forze speciali statunitensi.
In cosa si traduce limpegno americano in Yemen? Stando a quan-
to annunciato da Brennan nel febbraio 2012
28
, lobiettivo dupli-
ce: eliminare due dozzine di leader qaidisti e addestrare le trup-
pe locali, in concerto con Arabia Saudita e altri paesi del Golfo, per
combattere la loro contro-insurrezione. Continuando, al contem-
po, ad appoggiarsi al governo di Sana che sin dal gennaio 2010 ga-
rantisce - riporta un cablo svelato da Wikileaks
29
- di addossarsi la
responsabilit degli attacchi dal cielo. Eppure, la legittimazione
del regime si sgretola via via, con le proteste di piazza che nel 2011
portano alle dimissioni del presidente Saleh e distraggono leserci-
to yemenita dal combattere ribelli e jihadisti.
A differenza del Pakistan, dove Obama eredita un programma im-
postato negli anni di Bush, qui lamministrazione libera di pro-
gettare la propria architettura clandestina. Tra le sabbie e le mon-
tagne dello Yemen sono schierate forze paramilitari della Cia e al-
cune decine di truppe speciali. Si tratta soprattutto di squadre di
addestratori che coordinano le operazioni antiterroristiche, senza
prendervi parte, che raccolgono dati, li analizzano e li condividono
con i militari yemeniti. E forniscono informazioni vitali agli opera-
tori dei droni, che decollano sia dalla base di Camp Lemonnier a
Gibuti sia da un aeroporto segreto nel sud dellArabia Saudita. A
volte vengono impiegati anche aerei convenzionali, missili da cro-
ciera lanciati dalle navi americane nel Golfo di Aden o i vetusti veli-
voli dellaviazione yemenita, fattori che rendono difficile identifica-
re se un attacco sia stato compiuto da un drone o meno.
Di certo, questi strike non sempre sono precisi. Nel maggio 2010,
LE VALCHIRIE DI OBAMA 40
Nota 28, 29
un missile diretto a membri di al-Qaida finisce per uccidere il vice-
governatore della provincia di Marib, impegnato in una delicata
trattativa con gli insorti locali. La sua morte scatena violente rap-
presaglie contro il governo centrale e loleodotto della regione, giu-
gulare energetica cos vitale che i danni che subisce costano al po-
verissimo Yemen ben 1 miliardo di dollari
30
.
Ma la controversia maggiore riguarda il caso delluccisione di
Anwar al-Awlaki, eliminato da un missile lanciato da un drone nel
settembre 2011 assieme a un altro militante qaidista che aiutava il
predicatore nella pubblicazione della pi importante rivista jihadi-
sta, Inspire. Il problema che al-Awlaki era un americano del
New Mexico: per la prima volta dalla guerra civile, il governo degli
Stati Uniti compie lassassinio senza processo di un suo cittadino
in una situazione di guerra. Vero, sempre in Yemen, nel primo at-
tacco coi droni del 2002 aveva trovato la morte un altro qaidista
cittadino americano; ma non si trattava dellobiettivo primario.
LE VALCHIRIE DI OBAMA 41
Fonte dati: Stime Long War Journal
FIGURA 1.5 Attacchi in Yemen
Nota 30
Qui invece luccisione deliberata e pianificata. In America si sca-
tena un dibattito feroce, anche perch poche settimane dopo, un
altro americano trova la morte per mano di un drone: Abd al-Rah-
man, il figlio 16enne di al-Awlaki. Inoltre, non nota alcuna prova
che al-Awlaki fosse un membro di al-Qaida, oltre a una semplice
simpatia evidente nelle sue prediche sempre pi violente nei con-
fronti dellAmerica. Addirittura, il giornalista investigativo Jeremy
Scahill avanza lipotesi che proprio la crescente avversione di Was-
hington verso al-Awlaki lo stesse spingendo tra le braccia di al-
Qaida
31
.
La portata di questi precedenti storica e le controversie hanno
raggiunto lapice a inizio 2013, durante il processo di conferma a
direttore della Cia proprio di Brennan: lopposizione repubblicana
in Senato ha condotto un filibuster (una pratica di ostruzione) di
13 ore sul tema della trasparenza del programma dei droni, pro-
nunciando una domanda fatidica. Se il presidente pu ordinare
lassassinio di un cittadino americano allestero senza regolare pro-
cesso ma appoggiandosi solo sui risultati dellintelligence, ha do-
mandato il senatore Rand Paul, quali sono i limiti al suo potere?
La necessit di una risposta a questo interrogativo passer sem-
pre in secondo piano fintanto che la paura di attentati firmati al-
Qaida torner periodicamente alla ribalta. Ed proprio lo Yemen
a togliere il sonno a Washington. A inizio agosto 2013, 21 missioni
diplomatiche statunitensi tra Africa e Medio Oriente sono state
chiuse ed evacuate per colpa di un presunto piano dei jihadisti per
colpire una o pi ambasciate a stelle e strisce. Lintelligence ameri-
cana ha intercettato una conversazione tra il capo di al-Qaida Za-
wahiri e il suo nuovo comandante operativo, Nasir al-Wuhayshi, il
principale esponente di Aqap, in cui si impartivano gli ordini per
un attentato terroristico. La risposta della Casa Bianca ha avuto i
contorni di unomerica ira funesta: nove volte in due settimane i
droni hanno colpito lo Yemen a caccia di Wuhayshi e dei suoi uo-
mini.
LE VALCHIRIE DI OBAMA 42
Nota 31
3. SOMALIA: LA COLLANA DI PERLE
Dei tre teatri georobotici, la Somalia quello attorno cui aleggia
pi mistero. Nel Corno dAfrica si combatte nella penombra una
guerra continua, che periodicamente conosce picchi di violenza, co-
me dimostrano gli interventi negli anni Novanta di alcuni contin-
genti occidentali (compreso quello italiano) o, pi di recente, le in-
vasioni degli eserciti confinanti, come quello etiope o keniano.
Lobiettivo principale delle operazioni clandestine americane
al-Shaabab, una milizia estremista associata ad al-Qaida dal
2002. La sua pericolosit accentuata dalla critica situazione del-
la Somalia: negli anni riuscita a controllare ampie zone del sud
del paese, approfittando del vuoto di potere creato dal collasso del
governo, tuttora in fase di lenta ricostruzione. Indebolito ma non
sradicato dallinvasione etiope del 2006, dopo il ritiro di Addis
Abeba nel 2009 il movimento riprende a crescere. Tanto che nel
2011 il Kenya conduce nel sud unoperazione congiunta con le trup-
pe (poco) regolari somale per tamponare lemorragia di violenza
LE VALCHIRIE DI OBAMA 43
Giuramento di John Brennan ( White House Photos)
degli estremisti.
Al-Shabaab mostra tutta la sua letalit l11 luglio 2010 con un at-
tentato non in Somalia bens a Kampala, la capitale ugandese, ucci-
dendo 74 persone radunate in uno stadio per seguire la finale dei
mondiali di calcio. Il massacro convince il Consiglio di sicurezza
nazionale americano che il raggio dei terroristi sia in espansione e
anche gli scettici, tra cui i consiglieri giuridici di Pentagono e di-
partimento di Stato, cedono alle pressioni dei militari per accon-
sentire a unescalation in Somalia
32
.
La prima operazione offensiva con un drone risale al 2007, nei
pressi della cittadina di Ras Kamboni. Ma in quelloccasione il veli-
volo senza pilota non spara, bens indica a un AC-130 americano
lobiettivo contro cui aprire il fuoco: il convoglio che trasporta
Aden Hashi Farah, uno dei comandanti jihadisti nella regione
33
.
Il primo vero attacco di un drone nel Corno dAfrica cade il 25 giu-
gno 2011, quando un Predator elimina Ibrahim al-Afghani, uno
dei leader di al-Shabaab, nel porto meridionale di Kismayo
34
. Al-
lattacco sopravvive Bilaal al-Barjawi, lideatore dellattentato di
Kampala del 2010. Ma non per molto. Nel gennaio del 2012, un
drone fa fuori anche questimportante figura del jihad africano
35
.
Sapere con certezza quanti attacchi abbiano compiuto i droni
impossibile, vista linaccessibilit per i reporter di unarea di opera-
zioni cos vasta. Tuttavia, numeri minimi si possono ricavare. E da
questi si evince un lento ma costante aumento. Secondo una ricer-
ca del Bureau of Investigative Journalism, dal 2007 si sarebbero
svolte tra le dieci e le 23 operazioni segrete in Somalia, di cui da
tre a dieci con i droni, uccidendo in tutto almeno 112 militanti, ma
anche 57 civili
36
. Il reporter David Axe stima che, tra 2007 e 2012,
i droni abbiano volato almeno 25 mila ore, circa 13 al giorno
37
. Per-
centuale minima rispetto alluso massiccio altrove. Eppure un da-
to considerevole, per un teatro in cui la proiezione della forza ame-
ricana non entra nemmeno nel dibattito pubblico, a differenza di
LE VALCHIRIE DI OBAMA 44
Nota 32, 33, 34, 35, 36, 37
Yemen e Pakistan.
La natura cos sfuggente della guerra dei droni in Somalia dovu-
ta al fatto che essa si inserisce in un contesto molto pi ampio, che
presenta due sfaccettature.
In primo luogo, le operazioni robotiche sono solo una delle mani-
festazioni del conflitto clandestino in cui gli Stati Uniti sono impe-
gnati. Un conflitto in cui Washington fornisce assistenza a un con-
tingente multinazionale sotto legida dellOnu e dellUnione Africa-
na, che porta avanti i combattimenti convenzionali quotidiani,
composto soprattutto da truppe di Burundi e Uganda. Nella capita-
le Mogadiscio, poi, la Cia presente con alcuni commando per rac-
cogliere informazioni e gestire la rete di contractors (mercena-
ri)
38
. I militari americani non compiono attacchi solo coi droni ma
anche con aerei convenzionali e missili da crociera lanciati dal-
lOceano Indiano da navi schierate, almeno una trentina, alcune
delle quali servono anche da basi galleggianti per le forze speciali
per compiere raid a terra e detenervi obiettivi catturati
39
.
In secondo luogo, la Somalia un tassello, seppure il pi vistoso,
del mosaico che gli Stati Uniti stanno realizzando in Africa boreale
per contenere - o, obiettivo minimo, tenere docchio - la minaccia
jihadista
40
. Attorno al Corno dAfrica, Washington costruisce una
vera e propria collana di perle fatta di basi, occhi alati e piccole
squadre di forze speciali sul terreno. Basta prendere una mappa
per rendersene conto. Il perno della presenza militare americana
in Africa Camp Lemonnier, Gibuti, dove sono stanziate pi di
2500 truppe e da cui decolla la maggior parte dei droni
41
. Ma il
Pentagono ha negoziato permessi di utilizzare aeroporti (o di rica-
vare piste datterraggio dal nulla) anche a Etiopia, Kenya, Sud Su-
dan, Uganda, Burkina Faso, Mali, Mauritania (cooperazione per
interrotta nel 2008). E pure alle Seychelles.
Tra Africa orientale e occidentale, le forze armate a stelle e strisce
gestiscono inoltre due missioni di ricognizione: Tusker Sand e
LE VALCHIRIE DI OBAMA 45
Nota 38, 39, 40, 41
Creek Sand. Impiegano personale privato per volare aerei dalle
sembianze civili ma equipaggiati di raffinati sensori elettro-ottici e
infrarossi per raccogliere informazioni sulle attivit degli movi-
menti estremisti. I dati sono poi smistati a centri danalisi in Burki-
na Faso e in Uganda, dove le informazioni sono condivise con i mi-
litari locali o i commando di forze speciali sparsi nel continente
42
.
Uno dei quali impegnato nella jungla centrafricana nella caccia
al signore della guerra Joseph Kony.
Al momento questa collana di perle serve solo a monitorare grup-
pi come al-Qaida nel Maghreb islamico tra Mali e Libia o come Bo-
ko Haram in Nigeria. Ma un salto di qualit del copione dei jihadi-
sti pu spingere gli Stati Uniti a intervenire pi massicciamente
sul palcoscenico della guerra al terrore. I teatri georobotici lo inse-
gnano.
LE VALCHIRIE DI OBAMA 46
Fonte dati: Foreign Affairs, Washington Post, Wired Danger Room.
FIGURA 1.6 Basi americane e gruppi terroristici in Africa e Penisola Araba
Nota 42
DISPOSI TION MATRIX: CHI DECIDE E CHI SPARA
Dipingere un quadro particolareggiato della catena di comando,
intrufolarsi nei corridoi e nelle stanze dove avviene il processo de-
cisionale assai arduo. Lesistenza stessa del programma di ucci-
sioni mirate stata ufficialmente riconosciuta da Obama a inizio
2012
43
; fino ad allora, tutta la questione era coperta da un velo di
silenzio e segretezza. Le poche informazioni disponibili sono sgoc-
ciolate fuori dalle stanze del potere grazie a fonti anonime o a sto-
rie giornalistiche da maneggiare con cautela in quanto potenziali
tentativi della Casa Bianca di plasmare lopinione pubblica sul te-
ma.
Il primo aspetto da definire quello degli attori chiamati a preme-
re il grilletto. Un luogo comune vuole i militari essenzialmente as-
sorbiti in azioni di supporto alle azioni belliche in Afghanistan, la-
LE VALCHIRIE DI OBAMA 47
I meeting di Obama sulla sicurezza nazionale, con Brennan sempre presente ( White House Photos)
GALLERIA 1.1 La sicurezza nazionale sotto lAmministrazione Obama
Nota 43
sciando alla Cia le pi controverse missioni clandestine. In realt,
entrambi le conducono, spesso nello stesso teatro e a volte collabo-
rando tra loro.
Complica ulteriormente lequazione il fatto che a gestire le missio-
ni militari dei droni sia una branca speciale e avvolta dal massimo
riserbo, il Joint Special Operation Command (Jsoc). Si tratta del
comando che raccoglie le unit dlite delle forze armate america-
ne, quelle addestrate per le operazioni pi segrete, letali e pericolo-
se. Fondato nel 1980, sul Jsoc si sono accesi i riflettori con la guer-
ra al terrorismo. Nelle parole di John Nagl, gi consigliere di alcu-
ni generali, il Jsoc diventato una macchina per uccidere quasi
su scala industriale
44
. Esso opera sotto lautorit di Aqn Exord,
firmato da Bush nel 2003, un atto legale senza controllo del potere
legislativo. In quellordine esecutivo, il Jsoc era autorizzato a ope-
rare con i suoi corpi speciali in pi di una dozzina di paesi, tra cui
Afghanistan, Yemen, Somalia e, soprattutto, Iraq, il paese dove si
ritagliato la fama maggiore, uccidendo un elevato numero di uo-
mini di al-Qaida, tra cui al-Zarqawi, leader qaidista a Baghdad.
Due dei migliori comandanti americani dellultima generazione
hanno guidato il Jsoc: Stanley McChrystal e William McRaven.
La collaborazione tra Cia e Jsoc avviene in quasi tutti i teatri, in
modi diversi, dalla semplice condivisione di informazioni a opera-
zioni congiunte. Un esempio su tutti? Luccisione di Osama Bin La-
den, realizzata grazie a una sinergia tra intelligence della Cia e ca-
pacit operativa del Jsoc. Il problema che, accanto ai vantaggi di
efficienza e praticit, ce ne sono altri pi ambigui: la cooperazione
tra le due agenzie fa s che molto spesso i ruoli, e le conseguenti at-
tribuzioni di responsabilit, tendano a confondersi. Secondo il
Washington Post, molti funzionari pubblici, da membri del Con-
gresso a dirigenti della Cia, affermano di fare molto spesso fatica a
distinguere il personale dellintelligence da quello militare
45
. A
farne le spese , ancora una volta, la trasparenza: a volte, il Jsoc
opera sotto lautorit legale della Cia per godere della sua segretez-
LE VALCHIRIE DI OBAMA 48
Nota 44, 45
za.
Negli ultimi mesi, in America si scatenato un dibattito sullop-
portunit di togliere il programma dei droni dalle mani della Cia.
Il nocciolo della questione sta nellobbedienza dei militari al titolo
10 del codice statunitense che, a differenza del titolo 50 cui rispon-
de la Cia, impone obblighi di rendere conto delle proprie azioni e
di tenere informati governo e istituzioni. I servizi segreti non han-
no infatti sviluppato un processo di inserimento del rispetto delle
leggi nella cultura condivisa allinterno dellagenzia. Per quanto
non sia chiaro quanto questa operazionalizzazione del diritto sia
avvenuta nel Jsoc, i militari garantiscono maggiore trasparenza e
soprattutto maggior coordinamento con le altre branche della poli-
tica estera
46
.
Lamministrazione Obama pare intenzionata a spostare la respon-
sabilit dei droni dalla Cia al Pentagono, anche se questo tentativo
sembra pi guidato da esigenze dimmagine. O, piuttosto, da un al-
tro dibattito, stavolta meno pubblicizzato: quello se Langley debba
o meno tornare alla missione primaria, ossia spiare e non uccide-
re. La militarizzazione della Cia nella pi che decennale guerra al
terrorismo sta trovando i suoi fieri oppositori sia in ex funzionari
sia in membri importanti dellesecutivo. A cominciare dallattuale
segretario alla Difesa Hagel che nel 2012 ha presieduto un rappor-
to diretto alla Casa Bianca in cui si chiedeva che i servizi segreti
pensassero meno ad al-Qaida e pi a monitorare minacce strategi-
che come il programma nucleare iraniano, lattivismo della Cina o
gli sviluppi della guerra civile in Siria
47
.
Il secondo aspetto della questione decisionale introno ai droni in-
veste il metodo. Come si arriva a ordinare luccisione di un terrori-
sta? La maggior parte degli obiettivi viene selezionata da speciali
elenchi: le famose kill list.
Il processo di elaborazione di queste liste segue diverse fasi. Ana-
listi provenienti da Cia, dipartimento di Stato, forze speciali, ecce-
LE VALCHIRIE DI OBAMA 49
Nota 46, 47
tera si radunano al National Counter-Terrorism Center (Nctc).
Una volta esaminate le minacce poste dai vari jihadisti, il gruppo
invia lelenco, non ancora operativo, al Consiglio di sicurezza na-
zionale, dove una riunione tra i vicedirettori di Fbi e Cia, pi alti
funzionari di dipartimento di Stato e della Difesa, decide le due
dozzine di terroristi da sottoporre al presidente per linserimento
ufficiale nella kill list. Ogni trenta o novanta giorni si ricomincia,
rivedendo la gravit della minaccia posta dagli obiettivi ed elimi-
nando o aggiungendo nomi alla lista. Obama approva ogni attacco
fuori dalle zone di guerra aperta (ossia Somalia e Yemen) mentre
solo un terzo di quelli in Pakistan (dove lautorit spetta invece al
direttore della Cia, guida del programma)
48
.
FIGURA 1.7 Mappa del potere decisionale
LE VALCHIRIE DI OBAMA 50
Nota 48
In questa selezione, fino a poco tempo fa la parte del leone la face-
va John Brennan, il consigliere del presidente per lanti-terrori-
smo ora passato a dirigere la Cia: era lui a presiedere le riunioni
dove si approvavano i nomi delle kill list ed era sempre lui a porta-
re le opzioni nello studio ovale, dibattendo con il presidente lop-
portunit di eseguire lattacco o meno. Un potere esclusivo che
spesso ha suscitato timori, allinterno dellesecutivo, che lufficio
di Brennan diventasse un gabinetto di guerra, facendo dipendere
il destino dei militanti di al-Qaida da un ristretto numero di fun-
zionari. Altri membri dellamministrazione lo descrivono invece
come la bussola morale della Casa Bianca, perennemente impe-
gnato in una lotta con i falchi tra i militari e la Cia
49
.
Di certo, Brennan il custode delle regole con cui lAmerica ucci-
de. Nel corso degli ultimi due anni, il processo decisionale ha subi-
to un certo grado di istituzionalizzazione. Su spinta di Brennan,
larchitettura dellanti-terrorismo ha come perno la cosiddetta Di-
sposition Matrix
50
. Si tratta di un database unico che raccoglie e
schematizza non solo i nomi dei terroristi e i loro dati biografici
ma anche altre due voci cruciali:
TUTTI I MODI PER NEUTRALIZZARE LA MINACCIA.
Si va dallattacco coi droni al semplice arresto, dallinvio di forze
speciali alla chiamata a servizi segreti amici. Fattore ancora pi im-
portante: la matrice mappa le opzioni a disposizione degli Stati
Uniti, cosicch se lobiettivo si sposta, la risposta viene adeguata
velocemente.
I CRITERI PER ORDINARE UN ATTACCO.
Per quanto siano tenuti segreti, alcune rivelazioni alla stampa
hanno provato a fare luce: limmediatezza della minaccia, la perico-
losit nei confronti di interessi strategici per il paese, la certezza
quasi assoluta di non produrre vittime civili, limpossibilit di pro-
cedere con la cattura. Su questultimo punto, Brennan ha chiarito
un importante fattore nella decisione dellimpiego dei droni: gli
Stati Uniti cercheranno la collaborazione del governo locale ma, se
LE VALCHIRIE DI OBAMA 51
Nota 49, 50
questo si rivelasse incapace o non intenzionato ad agire, lammini-
strazione proceder in modo unilaterale.
Lobiettivo della Disposition Matrix duplice. Primo, massimizza-
re lefficacia della guerra al terrorismo in un momento in cui essa
ha raggiunto unestensione rilevante, razionalizzando e semplifi-
cando le procedure. Secondo, una mossa di marketing: mostrarsi
chirurgici ed efficaci agli occhi di unopinione pubblica interna e
internazionale sempre pi contrariate per un uso percepito come
disinvolto dei droni in mancanza di criteri precisi.
Il significato pi profondo della Disposition Matrix per un al-
tro. Il nucleo, leredit della politica dei droni di Obama la nor-
malizzazione delle operazioni clandestine. Larchitettura di anti-
terrorismo progettata dalla sua amministrazione implica che le de-
cisioni saranno, dora in poi, controllate da procedure prestabilite,
sganciate dalla contingenza e dallemergenza. Diventando, appun-
to, la normalit. Come ha ammesso un ex funzionario dellammini-
strazione al Washington Post
51
:
Cos facendo, la Casa Bianca lancia un messaggio: la guerra al ter-
rorismo non finita, al massimo fa la muta. Diventa un atto buro-
cratico, un rituale, un istituto, al pari del dipartimento della Dife-
sa. Da guerra al terrorismo senza quartiere a operazione di polizia
di quartiere.
Non intendevamo creare liste senza fine. Questo apparato di anti-terrorismo ancora
utile. Ma la domanda : quando smetter di esserlo? Non lo so.
LE VALCHIRIE DI OBAMA 52
Caro Obama, quando un missile di un drone americano uccide
un bambino in Yemen, il padre ti far guerra, garantito.
Niente a che vedere con al-Qaida
Laccorato tweet
51
di un avvocato yemenita d la cifra della com-
plessit della guerra dei droni.
Lidea di perseguire i terroristi a suon di attacchi dal cielo ha il
suo fascino, soprattutto per chi fa i conti con una caccia ai qaidisti
CINGUETTII CONTRO MI SSILI 53
Gli effetti dei droni sulla guerra al terrorismo
CINGUETTII CONTRO
MISSILI
2
Un Predator che sorvola lAfghanistan ( Todd Huffman)
Nota 51
che dura da pi di dieci anni e con unopinione pubblica presso cui
la legittimazione dellUndici Settembre si fa sempre pi flebile.
Eppure, se davvero stiamo assistendo allevoluzione della guerra
al terrorismo verso una forma di operazione di polizia globale, la
domanda fatidica bisogna porsela. Quanto efficace la guerra tele-
comandata? I conflitti clandestini a bassa intensit (soprattutto
mediatica e fiscale) in teatri georobotici lontani migliaia di chilo-
metri da chi li combatte sono davvero lopzione migliore? Che ef-
fetti hanno i droni sulla popolazione civile, sulle sue percezioni?
Quanto sono la soluzione e quanto invece parte del problema?
Lespansione smisurata degli attacchi con i droni impone unana-
lisi costi-benefici dellattuale strategia degli Stati Uniti. Per arriva-
re a chiedersi se questa costituisca davvero una strategia e perch
Obama continui a farne la propria stella polare.
GLI SCALPI DI AL-QAIDA
Sapete, se un Predator viene colpito e precipita, il pilota va a ca-
sa e scopa con la moglie. Non c nessuna questione di prigionieri
di guerra
52
. Le parole di Richard Clarke, consigliere per lanti-ter-
rorismo di Clinton prima e Bush poi, riassumono la popolarit dei
droni presso i decisioni americani.
Il primo vantaggio oggettivo di questi velivoli sta nelle risorse.
Laereo senza pilota permette di raggiungere lobiettivo massimo
(leliminazione dei terroristi) con il minimo sforzo in termini di
tempo e vite umane. Il drone in grado di offrire una mole senza
precedenti di informazioni, facilitando di molto il lavoro dellintel-
ligence e permettendo cos di identificare lobiettivo con una ridot-
ta (seppur a volte fatale) approssimazione. Inoltre, la vicinanza, an-
zi, la coincidenza tra occhio e arma consente di concentrare nello
stesso sistema il cosiddetto percorso find-fix-finish: il drone tro-
va (find) lobiettivo, si assicura che tutto sia in regola sul campo e
CINGUETTII CONTRO MI SSILI 54
Nota 52
nella catena di comando (fix) e colpisce (finish).
In secondo luogo, il velivolo telecomandato azzera il rischio di
perdite per lattaccante. Per quanto macchine dallaffidabilit non
superba, i guasti tecnici che hanno fatto precipitare i droni non
hanno mai portato alla morte di personale americano e nemmeno
creato la necessit di organizzare pericolose missioni di salvatag-
gio o delicate trattative con i nemici. Meglio lasciare gli iraniani ad
arrovellarsi su un robot prigioniero ( capitato a fine 2011) che ne-
goziare il rilascio di ostaggi umani per 445 giorni ( capitato anche
questo, nel 1979).
Lefficienza del drone confermata da un terzo dato: quello degli
scalpi dei terroristi. Stando ai dati delle operazioni in Pakistan rac-
colti dalla New America Foundation
53
, dalla prima operazione nel
2004, gli aerei senza pilota hanno mietuto le vite di ben 55 militan-
ti di alto livello o addirittura leader di al-Qaida o di gruppi affilia-
ti. Tra le vittime pi celebri: Atiyah Abd al-Rahman, ucciso il 22
agosto 2011, e Abu Yahya al-Libi, nel giugno 2012, entrambi al-
CINGUETTII CONTRO MI SSILI 55
FIGURA 2.1 3F: Find, Fix, Finish
Nota 53
lepoca numeri due di al-Qaida; Badruddin Haqqani e Janbaz Sa-
dran, due alti comandanti della rete Haqqani, un gruppo affiliato
ai qaidisti e inserito dagli Stati Uniti nella lista ufficiale dei gruppi
terroristici nel settembre 2012 (significativamente dopo lelimina-
zione di entrambi i leader, rispettivamente nellagosto 2012 e nel
luglio 2011); Badar Mansoor, ritenuto il pi anziano tra i qaidisti
in Pakistan, colpito nel febbraio 2012; Sheikh Al Fateh, ucciso nel
settembre 2010, epoca in cui era il capo della ramificazione locale
di al-Qaida in Afghanistan e Pakistan.
Non solo il drone fa bene il suo lavoro, ma lo fa in modo pulito.
Politicamente, fino a oggi si rivelato uno strumento unico, con-
sentendo ai decisori di fregiarsi delluccisione dei nemici senza ri-
schiare perdite nel proprio contingente. Una guerra senza gli effet-
ti negativi della guerra, almeno per chi la fa. A livello dimmagine,
imbattibile.
GLI EFFETTI SULLA POPOLAZIONE CIVILE
Ingolositi dallefficienza numerica promessa dai droni, gli Stati
Uniti espandono gli assassinii con i robot per colpire non solo i lea-
der dei terroristi ma anche obiettivi non prioritari come militanti
di basso livello. Un simile allargamento non comporta per un sal-
to di qualit strategico. E soprattutto non elimina, anzi aumenta, i
pericoli di uccidere o danneggiare civili che ogni bombardamento
porta con s. Con il risultato di alienarsi le simpatie della popola-
zione locale. Un pesante punto in meno nella guerra al terrorismo.
Per cogliere la portata di queste affermazioni, conviene sviscerarle
una per una.
In primo luogo, che i droni attacchino di proposito non solo i ver-
tici del terrorismo ma anche la semplice manodopera jihadista lo
dimostrano i numeri. Secondo la New American Foundation, sa-
CINGUETTII CONTRO MI SSILI 56
rebbero tra i 1980 e i 3980 i morti tra i semplici militanti in Paki-
stan e Yemen. Lo scorso aprile, il giornalista Jonathan Landay ha
avuto accesso a documenti segreti della Cia che ammettono come
tra gli obiettivi non ci siano solo i vertici dellorganizzazione terro-
ristica
54
.
C una chiara discrepanza tra chi lamministrazione Obama di-
ce di colpire e chi viene effettivamente ucciso, nota Micah Zenko,
autore di un rapporto sulla necessit di riformare le politiche di an-
ti-terrorismo americane
55
. Laccusa alla Casa Bianca di elaborare
criteri che poi vengono disattesi, come quello di necessit e urgen-
za, definito dal presidente in persona in unintervista alla Cnn il 5
settembre 2012: Deve trattarsi di una minaccia seria e non frutto
di speculazione. Deve essere una situazione in cui non possiamo
catturare il sospetto prima che porti a termine un qualche piano
terroristico contro di noi
56
. O come quelli per cui Washington col-
pirebbe leader che stanno pianificando attentati e individui co-
involti in qualche piano operativo contro gli Stati Uniti
57
.
La pratica di colpire obiettivi non prioritari aumentata a partire
dal primo mandato di Obama. Durante la presidenza Bush, la mag-
gior parte degli attacchi era costituita dai cosiddetti personality
strike: gli obiettivi sono individui noti e a un alto livello gerarchi-
co. Dallelezione di Obama, invece, il programma si progressiva-
mente esteso verso un secondo tipo di attacco, definito signature:
sono considerati obiettivi legittimi gli individui la cui identit non
nota ma che hanno un certo comportamento associato allattivit
terroristica. Non sono per mai state rese pubbliche le caratteristi-
che che permettono di riconoscere in un individuo un terrorista. I
signature strike sarebbero responsabili, secondo alcune fonti mili-
tari, di almeno il doppio delle vittime rispetto ai personality.
Smentita quasi automatica del criterio secondo cui a far piovere i
missili sulle teste dei jihadisti la pianificazione di un attentato
contro gli Stati Uniti. Dettaglio difficilmente desumibile dallosser-
vazione di un semplice schema di vita.
CINGUETTII CONTRO MI SSILI 57
Nota 54, 55, 56, 57
Oltre a fornire un appiglio formidabile ai complottisti per cui al-
Qaida solo una scusa per soddisfare il militarismo americano,
colpire i militanti di basso livello in modo cos massiccio reca con
s un altro rischio. Quello di non esaurire mai la lista degli obietti-
vi. La metafora pi efficace lha fornita lex analista della Cia Bruce
Riedel: Il drone come un tagliaerba. Devi tagliare di continuo. Il
momento in cui ti fermi, lerba torna a crescere
58
.
Il secondo punto oscuro del programma dei droni scaturisce dal-
limpossibilit di eliminare errori e danni collaterali. Che finiscono
per alienare lAmerica alla popolazione locale, creando pi nemici
di quanti non ne vengano eliminati. Per quanto lamministrazione
rassicuri che gli attacchi sono autorizzati solo con la ragionevole
certezza che innocenti non verranno colpiti; per quanto in qualche
episodio attacchi della Cia siano stati sospesi perch in zone densa-
mente abitate, gli errori non sono rari. Soprattutto nei signature
strike, dove a essere presi di mira sono comportamenti ritenuti so-
spetti. Ma dallocchio di un drone non sempre facile distinguere
un militante da una persona comune.
Un triste promemoria di questa difficolt lo fornisce un inciden-
te avvenuto nellagosto 2012 in Yemen. Nel villaggio di Khasha-
mir, il rispettato religioso Salem Ahmed bin Ali Jaber tiene un di-
scorso denunciando al-Qaida. Due giorni dopo, tre membri del
gruppo terroristico incontrano Jaber per chiedere spiegazioni.
Non fanno in tempo. Un missile partito da un drone uccide tutti e
quattro gli uomini
59
. Casi come questo dimostrano che la chirurgia
robotica pu non solo sbagliare ma anche rimuovere gli stessi orga-
ni in grado di sradicare al-Qaida, forse pi efficacemente.
Lesatto numero dei morti civili quasi impossibile da calcolare,
data la cautela dellamministrazione nellaffrontare questo argo-
mento. Brennan arrivato a sostenere che nel 2011 in Pakistan
non c stata una sola morte collaterale grazie alleccezionale pre-
cisione delle capacit che siamo stati in grado di sviluppare
60
. Il
presidente della commissione dellIntelligence del Senato, Dianne
CINGUETTII CONTRO MI SSILI 58
Nota 58, 59, 60
Feinstein, ha affermato che il numero delle vittime civili derivati
ogni anno dalle operazioni clandestine tipicamente a una sola
cifra
61
. Affermazioni che tuttavia sollevano dubbi sulla loro one-
st. Secondo unautorevole fonte, il calcolo dellamministrazione
potrebbe basarsi su un criterio alquanto discutibile: conteggiare
come militanti tutti i maschi in et da combattimento presenti nei
dintorni dellattacco
62
. Presunzione di colpevolezza o, meglio, col-
pevolezza per associazione.
Sarebbe sbagliato limitare la questione ai morti civili: gli effetti
dei droni vanno misurati nel pi ampio contesto delle vittime. La
precisazione non un virtuosismo. Un rapporto della Columbia
University
63
attira lattenzione sugli effetti negativi degli attacchi
con i droni sulla popolazione diversi dal decesso:
CINGUETTII CONTRO MI SSILI 59
Fonte: Stime (massime) New American Foundation
FIGURA 2.2 Conteggio vittime civili in Pakistan
Chi sopravvive a un attacco spesso ha subito delle ferite incapacitanti, o addirittura del-
le amputazioni, che possono annullare il potenziale produttivo di un individuo e, di conseguen-
za, rovinare una famiglia.
Nota 61, 62, 63
I terroristi possono accusare i civili di essere spie. In Pakistan, il
gruppo dei Khorasan Mujaheedin ha lanciato diverse rappresaglie
contro le case di chi sospettato di passare informazioni agli ame-
ricani, compiendo persino delle torture (del tutto inutili, essendo
la spia tra le nuvole e soprattutto un robot).
I civili possono perdere le loro propriet. O direttamente, perch
labitazione stata distrutta dai missili. O indirettamente, perch
la pericolosit della zona costringe le famiglie a trasferirsi, ingros-
sando le fila dei rifugiati, che nelle aree instabili dello Yemen am-
montano gi a pi di 100 mila.
La popolazione pu subire danni psicologici. Nelle zone sorvolate
24 ore su 24, i droni instillano per esempio la paura di mandare i
figli a scuola o di radunarsi allaperto. Nelle parole di una vittima
pakistana: Abbiamo il terrore che un altro drone ci colpisca. I
miei genitori anziani vivono in uno stato di allerta. Siamo depres-
si, ansiosi e pensiamo continuamente ai nostri parenti morti. Alle
volte mi fa venire voglia di andarmene da qui. Non c un nemico
riconoscibile, non un volto umano cui addossare la colpa. Solo un
continuo ronzio, freddo e metallico. A ricordare che la morte, dal
cielo, pu sempre arrivare. Magari per un banale comportamento
quotidiano sufficiente a cadere nella categoria del signature
strike.
Pi in generale, gli attacchi con i droni possono indebolire il tes-
suto sociale e la capacit della societ civile di sviluppare i propri
anticorpi contro i movimenti estremisti
64
. E, magari, inimicare il
governo agli occhi della propria popolazione: nel maggio 2012, per
esempio, due cause sono state intentate contro lo Stato del Paki-
stan dalle vittime di un attacco
65
. Il circolo reso ancor pi vizioso
dallassenza di una procedura americana per risarcire i danni cau-
sati dai robot: mentre pratiche simili esistono in teatri di guerra
convenzionale, non se ne ha traccia in luoghi come Pakistan, Ye-
men e Somalia. N noto se le branche deputate agli attacchi (Cia
e Jsoc) obbediscano alle stesse regole di mitigazione dellimpatto
CINGUETTII CONTRO MI SSILI 60
Nota 64, 65
sui civili dellEsercito, dotato di un apposito manuale
66
.
Ma il terzo punto il vero pericolo strategico per Washington:
questi attacchi, per quanto episodici, possono gettare benzina sul-
le braci dellantiamericanismo. Un dettaglio non da poco. LAmeri-
ca non vincer la guerra contro il jihadismo quando riuscir a far
fuori lultimo qaidista: si trover sempre un gruppo di fanatici in
grado di compiere un attentato nel cuore dellimpero con la mini-
ma spesa. Gli Stati Uniti potranno dirsi incamminati verso un par-
ziale successo se riusciranno in certi paesi a rimuovere quellodio
di cui si nutrono gruppi come al-Qaida. Certo, eliminare la compo-
nente muscolare non si pu: da sola, la guerra delle idee basta a
soddisfare qualche analista da social network, forse nemmeno. A
sua volta per la guerra dei droni tra le cause di unimmagine ne-
gativa degli Stati Uniti.
CINGUETTII CONTRO MI SSILI 61
Fonte dati: Pew Research Center 2012, 2013
FIGURA 2.3 Approvazione degli attacchi droni nel 2012 e nel 2013
Nota 66
Sulla questione delle percezioni della popolazione locale occorre
tuttavia fare alcune precisazioni. Non dappertutto i droni hanno
un impatto cos devastante sulle opinioni della gente. Secondo un
sondaggio
67
condotto nelle Fata del Pakistan nel 2009 (comunque
non aggiornato alla massima escalation), per il 52% degli intervi-
stati gli attacchi sono precisi, per il 58% non causano risentimento
nei confronti dellAmerica ma - sostiene il 60% - dovrebbe essere
lesercito pakistano a condurli. Segni di un odio diretto pi verso i
militanti che verso i droni, confermati dalla dichiarazione di Pes-
hawar con cui alcuni politici locali hanno chiesto di proseguire gli
attacchi proprio perch stavano indebolendo gli estremisti
68
.
Addirittura, il ricercatore Bryan Glyn Williams ha notato come la
maggioranza degli oppositori ai droni in Pakistan non viva sotto i
missili
69
. Iato da ricondurre allinfluenza dei media di Islamabad
che soffiano sul fuoco dellanti-americanismo veicolando informa-
zioni poco accurate, spesso imbeccati da governo e militari per so-
billare la cittadinanza contro gli Stati Uniti, cui poi strappare con-
cessioni. Se ne ricava un insegnamento: non tanto il drone a dan-
neggiare limmagine americana, quanto il fatto che la scarsa tra-
sparenza con cui viene usato fornisca un appiglio allaltrui propa-
ganda.
C di pi. Dalle ricerche in Yemen di Christopher Swift, professo-
re a Georgetown, emerge che la popolazione favorevole alluso
dei droni per sconfiggere le insurrezioni in cui sannida al-Qaida
(opinioni simili si trovano in Somalia). Semmai, lopposizione
monta quando, con lespansione degli attacchi, cresce anche il nu-
mero di vittime civili. Tragedie che colpiscono lo spirito nazionale
degli yemeniti, cui i droni ricordano che non siamo in grado di ri-
solvere da soli i nostri problemi, come confessa una fonte a
Swift
70
. Il drone attira meno critiche quando non lunico dardo
nella faretra americana. Traduzione: lo Yemen deve percepire Was-
hington come alleato serio e impegnato nel lungo termine per aiu-
tarlo a superare la povert e linstabilit. Una campagna di attac-
CINGUETTII CONTRO MI SSILI 62
Nota 67, 68, 69, 70
chi dal cielo mirata a decapitare qualche jihadista non basta da so-
la a curare questi mali.
IL DRONE SI MORDE LA CODA
Un giorno, tornando dal Pakistan, lallora capo degli Stati Maggio-
ri riuniti Mike Mullen riferisce alla Casa Bianca un quesito posto-
gli da un generale di Islamabad: com possibile che dopo anni e
anni di uccisioni mirate, gli americani siano ancora alle prese con
kill list e numeri due, tre, quattro da eliminare?
71
La fatidica do-
manda, assieme agli effetti negativi sulle percezioni dei civili, d il
senso di come la guerra dei droni non sia sufficiente ad assestare il
colpo da k.o. ad al-Qaida e di come addirittura possa finire per raf-
forzarla.
Alla base di questo apparente paradosso c un processo analizza-
to per primo da David Kilcullen
72
. Ex militare australiano, gi con-
CINGUETTII CONTRO MI SSILI 63
Lammiraglio Mike Mullen durante una lezione a ufficiali pakistani ( US Department of Defense)
Nota 71, 72
sigliere del Generale Petraeus in Iraq, Kilcullen ha visto la minac-
cia di al-Qaida nascere o espandersi sotto i suoi occhi in Afghani-
stan e Pakistan, in Indonesia e Thailandia. Teatri in cui ha assisti-
to alle dinamiche con cui i jihadisti si radicano sul territorio. Dan-
do vita a un ciclo composto da diverse fasi.
Inizialmente, al-Qaida decide di stanziarsi in una comunit. Ma
un corpo estraneo e per radicarsi costretto a ricorrere alla for-
za, alla minaccia o pi blandamente a una paziente strategia di al-
leanze e matrimoni. In seguito, i terroristi esportano la violenza al
di fuori della comunit, per attirare ampia attenzione e costringe-
re il governo centrale o una potenza straniera a intervenire per li-
berare larea dalla minaccia estremista. Pi lintervento massic-
cio e intrusivo, pi la comunit locale smette di considerare al-
Qaida come soggetto esterno: nel frattempo infatti arrivato qual-
cuno di ancor pi estraneo. Evento che permette ai terroristi di di-
pingersi come difensori della popolazione locale e di mescolarsi a
essa in modo indistinguibile dalla potenza che interviene. In que-
sto modo, la comunit rigetta laiuto esterno. Anche perch i jihadi-
sti hanno cominciato a fornire servizi, a far rispettare la legge, ad
aiutare a cacciare il nemico comune. Calcificando cos unalleanza.
A quel punto, la guerra persa.
Kilcullen applica questo ragionamento anche ai droni.
Lidea che i droni finiscano per rimpolpare i ranghi di al-Qaida
e soci. Di certo, offrono unopportunit di propaganda imperdibile
per i jihadisti: in Yemen, per esempio, i qaidisti hanno sparso la vo-
ce che i robot alati scattino foto alle donne, una scusa come unal-
CINGUETTII CONTRO MI SSILI 64
Immaginate che dei ladri si barrichino in un quartiere residenziale. Se la polizia comin-
ciasse a bombardare tutte le case del quartiere dallalto, forse questo convincerebbe gli abi-
tanti a ribellarsi ai ladri? O forse, pi probabilmente, finirebbe per spingere lintera popolazio-
ne contro la polizia? E se i loro vicini volessero effettivamente consegnare i ladri alla legge,
come potrebbero farlo in una tale situazione?
73
.
David Kilcullen
Nota 73
tra per influire sulle pratiche sociali della comunit locale
74
.
Secondo alcuni esperti, la costola di al-Qaida nella penisola ara-
ba passata da poche centinaia di militanti a superare il migliaio
in un periodo che coincide con lescalation degli attacchi
75
. La stes-
sa che, stando a uninchiesta del Washington Post, avrebbe radica-
lizzato una parte della popolazione. Un fenomeno esemplificato da
quello di un soldato, il cui nipote era stato ucciso perch scambia-
to per un affiliato a un noto terrorista, a lasciare lesercito regolare
e a simpatizzare per al-Qaida
76
.
Esisterebbe dunque un nesso causale tra la guerra dei droni e il
reclutamento dei terroristi? Swift sfuma questa affermazione: dal-
le interviste a decine di leader tribali yemeniti, sembra che a in-
grossare le file qaidiste siano ragioni economiche piuttosto che la
rabbia per attacchi dal cielo andati male. Al-Qaida d a giovani
disoccupati auto e fucili - simboli delluomo yemenita, sostiene
CINGUETTII CONTRO MI SSILI 65
FIGURA 2.4 Accidental Guerrilla Sydrome
Nota 74, 75, 76
Swift. Paga stipendi che fanno uscire le famiglie dalla povert.
Supporta capi locali deboli e marginalizzati scavando pozzi e pu-
nendo i criminali
77
.
Tra droni e simpatia per al-Qaida forse non esister una causali-
t diretta. Tuttavia, le uccisioni con i robot non fanno nulla per
spezzare il circolo vizioso descritto da Kilcullen. Anzi, spesso di-
ventano la scusa per limitarsi solo a operazioni clandestine, dimen-
ticandosi della necessit di sradicare in profondit al-Qaida.
Inoltre, per i militanti spinti dallideologia piuttosto che da ragio-
ni economiche, i droni offrono una nuova, pi potente motivazio-
ne. Lidea di un invisibile occhio onnisciente che impartisce la mor-
te senza palesarsi contribuisce alla creazione di un immaginario in
cui il terrorista eliminato diventa un martire, un eroe. Uomini con-
tro macchine: Matrix in versione jihadista. Di pi, sostiene Peter
Singer, autore dellinfluente libro Wired For War: lavvento della
tecnologia separa due parti, lAmerica e i suoi nemici, che guarda-
no alla guerra in modo diametralmente opposto. La prima come
un mezzo per un fine. I secondi come esperienza esistenziale. I dro-
ni sono interpretati come un modo per lAmerica di evitare il sacri-
ficio estremo.
LA GUERRA PERMANENTE
Dallanalisi della storia del programma Predator, dei motivi per
cui questarma tanto attira Obama, dei teatri georobotici dove si vi-
ve e si muore sotto i missili e degli effetti, positivi e negativi, della
guerra dei droni emerge un quadro abbastanza completo. Un qua-
dro in cui un presidente determinato a non ripetere le costose
guerre di Bush si affida a unarma tatticamente e politicamente
perfetta per colpire il nemico jihadista. Cos facendo, per, espan-
de a dismisura gli attacchi con i droni, creando una struttura deci-
sionale con un discreto deficit di trasparenza e di responsabilizza-
CINGUETTII CONTRO MI SSILI 66
Nota 77
zione. Senza che allorizzonte sintraveda una fine della pi che de-
cennale guerra al terrorismo, ormai costata la vita a oltre 3 mila
persone, pi delle vittime dellUndici Settembre.
Il rischio di affidarsi unicamente alle uccisioni con i droni - e di
incrementarne il ritmo - per vincere la battaglia contro lestremi-
smo jihadista di creare una guerra permanente. Che lammini-
strazione non abbia intenzione di rinunciare alla massima libert
nelluso di questarma chiaro da alcune dichiarazioni di alti fun-
zionari. La pi eloquente delle quali porta la firma di Leon Panet-
ta, gi segretario alla Difesa: The drones are the only game in
town
78
. I droni sono lunica regola a cui Washington intende gio-
care. Daltronde, lobiettivo strategico fissato da John Brennan
categorico: Non ci fermeremo finch lorganizzazione di al-Qaida
sar distrutta ed eliminata in Afghanistan, Pakistan, Yemen, Afri-
ca e altrove
79
.
Eppure, le pagine precedenti dimostrano come da soli i droni
non riescano a sradicare la minaccia di al-Qaida. Anzi, per quanto
il nucleo qaidista in Pakistan sia decimato, la galassia che esso su-
pervisiona sembra alimentarsi di nuova linfa. In Siria e Iraq, il ter-
rorismo jihadista prolifera indisturbato. Nellestate 2013, tre eva-
CINGUETTII CONTRO MI SSILI 67
John Brennan a colloquio con Barack Obama nello Studio Ovale ( White House Photos)
Nota 78, 79
sioni di massa tra Pakistan, Iraq e Yemen hanno liberato circa 2
mila militanti
80
. DallEuropa e dallAsia molti stranieri arrivano in
Medio Oriente per combattere il jihad. Un solo accenno di al-Za-
wahiri a piani di attentati tiene sotto scacco la diplomazia america-
na scatenando una sua iperreazione. In generale, nello tsunami
che ha investito il mondo arabo ed erroneamente definito prima-
vera, linstabilit e i bagni di sangue in Egitto, in Siria e altrove of-
frono potenti calamite ai jihadisti, che nelle repressioni dei regimi
sperano di pescare nuove reclute.
I droni sono pur sempre unarma tattica, non una strategia. An-
che se in questa accezione che viene usata contro il jihadismo. Il
neo dellantiterrorismo americano leccessiva concentrazione sul-
le singole personalit. Una volta eliminato il wanted di turno,
un altro ne prende il posto. In Yemen, la nuova star qaidista Nasir
al-Wuhayshi e il suo vice Qasim al-Raymi altro non sono che i so-
stituiti dei precedenti bersagli dei droni, Jamal al-Badmi e Jabir
al-Banna. Nella splendida metafora dellex analista della Cia Rie-
del
81
:
Un decennio di guerra dei droni - e di caccia ai terroristi in gene-
rale - ha sollevato in America un vasto e critico dibattito. Perch al-
lora la Casa Bianca non rallenta il passo della guerra dei droni? La
risposta pi facile si fermerebbe ai sondaggi: il 65% degli america-
ni daccordo con questo tipo di attacchi allestero
82
. Le ragioni so-
no in realt pi sfumate.
In primo luogo, a Washington importa poco se un paese teatro di
attacchi si radicalizza e il suo governo scivola da alleato a non ami-
co. A maggior ragione se i buoni rapporti con il pi rilevante di
questi - il Pakistan - sono gi da tempo incamminati sul viale del
tramonto. nel corso del 2011 che la maggioranza dellamministra-
CINGUETTII CONTRO MI SSILI 68
Perseguire al-Qaida con i droni come provare a distruggere un alveare colpendo
unape alla volta. Puoi distruggere tutte le api. Ma non distruggerai lalveare.
Bruce Riedel
Nota 80, 81, 82
zione Obama si convinta dellimpossibilit di redimere Islama-
bad - e i suoi servizi segreti. A svelarlo un episodio
83
. Lambascia-
ta americana in Pakistan, favorevole alla distensione, aveva chie-
sto un ruolo chiave nel processo decisionale degli attacchi. Avendo
rinunciato a ottenere pi collaborazione dai pakistani nella guerra
al terrore e in quella in Afghanistan, era diventato inutile curare i
rapporti con attenzione. La richiesta dellambasciatore, sebbene so-
stenuta da Hillary Clinton, stata rifiutata.
In secondo luogo, Obama sa perfettamente che, droni o non dro-
ni, il terrorismo jihadista non sparir dalla faccia della terra. Te-
nendo alta la pressione su al-Qaida, la si confina a minaccia di bas-
sa intensit, si riduce la sua operativit, assieme alle probabilit
che un attentato sfugga alle maglie dellantiterrorismo americano.
Un ragionamento di breve periodo, non lungimirante. Eppure rive-
latore. La paura massima per un presidente degli Stati Uniti non
avere un nemico eterno. Bens evitare incidenti o attentati che de-
raglino la sua rielezione o che intacchino il suo capitale politico,
bloccando lagenda di politica interna. Raramente un inquilino del-
la Casa Bianca pensa sul lungo periodo, a meno che il lungo perio-
do non coincida con la sua presidenza (vedi Roosevelt).
Il calcolo semplice, quasi cinico. Gli Stati Uniti si possono per-
mettere di vivere con una minaccia terroristica permanente, persi-
no allestero, al prezzo di mantenere un apparato di sicurezza ma-
stodontico e perennemente allerta e trincerando i propri diploma-
tici in ambasciate fortezza perch attentati come quello di Bengasi
del 2012 non si ripetano. Nella faretra, per reprimere il pericolo
che periodicamente fa capolino, bastano i droni. Cos per Was-
hington si condanna a non avere una strategia, una politica, un ap-
proccio di lungo periodo non tanto al terrorismo quanto ai terre-
moti del mondo arabo, limitandosi a reagire a sintomi superficiali.
Il Medio Oriente diventa un Medio Evo.
La facilit, la flessibilit e lefficienza numerica che caratterizza-
no i droni appiattiscono Washington sulluso esclusivo di queste
CINGUETTII CONTRO MI SSILI 69
Nota 83
macchine. Accrescendo per linstabilit che in teoria dovrebbero
risolvere. Cos come concepita e condotta dallamministrazione sta-
tunitense, la guerra dei droni si autoalimenta. Si autoperpetua. Il
mezzo diventa un fine, la tattica strategia. La guerra si fa assenza
di rischio, la morte asettica. E inevitabile il cammino verso la guer-
ra permanente.
CINGUETTII CONTRO MI SSILI 70
Roba da nerd. Viaggio per feticisti. Spiegare come funzionano i
droni pu sembrare un esercizio da patiti di armi, di quelli che fan-
no un po paura alle mamme apprensive. O da riviste patinate del-
la Difesa. Non cos. Per il drone diverso. La stessa tecnologia
che costituisce la base dei droni militari inizia pian piano a farsi
strada nel mondo civile. Capirne il funzionamento di base serve
sia a cogliere meglio limportanza in guerra di questi velivoli sia a
familiarizzare con macchine che non potrebbero diventare pervasi-
ve nella nostra vita: lo stanno gi facendo.
I DRONI SOGNANO PECORE ELETTRICHE? 71
I DRONI SOGNANO
PECORE ELETTRICHE?
3
Come funzionano i Predator e i Reaper
Predator MQ-1 e A C-17 dellAir Force ( United States Navy)
Prima di addentrarsi nel Predator e nel Reaper, i protagonisti del
boom dei droni dinizio millennio, conviene fissare qualche punto
generale.
PICCOLO BREVIARIO DI PARTENZA
Non c un solo tipo di drone. Variano a seconda delle funzioni ri-
chieste, della tecnologia disponibile, della distanza da coprire, del-
laltitudine da raggiungere e delle caratteristiche del terreno in cui
operano. Esistono droni che si lanciano a mano, droni elicottero,
droni da combattimento aereo, droni grandi come un vecchio letto-
re cd, droni dallautonomia di giorni e droni che stanno in cielo
unoretta. Droni che decollano da portaerei, droni che si lanciano
da un tubo e le cui ali si autoestraggono, droni che scandagliano i
cieli da migliaia e migliaia di metri daltitudine, droni che sorvola-
no terra solo da qualche metro.
Qualche tratto in comune per ce lhanno. A prima vista, sono
molto simili a un aeroplano convenzionale. Poi guardi meglio e
scopri che non hanno la cabina di pilotaggio e nemmeno il posto
per i passeggeri. Grazie a questo, hanno una forma abbastanza af-
fusolata, dove lo spazio non necessario viene sacrificato sullaltare
dellaerodinamicit e della persistenza in aria.
Sebbene le dimensioni siano variabili, la maggior parte dei droni
non supera in grandezza un grosso aereo di linea. Certo, allo stu-
dio e in fase di test ci sono modelli dallapertura alare superiore ai
cento metri, senza dimenticare che esistono anche i nano-droni,
lunghi qualche centimetro. Ma la fetta pi consistente dei velivoli
senza pilota si situa nella medio-piccola grandezza - non oltre i die-
ci metri di lunghezza e i venti di apertura alare. Altro punto di con-
tatto: la tecnologia che decide la traiettoria del velivolo pu basar-
si sul pilotaggio a distanza o pi semplicemente attraverso il pilota
automatico. Nei modelli pi recenti sono presenti entrambe le mo-
I DRONI SOGNANO PECORE ELETTRICHE? 72
dalit. Il pilotaggio a distanza avviene via wireless, connessioni
senza fili che possono essere dirette (partono cio dallo stesso luo-
go da cui il drone decolla) o indirette (sfruttando ponti radio o sa-
telliti per poter coprire distanze maggiori senza interferenze).
I DRONI SOGNANO PECORE ELETTRICHE? 73
Fonte progetti: Congresso USA e US Air Force.
FIGURA 3.1 I principali modelli a confronto
I droni americani, per esempio, vengono quasi sempre pilotati
dalle basi dellAeronautica negli Stati Uniti, nonostante siano im-
piegati a migliaia di chilometri di distanza. Levoluzione tecnologi-
ca degli ultimi anni ha permesso notevoli passi avanti da questo
punto di vista, su tutti laumento esponenziale delle distanze e del-
le altitudini, ma anche per quanto riguarda la cifratura e la messa
in sicurezza delle comunicazioni per evitare attacchi informatici o
intercettazioni.
Infine, tutti i droni (o quasi) inviano immagini o video alla base,
o quantomeno i dati che devono monitorare. La base, che pu an-
che essere un semplice soldato a qualche centinaio di metri di di-
stanza con un comando in una valigetta, invia a sua volta i coman-
di, dal mero movimento fino a informazioni pi complesse. Come
sganciare un missile.
Come fare ordine in questo universo? I droni sono stati classifica-
ti seguendo alcune caratteristiche chiave, come laltitudine rag-
giungibile, la durata massima delle missioni e il peso.
Per laltitudine, cio la quota operativa, e la durata, cio il tempo
massimo tra decollo e atterraggio, si usano alcune sigle. Si parla
dunque di HA, quindi di high altitude, quando i droni possono su-
perare i 45 mila piedi (circa 13 km); di MA, medium altitude, tra i
20 mila piedi (6 km) e i 45 mila piedi; di LA, low altitude, quando
si rimane tra i 500 (150 m) e i 20 mila piedi; e infine VLA, very
low altitude, quando si rimane sotto i 150 metri.
Per quanto riguarda la durata, invece, gli acronimi sono LE, long
endurance, sopra le 12 ore di missione; ME, medium endurance,
pi di 4 ore; SE, short endurance, sotto le 4 ore. Allo studio negli
ultimi anni poi ci sono quelli con VLE, very long endurance, cio
droni che possono stare in cielo per giorni interi. Il nostro Preda-
tor, per esempio, un MALE (non fate i dietrologi, pronunciatelo
allinglese e non allitaliana): altitudine media, lunga durata.
Quanto al peso, una classificazione molto in voga - e infatti adot-
I DRONI SOGNANO PECORE ELETTRICHE? 74
tata dallo Stato italiano - distingue i droni in micro (meno di 2 kg),
mini (2-20 kg), leggeri (20-150 kg), tattici (150-500 kg) e strategi-
ci (oltre i 500 kg).
DRONE O UAV?
UAV. UAS. RPV. ROA. RPA. ARP. Nel corso degli anni, gli acroni-
mi per il drone si sono sprecati. Uno, nessuno, centomila: il ri-
schio di schizofrenia per questa macchina legittimo. Trovare due
volte la stessa sigla quasi come immergersi nello stesso fiume:
impossibile. Se incontrate tutti questi appellativi non spaventate-
vi: tutta colpa di un dibattito scatenato dai puristi, per cui il termi-
ne drone improprio, non per amore delle sigle (passione da te-
nere comunque in considerazione quando si parla di militari) ma
in quanto dmod.
Cosa vogliono dire quegli acronimi? UAV, per esempio, indica un-
manned aerial vehicle, letteralmente, velivolo non portato dalluo-
mo. UAS suona quasi esistenziale: unmanned aerial system. Ci
che conta non laereo, una mera appendice, ma il sistema che lo
I DRONI SOGNANO PECORE ELETTRICHE? 75
FIGURA 3.2 Classificazione per altezza, durata e peso
Modello 3D di un Reaper MQ-9, uno
dei droni pi evoluti..
Clicca per allargare il modello,
manipolalo per ruotarlo e ingrandirlo.
(Base azlyirnizam via TF3DM).
INTERATTIVO 3.1 Reaper in 3D
governa e gli garantisce lautonomia. Autonomia qui la parola
chiave: implica la capacit del robot di adattarsi allambiente che
lo circonda. Tecnicamente, il drone un semplice modellino che
pu essere solo radiocomandato. Nulla pi. LUAV evolve in un
certo senso la passivit del drone, ponendosi a un livello di autono-
mia superiore: pu volare da solo fino a un certo punto preimpo-
stato, aprire i suoi occhi, registrare ci che vede e seguire oggetti o
persone che gli vengono indicate.
Direte: perch allora parlate solo di droni? Non solo perch
drone pi evocativo o per lobbrobrio stilistico di ripetere maiu-
scole a ogni riga. Passi per Usa, Cia e compagnia cantante ma per
sigle non ancora entrate nel linguaggio comune, specie italiano, si
rischia di fare confusione. O, peggio, di sterilizzare, di neutralizza-
re un concetto importante: ai nostri fini non conta quanto un ae-
reo sia autonomo, ma il fatto che quellaereo per la prima volta se-
pari il guerriero dal campo di battaglia, lasciandolo comunque vir-
tualmente presente.
Quindi: drone.
I DRONI SOGNANO PECORE ELETTRICHE? 76
Reaper inglese
(@ Crown 2013)
LADIES AND GENTLEMEN, IL PREDATOR
Sembra un modellino da due soldi. Eppure vola, vola da solo e al-
loccorrenza uccide. Non fosse uno strumento di guerra sarebbe an-
che simpatico. Ma com fatto il Predator? Come funziona? Quali
sono i suoi punti di forza e i suoi limiti? Per rispondere a queste
domande bisogna addentrarsi nella sua corazza di kevlar e fibra di
carbonio e immergersi in profondit l dove i cavi di rame congiun-
gono software allavanguardia con una struttura allapparenza in-
nocua.
Innanzitutto, cosa cercano i militari nel Predator? Una macchina
che effettui le cosiddette missioni 4D, che sta per dull, deep, dan-
gerous e dirty. Sono missioni ripetitive (dull), che, andando in pro-
fondit nei territori, richiedono molta autonomia e ampio raggio
dazione (deep), possono essere pericolose, sgravando cos luomo
dal mettere a rischio la propria pelle (dangerous) e alloccorrenza
anche in ambienti contaminati (dirty).
Il nome in codice del Predator RQ-1, dove R sta per reconnais-
sance e Q per unmanned, ossia velivolo senza pilota da ricognizio-
ne. Quando carica i missili, diventa MQ-1, con la M di multipur-
pose. Monta un motore Rotax 914, dotato di un turbocompressore
molto evoluto, che gli garantisce efficienza e discreta silenziosit
(ma il rumore percepito dalle persone a terra dipende ovviamente
dallaltitudine del Predator). Il primo Predator prodotto dalla Ge-
neral Atomics era lungo 8,2 metri, pi o meno come una limousi-
ne, con una apertura alare di 14,8 metri e un altezza di 2,1 metri.
Pesava 512 chili se privato di qualsiasi accessorio, aveva unautono-
mia di circa 24 ore, unaltitudine massima di 7,620 metri e una ve-
locit di 215 km/h, grazie a 115 cavalli di potenza. Copriva un area
di quasi 35 mila chilometri quadrati, cio una porzione di territo-
rio 185x185 km - per rendere lidea quasi la superficie del Trivene-
to.
Di che materiale fatto il nostro drone
84
? Nella fusoliera trovia-
I DRONI SOGNANO PECORE ELETTRICHE? 77
Nota 84
mo fibra di carbonio e di quarzo misto al kevlar, mentre allinterno
di essa un composto misto chiamato nomex che serve a isolare le
componenti elettroniche dalle condizioni climatiche esterne. Lo
scheletro del Predator composto da fibra di carbonio e fibra di ve-
tro e da alcune componenti in alluminio, come quelle che ospitano
i sensori e il carrello. Le ali hanno una parte in titanio e sono trafo-
rate con microscopici buchi che servono a far passare a loro intor-
no una soluzione che eviti il congelamento.
Ma linterno del drone a destare pi curiosit. Perch non sono
tanto i materiali a rappresentare la rivoluzione ma i suoi sensori, il
meglio nel settore della ricognizione: gli occhi e i neuroni che per-
mettono al drone di librarsi in cielo senza pilota.
GLI OCCHI ALATI
Come noi umani, il Predator ha due occhi. Solo che non sono alli-
neati sulla fronte. Uno sul muso del drone, laltro nella pancia.
Il primo occhio il meno sofisticato, composto da due sensori,
uno dei quali a infrarossi, per vedere anche quando buio. Servo-
no per vedere cosha di fronte il drone, nonch per le fasi di decol-
lo e atterraggio.
I DRONI SOGNANO PECORE ELETTRICHE? 78
Modello: Predator MQ-1
Industria: General Atomics
Dimensioni: L 8,2m; H 2,1m; ap. alare 16,8m
Peso: vuoto 512kg; peso massimo 1020kg
Motore: Rotax 914 Turbo (115 cavalli)
Altitudine: 7,62km
Autonomia: fino a 24h
Velocit: di crociera 140km/h; max 217km/h
Armi : 2 Hellfire o payload fino a 200kg
FIGURA 3.3
Scheda del Predator MQ-1
Il secondo occhio quello pi interessante. Posto nella parte infe-
riore del drone, nascosto da una palpebra che forma una palla:
per proteggere i sensori che sono allinterno, certo, ma soprattutto
per tenerlo lontano dalla vista dei curiosi. Due sono i tipi di senso-
ri di questocchio: elettro-ottico e a infrarossi. Permettono di vede-
re a colori e di mettere a confronto pi tipi di immagine, a seconda
della luminosit e del tipo di oggetto o individuo si voglia osserva-
re.
La vera ciliegina sulla torta si chiama SAR, acronimo inglese che
sta per radar ad apertura sintetica. Si trova nella pancia del drone
e riserva due sorprese: primo, arriva dove gli altri sensori non arri-
vano (condizioni meteorologiche avverse); secondo, in grado di
interpretare da solo le immagini che raccoglie. Foto-interpretazio-
ne grezza, la chiamano: il SAR mette a confronto due immagini di-
stanti tra loro nel tempo e segna con colori diversi le differenze,
I DRONI SOGNANO PECORE ELETTRICHE? 79
Locchio del drone ( Cosmic Slop - Flickr)
ci che si mosso. Il dispositivo sfrutta un ampio spettro di micro-
onde elettromagnetiche per cogliere, oltre ai movimenti, superfici
irregolari o artificiali, fornendo non una vera e propria foto ma
una scannerizzazione tridimensionale. Per garantire una risoluzio-
ne migliore delle immagini, i droni operano ben al di sotto della
quota massima nominale: invece dei 7 mila metri daltitudine,
stanno tra i 3 mila e i 5 mila (a seconda dellorografia e della pre-
senza a terra di difese antiaeree).
Gli occhi del Predator vanno oltre alla fisicit delle cose. Non si
limitano a osservare. Potenziano locchio umano. Lo portano nella
quarta dimensione, quella del tempo. Grazie ai suoi sensori, il dro-
ne in grado di determinare le differenze di temperatura del suolo
che scandaglia (per esempio, se in una notte fredda nota una mac-
chia di calore, questa potrebbe appartenere a unauto partita da po-
co). Oppure a che tipo di mezzo appartengano le tracce sulla sab-
bia, a seconda della profondit dellimpronta.
I NEU(D)RONI: COMUNICARE CON UN PREDATOR
Ma come si pilota questo drone? La palla passa alla telecomunica-
zione. Serve infatti una potente e veloce connessione per trasmette-
re alla macchina comandi e informazioni. Cos il Predator si affida
a un doppio sistema di comunicazione, a seconda se si trovi al di
qua o al di l della linea dellorizzonte. Per fare un esempio, pensa-
te a quando vi lamentate perch nelle cantine o nelle vecchie case
dai muri spessi il cellulare non prende: tra il vostro telefono e lan-
tenna che manda il segnale viene a interporsi un ostacolo troppo
grande. Per il cellulare un muro molto spesso. Per il drone
lorizzonte (o montagne molto alte). Quando il Predator non ve-
de pi la fonte da cui riceve il segnale, perch va oltre la curvatu-
ra terreste o dietro una vetta, smette di comunicare con la base (pe-
r non cade, se vi fosse venuto il dubbio).
I DRONI SOGNANO PECORE ELETTRICHE? 80
Ecco il motivo dei due sistemi. Il primo si occupa del drone fin-
ch questo si trova al di qua dellorizzonte. Per questa fase si usa-
no le piccole antenne poste nelle pinne del velivolo che comunica-
no con unantenna a terra C-band che invia e riceve un segnale
elettromagnetico nella banda dai 4 ai 8 GHz. Il secondo invece si
chiama remote split operation e prende in consegna il Predator
quando la base smette di vederlo. In questo caso, la comunicazio-
ne si affida a un ponte, cio un satellite che fa da tramite tra ba-
se e drone. Per connettersi a vicenda si sfruttano dei collegamenti
in banda Ku, cio nello spettro elettromagnetico dai 12 ai 18 GHz.
Aumenta la distanza, aumenta la potenza della connessione. Nel
drone, a ricevere il segnale lantenna satellitare MTS AN/AAS-
52, posta, ironia della sorte, nella torretta - al posto del pilota.
Il Predator pu volare anche da solo, grazie a un sistema Gps e
un pilota automatico cui indicare le coordinate verso cui muoversi
e a cui attivare i sensori per cominciare a curiosare. Di solito tutta-
via lo si guida manualmente. In fase di decollo e atterraggio, si pre-
ferisce il primo sistema, quello al di qua dellorizzonte; il motivo
sta nella precisione che queste manovre richiedono. Non essendo
I DRONI SOGNANO PECORE ELETTRICHE? 81
FIGURA 3.4 Connessione prima e dopo lorizzonte
fisicamente presente, il pilota non sente laereo, non riceve dalla
macchina le risposte alle operazioni che compie. Logicamente, lac-
curatezza diminuisce. Ma c un motivo ulteriore: la comunicazio-
ne satellitare crea un ritardo tra il comando e lazione del drone e
anche nella ricezione delle immagini. Pochi istanti, forse qualche
secondo (e di certo i militari non te lo vengono a dire) per tanto
basta per diminuire lefficienza del Predator.
I due sistemi di comunicazione si possono usare anche in un al-
tro modo. Quasi mai, infatti, il drone decolla dalla stessa base da
cui pilotato. Implicherebbe che tutti gli analisti americani siano
in Medio Oriente o che i droni a stelle e strisce partano tutti i gior-
ni dagli Stati Uniti, solcare gli oceani, sbirciare in Pakistan o Ye-
men e poi tornarsene di nuovo a casa. Impossibile. Per questo, i
droni stazionano in basi vicine ai luoghi dinteresse e vengono lan-
ciati da un equipaggio (spesso di contractors privati) che si occu-
pano esclusivamente di decollo e atterraggio. In seguito, il segnale
viene passato tramite il satellite alle basi in America, dove piloti
e analisti combattono la loro guerra. Da casa.
IL FUOCO DELLINFERNO: BOMBE E MISSILI
Finora s parlato di occhi e neuroni. Ora il momento dei musco-
li. Il Predator segna una svolta epocale nella storia dei droni per-
ch - dopo qualche anno di servizio in semplice ricognizione - il
primo a essere seriamente armato.
E per seriamente sintende un tipo di munizione dal nome infer-
nale: il missile Hellfire, audace acronimo di HELicopter Launched
FIre and foRgEt. Fire and forget: spara e dimentica. In origine il
missile serviva contro i carri armati ed era lanciato da robusti eli-
cotteri. Tanto potente che quando si pensa di caricarlo sul graci-
le Predator, gli ingegneri temono che il lancio possa spezzare le
sue ali. Cos, nei primi test sullarmamento, il drone viene letteral-
I DRONI SOGNANO PECORE ELETTRICHE? 82
mente incatenato a una montagna per evitare troppi danni in se-
guito al contraccolpo
85
. Tutto fila liscio: da allora, il Predator mon-
ta due Hellfire, uno per ala.
Due sono i modi con cui il Predator pu ingaggiare un obiettivo
(mettere nel mirino, per usare una metafora). Il primo passivo e
non richiede al drone di sparare in prima persona ma solo di effet-
tuare la cosiddetta pittura del bersaglio, illuminando lobiettivo
con un fascio di raggi laser verso cui le munizioni di altri velivoli o
delle truppe a terra si devono dirigere. Il secondo metodo invece
attivo: il pilota del Predator riconosce un obiettivo, lo traccia, cal-
cola la migliore traiettoria per colpirlo, ne trasmette le coordinate
al missile tramite il laser target designator e preme il tasto rosso.
Da quel momento, il missile autonomo: segue le istruzioni impar-
titegli dal drone e cerca lobiettivo grazie al radar di cui dotato.
Ecco perch si chiama spara e dimentica.
Il Predator non tuttavia nato per sparare. Nel 2007 debutta cos
la sua evoluzione il Reaper, di fatto un Predator con un pi da-
vanti: pi lungo, pi resistente, pi largo, pi alto, pi affidabile,
pi persistente in cielo, pi potente. Ovviamente pu caricare un
peso in munizioni decisamente maggiore. Se il Predator pu porta-
I DRONI SOGNANO PECORE ELETTRICHE? 83
FIGURA 3.5 Missili e bombe equipaggiabili
Nota 85
re al massimo 204 chili, il suo fratello minore (solo per let) sale a
1700. I suoi sensori vengono aggiornati per incrementare anche la
qualit delle munizioni da montare: oltre ai classici Hellfire, il Rea-
per impiega anche le Gbu-12 Paveway II a guida laser e le Gbu-38
Jdam a guida Gps. Vere e proprie bombe, da centinaia di chili. C
anche unalternativa dietetica: invece di bombe pi pesanti, al po-
sto di un Hellfire si possono caricare tre missili Griffin.
Il Reaper diventa cos un aereo completo, in grado di eseguire un
vasto spettro di missioni, le cosiddette Scar: strike coordination
and reconnaissance (coordinamento dellattacco e ricognizione).
Per sostenere questevoluzione, il Reaper ha dovuto incrementare
I DRONI SOGNANO PECORE ELETTRICHE? 84
FILMATO 3.1 Il volo dei Predator e dei Reaper
( 99th Air Base Wing Public Affairs - via Youtube) Per vederlo su browser clicca qui.
grandezza, motore e accessori. Al posto del Rotax monta una tur-
bo elica TPE331 della Honeywell, che garantisce una potenza ben
maggiore rispetto al Predator. Lapertura alare aumenta, raggiun-
gendo i 20,1 metri. Lungo 11 metri e alto 3,8, pesa ben 2223 kg sen-
za munizioni e carburante. Pu raggiungere i 15 mila metri di alti-
tudine e coprire 1850 km a una velocit massima di 370 chilometri
orari.
I L PREDATOR C
La General Atomics sta sviluppando dal 2009 un nuovo drone, parente
stretto dei due modelli precedenti: il Predator C, detto anche Avenger, il
vendicatore. LAvenger, ancora un prototipo da ultimare, inteso dallin-
dustria e dallAir Force come il Reaper di nuova generazione
86
. Ancora
poche sono le certezze a riguardo ma si sa gi che esso sar armato, con le
stesse munizioni che carica ora il Reaper. I suoi radar saranno migliorati
e saranno aggiunti dispositivi di tracciamento e targeting tipici degli F-
35
87
. Altra modifica, stavolta legata al motore: una turboventola, utilizza-
to praticamente da tutti gli aerei normali del mondo.
Una scheda completa del Predator C la trovate a questo link, assieme al-
le prime immagini.
I DRONI SOGNANO PECORE ELETTRICHE? 85
Modello: Predator B MQ-9 Reaper
Industria: General Atomics
Dimensioni: L 11,0m; H 3,6m; ap. alare 20,1m
Peso: vuoto 2223kg; peso massimo 4760kg
Motore: Honeywell TPE331-10 (900 cavalli)
Altitudine: 15,2km
Autonomia: pi di 24h
Velocit di crociera 313km/h; max 482km/h
Armi: 14 Hellfire + 2 GBU/Jdam (max 1700kg)
FIGURA 3.6
Scheda del Reaper MQ-9
Nota 86, 87
DENTRO LA CABINA DI PILOTAGGIO... A TERRA
Da fuori sembra un container. Di quelli da caricare sui camion. E
in effetti un container. Solo che si chiama ground control station
(stazione di controllo terreste) e stipa un tripudio di tecnologia:
computer, schermi, pulsantiere. E persone. Tanta gente, pigiata in
uno spazio di una decina di metri quadri. lequipaggio del drone.
Una squadra intera che pu andare dai cinque ai dieci elementi.
C il pilota, ovviamente, ma non solo: al suo fianco siede loperato-
re dei sensori, ossia laddetto a controllare gli impulsi che spedisce
la macchina. Poi ci sono gli analisti, quelli che trasformano i dati
grezzi in informazioni, immediatamente fruibili per chi decide le
sorti della missione, gli ufficiali di grado pi alto.
Coshanno attorno a loro? Una poltrona, anche abbastanza como-
da. Un joystick, s proprio un joystick, con cui si impartiscono i co-
mandi al drone. Le postazioni assomigliano a quelle delle sale dei
I DRONI SOGNANO PECORE ELETTRICHE? 86
Sfoglia per le altre foto.
( Aereonautica Militare italiana, Crown 2013, US Air Force, Department of Homeland Security).
GALLERIA 3.1 La cabina di pilotaggio
videogiochi, quelle dove si finge di guidare unauto da rally. Qui in-
vece non si fa finta: in cielo c davvero una macchina e va alla
guerra.
Tanti schermi, quattro per il pilota e altrettanti per loperatore
dei sensori. Il primo, quello pi impressionante, manda le immagi-
ni che arrivano in diretta dal drone. Il video non lo vede solo lequi-
paggio ma disponibile per chiunque lo voglia, anche a migliaia di
chilometri di distanza. Permette che il decisore politico o militare
osservi la guerra come la vede il suo soldato. Oltre alle immagini
dal campo, c un monitor con la cartina del territorio attraversato
dal drone e uno che elenca una miriade di dati relativi al volo e al-
la macchina. Lultimo schermo il falcon view, vista di falco.
Non una semplice mappa, ma una mappa intelligente. Vi si posso-
no caricare tutti i dati dal campo di particolare interesse: dove so-
no le truppe amiche, dove quelle nemiche, se nei paraggi c una
pista per atterrare o una batteria di missili antiaereo (e nel caso il
loro raggio).
Il drone poi non vola quasi mai da solo. Nello stesso momento sol-
cano i cieli altri suoi colleghi robot, tanto che i militari parlano di
vere e proprie pattuglie. Una pattuglia aerea dispiega fra i tre e i
quattro Predator o Reaper, attorno a cui possono arrivare a lavora-
re 170 persone, tra piloti, analisti, personale per decollo e atterrag-
gio e ricambi (perch se un drone vola 24 ore, un essere umano do-
vr pur dormire). Addirittura, un pilota pu controllare pi di un
drone contemporaneamente, grazie a un software della General
Atomics. Pu pilotare una batteria di quattro droni di cui solo uno
guidato direttamente mentre gli altri viaggiano con il pilota auto-
matico, seguendo rotte predeterminate o elaborate autonomamen-
te, sempre per con la possibilit che loperatore umano interven-
ga in caso di necessit.
La complessit che ruota attorno ai droni ispira una battuta fre-
quente in chi li impiega: Non un aereo, un sistema. Niente di
pi vero. Tra antenne, stazioni di controllo, schermi, immagini, pi-
I DRONI SOGNANO PECORE ELETTRICHE? 87
loti, analisi, il velivolo una semplice protesi di un lavoro di squa-
dra e di una tecnologia ben pi ampia.
COSTI E PERFORMANCE
Proprio la natura di sistema di Predator e Reaper rende la que-
stione dei costi molto complessa. Non ci si pu limitare al prezzo
del singolo velivolo. Bisogna considerare tutto lequipaggiamento,
oltre al fatto che le pattuglie aeree sono composte da pi di un dro-
ne. Non ha quindi senso paragonare i 5 milioni di dollari di un Rea-
per ai 27 milioni di un F-16C e sostenere che i droni saranno i do-
minatori del futuro perch molto pi economici degli aerei da com-
battimento convenzionali
88
.
Stando ai dati ufficiali
89
, nel complesso agli Stati Uniti acquisire
un singolo Reaper costa 26,8 milioni di dollari, ossia quasi 110 mi-
lioni per ogni pattuglia aerea. Anche guardare al costo per ora di
volo fuorviante: i Reaper costano 3600 dollari allora, allappa-
renza molto meno degli F-16C (quasi 18 mila dollari/ora) ma in
realt i droni volano molto di pi e alla fine ogni anno i costi del
volo dei due tipi di aereo quasi si equivalgono.
I DRONI SOGNANO PECORE ELETTRICHE? 88
FIGURA 3.7 Costi e performance del Reaper
Nota 88, 89
Anche perch spesso cadono. Nel 2005, i Predator si schiantava-
no al ritmo di 20 ogni 100 mila ore di volo. Molto, considerando
quanto stanno in cielo: nel 2009, nei soli Iraq e Afghanistan, i dro-
ni avevano volato 185 mila ore. Nel 2010, lAeronautica dichiara-
va
90
che il tasso dincidenti era sceso per i Predator a 7,5 e per i
Reaper a 16,4 ogni 100 mila ore, anche se alcuni commentatori e
blogger calcolavano numeri decisamente superiori91. Senza conta-
re la maggiore vulnerabilit contro le difese antiaeree rispetto ai
velivoli convenzionali, dovuta alla goffaggine del drone: bruschi
cambi di rotta comportano infatti la perdita del collegamento satel-
litare. Nello scontro diretto, il jet batte ancora il drone. Sempre.
Li metti in un ambiente a minaccia elevata e iniziano a cadere co-
me gocce di pioggia, commenta lex generale dallAeronautica
americana David Deptula.
Il sistema di collegamento satellitare il vero tallone dAchille
del drone. Da anni, gli ingegneri di al-Qaida studiano un modo
per interrompere il segnale che dalla base guida il robot alato. I
servizi segreti americani monitorano con preoccupazione gli sforzi
dei terroristi di sviluppare una tecnologia anti-drone, per esempio
sfruttando emissioni laser e gps per confondere e far cadere la
macchina. Sinora i tentativi sono andati a vuoto ma i jihadisti po-
trebbero non essere lontani dallintercettare il segnale del drone
92
.
Di certo, nel 2009 in Iraq sono stati in grado di catturare le imma-
gini inviate a terra dal velivolo, una breccia certo non decisiva, ma
utile a capire come i militari occidentali impiegano il drone.
In America, lacquisto dei Predator terminato nel 2010, con 248
esemplari negli hangar. Quello dei Reaper iniziato nel 2002 ed
arrivato a quota 196 a fine 2012. Entro la fine del 2013, lobiettivo
dellAeronautica mantenere fisse in cielo 65 pattuglie aeree: oltre
200 droni costantemente in volo, 24 ore su 24, tutti i giorni del-
lanno
93
. Tuttavia, la richiesta del budget per la Difesa del 2014 in-
dica che negli Stati Uniti il boom dei droni si sia arrestato. Quasi
tutti i programmi di ricerca sui droni (non solo per i Reaper) han-
I DRONI SOGNANO PECORE ELETTRICHE? 89
Nota 90, 91, 92, 93
no subito tagli di decine, a volte centinaia di milioni di dollari
94
.
Non staranno passando di moda ma forse hanno raggiunto il pun-
to di saturazione.
PICCOLI PILOTI CRESCONO
Come si fa a entrare nellequipaggio? I centri nevralgici delluni-
verso dei droni sono due basi aeree del West: Creech, Nevada, 56
chilometri a nordovest di Las Vegas; e Holloman, nel bel mezzo
del deserto del New Mexico. Qui i piloti vengono formati, qui ven-
gono sperimentati nuovi velivoli e accessori, qui (a Creech) pre-
sente il centro di eccellenza di ricerca per i velivoli senza pilota,
lUnmanned Aerial Vehicle Battlelab. Sono rispettivamente la casa
del 432 Operations Group e della 49 Wing, incaricati di effettua-
re e addestrare a missioni di ricognizione e di attacco con i droni.
LAeronautica americana forma i suoi piloti e analisti - cos come
quelli stranieri alleati ( il caso dellItalia) - affidandosi a comples-
si sistemi di simulazione e test
95
. Il pi importante dei quali si chia-
ma Predator Mission Aircrew Training System e combina la posta-
zione tipica per il pilotaggio con una sofisticata simulazione, per
preparare fin da subito il pilota allambiente che trover in segui-
to. Il software simula la gestione del drone, dai sensori alle teleca-
mere fino allutilizzo degli armamenti. Addirittura, collegando pi
sistemi tra loro, possibile compiere simulazioni in rete con al-
tri utenti, rendendo tutto pi complesso.
Laddestramento diviso in varie fasi, dallintroduzione al drone
alla gestione delle emergenze. Solo in ultimo viene il volo vero e
proprio, seguito dal culmine, ossia la combat readiness, in cui il pi-
lota impara a sparare e a operare in unoperazione bellica. Ma non
finita qua. Unintegrazione arriva anche dal lavoro teorico e prati-
co sui dati che il drone raccoglie, una parte tanto importante quan-
to il pilotaggio. Inoltre, lequipaggio viene anche istruito sulle com-
I DRONI SOGNANO PECORE ELETTRICHE? 90
Nota 94, 95
ponenti del drone, sullassemblaggio e smontaggio (operazioni cru-
ciali per poter spedirlo in giro per il mondo) e sulle condizioni
standard in cui esso viene impiegato. Lobiettivo formare opera-
tori in grado di reagire a qualsiasi situazione, da un possibile scon-
tro a un guasto, dallindividuazione di un bersaglio alla visibilit
nulla.
Laddestramento procede
96
su scala industriale. Nel 2011, veniva-
no addestrati 350 piloti di droni contro i 250 dei bombardieri. So-
lo nel 2013, verranno formati 678 operatori. Tanto stanno aumen-
tando che lAeronautica stata costretta a creare una nuova catego-
ria, la 18x: a fine 2012, i soli piloti militari (senza contare gli altri
membri dellequipaggio) ammontavano a 1280. Laddestramento
I DRONI SOGNANO PECORE ELETTRICHE? 91
INTERATTIVO 3.2 Mappa delle basi americane da cui volano i droni
In rosso le mappe attuali, in blu quelle future. Per aprire la mappa interattiva cliccare sullimmagine.
Cliccando sugli indicatori potete leggere i dettagli di ciascuna base.
Nota 96
Per vederla su browser clicca qui.
medio dura circa un anno per i novizi, mentre per i piloti che pro-
vengono da altri aerei si pu accorciare a sei mesi. A Holloman si
allenano gli italiani e i britannici, che ricevono lezioni per tre me-
si, per poi completare in patria i corsi.
UNO SCENARIO TIPICO
Una volta sviscerato il Predator, in che modo viene impiegato?
Possiamo ricostruire lo scenario possibile di una missione.
Si sospetta che alla periferia di un villaggio in un paese non me-
glio precisato si trovi un gruppo di presunti terroristi, gi segnalati
da altre fonti di intelligence. Ma la zona remota e il modo pi ve-
loce e sicuro di raggiungerla con i droni. Vengono inviati alcuni
Predator e Reaper. I Predator si occupano di monitorare larea,
comprendere se qualcosa cambiato o se qualcosa si stia muoven-
do. Anche se fosse brutto tempo si potrebbe controllare la zona,
sfruttando il radar SAR.
Viene identificato un veicolo in movimento. Alcuni sensori dei
Predator vengono bloccati su quel veicolo che viene seguito, men-
tre un altro drone pensa alla mappatura del territorio. Un altro an-
cora cerca gli edifici in zona, cos che si possa capire dove il mezzo
si stia dirigendo. Lauto si ferma. Scende un gruppo di persone. Ar-
mate. Sono quelle che si stavano cercando, confermano gli analisti
confrontando i comportamenti e le aree visitate.
Linformazione viene passata agli ufficiali preposti alle decisioni
importanti: il caso di colpire o no? Sono i sospetti che cercava-
mo? Abbiamo ragione di credere che sia il modo migliore di neu-
tralizzarli? Possiamo catturarli in altro modo? Stanno minaccian-
do direttamente gli Stati Uniti o i loro alleati? Tutte queste doman-
de devono trovare risposta. Pu essere che la risposta porti a un
nulla di fatto: la missione di ricognizione finisce l e i droni torna-
no indietro dopo aver racimolato tutte le informazioni possibili.
I DRONI SOGNANO PECORE ELETTRICHE? 92
Oppure la risposta positiva e porta alla decisione di colpire.
Non ci sono innocenti in zona, non ci sono edifici o persone che
non si pu e non si deve colpire. Arriva il via libera. Il Reaper si
stacca, il bersaglio gi stato acquisito dai sistemi di puntamento
ed segnalato con un fascio di invisibile luce riconoscibile solo dal
missile Hellfire. La base, a migliaia di chilometri di distanza, ha de-
ciso. Il pulsante viene premuto. LHellfire si stacca e parte.
Boom. Bersaglio colpito. Il video a infrarossi impazzisce, visto
limprovviso cambio di temperatura nella zona dellattacco. Nem-
meno la videocamera o il radar anti-intemperie riescono a vedere
alcunch ora che si alzata una nuvola di detriti. Per assurdo, pro-
prio ora che lo stormo di droni ha svolto i suoi compiti al massi-
mo, esprimendo tutte le loro capacit, sono diventati ciechi. Per
un istante solo. Poi la nebbia si alza. Parte la valutazione del dan-
no della battaglia, gli occhi di Predator e Reaper continuano a
scandagliare il suolo per contare le vittime, vedere se ci sono so-
pravvissuti, cosa accada intorno, chi viene in soccorso e come si
comporta.
Niente pi minacce per oggi dal villaggio sperduto. La squadra
che ha partecipato alla missione festeggia, si stringe la mano e tor-
na casa.
QUANDO UN DRONE GUARDA TROPPO (O TROPPO
POCO)
Nel mondo dei droni la tecnologia ha fatto passi da gigante. Pro-
cedendo a balzi improvvisi o con lenti e continui accorgimenti,
luniverso dei robot alati si sta ormai spingendo dappertutto. In un
futuro nemmeno troppo lontano avremo droni ispirati agli insetti
e droni da combattimento, come lX-47B Pegasus della Northrop
Grumman
97
, testato nel maggio 2013 dalla Marina statunitense (e
subito copiato dai cinesi) che pu decollare dalle portaerei, primo
I DRONI SOGNANO PECORE ELETTRICHE? 93
Nota 97
passo verso un velivolo senza pilota da usare finalmente nella guer-
ra aerea.
Tutto bene ma, accanto a questi progressi immensi, lelaborazio-
ne dei dati raccolti dai droni si evoluta allo stesso passo? Se gli
Stati Uniti mantengono in volo centinaia di robot alati contempo-
raneamente che sorvolano e scandagliano centinaia e centinaia di
chilometri quadrati in mezza giornata, gli operatori e gli analisti
sono in grado di trasformare quella gigantesca mole di foto, video
e indicatori in informazioni elaborate, comprensibili ma soprattut-
to utili? Questa - pi che la costruzione di nuovi, pi potenti droni
- la sfida dei militari americani.
Le forze armate, cos come i servizi segreti, hanno sempre avuto a
che fare con una grande quantit di informazioni. Da sempre il
mantra stato: pi ce n, meglio . Non per niente, da molto tem-
po linformation warfare la padrona incontrastata del panorama
militare. Ottenere la superiorit informativa sul nemico vuol dire
spesso vincere. Spie, fotografi, crittologi, intercettazioni di segnali,
telecamere nascoste e chi pi ne ha pi ne metta. Prima del drone
di massa, linformazione era una risorsa limitata. Le notizie raccol-
te erano sempre preziose o comunque in difetto: tutto veniva sfrut-
tato al meglio e il pi possibile, ogni singolo dettaglio girato e rigi-
rato e poi spremuto e rispremuto.
Ora, probabilmente, linformazione non pi limitata. Anzi, il
problema lopposto: non ricavare dati utili da quantit scarse ma
trovare lago nel pagliaio di milioni e milioni di minuti registrati.
Un dilemma gestionale. Chi, come, quando si analizzano cos tanti
dati? Cosa si tiene e cosa si butta? Dove si immagazzinano?
Siamo entrati nellra dei Big Data, cio database immensi di da-
ti difficili da analizzare alla vecchia maniera (e il caso Snowden
non ha fatto che confermarlo al grande pubblico). Il processo di
analisi non pu pi essere solo manuale ma devono essere applica-
ti anche strumenti e software che semplifichino la catalogazione e
I DRONI SOGNANO PECORE ELETTRICHE? 94
velocizzino la lettura. Da cui per nasce un ulteriore problema: co-
me programmare il computer per selezionare le immagini utili,
per fargli fare il lavoro sporco? I militari americani sono cos
preoccupati che sono arrivati a rivolgersi a unemittente televisiva
sportiva per carpirne le tecniche degli highlights
98
.
Gi nellaccezione classica, le informazioni dintelligence non so-
no cos semplici da maneggiare, figurarsi quando entra in gioco
una flotta di droni. I vari tipi di intelligence (umana, geospaziale,
dei segnali, eccetera) si intrecciano e si automoltiplicano. Dietro
langolo, lincubo del data crush, ossia laccumulo eccessivo di dati
che magari collidono e di sicuro rendono impossibile lanalisi. O,
Pilota mentre comanda un drone ( Crown 2013)
I DRONI SOGNANO PECORE ELETTRICHE? 95
Nota 98
ancora peggio, avventata. Dando cos luogo a errori umani, scarsa
considerazione di uninformazione, eccesso di importanza assegna-
to a unaltra, tempo sprecato. Appena un anno fa, nel 2012, il pi
alto funzionario dellAeronautica americana ha confessato senza
giri di parole che per analizzare tutto il materiale raccolto dai dro-
ni ci vorranno anni
99
.
C poi un altro rischio, quello dellillusione che le informazioni
del drone siano sempre accurate. Il Predator non deve essere un
sostituto dellintelligence umana. Non dar mai le garanzie di una
rete di spie e informatori sul campo. Per quanto osservando per
giorni, mesi, anni le stesse zone simparino a conoscere usi e costu-
mi della gente, i piloti non condividono i codici culturali di popola-
zioni del Waziristan o dello Yemen. Il significato di un gesto, un
comportamento, pu sfuggire. Finendo poi per colpire le persone
sbagliate. Come quella volta nellaprile 2011 in Afghanistan, quan-
do un Predator scambi due marines in tenuta da combattimento
per insorti, colpendoli con gli Hellfire
100
.
Unulteriore falla che discende da questo problema il cosiddetto
effetto cannuccia
101
. Locchio del drone pu arrivare a ingrandire
unarea di soli dieci metri quadrati. Ideale per riconoscere un terro-
rista ricercato. Non per evitare che, nei trenta secondi che di me-
dia trascorrono tra il lancio del missile e limpatto, civili innocenti
si avvicinino al bersaglio. Non accade cos di rado, soprattutto in
contesti urbani.
Nelle sue memorie
102
, il pilota Matt Martin racconta con orrore
un episodio del genere. Durante la guerra in Iraq, il suo Predator
volteggia su Najaf, alla caccia di un individuo pericoloso: Rocket
Man, lo avevano soprannominato. Lanciava razzi verso le basi e
le pattuglie americane per poi dileguarsi. Un obiettivo legittimo.
Un obiettivo da Predator. Un giorno, Martin lo avvista: si sta na-
scondendo in una casa. Il pilota studia i sensori infrarossi: nella
stanza in cui si trova solo. Accanto ci sono altre persone. Bisogna
studiare la traiettoria migliore. Una volta calcolata, il lancio del
I DRONI SOGNANO PECORE ELETTRICHE? 96
Nota 99, 100, 101, 102
missile. Ma a pochi secondi dallimpatto, un vecchio entra nellin-
quadratura. Troppo tardi per deviare lHellfire senza causare dan-
ni ancora maggiori. Il missile centra il vecchio e la stanza di Roc-
ket Man.
Per affrontare tutti questi problemi, gli americani stanno inve-
stendo in una maggiore autonomia delle macchine. La Darpa,
lagenzia per la ricerca del Pentagono, ad esempio al lavoro su
software e sistemi di automatizzazione per semplificare il lavoro
agli analisti, costruendo algoritmi che individuino in autonomia
elementi chiave. Dalla semplice identificazione di figure in movi-
mento a evoluti programmi che riconoscano le identit delle perso-
ne. Ma che conseguenze avr una macchina che filtra e decide per
luomo?
Gli Stati Uniti hanno lobbligo morale di dare lesempio, di svilup-
pare criteri per la sempre crescente autonomia dei droni. Elabora-
re una dottrina internazionale, senza indugiare aspettando che gli
incubi di oggi si trasformino nella realt di domani. Perch il futu-
ro gi qui. Sempre pi robot - oltre ai droni - combattono fianco
a fianco ai militari americani. Gi nella guerra in Iraq iniziata nel
2003, migliaia di robot sono stati schierati al fianco delle truppe
in carne e ossa. Sminatori, aerei senza pilota, mitragliatori automa-
tici dotati di ruote
103
.
Fantascienza, avrebbe pensato lattore-pioniere Reginald Denny,
il primo a produrre droni su scala industriale. Invece non un
film di Hollywood, magari in cui potrebbero recitare i nipoti di
Denny. la guerra di oggi. E non solo. Da giocattolo desiderio di
pochi strampalati appassionati, i droni si stanno trasformando in
una delle tante tecnologie disponibili a basso prezzo sul mercato.
Settantanni son passati. Chiss cosa leggerete fra altri settanta.
I DRONI SOGNANO PECORE ELETTRICHE? 97
Nota 103
Silent enim leges inter arma
Tacciono, infatti, le leggi in mezzo alle armi. Cos scriveva Cicero-
ne
104
quasi duemila anni fa. Non bisogna per cadere nellerronea
convinzione del filosofo romano: dai suoi tempi, gli strumenti e i
metodi della guerra sono diventati sempre pi complessi, evoluzio-
ne permessa anche dallo sviluppo esponenziale della tecnologia.
Le nuove armi, pi efficienti e letali, ma allo stesso tempo apparen-
DRONE UNCHAINED 98
DRONE UNCHAINED
4
Reaper armato ( Crown 2013)
La base legale e la legittimazione
internazionale degli attacchi con i droni
Nota 104
temente imprescindibili negli eserciti contemporanei, necessitano
di norme che li regolino. Un loro utilizzo erroneo non un proble-
ma solo per chi li possiede e impiega, ma diventa una questione
che coinvolge la sicurezza di tutta la comunit internazionale e co-
me tale va compreso e limitato.
Bombe nucleari, armi chimiche, mine antiuomo: tutti armamenti
il cui impiego gli Stati hanno ritenuto di dover regolamentare. Ora
il dibattito aperto sullutilizzo di droni, contrapponendo gli Stati
Uniti ai numerosi e crescenti dubbi di parte della comunit inter-
nazionale, che ne critica legittimit e legalit.
Per fare luce sugli aspetti fondamentali e comprendere i risvolti
di questo dibattito, conviene ricorrere ad alcuni principi del diritto
internazionale. Cercando di rispondere a tre quesiti cruciali. Pri-
mo: come sono state legittimate le operazioni di antiterrorismo do-
po lUndici Settembre a livello interno? Secondo: in che modo gli
Stati Uniti hanno giustificato sulla scena internazionale il ricorso
alla forza contro i terroristi? Terzo: come deve essere condotto un
attacco perch sia considerato legittimo? Domande, queste, che im-
pongono di impiegare due branche del diritto internazionale: lo
ius ad bellum (che sinterroga sul quando possibile usare la for-
za) e lo ius in bello (che invece definisce il come, ricorrendo anche
al concetto della guerra giusta). Gran parte del diritto internazio-
nale applicabile agli attacchi dei droni deriva da questo impianto
teorico, ma le sue interpretazioni sono spesso molto diverse tra lo-
ro.
Il primo passo che dobbiamo compiere - prima ancora di uscire
dai confini del Nordamerica e addentrarci nei meandri del diritto
internazionale - andare alla scoperta delle regole interne statuni-
tensi che giustificano il ricorso alla forza attraverso uno strumento
divenuto ormai un cardine dellantiterrorismo a stelle e strisce: le
targeted killings, le uccisioni mirate compiute, nel caso in analisi,
con i droni.
DRONE UNCHAINED 99
GLI STATI UNI TI SONO IN GUERRA? LE
GIUSTIFICAZIONI DELLAMMINISTRAZIONE
Il fondamento giuridico per le operazioni di antiterrorismo degli
Stati Uniti e l'uccisione mirata dei membri di al-Qaida e dei suoi
affiliati in tutto il mondo l'Autorizzazione per l'uso della forza mi-
litare (riassunto nellacronimo Aumf), approvata dal Congresso
americano pochi giorni dopo lUndici Settembre
105
:
Questa legge di importanza capitale in quanto non solo parte
di una serie di norme che hanno guidato gli Stati Uniti nella cosid-
detta guerra al terrore. Grazie alla sua interpretazione estensiva,
lAumf anche diventata il fondamento legale con cui le forze di si-
curezza americane, su tutte la Cia, sono tornate a impiegare lo stru-
mento delluccisione mirata. Tattica che, come racconta il capitolo
1, era stata ufficialmente bandita dal presidente Ford nel 1976.
Oggi non esiste alcuna legge statunitense che disciplini espressa-
mente lomicidio mirato. Nel 1981 stato emanato dal presidente
Reagan l'ordine esecutivo 12333 (2.11), il quale proibisce in termi-
ni assoluti, con o senza l'approvazione presidenziale, l'uccisione a
scopo politico
106
. Ma l'assassinio politico inteso da questo docu-
mento e la targeted killing sono due atti ben diversi, in quanto
con il secondo si intende uno strumento di guerra mentre il primo
pu essere condotto nei confronti di un avversario interno. Per
contorni pi precisi dellomicidio mirato occorre rivolgersi a una
delle scarse fonti che ne trattano: un rapporto della Croce Rossa
Internazionale del 2009
107
, che lo definisce in cinque punti.
DRONE UNCHAINED 100
Il presidente autorizzato a usare tutta la forza necessaria e appropriata contro quelle
nazioni e persone che egli ritiene abbiano pianificato, autorizzato, commesso o sostenuto gli
attacchi dellUndici Settembre, o anche abbiano protetto queste organizzazioni o persone;
con lobiettivo di prevenire qualsiasi altro futuro atto di terrorismo internazionale contro gli
Stati Uniti da parte di queste nazioni, organizzazioni o persone
Nota 105, 106, 107
1.
Deve essere in corso un conflitto armato internazionale o non in-
ternazionale. Senza questo presupposto l'uccisione di un individuo
da parte dello Stato verrebbe considerata omicidio e sarebbe quin-
di punibile dal governo locale secondo le leggi nazionali.
2.
La vittima deve essere un soggetto specifico, individuata per la
sua inequivocabile attivit nel conflitto.
3.
L'individuo sta partecipando direttamente alle ostilit.
4.
Non pu essere percorsa alcuna alternativa, cattura compresa.
5.
Solo un comandante militare pu autorizzare la missione. Esiste
la possibilit di delega da parte del capo dello Stato ad altre autori-
t come, nel caso americano, il segretario alla Difesa o il direttore
della Cia. In ogni caso, il concetto che questi attacchi dovrebbero
ottenere l'approvazione da parte di unalta autorit, civile o milita-
re. L'ufficiale verifica l'identificazione positiva dellobiettivo e ne
considera la necessit militare, ovvero se il danno inferto dall'attac-
co pu giustificare il vantaggio ottenuto.
DRONE UNCHAINED 101
FIGURA 4.1 Differenza tra assassinio politico e uccisione mirata
In altre parole: le targeted killings devono essere chirurgiche, evi-
tare danni collaterali e essere eseguite in circostanze di guerra. In
caso contrario, nella fattispecie americana, scatta la violazione del-
l'Ordine Esecutivo 12333(2.11), il divieto di assassinio politico.
Le amministrazioni Bush e Obama hanno interpretato in modo
estensivo il concetto di uccisione mirata: gli Stati Uniti sono in
guerra contro al-Qaida e le forze a essa associate e pertanto pos-
sibile il ricorso alla forza nei confronti di certi individui che pongo-
no particolari minacce. La necessit di combattere il terrorismo
per evitare nuovi attacchi allOccidente e la conseguente maggiore
libert dazione concessa alle forze di sicurezza ha portato a un al-
largamento delle maglie legali, giustificando lomicidio mirato, le
kill list e gli attacchi dei droni.
Per limitarsi alla sola presidenza Obama, questa posizione stata
sostenuta apertamente da alti funzionari in numerosi discorsi che
hanno confermato la validit e la base legale della strategia. Ne
hanno parlato ufficialmente, nellordine: Harold Koh
108
, consiglie-
re legale del dipartimento di Stato degli Stati Uniti, nel 2010; John
Brennan, allora consigliere del presidente per lantiterrorismo e og-
gi direttore della Cia, nel 2011
109
; Eric Holder, procuratore genera-
le, nel 2012
110
; ancora una volta Brennan nel 2012
111
; e infine Jeh
Johnson, consulente generale al dipartimento della Difesa, nel
2013
112
.
Provando a riassumere, la dottrina ufficiale che prende forma da
questi discorsi che gli Stati Uniti hanno diritto allautodifesa, an-
che preventiva e anche nei confronti di singoli individui (il concet-
to verr trattato nel paragrafo successivo). Nel decidere le sorti di
un terrorista - in qualunque angolo del mondo si trovi, a prescinde-
re dallesistenza di un conflitto locale - la Casa Bianca non solo
in linea con le norme interne, ma anche con quelle a livello interna-
zionale.
Il permesso di uccidere ha per dei limiti: sono da ritenersi esclu-
DRONE UNCHAINED 102
Nota 108, 109, 110, 111, 112
si, infatti, i terroristi internazionali non riconducibili ad al-Qaida
e quelli di cittadinanza americana (condizione valida anche per chi
ha il doppio passaporto), i quali rimangono protetti dalla clausola
del giusto processo contenuta nel quinto emendamento della Costi-
tuzione. Dal 2009 a oggi sono quattro i cittadini statunitensi morti
sotto i colpi dei droni, come dichiarato dal procuratore Holder nel
maggio 2013
113
(il caso pi famoso sicuramente quello di Anwar
al-Awlaki, la cui storia raccontata nei dettagli nel capitolo 2).
Inoltre, tutti gli obiettivi, a prescindere dalla loro nazionalit, pos-
sono essere uccisi solo quando rappresentano un imminente peri-
colo, quando la cattura non fattibile o quando vengono rispettate
le norme di diritto bellico in materia
114
.
Fra 2012 e 2013, con una serie di discorsi e di documenti disponi-
bili al pubblico
115
, lamministrazione ha reso noti alcuni standard
che regolano il processo decisionale delle operazioni clandestine
contro al-Qaida al di fuori dellAfghanistan, lunico teatro di una
guerra ufficiale. Si va dallindividuazione dellidentit dellobietti-
vo, alla ragionevole certezza che civili non saranno colpiti, alla va-
lutazione del grado di pericolosit dellobiettivo, sino allesplora-
zione della fattibilit delle alternative per neutralizzare la minac-
cia.
Se a livello interno la posizione dellamministrazione pare inattac-
cabile, qualche dubbio sulla scena internazionale rimane. Gli Stati
Uniti da soli non possono determinare quello che la comunit in-
ternazionale nel suo complesso pensa e crede sia giusto, quali com-
portamenti siano giustificabili, quali legittimi e quali legali. Ecco il
motivo di un esame di diritto internazionale.
LUSO DELLA FORZA CONTRO IL TERRORISMO
Dal secondo dopoguerra lOrganizzazione delle Nazioni Unite, la
cui Carta fondante stata ratificata da pressoch tutti i paesi del
DRONE UNCHAINED 103
Nota 113, 114, 115
globo, diventata il faro dello ius ad bellum, restringendo ai mini-
mi le possibilit per uno Stato di ricorrere della forza. Fin dai suoi
primi articoli
116
, la Carta impone ai firmatari di astenersi dallutiliz-
zare, o anche solo minacciare, luso della forza nelle relazioni inter-
nazionali; un principio confermato anche a livello consuetudina-
rio
117
.
Le eccezioni alla regola generale sono solo due, illustrate nel cele-
berrimo (e discusso) Capitolo VII. In esso, larticolo 42 permette il
ricorso alla forza solo quando ufficialmente autorizzato dal Consi-
glio di Sicurezza dellOnu, mentre larticolo 51 giustifica limpiego
della forza per legittima difesa. Queste strade possono essere intra-
prese solo se le soluzioni alternative non violente, dai negoziati al-
le sanzioni, non hanno dato i frutti sperati o sono impossibili da
praticare. Inoltre, la decisione di utilizzare la forza deve seguire un
processo di accertamento, in cui si verifica che nei confronti di
uno Stato stata violata la pace attraverso la forza o la minaccia
del suo impiego.
Al momento della sua stesura, la Carta era concepita come stru-
mento per regolare i conflitti tra attori statali e per questo non con-
templa i casi di terrorismo, le cui manifestazioni allepoca non era-
no rilevanti quanto oggi. Solo dalla fine della guerra fredda i con-
flitti asimmetrici in generale e i casi di terrorismo in particolare
hanno iniziato a occupare un posto sempre pi importante in seno
alle Nazioni Unite
118
.
Come ricondurre le operazioni di anti-terrorismo sotto il cappel-
lo dei principi dellOnu? Secondo linterpretazione originale della
Carta, non essendo i terroristi attori statali, le loro attivit dovreb-
bero essere contrastate non da uno Stato straniero, bens dalla na-
zione dove essi si trovano e che dovrebbe giudicarli come criminali
seguendo il diritto interno. Un paese straniero, per quanto utilizzi
la forza in modo legittimo e proporzionato solo a scopo difensivo,
non avrebbe la base legale per intervenire in un altro Stato: violan-
done la sovranit, commetterebbe un illecito.
DRONE UNCHAINED 104
Nota 116, 117, 118
Ricalcando alcune risoluzioni dellAssemblea Generale dellOnu
risalenti agli anni Settanta e Ottanta
119
e i successivi dibattiti tra le
aule delle autorit internazionali, si trovato un comune accordo
su come interpretare gli atti terroristici. Questi sono assimilabili a
un illecito da parte dello Stato che li ospita, qualora esso non ab-
bia ottemperato a due suoi fondamentali obblighi, la prevenzione
e la repressione delle attivit terroristiche. Quando lo Stato stranie-
ro non adempie alle sue responsabilit, il suo comportamento pu
costituire una violazione delle obbligazioni internazionali a suo ca-
rico.
La nuova interpretazione stata ufficializzata proprio in seguito
DRONE UNCHAINED 105
FIGURA 4.2 Lautorizzazione della forza da parte del Consiglio di Sicurezza Onu
Nota 119
allattacco alle Torri Gemelle
120
. Si sancito cos il concetto di Sta-
to rifugio, spesso definito impropriamente Stato canaglia - trop-
po debole, connivente o addirittura sponsor di gruppi terroristi
transnazionali. Per la prima volta la comunit internazionale non
si limitava a considerare colpevole a livello internazionale solo
uno Stato che avesse fornito effettivo sostegno a, o avesse control-
lato, unorganizzazione terroristica; ma da quel momento poteva
essere imputabile anche uno Stato negligente, la cui condotta era
stata accertata come tale.
Allindomani della tragedia dellUndici Settembre, uninterpreta-
zione cos estensiva del concetto di responsabilit fu immediata-
mente accettata dalla maggior parte della comunit internaziona-
le, che si schier quasi interamente al fianco degli Stati Uniti nella
guerra al terrore contro al-Qaida. Grazie a questa larga condivisio-
ne del concetto stato quindi possibile schierare truppe in Afgha-
nistan per la Missione Enduring Freedom e colpire i gruppi jihadi-
DRONE UNCHAINED 106
Riunione straordinaria del Consiglio di Sicurezza il 12 Settembre 2001 ( UN Photos)
Nota 120
sti in svariati Paesi.
Sin da subito per sono state evidenti le zone dombra, nonostan-
te esse siano rimaste per molti anni in secondo piano di fronte al-
lurgenza di debellare la minaccia terroristica che pareva incombe-
re su tutto lOccidente. Innanzitutto, alcuni commentatori si sono
domandati se la definizione di attacco armato secondo i principi
dello ius ad bellum fosse applicabile agli attacchi terroristici, i qua-
li, nonostante il forte impatto a livello di immagine, solitamente si
svolgono su una scala ridotta. In secondo luogo, stato sollevato il
dubbio che lautodifesa invocata dagli Stati vittima di attacchi ter-
roristici abbia in realt fondamenta traballanti. La minaccia del-
luso della forza ha tutte le caratteristiche previste dal diritto inter-
nazionale, quanto a immediatezza? E ancora: rispondere con gli
strumenti bellici statali convenzionali soddisfa i requisiti di pro-
porzionalit?
Tali dubbi sono stati scacciati dalla prassi attraverso nuove cate-
gorie sotto cui schematizzare i conflitti: si arrivati persino a par-
lare di autodifesa preventiva contro gli individui, ovvero agire pri-
ma ancora che la minaccia delluso della forza da parte di un terro-
rista sia effettiva. Per anni, gli interrogativi sono stati lasciati ai
giuristi di nicchia, quasi sempre poco considerati dai decisori poli-
tici di rilievo.
Il dibattito per tornato alla ribalta negli ultimi tempi, trascina-
to dal tema dei droni fuori dalle buie e polverose stanze in cui era
relegato. Si ritorna cos alla questione iniziale: con che diritto i dro-
ni possono essere i protagonisti delle uccisioni mirate da parte de-
gli Stati Uniti? Quando gli attacchi robotici sono stati introdotti
nelle operazioni statunitensi la base legale era quella appena spie-
gata: guerra al terrorismo, Stati negligenti e possibilit di volare in-
contrastati per il mondo senza incorrere in problemi di diritto in-
ternazionale. Con, inoltre, unaltra caratteristica che li giustificava
ulteriormente: i droni avevano un impatto zero a livello di immagi-
ne e provocavano ben poco scalpore.
DRONE UNCHAINED 107
Tuttavia, man mano che il ricordo dellUndici Settembre si fatto
pi sbiadito, gli Stati e le altre istituzioni componenti la comunit
internazionale hanno iniziato a guardare con occhi diversi a que-
sto scenario. Agli Stati Uniti vengono ora poste pi domande e
chieste pi giustificazioni, mentre i paesi vittima di attacchi con i
droni richiedono maggiore trasparenza e rispetto della sovranit.
In Pakistan, per esempio, le corti hanno di recente emanato una se-
rie di sentenze
121
che affermano la sovranit dello Stato e dichiara-
no qualsiasi attacco americano compiuto con i droni un atto illega-
le. Non sono solo leader e giuristi a interessarsi al tema: anche
lopinione pubblica diventata pi consapevole della questione
dei droni, come dimostra anche laumento di sondaggi negativi in
materia e le inchieste dei media.
Lamministrazione Obama deve ora affrontare il problema. In un
primo momento aveva scommesso sui droni come arma del futu-
ro, precisa e silenziosa e teoricamente in regola con le norme inter-
nazionali. Nei prossimi mesi e anni per il sentimento della comu-
nit internazionale potrebbe mutare, e forse il processo di cambia-
mento gi iniziato.
LOnu stessa, autorit che pi di tutte dovrebbe fornire le linee
guida della legittimit, approccia la questione in modo nebuloso.
Non ci sono state ancora prese di posizione precise sull'utilizzo dei
droni da parte dellAssemblea o del Consiglio di Sicurezza, ma da
alcune dichiarazioni si pu intuire una possibile linea di pensiero.
L'Alto Commissario per i diritti umani Navi Pillay ha recentemen-
te chiesto ai paesi dotati di droni di garantire che il loro uso sia
conforme alle norme internazionali:
DRONE UNCHAINED 108
Continuano a essere profondamente disturbanti le implicazioni sui diritti delluomo del-
luso di droni armati nel contesto di operazioni di antiterrorismo e militari, con un numero
sempre maggiore di Stati che cercano di acquisire tali armi. La preoccupante mancanza di
trasparenza di queste operazioni ha anche contribuito a una scarsa chiarezza sulle sue basi
Nota 121
In questi mesi si sta svolgendo un'indagine guidata da Ben Em-
merson, special rapporteur delle Nazioni Unite per diritti umani,
lotta al terrorismo, esecuzioni extragiudiziali. Linchiesta ha preso
in esame gli attacchi effettuati dagli Stati Uniti con i droni e le for-
ze speciali in Afghanistan, Pakistan, Yemen e Somalia. Il rapporto
finale verr reso pubblico solo in autunno, ma intanto il 14 marzo
Emmerson ha dichiarato che l'uso dei droni in Pakistan viola il di-
ritto internazionale
124
. La campagna di operazioni clandestine
portata avanti dagli Stati Uniti in Pakistan condotta senza il con-
senso dei rappresentanti eletti dal popolo o il governo legittimo
dello Stato. Essa implica l'uso della forza sul territorio di un altro
Stato senza il suo consenso ed quindi una violazione della sovra-
nit del Pakistan. Dopo varie interviste con i leader dei villaggi lo-
cali e visto lalto numero di attacchi e vittime che poco hanno a
che fare con la lotta al terrorismo qaidista, Emmerson ha conclu-
so, I droni colpiscono vittime civili costantemente [...]. Gruppi di
maschi adulti che svolgono attivit quotidiane ordinarie sono stati
spesso vittime di tali attacchi (qui trovate una video-intervista a
Emmerson). Con obiezioni simili, il principio che autorizza gli Sta-
ti Uniti ad avvalersi della forza per fermare le minacce terroristi-
che fortemente messo in discussione. Tuttavia, anche se tale prin-
cipio ne uscisse indenne, molte incertezze continuerebbero a rima-
nere attorno al secondo insieme di regole che governano luso del-
la forza, il cosiddetto ius in bello - ovvero la parte di diritto bellico
che tratta non pi il se, ma il come luso della forza possa essere
DRONE UNCHAINED 109
legali, cos come sulle garanzie che ne assicurano la conformit alle norme internazionali
applicabili. Inoltre, la scarsa trasparenza sullutilizzo dei droni ha creato un vuoto di responsa-
bilit, nel quale impossibile per le vittime chiedere dei risarcimenti. [...] Invito tutti gli Stati ad
essere completamente trasparenti rispetto ai criteri per limpiego di droni armati e ad assi-
curarsi che il loro uso sia pienamente conforme al diritto internazionale rilevante. Dove av-
vengono violazioni, gli Stati dovrebbero condurre indagini indipendenti, imparziali, immediate
ed efficaci, e fornire alle vittime un rimedio efficace
122
Navi Pillay Ginevra, 2013
Nota 122, 123, 124
considerata legittima. In altre parole, lo ius in bello raccoglie le re-
gole che, nel caso in cui scoppi un conflitto armato, devono indiriz-
zare la condotta delle operazioni belliche per ridurre il pi possibi-
le le sofferenze e gli effetti collaterali. Per comprendere in che
modo le operazioni clandestine con i droni rientrino e vengano di-
sciplinate dallo ius in bello, bisogna prima introdurre un concetto
fondamentale: la guerra giusta.
GUERRA GIUSTA, DISTINZIONE E
PROPORZIONALI T
Lelaborazione del concetto di guerra giusta da far risalire ai
tempi di San Tommaso d'Aquino, tra i primi, nel XIII secolo, a teo-
rizzare lo ius in bello
125
in modo sistematico, definendo i tre princi-
pi della guerra giusta
126
: lautorit sovrana, la giusta causa e la giu-
sta intenzione. in particolare da quest'ultimo concetto, spiegato
da San Tommaso con la frase promuovere il bene ed evitare il ma-
le, che derivano i cardini dello ius in bello per come sono stati svi-
luppati in seguito da successivi filosofi e giuristi.
La convinzione della giusta causa da parte di uno dei due conten-
DRONE UNCHAINED 110
Navi Pillay ( UN Geneva) Ben Emmerson ( NAF)
Nota 125, 126
denti pu tuttavia portare a commettere abusi; di qui la necessit
di fornire contorni definiti alla dottrina, elaborando i principi di
distinzione e di proporzionalit. Della definizione di questi due pi-
lastri si occupano i protocolli I e II della Convenzione di Ginevra
del 1949, ratificati nel 1977
127
.
Con il primo concetto si definiscono gli obiettivi legittimi e si se-
para il combattente dal non combattente. Un obiettivo militare
128

valido deve essere soggetto a un esame diviso in due parti. In pri-
mo luogo, l'obiettivo deve fornire un "contributo efficace" a
un'azione militare nemica, ossia un beneficio tangibile in virt del
suo utilizzo, scopo, ubicazione o natura. In secondo luogo, la di-
struzione, cattura o neutralizzazione dell'oggetto deve fornire un
preciso vantaggio militare alla forza che lo colpisce.
Per deduzione, tutti gli altri obiettivi sono civili e devono pertan-
to essere protetti. Lo stesso vale per le persone. Un civile, rispetto
a un combattente, gode di protezioni importanti, come per esem-
pio non essere oggetto dell'uso della forza o di forme di rappresa-
glia. Non sono tuttavia prescrizioni assolute: il civile le perde la
protezione "se in quel momento egli partecipa direttamente alle
ostilit".
Viene codificato anche il divieto di compiere attacchi indiscrimi-
nati, ovvero quelli "per natura fatti per colpire obiettivi militari o
civili senza distinzione". Divieto che si applica anche in caso di
mancanza di informazioni corrette e di incapacit di guidare con
precisione l'attacco al bersaglio desiderato
129
. L'art. 51(5)(b) chiari-
sce la definizione:
Il protocollo codifica anche il principio di proporzionalit, defini-
DRONE UNCHAINED 111
Un attacco che pu provocare incidentalmente la perdita di vite civili, danni ai civili, danni
a beni di carattere civile, o una loro combinazione, che risulterebbero eccessivi rispetto al
vantaggio militare concreto e diretto previsto
Articolo 53 - Protocollo Di Ginevra
Nota 127, 128, 129
to come la necessit di una corrispondenza tra limpatto causato in-
cidentalmente sulla popolazione civile e il vantaggio militare previ-
sto: Gli attacchi sono proibiti se causano perdite incidentali tra i
civili, lesioni ai civili o danni a obiettivi civili che siano eccessivi ri-
spetto ai vantaggi militari concreti e diretti che si aspetta di ottene-
re. In altre parole, bisogna evitare gli effetti collaterali. Secondo
larticolo 57, in un conflitto internazionale obbligatorio fare sem-
pre attenzione a risparmiare la popolazione civile, i civili e gli
obiettivi civili. Larticolo 85 poi conferma e chiarisce il concetto,
affermando che un attacco indiscriminato, messo in atto pur sa-
pendo che causer danni eccessivi alla popolazione civile, inter-
pretabile come crimine di guerra.
PROPORZIONALI T E DISTINZIONE NELLE
UCCISIONI MIRATE DA PARTE DEGLI STATI UNI TI
Quelle esposte sopra sono le fondamenta dello ius in bello. Come
sono applicati i principi di distinzione e proporzionalit nelle ucci-
sioni mirate? Conviene partire da tre scenari di targeted killing. Si
tratta in tutti e tre i casi di operazioni realmente avvenute in Paki-
stan, ma che per la loro natura sono fortemente esemplificative
del discorso qui trattato. Il primo caso presenta un attacco che sfi-
da chiaramente il principio di distinzione per come enunciato
nella teoria della guerra giusta e d la possibilit di comprendere
le differenti prospettive su di esso. Il secondo esempio esamina in-
vece le difficolt di valutare se il principio di proporzionalit sia
stato applicato correttamente o meno. Il terzo caso, infine, presen-
ta una situazione limite, in cui lattacco non rispetta n il principio
di proporzionalit n quello di distinzione.
LA SOTTI LE LI NEA TRA COMBATTENTI E I NSORTI
17 marzo 2010. Un drone attacca una roccaforte dei Taliban nel
DRONE UNCHAINED 112
Waziristan del Nord, una delle Fata, le aree tribali ad amministra-
zione federale. Le conseguenze dellattacco variano a seconda delle
fonti; tutte per concordano sul fatto che gli obiettivi fossero degli
insorti in attivit. Non sono state segnalate vittime civili e i danni
collaterali sono limitati a una casa e due vetture distrutte
130
.
Sulla base dell'articolo 4 della Terza Convenzione di Ginevra, per
essere classificato come un combattente (e quindi ritenersi un
obiettivo legittimo), un individuo deve soddisfare determinati cri-
teri. Per quanto riguarda lattacco del 17 marzo, molto probabile
che gli obiettivi non rientrassero nella categoria di "combattente".
Da quanto risulta dalle fonti pi affidabili, gli obiettivi non erano
membri dell'esercito del Pakistan, n di una milizia riconoscibile:
non indossavano segni distintivi della loro appartenenza a un grup-
po armato regolare. Inoltre, non viene soddisfatto l'articolo 4(6),
che fa riferimento alla resistenza spontanea a un potere invasore,
dando la possibilit ai civili di formare ununit militare regolare.
Per deduzione negativa quindi, queste persone non erano combat-
tenti come espresso dall'articolo 4 e rientrano perci nella catego-
ria civile.
Se per gli insorti non possono essere identificati come combat-
tenti, questo non implica che possano automaticamente godere
delle protezioni accordate ai civili. Infatti, ai sensi della Convenzio-
ne di Ginevra, i civili perdono il loro status quando "prendono par-
te direttamente alle ostilit". Sappiamo poco sulla reale natura del-
le attivit delle vittime, ma basandosi sulle fonti giornalistiche non
irragionevole supporre che gli insorti avessero recentemente par-
tecipato a un atto violento e fossero armati. Si tratterebbe in que-
sto caso di un chiaro esempio della categoria del combattente ille-
gale: un civile, generalmente beneficiario di uno status di prote-
zione, che per si comporta da combattente
131
. Quando si colpisce
un combattente illegale, il principio di distinzione viene soddi-
sfatto.
Lesempio rivela anche una certa ambiguit nella normativa vi-
DRONE UNCHAINED 113
Nota 130, 131
gente: la distinzione tra combattente e civile si inserisce in unarea
grigia, dimostrata proprio dalla figura degli insorti, o dei combat-
tenti illegali
132
. Si viene a creare cio una categoria di combattenti
di fatto, che non sono ufficialmente riconosciuti come obiettivi le-
gittimi dalla Convenzione, ma che comunque si comportano come
tali. Questa ambiguit decisiva, perch crea uno spazio soggetto
a interpretazione in cui si inseriscono, come si vedr pi avanti, al-
cune delle giustificazioni agli attacchi con i droni, nonch la mag-
gior parte del dibattito sugli obiettivi legittimi: lecito colpire solo
combattenti ufficialmente riconosciuti come tali, o anche civili che
per partecipano alle ostilit? E in tal caso, come avere la certezza
che chi si va a colpire ponga veramente un pericolo imminente? In
un certo senso, il dubbio ripercorre e allarga lo spettro di quanto
gi detto in precedenza riguardo lo ius ad bellum, quando sono sta-
te illustrate le motivazioni che hanno portato a considerare i terro-
risti come degli attori internazionali piuttosto che come semplici
criminali locali.
Quanto al principio di proporzionalit, i danni collaterali derivati
dall'attacco del 17 marzo sono ridotti: una casa e due vetture. Se-
guendo le linee guida dell'articolo 51(5)(b) del I protocollo, il possi-
bile danno ai beni di carattere civile deve essere valutato e compa-
rato al "vantaggio militare concreto e diretto previsto". In questo
particolare esempio molto probabile che il criterio di proporzio-
nalit sia stato soddisfatto. Il vantaggio militare atteso abbastan-
za tangibile, se consideriamo veritiere le notizie pubblicate in Paki-
stan sugli obiettivi
133
. Questo vantaggio, ponderato con la perdita
di una casa e due veicoli, produce una situazione in cui i danni ac-
cidentali non sono eccessivi rispetto al vantaggio militare acquisi-
to. La questione sarebbe ovviamente pi complessa se le propriet
civili distrutte fossero pi significative, per esempio una moschea
o una scuola
134
.
DRONE UNCHAINED 114
Nota 132, 133, 134
2. I O SONO I L PERI COLO: MI NACCE I MMI NENTI E
PARTECI PAZI ONE DI RE TTA
L'11 dicembre 2009, un attacco di un drone americano in Paki-
stan uccide Saleh al-Somali
135
, ritenuto il capo di tutte le operazio-
ni di al-Qaida al di fuori del Pakistan, probabilmente anche di
quelle in Europa e Nord America. Secondo le fonti locali, non ci so-
no state vittime civili. In questa situazione, gli Stati Uniti hanno
colpito un obiettivo che consideravano una minaccia, la mente che
avrebbe potuto orchestrare attacchi in tutto il mondo.
Se proviamo ad applicare i principi esposti in precedenza potreb-
bero sorgere alcuni problemi, in particolare attorno al principio di
distinzione. La legalit dellattacco si basa essenzialmente sullin-
terpretazione della norma per cui i non combattenti godono del-
limmunit "a meno che e fintanto che essi non partecipino diretta-
mente alle ostilit
136
. Secondo gli Stati Uniti, in questo contesto,
la pianificazione di unazione offensiva rientrava in questa fattispe-
cie.
Tuttavia, il problema che molti giuristi sollevano - soprattutto
quelli della scuola di pensiero che predilige uninterpretazione re-
strittiva della clausola - riguarda proprio il coinvolgimento nelle
ostilit della vittima, troppo indiretto per essere considerato tale.
Per alcuni di questi giuristi, infatti, solo il chiaro e visibile posses-
so di unarma costituisce un legittimo motivo per attaccare un civi-
le
137
. Uninterpretazione, questa, utilizzata anche nellordinamento
interno e tra i ranghi delle forze dellordine per prevenire errori di
valutazione e abusi. Un suo abbandono - accusano i detrattori di
questo tipo di uccisioni mirate - non pu che portare effetti negati-
vi, trasformando le operazioni in una forma indiscriminata di vio-
lenza. Seguendo questa interpretazione restrittiva, al-Somali non
doveva essere colpito, nonostante a detta degli Stati Uniti fosse im-
pegnato nella pianificazione di attacchi terroristici.
Al momento non c una comune e unitaria interpretazione della
clausola e molti sono i dubbi riguardo al concetto di partecipazio-
DRONE UNCHAINED 115
Nota 135, 136, 137
ne diretta e del relativo status delle persone che prendono parte al-
le ostilit. Se nella prassi delle operazioni americane, ma anche di
alcuni suoi alleati, si sta affermando uninterpretazione sempre
pi estesa di partecipazione alle ostilit, che include anche chi le
pianifica e chi vi collabora, a livello di dibattito e di trattazione si
va nella direzione opposta, cercando di preservare il diritto dei civi-
li a essere tenuti a distanza dai conflitti e dalle violenze.
3. LA MANO PESANTE: UN CASO LI MI TE
22 Aprile 2011. Un drone americano colpisce un bunker utilizzato
dal comandante taliban locale Hafiz Gul Bahadur nell'area di
Spinwam, nel Waziristan del Nord
138
, uccidendo 26 persone, tra
cui donne e bambini. Bahadur, la vittima designata dellattacco,
DRONE UNCHAINED 116
Chitral Valley (Pakistan), al confine con lAfghanistan ( Charlie Phillips - Flickr)
Nota 138
collaborava con al-Qaida dal 2006. A partire da quellanno aveva
negoziato una tregua con il governo pakistano in cui prometteva di
aiutarlo a espellere tutti i militanti stranieri dal paese (tregua in-
franta proprio da un attacco di un drone a stelle e strisce nel mar-
zo del 2011
139
).
In questo caso evidente come i principi dello ius in bello non sia-
no stati rispettati. Non vi stata una limitazione delle perdite inuti-
li, in quanto il principio di distinzione non stato considerato. Se-
condo il protocollo I, il principio di proporzionalit vieta un attac-
co per cui si possa ragionevolmente prevedere che provochi inci-
dentalmente danni che risulterebbero eccessivi rispetto al concre-
to e diretto vantaggio militare. In breve, qualsiasi attacco che non
si adatti a questi criteri considerato indiscriminato. Alcuni con-
vinti difensori delloperazione potrebbero parlare di effetti positivi
a lungo termine a fronte di danni limitati nel breve. Tuttavia, co-
me affermano in molti, tra cui la Croce Rossa Internazionale
140
, "i
fattori per la valutazione della proporzionalit, in particolare la no-
zione di vantaggio militare e quella dei danni collaterali, sono da
considerarsi solo nel breve termine. La valutazione quindi non
pu essere soggetta a interpretazioni a posteriori: deve avvenire
prima delleventuale attacco.
IL POTERE E LA RESPONSABILI T
Negli ultimi anni gli Stati Uniti si sono messi alla guida della guer-
ra al terrore, mettendo a segno importanti obiettivi e riuscendo a
contrastare parte della ferocia di alcuni gruppi terroristi. Tuttavia,
nel loro cammino hanno anche commesso errori, alcune volte mi-
nimi, altre grossolani, nella migliore delle ipotesi, o dagli effetti
collaterali devastanti, nella peggiore. I tre esempi discussi in prece-
denza dimostrano quanto questa lotta senza quartiere al terrori-
smo possa allargare le maglie del diritto, come sempre caratterizza-
to da confini molto labili ma la cui individuazione di vitale impor-
DRONE UNCHAINED 117
Nota 139, 140
tanza per la tenuta dellordine della societ mondiale. E in questo
dibattito la comunit internazionale sempre pi coinvolta: gra-
zie al nuovo interesse e alle crescenti preoccupazioni allinterno
dellopinione pubblica internazionale che oggi possiamo interro-
garci con maggiore razionalit sul tema delle targeted killing e de-
gli attacchi con i droni.
Ed sempre grazie a questo stesso dibattito se il presidente Oba-
ma si sentito in dovere di elaborare una dottrina pubblica sullar-
gomento. Il 23 maggio 2013, in un discorso alla Naval Defense Uni-
versity
141
, Obama ha cercato di rassicurare la nazione sul fatto che
la guerra contro al-Qaida, come tutte le guerre, avr termine e che
gli Stati Uniti non stanno usando in modo indiscriminato alcune
tattiche, tra cui i droni. Agli annunci sono poi seguiti due docu-
menti, che dovevano, nei piani della Casa Bianca, definire con pre-
cisione lannunciato cambio di rotta nella politica di antiterrori-
smo.
DRONE UNCHAINED 118
Discorso di Obama alla Naval Defense University, 23.05.2013 ( WSJ via Youtube)
FILMATO 4.1 Obama sui droni
Nota 141
Per vederlo su browser clicca qui.
Il primo
142
una sorta di manuale che illustra gli attuali criteri
con cui lamministrazione decide di ordinare le uccisioni mirate al
di fuori di campi di battaglia convenzionali. Nel sintetico documen-
to di tre pagine, la Casa Bianca fornisce cinque elementi chiave
per comprendere le norme che regolano lautorizzazione delle ucci-
sioni mirate:
1) ragionevole certezza che l'obiettivo sia presente;
2) ragionevole certezza che non combattenti non saranno feriti
o uccisi;
3) la valutazione che la cattura non sia possibile al momento del-
l'operazione;
4) la valutazione che le autorit governative competenti del pae-
se in cui prevista l'azione non possano o non vogliano affronta-
re efficacemente la minaccia ai cittadini degli Stati Uniti;
5) la valutazione che non esistano modi alternativi di affrontare
efficacemente la minaccia ai cittadini statunitensi.
Alle cinque regole segue un altro importante paragrafo in cui la
Casa Bianca si smarca dalle critiche riguardo la legalit sul piano
internazionale:
Il secondo documento consiste nella trascrizione di un briefing
143

per i giornalisti, in cui alcuni membri di rilievo dellamministrazio-
ne hanno offerto la loro interpretazione sulla nuova strategia. Du-
rante il briefing, uno dei temi di maggiore interesse sollevati sta-
to quello di chi in futuro porter avanti le operazioni, di fronte alla
DRONE UNCHAINED 119
Ogni volta che gli Stati Uniti usano la forza in territori stranieri, ci sono dei principi giuridici
internazionali, tra cui il rispetto della sovranit e il diritto dei conflitti armati, che impongono
importanti vincoli sulla capacit degli Stati membri di agire unilateralmente - e sul modo in
cui gli Stati membri possono usare la forza. Gli Stati Uniti rispettano la sovranit nazionale e
il diritto internazionale
Nota 142, 143
promessa di Obama di allontanare progressivamente la Cia dalla
cabina di controllo dei droni e delle uccisioni mirate. Sul tema, pe-
r, i funzionari non hanno dato informazioni precise, rimandando
la discussione. Poca chiarezza stata fatta anche sul tema dei con-
troversi signature strikes: la posizione dellamministrazione che
essi continueranno finch vi sar la necessit di proteggere le trup-
pe in Afghanistan. Inoltre, la Casa Bianca ha recentemente annun-
ciato che intende fornire materiale classificato sulluccisione di
Anwar al-Awlaki alle commissioni competenti del Congresso
144
.
FIGURA 4.3 Schema decisionale della Disposition Matrix
DRONE UNCHAINED 120
Nota 144
Lamministrazione Obama ha mosso alcuni passi nella direzione
giusta. Restano per ampie zone dombra. Non chiaro fino a che
punto gli annunci e i documenti nel maggio 2013 rappresentino
una svolta nella politica della guerra dei droni. Un primo banco di
prova stato lo Yemen tra luglio e agosto 2013, su cui sono piovuti
nove attacchi in quasi due settimane. Lamministrazione si dife-
sa sostenendo che limpennata delle operazioni dei droni diretta-
mente legata allemergenza che ha portato a chiudere 21 missioni
diplomatiche tra Africa e Medio Oriente, di fronte allevidenza che
la branca yemenita di al-Qaida stava preparando una serie di at-
tentati. Davanti allimminenza di una minaccia terroristica - sostie-
ne lesecutivo statunitense - i droni hanno agito per neutralizzare
il pericolo, mentre per sicurezza si procedeva alla chiusura di am-
basciate e consolati. Il problema della nuova politica di Obama
sullimpiego dei droni che non c un meccanismo di controllo,
di valutazione, nemmeno ex post.
IL DESTINO MANIFESTO
In un messaggio preparato pochi giorni prima della sua morte,
Franklin Delano Roosevelt: Nellagonia della guerra un grande po-
tere comporta grandi responsabilit
145
. Una verit lampante che
gi Aristotele aveva affermato nell'Etica Eudemia, e che porta con
s una consapevolezza etica, ma anche politica: le persone che han-
no il potere di una vera libert di scelta, che sono responsabili fino
in fondo delle loro azioni, possono (e devono) essere giudicati col-
pevoli o innocenti per quelle stesse azioni
146
.
Da pi di un secolo gli Stati Uniti sono artefici non solo del desti-
no americano, ma anche di quello di tutto il mondo. Lesercizio del-
la loro potenza ha forgiato tecnologia, innovazione, libert, ma al-
lo stesso tempo guerre, conflitti e violenze. Una volta cerano le na-
vi; poi sono arrivati gli aerei, i missili, i sottomarini e le testate nu-
cleari; infine, lo spazio e i computer. Ora nellarsenale ci sono an-
DRONE UNCHAINED 121
Nota 145, 146
che i droni. I quali hanno le stesse caratteristiche di tutti gli stru-
menti tecnologici in grado di cambiare in modo decisivo lagire
umano. Se usati in modo corretto possono portare alcuni evidenti
benefici. Ma se mal gestiti, rischiano di causare danni immani.
I droni hanno ampliato lo spettro delle opzioni possibili per i mili-
tari e soprattutto per i politici: per giunto il momento di una ri-
flessione seria e completa sui limiti di queste opzioni. La guerra
dei droni pu essere considerata ammissibile dal diritto internazio-
nale, ma i problemi legali alla sua applicazione pratica sono dietro
langolo. Se anche si riconoscesse (ma non va dato per scontato)
che gli Stati Uniti sono effettivamente in guerra contro al-Qaida,
tutte le loro azioni dovrebbero comunque rispettare le norme del
diritto bellico in ogni suo risvolto ed evoluzione. Ci deve essere
una corretta valutazione della necessit del ricorso alla forza nei
confronti degli attori internazionali da fronteggiare. I principi di
proporzionalit, necessit militare e distinzione, pur se di difficile
valutazione, devono essere prerequisiti per ogni attacco. Se Was-
hington abbandonasse il tracciato del rispetto delle norme interna-
zionali, della garanzia dei diritti e dellottemperanza dei doveri che
la comunit internazionale si autoassegna, soprattutto a livello bel-
lico, ne uscirebbero mutate o addirittura svuotare di senso le rego-
le pi profonde della convivenza tra gli Stati.
Nelle parole del filosofo Michael Walzer: La giustizia richiede
che il ricorso alla forza sia legittimo soltanto qualora tutte le alter-
native ragionevoli, che abbiano qualche prospettiva di successo,
siano state esaurite
147
. Per quanto i droni possano sembrare lar-
ma definitiva, stanno sopravanzando tutte le altre alternative per
combattere i terroristi, sulla base di calcoli basati meramente su
considerazioni semplicistiche e di convenienza. Affidarsi a un'uni-
ca soluzione pu diventare rischioso, soprattutto nel lungo termi-
ne. Scelte sbagliate in questo senso possono far passare gli Stati
Uniti dalla parte del torto, lontani anni luce dalla tanto vagheggia-
DRONE UNCHAINED 122
Nota 147
ta guerra giusta. Andando contro, alla fine, anche alle stesse ragio-
ni per cui i droni sono nati e si sono diffusi.
DRONE UNCHAINED 123
Afghanistan, 17 settembre 2010. La colonna della compagnia del
Capitano Pezzino si muove lentamente. Su queste maledette stra-
de c da stare attenti. E la 515 non fa eccezione. Collega la citt di
Farah a Bakwa, sperduto villaggio nel nulla dellOvest afghano, la
regione di responsabilit italiana. Sessanta polverosi e dissestati
chilometri. Ma non sono buche e sabbia a preoccupare il convo-
glio. Si procede a passo duomo perch sulle strade il nemico piaz-
za le sue trappole preferite: bombe, tanto rudimentali quanto deva-
stanti. Ad agosto, i primi italiani a mettere piede in quello spicchio
LE STREGHE TRICOLORI 124
LE STREGHE TRICOLORI
5
Il bivio italiano tra dieci anni dimpiego virtuoso e
i rischi di un futuro armato
Reaper italiano in volo ( Aeronautica Militare)
dAfghanistan sono stati salutati da sette bombe.
A Bakwa, Pezzino deve arrivare entro sera. Il suo arrivo stato
fin troppo dilazionato: da quasi tre settimane che in quello sper-
duto avamposto i suoi commilitoni contano su una sola compa-
gnia fucilieri, appena sufficiente a garantire la protezione della ba-
se. In pi, il suo convoglio porta le schede elettorali: il giorno dopo
si vota per il parlamento afghano.
La notizia della bomba arriva a 15 chilometri circa da Bakwa. Ma
il convoglio non a rischio: dal villaggio di Kormalek, pi o me-
no a met viaggio, che Pezzino e i suoi muovono fuori strada, il ter-
reno lo consente. Sar anche pi scomodo, ma almeno si evitano
le trappole degli insorti. Questa lha avvistata il Predator. Meno
male che c il drone, pensano sicuramente gli uomini della colon-
na. Stavolta per ha fatto un colpo doppio. Non ha solo segnalato
lordigno. Ha beccato chi lha messo. Anzi, chi lo sta mettendo.
Sorvolando a migliaia di metri di altitudine, il drone s accorto
di tre uomini fermi sul ciglio della strada. Hanno parcheggiato le
motociclette e armeggiano, chinati per terra. Lequipaggio del Pre-
dator studia i comportamenti. Stanno piazzando un ordigno, ga-
rantito. I tre sanno perfettamente che su quella strada di l a poco
passer il convoglio italiano. Sanno anche che diretto a Bakwa.
Lintento dei tre certamente ostile. Le regole dingaggio sono
chiare: questo atteggiamento equivale a imbracciare un fucile e
sparare alle nostre truppe. Basterebbe che il pilota - autorizzato
dalla catena di comando - prema quel tasto rosso sul joystick. Ma
sarebbe inutile. Il Predator italiano non armato. Nessun drone
tricolore lo .
Nel frattempo, gli insorti non sono rimasti con le mani in mano.
Finito lo sporco lavoro, vengono raggiunti da unautomobile e ri-
partono. Il Predator non molla. Li segue, deciso a fornire ai deciso-
ri militari tutti gli elementi possibili.
Tutti infatti vedono le immagini del drone. Che si fa?, si chiede il
LE STREGHE TRICOLORI 125
comando italiano. Come colpire gli insorti? Con un aereo conven-
zionale. In zona, sono disponibili dei jet francesi, due Mirage
2000. Il Generale Claudio Berto, comandante degli italiani in
Afghanistan, darebbe il via libera ma, da Kabul, il consigliere lega-
le della coalizione ferma tutti. A questo punto, dicono le regole
dingaggio, non si pu colpire anche lautomobile. Non c la certez-
za che non ci siano civili. Intanto, la vettura e le moto raggiungono
un caseggiato: due edifici poveri, cinti da un cortile e da un muro
di fango, a 5 chilometri circa da Bakwa. Gli insorti entrano in una
delle due case. Lopzione di un bombardamento aereo sfuma del
tutto.
Lattimo perso.
lora di pranzo quando alla base di Farah arriva la notizia. Non
c un secondo da perdere. Una ventina scarsa di soldati si prepara
a partire. Sono uomini delle forze speciali, la crme dei militari ita-
liani: il 9 reggimento dassalto Col Moschin. Fanno parte della
Task Force 45, lunit segreta per missioni ad alto rischio che ope-
ra nellOvest afghano. Le operazioni pi pericolose, le incursioni,
le affidano a loro.
Ora hanno un compito diverso dal solito: andare a stanare quegli
insorti che hanno piazzato un ordigno sulla strada 515. Sono stati
messi in allerta la mattina stessa: dal comando italiano ci si aspet-
tava che il convoglio sarebbe stato accolto a suon di bombe; il pia-
no di andare a beccare qualche insorto per provare a neutralizza-
re la rete di bombaroli.
Gli uomini del Col Moschin salgono su un elicottero Ch-47. Alle
13.20 arrivano nei pressi del caseggiato. Una posizione molto diffi-
cile: il terreno del tutto scoperto. In pi, lelicottero alza un polve-
rone immenso che nega la visibilit. Appena messo piede a terra, il
commando viene investito da una marea di proiettili. Neanche il
tempo di individuare la sorgente del fuoco che gi due uomini so-
no a terra. Feriti. I primi due a scendere. La priorit non pi col-
LE STREGHE TRICOLORI 126
pire gli insorti, bens prestare loro il primo soccorso. Viene orga-
nizzata unevacuazione. Si torna a Farah, allospedale americano,
per operarli durgenza. Il primo, il caporal maggiore Elio Rapisar-
da, ce la fa.
Il secondo, il Capitano Alessandro Romani, no. 36 anni, 36esimo
caduto italiano in Afghanistan.
IL BIVIO
LItalia si trova a un bivio. Possiede il Predator dal 2004 e lo ha
schierato in Iraq e Afghanistan; dal 2008 ha il Reaper, che ha ope-
rato in Libia e Kosovo. Ora il nostro paese ha deciso di armare i
suoi droni. Non uneventualit scabrosa, tuttaltro. Il caso del Ca-
pitano Romani lo dimostra: se il drone avesse potuto colpire il ne-
mico, non si sarebbe dovuto ricorrere alla paradossale opzione per
cui, per proteggere gli uomini sul campo, bisogna inviare altri uo-
mini, esponendoli a un pericolo addirittura maggiore.
Tuttavia, per intraprendere il cammino dellarmamento bisogna
avere ben chiari gli orizzonti cui potremmo andare incontro. Cosa
abbiamo fatto in un decennio dimpiego virtuoso dei droni e
lesempio che ci arriva da un altro decennio, ma di attacchi dal cie-
lo, firmati Stati Uniti dAmerica. Capire, per evitare di abusare di
questarma e per prevenire alcune ricadute negative sui suoi piloti
e operatori.
Ecco perch conviene iniziare sondando la storia del Predator tri-
colore e del suo impiego nelle guerre a cui abbiamo partecipato.
Per ribadire come sinora lItalia abbia usato i droni in modo positi-
vo, per proteggere le nostre truppe e salvando pi vite, in guerre
dichiarate, a differenza di quelle clandestine in Pakistan o Yemen.
E per scrutare le possibili insidie oltre quel bivio.
LE STREGHE TRICOLORI 127
COME IMPARAMMO AD AMARE IL PREDATOR
Il programma Predator figlio della lungimiranza delle nostre
forze armate. Nel 1995, gli italiani vedono allopera questa nuova
macchina sui cieli dei Balcani: le prestazioni non sono eccezionali,
eppure i militari tricolori intuiscono le potenzialit degli aerei sen-
za pilota. Cos, nel 1997 lo Stato Maggiore della Difesa emette un
requisito operativo; formalizza cio la necessit per le nostre forze
armate di dotarsi dei droni. Allinterno dei vertici militari, soprat-
tutto dellAeronautica, infuria un dibattito tra scettici e visionari,
tra chi pensa che quello del drone sia solo lennesimo esperimento
senza futuro e chi invece scorge un campo che potrebbe rivoluzio-
nare il modo di condurre la guerra.
Il 22 gennaio 2001, il Capo di Stato Maggiore della Difesa Mario
Arpino autorizza la finalizzazione del programma Predator: lacqui-
sto, fuor di metafora. La scelta cade sul drone americano, dopo
LE STREGHE TRICOLORI 128
Predator di stanza a Tallil (Iraq) nel 2006 ( Esercito Italiano - Contingente Antica Babilonia)
aver esplorato anche il mercato israeliano, ritenuto per non otti-
male per problemi di interoperabilit. Il 31 luglio dello stesso anno
viene firmato il contratto con la casa produttrice del Predator, la
General Atomics di San Diego.
Passano per altri 12 mesi prima che la vendita venga autorizzata
dal Congresso americano: i deputati e i senatori sono sempre restii
a esportare tecnologie sensibili. Le diffidenze vengono per supera-
te, complice anche il pronto schierarsi dellItalia nella guerra al ter-
rorismo, soprattutto in Afghanistan, dove un nostro contingente
partecipa immediatamente alloperazione Enduring Freedom e as-
sume un ruolo di rilievo nella missione Onu (poi Nato) denomina-
ta Isaf. Cos, a inizio 2003, pu svolgersi il primo addestramento
nel campo di volo della General Atomics a Gray Butte, una settanti-
na di chilometri a nordovest di San Bernardino, California, laero-
porto privato pi grande dAmerica
148
.
Il 18 dicembre 2004, per la prima volta un Predator solca i nostri
cieli. Sbarcato in Italia, il drone viene assegnato alla base di Amen-
dola: a un tiro di schioppo da Foggia, si tratta della base militare
pi grande del nostro paese e vi ha sede il 32esimo stormo. Al suo
interno, dei droni si occupa il 28esimo gruppo, soprannominato
Le Streghe. A comandarlo il Tenente Colonnello Antonio Genti-
le, sotto la cui responsabilit avviene il varo del drone
149
.
QUANTO CI COSTATO I L PREDATOR?
A fine 2013, lItalia avr in dotazione sei Predator e sei Reaper. Ma guar-
dare al costo del singolo velivolo (tra i 4 e i 7 milioni di dollari, a seconda
del modello) limitativo: ci sono le antenne, le stazioni di controllo, il sup-
porto logistico, eccetera. La Difesa per restia a fornire dati aggregati: al
massimo, fonti dellAeronautica fanno oscillare il costo del programma
tra i 50 e i 100 milioni di dollari. Tuttavia, Gianandrea Gaiani, giornalista
specializzato in questioni militari, eleva il dato a 378 milioni di euro. La
differenza potrebbe risiedere nei diversi capitoli di spesa conteggiati.
LE STREGHE TRICOLORI 129
Nota 148, 149
IL DEBUTTO IN IRAQ
I vertici militari hanno un obiettivo ambizioso: impiegare subito
il Predator. Le nostre forze armate sono impegnate in Iraq, dove
gli Stati Uniti schierano gi moltissimi droni. E a gennaio 2005 si
tengono le prime elezioni dellra post-Saddam: per lAmerica an-
cora aggrappata allutopia della democrazia esportabile il voto
equivale a un successo, ma consultazioni macchiate da attentati
terroristici infliggerebbero un duro colpo dimmagine. Garantire
la sicurezza delle elezioni diventa strategico. Anche per fare bella
figura nei confronti della coalizione, lItalia decide di spedire i dro-
ni nuovi di zecca in Iraq senza attendere oltre. Tutto in 45 giorni.
La scommessa forte, quasi un azzardo
150
. I piloti e gli operatori
hanno superato tutti i livelli delladdestramento. Mancano per
quelle missioni che confermino la bont delladdestramento stes-
LE STREGHE TRICOLORI 130
FILMATO 5.1 I predator italiani
Video italiano di presentazione dei Predator ( Easyand via Youtube)
Nota 150
Per vederlo su browser clicca qui.
so. Per pattugliare i cieli iraqeni nel corso del voto, lAeronautica
compie una vera corsa contro il tempo. Il 23 dicembre il drone vie-
ne presentato alla Difesa. Tempo di festeggiare il Natale e tra il 12
e il 15 gennaio, gli uomini del 28esimo gruppo con i Predator si
schierano in Iraq, nella base aerea di Tallil. Le elezioni si sarebbe-
ro tenute solo 15 giorni dopo. E gli italiani non hanno mai effettua-
to una missione. Una missione vera.
Tantomeno in Iraq. Un inferno, non tanto per i livelli di sicurezza
sul terreno (comunque scarsi), quanto per gli ostacoli ambientali.
Al posto di strade, palazzi e cemento, deserto, sabbia e silicio in so-
spensione. Temperature a cui i motori faticano a raffreddarsi. Por-
te e sportelli da aprire con la massima cautela, per evitare le temi-
bili infiltrazioni di sabbia. Il tutto reso ancora pi difficile da un
drone ancora mai impiegato.
Gli americani danno una mano: a Tallil arrivano due addestrato-
ri, il Maggiore Matt J. Martin, un esperto pilota, assieme a un ope-
ratore dei sensori. Obiettivo: rendere gli italiani operativi in meno
di due settimane. A dieci giorni dalle elezioni, i nostri tre piloti rie-
scono a rullare, ossia a spostare il velivolo a terra. A quattro giorni
dal D-Day, il primo decollo, a firma del Capitano Riccardo Venuti.
La missione semplice: volare 60 miglia a nord, sorvolare due edi-
fici sospetti, comunicare con ununit delle forze speciali italiane a
terra, inviare, ricevere e analizzare dati, per poi tornare alla base.
A due giorni dalle elezioni, lultima prova: volare otto ore sopra Na-
siriyah, la stessa citt che si sarebbe dovuta monitorare durante il
voto. Tutto fila liscio. Gli italiani sono pronti.
Allalba del 30 gennaio, come previsto, il Predator si libra sui cie-
li di Nasiriyah, per una missione di dodici ore e 80 miglia di diame-
tro, per osservare i 158 seggi della citt e i suoi dintorni, a caccia
di attivit ostili come militanti che caricano armi, interrano bom-
be o preparano attacchi. Ancora una volta, nessun problema, nes-
suna attivit sospetta
151
.
LE STREGHE TRICOLORI 131
Nota 151
In Iraq, i nostri due droni resteranno fino allautunno 2006, con
lultimo volo il 29 ottobre, accumulando 1630 ore di volo in 251
sortite
152
. Mettendo a disposizione i loro occhi alati in almeno tre
tipi di operazione: proteggere le truppe a terra, offrire supporto al-
la popolazione, fornire informazioni per missioni pi offensive.
Per quanto riguarda il primo aspetto, il Predator ti guarda le spal-
le, ti toglie le castagne dal fuoco in momenti incendiati. Un esem-
pio realmente accaduto: un giorno, una pattuglia sta compiendo
una manovra di perlustrazione allesterno di un centro abitato. Ser-
ve a mantenere una presenza, a far vedere al nemico che controlli
il territorio. La pattuglia divisa in due unit, una pi avanti e una
pi indietro. A un certo punto, due individui si avvicinano con fare
sospetto allunit pi arretrata. Invisibili agli occhi di tutti. Meno
LE STREGHE TRICOLORI 132
FIGURA 5.1
I droni italiani
in Iraq
Primo Predator italiano a Tallil:
15 Gennaio 2005.
Prima missione:
30 Gennaio 2005 sopra Nassiriya
Termine operazioni:
29 Ottobre 2006
Numero di voli:
251
Ore di volo:
1630
Nota 152
che a quelli alati. Lequipaggio del Predator comunica lattivit so-
spetta al capo plotone, consigliando di procedere come se non sa-
pesse nulla. Nel frattempo, allerta lunit pi avanzata di eseguire
una manovra di aggiramento per piombare alle spalle dei due cu-
riosi. Minaccia neutralizzata.
In secondo luogo, curiosando in cielo, il drone pu imbattersi in
situazioni di emergenza per i civili. Come durante unalluvione.
Proprio cos: a volte, nellIraq dei deserti, pu capitare che batten-
ti piogge trasformino il deserto in pantano, canali di scolo in ma-
ree di fango. E isolare completamente un villaggio come quello av-
LE STREGHE TRICOLORI 133
Sfoglia le fotografie. ( Gianandrea Gaiani)
GALLERIA 5.1 Droni italiani in Iraq
vistato un giorno dal Predator, che pilota e operatori credono disa-
bitato. Ma a ben guardare di gente ce n ed pure in difficolt.
Ununit interviene prontamente e porta aiuti agli abitanti, tornan-
do con una bella notizia: nessuno deceduto.
In almeno unoccasione - ed il terzo tipo di missione - il drone
italiano offre i suoi servigi anche agli americani. Nel 2005, lintelli-
gence statunitense riceve indicazioni che nellarea di operazione
italiana alcuni insorti hanno creato un campo di addestramento.
Siccome nessuno dei loro robot vola nella nostra regione di respon-
sabilit, i militari americani chiedono, tramite il Maggiore Martin,
laddestratore degli italiani, di far volare il Predator sul campo per
raccogliere informazioni. Dopo qualche resistenza (dovuta forse al-
la sensibilit dellopinione pubblica circa limpiego di nostri mezzi
o truppe a sostegno di operazioni offensive), il drone italiano va a
esplorare e passa i dati direttamente allintelligence americana, for-
nendo ulteriori conferme che si tratta effettivamente di un campo
di addestramento
153
.
AFGHANISTAN: GLI OCCHI IN CIELO, LE BOMBE PER
STRADA
Nel maggio 2007, i droni tricolore sbarcano in Afghanistan, dove
lItalia comanda uno dei sei settori regionali, quello occidentale di
Herat. Qui, il nostro paese ha messo a disposizione della coalizio-
ne Nato due Predator, di stanza a Camp Arena, la base pi grande
del Regional Command-West. LAeronautica ne mantiene altri due
assemblati, ma utilizzabili solo come riserva o pezzi di ricambio.
I droni vengono inquadrati allinterno della Joint Air Task Force,
la branca aerea della presenza italiana in Afghanistan che gestisce
tutti i velivoli italiani: dagli AMX (i jet su cui nel 2012 abbiamo ca-
ricato le bombe) agli elicotteri, dai velivoli da ricognizione ai cargo
per trasportare persone e materiali. Uno dei gruppi in cui si suddi-
vide la Joint Air Task Force Astore, responsabile unicamente dei
Predator. In sei anni, su Herat e dintorni, i nostri droni hanno tota-
LE STREGHE TRICOLORI 134
Nota 153
lizzato pi di 10.200 ore di volo in oltre 1.200 sortite.
In Afghanistan, il Predator dedica l80% delle ore di volo a tre
compiti principali: pattern of life, scorta convoglio, supporto in
caso di troops in contact.
Con pattern of life si intendono quelle operazioni in cui il dro-
ne studia una zona o le abitudini di comportamento di una o pi
persone che verranno coinvolte in unoperazione. Nella maggior
parte dei casi, si tratta di individui che diventano di particolare in-
teresse dopo una segnalazione, ma di cui non si ha la certezza che
rappresentino una minaccia, un nemico. Il drone chiamato a os-
servare non visto, a pedinare dal cielo per stabilire se la persona o
il territorio possano essere obiettivi legittimi. Prima di lanciare
unoperazione contro di essi, occorre studiarne le abitudini o i fatti
che vi si svolgono.
Due esempi chiariscono limportanza dello studio dei comporta-
menti. A sud dellimportante crocevia di Shindand, c un villaggio
su cui gli italiani stanno tessendo una paziente tela. I suoi abitanti
ballano sul crinale della neutralit: potenzialmente ostili e poten-
zialmente amichevoli. Da qualche tempo i nostri hanno instaurato
un dialogo, fragile come tutti gli incontri in zone di guerra. Un
giorno, mentre un convoglio italiano si reca al villaggio per una ri-
unione con i capi, sulla strada esplode un ordigno. Chi stato? E
perch? Una trappola? O qualcuno che vuole minare il rapporto
con i locali?
Il Predator viene in soccorso. Sorvolando il villaggio, si nota co-
me le autorit locali si stiano avvicinando al luogo dellincontro
senza destare sospetti. Dal loro comportamento non traspare al-
cun segno che siano a conoscenza dellattacco, n che stiano prepa-
rando unimboscata. Incrociando con altre fonti di intelligence, i
nostri desumono che lesplosione va imputata a chi non gradiva
che il villaggio intrattenesse rapporti amichevoli con gli italiani. Il
dialogo va avanti. Anche grazie al drone.
LE STREGHE TRICOLORI 135
Il secondo esempio racconta invece limportanza di mantenere co-
stantemente un occhio su una zona per capirne il potenziale strate-
gico. Man mano che procede il ritiro dallAfghanistan, le nostre
truppe si orientano a un tipo di operazione in cui sul campo lascia-
no andare avanti le truppe locali, senza per rinunciare a operazio-
ni offensive. Nel 2013 vengono condotti nella provincia di Farah al-
cuni bombardamenti con gli Amx contro ripetitori usati dal nemi-
co. E i primi a individuarli sono i Predator. I quali sorvolano
larea, capiscono se le antenne appartengano effettivamente agli in-
sorti, intuiscono che servono alle comunicazioni nemiche, fornisco-
no informazioni sulla presenza di civili e inviano poi le coordinate
per lattacco.
La scorta convoglio un aspetto fondamentale per garantire la si-
LE STREGHE TRICOLORI 136
Impiego:
30% Pattern of life;
20% Supporto alle Special
Operation Forces;
30% Scorta convoglio
-
20% ISR, Counter.IED, Troops in
contact, Close air support e
Medevac.
FIGURA 5.2
I droni italiani in
Afghanistan
curezza delle truppe. Sotto la responsabilit degli italiani c una
regione di circa 160 mila chilometri quadrati. Pi o meno la super-
ficie dellItalia da Terni al Brennero. Da controllare con qualche
migliaio di soldati. Impresa impossibile. Eppure, per quanto non
in modo capillare, i nostri si sono espansi molto nel Regional Com-
mand-West, raggiungendo angoli molto remoti. Ma le truppe han-
no bisogno di rifornimenti, di muoversi o quantomeno di fare an-
data e ritorno da quelle zone. Non si pu fare tutto con gli elicotte-
ri o con laviolancio. Cos bisogna organizzare convogli, per tra-
sportare viveri, materiale, uomini. Via terra. Per strada. Proprio co-
me quello del Capitano Pezzino, la cui storia apre il capitolo.
Se in Italia tutte le strade portano a Roma, in Afghanistan tutte le
strade possono portare allinferno. Le vie di comunicazione - la
maggior parte dissestate e sterrate - diventano la trappola preferi-
ta dagli insorti per posizionare i famigerati ied. Improvised explo-
sive device, recita lacronimo inglese: ordigni esplosivi improvvisa-
ti. Bombe artigianali, sotterrate prima del passaggio di un convo-
glio e azionate via radio, cellulare o per effetto della pressione sul
detonatore. Talvolta sfuggono alle potenti tecnologie militari, tan-
to sono rudimentali. Tuttavia rappresentano la vera piaga dAfgha-
nistan: dei 53 italiani caduti, 16 sono stati uccisi da uno ied. Quasi
un terzo, il 31%. Gli americani non se la cavano meglio, anzi: que-
ste bombe causano il 61% delle perdite sofferte dagli Stati Uniti tra
morti e feriti
154
. Addirittura, le truppe afghane - le stesse che stia-
mo addestrando a cavarsela da sole - cadute per mano degli ied so-
no l80,5% del totale, 850 su 1056
155
.
In guerre come quella in Afghanistan, la vita anche di un solo mi-
litare pu avere un impatto strategico. Per le opinioni pubbliche
occidentali, i cui soldati combattono a migliaia di chilometri di di-
stanza per interessi sicuramente non vitali, ogni perdita equivale
alloccasione per chiedersi: Ma che ci facciamo laggi?.
LE STREGHE TRICOLORI 137
Nota 154, 155
LE STREGHE TRICOLORI 138
Soldato del Genio militare alle prese con uno IED ( Esercito Italiano)
FIGURA 5.3 Vittime di esplosivi improvvisati
Ma in che modo il Predator d una mano contro gli ied? Sempli-
ce: precede il convoglio andando in ricognizione e osserva da una
prospettiva completamente diversa da quella delle truppe a terra.
Uno ied non invisibile, almeno per chi sa guardare. Gli insorti
possono lasciare la terra smossa attorno allordigno. Oppure posso-
no provare a coprire le loro tracce facendo passare una mandria di
capre sulla zona: assembramenti di bestiame sulla strada sono un
campanello dallarme. Oppure ancora, a un bivio ci pu essere un
segnale al quale la popolazione risponde prendendo sempre la stes-
sa strada, chiaro segno che in quellaltra attendono solo guai. Tutti
casi in cui il Predator avvisa chi segue del pericolo. Limportanza
del drone tale che sempre pi, quando il velivolo non disponibi-
le, i convogli non prioritari ritardano la partenza.
La terza mansione del drone tricolore il cosiddetto troops in
contact, letteralmente: truppe a contatto. Con cosa? Con il fuo-
co avversario. Il Predator fornisce occhi aggiuntivi e consigli per
manovrare nel caso di unimboscata, quando lattacco del tutto
inatteso, oppure quando si sta andando a stanare il nemico. Per
esempio, in unoperazione dove si sa che uno scontro sar quasi
inevitabile (questultima fattispecie, pi specifica, detta close
air support).
In questi casi, il valore aggiunto del drone doppio. Durante lat-
tacco, comunica alle truppe sul campo il settore verde, ossia una
zona in cui ripiegare per difendersi meglio o per contrattaccare,
conta i nemici e scopre la direzione da cui provengono. Ma con
la fine dellattacco che il robot alato pu fare la differenza. Quando
gli insorti si vedono sopraffatti e sono messi in fuga, pu capitare
che si dirigano in posti dove non si sarebbero dovuti rifugiare, sve-
lando vie di comunicazione, depositi di armi o vere e proprie basi.
In questa fase, il Predator cerca di capire chi sono i nemici, da do-
ve vengono, qual il motivo dellattacco. Raccogliendo le informa-
zioni perch lincidente non si ripeta pi.
LE STREGHE TRICOLORI 139
IL REAPER IN LIBIA
Libia, 10 agosto 2011. Infuria la guerra civile tra le truppe lealiste
di Gheddafi e i ribelli che fanno capo alla citt di Bengasi. Gi da
mesi alcune nazioni occidentali e, significativamente, anche due
arabe bombardano il paese nordafricano. Agiscono sotto il manda-
to dellOnu: devono fornire protezione alla popolazione. In realt
la missione si espande, arrivando a sostenere una delle due parti
in causa, quella degli insorti contro il dittatore di Tripoli.
Un nuovo aereo fa capolino nel Risiko libico. il Reaper, il fratel-
lo maggiore del Predator - non per et, ma per stazza e capacit.
Comprato nel 2008, al debutto in unoperazione. Il drone italia-
no lultimo a entrare nella guerra, che dal 19 marzo si interna-
zionalizzata. Inizialmente, le nostre forze armate entrano nella coa-
lizione dei volenterosi con un ruolo di supporto, fornendo basi e as-
LE STREGHE TRICOLORI 140
Sfoglia le foto. ( Gianandrea Gaiani)
GALLERIA 5.2 Droni italiani in Afghanistan
setti aerei.
Poi il 28 aprile si passa a operazioni di attacco al suolo, con due
nostri caccia Tornado che usano per la prima volta larmamento di
precisione.
LE STREGHE TRICOLORI 141
Prima missione: 10 Ottobre 2011 Termine operazioni: 1 Dicembre 2011
Numero di voli: 32 Ore di volo: 360
FIGURA 5.4 La Nato e lItalia in Libia
I Reaper invece non sono armati. Ma dimostrano tutta la loro ver-
satilit. Volano da Amendola, compiono missioni fino a 20 ore, ar-
rivando a una distanza dalla base di oltre 1500 chilometri, si spin-
gono pi a sud di qualunque altro velivolo. Il 1 dicembre 2011 ter-
mina ufficialmente la missione Nato: gli aerei della coalizione tota-
lizzano 26.500 sortite, di cui 9.700 dattacco. LItalia contribuisce
con 1.900 sortite per un totale di 7.300 ore di volo. I Reaper condu-
cono 32 sortite per 360 ore di volo
156
.
Il 70% delle ore di volo del drone sono impiegate per svolgere atti-
vit di ISR, un acronimo militare che indica attivit di intelligen-
ce, sorveglianza e ricognizione. Questattivit ha per esempio per-
messo di passare linformazione al comando Nato che le truppe di
Gheddafi avevano smesso di indossare le uniformi per evitare di
essere attaccate e confondersi con i civili o gli insorti di Bengasi.
Il 20% del tempo del Reaper invece dedicato allindividuazione
di potenziali obiettivi: studiare un gruppo di individui o un luogo
specifico per capire se costituisca o meno un legittimo bersaglio.
Quella di Libia una guerra pi convenzionale, in un certo senso
meno complicata da interpretare: si scontrano due fazioni abba-
stanza riconoscibili, con una chiara distinzione geografica.
Laiuto del Reaper comunque importante. Pu volteggiare quasi
indisturbato per ore sul campo di battaglia. Pu individuare le vie
daccesso o le vie di rifornimento strategiche, sia per il nemico che
per la parte da difendere. Pu individuare un complesso di edifici
e capirne la natura, se per esempio un quartiere generale, o anco-
ra delle infrastrutture per la comunicazione, come dei ripetitori.
Studia, osserva, decifra. Poi comunica alla coalizione se lobiettivo
legittimo. In almeno un caso, locchio del Reaper ha permesso di
rimuovere dalla lista dei bersagli una struttura del nemico colloca-
ta in una zona urbana: i danni collaterali sarebbero stati eccessivi
rispetto allimportanza dellobiettivo.
LE STREGHE TRICOLORI 142
Nota 156
DI RI TTI DEI DRONI
Con che diritto i droni dei militari sorvolano i cieli italiani? Semplice,
con la legge 178 del 2004
157
, che assimila gli aerei senza pilota ai velivoli
convenzionali. Una disposizione rafforzata dallarticolo 743 del codice del-
la navigazione, modificato nel 2005 con il decreto legislativo 96, secondo
cui sono altres considerati aeromobili i mezzi aerei a pilotaggio remoto
definiti come tali dalle leggi speciali e, per quelli militari, dai decreti del
ministero della Difesa
158
.
Ma dove possono volare? Secondo larticolo 247 del codice di ordinamen-
to militare, i nostri droni devono stare in spazi predeterminati e segregati.
Lo spazio aereo per non statico, ma dinamico. Non c quindi una sorta
di recinto fisso da cui il Predator non pu uscire. A essere segregate sono
le 20/30 miglia circa attorno a esso, 20/30 miglia che ovviamente si spo-
stano assieme al drone man mano che esso si muove verso coordinate che
i suoi operatori forniscono alle autorit della navigazione aerea italiana
per regolare il traffico nei cieli. Una norma allavanguardia, che rende
lItalia pioniere nel campo dei droni. E il pilota? Per i velivoli superiori ai
20 chili, chi guida il drone deve avere un brevetto da pilota. Sotto questo
peso, basta una qualifica abilitante di operatore. Queste norme sono riferi-
te ai militari ma faranno da esempio per regolare luso dei droni in campo
civile.
ARMARE I DRONI, UN INTRIGO INTERNAZIONALE
Attorno al nodo gordiano dellarmamento ruotano una sola cer-
tezza e tanti punti interrogativi. Lunico dato fisso lintenzione
delle nostre forze armate e dei nostri governi (plurale obbligato) di
dotare alcuni droni della capacit di sparare. Tutto il resto neb-
bia: quando si compiranno i giorni del robot armato, chi fornir le
munizioni, persino quali velivoli avranno le bombe. Gi, perch
questa una storia costellata di repentini cambi di opinione, intri-
ghi internazionali e droni made in Italy, anzi made in Piaggio. Ma
andiamo con ordine.
LE STREGHE TRICOLORI 143
Nota 157, 158
La questione di armare gli aerei senza pilota emerge addirittura
prima che a qualcuno venga in mente di dotarli di bombe. Ossia
nel momento in cui, siamo tra 2007 e 2008, le forze armate e il go-
verno esprimono la volont di acquistare i Reaper, gli unici arma-
bili. Secondo la legge Giacch allepoca in vigore, prima di essere
comprati i sistemi darma devono essere illustrati al parlamento,
che ha tempo 60 giorni per esprimere un parere obbligatorio ma
non vincolante.
In Senato, la questione dei Reaper arriva il 22 e il 30 gennaio
2008: siamo agli sgoccioli del governo Prodi, in commissione Dife-
sa tira aria da ultimi giorni di scuola e, non raggiungendo il nume-
ro legale, il parere cade nel dimenticatoio
159
.
Pi acceso il dibattito alla Camera. Il 6 febbraio giunge in com-
missione Difesa la notifica dellintenzione dellAeronautica di ac-
LE STREGHE TRICOLORI 144
Predator di stanza alla base di Amendola ( iMerica)
GALLERIA 5.3 Predator ad Amendola
Nota 159
quistare i Reaper. Il sottosegretario alla Difesa Giovanni Lorenzo
Forcieri, a precisa domanda, specifica che non si intende in alcun
modo armare i Reaper. La commissione vuole vederci pi chiaro e
sei giorni dopo convoca il Generale Gabriele Salvestroni per ulte-
riori spiegazioni. Qualcuno non convinto: Elettra Deiana di Ri-
fondazione Comunista annuncia a nome del proprio gruppo il voto
contrario. La motivazione? I Reaper sono velivoli del tutto diversi
dai semplici ricognitori Predator, sono delle vere e proprie armi.
La storica opposizione dellestrema sinistra alla guerra conosce un
nuovo capitolo. LUdc rileva come il governo dovrebbe in effetti
specificare che non intende dotare i Reaper di missili. Forcieri ri-
badisce che non saranno armati. Il parere positivo passa
160
.
Il 7 ottobre 2009 arriva in commissione Difesa la proposta di ac-
quistare altri due Reaper e Giuseppe Cossiga, sottosegretario alla
Difesa, rassicura: se lAeronautica volesse armare i Reaper dovreb-
be acquistare appositi software, cosa che richiederebbe un nuovo
passaggio in Parlamento per ricevere un parere
161
.
Tra 2009 e 2010, per, sia le forze armate che lesecutivo cambia-
no idea. Allinterno del mondo militare, ci si accorge dei vantaggi
che porterebbe un Reaper armato. Racconta lallora Capo di Stato
Maggiore della Difesa Vincenzo Camporini:
A far scattare la molla lAfghanistan: Limpiego in Afghanistan
ha evidenziato che in certe circostanze se il drone fosse stato arma-
to sarebbe stato meglio
162
. Circostanze come la morte del Capita-
no Romani.
Al ministero della Difesa guidato da La Russa il Reaper armato in-
LE STREGHE TRICOLORI 145
Avere questa possibilit e non sfruttarla era un peccato, valeva la pena portare avanti
larmamento perch il drone avrebbe avuto potenzialit complete. Il potere politico avrebbe
potuto scegliere tra usarlo soltanto come ricognitore o anche per lattacco, cos come ha fat-
to per lAMX. Conferire questa flessibilit al potere politico ci sembrata una cosa da perse-
guire.
Gen. Vincenzo Camporini
Nota 160, 161, 162
contra qualche resistenza. Il loro controargomento era: Non lab-
biamo mai fatto, non nello stile italiano, racconta Camporini.
Ma noi non abbiamo mai neanche accarezzato lidea di impiegarli
come li impiegano gli Stati Uniti, ossia in una caccia alluomo glo-
bale. I militari fanno tuttavia leva su un argomento efficace: il dro-
ne armato serve a garantire la massima sicurezza per gli uomini e
le donne che mandiamo in missione. Questo fece breccia. A quel
punto, La Russa inizia a informare il parlamento delle mutate in-
tenzioni, suscitando qualche reazione dal Pd che comunque non
viene considerata ostativa.
Tra il dire e il fare c per di mezzo lAmerica. Per essere armato,
il Reaper non avrebbe bisogno di molto. Non di bombe, quelle
compatibili le abbiamo gi. Piuttosto, di un software, un kit di gui-
da laser e/o gps per le munizioni. A possederlo solo la casa pro-
duttrice, la General Atomics che, per venderlo, ha bisogno dellau-
torizzazione del Congresso degli Stati Uniti.
LItalia effettua la richiesta formale tra met 2010 e inizio 2011 e
inizia a lavorarsi i partner dOltreoceano. Il primo a far cadere le
obiezioni il Pentagono, convinto dellaffidabilit degli italiani do-
po dieci anni di guerre combattute fianco a fianco. Anche il diparti-
mento di Stato viene convinto, al pari della Casa Bianca. Cos, ad
aprile 2012 lesecutivo invia al Congresso i dettagli del piano per
vendere i kit agli italiani, dando alle commissioni competenti 40
giorni di tempo per bloccare la vendita, scaduti i quali, in linea teo-
rica, lultimo ostacolo sarebbe rimosso.
Il Congresso non si esprime formalmente ma fa trapelare dubbi
attraverso importanti esponenti. "La tecnologia americana al-
lavanguardia non dovrebbe essere condivisa. Sono preoccupata
dalla proliferazione di questi sistemi darma e non penso che li do-
vremmo vendere, dice la presidentessa della commissione Intelli-
gence del Senato, Dianne Feinstein. Molti parlamentari vogliono
sapere prima quali paletti porr lamministrazione alluso dei dro-
ni armati: Vorrei conoscere i criteri, come saranno usati, perch
LE STREGHE TRICOLORI 146
quando si ottiene lequipaggiamento non si pu pi tornare indie-
tro, dice il democratico Henry Cuellar
163
.
Il programma di armamento entra cos in un limbo indecifrabile.
Lamministrazione Obama potrebbe aver fornito al Congresso le
spiegazioni richieste e stare proseguendo, sia pure in ritardo, la
fornitura dei kit di guida. Ma gli stessi militari italiani rilasciano
dichiarazioni in conflitto tra loro. L11 maggio 2013, il Capo di Sta-
to Maggiore dellAeronautica Pasquale Preziosa dice che entro lan-
no i droni avranno le armi a bordo
164
. Solo due giorni prima il Ge-
nerale Claudio Debertolis, a capo di Segredifesa, organo che si oc-
cupa dellacquisizione degli armamenti, si era lamentato con la
stampa americana della mancanza di risposta di Washington, un
caso che non molto accettabile
165
.
Cos poco accettabile da spingere il Generale Alberto Rosso, capo
della logistica dellAeronautica, a dichiarare: Gli Stati Uniti non
sono il solo paese in grado di fornire queste capacit. Stiamo gi
esplorando le alternative
166
. Le alternative in questione non sono
molte: di sicuro, rinunciare ad armare il Reaper, i cui aggiustamen-
ti appartengono solo agli Stati Uniti. LItalia ha due possibilit. In-
serirsi in un progetto di drone da combattimento europeo. Oppure
svilupparlo a casa sua.
La prima strada dissestata dalla difficolt di trovare un accordo
tra le medie potenze europee (Francia, Germania, Gran Bretagna e
Italia). Tra progetti bilaterali in stallo, prototipi appena varati ma
in attesa di acquirenti e strategie nazionali divergenti, la salita ver-
so un drone continentale sembra troppo ripida. La Francia sareb-
be lattore con pi fretta, tanto da voler acquistare dagli Stati Uniti
12 Reaper entro il 2020, da impiegare soprattutto nellex cortile di
casa africano. Di recente, la tedesca Cassidian, la francese Das-
sault e litaliana Finmeccanica, hanno espresso la volont di imbar-
carsi in un progetto di drone da combattimento
167
. Ma nel tunnel
la luce lungi dallintravedersi.
LE STREGHE TRICOLORI 147
Nota 163, 164, 165, 166, 167
La seconda strada invece pi agevole. Nel febbraio 2013 stato
presentato il primo esemplare di un drone tutto italiano, firmato
nientemeno che dalla Piaggio (assieme alla Selex): il P.1HH, me-
glio noto come HammerHead. Testa di martello promette presta-
zioni simili al Reaper, potendo caricare circa 550 kg di munizioni.
Ma ci che pi conta che il drone Piaggio appartiene a un pro-
gramma segreto
168
finanziato dalla Difesa per sviluppare unalter-
nativa al Reaper, senza dover dipendere dalle paturnie oltreoceani-
che.
A spingere gli italiani su questa strada stato probabilmente un
concorso di fattori. In primo luogo, le nostre forze armate vorreb-
bero dotare le truppe schierate in Afghanistan di una maggiore
protezione. Il tempo per stringe: da inizio 2015 la missione a Ka-
bul e dintorni muter sensibilmente e non detto che resteremo
laggi molto di pi. Anzi, gi dal 2017 la nostra presenza (come
quella di tutto lOccidente) potrebbe essere risicatissima. In secon-
do luogo, come suggerisce lesperto Gianandrea Gaiani, gli italiani
LE STREGHE TRICOLORI 148
Piaggio HammerHead ( Piaggio via The Aviationist)
Nota 168
potrebbero essere rimasti delusi dalle proposte degli americani cir-
ca lo sfruttamento del Reaper armato: le aziende nostrane avrebbe-
ro forse sperato in una maggiore cooperazione tecnica e logisti-
ca
169
. In terzo luogo, tra qualche anno i primi quattro Predator ac-
quistati nel 2004 andranno in pensione e bisogna pensare se e co-
me rimpiazzarli.
Molti dubbi rimangono nellintreccio del drone armato. LItalia
sta perseguendo entrambe le vie, quella americana e quella autar-
chica? Sta mantenendo un piede in due staffe o fa dichiarazioni ai
media americani per mettere pressione a Washington? Come im-
patteranno i progetti nazionali e continentali sui rapporti transa-
tlantici?
Linterrogativo principale per un altro. Non tanto quello di co-
me saranno impiegati i robot armati: difficile che lItalia simbar-
chi in uccisioni mirate e kill list la Obama. Piuttosto, come gesti-
remo il personale che impiegher questi droni? Un dettaglio im-
portante: qualora si scelga un drone nostrano servir pi tempo,
ma molti dei nostri piloti sanno gi come far sparare un Reaper.
Nelle basi americane, gli apprendisti italiani seguono lo stesso per-
corso dei colleghi americani. Compreso luso dei missili.
LIMPATTO DEI DRONI SUI PILOTI
Indossano le tute integrali, come se volassero. Ma non volano: so-
no piloti senza cielo. I Predator tricolore hanno ununit tutta per
loro, il 28 gruppo dellAeronautica, di stanza ad Amendola. Una
trentina circa di equipaggi: un numero risicato, tanto da destare la
curiosit di mezzo mondo che in Puglia fa la spola per capire come
faccia lItalia a operare senza problemi la sua dozzina di droni.
I piloti senza cielo sono fieri del loro lavoro. Parte degli argomen-
ti da cui ricavano la motivazione necessaria a un militare ruota at-
torno al concetto di nuovo eroe. Sostiene un un pilota di drone
LE STREGHE TRICOLORI 149
Nota 169
con grande esperienza sugli aerei convenzionali
170
:
Questo perch lItalia ha sinora impiegato Predator e Reaper in
modo virtuoso. Ma ora che le nostre forze armate intendono arma-
re i droni cambier qualcosa? Quali sono le possibili ricadute sui
piloti delleventualit di sganciare missili? Per rispondere a queste
domande, conviene scrutare gli effetti di dieci anni di guerra dei
droni sui piloti statunitensi. Con una doverosa premessa: lItalia
non impiegher mai queste macchine in modo massiccio come
lAmerica. Tuttavia, per prevenire bisogna conoscere.
La guerra in remoto non lascia ferite corporali, ma cicatrici psichi-
che. LAeronautica statunitense ha condotto uno studio sui distur-
bi mentali dei piloti, confrontando quelli dei droni con quelli di ae-
rei convenzionali che hanno servito nelle guerre dIraq e dAfghani-
stan tra lottobre 2003 e il dicembre 2011. Ebbene, tra i piloti dei
Predator la frequenza di disturbi come disordine da stress post-
traumatico, depressione, istinti suicidi e abuso di sostanze pi al-
ta. Un sondaggio su 840 operatori di droni tra 2010 e 2011 eviden-
za che il 46% soffre di alto stress e il 29% di esaurimento nervo-
so
171
.
Vedi tutto, laccorata confessione dellex pilota di drone Bran-
don Bryant, cui nel 2009 stato diagnosticato un disturbo da
stress post-traumatico
172
. La stessa malattia che affligge le truppe
sul campo. Ma Bryant sul campo non cera. O, meglio, non comple-
tamente. A essere in Iraq o in Afghanistan era parte del suo cervel-
lo, oltre agli occhi. Perch cos funziona il Predator: ti lascia a casa
ma allo stesso tempo ti porta vicino alla guerra. Mostra cose che
nessun altro vede. Paradossalmente avvicina invece di allontana-
re. Assorbe talmente tanto loperatore da fargli dimenticare che a
sparare non lui ma una macchina.
facile essere un eroe scendendo da super jet, col casco in mano. Qui leroismo sta nel
fare il proprio dovere, quotidianamente. Aiutare a salvare vite tutti i giorni.
LE STREGHE TRICOLORI 150
Nota 170, 171, 172
Un pilota pu studiare a fondo le abitudini delle persone che os-
serva, imparando a conoscerle. Pu essere chiamato da un angolo
allaltro del teatro e osservare gli scontri pi tremendi. Pu assiste-
re alluccisione di suoi connazionali, partecipa alle stesse sofferen-
ze emotiva ma pu pure arrivare a sentirsi in colpa per non essere
con loro a condividere il pericolo. Pu vedere nitidamente come
un missile che ha sganciato contro un obiettivo legittimo colpisca
fatalmente anche un civile, magari un bambino.
Quello che mi fa arrabbiare che non stiamo facendo un buon
lavoro sul disordine da stress post-traumatico, si sfoga un coman-
dante di un gruppo di volo americano. I piloti guardano scene or-
ribili che hanno un impatto su di loro. Eppure non abbiamo un
processo sistematico per prenderci cura dei nostri uomini
173
. Un
rischio enorme, soprattutto per i pi giovani, in aumento tra i ran-
ghi dei piloti che sparano con i droni, ma non necessariamente
meglio equipaggiati per la guerra dal punto di vista mentale o emo-
tivo, come nota lesperto Peter Singer
174
.
Fonte dati: Armed Forces Health Surveillance Center
FIGURA 5.5 I problemi psicologici dei piloti
LE STREGHE TRICOLORI 151
Nota 173, 174
La distanza gioca tuttavia un altro brutto scherzo. Quando stacca
dal suo turno di dodici ore, il pilota esce dalla stazione di controllo
e non in Afghanistan, ma in Nevada o in New Mexico. Torna a ca-
sa, bacia la moglie e gioca con i figli. E magari prima passa a pren-
dere due etti di prosciutto. Combattere da casa rende difficile sepa-
rare la guerra dal privato. Persino ufficiali esperti e sani riconosco-
no di condurre vite schizofreniche
175
, senza riuscire mai davvero
a staccare. Tanto che in America alcuni ufficiali hanno persino pro-
posto di mandare in ritiro i propri uomini per un certo periodo.
Come i calciatori per le partite importanti.
Spedire i piloti dei droni vicino ai loro aerei pu essere una prima
risposta. Unopzione percorribile non solo nel caso si abbia una
presenza nel paese in cui in corso il conflitto: a volte i droni de-
collano da basi situate in Stati terzi. Una volta in guerra, aumenta
la concentrazione, la dedizione, la comprensione di quello che ac-
cade. Far volare i Predator dal campo permette ai piloti di uscire
dallisolamento sociale che vivono operando a migliaia di chilome-
tri di distanza.
La presenza degli operatori dei droni in teatro presenta un ulte-
riore vantaggio. Consente loro di conoscere le truppe di terra, le
stesse che il giorno dopo dovranno essere protette, cementando lo
spirito di corpo. Pilotare a distanza rischia di minare la coesione
di una forza armata. Nel suo magistrale Wired For War, Singer ri-
porta parecchie lamentele contro la guerra remota. Persino quella
di un membro delle truppe speciali che racconta come, in una peri-
colosa missione in Afghanistan, la sua unit si fosse improvvisa-
mente trovata senza lappoggio dallalto del Predator, andatosene
per avverse condizioni meteo. Tutta colpa - secondo il soldato - di
un tizio seduto in Nevada che aveva fretta di portare i figli alla
partita. [...] Vorrei ancora fargli capire faccia a faccia come lavoria-
mo noi
176
.
Conclude Singer
177
:
LE STREGHE TRICOLORI 152
Nota 175, 176, 177
Rispetto a questo scenario, lItalia parte in vantaggio. Concentra-
re tutta la responsabilit dei droni in ununica unit - il 28 grup-
po - consente di monitorare attentamente le risposte del persona-
le. I nostri operatori, poi, non lavorano su una mole esagerata di
dati, essendo cos meno esposti ai forti stress registrati al di l del-
lAtlantico. Inoltre, i Predator tricolore che pattugliano lAfghani-
stan non sono pilotati da Amendola, ma dallAfghanistan stesso. Il
motivo in realt meramente economico: i nostri equipaggi sono
pochi e, dovendo per forza averne almeno uno in loco per far decol-
lare i droni, si creerebbero inutili duplicazioni di costi. Tuttavia, la
scelta di operarli dal campo felice: le nostre forze armate dovreb-
bero proseguire sul solco tracciato.
La Libia insegna che in futuro non escluso che lItalia si trovi co-
involta in conflitti dove non pu schierare truppe sul campo. E
quindi nemmeno i piloti dei droni. Quella di mandarli in ritiro
pu non essere unopzione peregrina, al pari di quella di farli ope-
rare da basi in paesi terzi, magari limitrofi allarea delle operazio-
ni. Allo stesso modo, le forze armate devono lavorare per preveni-
re e affrontare gli eventuali disturbi mentali sui nostri uomini e
sulle nostre donne causati dalla guerra remota. Evitando cos che
il prossimo monologo sullOrrore sia pronunciato non dal Colon-
nello Kurtz di Apocalypse Now, ma da un pilota di droni.
Se la forza sempre pi divisa tra quelli che stanno dietro a un computer e quelli che
mettono a rischio la propria vita, le due parti possono iniziare a rispondere a requisiti e
aspettative divergenti. Una si riconoscer nella dura fisicit e nel coraggio personale, ispiran-
dosi ai protagonisti dello sbarco sulle coste della Normandia. Laltra vedr tali requisiti come
estranei alla propria esperienza di militare o addirittura come non necessari nella nuova ra
della tecnologia.
Peter Singer
LE STREGHE TRICOLORI 153
Il viaggio nel mondo dei droni stato lungo ma, confidiamo, inte-
ressante. Lintenzione - forse ambiziosa - delle pagine precedenti
non era di limitarsi a descrivere una tecnologia, bens di cercare di
rispondere a un duplice imperativo: conoscere per capire, capire
per governare. I droni sono ormai uno strumento troppo importan-
te in campo militare e pervasivo in campo civile per trattarli in
modo semplicistico e ideologico. Vanno conosciuti, ogni loro uso
valutato e deciso in base alle conclusioni derivate da unanalisi im-
parziale. Ma quali sono queste conclusioni? Proviamo a riassumer-
le per punti.
IL DRONE UNO STRUMENTO UTILE
Vedere senza essere visti. Risparmiare vite tra i ranghi delle pro-
prie forze armate. Osservare pi accuratamente il luogo di un at-
tacco. Questo per limitarsi al solo campo militare. Ma la tecnolo-
gia del drone pu avere un effetto a cascata per molti altri settori:
industria, meteorologia, monitoraggio del territorio. Per spingere
questa protesi metallica di noi stessi l dove carne e ossa non rie-
scono a spingersi.
EPILOGO 154
EPILOGO
the forest that once was green
was colored black
by those killing machines
~ Of Monsters and Men
IL ROBOT HA DEI LIMITI
Se dotato di bombe e missili, il drone pone gli stessi interrogativi
di qualunque altra arma. Usata con parsimonia, pu quasi essere
considerata necessaria. Il male minore per rispondere alle minac-
ce contemporanee. Ma la macchina pensata per vedere tutto pos-
siede limiti intrinseci. Laccumulazione di dati crea un sovraccari-
co di informazioni: grano e loglio possono essere, paradossalmen-
te, pi difficili da distinguere. Locchio del drone inquadra inoltre
un campo ristretto, rischiando di far perdere di vista cosa accade
intorno.
GLI STATI UNITI NE ABUSANO
Il drone una tattica, meglio, uno strumento. Non una strategia.
Eppure, proprio in questa accezione che viene interpretato a
Washington. Che ne ha fatto larma preferita (se non unica) nella
guerra ad al-Qaida. Tuttavia, affidarsi unicamente al robot alato
controproducente. Dove i droni colpiscono, limpatto sulla popola-
zione civile e sulla legittimit dei governi notevole, offrendo appi-
gli di propaganda e di reclutamento ai criminali che si vuole com-
battere. E la caccia al terrorista non fa altro che eliminare tanti ne-
mici quanti ne crea. Il risultato una guerra che si auto-perpetua.
IL DRONE PU GENERARE LILLUSIONE DELLA GUERRA CHIRURGICA
Due metafore di John Brennan, attuale direttore della Cia, incap-
sulano questaffermazione. La prima: Invece del martello, lAmeri-
ca user lo scalpello. La seconda: questa precisione chirurgica
- la capacit di eliminare il tumore chiamato al-Qaida limitando i
danni al tessuto circostante - che rende questo strumento cos es-
senziale. Il risultato di questa visione per un abbassamento del-
la soglia del ricorso alla forza, nonch una riduzione barriere per i
decisori americani nellordinare unuccisione.
EPILOGO 155
LAMERICA PARANOICA
Proseguendo, con modifiche cosmetiche, le politiche di antiterro-
rismo del suo predecessore, Barack Obama ha prodotto un para-
dosso. Ha legittimato da sinistra lAmerica di George W. Bush,
quella del Patriot Act, quella della guerra al terrore, quella del
post-Undici Settembre, quella della sorveglianza di massa, quella
che sacrifica la libert sullaltare della sicurezza totale. UnAmeri-
ca che pretende di vedere tutto, ascoltare tutto, prevenire tutto e
non pu accettare nemmeno la minima falla nella propria fortez-
za. Il drone ne il simbolo.
RACCOMANDAZIONI AGLI STATI UNI TI PER
DISCIPLINARE LUSO DEI DRONI IN GUERRA
SMETTERE DI EFFETTUARE SIGNATURE STRIKE
Si tratta degli attacchi che colpiscono uno o pi individui senza
conoscerne lidentit, solo sulla base di comportamenti sospetti.
COLPIRE SOLO ALTI ESPONENTI DI AL-QAIDA
Attaccare la bassa manovalanza del terrore non fa compiere un
salto di qualit dellindebolimento dellorganizzazione e rischia di
generare reazioni indesiderate nelle comunit locali interessate.
TRASFERIRE LA RESPONSABILIT DEI DRONI
Al momento, luso dei robot alati contro i terroristi affidato a
Cia e forze speciali: occorre iniettare trasparenza nella catena di co-
mando in termini di attribuzione della responsabilit e assicurare
il rispetto di una dottrina chiara di contenimento e riparazione dei
danni.
EPILOGO 156
ELABORARE UNA DOTTRINA PUBBLICA
La discrepanza tra parole e fatti ampia. Manca un meccanismo
di valutazione a posteriori delle azioni dellamministrazione. Pre-
sto o tardi il drone diventer globale, non rimarr circoscritto a un
semplice monopolio americano. Gli Stati Uniti devono anticipare i
tempi, fare da esempio per la comunit internazionale e plasmare
le future regole mondiali di impiego del drone. Come in passato
per altre armi, vedi latomica e i materiali chimici e biologici. Lal-
ternativa un Far West nei cieli di tutto il mondo.
RACCOMANDAZIONI ALLE ISTI TUZIONI
GOVERNATIVE E ALLE FORZE ARMATE I TALIANE
SPIEGARE I PERCH DEI DRONI AL PUBBLICO
Il governo italiano deve assumersi la responsabilit di informare
i cittadini del motivo e dellutilit di percorrere la strada dellarma-
mento degli aerei a pilotaggio remoto.
PROSEGUIRE SULLA LINEA DI OPERARE DAL CAMPO
Ove possibile, avere i piloti in loco e non a migliaia di chilometri
di distanza permette di mantenere la coesione tra le truppe e di ga-
rantire una maggiore concentrazione al personale.
ELABORARE UNA DOTTRINA NAZIONALE
LItalia ha impiegato il drone in modo virtuoso per un decennio.
Di fronte al salto di qualit dellarmamento che si profila alloriz-
zonte, occorre lanciare uno studio sulle regole dingaggio, sulla
comparazione delle best practices internazionali e sulle lezioni ap-
prese dai nostri militari. La qualit va codificata.
EPILOGO 157
MONITORARE LA SALUTE MENTALE DEL PERSONALE
Occorre creare una commissione di formazione mista di rappre-
sentanti eletti, militari e medici per prevenire e alloccorrenza af-
frontare i disturbi mentali a cui piloti e operatori dei droni - even-
tualmente armati - possono andare incontro.
I droni hanno moltissime potenzialit, sia nel campo militare che
in quello civile. Ma imparare a usarli in modo responsabile inelu-
dibile: la loro ascesa appena cominciata. Per fare un paragone
storico, i robot di oggi sono allo stesso punto a cui si trovava lauto-
mobile centanni fa, quando si parlava di carrozza senza cavalli.
In altre parole, i droni sono qui per restare. Sta a noi decidere se
imparare a conviverci. O soccombere alle macchine.
EPILOGO 158
PROLOGO
Pagina 5:
I
I dettagli dellepisodio sono raccontati in J. F. Burns, U.S. Leapt Before Loo-
king, Angry Villagers Say, New York Times, 17/2/2002,
http://goo.gl/HH28CP; Remembering Daraz Khan, the first Afghan killed by
a Hellfire missile fired by a CIA Predator drone, Kabul Press, 27/12/2009,
http://goo.gl/kWlMSh; J. Sifton, A Brief History of Drones, The Nation, 7/
2/2012, http://goo.gl/3wW753.
Ritorna a pagina 5
Pagina 12:
II
Cap. L. S. Howeth, History of Communications-Electronics in the United
States Navy, U.S. Government Printing Office, 1963, pp. 479-493.
Ritorna a pagina 12
Pagina 13:
III
Le informazioni di questa sezione provengono in gran parte da P. Singer,
Wired for War: The Robotics Revolution and Conflict in the 21st Century,
Penguin Books, 2009, pp. 47-56.
Ritorna a pagina 13
Pagina 18:
IV
cfr. Singer, op. cit., p. 255.
V
Vedi la scheda del prodotto al sito: http://goo.gl/y0MXGk
VI
Vedi la scheda del prodotto al sito: http://goo.gl/6dZjS1.
VII
Vedi la scheda del prodotto al sito: http://goo.gl/Dzoizp.
Ritorna a pagina 18
NOTE 159
NOTE
Pagina 19:
VIII
M. Mazzetti, The Way of the Knife, Penguin Press, 2013, pp. 85-102.
IX
R. Ferretti, Alla conquista del cielo, Panorama Difesa, novembre 2001,
pp. 48-55.
Ritorna a pagina 19
Pagina 20:
X
A. Nativi, Limpiego degli UAV dopo ALLIED FORCE, Rivista Italiana Di-
fesa, n. 10, 1999, pp. 38-41.
XI
cfr. Drones: Compendium, Armada International, suppl. al vol. 3, 2013,
p. 2.
XII
cfr. Singer, op. cit., pp. 59-60.
Ritorna a pagina 20
CAPI TOLO 1
Pagina 23:
1
R. J. Smith, C. Rondeaux, J. Warrick, 2 U.S. Airstrikes Offer a Concrete Sign
of Obama's Pakistan Policy, Washington Post, 24/1/2009,
http://goo.gl/pzbmIH; Twenty killed in US drone strikes in N, S Waziristan,
Geo TV, 23/1/2009, http://goo.gl/AWIJIf; B. Roggio, US strikes al Qaeda in
North and South Waziristan, Long War Journal, 23/1/2009,
http://goo.gl/nNxCkJ.
2
J. Mayer, The risks of the C.I.A.s Predator drones, The New Yorker, 26/
10/2009, http://goo.gl/rFOHQp.
Ritorna a pagina 23
Pagina 24:
3
cfr. J. Scahill, Dirty Wars: The World Is A Battlefield, Nation Books, 2013,
pp. 5-6.
4
cit. in ibidem.
Ritorna a pagina 24
NOTE 160
Pagina 25:
5
cfr. Mazzetti, op. cit., pp. 85-102.
6
Ibidem; Scahill, op. cit., pp. 17-18; Matt J. Martin, Predator: The Remote-
Control Air War over Iraq and Afghanistan: A Pilot's Story, Zenith, 2010, p.
20.
7
Singer, op. cit., pp. 32-37.
Ritorna a pagina 25
Pagina 26:
8
cfr. ibidem.
9
cfr. Martin, op. cit., pp. 147 e 292.
10
cfr. Singer, op. cit., pp. 32-37.
11
Martin, op. cit., p. 108.
Ritorna a pagina 26
Pagina 27:
12
S. Ackermann, 2012 Was the Year of the Drone in Afghanistan, Wired, 6/
12/2012, http://goo.gl/gsBPuo; Alice K. Ross, Erased US data shows 1 in 4
missiles in Afghan airstrikes now fired by drone, The Bureau of Investigative
Journalism, 12/3/2013, http://goo.gl/YVlAoB.
13
cfr. J. Mann, The Obamians: The Struggle Inside the White House to Redefi-
ne American Power, Viking Adult, 2012, p. xix.
Ritorna a pagina 27
Pagina 29:
14
Remarks by the President at the Acceptance of the Nobel Peace Prize,
Oslo, 10/12/2009, http://goo.gl/j8aOJF.
15
cfr. D. Sanger, Confront And Conceal: Obamas Secret Wars And Surpri-
sing Use Of American Power, Crown, New York, 2012; F. Petroni, Obama
2.0: Gli Stati Uniti oltre lo smart power, in Nomos & Khaos 2012-2013, No-
misma.
Ritorna a pagina 29
NOTE 161
Pagina 30:
16
Lepisodio raccontato in Mazzetti, op. cit., p. 219.
Ritorna a pagina 30
Pagina 32:
17
M. Mazzetti, op. cit., pp. 103-115.
18
M. Mazzetti, A Secret Deal on Drones, Sealed in Blood, New York Times,
6/4/2013, http://goo.gl/CJxoTf.
Ritorna a pagina 32
Pagina 34:
19
cit. in J. Landay, U.S. secret: CIA collaborated with Pakistan spy agency in
drone war, McClatchy, 9/4/2013, http://goo.gl/lkqF9Y.
20
Ibidem.
21
Mayer, op. cit., http://goo.gl/Z65TR5.
22
I dati sono aggiornati al 21/8/2013.
Ritorna a pagina 34
Pagina 35:
23
Landay, op. cit., http://goo.gl/KrSGRR
Ritorna a pagina 35
Pagina 36:
24
S. Masood, Pakistani General, in Twist, Credits Drone Strikes, New York
Times, 9/3/2011, http://goo.gl/vcpGQq.
Ritorna a pagina 36
Pagina 37:
25
Lepisodio narrato in C. Woods, OK, fine. Shoot him. Four words that he-
ralded a decade of secret US drone killings, The Bureau of Investigative Jour-
nalism, 3/11/2012, http://goo.gl/YqY9Xi
Ritorna a pagina 37
NOTE 162
Pagina 38:
26
cfr. Scahill, op. cit., pp. 75-77; Mazzetti, The Way of the Knife, op. cit., pp.
85-87.
Ritorna a pagina 38
Pagina 39:
27
G. Lubold, N. Shachtman, Inside Yemen's Shadow War Arsenal, Foreign
Policy, 7/8/2013, http://goo.gl/8d0EJ1
Ritorna a pagina 39
Pagina 40:
28
E. Schmitt, U.S. Teaming With New Yemen Government on Strategy to
Combat Al Qaeda, New York Times, 26/2/2012, http://goo.gl/lhSQTd
29
N. Allen, WikiLeaks: Yemen covered up US drone strikes, The Telegraph,
28/11/2010, http://goo.gl/tirrbW
Ritorna a pagina 40
Pagina 41:
30
Scahill, op. cit., pp. 356-363.
Ritorna a pagina 41
Pagina 42:
31
Scahill, op. cit., pp. 362-363.
Ritorna a pagina 42
Pagina 44:
32
D. Klaidman, Drones: How Obama Learned to Kill, Daily Beast, 5/2012
33
D. Axe, Hidden History: Americas Secret Drone War in Africa, Wired, 13/
8/2012, http://goo.gl/vHbNQd
34
T. Joscelyn, B. Roggio, Senior Shabaab commander rumored to have been
killed in recent Predator strike, Long War Journal, 9/7/2011,
http://goo.gl/ST7HnU; B. Roggio, British Shabaab operative killed in air-
strike in Somalia, Long War Journal, 21/1/2012, http://goo.gl/QLXTEv
35
Somalia: reported US covert actions 2001-2013, The Bureau of Investiga-
tive Journalism, http://goo.gl/n2bqau
36
Axe, op. cit., http://goo.gl/vHbNQd
NOTE 163
37
J. Gettleman, M. Mazzetti, E. Schmitt, U.S. Relies on Contractors in Soma-
lia Conflict, New York Times, 10/8/2011, http://goo.gl/6ObfFf
Ritorna a pagina 44
Pagina 45:
38
D. Axe, Blogger Shines Light on U.S. Shadow War in East Africa, Wired,
15/5/2012, http://goo.gl/Qozik1
39
cfr. la dichiarazione dapertura del Generale Carter Ham, ex comandante di
Africom, allHouse Armed Services Committee, il 29/2/2012,
http://goo.gl/Hpmq4s
40
C. Whitlock, Remote U.S. base at core of secret operations, Washington
Post, 25/10/2012, http://goo.gl/bzHf38
41
C. Whitlock, U.S. expands secret intelligence operations in Africa, Was-
hington Post, 13/6/2012, http://goo.gl/PvE0Gx; C. Whitlock, Contractors
run U.S. spying missions in Africa, Washington Post, 14/6/2012,
http://goo.gl/vgZOvF
Ritorna a pagina 45
Pagina 46:
42
Your Interview with the President, YouTube White House Channel, 30/1/
2012, http://goo.gl/049WfW
Ritorna a pagina 46
Pagina 47:
43
cit. in Kill/Capture, Pbs Frontline, 10/5/2011, http://goo.gl/SxprLb
Ritorna a pagina 47
Pagina 48:
44
G. Miller, J. Tate, CIA shifts focus to killing targets, Washington Post, 1/
9/2011, http://goo.gl/3fmP5T
45
cfr. The Civilian Impact of Drones: Unexamined Costs, Unanswered Que-
stions, Center for Civilians in Conflict, Columbia Law School, pp. 51-66,
http://goo.gl/f12DJG.
Ritorna a pagina 48
NOTE 164
Pagina 49:
46
G. Miller, Secret report raises alarms on intelligence blind spots because of
AQ focus, Washington Post, 21/3/2013, http://goo.gl/TYEiml
47
Informazioni contenute in J. Becker, S. Shane, Secret Kill List Proves a
Test of Obamas Principles and Will, New York Times, 29/5/2012,
http://goo.gl/e7HD4RG. Miller, Plan for hunting terrorists signals U.S. in-
tends to keep adding names to kill lists, Washington Post, 24/10/2012,
http://goo.gl/Xd2O7Q.
Ritorna a pagina 49
Pagina 50:
48
K. DeYoung, A CIA Veteran transforms U.S. counterterrorism policy, Was-
hington Post, 24/10/2012, http://goo.gl/FWyfXZ
Ritorna a pagina 50
Pagina 51:
49
Miller, op. cit., http://goo.gl/APh48w
50
Ibidem, http://goo.gl/APh48w
Ritorna a pagina 50
CAPI TOLO 2
Pagina 53:
51
I. Mothama, How Drones Help Al-Qaeda, New York Times, 13/6/2012,
http://goo.gl/VUtfPu
Ritorna a pagina 53
Pagina 54:
52
Cit. in Mazzetti, The Way of the Knife, op. cit., p. 92.
Ritorna a pagina 54
Pagina 55:
53
cfr. The Year of the Drone, New America Foundation,
http://goo.gl/g6G8o3
Ritorna a pagina 55
NOTE 165
Pagina 57:
54
Landay, op. cit., http://goo.gl/3Q0ddk
55
M. Zenko, Reforming U.S. Drone Strike Policies, Council Special Report
No. 65, Council on Foreign Relations, gennaio 2013, p. 10,
http://goo.gl/LNwsww
56
Obama reflects on drone warfare, Cnn, 5/9/2012, http://goo.gl/5rxJMt.
57
Zenko, op. cit., p.10, http://goo.gl/LNwsww.
Ritorna a pagina 57
Pagina 58:
58
Miller, op. cit., http://goo.gl/UqjH4A
59
R. F. Worth, M. Mazzetti, S. Shane, Drone Strikes Risks to Get Rare Mo-
ment in the Public Eye, New York Times, 5/2/2013, http://goo.gl/sq62OS
60
S. Shane, C.I.A. Is Disputed on Civilian Toll in Drone Strikes, New York
Times, 11/8/2011, http://goo.gl/Hzgdxe
Ritorna a pagina 58
Pagina 59:
61
T. Zakaria, Nominee for CIA chief says casualties from drone strikes should
be public, Reuters, 15/2/2013, http://goo.gl/DLDGzg.
62
Becker, Shane, op. cit., http://goo.gl/Nx0JB2.
63
The Civilian Impact of Drones, op. cit., pp. 19-27, http://goo.gl/J3jMq7
Ritorna a pagina 59
Pagina 60:
64
L. Schirch, 9 Costs of Drone Strikes, Huffington Post, 28/6/2012,
http://goo.gl/mTpzhG
65
M. L. Leiby, 2 Pakistani Lawsuits Pressure Government To Deal with CIA
Drone Strikes, Washington Post, 14/5/2012, http://goo.gl/kulGJz.
Ritorna a pagina 60
Pagina 61:
66
The Civilian Impact of Drones, op. cit., pp. 51-66, http://goo.gl/J3jMq7
Ritorna a pagina 61
NOTE 166
Pagina 62:
67
cit. in B. Glynn Williams, The CIAs Covert Predator Drone War in Paki-
stan 2004-2010: The History of an Assassination Campaign, Studies in Con-
flict and Terrorism, vol. 33, 2010, pp.871-892.
68
Ibidem.
69
Ibidem.
70
C. Swift, The Drone Blowback Fallacy, Foreign Affairs, 1/7/2012,
http://goo.gl/5cksmf
Ritorna a pagina 62
Pagina 63:
71
Miller, Plan for hunting terrorists, op. cit., http://goo.gl/zlCIBW.
72
D. Kilcullen, The Accidental Guerrilla: Fighting Small Wars in the Midst of
a Big One, Oxford University Press, 2009; D. Kilcullen, Countering global in-
surgency, Journal of Strategic Studies, vol. 28, n. 4, pp. 597-617.
Ritorna a pagina 63
Pagina 64:
73
D. Kilcullen, A. Exum, Death From Above, Outrage Down Below, New
York Times, 16/5/2009, http://goo.gl/ZeUL8D.
Ritorna a pagina 64
Pagina 65:
74
The Civilian Impact of Drones, op. cit., p. 22, http://goo.gl/J3jMq7,.
75
Zenko, op. cit., p.10, http://goo.gl/H984J4; G. Johnsen, How We Lost Ye-
men, Foreign Policy, 6/8/2013, http://goo.gl/K7M0fl.
76
S. Raghavan, In Yemen, US Airstrikes Breed Anger, and Sympathy for Al
Qaeda, Washington Post, 29/5/2012, http://goo.gl/yAoTV8.
Ritorna a pagina 65
Pagina 66:
77
Swift, op. cit., http://goo.gl/Cavy8T.
Ritorna a pagina 66
NOTE 167
Pagina 67:
78
L. Panetta, Director's Remarks at the Pacific Council on International Po-
licy, 18/5/2009, http://goo.gl/3qeKV7
79
This Week, Abc, 29/4/2012, http://goo.gl/0zL1rG.
Ritorna a pagina 67
Pagina 68:
80
E. Schmitt, Embassies Open, but Yemen Stays on Terror Watch, New
York Times, 12/8/2013, http://goo.gl/s04mdV
81
B. Woodward, Obamas Wars, Simon & Schuster, 2010, p. 106.
82
In U.S., 65% Support Drone Attacks on Terrorists Abroad, Gallup, 25/3/
2013, http://goo.gl/uffSO7.
Ritorna a pagina 68
Pagina 69:
83
Lepisodio raccontato in Mazzetti, The Way of the Knife, op. cit., p. 292.
Ritorna a pagina 69
CAPI TOLO 3
Pagina 77:
84
Le informazioni necessarie per compilare questa sezione provengono in
massima parte da: Ten. Col. M. Marozzo, Gli UAV. Valenza strategica nel con-
corso alla formazione del quadro intelligence e problematiche connesse allim-
piego del sistema darma, Centro Alti Studi per la Difesa, Tesi dell8 corso su-
periore di Stato Maggiore interforze, 2005-2006; Ten. Col. G. Prestigiacomo,
Unmanned Aerial Vehicle. Descrizione e problematiche connesse, Centro Al-
ti Studi per la Difesa, Tesi del 3 corso superiore di Stato Maggiore interforze,
2000-2001; Ten. Col. Alessandro Vivoli, Gli U.A.V.: una soluzione alla esecu-
zione delle operazioni aeree. Un punto di situazione sui sistemi darma in chia-
ve dottrinale, Centro Alti Studi per la Difesa, Tesi del 7 corso superiore di
Stato Maggiore interforze, 2004-2005; visita degli autori alla base di Amendo-
la (FO), il 19/2/2013.
Ritorna a pagina 77
NOTE 168
Pagina 83:
85
cfr. M. Mazzetti, The Way of the Knife, op. cit.
Ritorna a pagina 83
Pagina 85:
86
Reaper Replacement Rescinded, Strategy Page, 2/3/2012,
http://goo.gl/IGraro
87
Stealthy F-35 Sensor To Fly On Avenger UAV, Defense Tech, 23/9/2009,
http://goo.gl/t66fwz
Ritorna a pagina 86
Pagina 88:
88
cfr. W. Wheeler, The MQ-9!s Cost and Performance, Time, 28/2/2012,
http://goo.gl/WgRZBs; Congressional Budget Office, Policy Options for Un-
manned Aircraft Systems, Publication 4083, giugno 2011, p. 31.
89
cfr. J. Gertler, U.S. Unmanned Aerial Systems, Congressional Research
Service, 3/1/2012, p. 35, http://goo.gl/70q42y
Ritorna a pagina 88
Pagina 89:
90
D. Zucchino, War zone drone crashes add up, Los Angeles Times, 6/7/
2010, http://goo.gl/Y2gnGn
91
Vedi ad es., W. Wheeler, Keeping Track of the Drones, Time, 1/3/2012,
http://goo.gl/pxvYYz
92
C. Whitlock, U.S. documents detail al-Qaedas efforts to fight back against
drones, Washington Post, 4/9/2013, .
93
S. Ackerman, Air Force Buys Fewer Drones - But Ups Drone Flights, Wi-
red, 15/2/2012, http://goo.gl/Scf0Et.
Ritorna a pagina 89
Pagina 90:
94
S. Ackerman, Obamas Defense Budget Shows the Drone Spending Boom
Is Over, Wired, 10/4/2013, http://goo.gl/Q9lJaE.
95
Vedi la pagina della General Atomics, http://goo.gl/5ClJv5.
Ritorna a pagina 90
NOTE 169
Pagina 91:
96
T. Zakaria, In New Mexico desert, drone pilots learn the new art of war,
Reuters, 23/4/2013, http://goo.gl/yimT2B.
Ritorna a pagina 91
Pagina 93:
97
N. Lozito, Larma del futuro gi arrivata, The Post Internazionale, 15/5/
2013, http://goo.gl/WRd67J.
Ritorna a pagina 93
Pagina 95:
98
S. Weinberger, How ESPN Taught the Pentagon to Handle a Deluge of Dro-
ne Data, Popular Mechanics, 11/6/2012, http://goo.gl/Hywg8I.
Ritorna a pagina 95
Pagina 96:
99
S. Ackerman, Air Force Chief: Itll Be Years Before We Catch Up on Drone
Data, Wired, 5/4/2012, http://goo.gl/aTPBTB.
100
D. S. Cloud, D. Zucchino, Multiple missteps led to drone killing U.S. tro-
ops in Afghanistan, Los Angeles Times, 5/11/2011, http://goo.gl/QpFxvZ.
101
cfr. Too Much Information: Taming the UAV Data Explosion, Defense In-
dustry Daily, 16/5/2010, http://goo.gl/8iePEm; D. Axe, N. Schachtman, Air
Forces All-Seeing Eye Flops Vision Test, Wired, 24/1/2011,
http://goo.gl/bFKHjK; E. Nakashima, C. Whitlock, With Air Forces Gorgon
Drone We Can See Everything, Washington Post, 2/1/2011,
http://goo.gl/JB8hUI.
102
Martin, op. cit., pp. 51-55.
Ritorna a pagina 96
Pagina 97:
103
Per un racconto del lato robot della guerra in Iraq, vedi P. Singer, Wired
For War, op. cit.
Ritorna a pagina 97
NOTE 170
CAPI TOLO 4
Pagina 98:
104
Cicerone, Pro Milone, 4, 11.
Ritorna a pagina 98
Pagina 100:
105
Authorization for Use of Military Force, come riportato nella legge 107-
40 del 18/9/2001, http://goo.gl/MKCB5u
106
http://goo.gl/iGkWfc
107
N. Melzer, Interpretive Guidance on the Notion of Direct Participation in
Hostilities Under International Humanitarian Law, International Committee
of the Red Cross, maggio 2009.
Ritorna a pagina 100
Pagina 102:
108
H. Koh, The Obama Administration and International Law, Washington,
25/3/2010, http://goo.gl/s6HsR2.
109
J. Brennan, "Strengthening our Security by Adhering to our Values and
Laws", Harvard Law School, 16/9/2011, http://goo.gl/N3irtL , video:
http://goo.gl/pLNYoG.
110
E. Holder, Attorney General Eric Holder Speaks at Northwestern Univer-
sity School of Law, Chicago, 5/3/2012, http://goo.gl/oub1dQ.
111
J. Brennan, The Efficacy and Ethics of U.S. Counterterrorism Strategy,
Wilson Center, 30/4/2012, video: http://goo.gl/3v5Nup.
112
J. Johnson, A Drone Court: Some Pros and Cons, Forham Law School,
18/3/2013, http://goo.gl/If2BGk.
Ritorna a pagina 102
NOTE 171
Pagina 103:
113
E. Holder, lettera allonorevole Patrick J. Leahy, presidente della commis-
sione Giustizia del Senato del Congresso, 22/5/2013, http://goo.gl/LTxUdS.
114
A specificare queste eccezioni stato il procuratore generale Holder nel di-
scorso gi citato in precedenza.
115
DOJ White Paper, 4/2/2013, ottenuto da Msnbc
Ritorna a pagina 103
Pagina 104:
116
Articolo 2(4) della Carta delle Nazioni Unite, http://goo.gl/X1uDIK.
117
Come stabilito dalla Corte Internazionale di Giustizia nella sentenza del
1986 tra Stati Uniti e Nicaragua.
118
Risoluzione del Consiglio di Sicurezza numero 748 del 1992 e successive.
Ritorna a pagina 104
Pagina 105:
119
Come la Dichiarazione sulle Relazioni Amichevoli tra gli Stati inserita nel-
la risoluzione 2625 del 1970.
Ritorna a pagina 105
Pagina 106:
120
Responsibility of States for Internationally Wrongful Acts, Assemblea Ge-
nerale delle Nazioni Unite, 2001, http://goo.gl/vn17AA.
Ritorna a pagina 106
Pagina 108:
121
Nel Maggio 2013 la corte suprema di Peshawar ha dichiarato illegali e con-
tro la sovranit pakistana gli attacchi americani con i droni nelle Fata. Hanno
fatto seguito pareri e dichiarazioni simili. http://goo.gl/1QRArP.
Ritorna a pagina 108
NOTE 172
Pagina 109:
122
Opening Statement by UN High Commissioner for Human Rights Navi Pil-
lay at the 23rd session of the Human Rights Council, Ginevra, 27/5/2013,
http://goo.gl/9JPdOJ.
123
Report of the Special Rapporteur on extrajudicial, summary or arbitrary
executions, Human Rights Council, 28/5/2010, http://goo.gl/rN5xBb.
124
Statement of the Special Rapporteur following meetings in Pakistan, Offi-
ce of the High Commission for Human Rights, 14/3/2013,
http://goo.gl/xESiaM.
Ritorna a pagina 109
Pagina 110:
125
W. E. Murnion, A Postmodern View Of Just War, in S. P. Lee (a cura di),
Intervention Terrorism, And Torture: Contemporary Challenges To Just
War Theory, Springer, 2007.
126
Come riportato in J. Raines, Osama, Augustine, and Assassination: The
Just War Doctrine and Targeted Killings, Transnational Law & Contempora-
ry Problems, vol. 12, n. 1, 2002, pp. 217-221.
Ritorna a pagina 110
Pagina 111:
127
Il protocollo addizionale alla Convenzione di Ginevra del 12/8/1949 e il pro-
tocollo I relativo alla protezione delle vittime di conflitti armati internazionali
dell8/6/1977.
128
Stando allarticolo 52(2) del protocollo I.
129
Come riportato in H. Spieker, Civilian Immunity, Crimes of War,
http://goo.gl/W76YVk.
Ritorna a pagina 111
NOTE 173
Pagina 113:
130
K. Chick, US Drone Strikes Kill Seven in Pakistan Taliban Stronghold,
Christian Science Monitor, 17/3/2010, http://goo.gl/nFUIhR.
131
K. Drmann, The Legal Situation Of Unlawful/Unprivileged Combatants,
International Review of the Red Cross, n. 849, 31/3/2003,
http://goo.gl/8clmjG
Ritorna a pagina 113
Pagina 114:
132
S. D. MacDonald, The Lawful Use of Targeted Killing in Contemporary In-
ternational Humanitarian Law, Journal of Terrorism Research, vol. 2, n. 3,
2011, pp. 126-144, http://goo.gl/P1B2rn.
133
US Drone Strikes Kill Militants in North Warziristan, Dawn, 17/3/2010,
http://goo.gl/FdU3N9.
134
Come ipotizzato dallarticolo 52(3) del I protocollo.
Ritorna a pagina 114
Pagina 115:
135
L. Martinez, M. Raddatz, Al Qaeda Operations Planner Saleh Al-Somali Be-
lieved Dead in Drone Strike Abc News, 11/12/2009, http://goo.gl/ZjBwTh;
M. Mazzetti, S. Mekhennet, Qaeda Planner in Pakistan Killed by Drone,
New York Times, 11/12/2009, http://goo.gl/vcQXnW.
136
Vedi larticolo 52(3) del I protocollo.
137
V.-J. Proulx, If the Hat Fits, Wear It, If the Turban Fits, Run for your Life:
Reflections on the Indefinite Detention and Targeted Killing of Suspected Ter-
rorists, Hastings Law Journal, vol. 56, n. 5, 2005, pp. 801-900.
Ritorna a pagina 115
Pagina 116:
138
W. Jason Fisher, Targeted Killing, Norms, and International Law, Jour-
nal of Transnational Law, vol. 45, n. 3, 2007, pp. 711-723.
Ritorna a pagina 116
NOTE 174
Pagina 117:
139
Z. Khan, Waziristan drone attack: Taliban faction threatens scrapping pea-
ce deal, The Express Tribune, 21/3/2011, http://goo.gl/g7F0XT.
140
Principi fondamentali della Croce Rossa Internazionale, vedi
http://goo.gl/eIhtSU.
Ritorna a pagina 117
Pagina 118:
141
B. Obama Remarks by the President at the National Defense University,
Washington, 23/5/2013, http://goo.gl/aXVH87, video: http://goo.gl/HZlCnL
Ritorna a pagina 118
Pagina 119:

142
Fact Sheet: U.S. Policy Standards and Procedures for the Use of Force in
Counterterrorism Operations, White House, 23/5/2013,
http://goo.gl/R90o4R.
143
Background Briefing by Senior Administration Officials on the President's
Speech on Counterterrorism, White House, 23/5/2013, http://goo.gl/L1YJlv.
Ritorna a pagina 119
Pagina 120:
144
L. Jansen, Obama to release documents on targeted killings to Congress,
Cnn, 7/2/2013, http://goo.gl/CQkANK.
Ritorna a pagina 120
Pagina 121:
145
Undelivered Address Prepared for Jefferson Day, 13/4/1945, The Ameri-
can Presidency Project, http://goo.gl/xmGkwg
146
Si veda a questo riguardo in particolare M. Walzer, Just and Unjust War: A
Moral Argument with Historical Illustrations, New York, Basic Books, 1977.
Ritorna a pagina 121
Pagina 122:
147
Ivi, p. 126.
Ritorna a pagina 122
NOTE 175
CAPI TOLO 5
Pagina 129:
148
La nascita del programma Predator italiano raccontata in B. Di Martino,
LAeronautica Militare e il programma Predator, Rivista Aeronautica, n. 2,
2004, pp. 56-61.
149
cfr. R. Corsini, I Predator italiani in Iraq, Rivista Aeronautica, n. 1, 2005,
pp. 22-29.
Ritorna a pagina 129
Pagina 130:
150
I dettagli sono raccontati in ibidem.
Ritorna a pagina 130
Pagina 131:
151
I dettagli della missione di addestramento sono raccontati in Martin, op.
cit., pp. 150-169.
Ritorna a pagina 131
Pagina 132:
152
Ten. Col. L. Comini, La funzione ISTAR del sistema Predator nelle opera-
zioni militari: il caso Antica Babilonia, Centro Alti Studi per la Difesa, tesi del
9 corso superiore di Stato Maggiore interforze, 2005-2006.
Ritorna a pagina 132
Pagina 134:
153
cfr. Martin, op. cit., pp. 175-178.
Ritorna a pagina 134
Pagina 137:
154
T. Vanden Brook, IED casualties dropped 50% in Afghanistan in 2012,
USA Today, 18/1/2013, http://goo.gl/bFZ0tw.
155
J. Wright, Counter-IED efforts in Afghanistan experience mixed fortunes,
IHS Janes Defence Weekly, 9/1/2013, http://goo.gl/ZjXS4O.
Ritorna a pagina 137
NOTE 176
Pagina 142:
156
cfr. i dati in Missione Libia 2011: Il contributo dellAeronautica Militare,
Edizioni Rivista Aeronautica, 2012.
Ritorna a pagina 142
Pagina 143:
157
Legge 14/7/2004, n. 178, Disposizioni in materia di aeromobili a pilotag-
gio remoto delle Forze armate", pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 168 del
20 luglio 2004, goo.gl/dNrXMR.
158
Per una disamina delle normativa relativa ai droni in uso alle forze armate,
vedi Ten. Col. V. D. Simonetti, Profili giuridici attinenti allimpiego degli aero-
mobili a pilotaggio remoto nello strumento militare nazionale: analisi della
normativa di settore ed aspetti problematici, Centro Alti Studi per la Difesa,
tesi del 14 corso superiore di Stato Maggiore interforze, 2011-2012.
Ritorna a pagina 143
Pagina 144:
159
cfr. il resoconto della seduta del 30/1/2008 della commissione Difesa del
Senato al sito http://goo.gl/bWUOA3.
Ritorna a pagina 144
Pagina 145:
160
cfr. il resoconto della seduta del 12/2/2008 della commissione Difesa della
Camera al sito http://goo.gl/l6vOdn.
161
cfr. il resoconto della seduta del 7/10/2009 della commissione Difesa della
Camera al sito http://goo.gl/ckkUEQ.
162
Intervista di uno degli autori a Vincenzo Camporini, Roma, il 06.12.2012.
Ritorna a pagina 145
NOTE 177
Pagina 147:
163
Entrambe le citazioni da A. Entous, U.S. Plans to Arm Italy's Drones,
Wall Street Journal, 29/5/2012, http://goo.gl/cx7BI1.
164
Capo di stato maggiore: avranno a bordo anche armi, La Gazzetta del
Mezzogiorno, 11/5/2013, http://goo.gl/t443RA.
165
A. Butler, Europe Considers 'Black' Armed MALE UAV Project, Aviation
Week, 9/5/2013, http://goo.gl/czozil.
166
Ibidem.
167
A. Svitak, A. Butler, B. Sweetman, Piaggio-Selex Drone Boasts Pan-Euro-
pean Promise, Aviation Week, 24/6/2013, http://goo.gl/I2cDuA.
Ritorna a pagina 147
Pagina 148:
168
Cfr. supra le dichiarazioni di Debertolis nei due articoli di Aviation Week.
Ritorna a pagina 148
Pagina 149:
169
G. Gaiani, La nuova lista della spesa della Difesa italiana, Analisi Difesa,
20 maggio 2013, http://goo.gl/mhZrzi.
Ritorna a pagina 149
Pagina 150:
170
cit. in F. Petroni, Il pilota senza cielo, The Post Internazionale, 4/3/2013,
http://goo.gl/st3qzw.
171
J. L. Otto, B. J. Webber, Mental health diagnoses and counseling among
pilots of remotely piloted aircraft in the United States Air Force, Medical Sur-
veillance Monthly Report, Armed Forces Health Surveillance Center, vol. 20,
n. 3, 2013, pp. 3-8, http://goo.gl/qt4e9U.
Ritorna a pagina 150
NOTE 178
Pagina 151:
172
N. Ab, Dreams in Infrared: The Woes of an American Drone Operator,
Der Spiegel, 14/12/2012, http://goo.gl/Ypejur.
173
cit. in Singer, op. cit., pp. 344-347.
174
Ivi, p. 367.
Ritorna a pagina 151
Pagina 152:
175
cfr. Martin, op. cit., p. 44.
176
Singer, op. cit., pp. 333-337.
177
Ivi, p. 370.
Ritorna a pagina 152
NOTE 179
GLI IMPERDIBILI
Columbia Law School The Civilian Impact of Drones: Unexami-
ned Costs, Unanswered Questions Center for Civilians in Conflict,
2012
Che impatto hanno i droni sui civili? Quali misure hanno intrapreso gli
Stati Uniti per lenire le conseguenze degli attacchi dal cielo sulla popo-
lazione? Quali deficit di trasparenza intaccano luso degli aerei senza pi-
lota in America? Siamo certi che lillusione di una tecnologia che tutto
pu vedere non comporti peculiari problemi quando si tratta di attacca-
re nemici che si confondono tra la gente? Tutti interrogativi cui questo
rapporto di una delle universit pi prestigiose dAmerica cerca di dar
risposta.
Martin J. M. (con C. W. Sasser) Predator: The Remote-Control Air
War over Iraq and Afghanistan: A Pilot's Story Minneapolis, Ze-
nith, 2010
La storia di un pilota di droni. La testimonianza in prima persona di an-
dare in guerra senza muoversi da casa. Combattere un giorno in Iraq e
un altro in Afghanistan. Tutte le sfide psicologiche, tecniche ed etiche
del pilota dei robot. Il racconto delle missioni pi importanti e anche di
quelle pi tragiche.
Scahill J. Dirty Wars: The World Is A Battlefield Nation Books,
2013
Il drone larma delezione nella guerra al terrorismo. Questo libro
fondamentale per capire il contesto pi ampio, quello della battaglia
BIBLI OGRAFIA 180
BIBLIOGRAFIA
americana contro al-Qaida. Lautore un giornalista investigativo che
attraverso viaggi in Yemen e Somalia, voli in Pakistan, interviste esclusi-
ve con i protagonisti - da entrambi i lati - di questa sfida segreta raccon-
ta la deriva di una guerra diventata permanente per gli Stati Uniti. E lo
fa narrando come lAmerica ha risposto allUndici Settembre e concen-
trandosi su un caso di eliminazione di un qaidista, quello pi controver-
so, quello di Anwar al-Awaki, primo cittadino americano a essere assas-
sinato dalla guerra civile dellOttocento.
Singer P. Wired for War: The Robotics Revolution and Conflict
in the 21st Century Penguin Books, 2009
Volume imprescindibile per capire la rivoluzione dei robot e come le
guerre del terzo millennio saranno combattute. Lapporto fondamenta-
le del libro sta nel raccontare scene - alcune sembrano tratte da un film
di fantascienza - dalla guerra dei robot (la prima pu essere considera-
ta quella in Iraq del 2003) e limpatto che la tecnologia ha sui militari e
sulle forze armate in generale. Stravolgimenti demografici, mutamento
della responsabilit, effetti sulla coesione e sullo spirito di corpo dei sol-
dati, questioni etiche: il dibattito americano sui robot in queste pagi-
ne.
The Permanent War Washington Post, Ottobre 2012
Accuratissima serie di tre articoli del Washington Post, giustamente
premiata con laccesso alla finale dei premi Pulitzer 2012. Nel suo pez-
zo Plan for hunting terrorists signals U.S. intends to keep adding na-
mes to kill lists, Greg Miller svela lesistenza della kill list Disposition
Matrix e riporta le preoccupazioni circa il carattere potenzialmente infi-
nito della guerra ad al-Qaida. Karen DeYoung traccia il profilo del cu-
stode delle regole con cui lAmerica uccide, John Brennan, che da consi-
gliere per lantiterrorismo di Obama diventato direttore della Cia. Infi-
ne, Craig Whitlock analizza il ruolo della base di Camp Lemonnier a Gi-
buti, epicentro della guerra dei droni tra Corno dAfrica e penisola ara-
ba.
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Report No. 65, Council on Foreign Relations, Gennaio 2013
Redatto da uno degli analisti militari pi acuti e critici dAmerica, que-
sto rapporto un manuale per ogni futura amministrazione americana
per riformare il programma dei droni. Lautore non affatto contrario
alluso degli aerei senza pilota nella guerra ad al-Qaida ma convinto
che la facilit del ricorso a questarma comporti problemi strategici per
gli Stati Uniti.
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