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ECONOMIA POLITICA

CAPITOLO 2,

Un economista per spiegare un evento economico può effettuare due tipi di analisi:

Analisi positiva: è un’analisi prescrittiva, e descrive il mondo com’è.


Analisi Normativa: è un’analisi descrittiva che descrive il mondo come dovrebbe essere.

I modelli economici:

Gli economisti, tramite i modelli economici, spiegano, a grandi linee, com’è organizzato un sistema
economico.

Il diagramma di flusso circolare: Secondo tale modello, nel sistema economico, agiscono due
tipi di soggetti: imprese e individui. Le imprese producono beni e servizi utilizzando i fattori
produttivi (lavoro, terreni e capitale), mentre gli individui sono i proprietari dei fattori di
produzione, e consumatori dei beni e servizi prodotti.
Imprese e individui agiscono in due tipi di mercati. Nei mercati di beni e servizi, gli individui
sono i compratori e le imprese i venditori, mentre nei mercati di fattori produttivi le imprese
sono i compratori mentre gli individui sono i venditori.

Frontiera delle possibilità di produzione: è un grafico nella quale vengono mostrate tutte le
possibili combinazioni di beni che il sistema può produrre, date le risorse disponibili e la
tecnologia utilizzabile.
Una combinazione di produzione, è detta efficace se tutte le risorse vengono utilizzate in
maniera efficiente, al contrario si avrà una combinazione inefficiente.

N.B_: L’economia è suddivisa in due discipline: la microeconomia che studia i rapporti singoli
fra imprese e individui. La macroeconomia riguarda i rapporti del sistema economico nel suo
complesso.

CAPITOLO 4

Mercato, concorrenza perfetta e monopolio

Si definisce mercato, l’insieme dei compratori e dei venditori di un determinato bene o servizio,
dove l’insieme dei compratori stabilisce la domanda e l’insieme dei venditori stabilisce
l’offerta.

Sostanzialmente ci sono diversi tipi di mercato, tra cui alle estremità troviamo:
Mercato concorrenziale: è un mercato in cui il numero dei compratori e venditori è così
elevato da rendere nulle le decisioni del singolo attore economico ai fini della determinazione
del prezzo di mercato.
Un mercato si chiama concorrenziale se presenta le seguenti caratteristiche:

- Sistema di proprietà privata (privatizzazione delle imprese)


- libertà di impresa ( un impresa deve essere in grado di entrare e uscire dal mercato
liberamente)
- Libertà di scelta del consumatore (il consumatore deve essere libero di scegliere da che
venditore comprare)
- Competizione ( Elevato numero di venditori e compratori)
- Interesse personale ( un interesse dei venditori a raggiungere degli obbiettivi)
- Economia di mercato ( sistema di prezzo regolato tramite domanda e offerta)
- Ruolo limitato da parte dello stato

Mercato monopolistico: In questo mercato è presente solo un venditore che di conseguenza può
determinare il prezzo del proprio prodotto.

Infine ci sono anche 2 altri tipi di mercati, che sono l’oligopolio determinato da un piccolo numero
di imprese e beni omogenei e la concorrenza monopolistica determinata da un numero elevato di
imprese ma beni eterogenei (automobili).

La domanda

La quantità domandata di un dato bene, è la quantità di quel bene che i compratori sono disposti ad
acquistare in un dato momento a un dato prezzo.
Ci sono molti elementi che influenzano la quantità domandata di un bene.
Il più importante è il prezzo: Se il prezzo di un dato bene aumenta, la domanda di quel bene
diminuirà, al contrario se il prezzo diminuisce, la domanda aumenta, quindi, in questo caso si dice
che la domanda è inversamente proporzionata al prezzo. Questa relazione tra domanda e offerta,
prende il nome di legge della domanda.

Per rappresentare questa legge di domanda, si deve creare una scheda di domanda, ossia una tabella
che illustri i dati del prezzo e della domanda, dopo di che si traccia una curva di domanda, ossia una
curva che mostri la relazione tra il prezzo di un bene e la quantità domandata.
Infine per analizzare il funzionamento di un mercato, si dovranno sommare tutte le curve di
domanda individuali e creare quindi la curva di domanda collettiva chiamata: domanda di
mercato.

Gli altri elementi che influenzano a domanda di un bene sono:

Il reddito

Le preferenze
Le aspettative sul futuro

Il numero dei compratori

N.B CONDIZIONE CETERIS PARIBUS

È importante ricordare che un cambiamento del prezzo provoca un movimento lungo la curva di
domanda, mentre un cambiamento di tutte le altre variabili provoca uno spostamento delle curva di
domanda.

L’offerta

La quantità offerta di un bene o servizio, è la quantità di quel bene che i venditori sono disposti a
produrre e vendere. Anche in questo caso, la variabile principale è il prezzo.
Se il prezzo di un bene aumenta, i venditori saranno più propensi a produrlo, al contrario se il
prezzo si abbassa, i venditori ne produrranno di meno.
Quindi si dice che l’offerta è direttamente proporzionale al prezzo. Tale relazione viene chiamata,
legge dell’offerta.
Anche in questo caso, per studiare l’andamento di un mercato si dovranno sommare
orizzontalmente tutte le offerte singole, trovando così l’offerta di mercato.

Nel caso dell’offerta, le variabili che permettono uno spostamento della curva di offerta sono:

Il costo dei fattori produttivi

La tecnologia

Le aspettative

Il numero di venditori

L’equilibrio

Se si disegnano in un grafico contemporaneamente l curve di domanda di mercato e di offerta di


mercato, si noterà che le due curve si intersecano in un punto, tale punto viene chiamato punto di
equilibrio.
In tal punto, il prezzo prenderà il nome di prezzo di equilibrio, e la quantità, quantità di
equilibrio.
L’equilibrio, è una situazione nella quale i venditori riescono a vendere tutti i beni prodotti, e non ci
sono compratori insoddisfatti.

Una volta calcolato tale punto, possiamo dire che un prezzo più alto di quello di equilibrio,
provocherà un eccedenza di offerta, mentre un prezzo più basso a quello di equilibrio provocherà
una eccedenza di domanda.

n.b: guardare esempi a pagina 13 dei lucidi


CAPITOLO 5

L’elasticità della domanda

L’elasticità della domanda al prezzo, misura le variazioni della quantità domandata al variare del
prezzo.
La domanda di un bene è elastica se reagisce più che proporzionalmente al variare del prezzo,
altrimenti è anelastica.
Si può dire che ci sono alcune regole generali riguardo a ciò che determina l’elasticità della
domanda al prezzo:

La disponibilità di beni sostituti: Beni che hanno buoni sostituti tendono ad avere una domanda
elastica.

Beni necessari: Ovviamente i beni che sono considerati necessari tendono ad avere una domanda
anelastica

Beni di lusso: Sono beni non necessari, quindi hanno una domanda molto elastica.

La definizione del mercato: Un mercato delimitato in maniera precisa avrà una domanda molto
più elastica di uno definito in modo vago, perché è più semplice trovarvi validi sostituti.

L’orizzonte temporale: La domanda di un bene tende ad essere più elastica nel lungo periodo che
nel breve. (esempio della benzina)

Gli economisti calcolano l’elasticità della domanda con questa formula:


Variazione % della quantità domandata
Elasticità della domanda al prezzo:
Variazione % prezzo

N.B: ricordarsi sempre i segni (se aumenta + se diminuisce -)

Se si cerca di calcolare l’elasticità della domanda al prezzo dal punto A al punto B di una curva, il
risultato sarà diverso da quello che si otterrà calcolando l’elasticità dal punto B al punto A.
Questo perché le variazioni percentuali, sono calcolate da basi diverse.
Per tale motivo, si ricorre al metodo del punto medio.
Per calcolare l’elasticità della domanda al prezzo con il metodo del punto medio tra due punti che
chiameremo (Q1, P1) ; (Q2, P2), si userà la seguente formula:

Elasticità della domanda al prezzo: (Q2-Q1)/[(Q2+Q1)/2]


(P2-P1)/[(P2+P1)/2]

Tipologie di curva della domanda

Gli economisti classificano le curve di domanda in relazione della loro elasticità.


Si dice che una domanda è elastica se il suo valore è maggiore di 1 e quindi la variazione della
quantità è più che proporzionale a quella del prezzo. Una domanda è anelastica, se il suo valore è
inferiore a 1, quindi la variazione della quantità è meno che proporzionale al prezzo. Infine la
domanda si dice a elasticità unitaria se il suo valore è uguale a 1 e quindi la variazione della
quantità reagisce in proporzione al prezzo.

Il ricavo totale

Nello studiare cambiamenti della domanda e dell’offerta in un mercato, bisogna tenere conto anche
del ricavo totale, che è un fattore determinante.
In qualsiasi mercato il ricavo è uguale a P*Q, ovvero al prodotto del prezzo per la quantità venduta
del bene.
Per il calcolo de ricavo ci sono alcune regole che permettono di semplificare il processo.

• Se la domanda è anelastica, all’aumentare del prezzo si avrà un aumento del ricavo, mentre
se il prezzo diminuisce il ricavo diminuisce.
• Se la domanda è elastica, all’aumentare del prezzo, il ricavo scende, al diminuire del prezzo
il ricavo sale.
• Se la domanda ha elasticità unitaria, qualsiasi cambiamento del prezzo, lascia inalterato il
ricavo totale.

(n.b) Non sempre l’elasticità è costante in tutti i punti della curva di domanda.
In una curva di domanda con pendenza costante, anche se appunto la pendenza è costante,
l’elasticità non lo è. Questo perché la pendenza è il rapporto fra le variazioni di due variabili,
mentre l’elasticità è il rapporto tra le variazioni percentuali delle due variabili.

L’elasticità della domanda rispetto al reddito

Esistono altri tipi di elasticità della domanda, tra i quali l’elasticità della domanda rispetto al
reddito. Tale elasticità, misura la variazione della quantità domandata di un bene, al variare del
reddito del consumatore. Il suo valore viene calcolato con la formula:
Variazione % quantità domandata
Elasticità della domanda rispetto al reddito: Variazione % reddito consumatore

Se la domanda di un bene diminuisce al diminuire del reddito, e aumenta all’aumentare del reddito
si dice che il bene è un bene normale. (beni necessari e di lusso)
Se la domanda di un bene, aumenta al diminuire del reddito, e diminuisce all’aumentare del reddito
il bene si dice: bene inferiore (cose usate).
Quando la diminuzione del prezzo di un bene induce a una contrazione della domanda di un altro
bene, i beni vengono chiamati: sostituti. (yogurt, latte sono simili: o uno o l’altro)
Infine, quando la diminuzione del prezzo di un bene induce all’aumento della domanda di un altro
bene, i due beni vengono chiamati complementari. ( se il caffè si abbassa comprerò più zucchero.)

L’elasticità incrociata della domanda al prezzo

Gli economisti ricorrono all’elasticità incrociata della domanda al prezzo, per studiare come cambia
la variazione della domanda di un bene, al variare del prezzo di un altro bene.
Si calcola con la formula
Variazione % quantità domandata bene 1
Elasticità incrociata della domanda al prezzo: Variazione % prezzo bene 2
Il segno del risultato dipende dai due beni, se sono sostituti avranno segno contrario, mentre se sono
complementari avranno lo stesso segno.

L’elasticità dell’offerta al prezzo

L’elasticità dell’offerta al prezzo, misura la variazione della quantità offerta al cambiare del prezzo.
L’offerta si dice elastica se la quantità offerta varia notevolmente a un cambiamento del prezzo
contenuto, mentre si dice anelastica se la quantità offerta varia in modo contenuto anche a un
cambiamento del prezzo notevole.
Per calcolare l’elasticità dell’offerta al prezzo viene usata tale formula:
Variazione % quantità offerta
Elasticità dell’offerta al prezzo: Variazione % prezzo

CAPITOLO 7

Economia del benessere: è lo studio del rapporto tra l’allocazione delle risorse e il benessere
economico.

Surplus del consumatore: è la differenza tra il prezzo massimo che un compratore è disposto a
pagare, e la somma che realmente paga.
Tale surplus misura il beneficio che i consumatori traggono ad entrare nel mercato.
Graficamente, il surplus del consumatore è l’area compresa tra la curva di domanda e il livello del
prezzo.

Surplus del venditore: è la differenza tra il prezzo pagato dal compratore e il costo di produzione
del venditore (per costo si intende il costo opportunità, ossia l’insieme dei costi espliciti ( fattori di
produzione) e i costi impliciti ( il valore che il venditore da al proprio tempo, esempio della
decoratrice di appartamenti).
Il surplus del venditore misura il beneficio che raggiunge il venditore entrando nel mercato.
Graficamente il surplus del venditore è rappresentato dalla curva di offerta e il livello del prezzo.

Surplus totale: è la somma del surplus del consumatore e del surplus del venditore. Graficamente è
l’area compresa tra la curva di domanda e la curva di offerta, fino al prezzo di equilibrio.

Efficienza: condizione per il quale il surplus totale di una società sia massimo

Per raggiungere la condizione di efficienza sono necessari tre principi:

1-L’offerta di un dato bene va ai consumatori che hanno una disponibilità a pagare più elevata
2-La domanda di un dato bene va ai venditori che hanno una disponibilità a vendere più bassa
3-Viene scambiata una quantità di beni q che massimizza il surplus del compratore, il surplus del
venditore e quindi il surplus totale.
CAPITOLO 13

Ricavo totale: Prezzo X Quantità


Costo totale : somma dei costi-opportunità (espliciti + impliciti)
Profitto : Ricavo totale - Costi totali

Profitto economico: Ricavo totale – Costi-opportunità (espliciti + impliciti)


Profitto contabile : Ricavo totale – Costi totali (solo espliciti).

Funzione di produzione: è la relazione che intercorre tra la quantità di fattori e la quantità


prodotta. Fattori vanno sull’asse verticale, quantità prodotta sull’asse orizzontale. (la funzione di
produzione diventa sempre più piatta, all’aumentare dei fattori produttivi, a causa del prodotto
marginale decrescente).

Prodotto marginale di un fattore di produzione: è l’aumento della quantità prodotta, che si


ottiene a seguito di un incremento addizionale di fattori. (esempio: se con un operario produco 50
biscotti, con 2 operai ne faccio 80, in questo caso, il prodotto marginale è di 30 biscotti, se prendo
un altro operario, quindi tre, produrrò 100 biscotti, così il prodotto marginale sarà di 20.)
Il prodotto marginale, viene chiamato prodotto marginale decrescente perché più si aumentano i
fattori, più la quantità prodotta diminuirà (ad esempio perché la fabbrica è affollata).
Però il prodotto marginale non è sempre da subito decrescente (esempio se per far funzionare
ottimamente un macchinario servono 3 operai il prodotto marginale crescerà fino a 3 fattori, poi
decrescerà.

Curva di costo totale: è la curva che mette in relazione la quantità prodotta (asse orizzontale) e i
costi totali. (asse verticale).

Funzione di poduzione e curva dei costi totali, sono due facce della stessa medaglia. La funzione di
produzione si appiattisce all’aumentare della produzione, la curva dei costi totali diventa sempre più
ripida all’aumentare della produzione, questo avviene perché sono strettamente correlate. (esempio
del biscottificio).

Costi totali: Costi fissi + Costi Variabili

costo medio fisso


CMF=CF/Q: indica l’incidenza dei costi fissi (impianti, etc.) per ogni unità di prodotto

costo medio variabile


CMV=CV/Q: indica l’incidenza dei costi variabili (lavoro, materie prime, etc.) per ogni unità di
prodotto

Costo medio totale :Indica il costo della tipica unità di prodotto, nel caso in cui il costo totale fosse
diviso equamente fra tutte le unità prodotte.

Costo medio totale: Costo totale/quantità prodotta

Costo marginale: indica l’aumento del costo totale, che deriva da un incremento addizionale della
quantità prodotta.
Costo marginale: Variazione costo totale/ variazione quantità prodotta
Rappresentando graficamente la curva del costo medio totale (CMeT), dei costi medi fissi (CMeF),
dei costi medi variabili (CMeV) e la curva del costo marginale, si notano delle importanti
informazioni.

Il costo marginale crescente: Il costo marginale, aumenta all’aumentare della quantità prodotta, a
causa del prodotto marginale decrescente.

La curva di costo medio totale a U: La curva di costo medio totale spesso ha una forma a U.
Questo perché il costo medio fisso diminuisce all’aumentare della produzione, mentre il costo
medio variabile aumenta in modo più che proporzionale all’aumentare della quantità prodotta.
Quindi, visto che il costo medio totale è la somma dei costi medi fissi + costi medi variabili, esso
rifletterà entrambe le caratteristiche: A livelli bassi di produzione il costo medio totale è elevato
perché viene ripartito su poche unità di prodotto, poi decresce fino a raggiungere un minimo, e poi
risale spinto dalla crescita del costo medio variabile.

La relazione fra costo marginale e costo medio totale: Nel tratto in cui il costo marginale è
inferiore al costo medio totale allora la curva del costo medio totale è decrescente, al contrario, nel
tratto in cui il costo marginale è più alto la curva del costo medio totale è crescente.
Per trovare la quantità da produrre che minimizzi i costi medi totali (dimensione efficiente), basterà
trovare il punto di intersezione tra costo marginale e costi medi totali, ossia il punto di minimo della
curva dei costi medi totali.

Dal breve al lungo periodo

Se si prende in considerazione un lungo periodo al posto che un breve periodo, anche i costi che
prima erano fissi, adesso diventano variabili. (esempio, la fiat nel breve periodo se vuole aumentare
la produzione non può aumentare gli impianti, ma nel lungo periodo si, quindi anche gli impianti
vanno considerati costi variabili.

Quindi le curve di costo medio totale saranno diverse nel breve periodo e nel lungo periodo.
La curva di costo medio totale di lungo periodo avrà una forma più appiattita di quella di breve
periodo, inoltre la curva di costo medio totale di lungo periodo sta sempre al di sotto di quella di
breve periodo, questa perché le imprese sono più flessibili nel lungo periodo..

Però se si parla del lungo periodo, non si parla più di quanto produrre, dati gli impianti e i fattori
produttivi fissi, ma diventa un problema di “dimensione di scala”.

Se i costi decrescono all’aumentare della quantità prodotta, si formano delle economie di scala.
Queste economie di scala spesso si formano perché, se si ampliano gli impianti, gli operai possono
sfruttare al massimo le loro capacità, magari su una macchina tutta per loro, al contrario se i costi
sono crescenti all’aumentare della quantità prodotta, si formano delle diseconomie di scala.
Spesso queste diseconomie avvengono per cattivo coordinamento dell’impresa ( se si hanno dei
grossi impianti, è difficile organizzare il lavoro in maniera ottimale.
Infine se i prezzi restano costanti all’aumentare della quantità prodotta si hanno dei rendimenti di
scala costanti.
RIASSUNTO DI ECONOMIA POLITICA (SECONDA PARTE)

CAPITOLO 14

In un mercato concorrenziale, le imprese subiscono il prezzo, ossia sono agenti price – taker
(Prezzo così com’è, nessuno è in grado di modificarlo).

Essendo il prezzo uguale per tutti, è facilmente deducibile che per tutte le imprese il prezzo è uguale
al ricavo medio e al ricavo marginale, quindi:

P=RMe=RMg

La curva di offerta in concorrenza perfetta avrà forma orizzontale, in quanto le imprese non sono in
grado di modificare il prezzo.

L’obbiettivo delle imprese in concorrenza perfetta è la massimizzazione del profitto.

In concorrenza perfetta, si ottiene il massimo profitto, quando Q= CMg=P=RMg

Quindi fintanto che il costo marginale è inferiore al Ricavo marginale, l’impresa potrà aumentare la
sua produzione, al contrario la dovrà abbassare, fino ad arrivare all’uguaglianza tra CMg e RMg.

In sostanza la curva di CMg, determina la quantità offerta dall’impresa a ogni dato prezzo e quindi
la sua curva di offerta.

Durante la sua vita, un’impresa può capitare in delle circostanze nelle quali può decidere di non
produrre.
Nel breve periodo l’impresa, può decidere di sospendere momentaneamente la produzione, nel
lungo di uscire dal mercato.

Nel breve periodo, un’impresa ha molti costi fissi, e sia che la quantità prodotta sia 0 o >0,
l’impresa dovrà sempre sopportare tali costi. (costi sommersi, ossia costi che non possono essere
recuperati).
Però se non produce, non deve sopportare i costi variabili. In totale si evince che l’impresa tragga
guadagno a sospendere la produzione, se e solo se:

P < CMeV

Graficamente, la curva di offerta di breve periodo dell’impresa, è la porzione della sua curva di
costo marginale che sta al di sopra della curva dei costi medi variabili.

Al contrario, nel lungo periodo l’impresa può decidere di uscire dal mercato, se il ricavo che trae
dalla produzione è inferiore al costo totale, quindi:

esce :P < CMeT entra: P > CMeT

Graficamente, la curva di offerta dell’impresa nel lungo periodo, sarà rappresentata dalla porzione
della sua curva di costo marginale, che sta al di sopra della curva di CMeT.
Invece, per misurare graficamente il profitto dell’impresa in concorrenza perfetta si procede,
sapendo che:

Profitto= RT-CT che si può scrivere anche così: RMeT – CmeT

Sapendo che il ricavo medio è uguale al prezzo si ottiene:

(P-CMeT) X Q

PROFITTO NEGATIVO
PROFITTO POSITIVO

Il porfitto è rappresentato dal rettangolo, la cui altezza è la differenza fra Prezzo e CMeT e la base
dalla quantità prodotta.

Se in un mercato concorrenziale, le imprese che ne fanno parte presentano extra profitti positivi, si
attiveranno degli incentivi per far entrare nuove imprese, abbassando il prezzo e spingendo i profitti
verso il basso.

Se invece presentano extra profitti negativi, si attiveranno degli incentivi per fare uscire le imprese
già presenti, in modo da spingere prezzo e profitti verso l’alto.

Questo processo si fermerà solo quando gli extra profitti saranno = 0 e quindi Il prezzo sarà uguale
al costo medio totale, ossia le imprese lavorano in condizione di efficienza..
CAPITOLO 15

L’impresa in regime di monopolio non subisce il prezzo, ma lo determina, quindi sarà sempre
superiore al costo marginale, anche di molto.

Un’impresa è un monopolio quando è l’unico venditore di un bene per il quale non esistono buoni
sostituti. La causa fondamentale del monopolio sono le barriere all’entrata, che possono essere
generate da tre motivi:

- Una risorsa chiave è detenuta da una sola impresa


- Lo stato concede a un’unica impresa il diritto di produrre quel bene
- La struttura dei costi di produzione rende la singola impresa più efficiente della
molteplicità.

Un settore è monopolio naturale se una singola impresa può fornire il bene o il servizio all’intero
mercato a costi inferiori rispetto a quelli sostenuti da una molteplicità di imprese.

Mentre in concorrenza perfetta, la curva di domanda di un impresa è perfettamente elastica, in


monopolio, si avrà una curva di domanda con pendenza negativa, nella quale il monopolista si può
collocare in ogni punto.

RICAVO DI UN MONOPOLISTA

Il ricavo marginale di una impresa monopolistica è sempre inferiore al prezzo, questo perché il
monopolista interagisce con una curva di domanda con pendenza negativa, quindi per vendere una
quantità superiore del bene, la deve offrire a un prezzo più basso.

Quando il monopolista aumenta la produzione, è soggetto a due effetti sul ricavo totale:

1: effetto produzione: aumenta la quantità venduta, Q maggiore.


2: effetto prezzo. Il prezzo diminuisce, P minore.

Graficamente per disegnare domanda (che è il ricavo medio) e ricavo marginale si usa

D  P = a-bq RMg  P = a-2bq

Questo perché le due rette partono dallo stesso punto, ma la pendenza del ricavo marginale è
sempre doppia.

Il ricavo marginale può anche avere valori negativi, questo succede quando l’effetto prezzo è
maggiore all’effetto produzione.

MASSIMIZZAZIONE DEL PROFITTO

La quantità di prodotto che massimizza il profitto di un impresa monopolistica, è data


dall’intersezione fra il costo marginale e il ricavo marginale, come in concorrenza perfetta.
La differenza sta nel fatto che in monopolio il ricavo medio non è uguale al ricavo marginale ma è
più alto, di conseguenza il prezzo sarà più alto del ricavo marginale.
PROFITTO DEL MONOPOLISTA

Il profitto si calcola con la differenza fra ricavo totale e costi totali, che si può anche ugualiare a :

Profitto = RT/Q – CT/Q

Quindi essendo il ricavo medio uguale al prezzo, si ottiene:

Profitto: (P – CmeT) X Q

Graficamente i profitti sono rappresentati da un rettangolo la cui altezza è data dalla differenza fra
prezzo e costi medi totali e la base è data dalla quantità venduta. L’area di tale triangolo rappresenta
il profitto.

Come detto prima, la quantità che massimizza i profitti è nel punto di intersezione fra ricavo
marginale e costo marginale, ma la quantità socialmente efficiente, si troverebbe nel punto di
intersezione fra costo marginale e domanda. Per cui si deduce che i monopolisti producono meno
della quantità socialmente efficiente, provocando una perdita secca, che è il triangolo che si forma
tra la curva di costo marginale, la domanda e la quantità che massimizza il profitto.

Il legislatore può rispondere al problema in 4 modi:

1: cercando di stimolare la concorrenza nei settori monopolistici: attraverso la normativa


antitrust che conferisce allo stato diversi strumenti tra cui: impedire fusioni, impedire frazionamenti
o l’impedimento di coordinare le proprie attività in modo di diminuire la concorrenza.

2: Regolamentando il comportamento delle imprese monopolistiche: in questo caso l’impresa


non può determinare autonomamente il prezzo ma esso viene imposto dallo stato.

3: La proprietà pubblica: ossia, invece di regolamentare il comportamento dei privati, lo stato


gestisce direttamente il monopolio.

4: Non agire: Visto che tutti questi 3 metodi hanno molti problemi, alcuni economisti sostengono
che per lo stato spesso sia meglio non cercare di porre rimedio alle inefficiente generate dal prezzo
del monopolista.

LA DISCRIMAZIONE DI PREZZO

Il molti casi le imprese tentano di vendere lo stesso prodotto a prezzi diversi a diversi consumatori.
In questo modo il monopolista può aumentare i propri profitti e ridurre l’inefficenza fino ad
azzerare la perdita secca (in particolare se P= Disponibilità a pagare di ogni consumatore, Profitti=
massimi).

Ovviamente una discriminazione perfetta non è possibile perché troppo difficile e costosa, quindi
spesso vengono applicate discriminazioni parziali tipo: biglietti del cinema, aerei, buoni sconto, ecc.

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