presentazione e cura di Luigi Russo traduzione di Claudio Gerbino note di Claudio Gerbino e Mario Re appendici di Maria Andaloro Mario Re Crispino Valenziano Aesthetica Edizioni Indice Presentazione, di Luigi Russo ' Vedere linvisibile Nicea e lo statuto dellImmagine Parte prima 15 Parte seconda 29 Parte terza 51 Parte quarta 57 Parte quinta 145 Note, di Claudio Gerbino e Mario Re 149 Appendici Il secondo Concilio di Nicea e la controversia iconoclastica, di Mario Re 171 Il secondo Concilio di Nicea e l et dellImmagine, di Maria Andaloro 185 Il secondo Concilio di Nicea e lIconologia, di Crispino Valenziano 195 Indice dei nomi 207 Presentazione di Luigi Russo Non fidatevi delle immagini. Paul Gauguin Pu sembrare strano pubblicare in questa sede atti di un famo so Concilio della Chiesa, il Secondo Concilio di Nicea, tenutosi pi di milleduecento anni fa: nel 787. E ancora pi strano che a farlo, per la prima volta in italiano, sia uno studioso di estetica. Ma la seconda stranezza ingloba e giustifica la prima. Perch la stranez za , semplicemente, frutto di un pregiudizio scientifico, annoso e tuttora purtroppo alquanto diffuso. Come lopinione che lestetica sia una pura disciplina filosofica, sorta e sviluppatasi fiorentemente solo nella modernit, a partire dal Settecento, col nome di Baum- garten. Non questo il luogo per chiarire, accanto alle non banali ra gioni storiche che stanno a monte di tale pregiudizio, le infauste conseguenze che esso ha procurato (e minaccia continuare a procu rare) agli studi di estetica. Del resto, a siffatte questioni chi scrive ha gi dedicato tempo e pagine, alle quali non pu che rimandare il lettore interessato. Il fatto che lestetica, lorizzonte dellestetica, non si restringe allorbita dellestetica moderna, quella appunto istituita nel Sette cento nella forma di un sapere specialistico squisitamente filosofi- co, ma si dilata a tutte le epoche storiche che hanno preceduto la modernit, e informa ed attraversa lintera cultura occidentale. Pie namente leggibile anzi, nella sua interezza, sub specie aestheticae. Sempre che, beninteso, non si proceda con la bizzarra pretesa di cercare estetica nelle diverse epoche storiche secondo la forma epi- stemica assunta dallestetica postsettecentesca. Non solo perch, a considerare con occhio fermo la vicenda scientifica apertasi con Baumgarten, la stessa estetica moderna appare un crogiolo polifor- me e insaturato, e costituisce solo un mito teorico ed un abuso sto riografico proiettarla in un modello identitario. Ma soprattutto per ch questa pur illusoria purezza altrove naturalmente neanche si abbozza. Per la semplice ragione che ogni epoca segmenta, articola e disciplina i saperi secondo forme sue proprie; disegna specifiche 7 mappe cognitive, elabora codici epocali di compatibilit. Lidentit dellestetica (o per dire con termine tecnico: la sua definizione) non dunque determinabile a priori secondo una personale opzio ne (meta)teorica, ma acquista plausibilit e concretezza scientifica solo a posteriori, grazie al puntuale accertamento storiografico, ad una visione cio capace distituire e interrogare attraverso indici empirici un sistema aperto di (somiglianze-)differenze, ossia la plu ralit di tutte le derive estetologiche che si sono configurate nella storia. Ci, dopo lo sfondamento metodologico procurato negli ulti mi decenni agli studi di estetica da maestri quali Wladystaw Ta- tarkiewicz e Rosario Assunto, ai nostri giorni (dovrebbe essere...) pacifico. Non mette conto, dunque, stigmatizzare operazioni storio grafiche che versano fuori del tempo, ipotecate da prospettive an cora ottocentesche, e che vagolano in libert per pura acquiescenza accademica. Laddove si dispiegata unapertura radicale dellinda gine estetologica, invero complessa e laboriosa, di cui non sono predeterminabili oggetti e metodi, aggregazioni ed intrecci, lemmi e concordanze, e per foriera di risultati di altissima, innovativa valenza conoscitiva, pienamente gratificante ogni ricercatore disin teressato. Negli ultimi quindici anni la collana Aesthetica, e pi in genera le il lavoro del Centro Intemazionale Studi di Estetica, hanno intra preso e vanno conducendo sistematicamente questa esplorazione. Sia evidenziando gli assi problematici di costituzione dellestetica moderna (Baumgarten, certo, ma anche Meier, Hutcheson e Burke, Batteux e Laugier, Rousseau e Diderot, Winckelmann e Mengs, Lessing e Mendelsshon, Hemsterhuis ed Herder, Spalletti ed Arte aga, Goethe e Moritz, Ast), approfondendo decisivi punti di sno do nella strutturazione dellestetica sistematica ottocentesca (Schle gel e Schelling, Solger e Schleiermacher, Rosenkranz) e offrendo prese significative del dibattito novecentesco (Lukcs e Mukarov- sky, Geiger e Spranger, Formaggio e Grassi, Stevenson e Sedlmayr, Brandi ed Arnheim, Assunto e Tatarkiewicz); ma, parallelamente, lanciando sonde nellintero tessuto estetologico premodemo (Den nis e Frart de Chambray, Perrault e Saint-Hilarion, Gracin, fino ad Aristotele e lo Pseudo Longino). Ora la volta di Nicea. Una diecina danni fa, quando - sulla scia di un illuminante sag gio di Cesare Brandi (1960), da cui avevamo mutuato la convinzio ne della rilevanza estetologica della dottrina dellimmagine elabora ta dallestetica bizantina, convergente del resto con gli stimoli che in tale direzione venivano dallinconsueto volume La critica darte nel pensiero medievale di Rosario Assunto (1961) - varammo il progetto di riesumare i testi sullimmagine prodotti nel Secondo Concilio di Nicea, la legittimazione estetologica di tale intrapresa, oTnche la sua significativit pi latamente culturale, non potevano contare su confortanti pezze dappoggio. La pur meritoria traduzio ne de Le porte regali. Saggio, sullicona di Florenskij (1977) non ave va concorso ad avviare un serio dibattito sullimmagine. E anche la pubblicazione in Italia del secondo volume della Storia deltresteti- ca di Tatarkiewicz (1979), in cui non mancava un illuminante capi tolo intitolato allestetica bizantina, come la successiva comparsa de Lestetica bizantina. Problemi teorici di Byckov (1983), non valsero a modificare orientamenti tradizionali e communis opimo. L que stione dellimmagine nella cultura occidentale, che aveva ricevuto tanti secoli fa proprio a Nicea la sua pi perspicua fecalizzazione, veniva cos sostanzialmente elusa, o addirittura vanificata, stempe randosi entro un sapere esclusivamente storico-artistico, relegato per altro in ambiti ultraspecialistici. La difficolt del progetto editoriale, limmancabile congiuntura dimprevisti e disguidi, financo eventi purtroppo luttuosi non han no risparmiato il presente lavoro e gli fanno vedere la luce ben oltre il tempo preventivato. Ma oggi fa specie vedere che esso cade al centro di una attualit lancinante, che era impossibile immaginare. Non mi riferisco soltanto allinteresse suscitato dalle pur nume rose iniziative che, in Italia e allestero, non hanno mancato di ri cordare nel 1987, attraverso mostre e convegni, il xn centenario del Concilio di Nicea. Ovvero, in modo diverso e parallelo, al favore che hanno incontrato negli anni successivi, per motivi devozionali o in omaggio alle tracimanti mode culturali, esposizioni di icone, bi zantine e non. Non sono, voglio dire, qui in gioco fatti pur rilevanti di costume e di cultura, a partire dalla presa datto, ricorrente nella cronaca quotidiana, che lo spettro iconoclastico, la paura e lodio per limmagine, fino a determinarne la mutilazione o lo sfregio o la distruzione, non spettro del passato, che intercetta lOccidente unicamente in sue soglie traumatiche come la Riforma protestante o la Rivoluzione francese, o ancora in questo secolo la rivoluzione sovietica e i roghi nazisti. La vita deUimmagine e il suo destino, come dimostrano gi anche questi episodi negativi, intrecciano l in tera cultura occidentale ed incpmbono nel nostro presente. Penso piuttosto ad una vera e propria rivoluzione scientifica che, nellonda della fondamentale opera di Freedberg liotere del le immagini (1989), va percorrendo questi anni 90^i nrie millen- nio, e che nella rifondazione della problematica dellimmagine ri scopre in Nice a e lo statuto dellImmagine - siccome abbiamo vo luto sottotitolare il presente volume - il baricentro ineludibile che ha determinato il corso della storia ed ipoteca la nostra contempo raneit. Basta citare lintrigante volume Vita e morte dellimmagine. Una storia dello sguardo in Occidente di Rgis Debray (1992) fino -------- ---------------------------------- O-,,.....,. ----- _ P al recentissimo, ed eloquente fin dal titolo, Immagine, icona, econo mia. Le sorgenti bizantine dellimmaginario contemporaneo di Ma- rie-J os Mondzain (1996), per toccare con mano la completa riva- lutazione di Nicea e la sua irresistibile irruzione nel dibattito teo rico odierno; Cos, vedere linvisibile) insegna di Nicea e dellintera estetica bizantina (nostro titolo, ma anche quello che apre U riumrcTsp7 ciale della rivista Critique, dedicato nel 1996 allimmagine), divie ne un indice polivalente e davvero euristico. Nel senso che lanti ca polemica sulle immagini esorbita lepisodio, pur importantissi mo, di storia religiosa che lha provocata per acquistare ulteriori e cruciali valenze conoscitive. Anzitutto - per quanto primariamen te ci tocca - limmagine come icona assume una flagrante investi tura estetologica, che sostanzia dT compes^ grolle Lckfe di cui parlavano i primi storici dellestetira, ~prp alimenta il percorso premoderno. KTaTpr in generale, la' ftmzit Svolta dallimmagine, artistica e non, oltre ad illuminare meccanismi fondamentali della costruzione dellOccidente, procura un accesso privilegiato alla nostra stessa congerie. Non necessariamente porte regali nellaccezione di Flo renskij, ma porte molto pi profane, anzi una gate postmoderna per cos dire. Sintetizzando ai limiti del lecito, ci limiteremo ad os servare che lantica trasgressione alla proibizione biblica di fabbri- care immagini, spintasTfinolTsci^ lassoluto, ha fondato grazie a Nicea il nostro^*impero di seffsi^; proprio quello aperto dalPestetica moderna, in cui si oramT tecnologicamente consumata ogni distinzione fra visibile e invisibile, in cui tutto pu e deve essere visto, e, sostituito blasfemicamente Dio con Holly wood e Internet, Hmmagine divenuta metastasi del mondo come ganvisibilit. Ma non vogliamo innescare uno usteron proteron, anticipando riflessioni sulla realt dellimmagine, che i testi finalmente qui pre sentati non possono non propiziare. In questa occasione suffi ciente offrire alla comunit scientifica sicure condizioni testuali per le analisi future, che anche noi siamo impegnati altrove a sviluppa- re. E consegniamo il volume al lettore fiduciosi che la smagliante traduzione degli antichi dibattiti, lampio e puntuale apparato cri tico che li sorregge, le tre strategiche Appendici che lo corredano, gli offrano un prezioso strumento di lavoro. Il volume dedicato alla memoria di Claudio Gerbino. La presente edizione traduce solo le parti del Secondo Concilio di Nicea di maggior interesse per la questione dell'immagine. La traduzione stata condotta sul testo stabilito da J.-D. Mansi, Sacrorum conciliorum nova et amplissima col- lectio, tt. xii e xiii, Firenze 1766 e 1767 (verr indicato con MANSI). Le parti in cui divisa la traduzione corrispondono alle sessioni del Concilio, secondo il seguente schema: Parte prima: MANSI xii 1055 A-1072 C, 1077 C-1084 D (seconda sessione); Parte seconda: MANSI xm 1 A-20 E, 39 D-42 B, 43 A-54 C, 57 B-58 D, 67 D-72 D, 79 C-80 D, 91 C-100 A (quarta sessione); Parte terza: MANSI xm 165 E-170 B, 171 0 1 7 2 E, 179 C-182 C, 182 E-188 A (quinta sessione); Parte quarta: MANSI xm 205 A-364 E (sesta sessione); Parte quinta: MANSI X I I I 373 D-380 B (settima sessione). Il passaggio da una colonna allaltra nel testo di MANSI segnalato con I: con il segno [...] si indica l'omissione di una porzione di testo; mentre con il segno ... si indicano segmentazioni interne al testo. Le citazioni del testo biblico fanno di norma riferimento alla Vulgata; i l rife rimento al testo dei Settanta indicato con (lxx). Si sono usate anche le seguenti abbreviazioni: PG = Patrologia graeca, ed. J.-P. Migne, Paris 1857-1866. GCS = Die griechischen christlichen Schriftsteller der ersten drei Jahrhun- derte, Leipzig 1897 ss. Referenze bibliografiche Luigi Russo, Una Storia per l'Estetica, Palermo, Aesthetica Preprint , 19 (1988); Id., Tatarkiewicz e la storia dellestetica, postfazione a W. Tatarkiewicz, Storia di sei I dee, Aesthetica, Palermo, 1993; Id., Assunto e il Paesaggio dellestetica, in Rosario Assunto: in memoriam, Aesthetica Preprint , 44 (1993), Wladyslaw Tatarkiewicz, Historia estetyki, Wrodaw-Krakw, 1960, trad. it. Storia dell'estetica, Einaudi, Torino, 1979-80, 3 voli.; Id., Dzieje szesciu pajqc, Warszawa, 1975, trad. it. Storia di sei I dee, Aesthetica, Palermo, 1993; Rosario Assunto, La critica darte nel pensiero medievale. I l Saggiatore, Milano, 1961; Id., Stagioni e ragioni nellestetica del Settecento, Mursia, Milano, 1967; Id.., Lantichit come futuro. Studio sullestetica del neo classicismo europeo, Mursia, Milano, 1973. Nella collana Aesthetica sono stati pubblicati: A. G. Baumgarten, Meditationes phi losophies de nonnullis ad poema pertinentibus, 1735 (Riflessioni sul testo poetico, 1985); F. Hutcheson, An I nquiry into the Origin of Our I deas of Beauty and Virtue, 1725 (L origine della Bellezza, 1988); E. Burke, A Philosophical Enquiry into the Origin of our I deas of the Sublime and Beautiful, 1757 (I nchiesta sul Bello e il Sublime, 1995); Ch. Beaux-Arts rduits un mime principe, 1746 (Le Belle Arti ricondotte ad unie&ihi0 p i a ^ f 1992); M.-A. Laugier, Essai sur 1Architecture, 1755 (Saggio sullArcfntelturqgtytflT) -J. Rousseau, Lettre dAlembert sur les spectacles, 1758 (Lettera sugli Spettacoli, 1995); D. Diderot, Essais sur la peinture (Saggi sulla Pittura, 1991); J. J. Winckelmann, Gedanken ber die Nachahmung der griechischen Werke in der Malerey und Bildhauerkunst (Pensieri sull'Imitazione, 1992); A. R. Mengs, Gedanken ber die Schnheit und ber den Ge- schmack in der Malerey, 1780 (Pensieri sulla Pittura, 1996); G. E. Lessing, Laokoon, oder ber die Grenzen der Mahlerey und Poesie, 1766 (Laocoonte, 1991); F. Hemsterhuis, Lettre sur la Sculpture, 1769 (Lettera sulla Scultura, 1994); J. G. Herder, Plastik, 1778 (Plastica, 1994); G. Spalletti, Saggio sopra la Bellezza, 1765 (1992); E. de Arteaga, Belleza Ideal, 1789 (La Bellezza Ideale, 1993); F. Schlegel, Frammenti di Estetica (1989); K. Ph. Moritz, Schrif- ten zur sthetik und Poetik, 1785-93 (Scritti di Estetica, 1990); F. Schelling, l ber das Verbdltnis der bildenden Knste zu der Natur, 1807 (Le arti figurative e la Natura, 1989); F. D. Schleiermacher, sthetik, 1819 (Estetica, 1988); K. W. F. Solger, Vorlesungen ber sthetik, 1829 (Lezioni di Estetica, 1995); K. Rosenkranz, sthetik des Hfilichen, 1853 (Estetica del Brutto, 19942); G. Lukcs, Scritti sul Romance (19952); D. Formaggio, Pro blemi di Estetica, 1991; E. Grassi, La metafora inaudita, 1990; H. Sedlmayr, Das Licht in seinen knstlerischen Manifestationen, 1979 (La Luce nelle sue manifestazioni artistiche, 19942); C. Brandi, Segno e Immagine, 1996}; R. Arnheim, Thoughts on Art Education, 1989 (Pensieri sull'Educazione artistica, 1992); R. Assunto, La parola anteriore come parola ulteriore, 1984; W. Tatarkiewicz, Storia di sei Idee, cit.; J. Dennis, Grounds of Criticism in Poetry, 1704 (Critica della Poesia, 1994); R. Frart de Chambray, Ide de la perfection de la Peinture, 1662 (La perfezione della Pittura, 1990); B. Gracin, Agudeza y Arte de In genti, 1648 (L'Acutezza e l Arte dellIngegno, 1986); Aristotele, Scritti sul Piacere (1989); Pseudo Longino, Il Sublime (19922). Negli Aesthetica Preprint sono stati pubblicati: F. B. de Saint-Hilarion, Les Propor tions de 1Architecture (Le Proporzioni dellArchitettura, 42, 1994); C. Perrault, Prface aROrdonnance des Cinq Espces de Colonnes selon la Mthode des Anciens, 1683 (Lordine dellArchitettura, 31, 1991); G. F. Meier, Einleitung agli Anfangsgrnde aller schnen Wissenschaften, 1754 (Introduzione ai Fondamenti Primi di tutte le Scienze Belle, 30, 1990; M. Mendelssohn, Betrachtungen ber die Quellen und die Verbindungen der Knste und schnen Wissenschaften, 1757 (I principi fondamentali delle Belle Arti, 26, 1989); D. Di derot, Penses dtaches sur la peinture, la sculpture et la posie, 1773-74 (Pensieri sparsi sulla pittura, la scultura e la poesia, 34, 1992); J. W. Goethe, ber Laokoon, 1798 (Sul Laocoonte, 35, 1992); J. Roller, Entwurf einer Geschichte und Literatur des sthetik, 1799 (Schizzo d i una storia e bibliografia dellEstetica, 25, 1989); F. Ast, liber den Geist des Altertums und dessen Bedeutung fr unser Zeitalter, 1805 (Lo spirito dell'antichit e il suo significato per il nostro tempo, 17, 1987); F. D. Schleiermacher, ber den Umfang des Begriffs der Kunst in Bezug auf die Theorie derselben, 1835 (Sul concetto dell'Arte, 22, 1988); E. Spranger, Lebensformen. Geisteswissenschaftliche Psychologie und Ethik der Per- snlichkeit, 1925 (Luomo estetico, 28, 1990); J. Mukavsky, O motorickm dni v poezii, 1937 (Il processo motorio in poesia, 15, 1987); M. Geiger, Vom Dilettantsmus im kn stlerischen Erleben, 1928 (Lo spettatore dilettante, 21, 1988); Ch. L. Stevenson, Interpre tation and Evaluation in Aesthetics, 1950 (Interpretazione e valutazione in estetica, 11, 1986). Cesare Brandi, Perch si form uniconografia bizantina, in Id., Segno e Immagine, cit.; Rosario Assunto, La critica darte nel pensiero medievale, cit.; Pavel Florenskij, Le porte re gali. Saggio sullicona, Adelphi, Milano, 1977; Wladyslaw Tatarkiewicz, Storia dell'esteti ca, li, cit.; Viktor Bydcov, L'estetica bizantina. Problemi teorici. Congedo, Lecce, 1983. David Freedberg, The Power of Images. Studies in the History and Theory of Re sponse, 1989, trad. it. Il potere delle immagini. Il mondo delle figure: reazioni e emozioni del pubblico, Einaudi, Torino 1993; Rgis Debray, Vie et mort de Iimage. Une histoire du regard en Occident, Gallimard, Paris, 1992; Marie-Jos Mondzain, Image, Icne, Economie. Les sources byzantines de l imaginaire contemporan, Seuil, Paris, 1996; Arrts sur I image, Critique, 589-90 (1996). La grofie Lcke dellestetica fu concettualizzata gi da Robert Zinunerrnann, Ge schichte der sthetik als philosophischer Wissenschaft (1858), rist. anast. Hildesheim-New York, 1973. Varie prima Synodica di Adriano I alla Corte di Costantinopoli I Traduzione 1 della lettera in latino di Adriano, santissimo papa dellantica Roma Adriano, servo dei servi di Dio, ai signori piissimi e serenissimi vincitori e trionfatori, figli diletti in Dio e Signore nostro Ges Cri sto, Costantino ed I rene Augusti. Dio che disse: rifulga la luce dalle tenebre 2, che ci ha riscattati dal potere delle tenebre 3con lincarnazione del Figlio suo vera luce, nel quale si compiacque di far abitare ogni pienezza di divinit ed attraverso il quale volle rinnovare tutte le cose, rappacificando in lui, con il sangue della sua croce, le cose che stanno sulla terra e quelle nei cieli 4; per le mol teplici ricchezze della sua bont, guardando al volt della sua Chie sa, si degnato di chiamare la vostra piet e predestinata serenit di imperiale clemenza allintegrit della fede, per coprire di disono re attraverso voi tutta la meschinit della falsa dottrina e rivelare la verit. Leggendo la lettera inviataci dalla vostra serena piet il no stro cure si molto rallegrato, e ci sentimmo colmi di una gioia ed esultanza tale che nessuna parola di uomo saprebbe dire. La letizia che ha destato in noi, infatti, lordinanza che ora avete promulga to 5 grande quanto il dolore che provammo qualche tempo fa per leresia degliscismatici 6. E, per quel che riguarda ci cui anche nelle vostre venerabili ordinanze si fa cenno, i fatti, cio, che ac caddero tempo fa nella vostra regale citt a causa delle venerande immagini, e. come i vostri predecessori le abbiano distrutte ed ab- Bin^.^pstd'essee sestssrirbTtraggf ed al disonore: Dio non voglia che debbano render conto di questo peccato, perch meglio sarebbe stato per loro non avere mai alzato il braccio contro la Chiesa. Tutto il popolo delle regioni nn>nta1ir infatti, caduto nel lerrore e, nei confronti delle immagini, hfl agito ciascuno secondo il proprio capriccio, come a ciascuno pareva, fin quando Dio non ha innalzato al potere voi, che cercate la Sua gloria nella verit e volete preservare ci che fu tramandato dal magistero dei santi Apostoli e di tutti i maestri 7, ed onorare le venerande immagini distrutte dalla follia degli eretici. Scoprendo or ora, grazie alle vo stre pie ordinanze, qual il vostro intendimento rispetto alla que stione, molto supplicando Dio onnipotente per la vostra potenza, vi rendiamo grazia ed onore. La regalit vostra, voluta da Dio, sappia con sicura certezza che la grande opera che avete intrapreso, se per la vostra intercessione potr compiersi, se ripristiner lantica orto dossia in quelle regioni, se le venerande immagini saranno reinnal zate alla loro originaria dignit; ebbene, voi diverrete partecipi della divina sorte che tocc al signore Costantino e ad Elena signora - che resero chiara e penetrante l ortodossa fede ed esaltarono ancor di pi la santa vostra madre Chiesa cattolica romana e spirituale - come anche ai vostri predecessori, I che regnarono rimanendo nel l ortodossia. E cos verr rivelato anche il vostro piissimo nome, donato da Dio, di Nuovo Costantino e Nuova Elena, e si diffonde r per tutta l ecumene nella lode; e per esso sar rinnovata la san ta Chiesa cattolica ed apostolica. E soprattutto se seguir la tradi zione dellortodossa fede della Chiesa dei santi Pietro e Paolo, co rifei degli Apostoli, e abbraccer il loro vicario - come anche ono rarono il loro vicario e lo amarono con tutto il loro cuore gli impe ratori che vennero prima di voi sin da principio -; e se la vostra potenza, voluta da Dio, onorer la santissima Chiesa romana dei corifei degli Apostoli, ai quali fu dato dallo stesso Verbo di Dio il potere di sciogliere e legare i peccati nel cielo e sulla terra 8: ebbe ne, loro diverranno difensori della potenza vostra e tutti i popoli barbari saranno sottomessi ai vostri piedi e dovunque andrete vi ac clameranno vincitori. Essi, infatti, i santi e corifei degli Apostoli, che hanno dato inizio alla fede cattolica e ortodossa, per iscritto sancirono che tutti i loro successori sul loro trono perseverassero nella loro fede clvi . rimanessero sino alla fine;, e cos persevera la nostra Chiesa ed onora le sante lro immagini. per questo che anche oggi le nostre chiese sono ornate ed abbellite dalle loro ve nerande immagini, come testimonia anche il beatissimo e santissi mo papa Silvestro 9agli inizi della retta fede di noi Cristiani, quan do Costantino, ^imperatore un tempo per volont di Dio, si volse alla fede: y passato il giorno e giunta gi la notte, ordin che ci fosse silenzio e addor mentatosi gli apparvero i santi Apostoli Pietro e Paolo, che gli digsQ: P o i c h hai disposto, o imperatore, di versare il sangue dei piccoli per la malattia d i cui soffri, ecco, siamo stati mandati da Cristo per darti la salvezza; ascolta d u n q u e la nostra ammonizione e fa tutto quanto ti ordiniamo. Manda a chiamare il ve scovo Silvestro, che fuggito da te a causa della tua persecuzione e che oggi si trova nascosto nelle grotte del monte Soratte insieme al suo clero. Lui ti prepa rer una piscina di piet ed in essa ti battezzer, ed in te si realizzer la guarigio ne dalla lebbra e da tutti i malanni. E quando avrai avuto questo bene, subito volgiti in ogni luogo della Chiesa romana, per essere rinnovato. Purifica nte stesso, allontanandoti da ogni servit degli idoli, adora il solo vero Dio e cammina se- condo la sua volont. Svegliatosi dal sonno, subito riun tutti quelli del suo palazzo e raccont loro ci che aveva visto in sogno. E subito mand qualcuno al monte Soratte, dove si trovava il santo Silvestro, nascosto con il suo clero, che trascorreva il tempo nella lettura. Vedendosi circondato da un esercito, questi disse al suo clero: Ecco ora il momento giusto, adesso il giorno della salvez za. E, mentre andava vij gli "fu detto dai soldati per quale motivo era ricerca to. Giunto di fronte allimperatore con tre presbiteri e due diaconi, I quando lo ""vide, disse: Pace a te, o imperatore, dallalto del cielo, e vittoria!. E l impera tore, accogliendo le sue parole con occhi ridenti e cuore semplice, raccont al santo Silvestro quanto gli era stato rivelato; e, alla fine del racconto, lo interro g dicendo: Quelli che ho visto, Pietro e Paolo, che dei sono?. Il santissimo Silvestro cos gli rispose: Loro non sono dei, ma servi e discepoli del nostro Si gnore Ges Cristo, che li ha scelti per convertire tutti i popoli a credere in Lui. Sentite queste parole, r i p e t i t r e gli chise ancora s prjcas esistessero lelro immagini; allora il santo Silvestro-ordin ad un dicono di portare le icone de- glfApostoli. Quando le vide, l imperatore grid: Ma questi sono quelli rhp mi apparvero in visionejcome posso rimanere incredulo? Si appresti la piscina della mia salvezza!. , apprestata la piscina, fu battezzato e aubilo fu. sanato. Poi, memore del bene ricevuto, anche lui si diede a costruire chiese, innalzando in esse le stesse venerande immagini, per devo zione e ricordo del Signore nostro Ges Cristo, che si fece uomo, e di tutti i santi; s che convert tutti aLcristianesimo. alla luce, alla verit ed al desiderio .della divina adorazione, e strapp via tutti dalidoTatna pagana e dallinganno dei demoni. Allo stesso modo j 4Cinsegn il santo Gregorio 10, il successore degli Apostoli, che tutti gli uomini ignoranti ed incapaci di leggere vedano le storie del VngeTTed^Attraverso esse siano condotti a glorificare ed accorda re l dispenszrie^'^ del re e Signore nostro Ges Cri sto 11. E tutti gli ortdossi'FWiStiani^lfHii' imperatori, con tutti i sacerdoti e gli uomini onorati, che servono Dio insieme a tutto il cristianissimo popolo, secondo lantica consegna dei santi padri, accolsero, difesero e mantengono le stesse venerande immagini nel ricordo e nella compunzione del cuore, e fino ad oggi le venerano. E dalle vostre parti furono venerate nellortodossia fino al vostro bisnonno ma lui, istigato da alcuni empi, fece abbattere su due piedi le sacre icone, e, aa allora," iTgrr'd'"5ffore* crebbe nette re gioni della Grecia. 3~un gran'd scandalo"lTF~naciffi^ il mondo. Ma^guai a quelli cne prtrono scaridirhel mondoTcdm *7 Lui stesso, in verit, testimonia . Per questo vissero m gi.m.li' af flizione Gregorio Me Gregorio 15, beatissimi pontefici del n'-no trono romano che vissero in quei tempi; e spesso importunarono il bisnonno della pia serenit vostra proprio per reinnalzarc alla loro dignit le venerande immagini, ma in nessun modo quello si pieg alle loro salutari suppliche. Poi, il signore Zaccaria K\ e Stclano |:, e Paolo e un altro Stefano 19, santissimi pontefici nostri prode cessovi, importunarono il nonno 20ed il padre 21della pia vostra maest per il ripristino delle stesse sacre icone. Similmente, anche la nostra piccolezza importuna con grande umilt la vostra maest, I affinch, secondo quanto tramandato dai santissimi nostri prede eessori e stimatissimi pontefici, nelle chiese possiamo apprestare rappresentazioni figurate al fine di ricordare, e possiamo porre nel la casa di Dio la sacra immagine del Signore nostro Ges Cristo secondo lincarnazione della sua forma umana; ed insieme limma gne della sua santa madre, dei santi e beati Apostoli, dei profeti, dei martiri e dei confessori; e con amore possiamo venerarle. Per ci, anche la vostra giustissima maest ordini di compiere unener gica azione nelle regioni della stessa Grecia e pareggi il diritto della fede ortodossa; affinch, come fu scritto, ci sia un solo gregge ed un solo pastore 22, poich in tutto il mondo cristiano le stesse ve nerande immagini sono onorate da tutti coloro che sono veramente fedeli; affinch, attrave^J [yQltp_vtibUe, la nostra mente sia rapita verso l'invisibile divinit della sua grandezza con una disposizione spirituale, secondo la carne che il figlio di Dio si degn d accoglie re per la nostra salvezza; affinch adoriamo colui che nei cieli, che ci ha riscattato e, glorificandolo nello spirito, lo lodiamo. Infat ti, come fu scritto, Dio spirito 23; e, secondo questa parola, glo rificandolo spirtualmipf^liddflMi'd1l sua divinit. Che non ci ac cada, come alcuni sciocchi dicono, di dfifirarf^|g ;mpapm;TaTTan- no ed il desiderio che sentiamo, sono, per amore di Dio e defsuo santi. E, come dice la nostra divina Scrittu^ttsische custodiamo la purezza della nostra fede manteniamo lefimmagin&ome segni che d richiamano alla venerazione. Infatti, iP&eeatere' e demiurgo n stro^ Signore Do, che ha plasmato luomo a sua immagine e so miglianza 24 dalla materia della terra, illuminandolo lo ha reso libe ro; e lo stesso primo uomo, nella sua libert, per ordine divino die de a tutti gli animali e agli uccelli del cielo e a tutto il bestiame del la terra i loro nomi25. Anche Abele portava in dono al Signore Dio di sua volont i primogeniti del suo gregge. E di lui leggiamo che il Signore volse lo sguardo su Abele ed i suoi doni 26. Poi, anche No, dopo il diluvio, costru un altare edificandolo di sua volont, 18 e di tutte le bestie ed uccelli offr puri doni a Dio su quellaltare 27. Similmente anche Abramo, come sta scritto, costru un altare ad onore e gloria di Dio 28, quando gli si era manifestato. E Giacobbe, in fuga da suo fratello, in sogno vide gli angeli di Dio salire e scen dere per una scala, e su di essa vide il Signore che gli parlava; e, levatosi, di propria volont prese la pietra che si era posta come guanciale, la eresse come una stele e vers olio sulla sua sommit; e chiam quel luogo Betel, dicendo: non altro che la casa di Dio 29. Per questo il Signore non si adir mai con lui, perch di sua volont aveva eretto la stele. Perci, dopo un po, nel seguito della storia, disse: I o sono il Dio di Betel, dove tu hai unto una stele e dove mi hai fatto un voto 30. Infatti, o serenissimi figli, so vrani grandi ed ortodossi imperatori, quanto I nellumana intenzio ne per la gloria di Dio, diviene a Lui gradito. Ed ancora lo stesso Giacobbe si prostr sulla cima del suo bastone 31, facendo ci per fede nellamore di Dio, fede della quale parla lapostolo Paolo nella Lettera agli Ebrei32; egli non ador il bastone ma colui che ne il padrone, come dimostrazione damore. Cos anche noi^con lardente amore che sentiamo per il Signore e per i sanpA.i}jp.,XMb presentiamo nelle icone le sembianze. tributandi ><more non alla tavola ed ai colori ma aj:plqrq.jL ippare.il no me. Leggiamo ancora lordine che fu dato a Mos dal Signore, che gli disse: farai il coperchio, o propiziatorio, doro pum avr due cubiti di lunghezza e un cubito e mezzo di larghezza; e due cheru bini doro battuto, che guardano da entrambe le parti; e, d<>po un po: sopra collocherai la Testimonianza che ti dar, per coprire larca, e parler con te da sopra il propiziatorio, cio in mezzi ai due cherubini che stanno sopra il coperchio dellarca della Testi monianza 33; ma anche sui tendoni e sulla copertura del tempio dei cherubini ordin che vi fosse un tessuto di vari colori. Bisogna riflettere, o serenissimi signori e figli, sul fatto che lonnipotente Signore e Dio nostro si degn di parlare per la salvezza del suo po polo dallo spazio tra i cherubini fatti a mano. per questo che, senza dubbio, quanto stato posto nelle chiese di Dio a lode ed abbellimento della sua casa anche riconosciuto santo e venerabile. E bisogna aggiungere anche, o serenissimi signori, per la convin zione degli increduli e la correzione di coloro che sono nellerrore, che Dio ordin al suo servo Mos, come si legge nel libro dei Nu meri, a causa del flagello che si era abbattuto su di loro: "Fatti un serpente e mettilo sopra unasta; chiunque, dopo essere stato mor so. lo guarder, rester in vita. Mos allora fece un serpente di rame e Io mise sopra lasta; quando un serpente aveva morso qual- cuno, se questi guardava il serpente di rame, era sanato 11, C) stol tezza di coloro che insolentiscono contro la fede e la religione dei cristiani! Essi, infatti, hanno abbandonato luso di venerare le vene rande immagini, nelle quali si trovano le rappresentazioni del no stro Salvatore, della sua Genitrice e di tutti i santi, e la cui poten za sostiene e salva il genere umano; poich, se crediamo che il po polo dIsraele si salv per la visione del serpente di rame, che non ci accada di dubitare n di allontanarci dalla tradizione dei santi Padri e neanche di deviare dal loro insegnamento 35. Anche il re Salomone, nel tempio che aveva costruito a Dio fece i cherubini a gloria di Dio, ed orn il tempio stesso con diversi colori36; ed an che noi e tutti gli ortodossi facciamo professione della nostra fede e rendiamo bella la casa di Dio con vari colori e con lornamenta zione fatta dai pittori; poich anche il profeta Isaia disse: In quel giorno ci sar un altare dedicato al Signore in mezzo alla terra dEgitto ed una stele in onore del Signore presso la sua frontiera: sar un segno ed una testimonianza per il Signore degli eserciti nel paese dEgitto. Quando, di fronte agli avversari, invocheranno il Signore, allora egli mander I loro un liberatore che li salver e combatter per loro 37. Anche il salmista Davide inneggia dicendo: confessione di fede e bellezza sono davanti a lui 38; e poi di nuo vo: Signore, ho amato la maest della tua casa e il luogo del tem pio della tua gloria 39; e di nuovo, annunciando la venuta e lin carnazione del Figlio di Dio e Salvatore nostro, con forza ammon di adorare il suo volto secondo la sua dispensazione nella carne e disse: ti cerc il mio volto, cercher, o Signore, il tuo volto 40; ed ancora: i pi ricchi del popolo invocheranno il tuo volto 41; e poi: impressa su di noi, Signore, la luce del tuo volto 42. Perci santAgostino, il grande maestro, nelle sue Ammonizioni disse: che cosa limmagine di Dio se non il volto di Dio, in cui il popolo di DioTulegnat^r^rPoI lail'GTe^riD^vescovw^ Nissa compose un Discorso su Abramo in cui diceva: spesso ho visto la rappresen tazione del doloroso evento, e non ho potuto smettere di guardarlo senza ritrovarmi a piangere, poich larte con chiarezza recava la storia alla vista 44; ed ancora scrisse nella sua Interpretazione del Cantico dei Cantici-, come dice la dottrina dipinta: senzaltro una qualche materia c nelle differenti tinte, che compie limitazione dellanima; colui che, infatti, guarda licona, una tavola riempita di colori con arte, non trae la somiglianza dalla tinta, ma condotto alla visione del prototipo 45. Anche nella Lettera del santo Basilio a Giuliano il Prevaricatore si dice: 20 Poich abbiamo ereditato da Dio la nostra irreprensibile fede di Cristiani, io professo, riconosco e credo in un solo Dio onnipotente, Dio Padre, Dio Fi glio, Dio Spirito Santo; un Dio unico in questi tre io adoro e glorifico; credo anche nella dispensazione del Figlio nella carne, e nella santa Maria che lo ha generato secondo la carne, madre di Dio; ed accolgo i santi Apostoli, i profeti ed i martiri che supplicano Dio, perch per la loro intercessione Dio, amante delluomo, mi propizio e dona la remissione dei peccati; e perci onoro e venero apertamente anche le rappresentazioni presenti nelle loro immagini, poi ch questa i a tradizione dei sanH'pS totT'nh dO Sser abolit;affittir tutte le nostre cinese innalziamo le loro rappresentazioni 46. Ed ancora fu detto dallo stesso santo, nel Discorso sui santi qua ranta Martiri: Poich trofei e vittorie di guerre gli scrittori ed i pittori spesso rappresen tano, ornandoli gli uni con le parole, raffigurandoli gli altri nelle tavole; e gli uni e gli altri spinsero molti alla virt: infatti, ci che le parole della storia descrivono, la pittura lo indica silenziosamente attraverso l imitazione 47. Ed ancora, dal discorso del santo Giovanni Crisostomo, vescovo di Costantinopoli, Sulla parabola del seme: Se disprezzi il vestito dellimperatore, non disprezzi anche colui che se ne veste"? fvlon sai che chi (Jtraggia iTmrnagine latta di l ^ o FcoTofi non e accu- sato di aver agito sfrontatamente contro un oggetto inanimato ma contro lim peratore? I Trasferisce infatti due volte sullimperatore loltraggio 4S. Ed ancora, dal discorso dello stesso Padre Per la quinta feria di Pasqua-. Tutte le cose, infatti, furono fatte s per gloria di lui ma anche per nostra utilit: le nubi, al servizio della pioggia; la terra, per l abbondanza dei frutti; il mare, che benefica i naviganti: tutto al servizio di Dio, anzi piuttosto dellim- magine.di Dio. Infatti, quando vengono portate per laatt le figufeTT HMRg- gini imperiali, edTmagstrafi e l e popoTazinfvahno loro Incontro con lodiTniSbr onorano la tavola o la figura di cera ma la raffigurazione deHimperatore^oogJ ahchl creazione non onora la forma terrna ma venera la figura c r e s t e 49. Ed allo stesso modo riportiamo anche quanto dice il beato Ci rillo nella sua Interpretazione del santo Vangelo secondo Matteo: la fede, infatti, dipinge ci che parola in forma di Dio, come anche la redenzione della nostra vita fu riportata a Dio, che si rivestito della somiglianza con noi ed divenuto uomo; ed ancora, poco dopo: le parabole svolgono per noi la funzione di immagini, che ci indicano la virt; esse suggeriscono, allo stesso modo che se guardassimo con gli occhi o toccassimo^con Te rnani liriche ci che 21 si pu contemplare invisibilmente con un guizzo del pensiero Ed ancora il discorso del santo Atanasio vescovo di Alessandria Sull'incarnazione del Signore, che inizia cos: Abbiamo a sufficien za scritto scegliendo poche questioni fra molte; poco dopo dice: E ci che viene dipinto sulle tavole, quando l immagine si perde per il su diciume che le viene da fuori, di nuovo necessario rifarsi al soggetto della fi gura e riaccostarla a ci di cui essa figura, per poter rinnovare l immagine sulla medesima materia ed elemento. Infatti, a causa della figura di esso, nean che la materia su cui raffigurato viene buttata ma su di essa si ridipinge 51. Ed un altro discorso ancora, del beato Ambrogio allimperato re Graziano, tratto dal terzo libro, capitolo nono: e che, dunque? Forse adorando la sua divinit e la sua carne dividiamo il Cristo? O quando adoriamo in lui limmagine divina e la croce, lo dividia mo? Non sia mai! 52. E ancora, del santo Epifanio di Costanzia di Cipro: e infatti anche Fin^eratore, se ha unimmagine forse due imperatori? No di certonimperatore uno anche con Tmmagi- ne 5\ Ed ancora, 3eT santo SteEantTvTOV3i''Bbslrar'''' Noi riguardo alle icone dei santi crediamo che ogni opera che si compie in nome di Dio buona e santa. Altro, infatti, unicona ed altro un idolo, cio una statuetta. Giacch quando Dio plasm Adamo, cio lo cre, disse: Faccia mo l'uomo a nostra immagine e somiglianza; e fece l uomo ad immagine di Dio. E che? Dal momento che luomo immagine di Dio, un idolo, e cio idolatria ed empiet? Non sia mai! Se Adamo fosse stato immagine di demoni, sarebbe stato rigettato e rifiutato; ma poich immagine di Dio onorato e bene accolto. Ogni immagine, infatti, fatta nel nome del Signore, sia essa di angeli, o di profeti, o di Apostoli, o di martri, o di giusti, ^santa^ giacch non ^addratoH l gno ma si onora ci che nel legno si vede e viefi'eincordato. Tutti noi, InfatinTadoriamo 1 governance cruentiamo attaccati a loro anche se sono peccatori. Perch dunque non dovremmo venerare i santi servi di Dio ed in loro memoria costruire ed innalzare le loro immagini affinch non vengano di menticati? Ma tu dici che Dio stesso proib di adorare ci che viene fatto con le mani. Allora dimmi, o Giudeo: cosa c sulla superficie della terra che non sia fatto con le mani, dopo la creazione di Dio? Cosa, dunque? Larca di Dio, che fu fatta e costruita con il legno di Setheim, non fatta con le mani? E laltare, ed il propiziatorio, e lo stamno dove si trovava la manna, e la tavola, e la lucer na, ed il tabernacolo interno ed esterno, non sono fra le opere delle mani de gli uomini, che Salomone fece? E perch si chiama Santo dei Santi ci che fatto dalla mano delluomo? E che? I cherubini e le creature a sei ali intorno all'altare, non erano animali ed immagini degli angeli, opere di mano umana? E come mai non sono state rifiutate? Poich le icone degli angeli furono fatte per ordine di Dio, sono sante, ed erano animali. E infatti gli idoli dei pagani, che erano immagini di demoni, Dio li ha rigettati e condannati. Noi, invece, faccia^ mo iorn> a dei fjpfr ft Ahramo. di Mos. di .Efc Hi Isaia, di Zaccaria e degli altri profeti, apostoli e santi martiri che sono stati uccisi per ii Signore; affinch cKiungueli veda neffigiesT ricordi di loro e glorifichi il Si- gnore che li ha glorificati. A loro, infatti, si addice onore e venerazione, e che innalziamole n ^ r e vite alla loro altezza, seguendo la loro giustizia; affinch tutti coloro che li vedono si curino di diventare anche loro imitatori della loro condotta. Che cosa infatti l onore della venerazione, se non semplicemente ci secondo cui anche noi peccatoti,ci veneriamo e ci salutiamo a vicenda.WJ Segno di onore e di affetto?. d cos, non altrimenti, che veneriamo il nostro Signore, c glorificandolo addirittura tremiamo. Licona a somiglianza di colui che stato dipinto in essa. Ma gli empi, che non operano il bene e non ricordano i santi, non ostacolino chi fa il bene, e non scandalizzino chi onora i santi e i servi di Dio e si ricorda di loro. Essi riceveranno un ricco compenso per la loro buona condotta; gli empi, invece, cos come hanno ragionato, riceveranno la ca duta nel disonore, poich non si sono curati della giustizia, allontanandosi da Dio. In ricordo dei santi le icone vengono dipinte, onorate e venerate, poich essi sono i servi di Dio che supplicano ed importunano per noi la divinit. E giusto ricordare coloro che ci hanno preceduto e rendere grazie a Dio M. . E dal discorso del beato Geronimo, presbitero di Gerusalemme: E infatti, quando Dio permise ad ogni popolo di adorare i manufatti, ai Giudei si compiacque di dare quelle tavole che Mos aveva tagliato e i due che rubini doro; cos anche a noi cristiani don di dipingere e adorare la croce ^ le immagini delle buone opere, e di mostrare lopera nostra Insomma, o piissimi e serenissimi signori e figli, abbiamo percr so brevemente i su riportati brani dei santi Padri. Ma anche iElii- conto della divina Scrittura, del Vecchio e del Nuovo Testament reca testimonianza dellosservanza del culto divino; poich ci-<l stato innalzato nelle chiese a lode di Dio, in memoria I della jt condotta di vita, per cenno di Dio, lo stato secondo la tradizine dei santi Padri che riguarda lerezione delle sacre icone e la divina Scrittura presente nella pittura; secondo quanto ci siamo preoccu pati di richiamare allattenzione della serena vostra maest, da 1)io ratificata, con ogni umilt e schiettezza di cuore, attraverso il preseli te apostolico messaggio. Perci necessario conservare le specifiche testimonianze degli eccellenti ed onoratissimi Padri che sostennero le sacre immagini, come abbiamo constatato nei loro libri e come ci siamo curati di ricordare alla vostra indulgentissima maest. Invoco di gran cuore la vostra bont, ed a voi inginocchiandomi come se fossi presente e piegandomi ai vostri piedi vi supplico, e di fronte,a Dio vi prego e vi scongiuro: ordinate che nella citt imperiale, pro tetta da Dio,~ed ih entrambe le parti della Grecia le sacre immagi ni siano collocate e rimangano nella loro sede originaria; adempien do cos la consegna di questa nostra sacratissima e santissima Chiesa e allontanando via da voi nel disprezzo la cattiveria degli empi ere tici, per essere accolti tra le braccia di questa nostra santa, cattoli ca, apostolica Chiesa romana irreprensibile. 23 Synodica di Adriano I a Tarasio Patriarca di Costantinopoli Lettera di Adriano santissimo papa dellantica Roma, tradotta dal latino in greco Adriano (vescovo), servo dei servi di Dio, allamato fratello Ta rasio patriarca. Meditando - grazie alle sollecitudini pastorali con cui conviene pascere il popolo di Dio, e ad una riflessione assai meticolosa - sul modo in cui deve essere proclamata intatta in ogni occasione dal laraldo la voce dellannuncio della salvezza, e su come deve esse re il pastore nella compassione e come nel genere di vita, affinch nella compassione sia vicino a ciascuno e nel genere di vita di esempio per tutti; e affinch prenda su di s le infermit di tutti con pia commozione e tutti conduca alle realt divine grazie alla sublime visitazione richiesta per s: su tutte queste cose siamo co scienti di dovere rivolgerci alla vostra amata santit e sacerdotale concordia ed accuratamente parlarvi della questione. Nella lettera sinodica contenente la vostra professione di fede, che avete invia to al nostro apostolico trono per mano di Leone, vostro piissimo presbitero 56, abbiamo trovato, allinizio del primo foglio, che la piet vostra stata innalzata allordine sacerdotale dalla condizio ne di laico al servizio dellimperatore; a questa notizia lanimo no stro si molto irritato. E, se non avessimo trovato adeguatamente confermata, nella sinodica suddetta, la vostra sincera ed ortodossa fede nel sacro simbolo, secondo la legge dei sei santi sinodi ecume nici, e riguardo alle venerande immagini: ebbene, in alcun modo avremmo tollerato di ascoltare una simile sinodica. Ma quanto il nostro cuore era addolorato per lantica discorde I distanza da noi, tanto lanimo nostro si rallegrato nel rinvenire la vostra ortodossa professione di fede. E abbiamo trovato, nella suddetta epistola si nodica della vostra santit, insieme alla pienezza della fede e della professione del sacro simbolo e di tutti i santi sei sinodi, anche un miracolo a proposito delle sacre e venerande immagini, degno di lode e venerazione, che cos recita: Accolgo gli atti del santo sesto sinodo, con tutti i canoni da esso legittima- mente e divinamente promulgati, nei quali si riporta: In alcune figure delle venerande icone rappresentato un agnello indicato dal dito del Precursore esso fu assunto come figura della Grazia, che ci fa intravedere il vero agnello a causa della Legge, Cristo nostro Dio. Mentre accogliamo, dunque, le antiche figure e chiaroscuri, dati alla Chiesa come'simboli e schizzi della Verit, ante poniamo ad essi la Grazia e la Verit, accogliendola come compimento della Legge. Affinch dunque la perfezione possa essere raffigurata, attraverso le pit ture, sugli sguardi di tutti, noi decretiamo che da ora in poi sia esposta anche nelle icone l immagine dellagnello che toglie il peccato del mondo, Cristo no stro Dio, in figura umana, al posto dellantico agnello, per comprendere attra verso di Lui la sublimit dellumiliazione del Verbo di Dio, in memoria della sua vita nella came, condotti per mano dalla sua Passione, dalla sua morte sa lutare e dal riscatto del mondo cos realizzatosi 58. Con questa testimonianza di fede ortodossa, il vostro fraterno sacerdozio ha messo al bando respingendole la pedanteria dei ma ligni e la petulanza degli eretici; allo stesso modo il loro malvagio zelo non ha avuto accoglienza presso di noi n presso la divina gra zia ma anzi se ne capita larbitrariet in tali questioni. Infatti, cin ta ai fianchi della nostra mente, anche la nostra cattolica ed aposto lica Chiesa romana fa la sua professione di concordia ed armonia contro l follia degli eretici, dai quali, come e manifesToTfu attac cata eresa oggetto di trame. Perci, s la vostra amata santif, dT momento che ha promesso .di venerare e adorare Te venerande im- magini - di Cristo Dio nostro in figura umana, che s Tncmlfe^ condo noi, per noi ed a causa nostra, della santa immacolata e ve ramente genitrice di Dio, ed anche dei suoi santi se perseverer nel suo proposito di ortodossia cos come lo ha adottato allinizio, noi esprimiamo di cuore la nostra lod Turandoci della respom sabilit pastorale, consigliamo di preservare immutabile la fede ortodossa, che una volta ha professato, con lannuncio e l insegna mento. Infatti nessuno pu porre un fondamento diverso da quel lo che gi vi si trova, che Ges Cristo 59. Chi dunque mantiene come supporto lamore, che in Cristo, per Cristo e per il prossi mo, non ha forse posto come fondamento presso di s lo stesso Ges Cristo, Figlio di Dio e dellUomo? Noi crediamo, infatti, che, dove Cristo fondamento, segue un edificio di opere buone. La Verit stessa, poi, dice con la sua stessa voce: chi non entra nel recinto delle pecore per la porta, ma vi entra da unaltra parte, un ladro e un brigante; chi invece entra per la porta, il pastore delle pecore 60. Per questo I lo stesso Salvatore disse: io sono la porta 61. atra~nel gregge, dunque, chi-entra per la porta; e chi entra per la porta, entra attravers^TCristo. chiunque ascoltata veritqpTOprio daf-demiurgo e liberatoreddlumano genere custo disce e sorveglia la soglia della dignit pastorale e sa portarne il peso sulle spalle, non guardando alla gloria ed allonore che ne vie ne; ma, poich ha assunto la responsabilit del gregge, vigila con cura che le pecore di Dio non si perdano a causa di uomini perver titi o che dicono il falso, o persuase da uno spirito cattivo. In ve- rit, anche il beato Giacobbe, che per molti anni era stato servo di Labano, suo suocero, fra le donne, sappiamo che disse: Da ventanni sono con te; le tue pecore e le tue capre non sono diventate sterili, e non ho mai mangiato i montoni del tuo gregge. Nessuna bestia sbrana ta ti ho portato: io ti ripagavo a mie spese ci che veniva rubato di giorno e ci che veniva rubato di notte. Di giorno mi bruciava il caldo e di notte il gelo, e il sonno fuggiva dai miei occhi 62. Ora, se cos fece e vigil colui che pascolava il gregge di Laba no, quante fatiche e quante veglie bisogner che sopporti chi pa scola il gregge di Cristo? Ma in tutte queste cose vi confermi e vi istruisca Colui che per noi si fece uomo, degnandosi di divenire ci che aveva creato; Lui riversi su di voi lamore e lardore del suo Santo Spirito, vi preservi da ogni affanno e dischiuda gli occhi del la vostra mente; affinch, attraverso le fatiche, la corsa e lagone della vostra carit, che imita la nostra apostolica trasmissione del lortodossa fede di un tempo, nelle regioni dei nostri pii imperatori le sacre e venerande icone vengano innalzate secondo lantica pre scrizione, perch rimanga saldo in questo il vostro sacerdotale uf ficio. Dopo la vostra professione di fede, infatti, abbiamo saputo che la vostra venerabile santit ha chiesto agli augustissimi, assai ortodossi, zelanti e fedeli nostri imperatori, sorti a gloria di Dio, difensori della verit, che si faccia un sinodo ecumenico; che essi hanno acconsentito di fronte a tutto il loro popolo amante di Cri sto, esaudendo piamente la vostra supplica, ed hanno stabilito che il sinodo si tenga nellaJ orc) regale citt. E noi, con grande entusia- smtre gioia, secondo le istruzioni della loro divina ordinanza, ab biamo inviato, a proposito della situazione delle venerande imma gini, sacerdoti illustri, stimati e saggi, affinch, secondo lantico or dinamento, esse vengano reinnalzate in quelle regioni. Ma la vostra santit prema con sollecitudine sui piissimi e vittoriosi imperatori, affinch innanzitutto sia posto lanatema, alla presenza dei nostri apocrisarii, su quel preteso sinodo 63che ebbe luogo senza laposto lico trono, contro ogni disciplina e senza ragionare, contro la con segna degli assai venerandi Padri per le divine immagini; ed affin ch sia estirpata ogni zizzania dalla Chiesa e si compia la parola del Signore nostro Ges Cristo le porte degli inferi non prevarranno contro di essa 64; ed ancora: I tu sei Pietro, e su questa pietra edificher la mia Chiesa; a te dar le chiavi del regno dei cieli e tutto ci che legherai sulla terra sar legato nei cieli, e tutto ci che scioglierai sulla terra sar sciolto nei cieli 65. Il suo trono rifulge nel primato su tutta la terra ed costituito a capo di tutte le Chiese di Dio. Ed per questo che lo stesso beato Pietro, Apostolo per ordine del Signore, pascendo la Chiesa non trascur nulla ma sem pre mantenne e mantiene il principato. Perci, se la vostra santit vorr saldamente stringersi al nostro apostolico trono, che capo di tutte le Chiese di Dio, e si curer di preservare incorrottamen te e nella purezza, di vero cuore e con mente sincera, la sua sacra ed ortodossa forma legittima, rimanendo veramente ortodossa e pia, offrir al Signore onnipotente questo primo sacrificio; e, gia cendo, per cos dire a nome nostro, agli egregi piedi degli augustis simi e incoronati da Dio grandi nostri imperatori, li supplicher e li giudicher come di fronte a Dio nel. t^jdbUe.giui^Q^iBGnch ordinino di riportare allantica condizione, le sacyg_icone e di pro- ctemafl ntta'citta imperiale difesa da, Dio e in ogni luogo, preser vando la tradizione di questa nostra sacra e..santissima Chiesa di Roma, e respingano con disprezzo lerrore dei malvagi e* degtrere- tici grazie alla vostra lotta ed al vostro fedelissimo impegno. Se in- vece non ripristineranno le. sacre e venerande icone in quelle regio ni, non '(^tatn'accoghere^in alcun modo fa vostra ordinazione: ed a maggior ragione se seguirete coloro che non credono alla verit. Per questo, conviene che, con somma fatica, amore per la fede e lotta in ciascuna di queste cose, la vostra venerabilissima santit in quelle regioni reinnalzi senza esitare allantica dignit le sacre e ve nerande icone del Signore e Salvatore nostro Ges Cristo, della santa sua genitrice e semprevergine Maria, dei santi Apostoli e di tutti i santi Profeti e Martiri e Confessori; affinch nella concordia degnamente cantiamo il profetico Cantico, dicendo: salva, o Si gnore i piissimi nostri imperatori e rispondici nel giorno in cui ti invochiamo 66; poich essi hanno amato la bellezza della tua casa ed il luogo della tenda della tua gloria 67. Coloro, poi, che abbiamo inviato, ai piedi dei serenissimi e pii imperatori, Pietro, amato nostro arcipresbitero della nostra Chiesa romana, e Pietro abbate, presbitero ed egumeno: ti preghiamo* per amore del santo Pietro, corifeo degli. Apostolit e per noi, di far s che siano mentiti degni di godere di ogni accoglienza ed umana'BeneyoInza, affin ch anehemquesto possiamo rendervi grandTgrazie. Dio onnipo tente guardi con Favore alla vostra caritaTse essa rimarr salda, cammini con voi e vi protegga, faccia abbondare oltre la misura dellabbondanza il frutto che vi stato dato a credito e voglia con durvi alla gioia eterna. Che Dio vi salvi e vi protegga, o amato fra tello. Parte seconda '' ^ kr '% Nel nome del Signore e Dominatore Ges Cristo, nostro vero Dio; sotto limpero dei piissimi e amici di Cristo nostri signori Co stantino ed Irene, madre sua incoronata da Dio; nellanno ottavo del loro consolato, il giorno delle Calende di ottobre, undicesima indizione 68; riunitosi il santo ed ecumenico sinodo, radunato, per grazia di Dio e pio decreto degli imperatori confermati da Dio, nella illustre metropoli 69di Nicea delleparcha 70di Bitima; convenuti cio il devotissimo Pietro, arcipresbitero 71della santissima chiesa di san Pietro Apostolo che in Roma, e Pietro, devotissimo presbitero, monaco ed egumeno 72del venerabile monastero di san Saba che si trova a Roma, nelle veci dellapostolica sede del reverendissimo e santissimo Adriano, arcivescovo dellantica Roma; e Tarasio, reve rendissimo e santissimo arcivescovo della gloriosa Costantinopoli nuova Roma, e Giovanni e Tommaso, devotissimi presbiteri, mona ci e legati dei troni apostolici della provincia orientale 7}; seduti di fronte al sacratissimo ambone del tempio della santis sima grande chiesa di nome Sofia 74; allattenta presenza dei glorio sissimi e magnificentissimi magistrati Petronas, illustrssimo ex-con sole patrizio e cmes dellimperiale tema di Opsikion 75da Dio pro tetto, e Giovanni, ostiario imperiale e logoteta militare76; e di tutto il santo sinodo, nellordine I gi fissato nella prima sessione 77; pre senti anche gli assai amati da Dio archimandriti od egumeni e tutti i monaci al completo 78; - posti innanzi i santi ed incontaminati Vangeli di Dio n ; il santissimo patriarca Tarasio disse: nelle sessioni or ora conclu se 80, mentre ci istruiva, come dice lautore del libro dei Proverbi, lispirazione del Signore onnipotente 81, la nostra goltta declamato la verit; poich, grazie alle lettere di santissimi uondSftjUriemc e dOccidente che sono state lette, siamo divenuti concdliipi^a. poi ch la parola del Profeta ci ordina: sali su un alto m<|lE|u lie rechi liete notizie in Sion; annunzia con forza, alza la voCBBBife.'lie rechi liete notizie in Gerusalemme. Annunziate e non temete s2; seguendo dunque questo precetto del Profeta, o sacerdoti, annun ziamo, alziamo la nostra voce, dicendo pace alla Chiesa universale, che la vera Sion, e la Citt del Re dei cieli, Cristo Dio nostro. Ma come avverr ci? Siano condotti in mezzo a noi per essere letti ed ascoltati i libri dei gloriosi santi Padri, ed attingendo da essi ciascu no di noi dia da bere al proprio gregge; infatti cos avverr anche che la nostra voce si diffonder per tutta la terra, ed ai confini del mondo la potenza delle nostre parole 83, giacch non spostiamo i confini fissati dai nostri padri ma, apostolicamente istruiti, mante niamo le tradizioni che abbiamo ricevuto. Costantino, reverendissimo vescovo di Costanzia di Cipro, dis se: secondo le parole del santissimo ed ecumenico patriarca Tara- sio, siano portati opere e brani dei beati Padri e vengano letti uno per uno a questo santo sinodo. Leonzio, illustrissimo a secretis 84, disse: obbedendo allutile e salvifico consiglio del santissimo e beatissimo patriarca ed al consen so di questo ecumenico sinodo, e desiderosi di portarlo a compi mento, abbiamo recato e disposto luno accanto allaltro i santissimi e sacri libri; il primo di essi il libro ispirato e scritto da Dio, che anche ora legger per primo. Tutti, dunque, ascoltiamo con intelli genza e saggezza, ed attentamente riconosciamo la potenza di ci che viene detto, per raccogliere il frutto di un beneficio perfetto. E lui stesso lesse - dallEroso dei figli di Israele -: Il Signore disse a Mos: Farai il coperchio propiziatorio doro puro; avr due cubiti e mezzo di lunghezza e un cubito e mezzo di larghezza. Farai due cherubini doro, e li metterai lavorati a martello sulle due estremit del propi ziatorio. Saranno fatti un cherubino ad una estremit e un cherubino allaltra estremit; e farai i due cherubini sulle due estremit. I cherubini avranno le ali stese di sopra e faranno ombra con le ali sul propiziatorio; saranno rivolti luno verso laltro e le facce dei cherubini saranno rivolte verso il coperchio. Porrai il propiziatorio sulla parte superiore dellarca e collocherai nellarca le testimo nianze che io ti dar. Da l mi far riconoscere da te e ti parler da sopra il propiziatorio, in mezzo ai due cherubini che saranno sullarca della Testimo nianza, per tutto quello che ti ordiner per i figli di Israele 85. I Dai Numeri: Questa la consacrazione dellaltare dopo che furono ricolme le sue mani e dopo che fu unto. Quando Mos entrava nella tenda della Testimonianza per parlare con lui, sentiva anche la voce del Signore che gli parlava da sopra il propiziatorio, che sullarca della Testimonianza fra i due cherubini; e la voce gli parlava 86. Da Ezechiele profeta: Mi introdusse poi nel santuario, dove misur il portico: sei cubiti la larg za da un lato e sei cubiti la larghezza del portico dallaltro lato 87. E, dopo po: e il santuario e le parti vicine erano costruite in legno tutto intorno, anche il pavimento, e dal pavimento fino alle finestre, che erano velate tre vo fino a sporgere. Dentro e fuori del tempio e su tutte le pareti interne ed este erano scolpiti cherubini e palme, e una palma tra cherubino e cherubino. ~ cherubino aveva due aspetti: aspetto duomo verso una palma e aspetto d i . verso laltra palma, e tutto il tempio, in circolo, era effigiato di cherubini, pavimento fino al cassettone del soffitto M. Dalla Lettera agli Ebrei del santo Apostolo Paolo: Certo, anche il primo tabernacolo aveva norme per il culto ed un sant terreno. Fu costruita infatti una tenda, la prima, nella quale vi erano il ca labro, la tavola ed i pani dellofferta: essa detta il Santo. Dietro il se co| velo, poi, cera una tenda, detta Santo dei Santi, con un turibolo doro e Vi dellalleanza tutta ricoperta doro, nella quale si trovavano unurna doro tenente la manna, la verga di Aronne che aveva fiorito e le tavole dellallea E sopra queste cose stavano i cherubini della gloria, che facevano ombra al;: go dellespiazione w. Tarasio, reverendissimo patriarca, disse: notiamo, o santi uc ni, che lAntico Testamento aveva come divini simboli i cherui della gloria che facevano ombra al luogo dellespiazione; e 'da tccTEQ)re il^ Il santo sinodo disse: sii o signore, la verit. Il santissimo patriarca disse: se lAntico Testamento aveva i che rubini che facevano ombra al luogo dellespiazione, anche noi avre- mo le icone del Signore nostro GesuTinstc I _ 11^* ------------ p-rri ^T i * Dio e dei suoi Santi, che tanno m I magnificentissimi magistrati disseroTe veramente un precetto divino. Costantino, reverendissimo vescovo di Costanzia di Cipro, disse: come fu letto, il cherubino aveva aspetto duomo; e com che si dice che qualcuno vide laspetto del cherubino? chiaro: la Scrit tura parlava di un aspetto scolpito. H santissimo patriarca disse: tutti i santi che meritarono di vede re gli angeli, li videro sotto forma di uomini, come abbiamo letto in vari luoghi nella Scrittura. Perci, anche riguardo ai cherubini, Dio rispose a Mos dicendo: guarda, farai tutto secondo il modello che ti stato mostrato sul monte 90. E per questo I il servo Mos fece tali e quali le forme che aveva visto, tra le quali anche i cherubini. Costantino, reverendissimo vescovo di Costanzia di Cipro, dis- 3i se: quando, per, il popolo si muoveva allidolatria, Dio diceva a Mos: non farai alcuna immagine per servirla 91. Giovanni, devotissimo presbitero e vicario dei troni apostolici dOriente, disse: testimonianza pi alta di queste che Giacobbe eresse una stele a Dio 92, per cui Dio lo benedisse, annunciandogli doni al di sopra di ogni parola. E in un altro luogo, sotto forma di uomo, (Dio) lott con lui e lo chiam Israele 93, che interpretato vuol dire mente che vede Dio 94. Disse poi Giacobbe: ho visto Dio faccia'Tt5Ca7"ppure la mia vita rimasta salva 95; ed ecco, non furono viste soltanto potenze intellegibili ma anche Colui che per natura Dio invisibile ed incorporeo, come chiaro nellidea che ne abbiamo. Demetrio, devotissimo diacono e skeuophylax 96della santissima grande chiesa di Costantinopoli, lesse - del santo padre nostro Gio vanni Crisostomo, daWEncomio a Melezio 97, il cui inizio questo -: Percorrendo con lo sguardo dappertutto questo sacro gregge e vedendo tutta quanta la citt qui presente, non ho nessuno con cui felicitarmi. Poco do po dice: e quello che accadde fu un ammaestramento nel timor di Dio. Costret ti, infatti, a ricordare continuamente quel nome e ad avere sempre quel santo presente nellanimo, col suo nome scacciavano ogni passione e pensiero irragio nevole; e ci si verific cos spesso che dappertutto, nelle strade, al mercato, nei campi, nelle vie risuonava in ogni luogo l eco di questo nome. Voi non avete provato affetta solo per un nome cos grande ma anche, pgf.la-Stessa jmnagine_ del corpo; ci che avete fatto "con nomi,To avete fattq anche con ia,sua figu- ra: molti, infatti, dipinsero quella santa immagine dappertutto, nei castonicle- gli anelli, nelle coppe nibicchieri, sulle pareti delle camere da ltto; affinch, non solo potessero udire quel santQ. norO. ma anche vedessero dovunque lim magine del suo corpo, e ricavassero dunque, per cos dire, upa-dupkee-ccmsp- lazione deBrsua acoirtfrarsa. ~ Pietro, reverendissimo vescovo di Nicomedia, disse: Giovanni Crisostomo dice queste cose a proposito delle icone; chi oser an cora parlare contro di esse? Basilio, reverendissimo vescovo di Andr, disse: veramente le accolse come cosa buona; e tale passione avevano i pii di allora per la sua icona che in ogni luogo raffiguravano limmagine di san Me lezio. per questo che il padre fa di esse un elogio straordinario. Tarasio, santissimo patriarca, disse: anche noi, che abbiamo ri cevuto gli insegnamenti dai nostri padri, le diciamo venerande, san te e sacre. Teodosio, devotissimo egumeno del monastero di santAndrea di Nesio, rec un libro dello stesso san Giovanni Crisostomo, chie dendo che venisse letto. Il monaco Antonio, presolo, lesse I - discorso del santo padre nostro Giovanni Crisostomo Uno solo il legislatore dellAntico e del Nuovo Testamento e sulla veste del sacerdote 98, il cui inizio Per primi i Profeti annunziarono levangelo del regno di Cristo; poco dopo dice: lo amai anche una pittura ricoperta di cera, ricolma di piet; vidi infatti in un'icona un angelo che respingeva nugoli di barbari; vidi calpestate le nazioni dei barbari e Davide che veracemente diceva: Signore, nella tua citt annien terai la loro immagine Il santissimo patriarca disse: se colui che aveva la bocca pi pre ziosa dell'oro pronunzi le parole: amai anche la pittura ricoperta di cera, che diremo di coloro che la odiano? Basilio, reverendissimo vescovo di Ancira, disse: se lui diceva io ho amato, chi osa affermare il contrario? Giovanni, devotissimo monaco e presbitero, vicario dei patriar chi orientali, disse: chi questo angelo, se non colui del quale fu scritto l'angelo del Signore percosse centottantacinquemila Assiri in una notte, accampati presso Gerusalemme 10? Niceforo, reverendissimo vescovo di Durazzo, disse: ci sia pro pizio il Signore, per gli errori che abbiamo commesso a proposito delle sacre icone. Gregorio, diacono e notario 101, lesse - dal discorso del santo Gregorio di Nissa, pronunziato a Costantinopoli, Sulla divinit del Figlio e dello Spirito e su Abramo m, il cui inizio questo -: Un sentimento simile a quello che provano, dinanzi ai prati pieni di fiori; poco dopo dice: spesso ho visto su un quadro limmagine del doloroso evento e non ho potuto smettere di guardarlo senza ritrovami a piangere, poich FrF con chiarzza recava la storia aUa vista: ..ebbene, Isacco raffigurato in ginocchio di fronte al padre proprio vicino allaltare, con le mani legate dietro le spalle; e quello, salito col piede sul braccio del figlio piegato dietro le spalle e volgendo presso di s con la mano sinistra la testa del fanciullo, si piega sul volto che lo guarda implorante e dirige la destra armata di pugnale per sgozzarlo; e gi con la punta del pugnale sta per toccare il corpo del figlio, che una voce divina gli giunge a fermare il misfatto. I gloriosissimi magistrati dissero: vedi come il nostro padre si addolor alla vista della pittura, tanto che diede in lacrime. Basilio, reverendissimo vescovo di Ancira, disse: spesso il padre aveva letto la storia ma forse mai ne aveva pianto; quando per vide la pittura, scoppi in lacrime. Giovanni, devotissimo monaco e presbitero e vicario dei ponte fici orientali, disse: se ad un tale maestro la visione arrec vantag- 33 gio e lacrime, quanto pi recher agli ignoranti ed ai semplici con trizione e profitto? Il santo sinodo disse: in vari luoghi abbiamo visto raffigurata la storia di Abramo, come il padre dice. Teodoro, reverendissimo vescovo di Catania, I disse: se il santo Gregorio, che vegliava 103in divini pensieri, scoppi in lacrime alla vista della storia di Abramo, quanto pi la rappresentazione figu rata della dispensazione nella carne di Cristo Signore nostro, che si fece uomo per noi, recher profitto a coloro che guardano e far loro versare lacrime? Il santissimo patriarca disse: se avessimo visto unicona che mo stri il Signore crocifisso, non avremmo anche noi versato le nostre lacrime? Il santo sinodo disse: moltissimo; giacch in essa con chiarezza si comprende lumilt sublime di Dio che si fece uomo per noi. Stefano, devotissimo diacono, notario e referendario 104, lesse - del santo Cirillo, vescovo di Alessandria, dalla Lettera ad Acacio, vescovo di Scitopoli, sul capro espiatorio 105, che inizia cos -: Per le notizie che mi sono ora giunte dalla tua santit molto mi sono ralle grato; e poco dopo: diciamo, dunque, che la legge ombra e figura, come fos se una pittura posta innanzi alla vista di coloro che guardano gli oggetti; e le om bre, nella tecnica dei pittori su tavola, sono fra i segni fondamentali; e, se ad esse si sovrappongono i colori pi brillanti, ecco che la bellezza della pittura risplen de. E poco dopo: sta scritto, dunque, nel libro della creazione del mondo 106: dopo queste parole, Dio mise alla prova Abramo e gli disse: Abramo, Abramo!. Rispose: Eccomi!. Riprese: Prendi il tuo amato figlio, il figlio che hai amato, Isacco, va nel territorio elevato ed offrilo in olocausto su una delle alture che io ti indico. Abramo si alz di buon mattino, sell l'asino, prese con s due servi e il figlio Isacco, spacc la legna per l olocausto e alzatosi si mise in viaggio e giunse nel luogo che Dio gli aveva indicato. Il terzo giorno Abramo alz gli occhi e da lontano vide quel luogo. Allora Abramo disse ai suoi servi: Fermatevi qui con lasino; io e il ragazzo andremo fin lass, ci prostreremo e poi ritorneremo da voi. Abramo prese la legna dellolocausto e la caric sul figlio Isacco, prese in mano il fuoco e il coltello, poi proseguirono tutte due insieme. E poco dopo: qui Abramo costru lal tare, colloc la legna, leg il figlio Isacco e lo depose sullaltare, sopra la legna. Poi Abramo stese la mano per prendere il coltello ed immolare suo figlio 107. Dunque, se qualcuno rii nomiak-vedem dipintasi! un quadro la storia di bramo, come dovrebbe dipingerla il pittore,. rapprese# t andolo mentre fa tutte le cose jaaoib tate In hhica immagine o per singole parti ed in modo differenziato - e,cio indlveree~pse mpi u^fitrderqudfo?JTriteri per esempio, ra dipin gendolo m grppa allasina insime al fanciullo e con i servi al seguito; ora, in vece, una volta lasciata a valle l asina insieme con i servi, quando carica la legna sulle spalle di Isacco tenendo in mano il fuoco ed il coltello; e infine altrove, in un altra posa ancora, mentre lega mani e piedi I il fanciullo sulla legna, con la de stra armata di coltello, per immolarlo. Ora, lbramo che si vede in pose diverse nelle diverse parti del quadro non volta per volta diverso, ma Io stesso nelle varie parti del quadro, e la tecnica del pittore si conforma ai requisiti delle azio ni. Non sarebbe stato conveniente, infatti, anzi sarebbe stato impossibile, vederlo in una stessa immagine mentre fa tutto quanto di lui detto. Costantino, reverendissimo vescovo di Costanzia di Cipro, dis se: ecco, anche il santo Cirillo concorda con quanto dice il santo Gregorio di Nissa. Cosma, diacono, segretario e cubuclsio 108, lesse - dai versi del santo Gregorio il Teologo tratti dal Discorso sulla virt 109, che ini zia cos Invoco Dio, causa prima di tutte le cose. Poco dopo dice:, neanche di Po- lemone tacer, giacch il miracolo fra quelli pi spesso predicati. Costui non era in passato fra i sobri ma anzi era assai ignobile schiavo dei piaceri. Ma quan do fu preso dallamore del bene, dopo aver trovato un consigliere (non so dire chi, se un sapiente o, allimprovviso, se stesso), tanto superiore alle passioni ap parve che uno solo dei suoi miracoli esporr. Un giovane intemperante invit unetera; quando quella giunse, dicono, vicino al portone, al di sopra del qua le sporgeva Polemone in effigie, vedendola, giacch era veneranda, subito and via, vinta dalla visione, 'svergognata dal dipinto come dd'SMif' ^ Basilio, reverendissimo vescovo di Ancira, disse: anche il santo Gregorio, padre ispirato, ritenne prodigiosa limmagine di Polemo ne. Il santissimo patriarca disse: e infatti da essa si produsse la ca stit; giacch, se non avesse vistoITconadiPIe^^ avrebbe abbandonato lmdecenza. NircforoTvrendissimo vescovo di Durazzo, disse: miracolosa fu limmagine e degna di lode, poich riusc a liberare la donna dal disgusto della sua attivit vergognosa. Giorgio, amatissimo da Dio, diacono e segretario del santo pa triarcato n0, lesse - di Antipatro, vescovo di Bostra, dal Discorso sullemorroissa 111che inizia cos -: La Scrittura ha insegnato che venne per prima la chiamata dei Giudei. Poco dopo dice: aggrappata al mantello della salvezza 1I2, lemorroissa diceva queste parole, come tenendo per mano il Signore, re della natura, e mostrando la tiran nia della sofferenza. Ricevuto il dono, eresse una statua a Cristo; lei che aveva consumato le sue ricchezze con i medici, offr a Cristo il resto dei suoi beni. Il santissimo patriarca disse: sicch, anche chi dipinge unimma gine la offre a Dio, allo stesso modo che lemorroissa offr la statua. Basilio, reverendissimo vescovo di Ancira, I disse: per meglio dire, ordina di agire cos ed approva ampiamente i creatori di ico ne. 35 Tommaso, devotissimo monaco del monastero di Chenolacco, disse: reco un libro del beato Asterio e lo offro al santo sinodo, secondo quanto disporrete. Il santo sinodo disse: che venga letto. Costantino, da Dio amatissimo diacono e notario, presolo lesse - del beato Asterio, vescovo di Amasea, Panegirico in onore di Eufe mia martire 113-: Ultimamente, o uomini, ho avuto in mano il grande Demostene, e di lui quel brano in cui si scaglia contro Eschine con unaspra invettiva. Dopo aver letto il discorso per un po, concentrandomi nella riflessione, sentii il bisogno di riposarmi passeggiando, per alleviare l affaticamento dellanimo. Lasciata la mia cameretta e dopo aver gironzolato in piazza con gli amici, giunsi al tempio di Dio per pregare in tranquillit. Finito anche questo, mentre me ne andavo pas seggiando sotto un portico, vidi l unicona e ne fui rapito nel profondo al ve derla. Avresti detto chera opera d'art~d"gra~di Eufrarire 'dlqualcun "degli antichi, i quali, quando creavano l immagine di un soggetto necessariamente piccolo, ne ingrandivano la rappresentazione pittorica. Ma veniamo, di grazia, a noi, giacch ora di por fine allaneddoto. Vi parler adesso del testo scrit to su Eufemia, poich noi, che siamo figli delle Muse, non abbiamo colori meno belli di quelli dei pittori. Una vergine santa e pura, che aveva consacrato la sua pudicizia a Dio, Eufemia il suo nome, una volta che un tiranno si era dato a perseguitare i pii, con grande entusiasmo scelse di correre il rischio della morte. Ma i suoi concittadini e fedeli della stessa fede per cui lei era morta, ammirando la vergine santa e coraggiosa, costruita unedicola nei pressi del tempio e postavi l urna con i suoi resti, le tributano onori e celebrano una festa ogni anno, riu nendosi insieme in grande numero. I sacri ministri dei misteri di Dio onorano sempre la sua memoria con un sermone ed insegnano con cura a tutta la gen te che si raccoglie come abbia compiuto l agone della sopportazione. Ed il pit tore, dal canto suo, che ha rappresentato devotamente, servendosi dellarte se condo la sua capacit, tutta la storia sulla tela, ha posto accanto allurna la sua sacra visione. La sua opera fatta cos: il giudice siede in alto su un trono, con lo sguardo truce e cattivo rivolto alla vergine - l arte si adira, quando vuole, anche con la sola materia inanimata ci sono, poi, i lancieri di corte e nume rosi soldati; tra quelli, alcuni fanno da segretari con libri e registri sotto il brac cio; di questi, invece, uno, con la mano sospesa sulla tavoletta di cera, ha uno sguardo irato volto verso limputata, con il viso tutto reclinato, come nellatto di ordinarle di parlare pi ad alta voce, affinch non debba, sforzandosi con ludi to, scrivere cose sbagliate che poi dovranno essere corrette. La vergine sta in abito scuro e mostra di essere assorta in profondi pensieri; e, come il pittore se l immaginata, ha un viso delicato; come me limmagino io, ha lanima abbel lita dalle virt. La conducono di fronte al magistrato due soldati, uno trascinan dola davanti, laltro spingenda da dietro, con un fare intimidito I dal pudore e dalla fermezza della vergine; lei ha gli occhi bassi, come se arrossisse per gli sguardi degli uomini, e se ne sta imperturbabile, per niente sofferente a causa del terribile agone. Come, fino ad allora, lodavo gli altri pittori, quando contem plavo il dramma di quella donna della Colchide 114! Nellatto di usare la spada contro i figli divide lespressione del suo volto tra il coraggio e la piet, e degli occhi uno esprime lira, laltro lei madre clemente e inorridita. Ora, invece, g*- zie a quella meditazione, ho trasferito tutta la mia ammirazione dii qneftfa fotti ra; ed ammiro molto l!artista, soprattutto perch ha mcncolato l'itnpteMione morale che i colori destano, temperando la pudicizia fol dOf(lggtn/ pwMinrri rbr per natura confliggono. E andando avanti nellimitazione, alcuni cartiefiti, ( inli soltanto di plccole tumche, gi si mettevano allopera; uno, atterratale la tema e reclinatala allindietro, offriva allaltro il capo della vergine pronto a ricever** il supplizio, laltro che gli stava accanto le colpiva i denti; e si vedono, ioni* stiro menti di tortura, un trapano e un martello. Qui scoppio in lacrime ed il dolo re mimpedisce di parlare; il pittore, infatti, ha colorato in nrodo coiti vivido le gocce di sangue che dresifi che sgorgano veramente dalle labbra c te ne andresti via gemendo. E poi il carcere: e di nuovo Fa vergine veneranda siede da sola in abiti scuri, levando le braccia al cielo e invocando Dio soccorritore nei tormenti; mentre prega le appare sopra il capo lo stesso segno che i cristiani devono ado rare e con cui devono segnarsi; credo che fosse il simbolo della passione che laspettava. L vicino, infatti, il pittore ha acceso un fuoco che altrove sarebbe stato eccessivo, dando consistenza corporea alla fiamma con un colore vermiglio che sillumina qua e l; ed al centro ha collocato lei, che spiega le braccia al cielo e nessuna molestia rivela nel viso ma, anzi, contenta di passare alla vita incorporea e beata. Qui si fermato il pittore e qui anchio mi fermo, I lai il tempo, se vuoi, di guardare attentamente quella pittura, per vedere con certezza se siamo giunti troppo al di sotto di quanto la descrizione richiedeva. I gloriosissimi magistrati dissero: pia dunque larte dei pitto ri e non merita lo stolto vituperio che alcuni le riservano: lo stesso padre, infatti, ci mette innanzi il pittore che compie un atto di de vozione. Costantino, reverendissimo vescovo di Costanzia di Cipro, dis se: ma chiama anche sacra quellimmagine votiva; e il Teologo 111 chiama licona veneranda, e il Crisostomo santa, e il padre che stato letto sacra: e cosa pi si pu opporre a queste parole? Teodoro, reverendissimo vescovo di Mira, disse: ascoltando tutti quanti r insgnamemo 3eijgadri, il nostro animo compunto e piangiamo'! trascorsi anni. Ma diamo grazie a Dio, poich per gli insegnamentT^rsarTti padri siamo giunti alla conoscenza della ite* rit! ...... Teodosio, reverendissimo vescovo di Amorio, disse: o signore sacratissimo e onorato da Dio, noi e tutto il santo sinodo, ascoltan do gli insegnamenti I dei nostri santi Padri sulle sacre icone, credia mo in esse ed esse professiamo e le chiamiamo sacre e sante; c chi cos non dice, sia anatema. II santo sinodo disse: sia anatema. Niceforo, reverendissimo vescovo di Durazzo, disse: sempre il bravo pittore con la sua arte mostra i fatti, come anche colui che dipinse licona della martire Eufemia; per questo che il maestro anche in questa materia loda larte pittorica. 37 Costantino, reverendissimo vescovo di Costanzia di Cipro, dis se: e ha detto bene, l dove dice prima io lodavo le immagini del la Colchide, finch non mimbattei nellicona della martire. E il santo sinodo disse: e vedendola ne fu compunto. Basilio, reverendissimo vescovo di Andr, disse: il padre che stato letto ha provato gli stessi sentimenti che il santissimo Grego rio 116: entrambi, infatti, diedero in lacrime sulle icone. Tarasio, santissimo patriarca, disse: il Padre d precetti e, alla fine del discorso, concede una licenza a chi vuole dipingere il rac conto dei martiri impegnati nellagone. Disse infatti hai il tempo, se vuoi, di guardare attentamente quella pittura, per vedere con certezza se siamo giunti troppo al di sotto di quanto la naFrziSn'e richiedeva. J" Giovanni, presbitero da Dio amatissimo e legato delle sedi apo stoliche dOriente, disse: sicch pi grande l immagine che la pa rola; e ci avvenne per provvidenza divina per mezzo di miseri uomini. Costantino, reverendissimo vescovo di Costanzia di Cipro, dis se: se nei santi uomini le sacre icone hanno prodotto tanta com punzione, quanto pi ne produrranno in noi? Teodoro, reverendissimo vescovo di Mira, disse: se i nostri pa dri hanno detto queste cose, noi non abbiamo cosa dire. Giovanni, presbitero da Dio amatissimo e legato delle sedi apo stoliche dOriente, disse: i pittori non sono contrapposti alle Scrit ture ma, se la Scrittura dice qualcosa, essi la mostrano, sicch espri mono fedelmente ci che scritto. Teodosio, reverendissimo vescovo di Amorio, disse: il divino Apostolo ci dice tutto ci che fu scritto, fu scritto per il nostro ammaestramento 117; esse, dunque, le sante e venerande icone, e pitture ed encausti e mosaici, ci sono e furono dipinti per nostro ammaestramento e per destare in noi l emulazione e come esempio, affinch anche noi accogliamo lo stesso esempio ed agone di fron te a Dio, perch ci degni di stare ed aver parte con loro e ci faccia coeredi del suo regno. Teodoro, reverendissimo vescovo di Catania, disse: il beato e deifero maestro Asterio, lucente come una stella, ha illuminato i cuori di tutti noi; sicch non contro ragione che la Chiesa univer sale ha accolto le sante e venerate icne; essa, anzi, lo ha fatto se guendo con coerenza gli insegnamenti dei santi nostri Padri. [...3 Elia, devotissimo protopresbitero 118 della santissima chiesa della Nostra Signora Madre di Dio delle Blacherne, si mise a leggere un 38 papiro contenente i decreti del santo ed ecumenico sesto concilio - canone del santo ed ecumenico sesto concilio In alcune figure delle venerande icone rappresentato un agnello indicato dal dito del Precursore 119: esso fu assunto come figura della Grazia, che ci fa intravedere il vero agnello a causa della legge, Cristo nostro Dio. Mentre acco gliamo, dunque, le antiche figure e chiaroscuri, dati alla Chiesa come simboli e schizzi della Verit, anteponiamo ad essi la Grazia e la Verit, I accogliendola come compimento della Legge. Affinch dunque la perfezione possa essere raf figurata, attraverso le pitture, sugli sguardi di tutti, noi decretiamo che da ora in poi sia esposta anche nelle icone limmagine dellagnello che toglie il peccato del mondo, Cristo nostro Dio, in figura umana, al posto dellantico agnello, per comprendere, attraverso di Lui la sublimit dellumiliazione del Verbo di Dio, in memoria della sua vita nella carne, condotti per mano dalla sua Passione e dalla sua morte salutare, e dal riscatto del mondo cos realizzatosi *20. E, dopo averlo letto, disse rivolto al santo concilio: Padri ono rabili e santi, nessuno pi di me, a causa dei miei peccati, ha scelto la persecuzione della Chiesa 121; ma questo papiro, su cui scrissero i padri del sesto concilio, stato per me come un amo divino: essi mi trassero alla fede ortodossa; anzi, non soltanto loro ma anche il santissimo patriarca: che Dio lo ripaghi per me. [...] . I E, presolo in mano 122, Stefano, devotissimo diacono e notano, lesse - di Leonzio, vescovo di Neapoli di Cipro, dai Quinto-discorso in difesa dei Cristiani contro i Giudei, o delle icone dei santi 123-: Diamoci dunque ora alla difesa delle immagini venerabilmente dipinte, af finch si chiudano le bocche di coloro che hanno parole di ingiustizia. Questa tradizione infatti nella Legge. Ascolta Dio che dice a Mos: prepara le im magini di due cherubini cesellati in oro, che facciano ombra sul propiziatorio 124; ed ancora, di fronte al tempio che Dio mostr ad Ezechiele, disse figure di pal me, leoni, uomini e cherubini, dal pavimento sino ai cassettoni del soffitto 125. Davvero terribile la parola inviata a Israele non fare nessun idolo scolpito, n immagine n figura di quanto nel cielo e sulla terra 126; e Dio stesso ordina a Mos di fare figure scolpite, i cherubini, Dio che anche mostra ad Ezechiele il tempio pieno di figure ed immagini scolpite di leoni, palme ed uomini. Perci anche Salomone, prendendo spunto dalla Legge, fece il tempio pieno di bronzi, di figure scolpite o fuse, di leoni, di buoi, di palme, di uomini127: e non fu bia simato da Dio per questo. Se dunque tu vuoi biasimare me per le immagini, pensa che, se Dio ha ordinato dffare quste cose, ci accaduto jerch"ci~rrn~- mentassimo'dTui. E il Giudeo dJsser^Wia^quelleXnmagini non furono vene rate come di, furono fatte solo come richiamo' alla memoria*. E il Cristiano disse: hafdefto bene; ma'neancheprssbtiinoi le pitture, le immagini e le figure dei santi vengono adorate come di. Se, infatti, adorassi come Dio il le gno dellicona, dovrei senzaltro adorare anche gli altri legni; e se adoraci come Dio il legno dellicona, non brucerei affatto licona quando limmagine diviene 39 evanida. E ancora, fino a quando le assi della croce sono congiunte, io venero la figura a cagione di Cristo che fu crocifisso in essa; ma, quando vengono se parate luna dallaltra, io le butto nel fuoco e le brucio. Clui che accoglie gli ordini dellimperatore e ne saluta il sigillo non onora largilla o il papiro od il piombo ma tributa allimperatore adorazione e venerazione; allo stesso modo anche noi, che siamo figli di Cristiani, adorando limmagine della croce non onoriamo la materiali^ del legno ma. vedendo finsegna, il sigillo, la stessa im magine dfCristo, attraverso essa (la crocTaccoglfino e veneriamo colui che su di essa fu crocifisso. E come i figli veri d un padre partito per tempo lontano da loro,~chpfovano di cuore gran desiderio di lui, se vedono in casa il suo bastone o il suo mantello, li abbracciano in lacrime coprendoli di baci, e non perch onorano tali oggetti I ma perch rimpiangono ed onorano il padre; cos anche tutti quanti noi fedeli adoriamo come bastone dt"Cristaria'ltU'croce, co me suo trono e giaciglio il suo ^antfsiimo sepolcro,ririme sua casa la manglaToa, B^epime.e..tutte leTtfg Sante ilunoST^mElOOrmici gE Apostoli, i santi mar tiri e gli altri santi, cme sua citt veneriamo Sion, come sua terra salutiamo Nazaret e abbracciamo il Giordano come suo divino lavacro. Con amore grande ed indicibile per Lui, noi adoriamo e veneriamo come luogo di Dio i luoghi in cui Lui pass, sedette, apparve, che tocc o che anche solo copr con la sua ombra: non perch onoriamo il luogo, n la casa, n la terra, n la citt, n le pietre, ma perch onoriamo P.nlnjjrie in essi trascorse la sua vita,, apparve^fu riconosciuto nella carne e ci ha libera toritffSFFfei Cristo Dio nostrofecT per Cristo che ritraiamo anche ^ sofferenze di Cristo nelle chiese, nelle case, nelle piazze, negli arazzi, rille camere, nelle vesti ed iti gni luogo; perch, vedendole di continuo, ce ne ricordiamo e non le dimentichiamo, come tuT^fdimenticato il Signore tuo Dio. cme tu, adorando TTIibro della Legge, non adori la ma terialit delle membrane o dellinchiostro di cui fatto ma le parole di Dio che vi si trovano; cos anche io, adorando limmagine di Dio, non adoro la materia lit del legno o dei colori - non sia mai! -; ma, possedendo limmagine inani mata di Cristo, credo di possedere e di adorare, tramite essa, Cristo. E come Giacobbe, ricevuto dai suoi figli il mantello di Giuseppe macchiato di sangue, lo baci tra le lacrime e lo cinse di sguardi128, e non fece ci perch amava od onorava il mantello ma perch pensava di baciare ed avere tra le braccia, trami te esso, Giuseppe stesso; cos anche tutti noi cristiani, tenendo in mano ed ab bracciando fisicamente unicona di Cristo, di un Apostolo o di un martire, ri teniamo di abbracciare nellanima lo stesso Cristo e di avere tra le braccia il suo martire. Dimmi tu, che ritieni che non si debba adorare nessun manufatto n alcuna cosa costruita: vedendo nella tua stanza un vestito od un ornamento di tua moglie o dei tuoi figli morti, non li hai molte volte presi e baciati e inondati di lacrime senza essere per questo condannato? Infatti non hai adorato gli abiti come Dio ma hai mostrato attraverso il bacio l amore per colui che un giorno se nera cinto. Ed ancora, noi abbracciamo spesso i nostri figli ed i nostri padri, che sono creati e peccatori, e non siamo condannati per questo, giacch non li abbracciamo come di ma mostriamo attraverso il bacio il nostro amore natu rale verso di loro. Come dunque ho in .qgni abbraccio^gd-ia-ogni atto di adorazione ci che _conta- lln^nzione. Se mi accusijjrcKiTadoro .come Dio il legno della croce, perch non accusi Giacobbe che si prostr siilPestrc- mita della verga di Glusppe T297Tvl chiaro: perch vedendolo non ador il lgno a-^attraverso il legnorGiusppe. come anche noi, attraverso la croce, adoriamo Cristo Anche Abramo ador gli uomini empii che gli avevano vendu- 40 il sepolcro 1,0 e pieg le ginocchia sino a terra; ma non come di I li ador. 1ancora, Giacobbe benedisse il Faraone, che era empio e idolatra ,}l, ma non benedisse come Dio; e di nuovo, gettandosi a terra ador Esa 132, ma non me Dio. Vedi quanti abbracci e venerazioni ti abbiamo mostrato, che vengo- dalla Scrittura e non sono passibili di condanna? E tu, che ogni giorno ab- acci tua moglie, che forse anche impudica e passionale, non sei da biasima- ^ 1 ,'lfcfise Dio certamente mai tTRa ordinato ai abbracciare fisicamente irinai con me, Invece, poch m i naTvisto abbracciare un Ic onaHeT Cristo' ila surirrunacorausslh^TiaHre o 31 un qualche altro giustoTu indigni e subii nl/Tnsltan"dmi. e chiamTnoi idoIatnTMa llorann hai verggna, d S . non provi orrore, non tremi, non arrossisci, vedendomi ogni giorno in tut terra distruggere i templi degli idoli e costruire i templi dei martiri? Se d :vero che io adoro gli idoli, perch allora onoro i martiri, che gli idoli li ruggono? Se onoro e glorifico come di i pezzi di legno, come mai onoro^ orifico i martiri, che distruggono le statue di legno? Se glorifico le pietre cc i, come mai onoro e venero i martiri^ jtli_apostoIi, che giridolr dfpietT iandano in rovina e li fracassano? Come mai onoro eTocfo ecTelvo tempi .leBrlste "in onore dei tre giovani che a Babilonia si rifiutarono di fare i adorazione alla statua doro 1}3? Veramente grande la durezza degli enij rande davvero la cecit dei Giudei, grande la loro empiet; da loro la i ingiuriata e dalla lingua degli ingrati Giudei Dio subisce tracotanza. G | e alle reliquie e alle icone dei martiri, molte volte fuggono i demoni; e uon reiterati, aggredendole con prepotenza, le stravolgono, le deridono, se ne fa effe. Quante apparizioni, dimmi, quanti zampilli, quanti, addirittura, profit i sangue ci sono stati dalle icone e dalle reliquie? Gli stolti di cuore non c i ono ma considerano queste cose sciocche favole; pur vedendo, che cos, og lorno ed in quasi tutta la terra, uomini empi ed iniqui, idolatri ed assassi: )rnicatori e ladroni, improvvisamente, per Cristo e la sua croce provano com - r ac ci . i l sangue e l urna di "coIor^cHefr n______ ... jJ idoli?. ET5Iudo"3Tsse: e come mai per tuttala Scrittura Dio ordina di KfKe non sacrificarono on adorare alcuna cosa creata?. Il Cristiano disse: dimmi: la terra e i monti ino cose creale da Dio? E quello disse: certo.1. E il Cristiano: com. dun- IU ue, che Dio insegna esaltate il Signore Dio nostro e prostratevi allo^sgablo (tei iotpiedi, poich Egli e santo e inchinatevi alsuo santo mnte e, ancora, lo a s t r e t t i E T iiudeo disse: non come di, pero, ma per Colui che u na creati u adori. E il ristiano disse: il tuo discorso fedele; sappi dunque che anche io, attraver- i il cielo, la terra, il mare, il legno, le pietre, le reliquie, i templi, la croce, at- averso gli angeli, gli uomini e attraverso tutta la creazione visibile ed invisibileT buto adorazione e venerazione al solo fattore. signnte-a~catorfe^lljjirfe 1^. use. TXacreazione, infatti, non adora il rrpa^rirfXce c ^ eca mm^ i atamente 7atffaverso~me, t cieli narrano la gloria di Dio 137, attraverso me adora Dio la _ ina~ attravfr^o me glpritirano Din |p steli* attraverso me le~TinC. I~piogge. rugiade e tutta la reazione, attraverso me. adorano p p i un re buono, che ha preparato con le sue mani per s una corona adorna e reziosa, tutti coloro che gli sono vicini con affetto salutano e onorano la coro- a - non perch onorano loro e la perla ma perch onorano il capo di quel re te sue sapientissime mani che hanno preparato la corona - ; cos, o uomo, i 4i popoli cristiani, quando salutano le immagini della croce o le icone, non tribu tano la venerazione al legno o alle pietre, alloro o allimmagine corruttibile, al l urna o alle reliquie, ma, attraverso queste cose, a Dio, che di esse e di tutte creatore, porgono la gloria, il saluto e la venerazione. Lonore tributato ai suoi santi, infatti, nassaa lini- Quante volte uomini che avevano abbattuto ed oltrag'- giato le immagini imperiali sncTstati cndannati Ml^srm supplizio COmiTs avessero 'trgj^ii r^n una tvola ma lo stesso imperatore? Immgine di Dio immagine di Dio e che soprattutto ha accolto ITnabltziriecIa parte dello Spirito-Santo, buon diritt~o7'Hunque, onoro e vg- neroHmmgine dei servi di Dio calorifico la dimora dello Spirito Santo. Ijuibi- ter fralfiQfrq. dice, e^Tanminero'aTXr'fianco m . Si vergognino i Giudei^cHe, pur adorando i re propri e straniri1, chiarii affar i cristiani idolatri. Ma noi cristia ni in ogni citt e regione, ogni giorno ed ora ci armiamo contro gli idoli, con tro gli idoli cantiamo e scriviamo, contro gli idoli e i demoni preghiamo. E co me mai i Giudei ci chiamano idolatri? Dove sono ora i sacrifici di pecore, di buoi, di figli, che loro recano agli idoli? Dove i fumi, gli altari, i profluvii di san gue? Noi cristiani non sappiamo n com n cosa n un altare n un sacri ficio. I pagani dedicavano templi e idoli ad uomini adulteri, assassini, impuri e scellerati, e li facevano di; e non intitolavano certo un tempio o un altare ai profeti o ai santi martiri. Come infatti gli Israeliti che si trovavano a Babilonia139 avevano strumenti, cetre ed altre cose di questo tipo, come li avevano anche i Babilonesi, e quelli erano per la gloria di Dio mentre gli altri servivano alla schiavit dei demoni; cos, per quel che riguarda le icone dei pagani e dei cri stiani, dobbiamo comprendere che quelli le adoperano per servire il diavolo, noi, invece, a gloria e memoria di Dio. Ed inoltre Dio molti miracoli ci ha fatto udire per mezzo del legno, chiamandolo legno della vita e legno della cono scenza 14; ed unaltra pianta, che chiam sabek, la pose come segno di indul genza 14*. Poi, con una verga nascose il Faraone 142 ed apr il mare, rese dolce l acqua 143, esalt il serpente 144, colp una roccia e ne fece sgorgare acqua l45, conferm la sacert di Aronne con una verga piena di germogli davanti alla tenda 14. Perci anche Salomone dice: benedite il legno con cui si realizza la giu stizia *47. Cos anche Eliseo, lanciato un pezzo di legno nel Giordano, riprese lascia, che era figura di Adamo, come tirandola su dagli inferi148; cos Eliseo or din al suo servo Idi risuscitare con una verga il figlio della donna di Sunem l49. E Dio, che attraverso tanti pezzi di legno ha operato miracoli, non pu, dimmi, operare miracoli anche attraverso il venerabile legno della santa croce? Se segno di empiet adorare le ossa, come mai le ossa di Giuseppe furono traspor tate dallEgitto con tutti gli onori 15? E come avvenne che un uomo morto, toc cando le ossa di Eliseo, risuscit 151? Ma, se Dio opera miracoli per mezzo delle ossa, chiaro che pu farlo anche attraverso le immagini, le pietre e molte al tre cose. Infatti, neanche Abramo accett di seppellire il corpo di Sara in un sepolcro altrui ma volle seppellirlo in una tomba sua propria, in segno di ono re 152. Ed anche Giacobbe onor Dio attraverso una lapide, erigendola ed un gendola 1,}, in figura di Cristo, pietra angolare; ed ancora chiam a testimone contro Labano un mucchio di pietre 154. Ed testimone anche Giosu, figlio di Nun, che innalz un mucchio di dodici pietre in ricordo delle opere di Dio Se, infatti, ci fossero nel tuo tempio quei due cherubini a far ombra sul propi ziatorio, cesellati, e venisse un pagano idolatra al tuo tempio che, al vederli, biasimasse i Giudei perch anche loro venerano gli idoli, cosa avresti, dimmi, da opporgli riguardo ai due cherubini fusi, ai buoi, alle palme, ai leoni che si trova- no cesellati nel tempio? Non avresti niente di vero da dirgli, se non che non li teniamo nel tempio come di ma teniamo nel tempio questi cherubini in memo- Ed io ti dico: ma anche Salomone, condotto via da l, apprest oggetti ancora pi numerosi nel tempio 157, che Dio non gli aveva ordinato e non stavano n nella tenda della testimonianza n nel tempio che Ezechiele vide per opera di Dio 158; e per questo Salomone non fu condannato, giacch aveva costruito que ste forme a gloria di Dio, come anche noi. Ma anche tu, o Giudeo, avevi altri oggetti in memoria ed a gloria di Dio: la verga di Mos, le tavole scolpite da ; Dio, il rovo che bruciava senza consumarsi, la pietra arida da cui sgorg acqua, 1 il vaso che conteneva la manna 159, larca, laltare, la lamina con il nome di Dio 160, -'j Yefod che rivelava il giudizio di Dio 161, la tenda abitata da Dio 162. Oh, se tu un ! tempo ti fossi dedicato a queste cose, adorando ed invocando colui che Dio | su tutte le cose, e ti fossi ricordato di Lui attraverso queste piccole immagini e ij figure, e non avessi posto al di sopra delle tavole scolpite da Dio il vitello e le i mosche! Oh se anche tu avessi rimpianto il santo altare doro anzich le gioven- | ce, se Abramo ador gli idolatri 165, se Mos ador l idolatra Ietro 166, Giacobbe il faraone e Daniele Nabucodonosor? Se loro, che erano profeti e giusti, per qualche beneficio ricevuto adoravano coloro che sulla terra erano idolatri, tu ti scagli contro di me che venero la croce e le immagini dei santi, da cui ricevo da Dio per mezzo loro molti beni? Chi teme il re non oltraggia suo figlio; e chi teme Dio onora senzaltro e venera e adora, in quanto figlio di Dio, Cristo Dio nostro, e limmagine della sua croce, e le raffigurazioni dei suoi santi; poich a Lui conviene la gloria, con il Padre e lo Spirito Santo, ora e sempre e per i secoli dei secoli, amen. ria di Dio ed a sua gloria. Se dunque le cose stanno cos, perche mi accusi per le icone? Tu mi dici che Dio ordin a Mos di fare nel tempio oggetti scolpiti ,,f\ [...] Gregorio, devotissimo monaco ed egumeno del monastero di Or- misda, port un libro del santo Sofronio; presolo, Stefano, devotis simo monaco, lo lesse - del nostro reverendo padre Sofronio, arci vescovo di Gerusalemme, Encomio dei santi Ciro e Giovanni 167 Altri onorino in altri modi i santi, portando in trionfo in molti luoghi i loro doni ed annunciando in molti modi i loro benefici: chi con la costruzione di maestosi templi, chi con lornamento di marmi variopinti, chi con la composi zione di mosaici dorati, chi con splendidi artifci di pittori, anche doro, chi, ancora, con monumenti in argento, chi con drappi di seta; ed insomma tutti ga- reggino nellonorare i martiri, ciascuno come pu e vuole, e si diano a vincer si a vicenda nel mostrare laffetto che per i santi c nel loro cuore, nel porta re innanzi a s ci che non marcisce anzich ci che corruttibile, ci che non ha fine anzich ci che fugace. Questi uomini meravigliosi, infatti, sono soli ti ricompensare per tali cose i loro amici. [...] I Simeone, devotissimo monaco, presbitero ed egumeno della regione, porse il libro; presolo, Niceta, devotissimo diacono e no tano della santa corte del patriarcato, lesse - del santo padre no stro Giovanni Crisostomo, Per la lavanda dei piedi 168 Tutte le cose furono fatte per la gloria di Dio e per nostro vantaggio: le nubi al servizio delle piogge, la terra per labbondanza dei frutti, i mari per la prosperit dei mercanti: tutto serve te, o uomo, e, ancora di pi, icona del Si gnore. Come, infatti, quando le effgie imperiali vengono introdotte in citt e ad esse si fanno incontro fra le lodi capi e popolo, essi non onorano la tavola n la pittura a encausto ma limmagine dellimperatore; cos anche la creatura non onora laspetto terreno ma venera la figura celeste. Tarasio, santissimo patriarca, disse: i libri che sono stati letti pro vengono dal tempio dei santi Anargiri 1691che si trova nella Citt imperiale veramente protetta da Dio; i chierici di l ce li hanno por tati ed hanno sentenziato che li leggessimo nel santo concilio. H santo concilio disse: ed era necessario, o Signore, che venis sero letti, giacch ci sono stati portati per il vantaggio di tutti. Pietro, devotissimo lettore e notario del santo patriarcato, lesse - del santo Atanasio, dal Quarto discorso contro gli Ariani 170, il cui inizio -: I folli Ariani, come sembra, scegliendo una volta di divenire apostati; e, po co dopo: questo principio lo si pu comprendere in modo pi immediato dal- lesempio dellicona dellimperatore. Nellimmagine dellimperatore, infatti, si trovano il suo aspetto e le sue fattezze, e limperatore ha lo stesso aspetto che ha nellicona; e la somiglianza dellicona allimperatore assai stretta, sicch chi guarda licona in essa vede limperatore ed anche chi guarda limperatore rico nosce che colui che si trova in effgie. Poich la somiglianza reciproca, a chi 44 vuol vedere limperatore attraverso la sua immagine, limmagine potrebbe dire: to e imperatore ^ che vedi in me lo vedi in.luiy ^ 3 u n c j|ue. venera 1immaginc, vegeta, incessa Ii a a ^ a i o i ^ ^ a.ma.SrJM^y il suo aspettq. Tarasio, santissimo patriarca, disse: la natura stessa delle cose insegna che lonore tributato allicona passa sul suo modello origi nale, come anche il dispregio; ed il Padre ha ora preso ad esempio ci che stato letto. Epifanio, diacono amatissimo da Dio della Chiesa di Catania e delegato di Tommaso, devotissimo vescovo di Sardegna, disse: gli esempi vengono scelti fra le verit riconosciute; cos, anche questo padre ispirato da Dio ha scelto limmagine dellimperatore. Niceta, devotissimo diacono e notario, lesse - del santo Basilio, dai Trenta capitoli ad Anfilochio sullo Spirito Santo, capitolo dicias settesimo 171-: Sul fatto che r,.di due imperatori. Infatti, non si separa limpero n si divide la gloria; e come il potre' dh'd'cl governa e la potest una, cos anche la glorificazione che viene da noi una e non molte. Perci lonore tributato allicona passa al suo modello originale. Giovanni, devotissimo presbitero e legato dei patriarchi orienta li, disse: il libro che abbiamo in mano lo abbiamo portato con noi dallOriente, e chiediamo che venga letto. Costantino, diacono e notario amatissimo da Dio, lesse I - del santo Basilio, dal Discorso contro i Sabelliani, Ario e gli Anomei m, il cui inizio -: Il giudaismo combatte il paganesimo ed entrambi combattono il cristianesi mo; dopo un po dice: ma il discorso della verit rifuggito da entrambi gli opposti. Dove, infatti, uno il potere, uno anche ci che deriva da esso; uno il modello, una l immagine, il criterio dellunicit non si corrompe. Perci il i Figlio generato dal Padre e che per natura riproduce in s stessoil modello del j padre, in quanto immgine possiede Mdentita, m quanto essere gHWHRTFonser- ! va la^consustnzialita. Infatn, colui che nel foro appunta lo sguardo suITefifigie imperiale cKiafria imperatore quello che vede nellimmagine, non crede che gli imperatori siano due, limmagine e quello di cui licona la raffigurazione) n se, indicando colui che ratfigurato nel quadro, dicesse: questo p iimperainr* priverebbe il modeljo - cioq 1*impqrqtnre - dfl.n. appellativo dijjnperatore ma rafforzerebbe ancora di pi l atto di onore nei cubi confronS attraverso la pro- fessiorre t rlbtim a 'HTmmagine. Giovanni, devotissimo monaco e legato dei patriarchi orientali, 45 disse: quel preteso sinodo bofonchi che chi venera limmagine di vide Cristo in due; e che chi guarda le immagini e dice e scrive questo Cristo, divide Cristo: ci privo di senso. Lispirato Basi lio, che illuminatore e maestro della Chiesa di Dio, istruito nelle cose divine dallo Spirito Santo, disse: lonore tributato allicona passa al suo modello originale; e chi fissa lo sguardo sullimmagine dellimperatore, vede in essa limperatore; e chi la venera, non ve nera o vede due imperatori ma un solo imperatore; disse infatti il padre splendidamente che si dice imperatore e immagine dellim peratore e non due imperatori, sicch chi venera limmagine o dice questo Cristo Figlio di Dio, non commette peccato. E chiaro che Cristo il vero Figlio di Dio e siede sullo stesso trono con il Padre nei cieli con il suo proprio corpo; ma, attraverso limmagine che appare per mezzo dei colori, venerata la sua potenza ed e glori ficata e gungl2mb al ricordo della sua DrsenzFsufeTeffa7'E^5'er questo il padre~Ka spiegato che~non sono due gli atti di venerazio ne ma uno, rivolto allimmagine ed. al. modello di cui essa imma gine. - U ] I Teodoro, reverendissimo vescovo di Catania, consegn un libro; Gregorio, diacono da Dio amatissimo della chiesa dei santi e lodatissimi Apostoli, presolo lesse - del santo Basilio, dal Discorso in onore del beato Barlaam martire 173, che inizia cos -: Prima la morte dei santi; poco dopo dice: alzatevi ora, o illustri pittori dei successi degli adeti, e magnificate con le vostre arti limmagine rimpicciolita del soldato, illuminate con i colori della vostra sapienza lincoronato di cui io ho scritto oscuramente; uscir vinto da voi con la pittura delle vittorie del marti re, e gioisco, sconftto oggi da una tale vittoria della vostra forza; vedr la mano, mentre presso il fuoco con gran cura da voi il combattimento si dipinge, vedr pi luminoso il lottatore dipinto sul vostro quadro. Piangano i demoni, anche adesso colpiti dalle eroiche imprese del martire; sia mostrata ancora la mano bruciata da loro, e vincente; e sia dipinto nella tavola anche larbitro dei com battimenti, Cristo, al quale sia gloria nei secoli, amen. I Cosma, da Dio amatissimo diacono e cubuclsio, lesse - Let tera di Gregorio, santissimo papa di Roma, a Germano, santissimo patriarca di Costantinopoli 174-: Quale e che gioia mai ha saputo rallegrare il mio animo come il lieto annun zio su di te, che sei veramente per me nome ed ornamento mirabile e veneran do, o uomo santificato e guidato da Dio? Cos, infatti, anche poco fa, evange lizzato dalla tua onorabile lettera, ho esultato e si infiammato il mio spirito per la grande gioia; poi, levati gli occhi al cielo, ho reso grazie a Dio, signore d tutte le cose, che cos ha disposto anche adesso, che con voi opera sino alla fine 4 6 e conduce ogni vostra cosa alla luce. Questo, infatti, mi presente anche nel la preghiera, notte e giorno, e mai mi allontaner da questo desiderio; mi pre sento a Cristo senza timore. Rende testimonianza per me al mio discorso, o uomo lodevole ed amato da Dio, il ricordo ogni ora evocato della vostra virt. E poich questo ricordo sempre vivo in me e non riesco a sopportare il do lore di partorir parole dalle mie labbra, sono venuto di nuovo a parlarti attra verso una lettera. E mio dovere, infatti - il pi importante di tutti i miei doveri - chiamarti, te che sei mio fratello, difensore della Chiesa, e cos salutarti e lo dare le cause delle tue lotte. E se anche qualcuno potrebbe dirle come convie ne. le gridi piuttosto colui che adesso ne paga il fio 175, che ha cambiato le tue avversit in buona sorte, grazie ai tuoi successi, il precursore dellempiet: poi ch, infatti, credeva, al modo di colui che era caduto dal cielo 176, di poter in solentire ed insieme prevalere sulla piet, giace incatenato dallalto, ingannato nella sua speranza. Eppure sentiva dalla Chiesa ci che anche il Faraone, tiran no egizio d'un tempo, aveva detto, secondo quanto di lui canta Mos: disse il nemico: lo prender, dopo averlo inseguito, divider il bottino e se ne sazier la mia anima 177. Gridava queste cose anche il diavolo stesso, mentre risuonava ri spondendogli la profetica I maledizione: perci Dio ti demolir alla fine, ti spezzer e ti strapper dalla tenda e ti sradicher dalla terra dei viventi 17S. Cos quello, deluso insperatamente nei suoi tentativi di compiere ci che spera va, per per la durezza della vostra celeste battaglia, allorch si esaur la lotta or dita dal basso contro Dio dallapostata, e poco mancava che fosse trascinata al lestrema rovina l arroganza nemica di Cristo. Cos fu confermato su di lui il detto della Scrittura: larco dei forti si allentato e i deboli sono rivestiti di po tenza 17\ giacch un nulla stata resa, di fronte alla debolezza di Dio, la forza della sfacciataggine dei suoi nemici, e fu detto: il mondo combatter con Dio contro gli insensati 18. Forse tu, uomo santo, che combatti unito a Dio, non muovi contro gli atei che sono contro Dio, che hanno trovato Colui che in mo do invisibile combatte o, cosa che meglio corrisponde al vero, lotta insieme con Dio e volge in fuga i nemici, quando hai cominciato il combattimento cos come Dio stesso ti ha mostrato; ordinando, cio, di condurre avanti allesercito schie rato il veramente glorioso ed insigne labaro della regalit di Cristo, la croce vivificante voglio dire, il grande suo trofeo nella lotta contro la morte, con cui tracci in quattro direzioni i confini del mondo, punteggiandolo di annunci; e la santa immagine della Signora di tutte le cose e madre veramente immacola ta di Dio, il cui volto i ricchi del popolo invocano? Infatti santa, come i pa dri credono, essa che, cos da voi onorata con piet, ha reso ricompense, giac ch l'onore tributato allicona passa al suo modello, secondo il grande Basilio. Ed pieno di piet anche il soggetto delle venerande icone, come dice il Crisosto mo m: io amai anche la pittura ricoperta di cera, ricolma di piet; vidi infatti in un 'icona un angelo che respingeva nugoli di barbari, e Davide che veracemente diceva "Signore, nella tua citt annienterai la loro immagine' 182. E la Chiesa non ha sbagliato in alcun modo, sebbene si sia creduto cos (che Dio perdoni), n la nostra tradizione conforme al rituale pagano - non sia mai! - se anche del lintenzione della cosa si tiene conto in qualche modo e non si considera soltan to ci che viene fatto lw. Infatti, neanche nella citt di Paneade era ripudiata, dallemorroissa piamente mossa al ricordo del miracolo avvenuto su di lei, unerba, quando cresceva, ai piedi della statua che lei aveva innalzato su di una colonna nel nome del Signore nostro IM: ed era straniera allaspetto, sconosciu ta, a disposizione di tutti, rimedio di malattie dogni tipo per condiscendenza e bont di Dio stesso, salvatore nostro. Ed una simile ispirata erezione di una 47 statua meglio considerarla secondo la legge, sebbene pi in rilievo delle sta tue e pi importanti dellombra siano la Grazia e la Verit. Per questo lassem blea dei santi consegn alla Chiesa per volont di Dio, come grandissimo fon damento di salvezza, questa conclusione: che alla vista di tutti ed in varie me- trnlany p di rnlnri sia innalzata su una colonna la venerabile e ~snta figura, se condoTumana natura, di Colui che toglie il peccato del mondo, comprenden do noi, attraverso di essa, la sublimit dellumiliazione del Verbo di Dio, con dotti per mano dal ricqrdQ..della_sua vita nella came. deUa sua passione, della sua morte salutar.e.e.daLriscatto.del.mondo cos realizzatosi^-, e qst'non discorda in nulla I dalle cose divine. Se, infatti, le proclamazioni profetiche non hanno avuto compimento, non si dipingano soggetti che mostrano ci che non avvenuto ancora. E cio: se il Signore non si incarnato, non si dipinga la sua santa immagine .secondo l^cf n ^ s F n'dn Fu partorito Biflemme dalla gTrio- sjs5&na-verpiry Madrasi i )ip, e i jdagi non portarono^don^nFappirve^aT l'altoj'anjeTrTai pastori, n una moltitudine delTSerafoclsf mnggro*TnucT vo nato; se Colui che porta sulle spalle luniverso non era portato tra le braccia dalla madre come un bambinello, se non ricevette nutrimento di latte Colui che d nutrimento ad ogni vita, neanche questo si dipinga; se Colui che governa sulla vita e sulla morte non era stato accolto tra le braccia da un vecchio l86, se Lui, che era Signore di tutte le cose, non era stato fatto conoscere ed annunzia to da quello, e supplicato di lasciare che andasse, se non era andato in Egitto per disegno divino su di una nube leggera, la madre tutta luce e forte in bon t e santit, Lui che siede nellalto; e se non ritorn poi dallEgitto, ed abit a Nazaret: ebbene, che tutte queste cose non siano dipinte con i colori. Se non ha risuscitato cadaveri, se non ha rialzato paralitici, se non ha concesso purificazio ne ai lebbrosi, n ridato gli occhi ai ciechi, resa sicura la lingua ai blesi, rinvi gorito il passo degli zoppi e scacciato i demoni; se non ha aperto gli occhi ai ciechi, se non ha compiuto tutti questi atti straordinari e realizzato segni divi ni: che non vengano dipinti; se non ha accolto spontaneamente la passione, se non ha spogliato gli inferi, se risuscitato non salito in cielo, Lui che verr per giudicare i vivi ed i morti: che non si scrivano n si raffigurino le storie e le pitture che attraverso lettere o colori narrano questi fatti. Ma se tutto questo accaduto - ed grande il mistero della piet - magari il cielo, la terra, il mare, tutti i viventi e le piante e qualunque altra cosa, magari potessero raccontare questi fatti con la voce, con le lettere, con le pitture! La raffigurazione delle cose che non sono, infatti, detta_pittura immaginaria - e quelle cose le concep anche l invenzione pagana, cianciando la creazione delle cose che mai giunsero allesistenza; certamente la Chiesa di Cristo non condiscende per nulla agli idoli (non sia mai!). Infatti, non abbiamo adorato giovenche, non abbiamo fuso un vitello sul Coreb, n abbiamo considerato Dio la creazione; e ancora, non ci siamo prostrati a cosa scolpita, non siamo stati iniziati a Belfagor, non abbiamo celebrato iniziazioni con sacrificio di bambini n occulti misteri, non abbiamo sacrificato mai ai demoni i nostri figli e le nostre figlie, sicch a noi si potessero riferire le parole che Salomone rivolse agli idolatri. Infatti, abbiamo mai arros sato la terra di sangue? O abbiamo forse costruito unimmagine nel tempio, che raffigurava un idolo tetramorfo, e labbiamo adorata? Abbiamo mai dipinto sul muro del tempio orrendi idoli di volatili e bestiame? O ancora, Ezechiele ci vide piangere Adone od offrire incenso al sole 187? Di costoro dice lApostolo: servirono lg che il creatore 18g. O forse abbiamo innalzato im magini delle due prostitute in Egitto, Ool ed Olib 1W, e le abbiamo adorate? O abbiamo offerto sacrifici a Bel in Babilonia ,9, o a Dagon in Palestina, o ci 48 siamo prostrati agli altri di delle genti? No, no, non stato cos. I Nessuno ci accusi, perch di tutte le cose che sono e che sono state create nessuna, eccet to la santa e vivificante Trinit, fino ad oggi n ador n serv - non sia mai! - il nome che sopra ad ogni altro nome, il popolo di Cristo. Chiaro , infatti, il carattere dellidolatria e per i Cristiani che venerano Dio oggetto di adorazione il Signore di tutte le cose. E se qualcuno, mosso come i Giudei allaccusa, ci considera colpevoli di ci di cui furono un tempo accusati gli idolatri, ed affib bia alla nostra Chiesa l accusa di idolatria, per lispirata e mirabile guida delle venerabili icone alle cose pi grandi: ebbene, sia considerato nientaltro che un cane che latra. E come scagliato lontano da una fionda, ascolti come un Giu deo: magari Israele, attraverso le cose visibili, cui era stato messo a capo, avesse rivolto a Dio ladorazione, si fosse ricordato del Creatore attraverso i suoi sim boli e non avesse mantenuto al di sopra delle tavole del patto il vitello e le mo sche! Magari avesse amato di pi il santo altare che le giovenche di Samaria! Magari avesse potuto rivolgersi alla verga di Aronne anzich ad Astarte! Sareb be stata cosa buona e giusta per lui abbracciare la roccia che per prodigio di Dio stillava acqua, anzich Baal! Oh se avesse guardato piuttosto alla verga di Mos, allurna doro, allarca, al propiziatorio, alla lamina, al e/od, alla tavola, alla tenda interna ed esterna - cose tutte che sono per la gloria di Dio, se an che sono manufatte, e tuttavia erano dette santo dei santi - ! Se avesse guardato ai cherubini scolpiti, in memoria dei quali lApostolo dice: i cherubini della glo ria, che fanno ombra al luogo dellespiazione 191- e dalla Scrittura impariamo che da essi che anche la gloria divina portata - se ad essi si fosse rivolto, non si sarebbe prostrato agli idoli. Ogni opera, infatti, che fatta nel nome del Signore preziosa e santa. Ma che bisogno c e di allungare ancora questa lettera? E, per di pi, una lettera indirizzata ad un uomo gradito a Dio, vaso scelto per Dio, che ha ricevuto la grazia dello Spirito, capace di scrutare le profondit dei di vini dogmi e, con la guida di Dio, di giungere con la mente in cima allaltezza della conoscenza? Ma basta cos, torniamo al nostro proposito, ammirando, o santissimo, le grandi opere della tua propugnatrice e Signora di tutti i Cristia ni, ammirati di come tu stesso ti sia rivelato in ogni cosa da lei guidato, salva to, fortificato contro i nemici. Ma quelli, per, che da tempo la oltraggiavano come ubriachi, hanno trovato un avversario forte tanto quanto il nemico che avevano: e in questo non c nulla di cui meravigliarsi. Se, infatti, Betulia fu salvata per mano di Giuditta, donna israelita, la cui opera fu la rovina di Olo ferne e che dai suoi contemporanei fu proclamata salvezza di Israele; come al lora potrebbe avvenire che, a maggior ragione, la tua mirabile santit, che conta su di una tale alleata, non abbia ragione dei nemici della fede e non incoroni con la vittoria chi le soggetto? Ma per le suppliche di Lei e di tutti i santi, Dio nostro potente in battaglia, forte e magnanimo, che ti condusse pi di Giu seppe come un gregge, ti custodisca, o santissimo, per lunghi anni, te che be nefichi tutta la societ cristiana, che guidi e stimoli tutti a conformarsi alla di vina legge ed a conservare il deposito che abbiamo ricevuto dai padri, I che ri chiami coloro che per un po hanno agito senza giudizio. La nostra gioia sia continua e lutile e il vantaggio comuni, o santissimo e amabile per i Cristiani tutti. Tarasio, santissimo patriarca, disse: cercando di eguagliare Pie tro, il divino apostolo, anche questo padre beato ci ha cantato da Roma la verit. 49 Varie terza Il monaco Stefano lesse - dalla Disputa fra un giudeo e un cri stiano 192 Il giudeo disse: mi sono convinto in tutto, e credo in Ges Cristo crocifis so, che lui il figlio del Dio vivente; ma mi scandalizzo di voi, o cristiani, per ch venerate le icone. La Scrittura, infatti, ordina senza riserve di non farsi nes sun oggetto scolpito n alcun ritratto. Il cristiano disse: le Scritture ti ordina no di non adorare un dio nuovo, e di non adorare come dio nessun simulacro. 1Te icone rhe vpdi infatti, vengono dipinte per ricordare la salvezza per amore delluomo del salvatore nostro Ges Cristo, poich esse rappresritancTirvoItcT della sua incarnazione. Le immagini dei santi, invece, allo stesso modo ra rno gif agni d i ciascuno fll loro contro il diavolo, le loro vittore e Te loro cornenSTon^ch^risriani, come credi tu, le adorino divinizzandole; ma, in fiammati di zelo e t eS^cont emplano le immagini dei santi ricordando la lorcT .-unii iri in j.miui-Uwn -Ji" VWI T|'T-----------r^l T^ ir r i-------'~ ptt^r^lQf^itaoio; invocano il Dio dei santi, dicendo: benedetto sei tu, o Dio di questo santo e t u t t i i santi, che hai dato loro k sop ^ r t kziori e li hai fattidegni d ^ t i ^ f e g n o :' fcTcYpartecipi delafrcT Sorter'S'per^TPS^f- ^T"^Ivaa Cont^plando e adorando limmagine del Salvatore, rendiamo grazie con occhi spirituali e con lo sguardo del cuore a Dio, signore di tutte le cose, che ha accettato, sotto forma di servo, di prendere su di s luomo, di salvare il mondo e di rendersi uguale a noi in tutto, fuorch nel peccato. Non adoriamo o veneriamo, dunque, l icona di legno o la pittura, ma glorifichiamo il signore di tutte le cose, Cristo Dio. Piuttosto, ti mostrer, o fratello, che an che Mos, che ha legiferato per te su queste cose, ordin, come sta scritto l9J, e fece costruire due serafini scolpiti, svolazzanti sopra la tenda della testimo nianza da un lato e dallaltro; e in essa non doveva entrare nessuno, se non il solo sommo sacerdote una volta allanno per offrire incenso al santo dei santi. Allo stesso modo, creando il serpente di bronzo fuso e sospendendolo al cen tro dellaccampamento, diceva: Chiunque stato morso da un serpente, guardi a questo serpente di bronzo e creda che questo serpente capace di guarirlo, e sar guarito m. Vedi come Mos, che ordinava di non fare simulacri, i simu lacri li faceva?. Giovanni, devotissimo monaco, presbitero e legato dei patriar chi orientali, disse: ecco, con chiarezza i sacratissimi Padri nostri dicono che sono coloro che negano la dispensazione nella carne di Cristo Dio nostro, che rigettano le sante icone, e cio gli Ebrei e i Samaritani; sicch coloro che rifiutano le icone sono simili a que sti. Il santo concilio disse: lo sono! Il diacono Epifanio, che parlava a nome di Tommaso, vescovo di Sardegna, lesse - dai Viaggi apocrifi dei santi Apostoli 195 Il pittore, frattanto, dopo averne disegnato lo schizzo, il primo giorno, si ritir. Il secondo giorno lo color, e ne diede il ritratto a Licomede festante l%. Questi lo prese e lo colloc nella sua camera da letto, circondandolo di festo ni. Giovanni, per, quando pi tardi lo seppe, gli fece osservare: figlio mio caro, che cosa fai quando passi dal bagno ed entri solo nella tua camera? Non prego io con te e con gli altri fratelli? E che cosa ci nascondi?. E cos dicen do e scherzando entr con lui nella camera da letto. L trov il ritratto inghir landato di un vecchio, con dinanzi ceri ed un altare. Lo chiam e gli disse: Li comede, che cosa significa per te I questo ritratto? E forse uno dei tuoi di colui che dipinto? Vedo dunque che tu vivi ancora in modo pagano!. Licomede gli rispose: il mio Dio solo colui che mi ha risuscitato dalla morte insieme alla mia consorte. Se poi si devono chiamare di, dopo quel Dio, anche i nostri benefattori, tu lo sei, padre, che io ho fatto dipingere nel ritratto, che io inghir lando, bacio e venero come colui che diventato la mia buona guida. Giovan ni, che non aveva mai visto il suo volto, gli disse: tu mi prendi in giro, figlio mio: sono davvero cos, per il tuo Signore? E come mi puoi convincere che il ritratto mi rassomiglia?. Allora Licomede gli rec uno specchio. Si guard allo specchio e consider il ritratto, quindi soggiunse: come vive il signore Ges Cristo, il ritratto mi rassomiglia; cattiva stata per la tua azione. [...] I Tarasio, santissimo patriarca, disse: riflettiamo! Tutta questope ra contraria al Vangelo! E il santo concilio disse: s, o signore; infatti chiama apparenza lincarnazione 197. Tarasio, santissimo patriarca, disse: in questi Viaggi sta scritto che non mangiava, non beveva, non toccava terra con i piedi, affer mazioni simili a quelle dei Fantasiasti198; ma nel Vangelo, di Cristo sta scritto che mangiava, che beveva e che i Giudei di lui dicevano: che uomo vorace e beone! 199 E se, come hanno favoleggiato, non calcava terra, come mai scritto nel Vangelo 200che Ges, stan co del viaggio, si sedette vicino al pozzo? Costantino, reverendissimo vescovo di Costanzia di Cipro, dis se: questo libro quello che contiene quel loro preteso sinodo. Tarasio, santissimo patriarca, disse: tutto ci ridicolo! Teodoro, vescovo, da Dio amatissimo, di Catania, disse: ecco il libro che ha distrutto labito della santa Chiesa di Dio! L .] _ II santissimo patriarca disse: sono state mostrate le opere di Eusebio, ed attraverso la voce dei padri si visto che sono estranee alla Chiesa universale 201. Demetrio, piissimo diacono e skeuophylax ^ amatissimo da Dio, lesse - dalla Storia ecclesiastica di Teodoro Lettore A>?: Un Persiano di nome Xenaiade 204, che Calendone, al tempo del suo mini stero, aveva scoperto ad adulterare i dogmi della Chiesa e a portare scompiglio nei villaggi, era stato da lui cacciato via dalla regione. Le molte cose su di lui che io so per averle sentite da diverse persone, le dir qui per sommi capi. Fug gendo il proprio governatore della regione dei Persiani (si rec in quella idei Ro mani); e dopo un po dice: Pietro lo mand al posto di Ciro come vescovo della Chiesa di Ierapoli. Non molto tempo dopo, i vescovi che venivano dalla Perside lo accusavano di essere uno schiavetto e, per giunta, privo del divino battesimo. Sapute queste cose, Pietro, incurante di ci che sarebbe stato necessario fare, disse che gli bastava la consacrazione episcopale per supplire alla divina inizia zione. Stefano, diacono e notano del venerabile patriarcato, lesse dal la Storia ecclesiastica di Giovanni Diacrinomeno 205: Xenaiade diceva che non conforme alTordnamento divino attribuire un corpo agli angeli, che sono incorporei, n raffigurarli corporei, dotati quasi di forme umane. I Inoltre, diceva di non essere neanche convinto che limmagine di Cristo, prodotta attraverso la pittura, tributasse a Lui onore e gloria; e di sapere che lunica adorazione a Lui gradita quella in sprito e verit E dopo un po dice: diceva di sapere anche che era proprio di un animo puerile rappresentare con l immagine della colomba il santissimo e adorabile Spirito, specie perch in nessun luogo le scritture evangeliche ci hanno tramandato che lo Spirito Santo divenne colomba, bens che una volta s vide sotto forma di colomba 207, ed apparve cos una volta sola per la sua provvidenza e non nella sua sostanza, sicch in nessun caso era un bene che i fedeli facessero unimma gine corporea. Filosseno, che insegnava queste cose, univa po i alla dottrina an che la pratica: deponendo, infatti, da molti luoghi icone di angeli, le distrugge va, e quelle che raffiguravano Cristo le conservava in luoghi inaccessibili. Tarasio, santissimo patriarca, disse: ascoltiamo, santi uomini: co loro che non accolsero le venerabili icone furono non battezzati. Manichei, predicatori della mera apparenza della dispensazione d Cristo; e dalle loro nefandezze presero le mosse i propugnatori del leresia anticristiana. Saba, devotissimo egumeno del monastero di Studion. disse: ren- diamo grazie'a Dio ed aUramorev~ole |proposito elei nostn\Trtuost signori, poich i falsi tutori d quel falso sfocio son^statTsconftti insieme con gli eretici ebe convi vevano le loro posizioni. santo concilio disse: Anatemajsu di loro! Antonio, devotissimo monaco, lesse - dalla Petizione consegna ta al santo concilio, riunitosi in questa imperiale citt 208contro Se vero, eretico ed acefalo 209, dai chierici e dai monaci della santa Chie sa di Dio della megalopoli di Antiochia, il cui inizio Ora, infine, giunto il tempo, o beatissimi; e dopo un po dice: cosa os fare, santissimi, ed in qual modo, intorno alle fonti di Dafne, servendosi l stesso di arti magiche e placando i demoni con incenso I sudicio, lo canta tutta quel la citt. Non risparmi nemmeno i loro santi altari, n i sacri vasi, gli uni facen doli levigare perch sacrileghi, gli altri facendoli fondere e distribuire ai suoi compagni. Ed os anche questo, beatissimi: delle colombe doro e dargento che raffiguravano lo Spirito Santo, appese sopra i sacri fonti battesimali e sopra gli altari, si appropriava insieme con altri, dicendo che non era opportuno chiama re lo Spirito Santo sotto forma di colomba. Tarasio, santissimo patriarca, disse: se i padri accolsero le co lombe poste sopra gli altari in nome dello Spirito Santo, a maggior ragione accettarono le icone del Verbo Incarnato, che apparve sulla terra con un corpo. Ma credetemi: anche Anastasio 210, che gover n Costantinopoli, si appropri delle colombe doro e dargento per proprio utile, come fece Severo. Stefano, diacono amatissimo da Dio, notario e referendario2U, lesse - di Giovanni, vescovo di Gabala, Sulla vita e la condotta del l'eresiarca Severo 212, il cui inizio Se Severo avesse voluto, anche della sua vita; e poco dopo dice: e non lasci libero da offese neanche lonore degli angeli; anzi faceva sempre lunghi discor si dallaltare e continuamente cercava di convincere il popolo, nel tempio del santissimo Michele, del fatto che agli angeli non spettavano vesti purpuree ma bianche; pur non ignorando che alle sante potenze non importa di alcun vesti to, cercava di portare anche cos la divisione, e di aizzare molti lun contro laltro, coloro che pensavano cos contro coloro che invece avevano opinione diversa. Tarasio, santissimo patriarca, disse: consideriamo che, oltre al resto, gli fu addebitato anche laver detto che agli angeli non spet tano vesti purpuree e che sono vestiti di bianco. Demetrio, diacono amatissimo da Dio e skeuophylax, disse: nella santa Grande Chiesa di Costantinopoli, quando vi fui mandato co me skeuophylax, esaminai il registro e scoprii che mancavano due libri con immagini miniate in argento: indagando scoprii che gli eretici li avevamo bruciati gettandoli nel fuoco; trovai anche un al tro libro del chartophylax 213Costantino, contenente scritti sulle venerande icone: i fogli in cui cerano i brani a proposito delle ico ne, questi traditori li avevano tagliati; ecco, il libro che ho in ma no e lo mostro al santo concilio. 54 E lo stesso Demetrio, aprendo il libro, mostr a tutti che i fo gli erano stati tagliati via. Leonzio, devotissimo a secretis 214, disse: in questo libro c an che unaltra cosa che stupisce: come vedete, infatti, composto an che di lamine dargento, adornate da entrambi i lati con le immagi ni di tutti i santi; e, lasciando da parte loggetto specifico, le imma gini cio, hanno tagliato via gli scritti sulle immagini che cerano dentro: demenza al massimo grado. Il santo concilio disse: anatema contro coloro che hanno tagliato e tramato insidie! Leone, santissimo vescovo di Focia, disse: questo I libro ha per duto i fogli; ma nella citt in cui abito hanno bruciato nel fuoco pi di trenta libri! Saba, egumeno di Studion, disse: tipico dei ciechi, o signori, non vedere la luce; per questo loro, che sono ciechi nellanima, fu rono ottenebrati. Demetrio, diacono e skeuophylax amatissimo da Dio, lesse - di Costantino, diacono e chartophylax della santissima Grande Chiesa di Dio in Costantinopoli, dal "Panegirico per tutti i santi martiri215, che inizia cos -: Le festivit di Cristo; e poco dopo dice: dissero i giudici: credete dunque che noi ci facciamo la salvezza di bronzo e pietra e non che volgiamo lo sguar do ad una qualche forza provvidenziale che abbraccia tutto, dalla quale ci viene il sommo bene?. E i martiri dissero: e com che, dopo che pittori e sculto ri apprestano una moltitudine di simulacri, dando loro forme svariate, e li affig gono alle pareti dei templi, sono proprio questi che voi venerate con incensazio ni, chiedendo loro la soluzione di ci che insolubile? E da voi, ci che i tiran ni hanno fatto e che voi chiamate divino, non lo raffigurate in immagini? Per ch dunque ci insultate, voi che siete attaccati alle stesse pratiche con ancora maggiore superstizione? Se dunque di fronte a noi, o giudici, riprovate in modo irrefutabile la pittura di immagini, ebbene noi vi libereremo dallerrore e dal lambiguit a questo proposito - dissero i martiri - infatti, noi non raffiguriamo con forme e figure la divinit, che semplice ed inafferrabile, n vogliamo ono rare con la cera e con il legno la sostanza che al di l di ogni essere ed a tutto preesiste; ma, da quando il primo uomo decadde per la sua trasgressione e fu annientata la potenza ribelle e sfrontata, la natura aveva bisogno di colui che lavrebbe risollevata; non era capace, infatti, sprofondata sin dal principio, di riprendersi dalla sconfitta con una nuova lotta e di ridarsi alla battaglia, dal momento che il nemico stava sopra a ci che era caduto; n era possibile che strappasse la vittoria al tiranno, se non con una seconda lotta. Lo stesso crea tore della propria creazione, hp j l Flirt Uno, Verbo, della_Xrinit. cotPe nel- lantica creazione della namra-or^vevH-po9*a.accanto_a_g nessun aiutante, cos neanche adesso, nel restaurare limmagine corrotta, affid ad un altro lin carico di riguadagnarci a lui, ma servendosi della sua propria potenza, da uomo prese su di s le lotte per noi. Questo infatti conveniva: che nella lotta agisse in E lo stesso Demetrio, aprendo il libro, mostr a tutti che i fo gli erano stati tagliati via. Leonzio, devotissimo a secretis 214, disse: in questo libro c an che unaltra cosa che stupisce: come vedete, infatti, composto an che di lamine dargento, adornate da entrambi i lati con le immagi ni di tutti i santi; e, lasciando da parte loggetto specifico, le imma gini cio, hanno tagliato via gli scritti sulle immagini che cerano dentro: demenza al massimo grado. Il santo concilio disse: anatema contro coloro che hanno tagliato e tramato insidie! Leone, santissimo vescovo di Focia, disse: questo I libro ha per duto i fogli; ma nella citt in cui abito hanno bruciato nel fuoco pi di trenta libri! Saba, egumeno di Studion, disse: tipico dei ciechi, o signori, non vedere la luce; per questo loro, che sono ciechi nellanima, fu rono ottenebrati. Demetrio, diacono e skeuophylax amatissimo da Dio, lesse - di Costantino, diacono e chartophylax della santissima Grande Chiesa di Dio in Costantinopoli, dal Panegirico per tutti i santi martiri215, che inizia cos -: Le festivit di Cristo; e poco dopo dice: dissero i giudici: credete dunque che noi ci facciamo la salvezza di bronzo e pietra e non che volgiamo lo sguar do ad una qualche forza provvidenziale che abbraccia tutto, dalla quale ci viene il sommo bene?. E i martiri dissero: e com che, dopo che pittori e sculto ri apprestano una moltitudine di simulacri, dando loro forme svariate, e li affig gono alle pareti dei templi, sono proprio questi che voi venerate con incensazio ni, chiedendo loro la soluzione di ci che insolubile? E da voi, ci che i tiran ni hanno fatto e che voi chiamate divino, non lo raffigurate in immagini? Per ch dunque ci insultate, voi che siete attaccati alle stesse pratiche con ancora maggiore superstizione? Se dunque di fronte a noi, o giudici, riprovate in modo irrefutabile la pittura di immagini, ebbene noi vi libereremo dallerrore e dal lambiguit a questo proposito - dissero i martiri - infatti, noi non raffiguriamo con forme e figure la divinit, che semplice ed inafferrabile, n vogliamo ono rare con la cera e con il legno la sostanza che al di l di ogni essere ed a tutto preesiste; ma, da quando il primo uomo decadde per la sua trasgressione e fu annientata la potenza ribelle e sfrontata, la natura aveva bisogno di colui che lavrebbe risollevata; non era capace, infatti, sprofondata sin dal principio, di riprendersi dalla sconfitta con una nuova lotta e di ridarsi alla battaglia, dal momento che il nemico stava sopra a ci che era caduto; n era possibile che strappasse la vittoria al tiranno, se non con una seconda lotta. Lo stesso crea tore della propria creazione, che ^JLXldaJUnOj^erbo^ della .Trinit, come nel lantica creazione della.xiarur-Bon-avcvar'po9tG-accanto a j nessun aiutante, cos neanche adesso, nel restaurare limmagine corrotta, affid ad un altro lin carico di riguadagnarci a lui, ma servendosi della sua propria potenza, da uomo prese su di s le lotte per noi. Questo infatti conveniva: che nella lotta agisse in modo appropriato. Poich, poi, ciascun combattente sconfgge lavversario in tre modi diversi, o in uno di essi, e cio con linganno, con la legge o con la tiran nide; e dal momento che il nostro difensore ne aveva scartati due, perch inu tili e non convenienti e neanche vantaggiosi e giovevoli per coloro a cagione dei quali era nata la lotta - giacch linganno agguanta una vittoria fraudolenta, vol gendo in fuga lavversario in modo abbietto; e la tirannide domina con assurda violenza, non consentendo uno scontro ad armrpari -ftTOn aictlundgnesSOiT altro Tno'd, siTece avanti"nella battaglia secondo la legge, e presa dallimpasto decaduto ^16la sua cameTHp averia animata dTunanima razionale ed intellet tuale, rimanendo do che.ra. e non privandosi delle sue prerogative, divenne_ tutto ci che Tuomo era e da cui venivar^ccetto iTpeccato. e non prese come forma il corpo soltanto allapparenza; e poco dopo dice: noi, dunque. Lo dipingiamo sulle tavole nella forma in cui si mostr e visse tra gli uomini, e facciamo s che la divina immagine sia ricordo della salvezza giuntaci attraver so di Lui; e non, come voi credete, creando figure variopinte e scolpendo sce ne come ci pare. Parte quarta Confutazione della rabberciata e fallacemente chiamata definizione della istigatrice moltitudine degli accusatori dei Cristiani217 Tomo primo Per il diavolo, che odia gli uomini, sempre cosa gradita sepa rare da Dio luomo, che ad immagine di Dio, e trarlo in errore con inganni molteplici; e niente per lui pi desiderabile che com battere la piet e sconvolgere con il terrore lordine della pace nella Chiesa. E questo lo ha mostrato anche ai nostri tempi attraverso un conciliabolo, i cui convenuti furono autori della presente esposizio ne di fede e chiamarono mendacemente se stessi settimo conci lio, gettando, quasi come unesca nellamo, il puro e semplice, e conosciuto da tutti, odio per gli idoli; e, opponendo il loro odio alle rappresentazioni figurate, soggiogarono i pi semplici, restau rando anche quella voce antichissima e corrotta, lidolatria dico, a cagione della quale coloro che servirono il diavolo e le sue forze malvage con demoniaci simulacri, e la creatura anzich il creato re m , giustamente furono condannati a portare il nome di idola tri; e tentarono di attribuirla a coloro che erano divenuti regale sacerdozio e gente santa 219, a coloro che si erano rivestiti di Cri sto 220, che per la sua grazia erano stati liberati dagli idoli ed erano stati salvati dal loro errore. Magari i loro discorsi fossero morti ap pena nati, come un aborto, dal momento che sono abominii nella Chiesa; ma, poich, cianciati in giro, sono stati allattati da alcuni, necessario che li estirpiamo, anche se non hanno raggiunto let matura, con la spada dello Spirito. Che ci guidi Cristo, vero Dio nostro, che illumina ogni uomo che viene nel mondo 221, il solo Intelletto di tutti coloro che pensano nella piet e di tutte le cose che nella piet sono pensate, la Parola di coloro che parlano e di ci che detto; che tutto per tutti, che e diviene, che d la lin gua dellinsegnamento per conoscere quando una parola va detta; 57 la rivelazione delle sue parole nel rivelarsi illuminer e far com prendere i semplici 222, perch la falsit venga allontanata e tutti raggiunga la verit, che risplende fulgida e lucente. Ed la verit che i fautori della piet hanno il dovere di sostenere e difendere, loro che lhanno abbracciata e ricordano il divino Apostolo che dice: guai a me se non annuncio il Vangelo! 223; ed hanno il do vere di confutare il falso e di colpirlo con la fionda dello Spirito. Giunti, perci, con laiuto delle Scritture e dei Padri, dellindagine e del ragionamento, alla osservazione delle stoltezze pronunciate, con la lancia dello Spirito, al modo di Pincas 224, con un solo col po, quello della confutazione, trafiggano insieme senza difficolt coloro che insieme si sono uniti in questa empiet; con una argo mentazione chiara mostrino a tutti che le loro lingue sono mendaci, poich si sono levate contro la conoscenza dellunigenito Figlio di Dio e contro la sua Chiesa, ed hanno pronunziato iniquit contro la sublimit della sua incarnazione; e, spezzando cos le loro cate ne, con la spada dello Spirito I che la Parola di Dio 225e scio gliendo il giogo della loro ignoranza, rendano a tutti manifesta la pretestuosit della loro scelleratezza. Per questo il Signore li ha resi oggetto di derisione e di scherno, ed a loro parler nella sua ira, dicendo: allontanatevi da me, non vi conosco! 226. Di essi ha di chiarato, per bocca del profeta Geremia: costoro hanno profetiz zato menzogne in mio nome; io, infatti, non li ho inviati e non ho dato loro ordini; e vi hanno parlato di visioni false e divinazioni e auguri e capricci del loro cuore 227. Per questo saranno gettati per le strade di Gerusalemme 228, e cio della Chiesa universale, calpestati da coloro che professano il Signore nella piet. Una rete robusta sono per un uomo le sue labbra, ed egli in potere delle parole della sua bocca 229; e come ricompensa alle sue labbra gli sar data la confutazione della sua empiet, giacch io ti accuse r e porr dinanzi a te i tuoi peccati 23. Ma di questo basta. E per non allungare il discorso con lunghi preamboli, camminando sulla strada che abbiamo davanti, rivolgiamo il ragionamento alle confutazioni, a partire dal titolo stesso: non c altro modo, infat ti, di provare che il loro vaniloquio ottuso e pieno di maldicen za, se non opporsi a loro, con laiuto della saggezza di Dio, attra verso la confutazione, con la sola certezza che non inventeremo nulla, noi che miriamo alladorazione di Dio, seguendo piuttosto gli insegnamenti degli Apostoli e dei Padri e le tradizioni della Chie sa. Noi preghiamo coloro che hanno in mano questo scritto di leg gerlo in modo da esaminarlo a fondo e non cursoriamente, affin ch, dopo aver riconosciuto in modo chiaro e penetrante lacutezza 58 degli argomenti invocati come obiezioni, paghino alla Chiesa di Dio il tributo della vittoria. Costoro hanno adoperato lintestazione che segue - Gregorio, vescovo di Neocesarea 231amatissimo da Dio, lesse Definizione del santo grande ed ecumenico settimo concilio Giovanni, diacono della Grande Chiesa di Dio, lesse: comin ciando con la menzogna, e prendendola con s nel combattimento, lungo tutto questo vaniloquio pieno di novit, gli accusatori dei Cristiani hanno terminato nella menzogna. Come, infatti, pu esse re "santo questo concilio che non ha tenuto in considerazione ci che santo? Esso , invece, sacrilego, profano e spurio 232, poich alloro che in esso si riunirono, per dirla con le parole del Profeta, non hanno distinto fra il sacro ed il profano 233, chiamando lico na del Verbo incarnato, il nostro Signore Ges Cristo, idolo co me l'icona di Satana. E come, poi, pu essere grande ed ecume nico un concilio che coloro che presiedono tutte le altre Chiese non hanno accolto n approvato ma hanno anzi respinto con lana tema? Esso non ha avuto la collaborazione dellallora papa di Ro ma o dei suoi prelati, n per mezzo di suoi rappresentanti n con una lettera enciclica, come di norma per i concili; I ma non ha neanche avuto il consenso dei patriarchi dOriente, di Alessandria, cio, di Antiochia e della Citt Santa, n dei loro sacerdoti e vesco vi :M. Veramente la loro parola un fumo pieno di caligine, che ottenebra gli occhi degli stolti, e non la lucerna, posta sopra il candelabro per far luce a coloro che stanno nella casa 235; e per ci le loro dottrine hanno risuonato localmente, come in segreto, e non dalla cima del monte dellortodossia. E la loro voce non si diffusa apostolicamente per tutta la terra, n ai confini del mondo la loro parola 236, come quella dei sei santi concili ecumenici. E an cora, come pu essere il settimo, dal momento che non si accor da con i sei santi ed ecumenici concili che lo hanno preceduto? Ogni cosa, infatti, che viene computata come settima necessario che sia omogenea a quelle che la precedono nella numerazione, dal momento che ci che non condivide niente con le cose che insie me ad esso vengono computate non rientra nel novero. Infatti, se si mettessero in fila sei monete doro e poi a queste si aggiungesse una moneta di bronzo, non si potrebbe chiamarla settima a causa della differenza del materiale di cui. fatta - giacch loro costoso e pregiato, il bronzo, invece, comune e poco apprezzato allo stesso modo, questo concilio, che nulla ha di aureo o di pregiato 59 nei suoi decreti, ma che anzi tutto una lega di rame adulterato, ed pieno di veleno mortale, non degno di essere computato in sieme ai sei sacratissimi concili, che risplendono delle auree espres sioni dello Spirito. Con lalterigia, poi, di colui che disse: porr il mio trono sopra le nubi 237, questo concilio strombazza quello che segue - Grego rio vescovo lesse - : Il santo ed ecumenico concilio, riunito per grazia di Dio e piissi ma sanzione dei nostri imperatori ortodossi e coronati da Dio, Co stantino e Leone 238, in questa citt imperiale e custodita da Dio, nel venerabile tempio della santa immacolata Signora nostra Madre di Dio e semprevergine Maria, chiamato delle Blacherne, ha definito quanto segue. Giovanni, diacono amatissimo da Dio, lesse: se la loro riunione avesse avuto luogo per grazia divina, si sarebbe adornata delle pa role pronunziate, per grazia di Dio e illuminata di verit, daTmoy mento che la grazia sempre unita ad essa e tutte e due sono con- giunte e convivono, come testimonia Giovanni, principe della teo- logia, quando dice:.l grazia e la verit vennero per mezzo di Ge s 239. Costoro, dunque, che hanno lasciato da parte la veritaTneHa quale lAutore dei Proverbi si gloria, quando dice: la mia bocca proclamer la verit 240, ed hanno abbracciato la menzogna, si sono ovviamente allontanati dalla grazia e perci neanche la loro parola condita di sale divino 241per trasmettere la grazia a chi lascolta. Il fatto, poi, che si siano riuniti nel sacratissimo tempio della nostra Signora Madre di Dio non degno di ammirazione: non hanno di che gloriarsene, infatti, proprio come non giov ad Anna e Caifa ed al loro sinedrio di Giudei I il fatto che la loro illecita deliberazione contro Cristo si sia svolta nel Tempio 242; cos facendo essi si mo stravano ancor pi condannabili, poich tramarono nei luoghi sacri disegni sacrileghi ed ostili a Dio. Magari, nel cominciare con le pa role patristiche di Dionigi, il Rivelatore di Dio 243, avessero preser vato intatti i suoi insegnamenti e quelli di tutti i santi Padri nostri; ma questo fra di loro non accaduto, come mostrer quello che segue in tutta la loro esposizione di fede. Pure, sebbene senza alcuna coerenza, come lupi coperti da pelli di pecora, essi cominciano con una introduzione teologica, che cos recita: - Gregorio, vescovo di Neocesarea, lesse -: La Divinit, che di tutte le cose causa e le rende perfette, che per Unta bont ha fatto entrare..milessere tutte le cose dalla Toro condi zione di non esistenza, ha stabilito che esse sussistessero in modo or dinato e ben regolato, affinch, mantenendo la Buona condizione loro 60 donata secondo la Grazia, preservino la loro permanenza in modo che non vacilli e la capacit di oscillare rispetto alla loro retta posizione in modo che non sia squilibrata verso .nessuna dei due lati244. Epifanio, diacono e cubuclsio 245, lesse: lintera creazione, ina nimata ed animata, che stata creata da Dio ed ha ricevuto lipo- sTatica capacit di esistere dallo stato di non esistenza, cHeTrfhuo- ve, adesso, ed regolata al suo ordine. sa~come osservare il coman d o del Creajpre_Bmch oggetto della sua p^ovv^e^a.* Costoro! per, hanno osato condannare la tradizione che ci stata affidata da Cristo nella sua santa Chiesa in memoria della sua dispensazione redentrice, non rendendosi conto, in questo modo, che niente nella Chiesa stato fatto senza di Lui. Cos essi mostrano di essere pi insensibili degli esseri inanimati e pi irrazionali degli esseri irrazio nali. Non solo questo, ma, credendo che la loro lingua parli bene, anche se con parole e dottrine assurde, accusano falsamente la san ta Chiesa di Dio di farsi bella con gli idoli, e, confidando nella pro pria falsit, le gridano: non vogliamo conoscere le tue vie, n sce gliere di seguire fedelmente la tradizione che vige sin dal princi pio. Certamente udranno da Cristo, che della Chiesa il fondato re: non vi conosco 246. Fingono che il diavolo trionfi, poich cos dicono - Gregorio vescovo lesse -: Quando per Lucifero - che a causa del primitivo splendore aveva il suo posto vicino a Dio - lev la sua mente in alto coMroJl suo Creatore, per questo divettne oscurit insieme con la sua armata di. apostati e, caduto via per sua Tifer scelta dalla gloriosissima Divini- t, cheJaluc ed al dii sopra della luce risplende, si rese tenebra, rivelandosi autodidatta, inventore e maestro di ogni malvagit; e, non tollerando di vedere che luomo, creato da Dio, gli era stato sostituito nelpsto che occupava nella gloria, \ev'acjuttala sua malvagit contro di lui e lo privdrcnldnfnrio, dg$q.glcma e'delll'pTehdore di Dio, suggerendogli di adorardla creatura piuttosto cheti Creato re 247. ~ Epifanio, diacono e cubuclsio, lesse: se il loro discorso fosse rivolto contro ladorazione di idoli o creature, proibita e detestata dal santi Apostoli che dairalfo luronFivestiti di potenza7e~3ai dmhTProfeti, che profetizzarono per ispirazione dello Spirito San to, ed ancora dai divini Padri nostri, che furono loro seguaci, tut ti i figli allevati dalla Chiesa lo avrebbero approvato e fatto pro prio, e sarebbe _stata cosa o p portuna che ^-affidassero le loro parole alla .scrittura. Ma poich, abbandonata la Chiesa, si battono in difesa della menzogna, e fingendo che il diavolo, che della men- 61 zogna padre, stia celebrando il suo trionfo, aguzzano la loro lin gua contro la Chiesa irreprensibile e, come gli osti, mescolano lac qua al vino e non hanno esitato a dar da bere al prossimo una torbida feccia 248; giustamente sentono rivolta a loro la divina voce di Davide, rivelatore di Dio, che salmeggia: a che scopo parlate dei miei decreti ed avete sempre in bocca la mia alleanza? Voi de testate la disciplina e vi gettate le mie parole dietro le spalle, facen dovi compagni di quelli che adulterano i dogmi della verit 249. cos che, simulando il possesso della verit, dicono - Grego rio vescovo lesse Per questo Dio, il Creatore, non sopportando di vedere lopera delle sue mani andare verso la totale perdizione, pose ogni cura per ch si salvasse attraverso la Legge e i Profeti. Ma poich luomo non fu mai per nulla capace di risalire alla sua primitiva nobilt, egli n- tenne cosa degna mandare sulla trra,, negli ultimi e prestabiliti tem pi, 7Tsuo Piglio e VerBo. Questi, con la benevolenza detPadre eia coopefazione dello Spirito, suo eguale in potenza e principio della vita, dimor in un grembo verginale dalla cui carne santa ed irrepren sibile ricevette, nella sua esistenza o ipostasi, una carne consustanzia le alla nostra, che egli condens e form per mezzo di unanima ra zionale ed intelligente. Egli nacque da essa in un modo che oltrepassa la ragione e la comprensione di ogni mente, sopport la croce spon taneamente, scelse la morte ed al terzo giorno risuscit dai morti, compiendo tutta la sua dispensazione di salvezza. Epifanio, diacono e cubuclesio, lesse: dice la divina Scrittura, nel racconto della creazione del mondo, che Dio disse: facciamo luo- mo a nostra immagine e somiglianza 25; grande dunque la gran- dezza della dignit^^eB^uomo, pdicEe"egETcEee nato dalla terra sTato onorato denficonlB^iorDcduorpcH, perfr Suo~tfadmien- " to-, -eiem-pT^C^is^axjdo la dignit della prima creazione, I luma na stirpe cadde nellidolatria; e Dio, Verbo del Padre, fattosi uomo perfetto senza cambiare la sua natura, lo richiam dal suo decadi mento e, liberatolo dallerrore degli idoli, lo rigener allimmorta lit, offrendogli uh dono irrevocabile. Questo un dono pi divi no di quello precedente, la nuova creazione pi grande della crea zione, il dono di grazia eterno. Con lintenzione di oscurare questa grandezza di doni, costoro osano dire che una nuova idolatria si introdotta con la fattura delle icone e menano vanto con vanaglo ria di una nuova redenzione compiutasi per mezzo loro; con espres sioni forbite declamano il loro pensiero come una cantilena e giu dicano decaduta la Chiesa di Dio, rendendo fluide pi dellolio le loro parole 251con il suono di qualche citazione scritturale. Ma le loro parole sono fraudolente e una freccia micidiale la loro lingua, giacch parlano di pace ma nel cuore hanno linimicizia 252. E per questo che aggiungono - Gregorio vescovo lesse Ci ha allontanato dallinsegnamento corruttore dei demoni, dal lerrore degli idoli e dalla venerazione di essi, e d ha insegnato lado razione in spinto e verit 253. Epifanio, diacono e cubuclsio, lesse: senza volerlo, eccellentis simi signori, siete trascinati alla verit: tutta la divina assemblea de gli Apostoli, infatti, e la santa moltitudine dei Padri nostri procla ma che il Figlio e Verbo di Dio Padre venuto fra gli uomini per allontanarci dallerrore degli idoli. Ma noi abbiamo anche gli an nunci proclamati prima di loro attraverso i Profeti, che gridano: ecco, vengono giorni, dice il Signore, che io canceller il nome degli idoli dalla terra e non ci sar pi il ricordo di essi 254; sicch anche voi siete costretti ad ammettere che Cristo, Dio nostro, ci ha liberati dallerrore degli idoh. , se ci ha hEermE'come puo' ssere1 che coloro che Fanno creduto in lui sono divenuti di nuovo idola tri? Basta con queste vostre frivolezze prive di senso! Dio incarnan dosi ci ha riscattato e noi siamo di nuovo prigionieri? E siamo adesso, di nuovo, in balia di colui che ci opprimeva? Ascoltate la divina Scrittura che dice: il suo regno un regno eterno e il suo dominio dura per tutte le generazioni 255e il Signore regner in eterno, il tuo Dio, o Sion, di generazione in generazione 236. Dio non affatto come i re della terra, che una volta vincono e poi so no sconfitti, poich la sua vittoria rimane in eterno. Dio non pu, come luomo, rimanere in sospeso, n, come un figlio delluomo, pu essere minacciato 257, sta scritto; e lApostolo, in accordo con queste parole, i doni e la chiamata di Dio sono irrevocabili 258. Loro dicono le stesse cose, credendo di esaltarsi; ed aggiungono, ponendosi in conflitto con se stessi: I - Gregorio vescovo lesse -: E poi, cos, dopo aver assunto in s la natura umana, salito ai cieli, lasciando i suoi santi discepoli ed apostoli come maestri di que sta fede di salvezza. Essi, abbellendo la nostra Chiesa, sua sposa, con i vari e splendidi dogmi della piet, la rivelarono bellissima e lumi nosissima, come cinta e variegata di frange doro. Ricevendo la sua bellezza, i nostri gloriosi Padri e Maestri, ed i sei santi ed ecumeni ci concili, la custodirono intatta. Epifanio, diacono e cubuclsio, lesse: con la loro mente igno rante ed incolta non si sono accorti, questi che vanno blaterando di folli novit, che il loro un modo di pensare che non pu essere accolto. E volendo dissimulare il loro pensiero dietro un velo di astuzia, si rendono assai ridicoli perch sono disattenti: lodano molto ed a gran voce la legislazione ecclesiastica e, anche se non vogliono, ammettono che i sei santi concili ecumenici la conservano immutata; ed a parole simulano la piet ma con la mente sono cat tivi, onorano la piet con le labbra ma con il cuore ne sono lontani, poich non vogliono accogliere la tradizione che nel tempo passato tanti santi hanno mantenuto. Avrebbero dovuto vergognarsi di fronte alla moltitudine di coloro che oggi sono cristiani e di quel li che lo sono stati da quando stato annunciato il Vangelo, perch hanno rigettato e disprezzato lusanza di raccontare il Vangelo at traverso la pittura. Dal sesto santo concilio ecumenico, infatti, al momento in cui costoro si sono riuniti contro le venerande icone, non erano passati pi di settanta anni: ed a tutti chiaro che la tradizione delle raffgurazion piftoficdie non risale affatto a questi anni-ma ad un tmgo gjjzj, a direTTvera js-al tempo della predica/tone''apostolira. come possiamo apprende re anche solo osservando 1santi templi in ogni luogo, come hanno testimoniato i santi Padri e come riferiscono gli storici i cui scritti si conservano sino ad oggi. Nellanno 5501 259, infatti, Cristo Dio nostro venne tra gli uomini e, dopo aver vissuto fra noi per trenta- tre anni e quasi cinque mesi, ed aver realizzato il grande e salvifi co mistero della nostra redenzione, comp il viaggio nei cieli, sal, cio, l da dove era sceso, dopo aver ordinato agli Apostoli di inse gnare tutto ci che egli aveva loro comandato. Da allora, dunque, fino allimperatore Costantino, che fu il primo dei cristiani a sedere sul trono imperiale, passarono circa trecento anni, e prima di Co stantino il potere era in mano ai pagani: tempi in cui, cio, un gran numero di cristiani combatt lagone della virt e lasci col marti rio questa vita, insorgendo contro gli idoli. I Ma la moltitudine dei cristiani, mossa da divino zelo, costruiva templi, chi al nome di Cri sto, chi in onore dei santi, e gli uni raffiguravano in essi le vicen de dellincarnazione del nostro Dio, gli altri il racconto degli ago ni dei martiri, altri ancora, che volevano mantenere sempre vivo il ricordo nei loro cuori, dipingevano su tavolette licona dellamato martire o dello stesso Cristo. Ma icone furono dipinte dai nostri santi Padri ed uomini pii anche sulle sacre vesti, e sulle sacre sup pellettili, ed in esse compivano gli incruenti sacrifici; e fino ai no stri tempi tutte queste cose si vedono in pubblico, e restano per sempre. Quando, poi, germogliarono le eresie, piene dira e di acri monia contro la Chiesa, e per abbatterle furono riuniti i sei concili ecumenici in tempi diversi per ispirazione divina, essi diedero so stegno e stabilit a tutto ci che nella Chiesa universale vige per tradizione, scritta e non scritta, sin dalle origini: di ci fa parte 64 lesposizione delle venerande icone. Ma dopo che il sesto concilio ecumenico 260ebbe promulgato la sua Definizione contro coloro che onoravano ununica volont in Cristo Dio nostro - regnava al* lora Costantino 26\ che lo aveva riunito con una sua ordinanza, per benevolenza di Dio; e poco tempo dopo, morto lui, gli era succe duto sul trono imperiale il figlio Giustiniano 262 - proprio coloro che si erano riuniti in esso, radunatisi unaltra volta concordemente per ispirazione divina quattro o cinque anni dopo 263, emanarono ben centodue canoni per dare un assetto pi regolare agli affari della Chiesa. NeUottantaduesimo di questi canoni espressero que sta dottrina in materia di icone: In alcune figure delle venerande icone rappresentato un agnello indicato ria) dim dpi Prprnrcnrp fii assunto rame figura della (jrazia7~Llhc ci fa intravedere il vero agnello a causa della Legge, Cristo nostro Dio'. Mentre acco- 'gliamoT dunque, leantiche figure e"ctuaroscuriT dati alla Chiesa come simboli e schizzi della Verit, anteponiamo ad essi la Grazia e la Verit, accogliendola come compimento della Legge. Affinch dunque la perfezione possa essere raf figurata, attraverso le pitture, sugli sguardi di tut, noi decretiamo che da ora \ in poi sia esposta anche nelle icone limmagine dellagnello che toglie il peccato \ del mondo, Cristo nostro Diem-fiamy nmana alposto dellJantico agnelli ber I comprendere atuaverso di Lui la subEmM^delPl^^mzTone"def Verbo in meffiffria dlla sua vita nfla* cai^,'Mcdh<3otti per mano dlia* sua*assione. dalla sua morte salutare e dal riscatto tiri TBUudo cosi realizzatosi 265. Tutti, dunque, vediamo e comprendiamo che, sia prima dei santi concili che dopo di essi, le raffigurazioni delle icone erano una tra dizione nella Chiesa, come lo quella del Vangelo. Come, infatti, ricevuto il suono della lettura con le orecchie, lo trasmettiamo alla nostra mente, cos, guardando con gli occhi le icone dipinte, siamo come illuminati nella mente; ed attraverso queste due cose che si susseguono luna allaltra, e cio la lettura e la pittura, acquisiamo conoscenza di ununica cosa, poich in entrambi i modi d si richia mano I alla memoria i fatti accaduti. per questo che nel Cantico dei Cantici possibile trovare congiunta loperazione dei due sen si prindpali, l dove dice: mostrami il tuo viso, fammi sentire la tua voce, perch la tua voce soave e il tuo viso leggiadro 266. Allo stesso modo anche noi diciamo, con le parole del Salmo: co- me abbiamo udito, cos anche abhiaffiQ-rislflgJI67- Se cos, di co loro" che hanno blaterato contro le venerande icone il caso di dire: ciascuno ha detto al suo prossimo cose vane: nel cuore labbra in- gannatrid, nel cuore ha detto malvagit 268. Da esse d liberi la gra zia del Salvatore nostro. Cristo Dio vero. Tomo secondo Epifanio, diacono e cubuclsio, lesse: dimenticando che la pro messa del Signore sulla sua Chiesa - le porte degli inferi non pre varranno su di essa 269- non mente, con il capo scoperto ed il volto non velato e pur avendo opinioni completamente opposte, di quella promessa si fanno scudo per combattere, e, usando in modo ingannevole affermazioni dei Padri, le presentano come proprie e dicono - Gregorio vescovo lesse Ma poich, ancora una volta, il predetto creatore della malvagit non sopportava la vista della bellezza della Chiesa, non rinunci, in varie occasioni e modi diversi, al suo malvagio proposito, per ridur re il genere umano in suo potere con linganno; ma anzi impercetti bilmente reintrodusse lidolatria mascherata da dottrina cristiana, convincendo con i suoi sofismi coloro che a lui guardavano a non rifuggire dalla creatura ma, al contrario, ad adorarla ed a venerarla, ed a considerare Dio la creatura, dandole il nome di Cristo m. Epifanio, diacono e cubuclsio, lesse: coloro che combattono la Gerusalemme spirituale, cio la Chiesa universale, si conformano in qualche modo a coloro che combatterono la Gerusalemme terrestre; ed anche loro si premurano di far uso della lingua della loro patria, proprio come Rapsache un tempo us il dialetto di Giuda 271par lando contro Israele 272, poich questi eretici armano rinsegnamento dei Padri e la voce della Chiesa contro i Padri e contro la Chiesa universale. Ma dai loro frutti dice il Signore li riconoscerete 27\ poich somigliano a sepolcri imbiancati, che allesterno sono belli a vedersi per gli uomini, come lo sono anche questi accusatori dei cristiani, tutti coperti, cio, di parole dei Padri; di dentro, per, sono pieni di ossa e di ogni impurit 274, di morti, voglio dire, e di dogmi puzzolenti. Ma noi, scoperchiando il loro sepolcro, rendere mo visibile tutta la loro immondizia: poich loro, secondo il proprio capriccio, stravolgono I gli insegnamenti che nella Chiesa universale i santi Padri hanno promulgato e si servono delle stesse loro espres sioni, alterandone per il senso con astuzia. Quanto, infatti, quelli avevano promulgato contro gli Ariani, costoro lo hanno cambiato in un atto daccusa contro le venerande immagini; e quello che il fa moso Padre Gregorio, capo della Chiesa di Nissa, nel suo Discorso funebre per il santo Basilio, suo fratello carnale e spirituale, aveva yjttsegnato contro gli Ariani, loro lo hanno preso per usarlo contro ^immagini, come si pu vedere dallintroduzione del brano, che ^Recisamente recita cos: 66 Di certo nessuno ignora lo scopo con cui il nostro Maestro si manifesta nel tempo; dopo che, inlatti, si estinse con la predicazione di Cristo la follia degli uomini riguardo agli idoli, ed ogni oggetto dei culti degli stolti era stato ormai distrutto ed annientato, mentre in quasi tutta lecumene era giunto l annuncio della piet, sicch colui che signore del tradimento umano era stato scacciato, espulso da ogni parte dellecumene nel nome di Cristo; lui, inventore della mal vagit ed abile in essa, non rinunci al suo malvagio proposito, per ridurre an cora una volta il genere umano in suo potere con linganno; ma anzi impercet tibilmente reintrodusse lidolatria, mascherata da dottrina cristiana, convincen do con i suoi sofismi coloro che a lui guardavano a non rifuggire dalla creatu ra ma, al contrario, ad adorarla ed a venerarla, ed a considerare Dio la creatu ra chiamata col nome di Figlio. E se la creazione ha luogo a partire da quanto non ancora, ed estranea, secondo la sua propria natura, alla sostanza divina: ebbene, il demonio convinse a non tenere ci in alcun conto e spinse anzi ad adorare la creatura dandole il nome di Cristo, a servirla, a riporre in essa le speranze di salvezza, ad attendere da essa il giudizio; e scagliatosi lapostata a ca pofitto su uomini capaci di contenere tutta la sua malvagit, e cio Ario 273, Ae- zio 276, Eunomio 277 ed Eudossio m , e molti altri oltre a loro, attraverso i quali reintrodusse, come si detto, lidolatria che ormai perdeva terreno, dandole nome di cristianesimo, prevalse allora il morbo degli uomini che servono la crea tura anzich il Creatore. Sicch, anche con laiuto degli imperatori di allora, lin ganno si rafforzava e tutte le alte autorit si diedero a combattere in favore di una siffatta malattia. E quando poco mancava che tutti gli uomini cambiassero rotta verso ci che allora prevaleva, fu allora che venne mostrato da Dio il gran de Basilio, come Elia ai tempi di Achab 279; ed egli, ricevuto il sacerdozio, che allora era come decaduto come una lucerna che si spenta, fece di nuovo ri splendere la parola della fede attraverso la grazia che abitava in lui 280. Osserviamo che lintero contenuto di ci che il Padre dice ri volto ai folli seguaci di Ario 281; dice, infatti, che il santo Basilio visse ai tempi di Ario, Eunomio, Eudossio, Macedonio 282ed i loro seguaci Anomei e Semiariani, che asserivano che il Figlio, Verbo del Padre e Dio nostro, una creatura, E poich veneravano la creatura come Dio, giustamente sono detti idolatri sia da lui che dalla Chiesa universale, giacch dicono I che il Dio che venerano venuto in esistenza dal non essere, come lintera creazione delle cose create. Ne consegue che i Cristiani non hanno chiamato di le venerande icone, non le hanno venerate come divinit, non hanno riposto in esse le speranze di salvezza n da esse attendono il giu dizio che verr: soltanto in memoria ed a scopo di esortazione, pre si di desiderio dei loro prototipi, le accolsero e le adorarono con riverenza e non certo si misero a servirle n tributarono loro la ve nerazione che si deve a Dio - basta con questa calunnia! - come non la tributarono a nessuna delle cose annoverate fra le creature. Gli Ariani, invece, che includevano fra le cose create il Figlio e Ver bo di Dio, vantavano di riporre in lui la speranza della salvezza e predicavano che il giudizio venturo sarebbe avvenuto per mezzo di 67 lui. Per questo anche il divino Padre li accusa di adorare essa, la creatura, di servirla, di riporre in essa la speranza della salvezza, di aspettare da essa il giudizio. cosi che si dimostrano falsificato- ri della verit i propugnatori di questo vocio di novit, che, dice il Profeta, sono come osti che mescolano il vino con lacqua 28J; e non solo questo: essi sono persino divenuti falsificatori delle affer mazioni dei Padri. Mentre, infatti, il Padre ispirato da Dio dice: (la creatura) chiamata col nome di Figlio, costoro, nellintento di applicare il senso dellespressione alla rappresentazione iconografi ca, hanno surrettiziamente contraffatto nome di Figlio in nome di Cristo. E infatti chiaro die dicendo che ha nome di Figlio, Gregorio fa unaffermazione contro gli Ariani, poich quelli be stemmiano la divina generazione del Figlio, celeste ed increata. Per questo ha denunciato anche i capi di questeresia, l dove dice cio Ario, Eunomio, Eudossio ed Aezio. Costoro, invece, dicen do di Cristo anzich di Figlio*, provarono ad applicare la be stemmia alla raffigurazione delle venerande icone. Dunque anche in questo si sono rivelati falsari e mentitori, e traggono deduzioni improprie quando dicono - Gregorio vescovo lesse -: Perci, come un tempo Ges, che fu principio e compimento della nostra salvezza, invi dappertutto i suoi sapientissimi discepoli ed Apostoli perch li annientassero con la forza del santissimo Spirito, cos anche adesso ha fatto sorgere i suoi servi e pari agli Apostoli, i nostri imperatori fedeli, che hanno ricevuto la saggezza per la potenza dello stesso Spirito, per renderci perfetti ed istruiti e per distruggere le fortezze demoniache che si ergono contro la conoscenza di Dio e confutare la frode e Verrore del demonio ... Epifanio, diacono e cubudsio, lesse: chi aveva mai pronunziato una simile iniquit contro il Cielo? E quale empiet potrebbe essere pi grave di questa? Oh bestemmia maligna ed irriverente! Oh in ganno dissimulato ed astuta leggerezza! Loro parlano come istruiti dallargomentazione del diavolo in persona, poich hanno osato chiamare la visione ed il volto die d conducono quasi per mano in modo chiaro e penetrante alla gloria di Dio ed attraverso cui com prendiamo laltezza dellumilt dd verbo di Dio I e siamo condotti come per mano al ricordo della sua via nella carne, della sua pas sione e della sua salvifica morte 2S4, fortezze demoniache che si ergono contro la conoscenza di Dio" e frode ed errore del demo nio. Veramente hanno teso il loro arco, amaro gesto, per trafig gere di nascosto linnocente 20, poich, se hanno ammesso che i santi discepoli, rivestiti di forza dallalto dopo che su di essi era sceso lo Spirito Santo, erano stati mandati per la distruzione degli idoli, non avrebbero dovuto dire che ne erano stati innalzati altri dopo che la loro tradizione ed il loro insegnamento si erano man tenuti in vigore per quasi ottocento anni e che i santi Padri li ave vano rafforzati e resi stabili come unancora salda. Liberati comple tamente dagli idoli una volta per tutte da Cristo, non dobbiamo pi essere incolpati di idolatria; a meno che essi non ardiscano afferma re che nella Chiesa si prodotto un mutamento e che altre leggi ed ordinamenti sono stati tramandati, attribuendoci cos pretesti irra gionevoli ed infarciti di apostasia. Questo, infatti, hanno obiettato questi nobili signori dicendo come un tempo fece anche Ges, principio e compimento della nostra salvezza. a partire da que sta convinzione che continuano dicendo ci che diventa antico ed invecchia, prossimo a sparire 286, ed anche: visto che divenuto antiquato linsegnamento degli Apostoli, noi ci proponiamo di eri gerne uno nuovo, giacch anche Mos ed Aronne erano sacerdoti, ma quando subentr la Grazia, dice lApostolo, un altro sacerdote sorto 287. Adesso, dunque, costoro avrebbero anche dovuto darci una qualche grandissima grazia, pi grande di quella dei santi Apo stoli, visto che dicono per renderci perfetti ed istruiti. E poich erano vescovi i partecipanti a questo concilio, in pieno possesso della compiutezza degli ordinamenti apostolici, avrebbero anche dovuto rendere perfetti altri e non essere da altri resi perfetti. Cos ancora di pi hanno sconfessato il loro essere discepoli della dot trina e della tradizione dei santi Apostoli e dei nostri illustri Padri; e si sono rivelati estranei al loro insegnamento dottrinario, poich non si conformano alla loro tradizione. Di loro parla il salmista Da vide, quando dice: il Signore annienter tutte le labbra inganna trici, e la lingua che dice parole arroganti 288. Canti Davide il suo canto verace con noi, e noi con lui: le spade del nemico alla fine sono venute meno ed hai distrutto le citt 289. Ma quando sono venute meno le spade e le citt del nemico, cio le sue fortezze? Non forse nellincarnazione di Cristo, della quale scritto dei forti divider il bottino 290? Non forse del loro preteso sinodo e con ciliabolo che sta scritto le spade del nemico alla fine sono venu te meno? E se alla fine e completamente le spade del nemico so no venute meno e sono state distrutte le citt dellempiet, co- m che scioccamente hanno detto che sono ricostruite di nuovo? Per attribuirsi il merito della loro distruzione e del riscatto del ge nere umano da esse? Hanno cos sminuito il grande mistero della nostra salvezza, la dispensazione del Cristo, Dio di tutte le cose, veramente benedetto nei secoli dei secoli, amen! Continuando, usano ladulazione nei confronti dei governanti e dicono I - Gregorio vescovo lesse ... i quali, mossi dal divino zelo che loro proprio, non tolleran do di vedere la Chiesa dei fedeli saccheggiata dallinganno dei demo ni ... Epifanio, diacono e cubuclsio, lesse: se dicono queste parole, non hanno conosciuto le promesse che la Chiesa universale ha ri cevuto da Cristo, suo fondatore, n ammettono che il genere uma no stato salvato attraverso la redenzione in Cristo Ges, Signore nostro. Il beneficio che Cristo rec con il suo sangue, infatti, loro lo rivendono al diavolo, e coloro che Cristo vivific con la sua mor te loro li uccidono con il veleno delle loro labbra, e li spingono a scendere fino alla botola dellAde 291. Ascoltino il cantico espres samente cantato alla Chiesa come da Cristo stesso: Tutta bella tu sei, mia vicina, tutta bella, e non c in te nessuna macchia 292. Hanno gi sentito che essa tutta bella e vicina a Cristo, libera da ogni macchia. A lei fu detto per bocca di Isaia: sulla mia mano ho tatuato le tue mura, tu sei per sempre davanti a me 293. Come pu essere che lei che ha ricevuto queste promesse saccheggiata dal lavversa potenza dei demoni? E se in lei Cristo la testa 294, co me dice il divino Apostolo, chi ha il potere di farne bottino? Lui lha posta davanti a s senza macchia n ruga 295, e come mai di nuovo sudicia? Che modo di concepire! chiaro, infatti, che la negazione della sua dispensazione a spingere sino a questo sospet to. Ma loro si sono adoperati per disprezzare la Chiesa: per questo il Signore li disprezzer, e disprezzati ed anatemizzati saranno da tutti coloro che in essa sono stati generati, giacch essa rimasta inespugnabile, intatta, incrollabile. Con la bocca piena di adulazione, poi, raccontano tutte le cose che hanno fatto e se ne gloriano - Gregorio vescovo lesse ... convocarono lintera assemblea sacerdotale dei vescovi a Dio graditi, affinch, riunitasi a questo proposito in concilio e dopo aver compiuto unindagine scritturale sulla ingannatrice produzione di fi gure attraverso i colori - che fa precipitare la mente umana dal cul to sublime e degno di Dio al culto volgare e materiale delle cose crea te -, mossa da Dio proclami ci che crede opportuno; sapendo che scritto nei Profeti: le labbra dei sacerdoti custodiranno la conoscenza e dalla loro bocca cercheranno la legge, poich sono messaggeri del Signore onnipotente 2%. Epifanio diacono lesse: dimenticando la nascita del Verbo di Dio dalla Vergine I ed il suo grande e salvifico mistero, di cui Lui ci fece grazia quando dimor nella carne, sottraendoci allerrore 70 degli idoli ed alla loro folle superstizione, costoro, usurpando que sta salvezza con lintenzione di ricavare la gloria per s, ingloriosa mente subiscono il trionfo della Chiesa universale su di s. Giusta mente Cristo, Dio nostro, si rivolge a loro attraverso i Profeti, di cendo: i sacerdoti hanno violato la mia legge ed hanno profanato le mie cose sante; non hanno fatto distinzione tra il sacro e il pro fano, tra cose pure ed impure non hanno fatto distinzione 297. Co storo, infatti, non hanno distinto le icone del Signore e dei suoi santi, dando loro un appellativo simile allimmagine del demonio, quello di idoli, ed accusando calunniosamente la Chiesa, che Cri sto, nostro Dio, ottenne con il suo sangue 298. Hanno scioccamen te chiamato ingannatrice la rappresentazione attraverso i colori del racconto del Vangelo, che i fedeli dicono e chiamano veneranda e santa poich non guardano a ci che si vede ma a ci che vi espresso; ascoltando, infatti, con le orecchie il racconto del Vange lo, esclamano gloria a te, o Signore!; e vedendo con gli occhi innalzano esattamente la stessa dossologia. Con la mente, infatti, andiamo al ricordo della sua vita tra gli uomini, perch qualunque cosa il racconto ci mostra per iscritto anche la pittura ce lo mostra. Ma esaminiamo ora quanto quelli hanno cianciato senza pudore, anzi con arroganza: ... che fa precipitare ... dal culto sublime e degno di Dio al culto volgare e materiale delle cose create. Oh che follia! Con la lingua come una spada aguzza e affilata dalla menzogna pensano che limmacolata nostra fede di Cristiani si sia trasformata in uniconolatria e parlano con tracotanza quando la chiamano culto volgare e materiale delle cose create. Nessuno dei cristiani sotto il cielo ha tributato il suo culto ad unicona: que sta una fola che viene dai pagani, uninvenzione di demoni, unimpresa dellazione di Satana. Ci ha avuto fine con la presen za di Cristo, ed il culto adesso in Spirito e verit 2"; diverse cose la Chiesa possiede nel suo seno consacrate a Dio, in memoria di Lui e dei suoi santi, e la fattura di icone una di queste. Costo ro, poi, confutano se stessi, quando dicono proclami ci che cre de opportuno; hanno dimenticato ci che sta scritto dalla bocca del Signore: chi parla da se stesso cerca la propria gloria 30. Es si, quindi, attestano di parlare da se stessi e non da parte dello Spi rito; e allora chi pu ascoltarli, se quello che dicono non viene in alcun modo dallo Spirito? E poi, gloriandosi non nel Signore ma della propria lingua, di cono - Gregorio, vescovo di Neocesarea, lesse -: Ed ecco adesso noi, sacro concilio riunito in mezzo a not, in cut abbiamo raggiunto il numero di trecentotrentotto, seguendo t decreti dei concili, lietamente accogliamo e predichiamo i dogmi e le tradizio ni che essi hanno con fermezza stabilito, decretando che noi li man teniamo senza cedimenti. I Epifanio diacono lesse: avendo unadunanza fitta di uomini, si vantano e si gloriano della loro moltitudine! Dopo aver riunito, infatti, una folla contro la Chiesa, con una bocca incapace di star chiusa cianciano ci che non lecito, proclamando iniquit contro il Cielo. Sono cresciuti come il popolo ebreo, e sono divenuti nu merosi 301; ma il Signore in loro non si compiaciuto. Perch? Perch dopo aver strappato se stessi dalla Chiesa hanno errato nel deserto, in un luogo arido, sprovvisti del vino spirituale che dilet ta il cuore degli uomini 302. E ancora, dicono le stesse cose sugli stessi argomenti, atteggian dosi a parole a seguire i decreti dei concili ma rinnegandoli nei fat ti; ed enumerando i concili ecumenici dicono - Gregorio vescovo lesse In primo luogo il santo ed ecumenico grande concilio riunito a Nicea sotto limperatore Costantino il Grande di santa memoria, che depose dalla dignit sacerdotale lempissimo Ario, poich sosteneva essere creatura il Figlio increato di Dio, consustanziale al Padre ed allo Spirito Santo e che in tutto condivide la stessa gloria e lo stesso onore; concilio che anche proclam il simbolo della nostra fede salvi fica dettato da Dio. E poi anche quello dei centocinquanta santi Pa dri, convenuti in questa citt imperiale ai tempi dellimperatore Teo dosio il Grande m, che condann Macedonio lo Pneumatomaco, che aveva bestemmiato il santissimo ed increato Spirito e decretato em piamente che esso non consustanziale al Padre ed al Figlio; questo concilio rese pi chiaro, anche attraverso una maggiore ampiezza, il simbolo della nostra fede salvifica, confermando che Dio anche il santo ed onnipotente Spirito 304. Epifanio diacono lesse: questi due santi concili ecumenici anche lempio Nestorio li aveva accolti, insieme con gli eretici suoi segua ci. Cosi il loro concilio di sobillatori, pur accogliendoli, ha intro dotto unulteriore eresia, a causa della quale coloro che vi aderisco no sono stati chiamati accusatori dei Cristiani dalla santa ed univer sale Chiesa di Dio; in niente distinguendosi dagli insensati che, quando vedono il sole sopra la terra, si dicono lun laltro: gli astri sono nascosti dallo splendore del sole, ed giorno, non notte; che, cio, traggono conclusioni ovvie e manifeste riflettendo in mo do sterile. Continuano poi cos - Gregorio vescovo lesse -: E poi il concilio dei duecento santi Padri, riunito per la prima 7 2 ih il f ii (hi l i f t so ai tempi di Teodosio I il Giovane 305/ esso condanno Nestorio ")fl che ragionava alla maniera dei Giudei, adoratore delluo mo, giacch riteneva che fosse Cristo in senso proprio il Verbo che mene da Dio e che quello generato da una donna fosse un altro Cri sto; ponendo da una parte e in senso proprio il Dio-Verbo e dall'al tra l'uomo, affermando da qui la presenza di due ipostasi in un unico ( '.risto e negando l'unione in ipostasi. sulla base di questa unione che non c venerato l uno insieme all'altro ma Ges Cristo, Figlio unigenito, compreso essere uno, onorato con ununica adorazione unitamente alla sua carne. Kpilanio diacono lesse: anche Eutiche e Dioscoro, ed i Confu sionisti loro seguaci 307, accolsero questo concilio ma rimasero ere tici, pcM'ch introducevano unaltra eresia. Anche costoro, perci, saranno annoverati insieme a quelli, giacch introducono nella Chiesa universale un vaniloquio pieno di novit. E come i bambi ni si raccontano a vicenda ci che hanno visto dire e fare ai loro padri, facendo loro il verso, cos anche loro ritengono di dover af fermare in veste di maestri e di mettere per iscritto cose a tutti assai itole, rendendosi per tutti oggetto di derisione. E, facendo ancora uso del loro vaniloquio, dicono - Gregorio vescovo lesse U poi anche il grande e famoso concilio di Calcedonia, che si riun ai tempi dellimperatore Marciano, amato da Dio 308 Questo concilio anatemizz Dioscoro 309e lo sventurato Eutiche }1, che asserivano che il medesimo ed unico Cristo e Signore, dopo la perfetta unione iposta- tca di Dio-Verbo con la carne, non ha due nature ma che, piuttosto, sebbene lunione sia fatta di due nature, ne risulta tuttavia una sola mescolata e confusa. Oltre a questi concili, noi accogliamo quello dei centosessantacinque santi Padri, che si riun a Costantinopoli ai tempi d Giustiniano d sorte divina 5U. Esso anatemizz Origene 312, detto anche Adamanzio, Evagrio 313e Didimo 314, insieme ai loro scritti pa gani; e Teodoro di Mopsuestia 315, Teodoro (Diodoro) 316, maestro di Nestorio, e Severo 317, Pietro 318e Zoora 319 con le loro empie dottri ne; e poi anche la cosiddetta Lettera di Iba a Mari il Persiano 32, e cos facendo riafferm le pie dottrine del santo e grande quarto con cilio. Epifanio diacono lesse: questi santi ed ecumenici concili, e quel li che li precedettero, li accolsero Sergio di Costantinopoli, Ciro di Alessandria, Onorio di Roma ed i cosiddetti Monoteliti loro segua ci; ma sono, in seno alla Chiesa stessa, anatemizzati come eretici dalla Chiesa universale, poich gridano cose vane a causa della loro eresia. Cos anche costoro, pur accogliendo questi santi concili, per 73 la loro eresia I sono espulsi dalla Chiesa universale, Ed il loro di scorso su questo argomento vano et! ozioso, c non degno di una risposta, poich, pur accennando ai santi concili, vi si oppongono e li avversano. Se hanno fatto questo discorso per ignoranza, esso completamente pieno di dabbenaggine ed inesperienza; ma se lhanno fatto scientemente, pieno di empiet e (li una consapevo lezza veramente orribile. Ci mostrino, infatti, un concilio che si op pone ad un altro concilio, che non sia, per, uno di quelli conside rati estranei alla Chiesa universale ed anatemizzati, come quello loro; oppure seguano quelli santi ed approvati, e ci che essi hanno lasciato alla Chiesa lo accolgano anche loro; e se accolgono le ve nerande icone, vuol dire che seguono la Chiesa universale, poich esse sono state accolte dai sei santi concili ecumenici; ma se non seguono la Chiesa universale, nessuno li ascolter, poich non ade riscono alla sua tradizione che si conf a Dio. Gregorio vescovo lesse: Allo stesso modo accogliamo anche il concilio che ai tempi del pio imperatore Costantino riun centosettanta santi Padri in questa citt custodita da Dio m, che anatemizz e scomunic Teodoro di Faran 322 Ciro di Alessandria 2), Onorio di Roma m, Sergio 325, Paolo m, Pir ro 327e Pietro 328, che l erano stati presuli m, Macario di Antiochia330 e Stefano, suo discepolo 3 3 poich asserivano che nelle due nature del lunico Cristo, nostro Dio, c un'unica volont ed operazione. Epifanio diacono lesse: per queste miserevoli considerazioni non ci sono parole di confutazione, poich si trovano confutate gi pi sopra. Con un ragionamento fallace, poi, richiamano di nuovo latten zione sui santi concili e dicono - Gregorio vescovo lesse -: Questi sei concili, dunque, santi ed ecumenici, che hanno esposto con piet ed in modo a Dio gradito i dogmi della nostra immacolata fede di Cristiani, istruiti dai Vangeli che ci sono stati trasmessi da Dio, hanno tramandato che nellunico Cristo, Signore e Dio nostro, vi una sola ipostasi in due nature, volont ed operazioni, ed hanno insegnato che i miracoli e le sofferenze sono di Lui medesimo e solo. Epifanio diacono lesse: che boria ed orgoglio presuntuoso! Ten tano di dar lezioni alla Chiesa come se essa fosse inesperta e del tutto alloscuro dei divini dogmi, essa che testimoniata essere pie na di ogni sapienza, come grida con la gran voce dello Spirito la sua guida e divino apostolo, dicendo di lei: perch sia manifestata, per mezzo della Chiesa, ai Principati ed alle Potest I la multiforme sapienza di Dio 332. Non hanno, dunque, giudicato con rettitudi ne, riportando anzi al centro dellattenzione, in modo rischioso, 74 cose' che non sono in discussione. La Chiesa universale ha, infatti, accolto ed approvato questi dogmi come unancora sicura e non ha bisogno delle lezioni di costoro. I nostri Padri, per, fra i loro dog mi divini accolsero anche le venerande icone e le ritennero degne di una certa venerazione ed onore; ne fecero innalzare nei venera bili templi da loro costruiti ed ancora ne fecero dipingere in ogni luogo appropriato e le accolsero con affetto. Ma costoro hanno osato scavalcare tutta la loro divina adunanza ed hanno posto il loro trono di fronte a loro, con la stessa alterigia del diavolo, il pa tire della menzogna; e poi hanno imbrattato e violentato le cose sa cre, e le hanno gettate nel fuoco. Che delitto! E che pazzia teme raria! Abbia fine la loro arroganza e risparmi il Signore il suo po polo da questa loro malvagit corruttrice. Che tutti seguano la Chiesa universale, accolgano tutte le raffigurazioni di episodi dei Vangeli e le rappresentazioni pittoriche degli agoni dei martiri, e le accolgano con affetto, come la santa Chiesa di Dio sin dallinizio le ha accolte. E si appigliano ancora ai loro artifici, dicendo le frivolezze che seguono - Gregorio vescovo lesse Passando in rassegna e valutando queste questioni con molto stu dio e profonda indagine, con lispirazione del santissimo Spirito, noi abbiamo trovato che larte empia dei pittori una bestemmia rivol ta al fondamentale dogma della nostra salvezza, e cio alla dispensa zione in Cristo; e che essa stravolge questi santi ed ecumenici concili riuniti da Dio... Epifanio diacono lesse: studio ed indagine possono anche essere rivolti al male: allo stesso modo Assalonne studiava ed indagava con Achitfel contro suo padre 333, proprio come costoro contro i santi Padri. Anche Achab ritenne di accogliere le profezie dei fal si profeti come ispirate da Dio ma anche costui fu ingannato nel la sua speranza 334. Anche lautore dei Proverbi ha detto: ci sono strade che ad un uomo sembrano dritte ma alla fine conducono nel fondo dellAde 335. Questo capitato anche a loro, poich si fan no vincere dal desiderio di piacere agli uomini, sono ciarlatani co me i ventriloqui 336e ritengono che le loro strade siano dritte ma trascinano alla botola dellAde quelli che ubbidiscono loro. Ma co me possibile, infatti, che la produzione di icone realizzata dai pit tori costituisca, come loro dicono, una bestemmia rivolta al fon damentale mistero della dispensazione di Cristo? Ed ancora, come fa larte dei pittori a rigettare i sei santi concili ecumenici? E come pu essere che le icone sono state collocate nelle Chiese in contra sto con le loro disposizioni, dal momento che, al contrario di quan- 75 to dicono costoro, proprio quei divini nostri Padri, con lintento di ammaestrarci I e di chiarire espressamente per noi il mistero della nostra salvezza, lo fecero rappresentare nei venerandi templi ser vendosi dellarte dei pittori? E quale dei divini Padri nostri ha di chiarato che ratte dei pittori empia rispetto allo stesso fonda- mentale dogma della nostra salvezza e cio alla dispensazione in Cristo? Se uno, infatti, accoglie una cosa, non tollera che essa sia oggetto di biasimo: sanno dunque dire sciocchezze ma non sanno dimostrarle. A quanto pare, hanno supposto che nessuno si sareb be reso conto del fatto che loro falsificano il verbo della Verit. Tutte le arti manuali, dunque, che deviano dal disegno dei coman damenti di Dio, devono essere bandite; ma quelle che non sono tali, ed anzi, al contrario, sono utili alla nostra vita, non hanno niente di sconveniente n furono disprezzate o respinte dai nostri santi Padri. Ed anche larte pittorica, se qualcuno la usa per offrire alla vista loscenit, costui un individuo spregevole e fa del male - se qualcuno, per esempio dipinge figure e scene pornografiche, contorcimenti propri della danza o scene da ippodromo; o se an che qualcosa daltro di simile prodotto dallarte, questa una pratica vergognosa. Ma se, invece, vogliamo dipingere le vite di uomini virtuosi ed i racconti degli agoni di martiri, la narrazione delle loro sofferenze ed il mistero della dispensazione del grande Dio e salvatore nostro, e ci serviamo allora dellarte dei pittori, noi ci troviamo ad esercitarla in modo assolutamente retto. Infatti, se un pittore rappresenta una croce, nessuno che sia dotato di senno respinge la croce che stata disegnata, e neanche se il pittore ha fatto uso di colori per dipingerla, la croce priva della grazia divi na. Lo stesso principio deve essere accolto, poi, a proposito dei libri: se qualcuno, infatti, scrive nei libri racconti vergognosi, essi sono vergognosi, da rigettare e da mantenere estranei allorecchio dei Cristiani; se, invece, scrive parole ispirate da Dio e racconti che conducono alla piet, essi meritano di essere lodati ed accolti e so no degni della Chiesa di Dio. Lo stesso bisogna intendere anche per licona del Signore nostro Ges Cristo e dei suoi santi, come abbiamo appena detto. Quando uno produce una cetra o dei flauti, la sua iniziativa turpe; ma se produce qualcuna delle sacre sup pellettili, degna di approvazione, e nessuna persona di senno bia sima larte se appresta cose utili alle necessit di questa vita. Biso gna porre mente, infatti, al fine ed al modo attraverso cui si realiz za il risultato delle arti: e se il fine la piet, il risultato accetta bile; ma se il fine una qualche turpitudine, il risultato degno di disprezzo e di abiezione. 76 Fissati, poi, nella loro accusa, continuano dicendo - Gregorio vescovo lesse ... dando forza a Nestorto, che divideva in una dualit di figli lunico Figlio e Verbo di Dio che si fatto uomo per noi... Epifanio diacono lesse: ancora, come abbiamo appena detto, si limitano a fare dichiarazioni senza produrre dimostrazioni. Come pu essere, infatti, che d forza I a Nestorio chi dipinge licona di Cristo? Nestorio introduce due figli, uno il Verbo del Padre, lal tro quello nato dalla Vergine. Coloro, per, che sono autentici cristiani professano che ununica e medesima persona Figlio, Cri sto e Signore, e dipingendo unicona di come il Verbo si fatto carne e pose la sua tenda in mezzo a noi 337, cio come uomo per fetto, agiscono in modo assolutamente retto. Dio Verbo, infatti, cir coscrisse se stesso quando venne tra noi nella carne. Ma nessuno ha mai pensato di dipingere la sua divinit, giacch, dice la Scrit tura, Dio non lha mai visto nessuno 338; Lui, infatti, incirco scritto, invisibile, incomprensibile, ma circoscritto secondo la sua umanit. Noi sappiamo che Cristo di due nature, ed in due na ture in modo indivisibile, la divina, cio, e lumana; e, dunque, una incircoscritta ed una circoscritta si vedono in un unico Cristo. E licona simile al prototipo non nella sostanza ma soltanto nel no me e nella disposizione delle membra che vengono dipinte. Infat ti, neanche qualcuno che dipinge licona di un uomo cerca poi nel licona un animo, sebbene sia incomparabile la differenza tra lani ma umana e la divina natura; giacch luna increata, creatrice, senza tempo, laltra creata, legata al tempo, creata dalla prima; e nessuno mai che sia dotato di senno, al vedere licona di un uomo ha pensato che, attraverso larte del pittore, luomo separato dalla sua anima. Non solo, infatti, licona priva di anima ma anche del la reale consistenza del corpo - e cio di carne, muscoli, nervi, ossa - e degli elementi - ossia il sangue, il flegma, lumore e la bile -, e vedere in unicona la mescolanza di queste cose impossibile; se, infatti, si vedessero queste cose nellicona, noi la chiameremmo uomo e non icona di un uomo. Dunque, la presente fanfaro nata se ne va via insieme alle altre loro questioni. Quanto segue altrettanto ridicolo - Gregorio vescovo lesse ... non solo, ma anche ad Ario, Dioscoro, Eutiche e Severo, che asserivano la confusione ed il disordine delle due nature nellunico Cristo. Epifanio diacono lesse: che sconsiderate fole, degne di anziane donne, sono le loro! E che inganno dissimulato! Si compiacciono ancora una volta di perdere il loro tempo fra sciocchezze sempre 77 uguali: o ignorano che gli eretici che enumerano sono diversi fra loro ovvero dire sciocchezze un loro obiettivo deliberato. Le ere sie di Ario, infatti, di Dioscoro e di Eutiche avversano in qualche modo Nestorio e sono reciprocamente in conflitto, sebbene siano pari in empiet. Ario, infatti, che dice che leterno ed increato Ver bo di Dio Padre venuto in esistenza dal non essere, aggiunge al lempiet anche unaltra eresia, quando dice che Cristo non ha I unanima razionale ma che al posto dellanima reca la divinit; ed alla divinit lui ascriveva anche la Passione. Dioscoro ed Eutiche, invece, in opposizione a Nestorio che diceva esserci in Cristo due nature e due ipostasi, confondevano le nature e nel loro vaniloquio asserivano che ve ne era una sola; e procedendo lontano dalla via regia 339, che non devia n a destra n a sinistra, si sono allontanati dalla dottrina degli Apostoli e dei Padri. E quale comunanza o consonanza ha la santa Chiesa di Dio universale con Ario, Diosco ro ed Eutiche a proposito di rappresentazioni pittoriche descritti ve? Ma i loro discorsi non sono soltanto vani ed inutili, sono anche estranei al precetto apostolico che prescrive: il vostro parlare sia sempre con grazia, condito di sapienza 34; e, nel suo disgusto per loro, anche Giobbe dalle molte prove diceva: verr mangiato un pane senza sale? E c un gusto in parole vane? 341. E davanti agli occhi di tutti, dunque, che costoro accusano la Chiesa di Dio a ca saccio ed invano, dicendo qui che essa, dipingendo licona del Si gnore incarnato, si uniforma a Nestorio empio, che divide le natu re, e l che si uniforma ad Eutiche e Dioscoro, sacrileghi e confu sionisti 342. Ma, come stato mostrato, chiaro che essi si oppon gono gli uni agli altri, sebbene poi gli uni e gli altri combattano contro la Chiesa. Se, infatti, ammettiamo che la Chiesa, come loro affermano, seguace di Nestorio, allora loro mentono, poich di cono che essa concorda con Eutiche e Dioscoro; e se, al contrario, ammettiamo che essa consente con Eutiche e Dioscoro, si scopre che anche in questo mentono, giacch la discussione appena con clusa ha mostrato che Nestorio ed Eutiche furono divisi luno dal laltro nella loro empiet; e questo loro fallace ragionare irragio nevole e vano. Tomo terzo Epifanio diacono lesse: e poich, arando tra le spine, fanno di scorsi alieni da quanto gli Apostoli hanno seminato e fanno frutti ficare i germogli della zizzania degli eretici, a loro Dio grida per bocca del profeta: molti pastori hanno devastato la mia vigna, 78 hanno insozzato il mio pezzo di terra M\ dicendo queste parole - Gregorio vescovo lesse Per questo abbiamo ritenuto giusto mostrare nei Jet tagli, attraver so la presente nostra definizione, in cosa consiste l'errore Ji ehi rea lizza le icone e di chi le venera. Tutti i divini Padri, dunque, ed i santi concili ecumenici hanno tramandato cos la nostra lede e confes sione pura, incontaminata ed a Dio bene accetta, affinch nessuno escogitasse un qualche tipo di divisione o confusione per l'indicibile ed inconoscibile unit, che sopravanza lintelletto ed il pensiero, l'uni t in ununica ipostasi delle due nature di una persona manifestata in modo assolutamente individuale. I Epifanio diacono lesse: veramente hanno mostrato nei dettagli il loro errore, questi sciocchi! Mentre, infatti, tutti i santi Padri nostri che si sono riuniti nei sei santi concili ecumenici accettaro no ed istituirono le venerabili rappresentazioni iconografiche nei templi santi ed in altri luoghi appropriati, costoro, invece, le han no fatte oggetto di scomunica con espressioni spregevoli ed usate a sproposito: le hanno chiamate inganno ed hanno tirato fuori il nome di altra idolatria, oltre quella del demonio. E mentre lido lo e licona sono due cose opposte luna allaltra, loro non hanno fatto distinzione tra esse; infatti, ci che era stato fatto a gloria di Cristo, Dio nostro, e per ricordare la sua vita nella carne, e ci che, invece, era stato creato per la gloria ed il ricordo dei demoni dai pagani, che li venerano, e da alcuni Giudei: ebbene, loro designa no ambedue le cose recando sulla loro, bocca ununica, identica denominazione, e non hanno vergogna di mettere per iscritto tut to questo, mescolando ci che non mescolabile e adducendo co me scusa i loro peccati. E mormorano vani discorsi di divisione e confusione contro la conoscenza di Dio che la Chiesa universale possiede, e scioccamente dicono affinch nessuno escogitasse un qualche tipo di divisione nellunione ipostatica di Dio Verbo alla carne. Inoltre, come sembrato, non hanno mai letto ci che i Pa dri dicono o, se lhanno letto, lhanno letto in modo frettoloso e senza perspicacia. Gregorio il Teologo confuta il loro vuoto decla mare quando dice: ogni volta che le nature vengono distinte nel pensiero, anche i nomi ne risultano distinti 344; e tutti i nostri santi Padri, che non ammettono la confusione delle nature, dicono che le due nature sono separate nel pensiero nel senso della distinzio ne e non della divisione. Ne consegue che o sono sprovvisti, anche a questo proposito, di una esatta conoscenza dei dogmi; oppure asseriscono che i nostri santi Padri in nessun modo hanno parlato di divisione per lunit delle due nature della dispensazione di Cri- 79 sto. E mentre Nestorio, quando dice che uno il Dio Verbo ed un altro colui che stato generato dalla Vergine, di fatto divide le na ture in uomo e Dio separatamente; la Chiesa universale, invece, che professa ununione senza confusione, col pensiero e solo con esso distingue le nature senza dividerle, confessando che lEmanuele uno e lo stesso, anche dopo lunione. Spirando poi tracotanza dalle loro narici, affermano - Gregorio vescovo lesse Cos, dunque, questa insensata presunzione del pittore 345, che si messo a fare ci che non possibile fare per miserabile bramosia di guadagno, dar forme, cio, servendosi di mani impure, a ci che col cuore si crede e con la bocca si confessa )46? Epifanio diacono lesse: follia pensare e parlare cos, giacch non da saggi accusare chi non colpevole. I Che perverso dise gno , infatti, quello loro, di applicare queste sciocchezze agli og getti consacrati della Chiesa? Se si dice che per bramosia di gua dagno che il pittore raffigura il Signore nostro in quanto fu uomo perfetto ed i suoi santi, il caso anche di accusare coloro che mi niano i divini Vangeli e chiamare pittori di sciocchezze anche coloro che attraverso i colori raffigurano la croce, e dire che fanno ci per bramosia di guadagno 347. E allora? Bisogner forse chiamare costruttore di sciocchezze anche un fabbro che costruisce una croce? E uno scultore che sgrossa e scolpisce una santa mensa, dovremo chiamarlo scultore di sciocchezze? E un orafo, un argentiere, un tessitore, anche loro dovremo chiamarli cos? Nel loro delirio, dunque, va perduta ogni disciplina ed ogni arte data da Dio per la sua gloria e per la conser vazione della nostra vita; e poich hanno raggiunto il punto estre mo dellignoranza e della perversione, ascoltino dalla divina Scrit tura e dai nostri santi Padri quanta lode si tributa alla sapienza, donata alla nostra natura dal munifico Dio che ci ha creati. Giob be, per esempio, che di Dio dice: chi ha dato alle donne labilit nel tessere? 348. Anche la divina Scrittura testimonia che da Dio fu data la sapienza a Bezaleel, perch avesse conoscenza di ogni arte di costruire; essa dice infatti: E il Signore parl a Mos dicendo: vedi, ho chiamato per nome Bezaleel, figlio di Uria, figlio di Or, della trib di Giuda, e lho riempito di uno spirito divino di sapienza, intelligenza e conoscenza, perch sia capace, in ogni genere di lavoro, di concepire e di costruire e di lavorare loro, largento, il bronzo, e poi il blu di giacinto, la porpora, lo scarlatto nei filati, ed il filato di bisso, e gli oggetti di pietra, ed i lavori di costruzione con il legno, perch possa operare in ogni genere di lavoro. Io gli ho anche assegnato Eoliab, figlio di Achisamac, 80 della trib di Dan, e ad ogni cuore intelligente ho dato intelligenza e faranno tutto quanto ti ho ordinato 3,9_ In sintonia con queste parole, anche il grande teologo Gregorio dice: uno spirito del Signore discese e li guid; e uno spirito di conoscenza riemp Bezaleel, il costruttore della Tenda 35. Poich dunque disprezzano e condannano le conoscenze che Dio ha dato agli uomini, essi sono annoverati tra gli eretici spregiatori di Dio, e cos vengono chiamati, poich hanno aggiunto, come scritto, peccato a peccato 351. I figli legittimi, dunque, e non bastardi della sposa adornata di Cristo, la Chiesa universale, che non ha macchia n ruga 352, che offrono i sacrifici spirituali ed il loro cul to a Dio solo, quando, attraverso il senso della vista, vedono la ve nerabile icona del Cristo o della santa Madre di Dio, che propria mente e veramente signora nostra, o le icone degli angeli santi e di tutti i santi, sono santificati e conformano la loro mente al ricordo di loro, e con il cuore credono in un solo Dio per ottenere la giustificazione e con la bocca fanno la loro professione di fede per ottenere la salvezza 353. Allo stesso modo, anche ascoltando il Van gelo riempiono la percezione di quanto hanno udito di santificazio ne e di grazia e con il cuore comprendono 354il racconto di quanto stato scritto. E poi, pieni di sconsiderato orgoglio, cosa dicono? I - Gregorio vescovo lesse Un tale individuo, infatti, ha fatto unicona e lha chiamata Cri sto; e il nome Cristo Dio e uomo: dunque anche licona icona di Dio e di uomo. Ed allora il pittore o ha circoscritto, secondo la sua vana opinione, lincircoscrivibile carattere della Divinit con il limi te della carne creata o ha confuso quellinconfusa unione, incorrendo nellillegittimit della confusione delle nature, arrecando cos due be stemmie alla Divinit, attraverso il circoscrivere ed attraverso la con fusione. Ma anche chi adora le immagini si macchia delle stesse be stemmie, e guai allo stesso modo ad entrambi, perch sono caduti nellerrore insieme con Ario, Dioscoro ed Eutiche e con leresia degli Acefali 355. Epifanio diacono lesse: la fattura delle icone non uninvenzione dei pittori ma uso approvato e tradizione della Chiesa universale; e ci che eccelle in antichit degno di rispetto, secondo il divino Basilio 356. Ed la stessa antichit dei fatti, e linsegnamento dei nostri Padri ispirati, a testimoniare che essi, vedendo le immagini nei venerandi templi, se ne rallegravano; e quando facevano innalzare templi venerandi, ve le ponevano alle pareti ed allinterno dei templi 8i offrivano le loro preghiere a Dio bene accette e i loro sacrifici in cruenti a Dio, signore di tutte le cose. Ai Padri, dunque, appartie ne lidea, di essi la tradizione, non del pittore; solo larte del pittore, mentre liniziativa chiaramente dei santi Padri che hanno fatto costruire i templi. Il nome Cristo, poi, designa la divinit e lumanit, le due nature perfette del Salvatore. E i Cristiani hanno ricevuto il precetto di dipingere la sua icona secondo la natura in cui si rese visibile, non secondo quella per cui era invisibile: questulti- ma, infatti, non circoscrivibile, giacch Dio non lha mai visto nessuno 357, come abbiamo sentito dal Vangelo. Dal momento che Cristo viene dipinto nella sua natura umana, ovvio che, come la realt ha mostrato, i Cristiani professano che licona visibile ha in comune con larchetipo solo il nome e non lessenza. I Questi balor di, invece, dicono che non c distinzione tra icona e prototipo, ed a cose per essenza diverse assegnano una medesima essenza. Chi non rider della loro ignoranza? O chi, piuttosto, non lamenter la loro empiet? Voltisi ad un disegno spregevole, infatti, dicono cose improprie, cianciando che la santa Chiesa di Dio, a causa della fat tura delle venerande icone, responsabile di confusione delle due nature di Cristo e che essa ascrive alla divinit il carattere della cir- coscrivibilit; ed aggiungendo, poi, empiet ad empiet, bofonchiano condanne. Ma la loro fatica si ritorcer contro il loro capo. Se, in fatti, era maledetto colui che malediceva lantico Israele e colui che lo benediceva era benedetto 358, quanto pi chi maledice il nuovo Israele che vede Dio spiritualmente, cio la Chiesa di Dio, male detto senza riserve? Chi potrebbe non detestarli, loro che dicono che essa tratta in errore da Ario, Dioscoro ed Eutiche, e dalleresia degli Acefali, I mentre sono proprio loro ad averli per guide e patro ni della loro odiosa eresia? Nel seguito, infatti, addotto da loro come testimone Eusebio, discepolo di Panfilo, che riconosciuto dallintera Chiesa universale fautore delleresia di Ario, come ri portato in tutti i suoi scritti e pubblicazioni. Egli afferma che il Dio- Verbo secondo nelladorazione, ministro del Padre, occupa il secondo posto quanto a dignit; e si oppone cos alla dottrina del la consustanzialit, asserendo una commutazione della santa Carne del Signore nella natura della Divinit. Poich, poi, asserisce la con fusione di queste due nature, non ammette neanche licona. Ma neanche lintera adunanza maledetta dei folli seguaci di Ario la am mette: ritengono, infatti, che il Signore nostro si sia fatto uomo sen za lanima razionale e che in lui al posto dellanima cera la Divinit; e pensavano cos per poter riferire le sofferenze della Passione a questultima, come testimonia Gregorio il Teologo 359. In quanto 82 teopaschiti, dunque, non ammettono licona 36; ed allo stesso modo neanche Severo il confusionista ammise licona di Cristo, nostro Dio, nella Chiesa, come riferiscono numerosi storici. Come fanno dunque ad affermare che la Chiesa universale, dal momento che accoglie le rappresentazioni iconiche, seguace di Ario, Dioscoro, Eutiche e delleresia degli Acefali? davvero strano. Il fatto che loro vomi tano con la loro lingua irrefrenabile anche queste loro insensate be stemmie, parlando al vento: nientaltro. Ascoltino, dunque, sul serio: la natura divina, come abbiamo detto, al di sopra della circoscri- vibilit, la natura umana, invece, circoscritta; e nessuno che abbia senno, quando dice che la natura umana circoscrivibile, circoscrive insieme a questa anche laltra, che circoscrivibile non . Il Signore, infatti, in quanto era uomo perfetto, quando si trovava in Galilea non era in Giudea; e lui stesso lo conferma, quando dice: andiamo di nuovo in Giudea! 361; e parlando di Lazzaro ai suoi discepoli diceva: sono contento per voi di non essere stato l 362. In quanto Dio, per, presente in ogni luogo del suo dominio e rimane as solutamente incircoscritto. Come che, allora, cianciando sciocchez ze, vanno farfugliando con la loro lingua irrefrenabile [...] il pittore ha circoscritto, secondo la sua vana opinione, lincircoscrivibile ca rattere della divinit con il limite della carne creata? Se la natura divina di Cristo stata circoscritta insieme alla natura umana di quando giaceva in fasce nella mangiatoia, nella rappresentazione figurata della sua umanit circoscritta anche lincircoscrivibile sua divinit; e cos anche nella croce: se la sua natura divina stata circoscritta insieme alla natura umana, nella rappresentazione figu rata della sua umanit circoscritta anche lincircoscrivibile sua di vinit. Ma se, invece, non si realizzata la prima di queste due cose, allora neanche la seconda ha mai avuto luogo. Magari costoro aves sero letto le parole dellispirato Dionigi tratte dal suo Discorso sul la Gerarchia, quando dice: Non c esatta somiglianza fra le cose che sono prodotte da una causa e le cose che ne sono causa; ma le cose causate recano immagini convenienti alle cause, sebbene le cause stesse siano pi alte e superiori, secondo il grado del la propria natura 363. Sicch stato mostrato, anche a coloro che hanno poco com prendonio, I che folle inanit tenti di introdurre il loro discorso raffazzonato, attaccando battaglia contro la Chiesa, non contro il pittore. Incapaci di provare vergogna, poi, ostinatamente dicono Gre gorio vescovo lesse -: 83 E pur essendo stati condannati da chi riflette saviamente per es sersi dati a dipingere 1incomprensibile ed incircoscrivihile natura di vina di Cristo, si rifugeranno di certo in unaltra perfida difesa, dicen do: della sola carne, che abbiamo visto e toccato, e con la quale ab biamo vissuto, rappresentiamo licona; e questa empiet, e inven zione del furore nestoriano. Epifanio diacono lesse: loro che falsificano la verit, voltisi a contraddire senza vergogna, si attaccano alle loro macchinazioni e tuttavia, pur di essere coerenti con se stessi, cadono nella trappo la della bestemmia; e con queste parole deliranti lincomprensibile ed incircoscrivibile natura di Cristo, accusano i Cristiani dicendo che loro lhanno circoscritta. Con un espediente retorico, poi, reci tano la parte di quelli e fanno loro falsamente dichiarare: della sola carne, che abbiamo visto e toccato, e con la quale abbiamo vissuto, rappresentiamo licona, per spingere la Chiesa, come se cos fosse di nuovo possibile, nella bestemmia nestoriana. E per questo che concludono questa empiet, e invenzione del furore nestoriano. Ascoltino dunque la verit. I Cristiani, poich ricono scono che lunico Emanuele Cristo Signore, lo rappresentano in quanto il Verbo si fatto carne 364; essi tengono lontane da s le tortuose fandonie, accogliendo con cuore semplice tutto quanto stato tramandato nella Chiesa. Quando guardano le pitture, poi, nientaltro intendono se non ci che in esse significato. Infatti, quando vedono nellicona la Vergine che ha partorito e gli angeli che le si appressano con i pastori, considerano che Dio, facendosi uomo, stato generato per la nostra salvezza, e lo professano di cendo: Colui che senza carne si incarnato, il Verbo divenuto corporeo, lIncreato stato creato, lImpalpabile fu toccato; e pro fessano che uno e lo stesso, perfetto in divinit e perfetto in uma nit, veramente Dio e veramente uomo. E poi stato detto sopra, a proposito dellinfame eresia di Nestorio, che le rappresentazioni iconografiche non sono compatibili con essa, ed gi stato detto con sufficiente chiarezza; ma, se necessario, verr detto unaltra volta. Giacch, poi, credono di avere in s qualcosa che deve essere compreso, dicono - Gregorio vescovo lesse -: Anche su questo punto necessario considerare che, se secondo i Padri ortodossi la carne carne del Verbo di Dio; che non ammette in nessun caso la nozione di divisione ma che compresa tutta e com pletamente nella natura divina ed I integralmente deificata, come faranno a dividerla in due ed a farla sussistere separatamente coloro che tentano di fare ci? La stessa cosa vale per la sua santa anima. 84 Poich, infatti, la divinit del Figlio ha assunto nella propria ipostasi la natura della carne, lanima divenuta mediatrice fra la divinit e la materialit della carne; e come la carne carne del Verbo di Dio, cos lanima anima del Verbo di Dio; e luna e laltra insieme sono deificate, lanima, cio, cos come il corpo, e rimanendo inseparata da essi la divinit, anche in quella separazione dellanima dal corpo che avvenuta nella sua passione volontaria. Dove, infatti, c lanima di Cristo, l c anche la divinit e dove c il corpo di Cristo l c an che la divinit. Epifanio diacono lesse: quando stanno per intraprendere un ra gionamento malvagio, loro, che deviano dal cammino della Chiesa universale, prendono le mosse da principi su cui tutti sono daccor do; e lo fanno perch, grazie al buon senso che in essi si rivela, possano riscuotere credito anche sul resto. Dopo avere, infatti, be ne espresso alcuni concetti, mescolano le perle con i sassolini e, voltisi al proprio vomito, affermano che quanti accolgono le vene rande rappresentazioni iconografiche dividono in due lunico Cri sto e fanno sussistere le due parti separatamente. E falsamente affermano che la carne non ammette in nessun caso la nozione di divisione. ovvio che loro non conoscono il parere dei Padri. Dicono espressamente, infatti, che la divisione delle due nature tale solo al livello del pensiero e non di fatto - e labbiamo detto poco sopra -, come ha osato dire Nestorio bestemmiando. E nel rappresentare il Signore in quanto si fatto uomo perfetto, in real t, non entra in causa, come loro hanno in molti modi affermato, la nozione di separazione e sussistenza individuale, o di una qual che divisione o, al contrario, di confusione. Altro, infatti, licona, altro il suo modello, e nessun uomo assennato cerca in alcun modo nellicona le propriet del modello. Nellicona, infatti, il ragiona mento corretto non riconosce altro se non il fatto che essa ha in comune con ci di cui licona il nome e non la sostanza, come abbiamo in molti modi detto, spinti dalle loro dispute. E poich sorge loro il dubbio di non stare dicendo qualcosa di giusto contro la Chiesa universale, su questioni identiche dicono identiche cose, dicendo insulsaggini e producendo per chi ascolta un chiaccheric- cio. Perci accade pure che si espongano alla derisione generale, giacch parlano ora di divisione ed ora di confusione, con la lingua che hanno prontissima a dire castronerie. Per questo aggiungono - Gregorio vescovo lesse Se dunque nella passione la divinit rimasta inseparata da essi, anima e corpo, come fanno costoro, insensati e pieni di ogni stoltezza, a dividere la carne, che intrecciata alla divinit e deificata essa stes- sa, ed a tentare cos di dipingerne licona come se fosse la carne di un normale essere umano? Su questo punto, infatti, essi cadono in un altro abisso di empiet, I poich separano la carne dalla divinit, la designano come sussistente in s ed assegnano alla carne unaltra per sona, dicendo che quella che rappresentano nellicona. Cos facen do, essi mostrano di aggiungere una quarta persona alla Trinit ed in pi rappresentano come essere non deificato lacquisizione deificata (da parte di Cristo, della natura umana). Da quanti sono, dunque, convinti di dipingere licona di Cristo si dovr dedurre o che lele mento divino circoscritto e confuso con la carne o che il corpo di Cristo non era deificato ma, invece, diviso, e che essi assegnano alla carne una persona che sussiste per s - ed in questo costoro si iden tificano con la lotta contro Dio dei nestoriani. Quindi, poich incor rono in una tale empia bestemmia, si vergognino, siano confusi e la smettano quanti realizzano, amano e venerano quella che falsamen te fatta e chiamata da loro "icona di Cristo. Via da noi, allo stes so modo, anche la divisione delle nature di Nestorio e la loro confu sione ad opera di Ario, Dioscoro, Eutiche e Severo, che sono mali diametralmente opposti ed entrambi altrettanto empi. Epifanio diacono lesse: non seguono per niente ununica strada, questi promotori delleresia che calunnia i Cristiani, diversamente da come sono soliti fare coloro che rettamente ragionano sui divini dogmi, che, invece, mantengono sempre la via regia e non deviano da nessuno dei due lati. Loro, al contrario, stravolgendo le vie del Signore, raccolgono presso di s le opinioni pi antitetiche, con la loro intelligenza come guida e ritenendo di essere sapienti in tutto. Ma da Isaia, che parla schiettamente, sentono: guai a coloro che si credono sapienti e si reputano intelligenti! 365. Ed infatti loro prendono per articoli di fede ci che i Cristiani ortodossi non han no mai detto, ed accusano la Chiesa usando sofismi per costruire sillogismi insostenibili. Da loro non proviene altro che prepotenza, scherno ed, in pi, empiet. Quanto, infatti, Diodoro, Teodoro di Mopsuestia, Nestorio, Eutiche e Dioscoro e Severo ritennero, de lirando contro la verit, costoro lo attribuiscono alla Chiesa univer sale e, mischiando cattiveria a cattiveria, e con le parole pi stupide e sciocche, le addebitano di essersi mescolata con questi empi ere tici. E come gli osti mescolano il vino con lacqua, loro mischiano il discorso giusto con un discorso contorto, unendovi il fiele del lamarezza; leresia di Dioscoro ed Eutiche , infatti, in qualche modo, contraria a quella di Nestorio, come abbiamo appena finito di dire. Ed eresie contrarie non possibile che si trovino in ununi ca dottrina e professione di fede, proprio come sarebbe inconcepi- 86 bile vedere il bianco e il nero, il caldo e il freddo in uno stesso og getto nello stesso momento. Non si mai trovato, infatti, il caldo tra la neve n il Ireddo nel fuoco. Ma mostreremo meglio la loro dabbenaggine da ubriachi. Costoro, che sono rapidissimi nel pro nunciare calunnie, dicono che licona ed il suo modello sono la stessa cosa. Ed per questo che imputano confusioni e divisioni a coloro che dipingono il racconto evangelico. La deviazione dalla verit, infatti, degli Eutichiani, di coloro, cio, che affermano resi stenza di ununica natura nellunione ipostatica di Cristo ed argui scono da questo la confusione, in loro non consiste in altro se non nel fatto che definiscono ipostasi I e natura come una medesima cosa. Noi, invece, allievi della Chiesa universale, sappiamo che sono cose distinte: chiamiamo infatti ipostasi una sostanza con le sue propriet, a parte il sussistere, e natura, invece, qualcosa che esi ste per s, che non ha bisogno di niente per essere costituita, a par te la generazione. In questo modo, inoltre, costoro affermano che licona di Cristo e Cristo stesso non differiscono in niente quanto alla sostanza, poich, se avessero conosciuto la differenza, non avrebbero tirato fuori, cos affrettatamente, queste parole vuote. E infatti chiaro per tutti che una cosa licona ed unaltra il model lo: questo animato, quella inanimata; e poich hanno cianciato che nellicona si trova circoscritta la divina natura, deviati dal giu sto modo di ragionare, sono stati abbandonati in balia di unintel ligenza depravata 366. Si vedono, infatti, dipinti Pietro e Paolo ma le loro anime non sono nelle icone. Quando, pure in presenza del corpo di Pietro, non si riesce a vedere la sua anima, chi dei seguaci della verit potrebbe dire, se non riferendosi al solo pensiero, che, poich non la si vede, la carne di Pietro separata dalla sua ani ma? A maggior ragione, allora, lincircoscrivibile natura del Verbo di Dio sar forse separata dalla carne che Lui assunse, che circo- scritta? Quando, infatti, Cristo fu stanco per il cammino e cercava da bere presso la donna samaritana o quando veniva lapidato dai Giudei, non era la natura divina ad essere stanca o ad essere colpi ta dalle pietre - lungi da noi una simile bestemmia 367! Queste in tricate contorsioni, dunque, la famigerata vanit degli accusatori dei Cristiani ha introdotto con lingua irrefrenabile, nellintento di re spingere le rappresentazioni iconografiche; ed aggiungendo surret tiziamente altre accuse e raccogliendo iniquit su iniquit, ha scioc camente asserito laggiunta di una quarta persona alla santa Trini t. Noi, per, generati come figli legittimi nella Chiesa universale, che accogliamo ogni cosa della dispensazione del signore nostro Ges Cristo e detestiamo Ario e Nestorio, Apollinare ed Eutiche e Dioscoro, suoi seguaci, accogliamo le venerande icone, riconoscia mo che esse sono nientaltro che icone, in quanto hanno conforme al loro prototipo il solo nome e non la sostanza. Camminando di traverso come i granchi, poi, si mettono sulla via di unaltra bestemmia, dicendo - Gregorio vescovo lesse Gioiscano e si rallegrino, e giudichino in tutta libert coloro che fanno, amano e venerano con anima sincera la vera icona di Cristo e la offrono per la salvezza dellanima e del corpo. colui che istitu i sacri misteri, Dio stesso, che, quando assunse da noi una consistenza del tutto nostra, nel momento della sua passione volontaria, la diede ai suoi iniziati come figura di s ed in memoria di s pienamente ma nifesta. Quando, infatti, stava per consegnarsi volontariamente alla sua morte memorabile e vivificante, prese il pane e lo benedisse, rese grazie e lo spezz, e distribuendolo disse: prendete e mangiate, per il perdono dei peccati; questo il mio corpo 368 Allo stesso modo, porgendo anche il calice disse: I questo il mio sangue; fate questo in memoria di me 369. E questo a significare che non aveva scelto nessunaltra figura in terra n alcun altro simbolo che potesse essere licona della sua incarnazione. Ecco, dunque, licona del suo corpo vivificante, che fatta tributando veramente onore a Dio e con vero intento di onorare. Infatti, che cosa ha compiuto Dio onnisciente cos facendo? Wentaltro se non additare e manifestare chiaramente a noi uomini il mistero che si realizzato nella sua dispensazione. Infatti, come ci che assunse da noi soltanto la materia della sostanza uma na in tutto perfetta, che non raffigura una persona che sussiste per s, per evitare che nella Divinit intervenisse laggiunta di una persona; cos anche dispose che venisse offerta come icona una materia appo sita, e cio la sostanza del pane, che non raffigura la forma umana, affinch non venisse reintrodotta lidolatria. Come dunque il corpo naturale di Cristo santo, in quanto deificato, cos chiaro che an che quello adottivo, cio la sua icona, santa, in quanto deificata dalla grazia di un atto di consacrazione. Questo, infatti, quanto ha realizzato, come dicevamo, il Signore Cristo, sicch, come deific la carne che assunse con una particolare santificazione naturale per mez zo dellunione ipostatica, allo stesso modo si compiacque di rendere il pane delleucaristia, in quanto immagine che non inganna del cor po naturale santificato attraverso linabitazione dello Spirito Santo, corpo divino, attraverso la mediazione del sacerdote che fa lofferta, nel passaggio dalla sfera del comune a quella del santo. Inoltre, la carne naturale, animata e razionale, del Signore fu unta dallo Spiri to Santo, quanto alla Divinit; allo stesso modo licona della sua car ne, che stata data da Dio stesso, il divino Pane, fu colmato di Spiri- 88 to Santo insieme al calice del sangue del suo fianco, che d la vita. Questa, dunque, si rivelata icona che non mente della dispensazio ne nella carne di Cristo, Dio nostro, come si detto prima; Lui stes so, il vero creatore della vita naturale, ce l'ha data con le sue stesse parole. Epifanio diacono lesse: in qualche modo naturale che il ragio namento condotto, qualora abbia una volta deviato dalla verit, produca numerose e pericolose assurdit, dovute alla consequenzia lit a partire dallerrore. Anche a questi promotori di rivoluzione accaduto cos. Dopo aver deviato, infatti, dalla verit nelle loro con clusioni a proposito della produzione di icone, si sono fatti trasci nare ad un altro folle furore anche pi estremo, giacch come dal tripode di Delfi si sono messi a vaticinare queste dottrine contor te e funeste. Ma sentano le parole del libro dei Proverbi: una rete robusta sono per un uomo le sue labbra ed egli preso dalle parole della sua bocca 37; hanno apprestato, infatti, legno, fieno e pa glia, che finiscono nel fuoco 371. Mai nessuna delle trombe dello Spirito, i santi Apostoli, o dei celebrati Padri nostri ha detto che il nostro sacrificio incruento, che avviene in memoria della Passione del nostro Dio e di tutta la sua dispensazione, icona del suo cor po; infatti non hanno ricevuto dal Signore il precetto di affermar lo e di professarlo ma ascoltano le sue parole nel Vangelo: se non mangiate la carne del Figlio dellUomo e non bevete il suo sangue, non potete entrare nel Regno I dei cieli 372; e chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me ed io in lui 373; e prese il pane e, dopo aver reso grazie, lo spezz e lo diede ai suoi disce poli e disse: prendete e mangiate, questo il mio corpo; e pre so il calice rese grazie, e lo diede loro dicendo: bevetene tutti, questo il mio sangue della nuova alleanza, versato per molti in remissione dei peccati 374. Non disse: prendete e mangiate licona del mio corpo ! Ma anche Paolo, il divino Apostolo che fu ispirato dalle divine parole del Signore, disse: lo ho ricevuto dal Signore quello che a mia volta vi ho trasmesso: che nel lanotte in cui veniva tradito prese il pane e rese grazie, lo spezz e disse: pren dete e mangiate, questo il mio corpo spezzato per voi; fate questo in memo riadi me. Allo stesso modo fece anche con il calice, dopo aver cenato, dicen do: questo calice la nuova alleanza nel mio sangue, fate questo in memoria di me; ogni volta che mangiate di questo pane e bevete da questo calice, annun ciate lamorte del Signore, finch egli venga }75. E dunque dimostrato chiaramente che n il Signore mai, n gli Apostoli o i Padri hanno chiamato icona il sacrifcio incruento 89 offerto dal sacerdote ma corpo e sangue in senso proprio; e ad alcuni dei santi Padri sembr bene chiamare segni, prima del compimento della santificazione, il pane e il vino. Fra essi si trova Eustazio, saldo 376propugnatore della fede ortodossa e distruttore del furore ariano; e Basilio, sterminatore della stessa superstizione, che sotto il sole ha insegnato rettamente la base levigata dei dogmi. Entrambi, infatti, parlano per ispirazione del medesimo spirito; e luno, interpretando il detto di Salomone nei Proverbi mangiate il mio pane e bevete il vino che ho mescolato per voi 377, dice cos: con il vino ed il pane annuncia i segni delle membra corporali di Cristo 378; laltro, a sua volta, attingendo dalla stessa fonte, dice, come sanno tutti gli iniziati al sacerdozio, nellorazione della divi na anafora: ci avviciniamo con coraggio al santo altare e, ponen do innanzi i segni del santo corpo e sangue del tuo Cristo, ti pre ghiamo e ti invochiamo; e quanto segue rende ancora pi esplicito il pensiero del Padre 379, poich gli elementi prima della santifica zione sono chiamati segni ma dopo la santificazione sono detti propriamente corpo e sangue di Cristo, e lo sono e tali vengono creduti. Questi illustri uomini, tuttavia, nellintento di abolire la visione delle venerande icone, hanno introdotto unulteriore icona, che icona non ma corpo e sangue. Posseduti dalla cattiveria e dalla malizia, ingannando se stessi con un artificio fallace, hanno asserito che questa divina offerta avviene per convenzione; e come dire questo sicura follia, cos il chiamare icona il corpo e il san gue del Signore segno della medesima ubriachezza, ed ha in s pi empiet che ignoranza. Poi, mettendo da parte la falsit, attin gono un po di verit quando dicono che il pane diviene corpo di vino; e se icona del corpo, non possibile che questa stessa cosa sia corpo divino. Costoro, dunque, volgendosi ora di qua ora di l, hanno cianciato cose che mai riuscirebbero a stare in piedi. Come I infatti un occhio disturbato non vede bene, cos loro, sconvolgen do la loro mente ed intorbidandola con la confusione di ragiona menti malvagi, patiscono lo stesso male dei pazzi, che si figurano una cosa al posto di unaltra, quando chiamano il nostro sacrificio sacro ora icona del santo corpo di Cristo, ora corpo per con venzione. Questo accaduto loro, come abbiamo appena detto, a loro che volevano eliminare dalla Chiesa la vista delle rappresenta zioni iconografiche, lieti di sovvertire le tradizioni ecclesiastiche. Tomo quarto Epifanio diacono lesse: persistendo nelle stesse calunnie, affilano 90 le loro lingue e le brandiscono per insultare la santa Chiesa di Dio, e dicono - Gregorio vescovo lesse Di contro, il cattivo nome di ci che erroneamente chiamiamo iconenon ha riscontro nella tradizione di Cristo, o degli Apostoli, o dei Padri, n vi alcuna preghiera di consacrazione che possa ele varla dalla condizione di oggetto comune allo stato di oggetto sacro. Invece, essa rimane comune e priva di valore, come il pittore lha fatta. Epifanio diacono lesse: con lingua magniloquente loro si danno ad un eccesso di malvagit, rincarando la dose senza timore di Dio. Avendo fatto vacui tentativi con sfrenata audacia, loro hanno di chiarato che le icone, che sono state fatte nel nome di Cristo, han no un falso e cattivo nome. Se avessero osato dire lo stesso per licona degli imperatori, avrebbero probabilmente ricevuto la sen tenza di morte. E questo accadr loro veramente, poich tale sen tenza riceveranno, quando ci sar la ricompensa per quanto hanno detto e fatto. Tra le tante pratiche che ci sono state tramandate in forma orale, quella del dipingere le icone nella Chiesa si diffusa dappertutto, sin dal tempo della predicazione degli Apostoli. Il rac conto della donna emorroissa - una storia che testimoniata in diversi resoconti - afferma che la donna costru una statua del Si gnore e, toccandone il bordo, come, del resto, recita il Vangelo 38, fu guarita; e che, inoltre, tra essa e licona del Signore, crebbe, ai piedi della statua, una pianta capace di allontanare ogni male 381. La maggior parte dei nostri santi Padri ha anche trasmesso ai Cri stiani, in forma scritta, la tradizione dellaccoglimento delle icone: Basilio il Grande - il cui insegnamento seguito da un capo allal tro del mondo - fa menzione delle icone in vari discorsi; Gregorio, suo fratello di sangue e spirito, presule di Nissa, lo fa nel suo Di scorso su Abramo-, anche Gregorio, che dalla teologia riceve il so prannome, le cita nelle sue opere in versi, fra le quali si tramanda un poema intitolato Sulla virt-, Giovanni, che possedeva una bocca pi preziosa delloro, I nella sua Orazione funebre a Melezio, vesco vo di Antiochia, cos come nel suo discorso intitolato Uno il legi slatore di entrambi, Vecchio e Nuovo Testamento; Cirillo, il demoli tore di Nestorio, nella sua Prima lettera ad Acacio, vescovo di Scito- poli\ cos come Anastasio di Teopoli, Sofronio, e Massimo. Ma per ch dobbiamo ricordarli tutti per nome? Tutti i nostri santi Padri hanno accettato la pittura delle icone, e loro mentono quando di cono che tale tradizione non proviene dai Padri. S, sarebbe ragio nevole dire che, se non ci hanno trasmesso lesortazione a leggere il Vangelo, non ci hanno trasmesso neanche quella a dipingere ico- 9i ne; ma se hanno fatto la prima cosa hanno fatto anche la seconda. La rappresentazione fatta di immagini segue la narrazione del Van gelo; e la narrazione del Vangelo segue il racconto figurato. En trambe sono valide e degne di onore. Elementi che fanno riferi mento gli uni agli altri indubbiamente si supportano a vicenda. Se noi diciamo: il sole splende alto nel cielo, indubbiamente sar giorno. E se noi diciamo: giorno, il sole certamente alto nel cielo. Cos nel nostro caso. Quando vediamo in unicona langelo che porta la buona notizia alla Vergine, dobbiamo certamente an dare con la mente al ricordo del racconto evangelico: langelo Ga briele fu mandato dal Signore alla vergine. E lui and da lei e dis se: Ave, o piena di grazia, il Signore con te. Benedetta sei tra le donne 382. E dal Vangelo, dunque, che abbiamo ascoltato il mi stero comunicato alla Vergine dallangelo, ed in questo modo ce ne ricordiamo, e, quando vediamo la stessa cosa su unicona, percepia mo levento in modo pi vivido. Tuttavia, loro hanno deviato verso un altro sentiero di ignoranza dicendo - Gregorio vescovo lesse -: ... n vi alcuna preghiera di consacrazione che possa elevarla dalla condizione di oggetto comune allo stato di oggetto sacro. Invece, essa rimane comune e priva di valore, come il pittore lha fatta. Epifanio diacono lesse: ascoltino qual la verit. Molte delle cose sacre che noi abbiamo in mezzo a noi non hanno bisogno di una preghiera per essere santificate, poich il loro stesso nome dice che esse sono interamente sacre e piene di grazia divina. Conse guentemente noi le onoriamo e le accettiamo come cose degne di venerazione. Cos, riveriamo la forma della croce che d vita, dive nuta sacra anche senza una preghiera di consacrazione. La stessa forma di essa ci sufficiente per ricevere la santificazione. Con la venerazione che noi tributiamo ad essa, segnandoci la croce sulla fronte, ed anche facendo il segno della croce in aria con le dita, esprimiamo la speranza che essa scacci i demoni. Allo stesso modo, quando noi designiamo una icona con un nome, trasferiamo al suo prototipo lonore che ad essa rendiamo; ed abbracciandola e tribu tando ad essa onore e venerazione, diveniamo partecipi della san tificazione. Noi baciamo ed abbracciamo i diversi oggetti sacri che abbiamo, ed esprimiamo la speranza di ricevere santificazione da essi. Dunque, o loro andranno cianciando che la croce e gli oggetti sacri sono comuni e privi di valore - poich I un falegname, o un pittore, o un tessitore che li ha fatti, e perch non vi preghiera di consacrazione per essi - o dovranno anche accettare le venerabili icone come benedette, sacre e degne di lode. 92 Tuttavia nel loro desiderio di spargere ulteriori semi di discor dia, essi - come parlando per ispirazione profetica - dicono anche di pi - Gregorio vescovo lesse Ma se alcuni di coloro che sono irretiti da questerrore dicessero che quanto abbiamo detto sullabolizione della cosiddetta icona di Cristo lo abbiamo affermato a ragione e con piet, per il carattere di indivisibilit e di inconfondibilit di cui godono le due nature riunite in ununica ipostasi; e che, invece, sbagliamo poich proibiamo che ci siano le icone dellimmacolata e gloriosissima veramente Madre di Dio, dei Profeti, degli Apostoli e dei martiri, che sono semplici uomi ni e non hanno due nature, la divinit, cio, e lumanit, in ununica ipostasi, come avviene solo in Cristo ... Epifanio diacono lesse: nessuno educato nella Chiesa universa le penserebbe o direbbe mai che costoro hanno dato un giusto e devoto giudizio su questa novit. Tutti i vescovi ed i preti del lOriente e dellOccidente, del Settentrione e del Meridione hanno colpito con la maledizione quelli che mantengono questa opinione. Loro hanno fuorviato solo una piccola parte delle comunit qui presenti e le hanno tagliate fuori dal resto della Chiesa, o perch non conoscevano la voce del Signore o perch ignoravano che essa dice: chiunque scandalizzer uno di questi piccoli, sar meglio per lui che si leghi intorno al collo una macina di mulino e che sia get tato nel mare 383. Poich non hanno alcun rispetto per Lui, come infuriano contro la sua icona cos non hanno rispetto neanche per i suoi santi. Essi hanno mosso le loro lingue anche contro di loro, dicendo - Gregorio vescovo lesse -: ... e che, invece, sbagliamo, perch proibiamo che ci siano le ico ne dellimmacolata e gloriosissima veramente Madre di Dio, dei Pro feti, degli Apostoli e dei martiri, che sono semplici uomini e non han no due nature, la divinit, cio, e lumanit; a loro si deve rispondere che, confutata la legittimit dellicona nel primo caso, delle altre icone non c neanche bisogno. Epifanio diacono lesse: se prima essi non hanno prodotto con futazione sulla base delle parole del Vangelo, o degli Apostoli, o delle Scritture o dei Padri, n sulla base di prove, n, per dirla in breve, per spirito di devozione; ma piuttosto si sono schierati con tro la Chiesa universale di Dio parlando a vanvera secondo quan to il loro cuore gli dettava; neanche riguardo alle icone qui presenti della nostra immacolata Signora, Madre di Dio, o dei santi, loro hanno un ragionamento veritiero e pio da opporre, come I noi ab biamo provato con le parole che Dio ci ha dato. Come abbiamo appena detto, infatti, rifacendoci ai santi Padri, lonore tributato allicona passa al suo prototipo; e se uno guarda licona dellimpe ratore, vede in essa limperatore; cos, colui il quale ne venera lico na riverisce limperatore, poich la sua forma e il suo aspetto che in essa si trova; e come colui che insulta licona di un imperatore a ragione soggetto a punizione per avere in realt ingiuriato lim peratore - anche se licona non altro che legno e colori miscelati e combinati con la cera - lo stesso avviene per colui che disonora limmagine di ognuno di questi santi, giacch rivolge linsulto alla persona che licona rappresenta. La stessa natura delle cose ci in segna che, quando si insulta licona, certo che il suo prototipo che stato insultato. Tutti lo sanno, e sanno che essi si sono ribel lati ai Padri, si sono opposti alla tradizione della Chiesa universa le, non sono conseguenti rispetto alla natura delle cose. Con lingua ancora piena di falsit essi pensano, poi, di poter far si gioco della verit, quando dicono - Gregorio vescovo lesse Tuttavia, noi diremo anche ci che deve essere detto per confutar ne la legittimit. Poich la Chiesa universale di noi Cristiani si trova in mezzo tra il Giudaismo ed il Paganesimo, e non condivide le costu manze rituali n delluno n dellaltro, essa avanza, invece, sul nuo vo sentiero, rivelato da Dio, della piet e dell'iniziazione, senza rico noscere i sacrifici di sangue e gli olocausti del Giudaismo, e disprez zando anche i sacrifici e la pratica della realizzazione e delladorazione degli idoli, della quale disdicevole arte il Paganesimo linventore e il promotore. Non avendo, infatti, fede nella resurrezione, esso ha inventato un trastullo degno di s, per presentare, con linganno, co me esistente qualcosa che non esiste. Se, dunque, nella Chiesa non c' nulla che provenga da altre tradizioni, allora anche questa usanza - in quanto ha origini estranee alla Chiesa ed invenzione di uomini pos seduti dal demonio - deve essere bandita dalla Chiesa di Cristo. Epifanio diacono lesse: il loro scritto, smisuratamente volgare, abbellito con sciocchezze a profusione, abominevole e del tutto ridicolo. Mentre prima avevano battuto dirupi e burroni, con i loro insulsi discorsi, adesso, dichiarando che la Chiesa dei Cristiani sta tra il Giudaismo ed il Paganesimo, essi hanno condotto se stessi gi alla porta dellAde. Cos, cadendo di nuovo in contraddizione con se stessi, loro dicono che la Chiesa non condivide le costu manze rituali n delluno n dellaltro. Ma allora, o essi mentivano prima, o non dicono la verit adesso. In realt, essi mentono a se stessi, perch la falsit si oppone non solo alla verit ma anche a se stessa, come Davide il divino Salmista dice: lingiustizia ha men tito persino a se stessa 384. 94 Cos Basilio, presule di Cesarea, la cui voce ha percorso tutta la terra 385, nel proemio del suo Disamo contro Sabellio, dice cos: il Giudaismo combatte il Paganesimo, ma entrambi I combattono il Cristianesimo 386. Costoro, tuttavia, pensando di essere pi sa pienti dei Padri, decretano che la fede dei Cristiani sta nel mezzo tra i due estremi, il Giudaismo, cio, che ha introdotto la penuria di divinit, e il Paganesimo che ha introdotto il politeismo. Grego rio, che dalla teologia riceve il soprannome, rinunciando ad entram bi dice quanto segue: Quando dico Dio intendo il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo. E voglio cio dire che la Divinit n va al di l di essi, in modo che non possiamo intro durre una folla di di, n definita preliminarmente rispetto ad essi, sicch non ci si pu accusare di impoverire la Divinit. In questo modo noi non pensiamo n come gli Ebrei, per la signoria di un solo dio, n come i pagani, per labbon danza di di. Il difetto, infatti, lo stesso in entrambi, anche se si trova realiz zato in due opposte direzioni 387. Le vicende raccontate nel Vecchio Testamento, cui il popolo di Israele prese parte, sono state un insegnamento da parte di Dio, mentre le pratiche dei Pagani provenivano dai demoni. Cos, a que sto punto, essi hanno anche incluso tra i precetti dati da Dio quelli demoniaci, che essi hanno accorpato assieme a quelli, nel momen to in cui hanno affermato che la icona del Signore un idolo equi valente alle immagini dei demoni. Quindi, essi dovranno accusare Abele, No ed Abramo per avere continuato i sacrifici di animali; cos come Mos, Samuele, Davide, e il resto dei Patriarchi, perch anche loro offrivano al Dio sacrifici al modo degli stranieri e dei Pagani - a dispetto del fatto che la Scrittura testimonia che, al loro sacrificio, il Signore fiutava un odore di dolcezza 388. Avrebbero dovuto sapere il vero, e cio che ci che offerto a Dio a Lui gradito, perch scritto che essi sacrificarono al Signore Dio 389. Ci che, invece, offerto ai demoni disgustoso e detestabile, poi ch, dice la Scrittura, essi sacrificarono ai demoni e non a Dio 39. Ci che male, tuttavia, cos come il suo opposto, nasce da noi e si realizza attraverso di noi, e non per la materia che usata. Infatti lApostolo chiede: un idolo qualche cosa? E le vittime immola te agli idoli sono qualche cosa? No, ma quello che i Pagani sacrifi cano, lo sacrificano ai demoni e non a Dio 391. Tuttavia, essendo in grave torto e inventando insulti e falsit, essi pensano ed aggiungono quanto segue - Gregorio vescovo lesse -: Taccia, quindi, ogni bocca che pronuncia ingiurie e bestemmie con tro la nostra opinione e il nostro voto, che sono graditi a Dio, perch i santi che piacquero a Dio e che da Lui sono stati elevati al rango della santit vvono con Lui in eterno, anche se non appartengono pi a questo mondo. Cos, colui il quale pensa di riesporli in alto, per mezzo di unarte morta e detestabile che non sempre esistita ma stata inventata vanagloriosamente dagli avversari pagani, si dimostra blasfemo. Epifanio diacono lesse: sulla base di ci che abbiamo appena detto, essi si dimostrano estranei ed alieni dalla pace di Dio, che il nostro Signore ha concesso a quelli che credono in Lui in modo genuino e sincero, dicendo: vi do la mia pace, vi lascio la mia pa ce 392. Come pu esservi pace se la Chiesa universale, che ha la sua forza e la sua sicurezza nelle sue tradizioni, si divide in fazioni se condo la loro opinione e il loro voto? I Coloro i quali sono mos si dallardore divino concordano sempre con i Padri e con gli ordi namenti della Chiesa che ci sono stati tramandati, e scansano come nemici coloro che ad essi si oppongono. Sono, dunque, loro, che si sono amputati dallintero corpo della Chiesa; ed i veri adoratori - cio quelli che venerano Dio in spirito e verit 393, e che manten gono le rappresentazioni iconografiche soltanto come mezzo di esposizione e di richiamo alla memoria e che le stringono al petto e le abbracciano - vestiti della corazza della verit contro la loro opi nione e il loro voto, che non sono a Dio graditi, non cessano di tra figgerli con la lancia dello Spirito. Gli uomini santi di tutti i tempi che piacquero a Dio, le cui biografie scritte sono rimaste a nostro beneficio e con il proposito della nostra salvezza, hanno anche la sciato alla Chiesa universale le loro azioni raccontate attraverso la pittura, cos che la nostra mente possa ricordarsi di loro, e sia rie vocata la loro condotta. Cos, anche il santo Basilio, nel suo Enco mio ai santi quaranta Martiri, dice cos: Ordunque, nel ricondurli qui tra noi con il ricordo, rendiamo il beneficio che da loro deriva comune ai presenti, mostrando ad ognuno, come in un affre sco, gli eroismi di questi uomini. Molte volte scrittori e pittori presentano eroici fatti darme, gli uni abbellendoli con parole, gli altri dipingendoli su pannelli; ed accaduto che gli uni e gli altri hanno destato il coraggio di molti uomini. Ci che la parola offre attraverso ludito dandone un resoconto, il dipinto lo mostra, pur silenziosamente, attraverso larte dellimitazione '*. Tuttavia, mescolando le lodi di se stessi con la malizia, essi di cono ci che segue - Gregorio vescovo lesse -: Come osano essi dipingere con la volgare arte dei Pagani la loda tissima madre di Dio, su cui la pienezza della Divinit proiett la sua ombra 395e attraverso cui linaccessibile luce splendeva su di noi - Lei che sta pi in alto dei cieli ed pi santa dei Cherubini? O an- 96 cord, coloro t quali regneranno con Cristo e siederanno accanto a Lui per giudicare il mondo, e che saranno conformi alla sua gloria 396- dei quali, come dice la Parola, il mondo non fu degno 397? Non si vergognano di dipingerli con larte dei Pagani? Infatti non legitti mo per i Cristiani, che sperano nella resurrezione, darsi alle abitudini dei popoli che adorano i demoni, e trattare cos irrispettosamente, con una materia indegna e morta, i santi che risplenderanno di tale glo ria. Noi certamente non accettiamo dagli estranei espedienti per mo strare la nostra fede. Cos Ges rimprover i demoni, anche quando essi professavano Lui come Dio, perch Egli giudicava indegno essere testimoniato dai demoni 398. Epifanio diacono lesse: essi cominciano con un encomio nel de siderio di attrarre verso il loro vacuo pensare le menti pi semplici. Tuttavia, quelli che hanno lastuzia - ma non la malizia - del ser pente e la purezza della colomba 399sanno I come onorare limma- colatissima ed irreprensibile veramente e propriamente Madre di Dio, e i santi, con parole e lodi, cos come sanno conservare nel ricordo le loro virt attraverso i libri che raccontano le loro storie. E sanno, poi, anche come esprimere le loro imprese e il loro corag gio attraverso la figurazione iconografica, cos come esaltarli con i pi alti onori. Essi sanno anche che, come dice il divino Apostolo, sono liberati dal corpo e sono con Cristo 400, ed intercedono a nostro favore; e sanno anche come offrire la fede e ladorazione pura e sincera a Dio soltanto - e non ad ogni altra creatura qua lunque essa sia sotto la volta celeste - in spirito e verit 401. Inol tre, loro concepiscono la materia come male: ma perch vogliono colpire la verit con questinsulto? Essi piuttosto avrebbero dovuto fuggire ci che malvagio al massimo grado e scegliere ci che buono al massimo grado e ricordarsi dei santi sacrifici di un tem po, che sono lodati dalla Scrittura. Gli stessi sacrifici che furono offerti a Dio in un certo tempo, furono offerti ai demoni in un al tro - ed in questo caso che essi furono totalmente profanati, an che se la materia che fu usata era la stessa. Guardando soltanto a ci che sta in superficie, essi accusano la Chiesa di usare simboli che sono secondo il modello pagano. Ma il fatto che la materia me riti biasimo poich serve per diversi usi ripugnanti o il fatto che la si designi come cattiva, non un buon motivo per non riconoscer ne lutilit. Se, infatti, la materia fosse concepita ed assunta cos, ne consegue - in accordo con loro - che ogni cosa dedicata a Dio, e cio le sacre vesti e le sacre suppellettili, dovrebbe sparire. Cos i seguaci del paganesimo fabbricarono idoli dalloro e dallargento ed erano soliti offrire libagioni di vino, proprio come gli Ebrei, dive- nuti idolatri, offrivano focacce di farina allesercito celeste. A loro manca soltanto, dunque, di rinfacciare alla Chiesa universale il fatto che i Pagani elogiano i loro di e demoni con libri di storie; e di dirci che noi non dobbiamo lodare, servendoci di libri di storie, come i Pagani, n colui che Dio di tutte le cose n i suoi santi, poich cos facendo prendiamo da altri modi di esprimerci a noi estranei. Che perversione e follia! Da uomini dotati di percezione, facciamo uso di cose sensibili, per riconoscere e ricordare ogni pia e divina tradizione. Poi, in quanto contraffattori della verit che distorcono i sentieri e le intenzioni del Signore, essi dicono - Gregorio vescovo lesse In aggiunta, tuttavia, a questo nostro insegnamento, frutto di in dagine ed attentamente meditato, noi forniremo anche, dalla Scrittura ispirata da Dio e dai nostri eminenti Padri, evidenti testimonianze, che sono in sintonia con noi e confermano questo nostro proposito religioso, testimonianze che chi le conosce non contraddir, ma che colui che non le conosce deve recepire e conservare come provenienti da Dio. Prima di tutto le testimonianze dalla parola del Signore che dice: Dio spirito e quelli che lo adorano, devono adorarlo in spi rito e verit 402; ed ancora, Dio nessuno lha visto mai 40J; e voi non avete mai sentito la sua voce, n visto mai il suo volto 404; pa rola che anche benedice coloro che non Lo hanno veduto e tuttavia hanno creduto 405. I Epifanio diacono lesse: quando qualcuno tenta di distoreere le rette dottrine secondo la propria opinione, nessuno dovrebbe essere sorpreso del fatto che costui faccia uso di citazioni scritturali. Tutti gli eresiarchi raccolgono pretesti per i loro errori dalla Scrittura ispirata da Dio, distorcendo ci che stato detto correttamente at traverso lo Spirito Santo con il loro spregevole modo di pensare: ci quanto Pietro, il supremo araldo tra gli apostoli, proclam dicendo: cose che gli ignoranti e gli instabili stravolgono 406se condo i loro desideri. E tipico degli eretici stravolgere la conoscen za delle divine e veraci dottrine secondo i loro desideri. Cos, men tre in generale i Santi Padri capirono che la frase il Signore mi cre come primizia delle sue vie verso le sue opere 407indicava la dispensazione di Cristo nella carne, Ario, Eunomio e i loro segua ci la intesero riferita alla celeste nascita divina e perci stravolsero la conoscenza. Anche Apollinare ha male interpretato la parola del Vangelo nessuno salito in cielo, se non colui che disceso dal cielo, il Figlio delluomo 408, ed giunto allassurdo, dicendo che Dio-Verbo discese dal cielo con quella carne che si trovava ad avere quando era in cielo, carne che era pre-etema e consustanziale a Lui. 98 Lui ingannava se stesso con il suo pensiero, adducendo quellaffer mazione dellApostolo che dice: il secondo uomo, il Signore, vie ne dal cielo 409. Non sorprende, dunque che gli eretici di questa vuota follia adducano obiezioni tratte dalla sacra Scrittura, poich essi hanno preso le mosse dai loro maestri. Essi ribaltano le affer mazioni che si riferivano allinvisibile ed incomprensibile divinit, riferendole alla dispensazione nella carne del nostro Signore Ges Cristo, uno della Santa Trinit. Perch, chi tra quelli dotati di senno non sa che la frase Dio nessuno lha visto mai fu scritta con ri ferimento alla divina natura? Inoltre, chi non sa che interpretare la frase voi non avete mai sentito la sua voce, n visto mai il suo vol to 41, come se questa si riferisse allumanit di Cristo, come sov vertire lintero Vangelo? Dove, allora, collocheremo le frasi il Si gnore disse ai suoi discepoli, e il Signore disse ai Giudei che ve nivano a Lui 4U, e il Signore disse: siate maledetti, scribi e Fa risei 412? O ancora, come interpreteremo la frase ed aprendo la sua bocca li ammaestrava 413? Ovviamente queste frasi si riferisco no allumanit di Cristo, mentre la precedente voi non avete mai sentito la sua voce n visto mai il suo volto, si riferisce alla sua essenza divina. Infatti, come abbiamo detto precedentemente, in quanto Dio-Verbo divenne uomo perfetto, noi abbiamo udito la sua voce ed abbiamo visto il suo volto, anche dopo la resurrezione - poich Egli fu toccato, e fu mentre i discepoli lo guardavano che Egli parlava loro del regno dei cieli. Inoltre, essi hanno anche assi milato la divina adorazione e venerazione, che i Cristiani mantengo no con vera e sincera fede, alla relativa venerazione che consiste in un tributo di onore. Questi sono i due punti che essi hanno distor to, per cui essi sono chiamati, ed in effetti sono, accusatori dei Cri stiani. Essi dicono, infatti, che I i Cristiani offrono ladorazione e la venerazione che dovuta a Dio alle venerabili icone, e che circo scrivono linafferrabile natura divina. Che deviazione e stupidit, ed ogni altra cosa che deriva da ci! E fuori luogo il loro discorso, ed invece pieno di oltraggio e calunnia. I Cristiani non hanno tri butato ladorazione che in spirito e verit alle icone o alla di vina forma della croce, n essi hanno mai fabbricato una icona del- lincomprensibile ed invisibile natura divina. Piuttosto, in quanto il Verbo si fatto carne, e prese dimora tra noi 414, essi hanno rap presentato in forma di icona ci che pertinente alla sua dispensar zione in forma umana. Inoltre, in quanto essi sanno che Dio spi rito, e quelli che lo adorano, devono adorarlo in spirito e verit 415, essi hanno offerto, secondo la loro fede, venerazione e adorazione aLui soltanto, che il Dio di tutte le cose ed lodato nella Trinit, 99 Noi baciamo e offriamo lonore della venerazione alla divina forma della croce e delle venerande icone perch siamo mossi dal deside rio e dallamore di raggiungere i prototipi. Di conseguenza, le loro sciocche parole dalla verit sono rivelate vane, totalmente vuote e interamente corrotte. Allo stesso modo, partorendo anche quello che segue con un ra gionamento estraneo alla piet, dicono - Gregorio vescovo lesse Anche nel Vecchio Testamento, dove Dio dice a Mose ed al popo lo: tu non ti fabbricherai idolo, n immagine alcuna di quanto lass in cielo, n di ci che quaggi sulla terra 4ltVperch sulla montagna avete udito il suono della voce provenire dal mezzo del fuoco, ma non avete visto nessuna immagine, solo la voce avete sen tito 417. Epifanio diacono lesse: da ci che essi prendono il pretesto di empiet per atterrire i Cristiani - come fossero bambini - con le loro cavillosit: se tu ricordi Cristo o i santi facendo ricorso alle rappresentazioni iconografiche, scadi nellidolatria. Ed in aggiunta a tutte le ingiurie contenute in ci che essi hanno gi detto - loro, i nobili - adesso ricorrono pure alleditto divino - non fabbriche rai immagini! Essi si esercitano nellempiet, soffocando la verit nellingiustizia418, cercando di stabilire la propria giustizia 'i e si allontanano dalla verit inorgogliendosi anche dellinesistenza della falsit. Perch, stravolgendo i comandamenti che furono dati in tempi antichi agli Israeliti, i quali adoravano il vitello e che ave vano provato lodio egiziano, e rivolgendoli alla divina assemblea dei Cristiani, si espongono al ridicolo narrando meraviglie, e sono presi dalle labbra della loro bocca 420. Essi avrebbero dovuto com prendere che fu perch Dio era in procinto di condurre gli Israe liti nella terra promessa - dal momento che l vivevano popoli che adoravano idoli e veneravano i demoni, il sole, la luna, le stelle, ed altre creature, anche uccelli, quadrupedi, e rettili e non il vivo e vero Dio - che Egli diede a loro la legge: tu non ti fabbricherai idolo, n immagine alcuna di quanto lass in cielo, n di ci che quaggi sulla terra, I allontanandoli dallidolatria, poich aggiun ge: non li adorerai n li servirai 421. Tuttavia, quando il suo fedele servitore Mos costruiva la tenda della Testimonianza obbedendo al comandamento di Dio, egli, per mostrare che tutto al servizio di Dio, plasm i cherubini doro con sembianze umane, simboli di esseri spirituali. Questi Cherubini dovevano far ombra sul luogo dellespiazione 422, che era prefigurazione di Cristo; poich, come dice il divino Apostolo, Lui la vittima di espiazione dei nostri peccati 423. Poi li avvi alla conoscenza di Dio in due modi, dicen- ioo do: ti chinerai dinanzi a Dio e Lui soltanto adorerai 424, e facen do costruire Cherubini in oro fuso che facevano ombra sul luogo dellespiazione, cio nellatto di chinarsi dinanzi a Lui. Li condusse a chinarsi dinanzi al Signore e ad adorare Lui soltanto attraverso ludito e la vista! Tuttavia, poich il loro pensiero pieno di stravolgimenti, essi adducono le seguenti affermazioni dellApostolo - Gregorio vesco vo lesse Ed essi scambiarono la gloria di Dio, che incorruttibile, con laspetto di unimmagine di uomo che corruttibile . . . e venerarono e adorarono la creatura piuttosto che il Creatore 425/ ed ancora: an che se una volta abbiamo conosciuto Cristo secondo la carne, ora non lo conosciamo pi in questo modo 426, perch noi camminiamo per fede e non servendoci della vista 427e laffermazione dello stesso Apostolo: cos la fede viene da ci che udito, e ci che udito trasmesso tramite la Parola di Dio 42S. Epifanio diacono lesse: si deve chiaramente dire che essi somi gliano ai Pagani, che scambiarono la gloria di Dio e adorarono le creature piuttosto che il Creatore, perch essi hanno scambiato e distorto ci che lApostolo intendeva, secondo i loro propri deside ri. Perch manifesto a tutti che, quando lApostolo dice: essi scambiarono la gloria di Dio, che incorruttibile, con laspetto di unimmagine di uomo che corruttibile ..., lui sta canzonando i Pagani, poich continua ... o di uccelli, quadrupedi o rettili 429. Anche se essi eliminassero ingannevolmente unintera frase per in durre le menti pi semplici a credere che lApostolo si riferisce alla questione delle rappresentazioni iconografiche della Chiesa, ci che segue rende la spiegazione manifesta. Perch egli fa anche riferimen to agli uccelli, quadrupedi e rettili cos come al fatto che essi ado ravano le creature piuttosto che il Creatore 430. Cos, chi pi pra tico di libri di storia sa che in tempi antichi gli Egiziani venerava no i tori ed altri quadrupedi, vari tipi di uccelli, mosche, vespe, ed anche animali pi comuni. Anche i Persiani, poi, adoravano il sole e il fuoco, mentre i Greci, oltre a questi, adoravano lintero creato, come anche facevano alcuni Ebrei, secondo quanto riferiscono il libro dei Regni e le narrazioni dei Profeti. Allora, dicano come e quando le genti hanno vaneggiato e le loro menti ottuse si ottene brarono 431, prima o dopo che essi credettero in Cristo? Certamen te prima, questo assodato. I Perch, se essi dicono: i popoli ado rarono il creato e gli idoli dopo che credettero in Cristo, e cio dopo la dispensazione di Cristo nostro Dio, ci significa che secon do loro la predizione annunziata per mezzo dei profeti per ci che riguarda la Chiesa - Gerusalemme sar citt santa, e per essa gli stranieri non passeranno pi 432, e, non toglier loro la mia pie t ... n violer il mio patto; e non render vane le cose che esco no dalle mie labbra433- falsa. Ma se i popoli, adorando il dia volo, si sono allontanati dalla conoscenza di Dio e sono stati ab bandonati in balia di una mente depravata 434prima della venuta di Cristo, laccusa che essi muovono adesso contro i Cristiani folle. Isaia parler chiaramente contro di loro, gridando: guai a coloro che fanno decreti malvagi; perch quando essi scrivono, scrivono malvagit 435. Essi, quindi, accolgono le parole dellApostolo e della Scrittura con malizia e malvagit, e si affrettano a sovvertire il gran de mistero della salvezza - quello della dispensazione di Cristo no stro Dio, per mezzo del quale siamo stati liberati dallerrore degli idoli - e ad ascrivere la gloria a se stessi. Tuttavia nessuno dei Cri stiani crede loro. Perch tutti noi ammettiamo che stato Cristo, nostro vero Dio, nella sua venuta nella carne presso di noi, che ci ha allontanato dallerrore degli idoli e da ogni superstizione paga na. Se essi non ammettono che questo accaduto, essi non portano neanche il suo nome. a loro che lApostolo dice: cosa possiedi che tu non abbia ricevuto? 43. Tuttavia, se essi lavessero ricevu ta, avrebbero dovuto confessare la redenzione ed accettare le icone che sono diventate nelle chiese segni di bellezza per la vista dei no stri occhi, ed hanno il compito di riportare alla nostra mente la nar razione evangelica col proposito - come abbiamo detto molte vol te - di ricordarci del Vangelo e di spiegare la sua storia. Tuttavia, dal momento che essi propongono altri detti dellApostolo, come anche se una volta abbiamo conosciuto Cristo secondo la carne, ora non lo conosciamo pi in questo modo 437, poich cam miniamo per fede, non servendoci della vista 438, portiamo tra di noi gli eloquenti maestri che hanno interpretato questi detti. Cosi Giovanni, che ha ricevuto in dono un insegnamento pi prezioso delloro o di una pietra preziosa, interpreta questo stesso passaggio dellApostolo 439- da ora in poi, tuttavia noi non conosciamo nes suno secondo la carne, ed anche se una volta abbiamo conosciuto Cristo secondo la carne, adesso non lo conosciamo pi in questo modo 440- dicendo quanto segue: Non conosciamo nessuno dei fedeli secondo la carne. E allora? Anche se fossero nella carne? Quella vita, quella carnale, morta e noi siamo nati in spi rito dal cielo, e conosciamo un altro modello di vita, un altro comportamento, unaltra vita e condizione che nei cieli. 102 Ed aggiunge: Egli mostra Cristo come capo, e questo il motivo per cui aggiunse: anche se una volta abbiamo conosciuto Cristo secondo la carne, adesso non lo cono sciamo pi in questo modo. Che significa allora? Dimmi: ha deposto la carne ed adesso senza un corpo? Lungi da noi una simile idea! Lui nella carne anche allesso; perche questo Ges che fu portato di tra noi in alto nei cieli ritorner nello stesso modo Nello stesso modo Quale modo? Nella carne, assieme con il corpo. Perch allora dice: anche se una volta abbiamo conosciuto Cristo secondo la carne, adesso non lo conosciamo pi in questo modo? Egli dice ci, perche, anche se abbiamo conosciuto Cristo come soggetto alle sofferenze, non lo conosciamo pi in questo modo. Cos, riferita a noi lespressione secondo la carne significa la condizione di peccato; e lespressione non secondo la carne significa la condizione di non peccato. Con riguardo a Cristo, I invece, lespres sione secondo la carne significa l essere soggetto a passioni naturali, e cio sete, fame, fatica, sonno; infatti, egli non commise peccato, n si trov inganno nella sua bocca ,12. Per questo diceva anche: chi di voi pu convincermi di pecca to? Hi. Ed ancora: viene il principe di questo mondo; ma egli non ha nessun potere su di me 4-M. D altra parte, l espressione essere non secondo la carne significa che Egli libero da queste passioni, non che egli sprovvisto della car ne. Lui, infatti, viene per giudicare il mondo, con una carne incorruttibile che non soggetta a sofferenze; questo lo stato verso cui anche noi tendiamo, di ventando il nostro corpo conforme al corpo della sua gloria 445. Anche Cirillo dAlessandria, il difensore della nostra pura fede, nel chiarirci lo stesso detto cos lo interpreta 446: Poich lunigenito Verbo di Dio si fece uomo ed apparve una seconda ra dice della stirpe, non secondo la prima, che discende da Adamo, che siamo trasformati in esseri viventi, bens secondo laltra, che considerata ed incom parabilmente fra quanto c di meglio. Perch non siamo sotto la morte ma sotto la Parola che d vita a tutto. Nessuno nella carne, cio nella fragilit della carne, che corruzione. Paolo non dice che Cristo non si incarnato, perch, sebbene dica: noi non abbiamo conosciuto nessuno secondo la carne, lui non intende questo. Altrimenti Egli come sarebbe morto? Questa, infatti, la fragi lit della carne. Ci che egli dice, dunque, questo: la Parola si fatta carne ed morta per tutti noi; in questo modo lo abbiamo conosciuto secondo la carne. Ci nonostante, non lo conosciamo pi in questo modo, perch, se anche adesso nella carne - Egli resuscit dopo tre giorni ed salito in cielo - tuttavia considerato al di sopra della came, perch non pi soggetto n alla morte n ad altre debolezze della carne ma, in quanto Dio, va ben oltre tutto ci. Vedete, tuttavia, voi che vi opponete: non soltanto stravolgete le parole dellApostolo, ma vi opponete anche a tutti i santi. Loro, infatti, sulla base di queste parole dellApostolo, mostrano che Cri sto dopo la resurrezione fu liberato dalle sofferenze. Inoltre, essi ci guidano, poich noi siamo diventati conformi al corpo della sua gloria, a non camminare secondo la carne, cio a non seguire i piaceri carnali. Tuttavia, poich pensate in modo diverso dai Padri, e non intendete seguire le loro orme, voi introducete una nuova dottrina. Inoltre, percorrendo un sentiero non frequentato e gui dando voi stessi e quelli che vi seguono verso burroni e dirupi, voi li conducete gi verso le porte dellAde. Tuttavia, nessuno crede in voi, perch voi non seguite gli insegnamenti dei nostri santi Padri. Quanto alla frase camminiamo per tede e non servendoci della vista, lo stesso Giovanni interpretandola dice ,,l/: Perch nessuno dica: Cos questo? Quando dici: finch abitiamo nel cor po siamo in esilio lontani dal Signore 44H, perch lo dici? Siamo dunque sepa rati da Lui mentre siamo qui?; perch nessuno dica questo, lui, lApostolo, ci ha corretto anticipatamente, dicendo: perch noi camminiamo per fede, non servendoci della vista. Noi conosciamo Lui mentre siamo qui, ma non chiara mente. Questo quanto egli dice in altro luogo: adesso noi guardiamo in uno specchio, in maniera confusa, ma allora vedremo faccia a faccia ,4'. Questo quanto entrambi i divini Padri hanno detto. Lo stes so Apostolo in altre sue affermazioni ci chiarisce con precisione il concetto, dicendo: chi che spera ci che gi vede? Ma se noi speriamo ci che non vediamo, lo aspettiamo con perseveranza 4,. ovvio, I di fatto, che noi camminiamo per fede e non servendoci della vista, perch noi non vediamo Dio qui, ma crediamo in Lui. Per fede noi affermiamo anche che le sue creature furono create da Lui, come lo stesso Apostolo proclama con lalta voce dello Spirito, dicendo: per fede noi sappiamo che i secoli furono formati dalla Parola di Dio, sicch ci che visibile ha avuto origine non dalle cose che si vedono 45. Inoltre, quando consideriamo il movimento ordinato delluniverso, arriviamo ad una comprensione del Dio che ha creato ogni cosa con sapienza. Questo, dunque, quanto la frase noi camminiamo per fede e non servendoci della vista significa; non ci che costoro, per la rozzezza della loro lingua, insinuarlo distorcendo il pensiero dellApostolo, usando quanto lui disse pfer riferirsi alla fattura delle venerande icone. Cos, dopo aver udito linsegnamento dei Padri, seguiamolo e rigettiamo questa novit, dicendo: ho odiato lassemblea dei malvagi, e non sieder con gli empi 452. Tomo quinto Epifanio diacono lesse: poich i loro piedi corrono verso la mal vagit, essi sono rimasti sospesi ai loro stessi lacci. stato dimo strato che nessuno di quelli che sono stati educati nella Chiesa ha 104 mi umilialo In gloria di Dio per la fattura di icone, o per qualunque altra creatura. Procediamo, quindi, con la confutazione di ci che l imane, avendo al nostro fianco, come alleata, la verit che non mai sconfitta. Infatti, nel loro sforzo di moltiplicare il male con ul teriori argomenti, essi hanno anche tirato in ballo alcuni santi Pa dri. allermando insolentemente che essi si sono pronunziati contro la pittura delle venerabili icone, ed hanno poi aggiunto quanto se dile Gregorio vescovo lesse / e stesse cose le insegnano i nostri Padri rivelatori di Dio, i disce poli e stueessori degli apostoli. Cos Epifanio di Cipro, famoso tra i is'\ si littori della Chiesa, dice: siate vigilanti e mantenete le tradizioni che avete ricevuto. Non deviate n a destra n a sinistra; ed aggiun ge wc rifiniate questo, figli cari: non portate le icone dentro le chiese, nei vintiieri dei santi. Piuttosto con la memoria abbiate sempre Dio net t^virt cuori, e non in una casa comune. Poich il Cristiano non deve elevarsi attraverso gli occhi o le irrequietezze della mente 453. Egli scrisse, allo stesso modo, altri discorsi per confutare la fattura delle usate, che chi abile nella ricerca sar in grado di trovare. r.pifanio diacono lesse: chi abile nelTesaminare i problemi della Chiesa, di fronte a quelli con diversa opinione, che cercano di af fermare la loro giustizia 454e contrastare quella di Dio, riponendo la propria forza in documenti falsificati e addotti inopportunamente, I in quanto Tigli bastardi e non veri della Chiesa universale, sa impe dire che si avvicinino come fratelli, ed anzi li respinge dicendo: voi progenie d Canaaft e non di Giuda 455, sapendo ci che Evange lista ha detto: sono usciti di mezzo a noi, ma non erano dei nostri; se hwscro stati dei nostri, sarebbero rimasti con noi 456; ed anche ci che ilice il divino Apostolo: dopo la mia partenza rapaci lupi entreranno tra di voi, che non risparmieranno il gregge, per attira re discepoli dietro di s 457; e ancora: badate che nessuno vi in ganni con la sua filosofia e con vuoti raggiri 458. Ed ancora lo stesso Apostolo dice: non prestate fede ad ogni ispirazione 459. Ogni Cri stiano, dunque, quando sente leggere libri apocrifi, deve sputarvi sopra e non accettarli in nessun modo. Cos, v una falsa Lettera ai I aodesi, che attribuita al divino Apostolo ed inserita in alcuni esemplari dei suoi libri4W) e che i nostri Padri rifiutarono, in quanto non attribuibile a lui. 1Manichei461hanno introdotto anche il Van gelo set*ndo Tommaso, che la Chiesa universale, piamente, rigetta come spurio. Cos anche la presente affermazione, che, sebbene sia detta appartenere al nostro santo Padre Epifanio, non sua 462. Questo Padre di divina loquela scrisse un trattato che constava di ottanta capitoli, nei quale egli combatt trionfalmente tutte le ere- 105 sic* - pagane ed ebree, cos come tutte le altre che sono sorte con tro la cristianit - senza ometterne alcuna 463. Se egli avesse giudica to la produzione delle icone in contrasto con Cristo, avrebbe incluso anche questa tra le eresie. Inoltre, se la Chiesa avesse accettato que ste spiegazioni contro le venerande icone, non vi sarebbe stata nes suna di queste venerande icone dipinte a fungere sia da decorazione dei santi templi che come mezzo per suscitare in noi il ricordo. Gli scritti stessi che gli istigatori di questi vuoti discorsi adducono come testimoni forniscono la confutazione. Il santo Epifanio fu attivo du rante il regno di Teodosio e Arcadio 464. Da allora sino alla presente eresia trascorre un periodo di almeno quattrocento anni, durante il quale nessuno dei Cristiani ha accettato questi scritti contro le icone, eccetto i fallaci difensori di questi folli discorsi. Se tutti questi anni non hanno visto laccoglimento nella Chiesa di questi scritti, essi non saranno accettati neanche adesso, perch non sono mai stati accet tati. Quanto allo scritto che alcuni di loro producono e che impro priamente porta il titolo di Lettera del santo Epifanio, presule dei Ciprioti, allimperatore Teodosio 465, lo abbiamo avuto nelle nostre mani e lo abbiamo letto, non distrattamente ma attentamente, e ab biamo scoperto alla fine della lettera una dichiarazione che recita: pur avendo molte volte suggerito ai miei colleghi nel sacro ministe ro di rimuovere le icone, essi non hanno accolto il suggerimento, non mi hanno voluto ascoltare neanche per un momento. Andia mo, quindi, a vedere chi furono i sempre memorabili maestri e in crollabili muri di cinta della Chiesa al tempo del nostro Padre Epi fanio che qui stato menzionato: Basilio, il Grande in parole e atti; Gregorio che ha il suo soprannome dalla teologia; Gregorio, presule di Nissa, da tutti chiamato il Padre dei Padri, cos come Giovanni dalla cui bocca scorrevano parole dolci pi del miele e che per que sta ragione chiamato bocca doro, ed in aggiunta a questi Am brogio, Anfilochio e Cirillo di Gerusalemme. I Dunque se lo stesso autore che scrisse questi trattati contro le venerabili icone dice che essi non furono ben accolti dai santi Padri di quel tempo, come pos siamo noi, che abbiamo raggiunto la soglia della vita e che siamo poveri in parole e saggezza - perch non siamo neanche degni di essere considerati loro discepoli - accettare ci che stato inventato contro la Chiesa e che i nostri stessi Santi Padri non accettarono? Via da noi questi trattati sacrileghi e sfrontati! Coloro che hanno cos combattuto contro la Chiesa si sono allontanati dalla retta ra gione. Tuttavia, sia nei nostri cuori di Cristiani il detto dellApostolo: manteniamo le tradizioni che abbiamo ricevuto 466, allontanan doci da discorsi inutili e profani 467, e rendiamoci conto che que- 106 sti scritti sono falsi ed artificiosi. I libri del nostro santo Padre Epi fanio, quello intitolato Anchoratus 468e gli altri, sono venerati e di ventati famosi in tutto il mondo e sono stati diffusi quasi in ogni Chiesa. Questi trattatelli, invece, che strepitano di qua e di l con tro le venerande icone, in tutto il mondo non si sono trovati che in due o tre esemplari, sempre che non siano stati scritti da poco. E se fossero stati famosi nella Chiesa universale, avrebbero circolato lar gamente in tutte le Chiese, come ha avuto diffusione lAnchoratus del santo Epifanio. Tuttavia, essendo senza precedenti, spurii e in terpolati, essi non sono mai stati accettati dalla Chiesa universale; non sono mai apparsi; n possono essere accettati adesso, perch la pace di Dio e lantica tradizione prevalgano in tutte le Chiese. Che i bestemmiatori non lascino alle loro lingue briglia sciolta, accusando chi ragiona correttamente che coloro i quali accettano lantico uso della Chiesa universale si oppongono al santo Epifanio. Perch noi rigettiamo lo scritto, mentre riconosciamo il santo Padre come mae stro della Chiesa universale. Allo stesso modo i santi Padri che si riunirono a Calcedonia per il santo quarto concilio ecumenico - e lo stesso fecero i Padri del santo quinto concilio - colpirono con anatema la cosiddetta Lettera di Iba, Vescovo di Edessa, a Mari il Persiano, che concordava con la dottrina di Nestorio, e non Iba, perch non stato provato che la lettera fosse di Iba. Conseguen temente, con lanatema essi non colpirono Iba ma la cosiddetta Let tera di Iba, perch, sebbene fosse chiamata cos, non era sua. Allo stesso modo, anche questi falsi scritti contro le venerabili icone, seb bene alcuni dicano che sono del santo Epifanio, come stato dimo strato non sono suoi. Infatti, i suoi discepoli eressero nellisola di Cipro una chiesa con il nome del suddetto Padre, con dentro molte rappresentazioni iconografiche, inclusa una dello stesso santo Epi fanio. Se lui avesse disdegnato la vista delle icone, perch i suoi di scepoli lo avrebbero ritratto in unicona? Ognuno di voi che ascol tate pu giudicare da s e separare la verit dalla falsit. Tali trattati non sono di questo Padre ma di provenienza manichea 469. Da essi noi rifuggiamo, perch sono pieni di amaro fiele. I Manichei e quelli che hanno introdotto la dottrina della confusione delle due nature, non hanno mai accettato la vista delle icone, perch non credono che Dio-Verbo si fece realmente uomo nella carne, ma soltanto ap parentemente ed illusoriamente. E cos che anche costoro, lavorando di immaginazione e scam biando un concetto con un altro, dicono ci che segue I - Grego rio vescovo lesse Allo stesso modo, Gregorio il Teologo nei suoi versi dice: male 107 e riporre la fede nei colori e non nel cuore. Perch la fede riposta nei colori sbiadisce facilmente, mentre quella che nel profondo della mente s che mi gradita. Epifanio diacono lesse: essi riportano un nuovo detto di Grego rio il Teologo, intendendolo ancora una volta in modo distorto. Ci che il Padre ci ha lasciato come: male riporre la fede nei colori non nei cuori; facilmente i colori possono sbiadire, ma la profondi t ci che amo 470 messo in questo modo da questi falsificatori: male riporre la fede nei colori e non nel cuore. Perch la fede riposta nei colori sbiadisce facilmente, mentre quella che nel pro fondo della mente si che mi gradita. Essi hanno tappato le loro orecchie, hanno chiuso i loro occhi ed hanno rifiutato di pensare in modo retto, violando le tradizioni della Chiesa; perch essi udiro no ma non capirono, e videro ma non compresero 47h Induriti nel cuore, essi stravolsero gli insegnamenti e le tradizioni dei Padri se condo i propri desideri. Il santo Gregorio il Teologo, infatti, nei suoi scritti poetici, quando afferma ci che costoro hanno citato, lo fa nellintento di introdurre parole di incitamento morale per la no stra vita, che ci conducano a rinunziare ai beni effimeri e mondani ed ai piaceri della carne, ed a scegliere la vita spirituale che ci con duce in alto verso le cose celesti, a non riporre la fede in questo mondo ed a non attaccarci a ci che temporaneo e non rimane - ed a tutte queste cose ha dato il nome di colori - ma, piuttosto, a perseguire ci che spirituale e veritiero, ci che il cuore confer ma e che rimane per sempre. La nostra vita fugace, ed il vivere qui un soggiorno in terra straniera. Poich linchiostro o il colore svaniscono velocemente, anche se sono ritoccati dal pittore, cos anche in questa vita, come dice lo stesso Padre: le nostre vicende si svolgono secondo cicli che in tempi diversi e in modi diversi, in un giorno o, a volte, in unora, apportano cambiamenti. Cos tutto ci che umano scompare come unombra e tutto il peso dellumano potere si disintegra come una bolla daria; poich ogni uomo co me lerba, e tutta la gloria delluomo come il fiore del campo 472. Mostrare opere spirituali, invece, garanzia di incrollabilit ed ha la sua ricompensa in ci che dura. Dunque, se laffermazione fosse stata rivolta direttamente contro le icone, avrebbe detto chiaramen te: male riporre la fede nei colori e non in Dio. Ma egli ha det to ... e non nei cuori; il che significa che noi dobbiamo realizzare cose salde e sicure, che appartengono al regno dei cieli; e non le cose di questo mondo che, essendo transitorie e cos soggette a mu tamento, non sono degne di fede. Ancora, interpretando tutto allegoricamente in modo maldestro 108 ed istituendo collegamenti secondo il loro modo di pensare, I essi producono come testimonianze le affermazioni di Basilio e Giovan ni, grandi maestri dei misteri, dicendo - Gregorio vescovo lesse Giovanni Crisostomo insegna quanto segue: noi, grazie agli scrit ti, godiamo della presenza dei santi, in quanto possediamo cos le icone non dei loro corpi ma delle loro anime. Quanto loro hanno detto, infatti, sono le icone delle loro anime; e lo studio degli scrit ti ispirati da Dio, disse il santo Basilio, un mezzo di grande efficacia per scoprire ci che giusto. In essi, infatti, si trovano anche i precet ti impartiti attraverso le azioni e le vite di uomini beati tramandate per iscritto, come icone animate della condotta secondo il volere di Dio, proposteci perch imitiamo le opere conformi a quanto Dio vuo le 473. Epifanio diacono lesse: in nessun modo un uomo di retto sen tire ha mai pensato o potrebbe pensare che queste affermazioni fu rono fatte a confutazione delle venerande icone. Perch manife sto a tutti che, quando ascoltiamo del colaggio dei santi e della loro sopportazione, noi benediciamo la fermezza e la nobilt delle loro anime. Inoltre, quando noi ci troviamo di fronte alle Sacre Scrit ture, o leggiamo le vite degli uomini santi, o guardiamo le rappre sentazioni iconografiche, ci ricordiamo delle loro opere, realizzate in armonia con il volere di Dio. Perch, come Basilio il Grande dis se nelYEncomio ai santi quaranta Martiri: ci che la parola offre attraverso ludito, la pittura - sebbene in silenzio - lo mostra attra verso limitazione 474. Ma anche Giovanni Crisostomo nel suo di scorso Uno il Legislatore di entrambi, Vecchio e Nuovo Testamen to, e sulla veste del sacerdote, che inizia con le parole: Per primi i Profeti annunziano levangelo del regno di Cristo, dice pi avan ti: io amai anche una pittura ricoperta di cera, per devozione; vidi, infatti, in unicona un angelo che respingeva nugoli di barbari, e vidi le nazioni dei bar bari e Davide che veracemente diceva: Signore, nella tua citt annienterai la loro immagine 475. stato mostrato, dunque, che, essendo al di fuori della divina congregazione, essi hanno distorto ci che i santi Padri hanno cor rettamente affermato. Tuttavia essi sono di una malvagit ancora maggiore; e, per confutare le rappresentazioni iconografiche, addu cono ci che il nostro Padre Atanasio disse contro gli idoli dicen do - Gregorio vescovo lesse Inoltre, anche Atanasio, splendore di Alessandria, disse: come possibile non provare piet per coloro che adorano le creature? Per ch coloro che vedono, pregano per quelli che non possono vedere, e coloro che sentono, per quelli che non possono sentire 476. Una crea tura, infatti, non sar mai salvata da un altra creatura. I Epifanio diacono lesse: ahim, che follia! Conducendo il loro pensiero su una nuova strada di bestemmie, essi si sono allontana ti dalla verit. Perch, mentre il divino Padre ha fatto questa affer mazione contro gli idoli, essi accusano i Cristiani dicendo che dopo avere conosciuto la verit, professato la fede con sincerit ed esse re stati rigenerati da Dio, venerano le creature oltre allunico Dio di tutte le cose, ed imputano loro anche lidolatria. O Signore, rispar mia la tua gente e non permettere che alcuno sia traviato dalle loro bestemmie. Poich tutti quelli di noi che siamo chiamati con il tuo nome riconosciamo che ci hai liberato dallinganno e dallerrore de gli idoli e che, dopo che ti abbiamo conosciuto, noi, stimati degni della divina rigenerazione, non abbiamo in nessun modo deviato offrendo la divina adorazione che appartiene a te e a nessuna altra creatura vivente sotto il cielo che non sia tu, il nostro unico Salva tore; e cantiamo: o Signore noi non conosciamo nessuno al di fuo ri di te: noi nominiamo il tuo nome 477. Tu sei testimone di ci, cos come lo sono le schiere di angeli santi, e la divina adunanza degli Apostoli, dei Profeti, dei Martiri e degli ispirati Padri. E affin ch tutti i nostri sensi ne abbiano ricordo, cos da innalzarci verso la tua maest, possediamo, come mezzo per glorificarti, limmagine della divina croce, la narrazione del Vangelo, e la rappresentazione iconografica, cos come molti altri utensili sacri; noi baciamo questi oggetti perch essi sono stati fatti in tuo nome ed al tuo nome de dicati. Ma coloro che hanno accumulato tesori con lingua menda ce, hanno perseguito la vanit 478. Questo il motivo per cui il loro ozioso discorso manca di consistenza. Come loscurit scacciata nel momento in cui una luce si accende, cos la menzogna della loro lingua mozzata dalla spada dello Spirito allapparire della verit. Tuttavia, con i brandelli di quanto gi stato fatto a pezzi, essi continuano, dicendo - Gregorio vescovo lesse Allo stesso modo Anfilochio di Iconio dice quanto segue: non dovremmo cercare di dipingere sulle tavole con i colori i visi dei San ti; non ne abbiamo bisogno. Ci di cui abbiamo bisogno, invece, di imitare la loro condotta attraverso la virt 479. Epifanio diacono lesse: caratteristica degli eretici quella di pre sentare le affermazioni in forma frammentaria. Tuttavia se uno cerca attentamente, non trover da nessuna parte lintenzione del Padre di proibire la riproduzione delle venerande icone. Piuttosto, il Padre dice questo per lodare il coraggio e la fermezza della disposizione spirituale dei santi, preferendo lefficacia delle virt, e lo fa per spro- arci ad imitare la loro condotta. Infatti, noi non lodiamo i santi, n rappresentiamo in pittura, perch li amiamo carnalmente; piutto- o, nel nostro desiderio di imitare le loro virt, noi raccontiamo le ir biografie I e li rappresentiamo iconograficamente, sebbene loro on abbiano alcun bisogno di essere encomiati da noi attraverso nar- izioni o di essere raffigurati attraverso la pittura. Invece, come ab- iamo detto, noi facciamo questo per nostro beneficio; perch non ino soltanto le sofferenze dei santi che sono istruttive per la nostra dvezza, ma anche la descrizione di queste sofferenze, mostrata dalle ippresentazioni iconografiche, allo stesso modo che la loro memoria Zebrata ogni anno. Questo il significato del tenore complessivo el discorso. Ci che il Padre disse non fu detto per confutare le ;nerande icone, n per insidiarle in nessun modo e sebbene egli ica: non dovremmo tentare di dipingere sulle tavole con colori i isi dei Santi, egli dice questo con lintento di attrarre lattenzione dia loro virt. Infatti continua: ci di cui abbiamo bisogno, invece, di imitare la loro condotta attraverso la virt. Dobbiamo sforzarci i scegliere le virt degli uomini virtuosi, imitare le loro opere ed mudare la loro condotta. Non lodevole, invece, erigere in continua- ione chiese dedicate a loro o mostrarli rappresentati nelle icone, entre disprezziamo le loro virt. Nessuno loderebbe un uomo ve- endolo con una mano rigettare le virt dei santi e con laltra offrire : loro icone, giorno dopo giorno, o erigere molte chiese, o costruire ggetti sacri, senza che adorni d tempio che in lui stesso con le vir- ispirate da Dio. Perch Dio disse a quelli che vivono in questa ondizione, attraverso le parole di Isaia d profeta: anche se portate i buona farina essa murile, lincenso per me un abominio. An- lie quando protendete le vostre mani verso di me, allontaner d mio guardo da voi; e sebbene facciate molte suppliche, non vi ascolte- b 48. Ma cosa dovreste fare? Lavatevi, divenite puri, rimuovete i malvagit dalle vostre anime davanti ai miei occhi; cessate le vo ire malvagit, imparate a fare d bene, cercate diligentemente la giu- :izia, assistete colui che patisce lingiustizia, perorate la causa dei orfano, ed ottenete giustizia per la vedova 481. Quando riusciamo far questo, allora le cose che noi offriamo - le sacre chiese, o le acre suppellettili, o anche le venerande icone - sono accettate da )io. Cos, per ricordare i santi, la cosa migliore per noi ripercor- ere nel ricordo le loro virt e, per quanto possibde, imitarli fedel- lente. Infatti, questo ci che costituisce un encomio ai martiri: he quelli che si riuniscono supplichino per ottenere virt, come asilio d Grande disse nei suoi discorsi morali 482. Ma, come sta- o gi detto, lodevole che, assieme alle virt, uno possa erij . v. N se, dipingere icone, ed offrire sacre suppellettili a Dio, perch la pa rola della verit ci insegna che si deve adempiere agli uni senza tra lasciare gli altri 48}. Luomo non potrebbe ottenere la virt se non cammina attraverso le dimore del Signore, o se non presta, attraverso la lettura, orecchio ai discorsi divini, e se non , attraverso la vista, indotto a concepire il significato e gli insegnamenti del Vangelo e delle narrazioni delle vittorie dei martiri. Tuttavia, doveroso e ne cessario attenersi alle virt, in ogni tempo, in ogni posto, in ogni istante e in ogni ora; perch necessario per noi, continuamente e sempre e in ogni tempo, vivere in prima persona le sofferenze di Cri sto, cos come vantaggioso, anche, portare la sua morte nel nostro corpo 484, facendo tutto ci con sollecitudine. Questo conduce al regno dei cieli. Invece, scolpire molte croci in una piccola casa e allo stesso tempo spregiare I i comandamenti di Cristo e limitazione delle sue sofferenze da stolti, perch la fede senza le opere morta 485. Cos, il Signore dice nel Vangelo: non chiunque mi dice: Signore, Signore, entrer nel Regno dei cieli; ma chi fa la volont del Padre mio che nei cieli 486. Continuando ulteriormente questa discussio ne, noi addurremo un altro argomento. abitudine dei nostri san ti Padri, che hanno chiarito a noi il salvifico intento di Dio, di inse gnarci profusamente ad osservare i comandamenti ed indirizzare gli ascoltatori verso quel comandamento che essi hanno scelto come obiettivo, dichiarandolo il pi alto e grande; affinch, pur tenendo saldamente fede a questo comandamento come ad unancora di sal vezza, non trascuriamo gli altri. Cos, mettendo da parte la maggior parte di questi Padri - altrimenti il discorso diventerebbe troppo lungo - puntiamo lattenzione su Asterio di Amasea. In un sermo ne che egli scrisse Su Lazzaro e luomo ricco, dopo aver parlato con enfasi sul dar da mangiare al povero e contro quelli che si arricchi scono, egli esorta i ricchi ad elargire in elemosine, piuttosto che ve stire allegramente ed elegantemente con abiti raffinati. Egli inserisce anche un invito, per quelli che vivono una vita pi religiosa ma sono bramosi di ricchezza, dicendo questo: non dipingere Cristo nelle vesti; piuttosto, il denaro necessario a queste spese dallo ai poveri. E poi, nel desiderio di eliminare la bramosia di ricchezze, aggiunge: perch una umiliazione - quella di assumere un corpo - sufficien te per Lui 487. In altre parole, a Cristo, nostro Dio, non piace che il mistero della sua dispensazione sia mostrato attraverso un appas sionato attaccamento al mondo o attraverso lavidit di denaro. Non consono alla religione n gradito di fronte a Lui il nostro accumu lare ricchezze materiali e lavanzare pretesti che consistono in azioni peccaminose, col proposito di fare ci che dice il Vangelo; e disprez- 112 zare, invece, coloro i quali hanno bisogno di cibo e abiti e necessi tano di un riparo. Questo proprio dellavarizia, non della religio sit. Proprio come la luce non pu coesistere con il buio, o il diritto non ha nessun legame con lillegalit, cos la bramosia di ricchezze e labbigliarsi con abiti raffinati non hanno nulla in comune con la rappresentazione e la narrazione del Vangelo. Questultima cosa ci insegna in modo penetrante gli eventi della dispensazione che con duce alla salvezza. Quella condotta, invece, condannata come de gna di punizione, secondo quanto Giacomo, fratello di Dio, dice: voi ricchi versate lacrime e vi lamentate a gran voce per le vostre miserie; le vostre ricchezze sono imputridite e i vostri abiti tarlati; i vostri ori e argenti sono arrugginiti e la loro ruggine rimane come prova contro di voi 488. Come stato detto, quindi, qualunque cosa deriva dallavarizia si dilegua nel mondo. possibile per noi, spen dendo poco, avere cibo, abiti, e riparo, e a sufficienza. Poich ogni cosa che si prende non per uso ma per ornamento vanit, come disse il divino Basilio 489. Quindi accontentiamoci di ci che di uti le abbiamo e da questo traiamo quanto occorre per i poveri tenden do loro una mano caritatevole, cos che possiamo udire la voce del Signore che ci dice: beati i misericordiosi perch troveranno mise ricordia 490; e quanto avete fatto ad uno solo di questi miei fratelli pi piccoli, lavete fatto a me 491. Poich abbiamo menzionato Aste rio, verifichiamo, usando le sue stesse parole, che la tradizione delle venerabili icone unantica I istituzione della Chiesa universale. Cos lui, avendo visto una icona della passione di Eufemia la martire, la loda con il seguente encomio: Una vergine santa e pura, che aveva consacrato la sua pudicizia a Dio, Eu femia il suo nome, una volta che un tiranno si era dato a perseguitare i pii, con grande entusiasmo scelse di correre il rischio della morte. Ma i suoi concittadi ni e fedeli della stessa fede per cui lei era morta, ammirando la vergine santa e coraggiosa, costruita unedicola nei pressi del tempio e postavi l urna con i suoi resti, le tributano onori e celebrano una festa ogni anno, riunendosi insieme in grande numero. I sacri ministri dei misteri di Dio onorano sempre la sua memo ria con un sermone ed insegnano con cura a tutta la gente che si raccoglie come abbia compiuto lagone della sopportazione. Ed il pittore, dal canto suo, che ha rappresentato devotamente, servendosi dellarte secondo la sua capacit, tutta la storia sulla tela, ha posto accanto allurna la sua sacra visione. La sua opera fatta cos: il giudice siede in alto su un trono, con lo sguardo truce e cattivo ri volto alla vergine - larte mostra il rancore, quando vuole, anche con la sola ma teria inanimata - ; ci sono, poi, i lancieri di corte e numerosi soldati; tra quelli, alcuni fanno da segretari con libri e registri sotto il braccio; di questi, invece, uno, con la mano sospesa sulla tavoletta di cera, ha uno sguardo irato volto verso lim putata, con il viso tutto reclinato, come nellatto di ordinarle di parlare pi ad alta voce, affinch non debba, sforzandosi con ludito, scrivere cose sbagliate che 113 poi dovranno essere corrette. La vergine sta in abito scuro e mostra di essere assorta in profondi pensieri; e, come il pittore se l immaginata, ha un viso de licato; come me limmagino io, ha lanima abbellita dalle virt. La conducono di fronte al magistrato due soldati, uno trascinandola davanti, laltro spingendo da dietro, con un fare intimidito dal pudore e dalla fermezza della vergine; lei ha gli occhi bassi, come se arrossisse per gli sguardi degli uomini, e se ne sta impertur babile, per niente sofferente a causa del terribile agone. Come, fino ad allora, lo davo gli altri pittori, quando contemplavo il dramma di quella donna della Col- chide 492! Nellatto di usare la spada contro i figli divide lespressione del suo volto tra il coraggio e la piet, e degli occhi uno esprime lira, laltro lei madre clemente e inorridita. Ora, invece, grazie a quella meditazione, ho trasferito tutta la mia ammirazione su questa pittura; ed ammiro molto lartista, soprattutto per ch ha mescolato limpressione morale che i colori destano, temperando la pu dicizia col coraggio, passioni che per natura confliggono. E andando avanti nel limitazione, alcuni carnefici, cinti soltanto di piccole tuniche, gi si mettevano al lopera; uno, afferratale la testa e reclinatala allindietro, offriva allaltro il capo della vergine pronto a ricevere il supplizio, laltro le colpiva i denti; e si vedono, come strumenti di tortura, un trapano e un martello. Qui scoppio in lacrime ed il dolore mimpedisce di parlare; il pittore, infatti, ha colorato in modo cos vi vido le gocce di sangue che diresti che sgorgano veramente dalle labbra e te ne andresti via gemendo. E poi il carcere: e di nuovo la vergine veneranda siede da sola in abiti scuri, levando le braccia I al cielo e invocando Dio soccorritore nei tormenti; mentre prega le appare sopra il capo il segno che ora i cristiani devono adorare e con cui segnarsi; credo che fosse il simbolo della passione che laspet tava. L vicino, infatti, il pittore ha acceso un fuoco che altrove sarebbe stato ec cessivo, dando consistenza corporea alla fiamma con un colore vermiglio che sil lumina qua e l; ed al centro ha collocato lei, che spiega le braccia al cielo e nes suna molestia rivela nel viso ma, anzi, contenta di passare alla vita incorporea e beata. Qui si fermato il pittore e qui anchio mi fermo. Hai il tempo, se vuoi, di guardare attentamente quella pittura, per vedere con certezza se siamo giunti troppo al di sotto di quanto la descrizione richiedeva 493. Questo quanto disse Asterio. Se esaminiamo ci che dice la Sacra Scrittura, scopriremo che ci che lui ha predicato lo ha tra scelto da l. Cos quando Dio dava ordini al suo servo Mos per la tenda, dopo avere prescritto diversi e variopinti lavori per esso, aggiungeva; tu farai tende di bisso filato, blu e porpora, e cheru bini di un filato scarlatto, le farai con un lavoro da tessitore 494. Questordine ci insegna che ci che dedicato a Dio deve essere fatto con grande fasto. Non lo stesso, tuttavia, per ci che riguar da gli esseri umani, poich fu detto al popolo: e voi non indosse rete abiti tessuti con due diversi filati 495. Il divino Apostolo ren de totalmente chiaro il significato di queste parole nellesortazione: le donne dovranno adornarsi con pudore e sensibilit, con un de coroso abito, non con i capelli intrecciati o oro o perle o un abito di costosa fattura, ma di opere buone, come si addice alle donne che professano la piet 4%. ri 4 Cos noi che offriamo la nostra adorazione in spirito e verit soltanto a Dio, sapendo queste cose, continueremo a baciare ed abbracciare ogni cosa consacrata e dedicata a Lui - sia la divina torma della preziosa croce, o il santo vangelo, o le venerabili icone, o le sacre suppellettili - nella speranza di poter ricevere da loro la santificazione. Continueremo anche ad offrire loro la dovuta vene razione latta di onore; infatti la Scrittura dice: prostratevi allo sga bello dei suoi piedi, perch santo 497. Questo il motivo per cui anche Gregorio il Teologo, nella sua Orazione per la Nativit di Cristo dice: onorate Betlemme, e riverite la mangiatoia 498, giac che ogni cosa dedicata a Dio sacra, perch lui discende su di essa ed associato ad essa, come testimonia tutta la divina Scrittura. Inoltre, come nel caso di un santo, la santit non si pu onorare in altro modo se non con la nostra adorazione relativa. Essi, tuttavia, ancora esalando falsit, ed avendo cucito assieme ci che contrario alla Chiesa, dicono - Gregorio vescovo lesse -: In conformit con loro, Teodoto di Andra 4", compagno di lotta di Cirillo, insegna quanto segue sullo stesso argomento: abbiamo ricevuto la tradizione di far rinascere il volto dei santi, ma non sul le icone, con colori che sono materiali. Piuttosto siamo stati educati a rinnovare I le loro virt e, attraverso ci che stato detto di loro negli scritti, come fossero icone animate, stimolare noi stessi al rag giungimento del loro stesso ardore. Coloro che ripristinano tali imma gini. ci dicano: che tipo di benefido possono trarre da esse, o a che livello di spirituale contemplazione loro sono innalzati dal ricordo da esse risvegliato? Ovviamente tale idea vana ed invenzione di dia bolico inganno. Epifanio il Diacono lesse: se Teodoto fosse vivo, avrebbe grida to a Dio, come Susanna: o Dio Eterno, che discerni ci che se greto, che sei a conoscenza di tutte le cose prima che accadano, tu lo sai che hanno deposto il falso contro di me 50, rimpiangendo gli antenati della confusione di Babele, loro che sono gli autori di questa corruttrice novit delle anime. Tuttavia nel loro desiderio di mostrarsi capaci ed importanti, essi proclamano in modo altisonan te discorsi vuoti. Lo stilo usato per i loro scritti si dimostrato in gannatore ed essi sono chiaramente incriminati come contraffattori della verit. Molta gente, infatti, che ha controllato e cercato assie me a noi la suddetta citazione nel discorso di Teodoto - ammesso che una tale cosa sia mai stata scritta - non ha trovato nulla del genere da nessuna parte; perch egli stesso non ha mai affermato nulla di tutto ci. ovvio che non si tratta di una affermazione di Teodoto. Questa espressione piena di collera e concitazione; e loltraggiosa chiacchiera che le icone sono uninvenzione di astuzia diabolica qualcosa che nasce da una lingua incontenibile e da labbra impure. Questo tipico degli accusatori dei Cristiani ed una delle loro invenzioni piuttosto che di Teodoto. Se, come loro rivendicano, hanno estratto questa testimonianza dalle sue opere, avrebbero dovuto indicare esplicitamente lopera da cui questo pas so fu preso. Tuttavia, sapendo che questa uninvenzione, essi la sciano che la falsit vada in giro in silenzio. Essendo tornati ai suoi discorsi - intendiamo i discorsi che egli scrisse a Lauso, Contro Ne ttario, in sei tomi, lInterpretazione del Credo dei santi Padri di Ni- era, i sermoni Per la Nativit del Signore, Per lEpifania, Per Elia e la vedova, Per i santi Pietro e Giovanni, Per lo zoppo seduto presso la porta bella, Per coloro che hanno ricevuto i talenti e Per i due ciechi - diciamo che non abbiamo trovato da nessuna parte quan to essi hanno citato. Neppure quando il loro falso sinodo eccitava le folle e questo passo fu incluso nel loro falso scritto, esso fu preso da alcun libro del Padre di Andr. Piuttosto, esso si diffuse duran te il concilio, come una piaga, per mezzo di un falso estratto 501, che i pi semplici accettarono; ma coloro che sono stati prudenti e che hanno creduto nella verit, lo hanno sempre considerato falso. Inoltre essi presentano come capo della loro pestilente eresia co lui che fu difensore di Ario ed alleato di Eusebio di Nicomedia 502, di Teognide di Nicea 503, e di Maride di Calcedonia 504, e che fu uno dei capi degli oppositori del sacro concilio di Nicea, quando dico no ci che segue - Gregorio vescovo lesse Allo stesso modo, Eusebio di Panfilo dice ad Augusta Costanzia 505, la quale gli aveva chiesto di mandarle una icona di Cristo: poich mi hai scritto a proposito di una certa icona di Cristo che desideri che io ti invii, a quale icona di Cristo ti riferisci? Quella che vera e immu tabile e che reca le caratteristiche della sua natura o quella che Lui ha assunto per noi rivestendo sembianze di un servo? Ma, per quanto riguarda il suo aspetto di Dio, io non aedo che questo che tu cachi, poich un tempo da Lui stesso hai appreso che nessuno ha conosciuto il Padre, eccetto il Figlio, n nessuno mai conoscer chiaramente il Figlio stesso, con lunica eccezione del Padre, che lo ha genaato 506. Ed in seguito: ma, catamente, stai richiedendo una icona con le sue fattezze di servo, e di quella carne che rivest per noi. Tuttavia, ci stato insegnato che anche quella stata mescolata con la gloria della divinit e che lelemento mortale stato assorbito dalla vita 507. E poco dopo: allora, chi sarebbe in grado di ritrarre con smorti ed ina nimati colori, o in forma di schizzo, i luccichii splendenti e radiosi e di tale gloriosa dignit? Anche i divini discepoli che sulla montagna n non poterono continuare a guardarlo si gettarono con la faccia a ter ra, confessando che non riuscivano a sopportare la vista 508; se, dunque, il suo aspetto incarnato divenne cos potente quando era trasfigurato nella divinit che dimorava in lui, cosa occorre ancora che sia detto di lui, che, dopo che si svest della mortalit e lav via la corruttibilit, trasform limmagine della sua forma di servo in quella della gloria del Signore e Dio - con la vittoria sulla morte, e salendo in cielo, e sedendo sul trono regale alla destra del Padre, e riposando sullinno minabile ed indicibile petto del Padre? questa divina gloria che i poteri celesti acclamarono, quando lui vi sal e vi riacquist la sua con dizione originaria dicendo: aprite i vostri battenti, voi principi, e voi apritevi, eterne porte, ed entrer il Re della gloria 509 Epifanio diacono lesse: a loro pu addirsi la parola che Dio pro nunci per mezzo di Geremia il profeta, rimproverando le folle dei Giudei: essi hanno abbandonato me, la sorgente dacqua viva ed hanno scavato da se stessi cisterne screpolate che non potranno tenere lacqua 51. Questi falsificatori di primordine, avendo messo da parte gli insegnamenti dei Padri riconosciuti, ed avendo invidia to coloro che sono stati ripudiati con il ventilabro del giudizio di vino dallaia del Signore - e cio dalla Chiesa universale -, li attrag gono a s per consolidare la loro eresia. Perch chi che non sa, tra i fedeli della Chiesa e tra coloro che sono a conoscenza I delle vere dottrine, che Eusebio di Panfilo, trascinato da un proposito spregevole, diventato un tuttuno nel credo e nella mente con coloro che aderirono agli insegnamenti di Ario? Infatti, in tutte le sue opere storiche, lui chiamava il Figlio e Verbo di Dio creatura, ministro del Padre e secondo nelladorazione. E se qualcuno, per difenderlo, asserisce che egli ha sottoscritto nel concilio, ebbe ne, ammettiamo pure che sia cos. Tuttavia, come tutti i suoi scritti e le sue lettere indicano, egli onor la verit con le sue labbra, ma il suo cuore era lontano da essa 5U. Se egli era confuso e cambi idea in modi diversi, in momenti diversi, secondo i tempi e le cir costanze, prima lodando coloro che condividevano le idee di Ario, e dopo simulando la verit, allora assodato che egli , come dice Giacomo il fratello di Dio, un uomo dallanimo doppio, instabi le in tutte le sue vie; non pensi di ricevere qualcosa dal Signore 512. Perch se avesse creduto in cuor suo nella rettitudine, anche con la bocca avrebbe professato la parola di verit per la salvezza 51\ cos come certamente avrebbe chiesto perdono per i suoi scritti ret tificandoli, ed avrebbe redatto unapologi per giustificare le sue lettere. Ma non ha mai fatto nulla del genere. Egli rimase comera, come un Etiope che non cambia il colore della pelle. Cos, interpre- 117 tando il passo io dissi al Signore: tu sei il mio Signore 514, usci to fuori dalla vera conoscenza dice questo: secondo le leggi della natura il padre di ogni figlio anche il suo signore. Per questa ra gione colui che gener lunigenito Figlio di Dio, sarebbe il suo Dio, e Dio cos come Signore e Padre 515. Inoltre, nella sua Lettera al santo Alessandro, il maestro di Atanasio il Grande - che inizia con le parole attaccai questi scritti con grande sollecitudine e diligen za 516- sproloquiando pi esplicitamente, quando critica gli scritti di Ario e dei suoi seguaci per aver detto che il Figlio fu creato dal nulla come una fra tutte le cose, dice di loro quanto segue: Essi produssero un documento che avevano fatto per te. In esso facevano mostra della loro fede, che essi professavano con le seguenti parole: il Dio del la Legge, dei Profeti, e del Nuovo Testamento, che gener lunigenito Figlio prima di tutti i tempi, per mezzo del quale Egli cre i secoli ed ogni altra cosa, lo diede alla luce non apparentemente, ma realmente, dandogli una ipostasi per propria volont; immutabile ed invariabile, perfetta creatura di Dio, sebben diverso dalle altre creature. Ora, se queste loro parole fossero vere, le accette resti senzaltro anche tu, nel punto in cui professano che il Figlio di Dio, che prima di tutti i tempi, e per mezzo del quale Egli cre i secoli, immutabile e perfetta creatura di Dio, sebbene diversa dalle altre, La tua lettera, invece, le critica per aver detto che il Figlio fu creato come una qualsiasi creatura, anche se loro non dicono questo ma piuttosto specificano chiaramente che Lui non Come una creatura qualsiasi. Bada, quindi, di non offrire loro ogni ulteriore motivo che possa essere usato per avversare ed alterare tutto quello che voglio no. Ed ancora, tu li ritieni responsabili di aver detto che Colui che diede alla luce un essere. Mi meraviglierei che si potesse dire questo in modo diverso. In fatti, se Colui che , uno, ovvio che ogni cosa che esiste dopo di Lui fu fatta da Lui. Ma se Lui non uno, ma anche Figlio, I come pu, allora, Colui che aver generato l essere? Vi sarebbero, in tale caso, due esseri. Questo ci che Eusebio scrisse al celebrato Alessandro. Tut tavia, vi sono anche altre lettere allo stesso santo uomo che sono attribuite ad Eusebio, nelle quali si potrebbero trovare varie be stemmie in difesa dei seguaci di Ario. Egli bestemmia con assolu ta evidenza in una lettera inviata al vescovo Eufrasione. Questa ini zia con le parole: In ogni cosa io professo la mia gratitudine al Signore; e pi avanti recita: perch noi diciamo che il Figlio non coesiste col Padre, ma che il Padre viene prima del Figlio. Tuttavia, questo qualcosa che il Figlio stesso, che sa tutto meglio di ogni altro, ci insegna in modo religioso, sapendo di essere diverso dal Padre, inferiore e subalterno, dicendo: il Padre che mi ha mandato pi gran de di me 5I7. E dopo un po: anche il Figlio Dio, sebbene non un autentico Dio. 118 Dunque, attraverso questi suoi scritti provato che egli ha la stessa opinione di Ario e dei suoi seguaci. Gli inventori della follia di Ario, insieme con questa eresia da apostati, affermano che vi una sola natura nellunione ipostatica. Essi sono anche dellavviso che il nostro Signore, nella sua dispensazione salvifica, si fece carne senza anima, dicendo che la sua divinit era al posto della volont e delle emozioni dellanimo. Essi dicono questo allo scopo, secon do Gregorio il Teologo, di ascrivere la Passione alla divinit. E ov vio, dunque, che coloro i quali ascrivono la passione alla divinit sono Teopaschiti, e quelli che condividono questa eresia non si per mettono di accettare icone, come anche fecero lempio Severo 518, Pietro Fullone 519, Filosseno di Ierapoli 52, o chiunque dei loro - Idra dalle molte teste e tuttavia senza testa. Quindi Eusebio, essen do un membro di questa banda - come stato mostrato dalle sue epistole e dai suoi scritti storici - rigetta, in quanto teopaschita, licona di Cristo. E per questa ragione che egli scrive a Costanza, moglie di Licinio, che nessuna icona mai stata in suo possesso. Nella stessa lettera egli aggiunge: la sua forma incarnata si tra sformata nella divina natura. Tuttavia, nessuno dei nostri santi Pa dri ha pensato o insegnato questo, n questa la verit. Ascoltiamo cosa dice Atanasio, il demolitore della pazzia di Ario, nella sua Let tera dogmatica ad Eupsichio, presbitero di Cesarea, e cos pure ci che dice Cirillo nella Prima lettera a Succenso, vescovo di Diocaesa- rea, e anche nel suo discorso Contro i Sinusiasti. Entrambi, infatti, avendo vissuto nella stessa citt sulla terra cos come adesso fanno in cielo, ed ispirati dallo stesso spirito, parlano in perfetta armonia. Cos, Atanasio, nella succitata Lettera a Eupsichio che inizia con le parole: Su quegli argomenti sui quali hai voluto, o eminentissimo; in seguito dice: di poco valore quanto si ricava dalle pecore. Cos, questo raccolto che provie ne dal dorso delle bestie, la lana, di uso comune, disponibile a tutti. Ma quan do lo si tratta con la tintura che si ricava dal mare, viene detta porpora, ed una volta cambiato il nome e divenuta adatta ad essere usata esclusivamente dagli imperatori, lana e non lo , dal momento che, quanto alla sua natura, quello che era prima ma, dal punto di vista delluso che se ne fa, essa non pi tale, giacch rifugge il suo carattere di materiale di poco valore grazie alla dignit di colui che se ne serve. Allo stesso modo, anche la carne, assunta nella sua natura comune, poich divenne indumento di re, I divenuta degna della medesima gloria di Colui che se ne rivest, anche se non divenuta tale quanto alla sua natura; sicch Cristo detto Signore della gloria, e giustamente, anche in quanto uomo, essendo questa natura, quella di uomo, quella che accettava la Passione, mentre lingiustizia ricadeva su di lui che si era rivestito della carne come di una veste. Come, infatti, chi lacera una veste di porpora soggiace alla punizione come se avesse attentato allimperatore in persona - anche se limpe- ratore non ha subito nulla di male - ed il danno arrecato alla porpora che si ripercuote su di lui; cos si dice che la sofferenza della carne, pure se il Verbo rimane impassibile, si ripercossa su di Lui attraverso 1ingiustizia. per questo che Paolo insegna che il Signore Cristo Figlio di Dio in quanto uomo. Prima di lui anche larcangelo Gabriele, dando a Maria la buona novella della straor dinaria nascita, disse: ti saluto, o piena di grazia, il Signore con te; ecco, concepirai nel grembo e partorirai un figlio, e lo chiameranno Ges; sar gran de, e chiamato Figlio dellAltissimo 521. Cos Ges chiamato Figlio di Dio non perch la carne si trasformata in natura divina ma perch ha ricevuto una dignit dello stesso nome con lunione a Dio-Verbo 522. Anche Cirillo, nella gi citata Lettera a Succenso che comincia con le parole: Ho scorso il memoriale inviato dalla tua santit; poco dopo dice quanto se gue: il corpo che aveva sofferto cera anche dopo la resurrezione, identico in tutto eccetto che per il fatto che non aveva pi in se stesso le debolezze uma ne. Cos noi diciamo che non pi suscettibile di fame, fatica, o qualsiasi cosa di questo tipo, ma che da quel momento in poi incorruttibile. Non soltanto questo, ma che un corpo che genera vita; perch un corpo di vita, cio del lUnigenito. Esso anche diventato splendido con una gloria assolutamente degna di Dio, ed concepito come il corpo di Dio. Cos, se uno dovesse chia mare questo corpo divino - come del resto il corpo delluomo chiamato umano - non sbaglierebbe. Questo, io penso, ci che il sapientissimo Paolo intendeva quando diceva che anche se abbiamo conosciuto Cristo secondo la carne, ora non lo conosciamo pi cos 523. Essendo, come dicevo, un corpo proprio di Dio, trascese tutte le prerogative umane 524; ma un corpo di origine terrena non pu essere soggetto ad una trasformazione in natura divina, giacch inconcepibile, a meno di non affermare che la Divinit generata ed ha incor porato in s qualcosa che non proprio della sua natura. E altrettanto assurdo dire che il corpo mutato nella natura di Divinit e dire che il Verbo si tra sformato in natura carnale. Come, infatti, inconcepibile questultima ipotesi, giacch il Verbo immutabile ed invariabile, cos lo anche la prima, giacch non pu accadere che alcuna creatura abbia la capacit di trasformarsi in so stanza o natura di Divinit - e la carne una creatura. Dunque diciamo che il corpo di Cristo divino, perch il corpo di Dio, splendido di una indicibile gloria, incorruttibile, santo e dispensatore di vita; che esso fu trasformato nel la natura di divinit nessuno dei santi Padri lha mai pensato o detto, e neanche noi abbiamo una simile intenzione. Allo stesso modo, nel discorso Contro i Sinusiasti 525che inizia con le parole: Il beato Verbo delle dottrine di verit stato or ora da noi afflitto; aggiun ge: se, tuttavia, mutando la sua carne nella divina natura, Egli ha cessato di es sere il Figlio delluomo, sar chiaro ad ognuno che abbiamo anche perso il van to delladozione, poich non abbiamo pi Colui che, quando venne tra noi, di vent il primogenito tra molti fratelli 526. E subito dopo: abbiamo, quindi, inaspettatamente perso la gloria che ci era stata donata? 1 Per niente. Non ra- 120 ineremo diversamente da come dovremmo, spinti ad un modo di pensare regevole dalla stupidit e dalle assui stolte invenzioni di certi uomini. Piutto- v accettando la Scrittura sacra e divinamente ispirata come regola della ret- ed incontrovertibile fede, diciamo che quando lunigenito Verbo di Dio di nne il primo nato tra di noi, Egli non cess di esistere e di essere chiamato - ieme al nome di vero Dio - Dio e Figlio delluomo. Si vede, infatti, che non ha trasformato la carne, che a Lui era unita senza cambiamenti o con sone, in natura divina; piuttosto, si potrebbe a buon diritto pensare che Egli fece risplendere della sua gloria e la riempi delle sue qualit divine. Cos Lui parir un giorno agli uomini di tutta la terra, quando ritorner dal cielo. E, iza dubbio, quando, dopo aver realizzato compiutamente quello che dawe- il mistero della dispensazione nella carne, Egli ritorn in cielo, quanti vide- erano pieni di meraviglia per l accaduto, giacch, come scritto, una nuvola avvolse 527. Poi, uno degli angeli santi si rivolse agli astanti attoniti dicendo: lomini di Galilea, perch state a guardare il cielo? Questo Ges, che stato tra voi assunto in cielo, ritorner nello stesso modo in cui voi lavete visto dare in cielo ,28. Quelli cui furono indirizzate queste parole hanno dunque sto il Verbo ritornare al Padre svestito della carne? O liberatosi della somi- ianza con noi uomini? O con un corpo non visibile e tangibile, o, piuttosto, sformato in invisibile ed incorporea natura? Chi oserebbe dire questo? Inol- se Lui ritorner nello stesso modo in cui salito al cielo, non esatto dire e Egli torner in un corpo, e non come nudo ed incorporeo Verbo? E poco ipo: notate, tuttavia, che mostrando in anticipo come sarebbe stata la disce- dal cielo che sarebbe avvenuta alla fine dei tempi, Egli si trasfigur. Tuttavia, itto della trasfigurazione, dice il meraviglioso evangelista, ebbe luogo non met- ndo da parte l immagine, non scrollandosi, cio, di dosso la forma umana, iuttosto, questo aveva a che fare soltanto con la gloria. Perch egli dice che il io volto brillava e riluceva di uno splendore paragonabile ai raggi del sole 529. d ancora: anche il sapientissimo Paolo ha scritto con riferimento a Cristo che Egli trasfigurer il nostro misero corpo per conformarlo al suo corpo glorio- > 53. Dunque, come fanno a dire che Egli mut la sua carne nella natura del erbo? Allora, i corpi dei santi si trasformerebbero per mezzo di un cambia- lento nella natura di divinit, in maniera da poter divenire conformi al suo irpo glorioso? E dunque come non capire che questa unassurdit piena di ;noranza spinta allestremo? Se, come essi rivendicano, la carne fu compieta lente mutata nella natura della Divinit, di quale tipo di corpo si serv il Verbo al momento che Egli Dio? Perch la Divinit qualcosa di incorporeo ed ero che Dio nessuno lha visto mai 5M. Ancora, lo stesso divino Padre, nello stesso discorso, rivolgen- losi allo stesso Eusebio, dice con grande chiarezza ci che segue: Nelle loro parole si trova anche un altro e diverso argomento sulla questio- e. Cos si scopre che il divino Paolo ha scritto: anche se una volta abbiamo onosciuto Cristo secondo la carne, ora non lo conosciamo pi in questo mo lo ,32. Essi dicono, tuttavia, che, se Egli non conosciuto secondo la came, tecessario dire che Egli ha mutato la carne I nella natura del Verbo stesso, cos he possa essere conosciuto come Dio. Ma allora io penso che uno dovrebbe eplicare loro immediatamente: in quale occasione, allora, parlando di noi e licendo coloro che vivono secondo la carne non possono piacere a Dio; voi, 121 per, non siete sotto il dominio della came ma dello Spirito 53\ Paolo ci co nosce privi di carne e sangue? Allora egli indirizz queste parole a spiriti sen za corpi! Non da ciarlatani pensare e parlare in questo modo? Riferendosi a noi, dunque, egli chiama carne le strane ed impuni passioni della came. Con riferimento a Cristo, invece, che il Salvatore di tutti noi, che puro e non ha conosciuto il peccato - perch Egli non commise peccato 5J<I - lespressione secondo la carne deve essere intesa in un modo diverso. Perch Egli non nella carne, cio non soggiace alle debolezze della came. Allora, noi sappiamo chiaramente dai Padri, che parlano sotto lispirazione di Dio, che gli autori di queste ciarle non attinsero dalle sorgenti dIsraele in modo che potesse loro servire per la vita eterna 535. Invece essi attinsero la loro bevanda da sorgenti infide e sterili. Avendo seguito un estraneo, essi sono condotti verso preci pizi e burroni. Se essi fossero stati allevati nella Chiesa, avrebbero dovuto addurre Basilio il Grande, che dice: lonore tributato al licona passa al suo prototipo 536; o Gregorio di Nissa, che dice: ho visto una icona che raffigurava questa sofferenza e non sono stato capace di andare oltre con lo sguardo senza lacrimare, perch larte con vivezza recava la storia alla vista 537; o Giovanni, che dice di amare la pittura a cera che piena di religiosit; o altri loro compagni e maestri insieme a loro. Poi, senza avere rettificato le affermazioni piene di stravolgi mento, ma facendo crescere il male con ulteriori aggiunte, essi di cono - Gregorio vescovo lesse -: Dunque, avendo collezionato queste testimonianze bibliche e patri stiche, abbiamo messo assieme nella presente nostra Definizione sol tanto poche di esse, cos che questa non diventasse troppo lunga. Per ch, sebbene ve ne siano molte di pi, ne abbiamo volutamente omesse un numero infinito. Essendoci solidamente edificati a partire dalle Sa cre Scritture ispirate da Dio, ed avendo poggiato fermamente i nostri piedi sulla pietra della divina adorazione in spirito e verit m, noi tutti, che abbiamo ricoperto lufficio del sacerdozio, avendo raggiunto la stessa opinione, decretiamo unanimemente, nel nome della santa e soprasostanziale Trinit, principio della vita, che ogni icona, fatta di qualsiasi materiale e dalla mala arte dei colori dei pittori, sia da respin gere, estranea e ripugnante alla Chiesa dei Cristiani. Epifanio diacono lesse: riluttanti a chinare il capo di fronte alla tradizione della Chiesa, divenuti, invece, ciechi nella scelta di ci che giova e nella comprensione della verit e dopo aver fatto del la piet tradizionale oggetto di biasimo, essi non hanno voluto dis setarsi al torrente delle delizie 539, cos che potesse nascere in loro una sorgente I di acqua che zampilla per la vita eterna 5',, loro 122 linguacciuti assertori di questa novit; al contrario, irrigatisi da ci sterne screpolate 541, fanno germinare arbusti puzzolenti, che han no come frutto amaro fiele. Ed aggiungendo falsit su falsit essi hanno dichiarato: sebbene vi siano molte altre testimonianze le abbiamo omesse volutamente. Ecco perch, come stato gi di mostrato, tutte le citazioni dei Padri riconosciuti che essi hanno precedentemente presentato cercando di stabilire la propria giu stizia 542, essi le interpretano in modo distorto. Quanto alle affer mazioni che vengono dagli avversari, queste non hanno la loro ori gine nello Spirito Santo. per questo che il beato Davide, cantan do nello Spirito, dice di loro: tutti hanno detto stoltezze al proprio vicino, le loro labbra sono ingannevoli nel cuore, ed hanno pronun ciato le cattiverie del loro cuore 543; ed a sua volta Isaia, che parla a cuore aperto, dice: lassemblea dei malvagi delibera illegalit; giacch non sanno comprendere, i loro occhi hanno oscurato la loro vista 544. E dopo aver messo da parte definizioni e leggi sane, a parole fanno mostra di piet e tentano anche di dire qualcosa che sia dettato dalla devozione, in modo da riscuotere, attraverso la nobilt danimo riposta in questi gesti, credito anche nel resto; cos che dicono: in nome della santa e soprasostanziale Trinit, principio della vita. Ma poich vogliono agire male contro la ra gione, essi producono affermazioni e definizioni di propria inven zione, mettendo a nudo la loro empiet senza neanche prendere in considerazione il giudizio di Dio, e senza capire laffermazione del signore che grida: chi scandalizza anche uno solo di questi piccoli che credono in me sarebbe meglio per lui che gli fosse appesa al collo una macina girata da asino e fosse gettato nel mare 545. In seguito, come porci che hanno camminato sulle perle 546- intendo le tradizioni della Chiesa - essi hanno blaterato che qualsiasi icona fatta di qualsiasi materiale da respingere e ripugnante alla Chie sa dei Cristiani, dopo aver messo su unassemblea non sotto la guida del Signore, e stilato i loro articoli non sotto lispirazione del suo Spirito. Invece, hanno attaccato il gregge di Cristo come lupi violenti 547. Tuttavia, lo splendore della verit e la lucentezza della luce mantengono ben salda la loro libert di parola. Perch, chi non sa che quando una icona oltraggiata linsulto diretto alla persona che raffigurata sullicona? La verit sa che cos e la natura delle cose lo insegna. Anche i divini Padri sono daccordo in questo: per esempio Basilio, che dice: lonore tributato allicona passa al suo prototipo; e Atanasio, che dice: chi si china di fronte allicona riverisce il Re che in essa, e Crisostomo, che in modo simile dice: non sai che se insulti licona di un re, riferisci linsulto alla dignit del prototipo? Questi Padri hanno chiaramente segui to ci che naturale. Ma loro si rivoltano contro la Chiesa e la Ve rit, poich non soltanto sono pieni di bestemmia, ma le loro parole sono cariche di follia ed ignoranza. Essi avrebbero dovuto piutto sto promulgare quellinsegnamento che stato mantenuto da tutti, non quello che controverso; come anche avrebbero dovuto ap poggiare e considerare importante per se stessi lantica tradizione che tutti i credenti hanno professato e mantenuto, secondo luso degli Apostoli e dei Padri. Essi non avrebbero dovuto introdurre uninnovazione o labolizione di una pratica che si radicata nella nostra piet. Perch ci che stato tramandato I nella Chiesa uni versale non soggetto n a riduzione n ad aggiunte. Colui che causa di unaggiunta o di una riduzione passibile della pi grande punizione. Perch la Scrittura dice: maledetto chi sposta i confi ni dei suoi padri 548. Tuttavia essi non avevano intenzione di cono scere la verit; per questo ascolteranno le parole della saggezza: chi accumula tesori con lingua menzognera persegue la vanit e cadr nella rete della morte 549. Tomo sesto Epifanio diacono lesse: essi avrebbero dovuto prendere in con siderazione le parole che il Signore disse a Pietro, il corifeo degli Apostoli: tu sei Pietro, e su questa pietra costruir la mia chiesa, e le porte degli inferi non prevarranno su di essa 55. Tuttavia, re sisi invece alieni da questarmonia e da questa edificazione, essi borbottano cose degne di derisione, decretando ci che segue 5M: - Gregorio vescovo lesse -: Nessuno osi mai pi darsi ad unopera cos empia ed irreligiosa. Colui che, da adesso in poi, osa costruire una icona, o venerarne una, o collocarne una in una chiesa o casa privata, o nasconderne una, se vescovo, prete o diacono, sia spretato; se monaco, invece, o laico, sia scomunicato e ritenuto responsabile di fronte alle leggi imperiali, co me oppositore dei comandamenti di Dio e nemico delle dottrine dei Padri. Epifanio diacono lesse: avendo accusato lintera Chiesa, e non essendo ancora soddisfatti n sazi di empiet, essi decretano, con tro ogni legge umana e divina, che non sia pi fatta alcuna icona. Ma chi tra coloro che pensano e vivono in grazia di Dio obbedir loro? A tal punto, infatti, si affermata la presenza delle venerande icone nelle chiese, giacch da quando fu annunciato il Vangelo, e 124 sim* tul oggi, che sc ne vedono esposte in esse; e tutto ci che eccelle in antichit degno di rispetto 2. A cosaltro il divino Apostolo esorta i dorimi quando scrive: mantenete le tradizioni die avete ricevuto '"V tigli inoltre scrive a Timoteo e Tito: evi tate le chiacchiere prolune 11M. Dunque tutti noi Cristiani, essendo miti nella sunta Chiesa universale, ed obbedendo al divino Aposto li*, conserviamo le tradizioni che abbiamo ricevuto, ci atteniamo ad esse e sconfessiamo i nuovi inutili discorsi. Accettiamo anche le cose die nel tempo sembr vantaggioso ai nostri memorabili Padri edificare sul fondamento degli Apostoli e dei profeti 555. Quan to in conflitto con esse noi lo disprezziamo come odioso ed av verso e qui ci riferiamo a tutte le farneticazioni delle vergognose e sacrleghe eresie - e, respingendo sdegnatamente insieme a que ste anche quella escogitata di recente dagli accusatori dei Cristiani, noi ne abbiamo orrore, giacch un dissennato mormorio detesta to da Dio. I Tuttavia, poich con linsistente loro empiet, non sol tanto essi mantennero affilate le loro lingue per proferire lerrore ma dicenilo: colui che non obbedisce a queste disposizioni sia ri tenuti* responsabile di fronte alle leggi imperiali, essi hanno gui dato le mani di coloro che sono al potere a produrre accuse e col pire i responsabili. Cos, in conseguenza di questa dichiarazione, il mondo soffre molte calamit di ogni tipo 556. Massima crudelt fu esercitata da governanti e nobili nei confronti persino dei vescovi oppositori. Quale lingua potr narrare queste tragedie? Da dove e come comincer a descriverle una per una? Tumulto e paura, per secuzioni, la reclusione dei monaci in ogni citt, le staffilate loro inflitte e Iimprigionamento per molti anni con le gambe incatenate, la distruzione dei sacri utensili, il rogo dei libri, lutilizzazione delle sacre Chiese come luoghi di pubblica utilit, e la profana trasfor mazione dei casti monasteri in mondani ostelli. Cos quegli uomi ni pii che vivevano in essi, dopo che i loro beni furono presi, rag giunsero le terre dei barbari, pensando che meglio vivere come apostoli tra i pagani che vivere insieme ad uomini della stessa razza in modo sacrilego, obbedendo allingiunzione del divino Apostolo di evitare persino di mangiare con tali uomini 7. Ci che peg gio di tutto che questa empiet nello sconsacrare illegittimamente i sacri monasteri continua ancora oggi da parte di alcuni uomini 358. Al posto degli inni sacri e di una voce di gioia nelle tende dei giusti vi il canto delle prostitute e di Satana; ed al posto delle continue genuflessioni vi sono le contorsioni della danza. In aggiunta a que ste cose si dovrebbero menzionare i pericoli, lo scompiglio, lagita zione ed i maltrattamenti, le punizioni, il cavare gli occhi, la muti- lazione dei nasi, il taglio delle lingue; e le disonorevoli fughe, cio lesilio di uomini timorati di Dio - bisogna ricordare che si disper sero in tutto il mondo - le ustioni di visi di santi uomini, la brucia tura delle loro barbe; lillegale e forzato matrimonio delle vergini dopo che si erano schierate con Cristo 559; e - peggio di tutto - lassassinio. Questi sono i frutti di quelli che si fanno beffe della verit. Questa sicura follia, non veritiero giudizio. Dio ha protetto e liberato la sua Chiesa da tutte queste sofferenze che la affliggono. Gloria a lui. Amen. Piantati in asso persino dal loro illegale disegno, essi sono con futati dalla verit, quando dicono - Gregorio vescovo lesse Noi decretiamo anche questo: che nessun uomo posto a capo di una qualunque Chiesa di Dio o di un edificio consacrato, col pretesto dell'eliminazione di questo errore delle icone, metta le mani sulle sacre suppellettili consacrate a Dio, nellintento di alterarle, perch sono decorate con figure ... Epifanio diacono lesse: sono bocche di uomini che non temono il Signore a vomitare I queste parole. Perch chi, tra quelli la cui mente fissa nel timore di Dio, oserebbe chiamare ci che con sacrato a Dio con il nome usato per gli idoli 560? Neanche il pi ignorante analfabeta potrebbe, se non dimenticando il grande e salvifico mistero che Dio Verbo, vivendo tra di noi nella carne, ha realizzato, liberandoci dagli errori degli idoli. Perch decorati con figure il termine usuale che gli uomini pii adoperano per descri vere gli idoli dei pagani. In verit, questa balbuzie, di coloro che parlano dalla terra e le loro sentenze provengono dal loro ventre, che, ripieno di lurida cibarie, manda maleodoranti esalazioni alla mente, rendendoli forsennati e degni di ridicolo. Per questa ragione essi aggiungono - Gregorio vescovo lesse ... o sui drappi dellaltare, o altri veli, o su ogni altra cosa consa crata per il servizio divino, perch non abbia a subire danni. Epifanio diacono lesse: mentre essi diffamano la santa Chiesa di Dio e decretano che male che essa accolga le rappresentazioni iconografiche - chiamandole cose vergognose, idoli, oggetti decorati con figure - adesso, come dimenticando la loro malvagia decisione, essi giudicano che queste debbano rimanere nella Chiesa poich sono state consacrate a Dio. Ma se queste sono consacrate a Dio, come possono essere cose vergognose, invenzioni di diabo lico inganno? Ovviamente questa una decisione come quella di Caifa. Egli, infatti, mand Cristo a morte per la sua malvagit; di cendo per il vero per la sua ignoranza, profess che Lui il Sal vatore del genere umano 56. Cos accaduto anche a loro, che so- 126 no diventati come Caifa: mentre per la loro malvagit essi vitupe rano la vista delle sacre icone come errore, decorazione di figu re, cose vergognose, e invenzione dastuzia diabolica, daltro canto, contro la loro stessa intenzione e poich la verit che li confuta, essi sono costretti ad ammettere che sono oggetti sacri e dedicati a Dio; e cadono nella trappola delle loro stesse ciance. Cos, ingannando coloro che li seguono, aggiungono quanto se gue - Gregorio vescovo lesse Se qualcuno dovesse, tuttavia, reso di ci capace da Dio, desidera re di ritoccare tali suppellettili o vestimenti, noi decretiamo che non osi farlo senza che ne sia a conoscenza e dia il consenso il santissimo e beatissimo patriarca ecumenico, e senza il permesso dei nostri piis simi imperatori cristiani, per evitare che il diavolo possa, con questo pretesto, umiliare la Chiesa di Dio. Allo stesso modo decretiamo che nessun magistrato n alcuno tra i suoi subalterni, cio nessun laico, con lo stesso pretesto osi stendere le mani sulle divine chiese e pren derne possesso, come gi in passato accaduto che cose simili faces sero uomini dai modi turbolenti. I Epifanio diacono lesse; chi non si metterebbe a ridere o piut tosto a piangere di fronte ad una tale disposizione? Perch, sulla base di queste empie affermazioni, molti - ovviamente usandole come pretesto - osarono mettere mani da Briareo 562sulle suppel lettili sacre. La malvagit qualcosa che scivolando si insinua facil mente. Guardando, infatti, con la coda dellocchio quei vescovi che loro dicono beatissimi - ma che la verit chiama usurpatori 563- impadronirsi dell'oro e dellargento dei sacri monumenti e delle raffigurazioni musive; ebbene, anche loro hanno agito cos, trasfor mandoli in case comuni, bagni e teatri, ed hanno contaminato con la loro risoluzione ci che santo. Pieni di orgoglio, poi, dicono - Gregorio vescovo lesse Ma poich adesso la situazione favorevole ed resa stabile dal la grazia di Dio, abbiamo ritenuto giusto esporre alcune fondamentali definizioni in questo nostro scritto universale e gradito a Dio; e poi ch noi crediamo, per dirla con l Apostolo, ed anzi confidiamo di avere lo Spirito di Cristo *64, allo stesso modo in cui quelli prima di noi, poich hanno creduto in questa ispirazione, espressero ci che ave vano definito in concilio, anche noi parliamo credendo in essa 56\ fissando, dopo alcune definizioni elaborate dai Padri, che, per cos dire, combattano in prima fila, quanto riteniamo giusto, in conseguenza ed armonia con quelle. Epifanio diacono lesse: dopo aver detto molte e varie frivolezze ed aver mostrato chiaramente la loro malvagit, che hanno dispie- gato in molte occasioni, giungono a ritenersi pari ai Maestri della Chiesa e millantano di annoverare le proprie sacrileghe definizioni alle sacre spiegazioni di quelli, mirando a mescolare la menzogna alla verit, mescolando cio al miele il veleno. Tuttavia, quelli che sono guidati dallo Spirito divino sono capaci di distinguere ci che bene da ci che male, accettando cos ogni cosa che stata de finita religiosamente dai santi Padri, rigettando, daltro canto, tut to ci che stato dissennatamente detto da questultimi. Questi bu giardi, infatti, da un lato professano la conoscenza di Dio, dallaltro deviano dal sentiero che conduce sulla strada regia, poich hanno imbrattato le parole della nostra pura fede con la ruggine della mal vagit, loro che sono di una rozzezza molto simile a quella degli eresiarchi del passato. Anche quelli concordavano con la Chiesa universale su diversi punti; ma poich deviarono su uno o due pun ti, meritarono lanatema. Ed con quelli che loro hanno parte, anche quando dicono quanto segue - Gregorio vescovo lesse Chiunque non ammette, daccordo con le tradizioni degli Apostoli e dei Padri, che nel Padre, Piglio, e nello Spirito Santo I vi una e la medesima Divinit, cos come una ed una sola natura ed essenza, volont ed operazione, potere, dominio, governo ed autorit, in tre ipostasi o persone glorificate, sia maledetto 566 Chiunque non ammette che uno della santa Trinit, cio il Figlio e Verbo di Dio e Padre, il Signore nostro Ges Cristo, fu generato prima dei secoli dal Padre quanto alla divinit, discese dai cieli negli ultimi giorni per la nostra salvezza, divenne carne dallo Spirito Santo e dalla Vergine Maria e da lei nacque, al di l di ogni comprensione umana, sia maledetto. Chiunque non ammette che lEmanuele in verit Dio e, cos, che la santa Vergine Madre di Dio - perch diede alla luce secon do la carne il Verbo di Dio che si fece carne - sia maledetto 567. Chiunque non ammette che il Verbo di Dio Padre sia unito ipo- staticamente alla carne e che Cristo uno con la sua propria carne, e, cio, che lo stesso ad un tempo Dio e uomo, sia maledetto. Chiunque non ammette che la carne del Signore generatrice di vita e che la carne del Verbo di Dio Padre, ma piuttosto professa che si tratta della carne di qualcun altro, diverso da Lui, unito a Lui per dignit - cio che il Signore ha soltanto la divinit che dimora in Lui - ma non ammette che la carne del Signore essa stessa genera trice di vita, come abbiamo detto, poich divenne sua, del Verbo, che pu dare vita ad ogni cosa, sia maledetto. Chiunque non riconosce due nature in un Cristo, nostro vero Dio, 128 e due naturali volont e due naturali operazioni, in comunione luna con laltra ed inseparabili luna dallaltra, senza cambiamenti, senza divisione, senza confusione, secondo linsegnamento dei nostri santi Padri, sia maledetto. Chiunque non ammette che il nostro Signore Ges Cristo siede con Dio Padre nella forma che egli ha assunto, cio con la sua carne animata da unanima intellettuale e razionale, e che Egli ritorner nello stesso modo, con la gloria del Padre, per giudicare i vivi e i morti - essendo non pi carne ma neanche incorporeo, dotato di quelle condizioni di corpo pi simile a Dio che lui solo conosce, cos che possa esser visto anche da coloro che lo trafissero, e che tuttavia rimane Dio oltre la corporalit 568- sia maledetto. Epifanio diacono lesse: fino a questo punto, essi esprimono una giusta disposizione danimo, in accordo con le interpretazioni dei santi Padri. O piuttosto, essendosi appropriati degli insegnamenti dei Padri, essi ne attribuiscono a se stessi lonore. Tuttavia, in quel lo che segue, essi vomitano le amare dottrine della loro venefica lingua, dottrine simili ad una vipera, piene di veleno mortale - Gre gorio vescovo lesse Se qualcuno tenta, attraverso colori materiali, di concepire la di vina immagine del Verbo di Dio secondo la sua incarnazione, e non offre a Lui adorazione - Lui che al di l dello splendore del sole e che siede alla destra di Dio, in alto sul trono della gloria - con loc chio dellintelletto e con tutto il suo cuore, sia maledetto. I Epifanio diacono lesse: con questa loro fantasiosa dichiarazio ne si dimostrano, per cos dire, ben strani allegoristi. Perch, men tre lApostolo proclamava che il Figlio limmagine di Dio Padre a causa dellidentit dellessenza, essi, rovesciando questa afferma zione ed applicandola ambiguamente alla carne che fu assunta dal Verbo di Dio, dal loro folle cuore eruttano una nuova sentenza, dicendo: se qualcuno tenta, attraverso colori materiali, di conce pire la divina immagine del Verbo di Dio, secondo la sua incarna zione. Che la carne che il Verbo di Dio ha assunto sia di una di versa essenza rispetto alla natura del Verbo di Dio, qualcosa che tutti sappiamo molto bene, perch siamo stati istruiti in questo mo do dalla verit e dai santi Apostoli, che furono i primi capi della Chiesa, e dai nostri divini Padri. Cos, come abbiamo detto, Paolo, il divino Apostolo, che vide cose inenarrabili 569, nel suo deside rio di annunciare la consustanzialit del Verbo e Figlio di Dio a Dio Padre, non trov nulla che fosse appropriato e adatto allo sco po che la proclamazione che il Figlio impronta dellipostasi del Padre ,7. Loro, invece, tentando di cambiare la verit in menzo- 129 gna, si esprimono a loro volta con voci chiassose e spezzate, inchio dati dallodio per le venerande icone. per questo che si lanciano in affermazioni che costituiscono bestemmia e si abbandonano ad un atteggiamento spregevole, ag giungendo - Gregorio vescovo lesse Chiunque tenti di circoscrivere, attraverso colori materiali, nelle icone in forma umana lincircoscritta sostanza ed ipostasi del Verbo di Dio, per il fatto che Egli sincarn, senza riconoscere, piuttosto, in Lui nulla di meno che la Divinit, ed il fatto che incircoscritto an che dopo lincarnazione, sia maledetto. Epifanio diacono lesse: poich nei punti cruciali delle tradizio ni della Chiesa il loro un male senza rimedio, e questo male con tagioso lo hanno contratto corrompendo la loro mente, essi fanno queste affermazioni attribuendo la vergogna dellinganno al retto pensiero. Inoltre essi ingannano anche le loro menti confondendo la carne che fu assunta dal divino Verbo, circoscritta, con la sua non circoscrivibile natura. Questo precisamente significa la loro af fermazione nulla di meno che ... il fatto che incircoscritto anche dopo lincarnazione. Come mai questi sapienti di sciocchezze han no tirato fuori questo cicaleccio? Perch una vera bestemmia dire che il Signore di tutte le cose, Ges Cristo, nostro vero Dio, in circoscritto anche dopo lincarnazione, specialmente dopo che Lui stesso ha detto ai discepoli: Lazzaro, il nostro amico, si addor mentato ... ed io sono contento per voi di non essere stato l 571. Non , dunque, laffermazione io non ero l propria di un esse re circoscritto? Certo che cos! Discutiamo anche - lasciando da parte ci che il Vangelo dice di Lui prima della passione - di ci che dice di Lui dopo la resur rezione. Quando apparve alle donne I Egli non era affatto incirco scritto. Anche la sua apparizione ai due discepoli segno esplicito del suo essere circoscritto. Il fatto che Egli entr mentre le porte erano chiuse e che fu toccato da Tommaso cosa mai significa se non che era circoscritto? E anche il fatto che i discepoli andarono in Galilea e l lo videro e si chinarono di fronte a Lui significa la stessa cosa. Ed il fatto che, mentre i discepoli erano in contempla zione, Egli fu assunto in cielo e un angelo si present a loro e dis se: Uomini, perch state a guardare il cielo? Questo Ges che stato di tra voi assunto in cielo, ritorner nello stesso modo in cui lo avete visto andare in cielo 572, non anche questo un segno caratteristico del suo essere circoscritto? E proprio cos! Inoltre, questo quanto tutti i nostri Padri ispirati da Dio insegnano espli citamente, come evidente a coloro che sono dotati di senno; cio. 130 in quanto Egli Dio e Verbo di Dio Padre, Egli invisibile, non circoscrivibile, inintelligibile, e presente in ogni luogo del suo re gno; in quanto Egli assunse la natura di uomo, invece, Egli visi bile e circoscrivibile - perch Egli stesso disse ai discepoli che non era l - e intelligibile come Tommaso ci ha confermato. I fautori dellingannevole follia degli accusatori dei Cristiani, dunque, per mezzo di una sola loro bestemmia, incorrono in molte malignit. Perch, lanciando nuovamente false accuse, dicono - Gregorio vescovo lesse Chiunque tenti di dipingere in unicona lindivisibile unione ipo statica della natura del Verbo di Dio alla carne, e cio quanto da due elementi divenuto un unico risultato, inconfuso ed indiviso, chia mando questa icona Cristo- ed il nome Cristoindica invece Dio ed uomo - e ricavandone cos la frottola della confusione delle due nature, sia maledetto. Epifanio diacono lesse: la vergogna dellinganno seppe essere attribuita al retto pensiero. E infatti costoro assumono come pun to di partenza, fallacemente e con malvagit, che allindivisibile ed inconfusa unione ipostatica realizzatasi in Cristo si oppone la fattu ra delle icone, poich introdurrebbe la confusione delle due nature. Tuttavia, la verit di Dio non incatenata 573. Perch il nome di Cristo indica due nature, una visibile e laltra invisibile; cos lo stes so Cristo, visibile agli uomini attraverso il velo, cio attraverso la sua carne, rese manifesta la divina natura - anche se questa rima neva nascosta - attraverso segni. Dunque, nella forma in cui fu visto dagli uomini che la santa Chiesa di Dio dipinge Cristo, secon do la tradizione dei santi Apostoli e Padri. Essa non divide Cristo, come essi con leggerezza laccusano di fare. Come abbiamo detto molte volte, infatti, ci che licona condivide con il prototipo sol tanto il nome, non ci che definisce il prototipo, poich priva anche di unanima, che sarebbe impossibile iscrivere entro un con torno in quanto invisibile. E se lanima, che pure una creatura, impossibile dipingerla, come si potrebbe, a maggior ragione, con cepire lidea di rappresentare in modo sensibile lincomprensibile ed imperscrutabile divinit del Figlio unigenito, a meno di non es sere I fuori di senno? Cos il loro affanno ricaduto sulle loro te ste, e lanatema che hanno blaterato pende in eterno su di loro. Tuttavia essi dicono ancora - Gregorio vescovo lesse Chiunque divide la carne unita allipostasi del Verbo di Dio, as sumendola con il mero pensiero 574e per tentare cos di dipingerla in unicona, sia maledetto. Epifanio diacono lesse: il santo Gregorio, che dalla teologia pre- se il nome, cos dice: quando le nature sono distinte nel pensiero, anche i nomi ne vengono distinti 575, ed anche moltissimi Padri si servirono di questo concetto, giacch questa lopinione della ve rit. Loro, invece, separatisi dalla verit cos come dalla tradizione dei Padri, dicono: chiunque divide la carne unita allipostasi del Verbo di Dio nel pensiero 576. Cos, anche a questo riguardo essi non si rivelano concordi con ci che i santi Padri hanno afferma to. Piuttosto, ripetendo le stesse cose allo stesso proposito, essi combattono manifestamente contro la verit ed accusano la Chie sa universale di avere lo stesso credo di Nestorio. Poi, pronunciandosi in conformit col loro pensiero, essi ag giungono - Gregorio vescovo lesse Chiunque divide il Cristo in due ipostasi, ponendo da una parte il Figlio di Dio e dallaltra il Figlio della vergine Maria, e non rico nosce che uno e lo stesso Cristo, ma piuttosto che vi era soltanto ununione relativa tra di loro, e conseguentemente descrive in una icona il Figlio della Vergine, come se avesse una propria ipostasi, sia maledetto. Epifanio diacono lesse: rigirando continuamente le stesse argo mentazioni, essi fanno cos tanti pronunciamenti che ci che essi blaterano sar presto al di l di ogni calcolo immaginabile. Cos avendo ripreso lempia opinione di Nestorio, essi la applicano alla pittura delle icone, cucendo assieme certe strane e assurde chiac chiere. Ma, dopo averli confutati in molti modi, adesso riteniamo necessario consegnarli al silenzio. Ancora una volta essi vomitano quanto segue - Gregorio vesco vo lesse Chiunque dipinge in unicona la carne che fu divinizzata dallunio ne con la divina Parola sia maledetto, perch separa la carne dalla Divinit che lha assunta e deificata, e di conseguenza la rende non deificata. I Epifanio diacono lesse: anche se la Chiesa universale dipinge Cristo in forma umana, essa non separa questultima dalla divinit ad essa unita. Piuttosto crede che questa sia deificata, ed ammette che un tuttuno con Dio, come dice il grande Gregorio il Teolo go 577e come asserisce la verit. Realizzare icone non , come essi hanno detto, parlando come barbari ignoranti e senza cultura, ren dere per questo la carne del Signore non deificata. Come, infatti, uno che dipinge un uomo non lo fa inanimato ma il soggetto del- limmagine rimane dotato di unanima e limmagine detta sua per ch gli somiglia, allo stesso modo, facendo licona del Signore, noi professiamo che la carne del Signore deificata, e sappiamo che 132 licona non nientaltro che unimmagine che esprime unimitazio ne del suo prototipo. per questo che le viene attribuito il nome di quello, e con quello ha in comune il solo nome, e per questo veneranda e santa. Se, invece, licona di un uomo spregevole o di un demone, essa immonda e contaminata, poich cos anche il suo prototipo. Cos, irretiti in empie opere, essi raccolgono sterilit nelle loro mani, e ricevono dalla verit una maledizione dalla quale non si libe reranno, poich dicono ci che segue - Gregorio vescovo lesse Chiunque tenti di rappresentare con colori materiali Dio-Verbo, che, pur essendo nella forma di Dio, assunse nella propria ipostasi forma di servo e divenne simile a noi in tutto 578fuorch nel pec cato, di rappresentarlo, cio, come fosse un semplice uomo e di sepa rarlo dalla inseparabile ed immutabile divinit, in quanto introdur rebbe cos una quaternit al posto della santa Trinit, principio di vita, sia maledetto. Epifanio diacono lesse: quale stoltezza e follia la loro! Essi non hanno vergogna di attirare su di s questa maledizione. Invece, co me vermi che si nutrono guazzando nel fango, essi, inviluppati in questa voce, non riescono a saziarsi quando tentano di maledire la santificata Chiesa di Dio, mentre sono loro degni di maledizione. Perch coloro che la benedicono, dice la Scrittura, sono bene detti, e coloro che la maledicono sono maledetti 579. Per ci che riguarda il fatto che, a causa della riproduzione figurata, si possa dedurre che Cristo il Salvatore sia un semplice uomo, o che si pos sa separarlo dalla divinit e introdurre una quaternit, chi non co prirebbe di grosse risate la loro demenza, o piuttosto lamentereb be un tale insulto? Perch chi realizza unicona di Cristo nella sua forma umana non esprime la convinzione che ci sia una quatemi- t ma, piuttosto, ammette che il Verbo di Dio divenne veramente uomo, e non in apparenza. Si sa che stato lo sconvolto Nestorio ad introdurre ima quaternit, perch egli empiamente immaginava due ipostasi in Cristo come due nature. Tuttavia, la santa Chiesa di Dio, che giustamente professa che vi una sola ipostasi di Cristo in due nature, I stata istruita da Dio a rappresentarlo nelle icone, per ricordare la sua dispensazione salvifica. Ma nel loro desiderio di dimostrare che sono degni di fede, co storo affermano anche qualcosa di vero, dicendo quanto segue: - Gregorio vescovo lesse -: Chiunque non riconosce che la semprevergine Maria , in senso proprio e veramente. Madre di Dio, e che al di sopra di ogni crea tura visibile ed invisibile, e non supplica con sincera fede intercessio- ni di Lei che parla liberamente al cospetto del nostro Dio, che Lei stessa partor, sia maledetto. Epifanio diacono lesse: la Chiesa universale, fondata e resa sta bile su questi precetti, non deve dare retta in nulla a quelli con opi nione diversa dalla sua tradizione ispirata da Dio. Anche il Signo re, infatti, quando fu proclamato tale dai demoni, li scacci via 58. Inoltre, quando Paolo il divino Apostolo e i suoi compagni di viag gio furono riconosciuti dai demoni come uomini del Dio altissimo e proclamatori della via della salvezza 581, essi li mandarono via. cos anche quando dicono qualcosa di vero essi sono scacciati dalla santa e universale Chiesa di Dio. Tuttavia, come cani che ritornano al loro vomito 582e come ma iali che si bagnano rotolandosi nel fango, essi ancora borbottano quanto segue - Gregorio vescovo lesse Chiunque tenta di reinnalzare le immagini di tutti i santi in icone inanimate e mute, fatte di colori materiali, che non apportano alcun beneficio - perch uninvenzione vana ed una trovata di diabolico inganno - e piuttosto non riproduce in se s fsso le loro virt, attraver so ci che stato scritto di loro nei libri, come fossero icone animate, allo scopo di suscitare in se stesso un ardore simile al loro, secondo quanto i nostri Padri ispirati da Dio hanno detto, sia maledetto. Epifanio diacono lesse: i nostri divini Padri non hanno insegna to n proclamato nulla del genere. Piuttosto, sono questi falsifica tori che si sono appropriati del loro nome. Questo vaniloquio ap partiene a loro, giacch anche in ci che viene dopo essi chiamano se stessi settimo concilio. Tuttavia, un certo santo uomo ha det to: Lascia che sia il tuo vicino, e non la tua stessa bocca, a lodarti; un estraneo, e non le tue labbra 583. Sebbene essi non siano stati istruiti n lodati da alcuno, si procurano da se stessi le lodi, e vo gliono essere chiamati dagli uomini rabbi, fingendo di essere essi stessi i Padri della Chiesa universale. Inoltre essi laccusano di aver abbandonato Cristo nostro Dio e di essere diventata devota allido latria, anche se Lui stesso le disse, attraverso il profeta Isaia: far di te I una perpetua esultanza, una gioia di generazione in genera zione 584; e per bocca dellEcclesiaste: tu sei tutta bella, mia com pagna, tutta bella, e non c macchia in te 585. Guardiamo da vi cino, dunque, il loro delirio: loro si vantano di essere maestri del la Chiesa che poi accusano di idolatria. E, se sono padri di idola tri, ci dicano: sono maestri di una parte della Chiesa, quella che fa professione di idolatria, o di tutta la Chiesa? Ma allora avrebbero dovuto guardare alla Chiesa universale nella sua pienezza, ricevere da essa una legittimazione e da essa raccogliere i frutti della verit. 134 Questo il modo in cui i nostri Padri solevano rettificare gli errori degli eretici e ricomporre ci che era spezzato. Ma, mentre la Chie sa universale risplende di questa tradizione, essi, essendosi distac cati da essa, credono di potere condannarla nella sua interezza per ch caduta in errore. Parlare di queste cose d i brividi, ma rima nere in silenzio merita condanna. Secondo loro, infatti, la giusta professione di fede in Cristo perduta, ed ogni altra cosa stata totalmente distrutta. Ma basta con questi discorsi: rigettiamoli co me se non fossero mai stati pronunciati, o come se fossero stati pronunciati con troppa superficialit. In un modo o in un altro, comunque, essi saranno respinti, poich la pittura delle venerabili icone, tramandatasi nella Chiesa universale da tempo immemorabi le e per questo visibile nei venerandi templi, i santi Padri raccolse ro e la diffusero con favore, insieme allintera assemblea dei Cristia ni; loro, invece, non solo hanno dimenticato tutto questo ma, quel che orrendo e terribile pi di ogni altra cosa, lurlo della loro maledizione cresciuto al modo di Sodoma e Gomorra. Per que sto motivo il loro un peccato gravissimo. Chi sar capace di sop portare lestrema furia di questa follia e l intimidazione di questi fragori da satiri? Avessero essi saputo la verit! Perch perfetta mente chiaro ad ognuno che vuole pensare con mente pia che, co me leggendo nei libri le storie dei santi ci ricordiamo delle loro sofferenze e veniamo condotti al loro stesso zelo, allo stesso modo avviene che con la rappresentazione figurata, guardando le loro sof ferenze, possiamo giungere al ricordo del loro coraggio e della loro vita ispirata da Dio. Poi, esprimendo ancora una volta una giusta opinione, essi di cono quanto segue - Gregorio vescovo lesse Chiunque non ammette che tutti i santi, dalleternit sino ad oggi, che piacquero a Dio prima della Legge, sotto la Legge e sotto la Gra zia, sono degni di onore al suo cospetto, in anima e corpo, e non scon giura le loro preghiere, riconoscendo che essi godono di confidenza con Dio per intercedere in favore del mondo, come afferma la tradi zione della Chiesa, sia maledetto. Epifanio diacono lesse: quando hanno detto tradizione della Chiesa, essi avrebbero dovuto anche dichiarare: chiunque non accetta le figurazioni iconografiche, sia maledetto. Questa , infat ti, una tradizione veramente antica nella Chiesa universale e noi la riteniamo finalizzata assai giustamente alla rimembranza dei proto tipi; ma loro, dopo avere sfrontatamente rifiutato I questa iniziazio ne, alla Chiesa universale rivolgono queste funeste parole: Noi non vogliamo conoscere le tue vie!. Per questo, con codesta loro 135 espressione, loro hanno rifiutato anche lazione di supplica che Dio gradisce, cancellandola dal loro decreto. E questo lo sunno lutti, giacch tipico degli eretici, quando scorgono la piet su di un solo monte e si allontanano dalla via della verit, cadere in molti errori della pi svariata specie. La verit, infatti, semplice ma mol teplice la menzogna. Cos, gli Ariani, in aggiunta alla loro irrive rente bestemmia che Dio Verbo era una creatura, cianciarono che divenne uomo senza unanima. Anche lo sciagurato Eutiche m, so stenendo che cera ununica natura nella dispensazione del Signore, bestemmiava dicendo che Egli assunse una carne che era, per cos dire, pi divina, e non della stessa sostanza della nostra natura. Allo stesso modo, i fautori di questa eresia, per invidia di quegli eretici e non soddisfatti da una sola novit - giacch mai sono sazi di mal vagit - ne hanno tirata fuori unaltra, vicina a quella. Poi, sostenendo ipocritamente di essere pii, fanno affermazioni che sono in accordo con i santi Padri, ritenendo se stessi pari a loro - Gregorio vescovo lesse Chiunque non ammette la resurrezione dei morti, il giudizio e la ricompensa dei meriti di ognuno secondo la giusta valutazione di Dio, e non ammette che non vi fine al castigo o al regno dei cieli, che la gioia in Dio - perch, come afferma il divino Apostolo, il regno dei cieli non questione di cibo e di bevanda ma giustizia, pace e gioia nello Spirito Santo 587- sia maledetto. Epifanio diacono lesse: questa s che una sentenza dei capi della nostra vera fede, cio dei santi Apostoli e dei divini Padri. E, questa, la confessione della Chiesa universale, e non di quelli che si concedono alleresia. Tuttavia, ci che segue caratteristico di loro, poich pieno di ignoranza e di rozzezza, visto che cos borbotta - Gregorio vescovo lesse Chiunque non riconosce questo nostro santo ed ecumenico settimo concilio, ma lo avversa in ogni modo e non accoglie con sicura con vinzione ci che stato da esso deliberato, secondo gli insegnamen ti della Scrittura ispirata da Dio, sia maledetto dal Padre dal Figlio e dallo Spirito Santo, cos come dai santi sette condii ecumenici. Epifanio diacono lesse: cadere via ,HHdalla verit un acceca mento della mente e dellanimo. I Questa loro affrmazione pi che di empiet piena di ignoranza e di pazzia. Non sono, infatti, sa pienti se non in ignoranza. Pur chiamando, infatti, se stessi setti mo concilio, impongono il loro anatema come dopo sette conci li gi celebrati, dicendo: sia maledetto dai santi sette concili ecu menici; e non sono pi ridicoli per la loro incultura di quanto non meritino compassione per la loro empiet. Perche, avendo uh bandonato la verit e separatisi dalla facile via regia, essi si sono ili retti verso i fossati, i burroni e i precipizi; e la parola ilei Proverbi dice loro: hanno vagato per i sentieri del proprio podere (... 1e raccolgono sterilit con le loro stesse mani ,tw. Per questa ragione coloro che amano la verit e perseguono la rettitudine ricacci imo le frecce appuntite e gli archi tesi contro i loro cuori, di loro che li hanno adoperati contro la Chiesa; e facendo proprie le parole di Davide, che canta per ispirazione divina, dicono: gli autori di que sta nuova malvagit hanno aperto una fossa e lhanno scavata in profondit, e sono caduti nella voragine che essi stessi hanno lutto; la loro fatica ricaduta sulle loro teste, e la loro iniquit piombe r sul loro capo 590; essi, infatti, chiamano amaro il dolce, e dolce Tamaro, rendono tenebra la luce e luce la tenebra, dicendo - Cir gorio vescovo lesse Avendo, dunque, ordinato queste cose con ogni precisione e dili- genza, noi decretiamo che a nessuno permesso proclamare ima fede diversa n scrivere, escogitare, pensare o insegnare diversamente; e che coloro che osano architettare una fede diversa, o divulgarla, inse gnarla, trasmetterla a quanti vogliono volgersi alla conoscenza della verit da una qualunque eresia o innovazione, o che osano introdurre qualche trovata fatta di parole, per sovvertire quanto noi abbiamo annunziato: se sono vescovi o chierici, siano deposti i vescovi daltepv scopato e i chierici dal clero, se invece sono monaci o laici, siano stxb municati. Epifanio diacono lesse: pasciuti nellignoranza, essi hanno ruba to queste parole dai nostri divini Padri, e le hanno rabberciate in sieme come se fossero loro proprie. Cos la loro parola vana e inefficace, immeritevole di risposta. Gregorio vescovo lesse: Gli assai divini imperatori, Costantino e Leone, dissero: Dica il santo concilio ecumenico se la Definizione appena letta stata pr* mulgata col consenso dei santissimi vescovi. Il santo concilio esclam: questo ci che noi tutti crediamo, alh biamo tutti la stessa opinione. Abbiamo ratificato la Definizione una* nimi e soddisfatti. Noi tutti crediamo in modo ortodosso, Quando noi adoriamo I Dio che spirito, noi tutti offriamo la nostra venera* zione in spirito. Questa la fede degli Apostoli, questa la fede dei Padri, questa la fede degli ortodossi, questo il modo in cui tutti loro offrirono la loro venerazione quando adoravano Dio, Lunga vita agli imperatori! Concedi loro, o Signore, un'esistenza pia. Possa la memoria di Costantino e Leone essere eterna! Voi sia* 137 te la pace del mondo. Possa la vostra fede proteggervi! Voi onorate Cristo e Lui vi protegger. Voi avete dato stabilit alla fede ortodossa. Concedi loro, o Signore, unesistenza pia! Lungi linvidia dal loro regno! Possa Dio proteggere la vostra sovranit! Possa Dio mettere pace nel vostro regno! La vostra vita la vita degli ortodossi. O Dio del Cielo proteggi gli abitanti della terra! E attraverso voi che la Chie sa nel mondo intero stata pacificata. Voi siete gli splendori dellor todossia. O Signore, proteggi gli splendori del mondo! Possa la memo ria di Costantino e di Leone essere eterna! Lunga vita al nuovo Costantino, piissimo imperatore! O Signore, proteggi colui che di stirpe ortodossa! Concedi a lui, o Signore, un esistenza pia! Lungi linvidia dal suo regno! Lunga vita alla piis sima Augusta! Possa Dio proteggerla, lei che pia e ortodossa! Lungi linvidia dal vostro regno! Possa Dio proteggere la vostra sovranit! Possa Dio mettere pace nel vostro regno! Voi avete distin to la non confusa natura della dispensazione di Cristo, voi avete pro clamato lindiviso carattere delle due nature di Cristo con rinnovata forza, voi avete confermato le dottrine dei sei santi concili ecumeni ci; avete abolito ogni idolatria, avete trionfato sui maestri di queller rore. Avete reso oggetto di ludibrio chi aveva opinione contraria. Epifanio diacono lesse: rivolgendosi agli imperatori con espres sioni di rito, con lanima infiammata dal furore della menzogna, par lano con le stesse insidie del diavolo, dicendo: voi avete abolito ogni idolatria. Magari le nostre orecchie fossero state sorde a que ste parole corruttrici dellanima, perch la parola dei Proverbi dice: non essere assiduo con una prostituta 591. Nel loro desiderio di corrompere la parola redentiva della dispensazione, si sono immersi nella pi esagerata bestemmia. Cosa pu essere detto di questa de plorevole follia se non quello che stato detto dallo Spirito santo al divino Davide? Il veleno di un aspide sotto le loro labbra; la loro gola un sepolcro spalancato; e con le loro lingue essi tramano lin ganno 592. Cos, condannati da Cristo nostro Dio, che ci ha liberati dallerrore degli idoli, essi sono venuti meno ai loro piani. Perch Lui che, degnatosi di diventare uomo perfetto per la nostra reden zione, ha abolito ogni idolatria; Egli disse, infatti, per bocca del pro feta: ecco, vengono giorni che canceller i nomi degli idoli dalla terra, e non vi sar pi il ricordo di essi 593. E ovvio che la profe zia si riferisce a Lui e non, come essi hanno detto, alla sovranit degli imperatori. Ed caratteristico dellapostasia attribuire questa grazia e questo dono ad altri. I Cristiani, per, ispirati dal sublime Isaia, gridano: non un ambasciatore n un messaggero ma il Signo re stesso ci ha salvati 594. Tuttavia, se, come essi dicono, I fu il con- alio dei vescovi e dei sacerdoti e il potere dei re che ci hanno libe rato dallerrore degli idoli, allora la razza umana stata ingannata riguardo alla verit, poich uno lha salvata ma qualcunaltro si sta vantando di averlo fatto. Perch, mentre fu Cristo nostro Dio che ci liber dallerrore e dallinganno degli idoli, sono loro che si vanta no di avere realizzato la redenzione. Che arroganza e follia! Essen dosi allontanati dalla verit, essi sono diventati ciechi sia nel pensie ro che nellintelletto, e, immersi completamente nelle loro congettu re e fantasie, vagano nelladulazione. Avendo disdegnato di tributare agli imperatori lodi a loro adatte e confacenti, hanno invece rivolto loro parole che rivolgiamo solitamente a Cristo, nostro Dio. Essi avrebbero piuttosto dovuto lodare il loro coraggio, le loro vittorie sui nemici, le umiliazioni dei barbari - che molti di loro hanno di pinto su icone e su affreschi murali col proposito di ricordarne la narrazione, esortando in questo modo chi li vede allardore ed allo zelo - la loro protezione sui sudditi, le adunanze, le celebrazioni per le loro vittorie, le riunioni mondane, i pubblici restauri e la ricostru zione delle citt. Questi sono elogi allimperatore degni di lode, che in qualche modo invitano ogni suddito alla buona volont. Tuttavia, con lingue ancora appuntite, ed esalando rabbia e mal dicenza, pensano di trafiggere nel buio i giusti di cuore, dicendo ci che segue - Gregorio vescovo lesse Voi avete sbaragliato lalterigia di Germano, Giorgio, e Mansur, di mala dottrina 595. A Germano, loscillante e adoratore del legno, anatema. A Giorgio, che della stessa sua opinione, e falsificatore degli insegnamenti dei Padri, anatema. A Mansur, di spregevole no me e di mente saracena, anatema. Alladoratore delle icone e scrittore di falsit, Mansur, anatema. A colui che offende Cristo e congiura contro limpero, Mansur, anatema. Al maestro di empiet e travisa tore della Sacra Scrittura, Mansur, anatema. La Trinit ha annientato tutti e tre. Epifanio diacono lesse: in risposta recitiamo il detto dei Profe ti: tu hai preso laspetto di una meretrice, sei diventata sfacciata con tutti 596. Le prostitute, infatti, compiacendosi della loro igno minia e del loro vergognoso lavoro, sono solite dileggiare quelli che hanno vissuto una vita santa, perch la devozione uninfamia agli occhi dei peccatori. Cos loro, avendo labbra ingannatrici, dicono malvagit contro i giusti con alterigia e disprezzo 597. Ma il Signo re li nascose al riparo del suo volto, li protesse dal loro scompiglio e li liber dalla rissa delle loro lingue 598; essi, infatti, splendono nel mondo come stelle, poich hanno la parola di vita. Cos di Germa no, allevato nelle sacre scritture ed offerto a Dio, come Samuele, sin 139 dallinfanzia I degno di stare alla pari con i divini Padri, indispen sabile seguire le argomentazioni. I suoi scritti sono famosi nel mon do intero, poich le lodi di Dio sono nella sua bocca e le spade a doppio taglio nelle sue mani 9, scagliate contro quelli che disob bediscono alla tradizione della Chiesa. Giorgio, nativo di Cipro, vis se una vita secondo il Vangelo e imit Cristo nostro Dio, che ci die de la Sua dispensazione come esempio. Non venne mai a contesa n mai grid. Quando fu insultato, non ricambi linsulto; quando soffr, non minacci 600; a chi lo colpiva sulla guancia, offr anche laltra 601; a chi lo costringeva ad accompagnarlo per un miglio, con cedeva due volte tanto 602. Egli sopport la schiavit sin dalla gio vent, poich riteneva fosse bene, come dice il Profeta, sedere solitario e silenzioso 603. Giovanni, oltraggiosamente chiamato da loro Mansur 604, abbandon ogni cosa e, imitando Matteo levan gelista, segu Cristo, perch egli considerava le ingiurie sofferte nel nome di Cristo una ricchezza pi grande dei tesori dArabia 605. Egli anche prefer essere maltrattato con il popolo di Dio piuttosto che godere per breve tempo del peccato 606. Cos, presa la propria croce e quella di Cristo, lo segu e col suo aiuto suon la propria tromba dallOriente 607in favore di Cristo e di coloro che apparten gono a Cristo; perch egli non poteva sopportare la novit che era nata in terra straniera, lillegittima macchinazione e la violenta fol lia contro la santa Chiesa universale di Dio. E quando trionf su questa novit, con esortazioni ed ammonimenti mise in guardia tut ti, che non si facessero sviare da chi opera liniquit. Nel far questo egli cerc di preservare nella Chiesa lantico uso e quellordine pa cifico che il Signore don ai suoi discepoli, come segno di chi sta to chiamato nel suo nome, dicendo: vi do la mia pace, vi lascio la mia pace 608. Allora, cos questa ribelle e sempre pi orribile ed insostenibile maldicenza contro questi venerabili uomini, degni di fede, che si sono cos tanto distinti nella Chiesa universale? In ve rit questi miserabili non conobbero il loro errore quando, denu dando le loro lingue senza grazia, chiamarono Germano, sacerdo te iniziato e prete di Dio, oscillante e adoratore del legno. Cos essi chiamarono Giorgio e Mansur. Mai nessuno, invece, ha scaglia to una tale offesa contro i propri compagni di fede. Tali accuse sono piuttosto state fatte in molti modi ai Cristiani da parte degli Ebrei, degli Agareni e di altri infedeli, con riferimento al sacro simbolo della croce, alle venerabili icone ed agli oggetti sacri dedicati a Dio. Mai, tuttavia, un Cristiano imput tale accusa a qualcunaltro del la stessa fede. Adesso, proprio come a chi ha la vista sofferente il sole arreca fastidio, cos la persona virtuosa un fastidio per lini- 140 quo. Essendosi dunque sottratti alla verit ed esclusi dallordina mento della Chiesa, essi si sono dati a false accuse e maldicenze. Non hanno realizzato niente pi, niente altro che accusare i Cristia ni e i preti di Dio di avere abbandonato il Dio vivo e vero e di ave re adorato le icone; cos essi sono diventati uomini che scagliano attorno parole, calunniatori, che blaterano senza giudizio e parlano perversamente. Chi tra quelli che temono il Signore e ridono di loro non scoppier in una grande risata; o piuttosto non I si rammariche r amaramente e si sentir avvolto da una profonda oscurit di fron te a questa loro empiet? Ma poich, pur essendo inventori del male 609, come dice il divino Apostolo, hanno desistito dalle loro indagini e rivendicano di avere la forza che viene loro dalle loro stesse chiacchiere; noi, con la grazia di Dio, abbiamo congegnato un insieme di argomenti sufficienti a confutare completamente i vani sillogismi della loro falsa teoria, ed abbiamo posto nel novero del le antiche eresie questo loro errore, fatto di vuota ignoranza; li ab biamo tagliati via con la spada dello Spirito. Informiamo adesso le menti di coloro che ascoltano. In verit tutte queste parole sono leali per chi le comprende, e rette per chi trova la scienza 610, come sembra, e giustamente, allautore del Libro dei Proverbi ed alla ve rit. Cos, la santa Chiesa universale di Dio, usando vari strumenti diversi tra loro, richiama coloro che sono nati in essa al pentimento e alla consapevolezza dellosservanza dei comandamenti di Dio. Essa si cura che tutti i nostri sensi ci conducano alla gloria del Dio di tutte le cose e realizza la correzione attraverso ludito e la vista, mo strando allo sguardo di chi si avvicina proprio ci che avvenuto. Cos quando essa sottrae qualcuno allavarizia e allingordigia, gli mostra unicona di Matteo, che da pubblicano divenne apostolo, ab bandonando la follia dellavarizia e seguendo Cristo 61o di Zac cheo, che si arrampica su di un sicomoro perch vuole vedere Cri sto, e gli fa la promessa di dare met dei suoi beni ai poveri e, se aveva derubato qualcuno, di restituire il quadruplo 612. In questo modo la continua visione di ritratti pittorici serve a salvaguardare la propria conversione ed a mantenere costantemente viva la rimem branza, cos che uno non abbia a ritornare al proprio vomito. An cora, essa sottrae un altro tutto preso dalla passione per le donnac ce, ponendogli innanzi licona del casto Giuseppe, il quale, allonta nata da s con disprezzo la fornicazione ed avuta la meglio su di essa con la castit, custod il suo essere ad immagine di Dio 613, im magine di cui sono partecipi soltanto quelli che amano la castit. Altrove, poi, essa espone la beata Susanna, ornata di castit, che protende le sue braccia mentre invoca aiuto dal Cielo, con Danie l i le che siede come giudice e la libera dalle mani degli iniqui anzia ni 6U. Cos il ricordo dei ritratti pittorici orientato alla salvaguardia di una casta vita. La Chiesa prende colui che ha trascorso la sua vita nella lussuria e che indossa morbidi panni, spendendo per tali abiti ci che avrebbe dovuto dare ai poveri, ed ha abbracciato la vita agiata; e gli mostra Elia, vestito del vello di pecora, che si acconten ta soltanto del cibo necessario 615; o Giovanni, che indossa abiti in- tessuti con crini di cammello, e che si nutre di miele selvatico 616, mentre addita con lindice la figura di Cristo e lo prefigura come colui che toglier il peccato del mondo 617. E con loro essa mostra il grande Basilio, e una folla di asceti e monaci dai corpi emaciati. Per non prolungare oltre il discorso, abbiamo menzionato solo po chi casi, lasciando la ricerca degli altri allascoltatore. Abbiamo, in fatti, lintera storia del Vangelo dipinta sulle icone, che ci conduce al ricordo di Dio e ci riempie di gioia. Quando queste icone sono davanti ai nostri occhi, i cuori di coloro che temono Dio fanno fe sta; i visi risplendono, le anime scoraggiate ridiventano di buon umore, cantando assieme a Davide, padre di Dio: ricordavo I Dio ed esultavo 618. Attraverso le icone, dunque, ci ricordiamo conti nuamente di Dio. Talora, infatti, nelle venerabili chiese si tralascia di cantare la lettura; la figurazione dellicona, invece, a sera, al mat tino, a mezzogiorno, visto che ha in esse una collocazione fissa, ci narra e ci annuncia la verit dei fatti narrati. Accettiamo, dunque, la tradizione della Chiesa. Onoriamo la sua regola. Non critichiamo una pia e legittima consuetudine. Non dobbiamo esagerare nella cri tica degli antichi statuti, perch ogni cosa che consacrata col pro posito di riportare Dio alla mente a Lui ben accetta. E quanti si pongono al di fuori di questa tradizione, cui hanno fatto riferimento tutti coloro che sono stati legittimamente adottati come figli nella Chiesa universale, sono figli illegittimi e non figli veri. Noi dobbia mo comprendere, insomma, che cosa buona e bella che nella Chiesa vengano poste le venerande icone, che spiritualmente siamo elevati, attraverso esse, al ricordo dei prototipi, che le accarezziamo e le abbracciamo per la loro preziosit e tributiamo loro la venera zione dovuta. Che la si voglia chiamare salutazione o venerazione, entrambe sono la stessa cosa, tranne che non si intenda la venera zione nel senso delladorazione: questultima, infatti, qualcosa di diverso, come si mostrato in mille modi. Lunica cosa importan te che chi si accosta allicona sia degno di compiere atto di vene razione; se non ne degno, si purifichi prima e si avvicini cos alla venerabile figura dellicona. Abbia fine questa diabolica opposizione a che esse ricevano venerazione, e questa paura che ha come prete- 142 sto il malvagio sospetto che, se io mi avvicino allicona per offrire ad essa il mio saluto, sono colpevole perch starei tributando ad essa una adorazione in spirito. Basta con questo sospetto! Questi chiacchieroni che avversano Dio e fanno il verso al serpente un prurito nella lingua che li spinge a dire queste cose. Fu proprio il serpente che, avvicinatosi alla donna, le disse con parole ingannatri ci: perch Dio ha detto potrai mangiare di ogni albero che si tro va nel giardino ma dallalbero che si trova al centro del giardino non mangerete? 619. Allo stesso modo essi ingannano i cuori ef feminati, dicendo che colui che venera licona del Signore o dell'Im macolata, Signora nostra che veramente Madre di Dio, o dei santi angeli, o di qualcuno tra i santi, offre allicona ladorazione in spi rito. Dunque, non facciamoci ingannare dalle loro parole; la loro esortazione un inganno diabolico. Gregorio il Teologo confuta questa storia, esortando noi tutti: onora Betlemme, e venera la mangiatoia 62. Assieme a lui si trova lindimenticabile Massimo, che lodato in tutte le Chiese, che una volta discutendo su proble mi della Chiesa con alcuni uomini, ordin che il divino segno del la preziosa croce, il santo Vangelo ed una venerabile icona fossero portati tra di loro. Poi, per confermare ci che essi avevano detto, assieme a loro li baci. Anche colui che prende il nome dallimmor talit, Atanasio, nella sua Lettera a Marcellino, che egli mette come prefazione al libro Sullinterpretazione dei Salmi, si esprime con grande chiarezza quando dice: quando uno prende in mano il li bro dei Salmi, ripercorre le profezie sul Salvatore, che di solito am mira e venera nelle altre Scritture 621. Capite? Il divino Padre ci esorta a venerare le profezie sul Salvatore. Se pio venerarle, quan to pi I necessario venerare ci che ladempimento delle paro le dei Profeti che noi vediamo in una icona? Cos la profezia dice: ecco, la vergine concepir nel suo grembo, e partorir un figlio 622. Dunque, quando noi vediamo questa profezia su di una icona, e cio la Vergine che tiene tra le sue braccia Colui al quale ha dato la vita, come possiamo trattenerci dal venerarla e baciarla? Neanche chi ignorante nella sua mente oserebbe trattenersi daUoffrire un tale abbraccio! Rendiamoci dunque degni di offrire la nostra vene razione, affinch non ci tocchi, se ci siamo avvicinati senza che ne fossimo degni, la punizione di Uzz: quando lui tocc larca, mor allistante, perch vi si era avvicinato senza esserne degno, pur es sendo larca decorata con una variet di figure e fatta di legno 623, come accade per le icone. Daltro canto, quelli che invece sostengo no ci si debba limitare ad usare le icone come mezzo per richiamare alla mente e non anche come oggetti cui rivolgere affettuoso salu- 143 to, e che quindi ammettono il primo principio ma rifiutano laltro: ebbene, costoro si rivelano, per cos dire, cattivi a met e falsamente veritieri, poich da un lato professano la verit e dallaltro la di sprezzano. Che demenza la loro! Adesso diventiamo difensori di coloro che una volta maledirono lortodossia e la verit. Invochia mo il perdono del loro peccato di avere violato le tradizioni della Chiesa. In tutte queste cose osserviamo i comandamenti attraverso ci che ci stato ordinato. Andiamo in giro rivolgendo lorecchio alla parola del Profeta che dice: non ti stato insegnato, o uomo, ci che buono? o ci che il Signore richiede da te: praticare la giustizia, amare la piet ed essere pronto a camminare a fianco del Signore tuo Dio? 624, Calmiamo la nostra rabbia; fermiamo la lin gua per evitare la menzogna, il turpiloquio e la maldicenza; mode riamo locchio, educhiamo il ventre, perseveriamo nel canto e nel la preghiera. Ringraziamo Dio per ogni cosa che ci ha donato. Non abituiamo la nostra bocca al giuramento ma piuttosto ascoltiamo la parola del Signore che dice: ma io vi dico: non giurate affatto! 625. Calpestiamo la gloria che sta qui gi in terra. Guadagnamoci il pi grande di tutti i nostri beni, misericordia e amore, ed il timore di Dio che li accompagna; perch, senza timore di Dio, lamore falso. Anche Giosafat, mentre stava facendo amicizia con Ahab, ud: ti comporti amichevolmente verso un peccatore, o aiuti uno odiato dal Signore? 626. Da adesso in poi facciamo ogni cosa col timore di Dio, supplicando le intercessioni della nostra immacolata Signora, che per sua natura Madre di Dio e Semprevergine, dei santi an geli e di tutti i santi, salutando affettuosamente anche le loro vene rabili reliquie cos che possiamo anche prendere parte alla loro san tit. In questo modo possiamo essere resi perfetti in ogni opera buona 627in Ges Cristo nostro Signore, al quale spettano gloria, potenza e adorazione, assieme al Padre e allo Spirito Santo, ora e sempre, nei secoli dei secoli. Amen. 144 Parte quinta Definizione del santo grande ed ecumenico concilio per la seconda volta in Nicea Il santo grande ed ecumenico concilio, che per grazia di Dio e sanzione dei pii e cristiani imperatori nostri Costantino ed Irene sua madre si riunito per la seconda volta nella splendida metro poli di Nicea della provincia di Bitinia, nella santa chiesa di Dio intitolata a Sofa, seguendo la tradizione della Chiesa universale ha definito quanto segue. Colui che ci ha fatto grazia della luce della sua conoscenza e ci ha redento dalla tenebra della follia degli idoli, Cristo nostro Dio, sposando la sua santa Chiesa universale senza macchia n ruga628, promise di custodirla e rassicurava i suoi santi discepoli dicendo: sono con voi tutti i giorni, sino alla fine del tempo 629. I Di questa promessa non solo a loro fece grazia ma anche a noi che, tramite loro, crediamo nel suo nome. Alcuni, per, disprezzando questo do no, come istigati dal nemico ingannatore, deviarono dalla retta ra gione e, opponendosi alla tradizione della Chiesa universale, sbaglia rono nella comprensione della verit; e, come dice il Libro dei Pro verbi, vagarono per i solchi del proprio campo e raccolsero con le proprie mani la sterilit 6,, poich osarono gettar via Tomamen te, a Dio dovuto, delle cose consacrate, dicendosi sacerdoti sebbene non lo fossero. Su di loro Dio, attraverso il Profeta, grida: molti pastori hanno devastato la mia vigna, hanno insozzato il mio cam po 61'. Seguendo uomini empi e confidando nel proprio cuore, hanno calunniato la santa Chiesa di Cristo Dio, sua sposa, e non hanno distinto tra sacro e profano 6i2, designando licona del Si gnore e dei suoi santi allo stesso modo che i simulacri degli idoli satanici. Perci il Signore Dio, non tollerando di vedere i suoi sud diti corrotti da una simile peste, per la sua benevolenza ha convo cato noi, principi del sacerdozio, da ogni parte, con il divino ardore ed assenso di Costantino ed Irene, nostri imperatori fedelissimi; af- *45 finch la divina tradizione della Chiesa universale riabbia la sua au torevolezza per comune voto. Indagando, dunque, ed esaminando con ogni diligenza, e tenendo dietro al fine della verit, non toglia mo nulla n nulla aggiungiamo, ma conserviamo integro tutto ci che appartiene alla Chiesa universale, seguendo i santi sei concili ecumenici, innanzitutto quello riunito nella splendida metropoli di Nicea e poi anche quello, successivo, tenutosi nella citt imperiale, protetta da Dio 633. Crediamo in un solo Dio, Padre onnipotente, creatore del cie lo e della terra, e di tutte le cose visibili e invisibili; e in un solo signore Ges Cristo, lunigenito Figlio di Dio, nato dal Padre pri ma di tutti i secoli: luce da luce, Dio vero da Dio vero, generato, non creato, della stessa sostanza del Padre; per mezzo di Lui tut te le cose sono state create, per noi uomini c per la nostra salvez za discese dai cieli, e si incarnato, per mezzo dello Spirito Santo e della vergine Maria, e si fatto uomo. Fu crocifisso per noi sotto Ponzio Pilato, pat e fu sepolto, e il terzo giorno risuscitato se condo le Scritture; salito ai cieli e siede alla destra del Padre; e di nuovo verr nella gloria a giudicare i vivi e i morti, e il suo regno non avr fine. Crediamo nello Spirito, che Santo, Signore e d la vita, che procede dal Padre 634, e con il Padre ed il Figlio ado rato e glorificato, ed ha parlato per mezzo dei Profeti. Crediamo nella Chiesa, una, santa, universale ed apostolica. Professo un solo battesimo, per il perdono dei peccati; aspetto la resurrezione dei morti e la vita del tempo che verr. Amen, Detestiamo ed anatemizziamo Ario e quelli che con lui consen tirono e condivisero la sua folle e falsa dottrina; e Macedonio, insie me a quelli che con lui ben a ragione furono detti Pneumatomachi. Professiamo I anche che la nostra Signora, la santa Maria, propria mente e veramente madre di Dio, poich ha generato nella carne uno della Santa Trinit, Cristo Dio nostro, come defin il primo con cilio di Efeso 635, che espulse dalla Chiesa Tempio Nestorio ed i suoi seguaci poich introducevano una dualit di persone. Ed insieme a ci, crediamo anche nelle due nature di Colui che si incarn per noi dallimmacolata madre di Dio e sempre vergine Maria, riconoscen dolo Dio perfetto e perfetto uomo, come anche promulg il conci lio di Calcedonia 636, cacciando via dalla divina aula Eutiche e Dio- scoro blasfemi. E, mettendoli insieme con loro, anatemizziamo Se vero, Pietro e quelli della loro assai blasfema stirpe, mescolati gli uni con gli altri; e, con essi, anatemizziamo le favole di Origene, di Eva- grio, di Didimo, come avvenne anche nel quinto concilio riunitosi a Costantinopoli 637. E, inoltre, noi proclamiamo le due volont ed 146 energie in Cristo, secondo la qualit di ciascuna delle due nature, proprio come promulg il sesto concilio di Costantinopoli 638, quan do band Sergio, Onorio, Ciro, Pirro e Macario, che per nulla vol lero esser pii, e quelli che con loro consentivano. Insomma, noi pre serviamo senza alcuna innovazione tutte le tradizioni della Chiesa, decretate per il nostro bene in forma scritta o non scritta. Una di queste tradizioni la rappresentazione pittorica icono grafica, che in accordo con il racconto della proclamazione evan gelica, a conferma dellincarnazione del Verbo di Dio, incarnazione vera e non immaginaria; questa rappresentazione apportatrice di un beneficio simile a quello del racconto evangelico, giacch cose che alludono reciprocamente luna allaltra senza dubbio recano il riflesso luna dellaltra. Stando cos le cose e come avanzando su un sentiero regale, seguendo sia linsegnamento dei nostri santi Padri, che ispirato da Dio, sia la tradizione della Chiesa universale - e riconosciamo che essa proviene dallo Spirito Santo che la abita noi definiamo con ogni precisione e diligenza che, accanto allim magine della preziosa e vivificante croce, le sante e venerabili ico ne, fatte di colori, di pietre preziose o di altro materiale adatto, ven gano innalzate nelle sante chiese di Dio e applicate sui sacri vasi e paramenti, su muri e tavole, nelle case e nelle strade; che siano ico ne del Signore, Dio e salvatore nostro Ges Cristo, e dellimmaco lata Signora nostra, santa Madre di Dio, e degli onorabili angeli, di tutti i santi e degli uomini venerabili. Quanto pi di continuo, in fatti, essi vengono visti attraverso la rappresentazione iconica, tan to pi coloro che le guardano vengono innalzati al ricordo ed allar dente desiderio dei prototipi. E dichiariamo anche che si pu tribu tare loro un affettuoso saluto ed una venerazione fatta di onori: non lautentica adorazione della nostra fede, che dovuta soltanto alla divina natura, ma lo stesso tipo di venerazione tributata alla forma della preziosa e vivificante croce, ai santi Vangeli ed alle altre cose sacre dedicate a Dio. Ancora dichiariamo che si pu fare, in ono re loro, offerta di incenso e di luci, secondo il pio costume degli an tichi; lonore tributato allicona, infatti, passa al suo modello 639. E chi venera licona, venera lipostasi di colui che dipinto in essa, giacch cos rafforzato linsegnamento dei santi Padri nostri, e cio la tradizione della santa Chiesa universale, I che ha accolto il Vangelo da un confine allaltro della terra. In questo modo noi seguiamo Paolo, che parlava in Cristo, ol tre alla divina assemblea degli Apostoli e dei santi Padri, raffor zando le tradizioni che abbiamo ricevuto M0. Cos ripetiamo, con le parole del Profeta, gli inni di vittoria alla Chiesa: 147 Gioisci, figlia di Sion, grida a gran voce, figlia di Gerusalemme, godi e ral legrati con tutto il tuo cuore: il Signore ha allontanato da te le iniquit dei tuoi avversari, ti ha liberato dalla mano del tuo nemico. Il Signore re in mezzo a te, tu non vedrai pi sventure e la pace sar su di te per sempre Mx. Coloro, dunque, che osano pensare o insegnare diversamente, o, come gli eretici sacrileghi, osano violare le tradizioni della Chiesa o escogitare qualunque sorta di novit o rigettare qualcuno degli og getti che per la Chiesa sono sacri - il vangelo, limmagine della cro ce, una rappresentazione iconografica, la santa reliquia di un mar tire oppure osano in modo tortuoso e perverso tramare lo scon volgimento delle legittime tradizioni della Chiesa universale; o se ancora osano trattare come cosa propria i sacri tesori o i venerabili monasteri: noi ordiniamo che, se sono vescovi o chierici, vengano deposti, se sono monaci o laici, che vengano esclusi dalla comunio ne. Note di Claudio Gerbino e Mario Re 1La synodtca (lettera inviata in occasione di un sinodo; in origine era cos chiamata la lettera che ciascuno dei vescovi delle sedi patriarcali inviava agli altri per comunicare la pro pria elezione, in cui era ..anche contenuta una professione .di.fede; il termine deriva dal sinodo dei vescovi delle diocesi circonvicine convocato dal neoeletto per fare la sua professione di fede) incazzata agli imperatori Costantino vi e Irene. Costantino vi diviene imperatore l8 settembre 78, di^ieci anni 'Sa qfiXiinticiiq Paffidato' alffl rejfpmga della ^dreTre- m. laquaie inseguito si op^rraal aglio, cKc yerra accecati^nd 7 ^ t'Ifme' fgneranno a U p ^ quando,_iT 31 ottstl&fe. sar deposta in favore di Niceforo I (802-811) e rlgar nel- lisola ili Lesbo. Morir il 9 agosto 803)SdflanoTfu papa dal 77T 3*795. SuTproblernf con- " nessi alTaftendibil ita di questa traduzione greca, dalla quale tratta la presente traduzione, rispetto alloriginale papale del 785, si veda infra, nellappendice II secondo Concilio di Nicea e la controversia iconoclastica. 22 Cor 4, 6a. *Cfr. Col 1, 13a. 4Cfr. Col 1, 19-20. Divalis sacra (F. Dlger, Regesten der Kaiserkunden des ostrmischen Reiches: i. Teil: Regesten von 565-1025, Miinchen-Berlin, n. 341) del 29 agosto 784 al pontefice, con cui la hasilissa invitava Adriano i, o chi per lui, a prender parte al concilio che di l a poco (agosto 786) sarebbe stato ufficialmente convocato per dirimere lannosa questione delle immagini. Una traduzione latina di altri frammenti di questa Divalis si trova in MANSI xn 984-986, cos come, sulla scorta delle indicazioni in L. Wallach, Diplomatic Studies in Latin and Greek Documents from the Carolingian Age, London 1977, pp. 20-21, 29, sono recuperabili altri frustuli del documento. hScil. "degli iconoclasti. Al concilio del Laterano del 769 chiara era stata la presa di posizione della Chiesa romana rispetto alla questione..ddls ipimagini, ed all^dottrine icono clastiche era stat decr^pijpitem^ Secndo Wallach, cit., p, 21, si conserva qui lunico frammento originale della Divalis di cui a nota 5. "Cfr. Mt 16, 19b; 18, 18. "A proposito dei numerosi e complessi problemi posti da questinserto tratto dagli Ac tus Silvestri, cfr. Wallach, cit., pp. 29-30 e 152-159. comunque solo a partire dal v secolo che la leggenda associa questo papa alla conversione e al battesimo dellimperatore, fornendo le basi allautore della sedicente Donatio Constantini. Della figura storica di Silvestro (31 gennaio 314-31 dicembre 335) noi in tegit^ion sappiamo quasi nulla. 10Gregorio l Magno (3 settembre^(90-O marzo 604). 11Cfr. Gregorio Magno, Reg. epist. DT208, ed. L. M. Hartmann, MGH Epp. 2, 1899, 195, (al vescovo iconoclasta Sereno di Marsiglia): ut hi qui litteras nesciunt, saltern in parietibus videndo legant quae legere in codicibus non valent; cfr. anche ibid., XI 10. 12Leone ili (717-741). "Mt 18, 7b. "Gregorio n (19 maggio 715-11 febbraio 731). "Gregorio ili (18 marzo 731-29 novembre 741). " Zaccaria (10 dicembre 741-15 marzo 752). "Stefano il (26 marzo 752-26 aprile 757). 18Paolo l (29 maggio 757-28 giugno 767). 19Stefano ni (7 agosto 768-24 gennaio 772). 20Costantino v (741-775). 21Leone iv (775-780). 22Gv 10, 16b. 25 Gv 4, 24a. 2,1Cfr. Gen 1, 26a; 2, 7a. 25Cfr. Gen 2, 19s. 26Gen 4, 4. 27Cfr. Gen 8, 20. Cfr. Gen 12, 7b; 22, 9. 29Cfr. Gen 28, 10-22. Bet'el significa appunto casa di Dio. 30Cfr. Gen 31, 13. 51Cfr. Gen 47, 3Ib. 12Cfr. Eb 11, 21: per fede Giacobbe, morente, benedisse ciascuno dei figli di Giusep pe e si prostr appoggiandosi allestremit del bastone. 51Cfr. Es 25, 17-22. 34Cfr. Nm 21, 8-9. 35Lintero periodo citazione dagli atti del Concilio Laterano del 769, che in questo luo go citavano a loro volta gli atti del Concilio di Roma del 731; cfr. Wallach, cit., pp. 25-26. 36Cfr. ni Regn (i Re) 6, 14-15.18.20-30. 37Cfr. Is 19, 19-20. 3* Cfr. Sai 96, 6a. 39Cfr. Sai 26, 8. Cfr. Sai 27, 8. 91Cfr. Sai 45, 13b. 42Cfr. Sai 4, 7b. 43Questo passaggio non stato rintracciato in nessuna delle opere note di Agostino; cfr. Wallach, cit., p. 31. 44De deitate Filii et Spiritus in Abraham, (PG 46.572C, che riproduce ledizione di Morel li del 1638); il doloroso evento il sacrifcio di Isacco. Nel corso dei lavori conciliari questo frammento verr altre volte ancora citato (p. es. MANSI XIII 9C, 268E, 324B), sempre frain tendendone, comunque, il significato: ci che interessava al Nisseno non era esaltare l'utilit spirituale della reazione emotiva prodotta dallopera darte - se a cos grande maestro leven to istoriato offr giovamento e lacrime, quanto pi agli ignoranti ed ai semplici esso offrir contrizione e giovamento? si dir commentandolo in MANSI XIII 9 DE - bens elogiare, se condo un Tttoi; assai ricorrente nella letteratura ecfrastica, il vivido e patetico realismo di unopera darte particolarmente ben fatta; su questo punto si veda C. Crimi, Le chreseis dei Padri cappadoci al secondo Concilio di Nicea (787), in Culto delle immagini e crisi iconoclasta, Atti del Convegno di studi (Catania 16-17 maggio 1984), Quaderni di Synaxis 2, Palermo 1986, pp. 69-92, spec. 75s. Dal confronto con il testo originale risulta che il redattore della versione greca della Synodica ha tradotto il frammento gregoriano da una versione latina di esso, e che poi Anastasio Bibliotecario lo ha ritradotto in latino dalla Synodica greca; questa la traduzione del testo originale (in PG): spesso ho visto su dipinto unimmagine di questo do loroso evento, e non senza lacrime sono andato oltre la visione, giacch larte mi metteva sot to gli occhi la storia in carne ed ossa. Anche gli altri frammenti patristici greci e latini, citati allinterno del nostro documento, hanno subito, a causa di ripetute traduzioni dalluna allaltra lingua, deformazioni che fortemente pregiudicano la comprensione del dettato; in Wallach, cit., pp. 27-42 e 82-108, una rassegna puntuale di tutti i problemi connessi alle citazioni patri stiche e canoniche presenti nel testo a noi pervenuto. Queste citazioni sono per noi senzaltro i pi utili indizi per la ricostruzione della storia della tradizione testuale della nostra Synodica. 45Commentario in Canticum Canticorum, ed. H. Langerbeck (Gregorii Nysseni Opera voi. vi, Leiden 1960), p. 28, 7-13 (PG 44.776A); il frammento fortemente corrotto, s da xdivenire incomprensibile, nella versione greca e latina della Synodica. Questa la sua traduzione secondo il testo delledizione di Langerbeck: come secondo la scienza pittorica una qualche materia senz'altro si trova nelle diverse tonalit di colore, ed essa compie limitazione del soggetto vivo, cos chi guarda licona, confezionata con arte attraverso i colori, non ferma lo sguardo sulle tinture spalmate sulla tavola, ma guarda unicamente allimmagine che lartista ha espresso servendosi dei colori. 4< Epistola n. 360, spuria, un falso di probabile origine romana redatto nellet dellIco- 150 noclasmo. Il presente estratto ne lunico relitto superstite. Il testo pubblicato da Y. Cour tonne (Paris, Les Belles Lettres, 1966, in, p. 220) quello delledizione maurina del 1730, poi riprodotto in PG 32.1100; esso si distingue solo per un desimi pi esteso del testo conflui to nella Synodica (cfr. Wallach, cit., pp. 32-33) e viene citato unaltra volta, in questa forma estesa, durante i lavori della IV sessione del nostro Concilio (MANSI XIII 72E-73A). Il desti natario evidentemente Giuliano lApostata, alla cui paradigmatica empiet si soleva accosta re da parte degli iconofili quella dellimperatore iconoclasta Costantino v. In quadraginta martyres Sebastenses, PG 31.508D-509A; il frammento citato ancora in MANSI xm, 113CD, 277B, 300C, 304D (cfr. Wallach, cit., p. 33). B Anche questo frammento, e cos pure il seguente, attribuiti al Crisostomo, erano richia mati negli atti del Concilio Lateranense del 769, che in questo luogo citavano a loro volta gli atti del Concilio di Roma del 731; cfr. Wallach, cit., pp. 26, 33 e 88-94. Il primo dei due , in realt, un frammento (PG 63.544) dal De sigillis sermo di Severiano di Gabala, erronea mente attribuito a Giovanni Crisostomo, suo oppositore. Nella nostra Synodica il frammen to risulta abbreviato e semplificato in qualche punto, per i motivi chiariti da Wallach, cit., pp. 88-94. Parte del medesimo frammento si trova citata ancora in MANSI xm 325D (iv sessio ne), anche l attribuita al Crisostomo. Questa la traduzione del testo originale: se oltraggi il vestito dellimperatore, non oltraggi anche colui che se ne veste? Non sai che, se uno oltrag gia licona dellimperatore, reca oltraggio alloriginale della dignit rappresentata? Non sai che, se abbatte unimmagine fatta di legno o una statua di bronzo, non accusato di aver agito sfrontatamente contro una materia inanimata ma viene fatto perire come se avesse ag gredito limperatore? La materia inanimata che reca limmagine dellimperatore allimperatore trasferisce loltraggio che essa stessa subisce. 49Anche questo frammento sembra da attribuire ad una Homilia de lotione pedum di Severiano di Gabala (cfr. Wallach, cit., pp. 94-102; a p. 96 il testo critico del frammento). La citazione ritorna in MANSI xm 68DE (IV sessione). 501Commentar in Matthaeum di Cirillo di Alessandria sono andati perduti; cfr. Wal lach, cit., pp. 106-108. 51Oratio de incarnatione Verbi 1.1 e 14.1; nessuna variante di un qualche peso rispetto al testo delledizione di Ch. Kannengiesser (Paris 1973, Sources chrtiennes 199), p. 258, 314, sebbene il frammento sia passato, come gli altri di questo documento, attraverso varie tradu zioni successive. 52Traduciamo dal testo greco citato nella nostra Synodica il seguente frammento dal De incarnationis dominici sacramento, 7 (PL 16.873B): Numquid, cum et divinitatem eius adora- mus et camem, Christum dividimus? Numquid, cum in eo imaginm Dei crucemque veneramur, dividimus eum? Sul senso dellespressione dal terzo libro, capitolo nono, sui problemi del la ricostituzione del testo del frammento, sulla rovente polemica che ne nacque allindoma ni del Concilio alla corte carolina, cfr. Wallach, cit., pp. 123-132. 3,Panarion haer. 65.8.10, ed. K. Holl (GCS, Epiphanius IH; Leipzig 1933), p. 12; cfr. Wallach, cit., pp. 34-35. Su Epifanio cfr. nota 462. wSi traduce dal testo del frammento come ci pervenuto allinterno della Synodica, per i motivi spiegati da Wallach, cit., pp. 35-38. Lopera di Stefano di Bostra andata perduta. 55Vale per questo frammento quanto detto a proposito del precedente. Cfr. Wallach, cit., pp. 38-39. 56Non appena consacrato patriarca, il giorno di Natale del 785, Tarasio si affrett a confermare, con la Synodica cui qui si allude, indirizzata al papa di Roma, e con altre di si mile tenore, dirette ai patriarchi di Alessandria, Antiochia e Gerusalemme, la sua ortodossia, la sua adesione ai dogmi fissati nei primi sei concili, la sua abiura dei decreti del concilio iconoclasta, preteso ecumenico, di Hieria. ,7Giovanni il Battista. 58Si tratta del canone 82 del concilio Quinisesto del 692. Va ricordato che la Chiesa di Costantinopoli attribuiva al sesto concilio ecumenico in Trullo (680-681) i 102 canoni pro mulgati dal Quinisesto, cos chiamato perch riunito con lintento di integrare i decreti dot trinali dei concili ecumenici v e vi con norme di carattere disciplinare; la Chiesa di Roma, invece, ricus, per mano del papa Sergio, di sottoscrivere i canoni del Quinisesto, perch alcuni (p. es. il can. 13, sui diaconi e preti sposati) sanzionavano usi in conflitto con la disci plina romana, mentre in particolare il can. 36 ribadiva la parit dellautorit del patriarca di Costantinopoli rispetto a quella del papa di Roma. Il medesimo canone infra, MANSI xm 40E-41A, 93E (tv sessione). 1*1 1Cor 3, 11. 60Gv 10, 1-2. 61Gv 10, 7b. Cfr. Gen 31, 38-40. Lallusione qui rivolta al sinodo iconoclasta di Hieria, preteso concilio ecumenico (754). MMt 16, 18b. 65Cfr. Mt 16, 18-19. Cfr. Sai 19, 10. 67Cfr. Sai 25, 8. 681 ottobre 787. 69Col termine metropoli si indica la capitale di una provincia ecclesiastica (eparchia: cfr. nota successiva), dove risiede il vescovo metropolitano. Il titolo fu usato per la prima volta al primo concilio di Nicea del 325, che sanzion la struttura amministrativa della Chiesa. Al metropolita spettava il diritto di confermare i vescovi che venivano eletti nella sua eparchia, cio nelle diocesi suffraganee, e di presiedere i sinodi provinciali. 70Con eparchia si indica una provincia, sia dal punto di vista ecclesiastico, che da quello civile. 71II titolo di protopresbitero equivalente alloccidentale arciprete. Nei primissimi anni del cristianesimo venivano designati presbiteri (comparativo di prsbys, "anziano) i capi delle singole comunit che fungeveno da aiutanti degli Apostoli e che le governavano (turante lassenza di questi. 72II termine egumeno (dal greco egoumenos, guida) indica nel rito greco labate di un monastero di cenobiti. Eletto dai monaci, confermato dallautorit ecclesiastica, esercita di norma la sua carica a vita. Il monastero romano di S. Saba, probabilmente collegato a quello omonimo palestinese, uno dei pi antichi monasteri greci attestati a Roma, insieme a S. Atanasio ad aquas Salvias e S. Lucia de Renatis: cfr. J . M. Sansterre, Les moines grecs et orien- taux Rome aux poques byzantine et carolingienne (milieu du vr - fin du xr s.), i-n, Bruxelles 1983, pp. 22-31. 73Ci si riferisce alle sedi patriarcali di Alessandria, Antiochia e Gerusalemme. Sin dalle origini del Cristianesimo acquistarono grande prestigio le sedi di Roma, Alessandria e Antio chia, in virt della loro origine apostolica. Al vescovo di Roma, successore di Pietro, veniva unanimemente attribuito il primo posto. Il vescovo di Bisanzio, prima della rifondazione costantiniana del 330, era un semplice suffraganeo della metropoli eli Eralea in Tracia e il suo nome non figura nella lista dei partecipanti al primo concilio ecumenico di Nicea del 325. solo con il secondo concilio ecumenico (381), tenutosi proprio a Costantinopoli, che viene sancita lautorit del vescovo di quella che viene definita la Nuova Roma, a cui spettano, dunque, gli onori dopo il vescovo di Roma. evidente che la fortuna ecclesiastica di Costan tinopoli fu dovuta alla volont politica degli imperatori ed essa fu una delle principali cau se che portarono alla rottura sancita dallo scisma del 1054 tra Chiesa latina e Chiesa greca (gi papa Damaso nel 382 sosteneva che lorigine apostolica e non limportanza politica che giustifica il primato delle sedi vescovili). Il patriarcato di Gerusalemme, di cui non esistono notizie antiche, fu lultimo dei cinque troni vescovili (la cosiddetta pentarchia ecclesiastica), essendo stato costituito dopo il concilio di Calcedonia (451), quarto ecumenico, e deve il suo prestigio al ruolo di citt santa per la sua storia e per le reliquie che essa custodiva (la Vera Croce, il Santo Sepolcro, i Luoghi Santi). Su tutta questa materia cfr. L. Brhier, Les institu tions de lEmpire byzantin, Paris 19702, pp. 359-368. Va sottolineato che sar proprio il se condo concilio di Nicea che sancir lidea di ecumenicit come accordo tra le cinque sedi patriarcali. 14La chiesa di S. Sofia, in cui si svolsero le serre sessioni A A mnplin (lottava ed ultima si tenne nel palazzo imperiale della Magnaura, alla presenza degli imperatori Costantino vi e Irene, che sottoscrissero gli atti) fu costruita al tempo di Giustiniano I (527-565); nel 1065, a causa di un terremoto, sub notevoli danni. Come-la-pi.nota chiesa omonima di Costan tinopoli, deve il suo titolo alla Divina Saggezza T u beta Sophip) e non alla leggendaria mar tire Sofia. Su S. Sofia di Nicea si veda, da ultimo, C. Barsanti'Panorama artistico di Nicea, in Il concilio niceno n (787) e il culto delle immagini, Messina 1994, pp. 77-107. 75U comandante di un tema (circoscrizione provinciale nellordinamento che si afferma dalla fine del secolo v i i e che dura fino al secolo x) era di norma indicato col titolo di stra tega e riuniva nelle proprie mani l'essenzialc dei poteri civili e militari. Al territorio del tema J ell'Opsikion (Asia Minore nord-occidentale), il cui comandante aveva appunto il dtolo di ivmest apparteneva Nicea. 'Gli ostiar (dal lat. osiiarius portinaio) erano eunuchi di rango molto elevato che nelle cerimonie solenni e nei ricevimenti ufficiali avevano il compito di introdurre, secondo Tordine di precedenza, i vari dignitari e funzionari di corte. Il logoteta (letteralmente: colui che impartisce gli ordini) militare aveva il compito di reclutare e finanziare lesercito. L'ordine dei partecipanti, verificabile anche sulla base delle firme apposte agli atti alla fine della quarta e della settima sessione, prevedeva, ai primi posti, la seguente successione: i legali della sede di Roma; il patriarca Tarasio; i rappresentanti dei patriarcati di Alessandria, Antiochia e Gerusalemme. Lordine dei vescovi fu stabilito nella prima sessione, in base alle precedenze gerarchiche. Allinizio di ogni seduta veniva letto lelenco dei partecipanti pi im portanti (quelli test ricordati, pi i due rappresentanti degli imperatori); si faceva, poi, men zione del santo sinodo (linsieme dei vescovi) e si ricordava la presenza del gruppo dei monaci. Sulla presenza e sul ruolo dei monaci al concilio di Nicea si veda, da ultimo, M. F. Auzpy, La place des moines Nice il, in Byzanticm 58 (1988), pp. 5-21. La loro presenza nel luogo riservato tradizionalmente alla decisione episcopale stata considerata da vari studiosi cerne una grande novit, dovuta al ruolo di fieri oppositori svolto dai monaci contro licono clasmo. La Auzpy tende a ridemensionare tale novit, sottolineando tra laltro che i mona ci furono gi presenti al concilio iconoclasta di Hieria del 754. Essi, pur non disponendo del diritto di voto (non facevano parte, infatti, dellassemblea conciliare, come si nota chiaramen te dall'espressione del testo presenti anche gli assai amati da Dio archimandriti..., che se gue immediatamente le parole con cui si indica il santo sinodo), parteciparono in modo attivo al dibattito, soprattutto in merito alla questione della riabilitazione dei vescovi icono clasti ricondotti nellalveo dellortodossia, manifestando una posizione intransigente che fu, tuttavia, superata attraverso lopera di mediazione del patriarca Tarasio. 74 Secondo la tradizionale procedura conciliare, il posto donore spettava ai Vangeli. I rappresentanti dellimperatore, il patrizio Petronas e il logoteta Giovanni, sedevano davanti l'ambone, cos come gli archimandriti (abati di monasteri da cui dipendono altri cenobi mi nori), gli egumeni e i monaci. Costoro non avevano diritto di voto. Lassemble conciliare (il santo sinodo) si disponeva secondo un ordine gerarchico fissato definitavamente sin dalla prima sessione. Presiedeva il patriarca Tarasio. 90II concilio niceno n si articol in otto sessioni, le prime sette nella chiesa di S. Sofa di Nicea e lultima nel palazzo imperiale della Magnaura a Costantinopoli. Ad esso part capa nno 365 vescovi. Oltre allaspetto dottrinale, furono affrontati anche problemi di natura disciplinare, soprattutto la questione relativa alla reintegrazione dei vescovi iconoclasti che avessero fatto pubblica abiura. Per una dettagliata informazione sui lavori del concilio si veda G. Dumeige, Nice il, Paris 1978, pp. 99-150. 91Riecheggiamento di Gb 32, 8b. Cfr. Is 40, 9. s>Cfr. Sai 18, 5a. ** L a secreta svolgeva la funzione di segretario. Nellambito della burocrazia imperiale ricopriva unimportante carica nella cancelleria. * Cfr. Es 25, 17-22. *Nm 7, 88b-89. *Ez41, 1. "Ez 41, 16b-20; sia le varie versioni ebraiche che quella dei LXX hanno in questo luogo un dettato involuto e contorto. *Eb 9, l-5a. *Es 25, 40. Cfr Es20, 4-5. 12Gen 28, 18. "Gen 32,23-29. * 0 significato esatto Dio si mostri J orte; lo scrittore sacro paretimologizza in stato forte contro Dio. \ "Gen 32, 31. Lo skeuophylax un sacrestano, ossia il custode dei sacri arredi e paramenti di una chiesa (compresi i libri, per cui svolge anche le funzioni di bibliotecario), dotato di importanti prerogative neUambito del cerimoniale liturgico e dellamministrazione delle propriet annes se ad un cauto di culto. 97PG 50.515. 98Si tratta, in realt, di una Homilia de legislatore di Severiano di Gabala (il nostro fram mento in PG 56.407). Il medesimo frammento infra in MANSI 93C e 300D. "Sai 72, 20b. 100Cfr. iv Regn (li Re) 19, 35. 101II notario aveva il compito di redigere in forma ufficiale i documenti. La carica era ricoperta anche da ecclesiastici e da monaci. ,(>2PG 46.572. La parte iniziale del frammento era gi stata citata nella Syttodka i A i cia no i alla corte di Costantinopoli, e gi in quella occasione (MANSI xn 1066B), come anche in questo passaggio della discussione, il senso delle parole del Nisseno risultava, fuori dal suo contesto, travisato: cfr. anche nota 44. 101II gioco di parole si perde nella traduzione: gregoro significa infatti vegliare*, vigi lare, ed il nome Gregorio vale pressappoco il vigilante. 104II referendario ricopriva una delle pi alte cariche nellambito della gerarchia ecclesia stica ed era il rappresentante ufficiale del patriarca presso limperatore. 105Cyr. Alex., Ep. XLI (PG 77.217-220). 106Gen 22, 1-6. 107Gen 22, 9b-10. 108II cubuclsio era il ciambellano del patriarca. 109Greg. Naz Carm. I 10, w. 793-807 (PG 37.737-738). 110Si trattava di una importante carica nellambito della gerarchia ecclesiastica. 111PG 85.1793. Questo frammento noto soltanto dai nostri Atti. 112Cfr. Mt 9,20-22; Me 5,25-34; Le 8,43-48. 113PG 40.333-337. Ripresa parziale di questo frammento infra, MANSI xm 308A-309B. 114Seti. Medea. 115Scil. san Gregorio di Nazianzo. H6Scil. Nisseno, cfr. supra. 117Rm 15, 4a. 118Cfr. nota 71. 119Giovanni il Battista. 120II medesimo canone si trova citato nella Synodica di Adriano I a Tarasio (MANSI m 1079AB), in MANSI XIII 93E, in questa stessa quarta sessione, ed infine aUinterno Refutatio del'Horos di Hieria (220DE, 225E-228A). 121Probabile allusione ad un passato da iconoclasta. 122La lettura pubblica del brano che segue avviene dietro proposta dei due Lg<dd papa, che avevano portato con s il volume. 123PG 93.1597-1609. 1211Cfr. Es 25, 18-20. 123Cfr. Ez 41, 17-20. 126Cfr. Es 20, 4. 127Cfr. in Regn(i Re) 6. 128Cfr. Gen 37, 31-35. 129Cfr. Eb 11, 21. 130Cfr. Gen 23, 10-13. 131Gen 47, 7b. 132Cfr. Gen 33 ,1-3. 133Cfr. Dn 3, 1-30. 139 Sai 98, 5. 135Sai 98, 9. 136Is 66, 1. 137Sai 18, 2a. 138Cfr. Lv 26, 11-12. 139II soggiorno babilonese narrato nel libro di Daniele; si allude forse qui alle vicende di Dn 3. 140Cfr. Gen 2, 9. 141Cfr. Gen 22, 13: il cespuglio in cui si trova impigliato lariete che bramo sacrifica al posto del figlio Isacco. 142Cfr. Es 14, 15-20. 143Cfr. Es 15, 22-25: lepisodio della sorgente di Mara. IJ 4 144 Cfr. Es 4, 1-17: episodio del serpente che ti trasforma, in mano a Mos, in bastone cheopera prodigi. 10 Cfr. Es 17, 5-7: episodio di Massa e Meriba. 144Cfr. Nm17, 16-26: episodio del bastone di Aronne miracolosamente ricoperto da Dio di gemme e di fior. 147Sap 14, 7. 144Cfr. iv Regn (11Re) 6, 1-7. 149Cfr. iv Regn (n Re) 4, 18-37. 1.0 Cfr. Gen 50, 1-10: i resti sono, in realt, quelli, imbalsamati, di Giacobbe, di cui il figlio Giuseppe cura la solenne sepoltura nella terra di Canaan; ritornato in Egitto dopo le onoranze funebri, Giuseppe vi morir e 11sar sepolto, in un sarcofago, dopo essere stato anche lui imbalsamato. Sar Mos, poi, atrasferire nella Terra Promessa lesue spoglie (Es 13, 19). 1.1Cfr. iv Regn (11Re) 13,20-21. 1.2Cfr, Gen 23, 1-20. ' Cfr. Gen 28, 18. 1.4Cfr. Gen 31, 45-53. Cfr. Gs 4, 4-9. 1,6Cfr. Es 25, 10-22. 1,7Cfr. ili Regn (1Re) 6, 1-36, 1,11Cfr. Ez 40.41. 1,9Cfr. Es 16, 32-34. m Cfr. Es 28, 36-38, 141 Cfr. Es28, 6-14; 39, 2-7. ,42Cfr. Es 26, 1-37. 147Cfr. Ger 2, 26-27. 144Cfr. Dn 3. 147Cfr. Gen 23, 1-13. ' Cfr. Es 2, 16-22. 147PG 87.3.3388. 144Questo discorso i in realt da attribuire a Severiano di Gabala: cfr. A. Wenger, Une homlie indite de Svrien de Gabala sur le lavement des pieds, in Revue des tudes byian- tines 25 (1967), pp. 219-234. Il nostro frammento corrisponde ai parr. 8-9 di codesta editto princeps. 149Si tratta dei santi Cosma e Damiano, martiri del see. iti, oggetto di un larghissimo cul to per tutto il medioevo, in ragione della loro fama di santi medici anargiri (dal gr. anr- g y r o s , senza denaro), cio che praticavano la medicina senza chiedere compensi. 17" In realt si tratta del terzo discorso contro gli Ariani; il nostro frammento in PG 26.332. 171II capitolo il diciottesimo e si trova in PG 32.149. 172PG 31.605-608. 1,1PG 3.489. Il discorso altres attribuito aGiovanni Crisostomo. 1.4Gregorio 11a Germano 1, scrtta presumibilmente in greco. J . Gouillard, Aux origines de l'iconocusme. le tmoignage de Grigoire II, in Travaux et Mmoires, 3 (Centre de recher che d'hiitoire et de civilisation byzantines), Paris 1968, pp. 243-307, spec. p. 251, ritiene, a buon diritto, che lautore della lettera sia lo stesso patriarca Germano, dal momento che essa non altro che una sorta di esemplare rifuso della lettera dello stesso Germano a Tomma so, vescovo di Claudiopoli (in MANSI xiii 107-128). In effetti, tolto il titolo della lettera, che per non originale, e la sua sottoscrizione, che pu essere posticcia, nulla nel testo consente di individuare con certezza n il mittente n il destinatario della missiva. La traduzione di Anastasio Bibliotecario, come di consueto, pone pi problemi di quanti ne risolve. 177Per quanto riguarda la problematica identificazione di questo personaggio cfr. Gouil lard, cit., p. 252,. nkScil Lucifero. 177Cfr. Es 15, 9. 174Cfr. Sai 31,7. 1Regn (1Sam) 2, 4. ''Sap 3, 20b. Frammento gi citato supra (col. 9A) e anche qui erroneamente attribuito al Crisosto- mo; si tratta, invece, di una bomilia de legislatore di Severiano di Gabala. Il medesimo fram mento infra, col. 300D. 182Sai 72, 20b. 181Tutto il capoverso, pure cos tradotto, risulta oscuro, s da rendere il testo sospetto di corruttela. ' Si raccontava (Eusebio di Cesarea Hist.Eccl. v i i 18) che lemorroissa di Mt 9, 20-22, Me 5, 25-34, Le 8, 43-48 fosse originaria di Paneade, nome che i Fenici davano alla citt di Cesarea di Filippo; e che, in ringraziamento della guarigione ricevuta, la donna avesse fatto costruire una statua che la rappresentava nellatto di ricevere il miracolo, ai piedi della quale cresceva uno strano arbusto prodigioso. 185Ancora una volta il can. 82 del concilio Quinisesto (gi in MANSI xn 1079AC e Xlll 40E-41A, e poi xm 220DE e 225E-228A). 186Scil. Simeone; cfr. Le 2, 22-35. 187Cfr. Ez 8, 1-18. 188Rm 1, 25b. 189Cfr. Ez 23, 1-4. 190Cfr. Dn 14, 1-27. 191Cfr. Eb 9, 5b. 192Si tratta di un'operetta di autore anonimo per noi perduta nella sua interezza e di cui conosciamo, grazie ai nostri Atti, soltanto questo frammento. 197Cfr. Es 25, 18-20. 19,1Cfr. Num 21, 6-9. 195Atti apocrifi di Giovanni apostolo, ed. Lipsius-Bonnet, pp. 116-117, capp. 27-28. La traduzione quella di M. Erbetta, Gli apocrifi del Nuovo Testamento, il, Marietti, Casale Monferrato 1966, pp. 42-43, con qualche modifica. 196Che da Giovanni apostolo aveva avuto salvata la moglie Cleopatra, data gi per morta; il ritratto , dunque, quello di Giovanni. 197Riferimento ad un frammento degli stessi Atti apocrifi di Giovanni apostolo non com preso nella nostra traduzione perch non pertinente alla polemica iconologica e citato nel corso di questa sessione soltanto per rimarcare linaccettabilit dellintero racconto. Ai padri di Nicea preme cassare gli Atti di Giovanni perch, come si vede nellintervento che segue di Costantino di Costanzia di Cipro, se ne erano serviti per i propri scopi i vescovi eretici del concilio di Hieria del 754. 198Epiteto ingiurioso affibbiato dai monofisiti seguaci di Severo di Antiochia a quelli seguaci di Giuliano di Alicarnasso, poich questi ultimi consideravano il corpo di Cristo in corruttibile sin dal primo momento dellIncarnazione (ed erano anche chiamati aftartodoce- ti). Di rimando, poi, costoro etichettarono gli avversari con lappellativo di ftartolatri. Entram bi questi gruppi si fronteggiavano nel primo trentennio del vi secolo. 199Mt I I , 19. 200Gv 4, 4-6. 201Come si ricorder, Eusebio di Cesarea (265-340) era stato uno dei pi convinti soste nitori di Ario e della sua dottrina. 202Sulle funzioni dello skeuopbylax cfr. nota 96. 207Frammenti noti soltanto dai nostri Atti. 208Si tratta di Filosseno di Mabbug (Ierapoli), detto anche Xenaiade, su cui cfr. nota 520. 208Frammenti noti soltanto grazie alla citazione in questi nostri Atti. 206Gv 4, 24. 207Mt 3, 16; Me 1, 10; Le 3, 22. 208Concilio di Costantinopoli del 536, che depose il patriarca monofsita Antimo e con dann Severo patriarca di Antiochia dal 512 al 518 (cfr. nota 317). 209Acefali vennero detti i monaci monofositi di Alessandria, che si ribellarono al patriarca Pietro Mongo, poich questultimo aveva accettato l'Henotikon (Atto dunione), documen to con cui, nel 482, limperatore Zenone (476-491) in collaborazione con il patriarca di Co stantinopoli Acacio (472-488), aveva tentato un compromesso con i monofisiti delle chiese orientali, Pietro Mongo, colpito dalla reazione dei monaci, respinse in un secondo momen to lAtto, ma essi mantennero il loro atteggiamento di rottura (da qui lappellativo di acefa li, ovvero senza capo). 210Anastasio I imperatore monofsita (491-518), fautore di Severo. 211Sul referendario cfr. nota 104. I j6 212 Frammento noto soltanto da questi nostri Atti. 211II cbartophylax era il responsabile di una cancelleria ecclesiastica. 214Cfr. nota 84. 233 PG 88.496-497, 500. 216Luomo, cio, creato dal fango e segnato dal peccato originale. 212XpitmavoKcmryopoi: lappellativo che il nostro concilio attribuisce agli avversari del le icone. 218Rm 1,25. 21* Cfr. 1Pt 2, 9. 220Gal 3, 25- 221Gv 1, 9. 222Sai 118, 130. 2211Cor 9, 12. 224Cfr. Nm 25, 1-15. Pincas, per ordine divino, con un colpo di lancia aveva trafino ed ucciso un Israelita ed una donna di Madian colpevoli di servire Baal-Peor; immediatamente era cos cessato il flagello che colpiva Israele a causa della sua idolatria, cui era stato spinto dalle donne di Madian. 225Ef 6, 17. 226Cfr. Mt 7, 23. 227Cfr. Ger 14, 14. 228Ger 14, 16. 229Cfr. Pr 6, 2. 250Sai 49, 21b. 231Gregorio uno dei diciassene vescovi che avevano preso parte al concilio iconoclasta di Hieria-Blacheme ed erano poi stati ammessi ai lavori del nostro concilio niceno in seguito ad una abiura pubblica dei loro trascorsi eterodossi; a Gregorio, in particolare, si riconosceva a Nicea la statura di leader del movimento iconoclasta e di protagonista fra i principali del concilio del 754. Nella sesta sessione a lui affidato lincarico di leggere per esteso l'Horos di quel concilio, probabilmente con il duplice intento di garantirne formalmente lautenticit di fronte allassemblea nicena e di ottenere da Gregorio un segno inequivoco della recupe rata appartenenza allo schieramento iconofilo. 232Seti, interpolato illecitamente nella lista dei concili ecumenici come settimo, inteso ecumenico fuori dal diritto. 233Cfr. Ez 22, 26. 234Concili locali e lettere encicliche dei patriarchi di Roma, Antiochia, Alessandria e Gerusalemme espressero una ferma avversione allatteggiamento iconoclasta dellambiente imperiale ed alle tesi contenute nellHoroi di Hieria-Blacheme. 235Cfr. Mt 5, 15. 236Cfr. Sai 18, 5. 237Cfr. Is 14, 13. 238Costantino V Copronimo (741-775) e Leone IV Kazaro (775-780), formalmente inco ronato co-imperatore gi nel 751, allet di un anno. 239Gv 1, 17. 240Prov 8, 7. 241Col 4, 6. 242Cfr. Gv 18, 12-27. 243Allinizio del preambolo teologico che i Padri del 754 premettono al loro Horos, se condo l'autore della Refutatio si trova una citazione di Dionigi Aeropagita. Tra le opere del Corpus Diortysianum che noi conosciamo, per, non possibile rinvenire il luogo esatto che qui V Horos citerebbe. 244La terminologia qui adoperata sottende limmagine di una realt creata dotata di un equilibrio fra due opposte tendenze, al modo di una bilancia. 245Sul cubudesio cfr. nota 108. 246Mt 7, 23. 247Cfr. Rm1, 15. 248Ab 2, 15. 249Cfr. Sai 49, 16-18. 230 Gn 1, 26. 2,1Sai 54, 22b. 157 "M li Uh H i i I V I , rU /,! IV 2 " u ; b S u l I H U "' S i l l M V IH "'Nni 7 3 , ljii ""Hill I I , 79 Nei ondo il 11 mi| il il 11 i il "atessandrinu" I n nascita di Cristo ebbe luogo nellanno 33(l| ilallil creazione tifi llliilliln Jl" <i il li 11li 1 1iimiiiiiiliiii|iiiliMiiii ili ilei 6H0-6N1, convocato per risolvere la crisi monoener- glla i- mulini clini, dello lim ile tu l'rttlh, dalla sala a cupola (trullos) del palazzo imperiale in mi al I cnnein I f sedute ,nl ( ii mi uni Un i iv iri N 0N3 ) . iliialliiliiun li I 6N3 693 e m V I I ), i iniiiillii leniilnsi al iiislaiilliii)|uili nel 691-692, anch'esso in Trullo, detto quinisextum privili? destinalo ad I nicgiarp uhi noni ir disciplinali 1decreti dei concili ecumenici ve vi. A palle rinesailozza del dillo rrnnulnglco, bisogner ricordare che i vescovi che vi parteciparo no buono addii I lluni piu numerosi che al precedente concilio del 680-681; il papa Sergio, pciii, a concilio bullo ili uso l'oneralo ilei suoi tre rappresentanti e si rifiut di accogliere e sottoscrivere gli ani, poli he, ira l'alno, nel canone 36 il primato petrino era messo fortemente I n discussione dalla siatul/iune ili pari autorit dei patriarchi di Roma e Costantinopoli. ,<vl ( iiovaunl II haillsia, I l meilfslino min me dialo piu volte; efr, MANSI xu 1079AB (Synodica di Adriano l a Taraslo), Mil Il II', | I A e 93|\ (vinaria sessione), qui (220DE) e, frammentariamente, pi in gi orila medesima sesia sessione (223E-228A). dilani 2, N, MS a i 17, 9 , i ; i r . S a l I I , 1 , *'Ml 16, I Nb, "" t I llazione "nascosi a" ili Cregoriu Nlsseno (Orazione funebre per il fratello Basilio in W i 16/9611), Seti l 'ebrai co ili G erusal emme, >!l IV Kcgn (Il He) I N,26, Kapsache era gran coppiere ed ambasciatore del re di Assiria Sennchciib al leiupl I n col gli eserciti assiri occuparono la Palestina e deportarono gli abi tami (701 a, Cd, durame il regno di Ezechia su I sraele (716-687 a. C.); giunto a G erusa lemme con mi ultimatum, si mise a parlare in ebraico, e non in aramaico, lingua delle rela- slonl internazionali, per sobillare i sudditi di Ezechia all'ammutinamento. -***Mi 7, I tm >N Mi 23, 2/, Alio (26(1 3 36), prete ili Alessandria, sostenne che il Cristo di diversa natura rispetto al Padre e che gli 6 I nlninre, essendo una sua creatura da Lui adottata come Figlio. Contro la sua violi ritta, vite III ( binile aveva riscosso ampi consensi, limperatore Costantino convoc a Nlcca mi condilo uri 323, che I n il primo ecumenico. Ario e la sua dottrina furono con dannati e I n chiarito II l'apporto ili generazione e di consustanzialit che lega il Padre al Fi glio. I .a controversia, pero, pot dirsi sedata sul piano dottrinale soltanto con il concilio di Costantinopoli del I NI , che defin la dottrina di un'unica sostanza divina in tre ipostasi o persone; e dal momento che le conversioni di numerosi popoli barbari al cristianesimo era no avvenute ad opera ili evangelizzatori ariani, fu necessario attendere il vii secolo per un pi generale lisiablllmento della dottrina niceno-costantnopolitana. ;,l Aezlo I n ira II 111 ed II 363 rappresentante di rilievo dellanomeismo, forma di aria nesimo radicale che alleluiava l'assoluta dissomiglianza del Figlio-creatura dal Padre, unico trascendente. )u Segretario e discepolo di Aezlo, fu anche lui sostenitore dellanomeismo radicale di Aezlo, m V escovo di 3 erinanlda di Siria, e poi persino di Antiochia e di Costantinopoli, pas s dall'anomeismo radicale aposizioni dottrinali pi moderate, rimanendo comunque nellal veo vlell'arlauesimo, Mor nel 370, ""G li-, ill egli (I He) 17 19, I H i N6.796AI ), 158 ( 'luminili appunto offensivamente Ariomaniti (petopavirai, presi dal furore di A no") , ininr in nmiio era detto pFtpavf|<; colui che fosse riconosciuto preda del furore di Airs, tlio della guerra e della furia omicida. Prete e poi vescovo di Costantinopoli, ader ad una dottrina (quella degli Omeusiam) ,immillimi di compromesso tra il credo niceno del 325 (consustanzialit del Figlio rispetto al padre) c In dottrina ariana pi radicale che riteneva di natura diversa il Padre ed il Figlio; gli ( liiiciisiiini, cos, ritenevano che Padre e Figlio fossero simili quanto alla sostanza. Dopo il K>0, Macedonian! o Scmiariani vennero detti coloro che, sulla scorta di alcune affermazioni di Macedonio, non riconoscevano la divinit dello Spirito Santo. -s,Clt. Is 1.22. Clr. \upra 220DE; si tratta, ancora una volta, di un frammento del can. 82 del concilio Chimismo. Sul. 63, 4b-5a. F.b 8. lib. '"'Cfr. Eb 7, 11-19. ,B*Sul U, 4. 'H' Sul 9, 7a. '"Is 53 ,12. Pr 9, 18. 'vCant 4, 7. M" Is 49, 16. "MEf 4, 15. Ef 5, 27. !%Cfr. Mal 2, 7. 2; Ez 22, 26. At 20, 28. 211,1 Gv 4, 24. lroGv 7, 18. ""Es 1,7. 102Sai 103, I5a. ""Teodosio i, imperatore romano dOriente, regn tra il 379 e il 395. 1114Si allude qui al concilio di Nicea, primo ecumenico, del 325, che condann e depo se Ario; ed al concilio di Costantinopoli del 381, ecumenico secondo, che condann i cosid detti Macedonian!, negatori della vera divinit dello Spirito Santo; cfr. nota 275. J, Teodosio u (401-450) convoc nel 431 il concilio di Efeso, terzo ecumenico, su richie sta di Nestorio, allora patriarca di Costantinopoli. Nato a Germaniceia di Siria intorno al 381 e morto in esilio nella Grande Oasi del deserto egiziano dopo il 451, Nestorio, che si era formato in ambiente antiocheno probabil mente alla scuola di Teodoro di Mopsuestia, fu patriarca di Costantinopoli dal 428 al 431. Venne deposto dagli avversari, capeggiati da Cirillo di Alessandria, nel corso dei lavori del concilio di Efeso, anche se pochi giorni dopo i suoi fautori deposero a loro volta Cirillo dal seggio patriarcale di Alessandria; sicch possibile dire che in quel concilio si affrontarono due cristologie diffcilmente riducibili luna allaltra, quella antiochena, che distingueva con grande precisione in Cristo lelemento umano e quello divino, e quella alessandrina, forte mente interessata a rimarcare la subordinazione, nella figura del Cristo, delle qualit umane a quelle divine, in unassoluta unit di natura umano-divina. Nestorio fu cos accusato di dividere Cristo, di affermare due Cristi e due Figli, luomo e il Dio. 207Synchytiki, che confondono e mescolano le due nature in Cristo; cfr. nn. 309 e 310. ,0BMarciano, imperatore dOriente dal 450 al 457, convoc nel 451 il concilio di Calce- donia, ecumenico quarto, contro il monoftsismo di Eutiche e Dioscoro. ,09Dioscoro fu patriarca di Alessandria dal 444, anno della morte di Grillo, al 451, quan do il concilio di Calcedonia lo depose. Mor nel 454. Gioco di parole non riproducibile in italiano. Eutiche* vale in greco fortunato. Nato allincirca nel 378 e morto dopo il 454, fu archimandrita di un grande monastero costantino politano. Fautore di Cirillo di Alessandria ed acerrimo antinestoriano, si scagli anche, pei imprudenza e scarsa cultura, contro gli assertori delle due nature - divina ed umana, ben distinte - in Cristo. Ne pag lo scotto con la condanna a Calcedonia e lesilio, una volta scomparsi dalla scena i suoi protettori negli ambienti di corte. Ml Si fa riferimento qui al quinto concilio ecumenico, tenuto a Costantinopoli nel 533, i?9 che tratt le questioni dellorigenismo e dei cosiddetti Tre Capitoli (cfr. nota 315). Giusti niano regn dal 527 al 565. 312Origene (185-253/54) il primo scrittore ecclesiastico sulla cui vita si hanno notizie precise grazie alla Historia Ecclesiastica di Eusebio, che lo designa con lappellativo di Ada- mantios (uomo d'acciaio). Molte sue proposizioni (tra le pi note quelle sulla cosiddetta apocatastasi delluniverso e sulla reincarnazione delle anime), influenzate dal platonismo, furono condannate successivamente alla sua morte, prima da un editto di Giustiniano i del 543, poi dal quinto concilio ecumenico di Costantinopoli del 553. Di conseguenza la maggior parte delle sue opere andata perduta. 313Evagrio Pontico (346-399), ordinato diacono da Gregorio di Nazianzo, nel 382 lasci Costantinopoli e si trasfer tra i monaci del deserto egiziano. Seguace di Origene, fu anchegli condannato dal concilio del 553. Tuttavia, come dimostrato anche da studi recenti, il suo pensiero ebbe notevole influenza sulla mistica sia orientale che occidentale. 3'J Didimo il Cieco (morto intorno al 398), alessandrino, fu a lungo il capo riconosciuto della scuola catechetica della sua citt. Insieme ad Evagrio ed Origene, di cui accolse la dot trina sulla preesistenza delle anime e dellapocatastasi, fu colpito da anatema nel corso del concilio costantinopolitano del 553. 315Vescovo di Mopsuestia in Cilicia, nativo di Antiochia, mor nel 428. Esegeta della Bibbia, fu considerato ortodosso in vita e solo dopo la mone fu associato alla dottrina di Nestorio, subendo di conseguenza la condanna del quinto concilio ecumenico, insieme agli scritti anticirilliani di Teodoreto di Ciro e alla Lettera di Iba a Mari il Persiano (i cosiddetti Tre Capitoli). Ci compon la scomparsa di quasi tutte le sue opere nella lingua originaria (greco). Rimangono, invece, traduzioni in siriaco, in base alle quali studiosi recenti hanno dimostrato che la sua dottrina cristologica era onodossa e che al concilio costantinopolitano del 553 furono utilizzati testi interpolati. 316Come il suo allievo Teodoro di Mopsuestia, Diodoro di Tarso (citt di cui divenne vescovo nel 378) fu associato dopo la morte, anteriore al 394, al nestorianesimo, di cui ad dirittura fu considerato il padre, subendo di conseguenza lanatema. 317Patriarca di Antiochia dal 512 al 518, fu deposto dallimperatore Giustino I in quanto monofsita. Mor ad Alessandria nel 538. Combatt la formula calcedoniana delle due nature di Cristo, ritendola nestoriana, ma anche le tendenze estreme del monofsismo (aftartodoced, coloro che sostenevano lincorruttibilit del corpo di Cristo). Fu condannato dal concilio di Costantinopoli del 536. venerato dalla chiesa copta come santo e martire. 318Vescovo di Apamea, fu deposto nel 518 a causa del suo monofsismo. Nel 535 accom pagn Severo a Costantinopoli, insieme al quale, lanno dopo, sub la condanna da parte del sinodo che fu presieduto nella capitale dal patriarca Mena. 319Monaco monofsita. Anchegli fu condannato dal concilio di Costantinopoli del 536. 320La Lettera cristologica del vescovo di Edessa Iba, indirizzata al vescovo persiano Mari, insieme alle opere di Teodoro di Mopsuestia e agli scritti anticirilliani di Teodoreto di Ciro, costituisce uno dei cosiddetti Tre Capitoli, che subirono la definitiva condanna al quinto concilio ecumenico del 553. 321Ci si riferisce al terzo concilio di Costantinopoli (680/81), sesto ecumenico, convocato dallimperatore Costantino iv (668-685) per procedere alla definitiva condanna del monote- lismo, formula con cui si tentava una conciliazione con i monofsiti, attraverso la dottrina dellunica volont (thlesis) nelle due nature del Cristo. 322Fu uno dei sostenitori del tentativo del patriarca di Costantinopoli Sergio di trovare una conciliazione con i monofsiti delle chiese orientali, attraverso il monoenergismo, dottrina che sosteneva la presenza di una sola azione (enrgeia) nelle due nature del Cristo. 323Ciro di Fasi, patriarca di Alessandria, convoc un sinodo della Chiesa copta nd 633, che accolse il monoenergismo. Accett in seguito anche Ykthesis, leditto monotelita promulgato nel 638 dallimperatore Eraclio (610-641) dietro ispirazione del patriarca Sergio (cfr. n. 326). 324Papa dal 625 al 638, nonostante fosse stato difeso da Martino I, il papa che convoc il sinodo lateranense del 649 che condann il monotelismo, e da Massimo Confessore, cam pione dellortodossia antimonotelita ed ispiratore di quel sinodo, sub la condanna del con lio del 680-81 come monotelita, senza che i rappresentanti occidentali reagissero. La sua ^Modossia appare oggi certa. |K i 523Patriarca di Costantinopoli dal 610 al 638, fu lispiratore sia del monoenergismo che monotelismo. H I 326Patriarca di Costantinopoli dal 641 al 653, cerc di mitigare le pocizioai maaotdite 160 che irutt le questioni deU'ongenumo e dei cosiddetti Tre Capitoli* (cfr. nota 31?), Giusti t m o regn dal 527 al 969. ,u Ongene (185-293/54) il primo scrittore ecclesiastico sulla cui vita si hanno notule precisa grazie alla Hittoria Ecclesiastica di Eusebio, che lo designa con lappellativo di Ada mdrttm ("uomo d'acciaio). Molte sue proposizioni (tra le pi note quelle sulla cosiddetta spossatasi dell'universo e sulla reincarnazione delle anime), influenzate dal platonismo, furor condannate successivamente alla tua morte, prima da un editto di Giustiniano i del 543, poi dal quinto concilio ecumenico di Costantinopoli del 553. Di conseguenza la maggior parte delle sue opere andata perduta. 'MEvagrio Fon fico (346-399), ordinato diacono da Gregorio di Nazianzo, nel 382 lasci Costantinopoli e ai trasfer tra i monaci del deserto egiziano. Seguace di Origene, fu anchegli condannato dal concilio del 553. Tuttavia, come dimostrato anche da studi recenti, il suo pensiero ebbe notevole influenza sulla mistica sia orientale che occidentale. Didimo il Cieco (morto intorno al 398), alessandrino, fu a lungo il capo riconosciuto della scuota catechetica della sua citt. I nsieme ad Evagrio ed Origene, di cui accolse la dot trina sulla preesistenza delle anime e dellapocatastasi, fu colpito da anatema nel corso del concilio costantinopolitano del 553. m Vescovo di Mopsuestia in Cilicia, nativo di Antiochia, mor nel 428. Esegeta della Bibbia, fu considerato ortodosso in vita e solo dopo la morte fu associato alla dottrina di Notorio, subendo di conseguenza la condanna del quinto concilio ecumenico, insieme agli scritti anticirilliani di Teodoreto di Ciro e alla Lettera d i Iba a Mari i l Persiano (i cosiddetti "Tre Capitoli"), Ci comport la scomparsa di quasi tutte le sue opere nella lingua originaria (greco), Rimangono, invece, traduzioni in siriaco, in base alle quali studiosi recenti hanno dimostrato chel a sua dottrina cristologica era ortodossa e che al concilio costantinopolitano del 959 furono utilizzati testi interpolati. Come U suo allievo Teodoro di Mopsuestia, Diodoro di Tarso (citt di cui divenne vescovo nel 378) fu associato dopo la morte, anteriore al 394, al nestorianesimo, di cui ad dirittura fu considerato il padre, subendo di conseguenza lanatema. w Patriarca di Antiochia dal 512 al 518, fu deposto dallimperatore Giustino i in quanto monofisita, Mor ad Alessandria nel 538. Combatt la formula calcedoniana delle due nature di Cristo, ritendola oestoriane, ma anche le tendenze estreme del monofsismo (aftartodoceti, coloro epe sostenevano lincorruttibilit del corpo di Cristo). Fu condannato dal concilio di f loftsntinopoli del 536, venerato dalla chiesa copta come santo e martire. Vescovo di Apamea, fu depoato nel 518 a causa del suo monofsismo. Nel 535 accom pagn bavero a Costantinopoli, Inaieme al quale, lanno dopo, sub la condanna da parte del sinodo che fu presieduto nella capitale dal patriarca Mena. m Monaco monofisita, Anch'egli fu condannato dal concilio di Costantinopoli del 536. f s Latter cmtolofjca del veacovo di Edessa I ba, indirizzata al vescovo persiano Mari, insieme alle opere di Teodoro di Mopsuestia e agli scritti anticirilliani di Teodoreto di Ciro, costituisce uno dei cosiddetti "Tre Capitoli, che subirono la definitiva condanna al quinto concilio ecumenico del 553. Ui Ci si riferisce al terzo concilio di Coatantinopoli (680/81), sesto ecumenico, convocato dall'imperatore Costantino iv (668*685) per procedere alla definitiva condanna del monote- listno, formula con cui si tentava una conciliazione con i monofisiti, attraverso la dottrina dell'unica volont ithlesit) nelle due nature del Cristo. u h i uno dei sostenitori del tentativo del patriarca di Costantinopoli Sergio di trovare una u m i l i a 1/,ione con i monofisiti delie chiese orientali, attraverso il monoenergismo, dottrina che sosteneva la presenza di una sola azione (enrgeta) nelle due nature del Cristo. mCiro di Fasi, patriarca di Alessandria, convoc un sinodo della Chiesa copta nel 633, che ut tolse ij mnnnenergismo, Accett in aeguito anche l'kthesis, leditto monotelita promulgato nel 638 dall'imperatore Eraclio (610*641) dietro ispirazione del patriarca Sergio (cfr. n. 326). Falla dal 625 al 638, nonostante foste stato difeso da Martino i, il papa che convoc il sinodo l a i m r m t w del 649 che condann il monotelismo, e da Massimo Confessore, cam pione dell'ortodossit antimonotelits ed ispiratore di quel sinodo, sub la condanna del con trillo del 680-8 i coma monotelita, senza che i rappresentanti occidentali reagissero. La sua ortodossi* appare oggi certa. Mainate* di Costantinopoli dal 610 al 638, fu l ispiratore sia del monoenergismo che del inoootelisnu), Maltiere* di Costantinopoli dal 641 al 653, cerc di mitigare le posizioni monotelire A f h f w n f f Costante n (641-668). A lui si deve il Typos, editto firmato dallo stesso impe larne od 648, con cui si annullava Ykthesis e si proibiva qualunque discussione sulla volon t (U Cristo. Tale politica moderata non gli evit lanatema del sesto concilio ecumenico. 40 Patriarca moootelita di Costantinopoli dal 638 al 641 e poi per breve tempo nel 654. Da awpBtr egumeno aveva collabo rato col patriarca Sergio nellelaborazione deSYkthesis. ** Anch'egli coinvolto nella controversia monotelita, fu patriarca di Costantinopoli dal 654 ri 666. **Stri, a Costantinopoli. ,w Patriarca di Antiochia, partecip al sesto concilio ecumenico di Costantinopoli del 680/81, di cui non accett la condanna del monotelismo; venne, pertanto, destituito e ana- inwntfo. Monaco discepolo di Macario di Antiochia, partecip anchegli al sesto concilio ecu- rin> e come il suo maestro sub l anatema. Cfr Ef 3, 10. B*Cfr. n Regn (n Sam) 15-17. ,MC6r. m Regn (i Re) 17-19. , n Pr 14,12 c 16, 25. Cfr. Is 8.19. ffiGv 1, 14. **Gv 1.18. Deviando, cio, dal retto cammino dellortodossia. C t J 4 , 6 a . Gb 6, 6 (l xx). MCbe, cio, confondono le nature. *Ger 12, 10. >**Gneg. Naz. Or. XXXS u l Figlio, PG 36.113B; la medesima citazione infra, 257C e 341B. 18 Letteralmente p i t t o r e d i sciocchezze, caricaturista; qui irriproducibile un gioco di parole del tipo tr a d u t t o r e / t r a d i t o r e , tra disegnatore (skiagraphos) e caricaturista" {skaio- **Ch. Rm 10, 9. 'Va ricordato che lunica immagine lecita nella dottrina iconoclasta era quella della croce, e die suDe miniature dei codia l intransigenza era stata ben diversa che su altri tipi di """ G b 38. 36 (l xx). *"Es 31, 1-6 (LXX). **Gfr. Grog. Naz., Oraz. f u n e b r e in onore d i Basilio d i Cesarea, Or. XLin, PG 36.55 3B. Or. Is 30, 1. E f 5. 27 C & .R m 10, 10. **1*6, 10; Mt 13, 15. m Cir. nota 209. Basi Caes., Sullo S p ir ito S an to 29, PG 32.204D-205A. w G v l , 18. **Nm 24, 9b. *Ofr. Greg. Naz., Seconda e pist ola a Cledonio, Epist. cii, PG 37. i960. **Da tbes e pscho (soffrire"). Teopaschiti furono chiamati i monaci sciti che tra il 519 e i 520 tentarono di (sa approvare dal papa Ormisda (514-523) la formula Uttus ex Trim t a t e p m r est, con quale si intendeva sottolineare la natura divina del Cristo (Colui che ha sof i a per noi veramente una delle persone della Trinit), per evitare interpretazioni nesto- tkueggunri della passione. H papa, per, respinse la formula giudicandola monofistta. Qui leprino di teopaschita invece riferito ai seguaci di Ario; si dice che non ammettono l'icona p a d * essa trova la sua giustificazione nella realt dellIncarnazione, con le due nature, la mina e k umana, unite nellunica ipostasi del Cristo. Se si nega la natura umana, attribuendo k panimi: aBa sok natura divina, viene meno il presupposto teologico per la legittimit della tappacscacarione figurata del Cristo. * G 11. 7. G l i , 15. Non nato possibile rintracciare nelk Gerarchia Celeste (PG 3.120-369) il founr 344Gv 1, 14. "Is 5, 21. 344Rm1, 28. 347Si tratta, infatti, dell'eresia teopaschita (cfr. nota 360). 344Cfr. Mt 26, 26. 348Cfr. Mt 26, 27-28. 370Pr 6, 2 (ucx). 3711 Cor 3,12-13. 171Cfr. Gv 6, 53b. 171Gv 6, 56. 374Mt 26, 26-28. U Cor 11,23-26. 376Gioco di parole istituito fra il nome proprio e l'attributo del personaggio; il nome vale propriamente saldo, ben fermo. 377Pr 9,5. 37Eustath. Antioch. In Proverbia IX 5 (PG 18,684-683). m Seti di Basilio. 3.0 Mt 9, 20-22; Me 5, 25-34. 3.1 Cfr. Eusebio di Cesarea, Hist. Eccl. vii 18 (ed. Schwartz); al medesimo episodio si f riferimento supra (MANSI xm13E, 93D, 125DE), 382Le 1, 26-28. ,u Cfr. Mt 18, 6; Me 9, 42; Le 17,1-2. 384Sai 26, 12. 3,5 Sai 18, 5. 3.4 Bas. Caes. Contra Sabeilianos, PG 31.600B. 387Greg. Naz. In tbeopbaniam stve in Nativitatem Salvatoris, Orat. XXXVin, PG 36.32013 "Cfr. Gen 8,21. wu Parai 7, 4. 3.0 Dt 32, 17. 3,11 Cor 10, 19-20. 3.2 Cfr. Gv 14,27. 3.3 Gv 4, 24. 394Basii. Caes., In xl sanctos Martym, otnil. XIX, PG 31J08C-509A. 3.5 Cfr. Le 1, 35. 3.4 Cfr. Fil 3, 21. m Eb 11, 38. m Cfr. Me 1, 24. 399 Cfr. Mt 10, 16. 400Cfr. Fil 1. 23. 441Gv 4,24. 402Gv 4, 24. 403Gv 1, 18. 443Gv 5, 37. 405Cfr. Gv 20, 29. Cfr^Ptl , 16. 447Pr 8, 22. 444Gv 3, 13. 409Cfr. 1Cor 15,47. 4.4 Cfr. Gv 3, 13. 4.1 Cfr. Mt 24. 2;Gv8, 31 4,2Cfr. Mt 23. 13. 413Mt 5, 2. 4.4 Gv 1,14. 4.3 Gv 4, 24. 4.4 Dt 5, 8. 417Cfr. Dt4, 12. 4uRm1, 18. 4.4 Rm10, 3. 410 Pr 6, 2 (lxx). 12 i Dt 5, 8-9. Es 25, 17-21. 1Gv 2, 2. 424Cfr. Dt 6, 13. 425Rm1,23.25. 2 Cor 5, 16. 2 Cor 5, 7. Cfr. Rm10, 17. Cfr. Rm1, 23. 4.0 Rm1,25. 4.1Cfr. Rm1, 21. 4.2 Gl 4, 17. 433Sal 88, 34-35. 4,4 Cfr. Rm1,28. 433Is 10, 1. 4341Cor 4, 7. 4372 Cor 5, 16b. 4382 Cor 5, 7. 439Giov. Crisost., Omelie sulla seconda lettera ai Corinzi, XI, PG 61 475 * 2 Cor 5, 16. 'At 1, 11. is 53,9. 443Gv 8, 46. 444Gv 14, 30. 443Cfr. Fil 3, 2 1. 444Ciril. Aless., Commento alla seconda lettera ai Corinzi, PG 74.941, con qualche varian te. 447Giov. Crisost., Omelie sulla seconda lettera ai Corinzi, X, PG 61.469. 4482 Cor 5, 6. 4491Cor 13, 12. 450Rm 8, 24. 451Eb 11,3. 452Sai 25, 5. 433Questi frammenti di Epifanio, vescovo di Costanza (Salamina) di Cipro (315-403), che conosciamo solo attraverso la tradizione indiretta sotto forma di citazioni, sono connessi alla sua instancabile attivit di opposizione alle eresie di Ario e Nestorio. Va ricordato che i se guaci di costoro si servivano di icone per illustrare la dottrina dei loro maestri. Su Epifanio cfr. anche nota 462. 434Cfr. Rm 10, 3. 433Susanna (Dan 13), 56. 4341Gv 2, 19. 437At 20, 29.30. 438Col 2, 8. 4391Gv 4, 1. 440Allusione al canone neotestamentario dei Pauliciani - eresia del vii secolo di origine manichea - che comprendeva, oltre i quattro Vangeli, anche quindici lettere di Paolo, una delle quali indirizzata ai Cristiani di Laodicea. I Pauliciani erano avversi al culto dei santi e delle immagini. 441Si tratta, in realt, di un testo gnostico, ma alcuni autori cristiani dellantichit (come Cirillo di Gerusalemme) lo attribuivano ad un discepolo di Mani, fondatore della setta dei manichei. 442Di Epifanio si conoscono tre scritti contro il culto delle immagini (un trattato, una lettera del 394 allimperatore Teodosio e un testamento alla sua comunit), di cui rima no frammenti. Sebbene i padri conciliari del 787 ritenessero interpolate o spurie questi te, la maggior parte dagli studiosi moderni le considera autentiche; anzi, Epifanio pu i addirittura considerato il primo vero iconoclasta, poich, in una lettera al vescovo Giov di Gerusalemme, si vanta di aver distrutto un'icona che raffigurava Cristo o un santo. 443Si tratta del Panarion (Cassetta di medicazione: PG 41 e 42), opera citata di : con il titolo di Haereses. 4WTeodosio I il Grande (379-395) e Arcadio (393-408). m la lettera del 394 (cfr. nota 462). "Cfr. 2 T s 2 , 13. 4m1 Tm 2 ,16. "PG 43.17-236, trattato scritto nel 374 a confutazione delle posizionj degli Pneumato- ttiachi (colora che contestavano la divint dello Spirito, pnema). "Come gi rilevato (cfr. nota 463), la critica moderna ritiene autentici gli scritti di Epi fanio contro le icone. 47,1 Gfeg, Naz, Versi Morali, xxxi, PG 37.912. 471Cfr. ls 6, 9; Mt 13, 14. 'Cfr. Is 40, 6. ti Glov, Cria., Epist. al santo Gregorio sulla sua vita solitaria. 474Bas. Cesar, in sanctos XL martyres, Homil. xix, PG 31.509A; cfr. supra col. 277C. 4n Sai 72, 20b, Cfr. supra (col. 9A e 9 3 0 lo stesso frammento da urihomilia de legisla tore di Severiano di Gabala fallacemente attribuita al Crisostomo. '7*Cfr, Atan. Aless. Contro i Pagani, PG 25.29A. 477ls 26,13. 'Cfr. Pr 21, 6. 419Le opere di Anfilochlo in PG 39.36-129. Non stato possibile identificare lesatta lo calizzazione del frammento citato. *1 1, 13.13. 4,1 Is 1, 16-17. 4.7 Bas, Caes. in sanctos XL martyres, Homil. hx, PG 31-509A. 4MCfr. Mt 23, 23. 4MCfr. 2 Cor 4,10. Cfr, Gc 2,17, 4 Mt7, 21. 4.7 Ast, Amas. in Lazarum et divitem, PG 40.168B. Gc 3, 1-3, Bas, Caes. Regala, PG 31.977C. 4Mt3, 7. ' Mt 23, 40. 4WSd. Medea. 49i una parte dello stesso frammento citato supra, col. 16B-17D. 4Es26, 1. Cfr, Lv 19, 19. * 1 T b i 2 , 9 . 4* Sai 98, 5b, 4 Greg. Naz. in Theophaniam sive in Hatwitatem Domini, homil. xxxvm, PG 36.329. 4Teodoto, vescovo di Ancira, partecip al concilio di Efeso del 431, terzo ecumenico, a sostegno della posizione di Cirillo di Alessandria contro Nestorio. ,(l<'Susanna (Dan 13), 42. " In greco ycuojtittdKiov. 107Eusebio di Nicomedia (morto nel 341-42) fu protettore di Ario a corte. A lui e al vescovo di Nicea Teognide (morto intorno all1anno 342) viene attribuita una supplica ai padri del concilio di Nicea del 325. Vl>Cfr. nota precedente. ,tHAnch'egli seguace delleresia di Ario. Sorella dellimperatore Costantino e moglie di Licinio, Costanza il destinatario di una missiva da parte di Eusebio (PG 20.1545A-1548A), della cui esistenza e del cui conte nuto gli atti del nostro concilio costituiscono lunica testimonianza. A questa fonte si rifar, decenni dopo, il patriarca Niceforo in un suo analogo cenno allo stesso documento. Cfr. Mt 11,27. m Cfr, 2 Cor 3, 4. Cfr. Mt 17, 6. Sai 23, 9. 13. "Cfr. Is 29, 13, Mt 15. 8. "Oc 1, 8.7. *64 7,7Cfr. Rm10, 10. Sal 15,2. 515Eus. Caes. Comment, in Psalm, xv, PG 23.153-160. 716Anche per questa missiva, cos come per quella al vescovo Eufrasione cui si fa cenno piil avanti, vale quanto detto sopra a proposito della lettera ad Augusta Costanzia. Nella sparizione di questa, e di altra abbondantissima documentazione va evidentemente rilevata lefficaciadella damnatio memoria che segu la vittoria dellortodossia antiariana. 517Cfr. Gv 14, 28. 5,*Cfr. nota 318. 519Monaco monofisita, usurp ripetutamente la sede di Antiochia. Tent di inserire nel Tri- sagion (Dio Santo, Santo e forte, Santo e immortale) la formula Crocifsso per noi, che ave vaun chiaro senso monofisita (pi specificatamente, teopaschita: cfr. nota 360). Mori nel 488, 720 Metropolita monofisita di Mabbug (Ierapoli) cui 488, sede che ottenne grazie all'ap poggio di Pietro Fullone, nel 518-19 fu esiliato in Tracia. Mor a Gangra nel 523. 'Cfr. Le 1,28.31-32. 722Atan. Aless. Epist. ad Eupsychium, PG 26.1245-1248. 7272 Cor 5, 16. 722La versione integrale della lettera (PG 77.234 ss.; ed. Schwartz, Acta concxecum t, I, 6 (1928), pp. 154-156) ha, in questa frase, un testo leggermente diverso ma certamente mi gliore; a quest'ultimo fa riferimento la presente traduzione. Si intravede qui un errore mec canico da parte del redattore o di uno dei copisti dei nostri Atti, che invece recano; a Dio appartengono tutte le prerogative umane. 727Lopera nota solo grazie a questo passo: cfr. P. Van den Ven, La patnstique et l'ha- giographie au concile de Nice de 787, in Byzantion 25-27 (1955-57), pp. 325-362, precisam. p. 350.1sinusiasti (da syn e ousta, sostanza) erano eretici che ritenevano che le due nature del Cristo fossero unite in tal maniera da formare una sola sostanza e che il Figlio fosse con sustanziale al Padre non solo nella divinit, ma anche nellumanit. 726Rm8, 29. 727At 1, 9. 729At 1 ,11. 729Cfr. Mt 17, 1-5. 730Fil 3, 2la. 331Gv 1, 18. 7322 Cor 5, 16. 733Rm8, 8-9. 532Is 53, 9; 1 Pt2, 22. 737Cfr. Gv 4,1 4. 736Bas. Caes. In sanctum Spiritum, PG 32.149C. 737Su questo passo cfr. nota 44. 739Gv 4, 24. 739Sai 35, 9. 720Gv 4,14. 721Ger 2, 13. 722Cfr. Rm10, 3. 723Cfr. Sai 11, 3. 722Is 32, 7; 44, 18. 727Mt 18, 6. 324Cfr. Mt 7, 6. 723Cfr. At 20, 29. 729Cfr. Dt 27, 17. 729Pr 21, 6. 770Mt 16,18. 771L'intero paragrafo, inatteso e slegato dai contesto argomentativo della Re/utatto. c certamente frutto di interpolazione. Lo si pu addebitare ad Anastasio Bibliotecario, ed alle sue note simpatie floromane. 772Bas. Caes., cfr. supra, col. 252B. 753Cft. 2Ts2, 15; 3, 6. 7721Tm 6, 20; 2 Tm 2, 16. 777Ef 2, 20. ,M' $1 If in ri f eri mento I l e persecuti on! subi te dagl i i conof i l i , c he ai sv i l upparo no durante gl i l i l l l l f i l qui ndi ci ahnl del r egno di C o stanti no V (741- 775) . S ul l e di mensi o ni real i di tal i pai SM -nal unl 6 ancura aper to i ra gl i studi osi i l di batti to . 'C f r . I ( i ti r 5, 11. I * turni I tti rni f l l e sottol i neano che l e persacuai onl col pi rono so p r attu tto i mo nad. V ari strateghi sembrano essersi di sti nti per il l o to tel o nel costri ngere m o n ad e monache a l asci ate l 'abi to e a sposarsi , per po tere conf i scare l e pr o pr i et monasti che. 4,4 Allusione alla vocatlohe monastica. II termine qui adoperato v^toSo, che propriamente indica le colonnine votive isto riale 0 decorate ttm motivi aoomorfl o vegetali. Qui viene tradotto con lespressione decorate m t m w , rllerlia al termine suppellettili. ( ft tlv 11,43-32. ( ri gati l e dal l e cento bracci a ( H em, //, 1,403) . *Mhi tratta, eti l i Ogni probabi l i t! di uninvettiva rivolta al patriarca iconoclasta di allora C ostanti no II (734- 766), poco sopra detto beatissimo. Va ricordato che Costantino n f u no mi nal o pai ( lai ca al l a f i ne del conci l i o i conocl asta di Hleria, l8 agosto 754; concilio convocato nel f ebbrai o rii quel l anno, quando l a sede patriarcale era vacante, per la morte di Anastasio (7 ri i 734), avv enuta tn gennai o. MCfr, 1 Cor 7,40. *M ( ;f r, a c o r 4 , 1 3, ** Questo primo anatema riprende ed amplia i l pr i m o anatema del q ui nto conci l i o ecu menico, costantinopolitano secondo, *wQuesto ed t seguenti due anatemi sono rispettivamente il pri mo , i l secondo e lundi- ceslmo del dodi ci ahateml Anal i del l a tersa l ettera a Nestorio di G r i l l o di Alessandria, del 430 ( PO 77,103 122), (freg, Naa Or, 40,43(PO 36.4240, **C,fr,'2 Cor 12,4, '"Off, Kb 1,3, Off, Ov 11,11,13. wtifr, At 1,11. Cfr, 2Tm 2, 9, ( lost il testo greco. La traduaione latina recita: ... assumendola nel pensiero come una semplice carne, * '* (;tr, tupm, eoi . 248C e 257C . ** U na del l e accuse che bl f r equentemente gli iconoclasti rivolgevano ai loro avversari era quel l a di nestorl anesl mo (cfr. nota 306), ciodi separare nella raffiguratone del Cristo l a natura umana (cl rcoscri vl hl l e e perci raf f i gurabi l e) da quella divina (mrireosdvibile e quindi non raf f i gurabi l e), * " Orea Naa. Hom. wtm, PO 35.1160C . Cfr. I'll 2,6 7. '"On 27,2*. "Hifr, Me 3, 1-20. 'Cfr. At 16. 16-18. "Cfr. 2Pt 2 .22. Hl Pr 27, 2. ** 1 60, 13, "Cfr Cl 4. 7, "H'.fr, tMgrw, 236C, ''Cfr, Rm 14, 17, *** Il termine qui adoperato, tltfCttumc, designa comunemente la caduta dei progenitori della stirpe degli uomini dal giardino dellEden. " C f r, Pr %12b !2c, "Cfr gal 7, 1316. w Cfr Pr 3, i, w'Trlll0 di Rm 3. I ), qui citato con in testa lultimo verso. Si tratta, come lintera P*rlem#di Rm 3, IO-18. d un ndiatr 'monotematico'' di versetti tratti dal salterio e da Isaia. "Cfr. fee 11, 2. "Off 1*63,*. ^ (armano i. patriarca di Costantinopoli tra il 713e il 7)0, Giorgio, patriarca di Co 166 sonni di Cipro, e Giovanni d Damasco, qui designato con loriginario nome arabo, erano stati tra i pi temibili difensori delle icone prima del sinodo di Hieria del 754. "Ger3,3. Cfr. Sai 30, 19. "Cfr. Sai 30,21. w Sal 149, 6. "1Pt 2, 23. " Cfr. Le 6, 29. Cfr. Mt 5, 41. Cfr. Lam 3, 27-28, * In effetti il nome si prestava, e per questo gli iconoclasti vi insistettero, ad essere letto come un insulto, giacch mamzer vale in ebraico bastardo. Cfr. Eb 11, 26. *Eb 11,25. 407II riferimento qui alla permanenza del Damasceno alla corte del Califfo, cio nel monastero di s. Saba in Palestina. *Gv 14, 27. 409Rm 1, 30. 610Pv 8, 9. 611Cfr. Mt9, 9-13. 412Cfr. Le 19, 1-8. 411Cfr. Gn 39, 6-20. 4,4 Cfr. Susanna (Dan 13). 415m Regn (1 Re) 17-19. 4,4Cfr. Mt 3, 4. 417Cfr. Gv 1,29. 414Sai 76. 4. 41,Cfr. Gn 3, 1-3; 2, 16-17; ma il testo dei LX X qui diverso da quello citato nei nostri atti, e la citazione contamina i due passi in modo confuso ed approssimativo. Cfr. supra, 309D. 421Athan. Alex. Ad Marcellinum de interpretatione psalm., PG 27.12-45. Is 7, 14. 423li Regn (n Sam) 6, 6-7. Mie 6, 8. 425Mt 5, 34. Cfr. il Parai (il Cron) 19, 2. 427Cfr. Eb 13, 21. 428Ef 5, 27. 429Mt 28, 20. 430Pr 9, 12b-12c. 431Ger 12, 10a. 432Ez 22, 26. 433Si tratta dei primi due concili ecumenici, Niceno I (325) e Costantinopolitano i (381), ai quali legata, se anche non propriamente durante le loro sessioni ebbe luogo, la definizio ne del famoso symbolon, tuttora riconosciuto, pure con qualche variante assai significativa, presso tutte le confessioni cristiane. Esso riportato per intero infra. 434Checch asserisca Mansi in nota (e forse gi Anastasio Bibliotecario nella sua tradu zione), il filioque unaggiunta prodottasi in unepoca successiva al nostro concilio e diffu sa e recepita soltanto in area occidentale. Comunque, il nostro testo greco non ne fa alcun cenno. 433II concilio di Efeso, terzo ecumenico, si tenne nel 431 (cfr. note 305 e 306). 6340 concilio di Calcedonia, quarto ecumenico, si tenne nel 451 (cfr. nota 308). 437II secondo concilio di Costantinopoli, quinto ecumenico, si tenne nel 553 (cfr. nota II terzo concilio di Costantinopoli, sesto ecumenico, si tenne nel 680-81 (cfr. nota 311). 321). Basil. Caes. In Sanctum Spiritum PG 32.149C. 440Cfr. 2 TS 2, 15; 3, 6. 641Cfr. Sof. 3, 1415. Il secondo Concilio di Nicea e la controversia iconoclastica d i Mario R e All'inizio del secolo Vili l'Impero Bizantino, perduti definitivamente in conse guenza dellavanzata araba lAfrica settentrionale, la Siria, la Palestina e la Meso potamia, si avvia ad un lungo periodo, in cui, attraverso la difesa del territorio superstite e attorno allormai unico centro politico costituito dalla capitale, verran no realizzati nuovi equilibri politici e sociali. La riorganizzazione delle province nelle unit amministrative e politiche dei tbmata, in cui i poteri sono assunti da un unico stratega, fu il risultato di unevoluzione certo assai pi lenta di quanto prefigurasse la tradizionale teoria interpretativa di Georg Ostrogorsky, che la fa ceva dipendere da una precisa iniziativa istituzionale dellimperatore Eraclio (610- 641); in ogni caso, lorganizzazione tematica fu la soluzione bizantina alla crisi del sistema urbano e di quello militare che segna lImpero nei corso del secolo vn. In tale prospettiva, liconoclasmo, i cui inizi si legano ad imperatori che riportarono vittorie decisive sui vari nemici delllmpero (arabi, slavi, bulgari), pi che una crisi appare un periodo di stabilit e di consolidamento. I sovrani iconoclasti, infatti, ebbero unalta concezione del loro ruolo, sia dal punto di vista politico-militare, che da quello religioso. Essi si assunsero il compito di contrastare le spinte cen trifughe allinterno della compagine sociale e politica delTImpro, tentando di ristabilire lautorit del potere centrale, anche attraverso la simbologia della tra dizione costantiniana (la croce). Il sempre pi diffuso culto delle immagini.ven ne a costituire, ai loro occhi, una sorta di contropotere che allontanava l popo lazione dalla devozione nei confronti del sovrano. 0 25 marzo 717 Leone in (77-741), ufficiale e poi stratega del tema anatoli- co, venne elevato al soglio imperiale dalle sue truppe. Unendo alle notevoli capa cit militari adeguate qualit diplomatiche, il nuovo basileus riuscir con una serie di fortunate campagne militari ad allontanare il pericolo arabo Costantinopoli. La sua stessa elezione era avvenuta in un momento estremamente delicato: nel lagosto del 717, in conseguenza di una avanzata che fino a quel momento non aveva trovato ostacoli, le truppe del califfo Sulaiman avevano posto lassedio alla capitale; ma il 15 agosto defanno seguente, dopo un inverno particolarmente rigido, grazie allefficacia delle misure difensive e alluso del noto fuoco greco (sostanza chimica sconosciuta agli arabi), Leone III otteneva la sua prima grande vittoria, costringendo la flotta araba al ritiro e riuscendo in seguito ad attaccarla e a distruggerne le navi. Ebbe inizio da quHa-progressiva riconquista dellAsia Minore, culminata nella vittoria riportata j falle truppe bizantine nei pressi di Amorion (nel tema anatolico); vittoria cheTtfadizionaimente, viene associataci cjuella co'n cui Carlo Martello ferm lavanzata araba verso l Occidente a PoitiefiH nel 731: la cristianit aveva definitivamente superato il pericolo di essere assorbiti allinterno dellImpero Musulmano-- 9 E in questo contesto di riscossa militare e di riorganizzazione politica che ajfl inserisce la politica religiosa di Leone ni, caratterizzata dalloffensiva contro i f l 171 culto delle immagini sacre. Le fonti concordano nel considerare il 726 lann< dinizio della politica iconoclastica del basileus, collegandola, secondo la tipic mentalit medievale, ad un fenomeno naturale: nellestate di quellanno, infatti, s verific una violenta eruzione nel braccio di mare a nord-est di Creta, che provo c lemersione di una nuova isola tra Thera (lodiema Santorini) e Therasia; sem bra che Leone attribuisse la causa di quellimprovviso fenomeno alla collera divi na nei confronti del popolo romano - cos si autodefinivano i bizantini, in quanti unici eredi legittimi dellantico Impero Romano - dedito al culto idolatrico del le icone. Il primo passo compiuto dallimperatore fu in direzione del papa Gre gorio n (715-731), nel tentativo di convincerlo ad appoggiare la sua decisione d combattere il culto delle immagini sacre. Sembra che lo stesso Gregorio avesse gii affrontato largomento qualche anno prima (723-724), in uno scambio epistolari con il patriarca di Costantinopoli Germano (ma sullautenticit di queste lettere gravano forti dubbi); questultimo, infatti, preoccupato dalle prime manifestazion iconoclastiche di alcuni vescovi della Frigia (regione nella zona nordoccidentale dellAsia Minore), si era gi attivato per scongiurare lesplodere della crisi e aveva informato il pontefice dei primi risultati, che apparivano positivi, del suo interven to. Gregorio n, nella risposta che ci pervenuta sotto il suo nome, manifestava il proprio compiacimento per loperato di Germano, adducendo a sostegno della legittimit della rappresentazione figurata del Cristo, la realt deHIncamaziqne: E giusto raffigurare la forma umana di Cristo, che ci ricorda IT suo abbassamen to e ci conduce per mano al mistero della Redenzione. Essendo tali i convincimenti del papa, il tentativo di Leone di associare alla sua battaglia lautorit della Sede Romana ovviamente si rivel un fallimento. Sembra che il basileus, indispettito dalla resistenza di Gregorio, abbia messo in atto vari tentativi per deporre o far sopprimere il pontefice. Allinizio del 727 Leone diede lordine di rimuovere il mosaico con limmagine di Cristo collocato sulla Cbalkh, la porta di bronzo del palazzo imperiale. Anche su questo episo dio, enfatizzato dalle fonti iconodule, rimangono molti dubbi; sembra, comunque, che una sommossa popolare, animata soprattutto dalle donne, imped in un pri mo momento la realizzazione del decreto imperiale. In ogni caso l'immagine fu rimossa e rimpiazzata da una croce, che diverr il simbolo della politica iconocla stica degli imperatori fino al ristabilimento dellortodossia. Teodoro Studita (della celebre comunit costantinopolitana di Stoudion, che si distinguer per lintran sigenza nella battaglia contro gli iconoclasti) ha conservato in un suo scritto il testo delliscrizione che Leone avrebbe fatto collocare sulla Cbalkh, a giustifica zione del suo operato: Non potendo tollerare che il Cristo sia dipinto come una forma muta e senza vita, in una materia terrestre che le Scritture condannano, Leone insieme al proprio figlio, il nuovo Costantino, colloca sulle porte del palaz zo limmagine tre volte benedetta della croce, gloria dei credenti. Nellaprile del medesimo anno, i thmata degli Elladici e delle Cidadi si sol levarono contro Leone, ma vennero sconfitti e severamente puniti. Sventati, dun que, i tentativi di opposizione popolare ai suoi progetti, non restava al basileus che compiere latto decisivo: convincere il patriarca Germano ad appoggiare la sua politica religiosa, oppure, in alternativa, ottenerne la deposizione. A tale sco po, il 17 gennaio 730, limperatore convoc unassemblea dei maggiori dignitari laici ed ecclesiastici. Lintento era quello di costringere Germano a firmare un do cumento, gi predisposto, in cui si condannava il culto delle immagini; ma il pa triarca oppose un deciso rifiuto e, dopo aver ricordato allimperatore che in ma teria \di fede nulla poteva essere mutato senza la convocazione di un concilio ecu menico, si ritir in volontario esilio. Al suo posto Leone fece eleggere il sincello Anastasio (730-754), che pochi giorni dopo pubblic un documento di stampo 172 iconoclastico e invi al papa la sua synodca (la lettera con cui si comunicava l'av venuta eledone). Ovviamente Gregori o si rifiut di riconoscere lelezione, assai poco canonica, di Anastasio. L a rottura tra Roma c Bisanzio era ormai inevitabile: un sinodo, convocato a Roma dal nuovo pontefice Gregorio ut (7)1 741) nel no vembre del 731, condann senza appello gli avversari delle immagini sacre. Come risposta alla presa di posizione del Papato, fu deciso di trasferire l'amministrazio ne dellI llirico, della Calabria e della Sicilia sotto la giurisdizione bizantina, com presi i possedimenti della Chiesa di Roma. La data di questa misura , tuttavia, controversa, e potrebbe risalire al periodo di regno del figlio di L eone ili, Costan tino v, in un arco di tempo compreso tra il 752 e il 757. Questi gli eventi che si collocano allinizio della controversia iconoclastica, co me vengono ri cordati dalle fonti che - opportuno sottolinearlo - sono tutte di parte iconofila. Ovviamente il giudizio degli studiosi moderni oscilla a secondo che si conceda maggiore o minore fiducia a queste fonti, in particolare quando si vogliono comprendere i motivi che spinsero L eone ad intraprendere la sua poli tica iconoclastica; n si pu dimenticare che spesso anche linterpretazione dei moderni risulta condizionata da prospettive di parte, siano esse religiose o ideo logiche, laddove si tenda a sottolineare e ad esaltare la vittoria dellortodossia sul leresia, ponendo in cattiva luce, anche sul piano morale, i protagonisti della parte che storicamente risult sconfitta. A ppare evidente, in ogni caso, che le testimo nianze delle fonti iconofile in vari punti risultano poco attendibili o reticenti al vaglio di una critica serena e che tenda a rimanere equidistante tra le parti in conflitto. Ad esempio, come rilevano studiosi del calibro di Peter Schreiner e Gilbert Dagron - a questultimo si deve una recentissima ed ottima sintesi sulla questione - , le persecuzioni dei sostenitori delle immagini furono certamente me no feroci di quanto le fonti vogliono far credere, soprattutto al tempo di L eone m (vere e proprie persecuzioni si ebbero solo sotto il figlio di Leone, Costantino V, e per periodi di tempo limitati); tra l altro, con esse, si intendeva colpire pi di e laspetto religioso l atteggiamento politico di opposizione alle disposizioni imperiali. La tendenziosit delle fonti superstiti appare in piena evidenza nel tentativo d collegare liconodasmo allinflusso del pensiero ebraico e di quello islamico, di cui noto il divieto, di raffigurare il sacro. Lesempio pi evidente costituito da (ma leggenda accolta da vari cronisti bizantini e riferita anche nel corso di una ddk sessioni del concilio di Nicea del 787; secondo essa, il califfo omayyade Ya- rid n nel 721, spinto da un ebreo che gli avrebbe profetizzato trentanni di regno, emise un decreto con cui si ordinava la distruzione sistematica di tutte le imma gine presenti sul territorio appartenente al suo regno, sia nelle chiese che nelle case private; sebbene Yazid il morisse pochissimo tempo dopo (segno evidente per g)i iconofii della collera divina), per il tramite di un apostata siriano di nome Beser, favorito di corte nei primi anni del regno di Leone, tale supposta iniziativa legislativa avrebbe finito con linfluenzare il basileus. Il Dagron nega con decisione die tale leggenda possa avere un fondo di verit (pi possibilista si mostra invece il gesuita Gervais Dumeige, cui si deve il volume IV della nuova Histotre Jet con- dies cecumrtiques, dedicato al Niceno secondo); basti pensare che le fonti arabe del tempo ignorano lesistenza di un decreto iconoclasta di Yazid li. Singolare ap~^ pare, poi, dover ipotizzare un influsso ebraico su Leone, il quale nel 722 nromuMfl g un editto con cui si intendeva costringere gli ebrei al battesimo. In realt, noH esiste alcun elemento serio che possa mettere in dubbio il carattere pienamen(^| bizantino' della politica di Leone ili; risulta chiaro, pertanto, il tentativo d apparire una eresia bizantina come il frutto di una influenza dei nemici di Bt*9 sanzio, ovvero ebrei ed arabi. a | Se si passa poi al versante dellereticenze, non si pu non notare che i soste nitori delle immagini hanno sistematicamente sorvolato sulla diffusa ostilit dei primi cristiani verso la raffigurazione del sacro. A parte i vari divieti veterotesta mentati, cui si rifacevano gli iconomachi e che gli iconofili ritenevano non pi validi per il popolo cristiano, che conosce la realt dellIncarnazione e non pi esposto al pericolo dellidolatria, vari padri della Chiesa dei primi secoli mostrano apertamente di non accettare le immagini (come Clemente Alessandrino e Ori- gene) o, comunque, esprimono dubbi in proposito (come Lattanzio e Arnobio, i quali accettano le icone solo per il loro valore pedagogico nei confronti del po polo rozzo ed ignorante, mostrando di temere che esse possano diventare logget to di una inopportuna venerazione). Lo stesso santAgostino si mostra assai dub bioso sulla-legittimit di rappresentare il-sacro, in particolare limmagine di Dio: sarebbe come cambiare la gloria di Dio incorruttibile in una somiglianza corrut tibile; e nella sua opera De Hseresibus. il santo di Ippona condanna .una certa Mantellina che venerava le immagini di Ges e san Paolo, insieme con quelle di Chnero-e Pitagora. Ancora pi rilevante,risulta quanto stabilito dal canone Jdxlel sinodo spagnolo di Rivira, tenutosi nel corso del primo decennio del secolo III; esso prescriveva che nelle chiese non si devono collocare pitture, affinch non si dipinga sulle pareti d che oggetto di venerazione e adorazione, configuran dosi come il primo intervento dellautorit ecdesiastica in materia di immagini (va notato che nel corso della controversia iconoclastica a tale canone non si far al cuno accenno); il che dimostra che luso delle immagini sacre e il culto ad esse tributato cominciavano a diffondersi. - _____ Altrettanto netta risulta lnppn<i7.innp di [Eusebio di Cesarea (236.ca,-339), la cui autorit verr respinta dal Niceno secondo, che lo taccier di arianesimo. La sas Lettera a Costanza, F sofella dell imperatore Costantino I che gli aveva do mandato una immagine di Ges, costituisce uno dei primi documenti in cui viene posto il problema della rappresentazione delle due nature presenti nel Cristo. Ap pellandosi al passo paolino 1 Cor., 11, 9, in cui si afferma che gli uomini ora non conoscono pi il Cristo secondo la carne, Eusebio sostiene che impossibile ri produrre attraverso la materia il divino presente nel Figlio, cos come lumano trasfigurato. Egli condanna ugualmente luso, che evidentemente cominciava a dif fondersi tra i cristiani, di fare delle immagini dei santi Paolo e Pietro. Con que ste motivazioni Eusebio respinge la richiesta di Cqttao> . . . .. Ma il titolo di primo vero iconoclasta spetta ad gpifanio di Safamina^315 ca - 403), il quale scrive al vescovo di Gerusalemme GiovannidTaver distrutto unim magine a colori di Cristo, poich riteneva larte e le figure una specie di nuova idftn, Introdotta dal diavolo, Epifanio, ovviamente, sar molto citato nel corso Hp) rnnrilio irrmorlastirn di Hiria, mentre i padri riuniti nelle sessioni del Nice- no secondo riterranno falsificati gli scritti del vescovo di Salamina; oggi, tuttavia, lautenticit di questi scritti universalmente accettata. Ci che appare evidente con Epifanio (ma anche con Eusebio e tutti gli altri primi padri che, in varia mi sura, mostrarono dubbi sulla legittimit delle immagini sacre) la mancanza di una tradizione che autorizzasse in modo chiaro la raffigurazione di ci che per i cnsuaru era oggetto di culto: si spiega, dunque, come una delle principali accu- seche glTawersari delle icone rivolgevano agli iconofili fosse quella di aver inno vato rispetto alla tradizione della Chiesa, laddove per tradizione si intendeva so prattutto lesistenza di documenti scritti (atti dei concili). Non a caso al Niceno secondo si afferm che lajradizione non scritta della Chiesa ha uguale valore di quslU_a:itta,eche se4n uso, come quello dd culto delle immagini, accettato universalmente anche in assenza, di esplicite autorizzazioni formulate nel corso dei precedenti concili ecumenici, c$so va riconosciuto come pienamente legittimo. >74 Con Leone m, dunque, l iconoclasmo si impose come dottrina ufficiale; man cava, tuttavia, ancora un passaggio: la convocazione di un concilio che condannas se il culto delle icone. Sar il figlio di Leone, Costantino v, succeduto al padre, morto il 18 giugno 741, a compiere questo passo e a far entrare l'iconoclasmo in una fase pi decisa, che conjport anche una campagna di repressione verso gli oppositori, in particolare i monaci. Ma a Costantino, bollato dagli iconofili con lappellativo infamante di capronim o (dal nome di sterco"), si deve anche unopera dogmatica (ricostruibile sulla base della confutazione che ne fece vari decenni pi tardi il patriarca Niceforo), scritta nello stile delle domande e rispo ste (Peuseis), che costitu la base dottrinaria del concilio di Hieria del 754. L'idea cardine delle Peuseis era dimostrare l impossibilit teologica di raffigurare il Cri- StQ. senza contraddire il dogma ralrerlnniann della perfetta unione in npajmla ipostasi della natura umana e di quella.divina; ci si fondava sulla premessa che la vgra immagine .deveTessre consustanziale al suo modello. Costantino conclude- vg~che'furiic vera icona di Cristo I*Eucaristia ~ Del concilio chevenne celebrato dal 1Ufebbraio all8 agosto presso il palazzo suburbano di Hieria non si sono conservati gli atti, anche se la definizione di fede ricostruibile sulla base della confutazione che ne fu fatta a Nicea. Si conosce solo il numero dei partecipanti, 338 vescovi, e si pu con ragionevolezza ipotiz zare che il testo di base per la definizione dogmatica fu costituito dallopera di Costantino v; in ogni caso con Hieria liconoclasmo ricevette il carattere della piena ufficialit e legittimit canonica e dopo la conclusione del concilio il sovra no decise di passare ad una politica pi energica e meno tollerante del padre. Fu in questo arco di tempo che si ebbe una vera propria persecuzione, soprattutto nei^ confronti dei/ monaci, f orse anche per motivi politici ed economici, come la necessit di limitare la sempre maggiore estensione di patrimoni monastici, che godevano defleserizlonefiscale. Lawenttral regno dXeone iv (775-780) segn linizio del progressivo allen tarsi della politica iconoclastica da parte degli imperatori; quando, poi, l8 settem bre 780, Leone mor, lasciando come erede il figlio Costantino di appena dieci anni, la reggenza pass nelle mani della vedova Irene, donna energica e di spic cate simpatie iconodule. Naturalmente invertire la rotta in una materia cos deli cata a Bisanzio, come quella religiosa, non era cosa da potersi realizzare in poco tempo; innanzi tutto, era necessario che al vertice della gerarchia ecdesiatica ci fosse un patriarca che condividesse la svolta iconofila. Niceta era gi morto il 6 febbraio 780; il successore Paolo IV, che non era favorevole alliconoclasmo, aveva deciso di abdicare, dopo essersi ritirato in un monastero (agosto 784). Alla basi- Itssa, sorpresa dalla sua decisione, aveva confessato che mai avrebbe voluto dive nire patriarca in una Chiesa costretta a seguire lerronea dottrina iconoclastica. Immediatamente (29 agosto 784) Irene decise di scrivere al papa Adriano i (771- 795) per comunicargli la sua intenzione di convocare un concilio ecumenico che avrebbe risolto lannosa questione delle immagini, invitando il pontefice a parte ciparvi o direttamente o tramite suoi legati. Nel frattempo bisognava eleggere un nuovo patriarca che fosse favorevole allindirizzo ecclesiatico imposto da Irene e che potesse preparare il concilio che si voleva convocare per lagosto 786 nella stessa capitale. Il 25 dicembre 784 l'a secretis (importante carica nellambito della cancelleria imperiale) Tarasio veniva consacrato patriarca, conformemente alla scelta effettuata dalla stessa imperatri- ce. Lawenuta elezione fu comunicata ad Adriano, il quale, pure riconoscendo dalla lettera ricevuta lortodossia di Tarasio, non manc di far rilevare la no conformit ai canoni dellelezione di un laico alla dignit patriarcale. Nellagosto del 786, come previsto da tempo, il concilio si apprestava a darei I7S i ni zio ai suoi l avori nell chic* dei baul i A posi ii l l * f.'M uunimt|mil | M i n, si nodo era scontato, in quanto la sua convocazi one in form* huuhwhi. cm* h<h Ila presenza del rappresentami di tutta a ci nque le sedi pal i lai cali /boms, i tinopol i, A l essandria, A nti ochi a a OaPHaalanini al, era al ala tesa possibi le pomo/, dal preventi vo accordo sulla l egi tti mi t dal l a i mmagini N on ani ptci nj e dnmiiv. che la guardi a i mperi al e fedel e all a memori a di C ni nmti no v, dopo * vn lain* o ruzi one nel l a chiesa, di sperse ['assembl ea dei vescovi ivi ri uni i * , l o uo M i rer, tentati vo di bl occare la svolta i conofi la; pare che al di ni vescovi in*nifb*i**ii*rn soddisfazi one per l 'imprevi sta sospanai one dai l avori , al godo di al i ti amo mn, Nel maggio dell'anno successivo, dopo che con il pretesto di noe spcdl/ion* militare in Asia Minore le truppe iconocnmacbe furono alloolanale, il ondilo tu nuovamente convocato; ma, per prudenza, si ritenne piu oupoi i uno fai Muoio. / vescovi a Nicea, la metropoli bitinica in cui si ara lanulo nel \ h il ninno enodi /o ecumenico, dedicato alla controversia ariana. Aliti MMHiJie loaiiMiiiale, fi 4 bre-787, parteciparono circa 250 vescovi (secondo 1calcoli del Dannu/es al lavori presero parte, complessivamente, J65 vescovi). L'ordinv gerao hoo prevedeva primi posti, i due rappresentanti del papa, Pigtm, arciprete di hao (Vi ro e I onio nimo egumeno (abate) del monastero tornano di ban balta; pul Tates IO, palliai ca di Costantinopoli, e i monaci Giovanni a Tommaso io reppreeenian/a dell* sedi orientali (Antiochia, Alessandria a Gerusalemme) Alle seriole perno ipeveno anche due legati dei basileis, il patrizio Patronati e il logorala ioli Hate t novenni nonch vari monaci, egumeni ed archimandriti. La presenza dei mooai i nella sul* tradizionale delle decisioni vescovili stata sottolineala dagl) siurimti noie no* novit di rilievo del Niceno secondo, ma con ogni probabilit esai furiavi presemi anche al sinodo iconoclasta di Hieria dal 794) che la loro parte ipazdaie al n, cilio destinato a proclamare la legittimit del culto delle icone i deliba al ned/, di maggiori oppositori dell'iconoclasmo, anch'essa lesi ttariizinnalv, ma Ire, buoni argomenti, stata recentemente ridimensionata dalla Au/epy t ,io Ire *p pare chiaro, comunque, che i monaci intervengono alle sedute, ma mai faum, parte in senso proprio del concilio; non dispongono, inlaiii, di domo di va quando allinizio di ogni seduta viene ripetuto ('elenco dei parieiipanti, alla Un jmula riassuntiva il santo sinodo segue ['indicazione essendo inoltre preservi i anche gli archimandriti, gli egumeni e 1monaci; questuinoli, dunque, warn or !siderati come non appartenenti all'assemblea indicata con il molo di stivai" Ma sul loro ruolo si torner tra poco, per chiarire meglio il senso di questa pi**en za. La prima finpp-^inque. si tenne il 4 settembre, Il discorso iniziai* iu t* nuto dal patriarca raskl^su richiesta dei veicovi siciliani; in questo ovvio eh diveniva di fatto il p?e*t3entc dell'assemblea, Nelle sue parole maligni ali inrvvro no spazio il ricordo dei fatti dell'agosto 786 e le opportune lodi al sovrani, mai ch lammonizione a trovare una soluzione giusta ed equilibrata, dmvii*** inopportune innovazioni o esasperazioni, Sin da queste prime balline risolta <<e, evidenza che la preoccupazione maggiore di Tarasio non riguardava inni IVm-, tei dibattito dottrinale - che, come gi ricordato, era scontato , tmisi il bile delinearsi di posizioni intransigenti sulla questione della reiriievra/WK d*i vescovi e dei metropoliti gi iconomachl, che avessero ricoiioticimo loro suor Il problema si pose subito dopo la lettura della lettera utliclate degli impel*"" Irene e Costantino, fatta alla fine del discorso di Tarsilo, v mjvi le prim* o* sedute.del sinodo, l primo passo fu compiuto con l'ammissione di un prmu rupi* l vv" vi iconomachi, Basilio di Ancira, Teodoro di Mira e Teodoro di Ammvvc <1"P" la lettura di una professione di fede iconofila e una pubblica suo miiim i 176 furono riabilitati (ovvero, avrebbero mantenuto il loro seggio episcopale); pi contestata fu la riconciliazione con sei altri vescovi accusati di aver complottato peK Impedire il concilio progettato per lanno precedente a Costantinopoli. Si trattava di Ipazio di Nieea, Leone di Rodi, Gregorio di Pessinunte, Leone dco- nion, Giorgio di lerapoli e Leone dellisola di Carpathos. Fu a questo punto che si deline con chiarezza lopposizione dei monaci, capeggiati da Saba del mona stero costantinopolirano di StoudionAi quali premevano perch si scegliesse un at teggiamento di rigore. A favore delle loro posizioni essi avevano portato un testo di santAtanasio* ostile llareintegraziope dei capi di uneresia, ma Tarasio, attra verso unabile conduzione del dibattito, riusc a far prevalere la sua posizione di conciliazine. Non si trattava di una questione di scarso rilievo. Poich gran parte dellepiscopato era stato ordinato al tempo delliconoclasmo, se fosse prevalsa la posizione di Saba, si sarebbe dovuto procedere ad un generale mutamento dei vertici ecclesiastici (quasi unepurazione), che avrebbe coinvolto molti dei parte cipanti al concilio; le conseguenze sarebbero state assai dolorose. attraverso queste prime fasi del dibattito che si comprende, dunque, il sen so della presenza del ceto monastico al concilio. Se si considera,, infatti,.che il loro intetvnto sulla questione delle immagini , al di l della proposta di leggere qual che testo, pressoch nullo, si constata agevolmente che essi sono presenti esclu sivamente nel tentativo di far passare una posizione di intransigenza sul proble ma- dei vescovi con un passato da iconoclasti; e si comprende, anche, che questa era la vera questione aperta, dallesito per nulla scontato. La forza del partito monastico, che godeva dei favori della basilissa Irene, era tale che,"nonostante al Niceno secondo finisse col prevalere la tesi conciliatrice e antirigorista del clero patriarcale, esso cercher nei decenni immediatamente successivi di imporre il proprio modello di vita cristiana, in costante conflitto con la gerarchia secolare, accusata, tra laltro, di essere troppo sensibile al fascino del denaro (lo stesso patriarca ammise in una lettera che molti vescovi avevano comprato la loro carica) e troppo legata - e spesso subordinata - al potere politico. E non va dimentica to che Tarasio era un laico imposto dallimperatrice ai vertici della Chiesa; ci destava scandalo non solo negli ambienti della Curia Romana (di questo si parler tra breve), ma anche allinterno del ceto monastico; infatti Saba di Stoudion gli si rivolge chiamandolo seccamente patriarca ecumenico, evitando qualunque at tributo onorifico (di solito si usava dire lassai santo ed ecumenico patriarca) e giungendo alla rottura definitiva, ultimati i lavori^fonciliari. La seconda sessione del concilio si tenne iL26 settembre. Ad apertura dei lavori, fu ammesso alla presenza dellassemblea uvescovo di Neocesarea Grego rio, iconoclasta pentito, verso il quale Tarasio si mostr particolarmente severo. La sua reintegrazione venne rimandata alla seduta seguente, in cui Gregorio .avrebbe dianttp presentare una confessione di fede scritta. Si pass, cos, alla let tura delle puenettere di papa Adriano, indirizzate rispettivamente agli imperatori ;e fptriarcSTTrim dTentrre nl dettaglio, necessrio accennare rapidamen- ;te-aicomplessi problemi legati alla tradizione testuale di questi due documenti, in particolare della lettera (sinodica) indirizzata ai due sovrani bizantini. N la ver sione greca n quella latina, infatti, ne hanno conservato il testo originale. La prassi conciliare prevedeva la lettura dei documenti redatti in latino, cio di pro venienza romana, prima nella lingua originale e poi in traduzione greca (ma di questo bilinguismo non rimane traccia nelledizione del Mansi). La prima tradu zione in latino degli Atti, inficiata da grossolani errori e fraintendimenti, fu ese guita gi allindomani della conclusione del concilio, nel 788, e, come si dir gjj avanti, provoc una violenta reazione da parte della corte carolingia. A nd H giunta, invece, la versione eseguita quasi un secolo dopo da Anastasio BibliotdH 177 rio (la dedica al papa Giovanni vm deU873), da un originale greco che, per quanto riguarda la synodica di Adriano t, era stato falsificato, secondo il Wallach, tra T858 e T871, i n ambienti vicini al patriarca dellepoca Fotto (838-867, 877 886), che aveva in comune con Taraso T enne pervenuto al soglio patriarcale da laico; ed anche il testo tradito dai manoscritti greci che contengono gli Aiti di Nicca soggiacque a tagli, agriunte ed interpolazioni, probabilmente ad opera dello stesso Forio. D morivo di tali interventi va ricercato nel contenuto originario della lettera pontificia, quale possibile ricostruire dalla versione di Anastasio che, oltre alla gi ricordata traduzione greca interpolata, poteva disporre di almeno due esemplari delloriginale latino del 783 (anno in cui fu scritta la synodica), di cui, tuttavia, non noto con precisione che uso fece. Nel testo originario Adriano l, oltre a rammaricarsi per rdevazione al soglio patriarcale di un laico senza la ne cessaria dispensa c a criticale (appellativo di patriarca ecumenico* dato a Tara sio, chiedeva la restituzione del patrimomum 5. Petri ubicato in I talia meridionale, le cui rendite etano state stornate in favore del fisco imperiale, come risposta alla condanna della politica iconoclastica pronunciata dalla Sede Romana; inoltre ve niva lodata la condotta di Cado Magno, che aveva restituito all'amministrazione della Chiesa i territori italiani sottratti ai L ongobardi. Si trattava, dunque, di ar gomenti scomodi e gi a Nicesqucsta parie pi politica della lettera del papa non tir fetta. Si comprende poi che, i n un momento in cui la tensione tra Costantino poli lSoma era di nuovo aka, Fozio, funzionario imperiale elevato al soglio pa triarcale nefl858, avesse tutto Tinteresse a far sparire dalla synodica di Adriano le critiche dirette a Tarasio; esse, infatti, potevano benissimo essere utilizzate dai suoi nemici, come precedente atto a dimostrare lineleggibilit di un laico al pa- triarcaux Nella seconda lettera di papa Adriano, indirizzata a Tarasio, le perplessit del pontefice a proposito deUdezione di questultimo si sono, invece, conservate. Scriveva fl pontfice: Nella lettera sinodica contenente la vostra professione di fede, di e avete i nnato al nostro apostolico trono per mano di L eone, vostro pi issimo presbitero, abbiamo trovato, allinizio del primo foglio, che la piet vostra stata innalzata allordine sacerdotale dalla condizione di laico al servizio delTim- peratore, a questa notizia l,animn nvn molto irritato. , se non avessimo trovato adeguatamente confermata, nella sinodica suddetta, la vostra sincera ed ortodossa fede a d sacro simbolo, secondo la legge dei santi sinodi ecumenici, e riguardo alle venerande immagini, ebbene, in alcun modo avremmo tollerato di ascoltare ima rimile sinodica. Come ri vede, Adriano, pur non volendo sorvolare su quella che appare una chiara ri danone ai canoni, comprende che necessa rio, per il bene dol a Chiesa, giungere ad una comune condanna delliconoclasmo: i motivi di dissenso tta Roma e Costantinopoli andavano rinviati a dopo. Per cui nella tptodtca indirizzata ai bariteli il pontefice esprimeva la sua gioia a Costan doo e I ne (paragonati ai primi due grandi protettori della fede cristiana e del la chiesa, limperatore Costantino t e sua madre Elena), lodandone lintenzione di restaurare il cubo delle icone e sottolineando, attraverso la citazione di vari testi patristici, il valore catechetico e la legittimit sul piano dogmatico delle immagi ni sacre. Laccettazione delle ue synodiae di Adriano da parte di Tarasio e del l intero rinOdo saAd ti ficoocUtaanoe tra Roma e Costantinopoli. La terza sessione fit tenuta il 28 (p 29) settembre. I n essa furono considera ti i cari a Gregorio di Neocesarea e dei sette vescovi accusati di violenze, cui si gi fatto cenno in precedenza, ma, soprattutto, fu celebrata ladesione delle sedi orientai, attraverso la lettura di una serie di documenti, tra cui la synodica di Ta tario ai patriarchi di Alessandria, Antiochia e Gerusalemme, la risposta dei dele gati ddfe diocesi orientali e ti synodica di Teodosio, titolare della sede di Geru 178 salemme, contenente una lunga professione di fede trinitaria e cristologica. Cos, alla fine della terza sessione, nellarco di pochi giorni, era stato raggiunto lobiet- tivo di lignificare lintera Chiesaxristiana. Lesame dottrinale, dunque, non avreb be K Con la quarta sessione (T^ttobre) ebbe inizio la discussione sulla questione dejlg immagini; m a l i dibattito^ di fatto, era gi stat "chiuso"priffia di'niziare: nessuno avrebbe osato, dopo le sessioni iniziali, dubitare ancora della legittimit delle sacre raffigurazioni. La seduta fu dedicata, dunque, alla lettura di una lunga serie di passLinnanzi tutto tratti dalle Sacre Scritture, poi patristici ed agiografia, senza che si possa individuare un criterio preciso nella successione delle citazio ni. Alla lettura si alternarono tre diaconi-notai, Gregorio, Stefano e Cosrria, men- treTarasio interveniva per sottolineare o chiarire ulteriormente il senso di quanto appena ascoltato. Tra i tanti brani letti (pi di quaranta), va segnalato il caso di :una lettera indirizzata da Nilo dAndr (morto intorno al 430) ad Olimpiodoro, I poich di questo testo al concilio di Hieria, secondo l ammissione dei vescovi ex 1iconodasti Teodoro di Mira, Gregorio di Neocesarea e Teodoro di Amorion, che Ia quel sinodo avevano preso parte, erano stati proposti degli estratti incompleti; ^ questa la prova, secondo i padri conciliari, che gli iconoclasti avevano volonta riamente falsificato varie opere: si gi ricordato che a Nicea si ritennero interpo lati i passi di Epifanio di Salamina, letti a Hieria; ci sar anche chi porter in assemblea dei manoscritti, provenienti dalla biblioteca patriarcale, per mostrare che essi mancavano di alcuni fogli che erano stati strappati in occasione del sino do dd 754. Un altro aspetm.mpnrtanfp della quafta sessione riguarda la distinzione tra i concet5~d^Vo^t^g^^TvenraziorieTy^^^^(dorazione). Qui, come in altri momenti delIjnftSCussione Cariche nella lttera di papa Adriano agli imperatori si trova il medesimo argomento), parve opportuno precisare che alle icone spetta una prosternazione donore {thimetik proskynesis), ma 'fionda vera adorazione (aietbmelatreidYci^'spetta alla solariiatur divina; lonore reso allimmagine, in ftti, passa al prototipo, ovvero a colui che essa rappresenta, cos come gli al tri atti della piet popolare (come l uso diffuso di baciare le icone) erano da in tendere come tributati alla persona raffigurata. Si^ritenne di dover sottolineare, insomma, che il culto delle icone non poteva esser confuso con un atto di ido latria, pome pretendevano gli iconomachi: in alcun modo la semplice materia po teva essere in s oggetto di devozione, ma sol in quanto mezzo che pone il fe- ( t/rIdele in rapporto conjl sacro, esattamente come la croce non viene venerata per |u legno di cui esatta, ma perch ricorda a tuttUapassione..di Cristo. Tanto scru polo, tuttavia, non serv ad evitare - come si dir pi avanti - che proprio que sto aspetto, a causa della pessima traduzione latina, sar oggetto delle critiche pi dure tra quelle rivolte dalla corte carolingia aglLatti del Nicgno secondo. La quarta seduta si concluse con una^prima.dichiarazione di fede che ribad i dogmi deLsimboIp nicenp-costantinopolitan, la .validit delle tradizioni scritte e non scritte della Chiesa e dei sei precedenti concili ecumenici; e sanc, ripren dendo l definizioni proposte nel corso della discussione dottrinale, la legittimi t del culto tributato alle immagini sacre. Questo testo fu firmato anche dagli egu meni e dai monaci presenti al concilio; anzi, va precisato che le loro firme furo no apposte in calce a questfunico documento, mentre non si trovano alla fine dellnorqi (definizione di fede) del concilio, che costituisce il testo dogmatico ufficiale e che venne letto dopo la settima sessione; ci conferma quanto sopra sostenuto, cio che la partecipazione dei monaci a Nicea riguardava principalmeiM te la questione dei vescovi iconoclasti; e che essi non fanno parte del concilio, ni fi la loro presenza risponde ad una volont patriarcale di coinvolgere il "partito1*^ 179 monastico, relegandolo, comunque, in un ruolo gerarchico inferiore, in un sino do che avrebbe ristabilito la pace e lordine nella Chiesa. Il ottobre si apr la quinta sessione, dedicata alla confutazione puntuale delle teorie iconoclastiche. Anche in questa seduta si procedette attraverso la let tura dT testi scritturistici e dei santi padri favorevoli alle immagini, ponendo in cattiva luce, di contro, certi autori iconomachi, i cui scritti erano stati utilizzati a jHieria. Sul diverso modo di utilizzare i passi biblici da parte dei due sinodi ha scritto recentemente Maria Grazia Mara: Sembra dunque che, mentre il conci lio di Ieria tende ad attualizzare i testi scritturistici grazie ad una interpretazione cumulativa di essi, il Niceno II preferisce collocare i medesimi testi nel contesto . della storia di Israele, grazie ad una interpretazione attenta alla dimensione cro nologica a cui ciascuno pu essere ricondotto; cos i frequenti divieti alla rappre sentazione del sacro contenuti nellAntico Testamento, cui spesso si richiamava no gli iconoclasti, dai padri del Niceno secondo vennero interpretati allinterno del disegno provvidenziale della salvezza, per cui se essi erano stati validi per il popolo di Israele, insidiato dal pericolo dellidolatria, non erano pi attuali per i cristiani, in quanto la liberazione dallidolatria si era gi avverata con Iincarnazio- ne del Verbo. Un altro aspetto che nel corso della quinta seduta fu spesso richiamato riguar da il preteso collegamento delle teorie iconoclastiche con le dottrine ebraiche ed islamiche ( in questa seduta che si fece riferimento al preteso editto deTcaliffo Yazid n, di cui si detto in precedenza), oltrech con varie eresie del passato: lintento era quello di dimostrare che gli iconoclasti non erano dei cristiani, ma eTetici che si erano posti al di fuori della tradizione della Chiesa. Six avuto gi mbdcfdi ricordare che. talejunpostazione, seguita per molto tempo dagli studio si di stria .ecclesiastica, non regge ad unanalisi pi attenta - e meno di parte delle fonti; la teoria che vorrebbe opporre un Oriente a tendenza aniconica ad un Occidente Bizantino, che da lungo tempo accetta la raffigurazione del sacro, non appare pi sostenibile: riserve, pi"O meno accentuate, sulla legittimit delle im magini si trovano in molti scrittori cristiani fino al vi secolo ed oltre. E difficile stabilire chi, tra sostenitori e avversari delle icone, abbia innovato rispetto alle tradizioni della Chiesa. La quinta s e s s i o n e concluse con un gesto altameote^simbolico; su proposta dellarciprete Pietro, legato romano, imicdna^erm^Olocata af centro della, sala in cui si celebrava il concilio, dove gi, in segno donore secondo la tradizione, si trovavano! VangliTIa Parola e lImmagine venivano collocate al medesimo rango. La sesta sessione fu tenuta il_6 ottobre; in essa venne confutato punto per punto, hros di Hieria, attraverso la lettura, fatta da Gregorio di Neocesarea. che aveva partecipato al rino3_del 754,. dei vari paragrafi, alternata alla confutazio- ne_dr essir-letta, a turno, dai diaconi Giovanni ed Epifanio. Venne. cs, formal- mente invalidato il sinodo iconoclastico, che aveva preteso di definirsi settimo ecumenico, mentre n il papa n i patriarchi delle diocesi orientali vi avevano partecipato. Vale la pena di notare che, data la scomparsa degli atti di Hieria, grazie agli atti di questa sessione che pu essere ricostruito hros iconoclasta. Ovviamente il problema di maggior rilievo sul piano teologico era rappresentato dalla raffigurazione d.Gri^tn, respinta dagli iconomachi per limpossibilit di ri produrre nella materia la perfetta unione delle due nature, lumana e la divina, luna visibile, laltra invisibile. A Hieria, in cui furono seguite in buona parte le indicazioni contenute negli scritti dellimperatore Costantino v, fu stabilito che rappresentare il Cristo significava o introdurre una quarta persona nella Trinit, oppure, alla maniera di Nestorio,. separare la natura umana (circoscritta e, dun que rappresentabile) dalla natura divina (indrcoscritta e, dunque, non rappresen- 180 labile). A Nicea fu obi ettato che^l j mmagj nfc di C ri sto i n rapporto con l a perso na t7nTTV*r< non secondo |a sostanza: l icona non il C ri sto, ma l o rappresenta sulla base della veri t stori ca ddl T ncamazi one; e ancbel T af f ermaaone icoi^cl as'ti ca del l E ucari sti a cme V era i mmagi ne dT C ri sto venne respi nta: G es nn^Esse di prendere l i mmagi ne del suo corpo, ma il suo corpo e il suo sangue. Tl 3<ottobre fu cel ehrfita Ta setti ma sessi one.'di e pu essere consi derata r atto conclusivo deT conri l i o; i nfatti , l ottava ed ul ti ma sessicme, che si terme a C ostan- Ttfidpn, nel palazzo i mperi al e detta M agri aura, fu convocata al sol o scopo di pre- sal are ai sovrani i ri sul tati del si nodo: I rene e C ostanti no f i rmarono i l vol tane contenente V boros, ri badendo, con questo gesto, IL l oro mol o di protettori del l a Chiesa. A lla lettura dei fy def i ni zi one di f ede era stata dedi cata l a seduta del 13 CTtebre; essa ri prendeva, i n f ori ne pressocE e i denti che, quel l a gi l etta f i rmata afe-fine della quarta sessione: ri prsa del ri mbol o nl cencn costanti nopol i tano; ana- tetfiltrfsmtTOr conf ronti degl i ereti ci condannati dai precedenti c o n c ili ecume nici, cui vengono associ ati gli i conocl asti ; af fermazi one del l a val i di t del l e tradi zioni, scritte e non scri tte, del l a Chi esa, tra cui vi il cul to del l e i cone. I l patri arca Tarasio, che si era di sti nto nel di ri gere i l avori del conci l i o, respi ngendo l e posi zioni oltranziste del ceto monasti co, poteva scri vere agli i mperatori e al papa, per comunicare che i P adri avevano esti rpato l eresi a semi nata dal di avol o. I l Ni ceno secondo si chi use, dunque, nel l a cel ebrazi one del l a ri trovata uni t di tutti i cristiani. M a, i n real t, mol ti probl emi erano rimasti aperti I nnanzi tutto, la gerarchia eccl esi asti ca era ri masta pressoch i mmutata: quanti , dei vescovi che si erano di chi arati penti ti del l oro passato di i conocl asti , erano stati si nceri ? C er tamente non tutti , se nel gi ro di pochi anni i n concomi tanza con una nuova cri si politico-militare (notevol e i mpressi one susci t l a sconf i tta subi ta dal ba sileu s N i - ceforo l nell811 da parte dei B ul gari ), l i mperatore L eone v pot convocare un nuovo concilio nel l a chi esa di Santa Sofa a C ostanti nopol i (poco dopo l a P asqua dell815), che ri abili t H i eri a e approv un nuovo hros, predi sposto da G i ovanni il Grammatico, una del l e fi gure pi ri l evanti di q u e sto peri odo. L a seconda f ase della controversi a i conocl asti ca non f u, tuttavi a, come spesso e stato scri tto i n passato, una stanca ri presa dei temi del l a pri ma. Essa fii caratteri zzata, invece,' da un notevole spessqre cl tural e, grazi e ai 'cri f ri bti di personal i t come GJ van- nf a Grammati co e L en T i 35temari co, f u'al l 'ori gi ne di quel l a ri presa di studi c ricerche nel campo del sapere prof ano passata al la stori a come pri m l mane- jimo K zaritlri; mol tre, suf pi ano dogmati co, l e posi zi oni dei nuovi i conocl asti f uronopi u moderate, vol te soprattutto a col pi re certi eccessi nel cul to del l e i m magini, come quel l o di scegl i ere del l e i cone come padri ni o di attri bui re potere taumaturgico all i ntonaco su cui era di pi nta uni mmagi ne sacra. Ma al l 'i ndomani di N i cea i probl emi non ri guardavano sol o il f ronte degl i sconfitti avversari del l e i mmagi ni . L opposi zi one monasti ca all a pol i ti ca morbi da del patri arca T arasi o, che i n seno al conci l i o era stata ri ntuzzata, espl ose i n forme di aperta rottura; gli stessi studi ti , che pure accettavano i l conci l i o, entra rono in rotta di coll isi one con il patri arca per l a questi one dei vescovi si moni aci , ferme restando le l oro perpl essi t nei conf ronti di un l ai co el evato al sogl i o pa triarcale. Ma anche i n Occi dente, dove pure l i conocl asmo non aveva attecchi to, laccoglienza riservata agli atti del conci l i o non fu del l e migl iori. P apa A dri ano ov viamente accettava l e concl usi oni del conci l i o, ma l amentava l a mancata resti tu zione, da parte dei basilets, dei terri tori sottratti al la sua gi uri sdi zi one nel corso della controversia. A lla corte di C arl o M agno, invece, la traduzi one degl i atti , ca- . rattcrizzata da un pessimo l ati no e da madornal i errori di traduzi one, susci t u n a violenta reazione, che si concreti zz nell a composi zi one del capituiare de im agint^k bui, noto anche con il ti tol o df L ibri Carolini C79079^), e nel l a convocazi one t t l conciliceli Francoforte, nel giugno 794j)che rigett il Niceno secondo. Si gi ac cennato all obiezioni che, da pkrtTmuica, rurrio mosse sul piano dogmatico; ma, ovviamente, non va trascurato laspetto politico della questione. Carlo, che di l a poco sarebbe stato incoronato imperatore dal pontefice, non vedeva certo di buon occhio un riavvicinamento tra il papato e Bisanzio. Se, dunque, negli anni immediatamente successivi alla sua conclusione il Ni ceno secondo non sembrava avere superato i problemi per la soluzione dei qua li era stato convocato, la sua autorit venne pienamente ristabilita quando si esau ri anche la seconda fase delliconoclasmo, che gi aveva assunto posizioni pii moderate rispetto allepoca di Leone in e Costantino v. Non si ritenne opportu I no, allora, riconvocare un nuovo concilio ecumenico, ma fu sufficiente un sempli ce e rapido sinodo locale, riunitosi nel palazzo di Kanikleion a Costantinopoli (4 marzo 843), che si limit a ribadire le decisioni e la definizione di fede stabilite a Nicea. Da allora fino ai nostri giorni la Chiesa greca celebra la vittoria delle imma gini nella festa dellortodossia, la prima domenica di Quaresima. Da allora fine ai nostri giorni la legittimit della raffigurazione del sacro non stata pi messi in dubbio: fu un evento decisivo, non solo sul piano religioso, ma, come faci le intuire, anche per gli sviluppi della tradizione artistica, sia in Occidente, che soprattutto, in Oriente. Chi oggi ammira unicona, in una chiesa greca o russa dovrebbe sapere che deve questa sua avventura estetica ai padri che, pi di 120C anni fa, si riunirono nella illustre metropoli di Nicea delleparchia di Bitinia. Referenze bibliografiche Ogni manuale di storia bizantina dedica, come ovvio, il dovuto spazio alla controver sia iconoclastica e al contesto storico in cui essa matur. Fra la opere pi recenti in lingua italiana si segnala, per limpostazione problematica e per il riferimento alla bibliografia pi aggiornata, lottima sintesi di Mario Gallina, Potere e societ a Bisanzio. Dalla fondazione di Costantinopoli al 1204, Torino 1995, pp. 125-160. Tra gli studi specifici vi sono varie pubbli cazioni recenti, originate anche dalla ricorrenza dei 1200 anni dal concilio di Nicea celebrata nel 1987 con due congressi: Nice li, 787-1987. Douze sicles dimages religieuses, F. Boesp- flug e N. Lossky ed., Paris 1987; e II Concilio Niceno II (787) e il culto delle immagini (Con vegno di studi per il XII centenario del Concilio Niceno II, Messina, sett. 1987), a cura di S Leanza, Catania 1994. Nel testo si fatto riferimento, inoltre ai lavori di P. Schreiner, Der byzantinische Bilderstreit, in Bisanzio, Roma e lItalia nellalto medioevo, SSAM, xxiv, Spoleto 1988, pp. 319-407; e di G. Dagron, Liconoclasme et l'tablissement de lOrthodoxie (726-847;. in Histoire du Christianisme des origines nos jours, t. iv, Descle 1993, pp. 93-165. Sul prob lema delle lettere di Gregorio n si veda J . Gouillard, Aux origines de liconoclasme. le tmoign- age de Grgoire li? , in Travaux et mmoires, 3 (1968), pp. 243-305. Per latteggi amento critico del cristianesimo primitivo nei confronti della raffigurazione del sacro cfr., soprattutto, Da gron, Liconoclasme cit., pp. 94-97, e G. Dumeige, Nice li (787). Histoire des Conciles cecu- meniques, IV, Paris, 1978, pp. 17-57, opera nella quale, alle pp. 99-150, si trova una dettaglia ta sintesi delle varie sessioni del Niceno secondo. A proposito del numero dei vescovi presen ti al concilio si fatto riferimento allarticolo di J . Darrouzs, Listes piscopales du conale de Nice (787), in Revue des tudes Byzantines, 33 (1975), pp. 5-76, mentre sid ruolo dei monaci si tenuto conto, in particolare, di quanto scritto da M.-F. Auzpy, La place des moines J Nice II (787), in Byzantion, 58 (1988), pp. 5-21 (rist. in II Concilio Niceno il, cit., pp. UN 127). Sui problemi connessi alla tradizione testuale delle synodiae di papa Adriano i et so prattutto L. Walach, The Greek and Latin Version o f il Nicaea, 787, and the Synodica o> Hadrian I (JE 2448), in Id., Diplomatic Studies in Latin and Greek Documents from the Cam lingian Age, London 1977, pp. 3-42. Sulle citazioni patristiche ed agiografche a Nicea si veda P. Van den Ven, La patristique et Thagiographie au concile de Nice de 787, in Byzantton. 25- 27 (1955-1957), pp. 325-362; e C. Climi, Le 'chreseis' dei Padri cappadod al secondo conalto l8z di Nicea (787), in Cullo delle immagini e crisi iconoclasta, Atti del Convegno di Studi (Catania, 16-17 maggio), Quaderni di Synaxii 2, Palermo 1986, pp, 69-92. La citazione di M. G. Mara tratta da Implicante biblico-esegettcbe della polemica sul culto delle immagini, in 11 Concil io Niceno II, cit., pp. 5-27, predsam, p. 17. oui rapporti tra secondo iconoclasmo e primo umanesimo bizantino si veda, soprattutto, P. Lernene, Le premier humanisme byuntin. Notes et remarques sur enseigftement et culture Byxance des engines au X' sicle, Paris 1971; S. Im pellizzeri, L'Umanesimo bizantino del ix secolo e la genesi della Biblioteca di Fozio, in La let teratura bixantina, Firenze 1975, pp. 297-565; U, Crisaiolo, Iconoclasmo e letteratura, in II Concilio Niceno il, cit., pp. 191-219. l secondo Concilio d i Nicea e l'et dellimmagine Mart* Andahro Cos* potr significare per i lettori italiani accedere da oggi agli Atti del Con ciUo nccno U accompagnati dalla nitida traduzione che qui si offre? Forse il saldo di un debito verso un momento di cultura, alta ma temporalmente lontana e se parata irrimediabilmente da noi, che viviamo in un angolo dellOccidente alla fine del secondo millennio? lnsomma, si tratta di fare i conti con unoperazione nobilmente accademica, riservata a ristrette cerehie di specialisti per i quali, tuttavia, si presume non ab bia limiti invalicabili la comprensione della lingua greca nella quale si espressero i Padri della Chiesa a Nicea o della latina delle traduzioni accreditate? Invero, i potenziali destinatari di Nicea siamo tutti noi, noi impastati di cul tura occidentale, cittadini alle soglie del duemila, voraci consumatori di immagini. Intanto, perch: athes ou croyants, si nous avons chapp aux ressasse- ments de la clbration calligraphique de Dieu, la mode islamique, nous le de- vons a ces "byzantins dont ont dit bien lgrement quils discutaient du sexe des anges. Grce leur subtilit, la fiamme asctique na pas brul lOccidente, come ci ricorda Rgis Debray (Vie e t mort de Iimage. Une histoire du regard en Oc cidente Paris 1992, p. 83), l'intellettuale francese che ha al suo attivo militanza culturale e militanza politica nel terzo mondo. E con Debray anche noi slamo convinti che Bisanzio e il lavorio dottrinale ruminato nelle sessioni del Concilio niceno il hanno fecondato^FDccIdente monoteista, consegnandogli attraverso il dc^ma 4^!tnwmazInJ>U permesso allimmagine, la capacit di comprenderne ramblguitfd o son ambivalence lgard de licne, de la peinture, comme aujourahui de l audiovisuel (p. 76). Pu apparire paradossale, e, tuttavia, c' una buona dose di acume nel ritenere che Hollywood vient de l, par licne et le baroque (p. 77), e non si pu non convenire che comment comprendre lactualit sans prendre sur elle au moins douze sicles de recul?; camme si les Ptes byzantins du Concile de Nice u continuaient leur dispute devant le petit cran, en nous balan^ant ad vitam setemam dun extrme lautre, entre la mse bont des iconodules et la thse pseudo des iconoclastes (p. 381). Altro, allora, che operazione accademica e squisitamente elitaria questa, di mettere a disposizione la traduzione italiana degli Atti di Nicea! Si tratta infatti d consentire a larghe fasce di lettori di attingere ad essi direttamente, onde ac chiappare l bandolo di quel lunghissimo filo che saldamente annoda noi "relevi si' a quell'evento epocale che si consum nella chiesa della Santa Sofia a Nicea circa dodici secoli fa. vero che il Concilio chiuse solo la prima fase iconoclasta, visto che successivamente - fra I813 e l 843 - Bisanzio ne conobbe unaltra e non meno violenta, ma pur vero che la questione dellimmagine e la sua difesa han no ricevuto a NiceaTavvallo dottrinale pi alto e perentorio. Ci di cui si dib levarla liceit dlTunmagne e della sua venerazione, non era certo cosa da po. Concettualmente l'importanza della posta in gioco commensurabile sul filo i 185 unaffermazione come quella del patriarca Niceforo: se si sopprime l'immagine, non il Cristo ma luniverso intero che scompare; per il resto, parlano le energie di altri segni. Si pensi che per garantire l'esistenza allimmagine, gli iconofili met tono a repentaglio la propria vita. Non volendo piegarsi allingiunzione di distrug gere le sacre icone, essi finiscono per annoverare nelle proprie file dei martiri, dei mutilati, dei grandemente offesi. Scenario per tutto ci Bisanzio. Il contrasto fra le opposte parti in nessun altro centro pi rovente che nella nuova Roma, Costantinopoli/Bisanzio, la citt che, per il suo carattere di capitale cristiana fin dalle origini, aveva ignorato le ondate delle persecuzioni contro i cri stiani e misconosciuto l ombra della morte allungarsi nel mondo di coloro che rifiutavano di praticare il culto verso gli idoli. Con il movimento iconoclasta, in vece, Bisanzio fornisce la ribalta per il dramma dellopposizione dottrinale, e di venta il luogo dove il taglio della lacerazione che disunisce la comunit cristiana pi lungo. a Bisanzio che viene emanato leditto iconoclasta (726); che viene convocato e si svolge il sinodo di Hiereia (754); dove i patriarchi iconofili hanno vita durissima (Germano e Niceforo) e abati, come Teodoro del monastero di Studios, sono esiliati. Ed proprio a Costantinopoli che la perdita del patrimo nio di immagini assume le proporzioni di un naufragio particolarmente doloroso, senza alcuna speranza di salvataggi, possibili altrove, nei territori lontani dalla capitale. Costantinopoli paga inevitabilmente il prezzo pi alto in termini di di struzioni e occultamento di mosaici, affreschi, tavole dipinte e di quanto altro ospita la presenza di figure sacre. Ben quattro secoli di pittura religiosa costanti nopolitana spariscono inghiottiti nel gorgo iconoclasta. Di contro, si ha ragione di ritenere che nel corso delle due fasi iconoclaste, fra il 730 e il 785 c,, e successivamente fra l813 e l843, a Bisanzio attecchisca lhu- mus idoneo per la nascita di una pittura alternativa al genere sacro, una pittura fatta di immagini profane, dal repertorio elegantemente decorativo, lussuosamente aniconico, destinato ad espandersi nelle sale dei Palazzi imperiali, sui tessuti; per sino sulle pareti delle chiese. Nella vita di santo Stefano il giovape.si racconta come Costantino v abbia ingiunto di staccare le pitture con temi evangelici esistenti nella chiesa della Theo tokos alle Blacherne e di averle fatte rimpiazzare con una decorazione ricca di al beri, uccelli, quadrupedi e rinceaux di edera rinserranti gru, corvi, pavoni, facen do di questa chiesa un mercato di frutta e una voliera. opportuno ricordare che questi soggetti non sono nuovi in s. Motivi analoghi appaiono in modo vi- stoso nel repertorio della pittura paleocristiana, ed esempi illustri, ancora oggi godibili, come il mosaico con il grande'cespo di acanto nellabside destra dellan tico atrio del battistero lateranense a Roma o il mosaico del Sacello di santa Ma trna a Cpua Vetre, ne sono una luminosa testimonianza. Nuova , invece, la pretesa di ritenerli da parte iconoclasta gli unici soggetti legittimati a entrare nella decorazione degli spazi sacri, da sigillare con la presenza della croce. In linea generale, per ci che attiene la sfera delle predilezioni tematiche nella pittura di matrice iconoclasta, occorre segnalare, oltre alla ripresa di motivi figu rativi del cristianesimo delle origini, la serie di soggetti a forte connotazione im penale: pannelli votivi, scene di corse di cavaJlLdl caecia, di teatro e di giochi nelli ppodromo. Dalle fonti sappiamo che Teofilo costruisce nel Gran Palazzo imperiale una nuova sala del trono e un portico che fa decorare con paesaggi verzure, giardini, secondo un gusto attinto dallOriente islamico, e, in particola re, dalla corte dei califfi di Bagdad. Riproduceva senza cambiamenti i palazzi saracini, dice Teofane Continuato a proposito del palazzo provvisto di giardini e fontane, fatto costruire dallo stesso Teonlo a Bryas sulla costa asiatica. I giardini veri e quelli dipinti, rinserrati dentro le mura dei palazzi di Costantinopoli, sono perduti in s e come organismi alimentati dal nesso della reciproca e continua rincorsa fra vero e riflesso del vero. r Limitatamente alla configurazione del bagaglio pittorico, unidea c possibile (farsela sulla scia di una decorazione del tipo dei mosaici normanni splendenti Isulle pareti e sulla volta della stanza cosi detta di Ruggero nel Palazzo Reale di (Palermo o nella sala della Fontana nel Palazzo della Zisa, ancora a Palermo, men !tre per labitudine a ospitare negli spazi sacri temi profani, come le scene di teatro i e di giochi, occorre richiamarsi ai celebri affreschi con i giochi nellippodromo | dipinti sulle pareti della torre sud nella Cattedrale della Santa Sofia a Kiev, del- ( la prima met dellxi secolo. A Costantinopoli Costantino v aveva proceduto alla distruzione nel Milion delle mmagjm dei condE" a favore di quelle duna diabolica corsa di carri e del suo cocchiere favorito Ouranikos {Vita d i santo Stefano i l Giovane). Il rimpiaz- zamento dei condii con le corse significa l aver scartato il tema religioso ma aver panteputp quello imperiale, secondo uno slittairirito del quale fruisce anche la produzione dei tessuqJLa rappresentazione d soggetti religiosi vietata anche nti tessuti, come precisa un decreto dei ( londlioTconocfasta del 754, cos essi acco glieranno esclusivamente temi profani, spede di ascendenza imperiale. Soggetti ri correnti sono: quadrighe, scene di caccia (Aix-la-Chapelle, capitolo della Cattedra le; Saint-Calais, Chiesa di S. Calais); immagini con domatori di leoni (Sens, Teso ro della Cattedrale); talora, ritratti di imperatore, Teofilo (?) (Sens, Tesoro della Cattedrale; Londra, Victoria and Albert Museum). Dislocati in Occidente, dove giunsero spesso come dono da parte degli impe- Ttnr ^ n i * dogi nm wwm wwwiiMniaifP utilizzati rnmp sudari e reliquiari, ftessuti. CTgtantipopolitani dellvm e del EXsecolo, di straordinaria qualit, ed ele- ggtzarliniscono per rappresentare ai nostri occhi la migliore testimonianza super stite della temperie figurativa di matrice iconoclasta, di contro alla massiccia di- smiztone A e n a colpito la produzione pittorica.di carattere monumentale. Quel che di essa si conserva tuttora nelle chiese consiste in episodi scarsamente rappre sentativi, di carattere frammentario, dislocati in aree margnlrnspetto a Costan tinopoli. Incerta la loro datazione, di parte le fonti iconofile che li riguardano. Dobbiamo perderci fra le isole dellEgeo per rintracciare nellabside della chiesa di Hagia Kyriaki a Naxos una decorazione del periodo iconoclasta, fatta di pan nelli con volatili, dementi vegetali e croci; inoltrarci nellaltopiano anatolico alla scoperta di quelle chiese della Cappadocia, come la Kizil Cukur, le cui pareti sono rivestite di unestesa decorazione fitomorfica, dominata da una grande croce; scoprire fra le rocce delllsauria la decorazione delle grotte di Aiodia; e, infine sostare nella chiesa di San Iacopo a Zambra nei pressi di Pisa, dove una decora zione che sembra risalire alla prima met dellvm secolo, con motivi vegetali, al beri, uccelli, pesci, pervade la superficie dellabside. A Costantinopoli, le tracce del tempo iconoclasta sono sparute e univoche. Esse riguardano esclusivamente alcuni interventi compiuti allinterno degli edifici sacri, come il mosaico tutto doro dellabside della Santa Irene, abitato esclusiva- mente dalla figura nera della croce e, ancora, linserimento di croci nellambito della precedente decorazione giustinianea della Santa Sofia, peraltro gi rigorosa mente aniconica. C , poi, un luogo nel complesso della Santa Sofia dove si ha limpressione di sorprendere il gesto del mosaicista iconoclasta allopera meni distrugge e manipola un mosaico. Sulle pareti di una delle sale private del Pa patriarcale (congiunto direttamente alla Grande Chiesa tramite la galleria), la iconoclasta taglia la superficie musiva del vi secolo, sostituisce i ritratti di Cr e santi entro medaglioni con delle croci, asporta la porzione di mosaico c oo j scrizioni e integra con nuovi brani musivi le lacune. Tutto ci leggibile su superficie, grazie atta specifica natura del mosaico die consente di riconoscere le une accanto alle altre - come in un intarsio - le parti originarie e le parti aggiun te, permettendo di ritrovare in questa testimonianza uneco palpabile di quella campagna -onr^agra che sappiamo essere stata condotta nel f768-76Sf contro la Santa Sofia. ^ Ladistruzione (Allimmagine gesto choccante. Labbiamo intravisto nel cor po di unopera esistente, e seguito lungo le suture della lacerazione; ci viene rac contato nelle fonti di patte iconofila, visualizzato in alcune miniature. Nella Vita d i santo Stefano i l Giovane, il biografo riferisce che le sante Icone deT Cristo, della Madre di Dio e dei Santi furono bruciate, distrutte o coperte. La raffigurazione dettatto iconoclasta ricorre inCcufc diverse miniature del salterio Khludpv (Mosca, Museo Storico, cod. 129D) e'gni volta il gesto quello della scialbatura di un'icona clipeata di Cristo. In particolare,"n^primo caso, allinterno di un cn- testo figurale assimilabile alla scena di un Sinodo, un ecclesiastico imbianca^on pennelli Ticona, ubbidendo agli ordini die gli vengono impartiti dalla figura del- limperatore in trono; la seconda illustrazione presenta una serrata corrispondenza fra lofferta del fide e dellaceto a Cristo sulla croce e latto della sdalbatura com piuta ancora una volta contro unicona clipeata di Cristo. significativo che la figura delliconoclasta fisionomicamente caratterizzata da una corona di capel- licorvim e irsuti, allo stesso modo dd patriarca iconoclasta Giovanni il Gramma tico, ricorrente nella miniatura dello stesso Salterio, laddove si contrappone la purezza degli iconofili - nella persona del patriarca Niceforo - alla corruzione dgliiconoclasti - nella persona di Giovanni. A questo punto, vedo trapelare il tracciato di una questione di fondo, quel la dei modi attraveiso i quali espressi<QQ..della figurativit si sia vincolata allim magine nelle distinte tappe del suo secolari percorso, dalla preiconodast alla posticonoclasta. La questione ovviamente, oltre che centrale, storiograficamente impegnativa. Non volendola accantonare, ma non essendoci gli spazi sufficienti per trattarla, si sceglie di offrire in proposito una semplice intelaiatura di orien tamento, sulla base di d che ha maturato il lavorio critico di intere generazioni di studiosi. Riguardo la prima delle soglie, vale a dire quale fosse lo status proprio allim- maginenel jrorso d e l v i e ddvnsecolo, fin allavgilia della crisi iconodasta, un punto insuperato ce k> fornisce linterpretazione di Kitzinger (Byzantine A r t in the Period between Justinian and Iconoclasm, in Berichte zum XI. Internationalen Bizantinisten Congress", Miinchen 1958, trad. it. L'arte bizantina nel periodo tra Giustiniano e l Iconoclastia, in E. Kitzinger, ed., I l culto delle immagini. L arte bizantina dal cristianesimo delle origini allIconoclastia, Firenze 1992) e concerne Tapparente paradosso attivo fra il ruolo e la resa dellimmagine nel corso dd vii secolo. E quello il[ tempo nel. quale limmagine della persona santa assume unat- Htulit e una realt senza precedenti - limmagine inizia a parlare agire in luo go dd santo stesso, a essere avvicinata, venerata e usata sempre pi come se fosse animata - ma, di contro, essa si esprime figurativamentemediante un linguaggio dalle rdici profondamente.astratte. Limmagine - e si pensi fra tutte alla figura di santa Agnese nellabside dellomonima basilica romana (della met circa dd vn secolo) - appare immota, remota, immateriale; galleggia in un fondo, oro, a sua volta icona senza volto della temporalit e della spazialit. Altrove, ovunque sia no note testimonianze figurative di genere iconico, si pensi a Roma, Salonicco, Ravenna, Salona, associato ad esse riscontriamo il medesimo processo artistico di * . tendenZaast rattizzante, contrario alla descrittivit realistiche"asshrnrirntrato nella funzione di vdcolo del soprannaturale. Una volta fuori daT tunnd delliconodastia e legittimata in modo definitivo e 188 glorioso itila bate del fondamento dellI ncarnazione, licona appare sintonizzata ni una diverta lunghezza d'onda. Nelle scelte del linguaggio figurativo si verifica una volta, 'imbocca unaltra tendenza. L a tendenza astrattizzante cede il passo g uninclinazione della figurativit non aliena dallimmettere l'immagine allinterno di un circuito di dinamiche nuove. Per dirla in termini familiari al clima niceno, limmagine recupera sul prototipo, sul modello, estendendo e i nfittendo la maglia della corporeit, attivando quel canale dellillusionismo e impressionismo di radice ellenistica che a Costantinopoli non aveva mai subito eclissi. Esemplare della svolta nel rinnovamento dei modi figurativi limmagine del la Theotokos in trono col Figlio, campita a mosaico nella conca absidale della Santa Sofia. Certamente di datazione posticonoclasta, e forse realizzata gi alla fine dcllvill secolo, allindomani della conclusione del Concilio di Nicea, la Theo tokos, come la figura dellangelo Gabriele nel sottarco, unopera stilisticamen te altissima e rappresentativa del recupero di un codice, l illusionismo antico, ri visitato e piegato a vestire la luce di una grande e ritrovata interiorit. Nei volti le luci simpastano con le ombre, la gradualit dei colori, sapiente, digita con sen sibilit suprema i piani; limmagine, seppure lontana, lievita in una mobilit sot tile lungo direzioni compositive generate da uno schema asimmetrico e in diago nale; le bocche piccole sono spiranti e gli sguardi hanno intensit insondabili. I piedi dellarcangelo dagli eleganti calzari, seppure con levit da danzatore, fanno presa sulla terra. assai probabile che la tendenza ellenistica in pittura e la matrice latamen te classicistica alla base di quel segmento dlLarte" posticonoclasta che chiamiamo "rinascrizajnacedone trovino i germi della propria gestazione proprio nel clima costlntmppolltano deHviil secolo. il momento nel quale, di contro aTblcco dellarte sacra, si affinano, come s gidett, le condizioni per lanascita_di .unar te dal carattere squisitamente profano, esclusivamente legata e dipendente da un tipo di committenza imperiale e aulica, e perci propensa ad acuire lo sguardo vocazionalmente retrospettivo di Bisanzio verso scelte intenzionalmente .classici- ste. Con una rosa di ricadute su altri piani, fra i quali si ricordano lallargamento delle tematiche di ambitojaico, il recupero e larricchimento di motivi del reper torio naturalistico e la crescita di^curiogil verso una resa analitica dei soggetti. Quando, tornando a Santa Sofia dopo T censura iconoclasta* i fedli'potero- no guardare la nuova immagine della Theotokos nellabside, essa doveva apparire loro assai lontana quanto a metri, e, tuttavia, sprigionante una presenza contur bante. La sua realt non si basava sulla associazione che poteva richiamare: guar darla significava percepire attraverso di essa qualcosa di pi autentico, pi reale e infinitamente pi afferrabile di una semplice associazione. Sono gli atteggiamenti mentali e psicologici che vorrei confrontare per un momento con quello che Barthes annota a proposito della fotografia: La fotogra fa non rimemora il passato (in una fotografa non c niente di proustiano). Lef fetto che essa produce su di me non quello di restituire ci che abolito (dal tempo, dalla distanza), ma attestare che ci che vedo effettivamente stato; e ancora: Forse questo stupore (prodotto dalla foto), questa caparbiet affonda le sue radici nella sostanza religiosa di cui sono imbevuto; niente da fare: la fotogra fa ha qualcosa a che vedere con la risurrezione: forse che non si pu dire di lei quello che dicevano i Bizantini dellimmagine di Cristo di cui la Sindone di To rino impregnata, e cio che non era fatta da mano duomo, che era acheiropoi- tos? (La Chambre claire, Paris 1980; trad. it. La camera chiara. Nota sulla fomtt fia, Torino 1980, rispettivamente pp. 83, 100). Le analisi di Barthes sul rapporto foto-referente-fruitore sono penetrairi|^^^| sta ih V^AVVAto i t a Attratto iti gioc sono toccati da qualche sfocatura, come Abttto xMVe A Vtttttw Fhb Sitddrte di Torino e quella categoria di MWaagtt. copy? tt WMhMtoft le actatplt ette erano assai familiari alla tradizio- vyf tawnfinq- -t ittito ptAttlv b pungente Freschezza di un punto di osservazio ne pi 0 WAto AMVfcqvAlltttlto ttic rivolto a una categoria moderna. Perci ho svolto Wfiltawwi di tanta* a Fungere da cerniera fra lintelaiatura di carat tere StoWA dota Imagine pieeedenti e gli squarci su Nicea e la modernit delle seguenti Vvit Wqwsitott gAYAttl ifttotoO all'icona che oggi ci appaiono frutto del con corse vh geUAmmi rii Attvltttti, approcci diversificati, catene di studi, menzione rei almeno steste due: la questione della Filiazione dellicona cristiana dal gene re vie! ribalto, del Vinario VttVbt, della maschera; la durezza lucente del nesso iva rimpagino e il suo prototipo in questa Irne th andremo a cenate quel Filo forte e ininterrotto che lega noi, abitatoti del uaukr nell'et dell'immagitte, al polo che Nicea. Senza owia- txreote pretendere di ratehindedo tutto in queste poche note e avvertendo quanto ampia sia la atta t^wnibilit a essere seguito e raccontato in maniere differenziate. In un ideale indite, piacerebbe trovare titoli del tipo: - l'toawlasmo antico di Bisanzio e gli iconoclasmi antichi e moderni dellOc- eideme; - le venature aniconiche nella parabola figurativa dell'Occidente ; - la storiografia del Novecento e la questione dellimmagine fino a Nicea e dopo Nicea; - Nicea e l'et dell'intmagine e della comunicazione visiva. Al carattere di queste note esterna tidea stessa di poter affrontare in modo organico anche solo qualcuno dei punti elencati. Si opter, perci, per approcci minimali, per assaggi, delibazioni; oppure per visioni dinsieme, o tagli parziali, o di tacere del tutto, com' il caso del secondo punto. Non seme ignote le scolte a tendenza aniconica o decisamente iconoclasta che in maniera assai intermittente ma significativa seguono raffermarsi e radicarsi del- limmagtne in (recidente. In questa occasione ci si limita solo a nominarle. Come primo episodio da ricordare il lavorio intorno al tema dellimmagine elaborato negli ambienti della corte carolngia con relative contestazioni nei ri guardi di alcune posizioni espresse negli Atti niceni. NeU'Eurvtpa delle cattedrali romaniche, Bernardo di Chiaravalle alz forte la sua voce, dissidente, contro b folla di immagini che invadevano oltre le usuali superile! gli elementi costruttivi nelle forme di uninaudita plastica architettonica. Alla proliferazione Bernardo oppose leleganza dellassenza, la vocazione coeren temente aneonea ehe rinveniamo alla base delle scelte dellordine cistercense, capaci d tradursi nella logica di unarchitettura rigorosa nel modulo, luminosa ma priva d qualsiasi immagine ehe non fosse il segno della Croce. E, infine, un aeeenno alle vere e proprie ondate iconoclasta liconoclastia germinata nel terreno delb Riferma protestante, con effetti devastanti nei territori dell'Europa del nord; liconoclastia incalzante sullonda della Rivoluzione francese o della rivoluzione bolscevica, e, in tempi moderni, i singoli gesti di distruzione o mutilazione. S pensi alla mutilazione infetta alla Piet di Michelangelo nella Basilica di San Pietro in Vaticano o allo sfregio perpetrato su un dipinto come la RohJUJi hotte d Rembrandt, fino alla sottrazione o occultamento di opere con dotte su commissione. Quanto al terzo punto, tenuto conto della sede, sembra cosa opportuna limi- 190 lume l'ambito aU'nformazone, senza peraltro alcuna pretesa di completezza, circa l'impatto prodotto dalla ricorrenza - nell'anno 1987 - del xii centenario del Con clio Niceno u. Le iniziative promosse in Italia riguardano soprattutto lorganizzazione di con vegni. Apre la serie il convegno Culto delle immagini e crisi iconoclasta, svol tosi a Catania il 16-17 maggio 1984; nel corso del 1987 si susseguono: le giornate di studio presso l'Universit Cattolica di Milano, su Icona ed Iconoclastia", 17 e 18 marzo 1987; il convegno La legittimit del culto delle icone. Oriente e Oc cidente riaffermano insieme la fede cristiana", Bari, 11-13 maggio; e, infine, Il Conclio Niceno li e il culto delle immagini", Messina 23-25 settembre. A livello intemazionale si segnalano: il Colloque International Nice n, svol tosi a Parigi (2-4 ottobre 1986); il Simposio storico interecclesiale che ha avuto luogo a Istanbul il 13-16 ottobre in concomitanza strettissima con la ricorrenza del Conclio Niceno il, apertosi il primo ottobre 787; il Simposio The Holy Ima ge", presso il Dumbarton Oaks a Washington, D, C. (27-29 aprile 1990), per il 3 uale s pu dire che se lo scarto cronologico rispetto allanniversario lo spoglia i ogni intenzione commemorativa, la scelta del tema, la sua articolazione, i ter mini problematici lo rendono a pieno titolo una delle occasioni pi stimolanti. , infine, estremamente significativo che, nellambito di una sede come The A. W. Mellon Lectures in the Fine Arts della National Gallery of Art di Washington, D, C, il tema dellanno 1987 svolto da Jaroslav Pelikan sia stato: Imago Dei. The Byzantine Apologia for Icons. La mole e la variet degli aspetti affrontati nelle varie circostanze e che hanno ricevuto una rinnovata, dettagliata e non inutile attenzione davvero considere vole. E, tuttavia, non si pu non lamentare con quanti lhanno segnalato che pur troppo la ricorrenza passata senza che si disponesse delledizione critica degli Atti del Conclio Niceno il. Sotto un altro piano, si vuole ricordare come la serie di quelle iniziative nelle quali si adombrava maggiormente una preoccupazione di tipo dottrinale ed ecclesiale, abbia trovato un idoneo coronamento nella pubbli cazione di due documenti, quali l'enciclica 11 concilio di Nicea e la teologia dellico na di Dmitrio 1, Patriarca ecumenico di Costantinopoli, e la lettera apostolica Dutidecmum tatculum del Pupa Giovanni Paolo il, ad appendice degli Atti del Convegno di Bari (1988, pp. 329-349). I due documenti, in modo significativo e si direbbe scontato, sono differenti, essendo ciascuno simbiotico con le proprie tradizioni e con quella diversit di approccio nei confronti della questione dellim magine che contrassegn la linea costantinopolitana e la linea romana. Mentre l'Enciclica ripropone la memoria di Nicea, concentrandosi sulla centralit che assume la definizione e comprensione del vincolo fra immagine e prototipo, la Lettera del papa ne offre una rilettura attraverso il ripensamento dei punti interni alla tradizione occidentale, da Gregorio Magno al Concilio Vaticano u. Ma come vedremo fra poco, sono le pieghe di certa riflessione critica di area europea ed anglosassone ad apparire lambite e raggiunte, in anni vicini a noi, dal cono d'ombra del lavorio intorno allimmagine culminante a Nicea. Penso alle opere di Belting, di Freedberg, Debray sulle quali torneremo. E non solo. In Francia nel corso del 1992 ha luogo lesposizione Les icono- dules: la question de l'image, organizzata dal Museo des Beaux-Arts Andr Mal- raux, Le Havre, dal Museo dEvreux con la partecipazione di 14 artisti. Una ra mificazione dentro le vene dellorizzonte contemporaneo dellantico battito nice no. Al d l del crinale occidentale, verso Oriente, il caso di menzionare no lacutissimo saggio sullicona" di Pavel Florenskij Le porte regali, risalente 1922, pubblicato a Mosca nel 1972 e apparso in edizione italiana nel 1977 (Mi lano, Adelphi 1977, a cura di E. Zolla), ma circolante in Francia allo stadio di brogliaccio fin dal 1969. Alla luce di queste apparizioni, sarebbe interessante se guire landamento dei percorsi di idee chiave nel quadro storiografico generale, come sono, ad esempio, quelle relative alla genesi dellicona, presenti in Floren skij e nella storiografia francese. E ancora di pi sarebbe interessante allungare lo sguardo allinterno del grande serbatoio che per la comprensione di Bisanzio rap presenta la cultura russa, specie fra Ottocento e Novecento, affondare le mani neflhumus pertinente allesperienza di un Florenskij, di uno storico dellarte bi zantina come Andr Grabar, nativo di Kiev, ma studioso operante nella sua lunga vita in paesi francofoni, fino ad arrivare al retroterra di unopera come L'estetica bizantina. Problemi teorici di V. V. Bydeov, del 1977 (ed. it., Galatina, Congedo editore 1983). Allungare lo sguardo e affondare le mani su quella soglia tempo rale comune al maturare delle esperienze del formalismo russo nonch di alcuni tasselli di figurativit (dei simbolisti, dei cubofuturisd, di Kandisky) che, una volta trasmigrati in Occidente, costituiranno la spina dorsale di esperienze artistiche interne alle avanguardie storiche, come lastrattismo. Ancora in Russia, specificatamente a ci che attiene l idea dellicona antica piale si va configurando nel Novecento, credo significativo segnalare una circo stanza, in particolare. Era il 1890, quando, in occasione del vn Congresso archeo logico, furono presentate due icone, l'ima raffigurante la Theotokos, laltra i santi Sergio e Bacco. Custodite nei Museo ecclesiastico di Kiev, le icone vi erano giunte nel 1885, alla morte del vescovo Porfirio Uspenski che le aveva comprate nel corso dei suoi due viaggi al Sinai nel 1845 e nel 1850. Lapparizione di quelle due tavolette dipinte ad encausto, ancora oggi nel novero delle icone pi antiche che si conoscano (risalgono, Luna al vi, laltra entro il vn) e fra le pi affascinanti in assoluto, era destinata a dischiudere un primo varco nel buio delle nostre cono scenze intorno alla produzione iconica anteriore a Nicea. Un altro e pi consi stente varco si sarebbe verificato solo dopo alcuni decenni, grazie alla pubblica zione negli anni '50 del grande patrimonio iconico conservato nel monastero di Santa Caterina sul Monte Sinai e la scoperta di quattro antiche icone romane dopo che i restauri ne hanno rivelato lidentit rimasta sepolta sotto vasti strati di camuffanti ridipinture. Con il recupero delle icone di epoca preiconoclasta del Snai e di Roma la questione delle immagini acquisisce volto, corpo. Davanti ad esse d rendiamo conto di quale linfa alimentasse i tipi di immagini che scatena rono laspra contestazione iconoclasta e per contro la difesa degli iconofili. Insom nia, il gruppo oggi noto delle icone del Sinai e di Roma risalenti al vi, vn, inizi ddlvm secolo, permette l'avvicinamento al corpo del reato iconoflo, alla pietra dello scandalo per gli iconoclasti, persino attraverso una pluralit di sfumature. Ci sono esemplari che sono testimoni del dima romano - e il riferimento , in par ticolare, alle icone di Santa Maria Nova, del Pantheon, di S. Maria in Trasteve re - , sono riconosdbili icone deUarea siropalesrinese e di altre realt dellorien te cristiano, come lEgitto, copto e non. Costantinopoli non conserva icone in proprio, e, tuttavia, i caratteri specifici della sua produzione sono rintracciabili in quelle icone conservate nel Monastero dd Sinai, fin le quali licona dd vi secolo co) Cristo e licona con la Theotokos in trono col bambino sulle ginocchia fra angeli e san, ritenute ragionevolmente di provenienza costantinopolitana. Com naturale, di pari passo con le scoperte, si intensificano e si articolano variamente gli studi. Accanto a pagine di carattere filologico prendono forma lavori volti a penetrare nella dimensione dellicona qual recuperabile nella sua parabola anteriore al taglio iconoclasta. Di questi ultimi possiamo considerare capofila il saggio di Kitzinger dd 1954 (The Cult o f Images in the Age before Ico- 192 rtoclam, in Dumbattore Oak Paper*, vm, 1954, trad, it in E. Kitzinger, cd., dt., Brente 1992) A questo punto mi sia permessa unannotazione nata allincrocio fra lettura degli Atti del Concilio, stato attuale delle conoscenze degli esemplari iconici di epoca preiconoclasta e relativo quadro storiografico. Chi leggesse gli Atti e la iynndka di Adriano alla Corte di Costantinopoli con locchio intento a selezionar vi la rota dei riferimenti a immagini reali, avrebbe limpressione di assistere al- l'emcrgerc di uno strato geologico, di toccare laurora del fenomeno, di comporre mentalmente delle tracce che sono da immaginare a zoccolo del mondo dellicona coti come noi oggi lo conosciamo. Accade che volendo dimostrare lesistenza di una linea delle immagini ininterrotta, si tenta di recuperare le testimonianze del tempo pi lontano possibile. Lottica storica di papa Adriano tende a fissarne il punto di partenza almeno per Roma nei tempi costantiniani. Costantino, dopo il racconto del sogno nel quale gli apparvero coloro che nel confronto con le loro immagini poterono essere identificati nei principi degli apostoli, Pietro e Paolo, si diede a costruire chiese, innalzando in esse le stesse venerande immagini (cfr. infra). Da parte loro, i padri del Concilio non sono da meno nel ricordare una fitta catena di testimonianze antiche. Asterio, vescovo di Amasea rapito nel profondo, passeggiando sotto un portico, davanti a tutta la storia sulla tela di Eufemia martire (cfr. infra); colui che aveva la bocca pi preziosa delloro pro nunzi le parole; amai anche la pittura ricoperta di cera (cfr. infra)-, Giovan ni Crisostomo registra laffetto per linunagine del corpo di Melezio, e dice essere stata dipinta quella santa immagine dappertutto, nei castoni degli anelli, nelle coppe e nei bicchieri, sulle pareti delle camere da letto (cfr. infra)-, Grego rio il Teologo racconta con partecipazione delletera vinta dalla visione davanti all'effigie di Polentone sporgente sopra il portone (cfr. infra). Icone su tela, tavole dipinte ad encausto, immagini dal carattere narrativo ed effigi/ritratto; immagini variamente dislocate; sotto portici, sopra un portone, in interni domestici, su oggetti personali e duso corrente. E questa la poliedrica, sfaccettata, affollata dimensione dellimmagine quale si configura con precisione nella prima met del v secolo, in base alle fonti. Nei confronti di questo quadro fondato sulle memorie, il panorama iconico preiconoclasta a tuttoggi noto soffre di un vistoso scarto cronologico. Fra le icone del Sinai, di Kiev, di Roma non sembra di poterne riconoscere alcuna che sia antica quanto quelle evocate nel corso del Concilio ed condivisibile la loro aggregazione intorno allasse del vi e V I I secolo. E, tuttavia, sul piano degli assetti pi generali, nella formulazione dei sistemi interpretativi di studiosi fra i pi avvertiti si coglie l ombra di una qual certa refrattariet a pensare l icona a una soglia anteriore al vi secolo. Riprendendo il filo storiografico e giungendo al nostro presente, emerge un dato. Ed che la latitudine di riflessione sensibile allimpatto di Nicea sullo sta tuto dellimmagine si enormemente dilatata. Ci si prover a dame sentore dal punto di stazione coincidente con lambito degli studi storico-artistici, limitata- mente al nodo rappresentato dalle due opere: The Power of Images. Studies in the History and Theory of Response di David Freedberg, 1989 (trad. it. Il potere delle immagini. Il mondo delle figure: reazioni e emozioni del pubblico, Torino 1993) c Bild und Kult-Eine Geschichte des Bildes vor dem Zeitalter der Kunst, 1990 di Hans Belting (trad, ingl. Likeness and Presence. A History of the Image before the Era of Art, Chicago and London 1994), e attraverso la focalizzazione che le que stioni agitate in esse offre Holy Images and other Images, un contributo dello t g so Freedberg nel quale confluiscono la lettura presentata alla Conferenza su H f l Holy Imaac a Dumbarton Oaks nellaprile del 1990 e gli spunti e i chiarimenti originati dal confronto fra la propria impostazione e quella di Belting. 1 193 Apparse un solo anno di distanza luna dallaltra, le due opere sono dissi mili noia concezione genetale e negli esiti, ma aecomunabili in alcuni punti. Per entrambe l'esperienza nkena centrale e lo a tal punto da trasparire limpida mente persino a livello d lessico. Ne l potere delie immagini luso di termini come fusione, elisione, repressione non di matrice saussuriana e freudiana, come erroneamente stato interpretato (Gombrich 1991; Il culmine dellillusione, in *La Rivista dei libri*, gennaio 1994, pp. 7-8), ma deriva direttamente da Nicea, secondo quanto dichiara lo stesso Freedberg {Holy, p. 74); daltra parte, la scelta di Belting per il titolo della sua opera nelledizione inglese Likeness and Presence si configura in proposito quasi con l'aderenza del calco. Ambedue le opere, inol tre, s commisurano su processi di lunga durata, che per likeness and presence si estendono dalla tarda antichit fin sulla soglia della modernit, allo schiudersi del bipolarismo RfotmaCiontrorfbnna, mentre la trasversalit de II potere delle im magini giunge a inglobale la dimensione del nostro presente. Carattere comune , infine, lapriiri della latitudine iconica attorno a gravitazioni di tipo diverso, ma pur sempre di carattere problematico. Con ima conseguenza. Grazie a opere co me queste, in grado d compiere delle rifondazioni, il tema dellicona viene disin cagliato dal duplice ghetto in cui la pigrizia intellettuale della cultura moderna occidentale l aveva relegato: da una parte, l angolo degli specialism^ specie di coloritura Kmnrina; daQ'ahra il dilagare della fortuna dellicona, anche moderna, nei arcuiti della fruizione; da una pane la filologia, dallaltra lo specchio della devozione. Fuori dei punti di contatto, sono fierissime le divergenze. Nellopera di Bei- ring il sottottolo Likeness and Presence. A History o f the Image before the Era of Art apre hmptdamente sul traodalo del suo sistema basato su un fondamento che si direbbe modernamente 'vasariano, o per diria con termini intemi allarticola- ziooe stessa d d tracciato, post-luterano: prima c il tempo dellimmagine (fino alla Riforma), poi il tempo deflaitc (il tempo moderno), oggi la fine della storia dellarte. Pier Vasari prima di Giotto ri estende la plaga indistinta dellarte bizan tina, poi comincia la parabola storico-artistica il cui culmine coincide collespe rienza totale e compiuta di Michelangelo. Anche per lo studioso moderno il tem po ha valenza tutta occidentale, s dispone sullasse diacronico; tagliato da so glie. Belting distingue aDinterno de&'estensione dellimmagine la duplice catego ria. ddlmmagmefrtratro e deflmmagtne/storia. NeUassegnare alla prima il tem po deDimmagme (Oriente) e alla seconda il tempo moderno e larea dellOcci dente, Bdring non attualizza la posizione tenacemente espressa e mantenuta dalla Chiesa d Roana volta al recupero ddl'mmagine come storia, come racconto, co me canale parallelo alla panda? Diversamente, nella sistemazione rifiata da Freedberg elemento unificante la fluidit fra immagine e immagine di storia; il rapporto fra immagine e proto tipo un nesso essenziale ria per P immagine/ritratto, sia per limmagine/storia; il potere ri estende dalla prima alla seconda categoria. Sembra inevitabile conclude re che la riflessione di Freedberg, sensibile al potere dellimmagine, di tutte le immagini, e fuori da ogni dominio di stile, ha come centro propulsore lorizzonte ni ceno e come punto di osservazione la ribalta dellarte contemporanea, la qua le nelle sue ramificazioni pi significative ha rinunciato alla valenza illustrativa, narrativa, * storica, recuperando in modi inediti il nodo di ci che in termini nicern chiamiamo il vincolo fra immagine e prototipo e che con Freedberg il nodo deDnerenza. Il secondo Condito d Nnm e iconologia ir Cnsptm Nel campo ilcU'fttte In generale, di Iconologia ni traila come di metodo per fettnetteutka integrale dell'tinera d'atte, Durante II nonno necolo, dopo la rlassun- rane del termine tesso di "Iconologia con accezione evoluta e m-eclsuta relati vamente al suo ambito postrluasdmentalc ', chi ne ha parlato * lo na fatto trattan do quasi di una posizione opposta al "metodo Iconografico, cio opposta alla iconografia metodo a sua volta: L 'i conografi a descri ve le torme vii un'opera d'arte e ne I denti fi ca II contenuto ricottili) i ndol e al puro si gni f i cato, L 'I conol ogi a, I nvece, I nterpreta l opera darte geneti camente, studi o del l e f orme si gni fi canti che recano in s il signi ficato. Dotto con le parol e di Panofsky (che mi scri ve cosi i n una l ettera): la di ff erenza tra i conografi a e I conol ogi a ri guarda non tanto il soggetto quanto il procedi mento, pur se la dl fl renaa di procedi mento circa II ogget to genera da s un di verso genere di soggetto \ Detto con parole nostre: gi l'iconografa non puro e semplice riconoscimen to del soggetto dellopera d'arte: l'iconologia, poi, apprendimento del senso glo bale dell'opera d'arte: tuttavia, prima e pi che ogni altra cosa, Iconografia e ico nologia sono entrambe procedimento metodologico. E cosi anche se limpiego del "nuovo metodo\ quello iconologico, nello "studio sistematico dcllane cristiana, in virt del suo peso specifico stesso (beninteso, negli anni 20 del nostro secolo senta particolari accorgimenti sulla specificit) fa trasbordare oltre, in un diverso genere di soggetto quale, appunto, nellarte il soggetto cristiano e liturgico: Sin adesso la conoscenza e la comprensi one del l 'arte progredi ta medi ante studi in tre di retti mi ; ri cerche d carattere puramente stori co, magari in un capi tol o privi legi ato di stori a delta civilt umana: osservazioni di carattere prati co, I ntorno alle qual i t esterne o alle carat- {eristiche tecni che del l e opere: rll lessionl di carattere specul ati vo, per l 'apprezzamento este ti co dei fenomeni arti sti ci . M a c una di rezi one ul teriore. U n I ti nerario I mportante, i ndi spen sabl e per arri vare aU 'apntczzamento i ntegral e dell e opere. I o i ntendo trottare di questa quar tt di mensione degli studi artistici. l i mportanza degli studi iconol ogi ci non si di scerne ancora suffi ci entemente. L o scopo di tali studi non tuttora ben preci sato, le scel te metodol ogiche sono prese appena I n consi derazi one, I mezzi per ottenere ri sul tati davvero scientifici sono provati sol o parzi al mente. I l termi ne stesso di I conol ogi a abbastanza desueto; e per se dora innanzi sar usato con migliore consapevol ezza sar certamente un progresso sugli studi stori ci detl arte. L i conol ogi a si e eclissata uopo la rivol uzione (francese); la stori a del l 'arte se contentata all ora di ima regi strazi one descri tti va, cio dell 'I conografi a dell e cose raffigurate mentre lo spi ri to che le anima rimasto negl etto come se fosse un elemento accessorio. (Ma) I conograf a d nuda descri zi one, anali ti ca o sinotti ca che sia, (mentre) l'iconologia fa esegesi dei fenomeni arti sti ci ; (['i conografia) si l imita alla constatazi one dei fenomeni, (Ticonologi*) penetra nell a espli cazi one del senso. E sempl o I ll ustre dei risul tati otteni bi l i dall a cottolo e la tripli** opera, gi ustamente cel ebre, di M. Mis) sul l 'arte religiosa in ('rancia nel Ma evo. I l colti ssi mo auti ue le aveva dato il si ntomati co sottoti tolo: Studi o sull e origini de nogeafia nel M edioevo Era chi ari ssi mo ma itoti era logico, perch egli tratta non l ori noiogta) urologia. , .129 delT scooografia ma l'origine delle coni stesse. Si accorto dellincocrenza e nella edizione quatta del secondo volume come nella seconda del terzo, apparse entrambe nel 1922-1923, ha jwsio il scnotholo: Studio sulliconografia del Medioevo e sulle sue fonti ispiratrici. Ot ti ca redazaooe; ma sarebbe stato pi diretto parlare di: Studio sulliconologia [...] 4. Le critiche mosse al "metodo iconologico sono state fondamentalmente due. La prima che l'ieanologia trascura la forma artistica tutta favore del significa to astratto deU opera. La seconda che procedendo iconologicamente, cio pre stando attenzione alle forme significanti in quanto recano in s il significato - quindi, in quanto sono simboli - si rischia di rimanere impigliati nelle concatena zioni simboliche, sia imputando indebitamente allartista e allopera simbolizzazio ni e allegorizzazioni sia attribuendogliene anche di debite. Non ci interessano ora le apologie del metodo dibattute in riferimento allarte in generale; qui dobbiamo dire come presso la cultura cristiana, nella sua radicalit. Iiconologia non una funzione metodologica ma la struttura costitutiva della nostra icondgrfarNella nostra tradizione culturale, pi che metodo l iconografia il fatto stesso dellico- nografare, meglio che metodo liconologia il fatto stesso delliconologizzabile. E questa la nostra autentica e propria quarta dimensione. Linguisticamente (tutti, ognuno dal suo punto di vista, si accorgono che iconologia affare di linguisti ca s) noi non andiamo a caccia di chiavi per aprire gli emblemes, devises... e altre infinite materie delle espressioni artistiche; noi perseguiamo la comprensio ne culturale delle rappresentazioni ed espressioni estetiche da comunicare esteti camente ed esteticamente comunicate, consapevoli che una tale comprensione di globalit estetica introduce nella poietica specifica dellarte cristiana e liturgica. Reciprocamente: consapevoli che lestetica e la poietica specifiche dellarte cristia na inducono rappresentazione ed espressione e comunicazione globalmente ico niche. In altri termini, la nostra iconografia si fonda sulla nostra iconologia che la norma; la nostra iconologia il senso globale della nostra iconografia che ne nonnata. Non dimentichiamo che il banco di prova delliconologia, metodo per reimeneutica integrale dellopera darte, sin dal suo nascere, stata larte cristia na; e che nel contesto dellarte cristiana il metodo iconologico si autotrascende. N soltanto. Fenomeno di globalit iconica della nostra antropologia e della nostra teologia, nella cultura e nella liturgia cristiana l iconologia la logica del la iconicit fondativa. Iconologia lo stesso che statuto iconico della cristianit. Osserviamo da questo punto di vista l estetica, la poietica, le iconi del nostro orizzonte teandrico 6. Lo facciamo suN auctoritas incontestabile, chiarificante in modo ottimale e massimo, del Concilio ecumenico vn Niceno i l 7, finalmente (di ciamo finalmente dopo il XH centenario nel 1987) in ricezione senza contrasti anche da parte dellOccidente. Ha scritto il papa Giovanni Paolo il: D dodicesimo centenario del Concilio Niceno n stato occasione di molte commemora zioni ecclesiali e accademiche, alle quali anche questa sede apostolica ha voluto partecipare e associarsi. Lavvenimento stato pure degnamente commemorato con la Lettera enciclica di Sua Santit il Patriarca di Costantinopoli e del suo Sinodo; documento che ha esaltato rimponanza teologica e il senso ecumenico del vii Conclio, lultimo riconosciuto dalla Chiesa cattolica (occidentale) e insieme dalla Chiesa ortodossa (orientale). Ma la dottrina stessa de finita da quel Concilio riguardo alla venerazione delle iconi nella Chiesa, che merita unatten zione tutta speciale; per le ricchezze spirituali dei suoi frutti, e anche per i postulati che pone nel campo tutto dellarte sacra [...] 8. 1. Visibilit Del Niceno II lezione germinale di esplicazioni produttive il chiasmo cristiano tra codice visivo e codice uditivo sino a coimplicare ogni percezione sensibile che luomo abbia di Dio. Nel primo quarto del secolo ix i due grandi iniziatori della teologia iconica postnicena e strenui difensori delle iconi, elaborando certe osservazioni sulla per cezione dei nostri sensi con altre riflessioni filosofiche e teologiche formularono anche la tesi psicologica di una prevalenza della vista sulludito, Secondo il pa triarca Nicfpro l percezione visiva piu immediata e meglio penetrante che non la percezione uditiva 9. Il monaco Teodoro, daccordo con lui, ritiene che l occhio " piu importante e meglio affidabile dellorecchio 10; ma si spinge oltre sino ad affermare che le parole si pronunciano in virt di unimmagine previamente per cepita, i profeti - egli dice - danticipo sono veggenti, i discepoli ed evangelisti del Cristo hanno parlato di lui dopo averlo veduto, la realt che quando assen te deve vedersi solo intellettualmente non pu vedersi neanche intellettualmente se prima non stata vista sensibilmente u. Entrambi per sanno che le loro os servazioni psicologiche o pure fisiologiche sono suggestioni ad abundantiam, le osservazioni giustificanti liconofilia e l iconodulia del Concilio e degli ortodossi cristiani che nella cattolicit tutta lo hanno seguito o preceduto sono riflessioni della fede e azioni liturgiche. Ad esempio, Teodoro convinto che le iconi sono necessarie ai cristiani imperfetti e ai cristiani perfetti ugualmente perch lecono mia di Dio questa e tutti i problemi riguardo alle iconi si riducono alla loro comprensione spirituale 12; se dissente perci dalla giustificazione ipotizzata dal vescovo Ipazio, il quale le accetta soltanto per istruzione degli sprovveduti a imi tazione della condiscendenza pedagogica di Dio verso i non spirituali 15, per ch quel minimalismo didattico resta fuori delle asserzioni teologiche riguardo alla iconicit cristiana. Ipazio ebbe nel ix secolo atteggiamento analogo allatteggia mento che nel secolo X I I avr Bernardo di Chiaravalle H, non allatteggiamento che nel secolo Vi aveva avuto Gregorio Magno 13, il quale (contrariamente a quan to si ripete di solito) fa appello alla didattica argomentando minimalisticamente (quandanche le iconi si accettassero soltanto per la istruzione degli sprovveduti, per ci stesso non sarebbero da distruggere...): forse che affermare la finzionali- t catechetica delle iconi equivale a negarne fatalmente la struttura celebrativa? Se cos fosse, Giovanni Damasceno, il grande ispiratore della teologia iconica del v i i Concilio ecumenico, sarebbe un insensato perch convinto dellima e dellaltra cosa I. Peraltro, nell870 il canone 3 del Concilio Costantinopolitano iv dichiare r: Come per il senso delle sillabe scritte nel libro (dei vangeli) tutti abbiamo salvezza, cos dalla virtualit dei colori che dipingono (le iconi) tutti, e sapienti e sprovveduti, traggono vantaggio [-..] La giustificazione ultima delliconismo cri stiano nella professione della fede, celebrata dalla liturgia, su ci che era sin da principio, ci che noi abbiamo udito ci che noi abbiamo veduto con i nostri occhi, ci che noi abbiamo contemplato e le nostre mani hanno toccato, ossia il Verbo della Vita poich la Vita si fatta visibile, noi l abbiamo veduta, e di ci rendiamo testimonianza annunziandovi la Vita eterna che era presso il Padre e si resa a noi visibile - quello che abbiamo veduto e udito [ ...] (1 Gv 1-3). La comprensione spirituale auspicata da Teodoro Studita verte su questa visibili t economica di Dio, nella quale sguardo e ascolto sono complici dellesperienza vitale umana su Dio. I discepoli ed evangelisti ne sono spettatori con i profeti: [...] pur guardando non vedono e pur ascoltando non odono. E cos si adempie per loro la profezia dI saia (6, 9-10) che dice: Voi udrete ma non comprendete, guarderete ma non vedrete. Perch il cuore di questo popolo si indurito, son diventati duri di orecchi c han no chiuso gli occhi, per non vedere con gli occhi e non sentire con gli orecchi, e non imt-n dere con il cuore e convertirsi, e io li risani [il quarto vangelo (Gv 12. 41) annoia: O H M disse I saia (6, 1-4) quando vide la sua gloria e parl di lui]. Ma beati i vostri occhi vedono e i vostri orecchi perch odono. I n verit vi dico: molti profeti e giusti (scco^^^H 10, 20: profeti e re] hanno desiderato vedere ci che voi vedete c non lo videro, c udi j ^^H che voi udito e non lo udirono (Mt 13, 13-17). Ma non complicit elementare. La visibilit dei segni operati da Ges (Gv 12, 37) non il determinante; levento della nostra iconologia, quello celebrato dalla liturgia, che egli la visibilit - da lui stesso gridata (Gv 12, 44 50) di Verbo della Vita, del Logos di Dio. la visibilit di lui Parola che pone il chiasmo teologico dellincarnazione nella quale noi vediamo linaudito e udiamo linvisibile. Un chiasmo che situa in riflessione a specchio lascoltabilit e la visi bilit umana di Dio: la teofania trinitaria della Trasfigurazione sul monte, davanti alla Apostolicit, testimoni la Legge e la Profezia, trasfigura in se stessa la teofania uditiva - con voce di tuono per lalleanza del Sinai a Mos nella nube oscu ra (Es 19, 19; 20, 21) o con voce di silenzio sottile per lintimit dellOreb ad Elia all'ingresso della caverna (1 Re 19, 12. 13) - nella teofania uditiva e visi va, con visione della sua grandezza e discesa dal cielo della voce di Dio Pa dre per la conoscenza diretta della potenza e venuta del Signore nostro Ges Cristo a Pietro a Giacomo a Giovanni con lui sul santo monte (2 Pt 1, 16-19), Tale trasfigurazione speculare e chiasmo nellesperienza cristiana di Dio, che la liturgia fa normale mediante la celebrazione sacramentale, il principio per cui sotto la denominazione e il fenomeno pregnante della visibilit noi riuniamo ogni nostra percezione sensibile di Dio. Ed perci che la visibilit onnicomprensi va il principio della estetica cristiana e liturgica. perci che Sacrosanctum concilium indica sotto il codice della visibilit tutti i codici linguistici con il cui complesso la rappresentazione teandrica espressa nella liturgia e comunica nel lassemblea liturgica, e interpreta l indicazione della visibilit in equivalenza, in sinonimia, ai diversi codici della percezione sensibile, a tutti i codici di estetica quali che ognuno dessi sia. Altrove a questo scopo ho trascritto in sinossi due passaggi sorprendenti di cotesto uso ineccepibile 17: SC 7 l, in qua (Liturgia) 2 per signa sensibilia 3, significata 4, et efficitur sanctificatio hominis 5, et a Jesu Christi Corpore 6, capite riempe eiusque membris 7, integer cultus publicus exercetur SC 33 1. quibus utitur sacra Liturgia 2. signa visibilio 3. ad res divinas invisibiles significandoi 4. gratiamque eius (Dei) recipianl 5. dum Ecclesia 6. vel orat vel canit vel agit... 7. ut rationabile obsequium ei praestent Vi si rileva agevolmente una corrispondenza nella quale lunico imparallelo - 6 - mentre in SC 7 precisa il soggetto dellazione liturgica, Ges Cristo capo e le sue membra (il contesto : Natura della liturgia e suo valore nella vita della Chiesa; caput I, i), in SC 33 precisa, con elencazione aperta, diverse specie di segni liturgici (il contesto : La riforma liturgica; caput i, tu elencando nel ge nere della visibilit la preghiera (codice verbale), il canto (codice musicale), lope rativit (codice gestuale)! La radice teandrica della nostra estetica di visibilit onnicomprensiva cos riletta nella iconologia nicena dalla Duodecimum sxculum. Secondo il patriarca di Costantinopoli S. Germano, illustre vittima delleresia iconoclasta, nella controversia (delle immagini) implicata tutta leconomia di vina secondo la carne (Teofane il Confessore, Cronografia allanno 6221) [...] La Chiesa persuasa che Dio rivelato in Ges Cristo ha davvero redento e santifica to la carne insieme allintero universo visibile, in altri termini luomo dotato dei cinque sensi affinch possa essere quello (uomo nuovo) che si rinnova, per una piena conoscenza, ad immagine del suo creatore (Col 3, 10) 18, Si noti il river sarsi nellantropologia dellintero universo visibile che, in altri termini, dei to: luomo dotato dei cinque sensi. Con preziosa metonimia delloggetto - 1in 198 tero universo visibile - nel soggetto, se ne universalizza cos la visibilit riferen dola a tutta lestetica, cio a tutte le percezioni sensibili antropologicamente ap prezzabili - luomo dotato dei cinque sensi. La non-ricezione carolingia del Nice- no u, che malgrado le sue intenzioni pseudo moderate 19 troppo a lungo ha de pauperato la cristianit e la cultura occidentale di ricchezze non facilmente inven tariabili, rischiosissima laicizzazione dellarte cristiana e liturgica per la sua in sidia precisamente contro la radice teandrica della nostra estetica e le sue propag gini antropologiche e cosmologiche. A ragione il patriarca Dimitrios i: Nelliconoclasmo rivivevano varie eresie del passato, tendenze manichee, gnosdche, do- cetiste, elementi nestoriani e monofisiti; insieme a dottrine ereticali recenti quah leresia pau- liciana; ma pure tendenze ed elementi avversi al cristianesimo, dellebraismo e dellislamismo [...] che ravvivavano tradizioni dellOriente non cristiano [...] Liconoclastia (cos composita) si assegnava un progetto di idee e di attivit distruttivi dellevento della incarnazione e rin negatoli dogni possibilit di santificazione della vita (umana) e della materia, di passaggio da cose terrestri a realt celesti e divine [...] Ha affermato icasticamente Giovanni Damasceno: Non alle iconi liconoclastia ha dichiarato guerra, ma ai San (Difesa delle iconi 1,19) [...) a tutto ci che la tradizione ortodossa oppone la sua teologia dellicone fondata su [...] linsegnamento della Chiesa circa la materia e lo spirito, lessenza e le energie, lincreato e il creato, il celeste e il terrestre, leterno e il finito [...] x. Cotesto insegnamento della Chiesa si oppone cio alla simboloclastia sacra mentale. 2. Agiograficit Del Niceno II lezione canonica delliconografa mediante liconologia la precisazione normativa delloperare iconico cristiano e liturgico. Vicende tragiche, specialmente in Oriente sfociate tra eresia e martirio nel vn Concilio ecumenico, e vicende travagliate, specialmente in Occidente tra elucu brazioni e ricezione provocate dal Niceno n, hanno fatto o fanno fantasticare una molteplicit tanto svariata quanto indistinta di normative sullarte cristiana e litur gica. In effetti, sar bene che tutti, in Occidente e in Oriente, si recepisca la uni cit di canone pronunciata biblicamente" dai padri conciliari nel 787 sia riferen dosi alle iconi con lesclamazione della meraviglia nel versetto 9 del salmo 47 - Come (sicut) avevamo udito, cos (rie) abbiamo visto, nella Un) citt del nostro Dio - sia parlando degli autori delle iconi in maniera assimilante agli autori delle Scritture - lo zographos, scrittore dal vivo (= pittore, artista) quale agiograpkos, scrittore di cose sante (= autore ispirato di sante Scritture, agiografo). Il rappor to sicut/sic/in del salmo 47, 9 canone unico delliconografa cristiana e liturgi ca in quanto iconologia matrice ne la rivelazione biblica secondo la percezione ecclesiale: Le iconi sono state trasmesse nella Chiesa cos come i vangeli; poich con la lettura sen tita dalle orecchie lascolto perviene alle orecchie e con l'immagine vista degli occhi l'intelli genza illuminata similmente, con le due cose interdipendenti, dico la lettura delle Scrittu re e lo sguardo alla pittura, apprendiamo la medesima notizia pervenendo alla memoria della storia. Per ci sulla attivit unificata dellascolto e della vista detto nel Cantico dei Canti ci: Mostrami il tuo viso, fammi sentire la sua voce, perch la tua voce soave, il tuo viso leggiadro; alla cui parola siamo consonanti cantando anche noi con il salmo (47. Conte avevamo udito, cos abbiamo visto, nella citt del nostro Do [...,] Non dei pittori la inveii zione e la poietica delle iconi ma della probata legislazione e della autentica trasmissione vii venerande primordialit [...] La penetrazione e la tradizione dei padri, non del pittore; de^ pittore larte2I. 9 In altri termini, per il fatto stesso che lestetica dellartista cristiano c liturgico sinergica tra lui e il Verbo visibile, la sua poietica sinergica tra lui - a cui appartiene ci che il Niceno II dice arte - e i "padri", ossia gli autori ispirati rlpllp sante Scritture (a loro volta, con-autori con Dio che si autorivela) insieme alla probata legislazione e alla autentica trasmissione di venerande primordia- lit (cio, insieme alla memoria ecclesiale) - a cui appartiene ci che il Concilio dice invenzione e poietica/ penetrazione e tradizione. Entrare in una tale si nergia, allartista cristiano e liturgico necessario non per essere artista n per operare arte religiosa ma per essere agiografo e operare a suo modo rivelazione cristiana e sacramentalit liturgica. Provvidenzialmente la Duodecimum saculum nel 1987: Specialmente la Chiesa greca e le Chiese slave, istruite dalle opere degli insigni teologi cultori delle immagini che furono S. Niceforo Costantinopolitano e S. Teodoro Studita, han no ritenuto licone una parte integrante della sacra liturgia non altrimenti che la celebrazio ne della Parola. Come la lettura dei libri materiali fa che si percepisca il Verbo vivente del Signore, allo stesso modo n pi n meno (item ommino) la formazione dellimmagine dipinta permette a chi la contempla di pervenire ai misteri della salvezza mediante la visione ...J Si producano sempre pi numerose le opere darte realmente di qualit ecclesiale [...] opere che veramente intendano riferire il mistero e no che, invece, lo occultino. Per ci oggi come in passato la fede stessa sia lispiratrice imprescindibile dellarte ecclesiale. Larte per larte che non ha riferimento se non allartista e non stabilisce rapporto alcuno con le realt divine, estranea alla accezione dicone cristiana. Qualunque sia lo stile che adotta, ogni arte sacra deve dichiarare la fede e la speranza della Chiesa. La tradizione continua dellimmagine sa cra comprova che lartista devessere egli stesso cosciente di compiere un ufficio ministeria le per la Chiesa. arte cristiana autentica quella che dalla percezione sensibile fa intuire che il Signore stesso presente nella Chiesa, che gli eventi di storia della salvezza danno senso e orientamento alla nostra vita, e che la gloria a noi promessa trasfigura gi la nostra esisten za. Larte sacra deve tendere ad offrirci una visibilit globale di tutti gli aspetti c le logiche della nostra fede. Le opere darte della Chiesa devono mirare quasi a parlare la lingua dellin carnazione e mostrare mediante gli elementi della materia colui che, secondo la formula bel lissima di S. Giovanni Damasceno, volle abitare la materia al fine di operare la mia salvezza mediante la materia (Difesa delle iconi 1, 16) 22. curioso (ma non troppo) che loriginale latino imaginem reputaverunt voluti complentem aliquam liturgia sacra partem baud seats atque verbi celebrationem sia tradotto in italiano (e non solo): hanno considerato la venerazione dellicona come parte integrante della liturgia, a somiglianza della celebrazione della parola. Ov viamente (purtroppo) chi traduce talmente lontano dalla riflessione teologica di Niceforo e di Teodoro, e talmente estraneo alla accezione della Chiesa greca e delle Chiese slave, circa le iconi, da lasciarsi trascinare dal paragone stabilito di sua propria iniziativa sino a smentire il rapporto posto, invece, dal testo: ed. tradotta ed. originale 1. la venerazione dellicona licone 2. a somiglianza non altrimenti 3. della celebrazione della parola che la celebrazione della Parola Il traduttore non conosce la dottrina teologica (orientale, e non solo) sulla presenza che licone comporta in se stessa a differenza della presenza che la scrit tura reca nella sua lettura; si lascia sfuggire pertanto la forza dellidentit - 2. non altrimeri - tra 1. l'icone (del Verbo visibile) e 3. la celebrazione della Parola (ascoltabile) nella liturgia. Ma basta leggere il testo conciliare niceno: Nelle chic se la lettura (delle Scritture) si proclama a intervalli mentre la figurazione delle 200 iconl, perinanenlpmentc per s, g narra ed evangelizza la verit degli eventi e a sera e al mutililo t* al mezzogiorno [...] 2); celebrazione della Parola la sua pro clamazione liturgica mentre celebrazione dellIcone la sua liturgica figurativit, cio l'aglograliclt dell'lcone permanente per s, l icone celebrazione del Ver bo "visibile" In Ne stessa, Nella operativit dellartista-agiografo la demiurgia e lescatologia proprie di ogni onera d'arte sono fatte dalliconologia del nostro caso demiurgia sacramen tale etl escatologia rlvclativa. L la trasposizione che consegue ai criteri di auten ticit dell'opera d'arte cristiana: fare intuire dalla percezione sensibile la presen za di saggezza e di orientamento vitali del Verbo visibile alla sua Chiesa, fare intuire dalla percezione sensibile la trasfigurazione della nostra esistenza in virt della gloria gi visibile pur se non ancora perfettamente fruibile. Lapporto che, in sinergia con "il Corpo di Ges Cristo capo e membra, lartista arreca si basa sulla demiurgia ed escatologia tipiche della nostra iconologia, ma si edifica, con qualsiasi torma artistica egli adotti, sulla infinita agiograficit della lingua dellin carnazione". Altro che limitarla, tale agiograficit stimola appunto allinfinito lau tonomia artistica, Cos, altro che invischiarsi in genericismi del sacro, sospettabili di gnosi vecchie o gnosi ultime e occultatori del mistero tale quale larte per larte che non ha riferimento se non allartista e non stabilisce rapporto alcuno con le realt divine, lartista-agiografo elabori le risonanze del Verbo visibile quali gli riecheggia il suo proprio genio - e carisma - di artista e saccorger di quale creativit egli compartecipe. La storia dellarte cristiana e liturgica - tutta da narrare - con le sue miriadi ai opere capolavori autentici costellata lumino samente di riproposizioni della qualit ecclesiale, enarrative del mistero e rivelative della "visibilit globale di tutti gli aspetti e le logiche della nostra fede. Certo, qui che la rivelazione sacramentale dellartista-agiografo si sempre con frontata ieri e continua a confrontarsi oggi con ladeguazione biblica; particolar mente, con ladeguazione della tipologia biblica, che la biblia pauperum vera e propria, davanti alla quale tutti siamo pi o meno sprovveduti; e con ladeguazio- ne della tipologia estesa, che la ricerca del Verbo visibile al di fuori delle sante Scritture eppure ad esse sinfonica: con le scritture apocrife (in ci uguali sia lOriente sia lOccidente) con la transignificazione cristiana di miti acristiani, o con i simboli e le allegorie della natura - minerari, erbari, bestiari, poich, come scrive lapostolo (Rm 1, 19-20): ci che di Dio si pu conoscere manifesto; Dio stesso lo na manifestato. Infatti, dalla creazione del mondo in poi, le sue perfezio ni invisibili possono essere contemplate con lintelletto nelle opere da lui compiu te (in ci diversi lOccidente e lOriente, diverse le varie culture dellOcciden te e le varie culture dellOriente, e diverse le varie epoche culturali). Ora, oggi e domani, questa sfida alle Chiese, alle loro teologie e alle loro liturgie, alle cul ture cristiane e agli artisti che lavorano ad opere darte con iconologia cristiana. La correttezza deile opere darte moderna elaborate con iconologia cristiana di pender dal senso profetico e dal sacerdozio regale con cui, nella storia che con tinua, la cristianit sapr come la creazione stessa attende con impazienza la ri velazione dei figli di Dio; essa infatti, sottomessa alla caducit [...] nutre la spe ranza di essere lei pure liberata dalla schiavit della corruzione per entrare nella libert della gloria dei figli di Dio [...] Sappiamo bene infatti che tutta la creazio ne geme e soffre sino ad oggi nelle doglie del parto [.,.] ma anche noi, che pos sediamo le primizie dello Spirito, gemiamo interiormente aspettando la redenzio- ne del nostro corpo [...] (Rm 8, 19-23). dal saper fare eucaristia di ogni realt spazio-temporale e mondana visibilizzandone limpazienza rivelativa e non la c*g| ducit, la libert della gloria dei figli di Dio e non la schiavit della corruzione^! visibilizzando le doglie e il travaglio del parto dalla materia in noi e dalla niute-1 ria fuori di noi accomunati al neutro gemito e alla nostra retlcnzione pasquale, vite dora in avanti sar misurata la legittimit della poietica cristiana e il valore vie! l opera liturgica darte moderna. Se arte cristiana quella che "lieve dchiatare la fede e la speranza della Chiesa, tanto essa evolve quanto queste si approfondi- scono. E si potr e dovr prendere atto di tutta una scalari nella coscienza che gli artisti hanno di compiere un ufficio ministeriale per la Chiesa", dal caso pa radossale di un artista non credente che riesca per a trascrivere la lede e la spe ranza della Chiesa (pure lasina di Balaam ha dovuto profetizzate e anche un ateo pu battezzare) sino alla proiezione mitica di Luca evangelista "pittore" dell'ln carnazione quasi fosse evangelista e pittore dell'Ineffabile maternit di Maria, Iconicit In correlazione dell'iconografa alla tipica globalit del liconologia dobbiamo qui richiamare liconicit increata del Figlio che l'imma gine di Dio invisibile (Col 1, 15) e liconicit creata delluomo che ad imma gine di Dio (Gen 1, 27) per come l una e laltra sono condizione della temici t arte-facta, per come sostengono iconologicamente l'iconografa artistica. L\ que stione non del che cosa ma del che senso, questione non esegetica ma ermeneu tica. - La divaricazione postcarolingia tra l'iconicit coltivata dai cristiani in Oriente e in Occidente (divaricazione che, coerentemente alla tipica globalit delliconologia, anche indice della differenza tra la teologia, la spiritualit e la pastorale, dellOriente e dellOccidente, tra luna liturgia e Paltra) differenza da ricondurre a questa ermeneutica e a quel senso Duodccim um sattctilnm non tre ha trattato, Epi te 1200 vi ha dedicato la sua parte centrale. Lumanit visibile del Signore l'immagine della sua invisibile divinit (...) l.e due na ture unite nellunica persona del Signore ci offrono lImmagine unitaria del l)io Uomo vivstt al modo dimmagine che descrive Dio stesso bench Dio sia assolutamente inconcepibile e ineffabile. 11 Signore l'immagine di ogni immagine, larchetipo che comprende la natalit dellessenza divina [...] e noi vediamo Dio soltanto mediante la sua ipostasi divino-omana: suo Figlio e suo Verbo (visibile). Schema teologico, diremmo, "contraddittorio'' rite (regorr Palamas giustifica cosi: Dio inconoscibile e inconcepibile, assolutamente trascemlento scvondo la sua essenza, diviene essere partecipabile sul piano empirico [.) eternamente partecipabile da parte delluomo che vedr il Signore nella sua seconda venuta. Allora l'uomo contempler questo volto della divina auto-rivelazione; quando luomo sar trasligorato nella gioita dri Signore ogni uomo giustificato vedr Dio faccia a faccia T,.,] (I ('or IL l) il volto stesso dri Verbo umanizzato, la faccia stessa del Figlio che limmagine di Dio invisibile, generato prima dogni creatura (Col 1, 15) [...] N dobbiamo dimenticate che icone di Dio l'mwo creato ad immagine e somiglianza divina; luomo che, nonostante abbia oscurato questa im magine con la sua caduta e il suo peccato, conferva la capacit l'essere trasfigurato orila Imo e nella gloria dellipostasi divina, coal come essa ai riflette innanzitutto e soprattutto orila presenza dellipostasi del Signore nellicone, e appresso a lui dei Santi poich quelli Ito cgh ha da sempre conosciuto li ha anche predestinati ad essere conformi all'immagine lei lglio suo (Rm 8, 29). Come abbiamo portato limmagine delluomo li terra usi ponemmo l'im magine delluomo celeste (1 Cor 15, 49): questa immagine la luce della presenza lell'qto stasi, e al fedele che la contempla e la venera essa offre di divenire aneli crii somiglianza luminosa del modello. Secondo Gregorio di Nissa lanima aceotttanihwi alla luce diviene anchessa luce (Commento al Cantico dei Cantici 5): la luce che assume torma eristica e nellanima forma il Cristo (Gal 4, 19) il quale l'immagine li Dio invisibile t(ol I, l" '* Lo schema teologico contrad d ittorio della iconologia orientale coglie, Ititi que, il senso della iconicit artistica nella iconicit increata del l'iglit che licione iconicit estetica, sensibilmente partecipabile, nella iconicit 'tema Iella caute la lui assunta; e nella iconicit creata delluomo che, in xl inbi ttxi con quella, svlupiot il proprio iconismo iniziale e costitutivo, gi queste per il Verbo, ancora per il Verbo: partecipando alla trasfigurante luce di Cristo-Dio a viso scoperto, raflet- tendo come in uno specchio la gloria del Signore, [...] di gloria in gloria, secon do lazione dello Spirito del Signore (2 Cor 3, 18) 33. In altri termini runa k poietica dellicone consiste nel fatto che in se stessa essa contiene lipostasi delle trascendenti categorie della gloria e della luce [... ] Per d l'x- ne presenta la persona santa [...] nella sua situazione gloriosa e luminosa. Locribr del fat tore ortodosso percorre le vie dellascesi sperimentando il sublime digiuno degli occhi,, e ten de a coincidere con la contemplazione dellelemento trascendente eoa come rivelato ala Chiesa nella sua capacit spirituale. Contrariamente alla tradizione occidentale, nella quale limmagine manifesta una differenza e una distanza tra la materia e lo sparito, nriD'otxodossa orientale la realt dellicon armonizza i due elementi, lo spirito e la materia, neB^nieQigenza che dimensione di particolare dialettica della nostra spiritualit [...] * S, lo spogliamento della componente trascendente fatto dalmtdligenza die, categorizzando con filosofia platonica, allora considerata una dialettica deflkff- rivit spirituale, rimane tratto di speciale discriminazione della iconicit ocoden- tale dalla iconidt orientale. Per il problema ora, oggi e domani, segnane pun tualmente nella concezione della iconicit cristiana il confine tra F aspetto teolo gico vero e proprio e l aspetto filosofico-platonico delliconologia; e ci noe tanto per una eventuale legittimazione delle concezioni occidentali a fronte delle orien tali o viceversa, quanto per una progressiva elaborazione della iconografia crisna- na che dia nuovo impulso ed efficacia alla iconografa orientale e nuova robustez za e specificit alla iconografia occidentale. Tuttavia la gloria e la luce trascendenti qualificano liconologia, e Fkoncgra- fia, cristiana e liturgica di qualsiasi contestualit culturale, storica e locale: e, ugualmente gli orientali e gli occidentali, tutti i cristiani sappiamo da Giovanni Damasceno: Soltanto quando vedrai lincorporeo divenuto uomo per te potrai figurare 1nmrr>piy della forma umana; soltanto quando linvisibile diventer visibile nella carne porrai realizzare la somiglianza di d che avrai visto [...] Anticamente Dio che incorporeo non era figura bile in alcun modo, ora che si rivelato nella came ed entrato in contatto visibile eoe eh uomini io iconografo d che vedo di Dio. (E venerando licone) io venero non la morena ma il creatore della materia, colui che per me si fatto materia, ha accettato d abitare la marina e mi ha salvato mediante la materia; non cesser di rispettare la materia mediante la quale stata realizzata la mia salvezza 17. La materia della teandricit del Figlio di Dio e delluomo vivente, la gloria e la luce della trasfigurazione del Figlio delluomo e dei Santi appresso a lui: ecco gli estremi della iconicit cristiana e liturgica; in dialettica la materia tra finitudine e assunzione, in dialettica la gloria e la luce tra storia in divenire ed escatologa definitiva. Perci liconicit cristiana e concentrazione sensibilmente percepibile della biologia ecclesiale sino alla seconda venuta del Signore. Nessunarte liturgica sta fuori di tale iconicit. Giustamente si insiste sul fatto che il Verbo di Dio in cui abita corporalmente rutta it pienezza della divinit (Col 2, 9), il Verbo promesso, rivelato e rivelatore, che stato toccato e udito, contenuto interamente nelle sante Scritture. Ma egli il medesimo Verbo che as suine (orma architettonica nellarte edificatoria e conclude alfa costruzione del santo edificio della Sinassi. il medesimo Verbo che cantato e ripresentato nella Sinassi eucaristica coro pone la santa liturgia. il medesimo Verbo che si offre misticamente alla contemplatone e allateologia della visione sotto la forma dellicone unitaria del Cristo di cui 1* Chiesa conso^^ va lamemoria [...] a . Sarebbe errore di prospettiva pensare unopera cristiana e liturgica di qualsia si arte fuori dalla estensione totale della iconicit cos come dalla comprensione totale della visibilit: sta nella iconicit del Verbo contenuto interamente nelle sante Scritture e in cui abita corporalmente tutta la pienezza della divinit, sia Y icone formata con i colori, sia Yicone architettata in chiesa-edifcio, sia l';<r>tc musicata del canto, sia Yicone che ogni linguaggio composto dalla celebrazione nel linguaggio globale della sua propria azione rituale. lazione liturgica nella sua tipicit teandrica e nella sua sacramentalit trasfgurativa a costituirsi linguag gio dei linguaggi e a costituire ogni linguaggio icone del Verbo rivelato e rivela tore, toccato e udito, icone del Signore che limmagine di ogni immagine. Come i colori lumeggiati dalla gloria fanno icone la propria materialit, cos l'or dine dello spazio assumendo la gloria abitativa della Sinassi si costituisce specu larmente luogo luminoso, icone nel cosmo del rapporto della Chiesa con il Si gnore suo Sposo; cos il ritmo del tempo assumendo la gloria acustica della Pa rola si costituisce specularmente ora luminosa, icone nella storia del rapporto sacramentale delluomo con il Verbo suo archetipo... tale il lessico e la sintas si e la grammatica delliconologia che attua la sua virtualit eristica. Proponiamo due osservazioni circostanziali piuttosto che qualche conclusio ne sistematica; infatti liconologia in s stessa tanto fondativa quanto conclusi va. 1. Liconologia ci si dimostra inveramento cristiano dellarte, logica con cui non soltanto identificare larte cristiana e liturgica ma con cui inoltre saggiare la concezione dellarte in generale. Infatti larte liturgica, lemblematiea dell'arte cristiana - come la spiritualit liturgica il referente di ogni spiritualit cristiana, cos larte liturgica il referente di ogni arte cristiana - provoca una concezione dellarte quale creazione cosmizzante: come la spiritualit cristiana, referente la spiritualit liturgica, spiritualit per eccellenza perch lo Spirito del Cristo Spirito Dio Compitole di ogni perfezione delle persone; cos larte cristiana, re ferente larte liturgica, arte per eccellenza perch il Cristo Uomo Dio larte del Padre Dio Creatore dal kaos il cosmos. 2. Da alcuni decenni si nota un interesse crescente per la teologia e la spi ritualit delle iconi orientali; e ci indizio della necessit crescente anch'essa, quasi di una lingua spirituale di cui si serva larte autenticamente cristiana [...] La riscoperta dellimmagine cristiana aiuter anche a far prendere coscienza della grande necessit di reagire contro gli effetti spersonalizzanti e spesso degradanti di quelle svariate immagini che condizionano la nostra vita con la pubblicit e gli strumenti di comunicazione sociale. Infatti quellimmagine rivolge verso di noi il volto dellautore invisibile e ci dischiude laccesso a realt spirituali e conclusive [...] La nostra tradizione pi autentica pienamente comune con i nostri fratelli ortodossi (orientali) ci insegna che il linguaggio della bellezza impiegato nel mi nistero della fede capace di spingere il cuore degli uomini verso la conoscenza interiore di colui che esteriormente osiamo raffigurare, Ges Cristo Figlio di Dio fatto Uomo [...] 29. Secondo noi la simpatia crescente in Occidente, nella liturgia e fuori della liturgia, per le iconi dellOriente (tra le altre cause, pure occasioni casuali - la diaspora russa seguente alla rivoluzione dottobre... - e pure urti tuttaltro che spirituali - la moda di un certo antiquariato o arredamento...) sentimento che promana dallattesa di unarte liturgica concentrata sullevento misterico, non di spersiva in improvvisazioni casual. Cosa (durante tutto il secolo xx) puntualmente registrata dal Movimento Liturgico nel suo crogiolo di riforma 50. questione di 204 teologia spirituale inclusiva di teologia liturgica. Ma non si andrebbe troppo in l se si introducesse nella nostra liturgia la maniera dellicone orientale; sarebbe anzi regressivo per larte cristiana dellOccidente e dellOriente. La riforma efficace inventer luso contemporaneo della "lingua dellincamazione nella nostra litur gia e in ogni nostra cultura. Per con la *lingua delTincarnazione per un arte autenticamente cristiana, le nostre culture hanno da imparare per unarte auten ticamente liturgica la gratuit dellarte: no allarte per levangelizzazione cos come no allaite per larte (la questione della pubblicit e gli strumenti di comunica zione sociale nella cos detta civilt delle immagini , poi, problema daltre ermeneutiche). Si cerchi prima larte liturgica celebrazione in se stessa e tutte queste cose saranno date in aggiunta. 1C. Ripa, Iconologia. Opera nella quale si descrivono diverse immagini di Virt Vitti Af fetti Passioni humane. Arti Discipline, Humori Elementi Corpi celesti, Provincie d'Italia Fiumi Parti del Mondo, et altre infinite materie, Roma 161) (ed definitiva); J. Baudoin, Iconologie, ou la Science des Emblmes, Devises, etc. qui apprend les expliquer, dessiner et inventer. Ouvrage trs utile aux orateurs, potes, peintres, sculpteurs, graveurs, et gnralement toutes sortes de curieux des Beaux Artes et des Sciences, Amsterdam1698. 2A. Warburg, ItaUanische Kunst und Internationale Astrologie im Palazzo Schifanoia zu Ferrara, in Atti del x Congresso Intemazionale di Storia dellArte, Roma 1912, Roma 1922, 179-19) (vi si usa per la prima volta il termine con la nuova accezione); G. J. Hoogewerff, Limnologie et son importance pour ltude systmatique de lart chrtien (Amplification dune conference faite devant la section speciale pour lIconographie au Congrs International Hi- storique a Oslo, aot 1928), Rivista di archeologia cristiana 8 (19)1) 53-82 (vi si riferisce sul nuovo metodo); E. Panofsky, Zum Problem der Beschreinbung und Inhaltsdeufung von Werken der bildenden Kunst, Logos 21 (19)2) 103-119; Id., Studies in Imnology, New York 19)9 (vi si teorizza il procedimento metodologico). Vedi anche W. S. Heckscher, The genesis of Imnology, in Akten des XXI International Kongretses fr Kunstgeschichte. Bonn 1964, t. ), Berlin 1967, 2)9-262; G. Hermern, Representation and meaning in the visual arts: A study in the methodology of Imnography and Imnology, Stockholm1969; J. Bialostocki, Ico nografia e Iconologia, in Enciclopedia Universale dellArte, t. 7, Venezia-Roma 1971, 163- 177; E. Kaemmerlling, Ikonographie und Ikonologie: Theorien, Entwicklung, Probleme, Kob 1979. 5Heckscher, The genesis..., cit., 260-261, n. 52 passim. * Hoogewerff, Limnologie..., cit., 55-59 passim. H. Damiseli, Semiotics and Iconology, in T. A. Sebeok, ed., Tell-Tale Sign: A survey of Semeiotics, Lisse 1975; J. Derrida, La verit in pittura, Roma 1981; C. Hasenmueller, Image and codes: Implications of the exegesis of illusionism for Semiotics, Semeiotica 50 (1984/3- 4) 535-557; W. J. T. Mitchell, Iconology: Image, Text, Ideology, Chicago-London 1986; T. Goumapeterson - P. Mathews, The feminist critique of Art, The Art Bulletin 69 (1987) 326- 557; G. Pollock, Femininity and Histories of Art, London-New York 1988. Vedi anche B. Croce, Estetica come scienza dellespressione e linguistica generale, Milano-Palermo-Napoli 1902. 6C. Valenziano, 6Tesi per l Arte Cristiana, in Profezia di bellezza, (s. ed.) Roma 1996, 29-3) (ebibliografia annessa). 7Mansi 12, 951 - 13, 496. s Duodecimum steculum. Lettera apostolica di Giovanni Paolo II, 4 dicembre 1987 nella memoria liturgica di S. Giovanni Damasceno, 1. Niceforo di Costantinopoli, Antirretici 3, ). Vedi anche Apologetico 61; Contro Epifa- nide 2. 10Teodoro di Studion, Antirretici 3, 1. Vedi anche Lettera a Nicola. 11Id., Antirretici ), 4. 12Id., Lettera a Niceta. _ 17Ipazio di Efeso, Lettera a Giuliano d'Atramizia. MBernardo di Chiaravalle, Apologia a Guglielmo 12, 28-29. 17 Gregorio Magno, Lettera a Sereno di Marsiglia. 9 205 '* Giovanni Damasceno, Difesa delle iconi 1,17. ,7C. Valenziano, L'anello della Sposa. Magnano 1993, 44. " Duodecimum smculum, cit., 9. * C. Valenziano, Iconismo e anifonismo occidentale post niceno. Ecclesia Orans, 13 (1996), 11-42; 185-206. e>Epi te 1200 , Lettera enciclica di Dimitrios I e del suo Sinodo, 14 settembre 1987 nella festa dellesaltazione della Croce, 6. 8. 11. 21Concilio Niceno ri, Actio vi; Mansi 13, 220-222. 253-254. n Duodecimum smculum, cit., 10. 11(il corsivo delloriginale; di Giovanni Damasceno vedi la citazione pi estesa del medesimo passaggio in Epi te 1200 , cit., 22). * Concilio Niceno il, Actio vi; Mansi 13,359-362. 24Epi te 1200 , cit., 16.17.29 passim(nel rito romano 1Cor 15, 49 riportato dalla orazione alternativa iniziale per lacelebrazione della Passione del Signore il venerdi santo). Cit., ih., 28. 26/A, 28,14. 27Giovanni Damasceno, Difesa, cit., 1, 10.16 (cit. in Epi te 1200 18.22; e vedi lasso nanza con GS 22). w Epi te 1200 . cit., 15. 29Duodecimum smculum, cit., 11.12. w A, Cingria, La dcadence de Vari sacri, Paris 1930; P.-R. Rgamey, Art sacre au xxr. sicle?, Paris 1952; F. Dbuyst, Lart ebrtien contemporain de 1962 nos fours, Paris 1988; S, de Lavcrgne, Art sacri et modemiti. Les grandes donnis de la reme Art Sacri, Namur 1992. Indice dei nomi Abele, 18, 95. Abramo, 19, 22, 34, 40, 42, 43, 95, 154. Acado patriarca di Costantinopoli, 156. Achisamac, 81. Achitfel, 75. Adamo, 22, 103. Adone, 48. Adriano I papa, 15, 24, 29, 149, 154, 158, 175, 177-179, 181, 182, 193. Aezio vescovo di Antiochia, 67, 68, 158. Agnese santa, 188. Agostino vescovo dIppona, 20, 174. Ahab, 144. Alessandro vescovo di Ierapoli, 118. Ambrogio vescovo di Milano, 22, 106. Anastasio I imperatore, 54, 156. Anastasio Bibliotecario, 150,155,165,167, 177, 178. Anastasio di Teopoli, 91. Anastasio patriarca di Costantinopoli, 166, 172. Anflochio vescovo di Iconio, 106, 164. Anna, 60. Antimo patriarca di Costantinopoli, 156. Antipatro vescovo di Bostra, 35. Antonio monaco, 33, 54. Apollinare vescovo di Laodicea, 87, 98. Arcadio imperatore, 106. Ario prete di Alessandria, 45, 67, 68, 72, 77, 78, 81-83, 86, 87, 98, 116-119,146, 156, 158, 159, 161, 163, 164. Aristotele, 8, 11. Amheim, R., 8,11. Amobio, 174. Aronne, 31, 42, 49, 69, 155. Arteaga, E. de, 8, 11. Assalonne, 75. Assunto, R., 8, 11, 12. Ast, F 8, 12. Astarte, 43, 49. Asterio vescovo di Amasea, 36, 38, 112- 114, 193. Atanasio vescovo di Alessandria, 22, 44, 109, 118, 119, 123, 143, 177. Auzpy, M. F 153, 176, 182, Bacco santo, 192, Barsanti, C., 152. Barthes, R., 189, 190, Basilio Magno vescovo di Cesarea, 20, 45 47, 66, 67, 81, 90, 91, 95, 96, 106, 109, 111, 113, 122, 123, 142, 158, 161, 162, Basilio vescovo di Anciru, 32, 33, 35, 38, 176. Batteux, Ch,, 8, 11, Baudoin, J., 205. Baumgarten, A. G., 7, 8, 11. Bel, 48. Belfagor, 48. Belting, H., 191, 193, 194. Bernardo di Chiaravalle, 190, 197, 205. Betulia, 49. Bezaleel, 81. Bialostocki, J ., 205. Boespflug, F., 182. Bonnet, M 156. Brandi, C, 8, 11, 12. Brhier, L 152. Burke, E., 8, 11, Byckov, V. V., 9, 12, 192. Caifa, 60, 127. Calendione patriarca di Antiochia, 53, Carlo Magno, 178, 181, 182. Carlo Martello, 171. Cingria, A., 206. Cirillo vescovo dAlessandria, 21, 34, 35, 91, 103, 106, 115, 119, 120, 151, 159, 163, 164, 166. Ciro di Fasi patriarca di Alessandria, 73, 74, 147, 160. Ciro martire, 44. Ciro vescovo di Ierapoli (o Mabbug), 53, 147. Clemente Alessandrino, 174. Cleopatra moglie di Licomede, 156. Cosma diacono e cubuclesio, 35, 46. 179^. Cosma martire. 44. fl j H Costante u imperatore, 161. Costantino diacono e chartophylax, 36, 45, 54. Costantino imperatore, 16, 64, 72, 158, 164, 174, 178, 193. Costammo n patriarca di Costantinopoli, 166. Costantino iv imperatore, 65,74,158,160. Costantino v Copremmo imperatore, 60, 137,138,150,151,157,166,173,175, 176, 180, 182,186,187. Costantino vi imperatore, 15,29,145,149, 152, 175, 176, 178, 181. Costantino vescovo di Costanzia (Salamina) di Cipro, 30, 31, 35, 37, 38, 52,156. Costanza, 116, 119, 164, 165, 174. Counonne, Y., 151. Crni, C, 150, 182. Crisaiolo, U., 183. Crisostomo (vedi Giovanni Crisostomo). Croce, B., 205. Dagon idolo, 48. Dagron, G., 173, 182. Damiano martire, 153. Damiseli, H., 205. Dan, 81. Daniele, 43, 141, 154. Darrouzs,}., 176, 182. Davide, 20, 33,47,62,69, 94, 95,109, 123, 137, 138. 142. Debray, R, 10, 12, 185, 191. Dbuyst, F., 206. Demetrio diacono, 32, 53, 54, 55. Demostene, 36. Dennis, J ., 8, 11. Derrida, J., 205. Diderot, D., 8, 11, 12. Didimo il Cieco, 73, 146, 160. Dimitrio i, 191, 199,206. Diodoro (Teodoro) vescovo di Tarso, 73, 86, 160. Dionigi (Pseudo) Aeropagita, 60, 83, 157. Dioscoro vescovo di Alessandria, 73, 77, 78, 81-83, 86, 88, 146, 159. Dlger, F., 149. Dumeige, G., 153, 173, 182. Elena madre di Costantino I, 16, 178. Hia profeta, 22, 67, 116, 142, 198. Flia protopresbitero di S. Maria delle Bla- cheme, 38. Eliseo, 42. Eoliab, 81. Epifanio diacono, 45, 52, 61-63, 66, 68, 70, 72-75, 77-81, 84-86, 89, 90-94, 96-98, 100,101,104,105,108-110, 115, 117, 122, 124, 126, 127, 129-139, 180. Epifanio vescovo di Costanzia (Salamina) di Cipro, 22, 105-107, 163, 164, 174, 179. Eraclio imperatore, 160, 171. Erbetta, M., 156. Esa, 41. Eschine, 36. Eudossio vescovo di Germanicia, 67, 68. Eufemia martire, 36, 37, 113, 193. Eufranore, 36. Eufrasione, 118, 165. Eunomio vescovo di Cizico, 67, 68, 98. Eupsichio, 119. Eusebio di Cesarea, 53, 82, 116-119, 121, 156, 162, 164, 174. Eusebio di Nicomedia, 116, 164. Eustazio vescovo di Antiochia, 90. Eutiche archimandrita di Costantinopoli, 73, 77,78, 81-83, 86, 87, 136, 146,159. Evagrio Pontico, 73, 146, 160. Ezechia, 158. Ezechiele profeta, 31, 39, 43, 48. Filosseno di Mabbug (detto Xenaia o Xe- naide), 53, 119, 156. Florenskij, P 9, 191, 192. Formaggio, D., 8, 11. Fozio patriarca di Costantinopoli, 178, 183. Frart de Chambray, R, 8, 11. Freedberg, D., 9,12,191-194. Gabriele arcangelo, 189. Gallina, M., 182. Geiger, M., 8, 12. Gerbino, C., 10. Geremia profeta, 58, 117. Germano I patriarca di Costantinopoli, 46, 139, 140, 155, 166, 172, 186, 198. Geronimo presbitero di Gerusalemme, 23. Giacobbe, 19, 32, 40-43, 150, 155. Giacomo apostolo, 113, 117, 198. Giobbe, 78, 80. Giorgio diacono e segretario del patriarca, 35. Giorgio vescovo di Costanzia (Salamina) di Cipro, 139, 140, 166. Giorgio vescovo di Ierepoli, 177. Giosafat, 144. Giosu, 42. Giotto, 194. Giovanni apostolo, 52, 105, 116, 156, 198. Giovanni Battista, 142, 151, 154, 158. Giovanni Crisostomo, 21, 32-44, 47, 60, 91, 102, 104, 109, 122,123, 151,155, 164, 193. Giovanni Damasceno (detto Mansur), 139, 140, 167, 197, 199, 200, 203, 205, 206. 208 Giovanni dcono, 59,60, 180. Giovanili Diacrinomeno, 53. Giovanni il Grammatico, 181, 188. Giovanni logoteta, 29. 153, 176. Giovanni martire, 44. Giovanni monaco e presbitero, 29, 32, 33, 38,45, 51. Giovanni Paolo n papa, 191,1%, 205. Giovanni vescovo di Gabala, 54. Giovanni vescovo di Gerusalemme, 163, 174. Giovanni vm papa, 178. Giuditta, 49. Giuliano di Alicamatso, 156. Giuliano l'Apostata imperatore, 20, 151. Giuseppe figlio di Giacobbe, 40, 42, 49, 141,150,155. Giustiniano i imperatore, 73, 152, 160. Giustiniano n imperatole, 65, 158. Giustino i imperatore, 160. Goethe, J. W., 8,12. Gombrich, E., 194. Gouiliard, J., 155, 182. Gouma permeo, T., 205. Grabar, A., 192. Gradati, B., 8, 11. Grassi, E,, 8, 11. Granano imperatore, 22. Gregorio i Magno papa, 17,149,191,197, 205. Gregorio n papa, 18, 46, 149, 155. 172, 173. Gregorio m papa, 18,149,173. Gregorio di Nazismo, 35, 37, 79, 81, 82, 91, 95, 107, 108, 119, 131, 132, 143, 154,160, 193. Gregorio diacono, 33,46,179. Gregorio r p m m n del monastero di Ormi sda, 43. Gregorio Pajamas, 202. Gregorio vescovo di Neocesarea, 59,60-63, 66,68,70,72-75,77,79-, 88,91-%, 98,100,101,1. 107,109,110,115, 116,122,124,126-137,139, 157,177- 180. Gregorio vescovo di Nissa, 20, 33,34,35, 38,66,68,91,106,122,158,202. Gregorio vescovo di Pesrinunte, 177. Hartmann, L. M., 149. Hasenmndler, C, 205. Heckscber, V . S 205. Hansrerlmis, F., 8, 11. Herder, J. G., 8,11. Ileimcrn, G- 205. Hot, K-, 151. Hooy e r ff, G. J., 205. Hutcheson, F., 8, 11. Iba vescovo di Edessa, 107, 160. Ietto, 43. ImpeUizzeri, S., 183. Ipazio di Efeso, 197, 205. Ipazio vescovo di Nicea, 177. Irene imperatrice, 15, 29, 145, 149, 152, 175-178, 181. Isacco, 34, 150, 154. Isa profeta, 22, 86, 111, 123. 166, 197. Kaemmerlling, E., 205. Kandisky, V., 192. Kannengiesser, Ch., 151. Kitzinger, E., 188, 192, 193. Koller, J., 12. Langerbeck, H., 150. Lattanzio, 174. Laugier, M.-A., 8, 11. Lauso, 116. Lavergne, S. de, 206. Lazzaro, 83, 112, 130. Leanza, S., 182. Lemerle, P., 183. Leone m imperatore, 149,171-73, 175,182. Leone iv kazaro imperatore, 60,137,138, 150, 157, 175. Leone v imperatore, 181. Leone il Matematico, 181. Leone presbitero, 24,178. Leone vescovo di Carpathos, 177. Leone vescovo di Foda, 55. Leone vescovo di Iconion, 177. Leone vescovo di Rodi, 177. Leonzio a secretis, 30, 55. Leonzio vescovo di Neapoli di Cipro, 39. Lessing, G. E., 8, 11. Licinio, 119, 164. Licomede, 52. Lipsius, R. A., 156. Longino (Pseudo), 8,11. Lossky, N., 182. Luca evangelista, 202. Lucifero, 155. Lukacs, G., 8, 11. Macario patriarca di Antiochia, 74, 147, 161. Macedonio patriarca di Costantinopoli, 67, 72, 146. Male, M., 195. Mani, 163. Mansi, T.-D.. 10, 149-151, 154-156, 158, 162, 167, 177, 205. Mansur (vedi Giovanni Damasceno). M r. M <* 180, 1* 3. M er tcH m, 174- M anpl l i nw i 143 M ert- i ei w i m p er ato r e, 73, 159. M er i i l P er si an o ventava d i A r d aah i r , 75, l 7 , 160. M ari ti * d i Cal c ed o n i , 1 16, M i m i n o i p ap a, 160, M assi mo Co nf esso r e, 91, 1 4 3 , 1 6 0 , M athew s, I* . 209. M au r o ap o sto l o , 21, 1 4 0 , 1 4 1 , M H r r , Cr, F S, I I , M ei tv l o v escov o di A nti ochi , 32, 9 1 , 1 9 3 , M enu p atr i ar c a di Co stan ti n o p o l i , 160. M endel sso hn, M 8, 12. M engs, A , H ., 8, i l . M i chel angel o , 1 9 0 , 1 9 4 . M i chel e ar c angel o , 34, Mlgne.J , P,, 11, M i tc hel l , W . J . T 205, M o ndi tel o , M . J . , 10, 12. M orel l i , l i , , 150, M o r i te. K , P h , , 8, 1 1, M os, 1 9 , 2 2 , 23, 30- 32, 3 9 , 4 3 , 4 7 , 5 1 , 6 9 , 8 1 , 9 9 , 114, 155, 198, M u k af o v sk f , J 8, 12, N ab u eo d o n eso r , 43, N c sto r l o p i tr i A r c di Co eten ti n o p o l i , 72, 73, 77, 78, 80, 84- 87, 116, 132, 133, 146. 139, 1 6 0 , 1 6 3 . 164, 166, 180. N l c ef o r o i I m per ato r e, 1 4 9 , 1 8 1 . N l c ef o r o p i t t u r e di Cotnti nopoU . 164, 175, 186, 188, 1 9 7 , 2 0 0 , 205. N l c ef o r o v eteo v o di D u r a n o , 3 3 , 3 9 , 3 7 . N i eet d i i eo n o e n o tar l o del l c o r te pa- tr l tr c ak . 4 4 . 4 5 . N i eet ptri #rc di Co etenti no po l i , 175, N i l o d'A nc i r e, 179, N o , 18, 95, O l l bk . 48. i i m p i o d o r o , 179. Ol oferne, 49. O m er o , 174, O n o r i o l pepa, 73, 74, 147, O ol k , 48. O urani k o e, 187. O r , 81. O ri gene, 73, 146, 160, 174. O r m i i d e pepe, 161. O strogorcl cy, CI ,, 171. P anf i l o, 82, P anaf ek y, E 193,205. P aol o tpoetol o, 1 6 , 1 7 , 1 9 , 3 1 , 8 7 , 8 9 , 1 2 0 - 1 2 2 , 1 7 4 , 1 9 3 , 1 9 4 . Pardo i pop, 18, 149. Paolo tv patriarca di Gwrantinnpoli, 74,175. PdtkanJ., 191. Perrault, C, 8, 11. Petronoe comes del tema Opeikion, 29,153, 176. Pietro apostolo, 16, 17, 27, 49, 87, 116, 124,152, 174, 193,198. Pietro arripresbitero di S. Pietra Apostolo, 27,29,176. Pietro egumeno di S. Saba, 27, 29,176. Pietro Follone patriarca di Antiochia, 53, 119, 146, 165. Pietro lettore e notano della cone patriar cale, 44. Pietro metropolita dApamea, 73. Pietro Mongo patriarca di Alessandria, 156. Pietro patriarca di Costantinopoli, 74. Pietro vescovo di Nicomedia, 32. Pincas, 58, 157. Pirro patriarca di Costantinopoli, 74,147. Pitagora, 174. Pollock, G., 205. Ponzio Pilato, 146. Rapsache, 158. Rgamey, P.-R., 206. Rembrandt, H. van R., 190. Ripa, C 205. Rosenkranz, K., 8, 11. Rousseau, J.-J., 8,11. Ruggero il re, 187. Russo, L., 11. Saba egumeno di Studion, 53, 55, 177. Saint-Hilarion, F. B. de, 8,11. Salomone re, 20, 39, 42, 43, 48, 90. Samuele, 95, 139. Sanatene, J. M 152. Schelling, F., 8, 11. Schlegef F 8,11. Scbleteimacher, F. D., 8,11,12. Schreiner, P., 173, 182. Schwanz, E., 162,165. Sedlmayr, H., 8, 11. Sennacherib, 158. Sereno vescovo di Marsiglia, 149, 205. Sergio di Costantinopoli, 73, 74,147,151, 158,160,161. Sergio santo, 192. Severiano di Gabala, 151,155,156, 164. Severo patriarca di Antiochia, 54, 73, 77, 83, 86, 119, 146, 156, 160. Silvestro t papa, 16, 17, 149. Simeone monaco e presbitero, 44, 156. Sofronio arcivescovo di Gerusalemme, 44, 91. 2IO Solger, K. W. F., 8, 11. Spoletti, G., 8, 11. Spranger, E., 8, 12. Stefano n papa, 18, 149. Stefano hi papa, 18, 150. Stefano diacono, 34,39,44,51,53,54,179. Stefano il Giovane, 186-188. Stefano monaco, 74. Stefano vescovo di Bostra, 22, 151. Stevenson, Ch. L., 8, 12, Succenso, 119, 120. Sulaiman, 171. Susanna, 115, 141, 163, 164. Tarasio patriarca di Costantinopoli, 24, 29, 31, 32, 38, 44, 45, 49, 52-54, 151, 153, 154, 158, 175-179, 181. Tatarkiewicz, W., 8, 9, 11, 12. Teodoreto di Ciro, 160. Teodoro (vedi Diodoro). Teodoro di Faran, 74. Teodoro di Mopsuestia, 73, 86, 160. Teodoro Lettore, 53. Teodoro Studila, 172, 187, 197,200, 205. Teodoro vescovo di Amorion, 176, 179. Teodoro vescovo di Catania, 34,38,46,52. Teodoro vescovo di Mira, 37,38,176,179. Teodosio egumeno di S. Andrea di Nesio, 32. Teodosio I imperatore, 106, 159, 163, 164, 172. Teodosio ri imperatore, 73, 159. Teodosio vescovo di Amorio, 37, 38. Teodoto vescovo di Ancira, 115, 116, 164. Teofane il Confessore, 198. Teofane Continuato, 186. Teofilo imperatore, 186, 187. Teognide vescovo di Nicea, 116, 164. Timoteo, 125. Tito, 125. Tommaso apostolo, 105, 130, 131, 176. Tommaso monaco e presbitero, 29, 36, 176. Tommaso vescovo di Claudiopoli, 155. Tommaso vescovo di Sardegna, 52. Uria, 81. Uspenski, P., 192. Uzza, 143. Valenziano, C., 205, 206. Van den Ven, P., 165, 182. Vasari, G., 194. Wallach, L 149-151, 178, 182. Warburg, A., 205. Wenger, A., 155. Winckelmann, J. J., 8, 11. Xenaiade (vedi Filosseno). Yazid il, 173, 180. Zaccaria papa, 18, 22, 149. Zaccheo, 141. Zenone imperatore, 156. Zolla, E., 192. Zoora monaco di Syce, 73.
Roberto Tollo Santa Caterina D'alessandria Icona Della Teosofia Contributo Della Tradizione Agostiniana Di Marziano Rondina, O.S.A. Biblioteca Egidiana