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Quader ni ac p

www.quaderniacp.it
maggi o- gi ugno 2014 v ol 21 n 3
bi mest ral e di i nf ormazi one pol i t i co-cul t ural e e di ausi l i di dat t i ci del l a
A s s o c i a z i o n e C u l t u r a l e P e d i a t r i
www.acp.it ISSN 2039-1374
L a Ri vi s t a i ndi c i z z at a i n Sc i Ver s e Sc opus
Poste Italiane s.p.a. - sped. in abb. post. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art 1, comma 2, DCB di Forl - Aut Tribunale di Oristano 308/89
I bambini e il cibo
97 Editorial
Mother did you know?
Paolo Siani
Training better with less:
the FAD (distance learning) of Quaderni acp
Michele Gangemi
Italian paediatricians decide if they want
to protect breastfeeding
Sergio Conti Nibali
100 Formation at a distance (FAD)
Epilepsies in paediatrics: a diagnostic framing
Giovanni Tricomi
110 Informing parents
My child suffers from epilepsy
Stefania Manetti, Costantino Panza,
Antonella Brunelli
111 Research letters
XXV meeting Italian Paediatrics Association
Red
113 Forum
Infertile couples, medically assisted procreation
and child health
Pierpaolo Mastroiacovo, Carlo Corchia
118 Info
120 A window on the world
Health in Cuba: a right for everybody,
a duty for each one
Enrico Valletta
122 A close up on progress
The breaking of tolerance in autoimmune diseases
and its induction in transplantation medicine
Federica Barzaghi, Rosa Bacchetta
124 Learning from stories
A slow course not always benign
Brunetto Boscherini, Patrizia del Balzo
127 Appraisals
HLA and celiac disease: to each one his own risk
Enrico Valletta
Psychiatry (in paediatric care) betweeen diagnosis
and excess of diagnosis
Francesco Ciotti
131 Vaccinacip
Which vaccinations for children with diabetes?
Franco Giovanetti
132 Paediatrician among two worlds
Female genital mutilation:
a story seems enough to uncover a world
Valentina Venturi, Tamara Fanelli, Enrico Valletta
136 Book
138 Movies
139 ACP Documents
141 Meeting synopsis
143 The world of postgraduate
Medical training in the family paediatrician
office during paediatric residency
Cristina Gagliardo, Salvatore Aversa,
Naire Sansotta
144 Letters
Quaderni acp
Website: www.quaderniacp.it
May-June 2014; 21(3)
Qu ade r n i ac p
bi mestral e di i nformazi one pol i ti co-cul tural e e di ausi l i di datti ci del l a
A s s o c i a z i o n e C u l t u r a l e P e d i a t r i
NORME REDAZIONALI PER GLI AUTORI. I testi vanno inviati alla redazione via e-mail
(redazione@quaderniacp.it) con la dichiarazione che il lavoro non stato inviato contemporanea-
mente ad altra rivista.
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La traduzione di titolo e riassunto pu essere fatta, se richiesta, dalla redazione. Non devono essere
indicate parole chiave.
Negli articoli di ricerca, testo e riassunto vanno strutturati in Obiettivi, Metodi, Risultati, Conclusioni.
I casi clinici per la rubrica Il caso che insegna vanno strutturati in: La storia, Il percorso diagnostico, La
diagnosi, Il decorso, Commento, Cosa abbiamo imparato.
Tabelle e figure vanno poste in pagine separate, una per pagina. Vanno numerate, titolate e
richiamate nel testo in parentesi tonde, secondo lordine di citazione.
Scenari secondo Sakett, casi clinici ed esperienze non devono superare i 12.000 caratteri, spazi
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con la redazione. Le lettere non devono superare i 2500 caratteri, spazi inclusi; se di
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Le voci bibliografiche non devono superare il numero di 12, vanno indicate nel testo fra parentesi
quadre e numerate seguendo lordine di citazione. Negli articoli della FAD la bibliografia va elen-
cata in ordine alfabetico, senza numerazione.
Esempio 1): Corchia C, Scarpelli G. La mortalit infantile nel 1997. Quaderni acp 2000;5:10-4.
Nel caso di un numero di autori superiore a tre, dopo il terzo va inserita la dicitura et al. Per i libri
vanno citati gli autori secondo lindicazione di cui sopra, il titolo, leditore, lanno di edizione.
Esempio 2): Bonati M, Impicciatore P, Pandolfini C. La febbre e la tosse nel bambino. Il Pensiero
Scientifico, 1998. Un singolo capitolo di un libro va citato con il nome dellautore del capitolo,
inserito nella citazione del testo.
Esempio 3): Tsitoura C. Child abuse and neglect. In: Lingstrom B, Spencer N. Social Pediatrics.
Oxford University Press, 2005.
Per qualsiasi ulteriore dettaglio si invita a fare riferimento a uno degli articoli gi pubblicati sulla
rivista.
Gli articoli vengono sottoposti in maniera anonima alla valutazione di due o pi revisori. La
redazione trasmetter agli autori il risultato della valutazione. In caso di non accettazione del
parere dei revisori, gli autori possono controdedurre.
obbligatorio dichiarare lesistenza o meno di un conflitto dinteresse. La sua eventuale esistenza non
comporta necessariamente il rifiuto alla pubblicazione dellarticolo.
Direttore
Michele Gangemi
Direttore responsabile
Franco Dess
Direttore editoriale
Giancarlo Biasini
Comitato editoriale
Antonella Brunelli
Sergio Conti Nibali
Luciano de Seta
Stefania Manetti
Costantino Panza
Laura Reali
Paolo Siani
Maria Francesca Siracusano
Maria Luisa Tortorella
Enrico Valletta
Federica Zanetto
Casi didattici
FAD - Laura Reali
Collaboratori
Francesco Ciotti
Giuseppe Cirillo
Antonio Clavenna
Carlo Corchia
Franco Giovanetti
Italo Spada
Organizzazione
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Progetto grafico
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Internet
La rivista aderisce agli obiet tivi di diffusione
gratuita on-line della letteratura medica
ed pubblicata per intero al sito
web: www.quaderniacp.it
Redazione: redazione@quaderniacp.it
Programmazione Web
Gianni Piras
PUBBLICAZIONE ISCRITTA
NEL REGISTRO NAZIONALE
DELLA STAMPA N 8949
ASSOCIAZIONE CULTURALE PEDIATRI
ACP EDIZIONI NO PROFIT
LA COPERTINA
Amelia e la mamma(1927). Ambrogio Alciati 1878-1929. Olio su tela. Non indicata la collo-
cazione
Presidente Paolo Siani
97
Quaderni acp 2014; 21(3): 97
Lo sai mamma? un Progetto nato alcu-
ni anni fa e realizzato dal Laboratorio per
la Salute Materno-Infantile dellIstituto
Mario Negri di Milano, in collabora-
zione con Federfarma Lombardia e ACP.
Oggi anche un libro per le mamme e i
pap, che raccoglie 48 schede in cui ven-
gono affrontati argomenti sanitari (quali
la celiachia, il vomito, la congiuntivite) e
aspetti di carattere pi generale (es. lali-
mentazione, i bambini e la TV, le tappe
della crescita), realizzate con rigore
scientifico, aggiornate secondo i pi
recenti dati della letteratura e scritte con
un linguaggio molto semplice e facil-
mente comprensibile ai genitori.
Il Progetto innovativo anche per la sua
assoluta indipendenza da case farmaceu-
tiche o altri sponsor. Finanziato da ACP,
esso vuole offrire ai genitori informazio-
ni indipendenti (aspetto in genere non
scontato in Italia) e aggiornate, raccolte
sotto forma di schede nel volumetto che
trovate allegato a questo numero di
Quaderni acp.
Dare ai genitori informazioni corrette, e
al tempo stesso semplici, e fornire stru-
menti utili per la crescita dei bambini
sono tra gli interventi di sostegno alla
genitorialit che ACP ha sempre avuto
ben presenti e che ha cercato di realizza-
re in questi anni in molti modi, nella con-
sapevolezza che la promozione della
funzione genitoriale da considerare
cura al pari dellinformazione e delle
solo per 3 schede stata necessaria una
revisione pi consistente.
Lo sai mamma? non vuole essere un li -
bro di ricette ma uno strumento, un aiuto
ai genitori a comprendere le nostre ricet-
te e quello che sta dietro alle nostre ricet-
te, come ci diceva il professor Pa nizon.
Liniziativa anche una ulteriore prova
della possibile collaborazione e condivi-
sione del nostro lavoro con altre associa-
zioni, gruppi, istituzioni. In questo
Progetto siamo partner del prestigioso
Istituto Mario Negri che ci affianca e
ci sostiene ancora una volta, dopo la
splendida esperienza della ricerca ENBe.
Siamo convinti che solo il lavoro di
squadra paga e noi stiamo provando a
mettere nella grande squadra ACP dei
veri top player.
Ringraziamo il Pensiero Scientifico
Editore e il suo direttore, dottor Luca De
Fiore, per aver reso possibile loperazio-
ne anche contenendone i costi.
Il libro potr essere acquistato diretta-
mente online sul sito www.pensiero.it,
oppure al prossimo Congresso Nazionale
ACP a Cesena (con uno sconto per gli
iscritti al Congresso).
Infine, tutto questo stato reso possibile
grazie al lavoro di Maurizio Bonati,
Antonio Clavenna, Michele Gangemi,
Daniela Miglio, Mario Narducci, Aurelio
Nova, Laura Reali, Federica Zanetto.
A tutti loro va il sincero grazie del-
lACP. u
azioni prettamente sanitarie. Pasquale
Causa, nel 2007, ci ricordava che un
genitore competente anche capace di
osservare il suo bambino e reggere il
disagio psicologico delle malattie inter-
correnti, con una riduzione delle consul-
tazioni per lacuto banale.
Questo libro scritto da pediatri amici,
amici tra di loro (che, come consuetudi-
ne in ACP, hanno svolto questo lavoro
gratuitamente) e amici delle famiglie e
dei bambini.
Sono state selezionate e aggiornate 48
schede. Alcune sono dedicate a consigli
di carattere generale: alimentazione, igie-
ne dentale, posizione per la nanna, sicu-
rezza in auto, in bici e in moto, bambini e
TV. Altre, pi specifiche, offrono infor-
mazioni su alcune comuni malattie: la
celiachia, la psoriasi, la stipsi, lasma, le
coliche, la congiuntivite, la febbre, il vo -
mito, la diarrea, limpetigine, ma anche la
depressione e i disturbi dansia. Due
schede infine sono dedicate ai progetti
Nati per Leggere e Nati per la Mu -
sica, essendo sia la lettura ad alta voce
che lascolto della musica due interventi
straordinari di supporto alla genitorialit.
Tutte le schede sono state valutate da un
gruppo di 9 mamme senza competenze in
ambito medico-scientifico, con scolarit
media inferiore o superiore, con figli in
et prescolare o scolare.
Il 94% delle schede stato giudicato
dalle mamme facilmente comprensibile;
Lo sai mamma?
Paolo Siani
Presidente ACP
Per corrispondenza:
Paolo Siani
e-mail: presidente@acp.it
98
Quaderni acp 2014; 21(3): 98
Si appena conclusa la formazione a di -
stanza (FAD) 2013 di Quaderni acp, che ha
registrato un alto numero di adesioni e un
riscontro molto favorevole da parte degli
iscritti.
La valutazione positiva ha riguardato, per
la totalit degli iscritti, sia la rilevanza
degli argomenti trattati che la qualit edu-
cativa della proposta formativa. Un grazie
a tutti per il ritorno indispensabile per veri-
ficare la correttezza del percorso e per
testare lutilizzo della FAD anche in conte-
sti non usuali, come quello della pediatria
di gruppo. Pensiamo che altri ambiti edu-
cativi potrebbero essere valutati per lintro-
duzione della FAD con conseguente coo-
perative learning. Liniziativa ha anche
permesso alla rivista di contenere i costi a
carico dellACP, pur confermando la scelta
editoriale di assenza di sponsor.
Rimandiamo anche alleditoriale La FAD
di Quaderni acp: il perch di una scelta
(Qua derni acp 2013;20(1):1) per appro fon -
dire e ripensare al razionale di questa ini-
ziativa di formazione, centrata su Dia gnosi
e terapia delle patologie nellarea pe diatrica
in ambito territoriale e ospedaliero.
Anche il titolo di questo editoriale, For -
ma re meglio a meno, vuole riassumere le
caratteristiche di tale proposta formativa:
1) Scelta degli argomenti in base ai bisogni
formativi del target individuato (pediatri
ospedalieri e di libera scelta). La costruzio-
ne di percorsi assistenziali nel contesto rea -
le permette di vedere i problemi da vari
punti di vista, compreso quello del bambino
e della sua famiglia. Gli argomenti di carat-
tere clinico hanno permesso anche il riequi-
librio tra la parte pi pratica della rivista e
la parte inerente ad aspetti di politica sani-
taria, peraltro ugualmente importanti.
2) Percorso formativo basato su casi didatti-
ci orientati alla riflessivit e al problem sol-
ving, piuttosto che a risposte mnemoniche.
La messa in pratica dei contenuti dei dossier
con lausilio dei casi didattici permette ai
partecipanti di andare oltre la teoria.
3) Assenza di sponsor.
4) Basso costo per i soci ACP in rapporto
alla qualit delliniziativa e al numero dei
crediti ECM erogati (18). Il percorso FAD
no siamo, con tutti i pro e i contro della
situazione, un unico popolo di medici. E
ancora, un congresso dovrebbe differen-
ziarsi da un altro, non fosse altro perch i
partecipanti (i soci) sono diversi, i bisogni
diversi, le ragioni societarie e associative
diverse e non importa solo di cosa si di -
scute a un congresso ma anche come si e -
spongono i contenuti e come ci si confron-
ta (De Fiore L, Bonati M. La fiera dei
con gressi. Ricerca e Pratica 2010;26:3-8).
Concludiamo queste riflessioni in margine
alla proposta FAD di Quaderni acp con
linvito alliscrizione al percorso 2014, che
mantiene lo stesso titolo ma ha alcune
importanti novit:
1. maggiore interattivit con la presenza di
un tutor virtuale che aiuter da un punto di
vista didattico. Lavvio di un forum con gli
iscritti una preziosa risorsa da sfruttare
per una crescita collettiva.
2. Aumento dei crediti ECM (27) che po -
tranno essere ottenuti per lanno 2014 se il
percorso sar terminato entro il 31 dicem-
bre 2014, o per lanno 2015, se concluso
entro la scadenza indicata (i crediti forma-
tivi ECM possono essere ottenuti anche
solo con la formazione a distanza).
3. Costo invariato di 50 euro per i soci ACP,
sempre in assenza di sponsor e pur con una
maggiore interattivit e incremento dei cre-
diti ECM. Tutto questo possibile grazie
allimpegno degli autori e di tutta la reda-
zione. Un grazie particolare va a Laura
Reali per la costruzione dei casi didattici, a
Gianni Piras per lassistenza tecnica e al
Presidente e Direttivo ACP per lappoggio
costante alla nuova linea editoriale.
4. La rubrica info genitori di Quaderni acp
pubblicher informazioni utili per i genitori
riguardanti argomento e problemi clinici
oggetto del dossier. Anche questo un ulte-
riore passo in avanti nella gestione dei per-
corsi assistenziali che non possono prescin-
dere dal coinvolgimento attento e consape-
vole dei genitori e da una ricaduta corretta
della formazione nella pratica quotidiana.
Le norme per liscrizione alla FAD 2014
sono indicate al presente link: http://www.
acp.it/fad-acp.
Vi attendiamo numerosi anche per questa
altra, nuova avventura insieme. u
ha catturato lattenzione e linteresse anche
dei non soci.
5) Professionalit del provider ECM (Ac -
cademia Nazionale di Medicina) che rin-
graziamo per la collaborazione e il suppor-
to fornito agli utenti.
Riteniamo che vada continuata in ambito
ACP, e non solo, la riflessione sul futuro
della formazione tramite FAD, anche per
contenere la pletora di congressi caratteriz-
zati da modesta ricaduta formativa e spes-
so costosi, sia in termini di iscrizione che di
spese di soggiorno. Anche il problema dei
costi e del ricorso a sponsor non disinteres-
sati potrebbe essere parzialmente risolto
con queste nuove metodologie formative,
purch di qualit.
La capacit di scelta del singolo pediatra
resta infatti il criterio principale per evitare
ladesione a percorsi FAD qualsiasi e con
modesta ricaduta dal punto di vista formati-
vo. Il pediatra non pu rinunciare a essere
protagonista della propria formazione e alla
costruzione del proprio portfolio con uno
sguardo anche ai bisogni del sistema oltre
che del singolo. La creazione del professio-
nista riflessivo secondo Schon resta un o -
biet tivo oggi ancora troppo poco perseguito.
In tale consapevolezza ci piacerebbe avvia-
re sulla Rivista un confronto vero con i let-
tori per sollecitare motivazioni, analizzare
bisogni e ricreare la cultura dellaggiorna-
mento continuo affidabile e di qualit, che
sia residenziale, sul campo o a distanza. In
ambito ACP il recente percorso di ricerca
ENBe un esempio di aggiornamento atti-
vo, partecipato, collaborativo rispetto a
prassi spesso consolidate e non sempre ap -
propriate. Anche i congressi sono necessa-
ri alla vita delle associazioni e delle societ
scientifiche che operano nel campo della
salute, come momenti di condivisione di
percorsi professionali ed esperienze perso-
nali. Come scrive Atul Gawande in Salvo
complicazioni (Fusi Orari, 2005), una vol -
ta lanno, tuttavia, c un posto pieno di
gen te che lo sa. Sono tutti intorno a te. Ar -
rivano e ti si siedono accanto. Gli organiz-
zatori chiamano il loro convegno annuale
congresso dei chirurghi e lespressione
mi sembra molto giusta. Per qualche gior-
Formare meglio a meno:
la FAD di Quaderni acp
Michele Gangemi
Direttore Quaderni acp
Per corrispondenza:
Michele Gangemi
e-mail: migangem@tin.it
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Quaderni acp 2014; 21(3): 99
Preambolo
Al recente Convegno degli Argonauti a
Palermo, Monica Garraffa ha presentato
i dati di una ricerca multicentrica nazio-
nale (le citt interessate sono state Trie -
ste, Bergamo, Milano, Modena, Ancona,
Roma, Messina e Palermo, con il coordi-
namento dellUnit per la Ricerca sui
Servizi Sanitari e la Salute Inter na -
zionale dellIRCCS Burlo Garofolo di
Trieste) sullinfluenza della pubblicit
delle formule di proseguimento e sulle
conseguenti scelte delle famiglie; le con-
clusioni erano che le pubblicit delle for-
mule giocano con i dubbi e le incertezze
delle mamme, che le aziende, per rag-
giungere i loro risultati, nascondono al
pubblico il fatto che il latte di prosegui-
mento un prodotto inutile per una
mamma che allatta al seno, che la pub-
blicit dei latti 2 funziona anche per
effetto trascinamento sui latti 1, che la
maggior parte delle donne incinte e delle
madri, a prescindere dal livello di istru-
zione, ha poca conoscenza dei diversi
tipi di formula per le diverse et e che i
professionisti sanitari continuano a esse-
re obiettivi prioritari delle attivit di
marketing. In estrema sintesi, dunque, le
ditte hanno aggirato la Legge che vieta la
pubblicit dei latti 1 perch sanno che
pubblicizzando i latti 2 ottengono lo stes-
so risultato.
Limportanza della protezione
dellallattamento
Alzi la mano quel pediatra o quel neona-
tologo (immagino una distesa di mani
alzate!) che non abbia appreso, nel corso
dei suoi anni di specializzazione, la supe-
riorit dellallattamento al seno rispetto a
quello artificiale e i suoi vantaggi per la
salute dei bambini, che non abbia assisti-
to a lezioni magistrali sulle sue propriet
nutrizionali, che non abbia ascoltato da
illustri professori che lallattamento
una priorit di salute pubblica e che va
sostenuto e promosso: fiumi di parolone
che molto spesso (sempre?) sono state
confinate a nozioni, al limbo del sape-
quando si parla di protezione, si fa riferi-
mento a politiche di difesa dei consuma-
tori dal marketing e quindi, in definitiva,
alla messa in pratica di quanto gi scritto
nel Codice di regolamentazione per la
pubblicit dei sostituti del latte materno
dellOMS; Codice citato in tutti i docu-
menti, ma tuttora non applicato nella pra-
tica e solo molto parzialmente recepito
nel D.L. 9/2009 n. 82.
La proposta
Dunque il punto questo: assodato che il
sostegno e la promozione senza protezio-
ne non potranno mai raggiungere leffet-
to desiderato (livelli ottimali di allatta-
mento), e assodato che la protezione
deve passare attraverso lapplicazione
totale del Codice (che, ricordiamocelo,
viene firmato dal 1981 ogni anno con
limpegno della sua diffusione agli ope-
ratori sanitari e del suo rispetto da parte
dei nostri ministri), se vero che tutti i
pediatri italiani e le loro multivariate
sigle che li rappresentano hanno a cuore
la salute materno-infantile, allora TUT -
TE insieme queste sigle dovrebbero
chiedere con forza ai nostri politici un
nuovo D.L. che recepisca dalla A alla Z
quanto scritto nel Codice.
Chi fa pubblicit ai sostituti del latte
materno ha capito molto bene che in ogni
caso, in qualsiasi parte del mondo, questa
attivit di marketing comporta sempre
una diminuzione della prevalenza e della
durata dellallattamento. Le tecniche di
pubblicit sono svariate, e alcune di que-
ste coinvolgono gli operatori sanitari e le
loro associazioni (sponsorizzazioni per
lorganizzazione di congressi, acquisto
di attrezzature, disponibilit a venire in -
contro a bisogni di varia natura); anche
per questi aspetti i pediatri devono deci-
dere da che parte stare (salute o profitto).
Chi ha veramente a cuore la salute mater-
no-infantile e vuole davvero contribuire
a ottenere tassi ottimali di allattamento
firmi una proposta di adeguamento della
Legge italiana al Codice dellOMS.
LACP si impegna a scriverla. u
re, piuttosto che al molto pi incisivo
saper fare. Alzi la mano (immagino di
non vederne!) chi ha appreso durante il
suo curriculum formativo come concre-
tamente sostenere lallattamento sin
dalla gravidanza, quali pratiche assisten-
ziali lo favoriscono o lo ostacolano,
come aiutare una mamma in difficolt
con lallattamento.
LItalia ha tassi subottimali di allatta-
mento sia per la prevalenza che per la
durata; negli USArecenti ricerche hanno
stimato che bassi tassi di allattamento
costano al Sistema sanitario 14,2 miliar-
di di dollari/anno per malattie in et
pediatrica (inclusi 911 decessi); 733,7
milioni di dollari (costi diretti) e 126,1
milioni (costi indiretti) per malattie delle
donne prevenibili con lallattamento al
seno; sono cifre da capogiro che potreb-
bero (dovrebbero) essere presentate ai
dirigenti della sanit, ai ministri e gover-
nanti da chi ha a cuore per davvero la
salute materno-infantile (e, quindi, dai
pediatri e dalle loro associazioni e
societ scientifiche); qualsiasi politico,
di fronte a questi numeri, ancor di pi in
un periodo di revisioni e tagli alla spesa
pubblica, si renderebbe subito conto che
bisognerebbe far qualcosa per migliorare
la situazione e per incentivare lallatta-
mento al seno; e chiederebbe aiuto agli
esperti del settore, che risponderebbe-
ro, probabilmente, con i soliti discorsi
che occorre promuovere e sostenere lal-
lattamento con la formazione dei pediatri
e degli operatori sanitari che si occupano
del percorso nascita, che bisogna raffor-
zare gli organici, trasferire pi risorse per
lassistenza al neonato, e cos via. Tutto
giusto e sacrosanto, tranne che per un
dettaglio; ormai accertato che il
sostegno e la promozione servono a ben
poco se non sono accompagnati da una
seria politica di protezione. Protezione
da cosa? I dati del mercato mondiale dei
cibi per linfanzia descrivono cifre da
capogiro (27 miliardi di dollari nel 2010
del fatturato ricavato dalle formule per
lattanti e latti di crescita) e con il 10%
speso in pubblicit; chiaro, quindi che,
I pediatri italiani decidano
se vogliono proteggere lallattamento
Sergio Conti Nibali (a nome del Gruppo Nutrizione dellACP)
Pediatra di famiglia, Messina
Per corrispondenza:
Sergio Conti Nibali
e-mail: serconti@glauco.it
100
F A D
FIGURA 1
Quaderni acp 2014; 21(3): 100-109
Introduzione
Il termine epilessia deriva dal verbo
greco e<pilambnein (epilambnein) che
significa essere sopraffatti, essere colti
di sorpresa.
Lepilessia un disturbo neurologico
caratterizzato dal ripetersi di crisi epilet-
tiche, eventi improvvisi, di durata varia-
bile, derivanti da unattivit neuronale
anomala.
Un paziente con diagnosi di epilessia
presenta una predisposizione, pi o meno
prolungata nel tempo, a presentare crisi
epilettiche e peculiari aspetti di tipo neu-
robiologico, cognitivo, psicologico e
sociale correlati a questa condizione.
Le crisi epilettiche si caratterizzano per
unampia variabilit di sintomi derivanti
dalla localizzazione delle popolazioni
neuronali coinvolte e dal grado di coin-
volgimento dei circuiti nervosi intercon-
nessi.
Una crisi epilettica si definisce sintoma-
tica acuta o provocata quando si verifica
durante una malattia sistemica o in stret-
to rapporto temporale con documentato
danno/processo patologico a livello cere-
brale; si parla invece di crisi epilettiche
sintomatiche remote o non provocate
quando gli episodi critici si verificano in
assenza di fattori precipitanti o in presen-
za di un danno non recente del sistema
nervoso centrale.
Una particolare condizione rappresen-
tata dallo stato di male epilettico, situa-
zione nella quale una crisi epilettica
(generalizzata o focale, motoria o no) si
prolunga per pi di 20 minuti o nella
quale le crisi si ripetono a brevissimi
intervalli (inferiori al minuto), tali da
rappresentare una condizione epilettica
continua. Accanto a questa definizione,
richiamandosi al fatto che una crisi con-
vulsiva isolata dura raramente pi di 2-10
minuti e utilizzando un criterio operativo
basato sullimportanza della rapidit del-
lintervento, stata recentemente a dot tata
in et evolutiva una definizione operativa
(operational definition) finalizzata al-
lav vio tempestivo del trattamento (5-10
minuti). Nel bambino le cause pi fre-
quenti di stato di male convulsivo sono
rappresentate dalle convulsioni febbrili
prolungate, dagli insulti acuti a carico del
sistema nervoso centrale e dalle malattie
neurologiche pregresse.
La diagnosi di epilessia definita dal-
loccorrenza di due o pi crisi epilettiche
non provocate o sintomatiche remote,
separate da un intervallo di tempo di
almeno 24 ore.
Esistono diversi tipi di epilessia, che pre-
sentano prognosi diverse. quindi pi
corretto parlare di epilessie al plurale.
Le epilessie in et pediatrica:
inquadramento diagnostico
Giovanni Tricomi
UO di Neuropsichiatria dellInfanzia e dellAdolescenza, ASL Cesena
Per corrispondenza:
Giovanni Tricomi
e-mail: gtricomi@ausl-cesena.emr.it
a distanza
Epidemiologia
In Italia le persone affette da epilessia
sono circa 500.000 con una prevalenza di
4-8/1000/anno e unincidenza di 24-
53/100.000/anno. Si rilevano due picchi
di incidenza interessanti, rispettivamente
il primo anno di vita (86/100.000) e let
avanzata (incidenza sopra gli 85 anni
pari a 180/100.000). Lincidenza delle-
pilessia in Europa relativa allet infanti-
le e adolescenziale di circa 70/100.000.
Classificazione
La classificazione dellInternational Lea -
gue Against Epilespsy (ILAE) del 2001
Figura 1a
Figura 1b
Tracciato EEG in veglia (a) e sonno (b) di una bambina con epilessia benigna dellinfanzia con punte centro-
temporali (BECTS) o epilessia rolandica. Si noti come le anomalie localizzate a livello delle regioni centro-tem-
porali aumentino durante il sonno. La paziente presentava crisi epilettiche durante il sonno, nelle ore del mat-
tino in prossimit del risveglio, caratterizzate da emissione di suoni gutturali, scialorrea e scosse tonico-cloni-
che generalizzate.
101
utilizza un approccio multiassiale: asse 1
(fenomenologia ictale o semeiologia),
as se 2 (tipo/i di crisi), asse 3 (tipo di sin-
drome epilettica), asse 4 (eziologia), asse
5 (comorbidit e problemi associati rela-
tivi alle aree di funzionamento cognitivo,
comportamento, tono dellumore ed ef-
fetti della condizione sulla qualit della
vita).
Lattuale classificazione delle epilessie
continua a seguire un approccio multidi-
mensionale, prendendo in considerazio-
ne sia le caratteristiche delle crisi sia i
fattori eziologici che prognostici, e i
gran di progressi conoscitivi in ambito
genetico e nelle tecniche di indagine,
anche al fine di migliorare la pratica cli-
nica e favorire la ricerca.
Le crisi epilettiche possono essere defi-
nite focali o parziali quando lattivit
elettrica neuronale anomala interessa una
regione cerebrale circoscritta di un emi-
sfero; in questo caso la semeiologia del-
lepisodio critico dipende dalla localiz-
zazione delle popolazioni neuronali
coinvolte e dal propagarsi della scarica
anomala ai circuiti nervosi connessi; i
sintomi prodotti dalla scarica parossisti-
ca neuronale possono essere positivi o
negativi e manifestarsi con segni clinici
motori, sensoriali/sensitivi, psichici o
vegetativi (figura 1). Una crisi epilettica
focale pu evolvere in una crisi genera-
lizzata.
Le crisi epilettiche generalizzate si carat-
terizzano per manifestazioni elettro-cli-
niche che coinvolgono in modo diffuso
entrambi gli emisferi cerebrali fin dalli-
nizio dellevento parossistico (figura 2).
Una crisi si pu definire indeterminata
quando le caratteristiche cliniche e
semeiologiche non consentono un preci-
so inquadramento (figura 3).
Le crisi epilettiche in ciascun paziente
tendono a manifestarsi con le stesse
caratteristiche, ci a espressione del fatto
che il circuito neuronale coinvolto viene
attivato con specifiche modalit anato-
mo-funzionali.
Il compito del clinico di cercare di
ricondurre le crisi epilettiche che si
manifestano in un paziente allinterno di
una sindrome epilettica definita da un
complesso di sintomi/segni costantemen-
te associati e tali da determinare unen-
tit unica e caratteristica. Le sindromi
epilettiche sono definite in base alla pre-
senza di elementi specifici che riguarda-
no et desordio, tipo di crisi, aspetti cli-
nici del paziente, caratteristiche EEG,
storia naturale, storia familiare, sviluppo
psicomotorio/cognitivo, risposta alla
terapia antiepilettica ecc. (tabella 1). La
diagnosi sindromica, definita dallinsie-
me delle caratteristiche della specifica
condizione, importante in quanto forni-
sce al clinico strumenti fondamentali per
dirigere liter diagnostico, scegliere le
strategie terapeutiche e ipotizzare la pro-
gnosi. Alcune sindromi epilettiche sono
pi comuni rispetto ad altre (es. epilessia
benigna con punte centro-temporali o
BECTS, epilessia mioclonica giovanile o
JME) ed pertanto importante conoscer-
le perch di frequente riscontro nella pra-
tica clinica.
Le crisi epilettiche possono avere diver-
sa eziologia e le cause possono essere
fondamentalmente ricondotte nellambi-
to di fattori genetici o fattori acquisiti.
Nelle epilessie a eziologia genetica le
crisi rappresentano il sintomo centrale di
una condizione determinata genetica-
mente (tabella 2). Non risulta sempre
possibile identificare il gene mutato
responsabile e pertanto una causa geneti-
ca pu essere presunta sulla base di spe-
cifiche caratteristiche cliniche, anamne-
stiche e dei dati provenienti da alcuni
esami strumentali.
Nelle epilessie acquisite le crisi rappre-
sentano il sintomo di una condizione
strutturale (es. sofferenza pre-peri-post-
natale; anomalie dello sviluppo corticale;
esiti di traumi cranici, stroke, infezioni
cerebrali e interventi neurochirurgici;
tumori cerebrali ecc.) o metabolica.
Bisogna comunque tenere in considera-
zione che molte lesioni strutturali cere-
brali come le malformazioni corticali e le
malattie metaboliche hanno una causa
genetica (figura 4).
formazione a distanza Quaderni acp 2014; 21(3)
F A D
FIGURA 2
Tracciato EEG di paziente con epilessia assenze del bambino (CAE), che si caratterizza per la presenza di una
scarica di punte-onde generalizzata, di ampio voltaggio, alla frequenza di circa 3 Hz. Durante questo esame
una crisi di assenza viene indotta dalliperpnea e in concomitanza della scarica di anomalie generalizzate. La
bambina presenta una perdita di contatto con lambiente circostante di breve durata (circa 6-7 secondi).
FIGURA 3: CLASSIFICAZIONE DELLE EPILESSIE IN BASE A TIPO DI CRISI, EZIOLOGIA E PROGNOSI
CLASSIFICAZIONE IN BASE AL TIPO DI CRISI
Focali o parziali
Generalizzate
Indeterminate
CLASSIFICAZIONE IN BASE ALLEZIOLOGIA
Idiopatiche
Sintomatiche
Presunte sintomatiche (in sostituzione al vecchio termine criptogenetiche)
CLASSIFICAZIONE IN BASE ALLA PROGNOSI
Sindromi epilettiche a prognosi eccellente (es. crisi neonatali benigne, epilessie focali benigne ecc.)
Sindromi epilettiche a prognosi buona (es. epilessia con assenze del bambino ecc.)
Sindromi epilettiche a prognosi incerta (es. epilessia mioclonica giovanile ecc.)
Sindromi epilettiche a prognosi infausta (es. epilessie miocloniche progressive ecc.)
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formazione a distanza Quaderni acp 2014; 21(3)
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TABELLA 1: ESEMPI DI SINDROMI EPILETTICHE RAGGRUPPATE IN BASE ALLET DI ESORDIO
Sindromi epilettiche a esordio in epoca neonatale
Crisi neonatali familiari benigne (BFNSs)
Sindrome rara con esordio tipico a 2-3 giorni di vita. Sviluppo
psicomotorio normale. Le crisi sono di breve durata (1-2 minuti)
e possono essere molto frequenti (fino a 20-30 al giorno). Molte
crisi iniziano con unattivit motoria di tipo tonico con apnea, cui
fanno seguito vocalizzi, movimenti oculari, segni autonomici,
automatismi motori e clonie focali o generalizzate; non si verifi-
ca stato epilettico. Le crisi si risolvono spontaneamente da 1 a 6
mesi dopo lesordio. Circa il 10-14% dei pazienti svilupper altri
tipi di crisi negli anni futuri. Familiarit positiva per episodi ana-
loghi in epoca neonatale; studi di linkage hanno dimostrato
mutazioni sui cromosomi 20q o 8q a livello di geni codificanti
per subunit dei canali voltaggio-dipendenti del potassio.
Crisi neonatali benigne (BNSs)
Descritti casi sporadici. Crisi cloniche di breve durata che diven-
tano progressivamente pi frequenti, associate a crisi di apnea e
talvolta a stato epilettico. Il bambino nella fase intercritica nor-
male. Let di esordio tipicamente tra i 4 e i 6 giorni di vita (in
passato definite come crisi del quinto giorno). La prognosi,
relativamente al rischio di ricorrenza di altre crisi in futuro e allo
sviluppo psicomotorio, buona.
Encefalopatia epilettica a esordio infantile precoce
(EIEE o sindrome di Ohtahara)
Esordio generalmente nei primi 10 giorni di vita. La crisi tipica
rappresentata da un movimento tipo spasmo tonico di durata
maggiore rispetto a quello tipico della sindrome di West. Queste
crisi possono manifestarsi isolate o in grappoli con durata di ogni
singola crisi tonica da 1 a 10 secondi e una frequenza di questi
episodi variabile da 10 a 300 nelle 24 ore. Le crisi possono esse-
re generalizzate e simmetriche o lateralizzate; meno frequente-
mente possono verificarsi crisi motorie cloniche focali con carat-
teristiche erratiche. Il pi delle volte presente una grave ano-
malia strutturale dello sviluppo cerebrale. LEEG presenta un pat-
tern tipo suppression-burst. Prognosi negativa per lo sviluppo
psicomotorio e aumentato rischio di mortalit. Possibile, per i
bambini che sopravvivono, una futura evoluzione in sindrome di
West o in sindrome di Lennox-Gastaut. Epilessia farmacoresi-
stente.
Encefalopatia mioclonica precoce (EME)
Esordio nei primi giorni di vita. Pattern EEG tipo suppression-
burst. Si distingue dalla sindrome di Ohtahara per la presenza
di un mioclono intenso ad alta frequenza e con caratteristiche
migranti; possono verificarsi crisi focali di tipo clonico o crisi di
tipo tonico. Spesso associata con malattie metaboliche (es. iper-
glicinemia non chetotica).
Epilessia con crisi focali migranti
Condizione con caratteristiche non ancora ben definite a esordio
nelle prime settimane di vita. Epilessia ad andamento rapida-
mente ingravescente con crisi focali o multifocali caratterizzate
da variabile (migrante) localizzazione del focolaio prevalente.
Forma farmacoresistente a prognosi negativa.
Sindromi epilettiche a esordio in et infantile
Spasmi infantili (ISs o sindrome di West)
Et desordio in genere tra i 4 e i 6 mesi (pi raramente posso-
no verificarsi nel tardo periodo neonatale o dopo i 12 mesi). Le
crisi sono rappresentate dai tipici spasmi in grappoli che si veri-
ficano soprattutto in veglia; gli spasmi possono essere in flessio-
ne o in estensione; unalterazione cerebrale focale pu determi-
nare degli spasmi asimmetrici. Il periodo degli spasmi si associa
a una regressione psicomotoria con riduzione dellattenzione
visiva e dellinterazione e aumento dellirritabilit. A seconda
delleziologia si distinguono forme sintomatiche (circa il 90%)
o presunte sintomatiche; sono state descritte delle forme gene-
ticamente determinate (gene CDKL5 nelle femmine e gene ARX
nei maschi). La sindrome di West definita dalla combinazione
degli spasmi con un pattern EEG molto caratteristico, definito
ipsaritmia. Le terapie pi efficaci sono rappresentate dalla
somministrazione di ormone adrenocorticotropo (ACTH), o di
alte dosi di corticosteroidi per via orale o, nel caso di spasmi
infantili sintomatici di sclerosi tuberosa, dal vigabatrin.
Epilessia mioclonica benigna dellinfanzia (BMEI)
Condizione rara (rappresenta circa l1% delle epilessie genera-
lizzate idiopatiche). Esordio tra i 4 mesi e i 3 anni di vita. Le crisi
miocloniche coinvolgono principalmente il capo, gli occhi, gli arti
superiori, il diaframma e pi raramente gli arti inferiori (in que-
sto caso possono causare occasionali cadute); le crisi miocloni-
che possono verificarsi isolate o in brevi grappoli. Sviluppo psi-
comotorio nella norma. Rapporto maschi/femmine = 2:1. EEG
intercritico normale; le crisi miocloniche hanno un correlato EEG
di scariche di punta-onda o polipunta-onda. I farmaci utilizzati
per il trattamento sono lacido valproico o altri antiepilettici ad
ampio spettro.
Epilessia mioclonica severa dellinfanzia
(SMEI o sindrome di Dravet)
Rappresenta probabilmente l1-3% delle epilessie con esordio nel
primo anno di vita; esordio tipicamente tra i 5 e i 12 mesi con
ricorrenti episodi di stato epilettico in corso di febbre (crisi spes-
so focali/lateralizzate). I tipi di crisi che possono verificarsi sono
le crisi cloniche associate alla febbre, le crisi miocloniche, le
assenze atipiche e le crisi focali complesse. Prima dellesordio lo
sviluppo psicomotorio normale; dal secondo anno di vita si
verificano diversi tipi di crisi con prevalente componente mioclo-
nica (soprattutto a partire dai 18 mesi). Il calore (febbre o anche
un bagno caldo) rappresenta un fattore scatenante le crisi. LEEG
intercritico mostra anomalie generalizzate, focali o multifocali, e
pu rilevare una fotosensibilit. Storia familiare di epilessia e/o
convulsioni febbrili nel 15-25%; in circa il 70% dei casi pre-
sente una mutazione nel gene SCN1A. I farmaci pi efficaci sono
lacido valproico e il clobazam in associazione con lo stiripento-
lo; la carbamazepina e la lamotrigina peggiorano la sintomato-
logia critica. Una evidente regressione dello sviluppo psicomoto-
rio si manifesta tipicamente dopo circa un anno dallesordio delle
crisi. Aumentato rischio di morte improvvisa (Sudden Unexpected
Death in Epilepsy o SUDEP).
Sindromi epilettiche a esordio in et pre-scolare
Epilessia con crisi mioclono- astatiche
(EMAS o sindrome di Doose)
Condizione rara, leggermente pi comune nel sesso maschile e
familiarit positiva in circa un terzo dei casi. Esordio allet di 2-
5 anni con frequenti crisi di caduta; le cadute possono essere
causate dalle crisi mioclono-astatiche e/o dalle crisi atoniche. Le
crisi mioclono-astatiche, caratteristiche di questa condizione,
possono essere associate alle crisi atoniche, miocloniche e alle
crisi di assenza; lo stato epilettico mioclono-astatico comune.
LEEG pu essere normale negli stadi iniziali e in seguito caratte-
rizzarsi per rallentamenti a livello biparietale, scariche genera-
lizzate di punta-onda lenta e scariche di punta-onda irregolari
associate alle crisi mioclono-astatiche. Lacido valproico il far-
maco pi efficace in quanto agisce contro le crisi miocloniche, le
crisi atoniche e le assenze; nei casi con crisi resistenti la lamo-
103
formazione a distanza Quaderni acp 2014; 21(3)
F A D
trigina a basse dosi in combinazione con lacido valproico pu
essere efficace; altri farmaci utilizzati nelle forme resistenti al trat-
tamento sono letosuccimide e le benzodiazepine. La prognosi
variabile.
Epilessie miocloniche progressive
Questa categoria comprende diverse forme di epilessia (es. epi-
lessia mioclonica con ragged-red fibers o MERRF, malattia di
Lafora, malattia di Unverricht-Lundborg ecc.) che allinizio pos-
sono presentare caratteristiche simili a quelle presenti nella sin-
drome di Doose, ma che in seguito si differenziano da questa
forma per la presenza di rilevanti anomalie neurologiche e per il
ritardo/deterioramento dello sviluppo cognitivo. La triade pre-
sente in questi pazienti rappresentata da tipi diversi di crisi
(incluse le crisi miocloniche), presenza di segni neurologici e
deterioramento progressivo.
Sindromi epilettiche del bambino
Epilessia assenze del bambino (CAE)
Anche definita con il termine picnolessia (episodi critici che ten-
dono a verificarsi molto frequentemente, da decine fino a centi-
naia di volte al giorno); le crisi si manifestano con improvvisa e
breve perdita di contatto con lambiente circostante, associata a
mancanza di risposta agli stimoli esterni e allinterruzione delle
attivit volontarie in corso (durata degli episodi di assenza
generalmente dai 4 ai 20 secondi); possono essere presenti pic-
cole ipercinesie interessanti i distretti peri-orale e peri-oculare e/o
automatismi; le crisi sono in genere tipicamente scatenate dalli-
perventilazione (una manovra, che pu essere utilizzata in ambu-
latorio e che pu evocare una crisi di assenza in pi del 90%
dei bambini con CAE, consiste nel far respirare profondamente il
paziente per circa 3 minuti facendogli tenere le braccia distese in
avanti e invitandolo a contare gli atti respiratori). Un EEG stan-
dard nelle forme tipiche sufficiente per la diagnosi. Et di esor-
dio tra i 4 e i 10 anni (picco di et tra i 5 e i 7 anni; pi frequente
nelle bambine). Forte componente genetica con familiarit positi-
va in un terzo dei casi e rischio di ricorrenza nei figli di circa il
10%. Possono verificarsi, anche se raramente, crisi tonico-cloni-
che generalizzate, in genere molto tempo dopo linizio delle
assenze (di solito in adolescenza dopo la remissione delle
assenze). LEEG intercritico risulta normale; le crisi di assenza
hanno un correlato EEG rappresentato da scariche di punta-onda
generalizzate e di ampio voltaggio a circa 3 Hz. I farmaci antie-
pilettici di prima scelta sono letosuccimide (non protegge da
eventuali crisi tonico-cloniche generalizzate), lacido valproico e
la lamotrigina; il trattamento con carbamazepina controindica-
to in quanto pu aggravare lepilessia. La prognosi relativamente
alla scomparsa delle crisi di assenza molto buona (scomparsa
delle crisi in genere prima dei 12 anni); c un aumentato rischio
in et adulta di sviluppare crisi tonico-cloniche generalizzate.
Epilessia con assenze miocloniche (EMA)
Et desordio tra i 2 e i 13 anni. Prevalenza maschile. Il 50% dei
pazienti ha un normale sviluppo psicomotorio/cognitivo allesor-
dio. Le crisi tipicamente si caratterizzano per delle assenze a
inizio brusco con marcato mioclono ritmico e sincrono che inte-
ressa simmetricamente gli arti; possono essere coinvolti bocca,
mento, occhi e palpebre; le crisi durano tipicamente meno di un
minuto; in un terzo dei casi possono verificarsi crisi tonico-cloni-
che generalizzate, assenze pure e crisi astatiche. C una fami-
liarit per epilessia nel 25% dei casi; molti casi restano a eziolo-
gia sconosciuta. Prognosi negativa per lo sviluppo cognitivo e il
controllo delle crisi. Il trattamento pi efficace rappresentato in
genere dalla combinazione di acido valproico con etosuccimide
o lamotrigina.
Epilessia assenze con mioclonie palpebrali (sindrome di Jeavon)
Esordio tra i 2 e i 14 anni con picco a 6-8 anni; di pi frequen-
te riscontro nel sesso femminile. Crisi brevi (durata circa 3-6
secondi), spontanee o precipitate dalla chiusura degli occhi in
ambiente illuminato (non al buio); crisi caratterizzate da devia-
zione dello sguardo verso lalto e retropulsione del capo con pal-
pebre che presentano clonie ripetitive con possibile associazione
di compromissione dello stato di coscienza. LEEG rileva brevi
scariche di punta/polipunta-onda generalizzate, di ampio vol-
taggio a 3-6 Hz e fotosensibilit.
Epilessia benigna con punte centro- temporali
(BECTS o Epilessia rolandica)
Rappresenta la pi comune epilessia focale del bambino; et de-
sordio tra i 3 e i 13 anni; pi comune nei maschi. Crisi focali che
coinvolgono il distretto facciale/periorale, che possono evolvere
con una secondaria generalizzazione; le crisi si verificano
nell80% dei casi in fase di sonno; le caratteristiche tipiche inclu-
dono una sensazione unilaterale di torpore/parestesie a livello
della lingua, gengive o guance, suoni gutturali o arresto del lin-
guaggio, ipersalivazione, difficolt di deglutizione o scialorrea
post-critica, movimenti involontari o contratture toniche della lin-
gua o della mandibola, clonie interessanti una parte del volto.
LEEG intercritico caratterizzato dalla presenza di punte lente
difasiche a livello delle regioni centro-temporali, che possono
avere localizzazione monolaterale e che aumentano in frequen-
za nel sonno.
Se le caratteristiche cliniche e dellEEG non risultano assoluta-
mente tipiche, consigliabile effettuare un esame RM encefalo
per escludere una forma di epilessia lesionale. Il trattamento con
farmaci antiepilettici non generalmente indicato a meno che le
crisi siano particolarmente frequenti e/o prolungate e tale condi-
zione crei disagio al paziente e ai familiari; nel 90% dei casi si
ha una remissione dopo alcuni anni dallesordio delle crisi e
soprattutto dallet di 16 anni. In alcuni casi le anomalie presen-
ti in sonno sono molto rappresentate tanto che alcuni Autori par-
lano di uno spettro che collega lepilessia benigna con punte
(BECTS) alla sindrome di Landau-Kleffner.
Epilessia con parossismi occipitali
(CEOP forma di Panayiotopoulos)
Familiarit positiva per epilessia e anomalie EEG intercritiche in
parenti di primo grado. Et desordio con picco tra i 3 e i 5 anni.
Le crisi tipicamente si verificano allinizio del sonno; episodi cri-
tici caratterizzati da deviazione laterale dello sguardo e vomito,
spesso con alterazione dello stato di coscienza; le crisi possono
avere una durata prolungata. Molti bambini non presentano pi
crisi epilettiche prima del compimento dei 10 anni di et mentre
altri possono presentare solo 1-2 episodi nellarco della vita.
Sindrome di Landau- Kleffner (LKS)
Nota anche come afasia epilettica acquisita, si tratta di una con-
dizione rara a esordio rapido (in un bambino precedentemente
normale), caratterizzata da sintomi che fanno apparire il bambi-
no che ne affetto come se fosse sordo; si instaura, ad anda-
mento fluttuante e rapidamente progressivo, un disturbo della
comprensione del linguaggio con impossibilit a decodificare il
significato di alcuni suoni (agnosia uditiva, es. impossibilit nel
comprendere il significato di un telefono che squilla) e una afa-
sia espressiva; possono essere presenti altri problemi cognitivi e
comportamentali. Let desordio tra i 3 e gli 8 anni con rap-
porto maschi/femmine di 2:1.
Possono verificarsi crisi tonico-cloniche generalizzate, assenze
atipiche e crisi motorie focali. LEEG mostra frequenti scariche
epilettiche soprattutto durante il sonno e a livello delle regioni
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formazione a distanza Quaderni acp 2014; 21(3)
F A D
temporali. Si tratta di una encefalopatia epilettica in cui il fun-
zionamento cerebrale viene compromesso dallattivit epilettica.
I farmaci pi comunemente utilizzati per il trattamento sono i cor-
ticosteroidi e le benzodiazepine; alcuni bam bini vengono sotto-
posti a intervento di chirurgia dellepilessia.
Epilessia con punte-onde continue nel sonno
o stato epilettico elettrico in sonno (CSWS, ESES)
Il termine stato epilettico elettrico in sonno (ESES) sinonimo di
punte-onde continue nel sonno (CSWS); esiste una sovrapposi-
zione tra lepilessia con punte-onde continue nel sonno (CSWS)
e la sindrome di Landau-Kleffner (LKS) (la prima definita da
caratteristiche EEG, mentre la seconda da aspetti clinici); molti
bambini con LKS presentano una forma di CSWS o una condi-
zione simile; la LKS pu essere considerata un tipo di CSWS
con un focus epilettogeno a livello temporale e una conseguente
regressione del linguaggio. La CSWS si caratterizza per la
triade: punte-onde continue occupanti pi dell80% del sonno
a onde lente, crisi epilettiche e regressione cognitivo-com -
portamentale. Let desordio tipicamente tra i 4 e i 6 anni
(range 1-11).
Possono essere presenti deficit nella memoria, regressione nelle
funzioni cognitive e iperattivit. I maschi sono pi colpiti delle
femmine. Il primo evento parossistico generalmente una crisi
generalizzata in sonno (possono in alcuni casi verificarsi crisi
focali o focali con secondaria generalizzazione che possono
avere caratteristiche simili alla forma BECTS).
Levoluzione di questo tipo di epilessia si caratterizza per la pos-
sibile comparsa di altre crisi come le assenze tipiche e atipiche,
le assenze miocloniche, le crisi cloniche e atoniche, le crisi toni-
co-cloniche generalizzate. Il trattamento si basa sullutilizzo di
diversi farmaci antiepilettici (soprattutto benzodiazepine, acido
valproico, etosuccimide o levetiracetam) e dei corticosteroidi; la
carbamazepina pu far peggiorare la sintomatologia critica;
alcuni bambini vengono sottoposti a intervento di chirurgia del-
lepilessia.
Sindrome di Lennox- Gastaut (LGS)
Questa condizione definisce una relativamente rara e grave
forma di epilessia caratterizzata dalla presenza di crisi toniche
(elemento sempre presente) o anche atoniche e crisi di assenza
atipiche; in genere presente una causa sintomatica individua-
bile (nel 30% dei casi ci si orienta verso una presunta sintoma-
ticit). LEEG si caratterizza per la presenza di punte-onde lente
diffuse e parossismi di attivit rapida. La prognosi per quanto
riguarda lo sviluppo cognitivo, le caratteristiche comportamenta-
li e il controllo delle crisi negativa.
Epilessia con parossismi occipitali (CEOP forma di Gastaut)
Et desordio con picco tra i 7 e i 9 anni. Le crisi sono caratte-
rizzate da brevi sintomi visivi senza alterazione dello stato di
coscienza e sintomi post-critici che comprendono cefalea, nausea
e vomito; alcune crisi si protraggono con movimenti di tipo versi-
vo, disturbi sensoriali, automatismi, clonie interessanti un emilato
o diffuse. Questa forma di epilessia rispetto alla forma di
Panayiotopoulos ha una prognosi leggermente peggiore per
quanto riguarda la scomparsa delle crisi. LEEG ha caratteristiche
simili a quanto si riscontra nella forma di Panayiotopoulos e pre-
senta come elemento caratteristico anomalie epilettiformi a livel-
lo delle regioni occipitali che vengono soppresse dallapertura
degli occhi (fixation-off sensitivity) e attivate dal sonno.
Sindromi epilettiche a esordio in et adolescenziale
Epilessia assenze giovanile (JAE)
Et desordio con picco a 12 anni, tipicamente in prossimit del
periodo puberale. A differenza della CAE si verificano pochi epi-
sodi di assenza al giorno e il grado di compromissione dello
stato di coscienza sembra minore anche se le anomalie elettriche
tendono ad avere una durata prolungata. Circa l80% dei
pazienti presenter crisi tonico-cloniche generalizzate mentre il
15% manifester anche crisi miocloniche (meno intense di quelle
che si verificano nellepilessia mioclonica giovanile). LEEG
mostra anomalie generalizzate costituite da complessi punta-
onda a 3 Hz, spesso indotte dalliperventilazione; la fotosensibi-
lit inusuale. Molti pazienti rispondono al trattamento con
acido valproico anche se la prognosi, relativamente alla scom-
parsa delle crisi a lungo termine, meno buona rispetto alla
CAE.
Epilessia mioclonica giovanile (JME)
Esordio tra i 12 e i 18 anni. Le crisi sono di tipo tonico-clonico
generalizzate e miocloniche, e si verificano tipicamente subito
dopo il risveglio; la coscienza conservata durante le crisi mio-
cloniche; le crisi tonico-cloniche generalizzate sono spesso pre-
cedute da una serie di crisi miocloniche in crescendo; le crisi di
assenza si verificano in circa un terzo dei casi. Una storia di
oggetti che cadono dalle mani mentre si prepara la colazione
tipica. Leccessiva stanchezza, la carenza di sonno e lalcol sono
potenziali fattori scatenanti. LEEG tipicamente mostra scariche di
polipunte seguite da onde lente irregolari a frequenza compresa
tra 1 e 3 Hz; le crisi di assenza hanno un correlato EEG di com-
plessi polipunta-onda a 4-6 Hz che rallentano fino a 3 Hz (que-
ste scariche epilettiche sono molto meno regolari rispetto a quan-
to si vede nellepilessia assenze del bambino o nellepilessia
assenze giovanile). I farmaci antiepilettici generalmente utilizzati
sono lacido valproico, il clonazepam e il levetiracetam; la lamo-
trigina pu causare un aumento delle crisi miocloniche ma risul-
ta essere efficace in combinazione con lacido valproico; il trat-
tamento con carbamazepina controindicato. La prognosi per
quanto riguarda il controllo delle crisi buona ma in genere
sconsigliato interrompere il trattamento antiepilettico per lalto
rischio di ricorrenza delle crisi in assenza di terapia.
Epilessia con crisi tonico- cloniche generalizzate (GTCS)
al risveglio
Esordio in genere nella seconda decade di vita. La diagnosi di
questo tipo di epilessia principalmente clinica e deve essere
sospettata quando si verificano crisi tonico-cloniche generalizza-
te (GTCS) subito dopo il risveglio, in assenza di frequenti iperci-
nesie di tipo mioclonico; le crisi possono essere facilitate dalla
riduzione delle ore di sonno; frequenza delle crisi piuttosto
bassa. La prognosi favorevole sia per la bassa frequenza delle
crisi che per la buona risposta al trattamento (molti pazienti
hanno una ricomparsa delle crisi dopo la sospensione di un trat-
tamento antiepilettico efficace). Alcuni pazienti che hanno pre-
sentato in passato altre forme di epilessia (es. CAE) possono
avere unevoluzione in questa condizione. LEEG tipicamente si
caratterizza per la presenza di scariche di punta-onda o poli-
punta-onda, irregolari, con frequenze comprese tra i 2 e i 4 Hz
(queste alterazioni non vengono tuttavia riscontrate in tutti i
pazienti con esami EEG di routine; in tal caso un EEG in sonno
pu fornire informazioni diagnostiche aggiuntive); una discreta
percentuale di pazienti presenta fotosensibilit.
105
In termini generali le epilessie vengono
distinte in tre grandi categorie eziologi-
che: forme idiopatiche, forme sinto-
matiche e forme presunte sintomati-
che.
Le epilessie idiopatiche comprendono
sia forme generalizzate che focali e si
caratterizzano per lassenza di lesioni
cerebrali strutturali; sono causate da fat-
tori genetici definiti o presunti. Il termi-
ne idiopatico non sinonimo di epiles-
sia a evoluzione benigna. Esempi di epi-
lessie idiopatiche sono lepilessia assen-
ze del bambino, lepilessia mioclonica
giovanile, lepilessia con parossismi
occipitali forma di Gastaut, ecc.
Le epilessie sintomatiche sono caratte-
rizzate da crisi che sono la conseguenza
di una causa primaria identificabile.
Esempi di epilessia sintomatica includo-
no la sclerosi tuberosa e le displasie cor-
ticali focali. Le crisi sintomatiche acute
sono il risultato di un insulto cerebrale
immediatamente precedente levento
parossistico (es. ipossia, febbre) (le crisi
acute sintomatiche ricorrenti non sono
classificate come epilessia). Le epilessie
da causa sintomatica remota sono secon-
darie a un danno cerebrale pregresso (es.
stroke, meningoencefalite).
Le epilessie presunte sintomatiche (ter -
mine che sostituisce la vecchia dizione
criptogenetiche) rappresentano le for -
me in cui non risulta chiaramente i den -
tificabile una causa primaria (es. norma-
lit dellesame neuroradiologico) ma che
non possono essere inquadrate nellambi-
to delle forme idiopatiche; in tal senso il
termine epilessia presunta sintomatica
definisce unepilessia a eziologia non
nota e la necessit di effettuare ul teriori
approfondimenti diagnostici. Molte
forme gravi di epilessia dellinfanzia
rientrano allinterno di questo gruppo.
In relazione alla prognosi le epilessie
possono essere distinte in: sindromi epi-
lettiche a prognosi eccellente (epilessie a
evoluzione benigna con remissione
spontanea delle crisi et-correlata e non
associate ad alterazioni dello sviluppo
psico-fisico); sindromi epilettiche a pro-
gnosi buona (epilessie farmaco-sensibili
in cui la terapia pu essere sospesa dopo
un certo periodo di tempo); sindromi epi-
lettiche a prognosi incerta (epilessie far-
maco-dipendenti che possono rispondere
bene al trattamento antiepilettico ma che
si caratterizzano per crisi che possono
formazione a distanza Quaderni acp 2014; 21(3)
F A D
TABELLA 2
EPILESSIE IDIOPATICHE
Trasmis. Locus Gene
Crisi neonatali benigne familiari AD 20q13 KCNQ2
8q24 KCNQ3
Crisi neonatali-infantili benigne familiari AD 2q24 SCN2A
Crisi infantili benigne familiari AD 16p11 PRRT2
2q24 SCN2A
Crisi infantili benigne familiari
ed emicrania emiplegica familiare AD 1q23 ATP1A2
Epilessia autosomica dominante notturna del lobo frontale AD 20q13 CHRNA4
1p21 CHRNB2
8p12 CHRNA2
Epilessia familiare del lobo temporale laterale AD 10q24 LGI1
Epilessia genetica con convulsioni febbrili plus (GEFS+) AD 2q24 SCN1A
19q13 SCN1B
2q24 SCN2A
5q GABRG2
Epilessia mioclonica familiare infantile (FIME) AR 16q13 TBC1D24
Epilessia mioclonica giovanile (sindrome di Janz) AD 5q34 GABRA1
6p12 EFHC1
Epilessia generalizzata idiopatica con fenotipi variabili
(incluse assenze precoci) AD 1q35 SLC2A1
Epilessia generalizzata idiopatica e AD 2q22 CACNB4
Atassia episodica AD 19q CACNA1A
Encefalopatie epilettiche
Encefalopatia epilettica a esordio precoce
(periodo neonatale/primo anno di vita) AR 11p15 SLC25A22
de novo 9q34 STXBP1
AR 16p13 TBC1D24
de novo 20q13 KCNQ2
Spasmi infantili e fenotipo rett-like X-linked Xp22 CDKL5
Epilessia mioclonica severa dellinfanzia/ de novo 2q24 SCN1A
Sindrome di Dravet X-linked Xq22 PCDH19
Epilessia e ritardo mentale nelle femmine X-linked Xq22 PCDH19
EPILESSIE MIOCLONICHE PROGRESSIVE
Malattia di Unverricht-Lundborg (EPM1) AR 21q22.3 EPM1 (Cistatina B)
Malattia di Lafora (EPM2) AR 6q24 EPM2A (Laforina)
AR 6q22 EMP2B (Malina)
MERRF/MELAS Materna Mt-DNA t- RNA (8344,8356,8363)
AR n-DNA POLG1
Sialidosi
- Tipo 1, 2 AR 6p21.3 Neuraminidasi(NEU)
- Galattosialidosi AR 20q13.1 PPCA
Ceroidolipofuscinosi
- Infantile tardiva di Jansky-Bielschowsky AR 11p15 CLN2
Finlandese AR 13q21 CLN5
Variante AR 15q21 CLN6
- Giovanile di Spielmeyer-Vogt-Sjogren AR 16p CLN3
- Adulta di Kufs AR 15q21 CLN6
AD 20q13.33 DNAJC5
AMRF (action myoclonus-renal failure syndrome) AR 4q21 SCARB2
- variante simil-ULD senza interessamento renale AR 4q21 SCARB2
PME con atassia precoce AR 12q12 PRICKLE1
Atrofia dentato-rubro-pallido-luisiana AD 12p13 B37 (Atrofina)
Malattia di Gaucher tipo III AR 1p21 Glucocerebrosidasi
Malattia di Huntington giovanile AD 4p16 Huntingtina
Gangliosidosi GM2 AR 15q23-q24 Hexa
EMP con inclusione di neuroserpina AD 3q26 PI12
EMP a esordio precoce AR 7q11 KCTD7
MALFORMAZIONI CEREBRALI SU BASE GENETICA
Malformazioni dovute a proliferazione neuronale anomala
Sclerosi tuberosa AD 9q32 TSC1
AD 16p13 TSC2
106
formazione a distanza Quaderni acp 2014; 21(3)
F A D
verificarsi nuovamente dopo sospensio-
ne della terapia); sindromi epilettiche a
prognosi infausta (epilessie resistenti al
trattamento) (figura 3).
In alcune specifiche condizioni si pensa
che lattivit epilettiforme stessa possa
contribuire ad alterare il normale funzio-
namento cerebrale (es. ridotto stato di
vigilanza o deficit cognitivi); si parla in
tal caso di encefalopatia epilettica.
Questo concetto implica che la disfun-
zione cerebrale possa essere parzialmen-
te reversibile quando si tratta lepilessia
con una terapia antiepilettica adeguata.
Diagnosi
La diagnosi di epilessia un percorso
spesso molto complesso che deve tener
conto del tipo di crisi (fenomenologia,
topografia), del contesto clinico (et de-
sordio, familiarit, condizioni cliniche
generali e presenza di altri sintomi asso-
ciati) e delle caratteristiche di alcuni
esami strumentali specifici (es. EEG cri-
tico e intercritico, dati neuroradiologici
ecc.).
Il primo passo verso una diagnosi di epi-
lessia consiste nello stabilire se un even-
to parossistico sia o no una crisi epiletti-
ca; esiste infatti, specie nel bambino,
tutta una serie di eventi parossistici di
natura non epilettica (es. mioclono neo-
natale benigno, iperecplessia, spasmi
affettivi respiratori, reflusso gastro-eso-
fageo, parasonnie, vertigine parossistica,
atassie episodiche, episodi sincopali,
tics, stereotipie, comportamenti di auto-
stimolazione, disturbi psicogenetici
ecc.), la cui conoscenza fondamentale
per non incorrere in errori diagnostici.
In questi casi lanamnesi e la ricostruzio-
ne dellevento parossistico risultano fon-
damentali; unesame video-EEG con
polimiografia viene spesso richiesto per
una valutazione dirimente.
Secondo studi recenti una percentuale tra
il 3,5% e il 43% di bambini inviati per
effettuare un esame video-EEG presenta
una diagnosi di fenomeno parossistico di
natura non epilettica.
Bisogna inoltre essere sicuri che siamo di
fronte a unepilessia e non a una condi-
zione sintomatica che si manifesta clini-
camente con crisi epilettiche acute ricor-
renti.
Distinguiamo nel percorso diagnostico
delle epilessie alcune tappe fondamenta-
li: anamnesi, esame obiettivo (generale,
Trasmis. Locus Gene
Malformazioni dovute a migrazione neuronale anomala
Lissencefalia isolata (ILS)/eterotopia sottocorticale (SBH) AD 17p13.3 LIS1
Lissencefalia isolata (ILS)/eterotopia sottocorticale (SBH) AD Xq22.3-q23 DCX
Lissencefalia isolata (ILS)/eterotopia sottocorticale (SBH) AD 12q13.12 TUBA1A
Sindrome di Miller-Dieker AD 17p13.3 LIS1+YWHAE
Lissencefalia X-linked con genitali ambigui (XLAG) X-linked Xp22.1 ARX
Lissencefalia con ipoplasia cerebellare (LCH) AR 7q22.1 RELN
Lissencefalia con ipoplasia cerebellare (LCH) AR 9p24.2 VLDLR
Eterotopia periventricolare bilaterale classica X-linked Xq28 FLNA
Eterotopia periventricolare e sindrome di Elhors-Danlos X-linked X28 FLNA
Eterotopia periventricolare, dimorfismi facciali
e costipazione severa X-linked X28 FLNA
Eterotopia periventricolare AD 5p15.1 -
Eterotopia periventricolare AD 5p15.33 -
Eterotopia periventricolare e sindrome di Williams AD 7p11.23 -
Eterotopia periventricolare AD 4p15 -
Eterotopia periventricolare AD 5p14.3-15 -
Eterotopia periventricolare e agenesia del corpo calloso AD 1p36.22-pter -
Eterotopia nodulare periventricolare (PNH) e microcefalia AR 20p13 ARFGEF2
Distrofia muscolare congenita di Fukuyama
o sindrome di Walker-Warburg (WWS) AR 9q31.2 FKTN
Muscle-eye-brain disease (MEB) o WWS AR 19q13.32 FKRP
Muscle-eye-brain disease (MEB) AR 22q12.3 LARGE
Muscle-eye-brain disease (MEB) AR 1p34.1 POMGnT1
Muscle-eye-brain disease (MEB) o WWS AR 9q34.13 POMT1
Muscle-eye-brain disease (MEB) o WWS AR 14q24.3 POMT2
Sindrome CEDNIK AR 22q11.2 SNAP29
Malformazioni dovute a organizzazione corticale anomala
Polimicrogiria bilaterale perisilviana (BPP) X-linked Xq22 SRPX2
Polimicrogiria bilaterale fronto-parietale (BFPP) AR 16q13 GPR56
Polimicrogiria asimmetrica AD 6p25.2 TUBB2B
Polimicrogiria con agenesia del corpo calloso e microcefalia AD 3p21.3-p21.2 TBR2
Polimicrogiria (con anidria) AD 11p13 PAX6
Polimicrogiria AD 1p36.3-pter -
Polimicrogiria e microcefalia AD 1q44-qter -
Polimicrogiria, PNH e agenesia del corpo calloso AD 6q26-qter -
Polimicrogiria e dimorfismi facciali AD 2p16.1-p23 -
Polimicrogiria, microcefalia e idrocefalo AD 4q21-q22 -
Polimicrogiria AD 21q2 -
Polimicrogiria e sindrome di Di George AD 22q11.2 -
Polimicrogiria e sindrome di Goldberg-Shprintzen AR 10q21.3 KIAA1279
Polimicrogiria e sindrome di Warburg Micro AR 2q21.3 RAB3GAP1
ANOMALIE CROMOSOMICHE ED EPILESSIA
Cromosoma 1 Delezione 1p36
Cromosoma 4 Delezione 4p16.3 (sindrome di Wolf-Hirshhorn)
Cromosoma 6 Delezione 6q terminale
Cromosoma 12 Trisomia 12p
Cromosoma 14 Cromosoma 14 ad anello
Cromosoma 15 Delezione 15q11-13, disomia uniparentale, mutazioni Imprinting Center,
mutazioni Gene UBE3A, Inv dup 15
Cromosoma 17 Delezione 17p13.3 (sindrome di Miller-Dieker)
Cromosoma 20 Cromosoma 20 ad anello
Cromosoma X Sindrome del cromosoma X fragile, sindrome di Klinefelter (XXY),
duplicazione (X) (p11.22-p11.23)
Cromosoma Y 47, XYY
(modificata da Update relativo ai geni implicati nelle epilessie - Commissione Genetica LICE - Bianchi A, et
al., aggiornata al 15 maggio 2012).
psichico e neurologico), indagini neuro-
fisiologiche, neuroimmagini, indagini di
laboratorio e genetiche, valutazione neu-
ropsicologica.
Anamnesi: lapproccio a un paziente
con epilessia o che ha presentato uno o
pi episodi parossistici di sospetta natura
epilettica trova nellanamnesi un
momento fondamentale, senza il quale
impossibile pensare di poter corretta-
mente programmare tutte le indagini di
approfondimento necessarie per giunge-
re a un preciso inquadramento della con-
dizione in esame. Lanalisi dei dati clini-
ci raccolti attraverso lanamnesi consen-
te di formulare una corretta diagnosi in
circa la met dei casi. Gli obiettivi prin-
cipali dellanamnesi si realizzano grazie
alla raccolta del maggior numero di
informazioni con la finalit di definire il
tipo di crisi, la presenza di eventuali fat-
tori eziologici e/o scatenanti, e le circo-
stanze di occorrenza dellepisodio paros-
sistico (es. veglia, sonno, digiuno, espo-
sizione a stimoli luminosi intermittenti o
a fattori ambientali che causano aumento
della temperatura corporea ecc.).
Secondo i livelli di evidenza, cianosi,
scialorrea, morsus e stato confusionale
post-critico sono gli elementi clinici che
inducono ad accentuare il sospetto dia-
gnostico di crisi epilettica. Particolare
importanza riveste anche lanalisi dei
sintomi che precedono la crisi, qualora
formazione a distanza Quaderni acp 2014; 21(3)
F A D
107
presenti, e che caratterizzano la fase di
recupero (sintomi post-critici). I dati cli-
nici vengono spesso forniti da un testi-
mone dellevento parossistico ed per-
tanto fondamentale ricavare gli elementi
anamnestici direttamente da chi ha assi-
stito allepisodio, soprattutto quando il
paziente non in grado di riferire nulla o
poco dellaccaduto. La semeiologia
rappresentata da ci che un osservatore
esterno vede e/o da ci che il paziente
per cepisce di una crisi epilettica. La na -
lisi accurata di ci che accade immedia-
tamente prima, durante e dopo lepisodio
critico pu fornire fondamentali elemen-
ti per ipotizzare la localizzazione della-
rea epilettogena. I segni clinici di una
crisi epilettica si manifestano non appena
la scarica epilettica si sviluppa nel tempo
e nello spazio; i sintomi clinici si mani-
festano con una latenza temporale dalli-
nizio della scarica che pu variare a
seconda del tipo di crisi (es. le crisi tem-
porali si propagano pi lentamente
rispetto alle crisi frontali). La semeiolo-
gia delle crisi e lidentificazione del cir-
cuito neuronale precocemente interessa-
to dalla propagazione della scarica epi-
lettica sono presupposti fondamentali per
formulare ipotesi di localizzazione del-
larea epilettogena. Esempi di segni/sin-
tomi altamente localizzatori sono rappre-
sentati dalle illusioni/allucinazioni uditi-
ve, dalle allucinazioni visive lateralizza-
te e dalle posture tonico-cloniche latera-
lizzate. I segni/sintomi che non risultano
essere localizzatori sono la deviazione
del capo/occhi, le manifestazioni tonico-
cloniche del distretto buccale, le posture
distoniche, le allucinazioni olfattive e la
perdita di contatto con lambiente. Gli
elementi clinici vanno integrati con gli
esami strumentali.
Esame obiettivo generale, psichico e
neurologico: la visita del paziente rap-
presenta un momento fondamentale del
percorso diagnostico. I principali aspetti
da valutare, per quanto riguarda lesame
obiettivo generale, sono altezza, peso,
circonferenza cranica, cute (con partico-
lare attenzione alla rilevazione di even-
tuali aree cutanee con ipo- o ipercromia
o angiomi), organi esplorabili alla palpa-
zione delladdome, eventuali aspetti di -
smorfici. Lesame obiettivo psichico con
osservazione del comportamento for -
nisce dati sullo stato di vigi lan za/o rien -
tamento, sullo sviluppo psicomotorio/co -
gni ti vo e sulleventuale presenza di di -
sturbi del comportamento. Lobiettivit
neurologica pu rilevare la presenza di
segni neurologici maggiori in grado di
orientare la diagnosi verso una forma
sin tomatica.
Indagini neurofisiologiche: lelettroen-
cefalogramma (EEG) un esame di fon-
damentale importanza per la diagnosi di
epilessia e per il monitoraggio dei pa -
FIGURA 4
Figura 4a Figura 4b
Tracciato EEG di paziente con epilessia focale sintomatica di sindrome di Sturge-Weber. Si noti come le anomalie EEG presenti a livello delle regioni parieto-temporo-occi-
pitali destre (a) correlino con le sedi anatomiche delle alterazioni documentate dallesame RM encefalo (b). La sindrome di Sturge-Weber una malattia neurocutanea con-
genita sporadica, che si caratterizza clinicamente per la presenza di un emangioma capillare del volto che segue la distribuzione della branca oftalmica del trigemino,
angiomi leptomeningei, glaucoma, crisi epilettiche, eventi infartuali cerebrali e ritardo cognitivo di grado variabile. stato recentemente dimostrato che tale condizione pu
essere determinata dalla mutazione a livello del gene GNAQ.
108
zienti affetti da tale condizione. LEEG
pu fornire elementi specifici che orien-
tano/confermano il sospetto diagnostico
del clinico; da questo esame vengono
inoltre ricavati dati fondamentali relativi
allorganizzazione/funzionamento del-
lattivit elettrica cerebrale sia in veglia
che in sonno. LEEG consente inoltre di
valutare in modo approssimativo il
rischio di ricorrenza di nuovi episodi cri-
tici in base alla maggiore/minore ric-
chezza di anomalie nella fase intercritica
e, insieme ai dati clinici, la risposta al
trattamento antiepilettico. Bisogna per
sempre tenere in considerazione che
lEEG non uno strumento magico e che
il medico refertatore ha bisogno di infor-
mazioni molto precise che descrivano
con la massima accuratezza le caratteri-
stiche del paziente in esame (et, condi-
zioni generali, patologie di cui affetto)
e le motivazioni che hanno portato a
effettuare lindagine in oggetto (es.
descrizione accurata dellevento parossi-
stico e delle circostanze/modalit di
occorrenza). La ripetizione dellesame in
uno stesso paziente va valutata e definita
in base al tipo di epilessia, alla risposta al
trattamento antiepilettico e ad altre varia-
bili cliniche. Lesame EEG pu essere
effettuato con diverse modalit che
dipendono dal quesito diagnostico e pi
nello specifico dal tipo di crisi, dalla loro
frequenza e talvolta da fattori contingen-
ti (es. condizioni di urgenza, pazienti non
collaboranti). Cos, mentre per alcuni
casi sufficiente richiedere un EEG di
routine (S/EEG, Standard EEG), per altri
pu essere necessario effettuare una regi-
strazione prolungata nelle 24 ore con
EEG dinamico (A/EEG, Ambulatory
EEG), un EEG con videoregistrazione
(video-EEG) o un monitoraggio video-
EEG a lungo termine (LTVEEG
Monitoring). LEEG di routine consiste
in una registrazione in veglia in condi-
zioni basali (a occhi chiusi e aperti) per
almeno 20 minuti, seguita da una regi-
strazione durante tecniche di attivazione
(iperventilazione e stimolazione lumino-
sa intermittente); unaltra tecnica di atti-
vazione rappresentata dalla registrazio-
ne in sonno (spontaneo o dopo privazio-
ne ipnica). Un EEG standard pu rileva-
re anomalie epilettiformi intercritiche o
critiche in soggetti con sospette crisi epi-
lettiche in circa il 50% dei casi; la per-
centuale aumenta fino al 90% con regi-
F A D
strazioni ripetute o in sonno; la possibi-
lit di registrare anomalie durante un
EEG standard di circa il 90% se lesa-
me viene effettuato entro le 24 ore da una
crisi epilettica (soprattutto nei bambini)
ed per questo che nel caso di una prima
crisi indicata lesecuzione di un EEG il
pi presto possibile. Anomalie EEG a un
esame standard sono rilevabili nello 0,5-
4% di soggetti che non hanno mai pre-
sentato crisi epilettiche; questo dato deve
far riflettere sul fatto che lEEG pu
essere disinformativo e quindi non rac-
comandato in alcune situazioni (es. sog-
getti giovani con sincopi neuro-mediate).
LEEG dinamico si realizza grazie ad
apparecchi portatili che consentono la
registrazione per tempi variabili da 12 a
72 ore mentre il paziente svolge le sue
normali attivit di vita quotidiana; tale
metodica non aggiunge informazioni
diagnostiche nel 50% dei casi. La regi-
strazione video-EEG con possibile
aggiunta di poligrafia consente una pi
precisa analisi dellevento parossistico e
permette di distinguere gli episodi di
natura epilettica da quelli di natura non
epilettica. Lutilizzo del monitoraggio
video-EEG a lungo termine (LTVEEG
monitoring) viene riservato a condizioni
molto particolari ed effettuato in centri
altamente specializzati, con la finalit di
cercare di individuare lorigine delle sca-
riche epilettiche (vengono utilizzati spe-
ciali elettrodi di superficie o elettrodi che
possono essere impiantati in profondit
in diverse aree cerebrali).
Neuroimmagini: le neuroimmagini for-
niscono un importante contributo nello
stabilire eziologia, prognosi e trattamen-
to delle epilessie di nuova diagnosi.
Questo tipo di indagini raccomandato
quando la crisi presenta caratteristiche
cliniche che fanno presupporre un foco-
laio epilettogeno localizzato, o quando
non stato ancora raggiunto un preciso
inquadramento diagnostico dellepilessia
o quando si sospetta una condizione sin-
tomatica. Quando disponibili, le tecniche
di risonanza magnetica (RM) sono prefe-
ribili a quelle di tomografia computeriz-
zata (TC) sia per la migliore risoluzione
e accuratezza delle immagini, che per
evitare lesposizione del paziente a
radiazioni.
Lesame neuroradiologico generalmen-
te non necessario in alcune forme di epi-
lessia idiopatica (epilessia assenze del
bambino, epilessia assenze forma giova-
nile, epilessia mioclonica giovanile, epi-
lessia benigna con punte centro-tempora-
li) quando la diagnosi chiaramente
definita sulla base dei dati clinici e delle
caratteristiche EEG.
Vanno infine ricordate alcune tecniche di
neuroimaging funzionale (PET, SPECT),
di utilizzo non diffuso, che possono esse-
re utili in alcuni casi particolari per una
pi precisa definizione/localizzazione
dellarea epilettogena.
Esami di laboratorio e genetici: gli
esami ematochimici di base non sono
generalmente indispensabili in fase dia-
gnostica iniziale, anche se possono esse-
re utili per escludere particolari condi-
zioni come uno squilibrio elettrolitico,
uno scompenso metabolico, fattori endo-
crinologici o tossici e per linizio di una
terapia antiepilettica.
La rachicentesi con esame del liquor
indicata in tutte le condizioni in cui si
pone il sospetto diagnostico di un pro-
cesso infettivo/infiammatorio interessan-
te il sistema nervoso centrale; in tali con-
dizioni, oltre allesame liquorale chimi-
co-fisico di base, possono essere utili
specifiche indagini sierologiche e liquo-
rali finalizzate a isolare marker di agenti
infettivi specifici o di reazione autoim-
munitaria; altre indagini pi specifiche
su liquor (es. dosaggio lattato/piruvato,
glicina ecc.) possono essere effettuate
nel sospetto di specifiche condizioni (es.
malattie metaboliche).
Gli esami genetici possono essere effet-
tuati in alcuni casi particolari, quando le
caratteristiche del paziente, il tipo di epi-
lessia e alcuni esami strumentali (es.
EEG e RM encefalo) orientano la dia-
gnosi verso una condizione genetica-
mente determinata, come per esempio
alcune encefalopatie epilettiche a esordio
in et infantile o nel sospetto di una con-
dizione sindromica specifica associata a
epilessia (es. sindrome di Rett, sindrome
di Angelman ecc.); tali esami andrebbero
richiesti da professionisti esperti in epi-
lettologia e vanno coordinati e integrati
con una consulenza genetica che coin-
volga il bambino e i familiari.
Valutazione neuropsicologica: questo
tipo di valutazioni risulta fondamentale
per indagare il funzionamento cognitivo,
la presenza di disturbi neuropsicologici
in comorbilit, per monitorare levolu-
zione clinica e gli eventuali possibili
formazione a distanza Quaderni acp 2014; 21(3)
109
effetti indesiderati del trattamento antie-
pilettico (es. disturbi della memoria, del-
lattenzione, sintomi comportamentali
ecc.).
Conclusioni
Linquadramento diagnostico del bambi-
no con epilessia un percorso molto
complesso, allinterno del quale i dati
clinici si integrano con la conoscenza e
lesperienza del medico che programma
e successivamente interpreta gli esami di
approfondimento necessari. Lespandersi
delle conoscenze, soprattutto nel campo
della genetica, sta ampliando in modo
rapido il panorama conoscitivo in ambito
epilettologico. Il raggiungimento di una
corretta diagnosi presupposto fonda-
mentale per lottimale applicazione delle
strategie terapeutiche disponibili e per
fornire adeguate informazioni sulla pro-
gnosi. u
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formazione a distanza Quaderni acp 2014; 21(3)
Claudio Magris ha cos commentato la figura di Franco Panizon nel suo intervento nellaula del consiglio comunale di Trieste al lin -
domani della scomparsa di un amico non facile: stato, anche in modo imbarazzante, se stesso: mi piacerebbe assomigliargli
un po. Parole simili le ho sentite nel febbraio dello scorso anno da Paolo Rumiz, con cui ero a cena a Milano a casa di comuni
amici. Perch il Premio Bertrand Russell ai Saperi contaminati a Franco Pa nizon? Non solo perch Panizon stato per la Pediatria
italiana ci che Franco Basaglia ha rappresentato per la Psichiatria ma anche perch stato maestro di professionalit, impe-
gno civile e, direi, di vita per una buona met dei pediatri di base che oggi operano sul territorio di Reggio Ca la bria. A pi di un
anno dalla sua scomparsa, la Fondazione Mediterranea insieme allUniversit Mediterranea gli rende omaggio attribuendo alla
sua memoria ledizione del 2014 del Premio Bertrand Russell ai Sa peri Contaminati per il suo impegno ci vi le e di fine umanista
che ha accompagnato la sua attivit professionale. Panizon, stra vagante e imprevedibile, da ragazzo della Repubblica di Sal
diventato comunista e poi, dopo anni di un laicismo integrale, cattolico, ha sempre inseguito le sue idee e, cos facendo, ha inven-
tato e prodotto: per esempio il day hospital pediatrico, che consente ai minori di rientrare a casa a fine cura giornaliera, per non parlare dellumanizza-
zione delle cure pediatriche negli ospedali con lapertura della corsia ai genitori dei piccoli pazienti. Oggi queste sono realt acquisite (chi lascerebbe pi suo
fi glio in una corsia di ospedale abbandonato alle cure dei soli infermieri?) ma non lo erano negli anni Settanta, gli anni in cui avveniva la coeva rivoluzio-
ne di Basaglia negli ospedali psichiatrici, gli anni in cui an cora riverberava in corsia limpianto di una Pediatria baronale e sclerotizzata oltre che maldispo-
sta verso i diritti dellinfanzia. La sua fu una rivoluzione silenziosa, mai assurta come quella di Basaglia allattenzione dei media, che ha letteralmente tra-
sformato la Pediatria italiana. Ma non solo per questo che, oggi, gli viene assegnato il Premio Russell: Fran co Panizon, professore emerito di Pe dia tria nel
Dipartimento di Scienze della Ri pro du zione e dello Sviluppo dellU ni ver si t di Trieste, in cui ha diretto la Clinica pe dia trica dellIRCCS Burlo Ga ro fo lo, stato
anche quel fine umanista, pittore e critico dar te che, da laico, ha concluso la sua vita curando i bambini dellOspedale cattolico Divina Provi den cia di Luanda
in Angola. Concludo citando Panizon: Que sto vale per tutti gli uomini, ma specialmente per i medici e specialmente per i pediatri: guardare in l, pi in l
possibile, non pensare solo alloggi del tuo paziente, pensa anche al suo domani; non pensare solo ai tuoi pazienti, pensa an che a tutti i pazienti; non pen-
sare solo ai presenti, ma pensa anche ai lontani e ai futuri.
Vincenzo Vitale, Pediatra di famiglia, Presidente Fondazione Mediterraneo
IL PREMIO BERTRAND RUSSELL AI SAPERI CONTAMINATI 2014 A FRANCO PANIZON
110
Quaderni acp 2014; 21(3): 109
Per corrispondenza:
Stefania Manetti
e-mail: doc.manetti@gmail.com
La parola epilessia fa paura, richiama al -
la memoria immagini spaventose e situa-
zioni poco controllabili. Nellarticolo
sul linquadramento diagnostico delle
epilessie scritto per i pediatri lettori di
questa rivista, leggiamo che la parola
epilessia deriva da un termine greco che
significa essere colti di sorpresa.
Come si manifesta?
Lepilessia o le convulsioni si manifesta-
no con movimenti muscolari, sensazioni o
comportamenti provocati da una serie di
scariche elettriche anomale che partono
dal nostro cervello. A seconda poi di
quanti muscoli sono interessati da queste
scariche elettriche si possono avere scos-
se e contrazioni diffuse a tutta la musco-
latura o a una parte (per esempio un brac-
cio e una gamba), oppure un completo
rilassamento della muscolatura con perdi-
ta del tono muscolare.
La crisi epilettica che spaventa di pi
generalmente quella che si manifesta con
scosse rapide e violente di tutto il corpo
e spesso perdita di conoscenza. A volte
queste crisi possono essere precedute da
movimenti di piccole parti del corpo e
poi propagarsi a tutti i muscoli. Alcuni
bambini possono invece avere altri tipi di
crisi epilettiche definite assenze, mo -
menti (anche pochi secondi) durante i
quali il bambino perde il contatto con
lambiente che lo circonda.
Qual la causa?
Si parla di epilessie e non di epilessia
perch ci sono tipi diversi di questa
malattia.
Le epilessie possono dipendere da fattori
genetici o da cause acquisite; la storia
clinica e quella familiare possono spesso
essere utili per ricercare le cause.
Tutte le convulsioni sono epilessie?
No, non tutte le convulsioni sono epiles-
sie; a volte i bambini possono avere epi-
sodi simili alle crisi epilettiche ma che in
realt non sono epilessie.
Ecco alcuni esempi:
Il bambino che soffre di epilessia
Stefania Manetti*, Costantino Panza**, Antonella Brunelli***
*Pediatra di famiglia, Piano di Sorrento (Napoli); **Pediatra di famiglia,
SantIlario dEnza (RE); ***Direttore del Distretto ASL, Cesena
re (RMN) per poter avere delle fotogra-
fie speciali del cervello.
Questi esami vanno prescritti se vera-
mente necessari e su consiglio dello spe-
cialista.
Con lepilessia bisogna assumere
farmaci per sempre?
No. Dopo la prima crisi epilettica si pu
decidere di non assumere farmaci e
monitorare nel tempo leventuale ricor-
renza della crisi. Non sempre necessa-
rio assumere farmaci per tutta la vita; in
alcuni casi e per alcuni tipi di epilessie i
farmaci, dopo uno-due anni senza crisi,
vengono sospesi, sempre su decisione
dello specialista.
Qualora occorresse prendere una medici-
na per controllare le crisi epilettiche, sar
necessario fare degli esami di laboratorio
per dosare i livelli del farmaco, regolarne
le dosi e monitorare gli effetti collaterali
della terapia.
Il bambino con epilessia
meno intelligente?
Le crisi epilettiche non riducono lintelli-
genza o le capacit di apprendimento; ci
sono farmaci per curare lepilessia che
possono per avere effetti negativi sul-
lapprendimento scolastico; sar lo spe-
cialista in questi casi a valutare ogni
situazione e a prescrivere, se necessario,
il farmaco pi adatto.
Il bambino con epilessia potrebbe sentir-
si umiliato dai compagni oppure i genito-
ri potrebbero essere troppo protettivi
limitando le sue normali esperienze e
attivit di gioco. Specie durante ladole-
scenza questo pu creare un disagio psi-
cologico notevole.
Che cosa non pu fare?
Al di fuori di sport estremi (alpinismo,
paracadutismo, automobilismo, motoci-
clismo, pugilato, immersioni subac-
quee) si pu praticare ogni sport, sem-
pre sotto la sorveglianza di un adulto.
Per praticare sport agonistici o ottenere la
patente di guida invece necessaria una
valutazione dellAutorit competente. u
gli spasmi affettivi, improvvisi sve-
nimenti che un lattante pu avere
durante il pianto quando va in apnea e
trattiene il respiro;
le sincopi, episodi di perdita di cono-
scenza legati a cause diverse dallepi-
lessia;
i disturbi del sonno, come gli episodi
di pavor notturno e il sonnambulismo.
Sar il pediatra a formulare un sospetto
diagnostico e quindi a consigliare, se
necessari, altri esami o visite utili per
arrivare a una diagnosi.
Come si fa la diagnosi?
necessario riferire al pediatra tutte le
informazioni sulla storia familiare e dare
una descrizione precisa dellepisodio: la
durata, i sintomi iniziali, le parti del
corpo interessate e la perdita o meno di
conoscenza. Tutto quello che accade
prima e dopo la crisi convulsiva un
indizio importante per capire la sede del
cervello da cui sono partite queste scos-
se elettriche.
Per arrivare alla diagnosi sono necessarie
una consulenza con il neuropsichiatra
infantile e alcuni esami strumentali.
Lelettroencefalogramma (EEG) viene
richiesto per capire se siamo di fronte a
una forma di epilessia, per identificare la
sede da cui partono le scosse elettriche,
lefficacia di una terapia e per valutare il
rischio di avere una nuova crisi. LEEG
da solo non dice tutto quello che c da
sapere ma devessere integrato sempre
alla storia clinica e familiare del bambi-
no. un esame indolore e semplice: si
applica una cuffia con piccoli elettrodi in
testa e si registra in questo modo latti-
vit elettrica del cervello. A volte pu
essere necessario effettuare questa regi-
strazione durante il sonno del bambino.
Dopo una prima crisi epilettica utile
effettuare subito un EEG, perch i risul-
tati ottenuti sono pi indicativi e precisi.
In alcuni casi, se la diagnosi difficile
da effettuare, sono necessari esami come
la To mografia Assiale Computerizzata
(TAC) o la Risonanza Magnetica Nu clea -
Drago vago, serpe di mago
Figlio e nipote di pesce di lago
Dura, scura, nera paura
Brutto fantasma di brutta figura.
B. Tognolini,
Filastrocca contro tutte le paure,
in Rime Raminghe, Salani 2013
111
Quaderni acp 2014; 21(3): 111-112
Irradiazione medica in una popolazione
pediatrica con MICI: cosa stiamo facendo?
Giovanna Ventura, Floriana Zennaro, Mario de Denaro, F. Bulfone,
Andrea Taddio
IRCCS Materno-Infantile Burlo Garofolo, Trieste
Per corrispondenza: e-mail: gioviventura@gmail.com
Background Ci sono evidenze crescenti che lesposizione a radia-
zioni ionizzanti a basse dosi aumenti il rischio di tumore. I bambi-
ni affetti da malattia infiammatoria cronica intestinale (MICI) rap-
presentano una popolazione pediatrica particolarmente esposta a
radiazioni ionizzanti.
Obiettivi Valutare la dose efficace cumulativa (CED) di una popo-
lazione pediatrica affetta da MICI seguita presso un centro di rife-
rimento.
Pazienti e metodi Si tratta di uno studio retrospettivo. Sono stati
selezionati per lo studio tutti i pazienti che hanno ricevuto diagno-
si di MICI e sono stati seguiti presso la Clinica Pediatrica del -
lIRCCS Burlo Garofolo dal 1996 al 2012. Sono stati raccolti il
numero e il tipo di indagini radiologiche irradianti laddome. La
CED stata stimata tenendo conto della tecnica radiologica e dello
strumento utilizzati, dellepoca dellesame e delle caratteristiche
del paziente.
Risultati preliminari Tra il 1996 e il 2012 sono stati diagnosticati
e/o presi in cura 373 casi di MICI a esordio pediatrico. Di questi,
206 (55%) non hanno fatto esami radiografici. I risultati si riferi-
scono quindi a 167 soggetti che hanno fatto esami radiologici (70
femmine, 97 maschi, et media alla diagnosi 10,5 anni, follow-up
medio 10 anni). Di questi, 148 pazienti avevano il morbo di Crohn
(CD), 19 la rettocolite ulcerosa (RCU). La CED media risultata
13,52 mSv. I pazienti con CD hanno una CED media di 14,10 mSv,
quelli con RCU di 9,02 mSv. La dose di esposizione media nel
primo anno pari al 42,2% della CED (5,71 mSv). TAC addome,
scintigrafia gastrointestinale, clisma opaco e serigrafia dellintesti-
no tenue hanno un peso relativo sulla CED rispettivamente di
42,8%, 19,7%, 9,2%, 14,1%.
Conclusioni e discussione Circa la met dei nostri pazienti non
mai stata sottoposta a esami irradianti. La dose efficace cumulativa
dei pazienti che hanno ricevuto radiazioni ionizzanti risultata
inferiore rispetto a studi analoghi pubblicati in letteratura, mentre
sono sovrapponibili la distribuzione della dose per diagnosi (CD o
RCU) e il peso di ciascuna tecnica radiologica. Questo probabil-
mente attribuibile alla specificit del nostro Centro e in particolare
ai fattori che portano a privilegiare indagini non irradianti (la radio-
logia pediatrica, la sedazione procedurale per le endoscopie, la
videocapsula senza studio fluoroscopico). Lo studio dimostra che la
popolazione di bambini affetti da MICI diagnosticata nel nostro
Centro stata esposta a una dose di radiazioni moderata, secondo i
range di riferimento in letteratura. Si tratta di una irradiazione
importante, vista lelevata probabilit di successiva irradiazione
diagnostica durante let adulta. Il maggiore utilizzo della RMN in
luogo della TAC nel prossimo futuro potr ridurre ulteriormente
Sessione Comunicazioni orali
al XXV Congresso Nazionale
dellAssociazione Culturale Pediatri
lirradiazione dei pazienti con MICI seguiti presso il nostro Centro.
La dose di radiazioni gi ricevuta dal paziente in et pediatrica
dovrebbe essere inclusa come informazione rilevante nel processo
di transizione dal pediatra al gastroenterologo delladulto.
Cosa complica una diagnosi
Elena Malpezzi, Valentina Decimi
Scuola di Specializzazione in Pediatria, AO San Gerardo,
Universit di Milano-Bicocca, Monza
Per corrispondenza: e-mail: elenamalpezzi@hotmail.it
Caso clinico Descriviamo il caso di Marco, giunto alla nostra
osservazione a 8 mesi con una storia di rettorragia cominciata nel
periodo perinatale, quando veniva riscontrata una ragade perianale,
a cui si attribuiva lorigine del sanguinamento. A 6 mesi la ricom-
parsa del sintomo portava il bambino a due ricoveri, durante i quali
veniva riscontrata unanemia microcitica. Nel sospetto di allergia
alle proteine del latte vaccino, veniva pertanto posta indicazione a
dieta con latte idrolisato, con scarsa compliance familiare, che ne
rendeva difficile la valutazione dellefficacia. Visti prick test nega-
tivi e una sintomatologia sfumata e in regressione, dopo poche set-
timane veniva liberalizzata la dieta. Il nostro paziente manifestava
inoltre alterazioni rapide dello stato neurologico associate a iperto-
no e tachipnea, senza perdita di coscienza, quasi sempre in conco-
mitanza di rialzi della curva termica: tali episodi venivano interpre-
tati come crisi convulsive febbrili e trattati con diazepam endoret-
tale. Marco viene ricoverato da noi dopo uno di questi episodi, tra-
sferitoci dalla Terapia Intensiva (TI), dove era stato ricoverato per
episodio settico. Giunto alla nostra osservazione, notiamo un bam-
bino in buone condizioni generali e con indici di flogosi in rapido
calo; soprattutto conosciamo la mamma, da cui risulta difficile rico-
struire lanamnesi, in quanto ci presenta dei racconti caotici nella
cronologia, incoerenti e dai quali sembra emergere che gli episodi
di convulsioni siano in realt brividi in corso di rialzo termico e che
la rettorragia sia attribuibile a una ragade (tuttora presente), segui-
ta da episodi di febbre e gastroenterite (coprocoltura positiva per
ADV). Dopo due settimane di degenza dimettiamo il piccolo, sere-
ni del fatto che lematochezia appare risolta e che sia stato un caso
ingigantito da una famiglia inattendibile. Ma dopo tre giorni Marco
torna: ha ripreso a presentare rettorragia. Nelle settimane seguenti
il percorso diagnostico ricomincia: gli indici di flogosi fanno pro-
pendere per uno stato infiammatorio (PCR modesta, VES aumenta-
ta), la curva termica presenta picchi di febbre elevata, indipendenti
dalle terapie antibiotiche, la rettorragia quasi costante. Una ileo-
colonscopia (MICI? Polipi intestinali? Diverticoli?) mostra unan-
sa ileale con mucosa iperemica, edematosa, microerosa, con un
quadro istologico indicativo per lieve colite cronica aspecifica:
anche la dieta priva di proteine del latte vaccino, iniziata ex adiu-
vantibus, non porta ad alcun beneficio clinico. Dallet di 9 mesi
per, iniziano a delinearsi pi chiaramente episodi postprandiali di
verosimile dolore addominale, caratterizzati da sudorazione pro-
fusa e pianto: dopo aver eseguito un Rx del transito intestinale
(esclusi ostruzioni, volvolo, malrotazione), una scintigrafia intesti-
Pubblichiamo quattro abstract di ricerche e casi clinici selezionati per la presentazione orale al XXV Congresso Nazionale dellACP.
112
research letters Quaderni acp 2014; 21(3)
nale (negativa per diverticolo di Meckel), ecografie seriate, in corso
degli episodi dolorosi, documentano un ispessimento di 3 mm del-
lultima ansa ileale con invaginazione del tratto a monte. Il succes-
sivo intervento in laparotomia evidenzia la presenza di un tratto di
ileo-cieco edematoso e tumefatto, facilmente sanguinante, che
viene asportato: unangiomatosi diffusa allistologia.
Conclusioni Gli angiomi intra-addominali sono neoplasie benigne
rare, che interessano prevalentemente bambini sotto i 2 anni. La dia-
gnosi spesso difficile: ecografia, TC e RMN, utili per la diagnosi di
angiomi di altre sedi, hanno bassa sensibilit. Il sanguinamento intesti-
nale talora lunico sintomo-guida che conduce alla loro diagnosi.
Meningite polimicrobica in bambina
con cisti dermoide intrarachidea infetta
Federica Zucchetti*, V. Tono*, Francesco Canonico**,
Carlo Giussani***, Elena Sala*, Maria Luisa Melzi*
*Clinica Pediatrica, Fondazione MBBM, AO San Gerardo, Monza
**Unit di Neuroradiologia, AO San Gerardo, Monza
***UO di Neurochirurgia, AO San Gerardo, Monza
Per corrispondenza: e-mail: federica.zucchetti@gmail.com
Caso clinico Presentiamo il caso di una bambina di 3 anni, ricove-
rata per sospetta spondilodiscite; la paziente presentava, al momen-
to del ricovero, febbre da dieci giorni e dolore lombare. Da segnala-
re allesame obiettivo angioma mediano lombosacrale con fossetta
lombare, indagato allet di 6 mesi con risonanza con riscontro di
fossetta a fondo cieco, non in comunicazione con il sacco durale.
Allingresso in reparto viene posta in terapia con cefazolina e ven-
gono eseguiti radiografia del rachide dorso-lombare e del torace,
ecografia addome, ecocardiogramma e indici di flogosi: nella
norma. Per il persistere della sintomatologia e il peggioramento
delle condizioni cliniche, viene eseguita rachicentesi in terza gior-
nata di ricovero con evidenza di pleiocitosi neutrofila, ipoglicorra-
chia e iperproteinorrachia. stata quindi sospesa cefazolina sono
stati iniziati ceftriaxone e desametasone. Durante la terapia steroi-
dea apiressia, rachialgia e rigor persistenti. Per il riscontro di positi-
vit liquorale per Enterococcus faecalis e per la ripresa della febbre
viene aggiunta alla terapia vancomicina, poi sostituita da ampicilli-
na e amikacina, sospendendo ceftriaxone, senza beneficio. Alla
rachicentesi ripetuta in quarta giornata il liquor in peggioramento,
positivo per Proteus mirabilis ed enterovirus: viene quindi modifi-
cata la terapia associando linezolid ad ampicillina e gentamicina,
sospendendo amikacina. Per il quadro inedito e la presenza di fos-
setta sacrale stata effettuata una risonanza del rachide nel sospetto
di focolaio occulto; le immagini, confrontate con la RMN effettuata
a 6 mesi di vita, hanno permesso di evidenziare una raccolta asces-
suale intrarachidea a partenza dalla fossetta lombare, con indicazio-
ne a eseguire evacuazione chirurgica della stessa. In sede di inter-
vento riscontro di tratto di seno dermico a partenza dalla fossetta
lombare esteso fino a livello durale. Allincisione della dura, fuo-
riuscita di liquor purulento e riscontro di voluminosa cisti dermoide
a prosecuzione dal seno dermico. Il decorso post-operatorio stato
regolare con sfebbramento, normalizzazione della clinica e degli
esami ematici. Dopo lintervento sospesa terapia con ampicillina e
gentamicina, sostituita con meropenem, associato a linezolid per tre
settimane. stato inoltre proseguito desametasone a basso dosaggio
per dieci giorni a scopo antiedemigeno. Nel post-ricovero la bambi-
na ha eseguito visita fisiatrica, audiometria e test di sviluppo intel-
lettivo per il follow-up di eventuali sequele. Attualmente la bambi-
na in buone condizioni di salute e non presenta esiti di malattia.
Conclusioni In presenza di anomalie cutanee suggestive di malfor-
mazione spinale occulta opportuno effettuare accertamenti stru-
mentali e valutazione neurochirurgica alla nascita in prima battuta
con ecografia, e in caso di dubbi con RMN. Le immagini alla nasci-
ta possono costituire utile termine di paragone in caso di patologia
successiva o sovrainfezione. In caso di meningite atipica o ricor-
rente in un soggetto con fossetta spinale, la presenza di tramite
fistoloso va sempre sospettata e riconsiderata come causale, anche
in presenza di pregresso imaging negativo, soprattutto se effettuato
in epoca precoce. Lintervento chirurgico solitamente preferibile
in elezione dopo risoluzione dellacuzie infettiva, a meno di una
mancata risposta alla terapia medica che mette a rischio il paziente
di mortalit e morbilit a distanza per linfezione protratta.
La sete passa, ma
Naire Sansotta, Orsiol Pepaj, Franco Antoniazzi
Unit Operativa di Pediatria, Universit degli Studi di Verona
Per corrispondenza: e-mail: pepaj.orsiol@gmail.com
Caso clinico Francesca una ragazzina di 11 anni e 8 mesi che
giunge presso il nostro ambulatorio di Endocrinologia pediatrica
per arresto di crescita (< 3 percentile), calo ponderale di 5 kg negli
ultimi cinque mesi, in recente quadro diagnosticato come potoma-
nia. Anamnesi patologica remota poco significativa: lieve prematu-
rit (32 settimane) senza esiti, due-tre episodi di infezioni delle vie
urinarie nei primi anni di vita, non associati a malformazioni. Un
anno prima, comparsa di polidipsia (assume circa 4 litri al giorno)
e poliuria (riferite 8-9 minzioni). Per tale motivo, stata ricoverata
presso altra sede dove era sottoposta a esami ematochimici (osmo-
larit plasmatica 290 mOsm/kg, osmolarit urinaria 347 mOsm/kg)
e test dellassetamento che ha documentato un incremento della
concentrazione urinaria con parametri laboratoristici di osmolarit
sierica e ioni sempre entro i range di normalit. I valori di ormone
antidiuretico (ADH) risultavano indosabili, ma venivano interpre-
tati come secondari a eccesso di introito di liquidi. Viene posta dia-
gnosi di potomania e consigliata restrizione idrica (1,5 l/die).
Francesca ci racconta che ora pratica la restrizione idrica senza par-
ticolare sofferenza, ma perde peso, anche se il suo appetito le sem-
bra normale e lamenta cefalea frontale a frequenza plurisettimana-
le. Alla nostra visita si presenta in buone condizioni generali, a
eccezione di un aspetto pallido, occhi alonati e unalopecia areata
gi in terapia topica. Si pensa: patologia ipofisaria (deficit di ormo-
ne della crescita = GH, diabete insipido parziale) o potomania con
disturbo dellalimentazione? Agli accertamenti emato-chimici: pro-
filo biochimico nella norma a eccezione di lieve ipovitaminosi D,
assetto tiroideo, assetto ormonale (ACTH, cortisolo, FSH, LH,
HPRL) e ioni nella norma (Na 141 mEq/l). Al carico di arginina si
evidenzia deficit di GH (picco 3,8 mg/l). Esame urine: ps 1004, pH
5,5, resto nella norma; volume urinario: 2500 ml/24 ore (80
ml/kg/24 ore); osmolarit plasmatica: 288 mOsm/kg/H2O; osmola-
rit urinaria: 161 mOsm/kg/H2O e ADH: in corso. Sottoponiamo
pertanto Francesca a RMN encefalo e ipofisi che mostra una
neoformazione della cavit sellare di 26 x 22 mm con coinvolgi-
mento del seno cavernoso, chiasma ottico e recesso sovra-ottico del
terzo ventricolo. Alla scansione TAC encefalo non si evidenziano
calcificazioni: pertanto i radiologi concludono per verosimile ma -
croadenoma ipofisario. Sottoposta a intervento chirurgico di rese-
zione transfenoidale per via endoscopica nasale, Francesca inizia
terapia sostitutiva (idrocortisone, levotiroxina e desmopressina).
Ma la sua storia non finisce qui! Allesame istologico si evidenzia
germinoma cerebrale e intanto arrivano i risultati dellADH: con-
centrazione indosabile. Dovr essere sottoposta a chemioterapia.
Ma quel test di assetamento era veramente negativo o si trattava gi
di diabete insipido parziale? Attenzione perch, se dopo depriva-
zione di fluidi, losmolarit urinaria < 300 mOsm/kg pu essere
posta diagnosi di diabete insipido, se invece questa compresa tra
300 e 750 mOsm/kg pu essere potomania, ma anche diabete insi-
pido parziale! u
113
Quaderni acp 2014; 21(3): 113-117
La procreazione medicalmente assistita
(PMA) un atto medico, nel quale ven-
gono impiegate tecnologie, procedure,
conoscenze e professionalit. Come per
ogni atto medico necessario conoscer-
ne vantaggi e rischi.
In questo articolo ci occuperemo dei
rischi, cio dei possibili esiti sfavorevoli
associati alla PMA in generale e, in par-
ticolare, alle tecniche di riproduzione
assistita (Artificial Repro duc tive Techni -
ques, ART), che comprendono essenzial-
mente la fecondazione in vitro (IVF) e la
iniezione intracitoplasmatica di sperma-
tozoo (ICSI).
I rischi della procreazione assistita,
soprattutto per i feti e i bambini, sono
stati oggetto di attenzione crescente da
quando, nel 1978, nacque nel Regno
Unito la prima neonata concepita con
IVF. Linteresse motivato: a) dal fatto
che con le ART i gameti sono manipola-
ti al di fuori dellapparato riproduttivo
materno; b) dalla diffusione di sempre
nuove tecniche di prelievo e di conserva-
zione degli stessi gameti, di modalit di
fecondazione, conservazione e trasferi-
mento degli embrioni.
In questo articolo viene illustrato lo stato
attuale delle conoscenze su tali aspetti,
ricorrendo ai risultati delle revisioni
sistematiche e dei grandi studi di coorte
pi recenti pubblicati nella letteratura in
lingua inglese. In via preliminare vengo-
no fatte alcune brevi considerazioni
metodologiche, allo scopo di rendere pi
chiari i termini del problema e di facilita-
re linterpretazione dei risultati delle
ricerche.
Considerazioni metodologiche
Quando studi diversi confermano la pre-
senza di unassociazione tra un fattore di
rischio e un esito, occorre sempre esclu-
dere la possibilit che si tratti di unasso-
ciazione spuria derivante da confondi-
mento o bias. Nel nostro caso let della
coppia, il suo stato socio-economico, la
durata del periodo di infertilit e i motivi
dellinfertilit (confondimento da indica-
zione) sono variabili confondenti; fon-
damentale pertanto includerle nel piano
di rilevazione per poterle poi prendere in
considerazione nellanalisi dei dati. I
bias provocano distorsioni nella stima
della direzione e della forza delle asso-
ciazioni, cio dei Rischi Relativi (RR) e
degli Odds Ratios (OR). Alcuni esempi
sono i bias da ricordo (recall bias) e
soprattutto, per quel che riguarda la
PMA, i bias da accesso ai servizi sanita-
ri e quelli da sorveglianza o da attenzio-
ne medica. Poich le persone che si rivol-
gono alla fecondazione assistita tendono
a utilizzare i servizi sanitari di pi e
meglio del resto della popolazione, que-
sto pu influire positivamente sugli esiti
perinatali, riducendo la differenza di
rischio tra i due gruppi. Al contrario, la
sorveglianza e laccertamento degli esiti
possono essere migliori in caso di PMA,
con aumento della frequenza dei proble-
mi diagnosticati e, di conseguenza, del
differenziale di rischio rispetto a chi ha
avuto una gravidanza naturale. Se i vari
bias non vengono previsti in fase di pro-
gettazione dello studio e non se ne tiene
conto nella raccolta dati, i risultati delle
ricerche possono essere pi o meno
viziati, e sar impossibile conoscere len-
tit della distorsione ed effettuare corre-
zioni in fase di analisi.
necessario, inoltre, chiedersi che cosa
della PMA contribuisce allaumento di
rischio: i farmaci impiegati, le procedure
di laboratorio, la manipolazione degli
embrioni, la fisiologia materna, le caratte-
ristiche materne e paterne? Alcune di que-
ste variabili sono veri e propri confonden-
ti, altre sono variabili intermedie nella
catena causale che va dal motivo che indu-
ce a richiedere la fecondazione assistita
(infertilit o altro) agli esiti in gravidanza
e per i bambini. Non tenerne conto non
daiuto per la ricerca che mira ad aumen-
tare le possibilit di successo della PMA
riducendo i rischi, anche attraverso modi-
fiche delle tecniche impiegate [1]. Quando
non esistono sistemi di sorveglianza e fol-
low-up specificamente disegnati per stu-
diare in modo approfondito questi aspetti,
spesso vengono utilizzati registri e basi di
dati creati per altri scopi [2]. In Italia, il
Registro Nazionale della Procreazione
Medicalmente Assistita raccoglie i dati dei
Centri di PMA in forma aggregata, con
lobiettivo di valutare le percentuali di
successo, e solo poche informazioni sulle
caratteristiche dei neonati al momento del
parto, in particolare sulla prematurit [3].
In mancanza di record-linkage individuali
tra i dati del registro e quelli di morbosit,
mortalit e follow-up, nessuna indagine
approfondita , pertanto, possibile.
Gli studi della letteratura sono prevalen-
temente retrospettivi, spesso usano diffe-
renti definizioni per lesposizione e per
gli esiti, possono avere popolazioni di
Coppie infertili, procreazione medicalmente
assistita e salute infantile
Pierpaolo Mastroiacovo, Carlo Corchia
ICBD, Alessandra Lisi International Centre on Birth Defects and Prematurity, Roma
Per corrispondenza:
Pierpaolo Mastroiacovo
e-mail: icbd@icbd.org
La procreazione medicalmente assistita (PMA) un atto medico ed quindi necessario conoscerne i vantaggi e soprattutto i rischi,
secondo il dettato primum non nocere. Il contributo pubblicato in questo numero di Quaderni , per lappunto, focalizzato sui
rischi della PMA per la salute infantile e integra da una prospettiva diversa i precedenti due interventi, che si muovevano nella
sfera del sentire comune e del diritto. Gli Autori sono Pierpaolo Mastroiacovo e il sottoscritto. Nel frattempo, l8 aprile scorso c
stato un altro pronunciamento della Corte Costituzionale, che ha dichiarato lincostituzionalit della legge 40 per la parte che
riguarda la fecondazione eterologa. Questo il comunicato stampa della Corte: La Corte Costituzionale, nellodierna Camera di
Consiglio, ha dichiarato lillegittimit costituzionale degli articoli 4, comma 3, 9, commi 1 e 3 e 12, comma 1, della Legge 19 feb-
braio 2004, n. 40, relativi al divieto di fecondazione eterologa medicalmente assistita. Il Forum sulla PMA sta per terminare. I
vostri commenti possono essere inviati collegandosi al sito di Quaderni (www.quaderniacp.it) e cliccando su invia un articolo o
scrivi alla redazione, oppure direttamente al mio indirizzo di posta elettronica (corchiacarlo@virgilio.it).
Carlo Corchia
forum
114
TABELLA 2: INCREMENTO DI RISCHIO DI DIFETTI CONGENITI ASSOCIATI A TECNICHE DI
FECONDAZIONE ASSISTITA (ART)
Autori Esiti Incremento %
di rischio
Wen J, et al. 2012 [14] Tutti i difetti + 037
Sistema nervoso + 101
Sistema genitourinario + 069
Apparato digerente + 066
Sistema circolatorio + 064
Sistema muscoloscheletrico + 048
Occhio, orecchio, faccia e collo + 043
Reefhuis J, et al. 2009 [15] Difetti cardiaci settali + 110
(gravidanze singole) Labioschisi + 140
Atresia esofagea + 350
Atresia ano-rettale + 270
Halliday JL, et al. 2010 [16] Difetti della blastogenesi, IVF/ICSI + 180
(gravidanze singole) IVF + 224
ICSI + 133
Tecniche a fresco + 265
Congelamento + 060*
* Non statisticamente significativo
controllo inappropriate, frequentemente
sono di dimensioni ridotte e solo recente-
mente hanno iniziato a presentare dati di
follow-up a distanza [4]. Tutto ci non
agevola lanalisi e linterpretazione dei
loro risultati.
Gravidanze plurime
Le gravidanze plurime rappresentano la
complicanza pi frequente della PMA;
la loro quota in relazione col numero di
embrioni trasferiti. In Italia i parti pluri-
mi dopo PMA costituiscono circa il 18%
del totale
*
. La maggior parte dei nati plu-
rimi dopo fecondazione assistita dizi-
gote e origina dal trasferimento multiplo
di embrioni. Vi comunque anche una
quota di monozigoti, compresa tra l1% e
il 5% dei casi di ART; tale frequenza
pi elevata di quanto si riscontra nella
popolazione generale (0,4%) e appare
essere in relazione con alcune particolari
tecniche di coltura in vitro e di trasferi-
mento di blastocisti [2].
Il problema dei parti plurimi sostan-
zialmente quello della prematurit e dei
rischi a essa associati [5]. In Europa il
tasso di prematurit nei nati da gravidan-
za plurima varia dal 42% al 78%, e la
proporzione di tutti i nati pretermine
attribuibile alla pluralit compresa tra il
17% e il 27% [6]. In Italia la quota di
pretermine fra i gemelli e i nati da gravi-
danze plurime dopo ART rispettiva-
mente del 46% e dell84%, mentre, come
noto, la frequenza di prematurit nella
popolazione generale intorno al 7% [3].
La gravidanza gemellare dopo IVF o
IVF/ICSI comporta, rispetto alla gravi-
danza gemellare naturale, un aumento
del 23% del rischio di prematurit; lin-
cremento di rischio ancora pi elevato
(+63%) per la nascita a et gestazionali
(EG) <32-33 sett. [7]. Per quanto a parit
di EG i nati pretermine da gravidanza
plurima dopo PMA non siano maggior-
mente affetti da problemi neonatali di
quelli concepiti naturalmente, i nati pre-
termine sono comunque ad alto rischio di
esiti sfavorevoli [8]. Lazione pi effica-
ce per ridurre la probabilit di questi esiti
prevenire la nascita pretermine e quin-
di, nel caso della PMA, evitare che una
gravidanza gemellare o plurima abbia
inizio, in particolare mediante norme e
procedure che consentano il trasferimen-
to in utero di non pi di uno-due embrio-
ni per volta [2].
forum Quaderni acp 2014; 21(3)
CHE NE PENSI?
In questo articolo abbiamo scelto di presentare i valori di incremento o diminuzione
di rischio come percentuale e senza intervallo di confidenza al 95%, essendo tutti sta-
tisticamente significativi, cio con intervallo di confidenza che non include lunit. Per
esempio abbiamo espresso un OR o RR di 1,47 (IC 95%: 1,23-1,61) come incre-
mento del rischio del 47% oppure (+47%). Questa scelta tende a una maggiore
immediatezza e semplicit del messaggio. Non ne siamo convinti del tutto. Voi che ne
pensate? Scrivete al Direttore della Rivista o al curatore della rubrica.
TABELLA 1: INCREMENTO DI RISCHIO DI ESITI OSTETRICI E PERINATALI ASSOCIATI A
FECONDAZIONE ASSISTITA IN GRAVIDANZE SINGOLE
Autori Esiti Incremento %
di rischio
Pandey S, et al. 2012 [9] Emorragia ante-partum + 149
Ipertensione in gravidanza + 049
Diabete gestazionale + 048
Limitazione di crescita in utero + 039
PROM + 016
Parto pretermine + 054
Anomalie congenite + 067
Travaglio indotto + 018
Taglio cesareo + 056
Mortalit perinatale + 086
McDonald S, et al. 2009 [10] Nascita a 32-36 sett. EG + 052
Nascita < 32-33 sett. EG + 127
Schieve LA, et al. 2007 [11] Incompetenza cervicale + 500
Placenta previa + 280
Distacco di placenta + 280
Henriksson P, et al. 2013 [12] Tromboembolia venosa + 077
Embolia polmonare (1 trimestre) + 597
115
Gravidanze singole
ed esiti ostetrici e perinatali
Un aumento di rischio di esiti ostetrici e
perinatali associati a PMA stato riscon-
trato soprattutto nelle gravidanze singole
(tabella 1).
In una metanalisi di 30 studi di coorte, la
fecondazione con IVF/ICSI risultata
associata a incrementi di rischio da un
minimo del 16% per la rottura prematura
delle membrane (PROM) a un massimo
del 149% per lemorragia ante-partum.
Laumento di probabilit di nascita pre-
termine risultato del 50% circa [9].
Stime simili, tratte da altre tre revisioni
sistematiche, erano state presentate in
uno studio precedente [5].
In unaltra revisione sistematica, che ha
preso in esame leffetto dellIVF sulla
prematurit nelle gravidanze singole,
lincremento di rischio risultato tanto
pi alto quanto pi bassa era lEG [10].
In uno studio di popolazione su gravi-
danze singole nel Massachusetts, un
aumento di rischio stato osservato
anche per incompetenza cervicale, pla-
centa previa e distacco di placenta [11].
In uno studio svedese in cui le donne
erano state accoppiate per et e anno di
osservazione stato riscontrato un
aumento di rischio per problemi trom-
boembolici venosi associato a IVF
durante tutto larco della gravidanza ma
soprattutto nel primo trimestre. Nello
stesso studio risultato notevolmente
aumentato anche il rischio di un esito
raro come lembolia polmonare, ma solo
nel primo trimestre di gravidanza [12].
Le cause dellaumento di frequenza di
esiti ostetrici e perinatali in caso di IVF
nelle gravidanze singole non sono ancora
chiare. In uno studio che ha utilizzato i
dati di un registro nazionale di IVF, la pri-
miparit, il fumo, il BMI elevato e la pre-
senza di un gemello evanescente erano
associati a rischio aumentato di nascita
prima di 32 sett.; let materna, la primi-
parit, il fumo, il BMI elevato e gli anni di
infertilit erano associati a limitazione di
crescita in utero; il rischio di placenta pre-
via era aumentato in presenza di et
materna avanzata e di trasferimento di
blastocisti, e diminuito in caso di primi-
parit; il distacco di placenta, infine, era
associato al fumo in gravidanza [13].
Difetti congeniti
Un rischio aumentato di avere bambini
con difetti congeniti dopo IVF o ICSI
stato confermato in una metanalisi di 46
studi, con un incremento medio del 37%
[14]. La relazione era presente per tutte
le categorie di difetti, con aumento mas-
simo del 101% per i difetti del sistema
nervoso e minimo del 43% per quelli di
occhio, orecchie, faccia e collo. Nello
stesso studio nessuna differenza emer-
sa tra IVF e ICSI (tabella 2).
Il rischio sembra aumentare in particolare
per alcuni difetti. Da una analisi dei dati
delle gravidanze singole del Na tio nal
Birth Defects Prevention Study statuni-
tense stata osservata unassociazione tra
ART e i difetti cardiaci settali, la la -
bioschisi con o senza palatoschisi, latre-
sia esofagea e latresia ano-rettale [15].
Dai dati di un registro australiano di
popolazione limpiego di ART (IVF e
ICSI) risultato soprattutto associato a un
aumento di rischio dei cosiddetti difetti
della blastogenesi [16]. Si tratta di difetti
gravi che originano nelle prime 4 settima-
ne dal concepimento e che comprendono,
tra quelli pi noti, i difetti della parete
addominale, i difetti di segmentazione
vertebrale, la fistola tracheo-esofagea, i
difetti del diaframma, i difetti del tubo
neurale, latresia ano-rettale, lagenesia
renale, la sindrome di regressione caudale
e il teratoma sacro-coccigeo. Nelle gravi-
danze singole lincremento di rischio
risultato di +180% per tutte le ART insie-
me, di +224% per lIVF e di +133% per
lICSI. Sempre nello stesso studio e sem-
pre per i difetti della blastogenesi lau-
mento di rischio era collegato soprattutto
allimpiego di tecniche a fresco (+265%),
mentre era inferiore e statisticamente non
significativo in caso di trasferimento di
embrioni congelati (+60%).
Da segnalare, infine, laumento di ri -
schio, a seguito di ART, di fenotipi da
imprinting, come le sindromi di Silver-
Russell, di Beckwitt-Wiedemann e di
Angelman, anche se la frequenza com-
plessiva di questi difetti, a seguito di
ART, rimane comunque bassa, inferiore
a 1:5000 [17]. I motivi che provocano
lincremento di rischio non sono ancora
chiari, ma probabile che possano esse-
re collegati a modifiche epigenetiche
durante le primissime fasi di sviluppo
dellembrione, momento in cui lepige-
noma altamente vulnerabile [18].
Tecniche di riproduzione assistita
o infertilit?
La domanda pi rilevante se laumento
dei rischi ostetrici, perinatali e per difetti
congeniti, sia dovuto alle tecniche di
riproduzione assistita o a fattori parenta-
li collegati allinfertilit. Usualmente si
parla di infertilit in assenza di concepi-
mento dopo un anno o pi di rapporti
sessuali non protetti, ma le definizioni
sono eterogenee, anche per gli studi
inclusi nelle metanalisi.
In uno studio di coorte in Sud Australia
laumento di rischio di difetti congeniti
in gravidanze singole derivanti da PMA
a confronto con gravidanze naturali in
donne senza storia di infertilit risulta-
to pari al 28%; un aumento di rischio
stato rilevato per lICSI in caso di uso di
tecniche a fresco, non per limpiego di
embrioni congelati, mentre per lIVF non
stata rilevata alcuna differenza [19].
Unassociazione con un rischio aumenta-
to di difetti congeniti stata anche osser-
vata per tutti gli altri metodi di feconda-
zione assistita, in particolare per luso
isolato del clomifene (+219%). Nel caso
di gravidanze spontanee in donne che
avevano avuto un precedente figlio con
concepimento assistito e in donne con
documentata storia di infertilit ma che
non avevano fatto ricorso a PMA il
rischio era aumentato rispettivamente del
26% e del 37%. Questi risultati confer-
mano quelli di un precedente studio
danese e dimostrano che i fattori collega-
ti allinfertilit hanno un ruolo indipen-
dente, rispetto alle tecniche di PMA, nel-
laumento di rischio di difetti congeniti,
anche se, come sottolineano gli stessi
Autori, non si pu escludere la presenza
di confondimento residuo per variabili
non rilevate dai registri, come per esem-
pio luso di clomifene [20].
Il congelamento potrebbe svolgere il suo
effetto protettivo sullo sviluppo di
difetti congeniti attraverso la selezione
degli embrioni migliori e pi vitali;
alternativamente o in aggiunta, le tecni-
che a fresco potrebbero compromettere
la recettivit endometriale, e quindi
lambiente endouterino, in conseguenza
dellesposizione alle alte dosi di ormoni
utilizzate prima del prelievo degli ovoci-
ti, i quali, una volta fecondati, vengono
immediatamente trasferiti in utero [16].
Il trasferimento di embrioni conservati
con tecniche di congelamento, piuttosto
che limpiego di tecniche a fresco, com-
porterebbe anche un rischio inferiore di
altri esiti perinatali, quali prematurit e
crescita fetale limitata, come sembrano
indicare i risultati di uno studio di popo-
forum Quaderni acp 2014; 21(3)
116
lazione retrospettivo effettuato in Da ni -
marca, Norvegia e Svezia [21]. Lasso -
cia zione tra ART e prematurit, basso
peso, limitazione di crescita in utero e
mortalit perinatale stata riscontrata
anche in uno studio di coorte norvegese
in gravidanze singole indipendentemente
dallimpiego di tecniche a fresco [22]. In
una metanalisi di 14 studi, inoltre, il ri -
schio combinato e aggiustato di parto
pretermine in caso di lungo intervallo
temporale, non meglio definito dagli
Autori, prima dellinizio naturale di una
gravidanza desiderata risultato aumen-
tato del 38%. [23]. Gli Autori concludo-
no che i rischi delle tecniche di PMA non
potranno essere adeguatamente valutati
fino a quando non saranno chiariti gli
effetti dellinfertilit e di tutti i fattori a
essa connessi.
In unaltra metanalisi di 65 studi in gravi-
danze singole, se il periodo di infertilit
era stato >1 anno, il rischio di parto pre-
termine associato a IVF/ICSI a confronto
di gravidanze iniziate spontaneamente
risultato aumentato del 55%; se il periodo
di infertilit era stato <1 anno, lincre-
mento (+45%) di prematurit era presente
quando il concepimento era avvenuto
dopo luso di induttori dellovulazione
e/o inseminazione intrauterina [24]. Il
rischio risultato aumentato (+27%) in
caso di impiego di IVF/ICSI in madri che
avevano avuto anche unaltra gravidanza
insorta spontaneamente. Una riduzione
del rischio si osservata per lICSI a con-
fronto con lIVF (-20%) e quando erano
stati impiegati embrioni congelati invece
che ottenuti con tecniche a fresco (-15%).
Pertanto, nonostante linfertilit sia un
fattore di rischio indipendente di na scita
pretermine, lincremento di rischio deri-
vante dalluso della PMA sembra essere
reale ed probabilmente in relazione
anche con le tecniche impiegate, in parti-
colare con luso di induttori dellovula-
zione e di tecniche a fresco con lunghi
periodi di coltura.
Effetti a distanza
I risultati delle indagini sugli esiti a
distanza nei nati da PMA vanno analiz-
zati e interpretati con cautela. Alcuni pic-
coli studi di follow-up suggeriscono un
possibile aumento della frequenza di
ipertensione, iperglicemia a digiuno,
aumento del grasso corporeo, et ossea
avanzata e disordini subclinici della
tiroide nei bambini e adolescenti nati con
IVF [25]. probabile comunque che la
relazione non sia di tipo causale ma
dovuta allassociazione con altre variabi-
li confondenti legate alla PMA, come
quelle cui abbiamo gi accennato nelle
considerazioni metodologiche.
Da oltre un decennio diversi studi hanno
riscontrato un aumento di rischio di para-
lisi cerebrale (PC) nei nati da feconda-
zione assistita. In uno dei pi recenti,
effettuato in Australia e nel quale sono
stati esclusi i casi di malattia originatisi
in periodo post-natale, stato riscontrato
un aumento di PC nei nati da gravidanza
singola pari al 120% [19]. stato ipotiz-
zato che tale incremento possa essere
dovuto alla pi alta frequenza di prema-
turit, di gravidanze plurime e di casi di
gemelli evanescenti nei nati con fecon-
dazione assistita, oltre che a fattori lega-
ti allinfertilit. In effetti, nellindagine
australiana appena citata, il risultato non
era stato aggiustato per EG. In uno studio
danese che ha utilizzato i dati di una
coorte nazionale di nati e quelli del regi-
stro nazionale delle PC, nessun incre-
mento di rischio di PC stato riscontrato
in relazione alla durata del periodo pre-
cedente linizio naturale della gravidan-
za; in caso di IVF/ICSI, invece, lincre-
mento di rischio, aggiustato per EG e
gemellarit, risultato pari al 130% [26].
Non possibile pertanto escludere che le
ART comportino, indipendentemente da
altri fattori, un aumento della probabilit
di sviluppare PC nei bambini concepiti
per mezzo di queste tecniche.
Una revisione sistematica di 80 studi ha
preso in esame gli esiti cognitivi e com-
portamentali, lo sviluppo emotivo e psi-
comotorio e la presenza di malattie men-
tali [27]. Al momento e nonostante i
limiti di molti studi inclusi nella revisio-
ne, si pu ritenere che lo sviluppo neu-
roevolutivo dopo concepimento con
ART sia nel complesso sovrapponibile a
quello che si osserva in caso di concepi-
mento naturale. In un altro studio, gli
stessi Autori di questa revisione, utiliz-
zando i dati del registro danese e tenendo
in considerazione anche variabili in rela-
zione con le condizioni sociali, non
hanno riscontrato alcuna relazione tra
problemi mentali e IVF o ICSI; hanno
invece osservato un aumento di rischio
associato alluso di induttori dellovula-
zione, con o senza successiva insemina-
zione, per quel che riguarda problemi
mentali nel complesso (+20%), disordini
dello spettro autistico (+20%), disturbi
ipercinetici (+23%), disturbi della con-
dotta, emotivi e sociali (+21%) e presen-
za di tic (+51%) [28]. Secondo osserva-
zioni per ora limitate, e che pertanto ri -
chie dono conferme da studi metodologi-
camente ben condotti, stato anche
riscontrato un aumento della frequenza di
depressione e di tendenza ad abuso di
alcol in giovani adulti nati dopo IVF [29].
In base ai risultati di una metanalisi di 25
studi, i bambini nati dopo trattamenti per
linfertilit hanno un rischio aumentato di
cancro in generale (+33%), di tumori
linfoemopoietici (+59%), di tumori del
sistema nervoso (+88%) e di altri tumori
solidi (+119%). Per quel che riguarda par-
ticolari tipi di tumori, il rischio pi ele-
vato per leucemie (+65%), neuroblastoma
(+304%) e retinoblastoma (+62%) [30].
Anche in questo caso, tuttavia, le conclu-
sioni degli Autori sono che i risultati non
escludono la possibilit che allaumento
di rischio contribuiscano, in parte o total-
mente, fattori legati allinfertilit. Dalla -
nalisi dei dati del registro svedese delle
nascite stata riscontrata unassociazione
persino tra asma in et pediatrica e IVF;
tale associazione, tuttavia, scompare se
nellanalisi si tiene conto della durata del
periodo di infertilit [31].
Infine, cosa si pu dire?
Nonostante i limiti metodologici degli
studi e pur tenendo conto dellinfertilit e
dei molti fattori ancora sconosciuti a essa
collegati, lassociazione tra la PMA e il
rischio di esiti perinatali e in et pediatri-
ca sembra essere reale. Vanno ricordati, in
particolare, alcune complicanze della gra-
vidanza, la gemellarit, la prematurit,
certi difetti congeniti, la mortalit perina-
tale. Al momento non si pu del tutto
escludere che vi sia un aumento di rischio
anche per problemi e patologie dellet
pediatrica, fra cui problemi neurologici e
neuroevolutivi e malattie tumorali.
Peraltro, parlare in generale dei rischi
della PMA poco informativo e di scar-
sa utilit. Luso di induttori dellovula-
zione da soli o associati a inseminazione
intrauterina, il trasferimento di embrioni
a fresco e le colture embrionali prolunga-
te appaiono le tecniche che pi di altre
comportano un rischio maggiore di esiti
sfavorevoli. Che cosa poi sia responsabi-
le a livello biologico e molecolare del-
lincremento di rischio ancora oggetto
di studio e di ipotesi [32]; come abbiamo
visto per alcune patologie, possibile vi
contribuiscano anche fattori epigenetici e
forum Quaderni acp 2014; 21(3)
117
legati allimprinting genomico [1].
fuor di dubbio che la pi efficace misura
preventiva per ridurre la probabilit di
esiti negativi legati alla PMA quella di
evitare, per quanto possibile, le gravi-
danze plurime [33].
In questo intervento nel Forum sulla PMA
si solo parlato di associazioni e di incre-
mento di rischio, per cercare di fornire
delucidazioni in merito alle eventuali
relazioni causali tra i metodi impiegati e
gli esiti. Altri due aspetti sono tuttavia
fondamentali. I risultati delle ricerche
devono prima di tutto essere utilizzati per
informare le persone che si rivolgono alla
fecondazione assistita. A questo scopo
necessario tener conto non solo dei rischi
relativi, ma conoscere anche la frequenza
di base dellesito in questione; solo cos,
infatti, possibile fornire una stima del-
lincremento assoluto di rischio. In secon-
do luogo, gli stessi risultati possono esse-
re utilizzati per conoscere limpatto della
PMA sulla popolazione nel suo comples-
so; per questo, tuttavia, necessario non
solo conoscere la frequenza di base degli
esiti e stimare il rischio relativo legato
allesposizione, ma anche sapere la quota,
sul totale, della popolazione esposta.
Tutto ci si pu ottenere solo disponendo
di registri con informazioni quanto pi
complete possibili sulle donne che si
rivolgono alla PMA, sulle tecniche impie-
gate e sugli esiti perinatali e a lungo ter-
mine dei bambini nati con questi metodi,
con possibilit di analizzare i dati indivi-
duali, ancorch resi anonimi, e non solo in
forma aggregata. In Italia, purtroppo, date
le regole e la legislazione vigente sulluso
dei dati sanitari, molto difficile fare
ricerca in questo campo. u
Bibliografia
La bibliografia disponibile nella versione online.
* Ministero della Salute. Relazione del Ministro
della Salute al Parlamento sullo stato di attuazione
della Legge contenente norme in materia di pro-
creazione medicalmente assistita. Roma 2013.
forum
QUALI SONO GLI ASPETTI SALIENTI DI CUI
ABBIAMO PARLATO?
La PMA, indipendentemente dai fatto-
ri legati allinfertilit di coppia, si
associa a un rischio aumentato di
alcuni esiti perinatali, in particolare
prematurit e difetti congeniti e, forse,
anche di patologie in et pediatrica. Il
fattore di rischio pi rilevante rap-
presentato dalle gravidanze gemellari
e plurime. Fra le tecniche, quelle mag-
giormente associate a esiti sembrano
essere luso di induttori dellovulazio-
ne e le tecniche a fresco. Molti sono
ancora i fattori non completamente
noti responsabili dei rischi associati
alla PMA, tra cui fenomeni epigeneti-
ci e di imprinting genomico.
Pubblichiamo i nomi e i curricula dei candidati al Consiglio direttivo ACP pervenuti in
tempo utile per le scadenze della rivista. Si ricorda ai soci che pu essere votato qualsiasi
socio ACP, anche non ufficialmente candidato, purch iscritto da almeno un anno.
LAURA DELLEDERA Laurea in Medicina e Chirurgia nel 1979, Specializzazione in
Puericultura nel 1982, perfezionata in Neonatologia nel 1985, presso lUniversit degli
Studi di Bari. Pediatra di famiglia presso la ASL BA nel Comune di Rutigliano (BA).
Animatore di formazione. Iscritta allACP dal 1996, vicepresidente dellACP Puglia e
Basilicata dal 2007 al 2009, ha collaborato alla organizzazione di numerosi corsi per
il Gruppo ed stata fino al 2010 webmaster del sito dellACP Puglia e Basilicata.
Attualmente impegnata in veste di pediatra nellambito degli incontri del Percorso
Nascita presso il Consultorio di Rutigliano. Tutor incaricato nella Scuola di Spe cia liz za -
zio ne di Pediatria dellUniversit di Bari. Interessi: sostegno e promozione del lal lat -
tamento al seno, approfondimenti in tema di maltrattamento e abuso sui minori.
DANIELE DE BRASI Nato a Napoli il 30-1-1965. Laureato in Medicina e Chirurgia
presso lUniversit di Napoli Federico II nel 1989. Dal 1989 al 1993 ha svolto il
Corso di specializzazione in Genetica medica presso lUniversit La Sapienza di
Roma e ha frequentato la Struttura di Genetica medica dellUniversit Cattolica del
Sacro Cuore di Roma. Nel 1992 ha esercitato attivit di ricerca presso il laboratorio
dellInstitute of Cancer Research - Columbia University, a New York. Successivamente
ha frequentato il Corso di formazione in Biotecnologie avanzate presso il CEINGE
(Centro di Ingegneria genetica) di Napoli fino al 1993. Ha quindi conseguito la
Specializzazione in Pediatria presso lUniversit Federico II di Napoli e successiva-
mente il Dottorato di ricerca in Scienze pediatriche XIV ciclo presso il Dipartimento di
Pediatria della stessa Universit. Attivit ospedaliera pediatrica in qualit di dirigen-
te medico a tempo indeterminato nel 2001. Attualmente svolge attivit di reparto
pres so lUnit complessa di Pediatria sistematica dellOspedale pediatrico Santo -
bono di Napoli. Svolge, inoltre, attivit di consulenza di Genetica clinica presso i
reparti dellAO Santobono-Pausilipon ed responsabile dellambulatorio e del Day
Hospital aziendale dedicato ai bambini con malattie genetiche. docente di Genetica
del Corso di Laurea in Infermieristica pediatrica dellUniversit di Napoli Federico
II. autore, in tali ambiti, di numerose pubblicazioni su riviste nazionali e interna-
zionali, e ha partecipato in qualit di relatore/moderatore a numerosi congressi e
convegni locali e nazionali. attualmente responsabile della segreteria ospedaliera
dellACP, membro del Direttivo ACP Campania e socio ACP. inoltre socio della
Societ Italiana di Pediatria (SIP), della Societ Italiana di Malattie genetiche pedia-
triche e Disabilit congenite (SIMGePeD) e della Societ italiana di Genetica Umana
(SIGU).
FRANCO MAZZINI Pediatra di libera scelta e di comunit a Cesena dal 1992. Da
subito iscritto ad ACP, presidente del gruppo ACP Romagna e coordinatore del grup-
po regionale dellEmilia-Romagna dal febbraio 2009. Diploma in Adolescentologia
clinica e preventiva conseguito presso lUniversit Ambrosiana di Milano nel 1999.
Master in Disturbi del Comportamento Alimentare (DCA) organizzato dalla Regione
Emilia-Romagna nel 2007. Dal 2000 impegnato in un ambulatorio di Medicina del-
ladolescente, inserito stabilmente tra i servizi del Consultorio giovani dellASL di
Cesena. Membro del gruppo aziendale che segue il percorso diagnostico-terapeuti-
co dei DCA, con la gestione di uno spazio settimanale dedicato. Pubblicazione di
alcuni lavori in tema di adolescenza e interventi a seminari, corsi ECM o congressi su
questa tematica. Coautore del testo Curarsi delladolescente (SEE, 2003) e collabo-
razione alla realizzazione del libro Una pediatria per la societ che cambia, curan-
done la parte dedicata alla Pediatria di Comunit (Editore Tecniche Nuove, 2007).
Referente dellUnit Pediatrica di Cure Primarie dellASL di Cesena dal 2009 e coor-
dinatore della Segreteria Adolescenti ACP dal gennaio 2013. Mi piace lavorare
assieme a colleghi e amici per sviluppare idee, iniziative e crescere nella mia profes-
sione. Ho avuto la fortuna di conoscere persone importanti che mi hanno insegnato
ad apprezzare e valorizzare il mio ruolo di pediatra al fianco di bambini, adolescenti
e famiglie, e cerco di promuovere queste cose che ho imparato, alle persone e ai col-
leghi che incontro quotidianamente.
CANDIDATURE PER IL CONSIGLIO DIRETTIVO
da votare al prossimo Congresso ACP - 2014
118
Buoni spesa per le mamme
che allattano?
Si tratta di un Progetto pilota per studia-
re la fattibilit di offrire buoni spesa alle
mamme di due quartieri delle contee di
Derbyshire e South Yorkshire; interes-
ser 130 madri tra quelle a reddito pi
basso nei due quartieri. Se tale Progetto
dimostrer che liniziativa fattibile, ini-
zier un vero e proprio Progetto di ricer-
ca, con un campione maggiore di madri a
basso reddito, per valutare i potenziali
effetti positivi in termini di prevalenza e
durata dellallattamento e per escludere
che vi siano effetti negativi.
Come per tutti i progetti di ricerca, i
risultati finali saranno pubblicati e resi
noti alle Autorit sanitarie locali e nazio-
nali; se queste valuteranno che liniziati-
va offre pi vantaggi che svantaggi,
rispetto ai costi, potrebbero decidere di
estenderla facendola diventare program-
ma di governo.
Come tutte le decisioni di questo tipo, le
Autorit sanitarie locali e nazionali pren-
deranno in considerazione anche la con-
venienza politica dellintervento, oltre
che i possibili benefici per individui e
collettivit. Il Progetto si muove in un
ambito ben conosciuto; quello degli
incentivi finanziari per la promozione
della salute. Sono interventi che si fanno
da anni per gli obiettivi di salute pi
diversi: dalle vaccinazioni alla nutrizio-
ne, dai controlli prenatali al parto protet-
to. Incentivi simili si usano anche in
ambito extrasanitario, come iscrivere i
figli a scuola o acquistare dei giocattoli
educativi. In inglese questo si chiama
conditional cash transfer, cio trasferi-
mento di denaro condizionato al raggiun-
gimento di un obiettivo.
Le ricerche svolte finora in decine di Pae -
si in tutti i continenti mostrano in ge nerale
risultati positivi, tanto che molti go verni
(dallIndia al Brasile, dal Que bec alla
Norvegia) usano da anni i conditional
cash transfer per raggiungere obiettivi di
salute che ritengono prioritari.
Ancora pi importante: essendo i condi-
tional cash transfer dei veri e propri tra-
sferimenti di risorse dai ricchi ai poveri
(il denaro solitamente lo si prende dalle
non riesce a produrre i risultati attesi
dalle ditte. La differenza con laffaire
degli studi finanziati con i soldi dellin-
dustria del tabacco che quelli sono
comunque rari, mentre le ricerche sui
farmaci finanziate da Big Pharma costi-
tuiscono i due terzi delle ricerche pubbli-
cate da The Lancet e dal NEJM.
Big Pharma spende milioni di dollari per
la riproduzione degli articoli e per distri-
buirli ai medici che cos sono ingannati
proprio dallautorevolezza della rivista
che ha pubblicato i dati: insomma, un
gigantesco conflitto dinteresse. Loro
pensano che ci possa essere un nuovo
modello da implementare.
Un modello basato sulla trasparenza nel-
limpostazione degli studi; si dovrebbe
prima presentare sul web una revisione
sistematica su quanto gi si conosce del-
largomento; si dovrebbero chiaramente
enunciare i metodi e i modelli statistici
che si vorrebbero applicare; i dati sui
quali lavorare dovrebbero essere a dispo-
sizione di tutti e non dellindustria, in
modo che chiunque, in tutte le fasi della
ricerca, possa intervenire; il ruolo delle
riviste sarebbe solo quello di pubblicare i
risultati delle revisioni sistematiche e la-
nalisi dei dati, anche contrastanti, da
parte di gruppi indipendenti; le riviste,
inoltre, dovrebbero fare a meno di qual-
siasi sponsorizzazione di Big Pharma,
come fa Prescrire. Risultato? I farmaci
non sarebbero pi la terza causa di mor-
talit dopo le malattie cardiovascolari e il
cancro!
Anche Groves nel motivare la sua rispo-
sta negativa parte dallesempio delle
ricerche sponsorizzate dallindustria del
tabacco che, se pur vero che, come Big
Pharma, mira a far soldi, ha obiettivi
molto diversi. Big Pharma difatti produce
e vende prodotti destinati al migliora-
mento della salute, cos come le riviste si
sforzano di pubblicare lavori che contri-
buiscano a migliorare lo stato di salute;
lindustria del tabacco, al contrario,
vende prodotti che nuociono alla salute.
A meno che non vogliamo estremizzare e
dire che i farmaci, come le sigarette, sono
prodotti per uccidere il consumatore.
Groves consapevole dei problemi delle
tasse pagate dai pi ricchi), molti gover-
ni li considerano strumenti per ridurre
diseguaglianze e iniquit, per far rag-
giungere cio anche ai poveri uno stato
di salute ottimale.
Questo sicuramente il razionale dei ri -
cer catori dellUniversit di Sheffield. Es -
si sanno benissimo, perch lo mostrano
statistiche e studi provenienti non solo
dal lInghilterra, ma da moltissimi altri
Paesi (Italia compresa), che le donne di
bas sa classe sociale allattano molto me -
no delle donne ricche, istruite e con un
buon lavoro. E vogliono vedere se un in -
cen tivo finanziario pu contribuire a ri -
durre tali disuguaglianze. Non sar sicu-
ramente sufficiente: se una donna che
allatta ha difficolt ad attaccare al seno il
suo bambino, o affetta da una mastite,
a nulla le serviranno i buoni spesa.
Avrebbe bisogno di poter rivolgersi a una
persona, operatore sanitario o mamma
alla pari, che sia in grado di darle un
aiuto pratico per risolvere il suo proble-
ma concreto. E pu darsi che la ricerca
mostri che, pi che i buoni spesa,
necessario garantire accesso universale e
gratuito allaiuto di cui ha bisogno.
(Fonte: Ibfan Italia)
Riviste scientifiche: s o no?
Le riviste scientifiche dovrebbero smet-
terla di pubblicare ricerche sponsorizzate
dallindustria farmaceutica? un quesito
che il BMJ ha posto a Richard Smith (gi
direttore della Rivista), Peter Gtzsche
(direttore del Centro Cochrane di
Copenhagen) e a Trish Groves (respon-
sabile delle ricerche del BMJ); i primi
due hanno risposto con un s, il terzo
con un no.
Smith e Gtzsche ritengono che la que-
stione sia molto simile alla decisione del
BMJ e di altre riviste di non pubblicare
ricerche finanziate dallindustria del
tabacco; i farmaci rappresentano la terza
causa di morte, specialmente a causa
delle ricerche false pubblicate; si sa
bene, infatti, che i risultati favorevoli ai
farmaci derivano quasi sempre da ricer-
che sponsorizzate dalle industrie e si sa
altrettanto bene che la met delle ricer-
che non viene pubblicata proprio perch
Quaderni acp 2014; 21(3): 118-119
Rubrica a cura di Sergio Conti Nibali
119
ricerche sponsorizzate dallindustria, ma
pensa che si potrebbe intervenire utiliz-
zando alcune strategie: coinvolgere i
pazienti nel definire lagenda della ricer-
ca, rendere un obbligo di legge la traspa-
renza nella valutazione di un farmaco,
richiedere risorse indipendenti per la
valutazione dei farmaci e la prova di un
valore aggiunto per tutti i nuovi farmaci.
Una maggiore apertura potrebbe contri-
buire a trasformare limmagine di Big
Pharma e, in cambio, i governi potrebbe-
ro estendere i tempi di brevetto. Una
soluzione per la trasparenza degli studi
potrebbe essere quella proposta dalla
campagna AllTrials. Proprio in questa
ottica il BMJ sta pubblicando studi dal-
liniziativa RIAT (una sorta di ripristino
degli studi finora invisibili e abbandona-
ti) e sta invitando gli accademici che tro-
vano prove precedentemente non pubbli-
cate a scrivere e a pubblicare i dati, se gli
investigatori originali non vogliono
farlo; inoltre il BMJ intende promuovere
la pubblicazione di ricerche con risultati
negativi e trials di efficacia comparativi;
e si impegner a pubblicare dati prove-
nienti dallindustria solo se avr garanzie
circa la possibilit di accedere ai dati. E
conclude con una domanda: noi redattori
abbiamo paura o non siamo in grado di
estendere il divieto di pubblicazione
anche alle ricerche finanziate dallindu-
stria del farmaco perch i nostri giornali
ricevono soldi? No, non questo il moti-
vo; lui daccordo con la direttrice del
BMJ, Godlee, che ha detto: Se questi
sforzi non portano al pi presto a un
cambiamento epocale nel modo con cui
vengono prodotti gli studi finanziati dal-
lindustria, il BMJ potrebbe decidere di
interromperne la loro pubblicazione.
LOspedale Meyer
nellocchio del ciclone
Ha suscitato una corale presa di posizione
la decisione dellOspedale Pediatrico
Meyer di Firenze di concedere alla-
zienda che produce il latte di crescita
Mukki Bimbo (la Centrale del latte di
Firenze, Pistoia e Livorno, societ a par-
tecipazione pubblica) di scrivere sulleti-
chetta del prodotto studiato in collabo-
Quaderni acp 2014; 21(3) info
razione con gli esperti di nutrizione in fan -
tile dellOspedale Pediatrico Meyer.
Mai finora si era verificato che un
Ospedale pubblico patrocinasse il lancio
di un prodotto commerciale destinato
allalimentazione infantile.
Le reazioni da parte di associazioni dei
consumatori, di singoli operatori sanitari,
di associazioni no profit, di Ibfan Italia,
dellUnicef Italia e del coordinamento
della rete italiana degli Ospedali Amici
dei Bambini non si sono fatte attendere e
sono state particolarmente dure. Nel
Comunicato stampa si auspica che lepi-
sodio rappresenti loccasione per una
riflessione collettiva e istituzionale non
solo sulle collaborazioni di presdi sani-
tari con le industrie, ma anche e soprat-
tutto sulleffettiva utilit dei latti di cre-
scita e sullopportunit di proporli ai
bambini. Infatti oggi, grazie alle martel-
lanti campagne pubblicitarie che fanno
leva sul giusto e legittimo desiderio di
ogni genitore di fare il meglio per il pro-
prio bambino fin dai primi anni, ormai
diffusa labitudine di sostituire il latte
materno o artificiale di proseguimento
con il latte di crescita, proposto per bam-
bini da 1 a 3 anni.
Tuttavia evidente che non sempre il
mercato alimentare offre le migliori solu-
zioni per il consumatore e non sempre
utilizza pratiche di marketing obiettive e
trasparenti.
Questi latti sono presentati come utili a
favorire una crescita sana ed equilibrata;
tuttavia la realt ben diversa: sono inu-
tili, costosi, possono interferire con lal-
lattamento materno, la loro promozione
in contrasto con il Codice internazionale
sulla Commercializzazione dei Sostituti
del Latte materno ed in contrasto con
leducazione alimentare, impegno condi-
viso di ogni Regione.
I latti di crescita non sono prodotti ric-
chi di natura, come recita lo slogan del
Mukki Bimbo, ma vere e proprie for-
mule industriali grazie allaggiunta di
acqua, saccarosio, lattosio, aroma di
vaniglia, vitamine, minerali, ferro, fibre,
acidi grassi essenziali. Leducazione ali-
mentare dovrebbe fare parte delle politi-
che di ogni Regione, di ogni istituzione
sanitaria e di ogni pediatra con modalit
sia pure diversificate, ma coordinate e
indipendenti da interessi commerciali.
La promozione, il sostegno e la difesa
dellallattamento rimangono al centro
delle attenzioni dedicate alla prima
infanzia, seguita da una costante atten-
zione al consumo di alimenti freschi,
naturali e diversificati (facenti parte della
normale dieta della famiglia) e al mante-
nimento di corretti stili di vita.
Lalleanza tra istituzioni sanitarie, spe-
cialmente se pubbliche, e consumatori,
specialmente se bambini, la condizione
perch questo diventi un progetto di salu-
te efficace.
Per tutti questi motivi viene chiesto che
venga tolto dalle confezioni di Mukki
Bimbo e dalle pubblicit ogni riferi-
mento a istituzioni sanitarie pubbliche.
Quanta strada
per lortofrutta prima
di arrivare a tavola!
Secondo uno studio condotto negli Stati
Uniti il viaggio di spinaci, broccoli,
piselli e altri prodotti ortofrutticoli con-
sumati in una citt come Chicago per
raggiungere gli scaffali dei supermercati
in media di 2400 km! Facendo un po
di calcoli si scopre che solo il 20% del-
lenergia necessaria per produrre e com-
mercializzare questi prodotti da adde-
bitare al settore agricolo; la rimanente
quota assorbita dalle fasi di trasporto,
refrigerazione, lavorazione, confeziona-
mento e distribuzione.
Anche in Italia normale trovare al su -
permercato mele e pere provenienti dal
Ci le, kiwi importati dalla Nuova Ze lan -
da, ananas dal Kenya. C anche luva
pro veniente dal Sudafrica, i salmoni dal -
la Norvegia, i vini dalla California e po -
tremmo continuare lelenco di prodotti
non proprio a km 0.
Sul sito inglese Food Miles possibile
scoprire quanti chilometri percorre il
cibo che mangiamo: basta inserire il
luogo in cui ci troviamo, quello di prove-
nienza dellalimento e il nome in inglese.
Per provare a giocare, andate diretta-
mente sul sito, dove compare il calcola-
tore virtuale.
salute
120
Quaderni acp 2014; 21(3): 120-121
without affecting quality of health [care],
provided at no cost to all citizens
and even improving it
expenditures can be reduced appreciably.
Raoul Castro, 20 dicembre 2009
Cuba , da oltre cinquantanni, una spina
nel fianco degli Stati Uniti (USA). Paese
dove lidea socialista ha trovato una
declinazione concreta che ha resistito
allevaporazione dello storico riferimen-
to sovietico, trovando le motivazioni per
proseguire il proprio originale cammino
di modernizzazione.
Lembargo commerciale, imposto dagli
USA in questo mezzo secolo, non ha
risparmiato il cibo, i farmaci e le tecno-
logie mediche e ha richiesto al Sistema
Sanitario (SS) cubano un ulteriore sforzo
organizzativo per affrancarsi da una
situazione tipicamente terzomondiale e
migliorare quegli indicatori di salute che
oggi permettono a Cuba di confrontarsi
alla pari con buona parte dei Paesi a ele-
vato sviluppo. Questo nonostante il pro-
dotto interno lordo (2012) pro capite
(US$ 10.000) sia circa il 20% di quello
degli USA (US$ 49.000) e del Canada
(US$ 42.000) e che la percentuale di
quanto investito in sanit (2010) sia di
gran lunga inferiore (Cuba 10,2%, USA
17,6%, Canada 11,4%) [1-2]. Da tempo
le scelte strategiche, la programmazione
e lassetto organizzativo del SS cubano
hanno meritato lattenzione degli osser-
vatori internazionali per la capacit di
raggiungere importanti obiettivi di salute
per tutta la popolazione, salvaguardando
i princpi delluniversalit e dellequit, a
fronte di una ridotta disponibilit di
risorse.
Le strategie, la programmazione,
lorganizzazione
Cuba ha una superficie pari a un terzo del
territorio italiano, una popolazione di
poco pi di 11 milioni di abitanti, il 75%
dei quali risiede nelle citt, con oltre 2
milioni di abitanti nella sola Avana. Agli
inizi degli anni Sessanta la gran parte
delle risorse sanitarie era concentrata
nella capitale, esisteva un solo ospedale
rurale e la mortalit infantile era pari al
5-10%.
Lazione del nuovo governo di Fidel
Castro si rivolge subito al contrasto della
povert nelle zone rurali, dellanalfabeti-
smo e delle diseguaglianze nellaccesso
ai servizi sanitari [3]. Il SS nazionale
invia centinaia di professionisti nelle
zone rurali e nel 1970 gli ospedali rurali
sono gi 53. Il ruolo di questi operatori
sanitari non solo clinico, ma anche edu-
cativo e di prevenzione nei confronti
delle malattie infettive pi diffuse (mala-
ria, diarrea, malattie soggette a vaccina-
zione).
Tra il 1976 e il 1983, la Costituzione e la
Legge di Salute Pubblica fissano i capi-
saldi delle successive riforme sanitarie:
Le cure sanitarie sono un diritto acces-
sibile a chiunque, gratuitamente.
Lo Stato responsabile delle cure sani-
tarie.
I servizi di prevenzione e cura lavora-
no in maniera integrata.
I cittadini sono partecipi dello sviluppo
e del funzionamento del SS.
Cure sanitarie e sviluppo socio-econo-
mico si muovono in maniera integrata.
La cooperazione sanitaria globale
compito fondamentale del SS e dei
suoi professionisti.
Il Ministero della Salute Pubblica si fa
carico della programmazione dei percor-
si universitari e professionali delle diver-
se figure sanitarie, in termini di numeri,
competenze e distribuzione sul territorio,
incentivando la decentralizzazione nel-
lintento di rendere il SS effettivamente
accessibile in ogni regione del Paese. In
quel periodo viene concepito un nuovo e
basilare modello operativo, quello degli
ospedali di comunit nei quali conver-
gono le discipline fondamentali delle
cure primarie (Ostetricia, Ginecologia,
Pe diatria, Medicina interna e Odon to ia -
tria) in grado di fornire lassistenza di
base. Progressivamente, le competenze
di questi policlinici vengono integrate
con ulteriori servizi in grado di offrire
20-30 diverse prestazioni specialistiche e
diventano sedi di tirocinio universitario e
professionale [4]. Nel 1983 parte il pro-
gramma di medicina di famiglia che por-
ter alla costituzione dei team medico-
infermieristici, capillarmente diffusi in
tutto il Paese, con responsabilit diretta
sulla salute delle piccole comunit (800-
1500 persone) loro affidate.
Nel 1989, con la disgregazione del lU -
nione Sovietica, inizia un nuovo periodo
di grave crisi economica per Cuba che,
tuttavia, continua nella propria politica di
forte indirizzo centrale sulla programma-
zione della sanit pubblica e di grande
flessibilit periferica nellapplicazione
delle strategie di prevenzione e cura che
tengono conto dei bisogni delle micro-
realt locali.
un sistema articolato in livelli crescen-
ti di complessit, destinati a filtrare il
ricorso alle strutture deccellenza e alle
tecnologie pi dispendiose che pure esi-
stono e sono disponibili.
Attraverso quindici anni di continue rior-
ganizzazioni dettate dalla scarsit di
risorse, ma sostenute da una costante ten-
sione politica sui temi della salute, dal
2006 alcuni indici di performance e di
soddisfazione dei cittadini sembrano
nuovamente in crescita e c spazio per
ragionare di ricerca e divulgazione scien-
tifica in termini di priorit e di beneficio
per la comunit [5-6]. Oggi il sistema di
cure primarie costituisce il pilastro del
SS cubano, con oltre 13.000 team medi-
co-infermieristici di prossimit, 488
ospedali di comunit, 336 case della
maternit, centri di salute mentale e cen-
tri diurni per anziani in grado di risolve-
re l80% dei problemi di salute dei citta-
dini, a fronte di meno di 215 strutture che
operano a livelli di complessit maggiori
[3-7]. Il 48,5% dei medici e dei dentisti
opera nelle cure primarie.
La salute a Cuba: un diritto per tutti,
un dovere per ciascuno
Enrico Valletta
AUSL della Romagna, Dipartimento Materno-Infantile, Ospedale G.B. Morgagni-L. Pierantoni, Forl
Per corrispondenza:
Enrico Valletta
e-mail: e.valletta@ausl.fo.it
internazionale
121
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Cosa ci dicono
gli indicatori di salute?
La disponibilit di dati sulle performance
dei Sistemi Sanitari Nazionali in tutto il
mondo consente di avere unidea com-
plessiva della situazione nei singoli Stati
e di operare alcune interessanti compara-
zioni [1-2-7]. Nel 2011, lattesa di vita
alla nascita era di 78 anni a Cuba, 79 anni
negli USA e 76 anni nel continente ame-
ricano nel suo complesso. La mortalit
infantile (<1 anno) passata da oltre
40/1000 nati vivi nei primi anni Sessanta
a 4,3/1000 nel 2012 (figura 1) [8]. un
dato migliore di quello registrato negli
USA (6,1/1000) e che ha recente-
mente indotto ricercatori dellAlabama
(9,2/1000) ad analizzare pi a fondo il
modello cubano di assistenza materno-
infantile [9]. Ne emerge un 5% di nati di
basso peso a Cuba contro l8% circa
negli USA e il 10,4% in Alabama. Il
100% delle gravidanze monitorato
nelle strutture pubbliche; le donne sono
visitate mensilmente entro le 33 settima-
ne di gestazione, due volte al mese tra la
34 e la 38 settimana e, se la donna non
si presenta alla visita, il medico delle
cure primarie si reca a domicilio.
Dopo il parto, bambino e mamma vengo-
no visitati una volta alla settimana fino ai
3 mesi e una volta al mese fino al compi-
mento del primo anno di vita. La coper-
tura vaccinale oscilla tra il 96% e il 99%.
Secondo Save the Children, Cuba al
primo posto tra i Paesi meno sviluppati
(livello II) per la cura alla condizione
materna (Mothers Index, 2012); il 100%
delle partorienti assistito da personale
addestrato e il 72% delle donne utilizza i
moderni metodi anticoncezionali (73%
in USA e Canada, 41% in Italia) [10].
Tutto questo richiede evidentemente,
oltre allorganizzazione, personale ade-
guato e motivato.
Il 6,8% della popolazione cubana in et
lavorativa impiegato nella sanit pub-
blica e i medici sono 67/10.000 abitanti
(24/10.000 negli USA) (anni 2005-
2012). Come elemento costitutivo della
propria mission, il SS cubano offre assi-
stenza gratuita, al di fuori del proprio ter-
ritorio, con oltre 35.000 operatori a pi di
70 milioni di persone in almeno 70
nazioni.
Lattenzione del governo cubano ai temi
della salute evidentemente elevata,
costante nel tempo, orientata al raggiun-
gimento degli obiettivi, con un forte
impegno a rendere le cure primarie
accessibili a tutti i cittadini in qualsiasi
zona del Paese. Oltre ai criteri di equit,
sostenibilit e qualit dei servizi, il siste-
ma conta fortemente sul coinvolgimento
attivo di ogni cittadino e delle comunit
locali per la prevenzione e il contrasto
alle pi importanti malattie croniche
non-trasmissibili (cardiovascolari, respi-
ratorie, cancro e diabete) e per contribui-
re al continuo miglioramento dello stato
di salute di tutta la popolazione [11].
Responsabilit personale, coesione
sociale e partecipazione della comunit
per trasformare i cittadini da users with
rights in actors with duties. u
FIGURA 1: TASSO DI MORTALIT INFANTILE (< 1 ANNO) A CUBA E NEGLI USA (ANNI
1965-2012) [8]
Quaderni acp 2014; 21(3) osservatorio internazionale
122
matoide, ) ci sia uninterazione tra ca -
ratteristiche genetiche e fattori ambienta-
li, che determina unalterazione della
regolazione del sistema immunitario con
perdita della tolleranza verso il self [4].
In rari casi tale difetto pu essere di ori-
gine genetica, dovuto alla mutazione di
un singolo gene. In particolare, esistono
due patologie monogeniche rappresenta-
tive della perdita dei meccanismi di rego-
lazione: Autoimmune PolyEndocrino-
pa thy-Candidiasis-Ectodermal Dystro -
phy (APECED) e Immune dysregulation,
Polyendocrinopathy, Enteropathy, X-lin -
ked syndrome (IPEX), paradigmi rispet-
tivamente della perdita di tolleranza cen-
trale e periferica. Si tratta di immunode-
ficienze primitive caratterizzate non
tanto da infezioni gravi e frequenti,
quanto dal laumentata incidenza di mul-
tiple manifestazioni autoimmuni.
Mutazioni del gene Autoimmune Re gu la -
tor (AIRE), fattore di trascrizione prepo-
sto a favorire lespressione di peptidi self
a livello delle cellule timiche, determina-
no la perdita della tolleranza centrale.
Per tanto i linfociti autoreattivi vengono
eliminati in maniera meno efficiente a li -
vel lo timico e mediano laggressione au -
to immune di molteplici organi. La pa to lo -
gia che ne deriva prende il nome di APE-
CED. Fin dalla prima infanzia i bam bini
affetti possono sviluppare po liau to im -
munit, principalmente caratterizzata da
insufficienza surrenalica, ipoparatiroidi-
smo e candidiasi mucocutanea. Recen -
temente stato dimostrato che anche que-
stultima manifestazione di natura
autoimmune, in quanto dovuta alla pre-
senza di anticorpi contro una particolare
citochina (IL-17), che ha un ruolo impor-
tante nella difesa contro la Candida [5].
Durante linfanzia e ladolescenza, questi
bambini hanno unelevata probabilit di
sviluppare altre patologie autoimmuni
quali alopecia, vitiligine, tiroidite, diabe-
te, epatite, gastrite atrofica, insufficienza
ovarica e/o testicolare. Al momento
non esiste una terapia risolutiva per
lAPECED e spesso la diagnosi avviene
La rottura della tolleranza nella patologia autoimmune e
linduzione della tolleranza nella medicina trapiantologica
Federica Barzaghi*, Rosa Bacchetta*
*San Raffaele Telethon Institute for Gene Therapy (HSR-TIGET), Division of Regenerative Medicine, Stem Cells and Gene Therapy,
Istituto Scientifico San Raffaele, Milano; Universit Vita Salute San Raffaele, Milano
Introduzione
Il sistema immunitario esercita due atti-
vit fondamentali: leliminazione dei
patogeni e la protezione dellorganismo
dalla autoaggressione verso antigeni
self, cio espressi dai propri tessuti e
organi. Lanomalo funzionamento di tali
meccanismi protettivi determina linsor-
genza rispettivamente di immunodefi-
cienza o autoimmunit.
In particolare, per impedire che il siste-
ma immunitario reagisca impropriamen-
te contro antigeni self, esiste un sistema
di regolazione definito tolleranza
immunologica, che consiste nel ricono-
scimento antigenico non seguito da eli-
minazione dellantigene stesso [1].
Esistono una tolleranza immunologica
centrale e una periferica. Quella centrale
ha sede nel timo ed correlata alla capa-
cit da parte delle cellule epiteliali del
timo di esprimere antigeni self, con lo
scopo di presentarli ai linfociti T per se -
lezionarli negativamente. Infatti, i linfo-
citi T che legano antigeni self con eleva-
ta affinit vengono eliminati perch con-
siderati potenzialmente autoreattivi. Tale
meccanismo non per infallibile ed
pertanto possibile che alcuni linfociti au -
to reattivi vengano immessi in circolo. A
fronteggiare tale evenienza chiamato il
secondo sistema di controllo im mu no lo -
gico, quello periferico, rappresentato
prin cipalmente da una sottopopolazione
di linfociti a funzione regolatoria. Tali
linfociti T, o cellule T regolatorie, si oc -
cu pano di spegnere la riposta immune ai
patogeni quando questa non sia pi ne -
ces saria e di eliminare, mediante vari
mec canismi soppressivi, i linfociti auto-
reattivi che erroneamente sono sfuggiti ai
meccanismi di tolleranza centrale [2-3].
La rottura della tolleranza
nella patologia autoimmune
La patogenesi delle patologie autoimmu-
ni ancora oggi oggetto di intenso stu-
dio. Si ipotizza che in molte di esse (es.
diabete mellito di tipo 1, malattie infiam-
matorie croniche intestinali, artrite reu-
Quaderni acp 2014; 21(3): 122-123
Per corrispondenza:
Federica Barzaghi
e-mail: barzaghi.federica@hsr.it
Abstract
The breaking of tolerance in autoimmune diseases and its induction in transplanta-
tion medicine
The two main roles of the immune system are protection from infections and mainte-
nance of immunological tolerance (avoiding self-aggression). Impairment of these
functions results in the onset of immunodeficiency and/or autoimmunity. Here are sum-
marized the mechanisms of immunological tolerance and the main characteristics of
two paradigmatic monogenic diseases due to the loss of a tolerance mechanisms.
Finally, three examples are reported regarding how the knowledge acquired on immu-
ne tolerance paved the way for the definition of new therapeutic interventions in the
context of transplantation and genetic diseases with immune dysregulation.
Quaderni acp 2014; 21(3): 122-123
Il sistema immunitario ha un ruolo fondamentale non solo nella difesa contro i pato-
geni ma anche nel mantenimento della tolleranza immunologica, che protegge lorga-
nismo dalla autoaggressione contro antigeni self. Esistono malattie genetiche (e
non), in cui queste propriet vengono meno, determinando linsorgenza di immunode-
ficienza e/o autoimmunit. In questo lavoro sono sintetizzati i meccanismi che con-
sentono il mantenimento della tolleranza immunologica e le caratteristiche di due
malattie monogeniche paradigmatiche, caratterizzate ciascuna dalla perdita di uno
dei due principali meccanismi di tolleranza. Infine, si forniscono tre esempi di come
le conoscenze acquisite circa la tolleranza immunologica abbiano dato spunto per
nuovi interventi terapeutici nellambito dei trapianti e delle malattie genetiche da
immunodisregolazione.
123
aggiornamento avanzato Quaderni acp 2014; 21(3)
quando la funzione degli organi bersaglio
(es. surrene, paratiroidi, pancreas) gi
stata compromessa. Pertanto, i pazienti
sono trattati con terapia ormonale sostitu-
tiva, nel caso di endocrinopatia, e con
terapia antifungina per la candidiasi.
Mutazioni del gene FOXP3, fattore di
trascrizione che regola la funzione delle
cellule T regolatorie, determinano la per-
dita della tolleranza periferica e quindi le
cellule T regolatorie non sono pi in gra -
do di sopprimere i linfociti autoreattivi
circolanti. I bambini affetti sviluppano
mol to precocemente una malattia auto -
im mune multisistemica molto grave, de -
fi nita sindrome IPEX, il cui quadro clini-
co caratterizzato dalla triade: enteropa-
tia autoimmune, diabete mellito di tipo 1
ed eczema [6]. Lenteropatia rappresenta
il sintomo prevalente nella quasi totalit
dei casi e spesso la diarrea insorge in lat-
tanti ancora allattati al seno. Nei pi
grandi non risponde a variazioni dieteti-
che e persiste anche in corso di nutrizio-
ne parenterale totale. Altre manifestazio-
ni aggiuntive possono essere tiroidite,
epatite e citopenie autoimmuni, alopecia,
ipereosinofilia e aumento delle IgE sieri-
che. A oggi, sono riportati in letteratura
138 casi, di cui circa la met diagnosti-
cata negli ultimi tre anni, forse a testimo-
niare anche un recente aumento della
conoscenza della patologia da parte dei
clinici. Una diagnosi precoce indispen-
sabile per assicurare al bambino linizio
tempestivo della terapia immunosop-
pressiva che consenta di superare la fase
acuta della malattia e di mantenere sotto
controllo laggressione autoimmune.
Lim munosoppressione non sufficiente
a curare la malattia. Lunica possibilit
per impedire linsorgenza di altre mani-
festazioni, seppure gravata da elevati
rischi, il trapianto di midollo osseo. Le
possibilit terapeutiche sono quindi limi-
tate dalla disponibilit di un donatore
compatibile e dalla rapidit con cui si
avvia il paziente al trapianto. Bisogna
infatti garantire che tale procedura venga
avviata prima che il danno dorgano sia
troppo avanzato e la funzionalit defini-
tivamente compromessa.
Linduzione della tolleranza
nella medicina trapiantologica
Da quanto detto finora nellambito delle
patologie autoimmuni, si pu dedurre
quale possa essere il ruolo fondamentale
della tolleranza immunologica in ambito
trapiantologico. Il trapianto allogenico
infatti gravato da due principali rischi:
il rigetto del trapianto, che determina
lag gressione dellorgano trapiantato (nel
trapianto di organo solido) oppure delle
cellule infuse (trapianto di cellule stami-
nali ematopoietiche = CSE) da parte del
sistema immunitario del ricevente;
la malattia del trapianto contro lospite
(Graft Versus Host Disease = GVHD),
che peculiare del trapianto di CSE, e
che consiste nellaggressione di organi
del ricevente (es. cute, intestino, fega-
to) da parte delle cellule del donatore.
Recentemente, sono state elaborate stra-
tegie per la prevenzione della GVHD e
del rigetto del trapianto mediante lutiliz-
zo di una particolare sottopopolazione di
cellule T regolatorie (Tr1) che producono
una citochina molto immunosoppressiva
chiamata IL-10 [7].
Nei trapianti di cellule staminali emato-
poietiche per malattie linfoproliferative,
lequilibrio tra Graft Versus Leukemia
(GVL) e GVHD un fattore critico per il
successo della terapia, in quanto si vo -
glio no eliminare le cellule maligne
(GVL) del ricevente senza ledere la fun-
zionalit degli organi (GVHD). Per que-
sto stato creato un protocollo clinico
definito ALT-TEN, nellambito del quale
cellule T del donatore vengono messe a
contatto con cellule presentanti lantige-
ne del ricevente in presenza di IL-10.
Questo ha lo scopo di generare delle cel-
lule T del donatore tolleranti (Tr1) verso
antigeni presentati da cellule del riceven-
te. Le cellule Tr1 vengono infuse nel
ricevente dopo il trapianto di CSE in mo -
do da favorire la tolleranza da parte dei
linfociti del donatore nei confronti dei
tessuti del ricevente. Finora, il numero
dei soggetti trattati stato molto limitato
e tuttavia il trattamento risultato fattibi-
le e alcuni pazienti hanno risolto la
malattia completamente, con follow-up
di circa 7 anni (Bacchetta et al. Frontiers
in Immunology, in corso di stampa).
Nellambito del trapianto di organo soli-
do, invece, in corso uno studio collabo-
rativo europeo (ONE study), che consiste
nella prevenzione del rigetto nel trapianto
di rene da donatore vivente, mediante lu-
tilizzo di diversi tipi di cellule regolatorie
in ciascun centro, che hanno in comune
lobiettivo di indurre tolleranza immuno-
logica nel ricevente. Una possibilit
implica il prelievo dal ricevente di linfo-
citi T che, in vitro, vengono messi a con-
tatto con cellule presentanti lantigene
derivate dal donatore. Questo determina
la creazione di cellule Tr1 del ricevente
tollerogeniche (cio in grado di mante-
nere la tolleranza immunologica) nei con-
fronti di antigeni dellorgano trapiantato
presentati dalle cellule del donatore [8-9].
Questi studi hanno dato impulso anche
alla elaborazione di nuove prospettive
terapeutiche per le malattie monogeniche
da immunodisregolazione come la sin-
drome IPEX. Negli ultimi anni la ricerca
in questo ambito si concentrata sulla
creazione di un vettore lentivirale conte-
nente il gene FOXP3 con la finalit di
prelevare linfociti T o CSE da pazienti
af fetti da IPEX e creare delle cellule in -
ge gnerizzate in vitro, contenenti il co -
strut to del gene corretto e quindi in grado
di ripristinare una popolazione di cellule
T regolatorie FOXP3-positive, capaci di
ristabilire la tolleranza periferica [10].
Questa opzione potrebbe dare una possi-
bilit ai bambini affetti che non possono
affrontare un trapianto di CSE perch pri -
vi di donatore compatibile e rappresente-
rebbe una terapia mirata e razionale.
Conclusioni
Lo studio delle malattie autoimmuni e in
particolare delle rare malattie monogeni-
che autoimmuni (come APECED e IPEX)
ha notevolmente implementato la cono-
scenza dei processi fisiologici e patologi-
ci inerenti alla tolleranza immunologica.
Ci ha gettato le basi per lapplicazione di
nuove strategie terapeutiche mediante
cellule indotte o manipolate in vitro, non
solo nellambito trapiantologico (GVHD
e rigetto), ma anche nellambito di rare
malattie genetiche (come la sindrome
IPEX) le quali, finora, non conoscevano
altra possibilit terapeutica che il trapian-
to di midollo osseo (se possibile) o lunghi
periodi di immunosoppressione gravata
da notevoli effetti collaterali. u
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124
Abstract
A slow course not always benign
The patient described is a four year old female with pubarche, mild clitoris hyper-
trophia and body height below her genetic target. Laboratory findings showed signi-
ficant high levels of 17OH-Progesterone and Testosterone (T) and slightly increased
DEAS levels. An ACTH test with a molecular analysis excluded the diagnosis of non
classical congenital adrenal hyperplasia (NC CAH) but confirmed an heterozygosy for
CYP21A. In the following 12 months height velocity increased and DEAS and T levels
remained high. In order to exclude a virilizing adrenal tumor (VAT) characterized by
a progression of symptoms and very high levels of DEAS (> 600-700 mcg/dl), adrenal
ultrasound and a MRI were performed. An atypical form of VAT was confirmed. A
VAT must be suspected even in the presence of mild and slowly progressive signs of
hyperandrogenism and slightly increased levels of adrenal androgens.
Quaderni acp 2014; 21(3): 124-126
Viene descritto il caso di una bambina di 4 anni con pubarca insorto allet di 3,8
anni, modesta ipertrofia del clitoride e statura al di sotto del bersaglio genetico. I
dosaggi ormonali mostravano un aumento significativo del 17OH-Progesterone e del
Testosterone (T) mentre i valori di DEAS erano modicamente aumentati. LACTH test
e lindagine molecolare consentivano di escludere il sospetto di sindrome adreno-
genitale non classica (SAG NC) mentre svelavano uneterozigosi per il gene CYP21A.
Nel corso dei dodici mesi successivi lincremento della velocit di crescita e il persi-
stente aumento dei valori di T e DEAS portavano a considerare la diagnosi di tumore
virilizzante del surrene (TVS), il cui quadro clinico pi frequentemente caratterizza-
to da un decorso clinico ingravescente e da livelli di DEAS > 600-700 mcg/dl.
Lecografia e la Risonanza Magnetica (RM) confermavano la presenza di un TVS,
nella sua forma atipica. Un TVS va sospettato anche in presenza di modesti segni
di iperandrogenismo a evoluzione lenta e livelli di androgeni poco elevati.
La storia
Giulia viene condotta dai genitori a con-
sulenza endocrinologica allet di 4 anni
per la comparsa di peluria pubica da 3-4
mesi. I genitori non riferiscono modifica-
zioni della velocit di crescita sia statura-
le che ponderale.
La piccola in buone condizioni genera-
li e lo stato nutrizionale ottimo: pesa 16
kg (50 percentile), alta 101 cm (50
percentile), con bersaglio genetico al 75
percentile.
Allesame obiettivo presenta peluria ses-
suale nella regione pubica (pubarca 2
stadio) e la conformazione dei genitali
normale a eccezione di una modesta iper-
trofia del clitoride. Assenza di telarca e
di ircarca, non sintomi cushingoidi, PA
105/70. Let ossea, allet di 4 anni, di
5 anni e 9 mesi. Sintetizzando, il quadro
clinico caratterizzato da:
pubarca prematuro (PP), iniziato a 3
anni e 8 mesi
modesta ipertrofia clitoridea
assenza di telarca
statura al 50 percentile, inferiore al
bersaglio genetico
- et ossea di 5 anni e 9 mesi, quindi
superiore allet cronologica
- velocit di crescita staturale (VCS)
non valutabile per mancanza di prece-
denti dati antropometrici.
decorso clinico lento.
Il percorso diagnostico
Lendocrinologo richiede alcuni esami:
DEAS: 209 mcg/dl (v.n. 5-35), 17OHP:
618 ng/dl (v.n. < 200); Testosterone (T):
85 ng/dl (v.n. < 10), che risultano aumen-
tati; Cortisolo: 6,2 mg/dl (v.n. 5-20), che
risulta normale.
Quali ipotesi diagnostiche prendere in
considerazione in base alla storia, alle-
same clinico e ai risultati degli esami di
laboratorio? Sostanzialmente quattro:
1. Adrenarca esagerato atipico (tabella 1)
una variante del pubarca prematuro
idiopatico. I pazienti, prevalentemente
femmine di et media di 6-7 anni, spesso
in sovrappeso, presentano oltre alla pelu-
ria pubica alcuni sfumati sintomi di ipe-
randrogenismo, come modesta ipertrofia
del clitoride, acne cistica, accelerazione
della VCS e dellet ossea, inizio antici-
pato della pubert ma con prognosi della
statura finale nellambito del bersaglio
genetico [1-3]. I valori del T sono appe-
na superiori ai limiti massimi per let,
quelli di DEAS possono essere elevati,
anche fino a 200-300 g/dl, mentre il
17OHP nella norma [1-2].
Giulia ha alcune caratteristiche cliniche
in accordo con questa ipotesi diagnosti-
ca, ma i valori elevati del 17OHP e so -
prattutto del T la escludono.
2. Tumore virilizzante del surrene (TVS)
(tabella 2)
La presenza di pubarca associato a iper-
trofia del clitoride, let ossea avanzata e
i valori francamente elevati di T sarebbe-
ro a favore di questa ipotesi, ma il decor-
so clinico di Giulia lento, mentre di
regola in questa patologia il decorso
rapido e ingravescente. Inoltre la statura
di Giulia inferiore (invece che superio-
re) al bersaglio genetico e il dosaggio di
DEAS che la bambina presenta non
molto elevato (in questo tipo di tumore si
trovano, in genere, valori superiori a
600-700 g/dl). Pertanto sembra di po ter
escludere anche questa ipotesi.
3. Sindrome adrenogenitale
non classica (SAG NC) da deficit
di 21 idrossilasi (tabella 3)
A favore di questa ipotesi sono: pubarca
precoce [4], ipertrofia del clitoride, de -
cor so relativamente lento, et ossea a -
van zata, 17OHP basale elevato (oltre 200
ng//dl). Inoltre anche laumento del T fa
Un decorso lento
non sempre benigno
Brunetto Boscherini*, Patrizia del Balzo**
*Professore ordinario, Clinica Pediatrica, Universit Tor Vergata, Roma; **Pediatra di famiglia, Roma
Quaderni acp 2014; 21(3): 124-126
Per corrispondenza:
Brunetto Boscherini
e-mail: brunetto_boscherini@fastwebnet.it
Et media 6-7 anni, prevalenza sesso femminile
Frequente il sovrappeso
Pubarca precoce e modesta ipertrofia del clitoride
Velocit di crescita staturale accelerata
Et ossea superiore allet cronologica
Prognosi della statura finale nellambito del bersaglio genetico
Tendenza a sviluppare iperandrogenismo, PCO, sindrome metabolica
17OHP normale
Testosterone modicamente elevato
DEAS di poco superiore a limiti massimi per let, in genere intorno a 200-300 g/dl
125
par te della SAG NC, seppure in misura
mi no re rispetto a quello del caso in
esame. Per escludere lipotesi di una
SAG NC, che si ritrova nel 5-20% dei
pazienti con adrenarca prematuro, viene
effettuato un test allormone adrenocorti-
cotropo (ACTH) [5-6]. Il 17OHP dopo
stimolo raggiunge il valore di 920 ng/dl.
Tale risposta (< 1000 ng/dl) caratterizza
gli eterozigoti per la mutazione del gene
CYP21A2, condizione per definizione
asintomatica e molto frequente (circa
1
/
60
nella popolazione generale) [7]. Viene
quindi effettuata unindagine genetica
che conferma lo stato di eterozigote (por-
tatore sano) per la mutazione del gene
CYP21A2 ed esclude la presenza di una
mutazione omozigote o una doppia ete-
rozigosi per la CYP21A2.
4. Deficit dellenzima 3
beta-idrossisteroidodeidrogenasi
Pu presentarsi, nella forma non classi-
ca, con una sintomatologia simile a quel-
la di Giulia. Pertanto stato sequenziato
il gene HSD3B2, ma non sono state tro-
vate anomalie.
Lendocrinologo decide a questo punto
di aspettare e di rivalutare la bambina
con controlli regolari periodici, in consi-
derazione del decorso clinico lento e del
risultato non dirimente degli accertamen-
ti effettuati.
Nel corso dei dodici mesi successivi alla
prima osservazione il pubarca e lipertro-
fia del clitoride si mantengono staziona-
ri, ma la VCS mostra unaccelerazione
per cui la statura raggiunge il 75 percen-
tile, mentre il T rimane costantemente
elevato (tra 85 e 200 ng/dl). In base a ci
lendocrinologo riconsidera lipotesi di
un TVS.
A favore di questa ipotesi depone la scar-
sa risposta del 17OHP allACTH (da 618
ng/dl a 920 ng/dl), tipica del tumore sur-
renalico, che diventa indipendente dal
controllo corticotropinico.
Viene pertanto praticata unecografia del
surrene che mostra una voluminosa for-
mazione del surrene sinistro, ipoecoge-
na, solida, a margini regolari, reperto
confermato anche dalla RM.
La diagnosi
A circa un anno dallinizio della sinto-
matologia la bambina, che ha raggiunto i
5 anni, viene operata per lasportazione
in laparoscopia della massa surrenalica
(dimensioni: 57 x 48 x 46 mm; peso:
52 g). Lesame istologico conferma: ade-
noma corticale del surrene, con invasio-
ne vascolare focale.
Il decorso post-operatorio ottimo e i
successivi controlli sono risultati sempre
negativi. La diagnosi definitiva quindi:
forma atipica di tumore virilizzante del
surrene in bambina con eterozigosi per il
gene CYP21A2.
Commento
TVS il pi frequente (90%) dei tumori
funzionali del surrene, che comprendono
il caso che insegna Quaderni acp 2014; 21(3)
TABELLA 1: ADRENARCA ESAGERATO ATIPICO
Et preferita prima dei 4 anni e tra 12 e 14 anni
Pubarca associato a evidenti sintomi di iperandrogenismo (ipertrofia del clitoride,
acne, irsutismo)
Decorso veloce, ingravescente
Velocit di crescita staturale molto accelerata
Et ossea di regola aumentata
DEAS sempre elevato, in genere > 600-700 g/dl
Testosterone sempre elevato, anche > 150-200 ng/dl
17OHP modicamente elevato
Eco/RM positivi per massa surrenalica
TABELLA 2: TUMORE VIRILIZZANTE DEL SURRENE (FORMA CLASSICA)
Et di comparsa variabile
Pubarca isolato o associato a ipertrofia del clitoride o del pene, acne, irsutismo
Statura superiore al bersaglio genetico
Velocit di crescita staturale moderatamente accelerata
Et ossea superiore allet cronologica di circa 2 anni
Previsione della statura inferiore al bersaglio genetico
17OHP basale > 200 ng/dl e > 1000 ng/dl dopo ACTH
Testosterone modicamente aumentato
DEAS normale
Indagine molecolare: delezione o mutazioni del gene CYP21A2
TABELLA 3: SAG NC DA DEFICIT DI 21 IDROSSILASI
anche la meno comune sindrome di
Cushing. Sono rari e rappresentano lo
0,2% di tutti i tumori in et pediatrica
[8]. Negli USA si riscontrano circa 15
nuovi casi/anno, ma in Brasile linciden-
za 15 volte superiore ad altre aree geo-
grafiche [9]. Let di presentazione pi
frequente (60%) prima dei 4 anni (nel
12% nel primo anno di vita, eccezional-
mente anche nel neonato) e a 12-14 anni.
I tumori virilizzanti sono sporadici, a
volte associati alla sindrome di Li Frau -
meni (cancro familiare a trasmissione
dominante), alla sindrome di Beckwith-
Wiedemann e allemipertrofia [8-10].
Il rapporto femmine/maschi di 1,6:1
ma varia a seconda dellet: prima dei 3
anni molto pi frequente nel sesso fem-
minile. I TVS possono essere maligni o
benigni e questi ultimi sono pi frequen-
ti nella femmina e nel surrene sinistro.
La maggioranza (75%) localizzata e il
10% invade le aree adiacenti. Nel 5% dei
pazienti al momento della diagnosi si tro-
vano metastasi nei polmoni o nel fegato
o in entrambi [8].
I sintomi della forma classica sono ripor-
tati nella tabella 2. Una massa addomi-
nale presente in circa la met dei
pazienti e lipertensione arteriosa si
manifesta nel 55% dei tumori con sinto-
mi misti (virilizzanti e cushingoidi), ma
anche nella met di quelli con soli sinto-
mi virilizzanti [11].
Nel bambino in cui i sintomi virilizzanti
si associano a quelli cushingoidi si deve
sempre sospettare un tumore del surrene,
per cui giustificato ricorrere, gi in
prima battuta, allecografia o, meglio,
alla RM del surrene [11-12].
La forma atipica del TVS (tabella 4)
meno comune della forma classica e in
questi pazienti la sintomatologia meno
evidente. Il pubarca pu essere inizial-
mente lunico sintomo, tanto che in
Brasile, dove il TVS frequente, il pubar-
ca, anche isolato, che compare prima dei
4 anni viene considerato un TVS fino a
prova contraria [11]. Inoltre il decorso
pu essere cos lento che lintervallo di
tempo tra i primi sintomi e la diagnosi
pu essere di molti anni, anche fino a 8
anni, specie se il tumore di piccole
dimensioni [13]. Questo lungo intervallo
spiegabile per le condizioni generali del
bambino che si mantengono buone per
lungo tempo, la lenta progressione della
sintomatologia e la modesta o inesistente
accelerazione della VCS, come in effetti
avvenuto nel caso descritto [9].
Anche il comportamento degli androgeni
surrenalici atipico. Il DEAS, che nei
pazienti con la forma classica risulta molto
elevato [11], oltre 600-700 g/dl e fino a
10 volte superiore alla norma, nella forma
atipica meno elevato [11-13]. La diagno-
si differenziale del TVS si pone essenzial-
mente con la SAG NC, diagnosi spesso
erroneamente formulata [13]. Infatti la sin-
tomatologia della forma atipica del TVS
differisce poco da quella della SAG NC;
inoltre, sia il 17OHP basale che il T sono
elevati in entrambe le condizioni.
La terapia chirurgica con asportazione
del tumore; se permangono residui o
sono presenti metastasi il trattamento si
avvale del mitotane o di altri regimi che-
mioterapici. La radioterapia utilizzata
di rado [9]. La prognosi considerata
non buona, ma migliora se:
1. la resezione del tumore completa;
2. let < 3 anni;
3. il tumore localizzato;
4. i sintomi cushingoidi sono assenti;
5. la pressione arteriosa normale.
La sopravvivenza a distanza di cinque
anni intorno al 50%. Quasi tutti i bam-
bini con stadio avanzato del tumore pre-
sentano metastasi. Lexitus dopo due
anni e mezzo dallinizio riguarda circa
un terzo dei pazienti, spesso per compli-
cazioni ipertensive o per massiva emor-
ragia durante lintervento.
La dimensione del tumore il pi impor-
tante fattore prognostico: se il peso
<100 g, la prognosi favorevole. Questi
dati ribadiscono limportanza di una dia-
gnosi precoce.
Nel caso di Giulia la diagnosi di TVS
stata formulata dopo dodici mesi dalla
prima osservazione. I fattori che hanno
contribuito a ritardarla sono stati:
1. la statura al di sotto del bersaglio ge -
netico alla comparsa del pubarca;
2. un iperandrogenismo limitato al pu -
barca e una modesta ipertrofia del cli-
toride, che sono rimasti immodificati
nel corso di un anno.
Inoltre il dato di un 17OHP basale eleva-
to, che dopo stimolo raggiungeva un valo-
re al limite tra SAG NC ed eterozigosi, ha
reso necessaria lindagine molecolare. u
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126
il caso che insegna Quaderni acp 2014; 21(3)
Pubarca associato a modesta ipertrofia del clitoride
Decorso lento
Velocit di crescita staturale normale o poco accelerata
Et ossea moderatamente avanzata
DEAS meno aumentato rispetto alla forma classica, con valori nellordine di quel-
li del pubarca precoce esagerato ed, eccezionalmente, del pubarca prematuro
idiopatico
Testosterone sempre elevato
17OHP pu essere aumentato (> 200 ng/dl)
Eco/RM positivi per massa surrenalica
TABELLA 4: TUMORE VIRILIZZANTE DEL SURRENE (FORMA ATIPICA)
COSA ABBIAMO IMPARATO
Il tumore virilizzante del surrene si pu presentare, oltre che nella forma classi-
ca, in una forma atipica. In questa il decorso lento, invece che rapido, len-
tit delle manifestazioni androgeniche modeste invece che vistose. Anche leleva-
zione degli androgeni surrenalici minore rispetto alla forma classica.
Lassociazione di pubarca e ipertrofia del clitoride deve far sospettare, specie nei
primi anni di vita, un tumore virilizzante del surrene. Pertanto giustificato richie-
dere, gi in prima battuta, oltre al dosaggio degli androgeni surrenalici, leco-
grafia e la RM del surrene.
Un DEAS di poco superiore ai limiti massimi della norma, quindi molto inferiore
a 600-700 g/dl, non esclude la diagnosi di tumore virilizzante del surrene.
Un valore costantemente elevato di testosterone fortemente a favore di un pro-
cesso tumorale del surrene.
127
La determinazione degli HLA predispo-
nenti alla celiachia (CE) una risorsa
importante nella diagnosi dei casi con
sierologia e clinica suggestivi e per indi-
viduare i soggetti (principalmente fami-
gliari di celiaci) che sono a rischio di svi-
luppare la malattia o nei quali, al contra-
rio, possiamo escluderla con ragionevole
certezza. Secondo lEuropean Society of
Paediatric Gastroenterology, Hepatology
and Nutrition (ESPGHAN), la presenza
di una sierologia francamente positiva, di
sintomi compatibili e di HLA predispo-
nenti pu essere sufficiente per conclu-
dere la diagnosi senza ricorrere alla bio-
psia duodenale [1]. Daltra parte, in un
contesto a elevato rischio di CE, la pre-
senza o lassenza degli HLA giusti ci
consiglier, rispettivamente, un atteggia-
mento di vigile sorveglianza piuttosto
che di consapevole rassicurazione.
Stiamo parlando degli HLA di classe II
-DQ2 e -DQ8 che lo specialista richiede
sempre pi frequentemente, ma che
anche il pediatra di famiglia pu trovarsi
a dovere interpretare perch sollecitato
dai famigliari di un soggetto affetto. Le
informazioni che possiamo trarre dal
referto del laboratorio sono pi di quante
immaginiamo, a condizione di avere
sotto mano qualche semplice chiave di
lettura.
HLA, glutine e celiachia
Il legame tra HLA-DQ2 e -DQ8 e gluti-
ne , per cos dire, strutturale. De ter -
minate sequenze aminoacidiche contenu-
te nelle diverse componenti del glutine
(-, -, -gliadina e glutenina) hanno
unelevata affinit per alcuni siti di lega-
me presenti sulle molecole DQ2 e DQ8
espresse sulle cellule che presentano
lantigene ai linfociti T. La transglutami-
nasi tessutale modifica (deaminazione)
la struttura della gliadina in modo da
aumentare ulteriormente questa affinit.
In realt, il DQ2 in grado di riconosce-
re un numero maggiore di peptidi deriva-
ti dal glutine rispetto al DQ8 e gi questo
rappresenta un primo elemento per diffe-
renziare il rischio di sviluppare la malat-
tia [2-4]. In presenza di HLA diversi dal
DQ2/DQ8 il legame con il glutine (nati-
vo o modificato dalla transglutaminasi)
di gran lunga meno efficiente e rende
molto meno probabile lattivarsi dei
meccanismi immuno-mediati propri
della CE.
ormai noto che circa il 90% dei pazien-
ti con CE portatore delleterodimero
DQ2 e che buona parte dei rimanenti
DQ8-positiva anche se, in Italia, questi
valori appaiono un po inferiori rispetto
al Nord Europa [5-7]. La negativit per
DQ2 e DQ8 rende, comunque, assai im -
probabile lo sviluppo della malattia, pur
se con alcune differenze di rischio allin-
terno di questo gruppo. Il 30% circa della
popolazione generale DQ2/DQ8-posi-
tivo con un rischio di CE attorno al 3%.
HLA a rischio,
ma quanto a rischio?
Approfondire le definizioni che il labora-
torio ci d degli HLA utile per interpre-
tare meglio i referti e la letteratura di
riferimento. Il genotipo HLA-DQ2 co -
dificato dagli alleli DQA1*05 (catena )
e DQB1*02 (catena ) e viene oggi iden-
tificato con la sigla DQ2.5, lHLA-DQ8
dagli alleli DQA1*0301 e DQB1*0302.
Determinando il DQ, il laboratorio ci
restituisce due copie del DQA1* e due
copie del DQB1*. I soggetti DQ2.5-posi-
tivi possono essere suddivisi in tre sotto-
gruppi a seconda che esprimano due
copie di DQB1*02 (gruppo G1), una
copia di DQB1*02 in trans (su alleli
diversi) con DQA1*05 (gruppo G2) o
una copia di DQB1*02 in cis (sullo stes-
so allele) con DQA1*05 (gruppo G3). I
soggetti DQ2.5-negativi sono divisi in
due gruppi: uno che include i portatori di
due copie di DQB1*02 (in assenza del
DQA1*05), dellHLA-DQ8 o di una
copia di ciascuno di questi (gruppo G4) e
laltro che include tutti gli altri genotipi
DQ (gruppo G5). Nella popolazione ita-
liana il rischio di sviluppare la CE pi
elevato (fatto pari a 1) nel gruppo G1 e
decresce progressivamente per i soggetti
appartenenti a G2 (0,68), G3 (0,23), G4
(0,10) e G5 (0,02) [8]. Questi dati ci con-
sentono gi alcune interessanti osserva-
zioni. La prima che la presenza di
DQ2.5 (DQA1*05/DQB1*02) si confer-
ma il fattore di rischio pi elevato nel-
lambito dellassetto HLA, soprattutto in
presenza di una doppia copia di
DQB1*02; la seconda che DQ8
HLA e celiachia:
a ciascuno il proprio rischio
Enrico Valletta
AUSL della Romagna, UO di Pediatria, Ospedale G.B. Morgagni-L. Pierantoni, Forl
Quaderni acp 2014; 21(3): 127-130
Per corrispondenza:
Enrico Valletta
e-mail: e.valletta@ausl.fo.it
Abstract
HLA and celiac disease: to each one his own risk
HLA typing is frequently used to support clinical and serological suspect of celiac dis-
ease and to assess genetic predisposition in first-degree relatives of affected individu-
als. It is well known that the greatest proportion of celiac subjects carry HLA-DQ2 or
-DQ8 molecules. People negative for DQ2/DQ8 are at a very low risk to develop
gluten intolerance. A careful evaluation of HLA markers can help us in stratifying pre-
disposed individuals in different classes of risk. Knowing these differences is useful to
be able to give parents a more precise and accurate communication.
Quaderni acp 2014; 21(3): 127-130
Nella celiachia, la determinazione dellassetto HLA frequentemente impiegata come
supporto in fase diagnostica e per definire la predisposizione a sviluppare la malattia
nei famigliari dei soggetti affetti. noto che la celiachia si manifesta quasi invaria-
bilmente solo nei soggetti positivi per HLA-DQ2 e -DQ8. In assenza di questi HLA, si
pu ritenere che il rischio di sviluppare lintolleranza al glutine sia trascurabile. Una
pi attenta interpretazione dellassetto HLA ci pu aiutare a distinguere, nellambito
dei soggetti predisposti, diversi livelli di rischio. Conoscere queste differenze utile
per poter dare ai genitori una comunicazione pi precisa e puntuale.
128
(DQA1*0301/DQB1*0302) ha un ri -
schio relativo inferiore a DQ2.5; la terza
che anche i portatori di una doppia
copia di DQB1*02 (in assenza di
DQA1*05), pur non essendo n DQ2.5-
n DQ8-positivi, hanno un rischio relati-
vo paragonabile a quello dei soggetti
DQ8-positivi. Infine, chi ha un assetto
HLA-DQ diverso dai precedenti ha un
rischio di CE cinquanta volte inferiore a
chi DQ2.5-positivo. Lesistenza di una
graduazione del rischio allinterno dei
cinque sottogruppi stata confermata
anche successivamente, assegnando va -
lo ri di rischio pari a 21% per G1, 17%
per G2, 6% per G3, 5% per G4 e 0,6%
per G5 [9].
Lo studio di Megiorni e coll. descrive
meglio le differenze del rischio, non solo
in relazione allassetto HLA, ma anche al
sesso, tenendo come riferimento un
rischio di CE pari a 1:100 nella popola-
zione generale [10]. La tabella mostra
che: il rischio pi elevato di CE sta nella
contemporanea presenza di DQ2.5 e di
DQ8; la positivit per DQ2.5 conferisce
un rischio maggiore nei soggetti con
doppia copia di DQB1*02 rispetto a
quelli con singola copia; la doppia copia
B1*02, anche nei soggetti DQ2.5/DQ8-
negativi conferisce un elevato grado di
rischio (1:26) e che la presenza di una
sola copia di B1*02 porta con s un
rischio dimezzato rispetto alla popola-
zione generale ma comunque non trascu-
rabile (1:210); la presenza del solo
DQA1*05, seppure marginale (1:1842),
non del tutto irrilevante, soprattutto nei
maschi. La positivit per DQ8 (1:89)
conferisce un rischio aggiuntivo (1:24)
se associata a una copia di B1*02.
Unanaloga (pur con qualche lieve diffe-
renza) graduazione del rischio allinterno
degli HLA di predisposizione stata
osservata in celiaci italiani anche da Pic -
cini e coll. [7]. Gi dieci anni fa Karell e
coll. [11] avevano segnalato che unele-
vata percentuale di celiaci DQ2.5/DQ8-
negativi risultava positiva, comunque,
per una met delleterodimero DQ2.5;
aveva cio o DQA1*05 o DQB1*02, e
raccomandavano di non limitarsi alla de -
finizione di DQ2.5/DQ8-positivo/negati-
vo ma di valutare anche leventuale pre-
senza di met delleterodimero DQ2.5.
Nei soggetti DQ2.5/DQ8-negativi me-
rita una particolare attenzione anche
leterodimero DQA1*0201-DQB1*0202
(HLA-DQ2.2) che ha strette analogie
con DQ2.5 e che stato associato alla
CE in alcune casistiche europee [12].
Studi ulteriori hanno dimostrato che la
CE pi frequente nelle femmine rispet-
to ai maschi (F:M = 1,8), che le femmine
sono pi frequentemente DQ2.5/DQ8-
positive (F = 94%; M = 85%), mentre c
una prevalenza dei maschi (F:M = 0,7)
tra i celiaci DQ2.5/DQ8-negativi [5].
Il rischio nei parenti
di primo grado
La determinazione HLA utilizzata per
individuare chi, tra i famigliari di un ce -
lia co, potrebbe sviluppare la CE (i
DQ2.5/DQ8-positivi) e chi, al contra-
rio, pu essere ragionevolmente esenta-
to da ripetuti controlli sierologici (i
DQ2.5/DQ8-negativi). Linformazione
che di solito viene data ai genitori che
la probabilit di un altro caso di celiachia
tra i fratelli circa il 10%. Anche in que-
sto contesto, sapere interpretare alcuni
assetti pu aiutarci a essere pi precisi
nella valutazione del rischio. In una
recente casistica italiana, il 65% dei fra -
tel li/sorelle e il 58% dei genitori di un
celiaco avevano un assetto HLA predi-
sponente a rischio molto elevato o eleva-
to (DQ2.5, DQ8, DQB1*02/02) ma, tra
questi, la percentuale di celiaci era molto
diversa: 20% tra i fratelli/sorelle e 6% tra
i genitori [10]. Ne discendeva un rischio
di CE del 13,6% nella fratria maggiore
per le femmine (17,6%) rispetto ai ma -
schi (10,8%) e solo del 3,4% nei geni-
tori. Allinterno del gruppo dei fra -
telli/sorelle, le femmine avevano meno
frequentemente dei maschi un HLA a
rischio (57% vs 71%), ma in questo caso
la probabilit di CE era raddoppiata (F =
29%; M = 15%). Il dato, gi segnalato
pi sopra nella popolazione ge ne rale,
conferma che la positivit per
DQ2.5/DQ8 rappresenta un rischio di CE
maggiore per le femmine rispetto ai
maschi, soprattutto se laplotipo predi-
sponente ereditato dal padre [5]. In sin-
tesi, circa il 40% della fratria di un sog-
getto con CE avr un rischio trascurabile
di malattia, mentre sui rimanenti con
HLA predisponenti si potr ragionare
cercando di graduare il rischio in relazio-
ne ai diversi aplotipi presenti.
Quando gli HLA?
Le raccomandazioni dellESPGHAN as -
segnano un ruolo importante agli HLA
sia in fase diagnostica che di gestione dei
contesti famigliari a rischio [1]. Nei
bam bini con segni e sintomi suggestivi
di CE e anticorpi transglutaminasi
(TGA) fortemente positivi (oltre dieci
volte la norma), la presenza di HLA pre-
disponenti consente di concludere la dia-
gnosi senza ricorrere alla biopsia. Al
contrario, lassenza di HLA a rischio
mette in forte crisi (anche se non esclude
in assoluto) lipotesi diagnostica. Gli
HLA hanno un loro spazio anche nelle
situazioni dubbie, nelle quali gli elemen-
ti clinici, sierologici e istologici sono
discordanti o quando liter diagnostico
stato anomalo o complicato. Recen te -
men te, sembra emergere una linea specu-
lativa che riterrebbe superflua la tipizza-
zione HLA nei bambini sicuramente sin-
tomatici e con TGA positivi a titolo ele-
vato; in questi casi c da attendersi la
(quasi) certa presenza di HLA predispo-
nenti e si potrebbe forse concludere per
una diagnosi di CE risparmiando un
esame non indispensabile. Si tratta di un
il punto su Quaderni acp 2014; 21(3)
TABELLA: RISCHIO DI CELIACHIA IN RELAZIONE ALLASSETTO HLA E AL SESSO [6-7]
HLA Rischio Maschi Femmine Valutaz. del rischio
DQ2.5 e DQ8 1:7 1:8 1:7 Molto alto
DQ2.5 (B1*02/02) 1:10 1:13 1:8 Molto alto
DQ8 (B1*02 pos.) 1:24 1:52 1:16 Alto
B1*02/02 1:26 1:26 1:27 Alto
DQ2.5 (B1*02/X) 1:35 1:54 1:26 Alto
DQ8 (B1*02 neg.) 1:89 1:157 1:62 Alto
B1*02/X 1:210 1:208 1:211 Basso
A1*05 1:1842 1:1027 1:8327 Molto basso
Altro 1:2518 1:2497 1:2530 Molto basso
129
ulteriore tentativo di semplificazione e
razionalizzazione per il quale, tuttavia,
mancano allo stato attuale evidenze suf-
ficienti. In presenza di fratelli/sorelle o
genitori con CE possibile utilizzare gli
HLA per individuare i soggetti (circa il
40%) a bassissimo rischio ed esentarli da
ulteriori e ripetuti accertamenti sierologi-
ci. Per tutti gli altri raccomandata la
sorveglianza clinica e sierologica ogni
due-tre anni; una pi precisa graduazione
del rischio, sulla base degli aplotipi rile-
vati, pu essere data per completare
linformazione ai genitori ma non modi-
fica, nella sostanza, i tempi e i modi della
sorveglianza.
In sintesi
La genetica della CE argomento com-
plesso e in continua evoluzione. I rap-
porti tra sistema HLA e CE rappresenta-
no la parte di questo mondo a noi pi
vicina sia come comprensibilit che
come possibilit di utilizzo nella pratica.
In realt, la CE malattia multifattoriale
a forte componente genetica, ma il siste-
ma HLA risponde solo per 40% circa del
rischio genetico. E gli altri 39 loci gene-
tici non-HLA, individuati e ritenuti rile-
vanti per la CE, contribuiscono per non
pi di un ulteriore 5% [3]. C quindi
ancora molto da scoprire e da capire. Per
il punto su Quaderni acp 2014; 21(3)
il pediatra pu essere utile avere dimesti-
chezza con lassetto HLA-DQ che viene
frequentemente richiesto come supporto
nelle diagnosi molto facili (per evitare
la biopsia), in quelle molto difficili
(casi dubbi o complessi), e per seleziona-
re i famigliari potenzialmente a rischio
da seguire nel tempo. La terminologia
che i laboratori utilizzano nelle risposte
non sempre uniforme e pu indurre in
inganno. Lo schema riassunto nella
tabella ci dice che esistono diversi gradi
di predisposizione allinterno del sistema
DQ2/DQ8 e che qualche attenzione va
posta anche alla composizione allelica
per evitare di sottovalutare quote di
rischio potenzialmente significative
(B1*02/02 e B1*02/X). Possono appari-
re differenze non sempre decisive ai fini
di un consiglio genetico (si tratta, pur
sempre, di una malattia assolutamente
benigna), ma utili per rispondere con
maggiore precisione ad alcune domande
poste dai genitori. u
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La psichiatria (anche infantile)
tra diagnosi e diagnosticismo
Francesco Ciotti
Neuropsichiatra infantile, Cesena
Allen Frances, capo della task force del
DSM IV americano, ha scritto nel 2013,
in contemporanea alluscita del DSM V
in USA, un libro durissimo contro lulti-
ma edizione della classificazione psi-
chiatrica americana delle malattie menta-
li, dal titolo Primo, non curare chi nor-
male (Bollati-Boringhieri). In una confe-
renza tenuta a Bologna per la rivista
Psicoterapia e scienze umane ha illustra-
to le ragioni della sua avversione allulti-
ma classificazione psichiatrica, ma ancor
prima nella sua relazione ha messo in
discussione a posteriori la classificazio-
ne IV, da lui stesso diretta, per le conse-
guenze che ha prodotto in USA dopo la
sua diffusione successiva al 1994 nella
edizione originale e al 2000 nelledizio-
ne rivista.
Le conseguenze nefaste delle classifica-
zioni rivedute e corrette sono, secondo
Frances, le false epidemie, ovvero lin-
venzione di nuove malattie e nuove dia-
gnosi che portano bambini e adulti a sot-
toporsi a visite inutili e a psicofarmaci
dannosi. In particolare il DSM IV ha pro-
dotto la diffusione di tre false epidemie
in et evolutiva:
1. Lepidemia del disturbo bipolare. As si -
milando i disturbi di comportamento e
della condotta in et preadolescenziale e
adolescenziale al disturbo bipolare del-
ladulto (depressione-mania), ha con -
dotto molti giovani a prognosi non di -
mostrate e a trattamenti con antidepres-
sivi senza dimostrazione di efficacia.
2. Lepidemia di ADHD. Limitando la
diagnosi alla presenza di sola inatten-
zione e di sola iperattivit e in un solo
Per corrispondenza:
Francesco Ciotti
e-mail: fran.ciotti@alice.it
130
contesto di vita, ha allargato la sindro-
me e i bambini trattati con farmaci.
3. Lepidemia di autismo, con lestensio-
ne della diagnosi di autismo di A sper -
ger o ad alto funzionamento ai bambi-
ni temperalmente molto riservati, e
con trattamenti antipsicotici dannosi e
per lumore e per lobesit. Questo si
prodotto nonostante la task force del
DSM IV avesse scientemente obiettivi
conservativi della nuova classificazio-
ne rispetto alla precedente del DSM
III. Gli effetti probabili della DSM V
saranno ancora pi disastrosi perch la
nuova task force ha volutamente per-
seguito obiettivi rivoluzionari rispetto
alla precedente, nonostante le nuove
conoscenze neuroscientifiche, che
hanno introdotto nuove informazioni
sul funzionamento normale del cervel-
lo, nulla abbiano apportato di signifi-
cativo per la conoscenza delle malattie
mentali, fatta eccezione forse per la
demenza di Alzheimer.
Il DSM V crea nuove diagnosi perch
amplia il confine tra normalit e
devianza, in quanto si prefigge esplici-
tamente lo scopo del la identificazione
precoce dei di sturbi ai fini di un inter-
vento precoce che modifichi la storia
naturale di quel disturbo da lieve a
grave.
il metodo dello screening che, se
fallace, coi falsi positivi crea pi danni
che benefici non solo in psichiatria ma
in tutta la medicina: ne sono esempio
recente le conclusioni sullo screening
del cancro alla prostata, che non salva
vite ma produce danni.
Uno screening per essere efficace deve
soddisfare due criteri:
1. permettere una diagnosi accurata con
pochissimi falsi positivi e negativi;
2. disporre di una terapia-intervento effi-
cace e sicura che modifichi la storia
naturale della malattia-disturbo. Ora in
psichiatria queste due condizioni non
esistono quasi mai. Pochi gli strumen-
ti standardizzati capaci di distinguere
chiaramente tra normalit e patologia.
Costosi, poco efficaci, molto insicuri
gli psicofarmaci. Attraverso questo
metodo fallace il DSM V medicalizza
la variabilit individuale, deresponsa-
bilizza le persone, crea queste nuove
diagnosi:
1. il rischio psicotico, da trattare
con gli antipsicotici per impedire
levoluzione in psicosi (crea il 70%
di falsi positivi);
2. la disregolazione del temperamen-
to che sostituisce il disturbo bipo-
lare (categoria introdotta da un solo
gruppo di ricerca al mondo, che
mette a rischio farmacologico inuti-
le bambini e adolescenti);
3. ansia-depressione mista, transito-
ria (rende pazienti un 10% di perso-
ne che realizzano normali e neces-
sari sintomi di adattamento agli
stress del vivere;
4. alimentazione incontrollata o binge
eating con una abbuffata settimana-
le (in USA una nuova inarrestabile
epidemia);
5. disturbi neuro-cognitivi minori,
prodromici dellAlzheimer (crea ai
test clinici il 50% di falsi positivi,
devastati dal falso allarme);
6. depressione post-lutto (conduce
inutilmente dal medico chi avrebbe
bisogno di famiglia e di amici);
7. ADHD delladulto (allarga inutil-
mente luso dei farmaci psicostimo-
lanti);
8. disturbo dansia generalizzato (sen -
za porre confini chiari tra ansia fi -
sio logica e devianza).
Si calcola che questi criteri porteranno il
35% della popolazione ad avere una
nuova diagnosi psichiatrica in un anno e
il 100% ad avere una diagnosi psichiatri-
ca nella vita.
Probabilmente la classificazione psichia-
trica descrittiva delle malattie mentali ha
gi progredito per quanto pi poteva e
non dispone, al momento, di scoperte
scientifiche che riguardino la patogenesi
dei disturbi da autorizzare modifiche
significative. Su questo piano la psichia-
tria oggi al tempo dellastronomia
prima di Keplero, della biologia prima di
Darwin e della fisica prima di Einstein.
Del resto, il cervello il sistema pi
complesso delluniverso. Probabilmente
dietro un disturbo grave della schizofre-
nia si celano cento malattie diverse, per
le quali disponiamo di un farmaco sinto-
matico utile, lantipsicotico, come lanti-
piretico per la febbre. Abbiamo farmaci e
psicoterapie utili, ma li usiamo male. Un
terzo delle depressioni gravi non ade-
guatamente trattato, mentre i medici di
base prescrivono gli antidepressivi a per-
sone che non ne hanno bisogno. I servizi
psichiatrici di secondo livello rischiano
di essere sommersi da una domanda e da
invii inappropriati, mentre non trovano
risorse e tempo per trattare i disturbi
gravi. Curare chi normale o per norma-
lizzare le differenze e le sofferenze della
vita e della societ crea danni alle perso-
ne e profitti alle case farmaceutiche. Il
primo dovere del medico, come ci ha
insegnato Ippocrate, non nocere, specie
per gli psichiatri, specie per la mente del-
luomo. La prossima edizione del DSM
forse va affidata, non pi a una task force
ristretta di ricercatori che vedono pazien-
ti e cavie in laboratorio, ma a un gruppo
pi vasto di specialisti, medici e non,
sanitari, epidemiologi, politici, filosofi,
sociologi. Perch, come ci insegnava
Basaglia, la malattia mentale non defi-
nita dalla natura, ma dalla definizione
sociale di essa. u
il punto su Quaderni acp 2014; 21(3)
131
Quaderni acp 2014; 21(3): 131
Il diabete mellito fa parte di un gruppo di
malattie croniche molto diverse tra loro,
ma con una caratteristica comune: lau-
mentato rischio di sviluppare determinate
malattie infettive o di manifestare le com-
plicanze a esse correlate. In particolare, le
infezioni da virus influenzali e le malattie
invasive da Streptococcus pneumoniae
sono responsabili di un aumentato rischio
di ospedalizzazione e morte nei bambini
con malattie croniche, in confronto ai
bambini sani [1-3]. Queste osservazioni
dovrebbero rappresentare la base raziona-
le per garantire a tutti i bambini con
malattie croniche non solo le vaccinazio-
ni di routine appropriate al let, ma anche
le vaccinazioni supplementari raccoman-
date per la loro patologia. Sappiamo da
tempo che non cos. Lindagine a cluster
ICONA condotta in Italia nel 2008 ha evi-
denziato nei bambini a rischio una coper-
tura vaccinale contro linfluenza di gran
lunga inferiore al 10%, mentre contro lo
pneumococco risul tava vaccinato solo il
49% dei soggetti al di sotto dei 2 anni [4].
Uninda gine effettuata nei centri speciali-
stici di tre Regioni italiane sui soggetti
con ma lattie croniche da 6 mesi a 18 anni
ha evidenziato una bassa copertura vacci-
nale e un ritardo nella somministrazione
dei vac cini di routine e di quelli racco-
mandati in base alla patologia [5]. In par-
ticolare, i bambini con diabete di tipo 1
erano quelli con i maggiori ritardi vacci-
nali. Tra le cause del ritardo riferite dai
genitori, la pi frequente era la presenza
di una malattia intercorrente o la riattiva-
zione della patologia di base, ma non
mancavano la carenza dinformazione, la
paura del vaccino e laver ricevuto un
parere contrario alla vaccinazione. A tal
proposito uno studio ha evidenziato che il
ricevere una raccomandazione specifica
per limmunizzazione contro linfluenza
da qualsiasi medico (pu trattarsi del
pediatra di famiglia o dello specialista o
altro medico) un agente forte determi-
nante delladesione alla vaccinazione nei
bambini con malattie croniche [6].
Linflusso positivo risulta indipendente da
variabili quali le caratteristiche socio-
demografiche, il numero di contatti con
operatori sanitari e la malattia di base.
Questa osservazione coincide con lespe-
rienza quotidiana degli operatori dei cen-
tri vaccinali, i quali possono confermare il
ruolo centrale (in positivo ma purtroppo,
alcune volte, anche in negativo) dello spe-
cialista o del pediatra di fiducia nelle scel-
te vaccinali operate dai genitori dei bam-
bini con malattia cronica.
Negli ultimi anni le tecniche di biologia
molecolare (PCR) hanno permesso di
valutare lefficacia dei vaccini influenza-
li sullinfluenza confermata in laborato-
rio, anzich sulle Influenza-like Illness
(ILI), come invece accadeva in prece-
denza. Una metanalisi degli studi con-
dotti con tale metodologia ha evidenzia-
to unefficacia vaccinale moderata negli
adulti sani e risultati inconsistenti nei
bambini per quanto riguarda i vaccini
inattivati; sicuramente migliore appar-
sa lefficacia dei vaccini vivi attenuati,
con evidenza di protezione elevata
(83%) nella fascia det da 6 mesi a 7
anni [7]. In generale si pu dire che le
stime di efficacia del vaccino inattivato
nei bambini di et 6 mesi variano
anche notevolmente a seconda della sta-
gione e del disegno dello studio.
Complessivamente sono disponibili limi-
tati dati di efficacia nei bambini da studi
che hanno utilizzato la PCR. Tra questi
un recentissimo studio caso-controllo,
condotto durante le stagioni influenzali
2010-11 e 2011-12 negli Stati Uniti, ha
riscontrato nei bambini vaccinati una
riduzione di tre quarti del rischio di svi-
luppare forme severe di influenza [8]. Se
difficile valutare lefficacia del vaccino
influenzale nella popolazione generale e
nelle varie fasce det, considerato anche
il differente matching tra ceppi vaccinali
e ceppi circolanti in corrispondenza delle
varie stagioni influenzali, ancor pi diffi-
cile trovare evidenze di efficacia nelle
singole patologie. Nel caso del diabete
non sono disponibili revisioni sistemati-
che o studi randomizzati e controllati sul-
leffetto dei vaccini influenzali inattivati
vs placebo o nessun intervento: ci non
deve stupire, in quanto non sarebbe etico
nei soggetti ad alto rischio promuovere
studi sperimentali che prevedano un
gruppo di controllo non vaccinato [9].
Per quanto riguarda il vaccino contro lo
pneumococco la situazione appare sicu-
ramente pi lineare. Dopo lera del vac-
cino coniugato 7-valente, lintroduzione
del vaccino 13-valente promette risultati
importanti nella riduzione delle malattie
invasive da S. pneumoniae [10]. Attual -
Quali vaccinazioni nel bambino
affetto da diabete mellito?
Franco Giovanetti
Dirigente medico, Dipartimento di Prevenzione, ASL CN2, Alba, Bra (CN)
men te il vaccino registrato per un
amplissimo range di et, che si estende
dalle 6 settimane di vita sino allanziano.
Il bambino diabetico di qualsiasi et pu
quindi ricevere il vaccino 13-valente,
qualora non sia stato vaccinato nel primo
anno di vita, come prevede il calendario
vaccinale vigente. u
Conflitto dinteressi. LAutore dichiara di
non avere rapporti di tipo economico con
aziende farmaceutiche. Sporadi ca men te
ha accettato inviti da Wyeth (ora Pfizer),
Sanofi-Pasteur, Novartis Vac cines e GSK
per la partecipazione a convegni.
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doi:10.4161/hv.26650.
Per corrispondenza:
Franco Giovanetti
e-mail: giovanetti58@alice.it
vaccin
132
Quaderni acp 2014; 21(3): 132-135
fra due mondi
Gli interventi rituali sui genitali femmi-
nili sono una pratica antichissima tra le
popolazioni della fascia centro-nord afri-
cana, dalla costa atlantica al Corno
dAfrica fino al Medio Oriente. Sono
circa 100-140 milioni le donne che in
tutto il mondo hanno subto una mutila-
zione genitale e, ogni anno, circa 3 milio-
ni rischiano un uguale trattamento [1].
Tutti gli organismi internazionali, coin-
volti nella tutela dei diritti umani e atten-
ti alle condizioni socio-sanitarie dei
Paesi in via di sviluppo, hanno espresso
condanna nei confronti delle pratiche di
mutilazione genitale femminile (MGF),
avviando indagini epidemiologiche e
programmi di monitoraggio, promuo-
vendo campagne educative e incorag-
giando provvedimenti legislativi che
mettessero al bando qualsiasi intervento
non terapeutico di questa natura. Tra i
documenti pi recenti, il pronunciamen-
to dellAssemblea Generale delle
Nazioni Unite (Intensifying global
efforts for the elimination of female geni-
tal mutilations, dicembre 2012) e lam-
pio report dellUNICEF (luglio 2013)
che fotografa lo stato attuale del fenome-
no alla luce delle dinamiche socio-cul -
turali intervenute negli ultimi 20 anni
(figura 1) [1-2]. Molti Stati africani e del
Medio Oriente hanno ratificato disposi-
zioni e leggi che scoraggiano o bandisco-
no qualsiasi MGF incontrando, peraltro,
grandi difficolt nella loro attuazione.
I flussi migratori provenienti dallAfrica
hanno portato la consapevolezza del pro-
blema anche in Italia. Lart. 4 della
Legge n. 7 del 9 gennaio 2006 (vedi
oltre) formula Linee Guida di comporta-
mento per le figure professionali sanita-
rie e sociali, tese alla prevenzione, assi-
stenza e riabilitazione delle donne e delle
bambine sottoposte a MGF; nel 2007 il
Ministero della Salute pubblicava una
ricognizione delle risorse regionali dedi-
cate al monitoraggio di questa pratica
[3-4]. Gi alcuni anni prima la Regione
Emilia-Romagna aveva condotto unin-
dagine conoscitiva ed elaborato racco-
mandazioni per supportare i professioni-
sti nellapproccio culturale, ancor prima
che sanitario, a un tema cos complesso
[4-5]. Gli operatori dellarea ostetrico-
ginecologica sono evidentemente in
prima linea rispetto alle possibili riper-
cussioni di natura funzionale, sessuale e
infettiva, e alle complicanze connesse
alla gravidanza e al parto. Tuttavia, con-
siderando che in numerosi Paesi africani
la maggioranza delle bambine subisce
una MGF entro i 5 anni et, non impro-
babile che anche il pediatra possa imbat-
tersi in problematiche di questa natura e
ne debba riconoscere le complessit
socio-sanitarie e medico-legali. Il caso
che descriviamo ci aiuta a rendere pi
realistica questa ipotesi [2].
La storia di Anya,
raccontata dalla sua pediatra
Anya (nome di fantasia) ha 9 anni ed
nata in Italia da genitori che provengono
dal Burkina Faso. Sono la sua pediatra
da quando aveva 2 anni; dopo di lei sono
nati un fratellino che ha ora 5 anni e la
sorellina S. di 4 anni, entrambi miei
pazienti dalla nascita. Sono quasi sem-
pre venuti in ambulatorio con la mamma
che, pur parlando poco litaliano,
abbastanza autonoma e non aspetta che
il marito torni dal lavoro per farsi
accompagnare da me, come spesso abi-
tudine delle donne immigrate. Allinizio
stato difficile farsi capire: la mamma
mi portava Anya solo quando era mala-
ta, senza prendere appuntamento e face-
va fatica a comprendere le indicazioni
che le davo. In seguito ha iniziato a
seguire meglio le mie prescrizioni, a pre-
sentarsi agli appuntamenti dei bilanci di
salute e non solo per le malattie dei bam-
bini, a non utilizzare il Pronto Soccorso
per situazioni di mia competenza: ero
convinta di aver instaurato una buona
relazione con questa famiglia. Cer -
tamente la differenza culturale permane-
va, era evidente nel modo di vestire della
madre, nel modo un po sbrigativo e rude
(per me) di trattare i bambini e nelle abi-
tudini alimentari che lhanno portata a
svezzare i figli con i cibi tipici del pro-
prio paese dorigine.
... ma lAfrica era presente nelle loro vite
pi di quanto io potessi immaginare e
lho percepito il giorno in cui sono stata
contattata da unispettrice dellUfficio
Minori della Questura per informazioni
su Anya e sulla sua famiglia. Dalla scuo-
la di Anya era pervenuta la segnalazione
che la bambina si era detta preoccupata
per un taglio nelle parti intime che
avrebbe dovuto subire lestate successi-
va, cos come era accaduto alla sorella
minore S. quando era stata in Africa.
Costernata per la mia ignoranza dei fatti
Per corrispondenza:
Enrico Valletta:
e-mail: e.valletta@ausl.fo.it
Le mutilazioni genitali femminili:
basta una storia per svelare un mondo
Valentina Venturi*, Tamara Fanelli**, Enrico Valletta***
*Pediatra di libera scelta, AUSL della Romagna, Forl; **Ufficio Minori, Questura di Forl; ***AUSL della Romagna, Dipartimento
Materno-Infantile, Ospedale G.B. Morgagni-L. Pierantoni, Forl
Abstract
Female genital mutilation: a story seems enough to uncover a world
Female genital mutilation/cutting (FGM/C) is a common practice among populations
of North and Central Africa, from the Atlantic coast to the Horn of Africa, and of
Middle East. As many as one hundred to one hundred and forty million girls have been
cut worldwide and three million girls are at risk of being cut every year. Most of them
are cut before 15 years of age. A number of young women and girls migrating from
Africa to Italy are likely to have been cut, or their parents are planning to cut them in
the future. Such practice is banned and punished both by Italian and international
legislation. The case described shows how important it is for the paediatrician to be
aware and informed of the cultural and legal implications in order to act properly.
Quaderni acp 2014; 21(3): 132-135
Gli interventi rituali sui genitali femminili sono una pratica antichissima presso le
popolazioni che appartengono alla fascia centro-nord africana, dalla costa atlantica
al Corno dAfrica fino al Medio Oriente. Sono circa 100-140 milioni le donne che in
tutto il mondo hanno subto una mutilazione genitale (MGF) e ogni anno circa 3 milio-
ni rischiano uguale trattamento. La maggioranza di questi interventi avviene entro i
15 anni di et. I crescenti flussi immigratori rendono attuale questa problematica
anche in Italia ed ragionevole ritenere che un certo numero di bambine, provenien-
ti da Paesi nei quali le MGF sono consuetudine, siano state o possano essere sotto-
poste a mutilazioni di questo tipo. La legislazione italiana e larga parte di quella inter-
nazionale condannano e puniscono questa pratica. Il caso che descriviamo dimostra
che il pediatra deve essere consapevole di questo fenomeno e conoscere il contesto
culturale e normativo nel quale potersi muovere con avvedutezza ed efficacia.
133
(mai avevo avvertito alcun timore in
Anya, n notato nulla di strano in S.!),
guardo nella cartella della sorella mino-
re e vedo che S. aveva saltato il bilancio
di salute dei 2 anni, recuperato mala-
mente con un peso, unaltezza e qualche
annotazione sullo sviluppo psico-moto-
rio in occasione di una visita per patolo-
gia acuta verso i 2 anni e mezzo (nessun
appunto sui genitali!). Cerco nella mia
cartella qualche traccia di un suo prece-
dente soggiorno in Africa, ma non trovo
prove certe (nellottobre del 2010 avevo
prescritto la profilassi antimalarica per
Anya e per il fratellino che, presumibil-
mente, erano andati in Africa, ma non
per S.!). Mi accorgo di avere in pro-
gramma per S. un appuntamento per il
bilancio di salute dei 3 anni di l a poco,
per cui mi congedo dalla dottoressa
dellUfficio Minori con limpegno di
ricontattarla a breve per fornirle infor-
mazioni pi precise. Nel frattempo lei
avrebbe convocato con discrezione la
famiglia per un colloquio.
Al bilancio di salute S. accompagnata
dai genitori; sul libretto sanitario verifi-
co che si era recata in Africa nel 2010 (la
profilassi antimalarica era stata proba-
bilmente prescritta dal medico dellUf -
ficio di Igiene che laveva vaccinata per
la febbre gialla). Ancora prima che io
inizi a visitare la bambina, il padre mi
comunica che il giorno precedente erano
stati convocati in Questura per risponde-
re ad alcune domande rivolte alle fami-
glie di immigrati. Nel corso di quellin-
tervista avevano ammesso di aver sotto-
posto S. a una pratica di chirurgia ritua-
le femminile come era consuetudine per
tutte le bambine della loro famiglia (era
stato cos anche per la madre di S.). Il
fatto si era verificato nel 2010 quando
erano tornati in Africa dai loro parenti
(S. aveva circa un anno e mezzo). Anche
Anya avrebbe dovuto subire lo stesso
intervento ma era stato rimandato per-
ch in quei giorni non stava bene. Nel
colloquio avuto in Questura avevano ca -
pito di aver fatto qualcosa di sbaglia-
to per la nostra Legge ed erano preoc-
cupati. Non ho quindi dovuto addurre
alcuna giustificazione per esaminare i
genitali della bambina e per verificare
che le piccole labbra erano state ridotte
a due piccoli lembi mucosi in corrispon-
denza della commissura vulvare anterio-
re e che il clitoride era appianato.
Durante la visita, il padre mi ripete che
nella loro famiglia si tratta di una prati-
ca abituale, come la circoncisione per i
maschi, ed effettivamente durante lo
stesso viaggio in Africa il fratellino di
Anya era stato circonciso, anche lui in
casa, come la sorella. Mi dice anche che
in Burkina Faso le donne che non sono
sottoposte a quella pratica da bambine,
trovano marito con difficolt, sono con-
siderate diverse. Mi permetto di far
osservare al padre che, anche se diffuse
e accettate nel suo Paese, sono pratiche
molto dolorose e dannose per la salute
delle bambine. Gli spiego che la Legge
italiana vieta le pratiche di questo tipo e
che sono tenuta a riferire il tutto alla dot-
toressa della Questura.
Alcuni giorni dopo ho rivisto la piccola
S. insieme a una ginecologa esperta in
questo tipo di lesioni, che ha confermato
la presenza di una MGF di III tipo con
clitoridectomia e asportazione delle pic-
cole labbra (una delle pi diffuse in
Africa). Ricevuto il referto congiunto mio
e della ginecologa, lUfficio Minori della
pediatri fra due mondi Quaderni acp 2014; 21(3)
Tipo I Asportazione del prepuzio, con o
senza lasportazione di parte o di
tutto il clitoride
TABELLA 1: CLASSIFICAZIONE DELLE MUTILAZIONI GENITALI FEMMINILI [3-5-6] FIGURA 1: PERCENTUALE DI DONNE SOT-
TOPOSTE A MGF
In evidenza larea di tessuto rimosso
Tipo II Parziale o totale rimozione del
clitoride e delle piccole labbra con
o senza escissione delle grandi
labbra
In evidenza larea di tessuto rimosso
e dopo sutura
Tipo III Riduzione del canale vaginale con
taglio e avvicinamento delle picco-
le e/o grandi labbra fino a sigil-
larle anche mediante sutura (infi-
bulazione), con o senza escissione
del clitoride. In evidenza larea di tessuto rimosso
e dopo sutura
Tipo IV Operazioni, non specificamente classificate, che includono: perforazione,
penetrazione o incisione del clitoride e/o labbra, stiramento del clitoride
e/o labbra, cauterizzazione mediante ustione del clitoride e del tessuto cir-
costante, raschiamento del tessuto circostante lorifizio vaginale o incisio-
ne della vagina, introduzione di sostanze corrosive o erbe in vagina per
causare emorragia o allo scopo di serrarla o restringerla 0% 20% 40% 60% 80% 100%
134
Questura ha avviato il successivo iter
giudiziario.
Disposizioni e leggi in tema
di mutilazioni genitali femminili
Le pratiche di MGF appartengono a
retaggi di culture ancestrali, nellambito
dei cosiddetti riti di passaggio, volti a
scandire le fasi della vita sociale allin-
terno dei gruppi umani. Si tratta di prati-
che che portano alla rimozione (o al dan -
no) parziale o totale dei genitali esterni
femminili (compiute sulla base di moti-
vazioni non terapeutiche), che lOr ga -
nizzazione Mondiale della Sanit (OMS)
ha classificato in quattro tipologie (tabel-
la 1) [6]. Nel 2001, il Parla mento
dellUnione Europea ha adottato una
Risoluzione di condanna delle MGF in
quanto violazione dei diritti umani fon -
damentali e ha chiesto agli Stati mem bri
di considerare reato qualsiasi tipo di
MGF [7].
Il legislatore italiano, con la Legge n. 7
del 9 gennaio 2006, Dispo si zio ni con-
cernenti la prevenzione e il di vieto delle
pratiche di mutilazione genitale femmi-
nile (G.U. n. 14 del 18 gennaio 2006),
ha introdotto nel Codice penale uno spe-
cifico reato che punisce queste pratiche.
Nel panorama del diritto italiano il
primo esempio di cultural crime, o reato
culturalmente motivato: un comporta-
mento realizzato da un membro apparte-
nente a una cultura di minoranza (immi-
grato), [] considerato reato dallordi-
namento giuridico della cultura domi-
nante. Questo stesso comportamento,
tuttavia, allinterno del gruppo culturale
dellagente condonato, o accettato
come comportamento normale, o appro-
vato, o addirittura sostenuto e incorag-
giato in determinate situazioni. La
Legge, intervenendo in un contesto di
evidente conflitto normativo/culturale, si
propone di individuare le misure neces-
sarie per prevenire, contrastare e repri-
mere le pratiche di MGF quali violazio-
ni dei diritti fondamentali allintegrit
della persona e alla salute delle donne e
delle bambine. I Ministeri per le Pari
Opportunit, della Salute, dellIstru zio -
ne, dellUniversit e della Ricerca, del
Lavoro e delle Politiche Sociali, degli
Affari Esteri e dellInterno hanno indivi-
duato, congiuntamente, programmi diret-
ti a informare le comunit degli immi-
grati sulle leggi italiane che vietano le
MGF, sui diritti fondamentali delle
donne e delle bambine e sulla corretta
preparazione al parto per le donne infi-
bulate. Sul versante socio-sanitario si
operato sullaggiornamento degli inse-
gnanti della scuola dellobbligo, sul
monitoraggio dei casi gi conosciuti e
sulle attivit di prevenzione, assistenza e
riabilitazione delle donne e delle bambi-
ne che hanno subito una MGF. Il Mi ni -
stero dellInterno ha istituito un numero
verde (800 300 558), finalizzato a rice-
vere segnalazioni da parte di chiunque
venga a conoscenza delleffettuazione,
sul territorio italiano, delle pratiche di
MGF, nonch a fornire informazioni
sulle organizzazioni di volontariato e
sulle strutture sanitarie che operano
presso le comunit di immigrati prove-
nienti da Paesi dove sono effettuate tali
pratiche.
La Legge italiana prevede sanzioni pecu-
niarie e amministrative nel caso in cui la
MGF sia attuata allinterno delle struttu-
re sanitarie del nostro Paese (D.L.
8.6.2001, n. 231). Per loperatore sanita-
rio responsabile di taluni di questi delitti
prevista linterdizione dalla professio-
ne da 3 a 10 anni. La stessa Legge del
2006 intende garantire non solo linte-
grit fisica e la salute, ma anche il benes-
sere psico-sessuale della donna, la sua
dignit e libert di autodeterminazione.
Individuando come illecite le mutilazioni
dei genitali esterni, si voluto tutelare la
donna nei suoi diritti sessuali proteggen-
dola da pratiche mutilanti intese a con-
trollarne lesercizio della sessualit pur
senza incidere sulla sua capacit di pro-
creare. Qualsiasi tipo di MGF, da chiun-
que provocata e per qualsiasi motivo in
assenza di esigenze terapeutiche,
considerato reato. Se da questo deriva
una malattia nel corpo o nella mente o
se la mutilazione ha lintento specifico di
menomare le funzioni sessuali, il reato
considerato ancora pi grave. Si volu-
to, cos, eliminare qualsiasi spazio di
impunit anche per le menomazioni della
funzione sessuale che non si accompa-
gnino, necessariamente, a una mutilazio-
ne (es. incisione del clitoride o della
vagina o restringimento dellorgano fem-
minile).
Il reato considerato pi grave se com-
messo a danno di un minore o per fini di
lucro. Le stesse disposizioni si applicano
quando il fatto commesso allestero da
cittadino italiano o da straniero residente
in Italia e, previa richiesta del Ministro
della Giustizia, quando la vittima sia un
cittadino italiano o uno straniero residen-
te in Italia. Se il responsabile del fatto
il genitore o il tutore, si pu arrivare,
rispettivamente, alla decadenza della
potest genitoriale o alla interdizione
perpetua dalla tutela. Per questi reati c
lobbligo di procedere dufficio. Le -
s ercente un servizio di pubblica necessit
(sanitario libero professionista) ha lob-
bligo di redigere il referto entro 48 ore,
mentre il Pubblico ufficiale (dipendente
pubblico) o lincaricato di Pubblico ser-
vizio (professionista convenzionato con
il SSN), che abbia avuto anche solo
notizia dellesecuzione di una MGF,
deve redigere senza ritardo la denun-
cia (rapporto). Entrambe le comunicazio-
ni devono essere trasmesse o al Pubblico
Ministero o a un ufficiale di Polizia giu-
diziaria.
Anya, tra cultura e legge
Le cose iniziano a muoversi attorno ad
Anya nellaprile 2012, quando una sua
compagna di classe riferisce alla propria
madre, assistente sociale, una frase che
poteva rimandare a pratiche di MGF
(questa estate in Africa mi taglieranno e
cuciranno la passerotta). Lassistente
sociale inoltrava la segnalazione a llUf fi -
cio Minori della Questura. LUfficio
pren deva contatto con la pediatra di
Anya e convocava i genitori affrontando,
in termini prudentemente generali, il
tema delle MGF. Nel colloquio i genitori
di Anya ammettevano, senza difficolt,
di avere sottoposto in Burkina Faso, nel
novembre del 2010, la figlia terzogenita
a un intervento di chirurgia rituale. Lin -
ter vento, che trovava la loro piena ade-
sione, poich una donna non una don -
na se non ha subto questa procedura,
era stato effettuato da personale non
medico.
Le verifiche successive della pediatra e
della ginecologa sulla sorellina di Anya
definivano il quadro dal punto di vista
sanitario. Vale la pena ricordare che il
pediatra ha lobbligo di denunciare le
ipotesi di reato a danno dei minori rile-
vate nellambito della sua attivit, inol-
trando il referto al Pubblico Ministero o
a un ufficiale di Polizia Giudiziaria (es.
Ufficio Minori). Nel nostro caso, il refer-
pediatri fra due mondi Quaderni acp 2014; 21(3)
135
to della pediatra e la denuncia sanitaria
della ginecologa avevano evidenziato
una mutilazione genitale di terzo
grado, reato specificamente contempla-
to dallart. 583 bis c.p. Liter giudiziario
proseguiva con la comunicazione alla
Procura della Repubblica per accertare la
responsabilit penale dei genitori e al
Tribunale per i Minorenni al fine di
garantire la tutela dei minori appartenen-
ti al nucleo familiare. I genitori erano,
infatti, imputabili del reato in quanto
entrambi residenti in Italia cos come la
sorella di Anya in qualit di persona offe-
sa. Il Tribunale per i Minorenni emetteva
un Decreto provvisorio di sospensione
dalla potest genitoriale, nominando
tutore provvisorio il Servizio sociale per-
ch effettuasse, assieme ai Servizi sanita-
ri della AUSL, una stretta vigilanza sulla
crescita psicofisica dei bambini e sui loro
rapporti con i genitori. Attraverso unap-
propriata mediazione culturale si predi-
sponeva un progetto educativo e psicolo-
gico di sostegno al nucleo familiare e, in
particolare, a S., vittima della mutilazio-
ne. Ai genitori veniva fatto divieto di
condurre i minori fuori dal territorio ita-
liano, per impedire che anche Anya
potesse subire lo stesso intervento alle-
stero.
La successione degli eventi mette in luce
limportanza della tempestiva segnala-
zione dellassistente sociale allUfficio
Minori: essa ha consentito di verificare la
menomazione di S., di accertare la
responsabilit dei genitori ma, soprattut-
to, di scongiurare analogo destino per
Anya. La stretta integrazione tra lauto-
rit giudiziaria e i servizi socio-sanitari
coinvolti ha dato lavvio a un percorso
virtuoso di tutela dei minori e di affian-
camento di tutto il nucleo familiare in
unottica di maggiore consapevolezza e
di integrazione socio-culturale.
Ci noto un solo caso analogo in giuri-
sprudenza, nel quale il Tribunale di
Verona (sentenza del 14 aprile 2010)
condannava due coppie di genitori e una
mammana nigeriani per avere effettuato,
in territorio italiano, ripetute pratiche di
MGF e di circoncisione su bambini con-
nazionali.
Alcune considerazioni
La storia di Anya riassume alcune delle
molte problematiche che accompagnano
il tema delle MGF. Si tratta di un feno-
meno con implicazioni antropologiche,
religiose, storiche, sociali e culturali tal-
mente vaste da sconsigliarne una tratta-
zione sommaria e superficiale. Ci limite-
remo pertanto a qualche considerazione
pratica suggerita dal caso descritto.
Il primo messaggio per il pediatra che,
in conseguenza dei crescenti flussi mi -
gratori in atto e della giovane et (entro i
15 anni) alla quale vengono quasi sempre
attuate le pratiche di MGF, del tutto
possibile che tra le proprie assistite possa
esserci qualche bambina che stata sot-
toposta a chirurgia rituale. bene esser-
ne a conoscenza per motivi legati alla
salute della paziente (rischio infettivo,
disturbi della minzione, regolarit della
dinamica mestruale, difficolt di ordine
sessuale), per una migliore comprensio-
ne del contesto culturale del suo nucleo
familiare e per vigilare come nel caso
di Anya sul possibile reiterarsi di un
intervento oggi considerato gravemente
lesivo dei diritti fondamentali dellindi-
viduo e della sua integrit psico-fisica.
Il secondo messaggio che la pratica
delle MGF reato contemplato dal
nostro Codice penale e, come tale, impe-
gna ogni operatore sanitario a unopera
di prevenzione oltre che di immediata
segnalazione allAutorit giudiziaria,
anche nel semplice sospetto che possa
verificarsi entro e fuori i confini italiani.
Non tanto e non solo perch la Legge
possa dispiegare i propri effetti punitivi,
ma soprattutto perch possano essere
messe in atto azioni volte a favorire un
mutamento culturale e il consapevole
rifiuto di qualsiasi pratica di MGF. I dati
raccolti dallUNICEF dicono che qual-
cosa sta cambiando anche nella cultura
dei Paesi interessati e che la percentuale
delle donne operate passata dal 54% al
36%, con una diminuzione particolar-
mente evidente in Kenya, Benin, Re pub-
b lica Centrafricana, Iraq e Liberia [2].
Nello stesso Burkina Faso, punibile
non solo chi provoca una MGF, ma an -
che chi venga a conoscenza del fatto e
non lo riferisca.
Lultimo messaggio, trasversale a tutto il
percorso descritto, che la comunicazio-
ne su questo tema, con le famiglie e con
le bambine/adolescenti, deve essere
improntata alla massima prudenza e
rispetto di culture e tradizioni a noi pres-
soch sconosciute. una raccomanda-
zione contenuta in qualsiasi documento
che tratti largomento MGF, a partire dal
termine stesso mutilazione che, pur
formalmente corretto per la nostra cultu-
ra, potrebbe risultare altrove offensivo e
ostacolare ogni ulteriore tentativo di
comprensione reciproca. u
Bibliografia
[1] World Health Organization, Eliminating Female
Genital Mutilation: An interagency statement,
WHO, UNFPA, UNICEF, UNIFEM, OHCHR,
UNHCR, UNECA, UNESCO, UNDP, UNAIDS,
WHO. Geneva 2008. http://www.who.int/repro-
ductivehealth/publications/fgm/9789241596442/en
/index.html/.
[2] Risoluzione del Parlamento Europeo, 20.9.2001
n. 2035 (INI), GUCE C 77 E 28.3.2002.
[3] Regione Emilia-Romagna. Progetto n. 9. Le
mu tilazioni genitali femminili (MGF) nella popola-
zione immigrata (dicembre 2000 - febbraio 2001).
Raccomandazioni per i professionisti. www.salu-
ter.it.
[4] United Nations General Assembly resolution,
Intensifying global efforts forthe elimination of fe -
ma le genital mutilations, UN document A/RES/67/
146, 20 December 2012, United Nations, New
York. www.un.org/ga/search/view_doc.asp?sym-
bol=A/RES/67/146.
[5] United Nations Childrens Fund, Female
Genital Mutilation/Cutting: A statistical overview
and exploration of the dynamics of change.
UNICEF, 2013.
[6] www.salute.gov.it/imgs/C_17_pubblicazio-
ni_769_allegato.pdf.
[7] Regione Emilia-Romagna. Progetto n. 9. Le
mutilazioni genitali femminili (MGF) nella popola-
zione immigrata (dicembre 2000 - febbraio 2001).
Risultati dellindagine regionale. www.saluter.it
pediatri fra due mondi Quaderni acp 2014; 21(3)
136
Quaderni acp 2014; 21(3): 136-137
Rubrica a cura di Maria Francesca Siracusano
Questo libro di due ricercatrici di cultura
sociologica, ma abituate a lavorare con i
pediatri, affronta un problema poco ana-
lizzato: che cosa pensano i bambini della
loro salute e specialmente (specialmen-
te perch questo riguarda molto i pedia-
tri) cosa pensano di se stessi quando si
ammalano o non si sentono tanto bene.
Lo star bene o lo star male, in verit, non
sono stati assoluti ma confinanti e quindi
particolarmente interessante il proble-
ma delle soglie, cio della percezione
del passaggio dallo stato di salute a quel-
lo di malattia. Il problema, che dovrebbe
destare molto interesse fra i pediatri e fra
i genitori, si colloca su un piano pi
generale: quanto si tiene conto, nella vita
quotidiana, della capacit dei bambini di
essere persone attive e progressivamente
sempre pi competenti? Il libro colloca il
problema nella triade genitore/bambi-
no/pediatra e cerca risposte con una
ricerca alla quale hanno partecipato 151
bambini fra 7 e 10 anni residenti a Torino
e nella provincia di Asti e i loro 20 pedia-
tri del Gruppo ACP dellOvest, cio del
Piemonte e Valle dAosta. Oltre ai pe -
diatri hanno partecipato alla ricerca
50 madri, 13 padri e 26 insegnanti. Il
punto di vista di genitori e insegnanti
ovviamente di grande interesse nella
comprensione, la pi completa possibile,
di cosa pensano i bambini. Si trattato di
una ricerca qualitativa, metodo pi effi-
cace per la comprensione del senso di
quello che si voleva indagare, condotta
attraverso focus group e interviste semi-
strutturate. Cosa pensano i bambini del
loro star bene o star male comporta
anche di interrogarsi sul ruolo che, nella
corrente pratica ambulatoriale, viene
assegnato al bambino allinterno della
Anna Rosa Favretto,
Francesca Zaltron
Mamma,
non mi sento
tanto bene
Donzelli editore, 2013
pp. 202, euro 25
Cosa pensano i bambini
del loro essere malati
Uno svezzamento a 3 stelle
Alain Ducasse,
Paule Neyrat
Ducasse beb.
100 ricette semplici,
sane e buone
dai 6 mesi ai 3 anni
LIppocampo, 2013
pp. 167, euro 15
relazione di diagnosi e cura. Molto spes-
so (quasi sempre?) il rapporto fra adul-
ti (pediatra e genitori) e tende a e sclu dere
il bambino. La ricerca ha messo in evi-
denza una buona presenza, anche in
bambini abbastanza piccoli, verso il 7
an no, di una discreta competenza sui pi
frequenti star male che affollano lo
studio del pediatra e che spesso vengono
classificati come il famoso acuto banale;
e anche una discreta comprensione della
efficacia, nel far passare lo star male,
sia dei farmaci che dellattesa che passi e
quindi della capacit di arrangiarsi da
soli. Circa la capacit dei bambini di rac-
contare il loro malessere, emerso che
ne sono capaci se ascoltati e aiutati in ci
che raccontano. Esiste nella pratica cor-
rente un certo scetticismo su queste loro
capacit e laiuto alla comprensione che
il libro, in qualche tratto faticoso, produ-
ce pu essere di aiuto. E occorre dire che
tale scetticismo non solo dei pediatri,
ma anche degli adulti che hanno parteci-
pato alla ricerca. Al Convegno di Ta bia -
no si proposto ai partecipanti un que-
stionario su cosa pensassero di tutto que-
sto i pediatri di quel Convegno. Il quesi-
to riguardava Simone di 5 anni in studio
con i genitori per mal di pancia. Ha par-
tecipato allindagine il 79,3% dei conve-
gnisti. Un risultato molto buono, ma non
inatteso dato che Franco Panizon chia-
mava quelli di Tabiano pediatri consape-
voli. Vi sapremo dire.
Giancarlo Biasini
iniziare un lattante ai piaceri della tavola
ma in assenza del medesimo perch
non provare qualche ricetta noi adulti?
Sono semplici, gustose e, oltre a educare
al gusto, insegnano a rispettare il susse-
guirsi delle stagioni e dei loro prodotti.
La frutta e la verdura, che spesso i bam-
bini rifiutano, vengono proposte insieme
a yogurt, formaggi, pastina, cereali e
impiattati in modo invitante. In tutte le
ricette non viene mai usato zucchero o
miele ma solo succo dagave in piccole
dosi. Non mancano ovviamente le erbe
aromatiche, il cui uso permette di dare
sapore alle pietanze, riducendo o elimi-
nando i condimenti meno sani come il
sale e i dadi. Un importante effetto colla-
terale dello svezzamento attuato seguen-
do le ricette di Ducasse sar una regres-
sione di tutti i componenti adulti della
famiglia che vorranno mangiare le pappe
del pi piccolo! Ununica critica: le
tabelle stilate dalla nutrizionista che ha
collaborato alla stesura del libro non
sono completamente condivisibili, come
lindicazione a usare il latte di prosegui-
mento o crescita sino ai 2 anni, indica-
zione che il bambino stesso, dopo aver
assaggiato le gustose pietanze, forse ri -
fiu ter! Se quindi decidete di consigliar-
lo a qualche vostra paziente, dovrete for -
se chiederle di non seguire alla lettera le
tabelle e i suggerimenti di Paule Neyrat.
Buona lettura e buon appetito.
Patrizia Elli
Al primo sguardo siamo catturati dalle
bellissime fotografie di invitanti piatti
colorati che si alternano a illustrazioni
divertenti. Proviamo allora a leggere
qualche ricetta e ci viene lacquolina in
bocca e il primo pensiero : Ma pro-
prio necessario avere un bambino da
svezzare?. Sarebbe sicuramente bello
John Williams
Stoner
Fazi editore, 2012
pp. 332, euro 17,5
Una storia personale
La prima edizione americana del 1965
ma in Italia il romanzo arrivato solo a -
des so. Perch lho letto? Il tam tam ri -
stretto di qualche amico e il fatto curioso
che il nome del protagonista del libro,
William, in realt il cognome dello
scrittore cos come lorigine contadina e
lattivit di professore universitario:
lAutore per giura che non c nulla di
Daniela Corbella,
Luca Ercoli,
Laura Locatelli
Adolescenza e
Autonomia: che fatica!
Soprattutto per le madri
di figli maschi
Pubblicato dallAutore,
2014
pp. 176, euro 16
137
libri Quaderni acp 2014; 21(3)
buona

Un classico un libro che non ha


mai finito di dire quel che ha da
dire

.
Italo Calvino
Perch leggere i classici
La faticosa adolescenza
autobiografico. Di solito queste dichiara-
zioni sono in realt una confessione, e
questo mi ha intrigato molto. La storia
racconta la vita di un professore di lette-
ratura, dalla sua adolescenza fino alla sua
morte. Una storia speciale? No! Una sto-
ria normale, si potrebbe dire. Ma la nor-
malit unideologia, una falsit che in -
ghiotte tutto senza riconoscere lunicit
di ogni persona e di ogni vicenda umana.
LAutore del libro questo lo sa e dentro
questa apparente normalit racconta una
storia di eroica quotidianit. La narrazio-
ne di John Williams, sempre in terza per-
sona, dolce, delicata, ma netta, senza
orpelli e non fa trapelare alcun giudizio
morale. Una scrittura ricca di attenzione,
compassione e affetto per ogni personag-
gio del romanzo. Questa delicatezza tut-
tavia nasconde sciabolate di profonda
introspezione che colpiscono non il pro-
tagonista, William Stoner, bens il letto-
re. Come arriva Stoner alla fine della sua
vita? felice? Ha avuto unesistenza
compiuta? stato quello che voleva di -
ventare? Oppure ha scoperto quello che
era? Riuscir Stoner ad assolvere limpe-
rativo conosci te stesso e avr coltiva-
to lamore, non quellamore che pensia-
mo come uno stato di grazia ma quella
parte del divenire umano, una condizio-
ne inventata e modificata momento per
momento, e giorno dopo giorno, dalla
volont, dallintelligenza e dal cuore? E
noi scegliamo o scopriamo quello che
siamo? Condividiamo lamore come lo
ha vissuto Stoner? Quante domande con
cui confrontarsi con chi ha letto il roman-
zo. Le ultime due pagine, infine, mi
hanno riportato alla memoria gli ultimi
momenti di vita di Adriano nella indi-
menticabile prosa di Marguerite Your -
cenar. Stoner un libro di grande poten-
za e delicatezza e volevo condividere con
voi questa bella lettura.
Costantino Panza
Il libro stato scritto da una pediatra, da
un educatore e da un giornalista, e inda-
ga le relazioni tra genitori e figli adole-
scenti. Utilizzando le interviste semi-
strutturate mirate a entrambi i genitori, o
solo ai padri.
La prima scoperta che le relazioni tra
madri e figli di sesso diverso, e padri e
figli di sesso diverso non sono uguali, e
che la fatica di crescere un figlio maschio
da parte della madre sembra maggiore.
Il libro scorre su due binari: il primo
dedicato alla riflessione sulladolescenza
di oggi e sulla storia che ci ha portato
fin qui, il secondo sulle strategie educati-
ve. Quindi vengono trattati lidentit ses-
suale e il cervello maschile e femminile;
i racconti aneddotici di mamme e ragaz-
zi aiutano a capire come vengono vis-
suti.
Il secondo aspetto riguarda la quotidia-
nit educativa dei genitori, e il modello
proposto quello che mira ad aumentare
le competenze relazionali dei ragazzi e il
raggiungimento dellautonomia attraver-
so lo sviluppo di life skill, definite
dallOMS come competenze sociali e
relazionali che permettono ai ragazzi di
affrontare in modo efficace le esigenze
della vita quotidiana, rapportandosi con
fiducia a se stessi, agli altri e alla comu-
nit.
La difficolt che i genitori incontrano
quella della comunicazione delleduca-
zione, che deve basarsi sullequilibrio tra
il codice normativo, tradizionalmente
legato alla figura paterna, e il codice
affettivo, considerato un codice per lo
pi materno.
Nelle relazioni familiari contemporanee,
in una societ in cui i ruoli di uomini e
donne si sono ridefiniti sugli attuali stili
di vita, entrambi i genitori sono spesso
portatori di tutti e due i codici, e gli
esempi di piccole storie riportate nel
libro ci danno uno spaccato di questo
cambiamento.
Chi, alla fine della lettura del libro,
volesse concorrere ad ampliarne i contri-
buti alla base, pu partecipare inviando
le risposte alle domande poste nelle
interviste ai genitori e riportate nellap-
pendice del libro indirizzandole a
info@adolescenzaeautonomia.
Maria Francesca Siracusano
Silvia Azzolin,
Emilia Restiglian
Giocare con i suoni.
Esperienze e scoperte
musicali nella prima infanzia
Carocci Faber, 2013
pp. 192, euro 13
Emozione, socialit, musica
Lo studio della musica come attivit
della mente e del corpo una delle pi
recenti scoperte delle neuroscienze. Non
passato molto tempo da quando lo psi-
cobiologo Colwyn Trevarthen affermava
che la comunicazione tra gli umani un
affare esclusivamente musicale, una
competenza che organizza tutte le carat-
teristiche temporali e sociali dellessere
umano. Questa musicalit umana, in
altre parole la capacit di entrare in
comunicazione con i nostri congeneri in
modo interattivo, fondamentale nei
primi periodi della nostra vita, quando un
bambino non esiste di per s, ma esiste
un bambino solo se sono presenti intorno
a lui le cure del genitore. Attualmente
sono presenti studi scientifici che confer-
mano i profondi legami tra emozione,
socialit e musica e, conoscendo il signi-
ficato delle emozioni come regolatrici
delle attivit psicologiche e componenti
essenziali per agire secondo ragione, non
possiamo ignorare linfluenza di unatti-
vit musicale nella crescita del bambino.
Questo agile volumetto di 190 pagine,
scritto da una pedagogista e da una
docente di metodologia delleducazione
musicale, ha il pregio di fornire alcune
basi scientifiche sulla relazione tra musi-
ca e cervello umano e le prospettive
didattiche per lintervento musicale. A
entusiasmare, tuttavia, sono soprattutto i
percorsi ludico-musicali nella prima
infanzia: canti, danze, filastrocche, nin-
nananna, storie sonore, esperienze con-
crete dinterazione utilizzabili da genito-
ri ed educatori. Una rapida carrellata di
sperimentazioni in corso in Italia, tra cui
lintervento del nostro Stefano Gorini e
di Cecilia Pizzorno su Nati per la
Musica, e una ventina di pagine di utile
bibliografia concludono questa interes-
sante lettura.
Costantino Panza
Lo aveva detto Fedro duemila anni fa; lo
dice Francesco Bruni in questa sua se con -
da regia; lo dice chi va a vedere Noi 4 con
la convinzione di assistere a una delle
solite commedie allitaliana: Non sem-
pre le cose sono come sembrano. Pu
accadere infatti di trovare in un film, che
sembrava ricalcare le commediole alli-
taliana, la descrizione di una famiglia in
crisi e i tentativi per recuperare i rappor-
ti logorati, ma non estinti.
Da una parte un padre (Ettore) fallito e
una madre (Lara) superattiva e superan-
siosa; dallaltra la figlia maggiorenne
(Emma) contestatrice e il figlio adole-
scente (Giacomo) alle prese con la prima
cotta della sua vita. Mondi solo apparen-
temente separati che hanno lasciato
momenti di felicit in uno scatto fotogra-
fico. A dispetto di ogni previsione pessi-
mistica, proprio quando ormai sembra
impossibile ricostruire i cocci di ci che
fu, ecco la svolta.
Levento che fa cambiare direzione ai 4
coincide con il colloquio orale che il
figlio pi piccolo si accinge a sostenere
per superare gli esami di licenza media.
Padre, madre e sorella si ritrovano uniti
alle sue spalle, lasciando da parte inte-
ressi personali, impegni di lavoro, ansie
affettive. gi estate, prime ore del
pomeriggio. C tempo per andare a
festeggiare con un tuffo nel lago e con un
rientro collettivo nella tana della sere-
nit. Domani sar per tutti un altro gior-
no; non quello della resurrezione totale,
ma della speranza.
Lalba li ritrover pi determinati, meno
nevrotici, pi entusiasti, pi felici. Po -
trebbe finire qui la lettura di questo film
che intreccia e moltiplica il tema affron-
tato da Bruni nel 2011 con Scialla!, ma
sarebbe unanalisi incompleta. C ben
altro, infatti. Non pi la ricucitura di un
solo rapporto tra padre e figlio, ma una
fitta trama di relazioni trasversali da rico-
struire: marito e moglie, padre e figlia,
padre e figlio, madre e figlia, madre e
figlio. E non tutto, perch ognuno dei
quattro personaggi si trascina problemi
personali pi o meno gravi, pi o meno
condivisi con gli altri: Ettore, le malcela-
te frustrazioni per la mancanza di ispira-
zione e di impiego; Lara, il nervosismo
di un superlavoro e lossessione di una
bellezza al tramonto; Emma, le aspira-
zioni artistiche sospese nelloccupazione
del Teatro Valle, le delusioni damore e
la paura di una maternit non desiderata;
Giacomo, la nostalgia di uninfanzia feli-
ce, la paura provocata da sogni e incubi,
i turbamenti affettivi accentuati dalla
timidezza.
Allo scompiglio di relazioni e affetti fa
da sfondo una Roma cantiere aperto,
caotica e infocata dallafa di giugno.
Bruni, da bravo sceneggiatore, conosce
bene il linguaggio delle immagini e non
si lascia sfuggire il ricorso a metafore,
simboli, allegorie, rimandi. Qualche cita-
zione: avere concentrato tutto in una sola
giornata quasi in funzione del finale che
ai cinefili dovrebbe ricordare quel dopo
tutto domani un altro giorno di Via col
vento; avere presentato Lara (Ksenia
Rappoport) come una donna che pedala
da sola senza mai avanzare, convinta che
il percorso della palestra come quello
della vita sia sempre in salita; avere fatto
perdere il falso treno della felicit a
Emma (Lucrezia Guidone) per farle tro-
vare un meno veloce, ma pi tranquillo,
mezzo sul quale viaggiare aggrappata al
guidatore, averla bloccata un attimo
prima di cedere alla tentazione di anne-
gare, averle ridato il sorriso solo quando
ha trovato la complicit della madre pre-
cipitatasi in suo aiuto da una sponda
allaltra del Tevere.
E ancora: Giacomo (Francesco Bracci)
che ha paura dellavverarsi di un sogno
nel quale naufraga lintera famiglia,
Ettore (Fabrizio Gifuni) che agli occhi
del figlio esaurisce il credito del banco-
mat e la credibilit di genitore, Lara ed
Ettore che si ritrovano senza volerlo in
mezzo alla strada e chiedono aiuto alla
figlia per rientrare a casa, lamuleto por-
tafortuna che emerge dagli scavi di
Roma antica Accostamenti che, in
unarte che essenzialmente immagine,
non possono essere e non sono casua-
Quaderni acp 2014; 21(3): 138
Per corrispondenza:
Italo Spada
e-mail: italospada@alice.it
La moltiplicazione dei rapporti
familiari nel secondo film di Francesco Bruni
Noi 4
Italo Spada
Comitato cinematografico dei ragazzi, Roma
ragazzi
li. Come non casuale lintelligente
montaggio di Marco Spoletini che, pi di
una volta, non chiude immediatamente la
sequenza e lascia ogni conclusione allo
spettatore: Emma incinta, o no? Ettore
si lascer sfuggire una seconda volta la
proposta di lavoro? Lara, dopo la felicit
di una sera, sar meno nevrotica? Gia -
como riandr altre volte al mare con la
cinesina Xiaolian? E, soprattutto, quei
4 ritorneranno a essere 1? u
Noi 4
Regia: Francesco Bruni
Con: Fabrizio Gifuni, Ksenia Rappoport,
Lucrezia Guidone, Francesco Bracci,
Raffaella Lebboroni, Milena Vukotic
Italia, 2014
Durata: 90, col.
138
139
Due documenti dellACP
Quaderni acp 2014; 21(3): 139-140
documenti
di vaccino somministrate, non trova alcuna correlazione con
una contemporanea diffusione dellautismo, la cui diagnosi
negli ultimi anni sicuramente aumentata, ma solo perch
oggi giungono a diagnosi non solo i casi eclatanti del passa-
to, ma anche i tanti casi pi sfumati del cosiddetto spettro
autistico una volta non individuati.
La copertura attuale di vaccinazione MPR ferma in Italia a
circa il 90% dei bambini di due anni di et, un dato assoluta-
mente troppo basso per scongiurare il rischio di nuove epide-
mie. Solo il vaccino pu evitare le complicanze del morbillo,
che sono per la gran parte curabili, ma che possono avere esiti
mortali o invalidanti, ed una patologia in grande aumento e
che continua a fare vittime nei Paesi dove la copertura vaccina-
le non garantita. E non tralasciamo che la rosolia resta tra le
principali cause di incurabili malformazioni fetali e di aborti.
Una nota sulle campagne di informazione contro specifici
vaccini, che di fatto portano a una diffidenza generalizzata
anche verso vaccinazioni di provata efficacia e sicurezza
come lantipolio, con inevitabili danni per la salute pubblica.
Il Consiglio Direttivo ACP
I latti di crescita:
utili solo a chi li produce
Una nota informativa allegata allultimo numero di Pediatria
news riporta la posizione della SIP rispetto alla necessit di uti-
lizzare i latti di crescita nel bambino da 1 a 3 anni di vita. A
sostegno della bont dellutilizzo di latti rafforzati nel bambino
di questa fascia di et, nella nota vengono portate alcune moti-
vazioni (peraltro non supportate da alcun riferimento biblio-
grafico) come fornire un maggiore apporto di acidi grassi ve -
getali, di ferro e micronutrienti. LOMS, EFSA, IBFAN, sulla
ba se di evidenze scientifiche solide, dichiarano che i latti di cre-
scita sono prodotti inutili nellalimentazione dei bambini se non
addirittura negativi, in quanto lalto contenuto di zuccheri e il
conseguente sapore dolce potrebbero influenzare le preferenze
del bambino per i cibi dolci e favorire sovrappeso e obesit
[2-4]. LACP sostiene tali evidenze scientifiche e ha espresso la
sua posizione nel comunicato che di seguito riproduciamo.
Il documento
Luso dei latti di crescita non pu e non deve essere lo stru-
mento offerto al pediatra (e dal pediatra alla famiglia) in vista di
una nutrizione pi bilanciata. Il pediatra deve saper proporre
fin da subito uno stile di vita sano, suggerendo un divezzamen-
to flessibile, complementare a richiesta, variegato e adeguato al
modello dietetico della famiglia.
Inoltre, secondo le ditte produttrici, i bambini dovrebbero bere
500 ml di latte formulato ogni giorno: ci non supportato da
alcuna evidenza scientifica ed anche in netto contrasto con le
raccomandazioni sullallattamento al seno.
Ciononostante, nellultimo numero di Pediatria news, stata
allegata una nota informativa attraverso la quale la SIP prende
posizione rispetto alla necessit di utilizzare i latti di crescita nel
bambino da 1 a 3 anni di vita.
A sostegno della bont dellutilizzo di latti rafforzati nel bambi-
no di questa fascia di et, nella nota vengono riportate alcune
motivazioni (peraltro non supportate da alcun riferimento
bibliografico) quali fornire un maggiore apporto di acidi gras-
Autismo-vaccini, un allarme infondato
Lipotesi che la vaccinazione antimorbillo-parotite-rosolia
(MPR) possa essere associata ad autismo stata sollevata da
uno studio inglese pubblicato nel 1998 su The Lancet, e succes-
sivamente riesaminata da numerosi studi nessuno dei quali ha
confermato che possa esserci una relazione causale tra vaccino
MPR e autismo. Nel 2010 la rivista The Lancet ha formalmen-
te ritirato tale articolo. Il caso della bambina alla quale stata
diagnosticata una sindrome autistica post-vaccinale ha riac-
ceso in Italia una campagna contro la vaccinazione MPR.
LACP, che ha da sempre sostenuto limportanza dellindipen-
denza del mondo scientifico-sanitario rispetto agli interessi del-
lindustria, ribadisce la propria posizione nel comunicato di
seguito pubblicato, in cui si afferma che la sindrome autistica
postvaccinale una diagnosi che non esiste; che lOrga niz za -
zio ne Mondiale della Sanit (OMS) e la letteratura scientifica
smentiscono categoricamente ogni connessione tra autismo e
vaccino MPR; e che la copertura attuale di vaccinazione MPR
ferma in Italia a circa il 90% dei bambini di 2 anni di et, un
dato assolutamente troppo basso per scongiurare il rischio di
nuove epidemie. Giustamente il ministro Lorenzin invita a non
creare allarmismi non sostenuti da evidenze scientifiche.
Il documento
Noi pediatri ACP abbiamo sempre messo le politiche vaccinali
tra le priorit per la Salute pubblica e da sempre chiediamo alle
istituzioni politico-sanitarie una particolare attenzione rispetto a
diversi punti di sofferenza del Sistema:
Manca una cabina di regia sulle politiche vaccinali di cui
prova la frammentazione del calendario vaccinale nelle diver-
se realt regionali.
Il sistema di sorveglianza epidemiologica carente sul capi-
tolo vaccinazioni, sia sugli obiettivi vaccinali raggiunti sia
sugli effetti collaterali.
Scarsa attenzione ai conflitti di interesse nei confronti delle
aziende farmaceutiche.
LACP ha da sempre sostenuto limportanza dellindipendenza
del mondo scientifico-sanitario rispetto agli interessi dellindu-
stria e per questo si data, fin dal 1999, un Codice di autorego-
lamentazione, recentemente aggiornato per ribadire la necessit
di salvaguardare la professione medica dalle ingerenze dei pro-
duttori di farmaci, baby food, dispositivi medici e qualsiasi altro
ambito che possa condizionare il lavoro e lautonomia del medi-
co e di ogni operatore sanitario.
La politica di trasparenza e autonomia della classe medica che
contraddistinguono da sempre loperato ACP ci permette di
ribadire che:
La sindrome autistica postvaccinale una diagnosi che non
esiste: si tratta di una prognosi formulata in modo subdolo e
scorretto, e auspichiamo che la Procura di Trani, sul caso
della diagnosi che stabilisce nesso (mai provato) tra vaccino
trivalente e autismo, si affidi a una commissione scientifica
indipendente.
LOMS e la letteratura scientifica come il British Medical
Journal (BMJ) smentiscono categoricamente ogni genere di
connessione tra autismo e vaccino MPR, ma c un dato che
pi di tutti lo smentisce: levidenza dei dati epidemiologici
mondiali che, a fronte delle molte centinaia di milioni di dosi
Pubblichiamo due documenti che esprimono importanti prese di posizione dellACP su temi fondamentali per la salute
infantile. Il primo riguarda il presunto legame tra vaccini e autismo, di cui si fa un gran parlare pi per faccende legali
che di salute pubblica. Il secondo si riferisce al mercato dei latti di crescita e alla loro presunta utilit. In entrambi i casi la
posizione dellACP non viziata da alcun conflitto di interesse. (Red)
140
documenti
Nel numero 2/2014 il Dossier FAD non precisava lesatta sede degli Autori che va
cos letta:
Martina Fornaro, Enrico Valletta
AUSL della Romagna, Ospedale G.B. Morgagni-L. Pieran to ni, UO di Pediatria, Forl
La figura 5 viene riportata con maggiore chiarezza
Figura 5: indicazioni per il percorso diagnostico nellittero colestatico
Ci scusiamo con gli Autori e i lettori per il disguido e precisiamo che nella piattaforma
on line era gi stata inserita questa versione corretta.
ERRATA CORRIGE
Gioved 9 ottobre 2014 ore 10,00-13,00
presso Associazione Orizzonti
Sobborgo Federico Comandini, 106 Cesena
Il punto sulla Newsletter
I gruppi di lettura, Quaderni acp, la formazione pediatrica: una visione dinsieme.
Le schede della Newsletter
Un confronto sulla elaborazione delle schede da parte dei gruppi di lettura; il sito web
della Newsletter pediatrica; proposte per il futuro.
I gruppi di lettura
Le risposte al questionario: dallorganizzazione alla motivazione. La parola ai gruppi.
Conclusioni
Moderatori: Roberto Buzzetti, pediatra-epidemiologo clinico, Bergamo; Luca Ronfani,
pediatra, Servizio di Epidemiologia e Biostatistica, IRCCS Burlo Garofolo, Trieste
Organizzazione a cura della redazione Newsletter pediatrica ACP
Iscrizione gratuita
Per informazioni e iscrizioni: Laura Brusadin, lauraprate@ambulatoriobrusadin.it
WORKSHOP NEWSLETTER PEDIATRICA ACP
si vegetali, di ferro e micronutrienti;
lEuropean Food Safety Agency (EFSA)
a tale proposito ha concluso, in un pare-
re pubblicato nellottobre 2013, che lap-
porto adeguato di acidi grassi omega-3,
ferro, vitamina D e iodio va assicurato a
lattanti e bambini della prima infanzia
che manifestano o sono a rischio di
manifestare livelli inadeguati di queste
sostanze nutritive e non indiscriminata-
mente a tutti [1].
Nella nota SIP si afferma inoltre che
non sempre facile ladattamento del
bambino e della sua famiglia a una ali-
mentazione pi ricca di nutrienti variega-
ta; questo vero se il modello di divez-
zamento proposto rigido e povero, si -
tuazione che non rappresenta la maggio-
ranza dei nostri bambini.
LACP si dissocia da questi messaggi
poich non sostenuti da evidenze scienti-
fiche. La proposta di alimenti dolcificati
e arricchiti di ferro e vitamine va in dire-
zione opposta a quella suggerita dal -
lOMS, EFSA, IBFAN che, sulla base di
evidenze scientifiche solide, dichiarano
che i latti di crescita sono prodotti inutili
nellalimentazione dei bambini se non
addirittura negativi, in quanto lalto con-
tenuto di zuccheri e il conseguente sapo-
re dolce potrebbero influenzare le prefe-
renze del bambino per i cibi dolci e favo-
rire sovrappeso e obesit [2-4].
LACP ritiene, inoltre, poco etico che,
nellattuale situazione di crisi del Paese
che vede molte famiglie in gravi diffi-
colt economiche, il pediatra si faccia
promotore di un prodotto inutile e costo-
so, che pu condizionare negativamente
lallattamento materno, raccomandato
ben oltre il primo anno di vita anche
recentemente dal Tavolo Tecnico O pe ra -
tivo Interministeriale sulla Promozione
dellAllattamento al Seno [5].
Raccomandare i latti di proseguimento
configura inoltre il mancato rispetto del
Codice Internazionale sulla Commer cia -
liz za zio ne dei Sostituti del Latte Ma ter no.
LACP ritiene che compito centrale del
pediatra siano la promozione, il sostegno
e la difesa dellallattamento e una costan-
te attenzione al consumo di alimenti fre-
schi, naturali e diversificati orientati a
mantenere un corretto stile di vita.
Consiglio Direttivo ACP e Segreteria
nutrizione ACP
Bibliografia
[1] Scientific Opinion on nutrient requirements and
dietary intakes of infants and young children in the
European Union. EFSA Journal 2013;11(10):3408
[103 pp.]. doi:10.2903/j.efsa.2013.3408.
[2] Information concerning the use and marketing
of follow-up formula. The use of follow-up formu-
la. WHO 17 July 2013.
[3] http://www.efsa.europa.eu/it/press/news/131025.htm/.
[4] http://www.ibfanitalia.org/unindagine-detta-
gliata-sui-latti-di-crescita/.
[5] http://www.salute.gov.it/portale/documentazio-
ne/p6_2_2_1.jsp?lingua=italia no&id=2113.
141
Nuove politiche locali
per linfanzia
e ladolescenza
Giuseppe Cirillo (ACP),
Matteo Rabesani (Save the Children)
Il 27 novembre 2013 si tenuto a Napoli,
nella sala Giunta del Comune, un semi-
nario a porte chiuse di confronto e rifles-
sione sulle politiche locali in materia di
infanzia e adolescenza tra la rete di
Crescere al Sud (di cui fa parte anche
ACP) e gli Assessorati allistruzione e
alle politiche sociali di Napoli e Palermo,
nonch due rappresentanti del Ministero
dellI stru zione.
Lesperienza concreta degli operatori sul
territorio porta tutti a confrontarsi ogni
giorno con dinamiche sociali sempre pi
complesse e caratterizzate da forme di
disagio e difficolt a pi dimensioni. Il
dato della povert economica, la sua
incidenza nelle aree metropolitane del
Mezzogiorno e le ricadute sulla condi-
zione di vita di un numero sempre pi
grande di bambini e adolescenti sono
forse lelemento pi evidente e preoccu-
pante, ma molti altri sono i fattori di con-
testo che agiscono sulle stesse situazioni
rendendole gravi e di difficile lettura, a
partire dalla debolezza del sistema edu-
cativo e scolastico, ma anche sociale e
sanitario.
Negli ultimi anni, inoltre, lamministra-
zione dello Stato, a ogni livello, ha indi-
viduato nei vincoli di bilancio e nella
mancanza di risorse la principale motiva-
zione per non riuscire a rispondere effi-
cacemente assicurando i servizi sociali
ed educativi necessari a far fronte, se non
a prevenire, le conseguenze della crisi
sui bambini e gli adolescenti.
La rete Crescere al Sud, che riunisce
circa quaranta associazioni, nasce per
denunciare la condizione di disagio dei
minori nel Mezzogiorno, ma lavora so -
prat tutto per consolidare un percorso co -
mune tra le organizzazioni che la com-
pongono, al fine di costruire un piano
da zione con proposte concrete per mi -
gliorare la vita dei bambini e degli adole-
scenti delle Regioni del Sud. Crescere
al Sud pone allattenzione alcuni temi-
chiave a partire da princpi di carattere
generale:
1. Le politiche per linfanzia e leduca-
zione devono essere considerate come
un presupposto allo sviluppo e alla
crescita economica e sono una condi-
zione indispensabile per garantire be -
nessere, coesione e sicurezza allintera
comunit.
2. I finanziamenti per le politiche per
linfanzia e ladolescenza non devono
essere considerati come spesa socia-
le a perdere, bens come investimen-
to, cio buona spesa, capace di ge -
nerare risparmio e razionalizzazione
della programmazione economica.
3. Le politiche per linfanzia e ladole-
scenza devono essere considerate e
pro grammate come politiche univer-
sali, cio pensate per tutti e non solo
per gruppi svantaggiati, e devono
essere considerate ed elaborate come
parte del sistema educativo.
In particolare questi sono i punti che
riguardano le amministrazioni locali:
Coordinare i propri interventi di po -
litica sociale con le politiche sanita-
rie ed educative (in particolare di
con trasto alla dispersione e di inte-
grazione) al fine di considerare le
scuole come primi presdi sociali
del territorio e, allo stesso tempo, fa -
vorire linterazione e la collaborazio-
ne tra operatori sociali, della scuola e
del privato sociale, abbattendo il
muro che spesso separa chi si occupa
di educazione dentro la scuola e chi
si occupa dei ragazzi in strada.
Ricostruire la prima linea dellinter-
vento sociale, quella del rapporto
diretto con le persone, quella del-
lofferta attiva, della vicinanza.
Svolgere un ruolo di coordinamento
e di regia degli interventi sul terri-
torio al fine di evitare sovrapposi-
zioni e, al contrario, creare collega-
menti e sinergie tra gli interventi
progettuali che insistono nelle stes-
se aree.
Accompagnare il sistema della pre-
mialit nella selezione dei sogget-
ti/territori con cui attuare gli inter-
venti con misure di accompagna-
mento, per permettere di coinvolge-
re nelle politiche attive di inclusione
anche i soggetti/territori che rischia-
no di restare esclusi.
Porsi come catalizzatori delle risor-
se locali, favorendo la partecipazio-
ne di soggetti privati allo sviluppo
del territorio (imprese e fondazioni
in primis), facendosi promotori di
sistemi di rete in cui risorse, beni e
servizi possono incontrare pi facil-
mente i destinatari.
In considerazione dellimportanza,
dellefficienza ed efficacia di inter-
venire fin dalla nascita e anche
prima, allo scopo di garantire un
pieno sviluppo delle capacit dei
bambini e delle bambine e di ridur-
re da subito le diseguaglianze so -
ciali, richiesto un impegno preci-
so a dedicare attenzione e risorse
per laumento dellofferta quantita-
tiva e qualitativa dei servizi integra-
ti alla prima infanzia (0-6 anni), at -
traverso ordinari percorsi integrati
di accompagnamento e sostegno
pre coci, cos come avviene nella
maggior parte dei Paesi europei e
come sperimentazioni importanti di
A do zione sociale hanno mostrato
in Campania, a Palermo e a Mes -
sina. Individuare degli hub territo-
riali (consultorio, asilo nido, servi-
zio sociale ecc.) intorno a cui si svi-
luppa la rete territoriale per gli
interventi universalistici per i bam-
bini 0-6 anni e le loro famiglie.
Dedicare una particolare attenzione
alle fasce particolarmente svantag-
giate bambini poveri, disabili, mi -
nori stranieri e rom al fine di favo-
rirne lintegrazione.
Rendere maggiormente partecipe il
territorio delle progettualit e degli
interventi, aprendo le scuole alla
reale partecipazione degli altri atto-
ri in unottica di positiva comunit
educante.
Favorire il ruolo e la partecipazione
dei ragazzi e delle ragazze, incre-
mentando le progettualit centrate
sulleducazione tra pari (peer to
peer) e incentivandola attraverso la
possibilit di far rientrare il percorso
formativo informale dei ragazzi nella
valutazione generale del loro
Curriculum Vitae.
La centralit della scuola: va co -
struito un progetto scuola che la
definisca come spazio pedagogi-
co/culturale, capace di proporsi sia
come presidio educativo/culturale,
sia come presidio sociale, cio ca -
pace, pur non perdendo la sua voca-
zione educativo-formativa, di atti-
vare risorse sociali e forme di ca -
Quaderni acp 2014; 21(3): 141-142
controluce
Rubrica a cura di Federica Zanetto
pa citazione degli altri attori e sog-
gettivit territoriali (dentro il tema
della scuola, appare dirimente la
que stione degli alunni di cittadi-
nanza non italiana non solo per la
possibilit di fare buona scuola, ma
anche come sostegno indispensabile
ai processi di convivenza e acco-
glienza dellintera comunit).
Il potenziamento dei servizi 0-6 an -
ni (a iniziare dai nidi e dallinseri-
mento nellobbligo scolastico della
scuola per linfanzia) e del manteni-
mento della loro vocazione pubbli-
ca (anche conservando la loro fun-
zione pubblica nelle esperienze di
integrazione con il privato sociale).
Allinterno di questo potenziamento
necessario sottolineare la neces-
sit di strutturare modelli e percorsi
di intervento precoci (0-3 anni), in
una prospettiva longitudinale che si
anticipi ai primi mille giorni di vita:
quindi un modello-prototipo preco-
ce e tempestivo con il pi alto grado
potenziale di efficienza e di effica-
cia, in cui il sostegno ai genitori e
lhome visiting a valenza educativa
ne siano i pilastri fondamentali.
Questo modello richiede uninte-
grazione socio-educativa e sanitaria
a tutti e tre livelli, istituzionale,
organizzativo-gestionale e profes-
sionale, attenta ai diritti e allesclu-
sione e isolamento sociale, e che
preveda offerta attiva in unottica
preventiva e non sintomatica. I car-
dini principali di questo modello di
intervento precoce integrato posso-
no essere sintetizzati in:
accoglienza e valutazione dellin-
clusione sociale alla nascita e
anche in gravidanza presso i punti
nascita (vedi Fiocchi in ospedale
di Save the Children);
accompagnamento territoriale e
offerta attiva di sostegno dei geni-
tori e home visiting a forte valen-
za educativa;
a partenza da hub territoriale (a si -
lo nido, consultorio, servizio so -
ciale, centro per le famiglie, cen-
tro territoriale comunitario inno-
vativo), percorsi comunitari di
contrasto allisolamento ed esclu-
sione sociale, come gruppi di
auto-aiu to pre e post gravidanza e
a si lo nido, progetti personalizzati
per le condizioni di maggiore di -
sagio attraverso tutor educativi ed
quipe multidisciplinari (vedi
anche il modello Adozione so -
cia le di Na poli, Regione Cam -
pania, Pa ler mo, Messina, Roma,
Cesena, Trieste). Tali interventi e
presdi infatti non rappresentano
solo un fondamentale luogo edu-
cativo per i bambini e le bambine
delle nostre citt, ma anche un
importante supporto alla concilia-
zione tra tempi di vita quotidiana,
cura dei figli e lavoro per molte
donne che in tale assenza vedono
depotenziate non solo le loro pos-
sibilit di accesso al mercato del
lavoro, ma anche a tante altre op -
portunit di socialit e relazione.
Ridefinizione e rafforzamento delle
politiche di contrasto alla disper-
sione e allabbandono scolastico, a
iniziare da un riequilibrio tra le
azioni tese a trattare i dispersi e le
situazioni di abbandono conclama-
to, e quelle tese alla prevenzione di
tali fenomeni (recuperando il forte
sbilanciamento sulle prime).
Implementazione dei sostegni ai
percorsi scolastici e potenziamento
delle attivit di formazione ed edu-
cazione permanente.
Centralit delle iniziative di moni-
toraggio, accompagnamento e valu-
tazione degli interventi e delle
diverse azioni non solo per valutar-
ne, in itinere, landamento e leffi-
cacia, ma anche per evitare sprechi
e sovrapposizioni in un momento di
forte crisi economica.
Considerare il dialogo e lintegra-
zione tra pubblico e privato sociale
non come luogo della delega o del
disinvestimento pubblico, ma al
contrario come spazio per un man-
tenimento e valorizzazione della
funzione pubblica dei presdi e degli
interventi e della funzione di gover-
nance e coordinamento dellente
locale. Importante il recupero di una
relazione attenta e concreta tra
amministrazione, scuole e presdi di
intervento territoriali.
Individuare azioni specifiche per le
aree metropolitane che portano con
s specifiche problematicit e com-
plessit di contesto.
Superare la logica dei progetti con
quella dei servizi, a iniziare dalla
definizione di programmazioni di
sistema capaci di superare la preca-
riet degli interventi e le logiche dei
servizi spot, per definire un insieme
di interventi strutturati e stabilizzati
allinterno del sistema di welfare
locale. Superare le criticit legate
alla frantumazione/frammentazio-
ne/mancanza di continuit degli
interventi territoriali (dai prototipi
alle azioni degli Enti locali) un
punto che appare come nodo da cui
partire nella definizione delle politi-
che a livello locale.
Mettere al centro il tema della
povert, che rischia di allargare a
dismisura i fenomeni della disper-
sione e dellabbandono, di negare le
possibilit e i diritti dei bambini e
degli adolescenti e di stabilizzare la
separazione tra la citt dei primi e
la citt degli ultimi, proponendo
unimprobabile e ingiusta idea di
benessere e sicurezza centrati sulli-
stituzionalizzazione, il contenimen-
to e labbandono di aree sempre pi
ampie di popolazione.
Porre attenzione alle metodologie e
alle modalit operative a partire dal-
limplementazione-stabilizzazione
dei sistemi di monitoraggio e valu-
tazione.
Per quanto riguarda il nodo delle risorse
e della loro gestione:
1. agire sul bilancio per rendere priorita-
rio lintervento dedicato alle politiche
sociali e della scuola con trasferimenti
interni tra i vari capitoli di bilancio;
2. assicurare una gestione delle risorse
razionale ed efficiente, agendo sul
funzionamento amministrativo, al fine
di eliminare sprechi e ritardi che
vanno a impattare direttamente sulla
sopravvivenza delle realt operanti sul
territorio;
3. migliorare la capacit di utilizzare in
tempi rapidi le risorse comunitarie esi-
stenti e quelle previste dalla prossima
programmazione 2014-2020, concen-
trandone luso su pochi obiettivi e
azioni prioritarie, a partire dallinve-
stimento sul capitale umano per eccel-
lenza, linfanzia. u
142
congressi controluce Quaderni acp 2014; 21(3)
143
Introduzione
e punto della situazione
Secondo il Decreto ministeriale dell1
agosto 2005 il riassetto delle Scuole di
Specializzazione dellArea sanitaria pre-
vede, tra le attivit professionalizzanti
obbligatorie per il raggiungimento delle
finalit didattiche nel corso di studi di
specializzazione in Pediatria, la frequen-
za presso il pediatra di famiglia (PdF).
Tra gli obiettivi formativi, tale testo cita:
Lo specializzando deve acquisire le com -
petenze professionali specifiche della
pediatria del territorio, con particolare ri -
fe rimento allattivit preventiva, alle com-
petenze razionali e alle modalit di ragio-
namento clinico. Dunque vi aspettere-
ste che ogni specializzando dI talia fre-
quentasse lambulatorio del PdF, invece,
nonostante tutto sembri standardizzato,
nella pratica poi non sembra essere cos.
Infatti, una recente indagine condotta dal -
lOsservatorio Nazionale Specializ zan di
in Pediatria (ONSP) mediante questiona-
rio online ha evidenziato che una colla-
borazione tra la Scuola di Specia liz -
zazione in Pediatria e il PdF presente
solo in met delle scuole italiane (vedi
figura). Lattivit formativa del pediatra
attraverso ore di lezione frontale e/o
seminari nei cinque anni si verifica solo
in met di queste, mentre nella restante
met linterazione tra specializzando e
pediatra di libera scelta limitata alla fre-
quenza allambulatorio. Questultima tut-
tavia non neppure standardizzata tra le
scuole italiane ma risulta varia: frequenza
continua per un mese, affiancamento
durante lorario dellambulatorio, accessi
negli orari di servizio del pediatra del ter-
ritorio, turni di 6 mesi, frequenza giorna-
liera per 4-6 mesi, e cos via. La frequen-
za nellambulatorio del pediatra obbli-
gatoria solo nell80,6% delle scuole che
prevedono la frequenza dello specializ-
zando presso il PdF. Solo nel 25% delle
scuole previsto un corso di formazione
di tutoraggio: in tal caso questo viene
espletato non dallUniversit ma dagli
stessi Pdf. Il numero di pediatri coinvolti
ammonta a circa 1-5 pediatri nel 60%
delle scuole e in met di queste non pre-
vista alcuna copertura assicurativa.
Lesperienza a Napoli
Dopo aver analizzato la situazione nazio-
nale, riportiamo lesperienza dei colleghi
specialisti in Formazione dellUniversit
Federico II di Napoli, dove prevista
la frequenza, da parte dello specializzan-
do, dellambulatorio del PdF per un pe -
rio do di tre mesi, obbligatoriamente en -
tro i primi tre anni di attivit lavorativa.
Cinque sono i PdF che fungono da tutor
dislocati sul territorio di Napoli e
Provincia scelti sulla base del loro curri-
culum, della competenza clinica, della
volont di insegnare e far apprendere, e
sulla disponibilit di tempo.
La maggior parte dei colleghi di Napoli
(28/31) crede che sia estremamente utile
tale periodo di formazione, perch in
questo modo si ha lopportunit di cono-
scere le reali esigenze sanitarie del terri-
torio che spesso vengono solo percepite
in ambiente ospedaliero e soprattutto
universitario. Tra i vantaggi di tale espe-
rienza vi losservazione del bambino
fisiologico e dei fenomeni parafisiolo-
gici che consentono, da una parte, di
identificare strategie preventive (obesit,
sovrappeso, vaccinazioni), e, dallal-
tra, di imparare a riconoscere subito le
red flags nel bambino malato. Infatti, i
colleghi di Napoli si reputano soddisfatti
di tale interazione con il PdF per la pos-
sibilit di acquisire alcune competenze
fondamentali quali agire per priorit,
individuare la criticit, diagnosticare e
trattare pur senza disporre delle attrezza-
ture e dei laboratori degli ospedali.
Inoltre, secondo la maggioranza degli
specializzandi, lesperienza acquisita dal
PdF risulta necessaria per apprendere
algoritmi di scelta diagnostica rapida e
per la terapia delle pi comuni patologie
dellet pediatrica (influenza, infezioni
respiratorie, gastroenterite, disturbi fun-
zionali, dermatite atopica). Secondo il
parere degli specializzandi, il periodo di
formazione presso il PdF pu essere
positivo per entrambi i protagonisti coin-
volti: da una parte lesperienza di un PdF
aiuta la conoscenza troppo spesso scola-
stica del giovane medico; dallaltra, la
presenza di menti giovani e anche tecno-
logicamente preparate rappresenta un
incentivo per il PdF al confronto con
esperienze diverse e ad approfondire
argomenti specialistici che spesso non
sono condivisi dal pediatra stesso.
Tra gli svantaggi riportati viene indicata
una situazione di affollamento di visite
presso gli studi dei PdF che non hanno la
possibilit di analizzare insieme allo spe-
cializzando tutte le problematiche dei
pazienti sottoposti alla visita. Una picco-
la parte degli specializzandi (2/31) ha
anche riferito che, dopo il primo periodo
di entusiasmo, lattivit del PdF risultava
ripetitiva e che i pazienti in condizioni di
salute precarie o quelli la cui diagnosi
risultava difficile venivano inviati a cen-
tri ospedalieri o di terzo livello e persi al
follow-up.
Ecco le proposte dei colleghi di Napoli
per migliorare il periodo di formazione
presso il PdF: un periodo di formazione
maggiore (circa 6 mesi), frequentare
almeno due diversi PdF, fare riferimento
al PdF-tutor non solo nel periodo limita-
to di apprendimento stabilito entro i
primi tre anni ma anche negli anni suc-
cessivi per poter rappresentare un trami-
te nella complicata rete universit-ospe-
dale-territorio.
Nel prossimo numero di Quaderni acp
proveremo a indagare il processo di for-
mazione dello specializzando nellambu-
latorio del PdF da parte di un direttore
della Scuola di Specializzazione di Pe dia -
tria e le proposte di un PdF (tutor). u
Quaderni acp 2014; 21(3): 143
La formazione dello specializzando
nellambulatorio del pediatra di famiglia
Cristina Gagliardo*, Salvatore Aversa**, Naire Sansotta***
*Scuola di Specializzazione in Pediatria, Universit Federico II, Napoli; **Presidente dellOsservatorio Nazionale Specializzandi in
Pediatria (ONSP); ***Scuola di Specializzazione in Pediatria, Universit di Verona
Per corrispondenza:
Naire Sansotta
e-mail: naire.sansotta@virgilio.it
specializzando
FIGURA: INDAGINE SULLE ESPERIENZE DI FORMAZIONE E DIDATTICA TUTORIALE IN PEDIA-
TRIA DI FAMIGLIA NELLE SCUOLE DI SPECIALIZZAZIONE IN PEDIATRIA (ONSP, 2013)
144
Quaderni acp 2014; 21(3): 144
LA FAD 2013:
i vostri commenti
Le FAD 2013 sono state utili, scorrevoli,
stimolanti al ragionamento clinico che
alla base del nostro lavoro. Grazie e alle
prossime del 2014!!!
Innocenza Rafele
(ACP Lazio)
Ho appena concluso il percorso FAD
2013. stato molto utile e istruttivo non-
ch divertente, quasi un diversivo.
Grazie e un saluto a tutti gli Autori.
Mimmo Capomolla
(ACP dello Stretto CALABRIA)
Il percorso FAD stato bellissimo, com-
plimenti a tutti.
Ripeto, bellissima FAD, la migliore.
Fabrizio Fusco
(ARP Vicenza)
Approfitto per ringraziare sia Laura
Reali che tutti i colleghi che hanno lavo-
rato al corso FAD; il materiale che ci
avete proposto stato sempre molto inte-
ressante; a me sono piaciute particolar-
mente le parti di nefrologia ed endocri-
nologia per la chiarezza nel presentare i
punti chiari e quelli controversi e per il
taglio pratico con immediati effetti sul
mio comportamento clinico. Tutti i per-
corsi sono stati dei momenti di studio
piacevoli e il percorso dei casi clinici
dopo lo studio teorico geniale perch
rappresenta un momento di riflessione su
quanto si appreso, permette di indivi-
duare gli aspetti su cui si pu avere anco-
ra confusione ed un momento leggero e
in qualche modo divertente del corso.
Posso dire che non li ho mai fatti per
lobbligo dei crediti ma per il piacere
dello studio. Quindi ancora un grazie
veramente sentito a tutti voi.
Emanuela
I casi clinici sono la cosa pi bella e pi
interessante del corso.
Mi sono sempre piaciuti e mi hanno mol -
to interessato, sono proprio fatti bene!
Grazie
Raffaele
Liniziativa di Quaderni acp di organiz-
zare una formazione a distanza ha susci-
tato linteresse della nostra Associazione
che fin dallinizio ha aderito con diverse
iscrizioni. Lopportunit di formarsi tra-
mite questo strumento agile e di fruire di
contenuti di elevato spessore ha stimola-
to i pi a concludere il percorso: chi non
lha concluso ha addotto come motiva-
zioni elementi squisitamente tecnici.
Complessivamente il giudizio stato
buono con punte di eccellenza: lapproc-
cio a tappe con casi clinici sempre molto
circostanziati ha favorito lapprendimen-
to e coinvolto in maniera positiva il
discente.
Un problema che abbiamo riscontrato si
registrato nellesecuzione del questio-
nario sullultimo modulo avente come
argomento lipotiroidismo. Le opzioni di
scelta di alcune domande erano poco
chiare e apparentemente tutte corrette,
per cui solo rispondendo a caso la mag-
gior parte di noi ha potuto concludere il
modulo.
Qualcuno anche ha avuto difficolt nel-
laccesso iniziale, risolte per grazie
allaiuto prezioso di Gianni Piras.
Una collega ha segnalato per il primo e
ultimo percorso una difficolt a estrapo-
lare il take home pratico.
Fatte queste eccezioni abbiamo conside-
rato il percorso snello e scorrevole,
ragione per cui stato salutato con entu-
siasmo il secondo percorso FAD cui si
sono gi iscritti 21 dei nostri soci.
Che dire di pi?
Complimenti per liniziativa e un augu-
rio di future ulteriori occasioni di aggior-
namento
Il Direttivo ACP Verona
Ringraziamo i colleghi che ci hanno
scritto in attesa di ricevere altri pareri
per poter migliorare insieme.
a Qacp
MULTA PER PUBBLICIT
INGANNEVOLE
La Perfetti Van Melle stata multata di
150.000 euro perch nella sua pub-
blicit voleva convincere che ma -
sticare una gomma poteva sostituire il
lavaggio dei denti. Anzi si vantavano
effetti salutistici per la bocca evocati
dalla presenza di camici bianchi,
studi odontoiatrici e altro. Le gomme
incriminate: Daygum protex, Day gum
XP, Vivident Xylit, Pure white, e
Happident white. Si trattato per
lAu torit garante di pubblicit in gan -
ne vole. (Altroconsumo 2013;3,10:5)
FRUTTI DI BOSCO
CON VIRUS
Sono stati segnalati frutti di bosco
surgelati (Boscobuono della ditta
Green Ice) con presenza del virus
dellepatite. (Altroconsumo 2013;3,6)
CRISI ECONOMICA
E CALO DI GUADAGNI
DEI MEDICI IN INTRAMOENIA
Per la prima volta, nel 2012, nei dati
della libera professione medica intra-
moenia c una inversione. Le compar-
tecipazioni complessive del personale
sanitario scendono da 1054 miliardi a
935 milioni (-11,3%). Il ca lo maggiore
in Lombardia (-26,16%), quello
minore in Sicilia (-0,02%). Le Regioni
sopra il 10% sono il Piemonte, il Ve ne -
to, la Toscana, lUmbria, la Puglia, la
Ba si li ca ta, la Calabria. Le Regioni
dove si ri scontra un aumento sono tutte
costrette ai piani di rientro dove la
riduzione del personale ha probabil-
mente determinato attese pi lunghe e
quindi maggiore ricorso al privato:
Abruzzo +4,10%, Sardegna +5,5%,
Molise +24%, Lazio +4,10%. Anche la
Provincia di Bolzano ha un gradiente
positivo (+4,58%), ma questo significa
forse un minore morso delle crisi.
(Ilsole24OREsanit 25-31 marzo 2014)
Q u a d e r n i a c p
website: www.quaderniacp.it
maggio-giugno 2014 vol 21 n 3
Come iscriversi o rinnovare liscrizione allACP
La quota discrizione per lanno 2014 di 100 euro per i medici, 10 euro per gli specializzandi, 30 euro per gli infermieri e per i non sanitari. Il versamento pu essere
effettuato tramite il c/c postale n. 12109096 intestato a: - Associazione Culturale Pediatri, Via Montiferru, 6 - Narbolia (OR) (indicando nella causale lanno a cui si riferisce la quota)
oppure attraverso una delle altre modalit indicate sul sito www.acp.it alla pagina Iscrizione. Se ci si iscrive per la prima volta occorre scaricare e compilare il modulo per la richie-
sta di adesione presente sul sito www.acp.it alla pagina Iscrizione e seguire le istruzioni in esso contenute oltre a effettuare il versamento della quota come sopra indicato. Gli iscrit-
ti allACP hanno diritto a ricevere la rivista bimestrale Quaderni acp, la Newsletter mensile Appunti di viaggio e la Newsletter quadrimestrale Fin da piccoli del Centro per la Salute
del Bambino richiedendola allindirizzo info@csbonlus.org. Hanno anche diritto a uno sconto sulla iscrizione alla FAD dellACP alla quota agevolata di 50 euro anzich 150; sulla
quota di abbonamento a Medico e Bambino, indicata nel modulo di conto corrente postale della rivista e sulla quota di iscrizione al Congresso nazionale ACP. Gli iscritti possono usu-
fruire di iniziative di aggiornamento, ricevere pacchetti formativi su argomenti quali la promozione della lettura ad alta voce, lallattamento al seno, la ricerca e la sperimentazione e
altre materie dellarea pediatrica. Potranno partecipare a gruppi di lavoro su ambiente, vaccinazioni, EBM e altri. Per una informazione pi completa visitare il sito www.acp.it.
Editoriale
97 Lo sai mamma?
Paolo Siani
98 Formare meglio a meno:
la FAD di Quaderni acp
Michele Gangemi
99 I pediatri italiani decidano
se vogliono proteggere lallattamento
Sergio Conti Nibali
Formazione a distanza
100 Le epilessie in et pediatrica:
inquadramento diagnostico
Giovanni Tricomi
Informazioni per genitori
110 Il bambino che soffre di epilessia
Stefania Manetti, Costantino Panza,
Antonella Brunelli
Research letters
111 Sessione Comunicazioni orali
al XXV Congresso Nazionale
dellAssociazione Culturale Pediatri
Red
Forum
113 Coppie infertili, procreazione
medicalmente assistita e salute infantile
Pierpaolo Mastroiacovo, Carlo Corchia
Info
118 Buoni spesa per le mamme che allattano?
118 Riviste scientifiche: s o no?
119 LOspedale Meyer nellocchio del ciclone
119 Quanta strada per lortofrutta
prima di arrivare a tavola!
Osservatorio internazionale
120 La salute a Cuba: un diritto per tutti,
un dovere per ciascuno
Enrico Valletta
Aggiornamento avanzato
122 La rottura della tolleranza nella patologia
autoimmune e linduzione della tolleranza
nella medicina trapiantologica
Federica Barzaghi, Rosa Bacchetta
Il caso che insegna
124 Un decorso lento non sempre benigno
Brunetto Boscherini, Patrizia del Balzo
Il punto su
127 HLA e celiachia: a ciascuno il proprio rischio
Enrico Valletta
129 La psichiatria (anche infantile) tra diagnosi
e diagnosticismo
Francesco Ciotti
Vaccinacip
131 Quali vaccinazioni nel bambino
affetto da diabete mellito?
Franco Giovanetti
Pediatri fra due mondi
132 Le mutilazioni genitali femminili:
basta una storia per svelare un mondo
Valentina Venturi, Tamara Fanelli,
Enrico Valletta
Libri
136 Mamma, non mi sento tanto bene
di Anna Rosa Fabretto, Francesca Zaltron
136 Ducasse beb
di Alain Ducasse, Paule Neyrat
136 Stoner
di John Williams
137 Adolescenza e Autonomia: che fatica!
di Daniela Corbella, Luca Ercoli, Laura Locatelli
137 Giocare con i suoni
di Silvia Azzolin, Emilia Restilian
Film
138 La moltiplicazine dei rapporti familiari
nel secodo film di Francesco Bruni: Noi 4
Italo Spada
Documenti
139 Due documenti dellACP
Red
Congressi controluce
141 Nuove politiche locali
per linfanzia e ladolescenza
Lo specializzando
143 La formazione dello specializzando
nellambulatorio del pediatra di famiglia
Cristina Gagliardo, Salvatore Aversa,
Naire Sansotta
Lettere
144 La FAD 2013

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