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Fisco e Diritto

Cassazione 18 novembre 2009, sentenza


n. 24315

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OBBLIGO DI DICHIARAZIONE PER L’ESPORTAZIONE DI PAGHERO’
INTERNAZIONALI (CASSAZIONE N. 24315 DEL 18 NOVEMBRE 2009)

I pagherò utilizzati nei rapporti commerciali internazionali devono essere dichiarati all'UIC pena
una sanzione. Per la Cassazione, in particolare, il pagherò (o promissory note) è uno strumento di
pagamento che contiene una promessa incondizionata fatta dal debitore di pagare una certa somma
di denaro ad una data stabilita all'ordine di un beneficiario estero. Questo documento rappresenta un
titolo di credito all'ordine di natura astratta che risponde ai requisiti prescritti dalla Convenzione di
Ginevra del 1930, incorporante il diritto del legittimo possessore di farsi pagare una certa somma
alla scadenza prestabilita senza tenere conto del rapporto giuridico sottostante. Per la Cassazione, il
pagherò, è quindi ben assimilabile ad un vaglia cambiario, ovvero di un documento incluso tra i
titoli e i valori mobiliari cui fa riferimento anche il previgente art. 3-bis del DL 167/1990 che
esclude l'applicazione dell'obbligo dichiarativo solo per i trasferimenti di vaglia postali o cambiali
tratti su o emessi da intermediasi creditizi o Poste italiane che rechino l'indicazione del nome del
beneficiario e la clausola dell'intrasferibilità. In conclusione, per la Suprema Corte, i pagherò
internazionali sono valori mobiliari riconducibili al novero dei vaglia cambiari, e di conseguenza
assoggettabili agli obblighi dichiarativi di cui all'art. 3 della Legge n. 227/1990.

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Cassazione 18 novembre 2009, sentenza n. 24315

Svolgimento del processo

..... impugnava svasati ai Tribunale di ..... ex art. 22 L. 689/81 l'ingiunzione con la quale il Ministero
dell'Economia e delle Finanze gli intimava il pagamento di € 373.398,00 a titolo di sanzione
amministrativa per infrazione valutaria accertata al valico di ..... ..... dove il prevenuto - in
violazione dell’art. 3 della L. 227/90 - aveva omesso di dichiarare il possesso di 29 promissory
notes per un valore di € 3.733.983.

Il Tribunale - dopo aver rigettato le eccezioni preliminari dell'opponente sia in tema di irritualità
della notifica dell'ingiunzione avendo comunque l'atto raggiunto il suo scopo ed il destinatario
proposto tempestiva opposizione sia con riferimento alla pretesa estinzione dell'obbligazione ex
artt. 31 e 32 DPR 148/88 essendo stata essa ingiunzione smessa nel termine di 180 gg dal
ricevimento della documentazione da parse dell'UIC a prescindere dalla notificazione del decreto
ministeriale - confermava la sussistenza della violazione posto che le promissory notes erano titoli
di credito utilizzati nei rapporti commerciali internazionali aventi le caratteristiche di pagherò
cambiari per cui andavano assimilati ai titoli o valori mobiliari soggetti ad obbligo dichiarativo non
essendosi remittente ancora di essi spogliato.

I primi giudici accoglievano invece la domanda subordinata di riduzione della sanzione considerate
la finalità dell'operazione (finanziamento di società in grave indebitamento) e la presumibile buona
fede dello ..... colposamente ignorante dei profili ammistrativi-valutari della transazione
internazionale.
Ricorre per la cassazione della sentenza il Ministero dell'Economia e delle Finanze lamentando
violazione dell’art. 5 III° co L. 227/90 come sostituito dall'art. 2 lett b Dlgs 125/97 stante l'abnorme
riduzione dell'entità della sanzione portata al di sotto di ogni limite consentito essendo stata
applicala la misura del 10% rispetto al massimo del 40% dell’importo che avrebbe dovuto essere
dichiarato.

Resiste lo ..... eccependo l'inammissibilità della avversa censura e proponendo ricorso incidentale
per s seguenti motivi:

1. violazione dell’art. 112 c.p.c., art. 14 IV° co. L. 689/81, 32 V°co.DPR 148/88 oltre a vizi di
motivazione nonché violazione degli artt. 137, 138, 139, 140, 145 c.p.c. per non aver il
Tribunale statuito sull'eccepito difetto di notifica dell’ingiunzione effettuata tramite
consegna da parte di soggetto non legittimato,con modalità comportanti la sua inesistenza e
rivolta al soggetto persona fisica anziché alla persona giuridica del quale egli rivestiva la
carica di legale rappresentante.

2. violazione degli artt. 31, co. 2 e 32 co. 5 e 6 DPR 148/88 per essere stata disattesa
l'eccezione di mancato rispetto dei termini per la emanazione e trasmissione della relazione
dell'UIC al Ministero del Tesoro e per la emissione del decreto di ingiunzione da parte di
quest'ultimo, termini tra l'altro ridotti ex lege a seguito del disposto sequestro dei titoli.

3. violazione dell'art. 3 co. l e 3 bis L. 227/90 e dell'art. 59 co. 2 L. 218/95 in relazione all'art.
58 lett b del Trattato e della direttiva CE 361/88 oltre a via di motivazione - posto che le
promissory notes (non regolamentate dalla disciplina valutaria nazionale) erano titoli privi
di efficacia mai entrati in circolazione (avvenendo questa con il rilascio o consegna e non
con la loro creazione) e comunque esenti dal regime dichiarativo, la intervenuta
liberalizzazione dei movimenti di capitale prescrivendo la segnalazione solo a fini fiscali,
statistici e di contrasto al riciclaggio per cui il pagamento alle prescritte scadenze presso
l'istituto bancario italiano di appoggio avrebbe dovuto spostare solo a quella data il
"monitoraggio" dell'operazione.

4. violazione dell’art. 3 co. l L. 227/90 in relazione all'art. 5 c.p.c. oltre a vizi di motivazione
per non aver il Tribunale statuito sull'eccepita carenza dell'elemento soggettivo considerata
la riconosciuta situazione di buona fede in cui versava l'incolpato e la inevitabile ignoranza
del precetto con conseguente non punibilità del comportamento sanzionato.

Motivi della decisione

Riuniti per connessione i ricorsi proposti avverso la medesima sentenza vanno in ordine logico
esaminati i primi 3 motivi del ricorso incidentale del contribuente con inizio da quelli di natura
preliminare (sub 1e 2) che sono entrambi da rigettate.

Innanzitutto in tema di sanatoria per il raggiungimento dello scopo per atti invalidi opera il
principio generale enunciato per gli atti processuali dall’art. 156 c.p.c. che è norma applicabile per
analogia a tutti gli atti amministrativi e dunque anche agli atti di imposizione tributaria,
estendendosi la sanatoria anche ai vizi astinenti l'atto in senso stretto ed al procedimento
notificatone che lo contrassegna (Cass. 6347/08).
Di conseguenza, quale che sia la denunziata irritualità della notificazione con riferimento all’organo
procedente ed al suo destinatario, la tempestiva opposizione proposta dal soggetto legittimato ha
efficacia sanante in materia irrogatoria di sanzioni amministrative ex lege 689/81 (Cass. 16822/06).

Non v'ha dubbio - poi - che la responsabilità valutaria venga ad astringere direttamente la persona
fisica autore materiale della violazione anche ove il trasgressore rivesta la qualità di legale
rappresentante della società asseritamente coinvolta nell'operazione illecita (che rimane comunque
solidalmente responsabile con il primo a sensi dell’art. 6 della L. 689/90 (n.d.r. art. 6 della L.
689/81)) il sistema della legge essendo infatti ispirato al principio generale della natura personale
della responsabilità (Cass. 11206/08).

Va in secondo luogo osservato - circa il rispetto del temimi entro i quali l'UIC deve rimettere gli atti
al Ministero del tesoro per remissione del decreto di ingiunzione di pagamento (art. 31 DPR 148/88)
- che l'effetto estintivo dell'obbligazione sanzionatoria ha come unico riscontro temporale per il
controllo di tempestività il momento di immissione degli atti con la relazione illustrativa e non
quello della ricezione degli stessi da parte del Ministero come parrebbe intendere il ricorrente nel
rimandare al resoconto riportato nel decreto (che parla apposto di foglio...pervenuto), tra l’altro
senza farne trascrizione integrale in osservanza del principio di autosufficienza per consentire
all'occorrenza alla Corte di ricavare elementi diversi di sostegno della sua tesi (asserito ritardo di 1
giorno).

Parimenti inconferente è la seconda doglianza che si incentra sul mancato rispetto del successivo
termine di "consegna" del decreto di condanna (art. 32 DPR cit.) l’estinzione dell'obbligazione al
pagamento delle somme contestate operando solo qualora nel prescritto termine non sia stato
pronunziato (e sottoscritto) il relativo decreto di condanna, indipendentemente dalla sua
notificazione.

Invero i termini giuridici di (decreto) "emesso" (di cui al V° comma)e di "emanazione” dello stesso
(di cui al VI° comma) si riferiscono alle attività di perfezionamento dell'atto che precedono la
notifica dallo stesso (Cass. 9511/09).

Ed anche in questo caso il ricorrente - nella sua generica doglianza - non ha affatto alluso alla
formazione detratto ma solo alla sua "consegna" (al destinatario) senza del resto neppur indicare il
dato temporale.

Privo di fondamento e" altresì” il Motivo centrale del ricorso incidentale che investe il merito della
vertenza (sub 3) a mezzo - del quale si vorrebbe escludere la promissory note dal novero dei titoli e
valori immobiliari in lire(oggi euro) e valute estere che unitamente ai al denar contante - ove di
importo superiore a L. 20.000,000 (€ 12.500.000) - vanno dichiarati all’UIC (sotto pena di
sanzione) caso di trasferimenti da o verso l'estero al seguito di residenti e non residenti.

La difesa del controricorrente si basa sull’erroneo presupposto dell'inefficacia giuridica di tale titolo
internazionale sul quale non potrebbe fondarsi alcun diritto di credito fino a che rimanga nella
disponibilità dell'emittente e non sia consegnato al creditore, difettando in sostanza quel
“trasferimento" di ricchezza che impone l'obbligo dichiarativo previsto dalla norma dell'art. 3 del
DL 167/90 convertito nella L. 227/90.
Ora va premesso che promissory note è uno strumento di pagamento internazionale che contiene
una promessa incondizionata fatta dal debitore emittente di pagare una determinata somma di
denaro ad una data stabilita all'ordine di un operatore estero beneficiario e dunque rappresenta - a
tutti gli effetti - un titolo di credito all'ordine di satura astratta che risponde ai requisiti prescritti
dalla Convenzione di Ginevra del 1930 ed incorpora il diritto del legittimo possessore di farsi
pagare una certa somma alla scadenza prestabilita prescindendo dal rapporto giuridico sottostante.

Si tratta dunque di un vaglia cambiario (e come esso va bollato nelle percentuali di legge) e la sua
inclusione tra i titoli e valori mobiliari cui fa riferimento la norma si ricava anche dalla disposizione
che istituisce l'eccezione (art. 3 bis) allorché esclude l'applicazione dell'obbligo dichiarativo per i
trasferimenti - appunto - di vaglia postali o cambiali tratti su od annessi da intermediasi creditizi o
paste italiane che rechino l'indicazione del nome del beneficiario e la clausola dell'intrasferibilità.

Né dal testo normativo si ricava una volontà legislativa di assoggettare all'obbligo dichiarativo solo
ipotesi di possesso correlato a cessioni di denaro e titoli da un soggetto all'altro, in altre parole a
"fenomeni traslativi".

L'ampia e generica formula adottata prescinde da rapporti creditori e debitori in essere od in fieri
all'evidente scopo di assoggettare all'obbligo il mero passaggio della linea doganale di denaro, titoli
e valori diversi da quelli espressamente esclusi - con tassativa elencazione - da tale riempimento
avente precipua funzione di "rilevazione globale" dei movimenti di capitale alle frontiere

Come più volte affermato da questa Corte con giurisprudenza qui condivisa l’adempimento
prescritto non è volto ad evitare illeciti trasferimenti di somme ma solo preordinato a fini di
"monitoraggio valutario" che prescrive l'obbligo di specifica informativa senza imporre alcun onere
finanziario a carico di chi la rende (Cass. 13670/09).

Resta pertanto irrilevante, al fine di configurare una causa di esenzione, la circostanza che il
trasferimento del titolo non sia idoneo a dare luogo a movimenti di capitali da uno Stato ad un altro
(Cass. 5248/08).

Aggiungasi che questo tipo di infrazione valutaria che postula, sotto il profilo soggettivo, un
comportamento cosciente e volontario, ancorché non preordinato a fini illeciti, o non consapevole
dell'illiceità del fatto, richiedente il profilo oggettivo, la sola l'idoneità di titoli siffatti alfa
successiva costituzione di rapporti obbligatori con i non residenti nello Stato: idoneità che è stata
ravvisata persino in titoli mancanti della data, del luogo di emissione o della firma di girata ovvero
in assegni postdatati o con data falsa, privi di copertura o non onorabili dalla banca trattaria (Cass.
11337/97).

L’aspetto sanzionatorio è invece investito dalle censure dell'unico motivo del ricorso principale
dell’Amministrazione nonché dall'ultimo motivo del ricorso incidentale dell'incolpato (sub 4):
censure che possono essere esaminate - congiuntamente perché tra loro connesse e consequenziali e
che vanno respinte entrambe.

Priva di pregio è innanzitutto la contestazione erariale sulla riduzione abnorme operata dal giudice a
quo in merito all'entità della sanzione che sarebbe stata applicata al di sotto del limite consentito
dalla legge.
Risulta al contrario rispettato il limite indicato dall’art. 5 III° co, DL cit. (sanzione amministrativa
pecuniaria fino al 40% dell'importo trasferito... con un minimodi L. 200.000 pari ad € 103,29)
mediante irrogazione della penalità di €18.000 la cui determinazione resta riservata alla
discrezionalità del giudice ed è sindacabile solo sotto il profilo motivazionale che nella specie non
risulta pretermesso essendo stati congruamente esplicitati i canoni di valutazione della gravità della
violazione e delle condizioni economiche personali dell'incolpato.

La graduabilità della sanzione tra un minimo ed un massimo, autorizza infatti a tener conto dei
comportamenti concreti e di commisurare la pena alla gravità degli stessi (anche in applicazione del
potere di cui agli artt. 11 e 23, XI° co. della L. 689/81)e facendo propri questi criteri il Tribunale
èstato in grado di disporre la riduzione della sanzione con intangibile valutazione in fatto
sull’offensività dell'infrazione rispetto all'atteggiamento psicologico del soggetto che ne è stato
l’autore.

Né residua ulteriore spazio - al di là del riconosciuto trattamento sanzionatorio più favorevole - per
applicare l’esenzione fondata sull’art. 5 c.p. come interpretato dalla sentenza della Corte
Costituzionale 364/88.

L’"error iuris", che costituisce causa di esclusione della responsabilità in tema di infrazioni a norme
amministrative, rileva solo a fronte della inevitabilità dell'ignoranza del precetto violato, il cui
apprezzamento va effettuato alla luce della conoscenza e dell'obbligo di conoscenza delle leggi che
grava sull'agente in relazione anche alla qualità professionale posseduta e al suo dovere di
informazione (Cass. 24803/06).

Ma - al di là della posizione rivestita dal prevenuto (Presidente del Cda) che non poteva non essere
edotto degli obblighi imposti dalla normativa valutaria - l'addotta ignorantia legis implica
valutazioni sulle circostanze concrete che hanno contrassegnato la condotta censurata che non è
dato al giudice di legittimità svolgere specie quando tale sindacato si già stato compiuto - ripetesi -
con congrua motivazione dal giudice del merito al fine di "dimensionare" la sanzione da irrogare in
concreto.

Il ricorso principiale ed il ricorso incidentale in tutte le sue articolazioni vanno pertanto respinti e
stante la reciproca soccombenza possono compensarsi tra le parti le spese del presente giudizio.

P.Q.M.

Riunisce i ricorsi. Rigetta il ricorso principale e quello incidentale compensando tra le parti le spese
del presente giudizio.

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