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STUDI

IL DOGMA CRISTOLOGICO DI CALCEOONIA


La confessione di fede del . IV. Concilio ecumenico di Calcedonia
del 451 senz'altro un delle pi grandi formule della cristianit. Que-
sta confessione di Ges Cristo vero Dio vero uomo, nell'unit di una
sola persona, considerata spesso una esposizione riassuntiva del mi-
stero di Cristo quale ci viene testimoniato dalla Sacra Scrittura. In forma
di dogma ci ripropone il kerygma della Scrittura: ed il Verbo si fece
carne (Gv 1,14), Non di rado si vede in questo dogma una determi-
nazione essenziale e riassuntiva del messaggio cristiano. Si parla di un
principio umano divino che partendo dalla sua realizzazione essenziale
in Ges Cristo si rispecchia in maniera nalogica nel mistero della
Chiesa, la quale in una non debole analogia simile al mistero che-
si rivela nella Parola fatta carne (LG 8).
l. IL PROBLEMA
Non sorprender dunque se proprio questo dogma sia divenuto
come una specie di argomento scottante (P. Stoeckeier) e quasi
come fumo negli occhi (G; Ebeling). Esso infatti esprime lo scan-
dalo originario dell'annuncio cristiario: Dio in forma di Uomo, Di in
croce (lCor 1). Gi nel Vangelo di Giovnni viene l'obiezione: tu
che sei un uomo, ti rendi simile a Dio (Gv 10,33). Ritroviamo co-
stantemente l'eco di questa accusa, in Celso, Giuliano l'apostata, Por-
fii-io. Ad essi il cristianesimo appariva come un passo indietro rispetto
all' illliminlsmo dei filosofi ed al superarilento da parte della filosofia
del politeismo e della credenza che gli .dei appaiano in forma umana.
Mutatis mutandis ci troviamo oggi di fronte alla stessa critica; sia
per quanto attiene alla fede filosofica (K. Jaspers} sia da parte della
interpretazione puramente esistenziale della fede cristiana (R. Bultmann),
che insieme rimproverano al dogma definito nel Concilio . di Calcedonia
di aver oggettivato ci che per natura non pu esserlo, Dio. Similmente
si espresso di recente J. Hick, partendo d ~ filosofia dellinguaggio,
che parla di un mito del Dio incarnato.
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WALTER KASPER
Ma anche nella vita della Chiesa e all'interno del pensiero teolo-
gico la dottrina di Calcedonia stata ed una pietra di scandalo.
Infatti come nel V e nel VI secolo questo dogma ha provocato la divi-
sione della cristianit in chiese calcedonesi e chiese non calcedonesi
(Copti, Giacobiti, Armeni, cosl ancora oggi la teologia si
presenta divisa nei confronti delle definizioni di Calcedonia. Si giunti
perfino a dire che la odierna teologia vuole istituire un processo nei
confronti della dottrina di Calcedonia (B. Seshoii).- La ragione di questo
contrasto non risiede tanto nella ricchezza di provocazioni del pensiero
di Calcedonia, quanto, al contrario, nel fatto che esso non viene pi
compreso e che per l'uomo di oggi esso rappresenta una speculazione
incomprensibile e priva di rilevanza.
Gi Lutero, che in linea di principio accettava questo dogma, si
poneva la domanda: <<Cristo ha due nature. Che senso ha questo per
me?. Non era importante per lui Ges Cristo in s, quanto ci
egli significa per me e per noi. Melantone ed il pietismo lo. seguiranno
in questa linea. La Teologia liberale fece sua ben presto questa critica
e concentr la sua att<!DZione a partire da Schleiermacher sul concetto
di natura e sul pensiero naturalistico, metafisica, essenzialistico che in
esso trovava il suo fondamento. A. Harnack affermava che le definizioni
fredde e negative di questo dogma ne svuotano il vivo e concreto
contenuto; del vincolo della fede, che per il cristiano unisce come un
ponte il cielo e la terra, . queste proposizioni non lasciano pi che un
impercettibile filo, pi sottile del capello sul quale i . fedeli dell'Islam
sperano di raggiungere il Paradiso. Non difficile riscontrar!;! nella
teologia odierna molte affermazioni orientate nella stessa direzione e ci
sia presso teologici cattolici che . protestanti. Quasi ovunque l'attenzione
si appunta sull'aporia della cosiddetta dottrina delle due nature, in Til-
lich, K. Rahner, P. Schoonenberg, H. Kiing e molti altri.
Il punto controverso non ovviamente oggi il dogma cristologico,
quanto la chiesa ed il dogma che essa sostiene, il fatto di poter cio
proporre delle affermazioni universaimente valide e definitive pur es-
sendo essa soggetta ad un inevitabile condizionamento storico .. Sulla . base
di accurate ricerche storiche siamo oggi meglio in grado di compren-
dere il ruolo svolto dall'elemento umano, spesso troppo umano, che
anche nel caso della . formulazione del dogma di Calcedonia .ha avuto
una notevole influenza. Rientrano in questo quadro le. rivalit tra le
grandi sedi episcopali di Alessandria e di Antiochia, ma anche di Roma
e di Costantinopoli, tra il potere imperiale e la pressione esercitata dai
messi imperiali, che quasi dovevano costringere il Concilio alla
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!azione di una nuova confessione, e ancora le polemiche tra le scuole
teologiche, la litigiosit di monaci e molti altri fattori. Va aggiunto
inoltre che il compromesso faticosamente raggiunto a Calcedonia lot-
tando contro molte opposizioni fu di piuttosto breve durata.
Infatti ben presto la formula divenne oggetto di nuove controver-
sie, e pot affermarsi grazie alla interpretazione neocalcedonese, a sua
volta divenuta fino ad oggi un punto controverso, elaborata dal seguente
Concilio ecumenico di Costantinopoli (553) in circostanze estremamente
deprecabili e molto poco lusinghiere. Come pu dunque un evento cosl
travagliato e cosl legato a delle situazioni storiche contingenti avanzare
una pretesa di infallibilit e di assoluta validit? E come pu d'altronde
l'assoluto realizzarsi nella storia se non in maniera relativa e transeunte?
Tutte queste domande ci fanno comprendere che la questione sot-
tesa al dogma celcedonese, nonostante tutti i mutamenti di orizzonte
culturale, ancor oggi un problema vivo ed attuale.
un interrogativo i cui termini sono l'unit e la distinzione tra Dio
e l'uomo e quale sia dunque il valore e la posizione dell'uomo nell'ambito
cristiano. Si tratta in definitiva dell'importanza di Cristo in ordine alla
nostra salvezza e del significato dell'essere. storico dell'uomo in rapporto
alla mediazione della salvezza. Come si sa queste questioni costituirono
anche il nucleo centrale delle controversie con i Riformatori del XVI
scolo. Possiamo dunque affermare che nel Concilio di Calcedonia, all'in-
terno di una singola questione che pu oggi apparirci astratta, lontana
dalla Bibbia nonch dalla nostra esperienza attuale, era racchiusa in realt
tutta la . comprensione della nostra fede cristiana. Si trattava infatti di
definire un elemento fondamentale della dottrina cristiana e del ruolo
dell'umanit nell'ambito della concezione cristiana. Non ci consentito
trattare questa fondamentale questione teologica in maniera astratta e
generale. Il compito che viene posto consiste piuttosto nel comprendere
ed interpretare le risposte che . il Concilio di Calcedonia ha dato pi di
1500 anni fa. Per raggiungere questo obiettivo dobbiamo dapprima pren-
dere atto delle pi recenti ricerche svolte su questo argomento.
2. ANALISI STORICA
I termini storico - teologici e dogmatici del problema con cui dovette
confrontarsi il. Concilio di Calcedonia sono noti ed sufficiente riassu-
merli brevemente, per inquadrare su questo sfondo i nuovi risultati
acquisiti dagli ultimi studi a riguardo. I due primi concili ecumenici
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di Nicea (325) e di Costantinopoli (381) hanno interpretato ih maniera
autoritativa il contenuto centrale del kerygma neotestamentario: Il Figlio
eterno di Dio, della stessa essenza del Padre, diventato uomo nel tempo
per la nostra salvezza. Questa confessione di fede liturgica, valida fino
ad. oggi non necessitava di un completamento nel Concilio di Calcedonia;
essa conteneva infatti in nuce tutta la fede ristiana.
Si rendeva tuttavia necessaria una. interpretazione pi precisa, poich
rispetto alla concezione dell'incarnazione si contrapponevano due posizioni
teologiche, le quali spinte fino alle estreme conseguenze, finivano con
lo svuotare del suo contenuto la confessione di . fede, sconfinando nel-
l'eresia: da una parte lo schema Logos- sarx degli alessandrini, con a capo
Cirillo di Alessandria, che accentuava l'unit di Dio e Uomo, dall'altra
lo schema Logos- antropos degli antiocheni, che poneva in rilievo la distin-
zione della divinit e dell'umanit in Cristo. Questa cristologia fondata
sulla distinzione divenne sospetta a causa di alcune affermazioni di Ne-
storia. Per qusta ragione Efeso ( 4 Jl) con Cirillo afferm che l'Unico_ e
lo stesso Figlio di Dio dall'eternit divenuto uomo nel tempo, e che
pertanto Maria pu a ragione essere chiamata Madre di Dio (Theotkos).
Nonostante ci la formula dell'unione del 433, elaborata secondo lo
spirito della scuola antiochena, ma col conforto dell'approvazione di
Cirillo, pot affermare la distinzione della divinit e dell'Umanit nella
unit di entrambe. Ed proprio questa diversit nell'unit, che venne
messa in questione dal pio, ma teologicamente sprov\reduto monaco
Eutiche; Egli pensava che l'umanit di Ges veniss ad immergersi nella
divinit quasi come una goccia d'acqua nel mare. Il problema era dunque
di stabilire se Cristo era costituito di due nature prima dell'incarnazione
ovvero anche di sapere se egli dopo l'incarnazione esisteva in una realt
composta di due nature.
L'Occidente latino non aveva preso parte in un primo momento
a queste dispute teologiche. Tuttavia per la carenza di profondit spe-
culativa era compensata da una maggiore chiarezza di distinzione con-
cettuale .. Infatti gi a partire da Tertulliano era corrente in Occidente
la distinzione tra persona e natura, rielaborata poi da Agostino che le
diede l'impronta particolare del suo pensiero. Proprio a questa tradizione
si richiamava Papa Leone Magno nella sua nota lettera dommatica al
patriarca Flaviano, riuscendo in tal modo a raggiungere, almeno sul piano
della formulazione, un compromesso. Si iniziava con la . confessione di
nostro Signore Ges Cristo come unico ed identico Figlio e si r i p ~
teva questa formula nel corpo ed al termine del testo. Si conserva per;
nell'ambito di questa unit, la distinzione delle due nature. Esse riman-
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gono pertanto non mesoolate e non confuse,. ma anche indivise ed inse-
parate. Ges Cristo dunque vero Dio e vero Uomo in una persna
ed ipostasi (DS 301 s.).
Fino a poco tempo fa si considerava la formula di Calcedonia come
una vittoria riportata dalla teologia occidentale, quale si esprimeva soprat-
tutto . nella lettera di Leone Magno. Spesso poi fondandosi su una con-
cezione di stampo hegeliano, si vedeva nel dogma di Calcedonia come
utia cristologia della separazione dialetticamente contrapposta alla cristo-
logia unitaria di Efeso, e in base a ci si considerava il Concilio di Costan-
tinopoli (533) come un11 sintsi che superava l tesi e l'antitesi.
Queste posizioni sono state confutate dalle pi recenti ricerche, in
particolare dagli eccellenti studi di A. Halleux che pongono su un piano
completamente diverso il giudizio che si d del Concilio di Calcedonia.
Halleux si rifatto a precedenti ricerche ed ha ricevuto circa la con-
clusione dei suoi lavori il conforto di altri studiosi, sia protestanti
(A. M. Ritter, L. Abramowski) che cattolici (soprattutto' A. Grillmeier)
che le hanno fatte proprie. La nuova configurazione del problema, deter-
minata dai pi . recenti studi, ha reso insostenibili dal punto di vista
storico alcune presunte nuove interpretazioni di Calcedonia come pure
una certa critica mossa a quel Concilio.
. In effetti Halleux ha dimostrato; sulla base _di accurate indagini dei
testi e delle fonti, che nella definizione conciliare si trovano solo due
riferimenti letterali tratti dalla lettera dottrinale di Papa Leone Magno.
Tutto il resto si compone, come un mosaico, di formule vigenti nella
chiesa di Oriente, ed in particolare di testi desunti dalla seconda lettera
di Cirillo a N es torio e dalla formula di unione del 4 3 3, nella interpre-
tazione datane dalla lettera di Cirillo al Patriarca. Giovanni di Antiochia,
che era insieme la sanzione definitiva dell'unione. Perfino la formula
inequivocabilmente risalente a Leone, secondo la quale nella unit veni-
vano conservate le qualit proprie delle due nature, subiva una ciryl-
lisation stylistique . Va detto dunque che la formula cristologica di
Calcedonia rappresenta una confessione di fede prevalentemente citilliana
e di coerente tipo orientale, anche se o\rviamente con una spina nel
fianco leoniana.
Dagli studi di cui abbiamo riferito emerge dunque in primo luogo
che la continuit dello sviluppo dottrinale nella chiesa molto pi forte
i quanto :finora non si pensasse. Ci si pu affermare sia nei confronti
della continuit tra Efeso e Calcedonia come pure rispetto alla continuit
esistente tra Calcedonia e la sua interpretazione neocalcedonese fornita
dal Concilio di Costantinopoli .. Da: ci consegue in secondo luogo che
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non pi possibile contrapporre Calcedonia ad Efeso ed a Costantino-
poli, ritenendo la dottrina che in esso venne elaborata una teologia
dal basso e cio una cristologia che parte dall'uomo Ges. Sia nel
.caso della dottrina niceno costantinopolitana e di quella efesina, come
in Calcedonia, ci troviamo di fronte ad una cristologia che parte dall'alto,
dal Figlio di Dio eterno che uno ed identico si fa uomo nel tempo.
In . terzo luogo la triplice accentuazione dell'unit in Ges Cristo rende
a questo punto problematica la definizione del dogma come dottrina
delle due nature. La dottrina delle due nature costituisce un commento
el simbolo e va dunque intesa in questo pi ampio contesto. Essa vuole
affermare che Ges Cristo nella realt della sua persona l'unico media-
tore tra Dio e gli uomini (cf. 1 Tim 2, 5).
La rilevanza, cosl forte dell'umanit di Cristo nella dottrina del
Concilio di Calcedonia non era affatto ovvia e scontata. Al contrario
essa significava una rottura rivoluzionaria nell'ambito del pensiero elle-
nistico. Pur con lo stesso linguaggio ellenistico, il Concilio di Calcedonia,
cosl come quello di Nicea, afferma una concezione del tutto distante
<:!.all'ellenismo,. diciamo pure antiellenistico. Infatti la commistione tra
l'umanit e la divinit, teorizzata da Eutiche corrispondeva pienamente
allo spirito dell'ellenismo, che entrava su questo punto in forte contrasto
con la concezione cristiana della assoluta trascendenza tra Dio e l'uomo.
Per la Bibbia fondamentale che l'uomo non Dio (cf. Ez 28, 2.9)
e che Dio non uomo (cf. Dt 23, 19; 1 Sam 15, 29; Os 11, 9). Ogni tipo
di realt mista umano " divina o di natura intermedia inimmaginabile
nell'ambito della fede cristiana.
Calcedonia pertanto. affermando la distinzione di umanit e divinit,
non rappresenta una ellenizZazione del cristianesimo ma vceversa. la sua
de - ellenizzazione. Il Concilio sostitul alla simbicisi ed alla commistione
di natura tra Dio e l'uomo il rapporto, specificamente cristiano, tra la
divint e l'umanit. Attribuendo un tale valore alla vera umanit di Cristo
la formula di Calcedonia getta le basi per lo . sviluppo di una cristologia
sinottica. Ci importante per poter rispondere ad una obiezione che
di frequente ricorre contro il Concilio di Calcedonia. Spesso. infatti viene
mossa l'accusa di astrattezza e di perdita dei riferimenti storico
Si tratta in realt di un fraintendimento, perch in effetti il Concilio di
Calcedonia si considera un'interpretazione del simbolo Niceno costantino-
politano direttamente collegato alla storia della salvezza, . e dunque una
interpretazione la cui funzione proprio quella . di conservarne e difen-
4ere la dimensione storica. Il Concilio non si propone e non ha neanche
bisogno di esporre una dimensione escatologica e storico salvifica, poich
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tutto gi detto nel simbolo, ma vuole difendere ci che in esso affer-
mato contro tutte le teorie che lo svuotano del suo intimo valore.
Calcedonia ha assolto con grande chiarezza questo compito. Il Con-
cilio tuttavia non riuscl a concettualizzare del tutto la sua risposta e a
esprimerla nella sua piena profondit ontologica. I concetti di natura ed
ipostasi non vennero in nessun modo intesi nel posteriore senso tecnico.
Solo uomini come Boezio e Leonzio di Bisanzio riuscirono a. chiarire que-
sti concetti e cos a preparare il successivo Concilio.
Ci si spesso chiesti se queste chiarificazioni bastassero, poich esse
portarono alla dottrina della an- e enipostasia della natura umana del
Cristo. Re5ta fino ad oggi controversa la questione se in tal modo non
.manchi all'umanit di Ges qualcosa di essenziale, precisamente il suo
essere persona. Non viene infatti repressa proprio la natura umana?
Non in fondo in s contraddittorio, al massimo espressione di un
paradosso, ogni tentativo di pensare insieme in un unica persona una
vera umanit e una vera divinit?
a questo punto che va riportato un secondo importante risul-
tato della ricerca degli ultimi anni. L. Abramowski ha segnalato con
ricchezza di materiali i pi antichi indizi che la formula del Concilio
della ciauyxtho, lvoo't' , dell' unit inconfusa ovvero dell' unifica-
zione deriva dalla filosofia del neoplatonismo, divenne familiare ai padri
gi-eci e latini e fu da essi impiegata tanto in teologia trinitaria quanto
in cristologia. A Calcedonia dunque non abbiamo a che fare con un sem-
plice compromesso raggiunto ad hoc o con un puro paradosso; nei quattro
aggettivi negativi molto citati inconfuso, immutabile, indiviso, insepa-
rabile si esprime in una trasformazione cristiana una idea filosoficamente
elaborata. In questa formula viene offerta una risposta dal punto di vista
della fede cristiana al problema filosofico fondamentale del rapporto di
unit e molteplicit, ovvero di identit e differnza. '
anzitutto nel filosofo neoplatonico Proclo che la formula dell' uni-
t inconfusa o unificazione serve alla soluzione del problema del
come la realt possa derivare dall'Uno, partecipare alla sua pienezza e
ritornare ad esso, e come tuttavia la diversit possa essere mantenuta.
La. tesi fondamentale affermava: ogni causato rimane nella sua causa,
esce per anche da essa e trova di nuovo la sua pienezza nel ritornare
alla sua origine. In tal senso ci che unito senza confusione equivale
a d che diviso senza separazione . Questo schema di mediazione
venne impiegato ben presto dai Padri per esprimere teologicamente l'essere
dell'unico Mediatore Ges Cristo. In Lui si compie la mediazione fra Dio
e mondo in forma unica nell'unica unit ipostatica con Dio, che appunto
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in quanto tale rispetta l'essere umano nella sua autonomia creaturale e
lo conduce contemporaneamente al suo pi alto . compimento possibile.
La dottrina dell'an- ed enipostasia dell'umanit di Cristo in tal senso
poteva essere considerata tale da non significare alcuna carenza, ma, anzi,
una perfezione ultima. dell'umanit di Ges. In questo senso Massimo
il Confessore pot stabilire nelle controversie intorno alla volont umana
di Ges: Un'unit della cosa si d manifestamente in tanto, in quanto
la differenza fisica resta conservata .
Con tutto ci assunta la formula base di Karl Rahner per la
determinazione cristiana del rapporto Dio-uomo: unit e diversit di Dio
e uomo . non crescono in proporzionalit inversa, ma diretta .. L'unit pi
alta possibile, qualitativamente unica di Dio e uomo in Ges Cristo
perci al tempo stesso la loro radicale differenza. La formula di G. Ebe-
ling simile: divinit e umanit non si limitano reciprocamente; l'una
interpreta e autentifica molto pi l'altra. Se l'essere di Dio sminuito,
lo anche l'essere dell'uomo, e se il vere homo non mantenuto, anche
il vere Deus non garantito .. Ancora pi chiaramente E .. Jiingel dice
che la differenza fra Dio e uomo, che costituisce l'essenza della fede
cristiana, cristologicamente afferma mediante una cosl grande dissimi-
glianza una sempre pi grande somiglianza, cosl che fra Dio
e uomo .fonda la loro concreta .differenza.
3. NuoVA INTERPRETAZIONE SISTEMATICA
Con quest'ultima tesi abbiamo compiuto il passaggio dall'analisi
storica alla esposizione sintetico-sistematica. Dalla ricognizione storica fin
qui esposta emergono ora tre conseguenze sul piano sistematico.
. l. Il dogma di Calcedonia si fonda sul principio della tradizione
vivente. Non il risultato della speculazione di un singolo teologo, di
monaci o di vescovi, esso si . autocomprende come sviluppo interpreta-
rivo della fede comune della chiesa, nella formulazione stabilita dalla
confessione niceno-costailtinopolitana fondamentale per tutti gli sviluppi
successivi, che a sua volta una interpretazione compiuta e vincolante
della Sacra Scrittura. Le controversie insorte prima e dopo del Concilio
di Calcedonia mostravano con ogni evidenza che uno sviluppo di questa
interpretazione era condizione imprescindibile di una retta tradizione.
Infatti una pura e semplice ripetizione proposta in un mutato contesto
espone la tradizione stessa a fraintendimenti ed . incomprensioni. Il Con-
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cilio dunque si riconosce nel principio della tradizione vivente, per il
quale tradizione ed interpretazione costituiscono una unit.
Ci significa anche evidentemente che. lo stesso Concilio di Calce-
donia non solo un punto di arrivo ma l'inizio di ulteriori approfon-
dimenti. Non perch la dottrina del Concilio di Calcedonia sia sba-
gliata, ma al contrario proprio perch essa vera va considerata una
formula aperta autotrascendentesi in una verit sempre pi . ampia e
profonda (K. Rahner ). Non si pu dunque vedere semplicisticamente nel
.dogma di Calcedonia il carattere di un baluardo dottrinale. L'ortodossia
non una posizione immobile, ma un cammino che viene percorso
insieme con la chiesa. Non . pi oggi deviare dalla direzione
indicataci dal Concilio di Calcedonia, ma non possiamo fermarci ad esso,
dobbiamo proseguire per questa strada eodem sensu nella pista che
esso ha tracciato.
Il grande merito del Conc;ilio di Calcedonia stato di aver affer-
mato lo scanc;lalo del logos sarx egeneto contro ogni tendenza unila-
terale di tipo ellenistico di risolvere tutto nella divinit, e . di aver
conservato tutto il suo valore alla umanit ed alla storicit di Ges.
Il compito davanti al quale noi oggi ci troviamo esattamente l'oppo-
sto, ma non meno arduo.
Per noi l'umanit di Ges Cristo una verit 'acquisita. Il peri-
colo che corriamo non quello di una erronea divinizzazione, ma quello
di una riduzione del Cristo ad una misura puramente umana .. La
stione da cui siamo interpellati la seguente: come possiamo in un
mondo pervaso . dall'ateismo parlare di Ges Cristo come rivelazione
nuova e totale di Dio? Come possibile con le categorie di oggi pen-
sare l'unit di uomo e Dio?
2. Il mondo di oggi pone il problema di Dio, quando lo fa, non
pi in un orizzonte cosmologico ma antropologico. L'uomo per noi il
punto di partenza della ricerca del senso del tutto, dell'indagine su Dio
e sull'uomo. Quale problema fondamentale di una nuova interpreta-
zione del Concilio di Calcedonia vengono considerate a partire da Schleier-
macher le categorie naturalistiche di Calcedonia. Schleiermacher pertanto
ha intrapreso il suo cammino verso una nuova interpretazione .di Gal-
cedonia non sul terreno della metafisica, ma su quello pi attuale della
soggettivit. Egli non parte _dall'essere di Dio ma dalla coscienza di Ges
come l'autentico essere di Dio in Ges. Il tentativo da lui effettuato
ha sempre destato per il sospetto di ambiguit (Tillich; Ebeling).
Difatti il presupposto teorico della soggettivit umana in grado di
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riproporre in maniera non equivoca il dogma di Calcedonia, solo se non
viene interpretato esclusivamente in base a categorie di coscienza, ma
anche secondo categorie fondate sull'essere. Questo tipo di mediazione
tra la moderna filosofia soggettiva e l'antologia classica si trova princi-
palmente nel concetto di persona. Potremo rispondere all'esigenza di
una nuova. interpretazione utilizzando un principio personalistico. pro-
prio della persona umana Che essa da un lato esista in s e per s in
maniera irripetibile e che sia poi d'altro canto aperta alla realt. Questa
apertura indeterminata all'origine di una ricerca inquieta e senza posa
da patte della persona umana; essa .infatti perennemente in cammino,
poich a motivo della sua apertura all'infinito non pu trovare in nes-
suna realt finita il suo appagamento definitivo. Solo nell'incontro con
Dio, pienezza di ogni realt, l'apertura indeterminata dell'uomo pu-
trovare la sua identificazione, il suo appagamento, la sua perfezione.
Alla ricerca dell'uomo mossa dal basso viene incontro una risposta
dall'alto poich solo da Dio che la vita dell'uomo pu ricevere
il suo ultimo significato.
Date queste premesse si comprende ed logico che molti teologi
di oggi nel loro tentativo di una nuova interpretazione di Calcedonia
non si rifacciano pi al rapporto delle due nature ma alla esperienza
personale dell'Abb che Ges vive in s. Nel suo rapporto col Padre
Ges fonda in lui e per lui la sua esigenza. Nulla egli da s, ma
tutto per il Padre. Egli un'esistenza donata e si dona in maniera totale
con tutto se stesso al Padre. Ges esiste solo perch il Padre gli dona
tutto ci che egli ha e che r, ossia la sua divinit. Ges vive in una
alterit di amore e di obbedienza al Padre, ma anche nel contempo
l'immagine che lo rende presente, l'uomo di Dio, che patla e agisce in
suo nome. In questa unit nella distinzione ed in questa distinzione
nell'unit presente la rivelazione escatologica di Dio e la pienezza
escatologica dell'uomo. In lui si rivela con definitivit escatologica, pur
nel fluire del tempo, il mistero di Dio fin dall'eternit, e dlinque la
relazione tra il Padre ed il Figlio, l'amore che si comunica tra le due
divine Persone, e a cui l'uomo chiamato a prendere parte fin dal-
l'eternit.
La nostra tesi dunque, molto simile a quella di W. Pannenberg,
pu essere formulata cosi: nella esperienza personale dell'Abb da patte
dell'uomo Ges Cristo si rivela in maniera. indiretta l'eterna .. divinit di
Ges e quindi l'intimo mistero trinitario di Dio. Tutta.la cristologia
post-pasquale, la dottrina trinitatia ed anche il dogma del Concilio di
Calcedonia pu essere considerato alla luce di ci che era il centro ed
IL OOGMA CRISTOLOGICO DI CALCBDONIA
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il fondamento della vita, dell'opera e della morte di Ges di Nazaret:
il suo personale rapporto coli Dio Padre. In questo rapporto si rivela
a noi in maniera escatologico-definitiva chi sia Dio e che cosa noi stessi
siamo innanzi a Dio e per Dio: chiamati dall'eternit a partecipare alla
vita trinitaria di Dio.
3. Questa nuova interpretazione di carattere personalistico ha il
vantaggio di porre di nuovo in piena luce la dimensione soteriologica
del dogma cristologico e di rendere nuovamente percepibile per noi il
suo valore salvifco. Al centro di tutte le discussioni precedenti, con-
temporanee. e successive al Concilio di Calcedonia si trovava l'interesse
per la. dimensione soteriologica, per cui chiaramente inesatta l'affer-
mazione di Harnack cui questo dogma nella sua intima essenza
sarebbe irreligioso. Al contrario, difendendo la vera umanit di Ges,
Leone Magno si rifaceva. ad un antico principio per il quale ci che
non fosse stato assunto da Cristo non avrebbe potuto essere salvato.
( Quod non. est assumptum, non est. sanatum ). Papa Leone voleva
affermare l'integrit della natura umana in Cristo per affermare la piena
partecipazione dell'umanit alla salvezza. Ci per significa pure. che
il dogma di Calcedonia distingue tra umanit e divinit per poter in
tal modo maggiormente unire l'umanit come tale alla divinit in un
reciproco scambio. La divinizzazione dell'uomo- ideale della filosofia gre-
ca e della teologia - la sua pi autentica umanizzazione, la piena
umanizzazione dell'uomo riposta d'altro canto nella sua divinizzazione.
Il sacrum commercium , il reciproco scambio tra Dio e l'uomo costi-
tuisce dunque il cuore del messaggio cristiano (H.U. von Balthasar).
Questa tensione soteriologica del Concilio di Calcedonia venne compresa
in seguito in misura sempre minore. Dal mistero di salvezza si svilup-
pava . un mistero intellettuale, quasi un ardito problema razionale. Ci si
imbatteva dunque . per questa strada in irrisolvibili aporie. Da questa
aporia pu aversi una nuova interpretazione personalistica.. Anche se
l'unit in Ges Cristo va affermata contro Nestorio come identit del-
l'unico soggetto, essa non si risolve tuttavia in una simbiosi di natura,
ma in una unit e comunit di persona qualitativamente unica e
mente possibile. Essa dunque rappresenta in maniera analoga il modello
e . la fonte della nostra comunione con Dio. Attraverso il battesimo e
la fede veniamo configurati a Cristo e cosl abbiamo ingresso nella
sua pi intim:a disposizione, nella sila obbedienza, nel suo amore a Dio
ed agli uomini. Una cristologia elaborata in chiave personalistica in
grado di evitare l'impressione cos negativa di essere ridotta ad una
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meta speculazione: essa diviene allora il fondamento dell'etica e della
spiritualit cristiana. Per una tale spiritualit cristologicamente fondata
autonomia e teonomia non rappresentano due posizioni contrastanti; ma
al contrario la perfetta comunione ed amicizia con Dio la base della
libert umana e cristiana. Il dogma di Calcedonia diviene cosi il fonda-
mento di un nuovo umanesimo cristiano. Il. Concilio Vaticano II lo
esprime nella frase: Chi segue Cristo, uomo perfetto, diviene pi com-
piutamente uomo (GS 41).
A questo punto le controversie sul dogma di Calcedonia divengono
sorprendentemente attuali. Troppo a lungo l'insegnamento ufficiale e la
teologia cattolica, partendo dalla teonomia del messaggio cristiano hanno
avversato e combattuto l'autonomia moderna. Il Concilio Vaticano II
imprime una svolta decisiva in questa come in altre questioni. Indub-
biamente la direzione verso cui si muove il pensiero odierno esatta
mente l'opposta. Si cerca infatti oggi di elaborare non solo una cristo-
logia dal basso ma anche un'antropologia ed un'etica che partano
dal basso. Si stabilisce quale punto di partenza l'autonomia del-
l'uomo e si vede nella teonomia come una legittimazione formale, e non
la sua rele concretizzazione. Il cristianesimo allora non ha nulla di suo
da donare ai fini dello sviluppo La direzione indicataci dal
Concilio di Calcedonia per Uil'altra. Per essa, solo la teonomia
capace di liberare l'autonomia, danddle quella determinazione cui. essa
tende con la sua indefinita apertura. Questa la posizione dell'ultimo
Concilio: In realt solo nel mistero del Verbo di Dio incarnato
s;illumina il mistero dell'uomo [. .. ]. Cristo, nuovo Adamo, nel rive-
lare il mistero del Padre e del suo amore svela pienamente l'uonio
all'uomo e gli fa nota la sua altissima vocazione (GS 22; cf. 21; 41).
Il rapporto tra cristologia . ed aritropologia pu dunque . configurarsi iri
una triplice maniera: come adesione a rutto ci che nell'uomo vero,
autenticd, buono, e bello (via positionis); come critica profetica a tlitte
le. alienazioni dell'uomo (via negationis) e infine come supetamento delle
pure possibilit umane in un completamento ed una pienezza che si
realizzano in Dio (via eminentiae). Da questo triplice rapporto tra
ctistlogia ed antropologia emerge ' il contributo specificamente cristiano
per un mondo pi . umano. Concludendo possiamo affermare cosi: il
dogma di Calcedonia oggi tutt'altro che un avvenimento legato al pas-
sato ed insignificante per il mondo d'oggi. Viceversa esso iridica la
direzione in maniera estremamente chiara ad una cristologia che voglia
rimanere. m continuit con la tradizione. Esso. dimostra inoltre che pro-
prio una cristlogia che parta dall'alto pu dare . all'umanit ed alla.
IL DOGMA CRISTOLOGICO. DI CALCEDONIA
129
storicit di Ges Cristo tutto il loro valore. Questa la risposta cri-
stiana alla questione di fondo che si pone il pensiero umano, capace
altresl di preparare la strada ad un nuovo i.mianesimo cristiano.
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