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ARCHI VI O

DI FI LOSOFI A
ARCHI VES OF PHI LOSOPHY
Opere
Rudolf Otto
A cura di Stefano Bancalari
Editor
Stefano Sempli ci
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ARCHI VI O
DI FI LOSOFI A
ARCHI VES OF PHI LOSOPHY
a j ournal f ounded i n 1 93 1 by enri co cas telli
f ormerly edi ted by marco m. oli vetti
lxxvi i 2009 n. 1

OPERE
RUDOLF OTTO
A cura di Stefano Bancalari
pi s a roma
fabri zi o s erra edi tore
mmx
Rivista quadrimestrale
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issn 0004-0088
SOMMARIO
Introduzione. Rudolf Otto, filosofo della religione 9
Nota editoriale 45
Nota biografca 47
Bibliografa 51
volumi
La filosofia della religione kantiano-friesiana applicata alla teologia.
Introduzione alla dogmatica per studenti di teologia 65
Il sacro. Lirrazionale nellidea del divino e il suo rapporto al razio-
nale 201
saggi
La rinascita del sensus numinis in Schleiermacher 327
Il sensus numinis come origine storica della religione. Un confronto
con Mythus und Religion di Wundt 339
Mistica orientale e mistica occidentale 367
Che cos il peccato ? 389
Valore, dignit e diritto 397
Autonomia dei valori e teonomia 439
Indice dei nomi 449
Introduzione
RUDOLF OTTO, FILOSOFO DELLA RELIGIONE
1. I criteri di composizione del volume
R
udolf Otto non solo lautore de Il sacro.
1
Lo straordinario successo di
questopera, che ne ha reso celebre il nome ben al di l della cerchia ristretta del
pubblico specialistico, ha provocato, per contraccolpo, la difusione di una fgura stiliz-
zata dellautore, impoverita dalloblio toccato al resto della sua produzione e, peggio,
dalle semplifcazioni e dai fraintendimenti che ogni decontestualizzazione inevitabil-
mente porta con s.
2
La selezione dei testi che compongono questo volume risponde innanzitutto al pro-
posito di ofrire una prospettiva relativamente ampia sul lavoro di Otto, in modo da
evitare lefetto di distorsione derivante da una concentrazione esclusiva dello sguardo
sullopera maggiore : tenuto conto del fatto che la versione originaria del saggio su
Schleiermacher del 1903
3
e che la stesura di Autonomia dei valori e teonomia,
4
pubblicato
postumo, risale presumibilmente al 1935, il lettore trova qui raccolta una produzione
dislocata su un arco temporale di pi di trentanni.
Questo, per, non signifca che limmagine di Otto che ne risulta possa avanzare
pretese di completezza : al contrario, un secondo e complementare criterio di scelta
stato quello di mettere in risalto uno solo tra i molti versanti della poliedrica personalit
di uno studioso, la cui vastit di interessi, alimentando il sospetto di dilettantismo,
risultata un ulteriore impedimento ad una recezione adeguata. Otto un teologo, un
flosofo della religione, uno storico e uno scienziato delle religioni:
5
pur con la consa-
pevolezza che sarebbe forzato stabilire cesure troppo nette tra questi ambiti discipli-
1
Das Heilige. ber das Irrationale in der Idee des Gttlichen und sein Verhltnis zum Rationalen, Breslau, Tre-
wendt und Granier, 1917 [DH]; cfr. infra, pp. 201-308.
2
Come rileva Schtte : Questo scritto [DH], con labbondanza di interpretazioni che lo accompagna-
no, ha oscurato le opere precedenti e quelle successive. Il libro che ha preservato il nome di Rudolf Otto
dalloblio non soltanto si esposto al fraintendimento, ma ha anche favorito lisolamento che ha colpito
le altre opere; H.-W. Schtte, Religion und Christentum in der Theologie Rudolf Ottos, Berlin, De Gruyter,
1969, p. 7. Cos anche Almond : Purtroppo Il sacro ha avuto uninfuenza tale da oscurare le altre opere di
Otto, al punto che la maggior parte di esse stata consegnata alloblio ; Ph. C. Almond, Rudolf Otto : Life
and Work, Journal of Religious History, 12, 1983, pp. 305-321, qui p. 306.
3
Wie Schleiermacher die Religion wiederentdeckte, Die christliche Welt , 17, 1903, pp. 506-512 ; ripubblicato
con il titolo Der neue Auf bruch des sensus numinis bei Schleiermacher, in Snde und Urschuld und andere Aufstze
zur Theologie [SU], Mnchen, Beck, 1932, cap. x, pp. 123-139: cfr. La rinascita del sensus numinis in Schleierma-
cher, infra, pp. 327-337.
4
Autonomie der Werte und Theonomie, ora in Aufstze zur Ethik [AE], hrsg. von J. S. Boozer, Mnchen,
Beck, 1981, cap. 6, pp. 215-226 ; cfr. infra, pp. 439-447.
5
Per tacere delle attivit extra-accademiche di parlamentare, riformatore della liturgia, promotore di
una lega religiosa dellumanit, fondatore di un museo di reperti storico-religiosi (la Religionsgeschichtliche
Sammlung). Cfr. la Nota biografca, infra, pp. 47-49. Per la ricostruzione della biografa di Otto, oltre al gi
citato saggio di Almond, si vedano: R. Boeke, Rudolf Otto. Leben und Werk, Numen, 14, 2, 1967, pp. 130-143;
R. Schinzer, Rudolf Otto Entwurf einer Biographie, in E. Benz (Hrsg.), Rudolf Ottos Bedeutung, fr die Re-
ligionswissenschaft und die Theologie heute, Leiden, Brill, 1971, pp. 1-29 ; G. D. Alles, Introduction, in R. Otto,
Autobiographical and Social Essays, Berlin New York, De Gruyter, 1996, pp. 1-43.
rudolf otto, filosofo della religione 10
nari, che nellopera e nella persona stessa di Otto formano un intreccio difcilmente
dipanabile, si tuttavia cercato di operare una scelta del materiale testuale in modo da
privilegiare il tratto pi marcatamente flosofco del suo pensiero.
A tutta prima, i due criteri di scelta potrebbero sembrare incompatibili. Una consi-
derazione complessiva dellopera di Otto, infatti, rileva subito unevoluzione che pu
esser descritta come un progressivo recedere del teologo di fronte al flosofo, e poi del
flosofo di fronte allo storico della religione;
6
cos che laccentuazione del versante flo-
sofco sembrerebbe comportare non gi un allargamento di prospettiva, ma anzi una
concentrazione dellattenzione sulla sola fase centrale di questo percorso: quella, per
intenderci, della Filosofa della religione kantiano-friesiana (1909),
7
che fa da spartiacque
tra linteresse prettamente teologico della dissertazione su Lutero (1898)
8
e una ricerca
fenomenologica, nel senso storico-empirico del termine, che comincia con la pubblica-
zione del Sacro (1917) e prosegue fno allultima grande opera sul carattere escatologico
del cristianesimo (1934).
9
Ora, questo schema evolutivo in tre tappe ha senzaltro il
pregio di scandire con chiarezza alcune vistose diferenze tematiche tra le opere fonda-
mentali di Otto ; ma rischia di risultare eccessivamente lineare, e di occultare continuit
pi profonde e istanze teoriche che si sviluppano in parallelo, pi che semplicemente
sostituirsi luna allaltra.
10
Su tali continuit vorremmo richiamare lattenzione in queste
considerazioni introduttive, che si propongono di tracciare un percorso di lettura delle
opere presentate, abbozzando un proflo complessivo del flosofo Rudolf Otto.
Prima, per, necessario afrontare una questione preliminare, che la scelta di tra-
durre anche lopera pi nota pone in modo del tutto specifco. A diferenza di tutti gli
altri testi qui raccolti, infatti, che non sono mai apparsi prima in versione italiana, Il
sacro era gi disponibile nella pregevole e autorevole traduzione di Ernesto Buonaiuti:
11

perch, dunque, una nuova traduzione ?
Una prima ragione consiste nel tentativo di apportare un contributo di chiarezza sulla
situazione flologicamente intricata che si venuta a creare in seguito al rapido succedersi di
edizioni dellopera. Vivente Otto, Il sacro conobbe ben venticinque edizioni, in ciascuna del-
le quali lautore, mostrando di non essersi mai ritenuto defnitivamente soddisfatto del risul-
tato fnale, apport modifche pi o meno sostanziali: scrupolose revisioni dellortografa
12
e
6
Cos, per esempio, A. Aguti, Autonomia ed eteronomia della religione: Troeltsch, Otto, Barth, Assisi, Citta-
della, 2007, il quale sottolinea opportunamente come evoluzione non signifchi rottura epistemologica
(p. 67). Laccurata esposizione di Aguti uno dei pochi lavori in italiano che afrontino il pensiero di Otto
nel suo complesso, e si aggiunge allo studio ormai classico di A. N. Terrin, Scienza delle religioni e teologia
nel pensiero di Rudolf Otto, Brescia, Morcelliana, 1978.
7
Kantisch-Friessche Religionsphilosophie und Ihre Anwendung auf die Theologie [KFR], Tbingen, Mohr,
1909; cfr. infra, pp. 65-199.
8
Die Anschauung vom heiligen Geiste bei Luther [AHG], Gttingen, Vandenhoeck & Ruprecht, 1898.
9
Reich Gottes und Menschensohn: Ein religionsgeschichtlicher Versuch [RGM], Mnchen, Beck, 1934.
10
Non pare del tutto convincente, per esempio, la periodizzazione, proposta da Tribuljak, tra un periodo
recettivo, in cui prevarrebbe lelaborazione di concezioni di altri flosof, e un periodo produttivo,
che comincerebbe con DH ; cfr. T. Tribuljak, Philosophie und Theologie bei Rudolf Otto, Kroatien, Osijek,
2000, p. 1. Lo stesso autore si propone, per altro, di mostrare, muovendo da KFR, lunitariet dellopera
di Otto (ivi, p. 5).
11
R. Otto, Il sacro. Lirrazionale nella idea del divino e la sua relazione al razionale, tr. it. di E. Buonaiuti,
Bologna, Zanichelli, 1926.
12
In alcune righe fuori testo delledizione del 1917, Otto scrive: Sembra arrivato il momento, infne,
per sostituire il segno prolisso per il nostro suono sch, che invece senzaltro un suono unico, con un
segno semplice, unico. La tipografa A. Favorke, di Breslau, possiede il caratttere che gli corrisponde nella
forma : $. Nel seguito ne faccio uso, perch mi sembra pratico. Questo carattere potrebbe, mi sembra, esser
introduzione 11
delle scelte lessicali,
13
variazioni stilistiche, riformulazioni, inserimento o cancellazione
di periodi pi o meno lunghi, nonch di appendici.
14
Buonaiuti tradusse lopera nel 1926
sulla base della quattordicesima edizione, apparsa nello stesso anno; tale traduzione
fu in seguito rivista dallo stesso Buonaiuti, che tenne conto dellultima edizione su cui
Otto intervenne, quella del 1936.
15
Considerato che non a tuttoggi disponibile unedizione critica, nonostante Il sacro
sia divenuto, nel frattempo, un classico a tutti gli efetti, ci sembrato opportuno pro-
cedere con una qualche cautela flologica e mettere il lettore in condizione di misurare
lampiezza di movimento di quel processo di revisione permanente al quale Otto ha
sottoposto lopera per circa ventanni. Abbiamo dunque scelto di tradurre la prima edi-
zione, che reperibile ormai con difcolt, riportando in appendice, senza alcuna pre-
tesa di esaustivit, alcuni tra gli interventi pi consistenti e signifcativi (sotto il proflo
teorico) apportati nelledizione defnitiva:
16
avere a disposizione il testo nella sua forma
base, per altro pi agile e pi lineare delle rielaborazioni successive, consente non sol-
tanto di leggere Il sacro nella stessa versione con cui ebbero modo di confrontarsi i vari
Troeltsch, Tillich, Bultmann, Husserl, Heidegger, per citare solo alcuni tra i lettori e gli
estimatori pi illustri; ma consente anche di comprendere e apprezzare meglio il senso
delle modifche operate dallautore, che vennero poi accumulandosi e stratifcandosi in
modo piuttosto disordinato.
17
Ma c una seconda ragione, pi strettamente connessa al carattere specifco della
assunto senza modifcazione anche nel gotico. Con ci, la questione sch sarebbe risolta per entrambi i tipi
di scrittura. La soluzione deve essersi poi rivelata meno pratica di quanto sembrasse a tutta prima, visto
che viene prontamente abbandonata nelle edizioni successive. Si mantiene invece, fno allultima edizione,
luso della f invece del ph, per cui Otto usa scrivere : Fnomen, Filosofe, ecc. signifcativo, ai fni di
una valutazione dellefetto tipografco complessivo della prima edizione di DH, che Tillich non manchi di
menzionare, tra le ragioni per ricordare lincontro con lopera come un evento indimenticabile , il fatto
che fosse pubblicato da una casa editrice sconosciuta e che presentasse alcune stranezze nellortogra-
fa ; P. Tillich, Der Religionsphilosoph Rudolf Otto (1925), ora in Id., Begegnungen, Gesammelte Werke, XII,
Stuttgart, Evangel. Verl.-Werk, 1971, pp. 179-183 ; qui p. 179.
13
A partire dallottava edizione (Breslau 1922), Otto si preoccupa di evitare il ricorso a termini di origine
diversa da quella germanica (non senza qualche farraginosit nelle soluzioni adottate): cos, per esempio,
Analogie viene sistematicamente sostituito con Entsprechung, Analyse con Zergliederung, spezifsch
con besonder, psychisch con seelisch, Faktum con Tatsache, ecc. (lelenco potrebbe continuare a
lungo). Cfr. quanto Otto osserva nella Prefazione allottava edizione : Ignoti lettori mi hanno inviato il libret-
to di Eduard Engel, Sprich Deutsch [Parla tedesco], con il monito corrispondente. Sento con forza la seriet
di questo monito, tanto pi nellepoca odierna in cui sempre pi un dovere sacro (heilig) meditare sul
proprio germanesimo : ringrazio il mittente e sarei felice di saper scrivere cos. In questa edizione ho ten-
tato di scuotere con forza lalbero, e inutile ciarpame di ogni sorta gi caduto gi. Ma, se si vuole evitare
un arbitrio senza confni, si dovrebbe, per lo meno per tutte le espressioni scientifche tecniche, costituire
una accademia della crusca [in italiano nel testo] volontaria, che, con sensibilit rafnata e con profondissi-
ma conoscenza della nostra lingua, ritrovando, padroneggiando e rimettendo in gioco le forze creatrici di
questultima, ci ofrisse, invece di abborracciature da pasticcioni, un tedesco puro e nobile; invece delle
invenzioni estemporanee dei singoli, qualcosa di universalmente valido, che si imponga non per costrizione
o per legge, ma per la sua autenticit, bont e utilizzabilit.
14
Le appendici che Otto, nel susseguirsi delle edizioni, via via aggiunge e sottrae a DH sono raccolte nei
tre volumi : Aufstze das Numinose betrefend, Stuttgart, Perthes, 1923 [ANB], Snde und Urschuld und andere
Aufstze zur Theologie, Mnchen, Beck, 1932 [SU] e Das Gefhl des berweltlichen (Sensus Numinis), Mnchen,
Beck, 1932 [G].
15
La traduzione rivista stata pubblicata dalleditore Feltrinelli, 1966, 1994
5
.
16
Ora in Mnchen, Beck, 2004 [Beck].
17
Con ci non si intende afatto colmare il vuoto che resta tale di unedizione critica; lintento, sem-
mai, quello di renderlo pi evidente.
rudolf otto, filosofo della religione 12
traduzione di Buonaiuti, che rende, a nostro avviso, opportuna una nuova versione
italiana del Sacro. Nella Prefazione, il traduttore dichiara di aver interpretato il proprio
ruolo in ossequio al diritto [dellautore dellopera] di esigere che limpressione delle
sue idee personali e del suo programma originale esca [...] non turbata e non pregiu-
dizialmente ottusa dallintervento e dalla mediazione di chi volgarizza il suo testo :
18
e
non v dubbio che la volont di restituire al lettore italiano l impressione, appunto,
limpatto anche e soprattutto emotivo del testo di Otto, traspaia in tutta chiarezza e
rappresenti uno degli aspetti pi riusciti (e certo non eguagliabili) della traduzione di
Buonaiuti. Si tratta di una scelta che senzaltro fedele agli intenti e allo stile argomen-
tativo dellautore, il quale invita chiunque non si senta in grado di entrare in risonanza
emotiva con la sua opera a chiudere subito il libro ;
19
ma una scelta che rifette pale-
semente e del tutto legittimamente, beninteso anche le idee personali e il pro-
gramma originale dello stesso traduttore. Vediamo meglio.
Per Buonaiuti decisivo rintracciare e rimarcare, nel testo di Otto, lafnit sor-
prendente con alcuni indirizzi di apologetica religiosa, intorno a cui si fatto un gran
battagliare in Italia e fuori, nel primo decennio del secolo :
20
lallusione al moderni-
smo, sul fronte del quale Buonaiuti schierato in prima persona e fno alle estreme
e pi dolorose conseguenze,
21
trasparente. E la sorprendente afnit che egli indi-
vidua tra questo tentativo di rinnovamento culturale cattolico e il pensiero di Otto
, afnit nientafatto stemperata dalle divergenze che pure Buonaiuti ha presenti in
modo quanto mai nitido
22
, consiste innanzitutto nel postulato della predialetticit
dellesperienza del divino,
23
ossia nel privilegio metodologico dellesperienza sorgiva
e immediata rispetto alle strutture teorico-dottrinali che si sforzano di comprenderla,
ma che inevitabilmente la irrigidiscono. Ora, non stupisce che il criterio guida di una
traduzione dellopera volta a far risaltare lelemento predialettico sia pi la preoccu-
pazione di riprodurre la modulazione dei registri espressivi, di restituire la ricchezza di
pathos e suggestione del linguaggio di Otto, che non lo scrupolo flologico e la fedel-
t al suo apparato terminologico-concettuale. Cpita, cos, che lespressione tecnica,
e ormai celeberrima, das Ganz Andere (per la quale abbiamo adottato, per parte
nostra, la traduzione ormai consueta totalmente altro) sia tradotta da Buonaiuti in
modo oscillante, ora con essenzialmente altro,
24
ora con completamente altro,
25

ora con tutto diverso;
26
ma cpita, soprattutto, che alcuni termini, che attestano in
modo inequivocabile il contesto teorico allinterno del quale Otto si muove, siano resi
difcilmente riconoscibili, come accade quando Schematisierung viene tradotto con
18
E. Buonaiuti, Prefazione, in Il sacro, cit., 1994
5
, p. 11.
19
Cfr. DH, p. 8; infra, p. 207.
20
Prefazione, cit., 1994
5
,

p. 12.
21
Ladesione al modernismo valse al sacerdote Buonaiuti la scomunica espressamente vitando , for-
malizzata il 25 gennaio dello stesso anno in cui lavorava alla traduzione del Sacro (conclusa nel giugno del
1926). Un sobrio cenno a questa vicenda per lui dolorosissima racchiuso nel nonostante tutto con cui
Buonaiuti, pur nella dichiarata sintonia con il testo tradotto, ribadisce il proprio sentimento di appartenen-
za al cattolicesimo : LOtto viene dalla pi squisita preparazione luterana ; il traduttore, nonostante tutto,
profondamente aderente alla continuit storica del messaggio cattolico (cfr. ivi, p. 11).
22
Cfr. gli acutissimi rilievi mossi da Buonaiuti in La religione nella vita dello spirito, Roma, Ricerche reli-
giose, 1926, in cui viene sottolineata la mancata connessione tra lesperienza religiosa e la dimensione co-
munitaria della medesima. Questo testo avrebbe dovuto, nellintenzione di Buonaiuti, essere la Prefazione
alledizione italiana di DH, ma Otto lo rifut: cfr. Id., Pellegrino di Roma. La generazione dellesodo, a cura di
M. Niccoli, introduzione di A. C. Jemolo, Bari, Laterza, 1964, p. 522.
23
Prefazione, cit., 1994
5
,

p. 12.
24
Cfr., Il sacro, cit., 1994
5
,

p. 36.
25
Cfr., p.e., ivi, pp. 34 e ss.
26
Ivi, p. 89.
introduzione 13
estrinsecazione;
27
Gefhlserlebnis con esperienza psichica;
28
Gemt con facol-
t ;
29
Begrif con idea.
30
Con ci non si vuol dire afatto che la traduzione di Buonaiuti non sia tuttora uno
strumento prezioso:
31
e anzi labbiamo tenuta costantemente presente, sfruttandone in
pi occasioni soluzioni e scelte interpretative; ma che era ormai necessaria, a nostro
avviso, una traduzione diversa, che fosse mossa pi dallinteresse per Otto come pensa-
tore, che dal coinvolgimento immediato in ci di cui Otto tratta; una traduzione che si
facesse carico della cautela imposta dallenorme dibattito che nel frattempo si venuto
svolgendo sulle questioni sollevate da Otto, facendo del Sacro, appunto, un classico, e
che fosse perci pi aderente, nei limiti del possibile, al lessico, alla sintassi e alla co-
struzione del periodo, anche a costo di risultare magari meno elegante e suggestiva in
italiano.
2. Lutero e il problema religioso fondamentale
La questione, cui accennavamo sopra, della continuit o discontinuit tra le opere di
Otto uno dei luoghi classici del dibattito tra gli interpreti, per lo meno a partire dalla
autorevole recensione di Troeltsch del 1919, il quale coglieva, in particolare tra la Filo-
sofa della religione e il Sacro, un contrasto pi forte di quello che il semplice sviluppo
(nel senso del progresso e dellampliamento) di un autore porta con s pi o meno
sempre:
32
per Troeltsch si trattava, senza mezzi termini, di un totale cambiamento
di fronte.
33
Senza entrare subito nel merito del giudizio troeltschiano, limitiamoci, per il mo-
mento, ad osservare che unanalisi che, per contro, si proponga come tenteremo di
fare qui di riannodare i robusti fli che intrecciano il Sacro al complesso della produ-
zione di Otto si traduce per forza di cose nella messa in questione di una fn troppo
facile e difusa lettura irrazionalistica del suo pensiero, che pure sembrerebbe aval-
lata dal sottotitolo stesso dellopera maggiore (Lirrazionale nellidea del divino e il suo
rapporto al razionale) e che ha senzaltro contribuito signifcativamente a determinarne
il successo.
34
Certo non un irrazionalista lautore del lavoro su Die Anschauung des Heiligen Geistes
27
Ivi, p. 18.
28
Ivi, p. 34.
29
Ibidem.
30
Ivi, p. 15.
31
Di diverso avviso, evidentemente, lanonimo curatore della ristampa recentemente pubblicata da se (Il
sacro, Milano 2009), che ha riproposto la versione di Buonaiuti, intervenendo sul testo con una certa, per
dir cos, disinvoltura: non soltanto la traduzione subisce alcune modifche, disseminate qua e l senza
che il lettore sia avvertito della natura e dellentit degli interventi, ma viene persino corretta la Prefazione
di pugno dello stesso Buonaiuti ! Il risultato di questa operazione editoriale un ibrido di dubbia utilit, che
non ofre al lettore italiano n la traduzione ormai divenuta classica, n una traduzione nuova, visto che
tutti gli aspetti problematici di cui sopra, incluse le vere e proprie sviste, sono, con altrettanta disinvoltura,
mantenuti tali e quali.
32
E. Troeltsch, Zur Religionsphilosophie. Aus Anla des Buches von Rudolf Otto ber Das Heilige (Breslau
1917), Kant-Studien, 23, 1919, pp. 65-76, qui p. 76.
33
Ibidem. Unimpressione opposta ebbe Wilhelm Bousset, il quale, subito dopo aver letto il manoscritto
dellopera, scrive a Otto come a suo giudizio essa si muova sul solco della linea Fries-De Wette-Schleier-
macher, dunque in piena continuit con KFR ; cfr. Wilhelm Bousset an Rudolf Otto vom 3.12.1916, cit. da H.-W.
Schtte, Religion und Christentum, cit., p. 127.
34
Cfr. T. A. Gooch, The Numinous and Modernity. An Interpretation of Rudolf Ottos Philosophy of Religion,
Berlin New York, De Gruyter, 2000, in particolare il cap. V : Das Heilige and German Irrationalism after
the First World War.
rudolf otto, filosofo della religione 14
bei Luther [Lidea di Spirito Santo in Lutero], che fu presentato allUniversit di Marburgo
come dissertazione nellaprile del 1898. Questopera prima, alla quale Otto comincia
a lavorare nel 1895, merita, a nostro avviso, assai pi attenzione di quanta gliene sia
accordata generalmente: nonostante lautore prenda successivamente le distanze da
questo libro da principiante, ancora completamente sotto linfuenza di Ritschl ,
35
esso
mostra, in embrione, ma gi ben riconoscibile, unimpostazione teorica che rester
determinante nella rifessione successiva.
36
Vale dunque la pena sofermarsi, sia pur bre-
vemente, su questo testo, che non rientra tra quelli qui tradotti, ma che risulta estrema-
mente utile per comprendere alcuni nodi strutturali di questi.
Il proposito di determinare contenuto e funzione della nozione di Spirito Santo
nella teologia di Lutero viene inquadrato in un pi ampio contesto di interessi che de-
linea in modo molto defnito il proflo intellettuale del giovane studioso. In sede di pre-
fazione, Otto chiarisce che linteresse storico per la fgura di Lutero, un virtuoso e un
eroe della religione,
37
senzaltro centrale nel lavoro, ma non lunico e nemmeno il
pi importante : non si tratta, per Otto, di soddisfare una curiosit di stretta pertinenza
dellesegesi luterana, ma di comprendere Lutero chiedendosi che cosa vi sia da pen-
sare e che cosa signifchi per noi .
38
E quel che da pensare, per Otto, niente di meno
che il problema religioso fondamentale (das religise Grundproblem) : la questione del
rapporto e dellinfusso di una causalit extramondana sullinteriorit delluomo.
39
Otto formula innanzitutto tale problema nei termini e con i concetti propri della tra-
dizione nella quale Lutero si muove, per poi chiedersi se e fno a che punto egli possa
essere considerato davvero interno a questa tradizione medesima.
Uno degli appellativi della terza persona della Trinit, che la distingue dal Padre
(creatore) e dal Figlio (redentore), quello di santifcatore (Heiliger) : lo Spirito santi-
fca in quanto opera nelluomo la conversione, il passaggio dal peccato alla vita nuova.
Questo per implica che sullinteriorit delluomo ossia, come signifcativamente si
esprime Otto, sul suo vissuto (Erlebnis) agisca in modo efcace qualcosa di qualita-
tivamente eterogeneo rispetto ad essa ; il che suscita diversi interrogativi : Come opera
35
Beck, p. 123; cfr. infra, p. 320. In realt Otto, che in un primo momento aveva preferito iscriversi alluni-
versit di Erlangen, meno aperta alla teologia liberale e dunque per lui pi rassicurante stante la rigorosa
educazione pietistica ricevuta, frequent un primo semestre alluniversit di Gottinga nello stesso anno
(1889) in cui Albrecht Ritschl, che vi insegnava dal 1864, mor. Nonostante ci, avendo abbandonato defni-
tivamente Erlangen per Gottinga nel 1891, egli ebbe modo di entrare in contatto, e di stringere relazioni si-
gnifcative e durature, con i cosiddetti Ritschlianer e con la nascente scuola storico-religiosa (Religionsge-
schichtliche Schule), che, per lo meno nella sua prima fase, prendeva le mosse dallinsegnamento del teologo
berlinese. Su questo, oltre al gi citato T. A. Gooch, The Numinous and Modernity, cfr. G. Ldemann M.
Schrder., Die religionsgeschichtliche Schule in Gttingen. Eine Dokumentation, Gttingen, Vandenhoeck &
Ruprecht, 1987. A questo proposito signifcativo il contesto di ricerca nel quale Otto esplicitamente inseri-
sce il lavoro su Lutero: La seguente trattazione mostra da s in che misura e fno a che punto sia dipenden-
te da Ritschl, A. Harnack, Loofs, Eichhorn, von Herrmann, Reischle, H. Schultz, Thieme; AHG, p. 3.
36
Sottoscriviamo dunque, anche se per ragioni in parte diverse, il giudizio di Almond : Se i risultati
efettivi delle successive opere di Otto si trovano qui [sc. : AHG] solo in forma embrionale, molto del-
la loro struttura gi sostanzialmente in evidenza; Ph. C. Almond, Rudolf Otto: An Introduction to His
Philosophical Theology, Chapel Hill and London, University of North Carolina Press, 1984, p. 28. Pi che
sottolineare, seguendo la lettera delle dichiarazioni di Otto (cfr. DH, p. 104; infra, p. 260), lindividuazione
gi in AHG delle profondit essenzialmente non razionali della religione a dispetto del tono ritschliano
dellopera (Ph. C. Almond, Rudolf Otto, cit., p. 28), nelloriginale impostazione del rapporto tra ci che
successivamente defnir razionale e irrazionale che ci sembra di poter cogliere il principale elemento
di continuit con la produzione successiva.
37
AHG, p. 1.
38
AHG, p. 3.
39
AHG, p. 1.
introduzione 15
Dio la vita nuova? Come si realizza ? Nel contesto di una chiara causazione psicologica
o nelloscurit e nellenigma di unazione miracolosa puramente soprannaturale ?.
40
La
formulazione stessa della domanda lascia chiaramente intendere che Otto non cer-
to incline a prender partito per loscurit e lenigma, verso i quali non mostra alcuna
simpatia, di contro alla chiarezza della comprensione psicologica: e lo svolgersi del
ragionamento ne d piena conferma.
Il nodo della difcolt consiste nellattribuire un efetto che sostanzialmente di
ordine psicologico la fede, ossia il realizzarsi del nuovo stato etico-religioso nelluo-
mo
41
ad una causa che di ordine diverso (spirituale, appunto, ossia divino), ma che
in qualche modo, o meglio: ad un certo punto, deve di necessit tradursi in quelleven-
to psicologico. Il che pone due problemi: si tratta di stabilire, in primo luogo, se sia
possibile rendere meno arduo il passaggio dalluno allaltro ordine inserendo tra causa
ed efetto degli eventi intermedi; e, in secondo luogo, se la concessione della possibilit
di un intervento del soprannaturale sulluomo non signifchi eo ipso annientamento
dellautonomia dellagire di questultimo. Nei termini di Lutero : lo Spirito agisce diret-
tamente (come una forza magica , chiosa Otto
42
) o solo per dona sua ? E la sua azione
di per s efcace oppure lo Spirito solo causa prima, che necessita comunque del
concorso della fede quale causa secunda?
La tesi centrale di Otto che in Lutero, sotto la superfcie di formulazioni che si sfor-
zano di apparire ineccepibili dal punto di vista dellortodossia dogmatica, si nasconda
in realt una soluzione radicale e radicalmente innovativa per questi problemi: Lutero
non pensa a costruire un ambito nel quale valga la motivazione della fede, e contempo-
raneamente a mostrare le crepe e le lacune in cui debba insinuarsi lazione di supporto
dello Spirito ;
43
pi semplicemente : in Lutero non dato trovare alcuno spazio per una
seconda causalit extrapsicologica. La causalit empirica della fede prende completamente
il posto di quella [corsivo nostro, c.n.].
44
Si tratta di unafermazione molto forte, che
potrebbe facilmente essere intesa nel senso di una lettura quanto meno semplifcatoria
di Lutero da parte di Otto, fnalizzata ad espungere una dimensione soprannaturale
che evidentemente mal si concilierebbe con alcune sue opzioni teoriche pregiudiziali :
se ne potrebbe, in tal caso, concludere che lirrazionalismo del Sacro non sarebbe altro
che una reazione, magari eccessiva, alleccesso di razionalismo degli esordi.
In realt linterpretazione di Otto assai pi rafnata
45
e muove da unistanza teorica
che, variamente rimodulata, sar un motivo ispiratore costante di tutta la produzione
ottiana successiva (Sacro compreso): mostrare e fondare la qualit del tutto specifca e
irriducibile dellelemento religioso, senza che ci si traduca necessariamente nella po-
sizione di un ambito separato rispetto a quello della realt naturale e potenzialmente
in confitto con questultimo. Nella Anschauung questo progetto teorico non emerge
ancora in modo autonomo e resta subordinato al compito esegetico, ma ben ricono-
scibile nei suoi tratti essenziali.
Otto rileva come Lutero, pur non mettendo mai esplicitamente in questione il det-
tato del dogma trinitario (perch in realt poco interessato al piano della rifessione
dottrinale), mostri di fatto una concezione del tutto subordinata dello Spirito rispetto
al Padre e al Figlio. Unattenta analisi del linguaggio di Lutero consente ad Otto di
40
AHG, p. 20.
41
AHG, p. 2.
42
AHG, p. 15.
43
AHG, p. 43.
44
AHG, p. 38.
45
Lo stesso Otto si preoccupa di precisare che gi allepoca di AHG gli erano chiare le trame irraziona-
li-numinose in Lutero e in ogni autentico concetto di Dio; Beck, p. 123; infra, p. 320.
rudolf otto, filosofo della religione 16
cogliere la radicalit di tale subordinazione, mediante la messa in luce di un dato sor-
prendente: la fede riceve tutti i predicati dello Spirito. la fede stessa che giustifca,
rigenera, illumina, etc. .
46
Questo signifca che la nozione (soprannaturale) di Spirito
e quella (psicologica) di fede sono in realt considerate da Lutero interscambiabili, al
punto che i due termini, a ben guardare, non sono altro che puri e semplici sinonimi.
Espressioni altrimenti incomprensibili (per spiritum fdei, ad esempio) risultano del
tutto perspicue se si parte dallassunto di una diretta identifcazione dei due concetti ;
se si tien fermo cio che per Lutero spiritus sanctus il nome per ci che operato
dalla fede.
47
Ma c di pi : lo stesso rapporto di sinonimia pu essere riscontrato anche tra Spi-
rito e un altro concetto fondamentale di Lutero: la parola; con il risultato che com-
prendere lazione dello Spirito Santo non signifca altro che comprendere il nesso strut-
turale tra parola e fede ; nesso da cima a fondo empirico, che non pu esser studiato e
compreso sulla base di una rifessione teorica astratta, ma a partire dalla descrizione
di un dato di fatto o di un vissuto (Erleben) religioso .
48
Lascolto della parola, con tutto
ci che ne consegue, un Erlebnis che, nel suo carattere formale di vissuto, un evento
di coscienza simile a qualsiasi altro, che come tale deve essere esaminato: Ogni rap-
presentazione, ogni contenuto concettuale che entra nella coscienza di un uomo [...]
esercita immediatamente e di per s il suo efetto sullinteriorit delluomo, determina
il suo sentimento di piacere o dispiacere, stimola la facolt di sensazione che corrispon-
de al contenuto, attiva in lui, mediante ci, motivazioni per la volont.
49
Questo processo radicalmente empirico ha luogo ogni qual volta si ascolta una paro-
la, la quale sempre una sintesi di contenuto e valore. In questo la parola del vangelo,
che non un abracadabra,
50
simile a qualsiasi altra. Lazione dello Spirito, dunque,
un processo chiaro, che si attua attraverso la coscienza e la sua motivazione
51
e che
coincide integralmente con il processo psicologico che questa parola speciale quanto
al contenuto e al valore determinati, ma in tutto e per tutto identica a qualsiasi altra
innesca in colui che la ascolta; nel caso specifco: sentimento della propria nullit e del-
la colpa, ma anche consolazione dallangoscia, fducia, timore reverenziale, amore
52

nei confronti del Dio che salva.
Ora ecco il punto che ci interessa sottolineare lindividuazione del parallelismo
tra Spirito, da una parte, e fede-parola, dallaltra, lafermazione di una sovrapposizione
integrale tra la causa divina e lefetto umano, non portano afatto Otto a sostenere che
la rifessione di Lutero acquisterebbe in rigore se uno dei due piani fosse semplicemen-
te tolto mediante riassorbimento nellaltro : Otto, insomma, non si limita a proporre
una lettura riduzionistica del vissuto religioso in Lutero, volta a depurare laspetto psi-
cologico da residui teologici ritenuti spuri. Lidea di Otto unaltra, ed tale da attri-
buire a Lutero una posizione pi audace dal punto di vista teorico, dietro la quale non
difcile cogliere la posizione dello stesso Otto.
Lo stesso fenomeno, per esempio il verifcarsi di certi vissuti in seguito allascolto di
una determinata parola, passibile di una doppia interpretazione, integralmente legit-
tima in ciascuno dei suoi due versanti : Per ogni intenso sentire religioso accade che
la medesima cosa, e nella medesima misura, sia ricondotta, nel modo di esprimersi
46
AHG, p. 38.
47
AHG, p. 40.
48
AHG, p. 9.
49
AHG, p. 48.
50
AHG, p. 48.
51
AHG, p. 49.
52
AHG, p. 50.
introduzione 17
umano, alla connessione naturale, e contemporaneamente e integralmente (sogleich
und ganz), nel giudizio religioso, allagire di Dio.
53
Luna e laltra interpretazione si
propongono come esaustive : il modo di esprimersi umano riconduce tutto, senza
lacune, alla connessione causale naturale ; il giudizio religioso allagire di Dio. No-
nostante possa sembrare a prima vista paradossale, Lutero, secondo la lettura di Otto,
ritiene che i due tipi di giudizio non si escludano reciprocamente, ma siano in qualche
modo compossibili. Non nel senso, semplicistico, per cui il giudizio religioso interver-
rebbe l dove il giudizio umano si arresta, colmandone le inadeguatezze: Lutero non
costringe la causalit divina ad uno o a pi luoghi nel nesso causale : per lui possibile
un doppio modo di considerazione (eine doppelte Betrachtungsweise) riguardo al tutto.
54

E questa doppia considerazione tale per cui allinterno delluna [considerazione] non
si pu riconoscere altro che causazione e motivazione, che la catena chiusa dei mezzi
esterni nellambito naturale; nellaltra, di cui la prima solo il volto mondano, non
si pu riconoscere nientaltro che il sofo e lazione dello spirito divino.
55
Lo Spirito non interviene in qualche momento determinato del processo di ascolto
della parola, trasformando ad un certo punto questultimo da ordinario evento psicolo-
gico in vissuto spirituale e straordinario. lo stesso vissuto che pu esser sottoposto a
due modi di considerazione o, come Otto dir riprendendo questi medesimi temi in un
saggio pi tardo, a due sguardi (zwei Anblicke).
56
Lazione della parola su chi la ascolta
un processo integralmente psicologico un vissuto reale
57
e, nello stesso tempo e
senza contraddizione, integralmente descrivibile in termini di azione dello Spirito. E il
compito della teologia non altro che quello di tentare la dimostrazione del diritto e
della possibilit delle due [considerazioni] luna accanto allaltra, ossia infne, della loro
interna identit.
58
Il dato di fatto incontestabile che per qualcuno la parola possa restare frigida notio,
che essa risulti cio incapace di muovere luditore al vissuto della fede, non preclude af-
fatto la possibilit di un doppio modo di considerazione , anche in questo caso specif-
co: Lutero descrive innumerevoli volte [questa situazione] con il misterioso dominio
dello Spirito, che sofa dove e quando vuole.
59
Otto non ha difcolt a riconoscere che lesclusione di un intervento soprannatu-
rale implica il rischio di una certa circolarit : in sostanza, se non si pu ricorrere ad
unazione puntuale e straordinaria per spiegare la mutazione qualitativa del vissuto, se
tutto riducibile al vissuto psicologico reale della comprensione (che pu aver luogo o
non aver luogo), questo potrebbe signifcare che lesito dellascolto gi determinato
prima che esso abbia efettivamente luogo : che la parola davvero compresa solo da
chi gi in condizione di farlo, ossia che la parola muove alla fede solo chi gi nella
fede. E in un certo senso del tutto ovvio che sia cos, come Otto prova a spiegare
ricorrendo ad un esempio che riutilizzer poi diverse volte, e soprattutto in un luogo
teoreticamente decisivo del Sacro: Chi non possiede ancora alcuna comprensione per
la musica rester freddo di fronte a qualsiasi esecuzione musicale; se per deve arrivare
alla comprensione, allora lunico mezzo che egli ascolti e pratichi della musica. Cos
53
AHG, p. 58.
54
AHG, p. 102.
55
AHG, p. 106.
56
Cfr. Rationale Theologie gegen naturalistischen Irrationalismus, in SU, p. 220.
57
AHG, p. 72.
58
AHG, p. 106.
59
AHG, p. 72. Scrive ancora Otto: Lintus docere di Dio non legato ad alcuna condizione umana. Non
n in mano del maestro, n delluditore. Pu esser connesso al primo ascolto della parola, ma pu anche
giungere molto dopo ; e pu non giungere afatto.
rudolf otto, filosofo della religione 18
anche con la parola. Chi non devoto rester freddo. Ma se deve diventare devoto,
allora deve lasciarla agire su di s in modo duraturo. La parola pu di per s scaldare
chi freddo. nellascolto che arriva la comprensione.
60
Si profla gi qui in tutta chiarezza quella che in seguito diventer una vera e propria
teoria della priori religioso. Ma opportuno concludere su un altro esito particolar-
mente interessante di questa teoria della doppelte Betrachtungsweise, anchesso destinato
a riprese e sviluppi signifcativi e del quale tuttavia Otto non sembra fno in fondo
consapevole. La paradossale coesistenza (o interiore identit) del dominio empirico-
naturale e di quello spirituale accade, come si visto, sul piano di un Erleben religioso,
che per il fatto stesso di esser ascrivibile contemporaneamente alluno e sullaltro piano,
si rivela eccedente rispetto ad entrambi ed attiva una terminologia e una concettualit
nuova, irriducibile alluno e allaltro. La fede un evento integralmente psicologico
e contemporaneamente, e senza contraddizione, opera del sofo dello Spirito : la
dialettica di esclusione reciproca tra naturale e soprannaturale diviene tutta interna
allErlebnis,
61
che si arricchisce cos di una nuova dimensione di profondit. Questa si-
tuazione non pu esser descritta adeguatamente, se non rinunciando alla categoria
della causalit, naturale o soprannaturale che sia, e adottando un linguaggio assai pi
semplice e pi prossimo allesperienza ordinaria. Scrive Otto : il suo [di Lutero] Dio
non agisce nella natura delluomo, n nelluomo in quanto natura, ma da persona a
persona ;
62
e dunque Il Dio del cristiano quello personale, che ha voluto luomo a sua
immagine e in comunit personale. Le persone non interagiscono tra loro, non opera-
no luna sullaltra senza o a prescindere dal mezzo. Questo signifca: senza o a pre-
scindere dalla rivelazione, lautopresentazione della propria interiorit, dellintenzione,
della volont e senza lefetto di questa espressione di s sul sentimento e sulla volont
dellaltro in quanto impulso e motivo. La causalit tra persone motivazione, e quel
che tra loro non motivazione, lo operano come cose: cose forse di ordine iperfsico e
di infussi miracolosi, ma non come persone.
63
La dicotomia naturale/soprannaturale pertinente nel mondo delle cose, non in
quello delle persone e dei loro vissuti. Al termine del percorso possibile osservare che
la formulazione di partenza del problema religioso fondamentale risente di unim-
postazione gi viziata da una concettualit che ne impedisce una corretta interpreta-
zione e da una comprensione indebitamente naturalistica della psicologia, incapace di
accedere alla complessit dellErlebnis. Il ragionamento di Otto mira a mostrare come
il religises Grundproblem coincida in ultima istanza con lanalisi del vissuto religioso
fondamentale (das religise Grunderlebnis), che Lutero stesso lega sempre di nuovo allo
spiritus sanctus .
64
Un vissuto che, come Otto accenna in conclusione, con unespres-
sione che non pu non suonare familiare a chi conosca lopera del 1917, pu esser def-
nito come il sentire specifcamente religioso solo quando il sacro brivido di fronte
alleterno (das heilige Erschaudern vor dem Ewigen) .
65
60
AHG, p. 72. Cfr. DH, cap. xxi, p. 166; infra, p. 295.
61
Cfr. H.-W. Schtte, Religion und Christentum, cit., pp. 14-5: istruttivo osservare che lesclusione della
motivazione soprannaturale, che esposta dal concetto spiritus sanctus, include una peculiare dialettica.
Le serie di motivazione, che in prima battuta si rapportano luna allaltra in modo esteriore e che sembrano
tendere alla riduzione di una allaltra senza che questa riduzione accada completamente, si trasferiscono
nel concetto stesso di religione. Con ci la contrapposizione tra fondazione soprannaturale e fondazione empirico-
psicologica della religione diventa una contrapposizione interna alla fondazione psicologica stessa [c. n.].
62
AHG, p. 52.
63
AHG, pp. 97-98.
64
AHG, p. 1.
65
AHG, p. 86.
introduzione 19
3. Antinomia e presentimento : le chiavi di volta
della filosofia della religione di Otto
Dal lavoro su Lutero emergono due elementi chiave in funzione dei quali Otto ri-
formula il problema religioso fondamentale: a) un modo nuovo di impostare il rap-
porto tra naturale e soprannaturale (i due sguardi); b) lindividuazione dello spazio
del vissuto (Erlebnis), quale dimensione specifca non naturale, n soprannaturale
della religione. Pi che acquisizioni defnitive sono indicazioni di un percorso che
Otto imboccher con decisione nella produzione successiva. Lo attesta il volumetto
su vita e opera di Ges, che pur esibendo, fn dal sottotitolo, una piena adesione alla
concezione storico-critica
66
e dunque al proposito di separare il nucleo storico dei testi
neotestamentari dallelemento di leggenda che qua e l afora in essi
67
, fa perno
proprio sulla nozione di vissuto interiore
68
per rifutare una lettura riduzionistica del
fatto religioso.
69
Ma lo attesta, soprattutto, lassai pi ampio lavoro Naturalistiche und
religise Weltansicht [La visione del mondo naturalistica e quella religiosa], pubblicato nel
1904, nel quale Otto d luogo ad un amplissimo confronto tra la visione del mondo
religiosa e quella oferta dalla scienza; un confronto che, discutendo sistematicamente
le principali posizioni flosofche ispirate al darwinismo, si interroga sul diritto e [sulla]
libert della visione devota del mondo nei confronti della conoscenza universale del
mondo,
70
e studia i modelli di possibile compatibilit tra le due.
71
per con la gi pi volte citata Filosofa della religione kantiano-friesiana, pubblicata
nel 1909, che Otto arriva a confgurare in una visione complessiva le due questioni
summenzionate.
Fino allincontro con Leonard Nelson, che dal 1903 riuniva a Gottinga un circolo
di studio e discussione dedicato a Jakob Fries, la giustifcazione teorica per fare del
vissuto il nucleo essenziale della religione era declinata da Otto per lo pi in termini
schleiermacheriani (di uno Schleiermacher letto evidentemente con la mediazione di
66
Leben und Wirken Jesu nach historisch-kritischer Aufassung, Gttingen, Vandenhoeck & Ruprecht, 1905
4
[LWJ]. Il testo raccoglie una serie di conferenze tenute a Hannover nel 1901 e stampate in prima edizio-
ne nello stesso anno come dattiloscritto. Il tentativo di tenere una posizione dequilibrio tra gli eccessi
opposti di un tradizionalismo astorico e di un liberalismo teologico paradossalmente cieco di fronte allo
specifco dellesperienza religiosa, scontent gli uni e gli altri : il Berliner Oberkirchenrat, giudicando il testo
troppo liberale, blocc la chiamata di Otto a Breslau (che si concretizz poi solo nel 1915); per motivi op-
posti fall la chiamata a Basilea (cfr. R. Schinzer, Rudolf Otto. Entwurf einer Biographie, in E. Benz (Hrsg.),
Rudolf Ottos Bedeutung..., cit., pp. 1-29).
67
LWJ, p. 48.
68
LWJ, p. 50.
69
Cfr., per esempio, LWJ, p. 38, dove a proposito del racconto dellapertura dei cieli in occasione del
battesimo di Ges, Otto si chiede : Di che vissuto si tratta ? Noi parliamo di visioni, di allucinazioni visive
e uditive e costruiamo in fretta diverse spiegazioni psicologiche plausibili : eccitazione potente della vita
emotiva, fantasia plastica, sovreccitazione nervosa. Ma queste parole sono adeguate allelemento pi in-
timo del processo? Spiegano questa immediata certezza di ogni coscienza profetica di aver colto nel senti-
mento la realt stessa divina ed eterna?.
70
Naturalistische und religise Weltansicht, Mohr, Tbingen 1904 [NRW], p. 5.
71
Cfr. NRW, p. 32 : Potrebbe essere, infatti, che linterpretazione e la considerazione matematico-mec-
canica delle cose, anche nel caso in cui avesse successo nel suo ambito, non toglierebbe alla natura quel
carattere che la devozione cerca in essa e di cui ha bisogno (telelogia, dipendenza e mistero). Oppure
potrebbe essere che la natura stessa non corrisponda a quellideale di esplicabilit matematica, per cui tale
ideale sarebbe, certo, un flo conduttore nel procedere, ma non sarebbe sarebbe unevidenza fondamentale
che varrebbe veramente per la natura in totalit e secondo la sua essenza ; e che anzi non si riuscirebbe a
sottoporre la natura come tutto a questa regola se non con violenza.
rudolf otto, filosofo della religione 20
Dilthey,
72
al quale, non a caso, Otto dedica ledizione delle Reden curata in occasione del
centenario della pubblicazione
73
). In questo senso il saggio sulla Rinascita del sensus nu-
minis in Schleiermacher, la cui versione originaria (1903) precede lincontro con Nelson
e lo studio di Fries, rappresenta un documento signifcativo: qui, infatti, a diferenza di
altri luoghi in cui prevale la sottolineatura di una presa di distanza,
74
Otto dichiara senza
reticenze il proprio debito nei confronti dellautore delle Reden.
A questo Padre della Chiesa del protestantesimo moderno
75
Otto riconosce il meri-
to di aver colto, nella formula defnitoria: intuizione e sentimento delluniverso,
76

lo specifco della religione, che, paradossalmente, consiste nel fatto che non si in
grado di dare una defnizione di religione in generale :
77
intuizione e sentimento, in-
fatti, non rimandano ad un atto dellintelletto o della volont, ma ad un silenzioso e
profondissimo Erleben dellanimo .
78
Se, per, ancora nella Naturalistische und religise Weltansicht, la teoria del sentimen-
to di Schleiermacher (meno preciso nellespressione, ma pi ricco di Fries nellidea
79
)
viene ritenuto un punto di riferimento teorico privilegiato rispetto alla dottrina friesia-
na, a partire dalla Filosofa della religione il giudizio si ribalta : La dottrina del presenti-
mento (Ahndung) compare in Fries sin dal principio in una solida posizione flosofca:
in Schleiermacher, invece, innanzitutto una divinazione, che conserva qualcosa del
metodo delle intuizioni improvvise con cui si flosofava nei circoli romantici [...]. E
quando la concezione originaria vuole esprimersi in modo pi preciso nel successivo
sviluppo di Schleiermacher, delloriginaria ricchezza e abbondanza resta solo il sen-
timento dellassoluta dipendenza, una descrizione assai inadeguata e unilaterale del
sentimento religioso che Fries sviluppa in modo molto pi vario e determinato .
80
In
altri termini: nella teoria friesiana della Ahnung
81
(per come egli la comprende
82
) Otto
ravvisa una cornice teorica complessivamente pi solida di quanto non siano le intui-
72
Non certo da Schleiermacher che Otto poteva aver tratto la pregnanza teorica dellErlebnis. Come
rileva Gadamer, infatti, la parola Erlebnis non si trova ancora in Schleiermacher, anzi, a quanto pare, nem-
meno la parola Erleben [...]. Di fatto troviamo nella biografa di Schleiermacher di Dilthey, l dove si parla
dellintuizione religiosa, un uso particolarmente pregnante della parola Erlebnis; cfr. H. G. Gadamer,
Wahrheit und Methode, Tbingen, Mohr, 1986, p. 69 ; tr. it. di G. Vattimo, Verit e metodo, Milano, Bompiani,
2001
2
, p. 151.
73
Cfr. F. Schleiermacher, ber die Religion. Reden an die Gebildeten unter ihren Verchtern, Gttingen,
Vandenhoeck & Ruprecht, 1899, 1906
2
.
74
Cfr., p. e., i tre errori di Schleiermacher che Otto rileva e discute nei capp. iii e iv di DH.
75
SU, p. 124; infra, p. 327.
76
SU, p. 134; infra, p. 333.
77
SU, p. 134; infra, p. 333.
78
SU, p. 131; infra, p. 332.
79
NRW, p. 58.
80
KFR, p. 9; infra, p. 75.
81
Questa la grafa corretta del termine. Come spiega Kluge (F. Kluge, Etymologisches Wrterbuch der
deutschen Sprache, Berlin, De Gruyter, 1960, s.v.), la variante Ahndung una retroformazione erronea, che
si difonde in quelle regioni il cui dialetto modifca la terminazione -det della terza persona di alcuni verbi
(fndet, bindet) in -t (fnt, bint). Dalla forma corretta ahnt (es ahnt mir) si risale dunque, per analogia, ad ahndet
e dunque al sostantivo Ahndung, che in realt signifca di per s punizione. La forma errata si difonde nel
periodo classico, soprattutto per infuenza di Klopstock, al punto che nella Anthropologie in pragmatischer
Hinsicht (35, nota), Kant non esita a dichiararla come lunica corretta, arrischiandosi persino a dedurre il
signifcato di punizione da quello di presentimento. Alla spiegazione kantiana si oppone Herder che
nella Metakritik osseva come i vocaboli, e i rispettivi signifcati, siano del tutto indipendenti (cfr. J. G. Her-
der, Verstand und Erfahrung. Eine Metakritik zur Kritik der reinen Vernunft, Ester Teil, Leipzig 1799, pp. 454-455 ;
ora in Aetas Kantiana, Bruxelles, Culture et civilisation, 1969).
82
Per una valutazione del rapporto tra acquisizione e rielaborazione originale del pensiero di Fries da
parte di Otto, la cui lettura infuenzata, tra laltro, in modo signifcativo da Ernst Friedrich Apelt, cfr. A.
Paus, Religiser Erkenntnisgrund. Herkunft und Wesen der Aprioritheorie Rudolf Ottos, Leiden, Brill, 1966.
introduzione 21
zioni improvvise o il sentimento di dipendenza assoluta : e ci accade, come ci pro-
poniamo di verifcare, perch Fries e non Schleiermacher che ofre gli strumenti
per confgurare in una forma teoreticamente convincente il tema dei due sguardi
ereditato da Lutero. Ma procediamo con ordine.
Nella Prefazione della Filosofa della religione Otto riformula il problema dellessenza
della religione, con unarticolazione e una sistematicit tutta nuova rispetto alle opere
precedenti. La domanda che cos la religione ? viene ora articolata su quattro piani
diversi: i primi due, che Otto defnisce flosofa della religione in senso largo e che
riguardano il problema dell essenza della religione , sono costituiti dalla psicologia
della religione (consistente nell autoosservazione della coscienza religiosa e della sua
esperienza interna
83
) e dalla storia della religione comparata (che consiste nellesten-
sione, per induzione storica,
84
dei risultati ottenuti sul primo livello). Della domanda
sulla verit della religione si occupa invece la flosofa della religione in senso stret-
to, che Otto caratterizza in termini manifestamente kantiani e che si articola, a sua
volta, in due momenti fondamentali : il primo quello della critica della ragione , che
si interroga su come la religione, la convinzione e lesperienza vissuta religiosa, sorga
nello spirito razionale, da quali facolt e disposizioni del medesimo essa proceda e quale
pretesa di validit con ci abbia ;
85
il secondo momento quello della metafsica, che
individua contenuto supremo e massimamente universale di principi, di conoscenze
e convinzioni somme e universalissime
86
relativi allambito specifco della religione
(che la critica ha preliminarmente delimitato). Da sottolineare che Otto riserva a
questopera la trattazione della flosofa della religione in senso stretto, demandando
ad un volume successivo lindagine psicologica e quella storico-comparata.
La tesi centrale di Otto che la domanda critico-trascendentale circa il radicamento
della religione in una facolt dello spirito razionale, domanda che, pur con qualche
riserva, viene accostata alla tematica troeltschiana della priori religioso,
87
possa esser
correttamente elaborata soltanto avvalendosi della profonda revisione del kantismo
operata da Jakob Fries.
La prima giustifcazione addotta dellattenzione privilegiata riservata a questo auto-
re coincide, ancora una volta, con una chiara rivendicazione di razionalismo da parte
di Otto. Fries, secondo la lettura di Otto, il vero successore di Kant, poich come
questultimo e a diferenza dei pi noti esponenti dellidealismo classico tedesco
un autentico prosecutore dellilluminismo : la dottrina friesiana del presentimento,
quali che siano le risonanze misticheggianti del termine Ahnung (che si potrebbe tra-
durre anche presagio, se ci non privilegiasse inopportunamente il versante, appun-
to, irrazionale del termine), pu esser compresa soltanto nel contesto della linea
razionalistica dellilluminismo .
88
Certo, Fries si oppone alla riduzione unilaterale del
razionalismo in pregiudizio razionalistico ,
89
ma anche questo, per Otto, un atteggia-
mento tipico del pi schietto spirito dellilluminismo, e pi in generale di quel movi-
mento storico di ampio respiro, che ha tra i suoi esponenti Voltaire, Lessing, Rousseau,
Hume, Locke, Leibniz, Spinoza e Cartesio, e che risale ecco il punto fno a Lutero:
tra il De servo arbitrio di Lutero e la grande dottrina di Kant vi una catena evolutiva
83
KFR, p. v; infra, p. 67.
84
KFR, p. vi ; infra, p. 67.
85
KFR, p. vi ; infra, p. 68.
86
KFR, p. vii ; infra, p. 68.
87
Espressione non molto felice ed esposta a fraintendimenti , KFR, p. 3; infra, p. 72. Cfr. E. Troeltsch,
Psychologie und Erkenntnistheorie in der Religionswissenschaft, Tbingen, Mohr, 1905.
88
KFR, p. 18; infra, p. 83.
89
KFR; p. 6; infra, p. 74
rudolf otto, filosofo della religione 22
continua;
90
e unanaloga continuit, aggiungiamo noi, tiene insieme la Anschauung e la
Filosofa della religione.
Secondo Otto, tutti i tratti caratteristici di quellatteggiamento illuministico e razio-
nalistico nei confronti della religione, di cui Fries legittimo erede, possono essere
ricondotti al Riformatore. Per esempio, lidea che la religione non possa essere dedotta
da verit contingenti, e che dunque non abbia a che fare con il miracolo, con lautorit
o con il magistero, ma con unadesione interiore e libera alla sua verit necessaria, e
dunque accessibile a priori, implicita nel tema della testimonianza interiore dello
spirito , gi emerso nellAnschauung.
91
Ma anche la convinzione, altrettanto tipica dellil-
luminismo, per cui la religione non ha la sua verit in dottrine complicate e artifciose,
ma in quella lockeana ragionevolezza accessibile tanto ai dotti quanto ai semplici,
prosegue il tratto e lo spirito che vive in Lutero: e questo, per Otto, tanto eviden-
te che Mettere in rapporto di contrapposizione e reciproca esclusione illuminismo e
riforma signifca contraddire la storia.
92
C infne un terzo elemento che salda la catena di continuit tra Lutero, il razionali-
smo illuminista e Fries, con levidenziazione del quale Otto si riallaccia direttamente al
problema posto nellopera prima : gi nella teologia di Lutero si attua quella signifca-
tiva rottura con la rappresentazione ingenua del rapporto tra il mondo soprannaturale
e quello dei sensi, dellesperienza, della scienza della natura. Questa prima rappresenta-
zione pone ingenuamente Dio, eternit, aldil, mondo soprasensibile, come una parte
di questo stesso mondo, solo invisibile. Da qui scaturisce, fno ad oggi, ogni genere di
pericolo per la validit della convinzione religiosa. Nel crescere della comprensione del
mondo, infatti, il mondo visibile cresce, conquista spazio dopo spazio, diviene sempre
pi autosufciente, fnch linvisibile deve rifugiarsi nelle crepe e nelle giunture del na-
turale. Gi in Lutero, per, si prepara la visione che viene poi per lungo tempo portata
avanti dalla teologia dellilluminismo e che forma la prima contrapposizione possibile
alla rappresentazione ingenua, divenendo il primo stadio di una soluzione migliore e
pi sicura.
93
Se si identifca lambito di pertinenza della religione con il soprannaturale, ossia con
quel mondo invisibile che si annuncia nelle crepe o nelle momentanee interruzioni
della legalit propria della natura visibile, la religione vedr progressivamente erosi
i propri territori e sar costretta a confnarsi in uno spazio via via pi angusto, a mi-
sura che le scoperte della scienza allargano il dominio della natura. Lerrore di fondo
di questa concezione, concepire il divino come soprannaturale, impedisce di cogliere
il carattere propriamente trascendente del divino medesimo. Due mondi posti luno
accanto allaltro, il primo visibile e il secondo invisibile, formano in realt un sistema
unico : Otto insiste a pi riprese sul fatto che il miracolo non che laltra faccia della
legalit naturale, che presuppone e conferma questultima. Si potrebbe riassumere la
posizione di Otto con la formula lapidaria: o la trascendenza paradossalmente di
questo mondo, o semplicemente non .
La vera novit rispetto alla Anschauung che Otto ritiene di avere ora gli strumenti
90
KFR, pp. 26-27; infra, p. 88.
91
Cfr. AHG, p. 39, in cui Otto discute la lettura proposta da Lutero del testimonium Spiritus paolino in
Rm 8, 15-16. Propriamente lespressione testimonium spiritus sancti internum di Calvino, per il quale tale
testimonianza interiore dello spirito il criterio veritativo ultimo della Scrittura e della sua interpretazio-
ne : cfr. Institutiones christianae religionis, i, 7, 4.
92
KFR, p. 19; infra, p. 84.
93
KFR, p. 24; infra, p. 87.
introduzione 23
per sostenere che la posizione di Lutero solo il primo stadio di una soluzione miglio-
re e pi sicura ; una soluzione che viene alla luce innanzitutto grazie al modo in cui
Kant riformula il tentativo luterano di superare il dualismo ingenuo: Kant, infatti,
mediante la sua dottrina delle antinomie [...] ofre a quella prima, grandiosa e radicale
contrapposizione delleterno e del temporale, dellinfnito e del fnito, la sua salda po-
sizione flosofca .
94
Lantinomia insomma il modo flosofcamente maturo di impo-
stare il medesimo problema dei due sguardi di Lutero, come Otto aveva ipotizzato,
senza approfondire la questione, sin dalla Anschauung.
95
La scoperta kantiana dellapriorit della conoscenza garantisce, contro lobiezione
scettica, la validit razionale dellimmagine del mondo di Galilei e Newton;
96
un mon-
do descrivibile nei termini della scienza naturale, matematico, meccanico, i cui even-
ti interni sono senza eccezione possibile determinati dalla causalit, ermeticamente
chiuso .
97
E tuttavia, la ragione, nel descrivere questo mondo in s apparentemente
autoconsistente, non riesce a sottoscrivere alcune tesi che lintuizione sembrerebbe
attestare in modo inconfutabile (estensione illimitata nello spazio e nel tempo, com-
posizione, assenza di causalit libera, assenza di un incondizionato), perch le antitesi
appaiono ugualmente giustifcate e incontrovertibili.
Kant scopre lerrore e scioglie cos per sempre questo confitto:
98
il mondo di cui si
parla nei due casi non lo stesso ; in un caso il mondo che conosciamo (fenomeno),
nel secondo caso il mondo nella sua vera essenza (in s). Ma questa soluzione kantiana
rischia di essere interpretata come ennesima versione del dualismo ingenuo naturale/
soprannaturale, tale per cui lin s deve essere sostituito al fenomeno, quasi che questo
fosse mera parvenza di quello. Su questo punto Otto inequivocabile: non si tratta di
optare per il corno vero del dilemma, rigettando quello falso, ma di comprendere la
natura profonda del nesso antinomico stesso. E questo nesso che evidentemente non
una semplice contraddizione possibile in virt del fatto che tesi e antitesi non si
escludono reciprocamente, perch si muovono su piani diversi. Otto usa unimmagine
molto efcace : lantinomia rivela la fnitezza della nostra conoscenza fenomenica, che
limitata e parziale come limitata e parziale la visione di un paesaggio immerso nella
nebbia. Ma questa rivelazione non toglie la nebbia: la nebbia che copriva il paesag-
gio non si squarcia, ma viene conosciuta come nebbia.
99
Secondo Otto, mentre lidealismo ha imboccato la versione, per dir cos, banale
dellantinomia kantiana, Fries ha proseguito sulla diramazione pi feconda tra quelle
che si dipartono da Kant, impostando correttamente il rapporto tra il mondo fenome-
nico e quello in s : ci richiede, per, la correzione del criticismo su un punto fonda-
mentale. chiaro, infatti, che tutto il ragionamento appena svolto funziona solo se uno
dei due lati dellantinomia pu essere efettivamente clto come espressione dellin
s : il che presuppone una possibilit reale di accesso a questultimo che evidentemen-
te la conoscenza fenomenica non in grado di garantire. Vediamo meglio.
Lintera discussione delle antinomie fnalizzata, dichiara Otto, ad un unico esito
decisivo: Lesposizione drammatica dellantinomia della ragione ora, propriamente,
94
KFR, p. 27; infra, p. 88.
95
Cfr. AHG, p. 103: Sarebbe un compito a s quello di determinare se si possa gestire il problema [...]
ancor meglio nel modo del criticismo, tenendo aperta la strada di quella doppia valutazione mediante il
rimando alla diferenza della cosa in s e del fenomeno .
96
KFR, p. 29; infra, p. 89.
97
KFR, p. 39; infra, p. 97.
98
KFR; p. 58; infra, p. 109.
99
KFR, p. 59; infra, p. 109.
rudolf otto, filosofo della religione 24
soltanto un mezzo particolarmente drastico per renderci attenti e per portare alla co-
scienza ci che risiede nascostamente in ogni ragione quale pi profonda e immediata
conoscenza fondamentale.
100
Lallargamento del campo di validit di questa conoscen-
za profonda e immediata , che Kant ha individuato, senza per esplorarne tutte le pos-
sibilit, lelemento che Otto saluta come rinnovamento e inveramento del kantismo
da parte di Fries.
Per Fries, Kant incappa in un errore che limita signifcativamente la portata della
scoperta critica: egli d, infatti, per scontata lequiparazione di due attributi della cono-
scenza, che in realt non sono afatto connessi in modo necessario : apriorit e sogget-
tivit. Kant ritiene che una conoscenza che non derivi dallesperienza (una conoscenza
che sia, appunto, a priori) non possa dare accesso ad una realt esterna al soggetto e che
sia dunque essa stessa soggettiva, fenomenica, meramente ideale. Questo assunto, per
Fries, falso e si basa su una concezione riduttiva (e in ultima analisi contraddittoria)
del rapporto tra a priori ed esperienza: sostenere che la percezione sensibile il
criterio delloggettivit di una conoscenza, perch in essa il soggetto subisce lafezio-
ne di un oggetto esterno, signifca attribuire in partenza alla causalit (che in quanto
categoria a priori dovrebbe essere appunto soggettiva e ideale) quella oggettivit che si
doveva dimostrare. La circolarit non casuale ed il segnale pi chiaro del fatto che
qui una dimostrazione per un verso impossibile, e per altro verso superfua. Il dato
fondamentale e primo il fatto della fducia della ragione nei confronti di se stessa di
avere una conoscenza reale, ossia, in primo luogo e in modo del tutto universale, la
fede (Glaube) nella realt oggettiva dellessere e dellesistenza in generale. Questa fede
non passibile di dimostrazione (Beweis) .
101
Si deve notare che questopposizione di dimostrazione e fede non ha a che fare
(per lo meno in prima battuta) con lapertura di un dominio specifco di pertinenza
della religione, ma tutta interna alla conoscenza in generale. Questultima si rivela
in qualche modo pi ampia del solo sapere, e richiede di conseguenza un approccio
che rinunci alla dimostrazione (Beweis) in favore di unattestazione (Nachweis) con-
sapevole del proprio intervenire solo dopo (nach, appunto) e in conseguenza di una
preliminare presa datto di ci che si d senza poter essere dimostrato.
102
Otto sottolinea come il merito di Fries consista nellaver reso esplicito un livello del
complesso funzionamento dellapparato trascendentale, che in Kant resta inesplicito e,
in gran parte, inindagato : la conoscenza immediata della ragione non soltanto la
condizione di possibilit della scienza pura della natura, ossia del mondo fenomenico
oggetto possibile di indagine scientifca; , pi originariamente, la condizione del rap-
porto al mondo in generale, anche a quello quotidiano, nel quale il problema critico
non si ancora posto e al quale luomo (non necessariamente flosofo) fduciosamen-
te aperto : Assai prima che abbia luogo questa scoperta critica della conoscenza imme-
diata della ragione, questultima efcace tanto nel quotidiano, quanto nella scienza.
[...] Ma lo stato in cui la conoscenza immediata si dimostra efcace anche prima che
loscurit originaria sia illuminata il sentimento della verit. Nel sentimento della verit
possediamo e si rendono valide conoscenze oscure: esprimerle chiaramente e render-
100
KFR, p. 60; infra, p. 110.
101
KFR, p. 60; infra, p. 110.
102
Sulla possibilit di rilevare una vicinanza tuttaltro che estrinseca con alcuni temi e istanze della feno-
menologia cosiddetta flosofca (husserliana, e non solo), ci permettiamo di rimandare al nostro Rudolf Otto
e le due fenomenologie della religione, Archivio di flosofa, 75, 2007, pp. 169-182.
introduzione 25
sene consapevoli secondo la loro validit afdato alla flosofa quale suo compito pi
importante.
103
Il sentimento della verit, per lOtto discepolo di Fries, accompagna e contribuisce
a strutturare lincontro tra il soggetto e il mondo, assicurando al soggetto che in tale in-
contro ha luogo a tutti gli efetti una conoscenza, ancorch implicita e indimostrabile, e
una conoscenza a priori del mondo quale realmente , non quale noi lo conosciamo.
104
Se
questo appare paradossale dal punto di vista strettamente kantiano, perch domina
incontrastato il vizio dorigine denunciato da Fries : perch la priori, ridotto ad idealit,
subisce una ingiustifcata mutilazione delle sue proprie possibilit.
Si considerino le categorie : di per s sono concetti puri a priori. Come tali sono
conoscenze. In esse cogliamo puramente da noi stessi, dalla ragione pura, e del tutto in-
dipendentemente dallesperienza, ci che in generale determinazione fondamentale
di ogni essere .
105
Questa conoscenza a priori diventa in efetti soggettiva nel momento
in cui le categorie subiscono quella restrizione della loro validit che ha luogo nel-
lo schematismo trascendentale, e che consiste nel proiettare la categoria sulla serie
temporale. Si tratta, certo, di una restrizione inevitabile per la conoscenza del mondo
spazio-temporale quale oggetto possibile di una scienza, il quale non pu mostrarsi se
non in virt dellazione combinata di intuizione e intelletto (Fries, per tornare allesem-
pio di cui sopra, non pretende di diradare la nebbia
106
). Ci non toglie che le categorie
consegnino alla ragione una conoscenza a priori, di per s perfettamente valida, che si
estrinseca nelle idee della ragione: queste ultime non sono altro che lespressione di
ci che disposto oscuramente nella conoscenza immediata,
107
prima che subisca
la restrizione ad opera dellintuizione spazio-temporale. Sul piano del pensare, queste
idee sono meramente negative, anzi doppiamente negative, in quanto sono frutto di
una negazione (seconda) della negazione (prima) rappresentata dalla restrizione sensi-
bile. Ma in virt del sentimento della verit , ossia friesianamente della Ahnung,
queste idee esibiscono un contenuto positivo; un contenuto che coincide con il con-
tenuto della religione: divinit, immortalit dellanima, libert degli spiriti, non sono
altro che il modo in cui il presentimento schematizza la conoscenza a priori in s solo
negativa che le categorie ofrono indipendentemente dalla restrizione della sensibili-
t : mediante la fede si conosce, e si conosce in doppia negazione.
108
signifcativo che Otto, con un movimento in tutto e per tutto simile a quello che
abbiamo riscontrato nella conclusione della Anschauung a proposito del vissuto, insi-
sta sul fatto che questa conoscenza di fede che non pu risolversi in contenuti po-
sitivi sul piano teoretico condizione trascendentale di possibilit del darsi non gi di
un qualche sopramondo trascendente, ma del nostro mondo quotidiano, il quale non
quello dellimmagine naturalistica di Newton e Galilei : un conto il mondo dellesi-
stenza materiale, che appare al soggetto trascendentale dotato di intelletto e sensibili-
t, e nel quale lente ci dato nei predicati puramente spazio-temporali (estensione,
103
KFR, p. 43; infra, p. 98.
104
Sulla portata gnoseologica del sentimento cfr. G, p. 327: Per sentimento non intendiamo qui
stati soggettivi, ma un atto della stessa ragione, un modo della conoscenza, che si distingue dal modo della
conoscenza mediante lintelletto.
105
KFR, p. 35; infra, p. 93.
106
Da questo punto di vista rischia di essere sviante il modo in cui Paus restituisce il flo rosso tra le
opere di Otto, individuandolo nella concezione secondo la quale il mondo esteriore percepibile con i sensi
immagine di un altro mondo (A. Paus, Religiser Erkenntnisgrund. Herkunft und Wesen der Aprioritheorie
Rudolf Ottos, cit., p. 84).
107
KFR, p. 63; infra, p. 113.
108
KFR, p. 82; infra, p. 124.
rudolf otto, filosofo della religione 26
movimento, modifcazione di movimento e situazione) e secondo rapporti puramente
quantitativi;
109
un conto il mondo che appare allo spirito e che appare del tutto
diversamente (gnzlich anders) nel modo determinato qualitativamente: nelle qualit
esterne, quelle del colore, del suono, dellodore, del peso, del calore, della durezza,
della dolcezza, e cos via, e nelle qualit interne come piacere, dispiacere, sentire, rap-
presentare, volere, appetire, collera, odio, amore.
110
Non sfugga questa anticipazione del totalmente altro che rischia di passare inosser-
vata e che invece una spia preziosa del fatto che il mondo banalmente quotidiano, e
proprio perci gnzlich anders rispetto a quello scientifco, lo stesso mondo rivelato
dalla religione: Di per s la religione esperienza vissuta del mistero assoluto: non
di un mistero che sarebbe tale solo per i non iniziati e che sarebbe risolto per i gradi
superiori ; ma mistero, che pu esser sentito, di tutta lesistenza temporale in generale,
trasparire della realt eterna attraverso il velo della temporalit per un animo dischiuso
a ci.
111
Il mistero la possibilit del doppio sguardo, che non investe questa o quella
parte incomprensibile dellesistenza, ma lesistenza temporale in quanto tale, del tutto
accessibile nella banalit del quotidiano, e contemporaneamente del tutto misteriosa.
Questo il senso profondo dellantinomia, la quale rivela per contraccolpo tutte le
dimensioni della conoscenza immediata della ragione, il radicarsi di questultima nel
presentimento, perch soltanto una ragione capace di presentimento, capace anche
di cogliere la peculiare doppiezza dellente che impossibile arrotondare ad unit.
112
Con lindividuazione del presentimento quale luogo sorgivo della religione il flo-
sofo ha raggiunto gli obiettivi che si prefggeva allinizio e ha aperto un nuovo campo
di ricerca allo studioso della religione: Se si desta la domanda circa la validit della
convinzione religiosa, allora c qui soltanto un metodo: quello dellautoaccertamento
della coscienza religiosa, ossia, appunto, la ricerca delle sue sorgenti, della conoscen-
za immediata e della sua afdabilit. Questo metodo quello della deduzione.
lesibizione critica del che, del come e di quali idee si fondino realmente sulla ragione.
Ha la forma di una dimostrazione, ma in efetti soltanto un esame e una rifessione
introspettiva (Selbstbesinnung) .
113
Lintrospezione religiosa deve insomma chiarire quali
sono le forme della coscienza religiosa, cio del vissuto del presentimento. Ma con ci,
lambito di indagine dellopera maggiore chiaramente predelineato.
4. Il sacro come categoria dinterpretazione del fenomeno religioso
Uno degli aspetti pi caratteristici e afascinanti del Sacro, pubblicato appena prima che
Otto fosse chiamato a Marburgo sulla prestigiosa cattedra che era stata di Wilhelm
Herrmann, consiste nellestrema compattezza dellopera, tutta concentrata su ununi-
ca idea portante, efcacemente espressa, suggestiva e soprattutto capace di proporsi
come apertura di un campo di ricerca nuovo. La rifessione introspettiva sulle forme
del sentimento tipiche della coscienza religiosa, preannunciata nella Filosofa della re-
ligione, si concentra ora nellindividuazione di un vissuto del tutto specifco, capace
di tracciare con esattezza i confni di una zona desperienza a s e irriducibile ad ogni
altra: quella, per lappunto, del sacro (heilig).
Sulla base di alcune enfatiche afermazioni dello stesso Otto si potrebbe esser tentati
di fssare con esattezza la data dinizio della gestazione del capolavoro del 1917, facen-
109
KFR, p. 65; infra, p. 114.
110
KFR, p. 65; infra, p. 114.
111
KFR, p. 75; infra, p. 120.
112
KFR, p. 65; infra, p. 114.
113
KFR, p. 75; infra, p. 121.
introduzione 27
dola risalire al viaggio in Nordafrica che Otto intraprende nel marzo del 1911 e in par-
ticolare allepisodio di profonda commozione vissuta dallautore durante la preghiera
del sabato in una sinagoga di Mogador in Marocco. Otto racconta che nel momento in
cui il salmodiare indistinto degli oranti esplode nel triplice Santo (Qdsh in ebraico,
Heilig in tedesco) di Isaia 6, 3, gli si rivela dun colpo e per la prima volta che queste
sono le parole pi maestose che siano mai uscite da labbra umane.
114
Naturalmente
la questione pi complessa e, pur tenendo nel giusto conto limportanza del dato
biografco, sarebbe riduttivo ricondurre allevento puntuale di unilluminazione im-
provvisa il maturare di unopera saldamente inserita in una trama di riferimenti interni
(alla precedente produzione dellautore) ed esterni (ad altri autori) che debbono essere
tenuti ben presenti.
115
Vale la pena richiamare innanzitutto lattenzione sul signifcato dellassunzione del
sacro quale oggetto specifco dindagine, la quale appare di estremo interesse gi
sotto il proflo meramente terminologico. Che laggettivo heilig compaia nella forma
neutra sostantivata das Heilige e sia inteso di conseguenza come denominatore comu-
ne, o come nucleo essenziale e defnitorio di ci che in generale relativo alla religio-
ne, proprio di un uso relativamente recente nel lessico specializzato tedesco. Molto
opportunamente si parlato di una scoperta del sacro come categoria interpretativa
dei fenomeni religiosi,
116
la quale ha inizio nel corso dellOttocento, ma si consolida
defnitivamente solo nel ventesimo secolo, in un processo del quale Otto rappresen-
ta senzaltro uno degli snodi fondamentali : una scoperta di metalivello, che riguarda
la categoria e non, evidentemente, il termine in s;
117
e che risente, tra laltro, dellesi-
genza di trovare strumenti sufcientemente fessibili e non troppo compromessi con
impegnativi presupposti teorici, cos da rendere possibile lallargamento dello sguardo
a tradizioni e culture religiose anche molto diverse da quella di volta in volta propria
delleventuale osservatore.
118
Per quel che riguarda lambito tedesco, che qui particolarmente ci interessa, non
stupisce tanto che Hegel (secondo quanto signifcativamente gli rimprovera Eschen-
mayer) nella sua intera flosofa della religione non conceda mai al sacro la dignit
di esponente specifco:
119
colpisce piuttosto lassenza di unesplicita equivalenza tra la
religione e il sacro in uno dei padri fondatori di quella tradizione nellambito della
quale essa poi venuta imponendosi, ossia Schleiermacher.
120
Ma la preistoria, per dir
114
Abbiamo riportato lintero passo, tratto dal resoconto di viaggio pubblicato dallo stesso Otto sulla
Christliche Welt nella Nota biografca, cfr. infra, p. 48.
115
Cfr. su questo G. Pfleiderer, Theologie als Wirklichkeitswissenschaft : Studien zum Religionsbegrif bei
Georg Wobbermin, Rudolf Otto, Heinrich Scholz und Max Scheler, Tbingen, Mohr, 1992, p. 105.
116
G. Filoramo, Che cos la religione. Temi, metodi, problemi, Torino, Einaudi, 2004, p. 89.
117
Sulla storia e sullevoluzione del termine sacer nelle lingue indoeuropee resta imprescindibile E. Ben-
veniste, Vocabulaire des institutions indoeuropennes, t. ii : Pouvoir, droit, religion, Paris, Minuit, 1969.
118
Il percorso biografco di Otto ripete questo pi ampio movimento culturale, e in questo senso i nu-
merosi viaggi (di cui diamo conto nella Nota biografca) rappresentano un dato rilevante: la scoperta del
sacro certo conseguenza e contemporaneamente condizione di un confronto via via pi intenso con
altre tradizioni religiose.
119
C. A. Eschenmayer, Die Hegelsche Religionsphilosophie verglichen mit dem christlichen Princip, Tbingen
1834, 34, p. 25.
120
Cfr. Ph. C. Almond, Rudolf Otto: An Introduction, cit., p. 57: Il termine sacralit e quello afne sacro
hanno una circolazione limitata nel pensiero tedesco prima del ventesimo secolo. Nella letteratura flosof-
ca tedesca Heiligkeit, o vocaboli afni, compaiono negli scritti di Kant, Schleiermacher, Hegel e Nietzsche,
ma in nessun caso nel senso di Otto.
rudolf otto, filosofo della religione 28
cos, del progressivo consolidarsi della categoria das Heilige ancora tutta da studia-
re.
121
Limitiamoci dunque ad una rapidissima ricognizione del contesto di signifcato e
duso del termine nel momento in cui Otto interviene, con lopera del 1917, ad imprime-
re una modifcazione decisiva e, per molti versi, defnitiva a quel contesto medesimo.
Nel movimento di appropriazione e di applicazione operativa del sacro come ca-
tegoria interpretativa del religioso in genere, si pu individuare, con unestrema sem-
plifcazione, una polarizzazione tra i due estremi rappresentati dallapproccio critico-
trascendentale e da quella storico-empirico.
Emblematico del primo approccio senzaltro limportante saggio di Windelband
del 1902, intitolato, per lappunto, Das Heilige,
122
del quale ragionevole presumere
(pur in assenza di riferimenti espliciti) Otto fosse a conoscenza.
123
Windelband muo-
ve dallidea che le tre grandi funzioni culturali dellumanit scienza, morale, arte
tendenti, rispettivamente, ai fni ideali del vero, del buono e del bello, esaurisco-
no l ambito delle funzioni psichiche,
124
anchesso, a sua volta, tripartito e articolato
in rappresentazione, volont e sentimento. Windelband si interroga quindi su come
debba esser collocata la religione, e il sacro quale fne, norma, ideale
125
di questa, se
non si vuole surrettiziamente postulare una facolt ad hoc che renda conto di questa
quarta fondamentale funzione culturale umana, manifestamente irriducibile alle tre
summenzionate. La soluzione sottile: il sacro non defnisce un ambito accanto agli
altri, ma esprime lantinomia strutturale tra il piano normativo e quello empirico che la
coscienza scissa
126
vive in ciascuno degli altri tre, facendo esperienza diretta del fatto
che vero, buono e bello non sono suoi prodotti: Il sacro dunque la coscienza nor-
mativa del vero, del buono e del bello, vissuti come una realt trascendente.
127
Un uso mutatis mutandis simile si riscontra in Scheler, che, nella prima parte del For-
malismus (pubblicata nel 1913), individua nel sacro un ambito autonomo e irriducibile
di valori, che a priori e dunque del tutto indipendente da ci che in epoche diverse
e presso vari popoli sia valso come sacro
128
e rispetto al quale tutti gli altri valori si
manifestano come simboli.
129
interessante osservare che Otto, che senzaltro si richiama esplicitamente alla por-
tata trascendentale del concetto di sacro come dimostra, tra laltro, la defnizione
di questultimo in termini di categoria a priori
130
, non ritiene che ci precluda unap-
propriazione positiva delle acquisizioni guadagnate sul versante storico-empirico:
linfuenza di alcune fgure centrali di questo secondo approccio esplicita e inequi-
vocabile. Con Nathan Sderblom, per esempio, che in un fondamentale articolo del
121
utile, ancorch fn troppo scopertamente fnalizzato ad una verifca empirica dei presupposti floso-
fco-religiosi di Rudolf Otto da cui ispirato, il pioneristico (e isolato) studio di I. Papmehl-Rttenauer,
Das Wort Heilig in der deutschen Dichtersprache, Weimar, Bhlaus, 1937. La studiosa, che si concentra sul
lessico poetico tedesco da Pyra a Herder, ritiene di poter individuare una progressiva secolarizzazione
dellaggettivo heilig, che si traduce in uno spostamento dallaccento dallambito delloggetto a quello del
soggetto (p. 50): inoltre heilig abbandona il contesto delle rappresentazioni cristiane e si trasferisce in
quello del religioso in senso pi ampio (p. 51).
122
W. Windelband, Das Heilige. Skizze zur Religionsphilosophie (1902), ora in Id., Prludien. Aufstze und
Reden zur Philosophie und ihrer Geschichte, ii, Tbingen, Mohr, 1921, pp. 295-332.
123
Cfr. A. Paus, Religiser Erkenntnisgrund, cit., p. 111.
124
W. Windelband, Das Heilige, cit., p. 299.
125
Ivi, p. 297.
126
Ivi, p. 300.
127
Ivi, p. 305.
128
M. Scheler, Der Formalismus in der Ethik und die materiale Wertethik, Gesammelte Werke, II, Bern-
Mnchen, Francke Verlag, 1980, p. 125.
129
Ivi, p. 126.
130
Cfr. DH, cap. xvi.
introduzione 29
1913 individua lorigine empirica della religione nella reazione spirituale di spavento e
sconvolgimento di fronte al sacro (holiness) inteso come potenza,
131
Otto in rapporto
personale gi dallestate del 1900
132
(e non a caso lo studioso svedese menzionato sin
dalla prima edizione del Sacro).
Ma nel progressivo precisarsi della posizione ottiana decisivo anche il confronto di-
retto con Wilhelm Wundt. Nei tre tomi di Mythus und Religion [Mito e religione], che nel
complesso costituiscono il secondo volume della Vlkerpsychologie [Psicologia dei popoli],
Wundt propone uninterpretazione della nascita della religione dal mito, che coglie nel
momento del cosiddetto animismo lo snodo fondamentale di questa evoluzione. In
questo contesto, a partire da unanalisi del concetto di tab, egli illustra il progressivo
costituirsi di una distinzione decisiva per la nascita delle forme del culto e, mediante
queste, per la formazione delle rappresentazioni religiose: la distinzione dei concetti
del sacro e dellimpuro ,
133
in prima istanza ambiguamente accomunati dallessere en-
trambi oggetto del divieto di contatto fsico, ma sempre pi chiaramente distinguibili
a misura che la semplice paura nei confronti della contaminazione con un oggetto
impuro diviene timore reverenziale (Ehrfurcht) di fronte a ci che sacro.
134
A questa concezione di Wundt Otto dedica il saggio pubblicato nel 1910 sulla
Theologische Rundschau (poi ripubblicato in versione defnitiva in Das Gefhl des
berweltlichen),
135
che costituisce il lavoro pi impegnativo del periodo che va dalla Filoso-
fa della religione allopera del 1917. Come tipico degli interventi di Otto sui suoi propri
testi, il saggio del 1910 viene ripreso (quasi) integralmente nella versione defnitiva, che
si arricchisce di ampi innesti riportanti materiale empirico e acquisizioni teoriche gua-
dagnate via via. Per restituire nella sua completezza il confronto con lopera wundtiana
abbiamo preferito condurre la traduzione su questultima versione: qui, per, terremo
conto della sola versione originaria,
136
in modo da concentrare lattenzione sullevoluzio-
ne interna del pensiero di Otto, e in particolare sullo snodo in cui matura Il sacro.
La radicale presa di distanza dal tentativo wundtiano di derivare la religione dal pia-
no qualitativamente eterogeneo del mito (procedimento che Otto chiama, appunto,
eterogonia) coincide chiaramente con un primo tentativo esplicito di saggiare lef-
cacia di unimpostazione centrata sul vissuto nellelaborazione di una fenomenologia
delle forme iniziali della religione ,
137
ossia nel render conto di fenomeni dei quali Otto
ancora non si propriamente mai occupato: la genesi e levoluzione empirica della
religione, il rapporto tra forme primitive e forme mature della medesima, la sua dimen-
sione comunitaria.
138
Lanalisi del testo wundtiano molto dettagliata e si snoda in una serie di rilievi,
131
N. Sderblom, Holiness, in Encyclopedia of Religion and Ethics, VI, Edinburgh 1913, pp. 731-743. Richia-
mandosi esplicitamente a Schleiermacher, Sderblom motiva lopportunit di sostituire la nozione di ho-
liness a quella di Dio con la necessit di non escludere arbitrariamente dal campo di indagine fenomeni
che sono manifestamente religiosi.
132
Cfr. la Nota biografca, infra, p. 48.
133
W. Wundt, Mythus und Religion, ii, Leipzig 1906, p. 309.
134
Ivi, p. 310.
135
Cfr. Il sensus numinis come origine storica della religione. Un confronto con Myhtus und Religion di Wundt,
ora in G, pp. 11-57 ; infra, pp. 339-366.
136
Mythus und Religion in Wundts Vlkerpsychologie, Theologische Rundschau , 13, 1910, pp. 251-275 e 293-
305.
137
Ivi, p. 252 (G, p. 12); cfr. infra, p. 339.
138
Signifcativa lafermazione che si trova nelle conclusioni di KFR, p. 197 ; infra, p. 197 : In ogni caso i
compiti di una vera scienza della religione [...] cominciano di solito soltanto dove e quando lo storico della
religione la smette con lo studio dei miti e della religione dei primitivi. [...] Probabilmente non riusciremo
mai a comprendere quel che totem e tab signifcavano realmente per i primitivi.
rudolf otto, filosofo della religione 30
tutti estremamente istruttivi quanto al progressivo emergere del tema portante del
Sacro; rilievi che convergono nellobiezione fondamentale secondo cui Wundt avrebbe
in ultima analisi sacrifcato il dato genuinamente empirico ad una costruzione concet-
tuale sostanzialmente astratta, in virt di cui la religione viene ridotta a parto illuso-
rio della fantasia, o pi precisamente di quella sua forma peculiare che l empatia
(Einfhlung). Dopo aver messo in evidenza le oscillazioni wundtiane circa lo statuto
cognitivo delle prestazioni dellempatia, che sarebbero appunto illusioni nel caso della
creazione di miti o di religione, ma curiosamente non nel caso del riconoscimento
dellinteriorit altrui, che pure non accessibile ad intuizione immediata,
139
Otto si
concentra sullinsufcienza della cosiddetta appercezione personifcante nel cogliere
lelemento propriamente religioso di un certo fenomeno: quando un bambino rimpro-
vera la sedia contro cui ha urtato, attribuisce a questultima unanima, ma non per que-
sto vive unesperienza religiosa.
140
solo quando interviene un vissuto specifco, non
necessariamente connesso con la rappresentazione di unanima, che emerge il livello
propriamente religioso dellesperienza: La concezione del respiro come animato [...]
non avrebbe in s proprio niente di mitico se ad essa non si collegassero i peculiari
sentimenti dellorrore (Grauen), che sono di natura del tutto specifca e che necessite-
rebbero di unanalisi molto approfondita.
141
Nel 1910, evidentemente, l analisi approfondita ancora di l da venire, e Otto
non dispone ancora della precisione e delle sottili sfumature lessicali tipiche del Sacro
per caratterizzare questi peculiari sentimenti dellorrore; ma lidea, che diverr poi
il nucleo portante dellopera maggiore, gi inequivocabilmente presente: Sin dal
suo inizio la religione vissuto del mistero
142
e Al livello pi basso questo sentimento
timore (Scheu). Ma un orrore, un temere di tipo del tutto specifco, tipicamente
diverso dalla paura nel senso abituale.
143
Lassenza di una nozione tecnicizzata di sa-
cro si fa sentire nella suggestiva chiusa del saggio (espunta dalla versione defnitiva),
in cui il vissuto propriamente religioso viene senzaltro identifcato con un termine
tratto senza remore dellinterno alla tradizione cristiana : Lerompere del sentimento
del soprasensibile, lesser aferrato dalla sua potenza e lesser riempito delle sue forze
si chiama, nel linguaggio religioso, grazia. Quelle che osserviamo in tutti i gradi del
processo religioso sono rozze analogie della grazia. E una corretta storia e psicologia
della religione dovrebbe essere una storia della grazia.
144
5. Il sacro come totalmente altro
La nuova declinazione della comprensione ottiana della religione, che nel saggio su
Wundt emerge solo in frammenti e per contrasto, si organizza in un quadro comples-
sivo nellopera del 1917, nella quale fnalmente il sacro diventa a pieno titolo il perno
dellesperienza religiosa, nonch dellinterpretazione categoriale della medesima. Sin
dal capitolo II, a riprova di quanto poco scontata fosse questa scelta lessicale, Otto si
soferma su unanalisi del termine e afronta subito la questione della strutturale am-
biguit semantica che grava sullaggettivo tedesco heilig (e che tanta rilevanza avrebbe
poi assunto nel pensiero flosofco-religioso successivo) : per un verso il termine indica
139
Theologische Rundschau, p. 260 (G, p. 21); infra, p. 345.
140
Ivi, p. 263 (G, p. 24); infra, p. 346.
141
Ibidem (cfr. G, p. 23; infra, p. 346).
142
Ivi, pp. 304-5.
143
Ivi, p. 302.
144
Ivi, p. 305.
introduzione 31
il predicato etico assoluto ,
145
come inequivocabilmente attesta luso di Kant, che ri-
serva laggettivo alla legge morale o alla volont perfettamente buona ; per altro verso,
rileva Otto, questuso non rigoroso, perch il termine heilig contiene unecceden-
za che qualifca tutte le religioni come ci che in esse vi di pi proprio e intimo e
senza di cui non sarebbero afatto religioni.
146
A dispetto della comoda soluzione a
portata del traduttore italiano, che generalmente non trova particolare imbarazzo nel-
lo sciogliere e nellunivocare la polisemia dello heilig tedesco nel modo di volta in volta
pi opportuno (il testo sacro, la volont santa), interessante osservare che Otto non
contempla la possibilit di proiettare questa duplicit di signifcati sulla coppia latina
sacer/sanctus ; entrambi i termini, infatti, si collocano secondo lui sullo stesso versante
religioso, pur intrattenendo entrambi un rapporto con il signifcato etico : cosa che vale,
del resto, anche per altri equivalenti di heilig, come lebraico qdsh o il greco z:o;. Il
punto che per Otto lambiguit semantica tra il signifcato etico e quello religioso
del tutto secondaria : solo il rifesso di unambiguit presente nella cosa stessa, che
deve essere opportunamente chiarita e interpretata.
Per indicare in modo univoco leccedenza che sar oggetto dindagine dellopera,
ossia heilig meno il suo momento etico ,
147
Otto introduce il neologismo numinoso.
Pur individuando in questultimo il vero tratto pertinente dellesperienza religiosa in
quanto tale, occultato dal sovrabbondare di interpretazioni astrattamente concettuali
che defniscono la religione in base a criteri per lo pi estrinseci (credenza nei demoni,
nellanima, in Dio, in un certo complesso di dottrine teoriche o etiche, e simili), Otto
non ofre, e pour cause, una defnizione del numinoso, che deve esser piuttosto colto
dallinterno del vissuto e nellintera molteplicit di articolazioni con le quali si presen-
ta : analizzando materiale empirico (prevalentemente testuale) di diversa provenienza
muovendosi sostanzialmente nellambito ebraico-cristiano, con occasionali esempi
tratti da altre tradizioni culturali e religiose Otto descrive quindi il numinoso come
vissuto del tremendum, della majestas, dellenergico, del misterioso, del fascinosum, del
meraviglioso.
Non questo il luogo per seguire nel dettaglio le suggestive e celeberrime analisi
mediante le quali Otto illustra la caratteristica armonia di contrasto tra i momenti
attraenti e quelli repulsivi del vissuto numinoso, evidenziando le qualit che rendono
irriducibile ad unesperienza semplicemente naturale ciascuno dei modi in cui si pre-
senta, ogni volta soprafacendo e debordando le facolt ricettive del soggetto esperien-
te. Ci limitiamo a porre una questione che appare ineludibile stante il proflo flosofco
di Otto che siamo venuti sin qui tracciando.
Sin dalle primissime battute dellopera, Otto insiste energicamente sul tratto propria-
mente irrazionale della religione, il cui carattere numinoso deve esser fatto emerge-
re per contrasto rispetto alla tendenza alla razionalizzazione [che] predomina ancor
oggi, e non soltanto nella teologia, ma anche nelle ricerche religiose in generale.
148
La
religione non traducibile in concetti chiari e distinti e anzi, in ci che ha di pi pro-
prio, inesprimibile, inefabile, completamente inaccessibile ad un coglimento con-
cettuale :
149
essa afonda le sue radici in quelle zone oscure dellesperienza che resistono
alla luce del concetto. Il sentimento del numinoso, infatti, orrore quasi spettrale ,
150

145
DH, p. 5; infra, p. 205.
146
DH, p. 6; infra, p. 205.
147
Ibidem; infra, p. 205.
148
DH, p. 4; infra, p. 204.
149
DH, p. 5; infra, p. 205.
150
DH, p. 14; infra, p. 209.
rudolf otto, filosofo della religione 32
gelarsi del sangue nelle vene, accapponarsi della pelle,
151
annihilatio di fronte a ci che
incommensurabile con la mia essenza e di fronte al quale perci mi ritraggo sbalor-
dito .
152
E loggetto numinoso non il Dio dei flosof, n lordine morale del mondo,
ma il numen assoluto, quello che si contrappone a ci che ragionevole e che
ragionevolmente ci si dovrebbe aspettare;
153
quello che, come Otto ripete con Lutero,
pi terrifcante e ripugnante del diavolo.
154
chiaro che una simile contrapposizione (Gegensatz)
155
tra razionale e irrazionale
sembra a tutta prima una brutale semplifcazione se non una decisa smentita della
posizione flosofca che siamo venuti ricostruendo. Lidentifcazione tra religioso e ir-
razionale sembra far sfumare in una lontananza irrecuperabile alcuni elementi caratte-
ristici dellimpostazione di Otto quale sin qui emersa : la teoria del doppio sguardo ,
il rifuto deciso di relegare la religione nel soprannaturale e il tentativo di una giusti-
fcazione trascendentale della verit della medesima, linsistenza sulla continuit tra
Lutero e lilluminismo, la rivendicazione del razionalismo friesiano. Tuttavia, prima
di sottoscrivere senzaltro il gi menzionato giudizio di Troeltsch sul totale cambia-
mento di fronte che interverrebbe tra la Filosofa della religione e Il sacro, opportuno
esaminare con pi attenzione la questione del rapporto tra le due opere: per quanto
Otto si mostri tuttaltro che interessato allelaborazione di un pensiero sistematico o
alla rivendicazione della coerenza interna tra posizioni espresse in fasi successive del
suo percorso di studio, lipotesi di unincoerenza tanto radicale (e tanto poco avvertita)
quanto quella che sembra delinerarsi a prima vista appare davvero eccessiva.
156
da osservare, innanzitutto che Otto non rileva mai esplicitamente fratture o cam-
bi di paradigma tra lopera del 1909 e quella del 1917, ma anzi saggia, alloccasione, la
possibilit di interpretarle come versanti di ununica ricerca; possibilit che, come si
visto, era gi stata in qualche modo prefgurata nella Filosofa della religione: nel riserva-
re a questo testo la questione della fondazione critica della verit della religione (ossia
della flosofa della religione in senso stretto ) Otto rimandava ad una trattazione suc-
cessiva lelaborazione di una psicologia e di una storia comparata della religione (ossia
della flosofa della religione in senso largo, che preannuncia anche nella chiusa del
saggio su Wundt). Con una strategia molto simile, in una nota allinizio del capitolo II
dellopera maggiore, nel momento stesso in cui individua nellaspetto irrazionale del
sacro il tema specifco dellindagine, Otto chiosa : Nel mio libro Kantisch-Friessche Re-
ligionsphilosophie, loggetto laltro lato della religione, quello razionale.
157
Ora, quali che siano i motivi (su cui sarebbe per altro interessante ragionare) che
spingono Otto a rimuovere questa nota nelle edizioni successive, innegabile che la
possibilit stessa di articolare in un quadro unitario il lato razionale e quello irrazionale
dellindagine un indizio abbastanza robusto del fatto che la coppia stessa razionale/
irrazionale non allude afatto ad una pura e semplice dicotomia. E in efetti, quella
contrapposizione che in prima battuta sembra essere la struttura portante stessa del
Sacro nella misura in cui sorregge la rivendicazione del carattere irrazionale della
religione di contro agli occultamenti razionalistici della medesima rappresenta, a ben
151
DH, p. 17; infra, p. 211.
152
DH, p. 25; infra, p. 216.
153
DH, p. 105; infra, p. 261.
154
DH, p. 104; infra, p. 260.
155
DH, p. 3; infra, p. 203.
156
Quanto mai opportuno appare linvito alla prudenza di Almond, il quale mantiene una posizione
estremamente equilibrata sulla questione : Qualsiasi afermazione relativa ad una discontinuit radicale
tra Il sacro e le opere precedenti di Otto deve esser trattata con cautela; Ph. C. Almond, Rudolf Otto: An
Introduction, cit., p. 89.
157
DH, p. 5; infra, p. 205.
introduzione 33
guardare, una patina piuttosto superfciale rispetto agli intenti dellautore. Il quale, evi-
dentemente, non tard ad accorgersene, se vero che avvert lesigenza di fare chiarez-
za su cosa signifca irrazionale aggiungendo ex novo un intero capitolo allopera.
158
Qui,
dopo aver rilevato come il termine sia talmente equivoco da imporre a chiunque lo
utilizzi il dovere di dichiarare che cosa intenda esattamente, Otto rigetta esplicitamente
il signifcato di ci che indistinto, ottuso, ci che non ancora assoggettato alla ratio
e che [..] recalcitra di fronte alla razionalizzazione .
159
Come viene precisato subito dopo,
lelemento qualifcante di quel che irrazionale non afatto una generica opposizione
alla ragione, ma lesser strutturalmente irriducibile a quanto viene defnito pensiero
concettuale : il che per non tanto una chiarifcazione del termine irrazionale,
quanto piuttosto un esplicito riconoscimento della sua inadeguatezza. Non un caso
che di esso non si avverta alcun bisogno nella Filosofa della religione, in cui pure, come
si ampiamente riscontrato, la possibilit di un ambito che si sottrae in gran parte
allesposizione e allanalisi concettuale
160
non soltanto presente, ma determinante :
lambito del sentimento, che non ha nulla di irrazionale, ma anzi una forma del tutto
specifca di conoscenza, e precisamente lo stato in cui la conoscenza immediata si
dimostra efcace anche prima che loscurit originaria sia illuminata , ossia il senti-
mento della verit , in cui possediamo e si rendono valide conoscenze oscure.
161
Non stupisce dunque che, nel prendere le distanze da una comprensione corriva
dellirrazionale, Otto preferisca spostare progressivamente il baricentro del discorso
sulla nozione che in efetti appare assai pi precisa nellesprimere lintenzione dellau-
tore e che quella, divenuta poi celebre, del totalmente altro (ganz Anderes), che pre-
sumibilmente Otto mutua da Fries :
162
a diferenza dei sentimenti che vengono suscitati
da un oggetto interno al mondo accessibile in virt dellesperienza sensibile, nel caso
del sentimento del totalmente altro non si riesce a portare dalloscurit del sentimento
allambito della comprensione concettuale il che-cosa e il come delloggetto che suscita
la beatitudine. Resta nellindissolubile oscurit di unesperienza puramente conforme
al sentimento e non concettuale, che solo con la notazione di ideogrammi indicativi
pu essere non gi spiegata, ma indicata per accenni. Questo ci che per noi signifca :
irrazionale .
163
Ora, quanto ci interessa sottolineare, seguendo il flo conduttore di queste considera-
zioni introduttive, che la comprensione della trascendenza veicolata dallidea di to-
talmente altro non afatto incompatibile con il tentativo che Otto persegue, come si
visto, sin dalla Anschauung : e anzi ci sembra di poter dire che, sotto un certo proflo,
ne rappresenti lesito pi coerente e forse anche la formulazione pi felice; sotto un
certo proflo: perch Otto, per la verit, lascia del tutto aperta la possibilit di unin-
terpretazione banalizzante, ossia irrazionalistica del totalmente altro , e anzi qua e l
non manca di incoraggiarla esplicitamente. Quasi che la religione non fosse altro che il
ricettacolo di tutto ci che si contrappone al sapere razionale e di fronte a cui la ragione
semplicemente abdica : zona franca in cui le leggi di natura sono sospese, popolata di
spettri, demoni e divinit pi o meno grottesche.
Se per si tiene ben fermo il flo di continuit con le opere precedenti che lo stesso
158
Si trattava inizialmente del capitolo xi, Was heit irrational ?, divenuto poi il x nelledizione Beck: pp.
75-78; cfr. infra, pp. 315-317.
159
Beck, p. 75; infra, p. 316.
160
KFR, p. V; infra, p. 67.
161
KFR, p. 43; infra, p. 98.
162
Cfr. KFR, p. 17; infra, p. 82. Su questo cfr. anche Ph. C. Almond, Rudolf Otto: An Introduction, cit., p. 67.
163
Beck, p. 76; infra, p. 316.
rudolf otto, filosofo della religione 34
Otto, preoccupato di far risaltare la scoperta del numinoso, tende a leggere in modo
unilaterale
164
, emergono tratti ben pi complessi e interessanti. Otto, in efetti, aferma
a chiare lettere che la trascendenza del ganz Anderes non , banalmente, quella degli
spettri, che sono propaggini apocrife del numinoso,
165
o dei miracoli, che in realt
non contestano afatto la trama razionale nella quale si inseriscono a pieno titolo;
166
n
quella del soprannaturale: Defnizioni come soprannaturale e oltremondano
sembrano ancora predicati positivi e sembra che, quando li attribuiamo al misterioso,
il mysterium dismetta il suo signifcato inizialmente solo negativo e divenga unafer-
mazione positiva. Il che solo unapparenza dal punto di vista del concetto, perch
soprannaturale e oltremondano sono evidentemente predicati solo negativi che si
limitano ad escludere la natura e il mondo; ma corretto dal punto di vista del conte-
nuto di sentimento, che di fatto altamente positivo e, anche qui, non esplicitabile.
167
A ben guardare lafermazione appena citata non altro che la rigorosa applicazione
della logica antinomica elaborata nellopera del 1909. Il termine soprannaturale im-
proprio, perch suggerisce lidea di un predicato concettuale positivo, mentre in realt
solo la negazione di un predicato. Questa strutturale negativit non viene integrata,
n superata : la nebbia, per riprendere lesempio della Filosofa della religione, non viene
diradata, ma conosciuta come nebbia. Il sentimento, che pure rappresenta un accesso
positivo a questa dimensione, non la dimostrazione di ci che la ragione non pu
dimostrare, e dunque non toglie il carattere concettualmente negativo del soprannatu-
rale. Tanto vero che, come Otto aferma inequivocabilmente, la nozione cardine di
totalmente altro un elemento formale
168
e non contenutistico : un modo di dire
leccesso o la sproporzione che il sentimento vive in certe esperienze che di per s non
sono afatto necessariamente legate a contenuti non naturali. Anche perch in gene-
rale non abbiamo la possibilit di stabilire che un evento non deriva da cause naturali,
che cio va contro le leggi di natura.
169
vero che alcune dichiarazioni di Otto potrebbero essere lette come afermazioni
del contrario : In esso [numinoso] troviamo disposti convinzioni e sentimenti che sono
qualitativamente diversi da tutto ci che in grado di darci la percezione sensibile
naturale.
170
Ma lidea di un possibile al di l della percezione sensibile o cosiddetta
naturale (le virgolette sono signifcative) non deve essere inteso come estensione
dellambito di validit della percezione ad un presunto soprannaturale, ma come un ec-
cesso interno alla percezione sensibile medesima. Il passo prosegue infatti cos: [quelle
convinzioni e quei sentimenti] non sono percezioni sensibili, ma innanzitutto singolari
interpretazioni e valutazioni innanzitutto di qualcosa che dato nella percezione sensi-
bile e poi, ad un grado pi elevato, di oggetti ed entit che di per s non appartengono
pi al mondo della percezione sensibile, ma sono pensate in aggiunta (hinzugedacht)
e al di sopra (ber) di questo mondo. E cos come non sono percezioni sensibili, non
164
Cfr. DH, p. 104 ; infra, p. 260 : Sul De servo arbitrio di Lutero si formata la mia comprensione del nu-
minoso e della sua diferenza dal razionale, molto prima che la ritrovassi nel qdsh dellAntico Testamento
e nei momenti del timore religioso nella storia delle religioni in generale.
165
DH, p. 29; infra, p. 216.
166
Cfr. DH, p. 3; infra, p. 204: La teoria tradizionale del miracolo quale violazione occasionale del nesso
causale naturale da parte di un essere che lavrebbe posto e che dunque ne sarebbe il signore, essa stessa
cos massicciamente razionale, che non potrebbe esserlo di pi.
167
DH, p. 31; infra, p. 217.
168
DH, p. 145; infra, p. 283.
169
DH, p. 149; infra, p. 286.
170
DH, p. 120; infra, p. 270.
introduzione 35
sono neanche trasformazioni di percezioni sensibili .
171
Il numinoso in primo luogo
un interpretazione e una valutazione di quel che la percezione sensibile ofre, non
la registrazione di una caratteristica interna al sensibile in quanto tale, come dimostra,
del resto, il fatto che lo stesso oggetto sensibile (una pietra o un pezzo di legno) pu
lasciare del tutto indiferente luno e suscitare sentimenti di venerazione nellaltro.
172

in funzione di questo rifuto di uninterpretazione riduzionistica della percezione
che opportuno inquadrare, a nostro avviso, tutta lanalisi ottiana sviluppata nei due
capitoli (xvi e xix) pi teoreticamente impegnati dellopera del sacro come catego-
ria a priori ; nozione questa che, se la si volesse comprendere quale elemento di uno
strumentario concettuale sostanzialmente kantiano,
173
risulterebbe assai oscura e ap-
parirebbe immediatamente come scaturigine di una serie di ambiguit kantianamente
scandalose: lindistinzione tra categoria e idea, per esempio, o loscillazione, ancor
pi grave, per cui sacro o numinoso sembrano poter essere attribuiti indiferente-
mente allapparato categoriale del soggetto esperiente o alla struttura interna dellog-
getto esperito (che risulta immediatamente accessibile nella sua oggettivit in s e non
solo fenomenica
174
). Va da s che la sovrapposizione tra categoria e idea, o la possibilit
che nel sentimento si dia unesperienza non sensibile di un contenuto anchesso para-
dossalmente a priori appaiono tuttaltro che inconsapevoli travisamenti del pensiero
kantiano alla luce della rielaborazione in chiave friesiana del lessico trascendentale Filo-
sofa della religione, che nel Sacro evidentemente considerato acquisito.
Quel che il sentimento rivela che lambito dellesperibile pi ampio di quello
circoscritto dalle leggi che regolano la percezione di oggetti spazio-tempo rali del mon-
do fsico ; e la pretesa che questultimo sia la base a partire da cui spiegare per deri-
vazione ogni tipo di dato fenomenico un principio metodologico arbitrariamente
restrittivo, che cade vittima della fallacia logica dello hysteron proteron : voler derivare
e comprendere luomo partendo dallanimale signifca fare della serratura la chiave,
signifca illuminare il chiarore con loscurit. Il primo sfavillio di una vita cosciente
nella materia morta un dato semplice e inesplicabile ,
175
ossia, appunto, a priori. Come
a priori sono tutte quelle disposizioni (Anlagen) dello spirito che, pur attivandosi sol-
171
DH, pp. 120-121; infra, p. 270.
172
Il punto colto con estrema chiarezza da Bultmann, che in una lunga lettera a Otto (alla quale, per
altro, Otto non rispose), osserva : Ora, sembra anche che il sentimento numinoso non sia una facolt co-
noscitiva o lorgano di conoscenza che coglie loggetto religioso, ma una interpretazione e una valutazione
di oggetti, che sono colti da un qualche altro organo di conoscenza (Rudolf Bultmann an Rudolf Otto vom
6.IV.1918, cit. da H.-W. Schtte, Religion und Christentum, cit., p. 130). Bultmann, oltre a rilevare in ci una
patente contraddizione con lafermazione per cui la religione defnita come relazione con esseri oltre-
mondani (ibidem), deduce limpossibilit di distinguere tra unapplicazione vera e unapplicazione falsa del
sentimento numinoso a questo o quelloggetto intramondano.
173
H. J. Paton, The Modern Predicament. A Study in the Philosophy of Religion, London, George Allen &
Unwin LTD, 1955, rileva una strana perversione (p. 138) nel modo in cui Otto prende a prestito la termi-
nologia kantiana, stravolgendo, come nel caso dello schematismo, il signifcato di concetti chiave : Kant
scrive deve essersi rivoltato nella tomba (p. 139). Le conclusioni di Paton sono ormai acquisite : a buon
diritto Gooch, nel gi citato The Numinous and Modernity, si stupisce del fatto che Ryba continui a ritenere
necessario insistere sul fatto che la nozione ottiana di categoria a priori non sia utilizzata in un senso
correttamente kantiano (T. Ryba, The Philosophical Loading of Rudolf Ottos Idea of the Sacred, Method &
Theory in the Study of Religion , 3, 1991, pp. 24-40, p. 38).
174
Questa la sostanza della critica rivolta Schleiermacher, il quale, secondo Otto, non si avvede del fatto
che il sentimento di dipendenza solo il rifesso soggettivo di un momento del sentimento che che sen-
za dubbio come prima cosa e immediatamente si indirizza ad un oggetto fuori di me. Ma questo appunto
il numinoso ; DH, p. 11; infra, p. 208.
175
DH, p. 122; infra, p. 270.
rudolf otto, filosofo della religione 36
tanto in seguito ad esperienze sensibili, non possono essere derivate da questa, come
il talento musicale o, per lappunto, quellapertura al sacro, che Otto defnisce divi-
nazione . Non si faticher a riconoscere la medesima circolarit tra ascolto e fede gi
perfettamente individuata nella sua struttura logica nellAnschauung.
Se si colloca lopera maggiore su questo sfondo teorico e problematico, il suo nucleo
portante si rivela essere non tanto la (pur dirompente e decisiva) scoperta del numi-
noso, quanto piuttosto il tentativo di chiarire come debba esser pensata la relazione
tra i due versanti che sono propri del sacro quale categoria complessa: il versante
razionale e quello irrazionale o, pi precisamente, il versante accessibile al concetto e
quello accessibile al sentimento, il versante etico e quello numinoso.
176
Anche in que-
sto caso, Otto fa leva su una nozione kantiano-friesiana, quella di schematizzazione.
Questultima sembra garantire la possibilit di sostenere lafermazione antinomica per
cui lelemento etico-razionale e quello numinoso sono, per un verso, radicalmente irri-
ducibili luno allaltro (pena la razionalizzazione e il conseguente isterilimento della
religione), e per, per altro verso, strettamente intrecciati in un nesso in virt del quale
soltanto il sacro ci che : Il numinoso-irrazionale, schematizzato mediante il con-
cetto razionale [], ci ofre la categoria complessa del sacro perfetta e completa, nel
suo senso pi pieno. Lautentica schematizzazione si distingue dalla mera combinazio-
ne analogica per il fatto che non si disgrega, n si scinde con lo sviluppo e lelevazione
del sentimento della verit religiosa, ma viene anzi riconosciuta in modo pi saldo e
determinato.
177
La schematizzazione una sorta di traduzione del numinoso sul piano etico. Nel
capitolo xix Otto connette ai diversi momenti del numinoso il relativo schema razio-
nale : il tremendum schematizzato mediante lidea etico-razionale di giustizia diviene
la sacra ira di Dio ; il fascinosum, schematizzato mediante lidea di bont, diviene la
grazia; il mysteriosum, schematizzato dallidea dellassolutezza dei predicati razionali
della divinit, diviene, come si gi avuto modo di accennare, il momento (formale)
del totalmente altro.
Questi nessi, secondo Otto, non sono di tipo logico : non vi nulla nella paura numi-
nosa allo stato grezzo, come quella che si prova nei confronti di unentit demonica,
che lasci sospettare una possibile trasformazione del demone temuto in un dio al quale
si possa afdare fduciosamente la propria esistenza. E tuttavia si tratta di nessi che
sono a loro volta a priori, in quanto sono rivelati come tali dal sentimento, che non ha
esitazione nel riconoscerne la validit non appena lesperienza gliene dia occasione:
la stessa esperienza che abbastanza spesso fanno i missionari. Laddove siano state
espresse e comprese una volta le idee della unit e della bont del divino, esse attec-
chiscono in modo sorprendentemente veloce se in generale presente il sentimento
religioso. Spesso la propria tradizione religiosa viene adattata in questo senso; oppure,
quando ci si oppone alla nuova dottrina, spesso ci accade con una notevole repressio-
ne della propria coscienza.
178
Da queste considerazioni Otto ricava un criterio valutativo in base al quale gerarchiz-
zare le religioni storicamente date : quanto pi la schematizzazione risulta armonica,
176
Questa linea interpretativa sviluppata in modo del tutto convincente da J. Greisch, Le buisson ardent
et les lumires de la raison. Linvention de la philosophie de la religion, Tome II, Les approaches phnomnologiques
et analytiques, Paris, Cerf, 2002, pp. 71-116 (capitolo dedicato ad una ricostruzione complessiva del pensiero
di Otto).
177
DH, p. 49; infra, p. 227.
178
DH, p. 143; infra, p. 282.
introduzione 37
quanto pi in una religione il rapporto tra momento razionale e momento irrazionale
equilibrato, tanto pi quella religione evoluta. Al culmine della scala evolutiva si
colloca, va da s, il cristianesimo, allinterno del quale i due elementi sono mescolati in
quella bella e sana armonia, che gli conferisce una superiorit assoluta rispetto alle
religioni sorelle.
179
Si tratta, come facile intuire, di uno dei punti pi controversi dellintera opera. Non
tanto o non solo per la conclusione, che sembra sbarrare la strada a quella comparazione
non pregiudiziale tra le religioni, che pure Il sacro vorrebbe fondare. Il punto delicato
soprattutto lefettiva compatibilit tra le due posizioni apparentemente contraddittorie:
il rifuto radicale di ogni eterogonia o epigenesi, da una parte, e lafermazione di
unevoluzione nella schematizzazione, dallaltra, che consentirebbe un progressivo av-
vicinamento allequilibrio perfetto. Come sostenere che levoluzione dai demoni par-
toriti da orrore e terrore agli di, [...] nei quali si scorge origine e sanzione della morale,
della legge, del diritto e del canone giuridico,
180
non sia una vera e propria metbasis
in un genere diverso, piuttosto che lesplicazione di un medesimo principio religioso
dato a priori ? In altri termini, nonostante Otto si mostri convinto di aver trovato una
soluzione accettabile del problema a priori religioso e storia, come recita lambizioso
titolo del capitolo conclusivo dellopera, la questione meriterebbe ben altro approfon-
dimento. Si tratta di un problema che eccede ampiamente la portata di queste conside-
razioni introduttive (e che richiederebbe unanalisi assai pi dettagliata, di quella che
abbiamo potuto svolgere qui, delle molteplici accezioni di a priori che si intrecciano
nellopera
181
): ci basti qui laver segnalato che questo lordine di questioni di cui lopera-
zione teorica tentata nel Sacro si alimenta; e non certo lesaltazione irrazionalistica del
sentimento di contro al concetto, o della religione di contro alla teoria.
6. La nozione di sacro tra indagine comparativa e teoria dei valori
Per completare il proflo flosofco di Otto che stiamo tentando tracciare in queste con-
siderazioni introduttive, e a ulteriore riprova dellimpossibilit di confnarlo negli anni
tra il 1909 e il 1917, opportuno, in conclusione, segnalare due direzioni di ricerca,
lungo le quali Otto ha modo non soltanto di rendere produttiva la nozione di sacro
elaborata nellopera maggiore, ma anche di elaborare da punti di vista diversi le mede-
sime questioni aperte nei lavori precedenti.
179
DH, p. 146; infra, p. 284.
180
DH, p. 141; infra, p. 281.
181
Laccezione di a priori sulla quale abbiamo preferito insistere qui, che a nostro avviso la pi inte-
ressante e la meno studiata, nonch quella che marca con pi evidenza la continuit tra Il sacro e la Filosofa
della religione convive, in modo non del tutto pacifco, con diverse altre; il che genera quelle tensioni inter-
ne allopera su cui il dibattito critico non ha mancato di attirare lattenzione. Troeltsch, nella recensione
gi pi volte citata, dichiara sostanzialmente fallito il tentativo di pensare la coesistenza di razionale e
irrazionale, tra teoria della conoscenza e psicologia, con la conseguenza, tra le altre, che Otto si rifugia
in una flosofa della storia apparente, in quanto paradossalmente priva della nozione stessa di sviluppo
storico (E. Troeltsch, Zur Religionsphilosophie. Aus Anla des Buches von Rudolf Otto ber Das Heilige, cit.,
pp. 73-74). Secondo Holm mentre nella Filosofa della religione vi un uso corretto della nozione di a priori,
che risulta legittimamente collocata sul piano trascendentale, nel Sacro Otto insinuerebbe una versione
illegittimamente empirica del medesimo che gli consentirebbe lapplicazione altrimenti impossibile (ma
sostanzialmente contraddittoria) al materiale storico (cfr. S. Holm, Apriori und Urphnomen bei Rudolf Otto,
in E. Benz (Hrsg.), Rudolf Ottos Bedeutung..., cit., pp. 70-83, qui p. 73). Anche Paus vede nella necessit di
tener conto dei fenomeni fattuali (faktisch) la ragione per cui nel Sacro la conoscenza religiosa non pi
radicata nella struttura trascendentale generale della ragione (come accadeva nel 1909), ma si appoggia su
un a priori specifco ed autonomo (distinto da altri): cfr. A. Paus, Religiser Erkenntnisgrund, cit., pp. 11-12.
rudolf otto, filosofo della religione 38
La prima direzione quella dellindagine storico-religiosa di tipo comparativo, alla
quale Otto dedica sempre maggiori energie dal 1917 in poi : unindagine volta a scoprire
le tracce del numinoso in tradizioni religiose molto diverse, con lambizioso obiet-
tivo ultimo di riuscire a circoscrivere un terreno di confronto fecondo, che per non
risulti dalla diluizione dellelemento propriamente religioso in altre (e pi generiche)
dimensioni dellesistenza umana, ma sia capace di salvaguardarne lirriducibile speci-
fcit.
182
La possibilit di individuare un tratto accomunante tra le religioni che non sia mera
astrazione, ma vissuto vivente del sacro ,
183
che non sia dunque denominatore comu-
ne privo di contenuto, ma essenza della religione ,
184
viene salutata come una vera e
propria liberazione da quellimpostazione metodologica che, dopo Otto e anche grazie
a Otto, si sarebbe venuta consolidando come fenomenologia della religione: acco-
glienza del tutto simmetrica al sospetto di chi guarda invece alle audaci comparazioni
di Otto come riprova di quanto poco scientifca sia la teoria del vissuto (Erlebnistheo-
rie), che ne costituisce il fondamento epistemologico e che irrimediabilmente viziata
da un pregiudizio individualistico e antistorico.
185
In questo senso il saggio su Mistica
orientale e mistica occidentale, scritto in occasione dellinvito a tenere le Haskell Lectures
(1924) e nucleo germinale dellopera pubblicata due anni dopo,
186
restituisce paradigma-
ticamente luci e ombre del metodo comparativo di Otto: il presupposto per cui la mi-
stica deriva da potenti motivi originari dellanima umana, che come tali sono del tutto
indiferenti alle distinzioni di clima, di regione o di razza ,
187
gli consente di considerare
senza troppi scrupoli flologici come contemporanei
188
ankara e Eckhart, che vivono
a quattro secoli di distanza luno dallaltro, e di allestire un suggestivo rafronto tra le
forme in cui i rispettivi vissuti del totalmente altro vengono ad espressione. Ma pi
che le ambiguit metodologiche, quel che di questo saggio ci interessa ora mettere in
evidenza un altro suo elemento di paradigmaticit, che accenniamo soltanto, ma che
182
Per una panoramica complessiva di questo versante dellopera di Otto, cfr. G. Mensching, Rudolf
Otto und die Religionsgeschichte, in E. Benz (Hrsg.), Rudolf Ottos Bedeutung..., cit., pp. 49-69. interessante
osservare che lo studioso, che classifca la produzione dello Otto scienziato della religione nelle tre cate-
gorie delle traduzioni, delle ricerche religionswissenschaftlich e delle ricerche storico-comparate, sottolinea
espressamente che Il sacro non appartiene a nessuno di questi gruppi (p. 53).
183
G. van der Leeuw, Rudolf Otto und die Religionsgeschichte (1938), ora in G. Lanczkowski, Selbstverstnd-
nis und Wesen der Religionswissenschaft, Darmstadt, Wissenschaftliche Buchgesellschaft, 1974, pp. 76-86, p.
81.
184
Ivi, p. 83.
185
Paradigmatica la posizione di W. Baetke, Das Heilige im Germanischen, Tbingen, Mohr, 1942, che rim-
provera a Otto di far leva sul presupposto irrealistico di unesperienza religiosa pura (Non vi alcuno
specifco sentimento numinoso, distinto in modo essenziale da altri sentimenti , p. 19) ; esperienza che
invece sempre storicamente condizionata e mediata da una comunit e da una tradizione : Questo vuol
dire: nella considerazione scientifco-religiosa la fede [in quanto fede del singolo] non creazione origina-
ria, ma prodotta ; vive del patrimonio, conservato dalla comunit religiosa, di miti, riti e culti. Queste cose
sono il sacro in senso vero e proprio (p. 39). Questa radicale presa di distanza non impedisce a Baetke di
assumere aspetti decisivi della teoria ottiana: non soltanto il netto rifuto delleterogenesi (su cui Otto [...]
ha gi detto lessenziale, p. 8); ma anche e soprattutto lidea di unarmonia di contrasto tra tremendum
e fascinans, che trova, secondo Baetke, una interessante conferma sul piano della storia delle lingue ger-
maniche: Nella coesistenza di *wihaz e *heilagaz [da cui lopposizione, nel tedesco moderno, tra weih- e
heilig] possiamo vedere una conferma del fatto che larmonia di contrasto tra il momento repulsivo e quello
attraente non manca neanche nella religione germanica (p. 216).
186
West-stliche Mystik. Vergleich und Unterscheidung zur Wesensdeutung, Gotha, Klotz, 1926; tr. it. a cura di
M. Vannini, Mistica orientale, mistica occidentale: interpretazione e confronto, Casale Monferrato, Marietti, 1985.
187
stliche und westliche Mystik, Logos, 13, 1924, pp. 1-30, p. 2; infra, p. 367.
188
Ivi, p. 3; infra, p. 368.
introduzione 39
rende ragione dellopportunit di inserirne la traduzione in questo volume: esso attesta
chiaramente come lintensifcarsi delle ricerche storico-critiche e scientifco-religiose,
non signifchi afatto leclissarsi dellinteresse specifcamente flosofco. Dal confronto
tra i due maestri della mistica, infatti, emerge sotto un nuovo proflo, e dunque raf-
forzata, lidea portante di una strutturale solidariet tra lelemento razionale e quello
irrazionale, che rimanda patentemente ad alcuni motivi della Filosofa della religione.
Lungi dallo smentirsi reciprocamente, razionale e irrazionale concorrono nel garanti-
re alluomo laccesso alla realt nella pienezza delle sue dimensioni, e tanto Eckhart,
quanto ankara forgiano un linguaggio nuovo, capace di esprimere nella sua integra-
lit lesperienza umana e di sopportarne lantinomicit. Il mysticus intuitus, ovvero il
darana, non altro che il nome autentico di ci che sul piano profano chiamiamo
ragione pura, che si contrappone alla percezione sensibile e alla ragione in quanto
facolt dellintelletto soltanto riproduttiva ;
189
e il totalmente altro, cui lintuizione mi-
stica d accesso, non lopposto dellessere, ma il vero essere:
190
in entrambi i maestri
chiaro che il concetto dellessere puro (anche nonostante i signifcati valoriali men-
zionati) appunto il massimo che il concetto o la ratio possono ofrire per avvicinarsi
alla cosa cosa somma.
191
Lungo una seconda linea di ricerca, caratteristica dellultima fase dellitinerario di
pensiero di Otto, assume una consistenza via via maggiore il versante etico della sua
rifessione, fno a dar luogo allelaborazione di una sorta di teoria del valore, che
signifcativamente diversa dalle contemporanee etiche dei valori (Scheler e Hartmann
in primis) e che pu esser letta anchessa, tra laltro, come ulteriore fgura del tentativo
di pensare la coesistenza possibile tra razionale e irrazionale, tra etica e religione.
Nellopera maggiore la nozione di valore emerge qua e l come defnizione diretta
del numinoso o del sacro, in opposizione al disvalore del profano, o come specif-
cazione della categoria del sacro, che appunto una categoria di valutazione (Be-
wertungskategorie): ma non vi una trattazione esplicita che consenta di precisare, per
esempio, se vi sia una pluralit strutturata di valori, nel contesto della quale il sacro
e/o il numinoso debbano essere collocati, e in virt di quale o quali facolt essa si
renda accessibile. Anche in questo caso pi esauriente la Filosofa della religione, nel
cui capitolo viii viene argomentata la necessit di integrare il formalismo etico trascen-
dentale con un contenuto materiale: in questo contesto Otto dichiara a chiare lettere
che limperativo categorico pu valere soltanto sotto la condizione che in generale vi
sia un valore assoluto ,
192
e mostra di sottoscrivere la proposta friesiana di dedurre la
tavola dei concetti morali fondamentali non gi dal concetto della libert, ma, appunto,
da quello del valore.
opportuno rimarcare che a questa linea di rifessione che si riallacciano i saggi
scritti a partire dagli anni 30, anche in vista dellinvito alle Giford Lectures (che Otto
si vide costretto a declinare per ragioni di salute): saggi raccolti da J. S. Boozer nel
volume, pubblicato postumo, Aufstze zur Ethik [Sagi di etica]. Con ci non si intende
negare che vi siano evoluzioni, anche signifcative, nel modo di teorizzare la nozione di
valore, la quale, per esempio, appare ormai autonoma rispetto alla concezione friesiana
(nonostante linsistenza con cui Otto continua a dichiarare il proprio debito nei con-
fronti di Fries) e mostra chiare infuenze scheleriane. Sottolineare, ancora una volta, la
189
Ivi, p. 21; infra, p. 381.
190
Ivi, p. 9; infra, p. 372.
191
Ibidem.
192
KFR, p. 96; infra, p. 132.
rudolf otto, filosofo della religione 40
continuit interna al pensiero ottiano signifca piuttosto cautelarsi da unilateralit inter-
pretative come quella segnalata da Boozer, per cui diversi interpreti del libro pi noto
di Otto, Il sacro, hanno sostenuto che gli sarebbe stato impossibile elaborare unetica,
senza abbandonare la posizione sviluppata nel Sacro.
193
In realt esattamente il con-
trario: e non soltanto perch il Sacro una tappa intermedia di un tragitto teorico pi
ampio; ma anche perch, senza la questione posta dallopera maggiore, non si capireb-
be lesigenza di un ripensamento approfondito del concetto di valore, volto a vagliare
se e fno a che punto questultimo possa costituire un medium plausibile per pensare la
comunicazione tra i due versanti della categoria complessa di sacro.
Emblematico del problema di fondo che muove Otto lattacco del saggio Valore,
dignit e diritto : La legge morale avr senzaltro qualcosa a che fare con buono/mal-
vagio e la volont di Dio con sacro. Ed entrambi, buono/malvagio e sacro, sono
predicati di valore. E di valore si dovr trattare tanto nelletica quanto nella teolo-
gia. Ma che cos il valore ?.
194
Il valore sembra candidarsi subito a svolgere una fun-
zione di cerniera tra etica e teologia, tra legge morale e volont di Dio. La questione,
tuttavia, pi complicata e in questo testo viene lasciata intenzionalmente sullo sfondo
in favore di unampia disamina delle ambiguit presenti nella nozione di valore. Su
questultima si sono venuti depositando strati diversi di signifcato, nei quali Otto si
propone di mettere ordine: il risultato, come lautore lascia intendere sin dal titolo,
limporsi di una scomposizione della nozione indagata in almeno tre concetti distinti,
ancorch connessi.
Otto prende le mosse dalla constatazione dellimpossibilit di individuare un concet-
to generale di valore, sotto cui riportare senza difcolt lenorme variet di casi in cui
il termine viene per lo pi utilizzato. Ritiene perci opportuno muovere da quella che
defnisce domanda etica fondamentale e che riguarda il problema di cosa sia il bene
e, correlativamente, il male : Otto riconosce che si potrebbe esser tentati di considerare
anche questi ultimi come valori, ma osserva che, ci facendo, non si coglierebbe una
diferenza qualitativa ed essenziale. Quale che sia il signifcato del termine valore
certo che bene e male, o meglio i rispettivi predicati: buono e malvagio, si riferisco-
no non gi direttamente a valori, ma ad azioni che promuovono o ostacolano valori.
Essi riguardano dunque lintenzione morale e sono predicati per un riferimento della
volont a valori,
195
ma non sono valori essi stessi; il che richiede lintroduzione di un
concetto diverso, che eviti ogni possibile confusione : Otto sceglie il termine digni-
t (Wrde), avvertendo immediatamente dello slittamento semantico rispetto alluso
tecnico kantiano del medesimo. La dignit non una qualit che pertiene alla persona
come tale, ma un predicato che spetta alla volont solo nella misura in cui buona,
ossia positivamente riferita a valori.
Chiarito questo punto essenziale, Otto passa allesame che si svolge per lo pi sul
piano descrittivo di unanalisi del linguaggio ordinario di cosa si intenda generalmen-
te per valore. Nel tentativo (che appare assai pi disordinato e fessibile rispetto, per
esempio, alla tassonomia strutturata fssata da Scheler nel Formalismus) di individuare
alcune classi di valori, come quelle del piacevole, dellidoneo, dellutile, Otto si imbat-
te in unulteriore distinzione fondamentale e qualitativa, stavolta interna al concetto
193
J. S. Boozer, Einleitung, in AE, pp. 7-52, qui p. 12.
194
Wert, Wrde und Recht, in AE, p. 53; infra, p. 397.
195
AE, p. 63; infra, p. 404.
introduzione 41
stesso di valore: bisogna far riferimento ad un uso linguistico che fnora non abbia-
mo menzionato e che non soltanto moderno, ma che era presente da tempo anche
nelle lingue antiche e su cui certamente si modellato luso della nostra lingua: mi
sembra che sia quel senso di valore da cui ogni assiologia ha preso originariamente
lespressione. Assiologia viene da axion, che traduciamo con dignum e con di valore
(wert) : ma axion in prima battuta non signifca che colui o ci che axion sia un valore
per qualcuno, ma che avanza pretese valide nei confronti di qualcuno .
196
Il valore della
bellezza, per esempio, non si esaurisce afatto nel suo esser piacevole: un oggetto bello
avanza la pretesa, valida, di esser salvaguardato. Allo stesso modo un essere vivente,
per il solo fatto di esser tale, attesta il suo valore esprimendo il divieto neminem laede.
Lindividuazione di questa classe di valori (o forse, meglio, di questo aspetto specifco
del valore come tale) che Otto defnisce, appunto, esigenziali consente di stemperare
il contrasto tra i teorici delletica materiale dei valori e i sostenitori del formalismo di
stretta derivazione kantiana; contrasto che deriva, in ultima analisi, dal mancato rico-
noscimento, da parte degli uni e degli altri, del carattere intrinsecamente normativo del
valore, e dunque dalla equiparazione di fatto dei valori (intesi come timia piuttosto che
come axia) a beni.
Dignit e valore non sono per sufcienti a coprire lintero campo dei fenomeni
relativi alletica. Vi sono esigenze o pretese valide Otto prende qui esplicitamente le
distanze da Scheler che non dipendono da un valore. Il salario dovuto al lavoratore,
e non perch costui si sia guadagnato un qualche valore con il suo lavoro : un suo
diritto, al quale corrisponde evidentemente un simmetrico dovere altrui di rispettare
tale diritto.
Con lintroduzione della nozione di diritto, che, come Otto specifca, precede e ren-
de possibile ogni diritto statutario e positivo, si completa il quadro predelineato dal ti-
tolo del saggio. Ma, per Otto, non ancora tutto: a rischio di diventare troppo sottili
197

necessario introdurre unulteriore e importante distinzione e riconoscere che vi sono
doveri che non derivano dal valore e nemmeno dal diritto. La gratitudine nei confronti
di un benefattore, per esempio, inequivocabilmente un dovere da parte del benef-
ciario, il cui adempimento, tuttavia, non pu esser preteso dal benefattore medesimo
(perch altrimenti cesserebbe di esser tale e rivelerebbe di aver agito per interesse e non
gratuitamente). Dello stesso tipo il dovere di aiutare chi si trovi in condizione di biso-
gno, che non simmetrico rispetto ad un diritto che il bisognoso potrebbe rivendicare
e che per comanda ladempimento da parte di chi si trova in condizione di ofrire la
propria opera di soccorso (Otto richiama la parabola evangelica del samaritano com-
passionevole).
Nel rifettere sulla natura vincolante di questi doveri afatto particolari che poggiano
su ci che egli chiama un diritto superiore e che non esclude il carattere di gratuit
dellazione di chi vi obbedisca, inserisce una chiosa e poi una nota, entrambe partico-
larmente signifcative: quel che qui in gioco, scrive, un dovere eccezionalmente
grave (gi qui siamo quasi costretti a dire sacro) .
198
E aggiunge in nota: Anche per lo
studioso di etica, che in quanto tale non ha alcun diritto allespressione sacro, questo
predicato si impone, soprattutto nei doveri di piet che sono essenzialmente doveri di
gratitudine .
199
, questo, lunico punto del saggio nel quale viene sforata la questio-
196
AE, p. 76; infra, p. 415.
197
AE, p. 94; infra, p. 428.
198
Ibidem; infra, p. 429.
199
Ibidem.
rudolf otto, filosofo della religione 42
ne del sacro; e le considerazioni che vi vengono sviluppate, ancorch molto bre-
vemente, sono degne di molta attenzione : Otto dichiara in modo inequivocabile che
lo studioso di etica non ha alcun diritto allespressione sacro. unafermazione
fondamentale rispetto alla domanda radicale posta in apertura del saggio, in cui Otto
individuava nel valore ci con cui sia letica (che si occupa del buono) sia la teologia
(che si occupa del sacro) debbono aver a che fare: in realt, scopriamo ora, la possibilit
di utilizzare il medesimo concetto di valore nelluno e nellaltro caso non autorizza
a postulare un medesimo ambito, gerarchicamente strutturato, che accomuni il valore
del sacro ai valori di stretta pertinenza dello studioso di etica (secondo quanto aveva
teorizzato, per esempio, Scheler nel Formalismus). Gli ambiti restano distinti : il che
non signifca afatto che essi siano irrelati e che sia smentita la posizione espressa chia-
ramente nellopera maggiore, per cui anzi il versante etico-razionale pu e deve esser
pensato come schematizzazione di quello numinoso-irrazionale.
200
Solo che la nozione
di valore non appare di per s sufciente a render conto della concretezza di tale re-
lazione (e rischia anzi di ofrirne una versione eccessivamente semplifcata) ; cosa che,
del resto, non stupisce visto che uno dei risultati pi signifcativi dellintero saggio
lesibizione dellinadeguatezza del valore a riassumere ed esaurire in s (come invece
auspicherebbero i teorici delletica dei valori) il quadro dei concetti etici fondamentali.
E non un caso che laddove, quasi di sfuggita, il predicato sacro si impone , come
dice Otto, nel contesto di una rifessione etica per qualifcare doveri propri di una
sfera molto particolare di questa, una sfera che coinvolge direttamente il rapporto tra
persone come tali, a prescindere dal valore (che eventualmente esse possiedano) e dai
diritti (di cui godono per il semplice fatto di essere persone).
Come si gi accennato, in questo scritto la questione della relazione tra etica e
religione viene intenzionalmente messa tra parentesi: essa invece oggetto di tratta-
zione diretta nellultimo dei saggi della raccolta curata da Boozer, Autonomia dei valori e
teonomia,
201
che dedicato ad un confronto con il pensiero di Hartmann e che rappresen-
ta per molti aspetti il compimento della rifessione etica inaugurata da Valore, dignit e
diritto.
Otto prende le mosse dalla tesi hartmanniana di una sostanziale incompatibilit
tra etica (che per Hartmann signifca etica dei valori) e religione, basata sul fatto che
questultima negherebbe in ultima analisi la libert che invece il fondamento stesso
della prima.
Il modo in cui Otto afronta la questione attesta, ancora una volta, la persistenza di
quellispirazione teorica di fondo che abbiamo tentato di rintracciare sin dallopera su
Lutero. Otto non nega la difcolt e non si mostra incline a conciliazioni afrettate. Ri-
ferendosi implicitamente a quanto sostenuto nel saggio su Valore, dignit e diritto, egli
ribadisce che il sacro, quale contenuto assiologico specifco della religione, non pu es-
ser forzatamente incluso tra i valori etici : Come ho tentato di mostrare altrove, nelle
mere etiche il sentimento per il sacro e, con ci, la possibilit del sentimento per il
200
Allo stesso modo, come Otto argomenta ampiamente nel saggio Was ist Snde?, il carattere numi-
noso del peccato rende questultimo irriducibile alla semplice trasgressione sul piano etico, il che non
toglie che per essenza i concetti di cattivo e di peccato sono intrecciati e appartengono luno allaltro ; sono
cio luno il reciproco dellaltro mediante mutua sussunzione delle rispettive categorie, ossia in reciproca
compenetrazione dei due ambiti di contenuto (SU, p. 8; cfr. infra, p. 393).
201
Autonomie der Werte und Theonomie, in AE, pp. 215-226; infra, pp. 439-447.
introduzione 43
peccato sono propriamente illegittimi.
202
Il che per non una soluzione della dif-
colt, perch nemmeno lafermazione di una pura e semplice estraneit tra il sacro e
letica sostenibile fno in fondo, nella misura in cui una qualche relazione magari
illegittima comunque data e non pu essere semplicemente ignorata: Pu anche
essere difcile dal punto di vista teorico lasciare che valori fondati autonomamente
in natura rerum dei loro portatori, si fondino oltre a ci in Dio : in ogni caso il fenome-
nologo dovrebbe tener conto del fatto che ci non viene soltanto asserito, ma viene
attestato dal vissuto del raccoglimento devoto.
203
Non si tratta dunque di negare lantinomia tra etica e religione
204
individuata con
chiarezza da Hartmann, ma di pensarla con una radicalit alla quale Hartmann non
riesce a pervenire, perch, pur riconoscendo che lantinomia non dimostra afatto lin-
sussistenza di uno o magari di entrambi i suoi termini,
205
non poi in grado di rende-
re fecondo il vincolo che li stringe. Stante quanto siamo venuti dicendo nei paragraf
precedenti, non stupir che, per contro, proprio sul tentativo di pensare la dinamica
interna dellantinomia che fa leva il discorso di Otto, teso a mostrare che, per quanto
paradossale possa suonare, autonomia dei valori e teonomia possono e debbono esser
tenuti insieme.
Otto sottolinea innanzitutto che i termini stessi dellantinomia debbono essere
individuati con chiarezza. Non regge, per esempio, la formulazione hartmanniana
dellantinomia come reciproca esclusione tra laldiqu, quale territorio di pertinenza
delletica, e laldil, quale dominio proprio della religione: se si assume il punto di
vista di questultima, laldiqu opera di Dio e dunque esso non un luogo dal quale
fuggire in direzione dellaldil, ma anzi gi da sempre orientato alla trascendenza,
ed anzi lo spazio allinterno del quale luomo chiamato a realizzarla, compiendo la
volont del suo creatore.
Ma nemmeno veramente antinomica lopposizione fondata sulla presunta esclu-
sione da parte delletica di quei concetti che sarebbero invece fondamentali per la reli-
gione, come perdono, assoluzione, redenzione. Lerrore tipico di unetica che ritenga
di potersi fondare interamente sul concetto di valore (unilateralit che, come si visto,
Otto contesta per ragioni strettamente etiche) e ignori, cos facendo, che invece il per-
dono e assoluzione trovano la loro dimensione pi propria l dove, nelletica, si tratta
delle relazioni pi profondamente etiche, quelle tra persona e persona, o delle pretese
fatte valere da parte di una persona nei confronti di unaltra.
206
La vera antinomia, piuttosto, nel rapporto tra lautonomia dei valori, su cui letica
si fonda, e la teonomia, ossia la subordinazione del valore alla volont di Dio. Delle due
luna : o il valore tale perch posto da Dio, e dunque non propriamente un valore,
ma un comandamento divino, fondato sulla volont di Dio, ma di per s arbitrario ;
oppure ha una sua validit intrinseca che per, nella sua autonomia, contesta lassolu-
tezza divina. Pensare il rapporto tra religione ed etica, in sostanza, sembra equivalere a
porre la domanda paradossale : Ci sono degli di accanto a Dio?.
207
Ancora una volta, la chiave della soluzione proposta da Otto consiste nel pensare
correttamente leccedenza del sacro (la sua irrazionalit), che tale da non smentire in
alcun modo la razionalit (ossia lautonomia) tipica del valore: caratteristico anche e
202
AE, p. 220; infra, p. 443.
203
Ibidem.
204
AE, p. 215; infra, p. 439.
205
Cfr. AE, p. 217; infra, p. 440.
206
AE, p. 218; infra, p. 441.
207
AE, p. 222; infra, p. 444.
rudolf otto, filosofo della religione 44
proprio del vissuto del valore religioso che esso non inibisce la facolt della valutazione
oggettiva che chiamiamo coscienza, ma si connette intimamente al rispetto della vo-
lont di Dio, tanto che il profeta li coglie come sinonimi. Il comandamento di Dio non
un ordine e tantomeno lordine di un despota che richiede unobbedienza cieca. La
volont di Dio, per il cristiano, non cieca o, pi esattamente, il cristiano non cieco
rispetto alla volont di Dio, ma capace di cogliere ci che evidente, e i comandamenti
della volont di Dio sono essi stessi evidenti quanto alla loro validit.
208
Otto non esita a radicalizzare le conseguenze di tutto ci e a sostenere che lau-
tonomia dei valori, per quanto paradossale possa sembrare, il presupposto stesso
della teonomia : e lo esattamente nello stesso senso per cui un mondo perfettamente
funzionante secondo leggi dellimmanenza lunico presupposto posssibile di unagire
divino autenticamente trascendente. Riprendendo direttamente un esempio gi uti-
lizzato nella Filosofa della religione, Otto si richiama alla controversia tra Clarke e Lei-
bniz, prendendo partito per la posizione di questultimo e sostenendo che postulare
lincompletezza del mondo per far posto allazione di Dio signifca in realt sminuire il
creatore, imputandogli lincapacit di creare un mondo che davvero gli assomigli: La
situazione simile quando si crede di dover scuotere lautonomia dei valori immanenti
al mondo per far posto alla teonomia.
209
Il vissuto del sacro non scuote afatto lauto-
nomia dei valori, ma li ricomprende in un contesto pi ampio che consente di tenere
insieme ci che dal solo punto di vista etico non pu esser tenuto insieme. Questo non
signifca che risolviamo lenigma che sussiste tra ci che al di qua e ci che al di l.
Ma, nellimmediatezza di un vissuto ingenuo, qui non sentiamo neanche un enigma,
ma riteniamo di vedere delle ovviet quando riconosciamo chiaramente il linguaggio
dei valori del mondo nella coscienza e cogliamo in ci la richiesta di Dio insegnata
dallo Spirito.
210
Il riferimento allinsegnamento dello Spirito non casuale. Ancora una volta, la po-
sizione corretta del rapporto tra razionalit e irrazionalit rimanda alla teoria del dop-
pio sguardo che Otto ha appreso da Lutero : la prospettiva religiosa non completa, n
corregge in alcun modo limperativo etico, ma lo arricchisce di una dimensione e di
una prospettiva ulteriori; a questo che allude il versetto evangelico che Otto ama cita-
re: Padre, ho peccato contro il cielo e contro di te .
211
La trasgressione contemporanea-
mente etica e religiosa: una contemporaneit che pu esser vissuta, ma non dimostrata,
anche perch sul piano etico-razionale, in s perfettamente autonomo, di una simile
dimostrazione non vi alcun bisogno.
208
AE, p. 221; infra, p. 443.
209
AE, p. 224; infra, p. 446.
210
Ibidem.
211
Lc 15, 22.
NOTA EDITORIALE
G
li estremi delle edizioni originali su cui stata condotta la traduzione sono ripor-
tati in nota allinizio di ciascun testo.
Stante la natura per lo pi episodica dei riferimenti di Otto ad opere di altri autori,
abbiamo evitato salvo ununica, importante eccezione di utilizzare le traduzioni
italiane esistenti, anche perch nella maggior parte dei casi sarebbe stato necessario
apportare signifcative modifche per ragioni di uniformit lessicale. Leccezione rap-
presentata dal testo della Critica della ragion pura di Kant, con cui Otto, soprattutto nella
Filosofa della religione, si confronta in modo approfondito, riportandone ampi brani. In
questo caso abbiamo ritenuto opportuno rimandare alla traduzione di Giovanni Gen-
tile e Giuseppe Lombardo-Radice, rivista da Vittorio Mathieu (Roma-Bari, Laterza,
1996
9
).
Le traduzioni (riportate in nota) dei passi che lautore cita in lingua originale diversa
dal tedesco sono state condotte sulle rispettive traduzioni tedesche, citate o efettuate
dallo stesso Otto.
Anche per quanto riguarda i passi biblici si preferito tradurre direttamente dal te-
desco, non soltanto per le ragioni di uniformit di cui sopra, ma anche per restituire al
lettore italiano quella giusta distanza rispetto alla versione del testo biblico su cui Otto
lavora, che lassuefazione alle traduzioni correnti avrebbe rischiato di livellare.
Le note dellAutore sono richiamate con lettere alfabetiche progressive ; quelle del
Curatore sono contrassegnate da esponente numerico. Solo per il Sacro si reso ne-
cessario un terzo ordine di note, indicate con asterischi in numero progressivo, che
rimandano alla seconda Appendice, nella quale sono riportate alcune tra le varianti pi
signifcative delledizione Beck (1936) rispetto alla prima (1917).
AE Aufstze zur Ethik
AHG Die Anschauung vom heiligen Geiste bei Luther
ANB Aufstze das Numinose betrefend
Beck Das Heilige (1936)
DH Das Heilige (1917)
GI Die Gnadenreligion Indiens und das Christentum
GG Gottheit und Gottheiten der Arier
G Das Gefhl des berweltlichen
KFR Kantisch-Friessche Religionsphilosophie und ihre Anwendung auf die Theologie
LWJ Leben und Wirken Jesu
NRW Naturalistische und religise Weltansicht
RGM Reich Gottes und Menschensohn
SR Siddhnta des Rmnuja
SU Snde und Urschuld
WM West-stliche Mystik
NOTA BIOGRAFICA
1869 Louis Karl Rudolf Otto nasce a Peine (Hannover), il 25 settembre, da Wilhelm, proprie-
tario di una fabbrica di malto, e Katherine Reupke. il penultimo di 13 fratelli. Nella
Vita zum 1. Examen, redatta per accedere al primo esame teologico, dichiara di esser
cresciuto nella cerchia ristretta della famiglia, dei parenti pi prossimi e degli amici, in
una situazione schiettamente borghese e provinciale . Riceve uneducazione religiosa
molto rigorosa e matura presto il desiderio di diventare pastore.
1880 Si trasferisce con tutta la famiglia a Hildesheim, dove il padre ha acquistato una seconda
fabbrica.
1881 Viene iscritto al Gymnasium Andreanum. Il padre muore, ma la situazione fnanziaria del-
la famiglia tale da poter comunque consentire a Rudolf la prosecuzione degli studi.
1884 Viene confermato nella religione evangelico-luterana.
1888 Nel mese di febbraio consegue la maturit. Ad aprile si immatricola presso la Friedrich-
Alexander Universitt di Erlangen, che preferisce alla pi vicina Universit di Gottinga,
perch pi conservatrice di questultima e meno orientata alla teologia liberale. Come
dichiara nella Vita, intende far propri in modo approfondito i mezzi per difendersi
da innovazioni e innovatori in teologia, che con i loro metodi [...] allontanano dalla
verit. Nel corso dei primi due semestri presta il servizio militare.
1889 Dopo il congedo, raggiunge alcuni colleghi pi anziani che si erano trasferiti a Gottinga
e frequenta un corso di Hermann Schultz sullapologetica. Nel semestre invernale torna
ad Erlangen. Trascorre le vacanze in Inghilterra.
1890 Ad Erlangen frequenta i corsi di Johannes Gloel, Rudolf Seeberg e Franz Reinhold von
Frank.
1891 Si immatricola a Gottinga, dove viene in contatto con la scuola di Albrecht Ritschl e con
la nascente scuola storico-religiosa (W. Bousset, E. Troeltsch, J. Wei, W. Wrede). Fre-
quenta i corsi di Rudolf Smend e Theodor Hring (che era arrivato da Zurigo nel 1889).
Dal 16 agosto al 9 ottobre in viaggio in Grecia con lamico Karl Thimme.
1892 Il 26 marzo supera il primo esame teologico (pro venia concionandi).
1893 Fino alla Pasqua svolge la funzione di vicario nella Chiesa evangelica tedesca di Cannes.
Quindi entra nel Seminario per predicatori di Erichsburg.
1895 Il 24 gennaio sostiene il secondo esame teologico (pro ministerio). Probabilmente in con-
seguenza degli studi di arabo e aramaico, efettua un viaggio in Egitto, in Palestina e
sul Monte Athos con Karl Thimme, che lo porta per la prima volta in contatto con
forme di devozione e di espressione religiosa molto eterogenee: resta molto colpito
dallo spettacolo dei dervisci danzanti, dal culto copto, dalla cerimonia ortodossa della
lavanda piedi. Al ritorno diviene Inspektor al Theologischer Stift di Gottinga, un incarico
di supervisione ben remunerato e poco oneroso che gli consente di lavorare in tranquil-
lit alla dissertazione (AHG). Otto si avvale della possibilit, prevista dallordinamento
dellUniversit di Gottinga risalente al 1831, di conseguire con un unico esame la licenza
e labilitazione (il dottorato veniva attribuito solo honoris causa).
1898 Consegue labilitazione in teologia e pubblica AHG. Ottiene la venia legendi per due anni
con una Probevorlesung sul concetto di religione in Kant.
1899 Cura ledizione commemorativa delle Reden di Schleiermacher per il centenario della
prima pubblicazione.
1900 Tra agosto e settembre impegnato in un viaggio in Russia alla volta degli antichi mo-
nasteri del Volga, tra cui quello dellisola di Vaalam sul lago Ladoga. Secondo quanto
nota biografica 48
riferisce lo stesso Otto in alcune lettere relative a questo viaggio, nel far tappa a Karl-
sruhe conosce Nathan Sderblom, che allepoca ha appena conseguito il dottorato alla
Sorbona con uno studio sul Mazdeismo.
1901 Pubblica LWJ. Il testo viene giudicato eccessivamente liberale dal Berliner Oberkirchenrat,
cosa che gli preclude per diversi anni il conseguimento dellordinariato. Vive un perio-
do psicologicamente difcile, nel quale medita seriamente di abbandonare la carriera
accademica, e che lo porta sulla soglia di un esaurimento nervoso. Lepistolario attesta
limportanza del sostegno di Ernst Troeltsch.
1904 Pubblica NRW. Conosce Leonard Nelson, che lo invita, in un primo momento senza
successo, a prendere parte al circolo neo-friesiano.
1906 Viene nominato professore straordinario a Gottinga, con lincarico di tenere corsi preva-
lentemente nellambito della flosofa della religione.
1907 Il 2 agosto, lUniversit di Gieen gli conferisce il dottorato honoris causa in teologia.
1909 Pubblica KFR.
1911 Tra il 26 marzo e il 5 luglio, grazie ad un fnanziamento della Stiftung fr Auslandsreise von
deutschen Gelehrten und Lehrern, efettua un viaggio di studio a Tenerife e poi in Norda-
frica, di cui pubblica i resoconti sulla Christliche Welt . In Marocco, in una sinagoga di
Mogador (ora Essaouira) assiste alla preghiera del sabato, durante la quale resta partico-
larmente impressionato dallerompere improvviso del triplice Santo (Qdsh) : sa-
bato ed gi scuro. In un corridoio straordinariamente sporco ascoltiamo le benschen
(benedizioni) delle preghiere e delle letture bibliche, questo salmodiare cantilenante e
nasale che la sinagoga ha lasciato in eredit alla chiesa e alla moschea. Allinizio lorec-
chio cerca invano di separare e di aferrare le parole e vuole interrompere lo sforzo:
quando improvvisamente il groviglio di voci si sbroglia e mentre un terrore solenne
corre per le membra si erge allunisono, chiaro e inequivocabile : Santo, santo, santo
il Signore degli eserciti. Tutta la terra piena della sua gloria. In qualunque lingua
risuonino, queste sono le parole pi maestose che siano mai uscite dalle labbra uma-
ne e aferrano sempre il fondo pi profondo dellanima, eccitando e toccando con un
brivido dolce il mistero del soprannaturale che vi riposa. In ottobre riparte, con un
fnanziamento della Kahn-Stiftung, alla volta dellIndia, per poi proseguire in Birmania,
in Giappone e in Cina : svolge unattivit intensissima, incontra esponenti di spicco del-
le tradizioni religiose con le quali viene a contatto (induismo, buddhismo, taoismo) e
stabilisce contatti che resteranno importanti. nel corso di questo viaggio che prende
forma lidea di una Religionskundliche Sammlung, una raccolta di oggetti di culto e rituali
attestanti la variet delle forme e dei mezzi di espressione religiosa.
1912 Torna in Germania (luglio), passando per la Russia.
1913 Partecipa a Parigi al Congresso mondiale per il libero cristianesimo e per il progresso religioso.
Nel suo intervento prefgura lidea di una lega tra le religioni. Viene eletto tra le fle del
partito liberalnazionale nel parlamento prussiano, in cui rester fno alla fne della Prima
Guerra Mondiale.
1915 In conseguenza del trasferimento di G. Wobbermin a Heidelberg, riceve la chiamata
dallUniversit di Breslau per la cattedra di teologia sistematica. Con lappoggio del mi-
nistero costituisce una commissione per la traduzione di testi di altre tradizioni religiose
nella collana Quellen der Religionsgeschichte [fonti della storia della religione].
1916 Pubblica la sua prima traduzione dal sanscrito (che probabilmente ha cominciato a stu-
diare nel corso del viaggio in India del 1911): Dpik des Nivsa: Eine indische Heilslehre.
1917 Riceve la chiamata per la cattedra di teologia sistematica dellUniversit di Marburgo,
come successore di Wilhelm Herrmann. Pubblica DH e le traduzioni: Vischnu-Nryana,
Siddhnta des Rmnuja.
nota biografica 49
1920 Su Christliche Welt avanza la proposta di una lega religiosa dellumanit (Religiser
Menschheitsbund).
1921 Pubblica su Deutsche Politik il programma della Lega. Sorgono gruppi locali a Amburgo,
Darmstadt, Ofenbach, Berlino, Lipsia e quindi, grazie a Johannes Hessen, a Colonia.
1922 Il primo agosto, a Wilhelmshagen (Berlino), ha luogo il primo congresso della Lega.
Sono presenti i rappresentanti di otto diversi gruppi religiosi e confessionali.
1923 Pubblica ANB.
1924 Nellautunno invitato dallo Oberlin College di Oberlin (Ohio) per le Haskell Lectures:
le conferenze vertono sul rapporto tra mistica occidentale e mistica orientale (poi pub-
blicate come WM).
1925 Conosce Birger Forell. Il 5 maggio nominato senatore della Deutsche Akademie.
1926 Pubblica WM. Forell lo invita per a Uppsala per le Olaus Petri Lectures (poi pubblicate
come GI). Ottiene fondi per la Religionskundliche Sammlung.
1927 Inaugura la Religionskundliche Sammlung. Il 18 ottobre ha inizio un nuovo viaggio,
insieme a Birger Forell, che lo porta a Ceylon, dove prende contatto con la Young Mens
Buddhist Association, e poi in India, in Palestina e nei Balcani.
1928 Partecipa, a Gerusalemme, alla seconda Weltmissionkonferenz. Torna in Germania a
maggio.
1929 Ottiene di essere emeritato, prima del tempo, per ragioni di salute.
1930 Pubblica GI.
1932 Pubblica G, GG, SU. Viene insignito di un dottorato honoris causa dallUniversit di
Uppsala.
1933 Pubblica RGM. costretto a declinare, per ragioni di salute, linvito a tenere le Giford
Lectures, che aveva deciso di dedicare al tema legge morale e volont di Dio.
1935 Pubblica la traduzione della Bhagavad-Gt.
1936 Pubblica la traduzione del Katha-Upanisad. Nellottobre si verifca un incidente, che,
stanti le circostante non del tutto chiare, lascia aperta lipotesi di un tentativo di suicidio:
durante una visita in un maniero a Staufenberg, Otto cade da una torre.
1937 Il 6 marzo muore a Marburgo. La causa ultima una polmonite contratta nellospedale
psichiatrico, dove era stato ricoverato otto giorni prima per superare una dipendenza
dalla morfna che ha cominciato ad assumere in seguito allincidente della torre. I medici
riscontrano tuttavia anche una grave arteriosclerosi in fase molto avanzata.
BIBLIOGRAFIA
Opere
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Leben und Wirken Jesu nach historisch-kritischer Aufassung, Gttingen, Vandenhoeck & Ruprecht,
1902 (stampato in prima edizione come manoscritto, col titolo Die historisch-kritische Aufas-
sung vom Leben und Wirken Jesu, Gttingen 1901).
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Zur Erneuerung und Ausgestaltung des Gottesdienstes, Gieen, Tpelmann, 1925.
West-stliche Mystik. Vergleich und Unterscheidung zur Wesensdeutung, Gotha, Klotz, 1926.
Die Gnadenreligion Indiens und das Christentum. Vergleich und Unterscheidung, Gotha, Klotz, 1930.
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Snde und Urschuld und andere Aufstze zur Theologie, Mnchen, Beck, 1932.
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Reich Gottes und Menschensohn: Ein religionsgeschichtlicher Versuch, Mnchen, Beck, 1934.
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VOLUMI
LA FILOSOFIA DELLA RELIGIONE
KANTIANO-FRIESIANA APPLICATA ALLA TEOLOGIA.
INTRODUZIONE ALLA DOGMATICA
PER STUDENTI DI TEOLOGIA
1
1
Edizione originale: Kantisch-Friessche Religionsphilosophie und Ihre Anwendung auf die Theologie, Tbin-
gen, Mohr, 1909.
SOMMARIO
Prefazione 67
a. dottrina delle idee
Capitolo primo, Introduzione 71
Capitolo secondo, Tratti fondamentali e contesti storico-ideali della flosofa della reli-
gione friesiana 81
Capitolo terzo, La conoscenza della natura 89
Capitolo quarto, Passagi alla conoscenza ideale 97
Capitolo quinto, Fondamento della conoscenza ideale 105
Capitolo sesto, Le idee speculative 113
Capitolo settimo, La rivitalizzazione pratica delle idee 119
b. tratti fondamentali della filosofia pratica
Capitolo ottavo, Dottrina dei fni delluomo (Teleologia soggettiva) 127
Capitolo nono, Dottrina del fne del mondo (Teleologia oggettiva) 137
Capitolo decimo, Dottrina del presentimento 143
Capitolo undicesimo, Conclusione 151
c. la filosofia di fries in relazione alla teologia (de wette. tholuck)
Capitolo dodicesimo, Racconto didascalico di De Wette 153
Capitolo tredicesimo, La Dogmatik di De Wette 171
Capitolo quattordicesimo, La Sittenlehre di De Wette 187
Capitolo quindicesimo, Tholuck 191
Capitolo sedicesimo, Conclusione 195
Alla veneranda Facolt teologica dellUniversit
di Gieen con deferente gratitudine.
1
PREFAZIONE
C
he cos la religione ? Ci vuol poco a mettere in dubbio che questa sia o possa
essere, nel complesso, una domanda flosofca ; e magari a negarlo subito, proprio
per quel che vi di pi fne, di intimo e di individuale nella religione. Nel suo versante
migliore, questultima interamente cosa della profondit intima della nostra vita spiri-
tuale, si perde con radici profonde nelloscuro, nel semiconscio o nellinconscio, e vive
nel sentimento : pu dunque esser clta solo e soltanto col sentimento e si sottrae in
gran parte allesposizione e allanalisi concettuale. Ci non esclude che anche il pensie-
ro concettuale possa porre per la scienza la domanda sullessenza della religione e che
vi possa rispondere per approssimazione. Il solo punto di partenza possibile per ogni se-
rio tentativo di rispondervi e di determinare lessenza della religione quindi quello
che Schleiermacher ha dato una volta per tutte a questo lavoro: lintuizione interna del
religioso in se stessi, lautoosservazione della coscienza religiosa. Si tratta di conoscere,
mediante esperienza interna, quellambito della vita dello spirito, i suoi contenuti e
le sue propriet, che con una chiarezza e una compattezza pi o meno rigorosa si
stacca dagli altri in quanto specifcamente religioso e di contro ad essi si distingue e de-
limita. In questo modo si ottiene innanzitutto un concetto empirico di religione e della
sua pi generale specie ed essenza, della specifcit dellesperienza vissuta religiosa e di
ci che un uomo trova e vuole in essa. Questo primo lavoro pu esser designato con
lespressione, non del tutto immune da obiezioni, psicologia della religione . Con il
paradigma di religione cos ottenuto si pu accedere allambito dello sviluppo storico
della vita spirituale umana in genere e, attenendosi ad esso come flo conduttore, si
possono cercare gli elementi che si corrispondono, che sono simili o afni, se ne posso-
no cogliere empiricamente lo sviluppo, gli stadi, le molteplici forme di manifestazione
e le leggi (in contatto con letnologia, la psicologia dei popoli e la storia della cultura) ; e
si pu contemporaneamente ampliare e determinare pi dappresso per induzione sto-
rica quellintuizione iniziale e solo paradigmatica dellessenza della religione. Questa
occupazione allora compito e scopo ultimo di una storia della religione comparata
(induzione storica). Per approssimare la nostra questione alla soluzione, debbono en-
trambe, psicologia e storia della religione, intrecciarsi luna allaltra nei modi pi vari,
completandosi, chiarendosi e determinandosi vicendevolmente. Si utilizza di consueto
il nome flosofa della religione anche gi per questo duplice lavoro.
Che cos la verit della religione ? Anche questa domanda in gran parte sottratta ad
una trattazione flosofca rigorosa, ad una prova universalmente valida e vincolante
per tutti. Ci che in essa vi di pi fne , di nuovo, a tal punto questione di esperienza
vissuta e di sentimento individuale, di libero accordo e convincimento, a tal punto
questione di una risoluzione personale, caparbia, volontaria, audace, che ogni ragio-
namento flosofco sembra diventare nullo e tutto sembra lasciato alla testimonianza
1
Il 2 agosto 1907 lUniversit di Gieen aveva conferito ad Otto un dottorato honoris causa in teologia.
prefazione 68
interiore dello spirito .
2
Ma per quanto poco il carattere interiore e personale dellespe-
rienza vissuta religiosa possa esser forzato o reso universalmente valido cavillando con
la ragione, sarebbe tuttavia grave se la religione, e la convinzione religiosa, secondo la
sua essenza universale non potesse giustifcarsi quanto ai suoi presupposti fondamen-
tali e alle sue pretese pi alte e pi universali ; e se non potesse guadagnare una salda
posizione di fronte alla conoscenza. Il che pu accadere soltanto con una rifessione e
una ricerca che deve ora esser defnita flosofa della religione in senso pi stretto e pi
rigoroso. Questa deve indagare come la religione, la convinzione e lesperienza vissuta
religiosa, sorga nello spirito razionale, da quali facolt e disposizioni del medesimo pro-
ceda e quale pretesa di validit con ci abbia. Questo lavoro semplicemente una parte
di quellesame dello spirito razionale in generale, relativo alla sua capacit di cono-
scenza e di verit, che a partire da Kant si chiama critica della ragione . Tale critica ci
deve mostrare come e in quale modo luomo sia capace di conoscenza e di verit negli
ambiti della natura e delle scienze naturali. Ma deve, inoltre, mostrarci come e in quale
modo egli sia capace di quellaltra e superiore conoscenza che defniamo conoscenza
della fede. E questo il primo grande compito della flosofa della religione nel senso pi
stretto del termine. Essa dunque, innanzitutto, integralmente parte della critica della
ragione in generale, quella che si pu defnire (insieme alla critica della conoscenza
etica e di quella estetica) la sua parte superiore. La parte prima ed inferiore della critica
della ragione ci mostra come e mediante quali disposizioni dello spirito razionale sia
possibile la conoscenza propria della matematica, della fsica e delle scienze naturali.
Corrispondentemente c una parte superiore della critica, che indaga e scopre come e
mediante quali disposizioni e facolt della ragione sia per noi possibile unesperienza
vissuta e un convincimento religioso, etico, estetico che abbia una pretesa di validit.
Sulla base di tale critica, per, si ottiene contemporaneamente per ogni ambito del-
la vita dello spirito un contenuto supremo e massimamente universale di principi, di
conoscenze e convinzioni somme e universalissime, sotto la cui legge quegli ambiti si
sviluppano. Kant chiama questi principi metafsici e in questo modo trova la meta-
fsica della conoscenza matematica, cos come della conoscenza scientifco-naturale,
etica, estetica. Egli scrive i principi metafsici delle scienze naturali, cos come della
dottrina della virt o del diritto. Si pu dunque parlare anche di una metafsica della
religione e dei principi metafsici di una dottrina della religione: rintracciarli e svilup-
parli la seconda occupazione della flosofa della religione nel senso pi stretto del
termine.
a
Questa flosofa della religione retroagisce sul punto di partenza, menzionato sopra,
dellindagine sullessenza della religione. Mediante essa, infatti, si fa pi netta quella
determinazione di tale punto di partenza, che clta empiricamente ed ampliata e
completata dallinduzione storica. Solo in quanto cos si chiarisce da quali radici dello
spirito razionale essa scaturisca e in che modo queste ultime si rapportino alle altre e
allintero della vita spirituale in genere, si fa determinata, netta e chiara anche la deter-
minazione dellessenza della religione. E solo cos anche il processo di sviluppo della
religione nella storia si fa pi trasparente e pi facile da seguire. Come tutta la storia
2
Riferimento al testimonium spiritus sancti internum; cfr. supra, p. 22.
a
Anche se non si deve pensare ad ipotesi e sogni fantasiosi sul regno dellultraterreno. La cosiddetta
metafsica, nel senso kantiano, una cosa molto sobria che non ha nulla a che spartire con imprese fanta-
siose.
la filosofia della religione kantiano-friesiana 69
dello spirito, cos anche la storia della religione una storia dello sviluppo, del dispie-
gamento e degli efetti di disposizioni e facolt dello spirito razionale delluomo. E
questa storia pu passare per me dalloscurit alla chiarezza nella misura in cui mi sono
chiari lessenza di questo stesso spirito, le sue disposizioni, il loro reciproco rapporto e
il modo in cui agiscono.
In ci che segue si tenter unintroduzione e un abbozzo di questa flosofa della reli-
gione in senso stretto. ( sperabile che al momento opportuno seguano una psicologia
della religione e quellinduzione storica sopra citata, cos che queste, connesse con la
prima, diano la base su cui erigere una dottrina cristiana dei costumi e della fede.) Che
ci possa accadere soltanto su un fondamento kantiano, non ha bisogno, ci sembra, di
giustifcazione. Ma deve esser al contempo un fondamento friesiano, perch rispetto
al nostro oggetto solo con Fries stata pienamente compiuta lopera, cominciata da
Kant, di critica della ragione ; solo con Fries stata liberata da errori e unilateralit ed
ha assunto una forma che permane, quanto a ci che principale ed essenziale, come
duratura base del lavoro di una scienza della religione. Il che non esclude critiche ad
entrambi, n che si proceda oltre, il pi possibile, nel lavoro. Il riferimento a Schleier-
macher si impone qui da s.
Si tentato di presentare il lavoro kantiano-friesiano in modo tale che fosse com-
prensibile e potesse servire come flo conduttore al principiante della scienza della re-
ligione: si pensato soprattutto a studenti di teologia sistematica, la quale sviluppa in
misura sempre crescente i suoi fondamenti flosofci e li mette sempre pi in rilievo
anche nei piani di studio.
Come poi la flosofa della religione si rapporti alla teologia e in particolare alla teo-
logia sistematica, come quella si applichi a questa e come questa presupponga quella,
e quindi le antiche e importanti questioni preliminari della teologia sistematica relative
al rapporto tra flosofa e teologia, tra flosofa della religione e dottrina cristiana della
fede, tra etica flosofca e dottrina dei costumi teologico-cristiana, questo dovr essere
trattato e chiarito, per chi voglia studiare queste cose, in unaltra parte di questo scritto.
La flosofa della religione kantiano-friesiana entrata in una strettissima relazione con
la teologia gi con de Wette, amico e allievo di Fries. A partire da un confronto con
questo tentativo di mettere in relazione luna allaltra, il rapporto tra le due pu essere
sviluppato in modo istruttivo per il principiante. Insieme a ci si ottiene, senza cercar-
lo, quel che per questi altrettanto necessario : una presentazione del peculiare spirito
e della specie di quella teologia che, dopo i giorni del razionalismo, tenta di nuovo (e
in modo nuovo) di cogliere, su una base flosofcamente e teologicamente pi ampia,
lessenza e lo spirito del cristianesimo e di portarlo ad una esposizione didattica. De
Wette e Schleiermacher sono gli iniziatori di questa nuova teologia del xix secolo : i
due sono legati in modo cos stretto, che la relazione delluno allaltro si impone da s.
La teologia sistematica, che oggi tentiamo, la prosecuzione del lavoro che essi hanno
cominciato. I loro inizi restano per noi sempre istruttivi ed necessario conoscerli se si
vuole entrare nel lavoro attuale della teologia sistematica.
La seguente presentazione della flosofa della religione kantiano-friesiana e la sua
applicazione alla teologia era stata inizialmente pensata per la Zeitschrift fr Theo-
logie und Kirche, in cui la prima parte stata anche pubblicata. Poich per il tutto
cresciuto oltre i limiti di una rivista, poich, per di pi, lautore stato sollecitato ad
una pubblicazione a parte, il tutto esce adesso cos. Lintento , come indica il titolo,
prefazione 70
quello di essere utili a studenti di teologia, che si avvicinano alla sistematica, attra-
verso la presentazione dellimpresa flosofco-religiosa di Fries. Che questultima sia
signifcativa, che aiuti a progredire e che sia istruttiva deve riconoscerlo anche chi, a
diferenza dellautore, non la faccia propria. In pari tempo raccomandabile proprio
per gli studenti, perch si ricollega nel modo pi stretto allimpresa di Kant, della quale
deve presupporsi una certa conoscenza in ogni studente di dogmatica. In cosa consista
il suo signifcato storico e quello relativo a questioni che oggi sono di nuovo della mas-
sima attualit vien detto nellintroduzione (cfr. pp. 71 e ss.) Il tutto anche impostato
in modo tale da poter essere utilizzato dal lettore come flo conduttore per una lettura
parallela dellopera principale di Kant. Nelle note a pi di pagina si dipana il relativo
rimando ai passi ogni volta corrispondenti della Kritik der reinen Vernunft.

A. DOTTRINA DELLE IDEE
Capitolo primo
INTRODUZIONE
1. Punto di vista; 2. Interesse attuale della flosofa della religione friesiana: questione di un
principio religioso a priori secondo la validit oggettiva della conoscenza a priori secondo tra-
scendenza o immanenza ; 3. Posizione storica di Fries rispetto : a Kant a Jacobi a Schiller al
romanticismo a Schleiermacher a Leibniz e allilluminismo. Allievo: de Wette; 4. Opere.
1.
T
ra i diversi pensatori che il periodo dellidealismo tedesco ha prodotto, Jakob
Friedrich Fries veniva generalmente apprezzato, lo si nominava con rispetto,
ma nelle presentazioni dei movimenti di idee del suo tempo veniva per lo pi sforato
molto rapidamente. Nella storia della flosofa scomparve di fronte a pensatori del suo
tempo presuntamente pi grandi, ma in realt pi di successo: scomparve dietro Fichte
e Schelling, e in particolare dietro Hegel. Nella storia della flosofa della religione si
rimandava, s, ad una certa afnit tra Fries e Schleiermacher quanto alla dottrina del
sentimento religioso, ma si riteneva che questultimo fosse lo spirito pi originale e
completo. In verit, dal punto di vista della scienza religiosa, Fries particolarmente
interessante non tanto per ci che lo collega a Schleiermacher, quanto per ci che lo
separa da lui ; e anche in ci che li accomuna del tutto originale e, a ben guardare,
pi completo, profondo e convincente.
a
Ma quel che conta in quanto segue non una
riabilitazione di Fries o un paragone con i contemporanei. In generale ci guida molto
meno un interesse storico, che non quello per la cosa. Poich condividiamo lidea e
lopinione sempre pi difusa nei nostri circoli, per cui dopo tutto lo storicismo, dopo
tutto questo far comparazioni e induzioni e dopo le numerose improvvisazioni perso-
nali e le costruzioni demergenza, il lavoro della scienza della religione deve di nuovo
riallacciarsi a quella grande indagine metodologica sui fondamenti razionali della reli-
gione nello spirito umano, che lidealismo tedesco ha intrapreso in forma molteplice
ricollegandosi ai tentativi preparatori dellilluminismo, ci guida la convinzione che, tra
i vari suoi rappresentanti e orientamenti, Fries e lorientamento friesiano sia stato il
pi felice nel metodo, il pi afdabile nei risultati e quindi sia importante per il nostro
lavoro come punto di avvio e partenza.
2. In s e per s, e anche in relazione proprio a quelle domande che tra noi sono
le pi attuali, le peculiarit pi importanti della flosofa della religione friesiana sono
soprattutto queste:
a) Nella disputa tra le confessioni, nella comparazione tra le religioni appena cono-
sciute, lilluminismo era arrivato in parte ad un atteggiamento relativistico e scettico
(Hume, materialismo francese), in parte alla convinzione che il criterio di ci che nelle
religioni storiche vero o falso, valido o non valido, non potesse esser posto esso stesso
a
Nel mio NRW
2
, p. 57, ho dichiarato il contatto tra Fries e Schleiermacher, ma il primato col afermato
di Schleiermacher su Fries deve essere revocato in favore di questultimo.
capitolo primo 72
nella storia. Questa convinzione era connessa a torto con unampia sottovalutazio-
ne dello storico in generale, ma di per s era una conoscenza signifcativa, da non ab-
bandonare di nuovo. In realt non avremmo la possibilit di distinguere tra il maggiore
o minore valore delle formazioni storiche, o la capacit di concordare, riconoscere,
discernere la verit e la validit delle afermazioni religiose o morali, senza lo spiritus
sanctus in corde, senza un peculiare principio del vero che si trova in noi stessi, sul
quale misurare e col quale decidere. Dottrine e convinzioni che nascono storicamente
potrebbero imporcisi solo come suggestioni, ma non essere accolte con un convinci-
mento interno e con un reale assenso da parte nostra. Ricercare questo principio nel
nostro spirito, rintracciarlo e portarlo alla luce evidentemente il primo compito di
ogni reale sforzo flosofco-religioso, senza il quale anche la ricerca storico-religiosa
pu perdere la sicurezza del controllo. Una flosofa della religione in questo senso
un compito assai sobrio, che ha poco a che fare con quelle fantasiose costruzioni che
volano alto, con quegli slanci poetici e quei sogni per met o interamente mitologici,
che in genere sono stati collegati a questa espressione. La sua occupazione principale,
per dirla con Kant, la critica della ragione , vale a dire lanalisi e lesame dello spirito
umano per verifcare se e cosa esso realmente possieda di tali principi. Nella sua dottri-
na delle idee, questa somma e bellissima conquista del suo pensiero, lo stesso Kant ne
ha posto il fondamento. Lidealismo tedesco ha assunto e proseguito in diverso modo
il lavoro di Kant, ancora incompleto e afetto da alcuni gravi errori. Ma Fries che ha
custodito e adoperato nel modo pi sicuro il metodo critico, il solo qui valido, e che ha
tentato di esibire con esso il principio ricercato.
Quanto attuale sia ancor oggi una simile operazione evidente. Oggi cerchiamo di
nuovo, da ogni parte, l a priori religioso. Soprannaturalismo e storicismo rifutano di
ofrire un criterio e un principio del vero nella religione. La storia della religione cresce
a dismisura. Ma come pu pretendere di progredire dalla mera descrizione alla scienza
della religione, se non altro che storia della religione (fosse pure tale da riuscire ad in-
cludere fnanco quella storia religiosa dei guanti
1
che ci viene promessa)! Come pu
essere anche solo storia della religione se non ha prima in s, sia pure oscuramente, un
principio per selezionare la materia storica e, a maggior ragione, per raggrupparla.
b) Il lavoro di rintracciare la priori religioso per utilizzare ancora una volta que-
sta espressione non molto felice ed esposta a fraintendimenti viene oggi assunto da
pi parti. Ora per, proprio questo lavoro conduce ad una nuova difcolt che forse
fatale non soltanto per la ricerca scientifco-religiosa, ma per la stessa religione vivente.
In ogni ricerca di conoscenze a priori si cercano e si stabiliscono quei concetti, idee,
giudizi che si fondano sulla pura ragione, indipendentemente da ogni esperienza, che
la ragione possiede puramente da se stessa come la sua propriet pi sicura e inattacca-
bile. La scoperta di questo a priori in generale stato il grande lavoro della kantiana
critica della ragione. Ma Kant aveva collegato allesposizione delle conoscenze apriori-
che la pericolosa afermazione della loro validit solo soggettiva e dellidealismo di
quanto mediante esse conosciuto. Poich queste conoscenze scaturiscono dalla pura
ragione e non le sono date dallesterno, allora, sostiene, non hanno alcuna pretesa
di valere a prescindere dalla nostra rappresentazione; non hanno alcuna pretesa che
1
Nelle Authors Notes alla traduzione inglese del testo, Otto scioglie questo riferimento, che resta enig-
matico nelledizione tedesca, spiegando che aveva trovato lannuncio di un trattato sul signifcato del
guanto nella storia della religione (ora in AE, p. 228).
la filosofia della religione kantiano-friesiana 73
allesterno corrisponda loro qualcosa di efettivo. Gli esempi pi noti di questo modo
di deduzione applicato da Kant sono quelli della sua estetica trascendentale: lo spazio
e il tempo. Egli aveva mostrato che spazio e tempo sono forme a priori della nostra
sensibilit. Immediatamente ne deduce che non sono validi per la cosa in s , secondo
la conclusione : poich a priori, allora ideali, ossia non validi per lessenza delle cose
stesse .
b
Si vede facilmente dove portino qui, nel nostro ambito, queste vie. Delle con-
seguenze della conclusione kantiana dallapriorit allidealit risentiamo ancor oggi.
Proprio nelle moderne flosofe della religione troviamo, da una parte, un signifcativo
e potente afannarsi intorno alla priori religioso, alle categorie religiose che, accan-
to alle categorie di natura, debbono avere un diritto autonomo, unuguale validit ed
importanza ; e in connessione con ci troviamo un pi esteso interesse per la religione
e la storia della religione. Contemporaneamente, per, si presenta limpossibilit di
trovare per questo a priori una validit a prescindere dal nostro rappresentare, un suo
essere in s. Ora, pu darsi che per lo scenziato naturale sia indiferente se le categorie
che applica nella sua ricerca, se la legge che conosce sia soltanto una forma del mondo
delle sue rappresentazioni o se le corriponda e obbedisca un mondo della realt : per il
religioso non la stessa cosa. Per costui, anzi, tutto dipende dal fatto che le idee religio-
se abbiano una validit a prescindere dalla sua rappresentazione.
Qui vi ora il secondo punto in cui il lavoro di pensiero di Fries diviene immedia-
tamente attuale e signifcativo proprio per la nostra situazione del momento. Uno dei
punti di partenza del suo flosofare in generale la scoperta del peculiare e fatale errore
fondamentale di Kant, che introduce nella critica kantiana quella singolare e cangiante
penombra che pi duno avr patito ; errore che divenuto tanto signifcativo per la
prosecuzione della flosofa kantiana : la falsa conclusione dallapriorit di una conoscen-
za allidealit delloggetto in essa conosciuto. Da questa falsa conclusione segue, in
Kant, la posizione non sicura della sua bella dottrina delle idee, la sviante dottrina della
dialettica dellapparenza trascendentale, i tentativi erronei e insufcienti di conferire
alla dottrina delle idee una posizione secondaria mediante i postulati della ragione pra-
tica e la dimostrazione morale , e in generale tutto quel vicolo cieco, per cos dire,
in cui con lui la flosofa della religione doveva incorrere ed incorsa. Per il grande mi-
glioramento che qui Fries ha apportato alla flosofa kantiana abbiamo oggi di nuovo il
pi vivo interesse, poich senza di esso giungeremmo ancor oggi ad una flosofa della
religione che ucciderebbe ci su cui vuole flosofare.
c) Anche in rapporto alle altre questioni che oggi di nuovo e in vario modo ci in-
quietano e ci confondono, quelle relative a panteismo e monismo, ad unimmanenza
totale o incompleta, la flosofa di Fries ha un interesse immediatamente attuale. Essa
libera dai tentativi di adattare luno allaltro, mediante espressioni cos oscillanti e poco
chiare, ambiti di rappresentazione estranei, mostrando criticamente per quali concetti
ed idee la ragione stessa trova in s il fondamento e per quali no.
3. Sulla collocazione storica di Fries, in breve quanto segue : espressamente un allie-
vo di Kant, non nel senso della prima e primitiva scuola kantiana, il cui tipico rappresen-
tante Kiesewetter, la quale si mattenne strettamente e saldamente allo stadio e nella
b
I. Kant, Kritik der reinen Vernunft, B 42 [tr. it. di G. Gentile e G. Lombardo-Radice rivista da V. Mathieu,
Critica della ragion pura, Roma-Bari, Laterza, 1996, p. 58]: Lo spazio non rappresenta punto una propriet di
qualche cosa in s [...]. Giacch n le determinazioni assolute, n quelle relative possono esser intuite prima
dellesistenza delle cose alle quali appartengono, e quindi a priori.
capitolo primo 74
sfera di infuenza del maestro, essenzialmente ripetendone le dottrine, raccogliendole
e talora spiegandole; ma nel senso che, senza lasciarsi trascinare dal geniale rivolgi-
mento della flosofa ad opera di Fichte, del romanticismo e dei sistemi nati dal roman-
ticismo, ma, anzi, resistendo allo spirito e al tratto generale di quellepoca, pone ogni
energia nel completamento e nello sviluppo della critica della ragione e dello stesso
metodo critico. Incontreremo pi avanti i grandi ampliamenti e miglioramenti che con
ci apporta allopera kantiana. Ci che gli pi proprio qui la sua impresa di porre
la quaestio iuris per i concetti metafsici, da Kant solo rintracciati, nella sua Neue oder
anthropologische Kritik der Vernunft [Nuova critica, ovvero critica antropologica della ragione]
(1807, 1828
2
),
2
e di rispondere ad essa mediante lattestazione antropologica della co-
noscenza immediata dalla quale tali concetti scaturiscono.
in voga laccostamento di Fries a Jacobi. E in efetti tra i due vi una stretta afnit.
Jacobi condusse gi prima di Fries la lotta contro ci che Fries chiama pregiudizio
razionalistico , contro la presunta onnipotenza e sovranit assoluta della dimostrazione.
Il razionalismo voleva lasciar valere come verit certa soltanto ci che dimostrabile.
Jacobi mostr che per dimostrare qualcosa c bisogno prima di conoscenze a partire
da cui si dimostra, che queste, a loro volta, sono dimostrabili a partire da conoscenze
precedenti e cos via per un po, ma che infne si deve arrivare ad una fne, o piuttosto
ad un inizio, che consiste in qualcosa di non dimostrabile ma di immediatamente certo,
poich altrimenti non si potrebbe arrivare ad alcuna dimostrazione. Daltra parte Jaco-
bi riconosceva gi abbastanza chiaramente la debolezza della critica kantiana nel suo
atteggiamento oscillante nei confronti delle cose in s, di una realt indipendente dal
rappresentare. Entrambe le cose tornano in Fries. Ma lafnit non una dipendenza.
E, gi ad una prima considerazione, vi una grande diferenza tra i due. Jacobi non
riesce ad esibire quellelemento immediato nella ragione flosofando, ma, con una
protesta contro la flosofa in genere ; si salva in ci che chiama fede e rivelazione, e
diviene confuso e dogmatico. Viceversa, proprio Jacobi, nelle edizioni successive della
sua opera, si servito dei risultati della critica friesiana, con ci conferendo alle sue
intuizioni una posizione flosofca pi solida. E molto di ci che circola come dottrina
di Jacobi piuttosto, fnanco nelle espressioni, di propriet di Fries.
c

Di profonda infuenza su Fries stato il suo compagno di kantismo Schiller. Questi gli
2
Salvo un unico caso (cfr. la nota c), Otto cita sempre la Kritik der Vernunft dalla seconda edizione. Tutte
le opere di Fries sono ora disponibili nelle Smtliche Schriften, a cura di G. Knig e L. Geldsetzer, Aalen,
Scientia, in cui riportata la paginazione delledizione originaria utilizzata da Otto.
c
Cfr. nel bello scritto di [F. H.] Jacobi, Von den gttlichen Dingen und ihrer Ofenbarung, [Leipzig] 1811
(1828
2
), p. 86, le particolareggiate citazioni da [J. F.] Fries, Kritik, I
1
, [Heidelberg 1807], p. 339. A p. 126 egli
raccomanda espressamente Fries come colui che (insieme a Bouterweck) ha discusso dettagliatamente
questo oggetto e reso giustizia alla questione in un modo tanto compiuto e altamente istruttivo rispetto al
tutto della flosofa. Cfr. p. 133, citazione da Fries, Kritik, I, [ivi], pp. 199-207 ; p. 137 su deduzione e dimostra-
zione; p. 138 : signifcato oggettivo delle categorie; p. 142 : citazione dallo scritto di Fries, ber die neuesten
Lehren von Gott und der Welt [Heidelberg 1807] ; citazione lunga una pagina da Fries, Kritik der Vernunft ; p.
146 : citazione da Fries, ber die neuesten Lehren, pp. 198 e 206. In particolare, per, cfr. tutta la terminologia
che percorre lopera.
Quando gi avevo scritto ci di cui sopra, il Dr. L. Nelson, direttore delle Abhandlungen der Friesschen
Schule. Neue Folge, ha messo a mia disposizione appunti autograf di Fries sulla propria vita. Qui lo stesso
Fries parla occasionalmente del suo rapporto a Jacobi : In Heidelberg avevo uno scambio simile [...] fnch
non mi sono trovato con de Wette [...]. Nel frattempo mi stimolava particolarmente anche lo scambio con
Jacobi, come mostra la mia partecipazione alla sua disputa con Schelling. Quando infne, grazie al carteg-
gio, compresi il suo rigoroso razionalismo, fui dispostissimo a dargli ragione ovunque per quanto possibile
la filosofia della religione kantiano-friesiana 75
strettissimamente afne nellinteresse per le questioni estetiche e nel modo della loro
trattazione. probabile che qui il pi giovane abbia imparato direttamente dal pi vec-
chio. Entrambi sono per dipendenti dal medesimo maestro, Kant, e dalla sua Kritik der
Urteilskraft. Rispetto alla validit meramente soggettiva della conoscenza estetica aferma-
ta da Kant, Fries, nella terza parte della sua critica, ne ha mostrato la validit oggettiva in
modo pi nitido e metodico. Egli si divide rigorosamente dal romanticismo e dalla flosofa
romantica, la cui rottura e ostilit con lilluminismo gli sono del tutto estranee. In lui,
come nello stesso Kant, persistono il chiaro spirito e i motivi migliori dellepoca illumini-
stica, approfonditi e arricchiti dal periodo classico, dal nuovo umanesimo e dalla cultura
estetico-letteraria del tempo. La sua propria formazione matematica e il metodo rigoroso
della scuola kantiana lo dividono dallorientamento di pensiero in cui la genialit entusia-
sta e la fantasia furono elevati ad organo della flosofa. E assai netta la sua lotta contro la
retorica di Fichte e lirrompente mistagogia di Schelling. Con ci Fries, che non porta la
fantasia ma il sentimento al posto che gli spetta nella flosofa, anche qui un prosecutore
di ci che si era preparato nellilluminismo, in particolare con Rousseau.
Con Schleiermacher Fries ha in comune la formazione giovanile da Herrnhuter
3
e quin-
di la conoscenza della religione dal lato del sentimento. Lo cita gi evidentemente
dalle Reden ber die Religion nel suo Wissen, Glauben und Ahndung [Fede, sapere, presen-
timento] del 1805,
d
ed daccordo con lui nel valorizzare, per la religione, il sentimento.
La sua dottrina del presentimento in stretto contatto con lintuizione e il senti-
mento delluniverso di Schleiermacher. Su questo punto si avvicinano due pensatori,
che sono altrimenti assai distanti. Non vi per dipendenza delluno dallaltro, in nes-
suno dei due versi. La fonte della dottrina del presentimento in Fries per quel che,
appunto, non frutto del suo proprio seno la kantiana Kritik der Urteilskraft. Chi infatti
ha ludito fne e considera altre afermazioni, in parte gi molto precoci, di Kant trover
che in lui questa importante dottrina, che accompagna quella delle idee, gi presente.
Accade cos che la dottrina del presentimento compaia in Fries sin dal principio in una
solida posizione flosofca: in Schleiermacher, invece, innanzitutto una divinazione,
che conserva qualcosa del metodo delle intuizioni improvvise con cui si flosofava
nei circoli romantici : e abbastanza spesso nelle Reden latto di forza del genio sostituisce
la fondazione flosofca e storica. Il modo in cui luniverso si lascia intuire e sentire , e
cosa questo signifchi in espressioni pi chiare e sobrie, resta nella semioscurit poetica.
E quando la concezione originaria vuole esprimersi in modo pi preciso nel successivo
sviluppo di Schleiermacher, delloriginaria ricchezza e abbondanza resta solo il sen-
timento dellassoluta dipendenza, una descrizione assai inadeguata e unilaterale del
sentimento religioso che Fries sviluppa in modo molto pi vario e determinato.
3
Herrnhut letteralmente pascolo del Signore il nome del villaggio che il pietista Nikolaus Lu-
dwig von Zinzendorf fond nel 1722, in una tenuta di sua propriet, per accogliere una comunit di esuli
protestanti moravi. Nacque cos una comunit religiosa il cui modello organizzativo, economico e spiri-
tuale, si difuse presto molto al di l di Herrnut e diede luogo al sorgere di numerose colonie di fratelli
moravi .
e per questo diedi occasione a parecchi critici di valutare in modo completamente errato il mio rapporto
con lui. Quando ero giovane Jacobi ebbe su di me un piacevole efetto di stimolo con i suoi romanzi. Ma in
flosofa non sono mai stato suo allievo : le mie opinioni derivano solo da quelle di Kant, che ho tentato di
perfezionare nella flosofa della religione. Anche la mia visione del sapere, della fede e del presentimento,
come le mie teorie sul sentimento, sono state sviluppate del tutto indipendentemente da Jacobi. piuttosto
Jacobi che, nei suoi ultimi lavori sulle cose divine, mi ha in parte seguito.
d
P. 239: vogliamo intenderci con coloro che hanno fnora flosofato sulla religione... .
capitolo primo 76
La diferenza pi signifcativa tra i due, quella a causa della quale Fries va, in ge-
nerale, sostanzialmente allontanato dalla flosofa del sentimento , la seguente : in
Schleiermacher si riesce solo con difcolt a stabilire il collegamento che resta sem-
pre qualcosa di secondario tra il sentimento religioso e la convinzione religiosa, senza
la quale il primo mancherebbe di solidit, di fondamento e di diritto. Inizialmente la
validit di una tale convinzione viene da Schleiermacher semplicemente rifutata, a
tutto svantaggio della religione e in contraddizione con la sua pi elementare essenza !
La convinzione religiosa deve essere vera e deve anche poter esibire la sua verit, deve
cio avanzare la pretesa di essere conoscenza.
e
Altrimenti la religione stessa diviene
impossibile e pu rimanere al massimo un libero sognare di cuori sensibili. qui che
la flosofa della religione friesiana si separa nel modo pi profondo da Schleiermacher.
Rintracciare la fede originaria, lideale ambito di convinzione, e assicurargli la sua ve-
rit, per Fries, sin dal principio, il compito supremo della flosofa in genere, di fronte
al quale egli ritiene ogni altro sforzo, in ultima analisi, come una digressione. Con ci
egli rappresenta linteresse vitale della stessa religione.
Del tutto corrispondente la diferenza tra Fries e Schleiermacher nel giudizio sul
rapporto tra religione e morale. Anche in Fries presente lidea che la religione non
morale e viceversa. Egli abbandona completamente anche il falso tentativo di Kant
di fondare la convinzione religiosa su quella morale e di attribuire solo a partire da
questultima una validit secondaria e forzata alla prima. Ma lo stretto ed organico rap-
porto tra le due, di cui la storia della religione d unanime testimonianza, viene esibito
chiaramente da Fries, mentre su base schleiermacheriana deve essere stabilito sempre
e solo in modo artifcioso.
Talvolta lo stesso Fries si annovera tra i leibniziani. Per altro verso parla abbastan-
za poco di Leibniz nella sua storia della flosofa.
4
Ma che appartenga, insieme con la
flosofa kantiana, alla scuola e allorientamento spirituale di Leibniz fuor di dubbio:
in riferimento non tanto al grande sistema dogmatico leibniziano, con larmonia pre-
stabilita e la dottrina delle monadi, quanto a certe tendenze di fondo del suo modo di
pensare in generale. Soprattutto nei leibniziani Nouveaux Essaies si prepara lintuizione
fondamentale e, con ci, la direzione fondamentale dellintero flosofare critico : quella
per cui c, in generale, qualcosa come una ragione pura , che deve essere esami-
nata mediante autoosservazione. La nozione leibniziana per cui nellintelletto nulla
innato al di fuori dellintelletto stesso potrebbe essere il principio guida per la nuova
critica della ragione di Fries. La grande dottrina fondamentale, poi, dellidealismo tra-
scendentale preparata nelle convinzioni fondamentali, che con Leibniz si aprono la
strada, per cui spazio e tempo sono di natura fenomenica: unidea che propriamente
in contrasto con la dottrina dellarmonia prestabilita (cfr. Leibniz, Entgegnung auf
Bayle [Risposta a Bayle
5
], in Kl[einere] phil[osophische] Schr[iften], Reclam Ausgabe, [Lei-
pzig 1883], p. 121: Riconosco che il tempo, lestensione, il movimento e il continuo in
4
Cfr. J. F. Fries, Die Geschichte der Philosophie, dargestellt nach den Fortschritten ihrer wissenschaftlichen Ent-
wicklung, 2 voll., Halle 1837 e 1840.
5
Reponse aux Refexions contenues dans la second Edition du Dictionnaire Critique de Mr. Bayle, article Rorarius
sur le Systme de lHarmonie pretablie, 1702.
e
Ogni sapere conoscenza. Ma non ogni conoscenza deve essere sapere. Parliamo espressamente di
conoscenze di fede. Questa distinzione ad opera di Fries tra conoscere in generale e sapere assai signi-
fcativa.
la filosofia della religione kantiano-friesiana 77
generale, nel modo in cui queste cose sono concepite nella matematica, sono soltanto
cose ideali [...] Persino Hobbes ha defnito lo spazio come un phantasma existentis). La
dottrina friesiana, per cui con spazio e tempo lesistenza materiale in genere dilegua
e di fronte allidea solo il regno dello spirito e della libert restano salde come realt
eterne, la meta, oscuramente aferrata, anche del pensiero di Leibniz, per quanto in
lui sia dogmaticamente irrigidita e si circondi di false premesse, conseguenze e idee
secondarie che le si mettono di traverso. Infne, lintera base antropologica della f-
losofa friesiana, la sua dottrina della conoscenza oscura della nostra ragione e della
sua ri-osservazione nella rifessione possibile soltanto grazie alla scoperta leibniziana
delle rappresentazioni oscure, chiare e distinte, e della diferenza tra la coscienza e il
rappresentare inconscio.
f
La dottrina friesiana del rapporto dello spirituale al corporeo
ha una chiara relazione con quella di Leibniz per il fatto che Fries fa corrispondere la
forma dellorganismo allanima ; lo stesso ha in mente Leibniz con la sua dottrina delle
nature plastiche.
6
Quando Hegel fu chiamato a Berlino, era stato fatto anche il nome di Fries. Forse,
se la scelta fosse caduta su questultimo, ci sarebbe stato un periodo friesiano invece
che hegeliano: luogo, ascendente e circostanze contribuirono molto a difonderne la
scuola. Ma forse no, perch lo spirito del tempo, lefetto del romanticismo, la restaura-
zione e la reazione nelle cose ecclesiastiche e politiche trovarono molte possibilit nella
flosofa hegeliana, nessuna in quella friesiana. Una scuola friesiana, non insignifcante,
c stata anche cos, con nomi notevoli. Il pi noto di solito de Wette. Era amico di Fri-
es e di Schleiermacher e lo si considera senzaltro una specie di anello di congiunzione
tra i due. Ma la base della sua flosofa della religione interamente friesiana.
g
Questa
6
Cfr. le Considrations sur les Principes de Vie, et sur les Natures Plastiques par lAuteur du Systme de lHar-
monie prtablie, 1705.
f
In Fries si ripetono anche gli errori della dottrina leibniziana. Gi Leibniz confonde la coscienza, il
possesso cosciente di una rappresentazione, con il senso interno , ossia con la coscienza del possesso di
una rappresentazione. Cfr. Prinz. der Nat. und Gn. [Principes de la nature e de la grce fonds en raison, 1714],
op. cit., p. 140: ...la coscienza o il sapere relativo a questo stato interno (cio la rappresentazione delle cose
esterne). Questa confusione si ritrova molto difusamente in Fries e non senza conseguenze sulla sua
critica. Lambito delle rappresentazioni oscure, o, come si dice oggi, dellinconscio, del subconscio, attira
sempre pi su s lattenzione degli psicologi. James, nel suo Varieties of Religious Experience [London 1902],
lo ha impiegato molto estesamente per la comprensione del vissuto religioso. Il signifcato dellambito
delle rappresentazioni oscure per Fries, anche da questo lato, ben noto : S, questo campo oscuro delle
nostre rappresentazioni persino di gran lunga pi grande di quello chiaro, di cui siamo coscienti. Nellin-
tero insieme delle nostre rappresentazioni di volta in volta diverse, quelle chiare costituiscono solo singoli
punti luminosi in uno smisurato ambito di oscurit. [...] Uno studioso vedrebbe stendersi di fronte ai suoi
occhi mezzo mondo se improvvisamente lintero insieme delle rappresentazioni oscure della sua memoria
gli divenissero chiare. O quale insieme di rappresentazioni debbono in pochi attimi esser destate nellani-
mo di un musicista che improvvisa sullorgano e magari nel contempo parla con qualcuno; laddove, per
giunta, ciascuna di queste rappresentazioni necessita di un proprio giudizio sullappropriatezza, visto che
egli noterebbe ogni suono stonato e invece limprovvisazione prosegue cos bella che si rammarica di non
averla scritta. Quanto poco cosciente di tutte queste rappresentazioni mentre suona! Lo stesso si mostra
in ogni rifessione : raramente diveniamo coscienti di tutte le singole rappresentazioni che guidano noi e
il nostro giudizio. Chiamiamo genio il talento del poeta, quasi fosse uno spirito superiore, che gli ispira le
idee e guida la sua attivit, appunto perch il poeta qui completamente in potere delle sue oscure rappre-
sentazioni e di assai poche cose pu dire come sia stato in grado di crearle. Da questa misteriosa interiorit
Socrate udiva le massime del suo demone (Kritik, I, pp. 115 e s.).
g
In appendice alla biografa di Henke su Fries vi il saggio di de Wette, Zum Gedchtnis [sc. : Andenken]
von Fries e il carteggio con lui [cfr. E. L. T. Henke, Jakob Friedrich Fries. Aus seinem handschriftichen Nachlasse
dargestellt, Leipzig 1867, rispettivamente pp. 277-297 e 344-364]. Qui il suo rapporto di allievo emerge in
capitolo primo 78
viene ad espressione in forma divulgativa nel suo bel libretto, tuttora prezioso, ber
Religion und Theologie, [Su religione e teologia, Berlino] 1815 (1821
2
), in prossimit e in col-
legamento con i pensieri schleiermacheriani; e nella sua opera maggiore, ber die Re-
ligion, ihr Wesen, ihre Erscheinungsformen und ihre Einfu auf das Leben [Sulla religione, la
sua essenza, le sue forme di manifestazione e il suo infusso sulla vita] (Berlin 1827), diviene la
chiave per le molteplici forme di manifestazione della religione nella storia. (In questo
libro de Wette ofre in pari tempo un esempio metodologico per la compenetrazione
e fecondazione tra lavoro storico e chiare intuizioni flosofche fondamentali circa les-
senza della religione.) Con lapplicazione della dottrina del presentimento, de Wette
ha autonomamente esteso la dottrina friesiana allambito della storia. (Presentimento
della provvidenza divina nella storia, tanto pi in quella religiosa.)
Con il suo Metaphysik (Leipzig 1857), Apelt, allievo di Fries e professore di flosofa a
Jena (+ 1859), ha scritto, per dir cos, il libro di testo della flosofa kantiano-friesiana.
Nel suo acume metodologico, e in pari tempo nella sua pregnante chiarezza, degno
di ammirazione e forse, da questo punto di vista, non superato da alcun libro della
letteratura flosofca. Contiene i punti essenziali della dottrina della religione. Una Re-
ligionsphilosophie di Apelt, breve e in forma manualistica, stata pubblicata nel 1860.
Notevolissimo lesame e il confronto con lintera flosofa della religione di Schleier-
macher dal versante dellorientamento friesiano che ha oferto H. Schmid, professore
di flosofa a Heidelberg, nel suo ber Schleiermachers Glaubenslehre mit Beziehung auf
die Reden ber die Religion [Sulla dogmatica di Schleiermacher con riferimento ai Discorsi
sulla religione, Leipzig] 1835.
h
4. Tra le opere proprie di Fries vengono prese in considerazione : Wissen, Glaube und
Ahndung, [Jena] 1805.
i
In questo libro, che si mantiene al livello divulgativo, Fries anti-
cipa i risultati della sua ricerca. Questultima viene presentata nei tre volumi della sua
opera principale Neue oder anthropologische Kritik der Vernunft del 1807 ; quindi nel System
der Metaphysik [Sistema della metafsica, Heidelberg] del 1824 e nello Handbuch der prakti-
schen Philosophie [Manuale di flosofa pratica] (I. Ethik oder die Lehre der Lebensweisheit,
[Etica o dottirna della sagezza della vita, Heidelberg] 1818 ; II. Religionsphilosophie und Aes-
thetik, [Filosofa della religione ed estetica, Heidelberg] 1832) e nel romanzo flosofco Julius
und Evagoras, oder die Schnheit der Seele, [Julius ed Evagoras o della bellezza dellanima,
Heidelberg] 1822. Egli ha presentato le sue basi logiche e psicologiche nel suo System der
Logik, [Sistema di logica, Heidelberg 1819], e nel suo Handbuch der psychischen Anthropolo-
gie oder der Lehre von der Natur des menschlichen Geistes, [Manuale di antropologia psichica o
di dottrina della natura dello spirito umano, Jena] 1820. (Cfr. su questo H. Schmid, Versuch
einer Metaphysik der inneren Natur, [Sagio di una metafsica della natura interiore, Leipzig]
1834, che dedicato a Fries e che ne prosegue il lavoro psicologico.) Di interesse anche
lopuscolo di Fries, Fichtes und Schellings neueste Lehren von Gott und der Welt, [cit.,] 1807,
modo molto esatto e preciso : Ritengo Fries uno dei pi grandi geni che la storia della flosofa vanti [...]
Si sa gi che sono afezionato alla sua dottrina con piena convinzione [ivi, p. 284 e p. 285]. Lintero saggio
ofre un proflo molto buono e conciso del modo di pensare friesiano.
h
Cfr. ancora di H. Schmid, Mystizismus des Mittelalters, Jena 1824. La flosofa friesiana si contrappone
decisamente ad ogni misticismo. Questo libro mostra, per, che anche sul suo terreno possibile una com-
prensione e un apprezzamento per ci che vi di signifcativo e sostanziale in questo peculiare fenomeno
storico. Il tentativo di una trattazione antropologico-psicologica della materia assai notevole.
i
Riedita da Nelson, Gttingen, Vandenh. e Rupr., 1906. Cfr. la segnalazione e il sommario in Christliche
Welt, 34, 1908.
la filosofia della religione kantiano-friesiana 79
e Von deutscher Philosophie, Art und Kunst, ein Votum fr Jacobi gegen Schelling, [Della flo-
sofa, della specie e dellarte tedesca : un voto per Jacobi contro Schelling, Heidelberg] 1812. Il
luogo storico del flosofema friesiano si trova al meglio nella sua propria Geschichte der
Philosophie, dargestellt nach den Fortschritten ihrer wissenschaftlichen Entwicklung, [Storia
della flosofa, esposta secondo i progressi del suo sviluppo scientifco, Halle] 1837-40 e nelle
Epochen der Geschichte der Menschheit, [Epoche della storia dellumanit, Jena] 1845, tomo
II, di Apelt. Una presentazione molto dettagliata della flosofa di Fries (esclusa la sua
flosofa della religione) stata oferta da Elsenhans nel suo Kant und Fries, Gieen 1906.
Sulla Christliche Welt , 34, 1908, si parla della vecchia scuola friesiana e di quella
nuova, sorta recentemente. Questultima ha ripreso la pubblicazione, in una nuova
serie, delle Abhandlungen der Friesschen Schule. Il pi notevole quello di Nelson, ber
das sogenannte Erkenntnisproblem [Sul cosiddetto problema della conoscenza].
l
l
Pubblicato come tiratura a parte, Gttingen, Vandenhoeck & Ruprecht, 1908; cfr. la discussione in
Christliche Welt, 1909.
Capitolo secondo
TRATTI FONDAMENTALI E CONTESTI
STORICO-IDEALI DELLA FILOSOFIA
DELLA RELIGIONE FRIESIANA
1. Citazioni. 2. Le verit religiose [come] verit necessarie razionalismo; 3. Religione laica
deismo ; 4. Sentimento contro rifessione antirazionalismo ; 5. Immediatezza sentimento ; 6
Idealismo trascendentale.
Q
uel che i flosof fssano nei loro sistemi in modo sistematico, metodico, sottile,
con espressioni astratte del linguaggio di scuola, e che difcilmente compren-
sibile per linesperto, di solito quel che essi posseggono preliminarmente anche
nel sentimento, e in un atteggiamento pi universale e dinsinvolto, come personali
convinzioni fondamentali, come orientamento del pensiero e dello spirito. Spesso uti-
le, per comprenderli nel loro modo di parlare astratto e per seguire le loro spiegazioni
metodologiche, conoscere in quella forma pi semplice questo fondamento, dal quale
il loro lavoro flosofco si solleva e si confgura, e sentire il flosofo innanzitutto, per dir
cos, nella lingua di casa sua, prima di ascoltarlo parlare il linguaggio astratto e artifcio-
so della sua scienza. Con queste convinzioni fondamentali visto che nessuno comin-
cia subito da se stesso il pensiero o la vita dello spirito in genere un flosofo anche
sempre nel contesto dei movimenti spirituali del suo tempo : c unidea pessimistica
della storia della flosofa e dei sistemi dei flosof, che non vuole vedervi nientaltro che
le opinioni, espresse in modo pi astratto, e gli errori dello spirito del tempo. Ma tro-
varsi nel contesto dei movimenti spirituali e delle formazioni ideali del proprio tempo
non signifca necessariamente essere soltanto un rappresentante di casuali opinioni di
quel tempo, perch non soltanto gli errori, ma anche la conoscenza si elabora innan-
zitutto in modo graduale e in connessione con il generale movimento delle idee. Che
poi sia o non sia realmente conoscenza ci che viene assunto dallo spirito del tempo, la
prova nel fatto che al flosofo riesca realmente di tradurlo in flosofa o che invece con
quello gli riesca di innalzare soltanto un edifcio apparente.
Segue, dunque, innanzitutto una serie di citazioni, che esprimono la visione fonda-
mentale e lorientamento di pensiero di Fries ; e a ci si allaccia una breve attestazione
dei contesti ideali del tempo, nei quali egli si trova.
La vera fede, la fducia in Dio, fondata nello stesso modo in ogni uomo e guadagna forza soltan-
to con lamore, con lincremento della forza di volont morale nella devozione e mai mediante
una mera formazione scientifca dellintelletto. Nessuna scienza procura alluomo una conoscen-
za di Dio diversa da e pi elevata di quella che si ottiene con il primo, semplice sentimento religio-
so. Nessuna scienza fonda per noi la fede, ma lintero compito scientifco per la formazione della
dottrina religiosa mira a mettere in risalto questa fede di fronte alla coscienza puramente per se
stessa e a distinguerla da tutto ci con cui pu essere facilmente scambiata: e con cui scambiata
in una dottrina falsa o nella superstizione (Handbuch der Religionsphilosophie, p. 32).
1
1
Si tratta del gi citato Handbuch der praktischen Philosophie, volume secondo: Religionsphilosophie und
Aesthetik, Heidelberg 1832.
capitolo secondo 82
Le convinzioni religiose su ci che non possiamo vedere e in cui per abbiamo fducia non
possono esser scaturite da contatti sensibili del nostro spirito. Sono infatti patrimonio originario
della ragione e debbono vivere in ogni spirito umano con eguale verit (Handb., p. 15).
Nella fducia in Dio della fede vivono per me i pi elevati sentimenti del rispetto che ama, del
timore reverenziale e della venerazione (Geschichte der Philosophie, ii, p. 450).
Il punto centrale del nostro spirito una fede infnita e un amore eterno. Soltanto per mezzo di
questa fede e di questo amore puro ogni vivente si presenta nel mondo di fronte ai nostri occhi.
In esso, nel nostro intimo, lunica fonte di tutta la nostra vita. Di qui soltanto, nel sentimento
pi oscuro dellapprezzamento del valore della virt, nel sentimento pi oscuro del piacere del
bello e del sublime e, infne, nel sentimento dellelevatezza della religione, si annuncia per lin-
telletto comune ci che sussiste eternamente. La fede pi comune e la pi rafnata speculazione
sono qui identiche, se si tratta di cogliere lideale del sommo bene nellunifcazione dellamore
pi puro e del pi puro rispetto nel sentimento delladorazione. Lo stesso vale per ogni altro
oggetto della religione (Kritik, I, p[p]. [385]-386).
E cos, infne, allintera considerazione (della visione del mondo fsico-matematica) resta solo
un signifcato fsico. In ultima analisi, proprio per la sua grandezza, per la smisuratezza dei suoi
spazi e dei suoi periodi di tempo, perde per luomo ogni signifcato. sufciente che tu muoia e
perderai di colpo lintero spazio insieme al tempo. Ma dentro, nello spirito, non si allontana da te
n la bellezza dei campi foriti, n lamore che nel tuo cuore, n lamore eterno che abbraccia
tutto (Geschichte der Philosophie, II, p. 357).
Comunemente coloro che hanno religione, ma che non sono religiosi in senso eminente, in-
tendono per religione nientaltro che la loro professione di fede relativa al loro rapporto a Dio
e ad un altro mondo. Chi per si interessa di pi di religione, chi propriamente religioso, in
essa trova di pi e, per dir cos, trova qualcosa di totalmente altro. Chiunque sia religioso mi
conceder che, sebbene io non abbia scelto le espressioni a lui pi care, si potrebbe tuttavia dire :
il sentimento, in cui per lui la religiosit propriamente consiste, il presentimento delleterno
nel fnito (Wissen, Glauben und Ahndung, p. 235 e s.).
Le convinzioni religiose poggiano sulla contrapposizione universale tra leterno e il fnito. Se
nella dottrina della religione si contrappone allessere fnito quello eterno, allora non biso-
gna intendere per eternit un essere che attraversa ogni tempo, ma si contrappone leternit
al tempo stesso. Lessere eterno un essere, indipendentemente da tutti i limiti nello spazio
e nel tempo. Ogni essere nel tempo soltanto un essere fnito, il solo che ora possiamo
comprendere, al quale per, nella fede, contrapponiamo un essere eterno in Dio. Questa
contrapposizione la stessa che la flosofa kantiana indica con la diferenza tra il fenomeno
e lessere in s. Lessere vero o eterno lessere in s ; lessere fnito in s, per, un fenome-
no di quellessere eterno in Dio. La religiosit non consiste soltanto nella fede nelleterno,
ma nel raccoglimento devoto. Questultimo quella peculiare tonalit emotiva dellanimo
che viene scoperta mediante il presentimento delleterno nel fnito della natura. (Mediante
questo) vive (per la ragione) nellessere fnito lo spirito delleterno. La religiosit diviene per
noi soltanto il fatto che nella fnitezza della natura intorno a noi e nella nostra propria vita
interiore fnita il sentimento ha il presentimento delleterno, il calore e la vita delleterno
compenetrano il nostro intero essere e questa la tonalit emotiva del raccoglimento
devoto (ivi, pp. 237 e s.).
In queste citazioni si esprime in forma universalmente comprensibile una determinata
e fondamentale opinione religiosa che, condivisa da Fries e da molti altri della sua epo-
ca, si trova in determinati contesti della storia delle idee del tempo. una concezione
che, accanto e di contro ad altre concezioni, si venuta elaborando, e gradualmen-
la filosofia della religione kantiano-friesiana 83
te raforzando, chiarendo e approfondendo in una lunga preparazione, nel deismo e
nellilluminismo. Le sue caratteristiche essenziali sono le seguenti.
1.
2
Le convinzioni religiose e quelle morali, e la religione e la morale in genere, non
possono essere verit contingenti.
Questa convinzione si sviluppa soprattutto nella linea razionalistica dellilluminismo,
il cui prosecutore, sotto questo proflo, Fries. Nellilluminismo essa diviene molto
presto, come si sa, polemica ed a partire da essa che si lott contro ci che ovunque
passava per religione : le religioni positive. Ma in verit questa conoscenza era ori-
ginariamente sorta dalla religione, dalla stessa dottrina di scuola. Nella dottrina del
testimonium spiritus sancti internum era gi implicito che lultimo fondamento di validit
della verit religiosa non poteva essere lautorit, il magistero, la tradizione ecclesiasti-
ca, la scrittura, il miracolo, la fattualit storica, ma un principio specifco nellinteriorit
delluomo. Da ci deriva anche lovviet di questa convinzione. Lessing attesta che su
fatti storici non potrebbe fondarsi alcuna verit necessaria. Ma che la verit religiosa
debba essere una verit necessaria , questo non lo attesta : per lui, come per tutta la
sua epoca, ovvio. Questa ovviet corrisponde totalmente al sentimento della verit
religiosa. La contrapposizione tra verit storico-empirica e verit necessaria concor-
da completamente con quella tra il mero apprendere per insegnamento e il vedere
da s (= lessere interiormente convinto). Che, per, nella religione tutto dipenda da
questultimo, per essa realmente ovvio.
Da Cartesio a Spinoza, a Leibniz, a Lessing questa convinzione si viene elaborando.
In generale, per, essa una parte di quella base assai unitaria e concordante di convin-
zioni fondamentali, che d unit all illuminismo nonostante la diversit delle scuole.
Propriamente essa il senso degli sforzi del tempo, inani, ma sempre nuovi, per la di-
mostrazione ontologica di Dio , per unautoassicurazione relativa a Dio senza alcuna
commistione empirica, puramente a priori, derivante esclusivamente dai mezzi dello
stesso spirito razionale. Il movente che vi si nasconde il giusto sentimento del fatto
che le idee somme dello spirito razionale e la loro verit non possono n loro lecito
fondarsi in ultima analisi su alcunch di esteriore, contingente.
2. Connessa con questa una seconda caratteristica che, di nuovo, trova la sua lunga
e silenziosa preparazione nel lavoro teologico dellilluminismo, specialmente del dei-
smo : la convinzione che la religione debba avere le sue proprie fonti e una vita propria
indipendente da artifciosi sistemi di scuola, dal lavoro del pensiero e dai sillogismi,
dalla speculazione, dal lavoro dei dotti, dalle polemiche di scuola e dallapologetica,
dalle scuole di teologi, dalla grazia del flosofo e dalla fatica della dimostrazione. Var-
rebbe la pena seguire questo tratto nel quadro completo dellilluminismo. Si radica in
quellapertura universale del cristianesimo dei laici allinizio del medioevo, su cui
si basa anche la Riforma ; apertura che ha la sua prosecuzione nel movimento inglese
degli indipendenti
3
e che di qui, in connessione diretta, continua nel deismo e nellillu-
minismo. Generalmente si guarda soltanto alla razionalizzazione e all intellettualiz-
2
Ho preferito non seguire la numerazione dei paragraf secondo la correzione proposta da Otto alla fne
del sommario (cfr. p. xiv delloriginale), per cui questo paragrafo diventerebbe il secondo, cos da ricalcare,
in modo piuttosto artifcioso, larticolazione del sommario posto allinizio del capitolo: ho mantenuto
quella originaria, che consente, a mio avviso, di seguire meglio lo svolgersi del ragionamento.
3
Nellambito del puritanesimo, i congregazionalisti (o indipendenti, appunto), a diferenza dei presbite-
riani, si opponevano a qualsiasi Chiesa di Stato e sostenevano lautonomia di ogni congregazione di fedeli.
capitolo secondo 84
zazione della religione da parte dellilluminismo. Ma, cos facendo, si trascura il fatto
che un potente impulso verso quel che si defnisce in questo modo risiede proprio in
ci che qui indicato : nella spinta verso ci che semplice, immediato, comprensibile
anche alluomo comune, in contrapposizione a quel che frutto di teologizzazione, di
apprendimento e di sottigliezze da esperti.
a
Il libro da cui prese le mosse il movimento
deistico ne la pi eloquente dimostrazione: Reasonableness of Christianity [Ragionevo-
lezza del cristianesimo, London 1695] di Locke. Qui il momento della intellettualizza-
zione della religione non ha alcun ruolo. Reasonableness signifca qui conformit alla
ragione non in un senso teoretico, ma totalmente pratico, come il nostro ragionevole
(rsonabel). Non si tratta di contestare la soprarazionalit o la rivelazione, ma di
attestare un valore e un senso del cristianesimo che sia semplice, utilizzabile pratica-
mente, e che grazie alla sua utilit pratica sia chiaro e comprensibile per unintelligenza
semplice. Si attesta che esso qualcosa che noi cosiddetti laici possiamo utilizzare. E
la sua summa a plain intelligible proposition , sono articles for the labouring and illiter-
ate man [...] suited to vulgar capacities , e applicabili l, where the hand is used to the plough
and the spade.
4
Il libro nella pi evidente connessione con la contrapposizione del
cristianesimo laico inglese alle arti e alle tecniche dellerudizione e dei sistemi di scuola.
E la reasonableness del cristianesimo ci che schietto, semplice, universalmente
accessibile, utile e comprensibile. Gi in Hobbes, e anche in Spinoza, questo tratto
chiaro e attivo nella loro polemica. Ma nel deismo persiste. Anche in Voltaire riveste
un suo ruolo. In Lessing evidente e si presenta con forza religioso-edifcante. Rousse-
au e Kant sono strettamente connessi a questo contesto. La prima parte della Grundle-
gung zur Metaphysik der Sitten di Kant (Passagio dalla comune conoscenza morale razionale
a quella flosofca) lesempio sempre classico per la convinzione che le pi elevate arti
flosofche non creano propriamente nuovi valori o vedute sublimi, ma possono sol-
tanto esibire quelli che risiedono nello spirito umano e sono efcaci anche nell uomo
comune . Anche i tentativi flosofco-religiosi di Kant, per quanto artifciosi siano, sono
4
J. Locke, The Reasonableness of Christianity, London 1695, ora in Id., Writings on Religion, ed. by V.
Nuovo, Oxford, Clarendon, 2002, p. 209.
a
Che anche sotto questo proflo lilluminismo prosegua il tratto e lo spirito che vive in Lutero, del
tutto evidente. Sin dai giorni delle prime glosse ai Salmi, Lutero cerca la breve summa, il verbum consum-
matum ac breve che pone fne agli ambagi delle molte arti . Mettere in rapporto di contrapposizione e
reciproca esclusione illuminismo e riforma signifca contraddire la storia. Su come anche lo spirito della de-
vozione proprio della generazione dellilluminismo si trovi in strettissima connessione con il luteranesimo
e con ci che vi di pi proprio nella devozione luterana; su come ne derivi e come formi con questultima
una tipica contrapposizione alla tonalit della devozione specifcamente cattolica ; su come, dunque, lil-
luminismo si radichi nel luteranesimo proprio secondo la tonalit emotiva, e, in connessione con ci, sul
modo in cui lintera concezione dellilluminismo relativa al rapporto del soprannaturale al naturale abbia
il suo chiaro punto di partenza in Lutero, cfr. il mio saggio Darwinismus und Religion ( Abhandlungen der
Friesschen Schule , nuova serie, i, 1909, e tiratura a parte).
b
Che curiosa immagine di questi materialisti o atei continua a circolare! La stessa spinta verso ci
che semplice, che corrisponde alluomo comune, si mostra nella religione, non senza efcacia, in B.
Spinoza, Theol.-pol. Trakt. [Tractatus theologico-politicus, Amsterdam 1670], cap. xiii ; cfr. il titolo: Dove si
mostra che le dottrine bibliche sono molto semplici. Spinoza si indirizza qui contro coloro che hanno introdotto
nella religione cos tante speculazioni flosofche, che la Chiesa divenuta unaccademia e la religione una
scienza, mentre la Scrittura contiene solo le cose pi semplici, quelle che anche un semplice potrebbe com-
prendere. La vera conoscenza di Dio non un comandamento divino, ma un dono divino. E Dio non ha
preteso dagli uomini altra conoscenza che quella della sua giustizia e del suo amore, una conoscenza che
non necessaria per la scienza, ma soltanto per lobbedienza.
la filosofia della religione kantiano-friesiana 85
tutti in difesa di una religione dei laici, e della sua convinzione, che sia la pi semplice
possibile. Lintero tentativo kantiano mira ad assicurare alle convinzioni religiose la
loro immediatezza di fronte alle arti della della speculazione e agli ambagi dellerudi-
zione. Anche qui Kant, esattamente come Locke, avvocato delluomo comune.
Fries si riconnette immediatamente a ci col suo lavoro, che, in rigorosa diferenza
dalle teosofe dei suoi compagni flosofci, non intraprende altro che la fondazione della
convinzione gi data con il primo e semplice sentimento religioso.
3. Ora, proprio in questo contesto e nei tentativi di individuare un verbum consumma-
tum ac breve , una breve summa , ci si era indirizzati a brevi e chiare autoassicurazioni
della convinzione religiosa e queste, conformemente al pregiudizio dellepoca, erano
state cercate in dimostrazioni che si ritenevano universalmente e semplicemente
evidenti. Si era sviluppata una nuova, dotta scolastica delle dimostrazioni cui la reli-
gione si sarebbe dovuta subordinare. per solo la prosecuzione del medesimo tratto
succitato il fatto che ora limmediatezza del religioso si rivolge contro il razionalismo
in genere, ossia contro la tecnica delle dimostrazioni, contro quella specie della vita
dello spirito in generale, e della religione in particolare, che erudita e mediata, deri-
vata e rifessa, e cerca fonti e accessi completamente propri, nuovi e diretti. Quel che
era liniziativa personale del laico diviene ora proclama dei diritti del sentimento
nei confronti della rifessione. E Rousseau, Herder, Jacobi ne sono gli annunciatori. La
specifcit della flosofa friesiana quella di intervenire in questo contesto con lintento
di portare a chiarezza su s ci che qui un impulso oscuro, di valutarlo nella chiarezza
flosofca, nel diritto e nei limiti della rifessione invece che in annunci profetici, di atte-
starlo, di contro al razionalismo, nel sentimento di una conoscenza viva e immediata.
4. Il quarto punto strettissimamente connesso ai punti 2 e 3 e vi si accompagna
sempre. Nella grande resa dei conti, che si attu nella Riforma, tra il fanatismo e il
mezzo della grazia ecclesiastico, Lutero aveva legato tra loro lo spirito e la parola,
5

Dio e il mezzo. Lesito e il senso di ci fu che la normale, anzi lunica relazione del
devoto alloggetto religioso consisteva nella fede, cio nella fduciosa convinzione
di costui, e nei sentimenti e negli impulsi interni che tale fduciosa convinzione pro-
duce e attraverso cui essa ravviva lanimo e la volont. E qui lintero mysterium
Christianismi, la parola e la fede .
6
Questa dottrina era divenuta normativa nella te-
ologia. La conseguenza fu che la mistica, ossia lassunzione o la facolt di vivere
autonomamente unesperienza delloggetto religioso, venne esclusa. Quel che viene
defnito intellettualismo della teologia dellilluminismo non infatti nientaltro che
il conseguente efetto di ci, unito al fatto che questo tipo di rappresentazione degra-
da il livello originario della sua coscienza del peccato e del perdono a qualcosa di pi
generico. Del tutto corrispondente alla dottrina verbum-fdes il fatto che nella teologia
dellilluminismo relativa a Dio e alloggetto religioso in genere vi sia la quintessenza di
certe verit che rendono luomo felice, lo tranquillizzano e lo raforzano. Assumere
fduciosamente queste verit con questo scopo : ecco la religione.
c
Come l il vissuto
5
Cfr. AHG, p. 56.
6
Luthers Werke, Weimarer Ausgabe, 9, p. 624. Cfr. AHG, p. 63.
c
Dire, come fa Schleiermacher nelle Reden, che per lilluminismo la religione stata metafsica e mo-
rale molto vago. Per lilluminismo la religione era senzaltro anche lefetto della sua fede sullanimo e
sulla volont. Questo pienamente riformato, anche se nel senso di quell abbassamento. Essa ci ofre
una piena fducia nella bont del nostro Signore e Creatore, una fducia che produce una vera quiete dello
capitolo secondo 86
proprio e immediato delloggetto religioso entusiasmo e esaltazione, cos qui
fanatismo ed esagerazione.
Ci che nella concezione di ambo le parti era pienamente giustifcato risiedeva nel
fatto che senza Credo non c religione e che il contenuto del Credo, che determina lani-
mo e la volont, e il suo efetto, che ne libera, ne porta e ne rinnova la vita, la base
e il tratto specifco di una particolare religione. Lelemento unilaterale era la chiusura
ermetica del vissuto immediato, che in tal modo si ottiene, nei confronti dello stesso
oggetto religioso, in piena contraddizione con lesperienza e il messaggio dellintera
storia della religione. E mentre prima la contraddizione con la dottrina chiesastica si
manteneva nei moti danimo mistici, lepoca dellilluminismo porta il contraccolpo
contro questo intellettualismo teologico e flosofco nella sensibilit e nel pietismo.
La convinzione del pietismo nel sentimento puoi ben rivelarti
7
e il cuore sensibi-
le che viene toccato dal mondo attraverso i contenuti danimo, vanno di pari passo e
sono espressioni di unepoca divenuta pi soggettiva e pi delicata, e anche pi tenera.
Ci che qui si prepara in parallelo, si incontra e si interseca variamente in Rousseau,
Lavater, Hamann, Herder e altri. In Goethe diviene conoscenza e grandiosa esperienza
vissuta della natura:
Il mondo degli spiriti non chiuso : i tuoi sensi sono chiusi, il tuo cuore morto ! Su, discepolo,
immergi con coraggio il petto mortale nellaurora.
8
In Herder diviene esperienza vissuta di Dio nella natura. Nel romanticismo erompe
tumultuosamente. Dappertutto resta nella non chiarezza su di s, oscillando tra mistica
e spazio poetico. Ma lanziano Kant, nella terza critica, si arrischia ad ottenere solidit
flosofca per questa materia oscillante. Su ci Schiller fonda la sua estetica e Fries pren-
de in carico da entrambi questo lavoro nella sua dottrina del presentimento.
5. Infne: gi nella teologia di Lutero si attua quella signifcativa rottura con la rap-
presentazione ingenua del rapporto tra il mondo soprannaturale e quello dei sensi,
dellesperienza, della scienza della natura. Questa prima rappresentazione pone inge-
nuamente Dio, eternit, aldil, mondo soprasensibile, come una parte di questo stesso
mondo, solo invisibile. Da qui scaturisce, fno ad oggi, ogni genere di pericolo per la va-
lidit della convinzione religiosa. Nel crescere della comprensione del mondo, infatti, il
mondo visibile cresce, conquista spazio dopo spazio, diviene sempre pi autosufciente,
fnch linvisibile deve rifugiarsi nelle crepe e nelle giunture del naturale. Gi in Lutero,
7
Verso tratto dallinno di C. Gregor (1723-1801), Ach mein Herr Jesu, dein Nahesein. La strofa completa
recita: Il volto tuo benigno, di benevolenza e grazia colmo/ noi non vediamo in carne e ossa/ ma lanima
nostra lo sa/ nel sentimento puoi ben rivelarti, anche senza esser visto.
8
J. W. Goethe, Faust, i, vv. 443-446.
spirito, ma non come negli stoici, che pazientano forzatamente, ma in virt di una soddisfazione presente
che ci assicura anche una futura felicit, G. W. Leibniz, Die in der Vernunft begrndeten Prinzipien der Natur
und der Gnade, in Kleinere philosophischen Schriften, Reclam, cit., p. 149. Tra laltro ci ben noto allo stesso
Schleiermacher. Cfr. il bel riconoscimento che (a p. 49 della prima edizione) tributa a quei libri modesti,
che erano correnti qualche tempo fa nella nostra modesta patria e che trattavano, sotto un titolo povero,
cose importanti . Intende i settimanali morali e gli scritti religioso-popolari dellilluminismo tedesco che
andavano in quello spirito. Essi annunciano tuttavia soltanto metafsica e morale e alla fne tornano vo-
lentieri a ci che hanno annunciato. Ma tocca a voi togliere questa scorza . Ha completamente ragione :
dietro la metafsica ingenua e inadeguata delle dimostrazioni fsico-teologiche di questi scritti modesti
si cela il potente sentimento religioso naturale, che tenta di intendersi con se stesso con mezzi impacciati.
Schleiermacher concorda qui interamente con Fries; Kritik, ii, p. 284.
la filosofia della religione kantiano-friesiana 87
per, si prepara la visione che viene poi per lungo tempo portata avanti dalla teologia
dellilluminismo e che forma la prima contrapposizione possibile alla rappresentazione
ingenua, divenendo il primo stadio di una soluzione migliore e pi sicura. Non soltan-
to Lutero lega lo spirito alla Parola, ma , in generale, una delle sue rappresentazioni
preferite quella per cui Dio opera attraverso il mezzo, per cui, cio, lintero sistema
delle cause seconde non altro che la forma, per dir cos, dello stesso operare divino
onnipotente, e che si deve cercare loperare di Dio proprio nelle cause strumentali.
d

Questa intuizione riassunta nel modo pi energico in quei gof tentativi flosofci nel
De servo arbitrio, dove egli identifca spiritus e omnipotentia Dei con la causalit natura-
le. Proprio cos procede innanzitutto la teologia dellilluminismo, per arrivare ad un
equilibrio tra la fede in Dio e la nuova comprensione del mondo conforme alle leggi
di natura, dopo che con la scomparsa dellantica concezione aristotelica della natura,
semi-soprannaturale, e dellantica concezione tolemaica del mondo, la necessit di un
equilibrio era molto pi avvertita. (Con ci si mostra di nuovo lampia base comune
nella visione del mondo dellilluminismo nonostante la separazione delle scuole e delle
regioni.) Muovendo dalla medesima esigenza, essenzialmente apologetica, troviamo la
convinzione che lessere naturale e laccadere sotto la legge di natura non nientaltro
che loperare divino stesso ; convinzione del tutto omogenea tra uomini che per il resto
si combattono e ritengono di essere su posizioni incompatibili. Questa convinzione che
la natura stessa non sia altro che la forma dellonnipotenza divina non si trova afatto
solo tra i panenteisti della scuola cartesiana, Geulincx e Malebranche : si trova gi in
modo del tutto puro ed esplicito in Hobbes. (Cfr. la prima proposizione del suo Levia-
than : Naturam, id est illam, qua mundum Deus condidit et gubernat, divinam artem...) Altret-
tanto chiaramente in Spinoza nel suo Tractatus theologico-politicus. I suoi giudizi sulle
cause seconde, sul governare di Dio mediante le cause strumentali, sullonnipotenza
di Dio nella forma della natura, non vanno in nulla al di l del De servo arbitrio.
e
Anche
la tendenza originariamente religiosa, in fondo apologetica, di questa rappresentazione
nel Tractatus ancora molto chiara, ed in pari tempo chiaro che quella costruzione
singolare e rigida che Spinoza ne trae nellEtica (e dal modo sorprendente in cui lo fa i
teologi possono ancora trarre gusto) ha qui una delle sue radici principali. Il pensiero
si ritrova completamente immutato ed identico in Leibniz, che lo elabora nella sua di-
scussione con Clarke e Newton : e la sua dottrina della creatio continua ne lespressione
conseguente. Sulla linea che parte da Hobbes e passa per Locke lo troviamo in Berkeley
sviluppato in quellacosmismo, al quale avrebbe dovuto approdare, per arenarsi, gi
lequiparazione di omnipotentia e causalit naturale ad opera di Lutero. Nella flosofa
popolare dellilluminismo questo pensiero recede, ma di nuovo sommamente vivo,
sotto linfusso di Spinoza e Leibniz, in Goethe e soprattutto in Herder, nei suoi collo-
d
Per lui lo stesso spirito propriamente non altro che lefcacia psicologica naturale della Pa-
rola . Cfr. AHG. Sulla signifcativa infuenza successiva di questi pensieri per la rappresentazione del rap-
porto del soprannaturale al naturale in generale, cfr. il mio saggio Darwinismus und Religion, citato a p. 84
in nota.
e
B. Spinoza, Theol.-pol. Traktat, Cap. vi : Essi (i sostenitori della concezione ingenua) si rappresenta-
no due potenze tra loro separate, quella di Dio e quella delle cose naturali [...]. Essi non sanno per cosa
intendono per luna e per laltra, per Dio e per natura, ma si rappresentano la potenza di Dio come una
specie di signoria di una qualche maest regale, e la natura come una forza o un impulso [...] Per questo la
maggioranza non si meraviglia pi della potenza di Dio, come quando pensa la potenza della natura per dir
cos costretta da Dio. Lintero capitolo funge da confutazione di questa prima intuizione.
capitolo secondo 88
qui su Spinoza cos come nella sua Introduzione alle Ideen zur Philosophie der Geschichte
der Menschheit [Idee per una flosofa della storia dellumanit, Riga Leipzig 1784-1791].
Questo tentativo di superamento di quel primo dualismo ingenuo esso stesso
ancora ingenuo e forzato, e propriamente, come si pu vedere in Lutero e in molti
passi del Tractatus di Spinoza, non altro che lenunciazione del semplice giudizio re-
ligioso, che pone senzaltro anche nel decorso naturale lazione e il governo divini :
enunciazione che qui viene solo dogmaticamente ripetuta senza che la ricerca e la solu-
zione del problema che vi risiede sia stata realmente tentata. Molto presto, per, questa
considerazione si approfondisce e da essa gradualmente cresce ci che poi si compie
nell idealismo trascendente
9
. Luno spinge verso laltro e tra il De servo arbitrio
f
di Lu-
tero e la grande dottrina di Kant vi una catena evolutiva continua. Invece della sem-
plice equiparazione comincia a farsi strada la convinzione che la natura, laccadere e la
legalit di natura, siano soltanto un fenomeno e unimmagine inadeguati, condizionati
da un modo limitato dintendere, delle vere cose e del vero mondo, che libero dalla
legge di natura, da matematica e meccanica, un mondo dello spirito, degli spiriti, un
Regno della grazia, un mondo di Dio. La grande e liberante dottrina dellidealismo
trascendentale si prepara. I motivi sono espressamente religiosi. Concorre a ci e agi-
sce da diversi lati (Bacone, Hobbes) la comprensione della natura contraddittoria dello
spazio, dellinfnito e del continuo, della divisibilit infnita e dellestensione illimitata.
Questo presente espressamente e nel modo pi chiaro in Leibniz (e contemporane-
amente mal bilanciato con la sua dottrina dellarmonia prestabilita e della creatio con-
tinua, che era originariamente modellata su questo mondo nello spazio e nel tempo e
sotto leggi di natura). Kant anche qui colui che prosegue e compie lilluminismo. Me-
diante la sua dottrina delle antinomie, che sorta dal secondo momento, ofre a quella
prima, grandiosa e radicale contrapposizione delleterno e del temporale, dellinfnito
e del fnito, la sua salda posizione flosofca e introduce quale salda dottrina flosofca
lidealismo trascendentale che, scaturito dal sentimento della verit, sino ad allora era
stato presente soltanto in forma fantastica e come ipotesi dogmatica. Nellassunzione
e nella rielaborazione della medesima dottrina Fries ottiene lelemento caratteristico e
il contenuto proprio della sua flosofa della religione, in quanto contrappone il mondo
della fede a quello del sapere, attesta la fede quale forma di una conoscenza superiore,
che si fonda in modo sicuro nello spirito razionale e contro la quale il sapere si supera
in quanto valido soltanto per il fenomeno, e cerca la facolt di cogliere il mondo eterno
della fede nel mondo del fenomeno. Se i suoi tentativi hanno successo, allora risolto
il problema pi grande che fu posto alla teologia dellilluminismo dalla nuova scienza
della legalit naturale, ed giunto al termine il movimento di pensiero nel cui contesto
qui interviene Fries.
9
Sc. : trascendentale, come risulta evidente dal prosieguo.
f
Si pu vedere come questo scritto agisca nellilluminismo nella disputa di Hobbes con il vescovo
Bramhall (The questions conserning liberty, necessity and chance, [1656]).
Capitolo terzo
LA CONOSCENZA DELLA NATURA
1. Procedimento. 2. Fondazione della conoscenza naturale sulla ragione pura. 3. Il metodo
critico contro quello scettico e quello dogmatico. 4. Attuazione dei principi fondamentali della
conoscenza naturale. 5. Filo conduttore per il rinvenimento delle categorie. 6 Le categorie.
7. Validit oggettiva delle categorie. 8. La schematizzazione e restrizione della conoscenza
categoriale da parte dellintuizione del tempo d i principi fondamentali.
1.
Q
ui possibile ofrire solo uno schizzo di tutto il faticoso lavoro di Fries. Il che
difcile perch nella sua ricerca tutto gi molto conciso e, in realt, ogni
parte esige laltra. Si deve quindi tentare di parlare il pi possibile in un modo
universalmente comprensibile e di tradurre la terminologia assai accurata, ma per noi
inconsueta, in una pi corrente. Restituire singolarmente tutte le sue fni e difcili ricer-
che impossibile. N seguiamo esattamente il percorso rigorosamente metodico della
sua opera principale, ma tentiamo di aprirci i nostri accessi al suo pensiero, cos come
sembra che ci si ofrano nel modo pi agevole per una prima conoscenza. Non si tratta
di un surrogato della sua opera, ma di un rimando e di una preparazione ad essa.
Il primo intento del lavoro flosofco-critico di Fries , come nello stesso Kant, rivol-
to alla flosofa della natura, rivolto cio ad ottenere quei principi e quelle conoscenze
metafsiche attraverso cui sono possibili la matematica e la scienza della natura (tra
cui annovera anche la psicologia) e quindi lintero mondo del sapere in genere. Solo
a partire da qui il suo lavoro procede verso la dottrina delle idee e il mondo della
fede. Propriamente ci riguarda soltanto questo secondo intento. Ma di quel primo
bisogna premettere quanto necessario alla comprensione del secondo.
2. La flosofa critica non fa che compiere ci che la scienza dellilluminismo ha ini-
ziato, risolvendo il grande problema che questultima aveva posto in modo sempre
pi pressante. Essa ofre la giustifcazione ultima per la scienza e per limmagine del
mondo di Galilei e Newton. La nuova scienza si era imposta con lassicurazione e la
pretesa di porre una conoscenza rigorosamente causale al posto di rappresentazioni
semi-animistiche, una conoscenza universale e necessaria al posto di opinioni oscillan-
ti. Con ci era essa stessa ancora ingenua e deviata dogmaticamente. Il suo lavoro
si basava su e procedeva secondo certi supremi principi e proposizioni fondamentali,
quelli che Newton aveva raccolto nelle Leges della sua flosofa della natura,
1
ed era
sufcientemente sicura e inattaccabile sotto il presupposto della loro validit. I principi
fondamentali erano stati anche individuati e presentati correttamente, ma la loro va-
lidit era stata assunta senza un esame. Il lavoro concettuale doveva contribuire da s
ad assicurarsi del proprio diritto. Questo lavoro doveva fallire fnch fosse stato intra-
preso solo secondo i due metodi principali dellepoca : quello dellesperienza e quello
della dimostrazione. Una legge come quella di sostanza o di causalit non pu essere
ottenuta dallesperienza: esperienza, osservazione scientifca, esperimento poggiano
1
Cfr. gli Axiomata, sive leges motus nei Philosophiae naturalis principia mathematica, Londini 1687.
capitolo terzo 90
essi stessi sulla legge causale ed hanno senso solo sotto il presupposto di quella. Ma da s
non ofrono mai una lege, ossia una regola universale e necessaria. E il procedimento
dimostrativo non poteva ofrire alcun risultato, perch i principi fondamentali sono ap-
punto quelli che sono e debbono essere indimostrabili. Lo scetticismo di Hume scopr
il problema che era al fondo dellintera nuova scienza, ma che, anche senza Hume, si
sarebbe necessariamente presentato a suo tempo.
a
3. La soluzione del problema si trova nella critica della ragione e nella scoperta e
nellattestazione, che avviene attraverso tale critica, di una conoscenza originaria della
ragione, che questa possiede in modo oscuro, indipendente da ogni esperienza, ossia
a priori, solo da s, in quanto ragione pura; e nellattestazione del fatto che quei
principi fondamentali della scienza della natura, quella scienza pura della natura, si
fondano realmente su di essa.
b
Tutta la nuova scienza poggiava per sulla matematica. Questultima era la regina
delle scienze e la sua validit era cos sicura che di contro ad essa ammutoliva anche la
scepsi di Hume. Ammutoliva per la ragione che si credeva che essa sottostesse com-
pletamente alla dimostrazione, ossia che anche i suoi principi fondamentali si otte-
nessero secondo le leggi puramente logiche dellidentit e della contraddizione, che i
suoi giudizi fossero analitici.
c
Qui solo e proprio lo stesso Kant a rompere il sonno
dogmatico . Egli supera il carattere logico dei giudizi matematici fondamentali, mostra
che anche questi sono sintetici e che il carattere della conoscenza matematica non di
natura logica, ma intuitiva.
d
Come l si aveva la domanda : come possibile una pura
scienza della natura?, cos ora si ha anche qui: come possibile la matematica?. La
risposta, anche qui, analoga: attestazione critica del fondamento, immediato e indi-
pendente dallesperienza, della conoscenza della matematica nello spirito stesso.
Con ci signifcativo che questo tipo di flosofa non derivi da un capriccio carte-
siano o dallidea ossessiva di dubitare di tutto , ma dalla fducia che abbiamo cono-
scenze, soprattutto nelle scienze, che procedono cos bene e cos imperturbabili, come
la matematica e la fsica, nonostante tutti gli attacchi scettici. Il compito della flosofa
non convincere a tutti i costi lo scettico trascinandolo per i capelli, ma portare per-
sone preparate, che vivono in una naturale e sana fducia della ragione nei confronti
di se stessa, a rifettere e ad accordarsi sugli elementi della loro propria conoscenza. La
flosofa muove da conoscenze efettive e date, esamina ci che in esse dato quanto a
presupposti, e se e come esse si fondino sullo spirito razionale. Che e come questulti-
ma cosa le riesca la giustifcazione defnitiva di quel punto di partenza. Qui risiede la
diferenza del metodo critico tanto rispetto alla scepsi, quanto, in pari tempo, rispetto
ad ogni dogmatica. Non vengono raccolti e posti allinizio dei principi per poi sviluppa-
re progressivamente da questi un edifcio della conoscenza. N vengono tentate ipotesi
e speculazioni ipotetiche per portare allunit di un edifcio concettuale certe opinioni
o dati mediante fantasia speculativa. La considerazione analizzante procede invece re-
gressivamente dalle conoscenze date, ne cerca i presupposti, separa secondo le diverse
fonti della conoscenza e rintraccia cos infne quali conoscenze fondamentali la ragione
a
I. Kant, Kritik der reinen Vernunft, B 1-30: Introduzione [tr. it., pp. 33-50].
b
Ivi, Introduzione, B i. Della diferenza tra conoscenza pura ed empirica [tr. it., p. 33]. ii. Noi siamo in possesso
di certe conoscenze a priori e n anche il senso comune ne mai privo [tr. it., p. 35].
c
Ivi, B iv. Della diferenza tra giudizi analitici e sintetici [tr. it., p. 39].
d
Ivi, B v. In tutte le scienze teoretiche della ragione sono compresi, come principi, giudizi sintetici a priori. Dimo-
strazione per matematica, fsica, metafsica [tr. it., p. 42].
la filosofia della religione kantiano-friesiana 91
efettivamente abbia e quale flosofa per lei possibile.
e
Il metodo flosofco-critico si
distingue nel modo pi deciso da quello geometrico, secondo il quale avrebbe volen-
tieri flosofato il razionalismo (cfr. Spinoza, Ethica more geometrico demonstrata), per il
fatto che esso non inanella dimostrazioni luna dopo laltra, ma opera unanalisi della
conoscenza e, mediante ci, una selezione della conoscenza originaria, puramente ra-
zionale.
4. Lattestazione critica del fatto che possediamo un intuizione pura , mediante cui
la ragione conosce intuitivamente, a priori, indipendentemente da ogni esperienza, e
dunque in modo universale e necessario, le determinazioni fondamentali dello spa-
zio e del tempo, risolve la prima questione : Come possibile la matematica ?.
f
Lat-
testazione del fatto che anche la conoscenza matematica di natura sintetica, che
dunque qui c, in ogni caso, un a priori , un principio della conoscenza indipendente
dallesperienza, aveva da s ridotto al silenzio il pregiudizio empiristico e razionalistico
per cui esperienza e logica (la dimostrazione) sono gli unici principi della conoscenza, e
aveva aperto la strada per rispondere alla domanda: come possibile una scienza pura
della natura ?. Ancor pi in profondit della conoscenza matematica per intuizione
pura vi nel nostro spirito unaltra oscura conoscenza originaria puramente raziona-
le. Essa ci si fa chiara e ne diveniamo consapevoli in certi concetti, le categorie, che
sorgono in essa, e nelle quali la ragione conosce in modo completamente puro e a prio-
ri, dunque universale e necessario, le prime e pi universali determinazioni di ogni ente
esperibile in generale. In quanto la conoscenza delle cose, che abbiamo mediante le
loro categorie, si connette con quellapprensione che otteniamo nellintuizione pura di
queste (in quanto la conoscenza categoriale si schematizza spazio-temporalmente) si
ha la possibilit della scienza pura della natura , ossia la prima e suprema conoscenza
fondamentale della natura e dellesistenza naturale, che espressa in quelle universalis-
sime leggi di natura (legge di sostanza, di causalit, ecc.). Essa si d come conoscenza
inattaccabile, universale e necessaria per ogni ragione umana in generale e, a parti-
re da essa, la scienza che poggia su quelle leggi guadagna il suo carattere apodittico,
incontrovertibile.
g
5. Che a Kant, dopo la scoperta dellintuizione pura, sia riuscito anche di trovare il
flo conduttore secondo cui potessero essere scoperte con sicurezza tutte le categorie
nella ragione e potessero essere determinate nel loro luogo, stata in efetti, nonostan-
te lo scherno di Schopenhauer, la cosa pi difcile e signifcativa in tutta la flosofa fno
ad oggi. Una volta fatta, la scoperta, come tutte le scoperte, appare molto semplice e
paragonabile alluovo di Colombo. Ogni conoscenza scientifca viene espressa in giudi-
zi. Ogni materia del giudizio proviene dallintuizione e non dalla ragione. Se, dunque,
deve esserci un elemento proprio, aggiunto alla percezione dalla pura ragione, allora
deve mostrarsi nella forma del giudizio. E le diverse forme possibili di giudizio divengo-
no cos flo conduttore per il reperimento dei diversi supplementi di pura ragione. Kant
individua cos con sicurezza le 12 categorie e stabilisce il fatto del loro esser presenti.
h

e
Ivi, B 1, secondo capoverso [tr. it., p. 34].
f
Contenuto dellestetica trascendentale. (Dello spazio. Del tempo). Ivi, B 33-73 [tr. it., pp. 53-75].
g
Contenuto della prima parte della logica trascendentale , ossia dellanalitica trascendentale. Ivi, B 74
e ss. [tr. it., pp. 77 e ss.].
h
Contenuto del primo libro dellanalitica trascendentale, ossia dellanalitica dei concetti (dei puri concet-
ti originari, cio delle categorie). Ivi, B 90-169 [tr. it., pp. 87-130]. Cfr. B 91: Del flo conduttore per la scoperta di
tutti i contetti puri dellintelletto [tr. it., p. 88].
capitolo terzo 92
Ma dopo questa quaestio facti si solleva la quaestio iuris, ossia la questione del fondamen-
to di validit di queste categorie. A questa risponde solo Fries. Il quale attesta il fatto
che tutti i concetti puri di natura sono soltanto le forme pi disparate della rappresenta-
zione fondamentale che lo spirito razionale ha dellunit e della necessit universale, o,
detto altrimenti, che essi sono determinazioni singolari e peculiari di quella conoscenza
fondamentale della necessit e unit di ogni ente in generale, che posta al fondo di
ogni ragione come ci che vi di pi immediato e profondo. Questa deduzione delle
categorie laspetto pi peculiare di Fries in questambito. Essa soltanto d allintera,
grandiosa dottrina il sostegno necessario e sostituisce lo sforzo infruttuoso e contrad-
dittorio di Kant di sostenerla per mezzo di dimostrazioni trascendentali.
i
6. Quel che delle cose conosciamo sotto le categorie sommamente banale e uni-
versale. Ci che conosciamo a priori e vediamo da noi stessi, senza aver bisogno in
aggiunta dellesperienza, non quante cose debbano esserci, n che in generale ce ne
sono alcune tutto questo possiamo saperlo soltanto dallesperienza: potrebbe anche
non esserci nulla , ma che se qualcosa c, allora deve essere sotto la legge della quan-
tit, ossia che qualcosa pu essere in quanto uno o nella molteplicit e che la quantit
si compone nella totalit dei singoli elementi. Conosciamo inoltre a priori non il modo
in cui tutto, o qualcosa di singolare, costituito non possiamo conoscere un singo-
lo carattere indipendentemente dallesperienza , ma che se qualcosa c, allora deve
esser costituito in qualche modo. Che tutto ci che possa mai darsi debba essere in
qualche modo , del tutto ovvio. Altrimenti non nulla: questo lo vede anche
un bambino. Infatti, ma questa convinzione in pari tempo del tutto indipendente
dallesperienza, anzi in ogni esperienza essa presupposta. Tutto sottost alla legge di
qualit. Tutto ha una qualche realt (nelluso linguistico dellepoca, non come si
intende da noi talvolta quale equivalente di esserci, efettualit, esistenza; il reale
designa che cosa qualcosa : p. e. blu, dolce, chiaro, malato). Si tratta delle categorie
della qualit (realt, negazione e limitazione).
Molto pi ricche di contenuto di queste prime sei categorie sono le seguenti tre,
quelle della relazione. Sono quelle che propriamente hanno un contenuto, le ca-
tegorie metafsiche, che ci istruiscono ontologicamente, che ofrono informazione
e certezza sui rapporti fondamentali nellessere delle cose. Sul flo conduttore delle
forme di giudizio categorico, ipotetico e divisivo si scopre qui innanzitutto la categoria
della sostanza e inerenza, ossia la circostanza per cui ci che propriamente essente
pensabile soltanto come cosa con qualit. Tutte e tre le categorie di relazione non sono
altro che le tre forme, le tre dimensioni , per dir cos, della rappresentazione fonda-
mentale che la nostra ragione ha della regolare unit e del collegamento nellessenza
del mondo e dellente o, detto soggettivamente, nella molteplicit delle nostre perce-
zioni. In queste ci dato soltanto ci che defniamo qualit delle cose, non anche una
cosa in aggiunta. Ma in e dietro le percezioni pensiamo necessariamente delle cose
come portatori e fondamento di queste qualit in questo collegamento. (Si prenda
come esempio loro. Qui abbiamo le percezioni di una certa durezza, pesantezza, com-
posizione chimica, di un certo elettromagnetismo. Ma per noi questo gi oro? Niente
afatto. Questa sarebbe soltanto una rapsodia di percezioni . E la nostra rappresenta-
zione oro deriva soltanto dal fatto che essa include anche la rappresentazione cosa,
la rappresentazione di un fondamento e di un portatore unitario di queste qualit che
i
Tavola delle forme possibili di giudizio : ivi, B 95 [tr. it., p. 90]. Tavola delle categorie corrispondenti :
ivi, B 106 [tr. it., p. 96].
la filosofia della religione kantiano-friesiana 93
contemporaneamente la lege del peculiare e insuperabile uno-accanto-allaltro.) Hume
attaccava le cose sottolineando il fatto che non abbiamo n esperienza delle cose, n
potremmo dimostrarne lesistenza. E in efetti non abbiamo quella, n possiamo dimo-
strare questa. Ma anche lo scettico vede che lessere possibile soltanto come essere
di cose con qualit.
Unit e connessione sottostanti alle percezioni si producevano, dunque, nella sus-
sistenza e inerenza. Lunit e la connessione sottostanti alla molteplicit delle cose si
producono mediante causa ed efetto (causalit e dipendenza) e nella comunanza delle
cose mediante azione reciproca: entrambe, di nuovo, categorie, concetti e conoscen-
ze sullessere delle cose del tutto a priori. (Hume mostra in modo convincente che esse
non sono conformi ad esperienza, n dimostrabili. Poich non conosce la conoscen-
za immediata, gli resta soltanto la via duscita scettica di rifutarle. Hume spiega il fatto,
psicologicamente inconfutabile, che per ciascuno possiede il concetto di causalit e lo
applica continuamente non soltanto la scienza, ma nemmeno la vita quotidiana sa-
rebbero possibili senza di esso con lattesa, per abitudine, di un caso simile secondo
la legge dellassociazione di idee .
2
Ma gi la stessa abitudine possibile soltanto se vale
la causalit. Essa stessa un efetto psichico della ripetizione. E nellassociazione di idee
non data lattesa di un caso simile, ma soltanto il ricordo.)
Infne : nel momento della modalit si hanno le tre ultime categorie del possibile,
efettivo e necessario.
7. Le categorie sono concetti puri a priori. Come tali sono conoscenze. In esse co-
gliamo puramente da noi stessi, dalla ragione pura, e del tutto indipendentemente
dallesperienza, ci che in generale determinazione fondamentale di ogni essere.
Sappiamo preliminarmente che ogni ente deve corrispondere ad esse. In questo senso
prescriviamo allessere delle leggi.
In Kant questultima proposizione ottiene un senso singolare, dal quale sono sor-
ti la speculazione sullio e lacosmismo della flosofa fchtiana, e gli inizi di quella
schellinghiana.
l
Kant ne deduce che poich questa conoscenza del tutto a priori, essa
pu valere soltanto per il mondo soggettivo del nostro rappresentare, ma non per un
mondo oggettivo, indipendente da noi, dellessere in s. Dallapriorit delle categorie
conclude alla loro idealit. Solo nelle percezioni sensibili deve annunciarcisi unefet-
tivit che indipendente da noi in quanto ci aftta. Ma le categorie devono essere
principi soggettivi formali attraverso cui confguriamo per noi unimmagine del mon-
do che perci non ha una pretesa alloggettivit. Gi nellestetica trascendentale aveva
concluso, nello stesso modo, allidealit dello spazio e del tempo. gi stato mostra-
to in che modo Fries corregga questi errori. La conclusione dallapriorit allidealit
non vale e poggia su un falso presupposto, quello per cui la causalit che loggetto eser-
cita su noi viene resa criterio della validit oggettiva. Anche nella percezione sensibile,
per, questo criterio pu essere applicato solo apparentemente: Kant, qui, deve confe-
rire realt a quella medesima categoria di causalit che dichiara ideale. E, soprattutto,
questa causalit nellafezione dobbiamo assumerla in seconda battuta (appunto perch
la legge apriorica di causalit oggettivamente valida), ma non possiamo richiamarci
ad essa per la verit della percezione sensibile visto che di lei non percepiamo proprio nulla
2
Cfr. D. Hume, A Treatise on Human Nature, 1739-1740, vol. i, Libro i, parte iii, sez. vi.
l
Cfr. gi ivi, B 148, 23 e il ma di ci meglio in seguito [tr. it., p. 120]. Cfr. in particolare B 294 e ss., il
paragrafo Del principio della distinzione di tutti gli ogetti in generale in fenomeni e noumeni [tr. it., p. 199].
capitolo terzo 94
e dunque non possiamo addurre la sua assenza o presenza come criterio di conoscen-
za. Che nella nostra percezione sensibile conosciamo efettivamente qualcosa, che cio
cogliamo un oggetto efettivamente essente e lo cogliamo in modo conforme al suo es-
sere, poggia unicamente sulla naturale fducia della ragione nei confronti di se stessa di
essere capace di verit e conoscenza ; fducia che nessuna scepsi pu scuotere. E questo
vale pi (e non meno) delle conoscenze a priori che non delle conoscenze per intuizio-
ne sensibile. Quelle verit ovvie, che vede ogni bambino, quelle prime leggi metaf-
siche valgono per la ragione in modo assoluto come leggi relative al mondo oggettivo
stesso. In quelle la ragione vede ci che efettivamente cos; e potrebbe abbandonare
questa convinzione soltanto se volesse abbandonare se stessa. Cos anche lidealit di
spazio e tempo non consegue afatto dallapriorit dellintuizione pura; tutto al con-
trario: da questultima deriva, in universalit e necessit, la loro realt empirica . Che
essi, in quanto spazio e tempo, non debbano valere come tali per la vera essenza delle
cose, deriva piuttosto da una circostanza totalmente diversa: dallantinomia cosmolo-
gica scoperta da Kant. Anche qui, lidealit non signifca che in generale spazio e tempo
non siano nulla, ma che sono un coglimento inadeguato, condizionato dai limiti della
ragione umana, del loro analogo superiore (di una molteplicit, distinzione ed esterio-
rit reciproca), la cui idea possiamo esprimere solo in doppia negazione.
8. Le categorie di per s non ofrono in alcun modo quei sommi principi fondamen-
tali della scienza della natura che cerchiamo. Ma questi scaturiscono immediatamente
dal fatto che ci che nelle categorie conosciamo dellessenza delle cose si accompagna
contemporaneamente al coglimento nello spazio e nel tempo.
m
Di fronte alla nostra
intuizione sensibile non abbiamo altro che la sintesi fgurale dei fenomeni nello spazio
e nel tempo. A questa si accompagna come sfondo la conoscenza categoriale, in modo
tale che solo cos abbiamo e comprendiamo il mondo, che ci circonda, dellaccadere
naturale.
n
Per esempio: nellintuizione sensibile abbiamo un certo complesso di per-
cezioni, spazialmente delimitato, delle quali le une perdurano attraverso il tempo, le
altre cambiano, passano e si presentano di nuovo. A questa datit puramente intuitiva
si accompagna la conoscenza della cosa con qualit. Conosco la cosa che perdura e
che, anche nel mutare dei suoi stati, resta uguale a se stessa : come la cosa acqua, che
perdura come acqua con lessenza chimica di H2O anche se passa dallo stato liquido a
quello ghiacciato o gassoso. In quanto il fenomeno intuitivo-temporale viene compre-
so mediante la categoria che gli si accompagna, in quanto la categoria si schematizza
temporalmente e contemporaneamente si restringe, nasce ogni volta un principio
fondamentale puro. Per esempio, nel nostro caso: ci che permane: , appunto, la so-
stanza. O : la sostanza ci che permane ; principio sommamente importante per la
scienza della natura, che lesperienza non pu ofrire, ma solo confermare. Si noti per:
il principio sintetico. Nella categoria per s, infatti, non si trova nulla del momento
del tutto temporale del permanere, della durata. Sostanza, puramente per s,
soltanto ci che identico con s in una molteplicit e diversit dei suoi stati comunque
pensata. Soltanto per il fatto che ogni essere ci dato solo nel tempo risulta che la mol-
teplicit degli stati deve essere un cambiamento temporale (ossia una successione
temporale) e che quellidentit con s deve essere un permanere temporale. Attraverso
m
Contenuto del secondo libro dellanalitica trascendentale: analitica dei principi (cio della fsica, della
conoscenza naturale). Ivi, B 169-315 [tr. it., pp. 131-213].
n
Cfr. ivi, B 176 e ss. : Dello schematismo dei concetti puri dellintelletto [tr. it., pp. 136 e ss.].
la filosofia della religione kantiano-friesiana 95
la riunione della conoscenza categoriale (per cui il soggetto dellessere sostanza con
accidenti) e dello schema temporale (del perdurante e del mutevole) si ottiene quel
principio fondamentale; e, del pari, la conoscenza del fatto che deve esserci nel tempo
qualcosa di assolutamente permanente (cosa che, di nuovo, non pu essere ottenuta
dallesperienza, se vero che un presupposto di ogni scienza della natura). Cos, in
generale e relativamente a tutte le categorie, si ottengono quelle leggi costituzionali
della conoscenza naturale, quella tavola dei principi metafsici che costituiscono la base
della scienza della natura.
0
o
Ivi, B 187 e ss: Sistema di tutti i principi dellintelletto puro [tr. it., pp. 142 e ss.]. E ivi, B 197 e ss. : Rappresen-
tazione sistematica di tutti i principi sintetici del medesimo [tr. it., pp. 147 e ss.]. Nei quattro gruppi : assiomi
dellintuizione, anticipazioni della percezione, analogie dellesperienza e postulati del pensiero empirico in
generale, essi vengono enumerati con sorprendente fnezza di distinzione e caratterizzazione. Contempo-
raneamente qui Kant compie lerroneo tentativo di una dimostrazione trascendentale di questi principi ;
dimostrazione di cui essi non sono passibili e, secondo la loro deduzione, nemmeno hanno bisogno.
Capitolo quarto
PASSAGGI ALLA CONOSCENZA IDEALE
1. La legalit naturale non si fonda sulla categoria, ma sulla categoria schematizzata. 2. Signi-
fcato della scoperta della pura conoscenza di ragione. 3. Passaggi allidea. 4. Limiti della
conoscenza. Facolt delle idee.
1.
K
ant aveva compiutamente elaborato questa dottrina dello schematismo tem-
porale delle categorie e della scienza pura della natura che ne deriva ; Fries
lha assunta senza cambiamenti, come un risultato ultimato e saldo. Sar certo suf-
fcientemente nota, ma se ne doveva parlare in modo pi dettagliato, perch qui vi
gi qualcosa di molto importante per l idea. Con i principi puri la scienza della
natura dellilluminismo era fondata defnitivamente e irrefutabilmente assicurata.
Questo per signifca contemporaneamente: predominio della scienza della natura,
matematizzazione, meccanizzazione, concatenamento in una causalit senza lacune e
asservimento allazione reciproca, estensione infnita nello spazio e nel tempo, mondo
ateo e sdivinizzato della scienza della natura, ermeticamente chiuso a libert e comin-
ciamento creatore, a eternit e oltremondanit. Si presti per attenzione al punto in
cui questo momento entra nella considerazione e attraverso cui viene presentato:
appunto lo schematismo delle categorie ! E nelle categorie stesse non si trova nulla
di ci. In quanto la categoria viene schematizzata, essa viene in pari tempo ristretta
Kant utilizza frequentemente questa espressione
a
ossia limitata rispetto a limiti che
in partenza non risiedono in lei. Per s essa molto pi universale ed estesa che non
nella sua forma schematizzata e ristretta. Nella categoria della quantit, puramente per
s, si trova il momento della molteplicit in generale, non gi quello della molteplicit
sotto la legge del numero e della misura. Nella categoria della qualit non si trova an-
cora nulla del momento del grado. Nella sostanza con accidenti, per s, risiede solo
ed esclusivamente il concetto di ci che identico a s in una molteplicit possibile di
stati distinti. Nella nostra serie temporale qualcosa del genere pu presentarsi come
ci che permane attraverso ogni tempo e non comincia, n fnisce. Ma nella categoria
stessa, nulla esclude il poter esser posto o il poter anche non esser posto.
b
Certamente
la categoria della causalit, schematizzata, esclude una causalit libera. Poich, in-
fatti, il presentarsi temporale di una modifcazione deve essere compreso come efetto
di una causa, ne consegue che nella serie temporale ogni causa deve, di nuovo, essere
a
Ma pur evidente che, sebbene gli schemi della sensibilit realizzino primieramente le categorie,
nello stesso tempo tuttavia anche le restringono, cio le limitano a condizioni che son fuori dellintelletto
(ossia nella sensibilit). [...] Ora se noi mettiamo via una condizione restrittiva, allora veniamo ad amplifca-
re, sembra, il concetto dianzi limitato; e cos le categorie dovrebbero valere nella loro pura signifcazione,
senza tutte le condizioni della sensibilit, per cose in generale, come esse sono, laddove i loro schemi rappre-
sentano soltanto queste cose come esse appaiono; e avere un signifcato indipendente da tutti gli schemi, e
molto pi esteso, Kant, Kritik der reinen Vernunft, B 186 [tr. it., p. 141].
b
Cos la sostanza, p. e., se si tralascia la determinazione sensibile della permanenza, non signifcherebbe
altro che qualcosa che pu essere pensato in quanto soggetto (senza essere predicato di qualcosaltro) ; ivi,
B 186 [tr. it., p. 141].
capitolo quarto 98
efetto di una causa precedente che era essa stessa una modifcazione, e cos via. Se la
causa non fosse stata una modifcazione in ci che precede, allora il suo efetto avrebbe
dovuto gi sempre esserci e dunque non sarebbe stato una modifcazione in ci che
precede. Nel concetto della pura categoria di causalit, per, non vi altro che il fatto
che una cosa sia fondamento per lesistenza o per lo stato di unaltra cosa, ma non della
necessit di essere, a sua volta, efetto di unaltra per poter essere causa. Solo mediante
la restrizione della categoria nella sua proiezione sulla serie temporale si introduce il
momento che di per s per essa del tutto estraneo. Questo deve esser tenuto a men-
te e diviene signifcativo se si d, daltra parte, che la rappresentazione dello spazio e
quella del tempo non colgono lessenza delle cose, ma derivano dalla limitatezza della
nostra conoscenza.
2. Per lambito della convinzione ideale, per, la scoperta di questa conoscenza a
priori ha un valore immediato e, gi qui, evidente. Quali che siano le conseguenze
naturalistiche che derivano per la nostra immagine del mondo da quella conoscenza
fondamentale su indicata, in essa si scopre tuttavia qualcosa di sommamente meravi-
glioso : una conoscenza immediata della ragione che nascosta nel suo interno e poggia
sul fondo inconscia e oscura, completamente ignota al suo stesso proprietario : al punto
che si pu discutere se labbiamo oppure no. Essa riposa. E si attiva, per dir cos, solo
quando luomo comincia a fare esperienza e ad esprimere la sua esperienza in giudizi,
e la esercita nella percezione, in modo, di nuovo, di per s completamente inconsape-
vole. Soltanto cos luomo ottiene la conoscenza efettiva del suo mondo, che possiede
gi nel quotidiano e che elabora in quello scientifco. Egli ritiene di dover ringraziare di
tutto ci innanzitutto lesperienza e solo con unanalisi artifciosa e con unautocritica
egli separa la trama puramente razionale e riconosce che solo grazie a questa possiede
un sapere efettivo e afdabile. Assai prima che abbia luogo questa scoperta critica
della conoscenza immediata della ragione, questultima efcace tanto nel quotidiano,
quanto nella scienza. Ogni essere razionale ha in s la conoscenza matematica, cos
come quella metafsica, e la applica, in modo inconscio, costantemente. Ognuno sa
oscuramente che tra due punti la retta il percorso pi breve e agisce di conseguenza
quando deve fare un percorso. Ognuno ha la conoscenza oscura della legge di causa-
lit e la rende, anche nelle relazioni quotidiane, il criterio del suo giudicare ed agire.
E poich la scienza pura della natura risiedeva ed era da lungo tempo efcace nello
spirito di Galilei, Keplero e Newton, la loro scienza della natura pot percorrere il suo
cammino privo di preoccupazioni, fducioso e ricco di successi, prima ancora che ne
fosse data la giustifcazione critica. Ma lo stato in cui la conoscenza immediata si rivela
efcace anche prima che loscurit originaria sia illuminata il sentimento della verit.
Nel sentimento della verit possediamo e si rendono valide conoscenze oscure : espri-
merle chiaramente e rendersene consapevoli secondo la loro validit afdato alla
flosofa quale suo compito pi importante.
c
c
Sulla confusione tra la teoria della conoscenza immediata e quella delle idee innate , in breve quanto
segue: di fatto la teoria delle idee innate era una preparazione di quella corretta, ma in forma inadeguata ed
erronea, che, tra laltro, gi quasi superata nei Nouveaux Essais di Leibniz. Che vi sia realmente qualcosa
come le idee innate fu contestato nel modo pi appassionato e fatto oggetto di scherno da empirismo e
naturalismo, mentre oggi viene asserito, altrettanto appassionatamente, dallo stesso naturalismo. Tutti gli
istinti tecnici degli animali, tutte le associazioni di idee che sono al fondo degli istinti sono esattamente
idee innate, che vengono acquisite nel processo di sviluppo e nella storia di una specie e che ora per il singo-
lo individuo sono innate, nel senso pi autentico del termine, in quanto mneme, engrafo, o memoria
la filosofia della religione kantiano-friesiana 99
Ci che ci si mostra qui per la ragione teoretica ci d gi preliminarmente una
chiave per la comprensione dellambito della ragione pratica e per la fducia nel fatto
ereditaria. E il trucco pi rafnato di questo genere di naturalisti di atteggiarsi a kantiani e di concedere,
anzi di asserire con enfasi che le rappresentazioni di spazio e tempo, le categorie, la legge di causalit e tutte
le leggi a priori, infne persino i giudizi di valore sono indipendenti dallesperienza del singolo. Solo che
oggi non pi Dio, ma, per dir cos, il diavolo, ossia la lotta per lesistenza, che ha impiantato nelluomo
questo a priori . Questa dottrina, per, trascura il fatto che n Dio, n il diavolo possono impiantare cono-
scenze. Le idee innate sono pensieri costretti e per questo appunto non sono conoscenze. Nel conoscere non
si tratta di avere certe peculiari rappresentazioni di cui non possiamo liberarci, ma del fatto che vediamo
noi stessi che qualcosa cos. A ci, per, non giova afatto che abbiamo da qualche parte pensieri innati,
anche nel caso in cui questi fossero in s perfettamente corretti. Non gioverebbe neanche se questi pensieri
ci sgorgassero dalla fonte della verit eterna. In tal caso sarebbero al massimo ammaestramenti, ma non
conoscenze, non intuizioni. Se debbono esserci conoscenze, allora anche Dio pu procedere soltanto cos :
creando esseri che sono ci che egli stesso : esseri con una ragione pura, ossia tali che sono capaci non
soltanto di pensieri corretti, ma di una propria intuizione della verit. Ora, tali esseri ci sono. Il moderno
rinnovamento della vecchia dottrina delle idee innate ha totalmente ragione dove si tratta di ci che istin-
tivo, ma per la questione della conoscenza non ha alcun signifcato e poggia su un errore psicologico. Le
proposizioni in avvio della kantiana Kritik der reinen Vernunft contengono la soluzione dellintero enigma:
Ma sebbene ogni nostra conoscenza cominci con lesperienza, non perci essa deriva tutta dalla esperienza.
Infatti potrebbe esser benissimo che la nostra stessa conoscenza empirica fosse un composto di ci che noi
riceviamo dalle impressioni e di ci che la nostra propria facolt di conoscere vi aggiunge da s (stimolata
solamente dalle impressioni sensibili); aggiunta che noi propriamente non distinguiamo bene da quella
materia che ne il fondamento, se prima un lungo esercizio non ci abbia resi attenti ad essa, e non ci abbia
scaltriti alla distinzione [ivi, B 1-2 ; tr. it., p. 34]. Ci signifca : nessuna singola conoscenza si trova realmente
nellanima prima e senza dellesperienza. Se per esperienza e conoscenza cominciano con la percezione
sensibile, allora in e tra le percezioni sensibili si produce contemporaneamente una conoscenza che non
deriva dallesperienza, ma che c indipendentemente da ogni esperienza, p.e. lintera conoscenza matema-
tica. Questo rimanda al fatto che non avevamo dal principio conoscenze anempiriche, ma la possibilit
di queste, una facolt, una fonte propria di queste nello spirito. Se si traduce a priori sempre soltanto con
indipendentemente dallesperienza, allora non pu intervenire lequivoco di una conoscenza che precede
temporalmente lesperienza e che ha luogo senza di questa. Tantomeno i termini originario, immedia-
to indicano un rapporto temporale. Lodierna derivazione naturalistica delle idee innate da unesperienza
ereditaria quindi ancora molto pi rozza e inadeguata della vecchia derivazione razionalistica, secondo
la quale si dovrebbe per lo meno riconoscere che in generale abbiamo concetti di causa, necessit, legge.
Secondo la prima, per, questo non pi possibile. Perch il mneme, cui ci si riferisce, non altro che
unesperienza ereditaria e accumulata. Poich per nellesperienza come tale tutto quello non pu essere
stabilito, allora anche soltanto la presenza dei concetti di ci nel nostro pensiero sarebbe un puro miracolo.
Cfr. lo stesso Kant, ivi, B 166: Se si volesse [...] che le categorie siano disposizioni soggettive del pensare,
piantate in noi [...], e cos ordinate dal nostro creatore [p.e. la selezione naturale di Darwin, che qui si po-
trebbe senzaltro mettere al posto di Dio, senza alterare il senso dellafermazione kantiana] che il loro uso
saccordi esattamente con le leggi della natura secondo le quali si svolge lesperienza, [...] contro ci sarebbe
questo argomento perentorio: che in tal caso alle categorie mancherebbe la necessit che essenziale al loro
concetto. Infatti il concetto, ad es., di causa, che esprime la necessit di un efetto supposta una condizione,
sarebbe falso qualora riposasse su una qualsiasi necessit soggettiva, innata in noi, di unire certe rappresen-
tazioni empiriche secondo una tale regola di relazione. Io non potrei dire : lefetto collegato con la causa
nelloggetto (cio necessariamente) ; ma : io sono cos fatto da non poter pensare questa rappresentazione
se non cos collegata ; che proprio ci che pi desidera lo scettico; giacch allora tutta la nostra convin-
zione, fondata sul supposto valore oggettivo dei nostri giudizi, non altro che una semplice illusione, e
non mancherebbero di quelli, che di s non confesserebbero questa necessit soggettiva (che deve essere
sentita) : per lo meno non si potrebbero fare contestazioni a nessuno su ci, che fondato solo sulla maniera
in cui ciascun sogetto organizzato [tr. it., pp. 129-130]. Lintera critica della ragione di Fries poggia su questo
e illustra che la nostra ragione spontaneit stimolabile, ossia che essa sottost totalmente alle condizioni
del senso. Ogni suo vivere e agire interviene e diviene efettivo soltanto in relazione allo stimolo che dato
nella sensazione sensibile. E se questo non precede, essa non ha rappresentazione, n tendere, n agire : in
efetti solo tabula rasa. Ma se lo stimolo ha luogo allora compaiono insieme e tra le iscrizioni della percezio-
ne sensibile anche iscrizioni che non derivano da questa e non possono da questa derivare. Tutto dipende
capitolo quarto 100
che anche qui corrispondentemente, nascosto in ogni ragione, ci sar qualcosa che
proprio di una conoscenza immediata, in cui quel che vale universalmente e necessaria-
mente avr la sua origine e il suo criterio sommo. In pari tempo si ofre una chiave per
la comprensione dello sviluppo storico in questambito. Del tutto indipendentemente
dal fatto che questo principio, profondamente nascosto nello spirito, sia notato o no,
esso sin dallinizio efcace nella storia dello spirito umano nella forma del sentimento
della verit morale, religiosa ed estetica : il quale, capace, come ogni sentimento, di tut-
ti i gradi, pi oscuro o pi puro, pi potente o pi debole, diverso secondo la dotazio-
ne del popolo o dellindividuo; pu riposare per secoli e poi erompere nelle personalit
elette, geniali, preminenti, di scopritori e di profeti ; pu presentarsi e illuminare con la
potenza di un oracolo divino e di unautorit suprema. La possibile diversit delle sue
espressioni e lintima afnit, che in fondo assai pi sorprendente, delle sue molte-
plici rivelazioni pu esser compresa in questo modo. E nello stesso modo pu esserlo
la pretesa di ogni profeta alla pi immediata e suprema autorit e, daltra parte, al
fatto che luditore debba dare ragione e approvazione a chi annuncia. La diferenza tra
il sentimento della verit in questambito e quello nel primo ambito che questo si
lascia completamente risolvere, cio che le conoscenze oscure in quanto sentimento
si lasciano completamente svolgere e i sentimenti si lasciano riportare in concetti ; il
primo, invece, risolvibile solo in parte: in parte non lo . Intraprendere questa risolu-
zione, da un lato, e stabilire e delimitare lambito di ci che non risolvibile, dallaltro,
anche qui il compito fondamentale della flosofa.
Ragion pura, e dunque critica della ragion pura, c soltanto perch c questa
conoscenza immediata, originariamente oscura. La rappresentazione di questa guida
lo stesso Kant, seppur ancora oscuramente, nella sua impresa. Il fatto che non labbia
colta chiaramente ha avuto molte conseguenze svantaggiose per la sua critica e in parti-
colare ha impedito che la dottrina delle idee vi si fondasse. Particolarmente da questo
punto di vista Fries divenuto un autentico perfezionatore di Kant, in quanto rende pi
chiaro il polo segreto attorno al quale ruota senza requie lo stesso pensiero di Kant.
3. Abbiamo defnito naturalistica limmagine del mondo kantiano-friesiana che si
ottiene dalla scienza pura della natura . Lo in quanto sottopone il mondo alla lega-
lit naturale, lo estende in modo smisurato e autosufciente nel tempo e nello spazio,
cancella dalla sua compagine cielo, empireo, creazione di mondi, trama soprannatura-
le, e in esso spiega tutto a partire da cause immanenti. In questo mondo non possono
esserci miracoli: il miracolo uneccezione alla legge naturale, che per non sarebbe
possibile accertare. A noi infatti dato soltanto tutto ci che intuibile sensibilmente.
Se per unintuizione sensibile sia oggettiva o sia soltanto immaginazione, allucina-
zione o simili, lunico criterio per stabilirlo appunto la concordanza con quella legge.
A ci si aggiunge il rifuto di ogni dogmatismo spiritualistico. La psicologia razionale
e la dimostrazione dellanima quale sostanza semplice, non soggetta a corruzione
impossibile. Lanima ci tuttavia data come una unit che, in quanto semplice,
non capace di corruzione per dissoluzione in parti ; ma ci data come unit di qualit
interne, che, come ogni qualit in questo mondo del numero, una quantit intensiva,
sottost alla legge del grado e al graduale passaggio allo zero. In confronto col mate-
riale lo spirituale fondato solo in modo incerto. In questo mondo la materia ci che
dallessere scaltriti alla distinzione. E questo il primo compito della critica della ragione. Il secondo
scoprire come queste siano possibili .
la filosofia della religione kantiano-friesiana 101
per noi fondato in modo sicuro e insuperabile. Defnita con ci che si muove nello
spazio, essa viene conosciuta totalmente in caratteristiche spazio-temporali e perci
assolutamente a priori. Poich qui permanenza lo schema e dunque lunico criterio
per lapplicabilit della categoria della sostanza, la materia la sostanza per eccellen-
za, mentre nulla ci legittima ad applicare questa categoria allo psichico, visto che qui
manca il criterio di applicabilit intuitivo-sensibile, ossia la permanenza.
Tuttavia bisogna rifutare lequivoco per cui questa dottrina, completamente fon-
data su Kant, sia propriamente una concessione al positivismo o abbia conseguen-
ze naturalistiche o materialistiche, che successivamente sarebbero eliminate con un
salto arbitrario nel regno dellidea. Questo non c nel senso del flosofema friesiano.
Piuttosto il mondo del sapere esso stesso gi tale che, da un certo punto di vista,
si annette allidea , ha ed ofre passaggi alla conoscenza ideale nella fede.
d
Anche
per il sapere, infatti, immediatamente chiaro che il vivente non pu esser derivato
da ci che morto , lo spirito dal materiale. Il materiale e i suoi processi di movimento
si trovano accanto allo spirituale, senza che sia possibile ununione o una derivazione
delluno dallaltro. Come nel materiale, cos altrettanto nello spirituale si d una con-
nessione propria dellaccadere, in quanto lo spirituale viene spiegato sempre soltanto
dallo spirituale. La comprensione psicologica non viene ottenuta da processi fsico-
fsiologici. Psicologia e fsica non hanno a che vedere luna con laltra. Cos come con
lesistenza dellorganizzazione corporea, alla quale per noi l anima sempre legata,
non si spiegato nulla dellesistenza dello psichico. Questo resta completamente oscu-
ro; e mentre l, per il fenomeno, abbiamo un compito possibile, indagare le connessio-
ni causali, qui ci si innalza un limite della spiegazione causale per sempre inamovibile.
Lo spirito ci che interiormente vivente, lassolutamente attivo : nella sua attivit
sottoposto ad una legge, che per del tutto propria e che viene scoperta nellantropo-
logia psichica, nella logica, nella critica della ragione pura. Soprattutto la scoperta della
stessa ragione pura innalza la libert e la nobilt dello spirito non soltanto al di sopra
di ogni tentativo materialistico, ma anche al di sopra di riduzioni psicologistico-empiri-
stiche, che per parte loro sottrarrebbero ad esso ogni propriet e libert e lo farebbero
derivare da sensazioni. Per lo spirito stesso propriamente presente e valido, anche
gi nel tempo, un mondo totalmente altro da quello della matematica e della materia.
Solo nel rapporto delle cose tra loro, queste sostanze materiali sono sotto le leggi del
movimento. Per lo spirito, per, esse vengono conosciute anche come mondo dei co-
lori, suoni e profumi, come il mondo in qualit: una conoscenza che per lapprensione
scientifco-matematica di questo mondo temporale, spaziale e materiale non pu esser
portata ad una solida posizione, ma deve esser trasposta; e che per, per parte sua,
anche una conoscenza: e mentre resta, da quel lato, senza signifcato, dallaltro ofre pro-
prio il passaggio allidea. Ci che pi importante per questo passaggio la coscienza
dellio, data nella pura appercezione, che la forma insuperabile del contenuto del
senso interno, come lo spazio la forma del contenuto del senso esterno. Nel sentimen-
to dellio il molteplice dellesperienza interna si raccoglie in quella unitariet nella quale
esso di fatto si trova. E con questa unit dellio contemporaneamente dato ci che
nello spazio e nel materiale, nonostante la dottrina atomistica, non pu mai esser dato,
ossia un assolutamente semplice che non pu esser pensato come consistente di parti.
e
d
Questo il senso dellafermazione a p. 27 del mio NRW.
e
Cfr. qui pi nel dettaglio NRW
2
, pp. 225-244. I. Kant, Kritik der reinen Vernunft, B 419 e s. : Ma nella terza
capitolo quarto 102
4. Il nostro sapere si indirizza a questo mondo nel tempo e nello spazio. Un altro sa-
pere non lo abbiamo e non possiamo averlo. impossibile andar oltre : anche la questio-
ne se in generale un oltre avrebbe un senso sarebbe del tutto oziosa e non potrebbe
presentarcisi se non ci fossero due cose : la conoscenza, propria della ragione, dei limiti
della propria conoscenza e la facolt delle idee.
Un cieco nato, che conoscesse il mondo soltanto mediate i quattro sensi inferiori,
non potrebbe arrivare al fatto che c una conoscenza delle cose superiore e diversa
dalla sua. Solo se da altra parte gli viene comunicato che una tale conoscenza c, egli
esperisce i limiti della sua conoscenza. Ma la ragione in condizione di vedere da s che
la sua conoscenza limitata e di vedere in cosa consistano i suoi limiti; e nel decorso
del suo sviluppo essa arriva necessariamente a notarli.
Idea, nelluso linguistico dellepoca, aveva perso del tutto il profondo senso origi-
nario che le aveva dato Platone, e, in particolare con lempirismo inglese e con la dot-
trina dellassociazione di idee, idea era decaduto semplicemente a rappresentazione
in genere, a sensazione e percezione. Kant le aveva restituito il suo senso elevato.
f
Idea
concetto di qualcosa che oltrepassa assolutamente ogni esperienza e che non viene
nemmeno applicato allesperienza, come invece i concetti puri dellintelletto (catego-
proposizione lunit assoluta dellappercezione, lio semplice, diviene anche per s importante [...] sebbene
io non abbia ancora stabilito nulla circa la costituzione o sussistenza del soggetto. Lappercezione qual-
cosa di reale, e lunit di essa c gi nella sua possibilit. Ora, nello spazio non c reale che sia semplice :
perch i punti (che costituiscono lunico semplice nello spazio) sono soltanto limiti, ma non sono per se
stessi qualcosa che serva a costituire, come parte, lo spazio. Ne viene, dunque, limpossibilit di spiegare
la costituzione del me (come soggetto semplicemente pensante) con i principi del materialismo [tr. it., p.
272]. E ivi, B 424 e s. : dove tuttavia il rigore della critica [...] rende un servizio non privo di importanza,
ponendola [la ragione] intanto al sicuro contro tutte le possibili afermazioni del contrario [ossia del mate-
rialismo] [tr. it., p. 274]. Cfr. tutta la bella sezione B 423-426. Da vedere in generale anche Fries, Rel. Phil.,
[Handbuch der praktischen Philosophie, ii, cit.], p. 80, sul rapporto tra la visione del sapere sulla base della
legge naturale e quella teleologica che esige la religione: Ma non possiamo connettere questa dottrina con
lafermazione che il naturalismo e la teleologia si contraddicono reciprocamente. Al contrario : le visioni
teleologiche possono sempre esser pensate come sovraordinate allintero naturalismo. Le opinioni teleo-
logiche scaturiscono dalla conoscenza interna dello spirito e ci si possono presentare sempre e soltanto in
analogia con la valutazione pragmatica delle attivit umane. Qui il rapporto chiaro. Ogni macchina deve
esser spiegata naturalisticamente per la produzione dei suoi efetti secondo le leggi delle cause efcienti.
La volont umana, per, sa servirsi di questa legge naturale, in quanto ordina le parti della macchina sotto
le sue condizioni in modo tale che lefetto naturale corrisponda contemporaneamente ai suoi scopi. Cos
anche per il mondo. Se presuppongo che una volont superiore ha ordinato le cose sotto leggi naturali
per ottenere efetti naturali nel mondo, questo presupposto non contiene alcuna contraddizione. Aggiun-
giamo che esso vale per noi uomini non in quanto scientifco, ma secondo le idee della verit eterna. Cfr.
su questo NWR
2
, pp. 59 e ss., dove il problema della legalit naturale e della teleologia viene trattato nel
medesimo senso e pi dettagliatamente ; e cfr. il cap. iv (Darwinismus), in cui in particolare vengono messe
in relazione a ci la teoria della discendenza e quella della selezione (pp. 66-144).
f
Cfr. la seconda parte della logica trascendentale. Se la prima trattava dei concetti puri dellintelletto
e dei principi , che da quelli derivano e che insieme ofrono la metafsica inferiore (cio la conoscenza
pura che a fondamento della scienza della natura), la seconda parte tratta dei concetti della ragione, le
idee, da cui si ottiene la metafsica superiore, che Kant erroneamente vuole lasciar valere soltanto come
apparenza trascendentale . Si sente per immediatamente che il suo proprio intimo interesse dipende
proprio da questa metafsica delle idee. Il primo libro della dialettica trascendentale tratta delle idee in
generale, delle idee trascendentali e del sistema delle idee trascendentali ; I. Kant, Kritik der reinen
Vernunft, B 368-396. Cfr. B 370 : Platone si serv dellespressione idea in modo, che si vede bene che per essa
egli intendeva qualcosa che non soltanto non ricavato mai dai sensi, ma sorpassa anche di gran lunga i
concetti dellintelletto di cui si occup Aristotile [tr. it., pp. 246-247]; e B 377: A chi si sia abituato una volta
a questa distinzione, deve riuscire intollerabile sentir dire idea la rappresentazione del color rosso. Essa non
pu dirsi nemmeno nozione [tr. it., p. 250].
la filosofia della religione kantiano-friesiana 103
rie); inoltre un concetto di pura ragione che dobbiamo farci necessariamente. Fries
mostra perch dobbiamo necessariamente farci tali concetti e attesta la loro validit og-
gettiva, mostrando il loro derivare dalla conoscenza immediata della stessa ragione.
Mostra inoltre che sul fondamento della conoscenza immediata della ragione ci formia-
mo idee attraverso cui conosciamo lessenza delle cose in contrapposizione alla nostra
conoscenza di esse nello spazio e nel tempo; che abbiamo in tali idee una visione insu-
perabile dellessenza delle cose stesse rispetto a cui la conoscenza di queste nello spazio
e tempo si supera in quanto limitata, ossia si rivela tale che vale soltanto per il fenome-
no delle cose per noi, non per lessenza delle cose stesse. Questa la grande dottrina
dellidealismo trascendentale, nella forma peculiare che le ha dato Fries. Fenomeno
non apparenza; non un nostro proprio prodotto che deriva dalla nostra sogget-
tivit, ma fenomeno delle cose stesse per noi, in quanto conosciamo limitatamente.
Chi vede un paesaggio attraverso la nebbia, in genere non conosce un nulla, non sogna
e non vede una fata morgana, ma conosce il paesaggio stesso e la sua conoscenza ha una
validit, ma limitata. E se egli sa anche cos la nebbia e come agisce sul vedere, allora
conosce anche il fatto della sua limitazione e pu andar oltre questa, in quanto pu rap-
presentarsi quali tratti mancherebbero nella conoscenza piena (il grigio e lo sfumato),
sebbene non possa completarsela con ci che si deve aggiungere positivamente.

Capitolo quinto
FONDAMENTO DELLA CONOSCENZA IDEALE
a. Le antinomie. 1. Il mondo, infnito nello spazio e nel tempo: il mondo completo. 2. Tutto
composto, nulla semplice : lultimo semplice. 3. Legge di natura, nessuna causa libera : causa
libera. 4. Condizionatezza senza fne : necessit. b. Soluzione mediante lidealismo trascenden-
tale. c. Fondamento positivo delle idee.
a.
L
a limitazione della nostra conoscenza viene scoperta mediante il peculiare fat-
to dellantinomia della ragione, che a lungo aveva confuso la flosofa. La co-
scienza di tale antinomia sorge con gli eleati, seppur ancora confusamente e con esem-
pi inadeguati. Su questa si afatica la flosofa del Medioevo. Nella lotta tra Averro
e Tommaso resta nascosta sullo sfondo. In Bruno si avverte chiaramente nel dialogo
Della cosa, principio et uno e in De linfnito, universo e mondi. Nella flosofa dellillumi-
nismo ha la stessa funzione del bilanciere nellorologio, anche se non ci se ne cura
seriamente. Bacone enumera gi quasi tutti i suoi punti, per poi procedere oltre sen-
za chiarirsi lenorme portata della cosa. desta in Hobbes e Leibniz. Altrettanto in
Shaftesbury. E su essa si afatica la flosofa popolare dellilluminismo.
a
In verit, per,
dovette essere il punto di partenza di ogni visione del mondo clta in generale. Perch
senza di essa il fondamento posto dal principio in modo erroneo ed falso ; e lintero
edifcio al massimo un rifugio dogmatico. Questi principi cosmologici, infatti, non
sono qualcosa di lontano e indiferente, ma sono condizioni fondamentali dellessere
stesso, su cui deve esserci chiarezza e certezza se non si vuole che ogni nostra cono-
scenza del mondo sia nebulosa e oscillante.
b
Nella cosmologia, nella rifessione sul mondo e sullessere mondano in generale, la
ragione cade irrimediabilmente, sembra, in determinazioni contrastanti ed escludenti-
si, che per per lei sono entrambe egualmente importanti e necessarie. (Kant conduce
anche qui, sedotto dal pregiudizio della dimostrazione, dimostrazioni dei lati opposti
dellantinomia.
c
Cosa impossibile e contraddittoria. Ma si tratta di conoscenze che si
a
Cfr. il saggio, assai radicale, Die Zertheilung der Krper nel settimanale Die Ehre Gottes aus der Be-
trachtung des Himmels und der Erde , 25, 1767 : Lo scienziato naturale pone dei limiti alla divisibilit dei
corpi naturali quando, nel pensiero, si imbatte nei corpuscoli originali che sono indissolubili in quanto non
hanno interstizi. Il matematico ride dellasserita impossibilit di una divisibilit infnita della materia. Egli
conduce rigorose dimostrazioni che nella sua sfera sono pienamente corrette. Peccato che i suoi elementi,
i punti, le linee e le superfci, dunque anche i corpi, sono mere chimere, ma di infnita utilit. Sarebbe
desiderabile che tutte le altre scienze umane fossero costruite su chimere tanto utili. Allora si avrebbe in
esse tanta correttezza e convinzione quanta se ne ha nella dottrina delle grandezze . (Che epoca clta, tra
laltro, quella che invece di giornali della domenica e di Gartenlaube [Sottotitolo : Giornale illustrato per
famiglie] leggeva tali settimanali . Si capisce che in questa atmosfera generale la flosofa di Kant abbia
potuto essere un evento : e non per le stanze da studio, ma per la collettivit.)
b
I. Kant, Kritik der reinen Vernunft, B 432-489 : Dialettica trascendentale, libro secondo, capitolo II : Lantino-
mia della ragion pura ; prima e seconda sezione. Nella seconda sezione i due lati dellantinomia nelle colonne
stampate luna accanto allaltra (B 454 e ss. [tr. it., pp. 290 e ss.]).
c
Cfr. ivi, B 454, Dimostrazione della tesi e a fronte B 455, Dimostrazione dellantitesi. E cos ogni volta per
i quattro lati dellantinomia.
capitolo quinto 106
contrappongono: in efetti uno scandalo per la ragione, se il confitto non si lasciasse
risolvere.) Lantinomia nota ed sufciente abbozzarla brevemente.
1. . Conosciamo il nostro mondo, senza alcuna possibile contraddizione, come este-
so nello spazio e nel tempo. Spazio e tempo, per, procedono oltre ogni limite, senza
fne. E la nostra fantasia lascia senzaltro che il mondo e i mondi si estendano nello spa-
zio, continuando infaticabilmente a contare e porre stella su stella, sistema su sistema,
volta delluniverso su volta delluniverso. Anche se tralasciassimo questultima cosa
e volessimo assumere, limitando la nostra fantasia, che il mondo sia solo nello spazio
presso di noi, e che al di l vi sia il vuoto, non si riuscirebbe per a vedere alcun motivo
per cui lo spazio, proprio in questo punto, dovrebbe essere pieno. E lo spazio stesso
proseguirebbe in ogni caso senza fne, e in esso spazi su spazi, come sue parti. Altret-
tanto con il tempo e laccadere nel tempo. Questo prosegue infnitamente, a parte post
e a parte ante. E se si volesse porre in esso unisola dellaccadere, e prima di questa un
tempo vuoto, mancherebbe, di nuovo, il fondamento per cui qualcosa cominci proprio
in questo punto del tempo e non sia piuttosto gi sempre stata.
. Il mondo si mostra incontestabilmente in questo modo nella nostra intuizione:
altrettanto chiaramente vediamo quel che in ci vi di intrinsecamente impossibile.
Lo vediamo nel modo pi chiaro con lesempio del tempo. In un decorso di giorni, ore
o momenti qualsiasi del tempo in genere, il quinto, il sesto, ln-simo momento pu
intervenire soltanto quando tutti i precedenti si siano conclusi. La sua intera serie deve
esser giunta ad un decorso completo. Il tempo a parte ante regredisce per senza fne. Un
tempo infnito dovrebbe esser stato completo, il che evidentemente si esclude. Prima di
ogni spazio di tempo si estende sempre di nuovo uno spazio di tempo. Ve ne sempre
di nuovo uno di pi e non sono mai tutti.
Dovrebbero per esser dati assolutamente tutti, se dovesse realmente intervenire
lora. Questa unintuizione della ragione tanto evidente e immediata, che una con-
traddizione non possibile. In una parola: in realt non pu aver luogo un regresso
in infnitum; il compimento della serie richiesto per lessenza stessa delle cose. Per
lo spazio lo stesso. Ci che realmente , tutto ci che , e non continuamente qual-
cosa in pi. nella totalit completa dei suoi fattori, che siano stelle, mondi stellari,
molecole o spazi su spazi. Per ci che realmente , questo incessante qualcosa in pi
assolutamente contrario alla ragione.
d
Il paradosso della rappresentazione del tempo si pu anche chiarire cos. In prima
battuta, nulla ci sembra essere pi chiaro e pi semplice di tale rappresentazione. Tut-
tavia, il sentimento ne ha sempre avvertito la paradossalit; sentimento che si pu
sciogliere facilmente con la seguente rifessione. Quando propriamente viviamo nel
tempo? Che cosa nel tempo reale? Non realmente evidente che cosa era. Ci che era
non pi e per questo, appunto, non . Tantomeno realmente evidente ci che sar.
Poich ancora non , appunto non . Non v dubbio che soltanto ci che adesso, e ci
che adesso non , in generale, appunto, non , perch non pi o non ancora. Allini-
zio ci suona semplicissimo e sembra che non comporti difcolt : ma se si guarda pi
dappresso, si mostra allora che conduce proprio ad un puro controsenso. Si mostra
che in generale non vi adesso, che la sua rappresentazione toglie se stessa e che, se
realmente valesse la proposizione : soltanto ci che adesso, allora nel tempo nulla .
Il che, per, non signifca altro che questo : la rappresentazione stessa del tempo non
d
Cfr. pi nel dettaglio, NRW
2
, pp. 52-55.
la filosofia della religione kantiano-friesiana 107
compatibile con quella dellessere realmente. Chiediamoci per soltanto: cos propria-
mente adesso? Il giorno di oggi ? No. Perch per met gi passato, e dunque non
pi. E per met ancora futuro, e dunque non ancora. O questora ? Ma esattamente
la stessa cosa. O questo minuto, questo secondo, questo sessantesimo di secondo? O
un pezzetto incredibilmente piccolo di tempo? Ma anche un trilionesimo di secondo
sempre gi in parte passato e per lintera altra parte ancora futuro. Quella non sarebbe
pi e questa non sarebbe ancora. Ora: il punto che nel mezzo tra passato e futuro. Ma
con ci si rivela proprio limpossibilit dellintera rappresentazione. Un punto, infatti,
di per s non parte della linea, ma ne soltanto il limite. Se diciamo : solo un punto,
ci esprimiamo in modo inesatto, intendendo propriamente o una parte della serie che
molto piccola per la nostra facolt di intuizione, o, appunto, il limite tra due parti di
una linea, che per non pu esser parte della linea poich altrimenti non la limiterebbe.
Che, per, qualcosa realmente, non lo contesta neanche uno scettico. La fede nella re-
alt assoluta fondata senza alcuna possibilit di contraddizione nella ragione stessa. Su
essa si infrange la rappresentazione del tempo. Essa si rivela come una forma limitata
di apprensione dellessere reale.
2. In secondo luogo, l antinomia della ragione si mostra nel semplice e compo-
sto. Nella prima antinomia si trattava dellinfnitezza secondo lesterno, verso il sem-
pre pi grande; qui dellinfnitezza secondo linterno, verso il sempre pi piccolo, della
continuit di spazio e tempo.
. Lintuizione ci mostra incontestabilmente che tutto ci che dato nel mondo
composto, risolubile in parti, scomponibile, divisibile, e che un indivisibile non pu
mai esser rappresentato intuitivamente. Tutte le diferenze di grandezza, infatti, sono
soltanto relative. Quel che in questo mondo spazio-temporale smisuratamente picco-
lo, che si tratti di un corpo esteso nello spazio o di un processo esteso nel tempo, di una
particella microscopicamente piccola o di un milionesimo di secondo, consiste delle
sue met, terzi, millesimi, milionesimi, e queste di nuovo delle loro met e miliardesi-
mi e cos via senza fne, proprio come le masse pi grandi, gli spazi pi ampi, i tempi
pi lunghi. Ci signifca, per, che nel mondo non pu esserci mai e in nessun luogo
qualcosa di semplice, ultimo, primo, che non sia composto e col quale ogni composi-
zione, in generale, abbia inizio.
. Ma proprio questo evidentemente impossibile e contrario alla ragione. Non pu
esser cos. Chiunque vede che nulla, in questo modo, propriamente . Il mondo sarebbe
una composizione di composizioni di composizioni... e cos via senza fne, senza che
appaia un qualcosa che propriamente dia la materia per ogni possibile composizione.
Ma un ente reale ci dato. E poich realmente, il processo di composizione deve esser
in lui concluso, completo. Vediamo che deve esserci un semplice poich deve esserci un
qualcosa nella composizione e perch, di nuovo, ogni regresso in infnitum contraddice
la completezza sotto la quale soltanto pensabile un ente reale.
3. . Non pu esserci alcuna causa libera nel mondo. Poich la connessione causale ci
data come catena intuitiva di modifcazioni che si succedono temporalmente, allora
chiaro che ogni causa libera esclusa. Un efetto pu esserci dato come modifcazio-
ne nello stato precedente a partire da un certo punto temporale c. (Se non si modif-
casse qualcosa, allora tutto resterebbe comera e non si produrrebbe alcun efetto.) La
causa di questa modifcazione efettuata in ci che precede nel punto c deve deve esser
stata una modifcazione efettuata in qualcosa di precedente nel punto b. Se infatti in b
capitolo quinto 108
non si modifcasse nulla dello stato precedente, ma tutto restasse comera, allora quella
modifcazione che interviene in c non avrebbe alcun fondamento per intervenire solo
in c ma avrebbe dovuto gi esistere. Cos in una catena causale che, come il mondo, si
presenta come catena di modifcazioni che intervengono succedendosi temporalmen-
te, esclusa ogni causalit libera.
. Ma appunto questo impensabile. Un simile mondo non pu esserci, perch in
esso non potrebbe in generale realizzarsi alcun accadimento. Debbono esserci cause
libere, tali, cio, che a partire da esse cominci in modo autonomo e indipendente una
connessione causale. Senza di esse, infatti, non sarebbe pensabile il realizzarsi di alcuna
singola azione, di alcun singolo evento che si attua realmente. Prendiamo un processo
g. Forse non libero, ossia autonomo, ma lultimo anello di una catena causale di
pi anelli. efetto di f, questo di e, e cos via regredendo per un po. Ma alla fne deve
arrivare un a, un vero e proprio inizio della serie. Questo, infatti, chiaro : solo se tutte
le cause di un processo hanno avuto luogo senza lacune e completamente, il processo
stesso pu realizzarsi. La totalit e la completezza contraddicono, anche qui, una fuga
nellinfnito. Una tale fuga signifcherebbe soltanto aggiornare continuamente la datit
della connessione causale, non dare questa stessa nella sua completezza. Manca il
chiodo dal quale pende la catena. Ci pu essere un mondo soltanto se in esso ci sono
anche cause libere.
4. . Lintuizione del nostro mondo ci insegna infallibilmente che tutto in esso
condizionato e che qualcosa di non condizionato, un essere necessario, non pu es-
serci mai e da nessuna parte. Ogni processo, ogni rapporto, ogni posizione di una stella
rispetto ad unaltra, di un oggetto rispetto ad un altro non ha il suo fondamento in se
stesso, ma in un altro accadere, in un altro essere ed esser situato. Nellintreccio inf-
nito delle azioni reciproche, nella contemporaneit e nella connessione causale, nella
successione data la condizionatezza di tutto e di ogni cosa : e ci si spande, senza fne,
dappertutto, e senza fne risale allindietro.
. Ma contro la conoscenza immediata torna, di nuovo, il fatto che un mondo reale
sifatto non potrebbe essere. Tutto ci che ha la sua necessit, ha la sua ragion suf-
ciente per cui piuttosto che non essere, e per cui proprio cos e non altrimenti. Que-
sta conoscenza agisce ingenuamente gi nel pensiero e nellagire delluomo comune ed
il principio motore, il pensiero guida di ogni scienza della natura. Che nulla ci sia e
accada da s , per caso , in quanto lusus naturae, e perch tutto sia e succeda pro-
prio nel modo in cui e succede, questo il senso di tutto il nostro spiegare, indagare e
creare leggi. Un mondo, per, che non fosse altro che una connessione di condiziona-
tezze che procedono allinfnito rimarrebbe di per s una colossale casualit.
e
Un mon-
do realmente essente pensabile soltanto se c anche un essere necessario sul quale si
fonda ultimamente tutto ci che dipendente. (Bisognerebbe pensare se un tale essere
necessario sia intra- o extramondano, ma non questo il luogo.) In pari tempo questa
conoscenza esclude, a sua volta, da s il regresso in infnitum.
e
Propriamente, in tutto il suo lavoro di ricerca, la ragione cerca e intende, nel suo fondamento pi pro-
fondo, questa necessit suprema e ultima di tutto e di ogni cosa in generale ; e soltanto attraverso ci che ci
dato nel tempo e nello spazio viene guidata ad un fusso infnito della serie delle condizioni per cui essa,
invece di scoprire il fondamento necessario e sufciente, riesce a porre al posto del condizionato sempre
e soltanto qualcosa di condizionato e a scoprire, quale surrogato inadeguato del fondamento necessario,
soltanto lincrollabile regola del decorso del processo (la legge sotto cui questo si trova).
la filosofia della religione kantiano-friesiana 109
b. Da tempo, nella storia della flosofa, queste contrapposizioni si erano scontrate. E
poich ognuna, dal suo punto di vista, nel giusto, la ragione avrebbe dovuto dichiara-
re bancarotta se nellintera disputa non si fosse insinuato inavvertitamente un errore.
Kant scopre lerrore e scioglie cos per sempre questo confitto. Per di pi la scoperta
dellerrore contemporaneamente la scoperta defnitiva dellidealismo trascendentale.
f

Del mondo si dice qualcosa di contrapposto in modo tale che ci che vien detto sui
due lati incontrovertibile. Ma, a ben guardare, si mostra (nellesposizione che Fries
e Apelt hanno dato dellantinomia, che pi chiara della presentazione kantiana) che
mondo non preso nello stesso senso nellantitesi e nella tesi. Lantitesi (che abbia-
mo sempre premesso) parla del mondo cos come esso ci di fronte nellintuizione
spazio-temporale. La tesi parla del mondo e dellessere cos come esso deve esser pen-
sato per s, in modo necessario e incontrovertibile. Ora si mostra anche che ci che
di fatto dato nellintuizione contraddice ci che dellessenza delle cose conosciamo
con sicurezza e incontrovertibilmente. Solo di qui si ottiene in modo incontrovertibile
lidea che il mondo, che si trova nello spazio e nel tempo, sotto il numero e il grado, in-
terminabile e continuo, sotto leggi di natura e regresso interminabile, non corrisponde
allessenza del mondo in s; che quelle sue determinazioni sono una limitazione che
pu essere superata, a sua volta, per negazione ; che a quelle noi dobbiamo contrap-
porre predicati contrapposti per la vera essenza delle cose, predicati che tuttavia, in
seguito al nostro esser vincolati a quella concezione limitata, non possiamo rappresen-
tarci positivamente, ma solo pensare in doppia negazione. La nebbia che copriva
il paesaggio non si squarcia, ma viene conosciuta come nebbia. Cos il fenomeno
delle cose per noi si oppone alla loro vera essenza : non nel senso che sia solo apparenza
e che in esso non sia conosciuto propriamente nulla. Senza dubbio conosciamo : e non i
nostri sogni, ma le cose e la realt stessa, soltanto non in modo illimitato e perfetto cos
come sono in s, ma in modo limitato.
Se guardiamo a ci che si detto prima, chiaro che tutta quella conoscenza che si
esprimeva puramente per s nelle categorie, ancora non schematizzate e ristrette,
resta totalmente ferma. Qui non c alcuna antinomia, nessuna contrapposizione tra
le categorie e ci che vediamo delle cose stesse: le categorie, anzi, esprimono quel che
vediamo delle cose stesse. Spazio e tempo, forma interminabile e continua della molte-
plicit delle cose, si fanno da parte. Resta soltanto lidea di un loro analogo intelligibile,
a partire dal quale possibile dire che deve esserci una forma della molteplicit nella
quale mancano interminabilit e continuit. Con ci per viene a cadere quella restri-
zione delle categorie da parte dello schematismo temporale. Per lessenza delle cose
esse valgono senza restrizione.
g
f
I. Kant, Kritik der reinen Vernunft, B 490-595 [tr. it., pp. 310-365]. Lantinomia della ragion pura, terza sezio-
ne : Dellinteresse della ragione in questo suo confitto. Sesta sezione : Lidealismo trascendentale come chiave della
soluzione della dialettica cosmologica. Nona sezione: soluzione caso per caso delle quattro antinomie.
g
Come si presenti in s lunit nella molteplicit, che noi concepiamo come spazio e come serie tempo-
rale dellaccadere, non possiamo dirlo. Ma nellultima parte si mostrer che di ci non abbiamo un concet-
to, ma un presentimento. Nelle impressioni estetiche cogliamo fattualmente e giudichiamo forme delluni-
t nel molteplice (le idee estetiche secondo Kant) il cui principio resta per noi inesprimibile e viene colto
in sentimenti inanalizzabili. Lessere reale delle cose, che cogliamo concettualmente solo come fenomeno,
diventa per noi qualcosa che pu essere sentito nel modo in cui esso realmente in s. Che possa esserci
una molteplicit, unesteriorit e una diversit, del tutto a prescindere dallesteriorit spaziale, senzaltro
chiaro. Il mondo dei suoni, una sinfonia, ne sono esempi semplici. Ma soprattutto il nostro intero mondo
interiore psichico. Pensieri, sentimenti, non sono luno sopra, o davanti o sotto o dietro o dentro laltro;
capitolo quinto 110
c. Lesposizione drammatica dellantinomia della ragione ora, propriamente, sol-
tanto un mezzo particolarmente drastico per renderci attenti e per portare alla coscien-
za ci che risiede nascostamente in ogni ragione quale pi profonda e immediata cono-
scenza fondamentale. Labbiamo gi sforata pi volte. Anche senza la presentazione
nellantinomia si pu giungere ad essa e accertarsene.
Innanzitutto defniamo qui, ancora una volta, il fatto della fducia della ragione nei
confronti di se stessa di avere una conoscenza reale, ossia, in primo luogo e in modo
del tutto universale, la fede nella realt oggettiva dellessere e dellesistenza in generale.
Questa fede non passibile di dimostrazione. Poich, infatti, la ragione non pu mai
uscire da s, cos essa non pu comparare e stabilire dallesterno se al suo conoscere
corrisponda un essere in generale. Ma il senso chiaro e indubitabile del conoscere
questo. E questa pretesa, o meglio questa convinzione che il conoscere vada allesisten-
za immediatamente gi l dallinizio. (Se questo non fosse il caso, non si vedrebbe
come sarebbe potuto venire anche soltanto il concetto di una validit oggettiva del no-
stro conoscere, di qualcosa che esiste a prescindere dalla nostra rappresentazione nella
coscienza.) Ma non che questa fede della ragione nelloggettivit della sua conoscen-
za si trovi nella volont del singolo e dipenda da una decisione etica (per poter agire ;
primato della ragion pratica). Questa fede semplicemente un fatto in ogni ragione.
E soltanto con un ragionamento artifcioso ci si pu ingannare a questo proposito.
A ci, per, si connette subito una seconda cosa. La conoscenza dellunit e della
necessit nellessenza delle cose si scopre quale conoscenza pi profonda, autentico
mistero fondamentale e fondamentale essenza della ragione. Lattestazione di questa
rappresentazione fondamentale della ragione lelemento pi importante nella criti-
ca friesiana in generale. Fries esprime chiaramente ci che era oscuramente divenuto
la legge fondamentale dellintera nuova scienza e il suo infallibile principio condut-
tore, ci che a fondamento di ogni ricerca di connessione, legge, spiegazione dei
fenomeni.
Innanzitutto lunit.
h
Non la rappresentazione grottesca che ogni molteplice nel
le dimensioni di questo molteplice sono totalmente a-spaziali. Non possiamo rappresentarci qualcosa
di corrispondente per il tempo, perch la nostra stessa vita interiore non afatto nello spazio, ma appare
nel tempo. Tuttavia il paradosso del tempo, e la sua inconciliabilit con la rappresentazione di ci che real-
mente , quasi pi evidente di quello dello spazio. Un sistema non temporale di molteplicit sotto leggi
di unit e connessione si ha nella logica. Lesempio della logica pu essere utile per richiamare innanzitutto
in generale lattenzione sul fatto che la molteplicit, il fondamento, il collegamento, la connessione non
sono gi la medesima cosa dei rapporti di relazione temporali. Tuttavia questo esempio non pu essere
utilizzato oltre (lerrore di Leibniz!). Le relazioni metafsiche infatti non sono logiche. Proprio la peculiarit
dellagire e dellagire libero, che deve esser posto per lessere delle cose in s, esclude totalmente ogni vera
e propria somiglianza con rapporti logici.
h
In Wissenschaft und Hypothese ([La science et lhypothse, Paris 1902,] tr. ted. di [F. e L.] Lindemann, Leip-
zig 1906
2
) H. Poincar scrive a p. 147: Lunit della natura. Dobbiamo soprattutto prestare attenzione al fatto
che ogni generalizzazione, fno ad un certo grado, presuppone la fede nellunit e semplicit della natura.
Riguardo allunit presente una difcolt. Se le diverse parti delluniverso non si rapportassero tra loro
come organi di un medesimo corpo, allora non potrebbero agire luno sullaltro. Non si conoscerebbero
reciprocamente e noi, in particolare, conosceremmo soltanto uno di questi organi. Non abbiamo perci
bisogno di chiederci oltre se la natura sia unitaria, ma solo come si realizzi questa unit . certamente cos
e senza unit della natura la fsica non avrebbe alcun senso. giustissimo anche che qui si tratti di una fede,
solo che questa non afatto capace di un grado (cfr. fno ad un certo grado ), ma data in modo del tutto
concordante in ogni ragione come un fatto. Anche il fsico non la ha fno ad un certo grado, altrimenti il suo
proprio lavoro avrebbe senso soltanto fno ad un certo grado. La domanda come questa unit si realizzi
non pi una domanda della fsica.
la filosofia della religione kantiano-friesiana 111
mondo propriamente soltanto una cosa (il modo contraddittorio di rappresentazione
del monismo, che soltanto unespressione rozza e confusa del reale pensiero fon-
damentale della ragione); ma che tutto in generale costituisca ununit sintetica, ossia
un tutto nella connessione continua dei suoi elementi, un mondo unitario dellessere e
dellaccadere. Non un ammasso di fenomeni disparati e privi di connessione, di cui non
sarebbe possibile lesperienza, n losservazione, che perci sarebbe cieco e senza sen-
so, una mera rapsodia di percezioni , ma la connessione di un collegamento unitario
e continuo. Ci che fonda questa connessione sono le categorie, in particolare quelle
propriamente metafsiche della sostanza, causalit e azione reciproca. Esse non sono
altro che le dimensioni, i diversi modi della rappresentazione fondamentale, da parte
della ragione, dellunit sintetica continua dello stesso essere. Sostanza legge e for-
ma dellunit degli accidenti. Causalit e dipendenza il rapporto dellunit e connes-
sione delle cose tra loro. Comunanza per azione reciproca che ogni e ciascuna cosa in
generale sia collegata nellunit di un tutto del mondo.
In secondo luogo la necessit. la stessa cosa vista da altro lato. Invece dellespres-
sione doppia unit e necessit va altrettanto bene unit necessaria . Solo nello stato
ingenuo, in cui la ragione non ancora divenuta pienamente consapevole, ci si pu
ingannare circa questo suo pensiero fondamentale e si pu parlare di caso e casua-
le . Nel maturare e nel destarsi dellimpulso scientifco viene subito in chiaro nella
coscienza la conoscenza del fatto che ogni caso signifca soltanto visione difettosa da
parte nostra, che nellessenza delle cose esso non pu aver luogo, che tutto ci che ha
la sua necessit e si fonda su ci che necessario. Quel che nello spazio e tempo dato
alla nostra sensibilit, dispiegandosi qui separatamente nelle serie infnite delle cose e
nella catena altrettanto infnita della successione temporale delle modifcazioni, non
altro che un coglimento intuitivo proprio di questa unit sintetica e necessaria nelles-
senza delle cose. il senso delle stesse intuizioni spazio-temporali quello di essere un
coglimento dellunit necessaria. E in quanto operano ci, non indicano in generale
soltanto unapparenza, ma ofrono un che di oggettivo, solo in limitatezza, per una ap-
prensione limitata. Tali intuizioni vengono infatti superate proprio da ci che vogliono
riprodurre: dal pensiero dellunit necessaria realmente attuata.
Da questultima, pensata in collegamento con la fede nella realt delle cose, si ottiene
immediatamente come legge suprema per lessenza delle cose il principo della com-
pletezza (come si gi mostrato nelle seconde proposizioni dellantinomia), che esclu-
de da tutti i possibili punti di vista il regresso infnito. Ci che realmente pu essere
pensato solamente nella totalit completa di tutto ci che (solo unaltra espressione
dellunit sintetica necessaria) : non, perci, nellesser sempre ancora uno di pi della
serie numerica infnita e non, in generale, sotto la legge del numero, della numerabilit,
della matematica. Pu esser pensato solo nella totalit completa della composizione, in
quanto consiste di elementi ultimamente semplici, nella totalit completa delle sue cau-
se, in quanto include cause libere, e nella totalit completa delle condizioni, mediante la
sua conclusione nel necessario.

Capitolo sesto
LE IDEE SPECULATIVE
1. Essere assoluto: completezza, il semplice e il reale assoluto, eternit, incondizionatezza. 2.
Anima. 3. Libert. 4. Divinit.
1.
C
on la conoscenza fondamentale immediata (in s oscura e nascosta in profon-
dit) dellunit sintetica necessaria nellessenza delle cose da parte della ragione
abbiamo trovato il fondamento positivo delle idee della ragione. In queste si esprime
in modo chiaro e distinto, e con coscienza, soltanto ci che disposto oscuramente
nella conoscenza immediata. Come, per, le idee debbano presentarsi di fronte alla
coscienza, Fries lo mostra molto chiaramente. Nelle idee deve estrinsecarsi quella vi-
sione del mondo che, in contrapposizione a quella spazio-temporale, che inadeguata,
esprime lessenza delle cose non quale appare di fronte allintuizione sensibile nello
spazio e nel tempo, ma quale pensata dalla ragione puramente per se stessa, ossia se-
condo i principi della completezza. Ora, la nostra conoscenza dellessenza delle cose
si estrinsecava nelle categorie e la nostra intuizione sensibile del mondo si confgurava
in base ad esse, in quanto le categorie erano schematizzate da spazio e tempo. La nostra
intuizione puramente razionale del mondo, dunque, si otterr se invece applichiamo
alle categorie lo schematismo ideale, ossia se le pensiamo senza restrizione e secondo
il principio della completezza. Si ottiene cos con chiarezza, per le categorie della quan-
tit, ci che nel sentimento della verit religiosa agiva da tempo oscuramente e aveva
portato a rappresentazioni fgurative e a modi di espressione di vario genere ; ci che
aleggiava anche in tutte le flosofe, spingendo a speculazioni dogmatiche : lidea delles-
sere assoluto in generale (ossia dellessere completo, absolutum = concluso, compiuto).
Lidea del semplice e della realt assoluta, per le categorie della qualit. Per le categorie
della modalit, lidea delleternit, che lidea del superamento dellesistenza spazio-
temporale e dellesistenza infnitamente condizionata nellincondizionato, ossia nella
necessit assoluta nel fondamento di ogni ente in generale. ( Incondizionatezza ac-
canto a completezza: il secondo momento dellessere assoluto.) Di nuovo unidea
che si fatta valere sempre pi con forza immediata in particolare nella religione, nel
sentimento e nel presentimento, e che ha catturato lanimo con il suo misterioso incan-
to. Viva nel sentimento immediato, ha infuito sulle poesie, mitologie ed escatologie
che commuovono nel modo pi profondo e potente. Da tale idea deriva quella forza
di commozione che risiede, per chiunque giudichi in modo imparziale, anche nelle pi
primitive rappresentazioni della fne di tutte le cose , del cielo e dellultimo giorno,
del crepuscolo degli di e delle cose ultime: queste rappresentazioni, infatti, sono
tutte lefetto sensibile-temporale e il travestimento di quell idea. Col sentimento
ci accorgiamo della sua verit, che nascosta e di cui lo spirito nel proprio cuore d
testimonianza immediata.
2. Per noi, per, le categorie pi importanti diventano quelle autenticamente me-
tafsiche del terzo momento, la relazione, ossia sostanza e accidenti, causa ed efet-
capitolo sesto 114
to, comunanza per azione reciproca. Cosa sono queste categorie pensate in modo
completo , sotto lo schematismo della completezza? Lente ci appare in una peculiare
doppiezza che impossibile arrotondare ad unit, nonostante ogni monismo: da
una parte come esistenza materiale, ossia in predicati puramente spazio-temporali
(estensione, movimento, modifcazione di movimento e situazione) e secondo rappor-
ti puramente quantitativi; e questa la concezione attraverso cui soltanto il sapere
si conclude. Daltra parte ci appare del tutto diversamente nel modo determinato qua-
litativamente : nelle qualit esterne, quelle del colore, del suono, dellodore, del peso,
del calore, della durezza, della dolcezza, e cos via, e nelle qualit interne come piace-
re, dispiacere, sentire, rappresentare, volere, appetire, collera, odio, amore. Sotto lo
schematismo temporale si poteva trovare un appoggio sicuro per la categoria della
sostanza solo nella concezione quantitativa, solo nel mondo materiale, perch lo sche-
ma temporale di questo, ossia il criterio della sua applicabilit, era qui la durata nel
tempo, la permanenza; e questo criterio si mostrava solo nellelemento materiale e
non in quello qualitativo. Di qui la difcolt, che sempre sussiste e sempre sussisti-
ta, di trovare una fondazione sicura per ci che propriamente e solamente vivente:
la necessit, che chiunque sente come colossale paradosso, di dover valutare meno, da
questo punto di vista, il vivente rispetto a ci che morto.
Questo rapporto si capovolge totalmente sotto lo schematismo ideale. Poich
spazio e tempo cadono in quanto inadeguati, e poich la materia viene conosciuta
in modo del tutto esclusivo in predicati spazio-temporali (ci che mobile nello spa-
zio), essa ora perde ogni validit per la conoscenza superiore. Di essa non ci resta da
pensare nientaltro che il pensiero vuoto del qualcosa in generale. Del tutto diverso
con la conoscenza qualitativa. Qui si toglie soltanto la forma temporale della stessa, ma
non il contenuto qualitativo che non ha nulla in comune con spazio e tempo e resta
fermo. E, in forza della fede della nostra ragione nella realt in generale, proprio in esso
viene riconosciuto lente. La categoria della sostanza, per, trova qui la possibilit della
sua applicabilit : nella conoscenza dello spirituale, in quellunit e semplicit dellap-
percezione pura che abbiamo gi visto sopra, nella coscienza di Io dello spirito. Qui
dato realmente qualcosa di semplice, che non ha nulla in comune con l estensione
e dunque con la divisibilit: e a questo la categoria della sostanza si sottopone da s.
Soltanto nello spirito unitario ( = personale) con le sue qualit interne diveniamo
consapevoli di ci che le sostanze sono. In analogia con esso interpretiamo lente come
un mondo dellessenza e della vita spirituale, delle sostanze spirituali in genere, dove
per questa conoscenza analogica, quanto pi i suoi anelli si stringono attorno ai gradi
pi profondi dellente, tanto pi diviene oscura e inadeguata.
Questa idea agisce oscuramente in tutte le credenze sullanima, dalle pi rozze fno
ai gradi pi elevati. Essa il fondamento ultimo del fatto che tale fede inestirpabile
e irrinunciabile. Si ripropone sempre di nuovo contro ogni naturalismo. La dottrina
dell immortalit ne un travestimento. Tale dottrina ha il suo buon diritto e la sua
verit nella conoscenza dello spirito come sostanza eterna, superiore ad ogni tempo,
incorruttibile, e fallisce soltanto, come fallivano le escatologie sotto lidea delleter-
nit, per il fatto che leterno viene scambiato con lombra che proietta sul nostro co-
noscere : con la rappresentazione di una durata eterna nel tempo, che per di per s
nulla.
a
Proprio lindividualit, la personalit e leternit dello spirito nella personalit
a
La religione dice che quando qualcuno muore richiamato dalla temporalit, eternizzato; e,
la filosofia della religione kantiano-friesiana 115
il vero e proprio pensiero fondamentale della ragione. Il presunto rifuire in un uni-
versale spirito del tutto e del mondo, in un io sovrapersonale e sovraindividuale, e
rappresentazioni simili non sono quelle superiori e illuminate di un uomo che si
elevato al di sopra dellopinione volgare e ingenua, ma sono forme non chiarite e con-
fuse della rappresentazione razionale fondamentale. Laspetto volgare e ingenuo
consiste esclusivamente nella confusione tra l eternit e la durata eterna, nella
mescolanza tra il momento ideale e quello sensibile-intuitivo. (E questo conservato
dalla dottrina dello spirito del tutto , perch la dissoluzione in esso uno stato di ag-
gregazione spirituale che deve dissolvere temporalmente lo stato di aggregazione della
coscienza individuale.) Proprio lappercezione pura, la coscienza di Io, ci grazie a
cui la categoria della sostanza si sottopone con sicurezza allo spirituale in contrapposi-
zione al materiale.
3. La seconda categoria della relazione la causa e lefetto, causalit e dipendenza,
ossia lagire, loperare della sostanza e la forma di questo. Sotto lo schematismo ideale,
come abbiamo visto, si toglie la restrizione della causalit alla successione temporale
naturale. E al suo posto compare lidea della libert, di un operare che non a sua volta
efetto di unaltra causalit. Poich ci si fa chiaro cos la sostanza soltanto per mezzo
dellidea dellanima con le sue qualit interne, la causalit in genere, sotto lo schemati-
smo ideale, diviene causalit spirituale nella forma della volont. E poich siamo con-
dotti dalla causalit sotto leggi di natura allidea della causalit libera, la categoria della
causalit diviene idea della volont libera delle sostanze spirituali, in analogia con la
quale devo pensare ogni causalit nella vera essenza delle cose in generale ; analogia
che, anche qui, pi si procede verso il basso e pi diviene indeterminata.
4. Il pi profondo pensiero fondamentale della ragione, il suo mistero pi imme-
diato, quello che si esprime prima della rifessione nellidea della divinit. difcile
rintracciarlo : Tov :v ocv no:tv z: nzt:z toc8: toc nzvto :c::v t: :ov,
z: :covtz :: nzvtz z8cvztov :::v (Platone, Timeo 5
1
). Ma nel sentimento
della verit stato in ogni tempo tanto pi vivo e se ne pu scoprire e seguire lefetto
fn nei miti dei pi primitivi; locchio esercitato riconosce questo efetto gi e ancora
nelle confgurazioni spesso rozzissime e grottesche della mitologia, come anche del
pensiero pi iniziale. Qui diviene possibile indicare la sorgente profondamente nasco-
sta del pensiero supremo, anzi della suprema conoscenza dello spirito umano: allidea
della divinit conduce la terza categoria metafsica (la pi ricca quanto a contenuto)
1
Tim. 28 c : difcile trovare il fattore e il padre di questo universo; e, trovatolo, impossibile renderlo
manifesto a tutti .
con un corretto sentire, contrappone lessere eterno ad un essere per tutto il tempo. Se limmortalit
pertenga allanima nel senso del perdurare nel tempo dopo la separazione dal corpo, una questione a s.
Non deve essere scambiata con la questione delleternit della nostra vera essenza, che lunica che conta
per la religione. Si deve concedere che questa non esclusa da quella. Essere eternamente e durare nel
tempo non si escludono. Noi viventi, infatti, facciamo entrambe le cose. Ma il pensiero elevato della reli-
gione, o in ogni caso della nostra religione, mira senzaltro al primo. E interessarsi al secondo spiritismo,
che non metafsica, tantomeno religione, ma fsica. Se buona o cattiva, se lo pu chiedere chi si sente
attratto da tali oggetti. I fantasmi non possono esser colpiti da scomuniche metafsiche. Se anche si potesse
attestar loro con fondamenti a priori che nel nostro mondo dellintuizione sensibile non possono presen-
tarsi spiriti senza materia, questi risponderebbero che ne hanno una, solo che molto sottile. Fries: La
fede ha luogo soltanto se fede nelleternit della nostra esistenza. Permanenza dopo la morte o mortalit
dello spirito al contrario un tema della fsica interiore, a proposito del quale dobbiamo sapere o decidere
secondo probabilit [Kritik, ii, p. 232].
capitolo sesto 116
sotto lo schematismo ideale : la categoria della comunanza di ogni ente in generale in
quanto pensato come completamente valido. Qui suona molto astratto, ma forse si
pu chiarire velocemente.
Che tutto ci che casuale si fondi sul necessario , come gi esposto in occasione
dellantinomia, il pensiero fondamentale della stessa ragione, il quale sostiene anche
la scienza in quanto pensiero guida (per lo pi non riconosciuto e applicato in modo
ingenuamente ovvio). senzaltro una conoscenza a priori, perch senza di esso non vi
potrebbe essere in noi il concetto di necessario (e con ci quello di legge), che per
abbiamo tutti. Dallesperienza, infatti, non pu essere ottenuto, anzi questo che
rende lesperienza possibile. Abbiamo gi visto anche che esclude da s il nesso infnito
delle condizioni, le quali per un verso presuppongono un incondizionato e, per altro
verso, debbono essere date in modo completo, se anche solo un condizionato deve
potersi realizzare. Questidea inconfutabile. Ma da sola non conduce allidea della
divinit, a qualcosa di necessario al di l e al di sopra del mondo. Perch il necessario
non dovrebbe trovarsi nello stesso ente? Il principio universale: Tutto deve avere un
fondamento non corretto se deve signifcare: un fondamento al di fuori di se stes-
so (perch allora anche Dio dovrebbe avere un fondamento al di fuori di se stesso, e
questo a sua volta un altro e cos via allinfnito). Anzi il concetto del necessario implica
di per s un essere che abbia il suo fondamento in se stesso. Tuttavia deve esserci un
fondamento perch sia qualcosa e non piuttosto nulla, e perch sia cos e non altrimen-
ti. Ma questo fondamento potrebbe trovarsi anche nellente ed esserci sconosciuto.
Veniamo guidati in modo totalmente diverso, se tentiamo di renderci chiaro come
pensiamo di fatto e come soltanto possiamo pensare la categoria della comunanza
di ogni ente in generale in quanto in s valida. Con comunanza intendiamo il fatto
che tutto ci che costituisce lunico tutto del mondo in connessione e riferimento
reciproci: un fatto che, p. e., lovvia base e il presupposto dellastronomia
b
e che,
non raggiungibile nellesperienza, viene conosciuto puramente a priori. Ma cos que-
sta comunanza? Come pu essere? Cos il vincolo del mondo, come lo chiamava
Schelling?
Ammesso che ogni singola cosa nel mondo, diciamo ogni luna, pianeta, sole, stella
fssa, sia per se stessa causa sui , che cio porti eternamente in se stessa la propria
necessit, che abbia in se stessa il fondamento del perch ed proprio cos, non si
sarebbe con ci spiegato nulla dellesistenza di un mondo, di un tutto continuamente
unitario in cui tutto connesso nella pi stretta unit delluno-con-laltro e delluno-
attraverso-laltro. Il mondo non afatto una somma di molti elementi singolari luno
accanto allaltro, ma un tutto organico di parti, una comunanza mediante azione
reciproca. Perch sia un mondo, perch sia tale e quale sia, non pu risedere nei singoli
elementi che esso comprende in s. Il fondamento di ci pu esser pensato soltanto
come posto in un essere necessario che diverso da tutto ci che nel mondo, che
causa di ogni ente in generale e dunque anche causa della comunanza di tutto in gene-
rale. La categoria della comunanza pu esser pensata compiutamente solo come efet-
to di una causa unitaria, essenziale, necessaria, extramondana del tutto. Si pu pensare
la stessa cosa anche cos : cosa signifca spiegare un processo o un dato stato nel mondo,
per esempio quello attuale? Nientaltro che ricercare e mostrare perch debba aver
b
perch aveva questa conoscenza a priori che Leverrier pot conoscere a priori lesistenza di Nettuno
e confermarla a posteriori grazie al cannocchiale.
la filosofia della religione kantiano-friesiana 117
luogo necessariamente proprio questo, proprio cos, proprio ora e proprio qui; signif-
ca dunque riconoscerne la necessit. Riconosco questultima quando conosco la legge
dellazione reciproca, sotto la quale si trova tutto ci che contemporaneo, e quando
conosco le leggi secondo cui da stati precedenti deve seguire proprio questo. Oltre a
ci non posso aferrare alcuna spiegazione scientifca. Ora, per, questa spiegazione
incompleta da un duplice punto di vista e non raggiunge la necessit che propriamente
cerchiamo. Ammesso, infatti, che io conosca tutte le leggi di tutti i possibili accadimenti
nel mondo, sarei in possesso della famosa formula universale di cui parlavano Laplace e
Du Bois-Reymond e potrei calcolare ogni evento nel mondo, procedendo allinfnito in
avanti e allindietro, se soltanto ne fosse data una certa sezione in un certo momento ;
proprio come in astronomia possibile determinare tutte le posizioni del mondo astro-
nomico per migliaia di anni in avanti e allindietro, purch sia data una certa epoca.
In realt solo il decorso delle modifcazioni conosciuto secondo la legge come ne-
cessario , ma non il fatto che in generale ci sia qualcosa che obbedisce a quella legge,
n che ci sia proprio questa cosa, n, infne, che ci sia questo determinato e peculiare
raggruppamento e composizione del molteplice. Lesistenza delle cose in generale e la
loro composizione , di contro alla legge, assolutamente casuale e necessita del suo
fondamento sufciente. Leibniz lo esamina in questo modo:
c
poniamo che il mondo
sia infnito anche a parte ante e che in esso si trovino oggi, o in un qualche momento, dei
libri, per esempio lIliade, che si spiegherebbero col fatto che sono stati copiati da libri
precedenti, che sono stati copiati da libri precedenti, che sono stati copiati... . In tal
caso non spiegato che in generale nel mondo vi siano libri e che vi sia proprio lIliade.
Per questo ci vuole ancora un Omero come fondamento sufciente della serie delle
condizioni in generale, anche se pensiamo questultima come infnita e poniamo che
il singolo libro contingente sia sempre sorto, come copia, da uno precedente. Cos per
la composizione del mondo e per il fatto che in generale ve ne sia uno e che sia tale, ci
vuole una causa unitaria. Che questa molteplicit composta si intrecci nel modo in cui
si intreccia non ce lo spiega la legge dellazione reciproca. La legge soltanto la regola
di un accadimento, ma di per s non la causa efciente. La legge consiste soltanto nel-
la rappresentazione di un essere pensante, ma di per s assolutamente priva di essere.
Un ente, e lunit dellente molteplice, pu fondarsi soltanto su un essere autonomo ed
efciente. Il mondo quale comunanza di sostanze pu fondarsi soltanto su una causa
essenziale e necessaria di tutte le sostanze e delle loro capacit in generale.
Con ci si rivela contemporaneamente che ogni panteismo, che equipari il mondo
stesso alla divinit, unespressione poco chiara e confusa dellautentica conoscenza
fondamentale della ragione. Volendo pensare il mondo anche come Dio, il pantei-
smo vuole soddisfare questa conoscenza fondamentale, in quanto vuole spingersi, al di
l della contingenza della sua composizione, allassolutezza e alla necessit che in efetti
la ragione esige. Ma equiparando mondo e Dio rende erroneamente, come Schelling,
il vincolo, ossia la legge della comunanza, qualcosa di efciente: lo rende una realt
che contro la ragione. Schelling segue quel falso realismo dellantichit che vedeva
nel generale, nelle idee, nei logoi, ossia nelle legi dellaccadere e dello sviluppo, capaci-
t di azione, di contro alla conoscenza per cui soltanto qualcosa di realmente essente,
soltanto un essere pu agire, porre, determinare. proprio la ragione che esige cau-
c
Leibniz, ber den letzten Ursprung der Dinge [De rerum originatione radicali, 1697], Kleinere philosophische
Schriften, Reclam, cit., p. 217, xx.
capitolo sesto 118
se assolutamente trascendenti, che hanno un essere oltremondano. Soltanto come
efetto di queste la categoria di comunanza pu essere pensata in modo realmente
completo.
d
(Lerrore di Spinoza, daltra parte, consisteva nel credere di arrivare dalla
categoria della sostanza allidea della divinit. La categoria della sostanza, per, non
porta allidea della divinit, ma, come abbiamo visto, allidea dellanima.)
d
Fries : Secondo lopinione corrente nel popolo, la divinit viene pensata come causa suprema del
mondo e come sacro fondamento del supremo ordine delle cose, e nessuna speculazione potr apportare
altra correzione a questo modo di rappresentazione, se non quella di rendere pi chiara questa idea per
mezzo della diferenza del fenomeno e dellessere eterno delle cose. Per rafnarla i flosof cercano di
elevarsi al di sopra di questa idea, ma ne sono sempre rimasti al di sotto . Se vogliamo unifcare positiva-
mente ogni essere nella sostanza unitaria della divinit, allora non vi nulla oltre la divinit, tutto uno. Ma
allora la coordinazione del fnito e delleterno resterebbe totalmente impensabile. Non solo non possiamo
dare al fenomeno alcuna realt in relazione alleterno, ma essa non sarebbe possibile nemmeno come apparenza.
Poich, infatti, qui ogni essere soltanto luno e il sommo, allora non vi nulla al quale potrebbe soltanto
apparire. Allora possibile soltanto un in s, ma non limmagine cangiante del fenomeno (Kritik, II, p.
284 e 286).
Capitolo settimo
LA RIVITALIZZAZIONE PRATICA DELLE IDEE
1. Schematismo pratico delle idee. 2. Presentimento, mistero nella natura e nella vita dello spi-
rito. 3. Indimostrabilit. Deduzione. Dimostrazioni dellesistenza di Dio . Errori di Kant nella
dottrina delle idee. 4. Vita immediata della convinzione religiosa nel sentimento della verit.
5. Sapere e fede. 6. Leterno inaccessibile ad una conoscenza concettuale positiva. 7. Ma
esperibile positivamente nel sentimento. 8. Filosofa della religione e scienza della religione.
1.
L
a convinzione che si fonda su una conoscenza immediata della ragione, e che
si esprime in tali idee, di per s non afatto religione, ma fredda e formale
metafsica; mentre la religione, in contrapposizione alla metafsica, ha la sua vita
nellanimo e nella volont. Per poterla avere, per, essa necessita di rappresentazioni
salde e fondate, che sono metafsiche in senso eminente in tutte le religioni. Non pu
darsi afatto una religione senza metafsica, se per Dio si deve intendere realmente Dio,
e per eternit qualcosa che realmente reale. Tutte le religioni si creano anche una me-
tafsica primitiva che per lo pi nasce in modo tale che lespressione puramente ideale
della conoscenza fondamentale si mescola con immagini temporali e dellaldiqu.
In s e per s, dunque, le idee sono fredde e vuote; e resterebbero tali, e mai con-
durrebbero alla religione, se non ricevessero il loro grande e autentico contenuto rivi-
talizzante, che agisce sullanimo e sulla volont, da un versante totalmente altro : dal
versante pratico dello spirito razionale. Spirito diviene un concetto realmente pieno
di contenuto solo se nel pratico la sua vita si rivela con tutti i suoi grandi e ricchi
contenuti.
a
Solo cos diviene evidente perch il regno invisibile ed eterno dello spirito
pu essere il sommo bene , la meta dellanelito e del desiderio del presentimento.
Da fredda e indiferente causa essenziale e necessaria di tutto in generale diviene
creatore vivente, personale, onnipotente e padre degli spiriti, signore del regno eterno
e datore del sommo bene, bont eterna, santa (heilig), onnisciente. Le rappresentazioni
in s fredde e formali di libert ricevono nellambito pratico i contenuti pi profondi
che la religione pot raggiungere: le idee di bene, male, responsabilit, possibilit e
fattualit del peccato come colpa, le profonde e signifcative valutazioni dellesistenza
come colpevole, il grande giudizio fondamentale della religione sullintera temporali-
t quale forma desistenza insufciente, che contraddice la nostra propria interiorit,
e il suo anelito allessere presso Dio al di l di questo mondo, alla purifcazione e alla
santifcazione. Con tutto ci soltanto la religione diviene comprensibile come la forza
pi potente che la storia abbia visto, ci che muove, commuove, trasforma gli uomini
nel modo pi profondo. E il mondo delle idee diviene autentica patria dellanima.
2. E ancora: la presa di conoscenza dellelemento pratico nel nostro spirito ci rivela
a
La parola morta della nostra idea speculativa dunque unicamente che pensiamo la divinit come
causa somma nellessere eterno delle cose, attraverso cui lordine superiore delle cose sussiste. Questa idea
riceve vita e calore solo dallintimo del nostro essere agente. Nella speculazione questa idea lultima che
possiamo esprimere, ma per la fede vivente lidea intima e prima nel nostro essere, in quanto fede nella
realt del sommo bene dal quale ogni vita ideale procede e al quale ritorna, dopo che, nel gioco vivente
della bellezza, si estesa sulla natura e sulla vita singolarizzata nella storia dellumanit (Kritik, II, p. 291).
capitolo settimo 120
unaltra rivitalizzazione dellidea. Non soltanto possiamo contrapporre, nella convin-
zione della fede, il mondo delle idee, in quanto vero, a quello dei fenomeni ; ma possia-
mo anche coglierlo, nellesperienza, come qualcosa di reale che colma di felicit. Prese
in modo puramente astratto le idee sono forme somme dellunit nellessenza delle
cose. Nel sentimento estetico abbiamo per la facolt di riferire la molteplicit fenome-
nica alle forme somme dellunit, di subordinare quella a queste.
Proprio in ci consiste la peculiarit del giudizio estetico, come mostra gi Kant nel-
la Kritik der Urteilskraft. Questa subordinazione non accade grazie alla mediazione di
un concetto chiaro, ma esclusivamente in un sentimento che non pu essere sciolto
concettualmente (i concetti inanalizzabili secondo Kant).
b1
Il nostro linguaggio de-
fnisce presentire un coglimento simile, che non esprimbile concettualmente e si
attua soltanto nel sentimento. Che tale coglimento dellidea per presentimento possa
esercitare su noi questa impressione potente, che si estende attraverso tutti i gradi del
vissuto, deriva appunto dal fatto che lidea, nelloscura interiorit del nostro spirito,
si sempre gi schematizzata, si rivitalizzata con i grandi contenuti pratici di cui
si parlava. Nei vissuti del bello e del sublime presentiamo oscuramente anche nella vita
della natura il mondo vero ed eterno dello spirito e della libert, il mondo del sommo
bene e la potenza e la saggezza della bont eterna. anamnesis platonica dellidea nel
senso pi vero, e mediante la quale soltanto comprensibile la profondit inefabile, il
grande incanto e la magia del mistero che avvolge questa esperienza vissuta. Solo cos
comprensibile il fatto che talvolta, in questa esperienza, lanima esce quasi dai propri li-
miti e dalle sue labbra pende la parola che svelerebbe lenigma di tutto lessere. Qui in
gioco il mistero nella religione. Di per s la religione esperienza vissuta del mistero
assoluto: non di un mistero che sarebbe tale solo per i non iniziati e che sarebbe risolto
per i gradi superiori; ma mistero, che pu esser sentito, di tutta lesistenza temporale
in generale, un trasparire della realt eterna attraverso il velo della temporalit per un
animo dischiuso a ci. Qui la verit, che a fondamento di ogni slancio mistico e di
ogni gioco della fantasia, e il luogo del mistico stesso in ogni religione.
In ci si deve prestare attenzione a come lestetico, il bello e il sublime, sia compreso
in Kant e soprattutto in Fries. facile che limitiamo questi concetti a bellezza e sublimi-
t della natura. Propriamente, per, questi sono solo i gradi inferiori su cui poggia ci
che bello e sublime spiritualmente. Cos lo spirito umano, la personalit, il carattere e
la storia, in cui tutto ci si dispiega, diviene il teatro ancor pi importante del presen-
timento delleterno e delle sue rivelazioni.
(Per ofrire una presentazione esaustiva della flosofa della religione di Fries sar
necessario esporre anche la sua flosofa pratica e lo schematismo pratico delle idee,
che con quella si fa chiaro.)
3. Nelle idee rappresentate in modo chiaro e distinto diveniamo coscienti, rifetten-
do, con una conoscenza mediata, di ci che risiede oscuramente, quale conoscenza
immediata, nel fondamento dello spirito razionale. Come tale, la conoscenza ideale
erompe di quando in quando, singolarmente o come tutto, in modo completo o in-
1
Per lesattezza lespressione utilizzata da Kant unausgewickelt (e non unauswickelbar come ripor-
tato qui da Otto); cfr. I. Kant, Allgemeine Naturgeschichte und Theorie des Himmels, Akademie Ausgabe, i, p.
367. Cfr. anche DH, infra, p. 288.
b
Cfr. la citazione dalla Allgemeine Naturgeschichte und Theorie des Himmels di Kant in NRW
2
, p. 57 e, su
tutto, cfr. ivi, pp. 56-58.
la filosofia della religione kantiano-friesiana 121
completo, nei diversi gradi dello sviluppo dello spirito umano: innanzitutto inconsape-
vole delle sue proprie sorgenti, come un dono dallalto, emergendo vittoriosa per forza
propria, senza alcuna dimostrazione. Le dimostrazioni non hanno mai un ruolo nelle
epoche vive e creative della religione, ma arrivano sempre dopo : e si trascura il fatto
che l dove compaiono, la religione cera sempre gi da lungo tempo, viva prima di
ogni dimostrazione ; che dunque essa deve avere sorgenti proprie e totalmente diverse,
e che solo in queste ultime possono risiedere anche i fondamenti supremi della sua
validit. Se si desta la domanda circa la validit della convinzione religiosa, allora c
qui soltanto un metodo : quello dellautoaccertamento della coscienza religiosa, ossia,
appunto, la ricerca delle sue sorgenti, della conoscenza immediata e della sua afdabi-
lit. Questo metodo quello della deduzione. lattestazione critica del fatto che le
idee si fondano realmente sulla ragione; lattestazione di come vi si fondino e di quali
siano tali idee. Ha la forma di una dimostrazione, ma in efetti soltanto un esame e
una rifessione introspettiva (Selbstbesinnung). Non vi alcuna dimostrazione possibile
della tridimensionalit dello spazio, ma soltanto lattestazione del fatto che ogni essere
umano razionale lo conosce di fatto cos; n vi una dimostrazione della validit del-
la legge di causalit, ma soltanto lesibizione del fatto che la conosciamo nella nostra
ragione e la deduzione ( antropologica) del modo in cui possibile, ossia a partire
da quali facolt dello spirito e da quale rapporto tra le medesime essa ha luogo per la
nostra ragione; n c una dimostrazione del semplice o dell esistenza di Dio, ma la
rifessione introspettiva su come la ragione conosca di fatto la comunanza delle cose
non mediante una legge inessenziale, ma soltanto come efetto di una causa unitaria
ed essenziale. Ogni dimostrazione analitica. Pu far emergere soltanto ci che gi era
nelle premesse. La rappresentazione fondamentale di ci che unitario e necessario da
parte della ragione, per, non pu essere ottenuta analiticamente da alcuna premessa
desperienza, ma si aggiunge in modo puramente sintetico a partire dal patrimonio
proprio della ragione. Nella considerazione deduttiva la conoscenza fondamentale non
viene ottenuta, ma soltanto necessitata a farsi notare e a farsi cosciente.
Per questo ha ragione Kant con la sua critica alle dimostrazioni dellesistenza di Dio.
La dimostrazione ontologica non dimostra proprio nulla, poich, presa come dimo-
strazione, fallisce sul fatto che l esistenza di una cosa non pu esser estratta dal suo
possibile concetto. Lerrore di quella cosmologica nel fatto che, poich dal contingen-
te non pu mai esser ottenuto analiticamente qualcosa di necessario, essa deve tornare
a quella ontologica ; e quella fsico-teologica deve tornare alle prime due. Ma gi ad
unattenta lettura della stessa critica kantiana colpisce immediatamente che il materiale
del ragionamento, che si cela sotto la falsa forma della dimostrazione, esercita sullo
stesso Kant la pi grande impressione: e cos deve essere per chiunque, poich in tale
materiale si presentano considerazioni che debbono necessariamente mostrarsi cos,
sul fondamento della stessa ragione. realmente vero che nella considerazione della
contingenza infnita dellesistenza si rende avvertibile la conoscenza fondamentale del
fatto che lesistenza del mondo e laccadere si fondano sulla necessit. E cos anche
negli sforzi ontologici vi un senso buono: quello per cui lidea somma non apposta
alluomo dallesterno, ma fondata nellintimo della ragione, e la sua validit oggettiva
data immediatamente con la fducia della ragione in se stessa.
c
Questo elemento po-
c
Fries: In fondo nessuno dei fsico-teologi sostiene davvero una tale dottrina rigorosamente scientifca
dei fni naturali [...] ci si sbagliati soltanto nella esposizione dialettica [...] questa considerazione si con-
capitolo settimo 122
sitivo nella critica kantiana delle dimostrazioni viene per lo pi completamente trascu-
rato: e a torto. Anche la conoscenza del fatto che nella rifessione proprio la categoria
della comunanza ci guida al pensiero di Dio gi presente in lui molto chiaramente.
d

Che per per lui la riscoperta della grande dottrina delle idee si confguri in modo cos
insoddisfacente come dialettica dellapparenza, questo si fonda su due errori. Innan-
zitutto sullerronea sofsticheria di cercare le idee come presuntamente poste nelle for-
me del raziocinio: sedotto dal grande successo di aver scoperto per mezzo della mera
forma dei giudizi un contenuto proprio e autonomo di conoscenza nelle categorie a
partire dalla pura ragione, ha tentato lo stesso con i raziocinii nellintento di arrivare da
questi alle idee, mentre i raziocinii, in quanto giudizi puramente analitici, non ofrono
alcun contenuto proprio, n secondo la materia, n secondo la forma.
e
Si fonda, daltra
parte, sul suo falso raziocinio, gi spesso riportato, che conclude dallapriorit alla mera
idealit di una conoscenza e che non pu aver afatto luogo.
f
4. Lo scopo della deduzione lautoassicurazione relativa alle afermazioni del senti-
mento di verit; il che necessario, perch ogni afermazione che voglia appellarsi sol-
tanto al sentimento di verit resta soggettiva e oscillante, e perch solo cos c sicurez-
za di fronte ai propri sogni, alle immaginazioni e ai pregiudizi dello spirito del tempo e
della mera tradizione. Diviene, cos, indispensabile il lavoro della critica antropologica.
Daltra parte si gi sottolineato che non solo mediante questultima che la conoscen-
za ideale viene alla luce, ma, nello sviluppo della vita spirituale dellumanit, compare e
si forma prima e del tutto indipendentemente. Quello che dunque si espone con molta
fatica e sottigliezza nella deduzione, nellartifciosa attestazione dellorganizzazione
della ragione, delle schematizzazioni, restrizioni e superamenti di tali restrizioni me-
diante schematismo ideale, si d nella vita reale dello spirito, nellunit immediata delle
sue funzioni, senza alcuna ricerca o sforzo e con una sicurezza immediata. Lapplica-
trappone allo sterile giudizio materialistico che, cogliendo le leggi necessarie delle determinazioni dello
spazio e del tempo, vuole spiegare il mondo a partire da queste. Per contro questa considerazione ribatte in
un modo che stimolante e accessibile per tutti : non puoi comprendere il signifcato spirituale di alcun suo-
no, di alcun colore. Comprendi tanto poco la costituzione di un flo derba, quanto poco lintero risuonare
spirituale della natura mossa dalla vita (Rel. Phil., pp. 84 e 85). I maestri precedenti non conoscevano la
diferenza tra lesame di queste idee per il sentimento della verit e largomentazione di una dimostrazione
[...]. Propriamente si sbagliarono soltanto sulla forma logica e qui, dunque, lobiezione resta sempre uni-
laterale, se accanto a questo rifuto della forma logica non si ha riguardo anche dellautentico intento del
maestro (Rel. Phil., p. 96). Cfr. ivi anche le efcaci osservazioni sulla dimostrazione ontologica.
d
Cfr. in Kant lAppendice alla dialettica trascendentale, p.e. [Kritik der reinen Vernunft], B 706: per render
possibile, col sussidio dun tal fondamento originario, lunit sistematica, lunit del molteplice nelluniver-
so [tr. it., p. 426]. E ivi, B 709 : Ma la ragione non pu concepire altrimenti questa unit sistematica, che
attribuendo insieme alla sua idea un oggetto [tr. it., p. 428]. E ivi, B 714 : [...] la ragione richiede che ogni
connessione del mondo venga considerata secondo i principi di ununit sistematica, e per come se tutte
quante fossero provenute da un Essere unico onnicomprensivo, quasi causa suprema e onnipotente [tr.
it., p. 430]. E infne ibidem : La terza idea della ragion pura, che contiene una supposizione, semplicemente
relativa, di un Essere causa unica ed onnipotente di tutte le serie cosmologiche, il concetto razionale di
Dio [tr. it. ibidem].
e
Nella seconda sezione del primo libro della dialettica trascendentale (ivi, B 378 [tr. it, p. 251]) Kant dice:
La forma dei giudizi [...] produsse le categorie, che guidano nella esperienza ogni uso dellintelletto. Pari-
menti, possiamo aspettarci che la forma dei raziocinii [...] conterr lorigine di particolari concetti a priori,
che possiamo denominare concetti puri della ragione, o idee trascendentali .
f
Nelle speculazioni sullens realissimum in quanto base contenutistica del pensiero di Dio, che ofre in
ivi, B 598 e ss. [tr. it., pp. 368 e ss.], Kant cade, per giunta, vittima proprio di quella pericolosa anfbolia dei
concetti di rifessione , che aveva egli stesso precedentemente scoperto in modo tanto magistrale.
la filosofia della religione kantiano-friesiana 123
zione della legge di causalit o anche della legge suprema della ragione pratica nella
valutazione delle azioni tanto facile, sicura, universale e immediata, quanto faticosa e
sottile la sua fondazione critica.
g
5. La convinzione ideale fede. La fede una convinzione che tiene per certo ci
che non pu esser visto, n clto con i sensi. Fries si riferisce esplicitamente a Eb 11, 1.
h

Cos sapere e fede si vengono incontro in modo distinto. Il sapere va verso il mondo
dellintuizione sensibile ed ha nel senso il testimone di quel mondo. La fede abbando-
nata da ogni testimonianza dei sensi. conoscenza che la ragione possiede puramente
in quanto ragione, in cui essa si fda esclusivamente di se stessa: e solo in quanto fducia
etica diviene realmente vivente. Ma appunto perci la fede deve esser valutata come
conoscenza: ci che crediamo realmente vero ; anzi, essa deve esser valutata persino
come una conoscenza superiore, di fronte alla quale la conoscenza nel sapere in parte
superata dal lato, cio, della sua forma e, per quanto riguarda lessenza delle cose,
rigettata. Non regge in nessun modo il signifcato corrente di fede quale sapere dai
fondamenti manchevoli o tener per vero secondo probabilit. Ma anche il senso kan-
tiano del termine fede deve esser rifutato : secondo lui la fede sarebbe nella forma
del postulato pratico e in vista del primato della ragione pratica un tener per vero per
g
Cos ogni uomo sa e conosce molte leggi matematiche e flosofche. Egli giudica e agisce conforme-
mente ad esse senza essere consapevole di saperle. Solo con lapprendimento scientifco della matematica
e della flosofa ritroviamo queste stesse leggi in noi. Cos, p. e., ciascuno, quando trova una modifcazione,
ne cerca la causa. Ma solo con la flosofa diveniamo consapevoli della legge di causalit [Kritik, I, p. 106].
Tutti i principi metafsici, che oltrepassano la fsica, poggeranno dunque su idee. Si defnisca fede, o come
altro si vuole, il tener per vero queste ultime : tale fede si render e si manterr valida sempre nelluso
comune dellintelletto, come una convinzione immediata di semplice ragione. Ma al flosofo spetter il
compito pi difcile, quello di capire in quale modo quasi misterioso questi principi indipendenti da ogni
intuizione arrivino ai nostri giudizi [Kritik, ii, p. 12]. La dottrina atomistica dei nostri fsici lesempio
pi radicale di come le idee, molto prima che si riesca a derivarle metodologicamente, sorgano da s
nellessere umano pensante, in seguito alla pressione che la conoscenza fondamentale della ragione esercita
continuamente e che diviene reale nel sentimento religioso, morale o scientifco della verit. Essa non
altro che la conoscenza immediata del fatto che ci che realmente deve avere a fondamento, nella sua
composizione, qualcosa che infne semplice, perch nelle composizioni deve esserci un che-cosa e perch
la composizione deve essere completa, se in generale un composto deve potersi dare. Questa conoscenza
del tutto inattaccabile ed il fondamento del perch la dottrina atomistica usi presentarsi con tale robustez-
za e ingenua afdabilit. Lingenuit consiste solo nel fatto che si trascura che questa intera conoscenza
ideale e si tenta di applicarla al mondo della scienza naturale, ossia al mondo dello spazio e del tempo,
in cui essa , appunto, impossibile. Ci si immagina in tutta seriet che questa materia consista di elementi
ultimi semplici, indivisibili ( atoma), e se ne ricava la fuga tragica e comica nel sempre pi piccolo. Non
appena si trova requie negli atomi, ecco che si annunciano proto-atomi, elettroni, ioni, cariche elettriche.
E poich tutti questi elementi piccolissimi sono nello spazio, e tutti i rapporti spaziali sono puramente
relativi, si vede allora a priori che ogni ipotesi di un elemento ultimo o semplice non altro che un
arresto arbitrario in una fuga infnita. Una molecola, cos come oggi la si schematizza, come un sistema
solare. Grande e piccolo qui sono punti di vista del tutto marginali. Di solito si aggiunge unaltra ingenuit.
Proprio gli atomisti , seguendo il flo conduttore di uninfnita legge di causalit che include tutto, sono
i fautori pi convinti della legge di natura, dellunit e della connessione universale. Ma chi vuole intro-
durre il semplice nel mondo, non pu far altro che introdurre anche cause libere . Entrambe le rappre-
sentazioni, infatti, sorgono da un unico e medesimo fondamento e si esigono reciprocamente. Entrambe sono
componenti della medesima e sicura conoscenza dellessenza stessa delle cose, contro cui ogni conoscenza
secondo spazio e tempo viene superata in quanto conoscenza limitata.
h
In generale sulla relazione del suo flosofare a Eb e a Paolo cfr. il saggio ber den Glauben und die Ideen
vom Guten und Bsen in Beziehung auf die Lehren des Apostels Paulus, nella rivista Fr Theologie und Philoso-
phie. Eine Oppositionsschrift, a cura di Fries, Schrter e Schmit, volume 3, Jena 1830, p. 85. Questa rivista,
con lo scopo particolare di opporsi alla reazione ecclesiastica, a Hegel, a Schelling e al misticismo romanti-
co, era interamente nello spirito friesiano ed era diretta per lo pi dai suoi allievi.
capitolo settimo 124
interesse; per un interesse, in realt, molto importante: quello morale. Ma nessun in-
teresse pu essere criterio della verit. E le stesse convinzioni pratiche non potrebbero
valere per noi se non fossero preliminarmente vere. In questo modo la religione non
poggia sulla convinzione morale, ma questultima che ha il suo sostegno ultimo nelle
idee.
6. Mediante la fede si conosce, e si conosce in doppia negazione, ossia in modo tale
che non otteniamo contenuti positivi di conoscenza circa entit trascendenti, ma li pen-
siamo mediante negazione dei limiti della conoscenza che possediamo. Ci precluso
lesprimere qualcosa di positivo sullin s delle cose eterne. Nessuna flosofa penetra
dietro il velo dello spazio e del tempo (se non mediante negazione di entrambi). In que-
sto modo anche la fede non pu esprimere assolutamente nulla sullin s della divinit ;
tantomeno sul procedere del mondo da Dio. Qui Fries rimane nella pi netta opposi-
zione alle aeree speculazioni dei vari Fichte, Schelling, Hegel, Baader, che tentano di
cogliere in intuizione intellettuale il procedere del molteplice dalluno, il passaggio
da Dio al mondo. Ogni desiderio di passeggiare o di costruire nel trascendente, ogni
cosmogonia o teogonia sono escluse.
Non necessario osservare quanto utile sia alla religione una tale conoscenza. Tutte
le proteste contro la commistione tra religione e metafsica e contro le opinioni erro-
nee, per cui in generale non vi sarebbe religione senza metafsica, avevano soltanto
questo senso. La metafsica in quanto scienza dellaldil non , in efetti, religione e Dio
viene conosciuto soltanto in quei predicati puramente religiosi indicati sopra. Questa
concezione corrisponde integralmente al tratto antidogmatico della fede e dellopera
di Lutero, per cui Dio non si deve cercare quale Egli nella maest, ma quale per
noi , e alla tesi di Melantone nei suoi Loci communes, del 1521, della prima dottrina della
fede protestante: mysteria divinitatis rectius adoraverimus quam vestigaverimus ,
2
per cui
la conoscenza cristiana consiste in practicae cognitiones.
7. Per pervenire a espressioni positive sullinfnito servirebbe in efetti quell intu-
izione intellettuale di cui sono fanatici i fchtiani. Ma questa ci negata. La nostra
intuizione del tutto riassorbita in quella sensibile e per questo non ci possibile una
conoscenza concettuale, una conoscenza dellinfnito in concetti positivi. Questo
resta per noi lincomprensibile. Quel che non pu la comprensione, lo possiamo nel
sentimento. Il sentimento ci ofre una terza specie di conoscenza oltre al sapere e alla
fede, che collega le altre due e le porta allunit : il presentire. Nella potenza degli
oscuri sentimenti del bello e del sublime in tutte le sue forme, nella natura e nella vita
dello spirito, comprendiamo immediatamente leterno nel temporale e il temporale
come fenomeno delleterno. Qui, mediante il presentimento, il mondo della fede si
annuncia in modo abbastanza percettibile e positivo, seppur inesprimibile, nel mondo
del sapere.
i

8. La flosofa della natura non scienza della natura ; la flosofa della storia non
scienza della storia. La flosofa invece scienza dei principi di ogni scienza particolare.
Le ofre i concetti supremi, generali e formali, e le leggi grazie a cui questi divengono
possibili. In questo modo anche la flosofa della religione non sar scienza della reli-
gione e non potr assumersi il lavoro di questa. Proprio nella flosofa della religione
2
Ed. H. G. Phlmann, Gtersloh 1993, p. 19.
i
Nello scritto Wissen, Glaube und Ahndung, Fries ha esposto in particolare il rapporto di questi tre modi
di conoscenza, tra loro distinti.
la filosofia della religione kantiano-friesiana 125
friesiana il rapporto sembra essere colto in modo del tutto puro. Le idee che esibisce
sono puramente formali e di per s vuote, e non costituiscono ancora una religione.
Lesibizione scientifca di quelle, dunque, di per s non ancora afatto scienza della
religione. Quel che la flosofa opera qui , in modo del tutto corrispondente a quel
che opera in altre circostanze, lesibizione di ci che supremo e puramente formale
e lattestazione antropologica di ci attraverso cui la religione stessa diviene possibile
nello spirito umano : lo schematismo pratico e il sentimento religioso . Qui, per,
termina subito lambito dei principi a priori e anche qui, come in altre scienze partico-
lari, interviene lesperienza, quella religiosa, e con ci la storia, quale esperienza allar-
gata, e con ci lintera scienza della religione, in quanto apprensione della religione nel
suo manifestarsi storico e nella sua variet, in quanto comparazione e commisurazione
di valore, in quanto critica, chiarifcazione e, se possibile, perfezionamento, in quanto
tecnica di formazione della religione e della comunit religiosa. Come la teologia non
pi, come prima, una fsica soprannaturalmente ispirata e una metafsica delle cose
celesti, ma appunto una scienza della religione mirante allesercizio pratico e alla cura
della religione, allo stesso modo deve esser determinato anche il rapporto della flosofa
alla teologia.

B. TRATTI FONDAMENTALI
DELLA FILOSOFIA PRATICA
Capitolo ottavo
DOTTRINA DEI FINI DELLUOMO
(teleologia soggettiva)
1. Rapporto con Kant. 2. Ragione pura pratica. Sensazione. Sentimento. 3. Valori, fni. 4.
Piacevole, spiacevole. Inclinazione. 5 Nobile, ignobile. Amore puro. Il principio del suo giu-
dizio a priori. 6. Bene, male. Rispetto. Dovere. 7. Dignit della persona. 8. Dottrina del
dovere, etica. 9. Dovere della religione. 10. Disposizione delletica. 11. Regno dei fni. 12.
Libert psicologica mediante decisione razionale. 14. Rifuto delledonismo. 15. Dottrina del
diritto, politica.
1.
A
n che nella flosofa pratica, Fries in tutto un successore di Kant. Costruisce
sulle basi delle grandi scoperte kantiane, che non possono pi essere abban-
donate da alcuna successiva morale scientifca, e delle defnizioni concettuali delle leggi
fondamentali dellagire umano, universali e necessarie, conosciute a priori : lidea del
dovere, la volont buona in quanto volont di ci che buono in modo assoluto e sen-
za paragone, la determinatezza formale della volont buona in quanto obbedienza
nei confronti del comando morale per il comando, lautonomia della legge morale, la
rigorosa separazione del puro rispetto da ogni inclinazione. Contemporaneamen-
te, per, egli porta avanti il lavoro cominciato da Kant e corregge i difetti dellindagine
kantiana, che minacciavano di diventare pericolosi per lintera impresa. I suoi meri-
ti pi importanti sono qui i seguenti. Fries supera limpossibile tentativo kantiano di
sviluppare nel dettaglio, a partire dallo stesso imperativo categorico, un sistema dei
comandi del dovere. Mostra che limperativo categorico di Kant sta ancora sotto la
condizione di unaltra legge, quella del valore assoluto. Invece della tavola kantiana
delle categorie morali con le sue fnestre cieche , la quale aveva posto erroneamente
lidea della libert come elemento supremo da suddividere, ottiene la vera tavola dei
concetti morali fondamentali, attestando che tale elemento lidea del valore. Risol-
ve la controversia tra Schiller e Kant in quanto che, distinguendo il zov dallzzov,
coordina e subordina agli imperativi puri il giudizio formato sul moramente bello, e
chiarisce il rapporto del puro e rigoroso comando del dovere all amore puro . Porta
alla luce lerronea confusione kantiana tra la decisione puramente razionale e quella
ragionevole e, con ci, la confusione tra la libert metafsica e quella meramente psico-
logica. Fonda lintera dottrina su una dettagliata teoria della ragione pratica.
2. Il compito della flosofa si esaurirebbe con la flosofa teoretica se la ragione e luo-
mo non fossero altro che conoscitivi. Ma al conoscere si aggiungono altre due facolt
dello spirito, attraverso cui la ragione veramente vivente e in cui la sua essenza, la
capitolo ottavo 128
sua essenza superiore, si mostra compiuta e completa. Fries le chiama cuore e ca-
pacit di azione .
a
Sono entrambe facolt autonome, autonome luna rispetto allaltra
e rispetto al conoscere. Ci signifca che non possono essere ricondotte luna allaltra.
Contemporaneamente, per, si esigono reciprocamente. Il conoscere a fondamento
di tutto. E la ragione pu divenire capace di azione soltanto per il fatto che le data
la facolt mediana del cuore, ossia dell impulso, della attribuzione di valore. La ra-
gione non soltanto conosce diverse cose, ma attribuisce loro un valore, e un valore
diverso secondo i diversi impulsi che trova in s e grazie a cui essa valuta. Solo cos
la sua capacit di agire pu diventar viva e pu passare allazione. Dal puro e freddo
conoscere non potrebbe mai seguire un agire. Daltra parte la facolt del valutare non
di per s gi agire, ma d soltanto i motivi allazione. Si potrebbe rappresentare uno
spirito al quale sia accessibile il valore delle cose in sentimenti di piacere o di dolore, in
approvazione o disapprovazione, ma che sia esposto a tutto ci come forse le anime
delle piante solo passivamente e non possa passare allazione. La sua interiorit si
muoverebbe in tali sentimenti, timore, speranza, desiderio, ma non produrrebbe al-
cuna azione. La ragione umana e presumibilmente ogni ragione in genere lo pu.
Essa ha capacit dazione.
In realt, neanche cos potrebbe ancora esserci una flosofa pratica, se lempirismo
avesse ragione. Nellambito del conoscere lempirismo tentava di sostenere che allo
spirito dato tutto il suo contenuto dallesterno, attraverso i sensi, e che il conoscere
si costruisce dalle sensazioni. In modo corrispondente esso tenta qui di mostrare che
i moventi dellazione sono dati nelle sensazioni e che lagire stesso non altro che il
risultato di questi moventi sensibili. Lo spirito non avrebbe, dunque, nulla di proprio:
come l non vi sarebbe alcun principio teoretico proprio, cos qui non ve ne sarebbe
nessuno pratico. Non vi sarebbe afatto una ragione pura . Dunque non vi sarebbe
alcun principio pratico di pura ragione. Al posto della flosofa interverrebbe una descri-
zione del sentire e della meccanica delle sensazioni.
Nellambito della ragione teoretica il bando ad opera dellempirismo era gi infranto
dallattestazione del fatto che in efetti c una conoscenza pura e che solo attraverso
di essa lesperienza (empiria) possibile. Con ci il falso pregiudizio sensistico depo-
tenziato ed aperta la strada per unindagine non prevenuta su questo : se possediamo
principi del pratico e quali siano; ossia la strada per la critica della ragione pratica, la
quale pu essere soltanto antropologica (pu essere, cio, solo unindagine psicolo-
gica). Essa si fa soltanto attraverso unautoosservazione interna, in un esperienza in-
terna che mira a conoscere quali principi pratici a priori abbiamo. Una tale conoscenza
del possesso di conoscenze a priori non , naturalmente, essa stessa una conoscenza a
priori, ma interamente empirica. Qui la prima cosa venire in chiaro circa il senso
della sensazione e circa il suo rapporto alla nostra interiorit in generale. Lempirismo,
come confonde nel teoretico sensazione con percezione sensibile, cos qui confon-
de sensazione con sentimento e cio con sentimento di piacere e dispiacere. Se la
stessa sensazione fosse gi sentimento, gi con essa, e dunque dallesterno e mediante
i sensi, sarebbe dato in noi piacere e dispiacere (dunque un movente), e noi non sa-
remmo nulla di proprio, ma saremmo soltanto, nelle nostre azioni, il risultato di efetti
esterni. La ragione pura pratica sarebbe dal principio impossibile. Ma non questo il
a
La suddivisione psicologica di Fries coincide quasi, ma non del tutto, con la suddivisione corrente in
conoscere, sentire, volere, ma pi precisa.
la filosofia della religione kantiano-friesiana 129
caso, gi nel pi semplice piacere sensibile. Piacere o dispiacere non di per s la sensa-
zione, ma qualcosa che si aggiunge come risposta alla sensazione, a partire dalla nostra
interiorit. Sentimento non senso, ma un peculiare giudizio su un dato sensibile.
Il sentimento capacit di giudizio. Ci che dato nella sensazione pu esser lo stesso
in diversi casi : la nostra risposta di giudizio e valutazione nel sentimento pu essere
per ciascun caso diversissima. Lo stesso gusto, lo stesso profumo, la stessa sensazione
di calore, in momenti diversi e in situazioni diverse della mia interiorit pu occasio-
nare sentimenti contrapposti di piacere o di avversione. La sensazione soltanto data
dallesterno; il sentimento che giudica non lo afatto, ma viene da me.
3. Poich nel nostro rappresentare le cose colleghiamo a queste un valore (ricono-
sciamo in esse un valore), ci sentiamo spinti verso di esse. Valutare una cosa, positi-
vamente o negativamente, signifca avere rispetto ad essa diletto o fastidio. Mediante
questa valutazione e questo dilettarsi di una cosa rappresentata, la sua rappresenta-
zione riceve per noi una causalit, pone in movimento capacit di azione e volont di
rendere il rappresentato reale. Una rappresentazione con tale causalit un fne. Che
poniamo valori, che tendiamo a fni e a quali fni tendiamo, , di nuovo, soltanto cosa
dellesperienza interna e dellautoosservazione.
4. Questa ci insegna che innanzitutto poniamo un valore secondo il punto di vista del
piacevole e dello spiacevole.
Se non si vuole ingenerare una confusione, si deve stabilire un uso rigoroso dei ter-
mini. Il piacevole non tutto ci che in generale viene valutato e diletta, ma ci che
diletta i sensi, che viene giudicato mediante un sentimento di piacere sensibile. Il pia-
cere col quale giudico un profumo soave, un sofo daria fresca, il decorso rapido di
una rifessione percezioni mediante senso esterno o interno specifcamente altro
dal piacere col quale ammiro un grazioso gruppo di alberi, unazione risoluta o ladem-
pimento di un dovere. Posso porre tutto ci sotto il diletto, l approvazione o il
piacere. Ma in questo genere le specie sono molto diverse. Qualcosa piacevole
sempre per me. Ci signifca che propriamente viene giudicato sempre un rapporto
di una cosa a me. Piacevole tutto ci che qualunque cosa sia in s promuove ed
eleva il mio sentimento di vita del momento. In questo modo non dico proprio nulla
della cosa in questione, non riconosco nulla in essa, ma soltanto del suo rapporto, solo
momentaneo, a me. Solo in questo in verit, dunque, solo nel mio stesso sentimento
vitale pongo il valore e, quindi, se defnisco una cosa piacevole, approvo propriamen-
te lesistenza della mia propria vita e del suo allettamento eccitante. Del tutto diver-
samente nei tipi superiori di diletto. Qui pongo un valore oggettivo fuori di me e del
tutto indipendente da me; e non lo riconosco relativamente al mero rapporto con me,
ma alla cosa stessa.
Che la valutazione delle cose secondo il piacevole e lo spiacevole sia empirica, evi-
dente di per s. Conoscere a priori qualcosa come piacevole o spiacevole non avrebbe
senso. Ci che pu promuovere o ostacolare il mio sentimento vitale, infatti, del tutto
dipendente dal momento e dalla situazione, pu essere esattamente lopposto in ogni
nuovo momento e viene conosciuto esclusivamente per mezzo dellesperienza. Voler
fare del piacevole una legislazione morale, con carattere di validit necessaria, dal
principio impossibile. (Da un altro punto di vista si mostra per, senzaltro gi a questo
livello, un momento signifcativo. Gi nel sentimento sensibile di piacere e dispiacere
si fa valere che la ragione attribuisce valore a ci che promuove ed condizione della
capitolo ottavo 130
sua propria vita, ossia a se stessa e alla sua esistenza. Lungi dallessere sensibile in
contrapposizione col razionale, come voleva letica antica, lo stesso sentimento di
piacere sensibile espressione della conoscenza della ragione, del valore di questa stes-
sa e della sua esistenza vivente, che qui si mostra nel grado pi basso e che si sviluppa
poi ulteriormente in quelli superiori. Questa conoscenza, per, assolutamente a priori.
Lesperienza interna ci pu mostrare che di fatto labbiamo tutti, ma essa stessa, secon-
do il suo contenuto, non pu afatto essere ottenuta mediante esperienza.)
5. Il giudicare secondo il piacevole e lo spiacevole mediante il sentimento sensi-
bile di piacere e dispiacere proprio di ogni vivente in generale, si riferisce alle condi-
zioni animali dellesistenza della ragione e accade attraverso l impulso animale che
la ragione umana ha in comune con tutti gli altri viventi. Inoltre troviamo in noi un
impulso signifcativamente diverso da questo, quello umano, attraverso cui attribu-
iamo valore allesistenza specifcamente umana, secondo tutte le possibilit del suo
dispiegamento. Tale impulso coincide con quello di perfezione, grazie a cui si giudica
secondo il punto di vista del nobile, della bellezza spirituale e della sublimit, della
bellezza dellanima. Per le cose perfetto signifca lo stato in cui esse corrispondono
al fne per cui vengono utilizzate. Qui per compreso come lo stato in cui tutte le
disposizioni e capacit dellessenza spirituale delluomo sono sviluppate e connesse in
unarmonia che viene giudicata come bellezza dellanima sotto lideale della saggez-
za , e alla quale si tende. Linclinazione spinge al piacevole; il puro amore, che di
per s bellezza spirituale, al nobile o alleccellente. Da tale amore deriva ogni
nobilt ed elevatezza nellagire umano. Questo impulso opera come fattore potente e
vivo nella storia dellumanit. Il suo dispiegamento, sempre pi pieno, quasi il senso
e la meta razionale di tutta la storia umana. Mediante questo e in conformit a questo
hanno luogo tra gli uomini amore e stima. Questo secondo impulso pu entrare in
contraddizione con il primo. Entrambi consegnano alla volont i loro motivi; lintellet-
to sceglie e decide tra questi e, mediante la decisione, conduce allazione.
b
Con ci, il
secondo impulso avanza la pretesa di essere quello superiore, del quale laltro al ser-
vizio. Ma quel che qui ha valore non la repressione di uno, ma larmonia di entram-
bi (secondo un principio che dobbiamo ancora discutere). Entrambi, infatti, derivano
dalla conoscenza di valore della medesima ragione, la quale in entrambi d valore alla
sua propria esistenza. Solo unerronea illusione pu disconoscere la fattualit vivente,
la capacit e lefcacia di questo secondo impulso, che coopera sempre, in tutti i gradi
dellumanit.
c
Letica dispiega i contenuti spirituali che valutiamo secondo questo impulso : la dot-
trina pratica della natura da cui si deve ben distinguere la dottrina del dovere in senso
stretto (morale). Si ottiene interamente per mezzo di induzioni dallesperienza interna.
b
La capacit dellautocontrollo o dellintelletto, che ci propria nella natura interna, [...] [] la nostra
cosiddetta libert psicologica della volont (Ethik, p. 124).
c
Lopinione corrente di molti antropologi, per cui luomo non riterrebbe buono nientaltro che il
correr dietro, con piacere, al proprio divertimento e vantaggio, o il sottoporre alla legge, con dispiacere,
linclinazione combattuta, del tutto unilaterale e falsa, e derivata da unipotesi arbitraria circa i nostri sen-
timenti di piacere. Gi il gioco dei bambini, ma ancor pi la rinuncia a s in vista dellamicizia e la maggior
parte di ci che di potente e bello accade nella storia, pu insegnarci qualcosa di meglio (Kr., iii, p. 107). [...]
In efetti luomo attribuisce valore alla vita, a quella estranea come alla propria, e alla vita del tutto pi che
alla propria; e linteresse lo spinge allazione in modo conforme a ci. Si soddisfno i bisogni del singolo, e
solo allora questi comincer a vivere rettamente, in imprese liberamente aferrate per qualcosa fuori di lui,
che gli estraneo, che gli pu apparire come la cosa pi importante (Kr., iii, p. 108).
la filosofia della religione kantiano-friesiana 131
Solo a posteriori possiamo venire a sapere in quali facolt, abilit e capacit, intenzioni e
attivit la ragione vive a questo livello superiore, di quali elementi costruita la subli-
mit e la bellezza spirituale. A priori non sappiamo nulla, n di formazione, n di amore,
n dellagire nella professione, nellarte, nella scienza, nello Stato. Ma interamente a
priori, dunque anche universale e necessario, il principio secondo cui attribuiamo un
valore peculiare ad ogni singolo elemento di ci e alla totalit della loro connessione
in armonia. Ci che io pongo come piacevole secondo il primo impulso lo solo
per me, e anche per me lo solo nel caso singolo. Domani, forse, quello stesso grap-
polo che oggi era amabile, mi sar sgradito. E quel che per me piacevole, ripugner
forse ad un altro. Qui vale il de gustibus non est disputandum . Totalmente diverso
per il secondo impulso. Ammesso che amicizia, dedizione, amor di patria, vita attiva,
formazione di s abbiano valore, presumo tutto ci in ciascuno e, se qualcuno non lo
aferra, dichiaro il suo giudizio rozzo, incolto. Lattribuzione di un valore ad opera del
secondo impulso mira a universalit e necessit. Lo pu soltanto se il suo principio
a priori, se risiede nella ragione stessa ed indipendente dallesperienza, se viene
clto esclusivamente dalla ragione e viene dunque riconosciuto in modo necessario
da chiunque abbia una ragione formata. Qual questo principio ? Lo si pu chiarire
soltanto in una pi precisa indagine dei nostri giudizi estetici, che sono analoghi a quelli
del secondo impulso. Qui basti questo: tutte quelle cose che vengono valutate secondo
tale impulso hanno in s qualcosa di peculiare che chiamiamo bello, nobile, eccellente
e a cui diamo la nostra approvazione con un identico sentimento di commozione e di
elevazione. Propriamente non possiamo per esprimere concettualmente quale sia la
nota distintiva del bello, delleccellente, ecc. Si tratta di una conoscenza per mezzo del
solo sentimento, senza concetto. Di qui linanit di ogni sforzo di dilungarsi, nelletica,
in sistematizzazioni e classifcazioni. Di qui la sicurezza del giudizio etico in ci che
delicato e intuitivo, piuttosto che in ci che razionale e oggetto di rifessione. Di qui
la somiglianza tra letico e la genialit. Si tratta di sentimento, ossia di concetti inana-
lizzati e inanalizzabili, di una conoscenza oscura, che non esprimibile nella chiarezza
del concetto. Si tratta in pari tempo di una conoscenza cui non manca nulla quanto ad
afdabilit e universalit e che indipendente da ogni esperienza. Ci che bello o
nobile, infatti, dobbiamo saperlo preliminarmente da noi prima di poterlo riconosce-
re in una cosa. (Anamnesis di Platone.)
6. Al di sopra della legge di valore del nobile, del bello, delleccellente vi quella
del buono e del dovere. Solo qui la ragione esprime il suo intimo e lo fa nell impulso
puro . Incomparabilmente pi in alto anche della bellezza e nobilt dellanima,
nel signifcato di cui sopra, vi anche la dignit della persona e la virt della vo-
lont buona ; al di sopra dell inclinazione e dell amore vi il rispetto verso il
comando assolutamente obbligante del bene in s, senza alcuna inclinazione , per
il puro sentimento del dovere. Cos buono ? Non pu essere riconosciuto o derivato
a partire da nientaltro ; n ottenuto in qualche altro modo. Solo quellautocompren-
sione circa la somma conoscenza di valore, che la ragione possiede, pu condurre
qui allo scopo. Defniamo buono non un qualche dono o privilegio, qualcosa che
degno di amore o una qualit degna di stima del nostro spirito in generale, ma sol-
tanto la nostra volont. Questa buona quando agisce per dovere . Il che signifca,
per, quando tende, vuole, fa o non fa, ci che deve assolutamente essere fatto o non
fatto. In ci vi sono tre cose : primo, che c qualcosa che deve assolutamente essere
capitolo ottavo 132
fatto o non fatto, che dunque ha un valore in modo assoluto, che nellessenza delle
cose c un valore, e un disvalore, assoluto, un fne sommo, il quale fne in se stesso,
non per qualcosaltro, ed un fne assoluto, ossia deve assolutamente realizzarsi. Se-
condo, che questo fne viene conosciuto e riconosciuto come tale da colui che vuole.
Questi deve coglierlo e porselo come assoluto ; deve rendere questo stesso legge del
suo agire : deve, cio, volere autonomamente. Terzo : deve seguire questa legge non
per la dolcezza del contenuto del comando, non per inclinazione , ma puramente
per la legge , ossia in modo tale che la conoscenza del dovere assoluto stesso sia per
lui movente. Buona dunque una volont che segue la massima : agisci cos come sei
convinto di dover agire.
Questa una regola che consiste in concetti chiari. E qui limpulso puro e la sua
legalit chiaramente distinto dal secondo. Il secondo impulso giudica per sentimen-
to, il quale non risolubile concettualmente. Buono, per, ci che piace secondo
concetti . Il secondo impulso approva nella valutazione ; quello puro secondo la valu-
tazione.
In tutto ci la base kantiana chiara. Ma si presti attenzione anche alle diferenze
essenziali. Al di sopra del noto imperativo categorico kantiano non vi certo un altro
imperativo. Ma limperativo categorico pu valere soltanto sotto la condizione che in
generale vi sia un valore assoluto, sotto la cui legge si deve agire: esso si trova sotto la
condizione dellesistenza di un valore assoluto oggettivo che di per s non si d. Non
diverso anche nella nota formulazione che lo stesso Kant d del principio pratico
sommo. Infatti il suo comando : agisci in modo tale che tu possa anche volere che la
massima del tuo agire divenga legge universale, o va al di l della forma vuota di un
amore per lordine , del quale non si capirebbe come potrebbe determinare in modo
assoluto una volont, come potrebbe essere grandioso o ispirare rispetto; oppure
rimanda, proprio mediante il che tu possa anche volere , ad un criterio esterno di
opportunit e con ci ad un valore assoluto come condizione. Del tutto a ragione, per,
con la sua esigenza rigoristica, Kant tien fermo che la legge non deve determinare la
volont mediante la materia, ma solo mediante la forma, ossia in quanto lege. Non v
dubbio che per lo pi anche l inclinazione o l amore o simili mi attireranno verso il
contenuto che mi comandato. Ma lelemento morale nellazione sussiste solo se con
consenso mi inchino al dovere.
7. Qual , per, il contenuto del comando? Cos che deve assolutamente essere ? Che
cosa ha quel valore assoluto a cui mira il puro impulso e riconoscendo il quale una vo-
lont buona? Niente che possa essere incontrato nel mondo del fenomeno. Qualcosa
di assoluto pu esser pensato soltanto, come abbiamo visto, sotto idee, in quanto viene
contrapposto alla fnitezza del mondo dei fenomeni in doppia negazione. Tutti i va-
lori della nostra esistenza temporale fenomenica possono essere soltanto molto elevati,
ma mai in modo assoluto. Contrapponiamo ad ogni valore fnito il valore assolutamen-
te perfetto con il termine dignit. Essa propria di ci che viene pensato, sotto lidea,
come sostanza assoluta: lo spirito personale nella sua indipendenza e libert dal mec-
canismo dellintera natura. Dignit della persona il principio ideale sotto cui giudi-
chiamo ogni uomo in quanto fenomeno di uno spirito personale eterno. Quel che con
ci gli attribuiamo , come in ogni sussunzione ideale, esprimibile solo negativamente :
un valore che non sottost al grado, al pi o meno, ma che perfetto, assoluto.
Lelemento positivo dellidea per noi, per la nostra conoscenza concettuale, del tutto
la filosofia della religione kantiano-friesiana 133
nascosto, ma tanto pi vivo nel sentimento che lo spirito personale ha di se stesso, del
proprio valore assolutamente superiore allintera natura, in breve della fortuna som-
ma dei fgli della terra: la personalit (Goethe).
1
8. Come non possibile alcuna derivazione sistematica da alcuno dei principi ideali,
cos nemmeno da quello della dignit personale. La dottrina della dignit non si lascia
dispiegare in un canone della dottrina del dovere applicata. Non possiamo creare uno
spirito personale e quindi non possiamo porci questo e la sua esistenza come un fne
positivo dellagire. Ma questo principio diviene applicabile per il nostro agire da un
duplice punto di vista. In primo luogo in esso risiede il comando del rispetto assoluto
di ogni personalit. Ne consegue : a) regole dellintenzione in riferimento a noi stessi e
ai nostri simili e contemporaneamente b) massime che di per s non danno al nostro
agire fni positivi, ma fssano, quando in generale agiamo, linee di direzione. Queste si
fanno valere come limitazioni e divieti cos come tutta la legislazione morale si an-
nuncia innanzitutto in certi divieti. Ma sono espressioni di un pensiero fondamentale
sommamente positivo, che di per s non un divieto, ma un comando. Ad esse appar-
tiene tutto ci che deriva dalla legge kantiana: agisci in modo tale da non utilizzare mai
lumanit, tanto nella tua persona, quanto in quella degli altri, soltanto come mezzo,
ma in pari tempo sempre anche come fne. E ad a) appartengono, quale espressione
immediata del rispetto della dignit della persona, lesigenza dellonore personale per
quanto riguarda noi stessi, quella della giustizia per quanto riguarda gli altri. Onore e
giustizia (con avvedutezza e fortezza) sono le virt cardinali in assoluto. In secondo
luogo, per, per questa nostra vita nel tempo il secondo e il primo impulso si sotto-
pongono al comando del dovere dellimpulso puro, uno pi e laltro meno secondo le
gradazioni dei loro rapporti di valore. La ragione d valore alla loro stessa esistenza:
in modo assoluto nel valore assoluto della dignit della persona, in modo relativo se-
condo i valori graduati dei due altri impulsi. Poich la ragione appare a se stessa nel
divenire temporale e sotto la condizione della capacit di perfezionamento, lambito
dellagire secondo i due altri impulsi (dunque la forza e la salute dellelemento anima-
le, la bellezza e la perfezione di quello spirituale e larmonia di entrambi) si appoggia
allidea del dovere. In questo modo, vengono posti alla volont buona compiti positivi,
in quanto che, mediante le valutazioni del secondo impulso, le viene data la convin-
zione del modo in cui deve agire. Questa subordinazione, per, si fa interamente nel
sentimento, cos come nelletica scoperte ed elaborazioni sono interamente cosa del
sentimento morale.
d
Cos letica si rivela quale dottrina della vita e dellazione dello
spirito razionale nel tempo. Essa d alla storia dellumanit il suo senso, il suo compito
e la sua meta (cfr. Schleiermacher: etica, libro delle formule della storia
2
).
Nelletica generale si distingue per s, in modo puro e rigoroso, come elemento
supremo la dottrina del dovere (dottrina morale in senso stretto). Il suo contenuto
ci che stato esposto sullidea del dovere e, inoltre, le massime morali supreme, il
comando della dignit della persona, le dottrine dellonore e della giustizia, le massime
limitative dellagire in generale, che ne determinano la direzione, e, infne, la dottrina
1
Cfr. J. W. Goethe, West-stlicher Diwan, 1819 e 1827
2
, Buch von Suleika.
2
Cfr. F. D. Schleiermacher, Grundri der philosophischen Ethik, Berlin 1841, p. 33, 108 : La scienza stori-
ca il libro delle immagini della dottrina dei costumi, e la dottrina dei costumi il libro delle formule della
scienza storica .
d
Non del senso (Sinn) morale.
capitolo ottavo 134
della volont buona e della sua virt, che si sviluppa come carattere e solidit di caratte-
re, avvedutezza, fortezza, onore, giustizia, purezza dintenzione. Questintero ambito
capace di concetti rigorosi. dottrina della virt nel senso rigoroso del termine : ci
che altrimenti chiamiamo cos, ha solo un signifcato traslato. Che sia impossibile svi-
luppare concettualmente a partire da qui un codice di singoli doveri, Fries lo mostra
in modo molto convincente a proposito dei noti esempi della critica kantiana ; il che
assai indovinato : ogni tentativo simile, infatti, fnisce necessariamente in doveri per-
fetti e imperfetti , interi o dimidiati, e rende oscuro il concetto stesso di dovere, oppure
ne spalma uniformemente il duro e rigoroso comando su qualsiasi esigenza del senti-
mento morale (Stoa), contraddicendo con ci la realt del giudizio morale che ricono-
sce nelletico tutti i gradi del pi e meno importante, del pi e meno di valore. E poich
viene cancellato il confne netto tra la valutazione in base al secondo e quella in base al
terzo impulso, il bene corre il rischio di esser mescolato con il nobile e con leccellente
e, in questo modo, di veder messa in pericolo la sua singolare ed esclusiva dignit.
9. Le eccellenze e le abilit secondo la regola del secondo impulso guadagnano una
relazione al bene e al dovere in senso rigoroso soltanto mediante ci che Fries chiama,
in questo contesto, religione, e perci annovera anche tra le virt fondamentali: il
costante, vivente, interiore riferimento allidea e la disponibilit a condurre interamen-
te la propria vita sotto il punto di vista di questa, ossia di agire conformemente ad essa,
quale che sia il modo in cui lo indica il sentimento morale.
e
Appunto questa religione,
la fede e lesser riferiti nel sentimento allidea del valore assoluto dello spirito razionale,
che nella storia si mostra in sviluppo, d ad ogni agire morale il suo senso pi profondo :
quello di subordinare i fni della vita propria a quelli della storia dellumanit (che deve
essere la storia della ragione diveniente). Concettualmente molto difcile, se non
impossibile, dire come possiamo giungere a questo sublime principio fondamentale di
tutte le grandi azioni morali. una sussunzione puramente sentimentale, ma del tutto
afdabile, del proprio essere e agire sotto lidea del valore assoluto, che si attua median-
te una massima posta in modo inesprimibile nella devozione. Tutte le rappresentazioni
del fatto che dovremmo cooperare ai fni del mondo (cooperari Deo) sono palesemente
fgurate. Tuttavia, in tali immagini risiede indiscutibilmente il senso pi profondo del
nostro compito di vita morale in generale.
10. Letica di Fries si dispiega in modo del tutto corrispondente. Dopo aver trattato
della morale nel senso pi rigoroso e, in questa, dellideale del carattere, dellideale del
dovere della virt in generale e dei doveri della virt della giustizia, in quanto dovere
della giustizia in senso pi stretto, della veracit e della fedelt, illustra ci che qui,
come bellezza dellanima, sottost allidea rispetto al secondo impulso: lamore, le
sue attivit nellassistenza, nella benefcenza e nella gratitudine, le sue forme partico-
lari quali amicizia, vita familiare e spirito comune. A ci si collega lideale della dignit
delluomo o il dovere della virt dellonore e, in modo corrispondente, ci che qui
sottost allidea come bellezza dellanima : lideale della grazia dello spirito con purezza
e armonicit ; e, in aggiunta, lideale della devozione (nella relazione indicata sopra) e
quello della professione.
11. Se la ragione agente, che pone fni, si presentasse solo come singola o anche come
e
Defniamo, dunque, virt religiosa innanzitutto quellentusiasmo che eleva lanimo al di sopra
dellopinione comune della vita quotidiana [...]. Questa virt dellocchio dello spirito, fsso diritto al cielo
la vera virt del nostro Evangelo (Eth., pp. 367-368).
la filosofia della religione kantiano-friesiana 135
molteplice, ma isolata, potrebbe indirizzarsi solo ai propri fni e porsi soltanto i compiti
di autoformazione, perfezionamento e dominio della natura. Essa, per, non singola
e i singoli esseri razionali non sono isolati, ma sono in comunanza e azione reciproca
delle loro azioni e del loro porre fni. Cos, dal principio fondamentale della dignit della
persona si ottiene lidea morale suprema del regno dei fni. E questo, in certo modo, in
tre gradazioni. Primo, il principio morale fondamentale d ad ogni agire, quale che ne
sia il motivo, la forma limitativa cui ogni agire, luno rispetto allaltro, deve sottoporsi.
Da qui si ottiene il principio della [suddivisione della]
3
dottrina del diritto in diritto e
obbligo. Secondo, si ottiene positivamente lidea delluno per laltro in generale, sotto
cui vengono riconosciuti i fni dellaltro come propri; terzo, lidea della comunitariet
dei fni della collettivit fno allesser in comune del genere umano e dei suoi fni nella
storia in generale. Lordinamento della propria condotta di vita sotto questa idea e
loferta di s, fno al sacrifcio di s, quanto di sommo si possa raggiungere nelletico.
Qui la sussunzione, come gi detto al punto 10, si fa totalmente a partire dal secondo
impulso, secondo massime inesprimibili, ed religiosa.
Questo regno dei fni lo stesso mondo vero, rispetto a cui ogni esistenza naturale
esteriore diviene indiferente, ed ci che solo resta fermo, quale autentica realt, di
fronte allidea. lautentica realt superiore. Lessere in generale era conosciuto se-
condo le sue determinazioni fondamentali nelle categorie. Ora dobbiamo solo riferire
queste ultime a tale essere superiore, allessere con valore, per avere in mano anche
lintera tavola dei possibili concetti morali fondamentali. Cos le categorie della relazio-
ne, sostanza con accidenti, causante e causato, comunanza mediante azione reciproca,
divengono qui : persona e suoi stati, persona e cosa, diritto e obbligo. Qui il valore la
qualit, il reale, il che cosa . E le tre categorie della realt, negazione e limitazione
diventano: valore, disvalore e collisione di valori. Secondo la quantit, il singolare qui
il fne. Alla totalit corrisponde il fne in genere o il fne ultimo . E tra i due, come
molteplicit dei fni intermedi, vi il mezzo. Secondo la modalit, per, la possibi-
lit morale lesser lecito ; il moralmente reale, ci che non soltanto stato lecito,
ma che si anche potuto; il moralmente necessario, lesser dovuto (dovere).
4
Le tre
categorie modali sono dunque: esser lecito, esser possibile, esser dovuto.
12. La dottrina della libert metafsica deve esser completamente esclusa dalletica.
Essa presupposto e non contenuto della dottrina morale. I diversi impulsi danno alla
volont i motivi. La diferenza delluomo dallanimale consiste anche nel fatto che luo-
mo non ha bisogno di seguire lo stimolo momentaneo, ma capace, in forza di un auto-
controllo razionale, di sospenderne lefetto, di mettere in relazione i diversi stimoli del
medesimo impulso e i diversi impulsi tra loro, di porsi delle massime, che a loro volta
agiscono come stimoli duraturi, e cos di decidersi secondo una scelta. Questo ci che
costituisce la decisione razionale, che propria del nostro agire e che, mediante forma-
zione ed educazione, sottrae sempre di pi la volont al precipitoso esser determinata
da stimoli sensibili e del momento. Ma anche lo scegliere della decisione razionale
determinato sufcientemente dallo stimolo alla fne pi forte. Scopo di ogni formazio-
ne del carattere qui quello di far s che i motivi pi nobili divengano in noi anche i
pi forti. Qui, nel mondo del fenomeno temporale, la libert non ha luogo. Senzaltro
ci muoviamo un rimprovero, nella coscienza morale, se lazione risultata contraria
3
Assente nelloriginale.
4
Nelloriginale: Das Sollen (Pficht).
capitolo ottavo 136
alla legge e presupponiamo di essere liberi nonostante la serie chiusa di motivazioni.
Ma questo giudizio trova la sua giustifcazione solo successivamente e non per il fatto
che si interrompe la serie dei fenomeni e vi si introduce una causa libera, che per in
essa non pu esserci. La decisione razionale una libert di contro allesser vincolata
dellanimalit, ma di per s non deve esser gi scambiata con la libert metafsica.
13. Per la nostra esistenza temporale fenomenica il determinismo conserva il suo
pieno diritto. Non per quello edonistico con il quale spesso viene precipitosamente
equiparato. Ledonismo argomenta in questo modo. Anche la motivazione per senti-
mento del dovere in fondo eudemonistica : non obbedire al dovere mi esporrebbe al
dispiacere dellautorimprovero, obbedire ad esso mi porta il sentimento elevato del ri-
spetto di s. Agisco per evitare quello e per ottenere questo. Agisco, dunque, eudemo-
nisticamente, solo in modo pi rafnato. Ma questa una conclusione ingannevole e
abbastanza grossolana, e poggia su una difettosa autoosservazione. Il sentimento eleva-
to del rispetto di s pu intervenire soltanto a meno che non sia in generale presente
un semplice autoinganno se si agito realmente bene, se, cio, si adempiuta la legge
puramente per la legge. In generale, quel sentimento elevato pu esserci, ma solo suc-
cessivamente e come concomitante, se prima, nellazione, si agito per impulso puro;
in caso contrario una menzogna che ha gambe cortissime. Se gi prima miravamo al
sentimento elevato e volevamo agire in vista di quello, ci coglie il rimprovero morale
e il sentimento di dolore. Cos questo edonismo si toglie da s. Per di pi la comparsa
di questo sentimento concomitante successivo, quando in generale compare, dipende
completamente per grado e specie, da momenti e circostanze e pu comparire in grado
maggiore o minore, o pu non comparire afatto.
14. Come contraltare della dottrina della virt, che indaga la volont buona pura-
mente per s, vi la dottrina flosofca del diritto. Come l Fries ha superato lo sfortu-
nato e rigido tentativo di Kant e della pi stretta scuola kantiana di trarre dal dovere
puro un canone dei doveri, cos qui ha superato quello di costruire a priori un diritto
naturale . Vi qualcosa di flosofco nella dottrina del diritto solo nella misura in cui
qui la medesima legge del dovere, che nella dottrina della virt era stata sovraordinata
alla dottrina della natura interiore (etica) e allagire del singolo, sia sovraordinata alla
societ degli uomini e al loro rapporto. Lunico comando che si ottiene in questo modo
luguaglianza delle persone ; comando che poi passibile di una qualche elaborazio-
ne. La politica corrisponde qui a ci che l etica applicata.

Capitolo nono
DOTTRINA DEL FINE DEL MONDO
(teleologia oggettiva)
1. Lessere stesso sottost ad un fne eterno (nascosto). 2. Religione la relazione a questo. 3.
Come tale essa si dispiega nei misteri religiosi fondamentali : a) della nostra destinazione eterna ;
b) della coscienza di colpa ; c) delleterna provvidenza di Dio.
1.
L
a dottrina delle idee aveva esposto di quali rappresentazioni sul trascendente sia-
mo capaci. L esse costituivano, di per s, cose di pensiero ancora astratte e
fredde, che potevano esser buone per la speculazione metafsica, ma che non dicevano
nulla allanimo e alla volont. Solo mediante la conoscenza dellente come regno di
valori si animano e, in quanto pensieri fondamentali della visione pratico-ideale delle
cose, foriscono in quei potenti fattori che aferrano lanimo e che sono conosciuti e
posseduti dalla religione. Solo qui, dunque, pu mostrarsi la dottrina flosofca della
religione. Di per s, per, essa la seconda parte della flosofa pratica , non perch,
come in Kant, viva di postulati pratici e sia dunque solo unappendice della mora-
le, ma perch la dottrina della religione, tanto quanto letica, dottrina dei fni nel
suo pi profondo fondamento e secondo il suo autentico intento. Nel modo seguente :
letica ci ofriva i valori e i fni che sono possibili e assegnati alluomo come singolo e
allumanit come tutto, nel corso della sua storia. Lo faceva sul fondamento dellintui-
zione pratica fondamentale della ragione, per cui la nostra esistenza si trova sotto leggi
di valori che devono essere realizzati, per sviluppo e formazione, nel tempo. Sotto la for-
ma della conoscenza ideale, per, questa conoscenza si eleva da s alla fede nel valore
assoluto dellente in generale, al fne ogettivo e alloggettiva conformit al fne del mon-
do vero, la quale gli insita grazie alla sua causa santa e onnipotente (heiligallmchtig),
la divinit, e mediante la quale esso il sommo bene.
2. Esser consapevoli di questo fne eterno ed essergli riferiti religione. Dunque
la dottrina della religione, secondo il suo intento, mira interamente alla dottrina
del fne del mondo , alla teleologia oggettiva . Concettualmente essa raggiunge que-
sto intento solo in afermazioni doppiamente negative ; per afermativa nello
sviluppo e nella descrizione dei sentimenti religiosi, mediante cui cogliamo e rico-
nosciamo nel mondo fenomenico il mondo vero, secondo il suo fne e il suo valore
oggettivo. Questa elaborazione concorda, molto pi di quanto inizialmente sembri,
con ci che veniva inteso per religione anche nella dottrina di scuola. Anche secondo
questultima, infatti, il senso sommo della nostra fede appunto quello di credere
che il mondo, lesistenza e noi stessi siamo un mondo di Dio , in cui il decretum
aeternum , il decreto eterno o quale che sia lespressione che si sceglie viene
realizzato e in cui, con ci, il regno di Dio dato. La dottrina della religione, per,
soprattutto quella protestante, conformemente agli impulsi di Lutero, non voleva
essere una fsica speculativa celeste, neanche nel suo periodo scolastico, ma una dot-
trina del decreto divino di salvezza, ossia una dottrina del sommo bene, del modo in
capitolo nono 138
cui questo si fonda in Dio e viene da questi realizzato quale regno di Dio ; vale a
dire : teleologia oggettiva .
3. Tale teleologia oggettiva si fa valere con ogni forza ed energia nella religione.
Si esprime nei grandi misteri fondamentali della religione. Perci propriamente non si
esprime afatto. Ogni dogmatica che tenti di sciogliere concettualmente questi misteri
non soltanto inutile, ma anche rozza. La religione vuole mantenere intatto il mistero
in quanto mistero. Un mistero della religione non soltanto qualcosa di provvisoria-
mente oscuro, che si lascia risolvere col tempo come i misteri della chimica, n un
arcano, che un mistero solo per i circoli profani inferiori, ma si lascia tradurre in
gnosi per gli iniziati : invece un ztov, qualcosa di assolutamente inefabile. Daltra
parte non qualcosa di immaginato e fantasticato, ma tale che se ne pu determina-
re con sicurezza il luogo, che la sua inevitabilit e validit pu esser attestata da ogni
ragione umana, che i suoi diversi lati possono essere esibiti e che il suo sciogliersi nel
sentimento ci viene accennato in modo inesprimibile. Questa dottrina della necessit
del mistero nella religione mi sembra la cosa pi rafnata e delicata nellintera flosofa
di Fries. Quanto pi autentico e vero il modo in cui questa dottrina corrisponde alla
testimonianza immediata del sentimento religioso stesso, rispetto a quelle indiscrete
mistagogie e a quel flosofare assoluto dal punto di vista di Dio che intratteneva
i contemporanei di Fries ! Ma questa dottrina del mistero si distingue profcuamente
anche dai nostri tentativi pi recenti, che annunciano di nuovo il mistero nella religio-
ne , ma lo cercano nelle arti dei visionari e nelle estasi dei dispensatori di oracoli.
a

a. La dottrina flosofca della religione dispiega s e i misteri religiosi molto sempli-
cemente, sviluppando le idee somme, precedentemente individuate, come deter-
minate praticamente; cos che per allelaborazione dottrinale resta poco da fare e la
cosa stessa interamente afdata al vissuto religioso.
Sotto lidea la sostanza assoluta, ci che realmente , era risultata essere spirito per-
sonale (e quel che si pu pensare di analogo). Con la determinazione pratica e, in pari
tempo, con la contrapposizione ideale ai valori solo relativi nel fenomeno, si ottiene
qui lidea del valore assoluto ed eterno della ragione personale e un fne eterno della
medesima. Tale idea include ci che abbiamo gi conosciuto come dignit della per-
sona e, oltre a ci, una destinazione eterna del valore del singolo nel tutto e per il tut-
to. Gi quella si lasciava elaborare solo nelle espressioni negative come indipendenza
e superiorit rispetto allintero meccanismo della natura in generale . La dignit, ma
ancor pi la nostra destinazione eterna pu esser clta da noi positivamente solo per
presentimento, nel sentimento beatifcante. una destinazione, appunto, eterna, la
cui legge nessun orecchio terreno ha udito, nessun occhio terreno ha visto ; nessuna ra-
gione mortale scoprir il velo del suo mistero.
1
Ma al sentimento si annuncia in modo
sufcientemente vivo.
b. Di unelaborazione pi ricca suscettibile lidea di libert. Qui si ottiene la dot-
trina della libert e contemporaneamente quel che risuona in modo pi o meno oscuro
anche in altre religioni, ma che d al cristianesimo il suo sentimento pi profondo e il
suo punto centrale: il problema del bene e del male, il fatto assolutamente misterioso
per cui ogni uomo prigioniero della colpa, della quale rende testimonianza la coscien-
1
Cfr. 1 Cor 2, 9.
a
Da cui segue che si pu ben considerare religione il ritrovamento delle asine smarrite, ma non
lesperienza vissuta di Buddha.
la filosofia della religione kantiano-friesiana 139
za morale di ogni epoca, se ne viene udita la voce in modo completamente puro. Solo
una dolce superfcialit, che vuole lusingare la sensibilit, ha osato dichiarare luomo
assolutamente buono. Un unilaterale empirismo lo ritiene in parte buono e in parte
cattivo o propriamente n luno n laltro. La forza del giudizio flosofco, invece, si
sempre dichiarata per il rigore della distinzione tra bene e male e, rispetto alluomo,
per il giudizio di condanna. Ma come vogliamo motivarlo a dovere e limitarlo ? (Kr.,
iii, p[p]. [246-]247).
Secondo la conoscenza ideale lo spirito personale la vera sostanza, la volont la
causalit. E, secondo la medesima conoscenza, questa causa una causa libera, per cui
luomo che vuole in modo libero determina liberamente per se stesso le sue azioni e i
suoi stati. Nella natura, certo, questa libert non ha luogo. Qui stati e azioni procedo-
no, secondo leggi, dallazione reciproca del carattere empirico e degli stimoli e condi-
zioni dellambiente contemporaneo. E il carattere empirico di ogni singolo appare di
per s quale conseguenza necessaria del carattere dei suoi genitori e di altre condizioni
naturali che lo precedono nella serie temporale. Ma secondo la conoscenza ideale il
carattere empirico soltanto fenomeno di uno intelligibile, che come tale non parte
della serie causale temporale e non sottost alla legge di natura, ma va pensato come
azione e autodeterminazione di una causalit libera. Se ha determinato se stesso, allora
compare, nellordine intelligibile delle cose, in connessioni e collegamenti la cui vera
essenza ci interamente nascosta e che per, in quanto fenomeni, ci si mostrano quali
connessioni e collegamenti di serie di causalit temporali. La sua autodeterminazione,
per, (che gli mostra contemporaneamente il suo posto nel tutto) pu esser pensata
come libera, perch nel mondo debbono esserci cause libere, come abbiamo visto, e
deve esser pensata come libera per lafermazione del nostro sentimento di responsa-
bilit, per lafermazione infallibile della nostra coscienza morale, che rende noi stessi
autori delle nostre azioni. Tale autodeterminazione non consente la discolpa che le
nostre azioni conseguono necessariamente alla nostra essenza ; anzi propriamente la
sua asserzione fondamentale questa: Perch sei come sei ?.
b
Essa diviene biasimo,
anzi giudizio di condanna, in quanto diviene rimprovero del fatto che il comando del
dovere non ci che determina in modo assoluto il nostro agire. Il rimprovero non
che siamo determinati anche in modo sensibile (etica antica), perch dobbiamo esserlo ;
non neanche che in generale non abbiamo in noi motivi del dovere, perch non
vero e soltanto unerronea illusione, che distorce la sana essenza umana, pu afermar-
lo. Ci che invece ci rimproveriamo che il comando non ci che determina in modo
assoluto e totale la decisione. E la ragione sufciente del fatto che cos non sia che il
motivo del rispetto del dovere non compare in noi con una forza infnita, ma fnita, e
perci pu soggiacere ad altri motivi. Di fronte al giudice interiore, per, non scusiamo
il fatto che in noi sia cos come una deplorevole necessit, ma ne facciamo il rimprove-
ro pi grande e non lasciamo valere alcuna discolpa contro ci. Questa la colpa che
a nostro carico in quanto caduta originaria, fallo fondamentale per propria scelta. Non
lesistenza stessa colpa, come fantasticano i mitologi, ma la nostra esistenza di manca-
b
Quando qualcuno dice : che posso farci se per nascita ed educazione sono divenuto un uomo simile ?,
la risposta questa: se non fossi un tale uomo nel tuo carattere intelligibile, non avresti mai potuto apparire
in una tale vita. La concatenazione necessaria delle circostanze nella natura, che nella natura ti conduce,
appartiene solo alla forma in cui divieni consapevole delle tue azioni. Le azioni, per, sono di per s libere
azioni del tuo carattere intelligibile (Kr., ii, p. 259).
capitolo nono 140
to adempimento del dovere. E colpa non nel senso mitico di colpa del mondo o simili,
ma colpa personale nel senso di un proprio, libero fallo : come tale senzaltro un mi-
stero insondabile e spaventoso. Questa la piena verit di quella convinzione religiosa
che si guarnisce mitologicamente dei dogmi del peccato originale ed ereditario. Questa
dottrina contenuta nella dottrina kantiana del carattere intelligibile e del male radica-
le, ma con errori, perch Kant, invece di pensare, come si deve, la tendenza al male
puramente sotto lidea, ossia secondo la nostra essenza intelligibile, la introduce come
fattore naturale. ( un errore simile a quello per cui nella dottrina della religione, come
tanto spesso accade, la condanna di s, puramente religiosa, di fronte alla santit unica
(Alleinheiligkeit) di Dio spingeva ad una dottrina della corruzione della natura umana ,
alla tonalit emotiva dei poveri peccatori e allautocommiserazione, per la quale alla
fne la possibilit e la realt di ci che nobile, buono e grande nellagire umano in ge-
nerale diveniva dubbio e sospetto. Splendida vitia.
2
Lutero vedeva il male ereditario
nella mancanza della fducia e nella superbia di fronte a Dio e attraeva cos lintera rap-
presentazione nellambito della relazione religiosa e della valutazione di s. Egli reinter-
preta completamente anche la contrapposizione di carne e spirito in direzione del
religioso e non vuole lasciar valere che la carne in senso rigoroso (limpulso animale,
la vera e propria concupiscentia) sia una tendenza al male . Da questo punto di vista
gi superiore allo stesso Kant, la cui grande dottrina del male radicale, che secondo
il suo autentico punto di partenza ha validit in quanto giudizio puramente religioso
(ossia puramente sotto il punto di vista dellidea), si deforma nella Religion innerhalb der
Grenzen der bloen Vernunft in giudizi sulla natura morale empirica del genere umano,
che sono attaccabili tanto quanto i rimpicciolimenti correnti dellessere umano da par-
te della dogmatica volgare.) Questa dottrina porta per ad un sentimento religioso di
umilt di fronte alla legge e di umile venerazione di Dio, a quella sottomissione adoran-
te che non soltanto vede nellirresistibile onnipotenza al di sopra di s un Signore che
dovrebbe essere temuto, ma vede in Dio la santit infnitamente elevata al di sopra di
noi, la cui volont, con puro rispetto, riconosciamo come legge per noi.
3
Per la vita nel tempo, dalla conoscenza della colpa possono seguire soltanto limpul-
so a far s che nelleducazione di s la forza dellimpulso morale divenga quella supe-
riore, e il desiderio di conversione; la quale nel mondo fenomenico, con la legge del
grado e perci con limpossibilit di una capacit perfetta, irrappresentabile e per
sotto lidea un atto senzaltro possibile di libert, ma come tale senzaltro anche un
mistero della religione (Kr., iii, p. 253).
c. Poich essere e mondo si sono rivelati regno degli spiriti sotto leggi eterne del va-
lore, la determinazione pratica dellidea somma del nostro spirito, ossia quella delluni-
t e della comunit di tutti in generale mediante la causa una, necessaria, essenziale e
oltremondana, la divinit, conduce a Dio, la bont assolutamente santa (heilig), onni-
potente, che, creando conformemente al fne e al valore eterno, pone e determina il
sommo bene , il mondo eterno, come il mondo migliore. Ci approda al mistero
religioso del governo del mondo. La fede nel governo divino del mondo, ossia nella
determinazione e nellordinamento di ogni essere e di ogni accadere secondo fne e
2
Il detto virtutes paganorum splendida vitia viene generalmente attribuito ad Agostino, sulla base di De
civitate Dei xix, 25.
3
R. Otto, Jakob Friedrich Fries praktische Philosophie, Zeitschrift fr Theologie und Kirche, 19, 1909,
p. 226.
la filosofia della religione kantiano-friesiana 141
valore eterno, in ogni religione il possesso pi vivo e immediato. In esso, la religione
vive in modo essenziale. Contemporaneamente per un mistero, il cui enigma resta
qui assolutamente irrisolto. Dovremmo esser stati a consiglio con Dio, dovremmo
poter conoscere ed esprimere la legge del fne in s, ci che sommo nellessenza delle
cose, per poter dire in generale qualcosa del contenuto del governo divino del mondo.
Poich, per, questo resta per noi inesprimibile gi in riferimento al tutto, ancora
meno possibile esprimerlo in riferimento allelemento singolo e alle parti, che solo nel
tutto hanno senso. In una sussunzione religiosa possiamo rapportare solo i nostri pro-
pri compiti di vita pratici e morali al fne assoluto (in quanto valutiamo i nostri doveri
morali come volont di Dio). Il pensiero del governo divino, del mondo migliore ad
opera dellonnipotenza di Dio, il bene pi puro della visione religiosa delle cose:
ci attraverso cui la religione procura al credente la pace e lincondizionata fducia.
un credere, non un vedere e per questo incapace di uno sviluppo scientifco e inap-
plicabile come spiegazione nella descrizione della natura e nella scienza della storia. E
tuttavia il governo del mondo, loggettiva conformit a fni nellessenza delle cose non
vedere, ma pi del mero credere. Trapassa in esperibilit per la conoscenza me-
diante sentimento, che nel bello e nel sublime della natura al di fuori di noi, cos come
nellinteriorit della propria vita ha il presentimento della bont eterna.

Capitolo decimo
DOTTRINA DEL PRESENTIMENTO
1. Presentimento delleterno nel temporale mediante sentimento. 2. Giudizio estetico contro
giudizio logico. Sentimento contro intelletto. 3. Parabola. 4. Esempi. 5. Le tre specie fon-
damentali del sentimento religioso. 6. Anamnesis: a) nel giudizio del bello; b) nel giudizio
estetico in generale (apprensione conforme al sentimento dellunit eterna e della conformit a
fni delle cose in s); c) nel giudizio del sublime; d) le tre determinazioni estetiche del sentimen-
to. 7. Presentimento del governo divino del mondo.
1.
I
l mondo degli spiriti non chiuso: i tuoi sensi sono chiusi, il tuo cuore morto!
Su, discepolo, immergi con coraggio il petto mortale nellaurora ,
1
dice Goethe.
Nel sentimento puoi ben rivelarti,
2
dice ogni devozione. La fede non lunica rela-
zione che abbiamo con leterno. La devozione di chi religioso in senso eminente,
di chi propriamente devoto, vive solo nellaccorgersi dellinfnito nel fnito. La vita
immediata d testimonianza del fatto che la natura, ogni esistenza o accadimento, che
noi stessi siamo realmente fenomeno di una realt trascendente. Lidealismo trascen-
dentale questa convinzione che risiede nascostamente gi nella pi primitiva fede
religiosa viene vissuto nel sentimento come verit.
La conoscenza per idee si costituiva, in quanto conoscenza teoretica, solo negati-
vamente , in doppia negazione. Ogni contenuto positivo ci era qui precluso. Ma in se
stessa questa idea assolutamente positiva, indica un oggetto di contenuto indicibil-
mente ricco. Tale contenuto positivo, che si sottrae totalmente alla nostra compren-
sione, che si pu aprire al nostro conoscere concettuale soltanto se i limiti della nostra
conoscenza sono, a loro volta, superati, ci si annuncia in sentimenti propri, che come
tali sono anche chiaramente distinguibili, determinabili secondo la loro specie propria
e comunicabili. Per noi totalmente incomprensibile cosa sia una causa eterna, santa
(heilig), onnipotente di tutto in generale. Con tutti questi attributi ofriamo soltanto
negazioni: con eterno diciamo che non temporale, ma contrapposto a tutto ci che
nel tempo ; con santo (heilig) e onnipotente che non relativamente buono, rela-
tivamente forte, ma che contrapposto ad ogni relativo. Ma che cos? Nel sentimento
del raccoglimento ci si sviluppa in modo molto solido e sicuro una conoscenza positiva,
seppur completamente inesprimibile. E sebbene non possiamo dire cosa sia Dio, possia-
mo tuttavia sentirlo e non lasciare senza risposta colui che vuole saperlo, indicandogli
loccasione di lasciar che questo si ridesti in lui.
2. Quando veniamo aferrati nellanimo, quando veniamo commossi interiormente
nella gioia, nella tristezza o in una qualche altra potente tonalit emotiva, questo ri-
manda comunemente ad un evento, ad unesperienza che aferra, tocca, commuove;
esperienza che si lascia anche cogliere e presentare concettualmente in modo chiaro.
Altre volte sembra che si agitino in modo del tutto immotivato moti dellanimo il cui
1
J. W. Goethe, Faust, i, vv. 443-446.
2
Cfr. supra, p. 86, nota 7.
capitolo decimo 144
fondamento non viene clto subito. Si sente oscuramente che un fondamento deve
esserci, ma per lungo tempo non si riesce a chiarire quale propriamente sia. Alla fne
questo sentimento oscuro risulta per risolvibile e, dopo un po di introspezione, divie-
ne concettualmente del tutto chiaro quale fosse il fondamento.
Ma ci sono anche moti dellanimo di specie particolare, nei quali il sentimento del
tutto irresolubile e non pu esser trasposto in alcun concetto. Erompono dalle pro-
fondit nascoste dellanimo e per la critica della ragione sono lenigma pi grande.
Si legano a singoli oggetti concreti, a fatti, accadimenti : sono questi che muovono e
commuovono in modo tanto peculiare. Ma, per quanto questi oggetti e fatti possano
essere concettualmente chiari di per s, inesprimibile quel che in essi propriamente
commuove cos. Riconosciamo in essi un signifcato, un valore che talvolta ci rapisce
fno allestremo e che per resta completamente inesprimibile. Ci facendo li giudi-
chiamo, perch attribuiamo loro un peculiare predicato. E tutto questo opera della
nostra capacit di giudizio. Ma questo giudizio non logico, perch nel giudizio logico
il predicato che viene attribuito un determinato concetto sotto il quale il soggetto
viene sussunto. invece un giudizio estetico. E la capacit di giudizio, che viene qui in
questione, quella del sentimento. (Sentire, in questo senso pi stretto, ci che si
contrappone al dedurre.)
Generalmente si rimprovera a Fries che, mentre Hegel logicizza la religione, egli la
estetizza, il che signifcherebbe che propriamente la accantona in quanto religione e la
lascia decadere a godimento artistico. Questo un fraintendimento assai grossolano.
Estetico, per lui, innanzitutto la denominazione di una specie di sussunzione, nel
giudicare in genere, contrapposta a quella logica. Gli si potrebbe rimproverare pi di
superare lestetica nella religione, che non di far decadere la religione ad estetica : non
tanto di estetizzare la religione, quanto piuttosto di religionizzare lestetica. Il risultato
della sua indagine, infatti, va senzaltro al di l della scoperta che lelemento pi pro-
fondo nellimpressione estetica, ci che si eleva al di sopra del freddo gusto fno al
sentimento vivo del bello e del sublime, in efetti di natura religiosa. Come si preten-
derebbe di contraddire una cosa simile?
Qui, per, per noi si tratta, in modo del tutto generale, del fatto che da cose, eventi,
persone, da ci che esiste e che accade in generale, possono derivare impressioni sul
nostro animo, nelle quali ci che in esse clto intuitivamente va molto al di l del
loro concetto, al di sopra di ci che il singolo elemento presenta secondo concetti.
Tali cose sono pi di ci che possiamo dire. E questo pi non scompare per quanto
completamente lo classifchiamo o lo comprendiamo secondo cause. Ci che qui vien
detto si lascia chiarire senzaltro con lesempio di ogni oggetto che defniamo bello e
sublime.
3. Si pensi una natura riccamente predisposta, uno spirito dartista che cresce in una
situazione di basso livello, confnato in unesistenza banale e in un lavoro e in compiti
comuni, senza loccasione di dispiegare, di attivare o soltanto di scoprire la propria
interiorit. Questi si esprimer in tonalit emotive e sentimenti, in rappresentazioni
oscure di qualcosa di totalmente altro che conosce solo negativamente, ossia come
quell altro di cui possiede per una conoscenza positiva nel sentimento oscuro ; e
inoltre in desideri, aneliti, sentimenti nostalgici, aspirazioni, la cui meta gli del tutto
oscura, ma sommamente reale, valida e commovente in quanto oscuramente sentita.
Ci si applica da s, per analogia, allidealismo trascendentale. Se lo spirito raziona-
la filosofia della religione kantiano-friesiana 145
le, secondo il suo essere, realmente eterno, libero, di destinazione infnita, membro
di un mondo del sommo bene sotto la signoria della bont onnipotente, e se questo
mondo della natura, del tutto opposto, che lo circonda, ed egli stesso in quanto sua
parte non sono efettivamente nientaltro che unimmagine del vero, formata dalla limi-
tazione della sua conoscenza concettuale, allora il vero stesso deve divenire per lui vivo
nella conoscenza oscura del sentimento e deve porsi in contrapposizione a quellaltra
conoscenza, deve farsi avanti in tonalit emotive, aspirazioni, rappresentazioni oscure
di specie peculiare (che espresse con i mezzi del suo mondo concettuale danno in efetti
lintero grande ambito della mitologia e della simbolica religiosa). In fondo egli sa oscu-
ramente la verit eterna. E nei sentimenti questo sapere fondamentale erompe come
presentimento. Per contro, il fatto che in ogni animo che vive in modo pi profondo un
tale presentimento divenga reale e in vario modo vivente, diventa una testimonianza
in favore dellidealismo trascendentale.
4. Quel che qui si intende lo dicono le opere di Goethe con inimitabile precisione nel
coglimento come nellespressione dello stato di fatto psichico:
Nella purezza del nostro seno si culla unaspirazione
Di consegnarci volontariamente, per gratitudine
A qualcosa di pi elevato, puro, sconosciuto
Rivelandoci leterno-innominato.
Lo chiamiamo esser devoti.
3
Fries ha spesso in mente il presentimento in questo senso del tutto generale, in quanto
risuonare dellidea , un divenir vivo della verit eterna nel sentimento in genere. Esso
si realizza ogni volta che una cosa o un processo destano sentimenti religiosi. Questo ri-
destarsi, in verit, non altro che lanamnesis di Platone. Mediante una somiglianza ca-
suale o internamente fondata, o mediante analogia tra una cosa o un processo e unidea
ci si ricorda di questultima : lidea viene risvegliata per lo pi oscuramente e con
ci viene risvegliato, contemporaneamente, il moto danimo che le corrisponde. Ci
chiarissimo in tutte le rappresentazioni di cose che chiamiamo sublimi (vedi infra). Ma
anche nel miracoloso cos. (E con ci la dottrina di Fries risolve un peculiare proble-
ma della storia della religione: ossia il senso religioso della fede nei miracoli e il fatto
sorprendente per cui il miracolo connesso in modo tanto inseparabile alla religione.
Il miracolo stato in tutti i tempi quel processo che totalmente altro rispetto ad
ogni accadimento usuale e quotidiano. E, in efetti, gli eventi non compresi, enigmatici,
misteriosi quanto al da-dove e al perch hanno sempre esercitato un incanto del tutto
meraviglioso, unenorme impressione religiosa in senso indiscutibilmente autentico.
Non v alcun dubbio che proprio in tali eventi sia sempre stato il pi potente impulso a
far sorgere sentimenti religiosi in genere, abbastanza spesso anche l dove non si erano
ancora formate rappresentazioni di di o dellaldil. Ma come pu riuscirci il momento
del misterioso e del non compreso? In efetti solo perch lapparente mistero di un
qualche processo miracoloso ridesta il ricordo del mistero dellassolutamente so-
prasensibile, che riposa nel sentimento e che qui ora sembra comparire esteriormente
nel corso delle cose. Cos quel che qui sussume un processo sotto l idea non sono
raziocini e rifessioni concettuali, ma il giudizio immediato del sentimento. Di qui la
potenza immediata con cui nel vissuto dellinesplicabile il brivido religioso aferra
3
Marienbader Elegie, 1823.
capitolo decimo 146
chi lo vive. Come mostra la rifessione qui presentata, in questo caso possibile la
successiva analisi del sentimento attraverso cui un processo stato qui sussunto sotto
lidea. Si pu qui mostrare dove propriamente risiedeva il momento della concordan-
za, dellanalogia tra loggetto e lidea : il momento del segreto, dellinesplicabilit, del
limite della nostra conoscenza, che pertiene ad entrambi. Perci questo giudizio non
deve esser defnito puramente estetico.)
Un sentimento autenticamente religioso, che, dopo quanto detto, comprendiamo
bene, quello descritto in modo cos classico nelle notissime parole di Agostino:
Tu fecisti nos ad te, et inquietum est cor nostrum in nobis, donec requiescat in te.
4
il sentimento dellanelito religioso, che sarebbe psicologicamente del tutto inconcepi-
bile senza lidealismo trascendentale, ossia senza la circostanza per cui lanima in fondo
sa il luogo cui appartiene, ma lo sa solo in modo oscuro e non compreso. Apelt ofre
altri begli esempi nella sua Religionsphilosophie, cit., p. 143.
Lelemento pi generale qui quel sentimento del tutto confuso, che resiste ad ogni
espressione simbolica, dellabissale profondit e del mistero dellesistenza e del mondo
in genere, che, anche di fronte ad ogni pi estesa spiegazione e comprensione della na-
tura per cause e secondo leggi, si aferma subito in modo del tutto immodifcato. Pu
erompere dallintimo quasi nel senso di una violenza che confonde e pu far tremare
ogni fbra. Dal punto di vista della psicologia e della storia delle religioni sarebbe signi-
fcativo rintracciarne lefetto nei culti dionisiaci, nella lamentazione per Adone e per
Tammuz,
5
nel culto di Cibele e nel terror panico .
a
Se lidealismo trascendentale non
fosse stato da lungo tempo trovato, dovrebbe svilupparsi sempre di nuovo gi solo da
questo sentimento, se non in forma flosofca, almeno mitologica.
5. Le specie pi alte di sentimento religioso sono quelle tre che corrispondono ai
tre misteri religiosi sopra menzionati e che Fries ama chiamare: entusiasmo, rasse-
gnazione, raccoglimento .
6
Il mistero della nostra dignit superiore a tutta la natura e
della nostra destinazione eterna e imperitura vive in quellelevazione a nullaltro para-
gonabile, non felice, ma beata, in quellentusiasmo che pu arrivare sino allebbrezza,
attraverso cui la religione esercita i suoi possenti efetti di superamento del mondo e
di capacit dazione etico-religiosa, e attraverso cui, nella maggior parte dei casi, lin-
dividuo devoto si distingue da quello profano. Se questo entusiasmo religioso dovesse
giustifcarsi concettualmente rispetto a se stesso, saprebbe dire poco. Non si trasmette
ragionando, ma si efonde con lingue di fuoco.
7
4
Conf. i, 1.1.
5
Divinit semitica della vegetazione e del raccolto, che corrisponde allAdone della mitologia greca:
di entrambi veniva celebrata la morte allapprossimarsi dellinverno con lamentazioni rituali. Cfr. Ez 8, 14 :
Mi condusse allingresso del portico della casa del Signore che guarda a settentrione e vidi donne sedute
che piangevano Tammuz .
6
Cfr., per esempio, System der Metaphysik, p. 61.
7
At 2, 3.
a
Cfr. NRW
2
, p. 33. Se mi consentito parlare di qualcosa di personale, questo sentimento divenuto
vivissimo per lautore nel silenzio serale della sabbia del deserto di fronte allimmane Sfnge di Giza e ai
suoi occhi che guardano linfnito. senzaltro latente in ogni anima e si sviluppa relativamente agli oggetti
pi disparati, ma nel modo migliore, forse, nel silenzio del mezzogiorno di una vasta brughiera. Schle-
iermacher, in quella parte mistico-debordante del suo secondo discorso (che nella mia edizione ho defnito
intermezzo), e Bcklin nel suo Das Schweigen im Walde [Il silenzio nel bosco, 1876] si avvicinano alla cosa
da lati diversi.
la filosofia della religione kantiano-friesiana 147
Il mistero del bene e del male, della colpa della nostra esistenza naturale, vive nei
sentimenti di unumile rassegnazione di fronte alle mancanze, alle oscurit e alle con-
fusioni della nostra esistenza temporale, che allora ci imputiamo e assumiamo come
colpe, e contemporaneamente nei sentimenti del desiderio di redenzione e trasforma-
zione.
Il pensiero fondamentale del sommo bene ad opera dellonnipotenza della bont
santa (heilig) vive invece nel sentimento del raccoglimento, della fducia che ha fede e
della speranza.
In modo altrettanto molteplice si dispiega il sentimento religioso. Il sentimento della
dipendenza assoluta in efetti uno dei suoi lati. Si trova incluso nel sentimento del
raccoglimento. Ma di per s di gran lunga insufciente a descrivere il sentimento re-
ligioso in tutta la sua ricchezza ed religioso, nel senso superiore del termine, solo se
signifca una dipendenza del nostro spirito personale dalla santa (heilig) causa di tutto,
che ama e pone il fne sommo.
6. Guardiamo ancora una volta indietro al nostro artista camufato : ad un Mozart
che dovuto crescere tra i Lapponi o tra gli Eschimesi. Se un individuo simile incon-
trasse per la prima volta della musica, mentre per la sua gente sarebbe soltanto un
curioso rumore, per costui si desterebbe una comprensione di essa, a lui stesso incom-
prensibile, un presentimento di ci che qui ha luogo, un ricordo e una conoscenza
mediante peculiari sentimenti di diletto. Altrettanto: se lo spirito umano realmente
un cittadino del mondo eterno di Dio, un membro della comunit del sommo bene, in
cui tutto ha valore eterno ed conforme al fne sommo, allora laddove nella natura gli
si fa incontro qualcosa di questa somma fnalit non compresa, gli deve sorgere questo
ricordo mediante un accordo secondo principi a lui stesso incomprensibili, mediante
sentimenti di un diletto specifco. Lambito distinto di un simile presentire mediante spe-
cifco diletto quello del bello e del sublime.
a. Giudichiamo qualcosa come bello in totale diferenza dal piacevole. Con ci at-
tribuiamo alla stessa cosa giudicata un predicato di validit oggettiva, vediamo che
questo predicato pertiene alla cosa del tutto a prescindere dal nostro proprio umore
e dalla nostra inclinazione contingenti e presumiamo che ogni gusto, se abbastanza
formato per questo, giudichi nello stesso modo. Ma che cosa ascriviamo propriamente
ad essa e sotto che cosa la sussumiamo se la riconosciamo come bella? Noi stessi non
siamo in grado di dirlo. del tutto inesprimibile. Bello indefnibile. E il genio,
che produce il bello, non pu produrre nulla secondo regole o concetti determinati.
Si possono indicare solo le seguenti determinazioni formali : vi sempre qualcosa di
bello l dove qualcosa di intuitivo e di molteplice viene sentito da noi, in modo pecu-
liare, come una unit. Singole impressioni isolate delludito o della vista non sono mai
belle. Solo quando si presentano insieme in unit, secondo un certo principio che per
di per s inesprimibile, pu apparire qualcosa di bello. Ci che giudicato bello , in
verit, la forma dellunit, che pu esser molto diversa e pu essere pi o meno bella.
Ma senza di essa non vi in generale bellezza. Una tale forma dellunit quale che sia
il peculiare principio che da un mucchio di freghi d fgura ad un arabesco bello, o da
una molteplicit di suoni ad una melodia bella, o anche da una molteplicit di proprie-
t psichiche allarmonia del carattere si chiama, secondo Kant, idea estetica. Ve ne
sono innumerevoli, nelle formazioni della natura come dellarte, nel corporeo e nello
spirituale, nel perdurare delle fgure e delle loro forme come nel cambiamento e nel
capitolo decimo 148
fusso dellaccadere. Dove ci si fanno incontro, sono avvolte dal sofo magico.
8
La
facolt delle idee estetiche il gusto : pu essere un gusto freddo, che non altro che
il virtuosismo di rintracciarle, classifcarle e intrattenersi con esse; ma allora non lo
defniamo afatto, propriamente, unesperienza vissuta del bello. Questa interviene solo
per un sentimento estetico pi profondo. Solo qui lidea estetica diviene viva. Qui essa
ottiene un senso, un signifcato interno che ci parla gi nella semplice bellezza di un
fore e che parla in modo pi toccante, e in misura sempre crescente, attraverso tutte
le bellezze della natura e dello spirito. Non possiamo tradurre questa lingua nei nostri
concetti, ma il suo mistero completamente dischiuso al sentimento e lo muove con
le tonalit emotive pi disparate in tutti i gradi.
b
Con una crescita graduale, questo
giudicare estetico si estende al di sopra dellintera, grande, unica vita universale del-
la natura in genere e della storia nel susseguirsi dei suoi fenomeni e ci interpella con
un senso profondo e con un interiore spirito del tutto, che si ofre sempre di nuovo
allinterpretazione e che sempre di nuovo sfugge ad un tale giudicare, ma tiene desta la
coscienza di un senso in genere, seppure solo sentito.
c
b. Come ci sia possibile, possiamo svelarlo se ci lasciamo guidare da quel che sol-
tanto nel giudizio estetico si lascia aferrare in modo sicuro. Lidea estetica una for-
ma inesprimibile di unit del molteplice. Noi conosciamo lunit (e necessit) nelle
cose nei concetti della natura e nelle idee. Nel giudizio estetico, dunque, lintuizione del
molteplice mi si presenta, in modo indeterminato, sotto la facolt dei concetti della na-
tura e delle idee. Questo signifca che conosco indeterminatamente, oscuramente, e per
presentimento, ma in modo del tutto specifco, lintero mondo secondo le leggi somme
della sua unit e necessit; mondo che mi si chiarisce concettualmente nelle categorie in
genere e soprattutto nelle categorie complete delleternit, dello spirito, della libert,
della divinit. Nella conoscenza estetica per presentimento conosco, in modo oscuro
e inesprimibile, nel mondo intuitivo del fenomeno stesso lessenza ideale in genere, in
modo indeterminato rispetto al singolo lato. Di pi. Proprio questo mondo, conosciuto
sotto categorie e idee, in verit il mondo dello spirito, il mondo sotto la legge del bene
e del sommo bene, il migliore dei mondi, il mondo del fne ultimo oggettivo. Diviene
chiaro, cos, perch quel coglimento estetico per presentimento non sia soltanto di na-
tura speculativa, perch non ofra al sentimento soltanto fredde forme dellunit, ma
dia contemporaneamente i commoventi contenuti del sentimento che accompagnano
quelle. In quanto nelle idee estetiche colgo oscuramente nel mondo del fenomeno luni-
t e la connessione della vera realt, quale essa sussiste in s, colgo contemporaneamen-
te per presentimento la sua teleologia. In quanto dichiaro qualcosa bello, attribuisco
ad esso un fne e un valore oggettivo, un valore che non c solo per me, ma in se stesso ;
indico un fne in vista del quale ha senso che qualcosa sia piuttosto che non essere, e che
pu essere pensato come fondamento del fatto che uneterna onnipotenza chiami delle
cose allesistenza. Non posso indicare concettualmente cosa sia propriamente questo
valore in s del bello. Ma lo sento e acconsento liberamente ad esso. E in generale lim-
8
J. W. Goethe, Faust, Dedica.
b
Cfr. Apelt, Rel.Phil., p. 132 : idee estetiche di singoli alberi secondo le immagini della natura di Masius.
La spiegazione di una tale idea singola brancola in direzione dellinesprimibile e non lo esprime. E proprio
in ci risiede lo stimolo alla rappresentazione.
c
In NRW
2
, p. 280, ho tentato io stesso una tale interpretazione brancolante del tutto della natura,
della sua vita e del suo sviluppo, mediante la volont di divenire.
la filosofia della religione kantiano-friesiana 149
pressione stessa del bello non altro che questo cogliere e questo gioioso riconoscere
loggettiva conformit al fne della sua esistenza e del suo esser cos. La ragione d il
valore assoluto allesistenza del razionale e dello spirituale stesso. Il suo analogo ci
che essa coglie e di cui ha il presentimento nella bellezza della natura.
c. Nei vissuti del sublime tutto questo si fa ancor pi prepotente che nel bello. Il
vissuto del sublime porta in s il carattere del presentimento dellinesprimibile, della
sussunzione sotto lidea religiosa, in modo tanto inconfutabile che su questo non vi
mai stata una controversia. Gi nella bellezza si dovuto distinguere tra la bellezza
matematica e quella alta, tra la corporea e la spirituale, tra la bellezza della forma
esterna e quella dellespressione dello spirituale nella forma. E di qui si sono fatti gradi e
diferenze nel valore di sentimento delle impressioni. Il sublime altrettanto moltepli-
ce. Il sublime matematico ci che sopraf per grandezza spaziale: una cattedrale ele-
vata, unimponente parete di roccia, il mare smisurato, la volta del cielo. Limpressione
si realizza qui totalmente solo per sussunzione ideale . Una cosa, infatti, sublime nel
senso spaziale solo se raggiunge i limiti della mia capacit di apprensione e cos esercita
limpressione dellassolutamente grande, ossia del perfetto. Una cosa diviene qui subli-
me in quanto, mediante la sua apparente assolutezza, diviene unimmagine del perfetto,
dellassolutezza stessa (esattamente come qualcosa di inspiegabile o di misterioso era
unimmagine del mistero assoluto). Il sublime dinamico tutto ci che nella natura
ultrapossente, tutto ci che minaccioso-spaventoso. Ha un efetto di elevazione, per-
ch fa risuonare e ridesta in noi lidea dellonnipotenza assoluta, della potenza divina.
Con ci, anche qui, quel che sublime in senso spirituale si eleva a grandezza danimo,
eroismo, intrepidezza, e si eleva allagire per dovere e a ogni sublimit nella storia e nel
destino delluomo e dei popoli.
d. Infnitamente varia la possibilit di impressioni estetiche; infnitamente diversa
la forza e lefcacia con cui si realizza per il sentimento giudicante questa relazione del
fnito allinfnito : ed difcile distinguere come e da che punto di vista si realizza nel
singolo. Ci guida qui la distinzione e la suddivisione corrente dellimpressione estetica
in epica, drammatica e lirica, che corrisponde a quelle tre determinazioni fondamentali
del sentimento religioso : entusiasmo, rassegnazione, raccoglimento ; e la coscienza di
una destinazione eterna delluomo, del bene e del male, della colpa e della responsa-
bilit e, infne, del senso eterno delle cose stesse, mediante la provvidenza che regge il
mondo, ne costituisce la profondit.
d
d
Se si esaminano gli esempi dellintuizione delluniverso che Schleiermacher adduce nelle Reden, si
trover che i pi convincenti si adattano perfettamente a questambito della dottrina friesiana del presen-
timento e dellanamnesi. La maggior parte di essi potrebbero essere raccolti sotto il sublime. E che egli
stesso abbia confusamente intuito quel che Fries confgura in una chiara dottrina, si ricava dai sinonimi
che impiega per intuizione delluniverso. Li ho raccolti nella postfazione alla mia edizione della versione
originaria delle Reden. Sono molto istruttivi. Da essi si vede che appena le espressioni oscillanti di Schle-
iermacher si precisano meglio, fniscono esattamente nel contenuto indicato da Fries, nelleterna unit
posta da Dio e nella conformit al fne nellessenza delle cose. La dottrina di Fries si fonda completamen-
te sulla Kritik der Urteilskraft di Kant. Kant ha sostenuto in tutta chiarezza la dottrina dellanamnesi e da
questo punto di vista, e da altri, stato molto pi platonico dei nuovi platonici dellepoca che, contro di
lui, si atteggiavano a geni (p.e. Schlosser. Cfr. R. Otto, Ein Vorspiel zu Schleiermachers Reden ber die Religion,
Theologische Studien und Kritiken, 1903, pp. 470 e ss.). Vengono qui in questione, in particolare, i capi-
toli kantiani sul sublime, nei quali la sua grande dottrina delle idee mette i germogli di una dottrina della
religione che sono molto pi autentici di quei prodotti forzati e artifciosi che aveva realizzato la dottrina
dei postulati.
capitolo decimo 150
7. Alla concezione estetica della teleologia oggettiva nella natura e nel singolo feno-
meno corrisponderebbe una divinazione del governo divino del mondo nella storia e
nella vita del singolo, poich governo divino non dice assolutamente altro che po-
sizione e realizzazione di fni. Lallievo di Fries de Wette ha tentato di rendere un tale
presentimento del governo divino nella storia il principio della sua interpretazione
della storia della religione.
e
Il pensiero signifcativo. Solo che si vede subito che non
ofre un principio scientifco di spiegazione, ma un principio estetico per linterpreta-
zione religiosa dello sviluppo storico.
e
A questo si riferisce Fries, Rel. Phil., p. 41 : Qui possiamo riconoscere nel sentimento del raccogli-
mento, in quanto grazia divina, che siamo divenuti degni di una visione tanto luminosa della religione.
Possiamo, come dice de Wette, vedere lidea della rivelazione in quanto presentimento del governo divino
del mondo nella storia dello sviluppo delle verit della religione.
Capitolo undicesimo
CONCLUSIONE
1. In Fries nessuna comprensione della singola formazione storica della religione. 2. Chiave di
questa comprensione nella dottrina friesiana del sentimento e del presentimento.
1.
F
ries ha mostrato cos il luogo della religione nellanimo, le fonti dalle quali essa
procede, il modo delle sue conoscenze, le sue relazioni con le altre attivit dello
spirito, le sue idee fondamentali generali e con ci lessenza generale della religione.
Se la sua flosofa della religione deve valere come base di una scienza della religione
odierna, deve fare ancora una cosa : deve dare anche una chiave per il manifestarsi
della religione nella storia, per la sua diversit e molteplicit storica, per i suoi gradi
e livelli, per le sue manifestazioni inferiori e per quelle supreme. Lo stesso Fries tenta
qualcosa di simile nellultimo capitolo della sua Religionsphilosophie, sotto il titolo che
allora, secondo il criterio del deismo, si utilizzava per questo: le religioni positive.
Quanto qui ofre , comprensibilmente, ancora abbastanza povero. Quellepoca pos-
sedeva solo una lontanissima comprensione reale di ci che totalmente inimitabile
e individuale, che costituisce appunto il peculiare carattere di un fenomeno singolare
tipico e limpronta del sentimento e del vissuto religioso. Da questo punto di vista, lo
stesso Fries ancora completamente sotto linfuenza del deismo e, con ci, dellantica
dottrina di scuola. Proprio da questultima il deismo aveva tratto la convinzione che
propriamente vi sarebbe solo la religione, secondo quello che era stato il presupposto
ovvio dellantico sistema dogmatico. Si credeva di poterla cogliere in poche, sempli-
ci caratterizzazioni e proposizioni. Non si dubitava che essa si esprimesse nel modo
pi puro nel cristianesimo, ma si credeva di poterla ritrovare in modo concordante e
universale in tutti i popoli e in tutte le lingue. E la considerazione storico-religiosa del
deismo consisteva proprio nel tentativo di far ci. Secondo questo metodo il compito
dello zoologo sarebbe quello di cogliere e di ritrovare universalmente nella tartaruga,
nellaquila e nelluomo l essenza dei vertebrati, trascurando lelemento individuale
come meramente positivo. Ma le religioni si distinguono tra loro in modo molto pi
preciso e interno che non la tartaruga e laquila, e tra loro non vi sono espliciti livelli di
rango e dignit, come invece tra la tartaruga e luomo. Anche Fries fa la consueta distin-
zione di livello tra il feticismo, il politeismo e il monoteismo, a cui allora arrivavano tut-
ti : come ora sappiamo molto vaga e non dice proprio nulla della qualit delle religioni
in questione. Ma anche il principio distintivo della maggiore o minore compiutezza e
purezza delle idee religiose, alle quali la sua distinzione infne perviene, ofrirebbe al
massimo diferenze di grado e forse nemmeno queste ma non condurrebbe a quelle
profonde diferenze qualitative che sussistono tra religione e religione. Mancava, qui,
ancora la comprensione, anche solo la conoscenza dei fenomeni storici; il che risulta
forse nel modo pi evidente rispetto alla storia della religione veterotestamentaria. Che
ne sapeva quel tempo dellelemento totalmente individuale della devozione di un Elia
a diferenza di quella di Geremia, di Ezechiele, della devozione dei Salmi o di quella
farisaica! Quanto indiferente diviene qui il contenuto di idee comune rispetto al
capitolo undicesimo 152
diferente contenuto di devozione e di tonalit emotiva che ogni volta si pone sotto a
quello. Che ne sapeva quel tempo della specifcit, reale e spirituale, del cristianesimo
rispetto allislam, al buddhismo o allo yoga secondo le loro interne diferenze di quali-
t! Ancora in Fries, proprio come nel deismo, smussando il pi possibile limpronta de-
terminatamente storica, si prende un elemento in fondo totalmente positivo, ossia,
in verit, il tipo della fede cristiana, per la religione, la quale viene poi contrapposta a
quella positiva. Ma anche il cristianesimo, e proprio secondo i suoi contenuti distinti-
vi e non solo secondo la sua casuale forma storica, una religione tra le religioni. Solo
se la si clta in questo modo diviene in generale possibile un confronto e con questo
poi, ne siamo convinti, la testimonianza che essa la primogenita quanto a dignit e
verit tra le sue sorelle.
2. La possibilit, per, di comprendere lindividuazione della religione e lesistenza
delle diferenze di qualit e con ci anche lesistenza delle diferenze di valore e la
necessit di distinguere tra religione pi e meno perfetta non soltanto rispetto a chia-
rezza e oscurit, ma anche al peculiare spirito di ogni singola religione , era oferta
incomparabilmente bene, ci sembra, proprio nei fondamenti della flosofa della religio-
ne friesiana, sebbene lo stesso Fries non ne faccia uso: la sua dottrina del sentimento
religioso e morale, e della libera capacit di giudizio in entrambi. Qui data senzal-
tro la possibilit, anzi la necessit di esperire, cogliere e ricevere in modo individuale e
qualitativamente proprio leterno. Come : lo mostrano lesperienza e la storia. Dove nel
modo pi puro e vero: lo giudica, di nuovo, la libera capacit di giudizio del senti-
mento. Luna e laltra cosa, per, solo dopo che la flosofa della religione ha oferto il
fondamento e il flo conduttore dellintera questione.

C. LA FILOSOFIA DI FRIES
IN RELAZIONE ALLA TEOLOGIA
(de wette. tholuck)
Capitolo dodicesimo
RACCONTO DIDASCALICO DI DE WETTE
1. Signifcato di de Wette. 2. Theodor. 3. Neologia. 4. Kantismo. 5. Schelling, romanti-
cismo. 7.
1
Fries. 8. Intelletto e ragione. 9. Rivelazione interna ed esterna. 10. Sopranna-
turalismo e naturalismo. 11. Limmagine di Cristo. 12. Ecclesializzazione. 13. Dottrina del
sentimento. 14. Schleiermacher. 15. Kant. 16. Dottrina del presentimento. 17. Elemento
di stranezza.
1.
C
ol suo amico de Wette, la flosofa di Fries entrata in relazione con la teologia
nel modo pi efcace e pi ampio. Per chi voglia studiare la teologia, e la teolo-
gia moderna, de Wette accanto a Schleiermacher interessante da diversi altri punti
di vista e anche questi devono esser qui fatti valere. Risulta interessante in primo luogo,
e del tutto in generale, perch nellimmagine e nel lavoro della sua vita si mostrano nel
modo pi tangibile e istruttivo quelle forze motrici che, dopo i giorni della teologia
dellilluminismo e del razionalismo, hanno riportato ad una confgurazione dottrinale
cristiana in un senso pi specifco, e che hanno determinato, fno ad oggi, limmagi-
ne complessiva della teologia del secolo precedente, avendo condotto in parte ad una
esclusione dei risultati dellepoca precedente, in parte ad una connessione con quelli: le
due cose in molteplici gradi e passaggi.
La connessione ha dato luogo alla teologia della mediazione con le sue ricche gra-
dazioni: per la nascita e il carattere di questa de Wette tipico, accanto a Schleierma-
cher, in un secondo e pi ristretto senso. Insieme a questultimo, egli signifca molto
per la questione pi caratteristica della teologia moderna, quella relativa allessenza e
al signifcato della religione nel contesto della vita dello spirito umano in generale, e
dunque anche per tutta quella recente trattazione della nostra religione nel contesto
della religione in genere, ossia per la relazione tra la teologia e la scienza della religione in
genere (tanto storia della religione, quanto psicologia e flosofa della religione).
a
Qui
de Wette ha lavorato largamente in anticipo sul suo tempo e ha sviluppato in opere
pi ampie ci che in Schleiermacher prende forma solo per assiomi nella Einleitung
alla sua Glaubenslehre. Una volta Wellhausen mi disse in relazione a de Wette: Un tipo
intelligente ! In lui c gi tutto quello che ho fatto io sullAntico Testamento. Ora, il
grano di verit che vi in questammirevole nonsenso vale anche dellber Religion und
1
Ho mantenuto lerrore nella numerazione dei paragraf (manca il paragrafo 6), che torna nel resto del
capitolo.
a
solo in questo nuovo metodo che risiede il moderno: non nel maggiore o minore allontanamento
dalla dottrina scolastica ortodossa. Potrebbe esserci anche una ortodossia moderna.
capitolo dodicesimo 154
Theologie di de Wette e del successivo ber die Religion, ihr Wesen, ihre Erscheinungsfor-
men und ihren Einfu auf das Leben ; e facciamo male a comportarci come se tutti questi
lavori fossero andati perduti: per il modo in cui oggi ci si pongono gli stessi problemi,
sarebbe da parecchi punti di vista pi utile riprendere questi testi piuttosto che lo scrit-
to di Schleiermacher che porta lo stesso titolo (Reden ber die Religion) ; tanto pi se si
tratta di introdurre studenti e principianti a queste cose fondamentali. Essi ci insegnano
in che modo quellepoca, in cui e nei cui motivi vi sono i punti di partenza della nostra
teologia odierna, determinava il compito, la specifcit e la situazione della teologia nel
tutto della scienza in genere, e con ci la relazione tra la scienza della religione cristia-
na e la scienza della religione in genere, tra la scienza della religione e la flosofa, tra
la dottrina morale religiosa, e religioso-cristiana, e letica in genere. Cos questi lavori
gettano una luce su quello sviluppo successivo, che lo studente di dogmatica dovrebbe
conoscere e comprendere, e aiutano, infne, a determinare in modo per noi nuovo e
pi valido tutti questi compiti oggi importanti.
Con queste ultime indicazioni torniamo ad essere del tutto in connessione con quan-
to sin qui trattato. Lelemento flosofco in de Wette, infatti, totalmente determina-
to da Fries, con alcune venature schellinghiane che per sono presenti solo in modo
sparso. Egli riconosce spesso e con convinzione Fries come suo maestro, dal quale gli
stata data una base sicura per il proprio mondo concettuale. Assunta questa base, il
suo proprio edifcio teologico si amplia, crescendo gradualmente su di essa, solo poco
a poco, come si pu vedere assai chiaramente dalla serie delle sue opere e delle singole
edizioni di queste, che si susseguono, una dopo laltra, sempre pi ampie. Proprio que-
sto sviluppo molto istruttivo per la questione del rapporto tra lelemento specifco
della teologia, ossia la dottrina della religione cristiana, la flosofa e la scienza in gene-
re. Istruttivo, non ultimo, anche per i suoi errori.
Nella seguente esposizione si prescinde totalmente dalle grandi prove di de Wette
nellesegesi e nella critica storica.
b
Ci guidano solo i punti di vista menzionati sulle
questioni fondamentali e sui rapporti tra la teologia in genere e la dottrina morale e
della fede in particolare, e ci guida, in pari tempo, il desiderio di mettere in contatto il
principiante con i movimenti spirituali, i motivi dellepoca e le relazioni sotto cui nata
la nuova teologia. Le durature relazioni con Schleiermacher si presentano da s.
2. Nel romanzo didascalico Theodor, oder des Zweifers Weihe. Bildungsgeschichte eines
evangelischen Geistlichen [Theodor, ovvero delliniziazione del dubitante. Storia della forma-
zione di un religioso evangelico, Berlin 1822], de Wette ofre una viva descrizione della sua
evoluzione, del suo proprio esser toccato dal cristianesimo, dei compiti teologici ed
ecclesiastici, che il suo tempo pose in modo nuovo e peculiare, del ridestarsi sempre di
nuovo sorprendente e toccante di una nuova interiorit, devozione e cristianit intor-
no alla fne del xviii e linizio del xix secolo, ancora prima dellepoca del risveglio,
2

2
Con il termine risveglio (revival, rveil, Erweckung) vengono identifcati diversi movimenti spirituali
sorti in seno al protestantesimo tra il xviii e il xix secolo, a partire dal metodismo inglese. In Germania, il
termine Erweckung, inteso come conversione interiore, si difonde nel lessico del pietismo grazie ad auto-
ri come G. Tersteegen, J. C. Lavater (Erweckung zur Bue, Frankfurt a. M. 1772), N. L. von Zinzendorf, C. H.
von Bogatzki e altri (cfr. A. Langen, Der Wortschatz der deutschen Pietismus, Tbingen, Niemeyer, 1968
2
).
b
Da questo punto di vista e sulla vita e sul signifcato di de Wette in generale cfr. larticolo di [G.] Frank
[F.] Kattenbusch in [A.] Hauck, Real. Enz., B. 21, e quello di [H.] Holtzmann in Allgem. Deutsche Biogra-
phie, volume 5, [Leipzig 1877, pp. 101-105] e anche : [A.] Wiegand, De Wette, [Erfurt] 1879, e [R.] Sthelin, De
Wette nach seiner theol. Wirksamkeit und Bedeutung, [Basel] 1880.
la filosofia della religione kantiano-friesiana 155
ma anche dellinsieme vario e movimentato delle correnti spirituali di questo periodo
tra il 1800 e il 1820, tanto interiormente inquieto ed eccitato, che sgorga prepotente
da nuovi impulsi. Lo scrisse nel 1822 quando, deposto dal suo incarico
3
e in attesa di
nuovo lavoro, viveva a Weimar, mentre era anche occupato con ledizione delle lettere
di Lutero. Aveva dietro s il primo periodo della sua vita : la fruttuosa convivenza con
Fries a Heidelberg, poi la profcua attivit dinsegnamento a Berlino al fanco di Schle-
iermacher, in unamicizia che diveniva via via sempre pi stretta. Come per questulti-
mo, cos anche per de Wette lhabitus specifcamente teologico, rispetto a quello degli
anni e degli scritti dellinizio, aveva ricevuto limpronta dallincarico dinsegnamento e
dal compito di preparare gli studenti per il servizio pratico nella Chiesa ; e anche nella
confgurazione della dottrina molto viene determinato dal riguardo per un possibile ag-
gancio con la devozione della comunit della quale si vuole essere al servizio. Questo
aggancio, per, non forzato, ma discende dalla sua propria disposizione interiore e
dal suo vissuto. La vita del suo animo, esattamente come in Schleiermacher, era sorta
l dal razionalismo, qui dal romanticismo ed era divenuta intimamente afne al sentire
biblico-cristiano e al comune spirito della Chiesa. Muovendo da questo punto di vista, e
mescolando verit e poesia, nella fgura di Theodor de Wette delinea essenzialmente la
sua propria evoluzione teologica, facendo maturare in Theodor molto pi velocemente
ci che in lui stesso prende forma solo negli anni pi tardi e nellincarico dinsegnamen-
to, e saltando i gradi che sono ancora molto pi vicini al razionalismo, come mostrano
le prime edizioni delle sue opere, per esempio della sua dogmatica. Dal punto di vista
della storia della Chiesa il libro deve esser defnito una fonte, redatta da un conoscitore
a partire dalla sua pi propria esperienza. Per molti giovani teologi e dubitatori del
suo tempo fu sicuramente quel che voleva essere, ossia una benedizione, e poich sotto
pi di un proflo la situazione spirituale di oggi sembra di nuovo simile a quella di allo-
ra, potrebbe esserlo di nuovo anche oggi. Il suo valore artistico non ci interessa. Non ha
pretese da quel punto di vista ed pi da imputare ad unepoca che era usa a romanzi
didascalici. Si riallaccia in tutto e per tutto al genere che Jacobi in particolare, con i
suoi romanzi flosofci, aveva insegnato ad apprezzare e che caratterizzava una specie
di lettori, i quali non desideravano tanto sensazioni o anche solo intrattenimento, ma
un contenuto spirituale o un dialogo sui problemi della loro propria vita spirituale,
che era efettivamente clta. Senzaltro de Wette ha avuto una sollecitazione diretta
a questa forma di comunicazione del pensiero dalla simile attivit di scrittore del suo
amico Fries, il cui romanzo didascalico Julius und Evagoras, oder die Schnheit der Seele,
ricco di contenuto, appariva nello stesso anno nella sua seconda edizione. La trama del
romanzo piacevole e il tratteggio dei personaggi, che interpretano tutti determinati
tipi dellepoca, chiaro e sicuro.
3. Theodor proviene da buona ed agiata famiglia, nella quale sono ancora vivi la
devozione luterana ereditata e i buoni costumi della casa. Sua madre, con un voto pro-
nunciato in un momento difcile, lo ha destinato, gi da bambino, a diventare un ec-
clesiastico. Docilmente Theodor, insieme col suo amico Johannes, che pure ha scelto la
professione ecclesiastica, va alluniversit. Johannes di carattere quieto e tranquillo; il
suo spirito incline meno a pensare da s, che non al ricevere e a fssare ci che gli vie-
3
Nel 1819 lUniversit di Berlino tolse a de Wette la cattedra, in seguito alla lettera di solidariet che que-
sti scrisse alla madre di Karl Ludwig Sand, lo studente giustiziato per lassassinio del drammaturgo tedesco
August von Kotzebue (1761-1819).
capitolo dodicesimo 156
ne oferto: per questo portato soprattutto allo studio delle lingue e della storia. Senza
impedimento attraversa tutti gli attacchi della nuova critica, la neologia dellesegesi
alla moda. il pi dotato nellaferrare e comprendere la parola della Bibbia, nel notare
dotte spiegazioni di dettaglio. Non raramente mostra larbitrariet e le scorrettezze
linguistiche delle nuove interpretazioni razionalistiche dei miracoli, e nelle difcolt e
contraddizioni dei resoconti si attiene al singolo elemento e in questo modo si accon-
tenta facilmente. Theodor, al contrario, gi da fanciullo aveva mostrato uno spirito
penetrante, impertinente, acuto; si era formato pi nella logica e nella matematica che
nella flologia e desiderava con impazienza le lezioni di flosofa. Le piccole rattoppa-
ture apologetiche di Johannes non lo soddisfano. Egli guardava pi al tutto ed osava
giudizi radicali.
4
Dalla trattazione della nuova critica gli deriva uno scossone generale
delle sue convinzioni di fede, mentre Johannes si mantiene del tutto indenne.
4. Dopo lo scrupoloso esegeta, che espone coscienziosamente e meticolosamente
tutte le opinioni, senza decidere qualcosa da s, ascolta un docente pi giovane che
in odore di eresia, ma che lo attrae molto, nonostante la superfcialit delle spiegazioni
linguistiche, con acute combinazioni, con linterpretazione del miracoloso a partire
dai costumi e dai concetti dellepoca e con la riconduzione dei detti di Ges a verit
di ragione universali. Un kantiano lo introduce al mondo concettuale di Kant. E qui si
mostra, in modo molto bello, in Theodor quel che del sistema kantiano aveva allora un
efetto tanto potente, quasi inebriante sulle generazioni pi giovani : lautonomia della
ragione nella sua legislazione, la volont che si innalza al di sopra della natura e del
destino nella sua libert, il disinteresse della virt senza ricompensa. Come era prima
capitato a Fichte, queste cose riempiono anche lui, lo aferrano con forza possente e
lo ricolmano di un alto sentimento di s. Contemporaneamente Cristo diviene per lui
il saggio kantiano, che nei suoi detti morali annuncia la medesima dottrina. Tuttavia
cadono anche delle ombre sullimmagine di Cristo. Non si variamente accomodato
alla visione del suo tempo ? Non , sotto pi di un proflo, un fanatico? Ma soprat-
tutto: che cosa diventa la rappresentazione di Dio stesso secondo questa dottrina! Con
un postulato si aggiunge nel pensiero Dio per assicurare la signoria della ragione. Pro-
priamente non Dio , e noi mediante lui e per lui, ma la ragione , ed egli per amor
di lei e per lei. questo un Dio reale e vivente o non piuttosto un prodotto dei nostri
pensieri!.
5
Nella sua anima cade una notte terribile. Si sente come un bambino al quale
stato tolto il padre. La preghiera non pi possibile, al massimo un raccoglimento
e unelevazione dei propri pensieri, e Dio stesso, propriamente, non nientaltro che
lordine, la legge del mondo morale. E, tuttavia, non perde la letizia dello spirito. Se
mette da parte quella preoccupazione e quel vuoto interiore, lo entusiasma di nuovo
la fducia in s che sgorga dalla nuova dottrina; e quel che gli manca della devota pace
dellanimo e della superiore benedizione della fede, viene in certa misura sostituito
dallentusiasmo per gli ideali morali e in particolare dal pensiero edifcante della libert,
che lo ricolma di amore ardente.
Quanto istruttiva questa evoluzione! Guardiamo in modo quasi diretto allinterno
dellofcina dello spirito di quellepoca. Esattamente cos, anche per Fichte dal pen-
siero kantiano derivava quel dominio di s della ragione, che entusiasmava lui e i suoi
seguaci, quel dominio di s dell Io che escludeva un Dio al di sopra di s, che lasciava
4
Theodor, Berlin 1822, i volume, p. 18.
5
Ivi, p. 26.
la filosofia della religione kantiano-friesiana 157
solo lordine morale del mondo e lasciava spazio per lazione, ma non per la fede.
sostanzialmente a partire da questa contrapposizione che anche i discorsi sulla reli-
gione di Schleiermacher erano aferrati da un animo devoto: e li si capisce totalmente
soltanto se li si vede su questo sfondo. E la disposizione emotiva di Theodor ci fa capire
subito perch essi, nonostante la loro forma rapsodica e la loro allure atea, dovettero
avere un reale efetto di risveglio della devozione e poterono suscitare un impulso ad
un movimento eterno anche in animi del tutto disparati. Ci fa anche capire subito quel
che Claus Harms
6
indica in modo apparentemente tanto bizzarro, e cio che le Reden
lo hanno improvvisamente liberato da ogni santit dellopera (Werkheiligkeit) e dal
vantarsi delle proprie opere.
c
5. Interiormente Theodor in rotta con la teologia. Su desiderio della madre tiene
una predica, nel villaggio natale, sul valore del dominio di s, ma costretto a fare
esperienza del fatto che le prediche morali servono a poco, e a dare ragione alla madre
che gli spiega che dove presente limpulso del cuore ogni predica morale superfua:
una critica molto chiara al modo moralistico di predicare in generale e insieme una
preparazione per la successiva conoscenza di come un tale impulso si desti nel cuore.
d

Theodor torna alluniversit per occuparsi di diritto e politica e subisce una nuova
infuenza spirituale, quella della flosofa romantica, quella di Schelling e di Schlegel. Il
suo amico Sebald, esteta e geniale, anche pratico in afari damore, lo vuole sottrarre ai
suoi dubbi tentando di fargli capire la superiore concezione delle cose e della storia che
Schelling aveva presentato soprattutto nelle sue lezioni sul metodo dello studio acca-
demico.
7
Questo suonava senzaltro allettante. La flosofa di Kant era intrapresa solo a
partire dal punto di vista di una rifessione razionale e limitata. I teologi, i naturalisti
come i soprannaturalisti, erano in entrambi i casi teste vuote, e il loro punto di vista, in
particolare relativamente alla questione dei miracoli, era solo quello della rifessione.
In questo modo, per, non era lecito considerare lalto edifcio della religione cristiana.
Si trattava di collocarsi su un piano superiore, quello dell intuizione intellettuale,
aferma Sebald, senza tuttavia poterne rendere conto in modo pi preciso.
8
Chi si
afaticher con le spiegazioni dei miracoli ! La nuova flosofa della natura (di Schel-
ling) apre gli occhi di fronte al fatto che siamo circondati da misteri da ogni lato e che
dunque tanto meno siamo in grado di penetrare quei misteri l. Ragione e rivelazione,
per, sono contrapposizioni solo su quel livello inferiore. La ragione essa stessa una
rivelazione originaria dellessenza divina, grazie alla quale cogliamo una rivelazione
divina, a sua volta, nella natura e nella storia. Le idee divine eterne muovono la storia,
a maggior ragione la storia della religione. E nel cristianesimo, nel passaggio dal tempo
antico a quello nuovo, si sono rivelate intuitivamente in immagini sensibili eterne. La
storia di questa rivelazione essa stessa fondamento e modello della storia comune.
6
Su Claus Harms, cfr. infra, p. 317, nota 10.
7
F. W. J. Schelling, Vorlesungen ber die Methode des academischen Studiums, Tbingen 1803.
8
Theodor, I, p. 78.
c
Cfr. R. Otto, Schleiermachers Reden ber die Religion, [Gttingen 1906], seconda edizione, Nachwort. Qui
viene sottolineata questa contrapposizione alla tonalit emotiva fchteana, che sola d ai discorsi il loro
autentico rilievo. Schleiermacher si rapporta ad essa con lampante chiarezza, fno allimpiego di termini di
scuola. assai notevole che le Reden siano state spiegate abbastanza spesso col fchteanismo, ma non con
lantifchteanismo che pure rivendicano.
d
La medesima opposizione spinge Schleiermacher, nelle Reden, alle sue esagerate contrapposizioni di
morale e religione e allesclusione di ogni oggetto morale dalla predicazione.
capitolo dodicesimo 158
Ora Theodor studia Schelling, soprattutto le sue lezioni sullo studio accademico,
non senza profonde impressioni.
e
Tuttavia anche in Theodor la critica interviene subi-
to e al posto giusto. Quel che qui era esposto non era la scienza e il metodo scientifco,
ma il sogno dei poeti che si atteggiava a scienza e che in questo modo guastava entram-
bi, sapere e poetare. La rifessione viene rigettata e per subito di nuovo impiegata per
unimpresa impossibile: il tentativo di derivare e costruire a priori il fnito e la nascita
di tutte le cose. Lapparente riconoscimento del signifcato di religione e cristianesimo,
e della loro storia, faceva in verit di questi qualcosa che non era pi n religione, n
storia : un rivestimento di idee che non avevano pi alcuna relazione con lesperienza
vissuta religiosa. Questo Dio, che si efonde nel mondo, che annulla sempre di nuovo
se stesso e rinasce, non afatto Dio, ma nientaltro che la vita della natura, che perma-
ne e sempre si ringiovanisce, su cui domina un misterioso destino. Lassoluto, di cui
tanto si parlava, non era assoluto, ma sottoposto ad uninesplicabile condizionatezza.
E luomo non era altro che uno dei molti fenomeni passeggeri di questa vita del tutto,
il quale procede da questultima per poi esserne di nuovo inghiottito. Qui libert e
moralit divengono impossibili, impossibile la diferenza tra bene e male, tra leggi che
valgono in modo assoluto e valori. Cos il tutto era solo un gioco interiormente insince-
ro con la religione, condotto con allegorie e fantasiose interpretazioni, dove lautentico
contenuto e spirito della cosa veniva sovranamente disprezzato e intenzionalmente
degradato. Ovvio che per Sebald il protestantesimo disprezzabile rispetto al cattoli-
cesimo, perch in questo egli trova ci che in realt cerca al posto della religione e con
il nome di questa : tonalit emotiva, mistica, romanticismo, fantasia ed estetica. Anche
Schelling, gi nelle sue lezioni, aveva preso decisamente partito per il cattolicesimo e
proprio allora cominci lepoca delle conversioni dei romantici al cattolicesimo. Dopo
alcuni anni Theodor incontra di nuovo Sebald a Roma, dove nel frattempo questi
divenuto realmente cattolico. Quello che allinizio era un gioco, lo aveva preso alla
sprovvista e aferrato. E ora si inginocchia davanti al crocifsso, a teschi di morti e allau-
torit dei preti, e, divenuto interiormente rozzo e non libero, oscilla tra dissolutezza e
castit.
f
Nonostante questa tagliente critica, de Wette deve per parecchio allinfuenza
di Schelling. Fa ammettere allo stesso Theodor che qui, di fronte al moralismo kantia-
no, gli era penetrato nellanima in modo pi vigoroso loscuro presentimento di qual-
cosa di superiore a quanto aveva fno ad allora clto , di un signifcato della religione
al di sopra delletico, in cui era fno ad allora rimasto preso : un presentimento che
successivamente si era chiarito con gli strumenti della flosofa friesiana.
g
e
Si capisce come questo mosto in fermentazione di sogni e intuizioni geniali dovesse agire su una giova-
ne generazione dopo laridit dellintelletto dellepoca precedente. Anche Schleiermacher nelle Reden gioca
con la mistica della storia (cfr. Reden, ii, p. 100, ed. Otto, p. 64, k.). E un respiro di questa considerazione
simbolico-mistica della storia aleggia da ultimo intorno allimmagine di Cristo di questo moderno padre
della Chiesa nato dal romanticismo. Ancor pi che in lui, per, in de Wette, che nella scuola rigorosamente
critica di Fries ha seriamente contenuto, ma non ha mai del tutto eliminato, la profonda impressione che
Schelling aveva esercitato su di lui.
f
Che de Wette faccia dellavversario romantico il protagonista di avventure amorose forse una pole-
mica un po a buon mercato, ma corrispondeva ai modelli che realmente esistevano e al rapporto che essi
assumevano nei confronti della religione. In costoro anche questo rapporto rischiava di avere il carattere
di unavventura amorosa.
g
interessante che de Wette sostenga di non aver ricavato questo dalle Reden di Schleiermacher, che
aveva conosciuto solo molto dopo, ma da Schelling. Ma anche questa uninfuenza di Schleiermacher,
seppur indiretta. La trasformazione schellinghiana della tonalit emotiva fchteana, del tutto irreligiosa,
la filosofia della religione kantiano-friesiana 159
7. Theodor trova un impiego nel servizio statale e, attraverso Landeck, ha ingresso
nella cerchia dellalta societ. La sua anima, predisposta alla interiorit e alla religione,
si sente insoddisfatta e la fortuna dellamico Johannes, che nel frattempo ha percorso
il suo cammino normale, desta in segreto il suo desiderio. Linstabilit e la confusione
interiore grande. Allora incontra il maestro che dovr mettere ordine nella sua vita
interiore, portare in lui, come per magica chiamata, i molteplici inizi e frammenti ad un
tutto ordinato, e dare al suo sviluppo una decisa svolta. Il flosofo che tiene una serie di
lezioni alla societ clta della capitale in verit Fries, col quale de Wette, come stu-
dente a Jena e poi come collega a Heidelberg, aveva la pi grande familiarit di rapporti
e il pi profondo scambio spirituale. Le conversazioni riportate in Theodor restituisco-
no certamente nel modo pi autentico, per lessenziale, contenuto e spirito di questo
rapporto, ma in pari tempo chiaro che de Wette mette in bocca al maestro molte
delle sue proprie idee e delle sue successive evoluzioni. (Questo vale sicuramente di
tutti gli autentici ragionamenti teologici. Sicuramente, allinizio del suo insegnamento,
Fries non era incline ad una relazione tra la sua propria dottrina e il cristianesimo, la
Bibbia e la teologia, quale ha corso gi in questi dialoghi. I suoi giudizi sono spesso
piuttosto aspri e sfavorevoli. Le cattive esperienze dellammaestramento religioso nella
giovinezza, il giudizio generale e la disposizione emotiva anti-chiesastica dellindirizzo
deistico, nel cui contesto egli si trova, contro lelemento positivo, hanno su di lui
un efetto molto deciso. Solo gradualmente, e certo non senza linfuenza di de Wet-
te, la sua disposizione diventa diversa : predilige motti biblici per i suoi scritti, prende
contatto con il fondamento biblico-cristiano della nostra vita religiosa e prende parte
egli stesso al lavoro e alla controversia dei teologi sullorganizzazione della situazione
religiosa generale.)
molto interessante ed sicuramente autentico il lato e langolo visuale a par-
tire da cui i pensieri di Fries esercitano lefetto principale sul teologo. A questultimo
sembra che il sistema di questo flosofo sia situato nel mezzo tra il sistema kantiano e
quello schellinghiano
9
e che unisca entrambi. Egli prese le mosse da una coscienza ori-
ginaria dellanimo umano, che chiam fede: il che ricordava lintuizione intellettuale di
Schelling. Ma da ci non svilupp, come fece Schelling, il mondo con le sue leggi e le
sue forze, ma, attenendosi al punto di vista interiore (la svolta soggettiva della flo-
sofa kantiano-friesiana!) mostr come questa coscienza originaria (non quella cosmica
di Schelling, di cui possiamo soltanto sognare, ma la nostra propria) si dispieghi nelle
diverse attivit dello spirito (critica della ragione e ri-derivazione deduttiva), come lin-
tero edifcio della conoscenza umana si costruisca dallesperienza e dallattivit spon-
tanea del s per composizione e collegamento, e come in tal modo si presenti allo
spirito un mondo nel tempo e nello spazio e sotto leggi di natura. Questa conoscenza,
per, sarebbe soltanto lessenza imperfetta delle cose, la cui immagine originaria si tro-
va racchiusa in quella coscienza originaria ( conoscenza immediata dellessere in s
9
Theodor, i, p. 111.
che Schelling condivide nel primo periodo del suo flosofare, che egli stesso, in protesta contro le Reden di
Schleiermacher, esprime nel suo Hans Widerborst [sc. : Epikurisch Glaubensbekenntnis Heinz Widerporstens] e
che Goethe gli fa risuonare in modo pi fne e con pi slancio nella poesia Weltseele si compiuta in lui
in mistica e in glorifcazione dellinfnito, espressamente anche sotto linfuenza delle Reden, come si pu
mostrare. Si pu mostrare ancora come su de Wette il simbolismo e il panteismo, quali tonalit emotive,
agiscano persistentemente, e non a vantaggio della chiarezza del suo pensiero.
capitolo dodicesimo 160
in contrapposizione al suo fenomeno nel tempo e nello spazio : concettualmente solo
negativa, ma positiva nella coscienza originaria e dunque per il sentimento in quanto
presentimento); e la somma verit e la soddisfazione dello spirito si troverebbero solo
nella fede: il mondo, rischiarato dalla luce di questa, apparirebbe come un tutto armo-
nico nella magnifcenza divina. Egli distinse intelletto e ragione: defn il primo coscienza
mediata inferiore, attraverso cui il mondo viene concepito nello spazio, nel tempo e
nelle sue leggi di natura; intese la seconda come conoscenza immediata e come intera
vita dello spirito in tutte le sue attivit :
h
quale punto centrale di questa indic la fede.
Mostr inoltre che la conoscenza solo un lato dellanimo umano, che accanto ad essa
vi sono il sentimento e la facolt dazione e che soltanto mediante tutte e tre le facolt
si completa la vita dello spirito. Con la mera conoscenza (?)
10
non si capirebbero n il
mondo, n la vita umana: solo il sentimento e lamore darebbero ad ogni cosa il signi-
fcato vivente, e lazione porterebbe a compiutezza la veracit della conoscenza e del
sentimento.
8. Di qui, diventa per Theodor particolarmente signifcativa la contrapposizione
di ragione e intelletto e il profondo signifcato che viene dato alla prima. Qui risiede
davvero, in efetti, il punto centrale del flosofema friesiano e il suo deciso progresso
oltre Kant. Senza dubbio anche in Kant questo senso pi profondo
11
era stato posto
sullo sfondo ed era stato lideale che oscuramente guidava le sue ricerche, ma non era
stato fatto emergere con sicurezza quale facolt di una conoscenza originaria propria
e indipendente, chiaramente distinta dalla conoscenza dellintelletto che sempre sol-
tanto mediata. Theodor scopre subito anche quel che poteva esser messo in opera di
fatto mediante esempi storici, ossia che questa contrapposizione getta una luce nuova
e istruttiva sulla tradizionale contrapposizione tra ragione e rivelazione e si so-
vrappone a questa. Ci che qui si chiama ragione e che come tale si combatte in
realt l intelletto, ossia il collegare e il giudicare arbitrario e fatto in proprio, il nostro
ritenere, opinare, poetare, in cui tutto mediato, difettoso ed esposto allerrore. La
ragione, per, in quel senso pi profondo, contrapposta allintelletto, che appun-
to quel che Lutero chiama la nostra propria ragione e capacit; e gli contrapposta,
in efetti, nel senso in cui l la rivelazione contrapposta alla ragione propria: in
quanto apprensione della stessa verit eterna, che totalmente indipendente dal nostro
proprio ritenere, poetare e pensare, assolutamente immediata e sottratta ad ogni arbi-
trio e ad ogni errore; e che, nascosta sul fondo pi basso e oscura per natura, costituisce
lintimo mistero dello spirito razionale.
i
Da qui si ottiene, in efetti, una posizione sulla
questione di ragione e rivelazione che essenzialmente diversa da quella sostenuta dai
naturalisti dellilluminismo: una posizione che non d ragione ai soprannaturalisti, ma
a partire da cui possibile render loro giustizia e porre in una luce pi chiara la disputa,
tanto profonda, su natura e grazia , vero e proprio cuore di ogni questione contro-
versa realmente religiosa. Ma questa posizione, che qui Theodor/de Wette trova, in
10
Sic.
11
Sc. : della ragione.
h
Cosa equivoca, perch lintera vita dello spirito si pu dispiegare proprio e solo mediante lintelletto, la
rifessione. Perci lenorme signifcato della rifessione, genialmente disprezzata da Schelling!
i
Non c bisogno della speculazione flosofca per saperlo : sempre stato vivo nel sentimento devoto,
che sempre stato consapevole della sua fonte: se dunque la luce che in te... (Mt 6, 23; Lc 11, 35).
la filosofia della religione kantiano-friesiana 161
realt quella sostenuta da tutta la successiva teologia della mediazione, per quanto si
guarnisca spesso di espressioni tradizionali.
l
9. Questi, pi o meno, sono i suoi pensieri. Quel conoscere immediato posto nel-
la profondit dello spirito completamente indipendente da ogni esperienza possibile
esclusivamente agli uomini e quindi defnibile esso stesso soprannaturale (in forza
della fede nella verit della nostra conoscenza) nientaltro che unapprensione della stes-
sa verit somma, assolutamente oggettiva; dunque, per converso, un annunciarsi, un
rivelarsi della verit eterna nella profondit dellanimo umano, che completamente
misterioso, poich non sappiamo nulla della specie della sua realizzazione, e misterioso
in senso autentico, poich questo mistero assolutamente insuperabile ed posto con i
limiti della nostra stessa natura terrena.
m
Theodor lo defnisce rivelazione interiore, luce
interiore. Ora, essendo completamente oscuro, secondo la sua disposizione, in noi e in
s, non sarebbe per noi nulla se non si dispiegasse nel corso dello sviluppo dello spirito
umano nella storia, ossia per il fatto che in singoli uomini privilegiati, in profeti, fondato-
ri di religioni e mediatori, ci che predisposto prende forma, entra nella vita cosciente
dello spirito e si trasferisce, a partire da loro, nella comunit. Tanto nella storia, quanto
nella natura, tutto in connessione rigorosamente causale, e per questo ogni elemento
successivo dato insieme ad ogni elemento precedente. Ma che in generale qualcosa sia,
e sia proprio tale e sotto tali leggi, questo assolutamente casuale e contrario allordine
della natura, ed abbisogna del suo fondamento sufciente che dobbiamo cercare in Dio.
Cos il corso della storia dello spirito umano, e in particolare il corso di quella religiosa,
compare sotto il punto di vista della determinazione da parte di Dio. Che dunque si sia
realmente manifestata la religione, e in essa la comunit con Dio, opera sua; e i profeti
e i mediatori religiosi sono i suoi messi. Tutto questo governo divino della storia, ap-
preso per presentimento, e linvio dei suoi messaggeri divengono di per s una seconda
specie di rivelazione, quella esterna, che ha la rivelazione interiore come presupposto
e come criterio della sua validit, ma che accanto a quella ha un signifcativo valore au-
tonomo. Solo mediante essa, infatti, la religione diviene reale: senza, la possederemmo
soltanto come predisposizione e in sparsi e volubili presentimenti. E solo in tale rivela-
zione esteriore Dio ci aferrer con unazione viva:
In un animo simile la scintilla divina, che la medesima in tutti gli uomini, non solo non si estin-
gue n viene sepolta, come nella maggior parte degli uomini, ma anzi divampa in famma che
raforza e illumina tutte le facolt inferiori dello spirito, cos che la volont obbedisce soltanto
allinteriore impulso divino e non alle passioni; e lintelletto coglie in modo puro e non ofuscato
la luce divina e non si lascia traviare dalla conoscenza sensibile. In un animo simile la ragione
si trasfgura in ragione divina. Ogni non verit e ogni immoralit ha il suo luogo nellintelletto
che, in quanto facolt della coscienza arbitraria, si crea immagini ingannevoli e sottopone agli
uomini queste invece della pura immagine originaria. Poich per, laddove si realizzata una
tale rivelazione, lintelletto rimasto libero da ogni errore, esso ha obbedito alla voce divina
nella profondit dellanimo e ne ha aferrato in modo puro i comandamenti e le dottrine. [...]
Ogni uomo, nel quale lelemento divino abbia ottenuto una relativa preponderanza e signoria
su quello umano, per i suoi contemporanei mediatore di una rivelazione; quello per in cui si
realizzato il pieno accordo dellelemento divino con quello umano, ha concluso lambito della
rivelazione: questo quanto crediamo di Cristo.
12
12
Theodor, i, pp. 138-140.
l
Ne un esempio lo stesso Tholuck, come vedremo successivamente.
m
Cfr. supra, p. 138.
capitolo dodicesimo 162
La fede nella rivelazione, per, non si attua con lintelletto, ma, molto prima che lin-
telletto labbia clta con la sua apprensione concettuale, il sentimento che vi aderisce.
Dallimmediatezza del sentimento nella cui profondit ladesione e il riconoscimento
si costituiscono, inconsciamente, secondo quei criteri che risiedono nascosti nella no-
stra interiorit e che sono, appunto, applicati molto tempo prima che lintelletto ne dia
conto, anzi contro le false applicazioni che molto spesso lintelletto fa di essi la fede
erompe come un dono dallalto, inconsapevole di se stessa e della sua origine. Molto
pi che con discorsi e ammonimenti linviato di Dio si comunica con azioni. Tra queste
rientrano anche quelle azioni potenti che siamo soliti defnire miracoli. Non sono eventi
contro le leggi della natura, ma efetti della potenza superiore dello spirito rispetto alla
natura, che risiedono nellambito del possibile e per i quali troviamo analogie anche
tra di noi. C da aspettarseli, per, l dove presente una superiore vita dello spirito
e quindi anche i segni di questa. Ma una tale vita dello spirito si comunica immediata-
mente mediante atti morali, e poich le azioni morali nella loro totalit costituiscono
appunto il carattere personale, allora solo la personalit totale del mediatore la prima
e pi sicura garanzia della fede. La fede dei cristiani poggia prevalentemente su questa
base.
10. La disputa tra soprannaturalismo e naturalismo si compone per lui cos:
I razionalisti si attengono a ci che essi chiamano naturale e che va in direzione di una psicologia
e di una fsica razionale, empirica e limitata, e non sanno che ogni elemento naturale, che sia nel-
lo spirito o nel mondo corporeo, dipende dal soprannaturale ed solo fenomeno di quello. Essi
misconoscono il fatto che ogni elemento originario e immediato nello spirito sgorga da una fonte
nascosta e misteriosa. Essi ritengono, secondo quel che hanno soltanto appreso e che ripetono a
memoria, che anche in Cristo tale fonte sia soltanto qualcosa di appreso e al massimo di rielabo-
rato a partire da una materia vecchia, ma non qualcosa di originario, di originalmente proprio e
inesplicabile. E non hanno nemmeno il presentimento del fatto che nella natura corporea regna-
no forze nascoste che collegano spirito e corpo in modo misterioso e irridono ogni spiegazione
degli studiosi della natura. I soprannaturalisti, per contro, sanno altrettanto poco della libert e
delloriginariet dello spirito: e come hanno tutto dalla tradizione, cos ritengono che tutto sia
istillato in Cristo e negli Apostoli quasi come con un imbuto. E, malati e neghittosi come sono,
ritengono che lo stato dellesaltazione (ispirazione) sia malato e neghittoso, e pensano i miracoli,
in cui essi credono, in un modo naturalmente materiale. Ritengono che le leggi della natura siano
momentaneamente tolte e che la macchina naturale funzioni in modo un po diverso. Tanto esal-
tano la fede, quanto non sanno credere senza vedere. E se fossero vissuti al tempo di Cristo, non
avrebbero visto alcun miracolo, perch, come i farisei, avrebbero preteso segni dal cielo.
13

(Cfr. anche Theod., p. 282: La somma verit ha il suo posto l dove la ragione, inconsa-
pevole di se stessa, si perde nella vita eterna dello spirito, dove regnano lesaltazione, la
negazione di s, la devozione e cessano ogni rifessione e ogni sofsticheria.)
11. Muovendo da questi punti di partenza, il modo di pensare di Theodor si assimila
sempre di pi a quello della Chiesa. Da tutte le dottrine di questultima guadagna via
via un buon senso. Innanzitutto gli si sviluppa sempre di pi la sua nuova immagine
di Cristo. Come per Schleiermacher, Cristo diviene per lui immagine originaria, piena-
mente fenomenica, dellumanit in genere e quindi centro dello sviluppo dellumanit
13
Theodor, i, pp. 243-244.
la filosofia della religione kantiano-friesiana 163
e punto di partenza di una nuova creazione. La sua speculazione qui cos afne a
quella della Glaubenslehre di Schleiermacher, che si deve suppore che tra i due, a Berli-
no, debba essersi ampiamente realizzata una completa comunit di lavoro. Si potrebbe
stabilire con sicurezza chi sia stato a dare di pi solo se si conoscessero gli stadi prepa-
ratori della Glaubenslehre di Schleiermacher. Ma in ultima analisi questa si comprende
a partire dal fatto che, nel loro lavoro, entrambi i teologi erano condotti dai medesimi
motivi. Entrambi cercano una connessione, la pi stretta possibile, con la fgura storica
della dottrina cristiana : ne sentono il valore e lelevato contenuto e vogliono superarne
lunilateralit razionalistica. Entrambi subiscono inconsapevolmente le ripercussioni
del periodo della Humanitt
14
e della fede di questo nellumanit (Menschheit), e cercano
di interpretare la religione in generale e il cristianesimo in particolare come humanitas
perfetta (per questo Cristo per entrambi lideale dellumanit fatto carne) ; dove per
de Wette, come anche in altri casi, dipende chiaramente da Herder al quale, in ultima
analisi, questo tentativo risale. E per entrambi determinante e questo assai note-
vole e decisivo per la teologia successiva limmagine giovannea di Cristo. Il Vangelo di
Giovanni per essi, come per quasi tutte le teste pi signifcative dellepoca, il vero e
proprio testo cristiano fondamentale; il che ha fondamenti molto profondi e conse-
guenze notevoli. Nel carattere umanizzante della loro teologia, nella loro speculazio-
ne, nella loro posizione nei confronti del miracolo che colgono in modo per met
allegorizzante, per met realistico, restando complessivamente in unindistinta sospen-
sione si imprime il carattere di questo Vangelo. E de Wette si incontra in modo ancor
pi preciso con lo spirito di questo, in quanto talvolta riprende anche da Schelling il
pensiero, per met lasciato cadere, del signifcato storico-simbolico della storia evan-
gelica. Certo, per lui gli eventi della vita di Ges sono anche fatti, ma sono contempo-
raneamente simboli, dati dalla storia, di idee religiose, attraverso cui queste ultime
debbono essere presentate e suscitate.
n
Sotto linfuenza di questi motivi la posizione
di de Wette, inizialmente molto precisa, nei confronti degli elementi leggendari della
tradizione evangelica cambia sempre di pi e il velo del simbolico, pericoloso e tanto
comodamente a portata di mano, avviluppa molte cose.
12. Lincontro di Theodor con un nuovo amico, Hrtling, uomo del popolo e fanatico
di tutto ci che tedesco, mostra nel modo pi chiaro quali motivi, in s sommamente
signifcativi, propriamente lo portavano qui. Su di lui esercita una profonda impressio-
ne il pensiero della comunit, sviluppatasi storicamente, nel popolo e nella Chiesa, che
si trova di fronte al singolo come qualcosa di oggettivo, della quale si tratta di mettersi
al servizio, che impossibile cercare di curare da s arbitrariamente e della quale im-
possibile cambiare la forma secondo le soggettive opinioni di ogni singolo ; comunit
che per il bene superiore in cui il singolo deve assumere il suo posto e il suo ufcio.
Lopinione di fede, che si sviluppata e che valida nella comunit, diventa per lui
14
Abbiamo preferito, qui e in seguito, lasciare in tedesco il termine, sia per distinguerlo da Menschheit,
sia per sottolineare il signifcato tecnico herderiano, al quale qui Otto si riferisce, che intende non tanto
lumanit di fatto quanto lideale dellumanit. Nel libro xv, 1 delle Ideen zur Philosophie der Geschichte der
Menschheit, la Humanitt viene defnita come lo scopo della natura umana , con il quale Dio ha messo
nelle mani della nostra specie il destino proprio di questultima. Cfr. anche, dello stesso Herder, i Briefe zur
Befrderung der Humanitt, Riga 1793.
n
Anche Fries ha una tale concezione, solo che considera gli eventi corrispondenti non storia, ma mito,
e come tale vuole che siano impiegati simbolicamente nella religione popolare: un consiglio che ha gambe
corte.
capitolo dodicesimo 164
degna di rispetto; la maggiore connessione possibile con essa diviene desiderabile e la
domanda se unintuizione possa valere anche in quanto comune diviene quasi un ca-
none critico. A partire da questa tonalit emotiva, egli pu occasionalmente celebrare
la condizione dellingenuit acritica e pretendere di attribuire una giusta forza soltanto
alla fede, che non deve mai lasciarsi importunare dai dubbi. Ma queste sono tonalit
emotive di contorno, che non oscurano il risoluto senso della verit. Proprio in un tipo
delineato particolarmente bene, Walter, egli descrive in modo efcace e certo, secon-
do esempi frequenti gi allora come oggi, il teologo che, entrato sin dal principio nella
sua professione con insincerit, cerca la sua pace nella sottomissione cieca allautorit
della dottrina di scuola e nella tormentosa imitazione di una religiosit che in realt gli
estranea, e prolunga la sua insincerit e illibert nel fanatismo.
Linteriore cambiamento di tonalit emotiva di Theodor si compie quando Johan-
nes, lamico di giovent, gli scrive che, muovendo dal versante opposto e condotto dal-
le esperienze del suo ufcio pratico, si evoluto in direzione di una concezione molto
simile del cristianesimo e del suo signifcato per la vita reale.
Quanto pi amministro il mio ufcio, tanto pi vedo che i dubbi che ti inquietavano non ri-
guardano lessenziale della nostra fede. Tu credi, come me, nella forza beatifcante del vangelo,
nellincomparabile altezza di chi lo annuncia, che noi riconosciamo come nostro insegnante,
maestro e predecessore. E con questa fede, se solo profonda e viva, si possono condurre gli
animi degli uomini a ci che serve per la loro pace. [...] Il popolo non sa nulla della diferenza
tra ragione e rivelazione, e non vuole saperne nulla. Desidera la verit, che sia rivelata in modo
soprannaturale o naturale, e tiene solo al fatto che provenga da Dio e che si sia depositata nella
Sacra Scrittura. [...] E chi vuole negarlo!
15
Egli illustra, inoltre, con parole semplici e intime la fortuna della sua attivit spirituale.
Seguono molte esperienze vissute nella vita di Theodor e nella grande vita del suo po-
polo combatte la guerra contro la Francia , fnch infne, con pieno fervore, sceglie
di nuovo la professione spirituale e assume lincarico.
Il secondo volume ce lo mostra prima, quando ancora in viaggio in Italia e con i
compagni cattolici: qui si sviluppa in modo istruttivo il ridestarsi della coscienza speci-
fcamente protestante di questa nuova ecclesialit, che si distingue in modo sempre pi
rigoroso dagli slanci romantici dei primi giorni.
13. Qui ci interessa ancora il confronto con Kant e con Schleiermacher, quale attua-
to da Theodor a partire dal punto di vista che ha ritrovato, la valutazione del sentimen-
to per la religione e la relazione dellestetica con essa, e il rapporto di religione, morale
ed estetica quale egli lo determina riallacciandosi a Fries.
Lappello al sentimento, al suo signifcato per la nostra vita spirituale in genere, era
comparso nello sviluppo dellilluminismo stesso come reazione e fenomeno concomi-
tante dellintellettualismo,
o
e le pi recenti teorie si riallacciavano solo a ci che era
gi presente anche prima. Si tende facilmente a vedere questo richiamo al sentimento
come un indebolimento del pensiero pi rigoroso: e un uso non critico del medesimo
realmente ricettacolo di ogni arbitrio e comodo riparo per tutte le opinioni sogget-
tive, per idee cervellotiche e pregiudizi, soprattutto nel modo confuso in cui noi per
lo pi trattiamo con il concetto. Ma quellepoca rifessiva e avveduta correva qui un
15
Theodor, i, pp. 264-265.
o
Cfr. supra, p. 84.
la filosofia della religione kantiano-friesiana 165
piccolo rischio: anelava a rendersi accuratamente conto di ci che propriamente voleva
dire quando si richiamava e si afdava ai sentimenti. questo il caso gi in Rousseau.
Ancor pi in Kant, la cui critica rigorosamente metodologica della capacit di giudizio
non altro che unanalisi del sentimento. E questo riceve una posizione solidissima
con il meticoloso esame di Fries. Per Theodor il signifcato del sentimento si fa chiaro
in una conversazione con un razionalista sulla Jungfrau von Orleans [Pulzella di Orleans]
di Schiller, sulla missione di costei e sul tipo della sua ispirazione, che il razionalista
vorrebbe liquidare come vano fanatismo. Per Theodor il sentimento riveste un ruolo
nella religione prevalentemente l dove gli sorge la domanda su cosa propriamente
muova gli uomini, cosa li costringa a riconoscere in un fenomeno come quello di Cri-
sto una rivelazione divina e a sottomettersi ad essa ; in altri termini : su come arriviamo
a vedere come valido ci che ci qui di fronte e ad assentire con il cuore e la coscien-
za. Evidentemente questo non accade mediante i concetti distinti dellintelletto, che
intervengono sempre solo molto successivamente e spesso, nel caso delle cose clte
nel modo pi profondo, non intervengono afatto. Ma questa commisurazione allo
spiritus in corde, ai criteri eterni, e profondamente nascosti, del vero e del buono,
che risiedono oscuramente in noi e che noi stessi possiamo portarci davanti ad una pi
chiara coscienza solo con una difcilissima rifessione, questo assenso colmo di gioia,
che si distingue in modo tanto sicuro da ogni accettazione per autorit (noi stessi
abbiamo creduto e conosciuto ), si attua immediatamente prima di ogni rifessione
razionale con linteriore ispirazione dello spirito ,
16
come dice Lutero. E questa cos ?
il sentimento, il cui modo di apprensione si divide da quello dellintelletto. il tipo
della capacit di giudizio, che in noi chiaramente distinto dalla capacit di giudizio
sussuntivo dellintelletto . La sua diferenza rispetto al modo di attivit dellintelletto si
mostra da tutti i punti di vista. Dove presente il sentimento della lingua, l esso coglie
lelemento proprio, lo spirito, il ritmo e la logica di una lingua, e con ci anche le rela-
zioni grammaticali della medesima, in modo molto pi veloce, sicuro e fne di quanto
cerchi di appropriarsene un intelletto, per quanto acuto, secondo regole e concetti. Nes-
sun intelletto, che deduce e conclude secondo regole, raggiunge la sicurezza nel colpire
il bersaglio, la rapida prontezza e linfallibilit del sentimento morale, del sentimento del
tatto, che formulano entrambi i loro giudizi come per ispirazione e senza essere afatto
in chiaro circa i loro presupposti e le loro premesse, e che di solito possono solo essere
falsifcati dal successivo ragionamento dellintelletto. Lintelletto totalmente impo-
tente nellambito del bello, in cui il sentimento domina in modo esclusivo (per questo
tutta la prima parte della critica del sentimento di Kant diventa anche una critica della
capacit del giudizio estetico ). Il sentimento una facolt di cogliere e giudicare prima
e senza che ci secondo cui comprendiamo e giudichiamo un determinato dato sia con-
scio e rappresentato concettualmente. Laddove questo si lasci anche cogliere in modo
chiaro e portare alla coscienza, allora anche il sentimento si lascia successivamente
sciogliere, ma vi sono anche sentimenti irresolubili, sia in senso relativo che assoluto,
come mostra una pi fne introspezione.
Un simile cogliere e giudicare mediante sentimento riveste in ogni religione il ruolo
pi importante e soltanto in esso la vitalit, lautenticit e limmediatezza della mede-
sima. La rifessione razionale propriamente sempre soltanto un male necessario, che
tien dietro zoppicando e che ha il suo scopo in quanto kathartikon.
16
Cfr. AHG, pp. 72 e ss.
capitolo dodicesimo 166
Poich, per, i sentimenti sono trasferibili (possono essere suscitati nellaltro in modo
concordante), nasce il sentimento comune, mediante cui la religione diviene cosa della
comunit : come tale, una cosa di pretese e carattere particolare per colui che voglia
mettersene al servizio.
evidente quanto prossimo sia qui il contatto tra de Wette e Schleiermacher. In de
Wette, per, lintera dottrina ha maggior sostegno, poich poggia sulla precisa antro-
pologia di Fries che ha ripreso il flo che Kant aveva solo cominciato a tessere, mentre
Schleiermacher non trov mai davvero la via duscita dalla non chiarezza, che vi era
gi nelle Reden, quanto al rapporto del sentimento allintuizione e alla conoscenza, e
quanto al concetto stesso di sentimento.
14. Theodor conosce le Reden di Schleiermacher solo relativamente tardi e, signifca-
tivamente, solo nella forma delledizione pi tarda, che con la successiva sovrapposi-
zione
17
non ha reso pi chiara ed efcace la versione originale. istruttiva la critica che
indirizza ad esse da friesiano. Mai un libro, assicura Theodor, gli fece lo stesso efetto
delle Reden. Ma le legge dal punto di vista della sua propria conoscenza del sentimento.
Per lui illuminante e fecondo il rimando alla vita originaria e inconscia della religione
nellesser aferrato dellanimo dallo spirito delluniverso e la separazione di questo ele-
mento immediato dal sapere che se ne ha, dallesprimere, ordinare, collegare il senti-
mento originario in un sistema di opinioni. Egli chiede invece del tutto correttamente :
qual propriamente il sentimento delluniverso che viene vissuto nel sentimento
religioso, e qual , con ci, il contenuto concreto del sentimento stesso? Qui la risposta
di Schleiermacher ancora assai vaga, ossia sentimento di ogni fnito di essere nellin-
fnito (da cui successivamente si sviluppa in modo pi chiaro la dipendenza assolu-
ta , che restituisce il contenuto del sentimento religioso altrettanto unilateralmente).
Theodor si fa dire dal suo maestro che nel sentimento devoto cogliamo, in modo ine-
sprimibile, qualcosa di duplice: lunit (e necessit) eterna nellessenza delle cose (che si
dispiega nelle idee prima del coglimento speculativo) e contemporaneamente leterna
fnalit nelle cose. In efetti questo lo sente anche Schleiermacher e i molteplici sinonimi
che utilizza per il vissuto religioso rimandano esattamente a questo:
p
ma in lui non vie-
ne in chiaro. Theodor ordina il rapporto tra il sentimento religioso e quello morale, che
non lo soddisfa in Schleiermacher, in questo modo: nel sentimento morale ci si annun-
ciano i fni che noi stessi dobbiamo porci per la nostra vita in questo mondo temporale;
il debordante sentimento religioso, invece, avverte in tutto il presentimento del valore
eterno e del fne divino e, con ci, conferisce anche allagire morale il valore di eternit
e lelevato entusiasmo, cos che in tal modo lo ridesta e lo stimola. E questa concezione
(totalmente friesiana) sembra in efetti avvicinarsi molto al reale rapporto tra i due.
Quel che ogni religioso sa dallesperienza pi propria, che cio il vissuto e il sentimento
di Dio suscitano e pongono in libert, in un modo che prima non veniva afatto presen-
tito, il sentimento morale e limpulso morale : questo fatto, che pu esser verifcato in
modo quasi sperimentale, che il contenuto fondamentale di tutte le nostre dottrine
della redenzione, per lanalisi psicologica sempre di nuovo sommamente enigmatico,
e le nostre ricerche sulla capacit dimpulso morale della fede non ci hanno anora
portato molto lontano. Ma nella direzione della dottrina di de Wette e Fries potremo
17
Sc. : tra sentimento e intuizione.
p
Cfr. Otto, Schleiermachers Reden ber die Religion in ihrer ursprnglichen Form, [Gttingen 1906
2
,] nella cui
postfazione sono raccolti questi sinonimi (pp. xxi-xxii).
la filosofia della religione kantiano-friesiana 167
probabilmente trovare la soluzione, se in generale possibile trovarla e non scompare
nellambito di ci che non pi indagabile. Theodor descrive bene la sua intuizione,
diversa da Schleiermacher, in questo modo:
Il sentimento religioso come dire inattivo, quieto, ma non inattivo in modo passivo. il
pieno soddisfacimento del cuore, per il quale si placato ogni desiderio, ogni anelito. per la
fonte di ogni attivit, in quanto dalla sua altezza luomo ritorna subito nella sfera dellazione.
18
15. Egli regola subito e completamente il suo rapporto a Kant secondo le convinzioni
di Fries. Limperativo categorico pone preliminarmente una superiore legge del valore
che mi dice cosa possa essere per me un dovere, un compito del mio agire e una meta
del mio tendere. ci che oggettivamente buono, che mi si annuncia nel sentimento
morale nella sua ricchezza e contemporaneamente oggetto non dellinclinazione, che
Kant contrappone erroneamente solo al sentimento puro del rispetto, ma del puro
amore. Cos soltanto diviene possibile leticit vivente e in pari tempo unetica ricca-
mente dispiegata al posto dellarida serie di regole di presunti doveri singolari, che i
kantiani pi rigorosi cercavano di estrarre dallelemento puramente formale dellimpe-
rativo kantiano: deduzioni tra le quali nessuna, in verit, era realmente convincente.
Invece del Dio postulato, che interviene solo successivamente, della speculazione di
Kant (cos la cosa gli si presentava: se del tutto a ragione, assai discutibile) gli era stato
oferto da tempo dalla dottrina friesiana un cammino diretto e un contenuto proprio
sia del concetto di Dio, sia anche del vissuto religioso.
q
16. Il romanzo ricco anche di sue considerazioni estetiche. Anche qui egli segue
completamente il suo maestro Fries e, attraverso questi, Schiller. La profonda conce-
zione del bello, secondo cui questo non altro che leterna bont delle cose posta da
Dio, la quale concettualmente inesprimibile, ma viene presentita in modo som-
mamente positivo e vivente nel vissuto del bello, anche la sua. Abbiamo lesperienza
vissuta della bont delle cose in se stesse, nella quale crediamo perch crediamo in un
mondo di Dio, nel loro apparirci come bellezza e sublimit.
La dottrina friesiana del presentimento si mescola spesso con i gi menzionati pen-
sieri schellinghiani del simbolico e si applica di preferenza al racconto dei vangeli, che
viene volentieri impiegato per conferire agli elementi miracolosi e leggendari una su-
periore verit . Fortunatamente oggi siamo divenuti sordi a ci. Ma spiegazioni come
la seguente sono importanti e lo restano tanto pi, quanto pi qui si esclude Schelling e
ci si pone solamente sul terreno della dottrina friesiana del presentimento, che chiara
e pu essere certifcata psicologicamente, che, in generale, conduce a ricchezze e pro-
fondit dello spirito molto pi grandi di quanto il suo stesso scopritore le abbia attribui-
to. Theodor rimprovera talvolta ai razionalisti di assumere Cristo come mero uomo.
18
Theodor, i, p. 234.
q
Cfr. su questo la bella descrizione dellautentico vissuto di Dio che Theodor ha sul campo di batta-
glia, Thedor, i, p. 402 : Spesso egli aveva avuto sacri momenti di contemplazione, in cui gli erano apparsi
nella luce pura di un mondo superiore la verit, il valore supremo della vita, la vera essenza delle cose,
la meta suprema di ogni umano tendere. Ora tutto questo confuiva nel pensiero vivente e sublime del
Padre celeste. Era una specie di estasi inconscia quella in cui si trovava, o piuttosto uno stato di superiore
coscienza. E quando il cuore, con gemiti inesprimibili, si fu liberato del suo impeto ed egli torno di nuovo
in s, fu ricolmo del sentimento gioiosissimo che aveva appena provato. Grazie, Padre celeste, di esserti
lasciato ritrovare!.
capitolo dodicesimo 168
Essi trascurano il fatto che nel fenomeno temporale e limitato della sua vita viene intu-
ito qualcosa di illimitato ed eterno; detto altrimenti: che nella sua intuizione
residua qualcosa che n pu essere concepito con lintelletto, n raggiunto con lazione, ma che
pu essere clto soltanto con il sentimento.
19
Per coglierlo secondo la sua vera perfezione e altezza, sostiene, Cristo dovrebbe esser
visto non soltanto come oggetto di conoscenza o di imitazione nellagire, ma anche
come oggetto del sentimento (ci signifca, nel suo uso linguistico, come simbolo
estetico , p. 234). Questa unosservazione giusta e profonda, che indica realmente la
via che conduce fuori dalla superfcialit razionalistica della concezione della persona
di Cristo
r
e d libert alla venerazione religiosa nei suoi confronti, senza riportare in-
dietro ai labirinti della speculazione soprannaturalistica. Possiamo rendere evidente nel
modo migliore ci che qui inteso con lesempio della morte di Cristo, alla quale an-
che lo stesso de Wette, successivamente, lo applica nella sua Dogmatik.
20
La soferenza
dellinnocente, del devoto e del giusto in generale, qualcosa che dai giorni di Giobbe
ha commosso il sentimento devoto nel modo pi potente e, da una parte, ha provo-
cato lintelletto a tutti gli inutili tentativi di teodicea ; daltra parte, per, ha provocato
il sentimento devoto a quei presentimenti meravigliosamente profondi che in Is 53 si
esprimono in un modo che classico per ogni tempo e che il pi profondo che lantica
alleanza abbia mai prodotto. Nella considerazione di questa soferenza dellinnocente,
assunta volontariamente e in obbedienza alla volont eterna, si mostra in efetti che,
come dice de Wette, in ci residua qualcosa che n pu essere concepito con lintel-
letto, n raggiunto con lazione, ma che pu essere colto soltanto con il sentimento;
21

che perci non pu essere concepito in teorie, ma che, come accade in Is 53, pu essere
solo rappresentato, ossia nel salmo. La storia ofre ovunque analogie con quanto si mo-
stra in Is 53. La soferenza assunta volontariamente, la morte, la rovina destano sempre
sentimenti e presentimenti che si esprimono anche in immagini e idee molto simili a
quelle ( sacrifcio della vita, espiazione, cancellazione della maledizione, soluzione
del debito); segno del fatto che qui non agisce nulla di casuale, ma qualcosa di univer-
sale e necessario. Di qui il senso e lefetto, che nessun razionalismo pu sciogliere, della
morte sul Golgotha su ogni animo devoto che si ofra ad essa realmente e apertamente.
il santuario pi delicato della devozione cristiana, e la protesta della dottrina di scuola
contro la sua dissoluzione razionalistica del tutto giustifcata e necessaria : solo che la
esercita in modo grossolano nel voler fare di qualcosa di inesprimibile una teoria. (La
croce di Cristo un oggetto per gli altari e per lora della morte, per la contestazione
e per lallontanamento da Dio, ma assolutamente non per una rifessione dotta. Ogni
19
Ivi, p. 342.
20
Lehrbuch der christlichen Dogmatik in ihrer historischen Entwicklung dargestellt, volume primo: Biblische
Dogmatik. Alten und Neuen Testaments, Berlin 1813 ; volume secondo : Dogmatik der evangelisch-lutherischen
Kirche, Berlin 1816. Cfr. infra, cap. xiii.
21
Theodor, i, p. 342.
r
...cos come tutto ci che grande, profondo e misterioso negli uomini e negli eventi della storia in ge-
nere, come ovvio per il punto di vista di de Wette. Questi, infatti, non vuole isolare il fenomeno di Cristo
dallaccadere storico in generale, come fa il soprannaturalismo. Quel che ha anche altrove la sua analogia,
ossia lannuncio delleterno nel fenomeno per il sentimento in quanto presentimento, deve avere qui il suo
culmine; e che lo abbia di per s, di nuovo, un giudizio del sentimento devoto, che come tale non deve
comparire in una ricerca e unesposizione che resta esclusivamente nella scienza dello spirito.
la filosofia della religione kantiano-friesiana 169
dogmatica diviene qui completamente nulla, come potrebbe provare al meglio la mon-
tagna, che cresce in modo quasi inquietante, di sempre nuove teorie della riconcilia-
zione . Il problema che qui si saggia per principio irresolubile e quindi non neanche,
in generale, un possibile problema. Questo si chiarisce subito se si compresa lessenza
del presentimento. Con ci si chiarisce anche il che ancora pi importante che
si pu avere unesperienza vissuta della verit anche senza concetto.)
17. Si addice alla libert interiore e allautonomia di un rappresentante, quale de
Wette, di una teologia che sta ringiovanendo, il fatto di riconoscere in Theodor e di
lasciare talvolta che si dstino anche in se stesso tonalit emotive e moti religiosi che
senzaltro si presentano anche in tutti noi, come una corrente che scorre al di sotto di
una devozione specifcamente cristiana determinata dalla relazione ad un Dio assolu-
tamente oltremondano ; e che (nonostante le frequenti e un po comode assicurazioni
del contrario) non si lasciano senzaltro aggiustare e adattare a quella. Queste tonalit
emotive gli si presentano in unescursione in Svizzera e a chi non sarebbe successo in
un posto simile! alla vista della magnifcenza, sublimit e bellezza della grande vita
del tutto della natura, e alloccasione la sua tonalit emotiva assume qui, come sempre
gli capita, una piega panteistica. Egli fa il tentativo di impiegare il dogma cristiano della
Trinit (ora il logos immanente al mondo, ora lo spirito di Dio, che, vivente, abita
nel mondo, ora in modo pi fgurato, ora pi serio), per conformare questi sentimenti
di una religiosit estetica e inframorale a quelli del livello etico cristiano. (E chi non
avrebbe fatto altrettanto! Sembra una cosa profonda e molti credono di ottenere qual-
cosa in questo modo. Ma forse soltanto un gioco dottamente teologico su cose, il cui
reale equilibrio ci si sottrae.)

Capitolo tredicesimo
LA DOGMATIK DI DE WETTE
1. Il suo carattere. 2. Immagine della storia. 3. Herder. Ispirazione. 4. Presentimento della
teleologia della storia. 5. Proflo della storia biblica. 6 Contenuto dottrinale . 7. Metodo :
a) fondazione flosofco-religiosa della dogmatica ; b) flosofa e teologia. 8. La teologia. 9. La
flosofa della religione nel dettaglio: a) concetti fondamentali; b) signifcato della religione nella
vita dello spirito ; c) realizzazione della religione nella comunit e nella storia (rivelazione) ; d)
dogmi; e) principio della peculiare confgurazione della religione nella storia; f ) principio unita-
rio nello sviluppo; g) unione della presentazione della religione e della metafsica.
1.
N
el 1813 de Wette pubblica per la prima volta il suo manuale di dogmati-
ca cristiana,
1
che conobbe pi edizioni (la seconda, del 1818,
2
dedicata al Dot-
tor Schleiermacher). Vi si trovano la dottrina biblica di scuola e quella ecclesiastica nel
loro sviluppo storico, accompagnate dalla critica e dallindividuazione di quel che
corretto. Si tratta di una giustapposizione ancora indiferenziata di teologia biblica,
di un principio storico-religioso di storia dei dogmi e di unimpostazione dottrinale
propria, in connessione con un antropologia religiosa (psicologia e flosofa della re-
ligione). Questo libro propriamente lopera inaugurale della teologia che ora si sta
reimpostando, della teologia moderna in genere, non perch determina lo sviluppo
successivo, ma perch espone per primo e in modo tipico la nuova situazione spirituale
in cui emergono i nuovi punti di partenza, e perch per primo (otto anni prima della
Glaubenslehre di Schleiermacher) espone in s un programma, sebbene ancora informe,
della nuova teologia che ora si presenta come scienza della religione. Quel che qui
giustapposto in modo confuso, in seguito si separa, secondo natura, in singole discipli-
ne particolari.
2. Per comprendere la nuova formazione dottrinale importante sapere quale im-
magine e che tipo di concezione della storia le stavano alle spalle, in modo taciuto
o espresso, in modo pi o meno oscuro. specialmente nella concezione della sto-
ria che la nuova generazione (che de Wette rappresenta insieme a Schleiermacher) si
distingueva dallilluminismo, che proprio su questo punto veniva attaccato in modo
particolare. Talvolta si defnisce questa diferenza come ritorno ad una pi profonda
concezione dello storico. Ma cos detto in modo sbagliatissimo. Non era il ritorno
a qualcosa di precedente, perch prima del destarsi dellautentico senso storico nellil-
luminismo (nella forma del pragmatismo), la considerazione storica non cera. Anche
quel che qui vivo in modo nuovo solo una prosecuzione dellimpresa dellillumini-
smo : ottenere una comprensione realmente storica. E lirrisione che i romantici, in
particolare, esercitavano nei confronti del metodo storico precedente era a buon mer-
cato, e forse ingiusta, perch nella storia c anche il pragmatismo; e le altre chiavi che
si applicavano, fno all inganno dei preti, alla religione come dominio delle masse,
etc. , erano oferte dalla storia propria del tempo in modo fn troppo chiaro. Ma in
1
Cfr. supra, p. 168, nota 20.
2
Berlin 1818 e 1821.
capitolo tredicesimo 172
efetti si era arrivati ad un livello superiore, si comprendeva lingranaggio della storia in
modo pi intimo e variegato e, essenzialmente preparati dal fatto che il tempo appena
trascorso si era occupato dei compiti pi rafnati e che conducevano pi in profondit
nellambito dellarte, della letteratura universale e della poesia, si era signifcativamen-
te intensifcato il sentimento e lacume per le propriet particolari, per le fnezze e le
immani complicazioni della storia della religione; e tendevano a scemare le concezioni
grossolane e rigide della storia naturale della religione, per lo pi determinate anche
da antipatie soggettive. A questo si aggiunse il metodo della ricerca delle fonti, pi
sicuro ed esercitato grazie alla precedente critica letteraria agli autori classici, al quale
lo stesso de Wette, da giovane principiante, aveva contribuito in modo tanto brillante
nella sua critica della storia israelitica.
3
3. Dietro la concezione storico-religiosa di de Wette (e di Schleiermacher), cos come,
in generale, del periodo che comincia, vi per innanzitutto lo stesso illuminismo e il
suo tentativo, del tutto consequenziale, di includere anche la storia biblica nella storia
della religione in genere. Di qui le profonde intuizioni di Herder,
a
il cui giudizio, mo-
dellato dallo studio della poesia popolare di tutti i tempi e di tutti i paesi, gli rese possi-
bile una comprensione pi vera e profonda anche per la comprensione delle creazioni
della storia della religione, la quale rendeva contemporaneamente gi possibile un su-
peramento della controversia, totalmente fuorviata, su naturale o soprannaturale.
Herder scopr nella poesia popolare, in realt nella poesia in generale, una creazione
che emerge dalle profondit misteriose e nascoste dellanimo, di ci che inconscio,
non voluto e non fatto, di una ispirazione che sgorga dalla profondit dello spirito data
da Dio come un dono e un vissuto, del tutto analoga a ci che in un altro ambito, quel-
lo religioso, la grazia e lo spirito che sofa dove vuole, ma non sai di dove viene e
dove va.
4
A partire da qui doveva proflarsi una comprensione per le formazioni reli-
giose totalmente altra rispetto a quella rigida dellepoca precedente. E lopera propria
3
Cfr. i Beitrge zur Einleitung in das Alte Testament, 2 voll., Halle 1806 e 1807, e il Lehrbuch der hebrisch-
jdischen Archologie, Leipzig 1814.
4
Gv 3, 8.
a
A chi, oltre che a Fries, debba le sue sollecitazioni, de Wette lo dice in R[eligion und] Th[eologie, cit.], p.
67. Ha parlato della nuova e pi profonda concezione della religione, che cominciava a riemergere in modo
entusiasmante e liberante dopo il razionalismo e la moralizzazione kantiana della religione medesima. Ora
dice a chi, soprattutto, il suo tempo deve ricondurre questo efetto : In questa forma (in quanto esperienza
vissuta di Dio nel tempio della natura e nellepos della storia) la religione di nuovo, anche per noi, racco-
mandabile, dopo che unet dubitante sembrava essersene totalmente liberata, e ci si fatto chiaro che in
realt, credendo di non averla, lavevamo. Herder ha il merito di averci ridestato, in modo eccellente, il senso
per questo tipo di considerazione, in quanto con geniale ricettivit per tutto ci che grande e bello in tutti i
tempi e in tutti i popoli, con identico amore per lo spirito poetante degli ebrei e dei greci, del nord e del sud,
per la bellezza di natura della semplice poesia popolare e gli ideali elevati dellarte classica, con quella vera
umanit, alla quale nulla di umano estraneo, si preso ad oggetto la storia della formazione del genere
umano e ci ha insegnato a vedere in questo lepos divino. Dopo che questi ci aveva indicato il cammino, la
cerchia si allarg [...]. In queste aspirazioni, spesso fraintese, spesso anche mal condotte, la nazione tedesca
si mostra come la pi religiosa di tutte. Che per questo modo di considerazione delle cose, in particolare
quello della storia, sia religione fu uno dei pi felici pensieri di quelle Reden ber die Religion che hanno tanto
operato tra noi per il riconoscimento della religione e attraverso cui ci siamo accorti che non eravamo cos
totalmente estraniati dalla religione come credevamo, imparando cos a stringere di nuovo amicizia con
essa. Era una religione libera e naturale che ci veniva racomandata, ma in una fgura tanto pi viva e calda
di quella che fno ad allora si era detta tale; essa si serv del sentimento e della capacit di immaginazione e
si innalz al di sopra del tipo comune di considerazione delle cose. Questa intuizione religiosa del mondo,
quale viene clta nel sentimento immediato, costituisce insieme la vera vita della religione.
la filosofia della religione kantiano-friesiana 173
di Herder, Vom Geist der Hebrischen Poesie [Dello spirito della poesia ebraica, Deau 1782-
1783], ne era il primo brillante tentativo. Il mito, la leggenda e la saga sacra, e anche la
restituzione specifcamente religiosa di qualcosa di realmente storico, ricevono ora un
signifcato totalmente diverso rispetto a prima, quando si sapeva soltanto passar oltre
a tutto ci con unalzata di spalle oppure farne futili favole di unepoca incolta o il ben
noto inganno dei preti. In esse si pu trovare non soltanto bellezza, ma anche verit
e dunque rivelazione ; una rivelazione di verit eterna attraverso il sentimento che ap-
prende in modo oscuro e per presentimento, secondo analogie terrene. La dottrina di
Herder trovava, per de Wette, una fondazione pi profonda nellantropologia di Fries
e nella sua dottrina della simbolica religiosa, secondo cui il mito, il rito e le forme di
culto sono modi despressione del sentimento religioso. A questo si aggiunge la fede
nello spirito e nella forza dello spirito in generale, che afuiva a quegli uomini dallil-
luminismo e in particolare dallepoca, appena trascorsa, dellelevato pensiero della Hu-
manitt
5
(fede che solo gradualmente si disseccata per noi in modo tanto miserevole
davanti allinvasione del materialismo e del positivismo francese). Si attribuiva, infatti,
allo spirito il fatto di essere capax infniti, e con ci si aveva la via duscita dalla disputa
tra soprannaturalismo e naturalismo: questa diventava indiferente per la religione, alla
quale preme cogliere Dio ed esser sicura che sia Dio stesso. Che ci accada in modo
tale che lo spirito si inserisce nel contesto della vita spirituale umana con singole spinte
dalla sfera soprannaturale, o che esso, disposto nelle profondit dello spirito razionale,
emerga da queste e divenga potente a suo tempo, cosa interessante per la metafsica
e per lantropologia, ma del tutto indiferente per la religione.
b
4. Vi , infne, sullo sfondo ancora un terzo elemento : la convinzione puramente
ideale, che procede da Lessing a Herder e al romanticismo, che la storia stessa sia un
processo teleologico. Questo pensiero si esprime pi o meno fantasiosamente: nel
modo pi fantasioso nella flosofa romantica, che vuole vedere nella storia il graduale
pervenire a se stesso di Dio ; in modo pi sobrio nellidea per cui la storia della forma-
zione dello spirito umano una maturazione e uno sviluppo del suo proprio patri-
monio di predisposizioni interiori, tale da accadere secondo necessit divina e sotto la
divina provvidenza. (Cos lintera storia diviene un processo di rivelazione, nel senso
in cui gi si parlava prima del presentimento del governo divino del mondo, supra,
p. 150.
c
) Con ci il punto di partenza dello sviluppo veniva pensato non nellelemento
pi rozzo e incolto possibile, come fa lattuale antropologia determinata dalla dottrina
della selezione, ma in ci che semplice e non sviluppato, e si assumeva come analogia
degli inizi del genere umano non la condizione degli abitanti della Terra del Fuoco o,
in generale, di razze possibilmente degenerate, o le abitudini dei gorilla e dei babbuini,
5
Cfr. supra, p. 163, nota 14.
b
Che in seguito nella teologia questo punto di vista si sia potuto occultare di nuovo a tal misura, dipen-
de da quella scomparsa di una pi profonda formazione antropologica e flosofca generale, che si verifc
per lepoca successiva della nostra vita spirituale in generale e altrettanto per la teologia ; e dipende, in pari
tempo, dallaccomodarsi troppo confortevole e poco chiaro, anche da parte di quei teologi e dei loro allievi,
alla vecchia terminologia soprannaturalistica e alla presunta teologia della comunit; un accomodarsi
che va rimproverato anche a Schleiermacher e che trasmette latteggiamento insicuro che le proprio
allintera teologia della mediazione.
c
Gradualmente anche Schleiermacher si orienta a questa visione pi semplice (cfr. Schleiermacher,
Reden, ed. Otto [Gttingen 1906], pp. 63-64).
capitolo tredicesimo 174
ma la condizione dellinfanzia e di una vita dello spirito ancora non sviluppata, che
troviamo tra noi stessi.
d
5. Nelle sue ricerche critiche sulla storia israelitica, de Wette si era creato la base
per una reale storia di Israele e della sua religione. Di qui alla reale comprensione, a
Wellhausen,
6
alla Theologie der Propheten [Teologia dei profeti] di Duhm
7
e alla Religion-
sgeschichte [Storia della religione] di Smend,
8
il cammino era ancora lungo. Soprattutto
manca ancora completamente un coglimento vivo del signifcato del profetismo e con
ci della nascita e della specie del contenuto religioso reale della religione veterotesta-
mentaria. Le ingenue costruzioni dellilluminismo perdurano ancora. Mos introduce
il monoteismo ,
e
che presumibilmente aveva ricavato dalle pi profonde speculazioni
degli Egizi. Lo collega al culto di Jehovah, che, a partire da Abramo, veniva venerato
come dio tribale. A ci aggiunge il simbolismo religioso della teocrazia, il punto cen-
trale dellebraismo. Legge, culto e polizia risalgono solo in parte a lui e si sviluppano
solo successivamente, esattamente come il messianismo. Il contenuto estetico, ossia
i sentimenti religiosi esprimentisi, vengono ogni volta rintracciati nei capitoli conclusi-
vi e stabiliti secondo i tre sentimenti religiosi fondamentali che erano stati determinati
da Fries.
Il giudaismo nasce dallebraismo per contatto con il parsismo (la flosofa orien-
tale ) dopo lesilio. Ora il messianismo si riempie di contenuti escatologici e si for-
mano le rappresentazioni di demoni, anime e aldil che ancor oggi troviamo nel
Nuovo Testamento. Gi nel racconto del Paradiso e nelle genealogie de Wette aveva
trovato lassunzione di materia mitica estranea. Nello spiegare il giudaismo con gli
infussi del parsismo totalmente dipendente da supposizioni di Herder, che risal-
gono alle traduzioni di Anquetil du Perron.
9
Il giudaismo si dispiega nel tipo pale-
stinese e in quello di Filone, ed entrambi divengono signifcativi per il cristianesimo
in fase di sviluppo. Il contenuto di valore della religione veterotestamentaria risiede
nell ebraismo , che era gi stato determinato nellessenziale da Mos ed era stato
protetto dai profeti contro il proliferare del sacerdozio, contro gli idoli e la contami-
nazione della sua essenza ideale.
In questa prima versione della sua Dogmatik anche limmagine neotestamentaria
della storia ancora maldestra e straordinariamente parziale ; equivale in ci a quella
di Schleiermacher: entrambi procedono verso unimmagine pi viva solo con sforzo
e senza riuscirci del tutto. Limmagine della vita di Cristo viene disegnata essenzial-
6
Cfr. J. Wellhausen, Israelitische und jdische Geschichte, Berlin 1894.
7
Cfr. B. Duhm, Die Theologie der Propheten als Grundlage fr die innere Entwicklungsgeschichte der israelitische
Religion, Bonn 1875.
8
Cfr. R. Smend, Lehrbuch der alttestamentliche Religionsgeschichte, Freiburg i. B. 1893.
9
Abraham Anquetil du Perron (1731-1805), orientalista francese, gli si deve la prima pubblicazione
dellAvesta in una lingua europea.
d
Con ci si arrivava forse pi vicini alla verit di quanto non lo siano i nostri odierni descrittori dei
primitivi , in biologia cos come nella storia della religione. Anche la dottrina dellevoluzione, infatti,
non costringe afatto a porre allinizio dello sviluppo quel che brutale e il pi possibile selvaggio, dove
in realt non si riuscirebbe a vedere come da tali spine siano potute in generale derivare rose, ma soltanto
quel che non dispiegato, quel che ancora latente. E a questo conduce gi uno sguardo nel mondo della
vita infraumano, nel quale scorgiamo tracce non soltanto del bestiale e del grezzo, ma forse, e molto di
pi, dello spirito dormiente.
e
Al pensiero di una nascita della religione per introduzione si poteva arrivare in unepoca in cui in efetti
i governi introducevano le religioni.
la filosofia della religione kantiano-friesiana 175
mente secondo il Vangelo di Giovanni, in parte preso in modo mirabilmente letterale,
in parte anche reinterpretato, considerato come fonte storica autentica o comunque
come quella relativamente pi sicura. Con Giovanni si tace sulla storia della nascita
e sullinfanzia, che vengono ritenute mitiche. Riconosciuto come Messia dal Battista
in occasione del suo battesimo, Ges si presenta sin dallinizio con questa pretesa, in
un senso spiritualizzato. Ci si aspetta dei miracoli, che quindi si verifcano. La morte
necessaria per imporre la visione spirituale della sua messianit.
Inaspettata per i discepoli e per lui stesso, la croce non stata mortale. Un qualche evento reale
deve aver avuto luogo. Le testimonianze sono troppo sicure.
10
Ma quale? Di ci si tace. Allinizio ancora chiarissima, sullo sfondo, lipotesi di una
morte apparente. Anche in Schleiermacher. In seguito non si tratta di una morte ap-
parente consueta, ma di quella forza spirituale con cui Ges ha agito sui malati, sui
moribondi, forse anche sui morti, e che ora diviene efcace in modo cos particolare
anche in lui stesso. O si tratta di qualcosa di ancora diverso, che con il tempo si esprime
in modo sempre meno chiaro e in cui chiara solo la premura di restare il pi vicino
possibile al modo di espressione e alla convinzione biblica. Pentecoste e conversione di
Paolo sono raccontate in modo mitico.
11
6. Ma questa soltanto la cornice storica. Qual il contenuto dottrinale ? Innanzitut-
to qui va detto che proprio questa questione, assai contestabile, del contenuto dottri-
nale anche per de Wette il punto di vista a partire da cui scrive la sua dogmatica del
Vecchio e del Nuovo Testamento. Si prosegue qui la vecchia trattazione della dottrina
di scuola, che anche il vecchio razionalismo ha mantenuto in modo del tutto fedele, e
si vede il senso supremo della storia del vecchio e del Nuovo Testamento nella dottrina
che essi insegnano.
7. Ancora sul metodo del libro. a) Il tutto preceduto da una introduzione di natura
puramente flosofco-religiosa, che nellopera scritta a completamento, Zur Theologie
und Religion,
12
viene ancora ampliata in modo essenziale. Per poter cogliere la religione
nella sua storia, infatti, come accadr in quanto segue, si deve innanzitutto sapere cosa
sia la religione, perch altrimenti non la si potrebbe cogliere afatto, non la si potrebbe
separare da ci che le estraneo ed esaminarla quanto a purezza e validit. Si pu per
ottenere un tale concetto di religione soltanto mediante una deduzione antropologica.
E questa occupa la prima parte. Quanto qui viene oferto nientaltro che la flosofa
della religione di Fries. Nella Prefazione egli dice espressamente che
pu contare soltanto sullassenso di coloro che seguono le ricerche rigorose e profondamente
penetranti di quel flosofo che ha scelto a sua guida: Fries.
Poich le conosciamo, su questa parte non c qui niente da osservare. In essa viene of-
ferta una determinazione generale dellessenza della religione, delle facolt dellanimo
da cui procede, dei fondamenti su cui poggia il suo peculiare modo di convincimento e
anche dei criteri che utilizziamo sotto il proflo religioso.
b) Ora, interessante vedere come de Wette determiner il rapporto tra flosofa e
teologia. Che questultima debba esser preceduta da una flosofa con unantropologia,
10
Lehrbuch der Dogmatik, i, 200.
11
Lehrbuch der Dogmatik, i, 225, b).
12
Il sottotitolo infatti Erluterungen zu seinem Lehrbuch der Dogmatik.
capitolo tredicesimo 176
lo mostra in modo molto chiaro: ci da lungo tempo stabilito nella teologia
f
e anche
oggi lo si riconosce di nuovo sempre di pi, a destra e a manca. Il signifcato e il valore
di questa flosofa pu crescere tanto da mettere alle strette la teologia, da far s che non
si sappia pi indicare chiaramente il rapporto tra questa e quella o che questa sembri in
generale scomparire del tutto accanto a quella. E lultima espressione sembra partico-
larmente adatta, se la stessa flosofa tanto ricca di contenuto quanto quella di Fries,
cos che pu sembrare che gi di per s assolva il compito della teologia. stato il senso
della flosofa della religione dellilluminismo quello di non ofrire una propedeutica e
unintroduzione alla successiva e autentica dottrina della religione, ma di esserlo di per
s. Si credeva di poter costituire, in parte per comparazione, in parte mediante specula-
zione razionale, la religione stessa, quella religione naturale che doveva essere qual-
cosa di pi di un canone e un criterio, che doveva esser proprio la religione stessa che si
presentava, ancorch travestita, nelle religioni storiche, ossia positive, anche nel cri-
stianesimo. Il senso della trattazione storica della religione era allora, in efetti, soltanto
quello di mostrare quanto, o quanto poco, e in che modo, puro o torbido, la religione
naturale si presentava nelle singole religioni. fuor di dubbio che in de Wette, nella
prima versione della Dogmatik, la cosa si pone ancora in questi termini. Quel che qui
viene proposto e individuato antropologicamente come concetto della religione assai
pi ricco e ampio della religione naturale dellepoca passata; ma il rapporto tra flo-
sofa e storia della religione, da una parte, e una teologia da rintracciare sul fondamento
della storia della religione biblica, dallaltra, molto simile alla vecchia concezione.
Ma questa sarebbe una situazione assai sorprendente e dovrebbe essere assunta con
sospetto anche da parte della flosofa : le sarebbe qui attribuito quel che altrove non
accade mai. Ovunque, infatti, la flosofa certo scienza dei principi, e dunque precede
ogni singola scienza in quanto sua parte suprema e pi universale, di cui determina
concetti fondamentali e punti di partenza; ma essa non mai contemporaneamente
anche la stessa scienza singola che si trova sotto tali principi e sotto di essi prende forma
in modo totalmente autonomo. La flosofa della natura non essa stessa scienza della
natura, ma totalmente diversa da questa. La flosofa della storia pu ofrire soltanto
i concetti supremi con i quali la storia lavora, ma nessuna singola conoscenza storica.
La flosofa morale elabora i concetti generali del bene e del bello. Ma cosa sia di per s
e nel dettaglio buono e bello, questo si pu sapere solo per esperienza interna. E cos
possiamo ipotizzare gi qui, e provvisoriamente, il corretto rapporto. Deve esserci una
flosofa che d quei concetti sommi e per, come abbiamo gi visto precedentemen-
te, totalmente astratti, quali eternit, contrapposizione tra essere mondano e essere
oltremondano in generale, quella serie di idee che sono necessarie e efcaci in ogni
religione e senza le quali essa dovrebbe sfumare in sentimenti oscuri, senza chiarezza e
senza una sicura giustifcazione di fronte allesame ; una flosofa che d quindi una at-
testazione delle pi profonde facolt e dei loro diritti (anche dei loro limiti), attraverso
le quali soltanto diviene possibile ogni vissuto religioso. Ma la molteplicit, che deve
essere subordinata a questi principi di per s del tutto vuoti, non pu, di nuovo, ofrirla
la flosofa, ma soltanto lesperienza, e non lesperienza del singolo, ma lesperienza
ampliata , ossia la storia ; e non lesperienza nostra di persone qualsiasi, ma quella di
coloro che sono toccati dalla grazia di Dio e che sono stati inviati da Dio, guide e media-
tori; lesperienza di coloro che ci accolgono nella forza e nella beatitudine della loro
f
In Schleiermacher nella nota forma di quegli assiomi allinizio della sua Glaubenslehre.
la filosofia della religione kantiano-friesiana 177
coscienza di Dio
13
e ci danno ci che noi non abbiamo. Il racconto di queste cose sar
allora quella scienza della religione, che oggi la teologia deve produrre. E di fronte ad
essa la mera flosofa della religione sar tanto povera, quanto lo la flosofa morale di
fronte ad unetica vivamente dispiegata.
Da questo punto di vista il libro di de Wette, nella sua prima edizione, va assai poco
al di l della dogmatica dellilluminismo. Il suo errore quello dei suoi predecessori,
per cui egli nellevoluzione della religione biblica vede in realt ancora lintroduzione
della religione di ragione, in seguito alla qual cosa si sbarazza dellAntico Testamento
con una critica da maestro di scuola, e dellannuncio di Ges con una lode non priva
di una qualche preoccupazione: quel che vi di migliore, tuttavia, ossia il peculiare
spirito individuale sia del profetismo, sia dellannuncio di Ges resta del tutto oscuro.
Se quellintroduzione fosse la cosa principale, allora il Timeo di Platone avrebbe pi
valore per la religione di quanto ne abbia Isaia. Perch ha senza dubbio concetti molto
pi puri. Non pensa Dio n come Jehovah, n seduto su un trono, n circondato da
esseri angelici serpentiformi.
14
E tuttavia potremmo fare a meno senza sforzo del Timeo,
ma non di Is 6. Da che dipende ? Non sar che qui si annuncia, in un modo assai note-
vole, il mistero del rapporto tra teologia e flosofa?
La teologia biblica neotestamentaria di de Wette rappresenta un grosso progresso
rispetto alla considerazione consueta nel razionalismo, in quanto che qui viene cercata
una comprensione puramente storica e non si infigge agli autori una torsione alla dog-
matica del proprio tempo, come avevano fatto sia la dottrina di scuola, sia la dogmatica
razionalistica. Ma non si chiarisce che il signifcato di questi autori risiede in qualcosa
di totalmente altro che non nella concordanza con le idee e nellinsegnamento delle
convinzioni ideali (costoro non le insegnano e non le introducono afatto, ma le presup-
pongono e si appellano ad esse come a qualcosa di assolutamente ovvio). Il signifcato
di Ges non che insegna la fede in Dio, ma che ha un vissuto di Dio, fonda una
comunit di Dio e nello stesso tempo riempie la relazione a Dio di un contenuto che
altrimenti, con questa specifcit, semplicemente non c. E la dogmatica di Paolo, il
cui genere flosofco de Wette crede di dover esaltare, astrusa, ma non possiamo fare
a meno di ci che in lui totalmente adogmatico e puramente conforme al vissuto,
del suo beato mediante la grazia: e questo non deducibile da una flosofa della
religione.
Nella dogmatica, che ci rappresentiamo come una compilazione dotta dellintera dottrina cri-
stiana della fede, guidata dalla rifessione flosofca, contano tre cose: 1) la concezione storica
della dottrina della fede cristiana ; 2) la trattazione metodologica e linquadramento di questa
materia storica; 3) la critica flosofca o la riconduzione della medesima a leggi universali della
natura umana.
15
Cos de Wette, allinizio della ii parte, determina il compito della dogmatica. Il rapporto
tra teologia e flosofa, quale egli lo pensa, sarebbe dunque questo : innanzitutto la teo-
logia, quale disciplina puramente storica, deve esporre la dottrina della fede cristiana in
13
Cfr. F. Schleiermacher, Glaubenslehre, 94 e 100.
14
Otto allude al fatto che il termine plurale seraphim ( serafni ), che di origine incerta e nellAT
compare una tantum in Is 6, 2 per designare gli esseri angelici attorno al trono di Jahweh (ognuno aveva
sei ali ; con due si copriva la faccia, con due si copriva i piedi, e con due volava ), sembra derivare da saraph
(singolare), cio appunto serpente (cfr. Is 14, 29; Is 30, 6; Nm 21, 6; Dt 8, 15).
15
Lehrbuch der Dogmatik, ii, 13.
capitolo tredicesimo 178
quanto storicamente divenuta e data. Dopo deve intervenire la critica, per stabilire se
e fno a che punto essa sia valida. Questo deve accadere in modo tale da ricondurla a
leggi generali della natura umana, ossia allantropologia. Tale determinazione signif-
cativa e, se liberata da errori, davvero quasi il programma del lavoro teologico e insie-
me del rapporto tra la teologia, quale dottrina della religione, e la flosofa della religio-
ne. Il suo compito non pu esser quello di costruire di testa sua la corretta religione,
per poi verifcare quali forme storiche di religione concordano in modo puro con essa e
quali no, e quindi provare anche ad aggiustarsi di conseguenza, per quanto possibile, il
sistema nel quale casualmente si cresciuti. Il punto di partenza pu esser sempre solo
la concreta realt storica. Per questo il primo punto del programma sulla via giusta,
ma allo stesso tempo insufciente. La dottrina della fede , in ogni caso, solo una
parte del contenuto di realt della religione cristiana, e in efetti non la principale. Uno
sguardo profondo e ampio su questultima nella sua interezza, nei suoi punti di parten-
za e nel loro dispiegarsi, uno sguardo su ci che simile e afne, una comprensione,
dunque, del cristianesimo nel contesto della religione in genere sono necessari. Gi con
ci interviene la critica e comincia a separarsi in s lessenziale dal casuale, leterno dal
caduco. A questo lavoro viene incontro, dallaltro lato, lantropologia flosofca. Il suo
compito pu esser ben defnito come riconduzione alle leggi universali della natura
umana , se con ci non si intende la risoluzione di ci che clto storicamente in qual-
cosa da costruire a priori e razionalmente, cosa che non pu afatto riuscire con quel
che la religione ha di pi rafnato e profondo, ma se signifca ricerca delle facolt dello
spirito umano attraverso cui gli pu esser data la religione e la certezza religiosa ; ricer-
ca delle fonti nello spirito da cui essa pu sgorgare e individuazione dei criteri nascosti
rispetto a cui nel religioso misuriamo e valutiamo ci che valido e ci che non lo , il
valore superiore o inferiore, e attraverso cui si attua per noi lassenso o il rifuto. In par-
ticolare un simile lavoro deve esser attuato anche, in modo oscuro o consapevole, non
appena si tenti di attraversare lambito variopinto della storia universale della religione,
se non si vuole fnire privi di guida in ci che sterminato.
8. La teologia che de Wette ofre nel seguito resta ancora molto insoddisfacente. Egli
ripete in compendi assai concisi il sistema scolastico luterano avesse almeno tentato
di cogliere il cristianesimo di Lutero in modo vivo e di farne la base della sua critica!
e, come nel Theodor con la dottrina della giustifcazione, si afatica qui con le singole
dottrine di un sistema che in fondo gli estraneo, per ricavare da esse un buon senso,
senza per propriamente ritrovarsi nel centro di queste dottrine, da cui soltanto, in
realt, tutto riceve un senso, ossia nella grandiosa dottrina ecclesiastica della grazia. Ha
perci anche poco valore occuparsi dei suoi singoli tentativi di accomodamento, con la
sua dottrina su Scrittura, ispirazione, Trinit, persona e opera di Cristo, per quanto vi
si trovino singoli elementi buoni.
Ledizione del 1818 rappresenta un progresso essenziale. Se la prima si avvicinava in
realt al tipo della dogmatica razionalistica, questa seconda e la terza, del tutto identi-
ca, (e poi tutto Das Wesen des christlichen Glaubens vom Standpunkte des Glaubens, [Basel]
1846) sono tipiche della nuova teologia della mediazione. Certo, una comprensione
realmente storica, e dunque anche pi profonda, della religione profetica veterotesta-
mentaria non si trova nemmeno qui. Si resta a quel primo abbozzo, povero e sche-
matico, e permane chiaramente qualcosa dellavversione nei confronti dellAntico
Testamento da parte dellilluminismo, che si rifutava con orrore di riconoscere nelle
la filosofia della religione kantiano-friesiana 179
azioni e nelle idee di Giacobbe e Davide dei modelli per la ragione. (Nemmeno Schle-
iermacher ha mai guadagnato un interiore rapporto ad esso, che possibile soltanto
se lo si spiritualizza, come fa la tradizione, o se si guadagna una comprensione storica
dello Jahwismo e del profetismo, dalla quale quel tempo era ancora lontano.) Ma la
concezione della religione cristiana, del Nuovo Testamento e della dottrina ecclesiasti-
ca guadagna ora un proprio contenuto, diviene ricca e calda. Tuttavia ci non produce
un impulso realmente efcace ad unautonoma e promettente costruzione dottrinale.
Come dovremo ancora dire, infatti, mancava un centro realmente proprio e la base sto-
rica, su cui ci si poneva, era in realt quella vecchia, ossia il quarto Vangelo: lobiettivo
segreto era il maggior allineamento possibile con la dottrina di Chiesa, ossia con il si-
stema di scuola, per il quale de Wette fa presto un uso fn troppo copioso della dottrina
friesiana del presentimento e del signifcato estetico-simbolico. Signifcativamente
arricchita lintroduzione flosofco-religiosa, che pi ampia, metodica e utile degli
assiomi che Schleiermacher premette alla sua Glaubenslehre. Qui era veramente dato
un germoglio che, se la successiva sistematica teologica avesse voluto assicurarsi una
base scientifca di livello, non avrebbe dovuto morire. Ma il talento per quella tratta-
zione dei problemi e per quella valutazione concettualmente salda, sicura e meticolosa,
che proviene dalladdestramento matematico dello spirito dellilluminismo, il talento
per quella rafnata analisi che Kant aveva eseguito nelle critiche, nonch quella vera
genialit, che non consiste nellavere idee improvvise, ma nel cogliere in modo vero
e puro un problema che risiede realmente nella cosa e nellindividuare metodi per
la sua soluzione, tutto ci and perduto. E cos questo lavoro avanz poco. Il succes-
sivo sviluppo contrassegnato da procedimenti eclettici, da insicurezze nel metodo,
dal pensare in comune di circoli tra loro eterogenei, da tutto il nuovo tormentarsi su
naturale e soprannaturale, da una formazione generale molto ampia, ma senza alcuna
base flosofca; e, daltro lato, dal gioco dotto, dallelevazione a sistema dei contenuti
della predica comunitaria, cui si d importanza con termini signifcativamente oscuri,
dal dedurre, con molto acume, le minuzie della dottrina di scuola, persino le fantasie
della cosmogonia schellinghiana (fno alle scorie del mondo), dalla coscienza rinata .
Non meraviglia che una natura solida come Ritschl si sia allontanata risolutamente da
questo tipo di trattamento della questione e che, con la potente unilateralit della sua
volont di unitariet, chiarezza e compiutezza, abbia creato una dottrina, che per pu
valere pi come espressione stimolante e rinfrancante di una personalit vigorosamen-
te devota, che come esposizione dellessenza della religione cristiana, o della religione
in generale, individuata secondo criteri e metodi scientifci. Non meraviglia che, senza
tante cerimonie, si sia tornati alla casa dei padri e ci si sia accontentati di compendi, ric-
chi di citazioni dagli antichi maestri; compendi che riducono al minimo il contenuto e
lampiezza della parte propria, che viene stampata grande: del tutto a ragione, visto che
tutto ci che deve esser detto si trova in efetti, detto molto meglio, gi nei padri.
9. De Wette ha sviluppato in modo pi dettagliato lelemento flosofco-religioso del-
la sua dogmatica nei due libri: ber Religion und Theologie (1815 e 1821) e ber die Religion,
ihr Wesen, ihre Erscheinungsformen und ihren Einfu auf das Leben (1827). Il primo scritto
merit una nuova edizione. Esso sviluppa innanzitutto, in un modo fresco, scorrevole
e universalmente comprensibile, idea ed essenza della religione, seguendo totalmente
Fries, ma facendolo proprio nel modo pi vivo. Lo spirito autonomo e libero, che non
lo ha mai abbandonato, aleggia su tutto e gli conferisce la sua impronta virile. Anche
capitolo tredicesimo 180
la nuova ecclesialit di quegli uomini non era un sottomettersi nuovo ad un giogo
vecchio, ma derivava da un amore libero, e per questo in essa vive sempre lo spirito
libero:
Se Gtze deve ancora riportare la vittoria su Lessing, allora abbandoniamo il sogno di un perfe-
zionamento del genere umano: siamo destinati a girare in tondo e la cosa migliore sarebbe non
muovere un passo.
16
Ci sono tre specie di convincimento delluomo: mediante il sapere, mediante la fede, me-
diante il sentimento (presentimento, che si esprime nel giudizio estetico). Coerente-
mente la dottrina viene elaborata a partire dal mondo del sapere, che esclude il sopranna-
turalismo dal mondo fenomenico. E in ci de Wette non ha mai trascurato nulla. Le idee
della fede, in s fredde e formali, ricevono il loro contenuto e ofrono cos religione me-
diante lelemento pratico dello spirito e mediante il sentimento religioso. In questo essa
vive per la prima volta autenticamente ed ha lesperienza vissuta del mondo della fede.
Solo nel sentimento, secondo la legge del presentimento per cui leterno si fenomenizza nel
temporale, possiamo ordinare le cose sotto le idee religiose. Un giudizio di sentimento o este-
tico quello che opera la subordinazione del particolare ad una regola inesprimibile secondo
concetti, in contrapposizione al giudizio intellettuale che accade secondo una regola determinata
(Dogm., 3 ed., p. 17).
17
Come a Fries, cos anche a de Wette si rimprovera, per questa defnizione, una este-
tizzazione della religione . Questo un equivoco quasi divertente, perch anche qui
estetico interviene semplicemente in contrapposizione al logico e indica uno di quei
modi di giudizio per sentimento in generale che sono contrapposti al giudizio logico;
indica cio quel giudizio che non accade mediante subordinazione a concetti. Basta
porre un giudizio di sentimento e subito la cosa si fa chiara. Questo ha la sua partico-
larit, per esempio, nel fatto che non capace di alcuna dimostrazione o prova logica,
ma ha luogo liberamente, senza dimostrazione: la prova accade per unattrattiva
interna. E che tutti i giudizi religiosi lo siano fuori questione.
Le tre forme essenziali del sentimento religioso sono la tonalit emotiva dell esalta-
zione , dellelevazione devota (entusiasmo), quella dellumilt e della rassegnazione, e
infne quella del raccoglimento e delladorazione, nella quale
cerchiamo di cogliere il presentimento della santa (heilig) onnipotenza e dello spirito di Dio
nellessenza delle cose, di scorgere le tracce del governo divino del mondo, di percepire la voce
di Dio nella nostra interiorit.
18
Questultima forma il principio della rivelazione nella storia e tutte e tre insieme
sono certamente un dispiegamento del sentimento devoto molto pi ricco e vero della
dipendenza assoluta di Schleiermacher, che inclusa nel terzo, ma clta in modo
molto pi profondo.
b) proprio della comprensione dellessenza della religione che si renda chiaro cosa
in realt si voglia con essa, quale sia il suo signifcato per la nostra vita spirituale. Nel
seguito questa questione diviene punto di partenza metodologico per accordarsi circa
la sua essenza. Schleiermacher aveva posto questa stessa questione nella prima del-
16
ber Religion und Theologie
2
, p. vi.
17
Lehrbuch der Dogmatik, i, 28.
18
Lehrbuch der Dogmatik, i, 30.
la filosofia della religione kantiano-friesiana 181
le sue Reden, e aveva risposto che essa ci necessaria in quanto momento sommo e
conclusivo dellumanit. Chi riconosce la domanda come corretta deve in realt porla
allinizio della ricerca sullessenza della religione e determinare attraverso di essa linte-
ro metodo. De Wette la porta in conclusione, al 33, e in modo pi dettagliato, caldo e
attraente in ber Religion und Theologie
2
, pp. 50 e ss.:
Il valore della religione quello per cui essa, sul versante della conoscenza, risolve alluomo
lenigma della vita. Sul versante dellagire essa ofre libert e pace di fronte agli stimoli incostanti
del mondo dei sensi, mediante il sentimento profondo e sacro dellamore, che essa nutre, e me-
diante il fatto che, nel guazzabuglio dei fni terreni, essa gli mostra per presentimento leterno,
al quale egli, nei fni terreni, cerca di rendere servizio ; in generale essa gli ofre la consolazione
eterna circa il destino, le avversit e i fallimenti.
Queste sono determinazioni prese senza metodo dal linguaggio delledifcazione, e il
tutto quasi solo unosservazione occasionale. In ogni caso indicato il punto che co-
stituisce il perno nella ricerca religiosa.
c) Come diviene reale la religione, che determinata secondo la disposizione? Nella
comunit religiosa. Cos si aggiunge ora la seconda edizione della Dogmatik. Qui si
mostra la trama che Theodor doveva aver ricevuto da Hrtling, e che nella prima
edizione ancora rudimentale. Quel che erompe, quanto a rappresentazione e senti-
mento, dallinteriorit, viene condiviso, diventa patrimonio comune, forma una comu-
nit nella quale viene accumulato, ereditato e costantemente accresciuto. Cos nasce
un contesto in cui la religione pu svilupparsi storicamente, prendere forma, e in cui
c anche un posto e una sfera dazione per lintervento di singoli eccellenti, nei quali la
disposizione religiosa si rivela in modo sempre pi pieno, in modo tale da esser anche
perfezionata, ricreata e portata pi in alto. Possiamo chiamare rivelazione ogni vera
idea religiosa fatta emergere da questa profondit e portata nellelemento mediato del
linguaggio e della simbolica, poich deriva dallimmediato (della rivelazione interna)
e poich il suo emergere non pu accadere senza lo spirito di Dio nella ragione, che
preserva da sbagli e guida larbitrio della contemplazione e della imitazione, n pu ac-
cadere senza il sentimento della dipendenza da qualcosa di pi elevato. pensabile una
sua gradazione. Ma quella rivelazione che rispecchia alluomo lelemento divino che
in lui nellimmagine perfetta e gli ofre la pi pura coscienza di se stesso, potr essere
riconosciuta da tutti coloro che grazie ad una certa formazione sono preparati per farlo,
e potr valere come lultima e la conclusiva. In essa lo stesso intelletto divino (Logos)
sar abbassato al genere umano, poich lintelletto umano portato ad uno sviluppo
libero e autonomo. Dora in poi lo spirito divino regner nelluomo, per interpretargli
questa rivelazione e coniugarsi con la rivelazione interiore, ma non si presenteranno
pi nuovi inviati di Dio. Cos il soprannaturalismo, che in realt aferma la visione cor-
retta, ossia la visione ideale del sentimento della fede, si coniuga con il naturalismo che
mira ad una visione intellettuale, naturale e puramente storica, della religione, fno al
razionalismo di cui, in questa forma approfondita, de Wette fa esplicita professione.
solo mancanza di chiarezza sulla natura dello spirito umano se si contrappone la rive-
lazione alla ragione, se si nega lelemento divino nella ragione e si addossa la fallibilit
dellintelletto alla ragione infallibile. La ragione lapprensione pura e infallibile della
stessa verit eterna e in s non pu ingannare. Solo nel momento in cui lintelletto, con
la sua fallibilit, ne assume la conoscenza immediata nella coscienza, l opera delluo-
mo si realizza in contrapposizione allopera di Dio. Cos, mediante intorbidamento
capitolo tredicesimo 182
di ci che qua e l, nello sviluppo dellumanit, si desta in modo puro nel sentimento
religioso della verit, nasce anche quella caricatura, contaminazione, deformazione
grottesca, che la storia della religione e del culto esibisce, la ::oo::z, il culto
divino arbitrario , il simulacro della religione nel paganesimo e nella superstizione. De
Wette , come si vede, molto lontano dai comodi motti con cui si crede di fare storia
della religione : omnia humana et divina omnia.
19
E la sua flosofa della religione gli ha
oferto una buona possibilit di tener fermo il pensiero corretto della vecchia dottrina
della rivelazione relativa alla norma divina assoluta, la quale assolutamente superiore
alloperare umano e non viene toccata dalle relativit dellevoluzione.
d) I dogmi nascono in una comunit religiosa quando le idee religiose divengono
didattiche e vengono concepite per la comunicazione. A rigore essi possono essere solo
negativi, poich ogni elemento positivo viene clto in un sentimento che non espri-
mibile in modo adeguato. Il mezzo despressione del sentimento devoto limmagine
(fglio, padre, fanciullo, Regno di Dio, Dio come capotrib...): la sua espressione quin-
di sempre analogico-simbolica, dunque oscillante, e pu esser clta correttamente,
a sua volta, solo col sentimento. La sua espressione pi pura lazione simbolica nel
culto e nella cerimonia per questo, necessariamente, la religione ne produce sempre
e lesposizione poetico-artistica nellinno e nella musica religiosa. Anche il mito e la
leggenda sacra hanno qui le loro radici. Nella confgurazione dottrinale, per, il dogma
e lespressione analogica del sentimento si intrecciano e dalla loro trattazione successi-
va e puramente razionale nasce la forma scolastica della dottrina di scuola, contro cui
la critica razionalistica si dovette indirizzare, a ragione, cadendo per essa stessa nel
medesimo errore : muovendo da una concezione puramente conforme allintelletto,
essa gett con la forma scolastica anche il contenuto estetico-ideale.
e) La seconda sezione di ber Religion und Thelogie opera il passaggio alla teologia. De
Wette esige che la teologia abbia uno spirito flosofco e mostra in modo molto illumi-
nante il primato della flosofa friesiana, rispetto ad altre, per la teologia. Mostra assai
bene che in realt la flosofa gnostica della flosofa dellidentit alla moda ha succhiato
alla teologia il suo spirito proprio e la riempie di rappresentazioni in fondo irreligiose,
utilizzando le rappresentazioni religiose come allegorie per contenuti totalmente di-
versi. La flosofa critica per cio quella kantiano-friesiana non erige un sistema
dottrinale della religione, per poi introdurre le dottrine di questo nel cristianesimo, n
sottomette la teologia alla sua signoria, ma esibisce solo i principi su cui poi la teologia
si deve liberamente dispiegare. Non vuole essere afatto una magra dogmatica flosof-
ca,
20
ma una vera e propria dottrina della fede cristiana, ricca e piena. E, nellesposizio-
ne, il suo obiettivo che in larga parte realizza senzaltro quello di ofrire qualcosa
di pi della riscoperta di una religione naturale , gi precostituita flosofcamente, die-
tro le sue diverse maschere storiche. Ma non trova una soluzione sicura. E sicuramente
non si nemmeno chiarito del tutto il problema. Alla soluzione si avvicina in un passo
molto successivo, e in modo quasi del tutto occasionale. A pag. 205 aferma:
cos si deve ancora aggiungere una specie particolare di considerazione, che si fonda sulla dife-
renza caratteristica di ogni religione.
19
Lespressione utilizzata da Jacobi, nella lettera del 5 settembre 1787 al fratello Johann Georg, per
tratteggiare la capacit di Hamann di godere, con il medesimo rapimento, delle cose pi eterogenee [...]
Omnia divina et humana omnia ! ; F. H. Jacobi, Werke, iii, Leipzig 1816, p. 505.
20
ber Religion und Theologie
2
, p. 224.
la filosofia della religione kantiano-friesiana 183
Questa diferenza non consisterebbe nel fatto che lessenza universale della religione in
generale sia stata casualmente aferrata qui in modo pi puro, l pi oscuro, qui pi clto,
l pi mitico. Questo fonderebbe solo una diferenza relativa, che pure si presenta sempre
nella storia di una religione. La vera peculiarit dovrebbe risiedere in un principio che
costituirebbe quasi il nucleo interno della religione in questione. Egli lo enuncia
g
e dice in
modo del tutto corretto, cosa a cui sarebbe dovuto arrivare gi da tempo nella parte sui
principi della sua dottrina, che un tale principio deve essere di contenuto estetico-ideale
e deve risiedere integralmente in ci che appartiene al presentimento:
Questo infatti individuale e, sebbene poggi su una base universale, capace di una confgura-
zione peculiare.
21
Nonostante fosse possibile arrivare a questo pensiero in modo quasi necessario e del
tutto puro muovendo dalla dottrina friesiana, bisogna per assumere che de Wette
dipende qui quasi certamente da Schleiermacher. La scoperta pi geniale che Schleier-
macher ha fatto nelle sue Reden quella della confgurazione individuale della religione
nella storia (quinto discorso). con ci che egli ha oltrepassato in modo tanto deciso
la dottrina tradizionale della religione e si avvicinato per la prima volta realmente al
fatto storico della religione. La comparazione delle religioni, infatti, non insegna nulla
di pi chiaro della diversit qualitativa tra le religioni nei loro gradi superiori. In genera-
le non c nulla che distingua in modo tanto intimo luomo dalluomo, quanto la sua
religione: non la razza, n il clima, n il tenore di vita. Cogliere e vivere in s lessere
eterno come un karma onnipotente, che spinge di nascita in nascita al tormento sempre
nuovo della sete di vita, dove la salvezza appare nellestinzione della brama dessere,
o esperirlo come un custode della legge, con il quale la propria vita viene condotta
come un conto corrente in opere buone , rende uomini diversi ; cos come rende uo-
mini totalmente diversi il vivere tale essere eterno come il Padre di Ges Cristo e la
salvezza come possesso della vita eterna, non sapendo nulla del grande bisogno della
tribolazione delle opere, della legge e delladdestramento morale, perch, essendo
uniti nellintimo allAltissimo, si fa il giusto per libero impulso. Ed chiaro che con
ci anche la valutazione, il senso e il compito della vita, cio anche lethos di ciascu-
no essendo ciascuno tanto diverso da ogni altro , devono prendere forma in modo
del tutto individuale e diverso. Cos una religione si fa avanti di contro ad unaltra, e
la religione naturale sempre soltanto l, dove lo spirito proprio di una religione
autentica svaporato, come residuo per lo pi abbastanza insulso di quella. Ora, la
dottrina friesiana del sentimento aveva la migliore chiave pensabile per questo fatto,
con il quale soltanto ha inizio, in generale, una pi fne storia comparata delle religioni.
Tutti questi vissuti fondamentali delleterno sono liberi giudizi del sentimento che
presentimento, che si crea liberamente la sua propria simbolica, ossia la sua cerchia
di denominazioni e rappresentazioni. E dove intervenuto qualcosa di simile, non si
comunica mediante convincimento raziocinante, ma agendo sulla libera capacit di
giudizio: chi dispone di questultima la presume in ciascuno con validit oggettiva,
come accade per ogni altro giudizio estetico.
21
ber Religion und Theologie
2
, p. 206.
g
Come principio materiale e formale. Che questa divisione, che tanto a lungo fece scuola, derivi da
qui ?
capitolo tredicesimo 184
Di questo Schleiermacher, nel suo scritto da principiante,
22
aveva unidea chiara.
23
E
che de Wette qui dipenda da lui del tutto chiaro; come chiaro anche che egli deter-
mina il principio del cristianesimo esattamente nello stesso modo di Schleiermacher, e
in modo altrettanto sbagliato nel medesimo punto, ossia come principio della reden-
zione : un modo che evidentemente sbagliato e unilaterale, perch questo principio
non peculiare del cristianesimo nella sua universalit, visto che le grandi religioni
delloriente sono senzaltro tutte religioni di redenzione ; visto che propriamente que-
sto momento inerisce sempre alla religione, laddove questa compare formata in modo
chiaro. Propriamente la religione sempre religione di redenzione. Il principio del cri-
stianesimo, la specifcit, che non pu essere inventata n dedotta, dello Spirito di
Cristo e dellessere in Cristo, si lascia fssare in un rapido motto tanto poco quanto
quella di unaltra religione, e vuole invece esser clta col sentimento nella storia della
sua nascita ed elaborazione, come tutto ci che individuale. Coglierlo e restituirlo nel
modo migliore possibile: questa la teologia cristiana, una cosa che non pu tuttavia
riuscire nelle dogmatiche scolastiche; forse, con sforzo, ci si riesce in una dottrina
della fede . Cos in efetti devesserci una scienza della religione in generale, e una del
cristianesimo in particolare. E questa si distinguer in modo tanto preciso dalla flosofa
della religione, quanto necessariamente la presuppone e ottiene mediante essa, in ge-
nerale, un pi rigoroso atteggiamento scientifco.
Che Fries stesso non abbia clto in modo pi preciso questo rapporto non sorpren-
de. Sorprende di pi in de Wette. Dipende, certo, dal fatto che in lui agisce di nuovo,
silenziosamente, la vecchia concezione dogmatica che propriamente vedeva nel cristia-
nesimo la religione, e che vedeva altrove soltanto lo stadio preliminare e poco chiaro
in cui non formato qualcosa di realmente proprio. Chi cristiano crede anche che il
cristianesimo, secondo il suo contenuto spirituale, sia il tipo assolutamente sommo di
religione tra gli uomini. Ma c religione anche al di fuori di esso, e religione reale. E
pu esserci una resistenza al cristianesimo che viene oferta per motivi di per s reli-
giosi, cosa che non sarebbe possibile se esso fosse il denominatore comune di tutte le
religioni. Il cristianesimo non pu afatto come ci si immagina, mettendo con ci in
pericolo la chiusura caratteristica della sua specifcit semplicemente includere in s
tutto ci che, ad altri livelli, si trova di un sentire religioso realmente autentico. Al con-
trario esso detronizza gli di, che non sono nullit, per servire quello supremo.
h
22
Lespressione Anfngerschrift si riferisce alle Reden. Come Otto dichiara nellintroduzione alla sua
edizione dellopera schleiermacheriana, le Reden furono scritte quando lautore era un giovane predicato-
re quasi sconosciuto: il libro si aferma e diviene anzi uno dei libri pi famosi che la storia conservi,
nonostante le tracce di incompiutezza e di un tratto da principiante (Anfnglichen), che porta abbastanza
chiaramente in s ; nonostante i capolavori pi maturi che lautore gli fa seguire (R. Otto, Zur Einfhrung,
in F. Schleiermacher, ber die Religion, cit., p. vii).
23
Cfr. ivi, ii, p. 31.
h
A tal proposito, lo stesso Schleiermacher non ha fatto, in seguito, alcuna applicazione della sua felice
scoperta nelle Reden, come di tante altre cose buone che vi si trovavano. Al suo successivo e laconico sen-
timento di dipendenza si poteva applicare solo forzatamente e per tuttaltra via un principium individua-
tionis . Inoltre lespressione positivo, che egli reintroduce per le forme storiche particolari di religione,
falsa. Per positivo il razionalismo aveva inteso ci che vale per convenzione in contrapposizione a ci
che vale per natura e ragione, corrispondentemente al senso originario di questi termini quale era stato
coniato allepoca dai sofsti : co:: e :o::. Il principio delle religioni da Schleiermacher dette positive
del tutto contrapposto ad ogni convenzione e a tutto ci che vale per autorit; ed proprio la stessa ratio,
che anche quelli intendevano nella loro religione naturale, solo dal punto di vista per cui essa contem-
poraneamente anche principio dellindividuale.
la filosofia della religione kantiano-friesiana 185
f) De Wette indica il rapporto tra flosofa della religione e storia della religione in
modo molto chiaro a p. 198. Se si vuole ofrire la storia di una cosa, bisogna sapere
innanzitutto di quale cosa. Bisogna avere prima il concetto della cosa. Per esempio :
per scrivere la storia dellagricoltura, bisogna sapere cosa si intende per agricoltura.
Cos per la storia della religione. Il suo principio lidea di religione, che devo
avere prima, se non voglio vagare senza sentiero in ci che accaduto. Questa
certamente cosa dell antropologia . E proprio mediante lesempio dellagricoltura
viene ora aferrato molto bene il rapporto tra flosofa della religione e scienza della
religione. Il concetto clto preliminarmente, di cui ho di necessit bisogno come
punto di partenza e guida, non mi ancora di alcuna utilit, naturalmente, nel poter
dire che tipo di agricoltura vi sia stata nel mondo, quali forme siano possibili, come
queste si rapportino tra loro e che cosa, in singoli casi concreti, debba valere come
agricoltura, ossia quale delle sue forme possibili sia quella valida. Ma, da questo
lato, de Wette applica il suo proprio esempio solo in modo incerto : tanto pi
importante il fatto che riconosca che anche nella storia dei dogmi vi a fondamen-
to qualcosa di unitario che si sviluppa ; riconoscimento attraverso cui accantona
il pragmatismo e lelemento meramente cronachistico-descrittivo dellesposizione
storico-dogmatica.
Ogni storia espone nella molteplicit ununit, nello sviluppo qualcosa che si sviluppa e che, nel
cambiamento, ha consistenza (p. 197).
Ed ineguagliabile la massima di p. 212:
Lo storico dei dogmi dovr porsi ovunque il compito di una psicologia religiosa che penetri
nellofcina interiore delle intuizioni religiose e mostri la nascita delle medesime nellanimo :
una ricerca che, appunto perch deve cogliere la religione come qualcosa che in divenire e fut-
tuante, presuppone il pi fne senso per la religione e lintima familiarit con la sua vera essenza,
e che perci non cosa di chiunque.
g) Non lo seguiamo nella sua monografa sui dogmi, nella sua critica e nel modo in cui
li assume modifcandoli. Una volta che si ha in mano la chiave, si pu in realt fare tutto
da soli. In tante osservazioni buone e corrette manca un centro solido e proprio ; manca
dunque un flo conduttore specifco per la formazione della dottrina. De Wette segue
i passi del sistema di scuola e mostra quale senso buono esso abbia, se lo si comprende
correttamente. Non ofre, per, un tutto compatto, ma ci che successivamente si
chiamato miscuglio di metafsica e religione . De Wette scopre anche il senso buo-
no, ossia il contenuto utilizzabile flosofcamente, di molti dogmi, per esempio quello
della trinit o della resurrezione.
i
Restando, per, tali cose al centro nellesposizione
della stessa dottrina della religione, si preparano quei fatali sistemi che, di nuovo,
sommergono lesposizione puramente religiosa con le sabbie della speculazione e che
alla fne ragguagliano meglio sulla serie degli eoni che non sulla salvezza dellanima.
In realt falso che la religione sia senza metafsica. Ma forse il guadagno pi grande
dellidea che la teologia presuppone una flosofa che ora si sa dove si debba portare
questultima. Tertulliano si preoccupava di sapere a chi spettino nella resurrezione i ca-
pelli di una parrucca, se al portatore della parrucca o a chi li ha prodotti. I flosof della
sua epoca avrebbero riso di questa metafsica ingenua. La loro metafsica era migliore
i
Lanima non rappresentabile senza un organo e questo appunto il corpo spirituale del mito.
capitolo tredicesimo 186
della sua, ma la sua religione era migliore della loro. Deve esser possibile cogliere cia-
scuna per s ed esporla in luoghi separati.
l
l
Negli anni successivi de Wette ha riferito le sue intuizioni sullessenza, sulla storia e sul signifcato della
religione in modo attraente, tuttora istruttivo, profondo e con ampliata esperienza storica nel suo ber die
Religion, ihr Wesen, ihre Erscheinungsform und ihrem Einfu auf das Leben, 1827. Qui tutto divenuto pi chiaro
e maturo, e viene oferto senza le pesantezze di un manuale. In ci che fondamentale non per cambia-
to nulla e anche la sua successiva dottrina della fede, Das Wesen des christlichen Glaubens vom Standpunkte des
Glauben, 1846, interessa, in un senso dogmatico pi stretto, solo per il graduale progresso nellelaborazione
delle singole dottrine.
Capitolo quattordicesimo
LA SITTENLEHRE DI DE WETTE
1. Rapporto tra etica flosofca ed etica teologica secondo de Wette. 2. Correzione.
N
el 1819 apparve la Christliche Sittenlehre [Dottrina dei costumi cristiana] di de Wette
(3 volumi,
1
nel secondo volume la storia delletica cristiana). La dedic a Fries con
le parole:
Ricevi qui, amico mio, la dedica di unopera la cui peculiarit scientifca ti appartiene [...]. Tu
mi hai mostrato la via della speculazione pratica e della valutazione etica della storia e mi hai
guidato, attraverso le unilateralit e gli errori della nostra epoca, alla meta dellautentica scienza.
In realt, in questa dottrina dei costumi cristiana non ritroverai semplicemente la tua dottrina
flosofca dei costumi tradotta in espressioni bibliche, ma un edifcio teologico dottrinale indi-
pendente. N te lo aspetterai, perch nessuno meglio di te sa e ha imparato che tra le leggi e
lideale della scienza e le loro realizzazioni storiche sussiste una diferenza che, se trascurata in
una veduta unilateralmente razionalistica, si vendica gravemente. E cos continuiamo ad annun-
ciare la dottrina della verit eterna, in accordo luno con laltro, e tuttavia ciascuno dal punto di
vista della sua professione scientifca: tu con lindipendenza del pensiero flosofco; io a servizio
della storia e della Chiesa.
2
Che cos questo annunciare la dottrina della verit eterna a servizio della storia e
della Chiesa? In altri termini: che cos per lui il rapporto tra etica flosofca ed etica
teologica o, espresso meglio, il rapporto tra etica in generale ed etica religiosa e spe-
cialmente religioso-cristiana? Con ci si ripete, ancora una volta e con una locuzione
particolare, la domanda sul rapporto tra flosofa e teologia.
1. Il rapporto tra religione ed etica viene innanzitutto determinato completamente in
accordo con Fries. Nel sentimento etico cogliamo i fni del nostro agire e della nostra
esistenza temporale. In quello religioso presentiamo la bont eterna e la conformit
a fni delle cose. I fni morali non sono di per s nientaltro che la destinazione divina
ed eterna delluomo, clta nel fenomeno temporale e come compito per la volont.
Questo rapporto viene clto cos gi dalla flosofa stessa e sotto di esso viene esposta
letica. Che cosa far, allora, la diferenza determinante tra flosofa e teologia ? E c, in
generale, una diferenza?
De Wette tenta di determinarlo nellintroduzione: qui gli riesce un po pi chiara-
mente di prima. Introduce pi momenti che contengono qualcosa di giusto. Non sono
messi in rapporto in modo molto determinato. Li separiamo in questo modo. Fonda-
mentalmente entrambe le etiche contengono la medesima cosa secondo la materia,
perch non c un bene molteplice. Ma la flosofa procede sinteticamente, cercando per
via razionale, nella ragione, lideale etico secondo i suoi singoli tratti e componendolo
mediante lintelletto. La teologia, invece, procede analiticamente, poich lideale le
dato gi pronto nella persona di Cristo. Essa lo coglie con il sentimento e lo dispiega.
1
Berlin 1819-1823.
2
Ivi, pp. v-vi.
capitolo quattordicesimo 188
Dietro questa afermazione, evidentemente del tutto impossibile, vi la dottrina
dellarchetipo che de Wette condivide con Schleiermacher. Tale dottrina non era altro
che lelevazione e il rafnamento della dottrina razionalistica del modello e del pensiero
della Humanitt.
3
Herrmann ce ne ha liberato nel modo pi approfondito con il suo Die
sittlichen Weisungen Jesu [Le indicazioni morali di Ges, Gttingen 1904]. Gli errori di tale
concezione sono questi. Si fa di Ges, in modo totalmente non storico, un compendio
dellumanit in genere, un uomo universale, che proprio quello che egli, nella sua na-
tura marcata, energicamente unilaterale, stato meno di ogni altro. In questo modo, in
verit, viene annientato proprio lefetto imponente e fortifcante. Ma poi tutta lidea di
un ideale universale in una persona, che dovrebbe essere solo dispiegato analiticamente,
in s impossibile e quasi mostruosa. Cos anche tutto questo tentativo dal principio
impossibile e conduce alla falsit per cui si proietta gi prima nel suo ideale quel che se
ne vuole ricavare, oppure, nel concreto svolgimento, viene silenziosamente superato e
serve solo come ingresso ornamentale. E proprio cos accade nello stesso de Wette.
Pi plausibile il secondo momento. Secondo la dottrina propria di Fries lauten-
tico materiale nelletica, che si sottopone allelemento formale del concetto del bene
in s e del dovere, interamente questione di sentimento e dunque passibile di una
confgurazione individuale e del tutto dipendente dalla formazione particolare di una
determinata cerchia. Sulla base delle esigenze etiche pi universali e concordanti si
innalzano cos possibili ideali particolari, che non possono senzaltro essere resi univer-
sali, ma dipendono dal grado e dalla specie della cerchia di formazione a cui il singolo
appartiene. Questa dottrina non altro che quella stessa che la pi semplice cono-
scenza della storia mette a portata di mano con chiarezza immediata. Anche de Wette
richiama lattenzione su questo, solo in modo troppo esitante e inadeguato. Tuttavia
vi una cerchia di formazione specifcamente cristiana e vi in essa un ethos proprio,
di struttura sommamente particolare. E cogliere e presentare tale ethos in modo puro,
svilupparlo e perfezionarlo, una questione che ha sempre distinto letica teologica
dalla flosofca, se non ha proprio teologizzato questultima. Si capisce che unetica
teologica pu esser fatta sensatamente solo da chi riconosca lethos cristiano come suo
proprio. In ci incluso il dovere di critica e perfezionamento. Luso che de Wette ne
fa nello sviluppo di questi pensieri ancora molto povero.
Il terzo momento allora, a buon diritto, questo. Per il fatto che la religione stessa,
il suo esser praticata nella comunit, nel culto e nelleducazione diviene un compito di
vita essenziale, letica religiosa sviluppa un contenuto proprio, per il quale letica flo-
sofca pu esibire al massimo i vuoti luoghi geometrici. Ed su questo che essa deve
enunciare delle norme. Le propria, infne, la fnalizzazione pratica della formazione
dei futuri titolari dellufcio ecclesiastico. Essa trapassa in tecnica della morale, in di-
dattica e pedagogia.
La diferenza pi signifcativa che dunque de Wette realizza nellelaborazione quel-
la per cui accoglie nelletica un grande capitolo sulla redenzione e sul signifcato di
questultima nel liberarsi della capacit etica; e in ci si vede generalmente la diferenza
specifca delletica teologica rispetto a quella flosofca. Ma questa diferenziazione
qualcosa di sviante. Una redenzione, infatti, in quanto espiazione magica e infusione
di capacit, non pu costituire una diferenza tra diverse etiche, ma toglie ogni etica in
generale. Se per la redenzione viene compresa, come dovrebbe accadere nel cristia-
3
Cfr. supra, p. 163, nota 14.
la filosofia della religione kantiano-friesiana 189
nesimo, come un vissuto che ha luogo nellambito di ci che personale, nellambito
dellanimo e del volere, dunque come un vissuto che di per s di specie etica e non
magica, allora quella contrapposizione tuttaltro che assoluta. Anzi, anche in ogni
etica flosofca purch in essa, in generale, si tenga in considerazione il fatto della
religione e i suoi efetti psicologici sullanimo, sulla volont, sulla decisione, purch
dunque si tenga in considerazione il suo efetto liberante , si presenta unanalogia con
la dottrina della redenzione. Per questo proprio il rapporto di de Wette a Fries molto
istruttivo. Se, infatti, si esamina lefcacia di Cristo e la relativa dottrina di de Wette, se
ne trova unanalogia molto bella e pura in Fries, nella sua Ethik, pp. 367 e 368. Qui, in
realt, vi sarebbero stati i presupposti per unelaborazione molto pi ampia e profonda
di quella che ofre de Wette nei suoi tentativi di adattare la cristologia di scuola.
2. Il vero rapporto, quello che anche de Wette ha in mente senza riuscire ad afer-
rarlo in modo puro, si confgurer cos: cogliamo la teologia come deve essere clta
a partire da de Wette e Schleiermacher, ossia come dottrina della religione fnalizzata
alla pratica religiosa. Poniamo letica religiosa come distinta da quella profana e inten-
diamo per etica religiosa quella in cui, per un verso, la religione stessa interviene come
valore vitale e compito etico, mentre, per altro verso, la vita e il compito di vita in ge-
nere vengono valutati sotto il punto di vista religioso, cosa che pu essere diversa per
specie e grado. (Lasciamo qui da parte la questione se ogni etica in generale, quando
realmente etica e poggia sulla base del concetto del bene e del dovere, non includa
in s un minimo di religione.) allora innanzitutto chiaro che non c, n pu esserci,
alcuna diferenza rispetto alla base universale delletica in genere, rispetto alla morale
in senso pi stretto, cio rispetto al puro sviluppo della dottrina del bene e del dovere
in genere. Non ha senso mettere in contrapposizione una morale teologica e una
flosofca. Una morale cristiana tanto impossibile quanto una geometria cristia-
na. Possono esserci diferenze quanto alla materia dei giudizi morali, che la capacit di
giudizio morale formula in modo diverso. Ma anche qui vi unampia base comune,
che deve esserci quasi in ogni etica che vuole esser tale. Ed la legge, di cui lapostolo
dice che scritta allo stesso modo nei cuori dei giudei e dei greci,
4
e in cui non vi nulla
che debba essere rafnato con artifciose deduzioni particolari, sistematizzazioni e f-
nezze. Al di sopra di questo livello si eleva allora lambito delle possibili confgurazioni
individuali e particolari, delle valutazioni di vita e degli ideali per la vita del singolo e
della comunit; ambito che tuttavia pu agire profondamente anche in quello strato
inferiore. E qui il luogo geometrico per la possibilit e la necessit di un ethos cristiano
specifco, che pu esser clto, presentato e perfezionato per s. Il secondo, per, que-
sto. La valutazione della vita e la formazione dellideale cambiano essenzialmente non
appena e nella misura in cui in un uomo, in un popolo o in una cerchia di formazione
divengono vive delle convinzioni religiose. Innanzitutto cambia ci che si pu defnire
la tonalit emotiva o lo spirito dellethos, anche se allinizio non si ottiene ancora, forse,
alcun nuovo contenuto. Due uomini possono forse riconoscere lo stesso codice etico ed
essere per diversi nel modo pi profondo nella loro specie e direzione di senso, se uno,
secondo Kant, coglie ladempimento dei doveri etici contemporaneamente come culto
verso Dio e laltro no ; espresso in termini universalmente religiosi : se uno esercita la
professione e il dovere morale col sentimento di fare qualcosa che ha un riferimento ed
un senso eterno, sebbene nascosto, e laltro no. Ma si ottengono contemporaneamente
4
Cfr. Rm 2, 15.
capitolo quattordicesimo 190
anche modifcazioni distintive della stessa materia morale. Innanzitutto lesercizio e la
pratica dellintenzione religiosa della vita dellanimo, lestetica religiosa, ogni culto di
Dio nel senso di un sentimento religioso praticato ed esercitato autonomamente con-
fuiscono in un grandioso ambito a s. E dipende interamente dal carattere individuale
e particolare della singola religione fno a che punto questo accadr e quanto lintero
ethos sar determinato da ci. Pu essere mirabilmente rafnato e interiorizzato, pu
anche assumere un carattere pi robusto ed energico, pi maschile o pi femmini-
le. Ma pu anche esser limitato, ristretto al minimo e reso unilaterale. Se il nirvna
il vero senso del mondo, allora letica cristiana, in particolare letica protestante che
muove dallazione, dalla prestazione e dal culto, insensata. Si dispiegher un ethos, un
ambito forse anche molto determinato di doveri, di norme di organizzazione di questa
vita, ma infnitamente diverso da ogni altro.
Cos si ottengono ethe confgurati in modo religioso particolare e la loro concezione
ofrir ogni volta unetica teologica propria. Anche unetica teologica cristiana si ot-
terr sempre in questo modo. Non si distinguer da un etica in generale per il fatto
di procedere in modo analitico, laddove questultima procede in modo sintetico.
Forse non potr afatto esser distinta da un etica in generale , poich pu esserci una
morale in generale, ma ogni etica gi individuale. Dalletica religiosa in generale
si distinguer mediante lo spirito particolare della religione cristiana che, come ogni
spirito, non si lascia aferrare in regole e motti, ma solo in modo ampio, in immagini di
tonalit emotive e di vita, in unestesa intuizione storica per immedesimazione. Avan-
zer la pretesa di validit universale e tuttavia non vi sar nessuna altra fondazione
per lei che questa : lo spirito sofa dove vuole ,
5
ossia lassenso senza dimostrazione
mediante linteriore convincimento della libera capacit di giudizio.
Questo rapporto si lascia esporre in questo modo con unimmagine. Si pensi a pira-
midi edifcate su una base comune, che sono eccentriche luna rispetto allaltra, diverse
in altezza e ciascuna costruita internamente secondo un principio diverso. La base co-
mune a tutte sarebbe la morale formale ; le singole piramidi, le etiche possibili su tale
base. Esse sarebbero esterne alla base ogni volta secondo il grado della loro eccentricit,
poich dove esse si compenetrano reciprocamente hanno in comune parti signifcative
di spazio, che possono essere pi o meno grandi. Potrebbe anche accadere che una sia
del tutto inglobata da unaltra. Altre, a loro volta, potrebbero divergere ampiamente
nella massa principale e riempire spazi che le altre non riempiono. E la diferenza del
principio di costruzione le distinguerebbe ancora anche nelle parti comuni.
Si potrebbero porre luna nellaltra, secondo questo schema, un gran numero delle
etiche che sono realmente esistite.
(Nel secondo volume de Wette tenta, in modo assai notevole, di cogliere letica cri-
stiana nel pi ampio contesto del suo decorso storico. Non si pu per dire che questo
sia molto fruttuoso per il contenuto della sua propria etica. Quel che egli qui ofre, non
soltanto rispetto alla costruzione, ma anche rispetto alla materia, essenzialente il bene
friesiano. Lo stesso vale dei quattro volumi delle Vorlesungen ber die Sittenlehre [Lezioni
sulla dottrina dei costumi], Basel 1823 e ss. Ma, in particolare negli ultimi volumi, ci che
gli oferto da Fries clto ed esposto in modo tanto autonomo, maturo e bello che
essi afermano in modo compiuto il loro valore proprio. E in particolare gli ultimi me-
ritano ancora di esser conosciuti come un testo di etica piacevole e istruttivo.)
5
Cfr. Gv 3, 8.
Capitolo quindicesimo
THOLUCK
1. Risveglio. 2. Il bene friesiano in Tholuck.
1.
S
empre nellanno 1822, subito dopo il Theodor di de Wette, apparve il Guido und Ju-
lius (die Lehre von der Snde und vom Vershner) [Guido e Julius (la dottrina del peccato
e del riconciliatore)] di Tholuck.
1
Tholuck ha contestato che il suo scritto volesse essere
una replica al Theodor. Ma, avendolo successivamente defnito egli stesso la vera ini-
ziazione del dubitante, diede ad intendere molto chiaramente che per lui il Theodor
non lo era stata. Nulla pi istruttivo che leggere di seguito le Reden di Schleiermacher
nella loro prima forma, il Theodor di de Wette e il libretto di Tholuck. Si vede compier-
si gradualmente il distacco di quel tempo dalla freddezza danimo del razionalismo
e il destarsi di una nuova interiorit, prima nella forma di un fanatismo romantico-
religioso, poi in un avvicinamento sempre pi deciso ai contenuti peculiari della de-
vozione cristiana, quindi in un avvicinamento tempestoso, caratteristico dellepoca in
generale, ai vissuti del peccato e della grazia, che erano andati quasi perduti. Fu un
processo unitario nella psiche del tempo, che di per s fu solo una parte di un contesto
molto pi ampio, nel quale erano inclusi anche il raforzamento del sentire cattolico,
la rigenerazione del papato e dellordine dei Gesuiti, la nascita dellultramontanismo,
linfallibilit e il dogma mariano. Processi, in verit, che sarebbe compito della psicolo-
gia della storia in grande stile cogliere nella loro unit e mettere in rapporto alle leggi
della psiche universale.
Dal punto di vista puramente religioso Guido superiore a Theodor per quanto
riguarda la forza, lunitariet e la compiutezza del vissuto religioso. Qui tale vissuto
realmente un momento centrale e questi uomini possono dire in modo molto pre-
ciso cosa per loro religione : salvazione, salvezza, possesso beatissimo, libert, base
afdabilissima per la condotta di vita, forza di superamento di s e del mondo. E qui la
religione viene posseduta per se stessa, non come possesso complementare, n come
conclusione e compimento della Humanitt.
2
Vi erano motivi interni e necessari per-
ch, a partire da qui, si riversasse nella teologia uno spirito nuovo e proprio. E chi non
sapeva osservarlo e apprezzarlo nel risveglio non poteva parlare di religione : costui
non la conosceva afatto. Che vi fossero motivi interni anche del fatto che lautocom-
prensione relativa alla nuova esperienza vissuta religiosa dovesse essere cos povera o
che non dovesse proprio aver luogo ?; o del fatto che si avviluppasse in un biblicismo
concepito in modo genial-romantico, al quale si doveva rendere servizio nel modo di
gran lunga migliore rinunciando ad ogni formazione teologica e scientifca?
Sarebbe ingiusto rimproverare ad uomini come Tholuck la restaurazione e la rinun-
cia a gradi pi avanzati di formazione. Egli non ritorna di nuovo e volontariamente agli
orizzonti ristretti e alle stanzette della dottrina di scuola e, forse, proprio il pi com-
1
Hamburg 1823.
2
Cfr. supra, p. 163, nota 14.
capitolo quindicesimo 192
piuto rappresentante della teologia della mediazione. Il suo tipo spirituale quello
dei Lavater, degli Hamann, in breve del pietismo geniale, che voleva riuscire a connet-
tere la cultura spirituale dei poeti e dei pensatori del suo tempo con il culto dellagnello.
Ma quanto spaventosamente visibile qui quel generale rammollimento dei cervelli e
del pensiero in cui ora, con questa nuova sentimentalit, lepoca e la teologia incorro-
no. Quanto rapidamente viene sperperata leredit illuministica di rigorosa disciplina
del pensiero, di metodo e concetti saldi. Al posto di un esame accurato compare una
patetica edifcazione. Si confrontino Theodor e Guido. L un progresso tenace, corag-
gioso, inesausto in coscienziosa rielaborazione dei grandi problemi posti dal tempo,
con sicuro addestramento nel metodo flosofco e scientifco; qui nulla di tutto ci o
ridicolo dilettantismo e, al posto di una formazione realmente profonda, ecco un forire
di erudizione flologica con citazioni in arabo e in greco. Un cattivo modello per la te-
ologia, con lefetto, purtroppo, che da allora in poi, al posto che avrebbe dovuto avere
il coscienzioso lavoro sui problemi e un metodo formato, si present la predicazione
edifcante e un comodo richiamo alla rinascita. Il ragionare acerbo del non ancora
ventiquattrenne sullo spirito e sulla flosofa dei suoi giorni grottesco; e grottesco al
massimo grado il modo accondiscendente con cui parla del lavoro flosofco-morale
di Kant, che gli diventa un precursore delle sue proprie conoscenze nuove e sublimi, a
malapena degno di esser riconosciuto come tale. Cosa doveva venir fuori dalla scienti-
fcit di una teologia che trovava qui il suo modello! Poich diminuisce la capacit di un
lavoro autonomo sui problemi, resta solo la storia, ci di cui appunto anche Tholuck
un esempio : abbastanza spesso, in efetti, lerudizione storica divenuta il surrogato
di scientifcit teologica.
Lo stesso Tholuck, da questo punto di vista, era ancora messo e attrezzato meglio di
molti suoi successori, dato che ancora possedeva una buona porzione delleredit della
formazione del periodo precedente e per s vi si atteneva sempre. sempre ancora
allievo dello spirito dellilluminismo e quel che sta dietro le elaborazioni rapsodico-
debordanti di Guido non afatto, nonostante tutte le espressioni altisonanti, la vec-
chia dogmatica cristiana, ma , in fondo, la stessa cosa che aveva preso forma anche in
Schleiermacher e de Wette; il che si mostra nel modo pi chiaro nella sua posizione
sulla rivelazione e sul soprannaturalismo in genere. Qui sostiene opinioni che lo
distinguono chiaramente e sicuramente dalla ricaduta nel punto di vista ingenuo di
parecchi autori posteriori: se poi le abbia portate a validit in modo conseguente una
questione a s; ma i pensieri flosofci che lo guidano provengono da Fries, cosa che
fnora non sembra esser stata notata, ma che si pu mostrare in modo molto chiaro.
Cos, con questa attestazione, torniamo al nostro punto di partenza.
2. In seguito Tholuck scrisse delle aggiunte integrative al summenzionato scritta-
rello. La quinta tratta del rapporto tra la ragione e la rivelazione. Qui menziona oc-
casionalmente Fries. dubbio se conoscesse gli scritti dello stesso Fries e, per il tipo
spirituale complessivo, non probabile. Le sue elaborazioni sono per evidentemente
dipendenti da Fries e ricordano Theodor in modo cos marcato che si pu ben assume-
re che ne provengano e che provengano dunque, in ultima analisi, da Fries.
Lessenza dello spirito, cos dice qui, conoscere da s e per questo esso non pu mai
cadere completamente in errore. La contrapposizione tra naturalisti e soprannaturalisti
viene cos interamente decisa e risolta nel modo che abbiamo visto in Theodor. Sus-
siste uninterna contrapposizione (rispetto al quale della loro religiosit), che per non
la filosofia della religione kantiano-friesiana 193
risiede, o almeno non innanzitutto (p. 150
3
), nellambito a cui si richiamano i nomi dei
partiti in lotta. Deve esserci in noi stessi un principio che ci costringe internamente a ri-
conoscere quel che per noi deve essere verit. Il razionalista lo chiama ragione. A buon
diritto. Lo spirito in quanto spirito ha a fondamento di tutti i suoi fenomeni un essere
immediato, dato a partire dallinterno, la vita in Dio, che rende spirito lo spirito. Qui il
focolare della vita spirituale, di qui deriva la spinta ad ogni pensiero e ad ogni decisione.
Gi Platone ha mostrato questo elemento immediato nello spirito, contrapponendo
gi questa visione immediata, questo istinto di ragione, alla conoscenza rifessa nel con-
cetto (:voco:zoo;, zv:z
4
). Ci che in noi realmente grande e divino non lo dob-
biamo alla t:v ( = intelletto), ma alla corda dellanima messa in movimento dallin-
terno, quellinteriore eccitazione che la madre di ogni scienza, di ogni arte e di ogni
invenzione benefca: esso compare nellanima come qualcosa di dato interiormente e,
poich luomo appunto consapevole di non averlo creato, a chi altri dovrebbe esser
ricondotto se non al Dio che incita ed eccita interiormente, dunque allispirazione?
Lerrore dei razionalisti, cos come dei soprannaturalisti, era, del tutto simmetrica-
mente, quello di non riconoscere nellanima questa vita di Dio. Il conoscere religioso,
svincolato dallimmediata ispirazione mediante senso interno, dal coglimento di Dio
nello spirito, era un desolato e arbitrario raziocinare sulle cose divine. E quanto pi i
teologi moderni venivano presi in quella direzione unilaterale verso il conoscere me-
diato, tanto pi le loro spiegazioni della ragione, del conoscere religioso, dellillumina-
zione, del divino nelluomo, si riferiscono soltanto allelemento mediato del raziocinio
critico, dellintelletto. Il sentimento viene gettato fuori bordo.
Poich luomo nato da Dio, egli ha una testimonianza di Dio e il fondamento della
verit per luomo la vita di Dio in lui.
a
E appunto con ci siamo andati oltre il sogno
e lopinione, meramente soggettivi, del divino. Quel che udiamo non siamo semplice-
mente noi ad insegnarlo, ma Dio.
b
Si comprende cos la comprensione e linteriore rico-
noscimento della rivelazione storica. Ci che il cristianesimo vuole raggiungere nelluo-
mo la stessa cosa che il divino annuncia in lui quale sua meta e destinazione. Chi vuole
comprendere Platone deve possedere lo spirito di Platone. Il lettore intelligente deve
essere unestensione dellautore. Chi vuole comprendere Cristo deve avere il senso di
Cristo.
5
Questo comprendere appunto anche dimostrare ( = convincere). Quel che noi
riconosciamo come afne a noi, quel che disposto nella nostra interiorit come suo
patrimonio, che ha appunto uninteriore necessit per noi: questo il vero.
Anche il Redentore parla di una luce interiore, di un occhio, nelluomo.
Se questi passi fossero stati colti [dagli esegeti] nel loro pieno signifcato e fossero stati resi fon-
damento della teologia, allora i risultati avrebbero dovuto essere signifcativi.
c 6
3
Otto cita da A. Tholuck, Werke, i, Gotha 1862.
4
Cfr. ivi, p. 152.
5
Cfr. ivi, Werke, i, p. 159.
6
Ivi, Werke, i, p. 162.
a
Qui si rivela in modo molto semplice, e certo molto involontario, ci che quellintera teologia pro-
priamente intendeva per umanit di Dio e il modo in cui essa aveva un accesso tanto semplice al dogma
antico. stato un reale guadagno che essa ne facesse uso in modo tanto copioso?
b
Qui si mostra, di nuovo, in modo appunto tanto semplice, la chiave della nuova dottrina della rive-
lazione. Essa anche davvero conclusiva, e la parola di Dio interviene bene e chiaramente di contro alla
parola delluomo.
c
Lafnit di tutte queste elaborazioni con i pensieri di De Wette in Theodor, e dunque in ultima analisi
capitolo quindicesimo 194
(In efetti essi avrebbero risparmiato tutta la grande fatica su naturale e soprannaturale
e avrebbero condotto invece il lavoro allelaborazione e allesposizione del peculiare
vissuto e contenuto di religione e cristianesimo.)
con Fries, dovrebbe essere evidente. una felice conferma di questa acquisizione il fatto che Herrmann mi
scriva che Tholuck, a suo tempo, aveva esplicitamente richiamato la sua attenzione su Fries.
Capitolo sedicesimo
CONCLUSIONE
1. Compito della teologia la scienza della religione cristiana. 2. Filosofa e teologia. 3. Il
metodo ampio della teologia. 4. Storia della religione e teologia. 5. La dottrina della fede
e letica nel tutto della teologia.
R
iassumiamo ancora una volta quanto abbiamo appreso nellesame degli inizi del-
la teologia moderna su spirito, compito e relazione della medesima alla scienza in
generale e alla flosofa in particolare.
1. La vecchia teologia era una metafsica su Dio, uomo e mondo, e sulle loro relazio-
ni, presuntamente ricavata da ragione e rivelazione. La stessa religione desidererebbe
moltissimo un racconto delle azioni di Dio. La teologia moderna cerca un compito
raggiungibile, dunque qualcosa di meno e di diverso : essa scienza della religione, e la
teologia cristiana scienza della religione cristiana.
2. La scienza della religione tanto poco una descrizione della religione, quanto
poco la scienza del diritto descrizione di un diritto sussistente o del diritto in generale.
La scienza del diritto mira a trovare la validit del diritto e un diritto che sia valido: la
storia del diritto per lei soltanto un mezzo per il fne. La scienza della religione cerca
la validit della religione e una religione che sia valida. Poich le precluso il ricorso a
criteri soprannaturali (per motivi storico-critici e per motivi della stessa religione), essa
deve procedere come la scienza della morale o del diritto, e come tutte le scienze dello
spirito in generale. Queste devono tutte dedicarsi ad un esame dellessenza spirituale-
razionale dello spirito umano, alla critica della ragione e allantropologia, devono sta-
bilire che cosa sia spirito e che tipo di spirito sia, che cosa sia ad esso possibile quanto
ad attivit, vissuto, espressione secondo diversi lati, e cos devono ottenere il concetto
universale di scienza, di etica, di estetica, di religione e di vissuto religioso. Questa
occupazione flosofca e senza questo lavoro flosofco preliminare non praticabile
la scienza della religione come lavoro approfondito, metodico e in generale scientif-
co. Essa sar praticata in modo diverso per tipo, spirito e destino, secondo il tipo di
flosofa che viene riconosciuto. Per questo lavoro ci si oferta la flosofa friesiana,
nata dallo spirito del metodo critico kantiano. I fondamenti per cui proprio questa
adatta allo scopo sono indicati chiaramente in de Wette (Zur Religion und Theologie
2
,
pp. 167-8). Nella dottrina della conoscenza immediata, dellidealismo trascendentale,
del sentimento in generale e dei sentimenti morali, estetici e religiosi in particolare, del
triplice modo di conoscenza mediante sapere, fede e presentimento e nel superamento
del punto di vista fnito-limitato del sapere rispetto a quello della fede, nellattestazione
del versante pratico dello spirito umano e dei suoi impulsi, nello schematismo delle
idee ad opera di questultimo e nel suo esser vivo nel sentimento, essa scopre tanto la
disposizione alla religione nello spirito umano in generale, quanto il misterioso luogo
sorgivo di tutte le sue manifestazioni storiche, come pure il fondamento della sua pre-
tesa universale alla verit, alla verit somma e ultima in generale. E nella sua dottrina
del sentimento risiede contemporaneamente la chiave, che il suo scopritore non seppe
capitolo sedicesimo 196
utilizzare abbastanza, per la comprensione del modo in cui pu esserci religione in
singoli fenomeni tanto diversi, afni nel fatto di essere tutti realmente religione, e per
diversi non soltanto sotto il proflo di una maggiore o minore chiarezza, ma anche per
propriet, specie e spirito, cos che la svalutazione dellun fenomeno di contro allaltro
diviene possibile e necessaria. Infne, lantropologia di Fries opera qui ancora unultima
cosa: esibisce la facolt dello spirito attraverso cui un tale valutare e svalutare diviene
possibile, la libera capacit di giudizio per mero sentimento e la sua pretesa alla validit
senza dimostrazione. Questa una base salda, una guida sicura per il lavoro stesso della
scienza delle religioni. (Essa la base necessaria e il presupposto anche per il lavoro
della scienza della religione cristiana, per la teologia cristiana.) Pi precisamente questo
lavoro si fa cos: esso muove da due diversi punti di partenza e percorre due vie in pri-
ma battuta diverse, che per conducono luna allaltra e alla fne debbono incontrarsi.
Muove, in primo luogo, da una introspezione e osservazione del vissuto (meglio di
tutto nella propria interiorit) e della vita religiosa sviluppata, matura e vigorosa ; qui
coglie empiricamente un paradigma della religione e arriva nella posizione di ottenere
induttivamente un concetto empirico della specie, del carattere e dellessenza della re-
ligione, mediante un confronto tra ci che simile, afne e corrispondente in altri, per
altri tempi e luoghi, e infne attraverso la storia.
Daltra parte esso prosegue il lavoro della critica della ragione nel complesso, ap-
prende qui quali sono le facolt dello spirito razionale per la conoscenza in generale e
per la conoscenza superiore in particolare, e quali pretese la ragione avanza al diritto e
alla validit delle sue conoscenze. E cos come su questa base vengono trovati i principi
universali, i concetti supremi e le leggi di tutti i singoli rami della conoscenza umana (la
metafsica per ogni singola scienza), in modo del tutto corrispondente si scopre an-
che il contenuto universale supremo per il conoscere, sentire, avere esperienze vissute
nellambito delletica, dellestetica e della religione, sotto la cui legge queste si trovano
e si dispiegano. Troviamo cos la metafsica della religione , nel senso in cui Kant cer-
c e trov la metafsica dei costumi, la metafsica del diritto e quella dellestetica.
Qui le due vie si sono da tempo riunite. Ora si mostra, infatti, che queste facolt
dello spirito, esibite mediante critica della ragione, e questo contenuto metafsico
sono viventi in ci che l era stato clto in modo empirico-induttivo come essenza della
religione. E si risolve cos, allo stesso tempo, la questione della verit della convinzione
religiosa, alla quale non si pu mai rispondere con un coglimento empirico-induttivo
della sua fattualit.
3. Il compito della dottrina della religione cristiana sar allora quello di cogliere su
questa base essenza e spirito del cristianesimo, di presentarli e di comunicarli in for-
ma di dottrina, chiarifcandoli criticamente, confgurandoli e dispiegandoli, in vista
dellesercizio e della pratica. Questultima cosa pu per accadere ad opera di qualcuno
che sia egli stesso cristiano, la cui libera capacit di giudizio, cio, dia il proprio assen-
so alla verit del cristianesimo, che non pu esser dimostrata, ma solo sentita. Questo
pu accadere in modo veramente scientifco proprio se si riconosce nel cristianesimo la
pi alta di tutte le altre forme di religione, se il cristianesimo viene clto nella sua afni-
t essenziale e nella sua connessione con la religione in generale, dunque sullo sfondo
della storia della religione e della comparazione tra le religioni, a cui, di nuovo, soltanto
la flosofa della religione d il corretto avvio. Per fare storia, infatti, devo sapere di che
cosa. E per poter comparare, debbo sapere rispetto a cosa. Su questo sfondo, allora, il
la filosofia della religione kantiano-friesiana 197
compito principale innanzitutto la storia della religione cristiana, lo sviluppo della sua
essenza originaria e paradigmatica nello sviluppo vetero- e neotestamentario, e in stret-
ta connessione con ci la sua elaborazione e il dispiegamento del suo spirito peculiare
nella storia del cristianesimo. Questo metodo ampio inaggirabile, perch quel che
lo spirito di una religione non si lascia indicare con una defnizione come quella che
defnisce cosa un triangolo. N la cosa si pu fare per compendio, eludendo lintui-
zione storica ampia. Lo spirito, infatti, non si lascia distillare, ma deve essere clto nelle
persone, negli eventi e in altre produzioni della storia, in cui si presentato in modo
originale. Non coglieremo mai in modo chiaro, vigoroso e vero lo spirito di un Isaia o
di un Geremia senza la loro storia ; per non parlare del cogliere lo spirito di Cristo senza
i frammenti, ancorch cos poveri, della sua vita e della sua morte. Lo spirito e la per-
sona sono qui inseparabili luno dallaltra. E ogni successo nel riottenere qui, mediante
una ricerca storica, qualcosa dellelemento personale e storico una vittoria.
Questo penetrare per empatia nello spirito e nella specie della religione diveniente e
divenuta il compito pi delicato del teologo.
Per cogliere la sua essenza in modo pieno e puro si aggiunge poi il modo in cui il
cristianesimo sfocia nella storia ulteriore, il modo in cui continua a formarsi e a tra-
sformarsi in modo specifco. E per questo non serve afatto la storia della Chiesa nel
senso pi stretto, n una unilaterale storia della dottrina e del dogma, ma al pi una
tipologia religiosa, una biografa e una descrizione delle persone, e uno studio delle
confessioni non in quanto scienza delle dottrine particolari, ma in quanto tipologia
universale dello spirito del cristianesimo.
4. Solo anatomia e fsiologia delluomo riguardano, in senso stretto, il medico ; in
senso stretto, solo lessenza e lo spirito della religione cristiana riguardano il teologo.
A quello il lavoro si allarga da s ad una fsiologia e anatomia comparata generale;
questo coglier la sua propria religione in modo pieno soltanto in connessione con una
storia della religione comparata.
Che qui sia giusto il metodo, molto seguito, dal basso in alto e che sia il pi ef-
cace per una pi profonda comprensione assai dubbio. In ogni caso i compiti di una
vera scienza della religione, che non lavora per gli archivi e i musei della religione, ma
per la comprensione, lorganizzazione e la normazione di una religione che debba es-
sere realmente praticata, e che solo come tale porta sensatamente il nome di scienza,
cominciano di solito soltanto dove e quando lo storico della religione la smette con
lo studio dei miti e della religione dei primitivi. Ci che perfetto non si comprende
a partire da ci che imperfetto, n ci che sviluppato da ci che non lo , ma
esattamente il contrario. Forse possiamo riuscire a comprendere di nuovo quel che
voleva Buddha. Ma probabilmente non riusciremo mai a comprendere quel che totem
e tab signifcavano realmente per i primitivi. Il grande punto di mezzo e di partenza
per ogni scienza della religione, e in particolare per quella cristiana, lo stesso vissuto
religioso : qualcosa che non viene compreso con lo studio dei miti e con le anticaglie,
ma che, se non lo si conosce da s, pu esser clto a partire dalla vita dei religiosi nel
senso pi stretto ed energico del termine. Che la teologia nata dal risveglio ponesse al
centro questo vissuto religioso stesso, era completamente giusto. Con ci essa ottenne
un suo centro saldo. Ma questo, in pari tempo, signifcativo per la comprensione
della religione in genere (cosa che quella, in realt, non concederebbe mai). Colgo nel
modo migliore ogni peculiare fenomeno spirituale l dove esso compare al suo apice,
capitolo sedicesimo 198
in piena forza ; il che, nella sfera religiosa, accade in quel vissuto che il pietismo chiama-
va irruzione della grazia, piaccia o no questa espressione. Questo quanto signifca
grazia nelluso linguistico cristiano pi generale ed connesso con rinascita, ri-
sveglio . Di solito riferiamo queste cose soltanto al cristianesimo, e del tutto a ragione,
naturalmente, quanto al contenuto specifco di questo vissuto. La cosa come tale
per religiosa in modo universale. Ci di cui Buddha visse lesperienza, nelle settimane
precedenti lirruzione dellilluminazione, sotto lalbero della bodhi,
1
e la novit e la re-
denzione della sua vita da allora in poi, il parallelo pi esatto che si possa pensare con
quell irruzione e si lascia facilmente descrivere nei termini della dottrina della gratia
antecedens, operans e succedens. E una storia della religione pi approfondita dovreb-
be tentare di individuarne ovunque le analogie. Si trovano. (Il criterio per stabilirne
la presenza non lelevatezza della situazione spirituale della religione in questione,
ma lintensit. Tali vissuti sono da subito presenti anche in una religione rozza come
lIslam di Maometto, e lo stesso Maometto ne un esempio.) Solo in questa presen-
za concentrata della religione diviene chiaro quale propriamente sia il senso efettivo
della religione in generale, il fatto che essa non un pezzo aggiuntivo dellumanit,
n una cosa per tranquillizzare, n qualcosa per uno scopo che risieda al di fuori di
lei : per esempio non la garanzia per ladempimento del desiderio di felicit o delle
nostre inadeguatezze morali, ma qualcosa di peculiare e di immane che ha un signif-
cato di per s, che afora variamente dalle profondit dello spirito umano, che attiva
dappertutto in efetti e guizzi pi sommessi, ma che in luoghi particolari emerge ed
erompe con sconvolgente violenza. Quel che qui viene vissuto si esprime spesso in
modo abbastanza bizzarro e sempre in dipendenza dalle rappresentazioni e dagli ideali
del tempo. Ma in ci il sentimento e la convinzione religiosa sono sempre quelli di
avere ora ci che assolutamente importante, ci di contro a cui ogni altra vita deve
essere svalutata come errore, ignoranza, come peccato e mancanza, al massimo
come preparazione e passaggio. In ci non vi mai felicit, ma salvezza. Solo laddove
la religione spinge a tali vissuti comincia lautentica materia di una reale storia della re-
ligione (anche nelle rozze religioni dei negri sembrano esserci analogie, seppur ancora
rozze e grottesche. Che meraviglia ! Che la vita spirituale sia presente soltanto da noi
un assunto ridicolo). E nella ricerca della religione reale ci si dovrebbe lasciar guidare
da questo flo conduttore, da una ricerca per presentimento e dallirrompere di uno
stato spirituale e di un vissuto che il totalmente altro rispetto a tutto ci che precede e
lassolutamente determinante.
a
A partire dalla nostra base flosofco-religiosa abbiamo
il mezzo per interpretare in modo universale questo curioso fenomeno, che in verit
costituisce il centro del vissuto religioso : loscura conoscenza del divino in generale e
della destinazione eterna dellessere, che diviene viva nel sentimento. E, in quanto cri-
stiani, crediamo che tale destinazione sia in verit lesser fgli di Dio e il Regno di Dio.
Ma, come sempre, la inquadriamo nella nostra flosofa e, quale che sia il contenuto, la
riempiamo comunque a partire dalla nostra propria religione: scendendo da questa cima
si deve penetrare nella terra della religione, da questi fuochi si deve comprendere la luce
1
Illuminazione.
a
Che la dottrina di queste cose abbia quasi sempre, in tutte le teologie e non solo in quelle cristiane,
preso forma soprannaturalistica, del tutto comprensibile ed persino fntantoch non sia clta in modo
puro la dottrina dellidealismo trascendentale e del presentimento lespressione del tutto corretta della
cosa, corrispondente alla dignit e alla specifcit del vissuto.
la filosofia della religione kantiano-friesiana 199
che rischiara altri luoghi con pi debole distribuzione. Avremo clto tanto pi la religione
nella sua storia, quanto pi ci riuscir di scriverla dal punto di vista della grazia e del
vissuto della grazia, cominciando dalle sue forme chiaramente confgurate, indietro e gi
verso le sue rozze analogie e il suo comparire pi blando e non pi tipico.
5. La dottrina della fede, con letica, resta fuori da questo intero lavoro. Con confni
necessariamente fuidi, sia rispetto alletica che rispetto a quanto fn qui illustrato. Il
suo saldo centro il vissuto religioso cristiano, il vissuto della grazia di Dio, la sal-
vezza cristiana: da comprendere pienamente sempre e solo a partire dallo spirito del
cristianesimo che si manifesta nella sua storia. Si tratta di sviluppare autonomamente,
e sotto tutti gli aspetti, la salvezza che racchiusa in esso, la messa in libert dellintera
vita superiore in noi, che data con esso, la nuova valutazione della vita, del valore e
del compito della vita. Bisogna superare totalmente quel seguire passo passo, zoppi-
cando, la dottrina di scuola, come hanno tentato de Wette e spesso altri dopo di lui, il
fortunoso adattarne le proposizioni e il confuso eclettismo. Lideale piuttosto quello
di costruire, a partire da un centro saldo, clto in modo sicuro, con una direzione tesa e
in consapevole unilateralit e compiutezza, una totalit chiaramente distinta di convin-
zione, tonalit di vita e meta della volont, il cui rapporto di riferimento e distinzione
ad altre totalit religiose o profane possa essere ancora una volta reso intuitivo secondo
lo schema di costruzione sopra indicato.

IL SACRO.
LIRRAZIONALE NELLIDEA DEL DIVINO
E IL SUO RAPPORTO AL RAZIONALE
1
*
1
Edizione originale : Das Heilige. ber das Irrationale in der Idee des Gttlichen und sein Verhltnis zum Ratio-
nalen, Breslau, Trewendt und Granier, 1917.
SOMMARIO*
Capitolo primo, Razionale e irrazionale 203
Capitolo secondo, Il numinoso 205
Capitolo terzo, I momenti del numinoso. Il sentimento di creaturalit come primo
rifesso del numinoso sul sentimento di s 207
Capitolo quarto, Mysterium tremendum 209
Capitolo quinto, Il momento del misterioso 215
Capitolo sesto, Il fascinosum 219
Capitolo settimo, Analogie 225
Capitolo ottavo, Il sanctum come valore numinoso. Coprimento, espiazione 229
Capitolo nono, Mezzi di espressione del numinoso. 1. Diretti 235
Capitolo decimo, Mezzi di espressione del numinoso. 2. Indiretti 237
Capitolo undicesimo, Mezzi di espressione del numinoso nellarte 241
Capitolo dodicesimo, Il numinoso nellAntico Testamento 243
Capitolo tredicesimo, Il numinoso nel Nuovo Testamento 249
Capitolo quattordicesimo, Il numinoso in Lutero 257
Capitolo quindicesimo, Sviluppi 267
Capitolo sedicesimo, Il sacro come categoria a priori. Prima parte 269
Capitolo diciassettesimo, La sua comparsa nella storia 273
Capitolo diciottesimo, I momenti del grezzo 279
Capitolo diciannovesimo, Il sacro come categoria a priori. Seconda parte 281
Capitolo ventesimo, Il sacro nel suo manifestarsi 285
Capitolo ventunesimo, La divinazione nel cristianesimo originario 293
Capitolo ventiduesimo, La divinazione nel cristianesimo attuale 297
Capitolo ventitreesimo, A priori religioso e storia 305
Appendice, Esempio di un componimento numinoso 307
Appendice seconda, Rafronto con ledizione del 1936 311
Capitolo primo
RAZIONALE E IRRAZIONALE
P
er ogni concetto teistico di Dio, ma in modo eccezionale ed eminente per quel-
lo cristiano, essenziale che la divinit sia clta in modo preciso e determinato
e qualifcata con i predicati: spirito, ragione, volont, volont che pone fni, volont
buona, onnipotenza, unit essenziale, consapevolezza; e che cos essa sia allo stesso
tempo pensata in analogia con quellelemento razionale-personale che luomo avverte
in se stesso in forma limitata e impedita. Tutti questi predicati vengono poi pensati
come perfetti, ossia assoluti. Sono tutti concetti chiari e distinti, accessibili al pensiero
e allanalisi, nonch suscettibili di defnizione. Se vogliamo chiamare razionale un
oggetto che capace di esser pensato in questo modo, allora lessenza della divinit
descritta con questi predicati deve esser qualifcata come razionale, e una religione
che li riconosce e li aferma , per questo, una religione razionale. Soltanto grazie ad
essi possibile la fede in contrapposizione al mero sentimento. E almeno del cri-
stianesimo non vero che Il sentimento tutto ; il nome non che suono e fumo .
1

Nome equivale a concetto. Ma noi consideriamo un tratto caratteristico e un criterio
del grado di elevatezza e superiorit di una religione che essa abbia concetti e una co-
noscenza ossia una conoscenza di fede del soprasensibile in concetti, quelli appena
menzionati e altri che li sviluppano ulteriormente. E che il cristianesimo possieda con-
cetti, e li possieda in superiore chiarezza, distinzione e completezza, non lunico, n
il principale indicatore della sua superiorit rispetto ad altri gradi o forme di religione;
ma certo un indicatore molto signifcativo in questo senso.
Questo deve esser messo in evidenza subito e con decisione. Ma necessario mettere
in guardia contro un malinteso, che potrebbe condurre allopinione erronea ed unila-
terale per cui i predicati razionali, quelli menzionati e altri simili che se ne possono ag-
giungere, esauriscono lessenza della divinit. Questo malinteso ingenerato dal modo
di esprimersi e dal mondo concettuale del linguaggio edifcante, della trattazione dotta
nellomiletica e nella catechesi, e persino delle nostre Sacre Scritture. Qui il razionale
in primo piano e anzi spesso sembra che sia tutto; ma che ci accada qui, ce lo si pu
aspettare gi a priori : ogni lingua, infatti, in quanto consiste di parole, vuole trasmet-
tere concetti. Questo il suo senso. E quanto pi quelli sono chiari e univoci, tanto
migliore la lingua. In verit, per, i predicati razionali esauriscono tanto poco lidea
della divinit che anzi essi sono e valgono soltanto in rapporto a un irrazionale. Senza
dubbio anche questi predicati sono essenziali, ma sono predicati essenziali sintetici e
solo se li si intende cos, li si intende correttamente ; solo se, cio, ad essi attribuito un
oggetto, quale loro portatore, che in essi non ancora clto, n pu esserlo, perch ri-
chiede un modo diverso e specifco di coglimento. In un qualche modo, infatti, bisogna
pur poterlo cogliere : altrimenti non se ne potrebbe dire proprio nulla. In fondo anche
la mistica, quando lo defnisce lztov, non lo intende davvero cos, perch altrimenti
non potrebbe far altro che tacere. E invece essa stata per lo pi molto eloquente.
1
J. W. Goethe, Faust, i, v. 3457.
capitolo primo 204
Ci imbattiamo qui nella contrapposizione tra razionalismo e religione pi profon-
da. Di questa contrapposizione e delle sue caratteristiche avremo ancora occasione
di occuparci: ma qui risiede il tratto primo e pi caratteristico del razionalismo, dal
quale dipendono tutti gli altri. Spesso si sostiene che il razionalismo una negazione
del miracolo e che il suo opposto unafermazione del medesimo : ma questa dif-
ferenza palesemente falsa o per lo meno molto superfciale. La teoria tradizionale
del miracolo, quale violazione occasionale del nesso causale naturale da parte di un
essere che lavrebbe posto e che dunque ne sarebbe il signore, essa stessa cos massic-
ciamente razionale, che non si potrebbe esserlo di pi. I razionalisti hanno tollerato
abbastanza spesso la possibilit del miracolo in questo senso o la hanno costruita essi
stessi a priori. E abbastanza spesso risoluti non-razionalisti si sono mostrati indiferenti
nei confronti della questione dei miracoli . Tra il razionalismo e il suo contrario vi
piuttosto una peculiare diferenza di qualit nella tonalit e nei contenuti del senti-
mento dellesser devoti, che condizionata essenzialmente dal fatto che nellidea di
Dio il razionale abbia sopravanzato lirrazionale, che lo abbia escluso del tutto o che
sia accaduto invece lopposto. In efetti, lafermazione che si sente spesso, per cui la
madre del razionalismo sarebbe stata proprio la stessa ortodossia, in parte giusta ; ma,
anche qui, non semplicemente perch lortodossia sia fnita in dottrina e in costruzione
di dottrine come capitato anche ai mistici pi incalliti , ma perch nel far questo
non ha trovato il mezzo per render in qualche modo giustizia allelemento irrazionale
del suo oggetto e per mantenerlo vivo nellesperienza vissuta della devozione : anzi, in
un palese e caratteristico disconoscimento di questo, ha razionalizzato unilateralmente
lidea di Dio.
Questa tendenza alla razionalizzazione predomina ancor oggi, e non soltanto nella
teologia, ma anche nelle ricerche religiose in generale, fn negli aspetti pi bassi. A
tale tendenza sottostanno le ricerche sui miti e sulla religione dei primitivi, come
pure i tentativi di ricostruzione degli inizi e degli elementi primi della religione. Qui
non si impiegano quegli elevati concetti razionali da cui abbiamo preso le mosse, ma
in questi e nel loro sviluppo graduale che si individua il problema principale della
ricerca, per cui si costruiscono rappresentazioni e concetti di scarso valore che dovreb-
bero esserne i prodromi : in ogni caso sempre a concetti e rappresentazioni che si
mira, e a concetti naturali, ossia presenti nella sfera generale delle rappresentazioni
umane. Con unenergia e unarte quasi ammirevoli si chiudono gli occhi di fronte a ci
che del tutto specifco dellesperienza vissuta religiosa, anche nelle sue espressioni
pi primitive ; ammirevoli o meglio sorprendenti, perch se in generale c un ambito
dellesperienza umana in cui si pu osservare qualcosa di specifco che compare solo in
esso, proprio lambito religioso. In verit, locchio del nemico vede qui in modo pi
acuto che non quello di molti amici o teorici neutrali della questione. Sul versante degli
oppositori si incontra una consapevolezza molto precisa del fatto che tutti gli eccessi
mistici non hanno niente a che fare con la ragione; il che pur sempre un salutare
incitamento a notare che la religione non si esaurisce nelle sue asserzioni razionali e a
rendere limpido il rapporto tra i suoi momenti, in modo tale che essa divenga chiara a
se stessa.
Capitolo secondo
IL NUMINOSO

quanto tenteremo di fare qui
a
con riferimento alla categoria peculiare del sacro.
Innanzitutto il sacro una categoria di valutazione che si presenta cos soltanto
nellambito religioso. Certo, essa si estende ad altri ambiti, per esempio alletica, ma di
per s non scaturisce da altro ; complessa, ma ha in s un momento del tutto specifco,
che si sottrae al razionale nel senso assunto prima e che un ztov, un inefabile, in
quanto completamente inaccessibile ad un coglimento concettuale (come, in un ambi-
to totalmente altro, lo anche il bello).
Questafermazione sarebbe in partenza falsa se il sacro fosse ci che si intende in
alcuni usi linguistici, come in quello flosofco e di solito anche in quello teologico.
Siamo infatti abituati ad utilizzare sacro in un senso che largamente traslato e in
nessun modo originario. Di solito lo intendiamo come predicato etico assoluto, come
ci che perfettamente buono. Cos Kant defnisce heilig (santa) quella volont che
obbedisce senza tentennamenti alla legge morale a motivo del dovere : ma questa
semplicemente una volont morale perfetta. Cos si parla della santit (Heiligkeit) del
dovere o della legge anche se non si intende nientaltro che, appunto, la loro necessit
pratica, luniversale validit della loro obbligatoriet. Ma un simile uso del termine non
rigoroso: sacro include, certo, tutto questo, ma contiene uneccedenza che il nostro
sentimento ancora avverte distintamente e che qui si tratta innanzitutto di isolare. Il
punto che la parola sacro, o almeno i suoi equivalenti nelle lingue semitiche, in
latino, in greco e in altre lingue antiche, indicava innanzitutto e prevalentemente sol-
tanto questa eccedenza e non comprendeva il momento morale in generale, o per lo
meno non dal principio e comunque mai esclusivamente. Poich fuor di dubbio che il
nostro sentimento linguistico oggi include sempre nel sacro lelemento etico, nel ricer-
care quellelemento peculiare, sar opportuno, almeno provvisoriamente e ad uso della
nostra ricerca, inventare un termine particolare, che dovr indicare il sacro meno il suo
momento etico e, aggiungiamo subito, meno il suo momento razionale in generale.
Ci di cui parliamo e che vogliamo tentare, nella misura del possibile, di determina-
re, ossia di portare al sentimento, vive in tutte le religioni come ci che in esse vi di pi
proprio e intimo e senza di cui non sarebbero afatto religioni; ma vive con una forza
straordinaria nelle religioni semitiche e in modo del tutto privilegiato in quella biblica,
nella quale ha anche un proprio nome : qdsh, cui corrispondono z:o;, sanctus e an-
cora pi esattamente sacer. Che questi nomi, in tutte e tre le lingue, riguardino anche
il bene e il bene assoluto, ossia il grado pi alto dello sviluppo e della maturazione di
questa idea, certo, e per questo li traduciamo con heilig (santo); ma questo heilig
allora soltanto la progressiva schematizzazione e il progressivo riempimento etici di
un peculiare e originario rifesso di sentimento che in se stesso pu anche essere indif-
ferente nei confronti delletico e che pu essere preso in considerazione di per s. Senza
a
Nel mio libro Kantisch-Friessche Religionsphilosophie und ihre Anwendung auf die Theologie, loggetto
laltro lato della religione, quello razionale.
capitolo secondo 206
dubbio, nelle fasi iniziali del suo sviluppo tutte quelle espressioni signifcano qualcosa
di totalmente altro dal bene, come generalmente riconosciuto dallesegesi odierna. A
ragione si ritiene che sia un fraintendimento razionalistico linterpretare qdsh sempli-
cemente come bene.
Si tratta quindi di trovare un nome per questo momento inteso nella sua isolatezza ;
un nome che innanzitutto lo conservi nella sua specifcit e che, in secondo luogo, ren-
da possibile considerare e denominare le sue possibili sottospecie o i suoi gradi di svi-
luppo. A tal fne compongo qui il termine numinoso (se da omen si pu formare omi-
noso , allora si pu anche formare numinoso da numen), che intendo come peculiare
categoria di valutazione numinosa e come disposizione emotiva numinosa dellanimo
che si presenta ogni volta che quella categoria si applica. Poich integralmente sui
generis, questa categoria, come ogni dato primario ed elementare, suscettibile di esser
esaminata, ma non, a rigore, di esser defnita. Si pu aiutare linterlocutore a capire,
solo tentando di guidarlo con una discussione fno a quel punto del suo animo in cui
per la categoria stessa che deve attivarsi, sgorgare e rendersi cosciente. Si pu venire in
aiuto di questo processo indicando qualcosa che le simile, o che le contrapposto in
modo caratteristico, o che si presenta in altre sfere dellanimo gi note e familiari, per
poi aggiungere: Questo non il nostro X, ma gli afne ; questaltro lopposto. Non
ti viene ora in mente da s ? Il che signifca: il nostro X non si pu, in senso rigoroso,
insegnare, ma solo suscitare, destare: come tutto ci che viene dallo spirito.

Capitolo terzo
I MOMENTI DEL NUMINOSO.
IL SENTIMENTO DI CREATURALIT COME PRIMO
RIFLESSO DEL NUMINOSO SUL SENTIMENTO DI S
I
nvitiamo ora chi legge a rievocare un momento di intensa eccitazione religiosa, che
sia tale nel modo pi univoco possibile.
Chi non in grado o chi in generale non ha di questi momenti pregato di non leg-
gere oltre. difcile, infatti, praticare una psicologia della religione con chi capace di
ricordarsi dei sentimenti della sua pubert, dei suoi disturbi digestivi o magari dei suoi
sentimenti sociali, ma non dei suoi sentimenti propriamente religiosi. Lo si deve scu-
sare se tenta, con i principi esplicativi che conosce, di spingersi per conto suo fn dove
pu e di interpretare l estetica come piacere sensibile, e la religione come funzione
dellimpulso sociale e della determinazione dei valori sociali, o in modo ancora pi
primitivo. Ma lindividuo estetico, che vive in s lo specifco dellesperienza estetica, de-
cliner con tanti ringraziamenti le sue teorie: a maggior ragione lindividuo religioso.
Invitiamo inoltre, nellesame e nellanalisi di questi momenti e degli stati danimo
del raccoglimento solenne e della commozione, a tener conto con la massima esattezza
possibile di ci che essi non hanno in comune con stati simili, come quello solamente
etico dellelevazione che interviene nella contemplazione di unazione buona; e a pre-
stare attenzione ai loro contenuti di sentimento specifci. Da cristiani ci imbattiamo qui
innanzitutto in sentimenti di cui senza dubbio abbiamo conoscenza, con minor intensi-
t, anche da altri ambiti: gratitudine, fducia, amore, afdamento, umile sottomissione
e rassegnazione. Ma tutto questo non esaurisce afatto il momento della devozione e
non restituisce ancora i tratti del tutto specifci del solenne, della solennit propria di
quella singolare commozione che solo qui si presenta in questo modo. Schleiermacher
ha aferrato in modo felice un elemento assai notevole di questo vissuto : il sentimento
di dipendenza. Ma a questa sua signifcativa scoperta va rivolta una duplice obie-
zione. Il sentimento che egli propriamente intende non , nella sua qualit specifca,
un sentimento di dipendenza in quel senso naturale del termine, per cui esso pu
presentarsi anche in altri ambiti della vita e dellesperienza vissuta come sentimento
della propria inadeguatezza, della propria impotenza e del proprio esser ostacolati dalle
condizioni dellambiente. Tra questi sentimenti e quello vi senzaltro unanalogia, che
consente di qualifcarlo analogicamente e di esaminarlo in modo da accennare alla
cosa stessa afnch questa venga poi clta di per s nel sentimento. Ma la cosa stessa
in pari tempo qualitativamente diversa da questi sentimenti analoghi. Lo stesso Schle-
iermacher distingue il sentimento della dipendenza devota da tutti gli altri sentimenti
simili: ma, appunto, li distingue soltanto come lassoluto dal relativo. Li distingue, dun-
que, solo per il grado e non per una particolare qualit. Egli non vede che se defniamo
quello sentimento di dipendenza abbiamo, a rigore, soltanto una semplice analogia con
la cosa stessa. Si riesce ora, con questo paragone e questa contrapposizione, a trovare
in se stessi quello che intendo dire, e che non posso esprimere mediante altro appunto
capitolo terzo 208
perch un dato primario ed elementare che pu essere dunque determinato nello
psichico soltanto mediante se stesso? Forse posso venire in aiuto con un ben noto esem-
pio, in cui si fa notare in modo assai marcato proprio il momento di cui vogliamo par-
lare qui. Quando Abramo (Gn 18, 27) osa parlare con Dio della sorte dei Sodomiti dice :
Ho avuto lardire di parlare con te, io che sono terra e cenere . Questa la professione
di un sentimento di dipendenza che per qualcosa di pi e di diverso rispetto ai
sentimenti di dipendenza. Sono in cerca di un nome per la cosa e la defnisco sentimento
di creaturalit : il sentimento della creatura che sprofonda nel proprio nulla e scompare
di fronte a ci che sopra tutte le creature.
Si vede facilmente che anche questa espressione, sentimento di creaturalit, non
una spiegazione concettuale della cosa. Ci che conta, infatti, non soltanto quello che
il nuovo nome da solo riesce ad esprimere, ossia il momento dello sprofondare e della
propria nullit di fronte ad unassoluta ultrapotenza in generale, ma il fatto che lultra-
potenza sia proprio questa. E questo Come appunto indicibile e lo si pu indicare solo
attraverso la peculiare tonalit e il contenuto della reazione di sentimento di cui si deve
vivere in se stessi lesperienza.
Laltro errore
a
della determinazione di Schleiermacher che egli in generale scopre
soltanto una categoria di autovalutazione religiosa (ossia di svalutazione) e mediante
questa vuole determinare il contenuto proprio del sentimento religioso. Questultimo,
secondo lui, sarebbe immediatamente e in primo luogo un sentimento di s, il senti-
mento di una peculiare caratteristica di me stesso, ossia la mia dipendenza. Quindi per
Schleiermacher ci si imbatte nel divino solo mediante una deduzione ; solo se, cio, col
pensiero aggiungo a tale dipendenza una causa esterna a me : il che per in completo
contrasto con il dato di fatto psicologico. piuttosto il sentimento di creaturalit
che un efetto e un momento concomitante e soggettivo di un altro momento del
sentimento, che senza dubbio come prima cosa e immediatamente si indirizza ad un
oggetto fuori di me.
b
Ma questo appunto il numinoso. Solo dove il numen viene vissuto
come praesens, come nel caso di Abramo, o dove viene avvertito nel sentimento qual-
cosa che ha carattere numinoso, o lanimo da s gli si rivolge, dunque solo in seguito ad
una applicazione fattuale della categoria del numinoso, pu sorgere nellanimo, quale
sentimento concomitante, il sentimento di creaturalit e la sua dipendenza.
Cos e come questo numinoso stesso, che sento oggettivamente come qualcosa
fuori di me?
a
Di un terzo errore si parler pi avanti.
b
Questo un fatto desperienza cos chiaro che nellanalisi del vissuto religioso necessariamente si im-
pone come prioritario anche allo psicologo. William James, quando sfora la questione della nascita della
rappresentazione greca del divino nel suo libro Die religise Erfahrung in ihrer Mannigfaltigkeit [The Varieties
of Religious Experience, London 1902] (in tedesco Wobbermin
2
[Leipzig 1914
2
], p. 46), aferma con una certa
ingenuit: Non dobbiamo qui approfondire la questione dellorigine degli di greci. Ma lintera serie dei
nostri esempi ci porta pi o meno alla seguente conclusione : come se nella coscienza umana vivesse la
sensazione di qualcosa di reale, un sentimento di qualcosa che realmente presente, una rappresentazione
di qualcosa che esiste ogettivamente, che pi profonda e pi universalmente valida di qualsivoglia sensa-
zione singola e particolare per mezzo di cui, secondo lopinione della psicologia odierna, viene attestata la
realt . Poich il suo punto di vista empiristico e pragmatistico gli impedisce di riconoscere le disposizioni
alla conoscenza e i fondamenti delle idee nello spirito stesso, James deve ricorrere ad ipotesi un po singolari
e misteriose per spiegare questo fatto. Egli coglie questultimo con chiarezza ed abbastanza realista da
non ignorarlo. Rispetto al dato primo e immediato di un simile sentimento di realt, sentimento di un
numinoso dato ogettivamente, il sentimento di dipendenza un efetto successivo, una svalutazione del
sogetto esperiente nei confronti di se stesso.
Capitolo quarto
MYSTERIUM TREMENDUM
P
otr essere indicato, dicevamo, soltanto mediante il suo particolare rifesso di
sentimento nellanimo. tale che aferra e commuove lanimo umano con una
disposizione emotiva cos e cos . Questa disposizione cos e cos quanto dobbiamo
provare a tratteggiare, tentando di far risuonare sentimenti afni per mezzo, di nuovo,
di analogie e contrapposizioni e di espressioni simboliche.
Consideriamo lo strato pi profondo di ogni intenso moto del sentimento di devo-
zione, in quanto tale moto sia qualcosa di pi che fducia, amore o fede nella salvezza,
in quanto sia ci che talvolta, del tutto a prescindere da questi sentimenti concomitanti,
pu commuovere anche noi e colmare il nostro animo con una potenza capace quasi di
sconvolgere i sensi ; osserviamolo, per empatia, compassione e immedesimazione, ne-
gli altri intorno a noi, nelle esplosioni violente del sentimento di devozione e nelle sue
espressioni, nella solennit e nella disposizione emotiva di riti e culti, nel sentore che
aleggia nei monumenti e negli edifci religiosi, nei templi e nelle chiese: allora soltanto
unespressione ci si presenta come adeguata alla cosa: mysterium tremendum. Questo
sentimento pu attraversare lanimo con un fusso dolce, che ci culla e ci acquieta nella
tonalit emotiva di un raccoglimento assorto, per poi trapassare in una disposizione
dellanima che scorre continua, persiste a lungo e vibra, fnch infne si smorza e lani-
ma di nuovo nel profano. Pu anche erompere dallanima repentinamente, con scos-
se e convulsioni. Pu portare ad una singolare eccitazione, allebbrezza, al rapimento
e allestasi. Ha le sue forme selvagge e demoniche. Pu degenerare in un orrore quasi
spettrale, che d i brividi. Le espressioni tipiche dei suoi stadi primitivi sono grezze e
barbariche. Ma conosce anche possibilit di sviluppo verso il rafnamento, la purifca-
zione e la trasfgurazione. Pu diventare quieto ed umile tremore e ammutolimento
della creatura di fronte a gi, di fronte a cosa ? Al mistero inefabile che al di sopra di
ogni creatura.
subito chiaro, di nuovo, che anche qui il nostro tentativo di determinazione per
mezzo di un concetto puramente negativo. Mysterium non defnisce concettualmente
nientaltro che ci per cui si hanno gli occhi chiusi, ci che nascosto, non manifesto,
non concepito, n compreso, non quotidiano, n familiare: ma non lo determina pi
precisamente secondo la sua qualit. Ci che inteso per qualcosa di assolutamente
positivo, che viene vissuto soltanto in sentimenti. E questi sentimenti possiamo anche
chiarirceli, esaminandoli e portandoli in pari tempo a risonanza.
Il momento del tremendum
Alla qualit positiva rimanda innanzitutto lattributo tremendum. In s il tremor soltan-
to paura, un ben noto sentimento naturale: qui ci serve come prima designazione,
che per solo analogica, per una reazione di sentimento del tutto specifca, la quale,
avendo una somiglianza con la paura, pu esser indicata per analogia con questa, ma di
per s qualcosa di totalmente altro dallimpaurirsi.
capitolo quarto 210
In alcune lingue ci sono espressioni che designano esclusivamente o prevalente-
mente questa paura che pi che paura. Per esempio hiqdish, ossia santifcare
(heiligen) in ebraico. Santifcare una cosa nel proprio cuore signifca onorarla del
sentimento di un timore peculiare, che non deve essere confuso con timori di altro
genere; signifca valutarla con la categoria del numinoso. Il greco ha o:zoto;. Gli
antichi cristiani sentivano chiaramente che questa qualifca non pertiene a nessuna cre-
atura, nemmeno allimperatore; che era una qualifca numinosa e che si commetteva
idolatria nel valutare un uomo con la categoria di numinoso chiamandolo o:zoto;.
Linglese ha awe, che nel suo senso pi profondo e specifco si avvicina quasi al nostro
oggetto.
a
In tedesco il verbo heiligen solo il corrispettivo delluso linguistico della
Scrittura : unespressione propria e autoctona per la forma superiore e pi matura di
ci che qui si intende non c. C invece per i gradi di sviluppo inferiori e pi grezzi di
questo sentimento: Grausen (orrore), Schauer (tremore) e schauervoll (tremendo).
Erschauern (rabbrividire), per esempio rabbrividire nel raccoglimento devoto , ci fa
risuonare anche laspetto superiore in modo abbastanza puro. (Espressioni pi grosso-
lane e popolari per le sue forme depotenziate sono Gruseln [orribile] e Grsen [or-
rido]. In queste, e propriamente anche in grslich [orrendo], il momento numinoso
viene inteso e qualifcato in modo molto preciso.) Quando ho discusso lanimismo di
Wundt,
b
ho proposto per la cosa il termine Scheu (timore), dove per laspetto speci-
fco, ossia il numinoso, resta solo nelle virgolette. Si pu anche dire: timore religioso.
Il gradino preliminare il timore demonico (terrore panico) con la sua propaggine
apocrifa, il timore spettrale.*
Quando Lutero dice che luomo naturale non pu temere Dio, non solo ci del
tutto corretto, anche dal punto di vista psicologico, ma bisogna aggiungere che luomo
naturale non pu inorridire nel senso autentico del termine. Lorrore, infatti, non una
paura usuale e naturale, ma di per s gi una prima eccitazione e un primo sentore del
misterioso, sebbene in una forma ancora cos grezza; una prima valutazione secondo
una categoria che non risiede nellambito consueto della natura e non riguarda il natu-
rale. Esso possibile solo per colui nel quale si sia destata una peculiare disposizione
dellanimo che decisamente diversa da quella naturale: una disposizione che allini-
zio si esprime ancora solo in modo abbastanza grezzo e convulso. Non necessario
richiamare il modo in cui anche nellAntico Testamento la paura di fronte a Jahweh as-
sume occasionalmente ancora i tratti di un primitivo orrore, anzi dellorrore in s.
Sofermiamoci ancora un momento sulle prime espressioni, grezze e primitive, di
questo timore numinoso, che nella forma del timore demonico il vero e proprio
contrassegno di quel primo movimento, ingenuo e grezzo, che la cosiddetta reli-
gione dei primitivi . Questultima, insieme con i suoi prodotti di fantasia, viene poi
superata ed espulsa dai gradi superiori e dalle successive forme di sviluppo di quel mi-
sterioso impulso che attivo in essi per la prima volta e in modo ancora grezzo, ossia
il sentimento numinoso. Ma, anche laddove tale sentimento abbia da tempo raggiunto
le sue espressioni superiori e pi pure, sempre possibile che i suoi impulsi primitivi
erompano di nuovo dallanima in modo del tutto ingenuo e siano vissuti di nuovo.
Questo attestato, per esempio, dalla forza dattrazione che nei racconti di spettri e
a
Si confronti anche: he stood aghast [Rest atterrito].
b
Cfr. Theologische Rundschau, 1910 [cfr. Il sensus numinis come origine storica della religione, infra, pp.
339-366].
il sacro 211
di fantasmi l orrore continua ad esercitare anche su chi abbia un alto livello di for-
mazione generale. da notare che questo peculiare timore di fronte allo spaesante
provoca anche reazioni corporee del tutto peculiari, che non si presentano mai in questa
forma nel caso di un terrore o di una paura naturali: gli si gel il sangue nelle vene,
mi si accappon la pelle. La pelle doca qualcosa di soprannaturale. Chi capace
di unanalisi psichica sufcientemente dettagliata, non pu non vedere che un simile
timore non si distingue dalla naturale paura soltanto per grado e intensit. Esso pu
essere cos forte da penetrare fno al midollo, da far rizzare i capelli e tremare le gambe :
e queste reazioni pu provocarle anche la paura naturale. Ma pu presentarsi anche in
un moto molto lieve dellanima, come un impulso fugace e appena avvertito. Non ha
nulla a che fare con lintensit. Nessuna paura naturale si trasforma in un timore simile
per semplice intensifcazione. Si pu essere in preda ad una paura, ad una angoscia, ad
un terrore smisurati, senza che in ci vi sia la minima traccia del sentimento di spae-
samento . Avremmo le idee pi chiare se la psicologia in generale tentasse di indagare
in modo pi deciso le diferenze qualitative tra i sentimenti e di classifcare questi in
base a quelle. La suddivisione troppo grossolana tra piacere e dispiacere continua
ad esserci dostacolo. Nemmeno i piaceri si distinguono soltanto per il grado di inten-
sit ed possibile una netta ripartizione secondo diferenze specifche. Se lanima si tro-
va in uno stato di piacere o di diletto, di gioia, di godimento estetico, di elevazione etica
e, infne, di beatitudine religiosa dovuta ad unesperienza vissuta di devozione, si tratta
di situazioni emotive diverse per specie. Tra questi stati vi sono analogie e simiglianze,
ed per questo che essi si lasciano riportare sotto il concetto di una classe comune che li
distingue da altre classi di funzioni psichiche : ma tale concetto non rende la diferenza
di specie una mera distinzione di grado relativa ad una medesima cosa, n aiuta a chia-
rire l essenza di ogni elemento compreso sotto di esso.
Il sentimento del numinoso nel grado della sua compiutezza di gran lunga diverso
dal timore meramente demonico, anche se non nasconde la sua provenienza e la sua
parentela con esso, nemmeno nel suo grado sommo. L orrore ritorna qui nella for-
ma infnitamente pi nobile di quel profondissimo e intimo tremore che scuote lanima
fn nelle radici e la fa ammutolire ; che la aferra con violenza anche nel culto cristiano
nelle parole: Santo, Santo, Santo (heilig); che esplode nellinno di Tersteegen:
Dio presente.
Tutto in noi taccia.
E si inchini profondamente di fronte a Lui.
1
Questo sentimento ha perso la capacit di sconvolgere i sensi, ma non quella di avvin-
cerli in modo inefabile. un brivido mistico che provoca nel sentimento di s, come ri-
fesso, quel sentimento di creaturalit che abbiamo descritto e che il sentimento della
propria nullit, del proprio sprofondare di fronte a ci che vissuto come tremendo.*
In quanto il momento di sentimento del tremor numinoso viene riferito alloggetto
numinoso, si ha una propriet del numen che riveste un ruolo importante nei nostri
testi sacri e la cui enigmaticit e inaferrabilit ha creato molte difcolt ad esegeti e
teologi dogmatici. l o , lira di Jahweh, che torna nel Nuovo Testamento come
1
Cfr. G. Tersteegen, Erinnerung der herrlichen und lieblichen Gegenwart Gottes (1729). I versi citati da Otto
sono tratti dalla seconda strofa : Gott ist gegenwrtig ; lasset uns anbeten,/ Und in Ehrfucht vor ihn tre-
ten!/ Gott ist in der Mitte; alles in uns schweige/ Und sich innigst vor ihm beuge! .
capitolo quarto 212
o O:oc. Essa ha una chiara analogia con la rappresentazione della misteriosa ira
deorum , presente in moltissime religioni. (Se si percorre il pantheon indiano, si vede
come in esso vi siano di che in generale consistono integralmente di una simile o ,
e anche gli di pi alti e misericordiosi degli Indiani hanno molto spesso accanto al lato
benevolo anche quello collerico.) Vi un aspetto singolare nellira di Jahweh che da
sempre saltato agli occhi. Innanzitutto, in parecchi passi dellAntico Testamento palese
che questa ira, per sua natura, non ha nulla a che vedere con qualit etiche. Si accende
e si esprime enigmaticamente come una forza nascosta della natura, come si suole dire,
come elettricit accumulata che si scarica su chi le si avvicina troppo. imprevedibile e
arbitraria. A chi abituato a pensare la divinit soltanto secondo i suoi predicati razio-
nali, essa deve apparire come una passione capricciosa: una concezione che sicuramente i
devoti dellantica alleanza avrebbero energicamente respinto, perch una simile ira appare
loro come espressione naturale e momento nientafatto toglibile della stessa santit
(Heiligkeit), non come una diminuzione di questultima. E del tutto a ragione. Questa
o , infatti, non nientaltro che il tremendum stesso che viene qui concepito ed espres-
so per mezzo di uningenua analogia con lambito naturale, ossia con la vita dellanimo
umano; unanalogia estremamente efcace e precisa, che come tale conserva sempre il
suo valore ed ancora, anche per noi, assolutamente inevitabile nellespressione del senti-
mento religioso. Senza dubbio anche il cristianesimo ha qualcosa da insegnare a proposito
dellira di Dio, nonostante le proteste di Schleiermacher e Ritschl.
Risulta cos, ancora una volta, che questa espressione non indica un vero e proprio
concetto razionale, ma solo un suo analogo : un ideogramma di un particolare mo-
mento del sentimento nel vissuto religioso, la cui caratteristica di essere repulsivo e
di riempire di timore ; il che certo disturba la cerchia di coloro che vogliono vedere nel
divino solo qualcosa in cui confdare, solo bont, mitezza, amore e in generale solo
i momenti del suo esser volto al mondo. La razionalizzazione di questa o che
si soliti defnire, sbagliando, naturale e che in verit del tutto innaturale, ossia
numinosa consiste nel suo completamento con i momenti etici della giustizia, come il
contraccambio e la punizione per una mancanza morale. Ma si noti che la rappresen-
tazione biblica resta sempre una sintesi tra loriginario e ci che lo completa. Nell ira
di Dio si avverte sempre un guizzo o un lampo di irrazionale, che le conferisce un
carattere terrifcante che luomo naturale non in grado sentire.
Unespressione afne all ira o alla collera quella dello zelo di Jahweh. E an-
che lo zelo per Jahweh uno stato numinoso che trasmette ancora a chi vi si trova
tratti del tremendum.
Il momento della majestas
Si pu riassumere quanto sin qui elaborato sul tremendum nellideogramma assoluta
inavvicinabilit . Si sente subito, allora, che per esaurirne il contenuto si deve anco-
ra aggiungere un momento: quello della potenza, del potere, dellultrapotere,
dell assoluto ultrapotere . Come termine scegliamo qui majestas, tanto pi che nella
maest il nostro sentimento linguistico sente ancora vibrare unultima, lieve traccia
del numinoso. Il momento della majestas pu mantenersi vivo anche laddove il primo
momento, quello della inavvicinabilit, receda e si smorzi, come pu accadere, per
esempio, nella mistica. Ed proprio alla majestas, al momento dellassoluta ultrapo-
tenza, che si riferisce il sentimento di creaturalit quale ombra e rifesso soggettivo di
questa. Per contrasto rispetto al sentimento dellultrapotente come qualcosa di oggetti-
il sacro 213
vo, esso si determina come sentimento del proprio sprofondamento e annientamento,
del proprio essere terra, cenere, nulla, ed , per dir cos, la materia prima numinosa del
sentimento dellumilt religiosa.
Anche qui si deve tornare, ancora una volta, allespressione utilizzata da Schleier-
macher che defnisce la cosa sentimento di dipendenza . Gi sopra abbiamo criticato
il fatto che egli fa un punto di partenza di ci che di per s soltanto un rifesso e un
efetto; e che vuole raggiungere loggettivo soltanto per deduzione, ricavandolo a par-
tire dallombra che proietta sul sentimento di s. Qui per dobbiamo contestare ancora
qualcosaltro. Sentirsi dipendente signifca infatti, per Schleiermacher, sentirsi con-
dizionato e, del tutto logicamente, egli elabora questo momento della dipendenza
nei paragraf sulla creazione e conservazione. Il correlato della dipendenza sul lato
della divinit sarebbe la causalit, lesser la causa universale, la condizione di tutto. Que-
sto, per, non si trova afatto nellimmediato sentimento devoto, quale lo cogliamo
e analizziamo nel momento del raccoglimento. Appartiene integralmente al lato razio-
nale dellidea di Dio ; si lascia elaborare nitidamente in concetti e ha origine da tuttaltra
fonte. La dipendenza espressa nelle parole di Abramo non quella dellesser creati,
ma quella della creaturalit, limpotenza di fronte allultrapotenza, la propria nullit.
E non appena la speculazione si impossessa della majestas, dellessere terra e cenere
di cui qui si parla, conduce ad una serie di rappresentazioni totalmente altre rispetto
alle idee di creazione e conservazione. Conduce all annihilatio del s, da un lato, e alla
realt unica e totale del trascendente, dallaltro, che sono tipiche della mistica. In quasi
tutte le forme della mistica, per quanto diverse siano tra loro contenutisticamente, in-
contriamo quale loro tratto principale e pi universale, attraverso il quale forse riesce
nel modo pi facile una defnizione di questo oggetto difcilmente defnibile, quella
svalutazione del s, che ripete con palese somiglianza quella di Abramo : valutazione
del s, dellio come di qualcosa che non completamente reale o essenziale e che anzi
del tutto nullo. E tale svalutazione richiede di essere attuata praticamente di contro alla
falsa illusione di unipseit: richiede di annihilare il s. Essa conduce, daltra parte, alla
valutazione del relativo oggetto trascendente come qualcosa di assolutamente superio-
re per pienezza dessere, di fronte al quale il s sente, appunto, il suo nulla. Io nulla, tu
tutto!. Di un rapporto di causalit qui non si parla. Non un sentimento di dipendenza
assoluta (ossia del proprio esser causato),
c
ma un sentimento di assoluta superiorit
(dellaltro) qui il punto di partenza della speculazione che, laddove si attui in termini
ontologici (che spesso sono soltanto presi a prestito dalla scienza), trasforma la pie-
nezza di potenza del tremendum nella pienezza dessere.*
Ovunque la mistica, secondo la sua essenza ( indiferente come sia nata storicamente:
la derivazione storico-genetica non interpretazione dellessenza), una tensione porta-
ta allestremo del momento irrazionale nella religione e solo cos risulta comprensibile.
Possono esser diversamente accentuati momenti diversi dellirrazionale, altri possono re-
cedere di fronte a quelli accentuati, e questo rende diverso il carattere della mistica. Ma
ci che qui stato analizzato un momento che torna ovunque in essa: e non altro che
il sentimento di creaturalit portato a tensione estrema; dove questa espressione non
deve indicare sentimento dellesser creati, ma della creaturalit, ossia della pochezza
di tutto ci che creatura di fronte a ci che al di sopra di ogni creatura.
d
c
Che condurrebbe alla realt del s!
d
caratteristica di ogni mistica lidentifcazione attuata in gradi diversi con il trascendente. Questa
capitolo quarto 214
Il momento dellenergico
I momenti del tremendum e della majestas ne implicano infne un terzo, che defnisco
energia del numinoso. Questo momento si fa sentire in modo particolarmente vivo
nello e si attira ovunque le espressioni simboliche di vitalit, passione, emotivit,
volont, forza, movimento,
e
eccitazione, attivit, impeto. Tali tratti si ripropongono
costantemente in modo tipico, dal livello del demonico fno alla rappresentazione del
Dio vivente. quel momento che ha ovunque destato la contraddizione maggiore
e pi forte contro il Dio flosofco della mera speculazione e defnizione razionali.
Dove tale momento stato messo in campo, i flosof lo hanno sempre condannato
come antropomorfsmo: per un verso a ragione, in quanto chi lo difendeva ha per lo
pi misconosciuto il carattere puramente analogico di questi termini presi a prestito
dalla sfera dellanimo umano; per altro verso a torto, in quanto, nonostante questo
errore, era stato correttamente sentito un momento autentico del O::ov, ossia quello
irrazionale, e si era salvaguardata la religione dalla razionalizzazione. Infatti, dovunque
si sia lottato in favore del Dio vivente e del volontarismo, l hanno lottato irrazio-
nalisti contro razionalisti, come Lutero contro Erasmo. Lomnipotentia Dei di Lutero,
nel suo De servo arbitrio, non altro che il congiungimento della majestas, quale assoluta
superiorit, con questa energia che impeto instancabile e incessante, attivit, domi-
nio, vitalit. Questo momento dellenergico vive in modo molto intenso anche nella
mistica, per lo meno in quella volontaristica, nella mistica dellamore. Torna drastica-
mente nel calore dellamore che consuma, la cui violenza impetuosa il mistico sopporta
a malapena, che lo schiaccia al punto che questi lo prega di mitigarsi per non esserne
distrutto. E in tale impetuosit questo amore ha ancora unevidente afnit con la
stessa o che divora e brucia: la stessa energia, solo diversamente volta. Lamore
dice un mistico non altro che ira liberata.
Ancora nella speculazione di Fichte sullassoluto, quale gigantesco e irrefrenabile
impulso allazione, nonch nella demonica volont di Schopenhauer ritorna questo
energico; e in entrambi con il medesimo errore che gi commetteva il mito: i pre-
dicati naturali, che possono essere utilizzati solo come ideogrammi per qualcosa di
inefabile, vengono trasferiti realmente allirrazionale e i simboli dellespressione del sen-
timento vengono presi per concetti adeguati e per basi di una conoscenza scientifca.
identifcazione ha ancora la sua fonte peculiare, che qui non considerata e che scaturisce in momenti di
cui bisognerebbe trattare in modo specifco. Ma lidentifcazione soltanto non ancora mistica, ma iden-
tifcazione con un qualcosa di assolutamente superiore, quanto a potenza e realt, e insieme di totalmente
irrazionale. E qui troviamo questo momento della cosa. Rcjac, nel suo Essai sur les fondements de la con-
naissance mystique (Paris 1897) ha richiamato lattenzione su ci. A p. 99 scrive : Le mysticisme commence
par la crainte, par le sentiment dune domination universelle, invincible, et devient plus tard un dsir dunion
avec ce qui le domine ainsi [Il misticismo comincia con la paura, col sentimento di un dominio universale,
invincibile, e diviene pi tardi un desiderio di unione con ci che cos domina] . Esempi assai chiari di ci,
tratti dallesperienza vissuta contemporanea, si trovano in W. James, Die religise Erfahrung, cit., p. 53: La
quiete perfetta della notte rabbrividiva in un silenzio solenne. Loscurit stringeva unapparizione che veni-
va sentit tanto pi forte, quanto meno era vista. Potevo dubitare della presenza di Dio tanto poco quanto
della mia. Mi sentivo, se possibile, come il meno reale di noi due . Riguardo al rapporto con i sentimenti
di identifcazione della mistica, questo esempio particolarmente istruttivo, perch qui il vissuto raccon-
tato stesso sul punto di trasformarsi in quelli. Poco prima si dice: Ero solo con Lui [...] Non lo cercavo,
ma sentivo la perfetta unifcazione del mio spirito col suo . Cfr. anche il vissuto a p. 56 : Avevo la sensazione
di aver perso il mio proprio s.
e
La mobilitas Dei in Lattanzio.
Capitolo quinto
IL MOMENTO DEL MISTERIOSO
A
b biamo defnito loggetto numinoso mysterium tremendum e ci siamo dedicati in-
nanzitutto alla determinazione dellaggettivo tremendum, perch la sua analisi
pi semplice di quella del sostantivo mysterium. Anche di questultimo dobbiamo ten-
tare uninterpretazione pi precisa. Il momento del tremendum, infatti, non una mera
esplicazione del mysterium, ma un suo predicato sintetico. Certo, le reazioni di senti-
mento che corrispondono alluno trascorrono facilmente in quelle che corrispondono
allaltro. Ma i momenti del tremendum e del mysteriosum sono essenzialmente diversi ; e
nel vissuto di sentimento il momento del misterioso nel numinoso pu sopravanzare
di tanto quello del tremendum, pu venire in primo piano in modo cos marcato, che
accanto ad esso laltro quasi si spegne. Sarebbe facile mostrarlo chiaramente in alcune
forme di mistica. Certo, per il nostro sentimento linguistico il predicato sintetico, il
tremendum, connesso cos saldamente con il momento del mysterium, che non ap-
pena si nomini luno risuona immediatamente anche laltro. Di per s mistero gi
mistero tremendo. Ma non afatto detto che debba esser sempre cos. Pu anche
accadere che luno assorba da solo lintero animo senza che laltro compaia.*
Anche qui, se cerchiamo unespressione per la reazione dellanimo corrispondente al
mirum, troviamo innanzitutto soltanto un nome che indica uno stato danimo natura-
le ed ha, di nuovo, soltanto un signifcato analogico : stupor, il quale chiaramente
diverso da tremor e signifca lo sbalordimento, il restare ammutoliti , la sorpresa asso-
luta.** Mysterium, preso in modo puramente naturale, signifca innanzitutto mistero
soltanto nel senso di ci che in generale strano, non compreso, n spiegato; per que-
sto, rispetto a quello che intendiamo noi, lo stesso mysterium un concetto analogico
ricavato dalla sfera del naturale, che ci si ofre come denominazione di quello grazie ad
una certa analogia che per non esaurisce realmente la cosa. Ci che misterioso da
un punto di vista religioso , per esprimerlo nel modo forse pi adeguato, il totalmente
altro , ci che cade assolutamente fuori dalla sfera dellusuale, del comprensibile, del
familiare e perci del rassicurante, che anzi si pone in contrapposizione a tutto ci e
per questo riempie lanimo di sbalordimento.
Questo si verifca, lo ripetiamo, gi allo stadio pi basso della prima e primitiva eccita-
zione del sentimento numinoso. A questo stadio, il tratto specifco non consiste nel fatto
che qui si abbia a che fare con anime, con curiose entit che per circostanze contingenti
non si possono vedere, come ritiene lanimismo. Rappresentazioni di anime e concetti simi-
li sono anzi razionalizzazioni a posteriori, che tentano di interpretare in qualche modo
lenigma, con lefetto di attutire e indebolire il vissuto. Da queste non deriva la religione,
ma la razionalizzazione della medesima che spesso si risolve in una teoria tanto solida,
con interpretazioni tanto plausibili che il mysterium viene decisamente espulso.
a
Un mito
del tutto sistematizzato, cos come una scolastica del tutto elaborata, sono irreggimen-
a
Di fronte ad unanima compresa non si inorridisce pi, come dimostra lo spiritismo. Con ci lanima
smette di essere rilevante per lo studio della religione.
capitolo quinto 216
tazioni del processo religioso fondamentale, che prima lo appiattiscono e poi lo espel-
lono. Lelemento caratteristico piuttosto ancora una volta, anche in questo stadio
infmo, solo uno specifco momento del sentimento : lo stupor, appunto, di fronte ad un
totalmente altro, che poi questo altro lo si chiami spirito, demone, deva o non lo si
chiami afatto; che si producano ex novo costrutti di fantasia per interpretarlo e fssarlo
o che si utilizzino come base esseri immaginari che la fantasia fabulatoria ha gi pro-
dotto indipendentemente dalleccitazione del timore demonico.
Secondo leggi di cui dovremo ancora parlare, questo sentimento del totalmente
altro dipender o sar occasionalmente suscitato da oggetti che gi di per s sono
enigmatici sotto il proflo naturale, che hanno un efetto straniante, che colpiscono:
fenomeni, processi e cose nella natura, tra gli animali o tra gli uomini, che risultano
strane e sorprendenti. Anche qui, per, si tratta dellassociazione tra uno specifco mo-
mento di sentimento quello numinoso e uno naturale, e non di una graduale in-
tensifcazione di questultimo. Non c un passaggio di grado dallo straniamento natu-
rale a quello demonico. E solo in riferimento a questultimo lespressione mysterium
risuona nella pienezza del suo signifcato; il che si avverte forse ancor pi nellaggettivo
misterioso che non nel sostantivo mysterium. Nessuno pu dire seriamente di un
orologio del quale non riesce a capire il meccanismo o di una scienza che non com-
prende : per me un mistero. Si potrebbe forse obiettare: per noi misterioso ci che
e resta in assoluto e in ogni caso incomprensibile, mentre ci che non al momento
ancora compreso, ma che in linea di principio comprensibile, deve esser defnito solo
problematico. Ma questo non esaurisce la questione. Loggetto davvero misterioso
inaferrabile e incomprensibile non soltanto perch la mia conoscenza in rapporto ad
esso ha certi limiti insuperabili, ma perch qui mi imbatto in qualcosa di totalmente
altro in generale, che per specie ed essenza incommensurabile con la mia essenza e
di fronte al quale perci mi ritraggo sbalordito.
b
Lo si pu chiarire ulteriormente considerando le propaggini apocrife e le caricature
del numinoso, come la paura dei fantasmi. Tentiamo unanalisi dello spettro. Il mo-
mento specifco del sentimento di timore di fronte ad esso lo abbiamo gi defnito
sopra come quello dell orribile o dell orrido. evidente che gi lorribile contri-
buisce allattrattiva che esercitano le storie di fantasmi: il sollievo e la liberazione che
successivamente ne derivano, infatti, provocano nellanimo una confortevole sensazio-
ne di piacere. Da questo punto di vista, per, non propriamente lo spettro stesso ci
che d piacere, ma il fatto di sbarazzarsene ; il che non evidentemente sufciente a
spiegarne il fascino accattivante. Lattrattiva vera e propria consiste piuttosto nel fatto
che lo spettro esercita di per s unattrazione enorme sulla fantasia e risveglia interesse
e forte curiosit. proprio lui, questa cosa insolita, ad allettare la fantasia; ma non per-
ch sia qualcosa di lungo e di bianco come qualcuno ebbe a defnirlo una volta
1
, o
per qualcuno dei predicati concettuali e positivi che la fantasia escogita, ma per il fatto
che una cosa che in realt non c, qualcosa di totalmente altro, che non appar-
1
Cfr. il racconto di R. M. Rilke, Teufelsspuk, 1899.
b
In Conf., 11, 9, 1, Agostino restituisce ottimamente questo momento sbalorditivo del totalmente al-
tro, di ci che nel numen dissimile e si contrappone al suo lato razionale che simile: Quid est illud
quod interlucet mihi et percutit cor meum sine laesione ! Et inhorresco, et inardesco. Inhorresco in quantum dissimi-
lis ei sum. Inardesco in quantum similis ei sum [Cos, che a me traluce e mi colpisce il cuore senza ferirlo?
Inorridisco e ardo: inorridisco in quanto gli sono dissimile; ardo in quanto gli sono simile].
il sacro 217
tiene allambito della nostra realt, ma ad una realt assolutamente altra, e che suscita
nellanimo un interesse irrefrenabile.
Il tratto che in questa caricatura ancora riconoscibile ben pi marcato nel demo-
nico, di cui quello soltanto una propaggine. Sul piano del demonico questo momento
del sentimento numinoso, questo sentimento del totalmente altro, si intensifca e si
chiarisce: qui si mostrano le sue confgurazioni pi alte, quelle che pongono loggetto
numinoso in contrapposizione non soltanto a tutto ci che familiare e abituale os-
sia, in ultima analisi, alla natura in genere rendendolo soprannaturale, ma che
lo oppongono anche al mondo stesso, portandolo cos allaltezza delloltremonda-
no .
c
Defnizioni come soprannaturale e oltremondano sembrano ancora predicati
positivi e sembra che, quando li attribuiamo al misterioso, il mysterium dismetta il suo
signifcato inizialmente solo negativo e divenga unafermazione positiva. Il che solo
unapparenza dal punto di vista del concetto, perch soprannaturale e oltremonda-
no sono evidentemente predicati solo negativi che si limitano ad escludere la natura
e il mondo; ma corretto dal punto di vista del contenuto di sentimento, che di fatto
altamente positivo e, anche qui, non esplicitabile. per questo che i termini oltre-
mondano e soprannaturale diventano inavvertitamente defnizioni di una peculiare
realt totalmente altra e di una qualit della cui specifcit sentiamo qualcosa senza
poterne dare unespressione concettualmente chiara.*
Un rafronto tra i componimenti poetici che seguono pu mostrare la diferenza tra
una celebrazione solo razionale della divinit ed una che d anche un sentimento
dellirrazionale, del numinoso, secondo i momenti del tremendum mysterium. Gellert
2

sa cantare in modo sufcientemente potente e grandioso Die Ehre Gottes aus der Natur
[La gloria di Dio nella natura] :
I cieli esaltano la gloria dellEterno
Il loro suono propaga il suo nome.
Qui tutto limpido, razionale, familiare fno alla strofa conclusiva inclusa:
Io sono il tuo Creatore, sono sapienza e bont,
un Dio dellordine e la tua salvezza.
Sono io! Amami con tutto il tuo animo
E prendi parte alla mia grazia.
Ma per quanto questo inno sia bello, qui la gloria di Dio non clta completamente.
Manca un momento che si fa subito sentire se confrontiamo questinno con quello di E.
Lange, di una generazione precedente, Die Majestt Gottes [La maest di Dio]:
2
Christian Frchtegott Gellert (1715-1769), poeta, scrittore e flosofo, fu autore di favole in versi (Fabeln
und Erzhlungen, Frankfurt 1762) e inni spirituali (Geistliche Oden und Liedern, Leipzig 1757).
c
Anche lepkeina della mistica la tensione estrema e somma di un momento irrazionale che di per s
gi presente nella religione. Essa porta allestremo il carattere oppositivo delloggetto numinoso in quanto
totalmente altro , perch non si accontenta di contrapporlo a tutto ci che naturale e mondano, ma lo
contrappone, alla fne, all essere e all ente stessi. Alla fne lo defnisce il nulla e con ci non intende
soltanto quello cui non spetta alcun predicato, ma quello che assolutamente e qualitativamente altro e
che contrapposto a tutto ci che e pu essere pensato. Ma poich la mistica accresce fno al paradosso la
negazione, la contrapposizione, che lunica cosa che il concetto si pu permettere per cogliere il momento
del mysterium, diviene per lei massimamente vivo nel sentimento, e pi precisamente nel trasporto, la qua-
lit positiva del totalmente altro.
capitolo quinto 218
Di fronte a Te trema il coro degli angeli,
abbassano gli occhi e il viso,
tanto terribilmente compari loro innanzi.
E di questo risuonano i loro canti.
La creatura resta sbalordita
di fronte alla Tua presenza
di cui lintero mondo pieno.
E questa manifestazione mostra,
o spirito immutabile,
unimmagine nella quale Ti nascondi.
La Tua lode annunciano in eterno
i Cherubini e i Serafni.
Di fronte a Te la grigia schiera degli anziani
con umilt, in ginocchio, presta servizio.
Perch Tua la potenza e la gloria,
il regno e il santuario,
poich lo sgomento mi lacera.
In Te la maest,
che sopra a tutto,
e ha nome santo, santo, santo.
d
Qui c qualcosa di pi che in Gellert. Eppure anche qui manca ancora qualcosa che in-
vece troviamo nel canto dei Serafni di Is 6. Nonostante il suo sbalordire anche Lange
riesce a cantare per dieci strofe : gli angeli di Isaia per appena due versi. E mentre Lange
d continuamente del Tu a Dio, gli angeli parlano di Jahweh in terza persona.
e
d
Cfr. A. Bartel, Eine feste Burg ist unser Gott. Deutsch-christliches Dichterbuch, [Halle 1916], p. 274.
e
In efetti non si pu sempre dare del Tu allAltissimo, e forse non si pu mai. Santa Teresa dice a Dio
Maest eterna e i francesi Gli danno volentieri del Vous.
Capitolo sesto
IL FASCINOSUM
Tu, che solo dai diletto
in modo cos essenziale, cos puro
1
Q
uesta caratteristica , da una parte, il momento repulsivo del tremendum, gi trat-
tato, unito con la majestas. Daltra parte evidente che anche qualcosa di sin-
golarmente attraente, di seducente, di afascinante, che si trova nella curiosa re-
lazione di unarmonia di contrasto con il momento repulsivo del tremendum. Di questa
armonia di contrasto, di questo carattere duplice del numinoso d testimonianza linte-
ra storia della religione, per lo meno a partire dallo stadio del timore demonico , e in
generale ne costituisce il fenomeno pi singolare e notevole. Per quanto il demonico-
divino possa apparire orrendo e spaventoso allanimo, comunque contemporanea-
mente attraente e allettante. E la creatura, che trema di fronte ad esso nel pi umile
scoraggiamento, ha sempre contemporaneamente limpulso a volgersi ad esso, a farlo
in qualche modo proprio. Il mysterium non soltanto il miracoloso, ma anche il mera-
viglioso. E accanto a ci che sconcerta i sensi compare anche ci che li incanta, li entu-
siasma, li estasia, e che abbastanza spesso si intensifca fno alla vertigine e allebbrezza:
lelemento dionisiaco degli efetti del numen.
Le rappresentazioni e i concetti razionali che corrono parallelamente a questo mo-
mento irrazionale del fascinosum sono : lamore, la misericordia, la compassione, la di-
sponibilit allaiuto; tutti momenti naturali della comune esperienza psichica, solo
pensati nella loro perfezione. Ma, per quanto importanti siano per lesperienza vissuta
religiosa, questi momenti non la esauriscono afatto. Come linfelicit religiosa quale
esperienza vissuta dello ha in s momenti profondamente irrazionali, cos per il
suo contrario. La beatitudine pi, molto pi, che una naturale consolazione, fducia,
gioia damore, per quanto alto sia il grado di intensit. La collera, pensata in modo
puramente razionale o puramente etico, non esaurisce ancora la profondit di quel tre-
mendo che racchiuso nel mistero della divinit; e una disposizione benevola (gndig)
non esaurisce ancora la profondit del meraviglioso che si trova nel mistero beatifco di
unesperienza della divinit. Lo si pu ben defnire con il termine grazia (Gnade), pur-
ch lo si intenda nel senso pi pieno, quello che di fatto applica il linguaggio del mistico
per cui esso include la disposizione benevola, ma appunto anche qualcosa di pi.
Gli stadi preliminari di questo qualcosa di pi si trovano gi ad un livello molto
basso della storia della religione. certo possibile, e quasi probabile, che il sentimento
religioso nei primi gradi del suo sviluppo sia emerso soltanto con uno dei suoi poli,
quello repulsivo, e che allinizio abbia preso soltanto la fgura del timore demonico. Ma
se questo non fosse nulla di pi, se non fosse un momento di qualcosa di pi perfetto che
preme per giungere a coscienza, allora non potrebbe derivarne alcun passaggio ai sen-
timenti di un positivo rivolgersi al numen, ma solo un culto in forma di znz:t::oz:
1
G. Tersteegen, Abendopfer.
capitolo sesto 220
e di znot:n::v, di espiazioni e propiziazioni volte a placare e allontanare la collera. Il
timore demonico da solo non spiega il fatto che il numinoso venga cercato, bramato,
desiderato : non si desidera qualcosa soltanto per il bisogno naturale dellaiuto che ci se
ne aspetta, ma anche per se stesso; e non soltanto nelle forme del culto razionale, ma
anche in quelle singolari azioni sacramentali, nei riti e nei metodi della comunione,
in cui luomo tenta di appropriarsi del numinoso.
Accanto alle forme e alle espressioni normali e facilmente comprensibili dellagire
religioso, come propiziazioni, suppliche, sacrifci, ringraziamenti, ecc., che hanno un
posto di primo piano nella storia delle religioni, vi una serie di fatti singolari, che
sempre pi attirano lattenzione e nelle quali si crede di poter riconoscere, oltre che la
semplice religione, le radici della mistica . Attraverso un insieme di singolari manipo-
lazioni e di mediazioni ricche di fantasia, lindividuo religioso tenta qui di impadronirsi
del misterioso stesso, di riempirsene, di identifcarsi con esso. Queste manipolazioni si
dividono in due classi : quella dellidentifcazione magica di s con il numen mediante
un agire magico-cultuale, formule di consacrazione , scongiuro, benedizione, esor-
cismo, ecc. ; dallaltra parte ci sono le procedure sciamaniche di possessione , ina-
bitazione, invasamento nellesaltazione ed estasi. Allinizio il punto di partenza qui
solo magico e lintento soltanto quello di appropriarsi della forza miracolosa del
numen per scopi naturali . Ma non ci si ferma qui. Il possesso del numen e lesserne
aferrati diventa un fne in s, cercato per se stesso mobilitando i metodi pi rafnati
e selvaggi di ascesi. Comincia la vita religiosa . E il trattenersi in questi stati singolari,
spesso bizzarri, di commozione numinosa diventa un bene in s, una salvezza che
completamente diversa dai beni profani perseguiti con la magia. Anche qui comincia
uno sviluppo che porta alla purifcazione e alla maturit dellesperienza vissuta, e il cui
termine costituito dagli stati sublimi del puro essere in spirito e dalla forma pi
nobile di mistica. E per quanto diversi questi possano essere tra loro, ci che hanno
in comune che in essi il mysterium viene vissuto secondo la sua qualit, secondo la
sua realt positiva ossia come qualcosa che rende straordinariamente beati , ma
in modo tale che ci in cui propriamente questa beatitudine consiste non pu esser
espresso o reso in concetti, ma pu soltanto essere vissuto. Ci che la dottrina della
salvezza mostra, quanto a beni promessi che possono essere positivamente indicati,
una simile beatitudine li abbraccia e li amalgama tutti, ma non si esaurisce in questi.
Compenetrandoli e fondendoli, essa ne fa qualcosa di pi di ci che lintelletto pu
comprendere e dire : d la pace che al di sopra di ogni ragione.
2
La lingua non pu che
balbettarne. E quella, di lontano, solo in immagini e per analogie, d di s un concetto
inadeguato e confuso.
Quel che nessun occhio ha visto, n orecchio udito, quel che non mai arrivato nel
cuore di alcun uomo :
3
chi non sente laltezza del risuonare di queste parole e il dio-
nisiaco impetuoso che in esse mugghia ? signifcativo il fatto che in tali parole, in cui
il sentimento vorrebbe dire il suo culmine, tutte le immagini recedano: qui lanimo
si allontana dalle immagini e arriva ad un puro negativo. E ancor pi signifcativo il
fatto che nel leggere e nellascoltare tali parole non avvertiamo punto il loro carattere
meramente negativo ; il fatto, cio, che possiamo entusiasmarci o persino inebriarci di
intere serie di negazioni simili, e che sono stati composti interi inni capaci di impressio-
2
Cfr. Fil 4, 7.
3
Cfr. I Cor 2, 9.
il sacro 221
narci nel modo pi profondo e nei quali propriamente non si dice nulla!
a
Ci signi-
fcativo perch mostra quanto il contenuto positivo sia indipendente dallespressione
concettuale, quanto vigorosamente possa essere aferrato, quanto approfonditamente
compreso, quanto profondamente apprezzato, solo nel e col sentimento.
Il semplice amore o la semplice fducia, per quanto possano rendere felici, non
ci spiegano quel momento di entusiasmo che vibra nei nostri inni pi teneri e intimi,
soprattutto in quegli struggenti canti escatologici come Jerusalem, du hochgebaute Stadt,
o Ich hab von ferne, Herr, deinen Thron erblickt, o ancora :
Essere beato, infnita delizia,
Abisso del piacere pi perfetto,
Gloria eterna, sole magnifco,
Che mai conosce cambiamento o variazione.
Oppure:
Chi mai fosse annegato
Nel mare originario della divinit,
Questi sarebbe liberato
Da ogni cruccio, angoscia e dolore.
Qui vive il di pi del fascinosum. Vive nella tensione estrema propria di quelle esalta-
zioni del bene della salvezza, che tornano in tutte le religioni soteriche e che ovunque
si trovano in un contrasto cos singolare con la relativa povert o col carattere spesso
infantile delle immagini e dei concetti che in realt vengono prospettati.
Dappertutto la salvezza qualcosa che dice spesso poco o nulla all uomo natura-
le e che, al contrario, per come questi la capisce, gli risulta sommamente noiosa e poco
interessante, talvolta del tutto contro gusto e natura, come la visio beatifca di Dio nel-
la nostra soteriologia o la henosis del Dio tutto in tutto nei mistici. Per come la capi-
sce : e infatti costui non ne capisce nulla. E poich questi, senza il maestro interiore, lo
spirito, scambia necessariamente per concetti naturali quel che gli viene oferto come
espressione di tale salvezza, analogo concettuale e mero ideogramma del sentimento,
e poich dunque costretto a comprendere anche quella in senso naturale, egli non
fa che allontanarsi dalla meta.
Il fascinosum non vive soltanto nel sentimento dellanelito religioso: presente gi
nel momento della solennit, tanto nella concentrazione e nellimmersione del rac-
coglimento privato, che innalza lanimo al sacro, quanto in un culto comunitario pro-
fondo e praticato con seriet (che da noi, purtroppo, pi un desiderio che una realt).
ci che nel solenne pu colmare lanima di pace in modo tanto indicibile. Nella reli-
gione cristiana, e forse in tutte le religioni razionalizzate ed eticizzate, vale in efetti di
esso, e del sentimento del numinoso in generale, quanto Schleiermacher sostiene nel 5
della Glaubenslehre : da solo non potrebbe mai riempire un momento, cio non potrebbe
realmente aver luogo, senza collegamento e compenetrazione con elementi razionali.
Tuttavia, anche se ci fosse corretto, lo sarebbe per motivi diversi da quelli che adduce
a
E. Lange (morto nel 1727), Hymnus auf Gottes Majestt, in A. Bartel, [op. cit.], p. 273: O Dio, Tu, pro-
fondit senza fondo / come posso conoscerti a sufcienza / Tu, grandiosa altezza, come pu la mia bocca /
Nominare le tue qualit / Tu sei un mare incomprensibile / Sprofondo nella tua misericordia / Il mio cuore
vuoto di vera saggezza / Stringimi tra le tue braccia / Ho provato a rappresentarti / Per me e anche per
gli altri / Per mi accorgo della mia debolezza / Perch tutto ci che Tu sei / senza inizio e senza fne /
Tutti i miei sensi qui vengono meno.
capitolo sesto 222
Schleiermacher; e daltra parte pu presentarsi come pi o meno predominante e pu
portare occasionalmente a stati di hesychia o di entusiasmo, nei quali riempie quasi
da solo sia il momento, sia lanima. Che sia nella promessa escatologica di un Regno
di Dio che viene o di una beatitudine di un paradiso trascendente, o che sia nella
forma di un ingresso individuale nella felicit oltremondana ; che sia nellattesa e nel
pre-sentimento, o gi nel vissuto presente ( se solo ho te, non chiedo nulla in cielo e
terra
4
): nelle forme e nelle manifestazioni pi diverse agisce limpulso intimamente
unitario e singolarmente potente verso un bene che solo la religione conosce e che
assolutamente irrazionale. Lanimo ne sa qualcosa nel presentimento, che ne va in
cerca, e lo conosce per simboli ed espressioni oscuri e inadeguati. Questa situazione
indica che dietro e sopra il nostro essere razionale si nasconde un elemento ultimo e
sommo della nostra natura, che non trova soddisfazione appagando e placando biso-
gni e appetiti dei nostri istinti sensibili, psichici e spirituali. I mistici lo hanno defnito
fondo dellanima.
Nel momento del misterioso, il soprannaturale e l oltremondano derivavano dal
totalmente altro; a questi, in virt di una tensione somma ed estrema dellelemento
irrazionale della religione, si aggiungeva nella mistica l:n:::vz: allo stesso modo
anche per il momento del fascinosum si ripete la possibilit del passaggio alla mistica.
Portandone allestremo la tensione si arriva al momento mistico del debordante, che
corrisponde su questo piano a ci che l:n:::vz sullaltro, e che deve esser compreso
come analogo di quello. Una traccia del debordante vive per in ogni autentico senti-
mento di beatitudine religiosa, anche laddove esso sia misurato e controllato. Lo dimo-
stra nel modo pi chiaro la psicologia di quelle grandi esperienze nelle quali il vissuto
religioso, presentandosi in purezza tipica e attualit suprema, si mostra con una chia-
rezza pi evidente che non nella forma meno tipica di una devozione tranquillamen-
te assimilata con leducazione: mi riferisco alle esperienze della grazia, della con-
versione , della rinascita. Nelle forme specifcamente cristiane di questa esperienza
vissuta laspetto centrale costituito dalla redenzione dalla colpa e dalla schiavit del
peccato. Gi questa redenzione, come vedremo in seguito, non pu realizzarsi senza
risvolti irrazionali. Ma necessario richiamare sin dora lattenzione sul fatto che non
si pu dire ci che propriamente si vissuto in tali esperienze, sul senso di beatitudine,
sul non riuscire ad abbandonarsi, sullo stato di esaltazione, che sfora lanormalit e la
stravaganza, in cui questa esperienza vissuta pu trapassare. (Per quanto tutto questo
possa risultare fatale al tentativo di costruirsi una religione nei limiti della sola ragio-
ne o una religione dellumanit , tuttavia, se ci si interroga dal punto di vista psico-
logico sulla religione non quale essa allinterno di limiti tracciati preliminarmente,
ma nella sua propria essenza, le cose stanno come abbiamo descritto. Tra laltro questo
procedimento di costruire un umanit preliminarmente e a prescindere dalla facolt
centrale e pi potente dello homo, equivale a quello di formarsi un concetto normativo
del corpo dopo avergli mozzato la testa.)
Son prova di ci le testimonianze e le biografe di tutti i convertiti, a cominciare da
Paolo. James ne ha raccolte una gran quantit senza prestare attenzione all irraziona-
le che in esse vibra:
In quel momento non sentivo altro che una gioia e una delizia inesprimibili. impossibile de-
scrivere completamente lesperienza. Era come lefetto che fa una grande orchestra quando i
4
Cfr. Sal 73, 25.
il sacro 223
singoli suoni si fondono in unarmonia che nellascoltatore risveglia soltanto questo sentimento:
la sua anima viene portata in alto e quasi esplode di entusiasmo ([op. cit.], p. 55).
E un altro:
Ma pi cerco le parole per illustrare lintimit di questa relazione, pi vedo chiaramente limpos-
sibilit di descrivere il vissuto secondo le nostre immagini consuete (p. 55).
Un terzo indica con precisione quasi dogmatica lelemento qualitativamente altro della
beatitudine rispetto ad una gioia razionale:
Le rappresentazioni che i convertiti si fanno della bont di Dio e la gioia che ne hanno sono qual-
cosa di completamente peculiare e di interamente diverso da tutto ci che un uomo normale
pu possedere o anche solo rappresentarsi (p. 185).
b
Gli atti che incontriamo nel cristianesimo come esperienze del vissuto di grazia e di
rinascita hanno i loro analoghi fuori di questo nelle religioni spirituali superiori, come
lirruzione della bodhi salvifca, lo schiudersi dellocchio celeste , il jna,
5
che in un
vissuto incommensurabile illumina e vince loscurit del non sapere, o il prasda
6
di
vara.
7 c
E anche qui sempre immediatamente riconoscibile lelemento interamente
irrazionale e del tutto specifco della beatitudine. Nella sua qualit sommamente e del
tutto diverso da quanto viene vissuto nel cristianesimo ; ma ovunque abbastanza si-
mile quanto ad intensit, ovunque un fascinosum assoluto, ovunque una salvezza,
che rispetto a tutto ci che dicibile o paragonabile sul piano naturale il debordan-
te o ne ha in s chiare tracce. Tutto questo vale anche del nirvna e delle sue delizie,
che solo apparentemente sono fredde o negative. Solo dal punto di vista del concetto il
nirvna un negativum; da quello del sentimento un positivum della forma pi forte e
un fascinans che pu anche portare i suoi devoti al fanatismo. Ho un ricordo molto vivo
di una conversazione con un monaco buddhista che con accanita consequenzialit mi
aveva sciorinato argomenti e negazioni della sua dottrina dellantmaka e della vacuit
universale. Arrivato alla fne, alla questione di cosa sia il nirvna, dopo lunga esitazione
diede, sommessa e ritenuta, questunica risposta : Bliss unspeakable
8
. E nel suo esser
sommessa e ritenuta, nella solennit della voce, dellespressione e dei gesti, pi che
nelle parole, si fece chiaro quel che intendeva.
Afermiamo dunque per via eminentiae et causalitatis che il divino la realt som-
ma, la pi forte, la migliore, la pi bella, la pi degna damore che un uomo possa
pensare. Ma anche per via negationis diciamo che egli non soltanto il fondamento e il
superlativo di tutto ci che pensabile: in se stesso, Dio anche una cosa a s.
5
Conoscenza; cfr. infra, Mistica orientale e mistica occidentale.
6
Grazia.
7
Il Signore.
8
Beatitudine inesprimibile.
b
Cfr. anche le pp. 57, 154, 182 ; nonch la testimonianza di J. Bhme a p. 328 : Che sorta di tripudio sia
stato nello spirito, non posso scriverlo, n parlarne. Non pu esser paragonato a nullaltro che al sorgere
della vita dal mezzo della morte; paragonabile alla resurrezione dai morti . Nei mistici questi vissuti si in-
tensifcano fno a raggiungere pienamente il debordante : Oh, se potessi dirvi quel che sente il cuore, come
interiormente brucia e si consuma. Solo che non trovo parole per esprimerlo. Sappiate soltanto che se una
sola goccia di ci che sento cadesse nellinferno, linferno si trasformerebbe in paradiso; cos dice Caterina
da Genova, e qualcosa di simile dice e testimonia lintera serie di coloro che le sono spiritualmente afni.
c
Vedi Dipika des Sri-Nivasa. Eine indische Heilslehre, tradotto dal sanscrito da R. Otto, [Tbingen, Mohr,
1916,] p. 51.
capitolo sesto 224
Un termine particolarmente difcile da tradurre, un concetto difcile da aferrare,
con una singolare variet di aspetti, il greco 8::vo;. Donde derivano difcolt e
inaferrabilit? Dal fatto che non altro che il numinoso, certo per lo pi ad un livello
inferiore, retoricamente e poeticamente diluito e in forma depotenziata. Per questo
dirus e tremendus, malvagio e impressionante, possente e straordinario, strano e mi-
rabile, orrendo e afascinante, divino e demonico ed energico. Sofocle vuol destare un
sentimento di timore numinoso in tutti i suoi momenti di fronte a quellessere mera-
viglioso che luomo nel canto del coro:
noz tz 8::vz, oc8:v zvanoc 8::vot:ov n:::
9
Questo verso per noi intraducibile proprio perch alla nostra lingua manca la parola
che determina, isola e indica in modo esauriente limpressione numinosa di una co-
sa.
10
*
9
Eschilo, Antigone, vv. 332-333.
10
Questo passo conclusivo del capitolo vi (Un termine [...] esauriente) costituir nellultima edizione
lincipit di un capitolo vii, aggiunto ex novo, con il titolo: Immane (Momenti del numinoso v); capitolo la cui
prosecuzione riportiamo nellAppendice.
Capitolo settimo
ANALOGIE
P
er render conto di questo secondo aspetto del numinoso, quello attraente, abbia-
mo dovuto aggiungere al carattere suddetto di mysterium tremendum quello di as-
soluto fascinosum : in questo suo essere infnitamente tremendo e insieme infnitamente
meraviglioso il mysterium trova quel suo specifco contenuto positivo che si rivela al sen-
timento. Questa armonia di contrasto nella qualit e nel contenuto del mysterium, che
tentiamo di descrivere senza riuscirci, pu essere indicata mediante unanalogia tratta
da un ambito che non appartiene alla religione, ma allestetica, sebbene questo corri-
spettivo sia soltanto un pallido rifesso della nostra cosa, per giunta difcilmente analiz-
zabile : la categoria e il sentimento del sublime. Spesso e volentieri si riempie il concetto
negativo di oltremondano con questo contenuto di sentimento molto familiare e
si spiega anche loltremondanit di Dio con la sua sublimit; il che legittimo se si
tratta di un tropus, di una denominazione analogica. Ma sarebbe un errore prenderla sul
serio e intenderla in senso letterale. I sentimenti religiosi non sono estetici. Insieme al
bello, e per quanto diverso da questo, il sublime appartiene ancora allestetica.
Le analogie di sentimento tra il numinoso e il sublime possono essere chiarite facil-
mente. Primo : anche il sublime, per dirla con Kant, un concetto inanalizzabile.
1

Si potrebbero, certo, raccogliere alcune note razionali generali, che tornano sempre
non appena defniamo un oggetto sublime: per esempio che dinamico o mate-
matico , che si avvicina ai limiti della nostra capacit di apprensione e che minaccia di
superarli con poderose espressioni di forza o per la sua grandezza spaziale. Ma questa,
evidentemente, soltanto una condizione e non lessenza dellimpressione : qualcosa
che solo grande, non ancora sublime. Il concetto stesso resta inesplicato e ha in s
un che di misterioso : cosa che ha in comune con il numinoso. A questo si aggiunge, in
secondo luogo, che anche nel sublime vi quella peculiare duplicit per cui unim-
pressione che innanzitutto respinge, ma che contemporaneamente esercita sullanimo
unenorme attrazione. Umilia e insieme esalta ; limita lanimo e lo porta al di l di s ;
provoca un sentimento che analogo alla paura e che daltra parte rende felici. Per
questo molto simile al concetto di numinoso ed capace di suscitarlo e di esserne
suscitato, di trapassare in quello o di far s che quello trapassi in lui e in lui risuoni.
Legge di associazione dei sentimenti
Esaminiamo subito pi precisamente queste espressioni, suscitare e trapassare,
poich saranno ancora importanti per noi in seguito, e poich la seconda, in particola-
re, esposta a fraintendimenti assai persistenti nel moderno evoluzionismo, i quali gli
rendono possibili le sue false teorie. una nota legge fondamentale della psicologia che
le rappresentazioni si attraggono, che luna suscita laltra e, se le simile, la lascia ve-
nire alla coscienza.
a
Per i sentimenti vale una legge molto simile. Anche un sentimento
1
Cfr. KFR, supra, nota 1, p. 120. e infra, p. 288.
a
Cfr. Dipika, [cit.,] p. 8.
capitolo settimo 226
pu portare a risonanza un sentimento simile e far s che io provi contemporaneamen-
te luno e laltro. Come l, per la legge di attrazione per simiglianza, si arriva allo scam-
bio di rappresentazioni, in modo tale che ho la rappresentazione X mentre al suo posto
dovrebbe esserci la Y, cos qui si pu arrivare allo scambio di sentimenti : posso reagire
con il sentimento X ad unimpressione cui normalmente corrisponderebbe il sentimen-
to Y. Io posso infne trapassare da un sentimento allaltro, con un passaggio graduale e
innavvertito, quando il sentimento X progressivamente si smorza, nella misura esatta
in cui il sentimento suscitato Y cresce e si intensifca. In verit ci che qui trapassa
non il sentimento : non questo, in verit, che gradualmente altera la sua qualit o
si sviluppa, che cio si tramuta in qualcosa di totalmente altro. Sono io che trapasso
da un sentimento ad un altro, attraverso il graduale scemare delluno e intensifcarsi
dellaltro. Il trapassare di un sentimento in un altro sarebbe una reale trasmutazio-
ne , come quella del metallo in oro: sarebbe unalchimia psicologica.
Una simile trasmutazione assunta dallevoluzionismo moderno il quale dunque
dovrebbe essere chiamato trasformismo che la introduce con il termine ambiguo di
sviluppo graduale (da una qualit ad unaltra) o con altri, altrettanto ambigui, come
epigenesi, eterogonia
b
e simili. In questo modo dovrebbe svilupparsi, per esem-
pio, il sentimento del dovere morale. In prima battuta sarebbe presente si dice la
semplice forza delluniformit e della consuetudinariet dellagire, come accade nella
comunit del clan. Da qui nascerebbe lidea delluniversale obbligatoriet del dovere.
Come lidea ci riesca, non viene detto. Non si capisce che qui si tratta di qualcosa di
completamente diverso, sotto il proflo qualitativo, dalla costrizione dellabitudine. Si
trascura grossolanamente lanalisi psichica pi fne, pi penetrante e capace di coglie-
re diferenze qualitative, e cos non si capisce il problema. Oppure il problema viene
sentito, ma poi lo si ricopre con lo sviluppo graduale, che fa s che una cosa diventi
unaltra par la dure, cos come il latte dopo un certo periodo diventa acido. Il do-
vere per un contenuto rappresentativo primario e specifco che si lascia derivare
da altro tanto poco, quanto lazzurro dallacido. E come non vi sono trasmutazioni
nellambito corporeo, cos non ve ne sono in quello psichico. Solo a partire dallo spirito
umano lidea del dovere pu svilupparsi, ossia essere destata, perch predisposta in
esso. Se non lo fosse, nessuno sviluppo potrebbe portarcela.
Pu essere che la ricostruzione, che gli evoluzionisti propongono, del processo sto-
rico come graduale presentarsi, luno dopo laltro, di diversi momenti di sentimento in
successione storica sia completamente corretta. Solo che si spiega in modo totalmente
altro, ossia secondo la legge del suscitare e destare sentimenti e rappresentazioni secon-
do il criterio della loro simiglianza. Tra la costrizione imposta dal costume e quella im-
posta dal dovere c una forte analogia : entrambe sono, appunto, costrizioni pratiche.
Il sentimento della prima pu quindi destare nellanimo il sentimento della seconda,
se per lanimo stesso predisposto. Allora pu risuonare il sentimento del dovere
e luomo pu passare da quello a questo. Si tratta di una sostituzione delluno da parte
dellaltro, ma non di una trasmutazione delluno nellaltro.
Ci che vero del sentimento dellobbligatoriet morale, lo anche del sentimento
del numinoso, che non derivabile, n pu svilupparsi, da un altro sentimento, ma
b
N leterogonia, n lepigenesi rappresentano una vera e propria evoluzione. Sono esattamente ci
che in biologia si chiama generatio aequivoca, ossia una mera formazione aggregativa per addizione e accu-
mulazione.
il sacro 227
un contenuto di sentimento qualitativamente specifco che per contemporaneamente
ha numerose analogie con altri: per questo pu suscitarli o occasionarne la compar-
sa, o pu esser portato da questi a comparire. Rintracciare queste cause occasionali e
questi stimoli, chiarire attraverso quali analogie possono provocarlo, scoprire quindi
la catena degli stimoli sotto il cui efetto si destato il sentimento numinoso, tutto
questo deve prendere il posto delle ricostruzioni epigenetiche (o simili) del processo di
evoluzione della religione.
Anche il sentimento del sublime spesso uno stimolo, secondo la legge che abbiamo
trovato e mediante le analogie che ha con quello. Ma senza dubbio compare solo tardi
nella serie degli stimoli e probabilmente il sentimento religioso, che lo precede, lo ha
destato e generato: generato non da se stesso, ma dallo spirito razionale e dalla sua
facolt a priori.
Schematizzazione
L associazione di idee (Ideenassoziation) o, con termini tedeschi, la concomitanza
di rappresentazioni (Gesellung von Vorstellungen) non d soltanto luogo alloccasionale
manifestarsi concomitante della rappresentazione Y quando data la rappresentazio-
ne X, ma, in certe circostanze, fonda anche collegamenti duraturi e combinazioni
stabili tra le due. Non diverso il caso dellassociazione di sentimenti. Vediamo, in-
fatti, che anche il sentimento religioso si trova in collegamenti permanenti con altri
sentimenti che gli sono congiunti secondo tale legge : pi congiunti che realmente
legati. Da questo collegamento casuale secondo leggi di semplice analogia esterna, si
distinguono i collegamenti necessari secondo principi di uninterna e legittima afnit
e appartenenza. Uno di questi, cio un collegamento secondo un principio interno a
priori, notoriamente, nella teoria kantiana, quello della categoria della causalit con
il suo schema temporale, ossia con la successione temporale di due eventi, che in virt
di quella categoria viene riconosciuta come un rapporto causale tra i due. Lanalogia
tra i due ha luogo anche qui tra categoria e schema : non per una somiglianza este-
riore e casuale, ma una corrispondenza essenziale, e la coappartenenza una necessit
razionale. Sul fondamento di questultima, la successione temporale schematizza la
categoria.
Ora, un simile rapporto di schematizzazione anche quello tra il razionale e lirra-
zionale nellidea del sacro. Il numinoso-irrazionale, schematizzato mediante il concetto
razionale che abbiamo indicato sopra, ci ofre la categoria complessa del sacro perfetta
e completa, nel suo senso pi pieno. Lautentica schematizzazione si distingue dalla
mera combinazione analogica per il fatto che non si disgrega, n si scinde, con lo svi-
luppo e lelevazione del sentimento della verit religiosa, ma viene anzi riconosciuta in
modo pi saldo e determinato. Per questo motivo probabile che anche la combinazio-
ne del sacro con il sublime sia qualcosa di pi che una mera associazione di sentimenti
e che questultima sia stata forse soltanto loccasione prima del suo destarsi storico-
genetico. Il collegamento interno e permanente tra i due in tutte le religioni superiori
indica che anche il sublime un autentico schema del sacro stesso.
Lintima compenetrazione tra i momenti razionali del sentimento religioso e una
trama fortemente irrazionale pu essere chiarita con un altro caso, che ci ben noto, di
compenetrazione con un momento altrettanto e del tutto irrazionale. Nei confronti
della ratio, per, esso si trova sul lato esattamente opposto rispetto al numinoso : mentre
capitolo settimo 228
questo al di sopra di ogni ragione,
2
quello al di sotto, cio un momento della vita
istintuale ; mentre il numinoso si cala da sopra nel razionale, limpulso sessuale penetra
in modo sano e naturale nel livello superiore dellumano dal basso, dalluniversale
natura animale dellessere umano. Cos i due termini del paragone, che sono assoluta-
mente estremi, sono per confrontabili nel rapporto di connessione con ci che nel
mezzo tra loro. Questo altro termine del paragone limpulso alla riproduzione. Quando
penetra dalla vita pulsionale nella vita superiore dellanimo e del sentimento, e d la
sua trama al desiderio, allappetito, alla brama, allinclinazione, allamicizia, allamo-
re, alla lirica, alla poesia e ai prodotti della fantasia in genere, solo allora che sorge
lambito del tutto specifco dellerotico. Ci che gli appartiene sempre un composto di
qualcosa che compare in genere anche nellambito universale dellumano (come come
lamicizia, linclinazione, il sentimento di socievolezza o la tonalit emotiva poetica,
lelevazione nella gioia) e di una trama di specie del tutto propria, che non del mede-
simo ordine di quei sentimenti e che non viene avvertita, notata, compresa da chi non
riceva interiormente linsegnamento da amor stesso. E vi unaltra analogia: i mezzi
espressivi linguistici dellerotismo sono in massima parte semplicemente termini tratti
dal resto della vita dellanimo, i quali perdono la loro innocenza solo se gi si sa che
appunto lamante a parlare, poetare o cantare, e che, anche qui, il vero e proprio mezzo
espressivo non tanto la parola stessa quanto ci che nellesprimersi le viene in aiuto,
come il suono, il gesto, la mimica. Che lo dica un bimbo di suo padre o una fanciulla
dellinnamorato, proposizione e parole sono esattamente le stesse: mi ama; ma nel
secondo caso si intende un amore che qualcosa di pi e non soltanto riguardo alla
quantit, ma anche alla qualit.
Che lo si dica del fglio rispetto al padre o delluomo rispetto a Dio, proposizione e
parole sono le stesse : dobbiamo temerlo, amarlo, fdarcene ; ma nel secondo caso vi
una trama nei concetti, che solo chi devoto avverte, comprende e nota : una trama per
cui il timore di Dio e resta il pi autentico timore reverenziale del bambino, ma anche
qualcosa di pi, e non solo secondo la qualit, ma anche secondo la quantit.
questo che intende Seuse dellamore e insieme dellamore di Dio, quando dice:
Mai corda fu tanto soave: quando la si tende su un legno secco, non d pi suono. Un cuore
senza amore pu comprendere il linguaggio amoroso tanto poco, quanto poco un tedesco com-
prende uno straniero.
c
*
2
Fil 4, 7.
c
Deutsche Werke [sc. : Schriften], a cura di [H. S.] Denife [Mnchen 1876], p. 309 e s.
Capitolo ottavo
IL SANCTUM COME VALORE NUMINOSO.
COPRIMENTO, ESPIAZIONE
C
i siamo imbattuti sopra in quella reazione, insolita e profonda, del numinoso
nellanimo, che abbiamo defnito sentimento di creaturalit e che accompa-
gnata dai sentimenti dello sprofondare, dellabbassarsi e dellannichilirsi; tenendo sem-
pre conto del fatto che queste espressioni come tali non colgono ci che realmente
intendono, ma vi accennano semplicemente.
a
Questo abbassamento e questo annichi-
limento, infatti, sono totalmente altri rispetto a quelli propri di un uomo consapevole
della propria pochezza, debolezza o dipendenza. In ogni caso, qui si potuto osservare
il tratto caratteristico di una determinata svalutazione di se stessi rispetto, per dir cos,
alla propria realt, alla propria stessa esistenza. A questa svalutazione se ne afanca
unaltra, che basta indicare perch nota da tempo e universalmente:
Sono di labbra impure e [vengo] da un popolo impuro
1
Signore, allontanati da me, perch sono un peccatore,
2
dicono Isaia e Pietro quando il numinoso si fa loro incontro e si fa sentire. In entrambi
caratteristica la spontaneit immediata, quasi distinto, di questa reazione di senti-
mento della autosvalutazione, che balena, per dir cos, come un moto rifesso e im-
mediato dellanima di fronte al numinoso e non in seguito ad una ponderazione o
allapplicazione di una regola. Oggi universalmente riconosciuto che questi impeti
di sentimento cos immediati, che non scaturiscono soltanto da unintrospezione rela-
tiva alle trasgressioni commesse, ma sono dati immediatamente con il sentimento del
numen, e che di fronte al numinoso svalutano s e il proprio popolo, e in realt tutta
lesistenza in generale, non sono semplicemente, e probabilmente non sono innanzi-
tutto, svalutazioni morali, ma appartengono ad una categoria di valutazione del tutto
specifca. Certamente non si tratta della trasgressione della legge morale, per quanto,
ovviamente, laddove tale trasgressione sia presente, vi inclusa. il sentimento di una
assoluta profanit.
Ma questo sentimento, a sua volta, cos ? Luomo naturale non pu saperlo, n pu
riprodurlo in s. Lo sa e lo sente solo chi in quello spirito , e lo sente con unacutezza
che lo trafgge e con il sentimento della pi severa autosvalutazione. Questi la riferisce
a s considerando non soltanto le sue azioni, ma la sua intera esistenza, in quanto cre-
atura di fronte a ci che sopra ogni creatura e che egli valuta, nello stesso momento,
con la categoria di un valore completamente peculiare; un valore che lesatto opposto
dello specifco disvalore del profano e che pertiene al numen e a lui soltanto: Tu solus
sanctus . Questo sanctus non perfetto, bello, sublime e nemmeno buono.
1
Is 6, 5.
2
Lc 5, 8.
a
Sumpta sunt vocabula ut intelligi aliquatenus posset quod comprehendi non poterat , dice Ugo da
San Vittore [De sacramentis christianae fdei, iii, 31].
capitolo ottavo 230
Daltra parte mostra unanalogia chiaramente avvertibile con tali concetti: anchesso
un valore, un valore oggettivo, un valore assolutamente insuperabile. il valore numino-
so, al quale corrisponde, dal lato della creatura, un disvalore numinoso.
Non vi religiosit che abbia raggiunto un superiore grado di sviluppo, nella qua-
le non si sia sviluppata contemporaneamente anche unobbligazione morale che vale
come un comando della divinit. Ma vi pu essere un riconoscimento profondamente
umile del sanctum, anche senza che questultimo sia sempre o necessariamente riempi-
to di comandi morali: come qualcosa che esige rispetto e che va riconosciuto come un
reale valore. Non che questo timore della sanctitas sia solo paura di fronte allassoluta-
mente ultrapossente, rispetto al quale non vi sarebbe altro che unobbedienza timorosa
e cieca. Tu solus sanctus una esaltazione che non solo confessa balbettando lultra-
potenza, ma che contemporaneamente vuole riconoscere ed esaltare un valore che
oltre tutti i concetti. Ci che cos esaltato non soltanto lassolutamente potente, che
avanza le sue pretese e costringe, ma ci che contemporaneamente ha sommo diritto
alla pretesa somma che gli si renda culto, che lo si esalti perch assolutamente degno
di esserlo. Tu sei degno di gloria, onore e potenza.
3
Quando si capisce che qdsh o sanctus allorigine non sono categorie morali, le si
traduce senzaltro con oltremondano. Abbiamo gi criticato lunilateralit di questa
traduzione e labbiamo completata con una pi distesa presentazione del numinoso. Il
suo difetto pi essenziale che loltremondanit un predicato puramente ontolo-
gico e non di valore: essa pu indurre ad inchinarsi per necessit, ma non ad un rispetto
convinto. Per sottolineare questo lato del numinoso sarebbe utile introdurre un altro
termine specifco e qui ci si ofrono augustus e o:vo;. Infatti augustus, tanto quanto o:-
zoto;, pertiene propriamente soltanto ad oggetti numinosi : come i sovrani in quanto
nati dagli di o afni ad essi. Mentre o:zoto; indica pi lessenza numinosa, o:vo; =
augustus si indirizzerebbe pi al valore numinoso, allessere egregio, illustre.
Il fascinosum, allora, qualcosa nel numen mediante cui questo ha un valore sogettivo,
cio beatifco per me. Esso invece augustum, in quanto un valore ogettivo da rispet-
tare in se stesso.*
Solo quando il carattere del disvalore numinoso si trasferisce alla mancanza morale
e vi si insedia, solo allora la mera illegalit diviene peccato, diviene empiet e
sacrilegio. E solo quando essa divenuta per lanimo peccato guadagna quella spa-
ventosa gravit per la coscienza, che diventa per questa catastrofe e avvilimento circa
le proprie forze. Luomo naturale e quello soltanto morale non comprendono cos
il peccato. La costruzione dogmatica per cui il comando morale come tale spinge-
rebbe luomo al crollo e lo costringerebbe a ricercare la redenzione evidentemente
errata. Vi sono uomini moralmente serissimi, che si impegnano a dovere e che non
comprendono afatto questidea, ma la rifutano con unalzata di spalle. Conoscono i
loro errori e le loro mancanze, ma conoscono e mettono in pratica i mezzi dellautodi-
sciplina, procedendo per la loro strada con coraggio e vigore. Al vecchio razionalismo
moralista non mancava n il rispetto o il sincero riconoscimento della legge morale, n
lonesto sforzo di conformarsi ad essa. Sapeva cosa ingiusto e lo riprovava severa-
mente, educando con prediche e insegnamenti a riconoscerlo e a prenderlo sul serio.
Ma non si imbatteva mai nel crollo o nel bisogno di redenzione perch, come gli
3
Ap 4, 11.
il sacro 231
rimproveravano i suoi oppositori, gli mancava la comprensione di cos il peccato.
b

Su base soltanto morale non cresce n il bisogno di redenzione, n quello di un altro
bene particolare che, a sua volta, ha anchesso un carattere totalmente e specifcamente
numinoso: il bisogno di coprimento e di purifcazione.* Vi sarebbero assai meno
controversie sulla legittimit e sulla validit di entrambe le cose nella dottrina cristiana
della fede, se la dogmatica stessa non le avesse tolte dalla loro sfera mistica per trasci-
narle in quella etico-razionale, riducendole a concetti morali. Esse sono tanto autenti-
che e necessarie nel primo ambito, quanto apocrife nel secondo.
Il momento del coprimento ci si fa incontro con particolare chiarezza nella religio-
ne di Jahweh, nei suoi riti e sentimenti, ma contenuto in modo pi oscuro anche in
molte altre religioni. In esso vi innanzitutto unespressione del timore, il sentimen-
to del fatto che il profano non pu senzaltro avvicinarsi al numen, il bisogno di avere
una copertura o unarmatura di fronte alla sua o . Tale copertura allora una
consacrazione, ossia un procedimento che rende per un momento numinoso colui
che si avvicina, lo sottrae allessenza profana e lo rende adeguato ad una relazione con
il numen. I mezzi della consacrazione sono mezzi della grazia in senso vero e proprio :
sono conferiti, derivati o istituiti dallo stesso numen. Questi conferisce qualcosa della
propria natura, per rendere capaci di entrare in relazione con lui: un atto che molto
diverso dalla cancellazione della difdenza, secondo la razionalizzazione della situa-
zione tentata da Ritschl.
Anche la purifcazione un coprimento, ma in una forma pi profonda. Essa
nasce soltanto dallidea appena esaminata del valore e del disvalore numinosi. Il mero ti-
more , il mero bisogno di coprirsi di fronte al tremendum si eleva qui al sentimento del
fatto che il profano non degno di stare in prossimit del sacro, che il proprio completo
disvalore contaminerebbe il sacro stesso. evidentemente cos nella visione della
vocazione di Isaia. Si tratta di un sentimento che ritorna, attenuato ma completamente
riconoscibile, nel racconto del centurione di Cafarnao, che dice:
Io non son degno che tu entri sotto il mio tetto.
4
Qui ci sono entrambe le cose: sia il tremito sommesso del timore di fronte allaspetto
tremendum del numinoso, sia e ancor pi il sentimento di quel peculiare disvalore
che il profano sente in presenza del numen e con il quale crede di macchiare o danneg-
giare questultimo.
Qui si fa avanti la necessit e il desiderio di purifcazione, tanto pi forte quanto
pi si ama e si brama come un bene, come il sommo bene, la vicinanza, linterazione
e il possesso duraturo del numen; quanto pi si desidera il superamento del disvalore
che ce ne separa e che dato con lesistenza stessa della creatura e dellessere naturale
e profano. Questo momento non decresce a misura che il sentimento religioso si ap-
profondisce e la religione perviene al suo grado sommo : al contrario, si fa sempre pi
4
Cfr. Mt 8, 8; Lc 7, 6.
b
Cfr. la testimonianza di un animo non certo rozzo quale quello di Theodor Parker (in James, Rel. Erf.,
[cit.,] p. 66): Nella mia vita ho commesso molte ingiustizie e continuo a farlo ancor oggi. Se manco il ber-
saglio ci riprovo.... Essi (i classici antichi) erano consapevoli dellira, dellintemperanza e degli altri loro vizi ;
li combattevano e riuscivano a vincerli. Ma non conoscevano linimicizia con Dio e non se ne stavano con
le mani in mano a sospirare e a lamentarsi di un male inesistente . Unafermazione del genere non rozza,
ma certo superfciale. Debbono esser scosse le profondit dellirrazionale per scoprire con Anselmo quanti
ponderis sit peccatum [Cfr. Anselmo, Cur Deus homo, i, xxi].
capitolo ottavo 232
forte e caratteristico. Poich appartiene integralmente al lato irrazionale della religio-
ne, pu divenire latente l dove deve dispiegarsi in modo energico e prendere forma
innanzitutto il lato razionale ; pu, a maggior ragione, recedere dietro altri momenti
e attenuarsi, ma solo per poi ripresentarsi pi potente e impellente di prima. Allora
5

pu divenire linteresse unilaterale che esclude ogni altro interesse, pu coprire col suo
grido ogni altro suono, con ci deformando e sfgurando il sentimento religioso: e lo
far facilmente l dove per periodi piuttosto lunghi il lato razionale della religione era
stato coltivato unilateralmente e a scapito di quello irrazionale.
Questo bisogno di purifcazione, e il suo peculiare carattere di sentimento, pu esser
precisato con unanalogia tratta dalla vita di sentimento naturale. Poich, per, in-
tervengono frequenti confusioni in pari tempo importante distinguerlo chiaramente
da questa analogia, che, appunto, soltanto unanalogia. Nellambito della mancanza
etica esercitiamo una chiara svalutazione, che ci ben comprensibile e familiare, quan-
do valutiamo noi stessi colpevoli di una cattiva azione e valutiamo lazione come cattiva.
Il carattere cattivo dellazione ci opprime, ci toglie il rispetto nei confronti di noi stessi.
Ci accusiamo e interviene il pentimento. Accanto a questa svalutazione, per, ve n una
seconda che pu indirizzarsi alla medesima azione e che tuttavia impiega categorie
modulate in modo totalmente altro. Quella stessa azione sbagliata ci macchia. Qui non
ci accusiamo, ma ci sentiamo sporchi. E la forma caratteristica di reazione da parte
dellanimo non il pentimento, ma il disgusto. Interviene un bisogno che per esprimersi
utilizza le immagini del lavare. La prima e la seconda svalutazione procedono paralle-
lamente, possono riferirsi alla medesima azione, ma sono modulate evidentemente
in modo che intimamente ed essenzialmente diverso. Il secondo tipo ha una chiara
analogia con il bisogno di purifcazione e pu esser dunque utilizzato nellesame di
quella. In pari tempo per, appunto, soltanto unanalogia tratta da unaltra sfera.
In nessuna religione il mysterium del bisogno di espiazione stato espresso in modo
cos completo, approfondito ed efcace come nel cristianesimo, che anche qui mo-
stra la sua superiorit rispetto ad altre forme di devozione. Il cristianesimo religione
perfetta ed pi perfetta delle altre, in quanto ci che nella religione in generale una
predisposizione divenuto in esso actus purus . La difdenza largamente dominante
nei confronti di questo suo mysterium si spiega con labitudine a tener conto soltanto
del lato razionale della religione: unabitudine di cui colpevole la nostra attivit te-
oretica, omiletica, cultuale e catechetica. Ma la dottrina della fede cristiana non pu
rinunciare a questo momento, se vuole rappresentare una religiosit cristiana e biblica.
Dovr chiarire, attraverso unanalisi del vissuto di sentimento della devozione cristiana,
come qui sia il numen assoluto a farsi mezzo di purifcazione, comunicando se stesso.
chiaro, infatti, che in questo contesto si sviluppano necessariamente da s relativi
momenti di sentimento e peculiari idee ed intuizioni di fede, il cui diritto pretende di
esser riconosciuto. Di fronte a queste non conta poi molto che gli esegeti stabiliscano
se e che cosa Pietro, Paolo o lo Pseudo-Pietro abbiano scritto sullespiazione e sulla
purifcazione, o se in generale la cosa stia scritta o no. Se anche non stesse scritta, po-
trebbe esser scritta oggi: ma sarebbe allora, di nuovo, sorprendente che non lo sia stata
per cos lungo tempo. Il Dio del Nuovo Testamento non meno, ma pi santo (heilig)
di quello del Vecchio; la distanza della creatura da Lui non minore, ma assoluta; il
5
Nelledizione Beck, lintero passo da allora a sfera (conclusione del capoverso successivo) espun-
to.
il sacro 233
disvalore del profano di fronte a Lui non attenuato, ma intensifcato. Che il Santo
(der Heilige) si renda avvicinabile non unovviet, come crede il commosso ottimismo
tipico della tonalit emotiva del Buon Dio , ma una grazia incomprensibile, un im-
mane paradosso. Privare il cristianesimo di questo paradosso signifca appiattirlo fno
a renderlo irriconoscibile. Si vede allora che lintuizione e il bisogno di coprimento
e propiziazione sono quanto mai immediati. E i mezzi di autorivelazione istituiti da
Dio, quando siano vissuti e degnamente riconosciuti come tali, la parola, lo spirito,
la promissio, la persona Christi stessa, diventano ci verso cui si fugge, presso cui si
trova rifugio, cui ci si appiglia, per accostarsi, consacrati e deprofanizzati per mezzo
di essi, al sacro stesso.
La difdenza nei confronti di queste cose nasce per due motivi. Il primo che si mo-
ralizza
6
nella teoria un momento specifcamente religioso. Tutte queste cose non sono
applicabili, e in realt disturbano, sul terreno della sola morale e di fronte ad un Dio che
viene essenzialmente colto come una personifcazione dellordine etico del mondo, cui
si aggiunge, per sovrappi, lamore. Si tratta di intuizioni religiose, sulla cui legittimit
o non legittimit difcile discutere con un individuo interessato solo alla morale, ma
non alla religione, perch costui non in grado di apprezzarle. Chi invece accetti di
tener conto dellelemento proprio di un sentimento specifcamente religioso e lasci che
questo si risvegli in lui, pu vivere tali intuizioni secondo la loro verit, non appena vi
si immerga. Il secondo motivo che nelle dogmatiche si tenta di sviluppare queste cose
in teorie concettuali e di renderle oggetti di speculazione, in modo tale che alla fne si
trasformano nel calcolo quasi matematico tipico della teoria dellimputazione e della
sua drastica conversione del merito di Cristo in guadagno per i peccatori, accanto a
dotte ricerche su questioni come: Dio formula giudizi analitici o sintetici?.*
6
Nelledizione Beck il termine moralizza sostituito con razionalizza.
Capitolo nono
MEZZI DI ESPRESSIONE DEL NUMINOSO
1. Diretti
P
er chiarire lessenza del sentimento numinoso utile meditare su come esso si
esprima esteriormente e su come si trasferisca e si trasmetta da un animo allaltro.
In realt, in senso proprio non lo si trasmette afatto : non pu essere insegnato, ma
soltanto destato dallo spirito. Talvolta lo si dice anche della religione in generale e
nel suo insieme. A torto. In questa vi molto che pu essere insegnato, trasmesso per
concetti e anche tradotto in un insegnamento scolastico: tranne questo suo sfondo e
fondamento, che pu solo esser stimolato, suscitato, destato. E non con semplici parole
o segni esteriori, ma nello stesso modo in cui di solito si trasmettono tonalit emotive e
sentimenti: per empatia o immedesimazione in ci che si verifca nellanimo dellaltro.
Nella solennit dellatteggiamento, dei gesti, del suono della voce e dellespressione
del volto, nellespressione della rara importanza della cosa, nel raccoglimento solenne
e devoto della comunit che prega, questo sentimento vive molto pi che non in tutte
le parole e defnizioni negative che abbiamo trovato per esso. Queste ultime non indi-
cano mai positivamente il loro oggetto, ma sono daiuto in quanto vogliono designare,
in generale, un oggetto, contrapponendolo ad un altro dal quale questo si distingue e
rispetto al quale superiore; per esempio: linvisibile, leterno (atemporale), il sopran-
naturale, loltremondano. Oppure sono semplicemente ideogrammi per il peculiare
contenuto di sentimento, che per allora bisogna aver gi provato per capire quelli. Il
mezzo di gran lunga migliore costituito dalle stesse situazioni sacre e dalla resa di
queste in rafgurazioni intuitive. A chi non si rende conto di cos il numinoso quan-
do legge il capitolo sesto di Isaia, non saranno daiuto alcun suono, canto e parola.
Quando una teoria, una dottrina o unomelia non sono ascoltate, abbastanza frequen-
te che del numinoso non si avverta nulla, mentre magari lesposizione orale ne im-
bevuta. Nessun altro elemento della religione necessita quanto questo della viva vox,
a

della trasmissione vivente da parte di una comunit e di un contatto personale.
Ma anche in questa forma la mera parola impotente senza lincontro con lo spirito
che nel cuore , senza la congenialit di chi la riceve. E a questo spirito afdata la
parte pi importante. Dove esso presente, l molto spesso basta uno stimolo piccolis-
simo, una lontanissima sollecitazione dallesterno. sorprendente quanto poco basti,
spesso, nonostante una grande gofaggine e confusione, per portare da s lo spirito alla
commozione pi intensa e determinata. Dove esso sofa, l i termini dellannuncio,
che sono razionali, sebbene per lo pi provengano dalla comune vita dellanimo in ge-
nere, si fanno efcaci e sufcienti ad accordare lanimo sulla giusta tonalit. La schema-
a
Della trasmissione Seuse aferma: Una cosa bisogna sapere: tanto diverso ascoltare di persona il suo-
no soave di uno strumento a corde rispetto al sentirne parlare, quanto diverse sono le parole che sono
ricevute in stato di pura grazia e che sgorgano da un cuore vivo e da una bocca viva rispetto alle medesime
parole che arrivano su una morta pergamena. [...] Perch, non so come, ma cos si rafreddano e impallidi-
scono come rose recise. Perch allora quella melodia soave, che soprattutto tocca il cuore, svanisce. E allora
vengono ricevute nellaridit di un cuore arido (Werke, a cura di Denife, [cit.,] p. 309).
capitolo nono 236
tizzazione interviene qui senza bisogno di nullaltro e non necessita di alcun sostegno.
Chi legge in spirito la scrittura vive nel numinoso, anche se non ha un concetto n un
nome per esso, anche se incapace di analizzare il suo proprio sentimento e di chiarire
quella trama specifca.

Capitolo decimo
MEZZI DI ESPRESSIONE DEL NUMINOSO
2. Indiretti
V
i sono poi i mezzi indiretti per rappresentare e suscitare il sentimento numinoso,
ossia tutti i mezzi per esprimere sentimenti dellambito naturale che sono afni o
simili a quello. Abbiamo gi incontrato questi sentimenti e li ritroveremo subito, non
appena rifetteremo su quali mezzi di espressione la religione ha efettivamente utiliz-
zato ovunque e da sempre.
Uno dei pi primitivi, che in seguito viene avvertito sempre pi come inadeguato,
per essere infne rigettato come indegno, , del tutto naturalmente, lo spaventoso, il
terrifcante, ci che incute timore (e talvolta persino il disgustoso). Poich i sentimenti
corrispondenti hanno forti analogie con quello del tremendum, i loro mezzi despressione
diventano mezzi despressione indiretti di quel timore che direttamente non espri-
mibile. Ci che vi di spaventoso e di orrendo nelle primitive immagini e rafgurazioni
degli di, e che abbastanza spesso ci appare tanto repellente, ha ancor oggi sui primitivi e
sui semplici, ma alloccasione anche su di noi, lefetto di suscitare autentici sentimenti di
un autentico timore religioso. Daltra parte questultimo agisce, a sua volta, come lo sti-
molo pi potente di ogni altro a produrre lo spaventoso nella fantasia e nella rappresen-
tazione. Le antiche immagini bizantine della Madonna, dure, severe, spingono parecchi
cattolici al raccoglimento pi di quelle di Rafaello. Questo tratto pu essere osservato
in modo del tutto particolare in certe fgure di di indiani. Durg, la grande Madre del
Bengala, il cui culto pu esser avvolto da unautentica aura del pi profondo tremore
devoto, nella sua rappresentazione canonica ha davvero un ghigno demoniaco.
Questa mescolanza tra il tratto spaventoso che sgomenta e quello di somma sacralit
pu esser forse studiata in modo pi puro nellundicesimo libro della Bhagavadgt.
1

Visn, che per i suoi fedeli la bont stessa, si vuole qui rivelare ad Arjuna in tutta la
sua altezza di dio : anche in questo caso lanimo ha soltanto lo spaventoso quale mezzo
despressione, compenetrato tuttavia dal momento, che dovremo subito esaminare,
della sublimit grandiosa.
a
Ad un livello pi alto, infatti, al posto dello spaventoso compare, quale mezzo
despressione, appunto il sublime, che ritroviamo in forma insuperabile in Isaia, nel ca-
pitolo 6. Sublime qui lalto trono, la fgura regale, i lembi ondeggianti del manto, la
corte solenne degli angeli che lo circondano.
Mentre lo spaventoso viene gradualmente superato, la schematizzazione e il collega-
mento con il sublime viene tenuto fermo e si mantiene come legittimo fno alle pi alte
forme del sentimento religioso : indicazione, questa, del fatto che tra il numinoso e il
sublime sussiste una parentela nascosta che pi di una mera analogia. Di ci lontana
testimonianza ancora la Kritik der Urteilskraft di Kant.
1
Cfr. la prima Appendice, infra, pp. 307-308.
a
Il momento irrazionale dello non pu esser studiato in nessun altro luogo meglio che in questo
capitolo, che perci appartiene ai classici della letteratura religiosa.
capitolo decimo 238
Ci che si detto sin qui riguardava il momento del numinoso che sopra abbiamo
incontrato per primo e che abbiamo voluto simboleggiare con il tremendum. Il secondo
momento era il misterioso. E qui ci imbattiamo in quella analogia e in quel mezzo
despressione analogico, che per tutte le religioni ci che in prima battuta colpisce
di pi e la cui teoria possiamo qui fornire facilmente: il miracolo. Il miracolo il fglio
prediletto della fede.
2
Se non ce lo insegnasse la storia della religione, avremmo po-
tuto comunque aspettarcelo e costruirlo a priori a partire dal momento, che abbiamo
trovato, del misterioso. Non si trova nulla, infatti, nella sfera naturale dei sentimenti,
che abbia unanalogia tanto immediata, seppure, certo, puramente naturale, con il
sentimento religioso dellindicibile, impronunciabile, assolutamente altro , misterio-
so, quanto il non compreso, linsolito, lenigmatico, in qualunque forma ci si faccia
incontro: in particolare il non compreso che potente e spaventoso, e che racchiude in s
una doppia analogia con il numinoso: tanto con il momento del misterioso, quanto con
quello del tremendum, secondo entrambi i lati di questultimo che abbiamo indicato.
Se in generale ci sono sentimenti del numinoso che possono essere suscitati da ana-
logie naturali e trasferiti ad esse, allora sono questi. E cos stato, in efetti, ovunque
nellumanit. Quel che ha introdotto nellambito del suo agire qualcosa di non compre-
so e di terrorizzante, quel che in accadimenti naturali, eventi, uomini, animali o piante
ha prodotto straniamento, sconcerto e sbalordimento, tanto pi se connesso a potenza
o terrore, ha sempre destato e attirato a s la paura demonica ed divenuto portentum,
prodigium, miraculum. Cos, e solo cos, nato il miracolo. Viceversa, se il tremendum,
come abbiamo visto sopra, divenuto per la fantasia e la rappresentazione lo stimolo a
scegliere come mezzo di espressione lo spaventoso, o ad inventarlo creativamente, cos
il misterioso divenuto lo stimolo pi potente per la fantasia ingenua ad aspettarsi, a
inventare e a raccontare il miracolo; divenuto limpulso inesausto di uninventiva
inesauribile in favole, miti, saghe e leggende, ha compenetrato il rito e il culto ed
ancor oggi, per i semplici, il fattore pi potente nel mantenere vivo nel racconto e nel
culto il sentimento religioso. Anche qui, come per lo spaventoso, nel processo verso un
superiore sviluppo vi leliminazione di ci che solo esteriormente analogo, quando
ad un livello purifcato il miracolo comincia ad impallidire, quando Cristo, Maometto,
Buddha rifutano unanimemente di essere taumaturghi, quando Lutero scredita i
miracoli esteriori come giochi di prestigio o mele e noci per bambini, quando
infne il soprannaturalismo viene separato dalla religione come qualcosa che solo un
analogo, ma non lautentico schema del numinoso.
In molti altri modi ancora si esprime lattrazione del misterioso su cose e momenti
che sono analoghi ad esso per il fatto di essere non compresi. Questo viene ad espres-
sione nel modo pi radicale nellattrattiva che esercita una lingua di culto, divenuta
parzialmente o interamente incomprensibile, e in quella intensifcazione del timore
devoto che senza dubbio ha efettivamente luogo grazie ad essa. Ne sono esempi le
espressioni antiquate e non pi completamente intelligibili nella Bibbia, nonch, nei
nostri libri di canti, la forza emotiva degli alleluja, kyrieleis
3
e sela,
4
proprio perch sono
2
W. Goethe, Faust, i, v. 766.
3
Lespressione, che nasce come forma abbreviata di kyrie eleison, una formula con cui terminava la
strofa di un genere di canti sacri sorto in Germania nel medioevo, successivamente ripreso in inni e corali
(detti appunto Leise) della Chiesa riformata.
4
Adattamento di un termine ebraico, di origine e signifcato incerti, che occorre in particolare nel salte-
rio e che indicava forse una pausa o unistruzione musicale indirizzata ai cantori.
il sacro 239
non compresi e totalmente altri; il latino della messa, che il cattolico non avverte
come un male necessario, ma come particolarmente sacro, il sanscrito delle messe bud-
dhiste della Cina e del Giappone, la lingua degli di dei rituali sacrifcali di Omero e
mille altre cose. Ne esempio anche il tratto per met manifesto e per met nascosto
nel culto della messa della liturgia greca e di molte altre liturgie. E in ci vi persino
un elemento di legittimit. Anche i frammenti superstiti della messa, quali si ripropon-
gono nei nostri rituali luterani, proprio perch nella loro disposizione vi poco della
regola e dellordine concettuale, senza dubbio hanno ancora in s qualcosa di molto pi
devoto che non gli impianti dei moderni esperti, costruiti secondo schemi ben ordinati
e nel modo pulito di un saggio accademico. Donde deriva dunque la tonalit emotiva
di tutte queste cose che abbiamo menzionato ? Appunto dallanalogia, che queste cose
presentano in modo simbolico e suscitano per anamnesi del simile, tra ci che non
interamente compreso, inusuale (e contemporaneamente reso venerando dagli anni) e
il misterioso stesso.

Capitolo undicesimo
MEZZI DI ESPRESSIONE DEL NUMINOSO NELLARTE
N
elle arti lunico mezzo possibile di rappresentazione del numinoso , quasi ovun-
que, il sublime ; soprattutto nellarchitettura, e in questa, pare, prima che in ogni
altra arte. difcile sottrarsi allimpressione che questo momento abbia cominciato
a destarsi gi allepoca dei megaliti. Se anche lerezione di quei giganteschi blocchi di
pietra, grezzi o lavorati, isolati o disposti in possenti circoli, ha avuto originariamente
un senso magico, quello di realizzare un massiccio accumulo del numinoso quale for-
za , di localizzarlo e di assicurarlo, la spinta al cambiamento di motivo deve qui esser
stata subito troppo forte perch questo non intervenisse gi molto presto. Loscuro
sentimento per la grandiosit solenne, cos come per il gesto pomposo e sublime, ab-
bastanza elementare. E quando in Egitto si costruivano mastaba, obelischi e piramidi,
questo grado era senza dubbio raggiunto. indubbio che gli stessi costruttori di questi
templi e della Sfnge di Giza, che fanno balenare nellanima il sentimento del sublime e
quello del numinoso, che gli si accompagna quasi come un rifesso meccanico, fossero
consapevoli di questo efetto e abbiano voluto provocarlo.*
Ma questi sono soltanto i mezzi di rappresentazione indiretti, di cui larte dispone. Quel-
li diretti sono solo due e sono, signifcativamente, negativi: loscurit e il tacere.
a
Loscurit
deve risaltare per mezzo di un contrasto che la renda ancor pi percepibile: deve esser
sul punto di superare un ultimo chiarore. Solo la semioscurit mistica e il suo efetto
giunge a compimento quando si unisce con il momento ausiliare del sublime. La semi-
oscurit, la penombra delle volte elevate o quella tra gli alti rami di un viale alberato, stra-
namente animata e mossa ancora dal gioco misterioso delle mezzi luci, ha sempre parlato
allanimo: e gli edifcatori di templi, moschee e chiese ne hanno fatto uso.
Nel linguaggio dei suoni, alloscurit corrisponde il tacere.
Jahweh nel suo santo tempio
Taccia, davanti a lui, il mondo intero.
1
Noi, come probabilmente gi il cantore, non sappiamo pi nulla del fatto che dal punto
di vista storico-genetico questo tacere (come l:c::oz:) derivato dallango-
scia di utilizzare parole ominose, che porta a preferire piuttosto il silenzio. Noi, il salmi-
sta
2
e Tersteegen, nellinno Gott ist gegenwrtig. Alles in uns schweige,
3
sentiamo invece la
necessit di tacere per un altro motivo, del tutto indipendente. Per noi una reazione
spontanea al sentimento del numen praesens . Anche qui, la catena storico-genetica
non spiega ci che compare ed presente ad un grado di sviluppo superiore. Ma per
lanalisi psichica religiosa noi, il salmista e Tersteegen siamo oggetti per lo meno altret-
tanto interessanti dell:c:z che praticano i primitivi.**
1
Cfr. Ab 2, 20.
2
In realt si tratta del profeta Abacuc (cfr. nota precedente). La svista corretta nelle edizioni succes-
sive.
3
Cfr. supra, p. 211.
a
Signore, parla Tu soltanto / Nel silenzio pi profondo / A me, nelloscurit prega Tersteegen.
capitolo undicesimo 242
Neanche la musica, che pure pu ofrire lespressione pi diversa a tutti agli altri
sentimenti, possiede un mezzo positivo di espressione del sacro. Anche la pi perfetta
composizione per Messa esprime il momento pi sacro e pi numinoso di questulti-
ma, quello della consacrazione, soltanto tacendo, con un silenzio assoluto e prolungato
in modo tale che il tacere stesso possa, per dir cos, risuonare: e neanche di lontano
raggiunge, in qualche altro punto, la possente impressione di raccoglimento che ha
questo silenzio di fronte al Signore . istruttivo, a questo proposito, un esame della
Messa in Si minore di Bach. La sua parte pi mistica , come usuale in questo genere di
composizioni, lIncarnatus. Lefcacia qui nella successione delle fughe, che entrano
in modo sommesso ed esitante, quasi con un bisbiglio, e si smorzano in un pianissimo. I
respiri trattenuti, a mezza voce soltanto, con quelle singolarissime cadenze discendenti
per terze diminuite, gli arresti sincopati, le scale ascendenti e discendenti per stranianti
semitoni che restituiscono il timoroso stupore : tutto ci indica il mistero pi che espri-
merlo. E grazie a ci qui Bach raggiunge il suo scopo in modo totalmente diverso che
nel Sanctus, che infatti unespressione incomparabilmente riuscita di Colui al quale
spetta la potenza e la gloria, un impetuoso coro trionfale che esalta una perfetta
e assoluta gloria sovrana. Ma questo Sanctus completamente lontano dalla tonalit
emotiva del testo sottostante alla musica, che preso da Isaia 6 e che in base a questo
avrebbe dovuto essere interpretato dal compositore. Da questo sontuoso inno non si
coglie che i Serafni si coprono il volto con due ali.
b
b
Quel che in generale della cosa pu esser colto dalla musica, lo coglie Mendelssohn nella sua compo-
sizione sul Salmo 2, versetto 11: Servite Dio con timore e con tremore esultate. Anche qui lespressione
della cosa meno nella musica stessa che non nel suo esser attenuata, trattenuta, si potrebbe quasi dire inti-
midita, secondo la resa magistrale di questo passaggio di cui capace il coro della cattedrale di Berlino.
Capitolo dodicesimo
IL NUMINOSO NELLANTICO TESTAMENTO
S
e in ogni religione in generale sono vivi i sentimenti dellirrazionale e del numinoso,
nella religione semitica, e speciamente in quella biblica, lo sono in modo particola-
re. Qui il misterioso attivo e intensamente vivo nelle rappresentazioni del demonico e
dellangelico, rappresentazioni del totalmente altro da cui questo mondo circonda-
to, sovrastato e compenetrato. Diviene potente nellescatologia e nellideale del Regno
di Dio, che si contrappone al naturale talvolta come cronologicamente futuro, talaltra
come eterno, ma sempre come ci che assolutamente mirabile e totalmente altro.
impresso nella natura di Jahweh e di Elohim (che anche il Padre celeste di Ges e
come tale non perde il suo carattere di Jahweh, ma lo compie).
Nei profeti e nei salmisti il livello pi basso del sentimento numinoso gi da lungo
tempo superato, ma non mancano echi occasionali, in modo particolare nei racconti
pi antichi. Questo carattere si avverte ancora con forza nel racconto (Es 4, 26
1
) di come
Jahweh, nella sua o , sorprende Mos nella notte e cerca di farlo morire . A noi fa
limpressione di unapparizione quasi spettrale e, dal punto di vista di un timor di Dio
sviluppato, questo e simili racconti danno facilmente limpressione che qui in genera-
le non vi sia ancora religione, ma pre-religione, una volgare paura dei demoni o
qualcosa di simile. Ma sarebbe un fraintendimento. Una volgare paura dei demoni
si riferirebbe ad un demone nel senso pi stretto del termine, che sinonimo di dia-
volo, coboldo, spirito malvagio, e che indica ci che contrapposto al O::ov. Un simile
demone, per, non stato un punto di passaggio e un anello della catena evolutiva del
sentimento religioso, come non lo stato lo spettro nel senso tecnico del termine:
questo e quello sono derivazioni apocrife dei prodotti di fantasia del sentimento nu-
minoso. Da un tale demone va distinto il 8z:av in un senso molto pi generale, che
di per s non ancora un dio, ma nemmeno un anti-dio : piuttosto un pre-dio, uno
stadio ancora inferiore del numen, vincolato e trattenuto, dal quale gradualmente, in
una manifestazione superiore, emerger il dio. Sono gli echi di questo stadio che ab-
biamo in quei racconti.
Due indicazioni possono, inoltre, aiutarci a comprendere lefettiva situazione : in-
nanzitutto il rimando a quanto abbiamo detto in precedenza, circa la capacit dello spa-
ventoso in genere di suscitare ed esprimere il sentimento numinoso. Una seconda indi-
cazione la seguente : un temperamento fortemente musicale, fnch ancora quello
grezzo di un principiante, pu esser deliziato o estasiato dal suono di una zampogna o
di un organetto, ma quando arriva ad esser musicalmente formato gli divengono en-
trambi intollerabili. Se egli rifette sullelemento qualitativo del suo vissuto precedente
e di quello attuale, noter che nei due casi attivo il medesimo lato del suo animo e
che nella sua ascesa ad una fgura superiore del suo sentimento numinoso non ha avuto
luogo una :tzzo:; ::; zo :vo;, ma un processo che chiamiamo sviluppo, sulla cui
1
Il versetto il 24: Mentre si trovava in viaggio, nel luogo dove pernottava, il Signore gli venne contro
e cerc di farlo morire.
capitolo dodicesimo 244
natura non siamo in grado di dire molto. Se ascoltassimo oggi la musica di Confucio,
probabilmente non ci sembrerebbe altro che una successione di curiosi rumori : tuttavia
egli parla gi della forza della musica sullanimo in modo tale che oggi non sapremmo
farlo meglio e ne coglie quei momenti che anche noi dobbiamo riconoscere. Da questo
punto di vista ci che pi sorprende il dono di apprendere facilmente e il talento di
alcuni popoli primitivi, che, quando arriva loro la nostra musica, rapidamente e con
piacere imparano ad eseguirla e a gustarla. Questo talento non si introdotto in loro
(per mezzo di una qualche eterogonia, epigenesi o di qualche altro miracolo del
genere) nel momento in cui giunta loro una musica pi matura, ma semplicemente
era presente come disposizione naturale, si attivato dallinterno e, nel momento in
cui lo stimolo ha agito sulla disposizione gi presente, si sviluppato da questa. Si tratta
della medesima disposizione che agiva gi prima in forma ed espressione pi grezze e
primitive. Con un gusto musicale sviluppato, spesso riusciamo a mala pena o non ci
riusciamo afatto a riconoscere come vera musica questa forma grezza e primiti-
va , e tuttavia era anchessa gi espressione di un medesimo impulso, di un medesimo
momento dellanima. esattamente lo stesso quando chi oggi ha timor di Dio ha
difcolt a ritrovare nel racconto di Es 4 qualcosa di afne al suo sentimento, o lo di-
sconosce completamente. Si tratta di un punto di vista che in rapporto alla religione
dei primitivi deve esser tenuto maggiormente in conto, seppur con molta cautela,
perch se ne possono derivare conclusioni sbagliatissime ed abbastanza grande il pe-
ricolo di scambiare gli stadi inferiori dello sviluppo con quelli superiori e di ridurre la
distanza. Ma escludere questo punto di vista in generale un errore ancor pi perico-
loso e, purtroppo, molto difuso.
Recentemente alcuni studiosi hanno tentato di rintracciare una diferenza di carat-
tere tra la severit di Jahweh e la familiarit patriarcale di Elohim: tentativo che ha
qualcosa di molto plausibile. Secondo la ricostruzione di Sderblom, esso poggia sul
fatto che la rappresentazione di Jahweh deriva da rappresentazioni animistiche. Non
contesto il signifcato delle rappresentazioni animistiche per il processo di sviluppo
della religione; anzi, da questo punto di vista vado oltre Sderblom, che le ritiene solo
una specie di flosofa primitiva e deve dunque separarle dallambito dei prodotti
della fantasia propriamente religiosa. Che laddove si formarono rappresentazioni ani-
mistiche, esse possano essere state un anello signifcativo nella serie degli impulsi che
svincolano e liberano dal sentimento numinoso il momento di essenza oscuramente
presente in esso, questo si adatterebbe perfettamente alla mia ricostruzione. Ma ci
che distingue Jahweh da El-Shadday-Elhm non che il primo un anima, ma che
in lui il numinoso prevale sullelemento razionale e familiare, mentre nel secondo il
lato razionale a prevalere su quello numinoso: una diferenza in base alla quale si pos-
sono distinguere, pi in generale, anche diversi tipi di di. E qui non si pu parlare di
una completa mancanza del momento numinoso in Elohim, ma solo di una prevalenza
dellaltro momento. Il racconto autenticamente numinoso della teofania nel roveto
ardente e il versetto tipico di Es 3, 6 Mos allora si vel il viso, perch aveva paura di
guardare verso Dio eloistico.
La ricchezza di singoli tratti della rappresentazione vetero-israelitica di Dio, che
sono appartenenti a questa tradizione e che ancora si potrebbero menzionare, oferta
in modo cos abbondante nellenciclopedia storico-religiosa Die Religion in Geschichte
und Gegenwart, vol. ii, p. 1530 e ss. e 2036, che qui basta semplicemente rimandare a
il sacro 245
questopera. Con la venerabile religione di Mos inizia un processo di crescente mo-
ralizzazione e di razionalizzazione generale del numinoso e del suo compimento nel
sacro, nel senso pieno e autentico del termine. Questo processo si compie nella pro-
fezia e nel vangelo e in esso certamente risiede quella particolare nobilt della religione
biblica, che fa s che essa avanzi a buon diritto, gi allo stadio del Deutero-Isaia, la pre-
tesa alluniversalit di una religione mondiale. Gi qui si trova la sua chiara superiorit
rispetto, per es., allIslam, il cui Allah unilateralmente numen e, a ben guardare,
propriamente Jahweh, nella sua forma pre-mosaica, in fgura accresciuta. Ma eticizza-
zione e razionalizzazione non sono un superamento del numinoso, ma dellunilaterali-
t del suo predominio. Esse si attuano nel numinoso e dal numinoso sono avvolte.
Isaia lesempio di unintima compenetrazione dei due momenti. Ci che risuona-
va nella visione della sua vocazione, compenetra tutto il suo annuncio con una forza
che si fa sentire. A questo proposito nulla pi indicativo del fatto che proprio in lui si
consolida come espressione favorita per la divinit il Santo (der Heilige) di Israele , la
quale prevale su altre espressioni con la sua misteriosa forza: essa permane nella tradi-
zione isaiana, negli scritti del Deutero-Isaia. Se mai abbiamo a che fare con un Dio
la cui onnipotenza, bont, saggezza e fedelt determinata in modo concettualmente
chiaro, proprio nel Deutero-Isaia. Questi sono predicati del Santo (der Heilige), il
cui strano nome anche il Deutero-Isaia ripete quindici volte e sempre in passi in cui
particolarmente enfatico.
Espressioni afni a quella della santit (Heiligkeit) di Jahweh sono la collera, lo
zelo, lira, il fuoco divoratore ecc. Tutte signifcano non soltanto la sua giustizia
remuneratrice e non soltanto il Dio che agisce con carattere e che in generale vive in
intensi nz: tutto questo sempre anche circondato e compenetrato dal tremendum
e dalla majestas, dal mysterium e dallaugustum della sua irrazionale essenza di Dio.
Ci vale anche dellespressione il Dio vivente . La sua vitalit ha una palese paren-
tela con il suo zelo e si esprime in questo, come in tutti i suoi nz in genere.
a

Con la sua vita questo Dio si distingue da ogni mera ragione cosmica : lessenza
ultimamente irrazionale che si sottrae ad ogni possibilit di flosofare e che vive nella
coscienza di tutti i profeti e messaggeri dellAntico e del Nuovo Testamento. Dove in
seguito si lottato contro il Dio dei flosof e per il Dio vivente, per il Dio delladirar-
si, dellamore e degli afetti, l si sempre inconsapevolmente protetto il nucleo irrazio-
nale del concetto biblico di Dio da una sua unilaterale razionalizzazione. E, in questo
senso, lo si fatto a ragione. Si avuto torto per, e si caduti nell antropomorfsmo,
quando si difesa lira e gli afetti invece dellira e degli afetti, quando si disco-
nosciuto il loro carattere numinoso e li si ritenuti predicati naturali, solo posti in
assolutezza, invece di rendersi conto che essi possono valere solo come designazioni
ideogrammatiche di un irrazionale, come simboli analogici del sentimento.
a
Cfr. Dt 5, 26: Dov un mortale che, come noi, ha udito il Dio vivente parlare dal fuoco con voce ben
chiara ed rimasto vivo?; inoltre cfr. Gs 3, 10; 1 Sam 17, 26 e 36; 2 Re 19, 4; Is 37, 17; Ger 10, 10: Egli Dio vivente
[...], davanti alla sua collera trema la terra, i popoli non possono sopportare il suo furore ; Ger 23, 36 ; 2 Mac
7, 33; Mt 26, 63: lo scongiuro per il Dio vivente, lo spaventoso-terrifcante. Eb 10, 31: terrifcante cadere nelle
mani del Dio vivente. Nellidea del Dio che si vendica si compie la rappresentazione veterotestamentaria
dello spaventoso-vivente. La sua espressione pi dura limmagine che quasi sgomenta del torchiatore,
Is 63, 3 : Nella mia collera li ho pigiati e nellira li ho calpestati, tanto che il succo sprizzato sulle mie vesti
e mi sono macchiato tutti gli abiti . Limmagine spaventosa torna nel Nuovo Testamento, Ap 19, 15 : Egli
piger il torchio del vino della collera furiosa.
capitolo dodicesimo 246
Il numinoso rivela la sua forza capace di tendere ed eccitare la fantasia secondo il
momento del mysteriosum in modo particolare in Ezechiele ; ne fanno parte i suoi sogni
e le sue immagini, il suo dipingere con la fantasia lessenza di Jahweh e della sua corte :
modello ed esempio del moto apocrifo dellimpulso religioso verso il mysterium, che si
ottiene secondo le analogie precedentemente introdotte con lo strano, col miracoloso
e col fantastico. La conseguenza di questa azione del sentimento religioso secondo
unanalogia illegittima crea la propensione al miracolo, alla leggenda, al mondo oni-
rico dellapocalittica e della mistica : tutte irradiazioni del religioso stesso, ma rifratte in
un mezzo torbido, surrogato dellautentico, che sfocia nella volgarit e ricopre infne,
con le sue escrescenze, il sentimento genuino del misterioso, che viene ostacolato nel
suo moto immediato e puro.
Nel capitolo 38 del Libro di Giobbe, che appartiene ai documenti pi notevoli della sto-
ria della religione in generale, ritroviamo in rara purezza il momento del mysteriosum.
Giobbe ha questionato con i suoi amici contro Jahweh e di fronte a costoro ha eviden-
temente avuto ragione. Di fronte a lui essi debbono ammutolire. Allora appare Jahweh
per prendere egli stesso le proprie difese ; e lo fa in modo tale che Giobbe confessa di
esser sconftto: sconftto realmente e a buon diritto, non semplicemente costretto al
silenzio da una ultrapotenza. Infatti confessa:
Perci ritratto e mi pento / in polvere e cenere.
2
Questa la testimonianza di un convincimento interiore, non di un fallimento impotente
o di una rassegnazione di fronte ad una mera ultrapotenza. N qui presente soltanto
la tonalit emotiva che Paolo fa risuonare in Rm 9, 20:
Osa forse dire lopera a chi lha plasmata: Perch mi hai fatto cos?. Forse non ha il vasaio il
potere sullargilla di fare con la medesima pasta qui un vaso per lonore, l per il disonore?
Si fraintenderebbe il passo di Giobbe se lo si interpretasse in questo modo. In Gb 38
non viene annunciata la rinuncia e limpossibilit di una teodicea : quel che deve es-
ser dato proprio una reale teodicea, che sia migliore di quella degli amici di Giobbe
e che sia in grado di convincere lo stesso Giobbe ; anzi non soltanto di convincerlo,
ma di acquietare nellintimo la sua anima oppressa da dubbi. Infatti nel singolare
vissuto che tocca a Giobbe in seguito alla rivelazione di Jahweh vi contempora-
neamente anche una distensione del tormento della sua anima e una pacifcazione,
che da sola basterebbe come soluzione del problema del Libro di Giobbe, anche senza
la riabilitazione nel cap. 42 che soltanto la caparra di un pagamento migliore. Ma
cos questo singolare momento che opera contemporaneamente la teodicea e la
conciliazione ?
Nel discorso di Jahweh risuona quasi tutto quello che ci si sarebbe aspettati vista la
situazione : appello e rimando alla sua potenza sovrana, alla sua altezza e grandezza
e alla sua sovrana saggezza. Questultima ofrirebbe immediatamente una soluzione
razionale plausibile dellintero problema, se si compisse in proposizioni come : Le mie
vie sono pi in alto delle vostre. Nel mio operare e agire ho fni che voi non compren-
dete,
3
come la prova o la purifcazione del devoto, o come i fni relativi al tutto, al
quale il singolo, col suo dolore, deve conformarsi. Muovendo da concetti razionali si
2
Gb 42, 6.
3
Cfr. Is 55, 8-9.
il sacro 247
anela, letteralmente, ad un simile esito del colloquio. Ma nulla di simile accade e simili
considerazioni e soluzioni teleologiche non rappresentano afatto il senso del capitolo.
In ultima analisi ci si richiama a qualcosa di totalmente altro rispetto a quello che pu
esaurirsi in concetti razionali: alla miracolosit stessa e assoluta che oltre il concetto
di fne ; al mysterium nella sua pura fgura irrazionale. Qui gli esempi magnifci parlano
una lingua chiarissima. Laquila che abita le rocce e passa la notte sui denti di rupe o
sui picchi, che spia la preda; laquila i cui piccoli succhiano sangue e che dove sono
cadaveri, l essa si trova ,
4
non davvero un esempio di saggezza teleologica che tutto
dispone con avvedutezza e precisione. Questaquila piuttosto lelemento singolare-
miracoloso in cui si rende intuibile lelemento miracoloso stesso del suo creatore. Lo
stesso vale dello struzzo con i suoi enigmatici istinti nel versetto 13. In realt, per come
qui descritto, esso appare alla considerazione razionale come una crux e come ben
poco utile per chi vada in cerca di fni :
Lala dello struzzo batte allegramente,
ma son forse battiti e piume devoti?
No. Lo struzzo abbandona alla terra le sue uova
dimentica che un piede pu schiacciarle,
duro verso i suoi piccoli, come se non gli appartenessero
perch Dio gli ha negato lavvedutezza
e non lha fatto partecipe dellintelletto.
5
Lo stesso per il bufalo e lasino selvatico dei versetti 5 e 9 : animali la cui completa
dis-teleologia viene illustrata in modo veramente magnifco; animali che con i loro
istinti misteriosi e il loro enigmatico comportamento sono come le camozze e le cerve
(versetto 1), come la saggezza del vapore delle nubi (Gb 38, 36), come lintelletto
delle forme dellaria con il loro misterioso andare e venire, sorgere e sparire, muoversi
e formarsi, o come le singolari Pleiadi, alte nel cielo, e Orione e lOrsa con i suoi fgli.
6
Si ritiene che le descrizioni dellippopotamo e del coccodrillo (Gb 41, 15 e ss.),
7
siano
state interpolate successivamente. Forse giusto. Ma allora bisogna riconoscere che
linterpolatore ha sentito molto bene lintento ultimo dellintero brano, perch non
fa che portare allespressione pi brutale quanto dicono tutti gli altri esempi. Mentre
quelli ofrono portenta, egli ofre monstra. Ma il mostruoso appunto il misterioso nella
sua brutalit. Non si sarebbe potuto incorrere in esempi pi infelici di queste creature
per illustrare una saggezza divina che pone dei fni. Ma anche questi esempi, come
tutti i precedenti e come lintero contesto, il tenore e il senso del passo in generale,
esprimono in modo magistrale
b
lelemento assolutamente stupendo delleterna po-
tenza creatrice, lelemento quasi demonico, totalmente non-coglibile, lincalcolabile,
il totalmente altro , che si fa befe di ogni comprensione concettuale, che eccita, afa-
scina e riempie lanimo nel profondo. Il mysterium ci cui si mira, in quanto con-
temporaneamente il fascinosum. Questultimo vive anche qui non in concetti chiari, ma
nel tono, nellentusiasmo, nel ritmo stesso dellintera descrizione. E il fascinosum la
4
Gb 39, 30.
5
Otto cita liberamente da Gb 39, 13-17.
6
Gb 38, 31-32.
7
Si tratta in realt del capitolo 40.
b
innegabile ancor oggi che questi monstra hanno un certo efetto di spaventosa edifcazione. Per lo
meno sono veri animali diabolici.
capitolo dodicesimo 248
pointe dellintero passo. In esso risiede la teodicea come soddisfazione e acquietamento.
Il mero mysterium da solo, infatti, non sarebbe che quella inconcepibilit assoluta di
cui sopra : al pi chiuderebbe la bocca a Giobbe, ma non lo convincerebbe interiormen-
te. Si sente qui invece un inesprimibile valore positivo dellinconcepibile. Questo valore
non viene posto in equilibrio con i pensieri di una teleologia umana e razionale e adat-
tato a questi. Resta nel suo mistero. Ma, facendosi sentire, Elohim anche giustifcato
e lanima di Giobbe acquietata.
c
c
In uno scrittore moderno troviamo un vero e proprio controcanto a questo vissuto di Giobbe, inserito
in un racconto novellistico che per suscita una profonda impressione. Nel suo Berufs-tragik, che si trova
nella raccolta Hinter Pfug und Schraubstock [Stuttgart 1889], Max Eyth racconta la costruzione del grandioso
ponte sul braccio di mare nella baia dellEnno. Il pi sottile e profondo lavoro del pensiero e la pi fervida
operosit professionale avevano edifcato questopera, un miracolo dellagire umano sensato e orientato
ad uno scopo. Alla fne, nonostante infnite difcolt e giganteschi ostacoli, pronto. Si erge contro il vento
e le onde. Ed ecco infuria un ciclone e getta nellabisso costruzione e costruttore. Sembra che la completa
insensatezza trionf su quanto vi di pi sensato, come il destino sembra calpestare indiferente virt
e merito. Il narratore racconta di aver visitato la scena di quellorrore e di essersene poi tornato indietro :
Quando raggiungemmo la fne del ponte il vento si era quasi placato. Alto, sopra di noi, il cielo era di un
blu verdognolo e di uno spaesante chiarore. Dietro di noi, come una grande sepolcro scoperto, cera la
baia di Enno. Il Signore della vita e della morte aleggiava sulle acque nella sua quieta maest. Lo sentimmo
come si sente la propria mano. E il vecchio ed io ci inginocchiamo di fronte al sepolcro scoperto e dinanzi a
Lui . Perch si inginocchiarono? Perch dovettero inginocchiarsi ? Di fronte al ciclone e alla violenza cieca
della natura, di fronte a ci che semplicemente onnipotente, non ci si inginocchia. Ma lo si fa di fronte ad
un mistero completamente incomprensibile, manifestamente non manifesto, lanima acquietata, che sente
il come e in ci il diritto di quello.
Capitolo tredicesimo
IL NUMINOSO NEL NUOVO TESTAMENTO
N
el vangelo di Ges si compie quella spinta alla razionalizzazione, moralizzazione
e umanizzazione dellidea di Dio, che viva sin dai pi remoti tempi della tradi-
zione dellantico Israele, specialmente nei Profeti e nei Salmi, e che, in modo sempre
pi ricco e completo, aferma nel numinoso i predicati dei chiari e profondi valori ra-
zionali dellanimo. Si cos giunti a quella forma di fede in Dio Padre , che soltanto
il cristianesimo possiede e che non pu esser oltrepassata da nulla. Ma, anche qui, si
commetterebbe un errore se si ritenesse che questa razionalizzazione sia una esclusione
del numinoso : un fraintendimento al quale porta lodierna descrizione, fn troppo
plausibile, della fede di Ges in Dio Padre, che per certamente non corrisponde
alla tonalit emotiva della prima comunit ; il che pu esser misconosciuto soltanto se
si sottrae allannuncio di Cristo ci che esso, da cima a fondo e dal principio alla fne,
vuole essere: vangelo del Regno . Ma il Regno ce lo mostra di nuovo la ricerca pi
recente che si oppone in tutta fermezza agli addolcimenti razionalistici la grandezza
assoluta del miracolo, il totalmente altro che si contrappone a tutto ci che qui e
ora, il celeste, circonfuso e avvolto dai pi autentici motivi del timore religioso ,
lelemento spaventoso, accattivante del misterioso stesso.* Dal Regno e dal suo
carattere derivano il colore, la disposizione emotiva e la tonalit di ogni relazione ad
esso per coloro che lo annunciano e lo preparano, per la vita e la condotta che ne sono
la precondizione, per la parola che lo annuncia, per la comunit che lo attende e che
lo raggiunge. Tutto viene mistifcato,
1
ossia tutto diventa numinoso. Lo mostra nel
modo pi evidente lautodesignazione della cerchia di chi appartiene ad esso : costoro
defniscono se stessi e si defniscono reciprocamente con il termine tecnico numinoso
santi (die Heiligen). Che ci non signifchi moralmente perfetti senzaltro chiaro:
essi sono, anzi, quelli che appartengono al mysterium della fne dei tempi. quella chia-
ra e del tutto univoca contrapposizione ai profani che abbiamo incontrato sopra.
(Per questo si sono potuti in seguito defnire popolo sacerdotale , designazione che
non ha nulla a che vedere con il nostro sacerdozio universale.) La precondizione di
tutto ci, per, era data col vangelo stesso e con la sua pretesa di essere lannuncio del
Regno che viene.
Il Signore di questo Regno il Padre celeste .** In quanto ne il Signore, non
meno sacro, numinoso, misterioso, qdsh, z:o;, sacer e sanctus del suo Regno, ma lo
molto di pi, in misura assoluta, e, sotto questo proflo, lelevazione e il compimen-
to di tutto ci che lantica alleanza possedeva quanto a sentimento di creaturalit ,
timore sacro e simili. Misconoscere questo signifca trasformare il vangelo di Ges in
un idillio. Il fatto che questi momenti non si presentino propriamente in Ges in forma
di insegnamenti particolari trova il suo fondamento nelle circostanze che sono state
in pi occasioni indicate. E poi, che bisogno avrebbe avuto di insegnare quel che per
1
Otto intende evidentemente far risuonare il senso etimologico del verbo mistifcare, ossia: rendere
mistero .
capitolo tredicesimo 250
ogni ebreo, e in particolare per chiunque credesse nel Regno, assolutamente primo ed
evidente, ossia che Dio il Santo (der Heilige) di Israele ? Ci che egli doveva insegnare
e annunciare non era ovvio, ma era anzi la sua pi propria scoperta e rivelazione, ossia
che proprio questo Santo un padre celeste. Nel suo insegnamento questo punto
di vista doveva essere tutto, tanto pi che era proprio quel punto di vista che la contrap-
posizione in cui si poneva Ges spingeva in primo piano. Tale contrapposizione storica,
che fece emergere il vangelo per reazione, era il farisaismo con la sua schiavit della
legge ed era Giovanni con la sua aspra concezione ascetica del concetto di Dio. Nei
confronti di entrambi il vangelo della flialit e della paternit fu sentito quale giogo
dolce e carico leggero ;
2
ed questo che riempie necessariamente le parabole, i discorsi
e gli annunci di Ges, in modo tale che per il paradosso pi audace e grandioso restasse
il fatto che chi nei cieli nostro Padre.* Che ci che misterioso e temibile nel
cielo sia contemporaneamente una volont di grazia che si approssima per visitarci :
soltanto la risoluzione di questo contrasto costituisce larmonia dellautentico senti-
mento cristiano fondamentale ; e la sente male chi non sente sempre risuonare in essa
questa settima aumentata.
Signifcativo, e per del tutto ovvio, il fatto che la prima richiesta della preghiera della
comunit cristiana cominci subito con: Sia santifcato il tuo nome. Quel che signifca nel
contesto della comprensione biblica, dopo quanto detto precedentemente, chiaro. Pu
essere che occasionalmente anche nelle prediche di Ges riecheggino ancora suoni che
lasciano avvertire qualcosa di quel singolare brivido e orrore di fronte al mistero delloltre-
mondano di cui abbiamo parlato in precedenza. Un passo del genere Mt 10, 28:
Temete piuttosto colui che ha il potere di mandare in rovina corpo e anima nellinferno.
Il suono oscuro e tremendo di queste parole si lascia sentire da s, ed gi una raziona-
lizzazione se lo si vuole riferire semplicemente al giudice e al suo giudizio nellultimo
giorno. E lo stesso suono che riproposto in pieno nelle parole della Lettera agli Ebrei 10,
31:
terrifcante cadere nelle mani del Dio vivente!,
o in Eb 12, 29:
il nostro Dio un fuoco divoratore.*
(La modifca di Dt 4, 24: Il Signore un fuoco divoratore in Il nostro Dio ofre
un contrasto che diverr orribilmente acuto e lancinante.) E quando loccasione lo ri-
chiede torna allo scoperto anche lautentico Dio veterotestamentario della vendetta,
come in Mt 21, 41 :
Malamente uccider i malvagi.
Non necessario insistere sullaura di atmosfera numinosa in Paolo : Dio abita in una
luce cui nessuno pu accedere .
3
Ci che nel concetto e nel sentimento di Dio debor-
dante porta in lui alla terminologia e al vissuto specifco della mistica.
a
In generale, in
2
Cfr. Mt 11, 30.
3
1 Tm 6, 16.
a
Proporrei come defnizione provvisoria della mistica che essa religione con una unilaterale predomi-
nanza del momento irrazionale, che contemporaneamente in estrema tensione verso il debordante. Una
il sacro 251
Paolo si vive nei sentimenti di una disposizione emotiva entusiastica di esaltazione e in
una terminologia pneumatica, che sono entrambe ben al di l del lato solo razionale
della devozione cristiana. La svalutazione dualistica della carne, in quanto elemen-
to creaturale in generale, una estremizzazione di quella autosvalutazione numinosa
di cui si parlato a p. 229 e ss. Queste catastrof e queste peripezie della vita del senti-
mento, questa tragedia del peccato e della colpa, questa incandescenza del vissuto di
beatitudine sono possibili e comprensibili solo sul terreno numinoso. E come lo
O:oc per Paolo qualcosa di pi della mera reazione di una giustizia punitiva, ed
compenetrata dal tremendum del numinoso, cos daltra parte il fascinosum del vissuto
dellamore di Dio, che spinge lo spirito fuori dai suoi limiti e lo porta nel terzo cielo,
qualcosa di pi che la mera assolutezza di un sentimento fliale naturale ed umano.
Lo O:oc potentemente viva nel grandioso passo di Rm 1, 18. Riconosciamo qui
immediatamente lo Jahweh adirato e furioso dellAntico Testamento, che ora per
il Dio delluniverso, spaventosamente potente, che riversa su tutto il mondo la sua ira
divampante. In ci vi lintuizione autenticamente irrazionale, orribile e sublime, di
Paolo, per cui ladirato punisce il peccato con il peccare. In tre punti Paolo ripete questo
pensiero del tutto insopportabile per una considerazione esclusivamente razionale:
Per questo Dio li ha abbandonati allimpurit [...] al disonore dei loro corpi tra loro stessi.
4
Per questo Dio li ha abbandonati a passioni infami.
5
Dio li ha abbandonati ad unintelligenza spregevole, cos che fanno ci che indecoroso, colmi
di ogni sorta di ingiustizia.
6
Per sentire limpeto di queste intuizioni si deve tentare di dimenticare la tonalit emo-
tiva dei nostri teologi dogmatici e dei nostri catechismi ben temperati, per riprovare
il brivido che poteva sentire lebreo di fronte alla collera di Jahweh, lelleno di fronte
allorrore della heimarmene, e luomo antico in genere di fronte allira deorum.
C un altro aspetto in Paolo su cui ancora necessario richiamare esplicitamen-
te lattenzione e che appartiene anchesso necessariamente a questo contesto : la sua
dottrina della predestinazione. Che con lidea della predestinazione ci si trovi in un
ambito assolutamente irrazionale, il razionalista lo sente nel modo pi immediato. A
tale dottrina costui non riesce proprio ad accomodarsi. E del tutto a ragione, perch sul
terreno del razionalista essa labsurdum e lo ozv8zov assoluti. Egli pu forse adattar-
si a tutti i paradossi della Trinit e della cristologia: ma la predestinazione sar per lui
sempre la pi dura pietra dello scandalo.
Non certo nel modo in cui, a partire da Schleiermacher, che segue Leibniz e Spinoza,
fno a oggi, talvolta viene presentata. Qui, infatti, non vi che una semplice capito-
lazione di fronte alla legge di natura e alle causae secundae , e una concessione alla
pretesa della psicologia moderna secondo cui tutte le decisioni e le azioni delluomo
sottostanno alla coercizione dei motivi; secondo cui, dunque, luomo non libero ma
predeterminato da questi. E si identifca una tale predeterminazione ad opera della
natura con lazione divina universale, in modo tale che alla fne la profonda intuizione,
4
Rm 1, 24.
5
Rm 1, 26.
6
Rm 1, 28-29.
religiosit ottiene una coloritura mistica quando ha una propensione a ci. In questo senso, il cristiane-
simo, a partire da Giovanni e Paolo, non mistica, ma una religione con coloritura mistica. E questo
legittimo.
capitolo tredicesimo 252
puramente religiosa, della preordinazione divina, intuizione che non sa nulla di leggi di
natura, trascorre nel pensiero banale, proprio delle scienze della natura, di un intreccio
universalmente valido di cause. Non pu darsi una speculazione pi apocrifa, una fal-
sifcazione pi fondamentale delle concezioni religiose. Non afatto con questa che se
la prende il razionalista, perch essa da cima a fondo razionalistica ; anzi, in verit la
completa eliminazione della stessa idea religiosa.
Questultima ha una duplice scaturigine ed in se stessa divisa in due momenti del
tutto distinti. Bisognerebbe indicarla con due nomi che andrebbero tenuti decisamente
separati. Unidea infatti quella dellelezione; laltra, modulata in modo essenzial-
mente diverso, quella della vera e propria predestinazione.
Lidea dellelezione, ossia dellesser eletti e preordinati da Dio alla salvezza, si d
immediatamente come pura espressione del vissuto religioso della grazia. Chi ha rice-
vuto la grazia, quando torna con lo sguardo su se stesso, riconosce e sente in misura
crescente che non divenuto ci che per mezzo delle proprie azioni o dei propri sfor-
zi, ma che senza il suo volere e potere gli stata concessa la grazia, che lo ha aferrato,
spinto e guidato. E anche le sue decisioni e adesioni pi proprie e pi libere diventano
per lui, senza che si perda il momento della libert, qualcosa che egli ha vissuto piutto-
sto che operato. Prima di ogni agire proprio egli vede allopera lamore salvifco che lo
cerca e lo sceglie, e riconosce un decreto eterno della grazia su di lui, che appunto una
pre-ordinazione. Questultima una preordinazione alla sola salvezza. Non ha nulla
a che fare con la praedestinatio ambigua, cio con la pre-determinazione di tutti gli
uomini o alla salvazione o alla dannazione. La conseguenza logico-razionale, per cui
se Dio ha eletto uno e non un altro bisogna concluderne che Egli destina gli uni alla
beatitudine e gli altri alla perdizione, non viene qui tratta, n lecito trarla, perch si
tratta di unintuizione religiosa che come tale sta e vale del tutto a s, che non afatto
suscettibile di sistematizzazione e di manipolazioni logiche : tentare qualcosa del gene-
re signifca farle violenza. Da questo punto di vista Schleiermacher, nei suoi discorsi
sulla religione, a buon diritto dice:
Ogni (intuizione) un opera che sussiste per s [...] di deduzioni e collegamenti essa non sa
nulla.
b
Dallelezione va distinta la predestinazione nella forma in cui compare in Paolo in Rm
9, 18:
Dio misericordioso con chi vuole e indurisce chi vuole.
Qui il pensiero dellelezione, che in Paolo forte, risuona certo chiaramente. Ma la
rifessione del versetto 20 evidentemente modulata su un tono totalmente altro:
O uomo, chi sei tu che vuoi questionare con Dio? Osa forse dire lopera a chi lha plasmata :
Perch mi hai fatto cos?.
Questa unargomentazione che non rientra nella serie di pensieri dellelezione.
Ancor meno, per, scaturisce da una dottrina astrattamente teorica delluniversale
causalit di Dio, quale compare in Zwingli : anche questultima produce una dottrina
della predestinazione , la quale per un prodotto artifciale della speculazione floso-
b
Cfr. le Reden di Schleiermacher ber die Religion, a cura di R. Otto, terza edizione, Gttingen [1913], p.
31.
il sacro 253
fca, ma non il risultato di un sentimento religioso forte e immediato. E anche questul-
timo in efetti c, e senza dubbio in Paolo fondamentale. Lo riconosciamo facilmente
come sentimento numinoso di fronte al mysterium tremendum e la sua caratteristica,
quale ci si presentata sopra nel raccconto di Abramo, torna qui, ma in forma enorme-
mente raforzata. La concezione religiosa del pensiero della predestinazione, infatti, non
altro che quel sentimento di creaturalit, quello sprofondare, quellannullamento
della propria forza, del proprio diritto e del proprio agire, di fronte alloltremondano
come tale. Il numen, vissuto come ultrapotente, diviene tutto in tutto. La creatura, con
la sua essenza, con il suo agire, il suo correre e afaccendarsi, progettare e decidere,
diviene nulla. Lespressione analogico-concettuale per un simile sprofondamento nel
sentimento di fronte al numen allora impotenza e inanit del proprio scegliere, da una
parte, e onnipotenza, che tutto determina e dispone, dallaltra.
Anche la predestinazione, identica allassoluta ultrapotenza del numen, non ha dun-
que innanzitutto nulla a che fare con una volont non libera ; anzi, molto spesso essa
si trova di fronte proprio la volont libera e solo cos acquista rilievo. Vogli ci che
vuoi e come puoi ; progetta e scegli liberamente : tutto deve per andare come deve e
come determinato : questa lespressione prima e pi autentica della cosa. Luomo
si annulla, insieme al suo libero scegliere e agire, di fronte alla potenza eterna e questa
cresce a dismisura proprio per il fatto di eseguire i propri decreti nonostante la libert del
volere umano. Numerosi esempi di racconti islamici, che vogliono illustrare linfessi-
bilit dei decreti di Allah, sottolineano intenzionalmente proprio questo lato della cosa.
Qui gli uomini possono progettare, scegliere, rigettare : in qualunque modo scelgano e
agiscano, leterna volont di Allah si impone, nel giorno e nellora stabiliti. Quanto qui
si intende innanzitutto mostrare non lonnipotenza e lunicit dellagire, ma lassoluta
soprafazione e determinazione dellagire della creatura, ancora tanto forte e libero, da
parte della scelta e dellazione eterne.
Solo quando il sentimento di creaturalit si accresce ancora, viene oltrepassato e per
lo pi si intreccia con considerazioni teoretiche, solo allora si ottiene il pensiero di un
agire onnipotente e assoluto della divinit. Allora esso conduce alla mistica ed solo
una nuova e ulteriore conseguenza se nella mistica si allacciano anche le sue peculiari
speculazioni sullessere. Non solo lagire, ma anche la vera e propria realt, il pieno es-
sere stesso viene allora negato alla creatura, e ogni essere, ogni pienezza dessere viene
attribuita allassoluto ente. Esso soltanto reale; e ogni essere della creatura soltanto
o una funzione del suo essere Esso la fa essere o in generale soltanto apparenza.
Queste connessioni possono essere riconosciute in modo particolarmente chiaro nella
mistica di Geulincx e degli occasionalisti: Ubi nihil vales, ibi nihil velis.
7
La punta mistica risuona talvolta anche in Paolo, nelle sue misteriose parole sulla
fne di tutte le cose, dove Dio sar tutto in tutto.
8
Ma quel passo della Lettera ai Roma-
ni porta solo fno al pensiero della predestinazione stessa, che per non altro che un
ideogramma e lespressione concettuale di un sentimento di creaturalit intensifcato,
e si radica totalmente nel numinoso.
Che debba esser cos lo si pu chiarire anche con unaltra considerazione. Se il sen-
timento del numinoso, in quanto sentimento di creaturalit, realmente la vera e
7
Cfr. A. Geulincx, Metaphysica vera (1691), I, 11, in Id., Opera philosophica, a cura di J. P. N. Land, Den
Haag 1893, ii, p. 155.
8
Cfr. 1 Cor 15, 28 e Col 3, 11.
capitolo tredicesimo 254
propria radice della predestinazione, c allora da aspettarsi che quella religiosit, che
prevalentemente e unilateralmente determinata da momenti irrazionali nellidea di
Dio, sia anche quella pi incline al predestinazionismo. E proprio questo, evidentemen-
te, il caso. Nessuna religione tanto caratterizzata dal predestinazionismo quanto
lIslam, la cui peculiarit nel fatto che qui il versante razionale, e specialmente etico,
dellidea di Dio sin dallinizio non riusc ad ottenere quella solida e chiara impronta che
ha, per esempio, nel giudaismo o nel cristianesimo. Il numinoso in Allah assoluta-
mente preponderante. Si critica lIslam perch in esso il comando etico ha il carattere
della casualit e vale in virt della casuale volont della divinit. La critica del
tutto corretta, solo che la questione non ha nulla a che vedere con il caso. Il punto
piuttosto che il numinoso, lelemento inquietante-demonico di Allah, sopravanza il
razionale. E appunto perci si spiega anche ci che si soliti chiamare il tratto fana-
tico di questa religione. Un sentimento sovreccitato e selvaggio del numen, che non
temperato dai momenti razionali : questa ovunque lessenza del fanatico.
Con quanto precede si anche dato un giudizio di valore sul pensiero della prede-
stinazione, che come tale il tentativo di esprimere in modo analogico e concettuale
qualcosa che in fondo non esplicitabile in concetti. In quanto espressione analogica
ha il suo pieno diritto. Ma diventa immediatamente summa injuria se se ne disconosce il
carattere soltanto analogico e la si assume come teoria e come espressione adeguata. In
tal caso, per una religione razionale come il cristianesimo, diviene addirittura perniciosa
e insopportabile, per quanto si tenti di renderla innocua con abili artifci per aggirarla.
Vi anche un altro momento del pensiero di Paolo che, come il pensiero della pre-
destinazione, afonda le sue radici nel numinoso: la sua completa svalutazione della
carne, che in lui non altro che la datit della creaturalit in genere. Questultima,
come abbiamo visto a p. 213 e a p. 229, viene svalutata dal sentimento numinoso rispet-
to alloltremondano tanto dal lato dellessere, quanto da quello del valore: in quanto
terra e cenere , nulla, dipendenza, debolezza, caducit e mortalit, dal primo punto
di vista ; in quanto profanit, impurit, incapacit del valore del sacro e di vicinanza ad
esso, dal secondo. Nelle rappresentazioni di Paolo ritroviamo esattamente entrambi i
tipi di svalutazione : ci che specifcamente paolino lintensit e la pienezza di questa.
Donde Paolo tragga questo grado di intensit, se da s o dallinfuenza di un ambiente
dualistico, una questione a s. Continuit e derivazioni storico-genetiche non de-
terminano nulla dellessenza del valore di una cosa, e si pu per lo meno osservare che
negli impulsi pi autentici della devozione numinosa gi veterotestamentaria vi erano
forti presupposti per tali infuenze. Anche qui br, la carne, gi principio sia
dellessere terra e cenere, sia dellimpurit della creatura di fronte al sacro.
Come in Paolo, cos anche in Giovanni la trama numinosa marcata. Come spesso
accade nella mistica, il momento del tremendum si smorza, senza sparire del tutto, per-
ch anche in Giovanni :v:: o ,
9
nonostante Ritschl : ma tanto pi forte qui
il mysteriosum e il fascinosum in fgura, appunto, mistica. In Giovanni il cristianesimo
assorbe dalle religioni concorrenti a; e ,a :
c
a buon diritto, visto che solo qui
9
Persiste lira.
c
E con ci assorbe anche quelle, secondo il diritto del pi forte. Da allora questi elementi gli apparten-
gono inseparabilmente, come ci che gli proprio. Infatti quando la potente forza dello spirito gli elemen-
ti / per s ha aferrato, nessun angelo separ / la duplice natura unifcata dei due che son nellintimo uno
[cfr. J. W. Goethe, Faust, ii, 5, vss. 11958-9], meno che mai la critica flologica.
il sacro 255
giungono a casa. Ma cosa sono ? Per non sentirlo bisogna essere di legno. Ma nessuno
in grado di dirlo : neanche Giovanni lo dice, in nessun luogo. Esse sono un aspetto
debordante dellirrazionale.*

Capitolo quattordicesimo
IL NUMINOSO IN LUTERO
I
l sentimento del numinoso vive in modo straordinariamente potente nel cattolicesi-
mo, nel suo culto, nella sua simbolica sacramentale, nella forma apocrifa della fede
nei miracoli e della leggenda, nei paradossi e nei misteri del suo dogma, nelle trame
platonico-plotiniane e dionisiache delle idee cui esso d forma, nella solennit delle
sue chiese e delle sue cerimonie, e in modo particolare nello stretto contatto tra la sua
devozione e la mistica ; tale sentimento vive molto meno, anche qui, per le ragioni gi
indicate, nei suoi sistemi dottrinali ufciali. In particolare da quando i grandi moderni
hanno connesso Aristotele e il metodo aristotelico con la dottrina della Chiesa, sosti-
tuendolo al platonismo, ha avuto qui luogo una forte razionalizzazione, che la prassi
e la vita del sentimento non hanno seguito, e alla quale non hanno mai aderito. Ci che
qui si scontra sotto la forma del platonismo e dellaristotelismo, nonch la persi-
stente protesta contro i moderni in genere, non in buona parte altro che la lotta tra il
momento razionale della religione cristiana e quello irrazionale. Anche nella protesta
di Lutero contro Aristotele e i theologi moderni agisce in modo chiaramente riconoscibi-
le la medesima contrapposizione.
Si conosceva lo stesso Platone soltanto in modo molto insufciente e lo si interpreta-
va attraverso Plotino e Dionigi. Era per corretto il sentimento che portava a scegliere
come parole dordine di quella contrapposizione di tonalit emotive Platone e Ari-
stotele . Certo, lo stesso Platone aveva potentemente contribuito alla razionalizzazio-
ne della religione. Secondo la sua flosofa la divinit era divenuta identica allidea del
bene, era dunque divenuta qualcosa di completamente razionale e concettuale. Ma
lelemento caratteristico nel modo platonico di pensare che per lui la flosofa e la
scienza sono troppo anguste per abbracciare linterezza della vita dellanimo umano.
In realt egli non ha alcuna flosofa della religione. Coglie questultima con mezzi
completamente diversi da quelli del pensiero concettuale, ossia con gli ideogrammi del
mito, con lentusiasmo e la mania. Rinuncia al tentativo di portare loggetto religioso
insieme agli oggetti dellepisteme, ossia della ratio, in un sistema della conoscenza: con
ci tale oggetto non gli si rimpicciolisce, ma diviene pi grande, e contemporaneamen-
te ci che di quelloggetto completamente irrazionale arriva al sentimento in modo
sommamente vivo. E non soltanto al sentimento, ma anche allespressione. Nessuno
pi di questo maestro del pensiero ha afermato in modo tanto deciso che Dio al di
sopra di ogni ragione, non soltanto incomprensibile, ma anche non coglibile:
tov :v ocv no:tv [...] :c::v t: :ov z: :covtz ::; nzvtz; z8cvztov :::v.
a 1
Aristotele molto pi teologico di Platone, ma molto meno religioso quanto a tonalit
emotiva, ed assolutamente razionalista nella sua teologia. E questa contrapposizione
si ripete in coloro che si riconoscono nelluno o nellaltro.
1
difcile trovare il creatore, ed impossibile che chi lha trovato lo annunci a tutti .
a
Timeo, 27 [sc. : 5, 28c].
capitolo quattordicesimo 258
Sin dai tempi dei pi antichi Padri, con lassunzione dellantica dottrina dellznz::z
della divinit, la dottrina della Chiesa ha subito unaltra infuenza che ne ha attutito
lelemento irrazionale. Il Dio della teologia greca, e in particolare stoica, era costruito
sullidea del saggio, che supera le sue passioni e i suoi afetti e diviene znz;. Si
cercato di assimilare questo Dio al Dio vivente della Scrittura. Come gi accen-
nato sopra, anche in questa lotta agisce inavvertitamente la contrapposizione tra il
momento razionale e quello irrazionale nel divino. Soprattutto Lattanzio, nel De ira
Dei, combatte contro questo Dio dei philosophi; e lo fa intensifcando gli stessi termini
del tutto razionali della vita di sentimento umana. Egli fa di Dio, per dir cos, un ani-
mo colossale, di uneccitabile ed eccitata vitalit. Ma chi lotta in questo modo per il
Dio vivente, lotta, senza accorgersene, per quellelemento divino in Dio che non si
esaurisce nellidea di un ordine del mondo, di un ordine morale, di un principio delles-
sere. Molte delle espressioni di Lattanzio aferrano e indicano qualcosa di pi elevato.
Citando Platone, aferma:
Quid omnino sit deus, non esse quaerendum: quia nec inveniri possit nec enarrari.
b 2
In generale Lattanzio ama accentuare lincomprehensibilitas di Dio:
quem nec aestimare sensu valeat humana mens nec eloqui lingua mortalis. Sublimior enim ac
maior est quam ut aut cogitatione hominis aut sermone comprehendi.
c 3
Egli ama lespressione della majestas Dei e rimprovera ai flosof di giudicare in modo
sbagliato circa la singolare maest di Dio: sente il tremendum della majestas quando
sostiene che Dio si adira, quando esige il timore quale tratto fondamentale della
religione, quando aferma:
Ita ft, ut religio et majestas et honor metu constet. Metus autem non est ubi nullus irascitur.
d 4
Aferma che un Dio che non pu adirarsi, non pu nemmeno amare. E un Dio che non
pu n luna, n laltra cosa immobilis e non il Deus vivus della Scrittura.
Nel Medioevo lantica lotta di Lattanzio contro il Deus philosophorum rivive nella
lotta di Duns Scoto per il Dio della volont e per la validit di questultima, nella reli-
gione, di contro al Dio dellessere e alla conoscenza. E i momenti irrazionali, qui
ancora latenti, erompono pienamente in Lutero, in certe sue peculiari concatenazioni
di pensiero.
In Lutero questo momento stato in seguito silenziosamente messo da parte e vie-
ne oggi volentieri trattato come apocrifo, come residuo scolastico di speculazione
nominalistica. Curioso, allora, che un simile residuo scolastico abbia avuto, come
evidente, una simile potenza nella vita dellanimo di Lutero. In verit non si tratta di un
residuo, ma, senza alcun dubbio, di sfondi misteriosi e oscuri, quasi spaesanti, della
sua devozione, dai quali soltanto propriamente si stacca la chiara beatitudine e la gioia
2
Che cosa mai sia Dio, non lo si deve chiedere, perch non lo si potrebbe trovare, n dire.
3
Lo spirito umano non in grado di stimarlo, n pu esprimerlo una lingua mortale. pi sublime e
pi grande, di quanto il pensiero o il discorso umano siano in grado di aferrare.
4
Cos accade che religione, maest e venerabilit riposino sulla paura ; ma non vi paura dove nessuno
si adira .
b
Op[era], ed. [O. F.] Fritzsche, [vol. 2, Lipsiae 1844], p. 227.
c
P. 116.
d
P. 218.
il sacro 259
della sua fede nella grazia : su quel contraltare che queste ultime debbono esser viste
se le si vuole apprezzare nella loro piena forza e profondit. Da qualsiasi parte gli siano
venute le sollecitazioni, se dal nominalismo o dalle tradizioni dottrinali del suo ordine,
qui si tratta di moti del tutto originari dello stesso sentimento numinoso, secondo quei
suoi momenti tipici che abbiamo conosciuto. Questo confermato anche dal fatto che
in lui tali momenti si presentano al completo, rimandando cos al loro fondamento
comune.
1. Prescindiamo qui dai molti fli che legano la sua devozione alla mistica ; fli che
allinizio sono robusti, poi pi deboli, ma che non scompaiono mai completamente.
Prescindiamo anche dalla sopravvivenza dellelemento numinoso del culto cattolico
nella sua dottrina della Cena, la quale non interamente derivabile n dalla sua dot-
trina del perdono dei peccati, n dalla sua sottomissione a ci che sta scritto . Per noi
sono importanti, invece, le sue mirae speculationes su ci che in Dio non rivelato
a diferenza della facies Dei revelata , sulla divina majestas e sulla omnipotentia Dei
in contrapposizione alla sua gratia , quali sono esposte nel De servo arbitrio. Poco
importa indagare fno a che punto egli abbia mutuato queste dottrine da Scoto : esse
sono strettamente dipendenti dalla sua pi propria e intima vita religiosa ; erompono
da questa in modo del tutto autentico e originario e come tali vanno esaminate. Lute-
ro stesso assicura energicamente che non insegna queste cose solo come controversie
di scuola o conclusioni flosofche, ma perch appartengono alla devozione stessa del
cristiano, il quale deve saperle in vista della sua fede e della sua vita. Rimprovera la
scaltra cautela di Erasmo, che sosteneva le si dovesse nascondere almeno al popolo, le
proclama egli stesso in una predica pubblica (sul libro dellEsodo, a proposito dellin-
durimento del Faraone) e le scrive nella lettera agli abitanti di Anversa.
5
Prossimo alla
morte, Lutero dichiara ancora di riconoscere il trattato De servo arbitrio come quello
pi suo.
Avere un Dio non signifca altro che fdarsi di Lui di cuore, dice nel Groer Kate-
chismus; e per lui Dio colui che si spande in pura bont. Ma il medesimo Lutero
conosce gli abissi e le profondit della divinit, che gli avviliscono il cuore, di fronte ai
quali si rifugia, come un tasso in un crepaccio, nella Parola, nel sacramento, nellas-
soluzione, nel conforto della predicazione istituzionale del Doctor Pommeranus,
6
ma,
in generale, in ogni parola di conforto e promessa, in ogni promissio nei Salmi e nei
Profeti. Ma lo spaventoso, che egli rifugge nello stato danimo, che si ripete di fre-
quente, di un angoscioso rabbrividire, non solo il giudice severo che esige giustizia,
perch questo senzaltro anche Dio rivelato . Si tratta invece sempre del Dio secon-
do la sua non rivelazione, nella tremenda maest del suo stesso essere Dio: colui di
fronte al quale trema non soltanto chi ha trasgredito una legge, ma la stessa creatura
nella sua creaturalit non coperta. Lutero osa chiamare persino questo elemento
tremendo-irrazionale in Dio come Deus ipse, ut est in sua natura et majestate (in efetti
unassunzione pericolosa e falsa, perch il lato irrazionale nella divinit non afatto
tanto diverso da quello razionale, quasi che questo pertenesse ad essa in modo meno
essenziale di quello !).
I relativi passi del De servo arbitrio sono citati abbastanza spesso. Ma ci si abbandoni
5
Sendschreiben an die Christen zu Antwerpen (1525), Weimarer Ausgabe, 18, pp. 547-550.
6
Johannes Bugenhagen, nato nel 1485 a Wollin (Pomerania) e morto nel 1558; Stadtpfarrer di Wittenberg
dal 1523, celebr nel 1525 il matrimonio di Lutero.
capitolo quattordicesimo 260
allefetto del passo seguente, tratto dalla predica su Es 20,
e
per rendersi conto dellele-
mento quasi demonico di questo sentimento numinoso. Lutero non lascia nulla di in-
tentato per rafgurare ci che vi di orrendo nel testo e per portarlo ad efetto:
Certo, per il mondo sembra che Dio sia uno che apre la bocca solo per sbadigliare, un cornuto,
un buon uomo che permette che un altro vada a letto con sua moglie e fa fnta di non veder
nulla,
ma
egli inghiotte uno e ne prova un tale piacere che viene spinto dal suo zelo e dalla sua collera a
divorare i malvagi. Quando comincia, non smette pi. [...] Impareremo come Dio sia un fuoco
divoratore che distrugge tutto e arde da ogni lato. il fuoco che divora e ighiotte.
f
E se peccherai ti
divorer :
g
perch Dio un fuoco che divora, inghiotte e arde, vi uccide come il fuoco divora una
casa, la rende polvere e cenere.
h
E in un altro passo:
pi terrifcante e ripugnante del diavolo. Perch agisce e ci tratta con violenza, ci tormenta e
ci martoria, e non bada a noi.
i
Nella sua maest un fuoco divoratore.
l
Nessun uomo sulla terra
pu fare a meno di questo : quando pensa davvero a Dio gli trema il cuore nel petto e vorrebbe
fuggire dal mondo. Appena sente nominare Dio si fa timoroso e timido.
m
* il numen assoluto, sentito qui unilateralmente dal versante del tremendum e della
majestas. Se sopra, per denominare questo versante del numinoso, ho introdotto queste
parole, perch mi ricordavo dei termini di Lutero: li ho mutuati dalla sua divina ma-
jestas e dalla metuenda voluntas che da quando mi sono occupato per la prima volta
di Lutero mi sono rimaste nellorecchio.** Sul De servo arbitrio di Lutero si formata la
mia comprensione del numinoso e della sua diferenza dal razionale, molto prima che
la ritrovassi nel qdsh dellAntico Testamento e nei momenti del timore religioso
nella storia della religione in generale.
Bisogna aver visto queste profondit e questi abissi per capire poi correttamente cosa
signifchi che sia il medesimo uomo quello che cerca di porre lintero cristianesimo
nella fede fduciosa. Quanto abbiamo detto della devozione del vangelo e del paradosso
della fede in Dio Padre ritorna nel vissuto di devozione di Lutero con una acutizzazione
inaudita. Che linavvicinabile si faccia vicino, che il sacro sia pura bont, che la majestas
si faccia familiare, questo il cuore della questione ; il quale viene ad espressione solo
in modo assai confuso nelle pi tarde dottrine di scuola, quando lelemento mistico
dello , che non altro che la sacralit stessa, informato dal bene, viene messo unila-
teralmente in rapporto con la giustizia di Dio.
2. Una volta che il sentimento numinoso si sia destato, poich esso una unit, ci
aspettiamo che al comparire di uno dei suoi momenti facilmente compariranno an-
che gli altri : infatti in Lutero li troviamo, in primo luogo nella serie di pensieri che ho
chiamato giobica. Abbiamo visto sopra che nel Libro di Giobbe pi questione della
e
L[uthers] W[erke], Erl[anger] Ausg[abe] 36, pp. 210 e ss.
f
P. 222.
g
P. 231.
h
P. 237.
i
[Erlanger Ausgabe] 35, p. 167.
l
L. W., Erl. Ausg. 47, p. 145.
m
[Erlanger Ausgabe] 50, p. 200.
il sacro 261
majestas mysteriosa del numen che non della majestas tremenda ; questione cio dellirra-
zionale in senso stretto, di ci che paradossale e dunque non coglibile, di quel che si
contrappone a ci che ragionevole e che ragionevolmente ci si dovrebbe aspettare,
di quel che alla ragione non va a genio. A ci si indirizzano le violente invettive di Lu-
tero contro la ragione prostituta, che appaiono necessariamente grottesche se non
si compreso il problema dellirrazionale nel concetto di Dio; ma anche, in un senso
particolare, certe formulazioni che in modo del tutto tipico tornano in Lutero e che
mostrano il suo forte sentimento per il momento irrazionale della divinit in generale.
Qui i passi pi interessanti sono quelli nei quali arriva a potenti paradossi e non quelli in
cui presenta questo sentimento con la moneta spicciola delledifcazione popolare, che
si accontenta del fatto che le vie di Dio sono troppo elevate per noi uomini. Egli riesce
a parlare molto semplicemente e comunemente di come il nostro Dio sia un Signore
bizzarro e a riportare questo al fatto che non ragiona e valuta come il mondo, che si
mette dalla parte degli umili e dei piccoli, che ci abitua alla sua guida per vie bizzarre.
Ma in Lutero, queste espressioni si radicalizzano in un modo che tipicamente suo. In
generale, Dio per lui mysteriis suis et judiciis impervestigabilis;
7
egli prova la sua vera
majestas come in Giobbe in metuendis mirabilibus et iudiciis suis incomprehensibili-
bus;
8
nella sua essenza Egli assolutamente nascosto ad ogni ragione; senza misura,
legge e scopo e agisce in ci che del tutto paradossale:
ut ergo fdei locus sit, opus est ut omnia quae creduntur abscondantur.
9
E non si tratta soltanto di notare questo paradosso incomprensibile e piegarsi ad esso,
ma di rendersi conto che appartiene al divino ed proprio il suo segno distintivo:
Si enim talis esset eius iustitia, quae humano captu posset iudicari esse iusta, plane non esset
divina et nihilo diferet ab humana iustitia. At cum sit Deus verus et unus deinde totus incom-
prehensibilis et inaccessibilis humana ratione, par est, imo necessarium est, ut et iustitia sua sit
incomprehensibilis.
n 10
Lespressione teologica per limbarazzo nel trovare una defnizione per i momenti
dellirrazionale e del misterioso, la ripugnante teoria che Dio sarebbe exlex, che
il bene buono perch Dio lo vuole, e non che Dio vuole il bene perch buono ; la
teoria di una volont assolutamente arbitraria in Dio che in efetti farebbe di Lui un
despota capriccioso. Dottrine come questa compaiono con particolare forza nella
teologia islamica; il che immediatamente comprensibile se giusto quanto abbia-
mo afermato circa il fatto che sono espressioni imbarazzate dellirrazionale-numinoso
nella divinit e che proprio nellIslam tale momento predominante. Le ritroviamo in
questa connessione anche in Lutero ;
o
ma in questo fatto vi in pari tempo una scusan-
te per tali horrenda che in efetti sono in s blasfemi: ci che ha condotto a simili cari-
7
Nei suoi misteri e nei suoi giudizi inindagabili .
8
Nei suoi miracoli spaventosi e nei suoi giudizi incomprensibili .
9
Afnch vi sia spazio per la fede, allora tutto ci che creduto deve esser nascosto.
10
Se infatti la sua giustiza fosse tale da poter essere riconosciuta come giusta dalla facolt umana di
apprensione, allora chiaramente non sarebbe divina e non si distinguerebbe in nulla dalla giustizia umana. Ma
poich Dio uno e vero, e per di pi incomprensibile e inaccessibile alla ragione umana, opportuno, forse
necessario che anche la sua giustizia sia incomprensibile.
n
Wei[marer] Ausg[abe] 18, p. 784. Cfr. la lunga spiegazione in Erl. Aus. 85, p. 166.
o
Cfr. Erl. Ausg. 35, p. 166.
capitolo quattordicesimo 262
cature stato un difetto di psicologia e nella scelta di mezzi espressivi, non il disprezzo
nei confronti dellassolutezza dellethos.
3. Secondo il punto di vista che abbiamo esposto, con simili sentimenti fondamentali
doveva necessariamente comparire, a suo tempo, la dottrina della predestinazione; qui
non necessario postulare, come in Paolo, linterno intreccio emotivo tra quei senti-
menti e questa dottrina : essa gi evidentemente manifesta nel De servo arbitrio. Qui
luna dipende dagli altri in modo del tutto chiaro e con una coappartenenza dessenza
tanto presente al sentimento, che questo scritto diviene per noi la chiave psicologico-
religiosa per manifestazioni afni.
4. Solo raramente questi elementi puramente numinosi del suo sentimento religioso
vengono cos prepotentemente alla luce come nel De servo arbitrio. Nei combattimenti
con la desperatio e con Satana, nelle frequenti catastrof e malinconie, nella ricerca af-
fannosa e sempre rinnovantesi della grazia, che lo ha portato alla soglia della malattia
mentale, agisce qualcosa di pi dei soli fondi razionali dellanima. Anche quando par-
la con espressioni solo razionali del giudizio, della punizione o della severit di Dio,
dobbiamo sentir risuonare i momenti profondamente irrazionali di tale timore reli-
gioso, se vogliamo intendere tali espressioni nel senso di Lutero. Anche una simile
ira di Dio ha in s spesso, forse sempre, qualcosa della collera di Jahweh, dello del
numinoso. Questa circostanza ci porta oltre. Nelle espressioni di un Dio non rivelato
e della tremenda majestas tornano evidentemente solo quei momenti del numinoso che
abbiamo innanzitutto incontrato a p. 209 e ss., in particolare il tremendum, il momento
repulsivo del numinoso. Ma che ne del fascinosum in Lutero ? Al suo posto troviamo
soltanto i predicati razionali dellesser degno di fducia e dellamore, nonch i momenti
dellanimo che a ci corrispondono, ossia la fede e la fducia? Evidentemente no. Qui il
fascinosum completamente intessuto in questi momenti, in essi e con essi compare,
espresso e risuona. Si consideri quanto si detto in precedenza, a p. 228, circa lin-
treccio dellirrazionale e del razionale, e circa il senso pi profondo che assumono le
espressioni razionali. Come lelemento delloltremondano che fa rabbrividire incluso
nel Dio della severit, della punizione e della giustizia, cos il suo aspetto beatifcante
incluso nel Dio che si riversa con pura bont. Risiede nel concetto di fede di Lutero,
ossia nel suo carattere debordante e mistico. Il collegamento di Lutero con la mistica
non pu qui essere ignorato. Certo, al posto della conoscenza e dellamor di Dio,
in Lutero compare in misura sempre pi intensa la fede; il che signifca una grandiosa
modifcazione dellintero mondo emotivo religioso rispetto alla tonalit emotiva della
mistica. Ma, nonostante ogni modifcazione, evidente che la fede di Lutero conserva
tratti molto determinati che la collocano dalla parte delle funzioni mistiche dellani-
ma e che la distinguono chiaramente dalla determinatezza razionale e dalla misura
ben temperata della fede della dottrina luterana scolastica. Come la conoscenza e
lamore, cos la fede, per Lutero, resta costantemente e fno alla fne la peculiare fa-
colt dellanima della adhaesio Dei, che unisce luomo con Dio. Ma lunifcazione il
marchio della mistica; e quando Lutero aferma che la fede impasta luomo con Dio
o che essa lo
11
contiene sicut annulus gemmam , non parla per immagini, o per lo meno
non pi di quanto lo faccia Taulero quando dice lo stesso dellamore. Anche per Lutero
la fede qualcosa che non si esaurisce in concetti razionali e per la cui designazione
11
Nelledizione Beck il pronome, del quale in efetti difcile capire il riferimento, sostituito da Cri-
sto .
il sacro 263
sono necessarie simili immagini. La fede per lui quel centro dellanima, che per i
mistici era il fondo dellanima, in cui si compie lunifcazione. La fede, inoltre, la cosa
attiva, potente, creatrice in noi, lafetto pi forte, che si trova in stretta parentela con
l:voco:z,:oz:. Assume le funzioni che tutti gli entusiasti, a partire da Paolo, hanno
sempre attribuito al nv:cz.
p
la fede che ci trasforma interiormente e ci fa nascere
di nuovo : da questo punto di vista del tutto simile allamor mysticus, per quanto ne
diferisca secondo la sua interna disposizione emotiva. Nella beatitudine della certitudo
salutis, che essa aferra, e nella tonalit entusiasta della fede fliale di Lutero, ritornano,
attutiti, i sentimenti fliali di Paolo, che sono pi della mera consolazione dellanima e
della tacitazione della coscienza, o del mero sentirsi al sicuro. Tutti i mystici posterio-
ri, da Johann Arndt
12
fno a Spener
13
e Arnold
14
hanno sempre sentito congeniale e afne
12
Gli scritti mistici e devozionali di Johann Arndt (1555-1621), in particolare i Bcher vom Wahren Christen-
tum e il Paradiesgrtlein voller Christlicher Tugenden, ebbero una profonda infuenza su Spener e sul pietismo
in genere.
13
Philipp Jacob Spener (1635-1705) il fondatore di quel movimento di rinnovamento spirituale interno
al luteranesimo che va sotto il nome di pietismo. Quali rimedi alla orribile corruzione che riscon-
tra nella Chiesa luterana, Spener propone i sei pia desideria (che danno il titolo alla sua opera principale,
pubblicata nel 1675): difusione della Sacra Scrittura, restaurazione del sacerdozio universale, pratica delle
virt cristiane, amore nella polemica, recupero dellinteresse per la salvezza accanto a quello per lo studio,
riorientamento della predicazione sul tema centrale delluomo nuovo.
14
Gottfried Arnold (1666-1714), teologo luterano pietista e storico della Chiesa e delle eresie. La sua
opera principale, che ebbe notevole infuenza sullilluminismo tedesco, una storia imparziale dei movi-
menti eretici (Unparteyische Kirchen- und Ketzer-Historie,1699). Fu anche autore di numerosi inni religiosi.
p
Cfr. R. Otto, AHG, il capitolo su Geist und Glaube, pp. 25-46. Si confronti anche, nella stessa opera, la
ricerca sul concetto di fede di Lutero, che per lui non soltanto confdere e fducia, ma adhaerere Deo con
il sentimento e la volont. Si studi quindi il pregevole scrittarello di Alberto Magno, De adhaerendo Deo,
per riconoscere lintima connessione di Lutero con la mistica, quanto al suo concetto di fede. Si veda in
particolare il capitolo xii, De amore Dei, quod efcax sit : in questo capitolo Lutero non dice nulla sulla forza
rigeneratrice, giustifcante e santifcante della fede, che non sia detto anche dellamor mysticus : Solus amor
est, quo convertimur ad Deum, transformamur in Deum, adhaeremus Deo, unimur Deo, ut simus unus spiritus cum
eo, et beatifcemur cum eo. Lamor qui la cosa attiva potente creatrice che ci trasforma e ci rigenera.
Anchesso afetto che non ha requie : prohinde nihil amore acucius, nihil subtilius, aut penetrabilius. Nec
quiescit, donec universaliter totam amabilis penetravit virtutem et profunditatem ac totalitatem, et unum se vult
facere cum amato. Vehementer tendit in eum et ideo nuncquam quiescit, donec omnia transeat, et ad ipsum in
ipsum veniat . Ma lazione della adhaesio esattamente la stessa che spesso descrive anche Lutero: Quippe
qui Deo adhaeret, versatur in lumine [...] qua ex re est hominis in hac vita sublimior perfectio ita Deo uniri, ut tota
anima cum ombnibus potentiis suis et viribus in Dominum Deum suum sit collecta, ut unus fat spiritus cum eo .
Lutero defnisce questo, in modo ancora pi radicale, essere una sola pasta con Dio . Bisogna prestare
attenzione al fatto che questo amor in Alberto esso stesso gi totalmente compenetrato di fede, fducia,
desiderio di consolazione, di certezza, di sicurezza, e che anche per lui la remissio peccatorum il primo
elemento dellordo salutis: Sic scilicet in Domino Deo de omni sua necessitate audeat plene totaliter confdere.
Hoc ipso facto in tantum Deo conplacet, ut suam ei gratiam largiatur, et per ipsam gratiam veram sentiat caritatem
et dilectionem, omnemque ambiguitatem et timorem expellentem in Deoque confdenter sperantem (Cap. v).
Per questo anche ladhaesio pu tavolta accadere altrettanto bene mediante la fede: sed tantum fde et bona
voluntate adhaerere Deo (Cap. vi). E lassenza di preoccupazione, la fducia e la certa consolazione dellanimo
si ottiene in tipica conseguenza : peccatorum remissio, amaritudinis expressio, collatio dulcedinis et securitatis,
infusio gratiae et misericordiae attractio et corroboratio familiaritatis, atque abundans de ipso consolatio, frmaque
adhaesio et unio . Questi paragoni sono istruttivi per lintera questione del rapporto di Lutero con la devo-
zione mistica, non in senso storico, totalmente indiferente, ma in senso sostanziale. Si detto che chi ama
la mistica da protestante sarebbe un dilettante : dovrebbe diventare cattolico. Ma cos la mistica ? Se con
ci si intendono le struggenti gioie di sentimenti sponsali trascendenti allora lafermazione corretta. Il
momento tipico della mistica, per, il sentimento di creaturalit e l unio, non meno, ma pi possibile
sul fondamento della fede di Lutero (in quanto fducia e adhaesio).
capitolo quattordicesimo 264
questo lato della vita emotiva luterana, e hanno raccolto accuratamente i relativi passi
del beato Lutero per difendersi con ci dagli attacchi della dottrina luterana di scuola
razionalizzata.
Infatti, i momenti irrazionali si mantengono vivi, di contro alle razionalizzazioni del-
la dottrina di scuola, nella tarda foritura della mistica occidentale sul versante cattolico
e su quello protestante. In essa, e nella mistica cristiana in generale sin dai suoi primi
impulsi, si riconoscono facilmente i momenti dellirrazionale che abbiamo esaminato,
in particolare quelli del mysteriosum, del fascinosum e della majestas, mentre quello del
tremendum recede e si attutisce. In occidente non c stata una mistica dellorrore
come quella di alcune forme della mistica indiana, nel cap. XI del Bhagavadgt, in al-
cune forme della mistica di iva e Durg, nelle forme orribili del tantrismo in ambito
buddhista e induista. Daltra parte il momento del tremendum, sebbene attutito, non
manca per completamente nella mistica cristiana. Resta vivo nella caligo, nellaltum
silentium, nellabisso, nella notte, nel deserto della divinit in cui lanima deve immer-
gersi ; nel tormento dellabbandono, nellaridit, nella noia in cui essa deve restare; nel
brivido e nel tremore dello spossessamento di s, nello sgomento e nella annihilatio,
nellinfernum temporale. Dice Seuse:
In questo momento inconcepibile del dove oltredivino [loltresostanziale altezza della divina
maest] si spalanca unabissalit percepibile da tutti gli spiriti puri. L giunge [lanima] nella na-
scosta innominabilit e nella miracolosa estraneazione. E l vi labisso profondo e senza fondo
per tutte le creature [...] l muore lo spirito onnivivente nei miracoli della divinit.
q
E pu accadere che talvolta egli preghi cos:
Ahim, il Tuo volto incollerito cos terribile! cos insopportabile quando, sdegnato, distogli
lo sguardo. Ahim ! E le tue parole ostili sono cos roventi che trapassano il cuore e lanima.
r
Anche i mistici posteriori conoscono bene questi toni.
In un punto lelemento irrazionale-spaventoso e anzi demonico del numinoso di-
viene sommamente vivo nella mistica : in Jakob Bhme. Questi accoglie i motivi della
mistica precedente, tanto quanto, nella sua speculazione e nella sua teosofa, se ne di-
stingue. Grazie ad essa egli vuole costruire e comprendere Dio stesso e, a partire da lui,
il mondo: questo voleva anche Eckhart; e anche per Bhme il primo punto di partenza
il fondamento originario, o piuttosto il non-fondamento, loltreconcettuale e line-
sprimibile. Ma per lui questo non essere e oltre-essere, ma impeto e volont; e non
tanto bene e oltre-bene, quanto unirrazionale indiferenza e identit del bene-male,
nel quale deve esser trovata la possibilit di entrambi, del bene come del male, e quindi
insieme della doppia fgura della divinit stessa, quale bont e amore, da una parte, e
quale collera e ira dallaltra. Dalla collera origina per lui Lucifero, nel quale la mera
potenza del male diviene atto. Estremamente bizzarre sono le costruzioni e le analo-
gie con cui Bhme compone un romanzo fsico-chimico di Dio; ma estremamente
signifcative sono le strane intuizioni del sentimento religioso che ci sono dietro. Sono
intuizioni del numinoso che hanno unafnit con quelle di Lutero : anche qui vitalit
irrazionale e majestas concepite e simboleggiate come volont; anche qui il loro ca-
rattere tremendum. E questo, anche qui, del tutto indipendente, secondo il fondamen-
to, dai concetti di unelevatezza o di una giustizia morali, ed totalmente indiferente
q
Die deutschen Schriften, a cura di Denife, [cit.,] pp. 289 e ss.
r
Ivi, p. 353.
il sacro 265
rispetto ad un agire buono o cattivo : piuttosto una collericit, un ira che fa fuoco
e famme, di cui si ignora il che cosa; o anzi non c un che cosa, ma unira in s, una
disposizione naturale che, presa seriamente nel senso di un vero adirarsi comprensibile
concettualmente, sarebbe completamente priva di senso. E chi non vede subito che si
tratta semplicemente del momento irrazionale del tremendum, per cui ira, fuoco,
collera sono un eccellente ideogramma!
s
Se un tale ideogramma viene assunto come
concetto adeguato si arriva allantropomorfsmo di Lattanzio e del mito. Se si specula a
partire da questi concetti si arriva a quella pseudoscienza che la teosofa. Il marchio di
ogni teosofa infatti che le espressioni analogiche del sentimento vengono scambiate
per concetti razionali ; questi ultimi vengono sistematizzati e da essi viene poi inven-
tata la mostruosit di una scienza di Dio, la quale resta mostruosa, che la si costruisca
utilizzando i termini della dottrina scolastica, come in Eckhart, o le sostanze e misture
alchimistiche di Paracelso, come in Bhme, o le categorie di una logica animistica,
come in Hegel, o vuote afermazioni retoriche indiane, come in Mrs. Besant.
t 15
Non
certo per la sua teosofa che Bhme interessante sotto il proflo storico-religioso, ma
perch dietro quella agisce, quale elemento prezioso, il sentimento vivo del numinoso ;
da questo punto di vista, egli custodiva uneredit dello stesso Lutero, che nella scuola
di questultimo era andata perduta.
Tale scuola, infatti, non ha reso giustizia al numinoso nel concetto cristiano di Dio :
con interpretazione moralistica ha accantonato la sacralit e lira di Dio. Gi a partire
da Johann Gerhard
16
essa ha ripreso ufcialmente la dottrina dellznz::z e ha sottratto
sempre pi al culto i veri e propri momenti contemplativi e di raccoglimento in senso
specifco. Lelemento concettuale e dottrinale, lideale della dottrina prevalse sulline-
sprimibile, su ci che solo nel sentimento della disposizione devota vivo. La Chiesa
divenne scuola e le sue comunicazioni arrivarono allo spirito sempre pi soltanto attra-
verso ci che Tyrrell ha chiamato la fessura angusta dellintelletto.
Solo Schleiermacher ha compiuto il primo tentativo di superamento di questo ra-
zionalismo, in modo audacissimo e coraggiosissimo nella rapsodia delle sue Reden, in
modo pi freddo e moderato nella sua Glaubenslehre e nella sua teoria del sentimento
di dipendenza assoluta, che in efetti, come esposto sopra, presenta il primo moto del
sentimento del numinoso. Sar cosa dellodierna dottrina della fede seguirne le tracce
e compenetrare di nuovo lelemento razionale del concetto cristiano di Dio dei suoi
momenti irrazionali, per restituire a questi la loro profondit.
15
Annie Besant (1847-1933), scrittrice e attivista politica inglese, impegnata nella promozione dei diritti
delle donne e nella lotta per lindipendenza dellIndia, dopo la conversione alla teosofa fu presidentessa
della Societ Teosofca (fondata da Helena Petrovna Blavatsky). Tra le opere: Esoteric Christianity, London
1901; Occult Chemistry, London 1905; An Introduction to Yoga, London 1908.
16
Johann Gerhard (1582-1637), teologo luterano autore della Patrologia sive de primitivae Ecclesiae christianae
doctorum vita ac lucubrationibus opusculum posthumum, Jenae, 1653.
s
Ne ha un sentimento Joh. Pordage, lallievo di Jakob Bhme, quando scrive (Gttliche und wahre meta-
physica, 1, [Frankfurt Leipzig 1715] p. 166) : Spero dunque non vi adiriate con me se troverete in quanto
segue che attribuisco a Dio asprezza, amarezza, ira, furia [...] e simili. Nemmeno Jakob Bhme, infatti, ha
trovato parole diverse per esprime la sua elevata sensibilit (Empfndung) divina. Dovete dunque assumere
tutti questi modi di dire in un elevato intelletto divino, lontano da ogni imperfezione.
t
Anche i concetti fuidi in Bergson sono propriamente ideogrammi di sentimenti ed intuizioni estetici
e religiosi. Poich li scambia con concetti scientifci vi in lui la medesima mescolanza di idea ed espe-
rienza che Schiller rimproverava a Goethe. Cfr. R. Otto, Goethe und Darwin, Gttingen 1909.
Capitolo quindicesimo
SVILUPPI
T
ale profondit non deve signifcare intorbidamento o diminuzione : senza i mo-
menti razionali, e in particolare senza i limpidi momenti morali, che soprattutto il
protestantesimo accentua nel concetto di Dio, il sacro non sarebbe il sacro del cristia-
nesimo. Nel senso pieno del termine, che troviamo soprattutto nel Nuovo Testamento
e che ora divenuto lunico per il nostro senso della lingua, sacro non pi soltanto
ci che in generale meramente numinoso, n questultimo al grado sommo, ma
sempre ci che compenetrato e saturato da momenti razionali, teleologici, personali-
stici ed etici. nel senso di questa sintesi che nel prosieguo determineremo e appliche-
remo lespressione. Solo per comprendere distintamente lo sviluppo storico, chiariamo
ancora quanto segue.
Ci che il sentimento religioso primitivo coglie innanzitutto nella forma del timore
demonico , e che in seguito gli si esplica, intensifca e nobilita, al principio non , o
non ancora, un che di razionale o morale, ma qualcosa di particolare, di irrazionale
appunto, cui esso reagisce in modo peculiare con i particolari rifessi di sentimento
che abbiamo descritto. Questo momento attraversa in se stesso, anche a prescindere
dal processo di razionalizzazione e moralizzazione che interviene gi in stadi prece-
denti, un proprio processo di sviluppo. Il timore demonico , che procede anchesso
attraverso numerosi gradi, si eleva al grado del timore degli di e del timor di Dio. Il
^z:ov:ov diventa O::ov. Il timore diviene raccoglimento devoto. I sentimenti sparsi,
confusi, estemporanei, diventano religio. Lorrore diventa brivido sacro. I relativi sen-
timenti di dipendenza e di beatitudine nel numen diventano assoluti. Le false analogie
e i falsi collegamenti vengono eliminati e respinti. Il numen diviene Dio e divinit. A
questultima appartiene allora il predicato qdsh, sanctus, z:o;, sacro nel signifcato
primo e pi immediato di questa espressione, quale numinoso puro e semplice, assolu-
to. Questo sviluppo, che allinizio si attua nella sola sfera dellirrazionale, il momento
primo e principale, ed osservarlo il compito della storia delle religioni e della psicolo-
gia della religione generale.
Compito subordinato allora osservare come non proprio contemporaneamente
con quello sviluppo, ma quasi, si attui la razionalizzazione e la moralizzazione nel nu-
minoso. Possiamo seguire anche le tappe di questo processo negli ambiti pi disparati
della storia delle religioni. Quasi ovunque il numinoso attrae le concezioni derivate
dagli ideali sociali o individuali di ci che obbligatorio, giusto, buono, che diventa
volont del numen. Il quale ne diventa custode, ordinatore, fondatore. Sempre pi
questi momenti penetrano nella sua essenza e la moralizzano. Il sacro diventa buono
e il buono diventa, proprio per questo, sacro, diventa sacrosanto, fno a che non si
arriva ad una sintesi non resolubile dei due momenti e al senso pieno e complesso di
sacro, nel quale sono contemporaneamente presenti il buono e il sacrosanto. Il tratto
pi caratteristico gi della religione dellantico Israele, per lo meno a partire da Amos,
lintima riunione di questi due momenti. Nessun dio, come il Dio di Israele, il Santo
(der Heilige) assoluto. Daltra parte, nessuna legge lo quanto quella di Jahweh, che ap-
capitolo quindicesimo 268
punto non soltanto buona, ma contemporaneamente sacra. La razionalizzazione
e la moralizzazione del numinoso, sempre pi evidenti ed efcaci, sono esse stesse la
parte pi essenziale di ci che chiamiamo storia della salvezza e che consideriamo
come progressiva autorivelazione del divino. In pari tempo ci si fa chiaro che la eti-
cizzazione dellidea di Dio , che abbastanza spesso ci viene presentata come problema
capitale e tratto fondamentale della storia della religione, non afatto una rimozione o
una surrogazione del numinoso con qualcosaltro ci che ne risulterebbe non sarebbe
pi Dio ma un riempimento dello stesso con un nuovo contenuto ; ci si fa chiaro, cio,
che tale eticizzazione si compie nel numinoso.

Capitolo sedicesimo
IL SACRO COME CATEGORIA A PRIORI.
PRIMA PARTE
P
er noi, dunque, il sacro, nel senso pieno del termine, una categoria composta. I
suoi componenti sono i momenti razionali e quelli irrazionali. Secondo entrambi i
momenti essa una categoria puramente a priori : questo deve essere afermato in tutto
rigore contro ogni sensismo e contro ogni evoluzionismo.
Per un verso, le idee razionali di assolutezza, completezza, necessit, essenzialit,
come anche quella di bene quale valore oggettivo e oggettivamente valido e vinco-
lante, non evolvono da alcuna percezione sensibile. E ogni epigenesi, eterogo-
nia o qualsivoglia altra espressione di compromesso e di imbarazzo non fanno altro
che nascondere il problema. La fuga nel greco qui, come accade spesso, soltanto la
confessione della propria insufcienza. Queste idee razionali ci allontanano da ogni
esperienza sensibile e rimandano a ci che, indipendentemente da ogni percezione,
posto in pura ragione nello spirito stesso come il suo elemento pi originario.
I momenti irrazionali della nostra categoria del sacro ci rimandano a qualcosa di pi
profondo della ragione pura per lo meno nella comprensione corrente di questa
ossia a ci che la mistica ha defnito, a buon diritto, fondo dellanima. Lidea del
numinoso e i sentimenti corrispondenti sono, proprio come quelli razionali, idee e
sentimenti assolutamente puri, cui si applicano nel modo pi esatto i criteri che Kant
indica per i concetti puri e per il sentimento puro del rispetto. Le famose parole di
apertura della Kritik der reinen Vernunft recitano:
Non c dubbio che ogni nostra conoscenza incomincia con lesperienza; da che infatti la nostra
facolt conoscitiva sarebbe altrimenti stimolata al suo esercizio, se ci non avvenisse per mezzo
degli oggetti che colpiscono i nostri sensi [...] ? [...] Ma sebbene ogni nostra conoscenza cominci
con lesperienza, non perci essa deriva tutta dalla esperienza.
1
Gi in riferimento alla conoscenza desperienza, egli distingue ci che riceviamo dalle
impressioni da ci che la nostra propria facolt conoscitiva, meramente occasionata dalle
impressioni sensibili, ofre da se stessa.
Il numinoso di questa specie. Erompe dal pi profondo fondo conoscitivo dellanima:
indubbiamente non prima e non senza datit ed esperienze sensibili e mondane, ma in
queste e tra queste. Non deriva per da queste, ma mediante queste. Esse sono uno stimo-
lo e unoccasione perch tale sentimento si attivi, perch si intrecci e si intessa con lele-
mento mondano-sensibile, allinizio in modo ingenuo e insieme immediato, per poi espel-
lerlo da s con una graduale purifcazione e arrivare ad unassoluta contrapposizione. La
dimostrazione del fatto che il numinoso consiste in momenti di conoscenza puramente a
priori deve esser condotta mediante una critica antropologica,
2
come accaduto sopra.
1
I. Kant, Kritik der reinen Vernunft, B 1 [tr. it. di G. Gentile e G. Lombardo-Radice rivista da V. Mathieu,
Critica della ragion pura, Roma-Bari, Laterza, 1996
9
, pp. 33-34].
2
Nelledizione Beck lespressione (di chiara derivazione friesiana) sostituita con introspezione criti-
ca (kritische Selbstbesinnung).
capitolo sedicesimo 270
In esso troviamo disposti convinzioni e sentimenti che sono qualitativamente diversi da
tutto ci che in grado di darci la percezione sensibile naturale: non sono percezioni
sensibili, ma singolari interpretazioni e valutazioni innanzitutto di qualcosa che dato
nella percezione sensibile e poi, ad un grado superiore, di oggetti ed entit che di per s
non appartengono pi al mondo della percezione sensibile, ma sono pensati in aggiun-
ta e al di sopra di questo mondo. E cos come non sono percezioni sensibili, non sono
neanche trasformazioni di percezioni sensibili. Lunica trasformazione possibile
rispetto ad una percezione sensibile quella dellelemento concreto dintuizione delle
percezioni in generale nel concetto corrispondente: non mai la trasmutazione di una
classe di percezioni in una classe di realt qualitativamente altra. Cos queste, come
gi i concetti puri dellintelletto di Kant e come le idee e i giudizi di valore morali ed
estetici, rimandano ad una fonte autonoma e nascosta della formazione di rappresenta-
zioni e sentimenti che risiede nellanimo indipendentemente dallesperienza sensibile :
rimandano ad una ragione pura nel senso pi profondo, che, considerato il carattere
debordante dei suoi contenuti, deve essere distinto, come qualcosa di pi alto o di pi
profondo, anche dalla ragione pura teoretica e dalla ragione pura pratica di Kant.
Il buon diritto anche della teoria evoluzionistica attuale consiste nel fatto che essa
vuole spiegare il fenomeno della religione; il che in efetti il compito della psico-
logia della religione. Ma per poter spiegare bisogna avere dei dati, a partire dai quali ci
possibile. Dal nulla non si spiega nulla. Si pu spiegare la natura soltanto a partire dal-
le forze naturali fondamentali e ultime e dalle loro leggi, che si tratta di indagare. Ma
voler spiegare anche queste privo di senso. Nellambito spirituale, il principio a partire
dal quale possibile la spiegazione lo stesso spirito razionale con le sue disposizioni,
capacit e leggi, che devono essere presupposte e che non possono essere spiegate. Non
si pu dire come sia fatto lo spirito : ma proprio questo che la teoria dellepigenesi
in fondo vorrebbe spiegare. La storia dellumanit comincia con luomo. Lo si presup-
pone per comprendere, a partire da lui, tale storia. E lo si presuppone come un essere
che quanto a disposizioni e facolt analogo a noi stessi, perch immergersi nella vita
dellanimo di un pitecantropo unimpresa disperata. Anche i moti della psiche degli
animali possono essere interpretati solo mediante deboli analogie con i nostri e con
una regressione che muove dallo spirito sviluppato. Ma voler derivare e comprendere
questo a partire da quelli signifca fare della serratura la chiave, signifca illuminare il
chiarore con loscurit. Il primo sfavillio di una vita cosciente nella materia morta
un dato semplice e inesplicabile. Quel che qui sfavilla gi una molteplicit qualif-
cata che dobbiamo interpretare come una potenzialit paragonabile al germoglio, dal
quale si schiudono, mediante una crescente organizzazione corporea, facolt sempre
pi mature. Lintero ambito della psiche subumana riceve una qualche luce solo per il
fatto che la interpretiamo, di nuovo, come una disposizione alla disposizione dello
spirito sviluppato, la quale in rapporto a questo come un embrione. Quel che signi-
fca disposizione non ci per completamente oscuro. Nel nostro proprio destarci
e crescere fno alla maturit dello spirito seguiamo in noi stessi, in qualche misura,
levoluzione dal germoglio fno allalbero, che il contrario di una trasformazione e di
una addizione successiva.
a
a
Lanalogo fsico di questi rapporti spirituali il rapporto tra energia potenziale ed energia cinetica.
Possiamo tuttavia aspettarci lassunzione di un tale rapporto nel mondo dello spirito soltanto da chi sia in
grado di decidersi ad assumere lo spirito assoluto, in quanto actus purus, come fondamento ultimo di ogni
spirito nel mondo in generale, che sarebbe, come dice Leibniz, lellampatio del primo. E infatti tutto ci che
il sacro 271
Defniamo questa sorgente una disposizione nascosta dello spirito umano che, stimo-
lata, si desta. Nessuno che si sia seriamente occupato di storia della religione pu nega-
re che nei singoli individui vi siano simili disposizioni, predisposizioni e predestina-
zioni alla religione, che possono divenire spontaneamente un presentimento istintivo,
una ricerca, un inquieto andar tastoni, una brama struggente, ossia un impulso religioso
che si acquieta solo quando si sia chiarito a se stesso e abbia trovato la sua meta. Di qui
derivano gli stati della grazia precorritrice che Seuse (Werke, Denife, [cit.,] p. 311)
descrive magistralmente cos:
O amabile, tenero Signore! Sin dai giorni dellinfanzia il mio animo, con sete ardente, ha cercato
qualcosa: cosa fosse ancora non lho completamente compreso. Signore, sono ormai molti anni
che ne vado in cerca con passione senza riuscire a trovarlo, perch ancora non so esattamente
cosa sia. qualcosa che attira a s il mio cuore e la mia anima ; qualcosa senza cui non riesco a
trovare pace. Signore, nei primi giorni della mia infanzia volevo cercarlo nelle creature, come
vedevo fare ad altri prima di me. E pi cercavo, meno trovavo. E quanto pi mi ci avvicinavo,
tanto pi me ne allontanavo. Ora il mio cuore brucia dal desiderio di averlo... Ahim ! Che cos
o come fatto per agitarsi in me in modo cos misterioso?
Queste sono espressioni di una disposizione che diviene ricerca, impulso.
Se vi mai un caso in cui stata realmente valida la legge biogenetica fondamenta-
le , per cui lindividuo ripete in s gli stadi e i momenti di formazione della sua specie,
allora questo. La disposizione che la ragione umana ha portato nella storia quando
comparsa la specie uomo divenuta, in parte mediante stimoli dallesterno, in parte
mediante una pressione propria dallinterno, impulso, impulso religioso. Questultimo
vuole rendersi chiaro a se stesso procedendo a tastoni, formando per tentativi rap-
presentazioni fantastiche, producendo idee che si spingono sempre pi avanti ; e si fa
chiaro a se stesso mediante esplicazione di quella stessa oscura base ideale a priori dalla
quale era scaturito.
b
in potenza presuppone lactus come fondamento della sua possibilit, come ha gi mostrato Aristotele.
Come si pu pretendere di venirne fuori senza questa presupposizione! inconseguente postulare nel
mondo fsico lactus quale punto di partenza, quale sistema di energia accumulata, il cui passaggio allener-
gia cinetica costituirebbe il meccanismo di questo mondo, e non nel mondo dello spirito.
b
Cfr. quanto dice Kant nelle sue lezioni sulla psicologia (Leipzig 1889, p. 11 [ Akademie Ausgabe xxviii,
1, p. 228]) del tesoro che risiede nel campo delle rappresentazioni oscure e che costituisce il profondo
abisso della conoscenza umana che non possiamo raggiungere . Il profondo abisso appunto il fondo
dellanima che agisce in Seuse.
Capitolo diciassettesimo
LA SUA COMPARSA NELLA STORIA
S
olo sulla base di questi assunti diviene per noi comprensibile la nascita storica e
lulteriore sviluppo della religione. Bisogna ammettere che allinizio dello sviluppo
storico-religioso vi sono certe cose strane che lo precedono come un preambolo e che
poi continuano ad agire in profondit in esso: cose come i concetti di puro e impuro, la
credenza nei morti o nellanima e i rispettivi culti, magia, fabe e mito, venerazione di
oggetti naturali, terribili o mirabili, nocivi o utili, lidea curiosa della potenza (oren-
da), feticismo e totemismo, culto degli animali e delle piante, demonismo e polidemo-
nismo. In tutte queste cose, per quanto diverse tra loro e lontane dalla religione reale,
si sente aleggiare un momento comune e ben aferrabile : quello numinoso. Queste
cose non ne derivano originariamente, ma hanno, forse tutte, uno stadio preliminare
nel quale non erano altro che meri prodotti naturali di una fantasia primitiva di un
tempo ingenuo e remoto. Poi per ricevono una trama di carattere del tutto particola-
re e specifco, attraverso la quale divengono preambolo alla storia della religione; una
trama che le rende per la prima volta forme chiare e conferisce ad esse per la prima
volta quellimmane potenza sugli animi, che la storia ovunque dimostra. Tentiamo di
cogliere questa trama.
1. Cominciamo con la magia. In ogni tempo, e ancora oggi, vi una magia natura-
le , ossia semplici azioni analogiche, che vengono compiute in modo del tutto irrifesso
e senza seguire alcuna teoria, per infuenzare e regolare nel modo desiderato un certo
processo. Lo si pu osservare in ogni partita di birilli. Il giocatore tira la boccia: ha
mirato e vuole che la boccia entri lateralmente sulla pista e abbatta il castello. Os-
serva teso il percorso della boccia. Inclina di lato la testa e il busto, si mette in bilico su
una gamba ; quando la boccia raggiunge il punto critico della corsa, si lancia di colpo
dallaltro lato, spinge ancora con la mano e con il piede, d ancora unultima spinta.
Poi fatta. Dopo tanti pericoli la boccia arriva nel modo giusto. Che cosa ha fatto
quelluomo ? Non mimava il percorso della boccia: lo voleva prescrivere e determina-
re. Chiaramente senza alcuna rifessione sul suo bizzarro comportamento, senza la
convinzione dei primitivi che tutto in questo caso la boccia ha unanima , o che vi
sia una connessione simpatetica tra la propria forza psichica e lanima della boccia.
Egli ha compiuto soltanto uningenua azione analogica volta al raggiungimento di un
desiderio determinato.
Spesso, allinizio forse sempre, gli armeggi di molti maghi della pioggia, gli inge-
nui tentativi di infuenzare il corso del sole o della luna, delle nubi e dei venti, non sono
stati altro che simili azioni analogiche. Ma una cosa chiara: fnch non furono altro
che questo, non erano magia nel senso vero e proprio del termine. Unaltra peculiare
trama dovette aggiungersi: il momento che si chiama usualmente azione sopranna-
turale . In realt, allinizio la cosa non ha nulla a che vedere con il soprannaturale:
lespressione troppo altisonante e pretende davvero troppo dallingenuit del primi-
tivo. Il concetto di natura quale connessione dellaccadere secondo leggi lultima
cosa che lastrazione trova, e la pi difcile. E dovrebbe esser gi stata trovata, o al-
capitolo diciassettesimo 274
meno presentita, perch possa realizzarsi la sua negazione, ossia il soprannaturale.
Checch ne dica Wundt, con la capacit psichica non si spiega nulla: innanzitutto
perch oggi generalmente riconosciuto che la magia indipendente dalla credenza
nellanima e probabilmente precedente; in secondo luogo il punto essenziale non af-
fatto capire mediante quale classe, ma mediante quale qualit di capacit psichiche o
di altro genere si produca lefetto magico. Ora, tale qualit pu esser defnita soltanto
con il carattere demonico che si attribuisce allazione di certe capacit, che siano forti
o deboli, straordinarie o del tutto banali. Essa pu essere indicata solo da quel pecu-
liare momento del sentimento dello spaesante di cui abbiamo parlato sopra e il cui
momento positivo non pu esser afatto defnito concettualmente, ma solo designato
mediante quella sua reazione nellanimo che abbiamo chiamato orrore.
2. Lo stesso vale per il culto dei morti, che non deriva da una teoria dell animazione
secondo la quale il primitivo si fgurerebbe come animato e capace di azione ci che
senza vita, dunque anche i morti. Tutta questa teoria di una presunta animazione
universale, che per giunta si continua a mescolare e confondere grossolanamente con
la credenza nellanima, che del tutto diversa, non altro che un prodotto da scri-
vania. Il morto diviene una potenza per lanimo solo se e quando diventa qualcosa di
orribile; il che accade, tanto per il primitivo quanto per chi non pi tale, con una
necessit del sentimento cos immediata che siamo abituati ad accettare questa cosa
come ovvia, e non consideriamo pi che nella valutazione di qualcosa come orribile
interviene un contenuto di sentimento completamente autonomo e del tutto specifco,
che il mero fatto dellesser morto non spiega. Reazioni di sentimento naturali nei
confronti del morto sono evidentemente solo di due specie : da una parte il disgusto
verso la putrefazione e il fetore, verso ci che nauseante; daltra parte il disturbo e
lostacolo nei confronti della propria volont di vivere, la paura della morte, lo sgomen-
to che si accompagna immediatamente alla vista di un morto, in particolare se della
propria specie. Entrambe le espressioni si trovano gi tra gli animali. Potei osservarlo
in modo impressionante quando, nel corso di una cavalcata solitaria, mi imbattei im-
provvisamente in un cavallo morto e la mia ottima Diana, riconosciuto il compagno
di specie, mostr tutti i segni di un naturalissimo sgomento. Ma questi due momenti
di sentimento di per s non sono afatto gi larte dellorripilare, la quale qualcosa
di nuovo e richiede, come giustamente dice la nostra favola, di essere appresa.
1
Que-
sto signifca che non afatto senzaltro gi presente nelle restanti funzioni naturali
dellanimo, come il disgusto o lo sgomento, n analiticamente ricavabile da questi.
un timore di tipo del tutto specifco, rispetto al quale dobbiamo negare di aver a che
fare con un momento generale della psicologia dei popoli, ossia con un ovvio senti-
mento di massa di qualcosa di universale che deve essere presupposto ovunque. Senza
dubbio anche qui vi sono stati, allinizio, alcuni individui particolarmente predisposti,
che possedevano tali sentimenti in actu e che, esprimendoli, li hanno suscitati in altri.
Lo stesso timore dei morti e quindi il culto dei morti sono istituzioni.
3. Inoltre, le rappresentazioni di anime non furono concepite dai fantasiosi processi
che ci raccontano gli animisti, ma ebbero una nascita assai pi semplice, come si po-
trebbe mostrare se non ci portasse troppo lontano. Ma la cosa pi importante non af-
fatto la genesi di tali rappresentazioni, ma, di nuovo, la qualit del relativo momento di
1
Il riferimento alla faba Mrchen von einem, der auszog das Frchten zu lernen [Storia di uno che part per
imparare la paura], contenuta nella raccolta Kinder- und Hausmrchen dei Grimm.
il sacro 275
sentimento. Questa non nel fatto che le anime siano pi sottili o meno facilmente vi-
sibili del corpo, oppure invisibili o aeriformi : spesso sono tutto ci, e altrettanto spesso
non lo sono afatto, e per lo pi lo sono e non lo sono contemporaneamente. Lessenza
dellanima non risiede afatto nella sua presentazione fantastica o concettuale, ma in
primo luogo e soprattutto nel fatto che uno spettro, il quale suscita quel timore
descritto sopra. Lo spettro non si spiega con sentimenti naturali; tantomeno si spiega
lulteriore sviluppo per cui questi qualcosa (questo lunico nucleo concettuale che
realmente si possa attribuire loro), temuti sempre in modo molto vivo, diventano in
seguito esseri che vengono positivamente venerati e amati, che possono elevarsi a eroi,
pitri,
2
demoni, santi, di.
4. La potenza (orenda) pu avere i suoi stadi preliminari del tutto naturali. Che in
piante, pietre, oggetti naturali si veda la potenza, che attraverso il possesso di quelli
ci si appropri di questa, che si divori il cuore o il fegato di un animale o di un uomo
per appropriarsi della sua potenza e della sua forza, non religione, ma scienza. La
nostra medicina procede con le stesse ricette. Se la potenza di una ghiandola di vitel-
lo efcace contro gozzo e cretinismo, chiss cosa possiamo sperare da cervello di
rospo e fegato di ebrei. Tutto dipende dallosservazione e, da questo punto di vista,
la nostra medicina si distingue da quella dello stregone solo perch pi precisa e
possiede il metodo dellesperimento. La potenza compare nello stadio preliminare
della religione solo quando in essa penetra lidea di magia , di magico ; solo allora
lappropriazione della potenza diviene ci che si soliti chiamare riti di comunione
e sacramenti .
5. Vulcani, cime di monti, luna, sole, nubi vengono ritenuti dal primitivo vivi non
in seguito ad uningenua teoria della animazione universale o del pantelismo, ma
secondo quel criterio esattamente il medesimo che noi stessi applichiamo per rico-
noscere qualcosa di vivo al di fuori del nostro s vivente, lunico vivente che possiamo
osservare direttamente: qualcosa cio vivo se e in quanto in esso si crede di osservare
a torto o a ragione , di nuovo, solo questione di osservazione pi o meno esatta
movimento e azione. Secondo questo criterio quegli oggetti di natura possono diventa-
re, per losservatore ingenuo, viventi. Ma nemmeno questo, di per s, conduce al mito
o alla religione. Quelle entit non sono ancora di per il solo fatto di essere viventi;
n lo diventano quando luomo rivolge ad essi desideri e richieste : chiedere, infatti,
non ancora pregare ; e la fducia non necessariamente religiosa. Essi lo diventano
non appena si applichi loro la categoria del numinoso : e questo accade solo quando,
in primo luogo, si tenti di infuenzarli con mezzi numinosi, ossia con la magia, e, in
secondo luogo, quando si ritiene in pari tempo che il loro agire sia di tipo numinoso,
ossia magico.
6. La faba ha per presupposto il naturale impulso alla fantasia, al racconto, allin-
trattenimento, e le sue produzioni. Ma la stessa faba tale solo grazie al momento del
meraviglioso, grazie al miracolo, agli eventi e agli efetti miracolosi; solo grazie ad
una trama numinosa. E questo vale in misura maggiore del mito.
7. Tutti i momenti sin qui nominati sono solo il vestibolo del sentimento numinoso,
un primo destarsi del numinoso che compare qui mescolato ad altro, secondo leggi
dellanalogia di sentimenti che potrebbero essere facilmente indicate caso per caso.
Solo la nascita del demone costituisce un inizio realmente autonomo. Abbiamo ancora
2
Termine sanscrito per antenati (letteralmente: padri ).
capitolo diciassettesimo 276
di fronte la sua forma pi autentica in quelle curiose divinit vetero-arabiche, che
propriamente non sono altro che instabili pronomi dimostrativi: n formati dal mito,
perch per lo pi non c alcun mito, n sviluppatisi dalle divinit naturali, n scatu-
riti dalle anime; divinit, tuttavia, dallazione potentissima e oggetto di vivissima ve-
nerazione. Sono puri prodotti del sentimento religioso e rispetto ad essi chiarissimo
che non derivarono dalla produzione collettiva di una fantasia di massa, n dallanima
del popolo , ma furono intuizioni di nature profetiche. A questi numina appartiene in-
fatti sempre il Khin, la forma primitiva originaria del profeta: egli solo ha lesperienza
vissuta originale di un numen. E solo dove e quando questo si rivelato mediante un
individuo simile, nasce il culto e la comunit di culto. Al numen appartiene un veggente
e senza veggente non vi alcun numen.
8. Puro e impuro ci sono gi nel senso naturale dei termini. Ci che naturalmen-
te impuro qualcosa che suscita forti sentimenti di un naturale disgusto, il ripugnante.
Proprio ai livelli primitivi i sentimenti di disgusto esercitano un forte potere sugli uo-
mini : ci che non conosce, il contadino non lo mangia .
3
Sono probabilmente portati
delleducazione naturale, la quale, con simili sentimenti di disgusto, ha fornito luomo,
nel corso dellevoluzione, di protezioni istintive a tutela di molte importanti funzioni
vitali. Lefetto della cultura quello di rafnare i sentimenti di disgusto dirottan-
doli su altri oggetti, sottraendo il carattere disgustoso a molte cose che per luomo
naturale erano tali e attribuendolo a molti oggetti che per lui non lo erano. Quanto
ad intensit questo rafnamento un indebolimento: oggi non proviamo pi disgusto
con quellenergia robusta, potente e intensa del primitivo. Da questo punto di vista si
pu osservare ancor oggi una chiara diferenza anche tra la popolazione di campagna,
pi primitiva, e quella di citt, pi rafnata. Ci disgustiamo di molte cose che lasciano
indiferente il campagnolo, ma quando questi prova disgusto lo fa in modo molto pi
profondo di noi. Ora, per, tra un forte sentimento di disgusto e il sentimento dell or-
ribile vi unanalogia molto stretta : il che, stante la legge dellattrazione reciproca tra
sentimenti analoghi, rende immediatamente chiaro come ci che naturalmente
impuro abbia dovuto sconfnare nella sfera del numinoso. Qui si pu quasi costruire a
priori lefettivo processo delle cose, non appena si abbia in mano la chiave del proble-
ma : quella analogia e questa legge. Noi stessi, oggi, nel caso del disgusto del sangue
viviamo unesperienza ancora quasi immediata di questa cosa : anche noi reagiamo alla
vista del sangue che scorre in modo tale che sarebbe difcile dire se sia pi intenso il
momento del disgusto o quello dellorrore.
In seguito comparvero i momenti pi evoluti del timore e si formarono le rappre-
sentazioni superiori del demonico e del divino, del sacer e sanctus, in modo tale che le
cose poterono diventare impure, ossia numinose, anche senza che fosse presente,
quale punto di partenza, qualcosa di naturalmente impuro. qui istruttivo, per la
situazione della analogia tra sentimenti, il fatto che, viceversa, anche il sentimento
del numinoso-impuro si associ immediatamente e facilmente ai sentimenti del natura-
le disgusto, il fatto, cio, che divengano disgustose cose che in partenza non lo erano
afatto. Questi sentimenti di disgusto possono mantenersi autonomamente ancora a
lungo dopo che il timore numinoso, che essi una volta suscitavano, si da molto tempo
smorzato. Cos si spiegano certi sentimenti sociali di disgusto, per esempio i sentimenti
3
Watt de Buer nich kennt, dat itt hei nich.
il sacro 277
di casta, che avevano una volta una radice puramente demonica e che per si manten-
gono anche quando questa radice si da molto tempo seccata.*
9. Sulla base della nostra assunzione troviamo infne anche la spiegazione di quegli
interessanti fenomeni su cui Andrew Lang
a
ha giustamente richiamato lattenzione.
Tali fenomeni non avvalorano certo lipotesi di un monoteismo primitivo, parto
dellapologetica missionaria che vorrebbe salvare il secondo capitolo della Bibbia, pur
sentendo una vergogna tutta moderna di fronte alla passeggiata di piacere di Jahweh
nel giardino al fresco della sera. Essi alludono per a cose che, siccome restano enig-
matiche sul terreno dellanimismo, del pantelismo o di altre spiegazioni naturalistiche
della religione, vengono tolte di mezzo con ipotesi forzate. In numerosi racconti e
mitologie di popoli barbarici si trovano trame che sopravanzano senzaltro il livello
dei restanti riti e costumi religiosi : grandi di con i quali nella prassi quasi non si entra
in rapporto e ai quali per, quasi involontariamente, viene attribuita una dignit che
superiore a quella di tutte le altre fgure mitologiche e che pu avere risonanze del
divino nel senso pi alto. Che tali grandi di abbiano attraversato un passato mitico
talora riconoscibile, talora no. Caratteristico ed enigmatico il loro eccellere rispetto
al livello degli altri. facile e frequente che, dove interviene la predicazione teistica dei
missionari, queste divinit somme siano riconosciute come Dio e ofrano sostegni alla
predicazione missionaria. I convertiti ammettono senzaltro di aver conosciuto Dio,
ma di non averlo venerato. Che simili fenomeni possano essere spiegati talvolta con in-
fuenze o importazioni da religioni teistiche precedenti certo giusto ed talora anche
comprovato dal nome di quegli esseri elevati. Ma, anche in questa forma, il fenomeno
molto raro. Cosa potrebbe indurre infatti i selvaggi, immersi per il resto in un am-
biente totalmente estraneo di barbarica superstizione, ad accogliere e mantenere simili
rappresentazioni importate, se non vi fosse in loro stessi una disposizione ad esse che
non consente loro di abbandonarle, che anzi li costringe quanto meno ad interessarsi
ad esse tramandandole, a sentire e a riconoscere molto spesso nella propria coscienza
una testimonianza a favore di tali rappresentazioni? Daltra parte lipotesi dellimpor-
tazione senza dubbio impossibile per molti di questi accadimenti e pu esser addotta
solo forzatamente. In questi casi abbiamo chiaramente a che fare con pre-sentimenti e
anticipazioni che, tenuto conto della spinta di una base ideale intensamente operante
a livello intrarazionale, non sono sorprendenti, ma naturali tanto naturali quanto lo
sono le prestazioni musicali degli zingari in un ambiente culturale per il resto inferiore,
sotto la spinta di una forte predispozione naturale alla musica , e c anzi quasi da
aspettarseli : senza tale base resterebbero per un puro enigma.
Qui e in altri casi gli psicologi naturalisti ignorano un fatto che sarebbe per interes-
sante, per lo meno sotto il proflo psicologico, e che con unautoosservazione pi luci-
da potrebbero osservare in loro stessi: lautotestimonianza delle idee religiose nel proprio
animo, che nei primitivi senzaltro pi robusta che non presso gli individui evoluti e
che per potrebbe esser riconosciuta anche in pi duno di questi ultimi, se volessero
ricordare del tutto serenamente e obiettivamente le loro ore di catechismo. In circostanze
favorevoli pu erompere da s, in un moto di pre-sentimento, ci in favore di cui lanimo
rende testimonianza. Questo fatto trascurato, daltra parte, anche dai sostenitori di
a
Myth, Ritual and Religion, [London] 1899
2
; The making of Religion, [London] 1902
2
; Magic and Religion,
[London] 1901. Cfr. anche P. W[ilhelm] Schmidt, Grundlinien einer Vergleichung der Religionen und Mtyhologi-
en der austronesischen Vlker, Denkschriften der Kaiserlichen Akademie der Wissenschaften in Wien , Phil.
hist. Klasse, Bd. 53, Wien 1910.
capitolo diciassettesimo 278
un monoteismo primitivo: se infatti i fenomeni in questione non si fondassero su altro
che su tradizioni storiche e su ricordi ofuscati di una rivelazione storica originaria, non
potrebbe esservi neanche questa autotestimonianza che sgorga dallinterno.

Capitolo diciottesimo
I MOMENTI DEL GREZZO
I
nderivabilit e apriorit valgono senzaltro anche gi per quei primi moti, pri-
mitivi e grezzi, del timore demonico, il quale si trova al principio della storia
della religione e dello sviluppo storico-religioso. La religione comincia con se stessa ed
operante gi nei suoi stadi preliminari , quelli del mitico e del demonico. Il primitivo,
il grezzo, si trova qui solo nei momenti seguenti:
a. Si trova nel fatto che lemergere e destarsi dei singoli momenti del numinoso si
compie solo in modo graduale e progressivo. Solo gradualmente, infatti, e in una con-
catenazione di stimoli che si susseguono con molta lentezza, il numinoso dispiega il
suo pieno contenuto. Ma dove il tutto non ancora presente, i suoi momenti parziali e
iniziali, che si sono destati singolarmente, hanno in s per natura qualcosa di bizzarro,
incomprensibile e spesso grottesco. Questo vale in modo particolare di quel momento
religioso che, come sembra, si destato per primo nella vita dellanimo umano: il timo-
re demonico. Preso per s e isolatamente naturale e necessario che esso sembri pi il
contrario della religione, che non la religione stessa. Isolato dai momenti concomitanti
sembra pi simile ad una spaventosa autosuggestione, ad una specie di incubo psicolo-
gico-popolare che non ad una cosa che abbia a che vedere con la religione; e gli esseri
cui qui ci si riferisce sembrano solo formazioni spettrali di una fantasia elementare e
malata, che sofre di una specie di delirio di persecuzione. comprensibile che molti
studiosi abbiano potuto seriamente immaginare che la religione sia cominciata con
il culto del diavolo e che il diavolo in fondo sia pi vecchio di Dio.
Da questo destarsi graduale e progressivo dei singoli aspetti e momenti del numino-
so dipende anche che la classifcazione delle religioni per generi e specie sia cos difcile
e risulti sempre diversa secondo chi la intraprende. Quel che qui deve esser suddiviso,
infatti, per lo pi non si trova nella situazione delle diverse specie rispetto al medesimo
genere, secondo il punto di vista di ununit analitica, ma in quella dei momenti parziali
di ununit sintetica. come se un grosso pesce cominciasse a rendersi visibile sulla
superfcie dellacqua solo per parti e si volesse tentare di classifcare per generi e specie
la curva dorsale, la punta della coda e la testa grondante dacqua, invece di pervenire ad
una comprensione essenziale di queste manifestazioni che le riconosca nella loro posi-
zione e nel loro contesto come parti di un tutto, che deve prima esser compreso come
tutto, perch se ne possano comprendere le parti.
b. Il primitivo si trova inoltre nel carattere intermittente e occasionale del primo
movimento ; in quel suo esser indistinto, che d adito a confusioni e mescolanze con i
sentimenti naturali.
c. Si trova nel fatto che la valutazione secondo il momento del numinoso si lega in-
nanzitutto e del tutto naturalmente ad oggetti, eventi o entit intramondani, che occa-
sionano , per analogia, i moti del sentimento numinoso e li legano a s. soprattutto
in queste circostanze che si radica, p.e., quel che stato defnito culto della natura e
divinizzazione di oggetti naturali. Solo gradualmente e sotto la spinta del sentimento
capitolo diciottesimo 280
numinoso stesso, queste connessioni vengono col tempo spiritualizzate o alla fne del
tutto ripudiate, e il contenuto oscuro del sentimento che si indirizza ad entit assoluta-
mente oltremondane viene alla luce in modo puro e autonomo.
d. Si trova nella forma incontrollata, fanatica, entusiasta con cui il numinoso aferra
lanimo in prima battuta, presentandosi come mania religiosa, come possessione da
parte del numen, come delirio e furore.
e. Si trova in modo del tutto essenziale nelle sue false schematizzazioni, nel suo esser
collocato in qualcosa che certo gli analogo, ma che interiormente non gli appartiene :
ne abbiamo dato qualche esempio sopra.
f. Si trova infne, e soprattutto, nel fatto che ancora mancano quella razionalizzazio-
ne, quella eticizzazione e quel perfezionamento, che intervengono solo gradualmen-
te.
Sotto il proflo del contenuto, tuttavia, gi il primo moto del timore demonico un
momento puramente a priori. Da questo punto di vista paragonabile al sentimen-
to estetico e alla categoria del bello. Per quanto completamente diversi siano i vissuti
dellanimo quando un oggetto viene riconosciuto come bello o come orribile, i
due casi coincidono nel fatto che attribuisco alloggetto un predicato, ossia un predi-
cato di signifcato, che non mi viene dato n mi pu esser dato dallesperienza sen-
sibile, ma che ascrivo alloggetto spontaneamente. Intuitivamente colgo nelloggetto
soltanto le sue qualit sensibili e la sua fgura spaziale, nientaltro. Che in queste qualit
e in virt di queste pertenga ad esso quel peculiare signifcato che qualifco come bel-
lo , o che un simile senso di valore in generale ci sia, quei momenti non me lo possono
dire o dare in nessun modo. Devo avere un oscuro concetto del bello stesso e anche
un principio di sussunzione secondo cui attribuirlo, altrimenti il pi semplice vissuto
del bello non possibile. E questa analogia va ancora oltre : come infatti il godimento
del bello , s, analogo al mero piacere del gradevole, ma se ne distingue per una chiara
e irriducibile diferenza qualitativa, cos il rapporto del timore specifcamente numi-
noso nei confronti della paura meramente naturale.*

Capitolo diciannovesimo
IL SACRO COME CATEGORIA A PRIORI.
SECONDA PARTE
T
anto i momenti razionali della categoria complessa di sacro, quanto quelli ir-
razionali sono dunque a priori ; e i secondi lo sono nella stessa misura dei primi.
La religione non assoggettata n al telos, n allethos, e non vive di postulati. E anche
lelemento irrazionale in essa ha le sue radici proprie ed autonome nelle profondit
nascoste dellanimo.
Lo stesso vale infne, in terzo luogo, anche del collegamento tra i momenti razionali
e quelli irrazionali nella religione, della necessit interna della loro coappartenenza.
Le storie della religione riportano con una certa ovviet il graduale compenetrarsi di
questi momenti, il processo di moralizzazione del divino. In efetti questo processo
qualcosa di ovvio per il sentimento, al quale la sua necessit interna appare evidente:
ma levidenza interna di tale processo essa stessa un problema, che non possiamo ri-
solvere senza assumere unoscura conoscenza a priori di questi momenti. Perch non
afatto una necessit logica. Come dovrebbe succedere che dallessenza ancora grezza
e semidemonica di un dio luna o sole, o di un qualche numen locale, consegua logica-
mente che questo dio divenga un garante dei giuramenti, della veridicit, della validit
dei contratti, dellospitalit, della sacralit del matrimonio, dei doveri di trib e di clan ;
che divenga inoltre un dio dispensatore di felicit e infelicit, il quale condivide le richie-
ste della trib, provvede al benessere di questa, ne guida il destino e la storia. Donde
deriverebbe questo fatto massimamente sorprendente della storia della religione per
cui esseri che evidentemente allorigine sono partoriti da orrore e terrore divengano
di, ossia esseri che vengono pregati, ai quali si afdano gioia e dolore, nei quali si
scorge origine e sanzione della morale, della legge, del diritto e del canone giuridico: e
tutto questo in modo tale che, una volta che queste idee si sono destate, sempre stato
compreso come la pi semplice ed evidente ovviet che fosse cos.
Nella Repubblica di Platone, alla fne del secondo libro, Socrate aferma:
Dio, infatti, semplice, sincero in azione e parola.
Non si trasforma e non inganna nessuno.
1
e Adimanto gli risponde:
Ora che lo dici si fa chiarissimo anche a me.
2
Laspetto pi interessante in questo passo non lelevatezza e la purezza del concetto
di Dio, n lelevata razionalizzazione e moralizzazione del medesimo che viene qui
afermata, ma lapparente dogmatismo dellafermazione di Socrate, che non mostra di
voler compiere alcuno sforzo per fondare la sua proposizione, e il modo ingenuamente
sorpreso e per completamente fducioso con cui Adimanto concede una cosa per lui
1
Rep. 382 d 8-9.
2
Rep. 383 a 1.
capitolo diciannovesimo 282
nuova, nel senso che si convince. Non che crede a Socrate : Adimanto vede. Ma questo
il contrassegno di tutte le conoscenze a priori, il fatto cio che esse si presentano con
la certezza di vedere in proprio la verit di unafermazione, quando questultima viene
chiaramente espressa e compresa. Ci che qui si svolge tra Socrate e Adimanto si
ripetuto mille volte nella storia della religione. Anche Amos, quando annuncia Jahweh
come il Dio di unassoluta giustizia, infessibile e universale, dice qualcosa di nuovo,
che per non dimostra. Nemmeno si richiama ad una qualche autorit, ma si appella
a giudizi a priori, ossia alla stessa coscienza religiosa, la quale efettivamente ne d te-
stimonianza. Anche Lutero conosce bene e sostiene una simile conoscenza a priori del
divino. Certo, di solito la sua collera nei confronti della ragione prostituta lo porta ad
afermazioni contrarie :
una conoscenza a posteriore che esamina Dio dallesterno, a partire dalle sue opere e dal suo
governo, come quando si esamina a fondo un castello o una casa e se ne avverte il signore o
padrone di casa. Ma nessuna umana saggezza ha ancora mai potuto vedere a priore, dallinterno,
cosa e come Dio sia in se stesso o nella sua essenza interiore ; n alcuno pu saperne qualcosa o
parlarne, se non coloro ai quali rivelato dallo Spirito Santo.
a
Lutero trascura il fatto che o si riconosce a priori il padrone di casa o non lo si ricono-
sce per nulla. In altri passi concede moltissimo alla ragione umana universale, quanto a
conoscenze di ci che Dio in se stesso o nella sua autentica essenza:
Atque ipsamet ratio naturalis cogitur eam (sententiam) concedere proprio suo iudicio convicta,
etiamsi nulla esset scriptura. Omnes enim homines inveniunt hanc sententiam in cordibus suis
scriptam et agnoscunt eam ac probatam, licet invite, cum audient eam tractari : primo, Deum esse
omnipotentem [] deinde, ipsum omnia nosse et praescire, neque errare neque falli posse. Istis
duobus corde et sensu concessis...
b 3
In questa afermazione interessante il proprio suo iudicio convicta, perch distingue le
conoscenze da semplici idee innate o da rappresentazioni soprannaturalmente infuse :
entrambe possono produrre pensieri, ma non convinzioni ex proprio iudicio. Daltra parte
interessante il cum audiant eam tractari, che corrisponde esattamente allesperienza
vissuta di Adimanto : Ora che lo dici si fa chiarissimo anche a me.*
la stessa esperienza che abbastanza spesso fanno i missionari. Una volta che siano
state espresse e comprese le idee della unit e della bont del divino, esse attecchiscono
in modo sorprendentemente veloce, se in generale presente il sentimento religioso.
Spesso la propria tradizione religiosa viene adattata in questo senso; oppure, quando ci
si oppone alla nuova dottrina, spesso ci accade con una notevole repressione della pro-
pria coscienza. Ho avuto notizia di queste esperienze da missionari che lavorano tra i ti-
betani e tra i negri africani. Raccoglierle sarebbe interessante, sia rispetto alla questione
della priori religioso in generale, sia, in particolare, dal punto di vista della conoscenza
a priori della coappartenenza interna ed essenziale tra i momenti razionali dellidea di
3
Ma la stessa ragione naturale costretta a concedere quella (opinione) convinta dal suo proprio giu-
dizio, anche se non vi fosse alcuna Sacra Scrittura. Tutti gli uomini infatti, non appena sentono che se ne
tratta, la trovano scritta nel proprio cuore e la riconoscono, anche loro malgrado, come valida : primo, che
Dio onnipotente; secondo che sa e prevede tutto, e che non pu n errare, n sbagliarsi. Ammessi questi
due punti con il cuore e con lintelligenza... .
a
Erl. Ausg. 9, p. 2.
b
Wei. 18, p. 719.
il sacro 283
Dio e quelli irrazionali. La stessa storia della religione ne d una testimonianza quasi
unanime. Per quanto manchevole possa esser stata la moralizzazione dei numina nelle
diverse zone selvagge di questa storia, se ne trovano tracce ovunque. E ovunque la
religione sia uscita dalla sua prima rozzezza e si sia innalzata ad una religione supe-
riore, questo processo di sintesi cominciato ed poi proseguito con la massima forza.
Il che ancor pi degno di attenzione, se si considera quanto diversi fossero i dati dai
quali ha preso le mosse la creazione di fgure divine ad opera della fantasia, e in quali
diferenze di razza, di disposizione naturale, di struttura sociale e politica il suo svilup-
po poi proseguito. Tutto ci rimanda a momenti a priori che risiedono nello spirito
umano in modo universale e necessario ; a quei momenti che ritroviamo immediata-
mente nella nostra propria coscienza religiosa quando anche noi, come Adimanto, in
modo del tutto ingenuo e spontaneo approviamo le parole di Socrate come qualcosa
di ovvio, qualcosa che noi stessi abbiamo visto : Dio, infatti, semplice, sincero in
azione e parola.
I momenti razionali, essendosi uniti, nel loro sviluppo storico-religioso, a quelli irra-
zionali secondo principi a priori, schematizzano questi ultimi. Questo vale in generale
del rapporto tra il lato razionale del sacro in genere con quello irrazionale, ma vale
anche dei singoli momenti parziali dei due lati. Il tremendum, il momento repulsivo
del numinoso, si schematizza mediante le idee razionali di giustizia, volont morale,
esclusione di ogni elemento contrario alla morale, e, cos schematizzato, diviene la
sacra ira di Dio annunciata nella Scrittura e nellomiletica cristiana. Il fascinosum, il
momento attraente del numinoso, si schematizza mediante la bont, la misericordia e
lamore e, cos schematizzato, diviene la grazia nel senso pieno del termine, la quale
in un rapporto di armonia di contrasto con lira sacra e, come quella, acquisisce una
coloritura mistica grazie alla sua trama numinosa.
Il momento del mysteriosum si schematizza mediante lassolutezza di tutti i predicati
razionali della divinit. La corrispondenza tra questi due momenti probabilmente non
diviene chiara al primo sguardo tanto immediatamente quanto nei casi precedenti. Ma
molto precisa. I predicati razionali di Dio si distinguono dai medesimi predicati di
uno spirito creato per il fatto che non sono, come quelli, relativi, ma assoluti. Lamore
delluomo relativo, soggetto a gradi, e altrettanto il suo conoscere o il suo esser buo-
no. Lamore, la conoscenza di Dio e quantaltro pu esser espresso in concetti, ha la
forma dellassolutezza. questo elemento formale che in presenza di uno stesso contenu-
to qualifca i predicati come divini. Un elemento formale anche il misterioso come tale
che, come abbiamo gi visto a p. 215, la forma del totalmente altro. A questa chiara
corrispondenza tra i due se ne aggiunge unaltra : la nostra facolt di apprensione coglie
soltanto il relativo. Possiamo certo pensare lassoluto che si contrappone al relativo,
ma non possiamo immaginarlo: sottost alla nostra facolt dei concetti, ma oltrepassa
i limiti della nostra capacit di coglimento. Per questo esso non ancora lautentico
misterioso, come abbiamo gi esposto a p. 216, ma un autentico schema del misterio-
so. Lassoluto inaferrabile, il misterioso non coglibile. Lassoluto ci che trascende
i limiti della capacit di coglimento non per la sua qualit, che ci ben familiare, ma
per la forma della qualit. Il misterioso ci che in generale trascende ogni pensabilit
e che per forma, qualit ed essenza il totalmente altro. Cos, rispetto al momento
del misterioso nel numinoso, anche la corrispondenza del suo schema molto precisa
e pu essere ben sviluppata.
capitolo diciannovesimo 284
Che in una religione i momenti irrazionali restino sempre desti e vivi, la preserva
dal diventare razionalismo. Che si sazi in abbondanza di momenti razionali ci che
la preserva dallo sprofondare o dal perseverare nel fanatismo o nel misticismo e che la
rende capace di essere una religione della qualit, della cultura e dellumanit. Che en-
trambi i momenti stiano in bella e sana armonia , a sua volta, un criterio per valutare
la superiorit di una religione : ed ununit di misura propriamente religiosa. Anche
secondo questultima il cristianesimo ha sulla terra una superiorit assoluta rispetto
alle religioni sorelle. Su un fondamento profondamente irrazionale si eleva lo splendi-
do edifcio dei suoi concetti luminosi e chiari, dei suoi sentimenti e vissuti. Lirrazionale
solo fondamento, margine, trama ; gli serba la sua profondit mistica e conferisce alla
religione i toni gravi e le ombre della mistica, senza che in esso la religione stessa
devii e degeneri in mistica. E cos il cristianesimo, in una sana proporzione tra i suoi
momenti, si confgura nel carattere del classico e del nobile, che si attesta al sentimento
in modo tanto pi vivo, quanto pi onestamente e senza preconcetti lo si includa nella
comparazione tra le religioni e si riconosca che in esso giunto a maturit in un modo
particolare e superiore un momento della vita dello spirito umana che trova analogie
anche altrove.

Capitolo ventesimo
IL SACRO NEL SUO MANIFESTARSI
U
na cosa credere semplicemente in qualcosa di soprasensibile, altra cosa averne
unesperienza vissuta; una cosa avere unidea del sacro, altra cosa coglierlo e
rendersi conto del fatto che agisce, governa e, agendo, viene a manifestazione. Che
anche la seconda cosa sia possibile, che ne diano testimonianza non soltanto la voce
interiore, la coscienza religiosa, il tenue sussurro dello spirito nel cuore, il sentimento,
il presentimento e lo struggimento, ma che lo si possa incontrare in particolari eventi,
circostanze, persone, in efettive attestazioni di autorivelazione; che dunque vi sia ac-
canto ad una rivelazione interiore da parte dello spirito, anche una rivelazione esterna
del divino, una convinzione fondamentale di tutte le religioni e della religione stessa.
Il linguaggio della religione chiama segni queste attestazioni, queste manifestazioni
del sacro in unautorivelazione percettibile. Sin dallepoca delle religioni pi primitive
valso sempre come segno tutto ci che era in grado di suscitare il sentimento del
sacro nelluomo, tutti quei momenti e quelle circostanze delle quali si diceva sopra:
lo spaventoso, il sublime, lultrapotente, ci che sorprende e sconcerta, e, in modo del
tutto particolare, ci che incomprensibile e misterioso, che divenuto portentum e
miraculum. Ma, come abbiamo visto, tutte queste circostanze non erano segni in senso
autentico, ma solo cause occasionali per il sentimento religioso di suscitarsi da se stes-
so. E la causa risiedeva in un momento di mera analogia di tutte queste circostanze
con il sacro. Che queste siano state interpretate come sue manifestazioni dipeso da
uno scambio tra la categoria del sacro e qualcosa che gli solo esteriormente analogo :
non si trattato, per, di unautentica anamnesis, di un autentico riconoscimento del
sacro stesso nel suo manifestarsi. Per questo, nello stadio di un superiore sviluppo e
del puro giudizio religioso, tali circostanze vengono di nuovo respinte e rigettate come
totalmente o parzialmente inadeguate, o come senzaltro indegne. C un processo
esattamente analogo a questo in un altro ambito, quello del gusto. Anche in un gusto
grezzo gi vivo un sentimento o un pre-sentimento del bello che deve provenire da un
concetto oscuro del medesimo posseduto gi a priori, altrimenti esso non potrebbe in
generale aver luogo. In prima battuta il gusto ancora grezzo applica il concetto oscuro
di bello scambiandolo, e non a partire da una corretta e autentica anamnesis, ritenen-
do belle cose che non lo sono afatto. Anche qui il principio di una simile applicazione,
che ancora falsa, rappresentato da certi momenti della cosa giudicati falsamente
come belli, che costituiscono analogie prossime o distanti con il bello. Il gusto poi, una
volta che si formato, rigetta, anche qui, con un deciso rifuto ci che meramente
analogo al bello, ma di per s bello non , e diviene capace di vedere e giudicare cor-
rettamente, ossia di riconoscere come bello quellelemento esteriore nel quale gli si
manifesta realmente ci di cui ha interiormente unidea, ossia ununit di misura.
La facolt di divinazione
Defniamo divinazione qualsivoglia facolt di conoscere e riconoscere autenticamente il
sacro nel suo manifestarsi. C una simile facolt? E di che specie ?
capitolo ventesimo 286
Per la teoria soprannaturalistica la questione abbastanza semplice. In questo caso
la divinazione consiste nellimbattersi in un evento che non pu esser spiegato natu-
ralmente , ossia secondo leggi naturali. Ora, poich un simile evento ha luogo, poich
non pu aver luogo senza una causa, e poich non ha una causa naturale, allora deve
averne una soprannaturale. Questa teoria della divinazione e del segno, in quanto di-
mostrazione che e si vuole rigorosa, unautentica teoria, costituita di solidi concetti.
solidamente razionalistica. E lintelletto, la facolt di rifessione per concetti e dimostra-
zioni, viene qui chiamato in causa come facolt di divinazione. Loltremondano viene
dimostrato con la stessa infessibilit e con lo stesso rigore con cui si dimostra qualcosa
logicamente a partire da certi dati.
quasi superfuo argomentare in modo circostanziato contro questa concezione che
in generale non abbiamo la possibilit di stabilire che un evento non deriva da cause
naturali, che cio va contro le leggi di natura. Lo stesso sentimento religioso si ribella di
fronte a questo irrigidimento e a questa materializzazione di quanto vi di pi delicato
nella religione : incontrare e trovare Dio. Se, infatti, c un caso in cui la coercizione me-
diante dimostrazioni o lo scambio con il procedimento logico o giuridico sono esclusi,
in cui la libert, il riconoscimento e lintima adesione provengono dal pi libero moto
della pi profonda interiorit, proprio il caso in cui un uomo si avvede dellazione del
sacro in un accadimento proprio o estraneo, nella natura o nella storia. Non soltanto
la scienza naturale o la metafsica, ma gi lo stesso sentimento religioso maturo
respinge queste grossolanit che, nate dal razionalismo, generano razionalismo e che
non soltanto frenano unautentica divinazione, ma sospettano questultima di fanati-
smo, misticismo o romanticismo. In generale lautentica divinazione non ha nulla a
che fare con la legge di natura e con la relazione o non relazione a questa. Essa non si
interroga afatto sul prodursi di un simile fenomeno, sia esso evento, persona o cosa, ma
sul suo signifcato, su quel signifcato per cui esso un segno del sacro.
Nel linguaggio edifcante e in quello dogmatico la facolt di divinazione si nasconde
sotto il bel nome di testimonium spiritus sancti internum
1
(che qui viene limitato al rico-
noscimento della Scrittura come Sacra). Questo nome anche lunico corretto, e non
soltanto in senso fgurato, della facolt di divinazione, se questultima viene colta e
giudicata per mezzo della divinazione stessa, ossia secondo lidea religiosa della verit
eterna. Con unespressione della psicologia empirica parliamo qui di una facolt che
dobbiamo esaminare sotto il proflo psicologico.
Tale facolt stata scoperta sul versante teologico, ed stata portata a comprensione
contro il soprannaturalismo e il razionalismo, da Schleiermacher nelle sue Reden ber
die Religion nel 1799, da Jakob Friedrich Fries nella sua teoria del presentimento, e, con
particolare riferimento alla divinazione del divino nella storia quale presentimento del
governo divino del mondo, dal de Wette, collega di Schleiermacher e allievo di Fries.
Nella mia edizione di F. Schleiermacher, ber die Religion. Reden an die Gebildeten unter
ihren Verchtern,
a
alla fne, alle pp. XV e ss., ho esposto pi nel dettaglio la scoperta di
Schleiermacher; e nel mio libro Kantisch-Friessche Religionsphilosophie und ihre Anwen-
dung auf die Theologie
b
ho presentato la versione pi precisa della teoria del presen-
timento quale si trova in Fries e de Wette. Per unesposizione pi precisa rimando
1
Cfr. supra, p. 22.
a
Nella terza edizione, Gttingen, Vandenhoeck & Ruprecht, 1913.
b
Tbingen, Mohr, 1909.
il sacro 287
dunque a questi scritti. Qui, per caratterizzare questa teoria, riassumo brevemente i
seguenti momenti.
Propriamente ci che Schleiermacher scorge innanzitutto la facolt di una contem-
plazione che sprofonda nel grande tutto della vita e della realt, della storia e della natu-
ra. Quando un animo si apre alle impressioni dell universo, consegnandosi ad esse e
immergendosi in esse, diviene capace, cos egli insegna, di vivere intuizioni e sentimenti
di qualcosa che, per dir cos, una libera eccedenza rispetto alla realt empirica ;
uneccedenza che non viene clta dalla conoscenza teorica del mondo e dalle connes-
sioni mondane quali prendono forma nella scienza, ma che aferrabile ed esperibile
in modo massimamente reale per la facolt dellintuizione (Intuition) e che si forma
essa stessa in singoli atti intuitivi (Intuitionen) che Schleiermacher chiama intuizioni
(Anschauungen). Queste ultime assumono anche la forma di asserzioni e proposizioni
determinate e formulabili, che sono analoghe a proposizioni teoriche, ma se ne distin-
guono chiaramente per il carattere libero e puramente conforme al sentimento. Di per
s sono pi tentativi, accenni, analogie, che asserzioni dottrinali in senso stretto che
possano essere sistematizzate e utilizzate come premesse di deduzioni teoriche. Sono
di natura analogica e non adeguata e per, pur con questa limitazione, indubbiamente
vere: per questo dovrebbero esser defnite, nonostante la riluttanza di Schleiermacher
nei confronti di questa espressione, come conoscenze; le quali, certo, sono di carat-
tere intuitivo e conforme al sentimento e non alla rifessione. Il loro contenuto, per,
che in e su ci che temporale viene clto il trasparire delleterno, in e su ci che
empirico viene clto un fondamento e un senso delle cose sovraempirici: sono suge-
stioni di qualcosa che carico di mistero e di presentimento. signifcativo che lo stesso
Schleiermacher impieghi talvolta, invece dei concetti principali di intuizione e senti-
mento, anche lespressione presentimento e che utilizzi esplicitamente la divinazione
profetica e la conoscenza del miracolo in senso religioso, ossia del segno.
Quando, nelle sue disamine, tenta di chiarire mediante esempi loggetto del senti-
mento, arriva per lo pi ad impressioni di un telos superiore, di unultima e misterio-
sa conformit del mondo a scopi, della quale avremmo un presentimento. Da questo
punto di vista concorda interamente con le argomentazioni di Fries che determina il
presentimento come una facolt di divinazione della teleologia oggettiva; e de Wette
lo fa in modo ancor pi deciso. Ma in Schleiermacher questo momento razionale
chiaramente radicato nel fondamento di un mistero eterno, dellelemento irrazionale
del fondamento del mondo, come si vede dalle autointerpretazioni del vissuto, sem-
pre tentative e mai del tutto adeguate. E lo si vede in modo particolare quando anche
Schleiermacher, di fronte alla natura, vive lesperienza di tali impressioni non tanto
attraverso la legalit razionale universale del mondo, comprensibile e interpretabile
secondo lidea del fne, quanto piuttosto attraverso quella che ci apparsa come enig-
matica eccezione a tale legalit e che per questo rimanda ad un senso della cosa che
si sottrae alla nostra comprensione.
c
Una discussione dialettico-razionale o una giustifcazione di tale intuizione non sono
in alcun modo possibili, e nemmeno debbono aver luogo, poich le toglierebbero la
sua essenza pi propria, che consiste piuttosto in una chiarissima analogia con il giu-
dizio estetico. La facolt di giudizio che qui Schleiermacher presuppone appartiene
evidentemente alla capacit di giudizio che Kant analizza nella sua terza critica e che
c
Cfr. ivi [Reden], p. 43, d.
capitolo ventesimo 288
contrappone, in quanto capacit di giudizio estetico, alla capacit di giudizio logico.
Ora, per, da questo non si pu concludere che i giudizi formulati grazie ad essa siano
giudizi di gusto quanto al contenuto ; n la distinzione di Kant intende che la facolt
del giudizio estetico sia innanzitutto e in generale un giudicare su cose estetiche nel
senso specifco della nostra estetica. Con questo predicato Kant distingue, innanzitutto
in modo solo molto generale, la facolt del giudizio che in generale conforme al
sentimento, dalla facolt dellintelletto, in quanto facolt del pensare discorsivo e con-
cettuale, del dedurre e del concludere; e individua come sua specifcit il fatto che, a
diferenza del giudizio logico, non si attua secondo principi razionali chiari, ma oscu-
ri , i quali non possono essere esplicitati in proposizioni superiori, ma vengono solo
sentiti. Talvolta, per tali oscuri principi dei giudizi di puro sentimento egli impiega
anche la denominazione di concetti inanalizzati
2
e intende esattamente la stessa cosa
che il poeta esprime nei versi :
Tu desti la potenza degli oscuri sentimenti
Che miracolosamente dormono nel cuore.
3
Oppure:
Quel che luomo non sa,
o non considera
va errando nella notte
per il labirinto del petto.
4
Daltra parte tali giudizi di pura contemplazione e sentimento equivalgono, di nuovo,
ai giudizi di gusto per il fatto che avanzano senzaltro la pretesa di validit oggettiva e
anche in essi si pu arrivare a necessit e validit universale. Lelemento apparentemen-
te soggettivo, puramente individuale del giudizio di gusto, espresso nella massima de
gustibus non disputandum, consiste solo nel fatto che si confrontano tra loro gradi diversi
di educazione e maturit del gusto, i quali configgono e non riescono ad accordarsi.
Nella misura in cui il gusto matura e si esercita, cresce anche la concordanza del giudi-
zio. Anche qui si ha la possibilit di discutere, di insegnare, di vedere in modo sempre
pi corretto, di convincere e provare. E lo stessso per i giudizi di contemplazione.
Laddove questa si approfondisce, si interiorizza, viene esercitata con arte e poggia su
un autentico talento, essa pu essere esaminata, si pu portare al sentimento ci
che si sente e come lo si sente, ci si pu formare nel senso del vero e autentico sentire
e vi si possono condurre altri. E questo ci che in questambito corrisponde al ragio-
namento e al convincimento nellambito della prova logica.
La grande scoperta di Schleiermacher ha due difetti. Da una parte egli presuppone
inavvertitamente e ingenuamente la facolt della divinazione come qualcosa di uni-
versale: ma essa non lo nel senso che possa esser presupposta necessariamente in
chiunque abbia una convinzione religiosa. Certo, Schleiermacher ha perfettamente
ragione nellannoverarla tra le facolt dello spirito razionale in generale, nel conside-
rarla come ci che in esso vi di pi profondo e peculiare. In questo senso pu anche
2
Cfr. KFR, supra, p. 120. Qui per, a diferenza che in KFR (e in DH, supra, p. 225), Otto riporta esatta-
mente lo unausgewickelt kantiano, senza modifcarlo in unauswickelbar.
3
J. C. F. Schiller, Der Graf von Hobsburg, 1803. In realt i primi due versi citati sono und wecket (e
desta ) e non Du weckest, come riporta Otto.
4
J. W. Goethe, An den Mond, 1777.
il sacro 289
esser defnita un momento universalmente umano , visto che defniamo luomo per
mezzo dello spirito razionale. Ma ci che universalmente umano non afatto
universale e posseduto in actu da ogni uomo : molto spesso viene alla luce soltanto
nella forma di un talento deccellenza e di una dote di singoli privilegiati. Nella sua
interessantissima esposizione dellessenza e del compito dei mediatori, nel primo
discorso,
d
Schleiermacher indica perfettamente come stanno realmente le cose su que-
sta questione. (Questo passo contiene addirittura una teoria, sia pur modellata in modo
eccessivamente romantico e assurdamente metafsico, della profezia e della dote della
vocazione profetica.) Solo nature divinatorie hanno questa facolt della divinazione in
actu : non luomo in genere, come ritiene il razionalismo, o la massa indiferenziata di
soggetti omogenei in azione reciproca, che sono ricettori e portatori delle impressioni
delloltremondano, come pensa la moderna psicologia dei popoli. (E questo vale, senza
dubbio, gi dei gradi pi bassi del moto primo e primitivo del timore religioso e dei
suoi prodotti di rappresentazione. Derivare questi ultimi da unoriginaria fantasia di
gruppo e di massa che lavora comunitariamente a sua volta una fantasia, i cui risultati
si distinguono poco, talvolta, da quelli della prima quanto a stranezza e bizzarria.)
Nonostante la sua scoperta della divinazione, e nonostante nel primo discorso egli
lo afermi di se stesso, non sicuro che Schleiermacher sia stato una natura propria-
mente divinatoria. In ogni caso, un altro individuo della sua epoca gli era decisamente
superiore in questo dono: Goethe. Nella vita di Goethe la pratica viva della divinazione
riveste un ruolo signifcativo : ne una curiosa espressione la sua idea del demonico,
che espone con tanta energia in Dichtung und Wahrheit, libro 20, e nei suoi colloqui con
Eckermann.
e
Laspetto pi caratteristico della sua rappresentazione del demonico
quello di oltrepassare ogni concetto, intelletto e ragione, di essere propriamente
inesprimibile e non coglibile:
Il demonico ci che non pu essere risolto da intelletto e ragione.
Ama scegliersi tempi oscuri. In una citt luminosa e prosaica come Berlino non avrebbe oc-
casione di manifestarsi.
Nella poesia vi senzaltro qualcosa di demonico, soprattutto in quella inconscia, nella quale
intelletto e ragione sono inadeguati e che perci opera oltre ogni concetto. Opera, del pari, in
sommo grado nella musica, la quale infatti cos elevata che nessun intelletto riesce ad aferrarla.
Da essa deriva un efetto che domina ogni cosa e del quale nessuno in grado di rendersi conto.
Per questo il culto religioso non pu farne a meno. La musica uno dei primi mezzi per agire
in modo miracoloso sulluomo.
Il demonico non appare anche chiede Eckermann negli avvenimenti?
Soprattutto in questi disse Goethe , in particolare in tutti quelli che non riusciamo a
risolvere con intelletto e ragione. In generale si manifesta nei modi pi disparati nellintera
natura, nel visibile e nellinvisibile. Molte creature sono di specie del tutto demonica, in molte
agiscono parti di esso.
Si vede come qui tornino chiaramente i momenti del numinoso che abbiamo trovato :
il totalmente irrazionale e non coglibile con il concetto, il misterioso e il fascinosum,
il tremendum e lenergicum. Il suo risuonare nelle creature ricorda Giobbe.
f
Daltra
parte, lintuizione goethiana del mysterium resta di gran lunga indietro rispetto a quella
d
Cfr. Reden, nella mia edizione, p. 6, l.
e
Cfr. ledizione Cotta dei Smtliche Werke di Goethe, volume 25, pp. 124 e ss. e [J. P.] Eckermann, Ge-
sprche mit Goethe, a cura di A. v. d. Linden, [Leipzig] 1896, parte ii, pp. 140 e ss.
f
Cfr. lippopotamo di Giobbe.
capitolo ventesimo 290
di Giobbe, perch Goethe, nonostante lammonimento del Libro di Giobbe, misura il
mistero sul razionale, su intelletto e ragione, su concetti e sui concetti di leggi fnali-
stiche umane. Per lui lirrazionale diviene qualcosa di contraddittorio, insieme senso e
non senso, vantaggioso e nocivo. Talvolta lo avvicina alla sagezza, come per esempio
quando aferma:
Nel modo in cui ho conosciuto Schiller c stato senzaltro qualcosa di demonico. Avremmo
potuto incontrarci prima o dopo. Ma che sia accaduto proprio nellepoca in cui io avevo termi-
nato il viaggio italiano e Schiller cominciava a stancarsi delle speculazioni flosofche, stato
importante e del massimo vantaggio per entrambi.
E lo avvicina quasi al divino:
Mi capitato spesso nella mia vita. E in questi casi si arriva a credere ad un intervento pi alto, a
qualcosa di demonico, che si adora senza pretendere di spiegarselo oltre (Eckermann, II, p. 132).
sempre e comunque energia e ultrapotenza che si imprime in uomini impetuosi
e ultrapotenti :
Mi sembra che Napoleone, dissi, sia stato di specie demonica.
Senzaltro, disse Goethe, e al sommo grado, tanto che non gli si potrebbe paragonare quasi
nessuno. Anche il defunto Granduca era una natura demonica, di una forza e di uninquietudine
senza limiti.
Non ha tratti demonici anche Mefstofele?
No. un essere troppo negativo, mentre il demonico si esprime in una forza completamen-
te positiva.
In Dichtung und Wahrheit, p. 126, descrive ancor meglio limpressione esercitata da que-
ste persone numinose. Qui emergono in modo particolare il nostro tremendum, in
quanto spaventoso, e contemporaneamente lultrapotente:
Questo demonico appare nel modo pi spaventoso quando in un uomo emerge come prepon-
derante. Non sono sempre uomini che si distinguono per spirito o talenti e raramente sono
raccomandabili per bont di cuore, ma da loro procede una forza incredibile ed esercitano un
incredibile potere su tutte le creature e persino sugli elementi. Chi pu dire fn dove si estenda
un simile efetto?
Il suo efetto straniante anche quando benefco, pi impeto inquieto che azione;
in ogni caso ci che Goethe tenta di descrivere in quella serie di antitesi in Dichtung und
Wahrheit, p. 24 assolutamente irrazionale :
[...] qualcosa che si manifestava soltanto in contraddizioni e che perci non poteva essere clto
da alcun concetto e ancor meno da una parola. Non era divino, perch appariva irrazionale ;
non umano, perch non aveva intelletto alcuno ; non diabolico, perch era benevolo ; non an-
gelico, perch mostrava spesso una gioia maligna. Somigliava al caso, perch non dimostrava
consequenzialit, e alla provvidenza, perch indicava una connessione. Tutto ci che ci limita
sembrava per esso permeabile. Sembrava disporre a piacimento degli elementi necessari della
nostra esistenza: contraeva il tempo e dilatava lo spazio. Solo limpossibile sembrava andargli a
genio e respingeva il possibile con disprezzo.
Sebbene quel demonico possa manifestarsi in tutto, nel corporeo e nellincorporeo, e possa
esprimersi negli animali nel modo pi singolare, per con luomo che si trova nella connessio-
ne pi meravigliosa e forma una potenza che, se non si oppone allordine morale del mondo,
tuttavia lo incrocia, in modo tale che si pu considerare luno lordito e laltro la trama.
il sacro 291
Non si pu esprimere in modo pi intuitivo di cos il fatto che si sia concepita una divi-
nazione del numinoso con unimpressione dellanimo dimmane intensit ; e evidente-
mente non soltanto una volta, ma in modo ripetuto e quasi abituale : una divinazione,
per, che non coglie il numinoso come fa il profeta, n giunge allaltezza del vissuto di
Giobbe, in cui lirrazionale e misterioso viene vissuto ed esaltato come il valore pi pro-
fondo e come il diritto autonomo del sacro ; una divinazione compiuta da un animo non
ancora abbastanza profondo per queste profondit e al quale, perci, il contrappunto
dellirrazionale alla melodia della vita poteva risuonare soltanto in una confusa conso-
nanza e non con unautentica armonia, indefnibile, ma coglibile nel sentimento. di-
vinazione autentica, ma una divinazione del pagano Goethe, come egli usa talvolta
considerarsi e defnirsi. In efetti essa si muove solo sul livello preliminare del demonico
e non su quello del divino e del sacro stesso. E qui descritta, in modo da render molto
facile limmedesimazione, la specie di demonico che pu presentarsi come tale nella
vita di un animo di cultura elevata, ma con rifessi che sconcertano, che abbagliano pi
che illuminare o riscaldare. Goethe non ha saputo eguagliarli ai suoi superiori concetti
del divino e, quando Eckermann porta su ci il discorso, risponde in modo evasivo:
Sembra che nellidea del divino, provai a dire, non rientri la forza operante che chiamiamo
demonico.
Figlio caro, disse Goethe, che ne sappiamo dellidea del divino e che pretendiamo che dica-
no i nostri ristretti concetti dellessere sommo ! Se anche lo chiamassi, come fanno i Turchi, con
cento nomi, non sarebbe abbastanza e, a paragone di qualit tanto illimitate, non avrei detto
ancor nulla.
A prescindere dal fatto che il livello molto inferiore, abbiamo qui esattamente ci che
ha in mente Schleiermacher: intuizione e sentimento, attuati in modo vivissimo da
una natura divinatoria, non di qualcosa di divino, certo, ma di qualcosa di numinoso
nella natura e negli eventi. Questa divinazione si attua qui secondo un principio total-
mente indefnibile. Per quanti esempi Goethe ofra, non in grado di indicare che cosa
il demonico propriamente sia, a partire da cosa lo senta e in virt di cosa lo riconosca
come identico in queste forme despressione variopinte e in contraddizione tra loro.
evidente che qui egli guidato da un mero sentimento , ossia da un oscuro principio
a priori.

Capitolo ventunesimo
LA DIVINAZIONE NEL CRISTIANESIMO ORIGINARIO
S
opra abbiamo parlato e trattato di uno dei difetti della teoria schleiermacheriana
della divinazione. Laltro che Schleiermacher, pur sapendo descrivere in modo
molto caldo e vivo la divinazione nei confronti del mondo e della storia, le restituisce
solo rapidamente e per cenni, ma non in modo chiaro e dettagliato, quelloggetto che
per essa il pi degno e conveniente : la storia della religione, soprattutto di quella biblica
e del suo oggetto sommo, Cristo stesso. Lultimo dei suoi discorsi introduce il cristiane-
simo e Cristo in modo enfatico e signifcativo. Ma qui Cristo essenzialmente solo un
soggetto della divinazione e non il suo vero e proprio oggetto. E tale resta anche nella
Glaubenslehre. Anche in questa il signifcato di Cristo si esaurisce essenzialmente nel fat-
to che ci rende partecipi della forza e della beatitudine della sua coscienza di Dio :
1
un
pensiero estremamente ricco di valore, che per non arriva a quel valore capitale che a
buon diritto la comunit attribuisce a Cristo, quello di essere la manifestazione stessa
del sacro . Nel suo essere, nella sua vita e nel modo in cui lha vissuta noi stessi intu-
iamo e sentiamo spontaneamente il rivelarsi dellazione della divinit. Per il cristiano,
infatti, importante domandarsi se si dia una divinazione, un coglimento immediato e
diretto del manifestarsi del sacro, unintuizione e un sentimento del medesimo nella
persona e nelloperato di Cristo; se cio in lui il sacro sia esperibile autonomamente e
se egli ne sia una reale rivelazione.
Sotto questo proflo non ci sono evidentemente utili in alcun modo le ricerche
tormentose e in fondo impossibili sull autocoscienza di Ges, che sono state tanto
spesso intraprese. Impossibili lo sono gi per il fatto che il materiale documentale in
proposito insufciente e inadeguato. Ges rende contenuto della sua predicazione e
delle sue afermazioni il Regno, la sua giustizia e la sua beatitudine, e non se stesso. E
vangelo nella sua comprensione prima e semplice annuncio del Regno, vangelo
del Regno di Dio. Le afermazioni riferite a s sono solo occasionali e frammentarie.
Ma anche se cos non fosse, anche se riuscissimo a trovare in lui una dettagliata teoria
a proposito di se stesso, cosa proverebbe ! Non di rado i fanatici religiosi sono ricorsi ai
mezzi pi elevati dellautotestimonianza, e abbastanza spesso, senza dubbio, in piena
buona fede in se stessi. Se vi qualcosa che nella sua forma massimamente dipenden-
te da rappresentazioni dellepoca, dallambiente, dallapparato mitologico e dogmatico
circostante, sono proprio queste autotestimonianze delle profezie di tutti i tempi. Lap-
plicazione a s che ne fa questo o quel profeta, ispirato o maestro dimostra soltanto il
suo sentimento in generale, la sua missione, la sua superiorit, e la sua pretesa che gli si
presti fede e obbedienza : tutte cose che sono in partenza ovvie quando un uomo si leva
per vocazione interiore. Da una qualche autoafermazione non conseguirebbe ci di
cui parliamo: pu certo suscitare fede nellautorit, ma non portare al vissuto proprio,
alla visione spontanea e al riconoscimento: Ora abbiamo conosciuto noi stessi che tu sei
il Cristo.
1
Cfr. Glaubenslehre, 94 e 100.
capitolo ventunesimo 294
Che la prima comunit lo abbia riconosciuto con una simile divinazione propria e
spontanea, o almeno presunta tale, non pu essere messo in dubbio. Senza di essa
sarebbe in generale incomprensibile la nascita della comunit. Da un mero annuncio,
da una mera autotestimonianza autoritaria non derivano quelle solide certezze, quei
forti impulsi, quella forza e quella spinta allafermazione che erano necessarie per la
nascita della comunit cristiana e che sono chiaramente riconoscibili come suo tratto
caratteristico.
Ci si pu sbagliare su ci soltanto se si tenta di avvicinarsi al fenomeno della nascita
della comunit cristiana unilateralmente, solo con i mezzi e le ricostruzioni della flo-
logia e con i sentimenti e le facolt di sentimento afevoliti della nostra cultura e del
nostro spirito di oggi, che ha perso lingenuit. Sarebbe utile se a questi mezzi e metodi
si aggiungesse il tentativo di procurarsi mediante esempi viventi, che possono essere
rintracciati ancor oggi, unidea pi concreta di come sorgono conventicole e comunit
religiose autentiche e originarie. Si dovrebbero cercare luoghi e occasioni in cui anche
oggi ancora viva la religione quale moto e impulso primigenio, istintivo e ingenuo.
Questo pu essere studiato ancor oggi in angoli remoti del mondo islamico e indiano.
Nelle piazze e sulle strade di Mogador e Marrakech si possono trovare ancor oggi scene
che hanno una singolare somiglianza con quelle che riportano i Sinottici. Compaiono
dei Santi (Heilige) per lo pi assai bizzarri intorno ai quali il popolo va a raccoglier-
si per ascoltarne le sentenze e vederne i miracoli, per osservarne la vita e loperato. Na-
scono circoli pi o meno saldi di discepoli e si formano e si raccolgono logia, racconti,
leggende. Sorgono confraternite o si aggiungono nuovi circoli a confraternite gi esi-
stenti. Il centro per sempre luomo che in vita fu un santo (Heiliger), e il fulcro del
movimento sempre il carattere e la forza del suo essere personale e dellimpressione
che esercita. Gli esperti assicurano che il novantotto percento di questi santi (Heilige)
sono impostori. Ora, il due percento non lo : una percentuale sorprendentemente alta
in una questione come questa, che stimola e facilita limpostura. E queste percentuali
residue resterebbero altamente istruttive per il fenomeno stesso. Per il vissuto della
sua cerchia gi il santo (Heiliger), o il profeta, pi che :o; zvano;: lessere
meraviglioso e pieno di mistero, appartiene in qualche modo allordine superiore delle
cose e si trova dalla parte dello stesso numen. Egli non presenta se stesso come tale, ma
come tale viene vissuto. E le comunit religiose nascono soltanto da simili vissuti, che
possono essere grezzi e che abbastanza spesso sono autoillusioni, ma che sono neces-
sariamente intensi e profondi.
Queste analogie sono infnitamente povere e molto distanti da ci che una volta ebbe
luogo in Palestina ; ma se gi queste sono possibili solo per il fatto che il sacro stesso,
reale o presunto, viene esperito in singole personalit, quanto infnitamente pi vero
deve esser stato in quel caso ! Che sia stato cos lo testimoniano lintera tonalit emoti-
va e la convinzione delle prime comunit, che in quei loro primi, modesti documenti
riusciamo a rinvenire, in modo ancora immediato, come un tutto. E singoli tratti pi
minuti nellimmagine di Ges dei Sinottici lo confermano esplicitamente nel dettaglio,
come per esempio i racconti, gi menzionati sopra, della pesca di Pietro e del centurio-
ne di Cafarnao, che indicano un rifesso di sentimento spontaneo di fronte al vissuto del
sacro.* Nei racconti evangelici, simili indicazioni si trovano quasi solo incidentalmente:
interessano poco il narratore stesso, per il quale importante il resoconto del miracolo.
Ma proprio per questo sono tanto pi interessanti per noi. E quanto numerosi saranno
stati vissuti simili, la cui traccia stata cancellata appunto perch non vi era nessun
il sacro 295
miracolo da raccontare e la cosa stessa sembrava al narratore troppo ovvia. Tra questi
vissuti rientra la fede nella superiorit di Ges sul demonico e la tendenza alla leggen-
da, iniziata subito. Vi rientra il fatto che i suoi parenti lo ritenessero posseduto: un
involontario riconoscimento dellimpressione numinosa che esercitava. E vi rientra
in modo del tutto particolare la fede, che erompe spontaneamente come unimpressio-
ne, ottenuta non grazie alla teoria, ma allesperienza vissuta, per cui per questa cerchia
egli il Messia , lessere numinoso assoluto. Il carattere di impressione e di vissuto di
questa fede emerge molto chiaramente dalla prima confessione messianica di Pietro e
dalla risposta di Ges:
Questo non te lo ha rivelato la carne e il sangue, ma il Padre mio in cielo.
2
Ges stesso sorpreso dalla confessione, a dimostrazione del fatto che Pietro non ha
appreso tale conoscenza da unautorit, ma lha trovata da solo: stata una scoperta
sorta dallimpressione e dalla testimonianza proveniente da quella profondit dellani-
mo dove chi insegna non la carne, n il sangue, e nemmeno la parola, ma lo stesso
Padre mio in cielo , il quale insegna senza intermediari. assolutamente necessario,
infatti, aggiungere anche questo : senza, qualsiasi impressione inefcace o, meglio,
non pu aver luogo alcuna impressione. Per questo motivo sono inadeguate tutte le
teorie dell impressione esercitata da Cristo se non tengono conto di questo secondo
momento, che in verit non altro che la necessaria predisposizione per il vissuto del
sacro, ossia la categoria del sacro, disposta nello spirito stesso come oscura conoscenza
a priori. Limpressione presuppone qualcosa che possa essere impressionato: e lani-
mo non sarebbe tale, se in s fosse solo una vuota tavoletta di cera. Per impres-
sione non intendiamo qui la mera impressio che, secondo la teoria del sensismo,
crea nellanima la percezione come una traccia che lascia dietro di s. Che qualcuno
ci impressiona signifca qui che conosciamo e riconosciamo in lui un peculiare signif-
cato, di fronte a cui ci inchiniamo. Ma questo possibile solo grazie ad un momento
di conoscenza, comprensione e valutazione che si fa incontro dalla propria interiorit,
grazie allo spirito interiore . Secondo Schleiermacher alla rivelazione appartiene il
correlato presentimento. La musica viene compresa soltanto da chi ha disposizione
musicale; solo costui ne riceve unimpressione. Ad ogni classe propria di impressioni
reali appartiene anche un tipo proprio e specifco di congenialit che afne a ci che
produce limpressione. Nemo audit verbum nisi spiritu intus docente.
3
Ricordiamo ancora
una volta il nostro esempio del bello. Qualcosa di bello pu esercitare unimpressione,
secondo il suo signifcato di bello, soltanto se e in quanto in un uomo disposto un cri-
terio per una specifca valutazione, ossia per la valutazione estetica. Questa disposizio-
ne possiamo comprenderla come un sapere originario e oscuro circa il valore del bello.
Poich questo sapere in lui o, meglio, poich ne capace ed capace di formarselo,
luomo in grado di riconoscere la bellezza quando incontra una singola e data cosa
bella, di sentire lanalogia di questo oggetto con il suo criterio nascosto. E questo
appunto limpressione.
2
Mt 16, 17.
3
Cfr. AHG, p. 75.
Capitolo ventiduesimo
LA DIVINAZIONE NEL CRISTIANESIMO ATTUALE
P
i della domanda se la comunit originaria abbia vissuto e abbia potuto vivere il
sacro in e su Cristo, per noi importante laltra, se cio anche noi ancora lo possia-
mo, se limmagine del suo operare, vivere e agire, tramandata nella e dalla comunit,
abbia anche per noi valore e forza di rivelazione o se qui ci nutriamo solo delleredit
della prima comunit e crediamo sul fondamento dellautorit e di una testimonianza
estranea. Non vi sarebbe speranza di rispondere, se non potesse intervenire anche in
noi quella comprensione per presentimento e quellinterpretazione dallinterno, quella
testimonianza dello spirito che possibile soltanto sulla base di una disposizione cate-
goriale del sacro nellanimo stesso. Se gi allora, in mancanza di questa, non sarebbero
state possibili una comprensione e unimpressione del Cristo immediatamente presen-
te, come potrebbe essere in grado di condurvici una qualche tradizione mediata? Se in-
vece possiamo assumere quella disposizione, allora le cose stanno in modo totalmente
diverso. In questo caso non ci pi di alcun ostacolo il carattere frammentario e spesso
incerto della tradizione, linterpolazione di elementi leggendari e la patina ellenisti-
ca : lo spirito riconosce quel che dello spirito.
Per lefcacia di questo principio interiore, che assiste, interpreta e si fa incontro
con presentimenti principio che secondo lidea religiosa dobbiamo considerare come
spirito che d testimonianza stato per me istruttivo quanto mi raccont un raf-
fnato missionario che opera in una missione molto lontana. Mi disse che continua
sempre di nuovo a stupirsi di come talvolta possa essere compreso in un modo tanto
sorprendentemente profondo e intimo lannuncio della Parola, cos inadeguato in una
lingua straniera e difcile, possibile sempre soltanto per allusioni e operante con con-
cetti totalmente estranei. Anche qui la comprensione per presentimento, che muove
dal cuore di chi ascolta, che fa sempre la parte pi importante. Senza dubbio soltanto
con ci che abbiamo una chiave per la comprensione del problema Paolo. A questo
persecutore della comunit cristiana poterono giungere indicazioni sullessenza e sul
signifcato di Cristo e del suo vangelo solo in brandelli, frammenti e caricature. Ma lo
spirito gli ha imposto dallinterno quella conoscenza di fronte alla quale si arreso a
Damasco, e gli ha insegnato quella comprensione infnitamente profonda del manife-
starsi di Cristo per cui, come ha dovuto riconoscere Wellhausen, in fondo nessuno ha
compreso Cristo in modo tanto pieno e profondo quanto appunto Paolo.
Naturalmente, se un vissuto del sacro in e su Cristo deve esser possibile, e se deve
esser dappoggio alla nostra fede, allora il primo, ovvio presupposto che loperare
primo, proprio e pi immediato di Cristo sia per noi ancora immediatamente compren-
sibile, che ci sia possibile viverlo secondo il suo valore e che esso dia immediatamente
limpressione della sua santit (Heiligkeit). Sembra che qui si sollevi una difcolt
la quale, se non venisse superata, renderebbe insolubili il problema e la domanda se
ci che oggi riteniamo di possedere rispetto a Cristo e al cristianesimo sia in fondo
la stessa cosa che davvero Cristo intendeva dire e fare, e se sia la stessa cosa che ha
vissuto la prima comunit rispetto al suo operare. la stessa domanda di chi si chiede
capitolo ventiduesimo 298
se il cristianesimo possieda davvero un principio proprio che, sebbene sia capace di
unevoluzione nella storia, resta tuttavia identico a se stesso secondo lessenza, cos da
rendere commensurabili e essenzialmente uguali il cristianesimo di oggi e la fede dei
primi discepoli.
In generale e in senso rigoroso il cristianesimo gesuanesimo? Vale a dire : nella
sua essenza e nel suo senso interno, la religione che oggi conosciamo come cristia-
nesimo, con i suoi peculiari contenuti di fede e di sentimento, quale si presenta come
grandezza storica, che si distingue da altre religioni e si commisura ad esse, che solleva,
muove, accusa o colma di felicit, attrae o respinge animi e coscienze, ancora la stessa
religione e religiosit cos semplice e modesta che Ges stesso ha avuto, che ha de-
stato e fondato nella cerchia di quel piccolo gruppo irrequieto in quel remoto angolo
di mondo della Galilea ? Che da allora essa abbia mutato in modo signifcativo colore e
forma, che sia stata esposta a grandi cambiamenti e trasformazioni universalmente
riconosciuto. Ma nel succedersi delle sue manifestazioni c unessenza perdurante, un
principio identico che, pur essendo capace di sviluppi, resta per in s uno ? Vi uno
sviluppo o invece vi trasformazione, cambiamento, afusso di elementi totalmente
altri, che uno lamenta come capovolgimento, un altro ammira come felice sostituzione
e un terzo registra come semplice fatto storico?
Il cristianesimo quale ci sta oggi dinnanzi, una grande religione mondiale esisten-
te di fatto, senza dubbio, nel suo senso primo e pi autentico, una religione di re-
denzione . Salvezza una salvezza debordante in un senso peculiarmente religioso
, liberazione e superamento del mondo, di unesistenza vincolata al mondo, della
creaturalit in genere, superamento della lontananza da Dio e dellinimicizia verso di
Lui, redenzione dalla schiavit e dal debito del peccato, riconciliazione e purifcazione,
ma quindi anche grazia e dottrina della grazia, spirito e comunicazione dello spirito,
rinascita e nuova creatura sono i concetti che oggi lo caratterizzano, che sono comuni
nonostante le molteplici scissioni in chiese, confessioni e sette. Mediante tali contenuti
caratterizzato in tutta chiarezza e determinatezza come assoluta religione di re-
denzione , che sotto questo proflo perfettamente comparabile alle grandi religioni
dOriente con le loro contrapposizioni nettamente dualistiche di salvezza e perdizione,
e che avanza la pretesa di non restar loro indietro quanto alla necessit della redenzione
e al conferimento della salvezza, ma anzi di esser superiore tanto per limportanza di
questi concetti, quanto per il loro contenuto qualitativo. Senza dubbio il cristianesimo
odierno ha in questi momenti il suo principio e la sua essenza. Ci che in questio-
ne solo se questi grandiosi contenuti dellanimo e delle sue tonalit emotive siano
realmente stati gi il principio di quella semplice religione di Ges, la cui fondazione
deve esser defnita come prima e pi immediata opera di Cristo.
Rispondiamo afermativamente a questa domanda, anche se richiamiamo la parabo-
la del granello di senapa e dellalbero che cresce da questo, la quale si riferisce al Regno
di Dio, ma si addice altrettanto bene al principio del cristianesimo. La parabola indica
un cambiamento, perch lalbero qualcosa di diverso dal seme ; ma un cambiamento
che non trasformazione, ma passaggio dalla potenza allatto : vero e proprio sviluppo
e non trasmutazione o epigenesi.
La religione di Ges non si trasforma in religione di redenzione gradualmente, ma
sin dal primo momento della sua comparsa, secondo la sua disposizione, lo gi: e lo
nel senso estremo e in tutta chiarezza, nonostante le manchino ancora termini che
il sacro 299
sono successivi. Se si cerca di determinare con la maggior semplicit e sobriet stori-
ca possibili ci che realmente caratteristico dellannuncio di Ges, si ottengono due
momenti: 1) innanzitutto e soprattutto la predicazione del Regno di Dio, e non come
momento secondario, ma come senso fondamentale della cosa; 2) la reazione contro
il farisaismo, caratteristica del vangelo di Ges, e, in connessione con ci, il suo ideale
di devozione come intenzione e disposizione fliale fondata sul perdono delle colpe.
Con questi due momenti posto, in linea di principio, tutto ci che successivamente si
dispiega nel carattere di redenzione del cristianesimo, nelle sue dottrine pi specif-
che della grazia, dellelezione, dello spirito e del rinnovamento mediante lo spirito. E
queste cose sono state vissute e possedute, in forma implicita, anche e proprio da quella
prima cerchia. Chiariamo meglio.
Parlare di religione di redenzione in realt un pleonasmo, per lo meno se si con-
siderano le forme superiori e pi evolute di religione. Ognuna di queste, infatti, svinco-
latasi e resasi autonoma dalle relazioni, per lei eteronome, con leudemonia mondana
pubblica o privata, sviluppa in s un ideale di beatitudine peculiare e debordante che
si pu designare con lespressione generale di salvezza. Ad una salvezza di questa
forma tende, in misura sempre crescente e in modo sempre pi consapevole, lo svi-
luppo religioso in India, a cominciare dallidea di deifcazione che risuona nel teopan-
tismo delle Upanisad fno alla beatitudine (solo apparentemente negativa) del nirvna
buddhista. Ad una salvezza tendono anche le religioni di redenzione propriamente
dette, che allinizio della nostra ra penetrano nellecumene dallEgitto, dalla Siria e
dallAsia Minore. Per uno sguardo afnato dalla comparazione evidente, inoltre, che
anche nella religione persiana agisce il medesimo impulso religioso ad una salvezza,
nella veste e nella fgura di unescatologia che prende la forma della brama di moksa
1
e
nirvna. Anche lIslam una brama e unesperienza vissuta di salvezza; e non soltan-
to in speranza, ossia in riferimento al piacere del paradiso: laspetto pi importante
dellIslam infatti lIslam stesso, la sottomissione ad Allah, la quale non soltanto
oferta della volont, ma anche desiderio e ricerca dellaccordo con Allah ; una tonalit
emotiva che come tale gi una salvezza, che pu esser posseduta e goduta come
una sorta di ebbrezza e che, intensifcandosi, pu diventare una mistica ubriacatura di
beatitudine.
Ma del tutto evidente che questo stesso tratto, che il tratto fondamentale di tutte
le religioni superiori in genere, si esprime nel modo pi intenso, e in un tipo qualita-
tivamente superiore, nel cristianesimo, nel suo credere, bramare, ricevere in eredit il
Regno di Dio. Con ci indiferente se il punto di partenza di questo pensiero in Israele
sia stato di tipo puramente politico, se solo gradualmente si sia svincolato dal terreno
della realt per elevarsi infne allelemento debordante, o se i motivi generatori siano
stati sin dal principio propriamente religiosi. Molto spesso la materia che limpulso
religioso aferra, allinizio di tipo terreno-mondano. Il non dar requie dellimpulso, lo
spinger sempre oltre, lo svincolarsi e il sollevarsi sono le sue espressioni pi caratteri-
stiche e ne chiariscono lessenza interna, la quale non altro che autentica spinta verso
la redenzione, pre-sentimento e anticipazione di un bene totalmente altro , presentito
e debordante; questultimo, in quanto salvezza, paragonabile ai beni cui si tende in
altre religioni, ma rispetto ad essi superiore: tanto superiore, quanto qualitativamen-
1
Liberazione.
capitolo ventiduesimo 300
te superiore il Signore, che in questo Regno viene trovato e posseduto, a Brahma,
Visnu, Ormudz, Allah, o allassoluto nella forma del nirvna, kaivalya,
2
tao, o a quel che
si voglia ancora menzionare. Il vangelo completamente orientato alla redenzione, che
sar attuata un giorno da Dio, ma di cui esso fa gi ora esperienza : promessa del Regno
di Dio, nel primo senso ; vissuto immediato e gi presente dellesser fgli di Dio, nel
secondo, che il vangelo ha infuso nellanima della sua comunit quale pi immediato
possesso di questa. Che la comunit fosse consapevole di questa salvezza come di qual-
cosa di qualitativamente e completamente nuovo, inaudito e debordante, si rispecchia
nel logion per cui la Legge e i Profeti arrivano fno a Giovanni, ma ora viene il Regno
con potenza; per cui, cio, anche Giovanni viene annoverato tra Legge e Profeti.
A voler descrivere questa novit nel modo pi conciso e secondo il suo carattere pi
autentico, bisognerebbe inventare le parole di Rm 8, 15, se gi non ci fossero:
Voi non avete ricevuto uno spirito da schiavi, per cui dovete ricadere nella paura, ma avete rice-
vuto uno spirito da fgli per mezzo del quale gridiamo: Abb, Padre buono!.
Qui Paolo ha compreso la pointe e il centro, ha aferrato in modo precisissimo la rottura
con lantico, la nuova religione, il principio e lessenza di questa. E questo principio ed
essenza stato quello di quei primi pescatori sul lago di Galilea ed lo stesso attra-
verso lintera storia del cristianesimo. Con questo data la nuova posizione rispetto a
peccato e colpa, legge e libert ; con questo sono date, secondo il principio, giustifca-
zione , rinascita, rinnovamento, efusione dello spirito, nuova creazione e libert
beata dei fgli di Dio. Queste o simili espressioni, dottrine, corpi dottrinali e relative
speculazioni profonde dovevano comparire non appena la parola parl a quello spirito
che le corrispondeva. Da questo punto di partenza possiamo per lo meno concepire la
possibilit dellinnesto di correnti dualistiche, gnostiche.*
Cos la prima e immediata opera di Cristo, come possiamo comprendere ancor oggi
con luminosa chiarezza, lazione e il dono della salvezza in speranza e possesso, il
risveglio della fede nel suo Dio e nel Regno di Dio. Come pu destarsi anche in noi, che
siamo lontani rispetto allopera e alla vita di Cristo, la divinazione, lintuizione reli-
giosa, come possiamo giungere anche noi al vissuto del manifestarsi del sacro in lui?
Evidentemente non per via dimostrativa, con una dimostrazione secondo una regola
o per concetti. Non siamo in grado di indicare alcun criterio concettuale della forma :
Se compaiono i momenti x + y, allora presente una rivelazione , e proprio per que-
sto parliamo di divinazione, di un cogliere intuitivo. Possiamo giungervi, invece,
per via puramente contemplativa, mediante un aprirsi e un abbandonarsi dellanimo
alla pura impressione delloggetto : in modo tale che il contenuto e il dono dellan-
nuncio e dellopera istitutiva di Ges corrispondano allimmagine della sua persona
e della sua vita, e che il tutto, nel contesto della lunga e mirabile preparazione nella
storia della religione di Israele e Giuda, appaia insieme al gioco delle molteplici linee
di sviluppo che, convergenti e divergenti, corrono tuttavia verso di lui, con il momento
della pienezza del tempo , con gli stimoli e le costrizioni esercitati dallambiente per
contrasto e per parallelo ; in modo tale da prestare attenzione alla insolita base e trama
dellirrazionale stesso, che avvertibile qui come non mai, al levarsi e recedere del suo
efetto, allemergere sempre pi chiaramente del suo contenuto spirituale dal quale
dipende la salvezza del mondo, allenigmatico crescere delle potenze che gli resistono,
2
Liberazione.
il sacro 301
al problema di Giobbe, mille volte pi acuto, del dolore e della disfatta non soltanto
di un uomo personalmente giusto, ma anche di ci che importante, di ci che pi
importante per linteresse supremo delluomo e dellumanit, a questa greve nube di
mistica irrazionale che alla fne cala sul Golgotha. In chi capace di immergersi nella
contemplazione, di aprirsi allimpressione di un animo dischiuso, deve sorgere il rico-
noscimento del sacro, l intuizione delleterno nel temporale nel puro sentimento,
secondo criteri interni la cui regola inefabile. Se vi qualcosa di eterno e di sacro
nella mescolanza e compenetrazione dei momenti del razionale e dellirrazionale, del
teologico e dellindefnibile, cos come abbiamo tentato di coglierlo e di descriverlo,
allora qui che interviene nella sua manifestazione pi potente ed evidente.
In un certo senso, noi posteri siamo in una posizione migliore, e non peggiore, per
coglierlo nel suo manifestarsi. Il fatto di coglierlo come presentimento del governo
divino del mondo dipende da due momenti: da una parte, dalla visione dinsieme
dellintero contesto di questa meravigliosa storia dello spirito di Israele, del suo pro-
fetismo e della sua religione, e dalla visione della comparsa di Cristo in questo conte-
sto ; daltra parte, dalla totalit dellintera opera e condotta di vita di Cristo stesso. In
entrambi i casi per noi, pi distanti e con un pi acuto sguardo storico, possibile una
visione totale e dinsieme assai pi completa di quella dellepoca. A chi si immerge
contemplativamente in quel grande contesto che chiamiamo l antica alleanza fno a
Cristo deve destarsi in modo quasi irrestistibile il presentimento che qui qualcosa di
eterno preme imperiosamente per giungere a manifestazione e insieme a perfezione.
E chi in questa connessione contempla il compimento e la conclusione, questa gran-
de situazione, questa fgura possente, questa personalit che senza tentennamenti si
fonda su Dio, questa infallibilit e questa sicurezza che viene da misteriose profondit,
questa certezza nella convinzione e nellagire, la beatitudine e la spiritualit di questo
contenuto, questa lotta, questa fedelt e dedizione, questo dolore e infne questa morte
vittoriosa, costui deve giudicare : questo divino, questo il sacro. Se c un Dio e se
volesse rivelarsi, dovrebbe farlo proprio cos.
Costui deve giudicare cos: non per costrizione logica o secondo una premessa con-
cettualmente chiara, ma in un giudizio immediato di puro riconoscimento non deri-
vabile da premesse, secondo una premessa inesplicitabile, che deriva da un sentimento
puro e irriducibile della verit. Ma questo appunto il tipo di divinazione autentica in
quanto intuizione religiosa.
Da una simile intuizione scaturiscono anche per noi necessariamente, e indipenden-
temente dallesegesi o dallautorit della comunit originaria, una serie di altre intu-
izioni sulla persona, lopera e la parola di Cristo, che la dottrina della fede deve ulte-
riormente dispiegare : lintuizione della storia della salvezza in genere e quella della
sua preparazione profetica e del suo compimento. Lintuizione della messianit di
Ges in quanto colui nel quale diviene atto puro ogni disposizione della religiosit di
Profeti e Salmi, ogni tendenza, attesa e anticipazione dellantica alleanza, colui che
il culmine e il grado pi alto e perfetto di tutto lo sviluppo precedente, il signifcato
e la meta dellevoluzione di questo ceppo e di questo popolo, la quale, nel generarlo,
compie il suo proprio ciclo desistenza e assolve il suo compito storico. Lintuizione
dellimmagine e della presentazione di Dio in lui, visto che nelle sue lotte e vittorie,
nella sua ricerca e nel suo amore di salvatore viene presentito un zzt di Colui
che lha inviato e stabilito. Lintuizione della sua fgliolanza, in quanto leletto e ha
capitolo ventiduesimo 302
ricevuto la vocazione e la pienezza dei poteri della divinit ; e, per intensifcazione, in
quanto colui che solo a partire da Dio comprensibile e possibile, e che in pari tem-
po ripete e presenta nel modo umano lessenza divina. Lintuizione della istituzione
dellalleanza , delladoptio e della conciliazione mediante lui, della validit dellopera
della sua vita quale sacrifcio e oferta a Dio; oferta che ha e ottiene il Suo compiaci-
mento. E, non ultima, lintuizione del mediatore che copre ed espia. La superiore
conoscenza del vangelo di Cristo, infatti, non riduce, ma aumenta labisso tra creatura
e creatore, tra profanum e sanctum, tra peccato e santit (Heiligkeit): per un moto spon-
taneo del sentimento corrispondente, qui, come sempre, ci in cui il sacro stesso si
rivela viene contemporaneamente aferrato come mezzo e via per avvicinarsi ad esso.
E questa spinta potrebbe suscitarsi spontaneamente e cercare la sua espressione anche
nel caso in cui egli non fosse stato preparato e portato, come in Giudea e nellantichit,
da tradizioni della mistica del culto sacrifcale. un impulso religioso naturale e una
necessit dello stesso vissuto numinoso.
Non da biasimare il fatto che tali intuizioni in generale compaiano nella dottrina
della fede cristiana e abbiano una posizione centrale non potrebbe essere altrimenti
, ma che si disconosca il loro carattere di libere intuizioni per divinazione, che le si
dogmatizzi, le si teorizzi e le si deduca da necessit dogmatiche, che si disconosca ci
che sono, e cio libere esteriorizzazioni e tentativi di espressione del sentimento, e che
si conferisca ad esse un rilievo tale che le ponga indebitamente al centro dellinteresse
religioso, in quella posizione che solo una cosa pu lecitamente occupare : il vissuto
stesso di Dio.
Dove per ha avuto luogo unautentica divinazione del sacro nel suo manifestarsi ,
l acquistano signifcato anche quei momenti che si possono defnire segni concomi-
tanti : non veri e propri fondamenti portanti della divinazione, ma conferme di questa,
come quei momenti della superiore vita e forza spirituale nellimmagine di Ges, che
hanno delle analogie nella storia dello spirito e delle religioni, che si mostrano nel
dono della vocazione dei grandi profeti di Israele come intuizione visionaria e presen-
timento mantico, e che manifestamente tornano nella vita di Cristo come doni dello
Spirito intensifcati. Queste cose non sono miracoli, perch in quanto facolt dello
spirito sono naturali in sommo grado, proprio come lo la stessa nostra volont
che comanda i nostri corpi. Ma si presentano evidentemente solo l dove lo spirito si
d in superiore fgura e vitalit, e dobbiamo attenderceli soprattutto dove esso unito
nel modo pi stretto e intimo al suo fondamento eterno, dove riposa completamente
in esso e per questo motivo diviene libero per la sua azione pi alta. Per questo il loro
esserci e comparire pu essere un segno concomitante di questultima circostanza e
quindi del risultato di una pura divinazione.
a
chiaro anche, infne, che proprio la passione e la morte di Cristo devono diventare
oggetto di intuizione e di valutazione da parte di un sentimento particolarmente inten-
so. Se la sua missione nel mondo e la sua propria condotta di vita vengono in generale
considerati specchio e autorivelazione della volont di un amore eterno, allora dovr
essere considerato cos soprattutto questatto supremo di fedelt e amore. La croce
diviene il puro e semplice speculum aeterni patris. E non solo del Pater, non solo del
supremo momento razionale del sacro, ma del sacro in genere. Cristo, infatti, rica-
pitolazione e conclusione dello sviluppo precedente, soprattutto per il fatto che il pi
a
Cfr. pi nel dettaglio R. Otto, LWJ
4
, pp. 33 e ss.
il sacro 303
mistico dei problemi quello dellantica alleanza, che dal Deutero-Isaia e da Geremia
procede attraverso Giobbe e i Salmi si ripete in modo classico nella vita, passione e
morte di Ges, elevandosi qui allassoluto : il mistero della soferenza del giusto innocente.
Gb 38 una profezia del Golgotha, e sul Golgotha viene ripetuta e superata la soluzio-
ne del problema gi data a Giobbe. Come abbiamo visto, tale soluzione risiedeva
totalmente nellirrazionale, e tuttavia era una soluzione. Gi in Giobbe la soferenza
del giusto riceveva il senso di essere il classico caso particolare della rivelazione di un
aldil misterioso nella realt, prossimit e aferrabilit pi immediate. La croce di Cri-
sto, questo monogramma del mistero eterno, ne il compimento. nellintreccio
tra i momenti razionali del suo signifcato con quelli irrazionali, in questa mescolanza
del manifesto con ci che non manifesto ed carico di presentimento, del sommo
amore con la tremenda o del numen nella croce di Cristo, che il sentimento cristiano
ha compiuto lapplicazione pi viva della categoria del sacro, producendo, con ci,
lintuizione religiosa pi profonda che si sia potuta trovare nellambito della storia della
religione.
A questo punto, se si vogliono comparare e determinare le religioni luna rispetto
allaltra, bisogna chiedersi quale di loro sia la pi perfetta. Non il suo contributo alla
cultura, non la relazione ai limiti della ragione e dellumanit, che si crede di poter
costruire preliminarmente e a prescindere da essa, nulla di ci che le esterno pu es-
sere, in ultima analisi, lunit di misura del valore di una religione in quanto religione ;
unit di misura che pu esser fornita solo da ci che le pi proprio e intimo, lidea
stessa del sacro, e dal modo pi o meno perfetto in cui una singola religione data le
rende giustizia.
Su valore e validit di tali intuizioni religione di puro sentimento non si pu natural-
mente discutere con persone che non si lascino coinvolgere in un sentimento religioso.
Unargomentazione generale o dimostrazioni morali qui non giovano a nulla, anzi,
per un motivo facile da capire, non sono nemmeno possibili. Daltra parte non sono
valide nemmeno critiche o confutazioni che provengono da quel versante. Le loro armi
sono troppo corte e non possono colpire il bersaglio, perch lassalitore sempre fuori
dallarena. Tali intuizioni, che non sono altro che efetti autonomi dellimpressione
della storia evangelica e del suo protagonista secondo la categoria del sacro, sono indi-
pendenti dalle oscillazioni casuali dei risultati esegetici e dal tormento di legittimazioni
storiche. Esse sono possibili anche senza ci, per divinazione propria.


Capitolo ventitreesimo
A PRIORI RELIGIOSO E STORIA
L
a diferenza tra il sacro come categoria a priori dello spirito razionale e il sacro nel
suo manifestarsi ci conduce fnalmente alla diferenza che ci familiare, e che
del tutto identica, tra rivelazione interiore ed esterna, generale e particolare : ci condu-
ce al rapporto tra ragione e storia, ammesso che qui si voglia accettare luso linguistico
corrente, secondo cui si riassume con ratio ogni conoscenza che viene allanimo da
principi endogeni, e la si contrappone a quelle conoscenze che si riferiscono a fatti sto-
rici e su questi si fondano.
1
Ogni religione che voglia essere qualcosa di pi di una mera fede nella tradizione e
nellautorit, che anzi miri al convincimento, ad una persuasione personale e interiore,
ossia ad una conoscenza in proprio e interiore della sua verit come fa, tra tutte le
religioni, soprattutto il cristianesimo deve presupporre nellanimo principi secondo
i quali essa possa essere autonomamente riconosciuta come vera. La testimonianza
sulla base di tali principi il testimonium spiritus sancti internum , del quale si parlato.
(*Se infatti non fosse tale, per riconoscere il testimonium come vero sarebbe necessario
un altro testimonium spiritus sancti e cos via, allinfnito.) Questi principi, che nessuna
esperienza e nessuna storia possono ofrire, debbono essere a priori. Certo, suona edi-
fcante dire che nella storia lo stilo dello Spirito Santo li scrive nel cuore, ma ha poco
senso. Donde sa, chi dice cos, che stato lo stilo dello Spirito Santo a scrivere e non
quello di uno spirito impostore o della fantasia della psicologia dei popoli? Costui
pretende di rintracciare nel solco di questo stilo la grafa dello Spirito distinguendola da
altre grafe, dunque di avere unidea a priori di ci che lo Spirito .
La storia, inoltre, che qui deve essere storia dello spirito, presuppone qualcosa di cui
essa possa essere storia : un qualcosa qualifcato, con una propria potenza ; qualcosa che
pu divenire e il senso del cui divenire soprattutto quello di diventare ci per cui era
predisposto e per cui aveva una destinazione. Una quercia pu divenire, pu essere un
analogo della storia, un mucchio di pietre no. Certo, si possono raccontare anche pro-
cessi casuali di addizione e sottrazione, di dislocazione o raggruppamento di momenti
soltanto aggregati, ma non si tratta di un racconto di storia nel senso pi profondo del
termine. Si ha storia in un popolo, nella misura in cui questo compare con disposizioni
e destinazioni, talenti e tendenze ; nella misura in cui gi qualcosa per poter divenire
qualcosa. La biografa di un uomo che di partenza non ha alcuna disposizione pro-
pria, che soltanto il punto di intersezione di catene di causalit casuali ed esteriori,
un impresa tormentosa e impropria. La biografa una descrizione reale di una vita
reale solo dove nel gioco reciproco di stimolo e vissuto, da una parte, e disposizione
dallaltra, nasce qualcosa di peculiare che non n risultato di un mero dispiegarsi ,
n la somma di mere tracce e impressioni che vengono scritte su una tabula rasa dal
succedersi di momenti esteriori. Chi vuole una storia dello spirito deve volere uno
1
Nelledizione Beck, il passo da ammesso fno al punto cassato.
capitolo ventitreesimo 306
spirito qualifcato ; chi mira ad una storia della religione mira alla storia di uno spirito
qualifcato per la religione.
La religione diviene nella storia, prima di tutto in quanto nello sviluppo storico del-
lo spirito umano, nel gioco reciproco di stimolo e disposizione, questultima diviene
atto, confgurato e determinato da quel gioco reciproco; in secondo luogo in quanto,
in forza della disposizione stessa, determinate parti della storia vengono conosciu-
te per presentimento come manifestazione del sacro, la cui appercezione infuisce
sulla qualit e sulla quantit del primo momento ; in terzo luogo, infne, in quanto sul
fondamento del primo e del secondo momento si produce una comunit con il sacro
nella conoscenza, nellanimo e nella volont. Cos la religione senzaltro un prodotto
della storia, poich, da un lato, solo la storia sviluppa la disposizione per la conoscenza
del sacro, e poich, daltro lato, essa , in alcune sue parti, manifestazione del sacro. Non
vi una religione naturale in contrapposizione ad una storica ; ancor meno vi una
religione innata.
a
Le conoscenze a priori non sono quelle che ciascuno ha (in tal caso sarebbero in-
nate ), ma quelle che ogni essere razionale pu avere. Le conoscenze a priori superiori
sono quelle che ciascuno pu avere, ma, conformemente a quanto attesta lesperienza,
non da se stesso, bens destate da altri meglio dotati. Gi in relazione ad esse la di-
sposizione generale soltanto una facolt della ricettivit e un principio di giudizio, ma
non di produzione propria e autonoma delle conoscenze in questione. Questultima ha
luogo solo nei dotati. Questa dote per un livello superiore, un potenziamento
della disposizione generale, che non si distingue da questultima soltanto per grado,
ma anche per qualit. Lo si pu vedere chiaramente nellambito dellarte. Ci che nella
moltitudine soltanto ricettivit, capacit di riesperire e di valutare mediante un gu-
sto formato, ritorna al livello dellartista come invenzione, creazione e composizione,
come produzione spontanea e geniale. E questo livello e questa potenza superiori di
una disposizione, poniamo, musicale, che l soltanto capacit di un vissuto musicale
e qui capacit di produzione e manifestazione musicali, non evidentemente soltanto
una distinzione di grado. Parallelamente accade nellambito del sentimento religioso,
della produzione religiosa e della rivelazione. Nella massa, anche qui, la disposizione
presente soltanto come ricettivit, ossia come eccitabilit alla religione e ad una valu-
tazione e ad un riconoscimento propri e liberi. La disposizione generale lo spirito
soltanto nella forma del testimonium spiritus internum , e anche questo solo ubi ipsi vi-
sum fuit.
2
Il livello e la potenza superiore per, inderivabile dal livello primo della mera
ricettivit, non qui quello dellartista, ma del profeta, ossia di chi possiede lo spirito
come facolt della voce interiore e della divinazione, e che quindi, in virt di queste,
lo possiede come capacit di produzione religiosa.
Sopra questo livello del profeta, per, se ne pu pensare e ci se ne pu aspettare un
terzo, ancora superiore, a sua volta inderivabile dal secondo : il livello di colui che, da
una parte, ha lo spirito in pienezza e che, daltra parte, diviene egli stesso, in persona ed
opera, ogetto della divinazione del sacro che appare.
Costui pi che un profeta. il Figlio.
2
Parafrasi dello ubi vult spirat di Gv 3, 8. Cfr. AHG, p. 91.
a
Sulla diferenza di innato e a priori cfr. KFR, p. 42 [qui p. 98].
APPENDICE
esempio di un componimento numinoso
Dalla Bhagavadgt, Cap. 11
Nella Bhagavadgt Kr sna, incarnazione di Vis nu, Visnu stesso in fgura umana, istruisce
Arjuna sui misteri pi profondi della sua religione. Quindi Arjuna chiede di guardare
Dio stesso nella sua propria fgura. La sua preghiera viene esaudita. E ora, nel capitolo
11, accade la grandiosa e spaventosa teofania che tenta, con i mezzi umani e naturali
dello spaventoso e del maestoso-sublime, di dare un sentimento dellinavvicinabilit del
divino, di fronte a cui la cretura trema e si strugge. Arjuna sta sul suo carro da guer-
ra, ed sul punto di entrare nella sanguinosa battaglia contro i nemici di suo fratello
Yudhis t hira, contro i fgli di Dhr tars t ra. Kr s na il suo auriga. A lui formula Arjuna la
sua preghiera:
Mostramiti tu stesso, lincorruttibile.
Gli risponde Kr s na-Vis nu:
8. Locchio del tuo corpo troppo debole per guardarmi, o Arjuna.
Ti do un occhio celeste. Guarda, dunque, la mia potenza sovrana.
9-14. E avendo parlato cos, subito si rivel Hari, il signore della grande potenza mi-
racolosa, il fglio di Pr th, nella fgura della sua maest somma, con molte bocche ed
occhi, assai meraviglioso a vedersi, con molti gioielli e armi celesti, con corone e vesti
celesti, reso solenne con profumo celeste, lo sguardo rivolto ovunque: un dio, mirabile
e senza misura. E lo splendore era grandioso, come se nel cielo splendessero mille soli
tutti insieme.
Allora Arjuna fu pieno di stupore. I suoi capelli si drizzarono. Giunse le mani, chin
il capo di fronte al dio e disse:
17. Vedo che porti la corona, lo scettro e il disco,
Un mare di splendore che riluce da ogni parte
Come raggio di sole in vampa smisurata
Tuttintorno. A fatica sopporto la vista.
20 Terra e cielo si tendono, tutti gli spazi
Tu riempi di te, tutte le vastit ricolmi.
Contemplando te, fgura orribile e meravigliosa,
pieni di timore stanno i tre mondi, o Potente.
21 Umili si avvicinano le schiere divine
Altri stanno impauriti con mani giunte
Salute (Heil) invocano per te i santi (die Heiligen) e i saggi
E cantano inni, per lodarti in modo grandioso.
22 Quel che vive in cielo, in terra, nelle nubi e nei venti,
nellaria e nelle acque, spiriti e di,
demoni, mani, santi (Heilige), esseri meravigliosi,
ti guardano e stanno immobili per lo stupore.
appendice 308
23 In forma gigantesca, numerosi occhi, bocche,
innumerevoli braccia, gambe, piedi, corpi,
con denti orribili, immobile il mondo ti guarda
e rabbrividisce, o Signore. E anche io rabbrividisco.
24 Tu sei l, dritto verso il cielo,
Sfavillante nello splendore dei tuoi colori, la bocca spalancata,
gli occhi roteanti! Lorrore mi coglie,
il coraggio si inabissa, sono sconvolto o Vis nu.
25 Le bocche si levano con denti orribili,
simili alle famme che una volta divorarono luniverso.
Dove fuggire! Non trovo luogo.
Piet, Signore degli di, tu, protettore delluniverso.
26 Divorano i fgli di Dhr tars t ra.
Insieme alle schiere dei loro re,
Bhs ma, Drona, Karna tra i nemici,
E tra i nostri anche i primi eroi
27 Con rapido tratto! Come stridono i denti!
Quanto crudelmente si muovono le bocche!
Gi si mostrano quelli che hanno le teste stritolate,
che pendono incastrate tra dente e dente.
28 Come le correnti di futto impetuoso
Vengono trascinate alloceano
Cos gli eroi scorrono dal mondo degli uomini
Nella bocca lambita tuttintorno dal fuoco.
29 Come falene verso la famma calda della luce
Si precipitano con impeto e l periscono,
cos alla tua bocca si precipita la moltitudine
degli uomini, per perirvi.
30 Tu lecchi e lecchi con le tue bocche di fuoco
Da ogni parte, e li divori.
Il tuo spaventoso splendore dardeggia per ogni dove
E riempie luniverso con il tuo calore, Vis nu.
31 O spiegami chi sei, fgura spaventosa,
del tutto incomprensibile per me il Tuo comportamento.
Ti prego o principe degli di! Piet.
Desidero comprendere Te, primo tra tutti.
Vis nu si trasforma di nuovo nella sua fgura amichevole. Non esaudisce la preghiera
di Arjuna di comprendere lincomprensibile. Non concesso alluomo, dice Lutero,
svolazzare alla Maest somma . Egli deve attenersi alla parola di quanto la grazia gli
concede. E di questa viene fatto partecipe anche Arjuna. Con le parole che sono state
defnite dagli interpreti come la somma e linsieme di tutta la Gt, il grandioso capitolo
si conclude:
Chi fa ci che fa solo per me,
chi me solo ha come meta e mi fedele,
libero dalla dipendenza dal mondo, libero dallostilit
Quegli giunge a me, o Pnd ava!
APPENDICE SECONDA
raffronto con ledizione del 1936
* [p. 201]
A Theodor Hring
1
Il brivido la parte migliore dellumanit.
E per quanto il mondo gli faccia pagar caro il sentimento
commosso, nel profondo egli sente limmane.
2
* [p. 202] Sommario
Capitolo primo, Razionale e irrazionale
Capitolo secondo, Il numinoso
Capitolo terzo, Il sentimento di creaturalit come rifesso del sentimento dellogetto numinoso
sul sentimento di s (Momenti del numinoso i)
Capitolo quarto, Mysterium tremendum (Momenti del numinoso ii)
Capitolo quindo, Inni numinosi (Momenti del numinoso iii)
Capitolo sesto, Il fascinans (Momenti del numinoso iv)
Capitolo settimo, Immane (Momenti del numinoso v)
Capitolo ottavo, Analogie
Capitolo nono, Il sanctum come valore numinoso. Laugustum (Momenti del numinoso vi)
Capitolo decimo, Cosa signifca irrazionale?
Capitolo undicesimo, Mezzi di espressione del numinoso
Capitolo dodicesimo, Il numinoso nellAntico Testamento
Capitolo tredicesimo, Il numinoso nel Nuovo Testamento
Capitolo quattordici, Il numinoso in Lutero
Capitolo quindicesimo, Sviluppi
Capitolo sedicesimo, Il sacro come categoria a priori. Prima parte
Capitolo diciassettesimo, La sua comparsa nella storia
Capitolo diciottesimo, I momenti del grezzo
Capitolo diciannovesimo, Il sacro come categoria a priori. Seconda parte
Capitolo ventesimo, Il sacro nel suo manifestarsi
Capitolo ventunesimo, La divinazione nel cristianesimo originario
Capitolo ventiduesimo, La divinazione nel cristianesimo attuale
Capitolo ventitreesimo, A priori religioso e storia
* [capitolo quarto, p. 210]
Questo ha il suo primo impulso nel sentimento per lo spaesante (uncanny). Lintero svilup-
po storico della religione ha preso le mosse da questo timore e dalla sua forma grezza,
da questo sentimento di spaesamento che esploso ad un certo momento nel suo pri-
mo impulso ed emerso poi nellanimo dellumanit primitiva come qualcosa di nuovo e di
estraneo. Con lesplosione di questo sentimento cominciata una nuova epoca per il genere
1
Theodor Hring (1848-1928), teologo ritschliano di cui Otto era stato allievo a Gottinga.
2
J. W. Goethe, Faust, ii, 1, vv. 6272-6274.
appendice seconda 310
umano. In esso si radicano demoni e di, e quantaltro lappercezione mitologica o la
fantasia ha prodotto quali reifcazioni del medesimo. E se non lo si riconosce come fattore e
impulso fondamentale dellintero decorso storico della religione, peculiare dal punto di vista
qualitativo e non derivabile da altro, tutte le spiegazioni della nascita della religione, quelle
animistiche, quelle magiche e quelle di psicologia dei popoli, si trovano dal principio su una
strada sbagliata e portano lontano dal problema vero e proprio.
a
La religione non nata da
una paura naturale, n da una presunta e generale angoscia del mondo.
* [capitolo quarto, p. 211]
[Nota:] Che anche Schleiermacher con il suo sentimento di dipendenza intendesse in fon-
do questo timore, lo si ricava da alcune afermazioni sparse. Cos, nella seconda edizione
delle Reden, curata da Pnjer,
3
a p. 84 si legge: Concedo di buon grado che quel sacro timore
reverenziale il primo elemento della religione; e qui egli osserva, in pieno accordo con le nostre
argomentazioni, il carattere completamente diverso di questa paura sacra rispetto ad ogni
paura naturale. Schleiermacher completamente immerso nel sentimento numinoso quando
scrive: Quelle meravigliose, terribili, misteriose commozioni che in modo troppo categorico
defniamo superstizione, poich al fondo di essa vi evidentemente un brivido devoto di cui
noi stessi non ci vergogniamo (p. 90). Qui sono raccolti quasi tutti i nostri stessi termini per
il sentimento numinoso. E qui il primo elemento nella religione non certo una specie del
sentimento di s, ma il sentimento di un oggetto reale al di fuori del s. Contemporaneamente
Schleiermacher riconosce il sentimento numinoso di nuovo nelle sue grezze commozioni,
che in modo troppo categorico defniamo superstizione. Tutti questi momenti non hanno
per evidentemente nulla a che fare con un sentimento di dipendenza nel senso di un esser
puramente e semplicemente posti, ossia nel senso dellesser causato.
* [capitolo quarto, p. 213]
Si consideri la seguente afermazione di un mistico cristiano: Luomo sprofonda e si scioglie
nel suo proprio nulla e nella sua piccolezza. Quanto pi chiara e pura risplende a lui la gran-
dezza di Dio, tanto pi egli diviene consapevole della sua piccolezza ;
b
o le parole del mistico
islamico Bajesid Bostami: [...] Allora il Signore, lAltissimo, mi svel i suoi misteri e mi rivel
tutta la sua gloria. E allora, poich io Lo guardavo (non pi con i miei, ma) con i Suoi occhi,
vidi che la mia luce, paragonata alla Sua, non era altro che oscurit e tenebra. E altrettanto
la mia grandezza e la mia gloria non erano nulla di fronte alla Sua. E quando esaminai con
locchio della veridicit le opere della devozione e della sottomissione che avevo fatto al Suo
servizio, allora riconobbi che tutte provenivano da Lui stesso e non da me.
c
3
F. W. Schleiermacher, ber die Religion, a cura di B. Pnjer, Braunschweig, Schwetschke, 1879
2
.
a
Cfr. il mio saggio Mythos und Religion in Wundts Vlker-psychologie, Theologische Rundschau, 1910,
Heft 1 e ss., ristampato e ampliato in G, capitolo II [cfr. Il sensun numinis come origine storica della religione,
infra, pp. 339-366], e il saggio in Deutsche Literaturzeitung, 38, 1910 [Mythos und Religion nach Wilhelm
Wundt, coll. 2373-2382]. Nelle ricerche pi recenti, in particolare di Marett e Sderblom, trovo una gradita
conferma delle afermazioni di allora. Certo, n luno n laltro sottolineano con la piena nettezza che qui
necessaria il carattere del tutto specifco del timore, qualitativamente diverso da tutti i sentimenti natu-
rali : ma, in particolare a Marett, manca solo un sofo, come attestano le ricerche defnite a buon diritto
pioneristiche in R. R. Marett, The Threshold of Religion, London 1909 e in N. Sderblom, Das Werden des
Gottesglaubens, Leipzig 1916 (su questultimo cfr. la mia discussione in Theologische Literaturzeitung,
Gennaio 1925).
b
C. Greith, Die deutsche Mystik in Prediger-Orden, [Freiburg 1861], pp. 144 e s.
c
[Farid ad din Attar,] Tetzkereh-i-Evlia : le Memorial des Saints, tradotto da P[avet] De Courteille, Paris
1889, p. 132.
il sacro 311
Oppure si considerino le argomentazioni di Meister Eckhart su povert e umilt. Quando
luomo si fa povero e umile, Dio diventa tutto in tutto : Egli diviene lessere e lente assoluti.
Dalla majestas e dalla umilt ricava il concetto mistico di Dio : non dal plotinismo o dal pan-
teismo, dunque, ma dallesperienza vissuta di Abramo.
Si potrebbe chiamare questa mistica, che scaturisce dallesaltazione della majestas e del senti-
mento di creaturalit, mistica della majestas. Quanto allorigine senzaltro diversa dalla mi-
stica della contemplazione dellunit: per quanto intimamente possa esserle connessa non
deriva da quella, ma chiaramente una tensione portata allestremo del momento irrazionale
presente nel sensus numinis, di cui qui discutiamo, e solo come tale risulta comprensibile. In
Meister Eckhart la mistica della majestas forma una trama che il sentimento avverte con chia-
rezza: essa si collega intimamente alle sue speculazioni sullessere e alla sua contemplazione
dellunit e le compenetra, ma ha un motivo del tutto proprio che non si trova afatto, per
esempio, in Plotino e che espresso dallo stesso Eckhart quando dice: Abbiate cura che Dio
cresca in voi, o in accordo ancor pi chiaro con Abramo: Quando hai rinunciato a te stesso,
allora vedi che io sono e tu no (A. Spamer, Texte aus der deutschen Mystik, [Jena 1912], p. 32);
o ancora: Attenzione! Io e ogni creatura siamo nulla, Tu solo sei e Tu sei tutte le cose (p.
132). Questa mistica; una mistica che per evidentemente non deriva dalla sua metafsica
dellessere, ma anzi pu mettere questultima al proprio servizio. esattamente ci che accade
nelle parole del mistico Tersteegen (Der Weg der Wahrheit, cit. da Tim Klein, Gerhard Tersteegen,
Mnchen 1925, p. 73):Signore Dio, essere necessario e infnito, essere sommo, unico essere e
pi che essere! Tu solo puoi dire con forza: Io sono; e questo Io sono cos illimitato e indu-
bitabilmente vero che non si pu trovare un giuramento che ponga maggiormente fuor di
dubbio la verit di quando questa parola esce dalla Tua bocca: Io sono, Io vivo. S, amen! Tu
sei. Il mio spirito si inchina e ci che in me vi di pi intimo mi rende questa confessione: che
Tu sei. Per che cosa sono io? E che cos tutto? Davvero sono io? E davvero tutto? Che cos
questo io? Che cos questo tutto? Noi siamo solo perch Tu sei e perch Tu vuoi che noi sia-
mo. Poveri esserucoli che in paragone con Te e di fronte al Tuo essere debbono esser chiamati
fgura (schemi), ombra e non essere. Il mio essere e quello di tutte le cose sparisce quasi di
fronte al Tuo essere, molto pi che una candelina che al chiaro splendore del sole non si vede e
che viene superata di tal misura da una luce pi grande che quasi non pi.
Quanto accade in Abramo, Eckhart e Tersteegen si pu verifcare ancor oggi, e con i tratti di
un vissuto chiaramente mistico. Nella presentazione di un libro sul Sudafrica
d
trovo riferito
quanto segue : The author repeats some signifcant words, uttered by one of those tall
powerful strong-willed silent Boers whom she had never heard speaking of anything more
profound than his sheep and cattle and the habits of tiger-leopards upon which he was an
authority. After driving for about two hours across a great African plain in the hot sun, he
said slowly in the Taal : There is something I have long wanted to ask you. You are learned.
When you are alone in the veld like this and the sun shines so on the bushes, does it ever
seem to you that something speaks ? It is not anything you hear with ear, but it is as though
you grew so small, so small, and the other so great. Then the little things in the world seem
all nothing .
e 4
4
Lautrice riporta alcune signifcative parole pronunciate da uno di quei Boeri silenziosi, alti, robusti,
risoluti, da cui non aveva mai sentito discorsi pi profondi di quelli relativi a pecore, bestiame e abitudini
dei leopardi-tigre, su cui questi era unautorit. Dopo averla guidata per circa due ore attraverso una grande
pianura africana, sotto il sole rovente, egli disse lentamente in Taal : C qualcosa che voglio chiederti da
tempo. Tu sei istruita. Quando sei sola in una prateria come questa e il sole splende in questo modo sui
cespugli, ti mai sembrato che qualcosa parli ? Non qualcosa che puoi udire con le orecchie, ma come se
tu diventassi piccolo piccolo e il resto cos grande... Allora le piccole cose nel mondo sembrano tutte nulla.
d
The Inquirer, 14 luglio 1923 a proposito di O. Shreiner, Thoughts on South Africa, London 1923.
e
Sullerrore consistente nel trattare la mistica come un fenomeno unitario cfr. Wm, pp. 95 e ss. Per
unanalisi pi dettagliata della mistica della majestas in Eckhart cfr. ivi, pp. 256 e ss.
appendice seconda 312
* [capitolo quinto, p. 215]
Il mysterium meno il momento del tremendum possiamo designarlo pi precisamente come il
mirum o mirabile. Questo mirum, in s, non ancora un admirandum (lo diventa solo median-
te i momenti del fascinans e dellaugustum che defniremo in seguito). Non gli corrisponde
ancora lammirare, ma solo il meravigliarsi (sich wundern). Questultimo termine deriva
per da miracolo (Wunder) cosa che abbiamo quasi dimenticato e nel suo senso primario
signifca: esser colpito nellanimo da una meraviglia, da una cosa degna di esser mirata, da
un mirum. Nel suo senso proprio meravigliarsi dunque uno stato danimo che risiede
esclusivamente nellambito del sentimento numinoso e solo in forma impallidita e generica
diventa uno stupirsi.
f
** [capitolo quinto, p. 215]
Si veda anche obstupefacere. Ancora pi preciso il greco thmbos e thambesthai. Il suono thamb
dipinge in modo eccellente lo stato danimo di questo sbalordimento. Il passo di Mc 10, 32 ka
ethambonto, hoi d akolouthontes efobunto
5
restituisce in modo molto fne la diferenza del-
lo stupendum e del tremendum. Daltra parte, proprio a proposito del thmbos vale quanto
stato detto (cfr. supra, *) a proposito della facile e rapida mescolanza dei due momenti, per
cui thmbos un termine classico per il nobile brivido del numinoso in generale. Cos Mc 16,
5, che Lutero traduce molto correttamente : E ne furono terrifcati (Und sie entsetzten sich) .
Lelemento fgurativo della radice thamb torna nellebraico tmahh. Anche questo signifca
esser sgomenti , anche questo trapassa nell esser terrifcati e anche questo si stempera in
un semplice meravigliarsi.
g
Mysterium, mystes, mistica derivano probabilmente da una radice che si conserva ancora nel
sanscrito mus. Mus signifca agire di nascosto, in segreto, in modo occulto (e pu perci
mantenere il senso di ingannare e rubare).
* [capitolo quinto, p. 217]
Quel che vero dello strano nihil dei nostri mistici occidentali, vale nellidentico modo del
nya e del nyat, del vuoto e della vuotezza dei mistici buddhisti. A chi non ha unin-
teriore sensibilit per la lingua dei misteri e per gli ideogrammi o per i segni determinativi
della mistica, questa aspirazione dei devoti buddhisti al vuoto o allo svuotamento dovr
apparire proprio come laspirazione dei nostri mistici al nulla e allannichilimento come
una specie di follia, e la buddhit stessa come un nichilismo psicotico. Ma tanto il nulla
quanto il vuoto sono in verit ideogrammi numinosi del totalmente altro . Il nyam
il mirum assoluto (e insieme intensifcato nel paradosso e nellantinomico di cui par-
leremo). A chi manchi di questa consapevolezza gli scritti sui prajpramit, che intendono
celebrare il nyam, devono apparire pura pazzia. E deve restargli del tutto inconcepibile che
abbiano potuto esercitare un tale fascino su milioni di persone.
Questo momento del numinoso che abbiamo defnito mysterium subisce unevoluzione,
in quasi tutte le direzioni dello sviluppo storico religioso, che consiste in unintensifcazio-
5
Ed essi erano stupiti ; coloro che venivano dietro erano pieni di timore.
f
Esattamente il medesimo cambiamento di signifcato si riscontra nella parola sanscrita carya di cui
parleremo in seguito ; anche qui un concetto che appartiene originariamente alla sfera numinosa viene
secolarizzato. Sprofonda nella sfera profana. Questo accade in diversi modi. Cfr., per es., quanto si dice
in G, p. 187, sui termini deva e asura che allinizio erano puramente numinosi.
g
Una parola fgurativa tanto quanto thamb e di signifcato simile il tedesco baf-sein [restare a bocca
aperta] o lolandese verbazen. Entrambi indicano un completo stupor.
il sacro 313
ne sempre pi forte e in un potenziamento sempre pi aspro del suo carattere di mirum.
Possiamo indicare tre gradi: a) il livello di ci che soltanto straniante, b) il paradosso, c)
lantinomico.
a) In quanto totalmente altro il mirum innanzitutto ci che non pu essere aferrato n
clto, lakatalepton come dice Crisostomo, ci che si sottrae al nostro concepire in quanto
trascende le nostre categorie . b) Esso, per, non si limita a trascenderle, ma sembra che
talvolta si ponga in contrapposizione a queste, che le superi e le confonda. Allora non sol-
tanto inaferrabile, ma diventa paradossale. Non soltanto oltre ogni ragione, ma sembra
andare contro la ragione . c) Di qui la forma pi acuta che chiamiamo lantinomico e che
qualcosa di pi del solo paradosso. Qui, infatti, sembra che emergano afermazioni le quali
non soltanto sono contro la ragione, contro le sue unit di misura e la sua legalit, ma si
sdoppiano in se stesse e afermano del loro oggetto opposita, contrapposizioni incomponibili
e insolubili. Qui il mirum appare alla volont razionale di comprendere nella forma pi aspra
dellirrazionalit: non soltanto impossibile da aferrare per le nostre categorie, non soltanto
impossibile da cogliere a causa della sua dissimilitas, non soltanto capace di confondere, ab-
bagliare, angosciare la ragione mettendola in uno stato di necessit, ma contrapposto in se
stesso, in contrapposizione e contraddizione con s. Secondo la nostra teoria tali momenti
devono trovarsi in modo particolare nella teologia mistica, se vero che questa caratte-
rizzata da unintensifcazione di ci che nellidea di Dio irrazionale. E, come in genere si
riconosce, proprio cos. la mistica che essenzialmente e in prima linea ha una theologia del
mirum, del totalmente altro. Per questo essa diviene di frequente, come in Meister Eckhart,
una teologia dellinaudito, dei nova et rara come egli dice, o, come nella mistica del Mahyna,
una scienza del paradosso e delle antinomie e, in generale, un attacco alla logica naturale.
Essa spinge alla logica della coincidentia oppositorum (e, dove degenera, essa gioca con tale
logica, come Silesius, trastullandosi in sconcertanti arguzie). Ma anche con ci la mistica
non qualcosa di assolutamente opposto alla religione comune. I veri rapporti qui diventano
subito chiari se si esaminano i momenti menzionati e il loro evidente scaturire dal momento
religioso generale del totalmente altro numinoso (senza cui non vi autentico sentimento
religioso) proprio in quegli individui che si soliti contrapporre ad ogni mistica : Giobbe e
Lutero. I momenti del totalmente altro, come il paradosso e lantinomia, costituiscono ci
che noi chiameremo pi avanti la serie di pensieri giobica, che non caratterizza nessuno
meglio di Lutero. Ma di questo parleremo ancora.
* [capitolo sesto, p. 224]
Forse il termine che pi gli si approssima immane. Si potrebbe restituire in modo abba-
stanza esatto la tonalit emotiva del verso citato se lo si traducesse : Molto vi di immane.
Ma nulla / pi immane delluomo ; se cio si tenesse conto del senso primo e fondamen-
tale del termine immane (ungeheur) che per lo pi ci viene dal sentimento. Oggi di solito
intendiamo con immane solo qualcosa di molto grande per dimensione o per costituzione.
Questa per , per dir cos, uninterpretazione razionalistica o comunque una razionalizza-
zione a posteriori. Ungeheur infatti propriamente e in primo luogo ci che ci risulta nicht
geheuer (sinistro), lo spaesante, cio qualcosa di numinoso. Ed proprio questo carattere dav-
vero spaesante delluomo che intende Sofocle in quel passo. Se il sentimento riesce a cogliere
il termine in questo suo senso fondamentale, esso potrebbe essere unespressione abbastanza
adeguata per il numinoso secondo il momento del mysterium, del tremendum, della majestas,
dellaugustum e dellenergicum (vi risuona anche il fascinans).
Si pu seguire bene levoluzione dei vari signifcati del termine in Goethe. Anche per lui esso
designa innanzitutto qualcosa di molto grande, di cos grande da travalicare i limiti della nostra
capacit di apprensione dello spazio, per esempio la smisurata volta celeste di notte in quel
passo dei Wanderjahren in cui Guglielmo, nella casa di Macario, introdotto dallastronomo
appendice seconda 314
nellosservatorio. Qui Goethe osserva con fnezza e correttamente : Limmane (in questo sen-
so) smette di essere sublime. Sopravanza la nostra capacit di apprensione.
h
Ma altrove egli usa il termine ungeheuer ancora con tutte le sfumature del suo senso origi-
nario, ossia come ci che sgomenta in quanto immane-spaesante: Cos una casa o una citt in
cui accaduto un fatto ungeheuer resta spaventosa per chiunque vi metta piede. L la luce del
giorno non splende tanto chiara, e le stelle sembrano perdere il loro fulgore.
i
Limmane in forma attenuata per lui il non coglibile, nel quale per freme ancora un brivido
lieve: Ed egli credeva di capire sempre di pi che meglio distogliere il pensiero dallimmane
e dal non coglibile .
l
Cos limmane diviene per lui facilmente il nostro stupendum o mirum, ci che del tutto
inatteso, ci che altro ed estraniante: Infelice! A mala pena riesco a riprendermi! / Quando
qualcosa di cos inatteso mi si fa incontro, / Quando il nostro sguardo vede qualcosa di imma-
ne, / Lo spirito si ferma un attimo, incerto: / Non abbiamo nulla cui poterlo paragonare.
6
In queste parole di Antonio, nel Tasso, limmane, naturalmente, non qualcosa di grande,
visto che qui non vi nulla di simile, n, propriamente, qualcosa che sgomenta ; invece
ci che ingenera in noi thmbos : Non vi nulla cui possiamo paragonarlo . Il nostro popo-
lo defnisce in modo molto efcace il sentimento corrispondente come un sich verjagen .
7

Il termine viene dalla radice jh, jach , che indica il presentarsi improvviso di qualcosa di
afatto inatteso e enigmatico, che obstupefacit lanimo e lo porta al thmbos. Infne, un nome
completamente appropriato per il nostro numinoso, secondo tutti i suoi aspetti, il termine
immane nelle meravigliose parole di Faust: Il brivido la parte migliore dellumanit. / E
per quanto il mondo gli faccia pagar caro il sentimento / Commosso, nel profondo egli sente
limmane.
8
* [capitolo settimo, p. 228]
In un ambito diverso si trova un altro esempio di tale compenetrazione di momenti razionali
e momenti del tutto irrazionali nella nostra vita di sentimento, che si approssima ancor pi
del precedente al sentimento complesso del sacro, in quanto in esso un momento ultrarazio-
nale che forma la trama: si tratta della tonalit emotiva che suscita in noi una canzone messa
in musica. Il testo della canzone esprime sentimenti naturali, come la nostalgia, la fducia
nel momento del pericolo, la speranza di un bene o la gioia di possederne uno: tutti momenti
concreti delle naturali vicende umane, che possono essere descritti in concetti. La pura musi-
ca come tale non lo fa. Suscita nellanimo gioia e beatitudine, crepuscolare torpore, tumulto
e tempesta, senza che luomo possa dire o spiegare in concetti che cosa propriamente sia ci
che in lui si agita. E quando diciamo che essa rende tristi o allegri, che eccita o frena, utiliz-
ziamo soltanto dei segni determinativi tratti da altri ambiti della nostra vita psichica scelti per
simiglianza; ma comunque impossibile dire perch o come essa agisca. La musica suscita un
vissuto e delle vibrazioni di una specie del tutto particolare, che appunto quella musicale.
Tuttavia il loro movimento ascendente e discendente e le loro variet hanno (anche se solo
in parte!) certe corrispondenze e afnit, fugaci ma avvertibili, con moti e stati dellanimo
abituali ed extra-musicali, e possono quindi portare questi ultimi a risuonare e a fondersi con i
primi. Quando lo fanno si schematizzano o si razionalizzano mediante questi ultimi e nasce
6
J. W. Goethe, Torquato Tasso, vv. 3289 e ss.
7
Cadere preda di uno spavento improvviso e intenso.
8
J. W. Goethe, Faust, ii, i, vv. 6272-6274.
h
Wanderjahre, Libro i, Cap. 10. Cfr. anche Dichtung und Wahrheit, 2, 9: limmane della facciata della
cattedrale di Mnster.
i
Wahlverwandtschaften, 2, 15.
l
Cfr. la descrizione della sua evoluzione religiosa in giovent in Dichtung und Wahrheit, 4, 20.
il sacro 315
una tonalit emotiva complessa, in cui i sentimenti umani universali costituiscono lordito,
quelli musicali-irrazionali la trama. La canzone dunque musica razionalizzata.
La musica a programma, per, razionalismo musicale, perch interpreta e utilizza lidea
musicale come se questa non avesse per contenuto dei mysteria, ma accadimenti familiari del
cuore umano. Essa tenta di raccontare i destini umani in fgure sonore e ci facendo supera la
legalit specifca dellelemento musicale, confonde la simiglianza e lidentit e impiega come
mezzo e forma ci che in s fne e contenuto. Lerrore qui lo stesso di quando non ci si
limita a schematizzare laugustum
m
del numinoso con il bene morale, ma si risolve quello
in questo; o quando si identifca il sacro con la volont perfettamente buona. Certo, gi
il dramma musicale, in quanto tentativo di un collegamento permanente del musicale con il
drammatico, contrario allo spirito irrazionale della musica e alla legalit propria di entram-
bi. Infatti la schematizzazione dellelemento irrazionale della musica mediante lesperienza
vissuta umana riesce solo in modo parziale e lacunoso, appunto perch in s la musica non
ha afatto come suo vero e proprio contenuto il cuore delluomo, n un secondo modo di
esprimersi accanto a quello consueto, ma qualcosa di totalmente altro che si incontra
parzialmente con quello per simiglianza, ma non pu esser portato a coincidenza con quello
in connessioni dettagliate e permanenti. Per la parte in cui si incontrano per nasce, per me-
scolanza, lincantesimo della parola messa in musica. E il fatto che gli attribuiamo carattere di
incantesimo rimanda gi alla trama di un non concettuale, di un irrazionale.
Ci si guardi per dal confondere lirrazionale della musica con quello del numinoso, come
fa Schopenhauer. Sono due cose a s. Se e fno a che punto luno possa essere un mezzo per
esprimere laltro, avremo ancora modo di dire in seguito.
* [capitolo ottavo, p. 230]
E poich un tale augustum un momento essenziale del numinoso, la religione nel suo in-
timo ed essenzialmente anche a prescindere da ogni schematizzazione morale obligatio, ob-
bligatoriet per la coscienza e esser in obbligo della medesima ; obbedienza e culto non per
mera costrizione dellultrapotente, ma per un convinto chinarsi di fronte al valore pi sacro.
* [capitolo ottavo, p. 231]
Tali cose, che in realt sono i misteri pi profondi della stessa religione, per i razionalisti e i
moralisti non sono altro che fossili mitologici e chi se ne occupa e tenta di interpretarle, pur
non avendo alcuna sensibilit per lafatio numinis presente nelle idee bibliche, non pu far
altro che mettere al loro posto surrogati fttizi.
n
* [capitolo ottavo, p. 233]
Capitolo decimo. Che signifca irrazionale?
1. A questo punto riconsideriamo lintera indagine sin qui svolta. Abbiamo cercato, come
indica il sottotitolo del nostro libro, lirrazionale nellidea del divino. Oggi questo termine
diventato quasi il nome di uno sport: si cerca lirrazionale negli ambiti pi disparati. Per
lo pi ci si risparmia la fatica di indicare che cosa si intenda esattamente con questa parola e
non raro che gli si attribuiscano i signifcati pi diversi o che la si usi in un senso cos vago e
generale da lasciar intendere le cose pi disparate: ci che puramente fattuale di contro alla
legge; lempirico di contro alla ratio; il contingente di contro al necessario; il cieco fatto di
contro a ci che deducibile; lo psicologico di contro al trascendentale; ci che conosciuto
a posteriori di contro a ci che determinabile a priori ; potenza, volont e arbitrio di contro a
m
Di ci diremo in seguito.
n
Come accade nella sedicente teologia dialettica.
appendice seconda 316
ragione, conoscenza e determinazione sulla base di un valore impulso, istinto e oscure forze
del subconscio di contro a discernimento, rifessione e progetti razionali ; e poi profondit mi-
stiche e moti nellanima e nellumanit, ispirazione, presentimento, chiaroveggenza, profezia
e infne anche forze occulte, o, molto in generale, impulsi inquieti e fermenti generali del
nostro tempo, il brancolare verso linaudito e il non visto nella poesia e nellarte fgurativa.
L irrazionale pu essere tutto questo e qualcosa di pi, e viene esaltato o riprovato, secon-
do i casi, come irrazionalismo moderno. Oggi chi utilizza questo termine ha il dovere di dire
che cosa intende ; cosa che noi abbiamo fatto nel capitolo introduttivo. Per irrazionale non
intendiamo ci che indistinto, ottuso, ci che non ancora assoggettato alla ratio e che nella
vita dei propri impulsi o nellingranaggio del corso del mondo recalcitra di fronte alla razio-
nalizzazione. Ci rifacciamo alluso linguistico per cui, per esempio, di fronte ad un evento
singolare, che per la sua profondit si sottrae ad uninterpretazione razionale, si dice : qui c
qualcosa di irrazionale . Per razionale nellidea del divino intendiamo ci che di questidea
arriva a poter essere chiaramente clto dalla nostra facolt concettuale, allambito dei concet-
ti familiari e defnibili. E afermiamo che intorno a questo ambito di chiarezza concettuale vi
una sfera misteriosa e oscura che si sottrae al pensiero concettuale, ma non al sentimento,
e che pertanto defniamo irrazionale.
2. Possiamo spiegarlo anche in questo modo: il nostro animo pu essere ricolmo di una pro-
fonda gioia senza che in quel momento abbiamo chiaro quale sia il fondamento del sentimen-
to di gioia o quale sia loggetto cui si riferisce. (La gioia, infatti, sempre riferita ad un oggetto,
sempre gioia per qualcosa.) Il fondamento o loggetto della gioia ci momentaneamente
oscuro. Se per indirizziamo a questo la nostra attenzione e aguzziamo la rifessione, allora ci
si fa chiaro. Possiamo defnire precisamente quelloggetto della gioia che prima era oscuro e
coglierlo con una visione chiara: ora possiamo dire che cosa e come ci che ci riempie di gioia.
Non riterremo un oggetto simile irrazionale, sebbene fosse dato in modo momentaneamente
oscuro e fosse dato al sentimento e non ad una chiara comprensione concettuale. Totalmente
altro ci che accade con la beatitudine dovuta al fascinans del numinoso. Qui, anche con
unestrema tensione dellattenzione, non si riesce a portare dalloscurit del sentimento allam-
bito della comprensione concettuale il che-cosa e il come delloggetto che suscita la beatitudi-
ne. Resta nellindissolubile oscurit di unesperienza puramente conforme al sentimento e non
concettuale, che solo con la notazione di ideogrammi indicativi pu essere non gi spiegata,
ma indicata per accenni. Questo ci che per noi signifca: irrazionale. Lo stesso vale per tutti
i momenti del numinoso che abbiamo trovato e vale, nel modo pi evidente, per il momento
del mirum, che, in quanto totalmente altro, si sottrae ad ogni dicibilit. Altrettanto vale per
il timore. Nel caso di una comune paura posso indicare in concetti, posso dire che cos ci di
cui ho paura: per esempio un danno o la rovina. Anche nel caso di un sentimento di reverenza
morale posso dire che cosa lo istilla: per esempio leroicit o la forza di carattere. Ma che cosa
sia che nel timore temo o che celebro come augustum, questo non lo dice nessun concetto
dessenza. irrazionale, tanto irrazionale quanto la bellezza di una composizione che allo
stesso modo si sottrae ad ogni analisi razionale e ad ogni concettualizzazione.
3. In pari tempo lirrazionale, inteso in questo senso, ci pone un compito determinato: quello di
non accontentarci semplicemente di individuarlo e di spalancare le porte allestro e alle chiac-
chiere degli esaltati, ma di stabilire i suoi momenti nel modo pi saldo possibile e con una no-
tazione ideogrammatica che quanto pi possibile si approssimi a questi, in modo tale da fssare
con segni stabili ci che futtua nellincerto apparire del mero sentimento. Si pu cos giunge-
re ad unindagine chiara e universalmente valida e si pu costruire una teoria sana, che abbia
una solida compagine e che tenda ad una validit oggettiva nonostante lavori con simboli di
concetti invece che con concetti adeguati. Non si tratta di razionalizzare lirrazionale, cosa per
altro impossibile, ma di aferrarlo e di fssarlo nei suoi momenti, per opporsi in questo modo
allirrazionalismo dei discorsi arbitrari ed esaltati mediante teorie solide e sane. In questo
modo renderemo giustizia allesortazione di Goethe: molto diverso se dalla chiarezza mi
protendo verso loscurit o se dalloscurit muovo verso la chiarezza: se, quando la chiarezza
non mi aggrada pi, mi adopero per avvolgermi in una certa penombra o se, nella convinzione
il sacro 317
che il chiaro riposa su un fondamento profondo e difcilmente indagabile, mi propongo di portare
alla superfcie quel che possibile di questo fondamento difcile da esprimere.
o 9
4. Per un tale uso di irrazionale di contro a ratio, in quanto facolt concettuale dellintellet-
to, possiamo richiamarci ad un uomo che non sospettabile di fanatismo, Claus Harms, e
alle Tesi del 1817.
10
Ci che noi defniamo razionale, Harms lo defnisce ragione; quel che
noi defniamo irrazionale, egli lo chiama mistico. Nelle Tesi 36 e 37 dice cos: 36. Chi
capace di impadronirsi, con la sua ragione, della prima parola della religione, ossia sacro, mi
mandi a chiamare! 37. Conosco un termine religioso di cui per met padrona la ragione e per
met no :
p
festa (Feier). Per far festa la ragione intende: non lavorare, etc. Ma se il termi-
ne viene cambiato in solennit (Feierlichkeit), allora esso viene rapito alla ragione, per lei
troppo mirabile e troppo alto. Lo stesso per : consacrare, benedire. La lingua cos piena
e la vita cos ricca di cose che sono tanto lontane dalla ragione quanto dai sensi corporei.
q

Lambito comune a queste cose il mistico. La religione una parte di questo ambito: terra
incognita per la ragione.
* [capitolo undicesimo, p. 241]
Diciamo, inoltre, di qualche edifcio o di un inno, di una formula, di una serie di gesti o di
suoni, e in modo del tutto particolare anche di certi prodotti dellarte decorativa o ornamen-
tale, di certi simboli, emblemi, fregi a cirro o lineari, che fanno un efetto quasi magico ; e col
sentimento distinguiamo in modo abbastanza certo lelemento magico anche nelle condizioni
e situazioni pi disparate. Straordinariamente profonda e ricca di questi efetti magici
larte della Cina, del Giappone e del Tibet, determinata dal taoismo e dal buddhismo, e anche
linesperto sente qui rapidamente e facilmente questa trama. La denominazione di magico
qui corretta anche dal punto di vista storico, perch questa forma despressione trae efet-
tivamente origine da rappresentazioni, segni, ausili e pratiche propriamente magiche. Ma
lefetto stesso completamente indipendente dalla conoscenza di questi contesti storici; si
verifca anche quando non se ne sa nulla : anzi, in questo caso si verifca a volte nel modo pi
potente e impetuoso. Non v dubbio che larte qui ha il modo di produrre, senza rifessio-
ne, unimpressione del tutto specifca, ossia quella del magico; ma questo non altro che
una forma trattenuta e attenuata del numinoso, una forma che innanzitutto grezza e che
poi nella grande arte viene nobilitata e trasfgurata. E allora non pi lecito parlare di ma-
gico, perch il numinoso stesso che ci si fa incontro nella sua violenza irrazionale e con
la sua capacit di trascinare e rapire in violenti ritmi e vibrazioni. Questo numinoso-magico
pu esser sentito in modo particolare nelle fgure di Buddha, straordinariamente espressive,
dellarte cinese antica, che agisce sullosservatore anche senza concetto , senza cio che
questi sappia qualcosa della dottrina e della speculazione del buddhismo Mahayana. Il numi-
noso si congiunge qui con il sublime e con la superiore spiritualit che parla dai tratti di questi
Buddha, che sono quelli del pi profondo raccoglimento e della pi piena superiorit rispetto
al mondo ; ma contemporaneamente illumina di s questi schemi e li rende schermi di un
totalmente altro . Giustamente Siren aferma del grande Buddha della grotta di Lung Men,
dellepoca della dinastia Tang: Anyone who approaches this fgure will realise, that it has
9
J. W. Goethe, Zur Morphologie, Aphoristisches, Weimarer Ausgabe, ii, 6, 1891, p. 354.
10
Claus Harms (1778-1855) pubblic le sue Thesen nel 1817, in occasione del terzo centenario delle Tesi di
Lutero, attaccando lidolatria rappresentata dal razionalismo teologico. Ne segu il cosiddetto Thesenstreit
(1817-1819).
o
Cfr. il fne studio di E. Wolf, Irrationales und Rationales in Goethes Lebensgefhl, Deutsche Vierteljahrs-
schrift fr Literaturwissenschaft und Geistesgeschichte, vol. 4, n. 3[, 1926, pp. 491-507]. Wolf utilizza i due
termini quasi esattamente nel nostro senso.
p
Schematizzazione dellirrazionale mediante il razionale.
q
appunto il nostro irrazionale.
appendice seconda 318
a religious signifcance, without knowing anything about its motif. It matters little whether
we call it a prophet or a god because it is permeated by a spiritual will which communicates
itself to the beholder. The religious element of such a fgure is immanent: it is a presence
or an atmosphere rather than a formulated idea. It cannot be described in words, because it lies
beyond intellectual defnition .
r 11
Quanto appena detto non vale per nessuna arte pi che per la grande pittura sacra e paesag-
gistica cinese nellepoca classica delle dinastie Tang e Sung. Di questa Otto Fischer aferma :
Queste opere sono tra le pi profonde e sublimi che larte umana abbia mai creato. Chi vi si
immerge avverte dietro queste acque, queste nebbie e queste montagne il respiro misterioso
dellantichissimo Tao, il pulsare dellessere intimo. In questi quadri pi di un mistero profondo
nascosto-manifesto. In essi vi il sapere del nulla, il sapere del vuoto, il sapere del Tao del
cielo e della terra che anche il Tao del cuore umano. Per questo, nonostante il loro movi-
mento eterno appaiono cos lontane e profondamente quiete, come se respirassero nascoste
nel fondo del mare.
s
A noi occidentali apparir come arte pi numinosa quella gotica, innanzitutto per la sua
sublimit. Ma questo non basta. merito di Worringer aver mostrato nella sua opera,
Probleme der Gotik,
12
che la particolare impressione che suscita il gotico non poggia soltan-
to sulla sua sublimit, ma sullaver ereditato limpronta di antichissime forme magiche la
cui fliazione storica egli cerca di ricostruire. Per questo, secondo lui, lefetto del gotico
principalmente magico. Con ci, indipendentemente dalla correttezza della sua rico-
struzione storica, certamente sulla traccia giusta. Il gotico possiede la capacit di dare
unimpressione dellincanto che pi di quella del sublime ; daltra parte la torre della cat-
tedrale di Ulm non pi in nessun modo magica , numinosa. E quale sia la diferenza
del numinoso da ci che meramente magico, si fa sentire nel sentimento proprio nella
bella illustrazione di questo capolavoro che fa Worringer. In ogni caso il termine magico
pu anche restare come denominazione dello stile e dei mezzi despressione attraverso cui
qui si realizza lefetto del numinoso, perch trattandosi di cose cos grandi ciascuno lo
prender in un senso sufcientemente profondo.
** [capitolo undicesimo, p. 241]
Oltre al silenzio e alloscurit larte orientale conosce ancora un terzo mezzo per suscitare un
forte efetto numinoso: il vuoto e lo spazio vuoto.
t
Questultimo , per dir cos, il sublime
in senso orizzontale. Il deserto smisurato, la steppa uniforme e sconfnata sono sublimi e
suscitano anche in noi, per associazione di sentimenti, risonanze del numinoso. Larchitet-
tura cinese, quale arte della disposizione e del raggruppamento degli edifci, impiega questo
momento in modo saggio e profondamente efcace. Essa non ottiene lefetto di solennit
con alte volte o verticali imponenti, ma non c nulla di pi solenne della silenziosa ampiezza
11
Chiunque si avvicini a questa fgura capisce che ha un signifcato religioso, senza sapere nulla dellidea
a monte. Importa poco se lo defniamo un profeta o un dio, perch permeato da una volont spirituale
che si trasmette a chi lo osserva. Lelemento religioso di una tale fgura immanente: una presenza
o unatmosfera piuttosto che unidea formulata. Non pu esser descritto in parole perch al di l di una
defnizione intellettuale.
12
W. Worringer, Formprobleme der Gotik, Piper, Mnchen 1912
3
.
r
O. Siren, Chinese sculpture, London 1925, vol. i, p. xx.
s
O. Fischer, Chinesische Landschaft, Das Kunstblatt , gennaio 1920 ; cfr. anche lampia opera dello stes-
so autore, Chinesische Landschaftsmalerei, [Mnchen] 1921.
t
Naturalmente questo momento noto anche in occidente. Anche i nostri poeti dicono: Sono solo
in un largo campo/ cos silenzioso e solenne. [Otto cita liberamente due versi dello Schfers Sonntaglied
(1805) di Ludwig Uhland (1787-1862): Ich bin allein auf weitem Flur/ Noch eine Morgenglocke nur/ Nun Stille
nah und fern/ [...]/ Der Himmel nah und fern/ er ist so klar und feierlich]
il sacro 319
degli spazi, delle corti e degli atri. Ne sono lesempio pi efcace le tombe imperiali dei Ming
a Nanchino e Pechino che includono nella loro disposizione lampiezza vuota di un intero
paesaggio. Ancor pi interessante il vuoto nella pittura cinese. Qui c unarte di dipingere
quasi il vuoto, di farlo sentire e di variare in modo molteplice questo tema particolare. Non
soltanto ci sono quadri su cui non vi quasi niente ; non soltanto proprio dello stile susci-
tare lefetto pi forte col minor numero di tratti e di mezzi, ma in molti quadri, particolar-
mente in quelli che derivano dalla contemplazione, si ha limpressione che il vuoto stesso sia
loggetto dipinto, e che sia loggetto principale. Per capirlo basta che ci ricordiamo di ci che
si detto sopra sul nulla e sul vuoto dei mistici, e sullincanto degli inni negativi. Come
loscurit e il tacere, cos questo vuoto una negazione, che per rimuove ogni qui e ora
perch il totalmente altro divenga atto.
u
* [capitolo tredicesimo, p. 249]
Il cristianesimo nascente sorse come setta escatologica (che presto divenne pneumatica)
con il motto: il Regno vicino. Oggi, che si muova dallesegesi ortodossa o liberale,
si hanno per lo pi rappresentazioni false o non se ne ha nessuna della mescolanza tra il
profondo e interiore brivido di fronte alla fne del mondo, al Giudizio e allavvento del mondo
ultraterreno, da una parte, e il beato tremore dellattesa natalizia, dallaltra ; della mescolanza
tra il tremendum e il fascinans di questo mistero.
** [capitolo tredicesimo, p. 249]
A noi oggi suona come un appellativo dolce e spesso quasi familiare, come il buon Dio. Ma
cos fraintendiamo il senso biblico tanto del sostantivo quanto del predicato. Questo Padre
innanzitutto il Re sacro e sublime di questo Regno, che si avvicina come unoscura minaccia
dalle profondit del cielo con tutta lemt Jahweh.
* [capitolo tredicesimo, p. 251]
Queste due denominazioni non sono tautologie. La prima avvicina, la seconda allontana. Al-
lontana in direzione non soltanto di uninfnita altezza, ma anche dellambito del totalmente
altro rispetto a tutto ci che di quaggi.
** [capitolo tredicesimo, p. 251]
Anche la lotta di Ges nella notte del Getsemani va vista alla luce e sullo sfondo di questo numinoso con
il suo mysterium e il suo tremendum, se ci si vuole immedesimare in quellesperienza e comprendere di
che si tratta. Cos che provoca questo tremore e spavento fn nel fondo dellanima, questo esser rattri-
stato a morte, questo sudore che cola a terra come stille di sangue? la consueta paura della morte? In
chi ha guardato la morte negli occhi da settimane e che ha celebrato con i suoi discepoli ci che aveva il
senso trasparente di un banchetto funebre ? No, qui c qualcosa di pi che la paura della morte. Qui
il rabbrividire della creatura di fronte al mysterium tremendum, di fronte allenigma del completo orrore.
Vengono alla mente quali eloquenti paralleli e vaticini le antiche leggende di Jahweh che aggredisce
Mos, suo servo, nella notte e di Giacobbe che lotta con Dio fno al mattino. Egli ha lottato con Dio e
ha vinto,
13
con il Dio dellira e della collera, con il numen che per mio Padre. In verit, anche
chi crede di non ritrovare altrove il Santo (der Heilige) di Israele nel Dio del vangelo, qui non pu non
scoprirlo, se in grado di vedere.
13
Cfr. Gn 32, 29.
u
Cfr. anche le fni analisi [pubblicate nel frattempo] di Wilhelm sul non essere e il vuoto in Lao Tse:
R. Wilhelm, Laotse. Vom Sinn und Leben, Jena, Diederichs, 1911, p. xx.
appendice seconda 320
* [capitolo tredicesimo, p. 255]
Lo stesso vale anche dellafermazione di Giovanni cui solitamente amano richiamarsi i ra-
zionalisti: Dio spirito (Gv 4, 24). Per queste parole Hegel ritenne il cristianesimo la reli-
gione somma perch veramente spirituale, la religione nella quale Dio viene conosciuto
e annunciato come spirito, ossia, per Hegel, come la stessa ragione assoluta. Ma quando
Giovanni parla di spirito non pensa alla ragione assoluta, ma al pnema, ossia a ci che
completamente contrapposto a mondo e carne, allassoluta essenza celeste e meraviglio-
sa, a ci che completamente enigmatico e misterioso, che oltre ogni intelletto e ragione
delluomo naturale. Pensa allo spirito che sofa dove vuole. Tu ne senti il sussurro, ma
non sai di dove viene, n dove va
14
e che perci non legato a Garizim o Sion e pu essere
adorato solo da coloro che sono essi stessi in spirito e verit . Proprio questa afermazione,
apparentemente del tutto razionale, rimanda nel modo pi forte a ci che nellidea biblica di
Dio irrazionale.
v
* [capitolo quattordicesimo, p. 260]
Questo non soltanto il Dio della volont e del contingente come in Duns Scoto. Qui
riaforano sentimenti primordiali che fanno pensare pi al fglio di contadini e alla religione del
suo ceto, che allallievo dei theologi moderni. Di nuovo si ridesta lantichissimo spaesante.
** [capitolo quattordicesimo, p. 260]
[Nota:] Cfr. R. Otto, AHG, pp. 85 e ss.: E la fede in Dio non semplice [...] di un sentimento
fondamentale verso ci che oltreumano ed eterno, che pu essere defnito solo mediante
s .
15
Allepoca scrissi questo libro da principiante ancora completamente sotto linfuenza di
Ritschl, come facilmente riconoscibile dalla posizione sulla mistica. Ma mi erano chiare le
trame irrazionali-numinose in Lutero e in ogni autentico concetto di Dio. Di qui, col tempo,
avrei sviluppato unaltra valutazione della mistica e avrei guadagnato la consapevolezza del
fatto che nelle afermazioni di p. 86 contenuto il problema dello Spirito: Per questo ne-
cessaria unaltra cosa : ogni parola [...] e in quieta oscillazione di un sentimento futtuante,
equilibrato .
* [capitolo diciassettesimo, p. 277]
9. Possiamo defnire gli esempi da 1. a 8. come pre-religione, ma non nel senso che spieghe-
rebbero la religione e la sua possibilit : essi stessi sono piuttosto possibili e spiegabili soltanto
14
Gv 3, 8.
15
Conviene riportare per intero il passo di AHG, p. 85, che Otto taglia in modo poco perspicuo: E la fede
in Dio non semplice [fducia delluomo nei confronti di chi lo aiuta, magari intensifcata al massimo, ma
resta fducia delluomo verso il suo Dio, della creatura verso il suo creatore. la determinatezza formale di
un sentimento del tutto specifco,] di un sentimento fondamentale verso ci che oltreumano ed eterno,
che pu essere defnito solo mediante s.
v
Sul carattere numinoso, sul senso vero e proprio della contrapposizione biblica di spirito e carne,
che diverso dalle valutazioni e svalutazioni morali, e sulla fuorviante moralizzazione di queste intuizioni
puramente religiose, che si fa sentire di nuovo anche nellodierna teologia alla moda che identifca la carne,
il peccato e il peccato originale con lamore di s o con altri difetti morali, cfr. pi nel dettaglio SU, cap. II.
Sullamalgama del tutto fuorviante tra lidea religiosa di predestinazione e le teorie razionali, empirico-psi-
cologiche, relative alla volont, che va da Agostino attraverso lintera scolastica, e che viene attuato anche
da Lutero nel suo scritto pi zelante, De servo arbitrio, a tutto svantaggio della sua stessa idea religiosa,
cfr. SU, cap. iii, paragrafo 3: Luthers Religionsphilosophie.
il sacro 321
a partire da un elemento religioso fondamentale, ossia a partire dai primi moti del sentimento
del numinoso. Questultimo un elemento psichico originario che richiede di esser compre-
so nella sua pura specifcit e che non pu essere spiegato a partire da altri elementi. Come
tutti gli altri elementi psichici originari emerge a suo tempo nellevoluzione della vita dello
spirito umano e, a quel punto, semplicemente c. Senza dubbio pu emergere solo se sono
soddisfatte certe condizioni quali : sviluppo del corpo, capacit di eccitabilit e spontaneit,
altre facolt psichiche, vita di sentimento in generale, capacit di vissuti e di ricevere impres-
sioni dallesterno e dallinterno; tutte queste sono per condizioni e non cause o elementi. E
riconoscere questo fatto non signifca svicolare nel fantastico o nel soprannaturale: signifca
soltanto afermare del sensus numinis ci che vale di ogni altro elemento originario dello psi-
chico. Piacere o dolore, amore o odio, tutte le facolt della percezione sensibile, come la ricet-
tivit alla luce e al suono, il sentimento dello spazio e del tempo, e tutte le capacit dellanima
e le facolt conoscitive superiori si presentano evolutivamente senza dubbio secondo leggi
e a determinate condizioni ciascuna a suo tempo, ma di per s ciascuna qualcosa di nuovo
e di inderivabile e pu essere spiegata solo se noi assumiamo a fondamento dellevoluzione
un elemento spirituale ricco di potenzialit che in quelle, nella misura in cui sono date le
condizioni dellevoluzione organica e cerebrale, mette in evidenza la sua propria essenza in
modo sempre pi ricco. Lo stesso vale per il sentimento del numinoso.
10. Il caso pi puro di eccitazione spontanea del sentimento del numinoso ci sembra essere
quello menzionato in 7. Esso signifcativo in modo tanto particolare per levoluzione della
religione, perch qui il sentimento religioso sin dal principio non si lascia deviare (secondo
lo stimolo dellassociazione di sentimenti) verso oggetti di natura che erroneamente prende
per numinosi, ma resta puro sentimento senza oggettivazione rappresentativa, come il ter-
ror panico , oppure simbolizza il suo oscuro punto di riferimento in specifche produzioni
fantastiche. Proprio questo caso in certa misura ancora accessibile alla nostra immedesima-
zione e penetrazione; come pure il passaggio dal mero sentimento al suo dispiegamento e
alla produzione di specifche forme di rappresentazione. A chiunque possieda un sentimento
vivo certo capitato una volta, in qualche momento o in qualche luogo, di avere la precisa
sensazione dello spaesante. Chi capace di una penetrazione psicologica pi precisa noter
in questo stato danimo i seguenti punti : innanzitutto il suo carattere inderivabile e specifco ;
in secondo luogo la circostanza assai peculiare per cui le cause occasionali esterne di questo
stato danimo sono spesso molto esigue ; anzi spesso sono tali che si riesce a mala pena a ren-
derne conto poich non vi proporzione alcuna con lintensit dellimpressione, tanto che
molte volte non si pu parlare afatto di impressione, ma al pi di impulso e occasione : a
tal punto il vissuto di sentimento sopravanza per forza e potere di avvincere tutto ci che di
impressionante possiedono le diverse circostanze temporali o spaziali. Un simile tremore e
un simile orrore erompono piuttosto da quelle profondit dellanima cui quelle circostanze
non arrivano afatto. Anche la potenza delleruzione sopravanza tanto il mero impulso ester-
no, che lerompere quasi se non del tutto spontaneo. Ma con ci si gi detto, in terzo
luogo, che debbono esser suscitati contenuti rappresentativi peculiari ed autonomi, sebbene
di specie completamente oscura e seminale, che costituiscono il vero e proprio fondamento
del moto danimo del rabbrividire. Se infatti questi non sono precedentemente dati in qual-
che modo, non pu aver luogo alcun moto dellanimo. Quarto, il suddetto stato danimo
pu restare un puro sentimento e come tale trascorrere, senza dispiegare i suoi contenuti
di pensiero oscuri. Se, senza dispiegarsi, si esprime in parole, queste ultime saranno allora
esclamazioni come: Che spaesamento! o Quant terribile questo luogo!. Ma pu anche
dispiegarsi. Una prima espressione di tale dispiegamento, seppur ancora meramente negativa,
si ha quando si dice : Qui c qualcosa che non va . Un passaggio ad unespressione positiva si
ha gi quando si dice in inglese: This place is haunted . Qui la base ideale oscura emerge gi
pi distintamente e comincia a chiarirsi come una rappresentazione, ancora vaghissima e fu-
ida, di qualcosa che al di l, di una essenza o realt operante e di carattere numinoso che si
appendice seconda 322
confgura poi in unulteriore evoluzione come numen loci, come spirito, come un demone,
un El o un Baal o in qualche altra forma pi concreta.
In Gn 28, 17 Giacobbe dice : Quanto fa rabbrividire questo luogo ! / Questa proprio la casa
di Elohim.
Sotto il proflo psicologico-religioso questo versetto altamente istruttivo in quanto un
chiaro esempio di quanto appena detto. La prima proposizione del versetto restituisce evi-
dentemente limpressione dellanimo in quella sua immediatezza che non ancora stata at-
traversata dalla rifessione, ancora senza alcun autodispiegamento o autochiarifcazione del
sentimento. Non contiene altro che il tremore numinoso originario, il quale, in quanto senti-
mento del tutto inesplicito, stato senza dubbio sufciente per demarcare luoghi sacri e per
renderli posti degni di una timorosa venerazione e di culti che cominciano a svilupparsi anche
senza che si proceda necessariamente a trasporre questa impressione del tremendo nella rap-
presentazione di un numen concreto che l dimora; senza che il numen riceva un nomen o che il
nomen sia qualcosa di pi che un mero pronomen. La seconda proposizione di Giacobbe, per,
gi non signifca pi soltanto il vissuto originario stesso, ma il suo dispiegamento concreto e
rifesso e la sua interpretazione.
Anche lespressione tedesca : Es spukt hier
16
istruttiva. Propriamente essa non ha ancora un
vero e proprio soggetto, o per lo meno non dice ancora nulla sullo Es che spukt. Di per s
qui non vi sono ancora le rappresentazioni concrete di fantasmi, spiriti, spiriti dei morti o
anime, tipiche della nostra mitologia popolare. La frase piuttosto solo una pura espressione
del sentimento stesso dello spaesante, che comincia soltanto, con un primo accenno, a gene-
rare una rappresentazione di un qualcosa di numinoso in generale, di unentit dellaldil. un
peccato che non abbiamo un vocabolo pi nobile e generale per spuken, che ci svia subito
nellambito delle propaggini impure e superstiziose del sentimento numinoso.
x
Ma anche
cos possiamo ancora sentire la parentela dei sentimenti di Spuk con quei vissuti numino-
si elementari attraverso cui furono scoperti dallesperienza di veggenti luoghi tremendi,
sacri, posseduti dal numen, punto di partenza del culto locale, luoghi di nascita dellEl che
vi viene venerato. Abbiamo leco di questi vissuti originari in Gn 28, 17 e in Es 3. I luoghi che
qui Mos e Giacobbe delimitano sono autentici haunted places, luoghi in cui es spukt, in
cui qualcosa non va. Solo che il sentimento dello Spuken non ha il senso impoverito e
indebolito del nostro odierno sentimento dei fantasmi, ma porta ancora in s lintero patri-
monio delle potenzialit e delle possibilit di sviluppo dellautentico sentimento numinoso
originario. Qui si tratta di uno Spuk nobile e rafnato. Il brivido sottile che ci pu cogliere
nel silenzio e nella semioscurit dei nostri santuari ha indubbiamente ancor oggi una lonta-
na parentela non soltanto con ci che Schiller dice nel verso : Nella pineta di Poseidone/ si
addentra con brivido devoto ,
17
ma anche con veri e propri sentimenti di Spuk; e il leggero
rabbrividire che pu accompagnare questi stati ha una lontana parentela con la pelle doca,
la cui essenza abbiamo considerato sopra. Quando lanimismo si sforza di derivare violente-
mente lo spirito, il demone e il dio dallanima, indirizza lo sguardo su un punto sbagliato.
Se dicesse che si tratta di cose dello Spuk sarebbe almeno sulla pista giusta.
In parte ci ancora provato da singoli termini antiquati che una volta si riferivano al brivido
16
Alla lettera: qui qualcosa infesta, nel senso di : Qui ci sono i fantasmi .
17
J. C. F. Schiller, Die Kraniche des Ibykus, 1797.
x
In realt abbiamo un termine un po artifcioso: Es geistet hier o Wie es doch um diese Sttte gei-
stert. Questo geistern una presenza numinosa senza essere il pi basso Spuk. E in caso di necessit
potremmo arrischiarci a tradurre Ab 2, 20 : Jahweh geistet in seinem heiligen Tempel. Es sei stille von ihm alle
Welt [Jahweh aleggia nel suo santo tempio. Taccia davanti a lui il mondo intero]. Linglese to haunt pi
nobile del tedesco spuken. Si potrebbe dire: Jahweh haunts his holy temple senza essere blasfemi. Questo
geisten spesso lebraico : shkan. E ci portiamo al sentimento in modo molto pi pieno e autentico il
passo di Sal 28, 8 : Il luogo dove abita la tua gloria se lo traduciamo con Il luogo infestato dalla tua mae-
st . Propriamente la sheknh il Geistern di Jahweh nel tempio di Gerusalemme.
il sacro 323
originario dello Spuk nobile e che successivamente si abbassarono a designare le forme
infme del timore o si elevarono ad indicare quelle somme. Un termine di questo genere
lenigmatico asura in Sanscrito. Successivamente divenuto unespressione tecnica nella
lingua indiana per indicare lelemento del demonico, dello spettrale, di ci che relativo allo
Spuk nel suo grado pi basso. Ma nei tempi pi antichi era una qualifca del pi sublime di
tutti gli di del Rgveda, dellalto e spaesante Varuna. In persiano Ahura-mazd diviene il
nome dellunica ed eterna divinit.
y
Lo stesso per il termine adbhuta. A-dbhuta signifca arreton, lindicibile, linesprimibile. In
primo luogo esattamente il nostro mysterium stupendum. Inoltre : Si fa lesperienza di un
adbhuta quando si in una casa vuota dice unantica defnizione. dunque il nostro vissuto
dell orribile che sorprende anche noi in una casa deserta e vuota. Ma adbhuta anche il
nome per una meraviglia completamente oltremondana e del suo fascinans, del Brahman eter-
no e della sua stessa salvezza, di ci che oltrepassa tutte le parole.
z
Ci che vale per asura e adbhuta vale anche per il greco thes. La radice forse la stessa di
ge-twas, che si trova ancora nel medio tedesco e che signifca Spuk e spettro. Anche qui sem-
bra che un termine arcaico, che signifcava originariamente lo spaesante-numinoso (lo Spuk
nobile), sia, da una parte, assurto a denominazione di Dio ; e sia, daltra parte, decaduto a
mero spettrale. Anche nellebraico levoluzione forse stata questa : lo spirito, lo spettro
di Samuele che la negromante di Endor evoca per Saul, viene chiamato esattamente come la
divinit : Elohim (1 Sam 28, 13).
* [capitolo diciottesimo, p. 280]
Lo stato del grezzo viene superato quando il numen si rivela, ossia si manifesta allanimo
e al sentimento, in modo sempre pi pieno e potente. A ci appartiene anche il riempimento
con momenti razionali, menzionato in f ), attraverso cui si presenta contemporaneamente
nellambito del concepibile. Ma con ci conserva sul versante numinoso tutti i suddetti mo-
menti di irrazionale inconcepibilit e quanto pi si rivela, tanto pi li raforza. Rivelarsi
infatti non signifca afatto passare nellambito di una concepibilit a misura dellintelletto.
Qualcosa pu esser noto o familiare al sentimento secondo la sua pi profonda essenza, pu
colmare di felicit o sconvolgere, senza che lintelletto ne abbia alcun concetto; lo si pu com-
prendere intimamente e profondamente senza concepirlo con lintelletto : per esempio la
musica. Quel che nella musica concepibile concettualmente non afatto la musica stessa. Il
conoscere e il comprendere concettuale non sono la stessa cosa, anzi spesso si trovano luno
rispetto allaltro in contrapposizione ed esclusione reciproca. Cos la misteriosa oscurit del
numen, irriducibile a concetti, non signifca afatto la sua inconoscibilit o irriconoscibilit. Il
Deus absconditus et incomprehensibilis per Lutero non era in realt un deus ignotus. Con tutti i
timori e tremori del suo animo avvilito lo conosceva anche troppo bene. Altrettanto bene
Paolo conosce la pace che nella sua completa inaferrabilit sopra ogni ragione ,
18

altrimenti non la esalterebbe.
18
Fil 4, 7.
y
Tali cambiamenti di signifcato non hanno avuto luogo solo nella remota antichit, ma si sono veri-
fcati nella nostra lingua in modo del tutto analogo ancora recentemente. Ancora nel xviii secolo schau-
derhaft signifca il numinoso-misterioso, anche nel senso del timore reverenziale. Aveva lo stesso signif-
cato del nostro attuale schauervoll . Solo pi tardi decade a designazione per lempio e il riprovevole, per
il numinoso-negativo, e subito si appiattisce, diviene banale, perde il senso e la risonanza numinosi e oggi
designa meno qualcosa di fronte a cui si trema, che qualcosa che irrita : un tempo schauderhaft. Si tratta
di un tipico esempio di depotenziamento. Sulla questione cfr. Das Gefhl des berweltlichen, cap. ix : Stei-
gende und sinkende numina.
appendice seconda 324
Non si pu concepire Dio, ma lo si pu sentire, aferma Lutero ;
aa
e altrettanto dice Plotino :
Come possiamo parlare di lui se (in qualche modo) non lo cogliamo? Ora, se si sottrae alla
nostra conoscenza (concettuale), non necessario che ci si sottragga in generale. Lo coglia-
mo tanto da parlare di lui (in modo ideogrammatico), ma non possiamo nominarlo (adegua-
tamente). Nulla per ci impedisce di possederlo, anche se non possiamo esprimerlo, come
coloro che sono in preda ad entusiasmo o rapimento, i quali sanno di portare in s qualcosa
di pi alto senza per sapere (in concetti) cosa sia. Da ci che li ha sollecitati e li ha spinti a
parlare essi ricavano unimpressione (di sentimento) di sollecito. Simile anche il nostro rap-
porto allUno. Quando ci eleviamo ad esso con laiuto del puro spirito, lo sentiamo, ecc..
bb
Un antico detto indiano dice : na aham manye suveda iti / no na veda iti veda ca. Non intendo
dire: Lo conosco bene / Ma nemmeno intendo dire: Non Lo conosco afatto.
cc
Lirrazionale, dunque, non afatto qualcosa di ignoto o sconosciuto. Se lo fosse non
ci riguarderebbe afatto ; non potremmo dire che un irrazionale. inconcepibile, inaf-
ferrabile, non coglibile per lintelletto. Ma esperibile per il sentimento.
* [capitolo diciannovesimo, p. 282]
[Nota:] Da questo punto di vista ci che vi di pi istruttivo in Lutero sono i passi in cui la
fede viene descritta come una peculiare facolt di conoscenza per lapprensione della verit
divina e quelli in cui essa come tale viene contrapposta, come del resto lo spirito, alle ca-
pacit naturali dellintelletto. Qui la fede equivale alla synteresis dei mistici e al maestro
interiore di Agostino che certo sono, luna e laltro, al di sopra della ragione, ma sono
anche un a priori in noi stessi.
* [capitolo ventunesimo, p. 294]
in particolare il passo di Mc 10, 32: kai en proagon autous ho Iesous kai ethambounto. Oi d ako-
louthountes ephobounto , che restituisce in modo tanto semplice quanto intenso limpressione
di numinoso che proveniva immediatamente da questuomo. Nessuna arte della descrizione
psichica avrebbe potutto essere pi toccante di queste parole magistralmente pregnanti. Ci
che fu detto in seguito (Gv 20, 28) ci apparir forse come espressione di un tempo che mirava
troppo lontano e troppo in alto, gi molto distante dalla semplicit della prima esperienza
vissuta. Preferiremo Mc 10, 32 proprio perch qui il sentimento ancora disdegna ogni formula.
Ma qui si pu trovare unautentica radice delle ipertensioni successive.
* [capitolo ventiduesimo, p. 300]
Un uomo come Marcione non soltanto un estremista paolino : anche un estremista ge-
suano.
* [capitolo ventitreesimo, p. 305]
E questultimo immediato:
z
Cfr. R. Otto, Dpik, [cit.,] p. 46. Adbhuta (e carya) sarebbe unesatta traduzione sanscrita del no-
stro numinoso se non avesse assunto da tempo, come il nostro miracoloso, una quantit di accezioni
profane che ne appiattiscono il senso. A questo proposito cfr. la fne ricerca di M. Lindenau, Beitrge zur
altindischen Rasa-Lehre, Leipzig 1913, sul sentimento delladbhuta in Bhrata Muni nella sua distinzione da
quello del terrifcante, delleroico, dello spaventoso e del disgustoso.
aa
Tischreden, Wei[marer Ausgabe] 6, p. 6530.
bb
Plotin, Enneaden, [a cura di O.] Kiefer, Jena 1905, volume 1, p. 54 [Enn. V 3, 14].
cc
Kena Upanisad, 10.
SAGGI
LA RINASCITA DEL SENSUS NUMINIS
IN SCHLEIERMACHER
1
In memoria di Wilhelm Herrmann
1.
N
el corso della sua lunga storia alla religione successo spesso di essere ri-
scoperta . Anche ad essa capitato come agli altri patrimoni e alle altre sfere
della vita spirituale umana, la flosofa o la creazione artistica, il gusto, il sentire estetico
e altro ancora. Per ciascuno di essi vi furono epoche di inizi creativi e di grande foritu-
ra, cui seguirono epoche di decadenza, di irrigidimento, di intirizzimento e desolazio-
ne, di proliferazione di componenti estranei, fn quasi alla scomparsa e alla decadenza
completa. Allora si resero necessarie ed ebbero luogo le renaissances, le rinascite e
riscoperte di ci che era stato perduto, in parte o del tutto: pi o meno grandi, durature
o a loro volta transitorie. Ma dove ebbero luogo, furono legate allopera di personalit
creative, che resero di nuovo fuide le masse irrigidite. Inoltre queste renaissances per
lo meno le pi signifcative non furono semplici riscoperte, ma elevarono ci che
veniva riscoperto ad un livello nuovo e superiore, crearono nuovi e superiori punti di
partenza.
Cos anche nellambito della religione e della nostra religione in particolare, il cristia-
nesimo. Gi il suo inizio, il vangelo stesso, stato in certo senso una riscoperta, una
superiore riconfgurazione e una liberazione dellantica religione dei profeti e dei salmi
dalle macerie dellordinamento e dellistituzione farisaica, dalle fantasticherie e dal fa-
natismo apocalittici, dalla variegata proliferazione e dalla contaminazione di unessen-
za estranea e di ingredienti impuri. Una riscoperta stata lazione e la predicazione
di Paolo di contro alla copertura e alla restrizione giudaizzanti del vangelo. Una risco-
perta stato ci che Agostino e San Francesco hanno operato per il cristianesimo. Una
riscoperta in grande stile stata la Riforma di Lutero; una in stile minore il pietismo e
la sua reazione allortodossia scolastica, che con la sua visione unilaterale violentava la
religione.
Questultima riscoperta precedette di circa centanni quella che qui ci interessa e che
stata compiuta da Schleiermacher, il Padre della Chiesa del protestantesimo moderno;
una riscoperta sotto i cui efetti ancor oggi ci troviamo. Stavolta a danneggiare e corrom-
pere la religione non erano pi i vecchi nemici classici della devozione: il farisaismo o il
monachesimo, listituzione ecclesiastica e la giustizia che viene dalle opere o la fossiliz-
zazione nelle formule di scuola. Sembrava che fossero comparsi nemici del tutto nuovi.
Si chiamavano intellettualismo e moralismo (anche questi, in fondo, solo nemici
vecchi con un volto nuovo), ossia lunilaterale dirigersi dellepoca e dello spirito del
diciottesimo secolo verso ci che conforme allintelletto, da una parte, e verso lagi-
re morale, dallaltra. Da entrambi i nemici, che siamo soliti riassumere con il termine
razionalismo, la religione era messa in pericolo. Essi non erano aferrabili e dunque
1
Edizione originale : Der neue Auf bruch des sensus numinis bei Schleiermacher, in SU, cap. x, pp. 123-139.
Una prima versione del saggio fu pubblicata in Die christliche Welt, 17, 1903, pp. 506-512 con il titolo Wie
Schleiermacher die Religion wiederentdeckte.
saggi 328
attaccabili dallesterno come la setta dei farisei o il monachesimo, come listituzione della
Chiesa medievale e delle indulgenze, o come i grossi volumi dei sistemi scolastici: era-
no nellaria pi che nelle istituzioni, nelle pratiche e nelle organizzazioni. Ma appunto
perci erano tanto pi pericolosi. Da un secolo si erano impadroniti del tempo e dello
spirito del tempo e davano alluno e allaltro unimpronta, i cui tratti erano, a modo loro,
lombra delle grandi virt di unepoca che era stata tanto signifcativa per la libert dello
spirito: lepoca dellilluminismo, una delle pi signifcative nellintera storia dello spi-
rito in generale. Da questepoca il nostro popolo, in modo particolare, stato educato
come popolo di pensatori. Da questepoca nata la flosofa classica tedesca; e, proprio
immediatamente prima della generazione di Schleiermacher, ne sbocciato il fore e il
frutto pi maturo: Kant e la sua flosofa critica. Nelle due opere principali di Kant venne-
ro a compimento, appunto, quelle sue due direzioni fondamentali, che avevano guada-
gnato la massima profondit: nella Kritik der reinen Vernunft, la direzione intellettualistica,
e nella Kritik der praktischen Vernunft, la direzione pratico-morale. Lepoca stata grande
e ci che ha prodotto stato immane e imperituro, fno ai nostri giorni. Ma immane
era anche lunilateralit in cui essa era presa, e grande era il pericolo con cui minacciava
lintera vita interiore, in particolare quella religiosa.
Oggi, di solito, si vede lunilateralit del razionalismo e il suo pericolo per la religio-
ne nel fatto che esso, in modo presunto o reale, nega il miracolo. Si presume che sia
razionialista chi rifuta che ci siano miracoli (o piuttosto che ci siano stati) e viceversa.
Questa una concezione molto rigida, e per giunta falsa nella maggior parte dei casi sin-
goli. Al contrario: il miracolo nel senso dogmatico-tradizionale, ossia come accadimento
straordinario e come rottura di un ordine naturale altrimenti chiaro, comprensibile e
saldamente regolato, un tale miracolo richiede come contraltare una concezione ra-
zionalistica del mondo. Solo se generalmente nel mondo tutto procede in modo ordi-
nario, illuminato, razionale e matematico, possono in generale esser riportati e osservati
dei miracoli in questo senso. In un mondo e in una natura che, appunto, non fossero
matematici e illuminati nel loro fondamento e a cui appartenessero gi come momenti
lincommensurabile e lirrazionale, il misterioso e lenigmatico stesso, in un tale mondo
e in una tale natura molto difcilmente si avrebbero miracoli, perch questi ultimi si
distinguerebbero dagli accadimenti generali soltanto per grado e mai per principio, e
dunque non potrebbero mai farsi notare come sicuramente miracoli, ossia come facta
extraordinaria. Cos il razionalismo risiedeva, come edifcio sottostante, gi nellortodos-
sia, e vi erano razionalisti cos tra i sostenitori, come tra i negatori dei miracoli. In realt
il merito di Schleiermacher, quando ha salvato la religione dal razionalismo, non stato
quello di aver nuovamente raforzato il vecchio concetto di miracolo, che egli rifutava:
si trattato di cose completamente diverse e molto pi profonde.
2. Si trattato, cio, di quanto segue. Dellilluminismo e della sua flosofa, pur con tut-
ta la loro grandezza, stata propria una concezione e una valutazione dellessere umano
enormemente unilaterale. Luomo stato valutato dallilluminismo come lessere pen-
sante in modo razionale e agente in modo morale, come lessere della ragione teore-
tica e pratica. Questa corrente non ha avuto occhi per tutta quellimmane ricchezza
dellessere umano che non rientra in queste due capacit, per i tesori inesprimibili e per
le profondit dellanimo e del sentimento, del sentire immediato e del vissuto interiore,
per tutto ci in cui si rivela la nostra essenza pi profonda e la nobilt della natura umana.
Questo illuminismo ha avuto spazio per la formazione e la cura del pensiero e per una
prosaica attivit pratica, ma non per la cultura e la cura dellanimo.
la rinascita del sensus numinis in schleiermacher 329
In Kant questa unilateralit e questa povert sono state, per dir cos, compensate
dalla grandezza e dalla profondit, dalla sublimit, dal rigore e dal volo elevato del suo
intellettualismo e del suo moralismo. Ma cos non era negli illuministi di stile minore.
Lintellettualismo divenne qui una prosaica e brulla ragionevolezza. Non riconoscere
o non lasciare in questo mondo alcun mistero e mysterium, nulla di indicibile e mera-
viglioso, nessuna profondit nascosta e nessun enigma gravido di timore reverenziale!
Far luce in ogni angolo con la faccola dellilluminismo, rendere tutto chiaro e limpido
come lacqua, sigillare accuratamente tutte le sorgenti del profondo, laddove non si ri-
esca a ricoprirle, razionalizzare e risolvere con spiegazioni pragmatiche tutti gli enig-
mi della storia, del presente e del tempo passato: sempre di pi, qui, divenne questo il
tratto distintivo. Daltra parte, limpulso moralistico dellepoca lontano dallaltezza
dell imperativo categorico kantiano cre soltanto una prosaica moralizzazione pra-
tica, sommamente ragionevole e tendente al flisteismo, nel senso della morale utilita-
ristica ed edonistica dellepoca.
Con tutto ci non si voleva afatto essere senza Dio . Lilluminismo era fero di
aver superato lateismo. Nessunepoca si afaticata quanto questa in dimostrazioni
dellesistenza di Dio e dellimmortalit dellanima, n stata altrettanto convinta
di esserne efettivamente in possesso. Nonostante ci, alla religione fu succhiato via, in
fondo, il suo contenuto pi proprio. Si era dimostrato Dio, ma poi non si sapeva bene
cosa farsene. Non se ne aveva alcuna esperienza vissuta nellanimo. Si avevano i gran-
di oggetti della religione come concetti, ma non come possesso reale, vivente. Come
dice Schleiermacher, per un verso la religione era realmente divenuta metafsica,
ossia una speculazione dotta, teologica o flosofca, sulle cose ultime e somme, che
venivano chiamate Dio, anima, mondo e simili. Per altro verso era stata trasformata
completamente in morale, in comandamenti e regole dellagire etico-pratico. Il suo
spirito intimo, per, che, come ogni devoto sente, qualcosa di totalmente altro dalla
conoscenza delle cose somme o dallosservanza di comandamenti, era sfumato, ve-
niva tacciato di misticismo, esaltazione, fanatismo. Cos, sotto lintellettualismo
e il moralismo, la religione andava perduta.
3. La riscoperta prese le mosse da un circolo di uomini dai quali tutto ci si sarebbe
attesi tranne che devozione. Se a Dio, in generale, piacciono i santi (Heiligen) bizzarri ,
allora costoro gli piacquero in modo particolare. Il circolo in cui visse il nuovo aral-
do della religione, Schleiermacher, e con cui egli era in rapporti intimi, era quello dei
giovani romantici, i fondatori della scuola romantica che allora cominciarono a far
parlare di s il mondo: quel circolo che negli anni 1797, 1798, 1799 si ritrovava a Berlino
e a Jena ; animi in fermento, geniali, sempre in tumulto e abbastanza scapestrati, per lo
sconcerto e la giusta collera della societ perbene. Qui si ritrovavano Friedrich Schlegel
e August Wilhelm Schlegel, Novalis, Tieck, Hlderlin, Schelling, i loro amici e spiri-
tualmente afni. Vicino al circolo era Fichte, che proprio allora era stato rimosso da
Jena a causa del suo presunto ateismo ; e cosa che fu particolarmente incresciosa per
le generazioni successive ad esso appartenevano anche donne, per di pi ebree, alcu-
ne delle quali notoriamente ricche di spirito e belle : innanzitutto la nobile e bellissima
Henriette Herz, la moglie dellallievo prediletto di Kant, il medico Marcus Herz ; quindi
la profonda e sensibile Dorothea Veit poi Schlegel, e Rahel Levin;
2
di origine cristiana
2
Rahel Levin coniugata Varnhagen (1771-1833), scrittrice ebrea tedesca.
saggi 330
era la arguta gottinghese Caroline, nata Michaelis, vedova Bhmer, separata Schlegel e
infne riconiugata Schelling. Il circolo era bizzarro a sufcienza. E tuttavia il suo clima
fu pi favorevole alla riscoperta della religione che non quello dellaltro circolo della
societ berlinese, che si ritrovava nel rispettabile club del luned
3
intorno a persone
come Nicolai,
4
Moritz,
5
Engel,
6
Smilch
7
e alla Allgemeine deutsche Bibliothek:
8
un
circolo certo assai pi normale e ragionevole dellaltro, ma in pari tempo anche pi in-
tirizzito e assimilato al prosaico e piatto spirito dellepoca; privo di comprensione per il
desiderio, che stava sorgendo nuovamente, di unesistenza pi piena, di una vita sgorgan-
te dallimmediato, di un coglimento pi profondo e intimo del mondo e della vita. Tutto
questo si agitava tra i romantici. Certo, tutto questo non era ancora afatto religione.
Ma dissodava il terreno, divenuto fn troppo duro, in modo tale che potesse germogliare
di nuovo anche qualcosa di pi profondo del romanticismo, e afnava di nuovo ludito,
cos che potessero essere nuovamente percepite anche voci che erano andate perdute.
Certo, n i giovani romantici, n le ebree ricche di spirito, n lintero geniale circolo
sarebbero riusciti da soli a far rinascere la religione, neanche se lo avessero voluto. Per
far ci non basta la mera resistenza alla desertifcazione razionalistica dellanimo, n
bastano semplicemente le nature poetiche o una sensibilit estetica. La religione non
si sviluppa da fantasie geniali, n viene escogitata a tavolino o distillata dal calamaio.
un vissuto di specie propria, si radica nella pi grande e pi profonda esperienza di vita
e per esser portata a riforire e per esser annunciata non ha bisogno di ingegni poetici
o letterari, ma religiosi. Cos, anche il signifcato di tutto quel circolo romantico relati-
vamente alle cose della religione era semplicemente quello di esser uno strumento di
stimolo e di promozione per lunico l in mezzo che realmente sapeva, per esperienza
diretta, cosa signifchi esser devoto; per colui che li sopravanzava tutti per profondit
danimo, per maturit e capacit personale, per chiarezza e limpidit nella compren-
sione delle virt e degli errori del suo tempo : Schleiermacher. Egli aveva conosciuto la
devozione nel mondo ristretto, ma profondo, della confraternita degli Herrnhuter.
9
Nei
confitti aspri e difcili della sua giovinezza andarono distrutti la scorza e linvolucro
troppo angusti della sua prima fede. Andarono distrutti anche i concetti troppo scola-
stici e quadrati della vecchia dogmatica di scuola e della teologia razionalista del suo
tempo. Ma, in unanima profonda e fedele, il pi fne, autentico ed eterno contenuto
della sua fede era stato conservato, e quando giunse il suo momento egli scrisse le Re-
den ber die Religion an die Gebildeten unter ihren Verchtern
a
[Discorsi sulla religione a quegli
3
Il Montagsklub fu fondato nel 1749 da Johann Georg Schulthe e Johann Georg Sulzer; raccoglieva le pi
infuenti personalit di Berlino : ne fecero parte, tra gli altri, Lessing e Mendelssohn.
4
Friedrich Christoph Nicolai (1733-1811), esponente dellilluminismo tedesco protestante, editore e tito-
lare di unimportante libreria di Berlino, fond linfuente rivista Allgemeine deutsche Bibliothek, che
recensiva le pi recenti e importanti pubblicazioni in lingua tedesca.
5
Karl Philipp Moritz (1756-1793), scrittore e saggista noto soprattutto per i suoi resoconti di viaggio e per
il romanzo autobiografco Anton Reiser. Ein psychologischer Roman (Berlin 1785-1790).
6
Johann Jakob Engel (1741-1802), pensatore, drammaturgo e teorico della letteratura, fu precettore di
Federico Guglielmo III.
7
Johann Peter Smilch (1707-1767), studioso di statistica e pastore a Berlino, fu precursore della demo-
grafa come disciplina scientifca con il lavoro Die gttliche Ordnung in den Vernderungen des menschlichen
Geschlechts (Berlin 1741).
8
Cfr. supra, nota 4.
9
Cfr. supra, KFR, p. 75.
a
Edite da me, nella loro forma originaria, Gttingen, Vandenhoeck & Ruprecht, 1906
2
.
la rinascita del sensus numinis in schleiermacher 331
intellettuali che la disprezzano], non per difendere una volta di pi concetti gi difesi mille
volte, ma per ridestare il suo tempo a ci che per esso, in mezzo a tutti i suoi concetti
sottili e corretti, era quasi sparito : alla religione stessa in quanto patrimonio e vissuto
specifco, reale, grande nellanimo.
Le Reden apparvero nel 1799. In verit non sono la sua ultima parola sullessenza e sul
valore della religione, ma la prima. Schleiermacher ha poi messo al servizio di questa
questione ancora unintera, lunga vita; e non una questione che possa esser portata
a termine da un uomo nel lavoro di una vita. A ci si aggiunge che il suo libro non ,
n vuole essere atemporale, ugualmente valido e comprensibile per ogni tempo. In
esso, tutta la posizione della questione e le risposte sono condizionate dalla situazione
spirituale di allora, la quale, nella sua peculiare complicatezza, non eterna, n ritorna
mai esattamente nello stesso modo. Nonostante questo il libro resta signifcativo an-
cor oggi. E ancor oggi ha i suoi amatori ed estimatori, del tutto a prescindere dal fatto
che, con molte trasformazioni, il movimento che allora contribu a suscitare ha ancor
oggi le sue ripercussioni. unapologia di specie particolarissima, totalmente diversa
da qualsiasi altra sia mai stata scritta. Non vuole produrre nuove ricerche sul fatto che
vi siano Dio, lanima, limmortalit e simili. Apparentemente del tutto indiferente a
questi concetti. Certo, talvolta presenta espressioni che a quel tempo e alle nostre orec-
chie suonano abbastanza dure e romanticamente presuntuose. Vuole porre soltanto
una domanda fondamentale: che cos propriamente la devozione stessa?
4. Cos dunque la devozione e in cosa consiste il suo valore secondo Schleierma-
cher ?
Se tentiamo di trasportare quel che Schleiermacher risponde dal suo modo di espri-
mersi, talvolta astratto e ormai inconsueto per il nostro orecchio, al nostro, egli dice
pressappoco cos : luomo e lumanit sono collocati in questo mondo che ci circon-
da e nel suo molteplice, variopinto, ricco, profondo essere ed accadere, che ci tiene,
ci preme e ci sostiene da ogni lato, e che viene penetrato dalla conoscenza umana e
molteplicemente infuenzato dalloperare e dallagire delluomo e dellumanit. Schle-
iermacher chiama universo questo mondo e la molteplicit delle relazioni e delle
connessioni nelle quali siamo e viviamo. Con questo termine, da lui molto utilizzato,
egli non intende ci che esso designa usualmente, ossia la struttura del mondo e in
particolare del cielo e delle stelle, ma il grande tutto dellessere e dellaccadere, della
natura e della storia: questo tutto dellessere e del divenire, nel quale noi stessi siamo,
per un verso, elementi e parti, per altro verso signori e agenti. Il nostro rapporto a
tale universo, prosegue, molteplice. In primo luogo teoretico. Possiamo penetrare
luniverso pensando, chiarirlo indagando, possiamo comprenderlo secondo causa ed
efetto, secondo leggi e connessioni. Questo rapporto si attua nella scienza ; e, nella
misura in cui cerchiamo le leggi somme e i principi supremi delluniverso, si attua nella
scienza della metafsica.
In secondo luogo ci rapportiamo alluniverso praticamente. Possiamo infuire su
di esso, dar forma al suo corso nel nostro lavoro etico e culturale, individuale e sociale;
possiamo modifcare il suo aspetto, dare ad esso delle mete e realizzarle. Cos esso
oggetto del nostro agire, della nostra volont ; e poich le normali regole del nostro
agire e volore non sono altro che la morale (in senso ampio), allora il nostro secondo
rapporto alluniverso viene indicato e rappresentato dalla morale.
Fino a quel momento lepoca di Schleiermacher ha conosciuto, posseduto e prati-
saggi 332
cato entrambi ; ma ha trascurato il fatto che il rapporto delluomo alluniverso non si
esaurisce in questi, che in essi non ancora detto il momento migliore e pi profondo.
Vi ancora un terzo rapporto al mondo: non un sapere del mondo, n un agire sul
mondo, ma un avere esperienza vissuta, in un animo che si oferto allintuizione e al
sentimento, di questo grande e profondo mondo e del suo essere ed accadere, della sua
meravigliosa essenza e del suo contenuto eterno. Questo terzo rapporto non scien-
za o metafsica, n morale o volere e agire : esso dice Schleiermacher religione,
limmediato coglimento delluniverso, del suo tutto e di ogni sua singola parte, del suo
fondamento e della sua essenza, del suo valore e contenuto eterni, del suo sfondo e
sottofondo in un silenzioso e profondissimo vissuto dellanimo.
Per spiegare lidea di Schleiermacher ci sia consentita una similitudine. Un uomo en-
tra in unalta e antica chiesa gotica. Se di natura rifessiva, pu assumere un compor-
tamento teoretico verso di essa. Pu calcolare grandezza e ampiezza, pu rifettere
sui principi di costruzione, sui rapporti interni alledifcio, sulle peculiarit di stile, pu
calcolare il volume, contando, rifettendo, facendo stime di misure, in breve : rappor-
tandosi ad essa teoreticamente. Se ha anche uno sguardo pratico, pu scoprire in essa
delle falle, pu trovare il modo per restaurarla, per renderla utile per scopi pratici, per
modifcarla e darle una nuova forma, e pu eventualmente metter mano egli stesso a
tutto ci. Pu rapportarsi ad essa praticamente. Ma pu fare ancora una terza cosa :
pu lasciar da parte il suo comportamento teoretico e pratico e mettersi tranquillamen-
te in un angolo, aprire il suo intimo e vivere la chiesa immergendosi nellintuizione:
pu viverla, cio, proprio in e su questa costruzione, forse pericolante, forse incom-
piuta, forse coglibile solo in parte, la cui essenza ideale, che forse nella realizzazione
esteriore pi nascosta che espressa, si lascia per in essa intuire dallanimo, cos come
la sua totalit e unit, la sua bellezza e sublimit, la sua simbologia e tutti i suoi efetti e
le sue impressioni indicibili, che sfuggono allindividuo meramente teoretico e a quello
pratico e si rivelano solo allanimo ; che tuttavia sono sommamente reali e nei quali
soltanto si aprono lautentica intenzione interiore e lessenza di questa costruzione.
Se il nostro visitatore non ha questo terzo rapporto alla chiesa, pu esser grande in
quanto individuo teoretico e pu esser un maestro in quanto individuo pratico, ma nel
fondo della sua essenza un perfetto idiota . Cos capita a voi grida Schleiermacher
al razionalista e a chi disprezza la religione in quella grande cattedrale che si chiama
universo. Voi potete soltanto calcolare, andare in cerca di cause ed efetti, classifcare
e far sistemi, o rifettere su ci che, in quanto individui pratici, volete fare del mondo
e dellesistenza. Imparate ancora una terza cosa e diverrete quel che tanto vorreste
essere: uomini maturi, completi, autentici. Imparate il raccoglimento devoto e con ci il
vissuto interiore e la commozione, il cogliere per presentimento, lintuizione e il senti-
mento di ci che misteriosamente si agita in questo universo, nella natura, nella storia
e nella vita, che si annuncia in modo divino.
Per Schleiermacher la religione, essendo da lui cos descritta, contiene soprattutto
due momenti. a) Egli dice: nella conoscenza e nellagire luniverso sempre soltanto
un vostro ogetto, sempre qualcosa che volete penetrare o sottomettere con la cono-
scenza o con la volont. Unimpresa vana e nulla, nemmeno superbia, ma vana hybris,
se non in pari tempo accompagnata dalla profonda umilt interiore nei confronti di
questo stesso universo, di questa totalit dellessere e dellaccadere, che, come genera
tutte le cose dal suo grembo, cos ha generato e ha posto anche voi, e costantemente vi
la rinascita del sensus numinis in schleiermacher 333
porta e vi spinge con vincoli eterni e secondo le sue leggi eterne e sacre. Questo senti-
mento del silenzioso dissolversi
10
nelluniverso, questo umile intuire e rendersi conto
della propria dipendenza dal grande e misterioso tutto per lui la prima cosa e, per dir
cos, il livello elementare nella devozione.
b) Lintelletto non pu far altro che aggiungere causa a causa, calcolare, classifcare.
Non pu cogliere linterno delle cose. Gli capita come alluomo nella cattedrale. Finch
calcolava e teoretizzava, lo circondava un edifcio di pietre. Solo una volta divenuto
devoto, gli si schiuse lintenzione interna della cosa, gli si schiuse la chiesa. Cos noi
nel mondo. Nessun intelletto ne coglie linterno. Solo allanimo che si oferto allintu-
izione e che devotamente si apre, si spalanca il suo interno. Per lui il mondo smette im-
provvisamente di esser questo mondo profano e quotidiano. Per lui si rendono coglibili
e avvertibili nellintuizione idee eterne, la ragione somma, il piano misterioso e la legge
divina ed eterna nel mondo e nellaccadere. Il mondo gli diviene quasi trasparente: il
contenuto eterno risplende attraverso quello temporale, linfnito nel fnito, e in questo
essere spazio-temporale ci tocca quel che n lo spazio, n il tempo contengono. E tutto
questo non cos, da lasciarsi mettere in una formula prosaica e razionale o da lasciarsi
penetrare quale natura e legge dellinfnito che si rivela nel fnito : ma cos da annun-
ciarsi allanimo nel vissuto pi autentico quale la pi vivente delle realt, da colmarlo
di una duratura devozione e dedizione, e da destare e muovere ogni vita dellanimo e
tutti i suoi sentimenti profondi.
Intuizione e sentimento delluniverso , dice Schleiermacher. Vissuto del suo fon-
damento e del suo contenuto eterno ed infnito : si potrebbe chiamarlo pi chiaramen-
te in una parola senso deternit. Vedere tutte le cose sub specie aeterni in una luce
eterna; avere un senso per il mistero per met nascosto e per met rivelato del mondo,
dellesistenza e della nostra propria vita ; sentire il mondo e tutte le cose e la propria
essenza come espressione di una posizione somma e di unidea eterna, ma, con ci,
vedere mondo, vita ed essere umano in una luce mai vista prima, comprenderli in una
profondit che nessun profano raggiunge: questo era innanzitutto il senso e linvito di
questi discorsi sulla religione.
5. Schleiermacher riassume questa sua concezione di religione nella formula def-
nitoria : intuizione e sentimento delluniverso . davvero questo religione? l es-
senza della religione ? la formula mediante cui la religione in generale pu esser
defnita ?
a) No, in realt no. Non lo , gi per il fatto che non si in grado di dare una defni-
zione di religione in generale, come hanno dimostrato a sufcienza mille tentativi
naufragati. Questo proprio il senso delle signifcative argomentazioni che Schleierma-
cher stesso ofre nel suo quinto discorso. Egli ingaggia qui una battaglia contro la pre-
sunta religione naturale , che il razionalismo credeva di aver scovato. Si pretendeva
di aver fssato e determinato univocamente l essenza della religione in alcuni, pochi,
concetti, astratti da quelle forme di religione che si conoscevano, in qualche misura,
allepoca; e di averla riconosciuta dietro le sue forme soltanto storiche quali mere
maschere, travestimenti e travisamenti. Qui Schleiermacher conduce la sua battaglia
per ci che chiama il principium individuationis della religione. La religione, dice qui,
non afatto reale in una tale unit astratta. Essa si individua nelle grandi strutture e
10
ber die Religion, cit., p. 34.
saggi 334
nelle confgurazioni date storicamente, che come tali non sono riducibili luna allaltra,
n ad una religione in generale. Egli avrebbe dovuto conseguentemente proseguire :
strutture e confgurazioni dalle quali non si lascia astrarre o indurre concettualmente
unessenza universale di religione in generale . Infatti esse sono, certo, connesse da
certi tratti comuni, tratti di una determinazione numinosa del loro oggetto di riferi-
mento trascendente; ma gli stessi tratti universali non danno ancora un concetto des-
senza appropriato alla defnizione. Ci che nel loro apparire afne, e il principio di
questa afnit, coglibile in un sentimento; ed un sentimento che ci porta a separare
questambito, la religione , da arte, scienza, economia, cultura etica, quando noi stessi
annoveriamo con sicurezza in un ambito atteggiamenti tanto diversi dello spirito come
il Mahyna e lIslam; o quando nella descrizione ordiniamo connessioni di sviluppo o
di grado, da quello grezzo fno a quello maturo, e attribuiamo questo lavoro alla storia
della religione o alla comparazione tra religioni quale ambito di ricerca unitario. Ma
lapprensione per defnizione o in una formula breve fallisce. W. Herrmann lo esprime
col suo modo, incomparabilmente efcace:
Schleiermacher presenta la religione, quale egli la conosce [...], nel modo in cui egli partecipa di
essa; la sua idea di religione lespressione della sua propria religione.
11
b) Ma, appunto, della sua religione. realmente religione quella che qui emerge
nuovamente di contro allirrigidimento razionalistico, in primo luogo nel secondo di-
scorso, cos che possiamo dire con una nostra formulazione: di nuovo il sensus numi-
nis che innanzitutto ritrova se stesso dopo un lungo inaridimento.
Schleiermacher si esprime anche in forma romantica; e cosa a cui si dovrebbe pre-
stare pi attenzione innanzitutto in chiara dipendenza da quella mistica visione di
unit che era caratteristica dellatteggiamento di Herder (ho mostrato questo pi det-
tagliatamente in WM, p. 234). Di qui deriva, in particolare, lattribuzione di valore,
da parte di Schleiermacher, all unit e alla totalit, di fronte alle quali il singolo
silenziosamente si dissolve . Nel medesimo luogo ho spiegato che questa era una
concezione mistica (divenuta, certo, atipica, ma ancora chiaramente riconoscibile); una
concezione della via esteriore che Schleiermacher ha assunto in prima battuta, ma
che come tale non corrisponde del tutto al suo vissuto pi proprio, quale diviene rico-
noscibile gi nel suo periodo pre-romantico e che sempre pi si perde nella sua teolo-
gia. Gi qui, ci che Schleiermacher accentua sono non soltanto le gioie dei sentimenti
di espansione ; ci che caratteristico appunto la protesta, che egli solleva, in nome
della religione, contro la hybris insolente:
Luomo ha rapito il sentimento della sua infnit e della sua simiglianza con Dio se non diviene
cosciente anche della sua limitatezza, del silenzioso dissolversi della sua intera esistenza nello
smisurato.
12
Gi questo non altro che il risuonare, in forma romantica, del sensus numinis in quanto
umilt, che lo spinge sempre pi a dimenticare luniverso e a determinare lessenza
della religione mediante il sentimento di dipendenza assoluta. Qui il totalmente al-
tro nella sua maest vive di nuovo nellaspra protesta contro il sentimento di divinit
dei giovani fchtiani. Per questo, quando egli passa dalle intuizioni ai sentimenti,
11
W. Herrmann, Dogmatik, Gotha 1925, p. 13.
12
ber die Religion, cit., pp. 33-34.
la rinascita del sensus numinis in schleiermacher 335
nomina per primi: timore reverenziale e umilt. Questi discorsi ofrono come primo
momento fondamentale non defnizioni esaurienti o utilizzabili scientifcamente delles-
senza de la religione, ma un nuovo, potente ribollire dellautentico sensus numinis di
contro allinaridimento razionalistico e alla hybris fchtiana. Lo Herrnhuter di ordine
superiore
13
dice a suo modo ci che il primo Herrnhuter, Zinzendorf, aveva gi detto:
Un uomo timorato di Dio (quello che) si inchina, da creatura, alla maest di Dio.
Schleiermacher dice per anche: universo. Egli non intende soltanto questa compa-
gine palpabile, estesa in spazio e tempo, ma anche se lo designiamo con le espressioni
primitive del nostro primo volume
14
per il vissuto numinoso antico qualcosa che sta
dietro , che in modo potente e vivente agisce in e dietro e al di sopra di esso. Egli
intende il savitar
15
che in questo tutto ha il suo rpam.
16
Come dice, di nuovo, Herrmann
in modo rafnato :
Lessenza che (secondo Schleiermacher) fa del mondo una unit non pu esser esibita nel mon-
do stesso. Se tuttavia siamo in grado di vedere in tutto lespressione dellunica essenza in esso na-
scosta, allora abbiamo nellunit del reale, fondata in questo modo, qualcosa di oltremondano.
17
Con il suo sentimento delluniverso Schleiermacher intende in efetti il sentimento
delloltremondano .
E dobbiamo procedere ancora oltre. Se restiamo ai nostri termini mitici, allora
il rpam, di cui abbiamo parlato nel primo volume a p. 81, qui quello nel secondo
senso .
18
il mostrarsi, il rivelarsi. E qui risiede ora il gesto pi signifcativo di Schleier-
macher. Ad unepoca che ne aveva perduto il concetto, egli apre di nuovo, a modo suo,
una via per comprendere la rivelazione, quella vera, ossia qualcosa che nessun intelletto
escogita, che nessuna dimostrazione costruisce, ma che si d e che si manifesta per chi
ne ha un vissuto. proprio con ci che questo libretto ha agito in modo cos forte su
unepoca razionalizzata. Con ci, per esempio, divenne per Claus Harms impulso di
un movimento eterno . Herrmann dice, spiegando Schleiermacher:
Devoto dunque quelluomo che in tutti gli eventi che lo toccano interiormente sente ununica
potenza vivente che parla alla sua anima,
19
e, riallacciandosi a Schleiermacher, ofre come sua propria defnizione di religione:
b
13
Brief an Georg Reimer, 30.4.1802, Aus Schleiermachers Leben. In Briefen, Nachdruck Berlin/NewYork 1974,
p. 295.
14
Otto si riferisce a G, che considera come il primo volume di appendici a DH, il secondo essendo
appunto SU, dal quale il presente saggio tratto.
15
Si tratta di una divinit che compare nel Rgveda e che Otto analizza nel saggio Steigende und sinkende
Numina, G, pp. 58-115, in particolare pp. 97 e ss.
16
Cfr. G, p. 80: Nel Rgveda il termine rpa divenuto ormai da tempo un termine tecnico. Signifca
per un verso la fgura di un essere a diferenza delle sue semplici attivit o espressioni. Per esempio si
vede la velocit, il movimento del vento, ma non si vede il suo rpa, cio il vento stesso. Oppure rpa
una confgurazione, che un essere pu assumere, in modo tale che la sua autentica fgura si nasconde dietro
queste confgurazioni .
17
W. Herrmann, Dogmatik, cit., p. 14.
18
Cfr. supra la nota 15.
19
W. Herrmann, Dogmatik, cit., p. 14.
b
di cui vale la stessa cosa che Herrmann aveva detto della religione di Schleiermacher, che anche questa
non determinazione de la religione, ma della religione di Herrmann.
saggi 336
Il concetto generale di religione, che appare evidente ad ogni devoto, suona cos: per ogni devo-
to la religione la capacit di vedere negli eventi le azioni di un dio.
20
Per questo Schleiermacher interviene di nuovo in favore del miracolo; non per ri-
cadere nel vecchio soprannaturalismo, ma per mostrare alla teologia moderna una
nuova via verso questo concetto irrinunciabile per la religione, dicendo:
La relazione immediata di un fenomeno allinfnito: questo esclude che (per questo fenome-
no) vi sia una (relazione) altrettanto immediata al fnito e alla natura? (Per nulla, infatti) ogni
circostanza, anche la pi naturale, un miracolo, in quanto si presta al fatto che la sua visione
dominante sia quella religiosa (ossia, per lui, che essa possa esser compresa come un segno ,
cio come lannuncio di un senso oltremondano).
21
Herrmann lo interpreta, di nuovo, correttamente:
Schleiermacher dice che la religione aferma una realt tale da esser salutata come un miracolo
da chiunque la veda; una realt di cui costui pu avere esperienza vissuta, ma che non pu dimo-
strare a nessun altro.
22
Infne la cosa pi importante di tutte : con questo squarcio nuovo su antichissime
idee della religione, nel quinto dei suoi discorsi gli si apre la porta per una nuova
valutazione delle concezioni fondamentali, andate perdute, non della religione in
generale , non della devozione e del raccoglimento quali mere tonalit emotive mar-
ginali di un pi profondo sentimento del mondo e della vita : gli si apre la porta della
confgurazione concreta della religione nel cristianesimo. Il cristianesimo, per Schle-
iermacher, non quel teismo purifcato per cui lo aveva preso il razionalismo, ma
lesperienza del peccato e della perdizione, il bisogno di redenzione e la potenza
redentrice dallalto.
6. Dovremo qui contestare metodologicamente la via di Schleiermacher, tanto dal
punto di vista della scienza della religione, quanto dal punto di vista teologico. Nessu-
no trova prima un essenza universale della religione, che poi ripartisce e suddivide
secondo un principium individuationis a priori. In verit ciascuno parte da ci che egli
conosce e riconosce come religione, per poi trovare, in una visione allargata, qualcosa
di analogo, per compararlo e distinguerlo, per trovare tratti di collegamento, e per
arrivare, per quanto possibile, a tipi che magari per uno tendono ad un essenza fon-
damentale della religione ultima e unitaria, per un altro divergono in tipi concorrenti,
per un terzo possono forse persino apparire, nonostante la concordanza in certi tratti
signifcativi, come atteggiamenti dellanimo fondamentalmente diversi nel loro nu-
cleo.
In verit Schleiermacher stesso ha percorso questa via, o meglio vi stato condotto.
Quando la sua anima si rimise da una paralisi e da una grave malattia interiore nella
calma quiete di Schlobitten, egli non trov l essenza della religione , ma gli divennero
di nuovo vivi gli antichi motivi della specifca eredit della devozione cristiana. Lo Her-
rnhuter, liberato dal dogma, viveva nuovamente in lui e guadagnava una fgura sempre
pi solida. In un percorso segreto egli impar di nuovo cosa fosse il numen vivente
rispetto al concetto di Dio, teisticamente corretto, ma morto, cosa fosse lesperienza
20
W. Herrmann, Dogmatik, cit., p. 5.
21
ber die Religion, cit., p. 74.
22
W. Herrmann, Dogmatik, cit., p. 13.
la rinascita del sensus numinis in schleiermacher 337
di contro agli artifci delle dimostrazioni razionalistiche, cosa fosse la resa, lumilt, il
pentimento, il sentimento di dipendenza e la devozione a fronte dei fchtiani slanci
verso lalto; cosa fosse il bisogno di redenzione a fronte dellautoperfezionamento mo-
ralistico. E solo a partire da qui si ciment nella comparazione di altre religioni. Ma di
un tale percorso faceva parte, appunto, anche il fatto che in questo ritrovamento fosse
aiutato dalla lotta dello spirito del giovane romanticismo contro i lacciuoli razionali-
stici in generale, dalla sua comprensione per lindividuale e lindeducibile, per la datit
storica, per i fondamenti e per le basi storiche della nostra esistenza spirituale, e per la
profondit, lenigma e il miracolo dellesistenza in generale.

IL SENSUS NUMINIS COME ORIGINE
STORICA DELLA RELIGIONE.
UN CONFRONTO CON MYTHUS UND RELIGION
DI WUNDT
1
(su das heilige, cap. xvii)
I
n Das Heilige si rimanda spesso a Wundt e al suo tentativo di derivare la religione
dallanimismo. il tentativo pi signifcativo che sia stato fatto in questo senso. La
seguente esposizione deve, per un verso, ripercorrerlo e, per altro verso, mostrare che
fallisce, e non pu non fallire, perch misconosce lelemento fondamentale della reli-
gione, il sentimento numinoso, e con ci anche il signifcato autonomo della categoria
del sacro. Non ci interessa tanto la determinazione wundtiana dellessenza della reli-
gione matura troppo inadeguata , ma quella delle sue presunte origini nel mito e
dellorigine di questo nella cosidetta appercezione animante.
La Vlkerpsychologie [Psicologia dei popoli] di Wundt, il cui imponente secondo volume
su Mythus und Religion [Mito e religione],
2
quello di cui qui ci occupiamo, lopera di
uno spirito la cui visione ampia in modo quasi inconcepibile, panoramica, penetrante,
capace di dominare e collegare quanto vi di pi disparato. Allo stesso modo, sempre
nuova ammirazione suscitano anche la ricchezza del tutto, lo studio dellelemento sin-
golo, limmensit del materiale elaborato, la sicura confgurazione del medesimo sotto
punti di vista capaci di guidare e chiarifcare, lanalisi psicologica e lelaborazione dei
fondamenti portanti e delle leggi dominanti, la risoluzione di grovigli storici, il disegno
delle grandi e piccole linee di sviluppo. La Vlkerpsychologie la sua monumentale ope-
ra completa che intende ofrire una Untersuchung der Entwicklungsgesetze von Sprache,
Mythus und Sitte [Indagine delle legi di sviluppo di linguagio, mito e costume]. Nel seguito
tenteremo di riportarne metodo e risultati relativi allorigine psicologico-popolare
della religione, nonch di prendere posizione in merito.
Poich, secondo la defnizione di Wundt, lindagine sulle religioni evolute e confgu-
rate in modo specifco non cade nellambito della psicologia dei popoli, il contenuto
principale di questi volumi costituito da ci che si usa defnire stadio preliminare
(pre-religione) o fenomenologia delle forme iniziali della religione ; non per come una
mera raccolta del dato storico, ma come analisi psicologica della specifcit, della nasci-
ta, del trasformarsi e del crescere della religione.
A. Il mito come problema della psicologia dei popoli
Il divenire di mito e religione viene clto nella pi stretta connessione e in ampia ana-
logia con quello di linguaggio, arte e costume; in pari tempo si aferma che sia quelli
1
Edizione originale: Der Sensus Numinis als geschichtlicher Ursprung der Religion. Eine Auseinandersetzung
mit Wilhelm Wundts Mythus und Religion, in G, pp. 11-57. Il saggio una rielaborazione di Mythus und
Religion in Wundts Vlkerpsychologie, Theologische Rundschau, 13, 1910, pp. 251-275 e 293-305.
2
Leipzig 1905 (i parte), 1906 (ii parte), 1909 (iii parte).
saggi 340
sia questi sono una produzione non del singolo, ma generale e comunitaria. Per questo
unindagine in merito non oggetto della psicologia individuale, ma della psicologia
dei popoli . E questultima cos?
Rispetto allunilaterale individualismo dellilluminismo, il romanticismo aveva rico-
nosciuto la specifcit della creazione comunitaria e del suo valore per tutti gli ambiti
della vita spirituale umana. Gi De Wette, nel suo romanzo didascalico Theodor, espo-
ne questa conoscenza come una rivelazione e nella Dogmatik, ma ancor pi in ber die
Religion, ihr Wesen, ihre Erscheinungsformen und ihren Einfu auf das Leben [Sulla religione,
la sua essenza, le sue forme fenomeniche e il suo infusso sulla vita], ne fa una signifcativa
applicazione allambito della scienza della religione.
a
Schleiermacher assume il creare
universale nella sua etica ;
3
per Hegel diviene il punto di vista determinante della sua
flosofa etica, della flosofa della religione e della flosofa della storia (dottrina dello
spirito oggettivo). In realt Wundt non si ricollega a questi predecessori ancora co-
struttivi, ma a Bastian,
4
Steinthal,
5
Lazarus,
6
alletnologia moderna e alla sua ricerca,
in continua crescita, sugli inizi della vita dello spirito umano, della vita sociale, politica
religiosa e culturale, poich egli intende anche determinare pi precisamente lessenza
della psicologia dei popoli, fssarne pi esattamente la natura di scienza psicologica e
delimitarla rispetto a rami confnanti della ricerca. La psicologia dei popoli per lui una
parte della psicologia , che distinta da storia, etnologia, storia della letteratura e della
poesia, e che si trova in un parallelo esatto con la psicologia individuale. Questultima si
limita alla ricerca dei fatti dellesperienza immediata, quali sono oferti dalla coscienza
soggettiva, ma rinuncia ad unanalisi dei fenomeni che derivano dallazione reciproca
spirituale di una pluralit di singoli. La psicologia dei popoli, invece, ricerca quei pro-
cessi che si trovano a fondamento dello sviluppo universale delle comunit umane e
della nascita di produzioni spirituali comunitarie di valori universalmente validi ( =
universalmente riconosciuti?). Cos essa deve abbracciare lo sviluppo di linguaggio,
arte, mito, religione e costume : il resto dovrebbe esserne escluso. La psicologia dei
popoli include quei livelli del produrre spirituale in cui la comunit a creare, senza
che lemergere dei singoli rivesta in ci alcun ruolo. Laddove, invece, questultimo
intervenga, allora termina il dominio della psicologia dei popoli e comincia quello del-
la storia. Per questo la storia della letteratura, larte e la scienza non appartengono al
suo ambito. Propriamente psicologia dei popoli sarebbe un nome inadeguato, perch il
popolo soltanto una tra le molte forme di comunit. Tuttavia, secondo Wundt, la
forma pi importante e quindi pu determinare il nome.
3
Cfr. F. D. Schleiermacher, Grundri der philosophischen Ethik, Berlin 1841.
4
Adolf Bastian (1826-1905), considerato tra i padri fondatori delletnologia, pubblic nei tre volumi di Der
Mensch in der Geschichte, Leipzig 1860, i risultati delle osservazioni etnografche raccolte nel corso di viaggi
svolti in qualit di medico di bordo di una nave.
5
Heymann Steinthal (1823-1899), allievo di W. von Humboldt, si occup di flologia e linguistica in chiave
psicologico-evolutiva. Fond, insieme a Moritz Lazarus, la Zeitschrift fr Vlkerpsychologie und Sprachwissen-
schaft. Tra le opere principali : Der Ursprung der Sprache im Zusammenhang mit den letzen Fragen alles Wissens
(Berlin 1851) ; Grammatik, Logik, Psychologie (Berlin 1855); Abriss der Sprachwissenschaft (Berlin 1881).
6
Moritz Lazarus (1824-1903), fautore di un approccio psicologico ed empirico allo studio delle popo-
lazioni, co-fondatore, con Steinthal, della Zeitschrift fr Vlkerpsychologie und Sprachwissenschaft. Lopera
principale Das Leben der Seele, Berlin 1856.
a
Su De Wette cfr. KFR, p. 129 (qui p. 153).
il sensus numinis come origine storica della religione 341
1. La denominazione di produzione comunitaria deve signifcare due cose : primo,
che ad essa ha contribuito un numero indeterminato di membri di una comunit, in
modo tale da escludere il risalire ad individui determinati ; secondo, che le produzioni
comunitarie, nonostante ogni molteplicit e distinzione, lasciano riconoscere nei sin-
goli casi certe leggi di sviluppo universali. Ed poi nellindividuazione di queste leggi
che la psicologia dei popoli vede il suo compito ultimo e pi importante.
Che questi confni siano fuidi lo stesso Wundt ad afermarlo. Forse lo sono ancor
pi di quanto egli stesso conceda. Anche nella produzione della appercezione mitolo-
gica comunitaria non agiscono tutti, non tutti contemporaneamente in comunit, e
non tutti allo stesso grado. Tale produzione dovrebbe essere, gi nella sua espressione
pi semplice, fantasia; la quale, per, suscettibile di una diversit di gradi: e gi qui,
al livello pi basso, ci saranno stati individui dotati o predisposti alla cosa, che come
singoli eccellevano sulla generalit e gliela trasmettevano. Ma questo vale in grado
crescente per le prestazioni pi complicate della fantasia. Anche la singola, rozza favola
presuppone uninvenzione e non si fa da s. Ci vuole dunque un inventore. E anche
il conservarla, il saperla ri-raccontare, linteresse crescente alla cosa, la ricettivit e lec-
citabilit della fantasia a collegare gli elementi simili o a produrne di nuovi, il graduale
afnamento e le forme superiori: tutto questo gi una questione di talento, come lo
, ai livelli superiori, la stessa poesia. Non tutti sono narratori di favole, narratori in
generale o direttori del coro: lo sono solo i singoli, e sono, in tutte le epoche, merce
rara e ricercata.
3. Ci sembra poi dubbio che sia realmente possibile anche una psicologia di ci
che generale accanto a quella consueta, se il termine psicologia deve mantenere
nei due casi il medesimo senso, poich neanche lo spirito del popolo, per lo meno
per la scienza, unentit reale, che c a prescindere dalle prestazioni delle anime
individuali.
a) Nei prodotti di fantasia che Wundt ha in mente accade semplicemente che le rap-
presentazioni e i sentimenti, che nascono nelle anime individuali, che vengono condi-
visi con i contemporanei e tramandati, e che attivano collegamenti, divengono stimoli
che suscitano nuove rappresentazioni e nuovi sentimenti, provocano intensifcazioni,
ecc. In tutto ci, per, si tratta sempre e solo di capacit e fatti che risiedono allinterno
della psiche individuale e che non potrebbero esprimersi se non ci fosse lo stimolo della
comunit, della comunicazione e della trasmissione: ma questo lo condividono, per
esempio, con tutti i sentimenti e gli impulsi altruistici, che pure possono esprimersi
soltanto sotto il presupposto della comunit e che per nessuno collocher per questo
motivo in una psicologia specifca.
b) Inoltre, in una psicologia pu comparire come oggetto sempre e soltanto lo psichi-
co stesso, i modi e le leggi delle sue prestazioni, ma non contemporaneamente anche
ci che esso produce singolarmente secondo tali leggi e modi. Quindi in una psicologia
dei popoli, se il nome dovesse valere in senso rigoroso, dovrebbe comparire la capacit
dell appercezione mitologica, la capacit di comunicarla, riceverla e rielaborarla : ma
il contenuto delle appercezioni, il prodotto stesso della fantasia e ci che da esse si ottie-
ne poi in miti, saghe, riti, ecc., non dovrebbe trovarvisi, e dovremmo privarci di tutte
quelle ricerche sui tipi di credenza nelle anime, sulle classi delle favole e dei miti, che
saggi 342
rendono cos ricca lopera di Wundt. Fantasticare e credere sono qualcosa di psicologi-
co, ma non lo sono il fantasticato o il creduto stessi.
b
c) Infne, se si fosse dovuto parlare delle prestazioni di una creazione e produzione
comunitarie, allora il compito pi importante sarebbe stato senzaltro quello di inda-
gare mediante cosa tutte le ulteriori creazioni e intensifcazioni divengono possibili: le
forme, i motivi, i canali, i metodi del tramandare i materiali della fantasia mitica. Cosa
spinge alla comunicazione dei prodotti di questa fantasia? Che cosa fa s che le rappre-
sentazioni mitiche persistano, e non soltanto persistano, ma acquisiscano quellimma-
ne potenza che hanno sul pensiero di millenni? E, in particolare, come si attua la loro
custodia e sopravvivenza nella serie delle generazioni successive? Queste cose sono
ancora molto oscure e sorprendentemente poco indagate e considerate; ma soltanto
se le conosciamo sapremo cos, in generale, questa comunit di cui tentiamo di fare
la psicologia.
d) Rispetto a questa comunit, ancor pi che quella tra contemporanei per lo svi-
luppo del mito importante la comunit attraverso la serie temporale. E questultima
come si produce in realt ? Attraverso un contatto lasco e occasionale tra giovani e an-
ziani non scaturisce alcuna connessione tale che in essa siano possibili le forze creatrici
di Wundt che conosceremo in seguito, ossia l eterogonia dei fni , la trasformazione
dei motivi e la sintesi creatrice. Ci pu aver luogo soltanto se si sviluppano forme
solide di tradizione : catene, portatori e metodi di tradizione ; esattamente nello stesso
modo in cui gi il semplice raccontare favole si sviluppa soltanto se si depositano, come
polveri sfuse, una tecnica, una routine, una cerchia di quelli che sanno farlo e presso i
quali i materiali si raccolgono. Anche da questo punto di vista i miti non sono senzaltro
cosa che riguardi il generale, e anche quello che in realt essi dovrebbero signifcare lo
comprenderemo soltanto se conosciamo la cerchia, la catena di tradizione mediante
cui attraversano la storia. Gi qui vi sono sapienti e discenti, vi una formale iniziazio-
ne al materiale di conoscenza mitico e vi sono, legati a ci, una primitiva speculazione,
rapporti tra maestri e allievi, e nomi e serie di nomi di maestri e di autorit.
e) Ma non ancora a tutto questo che si indirizza la nostra obiezione fondamenta-
le, ma al punto di partenza e allopinione di Wundt, per cui sembra che tutto dipen-
da soprattutto dal chiarire le rappresentazioni di anime, di esseri spirituali, su su fno a
quelle di di, invece di prendere le mosse da certi tipi elementari di vissuto, che sono
osservabili ancor oggi. Questo vale gi per quei vissuti che, come tali, non apparten-
gono necessariamente al tipo mistico, per esempio i vissuti di alienazione. Che alcu-
ne persone distinguano un secondo Io dal loro Io abituale non deriva dal fatto che
prima nata, con una lunga evoluzione, la rappresentazione di unanima che si pu
separare dal corpo (e che pi vera dellIo ordinario e quotidiano), ma esattamente il
contrario: dai vissuti di alienazione deriva successivamente una simile interpretazione.
Il terrore che prende negli spazi aperti, nella calura di mezzogiorno in vaste steppe o
nel fremito della notte, non presuppone, di nuovo, una precedente rappresentazione
b
Se si vuole lasciare che la psicologia dei popoli sia ci che indica la prima parte della sua defnizione
(Ricerca di quei processi che sono alla base [...] dello sviluppo universale delle comunit umane ), ci si
sarebbe allora dovuti attendere una forte venatura sociologica, che viene per esclusa; unanalisi cio dei
sentimenti e degli impulsi di comunit che conducono alla creazione della comunit. (Come listinto del
gregge, il cameratismo, limpulso del sangue, quello sessuale, le sue intensifcazioni e i suoi rafnamenti,
limpulso allassistenza, quindi la simpatia e lempatia della creazione di rappresentazioni simpatetiche e
parallele.)
il sensus numinis come origine storica della religione 343
di uno spirito o di un demone, ma pu erompere in modo del tutto spontaneo e suc-
cessivamente rivestirsi di quella rappresentazione; o pu afermarsi e ripetersi anche
senza una qualche concretizzazione del presunto fondamento del terrore medesimo,
e tuttavia appartenere alla storia della religione molto di pi delle rappresentazioni
animistiche, che puramente come tali non hanno alcun bisogno di avere un carattere
mitico. Il vissuto dellunit dei mistici indiani non presuppone concrete formazioni
concettuali e tanto meno la rappresentazione di anime dellanimismo o dellanima-
tismo. Tutte le formazioni di rappresentazioni sono precedute da e risalgono a tipi di
vissuto che probabilmente sono molto pi elementari e primitivi, e forse anche molto
pi antichi, di tutte le rappresentazioni di anime o spiriti, o di mana e orenda. Non la
psicologia dei popoli che ci aiuta a comprenderle, ma, al contrario, solo lo studio psi-
cologico di predisposizioni dellanimo altamente individuali di persone dotate in modo
del tutto individuale, che non hanno proprio nulla a che vedere con l appercezione
mitologica di Wundt, ma che sono caratterizzate nel modo pi deciso possibile da
emozioni numinose.
B. La fantasia come fonte del mito
Nel volume secondo, Wundt passa allarte, al mito e alla religione. Ora, per lui la sor-
gente ultima di ogni creazione artistica, come anche di ogni formazione di miti, di tutti
i sentimenti e le rappresentazioni religiose, la fantasia. Nel mito la fantasia connet-
terebbe i vissuti della realt. (Ma essa non fa altro che connetterli? e la peculiarit della
fantasia mitica non consiste piuttosto nel fatto che essa li trasforma in modo peculiare e
introduce in essi la trama del tutto nuova del miracoloso?) Nella religione essa cree-
rebbe, in ultima analisi, dal contenuto di questi vissuti le loro rappresentazioni (imma-
ginarie o valide?) sul fondamento e sul fne della realt e dellesistenza umana.
1. per questo che segue, innanzitutto, una grande ricerca sullessenza e sulla presta-
zione della fantasia in generale. Con grossa enfasi viene qui sottolineato che nessuna
fantasia del mondo potrebbe produrre qualcosa di assolutamente nuovo, [...] ma sem-
pre soltanto ripetere secondo un ordine modifcato ci che una volta stato vissuto.
7
Nellambito dellarte, come in quello del mito e dellincipiente religione, la fantasia
diverrebbe attiva soprattutto in due modi:
a) mediante empatia (registrazione conforme a sentimento) o appercezione vivifcan-
te, attraverso cui luomo proietta il proprio s nelloggetto, in modo tale che si sente
una medesima cosa con questo ; in modo tale, dunque, che egli non solo rende logget-
to qualcosa di altro animandolo, ma diviene anche in se stesso quelloggetto. Questo
principio dominerebbe la vita psichica in tutte le sue confgurazioni e trasformazioni :
animerebbe le creazioni dellarte, emergerebbe anche nello sviluppo del mito. Trove-
rebbe non minore conferma nelle religioni stesse, che portano ad espressione le loro
idee in simboli ricchi di fantasia, i quali sorgono con laiuto di mito e poesia. In tutti
questi ambiti, il principio dellappercezione vivifcante, anche ammesso che non coin-
cida con la capacit creatrice dello spirito, sarebbe tuttavia cos intimamente cresciuto
insieme a questa che i due non potrebbero essere separati.
8
b) Il secondo principio sarebbe quello della potenza dellillusione, che intensifca il
7
W. Wundt, Mythus und Religion, i, Leipzig 1905, p. 9.
8
Lintero punto a) una parafrasi quasi letterale di ivi, pp. 62-63.
saggi 344
sentimento. In quanto la fantasia, nellintuizione di un oggetto, aggiungerebbe ai fat-
tori oggettivi i suoi fattori soggettivi (vedendo questi in quello), essa intensifchereb-
be (illusoriamente) il valore di sentimento delloggetto, e luno crescerebbe insieme
allaltro. Questo principio si presenterebbe a tutti i livelli: nella potenza dellillusione
normale o di quella patologica, cos come nella fantasia creatrice dellartista o in quella
ricettiva di chi sprofondi nel godimento estetico di oggetti di natura o darte. Si rivele-
rebbe, infne, nel modo pi potente l, dove quei sentimenti illusori racchiudono in s
la somma beatitudine, cos come il pi spaventoso tormento di cui il cuore umano sia
capace : nel mito e nella religione.
2. In questi ragionamenti sorprende soprattutto lultima cosa in b), per cui sarebbe
propriamente compito della psicologia dei popoli osservare la falsa dialettica dello
spirito umano e sciogliere lillusione, secondo cui nellestetica e nello sviluppo religioso
tale dialettica pone nelle cose in fondo soltanto se stessi, per poi godere esteticamen-
te, temere miticamente e infne persino adorare religiosamente questo rifesso di s e
dunque propriamente sempre e soltanto se stessi. Il livello sommo di sviluppo, la stessa
religione, sarebbe in pari tempo il culmine di questa illusione religiosa. Non si pu
assumere che questa sia lopinione di Wundt. Nella sua metafsica, nella sua dottrina
delle idee, in cui egli si avvicina in modo tanto sorprendente e signifcativo al floso-
fema del precedente idealismo tedesco,
c
le idee trascendenti della religione valgono
per lui come indimostrabili, ma senzaltro con pretesa di validit oggettiva. Vi qui
una discrepanza che, ci sembra, dipende strettamente dal suo principio della sintesi
creatrice e delleterogonia dei fni (vedi sotto) e che porta con s, in modo fastidioso,
unoscillazione insicura tra il punto di vista del come se e quello di una seria validit
oggettiva.
3. Ma anche il punto di partenza in a) ci sembra attaccabile e dogmatico. Che la
fonte ultima sia lattivit della fantasia detto in modo puramente dogmatico, senza
che prima sia stata condotta uninduzione in proposito. Questa proposizione, inoltre,
contraddice quanto esposto circa lessenza della fantasia stessa. Poich questultima
non dovrebbe essere creatrice, ma dovrebbe sempre elaborare soltanto qualcosa di
dato, allora non pu afatto, in generale, essere lautentica fonte, ma presuppone delle
fonti da cui assume il suo materiale.
d
Qui sarebbe stato necessario un importantissimo
lavoro di analisi psicologica sui complessi di rappresentazioni mitiche e religiose, per
mostrare su queste le reali fonti, per distinguerle e per mostrare la loro azione combi-
nata ; e questo lavoro, in quanto accesso ad unindagine sullessenza dellarte, del mito
c
Wundt riprende fn nei termini le espressioni della dottrina delle idee kantiana, e in lui tali termini
non sfociano nell illusione dialettica. Da questo punto di vista, Wundt incontra Fries, in particolare nella
validit delle idee senza dimostrazione. Cfr. W. Wundt, Ethik, Vorwort, Absatz 4 : Alcuni lettori saranno
sorpresi... .
d
Quanto spesso ci accada, lo mostra lesempio di Wundt (per altro gi utilizzato da Fries) della fan-
tasia spaziale. Grazie alla nostra fantasia possiamo intuire la proiezione di una piramide su un piano, sia
come una fgura piana, sia anche, se vogliamo, in modo plastico ; e questo, di nuovo, possiamo farlo ancora,
arbitrariamente, in due modi : possiamo cio intuirla facendo emergere un angolo dalla superfcie in di-
rezione nostra, oppure facendolo sporgere allindietro, dentro la superfcie. Qui, con una nostra azione,
introduciamo nellintuizione ogettiva, che mostra soltanto unimmagine bidimensionale, qualcosa, ossia
la dimensione della profondit; e lo facciamo grazie alla nostra fantasia. Ma questo agire arbitrario della
fantasia non afatto la fonte della rappresentazione della dimensione di profondit. La fantasia, anche qui,
non potrebbe nulla se in generale non avessimo gi la facolt di unintuizione tridimensionale dello spazio.
Questa la fonte.
il sensus numinis come origine storica della religione 345
e della religione, ci sembra pi importante della caratterizzazione dellattivit stessa
della fantasia.
Ora, la proposizione : mediante cui luomo proietta il proprio s nelloggetto tenta
evidentemente di correggere, a cose fatte, lerrore. Secondo tale proposizione la fon-
te dovrebbe essere doppia: innanzitutto la realt esterna data, e in secondo luogo il
s che viene empatito allinterno di questa. Ma che cosa metto di me stesso nella
rosa che conosco come bella? e perch lo faccio ? Che cosa mette di se stesso il Batak
nellintuizione di un vulcano fumante, quando ne fugge con timore e orrore, e con-
temporaneamente lo venera come sombaon
9
? Certamente egli lo interpreta non
in concetti chiari, ma in un sentimento confuso in qualche modo in analogia con se
stesso, per esempio come vivente ; ma non facendo soltanto questo che lo teme, ma
introducendo interpretativamente in esso qualcosa che oltrepassa ogni analogia con il
suo s e con ogni altra cosa nota. Non si tratta di empatire il s, ma di sentire in esso
qualcosa che indicibilmente pi del s (un anyad eva).
Inoltre, la reale empatia del s non si limita agli ambiti che attribuiamo alla fantasia.
Se riconosciamo certi corpi che si muovono intorno a noi come animati e come per-
sone, secondo Wundt lo facciamo attraverso lo stesso mezzo dellempatia. Secondo
lui, uno spirito o una coscienza al di fuori di noi non ci sono mai dati direttamente e
in intuizione immediata : ci arrivo ritiene sempre soltanto cogliendo corpi umani e
processi corporei in analogia con me e con la mia interiorit psichica. Dovremmo chia-
mare anche questa attivit fantasia? Allora la fantasia sarebbe qui quasi un organo di
conoscenza! Ma non mera fantasia che intorno a me vi siano persone: la verit.
Perch dovrebbe essere altrimenti per l appercezione mitica? Dovrebbero esser dati
i criteri secondo cui possibile decidere quando, dove e in che misura io posso a buon
diritto empatire. Altrimenti non possibile delimitare lambito di ci che mera-
mente conforme a fantasia, n indicare dove io abbia a che fare con un rappresentare
meramente mitico e dove con una fondata interpretazione e con una conoscenza per
analogia o, magari, anche con una conoscenza secondo fondamenti interni a priori.
e
C. La fantasia creatrice di miti
La fantasia creatrice di miti dovrebbe essere per la creazione del mito in particolare,
ci che in generale la fantasia per larte e per il mito insieme. Tale fantasia non sareb-
be diversa da quella estetica (o da ogni altra) per essenza, ma soltanto per grado.
1. La sua essenza sarebbe lappercezione vivifcante e personifcante, mediante la quale
gli oggetti appaiono come esseri animati, personali (animatismo). Essa si attuerebbe
sul fondamento dellappercezione trascendentale, quella propriet fondamentale di
ogni soggetto cosciente, che consisterebbe nellunit dei suoi stati. Questa verrebbe
trasposta nelloggetto e con ci loggetto verrebbe animato. Questo processo non si
9
Sulladorazione degli spiriti detti sombaon da parte dei Batak, popolazione dellisola di Sumatra, cfr.
J. Warneck, Die Religion der Batak. Ein Paradigma fr die animistischen Religionen des indischens Archipels,
Gttingen 1909.
e
Il che avrebbe un riferimento immediato, per esempio, al giudizio estetico. Questo si presenta, in
chiunque lo compia in modo naturale, con la pretesa non gi di introdurre nella cosa un valore mediante
la fantasia, ma di riconoscerne uno che tale cosa possiede in modo altrettanto oggettivo delle sue qualit
intuitivo-sensibili. La rosa bella anche se nessuno la guarda ; e bisognerebbe addurre motivi del perch
dovremmo difdare di questo giudizio e imputarlo allosservazione soggettiva.
saggi 346
realizzerebbe sul fondamento di un bisogno di causalit, come una primitiva teoria di
certi processi esterni, ma in modo immediato. Mediante ulteriori associazioni di tali
semplicissime interpretazioni ed empatie si otterrebbe, in misura sempre crescente,
lintricata struttura del mito. Cos nascerebbe, per esempio, la credenza nelle anime, in-
nanzitutto nella forma dellassunzione dellanima-respiro, in quanto il respiro degli
uomini stesso verrebbe immediatamente appercepito come animato. Il respiro che
abbandona il morente sarebbe visto come nuvoletta bianca e questa verrebbe ani-
mata .
f
Secondo leggi della somiglianza, a questa appercezione dellanima-respiro
g
si
associerebbe immediatamente la rappresentazione, simile, del vento, delle nuvole. In
quanto le nuvole stesse, a loro volta, sarebbero appercepite come animate, si associe-
rebbe a queste anche la rappresentazione di un uccello in volo. Limmagine delluccello
si associerebbe poi a quella di una nave che si allontana in fretta. Cos nascerebbero i
miti della civetta come uccello dei morti, della nave delle anime e, infne, i molteplici
collegamenti con i miti del sole che la credenza nelle anime attiva.
2. Dobbiamo obiettare innanzitutto : animare e personifcare non sono in s nulla di
mitologico. Quando un bambino rimprovera la sedia che ha urtato, quando un pri-
mitivo picchia una pietra che gli caduta sul piede, questo non ancora mitologia.
Ed certissimo che di qui soltanto non derivano mai miti, n in generale prodotti di
fantasia coerenti e duraturi. Piuttosto lambito della rappresentazione specifcamente
mitica ha in pi, rispetto allempatia estetica e ad ogni altra empatia, qualcosa di
totalmente specifco : senza questo non si realizzerebbe nulla di ci che possiamo anno-
verare nellambito particolare del mitico, ossia il destarsi di sentimenti del tutto deter-
minati, che in esso vengono suscitati e che devono essere chiaramente distinti da altri
sentimenti. La confusione tra un oggetto animato e uno inanimato non ha in s nulla
di mitico, se ad essa non si collegano i sentimenti peculiari dellorrore. Dove com-
paiono questi ultimi, spesso pu esserci anche lassunzione di un esser animato. Ma
tale assunzione pu senzaltro anche mancare e non ha nulla a che fare con il mitico.
Io ritengo il mio prossimo o un animale esseri animati: ma questo non mi riporta ad
una sfera mitica. Allo stesso modo, lidea che posso produrre degli efetti mediante
unazione rappresentativa analogica non apparterrebbe alla mitologia, ma semplice-
mente alla rubrica degli errori umani in generale, se non fosse appunto magia, cio
se ad essa non si connettesse lidea di una potenza di tipo del tutto specifco, la cui pro-
priet non pu esser descritta concettualmente, ma che pu esser distinta da altri tipi di
operare e caratterizzata di per s mediante i sentimenti peculiari del soprannaturale,
i quali hanno unevidente afnit con quelli dell orrore. La comprensione della reli-
gione, e anche della pre-religione, deve cominciare con lanalisi dei sentimenti. Questa
esigenza di Schleiermacher si mantiene anche nel tentativo di chiarire gli inizi storici e
il divenire della religione, e si impone sempre di nuovo in modo irresistibile. Rispetto
ai sentimenti, lappercezione personifcante del tutto secondaria.
D. Le formazioni mitiche
La seconda parte del volume secondo
10
ci introduce nel mondo fantastico e variopinto
degli stadi mitici preliminari ad unautentica religione: nel mondo della credenza nelle
10
W. Wundt, Mythus und Religion, ii, Leipzig 1906.
f
Forse i nostri avi morivano preferibilmente in tempo di gelo?
g
A causa della nuvoletta.
il sensus numinis come origine storica della religione 347
anime e della primitiva credenza negli spiriti, con i loro fenomeni concomitanti lin-
cipiente credenza nella magia e il feticismo, la venerazione di animali e il culto degli
antenati, il tab, la purifcazione sacrale e lidea dellespiazione , con lorigine del sa-
crifcio e dellascesi e con il mondo delle rappresentazioni dei demoni, che si innalza al di
sopra di tutto ci. Merita la pi grande gratitudine il tentativo di mettere dei segnavia
in questo intrico cresciuto selvaggiamente, di trovare e congiungere ci che afne tra
migliaia di occultamenti, di sciogliere ci che intricato nei suoi componenti semplici,
di trovare ci che tipico e chiarire con questo ci che non chiaro. E questo accade in
un modo tanto ampio quanto rafnato, che in realt pi la prestazione di una sensibi-
lit fne e geniale e di un talento di scopritore che non il risultato di un particolare me-
todo psicologico-popolare . Il tutto non vuole essere storia o raccolta di materiale, ma
psicologia dei fenomeni esplicativa. Uno dei meriti principali dellopera per, anche
qui, il fatto di esser cos riccamente satura di materiale, da diventare senzaltro anche
storia dellevoluzione : anche per questultima, infatti, non conta laccumulo di quantit
di materiale, ma unesposizione completa e correttamente ordinata di ci che tipico,
insieme al tentativo di una comprensione interna, di una spiegazione dei fenomeni.
1. Il punto di partenza primo e semplice dellintero processo mitico, come si detto,
dovrebbe essere il sorgere delle rappresentazioni dellanima, che avverrebbe in due
modi : innanzitutto come rappresentazione dellanima del corpo.
a) Questultima inerirebbe innanzitutto al corpo come ad un tutto in generale.
Lidea originaria sarebbe qui quella di unanima che, anche dopo la morte, sopravvive
in modo latente nel corpo. Il morto sarebbe colto dallappercezione mitologica come
animato: esso sarebbe, cio, ancora in grado di provare, seppur in misura minore,
dei sentimenti, sarebbe in grado di ascoltare, di vedere, di avere dei bisogni. Di qui
sorgono immediatamente le forme pi disparate di cura dei morti, che innanzitutto si
riferiscono al cadavere e che solo in questo modo risultano spiegate nei loro sforzi per
la conservazione e la sistemazione della salma.
b) Di qui si dipartono le rappresentazioni per cui la vita, la capacit corporea e psi-
chica, inerirebbe a specifche parti del corpo ( anime degli organi , sede dellanima ).
Dalla pratica di appropriarsi dell anima stessa mediante questi portatori e di operare
con essa nascerebbero la primitiva medicina popolare e magica, lapplicazione di san-
gue e saliva, la primitiva caccia alle reliquie, lantropofagia.
c) Questa anima del corpo ci sembra un concetto introdotto in modo arbitrario.
evidente che le rappresentazioni mitiche qui menzionate non sono di natura animi-
stica, ma manistica ; inoltre tanto lanimismo quanto il manismo eludono il problema
principale. Il primitivo non guarda ad unanima del corpo, ma alluomo stesso e alle sue
capacit; in particolare al morto nella sua specifcit, che per lui misteriosa e terrif-
cante: a questo che indirizza i suoi rituali. E il fatto che egli arrivi a questo presuppone
gi, a sua volta, un sentimento peculiare e grezzo del misterioso, che viene trascurato
da animisti e manisti. Egli si appropria del morto o di parti di esso, le mangia o le fa
proprie in qualche modo, non cos come mangia o si appropria dei suoi molluschi, pe-
sci o erbe, ma con tutti i sentimenti concomitanti del magico-orribile, dello spaesante-
soprannaturale. La mistica non nata gradualmente da unazione intesa originaria-
mente solo come medicina o come appropriazione naturale, ma per il fatto che sulla
forza vitale e sulle ossa dei morti si fssava un timore, il quale implica in pari tempo
quel momento del potente che abbiamo illustrato nellopera principale. Per questo
saggi 348
hanno avuto inizio tutte queste manipolazioni. Ma che cos questo timore stesso, que-
sto sentimento dello spaesante-soprannaturale e insieme demonico-potente? Inoltre,
come accade che tale timore si fssi proprio su queste cose strane e si avviluppi in que-
ste rappresentazioni, che ne sia stimolato sempre di nuovo e venga spinto da esse alle
attivit pi sorprendenti e disparate ? Qui vi sono gli autentici problemi la cui chiave
abbiamo indicato nel punto 2 del capitolo xvii di Das Heilige.
2. Del tutto diversa dallanima del corpo sarebbe allora innanzitutto la psiche,
unessenza che sta di contro al corpo ed diversa da questo. Essa nascerebbe come
anima-alito mediante appercezione animante del respiro che nel morto abbandona
il corpo, e come anima-ombra ombra (Schatten) = immagine-copia confusa (schat-
tenhaft) della persona prevalentemente attraverso i fenomeni e le visioni nel sogno.
Dalla connessione tra le due nascerebbe la rappresentazione degli spiriti.
a) Innanzitutto lanima-alito: essa condurrebbe, mediante ogni sorta di associazio-
ni, allidea dellincorporazione dellanima e della trasmigrazione nei discendenti; daltra
parte condurrebbe, a motivo della paura, allesorcismo, al cacciarla via, al renderla inno-
cua, al chiuderla nel cadavere, ma anche alla trasfusione dellanima tra viventi (paral-
lelo : patto di sangue). Il verme che vien fuori strisciando dal corpo in decomposizione
sarebbe clto come trasformazione dellanima del corpo. Per simiglianza con esso, il
serpente e il pesce, e poi il topo, il ratto, il rospo, la lucertola, la donnola diverrebbe-
ro associativamente animali dellanima: lanima-alito, della stessa specie dellaria, si
associerebbe dei volatili. In questo modo il mondo animale rientrerebbe nellambito
mitico e renderebbe possibile il successivo culto degli animali.
Nella sepoltura o nella cremazione si vorrebbe innanzitutto evitare lessenza temuta.
Di qui, per trasformazione di motivi, sorgerebbe lidea di una liberazione e redenzione
della psiche e la cremazione diverrebbe un dovere sacro ( !): il che eleverebbe, al con-
tempo, la rappresentazione della psiche in modo eterogonico. Con la rappresentazione
dellanima sarebbe dato cos il primo inizio per tutte le rappresentazioni degli esseri
incorporei del mito, mediante cui diverrebbero possibili anche le successive rappresen-
tazioni di di.
Per inversione, lanimale diverrebbe poi il portatore dellanima (concepimento degli
eroi da esseri animali divini e portatori danima, per rendere in forma rappresentativa
la loro purezza e divinit). Cos questa rappresentazione si arricchirebbe fno alle fgure
somme e pi profonde della leggenda. In questa elevazione delle rappresentazioni agi-
rebbe per, al di l della mera associazione, il principio delleterogonia epigenetica:
Quel che sotto il punto di vista dello sviluppo psicologico appare come una catena continua di
associazioni mitologiche e di appercezioni, si pone, se cogliamo la serie dei motivi, come una
esemplifcazione progressiva di quel principio di eterogonia dei fni, che anche in questo ambito
porta ad espressione la natura creatrice dello sviluppo spirituale.
h 11
b) Poi lanima-ombra. Limmagine del sogno e poi le apparizioni, gli stati tossici, le
visioni in stato estatico producono la loro rappresentazione come un rifesso aereo e
leggero del corpo. Questultima rimuoverebbe gradualmente le rappresentazioni tan-
to dellanima del corpo, quanto dellanima-alito, e quindi anche la rappresentazione
dellanima tra le immagini degli animali dellanima. Essa diverrebbe ora sempre pi
11
W. Wundt, Mythus und Religion, ii, p. 80.
h
Dunque la fantasia efettivamente creatrice, visto che proprio lei che produce leterogonia.
il sensus numinis come origine storica della religione 349
la contro-immagine esatta del vivente e delle sue manifestazioni, e con ci diverrebbe
una personalit individuale, cosa a cui contribuirebbe soprattutto la visione in sogno di
coloro che sono appena morti. Essa smetterebbe di essere un fantasma indeterminato.
Anche i vivi appaiono in sogno, persino il proprio io appare a se stesso.
i
Cos nascereb-
bero le rappresentazioni fantastiche di doppi spettrali (Doppelgnger), i viaggi e le visioni
astrali delle anime, la reduplicazione della vista
l
e le forme di possessione estatica
m
e di
profezia, in cui il soggetto crede di sentire lingresso di un altro in s, che parla e agisce
da s, e contemporaneamnte crede di vederlo nelle visioni in sogno o in stato di veglia.
Le forme inferiori a queste sarebbero i culti orgiastici:
n
un movimento che riproduce
azioni rappresentate e ritmicamente ripetute, che per lo pi in connessione con mezzi
eccitanti induce lo stato allucinatorio, e i cui tecnici sono guaritori e sciamani.
o

La visione e lestasi, per parte loro, intervengono in modo signifcativo nello sviluppo
dellidea di anima, poich nella visione scompaiono le sensazioni tattili e comuni di cui
nel sogno si ha ancora esperienza.
p
Il visionario si sentirebbe libero da peso e corporei-
t, e cos nellidea di anima si completerebbe la liberazione dal vincolo corporeo: ora
lanima spirituale prende il predominio e non pi lontano il tempo in cui si dichiara
il corpo come carcere molesto che grava lanima e la tiene prigioniera. In pari tempo sor-
gerebbe la distinzione di alcune classi di uomini privilegiati, la quale non dipende da una
posizione superiore nella comunit: quella del vegente, che possiede il dono di trattare
con gli spiriti,
q
e quella del mago, in cui alla facolt di vedere e di prevedere il futuro si
associa quella ancora pi importante di determinarlo. Su un piano superiore, poi, vi il
taumaturgo, che esercita magie con laiuto diretto della divinit. Mediante il rapimento
nella lontananza, che accompagna la visione, questultima diventerebbe anche una fon-
te importante delle rappresentazioni relative alla vita dopo la morte.
3. Anche questa anima-ombra suscita critiche. Essa dovrebbe esser nata dallimmagi-
ne onirica. Ma allora non ha pi nulla a che fare con la appercezione animante. E an-
che nellimmagine onirica sicuramente non appare un anima, ma luomo o lanimale
stesso; i quali non appaiono, n a noi, n al selvaggio, come ombre, come esseri svo-
lazzanti e informi, ma in modo molto concreto. Come ci si rappresenta qui il selvaggio ?
Non distingue, forse, tra sogni e veglia tanto bene quanto noi, e non dice, proprio come
noi, in innumerevoli casi : lho soltanto sognato ? Da bambini si prendono anche i
rifessi e il cielo nello stagno per qualcosa di reale. Ma gi da bambini poi lo si capisce e
non lo si fa pi. Anzi, laddove le immagini oniriche vengono prese sul serio, sempre
gi presupposta una rappresentazione di stati e forme desistenza totalmente altri, e
il mondo onirico diviene mitologico solo se e perch parte di un altro mondo.
i
Ma che cosa ha a che fare questo fatto elementare con lappercezione animante!
l
Ma questa si basa su una disposizione specifca, non su fantasie di anime.
m
Ma questo fenomeno psicopatico connesso con disposizioni alla schizofrenia, che non sono fanta-
sticate, ma fattuali.
n
Come si spiega lelemento orgiastico della cosa?
o
Sono completamente trascurati i fenomeni del medium e delle capacit medianiche, che poggiano
su disposizioni fattuali dellanima e che oggi non sono pi contestabili.
p
Ma come si spiegano i sentimenti, del tutto caratteristici, di allargamento e di infnit dello yogin? Han-
no un contenuto positivo del tutto determinato, che non si spiega per mera anestesia.
q
Il veggente come tale non tratta con gli spiriti, ma vede ci che lontano, segreto, interno, futuro,
passato. La sua capacit di visione poggia su una disposizione della sua natura, che un fatto e non un
prodotto di fantasia, e la sua fgura la persona numinosa, circonfusa da tutti i sentimenti di rispetto numi-
noso, anche laddove le rappresentazioni della sfera numinosa siano ancora molto poco sviluppate.
saggi 350
Anche qui, di nuovo, non certo l idea di anima come tale il punto veramente in-
teressante, che rende questultima signifcativa sotto il proflo storico-religioso, ma il
peculiare sentimento di estraneit, di natura del tutto specifca, che ovunque laccom-
pagna: non soltanto il sentimento dellinusuale e del terrifcante in generale, ma quello
del tutto specifco per cui non abbiamo altro nome che soprannaturale; quel senti-
mento che possiamo e dobbiamo cercare ed osservare nella nostra propria interiorit.
r

Solo dove questo presente divengono possibili storie di spiriti, di spettri e simili, nella
cui sfera si trovano innanzitutto tutte le apparizioni oniriche: solo cos esse divengono
interessanti, possono fssarsi, confgurarsi in tipi e quindi divenire saldo patrimonio del-
la tradizione. Senza, non nascerebbero afatto. E se nascessero, svanirebbero cos come
sono venute. Dal sentimento e dalla sua qualit specifca dipende molto di pi che da
tutte le rappresentazioni fantastiche che esso produce o fssa.
In realt per psiche anche il primitivo, esattamente come noi, non intende innan-
zitutto un anima come qualcosa di diverso dalluomo, ma intende, in modo del tutto
ingenuo, proprio questo stesso uomo, soltanto visto dallinterno. E questo intendere
non unespressione della fantasia, ma del semplice sentimento di s, che coglie
qualcosa di corretto. Ora, luomo si coglie con i suoi sensi esterni in questa forma
corporea e con i suoi sensi interni in un altro modo; cosa questa, che indubbiamente
fa anche gi al livello pi grezzo. Egli sa cos il dolore, il piacere, il sentimento, il
pensiero, il ricordo, lappetito, la volont; a tutto ci d nomi propri e distingue lo
psichico proprio come noi, anche se non lo mette consapevolmente in contrasto con
il corporeo. Questo il presupposto fondamentale per lo stesso Wundt ! Se lappercezione
mitica deve consistere appunto nel fatto che il primitivo proietta nelle cose esterne s
stesso, la sua propria interiorit, ossia la vita, la volont e persino la sua appercezione
trascendentale , allora deve pur saperne qualcosa! E il problema interessante qui non
, di nuovo, come nascano le varie rappresentazioni di ombra, di schema e simili,
che vi si riallacciano, ma indagare come questo sentimento di se stesso, secondo il suo
versante interno, spinga gradualmente allidea che, appunto, questa interiorit siamo
noi, e lo siamo in misura maggiore di quanto lo sia la nostra corporeit ; secondo,
come si sviluppi lopinione per cui se il corpo si disgrega, siamo appunto noi che
in qualche modo perduriamo ; terzo, perch proprio intorno a questa interiorit gi
nella sua connessione con il corpo e in misura maggiore dopo la separazione da questo
si avvolga unaura di magia, di spettralit, di soprannaturalit. Per vedere queste
cose, per, abbiamo bisogno di mezzi diversi da quelli della psicologia dei popoli . E
se non abbiamo il mezzo di comprendere tutto questo mediante un vissuto proprio,
allora la raccolta di fatti etnologici non ci serve a niente, perch questi sono muti se
non possiamo portarli alla parola con la nostra immedesimazione. A chi volesse gettare
questa chiave, rimarrebbe soltanto un tirare ad indovinare seguendo il proprio arbitrio
o uninterpretazione forzata.
4. Ancora una parola sulla nascita delle rappresentazioni mitiche inferiori. Nei con-
fronti tanto degli animisti quanto dei manisti e dei loro richiami alla fantasia, si deve
anche qui parlare in favore di un realismo che non pu esser indebolito dalla spocchia
verso loccultismo. Invece di richiamarsi a rappresentazioni collettive, difcilmente
controllabili, di unepoca che pensava in modo magico, bisogner considerare con
r
Sono qui, e non nelle rappresentazioni animistiche, i presupposti per le esperienze di anima e spirito
quali esseri miracolosi, che dobbiano ancora illustrare in modo particolare nel punto 10 di questo saggio.
il sensus numinis come origine storica della religione 351
ogni seriet fenomeni che proprio ora, nella nostra epoca che pensa in modo del tutto
non magico, cominciano ad esser presi sul serio e sottoposti ad un esame scientifco. Il
fantasticare di anime o di una potenza non ci porta sulla via di certi fatti psichici come
il dono mantico, la seconda vista, la chiaroveggenza o la visione astrale, la trasmis-
sione del pensiero, la capacit di guarigione per suggestione (di nuovo un comodo
motto e una parola dordine per un problema irrisolto), il sogno premonitore o quello
di guarigione, i movimenti del tavolino o della planchette nelle sedute spiritiche, il
presentimento o i sentimenti e le azioni a distanza, la visione, lestasi, lalienazione, lo
sdoppiamento della coscienza e gli efetti del subconscio o dellinconscio. La magia
del rabdomante non il risultato di una fantasia animistica o manistica, ma divenuto
un fatto ammesso. Se le suddette cose non fossero altro che curiosi talenti per produrre
immaginazioni in s e in altri, allora queste non sarebbero, appunto, immaginazio-
ni, ma talenti, sarebbero predisposizioni psichiche del tutto reali, che ofre la natura e
che non vengono attribuite alla credenza nellanima o nel mana. Che esse suscitino e
possano attirarsi un sentimento numinoso, lo si capisce facilmente; per questo, non
perch sono prodotti di una fantasia creatrice di miti, hanno un ruolo nella storia della
religione.
Ma come tale la rappresentazione di una vita dopo la morte, quale Wundt la svilup-
pa, sarebbe del tutto indiferente dal punto di vista tanto mitologico, quanto religioso.
Qui la contrapposizione propriamente religiosa, come anche gi quella mitica, non
innanzitutto tra al di qua e al di l della morte, ma tra al di qua e al di l di una linea di
demarcazione di un modo di essere totalmente altro, tra essere usuale e essere mera-
viglioso, tra oscurit e luce, tra bsr e ruach, tra amrita e satya, tra phthora e aphtarsia,
tra il cattivo essere dellasat e il vero essere del sat, tra la condizione di morte del
modo dessere usuale e un modo di essere superiore che la vita: sono tutte identi-
che contrapposizioni di qualit, che sono poste in profondit nel sentimento numino-
so e danno vita ai concetti speculativi di essere mutevole e immutabile, di sambhti e
asambhava, di genesis e ontos on, di apeiron e peras, fnitum e infnitum, natura ed essere
soprannaturale, relativo e assoluto. Prendiamo ora lantica parola indiana :
asato m sad gamaya
tamaso m jyotir gamaya
mrityor m amritam gamaya
Dal non vero portami al vero,
Dalloscurit portami alla luce,
Dallo stato di morte portami allamrita.
Questa parola originaria di unantica preghiera mistica non brama lora della morte
per poi condurre una vita dopo la morte , ma intende un cambiamento qualitativo
nellessere stesso. Non pensa innanzitutto e necessariamente allattraversamento del
punto fnale della vita empirica, ma ad un cambiamento tra due modi di essere. Si po-
trebbe proseguire questa antica parola indiana con i termini: da bsr portami a ruach.
Questo passaggio ad un modo di essere superiore simbolizzato, gi al livello magico-
numinoso, dalle immagini di una rinascita o di una seconda nascita in unesistenza
superiore interviene senza dubbio gi al di qua della morte. Che poi la morte stessa
divenga signifcativa per la defnitiva deposizione di impedimenti, che essa stessa divenga
il defnitivo passaggio alla vita , unintuizione del tutto specifca e nuova che si trova
saggi 352
proprio in contrapposizione a qualsivoglia desiderio naturale di un prolungamento
della vita . In efetti compare qui una completa trasformazione di motivo, ma con
questo termine fn troppo comodo si nasconde, non si risolve il problema stesso. assai
dubbio, come noto, che i profeti di Israele possedessero gi lidea dellimmortalit
dellanima , e probabilmente bisogna negarlo. Che per la vita nella ruach fosse
gi il loro ideale lo dovr mostrare un saggio nel volume II.
12
Wundt prosegue.
5. Lanima sarebbe sempre innanzitutto quella di un individuo determinato. Se que-
sta relazione individuale si perde, allora ne deriver lo spirito e il regno di spiriti in-
tederminati e non distinguibili tra loro. Se lo spirito viene colto in relazione alluomo
e alla sua condizione (e perch poi?) una relazione che pu essere di amicizia o di
inimicizia (questultima sarebbe probabilmente la pi antica e allinizio la sola) , allora
si ottiene il demone, al quale danno forma sogni di volti grotteschi e incubi.
Alla credenza nelle anime e a quella negli spiriti si connetterebbe lincipiente culto,
con i rispettivi livelli di sviluppo nei due casi; i quali per non sarebbero gi livelli della
religione e del culto religioso stesso, infatti
che lanima venga fuori dal corpo del morto strisciando come un verme, che essa svolazzi come
un uccello o che vada girando da qualche parte come unombra, queste ed altre rappresenta-
zioni hanno tanto poco in comune con ci che oggi chiamiamo religione, quanto poco le varie
usanze mediante cui il primitivo scaccia con forza dalla sua vicinanza gli spiriti dei morti sono
legate, se non per il legame lasco dei sentimenti universalmente umani della paura e della spe-
ranza, al culto delle religioni culturali.
13
6. I livelli del punto 5. sono: 1. Lanimismo primitivo, che serba la rappresentazione
dellanima solo nella forma originaria dellanima del corpo e dellanima-ombra e che nel
culto mira essenzialmente soltanto alla difesa da danneggiamenti da parte delle anime
dei trapassati o ad opera di incantesimi dei vivi. Esso includerebbe la credenza nella
magia, perch vi sarebbero delle capacit psichiche che vengono attribuite al mago. 2.
Lanimalismo. Qui, nella credenza nellanima, vengono in primo piano gli animali in
quanto omogenei o superiori alluomo. Il loro rancore o la loro protezione potrebbero
essere portatori di felicit o sventura. Di qui si svilupperebbe il culto di determinati
animali, che vengono venerati come spiriti protettori, in quanto, in unorganizzazione
sociale che nel frattempo divenuta superiore, determinate associazioni di una trib o
di un popolo considerano particolari animali come spiriti dei loro antenati (totem). Da
questo culto di antenati animali emergerebbe poi un culto di antenati umani, il culto dei
mani, lautentico culto degli antenati, che trapasserebbe nel culto degli eroi. 3. Ma con lin-
cremento degli scambi, della vita e della molteplicit di occupazioni, la rappresentazione
dello spirito protettore, che nel culto dei mani strettamente connessa alla coscienza di
trib, si rivolgerebbe anche ad altri ambiti della vita. Si formano cos le rappresentazioni
di spiriti protettori che, legati a determinati luoghi, si relazionano alla comunit delle citt
e al paesaggio benedicendo o maledicendo, e che poi si estendono allagricoltura, allar-
tigianato e agli afari: demoni, dunque, che gradualmente perdono il collegamento con
le originarie rappresentazioni dellanima, esseri spirituali che non hanno pi alcuna rela-
12
Otto si riferisce a SU, che considera il secondo volume di appendici a DH, e in particolare al saggio
Profetische Gotteserfahrung, SU, cap. vi, pp. 61-78.
13
W. Wundt, Mythus und Religion, ii, p. 137.
il sensus numinis come origine storica della religione 353
zione con anime individuali, le cui propriet sono per pensate senzaltro come concor-
danti con quelle di queste ultime, e che possono essere demoni protettori o vendicatori.
Il demone, infatti, dopo lo svincolamento dallanima individuale, porterebbe ancora in
s i tratti psicologici essenziali dellanima. Avrebbe un ruolo nei miti di natura, in qua-
lit di demone dellacqua, del vento, della vegetazione e del luogo.
Su questo bisogna osservare quanto segue. Wundt unifca qui, in uno schema fn
troppo semplice, fgure dellappercezione numinosa che hanno radici molto diverse.
Per gli eccitatori della fantasia numinosa, che vogliamo trattare nel terzo capitolo,
14

per i fenomeni di natura stranianti e spettrali, che possono essere i punti di partenza
di sviluppi signifcativi che non hanno nulla a che fare con il culto dellanima, non vi
qui alcun posto. Non scaturisce dallanimismo lidea di una potenza vitale nella vegeta-
zione sentita come numinosa, che nella semina dovrebbe esser intensifcata mediante
infusso magico e partecipazione simpatetica alla sua vita e alla sua resurrezione. Cos
come non ne scaturiscono le corrispondenti rappresentazioni relative alla vita e alla
forza del sole e di altri grandi processi naturali, che si cerca di conservare e di assicu-
rare di nuovo ogni anno nei culti e negli incantesimi solari, ecc.; o la curiosa idea del
carisma di clan, come Weber ha battezzato questa rappresentazione, ossia lidea di
una potenza del tutto specifca, integralmente e sin dal principio misterioso-numinosa,
di quella vita che si presenta e si rinnova con la sua forza particolare sempre nel
contesto di un clan, di un genus, che si tratti di animali, piante o uomini. Da questa si
ricava la cosiddetta ipostatizzazione dei generi, che talvolta stata chiamata lidea
platonica tra i selvaggi (Gomperz) : di qui deriva, del tutto indipendentemente dal cul-
to dellanima, degli antentati e dei mani, lidea de il bue, il cavallo, il coyote, il
corvo , il falco e anche il manu , lo yama , potenze ipostatizzate della cavallinit,
della buit, della falchit, della manit nel senso di una vita sentita come unitaria e
numinosa nelle unit di trib e di genere di bue, cavallo, ariano. In quanto anche qui si
temporalizza originariamente (di questo parleremo dopo) un momento di principio, si
ottiene lidea di archi-bue, archi-cavallo, archi-corvo, archi-manu, lidea di un capostipite
o di un archi-capostipite di questi diversi vias, clan, genera, la cui potenza di vita so-
pravvive nella serie delle generazioni e deve esser coltivata e conservata mediante riti
numinosi; un capostipite che sopravvive egli stesso attraverso le generazioni del clan
che si susseguono*. Solo su questa linea si ottiene quel culto dei mani, che pu real-
mente elevarsi a culto degli di, e non per eterogonia, ma per il fatto che un qualcosa,
concepito sin dallinizio come un grandioso principio numinoso di potenza, si eleva
per ampliamento di funzioni. Solo cos stato possibile che il falco Horus divenisse il
potente dio dellAlto Egitto, che toro sia, ancora nella nostra Bibbia, un nome di Dio,
che il cavallo si elevasse a principio mistico supremo del mondo, al satya stesso, e che
corvi, volpi, lupi della prateria (coyote) divenissero potenti numina portatori di cultura.
Gomperz, nel suo Griechische Denker [Leipzig 1896-1902] si spinge troppo oltre quando
riduce la visione delle idee di Platone al peculiare pensiero generalizzante che si mostra
in queste intuizioni primitive. Ma ci che giusto nella sua afermazione che in Pla-
tone, certo ad un livello superiore, vive un momento simile a quello che era gi stato
presente ad un livello molto pi basso. (Bisognerebbe insistere soprattutto sul carattere
chiaramente numinoso anche dellidea platonica.)
14
Cfr. Religionskundliche und theologische Aussagen, in G, pp. 58-63.
saggi 354
Rispetto a Wundt bisognerebbe sottolineare che anche nellintuizione di un dadhikr,
l archi-cavallo di cui parleremo a p. 89,
15
non si tratta di una produzione che si ottiene
da s, per mero accumulo di associazioni, ma di una concezione che presuppone
gi a quel livello, in modo primitivo, quella di Platone. I vipra, che potevano vedere
un dadhikr, non erano tipi nella media. Erano kavi, cos come lo era Platone. Forma-
zioni che divengono realmente potenti e gravide di conseguenze da un punto di vista
storico-religioso non sono mai prodotti di unanonima psicologia dei popoli. Sono
intuizioni, invenzioni che non presuppongono nulla di meno e una non minore capa-
cit spirituale delle invenzioni di oggi. Il dono dellinvenzione non un prodotto della
storia, ma il fondamento della possibilit di questa. Cera l uomo, quale essere
che scopre e inventa, quale umano dono dellinvenzione. Le invenzioni di utensili e
luso del fuoco, mediante cui si mise in modo lintero processo culturale della pi
antica umanit, non erano, quanto a capacit spirituale, minori, ma appunto maggio-
ri dellinvenzione dellautomobile e della teoria della relativit. Ma queste invenzioni
sono contemporaneamente scoperte : allo stesso modo resta aperta la domanda se le
intuizioni numinose furono soltanto invenzioni (di una poderosa capacit di fanta-
sia !) o in queste vi furono anche scoperte.
7. Le magie sarebbero efetti delle anime allinterno o allesterno del corpo al quale
appartengono : efetti di anime del corpo, di anime organiche o di anime-ombra che
vagano senza limiti. Cos, lidea dello sguardo malvagio sarebbe soltanto una ripro-
duzione dellidea per cui nello sguardo lanima uscirebbe allesterno; idea alla quale
si riallaccia immediatamente laltra, per cui tale anima o la volont di colui al quale
appartiene possono produrre efetti esterni. Un simile efetto si indirizza per, a sua
volta, allanima di colui che viene danneggiato. Il miracolo sarebbe allora uno sviluppo
superiore della magia, qualcosa che a disposizione soltanto degli di e di uomini par-
ticolarmente dotati.
s

Dalla credenza nellanima e nella magia si otterrebbe innanzitutto il feticismo, con-
traddistinto da tre tratti caratteristici : a) lidea per cui in certi oggetti risiedono esseri
del tipo dellanima con potere magico; b) lidea per cui questi possono avere intenzioni
benevole o malevole e possono agire di conseguenza; c) il culto che li dispone ad unat-
teggiamento benevolo o che implora la vendetta contro il nemico.
8. Con il fatto che qui si forma un culto comune, tale cio che non viene pi praticato
nei confronti di un oggetto pensato come sede dellanima di un determinato singolo,
si proflano superiori sviluppi: innanzitutto verso una credenza in spiriti e demoni, che
sarebbe, a sua volta, lo stadio preliminare di formazioni mitologiche di ordine superio-
re, ossia di rappresentazioni di di. Accadrebbe qui la stessa cosa che ovunque accade
nellambito dello psichico e del suo sviluppo: il precedente porterebbe gi le condizioni
necessarie del successivo e tuttavia questultimo sarebbe qualcosa di nuovo, che, sen-
15
Cfr. Steigende und sinkende Numina, in G, pp. 64-116.
s
Wundt tratta anche la magia per rappresentazione (Reprsentation) e crede che per questo gli sia neces-
sario il suo animismo. La cosa notevole in tutte queste azioni per senzaltro che colui che compie tale
magia proietta col pensiero ingenuamente, e senza rifessione sul modo in cui ci sia possibile, il destinatario
della magia nelloggetto magico, ve lo relega innanzitutto con la rappresentazione, per poi tormentarlo;
un fatto che al livello superiore ritorna nel feticismo, nel totemismo e nel culto degli di. Abbiamo qualcosa
di analogo gi nel comportamento del bambino, che proietta col pensiero la zia o il nonno nella sua
bambola o nel suo giocattolo di legno e poi lo tratta come ci che vi ha proiettato : e questo con unidenti-
fcazione semplice e immediata, senza che gli sia necessaria alcuna rappresentazione di unanima.
il sensus numinis come origine storica della religione 355
za esser vissuto, non potrebbe mai esser previsto.
t
Idee di Dio innate o una religione
innata vi sarebbero tanto poco, quanto poco vi uno stato originario o un culto che
non sia da acquisire. Anche le idee religiose sarebbero qualcosa che da acquisire, cos
come debbono essere acquisite le pi semplici rappresentazioni di distanze, grandez-
ze e relazioni tra i fenomeni: non mediante una rifessione arbitraria, che potrebbe
eventualmente portare anche ad altri risultati, ma sotto la costrizione di una legalit
psicologica, alla quale sarebbero sottoposti tanto i prodotti della fantasia mitologica,
quanto i pi semplici afetti e percezioni sensibili. Al nuovo che viene creato in questo
modo apparterrebbe in seguito anche la religione. La quale non sarebbe innata, n sa-
rebbe unacquisizione che appartiene alle forme originarie dello sviluppo mitologico.
Per contro tutte queste forme conterrebbero in loro germogli di essa, e li conterrebbe
soprattutto lanimismo primitivo.
9. La determinazione wundtiana del demone tradisce la sua provenienza dalla clas-
sifcazione e dalla sistematizzazione della teologia e della dogmatica ellenistiche (cos
come la sua intera costruzione chiaramente dipendente dalla mitologia specifcamen-
te greca e dallepica). Questa essenza del demone accuratamente defnita non con-
corda con le rappresentazioni libere e del tutto futtuanti che vanno sotto questo nome
e sotto quelli che gli corrispondono. Numen sarebbe una parola senzaltro pi felice,
proprio perch in realt non si pu dire ci che . E la radice dei numina non risiede
nella credenza nellanima. Il numen che balugina nellorrore misterioso delle caverne
e delle grotte, che in tutto il mondo e per lintera umanit sono luoghi di origine e
eccitatori del timore, il numen del deserto e dei luoghi terrifcanti, delle montagne
e degli abissi, degli haunted places,
16
dei fenomeni meravigliosi e sorprendenti della
natura, viene ora forzatamente riferito alle rappresentazioni di anime o ad una qualche
rappresentazione che in generale chiara. Ma la credenza nelle anime non ci serve
nemmeno a spiegare lidea della magia. Secondo Wundt la causalit magica avrebbe la
sua essenza nel fatto che causalit di anime. Ma questo cosa spiega della peculiarit
di tali rappresentazioni? Non il fatto che certi efetti vengano riferiti ad anime che co-
stituisce lelemento specifco, ma che vi si connetta il sentimento del soprannaturale,
con la caratteristica di quel peculiare timore che si deve conoscere da se stessi per
riconoscerlo nei fatti delletnologia.
10. Con la rappresentazione di demoni e con il culto loro dedicato si arriverebbe gi
quasi al limite della religione e della rappresentazione degli di. Questultima sorgereb-
be per eterogonia da quella dei demoni, dalla quale sarebbe distinta in virt di tre tratti
caratteristici. Il dio sarebbe un essere individualizzato con certe propriet spirituali co-
stanti e confgurate in modo specifco. Mediante queste, appunto, sarebbe rappresenta-
to come una personalit simile alluomo e contemporaneamente sovrumana, la quale
sarebbe in pari tempo lideale umano irraggiungibile. (Come accade un simile miracolo
senza pari!) Egli si troverebbe, in terzo luogo, in un mondo irraggiungibile dellaldil.
Sebbene i concetti di Dio e religione non coincidano immediatamente, il loro reale
16
Cfr. DH, supra, pp. 321-322.
t
Wundt aveva per spiegato che nessuna fantasia del mondo potrebbe produrre qualcosa di assolu-
tamente nuovo, ma sempre soltanto ripetere ci che una volta stato vissuto in disposizioni modifcate .
Qui, per, la fantasia o diviene realmente creatrice o soltanto un momento ausiliare indiferente per un
vissuto i cui contenuti non possono mai essere previsti. Ma allora il vissuto e non la fantasia che fonda
la religione. Che dovrebbe signifcare allora tutto lanimismo!
saggi 356
dispiegamento ha luogo soltanto al livello di tali rappresentazioni degli di. E la do-
manda importante sarebbe: come vien fuori il dio dal demone? Accadrebbe attraverso
il mito, in particolare attraverso la saga degli eroi, sotto il cui infusso le fgure confuse
del mondo dei demoni si innalzerebbero alle chiare ( !) essenze degli di. Dai materiali
grezzi dei semplici racconti di miti deriverebbe, per autoincremento eterogonico, il
mondo della saga e della leggenda. Gli eroi,
u
da primitivi portatori di salvezza e cultura,
diverrebbero fgure ideali della saga, leroe che combatte, salva, vince, che si d pena,
sofre e muore per i suoi. I suoi tratti si trasferirebbero alle fgure demoniche informi
dei culti precedenti : ora si eleverebbe il chiaro ( ? Durga !) mondo degli di e il culto di
questi, con cui contemporaneamente vengono suscitati i germogli della stessa religio-
ne, che ora comincerebbe a innalzarsi e a svincolarsi dal mondo del mito.
Su questo osserviamo : di sono formazioni in s cos variamente diverse, con una
struttura e un senso cos diversi, che non si pu quasi osare ammettere una classe
dessenza unitaria. Traduciamo con di termini molto diversi di diverse lingue e ci
illudiamo di ununit del concetto che non sussiste. Se Zeus un dio, allora dubbio
se possa chiamarsi dio una fgura come il Dioniso tracio. Se entrambi sono di, allora
lantichissimo brahman quasi certamente non lo . Ma nel tipo degli di che soprattutto
ha in mente Wundt, e qualche volta anche altri che indagano lorigine della fede in
Dio, le evoluzioni proprio nelle fgure prominenti hanno avuto luogo in modo
molto diverso da quello che Wundt costruisce. Dimostrarlo richiederebbe una grande
ricerca a s. Vogliamo tentare di mostrare come questa evoluzione abbia reamente
avuto luogo su un esempio, quello dellantico dio prevedico e antico-ariano Varuna.
Poich questo interromperebbe qui in modo eccessivo la connessione, gli dedichia-
mo un capitolo specifco
17
. Nel capitolo Profetische Gotteserfahrung del nostro secondo
volume intraprenderemo un tentativo simile rispetto alla fgura di Dio della profezia
israelitica.
18
11. Una vera e propria religione nascerebbe in seguito alla rappresentazione degli
di come sentimento dellappartenenza ad un mondo soprasensibile, che fno a quel
momento non poteva aver luogo. Gli di diverrebbero per luomo esseri da cui egli si
attende e ottiene aiuto. (Curioso!) Per intensifcazione eterogonica, di nuovo, la sal-
vezza attesa diverrebbe infne oltremondana. (Tutto per eterogonia!) Contemporane-
amente le rappresentazioni stesse degli di comincerebbero a divenire sempre pi sim-
boli dellidea del divino, che oltrepassa tutti i limiti della rappresentazione : del divino
come potenza oltremondana.
v
Questo processo condurrebbe alla fede in un mondo
soprasensibile ideale (lintero processo comincerebbe con un momento soprasensi-
bile, altrimenti non si sarebbe mai messo in moto), nel quale sarebbe incluso anche il
tendere umano e nel quale luomo immagina realizzato lideale del suo tendere; dove
il culto si spiritualizzerebbe in unazione puramente simbolica, fnch lanimo non si ri-
trarrebbe completamente in se stesso, non avendo pi bisogno neppure di quella. Nelle
17
Cfr. Knig Varuna. Das Werden eines Gottes, G, cap. vi, pp. 125-202.
18
Cfr. supra, nota 12.
u
Sarebbe stato utile indagare esattamente levoluzione di questi portatori di cultura sulla base di fonti
antiche. Tenteremo di farlo in seguito sullesempio di Apm napt e in particolare su dadhikr. Il cavallo
dadhikr diviene dio, anzi diviene il sommo satya stesso, senza racconti e senza saga degli eroi.
v
Come lidea del brahman, quella del rita o del tao, nessuna delle quali, certamente, derivata da rap-
presentazioni di di.
il sensus numinis come origine storica della religione 357
idee flosofche del fondamento ultimo e dello scopo dellessere si esprimerebbe allora
esclusivamente lessenza ideale della religione, fnalmente libera da mito e simbolo.
E queste idee, nelle quali essa avrebbe la sua essenza, sarebbero tanto gli ultimi frutti
dellevoluzione religiosa, quanto i suoi germogli nascosti.
w
Lidea del soprasensibile, che
si aferma lentamente,
x
insieme a quella dellassoluto e della nostra appartenenza al
mondo soprasensibile, che inclusa in quella, sarebbe una radice della religione, quella
metafsica, con la quale laltra, quella morale, verrebbe gradualmente ad incontrarsi e
unifcarsi in uno sviluppo graduale.
y
E. Critica complessiva
1. La costruzione di Wundt non pu non suscitare la nostra ammirazione per la com-
piutezza del tutto, che viene raggiunta mediante limpiego del suo principio dellete-
rogonia il quale spinge in linea diretta, di idea in idea, dallidea di anima a quella di
divinit assoluta. Ma proprio contro questo principio che dobbiamo innanzitutto vol-
gerci, perch ci sembra si trovi in una curiosa contrapposizione con le considerazioni
conclusive per cui l idea non viene prodotta solo alla fne in modo eterogonico, ma
viene pensata come germoglio. Ci sembra inoltre che questa eterogonia non ofra
unevoluzione, ma, per come si presenta, una addizione di momenti sempre nuovi ai
singoli punti di svolta del decorso storico, mediante una sempre nuova generatio aequi-
voca; ci sembra dunque che faccia lo stesso errore del darwinismo, che presenta una
teoria dellevoluzione, ma in realt non evolve, ma aggiunge, e invece di unevoluzio-
ne forma solo aggregati. Essa ofre soltanto una formula per i punti di partenza su cui
deve ogni volta innestarsi ogni momento psichico particolarmente nuovo, ma non la
sorgente da cui questo proviene.
Leterogonia porta Wundt in contraddizione con se stesso. Quanto alla religione,
infatti, Wundt non sostiene lillusionismo: per lui la religione una convinzione valida,
con pretesa di verit. Ma il suo principio, ci sembra, toglie ogni verit nella formazione
della rappresentazione religiosa. Donde, infatti, la verit delle forme somme di questa
produzione eterogonica, se quelle inferiori e intermedie certamente non hanno alcuna
verit?; e donde un criterio per stabilire a quali gradi di questo decorso entra la verit in
una formazione che fno a quel momento era stata soltanto mitologica? Leterogonia
toglie ogni verit al conoscere in generale. Se infatti un principio che in generale
valido per tutto lo psichico, allora non lo soltanto per la formazione delle rappre-
sentazioni religiose, ma per la formazione di tutte le rappresentazioni, anche di quelle
scientifche. Con il che questa dottrina toglie anche se stessa : anche questa dottrina
delleterogonia dei fni e della trasformazione dei motivi, infatti, soltanto un prodotto
delleterogonia relativo a quel punto del decorso della cosa in cui siamo proprio ora,
ma non una conoscenza.
Wundt dice talvolta che ci che stato prodotto quanto a rappresentazioni (dal-
la fantasia mitica) agisce come uno stimolo che porta a qualcosa di nuovo. Questa
espressione indica una direzione completamente diversa da quella della sua dottrina
delleterogonia. Lo stimolo come tale non produce nulla e non si trasforma da s in
w
Dove risiederebbero i germogli nascosti e cosa dovrebbe fare allora leterogonia?
x
Dunque gi cera?
y
Ma perch poi ? un fatto che deriva dallanimismo o dallappercezione animante o non piuttosto,
come il sentimento numinoso stesso, un fenomeno originario completamente autonomo e indeducibile?
saggi 358
qualcosa di nuovo e di superiore. Presuppone qualcosa che possa essere stimolato,
qualcosa che esso sollecita e nel quale risveglia qualcosa. Di ci abbiamo gi parlato
nellopera maggiore a p. 226. Dicevamo l che il sentimento dellesser vincolato da
costumi e statuizioni non pu rifondersi da se stesso nel sentimento nuovo e del tutto
specifco dellobbligazione morale propria del sentimento del dovere ; n questultimo
pu prodursi da s eterogonicamente. Pu per agire come stimolo su una latente
disposizione alla conoscenza e sollecitarla a sentire, trovare, nutrire lidea del valore
morale autonomo, dellobbligazione e del dovere categorico. Allo stesso modo, come
abbiamo visto, altri sentimenti possono sollecitare, per analogia, il destarsi del senti-
mento numinoso. E le datit di natura o anche i prodotti della fantasia, cui si erano in-
dirizzati i rispettivi momenti del sentimento numinoso, possono divenire, a loro volta,
stimoli perch questo si ecciti in modo pi profondo, ricco e puro ; perch si svincoli
da collegamenti precedenti e falsi, e li allontani da s in quanto superstizione. Cos,
per esempio, il vissuto numinoso di unit degli antichi Indiani non , con ogni certezza,
sorto eterogonicamente da rappresentazioni di demoni e di, n da un mero senti-
mento numinoso in generale , ma da modi di vissuto del tutto specifci. Allo stesso
modo questi sarebbero stati difcilmente possibili, se non fosse stata presente una at-
mosfera, gi evoluta, di un sentire numinoso di tipo primitivo, che servita a suscitare
questo particolare modo di vissuto numinoso, spontaneo e totalmente nuovo.
Qualcosa di simile ha in mente, evidentemente, anche Wundt quando, muovendosi
senza le pastoie della sua costruzione epigenetico-psicologistica, aferma:
Lessenza della religione che si esprime in tali idee traspariva gi da quei simboli ideali, e queste
idee sono tanto gli ultimi frutti, quanto i germogli nascosti dellevoluzione
19
.
O quando parla di una
Radice della religione, ossia il sentimento del soprasensibile e dellidea dellassoluto o dellinfnito
che agisce (oscuramente) in questo ; radice dalla cui connessione con la seconda, quella etica,
deriva la religione superiore.
20
O quando osserva, in modo molto fne, che
I sentimenti della dipendenza dalle potenze del destino e del mondo, che si trovano al di sopra
delluomo, si condensano in immagini visibili della fantasia.
21
Se tali sentimenti fanno questultima cosa, allora non sono di per s produzioni dellat-
tivit della fantasia, ma le precedono come fondamento della loro possibilit. E queste
produzioni rappresentative non sono sorte afatto dallappercezione animante.
2. Wundt distingue in modo netto la sfera della religione dal mondo del mito, che
inferiore: troppo netto, ci sembra, da un certo punto di vista ; non abbastanza netto,
da un altro.
a) Troppo netto, perch concentrando lattenzione sullevoluzione di ci che
rappresentativo, facendo del livello della rappresentazione, facendo per esempio
dellevoluzione delle rappresentazioni concrete di di, distinte da anima, spirito e
mondo, un criterio del valore dellevoluzione, omette un fatto importante che, nella
19
Cfr. W. Wundt, Mythus und Religion, iii, Leipzig 1909, p. 746.
20
Cfr. ivi, pp. 751-752.
21
Cfr. ivi, p. 737.
il sensus numinis come origine storica della religione 359
moderna ricerca sulle forme del primitivo, viene alla luce in modo sempre pi chiaro
e che, dopo leccellente libro di Marett The Threshold of Religion [London 1909], non pu
pi essere trascurato. Un autentico sentimento religioso, con vera devozione e dedi-
zione, pu esser presente anche dove la rappresentazione delloggetto numinoso
ben lungi dal raggiungere il livello delle fgure di di descritte da Wundt. Per esempio,
la rappresentazione del kami nel Giappone shintoista, con culto delle alture e venerazio-
ne di numina locali molto indeterminati che difcilmente potrebbero essere gli spiriti
dello schema di Wundt, pu avere in s lautenticit e la forza della vera devozione,
che pi di un culto degli di potrebbe invidiarle. Lo stesso vale per il culto dei grandi
oggetti di natura, che, secondo Wundt, apparterrebbe al livello della pi primitiva ap-
percezione animante; o per il culto del feticcio, che dovrebbe essere inquadrato nel
mero culto degli spiriti . Anche nel bizzarro ambito della magia agisce qualcosa del
genere: si mostra nella contrapposizione, che risale alle epoche pi antiche, tra magia
legittima e illegittima. Questultima non illegittima perch infigge un danno questo
pu farlo anche la legittima ma perch il potere numinoso viene esercitato da profani.
In essa vi qualcosa di blasfemo : per questo empia. Questo sentimento dellempiet
presuppone necessariamente un sentimento gi altamente evoluto per il sacrum, ma
non necessariamente una rappresentazione evoluta di di.
b) Non abbastanza netto, per altro verso: molto di ci che vi in questa sfera non
soltanto non appartiene alla storia della religione, ma anzi dovrebbe appartenere ad
una storia dellanti-religione quale deformazione, svuotamento, sviamento, persino
rinnegamento. Il momento del rinnegamento e del capovolgimento certamente
tanto antico, nella storia della religione, quanto quello dellascesa e del rafnamento :
superstizione. Questa una categoria religiosa di svalutazione, che stata erro-
neamente secolarizzata. Essa abbraccia non soltanto lambito dei livelli di rappresen-
tazione inferiori, nel frattempo superati dallevoluzione successiva, ma anche quello
delle rappresentazioni divenute prive di potenza e per questo spinte ai margini. La
marmaglia dei piccoli e malvagi spauracchi, che anche per chi crede negli di o in Dio
possono infestare certi luoghi spaesanti, sono tanto poco il punto di partenza per
lidea di un reale numen loci , quanto poco lo spettro lo di ci che prende poi la
forma del reale culto numinoso delle anime, dei morti o dei mani. Essi portano in s
ancora il momento dello spaesante, ma in forma depotenziata. Dicevamo, nellopera
maggiore, che la teoria animistica dellanimazione non sarebbe in grado di spiegare lo
spettro, perch non si capirebbe in alcun modo come da una nuvoletta di fato pensata
come animata potrebbe sorgere, per mera animazione, qualcosa di spaesante. Qui
dobbiamo anche aggiungere che la semplice paura degli spettri non comparabile con
la profondit di quellorrore che risiede nellautentico e primitivo timore dei morti, o
con lautentico brivido di fronte ad un numen loci. La paura dei fantasmi un prodotto
divenuto sterile, una derivazione, per perdita di potenza, del primo orrore demonico di
fronte allo spaesante. Fantasmi o anche fgure come il Rbezahl
22
sono spettrali ma non
raccapriccianti, come dice Zinzendorf. Sono comprensibili come prodotti di scarto
dellesplicarsi del tremore demonico, il quale, elevandosi per altra linea a formazio-
ni superiori, si svuotato, lasciandosi indietro propaggini degenerate in mera paura
degli spettri. Da questi prodotti di scarto non deriva mai, per eterogonia, qualcosa di
22
Spirito o genio dei Monti dei Giganti (massiccio montuoso dei Sudeti), protagonista di saghe e leggen-
de : cfr. J. K. A. Musus, Legenden vom Rbezahl, 1783.
saggi 360
superiore: dallo spirito dei boschi non deriva mai un reale numen, e dai fantasmi non
derivano mai i veri dii manes.
I critici odierni della teoria darwinista della discendenza obiettano a questultima che
lascesa verso luomo non passata per una connessione genetica tra i nostri generi
animali, ma che, viceversa, le specie animali sono tendenze laterali dellalbero genealo-
gico umano che terminano in un vicolo cieco, poich in essi la potenza di evoluzione si
impoverisce fno ad estinguersi: e termina con un risultato che soltanto un rudimento
e che, sebbene evoluto in modo pi ricco di quanto non fossero le origini forse del tut-
to primitive dellalbero genealogico umano, tuttavia pi povero, perch divenuto
sterile e privo di potenza. Si potrebbe comparare con ci la serie dei prodotti della
fantasia animante wundtiana, le sue anime, i suoi spiriti e i suoi demoni. Questo vale
anche per i suoi di. evidente che, con i suoi di luminosi, ben individualizzati,
creati dal mito degli eroi, egli pensa agli di olimpi : fgure e produzioni dellepos pi
che dellautentica fantasia mitica , che sono stati creati da poeti, ma certo non visti da
veggenti. Anchessi sono esempi tipici di prodotti laterali o accessori dellevoluzione,
attraverso cui non passata la linea verso ci che superiore, n poteva farlo, e che
dovevano necessariamente divenire superstitio, come del resto accaduto.
3. Si vede facilmente che Wundt, nel porre il proprio obiettivo, orientato in modo
unilaterale e si prefgge senzaltro la spiegazione del divenire della fede in Dio, e questo
nella fgura del teismo personale occidentale (che poi egli stesso spiritualizza anche flo-
sofcamente). Questo risultato dovrebbe ricavarsi, secondo salde leggi di unevoluzione
che inevitabile e che pu solo esser cos, da innumerevoli trasformazioni eterogoniche a
partire dagli inizi della credenza nelle anime. Mostrare come anche questo Dio non
derivi eterogonicamente da di, che sarebbero trasformazioni di spiriti attraverso
il mito degli eroi, sarebbe una ricerca a s, ma ci che qui ci interessa che milioni
di seguaci delle religioni superiori delloriente non comprenderebbero afatto questo
obiettivo, se li si interrogasse sul divenire e sul senso della stessa religione; che essi
riconoscerebbero questo punto fnale al massimo come un punto di passaggio, o forse
neanche questo ; che la fonte della loro idea di salvezza non avrebbe mai potuto schiu-
dersi allinterno dellambito wundtiano. Intendiamo la religione del Vednta e ancor pi
quella del Buddhismo, in modo particolare nella sua forma Mahyna, in cui la cosa pi
importante non che questa religione rifuti il teismo, ma che rifuti in generale qualsia-
si concetto per il trascendente-numinoso, e che per avanzi la pretesa di esser messa alla
prova sulla sua esperienza completamente aconcettuale del trascendente (della quale il
capitolo 9 dar un saggio
23
).
4. Con il termine esperienza tocchiamo il punto pi dolente delle costruzioni
wundtiane e di tutte quelle ad esse simili. Lelemento pi caratteristico per ogni reale
religione che essa pretende di venire da una sua propria fonte di esperienza. Tale
fonte si chiama da noi rivelazione, con la quale vi sono analogie precise nelle religio-
ni orientali superiori, sotto nomi diversi. Lo storico profano della religione non ha,
come tale, n il dovere, n il diritto di consentire alla pretesa di validit di tali presunte
esperienze; ma sarebbe tuttavia suo compito indagare il tipo peculiare di tali presunte
esperienze come fenomeno originario di questo ambito. Quindi pu anche assumere
i vissuti di rivelazione come illusori, ma allora, in quanto eventi psichici di genere
23
Cfr. Das Numinos-Irrationale im Buddhismus, in G, pp. 241-260.
il sensus numinis come origine storica della religione 361
completamente a s, deve conoscerli e studiarli in modo molto pi approfondito di
quanto faccia Wundt, li deve escludere da ogni psicologia dei popoli e deve indagare
questo che il pi intimo ambito della psicologia umana che ci sia. Se crede, anche
qui, di poter rimanere ancora ad unesperienza vissuta fantastica, allora deve, come
abbiamo detto, ammettere una specie di fantasia che in efetti sarebbe creatrice, poich
le sue produzioni non risiederebbero in alcun modo nella serie delle trasformazioni
fantastiche di oggetti naturali animati in modo illusorio. Questo elemento negativo,
rispetto a tali esperienze, comprovabile. La pretesa positiva di validit non lo ; n
pu esserlo, altrimenti la rivelazione non sarebbe rivelazione.
5. Finch lo storico delle religioni non si lascia coinvolgere in questo momento di
una pretesa esperienza, che risiede come fenomeno originario universale in tutte le
religioni superiori, quasi inutile lasciarsi coinvolgere nelle sue teorie sullorigine della
religione stessa dal mito superiore: anche nel caso in cui volessimo rivolgere la no-
stra attenzione, secondo il sottotitolo di questo capitolo, alla questione degli inizi. Da
questo punto di vista, in aggiunta a quanto gi detto e osservato nellopera maggiore
diciamo brevemente soltanto quanto segue. Wundt pretende di essere un animista.
Allanimismo si contrappone la teoria delloriginariet delle rappresentazioni della po-
tenza , come vero per mana e orenda, e probabilmente anche per gli inizi dellidea
di brahman. Questa teoria aferma che, indipendentemente da ogni rappresentazione
di anime, stata concepita, in forma molto difusa, lidea peculiare di una potenza
impersonale che si rivelerebbe agendo molteplicemente negli uomini e negli animali,
nelle piante e nelle pietre, nei corpi terreni e celesti; una potenza della quale si cerche-
rebbe di appropriarsi e che, a diferenza di tutte le forze consuete, avrebbe un carattere
magico. Essa pu poi esser raccolta e conservata da peculiari portatori di potenza, ed
esercitata in modo utile o dannoso mediante parole e azioni efcaci. La dottrina ma-
nistica, nel suo campo, indubbiamente giusta, ed dal principio unilaterale da parte
di Wundt, che egli non renda giustizia a questi inizi totalmente autonomi. Ci che egli
chiama forze psichiche, e forse gi le sue anime del corpo e anime degli organi
non hanno probabilmente nulla a che vedere con lanima, a prescindere dal fatto che
lespressione forza psichica non signifca nulla. In pari tempo dobbiamo per anche
qui ripetere la nostra obiezione, e cio che anche i manisti non spiegano la cosa prin-
cipale : questa potenza, infatti, appunto potenza, potenza mirabile, potremmo dire
soprannaturale; appartiene alla sfera di ci che chiamiamo mirum o totalmente altro.
una potenza appercepita in modo numinoso.
A questo punto facile, anche qui, proseguire e dire con tono di ovviet : la rappre-
sentazione del mana si eleva quando essa, come nella rappresentazione del brahman,
evolve in una potenza unitaria che, compenetrando il mondo intero, diviene il prin-
cipio stesso del mondo ; quando non soltanto si anela al possesso di tale potenza per fni
di un benessere naturale relativo allaldiqua, ma quando lesser riempito da essa divie-
ne un fne di salvezza ; e quando il riuscirci e lesser uniti ad essa mediante la morte
come nellidea del brahman diviene la meta agognata. Questo comodo modo di
esprimersi, divenire, ascendere gradualmente, elevarsi, copre il fatto che abbiamo a
che fare con enigmi che progressivamente crescono. Come diviene da una potenza
magica, che dipende da un canto magico o cultuale o dal mantra del mago, che aleggia
in oggetti come il sole o si eccita nelluomo con lebbrezza, come diviene a partire da
tutto ci lunico eterno brahman, e come lesperienza estasiata di esso e lidea che lo si
saggi 362
raggiunga mediante la morte ! Qui non si tratta di spiegazioni di psicologia dei popoli ,
e il motto troppo comodo di eterogonia diviene qui una stregoneria di idee. Si tratta
realmente di vissuti, come dice lo stesso Wundt l dove segue la propria intuizione
pi profonda. Si tratta di grandissime intuizioni di tipo visionario, che non sono im-
maginate, n ovvie, n tantomeno necessarie dal punto di vista della psicologia dei
popoli . Si tratta, come si dice in India, di darana, di visioni, per mezzo di rishi, ossia
veggenti, le quali hanno pieno carattere di vissuto e contemporaneamente contenuti
completamente nuovi e, a loro volta, indeducibili. La rappresentazione mitica primi-
tiva qui divenuta una semplice leva per aiutare un vissuto completamente nuovo e
superiore a venire alla luce.
Nessuna fantasia del mondo pu produrre qualcosa di assolutamente nuovo (che sarebbe qual-
cosa di qualitativamente nuovo), ma sempre soltanto ripetere secondo un ordine modifcato ci
che una volta stato vissuto,
24
dice Wundt. Se egli avesse prestato attenzione al carattere non derivabile da altro del
sentimento religioso, che di tipo del tutto specifco, avrebbe dovuto negare questa
proposizione, o avrebbe dovuto ammettere la possibilit che si tratti di una sfera spe-
cifca del vissuto. Probabilmente attraverso la messa in ordine, ossia raggruppando,
ri-raggruppando e connettendo arbitrariamente qualcosa che comunque dato, la fan-
tasia pu realizzare tutte quelle rappresentazioni che Wundt ha in mente. Anima,
spirito, di sono forse invisibili, liberamente mobili, molto potenti: tali concetti
possono sorgere in efetti mediante specifca messa in ordine e riordino di qualcosa di
universalmente dato ad opera della fantasia. Anche i concetti della speculazione supe-
riore, come infnito, oltremondano, soprannaturale, eterno (in quanto sovratemporale),
onnipotenza, onniscienza si lasciano formare in questo modo, in quanto ordinano
insieme tutto e sapere, tutto e potenza, posizione e negazione, limite e trasgressione
di limiti. In tutti questi concetti non si mostra nulla di qualitativamente nuovo. Ma nes-
suna composizione di datit altre mi consente di arrivare a qualcosa che sarebbe in gra-
do di suscitare in me lemozione del sentimento numinoso, la quale qualitativamente
del tutto a s e nuova, a partire dal timore, dal sentimento grezzo-elementare dello
spaesante, su fno al sacrosanctum. O qui la fantasia smette improvvisamente di essere
una facolt che semplicemente riordina e diviene essa stessa creatrice, oppure qui
emerge un particolare vissuto che le ofre nuovi materiali per i suoi ordinamenti.
6. Conclusione. Riassumiamo e diciamo: per le origini di quelle formazioni superiori
che chiamiamo religioni nel senso pi profondo del termine, la psicologia dei popoli
non ci dice nulla. Per le sfere del mito che precedono la religione, invece, per lintera
sua atmosfera come per i suoi inizi, veniamo ovunque rimandati ad un sentimento pecu-
liare, quello del timore religioso, che in modo baluginante e oscuro implica il germo-
glio della rappresentazione ontologica del soprannaturale, che pu essere suscitato
in molti modi e si pu accompagnare in modo grottesco e abbastanza bizzarro alle pi
disparate impressioni e rappresentazioni. Ma solo quelle rappresentazioni alle quali si
accompagna entrano in una connessione di sviluppo. Per sentimento intendiamo qui,
come fa anche la nostra stessa lingua, un germoglio di rappresentazione non sviluppato,
ancora oscuro, connesso con uno stato danimo emotivo, determinato in modo pecu-
liare, che gli corrisponde. Spesso non pu esser risolto in concetti chiari. Si indirizza a
24
W. Wundt, Mythus und Religion, i, p. 9.
il sensus numinis come origine storica della religione 363
immagini e rappresentazioni che debbono in qualche modo essergli analoghe, per lo pi
senza che si possa indicare in cosa propriamente consista lanalogia e fno a che punto si
estenda. Qui in efetti il regno della fantasia e dei suoi mezzi di espressione analogici e
simbolici. E da ci che nel mezzo despressione sempre inadeguato deriva anche ci che urge
e che non si acquieta mai nella formazione di rappresentazioni.
Timore questo sentimento al livello pi basso. Ma questo, gi in quanto primo,
elementare orrore di fronte allinfnito, gi un timore di tipo del tutto specifco,
tipicamente diverso dalla paura nel senso usuale: allinizio pi un cieco sgomen-
to , tale cio che in esso resta del tutto oscuro di fronte a cosa e cosa propriamente si
tema, che non paura nel senso usuale. Da sempre luomo teme in un modo com-
pletamente indicibile un certo qualcosa, innanzitutto del tutto inespresso, pi della
morte e del declino, pi di tutto ci che pu uccidere soltanto il corpo .
25
Non timor
fecit deos ,
26
ma quel timore suscitato in modo mirabile e per noi, da pi punti di
vista, comprensibile solo a fatica divenne stimolo a oggettivare in modo analogico e
conforme a fantasia quel contenuto rappresentativo oscuro e solo sentito che lo accom-
pagna, in rappresentazioni e simboli che appunto perci sono di carattere oscillante,
fuido, resistente ad ogni fssazione concettuale, e che, a partire da s, preme in avanti.
Ma a questo timore si accompagnano ben presto, in modo altrettanto inderivabile e
altrettanto conforme a vissuto, gli ulteriori momenti del sentimento numinoso, che
abbiamo sviluppato nellopera maggiore e che qui non ripetiamo.
Cos la religione non comincia, certo, gi completa, ma comincia comunque con se
stessa, essendo dal principio vissuto del misterioso in quanto sensus numinis, impulso e
spinta verso il mysterium ; un vissuto che dalle profondit della vita stessa del sentimen-
to erompe, su stimolo e occasioni esterne, come sentimento del totalmente altro.
Una volta destato diviene uno degli impulsi pi potenti del genere umano, che spinge
questultimo in una storia particolare e confusa, ma lo spinge in avanti verso intuizioni
e vissuti nuovi e spontanei, che come tali non possono pi essere spiegati a partire
da un universale sentimento del soprasensibile ; tanto meno possono esser prodotti
magicamente da questo in modo eterogonico, ma lo presuppongono come atmo-
sfera nella quale divengono possibili: un impulso di violenza demonica, che non viene
spiegato da retroefetti dei prodotti di fantasia auto-creati e da valori immaginati, ma
che muove dalle sfere di un rappresentare originariamente specifco, sebbene del tutto
oscuro, di un presentimento che va per tentativi, e di un interesse grandioso. Solo di
qui si capisce la sua potenza, altrimenti incomprensibile, su generazioni e popoli. Senza
porre questo impulso, e senza il vissuto che gli soggetto, non possibile scrivere una
storia della religione : sarebbe come una geometria senza spazio. Sarebbe come se si
provasse a scrivere una storia della musica negando un autonomo sentimento musicale
e una disposizione specifcamente musicale, con lo sforzo continuo di interpretare le
espressioni di questa come una specie di allenamento o di esercizio ginnico.
Nota sul rapporto tra animismo e manismo
Lanimista Wundt non nega lassunzione di una particolare potenza che si soliti
chiamare potenza magica ; e i manisti, da parte loro, non negano la formazione di
25
Mt 10, 28.
26
Stazio, Thebais, iii, 661.
saggi 364
rappresentazioni dellanima. La disputa riguarda piuttosto quale delle due assunzioni
sia stata la prima. Ad entrambe le teorie comune il fatto di porre rappresentazioni
magiche come stadio preliminare di quelle religiose. Sul rapporto tra le due teorie
e sulla loro comune derivazione delle rappresentazioni religiose da quelle magiche di-
ciamo qui brevemente ancora una parola.
La spiegazione wundtiana della potenza magica come capacit dellanima non
spiega nulla, come gi dicevamo, poich il punto non che i possessori di questa po-
tenza sono anime, ma che sono in possesso di capacit che, psichiche o fsiche che
siano, sono ci che designiamo, con espressione moderna, capacit soprannaturali**.
Tali capacit non le hanno le anime, ma esseri di tipo del tutto peculiare, capaci di
magie e miracoli. Ora, si pu impiegare il concetto di anima, intensifcarlo o fare con
esso qualcosaltro, ma questo momento del totalmente altro di una potenza capace
di miracoli non pu esser in alcun modo estratto da semplici anime.
Contro Wundt il manismo obietta, a ragione, che lidea di potenza magica si presen-
ta del tutto indipendentemente dalla rappresentazione di particolari sogetti psichici ;
sostiene che prima della rappresentazione di animae capaci di magia sarebbe sorta quel-
la di potenza magica, che, come tale, non sarebbe pensata come di specie psichica, ma
come una specie di fuido , e che si nasconderebbe nelle cose che non necessariamen-
te sono o hanno unanima. Il suo errore per innanzitutto lo stesso dellanimismo,
perch questa potenza dellorenda, del mana, del manitu, dellojas dei Veda, larete
degli antichi elleni, non sono, a loro volta, potenze naturali, ma qualcosa di total-
mente altro . In pari tempo, tale potenza senzaltro da contrapporre allanima
quale concreto soggetto personale, ma non allo psichico. Se la si coglie in immagini
razionali, si pu pensare questa potenza tanto in immagini fsiche, quanto e questo i
manisti continuano spesso a trascurarlo in immagini psichiche. Anche la concezione
fondamentale di potenza che alla base di entrambe le serie di immagini pu esser
senzaltro clta, e a partire da essa diviene immediatamente evidente come potrebbe-
ro, anzi come dovrebbero esser impiegate, per esprimerla, tanto immagini psichiche
quanto fsiche : in ci risiede la loro reciproca analogia. Non si tratta n di unapperce-
zione fondamentale fsico-materialistica, n di una psichico-immaterialistica: si tratta
di unappercezione numinosa. Ci che viene clto come la potenza e questo
laspetto principale viene, per dir cos, clto come qualcosa di tremendum. Essa rende
i suoi oggetti tab. Si rispetta il tab perch loggetto terrifcante e il contatto con esso
sarebbe pernicioso. Questo pernicioso-terrifcante, che costituisce linavvicinabilit del-
la cosa, viene ora espresso esattamente nello stesso senso e anche, senza dubbio, esatta-
mente allo stesso tempo, in due modi di rappresentazioni che sono espressi soprattutto
da due antichi termini vedici : da un lato come tapas o tejas, cio calore fammeggiante,
bruciante, distruttore; daltra parte come manyu, ossia ira, thymos, ira fammeggiante,
bruciante, distruttrice. Lenergicum di un qualcosa appercepito in modo numinoso pu
dunque esser caratterizzato tanto da un momento fsico (calore), quanto da un mo-
mento psichico (ira). Pretendere di chiedersi se i primitivi hanno pensato in modo
originariamente materialistico o psichistico sarebbe qui completamente sviante. Il loro
rappresentare, da questo punto di vista, trascorre sempre dalluno allaltro. Quelle che
per noi sono forze fsiche, per loro sono contemporaneamente tensioni interiori nel-
le cose, amore, odio, collera, ira (noi rimproveriamo alla fsica antica proprio le sue
ingenuit animistiche). Daltra parte, quel che noi chiamiamo stati psichici, forze
il sensus numinis come origine storica della religione 365
del sentimento e della volont, per loro anche qualcosa di fsico, che identico alla
materia, al cuore, ai reni, al diaframma, al respiro, eventualmente al grasso e al sangue.
Il calore del fuoco pu esser la sua ira e lira pu esser calore. Cos manyu e tapas sono
entrambi, in efetti, anche forze. Allindiano manyu corrisponde esattamente il greco
thymos. Anche questultimo lardente e fumante eccitazione interna, la cui massima
intensit nellira; essa , come tale, unenergia e come il senso di manyu trapassa in
dakscha, ossia in energia psichica in generale, forza della volont e dellazione, altret-
tanto quello di thymos. Ma il medesimo termine thymos quasi una denominazione per
orenda e mana, per arete e dynamis, per la stessa potenza magica. Etimologicamente
thymos identico a fumus, fumo. Il calore psichico e quello fsico, che nel manyu e tapas
compaiono separatamente, sono qui colti ancora insieme appunto mediante lo stesso
etymon. Cfr. Rgveda 10, 83, 3; 10, 84, 2 e passim.
Di queste forze si pu parlare in modo completamente impersonale. Il che signifca
che si potrebbe pensarle come attive, senza con ci pensare ad un sogetto personale
della forza, e che si potrebbero pensare allo stesso modo anche stati e forze psichi-
che. Non vi era alcuna difcolt per i primitivi a parlare di unira che non era ira di
qualcuno.
z
Ira pu divenire cos il grande principio creatore originario e pu esser
espressamente un principio-forza. Lelemento impersonale della potenza, sottoline-
ato dai manisti, pu dunque comparire proprio in momenti psichici. E dove sono pen-
sati soggetti della potenza che operano miracoli, questa potenza pu essere pensata
esattamente indiferentemente come fsica o psichica.
Mediante il suo calore l immane numinoso (leterno Uno) crea la molteplicit del
mondo nella quale si occulta; il fuoco, quale potenza di vita segreta, abita nelle acque
miracolose. Ma, di nuovo, lente originario, il sat, che in prima battuta non afatto
pensato come spirito o tanto meno come spirito personale, viene mosso dal suo deside-
rio per la molteplicit. Gli di creano ora con la loro ira (manyu), ora con il loro calore
(tapas, tejas, div-). Per questo si chiamano deva, gli ardenti : essi ardono dira e di calore
insieme. E dagli occhi del mago, che posseduto dal numen o ricolmo di potenza
numinosa, sgorgano contemporaneamente ira e calore ardenti, quando cerca di espri-
mere nel suo comportamento ci che lo riempie. La sua potenza non quella della
consueta collera o del calore naturale del sangue, ma una potenza che noi, con
unespressione misera, dobbiamo chiamare potenza spaesante, defnendo in questo
modo un prodotto grezzo dellappercezione numinosa. Cos gli animisti, come i mani-
sti, portano su una falsa pista e la loro rivalit porta allerrore. Entrambi si irrigidiscono
nel tentativo di individuare quale concetto il primitivo si sia formato per primo, se
quello di forza o quello di anima. Se un antico detto dice arbores habent numen, allora
questo numen allinizio realmente un mero nomen, al quale manca ogni defnizione.
Non signifca ancora che in questalbero si nasconda il dryas (il druma-nryana, luomo-
albero) concepito concettualmente. Tantomeno indica che il numen sia una forza. In
ogni caso signifca che per quellalbero, nel quale si nascondeva il numen, si aveva un
inaudito rispetto, ci si proteggeva accuratamente da esso e contemporaneamente gli si
attribuivano ogni sorta di cose : capacit di guarire con le sue foglie ; ma anche capa-
cit di parlare, in forza del suo numen, di dare segni, di fare predizioni e profezie (arbores
z
Secondo la pi recente psicologia c anche un rappresentare o un piacere o dolore che vaga privo
di io nel libero spazio dellanima!
saggi 366
locutae sunt). Per il numen che aveva, o meglio da cui era avuto, si impiegavano tanto la
categoria di forza quanto quella di anima. Riassumiamo:
a) Voler derivare la potenza numinosa dalla potenza magica signifca mettere le cose
sottosopra, perch, prima che il mago possa appropriarsene e manipolarla, tale potenza
appercepita numinosamente gi da tempo nelle piante e negli animali, nei processi
e nelle cose naturali, nellorrore per le ossa dei morti e anche indipendentemente da
tutto questo. Mago soltanto colui che sa impadronirsene, in modo competente o
incompetente, come taumaturgo o come mago malvagio; e che ripete in s e nel suo
comportamento le caratteristiche della potenza o dellessere di potenza, imitan-
dole.
b) La diferenza tra forza psichica e materiale una osservazione modernista. Il primi-
tivo appercepisce lo psichico anche materialmente, e appercepisce il materiale anche
psichicamente. Che si possa lavar via da s il numinoso-negativo, per esempio il pec-
cato , non una prova contraria, perch ci si pu anche attirare qualcosa di psichico, il
coraggio, la forza, la saggezza di un altro, mediante procedure materiali, per esempio
mangiandolo, e si possono allontanare o attirare cose materiali con mezzi psichici,
per esempio col pensiero efcace.
c) Se vi sia stata prima la potenza impersonale o il portatore personale della potenza
irrilevante : i puri principi di potenza possono essere di per s persona, come
Manyu; daltra parte soggetti di potenza concretamente pensati come personali posso-
no sciogliersi in potenze pure. Ci da cui tutto dipende negli inizi della religione
che entrambi, sia la potenza, sia i portatori di potenza, sono per i primitivi, esatta-
mente allo stesso modo, oggetti del timore religioso; entrambi compaiono in molteplici
suddivisioni ; entrambi possono elevarsi dalla rappresentazione che suddivide a grandi
principi del mondo unitari: la potenza al brahman, potenza del mondo impersonale,
pensata in modo unitario ; i portatori di potenza a Ivara, il dio del mondo personale,
pensato in modo unitario. Nessuno dei due nato da una psicologia o da una fsiologia
primitiva : sono nati entrambi da concezioni numinose originarie.
* Nota alla p. 353 : Questa idea del capostipite mantenuta, con lintero suo senso originario,
nella nostra dottrina del vecchio Adamo, che, in quanto principio unitario del genus homo, vive
in ogni membro di questo genus e pecca, e che in pari tempo viene temporalizzato, nel senso del
tempo originario, insieme al suo peccato originale e viene posto, in quanto capostipite, allinizio
della serie.
** Nota alla p. 364 : Le psychai possono occasionalmente possedere dynameis soprannaturali, ma
non le possiedono sempre e da se stesse. Da questo punto di vista si distinguono, e si temono e
venerano, quelle psychai che dimostrano in qualche modo di possedere cn:zocozv t:vz z:
::zv 8cvz:v (Pfster), che dimostrano di avere thymos, menos, manyu, dakscha, akti, ri, mana,
orenda, manitu.

MISTICA ORIENTALE E MISTICA OCCIDENTALE
1

E
ast is east, and west is west, never they well meet
2
cos ha detto un poeta in-
glese, Rudyard Kipling. vero ? Davvero luniverso concettuale orientale e quello
occidentale sono grandezze tanto diverse e incommensurabili che non possono incon-
trarsi, n, quindi, comprendersi nel loro fondamento pi profondo?
Per porre tali questioni e rispondervi, nessun ambito della vita spirituale umana
tanto appropriato quanto quello della mistica e della speculazione mistica. Poich si
leva dal pi profondo dello spirito umano, soprattutto in essa che deve mostrarsi
lelemento proprio e incommensurabile di una particolare specie dello spirito. E se in
generale vi sono reciproche incompatibilit e diferenze che separano in modo fonda-
mentale, allora in questambito che debbono mostrarsi con la massima forza. Anche
gli stessi orientali hanno afermato abbastanza spesso che un occidentale non potr
mai penetrare lintimo del modo di pensare mistico-indiano o i misteri della mistica
cinese dhyna
3
di un Bodhidharma
4
o di uno Hui-Neng ;
5
cos come un orientale non
potr mai rivivere in modo genuino e profondo i motivi della grande speculazione
occidentale: a cominciare dal primo geniale metafsico tedesco, Meister Eckhart, fno
a Kant e Fichte.
Allafermazione di Rudyard Kipling si oppone quella totalmente diversa per cui la
mistica sarebbe in ogni tempo e in ogni luogo la stessa. Atemporale e astorica essa
sarebbe sempre uguale a se stessa. Qui sparirebbero oriente, occidente e altre diferen-
ze. Che il fore della mistica sbocci in India o in Cina, in Persia o sul Reno e in Erfurt,
il suo frutto sarebbe sempre lo stesso identico. E che le sue formule si rivestano dei
dolci versi persiani di Jall ad-Dn Rm o del leggiadro medio-alto tedesco di Meister
Eckhart, del dotto sanscrito dellindiano ankara o dei laconici enigmi della scuola Zen
cino-giapponese, comunque esse possono sempre essere scambiate luna con laltra.
la stessa identica cosa che qui parla, solo che casualmente lo fa in dialetti diversi :
East is west, and west is east.
Vogliamo qui comparare, in breve, la mistica occidentale e quella orientale. In ci
debbono guidarci i due suddetti punti di vista. Anticipiamo e premettiamo subito il no-
stro risultato: sosteniamo che nella mistica agiscono potenti motivi originari dellani-
ma umana, che come tali sono del tutto indiferenti alle distinzioni di clima, di regione
o di razza; e che nella loro concordanza mostrano una interna parentela delle specie di
spirito e di vissuto umani, che davvero sorprendente. Ma vogliamo poi riconoscere
che falsa lafermazione per cui la mistica sarebbe appunto sempre mistica, sempre e
ovunque la stessa identica grandezza ; e che in essa vi sono piuttosto variet di impron-
te pari a quelle che si riscontrano in ogni altro ambito, quello della religione in genere
o delletica o dellarte. E, terzo, diciamo: queste suddette variet come tali non sono, a
loro volta, condizionate da razza o regione.
1
Edizione originale: stliche und westliche Mystik, Logos, 13, 1924, pp. 1-30.
2
Il verso esatto : East is east, and west is west / Never the twain shall meet, ed tratto dalla poesia The
Ballad of East and West, 1889.
3
Meditazione.
4
Bodhidharma (vi secolo d. C.), monaco indiano, ritenuto il fondatore del buddismo Zen in Cina.
5
Hui-Neng (680-713) il sesto grande patriarca del buddismo Zen.
saggi 368
Per questa comparazione di Est e Ovest scegliamo qui due uomini, che sono stati
i pi grandi rappresentanti ed esponenti di quanto si deve soprattutto e innanzitutto
intendere per mistica orientale ed occidentale, e che gi abbastanza spesso sono stati
posti luno accanto allaltro : per loriente indiano il grande crya ankara ; per locci-
dente tedesco il grande Meister Eckhart. Con un po di abilit si potrebbero raccogliere
e stilizzare le loro dottrine fondamentali in modo tale che le formule delluno appaiano
come una traduzione dal sanscrito in latino o in medio-alto tedesco e viceversa. E si-
curamente questo non un caso. Formule e nomi, infatti, non sono di per s nulla di
casuale, ma procedono necessariamente dalla cosa stessa e la esprimono. E nella loro
simiglianza o uguaglianza si rispecchia simiglianza o uguaglianza della cosa stessa, alla
quale essi debbono dare espressione.
Del resto, la corrispondenza tra questi due maestri perch anche crya signifca
maestro vasta e notevole anche da altri punti di vista. Nessuno dei due un fe-
nomeno casuale del proprio tempo. Cos come, in generale, i rispettivi tempi hanno
tra loro notevoli corrispondenze, questi due uomini si corrispondono nella posizione
che rispettivamente hanno nel e riguardo al loro tempo. Dei movimenti e delle grandi
tendenze universali presenti in questo e nel loro ambiente entrambi sono, allo stesso
modo, espressione e ricapitolazione. Entrambi si radicano, allo stesso modo, in unanti-
chissima eredit di epoche passate e di grandi tradizioni, che essi riconfgurano e svilup-
pano in modo nuovo. Entrambi sono contemporaneamente teologi e flosof, e lavora-
no con tutti gli strumenti del pensiero teologico e flosofco del loro tempo. Entrambi
sono uomini di astratta, elevata e perci sottile speculazione. Entrambi sono mistico e
scolastico in una persona sola, e tentano di restituire il contenuto della loro mistica con
gli strumenti della loro formazione scolastica. E cosa degna di nota entrambi pre-
sentano la loro dottrina nella forma di commentari alle antiche scritture sacre della loro
comunit religiosa: an kara lo fa commentando le antiche Upanis ad e in particolare la
sacra Bhagavadgt; Eckhart interpretando i libri della Sacra Scrittura. Entrambi condu-
cono la loro interpretazione nello stesso modo: costringono gli antichi testi al servizio
della loro dottrina. Entrambi riassumono poi la loro dottrina in una grande opera spe-
culativa: an kara nel suo Bhs ya ai Brahmastra, Eckhart nel suo opus tripartitum. Come
gi accennato, i due sono anche contemporanei: certo, an kara vive e prospera intor-
no all800; Eckhart vive tra il 1250 e il 1327. Ma contemporanei in senso pi profondo
non sono solo quelli che casualmente vengono al mondo nello stesso decennio, ma
coloro che rispetto al loro ambiente si trovano nei punti corrispondenti di uno sviluppo
parallelo (in questo senso, per esempio, anche i giapponesi Honen
6
e Shinran
7
sono non
soltanto afni spiritualmente a Lutero, ma proprio suoi contemporanei).
Ma, in efetti, ancor pi sorprendente di queste corrispondenze esteriori la simi-
glianza del loro atteggiamento mistico, della speculazione che ne scaturisce e dei moti-
vi che guidano tale speculazione. Vogliamo trattare di queste cose e riconoscere nelle
afnit, che sono indiscutibilmente e profondamente presenti nella loro simiglianza,
lanima dellorientale e quella delloccidentale.
1. Dottrina della salvezza o metafisica ?
1. ankara il classico maestro e rappresentante dell advaita nella sua forma pi acu-
ta e rigorosa. Advaita signifca non-dualit o mancanza di dualit. Lo si traduce con
6
Honen (1133-1212), monaco buddista giapponese, fondatore della setta o scuola della terra pura.
7
Shinran (1173-1262), discepolo di Honen.
mistica orientale e mistica occidentale 369
monismo (ma sarebbe pi esatto non-dualismo). E questa dottrina monistica si
lascia riassumere nel motto : Veramente essente solo il sat, lente stesso : leterno
brahman. Immutabile, senza modifcazione e cambiamento, senza parti e molteplicit.
Ekam eva, advityam . Questo signifca: a) tutta la molteplicit delle cose c solo per
mezzo di my. My si traduce con apparenza. Il sat stesso, per, solo uno:
ekam eva . E questo signifca : b) anche in se stesso brahman, lente stesso, assoluta-
mente e invariabilmente soltanto uno , ossia senza parti, senza pluralit in generale,
dunque senza la pluralit delle diverse determinazioni e dunque, necessariamente, sen-
za determinazioni in generale : nirguna, aviista. Dunque advitya, mancante di dualit
allesterno e allinterno.
Questo eternamente-uno, per, secondo la sua essenza unitaria, tutto e solo tman,
ossia spirito da cima a fondo, o caitanya, ossia pura coscienza, o jna, ossia, da cima a
fondo, pura conoscenza. In pari tempo, per, poich senza alcuna pluralit, questo
spirito, o questa coscienza, o questa conoscenza, al di l delle tre contrapposizioni
di conoscente, conosciuto e atto di conoscenza. (Nel nostro linguaggio: non tanto
inconscio quanto piuttosto ultraconscio, non tanto privo di coscienza, quanto piuttosto
identit tra chi cosciente e ci di cui si coscienti.) Come tale contemporaneamente
ananta, infnito, e al di fuori di spazio e tempo.
La nostra anima, ltman interiore, non altro che questo stesso brahman uno, uni-
co, eterno, immutabile, privo di determinazioni. Mediante lenigmatica potenza della
my sorge in essa la avidy, il non-sapere (meglio: il falso sapere). Mediante que-
sta, viene ingannevolmente confgurata per lunico ente la pluralit del mondo. Cos
lanima guarda lente, che per uno solo, come mondo, come molteplice, come plu-
ralit di cose singole; e guarda se stessa come anima singola, impigliata nel samsra,
nel corso di questo mondo mutevole, nella catena della nascita e della rinascita. Se le
giunge il samyagdarana, la conoscenza vera e completa, allora lillusione della plu-
ralit e della diversit sparisce. Essa si conosce e si sa come lo stesso brahman eterno. Il
sapere cos riassunto il vero sapere. Qualsiasi altra cosa luomo possa pensare, nella
rappresentazione popolare o in forma scientifca, nella mitologia o nella teologia,
mithy, vano, un inganno che si trova assai al di sotto del livello di chi sa, e che
apparenza inconsistente.
Si potrebbe ora facilmente trattare Eckhart nello stesso modo in cui qui stato tratta-
to ankara. E si potrebbero raccogliere dai suoi scritti afermazioni dello stesso tenore,
o quasi, di quelle precedenti. Formule analoghe potrebbero essere tratte immediata-
mente dai suoi scritti o potrebbero essere formate a partire dal fatto che sono implicite
nella consequenzialit del suo pensiero. Da queste si potrebbe produrre una metaf-
sica quasi dello stesso tenore: e si avrebbe completamente ragione sulla concordanza,
meno sulla metafsica. Anzi, proprio in questo vi sarebbe la prima concordanza con
ankara : nel senso pi profondo, infatti, nemmeno lui, un metafsico, ma qual-
cosaltro.
2. ankara viene presentato senzaltro come il pi grande flosofo dellIndia. E si
soliti trattare anche Meister Eckhart come creatore di un sistema originale nella storia
della flosofa. Tuttavia i due convergono in modo molto profondo nel fatto di non
essere tanto flosof, quanto piuttosto teologi. Senzaltro sono metafsici, ma non nel
senso della metafsica di un Aristotele o delle scuole flosofche. Il loro interesse portan-
te non quello scientifco, rivolto a una spiegazione teoretica del mondo, ai fonda-
saggi 370
menti metafsici e alla scienza del mondo : We do not explain the world. We explain it
away,
8
mi diceva un discepolo di ankara. E coglieva nel segno. N per luno, n per
laltro si tratta di una conoscenza che muove dallimpulso al sapere in direzione di una
spiegazione teoretica del mondo, ma di una conoscenza che muove dal desiderio di
salvezza. Certamente cercano entrambi la conoscenza dellessere, che , in entrambi,
una delle loro formule supreme: ma conoscenza dessere in quanto conoscenza di un
essere salvifco. Questo vuol dire che i due non perseguono un interesse scientifco per
i fondamenti ultimi, per lassoluto e per il suo rapporto al mondo anche se vi sono
alcune sporadiche afermazioni sullanima e sulla sua condizione metafsica , ma
vengono guidati dallinteresse per una idea che totalmente al di fuori di ogni specula-
zione scientifca e metafsica ; unidea che, commisurata a tale speculazione o a qualche
altro concetto razionale e scientifco, non pu non apparire puramente fantastica e del
tutto irrazionale: lidea della salvezza e del modo in cui questultima pu essere
ottenuta.
a
Questo fatto, per, in modo del tutto concordante in ankara e in Eckhart, conferi-
sce ai loro termini e principi metafsici un senso che, senza questo fatto medesimo,
non avrebbero avuto. In verit questo soltanto che li rende entrambi mistici e che
conferisce a tutti i loro concetti una coloritura mistica. L essere di cui essi parlano
deve essere salvezza. Che sia uno, senza un secondo, che sia indiviso, senza apposizione
e predicati, senza modo e maniera (come dice Eckhart esattamente allo stesso modo di
ankara), tutto ci non un mero fatto metafsico, in pari tempo un fatto di salvezza.
Che lanima sia eternamente una con leternamente-uno non un fatto interessante
sotto il proflo scientifco, ma ci da cui dipende la sua salvezza. E tutte le assicurazioni
e le dimostrazioni della completa indivisione, della completa semplicit, dellidentit
senza residui, le dimostrazioni e i proclami contro la pluralit, la separatezza, la disper-
sione e la molteplicit per quanto si atteggino a ontologia razionale sono per en-
trambi sensati, in ultima analisi, perch, appunto, sono salvifci. Dove vi distinzione,
anche per un attimo, l vi pericolo, l vi grande indigenza.
Tuttavia, muovendo dal terreno della nostra odierna ontologia, quasi impossi-
bile comprendere come gli uomini potessero avere interesse, e un interesse ardente,
per queste rigide afermazioni di un essere uno e inseparato, per il sanmtra, per il
puro essere, che non altro che essere, per l esse purum et simplex, per lessere senza
modo , il neti neti, non cos n cos, per il sorgere e tramontare in questo essere
puro che per noi sarebbe la cosa pi vuota di tutte. A noi questo puramente essente,
e il permanere in esso, apparirebbe necessariamente come uno stato di noia sconfnata,
di completa assenza di senso e valore. Che per questi due uomini avessero questo
interesse, e che da questo soltanto entrambi siano stati mossi, questa circostanza ci do-
vrebbe dare loccasione di guardare meglio, per riconoscere facilmente come in verit
le cose stiano per entrambi in modo analogo.
Lessere, di cui entrambi parlano, apparve loro come ci che veramente di valore,
come lunica cosa che lo totalmente, come ci con cui, in pari tempo, ogni valore
8
Noi non spieghiamo il mondo, ce ne sbarazziamo.
a
E ci stato facilitato, se non oferto, a ankara e Eckhart quasi dalla stessa circostanza: il termine
sanscrito sat (ente) ha, gi in quanto termine di linguaggio ordinario, il senso collaterale di reale, vero,
giusto, buono ; e il termine latino esse in Eckhart , secondo lantica dottrina di scuola, convertibile con
verum e bonum.
mistica orientale e mistica occidentale 371
dato. E solo per questo diviene oggetto di interesse. Per entrambi lessere diventa ci
che veramente di valore in quanto entra in un determinato contrasto al quale oggi
non pensiamo subito; il che accade in modo graduale, ossia in due gradi o livelli che i
maestri non distiguono, o non distinguono consapevolmente, e che per possono esser
distinti chiaramente, e cio:
a) Lessere ha il suo valore in una forma concettualmente chiara, razionale in
quanto viene contrapposto al divenire e al modifcarsi nel divenire. Noi oggi non
siamo soliti operare questa contrapposizione. Quando parliamo di essere pensiamo
per lo pi semplicemente allesistere. E questo, per noi, non ha di solito come con-
trapposto il divenire. Anche il diveniente, infatti, anche una cosa compresa nel
divenire esiste, appunto come diveniente. E un processo evolutivo, per esempio di
crescita, comunque c , ossia esiste, appunto, come processo. Per noi l essere, in
quanto esistere, non ha un opposto reale, ma ha per opposto soltanto la semplice ne-
gazione di se stesso. Del tutto diverso lessere nel senso degli Eleati o di Platone, cos
come in quello di Eckhart e di ankara. Qui il divenire opposto allessere: e lo
in quanto strana via di mezzo tra essere e non essere, tra sat e asat, in quanto qualcosa
che (come ankara dice della avidy) non essendo determinabile mediante sat o asat
anirvacanyam. Insieme al divenire, anche il modifcarsi , di contro allessere, lanit-
ya, il non permanere, la fuidit e la caducit. Per converso, lessere si trova di contro
ad ogni modifcazione, cambiamento, trapasso, e per questo allo stesso tempo il sa-
tya , il vero, ci che solo e realmente reale, ci a confronto del quale ogni divenire
sprofonda da s (e, in realt, anche senza la dottrina della my) nella totale o parziale
apparenza. In quanto reale e non caduco, per, l ente allora contemporaneamente
ci che perfetto e compiuto. E tutto questo, evidentemente, in una misura tanto su-
periore quanto pi lessere stesso puro e semplice, sad eva , esse purum et simplex ,
senza mescolanza e accidente, senza updhi o accidens, senza guna o qualitas. Se, ora, si
assumono queste afermazioni sullessere in questa sua prima contrapposizione per
s, esse sono tutte anche afermazioni ontologiche nel senso pi rigoroso ; ma sono
anche e subito tutte, in misura somma, cariche di valore. Contengono e dicono una
salvezza per colui che impigliato nellinfnito volgere del divenire e dell errare,
che esiliato nella molteplicit, nel divenire e ri-divenire, e che diviene libero da tutto
questo se raggiunge, o , l ente o l essere stesso. Senza questo carattere di valore
la teoria di questi due uomini sarebbe una (pi che mirabile) ontologia : ma i due non
avrebbero scritto nemmeno una riga.
A ci si aggiunge ancora qualcosa che si trova in Eckhart in tutta chiarezza, ma,
quanto al senso, anche in ankara: ci che puramente essente, che non altro se
non lessere, appunto, in quanto tale, anche completa pienezza dessenza, incommen-
surabile ricchezza dellessere e del contenuto dessere. In Eckhart questo pensiero si
ottiene razionalmente, mediante la logica che egli segue. Essere il concetto pi
universale sotto il quale tutti gli altri sono sussunti, nella cui sfera tutti sono contenuti.
Ora, per noi oggi il concetto pi universale quello pi ampio quanto alla sfera, ma
anche il pi povero quanto al contenuto. Non questa lopinione di Eckhart e della sua
logica. Per lui il concetto sovraordinato contiene in s anche quelli inferiori, in modo
tale che racchiude, secondo la possibilit, ogni loro contenuto essenziale. Colore, per
esempio, non sarebbe per lui pi vuoto o pi povero, quanto a contenuto essenziale, di
blu, rosso, verde, ma incomparabilmente pi ricco di ogni singolo concetto di colore,
perch ha in s la possibilit di tutti i colori reali, anzi non solo di questi, ma di tutti i
saggi 372
colori possibili in generale. Cos per Eckhart l essere non , come per noi, il pi vuoto
di tutti, ma lincommensurabilmente ricco, dives in se . E chi diviene essente entra
nella ricchezza di ogni pienezza dessenza in generale.
Anche in ankara e nella logica indiana la situazione questa, ma non riveste alcun
ruolo per la speculazione teologica. Per questo in lui restano chiaramente validi gli an-
tichi detti delle Upanisad, per cui il brahman sarvam idam, yatkimca jagatym.
b
Anche
per il sat di ankara vale il paragone che spesso applicato a buon diritto all esse
della mistica occidentale, per cui sarebbe quasi lacqua madre
9
che, essendo in s asso-
lutamente semplice ed omogenea (ekarasa), ed essendo solo una , tuttavia contiene in
s fusa e sospesa lintera pienezza di tutti i contenuti dellessere. Non si pu applicare in
modo pi pertinente questo paragone, se non a quella grandiosa posizione fondamen-
tale di ankara nel sesto Prapthaka
10
della Chndogya-upanisad, che ha proprio lintento
di mostrare come lunico sat sia la matrice di ogni pienezza dessenza in genere. E la
sua similitudine del miele
c
ha esattamente il senso dellacqua madre omogenea. Da
questo Prapthaka derivano proprio i due grandi detti:
11
Sad eva idam st agre, ekam
eva, advityam
12
e Sa tm. Tat tvam asi.
13
Anche per la mistica di ankara sono carat-
teristici quei sentimenti di espansione o di allargamento attraverso cui il mistico crede,
se raggiunge lessere stesso, di raggiungere la pienezza infnita dellessere.
b) Ora, se stato ancora possibile defnire le valutazioni precedenti razionali, o
in certa misura tali, per subito evidente che nei due maestri si raggiunge un livello
superiore di valutazione, che introduce un valore completamente irrazionale o, come
diciamo noi, numinoso. A partire da questo grado superiore di valore, lintera specu-
lazione sullessere, sia in Eckhart sia in ankara, non appare pi come la cosa principale,
ma come qualcosa che utilizzato a servizio di unidea diversa e in realt superiore.
Alla luce di questa, allora, lessere stesso si colora in modo peculiare. Esce dalla sfera
razionale, alla quale in prima battuta indubbiamente appartiene. Diviene quasi un ideo-
gramma di qualcosa di totalmente altro . Il totalmente altro dellessere, in Eckhart,
chiaramente e immediatamente visibile, nella misura in cui in lui coincide con lessere
autentico ; il vero essere si presenta in contrapposizione a ci che altrimenti si inten-
de per essere, ossia lessere empirico, come anche possiamo dire. E in lui questo
gradino superiore e la sua essenza irrazionale divengono ancor pi evidenti quando
egli, dopo aver fatto, abbastanza a lungo, dellesse quasi la defnizione essenziale della
divinit, dichiara infne che Dio al di sopra dellessere e anzi piuttosto un nulla.
In ankara questo momento irrazionale si mostra nel fatto che il sat di cui parla deve
essere appunto il brahman, unentit assolutamente meravigliosa, del tutto sopra-razio-
nale, uno yaksa, una cosa assolutamente miracolosa, che si sottrae ad ogni pensabilit.
In entrambi i maestri chiaro che il concetto dellessere puro (anche nonostante i
signifcati valoriali menzionati) appunto il massimo che il concetto o la ratio possono
9
Il termine Mutterlauge appartiene al lessico tecnico della chimica: lacqua madre il liquido che resi-
dua dopo la parziale cristallizzazione del soluto presente in una soluzione.
10
Capitolo, lezione.
11
Otto traduce letteralmente il sanscrito mah-vkya (grande-frase). Tali frasi vengono dette grandi
non per il loro contenuto, bens perch contengono pi di un verbo, ovvero pi di uninformazione.
12
Esso solo era allinizio, unico, senza un secondo.
13
Questo l tman. Tu sei questo.
b
Tutto ci che nel mondo, qualsiasi cosa sia.
c
Cfr. il commentario di ankara a Chndogya 6, 9. Putroppo non ancora disponibile in tedesco.
mistica orientale e mistica occidentale 373
ofrire per avvicinarsi alla cosa cosa somma ; un massimo che per resta al di sotto della
cima e che, in ultima analisi, si rivela essere un mero schema razionale di qualcosa
che in fondo assolutamente debordante, ossia di un numinoso. Sa tm. Tat tvam
asi . Brahmsmi:
14
tutto questo chiaramente qualcosa di pi e di totalmente altro
rispetto allafermazione razionale : io sono divenuto puro essere, sono lessere stesso.
Ed esattamente la stessa cosa quando Eckhart parla dello homo nobilis, delluomo
divinizzato. Qui vi qualcosa di pi delluomo pervenuto al vero esse. Qui qualsiasi
concetto semplicemente inadeguato. E nelle relative spiegazioni, le mere defnizioni
dellessere si allontanano anche in Eckhart a miglia di distanza. Egli le pu dimentica-
re del tutto. Allora non pi nell essere: puramente e totalmente nel miracolo
(come lo chiama), ossia completamente nellambito di una posizione e valutazione
puramente numinoso-irrazionale. E quando impiega ancora lesse e la collatio esse
anche a questo livello, l esse in efetti divenuto esso stesso qualcosa di puramente
miracoloso, completamente incomprensibile e puramente fantastico per lontologo
e il metafsico, ma ben familiare per il teologo. Cos anche nelloriginaria concezio-
ne del brahman. Eckhart dice miracolo, la tradizione delle Upanisad dice carya
15
e
yaksa; e, in ultima analisi, il brahman resta questo anche in ankara. Per quanto si sforzi
di catturarlo nei concetti della sua speculazione come sanmtra, cit, caitanya, jna, egli
deve per lasciarlo come ci che ; ossia come ci
di fronte a cui le parole si rivoltano, e che nessun intelletto raggiunge.
16
In ogni caso, riassumendo a) e b) come il sad eva o esse purum et simplex e come ci che
in verit al di sopra di sat ed esse, come ancora-razionale e come totalmente sopra-ra-
zionale: le due cose sono brahman in ankara e Dio e divinit in Eckhart, qualcosa che
salvifco in modo debordante ed la salvezza stessa. E solo per questo ankara pratica la
sua brahmajijs e Eckhart la sua metafsica dellessere e ultra-essere. Solo per questo
essi speculano, producono dottrine e tentano di annientare dottrine contrarie.
Infatti dice ankara se si volessero assumere sconsideratamente [le dottrine estranee], si po-
trebbe danneggiare la propria beatitudine, e incappare nella dannazione. Per questo deve essere
raccomandata lattuazione della ricerca sul brahman come mezzo per la beatitudine.
d

2. La via della conoscenza
1. I due maestri sono maestri di salvezza: questa la loro concordanza pi profonda.
Ma la via per la salvezza la conoscenza : e questa la seconda concordanza di questi
maestri, uno delloriente, laltro delloccidente.
Pi che per ogni altra cosa, pi che per i contenuti della loro speculazione, pi che
per la meta della salvezza lunit con il divino stesso , questi due mistici sono tra
loro simili, e la loro mistica caratterizzata in modo concordante, per il loro metodo
per raggiungere la salvezza, o meglio per possederla. Il metodo lo stesso e consiste
14
Io sono il brahman.
15
Cfr. DH, supra, p. 312.
16
Taittiriya Upanisad 2, 4.
d
Cfr. il commento di ankara ai Brahmastras nella traduzione di Deuen, p. 10 (Leipzig 1887). Sulla dot-
trina di ankara e della sua scuola cfr. SR. Rmnuja il grande avversario di ankara; ma nel suo opporsi,
egli stesso ofre innanzitutto una esposizione magistralmente chiara e corretta della dottrina da confutare,
quella di ankara e della sua scuola.
saggi 374
nel fatto di non averne propriamente alcuno ! Ogni altro metodo mistico , tutto ci
che artifciale auto-allenamento a vissuti mistici , ci che guida dellanima ,
addestramento, esercizio, tecnica del divenire spirituali, artifciale intensifcazione del
s, profondamente al di sotto e lontano dalla loro via. Questa non una mistica
negli altri sensi del termine. O meglio : un tipo di mistica che, nel suo atteggiamen-
to, pi lontana da altri tipi di mistica che non da parecchie forme di devozione non
mistica.
Senzaltro ankara, conformemente alla tradizione vetero-indiana, riconosce lo
Yoga dalle otto membra. Ma non uno yogin e il samyagdarana non viene ottenuto
mediante Yoga. Allo stesso modo Eckhart riconosce, alloccasione, lantica methodus
mystica, la via purgativa, illuminativa, unitiva. Ma il suo proprio modo non ha nulla a che
fare con quella, che anzi contraddice il suo pensiero fondamentale, perch le opere
della via purgativa, secondo il suo assunto, possono in generale esser compiute solo se
leterno trovato e raggiunto. Prima esse sono morte, non operano nulla e conducono
alla creatura, non a Dio. ( simile il rapporto tra opere e fede in Lutero.) Allo stes-
so modo entrambi sono lontanissimi dallilluminatismo, da contemplazioni e visioni
mistico-occulte, dalla magia o para-magia degli stati extra-ordinari, da attacchi ed estasi
di natura fsica, da stati di eccitazione o ipereccitazione nervosa, da visioni ed esseri
visionari.
Entrambi sono, inoltre, in egual misura contrapposti a ci che nella rispettiva
epoca si presentava come concorrente : noi lo chiamiamo mistica volontaristica ,
ma unespressione assai equivoca perch qui, propriamente, si intende la voluntas
non come volont, ma come sentimento eccitato ; e per mistica si intende ebbrezza
di sentimento di un amore soave che si intensifca fno allamore sponsale. Questo
racchiude in s la ricerca e la tensione verso sensazioni , commozioni e dolci con-
solazioni mediante lerompere e lo scemare di deliziosi stati di dolcezze totalmente
o parzialmente sensuali, la tensione verso la delizia del misterioso rapporto nella
stanza nuziale , lattribuire valore, in generale, ai propri sentimenti e ai propri
stati danimo.
Nellepoca e nellambiente di ankara, il corrispettivo esatto era la nascente bhakti
emozionale, il bhaktimrga al posto del jnamrga. Bhakti e bhaktimrga potevano an-
che essere soltanto i nomi per la via di un semplice amore di Dio e di un rapporto
personale con Dio. Cos, per esempio, inteso in Rmnuja che in questo somiglia a
Lutero. Ma per lo pi era, appunto, anche una mistica volontaristica : una vita del
sentimento determinata in modo fortemente sensuale e spesso sessuale, che, in partico-
lare nellerotica di Kr s na, aveva i suoi paralleli sospetti con la mistica sponsale occiden-
tale. proprio di questa mistica bhakti, cos come di quella volontaristica, il raggiun-
gere l unifcazione con il Sommo, che pensato in analogia con i propri bisogni, nel
debordare del sentimento mediante il confuire in soavi stati damore erotici. A questa
mistica latteggiamento di ankara si contrappone in modo freddo e chiaro, avveduto
e netto: nei suoi scritti, almeno, non troviamo nulla di questo genere; e la via che pre-
scrive , come quella di Eckhart, completamente contrapposta allaltra.
La via di entrambi la conoscenza, il sapere, jna, vidy, samyagdarana: quindi
non un sapere che, quale mero presentimento inesprimibile o quale mero sentimento,
permane nello stato di ci che mistico e pieno di presentimenti. Nessuno pi lonta-
no dalle presunte dichiarazioni fondamentali della mistica: Il sentimento tutto; il
mistica orientale e mistica occidentale 375
nome non che suono e fumo.
17
invece un sapere che deve essere tradotto in una
dottrina tangibile con tutti i mezzi della dimostrazione, dellesposizione e di unacuta
dialettica. Ne deriva uno spettacolo quasi incredibile : questi due annunciatori di qual-
cosa che in ultima analisi assolutamente irrazionale, non coglibile n comprensibile,
che si rifuta ad ogni concetto, di fronte a cui le parole si rivoltano, divengono formal-
mente acutissimi razionalisti nel loro lavoro dottrinale, scolastici rigorosi, e si creano
il loro solido linguaggio tecnico e la loro dogmatica. Tanto pi che con ci ankara, o
meglio la sua scuola, catturano linesprimibile a tal punto, costringono tanto saldamen-
te lirrazionale in formule, elaborano un linguaggio di scuola tanto rigido e solido, che
il sentimento si perde troppo, che lo schermo del mistero sommo quasi sparisce e, al
posto del profondo linguaggio misterico della tradizione Upanisad, compare un sistema
cavillosamente dialettico, con un tipo di pensiero che lavora con capziosit e che scon-
certa con sofsticherie una teoria della conoscenza ed una logica sana; un pensiero che
diviene un controsenso, se non proprio una follia, con metodo. La divinit tacere,
questo tman silenzio , dicono Eckhart e ankara. Ma entrambi parlano molto, ci
spingono in ci che pi inesprimibile, ne annunciano i rapporti pi intimi e cercano
di comunicare ai loro allievi, nel modo pi determinato possibile, ci che essi stessi
ritengono di possedere come una conoscenza chiarita in modo scolastico. In nessun
altro luogo la dottrina ha un ruolo maggiore di quello che ha in questi due mistici.
Insieme essi sono rappresentanti di un tipo particolare di mistica, che si distingue da
altre mistiche: la mistica dottrinale diversa da quella soltanto lirica o che parla per
simboli, o dalla mistica cultuale o da quella completamente silenziosa.
2. Tuttavia, nessuna parola della dottrina, nessuna conoscenza che viene dalla dot-
trina ancora quella che conta, ossia la conoscenza propria delloggetto stesso al quale
ogni dottrina pu soltanto condurre. Proprio in ankara, che sarebbe il primo ad accet-
tare questo principio, sembra che le cose stiano altrimenti. Infatti la conoscenza della
salvezza, secondo lui, deve essere tale solo sul fondamento di unautorit e per accet-
tazione di una dottrina. Ogni conoscenza del brahman e dellunit con il brahman deve
poggiare esclusivamente sullautorit della ruti, della scrittura, in particolare sul suo
grande principio: Tat tvam asi = questo (ossia il brahman) sei tu . Egli vuole essere
senzaltro e interamente teologo della scrittura, teologo dautorit, in quanto vuole
ricorrere alle proprie fondazioni e dimostrazioni solo nella misura in cui esse sono
daiuto nel confutare gli attacchi dellavversario. Ma questa sua afermazione, nella
sua autentica tendenza, mira principalmente a rigettare come impotenti nel trovare il
brahman ogni anumna umano, ogni tentativo del raziocinio, della ricerca naturale,
della rifessione e del ragionamento, del dimostrare e dedurre, del tarka. E questa
afermazione, per cui nessuna rifessione scientifca naturale, nessuna deduzione o
dimostrazione, in breve: nessuna capacit dellintelletto pu raggiungere la cono-
scenza somma, egli la condivide totalmente con Eckhart. In Eckhart questa convin-
zione si esprime in una dottrina delle facolt. Eckhart distingue una facolt propria
per lintelligibile, lintellectus, che non ci che noi usiamo chiamare intelletto, che
anzi si trova al di sopra di ogni capacit dellanima, anche al di sopra della ratio,
della facolt dell intelletto discorsivo, che forma concetti, deduce e dimostra: essa
funziona in modo completamente diverso dalla semplice ratio. (Questa ratio in quanto
17
J. W. Goethe, Faust, i, v. 3457.
saggi 376
intelletto discorsivo corrisponde abbastanza esattamente al tarka.) Egli collega questa
dottrina con quella tradizionale dellintellectus passivus e dellintellectus agens, al cui po-
sto compare Dio stesso o la sua parola eterna, che forma lintellectus passivus e gli d
cos la conoscenza. E questa dottrina confuisce nella sua dottrina mistica della nascita
di Dio stesso nel fondo dellanima. In una forma pi libera, per, egli insegna che Dio
viene conosciuto non con deduzioni o dimostrazioni della ratio, ma in quanto lanima,
svincolata da tutti i concetti, rientra in se stessa e nel suo fondo ; e in se stessa, in quanto
specchio della divinit, luogo in cui Dio stesso entra ed esce, luogo che anzi divino ed
Dio, ottiene la conoscenza. Queste ultime dottrine hanno, a loro volta, i loro esatti
paralleli nella mistica dellIndia, persino nelle sue formule : tmani tmnam tman!
Nelltman conosco ltman soltanto mediante ltman . Solo mediante ltman; il che
signifca: non mediante la capacit degli indriya (sensi) o del manas (senso comune) o
del buddhi (attivit intellettuale-razionale), ma senza tutti questi organi e mediazio-
ni, immediatamente, per mezzo dello stesso tman. Ltman, ossia : ltman-brahman.
Nelltman, ossia: nella profondit del proprio tman. Dice inoltre ankara e anche
questo un parallelo che brahman-tman non capace, n ha bisogno di una dimo-
strazione. svasiddha. Si attesta da s. Di per s non coglibile, infatti, il fondamento
della possibilit di ogni coglimento, di ogni pensiero, di ogni conoscenza. Anche chi lo
nega, in quanto pensa, rifette e aferma, lo presuppone. Soprattutto, per, per lui vale
che la conoscenza a partire dalla scrittura in generale soltanto provvisoria. Lautenti-
ca conoscenza ci che egli chiama intuizione in proprio, il darana. Questultima
tanto poco un avere visioni, quanto lo in Eckhart il conoscere. piuttosto il divenir
consapevoli del proprio essere brahman , un intuitus, un sorgere dellintuizione, un
compimento intuitivo di ci che la scrittura ha insegnato. Questo divenir consape-
voli non pu essere operato, n ottenuto raziocinando. Non un opera. Si veri-
fca oppure no, indipendentemente dalla nostra volont. Deve esser visto. Si accende
con la parola dei Veda e con la considerazione approfondita (pratyaya) di questa. Ma
intuizione in proprio. Sorge come un aperu (Goethe). Allora ogni parola dei Veda
diviene superfua ; e studio e considerazione si interrompono.
Solo per colui nel quale questa consapevolezza non interviene, per dir cos, dun colpo (con lap-
prensione del grande detto: Tat tvam asi), solo per costui il ripetuto pratyaya della parola dei Veda
la cosa giusta (Brahmastra, 690).
In Eckhart la stessa cosa: e non si potrebbe descrivere in modo pi esatto il tipo di
conoscenza che anchegli intende; solo che in lui questa visione ha, per dir cos, qual-
cosa di molto pi quieto. Non irrompe, non esplode in un atto particolare, non si rende
nota e ci se ne accorge appena. piuttosto una funzione permanente e globale, un
elemento universale fnemente distribuito nella vita dellanimo. Per questo in Eckhart
non si trova da nessuna parte una teoria in proposito tanto esatta come in questo passo
di ankara.
In entrambi il contenuto di questo intuitus, i suoi gradi o lati, potrebbe essere senzal-
tro separato dalle loro speculazioni condizionate dallepoca e astruse per il nostro sen-
timento; e potrebbe essere espresso nel modo nostro. In Eckhart facilissimo. Qui il
vero contenuto chiaramente estraibile per chi sia in una qualche misura capace di
empatia. Ma quel che si trova in lui concorda col brahmadaranam di ankara; solo che
in questultimo, il quale non un predicatore come Eckhart e non ha il dono magico
di far forire nellanima del lettore ci che vuole e intende mediante la creativa potenza
mistica orientale e mistica occidentale 377
del linguaggio, non riesce ad avvicinarsi al sentimento nello stesso modo. E bisogna
prima rompere il guscio secco della sua speculazione e riscoprire i tratti viventi, fusi nel
suo brahman, dellantica mistica indiana quale vive nelle Upanisad e nei Purna, per
riconoscere anche qui pi precisamente qualcosa di simile.
3. Un simile intuitus mysticus, dicevamo, in modo concordante a fondamento della
dottrina di ankara e di quella di Eckhart, ed lautentica scaturigine delle loro curio-
se afermazioni e del loro pathos elevato. Certo, entrambi velano questo fatto nella
loro dialettica: e anche questo una specie di parallelo tra i due. ankara, o meglio
la sua scuola, si sforza in ogni modo di ottenere le proposizioni della dottrina anche
dialetticamente. Si tenta di dimostrare che la coscienza coglie sempre solo lessere, non
lesser-cos; che lesser altro e la modifcazione, anche dal punto di vista logico, non
concepibile; che il jna sempre unitario e identico a s, non-divenuto e imperituro.
E, come gli allievi degli Eleati, difendono la loro dottrina delluno, indiviso, indetermi-
nato, gravando lavversario delle aporie della percezione e del pensiero.
e
Daltra parte,
Eckhart difende a tal punto la sua dottrina con la dialettica scolastica, utilizza a tal pun-
to i momenti platonici della sua tradizione per stabilire scientifcamente lipsum esse e
per raggiungere, partendo da qui, gi molte delle sue afermazioni mistiche rationaliter,
che si arriva facilmente anche in lui a vedere gli alberi, ma non la foresta. Ma la sua
mistica non il risultato di una scolastica che casualmente ha una coloritura maggior-
mente platonica, che per giunta fraintende Platone. Al contrario : in lui il fondamento
un peculiare mysticus intuitus, che naturalmente pescava nel suo ambiente e utilizza-
va come mezzi dialettici concetti e ragionamenti platonici, logica e realismo platoni-
ci, dottrina della conoscenza e dottrina dellessere, i quali per divengono abbastanza
spesso per la cosa stessa velamenti, schermature e gusci che rapidamente esplodono.
Senza questi ausilii assai dubbi forse il suo scopo si sarebbe forgiato in modo pi puro
e chiaro un proprio linguaggio simbolico. Ma egli se lo forgiato. Tale linguaggio, con
la sua capacit fgurativa e la sua impetuosa plasticit, incrocia costantemente i termini
degli scolastici. Ed completamente sbagliato vedere in esso soltanto lornamento o
la forma despressione poetica dei suoi termini scientifci. Tutto al contrario : questi
sono razionalizzazioni e trasposizioni artifciosamente dottrinali di qualcosa di proprio
e di sorgivo che assai pi vivo e totalmente indipendente da loro. Proprio quel lin-
guaggio parla nel modo pi immediato e viene compreso in s. Tutta la sua speculazio-
ne scientifca soltanto unidea smagrita in concetto.
4. Notevolissimo il rapporto di parallelismo tra i due rispetto alla doppia specie di
questo intuitus nel collegamento e nella mescolanza dei suoi momenti duplici. Su que-
sto, diciamo ancora qualcosa di pi preciso. La diversit di tipi di mistica ci si far par-
ticolarmente chiara. In pari tempo ci sar possibile stabilire in misura ancora maggiore
il tipo particolare di concordanza tra ankara ed Eckhart, che in loro consiste nel fatto
che concordante la specie della connessione tra due tipi fondamentali.
Lintuitus mysticus tanto poco sempre lo stesso o qualcosa di in s unitario, quanto
poco lo la mistica. diversissimo quanto a specie e contenuto.
a) Un primo tipo si connette con la massima mistica: La via misteriosa va verso
linterno.
18
Allontanamento da ogni esteriorit, ritorno alla propria anima, alla sua
profondit, sapere di una profondit misteriosa e della possibilit di entrare e tornare
18
Novalis, Blthenstaub, 1798.
e
Cfr. su questo in particolare SR, pp. 34-41 e lacuta confutazione di Rmnuja, pp. 42-65.
saggi 378
in s; la mistica come sprofondamento propria di questo tipo a): sprofondamento in
s per raggiungere nellinterno di s lintuitus, per trovare qui linfnito, o Dio, o il brah-
man: tmani tmnam tman. Qui non si guarda al mondo. Qui si guarda solo dentro
di s. Per lintuizione fnale non necessario un mondo : qui vale solo Dio e lanima .
E questo intuitus andrebbe avanti anche se non ci fosse alcun mondo: anzi, molto pi
facilmente.
f
b) Contrapposto a questo innanzitutto un intuitus di specie totalmente altra :
lekatdarana, lintuizione dellunit di contro alla molteplicit. In prima battuta essa
non sa nulla dellinteriorit. Guarda al mondo delle cose. E nel guardare ad esse, dalla
profondit di una disposizione mistica che noi, secondo quanto la valutiamo, possiamo
assumere come curiosa fantasia o come sguardo profondo su stati di cose eterni, si svi-
luppa una intuizione o una conoscenza di specie sommamente propria. Dobbiamo
chiamarla intuizione dellunit, perch unit la sua parola dordine, mediante la
quale soltanto essa si manifesta. Ma non possiamo ritenere di avere, con questa parola,
una spiegazione sufciente della cosa stessa. Lelemento meramente formale, infatti,
per cui qualcosa viene intuito nellunit o come unit, non dice in realt quasi nulla ; so-
prattutto non dice nulla sul perch questo essere nellunit sia tanto interessante, tanto
appassionante da togliere il fato, tanto carico di valore, tanto solenne, tanto apportato-
re di redenzione e beatitudine. Questo momento dunit solo, per dir cos, il pennello
di un sommergibile che si trova sottacqua e che resta visibile solo dalla superfcie.
lunico momento che si lascia, in certa misura, cogliere e prendere in considerazione. E
anche questo in modo solo molto imperfetto. Cos, infatti, questa unit? Certo non
tale da esser determinabile o identifcabile con una qualche forma logica dellunit.
g
Ora, questa intuizione dunit graduata. Con ci non intendiamo che la gradazione
consista necessariamente in livelli di sviluppo esterni luno allaltro e successivi nella
storia dellesperienza mistica o nel vissuto del singolo mistico. Intendiamo piuttosto
una gradazione che sembra risiedere in modo essenziale nellessenza della cosa stessa.
Ossia :
) Le cose e laccadere, in quanto lo sguardo contemplante li coglie, non sono
pi qualcosa di molteplice, separato, diviso, ma sono, in modo indicibile, un tutto, una
cosa unica. In modo indicibile. Se infatti si aggiunge che formano un tutto organico
o una vita del tutto o simili, queste sono interpretazioni razionalistiche della cosa,
tratte dalluso del linguaggio scientifco : al massimo sono analoghe, ma non adeguate.
Inoltre ogni diversit sparisce: le cose, cio, non sono pi distinte come luna e laltra.
Anzi, questo quello e quello questo. Qui l e l qua. Questo non signifca innan-
zitutto che tutte le cose in generale spariscono quanto alla loro pienezza e ricchezza
f
Questo intuitus spinge verso la conoscenza di s , verso lo studio dellanima e la psicologia, si connet-
te speculativamente con la teoria della conoscenza o trapassa in questo e quello. Se le sue idee si smagrisco-
no diventano concetti come conoscenza innata , conoscenza a priori, o anche coscienza in generale .
E nella storia della flosofa si pu seguire bene il processo graduale di questo smagrimento dellidea e della
sua consunzione in scienza.
g
Anche questo intuitus mistico ha i suoi corrispettivi scientifci . In questa direzione vanno i concetti
scientifci di totalit, di universo, di sistema del cosmo, che viene pensato in modo vitalistico come un
sistema di sostanze in azione reciproca in corrispondenza con lorganismo, in modo meccanicistico-ma-
tematico come sistema di masse e di energia ; in questa direzione va anche il concetto di legalit scientifca.
E forse i concetti fondamentali della flosofa della natura sono stati davvero, come si sostenuto, tratti
dallo spirito della mistica come disjecta membra, come membra defogistizzate e disanimate di intuizioni
originariamente mistiche.
mistica orientale e mistica occidentale 379
dessenza, ma che ciascuna e tutte sono una sola e medesima cosa. Si ottiene qui la
peculiare logica della mistica che sospende due leggi fondamentali della logica na-
turale: il principio di contraddizione e quello del terzo escluso. In pari tempo, per,
interviene ci che si chiama la visione sub specie aeterni, ossia non soltanto la nega-
zione della forma usuale dellesser insieme delle cose nello spazio e nel tempo, ma un
ordine positivo del loro essere insieme, di specie superiore, ma indicibile. E con ci si
connette, in concomitanza col divenir uno delle cose e soltanto questa la cosa pi
essenziale quel che si deve chiamare una trasfgurazione delle medesime. Esse diven-
gono quasi trasparenti, risplendono,
h
divengono visioni. Come dice Eckhart, vengono
viste il che connette allo stesso tempo lultimo momento menzionato con quello sub
specie aeterni in ratione ydeali, ossia nella loro idea eterna.
Ora, come ha luogo lidentifcazione di tutte le cose con tutte, cos anche quella di
chi intuisce con lintuito: unidentifcazione che chiaramente diversa e diversamen-
te si realizza rispetto a quella della prima via, la via verso linterno. Qui infatti non si
parla di anima e del suo divenir uno con lAltissimo. N si rifette sullanima del
contemplante, ma semplicemente su lui stesso. lui, infatti, ci che ciascuna cosa . E
ciascuna cosa ci che lui.
Lintuitus mysticus pu fermarsi a questo grado. Laccadimento dellesperienza mistica
pu essere descritto e indicato semplicemente con questo, senza procedere oltre. Lespres-
sione indiana per tale grado allora semplicemente: non guardare pi nientaltro.
) Procediamo oltre. Il molteplice viene contemplato come uno, dicevamo
allinizio. Viene quindi intuita ununit. Ossia : questo uno ora non la mera connessio-
ne del molteplice, ma un peculiare correlato di questo. L uno diviene Uno. Non
pi una predicazione del molteplice. Quellafermazione diviene dunque lequazione:
molteplice = Uno. Il molteplice lUno e lUno il molteplice. E le due proposizioni
continuano a non essere equivalenti. LUno viene in primo piano. Lunit non risulta-
to del molteplice, n il rapporto tale che lunit e la molteplicit siano reciprocamente
luna lesito dellaltra. sullUno, invece, che ora cade laccento. LUno viene in primo
piano rispetto al molteplice, e precisamente nei seguenti tre gradi intermedi : Il mol-
teplice viene intuito come Uno ; il molteplice viene intuito nelluno (e solo cos con-
templato correttamente); lUno viene intuito nel molteplice . LUno stesso diviene ora
oggetto dellintuizione in quanto ci che sovraordinato e preordinato al molteplice.
Esso il molteplice, non come il molteplice lUno, ma come il principio del molteplice
che al fondo di questultimo, che porta il molteplice, che il molteplice in quanto
lo essenzia (weset), lo essera (seint), lo essa (istet). Gi qui lUno attira distintamente lo
sguardo su di s, attira a s il valore del molteplice, sommessamente diviene ci che
autenticamente di valore nel e dietro il molteplice.
) Cos ci che aveva cominciato come forma del molteplice si fa avanti come lauten-
tico che al di sopra del molteplice. Solo un piccolo passo oltre, e si fa avanti persino
in contrapposizione al molteplice. Il molteplice, identico ad esso, entra con esso in ten-
sione, svanisce. Svanisce o sprofondando nellindivisibilmente Uno, come in Eckhart, o
divenendo il velo oscurante dellUno, il miraggio della my in avidy.
Con ci il senso dei termini unit e Uno si trasforma. Unit e esser uno ave-
vano un signifcato innanzitutto nel senso della sintesi (misteriosa) del molteplice, che
nessuna delle nostre categorie razionali di sintesi possibile poteva rendere, e che tuttavia
h
Cos vedo in tutte leterno ornamento, canta Linceo [J. W. Goethe, Faust, ii, 5, v. 11297.].
saggi 380
era sintesi. Ma da questa unit sintetica, da unum, nel senso dellunitario, diviene ora una
unit in quanto Uno e Unici-t (Allein-heit). Il che signifca: da unitario diviene unico, da
tutto-uno tuttuno, eka. In pari tempo, in an kara il rapporto delloriginaria immanen-
za, ossia dellimmanenza dellunit nelle e alle cose, dunque limmanenza delle cose
nellUno, si ribalta nella completa trascendenza. Il regno del molteplice ora il completo
e malvagio opposto del regno dellUno; mithy e bhrama (errore). In Eckhart, in con-
formit con lelemento specifco della sua speculazione, limmanenza pi viva dellUno,
che si comunica, resta comunque tale, ma allo stesso tempo al di sopra di questo si inar-
ca lUno in trascendenza quasi assoluta nel silente deserto della divinit, nel quale mai
venne la distinzione secondo la molteplicit. Il grado ) resta connesso al ).
Possiamo chiamare le due vie descritte in a) e b) : via dellintuizione interna e
via dellintuizione dunit . Esse producono due tipi senzaltro distinguibili di mi-
stica, che possono essere pensati come separati e persino in concorrenza luno con
laltro. In Eckhart tanto quanto in ankara (o, meglio, nella direzione mistica che
ankara e la sua scuola riassumono e compiono) entrambe le vie sono confuite : in
ankara perch nella tradizione indiana erano da lungo tempo confuite ; in Ekchart
per un motivo simile. Nello stesso tempo, per, Eckhart ancor meno di ankara
solo il rappresentante di una tradizione. Tutto ci che trdito viene generato di
nuovo in modo originale. Anche la fusione dei due tipi di mistica, e in particolare
lardente compenetrazione reciproca di entrambi in lui sgorgata dal proprio cuore
pi che da modelli precedenti.
3. Fronti comuni
3. 1 Il fronte comune contro la mistica degli illuminati
N la mistica di Eckhart, n quella di ankara, gi lo dicevamo, hanno qualcosa a che
spartire con la mistica come illuminatismo, con fantasie da visionari, con esseri oc-
culti o con la smania di miracoli. Per quanto il suo oggetto sia completamente irra-
zionale, per quanto il suo mondo sia totalmente contrapposto a tutto ci che ra-
zionale , per quanto essa si fondi e culmini nel totalmente irrazionale, per quanto il
conoscere di Eckhart e il darana di ankara siano completamente diversi da intellet-
to, rifessione, elaborazione propria mediante operazioni logiche della nostra facolt di
pensiero razionale, diversi da ratio e tarka, tuttavia hanno in s qualcosa di razionale,
hanno luminosit, chiarezza, e si trovano nella maggiore contrapposizione possibile
ad ogni misticismo. Di pi : lilluminato luomo dei miracoli, che riceve rivelazioni
private, lumi celesti mediante il miracolo soprannaturalistico di visioni magicamente
sovrannaturali. Egli si apre il suo proprio squarcio privato nel velo che davanti al so-
prasensibile e in singoli lampi di luce gli arriva lapocalittica, loracolo, il comando. Qui
si completamente immersi nella contrapposizione tra soprannaturale e intranaturale.
Questa contrapposizione di tipo fsico e forze, stati, esperienze vengono qui classifcati
secondo la contrapposizione di physis e hyperphysis. Lintuitus mysticus, per, al di l di
questa contrapposizione : mistero, non prodigio ; profondit, fondo dellanima ,
divino, ma non nulla di magico. Conosce la distinzione di naturale e soprannatura-
le, che per non propriamente ontologica, ma una distinzione di senso e di valore.
Un tale intuitus non nulla di soprannaturale, non un donum superadditum, ma
lessenziale. miracolo, ma non prodigio ; per questo viene sempre scambiato dal
soprannaturalista con la semplice ragione . Gi Eckhart deve prendere le distanze
dallidea per cui egli insegnerebbe la semplice ragione.
mistica orientale e mistica occidentale 381
Se l idea del mysticus intuitus trapassa nel profano concetto , allora da questo
intuitus non deriva la semplice ragione , ma la ragione pura , che si contrappone alla
percezione sensibile e alla ragione in quanto facolt dellintelletto soltanto riprodut-
tiva. Anche in questa forma, in questa idea smagrita dellintuitus mysticus perch
questo la ragione pura resta, sebbene assai impallidito, un ultimo elemento solen-
ne, sublime, qualcosa delloriginario carattere di miracolo . La ratio pura resta qual-
cosa di creativo , come ben si dice, una facolt dei principi , una facolt delle idee,
una facolt di trascendere la percezione sensibile in idee. Essa per, in pari tempo,
la facolt di produrre una conoscenza universale e necessaria. E proprio questo ca-
ratteristico della mistica di Eckhart e della diferenza, che davvero la pi profonda
possibile, rispetto ad ogni mistica da illuminati. Lilluminato racconta le sue visioni
in sogni che ha solo lui. E i suoi fedeli le assumono sulla base della sua autorit. Ma
Eckhart non racconta mai cosa egli cerca, cosa egli conosce. Per lui il soggetto della
conoscenza non questo o quello, non chi ha talento o particolarmente teoforo ,
non un qualche individuo oracolare o dotato per il raptus : lanima . Lanima : a
prescindere dal portatore contingente ; lanima in quanto penetra nel suo fondamento,
nella sua profondit, in quanto diviene essenziale e non lascia che la dispersione nella
creatura o nelle facolt ostacoli quella conoscenza che profondamente nascosta in lei
stessa, che in lei deve scaturire in modo universale e necessario se nel raccoglimento
medita su se stessa.
Altrettanto poco ha a che fare con la mistica per illuminati il samyagdarana di
ankara. Brahman e brahmanjna eterno, luniversalmente siddha e svasiddha,
presente nelltman stesso come conoscenza, risiede nascosto sotto ogni avidy come
insuperabile, soltanto oscurabile, indimostrabile perch autodimostrato, non bisogno-
so di alcuna dimostrazione perch ad ogni dimostrazione dona il fondamento della
possibilit. Queste proposizioni si avvicinano alla conoscenza di Eckhart e alla dottrina
di Agostino della aeterna veritas in anima, che, di per s immediatamente certa, fonda-
mento di ogni certezza in generale.
3. 2 Il fronte comune contro la mistica naturale
Chi aferma lunit e lomogeneit di ogni mistica dovrebbe per esser sorpreso al-
meno da una contrapposizione che si impone da s facilmente e in modo stringente
anche ad un osservatore superfciale: quella tra mistica spirituale e mistica naturale.
Certo, alcuni momenti formali sono concordanti, e per questo le si chiama entrambe
mistica: la spinta allunit, il sentimento di identifcazione, la scomparsa dellaltro,
la scomparsa della contrapposizione di particolare e universale, lintera logica mistica
in contrapposizione a quella razionale. Tuttavia in esse si nasconde una tonalit emoti-
va completamente diversa. Si ascoltino i versi scroscianti di Jall ad-Dn (nella superba
traduzione di Rckert
19
):
Sono il pulviscolo nel sole, sono il globo solare.
Al pulviscolo dico: fermati. Al sole: sorgi.
Sono il lume del mattino. Sono il respiro della sera.
Sono lo stormire del bosco, le onde del mare.
Sono lalbero, il timone, il timoniere, la nave.
19
Friedrich Rckert (1788-1866), poeta e orientalista, nel 1819 tradusse una raccolta di 42 ghazal (forma
poetica della tradizione lirica persiana) di Jall ad-Dn Rm.
saggi 382
Sono la scogliera di corallo su cui naufraga.
Sono lalbero della vita, e il pappagallo che vi si posato.
Il silenzio, il pensiero, la lingua e il suono.
Sono il sofo del fauto, sono lo spirito delluomo.
Sono la scintilla nella pietra, il luccichio doro nel metallo,
la candela e la falena che le vola intorno,
la rosa e lusignolo che se ne inebria.
Sono la catena degli esseri e lanello dei mondi,
la scala della creazione, lascesa e la caduta.
Sono quel che e non . Sono tu lo sai,
Jall ad-Dn, dunque dillo sono lanima nel tutto.
Questo il sentimento mistico naturale del nostro stadio nel suo passaggio a .
Tutti gli elementi formali l indicati tornano qui : e per quanto individualmente de-
terminata qui la tonalit emotiva e il contenuto desperienza ! Non un sofo di questa
tonalit si trova in ankara. Anche Eckhart non ne sa nulla. E questo tanto pi degno
di nota, soprattutto in Eckhart, quanto pi per lui Dio ha in s proprio la pienezza di
ogni essentia di tutte le cose. quel che tutte le cose copiano, rispecchiano ; quello
a cui tutte prendono parte . In ci sarebbe davvero data la migliore base teoretica
per questo sentimento mistico naturale di Jall. Ma la mistica di Eckhart, come quel-
la di ankara, appunto mistica spirituale e non naturale. Questultima ci che si
esprime in Jall : la vita nelluno-tutto della natura, in modo tale che ogni peculiarit,
ogni particolarit delle cose di natura viene insieme sentita in se stessi : si danza con
il pulviscolo e si splende con il sole, ci si illumina con laurora, si mormora con i fut-
ti, si profuma insieme alla rosa e ci si inebria con lusignolo ; si e si vive in s ogni
essere, ogni forza, ogni delizia, ogni piacere, ogni pena in tutte le cose, nellindivi-
sione. La sconfnata diferenza rispetto alla mistica di Eckhart che in quella di Jall
luno-divino viene pensato e vissuto a partire dallessenza e dalla delizia della natura ;
mentre in Eckhart esattamente al contrario : le cose e lessentia delle cose vengono
pensate a partire dal senso del divino, che completamente contrapposto alla natura,
e a partire dal valore del divino, che valore di spirito e non di natura. Quella di Jall
mistica romantica,
i
presuppone un sentimento della natura altamente sviluppato,
quale non n in Eckhart, n in ankara ; essa , fn nelle forme supreme di astrazione,
un naturalismo sublimato e per questo trapassa tanto facilmente nella concupiscen-
za della mistica erotica. ankara ed Eckhart, per, scelgono linfnito dello spirito ,
della conoscenza : Eckhart, in particolare, lo riempiva con valori che sono anche al
di sopra di questi. Quel che c in Jall si soliti chiamarlo, con James, sentimento di
espansione , di allargamento . Tali sentimenti sono noti, in efetti, anche alla mi-
stica indiana : il divenir sarva, lesser-tutto e il conoscersi come tutto. E certamente si
addice anche ad Eckhart che nellintuitus lanima si allarghi alluniverso . Ma questo
allargamento alluniverso passa, per dir cos, da sopra, passa per brahman-tman e per
Dio e per lunit con Dio. E i suoi contenuti sono perci tipicamente diversi rispetto
a quelli della mistica di natura.
Lo stesso vale della formula: mistica signifca avere linfnito nel fnito o della deno-
i
San Francesco, nel suo Cantico delle creature, mostra maggiore afnit alla tonalit emotiva del cantico
di Jall che non il mistico Eckhart.
mistica orientale e mistica occidentale 383
minazione mistica dellinfnit. Come il concetto infnito, in generale, se non viene
chiarifcato rigorosamente dal punto di vista terminologico, soltanto unespressione co-
moda per lasciare non chiarito il problema stesso, cos la mistica dellinfnit, in s, non
nulla, o al massimo quel momento dellallargamento. Sul contenuto dellesperienza,
per, non esprime nulla, e infnito pu essere la forma dei contenuti pi disparati.
Come la religione qualcosa di molteplicemente diverso in s, come c una religio-
ne di natura e una religione dello spirito e parecchie altre diferenze di tipo, cos c
una mistica di natura, una mistica dello spirito e parecchie altre diferenze tra tipi
di misitca. E queste diferenze si mostrano in Oriente e in Occidente, ma non si riparti-
scono tra Oriente e Occidente. In ankara ed Eckhart ci si fa chiaro come nello spirito
dellOriente e in quello dellOccidente siano sorti tipi di mistica, e connessioni tra tipi,
uguali o molto simili. Essi rivelano parentele spirituali dellanima umana che vanno al
di l della razza, del clima e della regione. In loro si fa chiaro che:
East is east, and west is west.
Still they meet, have met and will meet.
Appendice
Sul primo grado della seconda via
(cfr. il punto 2.)
Abbiamo detto che questo grado dellintuizione dellUno non necessariamente una
posizione a s stante, che lanima mistica dovrebbe attraversare prima di spingersi a
quello superiore. Ma certo esso pu anche presentarsi in modo specifco e restare di per
s ; in tal caso, il suo motto questo: non vedere a nientaltro, non intuire diferenza,
ma intuire non-dualit.
Si riconoscer subito questo grado come meramente preliminare, non appena in-
tervenga quello superiore : intuire luno. Ma questa ulteriore esplicazione dellintuitus
pu, per dir cos, restare dietro lorizzonte e latto dellanima pu fermarsi sostanzial-
mente al primo grado. In ogni caso gi in s un momento caratteristico della posizio-
ne spirituale mistica. Ed interessante raccogliere testimonianze in cui lesperienza
determinata unilateralmente, o comunque prevalentemente, da questo. Il che accade
chiaramente nel capitolo 2, 16 del Visnupurna, che traduciamo di seguito:
1. Ma dopo mille anni Ribhu giunse
alla citt di Nidgha, per donare a costui la conoscenza.
2. Lo scorse allesterno della citt,
proprio mentre vi stava entrando il Re con un grande seguito,
3. che restava fuori e si teneva lontano dalla ressa del popolo,
la gola seccata dal digiuno, mentre tornava dalla foresta con legna da ardere ed erba.
4. Avendolo visto, Ribhu and da lui e lo salut
e disse : Perch, o Brahmano, te ne stai qui solo?
5. Nidgha disse : Guarda la ressa del popolo intorno al Re,
che vuole entrare nella bella citt. Per questo me ne sto qui.
6. Ribhu disse : Chi di costoro il Re? E chi sono gli altri?
Dimmelo, perch mi sembri informato .
7. Nidgha disse: Quello che cavalca sullelefante focoso che svetta come la cima di un monte,
quello il Re. Gli altri sono il suo popolo .
saggi 384
8. Ribhu disse : Mi indichi questi due, il Re e lelefante, insieme,
senza che siano distinti da un contrassegno.
9. Indicami anche il contrassegno.
Vorrei sapere chi lelefante e chi il Re.
10. Nidgha disse : Lelefante quello che sta sotto. Il Re quello che si trova sopra di lui.
E chi non conosce il rapporto tra chi porta e chi portato!.
11. Ribhu disse : Insegnamelo, perch lo conosca anchio.
Che cos ci che viene designato con la parola sotto? E cosa signifca sopra?.
12. In un baleno Nidgha gett il Guru a terra e si sedette sopra di lui :
Ascolta, dunque. Voglio dirtelo: Io, quello che tu stai interrogando,
13. sono sopra, come il Re. E tu sei sotto, come lelefante.
Per tua istruzione ti do questo esempio .
14. Ribhu disse : Se tu, dunque, sei nella posizione del Re e io in quella dellelefante,
allora dimmi ancora questo : Chi di noi due tu, chi io?.
15. Allora Nidgha gli aferr subito i piedi :
In verit tu sei Ribhu, il mio Maestro.
16. Perch nessun altro spirito tanto consacrato con la consacrazione della non-dualit
quanto quello del mio Maestro. In questo riconosco che tu Ribhu, mio Guru, sei venuto.
17. S, per donarti linsegnamento e a motivo della disponibilit che in passato mi hai dimo-
strato, io, di nome Ribhu, sono venuto da te.
18. Quello che ti ho appena insegnato brevemente
il nocciolo della verit somma la completa non-dualit (advaita).
19. E dopo aver cos parlato a Nidgha, il Guru Ribhu se ne and di nuovo.
Ma Nidgha, ammaestrato da questo chiaro insegnamento, si volse totalmente alla non-
dualit.
20. Da allora in poi vide tutti gli esseri non-diversi da se stesso.
E cos vide il brahman. E perci ottenne la liberazione suprema.
21. Cos anche tu, uomo di legge, comportati nello stesso modo verso te stesso, verso il nemico
e lamico, nella conoscenza delltman che attraverso tutti si estende.
22. Perch come il cielo viene visto con le diferenze di bianco e blu, sebbene sia uno,
cos anche ltman, sebbene uno, viene visto per illusione nella separatezza.
23. Tutto ci che sempre qui lUno, Acyuta. Non vi nientaltro che sia da diverso da lui.
Egli me, egli anche te, egli tutto questo che tman. Abbandona lillusione della mol-
teplicit.
24. Cos ammaestrato da lui, il Re ottenne la visione della realt suprema, e abbandon la mol-
teplicit.
In questo esempio, la gradazione dei momenti e dei livelli dellintuitus straordinaria-
mente chiara e quasi programmatica. Nidgha non coglie qui subito lUno stesso,
come tman o come brahman o come il Vsudeva eternamente uno. La visione comincia
invece con il fatto che la diversit, separatezza e molteplicit per lui sono sparite ed egli
vede in modo non separato. Questo quello e quello questo, e tutto uno. Perci le
domande che si fngono ingenue dei versi 6-11. Dove la diversit della percezione sensi-
bile e spaziale si vuole afermare, l essa si frantuma in io e tu (verso 14). Io tu e tu io.
E con questa intuizione tramonta anche la diversit delle cose dal s imposta dai sensi
(verso 20 a) e la diversit in generale. Egli intuisce ladvaitam in generale: fn qui porta
il verso 20 a. E solo ora il verso 20b prosegue: tath brahma = e cos anche il brahman,
che ora si fa avanti come lUno stesso dietro la non-diversit.
Si paragonino a questi i ragionamenti che si trovano anche in Eckhart. Se si aguzza
molto la vista, si osserver anche qui in prima battuta la tenue luce, per dir cos, di
mistica orientale e mistica occidentale 385
quel fuoco fatuo che consiste nel non guardare ad altro, alla dualit, al diverso :
una luce che subito diviene quella superiore e che per, anche senza questultima,
gi illumina.
Finch lanima coglie qualcosa di distinto, essa non ancora come deve essere. Finch ancora
qualcosa guarda fuori o guarda dentro, ancora lunit non presente. Maria Maddalena cercava
Nostro Signore nel sepolcro ; cercava un morto e trov due angeli vivi. E ne era scontenta ! Allo-
ra gli angeli dissero: di che ti angusti? Come se volessero chiedere: Cerchi soltanto un morto e
trovi due vivi ? (Non molto meglio?) Allora avrebbe potuto ribattere: Questo appunto il mio
lamento e la mia angustia, che trovo due e cercavo solo uno.
Finch il creato si rende noto allanima in modo distinto, essa sente pena. Tutto ci che
creato o che pu esser tale un nulla. Ma ogni esser creato, ogni poter esser creato estraneo
a quello (ossia per la cosa stessa contemplata nella sua ratio ydealis). qualcosa di unitario, rife-
rito a s, che non riceve nulla dallesterno (ossia da una causa efciens o afciens presente oltre a
quella
20
in separatezza).
l
Si cerchi ora di riprodurre il sentimento del fatto che questo chiaramente un passag-
gio ad un grado superiore dellintuitus mysticus, e si veda in pari tempo quanto inavver-
titamente il primo grado scivola in quello superiore, quando Eckhart in un altro passo
dice:
Ma fnch lanima intuisce una fgura (nmarpe, mrti), fosse pure un angelo, fnch intuisce se
stessa come qualcosa di fgurato, vi in essa unimperfezione. Intuisca pure Dio (come qualco-
sa che le si trova personalmente di fronte) come qualcosa di fgurato, come Trinit: vi in lei
unimperfezione. Se per tutto ci che fgurato svincolato dallanima, ed essa intuisce ancora
leternamente-uno, allora la pura essenza dellanima sente lessenza pura, non fgurata, delluni-
t divina : che gi pi unoltre-essenza. O miracolo dei miracoli, che patire nobile questo,
ch lessenza dellanima non sofre illusione o ombra di distinzione, neanche solo nel pensiero
e nel nome. E si afda allUno soltanto, senza alcuna molteplicit e distinzione. Nel quale ogni
determinatezza e propriet va perduta (propriet sempre propri-t, separazione e particolariz-
zazione) ed uno. Questo Uno ci rende beati (Bttner, II, p. 83.).
E altrettanto inavvertitamente in Eckhart si pu anche riportare il grado superiore,
lintuizione delleternamente-uno, a quello inferiore, al semplice intuire senza distin-
zione.
Alla fne del paragrafo Purna, luno brahman viene dichiarato leterno uno Acyuta,
ossia Vsudeva. Questo signifca : nel mistero di questo uno fondamentale viene con-
temporaneamente assunto il regno dellautentico valore di Dio, corrispondentemente
alla tendenza dellintero Visnupurna. Questultimo insegna infatti ladvaita che il brah-
man desidera contemporaneamente colmare con il valore di sentimento del teismo e
della bhakti personale, come anche Eckhart. E in entrambi ci non inconseguente.
Cosa signifca, infatti, inconseguente in questa sfera?
Per quanto riguarda la specie dellintuitus istruttivo il modo in cui esso si accende in
Nidgha. Il Maestro non gli espone una dottrina delltman o del brahman, non gli spie-
ga una teoria sullunitotalit, non gliela impone con le aporie logiche del molteplice.
Questultima cosa sempre e soltanto un afare posteriore, che interviene nel punto in
20
Sc. : la cosa stessa.
l
Meister Eckhart, Schriften und Predigten, tradotto dal medio-alto tedesco da H. Bttner, 1912
2
, i, pp.
143-144.
saggi 386
cui la prima capacit dellintuitus stesso gi svanita. Ma il suo procedimento ha una
notevole somiglianza con il metodo del kan nella scuola Dhyna, di cui ho parlato
altrove.
m
Attraverso una domanda sconcertante che improvvisamente blocca lallievo,
il quale fno a quel momento sapeva rispondere in modo eccellente, il suo intuitus vie-
ne, per dir cos, portato allesplosione. Ora nellallievo presente lintuitus in persona.
E ora, in lui, esso si dispiega fno allintuizione della non-diversit, dellunit, dellUno,
del brahman, del Vsudeva, che essenzia (weset) tutto in unit.
Questo gradino, in cui laccento cade in prima battuta sulla stessa non-dualit o,
come diciamo, sullidentit di tutto con tutto, si mostra spesso anche nelle Upanisad.
E talvolta si ha quasi limpressione che vi siano state correnti flosofche in cui la cosa
principale era questa intuizione mistica dellidentit, la quale alloccasione poteva an-
che fare a meno dellintuizione di tman e brahman o utilizzava questi due in un sen-
so che non andava oltre il primo gradino. Questo vale per lo meno di certe parti del
Mndkyakrik, che stranamente ricordano le speculazioni del Lankvatrastra del
buddhismo mahyna e il vissuto della scuola Dhyna (cfr. 4, 91 in Deuen, p. 603):
Tutti gli esseri sono originariamente illimitati e uguali allo spazio.
E tra loro in nessuna parte vi molteplicit, in nessun senso.
Essi sono tutti anche originariamente quieti, pieni di beatitudine,
tutti uguali a s e indivisibili, eterna, pura identit.
Tuttavia questa purezza non pi quando molteplicemente si frammentano;
sprofondati nella molteplicit, scissi, per questo si dicono miseri.
Ma chi diviene certo delleterna identit (non-dualit),
costui sa qualcosa di grande in questo mondo. Ma il mondo non lo capisce.
Avendo conosciuto secondo le nostre capacit lidentit oscura, straordinariamente profonda,
pura,
luogo dellunit, noi la onoriamo.
Qui non si parla pi di brahman e tman. La conoscenza dell identit, evidentemente
senza il passaggio per brahman, sembra esser gi del tutto quel vissuto pieno che in pari
tempo intuisce completamente trasfgurate le cose identiche e ugali a se stesse, in
quanto originariamente risvegliate e originariamente beate; vissuto che gi di per s
beatitudine.
Per Eckhart si vedano ancora passi come i seguenti:
Quando, dicono i Maestri, si conoscono le creature solo in s, allora questo soltanto un cono-
scere della sera ( oscuro e senza chiarezza e verit). Allora le si vede in ogni specie di immagini
diferenti. Ma se si conoscono le creature in Dio, questo allora un conoscere del mattino
(nella luce trasfgurante del sole che sorge). E qui si intuisce la creatura senza diferenza di sorta
(questo quello), spogliata di ogni immagine (tratta dall evidenza), spogliata di ogni ugua-
glianza (che ancora poggia sulla separatezza), nellUno, che Dio stesso (Bttner II, p. 111).
Oppure:
Per questo vi dico un altro pensiero ancora, che ancora pi puro e pi spirituale : nel Regno dei
cieli tutto in tutto e tutto uno e tutto nostro (Lehmann, p. 192
21
).
Oppure:
21
W. Lehmann, Meister Eckhart, Gttingen, Vandenhoeck & Ruprecht, 1919.
m
Cfr. ANB, p. 119.
mistica orientale e mistica occidentale 387
Tutto ci che si ha qui esteriormente nella molteplicit, nellinterno uno (Lehm., p. 234).
Qui tutte foglioline derba, legna e pietra, tutte le cose sono uno. Questa la cosa pi profon-
da di tutte. E di ci mi sono follemente innamorato (Lehmann, p. 235).
E subito il passaggio al gradino superiore:
Dio porta tutte le cose nascoste in se stesso. Ma non questa e quella distintamente separata, ma
come uno nellunit.
E quando si trova lUno in cui tutto uno, allora si aderisce allunit (Lehmann, pp. 235-236).
Oppure:
Quando lanima viene nella luce del soprasensibile, non sa nulla delle contrapposizioni (Leh-
mann, p. 218).
Oppure:
Come tutti gli angeli nella purezza originaria (sub ratione ydeali) sono tutti uno, altrettanto anche
tutte le cavallette sono uno nella purezza originaria. S, tutte le cose sono uno (Lehmann, p.
230).
Oppure:
In questa vita (della conoscenza superiore) tutte le cose sono uno e tutte le cose sono insieme,
tutte le cose sono tutto in tutto, e nel tutto uno (Lehmann, p. 191).
Ed Eckhart riconosce questo intuitus mysticus in altri mistici. Cos, di San Benedetto
racconta (Bttner, ii, p. 163):
Di lui mi viene riportato che gli era stata partecipata una trasfgurazione in cui vide lintero
mondo di fronte a s come raccolto tutto insieme in una sfera.
Questultima una forma di intuizione plastica delladvaita, che compare, in chi visi-
vamente predisposto, al posto dellintuitus pi spirituale, che di per s esclusivamente
intuizione intellettuale . Questa si trova anche in Santa Teresa. Il corrispettivo in India
lintuizione del visva-rpa, che anche un mascheramento fantastico dellintuizione
dellunit e dellUno.

CHE COS IL PECCATO ?
(su das heilige, cap. x)
1
L
e nostre ricerche sul sacro come compimento del valore numinoso non esauriscono
ancora lautentica e pi profonda comprensione del peccato, quale si presenta
nella concezione cristiana e quale stato ritrovato nella sua purezza e profondit da
Lutero, ma la preparano.
1. Il peccato deve essere determinato innanzitutto come disvalore di contro al valore del
sacro. Pu esser compreso non a partire da se stesso, ma solo se compreso il valore posi-
tivo di cui esso la negazione e lopposto. Con ci si detto innanzitutto quanto segue:
a) Il peccato, quale azione singola, intenzione, atteggiamento duraturo dellanimo,
determinatezza di un singolo o di molti, o forse del genere umano in generale, una
perversione, il contrario di qualcosa che dovrebbe assolutamente essere, la violazione di
un valore oggettivamente e incondizionatamente valido e dellesigenza che da questo
si ricava, che su di esso si fonda e che comanda e proibisce in modo assoluto. Come
tale, dunque, il peccato una trasgressione assolutamente riprovevole.
b) Questa trasgressione, per natura e nel suo senso primo, non la semplice tra-
sgressione etica ; e ci che stato violato, innanzitutto e per sua natura, non un valore
etico, ma un valore totalmente altro e incomparabilmente superiore a tutto ci che
soltanto etico. Vale a dire: se defniamo cattivo il non-valore o disvalore etico, allora
il peccato, per defnizione e per sua natura, non ci che cattivo, ma qualcosa di indi-
pendente da questo, che pu esserci anche se non presente qualcosa di cattivo.
c) Con il crescere della conoscenza dei valori oggettivi, il peccaminoso viene ricono-
sciuto, in misura crescente, come qualcosa di cattivo e il cattivo come peccaminoso.
Il che non signifca che i due concetti si identifchino, cosa impossibile, ma che le loro
sfere si sovrappongono sempre di pi. Senza per arrivare a completa coincidenza: la
sfera del peccato ricopre completamente quella del cattivo, ma la sopravanza sempre.
Anche al livello pi alto di sviluppo e maturit, tutto ci che cattivo soltanto una
parte del peccato, anche se molto ampia, ed contemporaneamente lambito principa-
le della sua manifestazione esteriore.
d) In pari tempo ci che cattivo viene riconosciuto come una conseguenza e un ef-
fetto del peccato. La redenzione dalla potenza e dalla colpa del peccato contempora-
neamente redenzione dalla potenza e dalla colpa di ci che cattivo. Detto allinverso:
la redenzione, compresa religiosamente, ofre anche lafrancamento della coscienza
eticamente colpevole, la liberazione di capacit etiche dellanimo e della volont che
erano vincolate.
2. Leticamente buono ha due radici principali, da cui deriva, e cos anche il cattivo che ne
la perversione.
a) Leticamente buono , da una parte, il giusto, ossia lideale del rapporto degli
1
Edizione originale: Was ist Snde, in SU, cap. i, pp. 1-11.
saggi 390
uomini tra loro secondo le idee del diritto e secondo quelle ancora superiori dellamore
reciproco. Ci che gli contrapposto ingiusto, ed cattivo in quanto ingiusto.
b) Daltra parte il buono, a prescindere dal rapporto degli uomini tra loro, lideale
nei confronti delluomo stesso, lesigenza della spiritualizzazione della nostra pro-
pria essenza, il perfezionamento e la liberazione della medesima dalla mera datit di
natura e dal gioco degli impulsi e degli istinti pulsionali verso lambito dell umano,
che si compie nella formazione della persona e del carattere. Ci che gli si oppone
volgarit, abbrutimento, volont di attaccamento al subumano che in noi, che porta
poi allimbestiamento. la violazione di quellelemento spirituale in noi stessi, che
dovrebbe svilupparsi. Il che altrettanto cattivo, ed laltro lato del cattivo. Possiamo
defnirlo indisciplinatezza.
Si avevano in mente entrambi, lingiusto e lindisciplinatezza, quando nel passato ve-
niva indicata come fondamento del peccato la concupiscentia, la brama (Begierlichkeit).
Con ci si intendeva innanzitutto quanto menzionato in b) : linteresse pulsionale in
noi, quale si estrinseca negli istinti carnali come dati di natura, in particolare gli appe-
titi sessuali. Ma si intendeva anche quanto menzionato in a) : lappetito in quanto voler
avere, egoismo, che signifca perseguimento dei propri interessi a spese del prossimo e
dei suoi interessi. In questultimo senso si potrebbe senzaltro defnire la radice del pec-
cato anche come superbia, come disprezzo dellaltro, innalzamento del s al di sopra
degli altri, presunzione, che in quanto forma pi forte dellimpulso dellio un egoi-
smo a spese degli altri. Ma ci si sbagliava nella defnizione, quando in tal modo si faceva
della concupiscentia la radice del peccato, in mancanza di una distinzione tra peccato e
cattivo. Quel che infatti si intende con una tale superbia innanzitutto il cattivo e non
il peccato. Questo errore espresso in modo chiarissimo da Tommaso nella Summa, II,
1, q. 71, 6, dove dichiara : Sostengo che il peccato non nientaltro che una cattiva azio-
ne umana , e quando pi avanti, q. 77, cerca la causa del peccato nellappetito sensibile
e il principio di tutti i peccati nellamore di s.
3. Bisogna, invece, innanzitutto distinguere completamente, sotto il proflo concettuale,
il peccato dal cattivo, e la coscienza della cattiveria dallautentica coscienza di peccato.
Questo vale in ogni caso a partire dalla loro comparsa nello sviluppo storico. Il peccato
risiede in prima battuta in un ambito completamente diverso da quello di tutto ci che
cattivo. Il peccato, e limpurit religiosa che ne consegue, non ha afatto bisogno di
violare il bench minimo valore etico, ed tuttavia un fardello spaventoso per lanima.
Pu consistere esclusivamente in una mancanza rituale e cultuale ; ma non necessario
che allinizio consista in un agire solo esteriore : pu consistere, in generale, in sempli-
ci stati danimo di unindiferenza negligente, di spregio o di disprezzo, in una man-
canza occasionale o duratura dellatteggiamento danimo dovuto. Lideale di religiosa
purezza nelle azioni, parole e pensieri antichissimo. Il sentimento del peccato non
scaturisce solo come coscienza della trasgressione di un comandamento degli di. Pu
esser presente, e temuto, in tutta la sua gravit anche dove la rappresentazione degli
di non si ancora formata chiaramente ed ancora oscillante tra la rappresentazione
di una potenza e quella di una persona. E anche dove il simbolo della volont degli
di si formato, tale trasgressione , secondo la sua essenza pi profonda, una viola-
zione, colposa o consapevole, non di una mera volont casuale, ma di un oggetto di
valore numinoso, quale che sia : si tratta, in questo senso, di una lesione del peculiare
valore oggettivo dellaugustum, in una qualche forma.
che cos

il peccato? 391
4. I rappresentanti del pre-animismo, i manisti, hanno sostenuto, forse a ragione, che
le idee di ppa, aghas, enas (cos si chiamano le radici dellidea di peccato in sanscrito)
erano presenti da tempo, e possono esser presenti, prima e senza che le idee personali
di di e di volont di di, di ordinamenti e comandamenti divini, si fossero formate.
Le prime idee di peccato sarebbero state allora di carattere esclusivamente magico .
Cos come la misteriosa potenza di cui si ha timore e di cui, daltra parte, si tenta
anche di appropriarsi per manipolazioni magiche, sarebbe una specie di fuido, allo
stesso modo sarebbe tale anche il peccato, che nasce da un contatto illecito con que-
sta potenza: qualcosa che viene pensato in senso materiale, che potrebbe essere evi-
tato per mezzo di una manipolazione magica, di abluzioni, combustioni, detersioni ed
altre manovre di purifcazione. Ma quello che cos i manisti hanno trascurato, e che
della massima importanza per la storia della religione, che questa potenza non
pu afatto esser compresa solo come, appunto, una potenza; che le manipolazioni
e i riti praticati in riferimento ad essa non sono afatto solo una specie di cura medica
contro una sostanza contagiosa. Marett e Sderblom hanno sottolineato questo er-
rore fondamentale e ricerche pi precise sui selvaggi che ancora praticano qualcosa
di simile lo confermano. Confermano, cio, che nel rapporto nei confronti di questa
potenza: a) non c soltanto una paura ordinaria, ma un aver paura di tipo del tutto
specifco, che abbiamo indicato nel nostro simbolo del timore numinoso ; b) che in
questo timore non c afatto soltanto timore di fronte a qualcosa di ultrapotente,
spaventoso, pericoloso, minaccioso, ma che in esso espressa in pari tempo una spe-
cie di timore reverenziale, ossia, con la nostra espressione, una specie di ossequio.
Anche la potenza non soltanto qualcosa di pericoloso e i riti non sono soltanto pra-
tiche astute per sottrarsi al pericolo. Per il selvaggio, invece, il rito gi, e nel modo
pi deciso, una cosa sacra, che egli osserva con profondo rispetto e nei confronti del
quale nutre, a modo suo, devozione. Solo dove questo momento di riconoscimen-
to di un valore svanisce, la cosa diviene comune magia, la quale poi viene sentita
dallautentico sentimento numinoso come peccato, ossia come sacrilegio. Que-
sto valore specifco delloggetto numinoso, sia esso rappresentato come una potenza,
come un fuido, come un contagio, come qualcosa che pu esser pulito o lavato via, o
come un dio e come lira e la volont irata di un dio, o sia che in generale non si formi
alcuna rappresentazione aferrabile, come sicuramente sempre accaduto allinizio
e sempre accadr di nuovo, questo valore specifco non certo un valore etico, ma
un valore oggettivo e come tale viene sentito e rispettato. Esso evidentemente non
vincola lanimo per mezzo della semplice minaccia di una qualche avversit, ma lo
fa nello stesso senso in cui parliamo di valori vincolanti : obbliga. Fonda un imperativo
categorico. Non soltanto ammonisce meglio che tu non lo faccia, o sar peggio per
te , ma dice gi senzaltro: questo non deve e non pu accadere.
Assumiamo per un momento che innanzitutto si sia formata soltanto lidea di qualco-
sa di terrifcante e spaventoso (rappresentato sotto limmagine di un fuoco distruttore o
di unira nascosti nelle cose, o di una sostanza portatrice di una malattia contagiosa e
perniciosa), non vi per dubbio che ad un certo momento, sotto lo stimolo e sotto la
copertura di queste rappresentazioni, nata ed emersa unidea completamente nuova,
che non si ottiene per composizione di motivi di paura: lidea, appunto, di qualcosa che
impone tab, che comanda e proibisce, nonch lidea del sacrilegio che risiede nella
saggi 392
violazione del tab. Che anche un tale sacrilegio possa esser bruciato via con lo zolfo,
lavato con urina di mucca o scacciato nel deserto con un capro espiatorio, non cambia
nulla al fatto che qui veniva sentito un sacrilegio: e che qualcosa come un sacrilegio
possa esser sentito qualcosa di irriducibilmente nuovo. Certo, la coscienza del sacrile-
gio porta con s e in s la preoccupazione per conseguenze cattive, ma di per s non
questa preoccupazione. lerrore di una psicologia antica e primitiva quello di passar
sopra a queste irriducibilit con il comodo termine evolversi. Ma dove un sacrilegio
pu esser sentito, l non si pi nella sfera del pensiero meramente magico; e anche am-
messo che allinizio vi sia stato solo questo, bisognerebbe dire che in ogni caso la storia
della religione comincia solo l dove dalle nebbie di una rappresentazione della potenza
meramente magica, da una parte si eleva quel momento di ossequio come qual-
cosa di completamente irriducibile, di puramente nuovo e che pone un inizio assoluta-
mente nuovo e dallaltra si desta nellanimo il sentimento di un possibile sacrilegio.
Quellassunzione non per in alcun modo documentabile storicamente ed in se
stessa assurda. Si fa come se fosse pi facile che l umanit originaria abbia appunto
pensato in modo magico, che non nutrito sentimenti di rispetto numinoso. Si ma-
novra con la parola dordine magico con tanta scioltezza di lingua che alla fne viene
messo da parte laspetto del tutto sorprendente della produzione di fantasia di cui qui
si parla. Questa concezione di una misteriosa potenza per, senza alcun dubbio,
una delle pi singolari, peculiari, da parecchi punti di vista quasi geniali produzioni di
fantasia, la quale non deriva afatto da associazioni, cos come non ne derivano la sco-
perta delluso della selce come utensile e del fuoco come strumento. Quando la psiche
umana stata capace di scoperte cos particolari, senza dubbio era stata gi da tempo in
grado di scoprire il sentimento del valore e del disvalore numinoso.
Una volta riconosciuto e ammesso il carattere obbligante dellidea di tab, si tenta
di trovare per questo una spiegazione diversa. Lidea dellobbligatoriet scatur, si
dice, innanzitutto allinterno dei rapporti sociali di trib, di clan, di popolo. Di qui stata
trasferita alla sfera della potenza. Bisogna, per contro, innanzitutto obiettare quanto
gi abbiamo detto della produzione delloro in Das Heilige, a p. 226. Dalla coercizione
da parte della trib o delluso, dagli impulsi istintuali allordine o dallutilit sociale non
scaturisce lidea completamente diversa dellobbligatoriet. Argomentare cos signi-
fca mettere le cose sottosopra. storicamente evidente che il sentimento dellapparte-
nenza, il costume e lordine del clan e della trib ricevono il loro potere obbligante
solo dal fatto che anchessi sono stati appercepiti in modo numinoso. Divengono riti, ordi-
namento sacrale, rientrano nella sfera del tab e in questo modo ottengono quel potere
sugli animi, attraverso cui la loro violazione diviene sacrilegio. Una considerazione
puramente storica, alla quale siamo portati in ultima analisi anche dal punto di vista spe-
culativo, mostrerebbe piuttosto che lidea di obbligatoriet sociale-morale in realt in
s un prodotto di fssione, unidea specifca scissa dallobbligatoriet numinosa: unidea
che ora, in quanto mera morale razionale, solo un frammento di una valutazione
molto pi profonda e come tale sempre a rischio di trascolorare in pragmatismo ed
eudemonismo, poich un frammento strappato dalla sua radice vitale.
5. Il riconoscimento del valore numinoso mediante il sentimento numinoso del ti-
more si schematizza per immediatamente: nel sentimento puramente numinoso
entrano subito i suoi schemi razionali, come timore reverenziale, deferenza, fducia,
che cos

il peccato? 393
gratitudine, ossequio, ecc. E linsieme raccolto di questi momenti irrazionali e razionali
ofre ci che possiamo chiamare devozione religiosa. Questultima di per s leser-
cizio ideale del culto e latteggiamento di lode, in azioni e sentimenti, nei confronti di
un oggetto trascendente. A partire da questa si potrebbe ben determinare, in efetti,
lessenza del peccato che le si oppone come superbia, ossia come lopposto negli-
gente e colpevole della devozione. Ora bisogna aver chiaro che qui la superbia si trova
in una sfera diversa da quella menzionata in precedenza, che si riferiva a persone, non
al numen e allaugustum.
a
Il peccato, come illustrato prima, ha in s, oltre ai suoi elementi fondamentali
numinosi, anche quelli gi razionali, che certo, almeno per il momento, non sono
necessariamente quelli che chiameremmo violazione di unesigenza morale . I sen-
timenti numinosi della devozione possono esser compenetrati nel modo pi intenso
con quelli di una venerazione, fducia e amore razionali, e tuttavia con ci loggetto
della medesima non ancora, come tale, un ordine morale del mondo o un legisla-
tore morale, o anche soltanto una volont morale. Il servizio nei confronti di questo
oggetto, tanto quello dellanimo, quanto il rito e il culto, potrebbe teoricamente
essere del tutto libero dagli ideali morali dell umanit , del diritto o dellamore del
prossimo. Detto col linguaggio in uso nel nostro catechismo : potrebbero gi darsi
qui i tre comandamenti della prima tavola, ma potrebbe essere ancora del tutto mes-
sa da parte la seconda. Lessere trascendente potrebbe essere gi un Dio geloso ,
che veglia sul suo onore, potrebbe esigere un servizio nel senso di un sommo timore,
nel senso della fducia o dellamore, ma potrebbe esser pensato come in s neutrale
nei confronti di tutte le esigenze di una cultura spirituale individuale o comunitaria,
nei confronti del diritto, dei costumi, dellamore per gli uomini e per il prossimo ;
potrebbe essere indiferente nei confronti e al di l del bene e del male, e potrebbe
contemporaneamente infammarsi contro il peccato .
6. Se Dio fosse soltanto questo, allora dal punto di vista cristiano potremmo dichiararlo
un idolo. E a ragione. Infatti, diciamo anche questo: per essenza i concetti di cattivo
e di peccato sono intrecciati e appartengono luno allaltro ; sono cio luno il recipro-
co dellaltro mediante mutua sussunzione delle rispettive categorie, ossia in reciproca
compenetrazione dei due ambiti di contenuto.
Innanzitutto: a) il peccato viene sussunto sotto il cattivo. Con una crescente cono-
scenza morale viene conosciuto e riconosciuto che il peccato anche cattivo, che lan-
sion anche adkaion o, con espressioni bibliche, che la hamarta anche anoma. 1 Gv
3, 4: he hamarta estn de anoma: questa afermazione non una defnizione di peccato,
ma un giudizio sintetico come indica la proposizione precedente: ps ho poin tn
a
Il modo migliore di chiarirlo questo. La devozione in senso proprio un ideale soltanto in quanto
atteggiamento religioso dellanimo. Nei confronti di persone (o anche di esseri sovrumani, che per non
fossero contemporaneamente di carattere numinoso con il valore particolare dellaugustum) sarebbero
senzaltro possibili e ideali timore reverenziale, paura, amore, gratitudine, ecc. Ma, appunto, non devozio-
ne. Nella dottrina delle virt puramente morali questa non pu trovar posto. Essere devoto nei confronti
di persone, infatti, sarebbe di per s un peccato, perch sarebbe in fondo una forma rafnata di idolatria.
Lo stesso varrebbe di quella superbia. Non si pu esser superbus nel senso del medesimo concetto, e con una
mera diferenza di grado, nei confronti di persone e nei confronti di Dio. Il peccato dunque superbia,
non superbia.
saggi 394
hamartan, kai tn anoman poie. Questa proposizione pone chiaramente innanzitutto i
concetti di entrambi come particolari, poi predica luno dellaltro.
b
Lomissione della dovuta fducia, rispetto, timore reverenziale, gratitudine, lode, del
dovuto atteggiamento danimo in generale in ogni caso cattiva: in rapporto al divino
assolutamente cattiva ed la cosa peggiore tra tutte le cose cattive, lassolutamente
cattivo, perch tutti questi momenti sono dovuti a Lui in modo assoluto e senza alcuna
comparazione.
Ma allo stesso modo : b) il cattivo e la trasgressione della legge divengono peccato.
Lanoma anche integralmente e senzaltro hamarta. Lazione immorale diviene colpa
religiosa. La sua trasgressione soltanto morale della norma aumenta straordinariamen-
te, si innalza fno alla trasgressione della norma religiosa. Sentiamo universalmente
questo innalzamento, e quindi lingresso in un ambito di valutazione straordinaria-
mente nuovo, non appena i concetti di ci che contrario innanzitutto alla morale
acquistano per noi quella nuova e straordinaria coloritura e quel suono pi profondo
e inquietante, quando non parliamo pi di trasgressione della legge, ma di sacrilegio,
non pi soltanto di cattivo, ma di empiet, non pi soltanto di vizio, ma di perdizione,
non pi di semplice crimine, ma di maledizione. Questo si mostra nel modo pi chiaro
nellespressione quasi del tutto logora, ma intesa originariamente in senso puramente
religioso: inaudito (heillos). Salvezza (Heil) in questo contesto il valore puramente
religioso (ed contemporaneamente un valore ogettivo, poich qui non signifca sal-
vezza per me o per qualcunaltro, non signifca salvezza come valore soggettivo, ma
lideale e ci che in se stesso deve essere ; inaudito non qui ci che privato di felicit
o di beatitudine,
2
ma ci che lede il valore oggettivo, assolutamente incomparabile, del
sacrosantum).
Un tale innalzamento del cattivo al peccato non si realizza semplicemente per il fatto
che i comandamenti morali trasgrediti vengono riconosciuti come dati dagli di o da
Dio; il peccato, cio, non deve esser semplicemente defnito come trasgressione di un
comandamento in quanto questo pensato come derivante dalla volont di un dio, ma
in quanto qui viene riconosciuta una lesione del valore dellaugustum stesso, ossia una
lesione dellonore divino . L onore di Dio il valore dellaugustum divino stesso e in
vista di se stesso. I valori oggettivi, con la loro esigenza incondizionata, non si ottengo-
no soltanto mediante statuizione di una volont, ma sgorgano gi dal valore originario
del divino, di cui sono degli sviluppi. Chi pecca lede la stessa maest divina, non sol-
tanto una volont divina: costui commette sacrilegio. Ma il sacrilegio una lesione del
sacro stesso. Il cattivo diviene sacrilegio in quanto diventa peccato.
Questa situazione si rifette nella confessione del fgliuol prodigo: Padre, ho peccato
contro il cielo e contro di te .
3
La colpa etica, ossia lomissione del dovere fliale, agi-
sce contemporaneamente contro il cielo, lede il sacro stesso, non soltanto cattiva,
ma inaudita. Non vi dunque qualcosa di cattivo che non sia contemporaneamente
peccato, e se parliamo di peccati, dal punto di vista del contenuto questi sono in efetti
2
Cio appunto heil-los, senza salvezza, nel senso che si otterrebbe facendo risuonare singolarmente i
due elementi che compongono laggettivo.
3
Lc 15, 22.
b
Una tale determinazione, che a noi oggi appare forse banale, non era superfua in unepoca in cui
lessenza religiosa non era ancora intrecciata con quella morale in modo universale e con unovviet da
catechismo.
che cos

il peccato? 395
per la maggior parte mancanze dellambito morale : dellambito dell indisciplinatez-
za o di quello dellingiusto, dellindiferenza tra le persone. Ma falso ritenere che
il peccato sia soltanto questo, e che il servizio nei confronti dell onore di Dio possa
esser compiuto mediante atti o intenzioni che si trovino in questo ambito morale. Piut-
tosto, il peccato resta anche qui in prima linea ci che di per s si trova esclusivamente
nellambito della relazione religiosa stessa: lomettere, lostacolare o il trascurare le
funzioni puramente religiose, il timore reverenziale sempre pervaso di numinoso ,
del raccoglimento devoto, della fede, del temere, dellamore stesso, le quali possono e
debbono esserci tutte in se stesse e in vista di se stesse, anche a prescindere da un qual-
che riferimento morale: in quanto vita nascosta con Cristo in Dio ,
4
dipendenza
immediata e apertura a Dio e allefcacia della sua parola e del suo spirito.
Mediante questi momenti Lutero defnisce il peccato in modo diverso dalla defni-
zione morale di Tommaso, che diceva: Sostengo che il peccato non nientaltro che
una cattiva azione umana . Lutero riporta di nuovo il concetto di peccato dallappiat-
timento moralistico alla sua terra dorigine, alla sfera della valutazione e svalutazione
religiose, seguendo qui le tracce di Eckhart. Il peccato di nuovo mancanza e perver-
sione delle funzioni religiose fondamentali dellanimo e della volont nei confronti del
sacro stesso:
Et est summa infdelitas, dubitatio, desperatio, quotidianus contemptus Dei, odium, ignorantia,
blasphemia Dei, ingratitudo, abusus nominis Dei, negligentia, fastidium, contemptus verbi Dei.
Quae summa peccata sunt contra primam tabulam. Deinde etiam illa carnalia contra secundam
tabulam.
5
Un tale peccato senzaltro anche cattivo nel senso della nostra prima sussunzione,
ma non ha come contenuto la cattiveria, ma in prima battuta lesser contro Dio, e
come tale al livello supremo ci che nella forma rozza era gi al livello pi basso e nel
suo primo senso: una trasgressione della norma che ha un contenuto puramente sui
generis e del tutto autonomo e irriducibile. Con unenorme spirale linterpretazione di
peccato tornata al punto di partenza, che , appunto, su un livello enormemente
superiore.
4
Col 3, 3.
5
M. Luther, Commentarium in epistolam S. Pauli ad Galatas (1535), Weimarer Ausgabe, 40, ii, p. 88.
VALORE, DIGNIT E DIRITTO
1
Introduzione
A
c cingendomi a determinare pi esattamente il contenuto delle idee di legge mo-
rale e volont di Dio e il loro rapporto, idee che cos tanto rifuggono luna
dallaltra e cos tanto si cercano, che si incalzano reciprocamente e che per sono luna
rimessa allaltra; e sperando che mi resteranno ancora tempo e forza per portare a ter-
mine queste ricerche, mi imbatto innanzitutto in un concetto che sembra inseparabile
da entrambe e che, utilizzato oggi in modo molto generale e alla stregua di una parola
dordine, non pu tuttavia essere senzaltro assunto come tale, per l etica o per la
dottrina della volont divina , dal dizionario e dal vocabolario concettuale del nostro
tempo, ma necessita di una verifca e di un pi sicuro conio. Questo concetto si chiama
valore. La legge morale avr senzaltro qualcosa a che fare con buono/malvagio e
la volont di Dio con sacro. Ed entrambi, buono/malvagio e sacro, sono predicati
di valore . E di valore si dovr trattare tanto nelletica quanto nella teologia. Ma che
cos il valore?
Oggi nelletica, nella scienza della cultura, nella scienza dello spirito, nella so-
ciologia , talvolta anche nella biologia, nella logica e nella teoria della conoscenza, nes-
sun concetto gode di una stima di valore pi alta del concetto stesso di stima di valore.
Storicamente questo non pu risalire ad altri che a Kant. Certo, la sua etica formalisti-
ca viene combattuta proprio in nome di un etica dei valori . Ma i ragionamenti propri
di Kant nella Grundlegung der Metaphysik der Sitten [Fondazione della metafsica dei costumi,
1785] sottostanno senzaltro appunto allidea di valore. La volont buona ha qui un
valore incondizionato, assoluto. Il valore incondizionato viene distinto da quello
che ha soltanto valore relativo. Inoltre, non solo e non tanto alla volont buona che
viene attribuito un valore incondizionato, ma gi allessere razionale, alla persona stes-
sa, perch la natura la distingue gi come fne in se stessa .
2
Gi Kant distingue tra fni
soggettivi e fni oggettivi, ossia cose la cui esistenza un fne in se stesso; e che qualcosa
possa essere fne oggettivo ha per lui il suo fondamento nellidea del valore assoluto
o oggettivo : [...] perch altrimenti non si potrebbe mai parlare di valore assoluto
(BA 66).
a
In pari tempo in Kant gi come nella dottrina dei valori al giorno doggi:
lespressione valore viene ripresa dalla tradizione con i gravami della molteplicit di
interpretazioni possibili e della mancanza di una determinazione univoca. La volont
buona ha un valore incondizionato perch e in quanto obbedisce al dovere di un
obbligo (Pficht), secondo il canone dellimperativo categorico formale. Qui il valore
qualcosa che dipende dalladempimento dellimperativo e in generale, e di necessit,
pu solo seguire questultimo. Nel famoso passo, per, che nella mia edizione ho chia-
1
Edizione originale: Wert, Wrde und Recht, AE, pp. 53-106. Il saggio fu pubblicato per la prima volta sulla
Zeitschrift fr Theologie und Kirche, 12, 1, 1931, pp. 1-67.
2
Grundlegung, BA 66; cfr. la nota a) subito sotto.
a
Citato secondo la paginazione del testo originario, che anche io utilizzo nella mia edizione della
Grundlegung di Kant [I. Kant, Grundlegung der Metaphysik der Sitten. Mit Leitfaden und Erklrungen neu
herausgegeben von Rudolf Otto, Gotha 1930].
saggi 398
mato punto di rottura (BA 64), si dice al contrario : Posto per che si dia qualcosa la
cui esistenza in se stessa ha un valore assoluto [...], allora in ci e solo in ci risiederebbe
il fondamento di un possibile imperativo categorico . Qui si d innanzitutto il valore, e
solo il valore il fondamento della possibilit di un imperativo ; questultimo ci che
dipende dal valore, ci che possibile soltanto mediante il valore e che in ogni caso lo
segue. Contemporaneamente, qui il contenuto di ci che valutato, ossia lumanit
o la dignit della persona , se paragonato al bene formale della volont buona,
tanto evidentemente e inconfutabilmente un valore materiale, che Kant stesso il
creatore della dottrina dei valori materiali oggettivi, che sono valori in s.
Non Lotze, ma lallievo di Kant Jakob Friedrich Fries deve allora essere designato,
subito dopo Kant stesso, come liniziatore della dottrina dei valori: lo nel terzo vo-
lume della sua Neue Kritik der Vernunft [Nuova critica della ragione] del 1806.
3
Egli vuole
confgurare e fondare criticamente letica come dottrina del valore e come legislazione
sul valore. Critica la tavola kantiana delle categorie pratiche e, costruendone egli stesso
una nuova, intraprende il tentativo, fatto poi tanto spesso fno ai nostri giorni, di costruire
anche una tavola dei valori: il tentativo, cio, di fornire a questa dottrina quella salda
posizione che fnora non ha (e che per essenza non pu mai avere) e di farlo con metodo
e con lidea che anche qui sarebbe stato daiuto il flo conduttore trascendentale, che
garantiva a Kant la completezza della tavola delle categorie. Biasima il fatto che Kant,
nella sua tavola delle categorie, presuppone lidea di libert come concetto da suddividere,
perch avrebbe dovuto essere piuttosto quello di valore; e costruisce di conseguenza la sua
tavola e quindi la sua etica. Certo, poi Lotze, ma anche qui in dipendenza da Fries, che
ha fatto in modo che la dottrina dei valori penetrasse largamente tra noi.
Che nel lavoro etico non possiamo pi fare a meno del nome e del concetto di valore
non cosa di cui si possa dubitare. Ma nemmeno si pu dubitare del fatto che mediante
una suddivisione del concetto di valore non possiamo trovare a priori la tavola delle
categorie pratiche; o del fatto che a questa appartengono senza dubbio concetti che
non sono valori, n valutazioni, e che possono essere riportati sotto questo nome al pi
in un senso tanto vago, che il nome pi sviante che daiuto. Preferire in generale, pre-
ferire una cosa corretta ad una falsa, preferire con accentuazione del piacere o in modo
puro-intellettuale, trovar utile, trovar adatto allo scopo, rifutare, rigettare, condan-
nare, maledire, sopportare, provare piacere, amare, riconoscere, stimare, rispettare,
tenere in considerazione, avere in grande stima, ammirare, venerare, temere, rifuggire,
aver timore reverenziale, essere disgustati, inorridire, impaurirsi, disprezzare, arrab-
biarsi, indignarsi, irritarsi, andare in collera, vergognarsi, rimproverarsi qualcosa, ac-
cusarsi, rimpiangere, trovare inaudito o folle, ecc.: tutto questo si pu riportare, in un
senso molto generale, ad un valutare positivo o negativo. Ma forse questo un gran
guadagno per la comprensione di questi singoli concetti ? Se si vuole si pu scrivere una
raccolta biografca di tutte le persone che sono passate per il Lehrter Banhof.
4
difcilmen-
te questo punto di vista sarebbe appropriato per un principio sistematico. I suddetti atti
hanno ununit interna solo perch passano per la stazione di un valutare universale?
Il valutare, anche solo nel senso letterale, lo stesso se valuto un capitale come va-
lore economico e la morte per la patria come un dovere? E rispetto alla compren-
sione del secondo caso, il termine non svia forse pi di quanto aiuti?
3
In realt 1807; cfr. KFR, supra, p. 74.
4
la stazione principale di Berlino.
valore, dignit e diritto 399
I valori non sono forse in qualche modo valori per qualcuno ? Non sono qualcosa
che rispetto a costui si trova in un rapporto di piacere o di conformit al fne, qualcosa
che quindi per lui? Ma non chiamiamo valore e di valore con molta pi convin-
zione non ci che per qualcuno, ma proprio ci per cui qualcuno ?
Qualcosa non forse un valore per me perch e in quanto lo desidero, mi piace, lo
stimo, perch mi riempie di piacere, perch istintivamente la mia tendenza mira ad
esso, perch il mio interesse vi si indirizza sia che questo sgorghi da una disposizione
della specie generalmente umana, sia che sia proprio al mio temperamento particolare,
individualmente mio? E i modi di comportamento qui menzionati sono il valutare?
Oppure il valore precede il valutare e pretende un riconoscimento del valore, indivi-
duale o generale ? Un interesse istintivo mira alla saziet e al nutrimento. Valuto dav-
vero la saziet mediante latto del mio tendere, e in seguito alla soddisfazione di questo
tendere valutante si ottiene poi il piacere che abbiamo nel saziarci, o proprio questo
provare piacere il valutare? Ma quale che sia il modo in cui per me un valore lesser
sazio, intendo in generale questo quando parlo del valore della saziet o del nutrimen-
to, a questo che in generale penso anche solo lontanamente? Non intendo in efetti
propriamente qualcosa di totalmente diverso, ossia la teleologia puramente obiettiva
che sussiste tra la saziet e la possibilit dellesistenza di quanto ogni volta da saziare:
la quale teleologia sussiste anche se questo esistente non sa nulla di quella saziet e in
questo senso non la cerca ?
Una certa cosa vale (gilt) come dotata di valore (wertvoll) solo per alcuni singoli,
unaltra per una cerchia pi ampia, unaltra ancora per tutti gli uomini senzienti, anzi
forse per tutti gli esseri senzienti. Il valore in questultimo senso allora quello uni-
versalmente valido ? Ma allora il valore di una buona digestione sarebbe un valore
universalmente valido, mentre quello della veridicit no.
Naturalmente questo falso. Valere come dotato di valore non signifca : esser
ritenuto da qualcuno dotato di valore.
Questa risposta evidentemente falsa : senza dubbio valere come dotato di valore
non signifca nientaltro. Ci che signifcativo piuttosto che nel caso dei valori
superiori questo in efetti non ci basta, e che qui per valere e valere universale inten-
diamo un valere simile a quello di una proposizione corretta o di una verit. Si pu
ordinare qualcosa di cos diverso in una tavola o scala? Non ci allontaniamo con ci
del tutto dalla base elementare del senso del termine valore? Si pu anche capire che
la verit sia defnita un valore, ma un valore pu essere o avere qualcosa come una
verit o correttezza? Pu un valore valere? E, se s, allora un valore che vale non
solo per questo gi qualcosa di totalmente altro da un valore?
Come arriviamo alle nostre valutazioni? Come otteniamo i concetti di valore? Li
facciamo o li scopriamo ? Li inventiamo o li troviamo?
Molte delle nostre valutazioni ce le portiamo dalla nostra condizione pre-umana.
Gi lanimale valuta mediante piacere e dispiacere, e cos anche noi. E questa anche
la ricercata unit. A cominciare dai valori inferiori, infatti, fno a quelli dellestetico,
del culturale, del sociale, del morale, osserviamo nel valutare esperienze concordanti
di piacere, gioia, diletto, che in pari tempo divengono motivi del nostro desiderare e
volere. I valori inferiori li portiamo con noi. Le valutazioni superiori crescono con
la storia.
Ma non viene cos a cadere il concetto di valutazione in generale? Valutare in ogni
saggi 400
caso un giudicare. Si pu chiamare giudicare il piacere o non piuttosto uno stato
della nostra psiche che legato a certi stimoli secondo certe leggi psico-fsiche? Inoltre,
se evidentemente non ce la caviamo con il termine piacere e invece di questo siamo
costretti in certi casi a scegliere le ulteriori espressioni gioia o diletto, gi questa
circostanza non prova che qui ci sono delle diversit di senso nel contenuto ? E che
signifca crescere con la storia ? Signifca che impariamo il valutare con la storia ? Ma
possiamo impararlo con la storia ? Storia signifca innanzitutto una specie di racconto
dellaccaduto. Ma non raccontiamo tutto ci che accaduto come storia; e non tutto
ci che accaduto materia adeguata per la storia. Scegliamo la materia da raccontare
secondo valori. Dunque non impariamo i valori dalla storia, ma formiamo la storia
in generale solo secondo valori. Oppure la storia ci che accade e laccaduto. Ma, di
nuovo, non tutto ci che accaduto storia : una specie animale, con tutti i suoi acca-
dimenti, tuttavia priva di storia, perch ripete costantemente se stessa. Solo modif-
cazioni, e modifcazioni sotto certi profli di valore, fanno dellaccadere storia. Ora,
quelle modifcazioni sono il fondamento esplicativo dei valori? Se unorda vagante di
cacciatori spinta da mancanza di nutrimento diviene stanziale e passa allagricoltura,
cresce il grado sociale di valore superiore della vita davvero civile nella cultura di
villaggio e di citt. Questa si prodotta perch questa forma di vita modifcata appar-
sa pi utile. Ma non ha creato il concetto di valore dellutile, ma ne stata creata.
diverso per gli altri concetti di valore?
In ogni caso necessaria una fssazione e una chiarifcazione esatta del signifcato di
valore, se si vuole utilizzare questo vocabolo in rifessioni etiche. Il fne supremo di
quanto segue non una mera chiarifcazione di senso del valore: si deve piuttosto
tentare di estrarre le categorie sottostanti e indispensabili del giudizio etico. In ci
utilizzeremo il nome e il concetto di valore, che intendiamo sistemare per i nostri
fni. Non partiamo per dalla domanda che cos un valore?, ma da una domanda
fondamentale che come tale si pone di per s, che ci costringe anche ad interrogarci
sul valore e sul valutare, ma che inoltre ci costringe a renderci conto del fatto che nel
contesto di tale domanda fondamentale dobbiamo parlare di momenti decisivi, che
sono cos tanto dotati di valore, che meglio che non siano pi defniti valore; a ren-
derci conto del fatto, infne, che vi sono dati che come origine di esigenze etiche sono
forse i pi importanti e che non sono n valori, n di valore.
1) La domanda fondamentale
1. Sapere che cos bene e male: questo fu il primo grande interesse che, destato dal
serpente, mosse i nostri primi genitori. Nessuna delle altre creature, non la luce nuova,
n il nuovo giorno, non i lumi del cielo, n labbondanza della terra, non gli alberi del
paradiso, n gli animali, pi astuti, pi forti e pi vecchi di lui : solo Adamo poteva e
pu porre questa domanda; Adamo, luomo. E solo perch poteva e pu porre questa
domanda egli luomo: qualcosa di pi e di diverso dalle altre creature. la do-
manda del suo destino, quella mediante cui perse la sua innocenza, linnocenza del
semplice essere di natura che non sa nulla di bene e male: la domanda che gli porta
inquietudine, dolori, lotte che nessunaltra creatura al di fuori di lui conosce o deve
sopportare ; la domanda che gli costa il paradiso, ma che egli deve porre perch uomo,
ossia perch pu porla.
Porla, da un lato, di suo interesse. Che un essere possa avere interesse ad indagare
valore, dignit e diritto 401
cose tanto singolari e tuttaltro che facili come il bene e il male un fatto che non pu
essere spiegato da nessuno sviluppo; nella catena degli esseri di natura un novum
completo, un miracolo. E con lirrompere e lerompere di una comprensione, di un
presentimento e di un incipiente interesse per il bene e il male il precedente proces-
so della creazione non semplicemente prosegue : nuova creazione, un nuovo inizio,
lopera di un nuovo giorno, il sesto, quello di Elohim, la potenza creatrice; lopera
che non si riallaccia mediante alcuna evoluzione alle opere dei precedenti giorni della
creazione. Un tale interesse per il bene e il male si suscita e pu essere suscitato in tutto
ci che chiamiamo umanit; e non in base a caratteristiche zoologiche che distinguia-
mo Adamo da tutto ci che c intorno a lui e sotto di lui, ma soprattutto in base
alla caratteristica per cui questo interesse pu suscitarsi.
Ma che luomo abbia un interesse per questa questione ancora laspetto meno im-
portante della cosa. La cosa principale non che qualcuno per interesse se la ponga :
la questione si pone e si impone anche senza, anche contro ogni interesse. E conside-
rarla solo dal punto di vista dell interesse delluomo sarebbe ancora una considera-
zione troppo antropologica . Un uomo pu aver vivacchiato a lungo nellingenuit
e nella spensieratezza della quotidianit, senza interrogarsi molto sul bene e sul male.
Poi un giorno, in unirruzione improvvisa, forse in seguito ad una mancanza grave,
gli si aprono gli occhi. Egli non si interroga, ma si sente interrogato : buono quel-
lo che hai fatto ? Non ti curi del bene e del male ? Quel che fno ad allora non ha
visto o ha trascurato gli compare dinnanzi in improvvisa chiarezza, gli si mostra, e
non come un oggetto del suo interesse , ma come qualcosa che c anche se non
si interroga a tal proposito o non se ne interessa. Egli si accorge : ci sono bene e
male, prima del e indipendentemente dal tuo domandare e cercare. Il che esige di esser
considerato come criterio del suo agire. E poich il bene e il male ci sono , allora si
pone per luomo la domanda su cosa siano e su cosa, nelle sue azioni, vi corrisponda.
La domanda su questo posta non tanto da un interesse che aveva, quanto piuttosto
come un compito che viene dato alla sua attenzione, rifessione, coscienza. Questo
compito disturba forse tutti i suoi interessi. Forse egli tenta di sottrarsi ad esso, tutta-
via pu cogliere forse con terrore la domanda come posta. Forse egli segue anche
lappello del compito e, in quanto lo fa, si desta anche il suo interesse di rifetterci
con dedizione e zelo. Si pone allora anche lui quella domanda, che per come tale gli
si era posta e che posta resta per sempre.
Defniamo questa domanda la domanda etica principale. Attribuiamo la chiarifcazio-
ne metodologica di questa a quella scienza che chiamiamo morale, etica, dottrina
delletico, dottrina dei costumi, forse anche dottrina dei valori . Vogliamo qui tentare
di impadronirci dei suoi concetti fondamentali, delle sue categorie, ed esaminare se e
fno a che punto esse siano e possano essere defnite valori e forme di valore. Di
proposito non partiamo dalla discussione del concetto di etica, morale, ecc. In pri-
mo luogo non ci chiediamo e non dobbiamo chiederci cosa mai siano queste, ma dob-
biamo meditare quella domanda fondamentale che ci si pone. Con ci troveremo che
essa attira a s una cerchia sempre pi ampia di altre domande ad essa connesse. E con
etica vogliamo designare innanzitutto appunto questo: discussione della domanda
principale sul bene e sul male e delle domande ad essa necessariamente connesse;
rimanendo, con ci, in attesa di denominazioni ancora pi precise che eventualmente
saranno trovate nel corso della ricerca.
saggi 402
2. Cos bene e male: subito chiaro che questa questione pu esser posta in un doppio
senso.
5
a) Quando domando cos, domando innanzitutto : cosa si intende col fatto che defni-
sco qualcosa, unazione, un progetto, un uomo o quel che sia, buono o malvagio? Qual
il senso del predicato stesso buono/malvagio, a prescindere dagli oggetti ai quali lo
attribuisco o ascrivo ?
b) Daltra parte, quando domando: chi o cosa buono voglio sapere a quali oggetti
conviene quel predicato, o quali oggetti a buon diritto possono essere sussunti sotto
questo concetto. Che cosa mai nel mondo pu esser defnito un bene e cosa no?. Per
rispondere alla domanda in questo secondo senso, devo innanzitutto aver compreso la
domanda nel primo senso e avervi risposto : devo sapere che cosa intendo con buono
stesso .
Da questo punto di vista, per il predicato buono le cose non stanno diversamente
che per gli altri predicati che, nei miei giudizi, riconosco o non riconosco alle cose. Se
domando : che cos blu?, anche qui intendo innanzitutto la domanda sul blu stesso.
Rendo chiaro, a me o ad un altro, che per blu si intende un colore, presento un esem-
pio di oggetto blu, indico la sua collocazione nello spettro dei colori, posiziono il suo
rapporto agli altri colori, descrivo i suoi eventuali e peculiari efetti sulla tonalit emoti-
va e sullanimo di chi lo guarda e faccio quantaltro possa essere adeguato per cogliere
saldamente nello sguardo la rappresentazione blu, per distinguerla con sicurezza da
altre rappresentazioni e per riconoscerla con certezza in ogni caso singolo. Se ho fatto
questo, allora sono in condizione di indicare e di defnire cosa blu nel secondo sen-
so della domanda: ossia di distinguere, scegliere e addurre oggetti che sono blu.
Che cos blu: il colore in posizione X nello spettro dei colori.
Quali cose sono blu: il cielo, il nontiscordardim, i tuoi occhi, il fordaliso, ecc.
Un bene o un male un oggetto che cade sotto il concetto buono/malvagio, non
questo concetto stesso. Per converso buono non mai, di per s, un bene ;
malvagio non mai, di per s, un male . Quel che innanzitutto ci riguarda la
domanda nel primo senso. La quale, per, non ci interesserebbe se la risposta ad essa
non ci rendesse possibile la risposta alla domanda nel secondo senso. Solo se c anche
qualcosa che un bene e qualcosa che un male la domanda su buono e malvagio
interessante.
In questo modo si precisa gi qui il concetto di etica che cerchiamo. La mera doman-
da : che cos buono e malvagio di per s solo una domanda preliminare. Per la nostra
vita morale, infatti, tutto dipende evidentemente dal secondo senso della domanda.
Ossia: nel nostro essere, fare, agire, volere, sentire, che cos in generale ci a cui attri-
buiamo i predicati buono o malvagio. Non ci riguarda solo: che cos buono (nel senso
del concetto di buono stesso), ma: quale cosa un bene, quale un male.
3. Ci volgiamo innanzitutto alla prima domanda : Che cos il buono stesso ? Quale
5
In italiano non possibile restituire integralmente il gioco di Otto tra uso aggettivale e uso sostantivato
dellopposizione gut/bse. Da questo punto in poi, tuttavia, Otto tecnicizza lespressione, utilizzata sin qui
in modo generico, e distingue esplicitamente tra il predicato (buono e malvagio) e loggetto (un bene o un
male). Abbiamo reso laggettivo bse con malvagio per sottolineare che Otto gli attribuisce unaccezione
esclusivamente morale, riservando, per diferenza, un uso meno stretto a schlecht, che viene introdotto
poco pi avanti e che abbiamo tradotto con cattivo.
valore, dignit e diritto 403
contenuto ha il concetto di buono ? . Quando vogliamo venire incontro alla dif-
colt di qualcuno che cieco al blu , che non pu percepire intuitivamente il blu e
magari non sa distinguerlo dal verde, non ci serve a nulla indicare un oggetto dintui-
zione di colore blu. Possiamo per almeno dargliene una qualche idea se gli diciamo :
in ogni caso blu un colore . Cosa sia un colore in generale, come si distingua dai
suoni e dagli odori, come sia specifco di esso il fatto di rivestire un oggetto esteso
nello spazio, di apparire alla luce e sparire nelloscurit di un nero generale : questo lo
sa anche chi cieco al blu. Egli possiede un concetto pi generale a cui subordinato
anche il blu e, seppure non arriva ad unintuizione in proprio di cosa sia lo specifco
del colore blu, tuttavia, una volta che viene istruito da un altro, sa qualcosa delles-
senza generale del blu, per esempio che anche il blu pu rivestire la superfcie di una
cosa che gli appare, che pu sparire nel buio ed essere visibile alla luce. Nel caso di
buono e malvagio siamo in una situazione altrettanto favorevole ? C anche qui
un concetto generale che li abbraccia, che indica il che-cosa della cosa, che si pu
avere anche se non si avesse una rappresentazione particolare del suo caso speciale, il
buono, e attraverso cui si potrebbe almeno ottenere una conoscenza della sua essenza
pi generale ?
Sembra di s. Se infatti chiamiamo qualcosa buono o malvagio, compiamo un atto
della nostra capacit di giudizio, in quanto capacit di valutazione, o della nostra vis
aestimativa. Valutiamo, come si usa dire, il qualcosa in questione, ossia gli ricono-
sciamo o gli contestiamo un valore. Buono/malvagio dunque senzaltro un caso
particolare di valore. E se qualcuno cieco al bene, ma non cieco al valore, allora
gli si potrebbe dare una prima idea del concetto generale, che anche per lui possibile,
di valore in genere.
Ma c una difcolt. Chi cieco al blu poteva utilizzare lafermazione blu un
colore perch colore nel nostro uso linguistico un termine connesso con uno e un
solo concetto solidamente determinato. Questo non il caso di valore, come ci in-
segna immediatamente una pi precisa rifessione sulluso linguistico del tedesco, che
in ci corrisponde a quello di altre lingue. La situazione qui esattamente come quella
relativa al senso del termine buono, che a tal punto plurivoco, in tedesco come in
altre lingue, che necessaria una precisa messa in ordine delluso linguistico, che con-
nettiamo immediatamente a quella relativa al valore.
assai sorpendente e il motivo di ci lo vedremo in seguito che il suddetto in-
conveniente abbia luogo molto meno per lopposto di buono, ossia per malvagio:
il termine malvagio assai pi univoco di buono. Se defniamo per lopposto di
buono cattivo (schlecht), invece di malvagio (bse),
6
allora la situazione si capovolge
di nuovo : cattivo altrettanto plurivoco di buono e partecipa immediatamente di
tutte le sue plurivocit. Per questo nel 2 rifetteremo sulluso linguistico innanzitutto
nella forma della contrapposizione buono/cattivo.
4. Prima di far questo, mettiamo rapidamente ordine in una confusione delluso lingui-
stico di valore, che non ha nulla a che fare con quella precedente, ma che ha avuto
anchessa come conseguenza inconvenienti e bizzarrie nelle ricerche etiche. Si dice :
In quellincendio sono andati distrutti enormi valori; la guerra ha distrutto enormi
valori. Questo uso linguistico molto frequente impreciso. Non distingue, infatti,
6
Cfr. supra, nota 5.
saggi 404
tra valore e ci che ha valore, ci che di valore, valoroso. La diferenza corrispon-
de alla nostra diferenza precedente tra il buono e un bene. Se lincendio ha distrutto
preziosi dipinti, ricordi cari, monumenti storici, gran quantit di carta valore , non ha
distrutto valori, ma oggetti che sono portatori di valore. Il valore di un oggetto che
ne portatore non loggetto stesso. Se si defnisce questultimo un valore, si parla
impropriamente. Se questa diferenza vista chiaramente, allora per brevit si pu senza
problemi parlare di valori, laddove propriamente si intendono oggetti portatori di
valore , che sono di valore e hanno valore ; e talvolta faremo anche noi cos. In ogni
caso, per, una chiara dottrina del valore possibile soltanto con una chiara consape-
volezza di questo fatto. La ricerca di valore e di classi di valore , di afnit e contrap-
posizioni tra valori diversa da quella relativa a classi, somiglianze o diferenze degli
oggetti stessi che hanno valore. Oggetti, che possiamo nominare e classifcare con
sicurezza, possono portare dei valori per i quali, forse, la nostra lingua ha formato
soltanto un nome confuso, o magari nessuno. Uno e uno stesso oggetto pu avere con-
temporaneamente in s valori molto diversi. E il tipo di valore, lintensit di valore,
la molteplicit del valore e concetti simili devono essere discussi esclusivamente nella
dottrina dei valori stessi, non in quella di ci che di valore.
5. Si defnisce letica come dottrina dei valori. Senza dubbio letica include una dot-
trina dei valori, ma questa non pu fornire la defnizione di quella. Se miglioriamo
la defnizione e diciamo una dottrina dei valori e di ci che ha valore ? Qui la mera
addizione e coordinazione di due dottrine non soddisfacente e non lascia emergere
chiaramente la meta autentica delletica. Quel che infatti vogliamo conoscere, in ulti-
ma analisi, per la nostra vita etica, ci che ha valore: e se qualcosa di simile non fosse
mai e da nessuna parte reale o per lo meno possibile, allora una dottrina dei valori ci
descriverebbe soltanto un paese dei sogni per il quale non sentiremmo alcun interesse
e che non sarebbe nostro compito indagare. Ma ancor pi importante quanto segue.
Denominare tanto semplicemente buono/malvagio come valori comporta, dice-
vamo, una difcolt. Anzi, le difcolt sono due e la seconda peggiore della prima.
Gi il nostro semplice sentimento linguistico ci dice che in senso stretto malvagio e
buono (in quanto contrapposto a malvagio) sono applicabili soltanto agli uomini, alle
loro azioni, alla loro volont, alle loro intenzioni, al loro carattere. E cio: un uomo
agisce in modo malvagio, quando fa quel che non deve fare ; in modo buono quando
fa quel che deve fare . Solo quando abbiamo compreso cosa signifchi questo tu devi
e tu non devi comprendiamo cosa signifchi buono/malvagio. La risposta alla do-
manda etica principale dunque preceduta da unaltra domanda : Chi o che cosa pu
dirci: tu devi, tu non devi ?. In che modo e da dove si ottengono esigenze valide di tipo
tale che il loro adempimento contraddistingue la volont e il volente come buono e il
non adempimento, in quanto mancanza, lo degrada, lo rende malvagio ? Qui, in
efetti, secondo il nostro sentimento linguistico attuale la risposta facile : in ogni caso,
malvagia unazione mediante cui viene distrutto, ostacolato, danneggiato, qualcosa
che di valore. Buona lazione mediante cui qualcosa di valore viene custodito,
promosso o prodotto. Se questa risposta dovesse rivelarsi corretta, allora chiaro dal
principio che qui valore e di valore sarebbero utilizzati in un senso molto diverso
da quello per cui si defniscono valori malvagio/buono. Questi ultimi sono predicati
per un riferimento della volont a valori. Non sviante se si defniscono anche questi
valore, dignit e diritto 405
valori? E se proprio buono/malvagio hanno la pretesa linguistica di essere chiamati
valori, ci rispetto a cui la relazione buono/malvagio ha luogo pu esser defnito un
valore senza che intervenga una equiparazione di oggetti che nellintimo sono fonda-
mentalmente diversi? Lintenzione morale, che adempie a unesigenza morale, qual-
cosa che non in alcun modo sullo stesso piano di ci che di valore e dalla quale
lesigenza procede. Il valore della volont buona, il valore dintenzione che Kant esami-
na nelle parole introduttive della sua Grundlegung, si distingue da altri valori non sol-
tanto per il fatto che un valore pi di altri: proprio su un piano diverso. Questa la
verit imperitura del ragionamento kantiano, che qui non viene ancora ad espressione
in modo abbastanza netto. Se defniamo la volont buona un valore, ci sentiamo poi
quasi impediti ad estendere questo termine anche ad altro. Se lo facciamo, teniamo in
ogni caso fermo in mente che la volont che si rapporta a valori ha un valore che non
si distingue soltanto come lassoluto dal relativo, ma come ci che qualitativamente
altro e che deve esser contraddistinto da un predicato di valore che faccia emergere
questo in modo chiaro. Scegliamo per questo il termine dignit. Solo in un secondo
momento la volont con la dignit, la persona stessa di volont buona in quanto ide-
ale per la nostra autoformazione si colloca sullo stesso piano dei valori. Per questo
osiamo distinguere dignit da valore, riconoscendo che, da una parte, la dignit
e il suo contrario, ci che contro la dignit, presuppongono valori e sono dunque
dipendenti nella loro possibilit dallesistenza di valori oggettivi; e che tuttavia, in pari
tempo, dignit non designa soltanto un valore di mezzo , ossia la mera capacit di
una volont di osservare e produrre valori, ma qualcosa che ha, certo, unanalogia con
tali valori, e pu dunque esser defnita, per parte sua, valore in un senso pi ampio,
ma che appunto insieme qualitativamente distinta dai meri valori e assolutamente
superiore. I valori li valutiamo, ma la dignit la rispettiamo. E il rispetto non si
distingue dalla mera valutazione per il grado, ma per un quale.
Per vederci chiaro abbiamo bisogno di una rifessione sul senso del termine valore
e in generale sulla sua plurivocit ; rifessione che colleghiamo ad un esame di buono/
cattivo.
2) Buono e cattivo
Buono e cattivo sono nomi che spesso utilizziamo in un senso del tutto specifco, ossia
in senso morale. Ci che intendiamo per morale deve ancora farcisi chiaro, ma
chiunque legga questo scritto in qualche modo sa gi da s e conosce quel senso spe-
cifco di buono e cattivo, che defniamo morale. Contemporaneamente costui vedr
facilmente, con una piccola rifessione, che egli e noi tutti utilizziamo molto spesso
il termine buono, anche dove il suo senso morale certamente non presente; e
altrettanto cattivo. Chiariamoci questo punto.
1. Noi diciamo : questa pietanza ha un sapore buono, oppure cattivo . Quando di-
ciamo cos, esercitiamo un atto della nostra vis aestimativa, valutiamo la pietanza. E
possiamo chiamare valore, in un senso molto elementare, quel che in tal modo le
attribuiamo: valore che essa ha per noi. Possiamo raccogliere valori sifatti in una
classe specifca, allinterno della quale forse ci sono ancora sottoclassi. Il nostro linguag-
gio ofre anche un nome determinato per questa classe di valori, che precisa in modo
pi esatto linesatto buono: quel che ha un sapore o un odore buono piacevole per
saggi 406
noi. E piacevole il nome adeguato per questa classe di valori. Una cosa pu esser
piacevole sempre e soltanto se lo per qualcuno. Il valore del piacevole presuppone in
ogni caso un soggetto senziente e valutante, in mancanza di cui perde ogni senso.
Non vi qualcosa di oggettivamente piacevole, qualcosa di piacevole che non abbia
un rapporto ad un soggetto. Per questo possiamo defnire la classe del piacevole un
valore solo soggettivo. Questo non signifca che esso sia il valore del soggetto (sen-
ziente) un tale valore, se ci fosse, lo defniremmo meglio valore di soggetto ma
che esso presente sempre e soltanto per un soggetto (senziente).
Esser piacevole per qualcuno non altro che esser in grado di mettere qualcuno in
quello stato che chiamiamo piacere. Se esaminiamo la situazione pi esattamente, ve-
diamo facilmente che, in senso rigoroso, ci a cui qui do valore, in realt, non la cosa
che suscita piacere, ma il piacere, questo mio specifco stato interno. Una volta che sia
stato suscitato, su questo che si concentrer, di l in avanti, il mio interesse. Vorrei per-
manere in esso, vorrei rinnovarlo. Le ciliegie come tali mi interessano soltanto perch
ho avuto lesperienza del fatto che il loro sapore mi d piacere. Altrimenti mi sarebbero
totalmente indiferenti, sarebbero per me prive di valore . Il piacere non per, di per
s, un interesse per le ciliegie: queste ultime, e la loro acquisizione, divengono oggetto
del mio interesse sul fondamento dellesperienza di una connessione tra il consumarle
e il piacere. Vedremo in seguito che il piacere interviene l dove viene soddisfatto un
interesse positivo . Questo per non vale del piacere che abbiamo qui nominato e
che precede il ridestamento dellinteresse, tanto di quello in s, quanto dellinteresse
per loggetto che lo provoca. Questi ultimi due possiamo distinguerli come interesse
diretto e interesse indiretto. Con ci arriviamo, gi qui, ad una diferenziazione tra
valore diretto e valore indiretto. Ha valore cos diciamo qui ci che si presta a che
un interesse vi si leghi. Nel caso specifco ha evidentemente un valore diretto per me
lo stato stesso di piacere: a questo che il mio interesse si lega direttamente. Ci non
esclude, anzi implica che quindi il mio interesse si leghi anche a pietanze, a ciliegie, ad
altre cose che danno piacere. Questo anzi quanto in efetti accade: con interesse mi
sforzo di acquisire, di raccogliere, di avere a disposizione ci da cui mi aspetto piacere.
Queste cose possono essere per me di molto valore ; possono essere per me grandi
valori , come le mie sostanze e le scorte accumulate. La loro acquisizione gi di per s,
anche prescindendo dal loro uso, mi dar piacere; e la loro perdita mi far sofrire: un
interesse indiretto e il valore per me delle summenzionate cose indiretto.
Osserviamo ancora questo : la cosa piacevole quella che d piacere. Ma non di
per s piacere. Dunque, in senso rigoroso, non posso defnire piacere qualcosa di pia-
cevole. Inoltre : sul fondamento dellesperienza del piacere si desta per me un interesse
ad ottenere piacere ; questo interesse pu divenire per me motivo della ricerca di
piacere. Dunque linteresse non di per s piacere, perch se cos fosse non cercherei
il piacere solo in un secondo momento. Tanto meno il piacere un motivo della
mia volont. Posso pormelo come fne perch e in quanto ho per esso un interesse.
Ma il motivo della volont linteresse e posso avere interesse anche per cose diverse
dal piacere.
Lattrattiva di una cosa, la sua capacit di dare piacere, nonch il piacere stesso posso-
no avere i gradi pi diversi. Hanno anche in s la possibilit di diverse sottoclassi ? Sem-
bra di s. Tuttavia distinguiamo e, come sembra innanzitutto, come elementi specifci
nellambito delle medesime classi superiori ci che attrae, che attira, che amabile,
valore, dignit e diritto 407
che rallegra, che entusiasma, che rende beati ; e, quanto al nostro stato, distinguiamo il
mero piacere dallessere a proprio agio, dalla gioia, dalla delizia, dalla beatitudine. Di-
stinguiamo anche un piacere grossolano, rozzo, volgare, un piacere sensibile, psichico,
spirituale, intellettuale, e un piacere nobile, il compiacimento, il gustare rafnato, il
dolore, la soferenza, la pena, langustia, ecc. Abbastanza spesso tali sentimenti sono
stati tutti inclusi, in efetti, nellunica e medesima classe del piacere con il suo contrario.
Vedremo che questo sbagliato e che tra i suddetti concetti non sussiste n il rapporto
che vi tra gradi di intensit di un unico e medesimo fenomeno chiamato piacere, n
quello di sottoclassi di questultimo.
Laver piacere pu diventare oggetto del mio interesse e, quindi, del mio appetito,
del mio tendere volontario, della mia mira, del mio progetto. Ci che pu diventar tale
lo defniamo un possibile fne. Posso quindi pormi per fne qualcosa. Quel che mi
pongo direttamente per fne nel singolo caso pu in certe circostanze essere soltanto
un fne intermedio , che voglio non per se stesso, ma per i suoi efetti, ai quali miro
in ultima analisi o defnitivamente; efetti che non voglio pi come fne intermedio, ma
come fne ultimo , che quello che realmente intendo nellaspirare al fne interme-
dio voluto direttamente ; quello che voglio indirettamente, certo, ma che appunto
perci propriamente voglio. La dottrina edonistica sostiene che ci che alla fne voglia-
mo propriamente e indirettamente in tutte le nostre posizioni di fni sarebbe il nostro
piacere ; che dunque lunico fne ultimo e quindi, in pari tempo, lunico a cui luomo
sarebbe e possa essere interessato, il suo piacere. Che questo sia falso, che al contra-
rio luomo possa porsi per fne innumerevoli altre cose che non il proprio piacere, che
nella maggior parte dei casi il piacere in generale possibile soltanto se un uomo era in
prima battuta interessato a qualcosa di diverso dal proprio piacere, e che in molti casi
il piacere non si realizza proprio quando nello sforzo un interesse mira di sottecchi ad
esso, lo vedremo in seguito. Ma indubbio che il proprio piacere pu anche essere,
in efetti, il fne ultimo proprio delluomo e che ci si possa sforzare e ci si sforzi in vista
di questo.
2. Dal piacevole si distingue l idoneo, dal valore del piacere quello dellessere idoneo
di un oggetto. , di nuovo, una valutazione quando defniamo qualcosa idoneo.
Ma quant intimamente diverso ci che qui intendiamo per valutare! Gi qui ci si
fa chiaro ci che ci si confermer in seguito in modo ancor pi profondo, e cio che
il valore certo un contrassegno generale che ritorna in modo concordante in certi
oggetti, ma non come p.e. colore un vero e proprio concetto di specie che indica
il quid di un oggetto. Un canarino, un cinese e una zucca hanno tutti e tre un contrasse-
gno comune : sono tutti e tre gialli. Ma questo mi aiuta poco quando mi interrogo sulla
quidditas, quando voglio sapere cosa siano di per s un cinese o una zucca. Cos i
fni intermedi e quelli ultimi, i valori indiretti e quelli diretti, hanno certo in comune
il contrassegno che un interesse si fssa su di essi, ma quanto diverso il senso di cia-
scuno ! Altrettanto diverso il senso del piacevole da quello dellidoneo.
Diciamo : questo un buon martello, questo uno strumento valido (wertvoll). Que-
sto buono o valido include anche una relazione a qualcosaltro, ma la relazione di-
retta qui non quella per qualcuno , ma quella per qualcosa . Il martello non mi
buono e in prima battuta non neanche buono per me , ma per martellare. Quindi
buono per me quando mi trovo nella necessit di martellare. E non perch mi d
saggi 408
piacere, ma perch idoneo, in quanto mezzo, al mio fne. Per questo il mio inte-
resse si fssa su di esso. Qualcosa di buono nel senso del valore di mezzo pu anche
divenire piacevole, se mi pongo per fne lottenimento del piacere e per questo fne
cerco e utilizzo cose di cui so che possiedono un valore di piacere . Ma pu divenire
altrettanto spiacevole, o n piacevole, n spiacevole se perseguo altri fni.
Il valore dellesser idoneo non pu ancora esserci per un essere che meramente
senziente e capace di piacere, ma soltanto per uno che vuole in modo attivo, che si
pone dei fni. Di nuovo : che diferenza essenziale ! lecito defnire in generale ci che
suscita un interesse soltanto per il primo con lo stesso termine di quello che lo suscita
nel secondo ? Valutazione in quanto riconoscimento dellessere idoneo di un mezzo
la stessa forma di senso della valutazione in quanto apprezzamento di una causa di
piacere? Allo stesso tempo anche buono in quanto idoneo del tutto diverso, na-
turalmente, dai valori morali. Anche quando voglio uccidere qualcuno ho bisogno di
una buona arma del delitto o di un buon veleno. Qualcosa, che in generale con-
forme al fne , pu avere il valore di mezzo per quanto i fni siano nobili o ignobili.
Gli antichi distinguevano i bona fruitionis e i bona usus, i beni di godimento e quelli
duso. Del fatto che applicassero per entrambi il termine bonum si risente ancora nel
nostro uso linguistico di buono e beni , con le oscurit che pertengono al concetto
di bonum come a quello di agathon e che ritornano nella nostra dottrina dei beni
e dei valori . Il mettere insieme i beni di godimento e quelli duso livella il senso,
indubbiamente gi pi ricco, degli ultimi. Inoltre il poter esser goduto e il poter esser
usato costituiscono qui, insieme, il buono in generale : poich quei due momenti
possono presentarsi anche in scienza, arte, religione, patria, anima e Dio, questi ultimi
fniscono per ritrovarsi insieme a beni ai quali non li lega, evidentemente, alcun
concetto dessenza , ma, di nuovo, soltanto un contrassegno generale ; e rischiano
che, quali meri beni, sia sottratto loro quel senso pi profondo per cui sono pi che
beni. Si occulta la circostanza, importante per letica, per cui le summenzionate cose
sono, prima di ogni esser beni , esigenziali, cose che non richiedono in primo luogo
il nostro uso o godimento, e che non sono riferite a fni che ci poniamo, n a fni che
dovremmo porci.
La virt connessa allessere idoneo e allidoneit. Per Aristotele le virt sono
evidentemente ancora idoneit; e, in efetti, anche ci che noi chiamiamo virt in
pari tempo idoneit della persona a certi suoi fni. per merito di Kant laver defniti-
vamente chiarito la completa distinzione che qui presente; merito che si pu descri-
vere appunto con il fatto di aver distinto la virt dalla mera idoneit. Lidoneit era
il valore di mezzo, ossia il suo esere adeguato ai nostri fni. Mezzi per i nostri fni sono
soprattutto le nostre proprie capacit, tanto quelle del nostro corpo quanto quelle della
nostra anima. Infatti, proprio come diciamo un buon martello, diciamo anche una
buona idea , una buona testa, quando non intendiamo altro che la loro adeguatezza
ai fni che per mezzo loro debbono essere attuati. Se non intendiamo altro che questo,
potremmo dire esattamente nello stesso senso: una volont buona. La volont il
mezzo pi essenziale per i nostri fni e tutto dipende dalla sua idoneit, p.e. dal fatto
che sia forte o perseverante. Ma, da Kant in poi, nessuno dir pi cos. Sentiamo che
lespressione volont buona sprecata per esprimere la mera idoneit, fosse pure
lidoneit per quei particolari fni che chiamiamo morali. La volont buona non
buona perch un bene (un bene duso), sebbene sia anche un bene.
valore, dignit e diritto 409
3. Possiamo defnire la piacevolezza un valore di piacere, in quanto il piacevole d
piacere. (Tale valore di piacere, allora, diverso dal valore del piacere stesso.) Per il dare
piacere possiamo dire: serve (dient) al nostro piacere. Ma vogliamo riservare lespres-
sione utilit (Dienlichkeit) per qualcosa che allo stesso tempo di valore per noi, ma
che non direttamente connesso ad uno stato di piacere, ma a qualcosa di diverso. Il
che corrisponde anche alluso linguistico. Quando dico, infatti: questo mi utile, inten-
do qualcosa di totalmente diverso da questo mi d piacere. Se rifettiamo sul nostro
sentimento linguistico notiamo facilmente che qui, a livello del sentimento, facciamo
una distinzione signifcativa. In realt violentiamo il nostro sentimento linguistico se
annoveriamo gi il piacevole sotto ci che di valore. Nessun uomo dir seriamente:
queste ciliegie, questo bicchiere di birra sono per me di valore. Realmente di valore
solo ci che realmente serve, e non al nostro piacere, ma a qualcosa che, a sua volta,
viene defnito di valore in un senso completamente diverso dal mero piacere.
Lutile evidentemente afne allidoneo. Lidoneo mi serve in quanto serve ai miei
fni. Tuttavia vi anche qui una distinzione, come si pu vedere gi in ci che utile in
modo del tutto elementare. Di un farmaco diciamo : mi fa bene ; di un consumo dalcol
eccessivo : mi fa male. Il farmaco non per idoneo tanto ai miei fni, quanto piutto-
sto direttamente a me stesso, cio alla mia salute e quindi alla mia propria esistenza.
Certamente pongo anche la mia esistenza come un mio fne, cos che lutile diviene
un mezzo per i miei fni. Ma per me utile non soltanto per il mio porre fni, ma per
il mio benessere , per la mia eudaimonia (che, lo vedremo, non nulla di eudemo-
nistico ) ; e se per leggerezza o per stoltezza trascuro il mio benessere a vantaggio
dellumore o del piacere, mi pu essere assai utile qualcosa che eviterei di scegliere
come mezzo : magari una dose di legnate come si deve; la quale come si deve
(gehrig) perch ci vuole (sich gehrt). E ci vuole, ossia opportuna, perch qui in
gioco qualcosa di importante . Lutile ci che riferito a qualcosa di importante
per luomo e per questo diventa esso stesso, indirettamente, importante. Niente pu
essere importante in se stesso, ma solo per qualcuno ; non per soltanto in seguito ad
una sua valutazione : importante gi prima e indipendentemente da tale valutazio-
ne. Egli valuta solo ci che importante per lui, in quanto diviene anche importante
secondo lui . Ma molte cose, che sono sommamente importanti per noi , purtroppo
non lo sono afatto secondo noi e non le prendiamo per tali. Se vogliamo chiamare
ci, come si usa fare, un valore , certo non lo facciamo perch fssiamo su di esso un
interesse. Spesso questo non ha luogo, e se ha luogo non ci che d allimportante il
suo autentico quid. importante, invece, quanto costituisce, promuove e assicura quel
che in seguito conosceremo come senso della vita . In realt ci vorrebbe che chiun-
que avesse interesse e zelo per questo: ma non perch si hanno interesse o zelo e,
anzi, anche se non li si ha ci sono cose e contenuti spirituali che sono sommamente
importanti pur non essendo piacevoli o idonei per i fni posti. A queste cose dimpor-
tanza superiore appartiene, p.e., ci che noi, con espressione davvero infelice, chiamia-
mo i beni di cultura spirituali. Certo, anche questi sono beni , ma pi signifcativo
che siano cose dimportanza : importanti per il senso spirituale stesso della vita. Se li
defniamo valori , allora vero che anche questi sono ancora valori relativi , nella
misura in cui sono riferiti, in quanto utili , allautentico eu della vita, al senso della
vita. In quanto tali, per, non dovremmo gi pi defnirli valori soggettivi , come i
saggi 410
valori di piacere, ma oggettivi. Pu esser piacevole, infatti, soltanto ci che tale per
qualcuno che lo sente cos : senza questa esperienza soggettiva niente piacevole. Ma
ci che importante per qualcuno resta ci che anche se costui non lo riconosce e
non gli d valore .
Certo, nei confronti dellespressione valore oggettivo bisogna forse procedere an-
cora oltre. Si aferma talvolta che parlare di valore oggettivo per principio un non
senso e una violenza ad ogni uso linguistico. Al contrario, bisogner chiedersi seria-
mente se non sia proprio il parlare di un valore per me qualcosa di secondario, e se,
secondo il senso pi determinato e pi signifcativo del termine, non sia lecito chiamare
valore non tanto ci che ci per me, quanto piuttosto ci per cui io ci sono.
4. Tra i concetti di valore , quello di perfezione ha da sempre rivestito un grande
ruolo. Nella perfezione si scorto spesso lideale delluomo stesso e se ne fatto il
concetto cardine delletica. In efetti, si vede facilmente che in certe circostanze diamo
valore alla perfezione, in tutti i signifcati che questo termine mutevole pu avere.
in pari tempo chiaro che la perfezione in s un concetto formale vuoto, che pu
presentarsi con i contenuti pi diversi e pu essere, secondo il contenuto, neutrale ri-
spetto al valore o persino del tutto contrario ad esso. Apprezzo un martello perfetto pi
di uno imperfetto, perch ha un valore di mezzo superiore. O, quando raccolgo piante
per il mio erbario o fossili per la mia collezione, scarto un pezzo peggiore rispetto ad
uno migliore, che tale perch pi perfetto. Qui, perfetto quel pezzo che ha le
caratteristiche essenziali e necessarie del suo tipo, e le presenta anche con la maggiore
purezza e chiarezza possibili in modo tale che serve ai fni della collezione e ai miei fni.
In vista di questi ultimi defnisco questo pezzo buono e laltro cattivo. Oppure ap-
prezzo la perfezione come elevazione del contenuto oggettivo di valore nellarte e nella
scienza, o infne la apprezzo in rapporto allideale, per esempio quello di una volont
buona o del carattere morale; e di qui sar per noi un compito particolare cercare in
cosa consista la perfezione della dignit, che stimiamo sopra ogni altro valore e
che naturalmente tanto pi stimiamo quanto pi perfetta. Purtroppo, talvolta si pu
essere anche dei perfetti mostri . Quando attribuiamo qui perfezione non facciamo
un complimento, n attribuiamo un valore, ma il disvalore estremo.
5. Volgiamoci, infne, a quel signifcato dellesser-valore dal quale, mi sembra, sorta
quellopinione ostinata e spesso presentata come un assioma, per cui in generale ci
sarebbero e potrebbero esserci soltanto valori soggettivi : A questo o quello io tengo
(ist mir wert
7
). In ci lelemento paradossale della cosa che proprio qui ci a cui io
tengo non ha afatto bisogno di esser per me un valore, n nel senso del piacevole, n
in quello dellidoneo, n nel senso dellutile, n in quello del valore oggettivo , e tanto
meno nel senso della dignit.
Diciamo : a questuomo io tengo o mi caro, e questo pu esser volto nella forma:
gli voglio bene (ich bin ihm gut). Questultima cosa non pu naturalmente signifcare
che sono per lui un bene nel senso del piacevole o dellutile, n che sono per lui
un valore in un qualche senso; signifca piuttosto che sono ben disposto nei suoi
confronti, che mi piace, che lo amo. Tanto meno, per, ci tengo signifca che laltro
venga stimato da me per la sua piacevolezza, impiegabilit, utilizzabilit, utilit, o per
7
Letteralmente: mi di valore.
valore, dignit e diritto 411
uno qualsiasi dei caratteri morali; ma signifca innanzitutto semplicemente il fatto che
oggetto della mia inclinazione. Inclinazione, amore non per valore damore e
non mira ad un valore nellaltro, ma semplicemente allaltro stesso. Una madre ama
il suo neonato non perch gli piacevole, ma perch lo ama, e per questo le piacevole
lui e il prendersi cura del bambino. La confusione dellamore con il piacere, ossia con
il piacere dellaltro, un equivoco molto grossolano. Lamore d laver piacere dellal-
tro, ma, in certe circostanze, ancor pi d laverne dolore, quando questi non ricambia
o quando ingrato. Non amo perch e in quanto laltro per me un bonum usus o
fruitionis, e non so cos lamore se sono capace di scambiarlo con questo. Lamore ,
come avremo ancora occasione di vedere, una specie di interesse, ma in nessun modo
piacere. Che esso in s non miri a valori superiori, magari morali, nellaltro lo si
concede forse pi rapidamente. Il Samaritano misericordioso, che il Vangelo ci mette
di fronte agli occhi come modello dellamore per il prossimo, non sa se colui che stato
vittima dei ladri un eroe di virt o magari lopposto; non se lo chiede, ma segue il
moto del suo cuore. N laltro per lui un valore in qualsivoglia altro senso. Lamo-
re divino, lamore del Redentore, lamore salvifco punta al peccatore e a colui che
completamente privo di valore. Ma anche le forme semplici di inclinazione, nella fgura
dellamore elementare per i familiari, del cameratismo e dellamicizia, in quanto sono
inclinazioni, non mirano innanzitutto ed esclusivamente a valori nellaltro. Mediante
valori, che un altro possiede, costui mi piace , e il piacermi dellaltro, il mio diletto
dellaltro ha unanalogia con linclinazione, pu mescolarsi con questa, occasionalmen-
te pu anche suscitarla, pu rafnarla : per questi motivi viene scambiata mille volte
con linclinazione. Ma gi il diletto dellaltro , come il diletto in generale, qualcosa
di diverso dal piacere ed , in ogni caso, qualcosa di diverso dalla stessa inclinazio-
ne. Dove questultima presente, l sorge anche il diletto, talvolta in forma bizzarra:
se una madre ama il suo bambino, questultimo sicuramente le piace, anche se un
mostriciattolo, e anche se le procura afanno e tribolazione. La sorgente dellerronea
dottrina edonistica che scambia linteresse con il piacere e che, per di pi, non in gra-
do di distinguere tra to love and to like, tra amare e gradire. Ma su questo si basa anche
lincapacit di Kant di riconoscere che alla perfezione della volont buona appartiene
in efetti qualcosa di pi che lobbedienza al dovere : le appartiene cio anche quell in-
clinazione che egli disprezza. In pari tempo si mostrano qui di nuovo le difcolt di
unetica che riprende valore da un uso linguistico poco rafnato e lo utilizza come
un termine fn troppo comodo e apparentemente pronto alluso.
Del valore stesso dellamore, della sua bellezza, della sua nobilt dovremo trattare
ancora e dovremo tornare su ci che qui si solo accennato. Innanzitutto qui [diciamo]
solo questo, che lamore non di per s gi amore del valore, e che se tenere a te
signifca volerti bene, allora questo bene, secondo il suo concetto, non signifca qui
sono un bene per te ; e che, se tengo a qualcuno, non perch costui per me un
valore, ma per me un valore perch tengo a lui.
3) Valori esigenziali
Ci sono fni, nel senso rigoroso del termine, soltanto per una coscienza e per una volon-
t. Possiamo quindi parlare propriamente di fni nella natura soltanto se ad essa, o ad
una potenza che li pone, attribuiamo luna e laltra. Ma anche in mancanza di coscienza
e volont vi sono tele e teleologie, per lo meno nella natura organica : per esempio
saggi 412
la fgura tipo di un essere organico, che viene costruito per mezzo delle sue capacit
entelechiali e che, in quanto meta, telos, indica a queste ultime la strada. Defniamo
questi tele in senso traslato anche fni e parliamo di un riferimento conforme al fne
delle parti di un organismo al tutto e del tutto alle parti. Comprendiamo il senso
di una parte nellorganismo, soltanto se e in quanto abbiamo riconosciuto questa sua
conformit al fne.
I fni, lo abbiamo gi visto, possono essere fni ultimi, ai quali si rapportano, come
mezzi, i semplici fni intermedi. Quindi una stessa cosa pu essere fne ultimo sotto un
certo proflo e, sotto un altro, fne intermedio per qualcosaltro che si voglia ottenere.
Come fni intermedi ci poniamo ci da cui ci attendiamo piacere. Avere piacere qui
un fne ultimo perch per noi un valore in s.
Ora chiediamoci innanzitutto : ci sono, a parte il piacere, anche altri valori in s, os-
sia cose che sono e possono essere poste come fne ultimo di per se stesse ? Inoltre : il
valore in s del piacere naturalmente sempre un valore per noi. C forse qualcosa
in cui anche questo per noi debba mancare e che allora dovrebbe esser defnito un
valore in s in un senso totalmente diverso : ossia non soltanto perch ha un valore
da se stesso per noi, ma perch un valore in e per se stesso ; anche senza la relazione
a qualcuno che valuti? E infne: luso linguistico ci consente di utilizzare il vocabolo
valore per questa cosa rara? Il che importante per noi non soltanto per parlare in
modo comunemente comprensibile, ma perch con questo avremmo la garanzia che
non almanacchiamo, ma parliamo di cose che, come dice Kant, sono presenti da tempo
nella comune conoscenza della ragione morale
8
e devono solo esser chiarite in modo
pi preciso.
Volgiamoci ora innanzitutto alla prima domanda.
1. Ci sono altri valori in s oltre al piacere, il che signifca qui : ci sono altri oggetti nei
confronti dei quali abbiamo un interesse diretto ? A questa domanda si risposto spesso
negativamente. Se per si considera la situazione pi esattamente, si pu ancor prima
chiedere: il piacere , in generale, un valore in s ? Non forse almeno in molti casi,
forse nella maggior parte soltanto una condizione concomitante che si ottiene quan-
do si mira ad un fne ultimo diverso dal piacere ? Questo evidentemente il caso nelle
forme inferiori di interesse, p.e. negli istinti degli organismi inferiori. Il baco da seta
viene mosso dallimpulso di fare il suo bozzolo. Se questo viene distrutto, il baco prova
forse dispiacere. Non viene per mosso dallimpulso di evitare il dispiacere, ma da un
istinto autonomo e diretto di compiere certe operazioni per lui del tutto incomprensi-
bili. regolato o predisposto cos ; il che qui signifca che orientato a questo. Ha
una tensione : se questa viene soddisfatta ha piacere ; se non viene soddisfatta ha dispia-
cere. Ma nemmeno nellultimo caso levitare il dispiacere il motivo di cominciare una
nuova opera : il motivo quella tensione impiantata dellistinto. Nella vita dellanimo
umano c un certo interesse che condividiamo con le capre e che chiamiamo curiosi-
t . Il soddisfacimento di questo interesse procura piacere, come ogni soddisfacimento
di interessi. Ma, anche qui, linteresse si indirizza in modo diretto ad avere unesperien-
za di qualcosa di nuovo, non al piacere. Un collezionista di francobolli ricava piacere
quando trova francobolli. Ma lo ricava solo e soltanto nella misura in cui innanzitutto
8
I. Kant, Grundlegung der Metaphysik der Sitten, BA 1.
valore, dignit e diritto 413
ha un interesse, che in certe circostanze molto forte, al possesso di francobolli. Egli
non pensa al piacere, ma, appunto, ai francobolli. Una madre ha interesse al be-
nessere del suo bambino : quando il bambino sta bene, sta bene anche lei. Ma questo
solo e soltanto nella misura in cui era preliminarmente interessata a qualcosa di com-
pletamente diverso dal piacere, ossia alla salute del bambino. In tutti questi casi, e in
migliaia di altri, il piacere si ottiene come efetto: occasionalmente pu, non deve, esser
preso in considerazione come fne concomitante. Ci sono casi in cui il piacere come
efetto viene diminuito se linteresse principale era strabico invece di esser innanzi-
tutto un puro interesse per la cosa. Pu succedere anche qualcosaltro. Linteresse
per i francobolli, p.e., pu diventare sempre pi vivo e appassionato col crescere della
collezione, mentre contemporaneamente il piacere diventa pi tranquillo, fevole,
sfumato. Un ragazzo che comincia la collezione contempler il suo patrimonio di sette
francobolli con un entusiasmo sempre nuovo, e ne godr: una volta che ne ha un mi-
gliaio, il suo piacere della cosa sar sostanzialmente minore, meno intenso ; mentre con
una maggiore conoscenza linteresse comincer forse soltanto ora a soddisfarlo in modo
pi profondo. Diciamo dunque che non c soltanto linteresse per il piacere, ma c
anche il puro interesse per la cosa. Anche il soddisfacimento di un interesse per la cosa
procura piacere, ma lintensit del piacere non funzione dellinteresse per la cosa e
linteresse in s non interesse per il piacere. Vi sono dunque tanto valori in s, quanto
fni ultimi che non sono piacere.
Allo stesso tempo chiaro, per, che anche questi valori di cosa, come i valori di pia-
cere, sono tali soltanto in quanto sono per qualcuno. Non avrebbe alcun senso chiamarli
valori in s. Chiediamoci ora: ha senso parlare di valori in s? E se dovesse esserci
qualcosa di simile, qualcosa che viene indicato da queste o simili espressioni, il nostro
uso linguistico ci consente di dire di valore o valore? E se dovesse esserci, allora sa-
rebbe anche evidente che i valori in s sono qualcosa di totalmente diverso dai valori
soggettivi , qualcosa che nonostante il termine valore, che suona nello stesso modo,
appartiene tuttavia ad una classe essenziale del tutto diversa.
2. Volgiamoci dunque alla nostra seconda domanda: qui deve essere innanzitutto sol-
levato lo scrupolo che ci gi venuto in precedenza.
Molte dottrine dei valori, in generale, non defniscono rigorosamente valore, ma
lo raccolgono in modo largamente inavvertito dalluso linguistico; cos che diventa
una specie di camaleonte che mostra ora questo ora quel colore, e ci che in s di-
sparatissimo si raccoglie in una tavola dei valori . (Noi stessi abbiamo indicato come
momento comune di alcuni dei concetti coperti dal vocabolo valore lesser connesso
con linteresse ; ma lo abbiamo fatto esplicitamente non nel senso di una defnizione di
valore in genere, perch gi una spiegazione terminologica unitaria non ci sembra in
generale possibile : abbiamo piuttosto il compito di cogliere in modo specifco il senso
di volta in volta molto diverso del termine.) Dove vengono date defnizioni troviamo
grandi discordanze: il valore sarebbe ci che attribuiamo ad una cosa mediante atti di
valutazione (dove si presuppone che valutare sia compreso in modo universalmente
univoco). Il valore sarebbe ci che viene di volta in volta preferito. Il valore sarebbe
ci che determina la nostra preferenza. Il valore avrebbe soprattutto un riferimento al
sentimento, dove per per sentimento si intende piacere/dispiacere; e non chiaro
se sentiamo un piacere perch la cosa ha un valore o se, al contrario, la cosa un va-
saggi 414
lore perch, secondo lesperienza, al suo godimento o possesso si riallaccia un piacere.
Oppure: il valore non sarebbe riferito al sentimento, ma alla volont, ossia sarebbe il
nome per ci a cui la volont tende in forza della sua propria direzione, e il sentimento
sarebbe soltanto lindicatore di una realizzazione della volont.
b
Il nostro scrupolo, per, non riguarda questo, ma la banalizzazione del senso di va-
lutare e dar valore , contro la quale parla gi il nostro stesso senso linguistico. Poco
importa se qualcosa ha valore perch gli diamo valore o se gli diamo valore perch ha
valore : quando e in quale caso diamo valore qualcosa ? Davvero do valore quando
per un capriccio del gusto preferisco le ciliegie nere alle rosse ? Davvero una persona d
valore, quando apprezza la sua bottiglia di acquavite ? Do valore quando apprezzo,
scelgo, preferisco qualcosa, quando cerco con interesse, bramo o esperisco con piacere
ci che soddisfa il mio mero capriccio o la mia mera curiosit ? Certo, anche secondo
il nostro uso linguistico qualcuno pu attribuire valore a stivali dai tacchi alti; dal-
tra parte, luso linguistico diferenzia da tempo tra le diverse forme del preferire e del
valutare in modo molto determinato : si pu gradire una bottiglia di birra, ma non
la scienza, larte o la religione. Se si ascoltano in modo pi rafnato queste diferenze,
si nota che mirano a qualcosa che risiede nelloggetto stesso, che riguarda loggetto
stesso, che ha in s un tratto di oggettivit. Di un impiegato abile possiamo dire : co-
stui per me di molto valore. In certi casi ci vediamo per costretti a lasciar cadere il
per me e a dire semplicemente quello un uomo di grande valore. Qui senzaltro
non vogliamo dire che di valore per me, e nemmeno per altri : forse vogliamo dire che
di valore per mete e compiti universali signifcativi. Ma in certi casi gi non intendia-
mo pi un tale per: ci sono davvero uomini che portano in s un profondo valore
e lo portano semplicemente in se stessi mediante ci che sono, non soltanto mediante
ci che signifcano per altri o per qualcosaltro.
Soprattutto, per, bisogna far riferimento ad un uso linguistico che fnora non abbia-
mo menzionato e che non soltanto moderno, ma che era presente da tempo anche
nelle lingue antiche e su cui certamente si modellato luso della nostra lingua: mi
sembra che sia quel senso di valore da cui ogni assiologia ha preso originariamente
lespressione. E se la dottrina dei valori partisse da questo, invece che dal valore del
piacere o dellutile come spesso nascostamente fa, anche se non vuole ammetterlo
allora la domanda sui valori oggettivi , anche se non vi si rispondesse ancora in modo
positivo, sarebbe comunque posta al livello giusto.
Diciamo : Vale la pena . Spesso non necessario che questo signifchi altro che :
merita (lohnt sich), che cio d come ricompensa un piacere o un valore di piacere
o di utilit, o anche che qualcosa di utile per noi stessi nel senso della nostra for-
mazione e cultura spirituale. Ma anche gi in quellespressione risuona un senso che
viene chiaramente alla luce quando diciamo: Il lavoratore si merita il suo salario (ist
seines Lohnes wert) . In ogni caso questo non signifca che il lavoratore di valore (wert)
per me o per qualcuno, o che sia piacevole, utilizzabile, utile a qualcosa, ma che ha
una pretesa fondata nei confronti di qualcosa, che pu esigere con fondamento, che pu
avanzare esigenze valide.
Assiologia viene da axion, che traduciamo con dignum e con di valore : ma axion
b
Questultima cosa coincide quasi con quanto esposto criticamente in 1., se al posto della volont si
mette linteresse. Nella maggior parte dei casi, il piacere appunto soltanto lefetto concomitante di un in-
teresse realizzato, che, come tale, mirerebbe innanzitutto a qualcosa di diverso dal piacere. Indubbiamente,
per, in innumerevoli casi miriamo anche direttamente e senzaltro al piacere.
valore, dignit e diritto 415
in prima battuta non signifca che colui o ci che axion sia un valore per qualcuno ,
ma che avanza pretese valide nei confronti di qualcuno; e se davvero vogliamo praticare
una assiologia nelle nostre etiche, abbiamo dei buoni motivi per farlo gi linguistica-
mente: siamo giustifcati e costretti dal pi antico uso linguistico a prendere le mosse
non dal fatto che ci tengo (mir wert sein) o che sia di valore per me , ma dal fatto che
si meriti una cosa ; a prendere cio le mosse da ci che fondamento della validit di
una pretesa. La Bibbia dice : Tu sei degno di gloria, onore e potenza .
9
Questo include
anche il fatto che ci che qui inteso diverr oggetto del mio interesse, che diventer
qualcosa a cui tengo in quanto oggetto del mio amore, che diventer per me un
bene e forse il summum bonum: nessuno di questi per il senso fondamentale, ma
il fatto che ha una pretesa massimamente valida ad unobbedienza deferente e ricono-
scente. La riluttanza dei formalisti nei confronti delletica dei valori dipende essen-
zialmente dal fatto che in questultima essi avvertono la mancanza di quella peculiare
seriet e di quel coraggio che sono propri al formalismo. E, in efetti, non vi in ci
qualcosa di giusto? E non ne deriva che nelletica dei valori i valori sono pensati sem-
pre troppo a partire dal timion invece che dallaxion, e che letica pi una timiologia
che unassiologia o, detto altrimenti, che i valori sono intesi ancora sempre troppo
come beni invece che come normativi?
Nellesempio del lavoratore che merita il salario il fondamento della validit non
cosa su cui avremo ancora modo di rifettere un valore: pagare il salario non
dovuto perch il lavoratore un uomo di valore e nemmeno perch utile, ma
perch ne ha diritto: e questo diritto costituisce il fondamento della validit della sua
pretesa. Del diritto come fondamento della validit di pretese tratteremo in seguito.
Ora, per, vi sono in efetti anche altri fondamenti della validit di esigenze, i quali
sono diversi dal diritto ; vi sono cio anche altri fondamenti di esigenze obbliganti o
vincolanti. E per questi nemmeno io ho trovato altro nome, nonostante tutta lequi-
vocit del vocabolo, che valore interno o oggettivo ; il quale in efetti un valore
nel senso della nostra seconda domanda : un valore che tale esclusivamente in e da se
stesso, anche senza relazione ad un valutante.
Valori o beni come un lavoro regolare, la formazione, la scienza, larte, la reli-
gione, sono utili in quanto sono salutari e favoriscono il fatto che io divenga come
dice Meister Eckhart essenziale, che cio pervenga alla mia essenza superiore o
spirituale. Ma cos questa mia essenzialit, questa essenza spirituale in me ? Pu certo
essere, a sua volta, utile, a me come ad altri, ma prima di ci vale il fatto che deve
esistere o divenire reale in vista di se stessa. E qual il fondamento di questo dovere ? Non
possiamo defnirlo altrimenti che cos: perch un valore; e stavolta non un valore
per qualcosaltro, ma in se stesso. Non dipende da alcun valutare, e resta ci che
anche se nessuno lo valutasse.
Lo stesso vale, daltra parte, anche dei summenzionati valori come loperare at-
tivo, la formazione, ecc. Essi sono entrambe le cose: sono tanto valori utili, quanto
daltra parte, essendo ideali, sono valori esigenziali, e sono quindi valori in se stessi.
La scienza, p.e., certo utile al ricercatore, ma daltra parte il ricercatore si dedica al
servizio della scienza . Essa non afatto soltanto un bene per lui o per lumanit,
ma pone come ideale, al ricercatore in particolare e all umanit in generale, lesigenza
9
Ap 4, 11.
saggi 416
di essere e di essere accresciuta. Questo stato di cose viene visto e riconosciuto come
sussistente oggettivamente non dal flisteo, ma da chi se ne intende , ossia da colui
che comprende ci che la scienza secondo il suo senso. Essa un axion, un valore, non
soltanto perch per il ricercatore, ma soprattutto perch anche il ricercatore e deve
esser per lei . E lautorizzazione linguistica a defnirla cos, la ricaviamo dal senso del
termine stesso axion.
Possiamo chiarire ci con un semplice esempio, che scegliamo di proposito pro-
prio perch molto lontano: parla per una lingua chiarissima, se solo si presuppone
che siamo di sentimenti abbastanza rafnati per accorgercene e che esprimiamo in
modo semplicemente onesto, senza opinioni preconcette o teorie utilitaristiche del va-
lore, ci che intuiamo immediatamente in quanto uomini con un sentimento del valore
formato.
Il poeta racconta del forellino che ha trovato nel bosco : splendente come le stelle,
bello come gli occhi .
10
Egli vuole coglierlo e quello gli dice : Devo esser colto per poi
appassire? Il poeta percepisce un ammonimento grazioso e unesigenza delicata, quel-
la di limitare il suo libero piacimento nei confronti di questo oggetto. E riconosce la
validit di questa esigenza, alla quale obbedisce. Se non avesse obbedito, sarebbe stato
per lui evidente, e oggettivamente valido per la sua conoscenza di s, che avrebbe pre-
ferito un disvalore interno oggettivo, per la cui classe gi la conoscenza del valore
propria della ragione comune ha un concetto colto in modo del tutto determinato e
un nome specifco: egli avrebbe commesso una brutalit, il suo agire sarebbe stato
brutale. Questo disvalore sarebbe stato, come quello di malvagio, un disvalore
personale. Egli lo avrebbe preferito perch si sarebbe sottratto ad un esigenza vali-
da di tipo specifco, da lui percepita e compresa. Ora, che cosa ha fondato lesigenza
nella sua validit? La delicata bellezza di questoggetto di natura. Questa cosa merita-
va che il piacimento nei suoi confronti fosse limitato. Ma in questo caso lo meritava
perch non possiamo dire altrimenti portava in se stessa un valore che non soltan-
to piaceva, ma le dava la pretesa allinviolabilit. Certo, essa aveva anche un valore
di piacere per la persona in questione: questi se la porta a casa per deliziarsene gli
occhi. Ma non questo che qui in questione, perch il poeta non risparmia il forellino
per rallegrarsene pi a lungo, ma si vergogna di non soddisfare pretese tanto delicate
e percepite da lui come valide. Il senso qui il valore esigenziale, che il forellino
ha anche se nessuno vuole deliziarsene, che gli conferisce inviolabilit, attraverso cui
avanza pretese fondate alla volont e allazione. Il poeta, risparmiandolo e prendendo-
sene cura, non ne gode, ma ne ha riguardo: ha riguardo nei confronti di qualcosa
che pu esigere tale riguardo fondatamente. Egli non ha riguardo nei confronti dellin-
teresse di altre persone che forse potrebbero godere del forellino nel bosco, nel caso in
cui ci passassero: ma ha riguardo, in tutta seriet, del forellino stesso.
Il valore che esso ha, lo ha per lesistenza di certi suoi momenti, per i suoi colori e
le sue forme, e per un unit dei medesimi che non defnibile. Grazie a questultima
ha appunto ancora qualcosa che ci che qui chiamiamo valore proprio interno.
Non una propriet esistente, ma senza dubbio un predicato oggettivo. Questo
valore acquista una relazione con noi, da una parte quando lo riconosciamo mera-
vigliandoci, e daltra parte, e in modo totalmente diverso, per il fatto che di fronte ad
10
J. W. Goethe, Gefunden, 1815.
valore, dignit e diritto 417
esso ci sentiamo vincolati a limitare il nostro libero piacimento ; e ci vergogneremmo
se omettessimo di farlo. In questo modo diventa anche un valore relativo. Ma resta,
e resta in se stesso ci che , anche se non entra in una tale relazione. Tutti gli altri
anemoni nel bosco, che il poeta non ha visto, n risparmiato, e che forse nessuno ha
visto, avevano in s la medesima particolarit che qui chiamiamo valore. Cos come
lazione di un serio superamento di s , quanto allesistenza, un processo psichico,
ma possiede in pari tempo, in virt della sua correttezza conforme alla norma, qual-
cosa che non nulla di psichico, ossia lesser buona, e lo possiede anche se lazione
accaduta in solitudine e senza nessun osservatore ; e cos come questo suo esser buona
non afatto soltanto una correttezza conforme alla norma, ma poggia su ci che
semplicemente esiste e che corretto come qualcosa che proviene da unaltra sfera di
oggettivit, proprio come laureola su San Pietro, la stessa cosa accade qui, per quanto
diverso sia il valore interno di qualcosa che soltanto bello dal valore personale
di unazione buona.
3. Tale valore, in questo caso, quello della bellezza, in particolare della bellezza di
natura. E gi qui sottolineiamo quanto sarebbe sbagliato cercare il valore del bello
semplicemente nel fatto che pu procurare piacere. Il bello non per nulla una sotto-
classe del piacevole: non lo gi solo per il fatto che pu esigere, e che la sua violazio-
ne procura un disvalore del tutto concreto, chiaramente riconoscibile e ben noto alla
conoscenza dei valori (quello della brutalit), cosa che nessun piacevole in grado di
fare. Oltre al bello di natura c il bello darte, e accanto a questa classe di valori esteti-
ci oggettivi c la classe molto pi signifcativa dei valori vitali e spirituali; e oltre
a questa ve ne sono altre superiori. Tutti questi valori, se si presentano ad un osserva-
tore sensibile e di sentimenti rafnati, possono divenire per costui anche fondamento
di diletto, di gioia ecc. Non sono per soltanto t::z, ma appunto anche z:z: alcuni
sono evidentemente pi una cosa, altri pi laltra. Non per solo per questo che
possiamo chiamarli valori, ma soprattutto perch sono fondamento di una pretesa
giustifcata al riconoscimento, alla volont e allazione, alla cura e ad un prendersi cura
che li mette in forma fgurativamente, al mantenimento, laddove sono gi presenti, alla
produzione, dove sono producibili. La loro pretesa comincia con quella prima, sem-
plice esigenza che limitassimo il nostro piacimento in rapporto alla loro inviolabilit.
Ma, secondo la specie e la situazione, essa viene avanzata in modo pi elevato e pone
compiti positivi di formazione, messa in forma e produzione e pone alluomo mete
concrete del tendere e dellagire. Tra questi valori oggettivi vi sono anche gli ideali
di formazione e autoformazione spirituale, anche la stessa personalit etica matura, in
quanto pu essere oggetto e risultato delleducazione e dellautoformazione.
4. Alla nostra lingua manca un termine comune per ci che qui abbiamo chiamato
valore oggettivo interno. Il vecchio agathn e, ancor pi, il bonum contenevano an-
che questo signifcato. I bona non erano soltanto beni, erano se ci lecito formare
da buono questa forma del neutro plurale buoni, nel senso di cose oggettiva-
mente di valore . Forse questo gi il senso di buono in quellantica parola della
Sacra Scrittura: Vide tutto ci che aveva fatto e vide che era cosa molto buona.
11

Questo, in efetti, non signifca forse che ci che fu creato da Dio, rifettendo il Suo
11
Gn 1, 31.
saggi 418
valore originario, era di valore o aveva valore? E che era tale non nel senso di un
bene perch per chi, poi, dovrebbe essere un bene tutto? , ma come qualcosa
che porta un valore in se stesso ? Meister Eckhart ritiene di s. Per lui i trascendentali
esse e bonum sono convertibili: lessere, e quindi ogni ente, anche buono e la scala
dellente contemporaneamente una gradazione di buoni, ossia di un contenuto di
valore oggettivo sempre maggiore. Per lui, quindi, il malum non ; e ci che a noi
appare tale per lui soltanto negazione di un bonum o un grado inferiore del bonum,
il quale perde di intensit e contenuto di bonitas quanto pi si avvicina verso il basso al
nihil, al non-ente. Qui si intende inanzitutto soltanto il mero valore oggettivo e per
lo pi ancora non rifesso sul moralmente buono/malvagio. Dove questultimo viene
incluso nella sfera di quel bonum, l questa dottrina diventa rovinosa per la morale. Ma
solo nella sfera del mero valore oggettivo quella dottrina ha forse il suo buon senso :
forse siamo soltanto divenuti pi ciechi al valore di quanto lo fosse Eckhart. Per il
nostro sentimento del valore la scala dei valori desistenza comincia in efetti soltanto
con lentrata in gioco della vita, la cui esigenza nei nostri confronti possiamo ascoltare
chiaramente;
c
mentre cogliamo i valori della bellezza anche gi negli ambiti di ci che
inferiore al vivente. Se ci fosse posta la domanda che pone Aristotele se ora tutto
fosse soltanto un naso camuso, o se in generale soltanto qualcosa fosse, non sarebbe
meglio che se in generale nulla fosse ? , dovremmo forse rispondere anche noi di s.
Ci torneremo in occasione della questione del valore cosmico.
A tal proposito, con lespressione bene cos si intende molto spesso un valore og-
gettivo, e poich tutti i beni eticamente rilevanti sono contemporaneamente anche
esigenziali, sono dunque valori oggettivi e dunque buoni, allora il termine beni
deve estendersi di necessit anche ai valori esigenziali, sebbene, quando si parla di
beni, di solito non si pensi in prima battuta a qualcosa di esigenziale, obbligatorio,
vincolante.
5. La sfera di questi valori oggettivi dicevamo non comincia soltanto con la vita,
vita cosciente, anima, spirito razionale, e con i suoi prodotti e creazioni. Il bello di natu-
ra, per esempio, gi negli oggetti inconsci, inanimati, pu essere sentito come valore
esigenziale , che viene anche conosciuto e riconosciuto come tale da un sentimento di
valore pi rafnato, quando questo si sia ridestato. Il danneggiamento o la distruzio-
ne, intenzionale o senza scopo, di un bel paesaggio o di una bella opera della natura
in generale vengono riconosciuti, con un chiaro erompere del sentimento, come una
brutalit. Defniamo brutale un comportamento in cui la comprensione del valore
in generale manca: lo defniamo due volte brutale quando un tale sentimento di valore
presente, ma non si obbedisce alla sua esigenza.
Daltra parte, non soltanto la bellezza di un essere vivente costituisce il suo valore,
ma lesser vivente, la vita stessa contraddistingue un essere come pi dotato di valo-
re rispetto ad un non vivente. Chi in unescursione calpesta senza sentimento una
fla di formiche che camminano si comporta, appunto, in modo brutale : non perch
distrugge unopera della natura particolarmente bella, ma perch disprezza la pretesa di
limitazione del suo piacimento che il vivente avanza, gi solo per il fatto di esser tale.
Questa pretesa si raforza quanto pi la vita sviluppata in modo ricco, molteplice
c
Anche noi potremmo senzaltro dire : La vita buona , senza essere fraintesi nel senso del valore
morale, o del valore del piacere o dellutile.
valore, dignit e diritto 419
e organizzato. Nei confronti delle forme inferiori del vivente pu decrescere fno al
pi febile ammonimento, che alla fne non quasi pi avvertibile. Pu essere accom-
pagnata con un pesante o pesantissimo rimprovero nei confronti delle sue forme pi
elevate e ricche. La sua forza dipendente dalla pienezza di valore vitale delloggetto
di volta in volta in questione. (Il momento di pienezza di valore crescente e decrescen-
te pu esser intuito e sentito in modo particolare proprio nella vita.) Il valore della
vita pu essere in pari tempo connesso, o sovrapposto o elevato, con molteplici altri
valori oggettivi e in pari tempo la vita o lesser vivente ha valore di mezzo per
numerosi altri valori. Ma il divieto neminem laede riguarda in prima battuta proprio
la vita e i suoi impedimenti. E, per il fatto che essa pone gi solo da se stessa questo co-
mando alla coscienza, si riconosce che gi di per s, ancora senza i predicati di valore
specifci come bello, buono, nobile, conforme al fne ecc., appartiene alla classe valori
oggettivi .
6. Dallesser presente di tali valori oggettivi, da una parte, e dalla possibilit della loro
realizzabilit, daltra parte, scaturiscono innumerevoli compiti, comandi e divieti.
Dal rispetto o dal disprezzo di questi derivano azioni e atteggiamenti dellanimo che
secondo il caso sono buoni o malvagi, o che possono portare un valore o un disvalore
personale, e cio morale, afne a questi due. Abbiamo voluto defnire anche questi
ultimi come valori o disvalori oggettivi . Ma dobbiamo distinguerli dai meri valori
mediante il contrassegno specifco di morali. E qui ci si fa chiaro ci che intendiamo
con questo contrassegno. Vita, vita cosciente, anima, spirito, beni o buoni della cul-
tura non sono mai gi di per s valori morali. Luomo, in quanto si rapporta positiva-
mente o negativamente ad essi, osservandoli o producendoli, limitando la sua volont
o ponendole un fne positivo, ottiene un valore o un disvalore che quelli non possono
avere. Il quale valore si distingue dai primi non per il grado : qualcosa di qualitativa-
mente diverso, che in quellaltra sfera non in generale possibile. ci che Kant ha in
mente quando esalta la completa unicit della volont buona . A diferenza di ogni
mero valore oggettivo defniamo questultima, come si gi detto in precedenza,
dignit. Nessun mero valore oggettivo ha una tale dignit, nemmeno la perso-
nalit morale in quanto ogetto, ossia meta del tendere delleducazione e dellauto-
formazione : come tale anche essa soltanto un bene morale . Solo lo stesso sogetto
che tende pu possedere una tale dignit. E, possedendola, non soltanto eccelle al di
sopra di tutti i valori oggettivi, ma in generale una realt completamente diversa e
non comparabile con tutti gli altri valori.
Introducendo il termine dignit ci riallacciamo a Kant, ma con un uso linguistico
un po diverso dal suo. Secondo Kant luomo ha dignit a diferenza di tutte le mere
cose, che hanno soltanto un prezzo. Per parte nostra sosteniamo che tra prezzo e
dignit vi ancora lidea del valore oggettivo, e che talvolta anche quel che Kant chia-
ma cosa pu averlo. Daltra parte, per Kant luomo non ha dignit soltanto in quanto
un uomo di volont buona, ma in quanto diviene un legislatore per laltro gi in
forza della sua umanit, poich gi come tale ha il diritto di limitare la volont di un
altro e il suo piacimento, secondo la regola della terza forma dellimperativo categorico
(per cui nessuno deve considerarlo solo come mezzo, ma sempre anche come fne).
12

12
I. Kant, Grundlegung zur Metaphysik der Sitten, BA 66-67.
saggi 420
Secondo Kant, ogni persona ha questa dignit nei riguardi di ogni altra persona, e la ha
uguale a quella di ogni altra. Noi, invece, impieghiamo dignit come un predicato
esclusivamente morale cosa che la kantiana dignit della persona ancora non
per distinguere in modo assoluto il valore della volont buona da ogni valutare ; e
non soltanto come lassoluto dal meramente relativo, come fa Kant, ma come diverso
secondo la qualit e il genere. (Nondimeno in seguito manterremo la defnizione kan-
tiana uguaglianza della dignit della persone, il cui contenuto sar del pi grande si-
gnifcato anche per noi, poich non riesce a venirci in mente un altro termine e perch
questo contrassegno divenuto da tempo classico.)
Per assicurare questa distinzione essenziale e non livellare la dignit su un mero
valore oggettivo , ci serviremo della circostanza favorevole per cui il nostro uso lingui-
stico impiega due termini: etica e morale. Gi il nostro senso della lingua ci porta ad as-
sumere morale come pi limitato e come un ambito particolare allinterno delletica.
Stabiliamo morale per la dottrina della dignit. I valori, di cui letica che deve
parlare, non sono di per s valori morali lo solo la dignit e ci che le appartiene
ma sono valori esigenziali.
7. con ci chiaro che la morale il cerchio pi stretto allinterno delletica. Ma sareb-
be sbagliato ritenere che la dottrina dei valori abbia un interesse soltanto in quanto
essi sono condizione di una dignit possibile. Questa sarebbe una teleologia delletica
verso la morale del tutto scorretta, che renderebbe i valori oggettivi valori di mero
mezzo per la possibilit dellagire e dellessere morali. Ma in verit le cose non stanno
cos. Anche del tutto a prescindere dal fatto che nel caso X io acquisisca dignit o inde-
gnit, X deve accadere o non accadere, in vista di s, non della mia dignit; e cio se-
condo che in questo modo sia garantito o ofeso un valore oggettivo interno . Come
ci si far chiaro in seguito, la dignit di unazione proprio quel che viene mancato se
nellazione si pensato ad essa come fne e si abusato delloggetto come mezzo per
la bont della mia volont , invece di compierla in obbedienza pura, e non strabica,
allesigenza del suo valore. Si fa chiaro, con ci, che alla nostra domanda principale
circa bene e male ne sovraordinata logicamente unaltra. Prima, infatti, che ci si possa
interrogare su dignit o indegnit bisogna logicamente che ci si interroghi su ci che
in generale deve essere o accadere, o non accadere. Solo se qualcosa di simile c, pu
anche esserci un valore morale come dignit o indegnit. Questa domanda circa quel
che oggettivamente si esige resterebbe come questione urgente anche se per impos-
sibile non ci fosse alcun valore morale.
Ma qualcosa che si esige oggettivamente c innanzitutto perch ci sono valori og-
gettivi interni.
4) Disvalori esigenziali Il diritto
1. Quel che si esige oggettivamente emerge sul fondamento di un valore interno. Ma e
con ci si mostra per lo pi lunilateralit di ogni dottrina dei meri valori c esigen-
za anche laddove nessun valore presente. Un uomo pu avere delle pretese valide
nei miei confronti senza essere un uomo di valore , a prescindere dal fatto che sia tale
e anche a prescindere dal fatto che sia un essere di valore gi solo in quanto uomo. La
maggior parte dei doveri che abbiamo nei confronti dei nostri simili, e dunque lambito
pi ampio dei compiti morali in generale non deriva da alcun valore. A questo allude
valore, dignit e diritto 421
il nostro esempio del lavoratore che merita (ist wert) il salario. Certo, lo abbiamo uti-
lizzato gi prima, ma fnora ci servito soltanto per fssare un senso nuovo e proprio
dellaggettivo di valore (wert). Per mezzo di esso abbiamo illustrato innanzitutto il
concetto del meritare come esigenza valida in generale e abbiamo cercato una giu-
stifcazione nelluso linguistico per la costruzione dellespressione valore esigenziale .
Il lavoratore, per, non fonda la sua pretesa su un valore interno, ma semplicemente
su una prestazione che ha compiuto per me. Pu esigere il salario non soltanto in vista
di un valore che avrebbe acquisito mediante una tale prestazione, ma per un diritto
che in tal modo ha acquisito. Non che penso: questuomo, mediante questa presta-
zione, diventato un uomo di valore e per questo pretende il salario. Ma il fatto della
sua prestazione costituisce un momento completamente nuovo e totalmente diverso:
un diritto. E questo il fondamento di unesigenza valida, ossia giustifcata. Come
quella che proviene dai valori oggettivi, essa include il tu devi.
2. Il diritto, e la forza della sua esigenza, non scaturisce da un positiva posizione del
diritto. La proposizione il lavoratore merita il suo salario non una statuizione, ma
una legge morale che, come oggi il mondo apprende con spavento, pu diventare
unit di misura per la posizione del diritto, per misurare se questa contiene un diritto
giusto . Come tale non dice: il lavoratore pu citarti per il pagamento del salario e pu
costringerti a pagare. Precede ogni posizione del diritto; non include una possibilit di
esigere giuridicamente, ma un fondamento di validit, che di per s non n un valore
morale, n un valore oggettivo in generale. Include un assioma morale, quello per
cui la prestazione accettata obbliga laccettante. Questo assioma, come ogni altro assio-
ma, non derivabile, nemmeno da idee di valore . Rispetto allassioma del valore,
per cui i valori obbligano, un assioma autonomo.
Fare un torto a qualcuno, rispettare i diritti di qualcuno sono concetti che chiunque
comprende, anche se non sa nulla di giurisprudenza, di statuizione del diritto e di ordi-
namento giuridico. Abele aveva nei confronti di Caino il diritto di esigere che questi
lo lasciasse inviolato, e tutti gli Abele lo hanno ancor oggi, anche l dove non sussiste
tra loro alcuna statuizione del diritto. possibile che la conoscenza per cui uno ha
certe esigenze elementari giustifcate nei confronti degli altri, sia sorta solo nel corso
di un lungo accadere e assai lontano dallo stato originario dellumanit: anche qui
non vi modifcazione nellaccadere che possa creare questa idea o rendere efcace
lintuizione della sua validit, o anche soltanto insegnare agli uomini cosa signifchi.
Luno pu tuttavia avanzare una pretesa valida nei confronti dellaltro, e pu anche
comprenderla, solo dove e quando luno si distingue con consapevolezza dallaltro. E
se vero che l individualismo stato solo un grado tardo dello svilupppo sociale e
che gli inizi erano piuttosto di tipo collettivo, con sentimenti collettivi dominanti e sen-
za alcun sentimento dellio (o comunque sviluppato debolmente), allora chiaro che
i diritti delluno nei confronti dellaltri vengono compresi e fatti valere soltanto in
una condizione sociale modifcata. La questione se sia questultima che risveglia il
sentimento dei diritti, o se non sia piuttosto proprio un sentimento crescente del diritto
che scuote e modifca la condizione sociale del collettivismo elementare. E anche nel
primo caso essa pu ben risvegliare il nuovo sentimento con le sue pretese, ma non
pu certo crearlo. Il sentimento del diritto si desta nel corso dellaccadere e forse sotto
lo stimolo di questultimo, ma non viene dalla storia.
Se defniamo i diritti che non poggiano su statuizione diritti di natura, allora il diritto
saggi 422
che qui in questione senzaltro tale, solo che non si fonda sulla natura hominis e non
fondato antropologicamente, ma in natura rei. In efetti risiede molto semplicemente
nella natura della cosa stessa che la prestazione obblighi. Forse si potrebbe obiettare che
la prestazione del lavoratore poggia su un silenzioso accordo, dunque su un contratto:
Se tu mi fai X, io ti faccio Y. Ma allora lobbligazione al rispetto del contratto sarebbe per
B appunto il diritto di natura di A. E basta cambiare lesempio per il nostro assioma,
per vedere che il contratto non costitutivo di questo. Mettiamo il caso che A salvi B
da un pericolo con gran dispendio di energie o magari a proprio rischio. Per il momento
escludiamo il caso, che si trova ancora sotto punti di vista particolari, in cui egli sia mosso
da un amore che liberamente si dona o da nobilt danimo. Invece A ha agito cos perch
vuole e si aspetta che altri debbano aiutare lui se si trova nella stessa situazione. Non v
dubbio che solo in forza della sua prestazione che egli ottiene nei confronti di B, se questi
accetta il suo servizio, un diritto ad una contro-prestazione. Se poi B attua questa contro-
prestazione non contraccambia alcun valore di chi aiuta, nemmeno il valore presente
di un adempimento del dovere. Questo non lo riguarda afatto: egli soddisfa la naturale
pretesa di diritto dellaltro, e senza contratto.
I valori morali supremi della personalit morale nascono appunto in questa sfera,
la sfera di ci che si esige, in quanto poggia su diritti e in particolare sui diritti
naturali . Lesposizione di questi, insieme e oltre alla dottrina dei valori , un grande
ambito di quella scienza, della cui defnizione continuiamo ad essere in cerca. Ora la
chiamiamo: dottrina del valore, del diritto e della dignit.
3. Il diritto al salario da parte del lavoratore, alla contro-prestazione da parte di chi ha
esercitato una prestazione, gi un incremento di giustifcazione, di cui dovremo parlare
in modo specifco. Innanzitutto dovremo considerare i diritti elementari che gli uomini
hanno gli uni nei confronti degli altri. Nella sua Grundlegung Kant li ha formulati in
modo classico : non nella prima formula dellimperativo categorico, dalla quale questo
diritto potrebbe essere ricavato solo in modo surrettizio, n dalla seconda, quella del
valore del rispetto oggettivo e assoluto dellumanit, perch questa indicava la linea
della dottrina materiale del valore ; ma dalle ulteriori formulazioni, che parlano della le-
gislazione reciproca degli uomini tra loro nel senso che per il semplice fatto che accanto
alla mia volont ce ne sono altre, e che la mia non ha alcun privilegio solo perch
la mia, sorge una prima pretesa che io debba limitare la mia volont ad una compati-
bilit con altre volont (secondo una regola che deve ancora essere individuata e che
deve essere applicabile nello stesso modo per ciascuno). Ho mostrato altrove
d
che Kant,
con questi ragionamenti cos sobri e con questi contenuti apparentemente cos scarni,
assottiglia notevolmente il pensiero, in s molto pi ricco, del valore dell umani-
t (che deve essere rispettata in ciascuno come fne ultimo). Questi ragionamenti, in
generale, cadono evidentemente fuori dallambito di un valore oggettivo e assoluto ,
nel quale egli tenta di iscriverli : le volont non si limitano reciprocamente perch sono
di valore o perch sono volont indirizzate a valori particolari, ma, come dice anche
Kant, lo fanno realmente, e con la pi rigorosa esigenza, semplicemente gi per il fatto
che accanto alla volont X ci sono una volont Y e Z ; perch gi solo in quanto volon-
t, ognuno ha lo stesso diritto di ogni altro. Ci chiamato da Kant uguaglianza della
dignit della persona, che sembra una idea assai povera (meglio sarebbe: uguaglianza
d
I. Kant, Grundlegung der Metaphysik der Sitten, cit., p. xxi.
valore, dignit e diritto 423
del diritto della persona). Ma tanto sembra povera, quanto signifcativa e produttiva.
E per quanto sembri astratta proprio con questa che Kant dimostra di non fare
elucubrazioni, ma di sviluppare in efetti soltanto ci che gi dato nella comune
conoscenza della ragione morale . Egli stesso sarebbe stato sorpreso se avesse potuto
conoscere dalle fonti fno a che punto, in realt, gli dia ragione la saggezza dei tempi
antichi e quella dei tempi nuovi, la saggezza non soltanto delloccidente, ma anche
quella dellIndia e della Cina.
Se distruggo senza uno scopo un valore vitale, per esempio un maestoso albero in
rigogliosa pienezza di vita, agisco in modo brutale perch violo un valore. sen-
sibilmente diverso se agisco in modo non soltanto brutale, ma anche crudele, per
esempio torturando un animale : il disvalore morale della mia azione non si produce
qui perch distruggo un valore, ma semplicemente per il fatto che provoco dolore in
un essere senziente, che questo abbia o non abbia altri valori ; la crudelt infatti il
contrario dellamore e lamore non si rivolge a valori . Inoltre, unazione contro un
altro, che defnisco in senso rigoroso un torto o un ingiustizia , si distingue, a sua
volta, sensibilmente da una che soltanto crudele. Pu, in certe circostanze, anche es-
sere crudele e in ogni caso di solito procura allaltro un dispiacere, ma non in questo
lessenza del torto. Il dispiacere suscitato per il danno provocato dallazione ingiusta
pu essere minimo o magari nullo, ma chi la subisce pu lamentarsi del carattere
dellazione come di uningiustizia e pu eventualmente essere pi dispiaciuto di
questo che del danno magari minimo che quellazione gli provoca. Il torto non consi-
ste nel fatto che dallazione allaltro viene un danno, ma nel fatto che il suo diritto
viene disprezzato.
Ma questo disprezzo non anchesso un valutare, ossia un valutare negativo ? Di-
sprezzare ha un doppio senso, e il secondo non ha nulla a che vedere con il valutare.
Disprezzo pu voler dire disdegno. Ma il ladro che mi ruba le ciliegie non mi disdegna,
ma disprezza il diritto che ho, nei confronti suoi e di altri, alle mie ciliegie. Disprez-
zare allora non tenere in considerazione. Questo, in certi casi, pu includere anche
il disdegno, ma di per s non lo .
4. Il diritto originario pi elementare, quale stato espresso in formulazioni che in
tutto il mondo, nelle epoche pi diverse e nelle culture spirituali pi disparate sono
sorprendentemente uguali, e quale si trova, come documentabile, senza formula-
zione specifca nel sentimento del diritto anche dei pi primitivi tra i primitivi,
sebbene ancora non chiaramente, n con la maturit della conoscenza, ci che prov-
visoriamente indichiamo come diritto al riguardo in generale , per esempio secondo
la regola popolare: non fare ad un altro quello che non vuoi si faccia a te. Non ancora
una pretesa a positive prestazioni di uno per un altro, ma innanzitutto soltanto lesi-
genza di una limitazione del piacimento di chi persegue i propri interessi in relazione
al fatto che anche altri perseguono i loro ; esigenza che, di nuovo, gi presente in for-
mulazioni di uso comunissimo come per esempio: non sei solo al mondo, oppure: se
lo facessero tutti... Questo diritto originario che in seguito dovremo trattare in modo
pi approfondito non un principio costitutivo dal quale io possa derivare la morale
positiva uniforme in tutto il mondo e in tutte le epoche, ma un canone critico o ca-
tartico per azioni e modi di rapportarsi dei soggetti tra loro.
Il dovuto riguardo davvero unazione lodevole, o persino unintenzione lode-
saggi 424
vole, una virt e dunque un valore personale. Allo stesso modo davvero lodevole
lamore puro (che non sa niente di prestazioni dovute e agisce libero dalla legge )
ed un valore personale altrettanto elevato. Ma le due cose non hanno questo valore
per il fatto che mirano ad un valore. Il loro valore non sorge alle spalle di valori,
13
per
usare lespressione di Scheler. Nel caso dellamore evidente. Ma la stessa cosa nel
caso del riguardo obbligatorio nei confronti dellaltro, perch esso non si indirizza ad
un valore, ma ad un diritto.
Il divieto: non devi uccidere, si ottiene anche gi come esigenza di un valore. La vita
in s di valore e lo doppiamente nelle sue forme superiori e supreme come, per
esempio, quella della vita umana: ostacolare qualcosa che tanto di valore quanto
la vita umana, danneggiarlo o violentarlo certamente malvagio. Ma la vera e propria
forza del comando non uccidere non si ricava dal valore della vita del mio simile,
ma si ricava semplicemente, e in modo completo, dal fatto che egli con-uomo,
14

che uomo con e accanto a me e allo stesso titolo, e che violo il diritto che ha nei miei
confronti. Uccidere non soltanto una brutalit o una crudelt, ma un torto.
5. Le esigenze di un riguardo a molteplici livelli nei confronti degli altri intervengo-
no storicamente innanzitutto come esigenze che il prossimo ha nei confronti dei
prossimi, ossia allinterno di gruppi e cerchie di uomini come trib, famiglia, popolo,
allinterno dei quali i membri si riconoscono come vicini, come appartenenti alla
cerchia. Tali esigenze appartengono qui al costume e si presentano nella forma di
abitudini sociali sulla cui origine, fnalit o motivazione il singolo per solito non rifette.
Non si fa o ci si comporta cos . Ma nessuna forza dellabitudine spiega lidea del
tutto specifca e non derivabile da quella : Non devi . Di questo ho gi trattato in altra
sede, cui rimando (DH, p. 227).
Sar anche del tutto corretto che molti comandi relativi al riguardo elementare si
trasferiscano solo gradualmente dalla cerchia dei prossimi a cerchie pi ampie e inf-
ne alluomo in generale, a prescindere dallappartenenza alla propria cerchia. Lelevata
dottrina della parabola evangelica del Samaritano misericordioso, per cui da un certo
punto di vista persino Ebrei e Samaritani (la pointe della parabola in questo persino)
si trovano nel rapporto dellesser prossimo luno dellaltro, non certo conosciuta o
riconosciuta fn dagli inizi. Ma altrettanto sicuro che certe esigenze semplicissime re-
lative al riguardo anche nei confronti del peregrinus sono state con ogni certezza ricono-
sciute in tutto il mondo, talvolta anche tra selvaggi. Da nessuna parte lo straniero
semplicemente fuorilegge, e dove viene trattato come tale ci sono generalmente giudi-
zi e condanne conformi alla coscienza . Il diritto di ospitalit non uneccezione : lo
il disprezzarlo; il che accade generalmente solo in trib represse o sistematicamente
sfruttate, che sono abituate a vedere senzaltro nellospite il nemico. Qui limpulso non
dato da un allargamento casuale, e quindi in realt non spiegabile, dei diritti che gli
appartenenti ad una trib sono abituati a riconoscere, ma da una crescente conoscenza
di uno stato di cose esigenziale, che si esprime in un sentimento del diritto che va ap-
profondendosi. Tale sentimento del diritto e del torto delluno nei confronti dellaltro
13
Cfr. M. Scheler, Der Formalismus in der Ethik und die materiale Wertethik, Gesammelte Werke, ii, a cura
di Maria Scheler, Bern, Francke, 1954, p. 49.
14
Otto scinde il sostantivo Mitmensch, che signifca : il prossimo o il simile, facendo risuonare
separatamente i componenti, appunto: con e uomo.
valore, dignit e diritto 425
capace, fno ad un certo punto, di uno sviluppo rifessivo : tenteremo di ofrirlo in
seguito.
6. Le esigenze sociali elementari, come per esempio non uccidere, non sorgono, que-
sto diciamo, dai valori che luno rispetta nei confronti dellaltro, ma dai diritti che luno
possiede personalmente e privatamente nei confronti dellaltro. Questo deve essere
qui sottolineato con ogni decisione rispetto alla dottrina dei valori . Bisogna quindi
rifettere se in efetti, da un punto di vista superiore, questa idea del diritto non sia in-
vece subordinata alla o inclusa nellidea del valore. Quel che qui viene in questione
quanto segue.
La pretesa del diritto sin qui illustrata tale che ognuno pu avanzarla personalmen-
te nei confronti di ogni altro. la sua pretesa del tutto personale, privata. Se rifettiamo
precisamente su ci che la nostra capacit di giudizio morale realmente intende circa
il rapporto degli uomini tra loro, sentiamo in quanto si detto una mancanza. Questo
senzaltro capitato a pi duno che abbia letto i ragionamenti di Kant, per altro cos
convincenti, sulla legge che ognuno impone ad ogni altro, e che si sia spinto alla sua
profonda idea del regno dei fni . Con questo, Kant ha in mente un ideale che in
modo del tutto evidente per lui ha un proprio senso di valore. Dove vengono ricono-
sciuti i diritti privati di ognuno nei confronti di ogni altro, l si ottiene automaticamen-
te quellordine universale che Kant chiama regno dei fni, e cio, invece del caos, un
cosmo ben ordinato di una comunit di esseri volenti. Ma si ottiene, per dir cos, come
unappendice, come unovviet analitica, su cui non c da dire molto. e resta una
mera tautologia dellidea precedente delle legislazioni reciproche. A maggior ragione
nei passi fnali della terza sezione, dove il regno dei fni viene descritto con una co-
loritura quasi mistica, Kant mostra di intendere qualcosa di pi. Questa comunit delle
volont tra loro, ordinata secondo la uguaglianza della dignit delle persone, qui
evidentemente anche per lui qualcosa che in s di valore e di valore incomparabile,
un summum bonum, che pi che la mera summa di tutti i bona. Si sente che la deriva-
zione di diritto privato non rende giustizia al signifcato di questo regno spirituale.
Ha in s il suo senso e il suo valore. Al di l della mera somma dei singoli, in quanto
loro unit e in quanto tutto, esso un fne ultimo in se stesso, al quale i singoli, sebbene
siano fni ultimi in s, si subordinano. E su questo Kant ha ragione : la nostra propria
intuizione lo conferma. Il comando non uccidere ha chiaramente un senso completa-
mente diverso dal seguente : questo uomo, e ogni uomo, ha una pretesa personale nei
tuoi confronti, quella che tu rispetti la sua volont di vita limitando il tuo piacimento.
Il primo vale in un senso superiore rispetto a questultimo, che di diritto privato.
Si fa qui sentire ci che defniamo pretesa superiore, una pretesa che va al di l dei
diritti delluno nei confronti dellaltro. A prescindere dal torto, che il singolo subisce
nelluccisione, una simile azione ha il senso cos dobbiamo dire di un crimine, che
intacca lidea e la legge di valore di un cosmo spirituale in genere e viola la consistenza
stessa di questultimo.
Forse possiamo chiarircelo in questo modo. Diciamo : se c in generale qualcosa nel
mondo che possiede in modo lampante un valore oggettivo interno, questo lo spirito
personale, innanzitutto e in prima battuta in quanto volont consapevole, capace di
agire secondo lidea del fne. Ora, un incremento infnito di questo valore dato dal
fatto che un tale spirito presente non in mera singolarit o nellisolatezza priva di rela-
saggi 426
zione, ma come una pluralit e molteplicit di soggetti che sono luno accanto allaltro
in una molteplicit, altrettanto infnita, di azioni e che si trovano in possibile relazione
luno rispetto allaltro. Solo dal calice di questo regno degli spiriti ti trabocca linf-
nit,
15
dice lallievo di Kant, Schiller, che ha compreso lintenzione del suo maestro.
Solo dal fatto che lo spirito presente nella pluralit e molteplicit delluno accanto
allaltro e delluno con laltro, si ottiene il valore della vita dello spirito nelle sue
infnite possibilit, buoni, beni e ricchezze. In quanto regno, per, ossia in quanto
unit sintetica e totalit della vita spirituale, la molteplicit delle persone sussiste solo
nella compatibilit di tutte le volont con tutte (cosa che non esclude e anzi implica
una distinzione qualitativa e una pretesa particolare qualifcata). Questa compatibilit
viene richiesta gi dalla mera idea del diritto di ognuno nei confronti di ogni altro.
Ma si inserisce teleologicamente in un idea di valore superiore . Essa riceve un senso
superiore, quello di essere la legge fondamentale di un cosmo spirituale in quanto sua
legge vitale. Quando uccido, non violo soltanto il diritto privato di una persona, ma
ledo anche la legge di valore eterna di questo cosmo superiore. Violo anche questulti-
mo, quando violo il diritto alla vita di un uomo; e solo cos il comando riceve la piena
gravit del suo contenuto.
Padre, ho peccato contro il cielo e contro di te
16
dice il fglio della parabola evange-
lica, che fa ritorno a casa pentito. Lazione con cui ha trasgredito la pretesa, personale e
privata, alla piet che un padre avanza nei confronti del fglio per lui in pari tempo un
attacco contro il cielo . La pretesa superiore che in questo caso mette in ombra la
pretesa delluomo nei confronti delluomo certo essenzialmente superiore a quella di
cui abbiamo parlato qui, ma lesempio ci pu mostrare come una pretesa superiore
sussuma la mera sfera del diritto delluno nei confronti degli altri.
7. Lidea kantiana del regno dei fni pu includere propriamente, secondo le sue pre-
messe, soltanto una sintesi delle volont, nel senso del riguardo quale limitazione del
proprio piacimento. Chiamavamo questo la compatibilit delle volont tra loro.
evidente, per, che la sua idea del regno dei fni orientata a qualcosa di molto pi
ricco. Al di sopra della mera limitazione reciproca delle volont nel loro esser luna
accanto allaltra emerge lelemento autenticamente positivo dellidea di un regno dei
fni, in un modo duplice : quale vivente esser luna per laltra delle volont, ossia quale
reciproco e positivo interessarsi degli interessi dellaltro, e, oltre a ci, quale associa-
zione delle volont, nellessere luna con laltra, in fni comuni o collettivi. Si ottengono
cos tre livelli, che defniamo come segue : una accanto allaltra, una per laltra, una con
laltra delle volont collegate. E solo negli ultimi due vengono a compimento quegli
accenni della dottrina kantiana del regno dei fni, verso cui essa stessa gi marcata-
mente orientata.
Questa conoscenza ci guida ad una rifessione importante su ci che defnisco teleo-
logia di idee parziali, precedenti e preparatorie rispetto alla totalit dellidea, che viene
alla coscienza solo successivamente . Una tale teleologia sussiste e d allo sviluppo
un aspetto completamente diverso da quello che gli ofre levoluzionismo naturalistico
15
Cfr. J. C. F. Schiller, Freundschaft, 1782. Otto cita liberamente i due versi di Schiller, accogliendo, tra
laltro, la sostituzione operata da Hegel nella celebre chiusa della Fenomenologia dello spirito, per cui lespres-
sione schilleriana regno delle anime (Seelenreich) diventa regno degli spiriti (Geisterreich).
16
Lc 15, 22.
valore, dignit e diritto 427
o da quello che sostiene W. Wundt nella sua dottrina dell eterogonia dei fni nella
Vlkerpsychologie [Psicologia dei popoli]. Mi sono confrontato con il pensiero di Wundt
nel saggio del 1905 sulla psicologia dei popoli nella Zeitschrift fr Theologie und Kir-
che (ripreso in ANB, parte seconda: SU, p[p]. 213[-251]).
17
Rispetto allo sviluppo delle
idee religiose ho sostenuto, in modo ancora pi preciso, nel 1915 nel mio scritto su Das
Heilige :
come se un grosso pesce cominciasse a rendersi visibile da s sulla superfcie dellacqua in-
nanzitutto solo per parti. La comprensione essenziale di questi fenomeni pu essere ottenuta
soltanto in modo tale che li si riconosca come parti di un tutto, che (il tutto) deve prima esser
compreso, perch se ne possano comprendere le parti.
18
Mi sembra che nella flosofa della totalit , che oggi prende piede in modo vigoroso,
sia presente lo stesso pensiero, applicato in prima battuta alla biologia e alla psicologia.
Ma vale altrettanto per l ideologia. Ci che precede riceve il suo senso pieno o su-
periore in ci che si presenta e viene alla coscienza successivamente, il singolo solo in
connessione con altro, e ci che innanzitutto si presenta per s si svela successivamente
come parte organica di un tutto superiore, nel quale soltanto comprensibile in modo
corretto. Cos quel che compare in modo provvisorio e isolato pu esser gi accom-
pagnato dal pre-sentimento (Vorgefhl) di un ideale pi ampio, sebbene non ancora
rappresentato distintamente.
Lo stesso vale per le esigenze di coscienza dellelementare riguardo umano, che
compaiono presto e in modo universale. Possono attivarsi e venire al riconoscimento
in modo conforme alla coscienza, senza che si debba pensare ad un ideale superiore.
Hanno un senso anche gi in se stesse. Ma ottengono il loro senso superiore e pi
pieno soltanto come parti organiche in unidea superiore, quella della comunit quale
vivente essere luna per e con laltra delle volont possibili. Il mero e regolato essere
una accanto allaltra diviene ora evidentemente base necessaria di una costruzione mo-
rale superiore, e solo cos ottiene il suo senso pieno. Tuttavia il suo primo senso non va
semplicemente perduto in quello superiore. Chi infatti disprezza lesigenza elementare della
compatibilit delle volont , non agisce in prima linea contro lidea della comunit,
ma contro il diritto totalmente personale dellaltro stesso ; e agisce gi solo per questo
in modo malvagio.
Mediante la pretesa superiore , esigenze che valgono gi per la pretesa inferiore
del diritto, ma che qui sarebbero sottoposte ad un occasionale superamento, possiedo-
no unobbligatoriet che non pu esser data dalla semplice idea del diritto reciproco.
Questo vale, p.e., dellobbligatoriet della veridicit nelle afermazioni. Secondo il di-
ritto originario si ricava che si ha una pretesa alla verit delle afermazioni dellaltro.
Ma questa pretesa privata non sufciente a fondare adeguatamente il comando
non mentire , che intende qualcosa di molto pi profondo. Per una coscienza pi
rafnata esso, con il suo senso e con la sua obbligatoriet, va molto al di l di questa
fondazione meramente giuridica. Lo si pu chiarire cos: dove si tratta soltanto dei
diritti delluno nei confronti dellaltro, l interviene anche inevitabilmente il momen-
to dellautoprivazione dei diritti, quando una parte non disposta a rispettare i diritti
17
I riferimenti alla prima edizione del saggio su Wundt sono evidentemente inesatti : cfr. supra, p. 339;
cos come inesatto il riferimento al 1915 per DH, che invece del 1917.
18
Cfr. DH, cap. xviii, p. 279. Da notare che la citazione non letterale.
saggi 428
dellaltra parte. Quando io stesso disprezzo i diritti dellaltro, non merito che laltro
rispetti i miei, nella misura in cui io disprezzo i suoi. Un ladro, p.e., perde indiscutibil-
mente il suo diritto alla verit delle afermazioni di colui il cui diritto ha intenzione di
danneggiare. Il nemico in guerra, che disprezza il mio diritto, perde il suo diritto al fatto
che io rispetti il suo. Se ne potrebbe derivare unautorizzazione, per certi casi estremi,
alla menzogna necessaria. Tuttavia proprio qui sorgono per la coscienza morale pi
rafnata i confitti pi gravi. Non ci si accontenter della rifessione precedente e, di
fronte al ladro, ci si tradir arrossendo per la vergogna o tentennando. Sarebbe del
tutto insensato sostenere che anche il ladro ha un diritto personale alla verit delle afer-
mazioni. E, tuttavia, per chi sensibile anche mentire al ladro rester una spina nella
coscienza. La menzogna non lede soltanto i diritti del prossimo, ma anche un ordine
di valore superiore in generale.
Il caso si complica se lafermazione vera non danneggia soltanto me stesso, ma ma-
gari anche altre persone o valori. In questi casi pu essere sentito quasi come un dovere
dire una falsit. Abbiamo il caso, senza dubbio possibile, della concorrenza di dove-
ri, che nessuna etica pu mitigare e alla cui gravit nessuna casistica pu sottrarre la
singola coscienza morale. Il carattere terribile della guerra molto meno nei danni
materiali o nelle perdite di vita e salute, che non nel fatto che rende inevitabile il con-
fitto dei doveri.
8. I doveri sorgono non soltanto dicevamo come pretese del valore, ma anche come
pretese del diritto. A rischio di diventare troppo sottili, dobbiamo fare un altro passo
avanti e dire : ci sono doveri, e proprio quelli di particolare gravit, che non derivano n
dal valore, n dal diritto. Per la pretesa che al fondo di essi non abbiamo altro nome
se non quello di pretesa ideale o di diritto superiore.
Questo sussiste, p.e., rispetto alla gratitudine.
Quando A paga a B ci che gli deve, non merita gratitudine n una contro-prestazio-
ne ; tantomeno se fa a B qualcosa che comunque un dovere nei suoi confronti. Certo
A ha una pretesa maggiore al fatto che B adempia ai suoi eventuali doveri nei confronti
di A, se A stesso stato puntuale e coscienzioso nelladempimento dei suoi doveri.
Questa sarebbe semplicemente una pretesa del diritto intensifcata. Le cose stanno in
modo del tutto diverso con lautentico rapporto di gratitudine.
Un amore benefco e che si sacrifca suscita in chi lo riceve, se questi sensibile, il
sentimento nobile della gratitudine, il quale si esprime per impiegare unespressione
kantiana in una gratitudine pratica, ossia in un volonteroso operare in favore del be-
nefattore, in particolare nel caso in cui questi venga a trovarsi nella condizione di aver
bisogno di aiuto. La gratitudine come sentimento non la si pu esigere, poich avere
un sentimento indipendente dalla nostra volont. Si pu esigere, per, la gratitudi-
ne pratica di un agire che aiuta a sua volta, e anche chi povero di sentimenti e non
sa rispondere con il calore del cuore, pu rispondere con opere di gratitudine. Costui
non soltanto pu, ma deve (e questo dovere talvolta pu riconoscerlo, e metterlo in
pratica, in modo pi sicuro l insensibile che non il sentimentale, che certo capace di
sentimenti intensi e caldi, ma debole di volont o facco al dovere). In questa situazione
le opere di gratitudine sono unesigenza rigorosamente oggettiva. Ma non pu esiger-
le personalmente il benefattore stesso, se ha agito per amore. Lamore, infatti, dona,
non fa conto sul risarcimento, n pu farlo. Se lamante facesse conto sulla contro-
valore, dignit e diritto 429
prestazione, distruggerebbe il suo precedente atto damore. Egli pu senzaltro esser
profondamente ferito e addolorato dal fatto che non ha trovato il contraccambio di un
amore grato. Ma non pu esigerlo e non pu dire allaltro : che mascalzone! Il mascalzo-
ne, per, quando in seguito si rende conto della sua mancanza, pu struggersi, e lo far,
in un grave tormento di coscienza tanto pi se troppo tardi, nella consapevolezza
di aver trascurato un dovere eccezionalmente grave (gi qui siamo quasi costretti a dire
sacro).
e
Quanto pi lamore era non adulterato, quanto meno pensava alla prestazione
di gratitudine, quanto pi si donava in modo intimamente puro, quanto meno pu
avanzare pretese, tanto pi gli spetta una gratitudine attiva. Questo per uno
stato di cose di corrispondenza, ideale e oggettivo, che non si fonda su alcuna pretesa di
diritto dellamante e che anzi da questa verrebbe immediatamente annientato.
A buon diritto diciamo : una buona azione si guadagna gratitudine. Ma non diremmo
con lo stesso diritto : il benefattore guadagna gratitudine. Sono un benefattore se
guadagno qualcosa?
9. Questa conoscenza ci rende possibile la discussione del secondo dovere fondamenta-
le e originario nei rapporti umani, che indubbiamente tale, ossia il dovere di aiuto in
caso di bisogno. Indubbiamente un tale dovere c e riguarda in modo del tutto perso-
nale il bisognoso. Ma non possiamo dire senzaltro e assolutamente che questo dovere
scaturisca semplicemente e totalmente da una pretesa di diritto privato del bisognoso.
Se lo si volesse interpretare in questo modo, si distruggerebbe lintimit del dovere
daiuto.
a) Che io non uccida il mio prossimo, che lo lasci in pace nel perseguimento dei
suoi interessi (eccettuato il caso, ancora da discutere, in cui me ne dia autorizzazio-
ne ), che in generale abbia riguardo nei suoi confronti nel senso di quel primo diritto
originario, tutto questo , da parte sua, un diritto robusto e personale, sul quale pu
insistere e, in certi casi, diventare sgarbato. Chi ha bisogno di aiuto, per, non insiste
sul suo diritto nei miei confronti se volesse farlo, io avrei diritto a respingerlo in
modo insolente, fnch non diventa pi modesto ma chiede il mio aiuto. Tuttavia,
in certi casi, sono quanto mai dimentico del dovere se non lo aiuto. Il sacerdote e il
levita, che passavano accanto alluomo aggredito dai ladri, non sono stati soltanto per-
sone insensibili , ma sono stati, in senso rigoroso, dimentichi del dovere : non hanno
considerato un dovere umano elementare relativo a chi ha bisogno daiuto.
Un uomo in stato di necessit attira la compassione, un sentimento di umanit, la
misericordia, un senso di generosit o comunque si vogliano chiamare queste forme
che precedono o accompagnano lamore; e in nature pi profonde attira lamore stesso
per luomo, caldo e di cuore: tutti costoro fanno ci che fanno non in vista di un tu
devi , perch lamore libero dalla legge e ad esso non data alcuna legge, per il
fatto stesso che non pu essergliene data sensatamente alcuna. Ma del tutto a prescin-
dere da ogni mio amore e inclinazione, rispetto al bisognoso sussiste un comando chiaro
e rigoroso, che per parte sua non chiede se amo o mi piace, ma comanda: qui tu devi
aiutare. Dove presente anche lamore, non si avverte altro. Ma dove lamore facco,
e
Anche per lo studioso di etica, che in quanto tale non ha alcun diritto allespressione sacro, questo
predicato si impone, soprattutto nei doveri di piet che sono essenzialmente doveri di gratitudine. E Niet-
zsche dimostra anche qui che la sua transvalutazione di tutti i valori una fnta manovra, in quanto egli
vede in questo antichissimo valore umano della gratitudine la nobilt pi rafnata anche del suo superuo-
mo : una conoscenza per la quale non c bisogno di alcun superuomo, n di una nuova tavola dei valori.
saggi 430
dove i sentimenti vengono meno, l la voce del comando risuona sempre di nuovo co-
stante; e proprio nel tacere dei sentimenti e delle inclinazioni risuona pi chiaramente,
percepibile in modo forse pi fastidioso, ma non meno pressante.
Sotto il proflo del contenuto il comando dellaiuto si distingue di molto anche da
quello che deriva dal primo diritto originario. Questultimo potrebbe ofrire soltanto
limitazioni della mia volont; quello per assegna alla volont prestazioni positive. Il
fenomeno esterno di un adempimento del dovere quale omissione conforme al dovere
pu talvolta apparire come una prestazione positiva, e in certi casi una prestazione pu
apparire come una mera omissione : il passaggio da un ambito allaltro continuo e la
distinzione relativa a quale ambito sia appartenuto un certo adempimento del dovere
spesso non chiara. Ma ci non cambia nulla quanto alla distinzione concettuale tra
prestazione e mera omissione. Una secante trapassa per rotazione continua in una tan-
gente ; e per la nostra facolt visiva spesso indecidibile se sia gi presente una tangente
o ancora una secante, i cui due punti di intersezione sono soltanto arrivati troppo vicini
per i nostri occhi : tuttavia, dal punto di vista concettuale una tangente diversa da
una secante. Salvare un altro, per quanto poco sforzo mi costi, in ogni caso qualcosa
di diverso dalla mera limitazione del mio piacimento: una prestazione positiva, per
quanto forse minimale.
Qui ci sono sicuramente anche e con ci limitiamo signifcativamente le nostre
precedenti afermazioni prestazioni minimali di aiuto, positive al minimo grado, che,
in certe condizioni, un bisognoso pu persino pretendere come un suo diritto e che
in s non si guadagnano alcuna gratitudine. Questi diritti del bisognoso si hanno
quando, da un lato, il bisogno riguarda lesistenza, e quando, daltro lato, la prestazione
tale da non esser legata al sacrifcio dellaltra parte. Chi sta per annegare non pu
pretendere dallaltro, in forma di un suo diritto umano, che questi metta a rischio
la sua propria vita per lui ; ma pu indiscutibilmente pretendere che laltro gli lanci un
salvagente che gli si trova accanto e che pu raggiungere senza sforzo ; o che questi
compia unazione per lui che non signifca un sacrifcio per s. Quando una tale azione
di salvataggio dellaltro, che non implica sacrifcio, viene omessa, chi omette agisce in
maniera sommamente contraria al dovere, nel senso di una prestazione di dovere che
pu laltro pu esigere personalmente. Nel caso singolo pu esser difcile determinare
quando unazione diventa per me un incomodo e quando un sacrifcio, ma qui le
idee direttrici come tali sono completamente chiare e la coscienza le riconosce.
b) Diciamo per di pi : il dovere di aiuto non si limita a ci che il bisognoso pu
esigere. In una prestazione di dono lamore, la generosit andranno da s molto oltre
ci che pu esigere un comando daiuto diretto; ma anche lo stesso dovere va oltre la
mera prestazione che non implica sforzo, n sacrifcio. Pu senzaltro essere un dovere
anche non badare a spese, ossia ofrire un sacrifcio, magari pesante, in denaro, tempo,
incomodo per chi in stato di bisogno. Anche qui si possono trovare se non criteri
aritmetici, quanto meno idee regolative, come avremo modo di considerare. Queste
prestazioni che non sono semplicemente prive di sforzo e sacrifcio, e che non riguar-
dano immediatamente linteresse allesistenza dellaltro, il bisognoso in efetti non pu
esigerle come qualcosa che gli personalmente dovuto, come nel caso precedente, ma
pu chiederle. Personalmente i sacrifci gli sono donati, non dovuti. Tuttavia possono es-
sere giudicati e approvati dalla coscienza fno ad un certo livello e in certi casi come
dovuti; dovuti, cio, rispetto ad una pretesa pi alta, e dunque giudicati come rigoro-
valore, dignit e diritto 431
samente conformi al dovere. Lamore ofre liberamente sacrifci, ma ci sono anche do-
veri di sacrifcio, quando questo, per grandezza e gravit, non pu essere misurato, n
deve esserlo, sul sacrifcio che lamore ofrirebbe nello stesso caso. Il comando di tale
sacrifcio non sorge n dal dovere, n dal diritto personale di chi si trova nel bisogno:
una pretesa ideale.
10. La pretesa ideale di gratitudine, come quella di sacrifcio, ha anchessa la sua re-
lazione teleologica a quellidea del valore di una comunit spirituale superiore, che
sopra abbiamo sviluppato rispetto al dovere del riguardo. Sarebbe per sbagliato voler
derivare quella da questa idea di valore in generale. La gratitudine non deve esserci
afnch sussista il regno dei fni , o il mondo unitario di volont, persone, spiriti in
connessione tra loro : la gratitudine dovrebbe esserci innanzitutto semplicemente di
per s. Ma non perch un valore. Dove si avuta lesperienza dellamore, l do-
vrebbe esserci gratitudine : questo non derivato da premesse, ma cos e viene
intuito in modo assiomatico da chiunque abbia compreso la dimostrazione damore
e la gratitudine ; cos come chiunque abbia compreso intuitivamente cosa sono una
retta e due punti , intuir in modo assiomatico che la retta la distanza pi breve
tra due punti. esattamente lo stesso per la pretesa ideale di un sacrifcio conforme
al dovere.
11. Quanto debba essere grande tale sacrifcio nel singolo caso lo decide il singolo nel
singolo caso secondo la sua misura. Ma, appunto, secondo la sua misura e non alla cieca
o arbitrariamente. Egli misura ci che si conviene ; e misurare signifca rapportare ad
ununit di misura. Se questa sia determinabile concettualmente o possa essere colta
soltanto col sentimento, sar una domanda successiva. Egli si decide meglio che pu
o con la massima consapevolezza e con la migliore coscienza : questa e tutte le espres-
sioni simili escludono per decisioni a caso e implicano una misurazione autonoma.
Ma anche questultima sempre ricerca di una misura oggettiva, che come tale indi-
pendente dal mio decidere, anche se il fssarla resta qualcosa di incerto ed impreciso.
Senza questo momento, il discorso di decidere nella situazione un discorso vuoto.
12. La pretesa che in 6. abbiamo defnito superiore risaliva ad un superiore valore.
Ci che abbiamo chiamato pretesa ideale (in 9.) non qualcosa di privato, ma
un diritto superiore. In entrambi i casi restiamo nellambito del valore e del diritto.
Alle spalle, per, di valore e diritto si ottiene il valore del valore e della volont che
riconosce un diritto. pi di un valore : dignit. Con diritto, valore e dignit abbiamo
le prime tra le categorie che cerchiamo.
La nostra ricerca in proposito deve essere ancora ultimata con due considerazioni
integrative.
5) Esigenza e fondamento dellesigenza Comando e lege
a) Limperativo categorico e la sua possibilit
1. Che qualcosa abbia un valore signifca cos stato sostenuto da Scheler che debba
essere o esser fatto. Vale a dire che laver valore di per s non sarebbe altro che lesser
oggetto di esigenza. Noi afermiamo al contrario che laver valore non afatto questo
saggi 432
qualcosa pu aver valore e pu non esser in generale esigibile, pu anzi esser comple-
tamente al di fuori di tutto lesigibile ma il fondamento della validit dellesigenza.
Le cose stanno allo stesso modo con il diritto. Con il fatto che i soggetti volenti
sono luno accanto allaltro e in relazione luno allaltro si ha non soltanto il fatto psico-
logico che uno pone efettivamente allaltro pretese di riguardo, ma si ha un momento
del tutto specifco, evidente per la coscienza, ossia lo stato di cose per cui nessuno, solo
in quanto volente, ha nei confronti dellaltro volente un privilegio nel perseguimento
del suo piacimento. Ognuno ha un diritto al riguardo nei confronti di ognuno. E que-
sto diritto il fondamento per il dovere dellaltro nei suoi confronti. Defniamo queste
esigenze, seguendo Kant, imperativi categorici.
2. Con ci abbiamo anche la prima risposta alla domanda kantiana circa la possibilit
di un imperativo categorico . Questa domanda signifca per lui diverse cose, come ho
mostrato altrove :
f
ma in prima battuta indica la questione della validit dellimperativo.
La validit degli imperativi meramente ipotetici per lui non un problema: sono soltan-
to regole dellabilit e appare di per s evidente che quando voglio un fne, devo vo-
lere i mezzi adeguati ad esso. Questi valgono condizionatamente, perch sottostanno
alle condizioni di un se e di un perch. Solo se il malato vuole tornare sano, vale per
lui limperativo prendi questa medicina, perch essa ha la capacit di guarirlo. Lim-
perativo categorico, per, comanda incondizionatamente, ossia senza questi se e
perch. Neminem laede non vale per me se miro a qualcosa, ma devo appunto mirare
a questo; e non perch un mezzo per un altro fne, ma immediatamente. Questo per-
ch, dunque, escluso per limperativo categorico, ma Kant lo cerca da un altro punto
di vista, interrogandosi sulla possibilit dellimperativo categorico nel senso della sua
stessa fondazione. proprio perch laltro se e laltro perch qui mancano comple-
tamente che questa domanda diviene per lui tanto pressante. Come possibile che un
imperativo obblighi una volont, laddove ogni se e perch in quel senso vengono
meno? Dove risiede il fondamento della sua obbligatoriet, ossia della sua validit? Que-
sta diviene per lui la domanda pi importante della sua critica della ragione pratica.
Kant trova una risposta angosciante. Alla fne della sua Grundlegung dichiara che que-
sto enigma troppo grande per il nostro intelletto, che questa domanda deve rimanere
senza risposta e che sufciente che, pur non intuendo la possibilit dellimperativo,
intuiamo per il fondamento dellimpossibilit di intuire quella possibilit. Rispetto
allimperativo categorico, quale Kant lo formula in prima battuta, bisognerebbe dargli
ragione : che dobbiamo agire in modo tale da poter volere che la massima del nostro
agire divenga una legge universale della natura, in efetti privo di ogni evidenza ed
impossibile intuire la validit di un simile imperativo. Ma in quello che ho defnito
punto di rottura Kant aveva dato una risposta totalmente diversa, che del tutto
chiara e immediatamente evidente; e che senzaltro in grado di risolvere il problema
della validit dellimperativo categorico :
Posto per che vi sia qualcosa, la cui esistenza in se stessa ha un valore assoluto, che come fne in
s potrebbe essere fondamento di determinate leggi, allora in ci e soltanto in ci risiederebbe
il fondamento di un possibile imperativo categorico.
19
19
I. Kant, Grundlegung, BA 64.
f
I. Kant, Grundlegung, p. 154.
valore, dignit e diritto 433
Questa , in una formulazione classica, una nuova fondazione, del tutto intuitiva, della
validit e della possibilit degli imperativi categorici. I quali non sono oscuri enigmi,
non li seguiamo ciecamente. Al contrario, ci che ha un valore oggettivo ha come tale
in s un momento di inviolabilit, la quale pronuncia il suo non mi toccare come un
imperativo e obbliga la volont di chi capace di comprendere quel valore. esatta-
mente lo stesso per il rapporto tra dovere e diritto.
3. Con ci ci dichiariamo per l intellettualismo nella morale e per la ragione pratica
di Kant. Non come se la ragione ponesse o inventasse gli imperativi stessi: essa li trova.
E non come se un mero intuire potesse determinare di per s e in modo meccanico la
volont, ma nel senso che latto fondamentale nel decidersi morale un atto intelligen-
te: vedo che devo e perch devo.
4. Possiamo chiamare questo primo senso della domanda circa la validit dellimperati-
vo, senso logico. Oltre a questo essa ne ha uno ontologico. Nel suddetto scritto Kant ha
anche questo secondo senso in mente. Un imperativo ontologicamente non possibi-
le per una pietra, che infatti non ha volont. Un imperativo morale non possibile per
un essere non razionale, che non lo comprende. Ma non sarebbe possibile nemmeno
per un essere che fosse mosso soltanto da interessi di piacere o fosse irrimediabilmente
avviluppato in questi. possibile soltanto nei confronti di un essere che capace di una
decisione libera. Il dovere morale appartiene alla libert. Ci che questa include in
s dovr ancora essere ricercato. Ma gi qui va detto che in un certo senso al tu devi
appartiene il concetto di libert. Questa conoscenza importante. il primo impulso
ad ulteriori domande : se e fno a che punto gi la semplice convinzione morale includa
in s, in modo pi o meno chiaro, peculiari convinzioni ontologico-metafsiche (forse
religioso-metafsiche).
5. Il dovere come divieto e comando a) La forma prima e pi elementare in cui le esigenze
si presentano quella delle summenzionate esigenze di una limitazione del mio libero
piacimento nei confronti di un valore o di un diritto che presente e compare nel mio
ambito di infuenza. Quel che qui si esige una omissione, quella di una lesione o vio-
lazione del portatore di valore, o di unofesa al suo diritto. Si pu defnire questo lim-
perativo della salvaguardia. Chi salvaguarda si pone qui per fne il valore solo nella
misura in cui, mediante autolimitazione del suo piacimento, ne rispetta e aferma
lesistenza. Chiamiamo tali imperativi proibitivi. Essi rivestono un ruolo grande e pre-
ponderante in tutte le legislazioni elementari: il che ha un fondamento comprensibile.
Si confronti la seconda tavola dei nostri dieci comandamenti. Come formula gene-
rale di tali proibitivi si pu utilizzare la terza formulazione dellimperativo categorico
di Kant, se si opera una modifca che in realt gli sarebbe stata necessaria secondo le
sue premesse : Agisci in modo tale da poter rispettare un valore oggettivo mai soltanto
come mezzo, ma sempre anche come fne .
g
Un esempio di osservanza di questa re-
gola il nostro poeta col suo forellino. Egli lo coglie per rallegrarsene. Lo tratta come
mezzo per un suo fne. Ma non soltanto come mezzo, perch egli lo salvaguarda e lo
pianta di nuovo. Lo rispetta e lo riconosce anche come valore in s.
g
Grundlegung, p. 120 nota 1.
saggi 434
Questa regola dovr per essere essenzialmente limitata dallidea, che pu essere
ulteriormente sviluppata, della possibilit e dellesigenza di un sacrifcio del valore.
In certe circostanze un valore deve essere sacrifcato in favore di un valore superiore ;
deve cio essere impiegato come mezzo. Ma la tendenza di quella regola fondamentale
si mantiene anche qui: nel solo in vista di un valore superiore resta conservato il ri-
spetto anche nei confronti del valore inferiore.
Al di sopra del proibitivo della salvaguardia si elevano gli imperativi che esigono
qualcosa di positivo. Essi sono doppi : possono essere imperativi del servizio e impera-
tivi dellefettuazione. Li si pu chiamare entrambi imperativi di una prestazione posi-
tiva. Un belloggetto di natura, un signifcativo monumento della storia, una vita, un
costumato ordinamento della societ, nella misura in cui gi ci sono in quanto oggetti
di valore , richiedono oltre alla nostra salvaguardia anche la nostra cura. Una spiritua-
lizzazione della nostra propria vita, la produzione di cultura, della pace tra le classi e i
popoli, in quanto queste cose devono sorgere o essere accresciute, esigono lo sforzo
della nostra volont per lefettuazione. Qui come l si tratta non della mera limitazione
del nostro piacimento in generale, ma di una positiva posizione di un fne per il tendere
e lagire. E la seconda non pu essere ricondotta alla prima. Cosa dobbiamo omettere?
e : cosa dobbiamo fare? sono due domande indipendenti.
6. Chiamiamo dovere lomissione o la prestazione che di volta in volta si esigono. In
questo senso vi sono innumerevoli doveri e classi di doveri. Daltra parte utilizziamo
il termine anche in modo predicativo: p.e. mantenere una promessa dovere. Quindi
il termine signifca soltanto lesser oggetto di esigenza. In questultimo senso non vi
sono classi, ma gradi di doveri. Qualcosa pu esser dovere o lo si pu esigere in modo
pi o meno rigoroso. Possiamo esprimere questo anche distinguendo imperativi e
coortativi; il che utile nel senso di un rigorismo etico, perch necessariamente il
carattere del dovere pi rigoroso ne risente, se si estende uniformemente il rigore del
dovere allintero ambito di ci che in generale oggetto possibile di unesigenza.
7. Nelson distingue limperativo del dovere dallottativo dellideale, cio dellideale
dellautoformazione sotto il momento di valore di una bellezza spirituale. Il dovere
varrebbe soltanto nellambito della relazione agli altri; rispetto a se stesso non vi sareb-
be per il soggetto alcun imperativo, ma soltanto ottativi.
20
Questa distinzione insoste-
nibile. Nellambito della cultura del s spirituale vi sono compiti che non sono in nulla
inferiori, quanto a rigore, alle esigenze pi rigorose dellaltro nei miei confronti. Daltra
parte vi sono obblighi leggeri e leggerissimi nei confronti degli altri, la cui omissione
non defniremmo mai malvagia. La trascuratezza di s assai pi malvagia che la
rottura di una promessa al cui mantenimento laltro abbia scarso interesse. Vi piutto-
sto in entrambi gli ambiti una gradazione del rigore dei doveri, vi il passaggio dallim-
perativo al semplice coortativo. Nella sfera della pretesa di diritto dovremo ancora
rifettere specifcamente su questo. Nella sfera della pretesa di valore si ricava da s da
quanto gi visto. Qui lesigenza e il dovere sorgono dal valore. Questo per pu essere
superiore, inferiore o minimo e prossimo a sparire. A ci corrisponde immediatamente
anche il grado del rigore della pretesa. Anche un flo derba, in quanto vivente, avanza
20
L. Nelson, System der philosophischen Ethik und Pdagogik, Gttingen/Hamburg 1949
2
, pp. 40 e ss., pp.
194 e ss. [S. Boozer].
valore, dignit e diritto 435
la pretesa di essere rispettato, ma non defniremo pi questa pretesa imperativo: al mas-
simo un ultimo coortativo, che risuona sommessamente. Contraddiremmo il nostro
stesso sentimento morale se ne parlassimo come di un dovere, mentre possiamo
senzaltro parlare del dovere della piet, che incombe ad unamministrazione comunale
relativamente alla custodia dei suoi signifcativi monumenti storici; e certtamente pos-
siamo parlare del dovere di ognuno nei confronti di se stesso di superare in s brutalit,
ottusit, schiavit degli impulsi e degli istinti.
b) Comando e lege
1. 1. I comandi (Gebote) si chiamano anche legi pratiche. Cos parliamo della legge
mosaica . Ma curiosamente non diciamo : le dieci leggi , ma i dieci comandamenti
(Gebote) . Forse pi che una semplice casualit storica. Gi il semplice senso della lin-
gua resiste a parlare qui di leggi. In efetti una legge non un comando e un coman-
do non una legge. La famosa legge della polizia: Questa via non una via. Chi lo fa
paga una multa di un tallero
21
non comanda e non proibisce nulla : connette necessa-
riamente ad una certa azione una conseguenza, ossia una multa. Da questo si ricava un
imperativo nel senso di Kant, e in particolare un imperativo ipotetico: Se non vuoi
perdere un tallero, allora evita questa via . Questo si ricava da quella legge, ma non
quella legge stessa. L dove preferibilmente applichiamo il concetto di legge, ossia nella
scienza della natura, questo senso di legge il pi chiaro. Agli oggetti di natura non pu
essere comandato nulla per il fatto stesso che non sono in grado di ricevere e di com-
prendere un comando. La lege di natura : tutti i pianeti si muovono su orbite ellittiche,
non proibisce nulla ai pianeti, ma formula il loro comportamento come necessario. Le
leggi esprimono o la necessit del tipo della successione tra due accadimenti, che poi
possono essere indicati come causa ed efetto; per esempio: quando i corpi vengono
riscaldati si estendono. Oppure indicano la necessit della connessione di un predicato
sintetico con un soggetto, per esempio : tutti i corpi sono pesanti ; o le leggi del cer-
chio, come: gli angoli al centro sono il doppio dei rispettivi angoli alla circonferenza.
In questultimo senso ci sono, in efetti, anche leggi nella sfera pratica, per esempio :
la vita ha un valore oggettivo ; oppure: la scienza ha un valore oggettivo; lumanit ha
un valore superiore rispetto alla mera animalit ; ogni volont ha diritti nei confronti
di ogni altra ; la volont che obbedisce al dovere ha dignit. Neanche queste leggi sono
comandi, ma questi derivano da quelle. Si dovrebbe quindi propriamente parlare di
dazione di comandi invece che di dazione di legge.
22
E bisognerebbe aggiungere :
questi comandi non vengono dati, ma si ricavano. Si ricavano da una legge pratica.
1. 2. La legge naturale di causalit contiene una determinazione: determina un accadi-
mento Y come conseguenza necessaria di un accadimento X. Allo stesso modo, nella
21
Il divieto menzionato da Otto circolava come motto di spirito per la patente autocontraddizione con-
tenuta nellafermazione Questa via non una via. Ovviamente qui il termine Weg inteso in due
sensi diversi nelle due occorrenze, per cui la traduzione pi corretta, che per elimina il Witz, sarebbe: Per
questa via non si passa.
22
Otto ricava il termine (inesistente in tedesco) Gebotsgebung facendo il calco di Gesetzgebung, letteral-
mente dazione di legge , che nelluso corrente signifca legislazione. Nel seguito tradurremo Gesetzge-
bung (e Gesetzgeber) come dazione di leggi (e datore di leggi) o legislazione (e legislatore) secondo che
sia pi opportuno far risuonare il signifcato corrente o i due elementi del termine composto.
saggi 436
logica il fondamento determina la conseguenza logica; o, nella matematica, lessenza
conforme alla defnizione di una realt matematica determina, in quanto fondamento,
i teoremi che se ne ricavano. La legge di valore determina in questo modo limperati-
vo.
Ma limperativo non determina la volont.
Non nel senso logico, perch limperativo non una proposizione da cui segua
logicamente qualcosa, ma una realt totalmente diversa dalle proposizioni, ossia un
appello alla volont. Ancor meno la decisione di volont una proposizione o una
conseguenza.
Altrettanto poco il comando determina la volont in senso causale. Ne parleremo
meglio in seguito, ma gi qui va detto: chi in generale capace soltanto dellintuizione
della specifcit del dovere (Sollen), lo riconosce chiaramente diferente da ogni esser
necessario (Mssen). Questa diferenza essenziale ed evidente, e la sua apprensione
possibile gi prima di ogni rifessione sulla libert o non libert della volont.
Dove data una causa, l necessario sia dato lefectus; dove dato il fondamento lo-
gico, l necessario si ricavi la conseguenza ; dove una linea infnita in rapporto ad un
punto in modo tale che tutti i punti di questa abbiano la stessa distanza da quel punto,
l necessario che si ricavino tutte le proposizioni della teoria del cerchio. Tutto qui
atteso, ma non lo si esige. Un dovere qui completamente privo di senso, perch
qui vale un esser necessario. Per essenza un dovere qualcosa di assolutamente
diverso da un esser necessario. Ora, per, lesser necessario non altro che un es-
ser determinato . Il dovere dunque essenzialmente diverso dallesser determinato ed
esclude da s ogni determinazione. quindi equivoco Kant quando defnisce il dovere
come necessit pratica. Necessario (notwendig) la traduzione di necessarium e signif-
ca che, se sono date le premesse, allora accadr, o si ricava, o ha luogo X, esclusivamen-
te questo X e nientaltro: in questo senso c una concordanza formale con necessario.
Ma limperativo devi fare X non linformazione che questo X accadr, o che ha
luogo o che necessario, ma tutto al contrario : presuppone come problematico
laver luogo di X, altrimenti non sarebbe un dovere. Nelluso linguistico kantiano: laf-
fermazione la pietra che non sorretta cadr un giudizio apodittico che contiene in
s il momento della necessit; in un imperativo, per, il giudizio resta problematico
rispetto allaccadimento di X e si lascia esprimere solo in forma di domanda : accadr X ?
Presuppone la possibilit dellaccadimento, e dellaccadimento di X ad opera mia, ma
esclude necessariamente da s ogni necessit. La summenzionata concordanza formale
di quel che si esige con quel che necessario non basta per defnire anche il primo
come necessario in senso traslato. Abbiamo qui di nuovo il caso di due cose che hanno
alcuni tratti generali uguali e per possono appartenere, dal punto di vista della classi-
fcazione, a rubriche dessenza totalmente diverse.
Questa ricerca dellesclusivo fenomeno del dovere e il fatto che nella coscienza
percepiamo efettivamente e senza alcun dubbio un dovere per noi valido e non la
ricerca psicologica sullesser determinata o indeterminata della volont deve costituire
il punto di partenza per tutto ci che in seguito potr esser detto su libert, responsabi-
lit, sentimento della colpa.
2. Dicevamo che da leggi del valore si ricavano imperativi categorici. Forse, invece, si
potrebbe argomentare cos : Dal valore della vita si ricava limperativo neminem laede,
valore, dignit e diritto 437
nel senso che il laedere sarebbe malvagio. Se non vuoi che il tuo agire sia malvagio,
allora necessario che tu ometta il laedere. Solo che non agire in modo malvagio un
imperativo categorico, neminem laede un imperativo ipotetico. Una simile obiezione
per gi refutata. Il laedere vietato in modo immediato e categorico. questo divie-
to di trasgredire che rende il mio agire malvagio. Se un divieto valido era gi presente
ed stato disprezzato, ne scaturita la malvagit della mia azione. E ci che si esige da
me, in modo immediato e per se stesso, dunque in modo categorico, senzaltro la non
violazione della vita stessa, non il mio agire in modo non malvagio.
3. I comandi etici non vengono dati, ma si ricavano, come per esempio le leggi di
valore ; si ricavano, cio, da una connessione necessaria di un valore oggettivo con
un X. Ma questo esser dati signifca semplicemente: presente e non ha nulla a che
fare con il dare che intendiamo quando parliamo di dazione o di datore di leggi.
Potrebbero forse esser dati anche in questultimo senso ? Un governo dispotico pu
dare leggi, legando certi modi di azione a conseguenze che il suddito si augurer o
temer, secondo i casi. (Poich questo regoler il comportamento del suddito nel senso
auspicato, rendendolo subordinato ad una regola, una tale legislazione, come dice
Kant, ha una analogia con la legge di natura quale espressione dellordine e succes-
sione regolata di processi naturali.) Leggi dello stato, della polizia, della societ, quali
ordinamenti di un comportamento universale, possono essere date. Ha senso parlare
di una dazione di leggi anche in rapporto alle leggi del valore?
Se confrontiamo le leggi di natura con quelle (statutarie) della societ, ci appare che
la diferenza consiste essenzialmente nel fatto che queste ultime sono date e mutevo-
li, superabili da una nuova legislazione ed ampliabili; le leggi di natura escludono tutto
ci. Ma questa in efetti unapparenza. Anche se assumiamo la pi rigida necessit
di natura e la chiusura della connessione della legge di causalit, ne consegue soltanto
che allinterno di questa natura con queste sue leggi ogni accadimento determinato
di necessit in questo e quel modo, inevitabile e insuperabile. Non consegue, per,
che questa natura stessa e le sue leggi non potrebbero essere altre, che non potrebbero
cambiare o essere cambiate. Le stesse leggi di natura sono contingenti. Potrebbero
anche essere diverse da ci che sono. Che la forza di gravitazione abbia la costante g,
che i corpi cadano con unaccelerazione e proprio secondo quella legge di accelerazio-
ne che valida per la nostra natura, questo non ha alcuna necessit interna . Potrebbe
esser diversamente e potrebbe essere cos per la volont di un legislatore. La stessa
necessit di natura, ossia che la natura ofra successioni regolate dellaccadere e che
casualmente ofra proprio queste e non altre successioni, parlerebbe pi in favore che
contro la convizione teistica di un datore di leggi di natura. Anche le leggi matematiche,
se i non euclidei avessero ragione e le leggi della nostra geometria fossero soltanto
contingenti, ammetterebbero o forse persino postulerebbero un datore di leggi.
Allo stesso modo si anche tentato di sostenere che anche le leggi morali sarebbero
soltanto contingenti, per equilibrare, in questa maniera, lautonomia delle leggi morali
e la teonomia; o per superare quella in favore di questa. In questa maniera si tentato
un equilibrio tra legge di natura e volont di Dio. Se una simile via sia percorribile, se
sia indispensabile per la validit delle leggi morali, se realmente serva allidea della volon-
t di Dio, se non sia forse pi rovinosa che vantaggiosa per questultima, sono domande
cui, partendo da qui, gettiamo innanzitutto solo uno sguardo preliminare.
saggi 438
4. Qui per ci siamo interrogati innanzitutto solo sulle categorie fondamentali della
stessa legge morale , e in questo modo abbiamo trovato anche la risposta alla doman-
da circa il fondamento della stessa. La legge morale, in quanto linsieme delle esigen-
ze categoriche, secondo il nostro uso linguistico non in generale una legge, ma un
comando. Questo non viene dato, ma si ricava. Si ricava in modo fondato dal valore
e dal diritto. E dalladempimento di questo si ricava la dignit della volont buona.

AUTONOMIA DEI VALORI E TEONOMIA
1
N
icolai Hartmann conclude la sua ottima Ethik (Berlin 1926, ora 1935 in seconda
edizione non modifcata) con una serie di antitesi tra etica autonoma e religione, che
rappresentano quanto di pi acuto e impietoso sia stato detto sulloggetto assai dibat-
tuto: autonomia morale o legislazione divina . Egli stesso vede la contrapposizione prin-
cipale nell antinomia della libert , in quanto lethos esigerebbe decisamente la libert,
mentre la religione la annienterebbe. Mi sembra che su questa afermazione vi sia da
discutere. In ogni caso, mi pare non soltanto che il problema precedente autonomia dei
valori o volont di Dio sia passibile di trattazione autonoma, ma anche che sia innanzi-
tutto bisognoso di una trattazione. Ci che colpisce che Hartmann, per quanto netta
sia la sua opposizione ad un oltrepassamento religioso della sola etica, continua ancora
a parlare di antinomia tra etica e religione. Se si ritiene che le convinzioni religiose
siano semplicemente false, allora non resta pi alcuna antinomia da menzionare o da
discutere, n ci si fa coinvolgere come Hartmann fa con estrema fnezza nei dettagli
della posizione religiosa, ma si lascia che questa svanisca nel suo nulla. E nonostante
il suo netto antagonismo rispetto a presunte o reali tesi religiose, Hartmann parla
spesso come se ritenesse ancora possibile una sua flosofa della religione, e le attri-
buisce compiti che questa, e non letica speculativa, dovrebbe assolvere. Si resta desi-
derosi di conoscere qui lopinione dellautore nella sua interezza e di venire a sapere
se con i verdetti dellEthik sia stata detta lultima parola o se, nonostante i categorici
tracciamenti di confne, ci sia ancora in qualche modo, o da qualche parte, un oltre.
I suoi attacchi e le sue limitazioni dei presunti soprusi della religione (che viene
intesa essenzialmente secondo il tipo della redenzione cristiana e viene clta senzaltro
come una predestinazionistica mancanza di libert della volont umana) si spingono
molto lontano. Potr far riferimento solo ad alcuni di questi.
Ho indicato altrove i generali travisamenti dellidea religiosa fondamentale per
cui luomo incapace di conquistare da s la salvezza (e, con ci, la confusione
dellidea originaria e specifcamente religiosa con questioni della psicologia).
2
Lutero, e
con lui molti altri, sostengono in efetti lefcacia esclusiva della grazia per la salvezza e
lesclusione del sinergismo religioso, in modo tale da indagare la questione psicologica
della libert o non libert della volont, della sua determinatezza o indeterminatezza,
per poi insegnare quella non libert della volont che Hartmann prende di mira. Qui
si possono trovare risposte defnitive soltanto se innanzitutto si riconosce almeno que-
sto: che la salvezza viene solo da Dio non perch la nostra volont troppo inferma,
ma perch la salvezza stessa, per essenza, fuori dalla sfera dei nostri sforzi di volont.
Questo meriterebbe una discussione a parte. A ci si aggiunge che Hartmann, in modo
1
Edizione originale : Autonomie der Werte und Theonomie, in AE, cap. 6, pp. 215-226. Il saggio fu pubblicato
per la prima volta da Theodor Siegfried due anni dopo la morte di Otto, col titolo Freiheit und Notwendi-
gkeit (Tbingen 1940). Il curatore ritenne opportuno sostituire il titolo originale del manoscritto di Otto
(Autonomie der Werte und Theonomie) con uno a suo avviso pi pertinente rispetto al contenuto efettivo del
testo (cfr. Th. Siegfried, Nachwort, in R. Otto, Freiheit und Notwendigkeit, cit., p. 20). Le note tra parentesi
quadre sono di Siegfried.
2
[Cfr. il trattato Die christliche Idee der Verlorenheit, in SU, pp. 25 e ss.].
saggi 440
troppo poco approfondito e troppo unilaterale, ritiene ovvio il punto di vista predesti-
nazionista. per per lo meno altrettanto possibile, dal punto di vista religioso, lidea
che Dio crei esseri liberi, con la possibilit della salvezza come della dannazione e con la
responsabilit per ogni loro eventuale fallo. Nonostante ogni netta contrapposizione,
alla fn fne anche i predestinazionisti pi radicali e unilaterali non vorranno negare al
peccato il carattere della colpa, ossia della responsabilit propria. In realt la situazione
questa: che qui vi in efetti una vera e propria antinomia, di cui Hartmann fa un uso
tanto abbondante, la quale per non comincia soltanto nel rapporto tra latteggiamen-
to religioso e quello etico, ma evidentemente gi allinterno della stessa sfera religiosa.
I predicatori quaresimali predestinazionisti, indirizzandosi con ogni forza alla decisio-
ne, alla conversione, al cambiamento della volont, ponendo dinnanzi agli occhi colpa
e responsabilit, sono indeterministi in praxi, sebbene deterministi in theoria. In ogni
caso, il determinismo non cristiano se non altro che la tonalit emotiva del kismet
3

islamico. Il determinismo cristiano non fatalismo. In verit, qui lo stesso atteggia-
mento religioso autentico che antinomico. Da nessunaltra parte si di pi presuppone
la responsabilit, e la responsabilit propria, n vi si tende di pi, che nel richiamo cri-
stiano al penitenza e alla conversione : mea culpa, mea maxima culpa!
Dove questa cognizione non si manifesta forte e vitale, allora certamente non pre-
sente un autentico atteggiamento religioso. Ma la culpa, il sentimento della colpa, non
possibile in mancanza di ci in cui Hartmann vede il criterio del sentimento della
libert, ossia in mancanza della convinzione chiara, del tutto determinata e sempre di
nuovo capace di ristabilirsi di contro ad ogni cavillazione: Avresti dovuto e potuto
altrimenti. Daltra parte, il vissuto religioso della grazia spinge, in quanto tale, sulla
linea predestinazionista. Ma sarebbe deleterio per la purezza dello stesso sentimento
religioso se il prezzo per la grazia fosse loscuramento della fatticit di unautentica
responsabilit individuale e dellesperienza della colpa. Queste due linee convergono
piuttosto in unautentica antinomia. Dellantinomico in generale lo stesso Hartmann
dice: Anche quando si rivelano autentiche antinomie, e sono dunque insolubili, esse
non dimostrano nulla contro lesistenza di ci che separato in modo antinomico, ma
solo lincapacit del pensiero di comprendere la coesistenza (p. 737).
Ci sarebbe molto da obiettare a proposito delle antinomie che secondo Hartmann
(ibid.) sussistono tra religione ed etica. La prima sarebbe quella relativa alla direzione
pratica nel suo complesso, ossia quella tra la tendenza allaldiqu e la tendenza allaldi-
l: la religione sarebbe tutta rivolta allaldil e un suo sviluppo conseguente porterebbe
alla negazione di ogni valore proprio allaldiqu. Una simile afermazione ignora dal
principio, a vantaggio di una religiosit ascetica e in fuga dal mondo, la tesi fondamen-
tale del cristianesimo per cui Dio il creatore, e il mondo opera sua ed unopera
buona; e per cui laldiqu orientato allaldil in quanto il luogo della prova nel servi-
zio prestato al compito che Dio pone realmente nellaldiqu. Lamore per il prossimo,
messo in pratica dal samaritano misericordioso, stato un atto autenticamente relativo
allaldiqu, come tale inteso da Cristo e come tale posto ad esempio. Ma lamore per il
prossimo nella pienezza del suo essere al di qua, ossia praticato in pura umanit, non
esclude che proprio cos in esso, e in generale nellintero ethos dell aldiqu, si esegua e
si faccia la volont di Dio, ossia qualcosa che contemporaneamente implica un mira-
3
Fato.
autonomia dei valori e teonomia 441
re pi in alto. Alla richiesta santa (heilig), che viene dallalto, di penitenza e conversio-
ne corrisponde certo come momento primo e fondante un profondo e fondamentale
afrancarsi da ogni aldiqu, un dedicarsi ad una meta di tipo relativo esclusivamente
all aldil, coglibile solo nel sentimento. Ma [questo accade]
4
l dove superato alme-
no il tipo monastico-ascetico in quel modo per cui, dopo lo scioglimento dal vincolo
mondano e dopo il superamento del mondo quale idolo, il mondo si apre allo sguardo
religioso come prodotto di valore della mano di Dio, nel quale e sul quale Egli stesso
presta servizio e agisce.
Daltra parte, circa la tesi di Hartmann sullessere al di qua di ogni etica (per lagi-
re etico ogni trascendenza uningannevole apparenza ) va sollevato un interrogativo :
che succede ad un soggetto che restando, nella tensione etica, nellaldiqu arriva alla
convinzione che tutto, anche il pi profondo valore dellaldiqu, ha la determinazione
del passagio e della prova ? Un simile soggetto riconoscer che il suo giudizio su ogni
trascendenza come apparenza ingannevole era esso stesso unapparenza ingannevole e
mediter quelle connessioni tra il tendere etico dellaldiqu e la meta dellaldil, di cui
tutte le religioni superiori ofrono testimonianza.
Hartmann ritiene che lantinomia pi grave e importante sia costituita dai momenti
redenzione, grazia, perdono, dei quali letica non sa e non deve sapere niente.
In realt il centro qui il perdono e il desiderio di perdono, con cui si intende quel-
la possibilit di assoluzione da peccato e colpa, che per Hartmann fatale.
Mi pare che qui venga alla luce un errore particolarmente degno di nota dellintera
costruzione di Hartmann. Non soltanto nella religione, ma nel profondo delletica, in
ogni etica profonda e l dove letica la pi profonda possibile, ritorna questa pos-
sibilit di assoluzione , questo desiderio assoluzione e cio di perdono-absolutio, can-
cellazione, remissione e condono del debito, liberazione della coscienza dal peso della
colpa: ritorna cio l dove, nelletica, si tratta delle relazioni pi profondamente etiche,
quelle tra persona e persona, o delle pretese fatte valere da parte di una persona nei
confronti di unaltra, in misura graduata e diversa secondo lintimit della comunit di
cui le persone sono membri; ma ritorna, in senso generale, anche in quella comunit
in cui i legami sono pi esteriori e deboli, ossia nella relazione tra persone in genere.
Dovunque sia accaduto un torto o sia stato commesso un atto di ingratitudine non
basta un esteriore risarcimento dei danni: per liberarsi e tornare pura la coscienza e
senzaltro anche la coscienza imparziale richiede e implora il perdono di cuore da
parte dellaltro. Ci appartiene in modo immediato e autentico ai pi caratteristici sen-
timenti del s come il pentimento e il pudore; e dove manca non si ancora nellorbita
di unautentica moralit personale.
Un valore pu essere ofeso, ma non pu perdonare. Unetica, che sia unilateral-
mente unetica dei valori, non pu aver posto per il perdono, n per le idee ancor pi
elevate e intense della purifcazione. Cos in Hartmann. In lui anche i comportamenti
personali, alla fn fne, sono oggetto di esigenza in quanto sono valori. Non si pu per
fare un torto ad un valore, ma solo ad una persona ; e questo torto non consiste nel
fatto che un valore viene ofeso il che pure accade, ma una cosa a parte , ma nel
fatto che questuomo qui stato personalmente calpestato nel suo diritto ; il che non
viene purifcato
5
con un restauro del valore, ma soltanto col pentimento, con la per-
4
Qui, come in seguito, le integrazioni tra parentesi quadre nel testo sono di Siegfried.
5
[Cfr. anche il saggio Das Schuldgefhl].
saggi 442
sonale disponibilit alla confessione del torto, con la sottomissione al giudizio di accusa
e condanna da parte di chi stato chiamato in causa, e con il suo perdono. In modo
troppo veloce, rapido e un po schematico si costruisce qui una antinomia, mentre
nellethos sacrale (sakral) si tratta di quellintuizione nuova e superiore, che il profano
non pu avere : che cio ogni trasgressione, che secondo la materia contro un valore
o una persona, sempre contemporaneamente un peccato contro Dio, la Persona som-
ma. Le persone possono perdonarsi reciprocamente, possono condonarsi un debito,
possono ricostituire la comunit turbata da una rottura : se siano o meno obbligati a far-
lo una questione a s. Forse no: forse, soprattutto tra gli uomini, lo scusare sempre
soltanto un atto di libera donazione. Per chi ha trasgredito, per, un comportamento
pentito, con lannesso desiderio di esser scusati, unesigenza quanto mai profonda.
A me pare che della torre di antinomie accatastate da Hartmann quella davvero
reale, e ben nota da sempre, da sempre irrisolta e, secondo la mia opinione, anche irre-
solubile in linea di principio per il pensiero umano, sia la terza (pp. 378 e sgg.). la vec-
chia antinomia tra lautonomia del bene in s e da se stesso e la teonomia, ossia lesser
poste di tutte le leggi da di Dio; lantinomia tra legge morale e volont di Dio, tra
etica autonoma e etica autoritativa, quali che siano i vecchi nomi che qui si vogliono
scegliere : La tesi per cui i valori etici sono autonomi e non traggono valore in rap-
porto ad altro, ma puramente da se stessi e in rapporto a s, (come stato mostrato)
una base necessaria per ogni etica degna di questo nome ; [... la tesi] per cui dietro non
vi n unautorit, n la sentenza di un potere, n una volont, perch altrimenti la
loro evidenza non potrebbe essere assoluta e apriorica, ma qualcosa in loro stessi che
rivela la sua natura irriducibile nel sentimento del valore (p. 739).
La difcolt sta nel fatto che la validit di tutte le esigenze di fronte alla coscienza
non pu esser posta da un volont, ma sempre gi data in modo necessario, conforme
alla legge e insuperabile nella stessa natura rerum.
Certo, questo un lato della difcolt. Che si pu dire su questa questione? Con il
fatto della validit da s dei valori oggettivi Dio stesso messo fuori gioco ? Innanzi-
tutto quanto segue: i nostri teorici dei valori sono eccellenti fenomenologi e rispetta-
no quelli che Goethe chiamava fenomeni originari (Urphnomene). A questi appartiene
per anche il sentimento del sacro, che dai teorici dei valori deve essere considerato senza
dubbio come sentimento di valore e che, almeno come accadimento conforme al vis-
suto, non pu essere messo in dubbio. Ma possiamo dire di pi : se i teorici dei valori,
con notevole imparzialit rispetto ai pregiudizi naturalistici, si aprono tanto seriamente
alla testimonianza spesso cos delicata e sommessa dei nostri sentimenti del valore, che
sono spesso cos oscuri e che per di pi si trovano in una tensione tanto forte, se non in
unantinomia, verso la loro propria teoria, allora essi dovranno prendere sul serio vis-
suti di valore cos antichi e universali come quelli del sacro. Cosa dato con essi? a) In
ogni caso un ampliamento del campo dei valori esigenziali che va molto oltre lambito
meramente etico. b) In pari tempo, e senza alcun dubbio, una profondit e una urgenza
dellesigere che va molto oltre quella di un semplice valore etico dellaldiqu. c) Ma
anche un orientarsi di ogni occupazione della vita rivolta ai restanti valori al di sopra
e al di l di s. Certo, qui nel sentimento non ancora data la fondazione universale di
tutti i valori in genere nel valore e nel portatore di valore trascendente, ma ci si va mol-
to vicini: quel che dato infatti che tutti i possibili compiti si mettono a servizio e si
subordinano ai valori sommi, ossia esplicitamente rivolti allaldil.
autonomia dei valori e teonomia 443
Come ho tentato di mostrare altrove,
6
nelle mere etiche il sentimento per il sacro
e, con ci, la possibilit del sentimento per il peccato sono propriamente illegittimi. Il
fatto che per tali sentimenti penetrino da s anche in queste etiche prova soltanto la
loro inevitabilit per un pi profondo sentimento della verit. Hartmann fa spesso uso
del peccato, anche dove avrebbe dovuto parlare di fallo, di errore o di trasgressione.
Per la testimonianza interiore (per la nostra coscienza religiosa) certe specie e classi di
valutazione sono in prima battuta pi accessibili del peccato, fnch poi, in una coscien-
za divenuta pi sottile, gradualmente il carattere di peccato si estende a tutte le tra-
sgressioni etiche : con ci, chiaramente, lintero ambito di valore si sottopone al valore
religioso del sacro o del suo contrario, del peccaminoso, e rende qui riconoscibile una
chiara teleologia.
Il sentimento del peccato (non le angosce del mondo o le necessit esistenziali) ci
cui si riallaccia il cristianesimo con la sua predicazione. Il sentimento del peccato e il
sentimento del sacro, che quello oscuramente implica e presuppone (altrimenti non
sarebbe possibile), l a priori religioso, specialmente in riferimento al cristianesimo.
Dove lannuncio cristiano sopraggiunge esplicitamente, l viene alla luce il Dio Reden-
tore, santo (heilig), che giudica il peccato e che cerca e salva i peccatori. Dove questo
accaduto, l, in tutta chiarezza, non pi data soltanto una teleologia di tutti i valori
orientata al sacro, ma dato il sacro, fundus, fondamento della possibilit, fonte origina-
ria di ogni valore possibile e reale, in questo mondo e in quello ultraterreno. E questo
non semplicemente in conformit ad una dottrina recitata, ma efettivamente, in con-
formit al vissuto di un raccoglimento devoto autentico e profondo. Di nuovo : questo
fatto dovrebbe esser preso sul serio almeno fenomenologicamente. Pu anche essere
difcile dal punto di vista teorico lasciare che valori fondati autonomamente in natura
rerum dei loro portatori, si fondino oltre a ci in Dio: in ogni caso il fenomenologo do-
vrebbe tener conto del fatto che ci non viene soltanto asserito, ma viene attestato dal
vissuto del raccoglimento devoto ; e dovrebbe guardarsi dallaccordare troppo in fretta
un privilegio al vissuto di una classe, ossia al tipo del suo proprio e ristretto vissuto di
valore.
Che il comandamento poggi su un valore proprio e autonomo signifca che la bon-
t propria e levidenza di ci che si esige appartiene qui allo stesso vissuto ingenuo,
come mostra la parola di Amos: Ti stato detto, uomo, ci che buono e ci che il
Signore esige da te.
7
caratteristico anche e proprio del vissuto del valore religioso che esso non inibisce
la facolt della valutazione oggettiva che chiamiamo coscienza, ma si connette inti-
mamente al rispetto della volont di Dio, tanto che il profeta li coglie come sinonimi. Il
comandamento di Dio non un ordine e tantomeno lordine di un despota che richiede
unobbedienza cieca. La volont di Dio, per il cristiano, non cieca o, pi esattamen-
te, il cristiano non cieco rispetto alla volont di Dio, ma capace di cogliere ci che
evidente, e i comandamenti della volont di Dio sono essi stessi evidenti quanto alla
loro validit : non vengono ricevuti e osservati come verdetti di un essere minaccioso
e onnipotente o che adesca con le promesse : se vengono osservati correttamente, que-
sto accade con un assenso interiore e di cuore alla validit del comandamento udito,
che si tratti di una delle proposizioni dei dieci comandamenti o del comandamento
6
[Cfr. i primi quattro saggi in SU].
7
Il passo in realt di Michea (6, 8).
saggi 444
dellamore dato da Cristo o, come pure possibile, di un appello che risuona nella
mia situazione e in conformit ad essa, senza una regola generale, che solo per questo
caso specifco e proprio in questa situazione riguarda ed esorta qualcuno. Lintuizione
concomitante un cogliere conforme al sentimento, un assenso interiore non con i
mezzi dellintelletto, quanto appunto con quelli del sentimento: lintuizione del fatto
che Dio qui non esige come un tiranno e non ottiene a forza riconoscimento per mezzo
di una potenza superiore e della paura di essa; il sentimento profondissimo del fatto
che da Dio si pu esigere che quanto esige sia quel che incontrovertibilmente giusto.
In pari tempo appartengono pienamente e rigorosamente al fenomeno di questo vissu-
to due cose : da una parte, che Dio non vincolato, come lumana volont buona, da
una legge che esterna e superiore a Lui ; dallaltra, che la sua volont in un tale volere
non contingente (ma anzi anche qui la libert al di l delle idee di necessitas e
contingentia). Lo stesso per il pentimento religioso e per il pudore. Questi erompono in
modo forte e caratteristico quando un comandamento divino stato disatteso, ma non
sono afatto la dolorosa coscienza di aver trasgredito la mera volont di un despota e
di aspettarsi ora la punizione : essi sono la conoscenza del profondo valore intrinseco
di ci che era esigito e che, essendo stato ofeso, copre il peccatore di un caratteristico
disvalore. La volont di Dio non era semplicemente ci che voluto da un essere po-
tente, ma era in s buona e santa (heilig); e lessersi opposti ad essa non stato perico-
loso per lesistenza, ma stato un reale peccato, un disvalore reale ed oggettivo che
opprime il colpevole e risveglia pentimento e pudore.
Daltra parte vi sono valori in s realmente autonomi, che, a partire da s, ex natura
rerum, si impongono alla nostra coscienza. Calpestare lonore altrui, lasciarsi andare
allindisciplinatezza, preferire la menzogna alla verit, di per s buono o cattivo ; e
ci che cattivo non deve essere, e non lo deve semplicemente di per s. (Questo vale
corrispettivamente per i diritti che noi distinguiamo dai meri valori.) Ci sono degli
di accanto a Dio? Oppure Dio, con la sua creazione, ha fatto s che la menzogna sia
cattiva e la verit buona e non linverso? Ci che oggi e per il nostro sguardo dato in
rerum natura dipende dalla sua volont di creatore ? Avrebbe Dio potuto anche creare
in modo tale che lamore sia cattivo e lodio buono ? Ci che al nostro sguardo umano
e limitato appare vincolatamente come legalit essenziale insuperabile per legge po-
trebbe essere a parte Dei contingente, cos che la conformit a questa legge essenziale
che ora ci si fa incontro varrebbe solo a parte intellectus nostri e sarebbe una ordinatio di
Dio contingentemente libero, non vincolato da niente e da niente determinato ? E non
sar proprio questo che la grandezza di Dio esige ? E per di pi non proprio questo
che le forme pi recenti della rifessione scientifca promuovono e rendono possibile ?
Se persino i principi della matematica cominciano a divenir dubbi nella loro assoluta
necessit interna, se il principio di causalit non sta pi saldo e se persino i principi
supremi della logica forse non sono altro che abitudini di pensiero , forse ancor pi
insicura lassolutezza di forme tanto problematiche come i valori oggettivi; e fondar-
le su una volont divina onnipotente e sullordinatio di questa assai pi auspicabile e
plausibile che non fondarle sulle accidentalit biologiche o sulla teoria dellevoluzione.
Daltra parte sembra che Dio divenga interamente Dio se Colui che agisce in modo
completamente contingente e che soltanto per questo completamente libero.
Come ho tentato di mostrare altrove,
8
lagire contingente c realmente e non sol-
8
[Cfr. Das Gefhl der Verantwortlichkeit, p. 128 e ss.].
autonomia dei valori e teonomia 445
tanto tra gli di, ma gi tra gli uomini. Ma chiamare in causa questo per rendere possi-
bile quella libert etica che si mostra nel nostro agire responsabile sbagliato, perch
lagire contingente del tutto, e fn nel fondamento, privo di valore. E come, da una
volont che di per s priva di valore, debba poter essere creato un mondo con dei
valori, con la validit dei valori e con qualsivoglia validit in genere, [ impensabile] : da
una simile volont, ammesso che possa nascere qualcosa, pu nascere soltanto ci che
, a sua volta, interamente privo di senso e di valore.
La contingenza, per, esclusa soprattutto da quel giudizio religioso fondamentale
che precede in modo assoluto tutte le altre afermazioni di Dio: dovete essere santi
(heilig), perch io sono santo.
9
Sacro, secondo la sua essenza, innanzitutto una denominazione della sfera assiolo-
gica che designa ci che nel valore o ultravalore il sommo per eccellenza e insieme
lassolutamente singolare; il sacro viene clto come valore dal nostro vissuto di valore
con piena precisione e ho tentato di tratteggiare altrove
10
i momenti caratteristici della
singolare sottomissione rispetto al portatore di valore correlato (ammesso che in questa
sfera sia lecito distinguere tra valore e portatore di valore e che qui non siano piuttosto
identici). Con ci, per, abbiamo gi trovato che il portatore di valore del sacro, dietro
una corona di termini razionali, resta completamente irrazionale secondo la profondit
della sua essenza e rispetto alla sua relazione al mondo, il quale ne completamente
condizionato. Se qualcuno non lo riconosce signifca che non ha mai posseduto un
autentico sentimento del sacro o che non in grado di darne conto a se stesso. Questa
irrazionalit appartiene semplicemente alla sua essenza e quindi categorizzazioni come
contingenza o necessit devono essere escluse dal principio. Dove per si tenta di pen-
sare in questa direzione, piuttosto la necessit che, muovendo dal principio cristiano
originario, si ofre come provvisorio modo di pensare, perch una volont santa (heilig)
in tutta certezza non pu volere partendo dalla vuota oscurit di una completa indeter-
minatezza e dal puro arbitrio: essa poggia piuttosto su unessenza, e su unessenza che
santa (heilig), e la santit dellessenza ordina a priori la volont in quanto non contin-
gente, ma determinata sin dal principio come volont di valore.
Invece dellimmagine di una volont che erompe e sceglie in modo puramente ar-
bitrario, immagine che in efetti piuttosto quella di un despota capriccioso, compare
qui quella di una smisurata profondit di valore, che riposa in s e che a partire da s si
schiude e si mette in movimento, e che diviene creatrice muovendo tanto dallimpulso
di una volont damore donatrice, quanto da quello di una confgurazione di senso e di
valore in una creatura; non solo creatrice, ma anche redentrice rispetto ad una creatura
che si separa dalla meta. Creando, essa efettua un mondo intriso di valori che sono
irradiazioni e rifessi del valore originario ed eterno, e che nella loro autonomia non
sono nullaltro che rifessi della teonomia, ossia dellautonomia originaria del valore
che chi crea portava in se stesso e che fa rilucere nella sua creazione. Come lessentia
delle cose (idealiter) da Dio e, in infnite rifrazioni e gradazioni, copia lessenza divina
originaria nello spazio ristretto della creaturalit mondana, cos inerisce a questopera
di Dio anche il rifesso del valore divino : anche questo in infnite rifrazioni e gradazio-
ni, con molteplicit di distacchi e diferenze dal valore intatto; e cos lautonomia della
creatura immersa nella teonomia.
9
Lv 19, 2.
10
[Al tema dedicata lopera principale di Otto, DH].
saggi 446
Se si vogliono utilizzare distinzioni umane e psichiche, la creatura corrisponde alles-
senza del creatore in quanto sua expressio; la quale essenza per in pari tempo vo-
lont, perch [d testimonianza di s]
11
non mediante emanatio nel senso naturale, ma
dimostrando una volont di rivelazione che, in quanto volont di grazia nei confronti
dei suoi fgli, vuole far risplendere nella stessa immagine creaturale la sua gloria . Il
valore di Dio risplende nellimmagine, sul fondamento dellirradiazione, ma anche del
fatto che Dio vuole cos; e il valore irradiato esige in modo autonomo, ma in lui lunico
valore originario di Dio e contemporaneamente Dio vuole che cos accada.
Si rende un cattivo servizio a Dio con le contingenze e gli scossoni della legalit del
mondo. Per far posto a Dio, Clarke sosteneva, a suo tempo, l incompletezza del mon-
do, per cui le cause immanenti di questo non erano sufcienti a salvaguardarne la co-
struzione. Un mondo che potesse farcela da solo sembrava non aver pi bisogno di Dio
e non aver pi posto per lui. A buon diritto Leibniz, nel replicare a Clarke, distingueva
tra agire di Dio e legge naturale, e lasciava a questa la parte maggiore nella faccenda. La
situazione simile quando si crede di dover scuotere lautonomia dei valori immanenti
al mondo per far posto alla teonomia. In quel primo caso vale il paradosso per cui un
mondo che viene dalle mani del creatore dovrebbe assomigliargli il meno possibile.
Quanto pi completo e autosufciente nel suo funzionamento, tanto pi degno di
Dio. Come dice il Marchese di Posa : [...] umilmente si cela nelle sue leggi eterne. Lo
spirito libero le vede e dice : Il mondo basta a se stesso e nessuna lode devota lo ha
mai magnifcato di pi dellimprecazione di costui .
12
Non possiamo dir nulla sul rap-
porto tra il mondo e la divinit creatrice quale sua condizione; nel mondo veniamo
rimandati a leggi e, di recente, a regole della probabilit, e non possiamo fare di Dio un
correlato di queste, n stabilire come governi il mondo nonostante tutte le leggi, con
o senza lacune. Tuttavia il sentimento devoto nel modo, di nuovo, dellesperienza
vissuta sottopone il mondo ad un Dio che lo crea e lo governa. Siamo rimandati dai
nostri sentimenti del valore ai valori nel mondo e siamo vincolati dalla nostra coscienza
responsabile ad obbedire alle richieste dei valori. Attraverso queste udiamo la richiesta
di Dio, che noi crediamo di avvertire sia come richiesta del valore che come richiesta
della volont. Neanche in questo caso risolviamo lenigma che sussiste tra ci che al
di qua e ci che al di l. Ma, nellimmediatezza di un vissuto ingenuo, qui non sen-
tiamo neanche un enigma, ma riteniamo di vedere delle ovviet quando riconosciamo
chiaramente il linguaggio dei valori del mondo nella coscienza e cogliamo in ci la
richiesta di Dio insegnata dallo Spirito . Ci aiutiamo con lo schizzo di unimmagine
come la precedente: limmagine di un autoirradiamento del valore divino originario
nella creatura, la cui teonomia appare in e su questultima. Sappiamo che anche que-
sta unimmagine; unimmagine che per non vuota per il nostro sentimento della
verit, ma indica una direzione in cui, seppure su un punto allinfnito, potrebbe esserci
la soluzione.
Questa direzione indicata anche dalle immagini e dalle dottrine che da tempo ci
sono familiari, sia che ci si richiami consapevolemente al nostro punto, sia che non vi si
presti attenzione. Non chiariscono il problema completamente, ma lasciano presentire
qualcosa della sua eventuale soluzione.
Si gi sottolineato spesso che il rapporto di Dio alla sua opera simile a quello
11
Integrazione di Th. Siegfried.
12
[Citato a memoria. Cfr. Don Carlos, Atto iii, 10. Entrata del Marchese: ].
autonomia dei valori e teonomia 447
dellartista: non dal punto di vista per cui costui la porta prima nello spirito, da cui quel-
la sgorga, e dunque si relaziona ad essa diversamente dalla mera causa al suo efetto ;
ma dal punto di vista per cui lopera darte, in quanto sgorgata dallartista, della stessa
specie ed essenza, e restituisce queste in s portandone limpronta. Di nuovo risplende
lingegno, la profondit, il valore e la nobilt dellanimo che crea, e i valori sono il
rifesso dei valori dellartista.
Ancor pi in profondit porta la dottrina speculativa della creazione in quanto com-
piuta dal Logos eterno, che era in Dio ed era Dio, e che in pari tempo principio che d
al mondo e alle sue cose essere, senso e valore. Il Logos, secondo Agostino, il pensie-
ro, che sorto eternamente in Dio e che in lui riposa, con il quale Dio pensa se stesso
e conosce secondo la ricchezza e la pienezza della sua essenza. la sua controfgura.
Proprio questo auto-pensarsi di Dio diviene principio del mondo e del suo contenuto
di senso e di essenza, in quanto il Logos diventa principio di creazione del mondo.
Sebbene solo in una distanza infnita, e senza esaurire la pienezza, tuttavia ci che nel
mondo e sul mondo possibile quanto a senso, essenza e valore, lo a partire dalla pro-
fondit della vita del senso e del valore della divinit stessa. Tutte le essentiae mondane
sono analoga di uno dei momenti dellessere di Dio e il valore di ciascuna di esse, che
poggia su quelle, una scintilla che scocca dalla gloria del valore di Dio stesso : cos si
pu riproporre, con unespressione nuova, la dottrina antica. Allora per i valori, che,
esortandoci e attraendoci, ci si fanno incontro nel mondo, non stanno di fronte al senso
e al valore eterni di Dio come qualcosa di separato, che entra con essi in concorrenza,
ma ne sono quasi i prolungamenti nel mondo. Quasi: non ci lecito aspettarci di
spingerci oltre un quasi, unimmagine o una similitudine. Ma in ogni caso queste sono
sufcienti per stimolare qualcosa che nel nostro oscuro sentimento ci dato in modo
sufcientemente certo, e per portare qualcosa in pi alla luce della superfcie.
Beninteso, anche qui la volont di Dio innanzitutto solo unespressione umana
per il momento esigenziale che proprio del valore eterno e del suo rispecchiamento
nella creatura. Ma nella misura in cui Dio, in quanto creatore, vuole tale compenetra-
zione dellente con la sua gloria, ossia con il rifesso della propria gloria, nella misura
in cui ha in ci il suo proprio progetto di mondo e richiama, in caso contrario, allobbe-
dienza, lesigenza del valore e quella della volont si riuniscono in una cosa sola.

Abacuc 241n
Abramo 174, 208, 213, 253, 311
Agostino dIppona 140n, 146, 216n, 320n, 324,
327, 381, 447
Aguti, Andrea 10n, 54
Alberto Magno 263n
Alles, Gregory D. 9n, 53, 54
Almond, Philip C. 9n, 14n, 27n, 32n, 33n, 54
Amos 267, 282, 443
Andrew, Maurice E. 56
Anquetil du Perron, Abraham 174, 174n
Anselmo dAosta 231n
Apelt, Ernst Friedrich 20n, 52, 78, 79, 109, 146,
148n
Aristotele 102n, 257, 271n, 369, 408, 418
Arndt, Johann 263, 263n
Arnold, Gottfried 263, 263n
Averro 105
Baader, Benedikt Franz Xaver von 124
Bach, Johann Sebastian 242
Bacone (Francis Bacon) 88, 105
Baetke, Walter 38n, 54, 60
Bajesid Bostami 310
Ballard, Steven 54
Bancalari, Stefano 24n, 54
Barnes, L. Philip 54
Barrett-Brown, A. 54
Bartel, Adolf 218n, 221n
Barth, Carola 54
Barth, Hans-Martin 54
Barton, Stephen C. 55
Basso, Lelio 54
Bastian, Adolf 340, 340n,
Bastow, David 54
Baumgarten, O. 54
Bayer, Oswald 59
Bayle, Pierre 76, 76n
Benedetto da Norcia 387
Benveniste, mile 27n
Benz, Ernst 9n, 19n, 37n, 38n, 53, 54, 57, 58, 60
Bergmann, Heinrich 54
Bergson, Henri 58, 265n
Berkeley, George 87
Besant, Annie 265, 265n
Bhrata Muni 324
Blavatsky, Helena Petrovna 365n
Bcklin, Arnold 146n
Bodhidharma 367, 367n
Boeke, Rudolf 9n, 54
Bogatzki, Carl Heinrich von 154n
Bhme, Jakob 223n, 264, 265, 265n, 330,
Boozer, Jack S. 9n, 39, 40, 40n, 51, 54, 434n
Bornhausen, Karl 55
Bouillard, Henri 55
Bousset, Wilhelm 13n, 47, 55, 61
Bouterweck, Friedrich 74n
Bracey, Bertha L. 53
Braeunlich, Hans 55
Bramhall, John 88n
Brito, Emilio 55
Brunner, Emil 55
Brunner, Peter 55
Bruno, Giordano 105
Brunotte, Heinz 58
Buddha 138n, 197, 198, 238, 317
Bugenhagen, Johannes 259n
Bultmann, Rudolf 11, 35n, 55, 58, 59
Buonaiuti, Ernesto 12, 12n, 13, 13n, 53, 55, 59, 61
Bttner, Hermann 385, 385n, 386, 387
Calvino ( Jean Cauvin) 22n
Caputo, Annalisa 55
Caterina da Genova 223n
Clarke, Samuel 44, 87, 446
Claussen, Willy 55
Colombo, Cristoforo 91
Colpe, Carsten 55
Confucio 244
Crisostomo, Giovanni 313
Croce, Benedetto 55
Crowder, Colin 55
Darwin, Charles 99n, 265n
Davide 179
Davidson, Robert F. 55
Dawson, Lorne 55
De Vitiis, Pietro 55
Delekat, Friedrich 55
Denife, Heinrich Seuse 228n, 235n, 264n, 271
Descartes, Ren (Cartesio) 21, 83
Dibelius, Martin 55
Dicker, Ernest Barrat 53
Dienst, Karl 55
INDICE DEI NOMI
indice dei nomi 450
Galilei, Galileo 23, 25, 89, 98,
Geiselmann, Josef Rupert 56
Geldsetzer, Lutz 74
Gellert, Christian Frchtegott 217, 217n, 218
Gentile Giovanni 45, 73n, 269n
Geremia 151, 197, 303
Gerhard, Johann 265, 265n
Ges Cristo 19, 19n, 153, 156, 158, 161-163, 165,
167, 168, 174, 175, 177, 178, 183, 184, 187-189, 193,
197, 233, 238, 243, 249, 250, 262n, 293-295, 297,
298-303, 319, 395, 440
Geulincx, Arnold 87, 253, 253n
Geyser, Joseph 56
Ghia, Francesco 61
Giacobbe 179, 319, 322
Gibbons, Alan 56
Gibellini, Rosino 59
Giobbe 168, 246, 248, 260, 261, 289-291, 301, 303
Giovanni (Battista) 250, 300
Giovanni (Evangelista) 163, 175, 251n, 254, 255, 320
Glasenapp, Helmuth von 56
Glockner, Hermann 56
Gloel, Johannes 47
Goethe, Johann Wolfgang 51, 86, 86n, 87, 133,
133n, 143, 143n, 145, 148n, 159n, 203n, 238n,
254n, 265n, 288-291, 309, 313, 314, 316, 317, 375n,
376, 379n, 416n, 442
Gomperz, Theodor 353
Gooch, Todd A. 13n, 14n, 35n, 56
Gtze, Johann Melchior 180
Gouillard, Jean 53
Graf, Louis G. 56
Gregor, Christian 86n
Greisch, Jean 36n, 56
Greith, Carl Johann 310n
Greschat, Hans-Jiirgen 56
Groenewegen, H. 56
Grtzmacher, Richard H. 56
Gunkel, Hermann 61
Hamann, Johann Georg 86, 182n, 192
Hring, Bernhard 56
Hring, Theodor 47, 56, 309, 309n
Harms, Claus 157, 157n, 317, 317n, 335
Harnack, Adolf 14n, 57
Hartmann, Nicolai 39, 42, 43, 51, 57, 439-447
Harvey, John W. 53, 57
Haubold, Wilhelm 57
Hauck, Albert 154n
Hauer, Jakob Wilhelm 57
Hegel, Georg Wilhelm Friedrich 27, 27n, 71, 77,
123n, 124, 144, 265, 320, 340, 426n
Dilthey, Wilhelm 20, 20n
Dionigi Areopagita 257
Dole, Andrew 55
Drehsen, Volker 60
Du Bois-Reymond, Emil 117
Dubey, Shri Prakash 55
Duhm, Bernhard 174, 174n
Duns Scoto, Giovanni 258, 259, 320
Eckermann, Johann Peter 289-291
Eckhart (Meister) 38, 39, 264, 265, 311, 311n, 313,
367-387, 395, 415, 418
Eichhorn, Albert 14n
Eisenhuth, Heinz Erich 55
Elia 151
Eliade, Mircea 54, 58
Elsenhans, Theodor 79
Empereur, James L. 55
Engel, Eduard 11n
Engel, Johann Jakob 330, 330n
Erasmo da Rotterdam 214, 259
Eschenmayer, Adam Carl August von 27, 27n
Eschilo 224n
Eyth, Max 248n
Ezechiele 151, 246
Falkenhahn, Willy 54
Farid ad din Attar 310n
Feigel, Friedrich Karl 55
Fichte, Johann Gottlieb 71, 74, 75, 78, 124, 156,
214, 329, 367
Filone 174
Filoramo, Giovanni 27
Filson, Floyd V. 53
Fischer, Otto 318, 318n
Forell, Birger 49, 56
Foster, Frank Hugh 53
Francesco dAssisi 327, 382n
Frank, Franz Reinhold von 47
Frank, G. 154n
Frick, Heinrich 56
Fries, Jakob Friedrich 13n, 19, 20-25, 33, 39, 51, 53,
66, 69-79, 81, 83, 85-86, 88-89, 92-93, 97, 99-
100, 102-103, 109-110, 113, 115n, 118n, 120-121,
123-124, 127-128, 134, 136, 138, 144-146, 149-155,
158-159, 163-167, 172-176, 179-180, 184, 187-190,
192, 194n, 196, 286, 87, 344n, 398
Fritzsche, Otto Fridolin 258n
Frst, Eugen 56
Gadamer, Hans-Georg 20n
Gaede, Erich 56
indice dei nomi 451
Klein, Tim 311
Klopstock, Friedrich Gottlieb 20n
Kluge, Friedrich 20n
Kberle, Adolf 57
Knig, Gert 74
Kotzebue, August von 155n
Kraatz, Martin 57
Kmmel, Werner Georg 57
Kssner, Karl 57
Lanczkowski, Gnter 38n, 58
Land, Jan Pieter Nicolaas 253n
Lang, Andrew 277
Lange, Ernst 217, 218, 221n
Lao Tse 319n
Laplace, Pierre-Simon de 117
Lattanzio 214n, 258, 265
Lattke, Michael 58
Lavater, Johann Caspar 86, 154n, 192
Lazarus, Moritz 340, 340n
Leeuw, Gerardus van der 38n, 58
Lehmann, Walter 58, 386-387
Leibniz, Gottfried Wilhelm 21, 44, 71, 76-77, 83,
86-88, 98n, 105, 110n, 117, 117n, 251, 270n, 446
Lematre, Auguste-Antoine 58
Lessing, Gotthold Efraim 21, 83-84, 173, 180,
330n
Leverrier, Urbain Jean Joseph 116n
Levin Varnhagen, Rahel 329, 329n
Linde, Gesche 61
Lindemann, Ferdinand 110n
Lindemann, Lisbeth 110n
Linden, Albert van der 289n
Lindenau, Max 324n
Linderholm, Emanuel 53
Link, W. 58
Locke, John 21, 84-85, 87
Loesche, G. 58
Lhr, Gebhard 58
Lombardo-Radice, Giuseppe 45, 73n, 269n
Loofs, Friedrich 14n
Lotze, Rudolf Hermann 398
Ldemann, Gerd 14n, 58
Ludwig, Th. 58
Lunn, Brian 53
Lutero (Martin Luther) 10, 13-23, 32, 34n, 42, 44,
84-88, 124, 137, 140, 155, 160, 165, 178, 202, 210,
214, 238, 257-265, 282, 308-309, 312-313, 317, 320,
323-324, 327, 368, 374, 389, 395, 439
Malebranche, Nicolas 87
Maometto 198, 238
Heidegger, Martin 11, 55, 60
Heiler, Friedrich 56, 57, 59
Heim, Karl 57
Hellpach, Willy 57
Henke, Ernst Ludwig Theodor 77n
Herder, Johann Gottfried 20n, 28n, 56, 85-87,
163, 163n, 171-174, 334
Herrmann, Wilhelm 14n, 26, 48, 188, 194n, 327,
334-336
Herz, Henriette 329
Herz, Marcus 329
Hessen, Johannes 49, 54, 57
Hirschmann, J. B. 57
Hobbes, Thomas 77, 84, 87, 88, 88n, 105
Hlderlin, Friedrich 329
Holm, Sren 37n, 57
Holtzmann, Heinrich 154n
Honen 368, 368n
Howard, Wilbert Francis 57
Hui-Neng 367, 367n
Humboldt, Wilhelm von 340
Hume, David 21, 71, 90,
Husserl, Edmund 93, 93n
Idinopulos, Thomas 57, 58
Isaia 27, 177, 197, 218, 229, 231, 235, 237, 242, 245,
303
Ishida, Hidemi 57
Jacobi, Friedrich Heinrich 71, 74-75, 79, 85, 155,
182n
Jacobi, Johann Georg 182n
James, William 55, 58, 77n, 208n, 214n, 222, 231n,
382
Jemolo, Arturo Carlo 12n
Jlischer, Adolf 57
Jundt, Andr 53, 57
Kamper, Dietmar 57
Kant, Immanuel 20n, 21, 23, 24, 24n, 27n, 31,
35n, 45, 47, 53, 68-76, 79, 84-95, 97, 97n, 99-103,
105, 109, 109n, 119-122, 127, 132, 136, 137, 140,
147, 149n, 153, 156, 157, 160, 164-167, 179, 189,
192, 196, 205, 225, 237, 269, 269-271, 287, 288,
328, 329, 367, 397-398, 405, 408, 411-412, 419-
420, 422-423, 425-426, 432-433, 436-437
Kattenbusch, Ferdinand 57, 154n
Kepler, Johannes (Keplero) 98
Kiefer, Otto 324n
Kiesewetter, Johann Gottfried Carl Christian
73
Kipling, Rudyard 367
indice dei nomi 452
Pavet de Courteille, Abel 310n
Payne, Richenda C. 53
Peerman, Dean G. 58
Penzo, Giorgio 59
Pfennigsdorf, Emil 59
Pfster, Friedrich 366n
Pfeiderer, Georg 27n, 59
Pietro (apostolo) 229, 232, 294-295, 417
Platone 102, 102n, 115, 131, 145, 177, 193, 257-258,
281, 353-354, 371, 377
Plotino 257, 311, 324
Phlmann, Horst Georg 124n
Poincar, Henri 110n
Poland, Lynn 59
Pordage, John 265n
Posselt, H. 59
Prades, Jos A. 59
Prenter, Regin 59
Pnjer, Bernhard 310, 310n
Pyra, Jakob Immanuel 28n
Rafaello 237
Rmnuja 45, 48, 53, 373n, 373, 377n,
Raphael, Melissa 59
Ratschow, Carl Heinz 59
Raueiser, Stefan 59
Rava, Marcella 59
Razzotti, Bernardo 59
Rcjac, Edouard 214n
Reeder, John P. 59
Reimer, Georg 335n
Reischle, Max 14n, 59
Reiinger, Th. 53
Reupke, Katharine 47
Reymond, B. 59
Rilke, Rainer Maria 216n
Ritschl, Albrecht 14, 14n, 47, 179, 212, 231, 254,
320
Rhr, Heinz 59
Rollmann, Hans 59
Rousseau, Jean-Jacques 21, 75, 84-86, 165
Rckert, Friedrich 381, 381n
Rm, Jall ad-Dn 367, 381n
Ryba, Thomas 35n, 59
Sand, Karl Ludwig 155n
Sarma, Sibnath 59
Schaeder, Hans-Heinrich 59
Scheler, Max 27-28, 39-42, 59, 424, 424n, 431
Schell, H. 60
Schelling, Friedrich Wilhelm Joseph 71, 74n,
Marcione 324
Marett, Robert Ranulf 310n, 359, 391
Martinetti, Pietro 58
Marty, Martin E. 58
Masefeld, Peter 54
Masius, Hermann 148n
Mathieu, Vittorio 45, 73n, 269n
Mayer, E. W. 58
Melanchthon, Philipp (Melantone) 124
Meland, Bernard E. 58
Mendelssohn, Felix 242
Mendelssohn, Moses 330
Menditti, Concetta 58
Mensching, Gustav 38n, 58
Merkur, Dan 58
Michaelis (Bhmer), Caroline 330
Michaels, Axel 54
Michea 443n
Minney, Robert 58
Moore, John M. 56, 58
Moritz, Karl Philipp 330, 330n
Mos 174, 243, 245, 319, 322
Mozart, Wolfgang Amadeus 147
Mulert, Hermann 58
Mller, Friedrich Karl 58
Musus, Johann Karl August 359n
Napoleone Bonaparte 290
Nelson, Leonard 19, 20, 48, 74n, 78n, 79, 434n
Newton, Isaac 23, 25, 87, 89, 98
Niccoli, Mario 12n
Nicolai, Friedrich Christoph 330, 330n
Nietzsche, Friedrich 27n, 429n
Novalis (Georg Friedrich
Philipp von Hardenberg) 329, 377n
Nuovo, Victor 84n
Nygren, Anders 58, 59
Nygren, Gotthard 58
Omero 117, 239
sterreich, T. K. 59
Otto, Wilhelm 47
Outka, Gene 59
Paolo di Tarso 123n, 175, 177, 222, 232, 246, 250-
254, 262-263, 297, 300, 323, 327
Papmehl-Rttenauer, Isabella 28n
Paracelso 265
Parker, Theodor 231n
Paton, Herbert James 35n, 59
Paton, William 59
Paus, Ansgar 20n, 25n, 28n, 37n, 59
indice dei nomi 453
Strauss, Leo 60
Streetman, Robert F. 61
Sulze, Emil 61
Sulzer, Johann Georg 330n
Smilch, Johann Peter 330, 330n
Tagliapietra, Andrea 61
Taube, Arnold 61
Tauler, Johannes 262
Tersteegen, Gerhard 154n, 211, 211n, 219, 241,
241n, 311
Teresa dAvila 218n, 387
Terrin, Aldo Natale 10n, 61
Tertulliano 185
Thimme, Karl 47
Tholuck, Friedrich August Gottreu 66, 153,
161n, 191-194
Thomson, Arthur J. 53
Tieck, Ludwig 329
Tillich, Paul 11, 11n, 61
Tommaso dAquino 105, 390, 395
Tribuljak, Tomislav 10n, 61
Troeltsch, Ernst 10n, 11, 13, 21n, 32, 37n, 47, 48,
54, 55, 56, 61
Turner, Harold Walter 61
Tymieniecka, Anna Teresa 59
Tyrrell, George 265
Ugo di San Vittore 229n
Uhland, Ludwig 318n
Vannini, Marco 38n, 53
Vattimo, Gianni 20n
Veit, Dorothea 329
Vela, Fernando 53
Voltaire (Franois-Marie Arouet) 21, 84
Weber, Edmund 61
Weber, H. E. 61
Weber, Max 353
Weber, Otto 58
Wellhausen, Julius 153, 174, 174n, 297
Wette de, Wilhelm Martin Leberecht 13n, 66,
69, 71, 74n, 77-78, 150, 150n, 153-199, 286-287,
340, 340n
Wiebe, Donald 54
Wiegand, Adelbert 154n
Wilhelm, Richard 319n
Wobbermin, Georg 27n, 48, 59, 61, 208n
Wolf, Eugen 317n
Woolf, Bertram L. 53
75, 78-79, 116-117, 123-124, 153, 157-160, 163, 167,
329-330
Schiller, Johann Cristoph Friedrich 71, 74, 86,
127, 165, 167, 265n, 288n, 290, 322, 322n, 426,
426n,
Schilling, Werner 60
Schinzer, Reinhard 9n, 19n, 60
Schlamm, Leon 60
Schlegel, August Wilhelm von 329
Schlegel, Friedrich von 157, 329
Schleiermacher, Friedrich Daniel Ernst 329
Schlosser, Johann Georg 151, 149n
Schmid, Heinrich Johann Theodor 52, 78, 78n
Schmidt, P. Wilhelm 60, 277n
Schmidt-Japing, Johann Wilhelm 60
Schnack, Ingeborg 54, 57
Schneider, Jrg 60
Scholz, Heinrich 27n, 59, 60
Schopenhauer, Arthur 91, 214, 315
Schrder, Martin 14n, 58
Schrter, August Wilhelm Ferdinand 123n
Schrter, F. 60
Schulthe, Johann Georg 330n
Schultz, Hermann 14n, 47
Schulz, Walther 60
Schuster, Hermann 60
Schtte, Hans-Walter 9n, 13n, 18n, 35n, 60
Schwartz, Detlef 60
Seeberg, Rudolf 47, 60
Seifert, Paul 60
Sequeri, Pierangelo 60
Seuse, Heinrich 228, 235n, 264, 271, 271n
Shaftesbury, Anthony Ashley Cooper 105
Shinran 368, 368n
Shreiner, Olive 311n
Siegfried, Theodor 51, 60, 439n, 441n, 446n
Silesius ( Johann Schefer) 313
Siren, Oswald 317, 318n
Smart, Ninian 54, 60
Smend, Rudolf 47, 174, 174n
Socrate 77n, 281-283
Sderblom, Nathan 28-29, 48, 244, 310n, 391
Sofocle 224, 313n
Sommer, Johann Wilhelm Ernst 60
Spamer, Adolf 311
Spener, Philipp Jacob 263, 263n
Spinoza, Baruch 21, 83-84, 87-88, 91, 118, 251
Splett, Jrg 60
Sthelin, Rudolf 154
Stazio, Publio Papinio 363n
Steinthal, Heymann 340, 340n
indice dei nomi 454
Worringer, Wilhelm 318, 318n
Wulf, Christoph 57
Wundt Wilhelm 7, 29-30, 32, 52, 56, 210, 274,
310n, 339-366, 427, 427n
Yonan, Edward 57, 58
Zinzendorf, Nikolaus Ludwig von 75n, 154n,
335, 359
Zscharnack, Leopold 61
Zwingli, Huldrych 252
composto i n carattere dante monotype dalla
fabri zi o serra edi tore, pi sa roma.
stampato e ri legato nella
ti pografi a di agnano, agnano pi sano ( pi sa) .
*
Febbraio 2010
( cz 2 fg 1 3)
Biblioteca dellArchivio di flosofa
Fondata da
Marco M. Olivetti
1. Stefano Semplici, Socrate e Ges. Hegel dallideale della grecit al
problema dellUomo-Dio, 1987, pp. 160.
2. Francesco Paolo Ciglia, Un passo fuori dalluomo. La genesi del
pensiero di Levinas, 1988, pp. 236.
3. Irene Kajon, Ebraismo e sistema di flosofa in Hermann Cohen,
1989, pp. 192.
4. La recezione italiana di Heideger, a cura di M. M. Olivetti, 1989,
pp. viii-604.
5. Largomento ontologico, a cura di M. M. Olivetti, 1990, pp. 766.
6. Stefano Semplici, Dalla teodicea al male radicale. Kant e la dottri-
na illuminista della giustizia di Dio, 1990, pp. 320.
7. Alberto Iacovacci, Idealismo e Nichilismo. La lettera di Jacobi a
Fichte, 1992, pp. 176.
8. Religione, Parola, Scrittura, a cura di M. M. Olivetti, 1992, pp. 560.
9. La storia della flosofa ebraica, a cura di I. Kajon, 1993, pp. xvi -548.
10. Pierluigi Valenza, Reinhold e Hegel. Ragione storica e inizio asso-
luto della flosofa, 1994, pp. 312.
11. Filosofa della rivelazione, a cura di M. M. Olivetti, 1994, pp. 994.
12. Trascendenza Trascendentale Esperienza, a cura di G. Derossi, M.
M. Olivetti, A. Poma, G. Riconda, 1995, pp. 600.
13. Irene Kajon, Profezia e flosofa nel Kuzari e nella Stella della re-
denzione. Linfuenza di Yehudah Ha-Lewi su Franz Rosenzweig,
1996, pp. 152.
14. Philosophie de la religion entre thique et ontologie, a cura di M. M.
Olivetti, 1996, pp. 832.
15. Enrico Castelli, Diari, a cura di E. Castelli Gattinara Jr., vol. i
(1923-1945), 1997, pp. xxx-650, ill. f.t. 8.
16. Vol. ii (1945-1948), 1997, pp. viii-716.
17. Vol. iii (1949-1955), 1997, pp. viii-764.
18. Vol. iv (1956-1976), 1997, pp. viii-784.
19. Incarnation, a cura di M. M. Olivetti, 1999, pp. 748.
20. Francesco Paolo Ciglia, Scrutando la Stella. Cinque studi su
Rosenzweig, 1999, pp. 192.
21. Pierluigi Valenza, Logica e flosofa pratica nello Hegel di Jena,
1999, pp. 428.
22. Stefano Bancalari, Laltro e lesserci. Il problema del Mitsein nel
pensiero di Heideger, 1999, pp. 256.
23. Martin Heidegger, Colloquio sulla dialettica, a cura di Mauro
Vespa, 1999, pp. 80.
24. Friedrich Heinrich Jacobi, Woldemar, a cura di Serenella Iovi-
no, 2000, pp. 340.
25. Mauro Vespa, Heideger e Hegel, 2000, pp 260.
26. Intersubjectivit et thologie philosophique, a cura di M. M. Olivetti,
2001, pp. 828.
27. Richard Swinburne, Esiste un Dio? 2001, pp. 132.
28. Stefano Semplici, Il sogetto dellironia, 2002, pp. 256.
29. Thologie ngative, a cura di M. M. Olivetti, 2002, pp. 884.
30. Bernhard Casper, Evento e preghiera, a cura di S. Bancalari, 2003,
pp. 172.
31. Pierluigi Valenza, Oltre la sogettivit fnita. Morale, religione e
linguagio nella flosofa classica tedesca, 2003, pp. 200.
32. Man and God in Hermann Cohens Philosophy, ed. by G. Gigliotti, I.
Kajon, A. Poma, 2003, pp. 312 + 4 ill. f.t.
33. Stefano Bancalari, Intersogettivit e mondo della vita. Husserl e
il problema della fenomenologia, 2003, pp. 196.
34. Le don et la dette, textes runis par Marco M. Olivetti, 2004, pp.
610.
35. K. L. Reinhold. Am Vorhof des Idealismus, hrsg. von Pierluigi Valen-
za, 2005, pp. 380.
36. Le Tiers, a cura di Marco M. Olivetti, 2006, pp. 596.
37. Emanuela Pistilli, Tra dogmatismo e scetticismo. Fonti e genesi del-
la flosofa di F. H. Jacobi, 2007, pp. 232.
38. Rudolf Otto, Opere, a cura di Stefano Bancalari, 2010, pp. 464.
ARCHIVIO DI FILOSOFIA
la ri vi sta dal 1945 si pubbli ca
i n numeri monografi ci
La crisi dei valori, 1945, pp. 176.
Lesistenzialismo, 1946, pp. 240.
Il problema dellimmortalit, 1946, pp. 184.
Leibniz, 1947, pp. 108.
Umanesimo e machiavellismo, 1949, pp. 208.
Esistenzialismo cristiano, 1949, pp. 160.
Filosofa e linguagio, 1950, pp. 132.
Il Solipsismo. Alterit e comunicazione, 1950, pp. 148.
Testi umanistici inediti sul De Anima, 1951, pp. 228.
Fenomenologia e sociologia, 1951, pp. 144.
Il compito della metafsica, 1952, pp. 130.
Filosofa e psicopatologia, 1952, pp. 190.
Filosofa dellarte, 1953, pp. 246.
Kierkegaard e Nietzsche, 1953, pp. 282.
Testi umanistici su la retorica, 1953, pp. 160.
La flosofa della storia della flosofa, 1954, pp. 276.
Apocalisse e Insecuritas, 1954, pp. 186.
Testi umanistici sullermetismo, 1955, pp. 164.
Studi di flosofa della religione, 1955, pp. 240.
Semantica, 1955, pp. 436.
Metafsica ed esperienza religiosa, 1956, pp. 300.
Filosofa e simbolismo, 1956, pp. 310, tav. fuori testo i.
Il compito della fenomenologia, 1957, pp. 278.
La flosofa dellarte sacra, 1957, pp. 212.
Il tempo, 1958, pp. 252.
Umanesimo e simbolismo, 1958, pp. 320, tavv. fuori testo xxxii.
Tempo e eternit, 1959, pp. 200.
La diaristica flosofca, 1959, pp. 256.
Husserliana. Tempo e intenzionalit, 1960, pp. 204.
Umanesimo e esoterismo, 1960, pp. 448, tavv. fuori testo xxiii.
Il problema della demitizzazione, 1961, pp. 336.
Filosofa della alienazione e analisi esistenziale, 1961, pp. 250.
Demitizzazione e immagine, 1962, pp. 352.
Pascal e Nietzsche, 1962, pp. 218.
Ermeneutica e tradizione, 1963, pp. 450.
Umanesimo e ermeneutica, 1963, pp. 164.
Tecnica e casistica, 1964, pp. 373.
Cusano e Galileo, 1964, pp. 128.
Demitizzazione e morale, 1965, pp. 440.
Surrealismo e simbolismo, 1965, pp. 156.
Logica e analisi, 1966, pp. 104.
Mito e fede, 1966, pp. 586.
Filosofa e informazione, 1967, pp. 152.
Il mito della pena, 1967, pp. 484.
Il problema della domanda, 1968, pp. 176.
Lermeneutica della libert religiosa, 1968, pp. 646.
Campanella e Vico, 1969, pp. 204.
Lanalisi del linguagio teologico. Il nome di Dio, 1969, pp. 552.
Il senso comune, 1970, pp. 188.
Linfallibilit. Laspetto flosofco e teologico, 1970, pp. 628.
Ermeneutica e escatologia, 1971, pp. 294.
Rivelazione e storia, 1971, pp. 260.
Signifcato e previsione, 1971, pp. 204.
La testimonianza, 1972, pp. 536.
Informazione e testimonianza, 1972, pp. 158.
Il simbolismo del tempo. Studi di flosofa dellarte, 1973, pp. 188, ill. f.t. 76.
Demitizzazione e ideologia, 1973, pp. 596.
La flosofa della storia della flosofa. I suoi nuovi aspetti, 1974, pp. 348.
Il sacro. Studi e ricerche, 1974, pp. 494.
Prospettive sul sacro, 1975, pp. 236.
Temporalit e alienazione, 1975, pp. 496.
Schelling, 1976, pp. 186.
Ermeneutica della secolarizzazione, 1976, pp. 504.
Prospettive sulla secolarizzazione, 1977, pp. 148.
Lermeneutica della flosofa della religione, 1977, pp. 486.
Lo spinozismo ieri e ogi, 1978, pp. 410.
Religione e politica, 1978, pp. 414.
Indici degli Atti dei convegni romani sulla demitizzazione e lermeneutica (1961-1977),
1979, pp. 296.
Il pubblico e il privato, 1979, pp. 280.
Esistenza Mito Ermeneutica, 1980 (2 voll.), pp. 448, 506.
Filosofa e religione di fronte alla morte, 1981, pp. 564.
Nuovi studi di flosofa della religione, 1982, pp. 352.
Indici 1931-1981, 1982, pp. 210.
Neoplatonismo e religione, 1983, pp. 480.
Schleiermacher, 1984, pp. 652.
Ebraismo Ellenismo Cristianesimo, 1985 (2 voll.), pp. 392, 484.
Intersogettivit Socialit Religione, 1986, pp. 812.
Etica e pragmatica, 1987, pp. 508.
Teodicea ogi?, 1988, pp. 724.
La recezione italiana di Heideger, 1989, pp. xii-672.
Largomento ontologico, 1990, pp. 796.
Studi di flosofa tedesca, 1991, pp. 424.
Religione, Parola, Scrittura, 1992, pp. 600.
La storia della flosofa ebraica, 1993, pp. xvi-548.
Filosofa della rivelazione, 1994, pp. 994.
Trascendenza Trascendentale Esperienza, 1995, pp. 600.
Filosofa della religione tra etica e ontologia, 1996, pp. 896.
Enrico Castelli. Diari:
1997, Vol. I (1923-1945), pp. xxx-650, ill. f.t. 8.
Vol. II (1945-1948), pp. viii-716.
1998, Vol. III (1949-1955), pp. viii-764.
Vol. IV (1956-1976), pp. viii-784.
Incarnazione, 1999, pp. 768.
Heidegeriana, 2000, pp. 352.
Intersogettivit e teologia flosofca, 2001, pp. 828.
Teologia negativa, 2002, pp. 884.
Unit della coscienza e unicit di Dio in Hermann Cohen, 2003, pp. 512+4 ill. f.t.
Il dono e il debito, 2004, pp. 610.
K. L. Reinhold. Alle soglie dellidealismo, 2005, pp. 380.
Le Tiers, 2006, pp. 596.
FABRI ZI O SERRA EDI TORE
Pisa Roma
www.libraweb.net
Fabrizio Serra
Regole editoriali,
tipografche &redazionali
Seconda edizione
Prefazione di Martino Mardersteig Postfazione di Alessandro Olschki
Con unappendice di Jan Tschichold
Dalla Prefazione di Martino Mardersteig
[] Oggi abbiamo uno strumento [], il
presente manuale intitolato, giustamente, Re-
gole. Varie sono le ragioni per raccomandare
questopera agli editori, agli autori, agli appas-
sionati di libri e ai cultori delle cose ben fatte e
soprattutto a qualsiasi scuola grafca. La prima
quella di mettere un po di ordine nei mille
criteri che lautore, il curatore, lo studioso ap-
plicano nella compilazione dei loro lavori. Si
tratta di semplifcare e uniformare alcune nor-
me redazionali a benefcio di tutti i lettori. In
secondo luogo, mi sembra che Fabrizio Serra
sia riuscito a cogliere gli insegnamenti prove-
nienti da oltre 500 anni di pratica e li abbia in-
seriti in norme assolutamente valide. Non pos-
siamo pensare che nel nome della proclamata
libert ognuno possa comporre e strutturare
un libro come meglio crede, a meno che non si
tratti di libro dartista, ma qui non si discute di
questo tema. Certe norme, afermate e conso-
lidatesi nel corso dei secoli (soprattutto sulla
leggibilit), devono essere rispettate anche og-
gi: assurdo sostenere il contrario. [] Fabri-
zio Serra riesce a fondere la tradizione con la
tecnologia moderna, la qualit di ieri con i
mezzi disponibili oggi. []
*
Dalla Postfazione di Alessandro Olschki
[] Queste succinte considerazioni sono
soltanto una minuscola sintesi del grande im-
pegno che Fabrizio Serra ha profuso nelle pa-
gine di questo manuale che ripercorre minu-
ziosamente le tappe che conducono il testo
proposto dallautore al traguardo della nascita
del libro; una guida puntualissima dalla quale
trarranno benefcio non solo gli scrittori ma an-
che i tipograf specialmente in questi anni di
transizione che, per il rivoluzionario avvento
dellinformatica, hanno sconvolto la fgura
classica del proto e il tradizionale intervento
del compositore.
Non credo siano molte le case editrici che
curano una propria identit redazionale metten-
do a disposizione degli autori delle norme di sti-
le da seguire per ottenere una necessaria unifor-
mit nellambito del proprio catalogo. Si tratta di
una questione di immagine e anche di profes-
sionalit. Non raro, purtroppo, specialmente
nelle pubblicazioni a pi mani (atti di convegni,
pubblicazioni in onore, etc.) trovare nello stesso
volume testi di diferente impostazione redazio-
nale: specialmente nelle citazioni bibliografche
delle note ma anche nella suddivisione e nel-
limpostazione di eventuali paragraf: la consi-
dero una sciatteria editoriale anche se, talvolta,
non facilmente superabile. []
2009, cm 17 24, 220 pp., 34,00
isbn: 978-88-6227-144-8
Le nostre riviste Online,
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