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Testatina destra

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LA VITA BENEDETTINA
Testatina destra
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Testatina sinistra
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LA VITA
BENEDETTINA
a cura di
ROBERTO NARDIN e ALFREDO SIMN
Prefazione di NOTKER WOLF
Prefazione
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Testatina sinistra
4
Grafica di copertina di Rossana Quarta (???)
2009, Citt Nuova Editrice
Via Pieve Torina, 55 - 00156 Roma
tel. 063216212 - e-mail: comm.editrice@cittanuova.it
Con approvazione ecclesiastica
ISBN 978-88-311- (completare)
Finito di stampare nel mese di (completare) 2009
dalla tipografia Citt Nuova della P.A.M.O.M.
Via S. Romano in Garfagnana, 23
00148 Roma - tel. 066530467
e-mail: segr.tipografia@cittanuova.it
PREFAZIONE
Visitando i monasteri benedettini in tutto il mondo so -
no sempre toccato dal fatto, che noto subito, di essere arri -
vato in un monastero benedettino, nonostante la differen -
za delle usanze delle varie comunit. come un odore be -
nedettino che si sente in tutti i monasteri. Le comunit
dei vari ordini religiosi hanno la condivisione della vita co -
mune e la preghiera comune, non di meno una comunit
benedettina, che come una famiglia cresciuta organica -
mente. Esiste, tuttavia, una grande variet tra le Congrega -
zioni Benedettine e i monasteri, ma, simultaneamente una
forte unit che radicata nella Regola di san Benedetto.
Un vescovo in Tanzania mi diceva che torna sempre
con gran piacere alla sua diocesi a causa della liturgia. La
diocesi stata eretta dai missionari benedettini di una
grande abbazia, e tutta la vita diocesana ispirata dalla
liturgia benedettina. difficile articolare la differe n z a ,
ma notevole. Dio sta al centro della comunit, tutto
subordinato al suo servizio e culmina nella celebrazione
delle liturgie quotidiane. Si potrebbero menzionare tanti
alti fattori, come lospitalit ove lospite accolto con
unattenzione familiare, pur mantenendo lo sfondo reli -
gioso. Tali fattori sono descritti nel libro presente.
Prefazione
7
Prefazione
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Spesso mi si chiede che cosa unisce lOrdine Benedet -
tino. Tutti pensano ad una struttura organizzativa. In re -
alt, ci che ci unisce la Regola, non come una legge tas -
sativa ma come un orientamento e una base spirituale. La
stessa Regola, infatti, permette grandi differenze nella
sua applicazione ai diversi monasteri. Con la sua squisita
sensibilit, san Benedetto ha affidato ladattamento dei
principi ai concreti bisogni ambientali. Egli rispetta non
soltanto il clima ma anche le persone e le autorit eccle -
siastiche, come lo vediamo nella possibilit di una inge -
renza nel caso dellelezione di un abate non degno. Si -
cut psallit Ecclesia Romana: per san Benedetto lunit
con la Chiesa del tutto naturale. Non dobbiamo dimen -
ticare, inoltre, come nella storia del monachesimo bene -
dettino si sono sviluppate attivit missionarie e pastorali,
e soprattutto la vita culturale.
Molte volte alcuni autori hanno pensato di progetta -
re una vita benedettina nel senso puro. Pero quale forma
di vita benedettina potrebbe pretendere di essere lunica
forma vera? Cluny un esempio di una grande riforma
che ha influenzato tutto lOccidente monastico ed eccle -
siastico. Non di meno nacque il movimento cistercense in
contrapposizione a Cluny: i monaci non vivono pi la
semplicit della Regola di san Benedetto, criticavano i
fondatori di un nuovo Ordine.
Un aspetto spesso trascurato il fatto che nelle co -
munit monastiche si pu esperimentare la realt della
Chiesa in un modo continuo, non soltanto nella celebra -
zione eucaristica domenicale o nelle attivit parrocchiali.
Infatti, la comunit monastica rende visibile il mistero
nascosto della Chiesa: la dedicazione a Dio e ladorazio -
ne con Cristo nello Spirito Santo. Questo il senso pro -
fondo del detto di san Basilio per il quale una comunit
monastica una ecclesiola, una Chiesa in miniatura.
Lo scopo della Chiesa ladorazione di Dio nel servizio
liturgico e caritativo. Forse per questo che le comunit
monastiche oggigiorno attirano tanta gente, in specie i
giovani.
La riflessione costante sul nostro carisma rimane una
sfida continua. Si tratta di adempiere alla testimonianza
ecclesiale della necessit del ritorno alle fonti (della vita
benedettina), necessit, del resto, per tutta la Chiesa,
sempre reformanda.
In questa linea vale la pena, quarantanni dopo lap -
provazione della magna charta del Congresso degli
Abati nel 1967, di mantenere la memoria del documen -
to, perch intendeva applicare le istruzioni dei Padri del
Concilio Vaticano II. Non una ultima parola, perch bi -
sogna articolarla sempre in tutti i tempi e nelle varie cir -
costanze. Lunica meta vivere seriamente la Regola di
san Benedetto come un cammino cristiano per ducatum
Evangelii.
NOTKER WOLF, osb
Abate Primate della Confederazione Benedettina
Abbazia Primaziale di S. Anselmo
Roma, 11 luglio 2008
Festa di san Benedetto
Premessa
9
La vita benedettina
8
PREMESSA
Il Concilio Vaticano II ha segnato un momento
fondamentale nella vita della Chiesa del XX secolo. I
quaranta anni dalla promulgazione dei documenti
conciliari hanno determinato loccasione, di volta in
volta, per una riflessione su varie tematiche di cui i te-
sti del Concilio costituivano e costituiscono punti di
riferimento del cammino ecclesiale. Anche il mona-
chesimo, in varie sue componenti, stato coinvolto in
diversi ambiti della stagione conciliare, sia nella sua
preparazione remota e prossima (si pensi, in particola-
re, al movimento liturgico ed ecumenico), sia nellap-
plicazione degli stimoli e delle direttive che dal Conci-
lio sono emerse, anche se restano ancora panorami da
e s p l o r a r e .
La prima applicazione monastica del Concilio Va-
ticano II si ha con lapprovazione del Congresso degli
Abati riunitosi nellAbbazia Primaziale di S. Anselmo,
a Roma, il 30 settembre 1967 del documento: La vita
benedettina. Si tratta di un testo significativo perch
nelle elaborazioni delle nuove Costituzioni delle varie
Congregazioni monastiche, nel r i n n o v a m e n t o r i c h i e s t o
dallo stesso Concilio, questo documento divenne un
punto di riferimento. Il testo ufficiale venne pubblica-
to in francese (Supplment la Lettre de Ligug,
128, mars 1968) a cui segu una traduzione in italiano
(estratto da Ora et labora, 23/2 [1968]), ormai dif-
ficilmente reperibile.
La nuova traduzione italiana che qui viene propo-
sta curata da Enrico Mariani, oblato secolare dellAb-
bazia di Monte Oliveto, dottore in Filosofia con indi-
rizzo storico allUniversit Cattolica di Milano e auto-
re di diversi e significativi studi scientifici sul mona-
chesimo risulta non solo pi fedele alla versione uffi-
ciale che venne pubblicata in francese, ma tiene anche
conto del testo in latino che fu approvato dal Congres-
so degli Abati sopra ricordato.
Nel presente volume alla nuova versione de: La vi -
ta benedettina seguono tre studi dei curatori. Il primo
analizza la genesi storica del Documento, il secondo
ne commenta il testo definitivo e il terzo ripropone un
sintetico articolo sullo sviluppo della spiritualit mo-
n a s t i c a .
Nella speranza che questo lavoro contribuisca a
far conoscere e apprezzare la vita monastica in chi non
monaco, e di stimolare un rinnovato amore al pro-
prio genere di vita in chi monaco lo , esprimiamo un
sentito ringraziamento a p. Notker Wolf osb, Abate
Primate della Confederazione benedettina per la favo-
revole accoglienza del presente lavoro e per lofferta
della Prefazione al libro e a dom Henry OShea osb,
Segretario dellAbate Primate e Cancelliere della Cu-
Genesi e formazione de documento La vita benedettina
11
GENESI E FORMAZIONE DEL DOCUMENTO:
LA VITA BENEDETTINA
ALFREDO SIMN
Il rinnovamento monastico che si realizz nei mo-
nasteri benedettini dopo il Concilio Vaticano II fu frut-
to del lavoro collegiale svolto durante i Congressi degli
Abati degli anni 1966 e 1967 e che ebbe nel documen-
to: La vita benedettina un punto di riferimento ineludi-
bile. La rilevanza di questo documento fu determinan-
te non solo per il rinnovamento della vita dei monaste-
ri benedettini successiva al Vaticano II, ma anche per
proporre alle varie comunit e Congregazioni dei prin-
cipi essenziali di vita e spiritualit benedettina. Per que-
sta ragione ci proponiamo di esaminare la genesi del
documento nelle sue diverse tappe di formazione, non-
ch lattuazione attraverso la vicenda di uno dei suoi
ideatori principali quale fu labate Bras.
Ogni avvenimento ha la sua storia e il suo contesto
e si spiega allinterno di coordinate che rendono com-
prensibile il suo significato. Il ruolo dellabate Bras
non fu puntuale n si limit ai due congressi menziona-
ti poich ebbe in realt uno sviluppo progressivo e un
bagaglio precedente in quanto, come abate coadiutore
di Montserrat, aveva lavorato attivamente nel rinnova-
mento monastico che si stava avvertendo intensamente
Premessa
10
ria Primaziale, per la grande disponibilit mostrata nel
mettere a disposizione i documenti darchivio.
I curatori: ROBERTO NARDIN - ALFREDO SIMN,
30 settembre 2008:
anniversario dellapprovazione del documento:
La vita benedettina, a dieci anni dalla pubblicazione.
lesposizione in tre parti: la riunione di Einsiedeln
(1964), il Congresso degli Abati del 1966 e quello degli
Abati del 1967, argomenti sui quali offriremo una ana-
lisi e valutazione, secondo la documentazione trovata
negli archivi.
Il contesto ecclesiale che ci permette di compren-
dere la genesi e le ragioni del nostro documento va de-
terminato dal significato che ebbe la celebrazione del
Vaticano II e il pontificato di Paolo VI, in unepoca se-
gnata dallimpulso di un ampio rinnovamento concer-
nente molteplici aspetti del pensiero e della vita della
Chiesa nonch del mondo occidentale.
Il Vaticano II elogi la vita contemplativa e la vita
monastica, specialmente nel Decreto Perfectae Carita -
tis, esort i monaci a revisionare il proprio stile di vita
e a intraprendere un adeguato rinnovamento per adat-
tarsi alle nuove necessit della Chiesa e della societ al
fine di continuare ad essere motivo di edificazione per
tutti i fedeli
3
. Il rinnovamento si basava su due principi
fondamentali: rivolgersi alle fonti della vita monastica e
ladattamento dei monasteri e delle congregazioni alle
nuove condizioni dei tempi. Da questi principi deriva-
rono altre direttive e applicazioni pratiche per le comu-
nit: la considerazione della sequela di Cristo e del Van-
gelo come norma ultima di vita; lapprofondimento del
carisma originario del fondatore o delle primitive tradi-
Genesi e formazione del documento La vita benedettina
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3
Perfectae Caritatis 7 e 9. Ad gentes 18. Cf. J. LECLERCQ, La vie
contemplative et le monachisme daprs Vatican II, in: Gregorianum 47
(1966), pp. 494-516.
negli anni Cinquanta. Daltra parte, il suo lavoro conti-
nu nellapplicazione dei principi che animarono il rin-
novamento quando fu nominato abate presidente della
Congregazione di Subiaco. La profondit della sua
esperienza monastica emerge dai suoi scritti e dagli at-
testati che si leggono su di lui. Tra questi si potrebbero
ricordare semplicemente due. Un presidente della Con-
gregazione Sublacense, nella sua circolare ha ricordato
le effemeridi del 25 anniversario della morte dellaba-
te Bras, riproducendo il suo testamento e qualifican-
dolo come grande abate
1
. Laltro attestato proviene
dallarcivescovo benedettino Mariano Magrassi che
pronunci lomelia nella chiesa di SantAnselmo il 9
gennaio 1979 durante la messa dellanniversario della
sua morte. In essa ricord le qualit umane e spirituali
dellabate, facendo emergere la sua umilt, la sua rico-
noscenza verso i fratelli e il suo amore per Cristo; in
concreto non dubit nel qualificare il suo testamento
come un classico della letteratura monastica
2
, confe-
rendole cos il massimo onore della letteratura spiritua-
le monastica.
Per il nostro studio ci serviremo dei documenti esi-
stenti nellarchivio della Badia Primaziale di SantAn-
selmo, e in minor misura, della Curia Sublacense di
SantAmbrogio, entrambi in Roma, e articoleremo
Genesi e formazione del documento La vita benedettina
12
1
SantAmbrogio. Lettera circolare del Padre Abate Presidente del -
la Congregazione Benedettina Sublacense, Maggio 2003, p. 2.
2
M. MAGRASSI, Omelia a SantAnselmo nel 1 anniversario del-
la morte, 9-1-1979, in: La Scala 33 (1979), p. 40.
(esistevano inoltre le commissioni liturgica, giuridica e
di SantAnselmo). Labate Bras prese parte attiva nel
lavoro di rinnovamento anche prima del congresso del
1966. Fu promotore, per esempio, di un libro-inchiesta
intitolato: Visioni attuali sulla vita monastica nel quale
si raccoglievano opinioni di distinte personalit del
mondo ecclesiale e culturale vicine alla vita monastica e
al suo rinnovamento postconciliare
7
. La sua intenzione
era quella di ottenere unampia informazione da parte
degli intellettuali cristiani e ascoltare, in questo modo,
differenti eco della voce del Popolo di Dio.
LA RIUNIONE DI EINSIEDELN (1964)
In precedenza, nel 1964 labate Bras intraprese
una iniziativa importante sul tema del rinnovamento
monastico che sfoci in un colloquio attuato nellabba-
zia di Einsiedeln (Svizzera) dal 23 al 26 giugno di quel-
l a n n o
8
. Il progetto era stato comunicato da Bras a
tutti gli abati della Confederazione benedettina con
lobiettivo di riflettere sui primi passi verso il rinnova-
mento monastico nello spirito del Concilio. Questa
comunicazione si fece per mezzo di un documento pre-
vio al colloquio che cominciava esponendo chiaramen-
te la preoccupazione e lintenzione del progetto:
Genesi e formazione del documento La vita benedettina
15
7
Cf. Visioni attuali sulla vita monastica, Montserrat 1966.
8
Archivio di SantAnselmo in Roma, Congressus 1966-67, Proto -
colum a Secretariis scriptum, Compte-rendu de la runion sur Le re -
nouveau monastique (Einsiedeln, Suisse, 23-26 Juin 1964).
zioni; la partecipazione alla vita della Chiesa; la revisio-
ne delle forme di governo; labito; la povert, ecc.
La figura e il pontificato di Paolo VI incisero diret-
tamente sul nostro tema per limportanza che rivest il
suo magistero dopo il Concilio e per lamicizia persona-
le che lo un allabate Bras, il quale in una occasione
predic i suoi esercizi spirituali annuali. Paolo VI im-
presse al rinnovamento dei monasteri un senso di equi-
librio e di moderazione che invitava a un sano discerni-
mento della tradizione monastica
4
. Alle abbadesse ita-
liane di fatto disse che il Concilio era rinnovamento,
non rivoluzione
5
.
I Congressi degli Abati benedettini del 1966 e del
1967 affrontarono come questione principale ladegua-
to rinnovamento della vita monastica in accordo con le
direttive emanate dal Vaticano II. Nel congresso del
1966 labate Bras partecip in qualit di abate coadiu-
tore di Montserrat e, allo stesso tempo, svolse due inca-
richi di singolare rilievo: fu segretario della Commissio -
ne centrale e moderatore della Commissione monastica
6
Genesi e formazione del documento La vita benedettina
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4
Allocutivo Ssmi Dni Pauli Papae VI coram membris Congressus
Abbatum die 30 septembris in aedibus Vaticanis, in: Acta Congressus
Abbatum ac Priorum Conventualium Congregationum Confoederata -
rum O.S.B. in aedibus S. Anselmi de Urbe a die 18 septembris ad diem
4 octobris 1966, III-VII.
5
Cf. PAOLO VI, Discorsi ai monaci, Messaggero - Abbazia di
Praglia, Padova 1982, p. 172.
6
Acta congressus Abbatum 1966, pp. 53.55. Alla commissione
centrale appartenevano, oltre labate Bras, labate J. Hoeck (di Sche-
yern) e labate C. Butler (di Downside). Nella commissione monasti-
ca accompagnavano labate Bras, gli abati B. Hume (di Ampleforth)
e J. Gaillard (di Wisques) e altri 55 consultori.
Genesi e formazione del documento La vita benedettina
17
Nella misura che si succedono le sessioni del Con-
cilio, i monaci si domandano cosa sia ci che la Chiesa
ha il diritto di sperare dallOrdine Monastico mentre
tutte le istituzioni cristiane si rinnovano. Pi concreta-
mente, si domandano circa i diversi problemi di orienta-
mento e di organizzazione della propria vita, sul disim-
pegno della funzione tradizionale dei monaci nella Chie-
sa e le condizioni particolari che il nostro tempo sembra
imporre al fedele compimento di questa missione
9
.
Il documento era firmato, con il consenso dellaba-
te primate, dallabate Bras e da altri sette abati: Ch.
Butler (Downside), G. Dayez (Maredsous), H. de Sain-
te-Marie (Clervaux), M. de Floris (Segretario di Va n-
ves), E. Heufelder (Niederalteich), D. Huerre (La Pier-
r e - q u i - Vire) e Th. Ghesquieres (Saint-Andr). Non
pretendevano prendere decisioni, ma rispettando
lautonomia di ciascun monastero , desideravano con-
tribuire con il loro studio e la loro riflessione a chiari-
re i problemi e prepararsi cos al prossimo congresso
degli abati. Il progetto aveva tre obiettivi: impostare le
questioni che dovevano essere esaminate; costituire un
gruppo di consultori esperti; distribuire agli abati lin-
formazione con i risultati dello studio realizzato.
Le questioni proposte erano aperte ai suggerimen-
ti degli abati ed erano in principio undici, come leggia-
mo nellallegato al documento:
Genesi e formazione del documento La vita benedettina
16
9
Ibid., Documento agli abati, 1964 (senza data e in varie tradu-
zioni).
1. Orientamento: ci che la Chiesa spera dai mona-
ci e come conciliare i valori permanenti della tradizione
monastica con le esigenze dei nuovi tempi.
2. Vita delle comunit: il rispetto delle persone nel-
la comunit. La vera fraternit in mezzo alla diversit.
Unit di padri e fratelli nella famiglia monastica. Strut-
ture conventuali: cenobitismo, eremitismo, decanie
3. Governo. Lautorit come servizio. Obbedienza e
libert. Responsabilit e impegno.
4. L i t u r g i a. Struttura e lingua dellufficio divino.
Applicazione della Costituzione sulla liturgia.
5. Economia. La testimonianza della povert indivi-
duale e collettiva.
6. Lavoro intellettuale e manuale. Pubblicazioni.
Arte. Ecumenismo. Missioni. Oblati. Scuole. Ospiti.
7. Formazione. Noviziato. Studi monastici e clericali.
8. Strutture dellOrdine. Monasteri, Congregazioni,
Confederazione. Primate e Consiglio del Primate. Mo-
nastero e altre strutture ecclesiali.
9. Fondazioni monastiche dellOrdine in Paesi di
missione. Il segretariato di Vanves.
10. Responsabilit dei monaci nei confronti delle
comunit di monache benedettine.
11. Revisione del diritto monastico.
Il gruppo di consultori era composto da intellet-
tuali benedettini di riconosciuta competenza che aveva-
no il compito di organizzare e dirigere il lavoro: P. Gor-
don (Beuron), J. Leclercq (Clervaux), O. Rousseau
(Chevetogne), G. Diekmann (Collegville), A. Mund
la collegialit, del dialogo e della partecipazione nella
vita della Chiesa.
Dobbiamo analizzare la relazione finale della riunio-
ne effettuata ad Einsiedeln dal 23 al 26 giugno 1964 su
Le renouveau monastique la cui importanza si intravede-
va decisiva per il susseguente sviluppo del rinnovamento
della vita monastica in tutto il mondo e per le basi dei
successivi congressi degli abati
10
. Linformazione firma-
ta il 7 luglio 1964 a Beuron da Paulus Gordan, osb.
A detta riunione parteciparono sette abati e nove
monaci, che non coincidevano esattamente con i nomi
che appartenevano al documento anteriore. Gli abati
erano: R. Tschudy (Einsiedeln), P. Buddenborg (Gerle-
ve), E.M. Heufelder (Niederalteich), D. Huerre (La
P i e r r e - q u i - Vire), H. de Sainte Marie (Clervaux), Th.
Ghesquire (Saint-Andr) e G. Bras (Montserrat). I
padri consultori: G. Diekmann (Collegville), B. Sause
(Atchison), O. Rousseau (Chevetogne), J. Leclercq
(Clervaux), I. Trethowan (Downside), P. Gordan (Beu-
ron), G. Penco (Finalpia), J. Haymoz (Einsiedeln) e V.
Stebler (Mariastein).
Il fine della riunione era quello di riflettere su co-
me affrontare il rinnovamento monastico nello spirito
del Concilio. Labate Bras, che presiedeva le riunioni,
lesse una lettera dellabate primate che approvava e be-
nediceva il colloquio di Einsiedeln, mentre lamentava
di non avervi potuto assistere. Si rendeva conto inoltre
di molteplici lettere di abati e priori ricevute a Montser-
Genesi e formazione del documento La vita benedettina
19
10
Cf. Compte-rendu de la runion.
Genesi e formazione del documento La vita benedettina
18
(Montserrat), I. Trethowan (Downside), G. Penco (Fi-
nalpia), A. Sillem (Quarr) e G. Holzherr (Einsiedeln).
Tuttavia si invitavano gli abati a proporre, se lo deside-
ravano, altri consultori.
Il documento terminava ricordando la volont di
servizio ispiratrice degli abati firmatari, invitava a par-
tecipare a tutti quelli che lo desideravano e si racco-
mandava di mantenere la corrispondenza tramite laba-
te Bras che era il convocante o animatore del collo-
quio.
Come valutare il documento? Non v dubbio che
il nostro giudizio dovrebbe aspettare lanalisi della rela-
zione conclusiva del colloquio, per poter verificare se
gli obiettivi proposti raggiunsero la meta sperata. Fin
dora possiamo affermare che liniziativa dellabate Bra-
s rispondeva allo spirito e alle disposizioni del Conci-
lio e alla pratica che si cominciava a sviluppare nelle co-
munit religiose ed ecclesiali, tanto per la sua tematica
che per il modo di affrontarla. Le questioni enunciate
erano esattamente quelle raccomandate dai decreti
conciliari e dai seguenti documenti magisteriali indiriz-
zati alle comunit religiose: una riflessione e attualizza-
zione del fondamento e della forma della vita monasti-
ca al fine di rivitalizzare la sua fedelt costante al Van-
gelo e alla Chiesa. Il modo di affrontare la questione
ideato dallabate Bras era estremamente intelligente e
opportuno in quanto impostava un lavoro di studio in
gruppo, collegiale, aperto, internazionale e partecipati-
vo tra abati ed esperti che anticipava, in qualche modo,
le nuove note ecclesiologiche conciliari di sviluppo del-
ralismo nellunit. Lapplicazione di questo principio al-
la revisione del diritto canonico doveva tener presente
che lesistenza di un monachesimo autentico non cleri-
cale n laicale nel senso che entrambi i termini avevano
nel codice il loro riferimento. Di conseguenza, i monaste-
ri avrebbero potuto far conto su ununica categoria di
monaci, sacerdoti e non, con una professione e con i me-
desimi diritti, sebbene avessero ricevuto una formazione
distinta e avessero esercitato funzioni differenti.
La questione del governo si affront dalla prospetti-
va del servizio che costituisce lessenza dellufficio abba-
ziale, come affermava labate di Gerleve, tenendo conto
del rischio permanente che questa nota essenziale resta
oscurata da elementi accidentali, come quello delle inse-
gne pontificali o del significato della dignit. La durata a
vita dellufficio abbaziale fu trattato con il desiderio di
far giungere proposte razionali da tutto lOrdine al fine
di preservare la fedelt alla tradizione ed evitare, nellin-
teresse delle comunit, la figura dellabate obbligato a di-
mettersi. Si accett senza restrizioni la proposta che ai
capitoli generali avrebbe assistito un delegato di ciascu-
na comunit con i medesimi diritti degli abati
12
.
La liturgia occup un posto centrale come era sta-
to al Concilio e come corrispondeva alla sua importan-
za nella vita della Chiesa e di una comunit monastica.
Secondo il principio del pluralismo si giudic opportu-
no che ciascuna abbazia avrebbe goduto della libert di
organizzare lofficio divino rispettando il significato che
Genesi e formazione del documento La vita benedettina
21
12
Ibid., 3.
rat, che dimostravano la loro soddisfazione per linizia-
tiva intrapresa e che inviavano proposte concrete per il
dibattito. Si constatava anche che non era stata ricevu-
ta nessuna voce dissidente.
Si presero come basi per il colloquio le questioni
enunciate nel documento precedente. Un primo inter-
vento di J. Leclercq, che finiva di partecipare ad una riu-
nione monastica in Africa, introdusse un tema che si sa-
rebbe mantenuto come principio costante durante il di-
battito: il pluralismo quale prospettiva fondamentale
per lunit del monachesimo benedettino. questa pro-
spettiva che si doveva riconoscere come la chiave inter-
pretativa di tutti i problemi che si fossero prospettati.
Si avvert poi la difficolt di definire la specificit
del monachesimo benedettino rispetto alle altre forme
di vita religiosa esistenti lungo la storia o nella Chiesa
attuale. Senza dubbio si sperimentava una prima de-
scrizione della essenza della vita monastica:
uno stato di vita claustrale consacrato a Dio nel-
la orazione, nellumilt, nella penitenza e al servizio del-
la Chiesa, che, senza escludere alcuna missione utile al
regno di Dio, non ne resta specificata da alcuna
11
.
Circa le questioni seguenti sulla vita delle comunit
e la riforma del diritto monastico si giunse alla conclusio-
ne di tener presenti nella legislazione le legittime diffe-
renze, ed evitare con ci luniformit per favorire il plu-
Genesi e formazione del documento La vita benedettina
20
11
Ibid., 2.
Si parl, infine, della crisi delle vocazioni e di alcu-
ne possibili soluzioni al problema.
Della continuazione del lavoro si incaric il gruppo
di consultori con lintento di preparare alcuni docu-
menti per la riunione degli abati presidi, che si sarebbe-
ro incontrati a Roma durante la successiva sessione del
Concilio, e per il congresso degli abati.
Il 28 giugno dello stesso anno 1964 labate Bras
scriveva allabate primate Benno Gut una lettera nella
quale esprimeva la sua soddisfazione per il felice risul-
tato del colloquio: Siamo stati molto contenti del risul-
tato di questa adunanza
13
.
A parer nostro, era giustificata questa gioia e sod-
disfazione da parte dellabate Bras. Era stato raggiun-
to lobiettivo espresso nel documento previo inviato a
tutti gli abati. Liniziativa aveva cominciato a dare i suoi
frutti poich erano stati identificati i problemi pi rile-
vanti che si presentavano nei monasteri benedettini e si
era iniziata a studiare la via del rinnovamento, deside-
rata dal Concilio.
IL CONGRESSO DEGLI ABATI DEL 1966
La preparazione prossima del Congresso degli
Abati del 1966 si effettu nel sinodo degli abati presidi
Genesi e formazione del documento La vita benedettina
23
13
Ibid., Lettera dellabate Gabriel Bras allabate primate Ben-
no Gut, 28-7-64. Cf. Aggiornamento de la vie monastique, in: Lettre de
Ligug 115 (1966), pp. 15-17.
Genesi e formazione del documento La vita benedettina
22
ha nella vita benedettina. I capitoli generali delle con-
gregazioni monastiche avrebbero dovuto ordinare la li-
turgia in maniera analoga a come lo avrebbero fatto le
Conferenze Episcopali di ciascun paese. Si presentava-
no primariamente due problemi: un ordine dei salmi
diverso da quello della Regola e luso della lingua. Le
motivazioni soggiacenti a tal riguardo erano varie. Si al-
ludeva a una gran quantit di salmi il cui ordine difet-
tava di coerenza interna, e alla possibilit, nellopinione
dellabate di Niederalteich, di migliorare la qualit del-
lorazione. La messa quotidiana, della quale non parla-
va san Benedetto si comment , avrebbe potuto
adattarsi al ritmo della preghiera liturgica. Per quanto
attiene alla lingua liturgica ci si rifer a un documento
degli abati statunitensi, chiedendo alla Segreteria di
Stato luso della lingua vernacola per la liturgia.
Rispetto alla formazione si sostenne la convenienza
di offrire una formazione monastica e spirituale a tutti
i monaci mediante corsi speciali e di adattare gli studi
di teologia allo spirito monastico.
Per quanto attiene alle strutture dellOrdine si mi-
se in rilievo limportante ruolo coordinatore che dove-
va svolgere il Consiglio dellabate primate nel comples-
so della vita dellOrdine nel quadro della Lex Propria.
Per le monache si constat che sovente si sentono
sole e abbandonate e che avrebbero dovuto occupare
un posto negli studi sulla vita monastica e il suo rinno-
vamento, oltre a conoscere meglio i loro problemi spe-
cifici. Una delle missioni pastorali preferite dai monaci
dovrebbe essere lattenzione verso le monache.
Genesi e formazione del documento La vita benedettina
25
che ebbe luogo a SantAnselmo in Roma nel settembre
1965. In quellincontro si convocarono tutti gli abati
per il congresso e si elessero i membri della commissio-
ne centrale: un moderatore, due assistenti, e un segre-
tario generale nella persona dellabate Bras
14
.
Labate Bras parl gi nella prima sessione del
Congresso degli Abati del 1966, alle 10,30 del 19 set-
tembre, per esporre litinerario della preparazione e
della finalit del congresso
15
. Cominci ricordando al-
cune riunioni previe, avute con alcuni abati, con la pre-
occupazione di trattare alcune questioni monastiche
nello spirito del Concilio
16
. Tali incontri si realizzarono
nellaprile 1964 in Francia, in giugno ad Einsiedeln e in
dicembre, dello stesso anno, a Montserrat. La finalit
era quella di rispondere alla chiamata della Chiesa, me-
diante il Concilio Vaticano II, per porre un adeguato
rinnovamento della vita come lo stavano realizzando gli
altri religiosi, alludendo particolarmente a quello che si
stava attuando dai fratelli trappisti in forma saggia e di-
ligente e che sarebbe servito da stimolo per lassemblea
b e n e d e t t i n a
17
. Lultimo passo previo fu dato durante
Genesi e formazione del documento La vita benedettina
24
14
Cf. Archivio di SantAnselmo in Roma, Congressus 1966-67,
Superioribus Maioribus Confoederationis Benedictinae Abbas Primas,
Lettera dellabate primate Benno Gut del 26 settembre 1965. Cf. Ac -
ta Congressus Abbatum 1966, IX. 53.
15
Archivio di SantAnselmo in Roma, Congressus 1966. Rela -
tions in ordine officiali, C 4: ut vobis exponam genesim, naturam, cau -
sas et fines laborum qui huiusque ad exitum sint perducti, 1.
16
Ad mentem Concilii: ibid.
17
Quos inter fratres nostri Cisterciensessapienter et studiose
laborabanteorum diligentia atque studium nos magnopere stimula -
bant: ibid.
lultima sessione del Concilio, nellottobre 1965, che
riun gli abati presidi delle congregazioni. Si relazion,
dopo lapprovazione ottenuta dallabate primate su tut-
to il processo descritto e sulle incomprensioni che si
erano ricevute, allo stesso tempo sugli incoraggiamenti
e gli stimoli provenienti dagli abati, dalle comunit e
dagli specialisti consultati.
Il proposito del congresso non era assumere inizia-
tive che competevano ai capitoli generali ma porre in
pratica fedelmente le disposizioni del Perfectae Carita -
tis. La finalit concreta del congresso era triplice: a) re-
visionare e rinnovare la Lex Propria della confederazio-
ne perch corrispondesse al congresso; b) proporre ai
capitoli generali le questioni e i problemi che si pro-
spettavano, soprattutto in riferimento alla vita monasti-
ca e alla liturgia; c) sollecitare la Sede Apostolica per gli
indulti necessari e convenienti.
Due principi fondamentali guideranno le riflessio-
ni del congresso: il pluralismo che caratterizza essen-
zialmente il monachesimo benedettino, che doveva ri-
spettarsi non solo per la diversit delle congregazioni
ma anche per quella dei monasteri, e quello della sussi-
diariet verso la quale il congresso avrebbe assunto so-
lo gli aspetti che prendevano in considerazione i mona-
steri e non le congregazioni. Si incoraggiavano gli abati
a cogliere lo stimolo offerto dal rinnovamento concilia-
re fino alle ultime conseguenze, tenendo presente la pe-
culiarit del tempo che viveva la Chiesa e limportanza
particolare del congresso che avrebbe illuminato a sua
volta altre assemblee monastiche. Si insisteva a guarda-
ranza amplissima: 172 votanti, 162 placet, 5 placet iuxta
modum, 4 non placet
21
.
La commissione monastica, presieduta dallabate
Bras, doveva impostare i fondamenti dottrinali del
rinnovamento; per questo motivo procedette a elabora-
re alcuni principi di rigenerazione della vita benedetti-
na che orienteranno monaci, comunit e congregazioni
nel cammino di adesione al Concilio. La commissione
propose di elaborare una relazione con le questioni e i
problemi che si dovevano dibattere, presentarla al con-
gresso illustrandone i fondamenti e le ragioni e offrire
vie di soluzione dottrinale che permettessero di porre
in rilievo lo spirito del Vangelo e della Chiesa, secondo
le promesse della professione e le condizioni sociologi-
che e psicologiche del nostro tempo
22
.
Le relazioni di tema monastico, che si lessero in as-
semblea, trattarono i seguenti temi: Lelaborazione di
una teologia della vita monastica (H. de Sainte-Marie,
abate di Clervaux); I valori umani nella vita monastica
di oggi (D. Kucera, abate di Lisle); La durata delluf-
ficio abbaziale (P. Borna, abate di Tholey); Lunifica-
zione della famiglia monastica (S. Veronesi, priore di
Siambn); La crisi delle vocazioni nei monasteri
(M.R. Zilianti, abate generale di Monte Oliveto); I
monasteri di vita semplice (L. Rudloff, abate di Geru-
Genesi e formazione del documento La vita benedettina
27
21
Acta Congressus Abbatum 1966, p. 10.
22
Archivio di SantAnselmo in Roma, Congressus 1966. Relativo
de Commissione Monastica, M 1. Ita sane ut magis meliusve rispendere
liceat spiritui Evangelii, Ecclesiae voluntati, requisitis nostrae professio -
nis simul et conditionibus sociologici set psychologicis nostri tempi.
re lesempio dei gesuiti e a tener conto del Motu pro-
prio Ecclesiae Sanctae e i numeri 2 e 3 delle norme per
lapplicazione di Perfectae Caritatis, malgrado il con-
gresso non potesse trattare tutti i temi pertinenti
18
.
La mattina del 20 settembre, labate Bras prese
nuovamente la parola di fronte allassemblea per spie-
gare e determinare esattamente il carattere del congres-
so, in accordo con il Motu proprio Ecclesiae Sanctae
e i principi di Perfectae Caritatis
19
. Secondo il Motu
proprio erano gli stessi istituti gli incaricati di pro-
muovere il rinnovamento della vita religiosa attraverso
i capitoli generali. Esso considerava necessario la coo-
perazione di tutti i superiori e la convocazione di capi-
toli speciali, ordinari e straordinari, entro un tempo
massimo di tre anni.
Il congresso, osserv Bras, non pretendeva pren-
dere decisioni giuridiche, pertinenti ai capitoli generali,
ma rispondeva alle indicazioni del Concilio e dei docu-
menti magisteriali di incoraggiare lo spirito di coopera-
zione per conseguire il desiderato rinnovamento della
vita monastica nella Chiesa del momento
20
. Il congres-
so vot positivamente questa proposta con una maggio-
Genesi e formazione del documento La vita benedettina
26
18
Cf. ibid.
19
Archivio di SantAnselmo in Roma, Congressus 1966. Relazio -
nes in ordine officiali, C 5: Quaesitum de indole huius Congressus stric -
tius determinando, propositum a Rev.mo Abbate Bras (Montserrat).
20
Possimus in unum convenire ad illam cooperationem omnium
superiorum et sodalium quae ibi necessaria dicitur ad vitam religiosam
in seipsis renovandam et ad promovendam vitalitatem spiritualem to -
tius institutionis monasticae utperveniamus ad illam desideratam re -
novationem vitae monasticae in Ecclesia Hodierna: ibid.
te presentare il panorama generale delle 20 domande
che costituiscono il questionario sopra ricordato
25
. In
esso si offre soprattutto una raccolta plurale di riflessio-
ni e di prospettive sui diversi temi che riflettono unam-
pia variet di concezioni e forme, oltre i problemi pra-
tici che vivevano allora le comunit.
La prima domanda trattava la definizione teologica
della vita monastica. Si sentiva la necessit di una teolo-
gia della vita monastica che la presentasse nei suoi fon-
damenti biblici, in connessione con la tradizione e lat-
tualit. Alcune risposte erano veramente profonde e il-
luminanti. Altre rivelavano semplicemente una grande
povert teologica e non riuscivano a precisare la speci-
ficit della vita monastica. Dire, per esempio, che la vi-
ta monastica la fedele imitazione di Cristo, non de-
finisce esattamente ci che la vita monastica giacch
questa caratterizzazione corrisponde a tutte le forme di
vita cristiana. Tra gli elementi fondamentali apparivano
certamente la sequela di Cristo, il segno escatologico, la
preghiera, la Regola e la separazione dal mondo.
La Regola di san Benedetto era la seconda questio -
ne
26
. Le opinioni riflettevano forti contrasti. Per alcuni
aveva un valore assoluto, per altri era necessario redige-
re un nuovo documento, per altri ancora aveva uno
Genesi e formazione del documento La vita benedettina
29
GMEZ, Hacia un aggiornamento de la vida monstica, in: Yermo 4
(1966), pp. 239-250; Un temoignage sur la vie monastique, in: Collec -
tanea Cisterciensia 28 (1966), pp. 264-279.
25
Archivio di SantAnselmo in Roma, Congressus 1966: Resu -
men de las respuestas al questionario De re monastica.
26
Ibid., 5.
salemme); Vita eremitica e cenobitica (D. Wi n z e n ,
priore di Mount Saviour); Leremitismo nei monasteri
benedettini (I. Dalle, abate di SantWandrille); La vi-
ta monastica nei paesi di missione (I) (S. Brechter, ar-
ciabate di SantOttilia); La vita monastica nei paesi di
missione (II) (D. Hermant, abate di En-Calcat); Le
attivit del segretariato AIM (M. De Floris)
23
. Non si
diede lettura delle relazioni seguenti: L e c u m e n i s m o
nei monasteri (I) (N. Egender, priore di Chevetogne);
Lecumenismo nei monasteri (II) (L. Klein, abate di
Trier); Ledizione di una rivista della confederazione
(M. Verzich, abate di Norcia).
In primo luogo si doveva riflettere sullidentit del-
la vita benedettina e sulla definizione degli elementi che
la caratterizzano nella Chiesa e nella vita religiosa, su
ci che comportano di essenziale e specifico e su ci
che hanno di caduco e accidentale.
La commissione monastica aveva inviato preventi-
vamente agli abati un questionario relativo ai differenti
temi del rinnovamento della vita benedettina, le cui ri-
sposte e sintesi sarebbero state discusse nel congresso.
Labate Bras present i risultati, come responsabile
della commissione, in un ampio documento che riassu-
meva le risposte ottenute. Detto questionario stato
oggetto di alcune analisi e recentemente stato studia-
to da Colombs
24
. In questa sede ci interessa solamen-
Genesi e formazione del documento La vita benedettina
28
23
Acta Congressus Abbatum 1966, pp. 46-48.
24
G.M. COLOMBS, La tradicin benedictina. Ensayo Histrico,
IX/I, El siglo XX, Monte Casino, Zamora 2001, pp. 445-466. Cf. I.
ni dellabate a vita e quelli dellabate temporaneo, ad-
ducendo entrambi le ragioni pertinenti. Il capitolo 8,
sulla partecipazione al governo del monastero, si faceva
eco del nuovo spirito della Chiesa che promuoveva la
partecipazione, il dialogo e la collaborazione. La mag-
gioranza si esprimeva anche per la semplificazione del-
le insegne prelatizie (capitolo 9) e faceva presente la
difficolt di conservare lo spirito evangelico dellumilt.
Altra sezione del questionario affrontava i temi del-
la comunit
28
. Il capitolo 10 delineava la problematica
della scarsit di vocazioni indicando cause sia esterne
che interne; il capitolo 11 affrontava lunit della co-
munit tra padri e fratelli e i problemi della formazione
e le relazioni interne della comunit (capitolo 12).
Unimportanza particolare riceveva il tema della pover-
t, del lavoro e della vita economica (capitolo 13). Ol-
tre alla povert individuale si dava rilievo al valore testi-
moniale della povert comunitaria per amore di Cristo,
anche se sussisteva il problema del sostentamento eco-
nomico dei monasteri e quello dellapplicazione della
dottrina sociale della Chiesa.
Sulla vita spirituale del monaco si trattava nei capi-
toli seguenti. Il 14, concretamente sulla separazione
dal mondo, tentava di delimitare quale tipo di separa-
zione, spirituale e fisica comportava la vocazione mona-
stica, e quale regolazione dei mezzi di comunicazione e
delle relazioni umane esterne erano adeguate. Il capito-
lo 15, sullobbedienza, la situ in relazione alla libert
Genesi e formazione del documento La vita benedettina
31
28
Ibid., 39.
scarso valore spirituale, e infine non mancavano co-
loro per i quali conteneva molti elementi gi desueti in
molti capitoli. In generale si riconosceva lattualit dei
principi che lanimavano. La terza domanda sul mona-
chesimo benedettino puntava verso una chiarificazione
dellidentit della vita benedettina nella Chiesa che tene-
va conto dellevoluzione semantica del vocabolario che
si doveva usare, specialmente in riferimento alla con-
templazione e allapostolato nei monasteri. Il quarto
p u n t o, sulla tradizione monastica e il diritto vigente
27
,
mostrava leterogeneit di elementi che si constatano
nelle diverse tradizioni monastiche. Vennero presentate
due liste che segnalavano gli elementi validi e gli ele-
menti caduchi della tradizione. Vennero sottoposti a
esame elementi come la tonsura, luso del canto grego-
riano, la distinzione di classi nella comunit, ecc. Al dia-
logo con il mondo e ai valori umani si dedicava il quin -
to capitolo. Che posto occupava il monachesimo nel dia-
logo che, con il Vaticano II, la Chiesa desiderava stabili-
re con il mondo? Le diverse risposte alla domanda non
oscuravano una linea fondamentale per la quale lessere
monaci non dispensa di dialogare con il mondo.
Sulla figura dellabate trattavano i capitoli 6 e 7.
Il 6 mostrava la missione dellabate come padre e mae-
stro, facendo emergere le difficolt alle quali sottopo-
sto a causa dei viaggi, della dimensione numerica della
comunit e del dialogo con i monaci. La questione del-
la durata abbaziale (capitolo 7) si divise tra i partigia-
Genesi e formazione del documento La vita benedettina
30
27
Ibi., 16.
IL CONGRESSO DEGLI ABATI DEL 1967
Il Congresso del 1967 si orientava verso la redazio-
ne sintetica di un documento che esponesse gli aspetti
fondamentali della vita benedettina, in modo nuovo, al-
la luce della Bibbia, della Regola e del Concilio Vatica-
no II e che sarebbe servito come orientamento base per
tutti i monaci.
Il 15 febbraio 1967 labate Bras scrisse una lettera
a tutti gli abati da parte della commissione monastica,
nella sua sottocommissione quarta, con la finalit di pre-
parare il congresso dello stesso anno. La base era data
da proposte di riflessione su alcuni aspetti della vita mo-
n a s t i c a
29
. Le sottocommissioni erano quattro, con quat-
tro compiti differenti. La prima esaminava la dottrina
monastica e il suo sviluppo storico; la seconda analizza-
va gli elementi attuali della spiritualit monastica; la ter-
za studiava le obiezioni e i problemi che si fossero pre-
sentati durante lo svolgimento dei lavori; infine la quar-
ta affrontava il pluralismo pratico esistente nella confe-
derazione benedettina e raccoglieva le distinte forme di
vita benedettina insieme alle relative motivazioni, al fine
di favorire la mutua conoscenza e cercare di delineare
dei modelli essenziali di rinnovamento monastico, validi
per tutti i monaci, che rispondessero al desiderio del
Concilio di un ritorno alle fonti (cf. Lumen Gentium4 3 ,
Genesi e formazione del documento La vita benedettina
33
29
Archivio di SantAnselmo in Roma, Congressus 1967. Com -
missione Monastica. Carta del Abad Gabriel Bras del 15 de febrero de
1967 (in diverse lingue e con un breve questionario).
Genesi e formazione del documento La vita benedettina
32
e alla responsabilit dei monaci e in rapporto alla crisi
che lautorit presenta nella cultura contemporanea. La
rivalorizzazione del voto di stabilit trov spazio nel ca-
pitolo 16 e lo si relazion con lo spirito di famiglia mo-
nastica che non esclude la cooperazione tra monasteri.
Laspetto pi spirituale, quello della preghiera e della
lectio divina presentava un minor numero di interventi
riguardo sia laspetto teologico che quello pratico. La
formazione monastica (capitolo 18) avrebbe dovuto, a
giudizio della maggioranza degli abati, essere impre-
gnata di spirito monastico, inoltre basarsi e svolgersi se-
condo una teologia monastica senza esonerare dallap-
prendimento di una competenza utile nelle attivit pro-
prie del monastero. Questioni pi particolari erano
trattate negli ultimi capitoli. I monasteri di vita sempli-
ce (19) e leremitismo (20), come forme di vita mona-
stica che avrebbero stimolato un rinnovato impulso po-
sitivo nellOrdine benedettino.
Con queste tematiche e riflessioni, che scaturivano
in forma di risposte, si andava configurando un mate-
riale importante che avrebbe permesso la redazione di
un futuro documento comune che avrebbe chiarito la
maggior parte delle problematiche, affrontate nei mo-
nasteri circa lidentit della vita benedettina e il suo rin-
novamento postconciliare dal punto di vista teologico,
spirituale e pratico.
45; Perfectae Caritatis 1, 2, 9). La lettera era accompa-
gnata da un questionario in quattro parti. Una prima
questione generale ruotava intorno alle ragioni, i criteri
e i limiti del pluralismo monastico. Una seconda riguar-
dava lambiente o le condizioni geografiche, sociologi-
che, politiche o ecclesiastiche che hanno influenzato la
fisionomia del monastero. Il terzo punto chiedeva sulle
attivit del monastero, la loro compatibilit con la vita
monastica e il suo apporto alla Chiesa locale. Il quarto
punto trattava dello stile di vita: come si vive e che valo-
re si d in ciascuna comunit alla preghiera, al silenzio,
alla clausura, alle relazioni fraterne, alla formazione, al-
la penitenza, alla povert, allospitalit, ai valori umani e
alla relazione con il mondo.
Labate Bras presiedette la commissione monasti-
ca e present allassemblea una relazione che continua-
va, in un certo modo, il lavoro realizzato nel 1966
30
e il
questionario preparatorio ma, questa volta, in forma
pi articolata e matura. Accenn allinteresse che il Pa-
pa gli aveva mostrato in una udienza concessagli il 21
marzo e alla nota che ricevette per proseguire il lavoro
nella medesima direzione che aveva intrapreso
31
. Il pri-
mo obiettivo della commissione era quello di elaborare
Genesi e formazione del documento La vita benedettina
35
Genesi e formazione del documento La vita benedettina
34
30
Archivio di SantAnselmo in Roma, Congressus 1967. Com -
missione Monastica: Relator: Rmus Gabriel Bras, Praeses Commissio -
nis (testo in inglese).
31
The Holy Father himself, during an audience which he gran-
ted me on the 21
th
of March, was kind enough to express the interest
he has in our work, and encouraged me to continue it on the lines on
which it had been begun: ibid.
un testo dottrinale che esprimesse i fondamenti essen-
ziali della vita monastica per poterlo offrire ai capitoli
generali e ai monasteri come aiuto per il loro rinnova-
mento postconciliare. Un secondo obiettivo era quello
di disporre di un testo dottrinale chiaro e approvato dal
Congresso degli Abati che servisse da base e da rispo-
sta autorizzata alle questioni che si presentavano, in
quellepoca, sulla vita monastica. Sarebbe stato un testo
aperto a una futura riflessione da parte dei monaci e
delle comunit.
La preoccupazione principale che si presentava, se-
condo Bras, era quella di dare rilievo al significato che
la vita monastica doveva avere per i monaci del XX se-
colo. Per la commissione monastica era necessario co-
noscere la Regola nella sua tradizione e nellevoluzione
della sua interpretazione storica, ma senza avvalorare o
imporre al monaco unapplicazione o un modo di vive-
re la Regola ritenuto pi autentico, poich questo com-
pito spettava al discernimento delle varie comunit.
Lobiettivo che si poneva la commissione era quello di
considerare il fondamento generale della vocazione del
monaco. In questo senso la vocazione del monaco be-
nedettino appariva come una forma particolare di vive-
re la vita cristiana e battesimale: una chiamata dello
Spirito per vivere la legge evangelica nella Chiesa, se-
guendo le orme di san Benedetto. La Regola intesa al-
la luce del Vangelo e dellinsegnamento conciliare della
Chiesa, allinterno di una tradizione viva. In questo
contesto si dovevano stabilire i principi fondamentali
della vita benedettina, vissuti in un clima familiare, con
Genesi e formazione del documento La vita benedettina
37
Genesi e formazione del documento La vita benedettina
36
relazioni filiali e fraterne e con uninfluenza sopranna-
turale e umana nella Chiesa e nel mondo. Si dovevano
porre in rilievo i valori permanenti della Regola, nel cui
ambito il monaco emette la sua professione davanti a
Dio in modo libero e personale. Questa veniva vista co-
me la base del rinnovamento delle comunit e della
conversione delle persone.
Il pluralismo della confederazione era comparato a
quello che esiste in una famiglia. Ciascun membro pos-
siede sia qualit personali differenti che distinte attivit
sociali, ma ciascuno pu riconoscersi nel padre, nel
sangue e in una caratteristica familiare identica. Se con-
sideriamo la vita benedettina come un carisma o come
una istituzione, dobbiamo riconoscere unindiscutibile
base di unit geografica e storica che proviene, in ulti-
ma analisi, dal suo contenuto evangelico e dalla chiama-
ta dello Spirito nella Chiesa, per essere testimoni di una
medesima regola. Il pluralismo lespressione concreta
della tradizione benedettina. Un cammino di vita aiuta
a conformarsi alle leggi della vita nella continuit e
nellevoluzione , e ad adattarsi alla psicologia degli uo-
mini, alle condizioni locali e alle variazioni successive
nel tempo.
La confederazione aveva il dovere di garantire ai
suoi membri alcuni principi: lunit e la purezza dello
spirito benedettino; la diversit di forme proprie in cia-
scun monastero e congregazione; la mutua conoscenza
e stima verso laiuto fraterno tra i membri; lefficacia
della testimonianza monastica nella Chiesa; una prote-
zione della Santa Sede verso il mondo benedettino.
Il testo sarebbe stato elaborato in base alle risposte
ricevute dai questionari nelle distinte sottocommissioni.
Si rielabor, dopo un esame critico, fino a cinque volte.
La quinta e definitiva edizione sar quella che andr al
presente congresso. Si annuncia in proposito la soppres-
sione di una parte dedicata alle difficolt e ai problemi
della vita monastica, parte considerata pi idonea ad un
ulteriore sviluppo a carico della commissione monastica
permanente. Si segnalava che le tendenze opposte, che
erano venute alla luce, erano la prova del pluralismo esi-
stente nelle istituzioni e nel pensiero.
Bras terminava la sua relazione riconoscente del
lavoro dei molti collaboratori e chiedendo la benedizio-
ne di Dio per tutto il lavoro intrapreso in favore del rin-
novamento della vita benedettina nella Chiesa attuale.
Il 28 settembre 1967 ebbe luogo un atto con due
allocuzioni da parte dellabate Bras e del cardinal Ilde-
brando Antoniutti, prefetto della Congregazione dei
R e l i g i o s i
32
. In quella occasione Bras ricord breve-
mente, di fronte al cardinale, i temi trattati al congres-
so. Oltre ad alcuni punti sullo statuto della confedera-
zione, sullabate primate e sul Collegio e Ateneo di San-
tAnselmo, fece riferimento alla riflessione comune cir-
ca i principi essenziali della vita benedettina, che mani-
festavano il senso genuino della vita monastica nelle cir-
32
Archivio di SantAnselmo in Roma, Congressus 1967. Allocutio -
nes Rev.mi Gabrielis Bras - Praesidis Congressus - et Em.mi Cardinalis
Hildebrandi Antoniutti - Prefecti S. Congregationis Religiosorum -,
die 28 septembris 1967.
rica e sul Vaticano II. Non emette giudizi di valore ma
constata la realt e i suoi limiti. Il documento indica co-
me obiettivi: contribuire al rinnovamento monastico
postconciliare e aiutare le comunit in questo compito
proponendo principi base di vita benedettina, frutto di
una riflessione comune e fraterna in accordo con le
norme di Ecclesiae Sanctae
36
. Risponde pertanto a una
necessit avvertita nella confederazione e ad una racco-
mandazione dellautorit della Chiesa. Si pu anche
leggere una breve annotazione sul metodo adottato. I
vari punti o principi esposti si fondano sulla Regola, la
Scrittura e il Concilio Vaticano II. Avvertiamo qui, di
conseguenza, una lacuna: manca la riflessione della tra-
dizione monastica, ricca e ampia, sui differenti temi
trattati. Lacuna comprensibile dal momento che tratta
solamente di alcuni principi e non di una riflessione
sistematica completa della vita e della spiritualit bene-
dettine.
La prima parte affronta il tema generale della vo-
cazione universale alla santit e la vocazione benedet-
tina, ricordando alcuni aspetti dellantropologia teolo-
gica e della spiritualit per situare nella Chiesa il cari-
sma e listituzione benedettina e offrire una precisa er-
meneutica teologica della Regola alla luce della Sacra
S c r i t t u r a .
La seconda parte espone le note caratteristiche del-
lo spirito benedettino: la preghiera liturgica, la lectio di -
vina (cap. 1); la penitenza e lumilt come espressione
Genesi e formazione del documento La vita benedettina
39
36
Ibid., 3.
costanze attuali del mondo e della Chiesa
33
. Daltra
parte, attraverso tali principi si cercava di determinare
la propria identit benedettina, non solo giuridica ma
anche spirituale, in accordo con il pluralismo di inter-
pretazioni esistente nella tradizione spirituale monasti-
ca pertinente ai monasteri e alle congregazioni
34
.
Quali erano i principi della vita benedettina elabo-
rati, come risultati di una preparazione tanto ardua? Il
documento finale della commissione monastica si inti-
tol: La vita benedettina e, in esso, si plasm lo sforzo
comunitario diretto da Bras per ripensare in un nuo-
vo contesto lidentit tradizionale della vita benedet-
tina alla luce dellinsegnamento del Vaticano II
35
.
Vediamone la struttura, la tematica e il metodo.
Consta di 22 pagine e offre una struttura articolata
in una introduzione e tre grandi parti sulla vita bene-
dettina nei suoi aspetti spirituali e istituzionali. Lintro -
duzione tratta dellunit e del pluralismo della Confede-
razione e si basa sulla stessa Regola, sulla tradizione sto-
Genesi e formazione del documento La vita benedettina
38
33
Principia essentialia nostrae benedictinae conversationis fra -
terna reflexione perpendimus, ut magis magisque pateret sensus ille ge -
nuinus, quem vita monastica habere debet pro nobis, in actualibus mun -
di et Ecclesiae adiunctis: ibid.
34
Haec omnia communi atque fraterna reflexione examinavi -
mus, sempre in mente et in corde habentes illud principium, non tan -
tum iuridicum, sed etiam spirituale, quod propriam benedictinorum in -
dolem determinat; ea nempe indoles quae nobis valde cara existimatur
tanquam haereditas secularis traditionis et spiritualitatis monasticae,
qua in unitate fraterna devincimur, servato tamen pluralismo et Mona -
steriorum et Congregationum: ibid..
35
Archivio di SantAnselmo in Roma, Congressus 1967. Com -
missio de re monastica. Schema de vita benedictina (in varie lingue).
Genesi e formazione del documento La vita benedettina
41
dellascesi benedettina (cap. 2); la vita benedettina co-
me segno escatologico, la vita fraterna, il celibato e la ri-
nuncia ai beni terreni (cap. 3).
La terza parte, sugli aspetti istituzionali, si articola
anchessa in tre capitoli: la stabilit e la comunit, luni-
t e la differenza nella comunit, il lavoro, lapostolato,
leremitismo (cap. 1); lobbedienza, labate, lautorit e
il dialogo (cap. 2); lorganizzazione e la legislazione
(cap. 3).
Tutti i temi sono trattati sinteticamente ma con ab-
bondanti referenze alla Scrittura, alla Regola e al Vati-
cano II. In generale, un documento discutibile in al-
cuni punti, ma ben fondato teologicamente, con una
struttura organica coerente e adeguata e, soprattutto,
costituisce una esposizione originale e nuova, per il suo
tempo, offrendo degli elementi fondamentali della tra-
dizione benedettina. Colombs ha offerto una descri-
zione ordinata del documento e pensa che il risultato fu
modesto, ma la nostra conclusione e valorizzazione del
suo significato sono differenti
37
.
Per noi, il documento presenta una sintesi eccellen-
te dei fondamenti teologici e spirituali della vita bene-
dettina, aperti a un successivo sviluppo da parte delle
comunit. La sua originalit si basa nellaver messo in
luce lessenziale della dottrina monastica tradizionale
con i nuovi insegnamenti e prospettive teologici del
Concilio Vaticano II, e nellaver cos affrontato un sag-
Genesi e formazione del documento La vita benedettina
40
37
G.M. COLOMBS, La tradicin benedictina, pp. 475-484.
gio ed equilibrato discernimento di idee e tradizioni al
fine di ottenere dei principi-guida per il rinnovamento
monastico pratico. Il suo significato, bench discutibile
e suscettibile di differenti interpretazioni, conserva un
valore attuale e permanente in quanto risponde al rin-
n o v a m e n t o chiesto dal Concilio, espresso in principi
teorici generali, aperti a ulteriore definizione e precisa-
zione da parte delle comunit concrete, che hanno gui-
dato molte riforme pratiche nei monasteri. Limportan-
za del documento sta principalmente nel fatto di essere
la prima sintesi postconciliare organica, metodologica-
mente rinnovata, della spiritualit benedettina in
unepoca nella quale, fino al presente, mancano ancora
una spiritualit benedettina elaborata in maniera siste-
matica e completa.
CONCLUSIONE
Da quanto rilevato dalle fonti di archivio che ab-
biamo analizzato, il documento: La vita benedettina,
emanato dal Congresso degli Abati del 1967 ebbe una
storia di ideazione e redazione che riflette il considere-
vole sforzo fatto dalla Confederazione benedettina per
attuare le disposizioni del Concilio Vaticano II e per ri-
pensare la sua identit in mezzo a una societ che ave-
va cambiato profondamente il modo di percepire la vi-
ta, la cultura, la comunicazione Bras appare in cer-
to modo come uno degli artefici del rinnovamento mo-
nastico postconciliare nonch dellorientamento e delle
Genesi e formazione del documento La vita benedettina
43
Genesi e formazione del documento La vita benedettina
42
iniziative intraprese dalla Confederazione benedettina,
come questo documento che esprime quindi la realizza-
zione dei principi fondamentali che hanno guidato le
riforme realizzate nei monasteri negli ultimi decenni
del secolo XX.
Il rinnovamento monastico postconciliare rispon-
deva ai desideri e alle disposizioni del Concilio e alle
nuove esigenze di riconfigurazione e ridefinizione del-
lidentit monastica che si avvertivano in molte comu-
nit benedettine. Il documento: La vita benedettina co-
niugava lanelato rinnovamento, che le nuove circostan-
ze ecclesiali e sociali rendevano inevitabile, con le di-
sposizioni conciliari nellunico organo di alta rappre-
sentanza benedettina che poteva fare da tramite nellat-
tuare il rinnovamento: lautorit dellAbate Primate e
del Congresso degli Abati. Il compito non si presenta-
va facile, ma fu realizzato.
Litinerario della formazione del Documento ebbe
un obiettivo duplice: da una parte, trovare laccordo tra
una maggioranza di abati benedettini circa le questioni
che dovevano essere affrontate e revisionate a livello
teorico. Dallaltra, elaborare, come impresa congiunta
di molti abati e consultori esperti in teologia e storia, un
documento base, accettato dalla maggioranza, che
esponesse gli elementi principali di una spiritualit be-
nedettina, al tempo stesso tradizionale e rinnovata.
Questo documento dovr servire da base per un ade-
guato rinnovamento pratico della vita benedettina nei
monasteri, come segno di una riflessione comune nelle
comunit.
Limportanza del lavoro svolto dalla Confederazio-
ne durante il Concilio e dei documenti elaborati con-
servano tutto il loro valore e, in parte, continuano ad
ispirare, nel presente, le comunit, soprattutto perch
gli studi esistenti fino ad oggi non mancano di essere
frammentari e parziali, e il compito che resta da fare in
codesto senso verso una elaborazione sistematica e
completa della spiritualit benedettina rimane aperto.
Lo spirito di rinnovamento nella Chiesa, dopo il Conci-
lio, rimane come un valore permanente, che sotto la
guida dello Spirito, illumina il costante desiderio di fe-
delt al Vangelo che deve attualizzarsi in ciascuna epo-
ca. Il valore del rinnovamento monastico postconcilia-
re risiede giustamente nella sapienza spirituale e umana
che dimostr nel gestire e nellapplicare il principio di
rinnovamento, costante della Chiesa, alle circostanze
particolari della confederazione benedettina presenti
negli ultimi decenni del secolo XX.
Traduzione dallo spagnolo
di TEODORO M. MUTI, osb oliv.
I. Vocazione universale alla santit e vocazione benedettina
45
La vita benedettina
44
LA VITA BENEDETTINA
Congresso Confederazione Benedettina
Commissione monastica
Traduzione di ENRICO MARIANI
I. Vocazione universale alla santit e vocazione benedettina
47
I. Vocazione universale alla santit e vocazione benedettina
46
Nota del Traduttore
La presente traduzione stata condotta sul testo uf-
ficiale in lingua francese (Congrgations monasti-
ques confdres O.S., La vie bndictine. Proposi -
tions approuves par le Congrs des Abbs 1967,
Supplment la Lettre de Ligug, 128, mars
1968), confrontandolo con la traduzione latina, mes-
sa a disposizione grazie allinteressamento e allaiu-
to del Segretario del Rev.mo P. Abate Primate della
Confederazione O.S.B., che si desidera qui sentita-
mente ringraziare.
Sul documento era stata gi condotta una traduzio-
ne italiana (La vita benedettina. Proposte approvate
dal Congresso degli Abbati [1967], estratto da Ora
et labora, 23/2 [1968]), che per si presentava, so-
prattutto in alcuni punti, come una vera e propria pa-
rafrasi e ampliamento rispetto al testo francese de-
finitivo, a differenza del quale introduceva in nota an-
che un maggior numero di citazioni della Regola e
del Magistero.
Diversamente dalla precedente traduzione italiana, il
presente lavoro intende seguire pi da vicino il det-
tato francese, che il testo ufficiale.
E. M.
Sommario
49
I. Vocazione universale alla santit e vocazione benedettina
48
Sommario
INTRODUZIONE
11. Unit e pluralismo nella Confederazione
I: VOCAZIONE UNIVERSALE ALLA SANTIT
E VOCAZIONE BENEDETTINA
12. Chiamata di Dio e risposta delluomo
13. Vocazione cristiana e vocazione benedettina
14. Vocazione personale e ruolo nella Chiesa
15. Carisma e istituzione
16. La Regola, norma di vita
II: LA SPIRITUALIT BENEDETTINA
CAPITOLO 1: La dimensione filiale della spiritualit
benedettina e la vita di preghiera
17. Spirito filiale
18. Opus Dei
19. Parola di Dio e Lectio divina
20. Preghiera personale
21. Silenzio
CAPITOLO 2: La dimensione pasquale della spirituali -
t benedettina e la penitenza
22. Ascesi e penitenza
23. Lumilt
CAPITOLO 3: La dimensione escatologica della vita
benedettina e il distacco dal mondo
24. La vita benedettina, segno escatologico
25. Vita fraterna
26. Celibato consacrato
27. Rinunzia alla propriet e povert
III: LISTITUZIONE BENEDETTINA
CAPITOLO 1: Limpegno di stabilit e la comunit
28. Limpegno di stabilit
29. La comunit e il monastero
30. Unit e diversit nella comunit
31. Lavoro
32. Lapostolato dei monaci
33. Vita eremitica
CAPITOLO 2: Limpegno di obbedienza e lAbate
34. Limpegno di obbedienza
35. Il valore dellobbedienza
36. LAbate
37. Autorit e dialogo
CAPITOLO 3: Listituzione benedettina nella Chiesa
38. Organizzazione
39. Legislazione
Sigle
AAS Acta Apostolicae Sedis
AG Decreto Ad Gentes sullattivit missionaria
della Chiesa
I. Vocazione universale alla santit e vocazione benedettina
51
Sommario
50
CD Decreto Christus Dominus sullincarico pasto-
rale dei vescovi
DH Dichiarazione Dignitatis Humanae sulla libert
religiosa
DV Costituzione Dei Verbum sulla divina rivelazione
EM Istruzione Eucharisticum Mysterium
ES Motu Proprio Ecclesiae Sanctae
GS Costituzione Gaudium et Spes sulla Chiesa
nel mondo contemporaneo
LG Costituzione Lumen Gentium sulla Chiesa
OT Decreto Optatam Totius sulla formazione dei
sacerdoti
PC Decreto Perfectae Caritatis sul rinnovamento
e adattamento della vita religiosa
PO Decreto Presbiterorum Ordinis sulla vita e il
ministero dei sacerdoti
RB Regula Benedicti [il testo francese cita da: S.
Benedicti Regula, Introduzione, testo, apparati,
traduzione e commento a cura di Gregorio
Penco, La Nuova Italia, Firenze 1958 (Biblio-
teca di Studi Superiori, 39), N.d.T.]
SC Costituzione Sacrosanctum Concilium sulla li-
turgia
Introduzione
11. Unit e pluralismo nella Confederazione
1. secondo la Regola di san Benedetto che tutti i
monaci benedettini fanno professione di vivere, a
qualsiasi Congregazione della Confederazione ap-
partenga il loro Monastero.
2. Tuttavia, le osservanze e perfino lorientamento di
questi monasteri, se si paragonano le une con le al-
tre, presentano differenze molto notevoli.
3. un fatto incontestabile che il monachesimo bene-
dettino si sia sviluppato, nel corso dei secoli, con una
grande variet di forme. Dal momento che essa non si
oppone a quello che essenziale alla vita monastica
come la descrive la Regola di san Benedetto, questa
variet manifesta piuttosto la vitalit della Regola e la
multiforme ricchezza del suo insegnamento.
Infatti nella sua indeterminazione, la Regola lascia
alla vita benedettina la possibilit di prestarsi a nu-
merosi adattamenti pur conservando una stretta fe-
delt ai suoi principi. Purch, certamente, resti salvo
in ogni Comunit il centro di gravit spirituale intor-
no a cui ogni monaco deve equilibrare, sempre ed in
ogni circostanza, i valori di cui fa professione.
laccento particolare posto su certi valori, come
laspetto ascetico, intellettuale, liturgico, missionario
o pastorale;
infine, nella misura in cui il contatto con la spiritua-
lit della Regola si faceva meno stretto, linflusso di
correnti spirituali estranee alla grande tradizione mo-
n a s t i c a .
Le conseguenze di questi fatti storici sono percepi-
bili nella vita attuale dei monasteri; influiscono sulla
loro spiritualit, la loro osservanza, il loro orienta-
mento e le loro attivit particolari.
6. Il Concilio Vaticano II ha ratificato tale diversit di
forme della istituzione monastica. Ricordandole che
deve restare fedele a se stessa e brillare sempre per
lautenticit del suo spirito, il Concilio precisa ch e
lufficio principale dei monaci prestare umile e no-
bile servizio della divina Maest, nel recinto del mo-
nastero, sia che essi si consacrino interamente ed in
modo esclusivo al culto divino, sia che legittimamen-
te si assumano qualche opera di apostolato o di ca-
rit cristiana
7
.
7. impossibile pretendere di dare un giudizio a
priori e senza sfumature sul valore e la legittimit di
questi modi di vivere cos diversi, che si trovano nel
mondo benedettino.
Introduzione
53
7
PC 9.
4. La stessa Regola di san Benedetto suggerisce le
principali ragioni che legittimano la diversit delle
sue applicazioni concrete:
la diversit dei doni di Dio
1
;
la diversit dei temperamenti
2
;
la diversit dei climi
3
;
la diversit dei lavori che assume ogni monastero
4
;
infine, il carisma dellAbate, che di precisare e di
rendere vivente la Regola stessa, con la facolt di
modificarne alcune disposizioni
5
.
5. Daltronde, la storia del monachesimo benedettino
ci mostra come una serie di fatti importanti abbiano
contribuito a diversificare notevolmente le forme che
esso riveste oggi. In particolare si noter:
linterpretazione che certi monaci, mossi da un do-
no carismatico, hanno dato alla Regola, per adattar-
la ai bisogni e alla spiritualit del loro tempo;
lespansione dei monasteri benedettini prima nei
differenti paesi dEuropa, poi del mondo intero, con il
conseguente adattamento alle diverse culture e ci-
vilt, ai bisogni urgenti della Chiesa locale ed anche
alle esigenze della Chiesa istituzionale
6
;
Introduzione
52
1
RB 40, 1.
2
RB 2, 31-32.
3
RB 40, 5; 55, 1-2.
4
RB 41, 2; 48, 7-9; 57.
5
RB 18, 22.
6
Il testo originale parla di Chiesa gerarchica, N.d.T.
Introduzione
55
Introduzione
54
Infatti, in certi casi vi si troverebbe un arricch i m e n t o ;
in altri, uno sforzo di adattamento o di inculturazione
a luoghi e a temperamenti determinati; viceversa, in
altri casi, bisognerebbe riconoscere che la vita mona-
stica, quale la considera la Regola, si impoverita.
8. Il fatto di consacrarsi a Dio mediante la profe s s i o-
ne monastica secondo una stessa Regola esige ch e
tutti i monaci benedettini si caratterizzino realmente
per un certo modo di vivere, quale lo determina la Re-
gola, cio, per luso di mezzi identici, da essa prescrit-
ti come necessari o essenziali alla sua finalit, e so-
prattutto per la fedelt allo spirito che ha ispirato que-
sta Regola.
attraverso la conformit a questi principi fondamen-
tali della Regola, che una comunit pu chiamarsi ed
essere veramente un monastero benedettino.
9. La diversit delle osservanze e delle attivit ha dun-
que dei limiti fuori dei quali la ricchezza del nostro plu-
ralismo potrebbe nuocere allessenza della nostra vita
monastica e allunit della famiglia benedettina confe-
derata.
Questi limiti non possibile determinarli in maniera
rigorosa e valida per tutti. ad ogni Congregazione,
ad ogni monastero poich essi soli conoscono in
modo vitale i loro propri caratteri e le circostanze che
condizionano la loro vita che spetta in definitiva la
responsabilit di valutare il pi giustamente possibi-
le lo scopo esatto del loro rinnovamento, nel deside-
rio sincero di ritornare ad una osservanza fedele dei
principi essenziali della Regola.
10. Cos pure, non spetta al Congresso degli Abati
di giudicare se legittima o no la maniera con cui
ogni monastero o ogni Congregazione intendono e
vivono concretamente il monachesimo benedettino.
11. Il Congresso desidera soltanto contribuire al rin-
novamento monastico, apportando gli elementi di
una riflessione comune e fraterna sulle basi essen-
ziali della vita benedettina. Questa riflessione potr
mettere in evidenza essa non ha altro scopo i
principi della nostra unit e quello che vi di positi-
vo nelle forme del nostro pluralismo.
Essa potr cos aiutare il rinnovamento post-conci-
liare nelle Congregazioni e nei monasteri, in armonia
con le norme del motu proprio Ecclesiae Sanctae.
Di qui la necessit di stabilire questi principi e rico-
noscerli insieme, tra di noi, alla luce della Regola,
della Scrittura e del rinnovamento conciliare.
dica ad ognuno mediante una mozione intima del suo
S p i r i t o
12
quale per lui il cammino della vita
13
.
b) Ecco perch la risposta delluomo a questa
santa vocazione di Dio
14
deve prendere anchessa,
in concreto, la forma di un impegno, libero e co-
sciente, in una via determinata.
c) La vita benedettina una di queste vie. Su-
scitata dallo Spirito di Dio, in un momento della sto-
ria, in continuit con le tradizioni monastiche prece-
denti, fedelmente vissuta da san Benedetto ed
espressa nella sua Regola, essa stata perpetuata
da Dio stesso, che volle nel corso dei secoli chiamar-
vi una moltitudine di altri uomini. san Benedetto
14. Vocazione personale e ruolo nella Chiesa
a) Come gli altri doni di Dio e, in particolare, co-
me le altre forme di vocazione cristiana, la vocazione
benedettina viene ricevuta e vissuta nella Chiesa.
Essa lo pure per la Chiesa, cio per la crescita del
corpo e la sua edificazione nella carit
15
.
b) Inseriti per il battesimo nel Corpo di Cristo,
che la Chiesa, noi lo siamo in una posizione deter-
minata, scelta per noi da Dio, e in cui abbiamo una
funzione propria da compiere
16
.
I. Vocazione universale alla santit e vocazione benedettina
57
12
Cf. 1 Cor 12, 11.
13
RB Prol. 20.
14
2 Tim 1, 9.
15
Ef 4, 16; LG 44.
16
1 Cor 12, 4-7.18.
I. Vocazione universale alla santit
e vocazione benedettina
12. Chiamata di Dio e risposta delluomo
a) Po i ch piaciuto a Dio Padre di sceglierci
nel Cristo, prima della creazione del mondo, per es-
sere santi e immacolati davanti a Lui, e, nel suo amo-
re, ci ha predestinati alladozione a figli
8
, noi ricono-
sciamo umilmente nel dono gratuito del Padre e nel-
la sua chiamata a vivere nella sua tenda
9
, la fonte
di tutta la nostra vita.
b) E noi, dopo aver creduto al Vangelo della no-
stra salvezza
10
, mediante la mozione dello spirito di
Cristo, abbiamo aderito al Padre, nella fede, la carit
e le opere
11
.
13. Vocazione cristiana e vocazione benedettina
a) In maniera concreta, Dio nella sua infinita li-
bert chiama ogni uomo personalmente ad una for-
ma particolare di vita cristiana e battesimale. Egli in-
Introduzione
56
8
Ef 1, 3-5.
9
RB Prol. 22.
10
Ef 1, 13.
11
LG 41, 42; GS 38; PC 1; DH 3.
bedirvi in tutto
19
, nella linea della sua professione.
Nessuna opera esterna, n osservanza, n attivit
utile, di qualunque tipo sia, deve distoglierlo da que-
sto scopo primordiale.
c) Quanto alla Chiesa istituzionale
20
, il suo com-
pito riguardo a questo carisma, che non trasmes-
so per le sue mani, non n di definirlo, n di susci-
tarlo. Essa lo accoglie, seguendo con docilit gli im-
pulsi dello Spirito Santo
21
, vi esercita il proprio ca-
risma di discernimento spirituale
22
, e ne regola le
manifestazioni, soprattutto quelle che hanno una in-
cidenza pastorale
23
.
d) Ma essa fa ancor di pi: mediante la sanzio-
ne ufficiale che d alla Regola, allautorit dei supe-
riori, allimpegno personale di ogni monaco, la Chie-
sa crea al suo interno una vera istituzione. Questa
incarna, garantisce e favorisce il carisma che, a sua
volta, deve sempre animarla
24
.
e) Tale istituzione non ha soltanto il valore cano-
nico di uno stato di vita. Radicata in atti liturgici, ha,
per coloro che vi si impegnano, il senso e il valore di
una consacrazione speciale a Dio e duna fonte di
grazia
25
.
I. Vocazione universale alla santit e vocazione benedettina
59
19
RB 20, 4; 49, 6.
20
Il testo originale parla di Chiesa gerarchica, N.d.T.
21
LG 45.
22
LG 12; PC 1.
23
CD 35, 4.
24
LG 43, 45; PC 1, 2.
25
LG 45; PC 5.
c) Dio non propone dunque la vita benedettina
a tutti indistintamente, come se si aspettasse, per
esempio, che i pi generosi vi si impegnino. La pro-
pone soltanto ad alcuni, e solo per essi, in ragione di
questa elezione divina, la via benedettina diventa la
migliore.
d) Ne consegue che la chiamata personale ri-
volta ad alcuni, non pone nessun paragone di valore
tra questa via e le altre; ed ancora meno un deprez-
zamento delle altre forme di vita cristiana.
15. Carisma e istituzione
a) Il dono e la chiamata per cui Dio invita alcuni
uomini alla vita benedettina, che oggi chiamiamo co-
munemente la vocazione benedettina, arrivano loro
mediante una mozione interiore e diretta dello Spiri-
to, a parte il possibile ruolo delle occasioni e degli in-
contri esterni, e non attraverso la mediazione auto-
rizzata dalla Chiesa istituzionale
17
. Questa vocazione
pu dunque essere designata, nel senso preciso che
ha questo termine nel Nuovo Testamento, come un
carisma
18
.
b) Il primo dovere del monaco benedettino
dunque di porsi e di rimanere costantemente atten-
to allazione dello Spirito in lui e disponibile per ob-
I. Vocazione universale alla santit e vocazione benedettina
58
17
Il testo originale parla di Chiesa gerarchica, N.d.T.
18
Cf. 1 Cor 12, 1.
ne stata fatta in quattordici secoli. Bisogna anche
tener presenti i diversi modi con i quali la Regola
oggi legittimamente praticata con lapprovazione
della Chiesa.
e) In modo pi immediato, la Regola si incarna
nella tradizione e nella vita attuale di una famiglia
monastica, che la mette in pratica sotto la luce dello
Spirito Santo e la guida autorevole del suo Abate.
LAbate e la Comunit osservano dunque la Regola
non in senso materiale, ma conservandole il suo ca-
rattere sempre attuale e vivo.
f) Alla luce di questo, necessario studiare e vi-
vere la Regola in modo che, al di l di alcuni elemen-
ti troppo legati al tempo
31
, o sorpassati
32
, essa resti
maestra di vita e di progresso, e non semplicemen-
te un documento del passato, o una raccolta di mas-
sime spirituali.
I. Vocazione universale alla santit e vocazione benedettina
61
31
ES 14.
32
Ibid., 17.
16. La Regola, norma di vita
a) La Sacra Scrittura, che Parola di Dio, per
i figli della Chiesa saldezza della fede, cibo del-
lanima, sorgente pura e perenne di vita spiritua-
l e
26
. Il Vangelo, in particolare, la norma suprema
di ogni forma di vita religiosa
27
.
b) La Regola, specchio fedele della Sacra Scrit-
tura, la legge sotto la quale il discepolo di san
Benedetto vuole militare
28
, onde tornare a Dio
sotto la guida del Vangelo
29
. Sia nelle linee fonda-
mentali della vita spirituale, sia nelle forme concrete
di organizzazione cenobitica, la Regola di san Bene-
detto normativa nei suoi princpi essenziali e per-
manenti.
c) Questa Regola deve essere accettata dal
monaco secondo il suo rapporto alla Scrittura, e co-
me proposta dalla Chiesa. Bench essa rifletta so-
prattutto lesperienza spirituale delluomo di Dio Be-
nedetto
30
, tuttavia essa offre una forma sempre at-
tuale di vita evangelica.
d) Per comprenderla bene e metterla in pratica,
necessario tener conto innanzi tutto della prece-
dente tradizione monastica, poi dellesperienza che
I. Vocazione universale alla santit e vocazione benedettina
60
26
DV 21; cf. DV 25.
27
PC 2a.
28
RB 58, 10.
29
RB Prol. 21.
30
II Dial. 2.
giorno si ascolta la voce
39
, per compenetrarsi dei
suoi insegnamenti
40
e obbedirgli con gioia
41
; a cui si
vuole rendere gloria
42
perfino nelle azioni pi mate-
riali
43
, e soprattutto Padre tenerissimo
44
, in compa-
gnia del quale si vuole abitare
45
, e nel quale in qual-
siasi circostanza
46
, soprattutto nei momenti pi dif-
ficili
47
, pienamente si confida.
b) Limmagine di Cristo si ritrova in modo parti-
colare nellAbate che si crede farne le veci
48
perch
partecipa della sua missione paterna; si trova pure
negli ospiti
49
, nei poveri
50
, nei malati
51
, e anche in
tutti i fratelli
52
.
c) In ogni loro azione i monaci benedettini vo-
gliono cercare Dio
53
, che per primo li ha cercati
54
.
Perci essi si dedicano in modo speciale, oltre che al
II. La spiritualit benedettina
63
39
RB Prol. 1, 9-10.
40
RB Prol. 1, 11-12; 2, 5.
41
RB Prol. 6, 35; 5, 14-16; 7, 11.20.
42
RB Prol. 29-32; 16, 5.
43
RB 57, 9.
44
RB Prol. 1, 20. 38.
45
RB Prol. 22-24.
46
RB Prol. 4, 29-31. 41.
47
RB 7, 39; 68, 5.
48
RB 2, 2; 63, 13.
49
RB 53, 1.7.
50
RB 53, 15 [si corregge qui lindicazione delledizione france-
se e della precedente traduzione italiana in cui si segnala il versetto
30 di RB 53, ma il Capitolo 53 della Regola ha solo 24 versetti,
N.d.T.].
51
RB 36, 1.
52
Cf. RB 71-72.
53
RB 58, 7.
54
1 Gv 4, 10; RB Prol. 14.19.
II. La spiritualit benedettina
Capitolo 1
LA DIMENSIONE FILIALE DELLA SPIRITUALIT BENEDETTINA
E LA VITA DI PREGHIERA
17. Spirito filiale
a) Il Padre che nei cieli ci ha chiamati nel Fi-
glio suo affinch, ricevendo lo Spirito di adozione,
abbiamo la vita per Cristo, con Cristo e in Cristo e
giungiamo alla gloria dei figli di Dio
33
.
Come ogni cristiano, ma con una particolare
forza, il monaco benedettino vede in Cristo la Via, la
Verit e la Vita
34
; egli nulla preferisce allamore di
Cristo
35
e lo segue in tutto
36
.
Parimenti, la vita benedettina possiede un carat-
tere filiale molto netto. Imitando il Figlio che nellamo-
re contempla il Padre faccia a faccia, il monaco vuo-
le che la sua vita scorra alla presenza di Dio
37
, Crea-
tore che si adora
38
, Maestro amatissimo di cui ogni
I. Vocazione universale alla santit e vocazione benedettina
62
33
Rm 8, 15-17; LG 3, 10; RB Prol. 1. 5.6; 2, 1-3.
34
Gv 14, 6.
35
RB 4, 21; 5, 2; 72, 11.
36
RB Prol. 3, 50; 2, 1-3; 4, 10.50.72; 5, 13; 7, 32.34; 53, 1;
73, 8.
37
RB 7, 13. 26-27.
38
RB 7; 16, 5.
prattutto, limportanza che essa attribuisce allufficio
di lode celebrato dai religiosi ed i benefici che se ne
aspetta
59
.
c) La vita spirituale della comunit come tale,
fatta soprattutto di carit tra i fratelli e verso tutti gli
uomini, ha bisogno di esprimersi nella preghiera co-
mune e di attingervi un alimento sostanziale. L u f f i c i o
divino, s y n a x i s
60
, unisce intimamente coloro che vi
pregano insieme.
d) Il mistero eucaristico per eccellenza il sa-
cramento dellunit. Sacrificio di lode e messa in at-
to della nostra redenzione, anche il vero centro
della Liturgia e di ogni vita cristiana
61
, specialmente
il centro di ogni comunit locale
62
.
ci che appare soprattutto nella messa con-
ventuale: riunendo attorno allaltare i membri della
famiglia monastica, coopera sacramentalmente alla
loro unione fraterna nel Corpo di Cristo in lode di
gloria di Dio Padre. Ai nostri giorni, secondo lo spiri-
to e la pratica della Chiesa, la messa conventuale
deve considerarsi anche come il centro della giorna-
ta, bench la Regola, come gli antichi documenti del
monachesimo , sembri ignorare la messa quotidiana.
e) I figli di san Benedetto, che hanno avuto una
parte importante nel rinnovamento liturgico della
II. La spiritualit benedettina
65
59
SC 84-85, 90, 95, 98.
60
RB 17 [, 7 N.d.T.].
61
Istruz. Sopra il culto del Mistero eucaristico, Eucharisticum
Mysterium del 25 maggio 1967, 1.
62
Ibid., 7.
lavoro, di cui si parler pi avanti, alla preghiera lode
comunitaria dellUfficio Divino e preghiera silenziosa
e alla Lectio divina. vero che tutti i cristiani sono, in
qualche modo, tenuti a queste attivit, ma i monaci
pi degli altri consacrano ad esse la parte migliore
del loro tempo.
18. Opus Dei
a) Tra gli elementi della vita benedettina, lOpus
Dei deve, secondo il precetto della Regola, occupa-
re il primo posto
55
. Se varie ragioni liturgiche, socio-
logiche, psicologiche possono indurre a modificare il
c u r s u s dellufficio stabilito da san Benedetto
56
,
lOpus Dei tuttavia dovr conservare sempre la sua
natura propria e il suo primato, per i monaci e per le
comunit, sia che si tratti della sua struttura, del tem-
po che vi si dedica o dello spazio che gli si d nel-
lorario quotidiano.
b) Infatti, il dovere individuale e sociale della lo-
de divina, che riguarda tutti i cristiani, stato sempre
considerato dalla tradizione monastica come il dove-
re per eccellenza del monaco, pensum servitutis
57
.
Inoltre, la Chiesa attraverso il suo magistero
58
, ha
spesse volte sottolineato, in questi ultimi tempi so-
II. La spiritualit benedettina
64
55
RB 43, 3; 58, 7; PC 7 e 9.
56
RB 8-18.
57
RB 49, 5; 50, 4.
58
Il testo originale parla di Chiesa gerarchica, N.d.T.
sia, essa supera, pur utilizzandoli quando ve n biso-
gno, linformazione puramente umana, il lavoro pro-
priamente scientifico, teologico o pastorale.
e) Essa esige sia una formazione adeguata, sia
le condizioni concrete che le permettono di essere
abitualmente praticata come una lettura orante, se-
rena ed assidua, vissuta nella fede e nellamore.
f) In tal modo la Lectio divina aiuta potentemen-
te il monaco a diventare sempre pi un uomo di
Dio, sensibile alla sua presenza e alle ispirazioni del-
la sua volont, pieno del suo spirito di sapienza, pre-
occupato di lodarlo, capace di servirlo in tutte le oc-
casioni della vita di comunit e di rendergli testimo-
nianza con la propria vita
69
.
20. Preghiera personale
a) San Benedetto, daccordo con il Vangelo
70
e
con tutta la tradizione monastica, invita il monaco al-
la preghiera privata o segreta
71
.
b) Preoccupato di rispettare la libert dello Spi-
rito
72
, si astiene dal fissarne i piani e il metodo; ma
la Regola invita a praticarla frequentemente
73
, con
II. La spiritualit benedettina
67
69
DV 21, 25; PC 6; cf. PO 18.
70
Mt 6, 6.
71
RB 4, 56; 20, 4; 49, 4-5; 52, 2-5.
72
RB 20.
73
RB 4, 56.
Chiesa, alimentano a questa fonte la loro spiritualit
tradizionale, cristocentrica ed ecclesiale.
19. Parola di Dio e Lectio divina
a) Con tutti i battezzati, ma in modo specialissi-
mo, il monaco vive in ascolto della Parola di Dio, per
riceverla, custodirla, obbedirle e metterla in pratica
63
,
e per entrare cos nella salvezza che essa apporta, e
anche per renderla a Dio nella propria preghiera,
sia individuale sia comunitaria.
b) Questa parola giunge al monaco per vie di-
verse, individuali o collettive: attraverso la Sacra
Scrittura, la Chiesa e la Liturgia, lAbate
64
e i fratelli,
come pure attraverso gli avvenimenti
65
.
c) La ricerca di Dio nella Parola scritta costitui-
sce lo scopo della Lectio divina
66
. Questo uno dei
mezzi pi comuni e pi caratteristici contenuti nella
tradizione monastica
67
.
d) Essa ha per oggetto primario la Sacra Scrittu-
ra; ma anche, in senso pi ampio, abbraccia i Padri, la
Tradizione, gli esempi e la dottrina dei santi, la rifles-
sione vivente della Chiesa nel corso dei tempi
68
. Os-
II. La spiritualit benedettina
66
63
Mt 13, 18-23; Lc 6, 47-49; 8, 21; 11, 27-28.
64
RB 2, 5. 12.
65
Cf. GS 11; PO 6.
66
Cf. DV 21; PC 6.
67
RB 4, 55; 48.
68
RB 73, 2-6.
21. Silenzio
a) Il silenzio, che spesso considerato oggi co-
me un segno di maturit umana, rende soprattutto il
monaco capace di coltivare in modo abituale il rac-
coglimento e lattenzione alla presenza di Dio. San
Benedetto lo descrive come uno spirito (t a c i t u r n i -
tas)
78
, senza escludere nondimeno il suo carattere
ascetico
79
.
b) Senza dare regole precise, san Benedetto in-
dica luoghi
80
e tempi
81
, in cui il silenzio deve essere
rigorosamente osservato, specialmente per ragioni
di carit.
c) Daltra parte, questo silenzio non esclude sin-
cere relazioni fraterne, senza di cui non vi sarebbe
vita propriamente cenobitica
82
.
d) Cos concepito, il silenzio non significa isola-
mento o ripiegamento su se stesso. Al contrario, es-
sendo il monaco alla presenza di Dio, d alle relazio-
ni con i suoi fratelli tutta la loro profondit anch e
umana. Esso dunque ancora pi necessario a
quelli che lobbedienza obbliga a contatti umani fre-
quenti.
II. La spiritualit benedettina
69
78
RB 6.
79
RB 7, 56-61; 4, 51-54; 6, 8; 43, 8; 49, 7.
80
RB 38, 5-8; 52, 2-5.
81
RB 42, 1. 8-11; 48, 5.
82
RB 4, 19.28.73; 23, 2; 27, 2-4; 31, 13-14; e per contrasto:
4, 51-54; 25, 2; 26, 1; 38, 8; 48, 21.
fervore
74
, a lasciarvisi introdurre per mezzo dellUffi-
cio
75
, a nutrirla di lettura.
c) Impregnata e favorita dallindispensabile cli-
ma di silenzio, in cui Dio parla, praticata fedelmente
e coraggiosamente in uno sforzo quotidiano, questa
preghiera deve essere per il benedettino una delle
componenti permanenti della sua vita di figlio: il col-
loquio incessante con il Padre
76
.
d) Nella misura in cui egli vive in questo stato di
preghiera, e qualunque sia il genere di vita del suo
monastero, si pu dire che il monaco nel deserto,
nel senso biblico e tradizionale di questo termine,
ossia in quel luogo interiore in cui deve ritirarsi per
incontrare Dio faccia a faccia nellamore
77
.
e) Questo anche ci che esprime in modo ge-
nerale, quando applicato ai benedettini, il termine
frequentemente impiegato di contemplativi, senza
escludere, bene inteso, n lorientamento pi speci-
fico di certe comunit, n le grazie particolari ch e
Dio d a chi vuole, indipendentemente da ogni con-
dizione esteriore.
II. La spiritualit benedettina
68
74
RB 20, 4.
75
RB 20, 5; 52.
76
Lc 18, 1; 1 Ts 5, 17; RB 20, 1-2.
77
Os 2, 16.
dai molteplici strumenti
89
. Essa pure una fatica e
un combattimento contro il diavolo
90
, contro i vizi
della carne e dei pensieri
91
, nella milizia di Cristo,
con le sante e gloriose armi dellobbedienza
92
. Que-
sta ascesi ha per scopo e risultato la purit del cuo-
re, condizione della preghiera
93
, il distacco dai beni
esteriori e interiori
94
. soprattutto rinuncia alla pro-
pria volont
95
, per compiere in tutto la volont di Dio
96
. Include la penitenza, per lespiazione delle colpe e
la correzione delle tendenze cattive
97
.
c) Strettamente associata al Mistero Pasquale, in
cui la vita riporta la vittoria sulla morte per mezzo del-
la morte, lascesi benedettina ha un carattere netta-
mente positivo: la mortificazione non ha altro fine
che di manifestare la vita immortale di Ges nella car-
ne e nello spirito delluomo mortale
98
. Essa non di-
sprezza nessun bene creato, ma la conseguenza
dun amore senza divisione: si tratta di non prefe r i r e
assolutamente nulla allamore di Cristo, come si espri-
me la Regola
99
, citando da santAntonio il Grande
100
.
II. La spiritualit benedettina
71
89
RB 4.
90
RB Prol. 28; 1, 4.
91
RB 1, 5; 7, 12-13.
92
RB Prol. 3.
93
RB 20, 3.
94
RB 4, 11-12.
95
RB Prol. 3; 3, 8; 4, 60; 33, 4.
96
RB 7, 32.
97
RB Prol. 47; 4, 57-58.
98
2 Cor 4, 10-11.
99
RB 4, 21; 72, 11.
100
Vita Antonii, PG 26, 865.
Capitolo 2
LA DIMENSIONE PASQUALE DELLA SPIRITUALIT
BENEDETTINA E LA PENITENZA
22. Ascesi e penitenza
a) Ogni vita cristiana una vita pasquale, es-
sendo nata dal battesimo, che seppellisce nella mor-
te del Cristo per resuscitare con Lui e vivere per
Dio
83
. Tutti, nella Chiesa, sono chiamati a cammina-
re al seguito del Cristo povero, umile e carico della
croce, per partecipare alla sua gloria
84
.
Ma il monaco, consacrato pi intimamente al
servizio del Signore con la sua professione
85
, si
impegnato a seguirlo in modo pi cosciente nella ri-
nuncia a se stesso
86
, e, perseverando nel monaste-
ro fino alla morte, a condividere le sofferenze di Cri-
sto per mezzo della pazienza, per avere parte anche
al suo regno
87
.
b) La vita pasquale del monaco benedettino,
nella sua realizzazione quotidiana, descritta dalla
Regola come una ascesi spirituale, lesercizio delle
virt e losservanza dei comandamenti, un progresso
nella fede e nelle buone opere
88
, unarte spirituale
II. La spiritualit benedettina
70
83
Rm 6, 1-11.
84
LG 41; GS 22, 4.
85
LG 44; PC 5.
86
RB 4, 10.
87
RB Prol. 50.
88
RB Prol. 49.
in ogni tempo e lungo tutto il corso dellan-
no che il monaco deve unirsi alla vittoria pasquale
di Cristo per mezzo della Croce, ma vi sono tempi
privilegiati per la penitenza, in rapporto con la litur-
gia
112
. Secondo questi principi, e secondo le diretti-
ve della Costituzione P o e n i t e m i n i del 17 fe b b r a i o
1 966, compete ad ogni monastero di rinnovare le
forme concrete della penitenza.
23. Lumilt
a) La Regola riassume lascesi monastica nei
dodici gradi di umilt
113
. Inserendosi nella tradizione
spirituale del monachesimo occidentale e orientale,
essa d a questa umilt un significato pi ampio di
quello che prevalso in seguito. Essa ne fa come la
sintesi delle virt cristiane nel piano della vita mona-
stica, e il codice della perfezione. Cos, per ogni uffi-
cio o funzione nel monastero, lumilt richiesta pri-
ma di tutto
114
.
b) Lumilt benedettina si radica nel timor di Dio,
nel ricordo costante della sua presenza e nella com-
punzione del cuore
115
. Sidentifica quasi con lobbe-
d i e n z a
116
e con la povert, nel senso ascetico e spi-
II. La spiritualit benedettina
73
112
RB 41; 49; SC 109-110.
113
RB 7.
114
RB 31, 13; cf. 3, 4; 21, 5; 38, 2; 47, 4; 57, 2-3; 60, 5; 62, 2.
115
RB 4, 57; 7, 10-11.64-65; 20, 3; 49, 4.
116
RB 5, 1; 7, 34-35.41.
Lascesi benedettina si caratterizza pure per la
sua discrezione: lausterit non vi ricercata per se
stessa, ma accettata quando le esigenze della carit
la rendono necessaria
101
; essa lascia spazio alle
aspirazioni dei pi forti, senza scoraggiare i meno vi-
g o r o s i
102
. Se vi sono dei passaggi angusti nella via
che conduce a Dio
103
, il discepolo di san Benedetto
vi cammina serenamente, in un clima di gioia e di pa-
ce, con il cuore dilatato
104
. Le opere stesse di pe-
nitenza si compiono nella gioia dello Spirito San-
t o
105
. La Regola parla volentieri
106
di una corsa
107
,
duna santa fretta
108
, sostenuta dalla speranza della
Santa Pa s q u a
109
e dal desiderio appassionato della
vita eterna
110
.
d) Se una tale ascesi innanzitutto uno sforzo
interiore, essa non saprebbe fare a meno di quegli
atti esteriori di penitenza, che sono segni e mezzi
della conversione a Dio e del progresso nella carit.
Il pi tradizionale fra essi, il digiuno
111
, anche oggi
non ha perduto niente della sua efficacia.
II. La spiritualit benedettina
72
101
RB Prol. 46-49.
102
RB 40, 1-4; 64, 19.
103
RB Prol. 48; 58, 8.
104
RB Prol. 49.
105
RB 49, 6; PC 7.
106
Il testo latino ha tradotto erroneamente con spesso (sae -
pe), N.d.T.
107
RB Prol. 22.42.44.49.
108
RB 5, 4-10; 7, 5; 72, 2.
109
RB 49, 7.
110
RB 4, 46.
111
RB 4, 13.
Capitolo 3
LA DIMENSIONE ESCATOLOGICA DEL L A VITA BENEDETTINA
E IL DISTACCO DAL MONDO
24. La vita benedettina, segno escatologico
a) Come ogni vita cristiana
124
, ma a titolo parti-
colare e in maniera pi nettamente visibile e signifi-
cativa
125
, la vita benedettina una vita escatologica,
ossia una vita che testimonia la presenza tra noi, fin
da quaggi, dei beni del Regno, gi in atto bench
ancora nascosta
126
.
b) Infatti, la Regola, pur presentando la vita
eterna come oggetto di una attesa e duna speran-
za ardenti
127
, mostra inoltre il monaco come un abi-
tante del tabernacolo del regno
128
, e la tradizione
unanime vede nella vita monastica una certa antici-
pazione della vita dei beati.
c) Pi ancora, dunque, dei fedeli ai quali si indi-
rizzava san Paolo, i monaci benedettini hanno il do-
vere di usare del mondo presente, come se non ne
u s a s s e r o
129
. Uno dei loro impegni pi delicati a
questo riguardo, sia che si tratti di definire la loro po-
sizione in genere, sia che si debba regolare la loro
II. La spiritualit benedettina
75
124
LG 48.
125
LG 44; PC 12.
126
1 Gv 3, 2; Rm 8, 16-18; Ef 2, 5-6; GS 38.
127
RB Prol. 17.42; 4, 46; 5, 3-10; 7, 11.
128
RB Prol. 22-24.39.
129
1 Cor 7, 31.
rituale della parola (sesto e settimo grado)
117
. Ordina
lapertura del cuore (quinto grado)
118
e la fusione del-
le singole individualit nella vita comune (ottavo e no-
no grado)
119
; si esprime con il silenzio e la gravit
(decimo, undicesimo e dodicesimo grado)
120
, che fa-
voriscono lo stato di preghiera.
c) Il paradosso cristiano della vita pasquale trova
una delle sue pi impressionanti manifestazioni in
questa ascensione spirituale dellumilt: lesalta-
zione che fa discendere e lumilt che permette di ri-
s a l i r e
121
. Come la vittoria pasquale della croce, que-
sta ascensione una grazia di Dio, opera dello Spiri-
to Santo, che purifica loperaio del Signore dai suoi
peccati e lo conduce alla carit perfe t t a
122
. Essa inol-
tre procura lo sviluppo della personalit umana, so-
prattutto sotto la forma di questa sapienza che san
Benedetto associa volentieri allumilt
123
.
II. La spiritualit benedettina
74
117
RB 7, 49-54.
118
RB 7, 44.
119
RB 7, 55-56.
120
RB 7, 59-60. 62.
121
RB 7, 7; Lc 14, 11; 18, 14; Mt 23, 12.
122
RB 7, 67-70.
123
RB 7, 61; 27, 2-3; 31, l; 53, 21-22.
f) Qualunque sia il senso dellespressione c o n -
versatio morum al tempo di san Benedetto e qualun-
que siano le implicazioni spirituali che si possano le-
gittimamente dare a questa nozione, certo che, fa-
cendone promessa
137
, il benedettino simpegna per-
sonalmente e risolutamente ad un genere di vita che
contrasta con quello del secolo. Lequivalenza cano-
nica ammessa tra questa promessa e i voti di castit
e povert perfetta indica che, secondo lintenzione
stessa della Chiesa, i tratti costitutivi di questo gene-
re di vita sono, insieme alla vita comune, il celibato
consacrato e la rinunzia ad ogni propriet individuale.
25. Vita fraterna
a) Sostanzialmente identica allamore di Dio, la
carit fraterna la legge fondamentale del Regno
dei cieli
138
e, nello stesso tempo, il suo contrasse-
gno maggiore
139
. Essa dunque la legge del bene-
dettino come di ogni cristiano
140
, la fonte di tutte le
sue buone opere
141
e il compendio di tutta la sua
R e g o l a
142
, e questo senza alcuna contraddizione
con lelemento di solitudine interiore che accompa-
gna quaggi ogni vita consacrata allapprofondimen-
II. La spiritualit benedettina
77
137
RB 58, 1.17.
138
Gv 15, 12; Mt 22, 36-40; Rm 13, 9-10.
139
1 Gv 3, 14; PC 15.
140
LG 42.
141
RB 4, 1-2.
142
RB 72.
attivit in ogni caso concreto, consiste nellunire ar-
monicamente presenza al mondo e distacco da es-
so, poich luna e laltro sono necessari perch svol-
gano questo ruolo di segno del Regno che la Chie-
sa e il mondo stesso attendono da loro
130
.
d) Ci che sicuro, che latteggiamento del
monaco di fronte al mondo si conforma a quello di
C r i s t o
131
e della Chiesa
132
. Egli non lo disprezza, n
lo fugge indistintamente; piuttosto lo supera, antici-
pando per certi aspetti della sua vita il mondo futuro;
per questo che si rende estraneo, almeno in spirito
e fino ad un certo punto nelle azioni, alle mansioni
proprie del tempo presente
133
.
e) Un tale distacco dal mondo, non essendo di-
sprezzo ma superamento, non riguarda soltanto tut-
to ci che cattivo
134
, ma anche certi beni positivi e
certi valori reali
135
. Lingresso nel monastero di per
se stesso una scelta fra i valori esistenti, e pertanto
implica che si rinunzi deliberatamente a certe possi-
bilit legittime di sviluppo umano
136
.
II. La spiritualit benedettina
76
130
Paolo VI, Discorso a Montecassino, 24 [il testo francese in-
dica erroneamente il 26, N.d.T.], ottobre 1964.
131
Gv 17, 15-16; 18, 36.
132
GS 1-3; Paolo VI, Discorso del 14 settembre 1965 e del 7
dicembre 1965; Messaggio del Concilio dell8 dicembre 1965.
133
RB 4, 20.
134
RB Prol. 7 [si corregge lindicazione del versetto 17 data
dal testo francese, N.d.T.]; 4, 58.
135
PC 5.
136
RB 57.
aiuto per correggerli
154
, di perdono
155
, e anche di
preghiera gli uni per gli altri
156
.
26. Celibato consacrato
a) Uno degli interventi di Cristo che esprime
una vocazione particolare in seno alla vocazione cri-
stiana, consiste nella chiamata personale a seguirlo
nel celibato volontario
157
.
b) Questa chiamata, ripresa da san Paolo
158
, in
relazione con il Regno dei cieli
159
; si tratta di imitarne
il modo di vivere fin da quaggi, perch la sua immi-
nenza
160
, o meglio, la sua presenza anticipata, rende
relativi, bench reali, i beni del tempo presente
161
.
c) Il celibato cos vissuto deve essere riconosciu-
to come un dono insigne della grazia. Bench com-
porti una vera privazione, esso nondimeno una con-
sacrazione totale a Dio degli istinti pi profondi della
natura umana, capace di accendere nel cuore del mo-
naco un amore pi assoluto a Dio e pi aperto a tutti
gli uomini. Perci, un segno privilegiato del Regno
dei Cieli e della verginit della Sposa di Cristo
162
.
II. La spiritualit benedettina
79
154
RB 23, 2-3; 27, 2-3.
155
RB 4, 29-33.72-73; 13, 12-13.
156
RB 27, 4; 28, 4-5; 44, 4; 58, 23.
157
Mt 19, 11-12; LG 42.
158
1 Cor 7.
159
Mt 19, 11-12; 22, 30.
160
1 Cor 7, 26-29.31.
161
1 Cor 7, 38.
162
PC 12; OT 10; PO 16.
to dei rapporti personali con Dio. Essa pure, unita
alla ricerca di Dio, loggetto principale della testimo-
nianza che i monaci devono rendere.
b) Essa si pratica verso tutti gli uomini, principal-
mente i meno favoriti, poich chiunque di loro, appe-
na si presenta, deve essere accolto come il Cristo in
p e r s o n a
143
. Tuttavia soprattutto fra i fratelli stessi
che essa pu, con le grandi strutture monastich e ,
tendere ad acquistare anticipatamente i contrassegni
della carit del Regno futuro: purit perfe t t a
144
, tota-
le disinteresse
145
, perseveranza e fe d e l t
146
.
c) Questa carit fraterna si traduce, secondo la
Regola, in atti e abitudini molto concreti: il rispet-
t o
147
, lobbedienza reciproca
148
, e soprattutto il ser-
v i z i o
149
, il tutto sottomesso a un ordine
150
, genera-
tore darmonia e di pace.
d) Essa , daltronde, realista e accetta gli uo-
mini come sono. Di qui i suoi aspetti di misericordia
verso le debo l e z z e
151
, di sostegno nelle difficol-
t
152
, di sopportazione paziente dei dife t t i
153
, di
II. La spiritualit benedettina
78
143
RB 53, 1-2.15.
144
RB 72, 8.
145
RB 72, 7.
146
RB 27, 4.
147
RB 4, 8.70; 63, 10-12.15-17; 72, 4.
148
RB 71, 1-4; 72, 6; cf. 36, 1-5.
149
RB 35, 1-2.6.
150
RB 63.
151
RB 36; 37; 53; 61.
152
RB 27, 2; 35, 3; 36, 5.
153
RB 72, 5; cf. 31, 7; 36, 5.
una messa in comune integrale dei beni
168
. La co-
munit cos descritta spesso citata nella Regola
come il prototipo ispirato della vita comune bene-
dettina
169
.
d) Oltre al suo aspetto escatologico e al suo va-
lore ascetico, la rinuncia totale ai beni terreni ha per
noi benedettini, un duplice significato teologale. Da
una parte, essa obbliga il monaco a vivere consape-
volmente e deliberatamente
170
nella speranza, in di-
pendenza dal Padre celeste, rappresentato dal Pa-
dre del Monastero
171
. Dallaltra parte, essa orienta
visibilmente verso la gloria di Dio ogni uso dei beni
e dei mezzi terrestri fatto in comunit
172
.
e) Se la Regola non vuole che i monaci manch i-
no del necessario
173
, essa li invita anche a contentar-
si di poco
174
, e, pi precisamente, di quanto ba-
s t a
175
, come anche a preferire, in quel che loro oc-
corre, le cose pi semplici
176
. Cos essi parteciperan-
no alla povert di Cristo che, da ricco che era, si fat-
to povero per arricchirci con la sua povert
177
. Cos,
parimenti, essi daranno pure la testimonianza di po-
II. La spiritualit benedettina
81
168
At 2, 44; 4, 32.
169
RB 33, 6; 34, 1; 57, 5-6.
170
Il testo latino riporta erroneamente strenue, N.d.T.
171
RB 33, 5.
172
RB 35, 16; 57, 9.
173
RB 33, 5; 55, 19.
174
RB 7, 49-50.
175
RB 39, 1. 3-4; 40, 3; 55, 4.15.
176
RB 55, 7.
177
2 Cor 8, 9; PC 13.
d) Il celibato non trattato nella Regola che per
a l l u s i o n e
163
, perch la tradizione anteriore vedeva
gi in esso uno degli elementi fondamentali della vi-
ta monastica e una delle caratteristiche della rinun-
zia totale per amore di Cristo.
27. Rinunzia alla propriet e povert
a) Nel Vangelo, si vedono alcuni uomini chiamati
dal Signore a lasciare tutto per seguirlo
164
, mentre
altri, pur seguendolo fedelmente, non hanno rinuncia-
to ai loro beni
165
. Nella Chiesa, parimenti, se il distac-
co richiesto a tutti come condizione per seguire il
Cristo
166
, la rinunzia totale e istituzionale ai beni terre-
ni ne una forma riservata ad alcuni per vocazione.
b) Come il celibato, questa rottura con ogni pro-
priet individuale messa in rapporto con il modo di
vita escatologico
167
.
Come il celibato, essa non implica dunque alcun
disprezzo del mondo presente e dei beni creati da
Dio, ma un superamento in vista duna anticipazione
del mondo futuro.
c) Fin dalle origini della Chiesa, essa stata vis-
suta collettivamente a Gerusalemme sotto forma di
II. La spiritualit benedettina
80
163
RB 4, 64; 72, 8.
164
Mt 4, 18-22; 19, 21.27-29; LG 42.
165
Lc 8, 2-3; 23, 49.
166
Mt 16, 24; 19, 27-29.
167
Mt 19, 21.29.
III. Listituzione benedettina
Capitolo 1
LIMPEGNO DI STABILIT E LA COMUNIT
28. Limpegno di stabilit
a) in una comunit concreta di cenobiti che il
monaco benedettino vive la sua vita di figlio di Dio.
Questa comunit composta di uomini che si sono
definitivamente uniti insieme con la medesima pro-
messa di stabilit
180
.
b) Questa stabilit, pur avendo un aspetto loca-
le e materiale, poich la comunit abitualmente
riunita in uno stesso luogo (claustra monasterii)
181
,
innanzi tutto di ordine personale e spirituale (sta -
bilitas in congregatione)
182
. Essa essenzialmente
un legame personale del monaco con la comunit, di
cui accetta i valori e i difetti, i bisogni e le aspirazio-
ni, la realt presente e levoluzione futura.
c) Una tale stabilit comporta uno spirito da ac-
quistare e da conservare. Incostanza e instabilit so-
III. Listituzione benedettina
83
180
RB 58, 17; 60, 9; 61, 5.
181
RB 4, 78.
182
Ibid.
vert effettiva, che oggi si attende da parte di ogni re-
l i g i o s o .
f) La Chiesa attende soprattutto questa testi-
monianza collettiva delle comunit, particolarmente
sotto forma di elemosina
178
. La Regola prescrive
che linserimento del monastero nei vari circuiti eco-
nomici sia per tutti un motivo per glorificare Dio
179
.
Questo dovere, oggi pi che mai urgente, esige da
ogni comunit uno sforzo sempre vigile di adatta-
mento alle condizioni del mondo circostante.
II. La spiritualit benedettina
82
178
PC 13; cf. RB 55, 9.
179
RB 57 [, 9, N.d.T.].
b) In ragione della stabilit a della profondit vi-
tale dei legami tra i suoi membri, la comunit bene-
dettina offre analogie sicure con una famiglia, da cui
tradizionalmente prende nome. Come essa, ha un
aspetto proprio, un modo caratteristico di vivere, dei
problemi propri e un unico destino
194
.
c) La comunit non soltanto per il cenobita un
ambiente umano: essa permette anche a ciascuno
dei suoi membri di comunicare con la vita di Dio, di
cui essa assicura a suo modo la presenza e lazione
195
. La vita comune si estende dunque, al di l del
suo aspetto materiale, a tutti i settori.
d) Il monastero per il monaco una casa di
Dio
196
, una scuola del servizio divino
197
, unoffi-
cina dove esercitare gli strumenti delle buone ope-
re
198
, il che sottolinea la sua finalit soprannatura-
le. fatto per assicurare al monaco un ambito
199
e
dei mezzi favorevoli al suo impegno di conversione
permanente
200
.
e) La clausura, di cui la Regola sottolinea so-
prattutto lutilit ascetica
201
, legata perci a dei dati
psicologici e variabili, ha pure altri significati. Da una
III. Listituzione benedettina
85
194
RB 72, 12.
195
Cf. RB 1, 5.
196
RB 31, 19; 53, 22.
197
RB Prol. 45; cf. 1, 3.
198
RB 4, 75-78.
199
Il testo latino riporta erroneamente locum, N.d.T.
200
RB Prol. 35-38; 4, 76-78.
201
RB 66, 7; 67, 4-5.
no nemiche di ogni vita spirituale seria
183
; al contra-
rio, la stabilit rende pi facile la pratica delle buone
opere
184
.
d) Pi profondamente ancora, la stabilit monasti-
ca una maniera particolare, ma specialmente bella, di
rispondere alla fedelt immutabile di Dio per mezzo di
una fedelt umana che ne d una certa immagine
185
,
cos come la Chiesa indefettibilmente unita a Cristo,
suo Sposo, con la stabilit della sua fede
186
.
29. La comunit e il monastero
a) La comunit chiamata nella Regola una
schiera di fratelli
187
, un gregge
188
, un corpo
189
; tutte
queste immagini
190
mostrano la sua unit profonda, in
seno alla quale ognuno ha il proprio ruolo al servizio di
tutti
191
. Non bisogna dimenticare pertanto la dottrina
della Chiesa, secondo la quale ogni comunit al ser-
vizio delle persone
192
e deve particolarmente svilup-
pare la loro responsabilit, e non soffocarla
193
.
III. Listituzione benedettina
84
183
RB 1, 10-12.
184
RB 4, 78.
185
Cf. per contrasto RB 58, 18.
186
LG 44.
187
RB 1, 5.
188
RB 2, 8.39; 27, 5-9.
189
RB 61, 6.
190
Il testo latino riporta erroneamente vocabula, N.d.T.
191
RB 35, 1-6; 72, 7.
192
GS 25, 1-2; 26, 3; 27.
193
GS 31; PC 14.
me un rispetto dei doni di Dio, e questo dai livelli pi
spirituali
205
a quelli pi materiali
206
.
c) Fra i doni di Dio, bisogna dare un posto spe-
ciale al sacerdozio
207
. Esso non essenziale alla vi-
ta monastica, che sussiste in modo completo indi-
pendentemente dal sacerdozio, perch radicata di-
rettamente nel battesimo, da cui ricava tutta la sua
forza e la sua efficacia. Tuttavia, sacerdozio e vita
monastica, lungi dallescludersi, possono unirsi inti-
mamente nel monaco sacerdote
208
. Secondo la Re-
gola, spetta allAbate di regolarne la distribuzione
nella sua comunit, tenendo conto al medesimo
tempo del dono di Dio ad un uomo determinato e
delle esigenze del bene comune.
d) Le differenze individuali non impediscono ch e
nel monastero tutti siano uno in Cristo e professino il
medesimo servizio
209
; la Regola vi insiste in modo
particolare per quanto riguarda i sacerdoti
210
. ch i a-
ro dunque che, per la loro professione, tutti i monaci
sono tali al medesimo titolo e uguali, con i medesimi
diritti e obblighi
211
.
III. Listituzione benedettina
87
205
RB 20, 4; 49, 6.
206
RB 40, 1-6.
207
RB 60; 62.
208
RB 60, 2; 62, 4; Paolo VI, Allocuzione del 18 novembre
1966.
209
RB 2, 20.
210
RB 60, 2-3; 62, 3-7.
211
PC 15.
parte, essa protegge la costituzione e la conserva-
zione dello spirito di famiglia; daltra parte, essa im-
pedisce alla comunit, di tipo pi specialmente esca-
tologico, di confondersi nel resto del Popolo di Dio,
pi incorporato nel secolo presente. Il suo valore
dunque lungi dallessere legato, di diritto, allautar-
chia economica a cui collegata nella Regola
202
, ma
che non un elemento permanente e necessario
della vita benedettina.
30. Unit e diversit nella comunit
a) Lunit della comunit non esclude, qualora
essa sia numerosa, una organizzazione interna in uni-
t pi piccole
203
, ma solo ci che dividerebbe i cuo-
r i
204
. Queste unit ristrette, che possono daltra parte
essere concepite secondo modelli differenti, meno ri-
gidi delle decanie della Regola, contribuendo a man-
tenere alle relazioni fraterne il loro carattere persona-
le, umano e familiare, sono in ultima analisi a profitto
della carit e quindi dellunit.
b) Lunit della comunit, non esclude, anzi ri-
chiede, le diversit personali. Vi sono pochi punti sui
quali la Regola insiste di pi che sul rispetto di que-
ste diversit, concepito in modo soprannaturale co-
III. Listituzione benedettina
86
202
RB 66, 6-7.
203
RB 21 [, 2, N.d.T.]; 65, 12.
204
RB 65, 7-9; 69-70.
prolungamento dellopera del Creatore, un apporto
personale alla realizzazione del piano provvidenziale,
un mezzo di sviluppo delle sue facolt umane
219
,
unopera di ascesi redentrice, e un mezzo normale per
guadagnarsi da vivere
220
.
f) Le diverse forme attuali di lavoro monastico,
se soddisfano ai precetti della Regola, costituiscono
una espressione delle possibilit di legittimo adatta-
mento della vita monastica benedettina alle circo-
stanze di tempi e di luoghi, cos come ai bisogni e
aspirazioni legittime di ogni monastero.
Tali diverse forme di lavoro, sia che si tratti del-
linsegnamento, per esempio, o di altre attivit di
questo genere, sono dunque una parte integrante
della vita dei monaci che vi si dedicano.
32. Lapostolato dei monaci
a) La carit, per la sua inclinazione naturale, ten-
de a contribuire alla crescita del Corpo di Cristo
221
. I
monaci non sono dispensati pi degli altri cristiani dal-
lassumersi, per quanto li concerne, il dovere apostoli-
co e missionario della Chiesa, individualmente
222
, e
soprattutto per mezzo della loro comunit
223
. Questa
III. Listituzione benedettina
89
219
GS 35.
220
RB 48.
221
Ef 4, 15-16; cf. LG 7, 30.
222
AG 36.
223
AG 37; PO 6; PC 20.
31. Lavoro
a) Oltre al tempo dedicato alla preghiera, la vita
del monaco si divide tra lavoro e lettura
212
, essa ri-
chiede un certo equilibrio fra questi tre elementi.
b) Ci che la Regola dice del lavoro manuale,
che si deve tenere in grande stima, si applica a tut-
te le forme del lavoro.
c) Il lavoro , secondo san Benedetto:
un rimedio contro lozio
213
,
una forma di povert
214
,
un servizio reciproco
215
nella giustizia e nella
carit.
d) Parimenti san Benedetto fa attenzione ch e
ogni lavoro si compia:
in rigorosa umilt e perfetta onest
216
,
in uno spirito di libert e di obbedienza
217
,
con competenza e coscienza professionale
218
.
e) La dottrina attuale della Chiesa chiarisce e ap-
profondisce ancora di pi il ruolo del lavoro nella vita
delluomo. Il monaco, sottomesso allobbligo universa-
le del lavoro, deve fare di esso, come ogni cristiano, un
III. Listituzione benedettina
88
212
RB 48.
213
RB 48, 1.
214
RB 48, 7-8; PC 13.
215
RB 35, 6.
216
RB 57, 2-7.
217
Cf. RB 48, 3.11.
218
RB 31, 32.
lit. Secondo san Benedetto, essa offerta a tutti
senza distinzione, ma soprattutto ai poveri
227
. Essa
non soltanto materiale; essa diretta a procurare
un nutrimento spirituale, la Parola di Dio
228
, che pu
assumere ogni tipo di forma adattata.
e) Questa ospitalit si estende, sotto una forma
particolarmente attuale ai nostri giorni, ai nostri fra-
telli separati, e si sviluppa in un dialogo che, in mo-
do speciale, la Chiesa stessa attende da noi
229
.
f) Perch la presenza della Chiesa nel mondo
abbia il suo completo sviluppo, occorre che la vita
monastica sia inculturata nei paesi ove essa ancora
non esiste, specialmente nelle giovani Chiese
230
.
g) Capita infine che circostanze proprie a deter-
minati tempi e luoghi obblighino dei monaci, per ra-
gioni pressanti di giustizia e di carit, ad uscire dal
monastero per procurare agli uomini un bene spiri-
tuale indispensabile, per esempio mediante attivit
missionarie o parrocchiali. Se esse portano il sigillo
dellobbedienza e dello spirito monastico e, in quanto
le circostanze lo permettono, sono compiute secondo
le norme di vita proprie dei monaci, tali attivit non ne
contraddicono la testimonianza essenziale, che resta
il dovere primo e insostituibile del monaco.
III. Listituzione benedettina
91
227
RB 53, 15.
228
RB 53, 9.
229
Paolo VI, Discorso agli Abati del 30 settembre 1966.
230
AG 18.
dimensione della loro vita, bench non esplicitata nel-
la Regola, stata riconosciuta da essi fin dalle origini
e vissuta in tutto il corso della storia.
b) Secondo la dottrina stessa della Chiesa, i
monaci adempiono gi efficacemente questo dove-
re mediante il loro essere monastico, che testimo-
nia il Regno dei cieli e fa irraggiare allesterno la pre-
senza di Cristo vivente nella comunit
224
.
c) Tuttavia, realmente presenti ai bisogni del
mondo, le comunit benedettine non possono con-
tentarsi di essere, esse devono agire. Ed qui che
intervengono, a diversificare questa azione, le condi-
zioni storiche o geografiche e il carisma proprio di
ogni comunit. Due grandi tipi di comunit si dise-
gnano cos, tra quelle delle quali il Concilio ha tenu-
to a legittimare lesistenza. Le une vogliono condur-
re una vita interamente nascosta e non agiscono
che mediante la loro preghiera; esse non sono me-
no realmente apostoliche. Le altre, legittimamente
spinte dalla carit, si impegnano pi attivamente nel-
le opere
225
. A tutte si applica la frase di santAgo-
stino: Otium sanctum quaerit caritas veritatis, nego-
tium iustum suscipit necessitas caritatis
226
.
d) La forma pi universale e pi tradizionale of-
ferta al mondo della presenza dei monaci lospita-
III. Listituzione benedettina
90
224
AG 40; PC 7; Paolo VI, Discorso alle Abbadesse Benedet -
tine, AAS 68 (1966), pp. 1160-1161.
225
PC 9.
226
Agostino, De Civ. Dei, XIX, 19.
zio pi rigoroso, dedicandosi maggiormente alla lec -
t i o e alla preghiera. Spetta allAbate incoraggiare
queste esperienze e favorirli per quanto possibile,
procurando loro il luogo e le condizioni favorevoli.
Capitolo 2
LIMPEGNO DI OBBEDIENZA E LABATE
34. Limpegno di obbedienza
a) Lentrata in una comunit benedettina compor-
ta, con il voto di stabilit, un voto di obbedienza
233
.
b) Bench nel Vangelo questa forma istituzio-
nale dellobbedienza non appaia esplicitamente co-
me loggetto duna chiamata speciale e personale
del Signore allo stesso titolo della rinuncia al ma-
trimonio e alla propriet, la Chiesa ha sempre con-
siderato che il monaco, per questo mezzo, segue il
Cristo in maniera tutta particolare, partecipando
alla sua obbedienza al Pa d r e
234
.
c) Una tale forma di obbedi enza non solo per
il benedettino un inquadramento giuridico e neppu-
re una condizione accettata pi o meno volentieri
per essere ammesso nella comunit; essa , sotto
molteplici aspetti, un bene spirituale al quale il mo-
III. Listituzione benedettina
93
233
RB 58, 7.10.14.17; 60, 2-3.
234
LG 42; PC 14.
33. Vita eremitica
a) desiderabile che la vita benedettina, di per
s cenobitica, resti aperta alle esperienze eremiti-
che
231
. Queste sembrano trovare ai nostri giorni una
attualit nuova.
b) Una vera vocazione eremitica, nata nel seno
di una comunit benedettina, pu costituire un se-
gno della vitalit spirituale di questa comunit. Essa
presuppone una chiamata speciale di Dio, e, normal-
mente, una lunga prova nella vita cenobitica
232
.
c) LAbate dovr dunque esaminare prudente-
mente e provare seriamente il desiderio che spinge
uno dei suoi monaci verso la maggiore solitudine del
deserto, per riconoscere se essa viene dalla grazia e
conduce ad una ricerca di Dio pi esigente e pi as-
soluta. In questo caso, una simile vocazione deve es-
sere accolta e favorita generosamente come un do-
no dello Spirito Santo alla comunit e alla Chiesa.
d) Il passaggio definitivo al genere di vita eremi-
tica piuttosto eccezionale nelle nostre comunit
benedettine, escluso il caso della Congregazione
Confederata Camaldolese. Ma la grazia pu suscita-
re pi frequentemente il desiderio della solitudine
secondo una misura relativa: essa spinge alcuni ce-
nobiti a ricercare, di tanto in tanto e per un periodo
limitato, un contatto pi intimo con Dio, in un silen-
III. Listituzione benedettina
92
231
RB 1.
232
RB 1, 3-5.
mettersi in ascolto delle tradizioni e della saggezza
della sua comunit
241
, essere diligente nel formarsi
una coscienza retta.
b) Il monaco si cinge delle armi forti e splenden-
ti dellobbedienza, per giungere a rinunciare alla pro-
pria volont
242
e cercare cos pi efficacemente la
volont di Dio
243
. Questa obbedienza, lungi dallat-
tentare alla vera libert dei figli di Dio, piuttosto li-
berazione dagli attaccamenti causati dalla ricerca di
s, e mezzo privilegiato per acquistare e conservare
la libert spirituale
244
.
c) Il monaco non solo imita lobbedienza di Cristo,
che non venuto a fare la sua volont, ma la volont
di Colui che lo ha mandato
245
; ma ancora, in virt del-
la sua professione, partecipa in modo tutto particola-
re alla Passione e allesaltazione di Cristo, comuni-
cando allobbedienza salvifica di Colui che si fatto
obbediente fino alla morte per la salvezza di tutti
246
.
d) Per mezzo dellobbedienza che pratica verso
lAbate, e verso i suoi fratelli
247
, il monaco manifesta
la volont di consacrarsi al servizio di Dio. Pe r c i
lobbedienza ha un valore di segno e contribuisce al-
la edificazione della comunit.
III. Listituzione benedettina
95
241
RB 7, 55; 73, 2-6.
242
RB, Prol. 3.
243
RB 7, 19-22.31-33.35-43.
244
PC 14.
245
Gv 6, 38; RB 5, 13; 7, 32.
246
Fil 2, 8; PC 14; RB Prol. 50; 7, 34.
247
RB 71, 1-4.
naco d il pi ampio spazio possibile nella sua vita,
estendendola a tutti i suoi fratelli
235
.
d) Essa tuttavia lega il monaco in modo asso-
lutamente speciale con il suo Abate
236
, ed pro-
prio in questa forma che essa stata prima di tut-
to desiderata da lui
237
. La vita benedettina es-
senzialmente un servizio sotto una Regola e un
A b a t e
238
.
e) Lesercizio concreto e i tratti psicologici di
questa relazione fra i monaci e il loro Abate sono de-
scritti nella Regola e ne costituiscono uno dei punti
pi importanti, uno di quelli il cui misconoscimento
snaturerebbe nel modo pi grave la vita benedettina.
35. Il valore dellobbedienza
a) Secondo la dottrina di san Benedetto, lobbe-
dienza comprende un aspetto pedagogico, che deve
essere ritenuto come legittimo anche oggi, pur ma-
n i festandosi in forme diverse; il monaco rimane
sempre discepolo nella scuola del servizio divino
239
.
Per imparare a scoprire e a realizzare la volont di
Dio, il monaco deve obbedire ad un superiore
240
,
III. Listituzione benedettina
94
235
RB 71, 1; 72, 6.
236
RB 71, 3; 72, 10.
237
RB 5, 12.
238
RB 1, 2; cf. 3, 7-9.
239
RB, Prol. 45.
240
LG 42; RB 7, 34.41; 5, 12.
possa e debba farsi aiutare da monaci di sua scelta,
ai quali affida incarichi determinati
256
, e alla compe-
tenza dei quali egli deve normalmente affidarsi
257
.
e) Sia nel suo insegnamento, sia nel suo gover-
no, lAbate deve riferirsi costantemente alla Rego-
la
258
. Ma la Regola stessa gli fa un dovere di preci-
sare e di adattare certe sue prescrizioni
259
; essa lo
invita a prendere talvolta disposizioni diverse da
quelle che essa indica
260
.
LAbate compie dunque e perfeziona la Regola,
adattandola alle persone vive e alle circostanze con-
crete
261
, guidato dalla propria discrezione
262
. Egli
parimenti linterprete autorevole delle tradizioni
proprie della sua comunit; tenuto a far fruttifica-
re il patrimonio di saggezza e di valori, passati e pre-
senti, che costituiscono la fisionomia propria della
comunit.
f) Una tale funzione, e soprattutto la natura del
legame che unisce i monaci al loro Abate, suggeri-
scono una lunga durata nella carica, e perfino fat-
te salve certe tradizioni particolari una durata non
limitata, se non dalla capacit di assumere tali fun-
zioni per il bene di tutti.
III. Listituzione benedettina
97
256
RB 31, 15; 65, 15-16.
257
RB 32, 1-2; cf. 47, 1; 53, 21-22.
258
RB 3, 11; 64, 20.
259
RB 2, 23-25.31-32; 48, 9; 50, 1-2.
260
RB 2, 18-19; 18, 22-25; 42, 10; 43, 18-19; 48, 23; 51, 1-
2.
261
RB 34, 1-5; 36, 10; 37, 1-3; 40, 5.
36. LAbate
a) LAbate normalmente scelto fra i membri
della comunit, e da essi soli eletto
248
, a meno che
non si tratti di un fondatore, attorno al quale si co-
stituita spontaneamente una comunit.
b) Nella vita di ogni monaco egli ha la funzione
di un padre e rappresentante di Cristo
249
, per la me-
diazione del quale lobbedienza del monaco si dirige
al Signore stesso
250
. Confermata dallautorit della
Chiesa, tale funzione accolta dal monaco in spirito
di fede
251
.
c) LAbate, mediante il duplice insegnamento
della parola e dellesempio
252
, introduce il monaco
alla conoscenza e allamore della volont di Dio. In
questo compito egli pu farsi aiutare dai membri del-
la sua comunit esperti nellarte spirituale
253
.
d) Daltra parte, spetta allAbate di determinare
con il suo governo le condizioni concrete secondo le
quali ogni monaco dovr compiere questa volont di
D i o
254
. Perci tutta lorganizzazione del suo monaste-
ro affidata a lui solo
255
, bench, anche per questo,
III. Listituzione benedettina
96
248
RB 64.
249
RB 2, 1-2; 63, 13.
250
RB 5, 1-6.
251
RB 2, 2; 63, 13; PC 14.
252
RB 2, 11-15.
253
RB 27, 2-4; 46, 5; 58, 6.
254
Ad esempio RB 35, 5; 36, 10; 48, 24-25; 49, 8-10.
255
RB 63, 1-9; 65, 11.
d) Nella ricerca delle decisioni da prendere,
ognuno deve apportare, umilmente ma liberamente,
le sue opinioni personali, sia che si tratti di una de-
cisione generale per il bene comune
275
, sia dei casi
pi individuali o dei pi delicati
276
. Infatti, dovere co-
mune di tutti, Abate e monaci, allora di ricercare la
volont di Dio che pu esprimersi liberamente attra-
verso chi vuole
277
, come la Chiesa stessa ha recen-
temente sottolineato, insistendo sulla partecipazione
di tutti
278
.
e) La decisione poi spetta allAbate, eccetto i
casi previsti dal Diritto; dipende da lui, infatti, in virt
della grazia di stato del suo incarico, di dire lultima
parola, compiendo cos il consiglio dei fratelli
279
. E il
monaco deve tenere per certo che, anche qualora gli
venga domandato un atto eroico di coraggio
280
, di
fede e di amore
281
, avr lobbligo stretto di obbedire
contando sullaiuto di Dio.
III. Listituzione benedettina
99
275
RB 3.
276
RB 46, 5-6; 49, 8-10.
277
RB 3, 3; 61, 4.
278
GS 31; PC 4, 14; ES 2, 18-19.
279
RB 3, 2.5-6.
280
RB 7, 35-43.
281
RB 68, 4-5.
37. Autorit e dialogo
a) Rappresentante di Cristo, che non venuto
ad essere servito, ma a servire
263
, lAbate anche lui
un servo
264
, per il bene spirituale dei suoi fratelli
265
.
Non deve lasciarsene distogliere n a motivo di sen-
timenti personali
266
, n da preoccupazioni materiali,
a n che se ragionevoli
267
. Egli esercita la sollecitudine
in modo tutto particolare riguardo ai deboli e pi an-
cora alle anime malate
268
.
b) Da parte loro, i membri della comunit devo-
no sapersi indirizzare allAbate con cuore aperto
269
,
semplicit
270
, umilt
271
, e impegnare nella relazione
di obbedienza che hanno verso di lui tutte le forze vi-
ve del loro essere
272
.
c) Da ambo le parti, lunica fonte valida di questo
corretto atteggiamento lo spirito soprannaturale che
fa vedere allAbate nei suoi monaci il gregge del Si-
gnore, del quale dovr rendere conto
273
, e ai monaci,
nel loro Abate, lautentico rappresentante di Dio
274
.
III. Listituzione benedettina
98
262
RB 64, 17-19.
263
Mt 20, 28; Lc 22, 27.
264
RB 2, 31; 64, 21-22.
265
RB 2, 32; 64, 8.
266
RB 2, 16-22; 63, 2-3; 64, 16; 65, 22.
267
RB 2, 33-35.
268
RB 27; 28; 31, 9; 36; 37; 55, 21; 64, 10-15.
269
RB 7, 44; 46, 5.
270
RB 68, 2.
271
RB 3, 4-9; 5, 14-19.
272
RB 5, 16-19; PC 14.
273
RB 2, 6-10.37-40; 64, 7.
274
RB 5, 4-6.
gior parte del suo compito di vigilanza sui monaci e
le comunit.
39. Legislazione
a) Fra le consuetudini e le norme che completa-
no, adattano e, se necessario, modificano la Regola, le
pi importanti sono state sempre messe per iscritto in
documenti ai quali si danno nomi diversi: Dich i a r a z i o-
ni, Costituzioni, ecc., e che costituiscono il diritto parti-
colare delle singole comunit o di gruppi di comunit.
b) Linsieme costituito dalla Regola stessa e da
questo Diritto particolare, rappresenta la norma di
vita concreta del monaco benedettino, quella che si
impegnato a seguire con la sua profe s s i o n e .
c) La Chiesa ha recentemente ricordato che spet-
ta agli organismi religiosi stessi costituire e modificare
secondo i bisogni dei tempi questo Diritto particola-
re
284
. Beneficia dunque della sua completa garanzia.
d) Grazie a questa garanzia della Chiesa e nel-
la confidenza soprannaturale che essa gli deve ispi-
rare, il benedettino pu essere sicuro che levoluzio-
ne del Diritto particolare e della istituzione alla qua-
le si legato, non lo porter mai fuori della fedelt al
suo carisma originale e personale, e al contrario non
far che condurlo pi sicuramente a Dio.
III. Listituzione benedettina
101
284
ES 2, 1-4.6-8.12-14.18-19.
Capitolo 3
LISTITUZIONE BENEDETTINA NELLA CHIESA
38. Organizzazione
a) Secondo la sua stessa natura, come si
messo in luce pi sopra, la comunit benedettina
deve avere la libert di svilupparsi secondo i bisogni
e le aspirazioni legittime dei suoi monaci, sotto la re-
sponsabilit del proprio Abate. Ci richiede per essa
lindipendenza
282
.
b) Ci non impedisce affatto che questa comu-
nit, radunata attorno al Cristo per lasciarsi guidare
dal suo Spirito, sia, come ogni altra comunit cristia-
na, una autentica cellula della Chiesa.
c) Ci non impedisce nemmeno che le comuni-
t si raggruppino e si organizzino fra loro su diversa
scala, purch gli organismi cos creati, fedeli al prin-
cipio di sussidiariet, non si ingeriscano indebita-
mente negli affari delle comunit, n le paralizzino,
bens al contrario siano a loro servizio.
Questo vincolo cos stabilito tra le comunit e
lorientamento al bene comune, con la preghiera e
laiuto vicendevole che ne risultano, sono di grandis-
simo vantaggio.
d) La Chiesa istituzionale
283
, che riconosce ta-
li organismi, delega loro tradizionalmente la mag-
III. Listituzione benedettina
100
282
Cf. Paolo VI, Discorso agli Abati del 30 settembre 1966.
283
Il testo originale parla di Chiesa gerarchica, N.d.T.
La vita benedettina: Un dono sempre attuale del Signore alla sua Chiesa
103
LA VITA BENEDETTINA
UN DONO SEMPRE ATTUALE DEL SIGNORE
ALLA SUA CHIESA
ROBERTO NARDIN
Affrontare la lettura del documento: La vita benedet -
tina significa cogliere i primi frutti, talvolta ancora acerbi
e prematuri, in altri casi luminosi e profetici, degli impul-
si che sono giunti al mondo monastico a seguito del Con-
cilio Vaticano II
1
, del quale, probabilmente, restano anco-
ra potenzialit benedettine da esplorare e da sviluppare
2
.
Chiesa
1
Tra gli studi sul monachesimo del dopo concilio, si vedano gli at-
ti di tre convegni monastici: AA.VV., Il monachesimo nel dopo concilio,
Tipolitografia Benedettina, Parma 1981; AA.VV., La dimensione eccle -
siale del monachesimo oggi, Tipolitografia Benedettina, Parma 1993;
AA.VV., Presenza del monachesimo nella Chiesa e nel mondo italiano, Ti-
politografia Benedettina, Parma 1993, a cui si devono aggiungere J. LE-
CLERCQ, La vie contemplative et le monachisme daprs Vatican II, in
Gregorianum 47 (1966), 495-516, testo tradotto in italiano e pubblica-
to in Ora et labora 22 (1967), 18-35; B. CALATI, La vita monastica del
Concilio, in AA. VV, Chiesa in Italia. Annale de Il Regno 1993, suppl.
al n. 8, 15 aprile 1994, 127-144; M. TORCIVIA, Il monachesimo benedet -
tino italiano postconciliare. Lettura del cammino percorso e proposizioni
di alcuni esempi di rinnovamento, inClaretianum41 (2001), 129-179. Si
veda anche, per la liturgia, R. NARDIN, La riforma liturgica alla luce del
monachesimo. Bilancio e prospettive, in Lateranum 73/2 (2007), 523-
531. Per unindagine sul monachesimo italiano preconciliare, cf. F.G.B.
TROLESE (ed.), Il monachesimo in Italia tra Vaticano I e Vaticano II. At-
ti del III Convegno di studi storici sullItalia benedettina, Badia di Ca-
va dei Tirreni, 3-5 settembre 1992, Centro Storico Benedettino Italia-
no, Cesena 1995;
2
Rimando a quanto ho gi trattato in R. NARDIN, La formazione
permanente: alcune coordinate,in ID. (ed.), Vivere in Cristo. Per una for-
mazione permanente alla vita monastica, Citt Nuova, Roma 2004, 19-
37, qui 20-26.
III. Listituzione benedettina
102
La vita benedettina: Un dono sempre attuale del Signore alla sua Chiesa
105
La vita benedettina: Un dono sempre attuale del Signore alla suaChiesa
104
universale alla santit e vocazione benedettina, La
spiritualit benedettina e LIstituzione benedettina.
Lintroduzione offre subito lambito entro il quale il
D o c u m e n t o intende svilupparsi: unindagine in cui evi-
denziare i principi basilari della vita benedettina tenen-
do conto che il suo concreto svolgersi ha assunto e assu-
me una modalit estremamente plurale.
Dopo aver sottolineato, nellintroduzione, il meto-
do e la prospettiva del Documento, le tre parti traccia-
no i pilastri della vita benedettina. In primo luogo la vi-
ta monastica vista quale risposta allamore di Dio al-
linterno delluniversale vocazione alla santit (parte pri -
m a). Poi la spiritualit benedettina considerata nel suo
fondamento trinitario e nellorizzonte cristocentrico in
cui il monaco e la monaca sono chiamati a realizzare la
personale incarnazione del disegno di Dio nella vita
consacrata (parte seconda). Infine, listituzione benedet-
tina viene configurata come peculiare determinazione
della sequela Christi nella s t a b i l i t a s e nella oboedientia
(parte terza) .
Nella riflessione che segue mostrer la struttura del
testo presentandone brevemente le tematiche, senza al-
cuna pretesa di evidenziarne la portata dottrinale e spiri-
tuale indagandone le fonti
5
o contestualizzandone i risul-
tati. Per questo i rimandi critici saranno minimi.
5
Per una prima indagine sulle fonti del Documento si rimanda al-
le note a pi pagina della traduzione pubblicata nel presente volume.
Nella presente riflessione
3
, dopo unanalisi dellarti-
colazione e del contenuto del Documento, se ne eviden-
zieranno la portata innovativa e attuale, ma anche i limi-
ti, propri di un testo che ha visto la sua apparizione subi-
to dopo il Vaticano II, quindi datato ai decenni scorsi,
ma che tuttavia mantiene un peculiare rilievo per aver in-
fluenzato il rinnovamento monastico che dal Concilio ha
preso vigore
4
.
1. IL DOCUMENTO: LA VITA BENEDETTINA
1.1. La struttura e le tematiche
La vita benedettina, dopo unintroduzione, si pre-
senta strutturata in tre parti cos intitolate: Vo c a z i o n e
3
I numeri di La vita benedettina a cui far riferimento saranno ci-
tati espressamente nel corpo del testo e senza ulteriori rimandi.
4
Nonostante il verbale del Congresso degli Abati, nel riportare
lapprovazione del documento, affermi che non erit ei tribuenda auc-
toritas juridica, sed tantum moralis (ACTA CONGRESSUS ABBATUM ac
Priorum Conventualium Congregationum Confoederatarum O.S.B. In
aedibus S. Anselmi de Urbe duplici sessione celebrati 1966-1967, 111),
le Costituzioni delle varie Congregazioni monastiche nel rinnovamen-
to richiesto dal Concilio, sembrano influenzate proprio dal documen-
to La vita benedettina (Schema de vita Benedictina) del quale, quindi,
si sarebbe accolta anche una auctoritas juridica. Per studi che affron-
tino la mutazione del corpus costituzionale delle Congregazioni bene-
dettine dovuta al Vaticano II, cf. G. TAMBURRINO, Rinnovamento legi -
slativo della Congregazione Sublacense O.S.B. 1946-1988, Scritti Mona-
stici, Abbazia di Praglia-Bresseo di Teolo 1994; E. MARIANI, Le Costitu -
zioni della Congregazione Benedettina di S. Maria di Monte Oliveto tra
maiores nostri e accomodata renovatio 1932-2002. Per uno studio
della legislazione benedettina-olivetana contemporanea. Alcune linee di
ricerca, Studia Olivetana (di prossima pubblicazione).
La vita benedettina: Un dono sempre attuale del Signore alla sua Chiesa
107
La vita benedettina: Un dono sempre attuale del Signore alla suaChiesa
106
naci (cf. n. 6, che cita PC 9). Con realismo La vita bene -
dettina rileva che la lettura plurale della Regola che con-
cretamente venuta a delinearsi lungo la storia e che
giunge sino ai nostri giorni, ha offerto e offre un arricchi-
mento nella vita monastica mostrandone la vitalit (cf. n.
3). Tuttavia, in alcune situazioni, si trattato di adatta-
mento e, in altre ancora, di impoverimento del carisma
benedettino (cf. n. 7). proprio per garantire una pro-
spettiva comune alla vita benedettina che le permetta di
mantenersi salda nei valori monastici a cui fa riferimento
la Regola senza scadere in una lettura arbitraria ed estrin-
seca del codice benedettino che il Documento intende
proporre dei principi guida alla luce della stessa Regola,
della Scrittura e del Concilio (cf. nn. 8-11).
1.3. Vocazione universale alla santit e vocazione benedet -
tina (cf. nn. 12-16)
1.3.1. Chiamata di Dio, risposta delluomo (cf. n. 12).
La vita benedettina mostra subito il quadro teologico
in chiave cristocentrica della chiamata (vocazione) delluo-
mo in quanto Dio in Cristo che si rivela nel suo disegno
di amore. Si tratta di una rivelazione che struttura il mo-
mento antropologico, perch non semplicemente de-
scrittiva, ma costitutiva delluomo fin dalla creazione
del mondo. La risposta alla chiamata di Dio in Cristo,
quindi, non si configura come una sovrapposizione alla re-
alt umana, ma come il suo compimento. Ne consegue che
la fonte di tutta la nostra vita, non solo della vita spiri-
1.2. Introduzione (cf. nn. 1-11)
Lo sfondo al quale si richiama subito esplicitamente
il nostro Documento la Regola di san Benedetto. Infat-
ti, secondo il codice benedettino, che i monaci a qual-
siasi Congregazione della Confederazione appartenga il
loro Monastero fanno professione di vivere (n. 1). La
Regola, tuttavia, come emerge dallindagine storica della
sua applicazione lungo i secoli, fino al presente, si rivela
essere un orientamento di vita monastica molto flessibi-
le, la cui modalit concreta di attuazione riveste unam-
pia gamma di prospettive (cf. nn. 2; 3). La vita benedetti -
na non manca di rilevare come, da un lato, sia la stessa
Regola a porre le motivazioni teologiche (diversit dei
doni di Dio, carisma dellAbate), antropologiche (diver-
sit dei temperamenti) e contestuali (diversit dei climi e
della situazione concreta dei diversi monasteri), per giu-
stificare la modalit plurale della sua applicazione (cf. n.
4). Dallaltro lato, la storia del monachesimo a rivelare
una realizzazione plurale della vita benedettina (cf. n. 5)
sulla base di istanze carismatiche (interpretazioni nuove
e significative della Regola), culturali (diffusione del mo-
nachesimo in culture diverse), ecclesiali (sollecitazioni
della Chiesa locale e di quella universale), valoriali (sot-
tolineatura di alcuni valori rispetto ad altri) e di altre spi-
ritualit (con indebolimento della valenza propriamente
monastica). La vita benedettina afferma che il Concilio,
pur non legittimando una determinata lettura della vita
monastica piuttosto che unaltra, ha indicato espressa-
mente il culto divino quale ufficio principale dei mo-
La vita benedettina: Un dono sempre attuale del Signore alla sua Chiesa
109
La vita benedettina: Un dono sempre attuale del Signore alla suaChiesa
108
tuale, quindi, data dal vivere nella sua tenda. Il te-
ma della tenda, di derivazione giovannea ma di eredit
giudaica e della presenza di Dio, ampiamente sviluppa-
to nella tradizione monastica, diventano la prospettiva en-
tro la quale si rivela la dimensione pneumatologica della
risposta delluomo alla chiamata di Dio in Cristo.
1.3.2. Vocazione cristiana e vocazione benedettina
(cf. n. 13).
Lorizzonte pneumatologico che fonda la vocazione
cristiana si concretizza nella chiamata personale (di Dio)
a una particolare realizzazione (delluomo) il quale dovr
accogliere sia il momento costitutivo-ontologico della ri-
nascita della nuova creatura, attuato sacramentalmen-
te nel battesimo, sia il momento storico-soggettivo in cui
i moti dello Spirito stimoleranno il suo cuore ad aderire
alla chiamata divina nella concreta situazione della vita,
la quale gli apparir sempre di pi come la via storica in
cui si verr a determinare una vocazione specifica. La vi-
ta benedettina una di queste determinate vocazioni che
realizzano nella storia la concreta risposta di uomini e di
donne, di ogni tempo, alla chiamata di Dio.
1.3.3. Vocazione personale e ruolo della Chiesa (cf. n.
14).
Nel numero precedente (n. 13) La vita benedettina
specifica come la chiamata di Dio nella storia degli uomi-
ni acquisti una duplice valenza: si attualizza come compi-
mento della creazione e come ri-creazione sacramentale.
In questa seconda fondamentale dimensione, la chiama-
ta di Dio, anche alla vita monastica, non pu non assu-
mere una genesi e un cammino ecclesiale. la Chiesa, in-
fatti, il sacramento di salvezza di Dio nel mondo ed at-
traverso la Chiesa che la vocazione monastica viene por-
tata alla luce, nutrita con la Parola e i sacramenti e guida-
ta verso il suo compimento allinterno di una specifica
Comunit monastica, espressione particolare della Chie-
sa. Al tempo stesso, per, la chiamata di Dio un dono
per la Chiesa, in quanto il chiamato contribuisce a far
crescere e ad edificare il corpo di Cristo che la Chiesa.
La Comunit ecclesiale, allora, nutre ed nutrita, edifica
ed edificata dallo speciale dono di Dio che sono le vo-
cazioni, attraverso le quali il Signore risorto elargisce nel-
la storia la sua presenza salvifica e santificante.
Il Documento sottolinea che la vita benedettina in-
serita nella Chiesa, ma presenta una peculiarit propria
che ne specifica la chiamata in quanto portatrice di una
costituzione teologica, ossia voluta da Dio (cf. n. 14b).
Da questa premessa La vita benedettina non argo-
menta su una presunta vita monastica quale via pi per-
fetta di s e q u e l a, pur affermando che solo alcuni vi sono
chiamati e che per essi si tratta proprio della via miglio-
re (cf. n. 14c). Il Documento mette in rilievo che si tratta
di una chiamata personale e che non si pone alcun parago-
ne con altri tipi di chiamata. La via migliore, quindi,
posta soltanto sul piano soggettivo e riguarda solo coloro
che hanno ricevuto questa chiamata particolare. Con lo
stesso principio si potrebbe affermare che anche la via del
matrimonio costituisce per coloro che vi sono stati chia-
mati, quindi ancora soggettivamente, la via migliore.
La vita benedettina: Un dono sempre attuale del Signore alla sua Chiesa
111
La vita benedettina: Un dono sempre attuale del Signore alla suaChiesa
110
1.3.4. Chiesa e istituzione (cf. n. 15).
La vita benedettina riprende la prospettiva pneuma-
tologica dei numeri precedenti attraverso uno sguardo fo-
calizzato sulla genesi della chiamata in cui il soggetto ri-
sponde a una mozione interiore dello spirito. Si osserva
come lo Spirito agisca attraverso occasioni storiche con-
crete in cui il soggetto viene a trovarsi, anche al di l del
contesto ecclesiale (cf. n. 15a). La prospettiva pneumato-
logica, intesa come radicale obbedienza allo Spirito, rima-
ne la specifica e fondamentale vocazione attraverso la
quale il monaco realizza la personale risposta alla chiama-
ta di Dio nella storia (cf. n. 15b). Il Documento precisa,
inoltre, che la chiamata di Dio, che lo Spirito suscita nel
cuore del soggetto, accolta ma non generata dalla Chie-
sa, alla quale spetta il compito di discernere se gli spiriti
provengano da Dio (cf. n. 15c). La vocazione benedetti-
na, tuttavia, non si pone solo in una prospettiva carisma-
tica. Varie realt che potremmo chiamare istituzionali,
in primo luogo la Regola, costituiscono la vita monastica
incarnandone il carisma. Al tempo stesso, per, il carisma
dovr costituire il quadro ermeneutico entro il quale vive-
re listituzione monastica (cf. n. 15d). Questo perch la vi-
ta monastica non pu ridursi a semplice professione di
uno status canonico (riduzionismo giuridico), ma dovr
esprimere nella stessa professione sia la pubblica testimo -
n i a n z a, riconosciuta e accolta dalla Chiesa, di adesione a
Cristo quale compimento di risposta alla chiamata di Dio,
sia li n i z i o di una particolare consacrazione con cui aderi-
re a Cristo che segna un cammino del quale Dio stesso ga-
rantir il compimento (cf. n. 15e).
1.3.5. La Regola norma di vita (cf. n. 16).
La vita benedettina rileva limportanza della sacra
Scrittura, in particolare del Vangelo, quale fonte privile-
giata del cammino spirituale e norma normante la vita
monastica (cf. n. 16a). La stessa Regola, precisa il Docu-
mento, ha valore normativo e questo non solo perch ri-
specchia la sacra Scrittura, ma in quanto essa norma-
tiva nei suoi princpi essenziali e permanenti (n. 16b).
La visione ermeneutica con la quale La vita benedettina
propone di leggere le Regola data dalla sacra Scrittura
e dalla Chiesa (cf. n. 16c). La lettura ecclesiale viene de-
clinata in primo luogo nella prospettiva monastica ante-
riore alla stessa Regola, quindi nella modalit con cui il
codice benedettino stato vissuto fino ai nostri giorni
(cf. 16d). Ulteriori e importanti interpretazioni della Re-
gola vengono offerte dalla famiglia monastica, dallAba-
te e dalla Comunit concreta che sono chiamati a viver-
la, alla luce dello Spirito Santo, nelloggi della storia (cf.
n. 16e).
In definitiva, per La vita benedettina, la Regola non
pu essere colta come un semplice documento dal valo-
re storico, seppur importate, e nemmeno come generica
indicazione spirituale edificante, ma, attraverso le varie
prospettive ermeneutiche evidenziate sopra, dovr esse-
re sapientemente incarnata ancora oggi nella Comunit
monastica benedettina (cf. n. 16f).
La vita benedettina: Un dono sempre attuale del Signore alla sua Chiesa
113
La vita benedettina: Un dono sempre attuale del Signore alla suaChiesa
112
po ad esso riservato, quale spazio prezioso e insostituibi-
le allinterno della vita del monastero (cf. n. 18a).
Il Documento rileva che il posto fondamentale del-
lopus Dei trova la propria autorevole giustificazione sia
nella tradizione monastica espressa dalla Regola, sia nel
magistero della Chiesa come il Vaticano II (cf. n. 18b).
La vita benedettina non manca di evidenziare il rap-
porto tra la vita spirituale e la preghiera, in cui luna ri-
chiama laltra. Infatti, la vita spirituale della Comunit si
manifesta nellopus Dei comunitario e lopus Dei comuni-
tario diverta fonte della vita spirituale della Comunit, e
luogo in cui si forma la Comunit (cf. n. 18c).
La centralit dellopus Dei si dovr collocare nellot-
tica in cui lEucaristia diviene culmen et fons della vita
della Comunit, esprimendo cos una prospettiva che,
pur non essendo fondata nella prassi liturgica antica, tut-
tavia mantiene una sua validit teologica (cf. n. 18d)
6
.
1.4.1.3. Parola di Dio e lectio divina (cf. n. 19)
La vita benedettina sottolinea una particolare atten-
zione alla Parola di Dio che il monaco, come tutti i cri-
stiani, deve accogliere nella propria vita (cf. n. 19a). Il
Documento riserva per laccoglienza della Parola da
parte del monaco, espressioni molto dense che non si ri-
ducono al solo ascolto, ma che includono la ricezione, la
custodia, lobbedienza e la messa in pratica della Parola
6
Sulla questione dellopportunit o meno della celebrazione eu-
caristica quotidiana allinterno della comunit monastica, rinvio a
quanto ho gi detto in: R. NARDIN, La riforma liturgica.
1.4. La spiritualit benedettina (cf. nn. 17-27)
1.4.1. La dimensione filiale della vita benedettina e
la vita di preghiera (cf. nn. 17-21).
1.4.1.1. Lo spirito filiale (cf. n. 17).
La vita benedettina pone lorizzonte cristocentrico,
proprio della Regola di san Benedetto, nella prospettiva
trinitaria in cui il Padre ci ha chiamati, ricevendo lo Spi-
rito di adozione, nel Figlio, divenendo, cos, figli di Dio.
in forza della filiazione divina che il monaco, seguendo
Cristo, pu contemplare il volto di Dio scorgendone la
presenza nella sua vita concreta e soprattutto in alcune
figure come lAbate, lospite, il malato, il povero e, in
definitiva, in tutti i fratelli.
La presenza divina che illumina e d senso alla vita
del monaco, nel Documento viene declinata come ricer -
ca di Dio attraverso la terna monastica classica della pre-
ghiera, del lavoro e della lectio divina, in cui si evidenzia,
per, come la preghiera, corale o privata, e la lectio ab-
biano nella vita monastica una preminenza rispetto al la-
voro nel senso che alle prime due viene riservata la parte
qualitativamente migliore del tempo.
1.4.1.2. Opus Dei (cf. n. 18).
Il primato della preghiera liturgica corale, lopus Dei,
nella vita del monaco e della comunit benedettina ri-
badito molto esplicitamente dal Documento (cf. n. 18a).
Limportanza e la preminenza dellopus Dei, afferma La
vita benedettina, dovr essere manifestata dalla Comuni-
t attraverso la quantit e soprattutto la qualit del tem-
benedettina, dato dal colloquio filiale che il monaco sta-
bilisce con il Padre (cf. n. 20c), ed in forza di questo in-
contro profondo che il monaco si mantiene nella presen-
za di Dio presente nel suo cuore (cf. n. 20d) e ne qualifi-
ca la sua vita come contemplativa (cf. n. 20e).
1.4.1.5. Silenzio (cf. n. 21).
Il Silenzio descritto nel Documento in parallelo al-
la preghiera personale. Si rileva che esso facilita il dialo-
go con Dio e mantiene il monaco alla Sua presenza (cf. n.
21a). Poich proprio la presenza di Dio che qualifica e
d valore alle relazioni umane, rendendole pi dense e
profonde, La vita benedettina osserva che il silenzio non
potr che rendere pi ricchi i rapporti interpersonali che
necessariamente si sviluppano tra i monaci, per cui il si-
lenzio monastico non ha nulla a che vedere con lisola-
mento (cf. n. 21d). Unosservazione particolare riserva-
ta a coloro i quali, per ragioni pastorali o simili, non pos-
sono vivere la propria vocazione monastica mantenendo
il silenzio. Questi monaci sono esortati a praticare il si-
lenzio pi degli altri (cf. n. 21d).
1.4.2. La dimensione pasquale della spiritualit be-
nedettina e la penitenza (cf. nn. 21-23).
1.4.2.1. Ascesi e penitenza (cf. n. 22).
La vita benedettina rileva che la vita cristiana essen-
zialmente vita pasquale che ha la propria fonte nel batte-
simo, secondo la nota lettura paolina. La sequela Christi
si esprime, nellesperienza concreta del cristiano, attra-
verso un percorso in cui le vicende della vita, nel momen-
La vita benedettina: Un dono sempre attuale del Signore alla sua Chiesa
115
La vita benedettina: Un dono sempre attuale del Signore alla suaChiesa
114
stessa, oltre alla preghiera individuale e comunitaria su-
scitata dalla Parola (cf. n. 19a).
significativo come venga indicato un elenco di am-
biti in cui il monaco possa accogliere la Parola, la quale
non si pu ridurre alla sola sacra Scrittura ma pu scorger-
si in diversi ambiti, dalla Chiesa alla Liturgia, dallAbate ai
fratelli sino agli avvenimenti della storia, anche personale
(cf. n. 19b). Tuttavia, afferma il Documento, la lectio divi -
na si concentra essenzialmente, ma non esclusivamente,
sulla Bibbia (cf. n. 19cd). Molto opportunamente La vita
benedettina evidenzia la necessita di una formazione ade-
guata per compiere con frutto la Lectio divina. Tuttavia,
che si tratti dello studio scientifico esegetico, teologico o
pastorale del testo sacro, esso costituisce solo la base di
partenza della Lectio divina e non pu in alcun modo so-
stituirla (cf. n. 19d). Si tratta, infatti, di una lettura assidua
e orante compiuta nella fede e nellamore (cf. n. 19e). Solo
attraverso questo duplice approccio competente e spiritua-
le, il monaco potr diventare un uomo di Dio, vero mae-
stro di vita e un testimone fedele dellAmore (cf. n. 19f).
1.4.1.4. Preghiera personale (cf. n. 20).
La preghiera personale, citata nel Documento, ri-
prende le motivazioni tradizionali del monachesimo pre e
p o s t-benedettino (cf. n. 20a). In particolare, come nella
Regola, si evita di proporre un metodo di preghiera pri-
vata, ma, lasciando libert allo Spirito, si evidenzia lar-
monia con la quale il monaco deve coniugare la preghiera
corale e quella p e r s o n a l e, in cui luna rimanda allaltra (cf.
n. 20b). Lo specifico dellorazione personale, per La vita
La vita benedettina: Un dono sempre attuale del Signore alla sua Chiesa
117
La vita benedettina: Un dono sempre attuale del Signore alla suaChiesa
116
to in cui rivelano il volto della croce, preparano la risur-
rezione (cf. n. 22a). Il monaco, prosegue il Documento,
dovrebbe vivere in una dimensione e una intensit pi
radicale la stessa spiritualit pasquale, propria del cristia-
no. A pi riprese La vita benedettina, in questo capitolo,
sottolinea limportanza della rinuncia alla propria volon-
t, della rinuncia a se stessi, per poter accogliere e vivere
la volont di Dio, quale caratteristica fondamentale della
spiritualit benedettina (cf. n. 22b). Poich lobiettivo
della penitenza teologico, ossia preparare e custodire la
capacit di poter accogliere e vivere la volont di Dio,
lascesi colta attraverso unottica positiva della realt, la
quale un bene e non certo da disprezzare (cf. n. 22c).
Il Documento mette bene in evidenza anche limportan-
za della discrezione quale forma tipica della vita benedet-
tina, oltre alla necessit di coniugare la volont ascetica
interiore, con atti ascetici esteriori, nei quali la volont si
esprime ed corroborata (cf. n. 22c).
1.4.2.2. Umilt (cf. n. 23).
La vita benedettina rileva limportanza dellumilt nel
codice benedettino, qualificandolo come regola del-
lumilt, e allinterno della tradizione monastica occi-
dentale e orientale (cf. n. 23a). Lumilt non viene descrit-
ta come una semplice virt, ma quale orizzonte fondativo
in chiave teologica, ossia nel senso che essa scaturisce dal-
la presenza di Dio quale suo dono (cf. n. 23b). Non si
tratta, allora, di umiliarsi dinanzi alla realt, quanto, in-
vece, nel riconoscere la presenza di Dio in essa. Il Docu-
mento non manca di vedere nellumilt anche la dimen-
sione semplicemente umana, in cui proprio questa virt
permette di orientare la personalit delluomo e della
donna maturandola in unottica sapienziale (cf. n. 23c).
1.4.3. La dimensione escatologica della spiritualit e
il distacco dal mondo (cf. nn. 24-27).
1.4.3.1. La vita benedettina segno escatologico (cf.
n. 24).
Il Documento mette in risalto lindole escatologica
della vita benedettina che accomuna, ma al tempo stes-
so rende specifica la vocazione monastica rispetto ad al-
tri tipi di chiamate, in quanto per il monaco gli ultimi
tempi assumono una dimensione visibile e significati-
va (cf. 24a). Si tratta di una visibilit che La vita bene -
dettina declina in chiave di testimonianza della presenza
dei beni del Regno (cf. 24a) di cui il monaco abitatore
(cf. 24b). La prospettiva escatologica, inoltre, orienta la
vita monastica verso un equilibrato rapporto con il mon-
do, il quale, proprio perch visto come realt penulti-
ma, pu e deve essere accolto senza possederlo, renden-
do cos ulteriore testimonianza che i veri beni delluomo
non sono di questo mondo (cf. 24c.d). Questo compor-
ta, allora, che si pu non solo evitare il male, ma anche
deliberatamente non scegliere un bene terreno in vi-
sta di un bene pi grande: il Regno dei Cieli (cf. 24e).
Nella prospettiva escatologica, in cui il mondo diviene
un bene penultimo, quindi relativo, La vita benedettina
vede nei voti classici di castit e povert la concreta ap-
plicazione della rinuncia ai beni (penultimi) che offre il
mondo (cf. 24f).
La vita benedettina: Un dono sempre attuale del Signore alla sua Chiesa
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La vita benedettina: Un dono sempre attuale del Signore alla suaChiesa
118
stenza terrena nella quale i beni del tempo sono funzione
di quelli eterni. Non si tratta, quindi, ancora una volta, di
disistima dei beni di questo mondo e, nel caso specifico,
di sessuofobia, quanto di un fattivo orientamento verso il
Regno di Dio (cf. 26b). Tale disposizione o orientamento
del cuore delluomo ha nelliniziativa gratuita della chia-
mata divina il suo peculiare dono (cf. 26c). Lascesi e la ri-
nuncia, quindi, pur necessarie, non sono costitutive del
celibato, ma dovranno assecondare e corroborare il dono
di Dio, il quale permette di condurre una vita celibataria
casta, ma soprattutto realizza e manifesta nel cuore del
consacrato lamore assoluto per Dio e verso il prossimo,
che lofferta del proprio corpo significa (cf. 26c).
1.4.3.4. Rinuncia alla propriet e povert (cf. n. 27).
Dopo aver evidenziato che la rinuncia totale alla
propriet non necessaria per la sequela Christi, ma che
alcuni vi sono chiamati a titolo specifico, anche se pro-
prio del cristiano mantenere il cuore libero dallattacca-
mento ai beni di questo mondo (cf. 27a), La vita benedet -
t i n a pone il senso della povert volontaria, in analogia
con il celibato, in chiave escatologica (cf. 27b). In questa
prospettiva, la povert volontaria segno della presenza
(gi) del Regno e invito ad attendere la sua (non ancora)
piena manifestazione. Non vi disprezzo del mondo, ma
la sua accoglienza, tuttavia quale bene relativo e penulti-
mo (cf. 27b). Langolatura escatologica viene ulterior-
mente evidenziata in una duplice prospettiva teologale,
che qualificata come benedettina: speranza di riceve-
re quanto necessario dal Padre celeste, rappresentato dal
Dalla dimensione escatologica della vita benedetti-
na, il Documento mette a fuoco gli elementi costitutivi di
tale vocazione, individuati nella vita comune, nel celiba-
to e nella povert. Questi tre aspetti fondamentali della
vita monastica vengono quindi illustrati dal Documento
subito dopo la dimensione escatologica, perch in essa
sono fondati (cf. 24f).
1.4.3.2. Vita fraterna (cf. n. 25).
La vita di comunione o fraterna, a cui si riferisce La
vita benedettina, ha un chiara visione teologale nella ca-
rit (fraterna), speculare allamore di Dio, in cui si fonda
(cf. 25a). Essa costituisce la fonte e la legge della vita be-
nedettina, come della vita di ogni cristiano. Compare qui
ancora un importante riferimento alla testimonianza di
cui vengono offerte le due coordinate monastiche: la ca-
rit fraterna e la ricerca di Dio (cf. 25a). La carit frater-
na non si configura come generico riferimento a una
estemporanea generosit, quanto a un concreto e fattivo
amore vicendevole allinterno della Comunit di fratelli e
sorelle chiamati dallo stesso Signore a vivere la legge del-
lamore, richiesta dal Vangelo (cf. 25c).
1.4.3.3. Celibato consacrato (cf. n. 26).
Il celibato consacrato viene letto dal Documento
quale chiamata particolare di Cristo allinterno della co-
mune vocazione cristiana (cf. 26a). Si precisa subito che
tale chiamata specifica ha il suo criterio fondativo nella
presenza anticipata del Regno di Dio gi in questo
mondo. la presenza del Regno che determina unesi-
La vita benedettina: Un dono sempre attuale del Signore alla sua Chiesa
121
La vita benedettina: Un dono sempre attuale del Signore alla suaChiesa
120
padre del monastero, e orientamento dei beni e del loro
uso verso la gloria di Dio (cf. 27d). Il Documento preci-
sa, inoltre, come i primi cristiani vivessero il distacco dai
beni in una visione profondamente comunitaria, per cui
la primitiva comunit cristiana divenne costante riferi-
mento ideale della comunit monastica (cf. 27c). La vita
benedettina conclude le considerazioni sulla povert ri-
cordando che essa dovr essere vissuta sia dal singolo
monaco come dalla comunit nel suo insieme. Nel mona-
co dovr essere accolta non solo come spirito di umilt,
ma anche come povert effettiva (cf. 27e). A livello co-
munitario sar attuata con scelte che rivelino la sobriet
della vita dei monaci, mostrando, da un lato, sollecita at-
tenzione ai bisogni materiali dei poveri e, dallaltro,
unattivit economica in cui linserimento nelleconomia
locale fa risplendere lorientamento a Dio nellattenzione
alluomo e non la cupidigia del denaro (cf. 27f).
1.5. Listituzione benedettina (cf. nn. 28-39)
1.5.1. Limpegno della stabilit e la comunit (cf. nn.
28-33).
1.5.1.1. Limpegno di stabilit (cf. n. 28).
Il Documento sottolinea come la stabilit monastica
abbia come primo elemento la concreta comunit nella
quale il monaco chiamato a vivere (cf. 28a). Si tratta di
uno spazio che comprende il luogo, ma pi in profondit
le persone che costituiscono la comunit, con luci e om-
bre (cf. 28b). Sono i membri della comunit, con tutto il
loro carico di ricchezze e di aspirazioni, ma anche, talvol-
ta, di delusioni e di tensioni, che fanno la comunit. La
stabilit monastica, precisa La vita benedettina, non si
pu improvvisare, ma deve poter trovare una componen-
te antropologica matura per poter essere accolta e vissuta
con serenit (cf. 28c). Lultima caratteristica che viene sot-
tolineata la prospettiva teologica. La stabilit monastica
manifesta la stabilit dellamore di Dio verso luomo, in
cui limmagine pi eloquente offerta dal rapporto spon-
sale di Cristo con la Chiesa. Alla fedelt di Cristo corri-
sponde la fede della Chiesa. Si tratta di un nesso che, in
una lettura allegorica implicita, il Documento applica al
rapporto tra Cristo e la Comunit monastica (cf. 28d).
1.5.1.2. Limpegno di stabilit (cf. n. 29).
La vita benedettina rileva che, per la tradizione mo-
nastica, la comunit riveste unimportanza basilare e co-
stitutiva in ordine allidentit del monaco. Il Vaticano II
ha confermato questa impostazione, ma ha contempora-
neamente sottolineato il valore della persona che compo-
ne la comunit, e il fatto che da essa debba ricevere
quanto necessario per poter portare a compimento la
propria identit quale soggetto maturo e permanente-
mente in crescita (cf. n. 29a). La stabilit, inoltre, orien-
ta i vari membri a condividere una medesima storia e un
comune orientamento di vita (cf. 29b). Il Documento,
per, non manca di evidenziare come la comunit mona-
stica non possa ridursi alla sola dimensione socio-psico-
logica di interazione tra i vari membri (aspetto orizzonta-
le). Essa deve essere colta, infatti, nel suo aspetto pi
La vita benedettina: Un dono sempre attuale del Signore alla sua Chiesa
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La vita benedettina: Un dono sempre attuale del Signore alla suaChiesa
122
profondo, quale luogo teologico, in cui si compie
unautentica esperienza di Dio da parte del monaco, non
malgrado, ma grazie e attraverso la Comunit (cf. n. 29c).
Questo perch allinterno della Comunit che deve
permanere un ambito spirituale ricco, in cui sia possibile
una costante fruizione degli strumenti idonei per la ricer-
ca di Dio da parte di ogni singolo membro (cf. 29d). Per
garantire stabilmente lambiente e i mezzi adatti alla vita
monastica, per La vita benedettina la clausura riveste una
funzione non solo attuale, ma permanente, in quanto
proprio grazie ad essa che lo stile di vita e i comporta-
menti della Comunit non rischiano di assimilarsi a quel-
li del mondo (cf. 29e).
1.5.1.3. Unit e diversit nella Comunit (cf. n. 30).
Nella prospettiva monastica il contesto della fraterni-
t attraverso una diuturna esperienza di vita comune, co-
stituisce e qualifica lidentit benedettina. Ne segue che
un numero eccessivamente alto di membri renderebbe
oggettivamente ardua la comunanza di vita e giustifiche-
rebbe la necessit dellintroduzione di unit di fratelli e
sorelle che ricordano le decanie della Regola (cf. 30a).
La vita benedettina precisa, inoltre, che u n i t ,nella Comu-
nit, non significa uniformit, come del resto sottolinea la
stessa Regola, nella quale, evidenzia il nostro Documento,
le diversit dei membri hanno un valore teologico quali
doni di Dio (cf. 30b). Le diversit, allora, non sono osta-
coli allunit, ma ricchezza della Comunit. Il primo dono
di Dio presente nella Comunit e citato dal Documento
il sacerdozio, il quale, pur non essendo costitutivo della vi-
ta monastica, tuttavia si inserisce armonicamente in essa
attraverso il sapiente discernimento dellAbate (cf. 30c).
La vita benedettina termina questo numero sottolineando
come lunit nella Comunit sia data da Cristo, sia come
ideale di vita, sia come dignit nella sua chiamata (cf.
30d). Tutti sono stati scelti dal medesimo Signore, per cui
tutti hanno la medesima dignit, pur nei diversi servizi.
1.5.1.4. Il lavoro (cf. n. 31).
La vita benedettina ribadisce la prospettiva del-
lequilibrio tra preghiera, lavoro e lettura che caratteriz-
za la vita monastica (cf. n. 31a), sottolineando che le os-
servazioni presenti nella Regola in riferimento al lavoro
manuale valgono per qualsiasi genere di lavoro (cf. n.
31b). Vengono quindi elencate le peculiarit del lavoro
monastico, sia a partire dalla Regola, da cui richiesta,
oltre allumilt, al servizio, allobbedienza, e alla povert,
anche la professionalit e la competenza (cf. n. 31c); sia
alla luce della dottrina della Chiesa, per la quale il lavoro
necessario alluomo in quanto lo realizza sviluppando-
ne le potenzialit e prolungando lopera del creatore, ol-
tre a garantire la personale sussistenza (cf. n. 31d). Il la-
voro, inoltre, diventa un ambito molto concreto in cui la
comunit pu e deve adattarsi alle esigenze del luogo nel
quale inserita (cf. n. 31f).
1.5.1.5. Lapostolato dei monaci (cf. n. 32).
Lapostolato della vita monastica evidenziato dal
Documento quale conseguenza della carit la quale, per
virt intrinseca, tende a far crescere il Corpo di Cristo che
La vita benedettina: Un dono sempre attuale del Signore alla sua Chiesa
125
La vita benedettina: Un dono sempre attuale del Signore alla suaChiesa
124
1.5.1.6. Vita eremitica (cf. n. 33).
Il Documento esorta il monachesimo benedettino,
cenobitico per costituzione, a mantenere aperta la possi-
bilit della presenza della vita eremitica (cf. n. 33a). Si
tratta di un sicuro segno di vitalit spirituale della Comu-
nit, purch sia autentica, ossia risposta ad una speciale
chiamata di Dio, vagliata dal discernimento dellAbate,
che avviene dopo un lungo periodo di esperienza mona-
stica comunitaria (cf. n. 33bc). Il desiderio di assoluto in
una radicale e pi intima ricerca di Dio che si manifesta
nella vita solitaria non necessariamente porta allo status
definitivo di eremita. In alcuni particolari momenti della
propria esperienza monastica il monaco pu desiderare
un pi intenso rapporto con il Signore nella solitudine,
favorita da un pi incisivo distacco dalle cose del mon-
do. Si tratta di periodi limitati nel tempo e che lAbate
dovr favorire creandone le condizioni e garantendo un
autentico cammino spirituale (cf. n. 33d).
1.5.2. Limpegno di obbedienza e lAbate (cf. nn.
3 4 - 3 7 ) .
1.5.2.1. Limpegno di obbedienza (cf. n. 34).
La promessa esplicita che impegna il monaco secon-
do la Regola benedettina, oltre alla stabilit e alla conver-
sione, lobbedienza, e il nostro Documento la tratta su-
bito dopo la stabilit, qualificandola come voto (cf. 34a).
La vita benedettina pone lorizzonte cristologico trinita-
rio quale fondamento dellobbedienza, pur rilevandone
la non esplicita menzione a livello gesuano al pari del ce-
libato e della povert (cf. 34b). La rilevanza dellobbe-
la Chiesa. Tutti i battezzati, quindi, sono missionari e i
monaci non possono esimersi da questo compito ecclesia-
le (cf. n. 32a). La modalit con cui la vita monastica rea-
lizza la propria pastoralit dovr comunque essere con-
forme al peculiare carisma benedettino, quale testimo-
nianza credibile ed efficace della presenza del Regno, in
quanto solo se il risorto vivo e vivificante nella Comuni-
t, essa lo irradier allesterno divenendo missionaria (cf.
n. 32b). La vita benedettina mette in rilievo le due forme
monastiche di apostolato: la vita interamente contempla-
tiva e quella che si dedica a legittime forme di aposto-
lato (cf. n. 32c). Al di l della duplice prospettiva sopra
evidenziata, viene sottolineato che lospitalit la forma
propria con la quale il monachesimo, da un lato, parteci-
pa della missionariet della Chiesa (cf. n. 32d) e, dallal-
tro, svolge una fondamentale opera a sostegno del dialo-
go ecumenico (cf. n. 32e). Il Documento ribadisce, inol-
tre, la necessit che la vita monastica sia presente nelle
giovani Chiese, ma assumendone la forma inculturata (cf.
n. 32f). La vita benedettina non manca di rilevare che il
luogo e le circostanze possono anche spingere i monaci ad
assumere una modalit pastorale in cui diventi necessario
uscire abitualmente dal monastero. Questa forma aper-
ta di pastorale e missionariet, rileva il Documento, non
contraddice il carisma monastico, purch sia connotata
dalla compresenza di molteplici fattori: allesterno la
stretta necessit del fondamentale bene spirituale delle
persone che altrimenti verrebbe a mancare, e allinter-
no la necessit dellobbedienza e la modalit monastica
con cui prestare il servizio extra moenia (cf. n. 32g).
La vita benedettina: Un dono sempre attuale del Signore alla sua Chiesa
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La vita benedettina: Un dono sempre attuale del Signore alla suaChiesa
126
dienza nella vita del monaco presenta una prospettiva
ampia che lo coinvolge sia in profondit quale valore spi-
rituale fondamentale, sia in ampiezza fino a estendersi a
tutti i fratelli (cf. n. 34c). La concretezza dellobbedien-
za, tuttavia, rileva il Documento, ha il suo referente spe-
cifico nellAbate, uno dei pilastri della vita benedettina,
ben presente nella Regola (cf. n. 34de).
1.5.2.2. Il valore dellobbedienza (cf. n. 35).
La prima prospettiva che La vita benedettina rileva
sul valore dellobbedienza la visione pedagogica in forza
della quale il monaco rimane, per tutta la vita, sempre un
discepolo (cf. n. 35a). Nel cammino della ricerca di Dio, il
Documento presenta tre ambiti privilegiati attraverso i
quali il monaco impara a scoprire e a realizzare la volont
divina: lobbedienza allabate, lascolto della comunit e la
formazione della propria coscienza (cf. n. 35a). La vita be -
nedettina declina lobbedienza sia nel suo immediato (an-
che se non esplicito) rapporto con lAbate, sia quale liber-
t dalla ricerca di s fine a se stessa (cf. n. 35b). Il fonda-
mento dellobbedienza, tuttavia, non limitato alla valen-
za pedagogica (cf. n. 35a), n a quella antropologica (cf. n.
35b), ma ha la sua radice nella prospettiva cristologica, sia
perch il monaco nella sequela tende alla imitatio Christi,
sia, e pi ancora, perch in forza della professione mona-
stica il monaco partecipa del mistero pasquale di Cristo
(cf. n. 35c). Lobbedienza vissuta dal monaco nel duplice
riferimento dellAbate e dei fratelli, inoltre, diventa segno
credibile della sua volont di consacrare a Dio la propria
volont, rendendo gi presente il Regno (cf. n. 35d).
1.5.2.3. LAbate (cf. n. 36).
La vita benedettina rileva subito che lAbate eletto
dalla Comunit e solo da essa (cf. n. 36a), mostrando, in
questo modo, uno stretto, indissolubile e insostituibile
legame tra Abate e Comunit sin dalla elezione. La vo-
lont della Comunit determinante nella scelta del-
lAbate, il quale, tuttavia, pu anche essere un monaco
al di fuori di essa. Viene anche menzionata la situazione,
rara, del fondatore di una Comunit, il quale verr a co-
stituirsi, quasi naturalmente, Abate. Il Documento, do-
po aver evidenziato il ruolo della Comunit nellelezio-
ne dellAbate, ne mette in rilievo il compito in rapporto
alla vita concreta del monaco. La vita benedettina, attin-
gendo dalla Regola di san Benedetto, mostra lAbate
quale padre della Comunit, ma lorientamento cristo-
logico della Regola e del nostro Documento a determi-
nare il fondamentale compito dellAbate. Egli, infatti,
descritto quale rappresentante di Cristo e mediatore
della volont del Signore (cf. n. 36b). La vita benedetti -
n a rileva, inoltre, nel quadro del Vaticano II, che il com-
pito e la funzione svolte dallAbate, pur nellinsostituibi-
le fondazione cristologica, hanno un necessario orizzon-
te ecclesiale che non lascia spazio, quindi, a visioni pri-
vate o soggettive del rapporto Abate/monaco: il fine
essere costantemente orientati a Cristo Signore, nella
sua mediazione data dallAbate e allinterno della vita e
della missione della Chiesa. In questa prospettiva cristo-
logico-ecclesiale in cui situata la presenza dellAbate,
al monaco chiesta unaccoglienza in spirito di fede (cf.
n. 36b).
La vita benedettina: Un dono sempre attuale del Signore alla sua Chiesa
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Sulla scorta della Regola, il nostro Documento ricor-
da che allAbate chiesto il duplice insegnamento della
parola e dellesempio attraverso i quali introdurre il mo-
naco a conoscere e ad amare la volont di Dio (cf. n. 36c).
Nessuna prospettiva gnostica, quindi, ma un itinerario
pedagogico che coinvolge tutta la persona dellAbate
(parola ed esempio) per poter far crescere il monaco nel-
lesperienza totalizzante di Dio (conoscenza e amore). La
vita benedettina non manca di rilevare, ancora attingen-
do alla Regola, che lAbate, nel suo esercizio della parola
pu farsi aiutare da qualche monaco esperto (cf. n. 36c).
In questo modo si evidenzia il ruolo della Comunit, e
non solo quello dellAbate, nella formazione spirituale
dei monaci.
Il Documento precisa che, nella determinazione del-
la volont di Dio, spetta in primo luogo allAbate deter-
minare le condizioni concrete affinch il monaco possa ri-
conoscerla e attuarla. Per questo, continua il Documento,
in linea con la tradizione benedettina, tutta lorganizza-
zione della vita della Comunit stabilita dallAbate (cf.
n. 36d). Il principio che fonda la struttura e la vita della
Comunit monastica, quindi, non lefficienza (funziona-
lit), ma la volont di Dio (principio teologico) che ha
nellAbate una mediazione concreta che pone le condizio-
ni perch tale volont sia conosciuta, amata e attuata.
La vita benedettina rileva che lAbate deve porre co-
me proprio riferimento la Regola ma, al tempo stesso, sot-
tolinea che la stessa Regola lascia libero lAbate di adattar-
ne lapplicazione alle particolari circostanze del luogo e
della Comunit (cf. n. 36e). LAbate, quindi, c o m p i e e p e r -
feziona la Regola, ribadisce il nostro Documento, proprio
adattando e applicando il codice benedettino alla concre-
ta situazione in cui vive la Comunit. Lermeneutica con
cui leggere la Regola, quindi, non quella letterale, e la
sua applicazione non consiste nel ricopiare nella vita la let-
tera del testo. Si tratta, invece, di unermeneutica sapien-
ziale che sia in grado di cogliere quanto di profondamen-
te vero e spiritualmente profondo, perch tocca luomo di
tutti i tempi, sia presente nella Regola. LAbate, inoltre,
prosegue La vita benedettina, deve saper cogliere e valo-
rizzare quanto di positivo presente nelle tradizioni della
propria Comunit (cf. n. 36e). Si tratta di unulteriore at-
tenzione alla vita della Comunit, nella quale compresa
anche la sua storia. Data limportanza del legame Aba-
te/monaci, il Documento propone che la durata delluffi-
cio abbaziale sia piuttosto lunga (cf. n. 36e).
1.5.2.4. Autorit e dialogo (cf. n. 37).
La vita benedettina, nel descrivere lautorit, sottoli-
nea subito la vocazione di servizio dellAbate. Lorien-
tamento cristologico della Regola diviene il fondamento
teologico del compito dellAbate in seno alla Comunit.
Solo in Christo, infatti, si giustifica fino in fondo unau-
torit come servizio, orientata soprattutto al bene dei fra-
telli, senza inquinamenti di sentimenti personali, e nella
sollecitudine verso i pi deboli (cf. n. 37a).
Il Documento, dopo aver illustrato lautorit dal
punto di vista dellAbate nella prospettiva del servizio
fondato in Cristo descrive lautorit dal punto di vista dei
membri della Comunit. Si afferma, quindi, nella linea
La vita benedettina: Un dono sempre attuale del Signore alla sua Chiesa
131
La vita benedettina: Un dono sempre attuale del Signore alla suaChiesa
130
tracciata dalla Regola, che il monaco deve affidarsi al-
lAbate con cuore aperto e con semplicit e umilt. Ma
accanto a queste disposizioni umane, il rapporto con
lAbate deve essere contrassegnato dalla radicalit evan-
gelica, la quale sempre nel solco della Regola, messa in
evidenza nel Documento si traduce nellobbedienza che
impegna tutto lessere (cf. n. 37b). lo spirito sopran-
naturale, afferma La vita benedettina, che deve animare
il rapporto dellAutorit (cf. n. 37c), ossia il fondamen-
to teologico che regola il rapporto autorit/obbedienza
per il quale lAbate vede nella Comunit, con gli occhi
della fede, il gregge affidatogli da Cristo e di cui dovr
rendere conto, e i monaci vedono nellAbate, sempre con
gli occhi della fede, il rappresentante di Dio.
Nelle varie decisioni che regolano la vita della Co-
munit sempre nello spirito della Regola, che La vita be -
nedettina riprende deve emergere il rispetto e la digni-
t di opinione di ogni membro, fosse anche lultimo del-
la Comunit. Inoltre, proprio a causa della dignit di
ogni monaco, nello spirito del Vaticano II, le decisioni e
la gestione della vita della Comunit devono rispecchia-
re lo spirito di comunione, ossia garantire la partecipa-
zione di tutti i membri (cf. n. 37d).
Eccetto i casi, esplicitamente enumerati dal Diritto
comune o particolare, in cui la Comunit esprime un pa-
rere vincolante, spetta allAbate, come ricorda il Docu-
mento, in linea con la Regola, lultima decisione (cf. n.
37e). Per La vita benedettina il fondamento di tale giudi-
zio teologico, in quanto lAbate rappresentante di
Dio (grazia di stato) per la Comunit, e, al tempo stesso,
ecclesiologico, in quanto la decisione dellAbate non de-
ve essere arbitraria ma deve portare a compimento quan-
to emerge dalla Comunit. Infine, sempre nella linea del-
la Regola, il Documento ricorda il fondamento teologico
dellobbedienza, non solo in rapporto al fine (si obbedi-
sce a Dio, pur nella mediazione umana, rappresentata
dallAbate) ma anche allesercizio stesso dellobbedienza,
in quanto anche se questa si presentasse in condizioni
difficili o addirittura impossibili, il monaco potr obbe-
dire non tanto in forza del suo impegno, quanto confi-
dando nellaiuto di Dio (cf. n. 37e).
1.5.3. Listituzione benedettina (cf. nn. 38-39).
1.5.3.1. Organizzazione (cf. n. 38).
Il primo elemento posto in evidenza da La vita be -
nedettina la necessit dellindipendenza della Comuni-
t monastica perch possa svilupparsi secondo le aspira-
zioni dei monaci, regolate dallAbate (cf. n. 38a). A que-
sta dimensione umana, legittima, il Documento ne af-
fianca subito unaltra, quella che potremmo chiamare
spirituale, in senso forte, ossia che ha come protagonista
lo Spirito Santo. In questa prospettiva pneumatologica
La vita benedettina mostra come vadano prendendo for-
ma due peculiarit fondamentali della Comunit mona-
stica, come di ogni altra Comunit cristiana: il fonda-
mento cristologico, ossia il suo costituirsi dato da Cristo,
Colui che raduna i fratelli e che diventa fulcro della Co-
munit, e la dimensione ecclesiologica, ossia il divenire
cellula della Chiesa da parte della Comunit stessa (cf. n.
3 8 b ) .
La vita benedettina: Un dono sempre attuale del Signore alla sua Chiesa
133
La vita benedettina: Un dono sempre attuale del Signore alla suaChiesa
132
La vita benedettina tiene presente anche come la fa-
miglia monastica possa far parte di unorganizzazione che
comprende varie Comunit. Si tratta delle Congregazioni.
In questo caso, la rete cos costituita dovr tener pre-
sente il principio di sussidiariet e non interferire con la
vita interna della singola Comunit, ma esserle di giova-
mento (cf. n. 38c). Il Documento ricorda che tali organiz-
zazioni sovracomunitarie sono i referenti principali della
Santa Sede, la quale, normalmente, non interagisce con la
singola Comunit, ma con lorganizzazione di cui fa par-
te (cf. n. 38d).
1.5.3.2. Legislazione (cf. n. 39).
Nel riferire sulla legislazione, La vita benedettina
mette subito in rilievo la presenza del diritto particolare
denominato con una articolata terminologia: Dichiara-
zioni, Costituzioni ecc. che le diverse Congregazioni mo-
nastiche, e a volte le singole Comunit, si sono date. Si
tratta di un insieme di norme significative che affiancano,
spiegano e applicano il codice benedettino, per regolare
la vita monastica. Talvolta tale legislazione modifica la
stessa Regola adattandola alla sensibilit umana e spiri-
tuale delluomo contemporaneo (cf. n. 39a). agli uomi-
ni e alle donne di oggi, infatti, che si rivolge il corpus le-
gislativo monastico, perch su tale normativa che il mo-
naco e la monaca si impegnano a vivere il proprio cam-
mino di sequela, solennemente e pubblicamente sancito
dalla professione monastica (cf. n. 39b).
Il Documento, sulla scia del Vaticano II, ribadisce la
responsabilit che hanno gli Istituti religiosi e quindi, nel
nostro caso, le Congregazioni benedettine, nel modifica-
re il proprio Diritto particolare (cf. n. 39c). Questo rile-
va come siano le stesse Congregazioni benedettine le pri-
me responsabili del proprio patrimonio di tradizioni e
del peculiare carisma monastico, di cui sono depositarie,
e che devono custodire e costantemente vivificare.
Nella conclusione, La vita benedettina osserva che la
presenza dello Spirito Santo e il sostegno offerto dalla
Chiesa costituiscono la duplice garanzia che lo sviluppo
del Diritto particolare sar, da un lato, caratterizzato dal-
la fedelt al carisma benedettino, legittimamente inter-
pretato dalla Congregazione a cui fa riferimento il mona-
co, e, dallaltro, configurato come sicuro orientamento
verso la personale, rinnovata e concreta consacrazione al
Signore (cf. n. 39d).
2. OSSERVAZIONI E RILIEVI
Il Documento, che abbiamo sommariamente analiz-
zato, ci mostra come sia possibile delineare dei princi-
pi di vita benedettina al di l delle molteplici letture del-
la Regola di san Benedetto con cui le varie Congregazio-
ni, o i singoli monasteri, hanno interpretato e fatto pro-
prio il principale codice della vita monastica dOcciden-
te. La chiave ermeneutica con cui il nostro Documento
interpreta la Regola il Concilio Vaticano II, appena
concluso allepoca della redazione di La vita benedettina.
Ne risulta un Documento che spazia dagli aspetti cari-
smatici a quelli istituzionali della vita monastica che si
La vita benedettina: Un dono sempre attuale del Signore alla sua Chiesa
135
La vita benedettina: Un dono sempre attuale del Signore alla suaChiesa
134
ispira alla Regola di san Benedetto, senza la pretesa di in-
dagarne la fondazione teologica o storica, ma limitando-
si a riproporre delle affermazioni che si richiamano alla
Regola stessa e al Concilio.
La vasta panoramica evidenziata dal Documento, in
cui viene toccata unampia gamma di tematiche, presenta
lindubbia utilit di mostrare una sintesi organica della
spiritualit e dellistituzione benedettina. Significativa,
inoltre, la receptio del Vaticano II che il Documento ac-
coglie e che inserisce e amalgama nel contesto delle rifles-
sioni sulla Regola. Tra gli aspetti sulla vita consacrata illu-
strati dal Concilio e inseriti in La vita benedettina, si pos-
sono segnalare: il ritorno alle fonti della spiritualit del
proprio Istituto, recepito attraverso lattenzione partico-
lare riservata alla Regola (cf. nn. 13c; 16b), pur nei limiti,
che vedremo, e luniversale chiamata alla santit, radicata
nel battesimo (cf. nn. 13ab; 22a), per la quale vengono ab-
bandonate le due vie, quella maggiore, data dai consigli e
offerta solo ai consacrati e quella minore, data dai precet-
ti, e propria dei laici. Altri due importanti aspetti del Con-
cilio vengono accolti da La vita benedettina e riassumibili
nelle categorie di communio e di dialogo.
La prospettiva ecclesiologica conciliare della com -
munio viene riletta dal Documento sia quale maggiore ri-
levanza assegnata alla partecipazione delle responsabili-
t, in unottica circolare e non piramidale dellautorit
valorizzando, quindi, la persona (cf. n. 29a), sia, e pi im-
portante, nella dimensione teologica in cui la communio
intesa come comune partecipazione a Cristo, al suo
mistero pasquale e alla sua missione (cf. n. 29c), ed da
questa ultima dimensione, anche se il Documento la
esprime in altri termini, che discende lindole escatologi-
ca della Chiesa e della vita monastica (cf. n. 24ab), non-
ch luniversale chiamata alla santit (cf. n. 12a). Inoltre,
la valorizzazione delle realt terrene dei beni penultimi,
colti come positivi (dialogo con il mondo), nonch lat-
tenzione alla storia e ai segni dei tempi (dialogo con la
cultura) e la valorizzazione delle altre componenti cristia-
ne e delle religioni (dialogo ecumenico e interreligioso)
assumono in pi punti di La vita benedettina soprattutto
in rapporto allapostolato, come si dir un valore ineludi-
bile. Potremmo dire che, nella sintesi che il Documento
propone, vi il tentativo di porre in atto una sorta di
doppia ermeneutica per la quale la Regola riletta dal
Vaticano II e il Vaticano II interpretato dalla Regola.
Ancora dal punto di vista del contenuto, molte te-
matiche monastiche descritte da La vita benedettina ri-
sultano particolarmente significative, come lapostolato
dei monaci focalizzato nellospitalit, per un monachesi-
mo fecondo nella testimonianza, aperto a tutti, in una
prospettiva ecumenica, interreligiosa e inculturata (cf. n.
32), cogliendo lindole pastorale e la tensione allevange-
lizzazione propri del Vaticano II, ma talvolta dimentica-
ti, anche oggi. Inoltre, ben sottolineato dal Documento,
se la vita monastica radicata nel battesimo, non neces-
sario il sacerdozio ministeriale (cf. n. 30c) e tutti i mona-
ci sono uguali, con stessi diritti e doveri (cf. n. 30d), evi-
denziando una elementare conclusione che, dopo decen-
ni, non stata ancora pienamente accolta nel mondo mo-
nastico. Altri temi appaiono addirittura profetici, come
La vita benedettina: Un dono sempre attuale del Signore alla sua Chiesa
137
La vita benedettina: Un dono sempre attuale del Signore alla suaChiesa
136
la formazione permanente (cf. n. 29d) e la vita eremitica
vissuta sia come status permanente, sia come periodo li-
mitato nella vita del monaco (cf. n. 33), diventata una esi-
genza e una presenza di una certa rilevanza solo in tem-
pi recenti.
A fronte di queste note positive, occorre riscontrare
anche punti deboli in La vita benedettina, soprattutto ri-
conducibili alla prospettiva metodologica adottata. Infat-
ti, sembra che la preoccupazione di apportare un Docu-
mento in grado di offrire un quadro sintetico delle varie
tematiche monastiche, sia andata a scapito di unindagi-
ne pi puntuale, circa gli stessi temi, in termini di fonda-
zione teologica e di sviluppo storico. In questo modo le
varie affermazioni che si succedono, anzich scaturire da
una accurata teologia della vita monastica, sembrano, in-
vece, fondarsi esclusivamente su citazioni ad hoc d e l l a
Regola o del Vaticano II, ricordando cos il metodo ma-
nualistico dei dicta probantia.
Un altro limite del Documento dato dalla mancan-
za dei Padri, nonch di una presenza modesta della sacra
Scrittura. Vista lassoluta preminenza assegnata alla Re-
gola e al Vaticano II, i Padri, anche monastici, che costi-
tuiscono le fonti della stessa Regola, risultano i grandi as-
senti, nonostante limportanza della tradizione e della
storia monastica siano richiamati allinizio del Documen-
to (cf. n. 16d). Un discorso analogo si dovrebbe riferire
per la sacra Scrittura, in quanto i passi biblici che vengo-
no riportati costituiscono spesso la ripresa di citazioni
della Regola o del Vaticano II, per cui la Bibbia sembra
non avere la preminenza che ci si aspetterebbe. Queste
considerazioni ci permettono di rilevare che il ritorno al-
le fonti auspicato dal Concilio, in La vita benedettina si
riduce alla sola citazione della Regola, senza che questa
venga colta n nella sua genesi fondativa, n nel suo na-
turale contesto emerneutico patristico e monastico.
Dal punto di vista del contenuto, lampia articolazio-
ne del Documento, che mette in luce una pluralit di sfu-
mature delle tematiche affrontate, forse in taluni punti
avrebbe dovuto accentuare maggiormente gli apporti del
Vaticano II. Cos, ad esempio, la dimensione trinitaria
della Chiesa quale popolo adunato dallunit del Padre,
del Figlio e dello Spirito Santo (LG 4) poteva trovare
posto nei numeri dedicati alla Comunit e alla vita frater-
na, senza lasciare come unico riferimento trinitario lo
spirito filiale della spiritualit benedettina (n. 17), in
una prospettiva, tra laltro, che si riferisce al singolo e
non alla comunit. Inoltre, ancora sul piano ecclesiologi-
co, sarebbe stata auspicabile una maggiore accentuazio-
ne della rilevanza teologica della communio (aspetto ver-
ticale), quale partecipazione al mistero di Cristo, gi pre-
sente in Lumen gentium, colta come elemento fondante
della Comunit, senza evidenziare quasi esclusivamente
la valenza distributiva dellautorit (aspetto orizzontale)
attraverso una maggiore responsabilit e partecipazione
alla gestione della vita comunitaria.
Nellambito pi propriamente monastico, sarebbe
stata preferibile una descrizione della stabilit meno se-
gnata da una visione solipsistica, per essere, invece, decli-
nata allinterno di una medesima famiglia monastica nel-
la quale, pur salvaguardando lautonomia della Comuni-
Documento, quanto alla carenza di appropriati studi spe-
cifici sulle fonti, la storia, la spiritualit e listituzione mo-
nastica al momento della redazione del Documento stes-
so. Infatti, tali significative ricerche vedranno la luce so-
prattutto dopo gli anni Sessanta, ad opera, in particolare,
di Jean Leclercq, Gregorio Penco e Giorgio Picasso. Con-
siderazioni simili si dovrebbero proporre per i limiti nella
receptio dei documenti e della teologia del Vaticano II.
3. CONCLUSIONE
Al di l dei rilievi, soprattutto metodologici, riscon-
trati e comprensibili trattandosi di un Documento redat-
to negli anni Sessanta, La vita benedettina presenta una
notevole e articolata sintesi sullidentit benedettina, me-
ritevole, quindi, di essere riletta anche oggi alla luce, per
esempio, degli studi sulla Regola, sulle fonti bibliche e
monastiche e sui documenti e la teologia del Concilio Va-
ticano II che hanno accompagnato questi decenni per
una sempre pi profonda riscoperta e attualizzazione del
carisma e dellistituzione monastica che pone nella Rego-
la di san Benedetto il proprio sicuro riferimento.
La vita benedettina: Un dono sempre attuale del Signore alla sua Chiesa
139
t, si possa tenere conto dellinserimento in un insieme di
altre Comunit, non solo dal punto di vista dellapparte-
nenza giuridica, ma anche nellambito della condivisione
di una medesima tradizione e di uno stesso orientamen-
to spirituale. Qui sembra rilevarsi una carenza dal punto
di vista storico.
Infine, il lessico ha lindubbio aspetto positivo di
permettere unimmediata comprensione del testo anche
ai non esperti del carisma e dellistituzione benedettina.
Tuttavia, in vari punti meriterebbe un aggiornamento
linguistico, se cos si pu dire, in parte gi felicemente
compiuto dalla versione pubblicata nel presente volume,
nella quale, giustamente, si deciso di non alterare e tra -
dire loriginale. Mi riferisco, in particolare, a due espres-
sioni: pluralismo e spiritualit benedettina. Plurali-
smo, come tutti gli -ismi, evidenzia unaccezione negati-
va, intesa come unimpronta di diversit divergente e in-
sanabile. Preferibile pluralit, in cui la diversit sot-
tintende un fondo comune che garantisce e mantiene
lunit. Per quanto riguarda poi lespressione spirituali-
t benedettina, occorre rilevare che oggi sembra prefe-
ribile parlare di spiritualit monastica
7
.
Come conclusione sulle osservazioni doveroso rile-
vare che i limiti di metodo, di contenuto e di lessico regi-
strati in La vita benedettina non sono tanto da ascrivere al
La vita benedettina: Un dono sempre attuale del Signore alla suaChiesa
138
7
Per alcune considerazioni sulla preferenza della determinazione
monastica anzich benedettina rimando a R. NARDIN, Spiritualit
monastica, in J.-Y- LACOSTE (ed.), Dizionario critico di teologica, ed. it.
a cura di P. Coda, Borla-Citt Nuova, Roma 2005, 876-882, qui 876.
Larticolo ripubblicato nel presente volume.
Spiritualit monastica
141
Spiritualit monastica
140
SPIRITUALIT MONASTICA
*
ROBERTO NARDIN
1. QUESTIONI PRELIMINARI E METODOLOGICHE
Unindagine fenomenologica ci permetterebbe di de-
lineare come il monachesimo sia stato e sia un fenome-
no mondiale, secondo una felice espressione di Jean Le-
clercq
1
. Lideale monastico, infatti, da un lato risulta esse-
re presente nelle religioni orientali, come il buddhismo e
linduismo
2
, dallaltro ha toccato sia le religioni monotei-
ste ebraica, come con gli esseni in Palestina e i terapeuti
in Egitto
3
, e islamica, con i sufi, ricevendone influenze an-
che dal monachesimo cristiano
4
, sia il mondo pagano pre-
Spiritualit monastica
*
Contributo gi pubblicato come voce in J.-Y. LACOSTE (ed.),
Dizionario critico di teologica, ed. it. a cura di P. Coda, Borla-Citt
Nuova, Roma 2005, 876-882. I rimandi nel corpo del testo sono rife-
riti a quel dizionario.
1
J. LECLERCQ, Le monachisme comme phnomne mondial, in Le
Supplment, 26 (1973), 461-478; 27 (1974), 93-119, tr. it. Ora et labo -
ra, 31 (1976), 20-34; 73-82.
2
Esistono studi in cui si confrontano la tradizione monastica oc-
cidentale e quella orientale, cf. per es. M. DE DREUILLE, La Rgle de
Saint Benot et les tradition asctiques de lasie lOccident. Prface du
Pre A. Veilleux, Abbaye de Bellefontaine 2000.
3
Cf. S.D. FRAADE, Ascetical Aspects of Ancient Judaism, in A.
GREEN (ed.), Jewish rituality: From the Bible through the Middles Ages
(An Encyclopedic History of the Religious Quest, XIII), Crossroad
Press, N.Y., 1986, 253-288.
4
Per esempio sulla concezione di Satana come il pi acerrimo
nemico del genere umano: cf. B. PIRONE, Considerando lIslam. Li -
La vita benedettina
140
Spiritualit monastica Spiritualit monastica
142 143
liari della spiritualit monastica presenta una serie di dif-
ficolt. Infatti, non sembra possibile trattare della spiri-
tualit monastica come di una scuola di spiritualit da
affiancare alle altre [], ma piuttosto di un approfondi-
mento sostanziale della stessa vita cristiana ed evangelica,
pi saldamente radicata nei suoi principi e portata alle
sue ultime conseguenze
7
. In modo analogo si esprime-
va John Henry Newman a proposito del monaco bene-
dettino, il quale non segue una spiritualit specifica per-
ch semplicemente un cristiano che intende vivere il
Vangelo in modo radicale
8
. In definitiva, la spiritualit
monastica quella cristiana, identit presente anche nel
cristianesimo orientale
9
. Inoltre, tale dimensione spiri-
tuale non strutturalmente legata a un ben determinato
ordine religioso, visto che si rifanno alla spiritualit mo-
nastica i benedettini, i cistercensi, i certosini, i canonici
regolari fino ad arrivare alle nuove comunit come
quelle di Giuseppe Dossetti, Divo Barsotti ed Enzo Bian-
chi. Per indicare il riferimento alla spiritualit del solo
Ordine che si ispira a san Benedetto, nei primi decenni
del Novecento si ha la comparsa dellespressione spiri -
7
G. PENCO, La spiritualit monastica, in Sacra Dottrina 7 (1962),
243-267, ripubblicato in ID., Spiritualit monastica. Aspetti e momen -
ti, Scritti monastici, Praglia 1988, 11-50, qui 11.
8
Cf. AA. VV., Saint Benot vu par Newman. Un colloque newma -
nien. Maredsous 6-8 juilliet 1989, in Collectanea Cisterciensia 42
(1980), 159-260.
9
Cf. I. HAUSHERR, Vocation chrtienne et vocation monastique
selon les Pres, in I. HAUSHERR, tudes de spiritualit orientale, Ponti-
ficio Istituto Orientale, Roma 1969, 403-484; T. ?PIDLK - M. TENACE
- R. ?EMUS, Questions monastiques en Orient, Pontificio Istituto
Orientale, Roma 1999, 79-80.
cristiano, come i pitagorici, i cinici, gli stoici, gli epicurei
e alcuni platonici dellantichit greca rivelando linteresse
per la vita contemplativa
5
. Il monachesimo assume cos
una connotazione antropologica di rilievo, quale fenome-
no non circoscritto a una determinata religione o riferito
solo ad una particolare cultura. Limitando la nostra ricer-
ca al mondo cristiano, rileviamo come il monachesimo nel
primo millennio presenti una prospettiva sostanzialmente
unitaria tra Oriente e Occidente, in cui i punti di riferi-
mento relativi ai cardini della vita monastica sono comu-
ni. Il caso emblematico il codice fondamentale del mo-
nachesimo dellOccidente, la Regola di san Benedetto, in
cui accanto alle fonti monastiche occidentali si attinge
con profondit alla tradizione del monachesimo orienta-
le
6
. Il secondo millennio, invece, segna una sempre mag-
giore lontananza culturale, e per certi versi anche teologi-
ca, tra il monachesimo occidentale e quello orientale.
Limitando ulteriormente la nostra analisi al mona-
chesimo occidentale, la descrizione degli elementi pecu-
nee di religiosit essenziale II, in Lat 69 (2003/2), 301-341, qui 323,
n. 84.
5
In generale cf. A. GRILLI, Vita contemplativa. Il problema del-
la vita contemplativa nel mondo greco-romano, Paideia, Brescia 2002.
Cf. anche N. BELAYCHE - S. MIMOUNI (edd.), Les communauts reli -
gieuses dans le monde grco-romain. Essais de dfinition, Brepols, Pa-
ris 2003.
6
Cf. P. TAMBURRINO, Linflusso di Basilio sul monachesimo bene -
dettino, motivo dunit fra Oriente e Occidente, in Nicolaus 6 (1979/2),
333-358; A. LOUF, Influssi orientali nella Regola di san Benedetto, in
D. GIORDANO (ed.), Il ruolo del monachesimo nellecumenismo. Atti
del Simposio Ecumenico Internazionale. Abbazia di Monte Oliveto
Maggiore, 30 agosto 1 settembre 2000, Abbazia di Monte Oliveto,
2002, 61-79.
Spiritualit monastica
145
Spiritualit monastica
144
benedettine
13
. Inoltre, si comprende sempre di pi come
la Regola di san Benedetto non definisca un monachesi-
mo ex novo, ma sia erede di quello antico, per cui la spi -
ritualit nel/del monachesimo non inizia con san Bene-
detto e diventerebbe riduttivo qualificarla spiritualit be -
nedettina, per cui oggi si preferisce parlare di spiritualit
monastica
14
. Lindagine che proporremo sar limitata al
monachesimo occidentale di cui coglieremo la spirituali-
t seguendone lo sviluppo storico.
2. LO SVILUPPO STORICO DELLA SPIRITUALIT MONASTICA
2.1. Lantichit
Le prime biografie di monaci, santAntonio (+ 356
c.) e san Pacomio (+ 348) (cf. MONACHESIMO. A. Storia
antica. b) assunte nellepoca antica quali modello delle
origini della vita monastica, oltre alle opere che hanno in-
fluenzato il monachesimo, in primis quelle di san Gio-
vanni Cassiano (+ 435), rilevano alcune linee fondamen-
tali di carattere spirituale. Il primo elemento che emerge
la conversione suscitata dalla Parola proclamata (come
nella conversione di Antonio) o testimoniata (come nella
conversione di Pacomio). La conversio declinata subito
13
Cf. J. WINANDY, La spiritualit bndictine, in J. GAUTIER
(ed.), La spiritualit catholique, Le Rameau, Paris 1953, 13-36 (tr. it.
Ancora, Milano 1956, 15-47).
14
Cf. G. PICASSO, La spiritualit monastica, in R. NARDIN (ed.),
Vivere in Cristo. Per una formazione permanente alla vita monastica,
Citt Nuova, Roma 2004, 119-136, qui 122.
tualit benedettina
10
, terminologia che successivamente
viene mantenuta
11
, alla quale, per, si affianca quella di
spiritualit monastica, soprattutto a partire dai convegni
dedicati a questo tema dalla fine degli anni Cinquanta
12
.
sempre dalla met del secolo scorso che si aprono due
obiezioni al mantenimento del sintagma spiritualit bene -
dettina. Innanzitutto il rilievo che lo sviluppo storico del-
la vita monastica dopo san Benedetto porta ad una plura-
lit di interpretazioni della stessa Regola e dellideale mo-
nastico e, di conseguenza, ad una pluralit di spiritualit
10
Cf. per es. P. LUGANO, Spiritualit benedettina, in Rivista sto -
rica benedettina 13 (1922), 113-124; 181-198.
11
Cf. G. PENCO, Profilo storico della spiritualit benedettina, in
Dizionario enciclopedico di spiritualit, I, Studium, Roma 1975, 227-
234, ripubblicato in ID., Il monachesimo fra spiritualit e cultura, Ja-
ca Book, Milano 1991, 55-65; G. PENCO, Il concetto di spiritualit
benedettina nelle riflessioni storico-dottrinali dellepoca contempora -
nea, in La Scuola Cattolica 109 (1981), 191-209, ripubblicato in ID.,
Spiritualit monastica. Aspetti e momenti, Scritti monastici, Praglia
1988, 424-452, ripubblicato in M. BIELAWSKI - A. SCHMIDT (edd.),
Schola Christi. 50 anni dellIstituto monastico di santAnselmo, Pon-
tificio Ateneo S. Anselmo, Roma 2002, 357-382; J. LECLERCQ, Bene -
dictine Spirituality, in New Catholic Enciclopedia, II, Washington
1967, 285-288.
12
G. PENCO, Un convegno italiano di spiritualit monastica, in
Studia monastica 1 (1959), 219-220; ID., Il I convegno italiano di spiri -
tualit monastica, in Ibid. 463-465; ID., Il secondo convegno italiano di
studi sulla spiritualit monastica, in Rivista di storia della Chiesa in Ita -
lia 16 (1962), 537-539; ID., Il terzo convegno italiano di studi sulla spi -
ritualit monastica, in Rivista di storia della Chiesa in Italia 18 (1964),
116-120; ID., Il VII convegno italiano di studi sulla spiritualit mona -
stica, in La Scuola Cattolica 101 (1973), 77-78; G. PICASSO, Il IV Con -
vegno italiano di studi sulla spiritualit monastica, in Rivista di Storia
e letteratura religiosa, 1 (1965), 179-182; ID., I Convegni italiani di stu -
di sulla spiritualit monastica, in Rivista di storia della Chiesa in Italia
19 (1965), 527-532.
Spiritualit monastica
147
Spiritualit monastica
146
15
Cf. J. LECLERCQ, Cultura umanistica e desiderio di Dio. Studio
sulla letteratura monastica del Medioevo (or. fr. Lamour des lettres et
le dsir de Dieu, Paris 1957), Sansoni, Firenze 1983, Milano 2002
2
,
115-130.
come radicale ricerca dellAssoluto (aspetto verticale) in
cui si abbandonano le attivit e i legami familiari e socia-
li (societas) per seguire Cristo. Non solo si lasciano i be-
ni (paupertas), ma si va nel deserto (fuga mundi) per vive-
re in solitudine (anacoresi) una vita essenziale (simplici -
t a s), lottando contro i vizi e le tentazioni (d a e m o n i u m)
nonch lozio (akedia) attraverso una dura vita peniten-
ziale di digiuni, veglie e lavoro manuale (aschesis), per
controllare le passioni (apatheia) e aspirare alla tranquil-
lit e alla pace (hsychia) per giungere allunione con Dio
(contemplatio) nella continua lettura e meditazione della
Parola (ruminatio). Labbandono del mondo per il deser -
to diventa la condizione esistenziale per vivere la conver-
sione non come semplice atto puntuale avvenuto in un
momento preciso, circoscritto ad una modalit (conver -
sio), ma come una dimensione fondamentale della vita,
come stato e disposizione permanente (conversatio).
Dopo questo primo momento eremitico vengono a
costituirsi dei legami (secondo momento) in cui lanaco-
reta offre una parola di vita a quanti gliela chiedono,
divenendo cos guida spirituale (a b b ) per altri eremiti
che rimangono tali (semieremiti), oppure che vengono a
costituire una comunit stabile in cui tutto in comune
(c e n o b i o) ed organizzato da una regola (k o i n o n i a). Il
terzo momento costituito dalla prospettiva della caritas.
Nelleremo, in una prima fase, si sottolinea la tensione
verso lAssoluto in cui i diversi aspetti (fuga mundi, pau -
pertas, apatheia, ruminatio, ) sono mezzi con i quali si
creano le condizioni per tendere a Dio solo (aspetto ver-
ticale). Nel cenobio, in un primo momento, (cf. MONA-
CHESIMO. A. Storia antica. e) si evidenziano mezzi (abb,
regola) diversi e complementari da quelli delleremo, tut-
tavia si tratta ancora di realt assolute e funzionali allAs-
soluto (v e r t i c a l i t ). Leremo, ma soprattutto il cenobio,
presentano una seconda fase in cui la fuga mundi e lapa -
theia, come labb e la regola, non sono degli assoluti, ma
a loro volta diventano funzionali alla caritas, in cui e di
cui vive lAssoluto nel quale si costituisce la communio:
la c a r i t a s, dono di Dio, che fonda la c o m m u n i o, non il
contrario. Senza caritas il cenobio e leremo non sarebbe-
ro cristiani. Conversatio, communio e caritas costituisco-
no le tre dimensioni della spiritualit monastica antica.
2.2. Il Medioevo
Il monachesimo medievale eredita dallepoca antica
un ampio patrimonio documentario costituito da opere
di vari generi letterari: regole monastiche e trattati teolo-
gici, ma anche agiografie, omelie, preghiere e lettere. Tra
gli autori che segnano la spiritualit rileviamo santAgo-
stino (+ 430), san Girolamo (+ 420), san Basilio (+ 379),
san Giovanni Cassiano (+ 432 c.) ed Evagrio Pontico (+
399) per quanto riguarda la vita monastica, a cui dobbia-
mo aggiungere santAmbrogio (+ 397), san Giovanni
Crisostomo (+ 407) e Origene (+ 254 c.) come commen-
tatori della Scrittura
15
. Lautore che maggiormente influi-
Spiritualit monastica
149
Spiritualit monastica
148
Accanto a Cluniacensi e Cistercensi, che hanno una
larghissima diffusione in tutta Europa, si devono ricor-
dare anche altre realt monastiche, ugualmente signifi-
cative ma meno diffuse. Si tratta, da un lato, del ritorno
della vita eremitica, sia in simbiosi con il monastero co-
me nel movimento iniziato con san Romualdo (+ 1027),
ossia i Camaldolesi e gli Avellaniti nei quali ricordiamo
san Pier Damiani (+ 1072), sia nella dimensione semie-
remitica con san Bruno (+ 1101) iniziatore dei Certosi-
ni, tra cui ricordiamo Guigo II (+ 1188). Dallaltro lato,
bisogna segnalare la presenza di una scuola teologica di
grande valore nellabbazia di Bec, in particolare con
santAnselmo dAosta (+ 1109). Lorizzonte spirituale
il riferimento costante alla sacra Scrittura e ai Padri. In
questo contesto alcune tematiche assumono una valen-
za importante. Innanzitutto la dimensione escatologica,
sia nel senso che la realt vissuta transitoria ed segno
che rimanda alla vita futura, sia nella prospettiva che la
vita monastica gi anticipazione del paradiso, nel-
lorizzonte, quindi, dellescatologia realizzata (vita ange -
l i c a). lambito liturgico che in modo eminente per-
mette al monaco medievale la tensione escatologica nel-
la doppia valenza del gi e non ancora della vita in Dio,
di cui la vita monastica diventa realizzazione e segno. In
questa tensione si comprende come la comunit mona-
stica dia rilievo alla lode fino a qualificarla come ele-
mento prioritario (allopus Dei non si anteponga nul-
la: RB 43, 3) o, a volte, totalizzante (laus pere n n i s), an-
che se la comparsa dellufficio divino permanente, di-
versamente da quanto spesso viene detto, un fenome-
sce sulla spiritualit monastica medievale occidentale
san Gregorio Magno (+ 604), il quale si pone nella linea
tracciata da san Benedetto (+ 547). proprio grazie alla
grande autorit spirituale di Gregorio Magno che si dif-
fonde la conoscenza del santo di Norcia la cui Regola di-
venta lunica in tutti i monasteri maschili e femminili dal-
lepoca carolingia, con san Benedetto di Aniane (+ 821),
fino alla comparsa degli ordini mendicanti (sec. XIII).
Tra il X e lXI secolo, a seguito della crisi del monachesi-
mo carolingio, si ha la nascita e lo sviluppo di due gran-
di movimenti monastici: i Cluniacensi da Cluny (910) e i
Cistercensi da Cteaux (1098). Per i primi laccento cade
sulle lodi liturgiche (laudes) e il monastero la Gerusa-
lemme celeste che vive in comunione con la Chiesa glo-
riosa dei santi. Tra gli autori pi importanti san Pietro il
Venerabile (+ 1156). Per i secondi la sottolineatura si po-
ne sul ritorno alle origini del monachesimo (deserto, asce -
si) e il monastero ha come modello la Chiesa degli apo-
stoli (cf. At 2, 42-46). Tra gli autori pi significativi: san
Bernardo di Clairvaux (+ 1153), santAelredo di Rie-
vaulx (+ 1167), e Guglielmo di Saint-Thierry (+ 1148c.).
Non superfluo mettere in luce lintimit che ha unito
incessantemente Pietro il Venerabile a san Bernardo, do-
po le facili confusioni che troppo spesso si sono fatte tra
i loro rapporti e il conflitto di Cluny con Cteaux. [] Il
loro comune amore per la Chiesa li innalzava ben al di
sopra delle contese campanilistiche
16
.
16
J. LECLERCQ, Pietro il Venerabile. Presentazione di I. Biffi (or.
fr. Pierre le Vnrable, Saint Wandrille 1946), Jaca Book, Milano
1991, 83.
Spiritualit monastica
151
Spiritualit monastica
150
tio divina (Guigo II)
20
. Allinterno dellorizzonte bibli-
co in cui la spiritualit monastica coglie le proprie va-
lenze fondamentali, lagiografia medievale comprende
il monaco come luomo di Dio (vir Dei)
21
e la vita mo-
nastica diventa sinonimo di ricerca di Dio (q u a e re re
Deum)
22
. La prospettiva cristocentrica della Regola di
san Benedetto, inoltre, stimola una spiritualit monasti-
ca dellimitazione di Cristo, la quale, per, caratteriz-
zata prima di tutto ed essenzialmente da una parte-
cipazione oggettiva a tutto il mistero di Cristo, attraver-
so la celebrazione liturgica dei suoi misteri, dei sacra-
menti, che lo rendono presente nella Chiesa
23
. L a t t e n-
zione spirituale ai misteri della salvezza e alle fasi della
vita di Cristo, diventa, inoltre, attenzione allu m a n i t
20
Cf. G. PENCO, La preghiera nella tradizione monastica, in C.
VAGAGGINI - G. PENCO (edd.), La preghiera nella Bibbia e nella tradi -
zione patristica e monastica, Paoline, Roma 1964, 265-324, rist. 1988,
ripubblicato in ID., Spiritualit monastica. Aspetti e momenti, Scritti
monastici, Praglia 1988, 191-233.
21
Cf. G. PENCO, Le figure bibliche del vir Dei nellagiografia mo -
nastica, in Benedictina 15 (1968), 1-13, ripubblicato in Medioevo mo -
nastico, Pontificio Ateneo S. Anselmo, Roma 1988, 81-97.
22
G. PENCO, Quaerere Deum dal mondo biblico alla tradizio -
ne monastica, in Ora et labora 38 (1983), 121-132 ripublicato in ID.,
Spiritualit monastica. Aspetti e momenti, Scritti Monastici, Praglia
1988, 160-175; A. DE VOG, si revera Deum quaerit: la ricer-
ca di Dio in S. Benedetto, in Parola, Spirito e Vita 35 (1997/1), 239-
252.
23
J. LECLERCQ, La contemplazione di Cristo nel monachesimo
medievale. Nota introduttiva di G. Picasso (or. fr. Regards monasti -
ques sur le Christ au Moyen ge, Paris 1993), San Paolo, Cinisello Bal-
samo 1994, 203. Cf. anche I. BIFFI, Aspetti dellimitazione di Cristo
nella letteratura monastica del secolo XII, in La Scuola Cattolica 96
(1968), 451-490, ripubblicato in ID., Cristo desiderio del monaco. Sag -
gi di teologia monastica, Jaca Book, Milano 1998, 35-81.
no molto limitato e non riguarda Cluny, come puntual-
mente aveva rilevato Leclercq
17
.
La preghiera liturgica pubblica (in coro) e privata
(nello scriptorium o nella c e l l a) mantengono una pro-
fonda simbiosi in quanto la preghiera corale (oggettiva)
si completa in quella privata la quale, a sua volta, costi-
tuisce la premessa (soggettiva) di quella corale. Inoltre,
occorre ricordare come nella tradizione monastica anti-
ca la salmodia corale non fosse considerata propriamen-
te preghiera quanto, invece, una p reparazione alla pre -
ghiera, la quale si compiva nel tempo di silenzio che se-
guiva ogni salmo
18
. In questo modo si mantiene una
struttura parallela tra preghiera pubblica e privata, in
cui il libro della preghiera liturgica il Salterio e dopo
la lectio corale di ciascun salmo il monaco tende alla
meditatio, alla oratio e alla contemplatio
19
, in analogia
alla preghiera privata in cui il libro della lectio si esten-
de a tutta la sacra Scrittura, e la preghiera diventa un
momento di ci che la tradizione monastica chiama lec -
17
Cf. J. LECLERCQ, Une parenthse dans lhistoire de la prire
continuelle: la laus perennis du haut Moyen Age, in La Maison-Dieu
64 (1960/4), 90-101; cf. anche ID., Priait-on Cluny?, in Collectanea
Cistercensia 52 (1990), 330-342.
18
Cf. A. DE VOG, Psalmodier nest pas prier, in Ecclesia Orans
6 (1989), 7-32; ID., Vingt-cinq ans dhermneutique bndictine. Un
examen de conscience, in Regulae Benedicti Studia 14-15 (1985-1986),
5-40, tr. it. Venticinque anni di ermeneutica benedettina, in M. BIE-
LAWSKI - A. SCHMIDT (edd.), Schola Christi. 50 anni dellIstituto mo-
nastico di santAnselmo, Pontificio Ateneo S. Anselmo, Roma 2002,
413-463, soprattutto 448-451.
19
Cf. G. PICASSO, Introduzione, in S. BENEDETTO, La Regola.
Con testo latino a fronte, a cura di G. Picasso, San Paolo, Cinisello
Balsamo 1996, 13-49, qui 35.
Spiritualit monastica
153
Spiritualit monastica
152
per la spiritualit liturgica centrata nella Scrittura, per la
mistica come amore unitivo, nuziale e trasformante, non-
ch per la devozione al Cuore di Ges, anticipando Mar-
gherita Maria Alacoque
29
. In sintesi possiamo affermare
che nel Medioevo monastico la lettura della letteratura
biblica e patristica, al pari dellufficio divino, nutrono lo
spirito, lo rendono familiare con il contenuto della fede.
Questa parte di conoscenze acquisite rappresenta, per
cos dire, laspetto intellettuale della cultura e della spiri-
tualit [] ma limpegno del pensiero non pu lasciare
indifferente ci che comunemente si designa con il cor,
l a f f e c t u s, ossia non soltanto laffettivit, lattitudine a
provare sentimenti, ma il desiderio di aderire a Dio, di
amarlo, di donarsi liberamente al suo servizio, di unirsi a
lui nelle diverse attivit di preghiera
30
.
2.3. Dallepoca moderna al Concilio Vaticano II
Alla fine del Medioevo, in particolare nel Trecento, si
registra una crisi del monachesimo a cui sembrano resiste-
re solo i Certosini e i Benedettini di Monte Oliveto (Olive-
tani). Diversi sono i fattori che ne determinano la deca-
denza. La peste del 1348 e altre nei decenni successivi, lo
scisma dOccidente (1378-1417), lo spostamento dellat-
tenzione sociale, politica ed economica alla citt, linteres-
29
Cf. M. CARPINELLO, Il monachesimo femminile, Mondadori,
Milano 2002 (bibl. 313-325).
30
J. LECLERCQ, Spiritualit e cultura nel monachesimo del pieno
medioevo, in G. PENCO (ed.), Cultura e spiritualit nella tradizione mo -
nastica, Pontificio Ateneo S. Anselmo, Roma 1990, 105-128, qui 115.
del Figlio di Dio
24
, sottolineatura questa, che non inizia
con san Francesco, come a volte si creduto, ma che
gi presente nel monachesimo medievale
25
anche nel
pi grande monaco teologo dellepoca: santAnselmo
26
.
Pi ancora, si tratta di una tematica cristiana prima an-
cora che monastica
27
. Infine, non manca, com noto, il
riferimento alla piet mariana, in particolare con san
B e r n a r d o
28
.
Per il monachesimo femminile si segnalano soprat-
tutto santa Elisabetta di Schnau (+ 1164) e santa Ilde-
garda di Bingen (+ 1178) le cui opere rivelano una spiri-
tualit monastica centrata nella quiete della stabilitas e
nella contemplatio della dolcezza dellumanit di Cristo
(santa Elisabetta), e del mistero dellincarnazione, del-
lEucaristia e della Chiesa (santa Ildegarda). Di rilievo
anche santa Matilde di Magdeburgo (+ 1294 c.) e santa
Geltrude di Helfta (+ 1301/2), questultima significativa
24
Cf. G. PENCO, Ges Cristo nella spiritualit monastica medie -
vale, in Ges Cristo: mistero e presenza, Teresianum, Roma 1971, ri-
pubblicato in ID., Medioevo monastico, Pontificio Ateneo S. Anselmo,
Roma 1988, 133-170, qui 147.
25
Cf. I. BIFFI, Cristo desiderio del monaco. Saggi di teologia mo -
nastica, Jaca Book, Milano 1998, 222, n. 103.
26
Cf. R. NARDIN, Il Cur Deus homo di Anselmo dAosta. Inda-
gine storico ermeneutica e orizzonte tri-prospettico di una cristologia,
Lateran University Press, Roma 2002, 167-172.
27
Cf. J. LECLERCQ, La contemplazione di Cristo nel monachesimo
medievale. Nota introduttiva di G. Picasso (or. fr. Regards monasti -
ques sur le Christ au Moyen ge, Paris 1993), San Paolo, Cinisello Bal-
samo 1994, 196.
28
Cf. G. PICASSO, La devozione mariana in san Bernardo, in BER-
NARDO DI CHIARAVALLE, Sermoni per le feste della Madonna. Introdu-
zione e note di G. Picasso, Paoline, Milano 1990, 9-39.
Spiritualit monastica
155
Spiritualit monastica
154
tualit monastica segna una svolta. La Devotio moderna in
cui la preghiera privata e la spiritualit soggettiva diventa-
no dominanti entra anche nei monasteri a partire dal
Quattrocento, soprattutto con la riforma di Santa Giusti-
na operata dallabate Ludovico Barbo (+ 1443). La spiri-
tualit si accontenta di basi speculative e dogmatiche mol-
to povere, per concedere molto spazio agli elementi affet-
tivi ed immaginativi. Il libro De imitatione Christi dichiara
le preoccupazioni intellettuali incompatibili con la pre-
ghiera. La spiritualit trova quindi una forma di preghiera
nuova che si sostituisce allantica lectio divina: ed appun-
to la meditazione come esercizio di piet, con la differen-
za, notiamo, che lantica lectio precedeva in certo senso la
preghiera, mentre la meditazione, come intesa dalla devo -
tio moderna e dallo stesso Barbo, segue la preghiera voca-
le
35
. Il Barbo, tuttavia, attraverso lintroduzione nei mo-
nasteri dellImitazione di Cristo, libro esemplare della De -
votio, probabilmente intende arginare la presenza di uno
spiritualismo esaltato e pseudo-carismatico
36
.
La riforma di Santa Giustina e le altre riforme bene-
dettine, comunque, permettono una nuova larga diffu-
sione del monachesimo fino alle soppressioni di fine Set-
tecento. Da notare, inoltre, il ritorno allinteresse per gli
35
G. PICASSO, La preghiera nel movimento spirituale di S. Giusti -
na, in C. VAGAGGINI - G. PENCO (edd.), La preghiera nella Bibbia e
nella tradizione patristica e monastica, Paoline, Roma 1964, rist. 1988,
733-769, ripubblicato in G. PICASSO, Tra umanesimo e devotio. Stu -
di di storia monastica, Vita e Pensiero, Milano 1999, 35-56, qui 47.
36
Cf. G. PENCO, La spiritualit monastica nei rapporti con le al -
tre principali correnti di spiritualit, in Benedictina 32 (1985), 337-351,
ripubblicato in ID., Spiritualit monastica. Aspetti e momenti, Scritti
Monastici, Praglia 1988, 33-50, qui 47-48.
se culturale per lUmanesimo con cui il mondo monastico
non sempre riesce a confrontarsi, e la nuova sensibilit re-
ligiosa verso i sorgenti ordini mendicanti. A queste coor-
dinate storiche si deve aggiungere il fenomeno degli abati
commendatari
31
con conseguente decadenza spirituale e il
venir meno dellinteresse per lo studio da parte degli stes-
si monaci, con successivo declino culturale dei monasteri.
Insomma, il monachesimo viene relegato in una posizione
sempre pi marginale
32
, pur registrando, a varie riprese,
segni di rinascita sia spirituale con alcune riforme (inizial-
mente con i Celestini, i Vallombrosani e i Silvestrini e poi
con gli Olivetani), che tuttavia rimangono a diffusione lo-
cale, sia culturale attraverso rapporti con gli Umanisti spe-
cie tra gli Olivetani (tra i quali vi sar un fratello di Petrar-
ca, Giovannino) e i Camaldolesi (Ambrogio Traversari)
33
.
Non trova alcuna influenza nelle correnti monastiche, in-
vece, tranne una breve eco nei Celestini, il messaggio del-
labate calabrese Gioacchino da Fiore (+ 1202), orientato
allattesa del regno dello Spirito Santo
34
. Tuttavia, la spiri-
31
Cf. G. PICASSO, Commenda, in DIP II, 1246-1250.
32
Cf. G. PICASSO - M. TAGLIABUE (edd.), Il monachesimo italia -
no nel secolo della grande crisi. Atti del V convegno di studi storici sul-
lItalia benedettina, Monte Oliveto Maggiore 2-5 settembre 1998,
Centro Storico Benedettino Italiano, Cesena 2004.
33
Cf. G. PICASSO, Il monachesimo alla fine del medioevo: tra
umanesimo e devotio, in G. PENCO, Cultura e spiritualit nella tradi -
zione monastica, Pontificio Ateneo S. Anselmo, Roma 1990, 129-147,
ripubblicato in G. PICASSO, Tra umanesimo e devotio. Studi di storia
monastica, Vita e Pensiero, Milano 1999, 97-113.
34
Cf. G. PENCO, Il mondo monastico italiano e la fine della reli -
giosit medievale, in Benedictina 25 (1978), 1-13, ripubblicato in ID.,
Medioevo monastico, Pontificio Ateneo S. Anselmo, Roma 1988, 569-
583, qui 571.
Spiritualit monastica
157
Spiritualit monastica
156
nome (Solesmense). Il monachesimo riprende vita con un
chiaro riferimento alla propria tradizione patristica e me-
dievale, anche se filtrata da una prospettiva romantica
39
,
con il rischio che nella rinascita monastica otto-novecen-
tesca, pi che a sottili precisazioni di carattere storico dot-
trinale si mirasse ad una attualizzazione la pi efficace
possibile del passato
40
. In particolare emerge limpor-
tanza della liturgia quale fonte della spiritualit monasti-
ca (spiritualit oggettiva). Lautore pi significativo, oltre
a Guranger, labate Paul Delatte (+ 1937). Linfluenza
di Solesmes nel rinascente monachesimo notevole, in
particolare in Francia, in Germania e in Belgio. Questo
impulso di rinnovamento monastico tocca con meno in-
tensit lItalia, nella quale il primato viene dato allosser-
vanza disciplinare (ascesi) con labate Pietro Casaretto (+
1878) e alla devotio. Per il monachesimo italiano tra Ot-
to-Novecento, infatti, la cultura in nome di un impegno
ascetico che si identificava con losservanza, passava in se-
conda linea, rischiando cos di portare ad un pericoloso
distacco da tutta una tradizione spirituale e intellettuale
di cui le comunit si erano fino allora alimentate
41
. An-
39
Cf. J. LECLERCQ, Le renouveau solesmien et le renouveau reli -
gieux du XIX
e
sicle, in Studia monastica 18 (1976), 157-195, tr. it. ID.,
Il rinnovamento solesmense e il rinnovamento religioso del XIX secolo,
in M. BIELAWSKI - A. SCHMIDT (edd.), Schola Christi. 50 anni dellIsti-
tuto monastico di santAnselmo, Pontificio Ateneo S. Anselmo, Roma
2002, 311-354.
40
G. PENCO, Jean Leclercq e il concetto di tradizione monastica,
in Benedictina 41 (1994), 317-339, qui 322.
41
G. PENCO, Iniziative culturali e fermenti spirituali nel mondo
monastico contemporaneo, in ID., Il monachesimo tra spiritualit e cul -
tura, Jaca Book, Milano 1991, 321-336, qui 331-332.
studi e anche per la scienza in alcuni ambiti monastici.
Basti ricordare che tra i pi stretti collaboratori di Gali-
leo si segnalano due monaci: Benedetto Castelli (+ 1643),
cassinese e Vincenzo Renieri (+ 1647), olivetano, que-
stultimo successore dello stesso Galileo sulla cattedra di
Fisica allUniversit di Pisa. La spiritualit segnata dal-
la Devotio dotta e letteraria (autobiografie, pii esercizi) o
popolare e iconografica (immagini devote)
37
. In ambito
colto, rimane viva la tradizione patristica e medievale at-
traverso la Congregazione benedettina di San Mauro
(Maurini) il cui esponente pi noto lerudito Jean Ma-
billon (+ 1707), fondatore della paleografia come scien-
za delle antiche scritture. Da notare, inoltre, la tensione
riformatrice in ambito cistercense a partire dagli inizi del
Seicento e che presenta una sua configurazione compiu-
ta nella Trappa dellabate Armand-Jean de Ranc (+
1700). Modello per le successive riforme, che porteranno
alla nascita ai Cistercensi di Stretta Osservanza, la Trap-
pa mostra una spiritualit intesa come ritorno al primiti-
vo ideale della Regola benedettina, della quale si sottoli-
nea lascesi e il lavoro manuale
38
.
Dopo la rivoluzione francese e il periodo napoleoni-
co, con le conseguenti soppressioni della vita monastica
in tutta Europa, la rinascita riprende in Francia ad opera
di Prospero Guranger (+ 1875), restauratore del mona-
stero di Solesmes e della Congregazione da cui prende il
37
Cf. G. PENCO, La spiritualit monastica nei rapporti con le al -
tre principali correnti di spiritualit, in ID., Spiritualit monastica, 33-
50, qui 49.
38
Cf. F. VANDENBROUCKE, Ranc, in DIP VII, 1205-1208.
Spiritualit monastica
159
Spiritualit monastica
158
(e anche dopo), sono due i monaci autori di opere di spi-
ritualit pi conosciuti: il beato abate Columba Marmion
(+ 1923) e il monaco trappista Thomas Merton (+ 1968).
Se il primo dottrinale, biblico e cristocentrico, il secon-
do narratore, poeta e mistico, per cui si pu cogliere
una somiglianza, una riproposta delle due principali cor-
renti spirituali del Medioevo monastico: con il Marmion,
una spiritualit oggettiva (Cristo ideale del monaco), eco
della spiritualit cluniacense; con il Merton, una spiritua-
lit soggettiva (La montagna delle sette balze), una eco
della scuola cistercense (De anima)
45
. Si percepisce, in
alcuni, lo stretto legame tra spiritualit monastica e teo-
logia, che si inizia a chiamare monastica
46
. In particolare,
lintima connessione tra spiritualit e teologia, nellottica
del monachesimo, viene colta sia attraverso lo studio del-
le opere dei monaci del Medioevo, specie san Bernardo,
come per Jean Leclercq (+ 1993)
47
, il monaco di Cler-
45
G. PICASSO, La spiritualit monastica, in R. NARDIN (ed.), Vi -
vere in Cristo. Per una formazione permanente alla vita monastica,
Citt Nuova, Roma 2004, 119-136, qui 136.
46
Cf. J. LECLERCQ, Pietro il Venerabile. Presentazione di I. Biffi
(or. fr. Pierre le Vnrable, Saint Wandrille 1946), Jaca Book, Milano
1991, 269.
47
Cf. J. LECLERCQ, Saint Bernard mystique, Descle, Bruges-Pa-
ris 1948, tr. it. San Bernardo. La vita. Introduzione di C. Stercal, Jaca
Book, Milano 1989; ID., St. Bernard et lesprit cistercien, Seuil, Paris
1966; tr. it. S. Bernardo e lo spirito cistercense, Qiqajon, Magnano 1998;
ID., Nouveau visage de Bernard de Clairvaux, Cerf, Paris 1976; ID., Ber -
nard de Clairvaux, Descle, Paris 1989, tr. it. Bernardo di Chiaravalle,
Vita e Pensiero, Milano 1992; nonch la raccolta dello stesso Leclercq
Recueil dtudes sur Saint Bernard et ses crits, I-V, Edizioni di Storia e
Letteratura, Roma 1962-1992 e lintroduzione allopera omnia di san
Bernardo dello Scriptorium Claravallense pubblicata nel 1984. Per
un contributo di Leclercq allo studio di san Bernardo cf. G. PENCO,
che nei monasteri italiani, comunque, non mancano at-
tenzioni, ristrette al livello dotto, allambito biblico e pa-
tristico come con Ambrogio Amelli (+ 1933) a Montecas-
sino o alla ricerca storica con labate Placido Lugano (+
1947) olivetano.
Da rilevare che lattenzione liturgica del mondo mo-
nastico porter alla fondazione del senso teologico della
liturgia in particolare con gli studi dei monaci Odo Casel
(+ 1948) di Maria Laach
42
e Cipriano Vagaggini (+
1999), di St. Andr e Camaldoli
43
. Sempre nellorienta-
mento liturgico si segnalano sia una nuova attenzione pa-
storale con il beato card. Ildefonso Schuster (+ 1954), ar-
civescovo di Milano gi abate di San Paolo fuori le mura
di Roma, con il Liber Sacramentorum, pregnante com-
mento al Messale Romano, sia le prime iniziative ecume-
niche con Lambert Beauduin (+ 1960), fondatore del
monastero belga di Chevetogne. Il movimento liturgico,
a cui il mondo monastico deve molto, com noto sfoce-
r nel Vaticano II. Nei primi decenni del Novecento se-
gnaliamo lattenzione alla mistica oggettiva e sapien-
ziale, di derivazione patristico-monastica, del monaco
Anselm Stolz (1942) di Gerleve che segner un influsso
ben al di l del mondo monastico
44
. Prima del Concilio
42
O. CASEL, Il mistero del culto cristiano (or. ted. Das christlichen
Kultmysterium, Ratisbon 1932), Borla, Torino 1966, Roma 1985.
43
C. VAGAGGINI, Il senso teologico della liturgia, Paoline, Roma
1957, 1965
4
.
44
Cf. A. STOLZ, Teologia della mistica (or. ted. Theologie der My -
stik, Regensburg 1936), Morcelliana, Brescia 1939, 1947
2
; cf. anche E.
SALMANN (ed.), La teologia mistico-sapienziale di Anselm Stolz, Ponti-
ficio Ateneo S. Anselmo, Roma 1988.
Spiritualit monastica
161
vaux che delle opere di Bernardo ha realizzato ledizione
critica; o Gregorio Magno, come per Benedetto Calati (+
2000)
48
, Priore generale dei Camaldolesi per 18 anni; sia
esaminando gli stimoli offerti dalla teologia contempora-
nea, ossia negli anni Cinquanta, come con Cipriano Va-
gaggini
49
, e ancora Leclercq e Calati
50
.
Spiritualit monastica
160
2.4. Dal Concilio Vaticano II ad oggi
Il Concilio Vaticano II presenta la vita monastica in
continuit con la sua tradizione: separata dal mondo e
contemplativa
51
. Al tempo stesso, sono molti e a livelli
diversi gli stimoli offerti alla spiritualit monastica dai
movimenti di rinnovamento ecclesiale che convergono
nel Vaticano II e dal quale si sviluppano. Cos il movi-
mento biblico ha permesso il recupero della lectio divina
come fonte di spiritualit; quello patristico ha stimolato
la riscoperta dei padri come maestri della vita monastica,
quello liturgico ha consentito il recupero della centralit
e della valenza teologica dellopus Dei e della celebrazio-
ne eucaristica nella vita della Comunit e quello ecume-
nico ha stimolato la comprensione del monachesimo co-
me luogo di comunione e di dialogo
52
. Inoltre, ancora il
Vaticano II ha stimolato il monachesimo alla riscoperta
delle proprie radici sia in rapporto alla vita ecclesiale, sia
attraverso una rilettura attenta delle fonti della vita mo-
nastica mediante unermeneutica volta allanalisi di tutto
un ricco patrimonio documentario agiografico, legislati-
vo ed epistolare alla ricerca del carisma originario, del
monachesimo e delle singole tradizioni monastiche. Si
51
Cf. J. LECLERCQ, La vie contemplative et le monachisme daprs
Vatican II, in Gregorianum 47 (1966), 496-516, tr. it. Ora et labora 22
(1967), 18-35.
52
R. NARDIN, La formazione permanente: alcune coordinate, in
ID., Vivere in Cristo, 19-37, qui 22-23. Cf. anche Il monachesimo dopo
il concilio, Monastero di S. Giovanni Evangelista, Parma 1981; M.
TORCIVIA, Il monachesimo benedettino italiano postconciliare. Lettura
del cammino percorso e proposizioni di alcuni esempi di rinnovamento,
in Claretianum 41 (2001), 129-179.
San Bernardo tra due centenari: 1890-1980, in ID., Cteaux e il monache -
simo del suo tempo, Jaca Book, Milano 1994, 203-215.
48
Cf. B. CALATI, I Dialoghi di S. Gregorio Magno. Tentativo di in -
dagine di spiritualit monastica, in Vita Monastica 11 (1957), 61-70;
108-118; ID., La preghiera nella tradizione monastica dellalto medioe -
vo, in C. VAGAGGINI (ed.), La preghiera. Nella bibbia e nella tradizio-
ne patristica e monastica, Paoline, Roma 1964, rist. 1988, 513-614;
ID., Comunit e Scrittura nel pensiero di Gregorio Magno, in Vita Mo -
nastica 19 (1965), 3-24; ID., S. Gregorio Magno e la Bibbia, in C. VA-
GAGGINI e coll. (edd.), Bibbia e spiritualit, Paoline, Roma 1967, 123-
178; ID., Gregorio Magno e il dialogo missionario del monachesimo me -
dievale, in Vita Monastica 21 (1967), 3-24; ID., S. Gregorio, maestro di
formazione spirituale, in Seminarium9 (1969), 245-268; ID., Saggio per
una lettura dei Dialoghi di S. Gregorio Magno secondo la metodologia
del senso spirituale della Scrittura inteso dai Padri medievali, in G.J.
BKS - G. FARNEDI (edd.), Lex orandi, lex credendi. Miscellanea in
onore di p. Cipriano Vagaggini, Pontificio Ateneo S. Anselmo, Roma
1980, 109-130; ID., Scriptura crescit cum legente nelle omelie di S.
Gregorio Magno, in Parola Spirito e Vita (1991/2), 249-270.
49
Cf. C. VAGAGGINI, Tendenze recenti in teologia e spiritualit
monastica, in C. VAGAGGINI (ed.), Problemi e orientamenti di spiritua -
lit monastica, biblica e liturgica, Paoline, Roma 1961, 9-92, ripubbli-
cato in M. BIELAWSKI - A. SCHMIDT (edd.), Schola Christi. 50 anni del-
lIstituto monastico di santAnselmo, Pontificio Ateneo S. Anselmo,
Roma 2002, 33-87.
50
Cf. B. CALATI, Spiritualit monastica. Historia salutis. Saggio
di una metodologia della spiritualit monastica, in Vita Monastica 13
(1959), 3-48; ID., Problemi di teologia e spiritualit monastica in una re -
cente opera del P. H. De Lubac, in Vita Monastica 14 (1960), 147-166;
ID., La questione monastica nella letteratura di carattere teorico degli ul -
timi trentanni, in C. VAGAGGINI (ed.), Problemi e orientamenti di spiri -
tualit monastica, biblica e liturgica, Paoline, Roma 1961, 339-497.
Spiritualit monastica
163
Spiritualit monastica
162
co e medievale, inoltre, permetteva di stimolare sia il re-
cupero della lettura spirituale della Scrittura come ful-
cro del rinnovamento monastico del Novecento, sia la
consapevolezza che la lectio divina costituiva lelemen-
to essenziale della spiritualit monastica, al di l delle
epoche e delle diverse forme con le quali il monachesi-
mo era apparso
57
. Sembra opportuno, quindi, sintetiz-
zare la vita monastica non tanto nel recente ora et labo -
ra, quanto, invece, nellespressione che ricorda il Liber
de modo bene vivendi (1174) del cistercense Tommaso
di Froidmont (cf. PL 184,1272-3): ora, lege et labora
58
.
Nella seconda met del XX secolo, inoltre, il mo-
nachesimo rivela la propria fecondit in una duplice di-
rezione. Da un lato, mostrando la presenza di comuni-
t monastiche in molte Chiese nei paesi in via di svilup-
po
59
, dallaltro, attraverso la nascita di nuove comunit
di ispirazione monastica nei paesi industrializzati
60
. In
entrambi i casi, pur nelle situazioni diverse, emergono
it, EDB, Bologna 1990, e di U. BERLIRE, Lascse bndictine des ori -
gines la fin du XII
e
sicle. Essai dhistorique, Descle, Paris 1927.
57
Cf. J. LECLERCQ, Caratteristiche della spiritualit monastica, in
C. VAGAGGINI (ed.), Problemi e orientamenti di spiritualit monastica,
biblica e liturgica, Paoline, Roma 1961, 327-336.
58
Cf. Cf. J. LECLERCQ, tudes sur le vocabulaire monastique du
Moyen ge, 143.
59
J. LECLERCQ, Venticinque anni di storia monastica. A.I.M.
(Aiuto Inter-monasteri per le giovani Chiese), 1960-1985, (or. fr. Nou -
velle page dhistoire monastique. Histoire de lA.I.M. 1960-1985, Van-
ves 1986), Benedettina Editrice, Parma 1988.
60
Cf. M. TORCIVIA, Guida alle nuove comunit monastiche italia -
n e. Prefazione di Enzo Bianchi, Piemme, Casale Monferrato 2001;
ID., Nel segno di Bose, con unintervista a Enzo Bianchi; prefazione di
A. Louf, Piemme, Casale Monferrato 2003.
trattato di un rinnovamento essenziale in quanto forte
era il distacco dalla propria tradizione spirituale e cultu-
rale a cui si suppliva mediante una formazione di tipo ge-
nerico o il ricorso a frasi fatte e a luoghi comuni. Il ritor-
no alle proprie fonti auspicato dal Concilio era, special-
mente per il monachesimo italiano, un fenomeno ancora
lontano e solo grazie allinflusso di dom Jean Leclercq (+
1993) esso avrebbe avuto inizio a partire dagli anni Set-
tanta
53
. Tra le frasi fatte e di epoca recente la pi fa-
mosa ora et labora, espressione questa che, pur non es-
sendo presente nella Regola di san Benedetto, tuttavia ci
riporta alle origini del monachesimo in cui per lavoro (la -
bora) si intendeva il lavoro dellascesi e, nel caso specifi-
co, considerato inseparabile dalla preghiera (ora)
54
.
Il recupero della lectio divina, quale fonte prioritaria
della spiritualit monastica, costituisce il frutto pi im-
portante del rinnovamento post conciliare. La stessa
espressione lectio divina, infatti, presente dallepoca pa-
tristica
55
, dal XIII secolo divenne sempre pi rara e bi-
sogner attendere la pubblicazione di due significativi
studi degli anni Venti del secolo scorso per riprenderne
gradualmente luso
56
. Lo studio del monachesimo anti-
53
G. PENCO, Monachesimo, chiesa, societ alla fine del secondo
millennio, in G. TAMBURRINO (ed.), Monachesimo e terzo millennio,
Edizioni Scritti Monastici, Praglia 1998, 61-82, qui 67.
54
Cf. J. LECLERCQ, tudes sur le vocabulaire monastique du Mo -
yen ge, Pontificio Ateneo S. Anselmo, Roma 1961, 144.
55
Cf. H. DE LUBAC, Esegesi medievale, I (or. fr. Exgse mdi -
vale, I, Paris 1959), Jaca Book, Milano 1986, 84.
56
Si tratta di: D. GORCE, La lectio divina ds origines saint Be -
not et Cassiodore, I, Saint Jrme et la lecture sacre dans le milieu
asctique romain, Monastre Mont-Vierge - A. Picard, Paris 1925, tr
Pi di recente si messo in rilievo come la vocazio-
ne monastica si ponga nella stessa linea della vocazione
cristiana, fondata sul battesimo, e non come una parte
migliore di essa
63
. Il monaco si rivela insomma anzitut-
to come un cristiano posto in permanente tensione cri-
tica nei confronti del mondo in cui vive senza identifi-
carvisi mai totalmente, perch vive se stesso come
unattesa di pienezza, una tensione che lo apre a un ol -
tre che si realizzer soltanto nellescatologia
64
. Si trat-
ta di una tensione verso e nelleschaton in cui il monaco
non solo attende il non ancora dellincontro definiti-
vo, ma vive il gi della vita in Cristo. Il monachesimo,
allora, realizza nelloggi del tempo la propria dimensio-
ne profetica quale costante epiclesi/epifania invocazio-
ne/manifestazione dello Spirito per fecondare segre t a -
mente la storia. Da rilevare, infine, la notevole richiesta
di ospitalit monastica degli ultimi decenni. Si tratta di
un fenomeno che, al di l delle mode e del consumi-
smo spirituale, manifesta come la spiritualit di ispira-
zione monastica sia in sintonia (o si identifichi) con la
spiritualit cristiana tout court, in cui le tre dimensioni
evidenziate per lepoca delle origini conversatio, com -
munio e caritas appartengono, in realt, alla spiritua-
lit monastica di tutte le epoche.
Spiritualit monastica
165
gli stimoli provocati dal Vaticano II. In particolare la
centralit della Parola e lattenzione ai Padri allinterno
di una rivalutazione della vita monastica quale valore in
se stessa e non nella misura in cui finalizzata ad ope-
re particolari: caritative, educative, pastorali, missiona-
rie, assistenziali o culturali. Si comprende, pertanto, co-
me il valore della vita monastica non si ponga nei servi-
zi svolti (diakonia), ma nella vitale testimonianza (mar -
tyria) della communio quale segno profetico dellescato-
logico Regno di Dio. Le nuove Comunit monastiche e
le diverse collocazioni continentali mettevano e metto-
no in discussione certezze che venivano considerate as-
solute nellambito del monachesimo, come luso del-
labito quale unica veste del monaco, il gregoriano qua-
le unico canto liturgico (ricordo di Cluny), il lavoro ma -
nuale, possibilmente agricolo, quale unico lavoro mo-
nastico (ricordo di Cteaux). Inoltre, luniversale chia-
mata alla santit ribadita dal Vaticano II faceva emerge-
re la dignit dello stato laicale rispetto a quello clerica -
le, ma anche il valore e la piena dignit della vocazione
del monaco rispetto a quella del monaco-sacerdote, con
conseguente sempre maggiore consapevolezza della ne-
cessit di un unico percorso formativo
61
. Gli studi sul
monachesimo nel Medioevo, poi, mettevano sempre
pi in luce un sacerdozio monastico, n ministeriale, n
missionario
62
.
Spiritualit monastica
164
63
Cf. E. BIANCHI, Non siamo i migliori. La vita religiosa nella
Chiesa, tra gli uomini, Qiqajon, Magnano 2002.
64
I. GARGANO, Spiritualit monastica oggi, in Il Regno-Attualit
39 (1994/12), 368-376, qui 369.
61
Cf. R. NARDIN, Lo studio nella formazione monastica, in Testi -
moni 27 (2004/1), 17-19.
62
Cf. J. LECLERCQ, Monachisme, sacerdoce et missions au Moyen
ge. Travaux et rsultats recents, in Studia monastica 23 (1981), 307-
323.
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G. PENCO, Medioevo monastico, Pontificio Ateneo S. Ansel-
mo, Roma 1988.
Bibliografia
168
INDICE
PREFAZIONE (di Notker Wolf, osb) . . . . . . pag. 000
PREMESSA (di Roberto Nardin - Alfredo Simn) 000
GENESI E FORMAZIONE DEL DOCUMEN-
TO: LA VITA BENEDETTINA (di Alfredo Si-
mn) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 000
LA RIUNIONE DI EINSIEDELN (1964) . . . . . . 000
IL CONGRESSO DEGLI ABATI DEL 1966 . . . . . 000
IL CONGRESSO DEGLI ABATI DEL 1967 . . . . . 000
CONCLUSIONE . . . . . . . . . . . . . . . . . . 000
LA VITA BENEDETTINA (traduzione di Enri-
co Mariani) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 000
NOTA DEL TRADUTTORE . . . . . . . . . . . . . 000
SOMMARIO . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 000
SIGLE. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 000
INTRODUZIONE. . . . . . . . . . . . . . . . . . 000
I. VOCAZIONE UNIVERSALE ALLA SANTIT E VO-
CAZIONE BENEDETTINA . . . . . . . . . . . . 000
II. LA SPIRITUALIT BENEDETTINA . . . . . . . 000
III. LISTITUZIONE BENEDETTINA . . . . . . . . 000
Indice
171
Bibliografia
170
Indice Bibliografia
170
III. Listituzione benedettina
173
LA VITA BENEDETTINA: UN DONO SEM-
PRE ATTUALE DEL SIGNORE ALLA SUA
CHIESA (di Roberto Nardin) . . . . . . . . . . pag. 000
1. IL DOCUMENTO:LA VITA BENEDETTINA . . . . 000
1.1. La struttura e le tematiche . . . . . . . . 000
1.2. Introduzione. . . . . . . . . . . . . . . . 000
1.3. Vocazione universale alla santit e voca-
zione benedettina . . . . . . . . . . . . . 000
1.4. La spiritualit benedettina . . . . . . . . 000
1.5. Listituzione benedettina . . . . . . . . . 000
2. OSSERVAZIONI E RILIEVI. . . . . . . . . . . . 000
3. CONCLUSIONE. . . . . . . . . . . . . . . . . 000
SPIRITUALIT MONASTICA (di Roberto Nar-
din) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 000
1. QUESTIONI PRELIMINARI E METODOLOGICHE. . 000
2. LO SVILUPPO STORICO DELLA SPIRITUALIT MO-
NASTICA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 000
Indice
172
III. Listituzione benedettina
175
III. Listituzione benedettina
174
III. Listituzione benedettina
176

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