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TESTI MAGISTERIALE di BIOETICA, FRAY PAULO LOPEZ, O.S.A.

TESTI MAGISTERIALE
di BIOETICA
I. SOMMARIO

1. Lettera Enciclica Casti Connubii, Pio Pp. XI (1930) .............................................. 3


2. Discorso Pio XII Alla Unione Medico-Biologica San Luca ( 1944) .................... 30
3. DISCORSO DI SUA SANTIT PIO PP. XII ALLE PARTECIPANTI AL
CONGRESSO DELLA UNIONE CATTOLICA ITALIANA OSTETRICHE*
Luned, 29 ottobre 1951 .............................................................................................. 37
4. Discurso De Po XII, A Los Participantes En El I Congreso Internacional De
Histopatologa Del Sistema Nervioso (1952).............................................................. 50
5. Discurso PO XII A Los Participantes En La Viii Asamblea De La Asociacin
Mdica Mundial (1954) .............................................................................................. 57
6. Discurso PO XII A Los Participantes En La XVI Sesin De La Oficina
Internacional De Documentacin De Medicina Militar (1953) .................................. 67
7. Discurso PO XII Sobre Tres Cuestiones De Moral Mdica Relacionadas Con
La Reanimacin (1957) ............................................................................................... 74
8. Discurso PO XII Sobre Las Implicaciones Religiosas Y Morales De La
Analgesia (1957) ......................................................................................................... 78
9. Dignitatis Humanae, Paolo VI, il diritto della persona umana e delle comunit
alla libert sociale e civile in materia di religione (1965) ........................................... 89
10. Lettera Enciclica Humanae Vitae, Paolo VI (1965) ........................................... 98
11. Congregazione per la Dottrina della Fede, dichiarazione sull'aborto procurato,
(1974)......................................................................................................................... 108

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12. Congregazione per la Dottrina della Fede Persona Humana alcune questioni di
etica sessuale (1975)(1) ............................................................................................. 116
13. Congregazione per la Dottrina della Fede Dichiarazione sull'eutanasia (1980) 126
14. Pontificio Consiglio per la Famiglia, carta dei diritti della famiglia (1983) (1) 131
15. lettera apostolica Salvifici Doloris, Giovanni Paolo II, (1984) .......................... 140
16. Discorso di Giovanni Paolo II ai partecipanti ad un convegno di studi su il
diritto alla vita e leuropa (1987)............................................................................. 166
17. Il rispetto della vita umana nascente e la dignit della procreazione,
Congregazione per la Dottrina della Fede, (1987) ................................................... 168
18. Discorso di GIOVANNI PAOLO II ai partecipanti al vii simposio dei vescovi
deuropa (1989) ......................................................................................................... 187
19. Lettera di Giovanni Paolo II, al cardinale Fiorenzo Angelini, presidente del
pontificio consiglio della pastorale per gli operatori sanitari, per l'istituzione della
giornata mondiale del malato (1992) ........................................................................ 191
20. Lettera Enciclica Evangelium Vitae, Giovanni Paolo II (1995) ....................... 192
21. Pontificia Academia Pro Vita, riflessioni sulla clonazione, (2005).................... 268
22. Discorso Giovanni Paolo II in occasione della conferenza internazionale del
pontificio consiglio per la pastorale della salute (2004) ........................................... 274
23. Congregazione per la Dottrina della Fede, risposte a quesiti della conferenza
episcopale statunitense circa lalimentazione e lidratazione artificiali (2007) ........ 276
24. Testamento Biologici: La vita umana non disponibile di Adriano Pessina
Direttore del Centro di Ateneo di Bioetica Universit Cattolica del Sacro Cuore ... 277
25. Congregazione per la Dottrina della Fede, Istruzione Dignitas Personae, su
alcune questioni di bioetica introduzione (2008) ...................................................... 279
26. Pontificia Accademia per la Vita, dichiarazione finale della XIII assemblea
generale, (2007) ......................................................................................................... 297

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27. Indice di Materia ................................................................................................. 300

1. Lettera Enciclica Casti Connubii, Pio Pp. XI (1930)

Quanto grande sia la dignit del casto connubio, si pu principalmente riconoscere, Venerabili
Fratelli, da ci che Nostro Signore Ges Cristo, Figlio dellEterno Padre, quando assunse la natura
delluomo decaduto, in quella amorosissima economia con la quale comp la totale riparazione del
nostro genere umano, non solo volle comprendere in maniera particolare anche questo principio e
fondamento della societ domestica e quindi del consorzio umano, ma richiamandolo inoltre alla
primitiva purit dellistituzione divina, lo elev a vero e grande [1] Sacramento della Nuova
Legge, affidandone perci tutta la disciplina e la cura alla Chiesa sua Sposa.
Ma perch da questo rinnovamento del matrimonio si possano raccogliere i frutti desiderati presso i
popoli di ogni regione e di ogni et, si debbono anzitutto illuminare le menti degli uomini con la
vera dottrina di Cristo intorno al matrimonio; inoltre occorre che i coniugi cristiani, con la grazia
divina che internamente ne corrobora la debole volont, conformino in tutto pensieri e condotta a
quella purissima legge di Cristo, al fine di ottenerne per s e per la propria famiglia la vera pace e
felicit.
Purtroppo tuttavia, non solamente Noi che da questa Apostolica Sede come da una specola
guardiamo con occhi paterni tutto il mondo, ma voi pure, Venerabili Fratelli, certamente vedete e
insieme con Noi amaramente lamentate come tanti uomini, dimentichi di quellopera divina di
restaurazione, o ignorino del tutto la grande santit del matrimonio cristiano o sfrontatamente la
neghino, o persino qua e l vadano conculcandola, seguendo i falsi princpi di una certa nuova e del
tutto perversa moralit. E poich si sono cominciati a diffondere anche tra i fedeli questi
perniciosissimi errori e questi depravati costumi, che tentano dinsinuarsi insensibilmente ma
sempre pi profondamente, abbiamo creduto essere dovere del Nostro ufficio di Vicario di Ges
Cristo in terra di supremo Pastore e Maestro, alzare la Nostra voce apostolica per allontanare le
pecorelle a Noi affidate dai pascoli avvelenati e, per quanto dipende da Noi, custodirle immuni.
Abbiamo perci deciso, Venerabili Fratelli, di parlare a voi e per mezzo vostro a tutta la Chiesa di
Cristo e a tutto il genere umano, della natura del matrimonio cristiano, della sua dignit, dei
vantaggi e benefci che ne derivano alla famiglia e alla stessa umana societ, degli errori contrari a
questo gravissimo punto della dottrina evangelica, dei vizi che si oppongono alla stessa vita
coniugale, e infine dei principali rimedi da apportarvi. E in ci intendiamo seguire le orme del
Nostro predecessore Leone XIII, di s. m, la cui Enciclica Arcanum [2] scritta or sono
cinquantanni intorno al matrimonio cristiano, con questa Nostra Enciclica facciamo Nostra e
confermiamo e, mentre esponiamo alquanto pi diffusamente alcuni punti per riguardo alle
condizioni e ai bisogni del tempo nostro, dichiariamo che essa non solo non andata in disuso ma
conserva tutto il suo vigore.

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E per esordire da quella stessa Enciclica, che quasi unicamente mira a rivendicare la divina
istituzione, la dignit sacramentale e la perpetua indissolubilit del matrimonio, resti anzitutto
stabilito questo inconcusso inviolabile fondamento: che il matrimonio non fu istituito n restaurato
dagli uomini, ma da Dio; non dagli uomini ma da Dio, autore della natura, e da Ges Cristo,
Redentore della medesima natura, fu presidiato di leggi e confermato e nobilitato. Tali leggi perci
non possono andar soggette ad alcun giudizio umano e ad alcuna contraria convenzione, nemmeno
degli stessi coniugi. Questa la dottrina della Sacra Scrittura [3], questa la costante ed universale
tradizione della Chiesa; questa la solenne definizione del Concilio Tridentino che proclama e
conferma con le parole stesse della Sacra Scrittura lorigine da Dio Creatore della perpetuit e
indissolubilit del vincolo del matrimonio, e la sua stabilit ed unit [4].
Bench per il matrimonio di sua natura sia distituzione divina, anche lumana volont arreca in
esso il suo contributo, e questo nobilissimo. Infatti ogni particolare matrimonio, in quanto unione
coniugale fra questuomo e questa donna, non pu cominciare ad esistere se non dal libero consenso
di ambedue gli sposi; e questo atto libero della volont, col quale ambedue le parti danno e
accettano il diritto proprio del connubio [5], talmente necessario perch esista vero matrimonio,
che non pu venire supplito da nessuna autorit umana [6]. Senonch tale libert a questo soltanto si
riferisce: che i contraenti vogliano realmente contrarre matrimonio e contrarlo con questa
determinata persona; ma la natura del matrimonio assolutamente sottratta alla libert umana, in
modo che una volta che uno abbia contratto matrimonio, resta soggetto alle sue leggi e alle sue
propriet essenziali. Infatti il Dottore Angelico, trattando della fede e della prole, dice Questo
causato dallo stesso patto coniugale, cos che se nel consenso, che fa il matrimonio, si esprimesse
qualche cosa di contrario a ci, non esisterebbe vero matrimonio [7].
Mediante il connubio, dunque, si congiungono e si stringono intimamente gli animi, e questi prima
e pi fortemente che non i corpi, n gi per un passeggero affetto dei sensi o dellanimo, ma per un
decreto fermo e deliberato di volont; e da questa fusione di anime, cos avendo Dio stabilito, sorge
un vincolo sacro ed inviolabile.
Tale natura, affatto propria e speciale di questo contratto, lo rende totalmente diverso, non solo
dagli accoppiamenti fatti per cieco istinto naturale fra gli animali, in cui non pu esservi ragione o
volont deliberata, ma altres da quegli instabili connubii umani, che sono disgiunti da qualsivoglia
vero ed onesto vincolo di volont e destituiti di qualsiasi diritto di domestica convivenza.
Da qui gi appare manifesto che la legittima autorit ha diritto e dovere di frenare, impedire e
punire questi turpi connubii, contrari a ragione e a natura; ma trattandosi qui di cosa che consegue
alla stessa natura umana, non meno certo quello che apertamente ammoniva il Nostro
predecessore Leone XIII di f. m.[8]. Nella scelta del genere di vita, non dubbio che in potere
ed arbitrio dei singoli il preferire luna delle due: o seguire il consiglio di Ges Cristo intorno alla
verginit, oppure obbligarsi col vincolo matrimoniale. Nessuna legge umana pu togliere alluomo
il diritto naturale e primitivo del coniugio; o in qualsivoglia modo circoscrivere la cagione
principale delle nozze, stabilita da principio per autorit di Dio: Crescete e moltiplicatevi [9].
Pertanto il sacro consorzio del vero connubio viene costituito e dalla divina e dallumana volont;
da Dio provengono listituzione, le leggi, i fini, i beni del matrimonio; dalluomo, con laiuto e la
cooperazione di Dio, dipende lesistenza di qualsivoglia matrimonio particolare coi doveri e coi
beni stabiliti da Dio, mediante la donazione generosa della propria persona ad altra persona per tutta
la vita.
I

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Ma mentre Ci accingiamo ad esporre quali e quanto grandi siano questi beni divinamente concessi
al vero matrimonio, Ci vengono alla mente, Venerabili Fratelli, le parole di quel preclarissimo
Dottore della Chiesa che, non molto tempo addietro, commemorammo con lEnciclica Ad salutem
nel XV centenario dalla sua morte [10]; Tutti questi dice SantAgostino sono i beni per i
quali le nozze sono buone: la prole, la fede, il sacramento [11]. Che poi a buon diritto si possa
dire che questi tre punti contengono uno splendido compendio di tutta la dottrina sul matrimonio
cristiano, ci viene eloquentemente dichiarato dallo stesso Santo quando dice: Nella fede si
provvede che fuor del vincolo coniugale non ci sia unione con un altro o con unaltra; nella prole
che questa si accolga amorevolmente, si nutra benignamente, si educhi religiosamente; nel
sacramento poi che non si sciolga il coniugio, e che il rimandato o la rimandata nemmeno per
ragione di prole si congiunga con altri. Questa come la regola delle nozze, dalla quale ed
nobilitata la fecondit della natura ed regolata la pravit dellincontinenza [12].
Pertanto fra i beni del matrimonio occupa il primo posto la prole. E veramente lo stesso Creatore del
genere umano, che nella sua bont volle servirsi degli uomini come ministri per la propagazione
della vita, questo insegn quando nel paradiso, istituendo il matrimonio, disse ai progenitori e in
essi a tutti i coniugi futuri: Crescete e moltiplicatevi e riempite la terra [13]. Questa stessa verit
deduce elegantemente SantAgostino dalle parole dellApostolo San Paolo a Timoteo [14], dicendo:
Che le nozze si contraggano per ragione della prole, cos ne fa fede lApostolo: Voglio che i
giovani si sposino. E come se gli dicesse: E perch? subito soggiunge: A procreare figliuoli, ad
essere madri di famiglia [15].
Quanto poi questo sia un grande beneficio di Dio e un gran bene del matrimonio appare dalla
dignit e dal nobilissimo fine delluomo. Infatti luomo, anche solo per leccellenza della natura
ragionevole, sovrasta a tutte le altre creature visibili. Si aggiunga che Iddio vuole la generazione
degli uomini, non solo perch esistano e riempiano la terra, ma assai pi perch ci siano cultori di
Dio, lo conoscano e lo amino e lo abbiano poi infine a godere perennemente nel cielo; il qual fine,
per lammirabile elevazione, compiuta da Dio, delluomo allordine soprannaturale, supera tutto
quello che occhio vide, ed orecchio intese e pot entrare nel cuore delluomo [16]. Da ci
appare facilmente quanto gran dono della bont divina e quanto egregio frutto del matrimonio sia la
prole, germogliata per onnipotente virt divina e con la cooperazione dei coniugi.
I genitori cristiani intendano inoltre che solo destinati non solo a propagare e conservare in terra il
genere umano; anzi non solo ad educare comunque dei cultori del vero Dio, ma a procurare prole
alla Chiesa di Cristo, a procreare concittadini dei Santi e familiari di Dio [17], perch cresca ogni
giorno pi il popolo dedicato al culto del nostro Dio e Salvatore. E quantunque i coniugi cristiani,
per quanto siano essi santificati, non possono trasfondere nella prole la santificazione, ch anzi la
naturale generazione della vita divenuta via di morte, per la quale passa alla prole il peccato
originale, tuttavia essi partecipano in qualche modo alcunch di quel primitivo coniugio del
paradiso terrestre, essendo loro ufficio offrire la propria prole alla Chiesa, perch da questa
fecondissima madre di figli di Dio la prole venga rigenerata per mezzo del lavacro del battesimo
alla giustizia soprannaturale, e perch diventi membro vivo di Cristo, partecipe della vita immortale
e infine erede della gloria eterna, alla quale tutti aneliamo dallintimo del cuore.
Se una madre veramente cristiana a ci riflette, comprender certamente che a lei, e in senso pi
alto e pieno di consolazione, vanno applicate quelle parole del nostro Redentore: La donna
quando ha dato alla luce un bambino, non ricorda pi le sue angustie per il gaudio che prova,
perch un uomo venuto al mondo [18]; e rendendosi superiore a tutti i dolori, alle cure, ai pesi
della maternit, molto pi giustamente e santamente di quella matrona romana, madre dei Gracchi,
si glorier nel Signore di una floridissima corona di figli. Ambedue i coniugi, poi, riguarderanno
questi figli, ricevuti con animo pronto e grato dalla mano di Dio, quale un talento loro affidato da

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Dio, non gi per impiegarlo solamente a vantaggio proprio o della patria terrena, ma per restituirlo
poi col suo frutto nel giorno del conto finale.
Il bene per della prole non si esaurisce nel beneficio della procreazione, ma occorre che se ne
aggiunga un secondo, che consiste nella debita educazione di essa. Troppo scarsamente, invero, Dio
sapientissimo avrebbe provveduto alla prole venuta alla luce, e quindi a tutto il genere umano, se a
coloro a cui ha dato il potere e il diritto di generare, non avesse altres dato il dovere dovere e il
diritto di educare. Nessuno infatti pu ignorare che la prole non pu bastare n provvedere a se
stessa nemmeno in ci che riguarda la vita naturale, e molto meno in ci che concerne la vita
soprannaturale, ma abbisogna per molti anni dellaltrui aiuto per la formazione e leducazione.
noto poi come, per disposizione naturale e divina, questo dovere e diritto alleducazione della prole
appartengono anzitutto a coloro che con la generazione iniziarono lopera della natura, e ai quali
vietato di esporre al rischio della perdita lopera incominciata, lasciandola imperfetta. Ora a questa
tanto necessaria educazione dei figli si provveduto nel miglior modo possibile col matrimonio, in
cui, essendo i genitori stretti tra loro con vincolo indissolubile, prestano sempre ambedue lopera
loro e il loro vicendevole aiuto.
Ma avendo gi trattato altra volta a lungo delleducazione cristiana della giovent [19], possiamo
riassumere tutte queste cose ripetendo le parole di SantAgostino: Quanto alla prole, si richiede
che sia accolta con amore e religiosamente educata [20], il che ci viene pure espresso
stringatamente nel Codice di diritto canonico: Il fine primario del matrimonio la procreazione e
leducazione della prole [21].
N si deve tacere che, essendo di tanta dignit e tanta importanza luno e laltro compito affidato ai
genitori per il bene della prole, qualsiasi onesto uso della facolt data da Dio per la generazione di
una nuova vita, secondo lordine del Creatore e della stessa legge di natura, diritto e prerogativa
del solo matrimonio e deve essere assolutamente contenuto dentro i limiti sacri del matrimonio.
Il secondo bene del matrimonio menzionato da SantAgostino, come abbiamo detto, il bene della
fede, che la vicendevole fedelt dei coniugi nelladempimento del contratto matrimoniale; sicch
quanto compete per questo contratto sancito secondo la legge divina al solo coniuge, n a lui sia
negato, n permesso ad una terza persona; e neppure al coniuge stesso sia concesso ci che non si
pu concedere in quanto contrario alle leggi divine e del tutto alieno dalla fede matrimoniale.
Questa fede pertanto richiede in primo luogo lunit assoluta del matrimonio, che il Creatore stesso
adombr nel matrimonio dei primi genitori, volendo che esso non fosse se non fra un uomo solo e
una sola donna. E sebbene poi il supremo Legislatore, Iddio, allarg alquanto questa legge primitiva
per qualche tempo, non vi tuttavia dubbio alcuno che la legge evangelica abbia ristabilito
pienamente lantica e perfetta unit, abrogando ogni dispensa, come dimostrano chiaramente le
parole di Cristo e la dottrina e la prassi costante della Chiesa. A buon diritto perci il Sacro Concilio
Tridentino dichiar solennemente: Cristo Signore insegn pi apertamente che con questo vincolo
due sole persone si vengono strettamente a congiungere, quando disse: Non sono dunque pi due,
ma una sola carne [22].
E Nostro Signore Ges Cristo non volle solamente proibire qualsiasi forma, sia successiva sia
simultanea, come dicono, di poligamia e di poliandria o qualsiasi altra azione esterna disonesta; ma
di pi ancora, perch si custodisse inviolato il santuario sacro della famiglia, proib gli stessi
pensieri volontari e desideri su tali cose: Ma io vi dico che chiunque guarda una donna per
desiderarla, ha gi commesso in cuor suo adulterio con lei [23]. Queste parole di Cristo non
possono andare annullate, neppure per consenso del coniuge, giacch esse rappresentano la legge
medesima di Dio e della natura, che nessuna volont umana pu distruggere o modificare [24].

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Anzi, perch il bene della fede splenda nella debita purezza, le stesse vicendevoli manifestazioni di
familiarit tra i coniugi debbono essere caratterizzate dal pregio della castit, in modo tale che i
coniugi si comportino in tutte le cose secondo la norma di Dio e delle leggi di natura, e si studino di
seguire sempre, con grande riverenza verso lopera di Dio, la volont sapientissima e santissima del
Creatore.
Questa fede della castit, come da SantAgostino giustamente chiamata, risulter pi facile, anzi
molto pi piacevole non meno che nobile per un altro pregio importantissimo: per lamore
coniugale, cio, che pervade i doveri tutti della vita coniugale e nel matrimonio cristiano tiene come
il primato della nobilt. Richiede inoltre la fede del matrimonio che il marito e la moglie siano fra
loro congiunti di un amore singolare, santo e puro, e non si amino fra di loro come gli adulteri ma
in quel modo che Cristo am la Chiesa; perch questa regola prescrisse lApostolo quando disse:
Uomini amate le vostre mogli, come anche Cristo am la Chiesa [25], e certo Egli lam con quella
sua carit infinita, non per un vantaggio suo, ma solo proponendosi lutilit della Sposa [26].
Parliamo dunque di un amore non gi fondato nella inclinazione sola del senso che in breve
svanisce, n solo nelle parole carezzevoli, ma nellintimo affetto dellanima e ancora giacch la
prova dellamore lesibizione dellopera dimostrato con lazione esterna [27]. Questa azione,
poi, nella societ domestica non comprende solo il vicendevole aiuto, ma deve estendersi altres,
anzi mirare soprattutto a questo: che i coniugi si aiutino fra di loro per una sempre migliore
formazione e perfezione interiore, in modo che nella loro vicendevole unione di vita crescano
sempre pi nelle virt, massimamente nella sincera carit verso Dio e verso il prossimo, da cui
alfine dipendono tutta la legge e i Profeti [28]. Possono insomma, e debbono tutti, di qualunque
condizione siano e qualunque onesta maniera di vita abbiano eletto, imitare lesemplare
perfettissimo di ogni santit, proposta da Dio agli uomini, che N. S. Ges Cristo, e con laiuto di
Dio giungere anche allaltezza somma della perfezione cristiana, come gli esempi di molti santi ci
dimostrano.
Una tale vicendevole formazione interna dei coniugi, con lassiduo impegno di perfezionarsi a
vicenda, in un certo senso verissimo, come insegna il Catechismo romano [29], si pu dire anche
primaria causa e motivo del matrimonio, purch sintenda per matrimonio, non gi nel senso pi
stretto, listituzione ordinata alla retta procreazione ed educazione della prole, ma in senso pi
largo, la comunanza, luso e la societ di tutta la vita.
Con questo stesso amore si debbono conciliare tanto gli altri diritti quanto gli altri doveri del
matrimonio, in modo tale che non solo sia legge di giustizia ma anche norma di carit quella
dellApostolo: Alla moglie renda il marito quello che le deve, e parimenti la moglie al marito
[30].
Rassodata finalmente col vincolo di questa carit la societ domestica, in essa fiorir
necessariamente quello che chiamato da SantAgostino ordine dellamore. Il quale ordine richiede
da una parte la superiorit del marito sopra la moglie e i figli, e dallaltra la pronta soggezione e
ubbidienza della moglie, non per forza, ma quale raccomandata dallApostolo in queste parole:
Le donne siano soggette ai loro mariti, come al Signore, perch luomo capo della donna, come
Cristo capo della Chiesa [31].
Una tale soggezione per non nega n toglie la libert che compete di pieno diritto alla donna, sia
per la nobilt della personalit umana, sia per il compito nobilissimo di sposa, di madre e di
compagna; n lobbliga ad accondiscendere a tutti i capricci delluomo, se poco conformi alla
ragione stessa o alla dignit della sposa; n vuole infine che la moglie sia equiparata alle persone
che nel diritto si chiamano minorenni, alle quali per mancanza della maturit di giudizio o per
inesperienza delle cose umane non si suole concedere il libero esercizio dei loro diritti; ma vieta

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quella licenza esagerata che non cura il bene della famiglia, vieta che nel corpo di questa famiglia
sia separato il cuore dal capo, con danno sommo del corpo intiero e con pericolo prossimo di
rovina. Se luomo infatti il capo, la donna il cuore; e come luno tiene il primato del governo,
cos laltra pu e deve attribuirsi come suo proprio il primato dellamore.
Quanto poi al grado ed al modo di questa soggezione della moglie al marito, essa pu essere diversa
secondo la variet delle persone, dei luoghi e dei tempi; anzi, se luomo viene meno al suo dovere,
appartiene alla moglie supplirvi nella direzione della famiglia. Ma in nessun tempo e luogo lecito
sovvertire o ledere la struttura essenziale della famiglia stessa e la sua legge da Dio fermamente
stabilita.
Dellosservanza di questo ordine tra marito e moglie cos parl gi con molta sapienza il
predecessore Nostro Leone XIII di f. m. nellEnciclica, che abbiamo ricordato, del matrimonio
cristiano: Il marito il principe della famiglia e il capo della moglie la quale pertanto, perch
carne della carne di lui ed ossa delle sue ossa, non devessere soggetta ed obbediente al marito a
guisa di ancella, bens di compagna; cio in tal modo che la soggezione che ella rende a lui non sia
disgiunta dal decoro n dalla dignit. In lui poi che governa ed in lei che ubbidisce, rendendo
entrambi limmagine luno di Cristo, laltro della Chiesa, sia la carit divina la perpetua
moderatrice dei loro doveri [32].
Queste sono dunque le virt che vanno comprese nel bene della fede: unit, castit, carit, nobile e
dignitosa ubbidienza; le quali riescono poi altrettanti vantaggi dei coniugi e del loro coniugio, in
quanto, assicurano o promuovono la pace, la dignit e la felicit del matrimonio. Non fa quindi
meraviglia che questa fede sia stata sempre annoverata tra i benefci insigni e propr del
matrimonio.
Senonch a tutto il cumulo di benefci cos grandi, il compimento e la corona ultima vengono da
quellaltro bene proprio del matrimonio cristiano, che abbiamo chiamato con la parola di Agostino
Sacramento, e che designa lindissolubilit del vincolo ed insieme la elevazione e consacrazione,
fatta da Cristo, del contratto in segno efficace della grazia.
E anzitutto, quanto allindissolubile fermezza del patto coniugale, Cristo medesimo vi insiste
dicendo: Ci che Iddio ha congiunto, luomo non separi [33]; e: Chiunque ripudia la propria
moglie e ne prende unaltra, commette adulterio; e chiunque, prende quella che stata ripudiata
dal marito, commette adulterio [34].
In questa indissolubilit ripone appunto SantAgostino il bene che egli chiama del sacramento, con
queste chiare parole: Nel sacramento, poi si esige che il matrimonio non sia disciolto e il ripudiato
o la ripudiata non si unisca ad altri, neppure a causa della prole [35].
Ora questa inviolabile fermezza, quantunque non competa ad ogni matrimonio con la stessa misura
di perfezione, compete nondimeno a tutti i veri matrimoni; perch il detto del Signore: Ci che
Iddio ha congiunto, luomo non separi essendo stato pronunciato a proposito del matrimonio dei
primi progenitori, prototipo di qualsiasi altro matrimonio futuro, deve di necessit comprendere
tutti assolutamente i veri matrimoni. Che se prima di Cristo la sublimit e la severit della legge
primitiva andarono tanto attenuate, che Mos permise ai cittadini dello stesso popolo di Dio, per la
durezza del loro cuore, di dare per motivi determinati la lettera del ripudio, Cristo invece, giusta il
suo potere di legislatore supremo, revoc questo permesso di una maggiore libert, e rimise
pienamente in vigore la legge primitiva con quelle parole assolutamente indimenticabili: Ci che
Dio ha congiunto, luomo non separi . Molto saggiamente perci Pio VI, Nostro predecessore di f.
m., cos rispondeva al Vescovo di Agra: Per questo evidente che il matrimonio, nel medesimo

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stato di natura e certo assai prima che fosse sollevato alla dignit di Sacramento propriamente
detto, stato divinamente istituito in maniera da portare seco la perpetuit e la indissolubilit del
nodo, tale perci che da nessuna legge civile possa essere disciolto. Quindi, sebbene la ragione di
sacramento possa andare disgiunta dal matrimonio, come tra gli infedeli, anche in tale matrimonio
tuttavia, se vero matrimonio, deve restare e certamente resta in perpetuo quel nodo che fino dalla
prima origine cos inerente al matrimonio che non va soggetto a nessun potere civile. Cos
qualsiasi matrimonio si dica contratto, o venga contratto in modo da essere un vero matrimonio,
avr insieme quel nodo perpetuo che per diritto divino va connesso con ogni vero matrimonio;
ovvero si suppone contratto senza tale nodo perpetuo, e allora non vero matrimonio, ma una
illecita unione contraria per il suo oggetto alla legge divina, e che perci non si pu lecitamente n
iniziare n mantenere [36].
Se questa fermezza sembra patire qualche eccezione, sebbene rarissima, come in certi matrimoni
naturali che siano contratti tra infedeli solamente o, se tra fedeli, che siano s ratificati ma non
ancora consumati, una siffatta eccezione non dipende da volont di uomini n di qualsiasi potere
meramente umano, ma dal diritto divino, di cui unica custode e interprete la Chiesa di Cristo. Ma
una tale occasione non potr mai verificarsi per nessun motivo nel matrimonio cristiano rato e
consumato. In questo infatti, come il nodo coniugale ottiene la piena perfezione, cos risplendono
per volont di Dio la massima fermezza e indissolubilit, tali da non potersi rallentare per nessuna
autorit umana.
Se vogliamo investigare con riverenza lintima ragione di questa volont divina, facilmente la
troveremo, Venerabili Fratelli, in quella mistica significazione del matrimonio cristiano, che si
verifica con piena perfezione nel matrimonio consumato tra fedeli. Il matrimonio dei cristiani,
infatti, secondo la testimonianza dellApostolo nella sua lettera (in principio accennata) agli Efesini
[37], rappresenta quellunione perfettissima che corre fra Cristo e la Chiesa: Questo Sacramento
grande, io per parlo riguardo a Cristo e alla Chiesa : la quale unione per nessuna separazione
potr mai sciogliersi, finch vivr Cristo, e la Chiesa per Lui. Il che pure SantAgostino chiaramente
insegna in quelle parole: Questo infatti viene custodito in Cristo e nella Chiesa; e per nessun
divorzio sia separato il vivente col vivente in eterno. Del quale Sacramento tanto gelosa
losservanza nella citt del Dio Nostro cio nella Chiesa di Cristo che quando per avere figli
o le donne prendano marito o gli uomini prendano moglie, non lecito abbandonare la moglie
sterile per prenderne unaltra feconda. Se qualcuno fa questo, reo di adulterio, non per la legge
di questo secolo (dove, intervenendo il ripudio, si concede, senza farne colpa, di contrarre
matrimoni con altri; ci che il Signore testifica avere anche il santo Mos permesso agli Israeliti
per la durezza del loro cuore) ma per la legge del Vangelo; cos pure rea di adulterio la donna se
si sposer ad un altro [38].
Quanti poi e quanto grandi vantaggi derivino dallindissolubilit del matrimonio, lo intende
senzaltro chiunque rifletta un istante sia al bene dei coniugi stessi e della prole, come alla salute di
tutta lumana societ. Anzitutto i coniugi, nella fermezza assoluta del vincolo, hanno quel
contrassegno certo di perennit, quale di natura sua voluto dalla generosa donazione di tutta la
persona e dallintima unione dei cuori, poich la carit vera non viene meno mai [39]. Ivi inoltre
un saldo baluardo a difesa della castit fedele, contro glinterni ed esterni eccitamenti allinfedelt,
se mai sopravvengano; esclusa ogni ansiet o timore che o per qualche disgrazia o per la vecchiaia
laltro coniuge non si abbia ad allontanare, sottentra invece una tranquilla sicurezza. Ad assicurare
similmente la dignit dei coniugi ed il vicendevole aiuto, soccorre nel modo pi opportuno il
pensiero del vincolo indissolubile, ricordando loro che non allintento di caduchi interessi, n a
soddisfazione di piacere, ma per cooperare insieme al conseguimento di beni pi eccelsi ed eterni,
essi strinsero il patto nuziale, infrangibile se non dalla morte. Egregiamente, ancora, la fermezza del
matrimonio provvede alla cura e alla educazione dei figli, opera di lunghi anni, piena di gravi doveri

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e di fatiche, quali pi agevolmente le forze unite dei genitori possono sostenere. N minori sono i
vantaggi che ne provengono a tutta la societ umana. Lesperienza insegna infatti come allonest
della vita in genere ed allintegrit dei costumi immensamente conferisce la fermezza inconcussa
dei matrimoni; e come dalla severa osservanza di tale ordinamento vengano assicurate la felicit e
la salvezza della cosa pubblica; infatti tale sar lo Stato, quali sono le famiglie, quali gli uomini, di
cui esso composto, come il corpo delle membra. Ond che quanti difendono strenuamente
linviolabile saldezza del matrimonio, si rendono grandemente benemeriti sia del bene privato dei
coniugi e della prole, sia del bene pubblico dellumana societ.
Ma in questo beneficio del Sacramento, oltre i vantaggi della inviolabile stabilit, sono contenuti,
pi eccellenti ancora, altri vantaggi designati esattamente dal vocabolo stesso di Sacramento,
giacch per i cristiani questo non nome vano e vuoto di senso, sapendo essi che Cristo, istitutore
e perfezionatore di venerabili Sacramenti [40], con lelevare alla dignit di vero e proprio
Sacramento della Nuova Legge il matrimonio dei suoi fedeli, lo rese in effetto segno e fonte di
quella speciale grazia interna, con la quale portava lamore naturale a maggior perfezione, ne
confermava lindissolubile unit, e i coniugi stessi santificava [41]. E poich Cristo stabil che lo
stesso valido consenso matrimoniale tra fedeli fosse il segno della grazia, quindi la ragione di
Sacramento va col coniugio cristiano cos strettamente connessa, che tra battezzati non pu darsi
matrimonio che non sia con ci stesso anche Sacramento [42].
Con ci stesso dunque i fedeli che danno con animo sincero un tale consenso, aprono a s il tesoro
della grazia sacramentale, ove attingere le forze soprannaturali occorrenti ad adempiere le proprie
parti ed i propri doveri fedelmente, santamente, con perseveranza fino alla morte.
Questo Sacramento, in coloro che non vi oppongono positivo ostacolo, non solo accresce il
principio di vita soprannaturale, cio la grazia santificante, ma vi aggiunge ancora altri doni
speciali, disposizioni e germi di grazia, come novello vigore e perfezione alle forze della natura,
affinch i coniugi possano non solo bene intendere, ma intimamente sentire, con ferma convinzione
e risoluta volont stimare e adempiere quanto appartiene allo stato coniugale e ai suoi fini e doveri;
ed a tale effetto infine conferisce il diritto allaiuto attuale della grazia, ogniqualvolta ne
abbisognino per adempire agli obblighi di questo stato.
Siccome, nondimeno, legge di provvidenza divina nellordine soprannaturale che, dai Sacramenti
ricevuti dopo luso di ragione, luomo non tragga tutto intero il frutto loro quando non cooperi alla
grazia, cos anche la grazia propria del matrimonio rimarrebbe in gran parte come talento inutile
sepolto sotto terra qualora i coniugi non adoprassero le forze soprannaturali, trascurando di coltivare
e far fruttificare i preziosi semi della grazia. Se allincontro si studiano, quant in loro, di bene
cooperare, potranno della loro condizione sopportare i pesi, adempiere i doveri, e dalla potenza di
tanto Sacramento si sentiranno ravvalorati, santificati e come consacrati. Poich, secondo quanto
insegna SantAgostino, come per i sacramenti del Battesimo e dellOrdine luomo viene
rispettivamente designato ed aiutato o a condurre vita cristiana o ad esercitare lUfficio sacerdotale,
n laiuto sacramentale di quelli sar mai per mancargli, cos in modo simile (ancorch senza il
carattere sacramentale), i fedeli, uniti una volta col vincolo del matrimonio, non potranno esser
privati mai n dellaiuto, n del legame sacramentale.
Anzi, soggiunge il medesimo Santo Dottore, quel vincolo sacro, qualora cadessero in adulterio, se
lo porterebbero seco, quantunque non pi alla gloria della grazia, ma nella pena della colpa, a
quella maniera che lanima dellapostata, quasi separandosi dal coniugio di Cristo, anche dopo
perduta la fede, non perde il Sacramento della fede, ricevuto nel lavacro della rigenerazione [43].

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Gli stessi coniugi poi, dallaureo vincolo del sacramento non incatenati ma adorni, non impacciati
ma rinvigoriti, si adopreranno con tutte le forze a far s che il loro connubio, non solamente per la
propriet e il significato del sacramento, ma anche per lo spirito loro e la condotta della loro vita, sia
sempre e rimanga immagine viva di quellunione fecondissima di Cristo con la sua Chiesa, che
certamente mistero venerando di perfettissimo amore.
Se tutte queste verit, Venerabili Fratelli, si considerano con ponderatezza e fede viva, se questi
preziosi beni del matrimonio, la prole, la fede e il Sacramento, sono messi nella debita luce,
impossibile non restare ammirati della sapienza, santit e bont divina, le quali con tanta larghezza
provvidero insieme a mantenere la dignit e la felicit dei coniugi, e ad ottenere la conservazione e
propagazione delluman genere mediante la sola casta e sacra unione del vincolo nuziale.
II
Nel ponderare, Venerabili Fratelli, il pregio cos grande delle caste nozze, tanto pi Ci appare
doloroso il vedere come questa divina istituzione, in questi nostri tempi soprattutto, sia spesso e
facilmente dispregiata e vilipesa.
un fatto, in verit, che non pi di nascosto e nelle tenebre, ma apertamente, messo da parte ogni
senso di pudore, cos a parole come in iscritto, con rappresentazioni teatrali dogni specie, con
romanzi, con novelle e racconti ameni, con proiezioni cinematografiche, con discorsi radiofonici,
infine con tutti i trovati pi recenti della scienza, conculcata e messa in derisione la santit del
matrimonio, e invece o si lodano divorzi, adultri e i vizi pi turpi, o se non altro si dipingono con
tali colori che sembra si vogliano far comparire scevri dogni macchia ed infamia. N mancano
libri, che si decantano come scientifici, ma che, in verit, della scienza sovente altro non hanno che
una certa qual tintura, con lintento di potersi pi agevolmente insinuare negli animi. E le dottrine in
essi difese si spacciano quali meraviglie dellingegno moderno, cio di quellingegno che si vanta
come amante solo della verit, di essersi emancipato da tutti i vecchi pregiudizi, fra i quali annovera
e bandisce anche la dottrina tradizionale cristiana del matrimonio.
Anzi, tali massime si fanno penetrare fra ogni condizione di persone, ricchi e poveri, operai e
padroni, dotti e ignoranti, liberi e coniugati, credenti e nemici di Dio, adulti e giovani; a questi
soprattutto, come a pi facile preda, si tendono i lacci pi pericolosi.
Certo, non tutti i fautori di siffatte nuove massime giungono alle ultime conseguenze della sfrenata
libidine; vi sono taluni che, sforzandosi di arrestarsi come a mezzo della china, vorrebbero far
qualche concessione ai tempi nostri, solamente su alcuni precetti della legge divina e naturale. Ma
questi non sono altro che mandatari, consapevoli pi o meno, di quellinsidiosissimo nemico che
sempre si adopera a soprasseminare zizzania in mezzo al frumento [44]. Noi pertanto, che il Padre
di famiglia ha posto a custodia del proprio campo, e perci siamo tenuti dallobbligo sacrosanto a
vigilare che il buon seme non sia soffocato dalle male erbe, stimiamo a Noi rivolte dallo Spirito
Santo quelle gravissime parole, con le quali lApostolo Paolo esortava il suo diletto Timoteo: Ma
tu, veglia, adempi il tuo ministero predica la parola, insisti a tempo, fuori di tempo: riprendi,
supplica, esorta con ogni pazienza e dottrina [45].
E poich, ad evitare le frodi del nemico, anzitutto necessario scoprirle, e giova molto avvisare
glincauti deglinganni suoi, non possiamo del tutto tacerne, per il bene e la salute delle anime,
sebbene preferiremmo nemmeno nominare simili malvagit, come conviene ai Santi [46].
E per incominciare dalle fonti stesse di tanti mali, la loro principale radice sta nel blaterare che il
matrimonio non ha origine da divina istituzione, n stato dal Signor Nostro Ges Cristo sollevato

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alla dignit di Sacramento, ma unumana invenzione. Altri sostengono di non averne riconosciuto
indizio alcuno nella stessa natura e nelle leggi da cui retto, ma di avervi trovato soltanto la facolt
generativa, e ad essa congiunto un forte impulso ad adempierla, come che sia; vi sono, nondimeno,
alcuni che riconoscono nella natura umana alcuni princpi, come germi di un vero connubio, nel
senso che se gli uomini non si congiungessero con qualche fermezza di vincolo, non si sarebbe
provveduto a sufficienza alle dignit dei coniugi al fine naturale della propagazione e della
educazione della prole. Nondimeno anche costoro insegnano che lo stesso matrimonio, come
istituto che al disopra di quei germi, col concorso di varie cause stato escogitato dalla sola
umana mente, ed istituito dalla sola volont degli uomini.
Ma quanto grave sia lerrore di tutti costoro, e come essi vergognosamente deviino dalle norme
dellonest, gi si comprende da quanto, in questa Nostra lettera, abbiamo esposto intorno alla
origine e alla natura del matrimonio, e dei fini e dei beni ad esso proprii. E che queste invenzioni
siano dannosissime, appare anche dalle conseguenze che gli stessi loro propugnatori ne deducono:
essendo le leggi, le istituzioni, le consuetudini dalle quali regolato il matrimonio, nate solo dalla
volont degli uomini, a questa soltanto soggiacciono; quindi esse si potranno e dovranno stabilire,
modificare, abrogare a piacere degli uomini e secondo le esigenze delle condizioni umane; e quanto
alla virt generativa, come quella che si fonda nella stessa natura, insegnano che pi sacra e pi
ampia dello stesso matrimonio: potersi quindi adoperare cos dentro come fuori dei cancelli della
vita matrimoniale, anche senza tener conto dei fini del matrimonio, come se il libertinaggio di una
immonda meretrice godesse quasi gli stessi diritti della casta maternit della legittima consorte.
Movendo da tali princpi, alcuni giunsero al punto di inventare altre forme di unione, adatte, come
essi credono, alle presenti condizioni degli uomini e dei tempi, e propongono quasi nuove forme di
matrimonio: luno temporaneo , laltro a esperimento , un terzo che dicono amichevole , e
che si attribuisce la piena libert e tutti i diritti del matrimonio, eccettuato il vincolo indissolubile;
escludono la prole, se non nel caso in cui le parti vengano poscia a trasformare quella comunione di
vita e di consuetudine in matrimonio di pieno diritto.
E ci che peggio, non mancano coloro i quali pretendono e si adoperano perch simili
abominazioni siano coonestate dallintervento delle leggi o, se non altro, vengano giustificate in
forza delle pubbliche consuetudini di popoli e delle loro istituzioni; e sembra non sospettino
nemmeno che simili cose, lungi dal potersi esaltare quali conquiste della cultura moderna, di cui
menano s gran vanto, sono invece aberrazioni nefande, che ridurrebbero senza dubbio anche le
nazioni civili ai costumi barbarici di alcuni popoli selvaggi.
Ma per venire ormai, Venerabili Fratelli, a trattare dei singoli punti che si oppongono ai diversi beni
del matrimonio, il primo riguarda la prole, che molti osano chiamare molesto peso del connubio e
affermano doversi studiosamente evitare dai coniugi, non gi con lonesta continenza, permessa
anche nel matrimonio, quando luno e laltro coniuge vi consentano, ma viziando latto naturale. E
questa delittuosa licenza alcuni si arrogano perch, aborrendo dalle cure della prole, bramano
soltanto soddisfare le loro voglie, senza alcun onere; altri allegano a propria scusa la incapacit di
osservare la continenza, e la impossibilit di ammettere la prole a cagione delle difficolt proprie, o
di quelle della madre, o di quelle economiche della famiglia.
Senonch, non vi pu esser ragione alcuna, sia pur gravissima, che valga a rendere conforme a
natura ed onesto ci che intrinsecamente contro natura. E poich latto del coniugio , di sua
propria natura, diretto alla generazione della prole, coloro che nellusarne lo rendono studiosamente
incapace di questo effetto, operano contro natura, e compiono unazione turpe e intrinsecamente
disonesta.

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13

Quindi non meraviglia se la Maest divina, come attestano le stesse Sacre Scritture, abbia in sommo
odio tale delitto nefando, e labbia talvolta castigato con la pena di morte, come ricorda
SantAgostino: Perch illecitamente e disonestamente si sta anche con la legittima sposa, quando
si impedisce il frutto della prole. Cos operava Onan, figlio di Giuda, e per tal motivo Dio lo tolse
di vita [47].
Pertanto, essendovi alcuni che, abbandonando manifestamente la cristiana dottrina, insegnata fin
dalle origini, n mai modificata, hanno ai giorni nostri, in questa materia, preteso pubblicamente
proclamarne unaltra, la Chiesa Cattolica, cui lo stesso Dio affid il mandato di insegnare e
difendere la purit e la onest dei costumi, considerando lesistenza di tanta corruttela di costumi, al
fine di preservare la castit del consorzio nuziale da tanta turpitudine, proclama altamente, per
mezzo della Nostra parola, in segno della sua divina missione, e nuovamente sentenzia che
qualsivoglia uso del matrimonio, in cui per la umana malizia latto sia destituito della sua naturale
virt procreatrice, va contro la legge di Dio e della natura, e che coloro che osino commettere tali
azioni, si rendono rei di colpa grave.
Perci, come vuole la suprema autorit Nostra e la cura commessaCi della salute di tutte le anime,
ammoniamo i sacerdoti che sono impegnati ad ascoltare le confessioni e gli altri tutti che hanno
cura danime, che non lascino errare i fedeli loro affidati, in un punto tanto grave della legge di Dio,
e molto pi che custodiscano se stessi immuni da queste perniciose dottrine, e ad esse, in qualsiasi
maniera, non si rendano conniventi. Se qualche confessore o pastore delle anime, che Dio non lo
permetta, inducesse egli stesso in simili errori i fedeli a lui commessi, o, se non altro, ve li
confermasse, sia con approvarli, sia colpevolmente tacendo, sappia di dovere rendere severo conto a
Dio, Giudice Supremo, del tradito suo ufficio, e stimi a s rivolte le parole di Cristo: Sono ciechi,
e guide di ciechi: e se il cieco al cieco fa da guida, luno e laltro cadranno nella fossa [48].
Quanto, poi, ai motivi che li inducono a difendere luso perverso del matrimonio, questi non di rado
per tacere di coloro che ridondano a loro vergogna sono immaginari o esagerati. Nondimeno
la Chiesa, pia Madre, intende benissimo e apprende al vivo le difficolt che si ripetono intorno alla
salute della madre e al suo pericolo per la vita stessa. E chi mai potrebbe, se non con viva
commiserazione, ponderarle? Chi non sarebbe preso da ammirazione somma nel vedere una madre
offrirsi, con forza eroica, a morte quasi certa, pur di risparmiare la vita alla prole gi concepita?
Tutto ci che ella avr sofferto per adempiere perfettamente lufficio che la natura le affid, solo
Dio ricchissimo e misericordiosissimo potr a lei retribuirlo, e, senza dubbio, dar non solo la
misura colma, ma anche sovrabbondante [49].
E ben sa altres la santa Chiesa che non di rado uno dei coniugi soffre piuttosto il peccato, che
esserne causa, quando, per ragione veramente grave, permette la perversione dellordine dovuto,
alla quale pure non consente, e di cui quindi non colpevole, purch memore, anche in tal caso,
delle leggi della carit, non trascuri di dissuadere il coniuge dal peccato e allontanarlo da esso. N si
pu dire che operino contro lordine di natura quei coniugi che usano del loro diritto nel modo
debito e naturale, anche se per cause naturali, sia di tempo, sia di altre difettose circostanze, non ne
possa nascere una nuova vita. Infatti, sia nello stesso matrimonio, sia nelluso del diritto
matrimoniale, sono contenuti anche fini secondari, come il mutuo aiuto e laffetto vicendevole da
fomentare e la quiete della concupiscenza, fini che ai coniugi non proibito di volere, purch sia
sempre rispettata la natura intrinseca dellatto e, per conseguenza, la sua subordinazione al fine
principale.
Penetrano pure nellintimo Nostro i gemiti di quei coniugi che, oppressi duramente da mancanza di
mezzi, provano difficolt gravissima a mantenere la loro prole.

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14

Con tutto ci bisogna attentamente vigilare, perch le deplorevoli condizioni delle cose materiali
non siano occasione a un errore ben pi deplorevole. Infatti non possono mai darsi difficolt di tanta
gravit che valgano a dispensare dai comandamenti di Dio, che proibiscono ogni atto che sia cattivo
di sua natura; e, in qualsivoglia condizione di cose, possano sempre i coniugi, sostenuti dalla grazia
di Dio, fedelmente compiere lufficio loro e conservare nel matrimonio, pura da macchia tanto
abominevole, la castit, perch resta inconcussa la verit della fede cristiana, proposta dal magistero
del Concilio di Trento: Nessuno ardisca pronunciare quel detto temerario, condannato dai Padri
sotto la minaccia di anatema, che per luomo giustificato i comandamenti di Dio siano impossibili
ad osservarsi. Dio non comanda cose impossibili, ma nel comandare ammonisce di fare ci che
puoi e di chiedere ci che non puoi, e aiuta perch tu possa [50]. E la dottrina medesima fu dalla
Chiesa solennemente ripetuta e confermata nella condanna della eresia giansenistica, che aveva
osato bestemmiare contro la bont di Dio affermando che alcuni precetti di Dio agli uomini giusti,
che pur vogliono e procurano di osservarli, sono impossibili secondo le forze che hanno al
presente: e loro manca la grazia, che li renda possibili [51].
Ma dobbiamo ricordare pure, Venerabili Fratelli, laltro gravissimo delitto, col quale si attenta alla
vita della prole, chiusa ancora nel seno materno. Per alcuni la cosa lecita, e lasciata al beneplacito
della madre e del padre; per altri invece proibita, salvo il caso in cui esistano gravissimi motivi,
che chiamano col nome di indicazione medica, sociale, eugenica. Costoro richiedono che,
quanto alle pene, con cui le leggi dello Stato sancirono la proibizione di uccidere la prole generata,
ma non venuta ancora alla luce, le pubbliche leggi riconoscano la indicazione , secondo che
ciascuno a modo suo la difende, e la dichiarino libera da qualsiasi pena. Anzi, non mancano coloro i
quali domandano che le pubbliche autorit prestino il loro aiuto in simili mortifere operazioni;
enormit che, purtroppo, in qualche luogo, si commette frequentissimamente, come noto.
Per quanto riguarda la indicazione medica e terapeutica per adoperare le loro stesse parole
gi abbiamo detto, Venerabili Fratelli, quanta compassione Noi sentiamo per la madre, la quale,
per ufficio di natura, si trova esposta a gravi pericoli, sia della salute, sia della stessa vita: ma quale
ragione potr mai aver forza da rendere scusabile, in qualsiasi modo, la diretta uccisione
dellinnocente? Perch qui si tratta appunto di questa. Sia che essa si infligga alla madre, sia che si
cagioni alla prole, sempre contro il comando di Dio e la voce stessa della natura: Non ammazzare
! [52]. infatti egualmente sacra la vita delluna e dellaltra persona, a distruggere la quale non
potr mai concedersi potere alcuno, nemmeno allautorit pubblica. E, con somma leggerezza,
questo potere si fa derivare, contro innocenti, dal diritto di spada, che vale solo contro i rei; n ha
qui luogo il diritto di difesa, fino al sangue, contro lingiusto aggressore (chi, infatti, chiamerebbe
ingiusto aggressore una innocente creaturina?); n pu essere, in alcun modo, il diritto che dicono
diritto di estrema necessit , e che possa giungere fino alluccisione diretta dellinnocente.
Pertanto i medici probi e capaci si adoperano lodevolmente a difendere e conservare sia la vita della
madre, sia quella della prole; per contro si farebbero conoscere indegnissimi del nobile titolo di
medici coloro che, sotto il pretesto di usare larte medica, o per malintesa piet, insidiassero alla
vita della madre o della prole.
Tutto ci pienamente saccorda con le severe parole del Vescovo dIppona, il quale inveisce contro
quei coniugi depravati che sindustriano di evitare la prole; ed ove non ottengano lintento, non
temono di ucciderla. Talvolta dice questa crudelt impura o impurit crudele giunge fino al
punto di ricorrere ai veleni atti a procurare la sterilit e, se non vi riesce, a estinguere con qualche
mezzo il frutto concepito e a liberarsene, bramando che la propria prole muoia prima di vivere, o
se gi viveva nel materno seno, sia uccisa prima di nascere. Per certo, se ambedue sono tali, non
sono coniugi: e se tali furono fin da principio, non si congiunsero per connubio, ma piuttosto per
turpitudine; se tali non sono tutti e due, oso dire: o che ella, in qualche modo, si prostituisce al
marito, o che egli si rende adultero verso di lei [53].

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Quanto poi alla indicazione sociale ed eugenica, le cose che si propongono, con mezzi leciti e
onesti, e dentro i dovuti confini possono, s, e devono esser prese in considerazione; ma quanto al
voler provvedere alla necessit, a cui si appoggiano, con la uccisione degli innocenti, ripugna alla
ragione ed contrario al precetto divino, promulgato pure dalla sentenza apostolica: Non si deve
fare del male per conseguire beni [54].
A coloro, infine, che tengono il supremo governo delle nazioni, e ne sono legislatori, non lecito
dimenticare che dovere dellautorit pubblica di difendere con opportune leggi e con la sanzione
di pene la vita degli innocenti; e ci tanto maggiormente, quanto meno valgono a difendersi coloro
la cui vita in pericolo, e alla quale si attenta; e fra essi, certo, sono da annoverare anzitutto i
bambini nascosti ancora nel seno materno. Se i pubblici governanti non solo non prendono la difesa
di quelle creature, ma anzi con leggi e con pubblici decreti le lasciano, o piuttosto le mettono in
mano dei medici o daltri, perch le uccidano, si rammentino che Dio giudice e vindice del sangue
innocente, il quale dalla terra grida verso il cielo [55].
Si deve infine riprovare quella prassi dannosa, che riguarda il diritto naturale delluomo a contrarre
matrimonio, ma che appartiene pure, con qualche vera ragione, al bene della prole. Vi sono, infatti,
alcuni, che dei fini eugenici troppo solleciti, non si contentano di dare alcuni consigli igienici atti a
procurare pi sicuramente la salute e il vigore della futura prole il che, certo, non contrario alla
retta ragione ma vanno cos innanzi da anteporre l eugenico a qualsiasi altro fine, anche di
ordine pi alto, e pretendono che lautorit pubblica vieti il matrimonio a tutti coloro che, secondo i
procedimenti della propria scienza e le proprie congetture, credono che, per via di trasmissione
ereditaria, saranno per generare prole difettosa, anche se siano, per s, capaci di contrarre
matrimonio. Anzi, vogliono perfino che essi, per legge, anche se riluttanti, siano, con lintervento
dei medici, privati di quella naturale facolt; n ci come pena cruenta da infliggersi dalla pubblica
autorit per delitto commesso, n a prevenire futuri delitti dei rei, ma contro il giusto e lonesto
attribuendo ai magistrati civili un potere che mai ebbero, n mai possono legittimamente avere.
Tutti coloro che operano in tal guisa, malamente dimenticano che la famiglia pi sacra dello Stato,
e che gli uomini, anzitutto, sono procreati non per la terra e per il tempo, ma per il cielo e per
leternit. E non giusto, certamente, accusare di grave colpa uomini daltra parte atti al
matrimonio, i quali, anche adoperando ogni cura e diligenza, si prevede che avranno una prole
difettosa, se contraggono nozze, sebbene da esse spesso convenga dissuaderli.
Le pubbliche autorit, poi, non hanno alcuna potest diretta sulle membra dei sudditi; quindi, se non
sia intervenuta colpa alcuna, n vi sia motivo alcuno di infliggere una pena cruenta, non possono
mai, in alcun modo, ledere direttamente o toccare lintegrit del corpo, n per ragioni eugeniche ,
n per qualsiasi altra ragione. Questo insegna pure San Tommaso dAquino quando, proponendo la
questione se i giudici umani per prevenire mali futuri possano recar qualche danno al suddito, lo
concede quanto a certi altri mali, ma a ragione lo nega per quanto riguarda la lesione corporale:
Mai, secondo il giudizio umano, alcuno deve essere punito, senza colpa, con pena di battiture, per
essere ucciso, o per essere mutilato o flagellato [56].
Del resto, la dottrina cristiana insegna, e la cosa certissima anche al lume naturale della ragione,
che gli stessi uomini privati non hanno altro dominio sulle membra del proprio corpo se non quello
che spetta al loro fine naturale, e non possono distruggerle o mutilarle o per altro modo rendersi
inetti alle funzioni naturali, se non nel caso in cui non si pu provvedere per altra via al bene di tutto
il corpo.
Ed ora, per venire allaltro capo di errori che riguardano la fede coniugale, ogni peccato che si
commetta in danno della prole di conseguenza peccato in qualche modo anche contro la fede

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16

coniugale, perch i beni del matrimonio vanno connessi luno con laltro. Ma inoltre sono da
annoverare partitamente altrettanti capi di errori e di corruttele contro la fede coniugale, quante
sono le virt domestiche che questa fede abbraccia: la casta fedelt delluno e dellaltro coniuge;
lonesta soggezione della moglie al marito, e infine il saldo e sincero amore tra i due.
Corrompono dunque anzitutto la fedelt coloro che stimano doversi essere indulgenti verso le idee e
i costumi del nostro tempo, intorno alla falsa e dannosa amicizia con terze persone, e sostengono
doversi in queste relazioni estranee consentire ai coniugi una certa maggior licenza di pensare e di
operare, e ci tanto pi che (come vanno dicendo) non pochi hanno una congenita costituzione
sessuale, a cui non possono soddisfare tra gli angusti confini del matrimonio monogamico. Quindi
quella disposizione danimo, per la quale gli onesti coniugi condannano e ricusano ogni affetto ed
atto libidinoso con terza persona, essi la stimano unantiquata debolezza di mente e di cuore o
unabbietta e vile gelosia; perci dicono nulle o da annullare le leggi penali dello Stato intorno
allobbligo della fede coniugale.
Lanimo nobile dei casti coniugi, anche solo per lume naturale respinge e disprezza certamente
simili errori, come vanit e brutture; e siffatta voce della natura approvata e confermata dal
comandamento di Dio Non fornicare [57], e da quello di Cristo: Chiunque guarda una donna
per desiderarla, ha gi commesso in cuor suo adulterio con lei [58]. E nessuna consuetudine o
pravo esempio e nessuna parvenza di progresso umano potranno mai indebolire la forza di questo
divino precetto. Perch come sempre il medesimo Ges Cristo ieri e oggi e nei secoli [59], cos
sempre identica la dottrina di Cristo, della quale non cadr un punto solo, sino a tanto che tutto sia
adempito [60].
I citati maestri di errori che offuscano il candore della fede e della castit coniugale, facilmente
scalzano altres la fedele ed onesta soggezione della moglie al marito. E anche pi audacemente
molti di essi affermano con leggerezza essere quella una indegna servit di un coniuge allaltro; i
diritti tra i coniugi devono essere tutti uguali, ed essendo essi violati con la servit di una parte, tali
maestri bandiscono superbamente come gi fatta o da procurarsi una certa emancipazione della
donna. Questa emancipazione dicono dovere essere triplice: nella direzione della societ domestica,
nellamministrazione del patrimonio, nellesclusione e soppressione della prole. La chiamano
emancipazione sociale, economica, fisiologica; fisiologica in quanto vogliono che la donna, a
seconda della sua libera volont, sia o debba essere sciolta dai pesi coniugali, sia di moglie, sia di
madre (e che questa, pi che emancipazione, debba dirsi nefanda scelleratezza, gi abbiamo
sufficientemente dichiarato); emancipazione economica, in forza della quale la moglie, allinsaputa
e contro il volere del marito, possa liberamente avere, trattare e amministrare affari suoi privati,
trascurando figli, marito e famiglia; emancipazione sociale, in quanto si rimuovono dalla moglie le
cure domestiche sia dei figli come della famiglia, perch, mettendo queste da parte, possa
assecondare il proprio genio e dedicarsi agli affari e agli uffici anche pubblici.
Ma neppure questa vera emancipazione della donna, n la ragionevole e dignitosa libert che si
deve al cristiano e nobile ufficio di donna e di moglie; ma piuttosto corruzione dellindole
muliebre e della dignit materna, e perversione di tutta la famiglia, in quanto il marito resta privo
della moglie, i figli della madre, la casa e tutta la famiglia della sempre vigile custode. Anzi, questa
falsa libert e innaturale eguaglianza con luomo tornano a danno della stessa donna; giacch se la
donna scende dalla sede veramente regale, a cui, tra le domestiche pareti, fu dal Vangelo innalzata,
presto ricadr nella vecchia servit (se non di apparenza, certo di fatto) e ridiventer, come nel
paganesimo, un mero strumento delluomo.
Quelleguaglianza poi di diritti, che tanto si esagera e si mette innanzi, deve riconoscersi in tutto
quello che proprio della persona e della dignit umana, che consegue dal patto nuziale ed insito

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17

nel matrimonio. In questo, certo, luno e laltro coniuge godono perfettamente dello stesso diritto e
sono legati da uno stesso dovere; nel resto devono esservi una certa ineguaglianza e proporzione,
richieste dal bene stesso della famiglia e dalla doverosa unit e fermezza dellordine e della societ
domestica.
Tuttavia se in qualche luogo le condizioni sociali ed economiche della donna maritata debbono
mutarsi alquanto per le mutate consuetudini ed i mutati usi della umana convivenza, spetta al
pubblico magistrato adattare alle odierne necessit ed esigenze i diritti civili della moglie, tenuto
conto di ci che richiesto dalla diversa indole naturale del sesso femminile, dallonest dei
costumi e dal comune bene della famiglia, purch lordine essenziale della societ domestica
rimanga intatto, come quello che fu istituito da unautorit e da una sapienza pi alte della umana,
cio divina, e non pu essere cambiata per leggi pubbliche o per gusti privati.
Ma vanno ancor pi oltre i recenti sovvertitori del matrimonio, sostituendo al sincero e solido
amore, che il fondamento dellintima dolcezza e felicit coniugale, una certa cieca convenienza di
carattere e concordia di gusti, che chiamano simpatia, al cessar della quale sostengono che si
rallenta e si scioglie lunico vincolo con il quale gli animi si uniscono. Che altro mai sar questo, se
non un edificare la casa sopra larena? Della quale Cristo dice che appena venga assalita dai flutti
dellavversit subito vaciller e ruiner: E soffiarono i venti e imperversarono contro quella casa,
ed essa and gi, e fu grande la sua ruina [61]. Al contrario, la casa che sia stata eretta sulla
pietra, cio sul mutuo amore tra i coniugi, e rassodata da una consapevole e costante unione di
animi, non sar mai scossa n abbattuta da nessuna avversit.
Abbiamo fin qui rivendicato, Venerabili Fratelli, i due primi eccellentissimi beni del matrimonio
cristiano, insidiati dai sovvertitori della societ odierna. Ma siccome a questi va innanzi di gran
lunga un terzo bene, quello del sacramento , cos non ci stupisce vedere che anzitutto questa
bont ed eccellenza siano da costoro molto pi aspramente impugnate. Dapprima insegnano che il
matrimonio cosa affatto profana e meramente civile, e in nessun modo da affidare alla societ
religiosa, cio alla Chiesa di Cristo, ma soltanto alla societ civile. Soggiungono inoltre che il nodo
nuziale devessere affrancato da ogni legame dindissolubilit, non solo tollerando ma sancendo con
la legge le separazioni ossia i divorzi dei coniugi; dal che infine nascer che il matrimonio,
spogliato di ogni santit, rimarr nel novero delle cose profane e civili.
Come prima cosa stabiliscono che latto civile sia da ritenere quale vero contratto nuziale (e lo
chiamano comunemente matrimonio civile ); latto religioso poi sia una mera aggiunta, o al pi
da permettere al volgo superstizioso. Inoltre vogliono che senza rimprovero dalcuno sia lecito il
matrimonio tra cattolici ed acattolici, non avendo riguardo alla religione e senza chiedere il
consenso dellautorit religiosa. Unaltra cosa, che viene di conseguenza, consiste nello scusare i
divorzi effettuati e nel lodare e propugnare quelle leggi civili, che favoriscono la dissoluzione del
vincolo stesso.
Per quanto riguarda la natura religiosa di qualsivoglia matrimonio, e molto pi del matrimonio
cristiano che altres sacramento, avendo Leone XIII largamente trattato e appoggiato con gravi
argomenti ci che in questa materia da notare, rimandiamo allEnciclica che Noi pi volte
abbiamo citata e apertamente dichiarata Nostra. Qui stimiamo dover ripetere soltanto alcuni pochi
punti.
Anche col solo lume della ragione, massime chi voglia investigare gli antichi monumenti della
storia e interrogare la costante coscienza dei popoli e consultare le istituzioni e i costumi di tutte le
genti, si pu dedurre chiaramente essere inerente allo stesso matrimonio naturale qualche cosa di
sacro e di religioso, non sopravvenuto ma congenito; non ricevuto dagli uomini, ma inserito dalla

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natura , avendo il matrimonio Dio per autore, ed essendo stato, fin da principio, una tal quale
figura della Incarnazione del Verbo di Dio [62]. La ragione sacra del coniugio, che va
intimamente connessa con la religione e con lordine delle cose sacre, risulta sia dallorigine sua
divina, che abbiamo ricordato, sia dal suo fine, che generare ed educare a Dio la prole e condurre
parimenti a Dio i coniugi mediante lamore cristiano e il vicendevole aiuto; sia infine dallufficio
stesso naturale del matrimonio, voluto dalla provvida mente di Dio Creatore, perch sia come un
tramite onde si trasmette la vita, facendo in ci i genitori quasi da ministri dellonnipotenza divina.
A tutto questo si aggiunge la nuova ragione di dignit, derivante dal Sacramento, in grazia del quale
il matrimonio cristiano divenuto di gran lunga pi nobile ed stato elevato a tanta eccellenza, da
apparire allApostolo un grande mistero, in tutto onorabile [63].
La natura religiosa del matrimonio e la sublime sua significazione della grazia e dellunione fra
Ges Cristo e la Chiesa, richiedono dai futuri sposi una santa riverenza per le nozze cristiane e un
santo amore e zelo perch il matrimonio, che stanno per contrarre, si avvicini il pi possibile al
modello di Cristo e della Chiesa.
Molto mancano su questo punto, e talora mettono in pericolo la loro salvezza eterna, coloro che,
senza gravi motivi, contraggono matrimonio misto. Da siffatti matrimoni misti il provvido amore
materno della Chiesa distoglie i fedeli per gravissime ragioni, come risulta da molti documenti
compresi in quel canone del Codice di diritto canonico, dove si legge: La Chiesa con ogni severit
vieta dappertutto, che si contragga matrimonio tra due persone battezzate, delle quali una sia
cattolica, laltra appartenente a setta eretica o scismatica; se poi vi pericolo di perversione del
coniuge cattolico e della prole, il matrimonio vietato dalla stessa legge divina [64]. Ed anche
quando la Chiesa si induce, attese le circostanze dei tempi, delle cose e delle persone, a concedere la
dispensa da queste severe disposizioni (salvo il diritto divino e rimosso con opportune guarentigie,
quanto possibile, il pericolo di perversione), non pu non avvenire, se non difficilmente, che il
coniuge cattolico abbia a risentire qualche danno da siffatto matrimonio. Da esso infatti non
raramente deriva nei discendenti una luttuosa defezione dalla religione, o almeno il cadere
facilmente nellindifferenza religiosa, vicinissima alla incredulit ed alla empiet. Inoltre, in questi
matrimoni misti, resa molto pi difficile quella viva unione degli animi, la quale deve imitare il
mistero dianzi ricordato, cio larcana unione della Chiesa con Cristo.
Verr a mancare facilmente la stretta unione degli animi, la quale, com segno e nota distintiva
della Chiesa di Cristo, cos devessere distintivo, decoro ed ornamento del coniugio cristiano. Infatti
suole sciogliersi o almeno rallentarsi il vincolo dei cuori, dove diversit di pensiero e di affetto
circa le cose pi alte e supreme dalluomo venerate, cio nelle verit e nei sentimenti religiosi.
Quindi viene il pericolo che languisca lamore tra i coniugi e ne vadano in rovina la pace e la
felicit della famiglia, la quale fiorisce principalmente dallunit dei cuori. E cos, gi da tanti
secoli, lantico diritto romano aveva definito: Il matrimonio la congiunzione delluomo e della
donna nel consorzio di tutta la vita e nella comunicazione del diritto divino ed umano [65].
Ma ci che soprattutto impedisce la restaurazione e la perfezione del matrimonio stabilito da Cristo
Redentore, , come avvertimmo, Venerabili Fratelli, la sempre crescente facilit dei divorzi. Anzi,
gli odierni fautori del neopaganesimo, per nulla fatti saggi dallesperienza, vanno sempre pi
acremente contestando la sacra indissolubilit del coniugio e le leggi che la sostengono, e affermano
doversi dichiarare lecito il divorzio, e che una legge nuova e pi umana venga a sostituire leggi
antiquate e sorpassate.
Essi presentano molte e varie ragioni per il divorzio; alcune provenienti da vizio o colpa delle
persone, altre inerenti alle cose stesse (le une dicono soggettive, le altre oggettive); in una parola,
tutto ci che rende pi aspra ed ingrata la indivisibile convivenza. Pretendono di dimostrare siffatte

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ragioni per molti capi: dapprima, per il bene di ambedue i coniugi, sia dellinnocente, il quale ha
perci il diritto di separarsi dal coniuge reo, sia del colpevole di delitti, che per questo appunto deve
essere separato da una unione ingrata e coatta; poi, per il bene della prole, la quale resta priva della
retta educazione, essendo troppo facilmente scandalizzata e allontanata dalla via della virt per le
discordie e altre colpe dei genitori; infine, per il bene comune della societ, il quale richiede che
anzitutto si sciolgano quei matrimoni che non valgono pi ad ottenere il fine inteso dalla natura.
Inoltre si permettano dalla legge i divorzi sia per prevenire quei delitti che si possono facilmente
temere dalla convivenza di tali coniugi, sia per evitare che cadano sempre pi in ludibrio i tribunali
e lautorit delle leggi, quando i coniugi, per ottenere la bramata sentenza di divorzio, o
commettono a bella posta quei delitti per i quali il giudice pu sciogliere il vincolo a norma di
legge, o sfacciatamente mentiscono e spergiurano di averli commessi, nonostante il giudice veda
chiaramente lo stato delle cose. Pertanto, essi dicono, le leggi devono in ogni modo conformarsi a
tutte queste necessit, alle mutate condizioni dei tempi, alle opinioni degli uomini, alle istituzioni e
ai costumi delle nazioni: tali motivi per s soli, e massimamente se tutti insieme considerati,
dimostrerebbero con evidenza che per determinate cause deve assolutamente concedersi la facolt
di divorzio.
Altri, con pi audacia, opinano che il matrimonio, come contratto meramente privato, deve essere
lasciato al consenso e allarbitrio privato dei due contraenti, come avviene negli altri contratti
privati; e perci sostengono che pu essere sciolto per qualsiasi motivo.
Senonch, contro tutte queste demenze, sta immobile, Venerabili Fratelli, la legge di Dio, da Cristo
amplissimamente confermata, e che non pu venire smossa da nessun decreto degli uomini,
opinione di popoli o volont di legislatori: Quello che Dio ha congiunto, luomo non separi [66].
E se luomo ingiuriosamente tenta separarlo, il suo atto sar del tutto nullo, e resta immutabile
quanto Cristo apertamente afferm: Chiunque rimanda la moglie e ne sposa unaltra, adultero;
e chi sposa la rimandata dal suo marito, adultero [67]. E queste parole di Cristo riguardano
qualsiasi matrimonio, anche quello soltanto naturale e legittimo, giacch ad ogni vero matrimonio
spetta quella indissolubilit, per la quale esso sottratto, quanto alla soluzione del vincolo,
allarbitrio delle parti e ad ogni potest laicale.
E qui deve pur essere ricordato il solenne giudizio con il quale il Concilio Tridentino condann tali
insanie di anatema: Chiunque dice che il vincolo del matrimonio pu essere sciolto dal coniuge, a
causa di eresia o di molesta coabitazione o di pretesa assenza, sia anatema [68]; e inoltre
Chiunque dice che la Chiesa erra quando ha insegnato e insegna che, secondo la dottrina
evangelica ed apostolica, non pu essere disciolto il vincolo del matrimonio per ladulterio di uno
dei coniugi, e che nessuno dei due, neanche linnocente che non diede motivo alladulterio, pu
contrarre altro matrimonio, vivente laltro coniuge, e che commette adulterio tanto colui il quale,
ripudiata ladultera, sposa unaltra, quanto colei che, abbandonato il marito, ne sposa un altro, sia
anatema [69].
Se la Chiesa non err n erra in questa sua dottrina, e perci del tutto certo che il vincolo del
matrimonio non pu essere sciolto neppure per ladulterio, ne segue con evidenza che molto minor
valore hanno tutti gli altri motivi di divorzio, di molto pi deboli, che sogliono o possono allegarsi,
e quindi non da farne alcun conto.
Del resto, le obiezioni che vengono mosse contro la saldezza del vincolo da quel triplice capo, sono
di facile soluzione. Infatti, i danni ricordati vengono impediti e i pericoli rimossi, se in quelle
estreme circostanze si permette la separazione imperfetta dei coniugi, rimanendo cio intatto il
vincolo; la quale separazione consentita chiaramente dalla legge della Chiesa nelle chiare parole
dei canoni che trattano della separazione del talamo, della mensa e dellabitazione [70]. Lo stabilire

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poi le cause di tale separazione, le condizioni, il modo e le cautele onde si provveda alleducazione
dei figli e allincolumit della famiglia, e si rimuovano quanto possibile i danni tutti derivanti ai
coniugi, alla prole e alla stessa comunit civile, spetta alle leggi sacre e, almeno in parte, anche alle
leggi civili, in quanto si attiene alle cose e agli effetti civili.
Tutti gli argomenti, poi, che sogliono apportarsi e sopra abbiamo toccati, a dimostrare la
indissolubilit del matrimonio, valgono chiaramente con uguale forza ad escludere non solamente la
necessit ma anche ogni facolt o concessione di divorzio. Inoltre quanti sono gli eccellenti
vantaggi che militano per la indissolubilit, altrettanti allopposto appaiono i danni del divorzio, e
questi perniciosissimi sia agli individui sia a tutta lumana convivenza.
E, per valerCi di nuovo della dottrina del Nostro predecessore, appena necessario osservare che
quanta copia di beni in s contiene la fermezza indissolubile del matrimonio, altrettanta messe di
mali portano con s i divorzi. Da una parte, con la fermezza del vincolo, i matrimoni sono
pienamente sicuri; dallaltra invece, con la possibilit e anzi probabilit del divorzio, il legame
nuziale diventa mutabile o almeno soggetto ad ansiet e sospetti. Da una parte vengono
mirabilmente consolidate la mutua benevolenza e comunione di beni; dallaltra deplorevolmente
indebolito il legame, per lofferta facolt di separarsi. Da una parte validi presidii alla fedelt dei
coniugi; dallaltra perniciosi incitamenti allinfedelt. Dalluna la procreazione, protezione ed
educazione dei figli efficacemente promosse; dallaltra la prole esposta ai pi gravi danni. Da una
parte chiuso ladito molteplice alle discordie tra le famiglie e i parenti; dallaltra se ne presenta pi
frequente loccasione. Dalluna pi facilmente sopiti i germi di dissenso; dallaltra pi
copiosamente e largamente diffusi. Dalluna massimamente reintegrati e felicemente restaurati la
dignit e lufficio della donna nella famiglia e nella societ; dallaltra indegnamente depressa,
esposta com la sposa al pericolo di venire abbandonata dopo aver servito alla passione
delluomo [71].
E poich a distruggere le famiglie per concludere con le gravissime parole di Leone XIII e
ad abbattere la potenza dei regni niente ha maggior forza che la corruzione dei costumi, agevole
conoscere che alla prosperit delle famiglie e delle nazioni sono funestissimi i divorzi, i quali
nascono da depravate consuetudini, e come ne attesta lesperienza, aprono ladito ad una sempre
maggiore corruttela del pubblico e privato costume. E questi mali appariranno anche pi gravi se
si considera che non vi sar mai alcun freno cos potente che valga a contenere entro certi e
prestabiliti confini la licenza una volta concessa ai divorzi. grande la forza degli esempi,
maggiore quella delle passioni; per tali eccitamenti avverr certo che la sfrenata voglia dei divorzi,
serpeggiando ogni d pi largamente, invada lanimo di moltissimi, a guisa di morbo che si sparge
per contagio, o come torrente che, rotti i ripari, trabocca [72].
Perci, come nellEnciclica stessa si legge, ove non si muti consiglio, le famiglie e la societ
umana dovranno stare in perpetuo timore di essere travolte nel rivolgimento e nello scompiglio di
tutte le cose [73]. Orbene, la corruzione ogni giorno crescente e lincredibile depravazione della
famiglia nelle regioni pienamente dominate dal comunismo, ben dimostrano con quanta verit tutto
ci sia stato preannunciato cinquantanni addietro.
III
Finora, Venerabili Fratelli, abbiamo con venerazione ammirato le disposizioni date dal
sapientissimo Creatore e Redentore del genere umano in ordine al matrimonio, addolorati in pari
tempo di vedere cos spesso rese vane e conculcate tali sante intenzioni della divina Bont dalle
passioni, dagli errori e dai vizi degli uomini. quindi naturale che Noi rivolgiamo la sollecitudine

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paterna dellanimo Nostro a trovare rimedi opportuni ad estirpare interamente i perniciosissimi


abusi gi ricordati, e a rendere dappertutto il dovuto rispetto al matrimonio.
Aiuter a ci principalmente il ricordare quella massima certissima, che comunemente ammessa
dalla sana filosofia e dalla sacra teologia: che per ricondurre al loro pristino stato, secondo la loro
natura, le cose che hanno deviato dalla rettitudine, non vi altra via che di riportarle a conformit
della ragione divina, la quale (come insegna lAngelico [74]) lesemplare della perfetta rettitudine.
Per questo il Nostro predecessore di f. m. Leone XIII, ben a ragione, incalzava i naturalisti con
queste gravissime parole: legge divinamente sancita che le cose istituite dalla natura e da Dio,
si sperimentino da noi tanto pi utili e salutari, quanto pi rimangono intere ed immutabili nel loro
stato naturale; Iddio, creatore di tutte le cose, ben conobbe ci che alla istituzione e al
mantenimento di ciascuna sia espediente, e tutte con la volont e mente sua le ha in guisa ordinate,
che ognuna debba convenientemente raggiungere il suo fine. Ma se la temerit e malvagit degli
uomini volessero mutare e sconvolgere lordine delle cose provvidissimamente stabilito, allora
anche le cose con somma sapienza ed altrettanta utilit istituite o cominciano a nuocere, o cessano
di giovare, sia perch col mutare abbiano perduto la virt di far bene, sia perch Iddio stesso
voglia piuttosto adottare siffatti castighi dellorgoglio e dellaudacia dei mortali [75].
dunque necessario, per ricondurre il retto ordine nella materia matrimoniale, che tutti considerino
il disegno divino intorno al matrimonio e cerchino di conformarsi ad esso.
E poich tale studio soprattutto contrastato dalla forza della concupiscenza, che senza dubbio la
cagione principale per cui si pecca contro le sante leggi coniugali, e non potendo luomo tenere a s
soggette le passioni se prima non sottomette s a Dio, a ci bisogna anzitutto rivolgere le cure
secondo lordine divinamente stabilito. legge inderogabile che chi vive soggetto a Dio veda con
laiuto della divina grazia assoggettare a s le passioni e la concupiscenza, ed al contrario, chi
ribelle a Dio esperimenti con dolore linterna lotta delle passioni violente. N ci avviene senza una
sapiente disposizione, come dimostra SantAgostino: Infatti giusto che linferiore si assoggetti
al superiore; in modo che chi vuole a s soggetto chi sotto di s, debba a sua volta star soggetto a
chi sopra di s. Riconosci lordine, cerca la pace! Tu a Dio: e la carne a te. Che di pi giusto?
che di pi bello? Tu al maggiore, a te il minore: servi tu a Colui che cre te, perch a te serva ci
che stato creato per te. Bada per, lordine non lintendiamo, non lo proponiamo cos: A te la
carne, e tu a Dio, sibbene Tu a Dio, e la carne a te! E se trascuri il Tu a Dio, non raggiungerai mai
lA te la carne. Tu che non ubbidisci al Signore, sei tormentato dal servo [76].
Tale ordinamento della divina Sapienza pure attestato, per ispirazione dello Spirito Santo, dal
Santo Dottore delle Genti, dove, a proposito dei sapienti antichi i quali ricusavano di prestare culto
e venerazione al Creatore delluniverso da essi ben conosciuto, si esprime cos: Per questo, Iddio
li abbandon ai desideri del loro cuore, allimmondezza, talch disonorassero in se stessi i corpi
loro ; e di nuovo Per questo, Iddio li diede in bala di ignominiose passioni [77], perch
Iddio resiste ai superbi e largisce la grazia agli umili [78], senza la quale, come insegna lo stesso
Dottore delle Genti, luomo non pu soggiogare la ribelle concupiscenza [79].
Poich dunque non possibile frenare, come si deve, le indomite brame, senza che prima lanima
presti lumile ossequio della piet e della riverenza al Creatore, questo soprattutto necessario: che
coloro che stringono il sacro vincolo matrimoniale siano bene compenetrati da una profonda piet
verso Dio, la quale informi tutta la loro vita, e riempia la mente e la volont di somma venerazione
verso la suprema Maest di Dio.
Ben dunque si comportano, conformemente al pi sano e perfetto senso cristiano, quei Pastori di
anime i quali, per impedire che gli sposi non abbiano nel matrimonio a deviare dalla legge di Dio,

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anzitutto li esortano agli esercizi di piet e di religione, ad unirsi totalmente a Dio, ad invocarne
costantemente laiuto, a frequentare i sacramenti, a fomentare e custodire, sempre e in tutto,
sentimenti di devozione e piet verso Dio.
Grandemente invece si ingannano coloro i quali, lasciati da parte questi mezzi che trascendono la
natura, credono di potere, per mezzo dei soli ritrovati delle scienze naturali (come la biologia, lo
studio delle trasmissioni ereditarie, e simili), persuadere gli uomini a frenare le concupiscenze
carnali. N con ci intendiamo dire che non si debba tener conto anche di questi aiuti naturali
quando non siano illeciti: perch lo stesso Dio, unico autore della natura e della grazia, il quale ha
disposto che i beni s delluno come dellaltro ordine servano ad uso ed utilit degli uomini. I fedeli,
dunque, possono e debbono giovarsi anche degli aiuti naturali. Ma sbagliano coloro che credono
bastare questi a garantire la castit dellunione matrimoniale, o che stimano trovarsi in essi una
maggiore efficacia che non nellaiuto soprannaturale della grazia.
Ma tale conformit della convivenza e dei costumi matrimoniali alle leggi di Dio, senza la quale
non si potrebbe avere unefficace restaurazione di essa, suppone che da tutti si possa conoscere
facilmente, con ferma certezza e senza mescolanza di errore, quali siano queste leggi. A nessuno
pu sfuggire a quanti inganni si aprirebbe ladito, quanti errori si mischierebbero alla verit, se tale
indagine fosse lasciata alla ragione individuale munita del solo lume naturale, ovvero se tale
investigazione fosse affidata alla privata interpretazione della verit rivelata. Il che se vale per tante
altre verit di ordine morale, soprattutto si deve dire per quelle che spettano al matrimonio, dato che
tanto facilmente la passione della volutt pu sopraffare la debolezza umana, ingannarla e sedurla;
tanto pi che losservanza della legge di Dio richiede talvolta dai coniugi dei sacrifici ardui e
diuturni; e lesperienza dimostra che di questi appunto si serve lumana fragilit come di pretesti per
esimersi dallosservanza della legge divina.
Affinch pertanto la conoscenza vera e sincera della legge divina, e non una simulazione ed una
corrotta immagine di essa, sia di luce e guida alle menti e alla condotta degli uomini, si richiede che
alla piet verso Dio e alla brama di ubbidire a Lui, vada unita pure una filiale ed umile ubbidienza
verso la Chiesa. Infatti stato il medesimo Cristo Signor Nostro colui che costitu la Chiesa Maestra
di verit anche in queste cose spettanti alla direzione e alla regola dei costumi, quantunque tra esse
molte non siano per se stesse inaccessibili allumano intelletto. E come il Signore, quanto alle verit
naturali riguardanti la fede e i costumi, volle aggiungere al semplice lume della ragione quello della
rivelazione, sicch queste cose giuste e vere anche nelle condizioni presenti dellumana natura,
da tutti possano conoscersi facilmente e con certezza assoluta e senza ombra di errore [80], cos,
per lo stesso fine, volle costituire la Chiesa custode e maestra delle verit tutte che riguardano la
religione e i costumi: ad essa quindi i fedeli, se vogliono serbarsi immuni da errori di intelletto e da
corruzione morale, debbono ubbidire e assoggettare la mente ed il cuore. E per non privarsi da se
stessi di un aiuto apprestato con s larga benignit dal Signore, essi debbono prestare doverosa
obbedienza non solo alle definizioni pi solenni della Chiesa, ma altres, osservata la debita
proporzione, alle altre Costituzioni o Decreti, coi quali certe opinioni vengono proscritte come
perverse e pericolose [81].
I cristiani debbono quindi tenersi lontani da una smodata indipendenza di giudizio e da una falsa
autonomia della ragione, anche rispetto a certe questioni che sul matrimonio si dibattono ai giorni
nostri.
infatti disdicevole, per un cristiano degno di tal nome, fidarsi tanto della propria intelligenza da
voler prestar fede soltanto a quelle verit di cui apprende da s lintrinseca natura; il ritenere che la
Chiesa, da Dio destinata a maestra e reggitrice dei popoli, non sia abbastanza illuminata intorno alle
cose e circostanze moderne; ovvero il non prestarle assenso ed obbedienza se non in ci che essa

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impone per via di definizioni pi solenni, quasi che le altre sue decisioni si potessero presumere o
false, o non fornite di sufficienti motivi di verit e di onest. proprio invece di tutti i veri seguaci
di Cristo, sia dotti, sia ignoranti, lasciarsi reggere e guidare dalla santa Chiesa di Dio in tutte le cose
spettanti alla fede e ai costumi, per mezzo del suo Supremo Pastore, il Pontefice Romano, il quale
retto a sua volta da Ges Cristo Signor Nostro.
Siccome tutto si deve riportare alla legge e alle idee di Dio, perch si ottenga una generale e stabile
restaurazione del matrimonio dobbiamo considerare di primaria importanza che i fedeli siano bene
istruiti circa il matrimonio, a voce e in iscritto, non una volta sola e superficialmente, ma spesso e
ampiamente, con argomenti chiari e solidi, in modo che queste verit simprimano bene
nellintelletto e penetrino fino in fondo al cuore. Sappiano e considerino assiduamente quanta
sapienza, santit, bont abbia dimostrato il Signore verso il genere umano, sia con listituzione del
matrimonio, sia presidiandolo di sante leggi, e pi ancora elevandolo alla mirabile dignit di
Sacramento, per cui si apre agli sposi cristiani una s copiosa fonte di grazie da poter corrispondere,
in castit e fedelt, agli alti fini del matrimonio, al bene e alla salute propria e dei figli, di tutta la
societ civile e dellumanit intera.
E certo se i moderni distruttori del matrimonio si danno tanto da fare con discorsi, con libri ed
opuscoli e con infiniti altri mezzi, a pervertire le menti, a corrompere i cuori, a mettere in derisione
la castit matrimoniale, e ad esaltare i vizi pi vergognosi, molto pi Voi, Venerabili Fratelli, che
lo Spirito Santo ha costituiti Vescovi per reggere la Chiesa di Dio da Lui conquistata col Sangue
suo [82], non dovrete lasciare alcun mezzo intentato, o per Voi stessi, o per mezzo dei sacerdoti a
Voi soggetti, come pure mediante i laici opportunamente scelti fra gli iscritti all Azione Cattolica
tanto da Noi bramata e raccomandata in aiuto dellapostolato gerarchico, in modo da contrapporre
la verit allerrore, alla turpitudine del vizio lo splendore della castit, alla servit delle passioni la
libert dei figli di Dio [83], alla iniqua facilit dei divorzi la perenne stabilit del vero amore
coniugale e dellinviolabilit fino alla morte del prestato giuramento di fedelt.
In tal modo i cristiani ringrazieranno Dio, di tutto cuore, di essere vincolati dal precetto e di essere
con soave violenza costretti a tenersi lontani il pi possibile da ogni idolatria della carne e
dallignobile schiavit della libidine. E sentiranno profondo orrore, e fuggiranno con ogni diligenza
quelle nefande opinioni che oggi appunto, a disonore della verace dignit umana, si vanno
diffondendo a voce e in iscritto, col nome di perfetto matrimonio e che fanno di tal perfetto
matrimonio un matrimonio depravato , come giustamente e meritamente stato detto.
Ma questa sana istruzione ed educazione religiosa circa il matrimonio cristiano star ben lontana da
quella esagerata educazione fisiologica, con la quale ai d nostri certi riformatori della vita
coniugale presumono di venire in aiuto agli sposi, spendendo moltissime parole su tali questioni
fisiologiche, dalle quali tuttavia pi che la virt di una vita casta si apprende larte di peccare
abilmente.
Perci ben di cuore facciamo nostre, Venerabili Fratelli, le parole che il Nostro predecessore di f. m.
Leone XIII rivolgeva ai Vescovi di tutto il mondo nellEnciclica sul matrimonio cristiano: Per
quanto si possono estendere i vostri sforzi lautorit vostra, fate opera perch presso i popoli
affidati alla vostra tutela si mantenga intera e incorrotta la dottrina che Cristo Signore e gli
Apostoli, interpreti dei voleri del Cielo, insegnarono, e che la Chiesa cattolica conserv
gelosamente e comand che fosse dai cristiani per tutte le et custodita [84].
Ma anche la migliore educazione impartita per mezzo della Chiesa, da sola non basta ad ottenere la
conformit del matrimonio alla legge di Dio: allistruzione della mente, negli sposi deve andar
congiunta la ferma volont di osservare le sante leggi di Dio e della natura intorno al matrimonio.

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Qualunque teoria altri voglia, o con discorsi o con scritti, affermare e diffondere, i coniugi
stabiliscano e propongano con fermezza e costanza di volere, senza alcuna esitazione, attenersi ai
comandamenti di Dio in tutto ci che riguarda il matrimonio: nel prestarsi cio mutuamente laiuto
della carit, nel serbare la fedelt della castit, nel non attentare mai alla stabilit del vincolo,
nellusare dei diritti matrimoniali sempre conforme alla moderazione e piet cristiana, specialmente
nel primo periodo dellunione, in modo che se, in appresso, le circostanze imponessero la
continenza, ad ambedue per labitudine contratta riesca pi facile osservarla.
Servir loro di grande aiuto a concepire, mantenere ed attuare una s ferma volont, il considerare
spesso lo stato loro, e la memoria attiva del Sacramento ricevuto. Si ricordino assiduamente che
sono stati santificati e fortificati nei doveri e nella dignit dello stato loro per mezzo di uno speciale
Sacramento, la cui efficace virt, sebbene non imprima carattere, tuttavia permanente. Riflettano
perci a queste parole, veramente feconde di soda consolazione, del santo Cardinale Roberto
Bellarmino, il quale, con altri autorevoli teologi, cos piamente sente e scrive: Il Sacramento del
matrimonio si pu riguardare in due modi; il primo mentre si celebra; il secondo mentre perdura
dopo che stato celebrato. Infatti un sacramento simile allEucarestia, la quale Sacramento
non solo mentre si fa, ma anche mentre perdura: perch, fin quando vivono i coniugi, la loro
unione sempre il Sacramento di Cristo e della Chiesa [85].
Ma perch la grazia di questo Sacramento eserciti tutta la sua efficacia, si richiede altres, come
abbiamo gi accennato, il concorso dei coniugi: e questo consiste in ci che con lopera ed industria
propria si sforzino seriamente di compiere per quanto dipende da loro nelladempimento dei doveri.
Come nellordine naturale, perch le forze date da Dio manifestino tutto il loro vigore, bisogna che
siano applicate dallopera e dallindustria umana, e ove questa si trascuri non se ne pu trarre alcun
profitto, cos anche nellordine della grazia, le forze che nel ricevere il Sacramento vengono
depositate nellanima, debbono essere esercitate dagli uomini con la propria opera ed industria.
Badino dunque gli sposi di non trascurare la grazia propria del Sacramento che sta in loro [86], ma
dandosi alla diligente osservanza dei propri doveri, siano pure difficili, di giorno in giorno
sperimenteranno in s pi efficace la virt della grazia. Se talora si sentiranno alquanto pi oppressi
dai travagli dello stato e della vita loro, non si lascino abbattere, ma stimino come dette a s le
parole che, circa il sacramento dellOrdine, San Paolo scriveva al suo dilettissimo discepolo
Timoteo, per sollevarlo dalle fatiche e dagli strapazzi ondera quasi oppresso: Ti raccomando di
ravvivare in te la grazia di Dio che in te mediante limposizione delle mie mani, poich Iddio non
ci ha dato spirito di timidezza, ma di forza, di amore e di saggezza [87].
Ma quanto detto finora, Venerabili Fratelli, in gran parte dipende dallaccurata preparazione, sia
remota, sia prossima, degli sposi al matrimonio. Non si pu infatti negare che tanto il saldo
fondamento dellunione felice, come le rovine delle unioni disgraziate, si vanno preparando e
disponendo nel cuore dei fanciulli e delle fanciulle sin dalla loro puerizia e giovinezza. da temere
che coloro che nel tempo precedente alle nozze, dappertutto non cercavano che se stessi e le proprie
comodit, e solevano accondiscendere ai propri desideri, anche se turpi, giunti poi al matrimonio,
siano poi tali quali erano prima, e che abbiano poi a mietere ci che hanno seminato [88]: vale a
dire che abbiano a ritrovare tra le mura domestiche tristezza, pianto, disprezzo scambievole, litigi,
avversione di animo, noia della vita coniugale, e, ci che peggio, abbiano a trovare se stessi con le
proprie sfrenate passioni.
I futuri sposi dunque si presentino al matrimonio ben disposti e ben preparati, perch possano a
vicenda porgersi il dovuto conforto nelle vicende tristi e liete della vita, e molto pi nel procurarsi la
salute eterna e nel formare luomo interiore nella misura dellet piena di Cristo [89]. Ci servir
loro di aiuto a dimostrarsi veramente tali verso la loro diletta prole, quali Iddio vuole che siano i
genitori verso i loro figli: cio un padre che sia veramente padre, una madre che sia veramente

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madre; sicch, grazie al loro pio amore e alle loro cure assidue, la casa paterna diventi per i figli,
anche nella povert pi dura, in questa valle di lacrime, quasi unimmagine di quel paradiso di
letizia, dove il Creatore delluman genere aveva collocato i nostri progenitori. Anche per questo
avverr che dei figli sapranno fare degli uomini perfetti e dei perfetti cristiani, imbevuti dello
schietto sentimento della Chiesa cattolica, e infonderanno loro quel nobile amore e sentimento di
patria ch richiesto dalla piet e dalla riconoscenza.
Pertanto, sia coloro che pensano di contrarre un giorno questo santo connubio, sia coloro che hanno
cura delleducazione della cristiana giovent, facciano grandissimo conto di questo avvenire, lo
preparino lieto e impediscano che sia triste, tenendo in mente gli ammonimenti da Noi dati
nellEnciclica sopra leducazione: Sono dunque da correggere le inclinazioni disordinate, da
promuovere e ordinare le buone sin dalla pi tenera infanzia, e soprattutto si deve illuminare
lintelletto e fortificare la volont con le verit soprannaturali e i mezzi della grazia, senza i quali
non si pu n dominare le perverse inclinazioni n raggiungere la debita perfezione educativa della
Chiesa, compiutamente dotata da Cristo della dottrina divina e dei Sacramenti, mezzi efficaci della
grazia [90].
Rispetto poi alla preparazione prossima di un buon matrimonio di somma importanza la diligenza
nella scelta del coniuge; da essa infatti dipende molto la felicit o linfelicit futura del matrimonio,
potendo lun coniuge essere allaltro di grande aiuto a condurre nello stato coniugale una vita
cristiana, oppure di grande pericolo ed impedimento. Affinch dunque non abbia per tutta la loro
vita da scontare la pena di una scelta inconsiderata, chi desidera sposarsi sottoponga a matura
deliberazione la scelta della persona con la quale dovr poi sempre vivere; ed in siffatta decisione
abbia anzitutto riguardo a Dio ed alla vera religione di Cristo, indi a se medesimo, al coniuge, alla
futura prole, come pure alla umana e civile societ, la quale dal matrimonio nasce come da propria
fonte. Implori con fervore il divino aiuto, perch possa scegliere secondo la cristiana prudenza, e
non gi spinto dal cieco e indomito impeto della passione, o dal mero desiderio di lucro, o da altro
men nobile impulso, bens da vero e ordinato amore, e da sincero affetto verso il futuro coniuge,
cercando nel matrimonio quei fini appunto per i quali esso fu da Dio istituito. Non tralasci infine di
richiedere il prudente consiglio dei genitori sulla scelta da fare; anzi, di questo faccia gran conto,
affinch mediante le loro maggiore esperienza e matura conoscenza delle cose umane, abbia ad
evitare dannosi errori, e ottenga pure pi copiosamente, nel contrarre il matrimonio, la divina
benedizione del quarto comandamento: Onora il padre e la madre tua (che il primo
comandamento della promessa): affinch tu sia felice e viva lungamente sopra la terra [91].
E poich non di rado lesatta osservanza della legge divina e lonest del matrimonio sono esposte a
gravi difficolt, quando i conugi sono oppressi dalla scarsezza dei mezzi e dalla grande penuria di
beni temporali, bisogner certamente, nel miglior modo possibile, venire in aiuto delle loro
necessit.
Ed in primo luogo dovr con ogni sforzo procurarsi quanto fu gi sapientissimamente decretato dal
nostro predecessore Leone XIII [92], cio che nella civile societ le condizioni economiche e sociali
siano cos ordinate, che ogni padre di famiglia possa meritare e lucrare quanto necessario al
sostentamento proprio, della moglie e dei figli, secondo le diverse condizioni sociali e locali,
poich dovuta alloperaio la sua mercede [93], e il negarla o il non darla in equa misura
commettere una grande ingiustizia, che dalla Sacra Scrittura viene annoverata tra i massimi peccati
[94]. Cos pure non lecito pattuire salari tanto esigui, che non siano sufficienti per le condizioni
dei tempi e le circostanze in cui si trova la famiglia da sostenere.
Occorrer tuttavia provvedere che gli stessi coniugi, gi molto tempo prima di contrarre
matrimonio, rimuovano gli ostacoli materiali, o procurino almeno di diminuirli, lasciandosi istruire

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da persone esperte sul modo di riuscirvi efficacemente, nonch onestamente. Se essi da soli non
bastano, si provveda con lunione degli sforzi delle persone di simili condizioni, e mediante
associazioni private e pubbliche, ai modi di soccorrere alle necessit della vita [95].
Allorch poi i mezzi fin qui indicati non riescano a pareggiare le spese, soprattutto se la famiglia
piuttosto numerosa o meno capace, lamore cristiano per il prossimo richiede assolutamente che la
carit cristiana supplisca a quanto manca agli indigenti, che i ricchi anzitutto assistano i pi poveri,
e quelli che hanno beni superflui, anzich impiegarli in vane spese o addirittura dissiparli, li
impieghino per la vita e la sanit di coloro che mancano del necessario. Quelli che nei poveri
daranno a Cristo delle proprie sostanze, riceveranno dal Signore abbondantissima mercede, allorch
Egli verr a giudicare il mondo; coloro invece che faranno il contrario saranno puniti [96]. Infatti
non invano avverte lApostolo: Chi avr dei beni di questo mondo, e vedr il suo fratello in
necessit, e gli chiuder le sue viscere, come la carit di Dio dimora in lui? [97].
Qualora poi i privati sussidi non bastassero, compete alla pubblica autorit supplire alle forze
insufficienti dei privati, specialmente in una cosa di tanta importanza per il bene comune, quanto
la condizione delle famiglie e dei coniugi che sia degna di uomini. Se infatti alle famiglie, a quelle
specialmente che hanno una numerosa figliolanza, mancano convenienti abitazioni; se luomo non
riesce a trovare lopportunit di procacciarsi lavoro e vitto; se le cose occorrenti agli usi quotidiani
non possono comprarsi che a prezzi esagerati; se perfino le madri di famiglia, con non piccolo
danno delleconomia domestica, sono gravate dalla necessit e dal peso di guadagnar denaro col
proprio lavoro; se esse, negli ordinari o anche straordinari travagli della maternit, mancano del
conveniente vitto, delle medicine, dellaiuto di un medico esperto, e di altre simili cose: non chi
non vegga quanto grande pericolo ne possa nascere per la pubblica sicurezza, la salvezza e la vita
stessa della societ civile, se tali uomini, non avendo pi nulla da temere che sia loro tolto, siano
spinti a tanta disperazione, che osino ripromettersi di poter forse conseguire molto dallo
sconvolgimento dello Stato e di ogni cosa.
Quanti dunque hanno cura della cosa pubblica e del bene comune, non possono trascurare queste
materiali necessit dei coniugi e delle famiglie, senza arrecare grave danno alla cittadinanza ed al
bene comune; ed perci necessario che, nel fare le leggi e nellordinare le pubbliche spese,
tengano in massimo conto la cura di venire in aiuto alla penuria delle famiglie povere, stimando ci
tra i precipui doveri della loro carica.
Con dolore poi avvertiamo non essere oggi raro il caso in cui, contrariamente al retto ordine, molto
facilmente si provvede di pronto e copioso sussidio la madre e la prole illegittima (sebbene a questa
pure si debba soccorrere, anche per impedire mali maggiori), mentre alla legittima o negato il
soccorso, o concesso grettamente e quasi strappato a forza.
Sennonch, non soltanto per quello che spetta ai beni temporali, Venerabili Fratelli, importa
moltissimo alla pubblica autorit che il matrimonio e la famiglia siano bene costituiti, ma anche per
quanto concerne i beni propri delle anime: il sancire cio giuste leggi, che riguardino la fedelt della
castit e il mutuo aiuto dei coniugi e cose simili, e la loro fedele osservanza, giacch, come insegna
la storia, la salvezza dello Stato e la prosperit della vita temporale dei cittadini non possono restare
salde e sicure, ove vacilli il fondamento su cui si appoggiano, che il retto ordine morale, e ove per
i vizi dei cittadini si costruisca la fonte donde nasce la comunit, cio il matrimonio e la famiglia.
Ma alla tutela dellordine morale non bastano le forze esterne della comunit e le pene, e nemmeno
il proporre agli uomini la bellezza stessa della virt e la sua necessit; necessario che vi si
aggiunga lautorit religiosa, che illumini la mente con la verit, diriga la volont e valga a

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fortificare lumana fragilit con gli aiuti della divina grazia. Tale autorit soltanto la Chiesa,
istituita da nostro Signore Ges Cristo.
Pertanto, vivamente esortiamo nel Signore quanti hanno la suprema potest civile ad entrare in
concorde amicizia, e sempre pi rafforzarla, con questa Chiesa di Cristo, affinch mediante la
collaborazione e la solerte opera della duplice potest si allontanino i danni enormi che, per le
irruenti e procaci libert contro il matrimonio e la famiglia, minacciano non solo la Chiesa, ma la
stessa civile societ.
A questo gravissimo compito della Chiesa possono infatti giovare assai le leggi civili, se nei loro
ordinamenti terranno conto di ci che prescrive la legge divina ed ecclesiastica, e stabiliranno pene
contro i violatori. Non mancano infatti persone che stimano essere loro lecito, anche secondo la
legge morale, quanto dalle leggi dello Stato permesso o almeno non punito; oppure, anche
contro la voce della coscienza, compiono queste azioni poich n temono Dio, n vedono esservi
alcunch da temere dalle umane leggi; donde non di rado e a se stessi e a moltissimi altri sono causa
di rovina.
N poi da temere alcun pericolo o menomazione dei diritti e dellintegrit della societ civile da
questo accordo con la Chiesa. Sono insussistenti e del tutto vani siffatti sospetti e timori, come ebbe
gi a mostrare eloquentemente Leone XIII: Non v dubbio egli dice che Ges Cristo,
fondatore della Chiesa, abbia voluto la potest sacra distinta dalla civile, e che luna e laltra
avessero nellordine proprio libero e spedito lesercizio del proprio potere, ma con questa
condizione tuttavia, che torna bene alluna ed allaltra e che di molta importanza per tutti gli
uomini, che cio fossero tra loro unione e concordia Se lautorit civile va in pieno accordo con
la sacra potest della Chiesa, non pu non derivarne grande utilit ad entrambe. Delluna infatti si
accresce la dignit, e sotto la guida della religione il suo governo non riuscir mai ingiusto;
allaltra poi si offrono aiuti di tutela e di difesa per il comune vantaggio dei fedeli [98].
E, per portare un esempio recente e illustre, cos appunto avvenuto, secondo il retto ordine e del
tutto secondo la legge di Cristo, che nelle solenni convenzioni felicemente stipulate tra la Santa
Sede e il Regno dItalia, anche rispetto ai matrimoni fossero stabiliti un pacifico accordo ed una
amichevole cooperazione, quali si addiceva alla gloriosa storia ed alle vetuste memorie sacre del
popolo italiano. Cos infatti si legge decretato nei Patti Lateranensi: Lo Stato italiano, volendo
ridonare allistituto del matrimonio, ch base della famiglia, la dignit conforme alle tradizioni
cattoliche del suo popolo, riconosce al Sacramento del matrimonio, disciplinato dal diritto
canonico, gli effetti civili [99]. A tale norma fondamentale sono aggiunte ulteriori determinazioni
del mutuo accordo.
Questo pu a tutti essere di esempio e di argomento, onde anche nella nostra et nella quale,
purtroppo, cos di frequente si va predicando una assoluta separazione dellautorit civile dalla
Chiesa, anzi da qualsiasi religione, possano le due supreme potest, senza alcuno scambievole
detrimento dei propri diritti e poteri sovrani, congiungersi ed associarsi con mutua concordia e patti
amichevoli, per il bene comune delluna e dellaltra societ, e possa aversi dalle due potest una
comune cura per ci che spetta al matrimonio, in modo che siano rimossi dalle unioni coniugali
cristiane pericoli perniciosi, anzi la gi imminente rovina.
Tutti questi argomenti, Venerabili Fratelli, che con Voi abbiamo attentamente ponderato, mossi
dalla pastorale sollecitudine, vorremmo che fossero largamente diffusi, secondo le norme della
cristiana prudenza, tra tutti i Nostri diletti figli, alle vostre cure immediatamente commessi, tra
quanti sono membri della grande famiglia cristiana, affinch tutti pienamente conoscano la sana
dottrina intorno al matrimonio, si guardino diligentemente dai pericoli tesi dai divulgatori di errori,

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e soprattutto, rinnegata lempiet e i desideri del secolo, vivano in questo secolo, con temperanza,
con giustizia e con piet, aspettando la beata speranza, e lapparizione della gloria del grande Dio
e Salvatore nostro Ges Cristo [100].
Ci conceda il Padre onnipotente da cui ogni paternit in cielo e in terra prende nome [101], il
quale corrobora i deboli e d coraggio ai pusillanimi e ai timidi; Ci conceda Cristo Signore e
Redentore, istitutore e perfezionatore dei venerabili Sacramenti [102], il quale volle e fece del
matrimonio una mistica immagine della sua ineffabile unione con la Chiesa; Ci conceda lo Spirito
Santo, Dio Carit, lume dei cuori e vigore delle menti, che le cose da Noi esposte nella presente
Nostra lettera intorno al santo sacramento del matrimonio, alla mirabile legge e volont divina
rispetto ad esso, agli errori e pericoli che sovrastano, ai rimedi con cui ad essi si pu ovviare, tutti
valgano a bene intenderle, ad accettarle con pronta volont e, con laiuto della grazia divina, a
metterle in opera; sicch rifioriscano e prosperino nei matrimoni cristiani la fecondit a Dio
dedicata, la fedelt illibata, linconcussa stabilit, la sublimit del sacramento e la pienezza delle
grazie.
Ed affinch Iddio, che delle grazie tutte autore e dal quale tutto il volere e leseguire [103],
si degni di compiere e concederci tutto ci, secondo la grandezza della sua benignit ed
onnipotenza, mentre Noi con ogni umilt alziamo fervide preghiere al Trono della sua grazia, come
pegno della copiosa benedizione dello stesso Onnipotente Iddio, a voi, Venerabili Fratelli, al clero e
al popolo commesso alle vostre assidue e vigilanti cure, impartiamo con ogni affetto lApostolica
Benedizione.
Dato a Roma, presso San Pietro, il 31 dicembre 1930, nellanno nono del Nostro Pontificato.

PIUS PP. XI

[1] Ephes., V, 32. 53


[2] Litt. Encycl. Arcanum divinae sapientiae, 10 Febr. 1880.
[3] Gen., I, 27-28; II, 22-23; Matth. XIX, 3 sqq.; Ephes., V, 23 sqq.
[4] Conc. Trident., sess. XXIV.
[5] Cfr. Cod. iur. can., c. 1081 2.
[6] Cfr. Cod. iur. can., c. 1081 1.
[7] S. Thom. Aquin., Summa theolog., p. III, Supplem., q. XLIX, art. 3.
[8] Litt. Encycl. Rerum novarum, 15 Maii 1891.
[9] Gen., I, 28. I.
[10] Litt. Encycl. Ad salutem, 20 Apr. 1930.
[11] S. August., De bono coniug., cap. 24, n. 32.
[12] S. August., De Gen. ad litt., lib. IX, cap. 7, n. 12.
[13] Gen., I, 28.
[14] I Tim., V, 14.
[15] S. August., De bono coniug., cap. 24, n. 32.
[16] Cfr. I Cor., II, 9.
[17] Cfr. Ephes., II, 19.
[18] Io., XVI, 21.
[19] Litt. Encycl. Divini illius Magistri, 31 Dec. 1929.
[20] S. August., De Gen. ad litt., lib. IX, cap. 7, n. 12.
[21] Cod. iur. can., c.1013, 1.

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[22] Conc. Trident., sess. XXIV.


[23] Matth., V, 28.
[24] Cfr. Decr. S. Officii, 2 Mart. 1679, propos. 50.
[25] Ephes., V, 25; cfr. Col., III, 19.
[26] Catech. Rom., II, cap. VIII, q. 24.
[27] Cfr. S. Greg. M., Homil. XXX in Evang. (Io., XIV, 23-31), n. 1.
[28] Matth., XXII, 40.
[29] Cfr. Catech. Rom., p. II, cap. VIII, q. 13.
[30] I Cor., VII, 3.
[31] Ephes. V, 22-23.
[32] Litt. Encycl. Arcanum, 10 Febr. 1880.
[33] Matth. XIX, 6.
[34] Luc., XVI, 18.
[35] S. August., De Gen. ad litt., lib. IX, c. 7, n. 12.
[36] Pius VI, Rescript. ad Episc. Agriens., 11 Iul. 1789.
[37] Ephes., V, 32.
[38] S. August., De nupt. et concup., lib. I, cap. 10.
[39] I Cor., XIII, 8.
[40] Conc. Trident., sess. XXIV.
[41] Conc. Trident., sess. XXIV.
[42] Cod. iur. can., c. 1012.
[43] S. August., De nupt. et concup., lib. I, cap. 10.
[44] Cfr. Matth., XIII, 25.
[45] II Tim., IV, 2-5.
[46] Ephes, V, 3.
[47] S. August., De coniug. adult., lib. II, n. 12; cfr. Gen., XXXVIII, 8-10; S. Poenitent., 3 April., 3
Iun. 1916.
[48] Matth., XV, 14; S. Offic., 22 Nov. 1922.
[49] Luc., VI, 38.
[50] Concil. Trident., sess. VI, cap. 11.
[51] Const. Apost. Cum occasione, 31 Maii 1653, prop. 1.
[52] Exod., XX, 13; cfr. Decr. S. Offic. 4 Maii 1898, 24 Iulii 1895, 31 Maii 1884.
[53] S. August. De nupt. et concupisc., cap. XV.
[54] Cfr. Rom. III, 8.
[55] Cfr. Gen., IV, 10.
[56] Summ. theolog., 2a 2ae, q. 108 a. 4 ad 2m.
[57] Exod., XX, 14.
[58] Matth., V, 28.
[59] Hebr., XIII, 8.
[60] Cfr. Matth., V, 18.
[61] Matth., VII, 27.
[62] Leo XIII, Litt. Encycl. Arcanum, 10 Febr. 1880.
[63] Ephes., V, 32; Hebr. XIII, 4.
[64] Cod. iur. can., c. 1060.
[65] Modestinus (in Dig., lib. XXIII, II: De ritu nuptiarum), lib. I, Regularum.
[66] Matth., XIX, 6.
[67] Luc., XVI, 18.
[68] Concil. Trident., sess. XXIV, c. 5.
[69] Concil. Trident., sess. XXIV, c. 7.
[70] Cod. iur. can., cc. 1128 sqq.
[71] Leo XIII, litt. Encycl. Arcanum, 10 Febr. 1880.

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[72] Litt. Encycl. Arcanum, 10 Febr. 1880.


[73] Litt. Encycl. Arcanum, 10 Febr. 1880.
[74] S. Thom. Aquin., Summ. theolog., 1a2ae, q. 91, a. 1-2.
[75] Litt. Encycl. Arcanum, 10 Febr. 1880.
[76] S. August., Enarrat. in Ps. 143.
[77] Rom., I, 24, 26.
[78] Iac., IV, 6.
[79] Rom., VII, VIII.
[80] Conc. Vat., sess. III, cap. 2.
[81] Conc. Vat., sess. III, cap. 4; Cod. iur. can., c. 1324.
[82] Act., XX, 28.
[83] Io., VIII, 32 sqq. ; Gal., V, 13.
[84] Litt. Encycl. Arcanum, 10 Febr. 1880.
[85] S. Rob. Bellarmin., De controversiis, tom III, De matr., controvers. II, cap. 6.
[86] I Tim., IV, 14.
[87] II Tim., I, 6-7.
[88] Gal., VI, 9.
[89] Eph., IV, 13.
[90] Litt. Encycl. Divini illius Magistri, 31 Dec. 1929.
[91] Ephes., VI, 2-3; Exod., XX, 12.
[92] Litt. Encycl. Rerum novarum, 15 Maii 1891.
[93] Luc., X, 7.
[94] Deut., XXIV, 14, 15.
[95] Leo XIII, Litt. Encycl. Rerum novarum, 15 Maii 1891.
[96] Matth., XXV, 34 sqq.
[97] I Io., III, 17.
[98] Litt. Encycl. Arcanum, 10 Febr. 1880.
[99] Concord., art. 34: Acta Apost. Sed., XXI (1929), p. 290.
[100] Tit., II, 12-13.
[101] Eph., III, 15.
[102] Conc. Trident., sess. XXIV.
[103] Phil., II, 13.

2. Discorso Pio XII Alla Unione Medico-Biologica San Luca ( 1944)

Importanza e utilit dell'Unione medico-biologica


La vostra presenza, diletti figli, richiama alla Nostra mente il ricordo di una scena svoltasi a Parigi
nel dicembre del 1804. Nella gran sala del Louvre, ove numerose delegazioni accorrevano a rendere
omaggio al Vicario di Cristo e a ricevere la sua benedizione, furono presentati al Sommo Pontefice
Pio VII cinque giovani medici tra i quali era il celebre Laennec membri della Congregazione
Auxilium christianorum fondata pochi anni prima in quella Metropoli. Il Papa non pot trattenere un
primo movimento di sorpresa: Oh! egli disse sorridendo medicus pius, res miranda!
Nella pesante atmosfera di una educazione intellettuale materialistica un'Associazione, qual la
vostra Unione Italiana Medico-Biologica San Luca , contribuisce ad immettere come una

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corrente di aria pura e salubre : innanzi tutto, dirigendo gli spiriti verso quelle verit fondamentali
della sana ragione e della fede, nelle quali le grandi questioni dell'etica medica trovano la loro
soluzione; in secondo luogo, affermando e applicando i principi cristiani nell'esercizio pratico della
medicina e nella formazione della giovent studiosa.
I. I grandi principi direttivi
dell'attivit del medico cristiano
Ben diverso dai suoi colleghi in eleganti giubbe, che nella famosa Lezione di anatomia del
Rembrandt sembrano solleciti soprattutto di trasmettere i loro lineamenti alla posterit, uno di quei
personaggi attira invece l'attenzione di chi lo contempla per la vivezza e la profondit della. sua
espressione. Col volto teso, rattenendo il respiro, egli immerge lo sguardo nel taglio aperto, ansioso
di leggere il segreto di quelle viscere, avido di strappare alla morte i misteri della vita. Scienza
mirabile gi nel campo suo proprio per tutto ci che essa rivela, l'anatomia ha la virt d'introdurre la
mente in regioni ancor pi vaste ed elevate. Ben lo sapeva, ben lo sentiva il grande Morgagni,
quando, durante una dissezione, lasciando cadere dalle sue mani il bisturi, esclam: Ah, se io
potessi amare Iddio come lo conosco! Che se l'anatomia manifesta la potenza del Creatore nello
studio della materia, la fisiologia penetra nelle funzioni del meraviglioso organismo, la biologia vi
scopre le leggi della vita, le sue condizioni, le sue esigenze e le sue generose liberalit. Arti
provvidenziali, la medicina e la chirurgia applicano tutte queste scienze a difendere il corpo umano,
tanto fragile quanto perfetto, a riparare le sue perdite, a guarire le sue infermit. Inoltre, il medico,
pi che altri, dappertutto interviene non meno col suo cuore che con la sua intelligenza; egli non
tratta una materia inerte, per quanto preziosa; un uomo come lui, un suo simile, un suo fratello
soffre tra le sue mani. Ben pi, questo paziente non una creatura isolata; una persona che ha il
suo posto e il suo ufficio nella famiglia, la sua missione, sia pure umile, nella societ. Pi ancora, il
medico cristiano non perde mai di vista che il suo malato, il suo ferito, il quale, grazie alle sue cure,
continuer a vivere per un tempo pi o meno lungo o, nonostante le sue premure, morr, in via
verso una vita immortale e che dalle disposizioni dell'infermo al momento del definitivo passaggio
dipende la sua infelicit o la sua beatitudine eterna.
NORME RIGUARDANTI L'UOMO SINGOLO
Composto di materia e di spirito, elemento egli stesso dell'ordine universale degli esseri, l'uomo
infatti diretto nella sua corsa quaggi verso un termine al di l del tempo, verso un fine al di sopra
della natura. Da questa compenetrazione della materia e dello spirito nella perfetta unit del
composto umano, da questa partecipazione al movimento di tutta la creazione visibile, consegue che
il medico spesso chiamato a dare consigli, a prendere determinazioni, a formulare principi, che,
pur mirando direttamente alla cura del corpo, delle sue membra e dei suoi organi, interessano
tuttavia l'anima e le sue facolt, il destino soprannaturale dell'uomo e la sua missione sociale.
Ora, senza aver sempre presente al pensiero questa composizione dell'uomo, il suo posto e il suo
ufficio nell'ordine universale degli esseri, il suo destino spirituale e soprannaturale, il medico
correr facilmente pericolo d'impigliarsi nei pregiudizi pi o meno materialistici, di seguirne le
conseguenze fatali di utilitarismo, di edonismo, di autonomia assoluta dalla legge morale.
Un capitano pu ben saper dare istruzioni precise sul modo di manovrare la macchina o di disporre
per la navigazione la vela; se egli per non conosce la meta, o non sa domandare ai suoi strumenti o
alle stelle, che splendono sopra il suo capo, la posizione e la rotta della sua nave, ove lo condurr la
sua folle corsa?
Ma questo concetto di essere e di fine apre la via a pi alte considerazioni.

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La complessit di quel composto di materia e di spirito, come anche di quell'ordine universale,


tale che l'uomo non pu dirigersi verso il fine totale ed unico del suo essere e della sua personalit,
se non con l'azione armoniosa delle sue molteplici facolt corporali e spirituali, e che non pu
tenere il suo posto n isolandosi dal resto del mondo, n perdendovisi, come si perdono in una
agglomerazione amorfa miriadi di molecole identiche. Ora questa complessit reale, questa armonia
necessaria offrono le loro difficolt, dettano al medico il suo dovere.
Formando l'uomo, Iddio ha regolato ciascuna delle sue funzioni; le ha distribuite fra i diversi
organi; ha determinato con ci stesso la distinzione fra quelli che sono essenziali alla vita e quelli
che non interessano se non la integrit del corpo, per quanto preziosa possa essere, la sua attivit, il
suo benessere, la sua bellezza; al tempo stesso Egli ha fissato, prescritto e limitato l'uso di ciascuno;
non pu dunque permettere all'uomo di ordinare la sua vita e le funzioni dei suoi organi a suo
talento, in modo contrario agli scopi interni ed immanenti ad essi assegnati. L'uomo invero non il
proprietario, il signore assoluto del suo corpo, ma soltanto l'usufruttuario. Da qui deriva tutta una
serie di principi, e di norme, che regolano l'uso e il diritto di disporre degli organi e delle membra
del corpo e che s'impongono ugualmente all'interessato e al medico chiamato a consigliarlo.
NORME PER LA SOLUZIONE DEI CONFLITTI D'INTERESSI
Le medesime regole debbono inoltre dirigere la soluzione dei conflitti tra interessi divergenti,
secondo la scala dei valori, salvi sempre i comandamenti di Dio. Perci non sar mai permesso di
sacrificare gl'interessi eterni ai beni temporali, anche fra i pi pregiati, come neanche sar lecito di
posporre questi ultimi ai volgari capricci e alle esigenze delle passioni. In tali crisi, talvolta tragiche,
il medico si trova ad essere spesso il consigliere e quasi l'arbitro qualificato.
Anche circoscritti e ristretti alla persona stessa, cos complessa nella sua unit, i conflitti inevitabili
fra interessi divergenti fanno sorgere problemi assai delicati. Quanto pi ardui sono poi quelli che la
societ solleva, quando fa valere diritti sul corpo, sulla sua integrit, sulla vita stessa dell'uomo! Ora
talvolta ben difficile di determinarne in teoria i limiti; nella pratica, il medico, non meno che il
singolo individuo direttamente interessato, possono vedersi nella necessit di esaminare e analizzare
tali esigenze o pretese, di misurare e valutare la loro moralit e forza etica obbligante.
SOCIET E INDIVIDUO E LORO DIVERSA POSIZIONE GIURIDICA
Qui parimente ragione e fede tracciano i confini fra i diritti rispettivi della societ e dell'individuo.
Senza dubbio l'uomo per natura sua destinato a vivere in societ; ma, come insegna anche la sola
ragione, in massima la societ fatta per l'uomo, e non l'uomo per la societ. Non da essa, ma nel
Creatore stesso, egli ha il diritto sul proprio corpo e sulla sua vita, e al Creatore risponde dell'uso
che ne fa. Da ci consegue che la societ non pu direttamente privarlo di quel diritto, fintantoch
non si sia reso punibile di una tale privazione con un grave e proporzionato delitto.
Riguardo al corpo, alla vita e alla integrit corporale dei singoli individui, la posizione giuridica
della societ essenzialmente diversa da quella degli individui medesimi. Per quanto limitato, il
potere dell'uomo sulle sue membra e sui suoi organi un potere diretto, perch essi sono parti
costitutive del suo essere fisico. chiaro infatti che, non avendo il loro differenziamento in una
perfetta unit altro scopo che il bene dell'intero organismo fisico, ciascuno di questi organi e di
queste membra pu essere sacrificato, se mette il tutto in un pericolo che non potrebbe altrimenti
scongiurarsi. Ben diverso il caso della societ, la quale non un essere fisico, le cui parti
sarebbero i singoli uomini, ma una semplice comunanza di fine e di azione; al qual titolo essa pu
esigere da coloro, che la compongono e sono chiamati suoi membri, tutti i servigi necessariamente
richiesti dal vero bene comune.

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Tali sono le basi sulle quali deve fondarsi ogni giudizio circa il valore morale degli atti e degli
interventi, permessi o imposti dai poteri pubblici, sul corpo umano, la vita e la integrit della
persona.
IL DOLORE E LA MORTE
Le verit finora esposte possono essere conosciute col solo lume della ragione. Ma vi una legge
fondamentale, la quale si offre allo sguardo del medico pi che degli altri, e il cui integro senso e
fine soltanto dal lume della rivelazione pu essere rischiarato e manifestato: vogliamo dire il dolore
e la morte.
Senza dubbio il dolore fisico ha anche una naturale e salutare funzione: esso un segnale d'allarme,
che svela il nascere e lo svilupparsi, spesso insidioso, dell'occulto malore, e induce e spinge a
procurare il rimedio. Ma il medico incontra inevitabilmente il dolore e la morte nel corso delle sue
ricerche scientifiche, come un problema di cui il suo spirito non possiede la chiave, e nell'esercizio
della sua professione, come una legge ineluttabile e misteriosa, di fronte alla quale spesso la sua arte
rimane impotente e la sua compassione sterile. Egli pu ben stabilire la sua diagnosi secondo tutti
gli elementi del laboratorio e della clinica, formulare la sua prognosi secondo tutte le esigenze della
scienza; ma nel fondo della sua coscienza, del suo cuore di uomo e di scienziato, sente che la
spiegazione di quell'enimma si ostina a sfuggirgli. Egli ne soffre; l'angoscia lo attanaglia
inesorabilmente, finch egli non domanda alla fede una risposta che, sebbene non completa, quale
nel mistero dei disegni di Dio e si far palese nella eternit, vale tutta .'a a tranquillare il suo animo.
Ecco questa risposta. Iddio, creando l'uomo, Io aveva per dono di grazia esentato da quella legge
naturale di ogni vivente corporeo e sensibile, non aveva voluto mettere nel suo destino il dolore e la
morte; il peccato ve li ha introdotti. Ma Egli, il Padre delle misericordie, li ha presi nelle sue mani,
li ha fatti passare per il corpo, le vene, il cuore del suo Figlio diletto, Dio come lui, fatto uomo per
essere il Salvatore del mondo. Cos il dolore e la morte sono divenuti per ogni uomo, che non
respinge Cristo, mezzi di redenzione e di santificazione. Cos il cammino del genere umano, che si
svolge in tutta la sua lunghezza sotto il segno della Croce e sotto la legge del dolore e della morte,
mentre matura e purifica l'anima quaggi, la conduce alla felicit senza limiti di una vita che non ha
fine.
Soffrire, morire : bens, per adoperare l'ardita espressione dell'Apostolo delle genti, la stoltezza
di Dio , stoltezza pi saggia di tutta la sapienza degli uomini (cfr. 1 Cor. 1, 21 segg.). Al pallido
chiarore della sua debole fede il povero poeta pot cantare : L'homme est un apprenti, la douleur
est son matre, Et nul ne se connait tant qu'il n'a pas souffert (Alfred de Musset, La nuit
d'octobre). Alla luce della rivelazione il pio Autore della Imitazione di Cristo pot scrivere il
sublime capo decimo secondo del suo secondo libro De regia via sanctae Crucis , tutto rifulgente
della pi mirabile comprensione e della pi alta sapienza cristiana della vita.
Di fronte dunque all'imperioso problema del dolore, quale risposta il medico potr dare a se stesso?
quale all'infelice, che l'infermit abbatte in un cupo torpore, o che insorge in una vana ribellione
contro la sofferenza e la morte? Soltanto un cuore penetrato da una viva e profonda fede sapr
trovare accenti d'intima sincerit e convinzione, capaci di far accettare la risposta dello stesso
Maestro divino: necessario patire e morire, per entrare cos nella gloria (cfr. Luc. 24, 26. 46). Egli
lotter con tutti i mezzi e gli espedienti della sua scienza e della sua abilit contro la malattia e la
morte, non con la rassegnazione di un disperato pessimismo, n con la esasperata risolutezza ,
che una moderna filosofia crede di dover esaltare, bens con la calma serenit di chi vede e sa ci
che il dolore e la morte rappresentano nei disegni salvifici dell'onnisciente e infinitamente buono e
misericordioso Signore.

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LA SCIENZA MEDICA CRISTIANA


dunque manifesto che la persona del medico, come tutta la sua attivit, si muovano costantemente
nell'ambito dell'ordine morale e sotto l'impero delle sue leggi. In nessuna dichiarazione, in nessun
consiglio, in nessun provvedimento, in nessun intervento, il medico pu trovarsi al di fuori del
terreno della morale, svincolato e indipendente dai principi fondamentali dell'etica e della religione;
n vi alcun atto o parola, di cui non sia responsabile dinanzi a Dio e alla propria coscienza. ben
vero che alcuni respingono come un assurdo e una chimera, in teoria e in pratica, il concetto di una
scienza medica cristiana . A loro avviso, non pu esservi una medicina cristiana, a quel modo
che non vi una fisica o una chimica cristiana, teorica o applicata: il dominio delle scienze esatte e
sperimentali essi dicono si estende al di fuori del terreno religioso ed etico, e perci esse non
conoscono n riconoscono che le loro proprie leggi immanenti. Strano e ingiustificato
restringimento del campo visivo del problema! Non vedono essi che gli oggetti di quelle scienze
non sono isolati nel vuoto, ma fanno parte del mondo universale degli esseri; hanno nell'ordine dei
beni e dei valori un determinato posto e grado; sono in permanente contatto con gli oggetti delle
altre scienze, e in particolar modo stanno sotto la legge della immanente e trascendente finalit, che
li lega in un tutto ordinato? Ammettiamo per che, quando si parla di orientazione cristiana della
scienza, si ha in vista non tanto la scienza in se stessa, quanto nei suoi rappresentanti e cultori, in cui
vive, si svolge e si manifesta. Anche la fisica e la chimica, che gli scienziati e i professionisti
coscienziosi fanno servire a vantaggio e beneficio dei singoli individui e della societ, possono
invece divenire, in mano di uomini perversi, agenti e strumenti di corruzione e di rovina. Tanto pi
dunque chiaro che nella medicina l'interesse supremo della verit e del bene si oppone a una
pretesa liberazione oggettiva o soggettiva dai molteplici suoi rapporti e vincoli, che la mantengono
nell'ordine generale.
II. Applicazione dei principi
alla pratica e all'insegnamento
Ma la vostra Unione dei medici e biologi cattolici non preziosa soltanto perch le dotte discussioni
che in essa si sollevano e si agitano, le relazioni scientifiche che essa promuove, la fedele adesione
agl'insegnamenti della Chiesa che i suoi membri professano, assicurano a ciascuno di loro una pi
larga conoscenza, una pi profonda comprensione delle verit fondamentali che delimitano e
dominano il campo dei loro studi e della loro attivit. Essa offre anche un altro vantaggio: quello di
agevolare nella pratica professionale la soluzione di casi particolarmente difficili conforme alla
legge morale.
Sarebbe impossibile in un breve discorso di enumerare e vagliare questi singoli casi : d'altra parte,
nella Nostra esortazione del passato Febbraio ai parroci e ai quaresimalisti di Roma avemmo gi
occasione di esporre una serie di considerazioni intorno al Decalogo, dalle quali stimiamo che
anche il medico cattolico possa trarre alcuni utili ammaestramenti per l'esercizio della sua
professione.
IL COMANDAMENTO DELL'AMORE
Il massimo di tutti i comandamenti l'amore: l'amore di Dio e, come da esso fluente, l'amore del
prossimo. Il vero amore, illuminato dalla ragione e dalla fede, non rende ciechi, ma pi
chiaroveggenti gli uomini; n mai il medico cattolico potr incontrare un miglior consigliere di
questo vero amore, nel dettare i suoi pareri o nell'assumere e condurre a termine la cura di un
malato Dilige, et quod vis fac : questo detto di S. Agostino (in I Io. tr. 7 cap. 4 n. 8 Migne PL t.
35 col. 2033), assioma incisivo, spesso citato fuor di proposito, trova qui la sua piena e legittima
applicazione. Quale ricompensa sar per il medico coscienzioso l'udire nel giorno della eterna

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retribuzione il ringraziamento del Signore: Ero infermo, e mi visitaste (Matth. 25, 36)! Un tale
amore non debole; non si presta ad alcuna diagnosi compiacente ; sordo a tutte le voci delle
passioni che vorrebbero procurarsi la sua complicit : pieno di bont, senza invidia, senza
egoismo, senza ira; non gode dell'ingiustizia; tutto crede, tutto spera, tutto sopporta : cos l'Apostolo
delle genti dipinge la carit cristiana nel suo mirabile inno dell'amore (cfr. I Cor. 13, 4-7).
LA INTANGIBILIT DELLA VITA UMANA
Il quinto comandamento Non occides (Exod. 20, 13) , questa sintesi dei doveri riguardanti la
vita e la integrit del corpo umano, fecondo d'insegnamenti, cos per il docente sulla cattedra
universitaria, come per il medico esercente. Finch un uomo non colpevole, la sua vita
intangibile, ed quindi illecito ogni atto tendente direttamente a distruggerla, sia che tale
distruzione venga intesa come fine o soltanto come mezzo al fine, sia che si tratti di vita embrionale
o nel suo pieno sviluppo ovvero giunta ormai al suo termine. Della vita di un uomo, non reo di
delitto punibile con la pena di morte, solo signore Dio! Il medico non ha diritto di disporre n
della vita del bambino n di quella della madre: e niuno al mondo, nessuna persona privata, nessuna
umana potest, pu autorizzarlo alla diretta distruzione di essa. Il suo ufficio non di distruggere le
vite, ma di salvarle. Principi fondamentali e immutabili, che la Chiesa nel corso degli ultimi decenni
si vista nella necessit di proclamare ripetutamente e con ogni chiarezza contro opinioni e metodi
opposti. Nelle risoluzioni e nei decreti del magistero ecclesiastico il medico cattolico trova a questo
riguardo una guida sicura per il suo giudizio teorico e la sua condotta pratica.
LA GENERAZIONE E L'EDUCAZIONE DELLA PROLE
Ma vi nell'ordine morale un vasto campo, che richiede nel medico particolare chiarezza di principi
e sicurezza di azione: quello in cui fermentano le misteriose energie immesse da Dio nell'organismo
dell'uomo e della donna per il sorgere di nuove vite. una potenza naturale, di cui lo stesso
Creatore ha determinato la struttura e le forme essenziali di attivit, con un fine preciso e con
corrispondenti doveri, ai quali l'uomo sottoposto in ogni cosciente uso di quella facolt. Lo scopo
primario (a cui i fini secondari sono essenzialmente subordinati) voluto dalla natura in questo uso
la propagazione della vita e la educazione della prole. Soltanto il matrimonio, regolato da Dio stesso
nella sua essenza e nelle sue propriet, assicura l'una cosa e l'altra secondo il bene e la dignit non
meno della prole che dei genitori. Tale l'unica norma che illumina e regge tutta questa delicata
materia; la norma alla quale in tutti i casi concreti, in tutte le questioni speciali, conviene risalire; la
norma infine, la cui fedele osservanza garantisce in questo punto la sanit morale e fisica dei singoli
individui e della societ.
FUNESTE TRASGRESSIONI DELLE LEGGI DELLA NATURA
Non dovrebbe riuscire difficile al medico di comprendere questa immanente finalit profondamente
radicata nella natura, per affermarla ed applicarla con intima convinzione nella sua attivit
scientifica e pratica. A lui non di rado pi che allo stesso teologo si prester fede, quando ammonir
e avvertir che chiunque offende e trasgredisce le leggi della natura, avr prima o poi a soffrirne le
funeste conseguenze nel suo valore personale e nella sua integrit fisica e psichica.
Ecco il giovane, che sotto l'impulso delle nascenti passioni ricorre al medico; ecco i fidanzati, i
quali in vista delle loro prossime nozze gli chiedono consigli, che non di rado pur troppo desiderano
in senso contrario alla natura e alla onest; ecco i coniugi, che cercano da lui lume e assistenza o pi
ancora connivenza, perch pretendono di non poter trovare altra soluzione o via di scampo nei
conflitti della vita, all'infuori della voluta infrazione dei vincoli e dei doveri inerenti all'uso dei
rapporti matrimoniali. Si tenter allora da essi di far valere tutti i possibili argomenti o pretesti

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(medici, eugenici, sociali, morali), per indurre il medico a dare un consiglio o a prestare un aiuto,
che permetta il soddisfacimento dell'istinto naturale, privandolo per della possibilit di raggiungere
lo scopo della forza generatrice di vita. Come potr egli rimaner fermo di fronte a tutti questi assalti,
se a lui stesso faranno difetto la chiara conoscenza e la convinzione personale che il Creatore stesso
per il bene del genere umano ha legato l'uso volontario di quelle energie naturali al loro scopo
immanente con un vincolo indissolubile, che non ammette alcun rilasciamento n rottura?
L'OBBLIGO DI MANIFESTARE LA VERIT
L'ottavo comandamento ha parimente il suo posto nella deontologia medica. La menzogna secondo
la legge morale non a nessuno permessa; vi sono tuttavia dei casi in cui il medico, anche se
interrogato, non pu, pur non dicendo mai cosa positivamente falsa, manifestare crudamente tutta la
verit, specialmente quando sa che il malato non avrebbe la forza di sopportarla. Ma vi sono altri
casi nei quali egli ha senza dubbio il dovere di parlare chiaramente; dovere dinanzi al quale ha da
cedere ogni altra considerazione medica o umanitaria. Non lecito di cullare l'infermo o i parenti in
una sicurezza illusoria, col pericolo di compromettere cos la salute eterna di lui o l'adempimento di
obblighi di giustizia o di carit. Sarebbe in errore chi volesse giustificare o scusare una tale condotta
col pretesto che il medico si esprime sempre nel modo da lui stimato pi opportuno nell'interesse
personale del malato, e che colpa degli altri se prendono troppo alla lettera le sue parole.
IL SEGRETO PROFESSIONALE
Fra i doveri derivanti dall'ottavo comandamento da annoverare altres l'osservanza del segreto
professionale, il quale deve servire e serve non solo all'interesse privato, ma pi ancora al comune
vantaggio. Anche in questo campo possono sorgere conflitti fra il bene privato e il pubblico, ovvero
fra i diversi elementi e aspetti dello stesso bene pubblico; conflitti nei quali pu riuscire talora
estremamente difficile di misurare e pesare giustamente il pro e il contro fra le ragioni di parlare e
di tacere. In tale perplessit il medico coscienzioso domanda ai principi fondamentali dell'etica
cristiana le norme, che lo aiuteranno ad in-camminarsi per la retta via. Queste invero, mentre
affermano nettamente, soprattutto nell'interesse del bene comune, l'obbligo del medico di mantenere
il segreto professionale, non riconoscono per ad esso un valore assoluto; non sarebbe infatti
confacente allo stesso bene comune, se quel segreto dovesse essere posto al servizio del delitto o
della frode.
FORMAZIONE SCIENTIFICA DEL MEDICO
E SUO COSTANTE PERFEZIONAMENTO
Non vorremmo infine omettere di dire una parola sull'obbligo del medico non solo di possedere una
soda coltura scientifica, ma altres di continuare sempre a sviluppare e a integrare le sue cognizioni
e le sue attitudini professionali. Trattasi qui di un dovere morale in senso stretto, di un vincolo che
lega in coscienza davanti a Dio, perch riguarda un'attivit che tocca da vicino i beni essenziali
dell'individuo e della comunit. Esso importa :
Per lo studente di medicina nel tempo della sua formazione universitaria l'obbligo di applicarsi
seriamente allo studio per acquistare le conoscenze teoriche richieste e l'abilit pratica necessaria
nella loro applicazione.
Per il professore universitario il dovere d'insegnare e di comunicare agli alunni l'una cosa e l'altra
nel miglior modo, e di non dare ad alcuno un certificato d'idoneit professionale, senza essersene
previamente assicurato con un coscienzioso e approfondito esame. Agire diversamente sarebbe

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commettere una grave colpa morale, perch esporrebbe a seri pericoli e ad incalcolabili danni la
salute privata e pubblica.
Per il medico, che esercita gi la sua professione, l'obbligo di tenersi informato dello sviluppo e dei
progressi della scienza medica, mediante la lettura di opere e di riviste scientifiche, la
partecipazione a congressi e corsi accademici, le conversazioni coi colleghi e le consultazioni
presso i professori delle facolt di medicina. Questo costante studio di perfezionamento obbliga il
medico esercente, in quanto gli praticamente possibile e viene richiesto dal bene dei malati e della
comunit.
Sar un grande onore per la vostra Unione di dimostrare coi fatti che i suoi membri non solo non la
cedono ad alcuno in materia di scienza e di abilit professionale, ma anzi si distinguono nella prima
fila. Con ci essa contribuir efficacemente a suscitare e rafforzare la fiducia nei principi morali che
professa; e ne verr per conseguenza che quanti desiderano veramente utili e saggi consigli, valida
assistenza, coscienziosa cura, scorgeranno nell'appartenenza di un medico alla vostra associazione
una garanzia che la loro aspettazione non rimarr delusa.
DAL VANGELO DI SAN LUCA
Luca, che S. Paolo chiam medico carissimo (Col. 4, 14), scrisse nel suo Vangelo :
Tramontato poi il sole, tutti quelli che avevano infermi, affetti da varie malattie, li conducevano a
lui (Ges). Ed egli, imposte a ciascuno di essi le mani, li risanava (4, 4). Senza possedere tale
prodigiosa virt, il medico cattolico, che realmente quale la sua professione e la vita cristiana
esigono. vedr tutte le umane miserie cercare presso di lui un rifugio e chiedere alla sua mano
benefica di stendersi e posarsi sopra di loro. E Iddio benedir la scienza e la perizia di lui, affinch
possa guarire molti e, ove ci non gli sia dato, procurare almeno agli afflitti alleviamento e
conforto.
Con l'augurio che cos preziosa grazia vi sia abbondantemente concessa nella molteplice opera
vostra, impartiamo di gran cuore a tutti voi qui presenti, alle vostre famiglie. a quanti avete in
desiderio e in affetto, ai malati affidati alle vostre cure, la Nostra paterna Apostolica Benedizione.
*Discorsi e Radiomessaggi di Sua Santit Pio XII, VI,
Quinto anno di Pontificato, 2 marzo 1944 - 1 marzo 1945, pp. 183-196
Tipografia Poliglotta Vaticana

3. DISCORSO DI SUA SANTIT PIO PP. XII ALLE


PARTECIPANTI AL CONGRESSO DELLA UNIONE
CATTOLICA ITALIANA OSTETRICHE* Luned, 29 ottobre
1951

Vegliare con sollecitudine su quella culla silenziosa e oscura, ove Iddio al germe dato dai genitori
infonde un'anima immortale, per prodigare le vostre cure alla madre e preparare al bambino, che

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ella porta in s, una nascita felice, ecco, dilette figlie, l'oggetto della vostra professione, il segreto
della sua grandezza e della sua bellezza.
Quando si pensa a questa ammirabile collaborazione dei genitori, della natura e di Dio, dalla quale
viene alla luce un nuovo essere umano ad immagine e somiglianza del Creatore (cfr. Gen. 1, 26-27),
come si potrebbe non apprezzare al suo giusto valore il concorso prezioso che voi apportate a tale
opera? L'eroica madre dei Maccabei ammoniva i suoi figli: Io non so per qual modo voi abbiate
preso essere nel mio seno; non io vi ho dato lo spirito e la vita, n io ho composto l'organismo di
ognuno di voi. Dunque il Creatore dell'universo ha formato l'uomo nel suo nascere (2 Mac. 7, 22)
Perci chi si appressa a questa culla del divenire della vita e vi esercita la sua azione in uno o in
altro modo, deve conoscere l'ordine che il Creatore vuole vi sia mantenuto e le leggi che ad esso
presiedono. Poich non si tratta qui di pure leggi fisiche, biologiche, alle quali necessariamente
obbediscono agenti privi di ragione e forze cieche, ma di leggi, la cui esecuzione e i cui effetti sono
affidati alla volontaria e libera cooperazione dell'uomo.
Quest'ordine, fissato dalla intelligenza suprema, diretto allo scopo voluto dal Creatore; esso
abbraccia l'opera esteriore dell'uomo e la interna adesione della sua libera volont; implica l'azione
e la doverosa omissione. La natura mette a disposizione dell'uomo tutta la concatenazione delle
cause, dalle quali sorger una nuova vita umana; all'uomo spetta di sprigionarne la forza viva, alla
natura di svilupparne il corso e di condurla a compimento. Dopo che l'uomo ha compiuto la sua
parte e ha messo in movimento la meravigliosa evoluzione della vita, il suo dovere di rispettarne
religiosamente il progresso, dovere che gli vieta di arrestare l'opera della natura o d'impedirne il
naturale sviluppo.
In tal guisa la parte della natura e la parte dell'uomo sono nettamente determinate. La vostra
formazione professionale e la vostra esperienza vi mettono in grado di conoscere l'azione della
natura e quella dell'uomo, non meno che le norme e le leggi, a cui ambedue sono soggette; la vostra
coscienza, illuminata dalla ragione e dalla fede, sotto la guida dell'Autorit stabilita da Dio,
v'insegna fin dove si estende l'azione lecita, e dove invece strettamente s'impone l'obbligo della
omissione.
Alla luce di questi principi Noi Ci proponiamo ora di esporvi alcune considerazioni sull'apostolato,
a cui la vostra professione v'impegna. Infatti ogni professione voluta da Dio importa una missione,
quella cio di attuare, nel campo della professione stessa, i pensieri e le intenzioni del Creatore, e di
aiutare gli uomini a comprendere la giustizia e la santit del disegno divino e il bene che ne deriva
per loro stessi dal suo adempimento.
I
Il vostro apostolato professionale si esercita in primo luogo
per mezzo della vostra persona.
Perch vi si chiama? Perch si convinti che voi conoscete la vostra arte; che voi sapete di che cosa
la madre e il bambino hanno bisogno; a quali pericoli ambedue sono esposti; come questi pericoli
possono essere evitati o superati. Si attende da voi consiglio ed aiuto, naturalmente non in modo
assoluto, ma nei limiti del sapere e del potere umano, secondo il progresso e lo stato presente della
scienza e della pratica nella vostra specialit.
Se tutto ci si attende da voi, perch si ha fiducia in voi, e questa fiducia , innanzi tutto, cosa
personale. La vostra persona deve ispirarla. Che tale fiducia non rimanga delusa, non soltanto

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vostro vivo desiderio, ma anche una esigenza del vostro ufficio e della vostra professione, e quindi
un dovere della vostra coscienza. Perci voi dovete tendere ad elevarvi fino all'apice delle vostre
cognizioni specifiche.
Ma la vostra abilit professionale anche una esigenza e una forma del vostro apostolato. Quale
credito infatti troverebbe la vostra parola nelle questioni morali e religiose connesse col vostro
ufficio, se voi appariste deficienti nelle vostre cognizioni professionali? Al contrario, il vostro
intervento nel campo morale e religioso sar di tutt'altro peso, se voi saprete incutere rispetto con la
vostra superiore capacit professionale. Al favorevole giudizio, che vi sarete guadagnate col vostro
merito, si aggiunger nello spirito di coloro, che ricorrono a voi, la ben fondata persuasione che il
Cristianesimo convinto e fedelmente praticato, lungi dall'essere un ostacolo al valore professionale,
ne uno stimolo e una garanzia. Essi vedranno chiaramente che nell'esercizio della vostra
professione voi avete coscienza della vostra responsabilit dinanzi a Dio; che nella vostra fede in
Dio voi trovate il pi forte motivo di assistere con tanto maggior dedizione, quanto pi grande il
bisogno; che nel solido fondamento religioso voi attingete la fermezza di opporre a irragionevoli e
immorali pretese (da qualsiasi parte esse vengano) un calmo, ma impavido e irremovibile No.
Stimate e apprezzate, come siete, per la vostra condotta personale, non meno che per la vostra
scienza ed esperienza, voi vedrete affidarvi di buon cuore la cura della madre e del bambino e, forse
senza che voi stesse ve ne accorgiate, eserciterete un profondo, spesso silenzioso, ma assai efficace
apostolato di cristianesimo vissuto. Per quanto grande, infatti, possa essere l'autorit morale dovuta
alle qualit propriamente professionali, l'azione dell'uomo sull'uomo si compie soprattutto nel
duplice suggello della vera umanit e del vero cristianesimo.
II
Il secondo aspetto del vostro apostolato lo zelo
nel sostenere il valore e la inviolabilit nella vita umana.
Il mondo presente ha urgente bisogno di esserne convinto col triplice attestato della intelligenza, del
cuore e dei fatti. La vostra professione vi offre la possibilit di dare un tale attestato e ve ne fa un
dovere. Talvolta una semplice parola opportunamente e con tatto detta alla madre o al padre; pi
sovente ancora tutta la vostra condotta e la vostra maniera cosciente di agire influiscono
discretamente, silenziosamente, su di loro. Voi siete pi che altri in grado di conoscere e di
apprezzare quel che la vita umana in s stessa, e ci che essa vale dinanzi alla sana ragione, alla
vostra coscienza morale, alla societ civile, alla Chiesa, e soprattutto allo sguardo di Dio. Il Signore
ha fatto tutte le altre cose sulla terra per l'uomo; e l'uomo stesso, per ci che riguarda il suo essere e
la sua essenza, stato creato per Iddio, e non per alcuna creatura, sebbene, quanto al suo operare,
obbligato anche verso la comunit. Ora uomo il bambino, anche non ancora nato, allo stesso
grado e per lo stesso titolo che la madre.
Inoltre ogni essere umano, anche il bambino nel seno materno, ha il diritto alla vita immediatamente
da Dio, non dai genitori, n da qualsiasi societ o autorit umana. Quindi non vi nessun uomo,
nessuna autorit umana, nessuna scienza, nessuna indicazione medica, eugenica, sociale,
economica, morale, che possa esibire o dare un valido titolo giuridico per una diretta deliberata
disposizione sopra una vita umana innocente, vale a dire una disposizione, che miri alla sua
distruzione, sia come a scopo, sia come a mezzo per un altro scopo, per s forse in nessun modo
illecito. Cos, per esempio, salvare la vita della madre un nobilissimo fine; ma l'uccisione diretta
del bambino come mezzo a tal fine, non lecita. La diretta distruzione della cosiddetta vita senza
valore , nata o non ancora nata, praticata pochi anni or sono in gran numero, non si pu in alcun
modo giustificare. Perci, quando questa pratica ebbe principio, la Chiesa dichiar formalmente

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essere contrario al diritto naturale e divino positivo, e quindi illecito, l'uccidere, anche se per ordine
della pubblica autorit, coloro che, sebbene innocenti, tuttavia per tare fisiche o psichiche non sono
utili alla nazione, ma piuttosto ne divengono un aggravio (Decr. S. Off. 2 dec. 1940 - Acta Ap. Sedis
vol. 32, 1940, p. 553-554). La vita di un innocente intangibile, e qualunque diretto attentato o
aggressione contro di essa violazione di una delle leggi fondamentali, senza le quali non
possibile una sicura convivenza umana. Non abbiamo bisogno d'insegnare a voi nei particolari il
significato e la portata, nella vostra professione, di questa legge fondamentale. Ma non dimenticate :
al di sopra di qualsiasi legge umana, al disopra di qualsiasi indicazione , si leva, indefettibile, la
legge di Dio.
L'apostolato della vostra professione v'impone il dovere di comunicare anche ad altri la conoscenza,
la stima e il rispetto della vita umana, che voi nutrite nel vostro cuore per convinzione cristiana; di
prenderne, al bisogno, arditamente la difesa, e di proteggere, quando necessario ed in vostro
potere, la indifesa, ancora nascosta vita del bambino, appoggiandovi sulla forza del precetto divino :
Non occides: non uccidere (Es. 20, 13). Tale funzione difensiva si presenta talvolta come la pi
necessaria ed urgente; tuttavia essa non la pi nobile e la pi importante parte della vostra
missione; questa infatti non puramente negativa, ma soprattutto costruttrice, e tende a
promuovere, edificare, rafforzare.
Infondete nello spirito e nel cuore della madre e del padre la stima, il desiderio, la gioia, l'amoroso
accoglimento del nuovo nato fin dal suo primo vagito. Il bambino, formato nel seno materno, un
dono di Dio (Ps. 127, 3), che ne affida la cura ai genitori. Con quale delicatezza, con quale incanto,
la Sacra Scrittura mostra la graziosa corona dei figli riuniti intorno alla mensa del padre! Essi sono
la ricompensa del giusto, come la sterilit ben spesso il castigo del peccatore. Ascoltate la parola
divina espressa con la insuperabile poesia del Salmo : La tua sposa sar come vite rigogliosa
nell'intimo della tua casa, i tuoi figli come rampolli di ulivo intorno alla tua mensa. Ecco in qual
modo benedetto l'uomo timorato di Dio! (Ps. 128, 3-4), mentre del malvagio scritto : La tua
posterit sia dannata allo sterminio, alla prossima generazione ne sia estinto perfino il nome (Ps.
109, 13).
Fin dalla sua nascita, affrettatevi come facevano gi gli antichi romani a deporre il bambino
nelle braccia del padre, ma con uno spirito incomparabilmente pi elevato. In quelli era
l'affermazione della paternit e dell'autorit che ne deriva; qui l'omaggio di riconoscenza verso il
Creatore, l'invocazione della benedizione divina, l'impegno di adempire con devoto affetto l'ufficio
che Dio gli ha commesso. Se il Signore loda e premia il servitore fedele per aver fatto fruttificare
cinque talenti (cfr. Matth. 25, 21), quale elogio, quale ricompensa riserver al padre, che ha
custodito e allevato per Lui la vita umana affidatagli, superiore a tutto l'oro e a tutto l'argento del
mondo?
Il vostro apostolato per si dirige soprattutto alla madre. Senza dubbio la voce della natura parla in
lei e le mette nel cuore il desiderio, la gioia, il coraggio, l'amore, la volont di aver cura del
fanciullo, ma, per vincere le suggestioni della pusillanimit in tutte le sue forme, quella voce ha
bisogno di essere rafforzata e di prendere, per cos dire, un accento soprannaturale. Tocca a voi di
far gustare alla giovane madre, meno con le parole che con tutta la vostra maniera di essere e di
agire, la grandezza, la bellezza, la nobilt di quella vita, che si desta, si forma e vive nel suo seno,
che da lei nasce, che ella porta nelle sue braccia e nutrisce al suo petto; di far risplendere ai suoi
occhi e nel suo cuore il gran dono dell'amore di Dio per lei e per il suo bambino. La Sacra Scrittura
vi fa intendere con molteplici esempi l'eco delle preghiere supplichevoli, e poi dei canti di
riconoscente allegrezza di tante madri, finalmente esaudite, dopo aver lungamente implorato con le
lacrime la grazia della maternit. Anche i dolori che, dopo la colpa originale, la madre deve soffrire
per dare alla luce il suo bambino, non fanno che stringere maggiormente il vincolo che li unisce;

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ella lo ama tanto pi, quanto pi le costato dolore. Ci ha espresso con commovente e profonda
semplicit Colui che ha plasmato il cuore delle madri: La donna, quando partorisce, in doglia,
perch giunta l'ora sua; ma, quando ha dato alla luce il bambino, non si ricorda pi dell'angoscia
per la gioia che nato un uomo al mondo (Io. 16, 21). Inoltre lo Spirito Santo, per la penna
dell'Apostolo S. Paolo, mostra ancora la grandezza e la letizia della maternit: Dio dona alla madre
il bambino, ma, pur nel donarlo, la fa cooperare effettivamente allo schiudersi del fiore, di cui aveva
deposto il germe nelle sue viscere, e questa cooperazione diviene una via che la conduce alla sua
eterna salvezza : si salver la donna per la generazione dei figli (I Tim. 2, 15).
Questo perfetto accordo della ragione e della fede vi d la garanzia che voi siete nella piena verit e
che potete proseguire con incondizionata sicurezza il vostro apostolato di stima e di amore per la
vita nascente. Se voi riuscirete ad esercitare questo apostolato presso la culla ove vagisce il neonato,
non vi sar troppo difficile di ottenere ci che la vostra coscienza professionale, in armonia con la
legge di Dio e della natura, vi impone di prescrivere per il bene della madre e del bambino.
Non abbiamo del resto bisogno di dimostrare a voi, che ne avete l'esperienza, quanto sia oggi
necessario questo apostolato della stima e dell'amore per la nuova vita. Pur troppo non sono rari i
casi, in cui il parlare, anche soltanto con un cauto accenno, dei figliuoli come di una benedizione
, basta per provocare contraddizione o forse anche derisione. Molto pi spesso domina la idea e la
parola del grave peso dei figli. Come questa mentalit opposta al pensiero di Dio e al
linguaggio della Sacri Scrittura, e anche alla sana ragione e al sentimento della natura! Se vi sono
condizioni e circostanze, in cui i genitori, senza violare la legge di Dio, possono evitare la
benedizione dei figli, tuttavia questi casi di forza maggiore non autorizzano a pervertire le idee, a
deprezzare i valori e a vilipendere la madre, che ha avuto il coraggio e l'onore di dare la vita.
Se ci che abbiamo detto finora riguarda la protezione e la cura della vita naturale, a ben pi forte
ragione deve valere per la vita soprannaturale, che il neonato riceve col battesimo. Nella presente
economia non vi altro mezzo per comunicare questa vita al bambino, che non ha ancora l'uso della
ragione. E tuttavia lo stato di grazia nel momento della morte assolutamente necessario per la
salvezza; senza di esso non possibile di giungere alla felicit soprannaturale, alla visione beatifica
di Dio. Un atto di amore pu bastare all'adulto per conseguire la grazia santificante e supplire al
difetto del battesimo: al non ancora nato o al neonato bambino questa via non aperta. Se dunque si
considera che la carit verso il prossimo impone di assisterlo in caso di necessit; che questo
obbligo tanto pi grave ed urgente, quanto pi grande il bene da procurare o il male da evitare, e
quanto meno il bisognoso capace di aiutarsi e salvarsi da s; allora facile di comprendere la
grande importanza di provvedere al battesimo di un bambino, privo di qualsiasi uso di ragione e che
si trova in grave pericolo o dinanzi a morte sicura. Senza dubbio questo dovere lega in primo luogo
i genitori; ma in casi di urgenza, quando non vi tempo da perdere o non possibile di chiamare un
sacerdote, spetta a voi il sublime ufficio di conferire il battesimo. Non mancate dunque di prestare
questo servigio caritatevole e di esercitare questo attivo apostolato della vostra professione. Possa
essere per voi di conforto e d'incoraggiamento la parola di Ges: Beati i misericordiosi, perch
troveranno misericordia (Matt. 5, 7). E quale misericordia pi grande e pi bella che di assicurare
all'anima del bambino tra la soglia della vita che ha appena varcata, e la soglia della morte che si
accinge a passare l'entrata nella gloriosa e beatificante eternit!
III
Un terzo aspetto del vostro apostolato professionale si potrebbe denominare quello
dell'assistenza della madre nel compimento pronto e generoso della sua funzione materna.

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Appena ebbe inteso il messaggio dell'Angelo, Maria Santissima rispose: Ecco l'ancella del
Signore! Si faccia in me secondo la tua parola (Luc. 1, 38). Un fiat , un s ardente alla
vocazione di madre! Maternit verginale, incomparabilmente superiore a ogni altra; per maternit
reale, nel vero e proprio senso della parola (cfr. Gal. 4, 4). Perci, nella recita dell'Angelus Domini,
dopo aver ricordato l'accettazione di Maria, il fedele conclude immantinente: E il Verbo si fatto
carne (Io. I, 14).
una delle esigenze fondamentali del retto ordine morale che all'uso dei diritti coniugali
corrisponda la sincera accettazione interna dell'ufficio e dei doveri della maternit. A questa
condizione la donna cammina nella via tracciata dal Creatore verso il fine che Egli ha assegnato alla
sua creatura, rendendola, con l'esercizio di quella funzione, partecipe della sua bont, della sua
sapienza e della sua onnipotenza, secondo l'annunzio dell'Angelo: Concipies in utero et paries:
concepirai nel tuo seno e partorirai (cfr. Luc. 1, 31).
Se tale dunque il fondamento biologico della vostra attivit professionale, l'oggetto urgente del
vostro apostolato sar: agire per mantenere, risvegliare, stimolare il senso e l'amore dell'ufficio della
maternit.
Quando i coniugi stimano ed apprezzano l'onore di suscitare una nuova vita, di cui attendono con
santa impazienza lo sbocciare, ben facile la vostra parte: basta coltivare in loro questo interno
sentimento: la disposizione ad accogliere e a curare quella vita nascente segue allora come da s.
Pur troppo per non sempre cos; spesso il bambino non desiderato; peggio, temuto; come
potrebbe in tale condizione esistere ancora la prontezza al dovere? Qui il vostro apostolato deve
esercitarsi in una maniera effettiva ed efficace: innanzi tutto, negativamente, rifiutando ogni
cooperazione immorale; quindi anche positivamente, rivolgendo le vostre cure delicate a dissipare i
preconcetti, le varie apprensioni o i pretesti pusillanimi, ad allontanare, per quanto vi possibile, gli
ostacoli anche esteriori, che possono rendere penosa l'accettazione della maternit. Se non si ricorre
ai vostri consigli e al vostro aiuto che per facilitare la procreazione della nuova vita, per proteggerla
e incamminarla verso il suo pieno sviluppo, voi potete senz'altro prestare la vostra cooperazione; ma
in quanti altri casi si fa invece ricorso a voi per impedire la procreazione e la conservazione di
questa vita, senza alcun riguardo ai precetti dell'ordine morale? Ottemperare a tali richieste, sarebbe
un abbassare il vostro sapere e la vostra abilit, facendovi complici di una azione immorale; sarebbe
un pervertire il vostro apostolato. Questo esige un calmo, ma categorico no , che non lascia
trasgredire la legge di Dio e il dettame della coscienza. Perci la vostra professione vi astringe ad
avere una chiara cognizione di quella legge divina, in guisa da farla rispettare, senza rimanere al di
qua, n andare al di l dei suoi precetti.
Il Nostro Predecessore Pio XI di felice memoria nella sua Enciclica Casti Connbii del 31 dicembre
1930 proclam di nuovo solennemente la legge fondamentale dell'atto e dei rapporti coniugali : che
ogni attentato dei coniugi nel compimento dell'atto coniugale o nello sviluppo delle sue
conseguenze naturali, attentato avente per scopo di privarlo della forza ad esso inerente e di
impedire la procreazione di una nuova vita, immorale; e che nessuna indicazione o necessit
pu mutare un'azione intrinsecamente immorale in un atto morale e lecito ( cfr. Acta Ap. Sedis vol
22, p. 559 e segg.).
Questa prescrizione in pieno vigore oggi come ieri, e tale sar anche domani e sempre, perch non
un semplice precetto di diritto umano, ma l'espressione di una legge naturale e divina.
Siano le Nostre parole una norma sicura per tutti i casi in cui la vostra professione e il vostro
apostolato esigono da voi una determinazione chiara e ferma.

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Sarebbe assai pi di una semplice mancanza di prontezza nel servizio della vita, se l'attentato
dell'uomo non riguardasse soltanto un singolo atto, ma toccasse l'organismo stesso allo scopo di
privarlo per mezzo della sterilizzazione della facolt di procreare una nuova vita. Anche qui voi
avete per la vostra condotta interna ed esterna una chiara norma nell'insegnamento della Chiesa. La
sterilizzazione diretta cio quella che mira, come mezzo o come scopo, a rendere impossibile la
procreazione una grave violazione della legge morale, ed quindi illecita. Anche l'Autorit
pubblica non ha alcun diritto, sotto pretesto di qualsiasi indicazione , di permetterla, e molto
meno di prescriverla o di farla eseguire a danno di innocenti. Questo principio si trova gi enunciato
nella Enciclica summenzionata di Pio XI sul matrimonio (l. c. p. 564-565). Perci quando, or un
decennio, la sterilizzazione venne ad essere sempre pi largamente applicata, la S. Sede si vide nella
necessit di dichiarare espressamente e pubblicamente che la sterilizzazione diretta, sia perpetua che
temporanea, sia dell'uomo che della donna, illecita, in virt della legge naturale, dalla quale la
Chiesa stessa, come sapete, non ha la potest di dispensare (Decr. S. Off. 22 febr. 1940 - Acta Ap.
Sedis 1940, p. 73).
Opponetevi dunque, per quanto da voi, nel vostro apostolato a queste tendenze perverse e negate
ad esse la vostra cooperazione.
Si presenta inoltre oggigiorno il grave problema, se ed in quanto l'obbligo della pronta disposizione
al servizio della maternit sia conciliabile col sempre pi diffuso ricorso ai tempi della sterilit
naturale (cosidetti periodi agenesici nella donna), il che sembra una chiara espressione della volont
contraria a quella disposizione.
Si attende giustamente da voi che siate ben informate, dal lato medico, di questa nota teoria e dei
progressi che in questa materia si possono ancora prevedere, e altres che i vostri consigli e la vostra
assistenza non si appoggino su semplici pubblicazioni popolari, ma siano fondati sulla oggettivit
scientifica e sull'autorevole giudizio di coscienziosi specialisti in medicina e in biologia. ufficio
non del sacerdote, ma vostro, d'istruire i coniugi, sia in consultazioni private, sia mediante serie
pubblicazioni, sull'aspetto biologico e tecnico della teoria, senza per lasciarvi trascinare ad una
propaganda n giusta n conveniente. Ma anche in questo campo il vostro apostolato richiede da
voi, come donne e come cristiane, di conoscere e di difendere le norme morali, a cui sottoposta
l'applicazione di quella teoria. E qui competente la Chiesa.
Occorre innanzi tutto considerare due ipotesi. Se l'attuazione di quella teoria non vuol significare
altro se non che i coniugi possono far uso del loro diritto matrimoniale anche nei giorni di sterilit
naturale, non vi nulla da opporre: con ci, infatti, essi non impediscono n pregiudicano in alcun
modo la consumazione dell'atto naturale e le sue ulteriori naturali conseguenze. Proprio in ci
l'applicazione della teoria, di cui parliamo, si distingue essenzialmente dall'abuso gi segnalato, che
consiste nella perversione dell'atto stesso. Se invece si va pi oltre, permettendo cio l'atto
coniugale esclusivamente in quei giorni, allora la condotta degli sposi deve essere esaminata pi
attentamente.
E qui di nuovo due ipotesi si presentano alla nostra riflessione. Se gi nella conclusione del
matrimonio almeno uno dei coniugi avesse avuto l'intenzione di restringere ai tempi di sterilit lo
stesso diritto matrimoniale, e non soltanto il suo uso, in modo che negli altri giorni l'altro coniuge
non avrebbe neppure il diritto di richiedere l'atto, ci implicherebbe un difetto essenziale del
consenso matrimoniale, che porterebbe con s la invalidit del matrimonio stesso, perch il diritto
derivante dal contratto matrimoniale un diritto permanente, ininterrotto, e non intermittente, di
ciascuno dei coniugi di fronte all'altro.

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Se invece quella limitazione dell'atto ai giorni di naturale sterilit si riferisce non al diritto stesso,
ma solo all'uso del diritto, la validit del matrimonio resta fuori discussione; tuttavia la liceit
morale di una tale condotta dei coniugi sarebbe da affermare o da negare, secondo che l'intenzione
di osservare costantemente quei tempi basata, oppure no, su motivi morali sufficienti e sicuri. Il
solo fatto che i coniugi non offendono la natura dell'atto e sono anche pronti ad accettare ed educare
il figlio, che, nonostante le loro precauzioni, venisse alla luce, non basterebbe per s solo a garantire
la rettitudine della intenzione e la moralit ineccepibile dei motivi medesimi.
La ragione perch il matrimonio obbliga ad uno stato di vita, il quale, come conferisce certi diritti,
cos impone anche il compimento di un'opera positiva, riguardante lo stato stesso. In tal caso si pu
applicare il principio generale che una prestazione positiva pu essere omessa, se gravi motivi,
indipendenti dalla buona volont di coloro che ne sono obbligati, mostrano che quella prestazione
inopportuna, o provano che non si pu dal richiedente in questo caso il genere umano
equamente pretendere.
Il contratto matrimoniale, che conferisce agli sposi il diritto di soddisfare l'inclinazione della natura,
li costituisce in uno stato di vita, lo stato matrimoniale. Ora ai coniugi, che ne fanno uso con l'atto
specifico del loro stato, la natura e il Creatore impongono la funzione di provvedere alla
conservazione del genere umano. questa la prestazione caratteristica, che fa il valore proprio del
loro stato, il bonum prolis. L'individuo e la societ, il popolo e lo Stato, la Chiesa stessa, dipendono
per la loro esistenza, nell'ordine da Dio stabilito, dal matrimonio fecondo. Quindi abbracciare l'o
stato matrimoniale, usare continuamente la facolt ad esso propria e in esso solo lecita, e, d'altra
parte, sottrarsi sempre e deliberatamente, senza un grave motivo, al suo primario dovere, sarebbe un
peccare contro il senso stesso della vita coniugale.
Da quella prestazione positiva obbligatoria possono esimere, anche per lungo tempo, anzi per
l'intera durata del matrimonio, seri motivi, come quelli che si hanno non di rado nella cosiddetta
indicazione medica, eugenica, economica e sociale. Da ci consegue che l'osservanza dei tempi
infecondi pu essere lecita sotto l'aspetto morale; e nelle condizioni menzionate realmente tale. Se
per non vi sono, secondo un giudizio ragionevole ed equo, simili gravi ragioni personali o
derivanti dalle circostanze esteriori, la volont di evitare abitualmente la fecondit della loro unione,
pur continuando a soddisfare pienamente la loro sensualit, non pu derivare che da un falso
apprezzamento della vita e da motivi estranei alle rette norme etiche.
Ora per voi insisterete forse osservando che nell'esercizio della ,vostra professione vi trovate
talvolta dinanzi a casi assai delicati, in cui, cio, non si pu esigere di correre il rischio della
maternit, la quale anzi deve essere assolutamente evitata, ed in cui, d'altra parte, l'osservanza dei
periodi agenesici, o non d sufficiente sicurezza, ovvero deve esser scartata per altri motivi. E allora
domandate come si possa ancora parlare di un apostolato al servizio della maternit.
Se, a vostro sicuro e sperimentato giudizio, le condizioni richiedono assolutamente un no , cio
l'esclusione della maternit, sarebbe un errore e un torto d'imporre o di consigliare un s . Si
tratta qui, invero, di fatti concreti, e quindi di una questione non teologica, ma medica; essa
dunque di vostra competenza. Per in tali casi i coniugi non domandano da voi una risposta medica,
necessariamente negativa, ma l'approvazione di una tecnica dell'attivit coniugale assicurata
contro il rischio della maternit. Ed ecco che siete cos di nuovo chiamate ad esercitare il vostro
apostolato, in quanto non lasciate alcun dubbio che anche in questi casi estremi ogni manovra
preventiva e ogni diretto attentato alla vita e allo sviluppo del germe in coscienza proibito ed
escluso, e che una sola via rimane aperta, vale a dire quella dell'astinenza da ogni attuazione
completa della facolt naturale. Qui il vostro apostolato vi obbliga ad avere un giudizio chiaro e
sicuro e una calma fermezza.

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Ma si obietter che una simile astinenza impossibile, che un tale eroismo inattuabile. Questa
obiezione voi oggi la sentirete, voi la leggerete dappertutto, anche da parte di chi, per dovere e per
competenza, dovrebbe essere in grado di giudicare ben diversamente. E si adduce a prova il
seguente argomento: Niuno obbligato all'impossibile, e nessun legislatore ragionevole si
presume che voglia obbligare con la sua legge anche all'impossibile. Ma per i coniugi l'astinenza a
lunga durata impossibile. Dunque non sono obbligati all'astinenza; la legge divina non pu avere
questo senso .
In tal guisa da premesse parzialmente vere si deduce una conseguenza falsa. Per convincersene
basta invertire i termini dell'argomento: Iddio non obbliga all'impossibile. Ma Iddio obbliga i
coniugi all'astinenza se la loro unione non pu essere compiuta secondo le norme della natura.
Dunque in questi casi l'astinenza possibile. Abbiamo a conferma di tale argomento la dottrina
del Concilio di Trento, il quale, nel capitolo sulla osservanza, necessaria e possibile, dei
comandamenti, insegna, riferendosi a un passo di S. Agostino: Iddio non comanda cose
impossibili, ma mentre comanda, ammonisce, e di fare quel che puoi, e di domandare quel che non
puoi, e aiuta affinch tu possa (Conc. Trid. Sess. 6 cap. II Denzinger n. 804 - S. August. De natura
et gratia cap. 43 n. 50 Migne P. L. vol. 44 col. 271).
Perci non lasciatevi confondere nella pratica della vostra professione e nel vostro apostolato da
questo gran parlare d'impossibilit, n per ci che riguarda il vostro giudizio interno, n per ci che
si riferisce alla vostra condotta esterna. Non prestatevi mai a qualsiasi cosa contraria alla legge di
Dio e alla vostra coscienza cristiana! fare un torto agli uomini e alle donne del nostro tempo lo
stimarli incapaci di un continuato eroismo. Oggi per tanti motivi forse sotto la morsa della dura
necessit, od anche talvolta al servizio della ingiustizia si esercita l'eroismo in un grado e con
una estensione che in tempi passati si sarebbe creduto impossibile. Perch dunque questo eroismo,
se veramente le circostanze lo esigono, dovrebbe arrestarsi ai confini segnati dalle passioni e dalle
inclinazioni della natura? chiaro: chi non vuole dominare se stesso, nemmeno lo potr; e chi crede
di dominarsi, contando solamente sulle proprie forze, senza cercare sinceramente e con
perseveranza l'aiuto divino, rimarr miserevolmente deluso.
Ecco quel che concerne il vostro apostolato per guadagnare i coniugi al servizio della maternit, non
nel senso di una cieca schiavit sotto gl'impulsi della natura, ma di un esercizio dei diritti e dei
doveri coniugali, regolato dai principi della ragione e della fede.
IV
L'ultimo aspetto del vostro apostolato riguarda la difesa
cos del retto ordine dei valori come della dignit della persona umana.
I valori della persona e la necessit di rispettarli un tema che da due decenni occupa sempre
pi gli scrittori. In molte loro elucubrazioni anche l'atto specificamente sessuale ha il suo posto
assegnato per farlo servire alla persona dei coniugi. Il senso proprio e pi profondo dell'esercizio
del diritto coniugale dovrebbe consistere in ci che l'unione dei corpi l'espressione e l'attuazione
dell'unione personale ed affettiva.
Articoli, capitoli, interi libri, conferenze, specialmente anche sulla tecnica dell'amore , sono volti
a diffondere queste idee, a illustrarle con avvertimenti agli sposi novelli come guida nel
matrimonio, affinch essi non trascurino, per stoltezza o per malinteso pudore o per infondato
scrupolo, ci che Dio, il quale ha creato anche le inclinazioni naturali, loro offre. Se da questo
completo dono reciproco dei coniugi sorge una vita nuova, essa un risultato che resta al di fuori o

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al massimo come alla periferia dei valori della persona ; risultato che non si nega, ma non si
vuole che sia come al centro dei rapporti coniugali.
Secondo queste teorie, la vostra dedizione per il bene della vita ancora nascosta nel grembo materno
e per favorirne la nascita felice, non avrebbe pi che una importanza minore e passerebbe in
seconda linea.
Ora, se questo apprezzamento relativo non facesse che mettere l'accento sul valore della persona
degli sposi piuttosto che su quello della prole, si potrebbe a rigore lasciar da parte tale problema; ma
qui si tratta invece di una grave inversione dell'ordine dei valori e dei fini posti dallo stesso
Creatore. Ci troviamo dinanzi alla propagazione di un complesso d'idee e di affetti, direttamente
opposti alla chiarezza, alla profondit e alla seriet del pensiero cristiano. Ed ecco che qui deve di
nuovo intervenire il vostro apostolato. Vi potr infatti accadere di divenire le confidenti della madre
e sposa, e di essere interrogate sui pi segreti desideri e sulle intimit della vita coniugale. Come
potreste per allora, consapevoli della vostra missione, far valere la verit e il retto ordine negli
apprezzamenti e nell'azione dei coniugi, se non ne aveste voi stesse una esatta cognizione e non
foste munite della fermezza di carattere necessaria per sostenere ci che voi conoscete essere vero e
giusto?
Ora la verit che il matrimonio, come istituzione naturale, in virt della volont del Creatore non
ha come fine primario e intimo il perfezionamento personale degli sposi, ma la procreazione e la
educazione della nuova vita. Gli altri fini, per quanto anch'essi intesi dalla natura, non si trovano
nello stesso grado del primo, e ancor meno gli sono superiori, ma sono ad esso essenzialmente
subordinati. Ci vale per ogni matrimonio, anche se infecondo; come di ogni occhio si pu dire che
destinato e formato per vedere, anche se in casi anormali, per speciali condizioni interne ed
esterne, non sar mai in grado di condurre alla percezione visiva.
Precisamente per tagliar corto a tutte le incertezze e le deviazioni, che minacciavano di diffondere
errori intorno alla scala dei fini del matrimonio e ai loro reciproci rapporti, redigemmo Noi stessi
alcuni anni or sono (10 marzo 1944) una dichiarazione sull'ordine di quei fini, indicando quel che la
stessa struttura interna della disposizione naturale rivela, quel che patrimonio della tradizione
cristiana, quel che i Sommi Pontefici hanno ripetutamente insegnato, quel che poi nelle debite
forme stato fissato dal Codice di diritto canonico (can. 1013 i). Che anzi poco dopo, per
correggere le contrastanti opinioni, la Santa Sede con un pubblico Decreto pronunzi non potersi
ammettere la sentenza di alcuni autori recenti, i quali negano che il fine primario del matrimonio sia
la procreazione e la educazione della prole, o insegnano che i fini secondari non sono
essenzialmente subordinati al fine primario, ma equipollenti e da esso indipendenti (S. C. S. Officii,
I aprile 1944 - Acta Ap. Sedis vol. 36, a. 1944, ). 103).
Si vuole forse con ci negare o diminuire quanto vi di buono e di giusto nei valori personali
risultanti dal matrimonio e dalla sua attuazione? No certamente, poich alla procreazione della
nuova vita il Creatore ha destinato nel matrimonio esseri umani fatti di carne e di sangue, dotati di
spirito e di cuore, ed essi sono chiamati in quanto uomini, e non come animali irragionevoli, ad
essere gli autori della loro discendenza. A questo fine il Signore vuole l'unione degli sposi. Infatti di
Dio la Sacra Scrittura dice che cre l'uomo a sua immagine e lo cre maschio e femmina (Gen. I,
27), ed ha voluto come si trova ripetutamente affermato nei Libri sacri che l'uomo
abbandoni il padre e la madre, e si unisca alla sua donna, e formino una carne sola (Gen. 2, 24;
Matth. 19, 5; Eph. 5, 31).
Tutto questo dunque vero e voluto da Dio; ma non deve essere disgiunto dalla funzione primaria
del matrimonio, cio dal servizio per la vita nuova. Non soltanto l'opera comune della vita esterna,

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ma anche tutto l'arricchimento personale, lo stesso arricchimento intellettuale e spirituale, perfino


tutto ci che vi di pi spirituale e profondo nell'amore coniugale come tale, stato messo, per
volont della natura e del Creatore, al servizio della discendenza. Per sua natura, la vita coniugale
perfetta significa anche la dedizione totale dei genitori a beneficio dei figli, e l'amore coniugale
nella sua forza e nella sua tenerezza esso stesso un postulato della pi sincera cura della prole e la
garanzia della sua attuazione (cfr. S. Th. 3 p. q. 29 a. 2 in c.; Suppl. q. 4D a. 2 ad i).
Ridurre la coabitazione dei coniugi e l'atto coniugale ad una pura funzione organica per la
trasmissione dei germi sarebbe come convertire il focolare domestico, santuario della famiglia, in
un semplice laboratorio biologico. Perci nella Nostra allocuzione del 29 settembre 1949 al
Congresso internazionale dei medici cattolici abbiamo formalmente esclusa dal matrimonio la
fecondazione artificiale. L'atto coniugale, nella sua struttura naturale, un'azione personale, una
cooperazione simultanea e immediata dei coniugi, la quale, per la stessa natura degli agenti e la
propriet dell'atto, la espressione del dono reciproco, che, secondo la parola della Scrittura,
effettua l'unione in una carne sola .
Ci molto pi della unione di due germi, la quale si pu effettuare anche artificialmente, vale a
dire senza l'azione naturale dei coniugi. L'atto coniugale, ordinato e voluto dalla natura, una
cooperazione personale, alla quale gli sposi, nel contrarre il matrimonio, si scambiano il diritto.
Quando perci questa prestazione nella sua forma naturale dall'inizio e durevolmente impossibile,
l'oggetto del contratto matrimoniale si trova affetto da un vizio essenziale. L quel che allora
abbiamo detto : Non si dimentichi: solo la procreazione di una nuova vita secondo la volont e il
disegno del Creatore porta con s, in un grado stupendo di perfezione, l'attuazione dei fini intesi.
Essa al tempo stesso conforme alla natura corporale e spirituale e alla dignit degli sposi, allo
sviluppo normale e felice del bambino (Acta Ap. Sedis vol. 41, 1949, p. 560).
Dite dunque alla fidanzata o alla giovane sposa, che venisse a parlarvi dei valori della vita
matrimoniale, che questi valori personali, sia nella sfera del corpo o dei sensi, sia in quella _
spirituale, sono realmente genuini, ma che dal Creatore nella scala dei valori sono stati messi non al
primo, ma al secondo grado.
Aggiungete un'altra considerazione, che rischia di cadere nell'oblio. Tutti questi valori secondari
della sfera e dell'attivit generativa rientrano nell'ambito dell'ufficio specifico dei coniugi, che di
essere autori ed educatori della nuova vita. Alto e nobile ufficio! il quale per non appartiene
all'essenza di un essere umano completo, come se, non venendo la naturale tendenza generativa alla
sua attuazione, si avesse in qualche modo o grado una diminuzione della persona umana. La
rinunzia a quell'attuazione non specialmente se fatta per i pi nobili motivi una mutilazione
dei valori personali e spirituali. Di tale libera rinunzia per amore del Regno di Dio il Signore ha
detto: Non omnes capiunt verbum istud, sed quibus datum est - Non tutti comprendono questa
dottrina, ma coloro soltanto ai quali dato (Matth. 19, t).
Esaltare oltre misura, come oggi si fa non di rado, la funzione generativa, anche nella forma giusta e
morale della vita coniugale, perci non soltanto un errore e una aberrazione; essa porta anche con
s il pericolo di una deviazione intellettuale ed effettiva, atta ad impedire e soffocare buoni ed
elevati sentimenti, specialmente nella giovent ancora sprovvista di esperienza e ignara dei
disinganni della vita. Poich infine quale uomo normale, sano di corpo e di anima, vorrebbe
appartenere al numero dei deficienti di carattere e di spirito?

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Possa il vostro apostolato, l ove voi esercitate la vostra professione, illuminare le menti e inculcare
questo giusto ordine dei valori, affinch gli uomini ad esso conformino i loro giudizi e la loro
condotta!
Questa Nostra esposizione sulla funzione del vostro apostolato professionale sarebbe tuttavia
incompleta, se Noi non aggiungessimo ancora una breve parola intorno alla difesa della dignit
umana nell'uso della inclinazione generativa.
Quello stesso Creatore, che nella sua bont e sapienza ha voluto per la conservazione e la
propagazione del genere umano servirsi dell'opera dell'uomo e della donna, unendoli nel
matrimonio, ha disposto anche che in quella funzione i coniugi pro vino un piacere e una felicit nel
corpo e nello spirito. I coniugi dunque nel cercare e nel godere questo piacere, non fanno nulla di
male. Essi accettano quel che il Creatore ha loro destinato.
Nondimeno anche qui i coniugi debbono sapersi mantenere nei limiti di una giusta moderazione.
Come nel gusto dei cibi e delle bevande, cos in quello sessuale, essi non debbono abbandonarsi
senza freno all'impulso dei sensi. La retta norma dunque questa: L'uso della naturale disposizione
generativa moralmente lecito soltanto nel matrimonio, nel servizio e secondo l'ordine dei fini del
matrimonio medesimo. Da ci consegue che anche soltanto nel matrimonio e osservando questa
regola, il desiderio e la fruizione di quel piacere e di quella soddisfazione sono leciti. Poich il
godimento sottost alla legge dell'azione, dalla quale esso deriva, e non viceversa, l'azione alla
legge del godimento. E questa legge, cos ragionevole, riguarda non solo la sostanza, ma anche le
circostanze dell'azione, di guisa che, pur restando salva la sostanza dell'atto, si pu peccare nel
modo di compierlo.
La trasgressione di questa norma tanto antica quanto il peccato originale. Per al tempo nostro si
corre pericolo di perdere di vista lo stesso principio fondamentale. Al presente, infatti, si suole
sostenere, con le parole e con gli scritti (anche da parte di alcuni cattolici), la necessaria autonomia,
il proprio fine e il proprio valore della sessualit e della sua attuazione, indipendentemente dallo
scopo della procreazione di una nuova vita. Si vorrebbe sottoporre ad un nuovo esame e ad una
nuova norma l'ordine stesso stabilito da Dio. Non si vorrebbe ammettere altro freno nel modo di
soddisfare l'istinto che l'osservare l'essenza dell'atto istintivo. Con ci alla obbligazione morale del
dominio delle passioni si sostituirebbe la licenza di servire ciecamente e senza freno i capricci e
gl'impulsi della natura; il che non potr, presto o tardi, che ridondare a danno della morale, della
coscienza e della dignit umana.
Se la natura avesse mirato esclusivamente, o almeno in primo luogo, ad un reciproco dono e
possesso dei coniugi nella gioia e nel diletto, e se avesse disposto quell'atto soltanto per rendere
felice nel pi alto grado possibile la loro esperienza personale, e non per stimolarli al servizio della
vita, allora il Creatore avrebbe adottato un altro disegno nella formazione e costituzione dell'atto
naturale. Ora invece questo insomma tutto subordinato e ordinato a quell'unica grande legge della
generatio et educatio prolis , vale a dire al compimento del fine primario del matrimonio come
origine e sorgente della vita.
Pur troppo ondate incessanti di edonismo invadono il mondo e minacciano di sommergere nella
marea crescente dei pensieri, dei desideri e degli atti tutta la vita matrimoniale, non senza seri
pericoli e grave pregiudizio dell'ufficio primario dei coniugi.
Questo edonismo anticristiano troppo spesso non si arrossisce di erigerlo a dottrina, inculcando la
brama di rendere sempre pi intenso il godimento nella preparazione e nella attuazione della unione
coniugale; come se nei rapporti matrimoniali tutta la legge morale si riducesse al regolare

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compimento dell'atto stesso, e come se tutto il resto, in qualunque modo fatto, rimanga giustificato
dalla effusione del reciproco affetto, santificato dal sacramento del matrimonio, meritevole di lode e
di mercede dinanzi a Dio e alla coscienza. Della dignit dell'uomo e della dignit del cristiano, che
mettono un freno agli eccessi della sensualit, non si ha cura.
Ebbene, no. La gravit e la santit della legge morale cristiana non ammettono una sfrenata
soddisfazione dell'istinto sessuale e di tendere cos soltanto al piacere e al godimento; essa non
permette all'uomo ragionevole di lasciarsi dominare sino a tal punto, n quanto alla sostanza, n
quanto alle circostanze dell'atto.
Si vorrebbe da alcuni addurre che la felicit nel matrimonio in ragione diretta del reciproco
godimento nei rapporti coniugali. No: la felicit nel matrimonio invece in ragione diretta del
vicendevole rispetto fra i coniugi, anche nelle loro intime relazioni; non gi ,quasi che essi
giudichino immorale e rifiutino quel che la natura offre e il Creatore ha donato, ma perch questo
rispetto, e la mutua stima che esso ingenera, uno dei pi validi elementi di un amore puro, e per
ci stesso tanto pi tenero.
Nella vostra attivit professionale opponetevi, per quanto vi possibile, all'impeto di questo
raffinato edonismo, vuoto di valori spirituali, e quindi indegno di sposi cristiani. Mostrate come la
natura ha dato, vero, il desiderio istintivo del godimento e lo approva nelle legittime nozze, ma
non come fine a s stesso, bens insomma per il servizio della vita. Bandite dal vostro spirito quel
culto del piacere, e fate del vostro meglio per impedire la diffusione di una letteratura che si crede
in dovere di descrivere in ogni particolare le intimit della vita coniugale col pretesto di istruire, di
dirigere e di rassicurare. Per tranquillizzare le coscienze timorate degli sposi bastano in generale il
buon senso, l'istinto naturale e una breve istruzione sulle chiare e semplici massime della legge
morale cristiana. Se, in alcune speciali circostanze, una fidanzata o una giovane sposa avessero
bisogno di pi ampi schiarimenti su qualche punto particolare, toccher a voi di dar loro
delicatamente una spiegazione conforme alla legge naturale e alla sana coscienza cristiana.
Questo Nostro insegnamento non ha niente da fare col manicheismo o col giansenismo, come alcuni
vogliono far credere per giustificare s stessi. Esso soltanto una difesa dell'onore del matrimonio
cristiano e della dignit personale dei coniugi.
Servire a tale scopo , soprattutto ai giorni nostri, un urgente dovere della vostra missione
professionale.
Con questo siamo giunti alla conclusione di quanto intendevamo di esporvi.
La vostra professione vi apre un vasto campo di apostolato dai molteplici aspetti; apostolato non
tanto di parola, quanto di azione e di guida; apostolato che potrete utilmente esercitare soltanto se
sarete ben consapevoli del fine della vostra missione e dei mezzi per conseguirlo, e se sarete dotate
di una volont ferma e risoluta, fondata in una profonda convinzione religiosa, ispirata e avvalorata
dalla fede e dall'amore cristiano.
Invocando su di voi il potente aiuto del lume divino e del divino conforto, vi impartiamo di cuore,
pegno ed auspicio delle pi abbondanti grazie celesti, la Nostra Apostolica Benedizione.

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*Discorsi e Radiomessaggi di Sua Santit Pio XII, XIII,


Tredicesimo anno di Pontificato, 2 marzo 1951 - 1 marzo 1952, p. 333 - 353
Tipografia Poliglotta Vaticana

4. Discurso De Po XII, A Los Participantes En El I Congreso


Internacional De Histopatologa Del Sistema Nervioso (1952)

1. Este I Congreso Internacional de Histopatologa del Sistema Nervioso ha conseguido dominar


una materia verdaderamente vastsima. Con una exposicin y una demostracin profundas, era
preciso colocar en una perspectiva exacta las causas y los primeros comienzos de las enfermedades
del sistema nervioso propiamente dicho y de las enfermedades que se suelen llamar psquicas. Se ha
presentado tambin una relacin y se ha organizado un intercambio de puntos de vista a propsito
de los conocimientos y descubrimientos recientes sobre las lesiones del cerebro y de otros rganos;
lesiones que son origen y causa de enfermedades nerviosas como las psicopatas. De hecho, se
trataba de descubrimientos adquiridos en parte por medios enteramente nuevos y por nuevos
mtodos. El nmero y origen de los participantes, y en particular de los ponentes, muestra que los
sabios de los pases y las naciones ms diversas han intercambiado sus experiencias para su
enriquecimiento mutuo y para servir al inters de la ciencia, el inters del individuo enfermo, el
inters de la comunidad.
2. No esperis de Nos que tratemos de las cuestiones mdicas que os ocupan. Ese es dominio
vuestro. Durante estos das habis adquirido una visin de conjunto de vuestro vasto campo de
investigaciones y trabajos. Nos quisiramos ahora para responder al deseo que nos habis
expresado atraer vuestra atencin sobre los lmites de ese campo; no los limites de las
posibilidades mdicas, de los conocimientos mdicos tericos y prcticos, sino los lmites de los
derechos y de los deberes morales. Quisiramos tambin hacernos intrprete de la conciencia moral
del investigador, del sabio y del profesional, de la conciencia morad del hombre y del cristiano que,
adems, siguen en esta materia el mismo camino.
3, En vuestras ponencias y vuestras discusiones habis entrevisto muchos caminos nuevos; pero
resta una cantidad de cuestiones que no se han resuelto todava. El espritu de investigacin, su
audacia decidida, incitan a emprender los caminos recientemente descubiertos, hacerlos avanzar,
crear otros itinerarios, renovar los mtodos. El mdico serio y competente ver con frecuencia con
una especie de intuicin espontnea la licitud moral de la accin que se propone y obrar segn su
conciencia. Pero se presentan tambin posibilidades de accin en que no exista esta seguridad, o tal
vez l ve o cree ver con certeza lo contrario; o bien duda y oscila entre el s; y el no. El
hombre dentro del mdico, en lo que tiene de ms serio y de ms profundo, no se contenta con
examinar desde el punto de vista mdico lo que puede intentar y conseguir; quiere tambin ver claro
en la cuestin de las posibilidades y de las obligaciones morales. Quisiramos, en algunos rasgos,
exponer los principios esenciales que permiten responder a esta cuestin. La aplicacin a los
casos particulares la haris por vosotros mismos en cuanto mdicos, porque con frecuencia
solamente el mdico penetra a fondo en los datos mdicos, tanto en s como en sus efectos, y porque
sin un conocimiento exacto de los hechos mdicos es imposible determinar qu principio moral se
aplica a los tratamientos de que se trate. El mdico mira, pues, el aspecto mdico del caso; el
moralista, las normas morales. Ordinariamente, explicndose y completndose mutuamente estos

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datos, ser posible un juicio seguro sobre la licitud moral de cada caso en su situacin
absolutamente concreta.
4. Paca justificar en moral nuevos procedimientos, nuevas tentativas y mtodos de investigacin y
de tratamiento mdicos, se invocan, sobre todo, tres principios:
1) el inters de la ciencia mdica;
2) el inters individual del paciente que ha de tratarse;
3) el inters de la comunidad, el bonum commune.
Y planteamos la cuestin: estos tres intereses mirados cada uno por s, o por lo menos los tres
juntos, tienen valor absoluto para motivar y justificar el tratamiento mdico, o no valen sino en
el interior de fronteras determinadas? En este ltimo caso, cules son estas fronteras? Vamos a
intentar dar a todo una breve respuesta.
I. EL INTERS DE LA CIENCIA COMO JUSTIFICACIN
DE LA INVESTIGACIN Y DEL EMPELO DE NUEVOS MTODOS
5. El conocimiento cientfico tiene su valor propio en el dominio de la ciencia mdica no menos
que en otros dominios cientficos, como, por ejemplo, en fsica, qumica, cosmologa, psicologa,
valor que, ciertamente. no hay que minimizar y que se impone con absoluta independencia de la
utilidad y de la utilizacin de los conocimientos adquiridos. As, el conocimiento como tal y la
plenitud del conocimiento de toda verdad no hacen surgir ninguna objecin moral. En virtud del
mismo principio, la investigacin y la adquisicin de la verdad para llegar a un conocimiento y a
una comprensin nuevos, ms vastos y ms profundos de esta misma verdad, estn de suyo de
acuerdo con el orden mural.
6. Pero esto no significa que todo mtodo, y ni siquiera que un mtodo determinado de
investigacin cientfica y tcnica, ofrezca todas las garantas morales, o ms an, que todo mtodo
resulte lcito por el hecho mismo de que acreciente y profundice nuestros conocimientos. A veces
ocurre que un mtodo no puede ser practicado sin lesionar el derecho de otro o sin violar una regla
moral de valor absoluto. En este caso, aunque se intente y se persiga con razn el aumento de los
conocimientos, este mtodo no es moralmente admisible. Por qu? Porque la ciencia no es el valor
ms alto al que todos los otros rdenes de valores o un mismo orden de valor, todos los valores
particulares estn sometidos. As, pues, la ciencia misma, igual que su investigacin y su
adquisicin, deben insertarse en el orden de los valores. Aqu se alzan fronteras bien definidas, que
ni siquiera la ciencia mdica puede transgredir sin violar las reglas morales superiores. Las
relaciones de confianza entre mdico y paciente, el derecho personal del paciente a la vida fsica y
espiritual, a su integridad psquica o moral, he aqu, entre muchos otros, los valores que dominan al
inters cientfico. Esta comprobacin resultar ms evidente por lo que sigue.
7 Aunque deba reconocerse en el inters de la ciencia un valor autntico, que la ley moral no
prohbe al hombre adquirir, aumentar, profundizar, no se puede, sin embargo, conceder la
afirmacin siguiente: Con tal de que se suponga evidentemente que la intervencin del mdico est
determinada por un inters cientfico y con tal de que observe las reglas profesionales, no hay
lmites a los mtodos de crecimiento y de profundidad de le ciencia mdica. Ni siquiera con esta
condicin puede concederse simplemente este principio.
II. EL INTERS DEL PACIENTE
COMO JUSTIFICACIN DE NUEVOS MTODOS MDICOS
DE INVESTIGACIN Y TRATAMIENTO

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8. Las consideraciones de base pueden aqu formularse de la manera siguiente: El tratamiento


mdico del enfermo exige tal medida determinada. Por este mismo hecho, su licitud mural queda
probada. O bien: Tal mtodo nuevo, hasta aqu descuidado o poco utilizado, dar resultados
posibles, probables o ciertos. Por ello mismo, todas las consideraciones ticas sobre la licitud de
este mtodo quedan superadas y deben ser consideradas como sin objeto alguno.
Cmo no ver que lo verdadero y lo falso se mezclan aqu? El inters del paciente proporciona en
numerosos casos la justificacin moral de la conducta del mdico. La cuestin se refiere, tambin
aqu, al valor absoluto de este principio; prueba por s mismo y hace, en consecuencia, que la
intervencin prevista por el mdico est conforme con la ley moral?
9.En primer lugar debe darse por supuesto que el mdico, como persona privada, no puede tomar
ninguna medida ni intentar ninguna intervencin sin el consentimiento del paciente. El mdico no
tiene sobre el paciente sino el poder y los derechos que ste le d, sea explcita, sea implcita y
tcitamente. El paciente, por su parte, no puede conferir ms derechos que los que l mismo posee.
El punto decisivo en este debate es la licitud moral del derecho que el paciente tiene de disponer de
s mismo. Aqu se alza la frontera moral de la accin del mdico, que obra con el consentimiento de
su paciente.
10. En lo que concierne al paciente, l no es dueo absoluto de s mismo, de su cuerpo, de su
espritu. No puede, por lo tanto, disponer libremente de s mismo, como a l le plazca. El mismo
motivo por el que obre no es por s slo ni suficiente ni determinante. El paciente est ligado a la
teleologa inmanente fijada por la Naturaleza. El posee el derecho de uso limitado por la finalidad
natural de las facultades y de las fuerzas de su naturaleza humana. Porque es usufructuario y no
propietario, no tiene un poder ilimitado para cumplir actos de destruccin o de mutilacin de
carcter :anatmico o funcional.
11. Pero en virtud del principio de totalidad, de su derecho de utilizar los servicios del organismo
como un todo puede disponer de partes individuales para destruirlas o mutilarlas cuando y en la
pedida en que sea necesario para el bien del ser en su conjunto, para asegurar su existencia o para
evitar y, naturalmente, para reparar los daos graves y duraderos, que no podran ser de otra forma
descartados ni reparados.
12. El paciente no tiene, por tanto, derecho a comprometer su integridad fsica y psquica en
experiencias o investigaciones mdicas cuando estas intervenciones entraen en s, o como
consecuencia de ellas, destrucciones, mutilaciones, heridas o peligros serios.
13. Adems, en la prctica de su derecho a disponer de s mismo, de sus facultades y de sus
rganos, el individuo debe observar la jerarqua de los rdenes de valores, y en el interior de un
mismo orden de valores, la jerarqua de los bienes particulares, en tanto en cuanto las reglas de la
moral lo exijan. As, por ejemplo, el hombre ni puede emprender sobre s, o permitir actos mdicos
fsicos o somticos que, sin duda, suprimen pesadas taras o enfermedades fsicas o psquicas,
pero suponen al mismo tiempo una abolicin permanente o una disminucin considerable y
duradera de la libertad; es decir, de la personalidad humana en su funcin tpica y caracterstica. As
se degrada al hombre al nivel de un ser puramente sensitivo, de reflejos adquiridos o de un autmata
viviente. Semejante transposicin de los valores no lo soporta la ley moral; y tambin aqu ella fija
los lmites y las fronteras del inters mdico del paciente.
14. He aqu otro ejemplo: para librarse de represiones, inhibiciones, complejos psicolgicos, el
hombre no es libre de despertar en s, con fines teraputicos, todos y cada uno de estos apetitos de la
esfera sexual que se agitan o se han agitado en su ser y mueven sus aguas impuras en su

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inconsciente o su subconsciente. No puede hacer de ellos el objeto de sus representaciones o de sus


deseos plenamente conscientes, con todas las conmociones y las repercusiones que entraa tal
conducta. Para el hombre y el cristiano existe una ley de integridad y de pureza personal, de estima
personal de s mismo, que prohbe sumergirse tan totalmente en el mundo de las representaciones y
de las tendencias sexuales. El inters mdico y psicoteraputico del paciente encuentra aqu un
lmite moral. No se ha probado, y es inexacto, que el mtodo pansexual de ciertas escuelas de
psicoanlisis sea una parte integrante indispensable de toda psicoterapia seria y digna de este
nombre; que el hecho de haber en el pasado olvidado este mtodo haya causado graves perjuicios
psquicos, errores en la doctrina y en las aplicaciones en la educacin, en la psicoterapia y no menos
en la pastoral; que sea urgente colmar esta laguna e iniciar a todos aquellos que se ocupan de las
cuestiones psquicas en las ideas directrices y aun, si es preciso, en el manejo prctico de esta
tcnica de la sexualidad.
15. Hablamos as porque estas afirmaciones se presentan con demasiada frecuencia con una
seguridad apodctica. Valdra ms en el dominio de la vida intuitiva conceder ms atencin a los
tratamientos indirectos y a la accin del psiquismo consciente sobre el conjunto de la actividad
imaginativa y afectiva. Esta tcnica evita las desviaciones sealadas. Ella tiende a esclarecer, curar
y dirigir; as ejerce una influencia sobre la dinmica de la sexualidad, sobre la que tanto se insiste, y
que debe encontrarse, e incluso realmente se encuentra, en el inconsciente o el subconsciente.
16. Hasta el presente hemos hablado directamente del paciente, no del mdico, y hemos explicado
en qu punto el derecho personal del paciente a disponer de s mismo, de su espritu, de su cuerpo,
de sus facultades, rganos y funciones encuentra un lmite moral. Pero al mismo tiempo hemos
respondido a la cuestin dnde se encuentra para el mdico la frontera moral en la investigacin y
la utilizacin de mtodos y procedimientos nuevos en el inters del paciente. La frontera es la
misma que para el paciente, es la que est fijada por el juicio de la sana razn, la que est trazada
por las exigencias de la ley moral natural, que se deduce de la teleologa natural inscrita en los seres
y de la escala de valores expresada por la naturaleza de las cosas. La frontera es la misma para el
mdico y para el paciente, porque, ya lo hemos dicho, el mdico, como persona privada, dispone
nicamente de los derechos concedidos por el paciente , porque el paciente no puede dar ms de lo
que l mismo posee.
17. Lo que aqu decimos debe extenderse al representante legal de aquel que es incapaz de
disponer de s mismo y de sus negocias: los nios antes del uso de la razn y, despus, los dbiles
de espritu, los alienados. Estos representantes legales, establecidos por una decisin privada o por
la autoridad pblica, no tienen sobre el cuerpo y la vida de sus subordinados otro derecho que ellos
mismos, si fueran capaces de ello, y con la misma extensin. No pueden, pues, dar al mdico
permiso para disponer de ellos fuera de estos lmites.
III. EL INTERS DE LA COMUNIDAD COMO JUSTIFICACIN DE NUEVOS
MTODOS MDICOS DE INVESTIGACIN Y TRATAMIENTO
18. Se invoca un tercer inters para justificar moralmente el derecho de la medicina a nuevas
tentativas e intervenciones, a mtodos y procedimientos nuevos: el inters de la comunidad, de la
sociedad humana, el bonum commune, el bien comn, como dicen el filsofo y el socilogo.
Est fuera de duda que tal bien comn existe; tampoco se puede discutir que l exige y justifica
investigaciones ulteriores. Los dos intereses ya mencionados, el de la ciencia y el del paciente, estn
estrechamente unidos al inters general.

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19. No obstante, por tercera vez se plantea la cuestin: el inters mdico de la comunidad, no
est en su contenido y en su extensin limitado por ninguna barrera moral? Hay plenos poderes
para cada experiencia mdica seria sobre el hombre vivo? Levanta las barreras que valen todava
para el inters de la ciencia o del individuo? O con otra frmula: la autoridad pblica a quien
precisamente incumbe el cuidado del bien comn, puede dar al mdico el poder de intentar
ensayos sobre el individuo en inters de la ciencia y de la comunidad para inventar y experimentar
mtodos y procedimientos nuevos, cuando estos ensayos sobrepasan el derecho de los individuos a
disponer de s mismos? Puede realmente la autoridad pblica, en inters de la comunidad, limitar e
incluso suprimir el derecho del individuo sobre su cuerpo y su vida, su integridad corporal y
psquica?
Para prevenir una objecin: se supone siempre que se trata de investigaciones serias, de esfuerzos
honestos para promover la medicina terica y prctica, no de cualquier maniobra que sirva de
pretexto cientfico para cubrir otros fines y realizarlos impunemente.
20. En lo que concierne a las cuestiones planteadas, muchos han estimado y estiman todava hoy
que es preciso responder afirmativamente. Para justificar su concepcin invocan el hecho de que el
individuo est subordinado a la comunidad, que el bien del individuo debe ceder el paso al bien
comn y serle sacrificado. Aaden que el sacrificio de un individuo a los fines de la investigacin y
de la exploracin cientfica aprovecha finalmente al individuo.
21. Los grandes procesos de la posguerra han puesto a la luz del da una cantidad espantosa de
documentos que atestiguan el sacrificio del individuo al inters mdico de la comunidad. Se
encuentran en las actas testimonios y relaciones que muestran cmo con el asentimiento y a veces
por orden formal de la autoridad pblica ciertos centros de investigaciones exigan sistemticamente
que se les suministrara hombres de los campos de concentracin para sus experiencias mdicas y
cmo se les entregaba a estos centros; tantos hombres, tantas mujeres, tantos para tal experiencia,
tantos para tal otra. Existen relaciones sobre el desarrollo y el resultado de las experiencias, sobre
los sntomas objetivos y subjetivos observados en los interesados en el curso de las diferentes fases
de la experimentacin. No se pueden leer estas notas sin que se apodere de uno una profunda
compasin hacia estas vctimas, muchas de las cuales llegaron hasta la muerte, y sin que se apodere
de uno el espanto ante semejante aberracin del espritu y del corazn humanos. Pero Nos podemos
todava aadir: los responsables de estos hechos atroces no han hecho nada ms que responder por
la afirmativa a las cuestiones que Nos hemos propuesto y sacar las consecuencias prcticas de esta
afirmacin.
El inters del individuo est hasta este punto subordinado al inters mdico comn o se
transgreden aqu, tal vez de buena fe, las exigencias ms elementales del derecho natural,
transgresin que no puede permitir ninguna investigacin mdica?
22. Sera preciso cerrar los ojos a la realidad para creer que en la hora actual no se encuentran ya
personas en el mundo de la medicina que sostengan y defiendan las ideas que estn en el origen de
los hechos que hemos citado. Basta seguir durante algn tiempo las relaciones sobre los ensayos y
las experiencias mdicas para convencerse de lo contraria. Se pregunta uno involuntariamente qu
es lo que ha autorizado a tal mdico a atreverse a tal intervencin y quin podra autorizarle jams a
ella. Con una objetividad tranquila, la experiencia est descrita en su desarrollo y en sus defectos, se
nota lo que se verifica y lo que no se verifica. De la cuestin de la licitud moral, ni una palabra. Esta
cuestin existe, sin embargo, y no se la suprime por el hecho de pasarla en silencio.

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23. Aunque en los casos mencionados la justificacin moral de la intervencin se deduzca del
mandato de la autoridad pblica y, por lo tanto, de la subordinacin del individuo a la comunidad,
del bien individual al bien social, ella reposa sobre una explicacin errnea de este principio.
24. Es preciso notar que el hombre, en su ser personal, no est subordinado, en fin de cuentas, a la
utilidad de la sociedad, sino, por el contrario, la comunidad es para el hombre. La comunidad es el
gran medio querido por la naturaleza y por Dios para regular los cambios en que se completan las
necesidades recprocas para ayudar a cada una a desarrollar completamente su personalidad segn
sus aptitudes individuales y sociales. La comunidad, considerada como un todo, no es una unidad
fsica que subsista en s misma, en la que los miembros individuales no fueran sino partes
integrantes de ella. El organismo fsico de los seres vivos, de las plantas, de los animales o del
hombre posee, en cuanto que es un todo, una unidad que subsiste en s; cada uno de los miembros,
por ejemplo la mano, el pie, el corazn, el ojo, es una parte integrante destinada con todo su ser a
insertarse en el conjunto del organismo. Fuera del organismo no hay, por su propia naturaleza,
ningn sentido, ninguna finalidad; estn enteramente absorbidos por la totalidad del organismo, al
que se ven ligados.
25. De manera completamente distinta ocurre en la comunidad moral y en todo organismo de
carcter puramente moral. El todo no tiene aqu una unidad que subsista en s misma, sino una
simple unidad de finalidad y de accin. En la comunidad, los individuos no son sino colaboradores
e instrumentos para la realizacin del fin de la comunidad.
26. Qu se sigue de aqu para el organismo fsico? El dueo y el usufructuario de este organismo
que posee una unidad subsistente puede disponer directa e inmediatamente de las partes integrantes,
los miembros y los rganos, en el cuadro de su finalidad natural; puede intervenir igualmente con la
frecuencia y en la medida en que el bien del conjunto lo exija para paralizar, destruir, mutilar,
separar los miembros. Pero, por el contrario, cuando el todo no posee sino una unidad de finalidad y
de accin, su jefe, es decir, en el caso presente la autoridad civil, tiene, sin duda, una autoridad
directa y el derecho a plantear exigencias a la actividad de las partes, pero en ningn caso puede
disponer directamente de su ser fsico. As, todo atentado directo a su existencia constituye un
abuso de competencia de la autoridad.
27. Ahora bien: las intervenciones mdicas, de las que aqu se trata, afectan inmediata y
directamente al ser fsico, sea en su conjunto, sea en los rganos particulares del organismo
humano. Pero, en virtud del principio antes citado, el poder pblico no tiene en este dominio ningn
derecho; no puede, pues, comunicarlo a los investigadores y a los mdicos. Sin embargo, es del
Estado de quien el mdico debe recibir la autorizacin cuando interviene en el organismo del
individuo para el inters de la comunidad. Porque no obra entonces como hombre privado, sino
como mandatario del poder pblico. No obstante, ste no puede transmitir el derecho que l mismo
no posee, excepto el caso, ya mencionado antes, de que se comporte como suplente, como
representante legal en lugar de un menor, en tanto en cuanto ste no est en estado de decidir por s
mismo, de un dbil de espritu o de un alienado.
28. Aun en el caso de que se trate de la ejecucin de un condenado a muerte, el Estado no dispone
del derecho del individuo a la vida. Entonces est reservado al poder pblico privar al condenado
del bien de la vida, en expiacin de su falta, despus de que, por su crimen, l se ha desposedo
de su derecho a la vida.
29. No podemos dejar de aclarar, una vez ms, la cuestin tratada en esta tercera parte a la luz del
principio al que generalmente se apela en casos similares; queremos decir el principio de totalidad.
Este afirma que la parte existe para el todo y que, por consiguiente, el bien de la parte queda

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subordinado al bien del conjunto; que el todo es determinante para la parte y puede disponer de ella
en su inters. El principio se deriva de la esencia de la nociones y de las cosas y debe, por tanto,
tener un valor absoluto.
30. Respeto al principio de totalidad en s! No obstante, a fin de pode aplicarlo correctamente, es
preciso siempre explicar primero ciertos presupuestos. El presupuesto fundamental es poner en
claro la quaestio facti, la cuestin de hecho. Los objetos, a los que se aplica el principio, tienen
relacin de todo a parte? Un segundo presupuesto: poner en claro la naturaleza, la extensin y la
estrechez de estas relaciones Tiene lugar en el plano de la esencia o solamente en el de la accin, o
en ambos? Se aplica a la parte bajo un aspecto determinado o bajo todos los aspectos? Y en el
campo en que s aplica, absorbe enteramente a la parte o le deja todava. una finalidad limitada, una
independencia limitada? La respuesta a estas cuestiones no puede jams inferirse del principio de
totalidad mismo: esto representara un circulo vicioso. Debe sacarse de otros hechos y de otros
conocimientos. El principio de totalidad, por s mismo, no afirma nada sino esto: all donde se
verifique la relacin de todo a parte y en la medida exacta en que se verifique, la parte est
subordinada al todo; ste puede, en su inters propio, disponer de la parte. Por desgracia, con
demasiada frecuencia, cuando se invoca el principio de totalidad, se dejan de lado estas
consideraciones, no solamente en el dominio del estudio terico y el campo de aplicacin del
derecho, de la sociologa, de la fsica, de la biologa y de la medicina, sino tambin en lgica,
psicologa y metafsica.
31. Nuestro designio era atraer vuestra atencin sobre algunos principios de deontologa que
definieran las fronteras y los lmites en la investigacin y la experimentacin de nuevos mtodos
mdicos aplicados inmediata-mente al hombre vivo.
En el dominio de vuestra ciencia es una ley evidente que la aplicacin de nuevos mtodos al
hombre vivo deben estar precedidos de la investigacin sobre el cadver o el modelo de estudio o
de experimentacin sobre el animal. A veces, no obstante, este procedimiento resulta imposible,
insuficiente o prcticamente irrealizable. Entonces la investigacin mdica intentar efectuarse
sobre su objeto inmediato, el hombre vivo, en inters de la ciencia, en inters del paciente, en
inters de la comunidad. Esto no hay que rechazarlo sin ms; pera hay que detenerse en los lmites
trazados por los principios morales que hemos explicado.
32. Sin duda, antes de autorizar en moral el empleo de nuevos mtodos no puede exigirse que se
excluya todo peligro, todo riesgo. Esto sobrepasa las posibilidades humanas, paralizara toda
investigacin cientfica seria y repercutira frecuentemente en detrimento del enfermo. La
apreciacin del peligro debe dejarse en estos casos al juicio del mdico experimentado y
competente. Hay, sin embargo, y nuestras explicaciones lo han demostrado, un grado de peligro que
la moral no puede permitir. Puede ocurrir que en casos dudosos, cuando fracasan los medios ya
conocidos, un mtodo nuevo todava no suficientemente probado ofrezca, junto a elementos muy
peligrosos, probabilidades apreciables de xito. Si el paciente da su asentimiento, la, aplicacin del
procedimiento en cuestin es licita. Pero esta manera de obrar no puede erigirse en lnea de
conducta para los casos normales.
33. Se objetar tal vez que las ideas desarrolladas aqu constituyen un obstculo grave a la
investigacin y al trabajo cientfico. Sin embargo, los lmites que hemos trazado no son, en
definitiva, un obstculo al progreso. En el campo de la medicina no ocurre de modo distinto que en
los otros dominios de la investigacin, de las tentativas y de las actividades humanas: las grandes
exigencias morales obligan a la marea impetuosa del pensamiento y del querer humanos a
deslizarse, como el agua de las montaas, por un lecho determinado; la contienen para acrecentar su
eficacia y su utilidad; le sirven de dique para que no desborde y no cause estragos, que no podran

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jams ser recompensados por el bien aparente que persiguen. Aparentemente, las exigencias
morales son un freno. De hecho ellas aportan su contribucin a lo que el hombre ha producido de
mejor y de ms bello para la ciencia, para el individuo, para la comunidad
34. Que Dios Todopoderoso, con su benvola Providencia, os conceda a este fin su bendicin y su
gracia.

5. Discurso PO XII A Los Participantes En La Viii Asamblea De La


Asociacin Mdica Mundial (1954) 1

ROMA, luned, 21 aprile 2008 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito per la rubrica di Bioetica l'intervento di
Leonardo M. Macrobio, della Facolt di Bioetica dell'Ateneo Pontificio Regina Apostolorum di Roma. * *
Per quanto ci riguarda vi sono due discorsi nei quali vengono affrontati i temi relativi alla sperimentazione medica
sulluomo: il discorso al I Congresso di Istopatologia del Sistema Nervoso (14/09/1952) e quello ai Partecipanti allVIII
Assemblea dellAssociazione Medica Mondiale (30/9/1954). Per la precisione dovremmo inserire anche il discorso alla
XVI Sessione dellUfficio Internazionale di Documentazione di Medicina Militare (19/10/1953), nel quale sono
contenuti spunti interessanti sulla ricerca medica. Ma sperando di aver modo di affrontare questo intervento pi avanti,
e che le osservazioni in merito alla ricerca medica in questo intervento si richiamano, di fatto, al gi citato intervento del
14/09/1952, preferiamo seguire il filo logico dei due discorsi menzionati. comunque interessante notare che i discorsi
queste tre allocuzioni sono strettamente legate e si richiamano esplicitamente a vicenda.Tre principi
Nel discorso del 1952 si espongono i tre principi generali che possono giustificare la sperimentazione medica: interesse
della scienza medica, interesse del malato e interesse della comunit. Le citazioni di questo paragrafo saranno tutte da
questo intervento.
Quanto allinteresse della scienza medica, Pio XII afferma che la conoscenza scientifica, come ogni altro tipo di
conoscenza, in quanto tale, non solleva alcuna obiezione morale. Il problema pu sussistere, al limite, nel metodo: il
limite metodologico dato dal diritto altrui o dalla norma morale di valore assoluto. Questo perch la scienza non il
valore pi alto, cui tutti gli altri ordini di valori o in uno stesso ordine di valori, tutti i valori particolari sarebbero
subordinati. Sopra il valore della conoscenza scientifica stanno, ad esempio, le relazioni di fiducia tra medico e
paziente, il diritto personale del paziente alla vita fisica e spirituale, nella sua integrit psichica e morale. O, detto in
termini negativi: () non si pu () lasciar passare laffermazione seguente: Supponendo che con tutta evidenza
lintervento del medico sia determinato da un interesse scientifico e che egli osservi le norme professionali, non v
alcun limite nelluso dei metodi per accrescere ed approfondire la scienza medica.
Per quanto riguarda, poi, linteresse del malato, il Pontefice esordisce asserendo che questo non pu essere invocato
come principio assoluto. interessante il ragionamento che viene posto a sostegno di questa relativit: () bisogna
ammettere che il medico () non possa prendere alcuna misura, tentare alcun intervento senza il consenso del paziente.
Il medico ha su di esso solo quel potere e quei diritti che il paziente stesso gli conferisce, sia esplicitamente sia
implicitamente e tacitamente. Ma il paziente non pu conferire pi diritti di quanti non ne abbia. Il punto decisivo, in
questa discussione, la liceit morale del diritto del paziente di disporre di se stesso; e qui si innalza la frontiera morale
dellazione del medico, che agisce col consenso del suo paziente.
Nemmeno il paziente, quindi, padrone assoluto del suo corpo e del suo spirito: questo il motivo per cui il medico
non pu disporre totalmente del paziente stesso, neppure con il suo consenso pieno. Ad ulteriore sottolineatura
dellorigine ontologica di questa limitazione di diritto, cos si esprime Pio XII: Il paziente legato alla teleologia
immanente stabilita dalla natura. Possiede il diritto duso, limitato dalla finalit naturale, delle facolt e delle forze della
sua natura umana.
in virt del principio di totalit che pu, per, disporre di certi organi al fine di evitare e/o riparare eventuali danni:
questo principio impedisce labuso della ricerca medica fine a se stessa.Inoltre, nellesercizio di questo diritto di
disposizione di s, lindividuo deve osservare la gerarchia degli ordini dei valori e nellambito di uno stesso ordine di
valori, la gerarchia dei beni particolari, secondo che esigono le norme della morale.
Dove si trova, dunque, il limite morale nella ricerca ed utilizzazione dei metodi e procedimenti nuovi nellinteresse del
paziente? Il limite il medesimo del paziente; quello stabilito dal giudizio della retta ragione e ch tracciato dalle
esigenze della legge morale naturale; che si deduce dalla teleologia naturale insita negli esseri e nella gerarchia di valori
espressa dalla natura delle cose. Il limite lo stesso per il medico e per il paziente.Lo stesso vale per eventuali

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rappresentanti legali di fanciulli, deboli di mente o alienati: Questi rappresentanti legali designati per una decisione
privata o dalla pubblica autorit non hanno sul corpo e sulla vita dei loro soggetti altro diritto che quello che avrebbero
questi medesimi qualora ne fossero capaci e con la stessa estensione. Essi non possono, dunque, dare il permesso al
medico di disporne oltre tali limiti.
Quanto allinteresse della comunit, infine, Pio XII annota che molti dicono che lindividuo subordinato alla
comunit, che il bene individuo deve cedere il passo al bene comune e ad esso sacrificarsi. Aggiungono che il sacrificio
dun individuo ai fini della ricerca e dellindagine scientifica in definitiva utile allindividuo.
Ma questo quanto stato compiuto ad esempio nei lager nazisti, e lo stesso Pontefice non pu fare a meno di notarlo:
I grandi processi del dopoguerra hanno messo in luce una quantit spaventosa di documenti che attestano il sacrificio
dindividui compiuto per linteresse medico della comunit.
Occorre, dunque, riscoprire (per ristabilire) la giusta gerarchia che () luomo nel suo essere personale non ordinato
in definitiva allutilit della societ, bens, al contrario, la comunit fatta per luomo. La comunit soltanto un
mezzo, voluto da Dio, perch luomo si sviluppi integralmente. Non pu quindi reggere il paragone tra la societ e
lorganismo, paragone che giustificherebbe lapplicazione del principio di totalit: al di fuori dellorganismo, infatti, i
singoli organi non hanno alcun senso n finalit, perch lorganismo ha ununit in s sussistente, mentre la relazione
tra i membri di una comunit ha carattere di finalit e dazione, in cui i vari membri sono collaboratori e strumenti
perch la comunit possa raggiungere il suo scopo. Ne consegue che se lindividuo ha un certo potere sulle membra del
proprio corpo, lautorit pubblica non ha nessun potere sullessere fisico dei cittadini.
Prevenendo, poi, una facile obiezione, il nostro Autore introduce a questo punto il tema della pena di morte: Anche
quando si tratta dellesecuzione capitale di un condannato a morte lo Stato non dispone del diritto dellindividuo alla
vita. riservato allora al pubblico potere di privare il condannato del bene della vita, in espiazione del suo fallo, dopo
che col suo crimine, essi si gi spogliato del suo diritto alla vita. Non qui il luogo per entrare nel dibattito sulla
giustificabilit morale o legale della pena di morte. Ci interessa, invece, notare come il caso della pena capitale non sia
sovrapponibile alla disponibilit da parte del potere pubblico della vita di un singolo cittadino. , infatti, il crimine
stesso a spogliare lagente del suo diritto alla vita: lo Stato, in questo caso, non pu far altro che riconoscere questo
fatto e, se vuole, agire di conseguenza. unulteriore prova, anche se molto forte, della concezione giusnaturalistica
che abbiamo gi avuto modo di notare.
Bisogna, dunque, comprendere bene il principio di totalit, nel senso che ci si deve chiedere se effettivamente tra gli
oggetti a cui si applica vi sia realmente una relazione del tutto alla parte e, in secondo luogo, quanto sia estesa ovvero su
quale piano poggi questa relazione, altrimenti si rischia di applicare tale principio a oggetti che, per loro natura, non
sono in relazione tutto-parte. Cos il Pontefice definisce questo principio: La parte esiste per il tutto, e di conseguenza
il bene della parte resta subordinato al bene del tutto; il tutto determinante per la parte e pu disporne nel suo
interesse, il principio procede dallessenza delle nozioni e delle cose e deve quindi avere valore assoluto.
Linee di condotta
Alla luce di questi tre principi il Pontefice traccia una linea di condotta conclusiva. La sperimentazione su cadavere o su
modelli di studio o su animali talvolta pu essere impossibile, insufficiente o praticamente inattuabile, obbligando i
ricercatori a sperimentare sulluomo vivente. Non si pu esigere [in questi casi] che ogni pericolo e ogni rischio siano
esclusi. Ci va oltre le umane possibilit, paralizzerebbe ogni ricerca scientifica seria, e tornerebbe assai spesso a
detrimento del paziente. () Pu accadere () che un nuovo metodo, ancor insufficientemente provato, offra, accanto
a elementi assai dannosi, delle buone probabilit di successo. Se il malato d il suo assenso, lapplicazione del
provvedimento in questione lecita. Ma questo modo di procedere non pu erigersi come norma di condotta per i casi
normali.Quasi in continuit ideale con quanto espresso in questo discorso ritroviamo lintervento allAssociazione
Medica Mondiale (30/09/1954), nel quale vengono dati per acquisiti i principi esposti nel discorso appena esaminato. Il
carattere di questo intervento, infatti, pi pratico, pi diretto a chi opera sul campo. Su questo discorso si
baseranno le citazioni seguenti.
Quando si parla di sperimentazione, annota Pio XII, si tratta di sapere quali sono i presupposti necessari
dellesperimento, i suoi limiti, i suoi ostacoli, i suoi principi basilari decisivi. A questa annotazione di metodologia
scientifica, oltre che di buon senso, seguono alcune indicazioni pratiche su come procedere. Nei casi disperati, quando
il malato perduto se non si interviene e quando esiste un medicamento, un mezzo, una operazione che, senza escludere
ogni pericolo, ha ancora qualche possibilit di successo, uno spirito retto e riflessivo ammette senzaltro che il medico
possa, con il consenso esplicito o tacito del paziente, procedere alla applicazione di un tale trattamento.
Ancora una volta viene lasciato alluomo di scienza il giudizio tecnico sul suo atto: di vostra competenza
professionale rispondere a quesiti circa i presupposti medici e le indicazioni dellesperimento sulluomo vivente, ma
la difficolt di una precisazione morale e giuridica fa, tuttavia, apparire necessarie alcune indicazioni.
Dopo aver richiamato esplicitamente il discorso allUfficio Internazionale di Documentazione di Medicina Militare (ma
questultimo richiama a sua volta lintervento del 1952), Pio XII ricorda () una serie di principii morali dimportanza
veramente fondamentale [per risolvere e trattare questi problemi]: la questione delle relazioni tra lindividuo e la
comunit, quella del contenuto e dei limiti di diritto di utilizzare le propriet altrui, la questione dei presupposti e della
estensione del principio di integrit, quella dei rapporti tra la finalit individuale e sociale delluomo ed altre consimili,
ossia quegli stessi principi esposti nel discorso richiamato. Viene esaminato, invece, nel discorso in esame, il caso del

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Nos sentimos felices al encontrarnos una vez ms entre los mdicos, como tan frecuentemente ha
sucedido en estos ltimos aos, y dirigirles algunas palabras.
Nos habis informado de las finalidades de la Asociacin Mdica Mundial y de los resultados
obtenidos durante los siete aos de su existencia. Con gran inters hemos conocido Nos estos
informes y el gran nmero de tareas a las que habis consagrado vuestra atencin y vuestros
esfuerzos: ponerse en contacto y agruparse las asociaciones mdicas nacionales; cambio mutuo de
las experiencias de cada uno; examen de los problemas actuales en los distintos pases;
convenciones formales con una serie de organizaciones emparentadas; creacin de un Secretariado
general en Nueva York, fundacin de una revista propia, World Medical Journal. Junto a estas
realizaciones de orden ms administrativo, la fijacin y valorizacin de algunos puntos importantes
de la profesin y del estado mdico; defensa de la reputacin y del honor de la corporacin de los
mdicos; elaboracin de un Cdigo internacional de tica mdica, admitido ya por cuarenta y dos
naciones; aceptacin de una nueva redaccin del juramento de Hipcrates (juramento de Ginebra);
condenacin oficial de la eutanasia. Entre muchas otras cuestiones, las relativas a la transformacin
y al desarrollo de la enseanza universitaria para la formacin de los jvenes mdicos y ms todava
para la investigacin mdica. No hemos mencionado aqu sino tan slo algunos puntos. En el
programa del actual Congreso VIII, habis aadido todava, por ejemplo: los deberes del mdico en
tiempo de guerra, singularmente de guerra bacteriolgica; posicin del mdico con relacin a la
guerra qumica y atmica y a la experimentacin en el hombre.
El aspecto mdico, tanto el tcnico como el administrativo, de estas cuestiones es materia vuestra;
mas en lo que se refiere al aspecto moral y jurdico, querramos Nos llamar vuestra atencin sobre
algunos puntos. Una serie de problemas, que os ocupan, tambin Nos han ocupado a Nos y
formaron el objeto de especiales alocuciones. As, el 14 de septiembre de 1952, a los participantes
en el Primer Congreso Internacional de Histopatologa del sistema nervioso, Nos hemos hablado (a
peticin de ellos mismos) sobre los lmites morales de los mtodos modernos de investigacin y de
tratamiento. Nos hemos referido Nuestras explicaciones al examen de los tres principios de donde la
Medicina deduce la justificacin de estos mtodos de investigacin y de tratamiento: el inters
cientfico de la medicina, el inters del paciente, el inters de la comunidad o, como se dice, el bien
comn, bonum commune[1]. En una alocucin a los miembros del XVI Congreso Internacional
medico o infermiere che volontariamente si sottoponga alle proprie sperimentazioni scientifiche. Ci che vale per il
medico nei riguardi del paziente vale pure per il medico per se stesso. Egli soggetto agli stessi grandi principi morali e
giuridici. Per cui egli non pu sottoporre se stesso ad esperienze scientifiche o pratiche che comportano serio danno o
che minacciano la salute; meno ancora egli autorizzato a tentare un intervento sperimentale che, secondo avviso
autorevole, possa avere per conseguenza mutilazione o suicidio. () Questo divieto di principio non riguarda il
movente personale di colui che si presta, si sacrifica e rinuncia in favore di un malato, n il desiderio di collaborare al
progresso di una scienza seria, intesa a soccorrere e a servire. Se si trattasse di ci la risposta affermativa [sulla liceit di
tale atteggiamento] si imporrebbe da sola.
Fatto salvo dunque, che il singolo operatore sanitario possa decidere di donarsi per il bene di uno o pi pazienti, resta
fisso quanto segue: Luomo lusufruttuario, non il possessore indipendente e il proprietario del suo corpo, della sua
vita e di tutto ci che il Creatore gli ha dato perch ne faccia uso, e questo in conformit ai fini della natura. Il principio
fondamentale: Solo colui che ha il diritto di disposizione abilitato a farne uso e, anzi, unicamente nei imiti che gli
sono stati fissati una delle ultime e pi universali norme dazione, alle quali il giudizio spontaneo e sano si attiene
fermamente e senza le quali lordine giuridico e quello della vita comune degli uomini nellambito della societ
impossibile.
Trapela, ancora una volta, la ferma concezione che la vita umana sia un bene, ma non assoluto. In questo senso pu
essere data, la vita, per un valore pi alto, come ad esempio la salvezza di un altro uomo oppure, in unottica cristiana,
la testimonianza della propria fede. Ma questo ideale sottosta a quanto la natura (o meglio, il Creatore della natura) ha
stabilito, e cio che la vita stessa ontologicamente indisponibile al suo proprietario o, per usare i termini realistici
utilizzati dallo stesso Pio XII, al suo usufruttuario. Questa concezione argina ogni possibile eccesso, ogni possibile
sacrificio di s che non sia, appunto, martirio, testimonianza di un valore (o, cristianamente, di una Persona) pi alto.

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de Medicina Militar, Nos hemos expuesto los principios esenciales de la moral y del derecho
mdico, su origen, su contenido y su aplicacin[2]. El XXVI Congreso de la Asociacin Italiana de
Urologa Nos haba propuesto la discutida cuestin: est permitido moralmente extirpar un rgano
sano para impedir el progreso de un mal que amenaza a la vida? Hemos respondido Nos a ella en
una alocucin del 8 de octubre del ao pasado[3]. Finalmente, Nos hemos tocado las cuestiones que
os ocupan durante el actual Congreso, las de la apreciacin moral de la guerra moderna y de sus
procedimientos, en una alocucin del 3 de octubre de 1953 a los participantes en el VI Congreso
Internacional de Derecho Penal[4].
Si ahora Nos no hacemos sino mencionar brevemente algunos de estos puntos, a pesar de su
importancia y de su alcance, Nos esperamos que las explicaciones dadas anteriormente puedan
servir de complemento; y por no alargar demasiado este discurso, las presentaremos cada vez
ntegramente en nota.
LA GUERRA Y LA PAZ
Que el mdico tiene durante la guerra un papel, y un papel privilegiado, es una evidencia. En
ningn otro momento hay tantos que cuidar y curar, as entre soldados como entre civiles, entre
amigos como entre enemigos. Necesario es conceder al mdico, sin restricciones, el derecho natural
de intervenir all donde se requiera su ayuda, y garantizrselo tambin mediante convenciones
internacionales. Aberracin de juicio y de corazn sera querer negar al enemigo el socorro mdico
y dejarle perecer.
Tiene el mdico un papel que jugar en la elaboracin, perfeccionamiento, acrecentamiento de los
medios de la guerra moderna, singularmente de los medios de la guerra A.B.C.**? Imposible
responder a esta cuestin sin haber resuelto antes esta otra: "La guerra total" moderna,
singularmente la guerra A.B.C., est permitida en principio? No puede subsistir duda alguna, sobre
todo a causa de los horrores y de los inmensos sufrimientos provocados por la guerra moderna, que
desatar sta sin justo motivo (es decir, sin que se halle impuesta por una injusticia evidente y
extremadamente grave, inevitable de otro modo), constituye un "delito" digno de las sanciones
nacionales e internacionales ms severas. Ni siquiera en principio se puede proponer la cuestin de
la licitud de la guerra atmica, qumica y bacteriolgica, sino en el caso en que se la juzgue
indispensable para defenderse en las condiciones indicadas. Y aun entonces es preciso empearse
por todos los medios en evitarla mediante acuerdos internacionales o sealar a su empleo lmites
muy claros y precisos para que sus efectos queden circunscritos a las exigencias estrictas de la
defensa. Cuando, sin embargo, el empleo de este medio lleva consigo una tal extensin del mal que
se escapa totalmente al control del hombre, su utilizacin debe rechazarse como inmoral. Aqu ya
no se tratara de la "defensa" contra la injusticia y de la necesaria "salvaguardia" de posesiones
legtimas, sino de la aniquilacin pura y simple de toda vida humana en el interior del radio de
accin. Esto no se halla permitido por ninguna razn.
Volvamos al mdico. Si alguna vez, en el cuadro de los lmites indicados, una guerra moderna
(A.B.C.) puede justificarse y se justifica de hecho, la cuestin de la colaboracin moral lcita del
mdico puede entonces plantearse. Pero estaris de acuerdo con Nos: preferible es no ver al mdico
ocupado en una tarea de este gnero; ella contradice demasiado a su deber primordial: llevar
socorro y curar, pero no hacer dao ni matar.
Esto os har comprensibles el sentido y la justificacin de Nuestras anteriores explicaciones; lo que
Nos hemos dicho sobre la condenacin de la guerra en general y sobre la situacin y el papel del
mdico en tiempo de guerra[5] y [6].

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LA EXPERIMENTACIN EN EL HOMBRE
Segn informaciones que Nos han llegado de parte vuestra, al programa primitivo de vuestro actual
Congreso habis aadido la cuestin de la experimentacin en el hombre vivo.
Qu extensin pueda tener esta experimentacin y a qu abusos puede conducir, lo han demostrado
los procesos de los mdicos de la posguerra.
Nos no permitimos el remitir, sobre esta materia, a un pasaje de uno de Nuestros discursos
precedentes[7].
Fcilmente se comprende que la investigacin y la prctica mdica no pueden prescindir de toda
experimentacin en el hombre vivo. Pero se trata de saber cules son las condiciones necesarias de
la experimentacin, sus lmites, sus obstculos, sus decisivos principios bsicos. En los casos
desesperados, cuando el enfermo est perdido si no se interviene y cuando existe un medicamento,
un medio, una operacin que, sin excluir todo peligro, guardan todava cierta posibilidad de xito,
un espritu recto y reflexivo admite sin ms que el mdico puede con el consentimiento explcito o
tcito del paciente, proceder a la aplicacin de este tratamiento. Pero la investigacin, la vida y la
prctica, no se limitan a tales casos; los desbordan y van ms lejos. Aun entre mdicos serios y
concienzudos, se oye formular la idea de que si no se corre el peligro con nuevas vas, si no se
ensayan nuevos mtodos, se detiene el progreso, si es que no se le paraliza por completo. Sobre
todo, en el terreno de las intervenciones quirrgicas, se hace resaltar cmo muchas operaciones, que
hoy no llevan consigo ningn peligro especial, tienen tras de s un largo pasado y una larga
experiencia el tiempo necesario al mdico para aprender y ejercitarse y que un nmero ms o
menos grande de casos mortales sealan los comienzos de estos procedimientos.
A vuestra competencia profesional pertenece responder a las cuestiones que se refieren a las
condiciones mdicas y a las indicaciones de la experimentacin en el hombre vivo. Sin embargo, la
dificultad de una precisin moral y jurdica hace aparecer como necesarias algunas indicaciones.
En Nuestra alocucin a los mdicos militares, brevemente hemos formulado Nos las directrices
esenciales sobre esta materia[8].
Para tratar y resolver estos problemas, se recurre, como se puede ver en el texto citado, a una serie
de principios morales de la ms fundamental importancia; la cuestin de las relaciones entre el
individuo y la comunidad, la del contenido y lmites del derecho a utilizar la propiedad de otro, la
cuestin de las condiciones y de la extensin del principio de totalidad, la de las relaciones entre la
finalidad individual y social del hombre, y otras semejantes. Aunque estas cuestiones no pertenecen
al dominio especfico de la medicina, sta, en todo caso, las debe tener en cuenta, como cualquier
otra de las actividades humanas.
Lo que vale para el mdico con relacin al paciente, vale tambin para el mdico con relacin a s
mismo. Est sometido a los mismos grandes principios morales y jurdicos. Tampoco l puede
tomarse a s mismo como objeto de experiencias cientficas o prcticas, que lleven consigo un dao
serio o que amenacen a su salud; mucho menos an est autorizado para intentar una intervencin
experimental que, segn una opinin autorizada, pueda producir la mutilacin o el suicidio.
Adems, preciso es decir otro tanto sobre los enfermeros y enfermeras y sobre todo el que est
dispuesto a prestarse para investigaciones teraputicas. No pueden entregarse a tales experiencias.
Esta negacin, en principio, no se refiere al motivo personal de quien se obliga, se sacrifica y se
entrega en beneficio de un enfermo, ni al deseo de colaborar al progreso de una ciencia seria, que
quiere ayudar y servir. Si de esto se tratara, sera obligada la respuesta afirmativa. En ninguna

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profesin, y en particular en la de mdico y enfermero, faltan personas dispuestas a consagrarse


totalmente a los dems y al bien comn. Pero no se trata de aquel motivo ni de esta decisin
personal; en tal actuacin se trata, en fin de cuentas, de disponer de un bien no personal, sin tener
derecho a ello. El hombre no es sino el usufructuario, no el poseedor independiente y el propietario
de su cuerpo, de su vida y de todo cuanto el Creador le ha dado para que lo use, y esto en
conformidad con los fines de la naturaleza. El principio fundamental: "Slo el que tiene derecho a
disponer est habilitado para usarlo, pero aun ello, tan slo en los lmites que le han sido fijados", es
una de las ltimas y ms universales normas de accin, a las cuales se atiene inquebrantablemente
el juicio espontneo y sano, y sin las cuales el orden jurdico y el de la vida comn de los hombres
en el conjunto de la sociedad es imposible.
En lo que se refiere a extraer partes del cuerpo de un difunto para fines teraputicos, no se puede
permitir al mdico que trate el cadver como le plazca. Establecer las reglas convenientes pertenece
a la autoridad pblica. Pero tampoco sta puede proceder arbitrariamente. Hay textos de ley, contra
los cuales pueden suscitarse serias objeciones. Una norma, como la que permite al mdico, en un
sanatorio, sacar partes del cuerpo para fines teraputicos, aunque est excluido todo afn de lucro,
no es admisible, siquiera por la posibilidad de que se la interprete demasiado libremente. Preciso es
tambin tomar en consideracin los derechos y los deberes de aquellos a quienes incumbe el
encargarse del cuerpo del difunto. Finalmente, es necesario respetar las exigencias de la moral
natural que prohbe considerar y tratar el cadver de un hombre simplemente como una cosa o como
el de un animal.
MORAL Y DERECHO DE LOS MDICOS
Comprenderis que, ante la lista de los resultados ya obtenidos en el curso de los siete aos de
existencia, la elaboracin de un cdigo internacional de moral mdica, ya aceptado por cuarenta y
dos pases, haya suscitado muy particularmente Nuestro inters.
Podra creerse que fuera fcil crear una moral mdica y un derecho mdico mundial uniformes. Sin
duda que la naturaleza humana es la misma sobre toda la tierra, en sus leyes y en sus rasgos
fundamentales; la finalidad de la ciencia mdica y, por consiguiente, la del mdico serio, son
tambin doquier las mismas: ayudar, curar y prevenir, no hacer dao ni matar. Afirmado esto, hay
ciertas cosas que ningn mdico hace, que ningn mdico sostiene ni justifica, antes las condena.
Asimismo hay cosas que ningn mdico omite, sino que, por lo contrario, las exige y las ejecuta.
Es, si as lo queris, el cdigo de honor del mdico y el de sus deberes.
Sin embargo, en realidad, la moral mdica actual todava se halla muy lejos de constituir una moral
mundial uniforme y completa. Relativamente son pocos los principios aceptados en todas partes.
Pero este nmero relativamente pequeo es a su vez digno de consideracin y merece ser apreciado
alta y positivamente como el punto de partida de un desarrollo ulterior.
A propsito de la moral mdica, querramos Nos proponer a vuestra consideracin las tres ideas
bsicas siguientes:
1.- La moral mdica debe basarse en el ser y en la naturaleza
Y esto porque ella debe responder a la esencia de la naturaleza humana y a sus leyes y relaciones
inmanentes. Todas las normas morales, tambin las de la medicina, proceden necesariamente de los
correspondientes principios ontolgicos. De ah viene la mxima: "Sers lo que t eres". He ah por
qu una moral mdica puramente positivista se niega a s misma.

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2.- La moral mdica debe ser conforme a la razn, a la finalidad, y orientarse segn los valores
La moral mdica no vive en las cosas, sino en los hombres, en las personas, entre los mdicos, en su
juicio, su personalidad, su concepcin y su realizacin de los valores. La moral mdica en el mdico
son las cuestiones de conciencia personales: "Qu es su justificacin?" (es decir, qu finalidad
persigue y se propone ella?). "Qu valor expresa ella por s misma, en sus relaciones personales, en
su estructura social?". Dicho de otro modo: "De qu se trata?" "Por qu? Con qu fin? Qu es
lo que esto vale?". Los hombres morales no pueden ser superficiales; y si lo son, no pueden
permanecer tales.
3.- La moral mdica debe estar arraigada en lo trascendente
Lo que, en ltima instancia, se halla establecido por un hombre, puede un hombre, en ltima
instancia, suprimirlo y en consecuencia (si ello es necesario o as le place) puede no cumplirlo. Esto
contradice a la constancia de la naturaleza humana, constancia de su destino y de su finalidad, y
contradice tambin al carcter absoluto e imprescriptible de sus exigencias esenciales. Porque stas
no dicen: "Si, como mdico, t quieres juzgar bien y obrar bien, obra as", sino que se manifiestan
ellas en lo ms profundo de la conciencia personal, bajo una forma completamente distinta: "T
debes obrar bien, cueste lo que cueste. Por lo tanto, t debes obrar as y no de otro modo". Este
carcter absoluto de las exigencias morales se mantiene, tanto si el hombre las escucha como si no.
El deber moral no depende del capricho del hombre: la accin moral es su nico deber. Este
fenmeno, admitido en todos tiempos, del carcter absoluto del orden moral, obliga a reconocer que
la moral mdica posee, en ltimo anlisis, un fundamento y una regla trascendente. En Nuestra
alocucin al Congreso de medicina militar, Nos hemos desarrollado estas consideraciones y hemos
hablado sobre el control de la moral mdica[9].
Aadamos una palabra sobre el derecho mdico, del que Nos hemos tratado otras veces con ms
detalle.
La vida de los hombres en comunidad exige normas determinadas y firmemente delimitadas, pero
no ms numerosas de lo que el bien comn exige. Por lo contrario, las normas morales se extienden
mucho ms lejos, son mucho ms numerosas y, en muchos aspectos, menos netamente delimitadas,
a fin de permitir la adaptacin necesaria a las exigencias justificadas de los casos particulares. El
mdico penetra profundamente en la vida del individuo y de la comunidad, a causa de la profesin
que l ejerce. En la sociedad tiene l necesidad de un apoyo jurdico amplio; y tambin de una
singular seguridad para su persona y su accin mdica. Por otra parte, la sociedad quiere una
garanta de la capacidad y de la competencia de los que se presentan y actan como mdicos. Todo
esto demuestra la necesidad de un derecho mdico, nacional y, hasta donde posible sea,
internacional. No en el sentido de un detallado reglamento, fijado por leyes; al contrario, que el
Estado abandone, en lo que sea posible, la elaboracin de este reglamento a los colegios de mdicos
(nacionales e internacionales), otorgndoles los necesarios poderes y sanciones. Resrvese l la alta
vigilancia, las ltimas sanciones, la integracin del orden y de los colegios de mdicos en el
conjunto de la vida nacional.
El derecho mdico en su contenido debe ser expresin de la moral mdica, por lo menos en cuanto
que no contenga nada opuesto a la moral. Llegue l a proponer todo lo que debera, para satisfacer
las exigencias de la tica natural; segn las experiencias hechas hasta el presente, se trata de un
deseo cuya realizacin todava se halla muy alejada.
En resumen: la moral mdica est, en su ltimo fundamento, basada en el ser, en la razn y en Dios:
el derecho mdico depende, adems, de los hombres.

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Nos hemos puesto de relieve tres puntos en el amplio programa de vuestro Congreso y Nos hemos
dicho una palabra sobre la guerra y sobre la paz, sobre la experimentacin en el hombre, sobre los
esfuerzos para constituir una moral mdica mundial y un derecho mdico mundial.
As queramos Nos estimular y orientar vuestro juicio personal y contribuir, por Nuestra parte, a los
progresos fructuosos y a la profundizacin de vuestro trabajo.

* AAS 46 (1954) 587-598.


ORe (Buenos Aires), ao III, n154, p.1-4.

[1] Disc. e Rad., vol. 14, pgs.319-330.


[2] 19 oct. 1953, ibid., vol. 15, pgs. 417-428.
[3] Ibid. 15, 373-375.
[4] Ibid. 15, 337-353.
** [Guerra A.B.C. = atmica, bacteriolgica, qumica (chimica)].
[5] Figura en primer lugar el crimen de una guerra moderna, no exigida por la necesidad
incondicionada de defenderse, y que lleva consigo podemos decirlo Nos sin titubear ruinas,
sufrimientos y horrores inimaginables. La comunidad de los pueblos debe contar con los criminales
sin conciencia que, para realizar sus ambiciosos planes, no temen desatar la guerra total. Por ello, si
los otros pueblos desean proteger su existencia y sus bienes ms preciosos, y, si no quieren dejar
franco el paso a los malhechores internacionales, no les queda sino prepararse para el da en que
debern defenderse. Este derecho de mantenerse a la defensiva, no se puede negarlo, aun hoy, a
Estado alguno. Por lo dems, esto no cambia absolutamente nada el hecho de que la guerra injusta
debe colocarse en el primer rango de los delitos ms graves, que el derecho penal internacional
condena, que sanciona con las penas mximas, y cuyos autores quedan en todo caso como culpables
y obligados al castigo previsto. (Alloc. aux particip. du VIe. Congres Intern. de droit penal, 3 oct.
1953; Disc. e Rad., vol.6, pgs. 340-341).
[6] Este punto es decisivo para la posicin del mdico frente a la guerra en general, y a la guerra
moderna en particular. El mdico es adversario de la guerra y promotor de la paz. Tanto como est
dispuesto a curar las heridas de la guerra, cuando stas existen ya, otro tanto debe emplearse l, en
la medida de lo posible, en evitarlas. La buena voluntad recproca permite siempre evitar la guerra
como ltimo medio de regular las diferencias entre los Estados. Hace pocos das, Nos hemos
todava expresado el deseo de que se castigue en el plano internacional toda guerra que no se halle
exigida por la necesidad absoluta de defenderse contra una injusticia muy grave referente a la
comunidad, cuando no se la puede impedir por otros medios y, sin embargo, es preciso hacerla, so
pena de dejar libre el campo en las relaciones internacionales a la violencia brutal y a la falta de
conciencia. No basta, pues, tener que defenderse contra no importa qu injusticia para utilizar el
mtodo violento de la guerra. Cuando los daos producidos por sta no son comparables a los de la
"injusticia tolerada", se puede tener la obligacin de "soportar la injusticia". Lo que acabamos de
desarrollar vale, en principio, para la guerra A.B.C., atmica, biolgica y qumica. La cuestin de

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saber si ella puede llegar a ser simplemente necesaria para defenderse contra una guerra A.B.C., que
Nos baste el haberla planteado aqu. La respuesta se deducir de los mismos principios, que son
decisivos hoy para permitir la guerra en general. En todo caso, otra cuestin se plantea desde el
primer momento: no es posible por acuerdos internacionales el proscribir y apartar eficazmente la
guerra A.B.C.? Despus de los horrores de los dos conflictos mundiales, no tenemos Nos necesidad
de recordar que toda apoteosis de la guerra se debe condenar como una aberracin del espritu y del
corazn. Ciertamente, la fuerza del alma y el herosmo hasta la entrega de la vida, cuando el deber
lo exige, son grandes virtudes; pero querer provocar la guerra porque ella sea la escuela de las
grandes virtudes y una ocasin para practicarlas, debera calificarse como crimen y como locura. Lo
que Nos hemos dicho muestra la direccin, en la cual se encontrar la respuesta a esta otra cuestin:
puede el mdico poner su ciencia y su actividad al servicio de la guerra A.B.C.? La "injusticia",
jams puede l sostenerla, ni siquiera en servicio de su propio pas; y cuando este tipo de guerra
constituye una injusticia, el mdico no puede colaborar a ella. (Alloc. aux membres du XVIe.
Congres Intern. de medecine militaire; Disc. e Rad., vol. 15, pgs. 321-322)
[7] No obstante, por tercera vez vuelve la cuestin: el "inters mdico de la comunidad" no est, en
su contenido y en su extensin, limitado por ninguna barrera moral? Da l "plenos poderes" para
cualquier experiencia mdica seria en el hombre viviente? Suprime l las barreras que todava
valen para el inters de la ciencia o del individuo? O bajo otra frmula: la autoridad pblica a la
que precisamente incumbe el cuidado del bien comn puede dar al mdico el poder de intentar
ensayos en el individuo por el inters mismo de la ciencia y de la comunidad a fin de inventar y
experimentar mtodos y procedimientos nuevos, cuando estos ensayos sobrepasan el derecho del
individuo a disponer de s mismo; puede realmente la autoridad pblica, por inters de la
comunidad, limitar o suprimir hasta el derecho del individuo sobre su cuerpo y su vida, su
integridad corporal y psicolgica? Para prevenir una objecin: siempre se supone que se trata de
investigaciones serias, de esfuerzos honestos para promover la medicina terica y prctica; pero no
de cualquier maniobra que sirva de pretexto cientfico para encubrir otros fines y realizarlos
impunemente. En lo que se refiere a las cuestiones planteadas, muchos han estimado, y aun lo
estiman hoy, que es preciso responderlas afirmativamente. Para defender su tesis invocan ellos el
hecho de que el individuo est subordinado a la comunidad, y que el bien del individuo debe dejar
paso al bien comn y serle sacrificado. Aaden que el sacrificio de un individuo a los fines de la
investigacin y de la exploracin cientfica aprovecha finalmente al individuo mismo. Los grandes
procesos de la posguerra han descubierto una cantidad tremenda de documentos que comprueban el
sacrificio del individuo "al inters mdico de la comunidad". En los documentos se encuentran
testimonios e informes que muestran cmo, con el asentimiento y a veces hasta por una orden
formal de la autoridad pblica, ciertos centros de investigacin exigan sistemticamente que se les
suministraran hombres de los campos de concentracin para sus experiencias mdicas, y cmo los
entregaban a tales centros: tantos hombres, tantas mujeres, tantos para tal experiencia, tantos para
tal otra. Hay informes sobre el desarrollo y el resultado de las experiencias, sobre los sntomas
objetivos y subjetivos observados en los interesados durante las diferentes fases de la
experimentacin. No pueden leerse esas notas sin sentirse embargado por una profunda compasin
hacia aquellas vctimas, muchas de las cuales fueron a la muerte, y sin asustarse ante semejante
aberracin del espritu y del corazn humano. Pero Nos podemos tambin aadir: los responsables
de estos hechos atroces no han hecho sino responder afirmativamente a las cuestiones que Nos
hemos planteado, y sacar las consecuencias prcticas de esta afirmacin. El inters del individuo
hllase, en este punto, subordinado al inters mdico comn, o se violan aqu, tal vez de buena fe,
las exigencias ms elementales del derecho natural, violacin que ninguna investigacin mdica
puede permitirse? Necesario sera cerrar los ojos a la realidad para creer que, en la hora actual, ya
no se encuentra nadie en el mundo de la medicina para mantener y defender las ideas que estn en
el origen de los hechos que Nos hemos citado. Basta seguir durante algn tiempo los informes sobre
los ensayos y las experiencias mdicas, para convencerse de lo contrario. Involuntariamente se

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pregunta qu es lo que ha autorizado a tal mdico para atreverse a tal intervencin, y lo que podra
alguna vez autorizarla. Con una objetividad tranquila, la experiencia est descrita en su desarrollo y
en sus efectos; se anota lo que se verifica y lo que no se verifica. Sobre la cuestin de la licitud
moral, ni una palabra. Y, sin embargo, existe esta cuestin; y no se la puede suprimir pasndola en
silencio. En el caso de que, en los hechos mencionados, la justificacin moral de la intervencin se
deduzca del mandato de la autoridad pblica, y consiguientemente de la subordinacin del
individuo a la comunidad, del bien individual al bien social, descansa ella en una explicacin
errnea de este principio. Preciso es observar que el hombre en su ser personal no est ordenado, en
fin de cuentas, para la utilidad de la sociedad; antes al contrario, la comunidad lo est para el
hombre. La comunidad es el gran medio querido por la naturaleza y por Dios para regular los
cambios en que se completan las necesidades recprocas, para ayudar a cada uno a desarrollar por
completo su personalidad segn sus aptitudes individuales y sociales. La comunidad, considerada
como un todo, no es una unidad fsica que subsiste en s, y sus miembros individuales no son partes
integrantes suyas. El organismo fsico de los seres vivos, de las plantas, de los animales o del
hombre posee, como tal todo, una unidad que subsiste en s; cada uno de los miembros, por
ejemplo, la mano, el pie, el corazn, el ojo es una parte integrante, destinada por todo su ser a
insertarse en el conjunto del organismo. Fuera del organismo no tiene, por su propia naturaleza,
ningn sentido, ninguna finalidad; est enteramente absorbido por el conjunto del organismo, al
cual se halla unido. De otro modo sucede en la comunidad moral y en cada organismo de carcter
puramente moral. Aqu el todo no tiene unidad que subsista en s, sino una simple unidad de
finalidad y de accin. En la comunidad, los individuos no son sino colaboradores e instrumentos
para la realizacin de la finalidad comunitaria. Qu se deduce para el organismo fsico? El dueo y
el usufructuario de este organismo, que posee una unidad subsistente, puede disponer directa e
inmediatamente de las partes integrantes, de los miembros y rganos, en el cuadro de su finalidad
natural; puede igualmente intervenir, con tanta frecuencia y en la medida en que lo exija el bien del
conjunto, para paralizar, destruir, mutilar, separar sus miembros. Pero, por lo contrario, cuando el
todo no posee sino una unidad de finalidad y de accin, su cabeza, es decir, en el caso presente, la
autoridad pblica, posee sin duda una autoridad directa y el derecho de plantear exigencias a la
actividad de las partes, pero en ningn caso puede disponer directamente de su ser fsico. Y as todo
ataque directo a su esencia constituye un abuso de competencia por parte de la autoridad. (Alloc. au
Premier Congres Intern. d'Histopathologie du Systeme Nerveux, 14 sept. 1952; Disc. e Rad., vol.14,
pgs. 325-328).
[8] ... el mdico justificaba sus decisiones por el inters de la ciencia, el del paciente y el del bien
comn. Del inters de la ciencia ya se ha hablado. En cuanto al del paciente, el mdico no tiene otro
derecho para intervenir sino el concedido por el enfermo. El paciente, por su parte, el individuo
mismo, no tiene derecho a disponer de su existencia, de la integridad de su organismo, de los
rganos particulares y de su capacidad de funcionamiento sino en la medida exigida por el bien de
todo el organismo. Esto da la clave de la respuesta a la cuestin de que os habis ocupado: Puede
el mdico aplicar un remedio peligroso, emprender intervenciones probable o ciertamente mortales,
tan slo porque el paciente lo quiera o consienta en ello? Asimismo, a la cuestin en s
comprensible para el mdico que trabaje precisamente detrs del frente o en el hospital militar: en
el caso de sufrimientos insoportables o incurables y de heridas horribles, puede administrar, por
peticin expresa del enfermo, inyecciones que equivalen a una eutanasia? En relacin con el inters
de la comunidad, la autoridad pblica no tiene, en general, derecho alguno directo a disponer de la
existencia y de la integridad de los rganos de sus sbditos inocentes. La cuestin de las penas
corporales y de la pena de muerte, Nos no la examinamos aqu, porque Nos hablamos del mdico,
no del verdugo. Y como el Estado no posee este derecho directo de disposicin, tampoco puede
comunicarlo al mdico por ninguna razn ni finalidad. La comunidad poltica no es un ser fsico
como el organismo corporal, sino un todo que no posee sino una unidad de finalidad y de accin; no
existe el hombre para el Estado, sino el Estado para el hombre. Cuando se trata de seres sin razn,

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plantas o animales, el hombre es libre para disponer de su existencia y de su vida (lo cual no
suprime la obligacin que tiene, ante Dios y su propia dignidad, de evitar las brutalidades y las
crueldades injustificadas), pero no de la de otros hombres o subordinados. El mdico de guerra saca
de ah una orientacin segura que, sin quitarle la responsabilidad de su decisin, es susceptible de
defenderle contra errores de juicio, ofrecindole una clara norma objetiva. (Alloc. aux membres du
XVIe. Congres Intern. de medecine militaire;Disc. e Rad. , vol.15, pgs.420-421).
[9] El control ltimo y el ms elevado es el Creador mismo: Dios. Nos no haramos justicia a los
principios fundamentales de vuestro programa y a las consecuencias de ah derivadas, si Nos
quisiramos caracterizarlos tan slo como exigencias de la humanidad, como finalidades
humanitarias. Tambin lo son; pero son esencialmente mucho ms an. La ltima fuente, de donde
derivan su fuerza y su dignidad, es el Creador de la naturaleza humana. Si se tratase de principios
elaborados tan slo por la voluntad del hombre, entonces su obligacin no tendra sino la fuerza de
los hombres; podran aplicarse hoy, y ser sobrepasados maana un pas podra aceptarlos, otro
rechazarlos. Pero sucede muy de otro modo, si interviene la autoridad del Creador. Y los principios
fundamentales de la moral mdica son parte de la ley divina. He aqu el motivo que autoriza al
mdico a poner una confianza incondicionada en estos fundamentos de la moral mdica (Ibid., Disc.
e Rad., vol. 15, pgs. 422-423).

6. Discurso PO XII A Los Participantes En La XVI Sesin De La


Oficina Internacional De Documentacin De Medicina Militar
(1953)

Al finalizar las tareas de la XVI Sesin de la Oficina Internacional de documentacin de medicina


militar, nos habis ofrecido, seores, el placer de vuestra visita Os lo agradecemos y os damos la
bienvenida a nuestra casa.
Toda una serie de congresos de mdicos y de asociaciones mdicas han venido ya hasta Nos en lo
que va del ao y en los aos precedentes, en nmero tan grande, que Nos sentimos cmo las
relaciones entre el Papa y la Orden de los mdicos son relaciones de confianza. Este hecho no deja
de tener sus profundas razones. El mdico, como el sacerdote y la Iglesia, debe ser un amigo y un
gua para la humanidad; debe curar a los hombres cuando son vctimas de la enfermedad, las
heridas y los sufrimientos; y esta triada enfermedad, heridas y sufrimientos , se encuentra
siempre y en todas partes, durante la paz e incomparablemente mucho ms durante la guerra.
Os habis anticipado a la confianza que Nos sentimos con respecto a vosotros y nos habis pedido
que os demos nuestra opinin sobre los puntos fundamentales o, ms exactamente, sobre el aspecto
moral de diversas cuestiones que os afectan como mdicos militares. Con mucho gusto Nos
accedemos a vuestro deseo. Por consiguiente, las palabras que os dirigimos conciernen al mdico
militar como tal, al mdico de guerra. Sentada esta premisa, quisiramos hablar de la moral y del
derecho de los mdicos.
1. La moral mdica
Una primera cuestin de moral mdica militar se plantea desde el punto de vista cientfico. El
extraordinario nmero de casos que la guerra pone en manos del mdico, contribuye a desarrollar y

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a profundizar su ciencia terica y prctica. Como Nos ya explicamos en ocasin precedente, la


ciencia en s misma es siempre un valor positivo, en medicina como en todas las dems ramas. Si
no, la omnisciencia no podra ser un atributo divino. Y esto vale para las influencias biolgicas y
mdicas favorables o dainas que la guerra revela al mdico. Pero si, en s, el acrecentamiento de la
ciencia es un bien, la consecuencia no es que todos los medios sean legtimos para adquirirla. De
una manera general, por otra parte, una ciencia cualquiera no conviene a uno cualquiera, ni tampoco
a no importa qu grupo de hombres. La ciencia no es ciertamente un bien cuando se tiene la
perversa intencin de servirse de ella para hacer dao a los dems, para causarles injustamente un
perjuicio.
Hagamos la aplicacin: la investigacin, el descubrimiento y el conocimiento de nuevos mtodos de
aniquilamiento de las masas mediante la guerra biolgica y qumica, de nuevos procedimientos para
suprimir enemigos polticos, nacionales y raciales, de nuevos tipos de eutanasia para los heridos, los
mutilados o los incurables, pueden como puro acrecentamiento de ciencia constituir un valor
positivo; pero no lo son en manos de ningn mdico, de ningn jefe de ejrcito y ni siquiera de
ninguna nacin. De este modo se responde en parte, claro est a la cuestin: semejantes
descubrimientos, los nuevos experimentos pueden o deben ser divulgados sin discernimiento por
su autor y comunicados, si no a todo el mundo, por lo menos a los requerimientos superiores?
Si en determinados casos la reserva es de rigor por los resultados mismos, se impone an ms,
como ya se ha indicado, en cuanto a los medios para llegar a ellos. Cuando es imposible conseguir
un dato o una certeza sobre las posibilidades de su utilizacin prctica sin una experiencia peligrosa,
y acaso mortal, sobre hombres vivos, el fin perseguido no basta para justificar esa experiencia. Ni
durante la paz ni durante la guerra, e incluso mucho menos en este caso, los heridos, los prisioneros
de guerra, los trabajadores forzados, los ocupantes de campos de concentracin, constituyen objeto
de experimentacin mdica, del que se pueda disponer libremente o con aprobacin de la autoridad.
Que el desprecio de esta norma pueda llegar a ser triste realidad lo han demostrado universalmente
las ltimas dcadas.
Este primer punto de tica mdica se refera a las adquisiciones tericas del mdico de guerra.
Pero el objeto principal de la conciencia del mdico es en realidad su actividad profesional.
En las ponencias de vuestras reuniones, en el proyecto de codificacin de una moral mdica
mundial, en el de un derecho mdico internacional y en la frmula propuesta de un juramento
mundial del mdico que sea valedero en todas partes, una idea se presenta constantemente: el
principio de conducta suprema, profesional y moral de la conciencia y de las prcticas mdicas; es
el de ayudar y de curar, no el de causar dao, destruir y matar. Estas reflexiones os han llevado a
exigir del mdico, en tiempo de paz y mucho ms an durante la guerra, el respeto de la vida
humana desde su concepcin hasta la muerte, la preocupacin por su bienestar, la curacin de sus
heridas y de sus enfermedades, el alivio de sus sufrimientos y de sus achaques, la preservacin y la
lucha contra los peligros, el abandono de todo cuanto se opone a sus tareas. Habis puesto de
relieve que esto deba aplicarse a todo hombre, amigo o enemigo, independientemente del sexo y de
la edad, de la raza, de la nacin y de la cultura.
Este principio de conducta de la conciencia mdica, aplicadlo durante la guerra, cuando el furor
despiadado de las armas modernas aniquila tantas vidas, produce tantas heridas, tantas mutilaciones,
tantos sufrimientos y penas, tanta miseria y abandono, tanto en el campo de batalla como en las
ciudades bombardeadas. La realizacin de esta ley esencial de la conciencia y de la prctica
mdicas hallar en todo el mundo la aprobacin de todos los hombres rectos; responde a la voz del
corazn humano y a la esperanza de toda alma que se haya conservado sana.

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No tenemos necesidad de explicar que la conciencia mdica, como vosotros mismos lo habis
observado, es capaz de ser la conciencia colectiva de todos los mdicos del mundo; la naturaleza
humana, las leyes biolgicas y mdicas, el sufrimiento y la miseria, as como el. agradecimiento a
cuantos aportan socorros y salud, son los mismos en todas partes.
Tcase aqu enseguida otra verdad fundamental: esta conciencia mdica no es puramente subjetiva;
se forma ms bien al contacto con lo real y se orienta hacia l y hacia las leyes ontolgicas que
gobiernan todo pensamiento y todo juicio.
Comprese con estas leyes ontolgicas cuanto Nos decamos anteriormente sobre el punto cientfico
como tal. Tambin ste se subordina a estas normas. El mdico que no quisiera tener esto en cuenta,
renunciara al ttulo de mdico, en el sentido pleno y ms noble del trmino. En vuestras ponencias,
se ha propuesto distinguir dos clases de mdicos: los investigadores y los mdicos curantes. Esta
distincin permite suponer que el investigador es considerado como totalmente al servicio del
mdico curante. En pura hiptesis, si aqul no aceptara la imperativa prohibicin de causar dao,
de destruir y de matar, rechazara tambin la conciencia mdica y la moral mdica que le obligan
igualmente.
Pero la actividad del mdico concienzudo, para el que vuestro principio bsico ayudar y curar, no
causar dao ni matar, es algo natural, puede encontrar lmites a cuya trasgresin se opone un veto:
un no exigido por intereses que, en la escala de valores, llevan consigo la salud del cuerpo y de la
vida. Hace un ao (13 sept. 1952) Nos hablamos extensamente al Primer Congreso de
Histopatologa del sistema nervioso sobre los lmites morales de la investigacin y del tratamiento
mdico. Bastar ahora recoger para nuestra exposicin de hoy cuanto se relaciona especialmente
con las cuestiones que os interesan.
Como indican vuestras ponencias, el problema de estos lmites morales ha sido planteado en
vuestras propias discusiones habindose manifestado diversas opiniones. Nos dijimos el ao pasado
que el mdico justificase sus decisiones por el inters de la ciencia, el de su paciente y el del bien
comn. Del inters de la ciencia se ha tratado ya. En cuanto al del paciente, el mdico no tiene para
intervenir ms derecho del que el paciente le concede. El paciente, por su lado, el individuo, no
tiene derecho a disponer de su existencia, de la integridad de su organismo, de determinados
rganos y de su capacidad de funcionamiento sino que en la medida en que el bien de todo el
organismo lo exige.
Esto da la clave de la respuesta a la cuestin que os ha ocupado: puede el mdico aplicar un
remedio peligroso, abordar intervenciones probablemente o ciertamente mortales, tan slo porque el
paciente lo quiere o consiente en ello? Y del mismo modo a la cuestin comprensible en s misma
para el mdico que trabaja en las inmediaciones del frente o en el hospital militar: puede, en casos
de sufrimientos insoportables incurables y de heridas horribles, administrar a peticin expresa del
enfermo, inyecciones que equivalen a una eutanasia?
Por lo que se refiere al inters de la comunidad, la autoridad pblica no tiene en general ningn
derecho directo a disponer de la existencia y de la integridad de los rganos de sus individuos
inocentes. La cuestin de las penas corporales y de la pena de muerte no la examinamos Nos aqu,
ya que Nos hablamos del mdico y no del verdugo. Del mismo modo que el Estado no tiene ese
derecho directo de disponer, no puede, por consiguiente, comunicarlo al mdico por ningn motivo
y con ningn fin. La comunidad poltica no es un ser fsico como el organismo corporal, sino un
todo que no posee ms que una unidad de finalidad y de accin: el hombre no existe para el Estado
sino el Estado para el hombre. Cuando se trata de seres sin razn, plantas animales, el hombre es

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libre (excepto, naturalmente, en los casos de crueldad) de disponer de su existencia y de su vida,


pero no de la de otros hombres o de subordinados.
El mdico de guerra tiene ah una orientacin segura que, sin quitarle la responsabilidad de su
decisin, es susceptible de evitarle errores de juicio, facilitndole una norma objetiva clara.
El principio fundamental de la moral mdica manda no solamente ayudar y curar, no causar dao
ni matar, sino tambin prevenir y preservar.
Este punto es decisivo para la posicin del mdico frente a la guerra en general, y a la guerra
moderna en particular. El mdico es adversario de la guerra y promotor de la paz. As mismo est
dispuesto a curar las heridas de la guerra, cuando ya existen, as mismo, en la medida de lo posible,
ha de evitarlas.
La buena voluntad reciproca permite siempre evitar la guerra como ltimo medio para solventar las
diferencias entre los Estados. Hace algunos das, Nos manifestamos una vez ms el deseo de que se
castigue en el orden internacional toda guerra, que no sea exigida por la necesidad absoluta de
defenderse contra una injusticia muy grave, que afecte a toda la comunidad, cuando no puede ser
impedida por otros medios y cuando es preciso hacerla, sin embargo, so pena de conceder campo
libre en las relaciones internacionales a la violencia brutal y a la falta de conciencia. Por
consiguiente, no basta con tener que defenderse contra cualquier injusticia para emplear el mtodo
violento de la guerra. Cuando los daos que sta entraa no son comparables con los de la
injusticia tolerada, puede tenerse la obligacin de sufrir la injusticia.
Cuanto Nos acabamos de exponer vale en primer lugar para la guerra A .B.C., atmica, biolgica y
qumica. La cuestin de saber si puede llegar a ser simplemente necesaria para defenderse de una
guerra A .B.C., que nos baste de haberla planteado aqu. La respuesta se deducir de los mismos
principios, que son decisivos hoy da para permitir la guerra en general. En todo caso, otra cuestin
se plantea en primer lugar: no es posible mediante acuerdos internacionales proscribir y descartar
eficazmente la guerra A. B. C.?
Tras los horrores de los dos conflictos mundiales, Nos no tenemos necesidad de recordar que toda
apoteosis de la guerra debe condenarse como una aberracin del espritu y del corazn. Ciertamente
que la fuerza de un alma y la valenta hasta la entrega de la vida, cuando el deber lo exige, son
grandes virtudes; pero querer provocar la guerra porque es la escuela de las grandes virtudes y una
ocasin de practicarlas debera ser calificado de crimen y de locura.
Cuanto Nos hemos dicho indica la direccin en que donde encontrar la respuesta a esta otra
cuestin: puede el mdico poner su ciencia y su actividad al servicio de la guerra A.B.C.? La
injusticia no puede sostenerla nunca, ni siquiera al servicio de su propio pas; y cuando este tipo
de guerra constituye una injusticia, el mdico no puede colaborar en ella.
Queda por decir una palabra sobre el control y las sanciones de la conciencia mdica.
El control ltimo y el ms elevado es el propio Creador: Dios. Nos no haramos justicia a los
principios fundamentales de vuestro programa y a las consecuencias que de l se derivan, si
quisiramos caracterizarlas solamente como exigencias de la humanidad, como fines humanitarios.
Lo son tambin; pero esencialmente son ms todava. La ltima fuente, de la que derivan su fuerza
y su dignidad, es el Creador de la naturaleza humana. Si se tratara de principios elaborados
nicamente por la voluntad del hombre, entonces su obligatoriedad no tendra ms fuerza que los
hombres; podran aplicarse hoy y ser rebasados el da de maana; un pueblo podra aceptarlos y otro

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rechazarlos. Algo muy diferente de cuando la autoridad del Creador interviene. Y los principios
bsicos de la moral mdica son parte de la ley divina. He ah el motivo que autoriza al mdico a
poner una confianza incondicional en estos fundamentos de la moral mdica.
Pero la conciencia mdica siente adems la necesidad de un control y de una sancin visibles.
Hallar una en primer lugar en la opinin pblica, que est de parte vuestra, Seores, puesto que
reconocis esos principios. Se cuentan por miles y cientos de miles los soldados que estuvieron
heridos y enfermos y en cuyo espritu y en cuyo corazn tantos mdicos se han ganado una estima y
un agradecimiento imperecederos por una abnegacin que ha costado la vida a ms de uno.
Ms importante an y ms eficaz es el control ejercido sobre cada mdico por sus colegas. Su juicio
reviste una importancia particular para salvaguardar la moral mdica cuando se hallan reunidos en
comunidad profesional, aun cuando sta no tenga carcter de derecho pblico. Podra formular su
veredicto sobre un mdico sin conciencia y excluirlo de la Orden.
Si adems se lograra formar, como vosotros estis tratando, una liga mundial de mdicos, que
reconociera los principios antedichos de moral mdica y desempeara, al menos de hecho, el papel
de vigilar la actividad de los mdicos, sobre todo en tiempo de guerra, la conciencia mdica tendra
con ello una seguridad an ms eficaz. Semejante liga mundial podra fundar una Orden
internacional de mdicos, cuyo juicio, decidira sobre la licitud de ciertos procedimientos, y
estigmatizara las medidas ilcitas de los individuos, e incluso tal vez de los Estados o grupos de
Estados.
Justamente sostenis la opinin de que los puntos esenciales de la moral mdica deben llegar a ser
en primer lugar una conviccin comn de la Orden de los mdicos, y a continuacin de un pblico
ms vasto; ya que, en la formacin de los estudiantes de medicina habra que incluir como rama
obligatoria una sistemtica exposicin de la moral mdica. Vuestras ponencias reclaman, en fin, un
juramento profesional mdico idntico en los diversos pases y naciones, antes de que un mdico
pueda obtener permiso para ejercer su profesin, obligndosele a prestar ese juramento ante los
delegados de la Orden internacional de mdicos. El juramento sera una profesin personal de los
principios de la moral mdica y al mismo tiempo un apoyo y una incitacin a observarla. Dad a ese
juramento o ms bien dejadle lo que le corresponde por su naturaleza: el sentido religioso de una
promesa formulada ante la autoridad suprema del Creador, de quien vuestras exigencias reciben en
ltima instancia su fuerza obligatoria y su ms alta consagracin.
Vuestros esfuerzos sealan que tendis adems, y por buenos motivos, a la creacin de instituciones
mdicas de derecho pblico e internacionales, apoyadas por acuerdos entre los Estados. Abordamos
a continuacin esta cuestin, tratando del derecho de los mdicos.
II. El derecho mdico
Serios motivos militan, en efecto, en favor de la creacin de un derecho internacional de los
mdicos, sancionado por la comunidad de pueblos. En primer lugar, porque la moral y el derecho
por su naturaleza no siempre se encuentran y, cuando se juntan, se mantienen sin embargo
formalmente diferentes. Nos podemos referirnos a cuanto dijimos a este propsito a los miembros
del Congreso de derecho penal internacional.
Por lo que respecta a la moral, el derecho cumple con varias funciones; as, por ejemplo, la de
seleccin y concentracin; ambas van a parar a esto: que el derecho no recobra las exigencias
morales sino que en la medida requerida por el bien comn. Es siempre decisivo, en esa relacin,
que el derecho positivo, a diferencia del simple postulado tico proponga una norma de conducta,

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formulada por la autoridad competente de una comunidad de pueblos o de Estados y obligatoria


para los miembros de esa comunidad, con vistas a realizar el bien comn. A ese derecho positivo
corresponden entonces la obligacin jurdica, el control jurdico y el poder de coercin.
La elaboracin de un derecho de los mdicos rebasa la competencia de esta profesin, as como la
de la Orden de los mdicos; est reservada al poder legislativo. Por otra parte, se ve fcilmente la
importancia y la necesidad de un derecho mdico a causa de la profunda influencia del mdico tanto
sobre el individuo como sobre la sociedad. La legislacin de los Estados contiene ya muchas
prescripciones, a veces diseminadas, y otras agrupadas, a menudo muy detallada sobre la formacin
de los mdicos y el ejercicio de su profesin. Estas disposiciones legales dan al mdico las normas
de su actividad y a los dems la garanta de que obrar bien, y a su conciencia una barrera contra la
negligencia y el abuso de su poder; tranquilizan a la comunidad, segura de haber confiado sus
enfermos a hombres de una ciencia y una prctica experimentadas y que, adems, se hallan
sometidos al control de la ley. Naturalmente, se presupone siempre que ese derecho de los mdicos
es justo, es decir, conforme con la verdad y la moralidad, y que no procede de un sistema de
violencia desprovisto de conciencia.
Si la urgencia de un derecho mdico se observa en circunstancias normales, se afirma mucho ms
an en tiempo de guerra. Nunca es ms importante observar la justicia; nada amenaza tanto el
peligro de error y al mismo tiempo de trato injusto: en ningn caso las consecuencias son ms
temibles para el soldado lo mismo que para el mdico, y tal vez sea necesario aadir una vez ms:
nunca uno y otro se hallan ms desprovistos de proteccin que durante la guerra.
La suerte de sta puede poner al mdico en manos del enemigo o confiarle sus enfermos o sus
heridos. Puede hallarse al lado de los vencedores o de los vencidos, en su propio pas o en pas
enemigo. Qu derecho rige entonces su persona y el ejercicio de su profesin? Si l mismo es no
combatiente, pertenece sin embargo a los grupos de combatientes; y entonces qu calidad se le
reconocer? Puede ejercer su arte, y sobre quin? Sobre los amigos y los enemigos, los militares y
los civiles? Dondequiera que su ayuda sea solicitada y necesaria? Y cmo puede ejercerla: con
arreglo a los principios de la moral mdica y conforme a su conciencia?
Todo esto habr de ser determinado por convenios internacionales. Muchos puntos han sido ya
fijados pero no todos los que debieran serlo. Adems, el nmero de Estados que tomaron parte en
esas convenciones no es muy grande y menor an el nmero de los que los han ratificado. El cuerpo
mdico puede ponerse en contacto con las asambleas legislativas mediante iniciativas y propuestas
para incluir en el derecho internacional proyectado, los puntos ya comprendidos en los tratados
firmados. Otra posibilidad consistira en unir a los convenios existentes, con valor jurdico idntico,
el esquema de derecho mdico ya en vigor.
No se emprender esa tarea con la esperanza utpica de alcanzar la meta de la noche a la maana,
sino con calma, habilidad y perseverancia tenaz, sin la que las empresas importantes no llegan
jams a su objetivo.
Esto se refera a la necesidad de crear un derecho mdico internacional y al medio para realizarlo.
En cuanto al contenido de ese derecho y a los enunciados jurdicos por formular, el proyecto ya
preparado da las suficientes indicaciones. Desde el punto de vista tcnico, Nos no tenemos
intencin de intervenir. Nos ocupamos de la moral mdica.
Bajo este aspecto, el derecho mdico codificado debera tener como fundamento cuanto encierran
vuestros principios bsicos. Por lo tanto un punto del derecho debera ser que el mdico pueda

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ejercer su profesin siempre y donde quiera que sea prcticamente posible; incluso en reaccin con
el enemigo herido, tanto entre los soldados como entre los civiles, prisioneros o internados, y en
general entre quienes son vctimas de la enfermedad, la desgracia y el sufrimiento. Las necesidades
mayores tienen aqu la prioridad, as como los socorros que no se pueden diferir. No podr
perseguirse en lo penal a ningn mdico por el simple motivo de que ha curado a quienes tenan
necesidad de ello, que se ha negado a dejar perecer a enfermos o heridos sin socorrerles, que se ha
negado a causar dao en la vida o en el cuerpo humano a mutilar o a matar.
Pero sera demasiado poco para el derecho mdico enunciar lo que el mdico puede hacer; hay que
decir adems lo que debe hacer. En otros trminos, donde quiera que se haya dado un permiso debe
haber tambin un deber. Esto concierne lo mismo al mdico de una parte que al del enemigo y a
quien, procediendo de un pas neutral, se halla al servicio de una de las potencias beligerantes. El
imperativo, que se aplica a los mdicos, supone un segundo imperativo para los gobernantes y los
jefes de ejrcito, y les prohbe, por una parte, poner dificultades al mdico en su actividad, mientras
que por otra, les obliga a ayudarle en la medida de lo posible concedindole el personal necesario y
poniendo a su disposicin el material requerido. Estas exigencias no pueden resultar normas
obligatorias de un derecho internacional ms que cuando el propio mdico se prohbe a s mismo,
durante el conflicto, toda actividad poltica o militar, no inclinndose hacia ninguno de los dos
bandos.
An hay otro punto que debera formar parte del derecho mdico internacional: el secreto
profesional. En virtud de una ley formal, el mdico debe tener, incluso durante la guerra, la
posibilidad y la obligacin de guardar secreto de cuanto se le confa en el ejercicio de su profesin.
Sera interpretacin errnea ver en ese secreto solamente un bonum privatum; una medida destinada
al bien del individuo es igualmente exigida por el bonum commune, por el bien comn. En caso de
conflicto entre dos aspectos del mismo bien comn, una madura reflexin indicar cul es el que se
impone. No explicaremos ahora cules motivos, por excepcin, eximen del secreto mdico, incluso
contra la voluntad del paciente. El papel de la ley consiste en decidir sobre el caso habitual, en el
que el silencio es una regla.
Si se consiguiera y en parte se ha conseguido ya incluir las exigencias morales antedichas en los
tratados internacionales con fuerza de ley, el resultado obtenido no sera despreciable. En este
aspecto hay que convencerse de que el mdico es el dbil; las prescripciones jurdicas que le
conciernen de poco servirn en caso de conflicto si no se logra de las autoridades del Estado que se
sometan a esas obligaciones y que hagan el sacrificio de una parte de su soberana, sacrificio que
suponen siempre, en cierto modo, las convenciones internacionales de este gnero.
Queda la cuestin, difcil tambin en los dems tratados internacionales, del control y de las
sanciones de un derecho mdico internacional. Hay que reconocer que esos acuerdos no producen
sus bienhechores efectos sino cuando se consigue resolver ese problema de una manera
satisfactoria. La cuestin planteada ante la ONU con ocasin de los derechos del hombre, y sobre la
que habis llamado nuestra atencin, caracteriza la dificultad presente: Es la Asamblea general
una academia llamada a redactar convenciones que jams sern aplicadas? ( Vers un Statut
rnondial de la mdecine, p. 52, al. 1 in fine). La Convencin de Ginebra de 1949, muy conocida y
muy importante, ha llegado hasta esa cuestin del control y de las sanciones, pero se ha detenido
ah.
Por lo tanto, vosotros presentis propuestas concretas. Llamis la atencin sobre el Tribunal de
justicia internacional, ya existente, y proponis agregarle una seccin para el derecho mundial de
los mdicos, cuya misin sera vigilar, recibir quejas, facilitar informaciones y en algunos casos
pronunciar juicio y condena: la ejecucin de sta, cuando se trata de individuos aislados, se confa

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al Estado al que pertenecen, o al del territorio donde se encuentran, o a aqul al que habrn de ser
entregados. En cuanto a la cuestin, tan a menudo decisiva en caso de guerra, la de las sanciones,
cuando el juicio afecta a un Estado soberano o a un grupo de Estados, especialmente cuando el
Estado culpable sale vencedor del conflicto, esta cuestin espera an ser regulada por un derecho
codificado.
Para no terminar nuestra exposicin con consideraciones poco satisfactorias, Nos quisiramos al
concluir llamar vuestra atencin sobre algo ms elevado: Nos decimos que la sancin ltima de la
conciencia mdica es Dios. Dios es tambin vuestra fuerza ntima ms poderosa cuando vuestra
profesin exige sacrificios. Obrad en virtud de esa fuerza, la del amor de Jesucristo, Dios hecho
hombre. Sabis perfectamente cun imponentes obras la caridad cristiana, inspirada por ese amor,
ha realizado en todos los dominios para salvacin de la humanidad que sufre. Esa fuerza y ese amor
Nos os los deseamos de todo corazn.

7. Discurso PO XII Sobre Tres Cuestiones De Moral Mdica


Relacionadas Con La Reanimacin (1957)

El doctor Bruno Haid, jefe de la Seccin de Anestesia de la Clnica Quirrgica Universitaria de


Innsbruck, Nos ha sometido tres cuestiones de moral mdica relacionadas con lo que se conoce por
reanimacin. Nos place, seores, responder a ese deseo, que manifiesta la alta conciencia que
tenis de vuestros deberes profesionales y la voluntad de resolver los problemas delicados que se os
plantean a la luz de los principios del Evangelio.
Segn la exposicin del doctor Haid, la anestesiologa moderna se ocupa no solamente de los
problemas de la analgesia y de la anestesia propiamente dichas, sino tambin de la reanimacin.
Se designa as en Medicina, y particularmente en anestesiologa, a la tcnica susceptible de
remediar ciertos incidentes que amenazan gravemente la vida humana, y en particular las asfixias,
que antes, cuando no se dispona de los medios de la anestesiologa moderna, conducan en algunos
minutos a la detencin del corazn y a la muerte. La tarea del anestesista se extiende, por tanto, a
las dificultades respiratorias agudas, provocadas por la estrangulacin o condicionadas por lesiones
torcico-pulmonares abiertas; interviene para impedir la asfixia debida a la obstruccin interna de
las vas respiratorias por el contenido estomacal o por ahogamiento, para remediar la parlisis
respiratoria total o parcial en caso de ttanos grave, de parlisis infantil, de envenenamiento por gas,
los hipnticos o la embriaguez, o incluso en caso de parlisis respiratoria central provocada por
traumatismos craneanos graves.
Cuando se practica la reanimacin y el tratamiento de los que sufren lesiones craneales, y a veces
entre los operados del cerebro o de los que han sufrido traumatismos cerebrales por anoxia y
permanecen sumergidos en una profunda inconsciencia, surgen cuestiones que interesan a la moral
mdica y que ponen en juego los principios de la filosofa natural ms que los de la analgesia. As
acontece que el anestesilogo puede, como en los accidentes y enfermedades indicadas
anteriormente, y cuyo tratamiento ofrece suficientes probabilidades de xito, mejorar el estado
general de los pacientes que sufran lesin grave del cerebro y cuyo caso pareca desde el principio
desesperado. As tambin restablece la respiracin, bien por intervencin manual, bien con la ayuda
de aparatos especiales; libera las vas respiratorias y provee la alimentacin artificial del paciente.

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Gracias a esta teraputica, en particular por la administracin de oxgeno, por medio de la


respiracin artificial, la circulacin que estaba casi extinguida se recupera y el aspecto del paciente
mejora, a veces de forma tan rpida que el anestesilogo o cualquier otro mdico que, findose de
su experiencia, hubiera abandonado el caso, comienza a alimentar una ligera esperanza de ver
restablecida la respiracin espontnea. La familia considera generalmente esta mejora como un
resultado sorprendente, que suele atribuir al mdico.
Si la lesin del cerebro es tan grave que es muy probable, e incluso prcticamente cierto, que el
paciente no sobrevivir, el anestesista se plantea la cuestin angustiosa del valor y del sentido de las
maniobras de reanimacin. Para ganar tiempo y emprender con ms seguridad las decisiones
ulteriores, aplicar inmediatamente la respiracin artificial con intubacin y limpieza de las vas
respiratorias. Pero puede entonces encontrarse en una situacin delicada si la familia considera estos
esfuerzos inconvenientes y no se aviene a ellos. La mayor parte de las veces esto se produce no al
principio de las tentativas de reanimacin, sino cuando el estado del paciente, despus de una ligera
mejora, no progresa y cuando est claro que slo la respiracin artificial automtica le mantiene
con vida. Se pregunta entonces si se debe o si se puede proseguir la tentativa de reanimacin,
aunque el alma haya abandonado quiz ya el cuerpo.
La solucin de este problema, ya difcil en s, se hace ms difcil todava cuando la familia
catlica quiz apremia al mdico de cabecera, y particularmente al anestesilogo, a quitar el
aparato de respiracin artificial a fin de permitir al paciente, ya virtualmente muerto, que acabe en
paz. De ah se deriva una cuestin fundamental desde el punto de vista religioso y para la filosofa
de la naturaleza; segn la fe cristiana, cundo sobreviene la muerte en caso de pacientes para los
que se han utilizados los procedimientos modernos de reanimacin? La extremauncin es vlida, al
menos mientras se pueda comprobar una accin cardaca, aunque las funciones vitales propiamente
dichas hayan desaparecido ya y si la vida no depende ms que del funcionamiento de un aparato
respiratorio?
Los problemas que se plantean en la prctica moderna de la reanimacin pueden, pues, formularse
en tres preguntas: Se tiene el derecho o hasta la obligacin de utilizar los aparatos modernos de
respiracin artificial en todos los casos, aun en aquellos que, a juicio del mdico, se consideran
como completamente desesperados? En segundo lugar, se tiene el derecho o la obligacin de
retirar el aparato respiratorio cuando, despus de varios das, el estado de inconciencia profunda no
se mejora, mientras que si se prescinde de l la circulacin se detendr en algunos minutos? Qu es
preciso hacer en este caso si la familia del paciente que ha recibido los ltimos sacramentos impulsa
al mdico a retirar el aparato? La extremauncin es todava vlida en este momento? En tercer
lugar, un paciente que cae en la inconsciencia por parlisis central, pero en el cual la vida es
decir, la circulacin sangunea se mantiene gracias a la respiracin artificial y sin que sobrevenga
ninguna mejora despus de varios das, debe ser considerado como muerto de facto o tambin
de jure? No es preciso esperar para considerarle como muerto a que la circulacin sangunea se
detenga a pesar de la respiracin artificial?
Nos responderemos de muy buena gana a estas tres cuestiones; pero antes de examinarlas
querramos exponer los principios que permitirn formular la respuesta.
La razn natural y la moral cristiana dicen que el hombre (y cualquiera que est encargado de
cuidar de su semejante) tiene el derecho y el deber, en caso de enfermedad grave, de tomar las
medidas necesarias para conservar la vida y la salud. Tal deber que tiene hacia l mismo, hacia
Dios, hacia la comunidad humana y lo ms a menudo hacia personas determinadas, deriva de la
caridad bien ordenada, de la sumisin al Creador, de la justicia social y aun de la estricta justicia,
as como de la piedad hacia la familia. Pero obliga habitualmente slo al empleo de los medios

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ordinarios (segn las circunstancias de personas, de lugares, de pocas, de cultura), es decir, a


medios que no impongan ninguna carga extraordinaria para s mismo o para otro. Una obligacin
ms severa sera demasiado pesada para la mayor parte de los hombres y hara ms difcil la
adquisicin de bienes superiores ms importantes. La vida, la salud, toda la actividad temporal estn
en efecto, subordinadas a los fines espirituales. Por otra parte, no est prohibido hacer ms de lo
estrictamente necesario para conservar la vida y la salud, a condicin de no faltar a deberes ms
graves.
En cuanto al hecho de administrar los sacramentos a un hombre sumido en la inconsciencia, la
respuesta se deduce de la doctrina y de la prctica de la Iglesia, que, por su parte, sigue como regla
de accin la voluntad del Seor. Los sacramentos estn destinados, en virtud de la institucin
divina, a los hombres de este mundo durante la duracin de su vida terrestre, y, a excepcin del
bautismo mismo, presuponen el bautismo en aquel que los recibe. Lo que no sea un ser humano, no
lo sea todava o no lo sea ya, no puede recibir los sacramentos. Por otra parte, si alguno manifiesta
su negativa, no se le pueden administrar en contra de su voluntad. Dios no fuerza a nadie a aceptar
la gracia sacramental. Si se ignora cundo alguien rene las condiciones requeridas para recibir
validamente el sacramento, es preciso procurar resolver la duda. En caso de no conseguirlo, se
conferir el sacramento bajo condicin, al menos tcita (con la clusula si capax est, que es la
ms amplia). Los sacramentos han sido instituidos por Cristo para los hombres, a fin de salvar su
alma; adems, en caso de extrema necesidad, la Iglesia prueba las soluciones ltimas para
comunicar a un hombre la gracia y los socorros sacramentales.
La cuestin del hecho de la muerte y de la comprobacin, sea de hecho (de facto), sea de su
autenticidad jurdica (de jure), tiene por sus consecuencias, aun en el terreno de la moral y de la
religin, un alcance todava ms largo. Lo que acabamos de decir sobre las presunciones esenciales
de la recepcin vlida de un sacramento lo demuestra. Pero la importancia del hecho se extiende
tambin a los efectos en materia de herencia, a la cuestin del matrimonio y a los procesos
matrimoniales, a la cuestin de los beneficios y a muchos otros aspectos de la vida privada y social.
Es propio del mdico, y particularmente del anestesilogo, dar una definicin clara y precisa de la
"muerte" y del "momento de la muerte" de un paciente que fallece en estado de inconsciencia. Para
eso se puede restablecer el concepto usual de separacin completa y definitiva del alma y del
cuerpo. Pero en la prctica se tendr en cuenta la imprecisin de los trminos "cuerpo" y
"separacin". Se puede descuidar la posibilidad de que un hombre sea enterrado vivo, ya que la
retirada del aparato respiratorio debe, despus de algunos minutos, provocar el detenimiento de la
circulacin y, por consiguiente, la muerte.
En caso de duda insoluble se puede recurrir tambin a las presunciones de derecho y de hecho. En
general, se resolver por la de la permanencia de la vida, ya que se trata de un derecho fundamental
recibido del Creador y del que es preciso probar con certeza que se ha perdido.
Pasamos ahora a la solucin de las cuestiones particulares.
1. El anestesilogo, tiene el derecho o incluso est obligado en todos los casos de inconsciencia
profunda, hasta en aquellos completamente desesperados, a juicio de un mdico competente, de
utilizar los aparatos modernos de respiracin artificial, aun contra la voluntad de la familia?
En los casos ordinarios se conceder que el anestesilogo tiene el derecho de obrar as, pero no
tiene obligacin de ello, a menos que sea el nico medio de dar satisfaccin a otro deber moral
cierto, ya que los derechos y los deberes del mdico son correlativos a los del paciente. El mdico,
en efecto, no tiene con respecto al paciente derecho separado o independiente; en general, no puede

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obrar ms que si el paciente le autoriza explcita o implcitamente (directa o indirectamente). La


tcnica de reanimacin de que aqu se trata no contiene en s nada de inmoral, ya que el paciente
si es capaz de decisin personal podra utilizarla lcitamente y, por consecuencia, dar la
autorizacin al mdico. Por otra parte, como estas formas de tratamiento sobrepasan los medios
ordinarios a los que se est obligado a recurrir, no se puede sostener que sea obligatorio emplearlos
y, en consecuencia, dar la autorizacin del mdico.
Los derechos y los deberes de la familia, en general, dependen de la voluntad, que se presume, del
paciente inconsciente, si l es mayor y sui juris.
En cuanto al deber propio e independiente de la familia, no obliga habitualmente ms que al empleo
de medios ordinarios. Por consiguiente, si parece que la tentativa de reanimacin constituye en
realidad para la familia una carga que en conciencia no se le pueda imponer, ella puede lcitamente
insistir para que el mdico interrumpa sus tentativas, y este ltimo puede lcitamente acceder a ello.
En este caso no hay disposicin directa de la vida del paciente, ni eutanasia, que no sera nunca
lcita; aun cuando no lleve consigo el cese de la circulacin sangunea, la interrupcin de las
tentativas de reanimacin no es nunca ms que indirectamente causa de la paralizacin de la vida y
es preciso aplicar en este caso el principio de doble efecto y el de voluntarium in causa.
2. As, Nos hemos contestado ya en esencia a la segunda cuestin: Puede el mdico retirar el
aparato respiratorio antes de que se produzca la paralizacin definitiva de la circulacin? Lo puede
hacer, al menos, cuando el paciente ha recibido ya la extremauncin? Es sta vlida cuando se le
administre en el momento en que se detenga la circulacin o aun despus?.
Es preciso responder afirmativamente a la primera parte de esta cuestin, como ya Nos lo hemos
explicado. Si no se le ha administrado la extremauncin, se debe prolongar la respiracin hasta que
se pueda llevar a cabo. En cuanto a saber si la extremauncin es vlida en el momento de la
paralizacin definitiva de la circulacin o aun despus de esto, es imposible responder con un "s" o
un "no". Si esta paralizacin definitiva significa, segn el parecer de los mdicos, la separacin
cierta del alma y del cuerpo, aun cuando determinados rganos particulares continen funcionando,
la extremauncin ser, ciertamente, invlida, ya que el que la recibe ha dejado de ser un hombre,
pues sta es una condicin indispensable para la recepcin de los sacramentos. Si por el contrario,
los mdicos estiman que la separacin del cuerpo y el alma es dudosa y que la duda no se puede
resolver, la validez de la extremauncin es dudosa tambin. Pero aplicando sus reglas habituales:
Los sacramentos son para los hombres y En caso de extrema necesidad se intentarn las
medidas extremas, la Iglesia permite administrar el sacramento, bajo condicin siempre, por
respeto al signo sacramental.
3. Cuando la circulacin sangunea y la vida de un paciente, profundamente inconsciente a causa de
una parlisis central, no son mantenidas ms que mediante la respiracin artificial, sin que ninguna
mejora se manifieste despus de algunos das, en qu momento considera la Iglesia catlica al
paciente como "muerto" o cundo, segn las leyes naturales, debe declararlo "muerto" (cuestin de
facto y de jure)?
(La muerte, se muestra ya despus del traumatismo craneano grave, que ha provocado la
inconsciencia profunda y la parlisis respiratoria central, cuyas consecuencias inmediatamente
mortales hayan podido, sin embargo, ser retardadas por medio de la respiracin artificial, o se
produce, segn la opinin actual de los mdicos, solamente despus de la paralizacin definitiva de
la circulacin, a pesar de la prolongada respiracin artificial?)

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En lo que se refiere a la comprobacin del hecho en los casos particulares, la respuesta no se puede
deducir de ningn principio religioso y moral, y bajo este aspecto no pertenece a la competencia de
la Iglesia. Ella espera; no se cierra. Si bien consideraciones de orden general permiten creer que la
vida humana contina tanto tiempo como sus funciones vitales a diferencia de la simple vida de
los rganos se manifiesten espontneamente o aun mediante la ayuda de procedimientos
artificiales. Un buen nmero de casos son objeto de una duda insoluble y deben ser tratadas segn
las presunciones de derecho de hecho de que Nos hemos hablado.
Puedan estas explicaciones guiaros e ilustraros cuando intentis resolver las cuestiones delicadas
que se presentan en la prctica de vuestra profesin. En prenda de los favores divinos que Nos
pedimos para vosotros y para todos aquellos que os sean queridos, os concedemos de todo corazn
Nuestra Bendicin Apostlica.

8. Discurso PO XII Sobre Las Implicaciones Religiosas Y Morales


De La Analgesia (1957)

Tres cuestiones religiosas y morales relativas a la analgesia


El IX Congreso Nacional de la Sociedad Italiana de Anestesiologa, que tuvo lugar en Roma del 15
al 17 de octubre de 1956, por intermedio del presidente del Comit organizador, profesor Piero
Mazzoni, Nos ha formulado tres preguntas que se refieren a las implicaciones religiosas y morales
de la analgesia en relacin con la ley natural y sobre todo con la doctrina cristiana contenida en el
Evangelio y propuesta por la Iglesia.
Estas preguntas, de inters innegable, no dejan de suscitar reacciones intelectuales y afectivas en los
hombres de hoy; particularmente entre los cristianos se manifiestan tendencias muy divergentes a
este respecto. Unos aprueban sin reserva la prctica de la analgesia; otros se inclinan a rechazarla
sin distingos, porque contradice al ideal del herosmo cristiano; otros, finalmente, sin sacrificar nada
de este ideal, estn dispuestos a adoptar una posicin de compromiso. Por estas razones se Nos pide
que expresemos Nuestro pensamiento en relacin con los puntos siguientes:
1. Hay obligacin moral general de rechazar la analgesia y aceptar el dolor fsico por espritu de
fe?
2. La privacin de la conciencia y del uso de las facultades superiores, provocada por los narcticos,
es compatible con el espritu del Evangelio?
3. Es lcito el empleo de narcticos, si hay para ello una indicacin clnica, en los moribundos o
enfermos en peligro de muerte? Pueden ser utilizados, aunque la atenuacin del dolor lleve
consigo un probable acortamiento de la vida?
Naturaleza, origen y desarrollo de la anestesia
El advenimiento de la ciruga moderna fue sealado, a mediados del siglo pasado, por dos hechos
decisivos: la introduccin de la antisepsia por Lister, una vez que Pasteur hubo probado el papel de

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los grmenes en el desencadenamiento de las infecciones, y el descubrimiento de un mtodo eficaz


de anestesia. Antes que Horacio Wells hubiera pensado en utilizar el protxido de nitrgeno para
adormecer a los enfermos, los cirujanos se vean obligados a trabajar, rpida y someramente, sobre
un hombre que se debata presa de atroces sufrimientos. La prctica de la anestesia general iba a
revolucionar tal estado de cosas y permitir intervenciones largas, delicadas y a veces de una audacia
asombrosa; aseguraba, en efecto, tanto al operador como al paciente, condiciones primordiales de
calma y tranquilidad y "el silencio muscular" indispensable para la precisin y la seguridad de toda
intervencin quirrgica. Pero, al mismo tiempo, impona una cuidados vigilancia de las actividades
fisiolgicas esenciales del organismo. La anestesia, en efecto, invade las clulas y reduce su
metabolismo; suprime los reflejos de defensa y hace que sea ms lenta la vida del paciente, ya
comprometida ms o menos gravemente por la enfermedad y por el traumatismo operatorio. Por
otra parte, el cirujano, plenamente absorbido por su trabajo, haba de tener en cuenta, a cada
instante, las condiciones generales de su paciente; sera responsabilidad, sobre todo en caso de
operaciones particularmente graves. De este modo, a la vuelta de algunos aos, vino a haber una
nueva especializacin mdica, la del anestesista, llamada a ejercer una funcin creciente en la
organizacin hospitalaria moderna.
Papel del anestesista
Funcin frecuentemente desapercibida, casi desconocida del gran pblico, menos brillante que la
del cirujano, pero igualmente esencial. Ya que, efectivamente, el enfermo le confa su vida para que
le haga atravesar con la mayor seguridad posible el momento penoso de la intervencin quirrgica.
El anestesista debe, ante todo, preparar al paciente en el aspecto mdico y en el psicolgico. Se
informa con cuidado de las particularidades de cada caso, a fin de prever eventuales dificultades que
la debilidad de uno u otro rgano podra originar; inspira confianza al enfermo, solicita su
colaboracin y le proporciona una medicacin destinada a calmarlo y a preparar su organismo. El es
quien, de acuerdo con la naturaleza y la duracin de la operacin, escoge el anestsico ms
adecuado y el medio de administrarlo. Pero, sobre todo, durante la intervencin, es incumbencia
suya velar cuidadosamente el estado del paciente; queda, por decirlo as, en acecho de los ms
ligeros sntomas, para saber exactamente el grado a que llega la anestesia y seguir las reacciones
nerviosas, el ritmo de la respiracin y la presin sangunea, a fin de prevenir as toda posible
complicacin, espasmos larngeos, convulsiones, perturbaciones cardacas o respiratorias.
Cuando termina la operacin, empieza la parte ms delicada de su trabajo: ayudar al enfermo a
recobrar el sentido, evitar los incidentes, tales como la obstruccin de las vas respiratorias y las
manifestaciones de "shock", y administrar los lquidos fisiolgicos. Debe, pues, el anestesista unir
al conocimiento perfecto de la tcnica de su arte grandes cualidades de simpata, de comprensin,
de abnegacin, no slo para favorecer todas las disposiciones psicolgicas tiles al buen estado del
enfermo, sino tambin por un sentimiento de verdadera y profunda caridad humana y cristiana.
Variedad y desarrollo de los anestsicos
Para desempear su oficio, dispone hoy el anestesista de una gama muy rica de productos, algunos
de ellos conocidos desde hace largo tiempo, y que han resistido con xito la prueba de la
experiencia, mientras otros, fruto de investigaciones recientes, aportan su contribucin particular a
la solucin del arduo problema de suprimir el dolor sin producir dao al organismo. El protxido de
nitrgeno, cuyo valor no logr hacer reconocer Horacio Wells cuando lo experiment en el hospital
de Boston en 1845, sigue conservando un puesto honorfico entre los agentes de uso corriente en la
anestesia general. Juntamente con el ter, ya utilizado por Crawford Long en 1842, Toms Morton
haca sus experimentos en 1846, en ese mismo hospital, pero con ms feliz resultado que su colega
Wells. Dos aos ms tarde, el cirujano escocs Jaime Simpson probaba la eficacia del cloroformo;

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pero sera el londinense Juan Snow quien ms habra de contribuir a propagar su empleo. Una vez
transcurrido el periodo inicial de entusiasmo, los fallos de esos tres primeros anestsicos se
revelaron claramente; pero hubo que aguardar el fin del siglo para que apareciese un nuevo
producto, el cloruro de etilo, tambin insuficiente cuando se desea una narcosis prolongada. En
1924, Luckhartd y Carter descubran el etileno, el primer gas anestsico, resultante de una
investigacin sistemtica de laboratorio; y cinco aos ms tarde entraba en uso el ciclopropano,
debido a los trabajos de Henderson, Lucas y Brown: su accin rpida y profunda exige de quien lo
utiliza un conocimiento perfecto del mtodo de circuito cerrado.
Aunque la anestesia por inhalacin posee una supremaca bien establecida, hace ya un cuarto de
siglo tiene que hacer frente a la competencia creciente de la narcosis intravenosa. Muchos ensayos
intentados antes con el hidrato de cloral, la morfina, el ter y el alcohol etlico dieron resultados
poco alentadores y a veces aun desastrosos. Pero, a partir de 1925, los compuestos barbitricos
entran en la experiencia clnica y se afirman netamente una vez que el evipn hubo demostrado las
ventajas indiscutibles de este tipo de anestsicos. Con stos se evitan los inconvenientes del mtodo
por va respiratoria, la impresin desagradable de ahogo, los peligros del periodo inicial de
induccin, las nuseas al despertar y las lesiones orgnicas. El pentotal sdico, introducido en 1934
por Lundy, asegur el xito definitivo y la difusin ms amplia de este mtodo de anestesia. Desde
entonces los barbitricos se utilizan ya solos, para intervenciones de corta duracin, ya en
"anestesia combinada" con el ter y el ciclopropano, cuyo periodo de induccin acortan, y
permitiendo reducir su dosis y sus inconvenientes; a veces se emplean como agente principal, y sus
deficiencias farmacolgicas se compensan usando protxido de nitrgeno y de oxgeno.
La ciruga cardaca
La ciruga cardaca, en la que se registran ya desde hace algunos aos progresos espectaculares,
plantea al anestesista problemas particularmente difciles, pues supone como condicin general la
posibilidad de interrumpir la circulacin sangunea durante un tiempo ms o menos largo. Adems,
como sta afecta a un rgano sumamente sensible y cuya integridad funcional con frecuencia est
seriamente comprometida, el anestesista debe evitar todo lo que podra entorpecer el trabajo del
corazn. En los casos de estenosis mitral, por ejemplo, deber prevenir las reacciones psquicas y
neurovegetativas del enfermo mediante una previa medicacin sedante. Habr de evitar la
taquicardia por medio de una preanestesia, junto con un ligero bloqueo parasimptico; en el
momento de la comisurotoma, valindose de una oxigenacin abundante, reducir el peligro de
anoxia y vigilar muy de cerca el pulso y las corrientes de accin cardaca.
Pero otras intervenciones requieren, para su feliz realizacin, que pueda el cirujano trabajar sobre
un corazn exange, interrumpiendo la circulacin por ms de tres minutos, que normalmente se
necesitan para que aparezcan las lesiones irreversibles del cerebro y de las fibras cardiacas. Para
remediar uno de los defectos congnitos ms frecuentes, la persistencia del orificio de Botal, se ha
empleado desde 1948 la tcnica quirrgica llamada "de cielo cubierto", que presentaba los riesgos
evidentes de toda maniobra hecha a ciegas. Dos mtodos nuevos, la hipotermia y el empleo del
corazn artificial, permiten ahora operar bajo visin directa, y abren as en este campo brillantes
perspectivas. Se ha comprobado, efectivamente, que la hipotermia va acompaada de una
disminucin en el consumo de oxgeno y en la produccin de anhdrido carbnico proporcional al
descenso de la temperatura del cuerpo. En la prctica, tal descenso no ha de rebasar los 25 grados,
para que no se altere la contractibilidad del msculo cardiaco y, sobre todo, para que no aumente la
excitabilidad de las fibras miocrdicas y el peligro de que se produzca una fibrilacin ventricular
difcilmente reversible. El mtodo hipotrmico permite provocar el paro de la circulacin, que
puede durar de ocho a diez minutos sin que se destruyan las clulas nerviosas cerebrales. Puede an
prolongarse esta duracin utilizando mquinas cardiopulmonares que sacan la sangre venosa, la

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purifican, le suministran oxgeno y la devuelven al organismo. El funcionamiento de estos aparatos


exige que haya operadores cuidadosamente adiestrados, y va acompaado de controles mltiples y
minuciosos. El anestesista realiza, entonces, una tarea ms grave, ms compleja y tal que su
ejecucin perfecta es condicin indispensable del xito. Pero los resultados ya logrados permiten
esperar, en lo futuro, una amplia extensin de estos nuevos mtodos.
Ante los recursos tan variados, que la medicina moderna nos ofrece para evitar el dolor, y teniendo
en cuenta el deseo tan natural de sacar de ellos todo el partido posible, es cosa normal que surjan
cuestiones de conciencia. Habis tenido a bien proponernos algunas que particularmente os
interesan. Pero antes de daros Nuestra respuesta, queremos hacer observar brevemente que otros
problemas morales reclaman asimismo la atencin del anestesista; ante todo, el de su
responsabilidad con respecto a la vida y a la salud del enfermo, pues ambas, a veces, no dependen
menos de l que del cirujano. A este propsito, Nos hemos notado en varias ocasiones, y con
particularidad en el discurso del 30 de septiembre de 1954, dirigido a la VIII Asamblea de la
Asociacin Mdica Mundial, que el hombre no puede constituir para el mdico un simple objeto de
experimentacin, en el que se ensayen los nuevos mtodos y prcticas de la medicina[1]. Pasamos
ahora a examinar las cuestiones propuestas.
I.
Sobre la obligacin moral general de soportar el dolor fsico
Preguntis, ante todo, si hay una obligacin moral general de soportar el dolor fsico. Para
responder con mayor precisin a esta pregunta, Nos distinguiremos varios aspectos. En primer
lugar, es evidente que en ciertos casos la aceptacin del sufrimiento fsico lleva consigo una
obligacin grave. As, siempre que un hombre se halla en la ineludible alternativa de soportar un
sufrimiento o de transgredir un deber moral, sea por accin u omisin, hay obligacin en conciencia
de aceptar el dolor. Los mrtires no pudieron evitar las torturas y la muerte misma sin renegar de
su fe o sin librarse de la obligacin grave de confesarla en un momento dado. Pero no es necesario
acudir a los mrtires; hoy da se dan magnficos ejemplos de cristianos que durante semanas,
meses y aos sufren el dolor y la violencia fsica, por permanecer fieles a Dios y a su conciencia.
Vuestra pregunta, con todo, no se refiere a esta situacin; va ms all: a aceptar libremente y aun a
procurarse el dolor, precisamente por su sentido y finalidad propia. Por citar un ejemplo concreto,
recordad la alocucin que Nos pronunciamos el 8 de enero de 1956 a propsito de los nuevos
mtodos de parto sin dolor[2]. Preguntbase entonces si en virtud del texto de la Escritura, con
dolor parirs tus hijos (Gen 3,16), la madre estaba obligada a aceptar todos los sufrimientos y a
rechazar la analgesia por medios naturales o artificiales. Nos respondimos que no exista obligacin
ninguna a este respecto. El hombre conserva, aun despus de la cada, el derecho de dominar las
fuerzas de la naturaleza y de utilizarlas para su servicio y, por lo tanto, de poner a contribucin
todos los recursos que ella le ofrece para evitar y aun suprimir el dolor fsico.
Con todo, Nos aadamos que para un cristiano el dolor no constituye un hecho puramente
negativo, ya que, por lo contrario, va asociado a valores religiosos y morales elevados y puede ser
querido o deseado, aunque no exista obligacin alguna moral en tal o cual caso especial. Y Nos
continubamos as: La vida y el sufrimiento del Seor, los dolores que tantos hombres grandes han
soportado y hasta han buscado, gracias a los cuales se han madurado y han subido hasta las cumbres
del herosmo cristiano; los ejemplos cotidianos de aceptacin resignada de la cruz, que se ofrecen a
Nuestra vista, todo revela la significacin del sufrimiento, de la aceptacin paciente del dolor en la
economa actual de la salvacin, durante el tiempo de esta vida terrenal(Ibd).

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Adems, el cristiano tiene obligacin de mortificar su carne y de trabajar por purificarse


interiormente, porque es imposible a la larga evitar el pecado y cumplir fielmente los deberes todos
si se rehye este esfuerzo de purificacin y mortificacin. Si el dominio de s y de las tendencias
desordenadas no se puede adquirir sin la ayuda del dolor fsico, ste se convierte en una necesidad
que es menester aceptar; pero si no se requiere para este fin, no puede afirmarse que en este punto
haya un deber estricto. El cristiano no tiene nunca obligacin de aceptar el dolor por el dolor; debe
considerarlo como un medio ms o menos apto, segn las circunstancias, para el fin que se
pretende.
En vez de considerar el punto de vista de la obligacin estricta, podemos contemplar el de las
exigencias de la fe cristiana, la invitacin a una perfeccin ms elevada, que no se impone bajo
pena de pecado. Debe el cristiano aceptar el dolor fsico para no contradecir al ideal que su fe le
propone? Rechazar el dolor, no arguye falta de espritu de fe? Si est fuera de discusin que el
cristiano experimenta el deseo de aceptar y aun de procurarse el dolor fsico para mejor participar
en la pasin de Cristo, para renunciar al mundo y a las satisfacciones sensibles y para mortificar su
carne, es preciso, sin embargo, declarar correctamente el sentido de esta tendencia. Los que la
manifiestan exteriormente no poseen necesariamente el herosmo cristiano autntico, como sera
errneo afirmar que los que no dan esas manifestaciones no lo poseen. Este herosmo, en efecto,
puede manifestarse de mil maneras. Cuando un cristiano, da tras da, desde la maana a la noche,
cumple todos los deberes que le imponen su estado, su profesin, los mandamientos de Dios y de
los hombres; cuando ora con recogimiento, trabaja con todas sus fuerzas, resiste a las malas
pasiones, muestra al prjimo la caridad y el afecto debido, sufre virilmente, sin murmurar, todo lo
que Dios le enva, su vida est en consonancia con la cruz de Jesucristo, sea que se presente o no el
dolor fsico, que lo sufra o lo evite por medios lcitos. Aun considerando solamente las obligaciones
que le incumben bajo pena de pecado, un hombre no puede vivir ni cumplir cristianamente su
trabajo cotidiano sin estar constantemente dispuesto al sacrificio y, por decirlo as, sin sacrificarse
de continuo. La aceptacin del dolor fsico no es sino una manera, entre otras muchas, de significar
lo que constituye lo esencial: la voluntad de amar a Dios y de servirle en todo. En la perfeccin de
esta disposicin voluntaria consiste, ante todo, la calidad de la vida cristiana y su herosmo.
Cules son los motivos que permiten en semejantes casos evitar el dolor fsico sin oponerse a una
obligacin grave o al ideal de la vida cristiana? Se podran enumerar muchos; pero, a pesar de su
diversidad, al fin y al cabo se reducen al hecho de que a la larga el dolor impide obtener bienes e
intereses superiores. Puede suceder que el dolor sea preferible para una persona en particular y en
tales circunstancias concretas; pero, en general, los daos que provoca obligan a los hombres a
defenderse contra l; ciertamente, jams se lograr que llegue a desaparecer totalmente del mundo;
pero pueden reducirse a ms estrechos lmites sus efectos nocivos. De esta manera, as como se
domina una fuerza natural para sacar provecho de ella, as el cristiano utiliza el sufrimiento como
un estimulante en su esfuerzo de ascensin espiritual y purificacin, con el fin de cumplir mejor sus
deberes y responder mejor al llamamiento a una perfeccin ms alta; debe, pues, cada uno adoptar
las soluciones convenientes a su caso personal, segn las aptitudes o disposiciones antedichas, en la
medida en que sin impedir intereses y bienes superiores son un medio de progreso en su vida
interior, de ms perfecta purificacin, de cumplimiento ms fiel de sus deberes, de seguir con mayor
prontitud los impulsos divinos. Para asegurarse uno de que tal es su caso, deber consultar las reglas
de la prudencia cristiana y los consejos de un experimentado director de conciencia.
Conclusiones y respuestas a la primera cuestin
Vosotros fcilmente sacaris de estas respuestas orientaciones tiles para vuestra conducta prctica.

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1. Los principales fundamentos de la anestesiologa, como ciencia y arte, y el fin que persigue no
ofrecen dificultad alguna. Ella combate fuerzas que, en muchos sentidos, producen efectos nocivos
e impiden bienes mayores.
2. El mdico, que acepta sus mtodos, tampoco se pone en contradiccin con el orden moral natural
ni con el ideal especficamente cristiano. Trata, segn el orden del Creador (cf. Gen 1, 28), de
someter el dolor al poder del hombre y para ello utiliza los adelantos de la ciencia y de la tcnica
segn los principios que Nos hemos enunciado y que guiarn sus decisiones en los casos
particulares.
3. El paciente, deseoso de evitar o de calmar el dolor, puede, sin inquietud de conciencia, utilizar los
medios inventados por la ciencia y que en s mismos no son inmorales. Circunstancias particulares
pueden obligar a otra lnea de conducta; pero el deber de renuncia y de purificacin interior, que
incumbe a los cristianos, no es obstculo para el empleo de la anestesia, porque ese deber se puede
cumplir de otra manera. La misma regla se aplica tambin a las exigencias supererogatorias del
ideal cristiano.
II.
Sobre la narcosis y la privacin total o parcial de la conciencia de s mismo
Vuestra segunda pregunta se refera a la narcosis y a la privacin total o parcial de la conciencia de
s mismo, con relacin a la moral cristiana. La enunciabais as: La supresin completa de la
sensibilidad bajo todas sus formas (anestesia general) o la disminucin ms o menos grande de la
sensibilidad dolorosa (hipo y analgesia) van acompaadas siempre, respectivamente, de la
desaparicin o la disminucin de la conciencia y de las facultades intelectuales ms elevadas
(memoria, proceso de asociacin, facultades crticas, etc.); estos fenmenos, que entran en el cuadro
habitual de la narcosis quirrgica y de la analgesia pre y post-operatoria son compatibles con el
espritu del Evangelio?.
El Evangelio cuenta que inmediatamente antes de la crucifixin ofrecieron al Seor vino mezclado
con hiel, sin duda para atenuar sus dolores. Despus de haberlo gustado, no lo quiso beber (cf. Mt
27, 34), porque quera sufrir con pleno conocimiento, cumpliendo as lo que haba dicho a Pedro,
cuando el prendimiento: No voy a beber el cliz que mi Padre me ha preparado? (Jn 18, 11).
Cliz tan amargo, que a Jess, en la angustia de su alma, le hizo suplicar: Padre, aparta de m este
cliz! Pero hgase tu voluntad y no la ma! (cf. Mt 26, 38. 39; Lc 22, 42-44). La actitud de Cristo
respecto de su pasin, tal como la revelan este relato y otros pasajes del Evangelio (cf. Lc 12, 50),
permite al cristiano aceptar la narcosis total o parcial?
Supresin del dolor
Puesto que vosotros consideris la cuestin bajo dos aspectos, Nos examinaremos sucesivamente la
supresin del dolor y la disminucin o supresin total de la conciencia y del uso de las facultades
superiores.
La desaparicin del dolor depende, como vosotros lo decs, ya de la supresin de la sensibilidad
general (anestesia general), ya de la disminucin ms o menos notable de la capacidad de sufrir
(hipo y analgesia). Nos hemos dicho ya lo esencial sobre el aspecto moral de la supresin del dolor;
desde el punto de vista religioso y moral, importa poco que sea causada por narcosis o por otros
medios; en los lmites indicados no ofrece dificultad alguna y es compatible con el espritu del
Evangelio. Por otra parte, no se debe negar o desestimar el hecho de que la aceptacin voluntaria
(obligatoria o no) del dolor fsico, aun con motivo de las intervenciones quirrgicas, puede

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manifestar un herosmo elevado y testimoniar a menudo realmente una imitacin heroica de la


pasin de Cristo. Sin embargo, esto no significa que ella sea un elemento indispensable; en las
intervenciones importantes, sobre todo, no es raro que la anestesia se imponga por otros motivos, y
que el cirujano o el paciente no puedan prescindir de ella sin faltar a la prudencia cristiana. Lo
mismo puede decirse de la analgesia pre y post-operatoria.
Supresin o disminucin de la conciencia y del uso de las facultades superiores
Luego hablis de la disminucin o supresin de la conciencia y del uso de las facultades superiores,
como de fenmenos que acompaan a la prdida de la sensibilidad. De ordinario, lo que queris
obtener es precisamente esta prdida de la sensibilidad; pero a menudo es imposible obtenerla sin
producir al mismo tiempo la prdida del conocimiento total o parcial. Fuera del domingo
quirrgico, esta relacin suele estar invertida, no solamente en medicina, sino tambin en psicologa
y en las investigaciones criminales. Se pretende aqu conseguir una debilitacin de la conciencia y,
con ello, de las facultades superiores, de suerte que se paralicen los mecanismos psquicos de
control, que el hombre utiliza constantemente para dominarse y guiarse; entonces l se abandona sin
resistencia al juego de las asociaciones de ideas, de los sentimientos e impulsos volitivos. Los
peligros de tal situacin son evidentes; hasta puede suceder que por esta va se desencadenen
tendencias instintivas inmorales. Estas manifestaciones del segundo estadio de las narcosis son bien
conocidas, y actualmente se trata de impedirlas administrando previamente narcticos. La supresin
de los dispositivos de control resulta particularmente peligrosa cuando provoca la revelacin de los
secretos de la vida privada, personal o familiar y de la vida social. No basta que el cirujano y todos
sus ayudantes estn obligados no slo al secreto natural (secretum naturale), sino tambin al secreto
profesional (secretum officiale, secretum commissum), respecto a todo lo que ocurre en la sala de
operaciones. Hay ciertos secretos que no deben ser revelados a nadie, ni aun, como reza la frmula
tcnica, uni viro prudenti et silentii tenaci. Nos lo hemos ya subrayado en Nuestra alocucin del
13 de abril de 1953 sobre la psicologa clnica y el psicoanlisis [3]. Luego no puede menos de
aprobarse la utilizacin de narcticos en la medicacin pre-operatoria con el fin de evitar estos
inconvenientes.
Notemos, desde luego, que en el sueo la naturaleza misma interrumpe ms o menos
completamente la actividad intelectual. Si en un sueo no muy profundo, el uso de la razn (usus
rationis) no est enteramente suprimido y el individuo puede todava gozar de sus facultades
superiores, lo que ya haba notado Santo Toms de Aquino[4], el sueo excluye, sin embargo, el
dominium rationis, el poder en virtud del cual la razn manda libremente a la actividad humana. De
aqu no se sigue que, si el hombre se abandona al sueo, obre contra el orden moral al privarse de la
conciencia y del dominio de s mismo en el uso de sus facultades superiores. Pero es cierto tambin
que puede haber casos (y se presentan con frecuencia) en los que el hombre no se puede abandonar
al sueo, sino que debe continuar en posesin de sus facultades superiores, para cumplir un deber
moral que le incumbe. A veces, sin estar obligado por un deber estricto, el hombre renuncia al
sueo para cumplir servicios no obligatorios o para imponerse una renuncia con la mira puesta en
intereses morales superiores. La supresin de la conciencia por el sueo natural no ofrece, pues, en
s ninguna dificultad; sin embargo, es ilcito aceptarla cuando impide el cumplimiento de un deber
moral. La renuncia al sueo natural puede ser, adems, en el orden moral, expresin y realizacin
de una tendencia no obligatoria hacia la perfeccin moral.
La hipnosis
Pero la conciencia de s mismo puede ser tambin alterada por medios artificiales. Que esa
alteracin se obtenga por medio de narcticos o por la hipnosis (que se puede llamar un analgsico
psquico) no implica diferencia esencial en cuanto a la moral. La hipnosis, sin embargo, aun

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considerndola nicamente en s misma est sometida a ciertas reglas. Sanos permitido a este
propsito recordar la breve alusin que Nos hicimos al principio de la alocucin del 8 de enero de
1956 sobre el parto natural sin dolor[5].
En la cuestin que ahora Nos ocupa, se trata de una hipnosis practicada por el mdico, al servicio de
un fin clnico, observando las precauciones que la ciencia y la tica mdicas requieren, tanto de
parte del mdico que la emplea, cuanto del paciente que se somete a ella. A este modo determinado
de utilizar la hipnosis se aplica el juicio moral que Nos vamos a formular sobre la supresin de la
conciencia.
Pero no queremos que se extienda pura y simplemente a la hipnosis en general lo que Nos decimos
de la hipnosis al servicio del mdico. Esta, en efecto, en cuanto es objeto de investigacin cientfica,
no puede ser estudiada por un cualquiera, sino solamente por un sabio serio, dentro de los lmites
admisibles en toda actividad cientfica. No es el caso de un crculo cualquiera de laicos o
eclesisticos que toman esto como un tema interesante, a ttulo de mera experiencia o aun por
simple pasatiempo.
Sobre la licitud de la supresin y de la disminucin de la conciencia
Para apreciar la licitud de la supresin y de la disminucin de la conciencia, es necesario considerar
que la accin razonada y libremente ordenada a un fin constituye la caracterstica del ser humano.
El individuo no podr, por ejemplo, realizar su trabajo cotidiano si permanece sumido
constantemente en un estado crepuscular. Adems, est obligado a conformar todas sus acciones
con las exigencias del orden moral. Dado que las fuerzas naturales y los instintos ciegos son
incapaces de asegurar por s mismos una actividad ordenada, el uso de la razn y de las facultades
superiores se hace indispensable as para percibir las normas precisas de la obligacin, como para
aplicarlas a los casos particulares. De aqu se deriva la obligacin moral de no privarse de esta
conciencia de s mismo sin verdadera necesidad.
Por consiguiente, no puede uno oscurecer la conciencia o suprimirla con el solo fin de procurarse
sensaciones agradables, entregndose a la embriaguez o ingiriendo venenos destinados a procurar
este estado, aunque se busque con ello nicamente cierta euforia. Pasando de una dosis
determinada, estos venenos causan un enturbiamiento ms o menos acusado de la conciencia y aun
su completo oscurecimiento. Los hechos demuestran que el abuso de estupefacientes conduce al
olvido total de las exigencias ms fundamentales de la vida personal y familiar. As que, no sin
razn, los poderes pblicos intervienen para regular la venta y el uso de estas drogas, a fin de evitar
a la sociedad graves daos fsicos y morales.
Se encuentra la ciruga en la necesidad prctica de provocar una disminucin y hasta una supresin
total de la conciencia por la narcosis? Desde el punto de vista tcnico, la respuesta a esta pregunta
corresponde a vuestra competencia. Desde el punto de vista moral, los principios formulados
precedentemente, en respuesta a vuestra primera pregunta, se aplican en cuanto a lo esencial lo
mismo a la narcosis que a la supresin del dolor. Lo que, ante todo, interesa al cirujano es la
supresin de la sensacin dolorosa, no la de la conciencia. Cuando sta queda despierta, las
sensaciones dolorosas violentas provocan fcilmente reacciones, con frecuencia involuntarias y
reflejas, capaces de ocasionar complicaciones indeseables y aun de terminar en el colapso cardaco
mortal. Mantener el equilibrio psquico y orgnico, evitar que sea violentamente alterado,
constituye as para el cirujano como para el paciente un objetivo importante que slo la narcosis
permite obtener. Apenas es preciso hacer notar que la narcosis suscitara dificultades graves, que se
deberan evitar tomando medidas adecuadas, en el caso de que otros interviniesen de una manera
inmoral mientras el enfermo se halla en estado de inconsciencia.

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Las enseanzas del Evangelio


Aade el Evangelio a estas reglas de moral natural aclaraciones y exigencias complementarias? Si
Jesucristo en el Calvario rehus el vino mezclado con hiel, porque quera, con plena conciencia,
apurar hasta las heces el cliz que el Padre le presentaba, sguese que el hombre debe aceptar y
beber el cliz del dolor cuantas veces Dios lo desee. Pero no se debe creer que Dios lo desea todas
las veces que se ha de soportar algn sufrimiento, cualesquiera que sean las causas y circunstancias.
Las palabras del Evangelio y la conducta de Jess no indican que Dios quiera esto de todos los
hombres en todo momento, y la Iglesia no les ha dado de ningn modo esta interpretacin. Pero los
hechos y las actitudes del Seor encierran una significacin profunda para todos los hombres. Son
innumerables en este mundo aquellos a quienes oprimen sufrimientos (enfermedades, accidentes,
guerras, calamidades naturales), cuya amargura no pueden ellos endulzar. El ejemplo de Cristo en el
Glgota, su oposicin a suavizar sus dolores, son para ellos una fuente de consuelo y de fuerza.
Adems, el Seor ha advertido a los suyos que les espera este cliz a todos. Los Apstoles, y
despus de ellos millares de mrtires, han dado testimonio de esto y continan dndolo
gloriosamente hasta nuestros das. Frecuentemente, sin embargo, la aceptacin de los sufrimientos
sin mitigacin no representa ninguna obligacin y no responde a una norma de perfeccin. El caso
se presenta ordinariamente cuando existen para ello motivos serios y si las circunstancias no
imponen lo contrario. Se puede entonces evitar el dolor, sin ponerse absolutamente en contradiccin
con la doctrina del Evangelio.
Conclusin y respuesta a la segunda cuestin
La conclusin del desarrollo precedente se puede formular as: dentro de los lmites indicados, y si
se observan las condiciones requeridas, la narcosis, que lleva consigo una disminucin o supresin
de la conciencia, es permitida por la moral natural y compatible con el espritu del Evangelio.
III
Uso de los analgsicos en los moribundos
Nos queda por examinar vuestra tercera pregunta: El empleo de analgsicos, cuyo uso adormece la
conciencia, es en general lcito, y particularmente durante el periodo post-operatorio, aun con los
moribundos y los pacientes en peligro de muerte, siempre que en cada caso exista una indicacin
clnica? Es lcito, aun en ciertos casos (cnceres inoperables, enfermedades incurables) en que la
mitigacin del dolor se efecta probablemente a costa de la duracin de la vida, que con ello se
abrevia?.
Esta tercera pregunta no es en el fondo sino una aplicacin de las dos primeras al caso especial de
los moribundos y al efecto particular de abreviar la duracin de la vida.
Que los moribundos tengan ms que otros la obligacin moral, natural o cristiana, de aceptar el
dolor o de rechazar su mitigacin, esto no depende ni de la naturaleza de las cosas ni de las fuentes
de la revelacin. Mas como, segn el espritu del Evangelio, el sufrimiento contribuye a la
expiacin de los pecados personales y a la adquisicin de mayores mritos, aquellos cuya vida est
en peligro tienen ciertamente un motivo especial para aceptarlo, porque, con la muerte ya cercana,
esta posibilidad de obtener nuevos mritos corre el riesgo de desaparecer bien pronto. Pero este
motivo interesa directamente al enfermo, no al mdico, que practica la analgesia, suponiendo que el
enfermo consienta en ella o que aun la haya pedido expresamente. Sera evidentemente ilcito
practicar la anestesia contra la voluntad expresa del moribundo (cuando l es sui iuris).

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Parece oportuno precisar algo esta materia, pues no rara vez se presenta este motivo de un modo
incorrecto. A veces se intenta probar que los enfermos y moribundos estn obligados a soportar los
dolores fsicos para adquirir ms mritos, basndose en la invitacin a la perfeccin que el Seor
dirige a todos: Estote ergo vos perfecti, sicut et Pater vester caelestis perfectus est (Mt 5, 48), o
en las palabras del Apstol: Haec est voluntas Dei, sanctificatio vestra(1 Ts 4, 3). A veces se
aduce un principio de razn, segn el cual no sera lcita ninguna indiferencia con respecto a la
obtencin (aun gradual o progresiva) del fin ltimo hacia el que tiende el hombre; o el precepto del
amor de s mismo bien ordenado, que impondra el buscar los bienes eternos en la medida que las
circunstancias de la vida cotidiana permitan conseguirlos; o incluso el primero y ms grande de los
mandamientos, el de amar a Dios sobre todas las cosas, que no dejara lugar a alternativa alguna en
el aprovechamiento de las ocasiones concretas ofrecidas por la Providencia. Ahora bien: el
crecimiento en el amor de Dios y en el abandono en su voluntad no procede de los sufrimientos
mismos que se aceptan, sino de la intencin voluntaria, sostenida por la gracia; esta intencin, en
muchos moribundos, puede afianzarse y hacerse ms viva si se atenan sus sufrimientos, porque
stos agravan el estado de debilidad y agotamiento fsico, estorban el impulso del alma y minan las
fuerzas morales, en vez de sostenerlas. Por lo contrario, la supresin del dolor procura una
distensin orgnica y psquica, facilita la oracin y hace posible una entrega de s ms generosa.
Cuando algunos moribundos consienten en sufrir como medio de expiacin y fuente de mritos para
progresar en el amor de Dios y en el abandono a su voluntad, no se les imponga la anestesia;
aydeseles ms bien a que sigan su propio camino. En el caso contrario, no sera oportuno sugerir a
los moribundos las consideraciones ascticas enunciadas, y convendr recordar que en lugar de
contribuir a la expiacin y al mrito, puede el dolor dar tambin ocasin a nuevas faltas.
Aadamos unas palabras sobre la supresin del conocimiento en los moribundos no motivada por el
dolor. Puesto que el Seor quiso sufrir la muerte con plena conciencia, el cristiano desea imitarle
tambin en esto. La Iglesia, por otra parte, da a los sacerdotes y a los fieles un Ordo
commendationis animae, una serie de oraciones para ayudar a los moribundos a salir de este
mundo y entrar en la eternidad. Si esas oraciones conservan su valor y su sentido, aun cuando se
digan a un enfermo inconsciente, en cambio normalmente suministran luz, consolacin y fuerza a
quien puede tomar parte en ellas. Por ello la Iglesia da a entender que, sin razones graves, no hay
que privar de conocimiento al moribundo. Cuando la naturaleza lo hace, los hombres lo deben
aceptar; pero no lo han de hacer de propia iniciativa, a no ser que para ello haya serios motivos. Tal
es, por otra parte, el deseo de los mismos interesados, cuando tienen fe: anhelan la presencia de los
suyos, de un amigo, de un sacerdote, para que les ayude a bien morir. Quieren conservar la
posibilidad de adoptar sus ltimas disposiciones, de decir una oracin postrera, una ltima palabra a
los asistentes. Impedrselo repugna al sentimiento cristiano y aun simplemente humano. La
anestesia empleada al acercarse la muerte, con el nico fin de evitar al enfermo un final consciente,
sera no ya una conquista notable de la teraputica moderna, sino una prctica verdaderamente
deplorable.
Vuestra pregunta presupona ms bien la hiptesis de una indicacin clnica seria (por ejemplo,
dolores violentos, estados morbosos de depresin y de angustia). El moribundo no puede permitir, y
menos an pedir al mdico, que le procuren la inconsciencia si de ese modo se incapacita para
cumplir deberes morales graves, por ejemplo, arreglar asuntos importantes, hacer su testamento,
confesarse. Ya hemos dicho que la razn de adquirir mayores mritos no basta por s sola para hacer
ilcito el uso de narcticos. Para juzgar sobre esta licitud habr que preguntarse tambin si la
narcosis ser relativamente breve (por una noche o por algunas horas) o prolongada (con o sin
interrupciones) y considerar si el uso de las facultades superiores volver en ciertos momentos,
durante algunos minutos siquiera o durante algunas horas, de modo que d al moribundo la
posibilidad de hacer lo que su deber le impone (por ejemplo, reconciliarse con Dios). Por lo dems,
un mdico concienzudo, aun cuando no sea cristiano, jams ceder a las presiones de quien quisiere,

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contra la voluntad del moribundo, hacerle perder su lucidez para impedirle que tome ciertas
decisiones.
Cuando, a pesar de las obligaciones que le incumben, el moribundo pide la narcosis, para la cual
hay motivos serios, un mdico consciente de su deber no se prestar a ello, sobre todo si es
cristiano, sin invitarle antes, bien por s mismo, o mejor an, por intermedio de otro, a cumplir
previamente sus obligaciones. Si el enfermo se niega obstinadamente a ello y persiste en pedir el
narctico, el mdico se lo puede dar sin hacerse culpable de cooperacin formal a la falta cometida.
Esta, en efecto, no depende de la narcosis, sino de la voluntad inmoral del paciente; se le d o no la
analgesia, su comportamiento ser idntico: no cumplir su deber. Queda, s, la posibilidad de
arrepentimiento, pero no hay ninguna probabilidad seria de ello; y quin sabe si no se endurecer
an ms en el mal?
Pero si el moribundo ha cumplido todos sus deberes y recibido los ltimos sacramentos, si las
indicaciones mdicas claras sugieren la anestesia, si en la fijacin de las dosis no se pasa de la
cantidad permitida, si se mide cuidadosamente su intensidad y duracin y el enfermo est conforme,
entonces ya no hay nada que a ello se oponga: la anestesia es moralmente lcita.
Debera renunciarse al narctico, si su accin acortase la duracin de la vida? Desde luego, toda
forma de eutanasia directa, o sea, la administracin de narctico con el fin de provocar o acelerar la
muerte, es ilcita, porque entonces se pretende disponer directamente de la vida. Uno de los
principios fundamentales de la moral natural y cristiana es que el hombre no es dueo y propietario
de su cuerpo y de su existencia, sino nicamente usufructuario. Se arroga un derecho de disposicin
directa cuantas veces uno pretende abreviar la vida como fin o como medio. En la hiptesis a que os
refers, se trata nicamente de evitar al paciente dolores insoportables: por ejemplo, en casos de
cncer inoperable o de enfermedades incurables.
Si entre la narcosis y el acortamiento de la vida no existe nexo alguno causal directo, puesto por la
voluntad de los interesados o por la naturaleza de las cosas (como sera el caso, si la supresin del
dolor no se pudiese obtener sino mediante el acortamiento de la vida), y si, por lo contrario, la
administracin de narcticos produjese por s misma dos efectos distintos, por una parte el alivio de
los dolores y por otra la abreviacin de la vida, entonces es lcita; an habra que ver si entre esos
dos efectos existe una proporcin razonable y si las ventajas del uno compensan los inconvenientes
del otro. Importa tambin, ante todo, preguntarse si el estado actual de la ciencia no permite obtener
el mismo resultado empleando otros medios, y luego no traspasar en el uso del narctico los lmites
de lo prcticamente necesario.
Conclusin y respuesta a la tercera cuestin
En resumen, Nos preguntabais: La supresin del dolor y del conocimiento por medio de narcticos
(cuando la reclama una indicacin mdica), est permitida por la religin y la moral al mdico y al
paciente (aun al acercarse la muerte y previendo que el empleo de narcticos acortar la vida)?. Se
ha de responder: Si no hay otros medios y si, dadas las circunstancias, ello no impide el
cumplimiento de otros deberes religiosos y morales, s.
Como lo hemos ya explicado, el ideal del herosmo cristiano no obliga, al menos de manera general,
a rechazar una narcosis, por otra parte justificada, ni aun al acercarse la muerte; todo depende de las
circunstancias concretas. La resolucin ms perfecta y ms heroica puede darse lo mismo
admitiendo que rechazando la narcosis.
Exhortacin final

TESTI MAGISTERIALE di BIOETICA, FRAY PAULO LOPEZ, O.S.A.

89

Nos atrevemos a esperar que estas reflexiones sobre la analgesia, considerada desde el punto de
vista moral y religioso, os ayudarn a cumplir vuestros deberes profesionales con un sentido ms
profundo an de vuestras responsabilidades. Deseis seguir enteramente fieles a las exigencias de
vuestra fe cristiana y conformar totalmente a ella vuestra actividad. Pues lejos de concebir esas
exigencias como trabas puestas a vuestra libertad y a vuestra iniciativa, ved ms bien en ellas el
llamamiento a una vida infinitamente ms elevada y ms bella, que no se puede conquistar sin
esfuerzos ni renuncias, pero cuya plenitud y alegra se dejan ya sentir aqu abajo para quien sabe
entrar en comunin con la persona de Cristo, que vive en su Iglesia, animndola con su espritu,
difundiendo en todos sus miembros su amor redentor, el nico que ha de triunfar definitivamente
del sufrimiento y de la muerte.
Nos imploramos que el Seor os colme de sus dones, a vosotros, a vuestras familias y a vuestros
colaboradores, y de todo corazn os concedemos Nuestra paternal Bendicin Apostlica.

* AAS 49 (1957) 129-147.


[1] AAS 46 (1954) 587-598.
[2] AAS 48 (1956) 82-93.
[3] AAS 45 (1953) 278-288.
[4] S. Th. p.1, q.84 a. 8.
[5] Cf. AAS 48 (1956) 82-93.

9. Dignitatis Humanae, Paolo VI, il diritto della persona umana e


delle comunit alla libert sociale e civile in materia di religione
(1965)
PROEMIO
1. Nell'et contemporanea gli esseri umani divengono sempre pi consapevoli della propria dignit
di persone (1) e cresce il numero di coloro che esigono di agire di loro iniziativa, esercitando la
propria responsabile libert, mossi dalla coscienza del dovere e non pressati da misure coercitive.
Parimenti, gli stessi esseri umani postulano una giuridica delimitazione del potere delle autorit
pubbliche, affinch non siano troppo circoscritti i confini alla onesta libert, tanto delle singole
persone, quanto delle associazioni. Questa esigenza di libert nella convivenza umana riguarda
soprattutto i valori dello spirito, e in primo luogo il libero esercizio della religione nella societ.
Considerando diligentemente tali aspirazioni, e proponendosi di dichiarare quanto e come siano
conformi alla verit e alla giustizia, questo Concilio Vaticano rimedita la tradizione sacra e la
dottrina della Chiesa, dalle quali trae nuovi elementi in costante armonia con quelli gi posseduti.
Anzitutto, il sacro Concilio professa che Dio stesso ha fatto conoscere al genere umano la via
attraverso la quale gli uomini, servendolo, possono in Cristo trovare salvezza e pervenire alla
beatitudine. Questa unica vera religione crediamo che sussista nella Chiesa cattolica e apostolica,
alla quale il Signore Ges ha affidato la missione di comunicarla a tutti gli uomini, dicendo agli
apostoli: Andate dunque, istruite tutte le genti battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e
dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto quello che io vi ho comandato (Mt 28,1920). E tutti gli esseri umani sono tenuti a cercare la verit, specialmente in ci che concerne Dio e la
sua Chiesa, e sono tenuti ad aderire alla verit man mano che la conoscono e a rimanerle fedeli.

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Il sacro Concilio professa pure che questi doveri attingono e vincolano la coscienza degli uomini, e
che la verit non si impone che per la forza della verit stessa, la quale si diffonde nelle menti
soavemente e insieme con vigore. E poich la libert religiosa, che gli esseri umani esigono
nell'adempiere il dovere di onorare Iddio, riguarda l'immunit dalla coercizione nella societ civile,
essa lascia intatta la dottrina tradizionale cattolica sul dovere morale dei singoli e delle societ verso
la vera religione e l'unica Chiesa di Cristo. Inoltre il sacro Concilio, trattando di questa libert
religiosa, si propone di sviluppare la dottrina dei sommi Pontefici pi recenti intorno ai diritti
inviolabili della persona umana e all'ordinamento giuridico della societ.
I.
ASPETTI GENERALI DELLA LIBERT RELIGIOSA
Oggetto e fondamento della libert religiosa
2. Questo Concilio Vaticano dichiara che la persona umana ha il diritto alla libert religiosa. Il
contenuto di una tale libert che gli esseri umani devono essere immuni dalla coercizione da parte
dei singoli individui, di gruppi sociali e di qualsivoglia potere umano, cos che in materia religiosa
nessuno sia forzato ad agire contro la sua coscienza n sia impedito, entro debiti limiti, di agire in
conformit ad essa: privatamente o pubblicamente, in forma individuale o associata. Inoltre dichiara
che il diritto alla libert religiosa si fonda realmente sulla stessa dignit della persona umana quale
l'hanno fatta conoscere la parola di Dio rivelata e la stessa ragione (2). Questo diritto della persona
umana alla libert religiosa deve essere riconosciuto e sancito come diritto civile nell'ordinamento
giuridico della societ.
A motivo della loro dignit, tutti gli esseri umani, in quanto sono persone, dotate cio di ragione e
di libera volont e perci investiti di personale responsabilit, sono dalla loro stessa natura e per
obbligo morale tenuti a cercare la verit, in primo luogo quella concernente la religione. E sono
pure tenuti ad aderire alla verit una volta conosciuta e ad ordinare tutta la loro vita secondo le sue
esigenze. Ad un tale obbligo, per, gli esseri umani non sono in grado di soddisfare, in modo
rispondente alla loro natura, se non godono della libert psicologica e nello stesso tempo
dell'immunit dalla coercizione esterna. Il diritto alla libert religiosa non si fonda quindi su una
disposizione soggettiva della persona, ma sulla sua stessa natura. Per cui il diritto ad una tale
immunit perdura anche in coloro che non soddisfano l'obbligo di cercare la verit e di aderire ad
essa, e il suo esercizio, qualora sia rispettato l'ordine pubblico informato a giustizia, non pu essere
impedito.
Libert religiosa e rapporto dell'uomo con Dio
3. Quanto sopra esposto appare con maggiore chiarezza qualora si consideri che norma suprema
della vita umana la legge divina, eterna, oggettiva e universale, per mezzo della quale Dio con
sapienza e amore ordina, dirige e governa l'universo e le vie della comunit umana. E Dio rende
partecipe l'essere umano della sua legge, cosicch l'uomo, sotto la sua guida soavemente provvida,
possa sempre meglio conoscere l'immutabile verit. Perci ognuno ha il dovere e quindi il diritto di
cercare la verit (3) in materia religiosa, utilizzando mezzi idonei per formarsi giudizi di coscienza
retti e veri secondo prudenza.
La verit, per, va cercata in modo rispondente alla dignit della persona umana e alla sua natura
sociale: e cio con una ricerca condotta liberamente, con l'aiuto dell'insegnamento o
dell'educazione, per mezzo dello scambio e del dialogo con cui, allo scopo di aiutarsi
vicendevolmente nella ricerca, gli uni rivelano agli altri la verit che hanno scoperta o che ritengono

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di avere scoperta; inoltre, una volta conosciuta la verit, occorre aderirvi fermamente con assenso
personale.
L'uomo coglie e riconosce gli imperativi della legge divina attraverso la sua coscienza, che tenuto
a seguire fedelmente in ogni sua attivit per raggiungere il suo fine che Dio. Non si deve quindi
costringerlo ad agire contro la sua coscienza. E non si deve neppure impedirgli di agire in
conformit ad essa, soprattutto in campo religioso. Infatti l'esercizio della religione, per sua stessa
natura, consiste anzitutto in atti interni volontari e liberi, con i quali l'essere umano si dirige
immediatamente verso Dio: e tali atti da un'autorit meramente umana non possono essere n
comandati, n proibiti (4). Per la stessa natura sociale dell'essere umano esige che egli esprima
esternamente gli atti interni di religione, comunichi con altri in materia religiosa e professi la
propria religione in modo comunitario.
Si fa quindi ingiuria alla persona umana e allo stesso ordine stabilito da Dio per gli esseri umani,
quando si nega ad essi il libero esercizio della religione nella societ, una volta rispettato l'ordine
pubblico informato a giustizia.
Inoltre gli atti religiosi, con i quali in forma privata e pubblica gli esseri umani con decisione
interiore si dirigono a Dio, trascendono per loro natura l'ordine terrestre e temporale delle cose.
Quindi la potest civile, il cui fine proprio di attuare il bene comune temporale, deve certamente
rispettare e favorire la vita religiosa dei cittadini, per evade dal campo della sua competenza se
presume di dirigere o di impedire gli atti religiosi.
La libert dei gruppi religiosi
4. La libert religiosa che compete alle singole persone, compete ovviamente ad esse anche quando
agiscono in forma comunitaria. I gruppi religiosi, infatti, sono postulati dalla natura sociale tanto
degli esseri umani, quanto della stessa religione.
A tali gruppi, pertanto, posto che le giuste esigenze dell'ordine pubblico non siano violate, deve
essere riconosciuto il diritto di essere immuni da ogni misura coercitiva nel reggersi secondo norme
proprie, nel prestare alla suprema divinit il culto pubblico, nell'aiutare i propri membri ad
esercitare la vita religiosa, nel sostenerli con il proprio insegnamento e nel promuovere quelle
istituzioni nelle quali i loro membri cooperino gli uni con gli altri ad informare la vita secondo i
principi della propria religione.
Parimenti ai gruppi religiosi compete il diritto di non essere impediti con leggi o con atti
amministrativi del potere civile di scegliere, educare, nominare e trasferire i propri ministri, di
comunicare con le autorit e con le comunit religiose che vivono in altre regioni della terra, di
costruire edifici religiosi, di acquistare e di godere di beni adeguati.
I gruppi religiosi hanno anche il diritto di non essere impediti di insegnare e di testimoniare
pubblicamente la propria fede, a voce e per scritto. Per, nel diffondere la fede religiosa e
nell'introdurre pratiche religiose, si deve evitare ogni modo di procedere in cui ci siano spinte
coercitive o sollecitazioni disoneste o stimoli meno retti, specialmente nei confronti di persone prive
di cultura o senza risorse: un tale modo di agire va considerato come abuso del proprio diritto e
come lesione del diritto altrui.
Inoltre la libert religiosa comporta pure che i gruppi religiosi non siano impediti di manifestare
liberamente la virt singolare della propria dottrina nell'ordinare la societ e nel vivificare ogni
umana attivit. Infine, nel carattere sociale della natura umana e della stessa religione si fonda il

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diritto in virt del quale gli esseri umani, mossi dalla propria convinzione religiosa, possano
liberamente riunirsi e dar vita ad associazioni educative, culturali, caritative e sociali.
La libert religiosa della famiglia
5. Ad ogni famiglia--societ che gode di un diritto proprio e primordiale--compete il diritto di
ordinare liberamente la propria vita religiosa domestica sotto la direzione dei genitori. A questi
spetta il diritto di determinare l'educazione religiosa da impartire ai propri figli secondo la propria
persuasione religiosa. Quindi deve essere dalla potest civile riconosciuto ai genitori il diritto di
scegliere, con vera libert, le scuole e gli altri mezzi di educazione, e per una tale libert di scelta
non debbono essere gravati, n direttamente n indirettamente, da oneri ingiusti. Inoltre i diritti dei
genitori sono violati se i figli sono costretti a frequentare lezioni scolastiche che non corrispondono
alla persuasione religiosa dei genitori, o se viene imposta un'unica forma di educazione dalla quale
sia esclusa ogni formazione religiosa.
Cura della libert religiosa
6. Poich il bene comune della societ--che si concreta nell'insieme delle condizioni sociali, grazie
alle quali gli uomini possono perseguire il loro perfezionamento pi riccamente o con maggiore
facilit --consiste soprattutto nella salvaguardia dei diritti della persona umana e nell'adempimento
dei rispettivi doveri (5), adoperarsi positivamente per il diritto alla libert religiosa spetta tanto ai
cittadini quanto ai gruppi sociali, ai poteri civili, alla Chiesa e agli altri gruppi religiosi: a ciascuno
nel modo ad esso proprio, tenuto conto del loro specifico dovere verso il bene comune.
Tutelare e promuovere gli inviolabili diritti dell'uomo dovere essenziale di ogni potere civile (6).
Questo deve quindi assicurare a tutti i cittadini, con leggi giuste e con mezzi idonei, l'efficace tutela
della libert religiosa, e creare condizioni propizie allo sviluppo della vita religiosa, cosicch i
cittadini siano realmente in grado di esercitare i loro diritti attinenti la religione e adempiere i
rispettivi doveri, e la societ goda dei beni di giustizia e di pace che provengono dalla fedelt degli
uomini verso Dio e verso la sua santa volont (7).
Se, considerate le circostanze peculiari dei popoli nell'ordinamento giuridico di una societ viene
attribuita ad un determinato gruppo religioso una speciale posizione civile, necessario che nello
stesso tempo a tutti i cittadini e a tutti i gruppi religiosi venga riconosciuto e sia rispettato il diritto
alla libert in materia religiosa.
Infine il potere civile deve provvedere che l'eguaglianza giuridica dei cittadini, che appartiene essa
pure al bene comune della societ, per motivi religiosi non sia mai lesa, apertamente o in forma
occulta, e che non si facciano fra essi discriminazioni.
Da ci segue che non permesso al pubblico potere imporre ai cittadini con la violenza o con il
timore o con altri mezzi la professione di una religione qualsivoglia oppure la sua negazione, o di
impedire che aderiscano ad un gruppo religioso o che se ne allontanino. Tanto pi poi si agisce
contro la volont di Dio e i sacri diritti della persona e il diritto delle genti quando si usa, in
qualunque modo, la violenza per distruggere o per comprimere la stessa religione o in tutto il genere
umano oppure in qualche regione o in un determinato gruppo.
I limiti della libert religiosa
7. Il diritto alla libert in materia religiosa viene esercitato nella societ umana; di conseguenza il
suo esercizio regolato da alcune norme.

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Nell'esercizio di ogni libert si deve osservare il principio morale della responsabilit personale e
sociale: nell'esercitare i propri diritti i singoli esseri umani e i gruppi sociali, in virt della legge
morale, sono tenuti ad avere riguardo tanto ai diritti altrui, quanto ai propri doveri verso gli altri e
verso il bene comune. Con tutti si tenuti ad agire secondo giustizia ed umanit.
Inoltre, poich la societ civile ha il diritto di proteggersi contro i disordini che si possono verificare
sotto pretesto della libert religiosa, spetta soprattutto al potere civile prestare una tale protezione;
ci per va compiuto non in modo arbitrario o favorendo iniquamente una delle parti, ma secondo
norme giuridiche, conformi all'ordine morale obiettivo: norme giuridiche postulate dall'efficace
difesa dei diritti e dalla loro pacifica armonizzazione a vantaggio di tutti i cittadini, da una
sufficiente tutela di quella autentica pace pubblica che consiste in una vita vissuta in comune sulla
base di una onesta giustizia, nonch dalla debita custodia della pubblica moralit. Questi sono
elementi che costituiscono la parte fondamentale del bene comune e sono compresi sotto il nome di
ordine pubblico. Per il resto nella societ va rispettata la norma secondo la quale agli esseri umani
va riconosciuta la libert pi ampia possibile, e la loro libert non deve essere limitata, se non
quando e in quanto necessario.
Educazione all'esercizio della libert
8. Nella nostra et gli esseri umani, a motivo di molteplici fattori, vivono in un'atmosfera di
pressioni e corrono il pericolo di essere privati della facolt di agire liberamente e
responsabilmente. D'altra parte non sembrano pochi quelli che, sotto il pretesto della libert,
respingono ogni dipendenza e apprezzano poco la dovuta obbedienza.
Ragione per cui questo Concilio Vaticano esorta tutti, ma soprattutto coloro che sono impegnati in
compiti educativi, ad adoperarsi per formare esseri umani i quali, nel pieno riconoscimento
dell'ordine morale, sappiano obbedire alla legittima autorit e siano amanti della genuina libert,
esseri umani cio che siano capaci di emettere giudizi personali nella luce della verit, di svolgere le
proprie attivit con senso di responsabilit, e che si impegnano a perseguire tutto ci che vero e
buono, generosamente disposti a collaborare a tale scopo con gli altri.
La libert religiosa, quindi, deve pure essere ordinata e contribuire a che gli esseri umani adempiano
con maggiore responsabilit i loro doveri nella vita sociale.
II.
LA LIBERT RELIGIOSA ALLA LUCE DELLA RIVELAZIONE
La dottrina della libert religiosa affonda le radici nella Rivelazione
9. Quanto questo Concilio Vaticano dichiara sul diritto degli esseri umani alla libert religiosa ha il
suo fondamento nella dignit della persona, le cui esigenze la ragione umana venne conoscendo
sempre pi chiaramente attraverso l'esperienza dei secoli. Anzi, una tale dottrina sulla libert
affonda le sue radici nella Rivelazione divina, per cui tanto pi va rispettata con sacro impegno dai
cristiani. Quantunque, infatti, la Rivelazione non affermi esplicitamente il diritto all'immunit dalla
coercizione esterna in materia religiosa, fa tuttavia conoscere la dignit della persona umana in tutta
la sua ampiezza, mostra il rispetto di Cristo verso la libert umana degli esseri umani
nell'adempimento del dovere di credere alla parola di Dio, e ci insegna lo spirito che i discepoli di
una tale Maestro devono assimilare e manifestare in ogni loro azione. Tutto ci illustra i principi
generali sopra cui si fonda la dottrina della presente dichiarazione sulla libert religiosa. E anzitutto,

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la libert religiosa nella societ in piena rispondenza con la libert propria dell'atto di fede
cristiana.
Libert dell'atto di fede
10. Un elemento fondamentale della dottrina cattolica, contenuto nella parola di Dio e
costantemente predicato dai Padri (8), che gli esseri umani sono tenuti a rispondere a Dio
credendo volontariamente; nessuno, quindi, pu essere costretto ad abbracciare la fede contro la sua
volont (9). Infatti, l'atto di fede per sua stessa natura un atto volontario, giacch gli essere umani,
redenti da Cristo Salvatore e chiamati (10) in Cristo Ges ad essere figli adottivi, non possono
aderire a Dio che ad essi si rivela, se il Padre non li trae (11) e se non prestano a Dio un ossequio di
fede ragionevole e libero. quindi pienamente rispondente alla natura della fede che in materia
religiosa si escluda ogni forma di coercizione da parte degli esseri umani. E perci un regime di
libert religiosa contribuisce non poco a creare quell'ambiente sociale nel quale gli esseri umani
possono essere invitati senza alcuna difficolt alla fede cristiana, e possono abbracciarla
liberamente e professarla con vigore in tutte le manifestazioni della vita.
Modo di agire di Cristo e degli apostoli
11. Dio chiama gli esseri umani al suo servizio in spirito e verit; per cui essi sono vincolati in
coscienza a rispondere alla loro vocazione, ma non coartati. Egli, infatti, ha riguardo della dignit
della persona umana da lui creata, che deve godere di libert e agire con responsabilit. Ci
apparso in grado sommo in Cristo Ges, nel quale Dio ha manifestato se stesso e le sue vie in modo
perfetto. Infatti Cristo, che Maestro e Signore nostro (12), mite ed umile di cuore (13) ha invitato
e attratto i discepoli pazientemente (14). Certo, ha sostenuto e confermato la sua predicazione con i
miracoli per suscitare e confortare la fede negli uditori, ma senza esercitare su di essi alcuna
coercizione (15). Ha pure rimproverato l'incredulit degli uditori, lasciando per la punizione a Dio
nel giorno del giudizio (16). Mandando gli apostoli nel mondo, disse loro: Chi avr creduto e sar
battezzato, sar salvo. Chi invece non avr creduto sar condannato (Mc 16,16). ma conoscendo
che la zizzania stata seminata con il grano, comand di lasciarli crescere tutti e due fino alla
mietitura che avverr alla fine del tempo (17). Non volendo essere un messia politico e dominatore
con la forza (18) prefer essere chiamato Figlio dell'uomo che viene per servire e dare la sua vita
in redenzione di molti (Mc 10,45). Si present come il perfetto servo di Dio (19) che non rompe
la canna incrinata e non smorza il lucignolo che fuma (Mt 12,20). Riconobbe la potest civile e i
suoi diritti, comandando di versare il tributo a Cesare, ammon per chiaramente di rispettare i
superiori diritti di Dio: Rendete a Cesare quello che di Cesare, e a Dio quello che di Dio (Mt
22,21). Finalmente ha ultimato la sua rivelazione compiendo nella croce l'opera della redenzione,
con cui ha acquistato agli esseri umani la salvezza e la vera libert. Infatti rese testimonianza alla
verit (20), per non volle imporla con la forza a coloro che la respingevano. Il suo regno non si
erige con la spada (21) ma si costituisce ascoltando la verit e rendendo ad essa testimonianza, e
cresce in virt dell'amore con il quale Cristo esaltato in croce trae a s gli esseri umani (22).
Gli apostoli, istruiti dalla parola e dall'esempio di Cristo, hanno seguito la stessa via. Fin dal primo
costituirsi della Chiesa i discepoli di Cristo si sono adoperati per convertire gli esseri umani a
confessare Cristo Signore, non per con un'azione coercitiva n con artifizi indegni del Vangelo, ma
anzitutto con la forza della parola di Dio (23), Con coraggio annunziavano a tutti il proposito di Dio
salvatore, il quale vuole che tutti gli uomini si salvino ed arrivino alla conoscenza della verit (1
Tm 2,4); nello stesso tempo, per, avevano riguardo per i deboli, sebbene fossero nell'errore,
mostrando in tal modo come ognuno di noi render conto di s a Dio (Rm 14,12) (24) e sia tenuto
ad obbedire soltanto alla propria coscienza. Come Cristo, gli apostoli hanno sempre cercato di
rendere testimonianza alla verit di Dio, arditamente osando dinanzi al popolo e ai principi di

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annunziare con fiducia la parola di Dio (At 4,31) (25). Con ferma fede ritenevano che lo stesso
Vangelo fosse realmente la forza di Dio per la salvezza di ogni credente (26). Sprezzando quindi
tutte le armi carnali (27) seguendo l'esempio di mansuetudine e di modestia di Cristo, hanno
predicato la parola di Dio (28) pienamente fiduciosi nella divina virt di tale parola del distruggere
le forze avverse a Dio e nell'avviare gli esseri umani alla fede e all'ossequio di Cristo (29), Come il
Maestro, cos anche gli apostoli hanno riconosciuto la legittima autorit civile: Non vi infatti
potest se non da Dio , insegna l'Apostolo, il quale perci comanda: Ognuno sia soggetto alle
autorit in carica... Chi si oppone alla potest, resiste all'ordine stabilito da Dio (Rm 13,1-5) (30).
Nello stesso tempo, per, non hanno avuto timore di resistere al pubblico potere che si opponeva
alla santa volont di Dio: necessario obbedire a Dio prima che agli uomini (At 5,29) (31). La
stessa via hanno seguito innumerevoli martiri e fedeli attraverso i secoli e in tutta la terra.
La Chiesa segue le tracce di Cristo e degli apostoli
12. La Chiesa pertanto, fedele alla verit evangelica, segue la via di Cristo e degli apostoli quando
riconosce come rispondente alla dignit dell'uomo e alla rivelazione di Dio il principio della libert
religiosa e la favorisce. Essa ha custodito e tramandato nel decorso dei secoli la dottrina ricevuta da
Cristo e dagli apostoli. E quantunque nella vita del popolo di Dio, pellegrinante attraverso le
vicissitudini della storia umana, di quando in quando si siano avuti modi di agire meno conformi
allo spirito evangelico, anzi ad esso contrari, tuttavia la dottrina della Chiesa, secondo la quale
nessuno pu essere costretto con la forza ad abbracciare la fede, non mai venuta meno.
Il fermento evangelico ha pure lungamente operato nell'animo degli esseri umani e molto ha
contribuito perch gli uomini lungo i tempi riconoscessero pi largamente e meglio la dignit della
propria persona e maturasse la convinzione che la persona nella societ deve essere immune da ogni
umana coercizione in materia religiosa.
La libert della Chiesa
13. Fra le cose che appartengono al bene della Chiesa, anzi al bene della stessa citt terrena, e che
vanno ovunque e sempre conservate e difese da ogni ingiuria, certamente di altissimo valore la
seguente: che la Chiesa nell'agire goda di tanta libert quanta le necessaria per provvedere alla
salvezza degli esseri umani (32). questa, infatti, la libert sacra, di cui l'unigenito Figlio di Dio ha
arricchito la Chiesa acquistata con il suo sangue. Ed propria della Chiesa, tanto che quanti
l'impugnano agiscono contro la volont di Dio. La libert della Chiesa principio fondamentale
nelle relazioni fra la Chiesa e i poteri pubblici e tutto l'ordinamento giuridico della societ Civile.
Nella societ umana e dinanzi a qualsivoglia pubblico potere, la Chiesa rivendica a s la libert
come autorit spirituale, fondata da Cristo Signore, alla quale per mandato divino incombe l'obbligo
di andare nel mondo universo a predicare il Vangelo ad ogni creatura (33). Parimenti, la Chiesa
rivendica a s la libert in quanto una comunit di esseri umani che hanno il diritto di vivere nella
societ civile secondo i precetti della fede cristiana (34).
Ora, se vige un regime di libert religiosa non solo proclamato a parole n solo sancito nelle leggi,
ma con sincerit tradotto realmente nella vita, in tal caso la Chiesa, di diritto e di fatto, usufruisce di
una condizione stabile per l'indipendenza necessaria all'adempimento della sua divina missione:
indipendenza nella societ, che le autorit ecclesiastiche hanno sempre pi vigorosamente
rivendicato (35). Nello stesso tempo i cristiani, come gli altri uomini godono del diritto civile di non
essere impediti di vivere secondo la propria coscienza. Vi quindi concordia fra la libert della
Chiesa e la libert religiosa che deve essere riconosciuta come un diritto a tutti gli esseri umani e a
tutte le comunit e che deve essere sancita nell'ordinamento giuridico delle societ civili.

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96

La missione della Chiesa


14. La Chiesa cattolica per obbedire al divino mandato: Istruite tutte le genti (Mt 28,19), tenuta
ad operare instancabilmente affinch la parola di Dio corra e sia glorificata (2 Ts 3,1).
La Chiesa esorta quindi ardentemente i suoi figli affinch anzitutto si facciano suppliche, orazioni,
voti, ringraziamenti per tutti gli uomini... Ci infatti bene e gradito al cospetto del Salvatore e Dio
nostro, il quale vuole che tutti gli uomini si salvino ed arrivino alla conoscenza della verit (1 Tm
2, 1-4).
I cristiani, per, nella formazione della loro coscienza, devono considerare diligentemente la
dottrina sacra e certa della Chiesa (36). Infatti per volont di Cristo la Chiesa cattolica maestra di
verit e sua missione di annunziare e di insegnare autenticamente la verit che Cristo, e nello
stesso tempo di dichiarare e di confermare autoritativamente i principi dell'ordine morale che
scaturiscono dalla stessa natura umana. Inoltre i cristiani, comportandosi sapientemente con coloro
che non hanno la fede, s'adoperino a diffondere la luce della vita con ogni fiducia (37) e con
fortezza apostolica, fino all'effusione del sangue, nello Spirito Santo, con la carit non simulata,
con la parola di verit (2 Cor 6,6-7).
Infatti il discepolo ha verso Cristo Maestro il dovere grave di conoscere sempre meglio la verit da
lui ricevuta, di annunciarla fedelmente e di difenderla con fierezza, non utilizzando mai mezzi
contrari allo spirito evangelico. Nello stesso tempo, per, la carit di Cristo lo spinge a trattare con
amore, con prudenza e con pazienza gli esseri umani che sono nell'errore o nell'ignoranza circa la
fede (38). Si deve quindi aver riguardo sia ai doveri verso Cristo, il Verbo vivificante che deve
essere annunciato, sia ai diritti della persona umana, sia alla misura secondo la quale Dio attraverso
il Cristo distribuisce la sua grazia agli esseri umani che vengono invitati ad accettare e a professare
la fede liberamente.
CONCLUSIONE
15. manifesto che oggi gli esseri umani aspirano di poter professare liberamente la religione sia in
forma privata che pubblica; anzi la libert religiosa nella maggior parte delle costituzioni gi
dichiarata diritto civile ed solennemente proclamata in documenti internazionali (39).
Non mancano per regimi i quali, anche se nelle loro costituzioni riconoscono la libert del culto
religioso, si sforzano di stornare i cittadini dalla professione della religione e di rendere assai
difficile e pericolosa la vita alle comunit religiose.
Il sacro Sinodo, mentre saluta con lieto animo quei segni propizi di questo tempo e denuncia con
amarezza questi fatti deplorevoli, esorta i cattolici e invita tutti gli esseri umani a considerare con la
pi grande attenzione quanto la libert religiosa sia necessaria, soprattutto nella presente situazione
della famiglia umana.
infatti manifesto che tutte le genti si vanno sempre pi unificando, che si fanno sempre pi stretti
i rapporti fra gli esseri umani di cultura e religione diverse, mentre si fa ognora pi viva in ognuno
la coscienza della propria responsabilit personale. Per cui, affinch nella famiglia umana si
instaurino e si consolidino relazioni di concordia e di pace, si richiede che ovunque la libert
religiosa sia munita di una efficace tutela giuridica e che siano osservati i doveri e i diritti supremi
degli esseri umani attinenti la libera espressione della vita religiosa nella societ.

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Faccia Dio, Padre di tutti, che la famiglia umana, diligentemente elevando a metodo nei rapporti
sociali l'esercizio della libert religiosa, in virt della grazia di Cristo e per l'azione dello Spirito
Santo pervenga alla sublime e perenne libert della gloria dei figli di Dio (Rm 8,21).
7 dicembre 1965
Tutte e singole le cose stabilite in questo Decreto sono piaciute ai Padri del Sacro Concilio. E Noi,
in virt della potest Apostolica conferitaci da Cristo, unitamente ai Venerabili Padri, nello Spirito
Santo le approviamo, le decretiamo e le stabiliamo; e quanto stato cos sinodalmente deciso,
comandiamo che sia promulgato a gloria di Dio.
Roma, presso San Pietro
7 dicembre 1965.
Io PAOLO Vescovo della Chiesa Cattolica

NOTE
(1) Cf. GIOVANNI XXIII, Encicl. Pacem in terris, 11 aprile 1963: AAS 55 (1963), p. 279; ibid., p.
265; PIO XII, Messaggio radiofonico, 24 dic. 1944: AAS 37 (1945), p. 14.
(2) Cf. GIOVANNI XXIII, Encicl. Pacem in terris, 11 aprile 1963: AAS 55 (1963), pp. 260-261
[Dz 3961]; PIO XII, Messaggio radiofonico, Con sempre nuova freschezza, 24 dic. 1942: AAS 35
(1943), p. 19; PIO XI, Encicl. Mit brennender Sorge, 14 marzo 1937: AAS 29 (1937), p. 160;
LEONE XIII, Encicl. Libertas praestantissimum, 20 giugno 1888: Acta Leonis XIII 8 (1888), pp.
237-238 [Dz 3250-51].
(3) Cf. S. TOMMASO, Summa Theol., I-II, q. 91, a. 1; q. 93, a. 1-2.
(4) Cf. GIOVANNI XXIII, Encicl. Pacem in terris, 11 aprile 1963: AAS 55 (1963), p. 270 [Dz
3980]; PAOLO VI, Messaggio radiofonico, 22 dic. 1964: AAS 57 (1965), pp. 181-182; S.
TOMMASO, Summa Theol., I-II, q. 91, a. 4 c.
(5) Cf. GIOVANNI XXIII, Encicl. Mater et Magistra, 15 maggio 1961: AAS 53 (1961), p. 417;
IDEM., Encicl. Pacem in terris, 11 aprile 1963: AAS 55 (1963), p. 273 [Dz 3984].
(6) Cf. GIOVANNI XXIII, Encicl. Pacem in terris, 11 apr. 1963: AAS 55 (1963), pp. 273-274 [Dz
3985]; PIO XII, Messaggio radiofonico, 1 giugno 1942: AAS 33 (1941), p. 200.
(7) Cf. LEONE XIII, Encicl. Immortale Dei, 1o nov. 1885: ASS 18 (1885), p. 161.
(8) Cf. LATTANZIO, Divinarum Institutionum, Lib. V, 19: CSEL 19, pp. 463-464, 465; PL 6, 614
e 616 (capp. 20); S. AMBROGIO, Epistola ad Valentinianum Imp., Lett. 21: PL 16, 1005; S.
AGOSTINO, Contra litteras Petiliani, lib. II, cap. 83: CSEL 52, p. 112; PL 43, 315; cf. C. 23, q. 5,
c. 33 (ed. Friedberg, col. 939); IDEM, Ep. 23: PL 33, 98; IDEM, Ep. 34: PL 33,132; IDEM, Ep. 35:
PL 33,135; S. GREGORIO MAGNO, Epistola ad Virgilium et Theodorum Episcopos Massiliae
Galliarum, Registrum Epistolarum I, 45: MGH, Ep. I, p. 72; PL 77,510-511 (lib. I, ep. 47): IDEM,
Epistola ad Iohannem Episcopum Constantinopolitanum, Registrum Epistolarum III, 52: MGH, Ep.
I, p. 210; PL 77,649 (lib. III, ep. 53); cf. D. 45, c. 1 (ed. Friedberg, col. 160); SIN. DI TOLEDO IV,
c. 57: MANSI 10, 633; cf. D. 45, c. 5 (ed. Friedberg, col. 161-162); CLEMENTE III: X, V, 6, 9:
(ed. Friedberg, col. 774); INNOCENZO III, Epistola ad Arelatensem Archiepiscopum, X, III, 42,
(ed. Friedberg, col. 646).
(9) Cf. CIC, can. 1351 [nel nuovo Codice can. 748 2]: PIO XII, Discorso ai Prelati Uditori e agli
altri ufficiali e impiegati del Tribunale della S. Romana Rota, 6 ott. 1946: AAS 38 (1946), p. 394;
IDEM, Encicl. Mystici Corporis, 29 giugno 1943: AAS 35 (1943), p. 243 [Dz 3822].
(10) Cf. Ef 1,5.
(11) Cf. Gv 6,44.

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(12) Cf. Gv 13,13.


(13) Cf. Mt 11,29.
(14) Cf. Mt 11,28-30; Gv 6,67-68.
(15) Cf. Mt 9,28-29; Mc 9,23-24; 6,5-6; PAOLO VI, Encicl. Ecclesiam suam, 6 ag. 1964: AAS 56
(1964), pp. 642-643.
(16) Cf. Mt 11,20-24; Rm 12,19-20; 2 Ts 1,8.
(17) Cf. Mt 13,30.40-42.
(18) Cf. Mt 4,8-10; Gv 6,15.
(19) Cf. Is 42,1-4.
(20) Cf. Gv 18,37.
(21) Cf. Mt 26,51-53; Gv 18,36.
(22) Cf. Gv 12,32.
(23) Cf. 1 Cor 2,3-5; 1 Ts 2,3-5.
(24) Cf. Rm 14,1-23; 1 Cor 8,9-13; 10,23-33.
(25) Cf. Ef 6,19-20.
(26) Cf. Rm 1,16.
(27) Cf. 2 Cor 10,4; 1 Ts 5,8-9.
(28) Cf. Ef 6,11-17.
(29) Cf. 2 Cor 10,3-5.
(30) Cf. 1 Pt 2,13-17.
(31) Cf. At 4,19-20.
(32) Cf. LEONE XIII, Lettera Officio sanctissimo, 22 dic. 1887: ASS 20 (1887), p. 269; IDEM,
Lettera Ex litteris, 7 aprile 1887: ASS 19 (1886), p. 465.
(33) Cf. Mc 16,15; Mt 28,18-20; PIO XII, Encicl. Summi Pontificatus, 20 ott. 1939: AAS 31 (1939),
pp. 445-446.
(34) Cf. PIO XI, Lettera Firmissimam constantiam, 28 marzo 1937: AAS 29 (1937), p. 196.
(35) Cf. PIO XII, Discorso Ci riesce, 6 dic. 1953: AAS 45 (1953), p. 802.
(36) Cf. PIO XII, Messaggio radiofonico, 23 marzo 1952: AAS 44 (1952), pp. 270-278.
(37) Cf. At 4,29.
(38) Cf. GIOVANNI XXIII, Encicl. Pacem in terris, 11 aprile 1963: AAS 55 (1963), pp. 299-300
[in parte Dz 3996].
(39) Cf. GIOVANNI XXIII, Encicl. Pacem in terris, 11 aprile 1963: AAS 55 (1963), pp. 295-296.

10. Lettera Enciclica Humanae Vitae, Paolo VI (1965)


1. Il gravissimo dovere di trasmettere la vita umana, per il quale gli sposi sono liberi e responsabili
collaboratori di Dio creatore, sempre stato per essi fonte di grandi gioie, le quali, tuttavia, sono
talvolta accompagnate da non poche difficolt e angustie. In tutti i tempi ladempimento di questo
dovere ha posto alla coscienza dei coniugi seri problemi, ma col recente evolversi della societ, si

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sono prodotti mutamenti tali da far sorgere nuove questioni, che la chiesa non pu ignorare,
trattandosi di materia che tanto da vicino tocca la vita e la felicit degli uomini.
I. ASPETTI NUOVI DEL PROBLEMA E COMPETENZA DEL MAGISTERO
2. I cambiamenti avvenuti sono infatti di grande importanza e di vario genere. Si tratta anzitutto del
rapido sviluppo demografico, per il quale molti manifestano il timore che la popolazione mondiale
cresca pi rapidamente delle risorse a disposizione, con crescente angustia di tante famiglie e di
popoli in via di sviluppo. Per questo grande la tentazione delle autorit di opporre a tale pericolo
misure radicali. Inoltre, non solo le condizioni di lavoro e di alloggio, ma anche le accresciute
esigenze, sia nel campo economico che in quello della educazione della giovent, rendono spesso
oggi difficile il sostentamento conveniente di un numero elevato di figli. Si assiste anche a un
mutamento, oltre che nel modo di considerare la persona della donna e il suo posto nella societ,
anche nel valore da attribuire allamore coniugale nel matrimonio, e nellapprezzamento da dare al
significato degli atti coniugali in relazione con questo amore. Infine, questo soprattutto si deve
considerare, che luomo ha compiuto progressi stupendi nel dominio e nellorganizzazione
razionale delle forze della natura, cos che si sforza di estendere questo dominio al suo stesso essere
globale; al corpo, alla vita psichica, alla vita sociale, e perfino alle leggi che regolano la
trasmissione della vita.
3. Tale stato di cose fa sorgere nuove domande. Se, date le condizioni della vita odierna e dato il
significato che le relazioni coniugali hanno per larmonia tra gli sposi e per la loro mutua fedelt,
non sia forse indicata una revisione delle norme etiche finora vigenti, soprattutto se si considera che
esse non possono essere osservate senza sacrifici talvolta eroici. Ancora: se estendendo a questo
campo lapplicazione del cosiddetto " principio di totalit ", non si possa ammettere che
lintenzione di una fecondit meno esuberante, ma pi razionalizzata, trasforma lintervento
materialmente sterilizzante in una lecita e saggia regolazione della natalit. Se non si possa
ammettere cio che la finalit procreativa appartenga allinsieme della vita coniugale, piuttosto che
ai suoi singoli atti. Si chiede anche se, dato laccresciuto senso di responsabilit delluomo
moderno, non sia venuto per lui il momento di affidare alla sua ragione e alla sua volont, pi che ai
ritmi biologici del suo organismo, il compito di trasmettere la vita.
4. Tali questioni esigevano dal magistero della chiesa una nuova approfondita riflessione sui
principi della dottrina morale del matrimonio: dottrina fondata sulla legge naturale illuminata e
arricchita dalla rivelazione divina. Nessun fedele vorr negare che al magistero della chiesa spetti di
interpretare anche la legge morale naturale. infatti incontestabile, come hanno pi volte dichiarato
i nostri predecessori, che Ges Cristo, comunicando a Pietro e agli apostoli la sua divina autorit e
inviandoli a insegnare a tutte le genti i suoi comandamenti, li costituiva custodi e interpreti autentici
di tutta la legge morale, non solo cio della legge evangelica, ma anche di quella naturale. Infatti
anche la legge naturale espressione della volont di Dio, ladempimento fedele di essa parimenti
necessario alla salvezza eterna degli uomini. Conformemente a questa sua missione, la chiesa ha
dato sempre, ma pi ampiamente nel tempo recente, un adeguato insegnamento sia sulla natura del
matrimonio sia sul retto uso dei diritti coniugali e sui doveri dei coniugi.
5. La coscienza della medesima missione ci indusse a confermare e allargare la commissione di
studio che il nostro predecessore Giovanni XXIII, di v.m., aveva costituito nel marzo del 1963.
Questa commissione, che comprendeva, oltre a parecchi studiosi delle varie discipline pertinenti,
anche coppie di sposi, non solo aveva per scopo di raccogliere pareri sulle nuove questioni
riguardanti la vita coniugale, e in particolare una retta regolazione della natalit, ma anche di fornire
gli elementi di informazione opportuni, perch il magistero della chiesa potesse dare una risposta
adeguata allattesa non soltanto dei fedeli, ma dellopinione pubblica mondiale. I lavori di questi

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esperti, nonch i giudizi e i consigli successivi di un buon numero dei nostri fratelli nellepiscopato,
o spontaneamente inviati o da noi richiesti, ci hanno permesso di meglio misurare tutti gli aspetti
del complesso argomento. Pertanto di gran cuore esprimiamo a tutti la nostra vivissima gratitudine.
6. Le conclusioni alle quali era pervenuta la commissione non potevano tuttavia essere da noi
considerate come certe e definitive, n dispensarci da un personale esame di tanto grave questione;
anche perch non si era giunti, in seno alla commissione, alla piena concordanza di giudizi circa le
norme morali da proporre, e soprattutto perch erano emersi alcuni criteri di soluzioni, che si
distaccavano dalla dottrina morale sul matrimonio proposta con costante fermezza dal magistero
della chiesa. Perci, avendo attentissimamente vagliato la documentazione a noi offerta, dopo
mature riflessioni e assidue preghiere, intendiamo ora, in virt del mandato da Cristo a noi affidato,
dare la nostra risposta a queste gravi questioni.
II. PRINCIPI DOTTRINALI
Una visione globale dalluomo
7. Il problema della natalit, come ogni altro problema riguardante la vita umana, va considerato, al
di l delle prospettive parziali - siano di ordine biologico o psicologico, demografico o sociologico nella luce di una visione integrale delluomo e della sua vocazione, non solo naturale e terrena, ma
anche soprannaturale ed eterna. E poich, nel tentativo di giustificare i metodi artificiali di controllo
delle nascite, da molti si fatto appello alle esigenze, sia dellamore coniugale, sia di una paternit
responsabile, conviene chiarire e precisare accuratamente la vera concezione di queste due grandi
realt della vita matrimoniale, richiamandoci principalmente a quanto stato esposto recentemente
a questo riguardo, con somma autorit, dal Concilio Vaticano II, nella costituzione pastorale
Gaudium et spes.
Lamore coniugale
8. Lamore coniugale rivela massimamente la sua vera natura e nobilt quando considerato nella
sua sorgente suprema, Dio, che "Amore", che il Padre " da cui ogni paternit, in cielo e in terra,
trae il suo nome ". Il matrimonio non quindi effetto del caso o prodotto della evoluzione di
inconsce forze naturali: stato sapientemente e provvidenzialmente istituito da Dio creatore per
realizzare nellumanit il suo disegno di amore. Per mezzo della reciproca donazione personale,
loro propria ed esclusiva, gli sposi tendono alla comunione delle loro persone, con la quale si
perfezionano a vicenda, per collaborare con Dio alla generazione e alla educazione di nuove vite.
Per i battezzati, poi, il matrimonio riveste la dignit di segno sacramentale della grazia, in quanto
rappresenta lunione di Cristo e della chiesa.
Le caratteristiche dellamore coniugale
9. In questa luce appaiono chiaramente le note e le esigenze caratteristiche dellamore coniugale, di
cui di somma importanza avere unidea esatta. prima di tutto amore pienamente umano, vale a
dire sensibile e spirituale. Non quindi semplice trasporto di istinto e di sentimento, ma anche e
principalmente atto della volont libera, destinato non solo a mantenersi, ma anche ad accrescersi
mediante le gioie e i dolori della vita quotidiana; cos che gli sposi diventino un cuor solo e
unanima sola, e raggiungano insieme la loro perfezione umana. poi amore totale, vale a dire una
forma tutta speciale di amicizia personale, in cui gli sposi generosamente condividono ogni cosa,
senza indebite riserve o calcoli egoistici. Chi ama davvero il proprio consorte, non lo ama soltanto
per quanto riceve da lui, ma per se stesso, lieto di poterlo arricchire del dono di s. ancora amore
fedele ed esclusivo fino alla morte. Cos infatti lo concepiscono lo sposo e la sposa nel giorno in cui

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assumono liberamente e in piena consapevolezza limpegno del vincolo matrimoniale. Fedelt che
pu talvolta essere difficile, ma che sia sempre possibile, e sempre nobile e meritoria, nessuno lo
pu negare. Lesempio di tanti sposi attraverso i secoli dimostra non solo che essa consentanea
alla natura del matrimonio, ma altres che da essa, come da una sorgente, scaturisce una intima e
duratura felicit. infine amore fecondo, che non si esaurisce tutto nella comunione dei coniugi, ma
destinato a continuarsi, suscitando nuove vite. "Il matrimonio e lamore coniugale sono ordinati
per loro natura alla procreazione ed educazione della prole. I figli infatti sono il preziosissimo dono
del matrimonio e contribuiscono moltissimo al bene degli stessi genitori".
La paternit responsabile
10. Perci lamore coniugale richiede dagli sposi che essi conoscano convenientemente la loro
missione di paternit responsabile, sulla quale oggi a buon diritto tanto si insiste e che va anchessa
esattamente compresa. Essa deve considerarsi sotto diversi aspetti legittimi e tra loro collegati. In
rapporto ai processi biologici, paternit responsabile significa conoscenza e rispetto delle loro
funzioni: lintelligenza scopre, nel potere di dare la vita, leggi biologiche che riguardano la persona
umana. In rapporto alle tendenze dellistinto e delle passioni, la paternit responsabile significa il
necessario dominio che la ragione e la volont devono esercitare su di esse. In rapporto alle
condizioni fisiche, economiche, psicologiche e sociali, la paternit responsabile si esercita, sia con
la deliberazione ponderata e generosa di far crescere una famiglia numerosa, sia con la decisione,
presa per gravi motivi e nel rispetto della legge morale, di evitare temporaneamente od anche a
tempo indeterminato, una nuova nascita. Paternit responsabile comporta ancora e soprattutto un
pi profondo rapporto allordine morale chiamato oggettivo, stabilito da Dio e di cui la retta
coscienza vera interprete. Lesercizio responsabile della paternit implica dunque che i coniugi
riconoscano i propri doveri verso Dio, verso se stessi, verso la famiglia e verso la societ, in una
giusta gerarchia dei valori. Nel compito di trasmettere la vita, essi non sono quindi liberi di
procedere a proprio arbitrio, come se potessero determinare in modo del tutto autonomo le vie
oneste da seguire, ma, al contrario, devono conformare il loro agire allintenzione creatrice di Dio,
espressa nella stessa natura del matrimonio e dei suoi atti, e manifestata dallinsegnamento costante
della chiesa.
Rispettare la natura e la finalit dellatto matrimoniale
11. Questi atti, con i quali gli sposi si uniscono in casta intimit e per mezzo dei quali si trasmette la
vita umana, sono, come ha ricordato il recente concilio, "onesti e degni", e non cessano di essere
legittimi se, per cause mai dipendenti dalla volont dei coniugi, sono previsti infecondi, perch
rimangono ordinati ad esprimere e consolidare la loro unione. Infatti, come lesperienza attesta, non
da ogni incontro coniugale segue una nuova vita. Dio ha sapientemente disposto leggi e ritmi
naturali di fecondit che gi di per s distanziano il susseguirsi delle nascite. Ma, richiamando gli
uomini allosservanza delle norme della legge naturale, interpretata dalla sua costante dottrina, la
chiesa insegna che qualsiasi: atto matrimoniale deve rimanere aperto alla trasmissione della vita.
Inscindibili due aspetti: unione e procreazione
12. Tale dottrina, pi volte esposta dal magistero della chiesa, fondata sulla connessione
inscindibile, che Dio ha voluto e che luomo non pu rompere di sua iniziativa, tra i due significati
dellatto coniugale: il significato unitivo e il significato procreativo. Infatti, per la sua intima
struttura, latto coniugale, mentre unisce con profondissimo vincolo gli sposi, li rende atti alla
generazione di nuove vite, secondo leggi iscritte nellessere stesso delluomo e della donna.
Salvaguardando ambedue questi aspetti essenziali, unitivo e procreativo, latto coniugale conserva
integralmente il senso di mutuo e vero amore ed il suo ordinamento allaltissima vocazione

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delluomo alla paternit. Noi pensiamo che gli uomini del nostro tempo sono particolarmente in
grado di afferrare quanto questa dottrina sia consentanea alla ragione umana.
Fedelt al disegno di Dio
13. Giustamente infatti si avverte che un atto coniugale imposto al coniuge senza nessun riguardo
alle sue condizioni ed ai suoi giusti desideri non un vero atto di amore e nega pertanto unesigenza
del retto ordine morale nei rapporti tra gli sposi. Cos, chi ben riflette dovr anche riconoscere che
un atto di amore reciproco, che pregiudichi la disponibilit a trasmettere la vita che Dio creatore di
tutte le cose secondo particolari leggi vi ha immesso, in contraddizione sia con il disegno divino, a
norma del quale costituito il coniugio, sia con il volere dellAutore della vita umana. Usare di
questo dono divino distruggendo, anche soltanto parzialmente, il suo significato e la sua finalit
contraddire alla natura delluomo come a quella della donna e del loro pi intimo rapporto, e perci
contraddire anche al piano di Dio e alla sua santa volont. Usufruire invece del dono dellamore
coniugale rispettando le leggi del processo generativo, significa riconoscersi non arbitri delle
sorgenti della vita umana, ma piuttosto ministri del disegno stabilito dal creatore. Infatti, come sul
suo corpo in generale luomo non ha un dominio illimitato, cos non lo ha, con particolare ragione,
sulle sue facolt generative in quanto tali, a motivo della loro ordinazione intrinseca a suscitare la
vita, di cui Dio principio. " La vita umana sacra, ricordava Giovanni XXIII; fin dal suo affiorare
impegna direttamente lazione creatrice di Dio ".
Vie illecite per la regolazione della natalit
14. In conformit con questi principi fondamentali della visione umana e cristiana sul matrimonio,
dobbiamo ancora una volta dichiarare che assolutamente da escludere, come via lecita per la
regolazione delle nascite, linterruzione diretta del processo generativo gi iniziato, e soprattutto
laborto diretto, anche se procurato per ragioni terapeutiche. parimenti da condannare, come il
magistero della chiesa ha pi volte dichiarato, la sterilizzazione diretta, sia perpetua che
temporanea, tanto delluomo che della donna. altres esclusa ogni azione che, o in previsione
dellatto coniugale, o nel suo compimento, o nello sviluppo delle sue conseguenze naturali, si
proponga, come scopo o come mezzo, di impedire la procreazione. N, a giustificazione degli atti
coniugali resi intenzionalmente infecondi, si possono invocare, come valide ragioni: che bisogna
scegliere quel male che sembri meno grave o il fatto che tali atti costituirebbero un tutto con gli atti
fecondi che furono posti o poi seguiranno, e quindi ne condividerebbero lunica e identica bont
morale. In verit, se lecito, talvolta, tollerare un minor male morale al fine di evitare un male
maggiore o di promuovere un bene pi grande, non lecito, neppure per ragioni gravissime, fare il
male, affinch ne venga il bene, cio fare oggetto di un atto positivo di volont ci che
intrinsecamente disordine e quindi indegno della persona umana, anche se nellintento di
salvaguardare o promuovere beni individuali, familiari o sociali. quindi errore pensare che un atto
coniugale, reso volutamente infecondo, e perci intrinsecamente non onesto, possa essere
coonestato dallinsieme di una vita coniugale feconda.
Liceit dei mezzi terapeutici
15. La chiesa, invece, non ritiene affatto illecito luso dei mezzi terapeutici necessari per curare
malattie dellorganismo, anche se ne risultasse un impedimento, pur previsto, alla procreazione,
purch tale impedimento non sia, per qualsiasi motivo, direttamente voluto.
Liceit del ricorso ai periodi infecondi

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16. A questo insegnamento della chiesa sulla morale coniugale, si obietta oggi, come osservavamo
sopra (n. 3), che prerogativa dellintelligenza umana dominare le energie offerte dalla natura
irrazionale e orientarle verso un fine conforme al bene delluomo. Ora, alcuni si chiedono: nel caso
presente, non forse razionale, in circostanze cos complesse, ricorrere al controllo artificiale delle
nascite, se con ci si ottiene larmonia e la quiete della famiglia e migliori condizioni per
leducazione dei figli gi nati? A questo quesito occorre rispondere con chiarezza: la chiesa la
prima a elogiare e a raccomandare lintervento dellintelligenza in unopera che cos da vicino
associa la creatura ragionevole al suo creatore, ma afferma che ci si deve fare nel rispetto
dellordine da Dio stabilito. Se dunque per distanziare le nascite esistono seri motivi, derivanti dalle
condizioni fisiche o psicologiche dei coniugi, o da circostanze esteriori, la chiesa insegna essere
allora lecito tener conto dei ritmi naturali immanenti alle funzioni generative per luso del
matrimonio nei soli periodi infecondi e cos regolare la natalit senza offendere minimamente i
principi morali che abbiamo ora ricordato. La chiesa coerente con se stessa, sia quando ritiene
lecito il ricorso ai periodi infecondi, sia quando condanna come sempre illecito luso dei mezzi
direttamente contrari alla fecondazione, anche se ispirato da ragioni che possano apparire oneste e
gravi. Infatti, i due casi differiscono completamente tra di loro: nel primo caso i coniugi
usufruiscono legittimamente di una disposizione naturale; nellaltro caso essi impediscono lo
svolgimento dei processi naturali. vero che, nelluno e nellaltro caso, i coniugi concordano con
mutuo e certo consenso di evitare la prole per ragioni plausibili, cercando la sicurezza che essa non
verr; ma altres vero che soltanto nel primo caso essi sanno rinunciare alluso del matrimonio nei
periodi fecondi quando, per giusti motivi, la procreazione non desiderabile, usandone, poi, nei
periodi agenesiaci a manifestazione di affetto e a salvaguardia della mutua fedelt. Cos facendo
essi danno prova di amore veramente e integralmente onesto.
Gravi conseguenze dei metodi di regolazione artificiale della natalit
17. Gli uomini retti potranno ancora meglio convincersi della fondatezza della dottrina della chiesa
in questo campo, se vorranno riflettere alle conseguenze dei metodi di regolazione artificiale delle
nascite. Considerino, prima di tutto, quale via larga e facile aprirebbero cos alla infedelt coniugale
ed allabbassamento generale della moralit. Non ci vuole molta esperienza per conoscere la
debolezza umana e per comprendere che gli uomini - i giovani specialmente, cos vulnerabili su
questo punto - hanno bisogno dincoraggiamento a essere fedeli alla legge morale e non si deve loro
offrire qualche facile mezzo per eluderne losservanza. Si pu anche temere che luomo,
abituandosi alluso delle pratiche anticoncezionali, finisca per perdere il rispetto della donna e,
senza pi curarsi del suo equilibrio fisico e psicologico, arrivi a considerarla come semplice
strumento di godimento egoistico e non pi come la sua compagna, rispettata e amata. Si rifletta
anche allarma pericolosa che si verrebbe a mettere cos tra le mani di autorit pubbliche, incuranti
delle esigenze morali. Chi potr rimproverare a un governo di applicare alla soluzione dei problemi
della collettivit ci che fosse riconosciuto lecito ai coniugi per la soluzione di un problema
familiare? Chi impedir ai governanti di favorire e persino di imporre ai loro popoli, ogni qualvolta
lo ritenessero necessario, il metodo di contraccezione da essi giudicato pi efficace? In tal modo gli
uomini, volendo evitare le difficolt individuali, familiari o sociali che sincontrano nellosservanza
della legge divina, arriverebbero a lasciare in balia dellintervento delle autorit pubbliche il settore
pi personale e pi riservato della intimit coniugale. Pertanto, se non si vuole esporre allarbitrio
degli uomini la missione di generare la vita, si devono necessariamente riconoscere limiti
invalicabili alla possibilit di dominio delluomo sul proprio corpo e sulle sue funzioni; limiti che a
nessun uomo, sia privato, sia rivestito di autorit, lecito infrangere. E tali limiti non possono
essere determinati che dal rispetto dovuto allintegrit del corpo umano e delle sue funzioni naturali
secondo i principi sopra ricordati e secondo la retta intelligenza del principio di totalit, illustrato
dal nostro Predecessore Pio XII.

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La chiesa garante degli autentici valori umani


18. Si pu prevedere che questo insegnamento non sar forse da tutti facilmente accolto: troppe
sono le voci, amplificate dai moderni mezzi di propaganda, che contrastano con quella della chiesa.
A dir vero, questa non si meraviglia di essere fatta, a somiglianza del suo divin fondatore, " segno di
contraddizione ", ma non lascia per questo di proclamare con umile fermezza tutta la legge morale,
sia naturale, che evangelica. Di essa la chiesa non stata autrice, n pu, quindi, esserne arbitra; ne
soltanto depositaria e interprete, senza mai poter dichiarare lecito quel che non lo , per la sua
intima e immutabile opposizione al vero bene delluomo. Nel difendere la morale coniugale nella
sua integralit, la chiesa sa di contribuire allinstaurazione di una civilt veramente umana; essa
impegna luomo a non abdicare alla propria responsabilit per rimettersi ai mezzi tecnici; difende
con ci stesso la dignit dei coniugi. Fedele allinsegnamento come allesempio del Salvatore, essa
si dimostra amica sincera e disinteressata degli uomini che vuole aiutare, fin dal loro itinerario
terrestre, " a partecipare come figli alla vita del Dio vivente, Padre di tutti gli uomini ".
III. DIRETTIVE PASTORALI
La chiesa "madre e maestra"
19. La nostra parola non sarebbe espressione adeguata del pensiero e delle sollecitudini della chiesa,
madre e maestra di tutte le genti, se, dopo aver richiamato gli uomini alla osservanza e al rispetto
della legge divina riguardante il matrimonio, non li confortasse nella vita di una onesta regolazione
della natalit, pur in mezzo alle difficili condizioni che oggi travagliano le famiglie e i popoli. La
chiesa, infatti, non pu avere altra condotta verso gli uomini da quella del Redentore: conosce la
loro debolezza, ha compassione della folla, accoglie i peccatori; ma non pu rinunciare a insegnare
la legge che in realt quella propria di una vita umana restituita nella sua verit originaria e
condotta dallo Spirito di Dio.
Possibilit della osservanza della legge divina
20. La dottrina della chiesa sulla regolazione della natalit, che promulga la legge divina, apparir
facilmente a molti di difficile o addirittura impossibile attuazione. E certamente, come tutte le realt
grandi e benefiche, essa richiede serio impegno e molti sforzi, individuali, familiari e sociali. Anzi,
non sarebbe attuabile senza laiuto di Dio, che sorregge e corrobora la buona volont degli uomini.
Ma a chi ben riflette non potr non apparire che tali sforzi sono nobilitanti per luomo e benefici per
la comunit umana.
Padronanza di s
21. Una retta e onesta pratica di regolazione della natalit richiede anzitutto dagli sposi che
acquistino e posseggano solide convinzioni circa i veri valori della vita e della famiglia, e che
tendano ad acquistare una perfetta padronanza di s. Il dominio dellistinto, mediante la ragione e la
libera volont, impone indubbiamente una ascesi, affinch le manifestazioni affettive della vita
coniugale siano secondo il retto ordine e in particolare per losservanza della continenza periodica.
Ma questa disciplina, propria della purezza degli sposi, ben lungi al nuocere allamore coniugale,
gli conferisce invece un pi alto valore umano. Esige un continuo sforzo, ma grazie al suo benefico
influsso i coniugi sviluppano integralmente la loro personalit, arricchendosi di valori spirituali:
essa apporta alla vita familiare frutti di serenit e di pace e agevola la soluzione degli altri problemi;
favorisce lattenzione verso laltro coniuge, aiuta gli sposi a bandire legoismo, nemico del vero
amore, e approfondisce il loro senso di responsabilit nel compimento dei loro doveri. I genitori
acquistano con essa la capacit di un influsso pi profondo ed efficace per leducazione dei figli; la

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fanciullezza e la giovent crescono nella giusta stima dei valori umani e nello sviluppo sereno ed
armonico delle loro facolt spirituali e sensibili.
Creare un ambiente favorevole alla castit
22. Noi vogliamo in questa occasione richiamare lattenzione degli educatori e di quanti assolvono
compiti di responsabilit in ordine al bene comune dellumana convivenza, sulla necessit di creare
un clima favorevole alleducazione della castit, cio al trionfo della sana libert sulla licenza,
mediante il rispetto dellordine morale. Tutto ci che nei moderni mezzi di comunicazione sociale i
alle eccitazioni dei sensi, alla sfrenatezza dei costumi, come pure ogni forma di pornografia o di
spettacoli licenziosi, deve suscitare la franca e unanime reazione di tutte le persone sollecite del
progresso della civilt e della difesa dei beni supremi dello spirito umano. Invano si cercherebbe di
giustificare queste depravazioni con pretese esigenze artistiche scientifiche o di trarre argomento
dalla libert lasciata in questo settore da parte delle pubbliche autorit.
Appello ai pubblici poteri
23. Ai governanti, che sono i principali responsabili del bene comune e tanto possono per la
salvaguardia del costume orale, noi diciamo: non lascino che si degradi la moralit dei loro popoli;
non accettino che si introducano in modo legale in quella cellula fondamentale dello stato, che la
famiglia, pratiche contrarie alla legge naturale e divina. Altra la via mediante la quale i pubblici
poteri possono e devono contribuire alla soluzione del problema demografico: la via di una
provvida politica familiare, di una saggia educazione dei popoli, rispettosa della legge morale e
della libert dei cittadini. Siamo ben consapevoli delle gravi difficolt in cui versano i pubblici
poteri a questo riguardo, specialmente nei paesi in via di sviluppo. Alle loro legittime
preoccupazioni abbiamo consacrato la nostra enciclica Populorum progressio. Ma, con il nostro
predecessore Giovanni XXIII, ripetiamo: " Queste difficolt non vanno superate facendo ricorso a
metodi e a mezzi che sono indegni delluomo e che trovano la loro spiegazione soltanto in una
concezione prettamente materialistica delluomo stesso e della sua vita. La vera soluzione si trova
soltanto nello sviluppo economico e nel progresso sociale, che rispettano e promuovono i veri valori
umani individuali e sociali ". N si potrebbe senza grave ingiustizia rendere la divina Provvidenza
responsabile di ci che dipendesse invece da minore saggezza di governo, da un senso insufficiente
della giustizia sociale, da egoistico accaparramento o ancora da biasimevole indolenza
nellaffrontare gli sforzi e i sacrifici necessari per assicurare la elevazione del livello di vita di un
popolo e di tutti i suoi figli. Che tutti i poteri responsabili - come certuni gi fanno cos
lodevolmente - ravvivino generosamente i loro sforzi. E non cessi di estendersi laiuto vicendevole
tra tutti i membri della grande famiglia umana: un campo quasi illimitato che si apre cos
allattivit delle grandi organizzazioni internazionali.
Agli uomini di scienza
24. Vogliamo ora esprimere il nostro incoraggiamento agli uomini di scienza, i quali " possono dare
un grande contributo al bene del matrimonio e della famiglia e alla pace delle coscienze, se, unendo
i loro studi, cercheranno di chiarire pi a fondo le diverse condizioni che favoriscono una onesta
regolazione della procreazione umana ". in particolare auspicabile che, secondo laugurio
formulato da Pio XII, la scienza medica riesca a dare una base sufficientemente sicura ad una
regolazione delle nascite, fondata sullosservanza dei ritmi naturali. Cos gli uomini di scienza, e in
modo speciale gli scienziati cattolici, contribuiranno a dimostrare con i fatti che, come la chiesa
insegna, "non vi pu essere vera contraddizione tra le leggi divine che reggono la trasmissione della
vita e quelle che favoriscono un autentico amore coniugale".

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Agli sposi cristiani


25. E ora la nostra parola si rivolge pi direttamente ai nostri figli, particolarmente a quelli che Dio
chiama a servirlo nel matrimonio. La chiesa, mentre insegna le esigenze imprescrittibili della legge
divina, annunzia la salvezza e apre con i sacramenti le vie della grazia, la quale fa delluomo una
nuova creatura, capace di corrispondere nellamore e nella vera libert al disegno del suo Creatore e
Salvatore e di trovare dolce il giogo di Cristo. Gli sposi cristiani, dunque, docili alla sua voce,
ricordino che la loro vocazione cristiana iniziata col battesimo si ulteriormente specificata e
rafforzata col sacramento del matrimonio. Per esso i coniugi sono corroborati e quasi consacrati per
ladempimento fedele dei propri doveri, per lattuazione della propria vocazione fino alla perfezione
e per una testimonianza cristiana loro propria di fronte mondo. Ad essi il Signore affida il compito
di rendere visibile agli uomini la santit "e la soavit della legge che unisce lamore vicendevole
degli sposi con la loro cooperazione allamore di Dio autore della vita umana. Non intendiamo
affatto nascondere le difficolt talvolta gravi inerenti alla vita dei coniugi cristiani: per essi, come
per ognuno, stretta la porta e angusta la via che conduce alla vita ". Ma la speranza di questa vita
deve illuminare il loro cammino, mentre coraggiosamente si sforzano di vivere con saggezza,
giustizia e piet nel tempo presente, sapendo che la figura di questo mondo passa. Affrontino quindi
gli sposi i necessari sforzi, sorretti dalla fede e dalla speranza che " non delude, perch lamore di
Dio stato effuso nei nostri cuori con lo Spirito santo, che ci stato dato "; implorino con
perseverante preghiera laiuto divino; attingano soprattutto nelleucaristia alla sorgente della grazia
e della carit. E se il peccato facesse ancora presa su di loro, non si scoraggino, ma ricorrano con
umile perseveranza alla misericordia di Dio, che viene elargita con abbondanza nel sacramento
della penitenza. Essi potranno in tal modo realizzare la pienezza della vita coniugale descritta
dallapostolo: " Mariti, amate le vostre mogli, come anche Cristo ha amato la chiesa (...). I mariti
devono amare le loro mogli come il proprio corpo. Amare la moglie, non forse amare se stesso?
Ora nessuno mai ha odiato la propria carne, che anzi la nutre e la cura, come fa Cristo per la chiesa
(...). Grande questo mistero, voglio dire riguardo a Cristo e alla chiesa. Ma per quel che vi
concerne, ognuno ami la sua moglie come se stesso e la moglie rispetti il proprio marito ".
Apostolato tra i focolari
26. Tra i frutti che maturano da un generoso sforzo di fedelt alla legge divina, uno dei pi preziosi
che i coniugi stessi non di rado provano il desiderio di comunicare ad altri la loro esperienza.
Viene cos a inserirsi nel vasto quadro della vocazione dei laici una nuova e notevolissima forma
dellapostolato del simile da parte del simile: sono gli sposi stessi che si fanno apostoli e guide di
altri sposi. Questa senzaltro tra tante forme di apostolato una di quelle che oggi appaiono pi
opportune.
Ai medici e al personale sanitario
27. Abbiamo in altissima stima i medici e i membri del personale sanitario ai quali, nellesercizio
della loro professione, pi di ogni interesse umano, stanno a cuore le superiori esigenze della loro
vocazione cristiana. Perseverino dunque nel promuovere in ogni occasione le soluzioni, ispirate alla
fede e alla retta ragione, e si sforzino di suscitarne la convinzione e il rispetto nel loro ambiente
Considerino poi anche come proprio dovere professionale quello dacquistare tutta la scienza
necessaria in questo delicato settore, al fine di poter dare agli sposi che li consultano i saggi consigli
e le sane direttive, che questi da loro a buon diritto aspettano.
Ai sacerdoti

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28. Diletti figli sacerdoti, che per vocazione siete i consiglieri e le guide spirituali delle singole
persone e delle famiglie, ci rivolgiamo ora a voi con fiducia. Il vostro primo compito - specialmente
per quelli che insegnano la teologia morale - di esporre senza ambiguit linsegnamento della
chiesa sul matrimonio. Siate i primi a dare, nellesercizio del vostro ministero, lesempio di un leale
ossequio, interno ed esterno, al magistero della chiesa. Tale ossequio, ben lo sapete, obbliga non
solo per le ragioni addotte, quanto piuttosto a motivo del lume dello Spirito santo, del quale sono
particolarmente dotati i pastori della chiesa per illustrare la verit. Sapete anche che di somma
importanza, per la pace delle coscienze e per lunit del popolo cristiano, che, nel campo della
morale come in quello del dogma, tutti si attengano al magistero della chiesa e parlino uno stesso
linguaggio. Perci con tutto il nostro animo vi rinnoviamo laccorato appello del grande apostolo
Paolo: " Vi scongiuro, fratelli, per il nome di nostro signore Ges Cristo, abbiate tutti uno stesso
sentimento, non vi siano tra voi divisioni, ma siate tutti uniti nello stesso spirito e nello stesso
pensiero ".
29. Non sminuire in nulla la salutare dottrina di Cristo, eminente forma di carit verso le anime.
Ma ci deve sempre accompagnarsi con la pazienza e la bont di cui il Redentore stesso ha dato
lesempio nel trattare con gli uomini. Venuto non per giudicare, ma per salvare, egli fu certo
intransigente con il male, ma paziente e misericordioso verso i peccatori. Nelle loro difficolt, i
coniugi ritrovino sempre nella parola e nel cuore del sacerdote leco della voce e dellamore del
Redentore. Parlate poi con fiducia, diletti figli, ben convinti che lo Spirito santo di Dio, mentre
assiste il magistero nel proporre la dottrina, illumina internamente i cuori dei fedeli, invitandoli a
dare il loro assenso. Insegnate agli sposi la necessaria via della preghiera, e istruiteli
convenientemente, affinch ricorrano spesso e con grande fede ai sacramenti delleucaristia e della
penitenza, e perch mai si scoraggino a motivo della loro debolezza.
Ai vescovi
30. Cari e venerabili fratelli nellepiscopato, con i quali condividiamo pi da vicino la sollecitudine
del bene spirituale del popolo di Dio, a voi va il nostro pensiero riverente e affettuoso al termine di
questa enciclica. A tutti rivolgiamo un pressante invito. A capo dei vostri sacerdoti, cooperatori del
sacro ministero, e dei vostri fedeli, lavorate con ardore e senza sosta alla salvaguardia e alla santit
del matrimonio, perch sia sempre pi vissuto in tutta la sua pienezza umana e cristiana.
Considerate questa missione come una delle vostre pi urgenti responsabilit nel tempo presente.
Essa comporta, come sapete, unazione pastorale concertata in tutti i campi della attivit umana,
economica, culturale e sociale: solo infatti un miglioramento simultaneo in questi vari settori
permetter di rendere non solo tollerabile, ma pi facile gioconda la vita dei genitori e dei figli in
seno alle famiglie, pi fraterna e pacifica la convivenza nellumana societ, nella rigorosa fedelt al
disegno di Dio sul mondo.
APPELLO FINALE
31. Venerati fratelli, dilettissimi figli, e voi tutti, uomini di buona volont, grande lopera di
educazione, di progresso e di amore alla quale vi chiamiamo, basati sulla fermissima dottrina della
chiesa, di cui il successore di Pietro , con i suoi fratelli nellepiscopato cattolico, fedele depositario
e interprete. Opera grande in verit, ne abbiamo lintima convinzione, per il mondo come per la
chiesa, giacch luomo non pu trovare la vera felicit, alla quale aspira con tutto il suo essere, se
non nel rispetto delle leggi iscritte da Dio nella sua natura e che egli deve osservare con intelligenza
e amore. Su questopera noi invochiamo, come su voi tutti, e in modo speciale sugli sposi,
labbondanza delle grazie di Dio santissimo e misericordiosissimo, in pegno delle quali vi diamo la
nostra benedizione apostolica.

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Dato a Roma, presso San Pietro, nella festa di san Giacomo apostolo, 25 luglio dellanno 1968,
sesto del nostro pontificato.
PAOLO PP. VI

11. Congregazione per la Dottrina della Fede, dichiarazione


sull'aborto procurato, (1974)

I. Introduzione
Il problema dellaborto procurato e della sua eventuale liberalizzazione legale diventato, un po
dappertutto, tema di discussioni appassionate. Questi dibattiti sarebbero meno gravi, se non si
trattasse della vita umana, valore primordiale che necessario proteggere e promuovere. Ciascuno
lo comprende, anche se parecchi cercano ragioni per far servire a questo fine, contro ogni evidenza,
anche laborto. Non ci si pu, in effetti, non stupire nel vedere crescere, da una parte, la netta
protesta contro la pena di morte, contro ogni forma di guerra, e, dallaltra, la rivendicazione di
rendere libero laborto, sia interamente, sia su indicazioni sempre pi larghe. La Chiesa
pienamente cosciente che spetta alla sua vocazione di difendere luomo contro tutto ci che
potrebbe dissolverlo o avvilirlo, per tacere su tale argomento: poich il Figlio di Dio si fatto
uomo, non c uomo che non sia suo fratello in quanto uomo e che non sia chiamato a divenire
cristiano e a ricevere da lui la salvezza.
2. In numerosi Paesi, i pubblici poteri che resistono a una liberalizzazione delle leggi sullaborto,
sono oggetto di pesanti pressioni, che mirano a condurveli. Ci, si dice, non violerebbe alcuna
coscienza, perch si lascerebbe ciascuno libero di seguire la propria opinione, mentre si
impedirebbe a chiunque di imporre la propria agli altri. Il pluralismo etico rivendicato come la
conseguenza naturale del pluralismo ideologico. C, tuttavia, una grande differenza tra luno e
laltro, perch lazione tocca pi immediatamente gli interessi degli altri che non la semplice
opinione, e perch non ci si pu mai appellare alla libert di opinione per ledere i diritti degli altri,
in modo del tutto speciale il diritto alla vita.
3. Numerosi laici cristiani, specialmente medici, ma anche associazioni di padri e di madri di
famiglia, uomini politici o personalit in posti di responsabilit, hanno vigorosamente reagito contro
questa campagna di opinione. Ma, soprattutto molte Conferenze episcopali, nonch vescovi a
proprio nome, hanno giudicato opportuno richiamare senza ambiguit ai fedeli la dottrina
tradizionale della Chiesa (1). Questi documenti, la cui convergenza impressionante, mettono
mirabilmente in luce latteggiamento, umano e cristiano insieme, di rispetto della vita. tuttavia
avvenuto che parecchi di essi incontrassero, qua o l, riserve o anche contestazione.
4. Incaricata di promuovere e di difendere la fede e la morale nella Chiesa Universale (2): la Sacra
Congregazione per la Dottrina della Fede si propone di richiamare questi insegnamenti nelle loro
linee essenziali a tutti i fedeli. Cos, ponendo in risalto lunit della Chiesa, essa confermer con
lautorit propria della Santa Sede ci che i vescovi hanno felicemente intrapreso. Essa confida che
tutti i fedeli, compresi coloro che sono stati scossi dalle controversie e dalle opinioni nuove,
comprenderanno che non si tratta di opporre una opinione ad altre, ma di trasmettere loro un

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insegnamento costante del Magistero supremo, che espone la regola dei costumi alla luce della fede
(3). dunque chiaro che questa Dichiarazione non pu non comportare un grave obbligo per le
coscienze dei fedeli. Voglia Iddio illuminare altres tutti gli uomini che cercano con cuore sincero di
operare la verit (Io. 3, 2 1).
II. Alla luce della fede
5. Dio non ha fatto la morte, n si rallegra per la fine dei viventi! (Sap. 1, 13). Certamente Dio ha
creato degli esseri che vivono per un tempo limitato, e la morte fisica non pu essere assente dal
mondo dei viventi corporei. Ma ci che , anzitutto, voluto, la vita; tutto, nelluniverso visibile
stato fatto in vista delluomo, immagine di Dio e coronamento del mondo (Gen. 1, 26-28). Sul
piano umano, per invidia del diavolo che la morte entrata nel mondo (Sap. 2, 24); introdotta a
causa del peccato, essa gli rimane legata, e ne insieme il segno e il frutto. Ma essa non potr
trionfare (4). Confermando infatti la fede nella risurrezione, il Signore proclama nel Vangelo che
Dio non Dio dei morti, ma dei vivi (Matth. 22, 32), e la morte, come il peccato, sar
definitivamente vinta dalla risurrezione nel Cristo (1 Cor. 15, 20-27). Cos si comprende come la
vita umana, anche su questa terra, sia preziosa. Ispirata dal Creatore (5), da lui ripresa (Gen. 2, 7;
Sap. 15, 11). Essa resta sotto la sua protezione: il sangue delluomo grida verso di Lui (Gen. 4, 10)
ed Egli ne domander conto, perch ad immagine di Dio stato fatto luomo (Gen. 9, 5-6). Il
comandamento di Dio formale: Non uccidere (Ex. 20, 13). La vita nello stesso tempo un dono
e una responsabilit; ricevuta come un talento (Matth, 25, 14-30), essa deve essere valorizzata.
Per farla fruttificare, si offrono alluomo in questo mondo molti compiti, ai quali egli non deve
sottrarsi; ma pi profondamente, il cristiano sa che la vita eterna dipende per lui da ci che, con la
grazia di Dio, egli avr operato nella sua vita terrestre.
6. La tradizione della Chiesa ha sempre ritenuto che la vita umana deve essere protetta e favorita fin
dal suo inizio, come nelle diverse tappe del suo sviluppo. Opponendosi ai costumi del mondo grecoromano, la Chiesa dei primi secoli ha insistito sulla distanza che, su questo punto, separa da essi i
costumi cristiani. Nella Didach detto chiaramente: Tu non ucciderai con laborto il frutto del
grembo e non farai perire il bimbo gi nato (6). Atenagora sottolinea che i cristiani considerano
come omicide le donne che usano medicine per abortire; egli condanna chi assassina i bimbi, anche
quelli che vivono ancora nel grembo della loro madre, dove si ritiene che essi sono gi loggetto
delle cure della Provvidenza divina (7). Tertulliano non ha forse tenuto sempre il medesimo
linguaggio; tuttavia egli afferma chiaramente questo principio essenziale: un omicidio anticipato
impedire di nascere; poco importa che si sopprima lanima gi nata o che la si faccia scomparire sul
nascere. gi un uomo colui che lo sar (8).
7. Nel corso della storia, i Padri della Chiesa, i suoi Pastori e Dottori hanno insegnato la medesima
dottrina, senza che le diverse opinioni circa il momento dellinfusione dellanima spirituale abbiano
introdotto un dubbio sulla illegittimit dellaborto. Certo, quando nel medio evo era generale
lopinione che lanima spirituale non fosse presente che dopo le prime settimane, si faceva una
differenza nella valutazione del peccato e nella gravit delle sanzioni penali; eccellenti .autori hanno
ammesso, per questo primo periodo, soluzioni casuistiche pi larghe, che respingevano per i periodi
seguenti della gravidanza. Ma nessuno ha mai negato che laborto procurato, anche in quei primi
giorni, fosse oggettivamente una grave colpa. Questa condanna stata, di fatto, unanime. Fra i tanti
documenti, baster ricordarne qualcuno. Il primo Concilio di Magonza, nell847, conferma le pene
stabilite dai Concili precedenti contro laborto e decide che la pi rigorosa penitenza sar imposta
alle donne che commettono fornicazione e uccidono i loro parti o quelle che provocano
leliminazione del frutto concepito nel loro grembo (9). Il Decreto di Graziano cita queste parole
del Papa Stefano V: omicida colui che fa perire mediante aborto ci che era stato concepito
(10). San Tommaso, dottore comune della Chiesa, insegna che laborto un peccato grave contrario

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alla legge naturale (11). Al tempo del Rinascimento, il Papa Sisto V condanna laborto con la pi
grande severit (12). Un secolo pi tardi, Innocenzo XI condanna le proposizioni di certi canonisti
lassisti, che pretendevano di scusare laborto procurato prima del momento in cui alcuni fissavano
lanimazione spirituale del nuovo essere (13). Ai nostri giorni, gli ultimi Romani Pontefici hanno
proclamato la medesima dottrina con la pi grande chiarezza: Pio XI ha risposto espressamente alle
obiezioni pi gravi (14); Pio XII ha chiaramente escluso ogni aborto diretto, cio quello che fine o
mezzo al fine (15); Giovanni XXIII ha richiamato linsegnamento dei Padri sul carattere sacro della
vita che, fin dal suo inizio, esige lazione di Dio creatore (16). Pi recentemente, il Concilio
Vaticano II, sotto la presidenza di S. S. Paolo VI, ha condannato con molta severit laborto: La
vita, una volta concepita, deve essere protetta con la massima cura: laborto e linfanticidio sono
abominevoli delitti (17). Lo stesso Paolo VI, parlando a pi riprese di tale argomento non ha
esitato a dichiarare che questo insegnamento della Chiesa non mutato ed immutabile (18).
III. Alla luce congiunta della ragione
8. Il rispetto della vita umana non si impone solo ai cristiani: sufficiente la ragione a esigerlo
basandosi sullanalisi di ci che e deve essere una persona. Dotato di natura ragionevole, luomo
un soggetto personale, capace di riflettere su se stesso, di decidere dei propri atti, e quindi del
proprio destino; egli libero. , di conseguenza, padrone di s, o piuttosto, poich egli si realizza
nel tempo, ha i mezzi per diventarlo: questo il suo compito. Creata immediatamente da Dio, la sua
anima spirituale, e quindi immortale. Egli inoltre aperto a Dio e non trover il suo compimento
che in lui. Ma egli vive nella comunit dei suoi simili, si nutre della comunicazione interpersonale
con essi, nellindispensabile ambiente sociale. Di fronte alla societ e agli altri uomini, ogni persona
umana possiede se stessa, possiede la propria vita, i suoi diversi beni, per diritto; la qual cosa esige
da tutti, nei suoi riguardi, una stretta giustizia.
9. Tuttavia, la vita temporale condotta in questo mondo non sidentifica con la persona; questa
possiede in proprio un livello di vita pi profondo, che non pu finire. La vita corporea un bene
fondamentale, condizione quaggi di tutti gli altri; ma ci sono valori pi alti, per i quali potr essere
legittimo o anche necessario esporsi al pericolo di perderla. In una societ di persone, il bene
comune per ciascuna un fine che essa deve servire, al quale essa dovr subordinare il suo interesse
particolare. Ma esso non il suo fine ultimo e, da questo punto di vista, la societ che al servizio
della persona, perch questa non raggiunger il suo destino che in Dio. Essa non pu essere
definitivamente subordinata che a Dio. Non si potr mai pertanto trattare un uomo come un
semplice mezzo, di cui si possa disporre per ottenere un fine pi alto.
10. Sui diritti e sui doveri reciproci della persona e della societ, spetta alla morale illuminare le
coscienze, al diritto di precisare e di organizzare le prestazioni. Ora c precisamente un complesso
di diritti, che non spetta alla societ di accordare, perch essi le sono anteriori, ma che essa ha il
dovere di tutelare e di far valere: tali sono la maggior parte di quelli che oggi si chiamano i diritti
delluomo, e che la nostra epoca si gloria di aver formulato.
11. Il primo diritto di una persona umana la sua vita. Essa ha altri beni, ed alcuni sono pi
preziosi, ma quello fondamentale, condizione di tutti gli altri. Perci esso deve essere protetto pi
di ogni altro. Non spetta alla societ, non spetta alla pubblica autorit, qualunque ne sia la forma,
riconoscere questo diritto ad alcuni e non ad altri: ogni discriminazione iniqua, sia che si fondi
sulla razza o sul sesso, sia sul colore o sulla religione. Non il riconoscimento da parte degli altri
che costituisce questo diritto; esso esige di essere riconosciuto ed strettamente ingiusto il
rifiutarlo.

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12. Una discriminazione fondata sui diversi periodi della vita non giustificata pi di qualsiasi
altra. Il diritto alla vita resta intatto in un vegliardo, anche molto debilitato; un malato incurabile
non lha perduto. Non meno legittimo nel piccolo appena nato che nelluomo maturo. In realt, il
rispetto alla vita umana si impone fin da quando ha inizio il processo della generazione. Dal
momento in cui lovulo fecondato, si inaugura una vita che non quella del padre o della madre,
ma di un nuovo essere umano che si sviluppa per proprio conto. Non sar mai reso umano se non lo
stato fin da allora.
13. A questa evidenza di sempre (perfettamente indipendente dai dibattiti circa il momento
dellanimazione) (19), la scienza genetica moderna fornisce preziose conferme. Essa ha mostrato
come dal primo istante si trova fissato il programma di ci che sar questo vivente: un uomo,
questuomo individuo con le sue note caratteristiche gi ben determinate. Fin dalla fecondazione
iniziata lavventura di una vita umana, di cui ciascuna delle grandi capacit richiede tempo, per
impostarsi e per trovarsi pronta ad agire. Il meno che si possa dire che la scienza odierna, nel suo
stato pi evoluto, non d alcun appoggio sostanziale ai difensori dellaborto. Del resto, non spetta
alle scienze biologiche dare un giudizio decisivo su questioni propriamente filosofiche e morali,
come quella del momento in cui si costituisce la persona umana e quella della legittimit
dellaborto. Ora, dal punto di vista morale, questo certo: anche se ci fosse un dubbio concernente
il fatto che il frutto del concepimento sia gi una persona umana, oggettivamente un grave peccato
osare di assumere il rischio di un omicidio. gi un uomo colui che lo sar (20).
IV. Risposta ad alcune obiezioni
14. La legge divina e la ragione naturale escludono, dunque, qualsiasi diritto di uccidere
direttamente un uomo innocente. Tuttavia, se le ragioni addotte per giustificare laborto fossero
sempre manifestamente cattive e prive di valore, il problema non sarebbe cos drammatico: la sua
gravit deriva dal fatto che in certi casi, forse abbastanza numerosi, rifiutando laborto si reca
pregiudizio a beni importanti, che normale voler salvaguardare e che possono anche apparire,
talora, prioritari. Non possiamo misconoscere queste gravissime difficolt: pu essere ad es. una
grave questione di salute, talvolta di vita o di morte, per la madre; pu essere laggravio che
rappresenta un figlio in pi, soprattutto se ci sono buone ragioni per temere che egli sar anormale o
rimarr minorato; pu essere il rilievo che, in diversi ambienti, hanno o assumono le questioni di
onore e di disonore, di declassamento sociale, ecc.; si deve senzaltro affermare che mai alcuna di
queste ragioni pu conferire oggettivamente il diritto di disporre della vita altrui anche se in fase
iniziale; e, per quanto concerne linfelicit futura del bambino, nessuno, neppure il padre o la
madre, pu sostituirsi a lui, neanche se ancora allo stato embrionale, per preferire a suo nome la
morte alla vita. Egli stesso, raggiunta let matura, non avr mai il diritto di scegliere il suicidio;
tanto meno, dunque, finch non ha let per decidere da solo, potranno essere i suoi genitori a
scegliere la morte per lui. La vita, infatti, un bene troppo fondamentale perch possa essere posta
a confronto con certi inconvenienti, bench gravissimi (21).
15. Nella misura in cui il movimento di emancipazione della donna tende essenzialmente a liberarla
da tutto ci che rappresenta uningiusta discriminazione, esso perfettamente legittimo (22). Nelle
diverse forme di civilt, vi certo molto da fare a questo riguardo; ma non si pu cambiare la
natura, n sottrarre la donna, come neanche luomo, a ci che la natura ad essi richiede. Del resto,
ogni libert pubblicamente riconosciuta ha sempre come limiti i diritti certi degli altri.
16. Altrettanto bisogna dire circa la rivendicazione della libert sessuale. Se con questa espressione
si intendesse la padronanza, progressivamente acquisita, della ragione e del vero amore sugli
impulsi dellistinto, senza svalutare il piacere, ma mantenendolo al suo giusto posto - e la
padronanza, in questo campo, la sola autentica libert - non ci sarebbe nulla da eccepire: una tale

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libert, infatti, si guarder sempre dallattentare alla giustizia. Ma se, al contrario, si intende
affermare che luomo e la donna sono liberi di ricercare il piacere sessuale a saziet, senza tener
conto di nessuna legge n dellordinazione essenziale della vita sessuale ai suoi frutti di fecondit
(23), siffatta opinione non ha nulla di cristiano, ed anche indegna delluomo. In ogni caso, essa
non conferisce alcun diritto a disporre della vita altrui, fosse anche allo stato embrionale, e a
sopprimerla col pretesto che essa arreca fastidio.
17. I progressi della scienza aprono ed apriranno sempre pi alla tecnica la possibilit di compiere
interventri ingegnosi, le cui conseguenze possono essere assai gravi, in bene come in male. Si tratta
di conquiste, di per s mirabili, dello spirito umano. Ma la tecnica non pu sfuggire al giudizio della
morale, perch essa fatta per luomo e ne deve rispettare le finalit. Come non si ha il diritto di
utilizzare indiscriminatamente, cio a qualunque fine, lenergia nucleare, cos non si autorizzati a
manipolare in un qualunque senso la vita umana: ogni uso della tecnica non pu avvenire che a
servizio delluomo, per assicurar meglio lesercizio delle sue capacit normali, per prevenire o
guarire le malattie, per concorrere al suo migliore sviluppo. vero, s, che il progresso della tecnica
rende sempre pi facile laborto precoce, ma non per questo ne risulta modificata la valutazione
morale.
18. Sappiamo bene quanto pu esser grave per certe famiglie e per certi Paesi il problema della
regolazione delle nascite: per questo che il recente Concilio e, successivamente, lEnciclica
Humanae Vitae, del 25 luglio 1968, hanno parlato di paternit responsabile (24). Ci che si deve
ripetere con forza - come lhanno richiamato la Costituzione conciliare Gaudium et Spes,
lEnciclica Populorum Progressio ed altri documenti pontifici - che mai, per nessun pretesto, pu
essere utilizzato laborto, n da parte della famiglia, n da parte dellautorit politica, come un
mezzo legittimo per la regolazione delle nascite (25). Loffesa dei valori morali costituisce sempre,
per il bene comune, un male pi grande di qualsiasi altro inconveniente di ordine economico e
demografico.
V. La morale e il diritto
19. La discussione morale si accompagna, un po dappertutto, a gravi dibattiti giuridici. Non vi
alcun Paese la cui legislazione non proibisca e non punisca lomicidio; molti di essi, inoltre, hanno
determinato questa proibizione e queste pene per il caso specifico dellaborto procurato. Ai nostri
giorni, un vasto movimento di opinione reclama una liberalizzazione di questultima proibizione, ed
esiste gi una tendenza abbastanza diffusa a voler restringere il pi possibile ogni legislazione
repressiva, soprattutto quando sembra che essa interferisca nel settore della vita privata. Si riprende,
inoltre, largomento del pluralismo: se molti cittadini e, in particolare, i membri della Chiesa
cattolica, condannano laborto, molti altri lo ritengono lecito, almeno dal punto di vista del minor
male: perch allora imporre a questi di seguire unopinione che non condividono, soprattutto in un
Paese in cui fossero la maggioranza? Daltronde, dove esistono ancora le leggi che condannano
laborto, esse si rivelano difficili da applicare: il delitto divenuto troppo frequente perch si possa
sempre punire, ed i pubblici poteri trovano spesso pi prudente chiudere gli occhi. Senonch,
mantenere una legge che non si applica non si risolve mai senza danno per lautorit di tutte le altre
leggi. Bisogna aggiungere che laborto clandestino espone le donne che vi ricorrono ai pi gravi
pericoli non solo per la loro fecondit futura, ma anche, spesso, per la loro stessa vita. Pur
continuando a considerare laborto come un male, il legislatore non pu forse proporsi di limitarne i
danni?
20. Queste ragioni, ed altre ancora che si adducono da diversi punti di vista, non sono, per, valide
per la legalizzazione dellaborto. vero che la legge civile non pu abbracciare tutto lambito della
morale, o punire tutte le malefatte: nessuno pretende questo da essa. Spesso essa deve tollerare ci

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che, in definitiva, un male minore, per evitarne uno pi grande. Bisogna, tuttavia, far bene
attenzione a ci che pu comportare un cambiamento di legislazione : molti prenderanno per
unautorizzazione quel che, forse, altro non che una rinuncia a punire. E, nel caso presente, tale
rinuncia sembra comportare che il legislatore non consideri pi laborto come un crimine contro la
vita umana, poich lomicidio resta sempre gravemente punito. vero che la legge non ha il
compito di scegliere tra le diverse opinioni, o di imporne una a preferenza di unaltra. Ma la vita del
bambino prevale su qualsiasi opinione, e non si pu invocare la libert di pensiero per togliergliela.
21. La funzione della legge non di registrare passivamente quel che si fa, ma di aiutare a far
meglio. , in ogni caso, missione dello Stato quella di tutelare i diritti di ciascun cittadino, e di
proteggere i pi deboli: gli occorrer per questo riparare molti torti. La legge non obbligata a
punire tutto, ma non pu andare contro una legge pi profonda e pi augusta di ogni legge umana:
la legge naturale, la quale inscritta dal Creatore nel cuore delluomo come norma che la ragione
discopre e si adopera a ben formulare, che bisogna costantemente sforzarsi a meglio comprendere,
ma che sempre male contraddire. La legge umana pu rinunciare a punire, ma non pu rendere
onesto quel che sarebbe contrario al diritto naturale, perch tale opposizione basta a far s che una
legge non sia pi legge.
22. Devessere, in ogni caso, ben chiaro che, qualunque cosa a questo riguardo venga stabilita dalla
legge civile, luomo non pu mai ubbidire ad una legge intrinsecamente immorale, e questo il caso
di una legge che ammettesse, in linea di principio, la liceit dellaborto. Egli non pu n partecipare
ad una campagna di opinione in favore di una legge siffatta, n dare ad essa il suffragio del suo
voto. Non potr neppure collaborare alla sua applicazione. Non si pu ammettere, per esempio, che
medici ed infermieri vengano obbligati a concorrere, in modo prossimo, ad un aborto e a dover
scegliere tra la legge di Dio e la loro posizione professionale.
23. Spetta, invece, alla legge il dovere di promuovere una riforma della societ e delle condizioni di
vita in tutti gli ambienti - a cominciare da quelli meno favoriti - affinch sia resa possibile, sempre e
dappertutto, ad ogni bambino che viene in questo mondo unaccoglienza degna delluomo. Sussidi
alle famiglie ed alle madri nubili, aiuti destinati ai bambini, statuto per i figli naturali e conveniente
regolazione dell adozione: tutta una politica positiva, questa, da promuovere, perch si abbia
sempre unalternativa concretamente possibile ed onorevole allaborto.
VI. Conclusione
24. Seguire la propria coscienza nellobbedienza alla legge di Dio non sempre una via facile. Ci
pu comportare sacrifici ed aggravi, di cui non lecito disconoscere il peso, talvolta, ci vuole
eroismo per restare fedeli a tali esigenze. Tuttavia, necessario proclamare chiaramente che la via
dellautentica espansione della persona umana passa per questa costante fedelt alla coscienza
mantenuta nella rettitudine e nella verit, e inoltre esortare tutti coloro che ne hanno i mezzi, ad
alleviare i pesi che schiacciano ancora tanti uomini e donne, tante famiglie e bambini, posti come
sono dinanzi a situazioni umanamente insolubili.
25. La valutazione di un cristiano non pu limitarsi allorizzonte della sola vita terrena: egli sa che,
in seno alla vita presente, se ne prepara unaltra, la cui importanza tale che alla sua luce bisogna
esprimere i propri giudizi (26). Da questo punto di vista, non esiste quaggi un male assoluto, fosse
pure lorribile sofferenza di allevare un bambino minorato. questo il rovesciamento di valori
annunciato dal Signore: Beati coloro che piangono, perch saranno consolati (Matth. 5, 5).
Sarebbe un volger le spalle al Vangelo, se si misurasse la felicit con lassenza delle sofferenze e
delle miserie in questo mondo.

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26. Ci non significa che si possa restare indifferenti a questi dolori e miserie. Ogni uomo di cuore e
certamente ogni cristiano, deve esser pronto a fare il possibile, per portarvi rimedio: questa la
legge della carit, la cui prima preoccupazione deve esser sempre quella di instaurare la giustizia.
Non si pu mai approvare laborto, ma necessario, anzitutto, combatterne le cause. Tutto ci
include unazione politica e questa sar, in particolare, ci che compete alla legge. Ma bisogna, nel
medesimo tempo, incidere sui costumi, bisogna impegnarsi attivamente per tutto quanto pu aiutare
le famiglie, le madri e i bambini. Progressi notevoli son gi stati compiuti dai medici a servizio
della vita; c da sperarne maggiori ancora, essendo questa la specifica missione del medico cio
non di sopprimere la vita, ma di conservarla e di favorirla nella maniera migliore. del pari
auspicabile che si sviluppino, attraverso istituzioni adeguate o - in loro mancanza - grazie allo
slancio della generosit e della carit cristiana, tutte le forme di assistenza.
27. Non si agir efficacemente sul piano dei consumi, se non si lotta egualmente sul piano delle
idee. Non si pu lasciare diffondersi, senza contraddirla, quella maniera di pensare o ancor pi
quellorientamento degli animi, per cui si considera la fecondit una disgrazia! vero che non tutte
le forme di civilt sono egualmente favorevoli alle famiglie numerose, e che queste trovano pi
gravi ostacoli nella civilt di tipo industriale ed urbano. Per questo, la Chiesa in questi ultimi tempi
ha insistito sullidea della paternit responsabile, come esercizio di vera prudenza, umana e
cristiana. Una tale prudenza non sarebbe autentica, se non includesse la generosit: essa deve
mantenersi cosciente della grandezza di un compito, qual la collaborazione col Creatore nella
trasmissione della vita, la quale arricchisce di nuovi membri la comunit umana, e dona nuovi figli
alla Chiesa. Preoccupazione fondamentale della Chiesa di Cristo di proteggere e di favorire la
vita. Indubbiamente, essa pensa innanzitutto alla vita che Cristo venuto a portare sulla terra: Io
sono venuto perch gli uomini abbiano la vita e labbiano in sovrabbondanza (Io. 10, 10). Ma la
vita, a tutti i suoi livelli, viene da Dio, e la vita corporea rappresenta per luomo lindispensabile
inizio. In questa vita sulla terra il peccato ha introdotto, moltiplicato ed aggravato la sofferenza e la
morte; ma Ges Cristo, prendendo su di s tali pesi, li ha trasformati. Per coloro che credono in lui,
la sofferenza e la stessa morte diventano strumenti di resurrezione. Perci San Paolo ha potuto
affermare: Ritengo che le sofferenze del tempo presente non possano essere paragonate con la
futura gloria, che si riveler a noi (Rom. 8, 18). E volendo fare un paragone, si potr aggiungere
con lui: il momentaneo, leggero peso della nostra tribolazione, ci procura una quantit smisurata
ed eterna di gloria (2 Cor. 4, 17).
Sua Santit Paolo VI, nel corso delludienza concessa al sottoscritto Segretario della Sacra
Congregazione per la Dottrina della Fede, il 28 giugno 1974, ha ratificato e confermato questa
Dichiarazione sullaborto procurato, ed ha ordinato che sia pubblicata.
Dato a Roma, dalla sede della Sacra Congregazione per la Dottrina della Fede, il 18 novembre
1974, nella Dedicazione delle Basiliche dei SS. Pietro e Paolo, apostoli.
FRANCESCO Card. SEPER,
Prefetto
GIROLAMO HAMER,
Arcivescovo tit. di Lorium, Segretario

(1) Si trover un certo numero di documenti episcopali in G. CAPRILE , Non uccidere. Il


Magistero della Chiesa sullaborto. Parte II, pp. 47-300, Roma 1973

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(2) Regimini Ecclesiae universae, III, 1, 29. Cfr. Ibid. 31, AAS 59, 1967, 897: Ad essa competono
tutte le questioni che riguardano la dottrina della fede e dei costumi, o che con la stessa fede sono
connesse
(3) Lumen Gentium, 12: AAS 57, 1965, 16-17. La presente Dichiarazione non considera tutte le
questioni che possono porsi nei riguardi dellaborto: spetta ai teologi esaminarle e discuterne. Essa
richiama soltanto alcuni principii fondamentali che debbono essere per questi stessi teologi una luce
e una regola, e per tutti i cristiani la conferma di certezze fondamentali della dottrina cattolica.
(4) Lumen Gentium, 25: AAS 57, 1965, 29-31
(5) Gli autori sacri non fanno considerazioni filosofiche sullanimazione, ma parlano del periodo
della vita, che precede la nascita, come oggetto dellattenzione di Dio. Egli crea e forma lessere
umano, quasi plasmandolo con la sua mano. Sembra che questo tema abbia la sua prima espressione
in Ier. 1, 5. Lo si ritrover in molti altri testi. Cfr. Is. 49, 13; 46, 3; Iob. 10, 8-12; Ps. 22, 10; 71, 6;
139, 13. Nel Vangelo leggiamo in S. Luca 1, 44: Ecco, appena la voce del tuo saluto giunta ai
miei orecchi, il bambino ha esultato di gioia nel mio grembo.
(6) Didach Apostolorum, V, 2: ed. FUNK, Patres Apostolici, I, 17; La Lettera di Barnaba, XIX, 5,
utilizza le medesime espressioni (FUNK, o. c., I, 91-93)
(7) ATENAGORA, Apologia per i cristiani, 35 (PG 6, 970: Sources Chrtiennes [ = S.C.] 3, p.
166-167). Ci si riferisce anche alla Lettera a Diognete, V, 6 (FUNK, o. c., I, 399: S.C. 33, 63) che
dice dei cristiani: Essi procreano figli, ma non eliminano i feti.
(8) TERTULLIANO, Apologeticum, IX, 8 (PL I, 371-372: Corp. Christ. I, p. 103, 1. 31-36)
(9) Canone 21 (MANSI, 14, 909). Cfr. il Concilio di Elvira, canone 63 (MANSI, 2, 16) e di Ancira,
canone 21 (ibid., 519). Si veda anche il decreto di Gregorio III riguardante la penitenza da imporre a
coloro che si rendono colpevoli di tale crimine (MANSI, 12, 292, c. 17)
(10) GRAZIANO, Concordia discordantium canonum, c. 2, q. 5, c. 20. Durante il medio evo, si
ricorre spesso allautorit di S. Agostino, il quale scrive a tale proposito nel De nuptiis et
concupiscentiis, c. 15: Talvolta questa crudelt libidinosa o questa libidine crudele giungono a
procurarsi delle pozioni che rendono sterili. Se il risultato non viene raggiunto, la madre estingue la
vita ed espelle il feto che era nelle sue viscere, di modo che il bimbo muore prima desser vissuto o,
se il bimbo viveva gi nel seno materno, viene ucciso prima di nascere (PL 44, 423-424: CSEL 42,
230. Cfr. GRAZIANO, o. c., c. 32, q. 2, c. 7).
(11) S. TH. In IV Sententiarum, dist. 31, esposizione del testo
(12) Constitutio Effraenatam del 1588 (Bullarium Romanum, V, 1, pp. 25-27; Fontes Iuris
Canonici, I, n. 165, pp. 308-311)
(13) DENZ-SCHN. 2134 (1184). Cfr. anche la Costituzione Apostolicae Sedis di Pio IX (Acta Pii
IX V, 55-72; ASS 5, 1869, 287-312; Fontes Iuris Canonici, III, n. 552, pp. 24-31)
(14) Casti connubii: AAS 22, 1930, 562-565; DENZ.-SCHN. 3719-21 (2242- 2244)
(15) Le dichiarazioni di Pio XII sono esplicite, precise e numerose; da sole richiederebbero uno
studio completo. Citiamo soltanto, perch formula il principio in tutta la sua universalit, il
Discorso allUnione Italiana Medico-Biologica San Luca, del 12 novembre 1944: Finch un
uomo non colpevole, la sua vita intangibile, ed quindi illecito ogni atto tendente direttamente a
distruggerla, sia che tale distruzione venga intesa come fine o soltanto come mezzo al fine, sia che
si tratti di vita embrionale o nel suo pieno sviluppo ovvero giunta ormai al suo termine (Discorsi e
radiomessaggi, VI, p. 191)
(16) Mater et Magistra: AAS 53, 1961, 447
(17) Gaudium et Spes, II, c. 1, n. 51. Cfr. n. 27 (AAS 58, 1966, 1072; cfr. 1047)
(18) Alloc. Salutiamo con paterna effusione, del 9 dicembre 1972, AAS 64, 1972, 777. Tra le
testimonianze di questa dottrina immutabile si ricorda la Dichiarazione del Santo Uffizio, che
condanna laborto diretto (ASS 17, 1884, 555.556; 22, 1888 1890, 748; DENZ-SCHN. 3258
[1890])
(19) Questa Dichiarazione lascia espressamente da parte la questione circa il momento della
infusione dellanima spirituale. Non c su tale punto tradizione unanime e gli autori sono ancora

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divisi. Per alcuni, essa ha inizio fin dal primo istante; per altri, essa non pu precedere almeno
lannidamento. Non spetta alla scienza di prendere posizione, perch lesistenza di unanima
immortale non appartiene al suo campo. una discussione filosofica, da cui questa affermazione
morale rimane indipendente per due ragioni: 1. pur supponendo una animazione tardiva, esiste gi
nel feto una incipiente vita umana (biologicamente costatabile) che prepara e richiede questanima,
nella quale si completa la natura ricevuta dai genitori; 2. basta che questa presenza dellanima sia
probabile (e non si prover mai il contrario) perch togliergli la vita significhi mettersi nel pericolo
di uccidere un uomo, non soltanto in attesa, ma gi provvisto della sua anima.
(20) TERTULLIANO, citato nella nota 8
(21) Il Card. G. Villot, Segretario di Stato, scriveva il 10 ottobre 1973, al Card. Dpfner, circa la
protezione della vita umana: (La Chiesa) per non pu riconoscere come leciti, al fine di superare
tali difficili situazioni, n i mezzi contraccettivi n, ancora di meno, laborto (LOsservatore
Romano, ed. tedesca, 26 ottobre 1973, p. 3)
(22) Pacem in terris, AAS 55, 1963, 267; Gaudium et Spes, 29, AAS 58, 1966, 1048.49; PAOLO VI,
Alloc. Salutiamo: AAS 64, 1972, 779
(23) Gaudium et Spes, II, c. 1, 48: AAS 58, 1966, 1068: Per sua indole naturale, listituto stesso del
matrimonio e lamore coniugale sono ordinati alla procreazione e alla educazione della prole e in
questo trovano il loro coronamento. Ibidem, 50, l. c., 1070: Il matrimonio e lamore coniugale
sono ordinati per loro natura alla procreazione ed educazione della prole.
(24) Gaudium et Spes, 50 e 51: AAS 58, 1966, 1070-1073; PAOLO VI, Humanae Vitae, 10: AAS 60,
1968, 487. La paternit responsabile suppone luso dei soli mezzi leciti del controllo delle nascite.
Cfr. Humanae Vitae, 14 (ibid., 490)
(25) Gaudium et Spes, 87: AAS 58, 1966, 1110-111. P AOLO VI, Populorum progressio, 37: AAS
59, 1967, 275-276. Alloc. alle Nazioni Unite: AAS 57, 1965, 883; GIOVANNI XXIII, Mater et
Magistra: AAS 53, 1961, 445-448
(26) Cfr. Lettera del Cardinale Villot - 24 maggio IC)74 - al Congresso internazionale dei medici
cattolici in Barcellona.

12. Congregazione per la Dottrina della Fede Persona Humana


alcune questioni di etica sessuale (1975)(1)

1. La persona umana, a giudizio degli scienziati del nostro tempo, cos profondamente influenzata
dalla sessualit, che questa deve essere considerata come uno dei fattori che danno alla vita di
ciascuno i tratti principali che la distinguono. Dal sesso, infatti, la persona umana deriva le
caratteristiche che sul piano biologico, psicologico e spirituale la fanno uomo o donna,
condizionando cos grandemente l'iter del suo sviluppo verso la maturit e il suo inserimento nella
societ. questa la ragione per cui - come chiunque pu agevolmente costatare ci che riguarda il
sesso oggi una materia che frequentemente e apertamente trattata da libri, riviste, giornali e gli
altri strumenti di comunicazione sociale.
Frattanto, s' accresciuta la corruzione dei costumi, di cui uno dei pi gravi indizi la smoderata
esaltazione del sesso, mentre con la diffusione degli strumenti di comunicazione sociale e degli
spettacoli, essa arrivata ad invadere il campo della educazione e ad inquinare la mentalit comune.

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In questo contesto, se alcuni educatori, pedagogisti o moralisti, hanno potuto contribuire a far
meglio capire e integrare nella vita i peculiari valori dell'uno e dell'altro sesso, altri, invece, hanno
proposto concezioni e modi di comportamento che sono in contrasto con le vere esigenze morali
dell'essere umano, addirittura tali da favorire un licenzioso edonismo.
Ne risultato che, anche tra i cristiani, insegnamenti, criteri morali e maniere di vivere, finora
fedelmente conservati, sono stati nel giro di pochi anni fortemente scossi, e sono numerosi quelli
che oggi, dinanzi a tante opinioni largamente diffuse e contrarie alla dottrina che hanno ricevuto
dalla chiesa, finiscono col domandarsi quel che devono ancora ritenere per vero.
Difficolt incontrate dai pastori ed educatori
2. La chiesa non pu restare indifferente dinanzi a tale confusione degli spiriti e a tale rilassamento
dei costumi. Si tratta, infatti, di una questione importantissima per la vita personale dei cristiani e
per la vita sociale del nostro tempo.(2)
Ogni giorno i vescovi sono indotti a costatare le crescenti difficolt che incontrano i fedeli nel
prendere coscienza della sana dottrina morale, specialmente in materia sessuale, e i pastori
nell'esporla con efficacia. Essi si sentono chiamati, in forza del loro ufficio pastorale, a rispondere
su questo punto cos grave ai bisogni dei fedeli ad essi affidati; e gi importanti documenti sono
stati pubblicati circa questa materia da alcuni di loro, o da alcune conferenze episcopali. Tuttavia,
poich le opinioni erronee e le deviazioni che ne risultano continuano a diffondersi dappertutto, la
congregazione per la dottrina della fede, in virt della sua funzione nei confronti della chiesa
universale(3) e per mandato del sommo pontefice, ha ritenuto necessario pubblicare la presente
dichiarazione.
3. Gli uomini del nostro tempo sono sempre pi persuasi che la dignit e la vocazione della persona
umana richiedono che, alla luce della loro ragione, essi scoprano i valori inscritti nella loro natura,
che li sviluppino incessantemente e li realizzino nella loro vita, in vista di un sempre maggiore
progresso.
Ma, in materia morale, l'uomo non pu emettere giudizi di valore secondo il suo personale arbitrio:
Nell'intimo del propria coscienza l'uomo scopre una legge che non lui a dati e alla quale deve
obbedire... Egli ha una legge scritta da Dio dentro il suo cuore, obbedire alla quale la dignit
stessa del l'uomo e secondo la quale egli sar giudicato.(4)
Inoltre, a noi cristiani, Dio mediante la sua rivelazione ha fatto conoscere il suo disegno di salvezza
e ha proposto il Cristo, salvatore e santificatore, nella sua dottrina e nel suo esempio, come la norma
suprema e immutabile della vita, lui, il quale ha detto: Io sono la luce del mondo; chi segue me
non camminer nelle tenebre, ma avr la luce della vita (Gv 8,12).
Non pu, dunque, esserci vera promozione della dignit dell'uomo se non nel rispetto dell'ordine
essenziale della sua natura. Certo, nella storia della civilt, molte condizioni concrete ed esigenze
della vita umana sono mutate e muteranno ancora; ma ogni evoluzione dei costumi e ogni genere di
vita devono essere contenuti nei limiti imposti dai principi immutabili, fondati sugli elementi
costitutivi e le relazioni essenziali di ogni persona umana: elementi e relazioni che trascendono le
contingenze storiche.
Questi principi fondamentali, che la ragione pu cogliere, sono contenuti nella legge divina,
eterna, oggettiva e universale, per mezzo della quale Dio, nel suo disegno di sapienza e di amore,
ordina, dirige e governa l'universo e le vie della societ umana. Dio rende partecipe l'uomo di

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questa sua legge, cosicch l'uomo, sotto la sua guida soavemente provvida, possa sempre meglio
conoscere l'immutabile verit.(5) Questa legge accessibile alla nostra conoscenza.
Leggi immutabili naturali
4. A torto, quindi, molti oggi pretendono che, per servire di regola alle azioni particolari, non si
possa trovare n nella natura umana n nella legge rivelata altra norma assoluta e immutabile, se
non quella che si esprime nella legge generale della carit e del rispetto della dignit umana. A
prova di questa asserzione essi sostengono che nelle cosiddette norme della legge naturale o precetti
della sacra Scrittura, non si deve vedere altro che determinate espressioni di una forma di cultura
particolare in un certo momento della storia.
Ma, in realt, la rivelazione divina e, nel suo proprio ordine, la sapienza filosofica, mettendo in
rilievo esigenze autentiche della umanit, per ci stesso manifestano necessariamente l'esistenza di
leggi immutabili, inscritte negli elementi costitutivi della natura umana e che si manifestano
identiche in tutti gli esseri, dotati di ragione.
Inoltre, Cristo ha istituito la sua chiesa come colonna e sostegno della verit (1 Tm 3,15). Con
l'assistenza dello Spirito santo, essa conserva incessantemente e trasmette senza errore le verit
dell'ordine morale, e interpreta autenticamente non soltanto la legge positiva rivelata, ma anche i
principi dell'ordine morale che scaturiscono dalla stessa natura umana,(6) e che concernono il
pieno sviluppo e la santificazione dell'uomo. Ora di fatto, la chiesa, nel corso della sua storia, ha
costantemente considerato un certo numero di precetti della legge naturale come aventi valore
assoluto e immutabile, e ha visto nella loro trasgressione una contraddizione con la dottrina e lo
spirito del vangelo.
5. Poich l'etica sessuale riguarda certi valori fondamentali della vita umana e della vita cristiana,
pure ad essa che si applica questa dottrina generale. In questo campo esistono principi e norme che
la chiesa, senza alcuna esitazione, ha sempre trasmesso nel suo insegnamento, per quanto opposti
potessero essere ad essi le opinioni e i costumi del mondo. Questi principi e queste norme non
hanno affatto origine da un certo tipo di cultura, ma appunto dalla conoscenza della legge divina e
della natura umana. Essi non possono, pertanto, ritenersi superati n messi in dubbio, col pretesto di
una nuova situazione culturale.
Sono questi i principi che hanno ispirato i suggerimenti e le direttive del concilio Vaticano II per
una educazione e una organizzazione della vita sociale, che tengano debito conto della eguale
dignit dell'uomo e della donna, nel rispetto della loro differenza.(7)
Parlando dell'indole sessuata dell'essere umano e della facolt umana di generare, il concilio ha
notato che esse sono meravigliosamente superiori a quanto avviene negli stadi inferiori della
vita.(8) Poi si particolarmente dedicato ad esporre i principi e i criteri, che concernono la
sessualit umana nel matrimonio e che hanno il loro fondamento nella finalit della sua funzione
specifica.
A questo proposito, il concilio dichiara che la bont morale degli atti propri della vita coniugale,
ordinati secondo la pera dignit umana, non dipende solo dalla sincera intenzione e dalla
valutazione dei motivi, ma va determinata da criteri oggettivi, che hanno il loro fondamento nella
natura stessa della persona e dei suoi atti e sono destinati a mantenere in un contesto di vero amore
l'integro senso della mutua donazione e della procreazione umana.(9)

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Queste ultime parole riassumono brevemente la dottrina del concilio - esposta in precedenza con
maggior ampiezza della stessa costituzione(10) - circa la finalit dell'atto sessuale e criterio
principale della sua moralit: il rispetto della sua finalit che garantisce l'onest di questo atto.
Questo stesso principio, che la chiesa attinge alla rivelazione divina e alla propria interpretazione
autentica della legge naturale, fonda anche la sua dottrina tradizionale, secondo la quale l'uso della
funzione sessuale ha il suo vero senso e la sua attitudine morale soltanto nel matrimonio
legittimo.(11)
Rapporti prematrimoniali
6. La presente dichiarazione non intende trattare di tutti gli abusi della facolt sessuale n di tutto
ci che implica la pratica della castit; essa si propone di richiamare la dottrina della chiesa intorno
ad alcuni punti particolari, considerata l'urgente necessit di opporsi a gravi errori e a
comportamenti aberranti e largamente diffusi.
7. Molti oggi rivendicano il diritto all'unione sessuale prima del matrimonio, almeno quando una
ferma volont di sposarsi e un affetto, in qualche modo gi coniugale nella psicologia dei soggetti,
richiedono questo completamento, che essi stimano connaturale; ci soprattutto quando la
celebrazione del matrimonio impedita dalle circostanze esterne, o se questa intima relazione
sembra necessaria perch sia conservato l'amore.
Questa opinione in contrasto con la dottrina cristiana. secondo la quale ogni atto genitale umano
deve svolgersi nel quadro del matrimonio. Infatti, per quanto sia fermo il proposito di coloro che si
impegnano in tali rapporti prematuri, resta vero, per, che questi non consentono di assicurare, nella
sua sincerit e fedelt, la relazione interpersonale di un uomo e di una donna e, specialmente di
proteggerla dalle fantasie e dai capricci. Ora, un'unione stabile quella che Ges ha voluto e che ha
restituito alla sua condizione originale, fondata sulla differenza del sesso. Non avete letto che il
Creatore da principio li cre maschio e femmina e disse: Per questo l'uomo lascer suo padre e sua
madre e si unir a sua moglie e i due saranno una carne sola? Cos che non sono pi due ma una
carne sola. Quello dunque che Dio ha congiunto, l'uomo non separi (cf. Mt 19,4-6). San Paolo
ancora pi esplicito quando insegna che, se celibi e vedovi non possono vivere in continenza non
hanno altra scelta che la stabile unione del matrimonio: meglio sposarsi che ardere (1 Cor 7,9).
Col matrimonio, infatti, l'amore dei coniugi assunto nell'amore irrevocabile che Cristo ha per la
chiesa (cf. Ef 5,25-32), mentre l'unione dei corpi nell'impudicizia(12) contamina il tempio dello
Spirito santo, quale divenuto il cristiano. L'unione carnale, dunque, non legittima se tra l'uomo e
la donna non si instaurata una definitiva comunit di vita.
Ecco ci che ha sempre inteso e insegnato la chiesa,(13) trovando, peraltro, nella riflessione degli
uomini e nelle lezioni della storia un accordo profondo con la sua dottrina.
L'esperienza ci insegna che, affinch l'unione sessuale possa rispondere veramente alle esigenze
della finalit, che le propria dell'umana dignit, l'amore deve trovare la sua salvaguardia nella
stabilit del matrimonio. Queste esigenze richiedono un contratto matrimoniale sancito e garantito
dalla societ, tale da instaurare uno stato di vita di capitale importanza, sia per l'unione esclusiva
dell'uomo e della donna, sia anche per il bene della loro famiglia e della comunit umana. Il pi
delle volte, infatti, accade che le relazioni prematrimoniali escludono la prospettiva della prole. Ci
che viene presentato come un amore coniugale non potr, come dovrebbe essere, espandersi in un
amore paterno e materno; oppure, se questo avviene, risulter a detrimento della prole, che sar
privata dell'ambiente stabile, nel quale dovrebbe svilupparsi per poter in esso trovare la via e i
mezzi per il suo inserimento nell'insieme della societ.

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120

Il consenso che si scambiano le persone, che vogliono unirsi in matrimonio, deve, perci, essere
esternamente manifestato e in modo che lo renda valido dinanzi alla societ. Quanto ai fedeli,
secondo le leggi della chiesa che essi devono esprimere il loro consenso all'instaurazione di una
comunit di vita coniugale, consenso che far del loro matrimonio un sacramento di Cristo.
Relazioni omosessuali
8. Ai nostri giorni, contro linsegnamento costante del magistero e il senso morale del popolo
cristiano, alcuni, fondandosi su osservazioni di ordine psicologico, hanno cominciato a giudicare
con indulgenza, anzi a scusare del tutto, le relazioni omosessuali presso certi soggetti. Essi
distinguono - e sembra non senza motivo - tra gli omosessuali la cui tendenza, derivando da falsa
educazione, da mancanza di evoluzione sessuale normale, da abitudine contratta, da cattivi esempi o
da altre cause analoghe, transitoria o, almeno, non incurabile, e gli omosessuali che sono
definitivamente tali per una specie di istinto innato o di costituzione patologica, giudicata
incurabile.
Ora, per ci che riguarda i soggetti di questa seconda categoria, alcuni concludono che la loro
tendenza a tal punto naturale da dover ritenere che essa giustifichi, in loro, relazioni omosessuali
in una sincera comunione di vita e di amore, analoga al matrimonio, in quanto essi si sentono
incapaci di sopportare una vita solitaria.
Certo, nell'azione pastorale, questi omosessuali devono essere accolti con comprensione e sostenuti
nella speranza di superare le loro difficolt personali e il loro disadattamento sociale. La loro
colpevolezza sar giudicata con prudenza; ma non pu essere usato nessun metodo pastorale che,
ritenendo questi atti conformi alla condizione di quelle persone, accordi loro una giustificazione
morale. Secondo l'ordine morale oggettivo, le relazioni omosessuali sono atti privi della loro regola
essenziale e indispensabile. Esse sono condannate nella sacra Scrittura come gravi depravazioni e
presentate, anzi, come la funesta conseguenza di un rifiuto di Dio.(14) Questo giudizio della
Scrittura non permette di concludere che tutti coloro, i quali soffrono di questa anomalia, ne siano
personalmente responsabili, ma esso attesta che gli atti di omosessualit sono intrinsecamente
disordinati e che, in nessun caso, possono ricevere una qualche approvazione.
Masturbazione
9. Spesso, oggi, si mette in dubbio o si nega espressamente la dottrina tradizionale cattolica,
secondo la quale la masturbazione costituisce un grave disordine morale. La psicologia e la
sociologia, si dice, dimostrano che, soprattutto tra gli adolescenti, essa un fenomeno normale
dell'evoluzione della sessualit. Non ci sarebbe colpa reale e grave, se non nella misura in cui il
soggetto cedesse deliberatamente ad un'auto soddisfazione chiusa in se stessa (ipsazione), perch
in tal caso l'atto sarebbe radicalmente contrario a quella comunione amorosa tra persone di diverso
sesso, che secondo certuni sarebbe quel che principalmente si cerca nell'uso della facolt sessuale.
Questa opinione contraria alla dottrina e alla pratica pastorale della chiesa cattolica. Quale che sia
il valore di certi argomenti d'ordine biologico o filosofico, di cui talvolta si sono serviti i teologi, di
fatto sia il magistero della chiesa - nella linea di una tradizione costante -, sia il senso morale dei
fedeli hanno affermato senza esitazione che la masturbazione un atto intrinsecamente e
gravemente disordinato.(15) La ragione principale che, qualunque ne sia il motivo, l'uso
deliberato della facolt sessuale, al di fuori dei rapporti coniugali normali, contraddice
essenzialmente la sua finalit. A tale uso manca, infatti, la relazione sessuale richiesta dall'ordine
morale, quella che realizza, in un contesto di vero amore, l'integro senso della mutua donazione e
della procreazione umana.(16) Soltanto a questa relazione regolare dev'essere riservato ogni

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esercizio deliberato sulla sessualit. Anche se non si pu stabilire con certezza che la Scrittura
riprova questo peccato con una distinta denominazione, la tradizione della chiesa ha giustamente
inteso che esso veniva condannato nel nuovo testamento, quando questo parla di impurit, di
impudicizia, o di altri vizi, contrari alla castit e alla continenza.
Le inchieste sociologiche possono indicare la frequenza questo disordine secondo i luoghi, la
popolazione o le circostanze prese in considerazione; si rilevano cos dei fatti. Ma i fatti non
costituiscono un criterio che permette di giudicare del valore morale degli atti umani.(17) La
frequenza del fenomeno in questione , certo, da mettere in rapporto con l'innata debolezza
dell'uomo in conseguenza del peccato originale, ma anche con la perdita del senso di Dio, la
depravazione dei costumi, generata dalla commercializzazione del vizio, la sfrenata licenza di tanti
spettacoli e di pubblicazioni, come anche con l'oblio del pudore, custode della castit.
La psicologia moderna offre, in materia di masturbazione, parecchi dati validi e utili, per formulare
un giudizio pi equo sulla responsabilit morale e per orientare l'azione pastorale. Essa aiuta a
vedere come l'immaturit dell'adolescenza, che pu talvolta prolungarsi oltre questa et, lo
squilibrio psichico, o l'abitudine contratta possano influire sul comportamento, attenuando il
carattere deliberato dell'atto, e far s che, soggettivamente, non ci sia sempre colpa grave. Tuttavia,
in generale, l'assenza di grave responsabilit non deve essere presunta; ci significherebbe
misconoscere la capacit morale delle persone.
Nel ministero pastorale, per formarsi un giudizio adeguato nei casi concreti, sar preso in
considerazione, nella sua totalit, il comportamento abituale delle persone, non soltanto per ci che
riguarda la pratica della carit e della giustizia, ma anche circa la preoccupazione di osservare il
precetto particolare della castit. Si vedr, specialmente, se si fa ricorso ai mezzi necessari, naturali
e soprannaturali, che l'ascesi cristiana, nella sua esperienza di sempre, raccomanda per dominare le
passioni e far progredire la virt.
Opzione fondamentale
10. Il rispetto della legge morale, nel campo della sessualit, come anche la pratica della castit,
sono compromessi non poco soprattutto presso i cristiani meno ferventi, dall'attuale tendenza a
ridurre all'estremo - quando addirittura non negata - la realt del peccato grave, almeno
nell'esistenza concreta degli uomini.
Certuni arrivano fino ad affermare che il peccato mortale, che separa l'uomo da Dio, si
verificherebbe soltanto nel rifiuto diretto e formale, col quale ci si oppone all'appello di Dio, o
nell'egoismo che, completamente e deliberatamente, esclude l'amore del prossimo. E allora soltanto,
dicono, che ci sarebbe l'opzione fondamentale, cio la decisione che impegna totalmente la
persona e che sarebbe richiesta per costituire un peccato mortale; per mezzo di essa l'uomo,
dall'intimo della sua personalit, assumerebbe o ratificherebbe un atteggiamento fondamentale nei
riguardi di Dio e degli uomini. Al contrario, le azioni chiamate periferiche (che - si dice - non
implicano, in generale, una scelta decisiva) non arriverebbero a modificare l'opzione fondamentale,
tanto pi che esse procedono spesso - si osserva - dall'abitudine. Esse possono, dunque, indebolire
l'opzione fondamentale, ma non modificarla del tutto. Ora, secondo questi autori, un mutamento
dell'opzione fondamentale verso Dio avviene pi difficilmente nel campo dell'attivit sessuale,
dove, in generale, l'uomo non trasgredisce l'ordine morale in maniera pienamente deliberata e
responsabile, ma piuttosto sotto l'influenza della sua passione, della sua fragilit o immaturit e,
talvolta, anche dell'illusione di testimoniare cos il suo amore per il prossimo; al che spesso si
aggiunge la pressione dell'ambiente sociale.

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In realt , s, l'opzione fondamentale che definisce, in ultima analisi, la disposizione morale


dell'uomo; ma essa pu essere radicalmente modificata da atti particolari, specialmente se questi
sono preparati - come spesso accade - da atti anteriori pi superficiali. In ogni caso, non vero che
uno solo di questi atti particolari non possa esser sufficiente perch si commetta peccato mortale.
Secondo la dottrina della chiesa, il peccato mortale che si oppone a Dio non consiste soltanto nel
rifiuto formale e diretto del comandamento della carit; esso ugualmente in questa opposizione
all'autentico amore, inclusa in ogni trasgressione deliberata, in materia grave, di ciascuna delle leggi
morali.
Cristo stesso ha indicato il duplice comandamento dell'amore quale fondamento della vita morale;
ma da questo comandamento dipende tutta la legge e i profeti (Mt 22,40): esso dunque
comprende gli altri precetti particolari. Di fatto, al giovane che gli domandava: Che cosa devo fare
di buono per ottenere la vita eterna?. Ges rispose: Se vuoi entrare nella vita, osserva i
comandamenti:... non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non testimoniare il falso,
onora il padre e la madre, ama il prossimo tuo come te stesso (Mt 19,16-19).
L'uomo pecca, dunque, mortalmente non soltanto quando il suo atto procede dal disprezzo diretto di
Dio e del prossimo, ma anche quando coscientemente e liberamente, per un qualsiasi motivo, egli
compie una scelta il cui oggetto gravemente disordinato. In questa scelta, infatti, come stato
detto sopra, gi incluso il disprezzo del comandamento divino: l'uomo si allontana da Dio e perde
la carit. Ora, secondo la tradizione cristiana e la dottrina della chiesa, e come riconosce anche la
retta ragione, l'ordine morale della sessualit comporta per la vita umana valori cos alti, che ogni
violazione diretta di quest'ordine oggettivamente grave.(18)
vero che nelle colpe di ordine sessuale, visto il loro genere e le loro cause, avviene pi facilmente
che non sia pienamente dato un libero consenso, e questo suggerisce di esser prudenti e cauti nel
dare un giudizio circa la responsabilit del soggetto. Qui, in particolare, il caso di richiamare le
parole della Scrittura: L'uomo guarda l'apparenza, il Signore guarda il cuore (1 Sam 16,7).
Tuttavia, raccomandare una tale prudenza di giudizio circa la gravit soggettiva di un atto
peccaminoso particolare non significa affatto che si debba ritenere che, nel campo sessuale, non si
commettano peccati mortali.
I pastori devono, dunque, dar prova di pazienza e di bont; ma non loro permesso n di rendere
vani i comandamenti di Dio, n di ridurre oltre misura la responsabilit delle persone. Non
sminuire in nulla la salutare dottrina di Cristo eminente forma di carit verso le anime. Ma ci
deve sempre accompagnarsi con la pazienza e la bont di cui il Signore stesso ha dato l'esempio nel
trattare con gli uomini. Venuto non per giudicare ma per salvare, Egli fu certo intransigente con il
male, ma misericordioso verso le persone.(19)
La virt della castit
11. Come stato detto sopra, la presente dichiarazione intende attirare, nelle presenti circostanze,
l'attenzione dei fedeli su certi errori e comportamenti dai quali si devono guardare. La virt della
castit non si limita, per, ad evitare le colpe indicate; essa implica, altres, esigenze positive e pi
alte. E una virt che d una impronta a tutta la personalit, nel suo comportamento sia interiore che
esteriore.
Essa deve distinguere le persone, nei loro differenti stati di vita: le une, nella verginit o nel celibato
consacrato, un modo eminente di dedicarsi pi facilmente a Dio solo, con cuore indiviso;(20) le
altre, nella maniera, quale determinata per tutti dalla legge morale e secondo che siano sposate o

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celibi. Tuttavia, in ogni stato di vita, la castit non si riduce a un atteggiamento esteriore: essa deve
rendere puro il cuore dell'uomo, secondo la parola di Cristo: Avete inteso che fu detto: Non
commettere adulterio; ma io vi dico: chiunque guarda una donna per desiderarla ha gi commesso
adulterio con lei nel suo cuore (Mt 5,27-28).
La castit compresa in quella continenza che Paolo annovera tra i doni dello Spirito santo, mentre
condanna la lussuria come un vizio particolarmente indegno del cristiano e che esclude dal regno
dei cieli (cf. Gal 5,19-23; 1 Cor 6,9-11). Questa la volont di Dio, la vostra santificazione: che vi
asteniate dalla impudicizia, che ciascuno sappia mantenere il proprio corpo con santit e rispetto
non come oggetto di passioni e libidine, come i pagani che non conoscono Dio; che nessuno
offenda e inganni in questa materia il proprio fratello... Dio non ci ha chiamati all'impurit, ma alla
santificazione. Perci chi disprezza queste norme non disprezza un uomo, ma Dio stesso, che vi
dona il suo santo Spirito (1 Ts 4,3-8; cf. Col 3,5-7; 1 Tm 1,10). Quanto alla fornicazione e a ogni
specie di impurit o cupidigia, neppure se ne parli tra voi, come si addice a santi... Perch,
sappiatelo bene, nessun fornicatore, o impuro, o avaro - che roba da idolatri - avr parte al regno
di Cristo e di Dio. Nessuno vi inganni con vani ragionamenti: per queste cose infatti piomba l'ira di
Dio sopra coloro che gli resistono. Non abbiate quindi niente in comune con loro. Se un tempo
eravate tenebra, ora siete luce nel Signore. Comportatevi perci come i figli della luce (Ef 5,3-8;
cf. 4,18-19).
L'apostolo, inoltre, precisa la ragione propriamente cristiana di praticare la castit, quando condanna
il peccato di fornicazione non soltanto nella misura in cui quest'azione fa torto al prossimo o
all'ordine sociale, ma perch il fornicatore offende Cristo, che lo ha riscattato con il suo sangue e di
cui egli membro, e lo Spirito santo, di cui egli tempio: Non sapete che i vostri corpi sono
membra di Cristo?... Qualsiasi peccato l'uomo commetta, fuori del suo corpo; ma chi si d
all'impudicizia, pecca contro il proprio corpo. O non sapete che il vostro corpo tempio dello
Spirito santo che in voi e che avete da Dio, e che non appartenete a voi stessi? Infatti siete stati
comprati a caro prezzo. Glorificate dunque Dio nel vostro corpo (1 Cor 6,15.18-19).
Quanto pi i fedeli comprenderanno il valore della castit e la sua necessaria funzione nella loro
vita di uomini e di donne, quanto pi avvertiranno, per una sorta d'istinto spirituale, ci che questa
virt esige e suggerisce, tanto meglio essi sapranno anche accettare e compiere, docili
all'insegnamento della chiesa, ci che la retta coscienza detter loro nei casi concreti.
12. L'apostolo san Paolo descrive in termini drammatici il doloroso conflitto, nell'interno dell'uomo
schiavo del peccato, tra la legge della sua mente e la legge della carne nelle sue membra, che lo
tiene prigioniero (cf. Rm 7,23). Ma l'uomo pu ottenere d'esser liberato dal suo corpo di morte
mediante la grazia di Ges Cristo (cf. Rm 7,24-25). Di questa grazia godono gli uomini che essa
stessa ha reso giusti, coloro che la legge dello Spirito, che d la vita in Cristo, ha liberato dalla legge
del peccato e dalla morte (Rm 8,2). Perci, l'apostolo li scongiura: Non regni pi dunque il peccato
nel vostro corpo mortale, s da sottomettervi ai suoi desideri (Rm 6,12).
Questa liberazione, pur rendendo idonei a servire Dio in novit di vita, non sopprime la
concupiscenza che proviene del peccato originale, n gli incitamenti al male di un mondo che
giace sotto il potere del maligno (1 Gv 5,19). Perci l'Apostolo incoraggia i fedeli a superare le
tentazioni con la forza di Dio (cf.1 Cor 10,13) e a resistere alle insidie del diavolo (Ef 6,11)
mediante la fede, la preghiera vigilante (cf. Ef 6,16.18) e una austerit di vita che riduce il corpo a
servizio dello Spirito (cf. 1 Cor 9,27).

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Vivere la vita cristiana sulle orme di Cristo richiede che ciascuno rinneghi se stesso e prenda la sua
croce ogni giorno (Lc 9,23), se sorretto dalla speranza della ricompensa: Se moriamo con lui,
vivremo anche con lui; se con lui perseveriamo, con lui anche regneremo (2 Tm 2,11-12).
Nella linea di questi insistenti inviti, i fedeli anche nel nostro tempo, anzi oggi pi che mai, devono
adottare i mezzi, che sono stati sempre raccomandati dalla chiesa per vivere una vita casta: la
disciplina dei sensi e dello spirito, la vigilanza e la prudenza nell'evitare le occasioni di peccato, la
custodia del pudore, la moderazione nei divertimenti, le sane occupazioni, il frequente ricorso alla
preghiera e ai sacramenti della penitenza e dell'eucaristia. I giovani, soprattutto, devono
preoccuparsi sviluppare la loro piet verso l'immacolata Madre di Dio e proporsi, come esempio da
imitare, la vita dei santi e degli altri fedeli, specialmente dei giovani, che si sono distinti nella
pratica della castit.
Occorre, in particolare, che tutti abbiano un'alta idea della virt della castit, della sua bellezza e del
suo rifulgente splendore. Essa onora l'essere umano e lo rende capace di un amore vero,
disinteressato, generoso e rispettoso degli altri.
13. compito dei vescovi insegnare ai fedeli la dottrina morale concernente la sessualit, quali che
siano le difficolt che l'adempimento di questo compito incontra di fronte alle idee e ai costumi oggi
diffusi. Questa dottrina tradizionale sar approfondita, espressa in maniera adatta a illuminare le
coscienze dinanzi alle nuove situazioni che si sono create, e arricchita con discernimento da ci che
pu esser detto di vero e di utile circa il significato e il valore della sessualit umana. Mai principi e
le norme di vita morale, che sono stati confermati nella presente dichiarazione, devono essere
fedelmente ritenuti e insegnati. Si tratta, in particolare, di far capire ai fedeli che la chiesa non li
mantiene come inveterati tab, n in forza di qualche pregiudizio manicheo, come spesso si
pretende, ma perch sa con certezza che essi corrispondono all'ordine divino della creazione e allo
spirito di Cristo e, dunque, anche alla dignit umana.
Missione dei vescovi , altres, quella di vigilare perch nelle facolt di teologia e nei seminari sia
esposta la sana dottrina alla luce e sotto la guida del magistero della chiesa. Essi devono, parimenti,
avere cura che i confessori illuminino le coscienze e che l'insegnamento catechistico sia impartito in
perfetta fedelt alla dottrina cattolica.
Ai vescovi, ai sacerdoti e ai loro collaboratori spetta di mettere in guardia i fedeli contro le opinioni
erronee, spesso proposte nei libri, nelle riviste e in pubblici convegni.
I genitori per primi, come anche gli educatori della giovent, si sforzeranno di condurre, mediante
un'educazione integrale, i loro figli e i loro allievi alla maturit psicologica, affettiva e morale quale
conviene alla loro et. Essi daranno loro, a questo scopo, un'informazione prudente e adatta alla loro
volont ai costumi cristiani non soltanto con i consigli, ma soprattutto con l'esempio della loro
propria vita, con l'aiuto di Dio ottenuto mediante la preghiera. Sapranno anche proteggerli dai tanti
pericoli che i giovani neppure sospettano.
Gli artisti, gli scrittori e tutti coloro i quali dispongono degli strumenti di comunicazione sociale,
devono esercitare la loro professione in accordo con la loro fede cristiana, coscienti della enorme
influenza che essi possono esercitare. Essi devono ricordare che il primato dell'ordine morale
oggettivo deve essere rispettato assolutamente da tutti,(21) e che non lecito preferirgli un preteso
fine estetico, un vantaggio materiale o il successo. Si tratti di creazione artistica o letteraria, di
spettacoli o di informazioni, ciascuno, nel proprio campo, dar prova di tatto, di discrezione, di
moderazione e di un giusto senso dei valori. In tal modo, lungi dall'aumentare la crescente licenza
dei costumi, essi contribuiranno a frenarla, e a risanare anche il clima morale della societ.

TESTI MAGISTERIALE di BIOETICA, FRAY PAULO LOPEZ, O.S.A.

125

Da parte loro, tutti i fedeli laici, in virt del loro diritto e del loro dovere d'apostolato, si faranno
premura di agire nello stesso senso.
conveniente, infine, ricordare a tutti queste parole del concilio Vaticano II: Il sacro concilio
dichiara che i fanciulli e i giovani hanno il diritto di essere stimolati sia a valutare con retta
coscienza e ad accettare con adesione personale i valori morali, sia a conoscere e ad amare Dio pi
perfettamente; perci chiede con insistenza a quanti governano i popoli o presiedono all'educazione,
di preoccuparsi perch mai la giovent venga privata di questo sacro diritto.(22)
Il sommo pontefice Paolo VI, nell'udienza accordata al sottoscritto prefetto della congregazione
per la dottrina della fede il 7 novembre 1975, ha ratificato e confermato questa dichiarazione circa
alcune questioni di etica sessuale, ordinandone la pubblicazione.
Roma, palazzo della Congregazione per la dottrina delle fede, 29 dicembre 1975.
Franjo card. EPER,
prefetto
Jrme HAMER o.p.,
arciv. tit. di Lorium,
segretario

NOTE
(1) SACRA CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE Dichiarazione Persona
Humana circa alcune questioni di etica sessuale, 29 dicembre 1975: AAS
68(1976) (testo originale latino); EV 5/1717-1745 (testo bilingue).
(2) Cf. Gaudium et spes, 47: nn. 9-10; EV 1/1469.
3 Cf. Cost. ap. Regimini ecclesiae universae. 15.8.1967, n. 29: EV 2/1569.
(4) Cf. Gaudium et spes, 16: EV 1/1369.
(5) Dignitatis humanae, 3: EV 1/1047.
(6) Dignitatis humanae, 14: EV 1/1080; cf. Pio XI, Enc. Casti connubii, 31.12.1930: AAS 22(1930),
579-580; EE 5/552s; Pio XII, Allocuzione 2.11.1954: AAS 46(1954), 671-672; GIOVANNI XXIII,
Enc. Mater et magistra, 15.5.1961: AAS 53(1961 ), 457; EE 7/457; Paolo VI, Enc. Humanae vitae,
25.7.1968, n. 4: n. 40-42; EV 3/591.
(7) Cf. Gravissimum educationis, 1 e 8: EV 1/822.839; Gaudium et spes, 29, 60, 67: EV
1/1410.1519.1547.
(8) Cf. Gaudium et spes, 51: n. 23; EV 1/1483.
(9) Cf. Gaudium et spes, 51: n. 23; EV 1/1483; cf. anche n. 49: n. 15-16; EV 1/1475s.
(10) Cf. Gaudium et spes, 49 e 50: nn. 15-20; EV 1/1475-1480.
(11) La presente Dichiarazione non comprende tutte le norme morali sulla vita sessuale nel
matrimonio, essendo queste egregiamente esposte nelle lettere encicliche Casti connubii e Humanae
vitae.
(12) Il rapporto sessuale extramatrimoniale viene espressamente condannato in 1 Cor 5,1-6.9; 7,2;
10,8; Ef 5,5-7; 1 Tm 1,10; Eb 13,4; e con argomentazioni chiare: 1 Cor 6,12-20.
(13) Cf. INNOCENZO IV, Ep. Sub catholicae professione, 6.3.1254: Denz 835; Pio II,
Proposizioni condannate nella lettera Cum sicut accepimus, 14.11.1459: Denz 1367; Sant'Offizio,
Decreti del 24.9.1665 e 2.3.1679: Denz 2045 e 2148; Pio XI. Enc. Casti connubii, 31.12.1930:
22(1930), 558-559; EE 5/497-499.

TESTI MAGISTERIALE di BIOETICA, FRAY PAULO LOPEZ, O.S.A.

126

(14) Rm 1,24-27: Perci Dio li ha abbandonati all'impurit secondo i desideri del loro cuore s da
disonorare fra di loro i propri corpi, poich essi hanno cambiato la verit di Dio con la menzogna e
hanno venerato e adorato la creatura al posto del creatore, che benedetto nei secoli. Amen. Per
questo Dio li ha abbandonati a passioni infami; le loro donne hanno cambiato i rapporti naturali in
rapporti contro natura. Egualmente anche gli uomini, lasciando il rapporto naturale con la donna, si
sono accesi di passione gli uni per gli altri, commettendo atti ignominiosi uomini con uomini,
ricevendo cos in s stessi la punizione che si addiceva al loro traviamento. Cf. anche quello che
Paolo dice a proposito degli uomini sodomiti e pervertiti in 1 Cor 6,10 e 1 Tm 1,10.
(15) Cf. LEONE IX, Ep. Ad splendidum nitentis, a. 1054: Denz 687-688; SantOffizio, Decreto del
2.3.1679: Denz 2149; Pio XII, Allocuzioni dell'8 ottobre 1953 e del 19 maggio 1956: AAS
45(1953), 677s e 58(1956), 472s.
(16) Gaudium et spes, 51: n. 23; EV 1/1483.
(17) Se le inchieste sociologiche ci sono utili per meglio conoscere la mentalit dell'ambiente, le
preoccupazioni e le necessit di coloro ai quali annunciamo la parola di Dio, come pure le
resistenze che le oppone l'umana ragione nell'et moderna, con l'idea largamente diffusa che non
esisterebbe, fuori della scienza, alcuna forma legittima di sapere, le conclusioni di tali inchieste non
potrebbero costituire di per se stesse un criterio determinante di verit (Paolo VI, Esort. apost.
Quinque iam anni, 8.12.1970: EV 3/2883 ).
(18) Cf, sopra le note 13 e 15: Sant' Offizio, Decreto del 18 marzo 1666: Denz 2060; PAOLO VI,
Enc. Humanae vitae, nn. 13 e 14: nn. 65-69; EV 3/599s.
(19) PAOLO VI, Enc. Humanae vitae, n. 29: nn. 95; EV 3/615.
(20) Cf. 1 Cor 7,7.34; Conc. Di Trento, sess. 24, can. 10: Denz 1810; CONC. Vaticano II, Cost.
dogm. Lumen gentium, 42, 43, 44: EV 1/397-407; Sinodo dei Vescovi 1971, Il sacerdozio
ministeriale, parte II, 4 b: EV 4/1211.
(21) Conc. Vaticano II. Decreto Inter mirifica, 6: EV 1/254.
(22) Conc. Vaticano II, Dich. Gravissimum educationis, 1: EV 1/824

13. Congregazione per la Dottrina della Fede Dichiarazione


sull'eutanasia (1980)

INTRODUZIONE

I diritti e i valori inerenti alla persona umana occupano un posto importante nella problematica
contemporanea. Al riguardo, il Concilio Ecumenico Vaticano II ha solennemente riaffermato
leccellente dignit della persona umana e in modo particolare il suo diritto alla vita. Ha perci
denunciato i crimini contro la vita come ogni specie di omicidio, il genocidio, laborto, leutanasia
e lo stesso suicidio volontario (Gaudium et Spes, 27).
La Sacra Congregazione per la Dottrina della Fede, che di recente ha richiamato la dottrina cattolica
circa laborto procurato, (Declaratio de abortu procurato, die 18 nov. 1974: AAS 66 [1974] 730747.) ritiene ora opportuno proporre linsegnamento della Chiesa sul problema delleutanasia.
In effetti, per quanto restino sempre validi i principii affermati in questo campo dai recenti
Pontefici, (Pio XII, Allocutio ad Delegatos Unionis Internationalis Sodalitatum mulierum
catholicarum, die 11 sept. 1947: AAS 39 [1947] 483; Allocutio ad membra Unionis Catholicae

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Italicae inter obstetrices, die 29 oct. 1951: AAS 43 [1951] 835-854; Allocutio ad membra Consilii
Internationalis inquisitionis de medicina exercenda inter milites, die 19 oct. 1953: AAS 45 [1953]
744-754; Allocutio ad participantes XI Congressum Societatis Italicae de anaesthesiologia, die 24
febr. 1957: AAS 49 [1957] 146; cf. etiam Allocutio circa queestionem de reanimatione, die 24
nov. 1957: AAS 49 [1957] 1027-1033; Paolo VI, Allocutio ad membra Consilii Specialis Nationum
Unitarum versantis in quaestione Apartheid, die 22 maii 1974: AAS 66 [1974] 346; Giovanni
Paolo II, Allocutio ad Episcopos Statuum Foederatorum Americae Septentrionalis, die 5 oct 1979:
Insegnamenti di Giovanni Paolo II, II, 2 [1979] 629ss) i progressi della medicina hanno messo in
luce negli anni pi recenti nuovi aspetti del problema delleutanasia, che richiedono ulteriori
precisazioni sul piano etico.
Nella societ odierna, nella quale non di rado sono posti in causa gli stessi valori fondamentali della
vita umana, la modificazione della cultura influisce sul modo di considerare la sofferenza e la
morte; la medicina ha accresciuto la sua capacit di guarire e di prolungare la vita in determinate
condizioni, che talvolta sollevano alcuni problemi di carattere morale. Di conseguenza, gli uomini
che vivono in un tale clima si interrogano con angoscia sul significato dellestrema vecchiaia e della
morte, chiedendosi conseguentemente se abbiano il diritto di procurare a se stessi o ai loro simili la
morte dolce, che abbrevierebbe il dolore e sarebbe, ai loro occhi, pi conforme alla dignit
umana.
Diverse Conferenze Episcopali hanno posto, in merito, dei quesiti a questa S. Congregazione per la
Dottrina della Fede, la quale, dopo aver chiesto il parere di competenti sui vari aspetti
delleutanasia, intende con questa Dichiarazione rispondere alle richieste dei Vescovi per aiutarli ad
orientare rettamente i fedeli e per offrire loro elementi di riflessione da far presenti alle Autorit
civili a proposito di questo gravissimo problema.
La materia proposta in questo Documento riguarda, innanzi tutto, coloro che ripongono la loro fede
e la loro speranza in Cristo, il quale, mediante la sua vita, la sua morte e la sua risurrezione, ha dato
un nuovo significato allesistenza e soprattutto alla morte del cristiano, secondo le parole di San
Paolo: Sia che viviamo, viviamo per il Signore; sia che moriamo, moriamo per il Signore. Quindi,
sia che viviamo, sia che moriamo siamo del Signore (Rm 14,8; cf. Fil 1,20).
Quanto a coloro che professano altre religioni, molti ammetteranno con noi che la fede in un Dio
creatore, provvido e padrone della vita - se la condividono - attribuisce una dignit eminente a ogni
persona umana e ne garantisce il rispetto.
Si spera, ad ogni modo, che questa Dichiarazione incontri il consenso di tanti uomini di buona
volont, che, al di l delle differenze filosofiche o ideologiche, hanno tuttavia una viva coscienza
dei diritti della persona umana. Tali diritti, daltronde, sono stati spesso proclamati nel corso degli
ultimi anni da dichiarazioni di Congressi Internazionali; (Attendatur peculiari modo ad
Admonitionem 779 [1976] de iuribus aegrotorum et morientium, quae acceptata fuit a Coetu
Deputatorum Consilii Europae, in XXVII sessione ordinaria. cf. SIPECA, n. 1, mense martio 1977,
pp. 14-15.) poich si tratta qui dei diritti fondamentali di ogni persona umana, evidente che non
si pu ricorrere ad argomenti desunti dal pluralismo politico o dalla libert religiosa, per negarne il
valore universale.
I.
VALORE DELLA VITA UMANA
La vita umana il fondamento di tutti i beni, la sorgente e la condizione necessaria di ogni attivit
umana e di ogni convivenza sociale. Se la maggior parte degli uomini ritiene che la vita abbia un

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carattere sacro e che nessuno ne possa disporre a piacimento, i credenti vedono in essa anche un
dono dellamore di Dio, che sono chiamati a conservare e a far fruttificare. Da questultima
considerazione derivano alcune conseguenze:
1. Nessuno pu attentare alla vita di un uomo innocente senza opporsi allamore di Dio per lui,
senza violare un diritto fondamentale, inammissibile e inalienabile, senza commettere, perci, un
crimine di estrema gravit. (Hic omnino praetermittuntur quaestiones de poena mortis et de bello,
quae postulant ut aliae fiant peculiares considerationes, quae huius Declarationis argomento
extraneae sunt.)
2. Ogni uomo ha il dovere di conformare la sua vita al disegno di Dio. Essa gli affidata come un
bene che deve portare i suoi frutti gi qui in terra, ma trova la sua piena perfezione soltanto nella
vita eterna.
3. La morte volontaria ossia il suicidio , pertanto, inaccettabile al pari dellomicidio: un simile atto
costituisce, infatti, da parte delluomo, il rifiuto della sovranit di Dio e del suo disegno di amore. Il
suicidio, inoltre, spesso anche rifiuto dellamore verso se stessi, negazione della naturale
aspirazione alla vita, rinuncia di fronte ai doveri di giustizia e di carit verso il prossimo, verso le
varie comunit e verso la societ intera, bench talvolta intervengano- come si sa- dei fattori
psicologici che possono attenuare o, addirittura, togliere la responsabilit.
Si dovr, tuttavia, tenere ben distinto dal suicidio quel sacrificio con il quale per una causa superiore
- quali la gloria di Dio, la salvezza delle anime, o il servizio dei fratelli - si offre o si pone in
pericolo la propria vita (cf. Gv 15,14).
II.
LEUTANASIA
Per trattare in maniera adeguata il problema delleutanasia, conviene, innanzi tutto, precisare il
vocabolario.
Etimologicamente la parola eutanasia significava, nellantichit, una morte dolce senza sofferenze
atroci. Oggi non ci si riferisce pi al significato originario del termine, ma piuttosto allintervento
della medicina diretto ad attenuare i dolori della malattia e dellagonia, talvolta anche con il rischio
di sopprimere prematuramente la vita. Inoltre, il termine viene usato, in senso pi stretto, con il
significato di procurare la morte per piet, allo scopo di eliminare radicalmente le ultime
sofferenze o di evitare a bambini anormali, ai malati mentali o agli incurabili il prolungarsi di una
vita infelice, forse per molti anni, che potrebbe imporre degli oneri troppo pesanti alle famiglie o
alla societ.
quindi necessario dire chiaramente in quale senso venga preso il termine in questo Documento.
Per eutanasia sintende unazione o unomissione che di natura sua, o nelle intenzioni, procura la
morte, allo scopo di eliminare ogni dolore. Leutanasia si situa, dunque, al livello delle intenzioni e
dei metodi usati.
Ora, necessario ribadire con tutta fermezza che niente e nessuno pu autorizzare luccisione di un
essere umano innocente, feto o embrione che sia, bambino o adulto, vecchio, ammalato incurabile o
agonizzante. Nessuno, inoltre, pu richiedere questo gesto omicida per se stesso o per un altro
affidato alla sua responsabilit, n pu acconsentirvi esplicitamente o implicitamente. Nessuna
autorit pu legittimamente imporlo n permetterlo. Si tratta, infatti, di una violazione della legge

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divina, di una offesa alla dignit della persona umana, di un crimine contro la vita, di un attentato
contro lumanit.
Potrebbe anche verificarsi che il dolore prolungato e insopportabile, ragioni di ordine affettivo o
diversi altri motivi inducano qualcuno a ritenere di poter legittimamente chiedere la morte o
procurarla ad altri. Bench in casi del genere la responsabilit personale possa esser diminuita o
perfino non sussistere, tuttavia lerrore di giudizio della coscienza - forse pure in buona fede - non
modifica la natura dellatto omicida, che in s rimane sempre inammissibile. Le suppliche dei
malati molto gravi, che talvolta invocano la morte, non devono essere intese come espressione di
una vera volont di eutanasia; esse infatti sono quasi sempre richieste angosciate di aiuto e di
affetto. Oltre le cure mediche, ci di cui lammalato ha bisogno, lamore, il calore umano e
soprannaturale, col quale possono e debbono circondarlo tutti coloro che gli sono vicini, genitori e
figli, medici e infermieri.
III.
IL CRISTIANO DI FRONTE
ALLA SOFFERENZA E ALL'USO DI ANALGESICI
La morte non avviene sempre in condizioni drammatiche, al termine di sofferenze insopportabili.
N si deve sempre pensare unicamente ai casi estremi. Numerose testimonianze concordi lasciano
pensare che la natura stessa ha provveduto a rendere pi leggeri al momento della morte quei
distacchi, che sarebbero terribilmente dolorosi per un uomo in piena salute. Perci una malattia
prolungata, una vecchiaia avanzata, una situazione di solitudine e di abbandono, possono stabilire
delle condizioni psicologiche tali da facilitare laccettazione della morte.
Tuttavia, si deve riconoscere che la morte, preceduta o accompagnata spesso da sofferenze atroci e
prolungate, rimane un avvenimento, che naturalmente angoscia il cuore delluomo.
Il dolore fisico certamente un elemento inevitabile della condizione umana; sul piano biologico,
costituisce un avvertimento la cui utilit incontestabile; ma poich tocca la vita psicologica
delluomo, spesso supera la sua utilit biologica e pertanto pu assumere una dimensione tale da
suscitare il desiderio di eliminarlo a qualunque costo.
Secondo la dottrina cristiana, per, il dolore, soprattutto quello degli ultimi momenti di vita, assume
un significato particolare nel piano salvifico di Dio; infatti una partecipazione alla Passione di
Cristo ed unione al sacrificio redentore, che Egli ha offerto in ossequio alla volont del Padre.
Non deve dunque meravigliare se alcuni cristiani desiderano moderare luso degli analgesici, per
accettare volontariamente almeno una parte delle loro sofferenze e associarsi cos in maniera
cosciente alle sofferenze di Cristo crocifisso (cf. Mt 27,34). Non sarebbe, tuttavia, prudente imporre
come norma generale un determinato comportamento eroico. Al contrario, la prudenza umana e
cristiana suggerisce per la maggior parte degli ammalati luso dei medicinali che siano atti a lenire o
a sopprimere il dolore, anche se ne possano derivare come effetti secondari torpore o minore
lucidit. Quanto a coloro che non sono in grado di esprimersi, si potr ragionevolmente presumere
che desiderino prendere tali calmanti e somministrarli loro secondo i consigli del medico.
Ma luso intensivo di analgesici non esente da difficolt, poich il fenomeno dellassuefazione di
solito obbliga ad aumentare le dosi per mantenerne lefficacia. Conviene ricordare una
dichiarazione di Pio XII, la quale conserva ancora tutta la sua validit. Ad un gruppo di medici che
gli avevano posto la seguente domanda: La soppressione del dolore e della coscienza per mezzo
dei narcotici... permessa dalla religione e dalla morale al medico e al paziente (anche
allavvicinarsi della morte e se si prevede che luso dei narcotici abbrevier la vita)?, il Papa

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rispose: Se non esistono altri mezzi e se, nelle date circostanze, ci non impedisce ladempimento
di altri doveri religiosi e morali: S (Pio XII, Allocutio, die 24 febr. 1957: AAS 49 [1957] 147). In
questo caso, infatti, chiaro che la morte non voluta o ricercata in alcun modo, bench se ne corra
il rischio per una ragionevole causa: si intende semplicemente lenire il dolore in maniera efficace,
usando allo scopo quegli analgesici di cui la medicina dispone.
Gli analgesici che producono negli ammalati la perdita della coscienza, meritano invece una
particolare considerazione. molto importante, infatti, che gli uomini non solo possano soddisfare
ai loro doveri morali e alle loro obbligazioni familiari, ma anche e soprattutto che possano
prepararsi con piena coscienza allincontro con il Cristo. Perci Pio XII ammonisce che non
lecito privare il moribondo della coscienza di s senza grave motivo (Pio XII, Allocutio, die 24
febr. 1957: AAS 49 [1957] 145; cf. Pio XII, Allocutio, die 9 sept. 1958: AAS 50 [1958] 694).
IV.
LUSO PROPORZIONATO DEI MEZZI TERAPEUTICI
molto importante oggi proteggere, nel momento della morte, la dignit della persona umana e la
concezione cristiana della vita contro un tecnicismo che rischia di divenire abusivo. Di fatto, alcuni
parlano di diritto alla morte, espressione che non designa il diritto di procurarsi o farsi procurare
la morte come si vuole, ma il diritto di morire in tutta serenit, con dignit umana e cristiana. Da
questo punto di vista, luso dei mezzi terapeutici talvolta pu sollevare dei problemi.
In molti casi la complessit delle situazioni pu essere tale da far sorgere dei dubbi sul modo di
applicare i principii della morale. Prendere delle decisioni spetter in ultima analisi alla coscienza
del malato o delle persone qualificate per parlare a nome suo, oppure anche dei medici, alla luce
degli obblighi morali e dei diversi aspetti del caso.
Ciascuno ha il dovere di curarsi e di farsi curare. Coloro che hanno in cura gli ammalati devono
prestare la loro opera con ogni diligenza e somministrare quei rimedi che riterranno necessari o
utili.
Si dovr per, in tutte le circostanze, ricorrere ad ogni rimedio possibile? Finora i moralisti
rispondevano che non si mai obbligati alluso dei mezzi straordinari. Oggi per tale risposta,
sempre valida in linea di principio, pu forse sembrare meno chiara, sia per limprecisione del
termine che per i rapidi progressi della terapia. Perci alcuni preferiscono parlare di mezzi
proporzionati e sproporzionati. In ogni caso, si potranno valutare bene i mezzi mettendo a
confronto il tipo di terapia, il grado di difficolt e di rischio che comporta, le spese necessarie e le
possibilit di applicazione, con il risultato che ci si pu aspettare, tenuto conto delle condizioni
dellammalato e delle sue forze fisiche e morali.
Per facilitare lapplicazione di questi principii generali si possono aggiungere le seguenti
precisazioni:
- In mancanza di altri rimedi, lecito ricorrere, con il consenso dellammalato, ai mezzi messi a
disposizione dalla medicina pi avanzata, anche se sono ancora allo stadio sperimentale e non sono
esenti da qualche rischio. Accettandoli, lammalato potr anche dare esempio di generosit per il
bene dellumanit.
- anche lecito interrompere lapplicazione di tali mezzi, quando i risultati deludono le speranze
riposte in essi. Ma nel prendere una decisione del genere, si dovr tener conto del giusto desiderio
dellammalato e dei suoi familiari, nonch del parere di medici veramente competenti; costoro

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potranno senza dubbio giudicare meglio di ogni altro se linvestimento di strumenti e di personale
sproporzionato ai risultati prevedibili e se le tecniche messe in opera impongono al paziente
sofferenze e disagi maggiori dei benefici che se ne possono trarre.
- sempre lecito accontentarsi dei mezzi normali che la medicina pu offrire. Non si pu, quindi,
imporre a nessuno lobbligo di ricorrere ad un tipo di cura che, per quanto gi in uso, tuttavia non
ancora esente da pericoli o troppo oneroso. Il suo rifiuto non equivale al suicidio: significa
piuttosto o semplice accettazione della condizione umana, o desiderio di evitare la messa in opera di
un dispositivo medico sproporzionato ai risultati che si potrebbero sperare, oppure volont di non
imporre oneri troppo gravi alla famiglia o alla collettivit.
- Nellimminenza di una morte inevitabile nonostante i mezzi usati, lecito in coscienza prendere la
decisione di rinunciare a trattamenti che procurerebbero soltanto un prolungamento precario e
penoso della vita, senza tuttavia interrompere le cure normali dovute allammalato in simili casi.
Perci il medico non ha motivo di angustiarsi, quasi che non avesse prestato assistenza ad una
persona in pericolo.
CONCLUSIONE
Le norme contenute nella presente Dichiarazione sono ispirate dal profondo desiderio di servire
luomo secondo il disegno del Creatore. Se da una parte la vita un dono di Dio, dallaltra la morte
ineluttabile; necessario, quindi, che noi, senza prevenire in alcun modo lora della morte,
sappiamo accettarla con piena coscienza della nostra responsabilit e con tutta dignit. vero,
infatti, che la morte pone fine alla nostra esistenza terrena, ma allo stesso tempo apre la via alla vita
immortale. Perci tutti gli uomini devono prepararsi a questo evento alla luce dei valori umani, e i
cristiani ancor pi alla luce della loro fede.
Coloro che si dedicano alla cura della salute pubblica non tralascino niente per mettere al servizio
degli ammalati e dei moribondi tutta la loro competenza; ma si ricordino anche di prestare loro il
conforto ancor pi necessario di una bont immensa e di una carit ardente. Un tale servizio
prestato agli uomini anche un servizio prestato al Signore stesso, il quale ha detto: Ogni volta che
avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli pi piccoli, lavete fatto a me (Mt 25,40).
Roma, dalla sede della Sacra Congregazione per la Dottrina della Fede, il 5 maggio 1980.
Franjo Cardinale Seper
Prefetto
Fr. Jrome Hamer, O. P.
Arcivescovo tit. di Lorium
Segretario

14. Pontificio Consiglio per la Famiglia, carta dei diritti della


famiglia (1983) (1)
PRESENTAZIONE
La Carta dei diritti della famiglia ha le sue origini nella richiesta formulata dal sinodo dei vescovi
tenuto a Roma nel 1980 sul tema I compiti della famiglia cristiana nel mondo di oggi (cf.

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Propositio, n. 42). Sua santit, papa Giovanni Paolo II, nell'esortazione apostolica Familiaris
consortio (n. 46), accolse la richiesta del sinodo e impegn la Santa Sede a preparare una Carta dei
diritti della famiglia da presentare agli ambienti ed autorit interessati.
importante capire correttamente la natura e lo stile della Carta come ora viene presentata.
Il documento non un'esposizione di teologia dogmatica o morale sul matrimonio e la famiglia,
sebbene esso rifletta il pensiero della Chiesa in materia. N un codice di condotta per persone o
istituzioni interessate al problema. La Carta differisce anche da una semplice dichiarazione di
princpi teoretici riguardanti la famiglia. Essa mira, piuttosto, a presentare a tutti i nostri
contemporanei, siano essi cristiani o no, una formulazione - la pi completa e ordinata possibile dei fondamentali diritti inerenti a quella societ naturale e universale che la famiglia.
I diritti enunciati nella Carta sono espressi nella coscienza dell'essere umano e nei valori comuni a
tutta l'umanit. La visione cristiana presente in questa Carta come luce della divina rivelazione
che illumina la naturale realt della famiglia. Questi diritti sorgono, in ultima analisi, da quella
legge che inscritta dal Creatore nel cuore di ogni essere umano. La societ chiamata a difendere
questi diritti dalle violazioni e a rispettarli e promuoverli nell'interezza del loro contenuto.
I diritti proposti devono essere compresi secondo il carattere specifico di una Carta. In alcuni casi
essi enunciano vere e proprie norme giuridicamente vincolanti; in altri casi, esprimono postulati e
princpi fondamentali per una legislazione da attuare e per lo sviluppo della politica familiare. In
tutti i casi essi sono un appello profetico in favore dell'istituzione familiare, la quale deve essere
rispettata e difesa da tutte le usurpazioni.
Del resto quasi tutti questi diritti si possono gi trovare in altri documenti sia della Chiesa che della
comunit internazionale. La presente Carta si prefigge di elaborarli ulteriormente, di precisarli con
maggior chiarezza e di raccoglierli in una presentazione organica, ordinata e sistematica. Annesse al
testo (2) vi sono le indicazioni delle fonti e riferimenti, da cui alcune delle formulazioni sono
state estratte.
La Carta dei diritti della famiglia ora presentata dalla Santa Sede, organo centrale e supremo del
governo della Chiesa cattolica. Il documento arricchito da abbondanti osservazioni e suggerimenti
ricevuti in risposta ad un'ampia consultazione delle conferenze episcopali di tutta la Chiesa come
anche di esperti in materia, rappresentanti varie culture. La Carta indirizzata principalmente ai
governi. Nel riaffermare, per il bene della societ, la comune consapevolezza dei diritti essenziali
della famiglia, la Carta offre a tutti quelli che condividono la responsabilit per il bene comune un
modello e un punto di riferimento per la elaborazione di una legislazione e di una politica della
famiglia, e una guida per i programmi di azione.
Nel contempo la Santa Sede propone fiduciosamente questo documento all'attenzione delle
organizzazioni internazionali intergovernative che, in ragione della loro competenza e cura per la
difesa e la promozione dei diritti umani, non possono ignorare o permettere violazioni dei diritti
fondamentali della famiglia.
La Carta naturalmente anche diretta alle famiglie stesse: essa mira a rafforzare in esse la
consapevolezza del ruolo insostituibile e della posizione della famiglia; si augura di ispirare le
famiglie ad unirsi nella difesa e nella promozione dei loro diritti; incoraggia le famiglie a compiere i
loro doveri in modo che il ruolo della famiglia possa diventare sempre pi chiaramente apprezzato e
riconosciuto nel mondo d'oggi.

TESTI MAGISTERIALE di BIOETICA, FRAY PAULO LOPEZ, O.S.A.

133

La Carta diretta, infine, a tutti gli uomini e donne affinch si impegnino a fare tutto il possibile per
assicurare che i diritti della famiglia siano protetti e che l'istituzione della famiglia sia rafforzata per
il bene dell'intero genere umano, oggi e nel futuro.
La Santa Sede nel presentare questa Carta, auspicata dai rappresentanti dell'episcopato di tutto il
mondo, rivolge un particolare appello a tutti i membri e le istituzioni della Chiesa perch diano
chiara testimonianza delle convinzioni cristiane circa l'insostituibile missione della famiglia, e
procurino che famiglie e genitori ricevano il necessario sostegno ed incoraggiamento per adempiere
il compito loro affidato da Dio.

CARTA DEI DIRITTI DELLA FAMIGLIA


Preambolo
Considerando che:
A) i diritti della persona, anche se espressi come diritti dell'individuo, hanno una fondamentale
dimensione sociale, che trova nella famiglia la sua nativa e vitale espressione;(3)
B) la famiglia fondata sul matrimonio, unione intima di vita nella complementarit tra un uomo e
una donna, che si costituisce con il legame indissolubile del matrimonio liberamente contratto e
pubblicamente espresso, ed aperta alla trasmissione della vita;(4)
C) il matrimonio l'istituzione naturale alla quale affidata in maniera esclusiva la missione di
trasmettere la vita.(5)
D) la famiglia, societ naturale, esiste anteriormente allo stato e a qualsiasi altra comunit e
possiede diritti propri, che sono inalienabili;(6)
E) la famiglia costituisce, pi ancora di un mero nucleo giuridico, sociale ed economico, una
comunit di amore e di solidariet che in modo unico adatta ad insegnare e a trasmettere valori
culturali, etici, sociali, spirituali e religiosi, essenziali per lo sviluppo e il benessere dei propri
membri e della societ;(7)
F) la famiglia il luogo dove diverse generazioni si incontrano e si aiutano vicendevolmente a
crescere nella sapienza umana e ad armonizzare i diritti degli individui con le altre istanze della vita
sociale;(8)
G) la famiglia e la societ, che sono mutuamente legate da vincoli vitali ed organici, hanno una
funzione complementare nella difesa e nel progresso del bene dell'umanit e di ogni persona;(9)
H) l'esperienza di diverse culture attraverso la storia ha mostrato come sia necessario per la societ
riconoscere e difendere l'istituzione familiare;
I) la societ, e in particolar modo lo Stato e le organizzazioni internazionali, devono proteggere la
famiglia con misure di carattere politico, economico, sociale e giuridico, miranti a consolidare
l'unit e la stabilit della famiglia in modo che essa possa esercitare la sua specifica funzione;(10)

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134

J) i diritti, le fondamentali necessit, il benessere e i valori della famiglia, anche se vengono


progressivamente salvaguardati in alcuni casi, sono spesso ignorati e non raramente minati da leggi,
istituzioni e programmi socio-economici;(11)
K) molte famiglie sono costrette a vivere in situazioni di povert che impediscono loro di svolgere il
proprio ruoli con dignit;(12)
L) la Chiesa cattolica, consapevole che il bene della persona, della societ e della Chiesa stessa
passa attraverso la vita della famiglia, ha ritenuto parte della sua missione proclamare a tutti il
disegno di Dio inscritto nella natura umana circa il matrimonio e la famiglia, promuovere queste
due istituzioni e difenderle contro quanti le attaccano;(13)
M) il sinodo dei vescovi, celebrato nel 1980, raccomand esplicitamente che fosse redatta e fatta
giungere a tutti gli interessati una Carta dei diritti della famiglia;(14)
la Santa Sede, dopo aver consultato le conferenze episcopali, presenta ora questa Carta dei diritti
della famiglia e fa appello a tutti gli Stati, alle organizzazioni internazionali e a tutte le istituzioni e
persone interessate, perch rispettino questi diritti ed assicurino il loro effettivo riconoscimento e la
loro osservanza.
Articolo 1
Ogni persona ha diritto alla libera scelta del proprio stato 1495 di vita, e perci a sposarsi e formare
una famiglia oppure a restare celibe o nubile.(15)
a) Ogni uomo e ogni donna, che ha raggiunto l'et del matrimonio e ne ha la necessaria capacit, ha
il diritto di sposare di formare una famiglia senza alcuna discriminazione; restrizioni legali
all'esercizio di questo diritto, sia di carattere permanente che temporaneo, possono essere introdotte
solamente quando sono richieste da gravi ed oggettive esigenze dello stesso istituto matrimoniale e
della sua rilevanza sociale e pubblica; e devono, in ogni caso, rispettare la dignit e i diritti
fondamentali della persona.(16)
b) Coloro che desiderano sposarsi e formare una famiglia hanno il diritto di attendersi dalla societ
quelle condizioni morali, educative, sociali ed economiche che li mettano in grado di esercitare il
loro diritto a sposarsi in piena maturit e responsabilit.(17)
c) Il valore istituzionale del matrimonio deve essere sostenuto dalle pubbliche autorit: la situazione
delle coppie non sposate non deve essere messa sullo stesso piano del matrimonio debitamente
contratto.(18)
Articolo 2
Il matrimonio non pu essere contratto se non mediante libero e pieno consenso degli sposi
debitamente espresso.(19)
a) Tenendo nel dovuto rispetto il ruolo tradizionale delle famiglie, in certe culture, nel guidare la
decisione dei loro figli ogni pressione che impedisca la scelta di una determinata persona come
coniuge deve essere evitata.(20)

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135

b) I futuri sposi hanno il diritto alla loro libert religiosa. Perci imporre come previa condizione
per il matrimonio il diniego della fede o una professione di fede che sia contraria alla propria
coscienza, costituisce una violazione di questo diritto.(21)
c) Gli sposi, nella naturale complementarit che esiste tra uomo e donna, godono della stessa dignit
e di eguali diritti a riguardo del matrimonio. (22)
Articolo 3
Gli sposi hanno l'inalienabile diritto di costituire una famiglia e di decidere circa l'intervallo fra le
nascite e il numero dei Egli da procreare, tenendo pienamente in considerazione i loro doveri verso
se stessi, verso i figli gi nati, la famiglia e la societ, in una giusta gerarchia di valori e in
conformit all'ordine morale oggettivo che esclude il ricorso alla contraccezione, alla sterilizzazione
e all'aborto.(23)
a) Le attivit delle pubbliche autorit e delle organizzazioni private, che tentano in qualsiasi modo
di limitare la libert delle coppie nel decidere dei loro figli, costituiscono una grave offesa contro la
dignit umana e contro la giustizia.(24)
b) Nelle relazioni internazionali, l'aiuto economico per lo sviluppo dei popoli non deve essere
condizionato dall'accettazione di programmi di contraccezione, sterilizzazione o aborto.(25)
c) La famiglia ha diritto all'assistenza da parte della societ per quanto concerne i suoi compiti circa
la procreazione e l'educazione dei figli. Le coppie sposate, aventi una famiglia numerosa, hanno
diritto a un adeguato aiuto e non devono essere sottoposte a discriminazione.(26)
Articolo 4
La vita umana deve essere rispettata e protetta in modo assoluto dal momento del
concepimento.(27)
a) L'aborto una diretta violazione del diritto fondamentale alla vita dell'essere umano.(28)
b) Il rispetto per la dignit dell'essere umano esclude ogni manipolazione sperimentale o
sfruttamento dell'embrione umano.(29)
c) Tutti gli interventi sul patrimonio genetico della persona umana, i quali non mirino a correggere
le anomalie, costituiscono una violazione del diritto all'integrit fisica e contrastano il bene della
famiglia.
d) I figli, sia prima che dopo la nascita, hanno diritto ad una speciale protezione e assistenza, come
l'hanno pure le madri sia durante la gravidanza sia, per un ragionevole periodo dopo il parto.(30)
e) Tutti i figli, sia nati nel matrimonio che fuori di esso, godono dello stesso diritto alla protezione
sociale, in vista del loro integrale sviluppo personale.(31)
f) Gli orfani o i fanciulli privi dell'assistenza dei loro genitori o tutori devono ricevere particolare
protezione da parte della societ. Lo Stato, per quanto riguarda l'affidamento o l'adozione, deve
provvedere una legislazione che faciliti le famiglie capaci di accogliere nelle loro case bambini che
hanno bisogno di una assistenza permanente o temporanea e che, in pari tempo, rispetti i diritti
naturali dei genitori.(32)

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136

g) I bambini che sono handicappati hanno diritto di trovare nella casa e nella scuola un ambiente
adatto al loro sviluppo umano.(33)
Articolo 5
Avendo dato la vita ai loro figli, i genitori hanno l'originario, primario ed inalienabile diritto di
educarli; essi devono perci essere riconosciuti come i primi e principali educatori dei loro figli.(34)
a) I genitori hanno il diritto di educare i loro figli in conformit con le loro convinzioni morali e
religiose, tenendo conto delle tradizioni culturali della famiglia che favoriscano il bene e la dignit
del bambino; essi devono inoltre ricevere dalla societ l'aiuto e l'assistenza necessari per svolgere
convenientemente il loro ruolo educativo.(35)
b) I genitori hanno il diritto di scegliere liberamente scuole o altri mezzi necessari per educare i loro
figli in conformit con le loro convinzioni. Le pubbliche autorit devono far s che pubblici sussidi
siano stanziati in maniera che i genitori siano veramente liberi nell'esercitare questo diritto, senza
andare incontro ad oneri ingiusti. Non si devono costringere i genitori a sostenere, direttamente o
indirettamente, spese supplementari, che impediscano o limitino ingiustamente l'esercizio di questa
libert.(36)
c) I genitori hanno il diritto di ottenere che i loro figli non siano costretti a frequentare le scuole che
non sono in armonia con le loro proprie convinzioni morali e religiose. In particolare l'educazione
sessuale - che un diritto fondamentale dei genitori - deve essere compiuta sotto la loro attenta
guida sia in casa sia nei centri educativi scelti e controllati da loro.(37)
d) I diritti dei genitori sono violati ogni qualvolta venga imposto dallo Stato un sistema obbligatorio
di educazione, da cui sia esclusa ogni formazione religiosa.(38)
e) Il diritto primario dei genitori ad educare i propri figli deve essere sostenuto in tutte le forme di
collaborazione tra genitori, insegnanti ed autorit scolastiche, e particolarmente nelle forme di
partecipazione intese a dare voce ai cittadini nel funzionamento delle scuole e nella formulazione ed
applicazione delle politiche educative.(39)
f) La famiglia ha il diritto di esigere che i mezzi di comunicazione sociale siano strumenti positivi
per la costruzione di una societ, che rafforzi i valori fondamentali della famiglia. Nel contempo la
famiglia ha il diritto di essere adeguatamente protetta, specialmente per quanto riguarda i suoi
membri pi giovani, dagli effetti negativi e dagli abusi dei mass media.(40)
Articolo 6
La famiglia ha il diritto di esistere e di progredire come famiglia.(41)
a) Le pubbliche autorit devono rispettare e promuovere la dignit, la legittima indipendenza,
l'intimit, l'integrit e la stabilit di ogni famiglia.(42)
b) Il divorzio intacca la stessa istituzione del matrimonio e della famiglia.(43)
c) Il sistema della famiglia allargata, dove esiste, deve essere stimato ed aiutato a compiere sempre
meglio il suo tradizionale ruolo di solidariet e di mutua assistenza, pur nel rispetto, in pari tempo,
dei diritti della famiglia nucleare e della dignit personale di ogni membro.

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137

Articolo 7
Ogni famiglia ha il diritto di vivere liberamente la propria vita religiosa domestica sotto la guida dei
genitori, cos come ha il diritto di professare pubblicamente e di diffondere la fede, di prendere
parte al culto pubblico e a scegliere liberamente programmi di istruzione religiosa senza patire
discriminazione.(44)
Articolo 8
La famiglia ha il diritto di esercitare la sua funzione sociale e politica nella costruzione della
societ.(45)
a) Le famiglie hanno il diritto di formare associazioni con altre famiglie ed istituzioni, per svolgere
il ruolo della famiglia m modo conveniente ed effettivo, come pure per proteggere i diritti,
promuovere il bene, e rappresentare gli interessi della famiglia.(46)
b) Sul piano economico, sociale, giuridico e culturale, deve essere riconosciuto il legittimo ruolo
delle famiglie e delle associazioni familiari nella elaborazione e nell'attuazione dei programmi che
interessano la vita della famiglia.(47)
Articolo 9
Le famiglie hanno il diritto di poter fare assegnamento su una adeguata politica familiare da parte
delle pubbliche autorit nell'ambito giuridico, economico, sociale e fiscale, senza discriminazione di
sorta.(48)
a) Le famiglie hanno il diritto a condizioni economiche che assicurino loro un livello di vita
adeguato alla loro dignit e pieno sviluppo. Non devono essere impedite dall'acquistare e
conservare propriet private che possano favorire una stabile vita familiare; le leggi concernenti
l'eredit o la trasmissione della propriet devono rispettare i bisogni e i diritti dei membri della
famiglia.(49)
b) Le famiglie hanno diritto a misure nell'ambito sociale che tengano conto dei loro bisogni,
specialmente nel caso di morte prematura di uno o di entrambi i genitori, di abbandono di uno dei
coniugi, di incidente, di malattia o di invalidit, nel caso di disoccupazione, e ogni qual volta la
famiglia abbia da sostenere oneri straordinari a favore dei suoi membri per ragioni di anzianit, di
handicaps fisici o mentali o dell'educazione dei figli.(50)
c) Gli anziani hanno il diritto di trovare all'interno della propria famiglia o, quando ci non sia
possibile, in adeguate istituzioni, un ambiente che permetta loro di trascorrere la vecchiaia in
serenit, esplicando quelle attivit che sono compatibili con la loro et e li mettano in grado di
partecipare alla vita sociale.(51)
d) I diritti e la necessit della famiglia, e specialmente il valore della sua unit, devono essere presi
in considerazione nella politica e nella legislazione penale, di modo che il detenuto rimanga in
contatto con la propria famiglia e questa sia adeguatamente sostenuta durante il periodo di
detenzione.
Articolo 10

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138

Le famiglie hanno diritto a un ordine sociale ed economico in cui l'organizzazione del lavoro
permetta ai membri di vivere insieme, e non ostacoli l'unit, il benessere, la salute e la stabilit della
famiglia, offrendo anche la possibilit di sana ricreazione.(52)
a) La remunerazione del lavoro deve essere sufficiente per fondare e mantenere una famiglia con
dignit, sia mediante un conveniente salario, chiamato salario familiare, sia mediante altre misure
sociali, quali gli assegni familiari o la remunerazione del lavoro casalingo di uno dei genitori;
dovrebbe essere tale da non obbligare le madri a lavorare fuori casa con detrimento della vita
familiare e specialmente dell'educazione dei figli.(53)
b) Il lavoro in casa della madre deve essere riconosciuto e rispettato per il suo valore nei confronti
della famiglia e della societ.(54)
Articolo 11
La famiglia ha il diritto a una decente abitazione, adatta per la vita della famiglia e proporzionata al
numero dei membri, in un ambiente che provveda i servizi di base per la vita della famiglia e della
comunit.(55)
Articolo 12
Le famiglie dei migranti hanno diritto alla medesima protezione di quella concessa alle altre
famiglie.(56)
a) Le famiglie degli immigrati hanno diritto al rispetto per la propria cultura e a ricevere sostegno
ed assistenza per la loro integrazione nella comunit alla quale recano il proprio contributo.
b) I lavoratori emigranti hanno diritto di vedere la propria famiglia unita il pi presto possibile.
c) I rifugiati hanno diritto all'assistenza da parte delle autorit pubbliche e delle organizzazioni
internazionali onde facilitare la riunione delle loro famiglie.
NOTE
(1) Santa Sede, Carta dei diritti della famiglia, presentata dalla Santa Sede a tutte le persone,
istituzioni e e autorit interessate alla missione della famiglia nel mondo di oggi, 22 ottobre 1983:
L'Osservatore
Romano,
24.11.1983,
inserto
tabloid.
La Carta si compone di una Introduzione, un Preambolo e 12 Articoli. La data ufficiale quella
della presentazione ai giornalisti, avvenuta nella sala stampa della Santa Sede appunto il
24.11.1983, come annota CivCatt 134(1983) IVI3204, p. 581. Il testo diffuso in fascicoli nelle varie
lingue dalla Libreria Editrice Vaticana nella collana Documenti vaticani porta la data 22 ottobre
1983.
(2) Seguendo la redazione di CivCatt 134(1983) IV/3204 pp. 583ss riportiamo Fonti e riferimenti
nella forma di note al piede anzich in appendice al documento [ndr].
(3) Leone XIII, Lett. enc. Rerum novarum, 15.5.1891, n 9: EE 3/891; Conc. Vaticano II, Cost. Past.
Gaudium et spes, n. 24: Ev 1/1393.
(4) Pacem in terris, parte I: EV 2/7; Gaudium et spes, 48 e 50: n. 11.18; EV 1/1471.1478; Familiaris
consortio, 19: n. 534s; EV 7/1554s; CIC can. 1056: n. 135.
(5) Gaudium et spes, 50: n. 19; EV 1/1479; Humanae vitae, 12: n. 63s; EV 31/598; Familiaris
consorzio, 28: n. 561s; EV 7/1611s.

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139

(6) LEONE XIII, Lett. enc. Rerum novarum, 15.5.1891, nn. 9 e 10: EE 3/891ss: Familiaris
consortio, 28: n. 561s.
(7) Familiaris consorzio, 43: n. 613s.
(8) Gaudium et spes, 52: n. 26; EV 1/1486; Familiaris consortio, 21: n. 541s: EV 7/1591s.
(9) Gaudium et spes, 52: n. 26; EV 1/1486: Familiaris consortio, 42 e 45: nn. 612.619s; EV
7/1662.1669s.
(10) Familiaris consortio, 45: n. 620; EV 7/1670.
(11) Familiaris consortio, 46: n. 621; EV 7/1671.
(12) Familiaris consortio, 6 e 77: nn. 494.719; EV 7/1544.1769.
(13) Familiaris consortio, 3 e 46: nn. 479.481.622; EV 7/1529.1531.1672.
(14) Familiaris consortio, 46: n. 622; EV 7/1672.
(15) LEONE XIII, Lett. enc. Rerum novarum, 15.5.1891 , n. 9: EE 3/891: Pacem in terris, parte I:
EV 2/7; Gaudium et spes, 26: EV 1/1400; Dichiarazione universale dei diritti delluomo, 16,1.
(16) CIC cann. 1058 e 1077: nn. 138.163; Dichiarazione universale dei diritti delluomo, 16, 1.
(17) Gaudium et spes, 52: nn. 26; EV 1/1486; Familiaris consortio, 81: n. 740 EV 7/1790.
(18) Gaudium et spes, 52: n. 26; EV 1/1486; Familiaris consortio, 81 e 82: a 7410s; EV 7/1790s.
(19) Gaudium et spes, 52: n. 25; EV 1/1485; CIC can. 1057 1: n. 136; Dichiarazione universale
dei diritti delluomo, 16, 2.
(20) Gaudium et spes. 52: n. 25; EV 1 /1485.
(21) Dignitatis humanae, 6: EV 1/1062.
(22) Gaudium et spes, 49: n. 16; EV 1/1476; Familiaris consortio, 19 e 22: nn. 535.545s; EV
7/1585.1595s; CIC can. 1135: n. 258; Dichiarazione universale dei diritti delluomo, 16, 1.
(23) Populorum progressio, 37: EV 2/1082; Gaudium et spes, 50 e 87: n.19; EV 1/1479.1627;
Humanae vitae, 10: n. 56-61; EV 3/596; Familiaris consortio, 30 e 46: nn. 564-566.622; EV
7/1614-1616.1672.
(24) Familiaris consortio, 30: n. 566; EV 7/1616.
(25)Familiaris consortio, 30: n. 566; EV 7/1616.
(26) Gaudium et spes, 50: nn. 19; EV 1/1479.
(27) Gaudium et spes, 51: nn. 23; EV 1/1483; Familiaris consortio. 26: n. 558; EV 7/1608.
(28) Humanae vitae, 14: n. 66-69: EV 3/600; CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA
FEDE, Dich. Quaestio de abortu sull'aborto procurato, 18.11.1974: EV 5/662; Familiaris consortio,
30: n. 566; EV 7/1616.
(29) GIOVANNI PAOLO II, Indirizzo alla Pontificia Accademia delle scienze. 23.10.1982.
(30) Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, 25, 2; Dichiarazione sui diritti del fanciullo,
Preambolo e 4.
(31) Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, 25, 2.
(32) Familiaris consortio, 41: n. 610: EV 7/1660.
(33) Familiaris consortio, 77: n. 719; EV 7/1769.
(34) Pio XI, Lett. enc. Divini illius Magistri, 31.12.1929, nn. 27-34: EE 5/351ss; Gravissimum
educationis, 3: EV 1/826; Familiaris consortio, 36: n. 588s; EV 7/1638s; CIC can. 793 e 1136: n.
259.
(35) Familiaris consortio, 46: n. 622; EV 7/1672.
(36) Gravissimum educationis, 7: EV 1/836; Dignitatis humanae, 5: EV 1/1057 GIOVANNI
PAOLO II, Messaggio ai capi delle nazioni firmatarie dell'Atto finale di Helsinki sulla libert di
coscienza e di religione, n. 4 b: EV 7/566; Familiaris consortio, 40: n. 606s; EV 7/1656s: CIC can.
797.
(37) Dignitatis humanae, 5: EV 1/1057; Familiaris consortio, 37 e 40: n. 591-596.606; EV 7/16431646.1656.
(38) Dignitatis humanae, 5: EV 1/1057; Familiaris consortio, 40: n. 606; EV 7/1656.
(39) Familiaris consortio, 40: n. 607; EV 7/1657; CIC can. 796.

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(40) PAOLO VI, Messaggio per la III Giornata mondiale delle comunicazioni sociali, 11.5.1969;
Familiaris consortio, 76: n. 713-717; EV 7/1763-1767.
(41) Familiaris consortio, 46: n. 622; EV 7/1672.
(42) LEONE XIII Lett. enc. Rerum novarum, 15.5.1891, n. 10: EE 3/892ss;Familiaris consortio,
46: n. 621s; EV 7/1671s; Convenzione internazionale sui diritti civili e politici, n. 17.
(43) Gaudium et spes, 48 e 50: nn. 11.20; EV 1/1471.1480.
(44) Dignitatis humanae, 5: EV 1/1057; Messaggio sulla libert di coscienza e
di religione, n. 4 b: EV 7/566; Convenzione internazionale sui diritti civili e politici, n. 18.
(45) Familiaris consortio, 44 e 48: nn. 616.618.625-627; EV 7/1666-1668.1675-1677.
(46) Apostolicam actuositatem, 11: EV 1/957; Familiaris consortio, 46 e 72: 622.700-702; EV
7/1672.1750-1752.
(47) Familiaris consortio, 44 e 45: nn. 616-620; EV 7/1668-1670.
(48) Laborem exercens, 10 e 19: EV 7/1429s.1476-79; Familiaris consortio, 45: n.620; EV 7/1670;
Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, 16,3 e 22; Convenzione internazionale sui diritti
economici, sociali e culturali, n. 10, 1.
(49) Mater et magistra, 11: EE. 7/222ss; Laborem exercens, 10: EV 7/1429: Familiaris consortio,
45: n. 620; EV 7/1670; Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, 22 e 25; Convenzione
internazionale sui diritti economici, sociali e culturali, n. 7 a ii.
(50) Familiaris consortio, 45 e 46: nn. 619-622; EV 7/1670.1672; Dichiarazioni universale dei
diritti dell'uomo, 25,1; Convenzione internazionale sui diritti economici, sociali e culturali, nn. 9.
10,1 e 10,2.
(51) Gaudium et spes, 52: n. 26; EV 1/1486; Familiaris consortio, 27: nn. 559s: EV 7/1609s.
(52) Laborem exercens, 19: EV 7/1476-79; Familiaris consortio, 77: n. 718ss; EV 7/1768-1774;
Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, 23.
(53) Laborem exercens, 19: EV 7/1476-79; Familiaris consortio, 23 e 81: nn. 547-550.740; EV
7/1597-1600.1790.
(54) Familiaris consortio, 23: nn. 547-550; EV 7/1597-1600.
(55) Apostolicam actuositatem, 8: EV 1/945; Familiaris consortio, 81: n. 740; EV 7/1790;
Convenzione internazionale sui diritti economici, sociali e culturali, n. 11,1.
(56) Familiaris consortio, 77: nn. 720; EV 7/1770; Carta sociale europea, 19.

15. lettera apostolica Salvifici Doloris, Giovanni Paolo II, (1984)

I
INTRODUZIONE
1. Completo nella mia carne dice l'apostolo Paolo spiegando il valore salvifico della sofferenza
quello che manca ai patimenti di Cristo, in favore del suo corpo che la Chiesa (1).
Queste parole sembrano trovarsi al termine del lungo cammino che si snoda attraverso la sofferenza
inserita nella storia dell'uomo ed illuminata dalla Parola di Dio. Esse hanno quasi il valore di una
definitiva scoperta, che viene accompagnata dalla gioia; per questo l'Apostolo scrive: Perci sono
lieto delle sofferenze che sopporto per voi (2). La gioia proviene dalla scoperta del senso della

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141

sofferenza, ed una tale scoperta, anche se vi partecipa in modo personalissimo Paolo di Tarso che
scrive queste parole, al tempo stesso valida per gli altri. L'Apostolo comunica la propria scoperta e
ne gioisce a motivo di tutti coloro che essa pu aiutare cos come aiut lui a penetrare il senso
salvifico della sofferenza.
2. Il tema della sofferenzaproprio sotto l'aspetto di questo senso salvificosembra essere
profondamente inserito nel contesto dell'Anno della Redenzione come giubileo straordinario della
Chiesa; ed anche questa circostanza si dimostra direttamente in favore dell'attenzione da dedicare ad
esso proprio durante questo periodo. Indipendentemente da questo fatto, un tema universale che
accompagna l'uomo ad ogni grado della longitudine e della latitudine geografica: esso, in un certo
senso, coesiste con lui nel mondo, e perci esige di essere costantemente ripreso. Anche se Paolo
nella Lettera ai Romani ha scritto che tutta la creazione geme e soffre fino ad oggi nelle doglie del
parto (3), anche se all'uomo sono note e vicine le sofferenze proprie del mondo degli animali,
tuttavia ci che esprimiamo con la parola sofferenza sembra essere particolarmente essenziale
alla natura dell'uomo. Ci tanto profondo quanto l'uomo, appunto perch manifesta a suo modo
quella profondit che propria dell'uomo, ed a suo modo la supera. La sofferenza sembra
appartenere alla trascendenza dell'uomo: essa uno di quei punti, nei quali l'uomo viene in un certo
senso destinato a superare se stesso, e viene a ci chiamato in modo misterioso.
3. Se il tema della sofferenza esige di essere affrontato in modo particolare nel contesto dell'Anno
della Redenzione, ci avviene prima di tutto perch la redenzione si compiuta mediante la Croce
di Cristo, ossia mediante la sua sofferenza. E al tempo stesso nell'Anno della Redenzione
ripensiamo alla verit espressa nell'Enciclica Redemptor hominis: in Cristo ogni uomo diventa la
via della Chiesa (4). Si pu dire che l'uomo diventa in modo speciale la via della Chiesa, quando
nella sua vita entra la sofferenza. Ci avviene come noto in diversi momenti della vita, si
realizza in modi differenti, assume diverse dimensioni; tuttavia, nell'una o nell'altra forma, la
sofferenza sembra essere, ed , quasi inseparabile dall'esistenza terrena dell'uomo.
Dato dunque che l'uomo, attraverso la sua vita terrena, cammina in un modo o nell'altro sulla via
della sofferenza, la Chiesa in ogni tempo e forse specialmente nell'Anno della Redenzione
dovrebbe incontrarsi con l'uomo proprio su questa via. La Chiesa, che nasce dal mistero della
redenzione nella Croce di Cristo, tenuta a cercare l'incontro con l'uomo in modo particolare sulla
via della sua sofferenza. In un tale incontro l'uomo diventa la via della Chiesa , ed , questa, una
delle vie pi importanti.
4. Da qui deriva anche la presente riflessione, proprio nell'Anno della Redenzione: la riflessione
sulla sofferenza. La sofferenza umana desta compassione, desta anche rispetto, ed a suo modo
intimidisce. In essa, infatti, contenuta la grandezza di uno specifico mistero. Questo particolare
rispetto per ogni umana sofferenza deve esser posto all'inizio di quanto verr espresso qui
successivamente dal pi profondo bisogno del cuore, ed anche dal profondo imperativo della fede.
Intorno al tema della sofferenza questi due motivi sembrano avvicinarsi particolarmente tra loro ed
unirsi: il bisogno del cuore ci ordina di vincere il timore, e l'imperativo della fede formulato, per
esempio, nelle parole di San Paolo, riportate all'inizio fornisce il contenuto, nel nome e in forza
del quale osiamo toccare ci che sembra in ogni uomo tanto intangibile: poich l'uomo, nella sua
sofferenza, rimane un mistero intangibile.
II
IL MONDO DELL' UMANA SOFFERENZA

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142

5. Anche se nella sua dimensione soggettiva, come fatto personale, racchiuso nel concreto e
irripetibile interno dell'uomo, la sofferenza sembra quasi ineffabile ed incomunicabile al tempo
stesso, forse nient'altro quanto essa esige, nella sua realt oggettiva , che sia trattata, meditata,
concepita nella forma di un esplicito problema, e che quindi intorno ad essa si pongano interrogativi
di fondo e si cerchino le risposte. Come si vede, non si tratta qui solo di dare una descrizione della
sofferenza. Vi sono altri criteri, che vanno oltre la sfera della descrizione, e che dobbiamo
introdurre, quando vogliamo penetrare il mondo dell'umana sofferenza.
Pu darsi che la medicina, come scienza ed insieme come arte del curare, scopra sul vasto terreno
delle sofferenze dell'uomo il settore pi conosciuto, quello identificato con maggior precisione e,
relativamente, pi controbilanciato dai metodi del reagire (cio della terapia). Tuttavia, questo
solo un settore. Il terreno della sofferenza umana molto pi vasto, molto pi vario e
pluridimensionale. L'uomo soffre in modi diversi, non sempre contemplati dalla medicina, neanche
nelle sue pi avanzate specializzazioni. La sofferenza qualcosa di ancora pi ampio della malattia,
di pi complesso ed insieme ancor pi profondamente radicato nell'umanit stessa. Una certa idea di
questo problema ci viene dalla distinzione tra sofferenza fisica e sofferenza morale. Questa
distinzione prende come fondamento la duplice dimensione dell'essere umano, ed indica l'elemento
corporale e spirituale come l'immediato o diretto soggetto della sofferenza. Per quanto si possano,
fino ad un certo grado, usare come sinonimi le parole sofferenza e dolore , la sofferenza
fisica si verifica quando in qualsiasi modo duole il corpo , mentre la sofferenza morale
dolore dell'anima . Si tratta, infatti, del dolore di natura spirituale, e non solo della dimensione
psichica del dolore che accompagna sia la sofferenza morale, sia quella fisica. La vastit e la
multiformit della sofferenza morale non sono certamente minori di quella fisica; al tempo stesso,
per, essa sembra quasi meno identificata e meno raggiungibile dalla terapia.
6. La Sacra Scrittura un grande libro sulla sofferenza. Riportiamo dai Libri dell'Antico
Testamento solo alcuni esempi di situazioni, che recano i segni della sofferenza e, prima di tutto, di
quella morale: il pericolo di morte(5), la morte dei propri figli(6) e, specialmente, la morte del figlio
primogenito ed unico(7), e poi anche: la mancanza di prole(8), la nostalgia per la patria(9), la
persecuzione e l'ostilit dell'ambiente(10), lo scherno e la derisione per il sofferente(11), la
solitudine e l'abbandono(12); ed ancora: i rimorsi di coscienza(13), la difficolt di capire perch i
cattivi prosperano e i giusti soffrono(14), l'infedelt e l'ingratitudine da parte degli amici e dei
vicini(15); infine: le sventure della propria nazione(16).
L'Antico Testamento, trattando l'uomo come un insieme psicofisico, unisce spesso le sofferenze
morali col dolore di determinate parti dell'organismo: delle ossa(17), dei reni(18), del
fegato(19), dei visceri(20), del cuore(21). Non si pu, infatti, negare che le sofferenze morali
abbiano anche una loro componente fisica , o somatica, e che spesso si riflettano sullo stato
dell'intero organismo.
7. Come si vede dagli esempi riportati, nella Sacra Scrittura troviamo un vasto elenco di situazioni
variamente dolorose per l'uomo. Questo elenco diversificato certamente non esaurisce tutto ci che
in tema di sofferenza ha gi detto e costantemente ripete il libro della storia dell'uomo (questo
piuttosto un libro non scritto ), ed ancor pi il libro della storia dell'umanit, letto attraverso la
storia di ogni uomo.
Si pu dire che l'uomo soffre, allorquando sperimenta un qualsiasi male. Nel vocabolario
dell'Antico Testamento il rapporto tra sofferenza e male si pone in evidenza come identit. Quel
vocabolario, infatti, non possedeva una parola specifica per indicare la sofferenza ; perci,
definiva come male tutto ci che era sofferenza(22). Solamente la lingua greca e, insieme con
essa, il Nuovo Testamento (e le versioni greche dall'Antico) si servono del verbo pasko = sono

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143

affetto da ..., provo una sensazione, soffro ; e grazie ad esso la sofferenza non pi direttamente
identificabile col male (oggettivo), ma esprime una situazione nella quale l'uomo prova il male e,
provandolo, diventa soggetto di sofferenza. Questa invero ha, ad un tempo, carattere attivo e
passivo (da patior ). Perfino quando l'uomo si provoca da solo una sofferenza, quando l'autore
di essa, questa sofferenza rimane qualcosa di passivo nella sua essenza metafisica.
Ci, tuttavia, non vuol dire che la sofferenza in senso psicologico non sia contrassegnata da una
specifica attivit . Questa , infatti, quella molteplice e soggettivamente differenziata attivit
di dolore, di tristezza, di delusione, di abbattimento o, addirittura, di disperazione, a seconda
dell'intensit della sofferenza, della sua profondit e, indirettamente, a seconda di tutta la struttura
del soggetto sofferente e della sua specifica sensibilit. Al centro di ci che costituisce la forma
psicologica della sofferenza si trova sempre un'esperienza del male, a causa del quale l'uomo soffre.
Cos dunque la realt della sofferenza provoca l'interrogativo sull'essenza del male: che cosa il
male?
Questo interrogativo sembra, in un certo senso, inseparabile dal tema della sofferenza. La risposta
cristiana ad esso diversa da quella che viene data da alcune tradizioni culturali e religiose, le quali
ritengono che l'esistenza sia un male, dal quale bisogna liberarsi. Il cristianesimo proclama
l'essenziale bene dell'esistenza e il bene di ci che esiste, professa la bont del Creatore e proclama
il bene delle creature. L'uomo soffre a causa del male, che una certa mancanza, limitazione o
distorsione del bene. Si potrebbe dire che l'uomo soffre a motivo di un bene al quale egli non
partecipa, dal quale viene, in un certo senso, tagliato fuori, o del quale egli stesso si privato. Soffre
in particolare quando dovrebbe aver partenell'ordine normale delle cosea questo bene, e
non l'ha.
Cosi dunque nel concetto cristiano la realt della sofferenza si spiega per mezzo del male, che
sempre, in qualche modo, in riferimento ad un bene.
8. La sofferenza umana costituisce in se stessa quasi uno specifico mondo che esiste insieme
all'uomo, che appare in lui e passa, e a volte non passa, ma in lui si consolida ed approfondisce.
Questo mondo della sofferenza, diviso in molti, in numerosissimi soggetti, esiste quasi nella
dispersione. Ogni uomo, mediante la sua personale sofferenza, costituisce non solo una piccola
parte di quel mondo , ma al tempo stesso quel mondo in lui come un'entit finita e
irripetibile. Di pari passo con ci va, tuttavia, la dimensione interumana e sociale. Il mondo della
sofferenza possiede quasi una sua propria compattezza. Gli uomini sofferenti si rendono simili tra
loro mediante l'analogia della situazione, la prova del destino, oppure mediante il bisogno di
comprensione e di premura, e forse soprattutto mediante il persistente interrogativo circa il senso di
essa. Bench dunque il mondo della sofferenza esista nella dispersione, al tempo stesso contiene in
s una singolare sfida alla comunione e alla solidariet. Cercheremo anche di seguire un tale
appello nella presente riflessione.
Pensando al mondo della sofferenza nel suo significato personale ed insieme collettivo, non si pu,
infine, non notare il fatto che un tal mondo, in alcuni periodi di tempo ed in alcuni spazi
dell'esistenza umana, quasi si addensa in modo particolare. Ci accade, per esempio, nei casi di
calamit naturali, di epidemie, di catastrofi e di cataclismi, di diversi flagelli sociali: si pensi, ad
esempio, a quello di un cattivo raccolto e legato ad esso oppure a diverse altre cause al
flagello della fame.
Si pensi, infine, alla guerra. Parlo di essa in modo speciale. Parlo della ultime due guerre mondiali,
delle quali la seconda ha portato con s una messe molto pi grande di morte ed un cumulo pi

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pesante di umane sofferenze. A sua volta, la seconda met del nostro secolo quasi in proporzione
agli errori ed alle trasgressioni della nostra civilt contemporanea porta in s una minaccia cos
orribile di guerra nucleare, che non possiamo pensare a questo periodo se non in termini di un
accumulo incomparabile di sofferenze, fino alla possibile auto-distruzione dell'umanit. In questo
modo quel mondo di sofferenza, che in definitiva ha il suo soggetto in ciascun uomo, sembra
trasformarsi nella nostra epoca forse pi che in qualsiasi altro momento in una particolare
sofferenza del mondo : del mondo che come non mai trasformato dal progresso per opera
dell'uomo e, in pari tempo, come non mai in pericolo a causa degli errori e delle colpe dell'uomo.
III
ALLA RICERCA DELLA RISPOSTA ALL' INTERROGATIVO
SUL SENSO DELLA SOFFERENZA
9. All'interno di ogni singola sofferenza provata dall'uomo e, parimenti, alla base dell'intero mondo
delle sofferenze appare inevitabilmente l'interrogativo: perch? E' un interrogativo circa la causa, la
ragione, ed insieme un interrogativo circa lo scopo (perch?) e, in definitiva, circa il senso. Esso
non solo accompagna l'umana sofferenza, ma sembra addirittura determinarne il contenuto umano,
ci per cui la sofferenza propriamente sofferenza umana.
Ovviamente il dolore, specie quello fisico, ampiamente diffuso nel mondo degli animali. Per solo
l'uomo, soffrendo, sa di soffrire e se ne chiede il perch; e soffre in modo umanamente ancor pi
profondo, se non trova soddisfacente risposta. Questa una domanda difficile, cos come lo
un'altra, molto affine, cio quella intorno al male. Perch il male? Perch il male nel mondo?
Quando poniamo l'interrogativo in questo modo, facciamo sempre, almeno in una certa misura, una
domanda anche sulla sofferenza.
L'uno e l'altro interrogativo sono difficili, quando l'uomo li pone all'uomo, gli uomini agli uomini,
come anche quando l'uomo li pone a Dio. L'uomo, infatti, non pone questo interrogativo al mondo,
bench molte volte la sofferenza gli provenga da esso, ma lo pone a Dio come al Creatore e al
Signore del mondo. Ed ben noto come sul terreno di questo interrogativo si arrivi non solo a
molteplici frustrazioni e conflitti nei rapporti dell'uomo con Dio, ma capiti anche che si giunga alla
negazione stessa di Dio. Se, infatti, l'esistenza del mondo apre quasi lo sguardo dell'anima umana
all'esistenza di Dio, alla sua sapienza, potenza e magnificenza, allora il male e la sofferenza
sembrano offuscare quest'immagine, a volte in modo radicale, tanto pi nella quotidiana
drammaticit di tante sofferenze senza colpa e di tante colpe senza adeguata pena. Perci, questa
circostanza forse ancor pi di qualunque altra indica quanto sia importante l'interrogativo sul
senso della sofferenza, e con quale acutezza occorra trattare sia l'interrogativo stesso, sia ogni
possibile risposta da darvi.
10. L'uomo pu rivolgere un tale interrogativo a Dio con tutta la commozione del suo cuore e con la
mente piena di stupore e di inquietudine; e Dio aspetta la domanda e l'ascolta, come vediamo nella
Rivelazione dell'Antico Testamento. Nel Libro di Giobbe l'interrogativo ha trovato la sua
espressione pi viva.
E' nota la storia di questo uomo giusto, il quale senza nessuna colpa da parte sua viene provato da
innumerevoli sofferenze. Egli perde i beni, i figli e le figlie, ed infine viene egli stesso colpito da
una grave malattia. In quest'orribile situazione si presentano nella sua casa i tre vecchi conoscenti, i
quali ognuno con diverse parole cercano di convincerlo che, poich stato colpito da una cos
molteplice e terribile sofferenza, egli deve aver commesso una qualche colpa grave. La sofferenza
essi dicono colpisce infatti sempre l'uomo come pena per un reato; viene mandata da Dio

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assolutamente giusto e trova la propria motivazione nell'ordine della giustizia. Si direbbe che i
vecchi amici di Giobbe vogliano non solo convincerlo della giustezza morale del male, ma in un
certo senso tentino di difendere davanti a se' stessi il senso morale della sofferenza. Questa, ai loro
occhi, pu avere esclusivamente un senso come pena per il peccato, esclusivamente dunque sul
terreno della giustizia di Dio, che ripaga col bene il bene e col male il male.
Il punto di riferimento in questo caso la dottrina espressa in altri scritti dell'Antico Testamento,
che ci mostrano la sofferenza come pena inflitta da Dio per i peccati degli uomini. Il Dio della
Rivelazione Legislatore e Giudice in una tale misura, quale nessuna autorit temporale pu avere.
Il Dio della Rivelazione, infatti, prima di tutto il Creatore, dal quale, insieme con l'esistenza,
proviene il bene essenziale della creazione. Pertanto, anche la consapevole e libera violazione di
questo bene da parte dell'uomo non solo una trasgressione della legge, ma al tempo stesso
un'offesa al Creatore, che il primo Legislatore. Tale trasgressione ha carattere di peccato, secondo
il significato esatto, cio biblico e teologico, di questa parola. Al male morale del peccato
corrisponde la punizione, che garantisce l'ordine morale nello stesso senso trascendente, nel quale
quest'ordine stabilito dalla volont del Creatore e supremo Legislatore. Di qui deriva anche una
delle fondamentali verit della fede religiosa, basata del pari sulla Rivelazione: che cio Dio
giudice giusto, il quale premia il bene e punisce il male: Tu, Signore, sei giusto in tutto ci che hai
fatto; tutte le tue opere sono vere, rette le tue vie e giusti tutti i tuoi giudizi. Giusto stato il tuo
giudizio per quanto hai fatto ricadere su di noi ... Con verit e giustizia tu ci hai inflitto tutto questo
a causa dei nostri peccati (23).
Nell'opinione espressa dagli amici di Giobbe, si manifesta una convinzione che si trova anche nella
coscienza morale dell'umanit: l'ordine morale oggettivo richiede una pena per la trasgressione, per
il peccato e per il reato. La sofferenza appare, da questo punto di vita, come un male giustificato
. La convinzione di coloro che spiegano la sofferenza come punizione del peccato trova il suo
sostegno nell'ordine della giustizia, e ci corrisponde all'opinione espressa da un amico di Giobbe:
Per quanto io ho visto, chi coltiva iniquit, chi semina affanni, li raccoglie (24).
11. Giobbe, tuttavia, contesta la verit del principio, che identifica la sofferenza con la punizione
del peccato. E lo fa in base alla propria opinione. Infatti, egli consapevole di non aver meritato
una tale punizione, anzi espone il bene che ha fatto nella sua vita. Alla fine Dio stesso rimprovera
gli amici di Giobbe per le loro accuse e riconosce che Giobbe non colpevole. La sua la
sofferenza di un innocente; deve essere accettata come un mistero, che l'uomo non in grado di
penetrare fino in fondo con la sua intelligenza.
Il Libro di Giobbe non intacca le basi dell'ordine morale trascendente, fondato sulla giustizia, quali
son proposte dalla Rivelazione, nell'Antica e nella Nuova Alleanza. Al tempo stesso, per, il Libro
dimostra con tutta fermezza che i principi di quest'ordine non si possono applicare in modo
esclusivo e superficiale. Se vero che la sofferenza ha un senso come punizione, quando legata
alla colpa, non vero, invece, che ogni sofferenza sia conseguenza della colpa ed abbia carattere di
punizione. La figura del giusto Giobbe ne una prova speciale nell'Antico Testamento. La
Rivelazione, parola di Dio stesso, pone con tutta franchezza il problema della sofferenza dell'uomo
innocente: la sofferenza senza colpa. Giobbe non stato punito, non vi erano le basi per infliggergli
una pena, anche se stato sottoposto ad una durissima prova. Dall'introduzione del Libro risulta che
Dio permise questa prova per provocazione di Satana. Questi, infatti, aveva contestato davanti al
Signore la giustizia di Giobbe: Forse che Giobbe teme Dio per nulla? ... Tu hai benedetto il lavoro
delle sue mani, e il suo bestiame abbonda sulla terra. Ma stendi un poco la mano e tocca quanto ha,
e vedrai come ti benedir in faccia (25). E se il Signore acconsente a provare Giobbe con la
sofferenza, lo fa per dimostrarne la giustizia. La sofferenza ha carattere di prova.

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I1 Libro di Giobbe non l'ultima parola della Rivelazione su questo tema. In un certo modo esso
un annuncio della passione di Cristo. Ma, gi da solo, un argomento sufficiente, perch la risposta
all'interrogativo sul senso della sofferenza non sia collegata senza riserve con l'ordine morale,
basato sulla sola giustizia. Se una tale risposta ha una sua fondamentale e trascendente ragione e
validit, al tempo stesso essa si dimostra non solo insoddisfacente in casi analoghi alla sofferenza
del giusto Giobbe, ma anzi sembra addirittura appiattire ed impoverire il concetto di giustizia, che
incontriamo nella Rivelazione.
12. Il Libro di Giobbe pone in modo acuto il perch della sofferenza, mostra pure che essa
colpisce l'innocente, ma non d ancora la soluzione al problema.
Gi nell'Antico Testamento notiamo un orientamento che tende a superare il concetto, secondo cui
la sofferenza ha senso unicamente come punizione del peccato, in quanto si sottolinea nello stesso
tempo il valore educativo della pena sofferenza. Cos dunque, nelle sofferenze inflitte da Dio al
popolo eletto racchiuso un invito della sua misericordia, la quale corregge per condurre alla
conversione: Questi castighi non vengono per la distruzione, ma per la correzione del nostro
popolo (26).
Cos si afferma la dimensione personale della pena. Secondo tale dimensione, la pena ha senso non
soltanto perch serve a ripagare lo stesso male oggettivo della trasgressione con un altro male, ma
prima di tutto perch essa crea la possibilit di ricostruire il bene nello stesso soggetto sofferente.
Questo un aspetto estremamente importante della sofferenza. Esso profondamente radicato
nell'intera Rivelazione dell'Antica e, soprattutto, della Nuova Alleanza. La sofferenza deve servire
alla conversione, cio alla ricostruzione del bene nel soggetto, che pu riconoscere la misericordia
divina in questa chiamata alla penitenza. La penitenza ha come scopo di superare il male, che sotto
diverse forme latente nell'uomo, e di consolidare il bene sia in lui stesso, sia nei rapporti con gli
altri e, soprattutto, con Dio.
13. Ma per poter percepire la vera risposta al perch della sofferenza, dobbiamo volgere il
nostro sguardo verso la rivelazione dell'amore divino, fonte ultima del senso di tutto ci che esiste.
L'amore anche la fonte pi ricca del senso della sofferenza, che rimane sempre un mistero: siamo
consapevoli dell'insufficienza ed inadeguatezza delle nostre spiegazioni. Cristo ci fa entrare nel
mistero e ci fa scoprire il perch della sofferenza, in quanto siamo capaci di comprendere la
sublimit dell'amore divino.
Per ritrovare il senso profondo della sofferenza, seguendo la Parola rivelata di Dio, bisogna aprirsi
largamente verso il soggetto umano nella sua molteplice potenzialit. Bisogna, soprattutto,
accogliere la luce della Rivelazione non soltanto in quanto essa esprime l'ordine trascendente della
giustizia, ma in quanto illumina questo ordine con l'amore, quale sorgente definitiva di tutto ci che
esiste. L'Amore anche la sorgente pi piena della risposta all'interrogativo sul senso della
sofferenza. Questa risposta stata data da Dio all'uomo nella Croce di Ges Cristo.
IV
GESU' CRISTO: LA SOFFERENZA VINTA DALL'AMORE
14. Dio infatti ha tanto amato il mondo che ha dato il suo Figlio unigenito, perch chiunque crede
in lui non muoia, ma abbia la vita eterna (27).

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Queste parole, pronunciate da Cristo nel colloquio con Nicodemo, ci introducono nel centro stesso
dell'azione salvifica di Dio. Esse esprimono anche l'essenza stessa della soteriologia cristiana, cio
della teologia della salvezza. Salvezza significa liberazione dal male, e per ci stesso rimane in
stretto rapporto col problema della sofferenza. Secondo le parole rivolte a Nicodemo, Dio d il suo
Figlio al mondo per liberare l'uomo dal male, che porta in s la definitiva ed assoluta prospettiva
della sofferenza. Contemporaneamente, la stessa parola d (ha dato ) indica che questa
liberazione deve essere compiuta dal Figlio unigenito mediante la sua propria sofferenza. E in ci si
manifesta l'amore, l'amore infinito sia di quel Figlio unigenito, sia del Padre, il quale d per
questo il suo Figlio. Questo l'amore per l'uomo, l'amore per il mondo : l'amore salvifico.
Ci troviamo qui occorre rendersene conto chiaramente nella nostra comune riflessione su questo
problema in una dimensione completamente nuova del nostro tema. E' dimensione diversa da
quella che determinava e, in un certo senso, chiudeva la ricerca del significato della sofferenza entro
i limiti della giustizia. Questa la dimensione della Redenzione , alla quale nell'Antico Testamento
gi sembrano preludere, almeno secondo il testo della Volgata, le parole del giusto Giobbe: Io so
infatti che il mio Redentore vive, e che nell'ultimo giorno... vedr il mio Dio... (28). Mentre finora
la nostra considerazione si concentrata prima di tutto e, in un certo senso, esclusivamente sulla
sofferenza nella sua molteplice forma temporale (come anche le sofferenze del giusto Giobbe),
invece le parole, ora riportate dal colloquio di Ges con Nicodemo, riguardano la sofferenza nel suo
senso fondamentale e definitivo. Dio d il suo Figlio unigenito, affinch l'uomo non muoia , e il
significato di questo non muoia viene precisato accuratamente dalle parole successive: ma
abbia la vita eterna .
L'uomo muore , quando perde la vita eterna . Il contrario della salvezza non , quindi, la sola
sofferenza temporale, una qualsiasi sofferenza, ma la sofferenza definitiva: la perdita della vita
eterna, l'essere respinti da Dio, la dannazione. Il Figlio unigenito stato dato all'umanit per
proteggere l'uomo, prima di tutto, contro questo male definitivo e contro la sofferenza definitiva.
Nella sua missione salvifica egli deve, dunque, toccare il male alle sue stesse radici trascendentali,
dalle quali esso si sviluppa nella storia dell'uomo. Tali radici trascendentali del male sono fissate nel
peccato e nella morte: esse, infatti, si trovano alla base della perdita della vita eterna. La missione
del Figlio unigenito consiste nel vincere il peccato e la morte. Egli vince il peccato con la sua
obbedienza fino alla morte, e vince la morte con la sua risurrezione.
15. Quando si dice che Cristo con la sua missione tocca il male alle sue stesse radici, noi abbiamo in
mente non solo il male e la sofferenza definitiva, escatologica (perch l'uomo non muoia, ma
abbia la vita eterna ), ma anche almeno indirettamente il male e la sofferenza nella loro
dimensione temporale e storica. Il male, infatti, rimane legato al peccato e alla morte. E anche se
con grande cautela si deve giudicare la sofferenza dell'uomo come conseguenza di peccati concreti
(ci indica proprio l'esempio del giusto Giobbe), tuttavia essa non pu essere distaccata dal peccato
delle origini, da ci che in san Giovanni chiamato il peccato del mondo (29), dallo sfondo
peccaminoso delle azioni personali e dei processi sociali nella storia dell'uomo. Se non lecito
applicare qui il criterio ristretto della diretta dipendenza (come facevano i tre amici di Giobbe),
tuttavia non si pu neanche rinunciare al criterio che, alla base delle umane sofferenze, vi un
multiforme coinvolgimento nel peccato.
Similmente avviene quando si tratta della morte. Molte volte essa attesa persino come una
liberazione dalle sofferenze di questa vita. Al tempo stesso, non possibile lasciarsi sfuggire che
essa costituisce quasi una definitiva sintesi della loro opera distruttiva sia nell'organismo corporeo
che nella psiche. Ma, prima di tutto la morte comporta la dissociazione dell'intera personalit
psicofisica dell'uomo. L'anima sopravvive e sussiste separata dal corpo, mentre il corpo viene
sottoposto ad una graduale decomposizione secondo le parole del Signore Dio, pronunciate dopo il

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peccato commesso dall'uomo agli inizi della sua storia terrena: Tu sei polvere e in polvere
ritornerai (30). Anche se dunque la morte non una sofferenza nel senso temporale della parola,
anche se in un certo modo si trova al di l di tutte le sofferenze, contemporaneamente il male, che
l'essere umano sperimenta in essa, ha un carattere definitivo e totalizzante. Con la sua opera
salvifica il Figlio unigenito libera l'uomo dal peccato e dalla morte. Prima di tutto egli cancella
dalla storia dell'uomo il dominio del peccato, che si radicato sotto l'influsso dello Spirito maligno,
iniziando dal peccato originale, e d poi all'uomo la possibilit di vivere nella Grazia santificante.
Sulla scia della vittoria sul peccato egli toglie anche il dominio della morte, dando, con la sua
risurrezione, l'avvio alla futura risurrezione dei corpi. L'una e l'altra sono condizione essenziale
della vita eterna , cio della definitiva felicit dell'uomo in unione con Dio; ci vuol dire, per i
salvati, che nella prospettiva escatologica la sofferenza totalmente cancellata.
In conseguenza dell'opera salvifica di Cristo l'uomo esiste sulla terra con la speranza della vita e
della santit eterne. E anche se la vittoria sul peccato e sulla morte, riportata da Cristo con la sua
croce e risurrezione, non abolisce le sofferenze temporali dalla vita umana, n libera dalla
sofferenza l'intera dimensione storica dell'esistenza umana, tuttavia su tutta questa dimensione e su
ogni sofferenza essa getta una luce nuova, che la luce della salvezza. E' questa la luce del
Vangelo, cio della Buona Novella. Al centro di questa luce si trova la verit enunciata nel
colloquio con Nicodemo: Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito
(31). Questa verit cambia dalle sue fondamenta il quadro della storia dell'uomo e della sua
situazione terrena: nonostante il peccato che si radicato in questa storia e come eredit originale e
come peccato del mondo e come somma dei peccati personali, Dio Padre ha amato il Figlio
unigenito, cio lo ama in modo durevole; nel tempo poi, proprio per quest'amore che supera tutto,
egli d questo Figlio, affinch tocchi le radici stesse del male umano e cos si avvicini in modo
salvifico all'intero mondo della sofferenza, di cui l'uomo partecipe.
16. Nella sua attivit messianica in mezzo a Israele Cristo si avvicinato incessantemente al mondo
dell'umana sofferenza. Pass facendo del bene (32), e questo suo operare riguardava, prima di
tutto, i sofferenti e coloro che attendevano aiuto. Egli guariva gli ammalati, consolava gli afflitti,
nutriva gli affamati, liberava gli uomini dalla sordit, dalla cecit, dalla lebbra, dal demonio e da
diverse minorazioni fisiche, tre volte restitu ai morti la vita. Era sensibile a ogni umana sofferenza,
sia a quella del corpo che a quella dell'anima. E al tempo stesso ammaestrava, ponendo al centro del
suo insegnamento le otto beatitudini, che sono indirizzate agli uomini provati da svariate sofferenze
nella vita temporale. Essi sono i poveri in spirito e gli afflitti , e quelli che hanno fame e
sete della giustizia e i perseguitati per causa della giustizia , quando li insultano, li
perseguitano e mentendo, dicono ogni sorta di male contro di loro per causa di Cristo(33)... Cos
secondo Matteo; Luca menziona esplicitamente coloro che ora hanno fame (34).
Ad ogni modo Cristo si avvicinato soprattutto al mondo dell'umana sofferenza per il fatto di aver
assunto egli stesso questa sofferenza su di se'. Durante la sua attivit pubblica prov non solo la
fatica, la mancanza di una casa, l'incomprensione persino da parte dei pi vicini, ma, pi di ogni
cosa, venne sempre pi ermeticamente circondato da un cerchio di ostilit e divennero sempre pi
chiari i preparativi per toglierlo di mezzo dai viventi. Cristo consapevole di ci, e molte volte
parla ai suoi discepoli delle sofferenze e della morte che lo attendono: Ecco, noi saliamo a
Gerusalemme e il Figlio dell'uomo sar consegnato ai sommi sacerdoti e agli scribi: lo
condanneranno a morte, lo consegneranno ai pagani, lo scherniranno, gli sputeranno addosso, lo
flagelleranno e lo uccideranno; ma dopo tre giorni risusciter (35). Cristo va incontro alla sua
passione e morte con tutta la consapevolezza della missione che ha da compiere proprio in questo
modo. Proprio per mezzo di questa sua sofferenza egli deve far s che l'uomo non muoia, ma abbia
la vita eterna . Proprio per mezzo della sua Croce deve toccare le radici del male, piantate nella

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storia dell'uomo e nelle anime umane. Proprio per mezzo della sua Croce deve compiere l'opera
della salvezza. Quest'opera, nel disegno dell'eterno Amore, ha un carattere redentivo.
E perci Cristo rimprovera severamente Pietro, quando vuole fargli abbandonare i pensieri sulla
sofferenza e sulla morte di Croce(36). E quando, durante la cattura nel Getsemani, lo stesso Pietro
tenta di difenderlo con la spada, Cristo gli dice: Rimetti la spada nel fodero... Ma come allora si
adempirebbero le Scritture, secondo le quali cos deve avvenire? (37). Ed inoltre dice: Non devo
forse bere il calice che il Padre mi ha dato? (38). Questa risposta come altre che ritornano in
diversi punti del Vangelo mostra quanto profondamente Cristo fosse penetrato dal pensiero che
gi aveva espresso nel colloquio con Nicodemo: Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo
Figlio unigenito, perch chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna (39). Cristo
s'incammina verso la propria sofferenza, consapevole della sua forza salvifica, va obbediente al
Padre, ma prima di tutto unito al Padre in quest'amore, col quale Egli ha amato il mondo e l'uomo
nel mondo. E per questo San Paolo scriver di Cristo: Mi ha amato e ha dato se stesso per me
(40).
17. Le Scritture dovevano adempiersi. Erano molti i testi messianici dell'Antico Testamento che
preludevano alle sofferenze del futuro Unto di Dio. Tra tutti particolarmente toccante quello che
di solito chiamato il quarto Carme del Servo di Jahv, contenuto nel Libro di Isaia. Il profeta, che
giustamente viene chiamato il quinto evangelista , presenta in questo Carme l'immagine delle
sofferenze del Servo con un realismo cos acuto quasi le vedesse con i propri occhi: con gli occhi
del corpo e dello spirito. La passione di Cristo diventa, alla luce dei versetti di Isaia, quasi ancora
pi espressiva e toccante che non nelle descrizioni degli stessi evangelisti. Ecco, si presenta davanti
a noi il vero Uomo dei dolori:
Non ha apparenza n bellezza
per attirare i nostri sguardi...
Disprezzato e reietto dagli uomini,
uomo dei dolori che ben conosce il patire,
come uno davanti al quale ci si copre la faccia,
era disprezzato e non ne avevamo alcuna stima.
Eppure, egli si caricato delle nostre sofferenze,
si addossato i nostri dolori,
e noi lo giudicavamo castigato,
percosso da Dio e umiliato.
Egli stato trafitto per i nostri delitti,
schiacciato per le nostre iniquit.
Il castigo che ci d salvezza si abbattuto su di lui;
per le sue piaghe noi siamo stati guariti.
Noi tutti eravamo sperduti come un gregge,
ognuno di noi seguiva la sua strada;
il Signore fece ricadere su di lui
l'iniquit di noi tutti (41).
Il Carme del Servo sofferente contiene una descrizione nella quale si possono, in un certo senso,
identificare i momenti della passione di Cristo in vari loro particolari: l'arresto, l'umiliazione, gli
schiaffi, gli sputi, il vilipendio della dignit stessa del prigioniero, l'ingiusto giudizio, e poi la
flagellazione, la coronazione di spine e lo scherno, il cammino con la croce, la crocifissione,
l'agonia.

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Pi ancora di questa descrizione della passione ci colpisce nelle parole del profeta la profondit del
sacrificio di Cristo. Ecco, egli, bench innocente, si addossa le sofferenze di tutti gli uomini, perch
si addossa i peccati di tutti. Il Signore fece ricadere su di lui l'iniquit di tutti : tutto il peccato
dell'uomo nella sua estensione e profondit diventa la vera causa della sofferenza del Redentore. Se
la sofferenza viene misurata col male sofferto, allora le parole del profeta ci permettono di
comprendere la misura di questo male e di questa sofferenza, di cui Cristo si caricato. Si pu dire
che questa sofferenza sostitutiva ; soprattutto, per, essa redentiva . L'Uomo dei dolori di
quella profezia veramente quell' agnello di Dio, che toglie il peccato del mondo (42). Nella sua
sofferenza i peccati vengono cancellati proprio perch egli solo come Figlio unigenito pot
prenderli su di s, assumerli con quell'amore verso il Padre che supera il male di ogni peccato; in
un certo senso annienta questo male nello spazio spirituale dei rapporti tra Dio e l'umanit, e
riempie questo spazio col bene.
Tocchiamo qui la dualit di natura di un unico soggetto personale della sofferenza redentiva. Colui,
che con la sua passione e morte sulla Croce opera la Redenzione, il Figlio unigenito che Dio ha
dato . E nello stesso tempo questo Figlio consostanziale al Padre soffre come uomo. La sua
sofferenza ha dimensioni umane, ha anche uniche nella storia dell'umanit una profondit ed
intensit che, pur essendo umane, possono essere anche incomparabili profondit ed intensit di
sofferenza, in quanto l'Uomo che soffre in persona lo stesso Figlio unigenito: Dio da Dio .
Dunque, soltanto Lui il Figlio unigenito capace di abbracciare la misura del male contenuta
nel peccato dell'uomo: in ogni peccato e nel peccato totale , secondo le dimensioni dell'esistenza
storica dell'umanit sulla terra.
18. Si pu dire che le suddette considerazioni ci conducono ormai direttamente al Getsemani e sul
Golgota, dove si adempiuto il Carme del Servo sofferente, contenuto nel Libro d'Isaia. Ancora
prima di andarvi, leggiamo i successivi versetti del Carme, che danno un'anticipazione profetica
della passione del Getsemani e del Golgota. Il Servo sofferente e questo a sua volta essenziale
per un'analisi della passione di Cristo si addossa quelle sofferenze, di cui si detto, in modo del
tutto volontario:
Maltrattato, si lasci umiliare
e non apr la sua bocca;
era come agnello condotto al macello,
come pecora muta di fronte ai suoi tosatori,
e non apr la sua bocca.
Con oppressione e ingiusta sentenza
fu tolto di mezzo;
chi si affligge per la sua sorte?
S, fu eliminato dalla terra dei viventi,
per l'iniquit del mio popolo fu percosso a morte.
Gli si diede la sepoltura con gli empi,
con il ricco fu il suo tumulo,
sebbene non avesse commesso violenza,
n vi fosse inganno nella sua bocca (43).
Cristo soffre volontariamente e soffre innocentemente. Accoglie con la sua sofferenza
quell'interrogativo, che posto molte volte dagli uomini stato espresso, in un certo senso, in
modo radicale dal Libro di Giobbe. Cristo, tuttavia, non solo porta con s la stessa domanda (e ci
in modo ancor pi radicale, poich egli non solo un uomo come Giobbe, ma l'unigenito Figlio di
Dio), ma porta anche il massimo della possibile risposta a questo interrogativo. La risposta emerge,
si pu dire, dalla stessa materia, di cui costituita la domanda. Cristo d la risposta all'interrogativo

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sulla sofferenza e sul senso della sofferenza non soltanto col suo insegnamento, cio con la Buona
Novella, ma prima di tutto con la propria sofferenza, che con un tale insegnamento della Buona
Novella integrata in modo organico ed indissolubile. E questa l'ultima, sintetica parola di questo
insegnamento: la parola della Croce , come dir un giorno San Paolo(44).
Questa parola della Croce riempie di una realt definitiva l'immagine dell'antica profezia. Molti
luoghi, molti discorsi durante l'insegnamento pubblico di Cristo testimoniano come egli accetti sin
dall'inizio questa sofferenza, che la volont del Padre per la salvezza del mondo. Tuttavia, un
punto definitivo diventa qui la preghiera nel Getsemani. Le parole: Padre mio, se possibile,
passi da me questo calice! Per non come voglio io, ma come vuoi tu! (45), e in seguito: Padre
mio, se questo calice non pu passare da me senza che io lo beva, sia fatta la tua volont (46),
hanno una multiforme eloquenza. Esse provano la verit di quell'amore, che il Figlio unigenito d al
Padre nella sua obbedienza. Al tempo stesso, attestano la verit della sua sofferenza. Le parole della
preghiera di Cristo al Getsemani provano la verit dell'amore mediante la verit della sofferenza.
Le parole di Cristo confermano con tutta semplicit questa umana verit della sofferenza, fino in
fondo: la sofferenza un subire il male, davanti al quale l'uomo rabbrividisce. Egli dice: passi da
me , proprio cos, come dice Cristo nel Getsemani.
Le sue parole attestano insieme quest'unica ed incomparabile profondit ed intensit della
sofferenza, che pot sperimentare solamente l'Uomo che il Figlio unigenito. Esse attestano quella
profondit ed intensit, che le parole profetiche sopra riportate aiutano, a loro modo, a capire: non
certo fino in fondo (per questo si dovrebbe penetrare il mistero divino-umano del Soggetto), ma
almeno a percepire quella differenza (e somiglianza insieme) che si verifica tra ogni possibile
sofferenza dell'uomo e quella del Dio-Uomo. Il Getsemani il luogo, nel quale appunto questa
sofferenza, in tutta la verit espressa dal profeta circa il male in essa provato, si rivelata quasi
definitivamente davanti agli occhi dell'anima di Cristo.
Dopo le parole nel Getsemani vengono le parole pronunciate sul Golgota, che testimoniano questa
profondit unica nella storia del mondo del male della sofferenza che si prova. Quando Cristo
dice: Dio mio, Dio mio, perch mi hai abbandonato? , le sue parole non sono solo espressione di
quell'abbandono che pi volte si faceva sentire nell'Antico Testamento, specialmente nei Salmi e, in
particolare, in quel Salmo 22 [21], dal quale provengono le parole citate(47). Si pu dire che queste
parole sull'abbandono nascono sul piano dell'inseparabile unione del Figlio col Padre, e nascono
perch il Padre fece ricadere su di lui l'iniquit di noi tutti (48) sulla traccia di ci che dir San
Paolo: Colui che non aveva conosciuto peccato, Dio lo tratt da peccato in nostro favore (49).
Insieme con questo orribile peso, misurando l'intero male di voltare le spalle a Dio, contenuto
nel peccato, Cristo, mediante la divina profondit dell'unione filiale col Padre, percepisce in modo
umanamente inesprimibile questa sofferenza che il distacco, la ripulsa del Padre, la rottura con
Dio. Ma proprio mediante tale sofferenza egli compie la Redenzione, e pu dire spirando: Tutto
compiuto (50).
Si pu anche dire che si adempiuta la Scrittura, che sono state definitivamente attuate nella realt
le parole di detto Carme del Servo sofferente: Al Signore piaciuto prostrarlo con dolori (51).
L'umana sofferenza ha raggiunto il suo culmine nella passione di Cristo. E contemporaneamente
essa entrata in una dimensione completamente nuova e in un nuovo ordine: stata legata
all'amore, a quell'amore del quale Cristo parlava a Nicodemo, a quell'amore che crea il bene
ricavandolo anche dal male, ricavandolo per mezzo della sofferenza, cos come il bene supremo
della redenzione del mondo stato tratto dalla Croce di Cristo, e costantemente prende da essa il
suo avvio. La Croce di Cristo diventata una sorgente, dalla quale sgorgano fiumi d'acqua viva(52).
In essa dobbiamo anche riproporre l'interrogativo sul senso della sofferenza, e leggervi sino alla fine
la risposta a questo interrogativo.

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152

V
PARTECIPI DELLE SOFFERENZE DI CRISTO
19. Il medesimo Carme del Servo sofferente nel Libro di Isaia ci conduce, attraverso i versetti
successivi, proprio nella direzione di questo interrogativo e di questa risposta:
Quando offrir se stesso in espiazione,
vedr una discendenza, vivr a lungo,
si compir per mezzo suo la volont del Signore.
Dopo il suo intimo tormento vedr la luce
e si sazier della sua conoscenza,
il giusto mio servo giustificher molti,
egli si addosser la loro iniquit.
Perci io gli dar in premio le moltitudini,
dei potenti egli far bottino,
perch ha consegnato se stesso alla morte
ed stato annoverato fra gli empi,
mentre egli portava il peccato di molti
e intercedeva per i peccatori (53).
Si pu dire che insieme con la passione di Cristo ogni sofferenza umana si trovata in una nuova
situazione. Ed come se Giobbe l'avesse presentita, quando diceva: Io so infatti che il mio
Redentore vive... (54), e come se avesse indirizzato verso di essa la propria sofferenza, la quale
senza la redenzione non avrebbe potuto rivelargli la pienezza del suo significato. Nella Croce di
Cristo non solo si compiuta la redenzione mediante la sofferenza, ma anche la stessa sofferenza
umana stata redenta. Cristo senza nessuna colpa propria si addossato il male totale del
peccato . L'esperienza di questo male determin l'incomparabile misura della sofferenza di Cristo,
che divent il prezzo della redenzione. Di questo parla il Carme del Servo sofferente in Isaia. A loro
tempo, di questo parleranno i testimoni della Nuova Alleanza, stipulata nel sangue di Cristo. Ecco le
parole dell'apostolo Pietro dalla sua prima Lettera: Voi sapete che non a prezzo di cose
corruttibili, come l'argento e l'oro, foste liberati dalla vostra vuota condotta ereditata dai vostri
padri, ma col sangue prezioso di Cristo, come di agnello senza difetti e senza macchia (55). E
l'apostolo Paolo nella Lettera ai Galati dir: Ha dato se stesso per i nostri peccati, per strapparci da
questo mondo perverso (56), e nella prima Lettera ai Corinzi: Infatti siete stati comprati a caro
prezzo. Glorificate dunque Dio nel vostro corpo! (57).
Con queste ed altre simili parole i testimoni della Nuova Alleanza parlano della grandezza della
redenzione, che si compiuta mediante la sofferenza di Cristo. Il Redentore ho sofferto al posto
dell'uomo e per l'uomo. Ogni uomo ha una sua partecipazione alla redenzione. Ognuno anche
chiamato a partecipare a quella sofferenza, mediante la quale si compiuta la redenzione. E'
chiamato a partecipare a quella sofferenza, per mezzo della quale ogni umana sofferenza stata
anche redenta. Operando la redenzione mediante la sofferenza, Cristo ha elevato insieme la
sofferenza umana a livello di redenzione. Quindi anche ogni uomo, nella sua sofferenza, pu
diventare partecipe della sofferenza redentiva di Cristo.
20. I testi del Nuovo Testamento esprimono in molti punti questo concetto. Nella seconda Lettera ai
Corinzi l'Apostolo scrive: Siamo infatti tribolati da ogni parte, ma non schiacciati; siamo
sconvolti, ma non disperati; perseguitati, ma non abbandonati; colpiti, ma non uccisi, portando
sempre e dappertutto nel nostro corpo la morte di Ges, perch anche la vita di Ges si manifesti
nel nostro corpo. Sempre, infatti, noi che siamo vivi, veniamo esposti alla morte a causa di Ges,

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153

perch anche la vita di Ges sia manifesta nella nostra carne mortale..., convinti che colui che ha
risuscitato il Signore Ges, risusciter anche noi con Ges (58).
San Paolo parla delle diverse sofferenze e, in particolare, di quelle di cui diventavano partecipi i
primi cristiani a causa di Ges . Queste sofferenze permettono ai destinatari di quella Lettera di
partecipare all'opera della redenzione, compiuta mediante le sofferenze e la morte del Redentore.
L'eloquenza della Croce e della morte viene tuttavia completata con l'eloquenza della risurrezione.
L'uomo trova nella risurrezione una luce completamente nuova, che lo aiuta a farsi strada attraverso
il fitto buio delle umiliazioni, dei dubbi, della disperazione e della persecuzione. Perci, l'Apostolo
scriver anche nella seconda Lettera ai Corinzi: Infatti, come abbondano le sofferenze di Cristo in
noi, cos, per mezzo di Cristo, abbonda anche la nostra consolazione (59).
Altrove egli si rivolge ai suoi destinatari con parole d'incoraggiamento: Il Signore diriga i vostri
cuori nell'amore di Dio e nella pazienza di Cristo (60). E nella Lettera ai Romani scrive: Vi
esorto dunque, fratelli, per la misericordia di Dio, ad offrire i vostri corpi come sacrificio vivente,
santo e gradito a Dio: questo il vostro culto spirituale (61).
La partecipazione stessa alla sofferenza di Cristo trova, in queste espressioni apostoliche, quasi una
duplice dimensione. Se un uomo diventa partecipe delle sofferenze di Cristo, ci avviene perch
Cristo ha aperto la sua sofferenza all'uomo, perch egli stesso nella sua sofferenza redentiva
divenuto, in un certo senso, partecipe di tutte le sofferenze umane. L'uomo, scoprendo mediante la
fede la sofferenza redentrice di Cristo, insieme scopre in essa le proprie sofferenze, le ritrova,
mediante la fede, arricchite di un nuovo contenuto e di un nuovo significato.
Questa scoperta dett a San Paolo parole particolarmente forti nella Lettera ai Galati: Sono stato
crocifisso con Cristo, e non sono pi io che vivo, ma Cristo vive in me. Questa vita, che vivo nella
carne, io la vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha dato se stesso per me (62). La
fede permette all'autore di queste parole di conoscere quell'amore, che condusse Cristo sulla Croce.
E se am cos, soffrendo e morendo, allora con questa sua sofferenza e morte egli vive in colui che
am cos, egli vive nell'uomo: in Paolo. E vivendo in lui man mano che Paolo, consapevole di
ci mediante la fede, risponde con l'amore al suo amore Cristo diventa anche in modo particolare
unito all'uomo, a Paolo, mediante la Croce. Quest'unione ha dettato a Paolo, nella stessa Lettera ai
Galati, ancora altre parole, non meno forti: Quanto a me invece, non ci sia altro vanto che nella
Croce del Signore nostro Ges Cristo, per mezzo della quale il mondo per me stato crocifisso,
come io per il mondo (63).
21. La Croce di Cristo getta in modo tanto penetrante la luce salvifica sulla vita dell'uomo e, in
particolare, sulla sua sofferenza, perch mediante la fede lo raggiunge insieme con la risurrezione:
il mistero della passione racchiuso nel mistero pasquale. I testimoni della passione di Cristo sono
contemporaneamente testimoni della sua risurrezione. Scrive Paolo: Perch io possa conoscere lui
(Cristo), la potenza della sua risurrezione, la partecipazione alle sue sofferenze, diventandogli
conforme nella morte, con la speranza di giungere alla risurrezione dai morti (64). Veramente,
l'Apostolo prima speriment la potenza della risurrezione di Cristo sulla via di Damasco, e solo
in seguito, in questa luce pasquale, giunse a quella partecipazione alle sue sofferenze , della
quale parla, ad esempio, nella Lettera ai Galati. La via di Paolo chiaramente pasquale: la
partecipazione alla Croce di Cristo avviene attraverso l'esperienza del Risorto, dunque mediante
una speciale partecipazione alla risurrezione. Perci, anche nelle espressioni dell'Apostolo sul tema
della sofferenza appare cos spesso il motivo della gloria, alla quale la Croce di Cristo d inizio.
I testimoni della Croce e della risurrezione erano convinti che necessario attraversare molte
tribolazioni per entrare nel Regno di Dio (65). E Paolo, scrivendo ai Tessalonicesi, dice cos:

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Possiamo gloriarci di voi ... per la vostra fermezza e per la vostra fede in tutte le persecuzioni e
tribolazioni che sopportate. Questo un segno del giusto giudizio di Dio, che vi proclamer degni di
quel Regno di Dio, per il quale ora soffrite (66). Cos dunque la partecipazione alle sofferenze di
Cristo , al tempo stesso, sofferenza per il Regno di Dio. Agli occhi del Dio giusto, di fronte al suo
giudizio, quanti partecipano alle sofferenze di Cristo diventano degni di questo Regno. Mediante le
loro sofferenze essi, in un certo senso, restituiscono l'infinito prezzo della passione e della morte di
Cristo, che divenne il prezzo della nostra redenzione: a questo prezzo il Regno di Dio stato
nuovamente consolidato nella storia dell'uomo, divenendo la prospettiva definitiva della sua
esistenza terrena. Cristo ci ha introdotti in questo Regno mediante la sua sofferenza. E anche
mediante la sofferenza maturano per esso gli uomini avvolti dal mistero della redenzione di Cristo.
22. Alla prospettiva del Regno di Dio unita la speranza di quella gloria, il cui inizio si trova nella
Croce di Cristo. La risurrezione ha rivelato questa gloria la gloria escatologica che nella
Croce di Cristo era completamente offuscata dall'immensit della sofferenza. Coloro che sono
partecipi delle sofferenze di Cristo sono anche chiamati, mediante le loro proprie sofferenze, a
prender parte alla gloria. Paolo esprime questo in diversi punti. Scrive ai Romani: Siamo ...
coeredi di Cristo, se veramente partecipiamo alle sue sofferenze per partecipare anche alla sua
gloria. Io ritengo, infatti, che le sofferenze del momento presente non sono paragonabili alla gloria
futura, che dovr essere rivelata in noi (67). Nella seconda Lettera ai Corinzi leggiamo: Infatti, il
momentaneo, leggero peso della nostra tribolazione ci procura una quantit smisurata ed eterna di
gloria, perch noi non fissiamo lo sguardo sulle cose visibili, ma su quelle invisibili (68).
L'apostolo Pietro esprimer questa verit nelle seguenti parole della sua prima Lettera: Nella
misura in cui partecipate alle sofferenze di Cristo, rallegratevi, perch anche nella rivelazione della
sua gloria possiate rallegrarvi ed esultare (69).
Il motivo della sofferenza e della gloria ha la sua caratteristica strettamente evangelica, che si
chiarisce mediante il riferimento alla Croce ed alla risurrezione. La risurrezione diventata prima di
tutto la manifestazione della gloria, che corrisponde all'elevazione di Cristo per mezzo della Croce.
Se, infatti, la Croce stata agli occhi degli uomini lo spogliamento di Cristo, nello stesso tempo
essa stata agli occhi di Dio la sua elevazione. Sulla Croce Cristo ha raggiunto e realizzato in tutta
pienezza la sua missione: compiendo la volont del Padre, realizz insieme se stesso. Nella
debolezza manifest la sua potenza, e nell'umiliazione tutta la sua grandezza messianica. Non sono
forse una prova di questa grandezza tutte le parole pronunciate durante l'agonia sul Golgota e,
specialmente, quelle riguardanti gli autori della crocifissione: Padre, perdonali, perch non sanno
quello che fanno ?(70) A coloro che sono partecipi delle sofferenze di Cristo queste parole si
impongono con la forza di un supremo esempio. La sofferenza anche una chiamata a manifestare
la grandezza morale dell'uomo, la sua maturit spirituale. Di ci hanno dato la prova, nelle diverse
generazioni, i martiri ed i confessori di Cristo, fedeli alle parole: E non abbiate paura di quelli che
uccidono il corpo, ma non hanno potere di uccidere l'anima (71).
La risurrezione di Cristo ha rivelato la gloria del secolo futuro e, contemporaneamente, ha
confermato il vanto della Croce : quella gloria che contenuta nella sofferenza stessa di Cristo,
e quale molte volte si rispecchiata e si rispecchia nella sofferenza dell'uomo, come espressione
della sua spirituale grandezza. Bisogna dare testimonianza di questa gloria non solo ai martiri della
fede, ma anche a numerosi altri uomini, che a volte, pur senza la fede in Cristo, soffrono e danno la
vita per la verit e per una giusta causa. Nelle sofferenze di tutti costoro viene confermata in modo
particolare la grande dignit dell'uomo.
23. La sofferenza, infatti, sempre una prova a volte una prova alquanto dura , alla quale
viene sottoposta l'umanit. Dalle pagine delle Lettere di San Paolo pi volte parla a noi quel
paradosso evangelico della debolezza e della forza, sperimentato in modo particolare dall'Apostolo

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stesso e che insieme con lui provano tutti coloro che partecipano alle sofferenze di Cristo. Egli
scrive nella seconda Lettera ai Corinzi: Mi vanter quindi ben volentieri delle mie debolezze,
perch dimori in me la potenza di Cristo (72). Nella seconda Lettera a Timoteo leggiamo: E'
questa la causa dei mali che soffro, ma non me ne vergogno: so infatti a chi ho creduto (73). E
nella Lettera ai Filippesi dir addirittura: Tutto posso in colui che mi d la forza (74).
Coloro che sono partecipi delle sofferenze di Cristo hanno davanti agli occhi il mistero pasquale
della Croce e della risurrezione, nel quale Cristo discende, in una prima fase, sino agli ultimi confini
della debolezza e dell'impotenza umana: egli, infatti, muore inchiodato sulla Croce. Ma se al tempo
stesso in questa debolezza si compie la sua elevazione, confermata con la forza della risurrezione,
ci significa che le debolezze di tutte le sofferenze umane possono essere permeate dalla stessa
potenza di Dio, quale si manifestata nella Croce di Cristo. In questa concezione soffrire significa
diventare particolarmente suscettibili, particolarmente aperti all'opera delle forze salvifiche di Dio,
offerte all'umanit in Cristo. In lui Dio ha confermato di voler agire specialmente per mezzo della
sofferenza, che la debolezza e lo spogliamento dell'uomo, e di voler proprio in questa debolezza e
in questo spogliamento manifestare la sua potenza. Con ci si pu anche spiegare la
raccomandazione della prima Lettera di Pietro: Ma se uno soffre come cristiano, non ne
arrossisca; glorifichi anzi Dio per questo nome (75).
Nella Lettera ai Romani l'apostolo Paolo si pronuncia ancora pi ampiamente sul tema di questo
nascere della forza nella debolezza , di questo ritemprarsi spirituale dell'uomo in mezzo alle prove
e alle tribolazioni, che la speciale vocazione di coloro che sono partecipi delle sofferenze di
Cristo: Noi ci vantiamo anche nelle tribolazioni, ben sapendo che la tribolazione produce
pazienza, la pazienza una virt provata e la virt provata la speranza. La speranza poi non delude,
perch l'amore di Dio stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo, che ci stato
dato (76). Nella sofferenza come contenuta una particolare chiamata alla virt, che l'uomo deve
esercitare da parte sua. E questa la virt della perseveranza nel sopportare ci che disturba e fa
male. L'uomo, cos facendo, sprigiona la speranza, che mantiene in lui la convinzione che la
sofferenza non prevarr sopra di lui, non lo priver della dignit propria dell'uomo unita alla
consapevolezza del senso della vita. Ed ecco, questo senso si manifesta insieme con l'opera
dell'amore di Dio, che il dono supremo dello Spirito Santo. Man mano che partecipa a questo
amore, l'uomo si ritrova fino in fondo nella sofferenza: ritrova l'anima , che gli sembrava di aver
perduto (77) a causa della sofferenza.
24. Tuttavia, le esperienze dell'Apostolo, partecipe delle sofferenze di Cristo, vanno ancora oltre.
Nella Lettera ai Colossesi leggiamo le parole, che costituiscono quasi l'ultima tappa dell'itinerario
spirituale in relazione alla sofferenza. San Paolo scrive: Perci sono lieto delle sofferenze che
sopporto per voi e completo nella mia carne quello che manca ai patimenti di Cristo, in favore del
suo corpo che la Chiesa (78). Ed egli in un'altra Lettera interroga i suoi destinatari: Non sapete
che i vostri corpi sono membra di Cristo? (79).
Nel mistero pasquale Cristo ha dato inizio all'unione con l'uomo nella comunit della Chiesa. Il
mistero della Chiesa si esprime in questo: che gi all'atto del Battesimo, che configura a Cristo, e
poi mediante il suo Sacrificio sacramentalmente mediante l'Eucaristia la Chiesa di continuo si
edifica spiritualmente come corpo di Cristo. In questo corpo Cristo vuole essere unito con tutti gli
uomini, ed in modo particolare egli unito con coloro che soffrono. Le citate parole della Lettera ai
Colossesi attestano l'eccezionale carattere di questa unione. Ecco, infatti, colui che soffre in unione
con Cristo come in unione con Cristo sopporta le sue tribolazioni l'apostolo Paolo non
solo attinge da Cristo quella forza, della quale si parlato precedentemente, ma anche completa
con la sua sofferenza quello che manca ai patimenti di Cristo . In questo quadro evangelico
messa in risalto, in modo particolare, la verit sul carattere creativo della sofferenza. La sofferenza

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di Cristo ha creato il bene della redenzione del mondo. Questo bene in se stesso inesauribile ed
infinito. Nessun uomo pu aggiungervi qualcosa. Allo stesso tempo, per, nel mistero della Chiesa
come suo corpo, Cristo in un certo senso ha aperto la propria sofferenza redentiva ad ogni
sofferenza dell'uomo. In quanto l'uomo diventa partecipe delle sofferenze di Cristo in qualsiasi
luogo del mondo e tempo della storia , in tanto egli completa a suo modo quella sofferenza,
mediante la quale Cristo ha operato la redenzione del mondo.
Questo vuol dire, forse, che la redenzione compiuta da Cristo non completa? No. Questo significa
solo che la redenzione, operata in forza dell'amore soddisfattorio, rimane costantemente aperta ad
ogni amore che si esprime nell'umana sofferenza. In questa dimensione nella dimensione
dell'amore la redenzione gi compiuta fino in fondo, si compie, in un certo senso, costantemente.
Cristo ha operato la redenzione completamente e sino alla fine; al tempo stesso, per, non l'ha
chiusa: in questa sofferenza redentiva, mediante la quale si operata la redenzione del mondo,
Cristo si aperto sin dall'inizio, e costantemente si apre, ad ogni umana sofferenza. S, sembra far
parte dell'essenza stessa della sofferenza redentiva di Cristo il fatto che essa richieda di essere
incessantemente completata.
In questo modo, con una tale apertura ad ogni umana sofferenza, Cristo ha operato con la propria
sofferenza la redenzione del mondo. Infatti, al tempo stesso, questa redenzione, anche se compiuta
in tutta la pienezza con la sofferenza di Cristo, vive e si sviluppa a suo modo nella storia dell'uomo.
Vive e si sviluppa come corpo di Cristo, che la Chiesa, ed in questa dimensione ogni umana
sofferenza, in forza dell'unione nell'amore con Cristo, completa la sofferenza di Cristo. La completa
cos come la Chiesa completa l'opera redentrice di Cristo. Il mistero della Chiesa di quel corpo
che completa in s anche il corpo crocifisso e risorto di Cristo indica contemporaneamente
quello spazio, nel quale le sofferenze umane completano le sofferenze di Cristo. Solo in questo
raggio e in questa dimensione della Chiesa-corpo di Cristo, che continuamente si sviluppa nello
spazio e nel tempo, si pu pensare e parlare di ci che manca ai patimenti di Cristo. L'Apostolo,
del resto, lo mette chiaramente in rilievo, quando scrive del completamento di quello che manca ai
patimenti di Cristo, in favore del suo corpo che la Chiesa .
Proprio la Chiesa, che attinge incessantemente alle infinite risorse della redenzione, introducendola
nella vita dell'umanit, la dimensione, nella quale la sofferenza redentrice di Cristo pu essere
costantemente completata dalla sofferenza dell'uomo. In ci vien messa in risalto anche la natura
divino-umana della Chiesa. La sofferenza sembra partecipare in un qualche modo alle
caratteristiche di questa natura. E perci essa ha pure un valore speciale davanti alla Chiesa. Essa
un bene, dinanzi al quale la Chiesa si inchina con venerazione, in tutta la profondit della sua fede
nella redenzione. Si inchina, insieme, in tutta la profondit di quella fede, con la quale essa
abbraccia in se stessa l'inesprimibile mistero del corpo di Cristo.
VI
IL VANGELO DELLA SOFFERENZA
25. I testimoni della Croce e della risurrezione di Cristo hanno trasmesso alla Chiesa e all'umanit
uno specifico Vangelo della sofferenza. Il Redentore stesso ha scritto questo Vangelo dapprima con
la propria sofferenza assunta per amore, affinch l'uomo non muoia, ma abbia la vita eterna (80).
Questa sofferenza, insieme con la viva parola del suo insegnamento, diventata una fonte
abbondante per tutti coloro che hanno preso parte alle sofferenze di Ges nella prima generazione
dei suoi discepoli e confessori, e poi in quelle che si sono succedute nel corso dei secoli.

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E', innanzitutto, consolante come evangelicamente e storicamente esatto notare che a fianco
di Cristo, in primissima e ben rilevata posizione accanto a lui, c' sempre la sua Madre santissima
per la testimonianza esemplare, che con l'intera sua vita rende a questo particolare Vangelo della
sofferenza. In lei le numerose ed intense sofferenze si assommarono in una tale connessione e
concatenazione, che se furono prova della sua fede incrollabile, furono altres un contributo alla
redenzione di tutti. In realt, fin dall'arcano colloquio avuto con l'angelo, Ella intravide nella sua
missione di madre la destinazione a condividere in maniera unica ed irripetibile la missione
stessa del Figlio. E la conferma in proposito le venne assai presto sia dagli eventi che
accompagnarono la nascita di Ges a Betlemme, sia dall'annuncio formale del vecchio Simeone che
parl di una spada tanto acuta da trapassarle l'anima, sia dalle ansie e ristrettezze della fuga
precipitosa in Egitto, provocata dalla crudele decisione di Erode.
Ed ancora, dopo le vicende della vita nascosta e pubblica del suo Figlio, da lei indubbiamente
condivise con acuta sensibilit, fu sul Calvario che la sofferenza di Maria Santissima, accanto a
quella di Ges, raggiunse un vertice gi difficilmente immaginabile nella sua altezza dal punto di
vista umano, ma certo misterioso e soprannaturalmente fecondo ai fini dell'universale salvezza.
Quel suo ascendere al Calvario, quel suo stare ai piedi della Croce insieme col discepolo
prediletto furono una partecipazione del tutto speciale alla morte redentrice del Figlio, come del
resto le parole, che pot raccogliere dal suo labbro, furono quasi la solenne consegna di questo
tipico Vangelo da annunciare all'intera comunit dei credenti.
Testimone della passione del Figlio con la sua presenza, e di essa partecipe con la sua compassione,
Maria Santissima offr un singolare apporto al Vangelo della sofferenza, avverando in anticipo
l'espressione paolina, riportata all'inizio. In effetti, Ella ha titoli specialissimi per poter asserire di
completare nella sua carne come gi nel suo cuore quello che manca ai patimenti di Cristo .
Nella luce dell'inarrivabile esempio di Cristo, riflesso con singolare evidenza nella vita della Madre
sua, il Vangelo della sofferenza, mediante l'esperienza e la parola degli Apostoli, diventa fonte
inesauribile per le generazioni sempre nuove che si avvicendano nella storia della Chiesa. Il
Vangelo della sofferenza significa non solo la presenza della sofferenza nel Vangelo, come uno dei
temi della Buona Novella, ma la rivelazione, altres, della forza salvifica e del significato salvifico
della sofferenza nella missione messianica di Cristo e, in seguito, nella missione e nella vocazione
della Chiesa.
Cristo non nascondeva ai propri ascoltatori la necessit della sofferenza. Molto chiaramente diceva:
Se qualcuno vuol venire dietro a me, ... prenda la sua croce ogni giorno (81), ed ai suoi discepoli
poneva esigenze di natura morale, la cui realizzazione possibile solo a condizione di rinnegare
se stessi (82). La via che porta al Regno dei cieli stretta ed angusta , e Cristo la contrappone
alla via larga e spaziosa , che peraltro conduce alla perdizione (83). Diverse volte Cristo
diceva anche che i suoi discepoli e confessori avrebbero incontrato molteplici persecuzioni, ci che
come si sa avvenuto non solo nei primi secoli della vita della Chiesa sotto l'impero romano,
ma si avverato e si avvera in diversi periodi della storia e in differenti luoghi della terra, anche ai
nostri tempi.
Ecco alcune frasi di Cristo su questo tema: Metteranno le mani su di voi e vi perseguiteranno,
consegnandovi alle sinagoghe e alle prigioni, trascinandovi davanti a re e a governatori, a causa del
mio nome. Questo vi dar occasione di rendere testimonianza. Mettetevi bene in mente di non
preparare prima la vostra difesa: io vi dar lingua e sapienza, a cui tutti i vostri avversari non
potranno resistere, n controbattere. Sarete traditi perfino dai genitori, dai fratelli, dai parenti e dagli
amici, e metteranno a morte alcuni di voi; sarete odiati da tutti per causa del mio nome. Ma

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nemmeno un capello del vostro capo perir. Con la vostra perseveranza salverete le vostre anime
(84).
Il Vangelo della sofferenza parla prima in diversi punti della sofferenza per Cristo , a causa di
Cristo , e ci fa con le parole stesse di Ges, oppure con le parole dei suoi Apostoli. Il Maestro non
nasconde ai suoi discepoli e seguaci la prospettiva di una tale sofferenza, anzi la rivela con tutta
franchezza, indicando contemporaneamente le forze soprannaturali, che li accompagneranno in
mezzo alle persecuzioni e tribolazioni per il suo nome . Queste saranno insieme quasi una
speciale verifica della somiglianza a Cristo e dell'unione con lui. Se il mondo vi odia, sappiate che
prima di voi ha odiato me ...; poich invece non siete del mondo, ma io vi ho scelti dal mondo, per
questo il mondo vi odia ... Un servo non pi grande del suo padrone. Se hanno perseguitato me,
perseguiteranno anche voi... Ma tutto questo vi faranno a causa del mio nome, perch non
conoscono colui che mi ha mandato (85). Vi ho dette queste cose, perch abbiate pace in me.
Voi avrete tribolazione nel mondo, ma abbiate fiducia: io ho vinto il mondo! (86).
Questo primo capitolo del Vangelo della sofferenza, che parla delle persecuzioni, cio delle
tribolazioni a motivo di Cristo, contiene in s una speciale chiamata al coraggio ed alla fortezza,
sostenuta dall'eloquenza della risurrezione. Cristo ha vinto il mondo definitivamente con la sua
risurrezione; tuttavia, grazie al rapporto di essa con la passione e la morte, ha vinto al tempo stesso
questo mondo con la sua sofferenza. Si, la sofferenza stata in modo singolare inserita in quella
vittoria sul mondo, che si manifestata nella risurrezione. Cristo conserva nel suo corpo risorto i
segni delle ferite della Croce sulle sue mani, sui piedi e nel costato. Mediante la risurrezione egli
manifesta la forza vittoriosa della sofferenza, e vuole infondere la convinzione di questa forza nel
cuore di coloro che ha scelto come suoi Apostoli e di coloro che continuamente sceglie ed invia.
L'apostolo Paolo dir: Tutti quelli che vogliono vivere piamente in Cristo Ges saranno
perseguitati (87).
26. Se il primo grande capitolo del Vangelo della sofferenza viene scritto, lungo le generazioni, da
coloro che soffrono persecuzioni per Cristo, di pari passo si svolge lungo la storia un altro grande
capitolo di questo Vangelo. Lo scrivono tutti coloro che soffrono insieme con Cristo, unendo le
proprie sofferenze umane alla sua sofferenza salvifica. In essi si compie ci che i primi testimoni
della passione e della risurrezione hanno detto ed hanno scritto circa la partecipazione alle
sofferenze di Cristo. In essi quindi si compie il Vangelo della sofferenza e, al tempo stesso, ognuno
di essi continua in un certo modo a scriverlo: lo scrive e lo proclama al mondo, lo annuncia al
proprio ambiente ed agli uomini contemporanei.
Attraverso i secoli e le generazioni stato costatato che nella sofferenza si nasconde una particolare
forza che avvicina interiormente l'uomo a Cristo, una particolare grazia. Ad essa debbono la loro
profonda conversione molti Santi, come ad esempio San Francesco d'Assisi, Sant'Ignazio di Loyola,
ecc. Frutto di una tale conversione non solo il fatto che l'uomo scopre il senso salvifico della
sofferenza, ma soprattutto che nella sofferenza diventa un uomo completamente nuovo. Egli trova
quasi una nuova misura di tutta la propria vita e della propria vocazione. Questa scoperta una
particolare conferma della grandezza spirituale che nell'uomo supera il corpo in modo del tutto
incomparabile. Allorch questo corpo profondamente malato, totalmente inabile e l'uomo quasi
incapace di vivere e di agire, tanto pi si mettono in evidenza l'interiore maturit e grandezza
spirituale, costituendo una commovente lezione per gli uomini sani e normali.
Questa interiore maturit e grandezza spirituale nella sofferenza certamente sono frutto di una
particolare conversione e cooperazione con la Grazia del Redentore crocifisso. E' lui stesso ad agire
nel vivo delle umane sofferenze per mezzo del suo Spirito di verit, per mezzo dello Spirito
Consolatore. E' lui a trasformare, in un certo senso, la sostanza stessa della vita spirituale, indicando

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all'uomo sofferente un posto vicino a s. E' lui come Maestro e Guida interiore ad insegnare
al fratello e alla sorella sofferenti questo mirabile scambio, posto nel cuore stesso del mistero della
redenzione. La sofferenza , in se stessa, un provare il male. Ma Cristo ne ha fatto la pi solida base
del bene definitivo, cio del bene della salvezza eterna. Con la sua sofferenza sulla Croce Cristo ha
raggiunto le radici stesse del male: del peccato e della morte. Egli ha vinto l'artefice del male, che
Satana, e la sua permanente ribellione contro il Creatore. Davanti al fratello o alla sorella sofferenti
Cristo dischiude e dispiega gradualmente gli orizzonti del Regno di Dio: di un mondo convertito al
Creatore, di un mondo liberato dal peccato, che si sta edificando sulla potenza salvifica dell'amore.
E, lentamente ma efficacemente, Cristo introduce in questo mondo, in questo Regno del Padre
l'uomo sofferente, in un certo senso attraverso il cuore stesso della sua sofferenza. La sofferenza,
infatti, non pu essere trasformata e mutata con una grazia dall'esterno, ma dall'interno. E Cristo
mediante la sua propria sofferenza salvifica si trova quanto mai dentro ad ogni sofferenza umana, e
pu agire dall'interno di essa con la potenza del suo Spirito di verit, del suo Spirito Consolatore.
Non basta: il divin Redentore vuole penetrare nell'animo di ogni sofferente attraverso il cuore della
sua Madre santissima, primizia e vertice di tutti i redenti. Quasi a continuazione di quella maternit,
che per opera dello Spirito Santo gli aveva dato la vita, Cristo morente confer alla sempre Vergine
Maria una maternit nuova spirituale e universale verso tutti gli uomini, affinch ognuno,
nella peregrinazione della fede, gli rimanesse insieme con lei strettamente unito fino alla Croce e,
con la forza di questa Croce, ogni sofferenza rigenerata diventasse, da debolezza dell'uomo, potenza
di Dio.
Non sempre, per, un tale processo interiore si svolge in modo uguale. Spesso inizia e si instaura
con difficolt. Gi il punto stesso di partenza diverso: diversa la disposizione, che l'uomo porta
nella sua sofferenza. Si pu, tuttavia, premettere che quasi sempre ciascuno entra nella sofferenza
con una protesta tipicamente umana e con la domanda del suo perch . Ciascuno si chiede il
senso della sofferenza e cerca una risposta a questa domanda al suo livello umano. Certamente pone
pi volte questa domanda anche a Dio, come la pone a Cristo. Inoltre, egli non pu non notare che
colui, al quale pone la sua domanda, soffre lui stesso e vuole rispondergli dalla Croce, dal centro
della sua propria sofferenza. Tuttavia, a volte c' bisogno di tempo, persino di un lungo tempo,
perch questa risposta cominci ad essere internamente percepibile. Cristo, infatti, non risponde
direttamente e non risponde in astratto a questo interrogativo umano circa il senso della sofferenza.
L'uomo ode la sua risposta salvifica man mano che egli stesso diventa partecipe delle sofferenze di
Cristo.
La risposta che giunge mediante tale partecipazione, lungo la strada dell'incontro interiore col
Maestro, a sua volta qualcosa di pi della sola risposta astratta all'interrogativo sul senso della
sofferenza. Questa , infatti, soprattutto una chiamata. E' una vocazione. Cristo non spiega in
astratto le ragioni della sofferenza, ma prima di tutto dice: Seguimi! . Vieni! prendi parte con la
tua sofferenza a quest'opera di salvezza del mondo, che si compie per mezzo della mia sofferenza!
Per mezzo della mia Croce. Man mano che l'uomo prende la sua croce, unendosi spiritualmente alla
Croce di Cristo, si rivela davanti a lui il senso salvifico della sofferenza. L'uomo non scopre questo
senso al suo livello umano, ma al livello della sofferenza di Cristo. Al tempo stesso, per, da questo
livello di Cristo, quel senso salvifico della sofferenza scende a livello dell'uomo e diventa, in
qualche modo, la sua risposta personale. E allora l'uomo trova nella sua sofferenza la pace interiore
e perfino la gioia spirituale.
27. Di tale gioia parla l'Apostolo nella Lettera ai Colossesi: Sono lieto delle sofferenze che
sopporto per voi (88). Fonte di gioia diventa il superamento del senso d'inutilit della sofferenza,
sensazione che a volte radicata molto fortemente nell'umana sofferenza. Questa non solo consuma
l'uomo dentro se stesso, ma sembra renderlo un peso per gli altri. L'uomo si sente condannato a

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ricevere aiuto ed assistenza dagli altri e, in pari tempo, sembra a se stesso inutile. La scoperta del
senso salvifico della sofferenza in unione con Cristo trasforma questa sensazione deprimente. La
fede nella partecipazione alle sofferenze di Cristo porta in s la certezza interiore che l'uomo
sofferente completa quello che manca ai patimenti di Cristo ; che nella dimensione spirituale
dell'opera della redenzione serve, come Cristo, alla salvezza dei suoi fratelli e sorelle. Non solo
quindi utile agli altri, ma per di pi adempie un servizio insostituibile. Nel corpo di Cristo, che
incessantemente cresce dalla Croce del Redentore, proprio la sofferenza, permeata dallo spirito del
sacrificio di Cristo, l'insostituibile mediatrice ed autrice dei beni, indispensabili per la salvezza
del mondo. E' essa, pi di ogni altra cosa, a fare strada alla Grazia che trasforma le anime umane.
Essa, pi di ogni altra cosa, rende presenti nella storia dell'umanit le forze della redenzione. In
quella lotta cosmica tra le forze spirituali del bene e del male, della quale parla la Lettera agli
Efesini(89), le sofferenze umane, unite con la sofferenza redentrice di Cristo, costituiscono un
particolare sostegno per le forze del bene, aprendo la strada alla vittoria di queste forze salvifiche.
E perci la Chiesa vede in tutti i fratelli e sorelle di Cristo sofferenti quasi un soggetto molteplice
della sua forza soprannaturale.
Quanto spesso proprio ad essi ricorrono i pastori della Chiesa, e proprio presso di essi cercano aiuto
ed appoggio! I1 Vangelo della sofferenza viene scritto incessantemente, ed incessantemente parla
con le parole di questo strano paradosso: le sorgenti della forza divina sgorgano proprio in mezzo
all'umana debolezza. Coloro che partecipano alle sofferenze di Cristo conservano nelle proprie
sofferenze una specialissima particella dell'infinito tesoro della redenzione del mondo, e possono
condividere questo tesoro con gli altri. Quanto pi l'uomo minacciato dal peccato, quanto pi
pesanti sono le strutture del peccato che porta in s il mondo d'oggi, tanto pi grande l'eloquenza
che la sofferenza umana in s possiede. E tanto pi la Chiesa sente il bisogno di ricorrere al valore
delle sofferenze umane per la salvezza del mondo.
VII
IL BUON SAMARITANO
28. Al Vangelo della sofferenza appartiene anche ed in modo organico la parabola del buon
Samaritano. Mediante questa parabola Cristo volle dare risposta alla domanda: chi il mio
prossimo? (90). Infatti, fra i tre passanti lungo la via da Gerusalemme a Gerico, dove giaceva per
terra mezzo morto un uomo rapinato e ferito dai briganti, proprio il Samaritano dimostr di essere
davvero il prossimo per quell'infelice: prossimo significa anche colui che ademp il
comandamento dell'amore del prossimo. Altri due uomini percorrevano la stessa strada: uno era
sacerdote, e l'altro levita, ma ciascuno lo vide e pass oltre . Invece, il Samaritano lo vide e
n'ebbe compassione. Gli si fece vicino, ... gli fasci le ferite , poi lo port a una locanda e si
prese cura di lui (91). Ed all'atto di partire, affid sollecitamente la cura dell'uomo sofferente
all'albergatore, impegnandosi a sostenere le spese occorrenti.
La parabola del buon Samaritano appartiene al Vangelo della sofferenza. Essa indica, infatti, quale
debba essere il rapporto di ciascuno di noi verso il prossimo sofferente. Non ci lecito passare
oltre con indifferenza, ma dobbiamo fermarci accanto a lui. Buon Samaritano ogni uomo,
che si ferma accanto alla sofferenza di un altro uomo, qualunque essa sia. Quel fermarsi non
significa curiosit, ma disponibilit. Questa come l'aprirsi di una certa interiore disposizione del
cuore, che ha anche la sua espressione emotiva. Buon Samaritano ogni uomo sensibile alla
sofferenza altrui, l'uomo che si commuove per la disgrazia del prossimo. Se Cristo, conoscitore
dell'interno dell'uomo, sottolinea questa commozione, vuol dire che essa importante per tutto il
nostro atteggiamento di fronte alla sofferenza altrui. Bisogna, dunque, coltivare in s questa

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sensibilit del cuore, che testimonia la compassione verso un sofferente. A volte questa
compassione rimane l'unica o principale espressione del nostro amore e della nostra solidariet con
l'uomo sofferente.
Tuttavia, il buon Samaritano della parabola di Cristo non si ferma alla sola commozione e
compassione. Queste diventano per lui uno stimolo alle azioni che mirano a portare aiuto all'uomo
ferito. Buon Samaritano , dunque, in definitiva colui che porta aiuto nella sofferenza, di qualunque
natura essa sia. Aiuto, in quanto possibile, efficace. In esso egli mette il suo cuore, ma non
risparmia neanche i mezzi materiali. Si pu dire che d se stesso, il suo proprio io , aprendo
quest' io all'altro. Tocchiamo qui uno dei punti-chiave di tutta l'antropologia cristiana. L'uomo
non pu ritrovarsi pienamente se non attraverso un dono sincero di s (92). Buon Samaritano
l'uomo capace appunto di tale dono di s.
29. Seguendo la parabola evangelica, si potrebbe dire che la sofferenza, presente sotto tante forme
diverse nel nostro mondo umano, vi sia presente anche per sprigionare nell'uomo l'amore, proprio
quel dono disinteressato del proprio io in favore degli altri uomini, degli uomini sofferenti. Il
mondo dell'umana sofferenza invoca, per cos dire, senza sosta un altro mondo: quello dell'amore
umano; e quell'amore disinteressato, che si desta nel suo cuore e nelle sue opere, l'uomo lo deve in
un certo senso alla sofferenza. Non pu l'uomo prossimo passare con indifferenza davanti alla
sofferenza altrui in nome della fondamentale solidariet umana, n tanto meno in nome dell'amore
del prossimo. Egli deve fermarsi , commuoversi , agendo cos come il Samaritano della
parabola evangelica. La parabola in s esprime una verit profondamente cristiana, ma insieme
quanto mai universalmente umana. Non senza ragione anche nel linguaggio comune viene chiamata
opera da buon samaritano ogni attivit in favore degli uomini sofferenti e bisognosi di aiuto.
Quest'attivit assume, nel corso dei secoli, forme istituzionali organizzate e costituisce un campo di
lavoro nelle rispettive professioni. Quanto da buon samaritano la professione del medico, o
dell'infermiera, o altre simili! In ragione del contenuto evangelico , racchiuso in essa, siamo
inclini a pensare qui piuttosto ad una vocazione, che non semplicemente ad una professione. E le
istituzioni che, nell'arco delle generazioni, hanno compiuto un servizio da samaritano , ai nostri
tempi si sono ancora maggiormente sviluppate e specializzate. Ci prova indubbiamente che l'uomo
di oggi si ferma con sempre maggiore attenzione e perspicacia accanto alle sofferenze del prossimo,
cerca di comprenderle e di prevenirle sempre pi esattamente. Egli possiede anche una sempre
maggiore capacit e specializzazione in questo settore. Guardando a tutto questo, possiamo dire che
la parabola del Samaritano del Vangelo diventata una delle componenti essenziali della cultura
morale e della civilt universalmente umana. E pensando a tutti quegli uomini, che con la loro
scienza e la loro capacit rendono molteplici servizi al prossimo sofferente, non possiamo esimerci
dal rivolgere al loro indirizzo parole di riconoscimento e di gratitudine.
Queste si estendono a tutti coloro, che svolgono il proprio servizio verso il prossimo sofferente in
maniera disinteressata, impegnandosi volontariamente nell'aiuto da buon samaritano , e
destinando a tale causa tutto il tempo e le forze che rimangono a loro disposizione al di fuori del
lavoro professionale. Una tale spontanea attivit da buon samaritano o caritativa pu essere
chiamata attivit sociale, pu anche essere definita come apostolato, tutte le volte che viene
intrapresa per motivi schiettamente evangelici, specialmente se ci avviene in collegamento con la
Chiesa o con un'altra Comunit cristiana. La volontaria attivit da buon samaritano si realizza
attraverso ambienti adeguati oppure attraverso organizzazioni create a questo scopo. L'operare in
questa forma ha una grande importanza, specialmente se si tratta di assumere compiti pi grandi,
che esigono la cooperazione e l'uso dei mezzi tecnici. Non meno preziosa anche l'attivit
individuale, specialmente da parte delle persone, che sono ad essa meglio predisposte riguardo alle
varie specie di umana sofferenza, verso le quali l'aiuto non pu essere portato che individualmente e

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personalmente. L'aiuto familiare poi significa sia gli atti d'amore del prossimo, resi alle persone
appartenenti alla stessa famiglia, sia l'aiuto reciproco tra le famiglie.
E' difficile elencare qui tutti i tipi ed i diversi ambiti dell'attivit da samaritano che esistono
nella Chiesa e nella societ. Bisogna riconoscere che essi sono molto numerosi, ed anche esprimere
la gioia perch grazie ad essi i fondamentali valori morali, quali il valore dell'umana solidariet, il
valore dell'amore cristiano del prossimo, formano il quadro della vita sociale e dei rapporti
interumani, combattendo su questo fronte le diverse forme dell'odio, della violenza, della crudelt,
del disprezzo per l'uomo, oppure della semplice insensibilit , cio dell'indifferenza verso il
prossimo e le sue sofferenze.
Enorme qui il significato degli atteggiamenti opportuni da usare nell'educazione. La famiglia, la
scuola, le altre istituzioni educative, anche solo per motivi umanitari, devono lavorare con
perseveranza per il risveglio e l'affinamento di quella sensibilit verso il prossimo e la sua
sofferenza, di cui diventata simbolo la figura del Samaritano evangelico. La Chiesa ovviamente
deve far lo stesso, addentrandosi ancora pi profondamente in quanto possibile nelle
motivazioni che Cristo ha racchiuso nella sua parabola ed in tutto il Vangelo. L'eloquenza della
parabola del buon Samaritano, come anche di tutto il Vangelo, in particolare questa: l'uomo deve
sentirsi come chiamato in prima persona a testimoniare l'amore nella sofferenza. Le istituzioni sono
molto importanti ed indispensabili; tuttavia, nessuna istituzione pu da sola sostituire il cuore
umano, la compassione umana, l'amore umano, l'iniziativa umana, quando si tratti di farsi incontro
alla sofferenza dell'altro. Questo si riferisce alle sofferenze fisiche, ma vale ancora di pi se si tratta
delle molteplici sofferenze morali, e quando, prima di tutto, a soffrire l'anima.
30. La parabola del buon Samaritano, che come si detto appartiene al Vangelo della
sofferenza, cammina insieme con esso lungo la storia della Chiesa e del cristianesimo, lungo la
storia dell'uomo e dell'umanit. Essa testimonia che la rivelazione da parte di Cristo del senso
salvifico della sofferenza non si identifica in alcun modo con un atteggiamento di passivit. E' tutto
il contrario. Il Vangelo la negazione della passivit di fronte alla sofferenza. Cristo stesso in
questo campo soprattutto attivo. In questo modo, egli realizza il programma messianico della sua
missione, secondo le parole del profeta: Lo Spirito del Signore sopra di me; per questo mi ha
consacrato con l'unzione e mi ha mandato per annunziare ai poveri un lieto messaggio, per
proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; per rimettere in libert gli oppressi, e
predicare un anno di grazia del Signore (93). Cristo compie in modo sovrabbondante questo
programma messianico della sua missione: egli passa beneficando (94), ed il bene delle sue opere
ha assunto rilievo soprattutto di fronte all'umana sofferenza. La parabola del buon Samaritano in
profonda armonia col comportamento di Cristo stesso.
Questa parabola entrer, infine, per il suo contenuto essenziale, in quelle sconvolgenti parole sul
giudizio finale, che Matteo ha annotato nel suo Vangelo: Venite, benedetti del Padre mio; ricevete
in eredit il regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo. Perch io ho avuto fame e mi
avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato,
nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi (95). Ai
giusti che chiedono quando mai abbiano fatta proprio a lui tutto questo, il Figlio dell'Uomo
risponder: In verit vi dico: ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei
fratelli pi piccoli, l'avete fatto a me (96). La sentenza opposta toccher a coloro che si sono
comportati diversamente: Ogni volta che non avete fatto queste cose a uno di questi miei fratelli
pi piccoli, non l'avete fatto a me (97).
Si potrebbe certamente allungare l'elenco delle sofferenze che hanno incontrato la sensibilit
umana, la compassione, l'aiuto, oppure che non le hanno incontrate. La prima e la seconda parte

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della dichiarazione di Cristo sul giudizio finale indicano senza ambiguit come siano essenziali,
nella prospettiva della vita eterna di ogni uomo, il fermarsi , come fece il buon Samaritano,
accanto alla sofferenza del suo prossimo, l'aver compassione di essa, ed infine il dare aiuto. Nel
programma messianico di Cristo, che insieme il programma del Regno di Dio, la sofferenza
presente nel mondo per sprigionare amore, per far nascere opere di amore verso il prossimo, per
trasformare tutta la civilt umana nella civilt dell'amore . In questo amore il significato salvifico
della sofferenza si realizza fino in fondo e raggiunge la sua dimensione definitiva. Le parole di
Cristo sul giudizio finale permettono di comprendere ci in tutta la semplicit e perspicacia del
Vangelo.
Queste parole sull'amore, sugli atti di amore, collegati con l'umana sofferenza, ci permettono ancora
una volta di scoprire, alla base di tutte le sofferenze umane, la stessa sofferenza redentrice di Cristo.
Cristo dice: L'avete fatto a me . Egli stesso colui che in ognuno sperimenta l'amore; egli stesso
colui che riceve aiuto, quando questo viene reso ad ogni sofferente senza eccezione. Egli stesso
presente in questo sofferente, poich la sua sofferenza salvifica stata aperta una volta per sempre
ad ogni sofferenza umana. E tutti coloro che soffrono sono stati chiamati una volta per sempre a
diventare partecipi delle sofferenze di Cristo (98). Cos come tutti sono stati chiamati a
completare con la propria sofferenza quello che manca ai patimenti di Cristo (99). Cristo allo
stesso tempo ha insegnato all'uomo a far del bene con la sofferenza ed a far del bene a chi soffre. In
questo duplice aspetto egli ha svelato fino in fondo il senso della sofferenza.
VIII
CONCLUSIONE
31. Questo il senso veramente soprannaturale ed insieme umano della sofferenza.
E'soprannaturale, perch si radica nel mistero divino della redenzione del mondo, ed , altres,
profondamente umano, perch in esso l'uomo ritrova se stesso, la propria umanit, la propria
dignit, la propria missione.
La sofferenza certamente appartiene al mistero dell'uomo. Forse essa non avvolta quanto lui da
questo mistero, che particolarmente impenetrabile. Il Concilio Vaticano II ha espresso questa
verit che in realt, solamente nel mistero del Verbo Incarnato trova vera luce il mistero
dell'uomo. Infatti..., Cristo che il nuovo Adamo, proprio rivelando il mistero del Padre e del suo
amore, svela anche pienamente l'uomo all'uomo e gli fa nota la sua altissima vocazione (100). Se
queste parole si riferiscono a tutto ci che riguarda il mistero dell'uomo, allora certamente si
riferiscono in modo particolarissimo all'umana sofferenza. Proprio in questo punto lo svelare
l'uomo all'uomo e fargli nota la sua altissima vocazione particolarmente indispensabile. Succede
anche come prova l'esperienza che ci sia particolarmente drammatico. Quando per si
compie fino in fondo e diventa luce della vita umana, ci anche particolarmente beato. Per
Cristo e in Cristo si illumina l'enigma del dolore e della morte (101).
Chiudiamo le presenti considerazioni sulla sofferenza nell'anno nel quale la Chiesa vive il giubileo
straordinario, collegato all'anniversario della redenzione.
Il mistero della redenzione del mondo in modo sorprendente radicato nella sofferenza, e questa, a
sua volta, trova in esso il suo supremo e pi sicuro punto di riferimento.
Desideriamo vivere quest'Anno della Redenzione in speciale unione con tutti coloro che soffrono.
Occorre, pertanto, che sotto la Croce del Calvario idealmente convengano tutti i sofferenti che
credono in Cristo e, particolarmente, coloro che soffrono a causa della loro fede in lui Crocifisso e

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Risorto, affinch l'offerta delle loro sofferenze affretti il compimento della preghiera dello stesso
Salvatore per l'unit di tutti(102). L pure convengano gli uomini di buona volont, perch sulla
Croce sta il Redentore dell'uomo , l'Uomo dei dolori, che in s ha assunto le sofferenze fisiche e
morali degli uomini di tutti i tempi, affinch nell'amore possano trovare il senso salvifico del loro
dolore e risposte valide a tutti i loro interrogativi.
Insieme con Maria, Madre di Cristo, che stava sotto la Croce (103), ci fermiamo accanto a tutte le
croci dell'uomo d'oggi.
Invochiamo tutti i Santi, che durante i secoli furono in special modo partecipi delle sofferenze di
Cristo. Chiediamo loro di sostenerci.
E chiediamo a voi tutti, che soffrite, di sostenerci. Proprio a voi, che siete deboli, chiediamo che
diventiate una sorgente di forza per la Chiesa e per l'umanit. Nel terribile combattimento tra le
forze del bene e del male, di cui ci offre spettacolo il nostro mondo contemporaneo, vinca la vostra
sofferenza in unione con la Croce di Cristo!
A tutti, Fratelli e Sorelle carissimi, invio la mia Apostolica Benedizione.
Dato a Roma, presso San Pietro, nella memoria liturgica della Beata Maria Vergine di Lourdes,
l'11 febbraio dell'anno 1984, sesto di Pontificato.
IOANNES PAULUS PP. II

(1) Col. 1, 24.


(2) Col. 1, 24.
(3) Rom. 8, 22.
(4) Cfr. IOANNIS PAULI PP. II Redemptor Hominis, 14. 18. 21. 22.
(5) Quod Ezechias subiit (cfr. Is. 38, 1-3).
(6) Sic ut Agar timuit (cfr. Gen. 15, 16), Iacob mente finxit (cfr. Gen. 37, 33-35), David expertus est
(cfr. 2 Sam. 19, 1).
(7) Id Anna metuit, Tobiae mater (cfr. Tob. 10, 1-7; cfr. edam Ier. 6, 26; Am. 8, 10; Zac. 12, 10).
(8) Talis fuit Abrahae (cfr. Gen. 15, 2), Rachelis (cfr. Gen. 30, 1), Annae, Samuelis matris (cfr. 1
Sam. 1, 6-10), temptatio.
(9) Ut exsulum Babylonica lamentatio (cfr. Ps. 137 [136]).
(10) Quibus v. gr. affectus est Psaltes (cfr. Ps. 22 [21], 17-21), Ieremias (cfr. Ier. 18, 18).
(11) Sic ut accidit Iob (cfr. Iob 19, 18; 30, 1. 9), nonnullis Psaltibus (cfr. Ps. 22 [21], 7-9; Ps. 42
[41], 11; Ps. 44 [43], 16-17), Ieremiae (cfr. Ier. 20, 7), Servo patienti (cfr. Is. 53, 3).
(12) Quibus iterum oppressi sunt nonnulli Psaltes (cfr. Ps. 22 [21], 2-3; Ps. 31 [30], 13; Ps. 38 [37],
12; Ps. 88 [87], 9. 19); Ieremias (cfr. Ier. 15, 17) atque Servus patiens (cfr. Is. 53, 3).
(13) His Psaltes (Ps. 51 [50], 5), testes aerumnarum Servi (cfr. Is. 53, 3-6) et Zacharias Propheta
(cfr. Zac. 12, 10) confusi sunt.
(14) Talia passi sunt tum Psaltes (cfr. Ps. 73 [72], 3-14), tum Qoelet (cfr. Qo. 4, 1-3).
(15) Haec perpessi sunt sive Iob (cfr. Iob 19, 19), sive Psaltes nonnulli (cfr. Ps. 41 [40], 10; Ps. 55
[54], 13-15), sive Ieremias (cfr. Ier. 20, 10); Siracides vero de hac miseria meditatur (cfr. Sir. 37, 16).
(16) Praeter plures Lamentationum locos, cfr. psalmistarum questus (cfr. Ps. 44 [43], 10-17; Ps. 77
[76], 3-11; Ps. 79 [78], 11; Ps. 89 [88], 51), prophetarum (cfr. Is. 22, 4; Ier. 4, 8; 13, 17; 14, 17-18;
Ez. 9, 8; 21, 11-12). Cfr. etiam Azariae orationes (cfr. Dan. 3, 31-40), et Danielis (cfr. Dan. 9, 1619).

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(17) Cfr. e. gr. Is. 38, 13; Ier. 23, 9; Ps. 31 (30), 10-11; Ps. 42 (41), 10-11.
(18) Cfr. Ps. 73 (72), 21; Iob 16, 13; Lam. 3, 13.
(19) Cfr. Lam. 2, 11.
(20) Cfr. Is. 16, 11; Ier. 4, 19; Iob 30, 27; Lam. 1, 20.
(21) Cfr. 1 Sam. 1, 8; Ier. 4, 19; 8, 18; Lam. 1, 20-22; Ps. 38 (37), 9. 11.
(22) Meminisse iuvat radicem Hebraicam r" designare in universum quod malum est et bono
oppositum (b), nullamque admittere distinctionem inter sensum physicum, psychicum, ethicum.
Invenitur etiam in substantiva forma ra' et r', significante sine discrimine sive quod malum est in
se, sive malam actionem, sive etiam male agentem. In formis verbalibus praeter simplicem illam
formam (qal), quae, varia quidem ratione, designat aliquid malum esse , invenitur etiam forma
reflexiva-passiva (niphal), id est malum subire , maio corripi , atque forma causativa (hiphil),
malum inferre seu irrogare alicui. Cum autem careat lingua Hebraica verbo Graecae formae
respondente, idcirco fortasse verbum id raro in versione a Septuaginta occurrit.
(23) Dan. 3, 27 s.; cfr. Ps. 17 (18), 10; Ps. 36 (35), 7; Ps. 48 (47), 12; Ps. 51 (50), 6; Ps. 99 (98), 4;
Ps. 119 (118), 75; Mal. 3, 16-21; Matth. 20, 16; Marc. 10, 31; Luc. 17, 34; Io. 5, 30; Rom. 2, 2.
(24) Iob 4, 8.
(25) Iob 1, 9-11.
(26) Cfr. 2 Macc. 6, 12.
(27) Io. 3, 16.
(28) Iob 19, 25-26.
(29) 1, 29.
(30) Gen. 3, 19.
(31) Io. 3, 16.
(32) Act. 10, 38.
(33) Cfr. Matth. 5, 3-11.
(34) Cfr. Luc. 6, 21.
(35) Marc. 10, 33-34.
(36) Cfr. Matth. 16, 23.
(37) Ibid. 26, 52. 54.
(38) Io. 18, 11.
(39) Ibid. 3, 16.
(40) Gal. 2, 20.
(41) Is. 53, 2-6.
(42) Io. 1, 29.
(43) Is. 53, 7-9.
(44) Cfr. 1 Cor. 1, 18.
(45) Matth. 26, 39.
(46) Ibid. 26, 42.
(47) Ps. 22 (21), 2.
(48) Is. 53, 6.
(49) 2 Cor. 5, 21.
(50) Io. 19, 30.
(51) Is. 53, 10.
(52) Cfr. Io. 7, 37-38.
(53) Is. 53, 10-12.
(54) Iob. 19, 25.
(55) 1 Petr. 1, 18-19.
(56) Gal. 1, 4.
(57) 1 Cor. 6, 20.
(58) 2 Cor. 4, 8-11. 14.
(59) Ibid. 1, 5.

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(60) 2 Thess. 3, 5.
(61) Rom. 12, 1.
(62) Gal. 2, 19-20.
(63) Ibid. 6, 14.
(64) Phil. 3, 10-11.
(65) Act. 14, 22.
(66) 2 Thess. 1, 4-5.
(67) Rom. 8, 17-18.
(68) 2 Cor. 4, 17-18.
(69) 1 Petr. 4, 13.
(70) Luc. 23, 34.
(71) Matth. 10, 28.
(72) 2 Cor. 12, 9.
(73) 2 Tim. 1, 12.
(74) Phil. 4, 13.
(75) 1 Petr. 4, 16.
(76) Rom. 5, 3-5.
(77) Cfr. Marc. 8, 35; Luc. 9, 24; Io. 12, 25.
(78) Col. 1, 24.
(79) 1 Cor. 6, 15.
(80) Io. 3, 16.
(81) Luc. 9, 23.
(82) Cfr. ibid.
(83) Cfr. Matth. 7, 13-14.
(84) Luc. 21, 12-19.
(85) Io. 15, 18-21.
(86) Ibid. 16, 33.
(87) 2 Tim. 3, 12.
(88) Col. 1, 24.
(89) Cfr. Eph. 6, 12.
(90) Luc. 10, 29.
(91) Ibid. 10, 33-34.
(92) Gaudium et Spes, 24.
(93) Luc. 4, 18-19; cfr. Is. 61, 1-2.
(94) Act. 10, 38.
(95) Matth. 25, 34-36.
(96) Ibid. 25, 40.
(97) Ibid. 25, 45.
(98) 1 Petr. 4, 13.
(99) Col. 1, 24.
(100) Gaudium et Spes, 22.
(101) Gaudium et Spes, 22.
(102) Cfr. Io. 17, 11. 21-22.
(103) Cfr. ibid. 19, 25.

16. Discorso di Giovanni Paolo II ai partecipanti ad un convegno di


studi su il diritto alla vita e leuropa (1987)

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1. Sono lieto di questo incontro che si svolge in occasione del Convegno di studi su Il diritto alla
vita e lEuropa. A tutti il mio cordiale saluto.
Il tema su cui avete incentrato le vostre riflessioni di importanza decisiva per il futuro
dellEuropa, anzi, di ogni popolo e nazione. Il rispetto incondizionato del diritto alla vita della
persona umana gi concepita e non ancora nata, uno dei pilastri su cui si regge ogni societ civile.
Quando uno Stato mette a disposizione le sue istituzioni, perch qualcuno possa tradurre in atto la
volont di sopprimere il concepito, rinuncia a uno dei suoi doveri primari, e alla sua stessa dignit
di Stato. San Tommaso dAquino, uno dei pi grandi maestri della coscienza europea, insegna che
la legge civile ha forza di legge nella misura della sua giustizia (S. Thomae, Summa theologiae, III, q. 95, a. 2). Questa giustizia - come spiega subito lAngelico Dottore - si fonda sulla stessa legge
naturale, cos che una legge non conforme ad essa, egli conclude, non una legge, ma la
corruzione della legge (Ivi).
Non necessario rifarsi alla luce della fede cristiana per capire queste verit di fondo. Quando la
Chiesa le richiama, non vuole introdurre uno Stato cristiano: essa vuole semplicemente promuovere
uno Stato umano. Uno Stato che riconosca come suo primario dovere la difesa dei diritti
fondamentali della persona umana, specialmente di quella pi debole. E chi pi debole della
persona concepita e non ancora nata?
2. Ma voi avete voluto riflettere in particolare sul diritto alla vita del concepito e il destino
dellEuropa. facile notare la stridente contraddizione che v fra la legalizzazione dellaborto,
ormai in atto, purtroppo, in quasi tutta la Europa, e ci che costituisce la grandezza della cultura
europea. Questa, che ha le sue fonti maggiori nelleredit greca e latina, ha trovato nel cristianesimo
lilluminante apporto che le ha consentito di spingersi verso traguardi di superiore grandezza col
cristianesimo, lEuropa ha scoperto la dignit di ogni singola persona umana come tale: una
scoperta che ha fatto della cultura europea una cultura eminentemente umanistica. Radicata nella
latinit, essa stata la scuola del diritto, inteso come razionale organizzazione del vivere sociale sul
fondamento della giustizia. Erede della cultura greca, la cultura europea ha visto nel retto uso della
ragione - concepita come facolt di cogliere la realt non lasciandosi dominare dai propri interessi
particolari - uno dei segni pi chiari della grandezza delluomo.
Orbene, in questo incomparabile patrimonio culturale la legalizzazione dellaborto si inserita
come elemento estraneo, recante in s il germe della corruzione. Come possibile parlare ancora di
dignit di ogni persona umana, quando si permette che si uccida la pi debole e la pi innocente? In
nome di quale giustizia si opera fra le persone la pi ingiusta delle discriminazioni dichiarandone
alcune degne di essere difese, mentre ad altre questa dignit negata? Quale ragione qui messa in
atto, se anche per motivi utilitaristici o edonistici si permette leliminazione di un innocente? In
verit, su questo punto lEuropa sta giocando il suo destino futuro, poich sta dando segni di
decadenza morale e anche di impoverimento demografico, e sta rischiando cos di dilapidare un
patrimonio culturale trasmessole da insigni pensatori, grandi giuristi e mirabili santi.
3. La vostra presenza, limpegno con cui avete seguito queste giornate di studio dimostra per
quanto seria e profonda sia la vostra volont di operare un cambio di rotta in questo cammino. Non
vi spaventi la difficolt del compito. Non vi freni la constatazione di essere minoranza. La storia
dellEuropa dimostra che non di rado i grandi salti qualitativi della sua cultura sono stati propiziati
dalla testimonianza, spesso pagata col sacrificio personale, di solitari. La forza nella verit stessa
e non nel numero. LEuropa di domani nelle vostre mani. Siate degni di questo compito. Voi

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168

lavorate per restituire allEuropa la sua vera dignit: quella di essere luogo dove la persona, ogni
persona, affermata nella sua incomparabile dignit
Nellinvocare sul vostro impegno il conforto della divina assistenza, di cuore vi benedico.

17. Il rispetto della vita umana nascente e la dignit della


procreazione, Congregazione per la Dottrina della Fede, (1987)

PREMESSA
La Congregazione per la Dottrina della Fede stata interpellata da diverse Conferenze Episcopali o
da singoli vescovi da teologi medici e uomini di scienza, in merito alla conformit con i principi
della morale cattolica delle tecniche biomediche che consentono di intervenire nella fase iniziale
della vita dell'essere umano e nei processi stessi della procreazione. La presente Istruzione, che
frutto di vasta consultazione e in particolare di una attenta valutazione delle dichiarazioni di
episcopati non intende riproporre tutto l'insegnamento della Chiesa sulla dignit della vita umana
nascente e della procreazione, ma offrire, alla luce della precedente dottrina del Magistero, delle
risposte specifiche ai principali interrogativi sollevati in proposito. L'esposizione viene ordinata
nella maniera seguente: un'introduzione richiamer i principi fondamentali di carattere
antropologico e morale, necessari per un'adeguata valutazione dei problemi e per l'elaborazione
delle risposte a tali interrogativi; la prima parte avr per argomento il rispetto dell'essere umano a
partire dal primo momento della sua esistenza; la seconda parte affronter gli interrogativi morali
posti dagli interventi della tecnica sulla procreazione umana; nella terza parte verranno offerti
alcuni orientamenti sui rapporti che intercorrono tra legge morale e legge civile a proposito del
rispetto dovuto agli embrioni e feti umani* in relazione alla legittimit delle tecniche di
procreazione artificiale.
* I termini di "zigote", "pre-embrione", "embrione" e "feto" possono indicare nel vocabolario della
biologia stadi successivi dello sviluppo di un essere umano. La presente Istruzione usa liberamente
di questi termini, attribuendo ad essi un'identica rilevanza etica, per designare il frutto, visibile o
non, della generazione umana, dal primo momento della sua esistenza fino alla nascita. La ragione
di questo uso viene chiarita dal testo (cf. 1, 1).

INTRODUZIONE
1. La ricerca biomedica e l'insegnamento della Chiesa
Il dono della vita, che Dio Creatore e Padre ha affidato all'uomo, impone a questi di prendere
coscienza del suo inestimabile valore e di assumerne la responsabilit: questo principio
fondamentale dev'essere posto al centro della riflessione, per chiarire e risolvere i problemi morali
sollevati dagli interventi artificiali sulla vita nascente e sui processi della procreazione. Grazie al

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169

progresso delle scienze biologiche e mediche, l'uomo pu disporre di sempre pi efficaci risorse
terapeutiche, ma pu anche acquisire poteri nuovi dalle conseguenze imprevedibili sulla vita umana
nello stesso suo inizio e nei suoi primi stadi. Diversi procedimenti consentono oggi d'intervenire
non soltanto per assistere ma anche per dominare i processi della procreazione. Tali tecniche
possono consentire all'uomo di "prendere in mano il proprio destino", ma lo espongono anche "alla
tentazione di andare oltre i limiti di un ragionevole dominio sulla natura"(1). Per quanto possano
costituire un progresso a servizio dell'uomo, esse comportano anche dei rischi gravi. Da parte di
molti, viene espresso cos un urgente appello, affinch siano salvaguardati, negli interventi sulla
procreazione, i valori e i diritti della persona umana. Le richieste di chiarificazione e orientamento
non provengono soltanto dai fedeli, ma anche da parte di quanti riconoscono comunque alla Chiesa,
"esperta in umanit"(2), una missione al servizio della "civilt dell'amore"(3) e della vita. Il
Magistero della Chiesa non interviene in nome di una competenza particolare nell'ambito delle
scienze sperimentali; ma, dopo aver preso conoscenza dei dati della ricerca e della tecnica, intende
proporre in virt della propria missione evangelica e del suo dovere apostolico, la dottrina morale
rispondente alla dignit della persona e alla sua vocazione integrale, esponendo i criteri di giudizio
morale sulle applicazioni della ricerca scientifica e della tecnica, in particolare per ci che riguarda
la vita umana e i suoi inizi. Tali criteri sono il rispetto, la difesa e la promozione dell'uomo, il suo
"diritto primario e fondamentale" alla vita(4), la sua dignit di persona, dotata di un'anima
spirituale, di responsabilit morale(5) chiamata alla comunione beatifica con Dio. L'intervento
della Chiesa anche in quest'ambito ispirato all'amore che essa deve all'uomo aiutandolo a
riconoscere e rispettare i suoi diritti e i suoi doveri. Tale amore si alimenta alle sorgenti della carit
di Cristo: contemplando il mistero del Verbo Incarnato, la Chiesa conosce anche il "mistero
dell'uomo"(6), annunciando il Vangelo della salvezza, rivela all'uomo la sua dignit e lo invita a
scoprire pienamente la sua verit. La Chiesa ripropone cos la legge divina per fare opera di verit e
di liberazione. infatti per bontper indicare il cammino della vitache Dio da agli uomini i
suoi comandamenti e la grazia per osservali; ed pure per bontper aiutarli a perseverare nello
stesso camminoche Dio offre sempre a tutti il suo perdono. Cristo ha compassione delle nostre
fragilit: Egli nostro Creatore e nostro Redentore. Che il suo Spirito apra gli animi al dono della
pace di Dio e all'intelligenza dei suoi precetti.
2. La scienza e la tecnica al servizio della persona umana
Dio ha creato l'uomo a sua immagine e somiglianza: "maschio e femmina li cre" (Gen. 1, 27),
affidando loro il compito di "dominare la terra" (Gen. 1, 28). La ricerca scientifica di base e quella
applicata costituiscono un'espressione significativa di questa signoria dell'uomo sul creato. La
scienza e la tecnica, preziose risorse dell'uomo quando si pongono al suo servizio e ne promuovono
lo sviluppo integrale a beneficio di tutti, non possono da sole indicare il senso dell'esistenza e del
progresso umano. Essendo ordinate all'uomo da cui traggono origine e incremento, attingono dalla
persona e dai suoi valori morali l'indicazione della loro finalit e la consapevolezza dei loro limiti.
Sarebbe, perci, illusorio rivendicare la neutralit morale della ricerca scientifica e delle sue
applicazioni; d'altro canto non si possono desumere i criteri di orientamento dalla semplice
efficienza tecnica, dallutilit che possono arrecare ad alcuni a danno di altri o, peggio ancora, dalle
ideologie dominanti. Pertanto la scienza e la tecnica richiedono, per il loro stesso intrinseco
significato, il rispetto incondizionato dei criteri fondamentali della moralit: debbono essere cio, al
servizio della persona umana, dei suoi diritti inalienabili e del suo bene vero e integrale secondo il
progetto e la volont di Dio(7). Il rapido sviluppo delle scoperte tecnologiche rende pi urgente
questa esigenza di rispetto dei criteri ricordati: la scienza senza la coscienza ad altro non pu portare
che alla rovina dell'uomo. "L'epoca nostra, pi ancora che i secoli passati, ha bisogno di questa
sapienza, perch diventino pi umane tutte le sue nuove scoperte. in pericolo, di fatto, il futuro
del mondo, a meno che non vengano suscitati uomini pi saggi"(8).

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3. Antropologia e interventi in campo biomedico


Quali criteri morali si devono applicare per chiarire i problemi posti oggi nell'ambito della
biomedicina? La risposta a questo interrogativo suppone un'adeguata concezione della natura della
persona umana nella sua dimensione corporea. Infatti, soltanto nella linea della sua vera natura
che la persona umana pu realizzarsi come "totalit unificata"(9): ora questa natura e nello stesso
tempo corporale e spirituale. In forza della sua unione sostanziale con un'anima spirituale, il corpo
umano non pu essere considerato solo come un complesso di tessuti, organi e funzioni, ne pu
essere valutato alla stessa stregua del corpo degli animali, ma parte costitutiva della persona che
attraverso di esso si manifesta e si esprime. La legge morale naturale esprime e prescrive le finalit,
i diritti e i doveri che si fondano sulla natura corporale e spirituale della persona umana. Pertanto
essa non pu essere concepita come normativit semplicemente biologica, ma deve essere definita
come l'ordine razionale secondo il quale l'uomo chiamato dal Creatore a dirigere e regolare la sua
vita e i suoi atti e, in particolare, a usare e disporre del proprio corpo(10). Una prima conseguenza
pu essere dedotta da tali principi: un intervento sul corpo umano non raggiunge soltanto i tessuti,
gli organi e le loro funzioni, ma coinvolge anche a livelli diversi la stessa persona; comporta quindi
un significato e una responsabilit morali, in modo implicito forse, ma reale. Giovanni Paolo II
ribadiva con forza all'Associazione medica mondiale: "Ogni persona umana, nella sua singolarit
irrepetibile, non costituita soltanto dallo spirito ma anche dal corpo, cos nel corpo e attraverso il
corpo viene raggiunta la persona stessa nella sua realt concreta. Rispettare la dignit dell'uomo
comporta di conseguenza salvaguardare questa identit dell'uomo corpore et anima unus, come
affermava il Concilio Vaticano II (Cost. Gaudium et Spes, n. 14, 1). sulla base di questa visione
antropologica che si devono trovare i criteri fondamentali per le decisioni da prendere, quando si
tratta d'interventi non strettamente terapeutici, per esempio gli interventi miranti al miglioramento
della condizione biologica umana"(11). La biologia e la medicina nelle loro applicazioni
concorrono al bene integrale della vita umana quando vengono in aiuto della persona colpita da
malattia e infermit nel rispetto della sua dignit di creatura di Dio. Nessun biologo o medico pu
ragionevolmente pretendere, in forza della sua competenza scientifica, di decidere dell'origine e del
destino degli uomini. Questa non ma si deve applicare in maniera particolare nell'ambito della
sessualit e della procreazione, dove l'uomo e la donna pongono in atto i valori fondamentali
dell'amore e della vita. Dio, che amore e vita, ha inscritto nell'uomo e nella donna la vocazione a
una partecipazione speciale al suo mistero di comunione personale e alla sua opera di Creatore e di
Padre(12). Per questo il matrimonio possiede specifici beni e valori di unione e di procreazione
senza possibilit di confronto con quelli che esistono nelle forme inferiori della vita. Tali valori e
significati di ordine personale determinano dal punto di vista morale il senso e i limiti degli
interventi artificiali sulla procreazione e sull'origine della vita umana . Questi interventi non sono da
rifiutare in quanto artificiali. Come tali essi testimoniano le possibilit dell'arte medica, ma si
devono valutare sotto il profilo morale in riferimento alla dignit della persona umana, chiamata a
realizzare la vocazione divina al dono dell'amore e al dono della vita.
4. Criteri fondamentali per un giudizio morale
I valori fondamentali connessi con le tecniche di procreazione artificiale umana sono due: la vita
dell'essere umano chiamato all'esistenza e loriginalit della sua trasmissione nel matrimonio. Il
giudizio morale su tali metodiche di procreazione artificiale dovr quindi essere formulato in
riferimento a questi valori. La vita fisica, per cui ha inizio la vicenda umana nel mondo, non
esaurisce certamente in se tutto il valore della persona ne rappresenta il bene supremo dell'uomo che
chiamato alleternit. Tuttavia ne costituisce in un certo qual modo il valore "fondamentale",
proprio perch sulla vita fisica si fondano e si sviluppano tutti gli altri valori della persona(13).
Linviolabilit del diritto alla vita dell'essere umano innocente "dal momento del concepimento alla
morte"(14) un segno e un'esigenza dell'inviolabilit stessa della persona, alla quale il Creatore ha

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fatto il dono della vita. Rispetto alla trasmissione delle altre forme di vita nell'universo, la
trasmissione della vita umana ha una sua originalit, che deriva dalla originalit stessa della persona
umana. "La trasmissione della vita umana affidata dalla natura a un atto personale e cosciente e,
come tale, soggetto alle santissime leggi di Dio: leggi immutabili e inviolabili che vanno
riconosciute e osservate. per questo che non si possono usare mezzi e seguire metodi che possono
essere leciti nella trasmissione della vita delle piante e degli animali"(15). I progressi della tecnica
hanno oggi reso possibile una procreazione senza rapporto sessuale mediante l'incontro in vitro
delle cellule germinali antecedentemente prelevate dall'uomo e dalla donna. Ma ci che
tecnicamente possibile non per ci stesso moralmente ammissibile. La riflessione razionale sui
valori fondamentali della vita e della procreazione umana perci indispensabile per formulare la
valutazione morale a riguardo di tali interventi della tecnica sull'essere umano fin dai primi stadi del
suo sviluppo.
5. Insegnamenti del magistero
Da parte sua il Magistero della Chiesa, anche in questo ambito, offre alla ragione umana la luce
della Rivelazione: la dottrina sull'uomo insegnata dal Magistero contiene molti elementi che
illuminano i problemi che qui vengono affrontati. Dal momento del concepimento, la vita di ogni
essere umano va rispettata in modo assoluto, perch l'uomo sulla terra l'unica creatura che Dio ha
"voluto per se stesso"(16), e l'anima spirituale di ciascun uomo "immediatamente creata" da
Dio(17); tutto il suo essere porta l'immagine del Creatore. La vita umana sacra perch fin dal suo
inizio comporta "l'azione creatrice di Dio"(18) e rimane per sempre in una relazione speciale con il
Creatore, suo unico fine(19). Solo Dio il Signore della vita dal suo inizio alla sua fine: nessuno, in
nessuna circostanza, pu rivendicare a se il diritto il distruggere direttamente un essere umano
innocente(20). La procreazione umana richiede una collaborazione responsabile degli sposi con
l'amore fecondo di Dio(21); il dono della vita umana deve realizzarsi nel matrimonio mediante gli
atti specifici ed esclusivi degli sposi, secondo le leggi inscritte nelle loro persone e nella loro
unione(22).
PARTE I
IL RISPETTO DEGLI EMBRIONI UMANI
Un'attenta riflessione su questo insegnamento del Magistero e sui dati di ragione sopra richiamati
permette di rispondere ai molteplici problemi morali posti dagli interventi tecnici sull'essere umano
nelle fasi iniziali della sua vita e sui processi del suo concepimento.
1. Quale rispetto dovuto all'embrione umano, tenuto conto della sua natura e della sua
identit?
L'essere umano da rispettare - come una persona - fin dal primo istante della sua esistenza. La
messa in atto dei procedimenti di fecondazione artificiale ha reso possibili diversi interventi sugli
embrioni e sui feti umani. Gli scopi perseguiti sono di diverso genere: diagnostici e terapeutici,
scientifici e commerciali. Da tutto ci scaturiscono gravi problemi. Si pu parlare di un diritto alla
sperimentazione sugli embrioni umani in vista della ricerca scientifica? Quali normative o quale
legislazione elaborare in questa materia? La risposta a tali problemi suppone una riflessione
approfondita sulla natura e sullidentit propria - si parla di "statuto" - dell'embrione umano. Da
parte sua la Chiesa nel Concilio Vaticano II ha proposto nuovamente all'uomo contemporaneo la
sua dottrina costante e certa secondo cui: "la vita, una volta concepita, dev'essere protetta con la
massima cura, e l'aborto come l'infanticidio, sono abominevoli delitti"(23). Pi recentemente la
Carta dei diritti della famiglia, pubblicata dalla Santa Sede, ribadiva: "La vita umana dev'essere

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rispettata e protetta in modo assoluto dal momento del concepimento"(24). Questa Congregazione
conosce le discussioni attuali sull'inizio della vita umana, sullindividualit dell'essere umano e
sullidentit della persona umana. Essa richiama gli insegnamenti contenuti nella Dichiarazione
sull'aborto procurato: "Dal momento in cui l'ovulo fecondato, si inaugura una nuova vita che non
e quella del padre o della madre, ma di un nuovo essere umano che si sviluppa per proprio conto.
Non sar mai reso umano se non lo stato fin da allora. A questa evidenza di sempre... la scienza
genetica moderna fornisce preziose conferme. Essa ha mostrato come dal primo istante si trova
fissato il programma di ci che sar questo vivente: un uomo, quest'uomo-individuo con le sue note
caratteristiche gi ben determinate. Fin dalla fecondazione iniziata lavventura di una vita umana,
di cui ciascuna delle grandi capacita richiede tempo per impostarsi e per trovarsi pronta ad
agire"(25). Questa dottrina rimane valida e viene peraltro confermata, se ve ne fosse bisogno, dalle
recenti acquisizioni della biologia umana la quale riconosce che nello zigote* derivante dalla
fecondazione si gi costituita lidentit biologica di un nuovo individuo umano. Certamente
nessun dato sperimentale pu essere per s sufficiente a far riconoscere un'anima spirituale; tuttavia
le conclusioni della scienza sull'embrione umano forniscono unindicazione preziosa per discernere
razionalmente una presenza personale fin da questo primo comparire di una vita umana: come un
individuo umano non sarebbe una persona umana? Il Magistero non si espressamente impegnato
su un'affermazione d'indole filosofica, ma ribadisce in maniera costante la condanna morale di
qualsiasi aborto procurato. Questo insegnamento non mutato ed immutabile(26). Pertanto il
frutto della generazione umana dal primo momento della sua esistenza, e cio a partire dal
costituirsi dello zigote, esige il rispetto incondizionato che moralmente dovuto all'essere umano
nella sua totalit corporale e spirituale. L'essere umano va rispettato e trattato come una persona fin
dal suo concepimento e, pertanto, da quello stesso momento gli si devono riconoscere i diritti della
persona, tra i quali anzitutto il diritto inviolabile di ogni essere umano innocente alla vita. Questo
richiamo dottrinale offre il criterio fondamentale per la soluzione dei diversi problemi posti dallo
sviluppo delle scienze biomediche in questo campo: poich deve essere trattato come persona,
l'embrione dovr anche essere difeso nella sua integrit, curato e guarito nella misura del possibile,
come ogni altro essere umano nell'ambito dell'assistenza medica.
*Lo zigote la cellula derivante dalla fusione dei nuclei dei due gameti
2. La diagnosi prenatale moralmente lecita?
Se la diagnosi prenatale rispetta la vita e lintegrit dell'embrione e del feto umano ed orientata
alla sua salvaguardia o alla sua guarigione individuale, la risposta affermativa. La diagnosi
prenatale pu infatti far conoscere le condizioni dell'embrione e del feto quando ancora nel seno
della madre; permette, o consente di prevedere, alcuni interventi terapeutici, medici o chirurgici, pi
precocemente e pi efficacemente. Tale diagnosi lecita se i metodi impiegati, con il consenso dei
genitori adeguatamente informati, salvaguardano la vita e l'integrit dell'embrione e di sua madre,
non facendo loro correre rischi sproporzionati(27); Ma essa gravemente in contrasto con la legge
morale quando contempla leventualit, in dipendenza dai risultati, di provocare un aborto: una
diagnosi attestante l'esistenza di una malformazione o di una malattia ereditaria non deve equivalere
a una sentenza di morte. Pertanto la donna che richiedesse la diagnosi con l'intenzione determinata
di procedere all'aborto nel caso che l'esito confermi l'esistenza di una malformazione o anomalia,
commetterebbe un'azione gravemente illecita. Parimenti agirebbero in modo contrario alla morale il
coniuge o i parenti o chiunque altro, qualora consigliassero o imponessero la diagnosi alla gestante
con lo stesso intendimento di arrivare eventualmente all'aborto. Cos pure sarebbe responsabile di
illecita collaborazione lo specialista che nel condurre la diagnosi e nel comunicarne l'esito
contribuisse volutamente a stabilire o favorire il collegamento tra diagnosi prenatale e aborto. Si
deve infine condannare, come violazione del diritto alla vita nei confronti del nascituro e come
prevaricazione sui diritti e doveri prioritari dei coniugi, una direttiva o un programma delle autorit

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civili e sanitarie o di organizzazioni scientifiche che, in qualsiasi modo, favorisse la connessione tra
diagnosi prenatale e aborto oppure addirittura inducesse le donne gestanti a sottoporsi alla diagnosi
prenatale pianificata allo scopo di eliminare i feti affetti o portatori di malformazioni o malattie
ereditarie.
3. Gli interventi terapeutici sull' embrione umano sono leciti?
Come per ogni intervento medico sui pazienti, si devono ritenere leciti gli interventi sull'embrione
umano a patto che rispettino la vita e lintegrit dell'embrione, non comportino per lui rischi
sproporzionati, ma siano finalizzati alla sua guarigione, al miglioramento delle sue condizioni di
salute o alla sua sopravvivenza individuale. Qualunque sia il genere di terapia medica, chirurgica o
di altro tipo, richiesto il consenso libero e informato dei genitori, secondo le regole deontologiche
previste nel caso di bambini. L'applicazione di questo principio morale pu richiedere delicate e
particolari cautele trattandosi di vita embrionale o di feti. La legittimit e i criteri di tali interventi
sono stati chiaramente espressi da Giovanni Paolo II: "Un intervento strettamente terapeutico che si
prefigga come obiettivo la guarigione di diverse malattie, come quelle dovute a difetti cromosomici,
sar, in linea di principio, considerato come auspicabile, supposto che tenda a realizzare la vera
promozione del benessere personale dell'individuo, senza arrecare danno alla sua integrit o
deteriorarne le condizioni di vita. Un tale intervento si colloca di fatto nella logica della tradizione
morale cristiana"(28).
4. Come valutare moralmente la ricerca e la sperimentazione* sugli embrioni e sui feti umani?
La ricerca medica deve astenersi da interventi sugli embrioni vivi, a meno che non ci sia la certezza
morale di non arrecare danno n alla vita n allintegrit del nascituro e della madre, e a condizione
che i genitori abbiano accordato il loro consenso, libero e informato, per l'intervento sull'embrione.
Ne consegue che ogni ricerca, anche se limitata alla semplice osservazione dell'embrione,
diventerebbe illecita qualora, per i metodi impiegati o per gli effetti indotti, implicasse un rischio
per lintegrit fisica o la vita dell'embrione. Per quanto riguarda la sperimentazione presupposta la
distinzione generale tra quella con finalit non direttamente terapeutica e quella chiaramente
terapeutica per il soggetto stesso, nella fattispecie occorre distinguere anche tra la sperimentazione
attuata sugli embrioni ancora vivi e la sperimentazione attuata su embrioni morti. Se essi sono vivi,
viabili o non, devono essere rispettati come tutte le persone umane; la sperimentazione non
direttamente terapeutica sugli embrioni illecita(29). Nessuna finalit, anche in se stessa nobile,
come la previsione di una utilit per la scienza, per altri esseri umani o per la societ, pu in alcun
modo giustificare la sperimentazione sugli embrioni o feti umani vivi, viabili e non, nel seno
materno o fuori di esso. Il consenso informato, normalmente richiesto per la sperimentazione clinica
sull'adulto, non pu essere concesso dai genitori i quali non possono disporre n dellintegrit fisica
n della vita del nascituro. D'altra parte la sperimentazione sugli embrioni o feti comporta sempre il
rischio, anzi, il pi delle volte la previsione certa di un danno per la loro integrit fisica o addirittura
della loro morte. Usare l'embrione umano, o il feto, come oggetto o strumento di sperimentazione
rappresenta un delitto nei confronti della loro dignit di esseri umani che hanno diritto allo stesso
rispetto dovuto al bambino gi nato e ad ogni persona umana. La Carta dei diritti della famiglia,
pubblicata dalla Santa Sede, afferma: "Il rispetto per la dignit dell'essere umano esclude ogni sorta
di manipolazione sperimentale o sfruttamento dell'embrione umano"(30). La prassi di mantenere in
vita degli embrioni umani, in vivo o in vitro, per scopi sperimentali o commerciali, del tutto
contraria alla dignit umana. Nel caso della sperimentazione chiaramente terapeutica, qualora si
trattasse cio di terapie sperimentali impiegate a beneficio dell'embrione stesso allo scopo di salvare
in un tentativo estremo la sua vita, e in mancanza di altre terapie valide, pu essere lecito il ricorso a
farmaci o a procedure non ancora del tutto convalidate(31). I cadaveri di embrioni o feti umani,
volontariamente abortiti o non, devono essere rispettati come le spoglie degli altri esseri umani. In

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particolare non possono essere oggetto di mutilazioni o autopsie se la loro morte non stata
accertata e senza il consenso dei genitori o della madre. Inoltre va sempre fatta salva l'esigenza
morale che non vi sia stata complicit alcuna con l'aborto volontario e che sia evitato il pericolo di
scandalo. Anche nel caso di feti morti, come per i cadaveri di persone adulte, ogni pratica
commerciale deve essere ritenuta illecita e deve essere proibita.
*Poich i termini "ricerca" e "sperimentazione" sono frequentemente usati in modo equivalente e
ambiguo, si ritiene di dover precisare il significato loro attribuito nel presente documento. I) Per
ricerca s'intende qualsiasi procedimento induttivo-deduttivo, inteso a promuovere l'osservazione
sistematica di un dato fenomeno in campo umano o a verificare un'ipotesi emersa da precedenti
osservazioni. 2) Per sperimentazione s'intende qualsiasi ricerca, in cui l'essere umano (nei diversi
stadi della sua esistenza: embrione, feto, bambino o adulto) rappresenta l'oggetto mediante il quale
o sul quale s'intende verificare l'effetto, al momento sconosciuto o ancora non ben conosciuto, di un
dato trattamento (ad es. farmacologico, teratogeno, chirurgico ecc.).
5. Come valutare moralmente l'uso a scopo di ricerca degli embrioni ottenuti mediante la
fecondazione in vitro?
Gli embrioni umani ottenuti in vitro sono esseri umani e soggetti di diritto: la loro dignit e il loro
diritto alla vita devono essere rispettati fin dal primo momento della loro esistenza. immorale
produrre embrioni umani destinati a essere sfruttati come "materiale biologico" disponibile. Nella
pratica abituale della fecondazione in vitro non tutti gli embrioni vengono trasferiti nel corpo della
donna; alcuni vengono distrutti. Cos come condanna l'aborto procurato, la Chiesa proibisce anche
di attentare alla vita di questi esseri umani. doveroso denunciare la particolare gravita della
distruzione volontaria degli embrioni umani ottenuti in vitro al solo scopo di ricerca sia mediante
fecondazione artificiale sia mediante "fissione gemellare". Agendo in tal modo il ricercatore si
sostituisce a Dio e, anche se non ne ha la coscienza, si fa padrone del destino altrui, in quanto
sceglie arbitrariamente chi far vivere e chi mandare a morte e sopprime esseri umani senza difesa.
Le metodiche di osservazione o di sperimentazione, che causano danno o impongono dei rischi
gravi e sproporzionati agli embrioni ottenuti in vitro, sono moralmente illecite per le stesse ragioni.
Ogni essere umano va rispettato per se stesso, e non pu essere ridotto a puro e semplice valore
strumentale a vantaggio altrui. Non perci conforme alla morale esporre deliberatamente alla
morte embrioni umani ottenuti in vitro. In conseguenza del fatto che sono stati prodotti in vitro,
questi embrioni non trasferiti nel corpo della madre e denominati "soprannumerari", rimangono
esposti a una sorte assurda, senza possibilit di offrire loro sicure vie di sopravvivenza lecitamente
perseguibili.
6. Quale giudizio dare sugli altri procedimenti di manipolazione degli embrioni connessi con le
"tecniche di riproduzione umana"?
Le tecniche di fecondazione in vitro possono aprire la possibilit ad altre forme di manipolazione
biologica o genetica degli embrioni umani, quali: i tentativi o progetti di fecondazione tra gameti
umani e animali e di gestazione di embrioni umani in uteri di animali, l'ipotesi o il progetto di
costruzione di uteri artificiali per l'embrione umano. Questi procedimenti sono contrari alla dignit
di essere umano propria dell'embrione e, nello stesso tempo, ledono il diritto di ogni persona di
essere concepita e di nascere nel matrimonio e dal matrimonio(32). Anche i tentativi o le ipotesi
volte a ottenere un essere umano senza alcuna connessione con la sessualit mediante "fissione
gemellare", clonazione, partenogenesi, sono da considerare contrarie alla morale, in quanto
contrastano con la dignit sia della procreazione umana sia dell'unione coniugale. Lo stesso
congelamento degli embrioni, anche se attuano per garantire una conservazione in vita
dell'embrione crioconservazione costituisce un'offesa al rispetto dovuto agli esseri umani, in

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quanto li espone a gravi rischi di morte o di danno per la loro integrit fisica, li priva almeno
temporaneamente dell'accoglienza e della gestazione materna e li pone in una situazione suscettibile
di ulteriori offese e manipolazioni. Alcuni tentativi d'intervento sul patrimonio cromosomico o
genetico non sono terapeutici, ma mirano alla produzione di esseri umani selezionati secondo il
sesso o altre qualit prestabilite. Queste manipolazioni sono contrarie alla dignit personale
dell'essere umano, alla sua integrit e alla sua identit. Non possono quindi in alcun modo essere
giustificate in vista di eventuali conseguenze benefiche per lumanit futura(33). Ogni persona deve
essere rispettata per se stessa: in ci consiste la dignit e il diritto di ogni essere umano fin dal suo
inizio.
PARTE II
INTERVENTI SULLA PROCREAZIONE UMANA
Per "procreazione artificiale" o "fecondazione artificiale" si intendono qui le diverse procedure
tecniche volte a ottenere un concepimento umano in maniera diversa dall'unione sessuale dell'uomo
e della donna. L'Istruzione tratta della fecondazione di un ovulo in provetta (fecondazione in vitro)
e dell'inseminazione artificiale mediante trasferimento, nelle vie genitali della donna, dello sperma
precedentemente raccolto. Un punto preliminare per la valutazione morale di tali tecniche
costituito dalla considerazione delle circostanze e delle conseguenze che esse comportano in ordine
al rispetto dovuto all'embrione umano. L'affermarsi della pratica della fecondazione in vitro ha
richiesto innumerevoli fecondazioni e distruzioni di embrioni umani. Ancora oggi, presuppone
abitualmente una iperovulazione della donna: pi ovuli sono prelevati, fecondati e poi coltivati in
vitro per alcuni giorni. Abitualmente non sono trasferiti tutti nelle vie genitali della donna; alcuni
embrioni, chiamati solitamente "soprannumerari", vengono distrutti o congelati. Fra gli embrioni
impiantati talora alcuni sono sacrificati per diverse ragioni eugenetiche, economiche o psicologiche.
Tale distruzione volontaria di esseri umani o la loro utilizzazione a scopi diversi, a detrimento della
loro integrit e della loro vita, contraria alla dottrina gi ricordata a proposito dell'aborto
procurato. Il rapporto tra fecondazione in vitro e eliminazione volontaria di embrioni umani si
verifica troppo frequentemente. Ci significativo: con questi procedimenti, dalle finalit
apparentemente opposte, la vita e la morte vengono sottomesse alle decisioni dell'uomo, che viene
cos a costituirsi donatore di vita e di morte su comando. Questa dinamica di violenza e di dominio
pu rimanere non avvertita da parte di quegli stessi che, volendola utilizzare, vi si assoggettano. I
dati di fatto ricordati e la fredda logica che li collega, devono essere considerati per un giudizio
morale sulla FIVET (fecondazione in vitro e trasferimento dell'embrione): la mentalit abortiva che
l'ha resa possibile, conduce cos, lo si voglia o no, al dominio dell'uomo sulla vita e sulla morte dei
suoi simili, che pu portare ad un eugenismo radicale. Tuttavia abusi del genere non esimono da
una approfondita e ulteriore riflessione etica sulle tecniche di procreazione artificiale considerate in
se stesse, astraendo, per quanto possibile, dalla distruzione degli embrioni prodotti in vitro. La
presente Istruzione prender in considerazione pertanto in primo luogo i problemi posti dalla
fecondazione artificiale eterologa (II, 1-3)*, e successivamente quelli che sono collegati con la
fecondazione artificiale omologa (II, 4-6)**. Prima di formulare il giudizio etico su ciascuna di
esse, saranno considerati i principi e i valori che determinano la valutazione morale di ciascuna di
queste procedure.
* L'Istruzione intende con la denominazione di Fecondazione o procreazione artificiale eterologa le
tecniche volte a ottenere artificialmente un concepimento umano a partire da gameti provenienti
almeno da un donatore diverso dagli sposi, che sono uniti in matrimonio. Tali tecniche possono
essere di due tipi: a) FIVET eterologa: la tecnica volta a ottenere un concepimento umano attraverso
l'incontro in vitro di gameti prelevati almeno da un donatore diverso dai due sposi uniti da
matrimonio. b) Inseminazione artificiale eterologa: la tecnica volta a ottenere un concepimento

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umano attraverso il trasferimento nelle vie genitali della donna dello sperma precedentemente
raccolto da un donatore diverso dal marito.
** L'Istruzione intende per Fecondazione o procreazione artificiale omologa la tecnica volta a
ottenere un concepimento umano a partire dai gameti di due sposi uniti in matrimonio. La
fecondazione artificiale omologa pu essere attuata con due diverse metodiche: a) FIVET omologa:
la tecnica diretta a ottenere un concepimento umano mediante l'incontro in vitro dei gameti degli
sposi uniti in matrimonio b) Inseminazione artificiale omologa: la tecnica diretta a ottenere un
concepimento umano mediante il trasferimento, nelle vie genitali di una donna sposata, dello
sperma precedentemente raccolto del marito.

A.
FECONDAZIONE ARTIFICIALE ETEROLOGA
1. Perch la procreazione umana deve aver luogo nel matrimonio?
Ogni essere umano va accolto sempre come un dono e una benedizione di Dio. Tuttavia dal punto di
vista morale una procreazione veramente responsabile nei confronti del nascituro deve essere il
frutto del matrimonio. La procreazione umana possiede infatti delle caratteristiche specifiche in
virt della dignit dei genitori e dei figli: la procreazione di una nuova persona, mediante la quale
l'uomo e la donna collaborano con la potenza del Creatore, dovr essere il frutto e il segno della
mutua donazione personale degli sposi, del loro amore e della loro fedelt(34). La fedelt degli
sposi, nell'unit del matrimonio, comporta il reciproco rispetto del loro diritto a diventare padre e
madre soltanto l'uno attraverso l'altro. Il figlio ha diritto ad essere concepito, portato in grembo,
messo al mondo ed educato nel matrimonio: attraverso il riferimento sicuro e riconosciuto ai
propri genitori che egli pu scoprire la propria identit e maturare la propria formazione umana. I
genitori trovano nel figlio una conferma e un completamente della loro donazione reciproca: egli
l'immagine vivente del loro amore, il segno permanente della loro unione coniugale, la sintesi viva e
indissolubile della loro dimensione paterna e materna(35). In forza della vocazione e delle
responsabilit sociali della persona, il bene dei figli e dei genitori contribuisce al bene della societ
civile; la vitalit e l'equilibrio della societ richiedono che i figli vengano al mondo in seno a una
famiglia e che questa sia stabilmente fondata sul matrimonio. La tradizione della Chiesa e la
riflessione antropologica riconoscono nel matrimonio e nella sua unit indissolubile il solo luogo
degno di una procreazione veramente responsabile.
2. La fecondazione artificiale eterologa conforme alla dignit degli sposi e alla verit del
matrimonio?
Nella FIVET e nell'inseminazione artificiale eterologa il concepimento umano viene ottenuto
mediante l'incontro di gameti di almeno un donatore diverso dagli sposi che sono uniti in
matrimonio. La fecondazione artificiale eterologa contraria all'unit del matrimonio, alla dignit
degli sposi, alla vocazione propria dei genitori e al diritto del figlio ad essere concepito e messo al
mondo nel matrimonio e dal matrimonio.(36) Il rispetto dell'unit del matrimonio e della fedelt
coniugale esige che il figlio sia concepito nel matrimonio; il legame esistente tra i coniugi
attribuisce agli sposi, in maniera oggettiva e inalienabile, il diritto esclusivo a diventare padre e
madre soltanto l'uno attraverso l'altro(37). Il ricorso ai gameti di una terza persona, per avere a
disposizione lo sperma o l'ovulo, costituisce una violazione dell'impegno reciproco degli sposi e una
mancanza grave nei confronti di quella propriet essenziale del matrimonio, che la sua unit. La
fecondazione artificiale eterologa lede i diritti del figlio, lo priva della relazione filiale con le sue

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origini parentali e pu ostacolare la maturazione della sua identit personale. Essa costituisce inoltre
una offesa alla vocazione comune degli sposi che sono chiamati alla paternit e maternit: priva
oggettivamente la fecondit coniugale della sua unit e della sua integrit; opera e manifesta una
rottura fra parentalit genetica, parentalit gestazionale e responsabilit educativa. Tale alterazione
delle relazioni personali all'interno della famiglia si ripercuote nella societ civile. Queste ragioni
portano a un giudizio morale negativo sulla fecondazione artificiale eterologa: pertanto
moralmente illecita la fecondazione di una donna con lo sperma di un donatore diverso da suo
marito e la fecondazione con lo sperma del marito di un ovulo che non proviene dalla sua sposa.
Inoltre la fecondazione artificiale di una donna non sposata, nubile o vedova, chiunque sia il
donatore, non pu essere moralmente giustificata. Il desiderio di avere un figlio, l'amore tra gli
sposi che aspirano a ovviare a una sterilit non altrimenti superabile, costituiscono motivazioni
comprensibili; ma le intenzioni soggettivamente buone non rendono la fecondazione artificiale
eterologa n conforme alle propriet oggettive e inalienabili del matrimonio n rispettosa dei diritti
del figlio e degli sposi.
3. La maternit "sostitutiva" * moralmente lecita?
* Sotto la denominazione di "madre sostitutiva" l'istruzione intende comprendere: a) la donna che
porta in gestazione un embrione impiantato nel suo utero e che le geneticamente estraneo, perch
ottenuto mediante l'unione di gameti di "donatori", con l'impegno di consegnare il bambino una
volta nato a chi ha commissionato o pattuito tale gestazione; b) la donna che porta in gestazione un
embrione alla cui procreazione ha concorso con il dono del proprio ovulo, fecondato mediante
inseminazione con lo sperma di un uomo diverso da suo marito, con l'impegno di consegnare il
figlio, una volta nato. a chi ha commissionato o pattuito la gestazione.
No, per le medesime ragioni che portano a rifiutare la fecondazione artificiale eterologa: contraria,
infatti, all'unit del matrimonio e alla dignit della procreazione della persona umana. La maternit
sostitutiva rappresenta una mancanza oggettiva di fronte agli obblighi dell'amore materno, della
fedelt coniugale e della maternit responsabile; offende la dignit e il diritto del figlio ad essere
concepito, portato in grembo, messo al mondo ed educato dai propri genitori; essa instaura, a
detrimento delle famiglie, una divisione fra gli elementi fisici, psichici e morali che le costituiscono.

B.
FECONDAZIONE ARTIFICIALE OMOLOGA
Dichiarata inaccettabile la fecondazione artificiale eterologa, ci si chiede come valutare moralmente
i procedimenti di fecondazione artificiale omologa: FIVET e inseminazione artificiale fra gli sposi.
Occorre chiarire preliminarmente una questione di principio.
4. Quale legame richiesto dal punto di vista morale tra procreazione e atto coniugale?
a) L'insegnamento della Chiesa sul matrimonio e sulla procreazione umana afferma la "connessione
inscindibile, che Dio ha voluto e che l'uomo non pu rompere di sua iniziativa, tra i due significati
dell'atto coniugale: il significato unitivo e il significato procreativo. Infatti per la sua intima
struttura, l'atto coniugale, mentre unisce con profondissimo vincolo gli sposi, li rende atti alla
generazione di nuove vite, secondo leggi iscritte nell'essere stesso dell'uomo e della donna"(38).
Questo principio, fondato sulla natura del matrimonio e sull'intima connessione dei suoi beni,
comporta delle conseguenze ben note sul piano della paternit e maternit responsabili.
"Salvaguardando ambedue questi aspetti essenziali, unitivo e procreativo, l'atto coniugale conserva

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integralmente il senso del mutuo e vero amore ed il suo ordinamento all'altissima vocazione
dell'uomo alla paternit"(39). La medesima dottrina relativa al legame esistente fra i significati
dell'atto coniugale e fra i beni del matrimonio chiarisce il problema morale della fecondazione
artificiale omologa, poich "non mai permesso separare questi diversi aspetti al punto da escludere
positivamente o l'intenzione procreativa o il rapporto coniugale"(40). La contraccezione priva
intenzionalmente l'atto coniugale della sua apertura alla procreazione e opera in tal modo una
dissociazione volontaria delle finalit del matrimonio. La fecondazione artificiale omologa,
perseguendo una procreazione che non frutto d un atto specifico di unione coniugale, opera
obiettivamente una separazione analoga tra i beni e i significati del matrimonio. Pertanto la
fecondazione voluta lecitamente quando il termine di un "atto coniugale per s idoneo alla
generazione della prole, al quale il matrimonio ordinato per sua natura e per la quale i coniugi
divengono una sola carne"(41). Ma la procreazione privata dal punto di vista morale della sua
perfezione propria quando non voluta come il frutto dell'atto coniugale, e cio del gesto specifico
dell'unione degli sposi. b) Il valore morale dell'intimo legame esistente fra i beni del matrimonio e
fra i significati dell'atto coniugale si fonda sull'unit dell'essere umano, unit risultante di corpo e
anima spirituale(42). Gli sposi si esprimono reciprocamente il loro amore personale nel "linguaggio
del corpo", che comporta chiaramente "significati sponsali" e parentali insieme(43). L'atto
coniugale, con il quale gli sposi si manifestano reciprocamente il dono di s, esprime
simultaneamente l'apertura al dono della vita: un atto inscindibilmente corporale e spirituale. nel
loro corpo e per mezzo del loro corpo che gli sposi consumano il matrimonio e possono diventare
padre e madre. Per rispettare il linguaggio dei corpi e la loro naturale generosit, l'unione coniugale
deve avvenire nel rispetto dell'apertura alla procreazione, e la procreazione di una persona deve
essere il frutto e il termine dell'amore sponsale. L'origine dell'essere umano risulta cos da una
procreazione "legata all'unione non solamente biologica ma anche spirituale dei genitori uniti dal
vincolo del matrimonio"(44). Una fecondazione ottenuta fuori del corpo degli sposi rimane per ci
stesso privata dei significati e dei valori che si esprimono nel linguaggio del corpo e nell'unione
delle persone umane. c) Soltanto il rispetto del legame, che esiste fra i significati dell'atto coniugale,
e il rispetto dell'unit dell'essere umano consente una procreazione conforme alla dignit della
persona. Nella sua origine unica e irripetibile il figlio dovr essere rispettato e riconosciuto come
uguale in dignit personale a coloro che gli donano la vita. La persona umana dev'essere accolta nel
gesto di unione e di amore dei suoi genitori; la generazione di un figlio dovr perci essere il frutto
della donazione reciproca(45) che si realizza nell'atto coniugale in cui gli sposi cooperano come
servitori e non come padroni, all'opera dell'Amore Creatore(46). L'origine di una persona umana
in realt il risultato di una donazione. Il concepito dovr essere il frutto dell'amore dei suoi genitori.
Non pu essere voluto n concepito come il prodotto di un intervento di tecniche mediche e
biologiche: ci equivarrebbe a ridurlo a diventare l'oggetto di una tecnologia scientifica. Nessuno
pu sottoporre la venuta al mondo di un bambino a delle condizioni di efficienza tecnica valutabili
secondo parametri di controllo e di dominio. La rilevanza morale del legame esistente tra i
significati dell'atto coniugale e tra i beni del matrimonio, l'unit dell'essere umano e la dignit della
sua origine esigono che la procreazione di una persona umana debba essere perseguita come il
frutto dell'atto coniugale specifico dell'amore fra gli sposi. Il legame esistente fra procreazione e
atto coniugale si rivela, perci, di grande importanza sul piano antropologico e morale e chiarisce le
posizioni del Magistero a proposito della fecondazione omologa.
5. La fecondazione omologa in vitro moralmente lecita?
La risposta a questa domanda strettamente dipendente dai principi ora ricordati. Non si possono
certamente ignorare le legittime aspirazioni degli sposi sterili; per alcuni il ricorso alla FIVET
omologa appare come l'unico mezzo per ottenere un figlio sinceramente desiderato: ci si domanda
se in queste soluzioni la globalit della vita coniugale non basti ad assicurare la dignit confacente
alla procreazione umana. Si riconosce che la FIVET certamente non pu supplire all'assenza dei

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rapporti coniugali(47) e non pu essere preferita, considerati i rischi che si possono verificare per il
figlio e i disagi della procedura, agli atti specifici dell'unione coniugale. Ma ci si chiede se
nell'impossibilit di rimediare in altro modo alla sterilit, che causa di sofferenza, la fecondazione
omologa in vitro non possa costituire un aiuto, se non addirittura una terapia, per cui ne potrebbe
essere ammessa la liceit morale. Il desiderio di un figlio - o quanto meno la disponibilit a
trasmettere la vita - un requisito necessario dal punto di vista morale per una procreazione umana
responsabile. Ma questa intenzione buona non sufficiente per dare una valutazione morale positiva
della fecondazione in vitro tra gli sposi. Il procedimento della FIVET deve essere giudicato in se
stesso, e non pu mutuare la sua qualificazione morale definitiva n dall'insieme della vita
coniugale nella quale esso si iscrive n dagli atti coniugali che possono precederlo o seguirlo(48).
gi stato ricordato come, nelle circostanze in cui abitualmente praticata, la FIVET implichi la
distruzione di esseri umani, fatto questo che contro la dottrina gi richiamata sulla illiceit
dell'aborto(49). Ma anche nel caso in cui si mettesse in atto ogni cautela per evitare la morte degli
embrioni umani, la FIVET omologa, attua la dissociazione dei gesti che sono destinati alla
fecondazione umana dall'atto coniugale. La natura propria della FIVET omologa, pertanto, dovr
anche essere considerata astraendo dal legame con l'aborto procurato. La FIVET omologa attuata
al di fuori del corpo dei coniugi mediante gesti di terze persone la cui competenza e attivit tecnica
determinano il successo dell'intervento; essa affida la vita e l'identit dell'embrione al potere dei
medici e dei biologi e instaura un dominio della tecnica sull'origine e sul destino della persona
umana. Una siffatta relazione di dominio in s contraria alla dignit e all'uguaglianza che
dev'essere comune a genitori e figli. Il concepimento in vitro il risultato dell'azione tecnica che
presiede alla fecondazione; essa non n di fatto ottenuta n positivamente voluta come
l'espressione e il frutto di un atto specifico dell'unione coniugale. Nella FIVET omologa, perci, pur
considerata nel contesto dei rapporti coniugali di fatto esistenti, la generazione della persona umana
oggettivamente privata della sua perfezione propria: quella di essere, cio, il termine e il frutto di
un atto coniugale in cui gli sposi possono farsi "cooperatori con Dio per il dono della vita a una
nuova persona"(50). Queste ragioni permettono di comprendere perch l'atto di amore coniugale sia
considerato nell'insegnamento della Chiesa come l'unico luogo degno della procreazione umana.
Per le stesse ragioni il cosiddetto "caso semplice", cio una procedura di FIVET omologa, che sia
purificata da ogni compromissione con la prassi abortiva della distruzione di embrioni e con la
masturbazione, rimane una tecnica moralmente illecita perch priva la procreazione umana della
dignit che le propria e connaturale. Certamente la FIVET omologa non gravata di tutta quella
negativit etica che si riscontra nella procreazione extraconiugale; la famiglia e il matrimonio
continuano a costituire l'ambito della nascita e dell'educazione dei figli. Tuttavia, in conformit con
la dottrina tradizionale relativa ai beni del matrimonio e alla dignit della persona, la Chiesa rimane
contraria, dal punto di vista morale, alla fecondazione omologa in vitro; questa in se stessa illecita
e contrastante con la dignit della procreazione e dell'unione coniugale, anche quando tutto sia
messo in atto per evitare la morte dell'embrione umano. Pur non potendo essere approvata la
modalit con cui viene ottenuto il concepimento umano nella FIVET, ogni bambino che viene al
mondo dovr comunque essere accolto come un dono vivente della Bont divina e dovr essere
educato con amore.
6. Coma valutare dal punto di vista morale l'inseminazione artificiale omologa?
L'inseminazione artificiale omologa all'interno del matrimonio non pu essere ammessa, salvo il
caso in cui il mezzo tecnico risulti non sostitutivo dell'atto coniugale, ma si configuri come una
facilitazione e un aiuto affinch esso raggiunga il suo scopo naturale. L'insegnamento del Magistero
a questo proposito stato gi esplicitato(51): esso non soltanto espressione di circostanze storiche
particolari, ma si fonda sulla dottrina della Chiesa in tema di connessione fra unione coniugale e
procreazione, e sulla considerazione della natura personale dell'atto coniugale e della procreazione
umana. "L'atto coniugale, nella sua struttura naturale, un'azione personale, una cooperazione

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simultanea e immediata dei coniugi, la quale, per la stessa natura degli agenti e la propriet dell'atto,
l'espressione del dono reciproco, che, secondo la parola della Scrittura, effettua l'unione "in una
carne sola""(52). Pertanto la coscienza morale "non proscrive necessariamente l'uso di taluni mezzi
artificiali destinati unicamente sia a facilitare l'atto naturale, sia a procurare il raggiungimento del
proprio fine all'atto naturale normalmente compiuto"(53). Se il mezzo tecnico facilita l'atto
coniugale o l'aiuta a raggiungere i suoi obiettivi naturali, pu essere moralmente accettato. Qualora,
al contrario, l'intervento si sostituisca all'atto coniugale, esso moralmente illecito. L'inseminazione
artificiale sostitutiva dell'atto coniugale proibita in ragione della dissociazione volontariamente
operata tra i due significati dell'atto coniugale. La masturbazione, mediante la quale viene
normalmente procurato lo sperma, un altro segno di tale dissociazione; anche quando posto in
vista della procreazione, il gesto rimane privo del suo significato unitivo: "gli manca la relazione
sessuale richiesta dall'ordine morale, quella che realizza, "in un contesto di vero amore, l'integro
senso della mutua donazione e della procreazione umana""(54).
7. Quale criterio morale proporre circa l'intervento del medico nella procreazione umana?
L'atto medico non dev'essere valutato soltanto in rapporto alla sua dimensione tecnica, ma anche e
soprattutto in relazione alla sua finalit, che il bene delle persone e la loro salute corporea e
psichica. I criteri morali per l'intervento medico nella procreazione si deducono dalla dignit delle
persone umane, della loro sessualit e della loro origine. La medicina che voglia essere ordinata al
bene integrale della persona deve rispettare i valori specificamente umani della sessualit(55). Il
medico al servizio delle persone e della procreazione umana: non ha facolt di disporre n di
decidere di esse. L'intervento medico rispettoso della dignit delle persone quando mira ad aiutare
l'atto coniugale sia per facilitarne il compimento sia per consentirgli di raggiungere il suo fine, una
volta che sia stato normalmente compiuto(56). Al contrario, talvolta accade che l'intervento medico
tecnicamente si sostituisca all'atto coniugale per ottenere una procreazione che non n il suo
risultato n il suo frutto: in questo caso l'atto medico non risulta, come dovrebbe, al servizio
dell'unione coniugale, ma si appropria della funzione procreatrice e cos contraddice alla dignit e ai
diritti inalienabili degli sposi e del nascituro. L'umanizzazione della medicina, che viene oggi
insistentemente richiesta da tutti, esige il rispetto dell'integrale dignit della persona umana in primo
luogo nell'atto e nel momento in cui gli sposi trasmettono la vita a una nuova persona. logico
pertanto rivolgere anche un pressante appello ai medici e ai ricercatori cattolici perch rendano una
esemplare testimonianza del rispetto dovuto all'embrione umano e alla dignit della procreazione. Il
personale medico e curante degli ospedali e delle Cliniche cattoliche in modo speciale invitato a
fare onore agli obblighi morali contratti, spesso anche a titolo di statuto. I responsabili di questi
ospedali e cliniche cattoliche, che sono sovente religiosi, avranno cuore di assicurare e promuovere
un'attenta osservanza delle norme morali richiamate nella presente Istruzione.
8. La sofferenza per la sterilit coniugale
La sofferenza degli sposi che non possono avere figli o che temono di mettere al mondo un figlio
handicappato, una sofferenza che tutti debbono comprendere e adeguatamente valutare. Da parte
degli sposi il desiderio di un figlio naturale: esprime la vocazione alla paternit e alla maternit
inscritta nell'amore coniugale. Questo desiderio pu essere ancora pi forte se la coppia affetta da
sterilit che appaia incurabile. Tuttavia il matrimonio non conferisce agli sposi il diritto di avere un
figlio, ma soltanto il diritto di porre quegli atti naturali che di per s sono ordinati alla
procreazione(57). Un vero e proprio diritto al figlio sarebbe contrario alla sua dignit e alla sua
natura. Il figlio non un qualche cosa di dovuto e non pu essere considerato come oggetto di
propriet: piuttosto un dono, "il pi grande"(58) e il pi gratuito del matrimonio, ed
testimonianza vivente della donazione reciproca dei suoi genitori. A questo titolo il figlio ha il
diritto - come stato ricordato - di essere il frutto dell'atto specifico dell'amore coniugale dei suoi

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genitori e ha anche il diritto a essere rispettato come persona dal momento del suo concepimento.
Tuttavia la sterilit, qualunque ne sia la causa e la prognosi, certamente una dura prova. La
comunit dei credenti chiamata a illuminare e sostenere la sofferenza di coloro che non possono
realizzare una legittima aspirazione alla maternit e paternit. Gli sposi che si trovano in queste
dolorose situazioni sono chiamati a scoprire in esse l'occasione per una particolare partecipazione
alla croce del Signore, fonte di fecondit spirituale. Le coppie sterili non devono dimenticare che
"anche quando la procreazione non possibile, non per questo la vita coniugale perde il suo valore.
La sterilit fisica infatti pu essere occasione per gli sposi per rendere altri servizi importanti alla
vita delle persone umane, quali ad esempio l'adozione, le varie forme di opere educative, l'aiuto ad
altre famiglie, ai bambini poveri o handicappati"(59). Molti ricercatori si sono impegnati nella lotta
contro la sterilit. Salvaguardando pienamente la dignit della procreazione umana, alcuni sono
arrivati a risultati che in precedenza sembravano irraggiungibili. Gli uomini di scienza vanno quindi
incoraggiati a proseguire nelle loro ricerche, allo scopo di prevenire le cause della sterilit e potervi
rimediare, in modo che le coppie sterili possano riuscire a procreare nel rispetto della loro dignit
personale e di quella del nascituro.
PARTE III
MORALE E LEGGE CIVILE
Valori e obblighi morali che la legislazione civile deve rispettare e sancire in questa materia
I diritto inviolabile alla vita di ogni individuo umano innocente, i diritti della famiglia,
dell'istituzione matrimoniale costituiscono dei valori morali fondamentali, perch riguardano la
condizione naturale e la vocazione integrale della persona umana, nello stesso tempo sono elementi
costitutivi della societ civile e del suo ordinamento. Per questo motivo le nuove possibilit
tecnologiche, apertesi nel campo della biomedicina, richiedono l'intervento delle autorit politiche e
del legislatore, perch un ricorso incontrollato a tali tecniche potrebbe condurre a conseguenze non
prevedibili e dannose per la societ civile. Il riferimento alla coscienza di ciascuno e
all'autoregolamentazione dei ricercatori non pu essere sufficiente per il rispetto dei diritti personali
e dell'ordine pubblico. Se il legislatore, responsabile del bene comune, mancasse di vigilare,
potrebbe venire espropriato delle sue prerogative da parte di ricercatori che pretendessero di
governare l'umanit in nome delle scoperte biologiche e dei presunti processi di "miglioramento"
che ne deriverebbero. L'"eugenismo" e le discriminazioni fra gli esseri umani potrebbero trovarsi
legittimate: ci costituirebbe una violenza e un'offesa grave all'uguaglianza, alla dignit e ai diritti
fondamentali della persona umana. L'intervento dell'autorit politica si deve ispirare ai principi
razionali che regolano i rapporti tra legge civile e legge morale. Compito della legge civile
assicurare il bene comune delle persone attraverso il riconoscimento e la difesa dei diritti
fondamentali, la promozione della pace e della pubblica moralit(60). In nessun ambito di vita la
legge civile pu sostituirsi alla coscienza n pu dettare norme su ci che esula dalla sua
competenza; essa deve talvolta tollerare in vista dell'ordine pubblico ci che non pu proibire senza
che ne derivi un danno pi grave. Tuttavia i diritti inalienabili della persona dovranno essere
riconosciuti e rispettati da parte della societ civile e dell'autorit politica; tali diritti dell'uomo non
dipendono n dai singoli individui n dai genitori e neppure rappresentano una concessione della
societ e dello Stato: appartengono alla natura umana e sono inerenti alla persona in forza dell'atto
creativo da cui ha preso origine.
Fra tali diritti fondamentali bisogna a questo proposito ricordare:
1. il diritto alla vita e all'integrit fisica di ogni essere umano dal momento del concepimento alla
morte;

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2. i diritti della famiglia e del matrimonio come istituzione e, in questo ambito, il diritto per il figlio
a essere concepito, messo al mondo ed educato dai suoi genitori.
Su ciascuna di queste due tematiche occorre qui svolgere qualche considerazione ulteriore. In
diversi Stati alcune leggi hanno autorizzato la soppressione diretta di innocenti: nel momento in cui
una legge positiva priva una categoria di esseri umani della protezione che la legislazione civile
deve loro accordare, lo Stato viene a negare l'uguaglianza di tutti davanti alla legge. Quando lo
Stato non pone la sua forza al servizio dei diritti di ciascun cittadino, e in particolare di chi pi
debole, vengono minati i fondamenti stessi di uno Stato di diritto. L'autorit politica di conseguenza
non pu approvare che gli esseri umani siano chiamati all'esistenza mediante procedure tali da
esporli ai gravissimi rischi sopra ricordati. Il riconoscimento eventualmente accordato dalla legge
positiva e dalle autorit politiche alle tecniche di trasmissione artificiale della vita e alle
sperimentazioni connesse renderebbe pi ampia la breccia aperta dalla legalizzazione dell'aborto.
Come conseguenza del rispetto e della protezione che vanno assicurati al nascituro, a partire dal
momento del suo concepimento, la legge dovr prevedere appropriate sanzioni penali per ogni
deliberata violazione dei suoi diritti. La legge non potr tollerare - anzi dovr espressamente
proibire - che degli esseri umani, sia pure allo stadio embrionale, siano trattati come oggetto di
sperimentazione, mutilati o distrutti con il pretesto che risulterebbero superflui o incapaci di
svilupparsi normalmente. L'autorit politica tenuta a garantire all'istituzione familiare, sulla quale
la societ si fonda, la protezione giuridica alla quale essa ha diritto. Per il fatto stesso che al
servizio delle persone, l'autorit politica dovr essere anche a servizio della famiglia. La legge civile
non potr accordare la sua garanzia a quelle tecniche di procreazione artificiale che sottraggono a
beneficio di terze persone (medici, biologi, poteri economici o governativi) ci che costituisce un
diritto inerente alla relazione fra gli sposi e non potr perci legalizzare il dono di gameti tra
persone che non siano legittimamente unite in matrimonio. La legislazione dovr proibire inoltre, in
forza del sostegno che dovuto alla famiglia, le banche di embrioni, l'inseminazione post mortem e
la "maternit sostitutiva". Rientra nei doveri dell'autorit pubblica operare in modo che la legge
civile sia regolata sulle norme fondamentali della legge morale in ci che concerne i diritti
dell'uomo, della vita umana e dell'istituzione familiare. Gli uomini politici dovranno impegnarsi,
attraverso il loro intervento sull'opinione pubblica, a ottenere su tali punti essenziali il consenso pi
vasto possibile nella societ, e a consolidarlo laddove esso rischiasse di essere indebolito e di venir
meno. In molti paesi la legalizzazione dell'aborto e la tolleranza giuridica verso le coppie non
sposate rendono pi difficile ottenere il rispetto dei diritti fondamentali richiamati in questa
Istituzione. Ci si augura che gli Stati non si assumano la responsabilit di rendere ancora pi gravi
queste situazioni di ingiustizia socialmente dannose. Al contrario, c' da auspicare che le nazioni e
gli Stati prendano coscienza di tutte le implicazioni culturali, ideologiche e politiche connesse con
le tecniche di procreazione artificiale e sappiano trovare la saggezza e il coraggio necessari per
emanare leggi pi giuste e rispettose della vita umana e dell'istituzione familiare. La legislazione
civile di numerosi Stati conferisce oggi agli occhi di molti una legittimazione indebita di certe
pratiche; essa si dimostra incapace di garantire quella moralit, che conforme alle esigenze
naturali della persona umana e alle "leggi non scritte" impresse dal Creatore nel cuore dell'uomo.
Tutti gli uomini di buona volont devono impegnarsi, in particolare nell'ambito della loro
professione e nell'esercizio dei loro diritti civili, perch siano riformate le leggi civili moralmente
inaccettabili e corrette le pratiche illecite. Inoltre deve essere sollevata e riconosciuta l'"obiezione di
coscienza" di fronte a tali leggi. Ancor pi, comincia a imporsi con acutezza alla coscienza morale
di molti, specialmente fra gli specialisti delle scienze biomediche, l'istanza per una resistenza
passiva alla legittimazione di pratiche contrarie alla vita e alla dignit dell'uomo.
CONCLUSIONE

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La diffusione delle tecnologie d'intervento sui processi della procreazione umana solleva gravissimi
problemi morali in relazione al rispetto dovuto all'essere umano fin dal suo concepimento e alla
dignit della persona, della sua sessualit e della trasmissione della vita. Con questo documento, la
Congregazione per la Dottrina della Fede, adempiendo al suo compito di promuovere e tutelare
l'insegnamento della Chiesa in cos grave materia, rivolge un nuovo accorato invito a tutti coloro
che, in ragione del loro ruolo e del loro impegno, possono esercitare un influsso positivo perch,
nella famiglia e nella societ, sia accordato il dovuto rispetto alla vita e all'amore: ai responsabili
della formazione delle coscienze e dell'opinione pubblica, ai cultori della scienza e ai professionisti
della medicina, ai giuristi e agli uomini politici. Essa auspica che tutti comprendano
l'incompatibilit che sussiste tra il riconoscimento della dignit della persona umana e il disprezzo
della vita e dell'amore, tra la fede nel Dio vivente e la pretesa di voler decidere arbitrariamente
dell'origine e della sorte di un essere umano. In particolare la Congregazione per la Dottrina della
Fede rivolge un fiducioso invito e un incoraggiamento ai teologi e, in particolare, ai moralisti
perch approfondiscano e rendano sempre pi accessibili ai fedeli i contenuti dell'insegnamento del
Magistero della Chiesa, alla luce di una valida antropologia in materia di sessualit e matrimonio
nel contesto del necessario approccio interdisciplinare. Si potranno cos comprendere sempre
meglio le ragioni e la validit di questo insegnamento: difendendo l'uomo contro gli eccessi del suo
potere, la Chiesa di Dio gli ricorda i titoli della sua vera nobilt; solo in tal modo si potr assicurare
all'umanit di domani la possibilit di vivere e di amare in quella dignit e libert che derivano dal
rispetto della verit. Le precise indicazioni che vengono offerte nella presente Istituzione non
intendono quindi arrestare lo sforzo di riflessione, ma piuttosto favorire un rinnovato impulso, nella
fedelt irrinunciabile alla dottrina della Chiesa. Alla luce della verit sul dono della vita .umana e
dei principi morali che ne conseguono, ciascuno invitato ad agire, nell'ambito della responsabilit
che gli propria, come il buon samaritano e a riconoscere anche il pi piccolo tra i figli degli
uomini come suo prossimo (Cf. Lc 10, 29-37). La parola di Cristo trova qui una risonanza nuova e
particolare: "Ci che avrete fatto al pi piccolo dei miei fratelli lo avrete fatto a Me" (Mt 25, 40).
Il Sommo Pontefice Giovanni Paolo II, nel corso dell'Udienza accordata al sottoscritto Prefetto
dopo la riunione plenaria di questa Congregazione, ha approvato la presente Istruzione e ne ha
ordinato la pubblicazione.
Roma, dalla Sede della Congregazione per la Dottrina della Fede, il 22 febbraio 1987, Festa della
Cattedra di S. Pietro Apostolo.
Joseph Card. Ratzinger
Prefetto
Alberto Bovone
Arc. tit. di Cesarea di Numidia
Segretario

NOTE
1 GIOVANNI PAOLO II, Discorso ai partecipanti all'81 Congresso della Societ Italiana di
Medicina Interna e all'82 Congresso della Societ Italiana di Chirurgia Generale, 27 ottobre 1980:
AAS 72 (1980) 1126.
2 PAOLO VI, Discorso all'Assemblea Generale delle Nazioni Unite 4 ottobre 1965: AAS 57 (1965)
878; Encicl. Popolorum Progressio, 13: AAS 59 (1967) 263.

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3 PAOLO VI, Omelia durante la Messa di chiusura dell'Anno Santo, 25 dicembre 1975: AAS 68
(1976) 145; GIOVANNI PAOLO II, Encicl. Dives in Misericordia, 30: AAS 72 (1980) 1224.
4 GIOVANNI PAOLO II, Discorso ai partecipanti alla 35a Assemblea Generale dell'Associazione
Medica Mondiale, 29 ottobre 1983: AAS 76 (1984) 390.
5 Cf. Dichiar. Dignitatis Humanae, 2.
6 Costit. past. Gaudium et Spes, 22, GIOVANNI PAOLO II, Encicl. Redemptor Hominis, 8: AAS
71 (1979) 270-272.
7 Cf. Costit. past. Gaudium et Spes, 35.
8 Costit. past. Gaudium et Spes, 15. Cf. anche PAOLO VI, Encicl. Popolorum Progressio, 20: AAS
59 (1967) 267; GIOVANNI PAOLO II, Encicl. Redemptor Hominis, 15: AAS 71 (1979) 286-289;
Esort. apost. Familiaris Consortio, 8: AAS 74 (1982) 89.
9 GIOVANNI PAOLO II, Esort. apost. Familiaris Consortio, 11: AAS 74 (1982) 92.
10 Cf. PAOLO VI, Encicl. Humanae Vitae, 10: AAS 60 (1968) 487488.
11 GIOVANNI PAOLO II, Discorso ai partecipanti alla 35a Assemblea Generale
dell'Associazione Medica Mondiale, 29 ottobre 1983: AAS 76 (1984) 393.
12 Cf. GIOVANNI PAOLO II, Esort. apost. Familiaris Consortio, 11: AAS 74 (1982) 91-92; cf.
anche Costit. past. Gaudium et Spes, 50.
13 SACRA CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE, Dichiarazione sull'aborto
procurato, 9: AAS 66 (1974) 736-737.
14 GIOVANNI PAOLO II, Discorso ai partecipanti alla 35a Assemblea Generale
dell'Associazione Medica Mondiale, 29 ottobre 1983: AAS 76 (1984) 390.
15 GIOVANNI XXIII, Encicl. Mater et Magistra, III: AAS 53 (1961) 447.
16 Costit. past. Gaudium et Spes, 24.
17 Cf. Pio XII, Encicl. Humani Generis: AAS 42 (1950) 575; PAOLO VI, Professio fidei: AAS 60
(1968) 436.
18 GIOVANNI XXIII, Encicl. Mater et Magistra, III: AAS 53 (1961) 447: cf. GIOVANNI
PAOLO II, Discorso ai sacerdoti partecipanti a un seminario di studio su "La procreazione
responsabile", 17 settembre 1983: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, VI, 2 (1983) 562:
"All'origine di ogni persona umana v' un atto creativo di Dio: nessun uomo viene all'esistenza per
caso; egli e sempre il termine dell'amore creativo di Dio".
19 Cf. Costit. past. Gaudium et Spes, 24.
20 Cf. Pio XII, Discorso all'Unione Medico-Biologica "S. Luca". 12 novembre 1944: Discorsi e
Radiomessaggi, VI (1944-1945) 191-192.
21 Cf. Costit. past. Gaudium et Spes, 50.
22 Cf. Costit. past. Gaudium et Spes. 51: "Perci quando si tratta di comporre l'amore coniugale con
la trasmissione responsabile della vita il carattere morale del comportamento non dipende solo dalla
sincera intenzione e dalla valutazione dei motivi, ma va determinato da criteri oggettivi che hanno il
loro fondamento nella natura stessa della persona umana e dei suoi atti, che sono destinati a
mantenere in un contesto di vero amore l'integro senso della mutua donazione e della procreazione
umana".
23 Costit. past. Gaudium et Spes, n. 51.
24 Santa Sede. Carta dei diritti della famiglia, art. 4: L'Osservatore Romano, 25 novembre 1983.
25 SACRA CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE, Dichiarazione sull'aborto
procurato,12-13: AAS 66 (1974) 738.
26 Cf. PAOLO VI, Discorso ai partecipanti al XXIII Congresso Nazionale dei Giuristi Cattolici
Italiani, 9 dicembre 1972: AAS 64 (1972) 777.
27 L'obbligo di evitare dei rischi sproporzionati comporta un autentico rispetto degli esseri umani e

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la rettitudine delle intenzioni terapeutiche. Esso implica che il medico "dovr innanzitutto valutare
attentamente le eventuali conseguenze negative che l'uso necessario di una determinata tecnica
d'indagine pu avere sul concepito, ed eviter il ricorso a procedimenti diagnostici circa la cui
onesta finalit e sostanziale innocuit non si possiedono sufficienti garanzie. E se come spesso
avviene nelle scelte umane, un coefficiente di rischio dovr essere affrontato, egli si preoccuper di
verificare che esso sia compensato da una vera urgenza della diagnosi e dall'importanza dei risultati
con essa raggiungibili in favore del concepito stesso" (GIOVANNI PAOLO II, Discorso ai
partecipanti al Convegno del "Movimento per la vita", 3 dicembre 1982: Insegnamenti di Giovanni
Paolo II, V 3 [1982] 1512). Questa precisazione sul "rischio proporzionato" va tenuta presente
anche nei passi successivi di questa Istruzione, tutte le volte in cui ricorre questo termine.
28 GIOVANNI PAOLO II, Discorso ai partecipanti alla 35a Assemblea Generale
dell'Associazione Medica Mondiale, 29 ottobre 1983: AAS 76 ( I 984) 392.
29 Cf. GIOVANNI PAOLO II, Discorso ai partecipanti a un Convegno della Pontificia Accademia
delle Scienze, 23 ottobre 1982: AAS 75 (1983) 37: "lo condanno nel modo pi esplicito e formale le
manipolazioni sperimentali fatte sull'embrione umano, perch l'essere
umano, dal momento del suo concepimento fino alla morte, non pu essere sfruttato per nessuna
ragione".
30 SANTA SEDE, Carta dei diritti della famiglia art. 4b: L'Osservatore Romano 25 novembre
1983.
31 Cf. GIOVANNI PAOLO II, Discorso ai partecipanti al Convegno del "Movimento per la vita" 3
dicembre 1982: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, V 3, (1982) 1511: "Inaccettabile e ogni forma
di sperimentazione sul feto che possa danneggiarne lintegrit o peggiorarne le condizioni a meno
che si tratti di un tentativo estremo di salvarlo da morte". SACRA CONGREGAZIONE PER LA
DOTTRINA DELLA FEDE, Dichiarazione sull'eutanasia 4: AAS 72 (1980) 550: "In mancanza di
altri rimedi, e lecito ricorrere, con il consenso dell'ammalato, ai mezzi messi a disposizione dalla
medicina pi avanzata, anche se sono ancora allo stato sperimentale e non sono esenti da qualche
rischio".
32 Nessuno pu rivendicare, prima di esistere, un diritto soggettivo ad iniziare l'esistenza, tuttavia, e
legittimo affermare il diritto del bambino ad avere un'origine pienamente umana attraverso il
concepimento conforme alla natura personale dell'essere umano. La vita un dono che deve essere
accordato in maniera degna sia del soggetto che la riceve sia dei soggetti che la trasmettono. Questa
precisazione va tenuta presente anche per quanto verr spiegato a proposito della procreazione
artificiale umana.
33 Cf. GIOVANNI PAOLO II Discorso ai partecipanti alla 35a Assemblea Generale
dell'Associazione Medica Mondiale 29 ottobre 1983: AAS 76 (1984) 391.
34 Cf. Costit. past. Gaudium et Spes, 50
35 Cf. GIOVANNI PAOLO II, Esort. apost. Familiaris Consortio, 14: AAS 74 (1982) 96.
36 Cf. Pio XII, Discorso ai partecipanti al IV Congresso Internazionale dei Medici Cattolici 29
settembre 1949: AAS 41 (1949) 559. Secondo il piano del Creatore, "l'uomo abbandona suo padre e
sua madre e si unisce alla sua donna e i due diventano una sola carne" (Gen 2,24). L'unita del
matrimonio, legata all'ordine della creazione, e una verit alla ragione naturale. La Tradizione e il
Magistero della Chiesa si riferiscono sovente al libro della Genesi, sia direttamente sia attraverso i
passi del Nuovo Testamento che vi fanno riferimento: Mt 19,4-6; Mc 10,5-8; Ef 5,31. Cf.
ATENAGORA, Legatio pro christianis, 33: PG 6,965-967; S. GIOVANNI CRISOSTOMO, In
Matthaeum homiliae, LXII, 19 1: PG 58,597 S. LEONE MAGNO, Epist. ad Rusticum, 4: PL

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54,120i, INNOCENZO III Epist. Gaudemus in Domino: DS 778; CONCILIO DI LIONE II, IV
sess.: DS 860; CONCILIO DI TRENTO, XXIV sess.: DS 1798.1802; LEONE XIII, Encicl.
Arcanum divinae sapientiae: ASS 12 (1879-80) 388-391; Pio XI, Encicl. Casti Connubii: AAS 22
(1930) 546-547; CONCILIO VATICANO II, Const. past. Gaudium et Spes, 48; GIOVANNI
PAOLO II, Esort. apost. Familiaris Consortio, 19: AAS 74 (1982) 101-102; CLC., can. 1056.
37 Cf. Pio XII, Discorso ai partecipanti al IV Congresso Internazionale dei Medici Cattolici 29
settembre 1949: AAS 41 (1949) 560; Discorso alle congressiste dell'Unione Cattolica Italiana
Ostetriche, 29 ottobre 1951: AAS43 (1951) 850; C.I.C., can. 1134.
38 PAOLO VI, Encicl. Humanae Vitae, 12: AAS 60 (1968) 488-489.
39 Loc. cit.: ibid., 489.
40 Pio XII, Discorso ai partecipanti al II Congresso Mondiale di Napoli sulla fecondit e sterilit
umana, 19 maggio 1956: AAS 48 (1956) 470. 41 C.I.C. can. 1061. Secondo questo canone, l'atto
coniugale e quello per il quale il matrimonio e consumato se i due sposi "l'hanno posto tra loro in
modo umano".
42 Cf. Costit. past. Gaudium et Spes, 14.
43 Cf. GIOVANNI PAOLO II, udienza generale, 16 gennaio 1980: Insegnamenti di Giovanni
Paolo II,III, I (1980) 148-152.
44 GIOVANNI PAOLO II, Discorso ai partecipanti alla 35a Assemblea Generale
dell'Associazione Medica Mondiale, 29 ottobre 1983: AAS 76 (1984) 393.
45 Cf. Costit. past. Gaudium et Spes, 51.
46 Cf. Costit. past. Gaudium et Spes, 50.
47 Cf. Pio XII, Discorso ai partecipanti al IV Congresso Internazionale dei Medici Cattolici 29
settembre 1949: AAS 41 (1949) 560: "Sarebbe falso pensare che la possibilit di ricorrere a questo
mezzo (fecondazione artificiale) possa rendere valido il matrimonio tra persone incapaci a contrarlo
a motivo dell'impedimentum impotentiae".
48 Una questione analoga trattata da PAOLO VI, Encicl. Humanae Vitae, 14: AAS60 (1968) 490491.
49 Cf. sopra I,1 seg.
50 GIOVANNI PAOLO II, Esort. apost. Familiaris Consortio, 14: AAS 74 (1982) 96.
51 Cf. Risposta del S. Uffizio, 17 marzo 1897: DS 3323; PIO XII, Discorso ai partecipanti al IV
Congresso Internazionale dei Medici Cattolici 29 Settembre 1949: AAS41 (1949) 560, Discorso
alle congressiste dell'Unione Cattolica Italiana Ostetriche, 29 ottobre 1951: AAS 43 (1951) 850;
Discorso ai partecipanti al II Congresso Mondiale di Napoli sulla fertilit e sterilit umana, 19
maggio 1956: AAS 48 (1956) 471 473; Discorso ai partecipanti al VII Congresso Internazionale
della Societ Internazionale di Ematologia, 12 Settembre 1958: AAS 50 (1958) 733; GIOVANNI
XXIII, Encicl. Mater et Magistra, 111: AAS 53 (1961) 477.
52 Pio XII, Discorso alle congressiste dell'Unione Cattolica Italiana Ostetriche, 29 ottobre 1951:
AAS43 (1951) 850.
53 Pio XII, Discorso ai partecipanti al IV Congresso Internazionale dei Medici Cattolici 29
settembre 1949: AAS 41 (1949) 560.
54 SACRA CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE, Dichiarazione su alcune
questioni di etica sessuale, 9: AAS 68 (1976) 86, che cita a Costit. past. Gaudium et Spes, 51; cf.
Decreto del S. Uffizio, 2 agosto 1929: AAS 21 (1929) 490: Pio XII Discorso ai partecipanti al
XXVI Congresso indetto dalla Societ Italiana di urologia, 8 ottobre 1953: AAS45 (1953) 678.
55 Cf. GIOVANNI XXIII, Encicl. Mater et Magistra, III: AAS 53 (1961) 447.
56 Cf. Pio XII, Discorso ai partecipanti al IV Congresso Internazionale dei Medici Cattolici, 29
settembre 1949: AL4S 41 (1949) 560.
57 Cf. Pio XII, Discorso ai partecipanti al II Congresso Mondiale di Napoli sulla fertilit e sterilit
umana, 19 maggio 1956: AAS 48 ( I 956) 471 -473.
58 Costit. past. Gaudium et Spes, 50.
59 GIOVANNI PAOLO II, Esort. apost. Familiaris Consortio, 14: AAS 74 (1982) 97

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60 Cf. Dichiar. Dignitatis humanae, 7

18. Discorso di GIOVANNI PAOLO II ai partecipanti al vii simposio


dei vescovi deuropa (1989)
Marted, 17 ottobre 1989

Venerati fratelli nellEpiscopato!


1. Una volta ancora ho la gioia di incontrarvi al termine di un simposio, che vi ha visti raccolti a
riflettere sui problemi dellevangelizzazione nellEuropa contemporanea.
Con vivo affetto vi rivolgo il mio saluto, ringraziando il Cardinale Carlo Maria Martini per il nobile
indirizzo col quale ha interpretato i vostri sentimenti di sincera comunione col successore di Pietro.
Un primo frutto di questo fraterno incontro consiste proprio nel rafforzamento dei vincoli di carit
ecclesiale che ci legano: dallintensit di tali vincoli, infatti, dipende in gran parte lefficacia del
nostro ministero in mezzo al Popolo di Dio, al quale siamo mandati.
Servire il Popolo di Dio, questa lassillo che stimola il nostro impegno quotidiano, inducendo
ciascuno di noi a interrogarsi sui mezzi e sui modi pi adatti per raggiungere tale scopo. Anche in
questo simposio, venerati fratelli, vi siete posti questa medesima e sempre centrale questione,
affrontandola da unangolatura particolare, di singolare attualit nellEuropa di oggi. Voi avete
scelto di riflettere su Gli atteggiamenti contemporanei davanti alla nascita e alla morte, vedendovi
a buon diritto una sfida per levangelizzazione.
La vostra stata una scelta coraggiosa, che vi ha consentito di esaminare alla luce del messaggio
evangelico le situazioni cruciali e talora profondamente drammatiche, che agitano luomo del
mondo contemporaneo.
2. Il tema del simposio pone un problema essenziale allevangelizzazione e alla pastorale della
Chiesa. Questa infatti si trova oggi dinanzi a una vera e propria sfida, pi che in ogni altro tempo,
costituita dalla nascita e dalla morte.
Se il nascere e il morire delluomo sono stati sempre, in un certo senso, una sfida per la Chiesa, a
motivo delle incognite e dei rischi che essi portano con s, oggi lo sono diventati anche
maggiormente. In altre epoche, luomo si poneva davanti alla morte e alla vita con un senso di
arcano stupore, di riverente timore, di rispetto che, in fondo, nasceva dal senso del sacro, insito
nelluomo. Oggi la sfida di sempre avvertita in modo molto pi vivo e radicale a causa del
contesto culturale creato dal progresso scientifico tecnologico di questo nostro secolo. La civilt
unilaterale - tecnocentrica - nella quale viviamo, spinge luomo ad una visione riduttiva della
nascita e della morte, nella quale la dimensione trascendente della persona appare offuscata, quando
non addirittura ignorata o negata.
Nel corso dei vostri lavori, venerati fratelli, avete analizzato attentamente gli atteggiamenti con cui
lEuropa di oggi vive gli eventi della nascita e della morte, ed avete rilevato profonde differenze

TESTI MAGISTERIALE di BIOETICA, FRAY PAULO LOPEZ, O.S.A.

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rispetto al passato. La crescente medicalizzazione delle fasi iniziali e terminali della vita, il loro
spostamento dalla casa allistituzione ospedaliera, laffidamento della loro questione alla decisione
degli esperti, hanno portato molti europei a smarrire la dimensione di mistero che da sempre
circonda tali momenti e a percepirne quasi soltanto la dimensione scientificamente controllabile.
La esperienza della vita - avete detto - non pi ontologica, ma tecnologica. Se la diagnosi
esatta, bisogna allora dire che molte persone oggi si muovono entro un orizzonte conoscitivo privo
di quegli spiragli verso la trascendenza che aprono la strada alla fede.
Inoltre, a questo aspetto preoccupante che costituito dalla crescente tecnicizzazione dei momenti
fondamentali della vita umana, si aggiunge il peso che davanti allopinione pubblica acquista la
legislazione vigente in vari paesi, e che si tenta di introdurre in altri ancora immuni, riguardante la
pratica dellaborto: talch in vari strati della popolazione, gi di per s attratta dai falsi miraggi
delledonismo consumistico e permissivo, si consolida lopinione che, ormai, lecito ci che
possibile e autorizzato dalla legge.
3. evidente che tutto ci costituisce un grave problema per lazione pastorale della Chiesa, il cui
compito di annunziare la presenza amorosa di Dio nella vita delluomo, una presenza che non solo
crea la vita al suo inizio, ma anche la ricrea lungo il suo corso con la grazia redentrice, per
accoglierla alla fine nellabbraccio beatificante della comunione trinitaria. Simpone pertanto, anche
e soprattutto da questo punto di vista, lurgente necessit di unopera di profonda rievangelizzazione
di questa nostra Europa, che a volte sembra aver perso il contatto con le sue stesse origini cristiane.
Per la verit non mancano, nellodierno contesto socio-culturale, precisi segni di ripensamento circa
il modo in cui nascita e morte vengono percepite e vissute: in cerchi sempre pi larghi dellopinione
pubblica si notano perplessit circa la crescente tecnicizzazione a cui sottoposto lo sbocciare della
vita, e si registrano reazioni a uninvadenza della medicina nellultima sua fase, che finisce per
sottrarre al morente la sua stessa morte.
Luomo infatti, per quanto faccia, non riuscir mai a staccarsi fondamentalmente dalla realt
ontica della sua natura di essere creato: cos non potr annullare il fatto della Redenzione operata da
Cristo e della conseguente chiamata a partecipare con lui alla pienezza della vita dopo la morte.
Egli, tuttavia, pu cercare di vivere e comportarsi come se non fosse stato creato e redento (o,
addirittura, come se Dio non esistesse). Questa , precisamente, la situazione con la quale la Chiesa
si deve misurare nellambito della civilt occidentale; questo il contesto umano, nel quale essa deve
affrontare limpegno dellannuncio evangelico.
La questione della nascita e della morte ha, qui, unimportanza-chiave. Proprio per questo la sfida
allevangelizzazione, che essa contiene, deve ritenersi decisiva. Il modo in cui oggi vissuta la
realt della nascita e della morte si proietta, infatti, su tutto linsieme della vita delluomo, sulla sua
stessa concezione dellessere e dellagire in relazione a una norma morale certa e oggettiva.
4. Di conseguenza, nellaffrontare tale sfida, levangelizzazione non potr che porsi nella
prospettiva globale della vicenda umana. Certo, la nascita e la morte hanno sempre una loro
dimensione concreta e irrepetibile: lesistenza delluomo e in tale contesto pi ampio devono essere
capite e valutate.
La Chiesa ha a sua disposizione lunica misura valida per interpretare tali momenti decisivi della
vita umana ed affrontarne levangelizzazione in modo globale. E questa misura Cristo, il Verbo di
Dio incarnato: in Cristo nato, morto e risorto la Chiesa pu leggere il vero senso, il senso pieno, del
nascere e del morire di ogni essere umano.

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Gi Pascal annotava: Non soltanto noi conosciamo Dio attraverso Ges Cristo, ma non
conosciamo noi stessi che per mezzo di Ges Cristo, e solo mediante Lui la vita e la morte. Fuori di
Ges Cristo non sappiamo che cosa siano vita e morte, Dio, noi stessi (Penses, 548).
unintuizione che il Concilio Vaticano II ha espresso con parole meritatamente famose: Solamente
nel ministero del Verbo incarnato trova vera luce il mistero delluomo . . . Cristo, che il nuovo
Adamo, proprio rivelando il mistero del Padre e del suo amore svela anche pienamente luomo
alluomo e gli fa nota la sua altissima vocazione (Gaudium et Spes, 22).
Ammaestrata da Cristo, la Chiesa ha il compito di portare luomo di oggi a riscoprire la piena verit
su stesso, per ricuperare cos il giusto atteggiamento nei confronti della nascita e della morte, i due
eventi entro i quali si inscrive lintera sua vicenda sulla terra. Dalla retta interpretazione di tali
eventi dipende, infatti, lorientamento che verr impresso alla vita concreta di ogni uomo e, in
definitiva, la sua riuscita o il suo fallimento.
5. La Chiesa deve, in primo luogo, ridire alluomo di oggi la piena verit sul suo essere creatura
venuta allesistenza come frutto di un dono di amore. Da parte di Dio, innanzitutto: lingresso di un
nuovo essere umano nel mondo non avviene, infatti, senza che Dio vi si coinvolga direttamente
mediante la creazione dellanima spirituale: ed lamore soltanto che lo muove a porre nel mondo
un nuovo soggetto personale, al quale egli di fatto intende offrire la possibilit di condividere la sua
stessa vita. Alla medesima conclusione si giunge guardando le cose dal punto di vista umano: lo
sbocciare della nuova vita, infatti, dipende dallunione sessuale delluomo e della donna, la quale ha
la sua piena verit nel dono interpersonale che i coniugi fanno reciprocamente di se stessi. Il nuovo
essere si affaccia alla ribalta della vita grazie ad un atto di donazione interpersonale, di cui egli
costituisce il coronamento: un coronamento possibile, ma non scontato. Leco psicologica di ci si
ha nel sentimento di attesa dei genitori, che sanno di poter sperare, ma non pretendere il figlio.
Questi, se frutto della loro reciproca donazione di amore, , a sua volta, un dono per ambedue: un
dono che scaturisce dal dono!
A ben guardare, questo, e questo soltanto, il contesto adeguato alla dignit della persona, la quale
non pu mai essere ridotta ad oggetto di cui si dispone. Solo la logica dellamore che si dona, non
quella della tecnica che fabbrica un prodotto, si addice alla persona, perch solo la prima ne rispetta
la superiore dignit. La logica della produzione, infatti, pone un essenziale salto di qualit tra colui
che presiede al processo produttivo e ci che da tale processo risulta: se il risultato , di fatto, una
persona, non una cosa, bisogna concludere che la persona stessa non , in tal modo, riconosciuta
nella sua specifica e irriducibile dignit personale.
Questa verit la Chiesa deve ricordare con materna sollecitudine alluomo di oggi. I sorprendenti
progressi scientifici della genetica e della biogenetica, infatti, lo tentano con la prospettiva di
risultati straordinari per perfezione tecnica, ma viziati in radice dalla loro collocazione entro la
logica della fabbricazione di un prodotto e non della procreazione di una persona.
E questo la Chiesa deve ricordare alluomo contemporaneo con impegno tanto maggiore in quanto
essa sa che Dio chiama il nuovo essere non solo a nascere alla dignit di uomo, ma anche a
rinascere a quella di figlio suo nel Figlio unigenito. La prospettiva delladozione divina, che
nellattuale economia della salvezza riservata ad ogni essere umano, sottolinea in modo
singolarmente eloquente laltissima dignit della persona, interdicendone qualsiasi
strumentalizzazione, che la degraderebbe a semplice oggetto, contravvenendo a tale sua
trascendente destinazione.
6. E anche per quanto concerne la morte, la Chiesa ha la sua parola, capace di gettare luce sul valico
oscuro, che tanta apprensione suscita nelluomo: e questo, perch essa ha la Parola, il Verbo di Dio

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incarnato, il quale ha assunto su di s, non solo la vita, ma anche la morte delluomo. Cristo ha
oltrepassato quel valico e gi sta, col suo corpo vivo di risorto, sullaltra sponda, la sponda
delleternit. Guardando a lui, la Chiesa pu proclamare con gioiosa certezza: Il Figlio di Dio,
unendo a s la natura umana e vincendo la morte con la sua morte e risurrezione, ha redento luomo
e lha trasformato in una nuova creatura (Lumen Gentium, 7).
Fino alla fine dei secoli la morte di Cristo, insieme con la sua Risurrezione, star ormai al centro
dellannuncio missionario, tramandato di bocca in bocca a partire dalla prima generazione cristiana:
Vi ho trasmesso - sono parole di Paolo - quello che io stesso ho ricevuto, cio che Cristo morto
per i nostri peccati, secondo le Scritture, che fu sepolto, che risuscit . . . (1 Cor 15, 3-4). La morte
di Ges stata una morte liberamente assunta, in un atto di suprema oblazione di s al Padre, per la
Redenzione del mondo (cf. Gv 15, 13; 1 Gv 3, 16).
Nella luce del mistero pasquale, il cristiano in grado ormai di interpretare e di vivere la sua morte
in prospettiva di speranza: la morte di Cristo ha rovesciato il significato anche della sua morte.
Questa, pur essendo frutto del peccato, pu essere da lui accolta in atteggiamento di amorosa - e,
come tale, libera - adesione alla volont del Padre, e quindi come prova suprema di obbedienza, in
conformit con lobbedienza stessa di Cristo: un atto capace di espiare, in unione con la morte di
lui, le molteplici forme di ribellione poste in essere durante la vita.
Il cristiano, che accoglie in tal modo la propria morte e, riconoscendo la propria condizione di
creatura come anche le proprie responsabilit di peccatore, si consegna fiduciosamente nelle mani
misericordiose del Padre (In manus tuas, Domine . . .), raggiunge il culmine della propria identit
umana e cristiana e realizza il compimento definitivo del proprio destino.
7. Venerati fratelli! La Chiesa, chiamata a testimoniare Cristo in Europa alle soglie del terzo
millennio, deve trovare i modi concreti per portare questa buona Novella a quanti, nel vecchio
continente, mostrano di averlo smarrito. Gli insegnamenti di san Paolo sul Battesimo, e sul mistero
di morte e di vita che in esso si compie, offrono spunti illuminanti per unazione evangelizzatrice,
sulla cui urgenza non necessario insistere. Occorre tornare alla spiegazione di quella dottrina, farla
comprendere e vivere soprattutto alle nuove generazioni e trarne le conseguenze per la vita cristiana
di ogni giorno, come nei primi secoli hanno fatto i padri della Chiesa in catechesi sempre ricche e
sempre attuali.
Al tempo stesso, sar importante far capire a tutti che, se la Chiesa difende la vita umana dal suo
primo inizio sino al suo termine naturale, non lo fa soltanto per obbedire alle esigenze della fede
cristiana, ma perch si sa interprete di un obbligo che trova eco nella coscienza morale dellumanit
intera. Proprio per questo la societ civile, che responsabile del bene comune, ha il dovere di
garantire, mediante la legge, il diritto alla vita per tutti e il rispetto di ogni vita umana fino al suo
ultimo istante.
Un aiuto efficace in questo campo potr venire dai Movimenti per la vita, che vanno
provvidenzialmente moltiplicandosi in ogni parte dEuropa e del mondo. Il loro contributo, gi
tanto benemerito, potr essere ulteriormente valorizzato da noi Pastori, se essi sapranno fare oggetto
della loro attivit di animazione e di illustrazione non solo il momento iniziale, ma anche quello
terminale della vita. Ci consentir di trovare in questi movimenti un prezioso alleato in modo da
rispondere sempre pi incisivamente a quella sfida, che la nascita e la morte portano oggi
allevangelizzazione.
Come ben vedete, venerati fratelli, limpegno che ci sta dinanzi in questo scorcio di millennio
arduo, ma anche esaltante. La Chiesa ha il compito storico di aiutare luomo contemporaneo a

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ricuperare il senso del vivere e del morire, che in molti casi sembra oggi sfuggirgli. Ancora una
volta, lo sforzo per levangelizzazione in vista della salvezza eterna si rivela determinante per
lautentica promozione delluomo sulla terra. Il cristianesimo, che un tempo ha offerto allEuropa in
formazione i valori ideali sulla cui base costruire la proprio unit, ha oggi la responsabilit di rivitalizzare dallinterno una civilt che mostra sintomi di preoccupante decrepitezza.
A noi Vescovi, prima che ad ogni altro, spetta il compito di farci animatori e guide di questa ripresa
spirituale: annunciando Cristo, Signore della vita, noi combattiamo per luomo, per la difesa della
sua dignit, per la tutela dei suoi diritti. La nostra una battaglia non solo per la fede, ma per la
civilt.
Confortati da questa consapevolezza, venerati fratelli, proseguiamo con slancio rinnovato nel nostro
impegno apostolico. Non mancher di esserci accanto con il suo aiuto il Signore Ges, a cui elevo
la mia costante preghiera per voi e per le vostre Chiese e nel nome del quale vi imparto, quale segno
di sincera comunione, la mia affettuosa benedizione.

19. Lettera di Giovanni Paolo II, al cardinale Fiorenzo Angelini,


presidente del pontificio consiglio della pastorale per gli operatori
sanitari, per l'istituzione della giornata mondiale del malato (1992)

Al venerato fratello Cardinale Fiorenzo Angelini


Presidente del Pontificio Consiglio della Pastorale per gli Operatori Sanitari
1. Accogliendo con favore la richiesta da Lei inoltrata, quale Presidente del Pontificio Consiglio
della Pastorale per gli Operatori Sanitari, ed anche come interprete dell'attesa di non poche
Conferenze Episcopali e di Organismi cattolici nazionali e internazionali, desidero comunicarLe che
ho deciso di istituire la Giornata Mondiale del Malato, da celebrarsi l'11 febbraio di ogni anno,
memoria liturgica della Beata Maria Vergine di Lourdes. Considero, infatti, quanto mai opportuno
estendere a tutta la Comunit ecclesiale una iniziativa che, gi in atto in alcuni Paesi e regioni, ha
dato frutti pastorali veramente preziosi.
2. La Chiesa che, sull'esempio di Cristo, ha sempre avvertito nel corso dei secoli il dovere del
servizio ai malati e ai sofferenti come parte integrante della sua missione (Dolentium Hominum, 1),
consapevole che nell'accoglienza amorosa e generosa di ogni vita umana, soprattutto se debole e
malata, vive oggi un momento fondamentale della sua missione (Christifideles Laici, 38). Essa
inoltre non cessa di sottolineare l'indole salvifica dell'offerta della sofferenza, che, vissuta in
comunione con Cristo, appartiene all'essenza stessa della redenzione (cfr. Redemptoris Missio, 78).
La celebrazione annuale della Giornata Mondiale del Malato ha quindi lo scopo manifesto di
sensibilizzare il Popolo di Dio e, di conseguenza, le molteplici istituzioni sanitarie cattoliche e la
stessa societ civile, alla necessit di assicurare la migliore assistenza agli infermi; di aiutare chi
ammalato a valorizzare, sul piano umano e soprattutto su quello soprannaturale, la sofferenza; a

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coinvolgere in maniera particolare le diocesi, le comunit cristiane, le Famiglie religiose nella


pastorale sanitaria; a favorire l'impegno sempre pi prezioso del volontariato; a richiamare
l'importanza della formazione spirituale e morale degli operatori sanitari e, infine, a far meglio
comprendere l'importanza dell'assistenza religiosa agli infermi da parte dei sacerdoti diocesani e
regolari, nonch di quanti vivono ed operano accanto a chi soffre.
3. Come alla data dell'11 febbraio pubblicai, nel 1984, la Lettera apostolica Salvifici doloris sul
significato cristiano della sofferenza umana e, l'anno successivo, ebbi ad istituire codesto Pontificio
Consiglio della Pastorale per gli Operatori Sanitari, cos ritengo significativo fissare la medesima
ricorrenza per la celebrazione della Giornata Mondiale del Malato. Infatti, insieme con Maria,
Madre di Cristo, che stava sotto la croce, ci fermiamo accanto a tutte le croci dell'uomo di oggi
(Salvifici Doloris, 31). E Lourdes, santuario mariano tra i pi cari al popolo cristiano, luogo e
insieme simbolo di speranza e di grazia nel segno dell'accettazione e dell'offerta della sofferenza
salvifica. La prego, pertanto, di voler portare a conoscenza dei responsabili della pastorale sanitaria,
nell'ambito delle Conferenze Episcopali, nonch degli Organismi nazionali e internazionali
impegnati nel vastissimo campo della sanit, l'istituzione di tale Giornata Mondiale del Malato,
affinch, in armonia con le esigenze e le circostanze locali, la sua celebrazione sia debitamente
curata con l'apporto dell'intero Popolo di Dio: Sacerdoti, Religiosi, Religiose e fedeli laici. A tale
scopo, sar premura di codesto Dicastero attuare opportune iniziative di promozione e di
animazione, affinch la Giornata Mondiale del Malato sia momento forte di preghiera, di
condivisione, di offerta della sofferenza per il bene della Chiesa e di richiamo per tutti a riconoscere
nel volto del fratello infermo il Santo Volto di Cristo, che soffrendo, morendo e risorgendo ha
operato la salvezza dell'umanit.
4. Mentre auspico la piena collaborazione di tutti per il miglior avvio e sviluppo di detta
Giornata, ne affido l'efficacia soprannaturale alla mediazione materna di Maria Salus
Infirmorum e all'intercessione dei Santi Giovanni di Dio e Camillo de Lellis, patroni dei luoghi di
cura e degli Operatori sanitari. Vogliano questi Santi estendere sempre pi i frutti di un apostolato
della carit di cui il mondo contemporaneo ha grande bisogno.
Avvalora questi voti la Benedizione Apostolica, che di cuore imparto a Lei, Signor Cardinale, e a
quanti La coadiuvano nella provvida opera a servizio dei malati.
13 maggio 1992.

20. Lettera Enciclica Evangelium Vitae, Giovanni Paolo II


(1995)

INTRODUZIONE
1. Il Vangelo della vita sta al cuore del messaggio di Ges. Accolto dalla Chiesa ogni giorno
con amore, esso va annunciato con coraggiosa fedelt come buona novella agli uomini di ogni

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epoca e cultura.
All'aurora della salvezza, la nascita di un bambino che viene proclamata come lieta notizia:
Vi annunzio una grande gioia, che sar di tutto il popolo: oggi vi nato nella citt di Davide
un salvatore, che il Cristo Signore (Lc 2, 10-11). A sprigionare questa grande gioia
certamente la nascita del Salvatore; ma nel Natale svelato anche il senso pieno di ogni
nascita umana, e la gioia messianica appare cos fondamento e compimento della gioia per
ogni bimbo che nasce (cf. Gv 16, 21).
Presentando il nucleo centrale della sua missione redentrice, Ges dice: Io sono venuto
perch abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza (Gv 10, 10). In verit, Egli si riferisce a
quella vita nuova ed eterna, che consiste nella comunione con il Padre, a cui ogni uomo
gratuitamente chiamato nel Figlio per opera dello Spirito Santificatore. Ma proprio in tale
vita acquistano pieno significato tutti gli aspetti e i momenti della vita dell'uomo.
Il valore incomparabile della persona umana
2. L'uomo chiamato a una pienezza di vita che va ben oltre le dimensioni della sua esistenza
terrena, poich consiste nella partecipazione alla vita stessa di Dio.
L'altezza di questa vocazione soprannaturale rivela la grandezza e la preziosit della vita
umana anche nella sua fase temporale. La vita nel tempo, infatti, condizione basilare,
momento iniziale e parte integrante dell'intero e unitario processo dell'esistenza umana. Un
processo che, inaspettatamente e immeritatamente, viene illuminato dalla promessa e
rinnovato dal dono della vita divina, che raggiunger il suo pieno compimento nell'eternit (cf.
1 Gv 3, 1-2). Nello stesso tempo, proprio questa chiamata soprannaturale sottolinea la
relativit della vita terrena dell'uomo e della donna. Essa, in verit, non realt ultima, ma
penultima; comunque realt sacra che ci viene affidata perch la custodiamo con senso di
responsabilit e la portiamo a perfezione nell'amore e nel dono di noi stessi a Dio e ai fratelli.
La Chiesa sa che questo Vangelo della vita, consegnatole dal suo Signore,1 ha un'eco profonda
e persuasiva nel cuore di ogni persona, credente e anche non credente, perch esso, mentre ne
supera infinitamente le attese, vi corrisponde in modo sorprendente. Pur tra difficolt e
incertezze, ogni uomo sinceramente aperto alla verit e al bene, con la luce della ragione e non
senza il segreto influsso della grazia, pu arrivare a riconoscere nella legge naturale scritta nel
cuore (cf. Rm 2, 14-15) il valore sacro della vita umana dal primo inizio fino al suo termine, e
ad affermare il diritto di ogni essere umano a vedere sommamente rispettato questo suo bene
primario. Sul riconoscimento di tale diritto si fonda l'umana convivenza e la stessa comunit
politica.
Questo diritto devono, in modo particolare, difendere e promuovere i credenti in Cristo,
consapevoli della meravigliosa verit ricordata dal Concilio Vaticano II: Con l'incarnazione il
Figlio di Dio si unito in certo modo ad ogni uomo.2 In questo evento di salvezza, infatti, si
rivela all'umanit non solo l'amore sconfinato di Dio che ha tanto amato il mondo da dare il
suo Figlio unigenito (Gv 3, 16), ma anche il valore incomparabile di ogni persona umana.
E la Chiesa, scrutando assiduamente il mistero della Redenzione, coglie questo valore con
sempre rinnovato stupore 3 e si sente chiamata ad annunciare agli uomini di tutti i tempi questo
vangelo, fonte di speranza invincibile e di gioia vera per ogni epoca della storia. Il Vangelo
dell'amore di Dio per l'uomo, il Vangelo della dignit della persona e il Vangelo della vita
sono un unico e indivisibile Vangelo.

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per questo che l'uomo, l'uomo vivente, costituisce la prima e fondamentale via della
Chiesa.4
Le nuove minacce alla vita umana
3. Ciascun uomo, proprio a motivo del mistero del Verbo di Dio che si fatto carne (cf. Gv 1,
14), affidato alla sollecitudine materna della Chiesa. Perci ogni minaccia alla dignit e alla
vita dell'uomo non pu non ripercuotersi nel cuore stesso della Chiesa, non pu non toccarla al
centro della propria fede nell'incarnazione redentrice del Figlio di Dio, non pu non
coinvolgerla nella sua missione di annunciare il Vangelo della vita in tutto il mondo e ad ogni
creatura (cf. Mc 16, 15).
Oggi questo annuncio si fa particolarmente urgente per l'impressionante moltiplicarsi ed
acutizzarsi delle minacce alla vita delle persone e dei popoli, soprattutto quando essa debole
e indifesa. Alle antiche dolorose piaghe della miseria, della fame, delle malattie endemiche,
della violenza e delle guerre, se ne aggiungono altre, dalle modalit inedite e dalle dimensioni
inquietanti.
Gi il Concilio Vaticano II, in una pagina di drammatica attualit, ha deplorato con forza
molteplici delitti e attentati contro la vita umana. A trent'anni di distanza, facendo mie le
parole dell'assise conciliare, ancora una volta e con identica forza li deploro a nome della
Chiesa intera, con la certezza di interpretare il sentimento autentico di ogni coscienza retta:
Tutto ci che contro la vita stessa, come ogni specie di omicidio, il genocidio, l'aborto,
l'eutanasia e lo stesso suicidio volontario; tutto ci che viola l'integrit della persona umana,
come le mutilazioni, le torture inflitte al corpo e alla mente, gli sforzi per violentare l'intimo
dello spirito; tutto ci che offende la dignit umana, come le condizioni infraumane di vita, le
incarcerazioni arbitrarie, le deportazioni, la schiavit, la prostituzione, il mercato delle donne e
dei giovani, o ancora le ignominiose condizioni di lavoro con le quali i lavoratori sono trattati
come semplici strumenti di guadagno, e non come persone libere e responsabili; tutte queste
cose, e altre simili, sono certamente vergognose e, mentre guastano la civilt umana,
inquinano coloro che cos si comportano ancor pi che non quelli che le subiscono; e ledono
grandemente l'onore del Creatore.5
4. Purtroppo, questo inquietante panorama, lungi dal restringersi, si va piuttosto dilatando: con
le nuove prospettive aperte dal progresso scientifico e tecnologico nascono nuove forme di
attentati alla dignit dell'essere umano, mentre si delinea e consolida una nuova situazione
culturale, che d ai delitti contro la vita un aspetto inedito e se possibile ancora pi
iniquo suscitando ulteriori gravi preoccupazioni: larghi strati dell'opinione pubblica
giustificano alcuni delitti contro la vita in nome dei diritti della libert individuale e, su tale
presupposto, ne pretendono non solo l'impunit, ma persino l'autorizzazione da parte dello
Stato, al fine di praticarli in assoluta libert ed anzi con l'intervento gratuito delle strutture
sanitarie.
Ora, tutto questo provoca un cambiamento profondo nel modo di considerare la vita e le
relazioni tra gli uomini. Il fatto che le legislazioni di molti Paesi, magari allontanandosi dagli
stessi principi basilari delle loro Costituzioni, abbiano acconsentito a non punire o addirittura a
riconoscere la piena legittimit di tali pratiche contro la vita insieme sintomo preoccupante e
causa non marginale di un grave crollo morale: scelte un tempo unanimemente considerate
come delittuose e rifiutate dal comune senso morale, diventano a poco a poco socialmente
rispettabili. La stessa medicina, che per sua vocazione ordinata alla difesa e alla cura della
vita umana, in alcuni suoi settori si presta sempre pi largamente a realizzare questi atti contro
la persona e in tal modo deforma il suo volto, contraddice s stessa e avvilisce la dignit di

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quanti la esercitano. In un simile contesto culturale e legale, anche i gravi problemi


demografici, sociali o familiari, che pesano su numerosi popoli del mondo ed esigono
un'attenzione responsabile ed operosa delle comunit nazionali e di quelle internazionali, si
trovano esposti a soluzioni false e illusorie, in contrasto con la verit e il bene delle persone e
delle Nazioni.
L'esito al quale si perviene drammatico: se quanto mai grave e inquietante il fenomeno
dell'eliminazione di tante vite umane nascenti o sulla via del tramonto, non meno grave e
inquietante il fatto che la stessa coscienza, quasi ottenebrata da cos vasti condizionamenti,
fatica sempre pi a percepire la distinzione tra il bene e il male in ci che tocca lo stesso
fondamentale valore della vita umana.
In comunione con tutti i Vescovi del mondo
5. Al problema delle minacce alla vita umana nel nostro tempo stato dedicato il Concistoro
straordinario dei Cardinali, svoltosi a Roma dal 4 al 7 aprile 1991. Dopo un'ampia e
approfondita discussione del problema e delle sfide poste all'intera famiglia umana e, in
particolare, alla comunit cristiana, i Cardinali, con voto unanime, mi hanno chiesto di
riaffermare con l'autorit del Successore di Pietro il valore della vita umana e la sua
inviolabilit, in riferimento alle attuali circostanze ed agli attentati che oggi la minacciano.
Accogliendo tale richiesta, ho scritto nella Pentecoste del 1991 una lettera personale a ciascun
Confratello perch, nello spirito della collegialit episcopale, mi offrisse la sua collaborazione
in vista della stesura di uno specifico documento.6 Sono profondamente grato a tutti i Vescovi
che hanno risposto, fornendomi preziose informazioni, suggerimenti e proposte. Essi hanno
testimoniato anche cos la loro unanime e convinta partecipazione alla missione dottrinale e
pastorale della Chiesa circa il Vangelo della vita.
Nella medesima lettera, a pochi giorni dalla celebrazione del centenario dell'Enciclica Rerum
novarum, attiravo l'attenzione di tutti su questa singolare analogia: Come un secolo fa ad
essere oppressa nei suoi fondamentali diritti era la classe operaia, e la Chiesa con grande
coraggio ne prese le difese, proclamando i sacrosanti diritti della persona del lavoratore, cos
ora, quando un'altra categoria di persone oppressa nel diritto fondamentale alla vita, la
Chiesa sente di dover dare voce con immutato coraggio a chi non ha voce. Il suo sempre il
grido evangelico in difesa dei poveri del mondo, di quanti sono minacciati, disprezzati e
oppressi nei loro diritti umani.7
Ad essere calpestata nel diritto fondamentale alla vita oggi una grande moltitudine di esseri
umani deboli e indifesi, come sono, in particolare, i bambini non ancora nati. Se alla Chiesa,
sul finire del secolo scorso, non era consentito tacere davanti alle ingiustizie allora operanti,
meno ancora essa pu tacere oggi, quando alle ingiustizie sociali del passato, purtroppo non
ancora superate, in tante parti del mondo si aggiungono ingiustizie ed oppressioni anche pi
gravi, magari scambiate per elementi di progresso in vista dell'organizzazione di un nuovo
ordine mondiale.
La presente Enciclica, frutto della collaborazione dell'Episcopato di ogni Paese del mondo,
vuole essere dunque una riaffermazione precisa e ferma del valore della vita umana e della
sua inviolabilit, ed insieme un appassionato appello rivolto a tutti e a ciascuno, in nome di
Dio: rispetta, difendi, ama e servi la vita, ogni vita umana! Solo su questa strada troverai
giustizia, sviluppo, libert vera, pace e felicit!
Giungano queste parole a tutti i figli e le figlie della Chiesa! Giungano a tutte le persone di

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buona volont, sollecite del bene di ogni uomo e donna e del destino dell'intera societ!
6. In profonda comunione con ogni fratello e sorella nella fede e animato da sincera amicizia
per tutti, voglio rimeditare e annunciare il Vangelo della vita, splendore di verit che illumina
le coscienze, limpida luce che risana lo sguardo ottenebrato, fonte inesauribile di costanza e
coraggio per affrontare le sempre nuove sfide che incontriamo sul nostro cammino.
E mentre ripenso alla ricca esperienza vissuta durante l'Anno della Famiglia, quasi
completando idealmente la Lettera da me indirizzata ad ogni famiglia concreta di qualunque
regione della terra,8 guardo con rinnovata fiducia a tutte le comunit domestiche ed auspico
che rinasca o si rafforzi ad ogni livello l'impegno di tutti a sostenere la famiglia, perch anche
oggi pur in mezzo a numerose difficolt e a pesanti minacce essa si conservi sempre,
secondo il disegno di Dio, come santuario della vita.9
A tutti i membri della Chiesa, popolo della vita e per la vita, rivolgo il pi pressante invito
perch, insieme, possiamo dare a questo nostro mondo nuovi segni di speranza, operando
affinch crescano giustizia e solidariet e si affermi una nuova cultura della vita umana, per
l'edificazione di un'autentica civilt della verit e dell'amore.

CAPITOLO I
LA VOCE DEL SANGUE DI TUO FRATELLO GRIDA A ME DAL SUOLO
LE ATTUALI MINACCE ALLA VITA UMANA
Caino alz la mano contro il fratello Abele e lo uccise (Gn 4, 8): alla radice della violenza
contro la vita.
7. Dio non ha creato la morte e non gode per la rovina dei viventi. Egli infatti ha creato tutto
per l'esistenza... S, Dio ha creato l'uomo per l'incorruttibilit; lo fece a immagine della
propria natura. Ma la morte entrata nel mondo per invidia del diavolo; e ne fanno esperienza
coloro che gli appartengono (Sap 1, 13-14; 2, 23-24).
Il Vangelo della vita, risuonato al principio con la creazione dell'uomo a immagine di Dio per
un destino di vita piena e perfetta (cf. Gn 2, 7; Sap 9, 2-3), viene contraddetto dall'esperienza
lacerante della morte che entra nel mondo e getta l'ombra del non senso sull'intera esistenza
dell'uomo.
La morte vi entra a causa dell'invidia del diavolo (cf. Gn 3, 1.4-5) e del peccato dei progenitori
(cf. Gn 2, 17; 3, 17-19). E vi entra in modo violento, attraverso l'uccisione di Abele da parte
del fratello Caino: Mentre erano in campagna, Caino alz la mano contro il fratello Abele e
lo uccise (Gn 4, 8).
Questa prima uccisione presentata con una singolare eloquenza in una pagina paradigmatica
del libro della Genesi: una pagina ritrascritta ogni giorno, senza sosta e con avvilente
ripetizione, nel libro della storia dei popoli.
Vogliamo rileggere insieme questa pagina biblica, che, pur nella sua arcaicit ed estrema
semplicit, si presenta quanto mai ricca di insegnamenti.

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Abele era pastore di greggi e Caino lavoratore del suolo. Dopo un certo tempo, Caino offr
frutti del suolo in sacrificio al Signore; anche Abele offr primogeniti del suo gregge e il loro
grasso. Il Signore grad Abele e la sua offerta, ma non grad Caino e la sua offerta.
Caino ne fu molto irritato e il suo volto era abbattuto. Il Signore disse allora a Caino:
"Perch sei irritato e perch abbattuto il tuo volto? Se agisci bene, non dovrai forse tenerlo
alto? Ma se non agisci bene, il peccato accovacciato alla tua porta; verso di te la sua
bramosia, ma tu dominala".
Caino disse al fratello Abele: "Andiamo in campagna!". Mentre erano in campagna, Caino
alz la mano contro il fratello Abele e lo uccise.
Allora il Signore disse a Caino: "Dov' Abele, tuo fratello?". Egli rispose: "Non lo so. Sono
forse il guardiano di mio fratello?". Riprese: "Che hai fatto? La voce del sangue di tuo
fratello grida a me dal suolo! Ora sii maledetto lungi da quel suolo che per opera della tua
mano ha bevuto il sangue di tuo fratello. Quando lavorerai il suolo, esso non ti dar pi i suoi
prodotti: ramingo e fuggiasco sarai sulla terra".
Disse Caino al Signore: "Troppo grande la mia colpa per sopportarla! Ecco, tu mi scacci
oggi da questo suolo e io mi dovr nascondere lontano da te; io sar ramingo e fuggiasco
sulla terra e chiunque mi incontrer mi potr uccidere".
Ma il Signore gli disse: "Per chiunque uccider Caino subir la vendetta sette volte!". Il
Signore impose a Caino un segno, perch non lo colpisse chiunque l'avesse incontrato. Caino
si allontan dal Signore e abit nel paese di Nod, ad oriente di Eden (Gn 4, 2-16).
8. Caino molto irritato e ha il volto abbattuto perch il Signore grad Abele e la sua
offerta (Gn 4, 4). Il testo biblico non rivela il motivo per cui Dio preferisce il sacrificio di
Abele a quello di Caino; indica per con chiarezza che, pur preferendo il dono di Abele, non
interrompe il suo dialogo con Caino. Lo ammonisce ricordandogli la sua libert di fronte al
male: l'uomo non per nulla un predestinato al male. Certo, come gi Adamo, egli tentato
dalla potenza malefica del peccato che, come bestia feroce, appostata alla porta del suo
cuore, in attesa di avventarsi sulla preda. Ma Caino rimane libero di fronte al peccato. Lo pu
e lo deve dominare: Verso di te la sua bramosia, ma tu dominala! (Gn 4, 7).
Sull'ammonimento del Signore hanno il sopravvento la gelosia e l'ira, e cos Caino s'avventa
sul proprio fratello e lo uccide. Come leggiamo nel Catechismo della Chiesa Cattolica, la
Scrittura, nel racconto dell'uccisione di Abele da parte del fratello Caino, rivela, fin dagli inizi
della storia umana, la presenza nell'uomo della collera e della cupidigia, conseguenze del
peccato originale. L'uomo diventato il nemico del suo simile.10
Il fratello uccide il fratello. Come nel primo fratricidio, in ogni omicidio viene violata la
parentela spirituale, che accomuna gli uomini in un'unica grande famiglia,11 essendo tutti
partecipi dello stesso bene fondamentale: l'uguale dignit personale. Non poche volte viene
violata anche la parentela della carne e del sangue, ad esempio quando le minacce alla vita
si sviluppano nel rapporto tra genitori e figli, come avviene con l'aborto o quando, nel pi
vasto contesto familiare o parentale, viene favorita o procurata l'eutanasia.
Alla radice di ogni violenza contro il prossimo c' un cedimento alla logica del maligno,
cio di colui che stato omicida fin da principio (Gv 8, 44), come ci ricorda l'apostolo
Giovanni: Poich questo il messaggio che avete udito fin da principio: che ci amiamo gli

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uni gli altri. Non come Caino, che era dal maligno e uccise il suo fratello (1 Gv 3, 11-12).
Cos l'uccisione del fratello, fin dagli albori della storia, la triste testimonianza di come il
male progredisca con rapidit impressionante: alla rivolta dell'uomo contro Dio nel paradiso
terrestre si accompagna la lotta mortale dell'uomo contro l'uomo.
Dopo il delitto, Dio interviene a vendicare l'ucciso. Di fronte a Dio, che lo interroga sulla sorte
di Abele, Caino, anzich mostrarsi impacciato e scusarsi, elude la domanda con arroganza:
Non lo so. Sono forse il guardiano di mio fratello? (Gn 4, 9). Non lo so: con la menzogna
Caino cerca di coprire il delitto. Cos spesso avvenuto e avviene quando le pi diverse
ideologie servono a giustificare e a mascherare i pi atroci delitti verso la persona. Sono forse
io il guardiano di mio fratello?: Caino non vuole pensare al fratello e rifiuta di vivere quella
responsabilit che ogni uomo ha verso l'altro. Viene spontaneo pensare alle odierne tendenze
di deresponsabilizzazione dell'uomo verso il suo simile, di cui sono sintomi, tra l'altro, il venir
meno della solidariet verso i membri pi deboli della societ quali gli anziani, gli
ammalati, gli immigrati, i bambini e l'indifferenza che spesso si registra nei rapporti tra i
popoli anche quando sono in gioco valori fondamentali come la sussistenza, la libert e la
pace.
9. Ma Dio non pu lasciare impunito il delitto: dal suolo su cui stato versato, il sangue
dell'ucciso esige che Egli faccia giustizia (cf. Gn 37, 26; Is 26, 21; Ez 24, 7-8). Da questo testo
la Chiesa ha ricavato la denominazione di peccati che gridano vendetta al cospetto di Dio e
vi ha incluso, anzitutto, l'omicidio volontario.12 Per gli ebrei, come per molti popoli
dell'antichit, il sangue la sede della vita, anzi il sangue la vita (Dt 12, 23) e la vita,
specie quella umana, appartiene solo a Dio: per questo chi attenta alla vita dell'uomo, in
qualche modo attenta a Dio stesso.
Caino maledetto da Dio e anche dalla terra, che gli rifiuter i suoi frutti (cf. Gn 4, 11-12). Ed
punito: abiter nella steppa e nel deserto. La violenza omicida cambia profondamente
l'ambiente di vita dell'uomo. La terra da giardino di Eden (Gn 2, 15), luogo di abbondanza,
di serene relazioni interpersonali e di amicizia con Dio, diventa paese di Nod (Gn 4, 16),
luogo della miseria, della solitudine e della lontananza da Dio. Caino sar ramingo e
fuggiasco sulla terra (Gn 4, 14): incertezza e instabilit lo accompagneranno sempre.
Dio, tuttavia, sempre misericordioso anche quando punisce, impose a Caino un segno, perch
non lo colpisse chiunque l'avesse incontrato (Gn 4, 15): gli d, dunque, un contrassegno, che
ha lo scopo non di condannarlo all'esecrazione degli altri uomini, ma di proteggerlo e
difenderlo da quanti vorranno ucciderlo fosse anche per vendicare la morte di Abele. Neppure
l'omicida perde la sua dignit personale e Dio stesso se ne fa garante. Ed proprio qui che si
manifesta il paradossale mistero della misericordiosa giustizia di Dio, come scrive
sant'Ambrogio: Poich era stato commesso un fratricidio, cio il pi grande dei crimini, nel
momento in cui si introdusse il peccato, subito dovette essere estesa la legge della misericordia
divina; perch, se il castigo avesse colpito immediatamente il colpevole, non accadesse che gli
uomini, nel punire, non usassero alcuna tolleranza n mitezza, ma consegnassero
immediatamente al castigo i colpevoli. (...) Dio respinse Caino dal suo cospetto e, rinnegato
dai suoi genitori, lo releg come nell'esilio di una abitazione separata, per il fatto che era
passato dall'umana mitezza alla ferocia belluina. Tuttavia Dio non volle punire l'omicida con
un omicidio, poich vuole il pentimento del peccatore pi che la sua morte.13
Che hai fatto? (Gn 4, 10): l'eclissi del valore della vita
10. Il Signore disse a Caino: Che hai fatto? La voce del sangue di tuo fratello grida a me dal
suolo! (Gn 4, 10). La voce del sangue versato dagli uomini non cessa di gridare, di

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generazione in generazione, assumendo toni e accenti diversi e sempre nuovi.


La domanda del Signore Che hai fatto?, alla quale Caino non pu sfuggire, rivolta anche
all'uomo contemporaneo perch prenda coscienza dell'ampiezza e della gravit degli attentati
alla vita da cui continua ad essere segnata la storia dell'umanit; vada alla ricerca delle
molteplici cause che li generano e li alimentano; rifletta con estrema seriet sulle conseguenze
che derivano da questi stessi attentati per l'esistenza delle persone e dei popoli.
Alcune minacce provengono dalla natura stessa, ma sono aggravate dall'incuria colpevole e
dalla negligenza degli uomini che non raramente potrebbero porvi rimedio; altre invece sono il
frutto di situazioni di violenza, di odi, di contrapposti interessi, che inducono gli uomini ad
aggredire altri uomini con omicidi, guerre, stragi, genocidi.
E come non pensare alla violenza che si fa alla vita di milioni di esseri umani, specialmente
bambini, costretti alla miseria, alla sottonutrizione e alla fame, a causa di una iniqua
distribuzione delle ricchezze tra i popoli e le classi sociali? o alla violenza insita, prima ancora
che nelle guerre, in uno scandaloso commercio delle armi, che favorisce la spirale dei tanti
conflitti armati che insanguinano il mondo? o alla seminagione di morte che si opera con
l'inconsulto dissesto degli equilibri ecologici, con la criminale diffusione della droga o col
favorire modelli di esercizio della sessualit che, oltre ad essere moralmente inaccettabili, sono
anche forieri di gravi rischi per la vita? impossibile registrare in modo completo la vasta
gamma delle minacce alla vita umana, tante sono le forme, aperte o subdole, che esse
rivestono nel nostro tempo!
11. Ma la nostra attenzione intende concentrarsi, in particolare, su un altro genere di attentati,
concernenti la vita nascente e terminale, che presentano caratteri nuovi rispetto al passato e
sollevano problemi di singolare gravit per il fatto che tendono a perdere, nella coscienza
collettiva, il carattere di delitto e ad assumere paradossalmente quello del diritto, al punto
che se ne pretende un vero e proprio riconoscimento legale da parte dello Stato e la successiva
esecuzione mediante l'intervento gratuito degli stessi operatori sanitari. Tali attentati
colpiscono la vita umana in situazioni di massima precariet, quando priva di ogni capacit
di difesa. Ancora pi grave il fatto che essi, in larga parte, sono consumati proprio all'interno
e ad opera di quella famiglia che costitutivamente invece chiamata ad essere santuario della
vita.
Come s' potuta determinare una simile situazione? Occorre prendere in considerazione
molteplici fattori. Sullo sfondo c' una profonda crisi della cultura, che ingenera scetticismo
sui fondamenti stessi del sapere e dell'etica e rende sempre pi difficile cogliere con chiarezza
il senso dell'uomo, dei suoi diritti e dei suoi doveri. A ci si aggiungono le pi diverse
difficolt esistenziali e relazionali, aggravate dalla realt di una societ complessa, in cui le
persone, le coppie, le famiglie rimangono spesso sole con i loro problemi. Non mancano
situazioni di particolare povert, angustia o esasperazione, in cui la fatica della sopravvivenza,
il dolore ai limiti della sopportabilit, le violenze subite, specialmente quelle che investono le
donne, rendono le scelte di difesa e di promozione della vita esigenti a volte fino all'eroismo.
Tutto ci spiega, almeno in parte, come il valore della vita possa oggi subire una specie di
eclissi, per quanto la coscienza non cessi di additarlo quale valore sacro e intangibile, come
dimostra il fatto stesso che si tende a coprire alcuni delitti contro la vita nascente o terminale
con locuzioni di tipo sanitario, che distolgono lo sguardo dal fatto che in gioco il diritto
all'esistenza di una concreta persona umana.

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12. In realt, se molti e gravi aspetti dell'odierna problematica sociale possono in qualche
modo spiegare il clima di diffusa incertezza morale e talvolta attenuare nei singoli la
responsabilit soggettiva, non meno vero che siamo di fronte a una realt pi vasta, che si
pu considerare come una vera e propria struttura di peccato, caratterizzata dall'imporsi di una
cultura anti-solidaristica, che si configura in molti casi come vera cultura di morte. Essa
attivamente promossa da forti correnti culturali, economiche e politiche, portatrici di una
concezione efficientistica della societ.
Guardando le cose da tale punto di vista, si pu, in certo senso, parlare di una guerra dei
potenti contro i deboli: la vita che richiederebbe pi accoglienza, amore e cura ritenuta
inutile, o considerata come un peso insopportabile e, quindi, rifiutata in molte maniere.
Chi, con la sua malattia, con il suo handicap o, molto pi semplicemente, con la stessa sua
presenza mette in discussione il benessere o le abitudini di vita di quanti sono pi
avvantaggiati, tende ad essere visto come un nemico da cui difendersi o da eliminare. Si
scatena cos una specie di congiura contro la vita. Essa non coinvolge solo le singole
persone nei loro rapporti individuali, familiari o di gruppo, ma va ben oltre, sino ad intaccare e
stravolgere, a livello mondiale, i rapporti tra i popoli e gli Stati.
13. Per facilitare la diffusione dell'aborto, si sono investite e si continuano ad investire somme
ingenti destinate alla messa a punto di preparati farmaceutici, che rendono possibile l'uccisione
del feto nel grembo materno, senza la necessit di ricorrere all'aiuto del medico. La stessa
ricerca scientifica, su questo punto, sembra quasi esclusivamente preoccupata di ottenere
prodotti sempre pi semplici ed efficaci contro la vita e, nello stesso tempo, tali da sottrarre
l'aborto ad ogni forma di controllo e responsabilit sociale.
Si afferma frequentemente che la contraccezione, resa sicura e accessibile a tutti, il rimedio
pi efficace contro l'aborto. Si accusa poi la Chiesa cattolica di favorire di fatto l'aborto perch
continua ostinatamente a insegnare l'illiceit morale della contraccezione.
L'obiezione, a ben guardare, si rivela speciosa. Pu essere, infatti, che molti ricorrano ai
contraccettivi anche nell'intento di evitare successivamente la tentazione dell'aborto. Ma i
disvalori insiti nella mentalit contraccettiva ben diversa dall'esercizio responsabile della
paternit e maternit, attuato nel rispetto della piena verit dell'atto coniugale sono tali da
rendere pi forte proprio questa tentazione, di fronte all'eventuale concepimento di una vita
non desiderata. Di fatto la cultura abortista particolarmente sviluppata proprio in ambienti
che rifiutano l'insegnamento della Chiesa sulla contraccezione. Certo, contraccezione ed
aborto, dal punto di vista morale, sono mali specificamente diversi: l'una contraddice
all'integra verit dell'atto sessuale come espressione propria dell'amore coniugale, l'altro
distrugge la vita di un essere umano; la prima si oppone alla virt della castit matrimoniale, il
secondo si oppone alla virt della giustizia e viola direttamente il precetto divino non
uccidere.
Ma pur con questa diversa natura e peso morale, essi sono molto spesso in intima relazione,
come frutti di una medesima pianta. vero che non mancano casi in cui alla contraccezione e
allo stesso aborto si giunge sotto la spinta di molteplici difficolt esistenziali, che tuttavia non
possono mai esonerare dallo sforzo di osservare pienamente la Legge di Dio. Ma in moltissimi
altri casi tali pratiche affondano le radici in una mentalit edonistica e deresponsabilizzante nei
confronti della sessualit e suppongono un concetto egoistico di libert che vede nella
procreazione un ostacolo al dispiegarsi della propria personalit. La vita che potrebbe scaturire
dall'incontro sessuale diventa cos il nemico da evitare assolutamente e l'aborto l'unica

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possibile risposta risolutiva di fronte ad una contraccezione fallita.


Purtroppo la stretta connessione che, a livello di mentalit, intercorre tra la pratica della
contraccezione e quella dell'aborto emerge sempre di pi e lo dimostra in modo allarmante
anche la messa a punto di preparati chimici, di dispositivi intrauterini e di vaccini che,
distribuiti con la stessa facilit dei contraccettivi, agiscono in realt come abortivi nei
primissimi stadi di sviluppo della vita del nuovo essere umano.
14. Anche le varie tecniche di riproduzione artificiale, che sembrerebbero porsi a servizio
della vita e che sono praticate non poche volte con questa intenzione, in realt aprono la porta
a nuovi attentati contro la vita. Al di l del fatto che esse sono moralmente inaccettabili, dal
momento che dissociano la procreazione dal contesto integralmente umano dell'atto
coniugale,14 queste tecniche registrano alte percentuali di insuccesso: esso riguarda non tanto
la fecondazione, quanto il successivo sviluppo dell'embrione, esposto al rischio di morte entro
tempi in genere brevissimi. Inoltre, vengono prodotti talvolta embrioni in numero superiore a
quello necessario per l'impianto nel grembo della donna e questi cosiddetti embrioni
soprannumerari vengono poi soppressi o utilizzati per ricerche che, con il pretesto del
progresso scientifico o medico, in realt riducono la vita umana a semplice materiale
biologico di cui poter liberamente disporre.
Le diagnosi pre-natali, che non presentano difficolt morali se fatte per individuare eventuali
cure necessarie al bambino non ancora nato, diventano troppo spesso occasione per proporre e
procurare l'aborto. l'aborto eugenetico, la cui legittimazione nell'opinione pubblica nasce da
una mentalit a torto ritenuta coerente con le esigenze della terapeuticit che accoglie
la vita solo a certe condizioni e che rifiuta il limite, l'handicap, l'infermit.
Seguendo questa stessa logica, si giunti a negare le cure ordinarie pi elementari, e perfino
l'alimentazione, a bambini nati con gravi handicap o malattie. Lo scenario contemporaneo,
inoltre, si fa ancora pi sconcertante a motivo delle proposte, avanzate qua e l, di legittimare,
nella stessa linea del diritto all'aborto, persino l'infanticidio, ritornando cos ad uno stadio di
barbarie che si sperava di aver superato per sempre.
15. Minacce non meno gravi incombono pure sui malati inguaribili e sui morenti, in un
contesto sociale e culturale che, rendendo pi difficile affrontare e sopportare la sofferenza,
acuisce la tentazione di risolvere il problema del soffrire eliminandolo alla radice con
l'anticipare la morte al momento ritenuto pi opportuno.
In tale scelta confluiscono spesso elementi di diverso segno, purtroppo convergenti a questo
terribile esito. Pu essere decisivo, nel soggetto malato, il senso di angoscia, di esasperazione,
persino di disperazione, provocato da un'esperienza di dolore intenso e prolungato. Ci mette a
dura prova gli equilibri a volte gi instabili della vita personale e familiare, sicch, da una
parte, il malato, nonostante gli aiuti sempre pi efficaci dell'assistenza medica e sociale, rischia
di sentirsi schiacciato dalla propria fragilit; dall'altra, in coloro che gli sono effettivamente
legati, pu operare un senso di comprensibile anche se malintesa piet. Tutto ci aggravato
da un'atmosfera culturale che non coglie nella sofferenza alcun significato o valore, anzi la
considera il male per eccellenza, da eliminare ad ogni costo; il che avviene specialmente
quando non si ha una visione religiosa che aiuti a decifrare positivamente il mistero del dolore.
Ma nell'orizzonte culturale complessivo non manca di incidere anche una sorta di
atteggiamento prometeico dell'uomo che, in tal modo, si illude di potersi impadronire della
vita e della morte perch decide di esse, mentre in realt viene sconfitto e schiacciato da una

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morte irrimediabilmente chiusa ad ogni prospettiva di senso e ad ogni speranza. Riscontriamo


una tragica espressione di tutto ci nella diffusione dell'eutanasia, mascherata e strisciante o
attuata apertamente e persino legalizzata. Essa, oltre che per una presunta piet di fronte al
dolore del paziente, viene talora giustificata con una ragione utilitaristica, volta ad evitare
spese improduttive troppo gravose per la societ. Si propone cos la soppressione dei neonati
malformati, degli handicappati gravi, degli inabili, degli anziani, soprattutto se non
autosufficienti, e dei malati terminali. N ci lecito tacere di fronte ad altre forme pi subdole,
ma non meno gravi e reali, di eutanasia. Esse, ad esempio, potrebbero verificarsi quando, per
aumentare la disponibilit di organi da trapiantare, si procedesse all'espianto degli stessi organi
senza rispettare i criteri oggettivi ed adeguati di accertamento della morte del donatore.
16. Un altro fenomeno attuale, al quale si accompagnano frequentemente minacce e attentati
alla vita, quello demografico. Esso si presenta in modo differente nelle diverse parti del
mondo: nei Paesi ricchi e sviluppati si registra un preoccupante calo o crollo delle nascite; i
Paesi poveri, invece, presentano in genere un tasso elevato di aumento della popolazione,
difficilmente sopportabile in un contesto di minore sviluppo economico e sociale, o addirittura
di grave sottosviluppo. Di fronte alla sovrapopolazione dei Paesi poveri mancano, a livello
internazionale, interventi globali serie politiche familiari e sociali, programmi di crescita
culturale e di giusta produzione e distribuzione delle risorse mentre si continua a mettere in
atto politiche antinataliste.
Contraccezione, sterilizzazione e aborto vanno certamente annoverati tra le cause che
contribuiscono a determinare le situazioni di forte denatalit. Pu essere facile la tentazione di
ricorrere agli stessi metodi e attentati contro la vita anche nelle situazioni di esplosione
demografica.
L'antico faraone, sentendo come un incubo la presenza e il moltiplicarsi dei figli di Israele, li
sottopose ad ogni forma di oppressione e ordin che venisse fatto morire ogni neonato
maschio delle donne ebree (cf. Es 1, 7-22). Allo stesso modo si comportano oggi non pochi
potenti della terra.
Essi pure avvertono come un incubo lo sviluppo demografico in atto e temono che i popoli pi
prolifici e pi poveri rappresentino una minaccia per il benessere e la tranquillit dei loro
Paesi. Di conseguenza, piuttosto che voler affrontare e risolvere questi gravi problemi nel
rispetto della dignit delle persone e delle famiglie e dell'inviolabile diritto alla vita di ogni
uomo, preferiscono promuovere e imporre con qualsiasi mezzo una massiccia pianificazione
delle nascite. Gli stessi aiuti economici, che sarebbero disposti a dare, vengono ingiustamente
condizionati all'accettazione di una politica antinatalista.
17. L'umanit di oggi ci offre uno spettacolo davvero allarmante, se pensiamo non solo ai
diversi ambiti nei quali si sviluppano gli attentati alla vita, ma anche alla loro singolare
proporzione numerica, nonch al molteplice e potente sostegno che viene loro dato dall'ampio
consenso sociale, dal frequente riconoscimento legale, dal coinvolgimento di parte del
personale sanitario.
Come ebbi a dire con forza a Denver, in occasione dell'VIII Giornata Mondiale della
Giovent, con il tempo, le minacce contro la vita non vengono meno. Esse, al contrario,
assumono dimensioni enormi. Non si tratta soltanto di minacce provenienti dall'esterno, di
forze della natura o dei "Caino" che assassinano gli "Abele"; no, si tratta di minacce
programmate in maniera scientifica e sistematica. Il ventesimo secolo verr considerato
un'epoca di attacchi massicci contro la vita, un'interminabile serie di guerre e un massacro

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permanente di vite umane innocenti. I falsi profeti e i falsi maestri hanno conosciuto il
maggior successo possibile.15 Al di l delle intenzioni, che possono essere varie e magari
assumere forme suadenti persino in nome della solidariet, siamo in realt di fronte a una
oggettiva congiura contro la vita che vede implicate anche Istituzioni internazionali,
impegnate a incoraggiare e programmare vere e proprie campagne per diffondere la
contraccezione, la sterilizzazione e l'aborto. Non si pu, infine, negare che i mass media sono
spesso complici di questa congiura, accreditando nell'opinione pubblica quella cultura che
presenta il ricorso alla contraccezione, alla sterilizzazione, all'aborto e alla stessa eutanasia
come segno di progresso e conquista di libert, mentre dipinge come nemiche della libert e
del progresso le posizioni incondizionatamente a favore della vita.
Sono forse il guardiano di mio fratello? (Gn 4, 9): un'idea perversa di libert
18. Il panorama descritto chiede di essere conosciuto non soltanto nei fenomeni di morte che
lo caratterizzano, ma anche nelle molteplici cause che lo determinano. La domanda del
Signore Che hai fatto? (Gn 4, 10) sembra essere quasi un invito rivolto a Caino ad andare
oltre la materialit del suo gesto omicida, per coglierne tutta la gravit nelle motivazioni che ne
sono all'origine e nelle conseguenze che ne derivano.
Le scelte contro la vita nascono, talvolta, da situazioni difficili o addirittura drammatiche di
profonda sofferenza, di solitudine, di totale mancanza di prospettive economiche, di
depressione e di angoscia per il futuro. Tali circostanze possono attenuare anche notevolmente
la responsabilit soggettiva e la conseguente colpevolezza di quanti compiono queste scelte in
s criminose. Tuttavia oggi il problema va ben al di l del pur doveroso riconoscimento di
queste situazioni personali. Esso si pone anche sul piano culturale, sociale e politico, dove
presenta il suo aspetto pi sovversivo e conturbante nella tendenza, sempre pi largamente
condivisa, a interpretare i menzionati delitti contro la vita come legittime espressioni della
libert individuale, da riconoscere e proteggere come veri e propri diritti.
In questo modo giunge ad una svolta dalle tragiche conseguenze un lungo processo storico,
che dopo aver scoperto l'idea dei diritti umani come diritti inerenti a ogni persona e
precedenti ogni Costituzione e legislazione degli Stati incorre oggi in una sorprendente
contraddizione: proprio in un'epoca in cui si proclamano solennemente i diritti inviolabili della
persona e si afferma pubblicamente il valore della vita, lo stesso diritto alla vita viene
praticamente negato e conculcato, in particolare nei momenti pi emblematici dell'esistenza,
quali sono il nascere e il morire.
Da un lato, le varie dichiarazioni dei diritti dell'uomo e le molteplici iniziative che ad esse si
ispirano dicono l'affermarsi a livello mondiale di una sensibilit morale pi attenta a
riconoscere il valore e la dignit di ogni essere umano in quanto tale, senza alcuna distinzione
di razza, nazionalit, religione, opinione politica, ceto sociale.
Dall'altro lato, a queste nobili proclamazioni si contrappone purtroppo, nei fatti, una loro
tragica negazione. Questa ancora pi sconcertante, anzi pi scandalosa, proprio perch si
realizza in una societ che fa dell'affermazione e della tutela dei diritti umani il suo obiettivo
principale e insieme il suo vanto. Come mettere d'accordo queste ripetute affermazioni di
principio con il continuo moltiplicarsi e la diffusa legittimazione degli attentati alla vita
umana? Come conciliare queste dichiarazioni col rifiuto del pi debole, del pi bisognoso,
dell'anziano, dell'appena concepito? Questi attentati vanno in direzione esattamente contraria
al rispetto della vita e rappresentano una minaccia frontale a tutta la cultura dei diritti
dell'uomo. una minaccia capace, al limite, di mettere a repentaglio lo stesso significato della
convivenza democratica: da societ di con- viventi, le nostre citt rischiano di diventare

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societ di esclusi, di emarginati, di rimossi e soppressi. Se poi lo sguardo si allarga ad un


orizzonte planetario, come non pensare che la stessa affermazione dei diritti delle persone e
dei popoli, quale avviene in alti consessi internazionali, si riduce a sterile esercizio retorico, se
non si smaschera l'egoismo dei Paesi ricchi che chiudono l'accesso allo sviluppo dei Paesi
poveri o lo condizionano ad assurdi divieti di procreazione, contrapponendo lo sviluppo
all'uomo? Non occorre forse mettere in discussione gli stessi modelli economici, adottati
sovente dagli Stati anche per spinte e condizionamenti di carattere internazionale, che
generano ed alimentano situazioni di ingiustizia e violenza nelle quali la vita umana di intere
popolazioni viene avvilita e conculcata?
19. Dove stanno le radici di una contraddizione tanto paradossale?
Le possiamo riscontrare in complessive valutazioni di ordine culturale e morale, a iniziare da
quella mentalit che, esasperando e persino deformando il concetto di soggettivit, riconosce
come titolare di diritti solo chi si presenta con piena o almeno incipiente autonomia ed esce da
condizioni di totale dipendenza dagli altri. Ma come conciliare tale impostazione con
l'esaltazione dell'uomo quale essere indisponibile? La teoria dei diritti umani si fonda
proprio sulla considerazione del fatto che l'uomo, diversamente dagli animali e dalle cose, non
pu essere sottomesso al dominio di nessuno. Si deve pure accennare a quella logica che tende
a identificare la dignit personale con la capacit di comunicazione verbale ed esplicita e, in
ogni caso, sperimentabile. chiaro che, con tali presupposti, non c' spazio nel mondo per chi,
come il nascituro o il morente, un soggetto strutturalmente debole, sembra totalmente
assoggettato alla merc di altre persone e da loro radicalmente dipendente e sa comunicare
solo mediante il muto linguaggio di una profonda simbiosi di affetti. , quindi, la forza a farsi
criterio di scelta e di azione nei rapporti interpersonali e nella convivenza sociale. Ma questo
l'esatto contrario di quanto ha voluto storicamente affermare lo Stato di diritto, come comunit
nella quale alle ragioni della forza si sostituisce la forza della ragione.
Ad un altro livello, le radici della contraddizione che intercorre tra la solenne affermazione dei
diritti dell'uomo e la loro tragica negazione nella pratica risiedono in una concezione della
libert che esalta in modo assoluto il singolo individuo, e non lo dispone alla solidariet, alla
piena accoglienza e al servizio dell'altro. Se vero che talvolta la soppressione della vita
nascente o terminale si colora anche di un malinteso senso di altruismo e di umana piet, non
si pu negare che una tale cultura di morte, nel suo insieme, tradisce una concezione della
libert del tutto individualistica che finisce per essere la libert dei pi forti contro i deboli
destinati a soccombere.
Proprio in questo senso si pu interpretare la risposta di Caino alla domanda del Signore
Dov' Abele, tuo fratello?: Non lo so. Sono forse il guardiano di mio fratello? (Gn 4, 9).
S, ogni uomo guardiano di suo fratello, perch Dio affida l'uomo all'uomo. Ed anche in
vista di tale affidamento che Dio dona a ogni uomo la libert, che possiede un'essenziale
dimensione relazionale. Essa grande dono del Creatore, posta com' al servizio della persona
e della sua realizzazione mediante il dono di s e l'accoglienza dell'altro; quando invece viene
assolutizzata in chiave individualistica, la libert svuotata del suo contenuto originario ed
contraddetta nella sua stessa vocazione e dignit.
C' un aspetto ancora pi profondo da sottolineare: la libert rinnega s stessa, si autodistrugge
e si dispone all'eliminazione dell'altro quando non riconosce e non rispetta pi il suo
costitutivo legame con la verit. Ogni volta che la libert, volendo emanciparsi da qualsiasi
tradizione e autorit, si chiude persino alle evidenze primarie di una verit oggettiva e comune,
fondamento della vita personale e sociale, la persona finisce con l'assumere come unico e

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indiscutibile riferimento per le proprie scelte non pi la verit sul bene e sul male, ma solo la
sua soggettiva e mutevole opinione o, addirittura, il suo egoistico interesse e il suo capriccio.
20. In questa concezione della libert, la convivenza sociale viene profondamente deformata.
Se la promozione del proprio io intesa in termini di autonomia assoluta, inevitabilmente si
giunge alla negazione dell'altro, sentito come un nemico da cui difendersi. In questo modo la
societ diventa un insieme di individui posti l'uno accanto all'altro, ma senza legami reciproci:
ciascuno vuole affermarsi indipendentemente dall'altro, anzi vuol far prevalere i suoi interessi.
Tuttavia, di fronte ad analoghi interessi dell'altro, ci si deve arrendere a cercare qualche forma
di compromesso, se si vuole che nella societ sia garantito a ciascuno il massimo di libert
possibile. Viene meno cos ogni riferimento a valori comuni e a una verit assoluta per tutti: la
vita sociale si avventura nelle sabbie mobili di un relativismo totale. Allora tutto
convenzionabile, tutto negoziabile: anche il primo dei diritti fondamentali, quello alla vita.
quanto di fatto accade anche in ambito pi propriamente politico e statale: l'originario e
inalienabile diritto alla vita messo in discussione o negato sulla base di un voto parlamentare
o della volont di una parte sia pure maggioritaria della popolazione. l'esito nefasto di
un relativismo che regna incontrastato: il diritto cessa di essere tale, perch non pi
solidamente fondato sull'inviolabile dignit della persona, ma viene assoggettato alla volont
del pi forte. In questo modo la democrazia, ad onta delle sue regole, cammina sulla strada di
un sostanziale totalitarismo. Lo Stato non pi la casa comune dove tutti possono vivere
secondo principi di uguaglianza sostanziale, ma si trasforma in Stato tiranno, che presume di
poter disporre della vita dei pi deboli e indifesi, dal bambino non ancora nato al vecchio, in
nome di una utilit pubblica che non altro, in realt, che l'interesse di alcuni.
Tutto sembra avvenire nel pi saldo rispetto della legalit, almeno quando le leggi che
permettono l'aborto o l'eutanasia vengono votate secondo le cosiddette regole democratiche. In
verit, siamo di fronte solo a una tragica parvenza di legalit e l'ideale democratico, che
davvero tale quando riconosce e tutela la dignit di ogni persona umana, tradito nelle sue
stesse basi: Come possibile parlare ancora di dignit di ogni persona umana, quando si
permette che si uccida la pi debole e la pi innocente? In nome di quale giustizia si opera fra
le persone la pi ingiusta delle discriminazioni, dichiarandone alcune degne di essere difese,
mentre ad altre questa dignit negata?.16 Quando si verificano queste condizioni si sono gi
innescati quei dinamismi che portano alla dissoluzione di un'autentica convivenza umana e alla
disgregazione della stessa realt statuale.
Rivendicare il diritto all'aborto, all'infanticidio, all'eutanasia e riconoscerlo legalmente,
equivale ad attribuire alla libert umana un significato perverso e iniquo: quello di un potere
assoluto sugli altri e contro gli altri. Ma questa la morte della vera libert: In verit, in
verit vi dico: chiunque commette il peccato schiavo del peccato (Gv 8, 34).
Mi dovr nascondere lontano da te (Gn 4, 14): l'eclissi del senso di Dio e dell'uomo
21. Nel ricercare le radici pi profonde della lotta tra la cultura della vita e la cultura della
morte, non ci si pu fermare all'idea perversa di libert sopra ricordata. Occorre giungere al
cuore del dramma vissuto dall'uomo contemporaneo:l'eclissi del senso di Dio e dell'uomo,
tipica del contesto sociale e culturale dominato dal secolarismo, che coi suoi tentacoli
pervasivi non manca talvolta di mettere alla prova le stesse comunit cristiane. Chi si lascia
contagiare da questa atmosfera, entra facilmente nel vortice di un terribile circolo vizioso:
smarrendo il senso di Dio, si tende a smarrire anche il senso dell'uomo, della sua dignit e
della sua vita; a sua volta, la sistematica violazione della legge morale, specie nella grave
materia del rispetto della vita umana e della sua dignit, produce una sorta di progressivo

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TESTI MAGISTERIALE di BIOETICA, FRAY PAULO LOPEZ, O.S.A.

oscuramento della capacit di percepire la presenza vivificante e salvante di Dio.


Ancora una volta possiamo ispirarci al racconto dell'uccisione di Abele da parte del fratello.
Dopo la maledizione inflittagli da Dio, Caino cos si rivolge al Signore: Troppo grande la
mia colpa per sopportarla! Ecco, tu mi scacci oggi da questo suolo e io mi dovr nascondere
lontano da te; io sar ramingo e fuggiasco sulla terra e chiunque mi incontrer mi potr
uccidere (Gn 4, 13-14).
Caino ritiene che il suo peccato non potr ottenere perdono dal Signore e che il suo destino
inevitabile sar di doversi nascondere lontano da lui. Se Caino riesce a confessare che la sua
colpa troppo grande, perch egli sa di trovarsi di fronte a Dio e al suo giusto giudizio. In
realt, solo davanti al Signore l'uomo pu riconoscere il suo peccato e percepirne tutta la
gravit. questa l'esperienza di Davide, che dopo aver fatto male agli occhi del Signore,
rimproverato dal profeta Natan (cf. 2 Sam 11-12), esclama: Riconosco la mia colpa, il mio
peccato mi sta sempre dinanzi. Contro di te, contro te solo ho peccato, quello che male ai
tuoi occhi, io l'ho fatto (Sal 511, 5-6).
22. Per questo, quando viene meno il senso di Dio, anche il senso dell'uomo viene minacciato
e inquinato, come lapidariamente afferma il Concilio Vaticano II: La creatura senza il
Creatore svanisce... Anzi, l'oblio di Dio priva di luce la creatura stessa.17 L'uomo non riesce
pi a percepirsi come misteriosamente altro rispetto alle diverse creature terrene; egli si
considera come uno dei tanti esseri viventi, come un organismo che, tutt'al pi, ha raggiunto
uno stadio molto elevato di perfezione. Chiuso nel ristretto orizzonte della sua fisicit, si
riduce in qualche modo a una cosa e non coglie pi il carattere trascendente del suo
esistere come uomo. Non considera pi la vita come uno splendido dono di Dio, una realt
sacra affidata alla sua responsabilit e quindi alla sua amorevole custodia, alla sua
venerazione. Essa diventa semplicemente una cosa, che egli rivendica come sua esclusiva
propriet, totalmente dominabile e manipolabile.
Cos, di fronte alla vita che nasce e alla vita che muore, non pi capace di lasciarsi
interrogare sul senso pi autentico della sua esistenza, assumendo con vera libert questi
momenti cruciali del proprio essere. Egli si preoccupa solo del fare e, ricorrendo ad ogni
forma di tecnologia, si affanna a programmare, controllare e dominare la nascita e la morte.
Queste, da esperienze originarie che chiedono di essere vissute, diventano cose che si
pretende semplicemente di possedere o di rifiutare.
Del resto, una volta escluso il riferimento a Dio, non sorprende che il senso di tutte le cose ne
esca profondamente deformato, e la stessa natura, non pi mater, sia ridotta a materiale
aperto a tutte le manipolazioni. A ci sembra condurre una certa razionalit tecnico-scientifica,
dominante nella cultura contemporanea, che nega l'idea stessa di una verit del creato da
riconoscere o di un disegno di Dio sulla vita da rispettare. E ci non meno vero, quando
l'angoscia per gli esiti di tale libert senza legge induce alcuni all'opposta istanza di una
legge senza libert, come avviene, ad esempio, in ideologie che contestano la legittimit di
qualunque intervento sulla natura, quasi in nome di una sua divinizzazione, che ancora una
volta ne misconosce la dipendenza dal disegno del Creatore. In realt, vivendo come se Dio
non esistesse, l'uomo smarrisce non solo il mistero di Dio, ma anche quello del mondo e il
mistero del suo stesso essere.
23. L'eclissi del senso di Dio e dell'uomo conduce inevitabilmente al materialismo pratico, nel
quale proliferano l'individualismo, l'utilitarismo e l'edonismo. Si manifesta anche qui la
perenne validit di quanto scrive l'Apostolo: Poich hanno disprezzato la conoscenza di Dio,

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TESTI MAGISTERIALE di BIOETICA, FRAY PAULO LOPEZ, O.S.A.

Dio li ha abbandonati in bala d'una intelligenza depravata, sicch commettono ci che


indegno (Rm 1, 28). Cos i valori dell'essere sono sostituiti da quelli dell'avere.
L'unico fine che conta il perseguimento del proprio benessere materiale. La cosiddetta
qualit della vita interpretata in modo prevalente o esclusivo come efficienza economica,
consumismo disordinato, bellezza e godibilit della vita fisica, dimenticando le dimensioni pi
profonde relazionali, spirituali e religiose dell'esistenza.
In un simile contesto la sofferenza, inevitabile peso dell'esistenza umana ma anche fattore di
possibile crescita personale, viene censurata, respinta come inutile, anzi combattuta come
male da evitare sempre e comunque. Quando non la si pu superare e la prospettiva di un
benessere almeno futuro svanisce, allora pare che la vita abbia perso ogni significato e cresce
nell'uomo la tentazione di rivendicare il diritto alla sua soppressione.
Sempre nel medesimo orizzonte culturale, il corpo non viene pi percepito come realt
tipicamente personale, segno e luogo della relazione con gli altri, con Dio e con il mondo.
Esso ridotto a pura materialit: semplice complesso di organi, funzioni ed energie da usare
secondo criteri di mera godibilit ed efficienza. Conseguentemente, anche la sessualit
depersonalizzata e strumentalizzata: da segno, luogo e linguaggio dell'amore, ossia del dono di
s e dell'accoglienza dell'altro secondo l'intera ricchezza della persona, diventa sempre pi
occasione e strumento di affermazione del proprio io e di soddisfazione egoistica dei propri
desideri e istinti. Cos si deforma e falsifica il contenuto originario della sessualit umana e i
due significati, unitivo e procreativo, insiti nella natura stessa dell'atto coniugale, vengono
artificialmente separati: in questo modo l'unione tradita e la fecondit sottomessa
all'arbitrio dell'uomo e della donna. La procreazione allora diventa il nemico da evitare
nell'esercizio della sessualit: se viene accettata, solo perch esprime il proprio desiderio, o
addirittura la propria volont, di avere il figlio ad ogni costo e non, invece, perch dice
totale accoglienza dell'altro e, quindi, apertura alla ricchezza di vita di cui il figlio portatore.
Nella prospettiva materialistica fin qui descritta, le relazioni interpersonali conoscono un
grave impoverimento. I primi a subirne i danni sono la donna, il bambino, il malato o
sofferente, l'anziano. Il criterio proprio della dignit personale quello cio del rispetto, della
gratuit e del servizio viene sostituito dal criterio dell'efficienza, della funzionalit e
dell'utilit: l'altro apprezzato non per quello che , ma per quello che ha, fa e rende. la
supremazia del pi forte sul pi debole.
24. nell'intimo della coscienza morale che l'eclissi del senso di Dio e dell'uomo, con tutte le
sue molteplici e funeste conseguenze sulla vita, si consuma. in questione, anzitutto, la
coscienza di ciascuna persona, che nella sua unicit e irripetibilit si trova sola di fronte a
Dio.18 Ma pure in questione, in un certo senso, la coscienza morale della societ: essa in
qualche modo responsabile non solo perch tollera o favorisce comportamenti contrari alla
vita, ma anche perch alimenta la cultura della morte, giungendo a creare e a consolidare
vere e proprie strutture di peccato contro la vita. La coscienza morale, sia individuale che
sociale, oggi sottoposta, anche per l'influsso invadente di molti strumenti della
comunicazione sociale, a un pericolo gravissimo e mortale: quello della confusione tra il bene
e il male in riferimento allo stesso fondamentale diritto alla vita. Tanta parte dell'attuale
societ si rivela tristemente simile a quell'umanit che Paolo descrive nella Lettera ai Romani.
fatta di uomini che soffocano la verit nell'ingiustizia (1, 18): avendo rinnegato Dio e
credendo di poter costruire la citt terrena senza di lui, hanno vaneggiato nei loro
ragionamenti sicch si ottenebrata la loro mente ottusa (1, 21); mentre si dichiaravano
sapienti sono diventati stolti (1, 22), sono diventati autori di opere degne di morte e non solo

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TESTI MAGISTERIALE di BIOETICA, FRAY PAULO LOPEZ, O.S.A.

continuano a farle, ma anche approvano chi le fa (1, 32). Quando la coscienza, questo
luminoso occhio dell'anima (cf. Mt 6, 22-23), chiama bene il male e male il bene (Is 5, 20),
ormai sulla strada della sua degenerazione pi inquietante e della pi tenebrosa cecit
morale.
Eppure tutti i condizionamenti e gli sforzi per imporre il silenzio non riescono a soffocare la
voce del Signore che risuona nella coscienza di ogni uomo: sempre da questo intimo sacrario
della coscienza che pu ripartire un nuovo cammino di amore, di accoglienza e di servizio alla
vita umana.

Vi siete accostati al sangue dell'aspersione (cf. Eb 12, 22.24): segni di speranza e invito
all'impegno
25. La voce del sangue di tuo fratello grida a me dal suolo! (Gn 4, 10). Non solo la voce
del sangue di Abele, il primo innocente ucciso, a gridare verso Dio, sorgente e difensore della
vita. Anche il sangue di ogni altro uomo ucciso dopo Abele voce che si leva al Signore. In
una forma assolutamente unica, grida a Dio la voce del sangue di Cristo, di cui Abele nella sua
innocenza figura profetica, come ci ricorda l'autore della Lettera agli Ebrei: Voi vi siete
invece accostati al monte Sion e alla citt del Dio vivente... al Mediatore della Nuova Alleanza
e al sangue dell'aspersione dalla voce pi eloquente di quello di Abele (12, 22.24).
il sangue dell'aspersione. Ne era stato simbolo e segno anticipatore il sangue dei sacrifici
dell'Antica Alleanza, con i quali Dio esprimeva la volont di comunicare la sua vita agli
uomini, purificandoli e consacrandoli (cf. Es 24, 8; Lv 17, 11). Ora, tutto questo in Cristo si
compie e si avvera: il suo il sangue dell'aspersione che redime, purifica e salva; il sangue
del Mediatore della Nuova Alleanza versato per molti, in remissione dei peccati (Mt 26, 28).
Questo sangue, che fluisce dal fianco trafitto di Cristo sulla croce (cf. Gv 19, 34), ha la voce
pi eloquente del sangue di Abele; esso infatti esprime ed esige una pi profonda giustizia,
ma soprattutto implora misericordia,19 si fa presso il Padre intercessione per i fratelli (cf. Eb 7,
25), fonte di redenzione perfetta e dono di vita nuova.
Il sangue di Cristo, mentre rivela la grandezza dell'amore del Padre, manifesta come l'uomo sia
prezioso agli occhi di Dio e come sia inestimabile il valore della sua vita. Ce lo ricorda
l'apostolo Pietro: Voi sapete che non a prezzo di cose corruttibili, come l'argento e l'oro, foste
liberati dalla vostra vuota condotta ereditata dai vostri padri, ma con il sangue prezioso di
Cristo, come di agnello senza difetti e senza macchia (1 Pt 1, 18-19). Proprio contemplando il
sangue prezioso di Cristo, segno della sua donazione d'amore (cf. Gv 13, 1), il credente impara
a riconoscere e ad apprezzare la dignit quasi divina di ogni uomo e pu esclamare con sempre
rinnovato e grato stupore: Quale valore deve avere l'uomo davanti agli occhi del Creatore se
"ha meritato di avere un tanto nobile e grande Redentore" (Exultet della Veglia pasquale), se
"Dio ha dato il suo Figlio", affinch egli, l'uomo, "non muoia, ma abbia la vita eterna" (cf. Gv
3, 16)!.20
Il sangue di Cristo, inoltre, rivela all'uomo che la sua grandezza, e quindi la sua vocazione,
consiste nel dono sincero di s. Proprio perch viene versato come dono di vita, il sangue di
Ges non pi segno di morte, di separazione definitiva dai fratelli, ma strumento di una
comunione che ricchezza di vita per tutti. Chi nel sacramento dell'Eucaristia beve questo
sangue e dimora in Ges (cf. Gv 6, 56) coinvolto nel suo stesso dinamismo di amore e di
donazione di vita, per portare a pienezza l'originaria vocazione all'amore che propria di ogni

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TESTI MAGISTERIALE di BIOETICA, FRAY PAULO LOPEZ, O.S.A.

uomo (cf. Gn 1, 27; 2, 18-24).


ancora nel sangue di Cristo che tutti gli uomini attingono la forza per impegnarsi a favore
della vita. Proprio questo sangue il motivo pi forte di speranza, anzi il fondamento
dell'assoluta certezza che secondo il disegno di Dio la vittoria sar della vita. Non ci sar pi
la morte, esclama la voce potente che esce dal trono di Dio nella Gerusalemme celeste (Ap
21, 4). E san Paolo ci assicura che la vittoria attuale sul peccato segno e anticipazione della
vittoria definitiva sulla morte, quando si compir la parola della Scrittura: "La morte stata
ingoiata per la vittoria. Dov', o morte, la tua vittoria? Dov', o morte, il tuo pungiglione?"(1
Cor 15, 54-55).
26. In realt, segni anticipatori di questa vittoria non mancano nelle nostre societ e culture,
pur cos fortemente segnate dalla cultura della morte. Si darebbe dunque un'immagine
unilaterale, che potrebbe indurre a uno sterile scoraggiamento, se alla denuncia delle minacce
alla vita non si accompagnasse la presentazione dei segni positivi operanti nell'attuale
situazione dell'umanit.
Purtroppo tali segni positivi faticano spesso a manifestarsi e ad essere riconosciuti, forse anche
perch non trovano adeguata attenzione nei mezzi della comunicazione sociale. Ma quante
iniziative di aiuto e di sostegno alle persone pi deboli e indifese sono sorte e continuano a
sorgere, nella comunit cristiana e nella societ civile, a livello locale, nazionale e
internazionale, ad opera di singoli, gruppi, movimenti ed organizzazioni di vario genere!
Sono ancora molti gli sposi che, con generosa responsabilit, sanno accogliere i figli come il
preziosissimo dono del matrimonio.21 N mancano famiglie che, al di l del loro quotidiano
servizio alla vita, sanno aprirsi all'accoglienza di bambini abbandonati, di ragazzi e giovani in
difficolt, di persone portatrici di handicap, di anziani rimasti soli. Non pochi centri di aiuto
alla vita, o istituzioni analoghe, sono promossi da persone e gruppi che, con ammirevole
dedizione e sacrificio, offrono un sostegno morale e materiale a mamme in difficolt, tentate di
ricorrere all'aborto. Sorgono pure e si diffondono gruppi di volontari impegnati a dare
ospitalit a chi senza famiglia, si trova in condizioni di particolare disagio o ha bisogno di
ritrovare un ambiente educativo che lo aiuti a superare abitudini distruttive e a ricuperare il
senso della vita.
La medicina, promossa con grande impegno da ricercatori e professionisti, prosegue nel suo
sforzo per trovare rimedi sempre pi efficaci: risultati un tempo del tutto impensabili e tali da
aprire promettenti prospettive sono oggi ottenuti a favore della vita nascente, delle persone
sofferenti e dei malati in fase acuta o terminale. Enti e organizzazioni varie si mobilitano per
portare, anche nei Paesi pi colpiti dalla miseria e da malattie endemiche, i benefici della
medicina pi avanzata. Cos pure associazioni nazionali e internazionali di medici si attivano
tempestivamente per recare soccorso alle popolazioni provate da calamit naturali, da
epidemie o da guerre. Anche se una vera giustizia internazionale nella ripartizione delle risorse
mediche ancora lontana dalla sua piena realizzazione, come non riconoscere nei passi sinora
compiuti il segno di una crescente solidariet tra i popoli, di un'apprezzabile sensibilit umana
e morale e di un maggiore rispetto per la vita?
27. Di fronte a legislazioni che hanno permesso l'aborto e a tentativi, qua e l riusciti, di
legalizzare l'eutanasia, sono sorti in tutto il mondo movimenti e iniziative di sensibilizzazione
sociale in favore della vita. Quando, in conformit alla loro ispirazione autentica, agiscono con
determinata fermezza ma senza ricorrere alla violenza, tali movimenti favoriscono una pi
diffusa presa di coscienza del valore della vita e sollecitano e realizzano un pi deciso

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TESTI MAGISTERIALE di BIOETICA, FRAY PAULO LOPEZ, O.S.A.

impegno per la sua difesa.


Come non ricordare, inoltre, tutti quei gesti quotidiani di accoglienza, di sacrificio, di cura
disinteressata che un numero incalcolabile di persone compie con amore nelle famiglie, negli
ospedali, negli orfanotrofi, nelle case di riposo per anziani e in altri centri o comunit a difesa
della vita? Lasciandosi guidare dall'esempio di Ges buon samaritano (cf. Lc 10, 29-37) e
sostenuta dalla sua forza, la Chiesa sempre stata in prima linea su queste frontiere della
carit: tanti suoi figli e figlie, specialmente religiose e religiosi, in forme antiche e sempre
nuove, hanno consacrato e continuano a consacrare la loro vita a Dio donandola per amore del
prossimo pi debole e bisognoso.
Questi gesti costruiscono nel profondo quella civilt dell'amore e della vita, senza la quale
l'esistenza delle persone e della societ smarrisce il suo significato pi autenticamente umano.
Anche se nessuno li notasse e rimanessero nascosti ai pi, la fede assicura che il Padre, che
vede nel segreto (Mt 6, 4), non solo sapr ricompensarli, ma gi fin d'ora li rende fecondi di
frutti duraturi per tutti.
Tra i segni di speranza va pure annoverata la crescita, in molti strati dell'opinione pubblica, di
una nuova sensibilit sempre pi contraria alla guerra come strumento di soluzione dei
conflitti tra i popoli e sempre pi orientata alla ricerca di strumenti efficaci ma non violenti
per bloccare l'aggressore armato. Nel medesimo orizzonte si pone altres la sempre pi diffusa
avversione dell'opinione pubblica alla pena di morte anche solo come strumento di legittima
difesa sociale, in considerazione delle possibilit di cui dispone una moderna societ di
reprimere efficacemente il crimine in modi che, mentre rendono inoffensivo colui che l'ha
commesso, non gli tolgono definitivamente la possibilit di redimersi.
da salutare con favore anche l'accresciuta attenzione allaqualit della vita e all'ecologia, che
si registra soprattutto nelle societ a sviluppo avanzato, nelle quali le attese delle persone non
sono pi concentrate tanto sui problemi della sopravvivenza quanto piuttosto sulla ricerca di
un miglioramento globale delle condizioni di vita. Particolarmente significativo il risveglio
di una riflessione etica attorno alla vita: con la nascita e lo sviluppo sempre pi diffuso della
bioetica vengono favoriti la riflessione e il dialogo tra credenti e non credenti, come pure
tra credenti di diverse religioni su problemi etici, anche fondamentali, che interessano la
vita dell'uomo.
28. Questo orizzonte di luci ed ombre deve renderci tutti pienamente consapevoli che ci
troviamo di fronte ad uno scontro immane e drammatico tra il male e il bene, la morte e la vita,
la cultura della morte e la cultura della vita. Ci troviamo non solo di fronte, ma
necessariamente in mezzo a tale conflitto: tutti siamo coinvolti e partecipi, con l'ineludibile
responsabilit di scegliere incondizionatamente a favore della vita.
Anche per noi risuona chiaro e forte l'invito di Mos: Vedi, io pongo oggi davanti a te la vita
e il bene, la morte e il male...; io ti ho posto davanti la vita e la morte, la benedizione e la
maledizione; scegli dunque la vita, perch viva tu e la tua discendenza (Dt 30, 15.19). un
invito che ben si addice anche a noi, chiamati ogni giorno a dover decidere tra la cultura della
vita e la cultura della morte. Ma l'appello del Deuteronomio ancora pi profondo, perch
ci sollecita ad una scelta propriamente religiosa e morale. Si tratta di dare alla propria esistenza
un orientamento fondamentale e di vivere in fedelt e coerenza con la legge del Signore: Io
oggi ti comando di amare il Signore tuo Dio, di camminare per le sue vie, di osservare i suoi
comandi, le sue leggi e le sue norme...; scegli dunque la vita, perch viva tu e la tua
discendenza, amando il Signore tuo Dio, obbedendo alla sua voce e tenendoti unito a lui,

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TESTI MAGISTERIALE di BIOETICA, FRAY PAULO LOPEZ, O.S.A.

poich lui la tua vita e la tua longevit (30, 16.19-20).


La scelta incondizionata a favore della vita raggiunge in pienezza il suo significato religioso e
morale quando scaturisce, viene plasmata ed alimentata dalla fede in Cristo. Nulla aiuta ad
affrontare positivamente il conflitto tra la morte e la vita, nel quale siamo immersi, come la
fede nel Figlio di Dio che si fatto uomo ed venuto tra gli uomini perch abbiano la vita e
l'abbiano in abbondanza (Gv 10, 10): la fede nel Risorto, che ha vinto la morte; la fede nel
sangue di Cristo dalla voce pi eloquente di quello di Abele (Eb 12, 24).
Con la luce e la forza di tale fede, quindi, di fronte alle sfide dell'attuale situazione, la Chiesa
prende pi viva coscienza della grazia e della responsabilit che le vengono dal suo Signore
per annunciare, celebrare e servire il Vangelo della vita.

CAPITOLO II
SONO VENUTO PERCH ABBIANO LA VITA
IL MESSAGGIO CRISTIANO SULLA VITA
La vita si fatta visibile, noi l'abbiamo veduta (1 Gv 1, 2): lo sguardo rivolto a Cristo, il
Verbo della vita
29. Di fronte alle innumerevoli e gravi minacce alla vita presenti nel mondo contemporaneo, si
potrebbe rimanere come sopraffatti dal senso di un'impotenza insuperabile: il bene non potr
mai avere la forza di vincere il male!
questo il momento nel quale il Popolo di Dio, e in esso ciascun credente, chiamato a
professare, con umilt e coraggio, la propria fede in Ges Cristo il Verbo della vita (1 Gv 1,
1). Il Vangelo della vita non una semplice riflessione, anche se originale e profonda, sulla
vita umana; neppure soltanto un comandamento destinato a sensibilizzare la coscienza e a
provocare significativi cambiamenti nella societ; tanto meno un'illusoria promessa di un
futuro migliore. Il Vangelo della vita una realt concreta e personale, perch consiste
nell'annuncio della persona stessa di Ges. All'apostolo Tommaso, e in lui a ogni uomo, Ges
si presenta con queste parole: Io sono la via, la verit e la vita (Gv 14, 6). la stessa identit
indicata a Marta, la sorella di Lazzaro: Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche
se muore, vivr; chiunque vive e crede in me, non morr in eterno (Gv 11, 25-26). Ges il
Figlio che dall'eternit riceve la vita dal Padre (cf. Gv 5, 26) ed venuto tra gli uomini per farli
partecipi di questo dono: Io sono venuto perch abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza
(Gv 10, 10).
allora dalla parola, dall'azione, dalla persona stessa di Ges che all'uomo data la possibilit
di conoscere la verit intera circa il valore della vita umana; da quella fonte che gli
viene, in particolare, la capacit di fare perfettamente tale verit (cf. Gv 3, 21), ossia di
assumere e realizzare in pienezza la responsabilit di amare e servire, di difendere e
promuovere la vita umana.
In Cristo, infatti, annunciato definitivamente ed pienamente donato quel Vangelo della vita
che, offerto gi nella Rivelazione dell'Antico Testamento, ed anzi scritto in qualche modo nel
cuore stesso di ogni uomo e donna, risuona in ogni coscienza dal principio, ossia dalla
creazione stessa, cos che, nonostante i condizionamenti negativi del peccato, pu essere

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TESTI MAGISTERIALE di BIOETICA, FRAY PAULO LOPEZ, O.S.A.

conosciuto nei suoi tratti essenziali anche dalla ragione umana. Come scrive il Concilio
Vaticano II, Cristo con tutta la sua presenza e con la manifestazione di s, con le parole e con
le opere, con i segni e con i miracoli, e specialmente con la sua morte e la gloriosa risurrezione
di tra i morti, e infine con l'invio dello Spirito di verit, compie e completa la rivelazione e la
corrobora con la testimonianza divina, che cio Dio con noi per liberarci dalle tenebre del
peccato e della morte e risuscitarci per la vita eterna.22
30. dunque con lo sguardo fisso al Signore Ges che intendiamo riascoltare da lui le parole
di Dio (Gv 3, 34) e rimeditare il Vangelo della vita. Il senso pi profondo e originale di
questa meditazione sul messaggio rivelato circa la vita umana stato colto dall'apostolo
Giovanni, quando scrive, all'inizio della sua Prima Lettera: Ci che era fin da principio, ci
che noi abbiamo udito, ci che noi abbiamo veduto con i nostri occhi, ci che noi abbiamo
contemplato e ci che le nostre mani hanno toccato, ossia il Verbo della vita (poich la vita si
fatta visibile, noi l'abbiamo veduta e di ci rendiamo testimonianza e vi annunziamo la vita
eterna, che era presso il Padre e si resa visibile a noi), quello che abbiamo veduto e udito, noi
lo annunziamo anche a voi, perch anche voi siate in comunione con noi (1, 1-3).
In Ges, Verbo della vita, viene quindi annunciata e comunicata la vita divina ed eterna.
Grazie a tale annuncio e a tale dono, la vita fisica e spirituale dell'uomo, anche nella sua fase
terrena, acquista pienezza di valore e di significato: la vita divina ed eterna, infatti, il fine a
cui l'uomo che vive in questo mondo orientato e chiamato. Il Vangelo della vita racchiude
cos quanto la stessa esperienza e ragione umana dicono circa il valore della vita, lo accoglie,
lo eleva e lo porta a compimento.
Mia forza e mio canto il Signore, egli mi ha salvato (Es 15, 2): la vita sempre un bene
31. In verit, la pienezza evangelica dell'annuncio sulla vita preparata gi nell'Antico
Testamento. soprattutto nella vicenda dell'Esodo, fulcro dell'esperienza di fede dell'Antico
Testamento, che Israele scopre quanto la sua vita sia preziosa agli occhi di Dio. Quando
sembra ormai votato allo sterminio, perch su tutti i suoi neonati maschi incombe la minaccia
di morte (cf. Es 1, 15-22), il Signore gli si rivela come salvatore, capace di assicurare un futuro
a chi senza speranza. Nasce cos in Israele una precisa consapevolezza: la sua vita non si
trova alla merc di un faraone che pu usarne con dispotico arbitrio; al contrario, essa
l'oggetto di un tenero e forte amore da parte di Dio.
La liberazione dalla schiavit il dono di una identit, il riconoscimento di una dignit
indelebile e l'inizio di una storia nuova, in cui la scoperta di Dio e la scoperta di s vanno di
pari passo. una esperienza, quella dell'Esodo, fondante ed esemplare. Israele vi apprende
che, ogni volta in cui minacciato nella sua esistenza, non ha che da ricorrere a Dio con
rinnovata fiducia per trovare in lui efficace assistenza: Io ti ho formato, mio servo sei tu;
Israele, non sarai dimenticato da me (Is 44, 21).
Cos, mentre riconosce il valore della propria esistenza come popolo, Israele progredisce anche
nella percezione del senso e del valore della vita in quanto tale. una riflessione che si
sviluppa in modo particolare nei libri sapienziali, muovendo dalla quotidiana esperienza della
precariet della vita e dalla consapevolezza delle minacce che la insidiano. Di fronte alle
contraddizioni dell'esistenza, la fede provocata ad offrire una risposta.
soprattutto il problema del dolore ad incalzare la fede e a metterla alla prova. Come non
cogliere il gemito universale dell'uomo nella meditazione del libro di Giobbe? L'innocente
schiacciato dalla sofferenza , comprensibilmente, portato a chiedersi: Perch dare la luce ad

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TESTI MAGISTERIALE di BIOETICA, FRAY PAULO LOPEZ, O.S.A.

un infelice e la vita a chi ha l'amarezza nel cuore, a quelli che aspettano la morte e non viene,
che la cercano pi di un tesoro? (3, 20-21). Ma anche nella pi fitta oscurit la fede orienta al
riconoscimento fiducioso e adorante del mistero: Comprendo che puoi tutto e che nessuna
cosa impossibile per te (Gb 42, 2).
Progressivamente la Rivelazione fa cogliere con sempre maggiore chiarezza il germe di vita
immortale posto dal Creatore nel cuore degli uomini: Egli ha fatto bella ogni cosa a suo
tempo, ma egli ha messo la nozione dell'eternit nel loro cuore (Qo 3, 11). Questo germe di
totalit e di pienezza attende di manifestarsi nell'amore e di compiersi, per dono gratuito di
Dio, nella partecipazione alla sua vita eterna.
Il nome di Ges ha dato vigore a questo uomo (At 3, 16): nella precariet dell'esistenza
umana Ges porta a compimento il senso della vita
32. L'esperienza del popolo dell'Alleanza si rinnova in quella di tutti i poveri che incontrano
Ges di Nazaret. Come gi il Dio amante della vita (Sap 11, 26) aveva rassicurato Israele in
mezzo ai pericoli, cos ora il Figlio di Dio, a quanti si sentono minacciati e impediti nella loro
esistenza, annuncia che anche la loro vita un bene, al quale l'amore del Padre d senso e
valore.
I ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi vengono sanati, i sordi odono, i
morti risuscitano, ai poveri annunziata la buona novella (Lc 7, 22). Con queste parole del
profeta Isaia (35, 5-6; 61, 1), Ges presenta il significato della propria missione: cos quanti
soffrono per un'esistenza in qualche modo diminuita, ascoltano da lui la buona novella
dell'interesse di Dio nei loro confronti ed hanno la conferma che anche la loro vita un dono
gelosamente custodito nelle mani del Padre (cf. Mt 6, 25-34).
Sono i poveri ad essere interpellati particolarmente dalla predicazione e dall'azione di Ges.
Le folle di malati e di emarginati, che lo seguono e lo cercano (cf. Mt 4, 23-25), trovano nella
sua parola e nei suoi gesti la rivelazione di quale grande valore abbia la loro vita e di come
siano fondate le loro attese di salvezza.
Non diversamente accade nella missione della Chiesa, fin dalle sue origini. Essa, che annuncia
Ges come colui che pass beneficando e risanando tutti coloro che stavano sotto il potere
del diavolo, perch Dio era con lui (At 10, 38), sa di essere portatrice di un messaggio di
salvezza che risuona in tutta la sua novit proprio nelle situazioni di miseria e di povert della
vita dell'uomo. Cos fa Pietro con la guarigione dello storpio, posto ogni giorno presso la porta
Bella del tempio di Gerusalemme a chiedere l'elemosina: Non possiedo n argento n oro,
ma quello che ho te lo do: nel nome di Ges Cristo, il Nazareno, cammina! (At 3, 6). Nella
fede in Ges, autore della vita (At 3, 15), la vita che giace abbandonata e implorante ritrova
consapevolezza di s e dignit piena.
La parola e i gesti di Ges e della sua Chiesa non riguardano solo chi nella malattia, nella
sofferenza o nelle varie forme di emarginazione sociale. Pi profondamente toccano il senso
stesso della vita di ogni uomo nelle sue dimensioni morali e spirituali. Solo chi riconosce che
la propria vita segnata dalla malattia del peccato, nell'incontro con Ges Salvatore pu
ritrovare la verit e l'autenticit della propria esistenza, secondo le sue stesse parole: Non
sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati; io non sono venuto a chiamare i giusti,
ma i peccatori a convertirsi (Lc 5, 31-32).
Chi, invece, come il ricco agricoltore della parabola evangelica, pensa di poter assicurare la
propria vita mediante il possesso dei soli beni materiali, in realt si illude: essa gli sta

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sfuggendo, ed egli ne rester ben presto privo, senza essere arrivato a percepirne il vero
significato: Stolto, questa notte stessa ti sar richiesta la tua vita. E quello che hai preparato di
chi sar? (Lc 12, 20).
33. nella vita stessa di Ges, dall'inizio alla fine, che si ritrova questa singolare dialettica
tra l'esperienza della precariet della vita umana e l'affermazione del suo valore. Infatti, la
precariet segna la vita di Ges fin dalla sua nascita. Egli trova certamente l'accoglienza dei
giusti, che si uniscono al s pronto e gioioso di Maria (cf. Lc 1, 38). Ma c' anche, da subito,
il rifiuto di un mondo che si fa ostile e cerca il bambino per ucciderlo (Mt 2, 13), oppure
resta indifferente e disattento al compiersi del mistero di questa vita che entra nel mondo: non
c'era posto per loro nell'albergo (Lc 2, 7). Proprio dal contrasto tra le minacce e le insicurezze
da una parte e la potenza del dono di Dio dall'altra, risplende con maggior forza la gloria che si
sprigiona dalla casa di Nazaret e dalla mangiatoia di Betlemme: questa vita che nasce
salvezza per l'intera umanit (cf. Lc 2, 11).
Contraddizioni e rischi della vita vengono assunti pienamente da Ges: da ricco che era, si
fatto povero per voi, perch voi diventaste ricchi per mezzo della sua povert (2 Cor 8, 9). La
povert, di cui parla Paolo, non solo spogliamento dei privilegi divini, ma anche
condivisione delle condizioni pi umili e precarie della vita umana (cf. Fil 2, 6-7). Ges vive
questa povert lungo tutto il corso della sua vita, fino al momento culminante della Croce:
umili se stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce. Per questo Dio
l'ha esaltato e gli ha dato il nome che al di sopra di ogni altro nome (Fil 2, 8-9). proprio
nella sua morte che Ges rivela tutta la grandezza e il valore della vita, in quanto il suo
donarsi in croce diventa fonte di vita nuova per tutti gli uomini (cf. Gv 12, 32). In questo
peregrinare nelle contraddizioni e nella stessa perdita della vita, Ges guidato dalla certezza
che essa nelle mani del Padre. Per questo sulla Croce pu dirgli: Padre nelle tue mani
consegno il mio spirito (Lc 23, 46), cio la mia vita. Davvero grande il valore della vita
umana se il Figlio di Dio l'ha assunta e l'ha resa luogo nel quale la salvezza si attua per l'intera
umanit!
Chiamati... ad essere conformi all'immagine del Figlio suo (Rm 8, 28-29): la gloria di Dio
risplende sul volto dell'uomo
34. La vita sempre un bene. , questa, una intuizione o addirittura un dato di esperienza, di
cui l'uomo chiamato a cogliere la ragione profonda.
Perch la vita un bene? L'interrogativo attraversa tutta la Bibbia e fin dalle sue prime pagine
trova una risposta efficace e mirabile. La vita che Dio dona all'uomo diversa e originale di
fronte a quella di ogni altra creatura vivente, in quanto egli, pur imparentato con la polvere
della terra (cf. Gn 2, 7; 3, 19; Gb 34, 15; Sal 103/102, 14; 104/103, 29), nel mondo
manifestazione di Dio, segno della sua presenza, orma della sua gloria (cf. Gn 1, 26-27; Sal 8,
6). quanto ha voluto sottolineare anche sant'Ireneo di Lione con la sua celebre definizione:
l'uomo che vive la gloria di Dio.23 All'uomo donata un'altissima dignit, che ha le sue
radici nell'intimo legame che lo unisce al suo Creatore: nell'uomo risplende un riflesso della
stessa realt di Dio.
Lo afferma il libro della Genesi nel primo racconto delle origini, ponendo l'uomo al vertice
dell'attivit creatrice di Dio, come suo coronamento, al termine di un processo che
dall'indistinto caos porta alla creatura pi perfetta. Tutto nel creato ordinato all'uomo e tutto
a lui sottomesso: Riempite la terra; soggiogatela e dominate... su ogni essere vivente (1,
28), comanda Dio all'uomo e alla donna. Un messaggio simile viene anche dall'altro racconto
delle origini: Il Signore Dio prese l'uomo e lo pose nel giardino di Eden, perch lo coltivasse

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e lo custodisse (Gn 2, 15). Si riafferma cos il primato dell'uomo sulle cose: esse sono
finalizzate a lui e affidate alla sua responsabilit, mentre per nessuna ragione egli pu essere
asservito ai suoi simili e quasi ridotto al rango di cosa.
Nella narrazione biblica la distinzione dell'uomo dalle altre creature evidenziata soprattutto
dal fatto che solo la sua creazione presentata come frutto di una speciale decisione da parte
di Dio, di una deliberazione che consiste nello stabilire un legame particolare e specifico con
il Creatore: Facciamo l'uomo a nostra immagine, a nostra somiglianza (Gn 1, 26). La vita
che Dio offre all'uomo un dono con cui Dio partecipa qualcosa di s alla sua creatura.
Israele si interrogher a lungo sul senso di questo legame particolare e specifico dell'uomo con
Dio. Anche il libro del Siracide riconosce che Dio nel creare gli uomini secondo la sua natura
li rivest di forza, e a sua immagine li form (17, 3). A ci l'autore sacro riconduce non solo il
loro dominio sul mondo, ma anche le facolt spirituali pi proprie dell'uomo, come la ragione,
il discernimento del bene e del male, la volont libera: Li riemp di dottrina e d'intelligenza, e
indic loro anche il bene e il male (Sir 17, 6). La capacit di attingere la verit e la libert
sono prerogative dell'uomo in quanto creato ad immagine del suo Creatore, il Dio vero e
giusto (cf. Dt 32, 4). Soltanto l'uomo, fra tutte le creature visibili, capa- ce di conoscere e di
amare il proprio Creatore.24 La vita che Dio dona all'uomo ben pi di un esistere nel tempo.
tensione verso una pienezza di vita; germe di una esistenza che va oltre i limiti stessi del
tempo: S, Dio ha creato l'uomo per l'incorruttibilit; lo fece a immagine della propria natura
(Sap 2, 23).
35. Anche il racconto jahvista delle origini esprime la stessa convinzione. L'antica narrazione,
infatti, parla di un soffio divino che viene inalato nell'uomo perch questi entri nella vita: Il
Signore Dio plasm l'uomo con polvere del suolo e soffi nelle sue narici un alito di vita e
l'uomo divenne un essere vivente (Gn 2, 7).
L'origine divina di questo spirito di vita spiega la perenne insoddisfazione che accompagna
l'uomo nei suoi giorni. Fatto da Dio, portando in s una traccia indelebile di Dio, l'uomo tende
naturalmente a lui. Quando ascolta l'aspirazione profonda del suo cuore, ogni uomo non pu
non fare propria la parola di verit espressa da sant'Agostino: Tu ci hai fatti per te, o Signore,
e il nostro cuore inquieto sino a quando non riposa in Te.25
Quanto mai eloquente l'insoddisfazione di cui preda la vita dell'uomo nell'Eden fin quando
il suo unico riferimento rimane il mondo vegetale e animale (cf. Gn 2, 20). Solo l'apparizione
della donna, di un essere cio che carne dalla sua carne e osso dalle sue ossa (cf. Gn 2, 23), e
in cui ugualmente vive lo spirito di Dio Creatore, pu soddisfare l'esigenza di dialogo interpersonale che cos vitale per l'esistenza umana. Nell'altro, uomo o donna, si riflette Dio
stesso, approdo definitivo e appagante di ogni persona.
Che cosa l'uomo perch te ne ricordi, il figlio dell'uomo perch te ne curi?, si chiede il
Salmista (Sal 8, 5). Di fronte all'immensit dell'universo, egli ben piccola cosa; ma proprio
questo contrasto fa emergere la sua grandezza: Lo hai fatto poco meno degli angeli (ma si
potrebbe tradurre anche: poco meno di Dio), di gloria e di onore lo hai coronato (Sal 8, 6).
La gloria di Dio risplende sul volto dell'uomo. In lui il Creatore trova il suo riposo, come
commenta stupito e commosso sant'Ambrogio: finito il sesto giorno e si conclusa la
creazione del mondo con la formazione di quel capolavoro che l'uomo, il quale esercita il
dominio su tutti gli esseri viventi ed come il culmine dell'universo e la suprema bellezza di
ogni essere creato. Veramente dovremmo mantenere un reverente silenzio, poich il Signore si
ripos da ogni opera del mondo. Si ripos poi nell'intimo dell'uomo, si ripos nella sua mente

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e nel suo pensiero; infatti aveva creato l'uomo dotato di ragione, capace d'imitarlo, emulo delle
sue virt, bramoso delle grazie celesti. In queste sue doti riposa Iddio che ha detto: "O su chi
riposer, se non su chi umile, tranquillo e teme le mie parole?" (Is 66, 1-2). Ringrazio il
Signore Dio nostro che ha creato un'opera cos meravigliosa nella quale trovare il suo
riposo.26
36. Purtroppo lo stupendo progetto di Dio viene offuscato dalla irruzione del peccato nella
storia. Con il peccato l'uomo si ribella al Creatore, finendo con l'idolatrare le creature:
Hanno venerato e adorato la creatura al posto del Creatore (Rm 1, 25). In questo modo
l'essere umano non solo deturpa in se stesso l'immagine di Dio, ma tentato di offenderla
anche negli altri, sostituendo ai rapporti di comunione atteggiamenti di diffidenza, di
indifferenza, di inimicizia, fino all'odio omicida. Quando non si riconosce Dio come Dio, si
tradisce il senso profondo dell'uomo e si pregiudica la comunione tra gli uomini.
Nella vita dell'uomo, l'immagine di Dio torna a risplendere e si manifesta in tutta la sua
pienezza con la venuta nella carne umana del Figlio di Dio: Egli immagine del Dio
invisibile (Col 1, 15), irradiazione della sua gloria e impronta della sua sostanza (Eb 1, 3).
Egli l'immagine perfetta del Padre.
Il progetto di vita consegnato al primo Adamo trova finalmente in Cristo il suo compimento.
Mentre la disobbedienza di Adamo rovina e deturpa il disegno di Dio sulla vita dell'uomo e
introduce la morte nel mondo, l'obbedienza redentrice di Cristo fonte di grazia che si riversa
sugli uomini spalancando a tutti le porte del regno della vita (cf. Rm 5, 12-21). Afferma
l'apostolo Paolo: Il primo uomo, Adamo, divenne un essere vivente, ma l'ultimo Adamo
divenne spirito datore di vita (1 Cor 15, 45).
A quanti accettano di porsi alla sequela di Cristo viene donata la pienezza della vita: in loro
l'immagine divina viene restaurata, rinnovata e condotta alla perfezione. Questo il disegno di
Dio sugli esseri umani: che divengano conformi all'immagine del Figlio suo (Rm 8, 29).
Solo cos, nello splendore di questa immagine, l'uomo pu essere liberato dalla schiavit
dell'idolatria, pu ricostruire la fraternit dispersa e ritrovare la sua identit.
Chiunque vive e crede in me, non morr in eterno (Gv 11, 26): il dono della vita eterna
37. La vita che il Figlio di Dio venuto a donare agli uomini non si riduce alla sola esistenza
nel tempo. La vita, che da sempre in lui e costituisce la luce degli uomini (Gv 1, 4),
consiste nell'essere generati da Dio e nel partecipare alla pienezza del suo amore: A quanti
l'hanno accolto, ha dato il potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome, i
quali non da sangue, n da volere di carne, n da volere di uomo, ma da Dio sono stati
generati (Gv 1, 12-13).
A volte Ges chiama questa vita, che egli venuto a donare, semplicemente cos: la vita; e
presenta la generazione da Dio come una condizione necessaria per poter raggiungere il fine
per cui Dio ha creato l'uomo: Se uno non rinasce dall'alto, non pu vedere il regno di Dio
(Gv 3, 3). Il dono di questa vita costituisce l'oggetto proprio della missione di Ges: egli
colui che discende dal cielo e d la vita al mondo (Gv 6, 33), cos che pu affermare con
piena verit: Chi segue me... avr la luce della vita (Gv 8, 12).
Altre volte Ges parla di vita eterna, dove l'aggettivo non richiama soltanto una prospettiva
sovratemporale. Eterna la vita che Ges promette e dona, perch pienezza di
partecipazione alla vita dell' Eterno. Chiunque crede in Ges ed entra in comunione con lui
ha la vita eterna (cf. Gv 3, 15; 6, 40), perch da lui ascolta le uniche parole che rivelano e

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infondono pienezza di vita alla sua esistenza; sono le parole di vita eterna che Pietro
riconosce nella sua confessione di fede: Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita
eterna; noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio (Gv 6, 68-69). In che cosa
consista poi la vita eterna, lo dichiara Ges stesso rivolgendosi al Padre nella grande preghiera
sacerdotale: Questa la vita eterna: che conoscano te, l'unico vero Dio, e colui che hai
mandato, Ges Cristo (Gv 17, 3). Conoscere Dio e il suo Figlio accogliere il mistero della
comunione d'amore del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo nella propria vita, che si apre gi
fin d'ora alla vita eterna nella partecipazione alla vita divina.
38. La vita eterna , dunque, la vita stessa di Dio ed insieme la vita dei figli di Dio. Stupore
sempre nuovo e gratitudine senza limiti non possono non prendere il credente di fronte a
questa inattesa e ineffabile verit che ci viene da Dio in Cristo. Il credente fa sue le parole
dell'apostolo Giovanni: Quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di
Dio, e lo siamo realmente!... Carissimi, noi fin d'ora siamo figli di Dio, ma ci che saremo non
stato ancora rivelato. Sappiamo per che quando egli si sar manifestato, noi saremo simili a
lui, perch lo vedremo cos come egli (1 Gv 3, 1-2).
Cos giunge al suo culmine la verit cristiana sulla vita. La dignit di questa non legata solo
alle sue origini, al suo venire da Dio, ma anche al suo fine, al suo destino di comunione con
Dio nella conoscenza e nell'amore di Lui. alla luce di questa verit che sant'Ireneo precisa e
completa la sua esaltazione dell'uomo: gloria di Dio , s, l'uomo che vive, ma la vita
dell'uomo consiste nella visione di Dio.27
Nascono da qui immediate conseguenze per la vita umana nella sua stessa condizione terrena,
nella quale gi germogliata ed in crescita la vita eterna. Se l'uomo ama istintivamente la
vita perch un bene, tale amore trova ulteriore motivazione e forza, nuova ampiezza e
profondit nelle dimensioni divine di questo bene. In simile prospettiva, l'amore che ogni
essere umano ha per la vita non si riduce alla semplice ricerca di uno spazio in cui esprimere
se stesso ed entrare in relazione con gli altri, ma si sviluppa nella gioiosa consapevolezza di
poter fare della propria esistenza il luogo della manifestazione di Dio, dell'incontro e della
comunione con Lui. La vita che Ges ci dona non svaluta la nostra esistenza nel tempo, ma la
assume e la conduce al suo ultimo destino: Io sono la risurrezione e la vita...; chiunque vive e
crede in me, non morr in eterno (Gv 11, 25.26).
Domander conto ... a ognuno di suo fratello (Gn 9, 5): venerazione e amore per la vita di
tutti
39. La vita dell'uomo proviene da Dio, suo dono, sua immagine e impronta, partecipazione
del suo soffio vitale. Di questa vita, pertanto, Dio l'unico signore: l'uomo non pu disporne.
Dio stesso lo ribadisce a No dopo il diluvio: Domander conto della vita dell'uomo
all'uomo, a ognuno di suo fratello (Gn 9, 5). E il testo biblico si preoccupa di sottolineare
come la sacralit della vita abbia il suo fondamento in Dio e nella sua azione creatrice:
Perch ad immagine di Dio Egli ha fatto l'uomo (Gn 9, 6).
La vita e la morte dell'uomo sono, dunque, nelle mani di Dio, in suo potere: Egli ha in mano
l'anima di ogni vivente e il soffio d'ogni carne umana, esclama Giobbe (12, 10). Il Signore
fa morire e fa vivere, scendere agli inferi e risalire (1 Sam 2, 6). Egli solo pu dire: Sono io
che do la morte e faccio vivere (Dt 32, 39).
Ma questo potere Dio non lo esercita come arbitrio minaccioso, bens come cura e
sollecitudine amorosa nei riguardi delle sue creature. Se vero che la vita dell'uomo nelle
mani di Dio, non men vero che queste sono mani amorevoli come quelle di una madre che

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accoglie, nutre e si prende cura del suo bambino: Io sono tranquillo e sereno come bimbo
svezzato in braccio a sua madre, come un bimbo svezzato l'anima mia (Sal 131/130, 2; cf.
Is 49, 15; 66, 12-13; Os 11, 4). Cos nelle vicende dei popoli e nella sorte degli individui
Israele non vede il frutto di una pura casualit o di un destino cieco, ma l'esito di un disegno
d'amore con il quale Dio raccoglie tutte le potenzialit di vita e contrasta le forze di morte, che
nascono dal peccato: Dio non ha creato la morte e non gode per la rovina dei viventi. Egli
infatti ha creato tutto per l'esistenza (Sap 1, 13-14).
40. Dalla sacralit della vita scaturisce la sua inviolabilit, inscritta fin dalle origini nel cuore
dell'uomo, nella sua coscienza. La domanda Che hai fatto? (Gn 4, 10), con cui Dio si rivolge
a Caino dopo che questi ha ucciso il fratello Abele, traduce l'esperienza di ogni uomo: nel
profondo della sua coscienza, egli viene sempre richiamato alla inviolabilit della vita della
sua vita e di quella degli altri , come realt che non gli appartiene, perch propriet e dono
di Dio Creatore e Padre.
Il comandamento relativo all'inviolabilit della vita umana risuona al centro delle dieci
parole nell'Alleanza del Sinai (cf. Es 34, 28). Esso proibisce, anzitutto, l'omicidio: Non
uccidere (Es 20, 13); Non far morire l'innocente e il giusto (Es 23, 7); ma proibisce anche
come viene esplicitato nell'ulteriore legislazione di Israele ogni lesione inflitta all'altro
(cf. Es 21, 12-27). Certo, bisogna riconoscere che nell'Antico Testamento questa sensibilit per
il valore della vita, pur gi cos marcata, non raggiunge ancora la finezza del Discorso della
Montagna, come emerge da alcuni aspetti della legislazione allora vigente, che prevedeva pene
corporali non lievi e persino la pena di morte. Ma il messaggio complessivo, che spetter al
Nuovo Testamento di portare alla perfezione, un forte appello al rispetto dell'inviolabilit
della vita fisica e dell'integrit personale, ed ha il suo vertice nel comandamento positivo che
obbliga a farsi carico del prossimo come di se stessi: Amerai il tuo prossimo come te stesso
(Lv 19, 18).
41. Il comandamento del non uccidere, incluso e approfondito in quello positivo dell'amore
del prossimo, viene ribadito in tutta la sua validit dal Signore Ges. Al giovane ricco che gli
chiede: Maestro, che cosa devo fare di buono per ottenere la vita eterna?, risponde: Se vuoi
entrare nella vita, osserva i comandamenti (Mt 19, 16.17). E cita, come primo, il non
uccidere (v. 18). Nel Discorso della Montagna, Ges esige dai discepoli una giustizia
superiore a quella degli scribi e dei farisei anche nel campo del rispetto della vita: Avete
inteso che fu detto agli antichi: Non uccidere; chi avr ucciso sar sottoposto a giudizio. Ma io
vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello, sar sottoposto a giudizio (Mt 5, 21-22).
Con la sua parola e i suoi gesti Ges esplicita ulteriormente le esigenze positive del
comandamento circa l'inviolabilit della vita. Esse erano gi presenti nell'Antico Testamento,
dove la legislazione si preoccupava di garantire e salvaguardare le situazioni di vita debole e
minacciata: il forestiero, la vedova, l'orfano, il malato, il povero in genere, la stessa vita prima
della nascita (cf. Es 21, 22; 22, 20-26). Con Ges queste esigenze positive acquistano vigore e
slancio nuovi e si manifestano in tutta la loro ampiezza e profondit: vanno dal prendersi cura
della vita del fratello (familiare, appartenente allo stesso popolo, straniero che abita nella terra
di Israele), al farsi carico dell'estraneo, fino all'amare il nemico.
L'estraneo non pi tale per chi deve farsi prossimo di chiunque nel bisogno fino ad
assumersi la responsabilit della sua vita, come insegna in modo eloquente e incisivo la
parabola del buon samaritano (cf. Lc 10, 25-37). Anche il nemico cessa di essere tale per chi
tenuto ad amarlo (cf. Mt 5, 38-48; Lc 6, 27-35) e a fargli del bene (cf. Lc 6, 27.33.35),
venendo incontro alle necessit della sua vita con prontezza e senso di gratuit (cf. Lc 6, 34-

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35). Vertice di questo amore la preghiera per il nemico, mediante la quale ci si pone in
sintonia con l'amore provvidente di Dio: Ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per i
vostri persecutori, perch siate figli del Padre vostro celeste, che fa sorgere il suo sole sopra i
malvagi e sopra i buoni, e fa piovere sopra i giusti e sopra gli ingiusti (Mt 5, 44-45; cf. Lc 6,
28.35).
Cos il comandamento di Dio a salvaguardia della vita dell'uomo ha il suo aspetto pi
profondo nell'esigenza di venerazione e di amore nei confronti di ogni persona e della sua vita.
questo l'insegnamento che l'apostolo Paolo, facendo eco alla parola di Ges (cf. Mt 19, 1718), rivolge ai cristiani di Roma: Il precetto: Non commettere adulterio, non uccidere, non
rubare, non desiderare e qualsiasi altro comandamento, si riassume in queste parole: Amerai il
prossimo tuo come te stesso. L'amore non fa nessun male al prossimo: pieno compimento della
legge l'amore (Rm 13, 9-10).

Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra; soggiogatela (Gn 1, 28): le responsabilit


dell'uomo verso la vita
42. Difendere e promuovere, venerare e amare la vita un compito che Dio affida a ogni
uomo, chiamandolo, come sua palpitante immagine, a partecipare alla signoria che Egli ha sul
mondo: Dio li benedisse e disse loro: "Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra;
soggiogatela e dominate sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo e su ogni essere vivente,
che striscia sulla terra"(Gn 1, 28).
Il testo biblico mette in luce l'ampiezza e la profondit della signoria che Dio dona all'uomo. Si
tratta, anzitutto, del dominio sulla terra e su ogni essere vivente, come ricorda il libro della
Sapienza: Dio dei padri e Signore di misericordia... con la tua sapienza hai formato l'uomo,
perch domini sulle creature che tu hai fatto, e governi il mondo con santit e giustizia (9,
1.2-3). Anche il Salmista esalta il dominio dell'uomo come segno della gloria e dell'onore
ricevuti dal Creatore: Gli hai dato potere sulle opere delle tue mani, tutto hai posto sotto i
suoi piedi; tutti i greggi e gli armenti, tutte le bestie della campagna; gli uccelli del cielo e i
pesci del mare, che percorrono le vie del mare (Sal 8, 7-9).
Chiamato a coltivare e custodire il giardino del mondo (cf. Gn 2, 15), l'uomo ha una specifica
responsabilit sull'ambiente di vita, ossia sul creato che Dio ha posto al servizio della sua
dignit personale, della sua vita: in rapporto non solo al presente, ma anche alle generazioni
future. la questione ecologica dalla preservazione degli habitat naturali delle diverse
specie animali e delle varie forme di vita, alla ecologia umana propriamente detta 28 che
trova nella pagina biblica una luminosa e forte indicazione etica per una soluzione rispettosa
del grande bene della vita, di ogni vita. In realt, il dominio accordato dal Creatore all'uomo
non un potere assoluto, n si pu parlare di libert di "usare e abusare", o di disporre delle
cose come meglio aggrada. La limitazione imposta dallo stesso Creatore fin dal principio, ed
espressa simbolicamente con la proibizione di "mangiare il frutto dell'albero" (cf. Gn 2, 1617), mostra con sufficiente chiarezza che, nei confronti della natura visibile, siamo sottomessi
a leggi non solo biologiche, ma anche morali, che non si possono impunemente trasgredire. 29
43. Una certa partecipazione dell'uomo alla signoria di Dio si manifesta anche nella specifica
responsabilit che gli viene affidata nei confronti della vita propriamente umana.
responsabilit che tocca il suo vertice nella donazione della vita mediante la generazione da
parte dell'uomo e della donna nel matrimonio, come ci ricorda il Concilio Vaticano II: Lo
stesso Dio che disse: "non bene che l'uomo sia solo" (Gn 2, 18) e che "cre all'inizio l'uomo

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maschio e femmina" (Mt 19, 4), volendo comunicare all'uomo una certa speciale
partecipazione nella sua opera creatrice, benedisse l'uomo e la donna, dicendo loro: "crescete e
moltiplicatevi" (Gn 1, 28).30
Parlando di una certa speciale partecipazione dell'uomo e della donna all'opera creatrice
di Dio, il Concilio intende rilevare come la generazione del figlio sia un evento profondamente
umano e altamente religioso, in quanto coinvolge i coniugi che formano una sola carne (Gn
2, 24) ed insieme Dio stesso che si fa presente. Come ho scritto nella Lettera alle Famiglie,
quando dall'unione coniugale dei due nasce un nuovo uomo, questi porta con s al mondo una
particolare immagine e somiglianza di Dio stesso: nella biologia della generazione inscritta
la genealogia della persona. Affermando che i coniugi, come genitori, sono collaboratori di
Dio Creatore nel concepimento e nella generazione di un nuovo essere umano non ci riferiamo
solo alle leggi della biologia; intendiamo sottolineare piuttosto che nella paternit e maternit
umane Dio stesso presente in modo diverso da come avviene in ogni altra generazione "sulla
terra". Infatti soltanto da Dio pu provenire quella "immagine e somiglianza" che propria
dell'essere umano, cos come avvenuto nella creazione. La generazione la continuazione
della creazione.31
quanto insegna, con linguaggio immediato ed eloquente, il testo sacro riportando il grido
gioioso della prima donna, la madre di tutti i viventi (Gn 3, 20). Consapevole dell'intervento
di Dio, Eva esclama: Ho acquistato un uomo dal Signore (Gn 4, 1). Nella generazione
dunque, mediante la comunicazione della vita dai genitori al figlio, si trasmette, grazie alla
creazione dell'anima immortale,32 l'immagine e la somiglianza di Dio stesso. In questo senso si
esprime l'inizio del libro della genealogia di Adamo: Quando Dio cre l'uomo, lo fece a
somiglianza di Dio; maschio e femmina li cre, li benedisse e li chiam uomini quando furono
creati. Adamo aveva centotrenta anni quando gener a sua immagine, a sua somiglianza, un
figlio e lo chiam Set (Gn 5, 1-3). Proprio in questo loro ruolo di collaboratori di Dio, che
trasmette la sua immagine alla nuova creatura, sta la grandezza dei coniugi disposti a
cooperare con l'amore del Creatore e del Salvatore, che attraverso di loro continuamente dilata
e arricchisce la Sua famiglia.33 In questa luce il Vescovo Anfilochio esaltava il matrimonio
santo, eletto ed elevato al di sopra di tutti i doni terreni come generatore dell'umanit,
artefice di immagini di Dio.34
Cos l'uomo e la donna uniti in matrimonio sono associati ad un'opera divina: mediante l'atto
della generazione, il dono di Dio viene accolto e una nuova vita si apre al futuro.
Ma, al di l della missione specifica dei genitori, il compito di accogliere e servire la vita
riguarda tutti e deve manifestarsi soprattutto verso la vita nelle condizioni di maggior
debolezza. Cristo stesso che ce lo ricorda, chiedendo di essere amato e servito nei fratelli
provati da qualsiasi tipo di sofferenza: affamati, assetati, forestieri, nudi, malati, carcerati...
Quanto fatto a ciascuno di loro fatto a Cristo stesso (cf. Mt 25, 31-46).
Sei tu che hai creato le mie viscere (Sal 139/138, 13): la dignit del bambino non ancora
nato
44. La vita umana viene a trovarsi in situazione di grande precariet quando entra nel mondo e
quando esce dal tempo per approdare all'eternit. Sono ben presenti nella Parola di Dio
soprattutto nei riguardi dell'esistenza insidiata dalla malattia e dalla vecchiaia gli inviti alla
cura e al rispetto. Se mancano inviti diretti ed espliciti a salvaguardare la vita umana alle sue
origini, in specie la vita non ancora nata, come anche quella vicina alla sua fine, ci si spiega
facilmente per il fatto che anche la sola possibilit di offendere, aggredire o addirittura negare

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la vita in queste condizioni esula dall'orizzonte religioso e culturale del popolo di Dio.
Nell'Antico Testamento la sterilit temuta come una maledizione, mentre la prole numerosa
sentita come una benedizione: Dono del Signore sono i figli, sua grazia il frutto del
grembo (Sal 127/126, 3; cf. Sal 128/127, 3-4). Gioca in questa convinzione anche la
consapevolezza di Israele di essere il popolo dell'Alleanza, chiamato a moltiplicarsi secondo la
promessa fatta ad Abramo: Guarda il cielo e conta le stelle, se riesci a contarle... tale sar la
tua discendenza (Gn 15, 5). Ma soprattutto operante la certezza che la vita trasmessa dai
genitori ha la sua origine in Dio, come attestano le tante pagine bibliche che con rispetto e
amore parlano del concepimento, del plasmarsi della vita nel grembo materno, della nascita e
dello stretto legame che v' tra il momento iniziale dell'esistenza e l'agire di Dio Creatore.
Prima di formarti nel grembo materno, ti conoscevo, prima che tu uscissi alla luce, ti avevo
consacrato (Ger 1, 5):l'esistenza di ogni individuo, fin dalle sue origini, nel disegno di Dio.
Giobbe, dal fondo del suo dolore, si ferma a contemplare l'opera di Dio nel miracoloso
formarsi del suo corpo nel grembo della madre, traendone motivo di fiducia ed esprimendo la
certezza dell'esistenza di un progetto divino sulla sua vita: Le tue mani mi hanno plasmato e
mi hanno fatto integro in ogni parte; vorresti ora distruggermi? Ricordati che come argilla mi
hai plasmato e in polvere mi farai tornare. Non m'hai colato forse come latte e fatto accagliare
come cacio? Di pelle e di carne mi hai rivestito, d'ossa e di nervi mi hai intessuto. Vita e
benevolenza tu mi hai concesso e la tua premura ha custodito il mio spirito (10, 8-12).
Accenti di adorante stupore per l'intervento di Dio sulla vita in formazione nel grembo
materno risuonano anche nei Salmi.35
Come pensare che anche un solo momento di questo meraviglioso processo dello sgorgare
della vita possa essere sottratto all'opera sapiente e amorosa del Creatore e lasciato in bala
dell'arbitrio dell'uomo? Non lo pensa certo la madre dei sette fratelli, che professa la sua fede
in Dio, principio e garanzia della vita fin dal suo concepimento, e al tempo stesso fondamento
della speranza della nuova vita oltre la morte: Non so come siate apparsi nel mio seno; non io
vi ho dato lo spirito e la vita, n io ho dato forma alle membra di ciascuno di voi. Senza dubbio
il Creatore del mondo, che ha plasmato all'origine l'uomo e ha provveduto alla generazione di
tutti, per la sua misericordia vi restituir di nuovo lo spirito e la vita, come voi ora per le sue
leggi non vi curate di voi stessi (2 Mac 7, 22-23).
45. La rivelazione del Nuovo Testamento conferma l'indiscusso riconoscimento del valore
della vita fin dai suoi inizi. L'esaltazione della fecondit e l'attesa premurosa della vita
risuonano nelle parole con cui Elisabetta gioisce per la sua gravidanza: Il Signore... si
degnato di togliere la mia vergogna (Lc 1, 25). Ma ancor pi il valore della persona fin dal
suo concepimento celebrato nell'incontro tra la Vergine Maria ed Elisabetta, e tra i due
fanciulli che esse portano in grembo. Sono proprio loro, i bambini, a rivelare l'avvento dell'era
messianica: nel loro incontro inizia ad operare la forza redentrice della presenza del Figlio di
Dio tra gli uomini. Subito scrive sant'Ambrogio si fanno sentire i benefici della venuta
di Maria e della presenza del Signore... Elisabetta ud per prima la voce, ma Giovanni percep
per primo la grazia; essa ud secondo l'ordine della natura, egli esult in virt del mistero; essa
sent l'arrivo di Maria, egli del Signore; la donna l'arrivo della donna, il bambino l'arrivo del
Bambino. Esse parlano delle grazie ricevute, essi nel seno delle loro madri realizzano la grazia
e il mistero della misericordia a profitto delle madri stesse: e queste per un duplice miracolo
profetizzano sotto l'ispirazione dei figli che portano. Del figlio si dice che esult, della madre
che fu ricolma di Spirito Santo. Non fu prima la madre a essere ricolma dello Spirito, ma fu il
figlio, ripieno di Spirito Santo, a ricolmare anche la madre.36
Ho creduto anche quando dicevo: "Sono troppo infelice"(Sal 116/115, 10): la vita nella

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vecchiaia e nella sofferenza


46. Anche per quanto riguarda gli ultimi istanti dell'esistenza, sarebbe anacronistico attendersi
dalla rivelazione biblica un espresso riferimento all'attuale problematica del rispetto delle
persone anziane e malate e un'esplicita condanna dei tentativi di anticiparne violentemente la
fine: siamo infatti in un contesto culturale e religioso che non intaccato da simile tentazione,
e che anzi, per quanto riguarda l'anziano, riconosce nella sua saggezza ed esperienza una
insostituibile ricchezza per la famiglia e la societ.
La vecchiaia segnata da prestigio e circondata da venerazione (cf. 2 Mac 6, 23). E il giusto
non chiede di essere privato della vecchiaia e del suo peso; al contrario cos egli prega: Sei tu,
Signore, la mia speranza, la mia fiducia fin dalla mia giovinezza... E ora, nella vecchiaia e
nella canizie, Dio, non abbandonarmi, finch io annunzi la tua potenza, a tutte le generazioni
le tue meraviglie (Sal 71/70, 5.18). L'ideale del tempo messianico proposto come quello in
cui non ci sar pi... un vecchio che non giunga alla pienezza dei suoi giorni (Is 65, 20).
Ma, nella vecchiaia, come affrontare il declino inevitabile della vita? Come atteggiarsi di
fronte alla morte? Il credente sa che la sua vita sta nelle mani di Dio: Signore, nelle tue mani
la mia vita (cf. Sal 16/15, 5), e da lui accetta anche il morire: Questo il decreto del
Signore per ogni uomo; perch ribellarsi al volere dell'Altissimo? (Sir 41, 4). Come della
vita, cos della morte l'uomo non padrone; nella sua vita come nella sua morte, egli deve
affidarsi totalmente al volere dell'Altissimo, al suo disegno di amore.
Anche nel momento della malattia, l'uomo chiamato a vivere lo stesso affidamento al
Signore e a rinnovare la sua fondamentale fiducia in lui che guarisce tutte le malattie (cf. Sal
103/102, 3). Quando ogni orizzonte di salute sembra chiudersi di fronte all'uomo tanto da
indurlo a gridare: I miei giorni sono come ombra che declina, e io come erba inaridisco (Sal
102/101, 12) , anche allora il credente animato dalla fede incrollabile nella potenza
vivificante di Dio. La malattia non lo spinge alla disperazione e alla ricerca della morte, ma
all'invocazione piena di speranza: Ho creduto anche quando dicevo: "Sono troppo infelice"
(Sal 116/115, 10); Signore Dio mio, a te ho gridato e mi hai guarito. Signore, mi hai fatto
risalire dagli inferi, mi hai dato vita perch non scendessi nella tomba (Sal 30/29, 3-4).
47. La missione di Ges, con le numerose guarigioni operate, indica quanto Dio abbia a cuore
anche la vita corporale dell'uomo. Medico della carne e dello spirito,37 Ges mandato dal
Padre ad annunciare la buona novella ai poveri e a sanare i cuori affranti (cf. Lc 4, 18; Is 61,
1). Inviando poi i suoi discepoli nel mondo, egli affida loro una missione, nella quale la
guarigione dei malati si accompagna all'annuncio del Vangelo: E strada facendo, predicate
che il regno dei cieli vicino. Guarite gli infermi, risuscitate i morti, sanate i lebbrosi, cacciate
i demoni (Mt 10, 7-8; cf. Mc 6, 13; 16, 18).
Certo, la vita del corpo nella sua condizione terrena non un assoluto per il credente, tanto
che gli pu essere richiesto di abbandonarla per un bene superiore; come dice Ges, chi vorr
salvare la propria vita, la perder; ma chi perder la propria vita per causa mia e del Vangelo,
la salver (Mc 8, 35). Diverse sono, a questo proposito, le testimonianze del Nuovo
Testamento. Ges non esita a sacrificare s stesso e, liberamente, fa della sua vita una offerta
al Padre (cf. Gv 10, 17) e ai suoi (cf. Gv 10, 15). Anche la morte di Giovanni il Battista,
precursore del Salvatore, attesta che l'esistenza terrena non il bene assoluto: pi importante
la fedelt alla parola del Signore anche se essa pu mettere in gioco la vita (cf. Mc 6, 17-29). E
Stefano, mentre viene privato della vita nel tempo, perch testimone fedele della risurrezione
del Signore, segue le orme del Maestro e va incontro ai suoi lapidatori con le parole del

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perdono (cf. At 7, 59-60), aprendo la strada all'innumerevole schiera di martiri, venerati dalla
Chiesa fin dall'inizio.
Nessun uomo, tuttavia, pu scegliere arbitrariamente di vivere o di morire; di tale scelta,
infatti, padrone assoluto soltanto il Creatore, colui nel quale viviamo, ci muoviamo ed
esistiamo (At 17, 28).
Quanti si attengono ad essa avranno la vita (Bar 4, 1): dalla Legge del Sinai al dono dello
Spirito
48. La vita porta indelebilmente inscritta in s una sua verit. L'uomo, accogliendo il dono di
Dio, deve impegnarsi amantenere la vita in questa verit, che le essenziale. Distaccarsene
equivale a condannare se stessi all'insignificanza e all'infelicit, con la conseguenza di poter
diventare anche una minaccia per l'esistenza altrui, essendo stati rotti gli argini che
garantiscono il rispetto e la difesa della vita, in ogni situazione.
La verit della vita rivelata dal comandamento di Dio. La parola del Signore indica
concretamente quale indirizzo la vita debba seguire per poter rispettare la propria verit e
salvaguardare la propria dignit. Non soltanto lo specifico comandamento non uccidere
(Es 20, 13; Dt 5, 17) ad assicurare la protezione della vita: tutta intera la Legge del Signore a
servizio di tale protezione, perch rivela quella verit nella quale la vita trova il suo pieno
significato.
Non meraviglia, dunque, che l'Alleanza di Dio con il suo popolo sia cos fortemente legata alla
prospettiva della vita, anche nella sua dimensione corporea. Il comandamento in essa offerto
come via della vita: Io pongo oggi davanti a te la vita e il bene, la morte e il male; poich io
oggi ti comando di amare il Signore tuo Dio, di camminare per le sue vie, di osservare i suoi
comandi, le sue leggi e le sue norme, perch tu viva e ti moltiplichi e il Signore tuo Dio ti
benedica nel paese che tu stai per entrare a prendere in possesso (Dt 30, 15-16). in
questione non soltanto la terra di Canaan e l'esistenza del popolo di Israele, ma il mondo di
oggi e del futuro e l'esistenza di tutta l'umanit. Infatti, non assolutamente possibile che la
vita resti autentica e piena distaccandosi dal bene; e il bene, a sua volta, essenzialmente
legato ai comandamenti del Signore, cio alla legge della vita (Sir 17, 9). Il bene da
compiere non si sovrappone alla vita come un peso che grava su di essa, perch la ragione
stessa della vita precisamente il bene e la vita costruita solo mediante il compimento del
bene.
dunque il complesso della Legge a salvaguardare pienamente la vita dell'uomo. Ci spiega
come sia difficile mantenersi fedeli al non uccidere quando non vengono osservate le altre
parole di vita (At 7, 38), alle quali questo comandamento connesso. Al di fuori di questo
orizzonte, il comandamento finisce per diventare un semplice obbligo estrinseco, di cui ben
presto si vorranno vedere i limiti e si cercheranno le attenuazioni o le eccezioni. Solo se ci si
apre alla pienezza della verit su Dio, sull'uomo e sulla storia, la parola non uccidere torna a
risplendere come bene per l'uomo in tutte le sue dimensioni e relazioni. In questa prospettiva
possiamo cogliere la pienezza di verit contenuta nel passo del libro del Deuteronomio, ripreso
da Ges nella risposta alla prima tentazione: L'uomo non vive soltanto di pane, ma... di
quanto esce dalla bocca del Signore (8, 3; cf. Mt 4, 4). ascoltando la parola del Signore che
l'uomo pu vivere secondo dignit e giustizia; osservando la Legge di Dio che l'uomo pu
portare frutti di vita e di felicit: quanti si attengono ad essa avranno la vita, quanti
l'abbandonano moriranno (Bar 4, 1).
49. La storia di Israele mostra quanto sia difficile mantenere la fedelt alla legge della vita,

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che Dio ha inscritto nel cuore degli uomini e ha consegnato sul Sinai al popolo dell'Alleanza.
Di fronte alla ricerca di progetti di vita alternativi al piano di Dio, sono in particolare i Profeti
a richiamare con forza che solo il Signore l'autentica fonte della vita. Cos Geremia scrive:
Il mio popolo ha commesso due iniquit: essi hanno abbandonato me, sorgente di acqua viva,
per scavarsi cisterne, cisterne screpolate, che non tengono l'acqua (2, 13). I Profeti puntano il
dito accusatore su quanti disprezzano la vita e violano i diritti delle persone: Calpestano come
la polvere della terra la testa dei poveri (Am 2, 7); Essi hanno riempito questo luogo di
sangue innocente (Ger 19, 4). E tra essi il profeta Ezechiele pi volte stigmatizza la citt di
Gerusalemme, chiamandola la citt sanguinaria (22, 2; 24, 6.9), la citt che sparge il
sangue in mezzo a se stessa (22, 3).
Ma mentre denunciano le offese alla vita, i Profeti si preoccupano soprattutto di suscitare
l'attesa di un nuovo principio di vita, capace di fondare un rinnovato rapporto con Dio e con i
fratelli, dischiudendo possibilit inedite e straordinarie per comprendere e attuare tutte le
esigenze insite nel Vangelo della vita . Ci sar possibile unicamente grazie al dono di Dio,
che purifica e rinnova: Vi asperger con acqua pura e sarete purificati; io vi purificher da
tutte le vostre sozzure e da tutti i vostri idoli; vi dar un cuore nuovo, metter dentro di voi
uno spirito nuovo (Ez 36, 25-26; cf. Ger 31, 31-34). Grazie a questo cuore nuovo si pu
comprendere e realizzare il senso pi vero e profondo della vita: quello di essere un dono che
si compie nel donarsi. il messaggio luminoso che sul valore della vita ci viene dalla figura
del Servo del Signore: Quan- do offrir se stesso in espiazione, vedr una discendenza, vivr
a lungo... Dopo il suo intimo tormento vedr la luce (Is 53, 10.11).
nella vicenda di Ges di Nazaret che la Legge si compie e il cuore nuovo viene donato
mediante il suo Spirito. Ges, infatti, non rinnega la Legge, ma la porta a compimento (cf. Mt
5, 17): Legge e Profeti si riassumono nella regola d'oro dell'amore reciproco (cf. Mt 7, 12). In
Lui la Legge diventa definitivamente vangelo, buona notizia della signoria di Dio sul
mondo, che riporta tutta l'esistenza alle sue radici e alle sue prospettive originarie. la Legge
Nuova, la legge dello Spirito che d vita in Cristo Ges (Rm 8, 2), la cui espressione
fondamentale, a imitazione del Signore che d la vita per i propri amici (cf. Gv 15, 13), il
dono di s nell'amore ai fratelli: Noi sappiamo di essere passati dalla morte alla vita, perch
amiamo i fratelli (1 Gv 3, 14). legge di libert, di gioia e di beatitudine.
Volgeranno lo sguardo a colui che hanno trafitto (Gv 19, 37): sull'albero della Croce si
compie il Vangelo della vita
50. Al termine di questo capitolo, nel quale abbiamo meditato il messaggio cristiano sulla vita,
vorrei fermarmi con ciascuno di voi a contemplare Colui che hanno trafitto e che attira tutti a
s (cf. Gv 19, 37; 12, 32). Guardando lo spettacolo della Croce (cf. Lc 23, 48), potremo
scoprire in questo albero glorioso il compimento e la rivelazione piena di tutto il Vangelo della
vita.
Nelle prime ore del pomeriggio del venerd santo, il sole si ecliss e si fece buio su tutta la
terra... Il velo del tempio si squarci nel mezzo (Lc 23, 44.45). il simbolo di un grande
sconvolgimento cosmico e di una immane lotta tra le forze del bene e le forze del male, tra la
vita e la morte. Noi pure, oggi, ci troviamo nel mezzo di una lotta drammatica tra la cultura
della morte e la cultura della vita. Ma da questa oscurit lo splendore della Croce non
viene sommerso; essa, anzi, si staglia ancora pi nitida e luminosa e si rivela come il centro, il
senso e il fine di tutta la storia e di ogni vita umana.
Ges inchiodato sulla Croce e viene innalzato da terra. Vive il momento della sua massima
impotenza e la sua vita sembra totalmente consegnata agli scherni dei suoi avversari e alle

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mani dei suoi uccisori: viene beffeggiato, deriso, oltraggiato (cf. Mc 15, 24-36). Eppure,
proprio di fronte a tutto ci e vistolo spirare in quel modo, il centurione romano esclama:
Veramente quest'uomo era Figlio di Dio! (Mc 15, 39). Si rivela cos, nel momento della sua
estrema debolezza, l'identit del Figlio di Dio: sulla Croce si manifesta la sua gloria!
Con la sua morte, Ges illumina il senso della vita e della morte di ogni essere umano. Prima
di morire, Ges prega il Padre invocando il perdono per i suoi persecutori (cf. Lc 23, 34) e al
malfattore, che gli chiede di ricordarsi di lui nel suo regno, risponde: In verit ti dico, oggi
sarai con me nel paradiso (Lc 23, 43). Dopo la sua morte i sepolcri si aprirono e molti corpi
di santi morti risuscitarono (Mt 27, 52). La salvezza operata da Ges donazione di vita e di
risurrezione. Lungo la sua esistenza, Ges aveva donato salvezza anche sanando e beneficando
tutti (cf. At 10, 38). Ma i miracoli, le guarigioni e le stesse risuscitazioni erano segno di
un'altra salvezza, consistente nel perdono dei peccati, ossia nella liberazione dell'uomo dalla
malattia pi profonda, e nella sua elevazione alla vita stessa di Dio.
Sulla Croce si rinnova e si realizza nella sua piena e definitiva perfezione il prodigio del
serpente innalzato da Mos nel deserto (cf. Gv 3, 14-15; Nm 21, 8-9). Anche oggi, volgendo lo
sguardo a Colui che stato trafitto, ogni uomo minacciato nella sua esistenza incontra la sicura
speranza di trovare liberazione e redenzione.
51. Ma c' ancora un altro avvenimento preciso che attira il mio sguardo e suscita la mia
commossa meditazione: Dopo aver ricevuto l'aceto, Ges disse: 'Tutto compiuto!'. E,
chinato il capo, rese lo spirito (Gv 19, 30). E il soldato romano gli colp il costato con la
lancia e subito ne usc sangue e acqua (Gv 19, 34).
Tutto ormai giunto al suo pieno compimento. Il rendere lo spirito descrive la morte di
Ges, simile a quella di ogni altro essere umano, ma sembra alludere anche al dono dello
Spirito, col quale Egli ci riscatta dalla morte e ci apre a una vita nuova.
la vita stessa di Dio che viene partecipata all'uomo. la vita che, mediante i sacramenti della
Chiesa di cui il sangue e l'acqua sgorgati dal fianco di Cristo sono simbolo viene
continuamente comunicata ai figli di Dio, costituiti cos come popolo della Nuova Alleanza.
Dalla Croce, fonte di vita, nasce e si diffonde il popolo della vita.
La contemplazione della Croce ci porta cos alle radici pi profonde di quanto accaduto.
Ges, che entrando nel mondo aveva detto: Ecco, io vengo per fare, o Dio, la tua volont
(cf.Eb 10, 9), si rese in tutto obbediente al Padre e, avendo amato i suoi che erano nel mondo,
li am sino alla fine (Gv 13, 1), donando tutto se stesso per loro.
Lui, che non era venuto per essere servito, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per
molti (Mc 10, 45), raggiunge sulla Croce il vertice dell'amore. Nessuno ha un amore pi
grande di questo: dare la vita per i propri amici (Gv 15, 13). Ed egli morto per noi mentre
eravamo ancora peccatori (cf. Rm 5, 8).
In tal modo egli proclama che la vita raggiunge il suo centro, il suo senso e la sua pienezza
quando viene donata.
La meditazione a questo punto si fa lode e ringraziamento e, nello stesso tempo, ci sollecita a
imitare Ges e a seguirne le orme (cf. 1 Pt 2, 21).
Anche noi siamo chiamati a dare la nostra vita per i fratelli realizzando cos in pienezza di

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verit il senso e il destino della nostra esistenza.


Lo potremo fare perch Tu, o Signore, ci hai donato l'esempio e ci hai comunicato la forza del
tuo Spirito. Lo potremo fare se ogni giorno, con Te e come Te, saremo obbedienti al Padre e
faremo la sua volont.
Concedici, perci, di ascoltare con cuore docile e generoso ogni parola che esce dalla bocca di
Dio: impareremo cos non solo a non uccidere la vita dell'uomo, ma a venerarla, amarla e
promuoverla.

CAPITOLO III
NON UCCIDERE
LA LEGGE SANTA DI DIO
Se vuoi entrare nella vita, osserva i comandamenti (Mt 19, 17): Vangelo e comandamento
52. Ed ecco un tale gli si avvicin e gli disse: "Maestro, che cosa devo fare di buono per
ottenere la vita eterna?"(Mt 19, 16). Ges rispose: Se vuoi entrare nella vita, osserva i
comandamenti (Mt 19, 17). Il Maestro parla della vita eterna, ossia della partecipazione alla
vita stessa di Dio. A questa vita si giunge attraverso l'osservanza dei comandamenti del
Signore, compreso dunque il comandamento non uccidere. Proprio questo il primo
precetto del Decalogo che Ges ricorda al giovane che gli chiede quali comandamenti debba
osservare: Ges rispose: "Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare..."(Mt 19,
18).
Il comandamento di Dio non mai separato dal suo amore: sempre un dono per la crescita e
la gioia dell'uomo. Come tale, costituisce un aspetto essenziale e un elemento irrinunciabile
del Vangelo, anzi esso stesso si configura come vangelo, ossia buona e lieta notizia. Anche
il Vangelo della vita un grande dono di Dio e insieme un compito impegnativo per l'uomo.
Esso suscita stupore e gratitudine nella persona libera e chiede di essere accolto, custodito e
valorizzato con vivo senso di responsabilit: donandogli la vita, Dio esige dall'uomo che la
ami, la rispetti e la promuova. In tal modo il dono si fa comandamento, e il comandamento
esso stesso un dono.
L'uomo, immagine vivente di Dio, voluto dal suo Creatore come re e signore. Dio ha fatto
l'uomo scrive san Gregorio di Nissa in modo tale che potesse svolgere la sua funzione di
re della terra... L'uomo stato creato a immagine di Colui che governa l'universo. Tutto
dimostra che fin dal principio la sua natura contrassegnata dalla regalit... Anche l'uomo re.
Creato per dominare il mondo, ha ricevuto la somiglianza col re universale, l'immagine viva
che partecipa con la sua dignit alla perfezione del divino modello.38 Chiamato ad essere
fecondo e a moltiplicarsi, a soggiogare la terra e a dominare sugli esseri infraumani (cf. Gn 1,
28), l'uomo re e signore non solo delle cose, ma anche ed anzitutto di se stesso 39 e, in un
certo senso, della vita che gli donata e che egli pu trasmettere mediante l'opera generatrice
compiuta nell'amore e nel rispetto del disegno di Dio. La sua, tuttavia, non una signoria
assoluta, ma ministeriale; riflesso reale della signoria unica e infinita di Dio. Per questo
l'uomo deve viverla con sapienza e amore, partecipando alla sapienza e all'amore
incommensurabili di Dio. E ci avviene con l'obbedienza alla sua Legge santa: un'obbedienza
libera e gioiosa (cf. Sal 119/118), che nasce ed nutrita dalla consapevolezza che i precetti del

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Signore sono dono di grazia affidati all'uomo sempre e solo per il suo bene, per la custodia
della sua dignit personale e per il perseguimento della sua felicit.
Come gi di fronte alle cose, ancor pi di fronte alla vita, l'uomo non padrone assoluto e
arbitro insindacabile, ma e in questo sta la sua impareggiabile grandezza ministro del
disegno di Dio.40
La vita viene affidata all'uomo come un tesoro da non disperdere, come un talento da
trafficare. Di essa l'uomo deve rendere conto al suo Signore (cf. Mt 25, 14-30; Lc 19, 12-27).

Domander conto della vita dell'uomo all'uomo (Gn 9, 5): la vita umana sacra e
inviolabile
53. La vita umana sacra perch, fin dal suo inizio, comporta "l'azione creatrice di Dio" e
rimane per sempre in una relazione speciale con il Creatore, suo unico fine. Solo Dio il
Signore della vita dal suo inizio alla sua fine: nessuno, in nessuna circostanza, pu rivendicare
a s il diritto di distruggere direttamente un essere umano innocente.41 Con queste parole
l'Istruzione Donum vitae espone il contenuto centrale della rivelazione di Dio sulla sacralit e
inviolabilit della vita umana.
La Sacra Scrittura, infatti, presenta all'uomo il precetto non uccidere come comandamento
divino (Es 20, 13; Dt 5, 17). Esso come ho gi sottolineato si trova nel Decalogo, al
cuore dell'Alleanza che il Signore conclude con il popolo eletto; ma era gi contenuto
nell'originaria alleanza di Dio con l'umanit dopo il castigo purificatore del diluvio, provocato
dal dilagare del peccato e della violenza (cf. Gn 9, 5-6).
Dio si proclama Signore assoluto della vita dell'uomo, plasmato a sua immagine e somiglianza
(cf. Gn 1, 26-28). La vita umana presenta, pertanto, un carattere sacro ed inviolabile, in cui si
rispecchia l'inviolabilit stessa del Creatore. Proprio per questo sar Dio a farsi giudice severo
di ogni violazione del comandamento non uccidere, posto alle basi dell'intera convivenza
sociale. Egli il goel, ossia il difensore dell'innocente (cf. Gn 4, 9-15; Is 41, 14; Ger 50, 34;
Sal 19/18, 15). Anche in questo modo Dio dimostra di non godere della rovina dei viventi (cf.
Sap 1, 13). Solo Satana ne pu godere: per la sua invidia la morte entrata nel mondo (cf. Sap
2, 24). Egli, che omicida fin da principio, anche menzognero e padre della menzogna
(Gv 8, 44): ingannando l'uomo, lo conduce a traguardi di peccato e di morte, presentati come
mete e frutti di vita.
54. Esplicitamente, il precetto non uccidere ha un forte contenuto negativo: indica il confine
estremo che non pu mai essere valicato. Implicitamente, per, esso spinge ad un
atteggiamento positivo di rispetto assoluto per la vita portando a promuoverla e a progredire
sulla via dell'amore che si dona, accoglie e serve. Anche il popolo dell'Alleanza, pur con
lentezze e contraddizioni, ha conosciuto una maturazione progressiva secondo questo
orientamento, preparandosi cos al grande annuncio di Ges: l'amore del prossimo
comandamento simile a quello dell'amore di Dio; da questi due comandamenti dipende tutta
la Legge e i Profeti (cf. Mt 22, 36-40). Il precetto... non uccidere... e qualsiasi altro
comandamento sottolinea san Paolo si riassume in queste parole: "Amerai il prossimo
tuo come te stesso"(Rm 13, 9; cf. Gal 5, 14). Assunto e portato a compimento nella Legge
Nuova, il precetto non uccidere rimane come condizione irrinunciabile per poter entrare
nella vita (cf. Mt 19, 16-19). In questa stessa prospettiva, risuona perentoria anche la parola
dell'apostolo Giovanni: Chiun- que odia il proprio fratello omicida e voi sapete che nessun

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omicida possiede in se stesso la vita eterna (1 Gv 3, 15).


Sin dai suoi inizi, la Tradizione viva della Chiesa come testimonia la Didach, il pi antico
scritto cristiano non biblico ha riproposto in modo categorico il comandamento non
uccidere: Vi sono due vie, una della vita, e l'altra della morte; vi una grande differenza fra
di esse... Secondo precetto della dottrina: Non ucciderai... non farai perire il bambino con
l'aborto n l'ucciderai dopo che nato... La via della morte questa: ... non hanno
compassione per il povero, non soffrono con il sofferente, non riconoscono il loro Creatore,
uccidono i loro figli e con l'aborto fanno perire creature di Dio; allontanano il bisognoso,
opprimono il tribolato, sono avvocati dei ricchi e giudici ingiusti dei poveri; sono pieni di ogni
peccato. Possiate star sempre lontani, o figli, da tutte queste colpe!.42
Procedendo nel tempo, la stessa Tradizione della Chiesa ha sempre unanimemente insegnato il
valore assoluto e permanente del comandamento non uccidere. noto che, nei primi secoli,
l'omicidio veniva posto fra i tre peccati pi gravi insieme all'apostasia e all'adulterio e si
esigeva una penitenza pubblica particolarmente onerosa e lunga prima che all'omicida pentito
venissero concessi il perdono e la riammissione nella comunione ecclesiale.
55. La cosa non deve stupire: uccidere l'essere umano, nel quale presente l'immagine di Dio,
peccato di particolare gravit. Solo Dio padrone della vita! Da sempre, tuttavia, di fronte ai
molteplici e spesso drammatici casi che la vita individuale e sociale presenta, la riflessione dei
credenti ha cercato di raggiungere un'intelligenza pi completa e profonda di quanto il
comandamento di Dio proibisca e prescriva.43 Vi sono, infatti, situazioni in cui i valori
proposti dalla Legge di Dio appaiono sotto forma di un vero paradosso. il caso, ad esempio,
della legittima difesa, in cui il diritto a proteggere la propria vita e il dovere di non ledere
quella dell'altro risultano in concreto difficilmente componibili. Indubbiamente, il valore
intrinseco della vita e il dovere di portare amore a se stessi non meno che agli altri fondano un
vero diritto alla propria difesa. Lo stesso esigente precetto dell'amore per gli altri, enunciato
nell'Antico Testamento e confermato da Ges, suppone l'amore per se stessi quale termine di
confronto: Amerai il prossimo tuo come te stesso (Mc 12, 31). Al diritto di difendersi,
dunque, nessuno potrebbe rinunciare per scarso amore alla vita o a se stesso, ma solo in forza
di un amore eroico, che approfondisce e trasfigura lo stesso amore di s, secondo lo spirito
delle beatitudini evangeliche (cf. Mt 5, 38-48) nella radicalit oblativa di cui esempio
sublime lo stesso Signore Ges.
D'altra parte, la legittima difesa pu essere non soltanto un diritto, ma un grave dovere, per
chi responsabile della vita di altri, del bene comune della famiglia o della comunit civile.44
Accade purtroppo che la necessit di porre l'aggressore in condizione di non nuocere comporti
talvolta la sua soppressione. In tale ipotesi, l'esito mortale va attribuito allo stesso aggressore
che vi si esposto con la sua azione, anche nel caso in cui egli non fosse moralmente
responsabile per mancanza dell'uso della ragione.45
56. In questo orizzonte si colloca anche il problema della pena di morte, su cui si registra,
nella Chiesa come nella societ civile, una crescente tendenza che ne chiede un'applicazione
assai limitata ed anzi una totale abolizione. Il problema va inquadrato nell'ottica di una
giustizia penale che sia sempre pi conforme alla dignit dell'uomo e pertanto, in ultima
analisi, al disegno di Dio sull'uomo e sulla societ. In effetti, la pena che la societ infligge ha
come primo scopo di riparare al disordine introdotto dalla colpa.46 La pubblica autorit deve
farsi vindice della violazione dei diritti personali e sociali mediante l'imposizione al reo di una
adeguata espiazione del crimine, quale condizione per essere riammesso all'esercizio della
propria libert. In tal modo l'autorit ottiene anche lo scopo di difendere l'ordine pubblico e la

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sicurezza delle persone, non senza offrire allo stesso reo uno stimolo e un aiuto a correggersi e
redimersi.47
chiaro che, proprio per conseguire tutte queste finalit, la misura e la qualit della pena
devono essere attentamente valutate e decise, e non devono giungere alla misura estrema della
soppressione del reo se non in casi di assoluta necessit, quando cio la difesa della societ
non fosse possibile altrimenti. Oggi, per, a seguito dell'organizzazione sempre pi adeguata
dell'istituzione penale, questi casi sono ormai molto rari, se non addirittura praticamente
inesistenti.
In ogni caso resta valido il principio indicato dal nuovo Catechismo della Chiesa Cattolica,
secondo cui se i mezzi incruenti sono sufficienti per difendere le vite umane dall'aggressore e
per proteggere l'ordine pubblico e la sicurezza delle persone, l'autorit si limiter a questi
mezzi, poich essi sono meglio rispondenti alle condizioni concrete del bene comune e sono
pi conformi alla dignit della persona umana.48
57. Se cos grande attenzione va posta al rispetto di ogni vita, persino di quella del reo e
dell'ingiusto aggressore, il comandamento non uccidere ha valore assoluto quando si
riferisce alla persona innocente. E ci tanto pi se si tratta di un essere umano debole e
indifeso, che solo nella forza assoluta del comandamento di Dio trova la sua radicale difesa
rispetto all'arbitrio e alla prepotenza altrui.
In effetti, l'inviolabilit assoluta della vita umana innocente una verit morale esplicitamente
insegnata nella Sacra Scrittura, costantemente ritenuta nella Tradizione della Chiesa e
unanimemente proposta dal suo Magistero. Tale unanimit frutto evidente di quel senso
soprannaturale della fede che, suscitato e sorretto dallo Spirito Santo, garantisce dall'errore il
popolo di Dio, quando esprime l'universale suo consenso in materia di fede e di costumi.49
Dinanzi al progressivo attenuarsi nelle coscienze e nella societ della percezione dell'assoluta e
grave illiceit morale della diretta soppressione di ogni vita umana innocente, specialmente al
suo inizio e al suo termine, il Magistero della Chiesa ha intensificato i suoi interventi a difesa
della sacralit e dell'inviolabilit della vita umana. Al Magistero pontificio, particolarmente
insistente, s' sempre unito quello episcopale, con numerosi e ampi documenti dottrinali e
pastorali, sia di Conferenze Episcopali, sia di singoli Vescovi. N mancato, forte e incisivo
nella sua brevit, l'intervento del Concilio Vaticano II.50
Pertanto, con l'autorit che Cristo ha conferito a Pietro e ai suoi Successori, in comunione con i
Vescovi della Chiesa cattolica, confermo che l'uccisione diretta e volontaria di un essere
umano innocente sempre gravemente immorale. Tale dottrina, fondata in quella legge non
scritta che ogni uomo, alla luce della ragione, trova nel proprio cuore (cf. Rm 2, 14-15),
riaffermata dalla Sacra Scrittura, trasmessa dalla Tradizione della Chiesa e insegnata dal
Magistero ordinario e universale.51
La scelta deliberata di privare un essere umano innocente della sua vita sempre cattiva dal
punto di vista morale e non pu mai essere lecita n come fine, n come mezzo per un fine
buono. , infatti, grave disobbedienza alla legge morale, anzi a Dio stesso, autore e garante di
essa; contraddice le fondamentali virt della giustizia e della carit. Niente e nessuno pu
autorizzare l'uccisione di un essere umano innocente, feto o embrione che sia, bambino o
adulto, vecchio, ammalato incurabile o agonizzante. Nessuno, inoltre, pu richiedere questo
gesto omicida per se stesso o per un altro affidato alla sua responsabilit, n pu acconsentirvi
esplicitamente o implicitamente. Nessuna autorit pu legittimamente imporlo n

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permetterlo.52
Nel diritto alla vita, ogni essere umano innocente assolutamente uguale a tutti gli altri. Tale
uguaglianza la base di ogni autentico rapporto sociale che, per essere veramente tale, non
pu non fondarsi sulla verit e sulla giustizia, riconoscendo e tutelando ogni uomo e ogni
donna come persona e non come una cosa di cui si possa disporre. Di fronte alla norma morale
che proibisce la soppressione diretta di un essere umano innocente non ci sono privilegi n
eccezioni per nessuno. Essere il padrone del mondo o l'ultimo miserabile sulla faccia della
terra non fa alcuna differenza: davanti alle esigenze morali siamo tutti assolutamente
uguali.53
Ancora informe mi hanno visto i tuoi occhi (Sal 139/138, 16): il delitto abominevole
dell'aborto
58. Fra tutti i delitti che l'uomo pu compiere contro la vita, l'aborto procurato presenta
caratteristiche che lo rendono particolarmente grave e deprecabile. Il Concilio Vaticano II lo
definisce, insieme all'infanticidio, delitto abominevole.54
Ma oggi, nella coscienza di molti, la percezione della sua gravit andata progressivamente
oscurandosi. L'accettazione dell'aborto nella mentalit, nel costume e nella stessa legge
segno eloquente di una pericolosissima crisi del senso morale, che diventa sempre pi
incapace di distinguere tra il bene e il male, persino quando in gioco il diritto fondamentale
alla vita. Di fronte a una cos grave situazione, occorre pi che mai il coraggio di guardare in
faccia alla verit e di chiamare le cose con il loro nome, senza cedere a compromessi di
comodo o alla tentazione di autoinganno. A tale proposito risuona categorico il rimprovero del
Profeta: Guai a coloro che chiamano bene il male e male il bene, che cambiano le tenebre in
luce e la luce in tenebre (Is 5, 20). Proprio nel caso dell'aborto si registra la diffusione di una
terminologia ambigua, come quella di interruzione della gravidanza, che tende a
nasconderne la vera natura e ad attenuarne la gravit nell'opinione pubblica. Forse questo
fenomeno linguistico esso stesso sintomo di un disagio delle coscienze. Ma nessuna parola
vale a cambiare la realt delle cose: l'aborto procurato l'uccisione deliberata e diretta,
comunque venga attuata, di un essere umano nella fase iniziale della sua esistenza, compresa
tra il concepimento e la nascita.
La gravit morale dell'aborto procurato appare in tutta la sua verit se si riconosce che si tratta
di un omicidio e, in particolare, se si considerano le circostanze specifiche che lo qualificano.
Chi viene soppresso un essere umano che si affaccia alla vita, ossia quanto di pi innocente
in assoluto si possa immaginare: mai potrebbe essere considerato un aggressore, meno che mai
un ingiusto aggressore! debole, inerme, al punto di essere privo anche di quella minima
forma di difesa che costituita dalla forza implorante dei gemiti e del pianto del neonato.
totalmente affidato alla protezione e alle cure di colei che lo porta in grembo. Eppure, talvolta,
proprio lei, la mamma, a deciderne e a chiederne la soppressione e persino a procurarla.
vero che molte volte la scelta abortiva riveste per la madre carattere drammatico e doloroso,
in quanto la decisione di disfarsi del frutto del concepimento non viene presa per ragioni
puramente egoistiche e di comodo, ma perch si vorrebbero salvaguardare alcuni importanti
beni, quali la propria salute o un livello dignitoso di vita per gli altri membri della famiglia.
Talvolta si temono per il nascituro condizioni di esistenza tali da far pensare che per lui
sarebbe meglio non nascere. Tuttavia, queste e altre simili ragioni, per quanto gravi e
drammatiche, non possono mai giustificare la soppressione deliberata di un essere umano
innocente.

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59. A decidere della morte del bambino non ancora nato, accanto alla madre, ci sono spesso
altre persone. Anzitutto, pu essere colpevole il padre del bambino, non solo quando
espressamente spinge la donna all'aborto, ma anche quando indirettamente favorisce tale sua
decisione perch la lascia sola di fronte ai problemi della gravidanza: 55 in tal modo la famiglia
viene mortalmente ferita e profanata nella sua natura di comunit di amore e nella sua
vocazione ad essere santuario della vita. N vanno taciute le sollecitazioni che a volte
provengono dal pi ampio contesto familiare e dagli amici. Non di rado la donna sottoposta a
pressioni talmente forti da sentirsi psicologicamente costretta a cedere all'aborto: non v'
dubbio che in questo caso la responsabilit morale grava particolarmente su quelli che
direttamente o indirettamente l'hanno forzata ad abortire. Responsabili sono pure i medici e il
personale sanitario, quando mettono a servizio della morte la competenza acquisita per
promuovere la vita.
Ma la responsabilit coinvolge anche i legislatori, che hanno promosso e approvato leggi
abortive e, nella misura in cui la cosa dipende da loro, gli amministratori delle strutture
sanitarie utilizzate per praticare gli aborti. Una responsabilit generale non meno grave
riguarda sia quanti hanno favorito il diffondersi di una mentalit di permissivismo sessuale e
disistima della maternit, sia coloro che avrebbero dovuto assicurare e non l'hanno fatto
valide politiche familiari e sociali a sostegno delle famiglie, specialmente di quelle numerose o
con particolari difficolt economiche ed educative. Non si pu infine sottovalutare la rete di
complicit che si allarga fino a comprendere istituzioni internazionali, fondazioni e
associazioni che si battono sistematicamente per la legalizzazione e la diffusione dell'aborto
nel mondo. In tal senso l'aborto va oltre la responsabilit delle singole persone e il danno loro
arrecato, assumendo una dimensione fortemente sociale: una ferita gravissima inferta alla
societ e alla sua cultura da quanti dovrebbero esserne i costruttori e i difensori. Come ho
scritto nella mia Lettera alle Famiglie, ci troviamo di fronte ad un'enorme minaccia contro la
vita, non solo di singoli individui, ma anche dell'intera civilt.56 Ci troviamo di fronte a
quella che pu definirsi una struttura di peccato contro la vita umana non ancora nata.
60. Alcuni tentano di giustificare l'aborto sostenendo che il frutto del concepimento, almeno
fin a un certo numero di giorni, non pu essere ancora considerato una vita umana personale.
In realt, dal momento in cui l'ovulo fecondato, si inaugura una vita che non quella del
padre o della madre, ma di un nuovo essere umano che si sviluppa per proprio conto. Non sar
mai reso umano se non lo stato fin da allora. A questa evidenza di sempre... la scienza
genetica moderna fornisce preziose conferme. Essa ha mostrato come dal primo istante si trovi
fissato il programma di ci che sar questo vivente: una persona, questa persona individua con
le sue note caratteristiche gi ben determinate. Fin dalla fecondazione iniziata l'avventura di
una vita umana, di cui ciascuna delle grandi capacit richiede tempo, per impostarsi e per
trovarsi pronta ad agire.57 Anche se la presenza di un'anima spirituale non pu essere rilevata
dall'osservazione di nessun dato sperimentale, sono le stesse conclusioni della scienza
sull'embrione umano a fornire un'indicazione preziosa per discernere razionalmente una
presenza personale fin da questo primo comparire di una vita umana: come un individuo
umano non sarebbe una persona umana?.58
Del resto, tale la posta in gioco che, sotto il profilo dell'obbligo morale, basterebbe la sola
probabilit di trovarsi di fronte a una persona per giustificare la pi netta proibizione di ogni
intervento volto a sopprimere l'embrione umano. Proprio per questo, al di l dei dibattiti
scientifici e delle stesse affermazioni filosofiche nelle quali il Magistero non si
espressamente impegnato, la Chiesa ha sempre insegnato, e tuttora insegna, che al frutto della
generazione umana, dal primo momento della sua esistenza, va garantito il rispetto
incondizionato che moralmente dovuto all'essere umano nella sua totalit e unit corporale e

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spirituale: L'essere umano va rispettato e trattato come una persona fin dal suo
concepimento e, pertanto, da quello stesso momento gli si devono riconoscere i diritti della
persona, tra i quali anzitutto il diritto inviolabile di ogni essere umano innocente alla vita.59
61. I testi della Sacra Scrittura, che non parlano mai di aborto volontario e quindi non
presentano condanne dirette e specifiche in proposito, mostrano una tale considerazione
dell'essere umano nel grembo materno, da esigere come logica conseguenza che anche ad esso
si estenda il comandamento di Dio: non uccidere.
La vita umana sacra e inviolabile in ogni momento della sua esistenza, anche in quello
iniziale che precede la nascita. L'uomo, fin dal grembo materno, appartiene a Dio che tutto
scruta e conosce, che lo forma e lo plasma con le sue mani, che lo vede mentre ancora un
piccolo embrione informe e che in lui intravede l'adulto di domani i cui giorni sono contati e la
cui vocazione gi scritta nel libro della vita (cf. Sal 139/138, 1.13-16). Anche l, quando
ancora nel grembo materno, come testimoniano numerosi testi biblici 60 l'uomo il
termine personalissimo dell'amorosa e paterna provvidenza di Dio.
La Tradizione cristiana come ben rileva la Dichiarazione emanata al riguardo dalla
Congregazione per la Dottrina della Fede 61 chiara e unanime, dalle origini fino ai nostri
giorni, nel qualificare l'aborto come disordine morale particolarmente grave. Fin dal suo primo
confronto con il mondo greco-romano, nel quale erano ampiamente praticati l'aborto e
l'infanticidio, la comunit cristiana si radicalmente opposta, con la sua dottrina e con la sua
prassi, ai costumi diffusi in quella societ, come dimostra la gi citata Didach.62 Tra gli
scrittori ecclesiastici di area greca, Atenagora ricorda che i cristiani considerano come omicide
le donne che fanno ricorso a medicine abortive, perch i bambini, anche se ancora nel seno
della madre, sono gi l'oggetto delle cure della Provvidenza divina.63 Tra i latini, Tertulliano
afferma: un omicidio anticipato impedire di nascere; poco importa che si sopprima l'anima
gi nata o che la si faccia scomparire nel nascere. gi un uomo colui che lo sar.64
Lungo la sua storia ormai bimillenaria, questa medesima dottrina stata costantemente
insegnata dai Padri della Chiesa, dai suoi Pastori e Dottori. Anche le discussioni di carattere
scientifico e filosofico circa il momento preciso dell'infusione dell'anima spirituale non hanno
mai comportato alcuna esitazione circa la condanna morale dell'aborto.
62. Il pi recente Magistero pontificio ha ribadito con grande vigore questa dottrina comune.
In particolare Pio XI nell'Enciclica Casti connubii ha respinto le pretestuose giustificazioni
dell'aborto; 65 Pio XII ha escluso ogni aborto diretto, cio ogni atto che tende direttamente a
distruggere la vita umana non ancora nata, sia che tale distruzione venga intesa come fine o
soltanto come mezzo al fine; 66 Giovanni XXIII ha riaffermato che la vita umana sacra,
perch fin dal suo affiorare impegna direttamente l'azione creatrice di Dio.67 Il Concilio
Vaticano II, come gi ricordato, ha condannato con grande severit l'aborto: La vita, una
volta concepita, deve essere protetta con la massima cura; e l'aborto come l'infanticidio sono
abominevoli delitti.68
La disciplina canonica della Chiesa, fin dai primi secoli, ha colpito con sanzioni penali coloro
che si macchiavano della colpa dell'aborto e tale prassi, con pene pi o meno gravi, stata
confermata nei vari periodi storici. Il Codice di Diritto Canonico del 1917 comminava per
l'aborto la pena della scomunica.69 Anche la rinnovata legislazione canonica si pone in questa
linea quando sancisce che chi procura l'aborto ottenendo l'effetto incorre nella scomunica
latae sententiae,70 cio automatica. La scomunica colpisce tutti coloro che commettono
questo delitto conoscendo la pena, inclusi anche quei complici senza la cui opera esso non

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sarebbe stato realizzato: 71 con tale reiterata sanzione, la Chiesa addita questo delitto come uno
dei pi gravi e pericolosi, spingendo cos chi lo commette a ritrovare sollecitamente la strada
della conversione. Nella Chiesa, infatti, la pena della scomunica finalizzata a rendere
pienamente consapevoli della gravit di un certo peccato e a favorire quindi un'adeguata
conversione e penitenza.
Di fronte a una simile unanimit nella tradizione dottrinale e disciplinare della Chiesa, Paolo
VI ha potuto dichiarare che tale insegnamento non mutato ed immutabile.72 Pertanto, con
l'autorit che Cristo ha conferito a Pietro e ai suoi Successori, in comunione con i Vescovi
che a varie riprese hanno condannato l'aborto e che nella consultazione precedentemente
citata, pur dispersi per il mondo, hanno unanimemente consentito circa questa dottrina
dichiaro che l'aborto diretto, cio voluto come fine o come mezzo, costituisce sempre un
disordine morale grave, in quanto uccisione deliberata di un essere umano innocente. Tale
dottrina fondata sulla legge naturale e sulla Parola di Dio scritta, trasmessa dalla Tradizione
della Chiesa ed insegnata dal Magistero ordinario e universale.73
Nessuna circostanza, nessuna finalit, nessuna legge al mondo potr mai rendere lecito un atto
che intrinsecamente illecito, perch contrario alla Legge di Dio, scritta nel cuore di ogni
uomo, riconoscibile dalla ragione stessa, e proclamata dalla Chiesa.
63. La valutazione morale dell'aborto da applicare anche alle recenti forme di intervento
sugli embrioni umani che, pur mirando a scopi in s legittimi, ne comportano inevitabilmente
l'uccisione. il caso della sperimentazione sugli embrioni, in crescente espansione nel campo
della ricerca biomedica e legalmente ammessa in alcuni Stati. Se si devono ritenere leciti gli
interventi sull'embrione umano a patto che rispettino la vita e l'integrit dell'embrione, non
comportino per lui rischi sproporzionati, ma siano finalizzati alla sua guarigione, al
miglioramento delle sue condizioni di salute o alla sua sopravvivenza individuale,74 si deve
invece affermare che l'uso degli embrioni o dei feti umani come oggetto di sperimentazione
costituisce un delitto nei riguardi della loro dignit di esseri umani, che hanno diritto al
medesimo rispetto dovuto al bambino gi nato e ad ogni persona.75
La stessa condanna morale riguarda anche il procedimento che sfrutta gli embrioni e i feti
umani ancora vivi talvolta prodotti appositamente per questo scopo mediante la
fecondazione in vitro sia come materiale biologico da utilizzare sia come fornitori di
organi o di tessuti da trapiantare per la cura di alcune malattie. In realt, l'uccisione di
creature umane innocenti, seppure a vantaggio di altre, costituisce un atto assolutamente
inaccettabile.
Una speciale attenzione deve essere riservata alla valutazione morale delle tecniche
diagnostiche prenatali, che permettono di individuare precocemente eventuali anomalie del
nascituro. Infatti, per la complessit di queste tecniche, tale valutazione deve farsi pi accurata
e articolata. Quando sono esenti da rischi sproporzionati per il bambino e per la madre e sono
ordinate a rendere possibile una terapia precoce o anche a favorire una serena e consapevole
accettazione del nascituro, queste tecniche sono moralmente lecite. Dal momento per che le
possibilit di cura prima della nascita sono oggi ancora ridotte, accade non poche volte che
queste tecniche siano messe al servizio di una mentalit eugenetica, che accetta l'aborto
selettivo, per impedire la nascita di bambini affetti da vari tipi di anomalie. Una simile
mentalit ignominiosa e quanto mai riprovevole, perch pretende di misurare il valore di una
vita umana soltanto secondo parametri di normali- t e di benessere fisico, aprendo cos la
strada alla legittimazione anche dell'infanticidio e dell'eutanasia.

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In realt, per, proprio il coraggio e la serenit con cui tanti nostri fratelli, affetti da gravi
menomazioni, conducono la loro esistenza quando sono da noi accettati ed amati,
costituiscono una testimonianza particolarmente efficace dei valori autentici che qualificano la
vita e che la rendono, anche in condizioni di difficolt, preziosa per s e per gli altri. La Chiesa
vicina a quei coniugi che, con grande ansia e sofferenza, accettano di accogliere i loro
bambini gravemente colpiti da handicap, cos come grata a tutte quelle famiglie che, con
l'adozione, accolgono quanti sono stati abbandonati dai loro genitori a motivo di menomazioni
o malattie.

Sono io che do la morte e faccio vivere (Dt 32, 39): il dramma dell'eutanasia
64. All'altro capo dell'esistenza, l'uomo si trova posto di fronte al mistero della morte. Oggi, in
seguito ai progressi della medicina e in un contesto culturale spesso chiuso alla trascendenza,
l'esperienza del morire si presenta con alcune caratteristiche nuove. Infatti, quando prevale la
tendenza ad apprezzare la vita solo nella misura in cui porta piacere e benessere, la sofferenza
appare come uno scacco insopportabile, di cui occorre liberarsi ad ogni costo. La morte,
considerata assurda se interrompe improvvisamente una vita ancora aperta a un futuro ricco
di possibili esperienze interessanti, diventa invece una liberazione rivendicata quando
l'esistenza ritenuta ormai priva di senso perch immersa nel dolore e inesorabilmente votata
ad un'ulteriore pi acuta sofferenza.
Inoltre, rifiutando o dimenticando il suo fondamentale rapporto con Dio, l'uomo pensa di
essere criterio e norma a se stesso e ritiene di avere il diritto di chiedere anche alla societ di
garantirgli possibilit e modi di decidere della propria vita in piena e totale autonomia. , in
particolare, l'uomo che vive nei Paesi sviluppati a comportarsi cos: egli si sente spinto a ci
anche dai continui progressi della medicina e dalle sue tecniche sempre pi avanzate.
Mediante sistemi e apparecchiature estremamente sofisticati, la scienza e la pratica medica
sono oggi in grado non solo di risolvere casi precedentemente insolubili e di lenire o eliminare
il dolore, ma anche di sostenere e protrarre la vita perfino in situazioni di debolezza estrema, di
rianimare artificialmente persone le cui funzioni biologiche elementari hanno subito tracolli
improvvisi, di intervenire per rendere disponibili organi da trapiantare.
In un tale contesto si fa sempre pi forte la tentazione dell'eutanasia, cio di impadronirsi
della morte, procurandola in anticipo e ponendo cos fine dolcemente alla vita propria o
altrui. In realt, ci che potrebbe sembrare logico e umano, visto in profondit si presenta
assurdo e disumano. Siamo qui di fronte a uno dei sintomi pi allarmanti della cultura di
morte, che avanza soprattutto nelle societ del benessere, caratterizzate da una mentalit
efficientistica che fa apparire troppo oneroso e insopportabile il numero crescente delle
persone anziane e debilitate. Esse vengono molto spesso isolate dalla famiglia e dalla societ,
organizzate quasi esclusivamente sulla base di criteri di efficienza produttiva, secondo i quali
una vita irrimediabilmente inabile non ha pi alcun valore.
65. Per un corretto giudizio morale sull'eutanasia, occorre innanzitutto chiaramente definirla.
Per eutanasia in senso vero e proprio si deve intendere un'azione o un'omissione che di natura
sua e nelle intenzioni procura la morte, allo scopo di eliminare ogni dolore. L'eutanasia si
situa, dunque, al livello delle intenzioni e dei metodi usati.76
Da essa va distinta la decisione di rinunciare al cosiddetto accanimento terapeutico, ossia a
certi interventi medici non pi adeguati alla reale situazione del malato, perch ormai
sproporzionati ai risultati che si potrebbero sperare o anche perch troppo gravosi per lui e per

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la sua famiglia. In queste situazioni, quando la morte si preannuncia imminente e inevitabile,


si pu in coscienza rinunciare a trattamenti che procurerebbero soltanto un prolungamento
precario e penoso della vita, senza tuttavia interrompere le cure normali dovute all'ammalato in
simili casi.77 Si d certamente l'obbligo morale di curarsi e di farsi curare, ma tale obbligo
deve misurarsi con le situazioni concrete; occorre cio valutare se i mezzi terapeutici a
disposizione siano oggettivamente proporzionati rispetto alle prospettive di miglioramento. La
rinuncia a mezzi straordinari o sproporzionati non equivale al suicidio o all'eutanasia; esprime
piuttosto l'accettazione della condizione umana di fronte alla morte.78
Nella medicina moderna vanno acquistando rilievo particolare le cosiddette cure palliative,
destinate a rendere pi sopportabile la sofferenza nella fase finale della malattia e ad assicurare
al tempo stesso al paziente un adeguato accompagnamento umano. In questo contesto sorge,
tra gli altri, il problema della liceit del ricorso ai diversi tipi di analgesici e sedativi per
sollevare il malato dal dolore, quando ci comporta il rischio di abbreviargli la vita. Se, infatti,
pu essere considerato degno di lode chi accetta volontariamente di soffrire rinunciando a
interventi antidolorifici per conservare la piena lucidit e partecipare, se credente, in maniera
consapevole alla passione del Signore, tale comportamento eroico non pu essere ritenuto
doveroso per tutti. Gi Pio XII aveva affermato che lecito sopprimere il dolore per mezzo di
narcotici, pur con la conseguenza di limitare la coscienza e di abbreviare la vita, se non
esistono altri mezzi e se, nelle date circostanze, ci non impedisce l'adempimento di altri
doveri religiosi e morali.79 In questo caso, infatti, la morte non voluta o ricercata,
nonostante che per motivi ragionevoli se ne corra il rischio: semplicemente si vuole lenire il
dolore in maniera efficace, ricorrendo agli analgesici messi a disposizione dalla medicina.
Tuttavia, non si deve privare il moribondo della coscienza di s senza grave motivo: 80
avvicinandosi alla morte, gli uomini devono essere in grado di poter soddisfare ai loro obblighi
morali e familiari e soprattutto devono potersi preparare con piena coscienza all'incontro
definitivo con Dio.
Fatte queste distinzioni, in conformit con il Magistero dei miei Predecessori 81 e in
comunione con i Vescovi della Chiesa cattolica, confermo che l'eutanasia una grave
violazione della Legge di Dio, in quanto uccisione deliberata moralmente inaccettabile di una
persona umana. Tale dottrina fondata sulla legge naturale e sulla Parola di Dio scritta,
trasmessa dalla Tradizione della Chiesa ed insegnata dal Magistero ordinario e universale.82
Una tale pratica comporta, a seconda delle circostanze, la malizia propria del suicidio o
dell'omicidio.
66. Ora, il suicidio sempre moralmente inaccettabile quanto l'omicidio. La tradizione della
Chiesa l'ha sempre respinto come scelta gravemente cattiva.83 Bench determinati
condizionamenti psicologici, culturali e sociali possano portare a compiere un gesto che
contraddice cos radicalmente l'innata inclinazione di ognuno alla vita, attenuando o
annullando la responsabilit soggettiva, il suicidio, sotto il profilo oggettivo, un atto
gravemente immorale, perch comporta il rifiuto dell'amore verso se stessi e la rinuncia ai
doveri di giustizia e di carit verso il prossimo, verso le varie comunit di cui si fa parte e
verso la societ nel suo insieme.84 Nel suo nucleo pi profondo, esso costituisce un rifiuto
della sovranit assoluta di Dio sulla vita e sulla morte, cos proclamata nella preghiera
dell'antico saggio di Israele: Tu hai potere sulla vita e sulla morte; conduci gi alle porte degli
inferi e fai risalire (Sap 16, 13; cf. Tb 13, 2).
Condividere l'intenzione suicida di un altro e aiutarlo a realizzarla mediante il cosiddetto
suicidio assistito significa farsi collaboratori, e qualche volta attori in prima persona, di

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un'ingiustizia, che non pu mai essere giustificata, neppure quando fosse richiesta. Non mai
lecito scrive con sorprendente attualit sant'Agostino uccidere un altro: anche se lui lo
volesse, anzi se lo chiedesse perch, sospeso tra la vita e la morte, supplica di essere aiutato a
liberare l'anima che lotta contro i legami del corpo e desidera distaccarsene; non lecito
neppure quando il malato non fosse pi in grado di vivere.85 Anche se non motivata dal
rifiuto egoistico di farsi carico dell'esistenza di chi soffre, l'eutanasia deve dirsi una falsa piet,
anzi una preoccupante perversione di essa: la vera compassione, infatti, rende solidale col
dolore altrui, non sopprime colui del quale non si pu sopportare la sofferenza. E tanto pi
perverso appare il gesto dell'eutanasia se viene compiuto da coloro che come i parenti
dovrebbero assistere con pazienza e con amore il loro congiunto o da quanti come i medici
, per la loro specifica professione, dovrebbero curare il malato anche nelle condizioni
terminali pi penose.
La scelta dell'eutanasia diventa pi grave quando si configura come un omicidio che gli altri
praticano su una persona che non l'ha richiesta in nessun modo e che non ha mai dato ad essa
alcun consenso. Si raggiunge poi il colmo dell'arbitrio e dell'ingiustizia quando alcuni, medici
o legislatori, si arrogano il potere di decidere chi debba vivere e chi debba morire. Si ripropone
cos la tentazione dell'Eden: diventare come Dio conoscendo il bene e il male (cf. Gn 3, 5).
Ma Dio solo ha il potere di far morire e di far vivere: Sono io che do la morte e faccio
vivere (Dt 32, 39; cf. 2 Re 5, 7; 1 Sam 2, 6). Egli attua il suo potere sempre e solo secondo un
disegno di sapienza e di amore. Quando l'uomo usurpa tale potere, soggiogato da una logica di
stoltezza e di egoismo, inevitabilmente lo usa per l'ingiustizia e per la morte.
Cos la vita del pi debole messa nelle mani del pi forte; nella societ si perde il senso della
giustizia ed minata alla radice la fiducia reciproca, fondamento di ogni autentico rapporto tra
le persone.
67. Ben diversa, invece, la via dell'amore e della vera piet, che la nostra comune umanit
impone e che la fede in Cristo Redentore, morto e risorto, illumina con nuove ragioni. La
domanda che sgorga dal cuore dell'uomo nel confronto supremo con la sofferenza e la morte,
specialmente quando tentato di ripiegarsi nella disperazione e quasi di annientarsi in essa,
soprattutto domanda di compagnia, di solidariet e di sostegno nella prova. richiesta di aiuto
per continuare a sperare, quando tutte le speranze umane vengono meno. Come ci ha ricordato
il Concilio Vaticano II, in faccia alla morte l'enigma della condizione umana diventa sommo
per l'uomo; e tuttavia l'istinto del cuore lo fa giudicare rettamente, quando aborrisce e
respinge l'idea di una totale rovina e di un annientamento definitivo della sua persona. Il germe
dell'eternit che porta in s, irriducibile com' alla sola materia, insorge contro la morte. 86
Questa naturale ripugnanza per la morte e questa germinale speranza di immortalit sono
illuminate e portate a compimento dalla fede cristiana, che promette e offre la partecipazione
alla vittoria del Cristo Risorto: la vittoria di Colui che, mediante la sua morte redentrice, ha
liberato l'uomo dalla morte, salario del peccato (Rm 6, 23), e gli ha donato lo Spirito, pegno
di risurrezione e di vita (cf. Rm 8, 11). La certezza dell'immortalit futura e la speranza nella
risurrezione promessa proiettano una luce nuova sul mistero del soffrire e del morire e
infondono nel credente una forza straordinaria per affidarsi al disegno di Dio.
L'apostolo Paolo ha espresso questa novit nei termini di un'appartenenza totale al Signore che
abbraccia qualsiasi condizione umana: Nessuno di noi vive per se stesso e nessuno muore per
se stesso, perch se noi viviamo, viviamo per il Signore; se noi moriamo, moriamo per il
Signore. Sia che viviamo, sia che moriamo, siamo dunque del Signore (Rm 14, 7-8). Morire
per il Signore significa vivere la propria morte come atto supremo di obbedienza al Padre (cf.

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Fil 2, 8), accettando di incontrarla nell'ora voluta e scelta da lui (cf. Gv 13, 1), che solo pu
dire quando il cammino terreno compiuto. Vivere per il Signore significa anche riconoscere
che la sofferenza, pur restando in se stessa un male e una prova, pu sempre diventare sorgente
di bene. Lo diventa se viene vissuta per amore e con amore, nella partecipazione, per dono
gratuito di Dio e per libera scelta personale, alla sofferenza stessa di Cristo crocifisso. In tal
modo, chi vive la sua sofferenza nel Signore viene pi pienamente conformato a lui (cf. Fil 3,
10; 1 Pt 2, 21) e intimamente associato alla sua opera redentrice a favore della Chiesa e
dell'umanit.87 questa l'esperienza dell'Apostolo, che anche ogni persona che soffre
chiamata a rivivere: Sono lieto delle sofferenze che sopporto per voi e completo nella mia
carne quello che manca alle tribolazioni di Cristo nella mia carne, a favore del suo corpo che
la Chiesa (Col 1, 24).
Bisogna obbedire a Dio piuttosto che agli uomini (At 5, 29): la legge civile e la legge
morale
68. Una delle caratteristiche proprie degli attuali attentati alla vita umana come si gi
detto pi volte consiste nella tendenza ad esigere una loro legittimazione giuridica, quasi
fossero diritti che lo Stato, almeno a certe condizioni, deve riconoscere ai cittadini e,
conseguentemente, nella tendenza a pretendere la loro attuazione con l'assistenza sicura e
gratuita dei medici e degli operatori sanitari.
Si pensa non poche volte che la vita di chi non ancora nato o gravemente debilitato sia un
bene solo relativo: secondo una logica proporzionalista o di puro calcolo, dovrebbe essere
confrontata e soppesata con altri beni. E si ritiene pure che solo chi si trova nella situazione
concreta e vi personalmente coinvolto possa compiere una giusta ponderazione dei beni in
gioco: di conseguenza, solo lui potrebbe decidere della moralit della sua scelta. Lo Stato,
perci, nell'interesse della convivenza civile e dell'armonia sociale, dovrebbe rispettare questa
scelta, giungendo anche ad ammettere l'aborto e l'eutanasia.
Si pensa, altre volte, che la legge civile non possa esigere che tutti i cittadini vivano secondo
un grado di moralit pi elevato di quello che essi stessi riconoscono e condividono. Per
questo la legge dovrebbe sempre esprimere l'opinione e la volont della maggioranza dei
cittadini e riconoscere loro, almeno in certi casi estremi, anche il diritto all'aborto e
all'eutanasia. Del resto, la proibizione e la punizione dell'aborto e dell'eutanasia in questi casi
condurrebbero inevitabilmente cos si dice ad un aumento di pratiche illegali: esse,
peraltro, non sarebbero soggette al necessario controllo sociale e verrebbero attuate senza la
dovuta sicurezza medica. Ci si chiede, inoltre, se sostenere una legge concretamente non
applicabile non significhi, alla fine, minare anche l'autorit di ogni altra legge.
Nelle opinioni pi radicali, infine, si giunge a sostenere che, in una societ moderna e
pluralistica, dovrebbe essere riconosciuta a ogni persona piena autonomia di disporre della
propria vita e della vita di chi non ancora nato: non spetterebbe, infatti, alla legge la scelta tra
le diverse opinioni morali e, tanto meno, essa potrebbe pretendere di imporne una particolare a
svantaggio delle altre.
69. In ogni caso, nella cultura democratica del nostro tempo si largamente diffusa l'opinione
secondo la quale l'ordinamento giuridico di una societ dovrebbe limitarsi a registrare e
recepire le convinzioni della maggioranza e, pertanto, dovrebbe costruirsi solo su quanto la
maggioranza stessa riconosce e vive come morale. Se poi si ritiene addirittura che una verit
comune e oggettiva sia di fatto inaccessibile, il rispetto della libert dei cittadini che in un
regime democratico sono ritenuti i veri sovrani esigerebbe che, a livello legislativo, si
riconosca l'autonomia delle singole coscienze e quindi, nello stabilire quelle norme che in ogni

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caso sono necessarie alla convivenza sociale, ci si adegui esclusivamente alla volont della
maggioranza, qualunque essa sia. In tal modo, ogni politico, nella sua azione, dovrebbe
separare nettamente l'ambito della coscienza privata da quello del comportamento pubblico.
Si registrano, di conseguenza, due tendenze, in apparenza diametralmente opposte. Da un lato,
i singoli individui rivendicano per s la pi completa autonomia morale di scelta e chiedono
che lo Stato non faccia propria e non imponga nessuna concezione etica, ma si limiti a
garantire lo spazio pi ampio possibile alla libert di ciascuno, con l'unico limite esterno di
non ledere lo spazio di autonomia al quale anche ogni altro cittadino ha diritto. Dall'altro lato,
si pensa che, nell'esercizio delle funzioni pubbliche e professionali, il rispetto dell'altrui libert
di scelta imponga a ciascuno di prescindere dalle proprie convinzioni per mettersi a servizio di
ogni richiesta dei cittadini, che le leggi riconoscono e tutelano, accettando come unico criterio
morale per l'esercizio delle proprie funzioni quanto stabilito da quelle medesime leggi. In
questo modo la responsabilit della persona viene delegata alla legge civile, con
un'abdicazione alla propria coscienza morale almeno nell'ambito dell'azione pubblica.
70. Comune radice di tutte queste tendenze il relativismo etico che contraddistingue tanta
parte della cultura contemporanea. Non manca chi ritiene che tale relativismo sia una
condizione della democrazia, in quanto solo esso garantirebbe tolleranza, rispetto reciproco tra
le persone, e adesione alle decisioni della maggioranza, mentre le norme morali, considerate
oggettive e vincolanti, porterebbero all'autoritarismo e all'intolleranza.
Ma proprio la problematica del rispetto della vita a mostrare quali equivoci e contraddizioni,
accompagnati da terribili esiti pratici, si celino in questa posizione.
vero che la storia registra casi in cui si sono commessi dei crimini in nome della verit.
Ma crimini non meno gravi e radicali negazioni della libert si sono commessi e si
commettono anche in nome del relativismo etico. Quando una maggioranza parlamentare o
sociale decreta la legittimit della soppressione, pur a certe condizioni, della vita umana non
ancora nata, non assume forse una decisione tirannica nei confronti dell'essere umano pi
debole e indifeso? La coscienza universale giustamente reagisce nei confronti dei crimini
contro l'umanit di cui il nostro secolo ha fatto cos tristi esperienze. Forse che questi crimini
cesserebbero di essere tali se, invece di essere commessi da tiranni senza scrupoli, fossero
legittimati dal consenso popolare?
In realt, la democrazia non pu essere mitizzata fino a farne un surrogato della moralit o un
toccasana dell'immoralit. Fondamentalmente, essa un ordinamento e, come tale, uno
strumento e non un fine. Il suo carattere morale non automatico, ma dipende dalla
conformit alla legge morale a cui, come ogni altro comportamento umano, deve sottostare:
dipende cio dalla moralit dei fini che persegue e dei mezzi di cui si serve. Se oggi si registra
un consenso pressoch universale sul valore della democrazia, ci va considerato un positivo
segno dei tempi, come anche il Magistero della Chiesa ha pi volte rilevato.88 Ma il valore
della democrazia sta o cade con i valori che essa incarna e promuove: fondamentali e
imprescindibili sono certamente la dignit di ogni persona umana, il rispetto dei suoi diritti
intangibili e inalienabili, nonch l'assunzione del bene comune come fine e criterio
regolativo della vita politica.
Alla base di questi valori non possono esservi provvisorie e mutevoli maggioranze di
opinione, ma solo il riconoscimento di una legge morale obiettiva che, in quanto legge
naturale iscritta nel cuore dell'uomo, punto di riferimento normativo della stessa legge
civile. Quando, per un tragico oscuramento della coscienza collettiva, lo scetticismo giungesse

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a porre in dubbio persino i principi fondamentali della legge morale, lo stesso ordinamento
democratico sarebbe scosso nelle sue fondamenta, riducendosi a un puro meccanismo di
regolazione empirica dei diversi e contrapposti interessi.89
Qualcuno potrebbe pensare che anche una tale funzione, in mancanza di meglio, sia da
apprezzare ai fini della pace sociale. Pur riconoscendo un qualche aspetto di verit in una tale
valutazione, difficile non vedere che, senza un ancoraggio morale obiettivo, neppure la
democrazia pu assicurare una pace stabile, tanto pi che la pace non misurata sui valori della
dignit di ogni uomo e della solidariet tra tutti gli uomini non di rado illusoria. Negli stessi
regimi partecipativi, infatti, la regolazione degli interessi avviene spesso a vantaggio dei pi
forti, essendo essi i pi capaci di manovrare non soltanto le leve del potere, ma anche la
formazione del consenso. In una tale situazione, la democrazia diventa facilmente una parola
vuota.
71. Urge dunque, per l'avvenire della societ e lo sviluppo di una sana democrazia, riscoprire
l'esistenza di valori umani e morali essenziali e nativi, che scaturiscono dalla verit stessa
dell'essere umano ed esprimono e tutelano la dignit della persona: valori, pertanto, che nessun
individuo, nessuna maggioranza e nessuno Stato potranno mai creare, modificare o
distruggere, ma dovranno solo riconoscere, rispettare e promuovere.
Occorre riprendere, in tal senso, gli elementi fondamentali della visione dei rapporti tra legge
civile e legge morale, quali sono proposti dalla Chiesa, ma che pure fanno parte del patrimonio
delle grandi tradizioni giuridiche dell'umanit.
Certamente, il compito della legge civile diverso e di ambito pi limitato rispetto a quello
della legge morale. Per in nessun ambito di vita la legge civile pu sostituirsi alla coscienza
n pu dettare norme su ci che esula dalla sua competenza,90 che quella di assicurare il
bene comune delle persone, attraverso il riconoscimento e la difesa dei loro fondamentali
diritti, la promozione della pace e della pubblica moralit.91 Il compito della legge civile
consiste, infatti, nel garantire un'ordinata convivenza sociale nella vera giustizia, perch tutti
possiamo trascorrere una vita calma e tranquilla con tutta piet e dignit (1 Tm 2, 2). Proprio
per questo, la legge civile deve assicurare per tutti i membri della societ il rispetto di alcuni
diritti fondamentali, che appartengono nativamente alla persona e che qualsiasi legge positiva
deve riconoscere e garantire. Primo e fondamentale tra tutti l'inviolabile diritto alla vita di
ogni essere umano innocente. Se la pubblica autorit pu talvolta rinunciare a reprimere
quanto provocherebbe, se proibito, un danno pi grave,92 essa non pu mai accettare per di
legittimare, come diritto dei singoli anche se questi fossero la maggioranza dei componenti
la societ , l'offesa inferta ad altre persone attraverso il misconoscimento di un loro diritto
cos fondamentale come quello alla vita. La tolleranza legale dell'aborto o dell'eutanasia non
pu in alcun modo richiamarsi al rispetto della coscienza degli altri, proprio perch la societ
ha il diritto e il dovere di tutelarsi contro gli abusi che si possono verificare in nome della
coscienza e sotto il pretesto della libert.93
Nell'Enciclica Pacem in terris, Giovanni XXIII aveva ricordato in proposito: Nell'epoca
moderna l'attuazione del bene comune trova la sua indicazione di fondo nei diritti e nei doveri
della persona. Per cui i compiti precipui dei poteri pubblici consistono, soprattutto, nel
riconoscere, rispettare, comporre, tutelare e promuovere quei diritti; e nel contribuire, di
conseguenza, a rendere pi facile l'adempimento dei rispettivi doveri. "Tutelare l'intangibile
campo dei diritti della persona umana e renderle agevole il compimento dei suoi doveri vuol
essere ufficio essenziale di ogni pubblico potere". Per cui ogni atto dei poteri pubblici, che sia
o implichi un misconoscimento o una violazione di quei diritti, un atto contrastante con la

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loro stessa ragion d'essere e rimane per ci stesso destituito d'ogni valore giuridico.94
72. In continuit con tutta la tradizione della Chiesa anche la dottrina sulla necessaria
conformit della legge civile con la legge morale, come appare, ancora una volta,
dall'enciclica citata di Giovanni XXIII: L'autorit postulata dall'ordine morale e deriva da
Dio. Qualora pertanto le sue leggi o autorizzazioni siano in contrasto con quell'ordine, e quindi
in contrasto con la volont di Dio, esse non hanno forza di obbligare la coscienza...; in tal caso,
anzi, chiaramente l'autorit cessa di essere tale e degenera in sopruso.95 questo il limpido
insegnamento di san Tommaso d'Aquino, che tra l'altro scrive: La legge umana in tanto tale
in quanto conforme alla retta ragione e quindi deriva dalla legge eterna. Quando invece una
legge in contrasto con la ragione, la si denomina legge iniqua; in tal caso per cessa di essere
legge e diviene piuttosto un atto di violenza.96 E ancora: Ogni legge posta dagli uomini in
tanto ha ragione di legge in quanto deriva dalla legge naturale. Se invece in qualche cosa in
contrasto con la legge naturale, allora non sar legge bens corruzione della legge.97
Ora la prima e pi immediata applicazione di questa dottrina riguarda la legge umana che
misconosce il diritto fondamentale e fontale alla vita, diritto proprio di ogni uomo. Cos le
leggi che, con l'aborto e l'eutanasia, legittimano la soppressione diretta di esseri umani
innocenti sono in totale e insanabile contraddizione con il diritto inviolabile alla vita proprio di
tutti gli uomini e negano, pertanto, l'uguaglianza di tutti di fronte alla legge. Si potrebbe
obiettare che tale non il caso dell'eutanasia, quando essa richiesta in piena coscienza dal
soggetto interessato. Ma uno Stato che legittimasse tale richiesta e ne autorizzasse la
realizzazione, si troverebbe a legalizzare un caso di suicidio-omicidio, contro i principi
fondamentali dell'indisponibilit della vita e della tutela di ogni vita innocente. In questo modo
si favorisce una diminuzione del rispetto della vita e si apre la strada a comportamenti
distruttivi della fiducia nei rapporti sociali.
Le leggi che autorizzano e favoriscono l'aborto e l'eutanasia si pongono dunque radicalmente
non solo contro il bene del singolo, ma anche contro il bene comune e, pertanto, sono del tutto
prive di autentica validit giuridica. Il misconoscimento del diritto alla vita, infatti, proprio
perch porta a sopprimere la persona per il cui servizio la societ ha motivo di esistere, ci
che si contrappone pi frontalmente e irreparabilmente alla possibilit di realizzare il bene
comune. Ne segue che, quando una legge civile legittima l'aborto o l'eutanasia cessa, per ci
stesso, di essere una vera legge civile, moralmente obbligante.
73. L'aborto e l'eutanasia sono dunque crimini che nessuna legge umana pu pretendere di
legittimare. Leggi di questo tipo non solo non creano nessun obbligo per la coscienza, ma
sollevano piuttosto un grave e preciso obbligo di opporsi ad esse mediante obiezione di
coscienza. Fin dalle origini della Chiesa, la predicazione apostolica ha inculcato ai cristiani il
dovere di obbedire alle autorit pubbliche legittimamente costituite (cf. Rm 13, 1-7; 1 Pt 2, 1314), ma nello stesso tempo ha ammonito fermamente che bisogna obbedire a Dio piuttosto
che agli uomini (At 5, 29). Gi nell'Antico Testamento, proprio in riferimento alle minacce
contro la vita, troviamo un esempio significativo di resistenza al comando ingiusto
dell'autorit. Al faraone, che aveva ordinato di far morire ogni neonato maschio, le levatrici
degli Ebrei si opposero. Esse non fecero come aveva loro ordinato il re di Egitto e lasciarono
vivere i bambini (Es 1, 17). Ma occorre notare il motivo profondo di questo loro
comportamento: Le levatrici temettero Dio (ivi). proprio dall'obbedienza a Dio al quale
solo si deve quel timore che riconoscimento della sua assoluta sovranit che nascono la
forza e il coraggio di resistere alle leggi ingiuste degli uomini. la forza e il coraggio di chi
disposto anche ad andare in prigione o ad essere ucciso di spada, nella certezza che in questo

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sta la costanza e la fede dei santi (Ap 13, 10).


Nel caso quindi di una legge intrinsecamente ingiusta, come quella che ammette l'aborto o
l'eutanasia, non mai lecito conformarsi ad essa, n partecipare ad una campagna di opinione
in favore di una legge siffatta, n dare ad essa il suffragio del proprio voto.98
Un particolare problema di coscienza potrebbe porsi in quei casi in cui un voto parlamentare
risultasse determinante per favorire una legge pi restrittiva, volta cio a restringere il numero
degli aborti autorizzati, in alternativa ad una legge pi permissiva gi in vigore o messa al
voto. Simili casi non sono rari. Si registra infatti il dato che mentre in alcune parti del mondo
continuano le campagne per l'introduzione di leggi a favore dell'aborto, sostenute non poche
volte da potenti organismi internazionali, in altre Nazioni invece in particolare in quelle che
hanno gi fatto l'amara esperienza di simili legislazioni permissive si vanno manifestando
segni di ripensamento. Nel caso ipotizzato, quando non fosse possibile scongiurare o abrogare
completamente una legge abortista, un parlamentare, la cui personale assoluta opposizione
all'aborto fosse chiara e a tutti nota, potrebbe lecitamente offrire il proprio sostegno a proposte
mirate a limitare i danni di una tale legge e a diminuirne gli effetti negativi sul piano della
cultura e della moralit pubblica. Cos facendo, infatti, non si attua una collaborazione illecita
a una legge ingiusta; piuttosto si compie un legittimo e doveroso tentativo di limitarne gli
aspetti iniqui.
74. L'introduzione di legislazioni ingiuste pone spesso gli uomini moralmente retti di fronte a
difficili problemi di coscienza in materia di collaborazione in ragione della doverosa
affermazione del proprio diritto a non essere costretti a partecipare ad azioni moralmente
cattive. Talvolta le scelte che si impongono sono dolorose e possono richiedere il sacrificio di
affermate posizioni professionali o la rinuncia a legittime prospettive di avanzamento nella
carriera. In altri casi, pu risultare che il compiere alcune azioni in se stesse indifferenti, o
addirittura positive, previste nell'articolato di legislazioni globalmente ingiuste, consenta la
salvaguardia di vite umane minacciate. D'altro canto, per, si pu giustamente temere che la
disponibilit a compiere tali azioni non solo comporti uno scandalo e favorisca l'indebolirsi
della necessaria opposizione agli attentati contro la vita, ma induca insensibilmente ad
arrendersi sempre pi ad una logica permissiva.
Per illuminare questa difficile questione morale occorre richiamare i principi generali sulla
cooperazione ad azioni cattive. I cristiani, come tutti gli uomini di buona volont, sono
chiamati, per un grave dovere di coscienza, a non prestare la loro collaborazione formale a
quelle pratiche che, pur ammesse dalla legislazione civile, sono in contrasto con la Legge di
Dio. Infatti, dal punto di vista morale, non mai lecito cooperare formalmente al male. Tale
cooperazione si verifica quando l'azione compiuta, o per la sua stessa natura o per la
configurazione che essa viene assumendo in un concreto contesto, si qualifica come
partecipazione diretta ad un atto contro la vita umana innocente o come condivisione
dell'intenzione immorale dell'agente principale. Questa cooperazione non pu mai essere
giustificata n invocando il rispetto della libert altrui, n facendo leva sul fatto che la legge
civile la prevede e la richiede: per gli atti che ciascuno personalmente compie esiste, infatti,
una responsabilit morale a cui nessuno pu mai sottrarsi e sulla quale ciascuno sar giudicato
da Dio stesso (cf. Rm 2, 6; 14, 12).
Rifiutarsi di partecipare a commettere un'ingiustizia non solo un dovere morale, ma anche
un diritto umano basilare. Se cos non fosse, la persona umana sarebbe costretta a compiere
un'azione intrinsecamente incompatibile con la sua dignit e in tal modo la sua stessa libert, il
cui senso e fine autentici risiedono nell'orientamento al vero e al bene, ne sarebbe radicalmente

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compromessa. Si tratta, dunque, di un diritto essenziale che, proprio perch tale, dovrebbe
essere previsto e protetto dalla stessa legge civile. In tal senso, la possibilit di rifiutarsi di
partecipare alla fase consultiva, preparatoria ed esecutiva di simili atti contro la vita dovrebbe
essere assicurata ai medici, agli operatori sanitari e ai responsabili delle istituzioni ospedaliere,
delle cliniche e delle case di cura. Chi ricorre all'obiezione di coscienza deve essere
salvaguardato non solo da sanzioni penali, ma anche da qualsiasi danno sul piano legale,
disciplinare, economico e professionale.
Amerai il prossimo tuo come te stesso (Lc 10, 27): promuovi la vita.
75. I comandamenti di Dio ci insegnano la via della vita. Iprecetti morali negativi, cio quelli
che dichiarano moralmente inaccettabile la scelta di una determinata azione, hanno un valore
assoluto per la libert umana: essi valgono sempre e comunque, senza eccezioni. Indicano che
la scelta di determinati comportamenti radicalmente incompatibile con l'amore verso Dio e
con la dignit della persona, creata a sua immagine: tale scelta, perci, non pu essere
riscattata dalla bont di nessuna intenzione e di nessuna conseguenza, in contrasto insanabile
con la comunione tra le persone, contraddice la decisione fondamentale di orientare la propria
vita a Dio.99
Gi in questo senso i precetti morali negativi hanno un'importantissima funzione positiva: il
no che esigono incondizionatamente dice il limite invalicabile al di sotto del quale l'uomo
libero non pu scendere e, insieme, indica il minimo che egli deve rispettare e dal quale deve
partire per pronunciare innumerevoli s, capaci di occupare progressivamente l'intero
orizzonte del bene (cf. Mt 5, 48). I comandamenti, in particolare i precetti morali negativi,
sono l'inizio e la prima tappa necessaria del cammino verso la libert: La prima libert
scrive sant'Agostino consiste nell'essere esenti da crimini... come sarebbero l'omicidio,
l'adulterio, la fornicazione, il furto, la frode, il sacrilegio e cos via. Quando uno comincia a
non avere questi crimini (e nessun cristiano deve averli), comincia a levare il capo verso la
libert, ma questo non che l'inizio della libert, non la libert perfetta.100
76. Il comandamento non uccidere stabilisce quindi il punto di partenza di un cammino di
vera libert, che ci porta a promuovere attivamente la vita e sviluppare determinati
atteggiamenti e comportamenti al suo servizio: cos facendo esercitiamo la nostra
responsabilit verso le persone che ci sono affidate e manifestiamo, nei fatti e nella verit, la
nostra riconoscenza a Dio per il grande dono della vita (cf. Sal 139/138, 13-14).
Il Creatore ha affidato la vita dell'uomo alla sua responsabile sollecitudine, non perch ne
disponga in modo arbitrario, ma perch la custodisca con saggezza e la amministri con
amorevole fedelt. Il Dio dell'Alleanza ha affidato la vita di ciascun uomo all'altro uomo suo
fratello, secondo la legge della reciprocit del dare e del ricevere, del dono di s e
dell'accoglienza dell'altro. Nella pienezza dei tempi, incarnandosi e donando la sua vita per
l'uomo, il Figlio di Dio ha mostrato a quale altezza e profondit possa giungere questa legge
della reciprocit. Con il dono del suo Spirito, Cristo d contenuti e significati nuovi alla legge
della reciprocit, all'affidamento dell'uomo all'uomo. Lo Spirito, che artefice di comunione
nell'amore, crea tra gli uomini una nuova fraternit e solidariet, vero riflesso del mistero di
reciproca donazione e accoglienza proprio della Trinit santissima. Lo stesso Spirito diventa la
legge nuova, che dona ai credenti la forza e sollecita la loro responsabilit per vivere
reciprocamente il dono di s e l'accoglienza dell'altro, partecipando all'amore stesso di Ges
Cristo e secondo la sua misura.
77. Da questa legge nuova viene animato e plasmato anche il comandamento del non
uccidere. Per il cristiano, quindi, esso implica in definitiva l'imperativo di rispettare, amare e

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promuovere la vita di ogni fratello, secondo le esigenze e le dimensioni dell'amore di Dio in


Ges Cristo. Egli ha dato la sua vita per noi; quindi anche noi dobbiamo dare la vita per i
fratelli (1 Gv 3, 16).
Il comandamento del non uccidere, anche nei suoi contenuti pi positivi di rispetto, amore e
promozione della vita umana, vincola ogni uomo. Esso, infatti, risuona nella coscienza morale
di ciascuno come un'eco insopprimibile dell'alleanza originaria di Dio creatore con l'uomo; da
tutti pu essere conosciuto alla luce della ragione e pu essere osservato grazie all'opera
misteriosa dello Spirito che, soffiando dove vuole (cf. Gv 3, 8), raggiunge e coinvolge ogni
uomo che vive in questo mondo.
dunque un servizio d'amore quello che tutti siamo impegnati ad assicurare al nostro
prossimo, perch la sua vita sia difesa e promossa sempre, ma soprattutto quando pi debole
o minacciata. una sollecitudine non solo personale ma sociale, che tutti dobbiamo coltivare,
ponendo l'incondizionato rispetto della vita umana a fondamento di una rinnovata societ.
Ci chiesto di amare e onorare la vita di ogni uomo e di ogni donna e di lavorare con costanza
e con coraggio, perch nel nostro tempo, attraversato da troppi segni di morte, si instauri
finalmente una nuova cultura della vita, frutto della cultura della verit e dell'amore.

CAPITOLO IV
L'AVETE FATTO A ME
PER UNA NUOVA CULTURA DELLA VITA UMANA
Voi siete il popolo che Dio si acquistato perch proclami le sue opere meravigliose (1 Pt
2, 9): il popolo della vita e per la vita
78. La Chiesa ha ricevuto il Vangelo come annuncio e fonte di gioia e di salvezza. L'ha
ricevuto in dono da Ges, inviato dal Padre per annunziare ai poveri un lieto messaggio (Lc
4, 18). L'ha ricevuto mediante gli Apostoli, da Lui mandati in tutto il mondo (cf. Mc 16, 15; Mt
28, 19-20). Nata da questa azione evangelizzatrice, la Chiesa sente risuonare in se stessa ogni
giorno la parola ammonitrice dell'Apostolo: Guai a me se non predicassi il Vangelo (1 Cor
9, 16). Evangelizzare, infatti, come scriveva Paolo VI la grazia e la vocazione
propria della Chiesa, la sua identit pi profonda. Essa esiste per evangelizzare.101
L'evangelizzazione un'azione globale e dinamica, che coinvolge la Chiesa nella sua
partecipazione alla missione profetica, sacerdotale e regale del Signore Ges. Essa, pertanto,
comporta inscindibilmente le dimensioni dell'annuncio, della celebrazione e del servizio della
carit. un atto profondamente ecclesiale, che chiama in causa tutti i diversi operai del
Vangelo, ciascuno secondo i propri carismi e il proprio ministero.
Cos anche quando si tratta di annunciare il Vangelo della vita, parte integrante del Vangelo
che Ges Cristo. Di questo Vangelo noi siamo al servizio, sostenuti dalla consapevolezza di
averlo ricevuto in dono e di essere inviati a proclamarlo a tutta l'umanit fino agli estremi
confini della terra (At 1, 8). Nutriamo perci umile e grata coscienza di essere il popolo della
vita e per la vita e in tal modo ci presentiamo davanti a tutti.

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TESTI MAGISTERIALE di BIOETICA, FRAY PAULO LOPEZ, O.S.A.

79. Siamo il popolo della vita perch Dio, nel suo amore gratuito, ci ha donato il Vangelo della
vita e da questo stesso Vangelo noi siamo stati trasformati e salvati. Siamo stati riconquistati
dall' autore della vita (At 3, 15) a prezzo del suo sangue prezioso (cf. 1 Cor 6, 20; 7, 23; 1 Pt
1, 19) e mediante il lavacro battesimale siamo stati inseriti in lui (cf. Rm 6, 4-5; Col 2, 12),
come rami che dall'unico albero traggono linfa e fecondit (cf. Gv 15, 5). Rinnovati
interiormente dalla grazia dello Spirito, che Signore e d la vita, siamo diventati un popolo
per la vita e come tali siamo chiamati a comportarci.
Siamo mandati: essere al servizio della vita non per noi un vanto, ma un dovere, che nasce
dalla coscienza di essere il popolo che Dio si acquistato perch proclami le sue opere
meravigliose (1 Pt 2, 9). Nel nostro cammino ci guida e ci sostiene la legge dell'amore:
l'amore di cui sorgente e modello il Figlio di Dio fatto uomo, che morendo ha dato la vita al
mondo.102
Siamo mandati come popolo. L'impegno a servizio della vita grava su tutti e su ciascuno.
una responsabilit propriamente ecclesiale, che esige l'azione concertata e generosa di tutti i
membri e di tutte le articolazioni della comunit cristiana. Il compito comunitario per non
elimina n diminuisce la responsabilit della singola persona, alla quale rivolto il comando
del Signore a farsi prossimo di ogni uomo: V e anche tu f lo stesso (Lc 10, 37).
Tutti insieme sentiamo il dovere di annunciare il Vangelo della vita, di celebrarlo nella
liturgia e nell'intera esistenza, diservirlo con le diverse iniziative e strutture di sostegno e di
promozione.
Quello che abbiamo veduto e udito noi lo annunziamo anche a voi (1 Gv 1, 3): annunciare il
Vangelo della vita
80. Ci che era fin da principio, ci che noi abbiamo udito, ci che noi abbiamo veduto con i
nostri occhi, ci che noi abbiamo contemplato e ci che le nostre mani hanno toccato, ossia il
Verbo della vita... noi lo annunziamo anche a voi, perch anche voi siate in comunione con
noi (1 Gv 1, 1.3). Ges l'unico Vangelo: noi non abbiamo altro da dire e da testimoniare.
proprio l'annuncio di Ges ad essere annuncio della vita. Egli, infatti, il Verbo della
vita (1 Gv 1, 1). In lui la vita si fatta visibile (1 Gv 1, 2); anzi lui stesso la vita eterna,
che era presso il Padre e si resa visibile a noi (ivi). Questa stessa vita, grazie al dono dello
Spirito, stata comunicata all'uomo. Ordinata alla vita in pienezza, la vita eterna, anche la
vita terrena di ciascuno acquista il suo senso pieno.
Illuminati da questo Vangelo della vita, sentiamo il bisogno di proclamarlo e di testimoniarlo
nella novit sorprendente che lo contraddistingue: poich si identifica con Ges stesso,
apportatore di ogni novit 103 e vincitore della vecchiezza che deriva dal peccato e porta alla
morte,104 tale Vangelo supera ogni aspettativa dell'uomo e svela a quali sublimi altezze viene
elevata, per grazia, la dignit della persona. Cos la contempla san Gregorio di Nissa: L'uomo
che, tra gli esseri, non conta nulla, che polvere, erba, vanit, una volta che adottato dal Dio
dell'universo come figlio, diventa familiare di questo Essere, la cui eccellenza e grandezza
nessuno pu vedere, ascoltare e comprendere. Con quale parola, pensiero o slancio dello
spirito si potr esaltare la sovrabbondanza di questa grazia? L'uomo sorpassa la sua natura: da
mortale diventa immortale, da perituro imperituro, da effimero eterno, da uomo diventa
dio.105
La gratitudine e la gioia per l'incommensurabile dignit dell'uomo ci spinge a rendere tutti

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partecipi di questo messaggio: Quello che abbiamo veduto e udito, noi lo annunciamo anche
a voi, perch anche voi siate in comunione con noi (1 Gv 1, 3). necessario far giungere il
Vangelo della vita al cuore di ogni uomo e donna e immetterlo nelle pieghe pi recondite
dell'intera societ.
81. Si tratta di annunciare anzitutto il centro di questo Vangelo. Esso annuncio di un Dio
vivo e vicino, che ci chiama a una profonda comunione con s e ci apre alla speranza certa
della vita eterna; affermazione dell'inscindibile legame che intercorre tra la persona, la sua
vita e la sua corporeit; presentazione della vita umana come vita di relazione, dono di Dio,
frutto e segno del suo amore; proclamazione dello straordinario rapporto di Ges con ciascun
uomo, che consente di riconoscere in ogni volto umano il volto di Cristo; indicazione del
dono sincero di s quale compito e luogo di realizzazione piena della propria libert.
Nello stesso tempo, si tratta di additare tutte le conseguenze di questo stesso Vangelo, che cos
si possono riassumere: la vita umana, dono prezioso di Dio, sacra e inviolabile e per questo,
in particolare, sono assolutamente inaccettabili l'aborto procurato e l'eutanasia; la vita
dell'uomo non solo non deve essere soppressa, ma va protetta con ogni amorosa attenzione; la
vita trova il suo senso nell'amore ricevuto e donato, nel cui orizzonte attingono piena verit la
sessualit e la procreazione umana; in questo amore anche la sofferenza e la morte hanno un
senso e, pur permanendo il mistero che le avvolge, possono diventare eventi di salvezza; il
rispetto per la vita esige che la scienza e la tecnica siano sempre ordinate all'uomo e al suo
sviluppo integrale; l'intera societ deve rispettare, difendere e promuovere la dignit di ogni
persona umana, in ogni momento e condizione della sua vita.
82. Per essere veramente un popolo al servizio della vita dobbiamo, con costanza e coraggio,
proporre questi contenuti fin dal primo annuncio del Vangelo e, in seguito, nella catechesi e
nelle diverse forme di predicazione, nel dialogo personale e in ogni azione educativa. Agli
educatori, insegnanti, catechisti e teologi, spetta il compito di mettere in risalto le ragioni
antropologiche che fondano e sostengono il rispetto di ogni vita umana. In tal modo, mentre
faremo risplendere l'originale novit del Vangelo della vita, potremo aiutare tutti a scoprire
anche alla luce della ragione e dell'esperienza, come il messaggio cristiano illumini
pienamente l'uomo e il significato del suo essere ed esistere; troveremo preziosi punti di
incontro e di dialogo anche con i non credenti, tutti insieme impegnati a far sorgere una nuova
cultura della vita.
Circondati dalle voci pi contrastanti, mentre molti rigettano la sana dottrina intorno alla vita
dell'uomo, sentiamo rivolta anche a noi la supplica indirizzata da Paolo a Timoteo: Annunzia
la parola, insisti in ogni occasione opportuna e non opportuna, ammonisci, rimprovera, esorta
con ogni magnanimit e dottrina (2 Tm 4, 2). Questa esortazione deve risuonare con
particolare vigore nel cuore di quanti, nella Chiesa, partecipano pi direttamente, a diverso
titolo, alla sua missione di maestra della verit. Risuoni innanzitutto per noi Vescovi: a noi
per primi chiesto di farci annunciatori instancabili delVangelo della vita; a noi pure
affidato il compito di vigilare sulla trasmissione integra e fedele dell'insegnamento riproposto
in questa Enciclica e di ricorrere alle misure pi opportune perch i fedeli siano preservati da
ogni dottrina ad esso contraria. Una speciale attenzione dobbiamo porre perch nelle facolt
teologiche, nei seminari e nelle diverse istituzioni cattoliche venga diffusa, illustrata e
approfondita la conoscenza della sana dottrina.106 L'esortazione di Paolo risuoni per tutti i
teologi, per i pastori e per quanti altri svolgono compiti diinsegnamento, catechesi e
formazione delle coscienze: consapevoli del ruolo ad essi spettante, non si assumano mai la
grave responsabilit di tradire la verit e la loro stessa missione esponendo idee personali

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contrarie al Vangelo della vita quale il Magistero fedelmente ripropone e interpreta.


Nell'annunciare questo Vangelo, non dobbiamo temere l'ostilit e l'impopolarit, rifiutando
ogni compromesso ed ambiguit, che ci conformerebbero alla mentalit di questo mondo (cf.
Rm 12, 2). Dobbiamo essere nel mondo ma non del mondo (cf. Gv 15, 19; 17, 16), con la forza
che ci viene da Cristo, che con la sua morte e risurrezione ha vinto il mondo (cf. Gv 16, 33).
Ti lodo perch mi hai fatto come un prodigio (Sal 139/138, 14): celebrare il Vangelo della
vita
83. Mandati nel mondo come popolo per la vita, il nostro annuncio deve diventare anche
una vera e propria celebrazione del Vangelo della vita. anzi questa stessa celebrazione, con
la forza evocativa dei suoi gesti, simboli e riti, a diventare luogo prezioso e significativo per
trasmettere la bellezza e la grandezza di questo Vangelo.
A tal fine, urge anzitutto coltivare, in noi e negli altri, uno sguardo contemplativo.107 Questo
nasce dalla fede nel Dio della vita, che ha creato ogni uomo facendolo come un prodigio (cf.
Sal 139/138, 14). lo sguardo di chi vede la vita nella sua profondit, cogliendone le
dimensioni di gratuit, di bellezza, di provocazione alla libert e alla responsabilit. lo
sguardo di chi non pretende d'impossessarsi della realt, ma la accoglie come un dono,
scoprendo in ogni cosa il riflesso del Creatore e in ogni persona la sua immagine vivente (cf.
Gn 1, 27; Sal 8, 6). Questo sguardo non si arrende sfiduciato di fronte a chi nella malattia,
nella sofferenza, nella marginalit e alle soglie della morte; ma da tutte queste situazioni si
lascia interpellare per andare alla ricerca di un senso e, proprio in queste circostanze, si apre a
ritrovare nel volto di ogni persona un appello al confronto, al dialogo, alla solidariet.
tempo di assumere tutti questo sguardo, ridiventando capaci, con l'animo colmo di religioso
stupore, di venerare e onorare ogni uomo, come ci invitava a fare Paolo VI in uno dei suoi
messaggi natalizi.108 Animato da questo sguardo contemplativo, il popolo nuovo dei redenti
non pu non prorompere in inni di gioia, di lode e di ringraziamento per il dono inestimabile
della vita, per il mistero della chiamata di ogni uomo a partecipare in Cristo alla vita di grazia
e a un'esistenza di comunione senza fine con Dio Creatore e Padre.
84. Celebrare il Vangelo della vita significa celebrare il Dio della vita, il Dio che dona la vita:
Noi dobbiamo celebrare la Vita eterna, dalla quale procede qualsiasi altra vita. Da essa riceve
la vita, proporzionalmente alle sue capacit, ogni essere che partecipa in qualche modo alla
vita. Questa Vita divina, che al di sopra di qualsiasi vita, vivifica e conserva la vita. Qualsiasi
vita e qualsiasi movimento vitale procedono da questa Vita che trascende ogni vita ed ogni
principio di vita. Ad essa le anime debbono la loro incorruttibilit, come pure grazie ad essa
vivono tutti gli animali e tutte le piante, che ricevono della vita l'eco pi debole. Agli uomini,
esseri composti di spirito e di materia, la Vita dona la vita. Se poi ci accade di abbandonarla,
allora la Vita, per il traboccare del suo amore verso l'uomo, ci converte e ci richiama a s. Non
solo: ci promette di condurci, anime e corpi, alla vita perfetta, all'immortalit. troppo poco
dire che questa Vita viva: essa Principio di vita, Causa e Sorgente unica di vita. Ogni
vivente deve contemplarla e lodarla: Vita che trabocca vita.109
Anche noi, come il Salmista, nella preghiera quotidiana, individuale e comunitaria, lodiamo e
benediciamo Dio nostro Padre, che ci ha tessuti nel seno materno e ci ha visti e amati quando
ancora eravamo informi (cf. Sal 139/138, 13. 15-16), ed esclamiamo con gioia incontenibile:
Ti lodo, perch mi hai fatto come un prodigio; sono stupende le tue opere, tu mi conosci fino
in fondo (Sal 139/138, 14). S, questa vita mortale , nonostante i suoi travagli, i suoi oscuri
misteri, le sue sofferenze, la sua fatale caducit, un fatto bellissimo, un prodigio sempre

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originale e commovente, un avvenimento degno d'essere cantato in gaudio e in gloria.110 Di


pi, l'uomo e la sua vita non ci appaiono solo come uno dei prodigi pi alti della creazione:
all'uomo Dio ha conferito una dignit quasi divina (cf. Sal 8, 6-7). In ogni bimbo che nasce e
in ogni uomo che vive o che muore noi riconosciamo l'immagine della gloria di Dio: questa
gloria noi celebriamo in ogni uomo, segno del Dio vivente, icona di Ges Cristo.
Siamo chiamati ad esprimere stupore e gratitudine per la vita ricevuta in dono e ad accogliere,
gustare e comunicare il Vangelo della vita non solo con la preghiera personale e comunitaria,
ma soprattutto con le celebrazioni dell'anno liturgico. Sono qui da ricordare in particolare i
Sacramenti, segni efficaci della presenza e dell'azione salvifica del Signore Ges nell'esistenza
cristiana: essi rendono gli uomini partecipi della vita divina, assicurando loro l'energia
spirituale necessaria per realizzare nella sua piena verit il significato del vivere, del soffrire e
del morire. Grazie ad una genuina riscoperta del senso dei riti e ad una loro adeguata
valorizzazione, le celebrazioni liturgiche, soprattutto quelle sacramentali, saranno sempre pi
in grado di esprimere la verit piena sulla nascita, la vita, la sofferenza e la morte, aiutando a
vivere queste realt come partecipazione al mistero pasquale di Cristo morto e risorto.
85. Nella celebrazione del Vangelo della vita occorre saperapprezzare e valorizzare anche i
gesti e i simboli, di cui sono ricche le diverse tradizioni e consuetudini culturali e popolari.
Sono momenti e forme di incontro con cui, nei diversi Paesi e culture, si manifestano la gioia
per una vita che nasce, il rispetto e la difesa di ogni esistenza umana, la cura per chi soffre o
nel bisogno, la vicinanza all'anziano o al morente, la condivisione del dolore di chi nel lutto,
la speranza e il desiderio dell'immortalit.
In questa prospettiva, accogliendo anche il suggerimento offerto dai Cardinali nel Concistoro
del 1991, propongo che si celebri ogni anno nelle varie Nazioni una Giornata per la Vita,
quale gi si attua ad iniziativa di alcune Conferenze Episcopali. necessario che tale Giornata
venga preparata e celebrata con l'attiva partecipazione di tutte le componenti della Chiesa
locale. Suo scopo fondamentale quello di suscitare, nelle coscienze, nelle famiglie, nella
Chiesa e nella societ civile, il riconoscimento del senso e del valore della vita umana in ogni
suo momento e condizione, ponendo particolarmente al centro dell'attenzione la gravit
dell'aborto e dell'eutanasia, senza tuttavia trascurare gli altri momenti e aspetti della vita, che
meritano di essere presi di volta in volta in attenta considerazione, secondo quanto suggerito
dall'evolversi della situazione storica.
86. Nella logica del culto spirituale gradito a Dio (cf. Rm 12, 1), la celebrazione del Vangelo
della vita chiede di realizzarsi soprattutto nell'esistenza quotidiana, vissuta nell'amore per gli
altri e nella donazione di se stessi. Sar cos tutta la nostra esistenza a farsi accoglienza
autentica e responsabile del dono della vita e lode sincera e riconoscente a Dio che ci ha fatto
tale dono. quanto gi avviene in tantissimi gesti di donazione, spesso umile e nascosta,
compiuti da uomini e donne, bambini e adulti, giovani e anziani, sani e ammalati.
in questo contesto, ricco di umanit e di amore, che nascono anche i gesti eroici. Essi sono
la celebrazione pi solenne del Vangelo della vita, perch lo proclamano con il dono totale di
s; sono la manifestazione luminosa del grado pi elevato di amore, che dare la vita per la
persona amata (cf. Gv 15, 13); sono la partecipazione al mistero della Croce, nella quale Ges
svela quanto valore abbia per lui la vita di ogni uomo e come questa si realizzi in pienezza nel
dono sincero di s. Al di l dei fatti clamorosi, c' l'eroismo del quotidiano, fatto di piccoli o
grandi gesti di condivisione che alimentano un'autentica cultura della vita. Tra questi gesti
merita particolare apprezzamento la donazione di organi compiuta in forme eticamente
accettabili, per offrire una possibilit di salute e perfino di vita a malati talvolta privi di

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speranza.
A tale eroismo del quotidiano appartiene la testimonianza silenziosa, ma quanto mai feconda
ed eloquente, di tutte le madri coraggiose, che si dedicano senza riserve alla propria famiglia,
che soffrono nel dare alla luce i propri figli, e poi sono pronte ad intraprendere ogni fatica, ad
affrontare ogni sacrificio, per trasmettere loro quanto di meglio esse custodiscono in s.111
Nel vivere la loro missione non sempre queste madri eroiche trovano sostegno nel loro
ambiente. Anzi, i modelli di civilt, spesso promossi e propagati dai mezzi di comunicazione,
non favoriscono la maternit. Nel nome del progresso e della modernit vengono presentati
come ormai superati i valori della fedelt, della castit, del sacrificio, nei quali si sono distinte
e continuano a distinguersi schiere di spose e di madri cristiane... Vi ringraziamo, madri
eroiche, per il vostro amore invincibile! Vi ringraziamo per l'intrepida fiducia in Dio e nel suo
amore. Vi ringraziamo per il sacrificio della vostra vita... Cristo nel Mistero pasquale vi
restituisce il dono che gli avete fatto. Egli infatti ha il potere di restituirvi la vita che gli avete
portato in offerta.112
Che giova, fratelli miei se uno dice di avere la fede ma non ha le opere? (Gc 2, 14):
servire il Vangelo della vita
87. In forza della partecipazione alla missione regale di Cristo, il sostegno e la promozione
della vita umana devono attuarsi mediante il servizio della carit, che si esprime nella
testimonianza personale, nelle diverse forme di volontariato, nell'animazione sociale e
nell'impegno politico. , questa, un'esigenza particolarmente pressante nell'ora presente, nella
quale la cultura della morte cos fortemente si contrappone alla cultura della vita e spesso
sembra avere il sopravvento. Ancor prima, per, un'esigenza che nasce dalla fede che opera
per mezzo della carit (Gal 5, 6), come ci ammonisce la Lettera di Giacomo: Che giova,
fratelli miei, se uno dice di avere la fede ma non ha le opere? Forse che quella fede pu
salvarlo? Se un fratello o una sorella sono senza vestiti e sprovvisti del cibo quotidiano e uno
di voi dice loro: "Andatevene in pace, riscaldatevi e saziatevi", ma non date loro il necessario
per il corpo, che giova? Cos anche la fede: se non ha le opere, morta in se stessa (2, 14-17).
Nel servizio della carit c' un atteggiamento che ci deve animare e contraddistinguere:
dobbiamo prenderci cura dell'altro in quanto persona affidata da Dio alla nostra responsabilit.
Come discepoli di Ges, siamo chiamati a farci prossimi di ogni uomo (cf. Lc 10, 29-37),
riservando una speciale preferenza a chi pi povero, solo e bisognoso. Proprio attraverso
l'aiuto all'affamato, all'assetato, al forestiero, all'ignudo, al malato, al carcerato come pure al
bambino non ancora nato, all'anziano sofferente o vicino alla morte ci dato di servire
Ges, come Egli stesso ha dichiarato: Ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di
questi miei fratelli pi piccoli, l'avete fatto a me (Mt 25, 40). Per questo, non possiamo non
sentirci interpellati e giudicati dalla pagina sempre attuale di san Giovanni Crisostomo: Vuoi
onorare il corpo di Cristo? Non trascurarlo quando si trova nudo. Non rendergli onore qui nel
tempio con stoffe di seta, per poi trascurarlo fuori, dove patisce freddo e nudit.113
Il servizio della carit nei riguardi della vita deve essere profondamente unitario: non pu
tollerare unilateralismi e discriminazioni, perch la vita umana sacra e inviolabile in ogni sua
fase e situazione; essa un bene indivisibile. Si tratta dunque di prendersi cura di tutta la
vita e della vita di tutti. Anzi, ancora pi profondamente, si tratta di andare fino alle radici
stesse della vita e dell'amore.
Proprio partendo da un amore profondo per ogni uomo e donna, si sviluppata lungo i secoli
una straordinaria storia di carit, che ha introdotto nella vita ecclesiale e civile numerose
strutture di servizio alla vita, che suscitano l'ammirazione di ogni osservatore non prevenuto.

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una storia che, con rinnovato senso di responsabilit, ogni comunit cristiana deve continuare
a scrivere con una molteplice azione pastorale e sociale. In tal senso si devono mettere in atto
forme discrete ed efficaci diaccompagnamento della vita nascente, con una speciale vicinanza
a quelle mamme che, anche senza il sostegno del padre, non temono di mettere al mondo il
loro bambino e di educarlo. Analoga cura deve essere riservata alla vita nella marginalit o
nella sofferenza, specie nelle sue fasi finali.
88. Tutto questo comporta una paziente e coraggiosa opera educativa che solleciti tutti e
ciascuno a farsi carico dei pesi degli altri (cf. Gal 6, 2); richiede una continua promozione di
vocazioni al servizio, in particolare tra i giovani; implica la realizzazione di progetti e
iniziative concrete, stabili ed evangelicamente ispirate.
Molteplici sono gli strumenti da valorizzare con competenza e seriet di impegno. Alle
sorgenti della vita, i centri per i metodi naturali di regolazione della fertilit vanno promossi
come un valido aiuto per la paternit e maternit responsabili, nella quale ogni persona, a
cominciare dal figlio, riconosciuta e rispettata per se stessa e ogni scelta animata e guidata
dal criterio del dono sincero di s. Anche i consultori matrimoniali e familiari, mediante la
loro specifica azione di consulenza e di prevenzione, svolta alla luce di un'antropologia
coerente con la visione cristiana della persona, della coppia e della sessualit, costituiscono un
prezioso servizio per riscoprire il senso dell'amore e della vita e per sostenere e accompagnare
ogni famiglia nella sua missione di santuario della vita. A servizio della vita nascente si
pongono pure i centri di aiuto alla vita e le case o i centri di accoglienza della vita. Grazie alla
loro opera, non poche madri nubili e coppie in difficolt ritrovano ragioni e convinzioni e
incontrano assistenza e sostegno per superare disagi e paure nell'accogliere una vita nascente o
appena venuta alla luce.
Di fronte alla vita in condizioni di disagio, di devianza, di malattia e di marginalit, altri
strumenti come le comunit di recupero per tossicodipendenti, le comunit alloggio per i
minori o per i malati mentali, i centri di cura e accoglienza per malati di AIDS, le cooperative
di solidariet soprattutto per i disabili sono espressione eloquente di ci che la carit sa
inventare per dare a ciascuno ragioni nuove di speranza e possibilit concrete di vita.
Quando poi l'esistenza terrena volge al termine, ancora la carit a trovare le modalit pi
opportune perch gli anziani, specialmente se non autosufficienti, e i cosiddetti malati
terminali possano godere di un'assistenza veramente umana e ricevere risposte adeguate alle
loro esigenze, in particolare alla loro angoscia e solitudine. Insostituibile in questi casi il
ruolo delle famiglie; ma esse possono trovare grande aiuto nelle strutture sociali di assistenza
e, quando necessario, nel ricorso alle cure palliative, avvalendosi degli idonei servizi sanitari e
sociali, operanti sia nei luoghi di ricovero e cura pubblici che a domicilio.
In particolare, deve essere riconsiderato il ruolo degli ospedali, delle cliniche e delle case di
cura: la loro vera identit non solo quella di strutture nelle quali ci si prende cura dei malati
e dei morenti, ma anzitutto quella di ambienti nei quali la sofferenza, il dolore e la morte
vengono riconosciuti ed interpretati nel loro significato umano e specificamente cristiano. In
modo speciale tale identit deve mostrarsi chiara ed efficace negli istituti dipendenti da
religiosi o, comunque, legati alla Chiesa.
89. Queste strutture e luoghi di servizio alla vita, e tutte le altre iniziative di sostegno e
solidariet che le situazioni potranno di volta in volta suggerire, hanno bisogno di essere
animate da persone generosamente disponibili e profondamente consapevoli di quanto

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decisivo sia il Vangelo della vita per il bene dell'individuo e della societ.
Peculiare la responsabilit affidata agli operatori sanitari: medici, farmacisti, infermieri,
cappellani, religiosi e religiose, amministratori e volontari. La loro professione li vuole
custodi e servitori della vita umana. Nel contesto culturale e sociale odierno, nel quale la
scienza e l'arte medica rischiano di smarrire la loro nativa dimensione etica, essi possono
essere talvolta fortemente tentati di trasformarsi in artefici di manipolazione della vita o
addirittura in operatori di morte. Di fronte a tale tentazione la loro responsabilit oggi
enormemente accresciuta e trova la sua ispirazione pi profonda e il suo sostegno pi forte
proprio nell'intrinseca e imprescindibile dimensione etica della professione sanitaria, come gi
riconosceva l'antico e sempre attuale giuramento di Ippocrate, secondo il quale ad ogni
medico chiesto di impegnarsi per il rispetto assoluto della vita umana e della sua sacralit.
Il rispetto assoluto di ogni vita umana innocente esige anchel'esercizio dell'obiezione di
coscienza di fronte all'aborto procurato e all'eutanasia. Il far morire non pu mai essere
considerato come una cura medica, neppure quando l'intenzione fosse solo quella di
assecondare una richiesta del paziente: , piuttosto, la negazione della professione sanitaria che
si qualifica come un appassionato e tenace s alla vita. Anche la ricerca biomedica, campo
affascinante e promettente di nuovi grandi benefici per l'umanit, deve sempre rifiutare
sperimentazioni, ricerche o applicazioni che, misconoscendo l'inviolabile dignit dell'essere
umano, cessano di essere a servizio degli uomini e si trasformano in realt che, mentre
sembrano soccorrerli, li opprimono.
90. Uno specifico ruolo sono chiamate a svolgere le persone impegnate nel volontariato: esse
offrono un apporto prezioso nel servizio alla vita, quando sanno coniugare capacit
professionale e amore generoso e gratuito. Il Vangelo della vita le spinge ad elevare i
sentimenti di semplice filantropia all'altezza della carit di Cristo; a riconquistare ogni giorno,
tra fatiche e stanchezze, la coscienza della dignit di ogni uomo; ad andare alla scoperta dei
bisogni delle persone iniziando se necessario nuovi cammini l dove pi urgente il
bisogno e pi deboli sono l'attenzione e il sostegno.
Il realismo tenace della carit esige che il Vangelo della vita sia servito anche mediante forme
di animazione sociale e di impegno politico, difendendo e proponendo il valore della vita nelle
nostre societ sempre pi complesse e pluraliste. Singoli, famiglie, gruppi, realt associative
hanno, sia pure a titolo e in modi diversi, una responsabilit nell'animazione sociale e
nell'elaborazione di progetti culturali, economici, politici e legislativi che, nel rispetto di tutti e
secondo la logica della convivenza democratica, contribuiscano a edificare una societ nella
quale la dignit di ogni persona sia riconosciuta e tutelata, e la vita di tutti sia difesa e
promossa.
Tale compito grava in particolare sui responsabili della cosa pubblica. Chiamati a servire
l'uomo e il bene comune, hanno il dovere di compiere scelte coraggiose a favore della vita,
innanzitutto nell'ambito delle disposizioni legislative. In un regime democratico, ove le leggi e
le decisioni si formano sulla base del consenso di molti, pu attenuarsi nella coscienza dei
singoli che sono investiti di autorit il senso della responsabilit personale. Ma a questa
nessuno pu mai abdicare, soprattutto quando ha un mandato legislativo o decisionale, che lo
chiama a rispondere a Dio, alla propria coscienza e all'intera societ di scelte eventualmente
contrarie al vero bene comune. Se le leggi non sono l'unico strumento per difendere la vita
umana, esse per svolgono un ruolo molto importante e talvolta determinante nel promuovere
una mentalit e un costume. Ripeto ancora una volta che una norma che viola il diritto naturale
alla vita di un innocente ingiusta e, come tale, non pu avere valore di legge. Per questo

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rinnovo con forza il mio appello a tutti i politici perch non promulghino leggi che,
misconoscendo la dignit della persona, minano alla radice la stessa convivenza civile.
La Chiesa sa che, nel contesto di democrazie pluraliste, per la presenza di forti correnti
culturali di diversa impostazione, difficile attuare un'efficace difesa legale della vita. Mossa
tuttavia dalla certezza che la verit morale non pu non avere un'eco nell'intimo di ogni
coscienza, essa incoraggia i politici, cominciando da quelli cristiani, a non rassegnarsi e a
compiere quelle scelte che, tenendo conto delle possibilit concrete, portino a ristabilire un
ordine giusto nell'affermazione e promozione del valore della vita. In questa prospettiva,
occorre rilevare che non basta eliminare le leggi inique. Si dovranno rimuovere le cause che
favoriscono gli attentati alla vita, soprattutto assicurando il dovuto sostegno alla famiglia e alla
maternit: la politica familiare deve essere perno e motore di tutte le politiche sociali.
Pertanto, occorre avviare iniziative sociali e legislative capaci di garantire condizioni di
autentica libert nella scelta in ordine alla paternit e alla maternit; inoltre necessario
reimpostare le politiche lavorative, urbanistiche, abitative e dei servizi, perch si possano
conciliare tra loro i tempi del lavoro e quelli della famiglia e diventi effettivamente possibile la
cura dei bambini e degli anziani.
91. Un capitolo importante della politica per la vita costituito oggi dalla problematica
demografica. Le pubbliche autorit hanno certo la responsabilit di prendere iniziative al fine
di orientare la demografia della popolazione; 114 ma tali iniziative devono sempre
presupporre e rispettare la responsabilit primaria ed inalienabile dei coniugi e delle famiglie e
non possono ricorrere a metodi non rispettosi della persona e dei suoi diritti fondamentali, a
cominciare dal diritto alla vita di ogni essere umano innocente. , quindi, moralmente
inaccettabile che, per regolare le nascite, si incoraggi o addirittura si imponga l'uso di mezzi
come la contraccezione, la sterilizzazione e l'aborto.
Ben altre sono le vie per risolvere il problema demografico: i Governi e le varie istituzioni
internazionali devono innanzitutto mirare alla creazione di condizioni economiche, sociali,
medico-sanitarie e culturali che consentano agli sposi di fare le loro scelte procreative in piena
libert e con vera responsabilit; devono poi sforzarsi di potenzia re le possibilit e distribuire
con maggiore giustizia le ricchezze, affinch tutti possano partecipare equamente ai beni del
creato. Occorre creare soluzioni a livello mondiale, instaurando un'autentica economia di
comunione e condivisione dei beni, sia sul piano internazionale che su quello nazionale.115
Questa sola la strada che rispetta la dignit delle persone e delle famiglie, oltre che
l'autentico patrimonio culturale dei popoli.
Vasto e complesso dunque il servizio al Vangelo della vita. Esso ci appare sempre pi come
ambito prezioso e favorevole per una fattiva collaborazione con i fratelli delle altre Chiese e
Comunit ecclesiali nella linea di quell'ecumenismo delle opere che il Concilio Vaticano II ha
autorevolmente incoraggiato.116 Esso, inoltre, si presenta come spazio provvidenziale per il
dialogo e la collaborazione con i seguaci di altre religioni e con tutti gli uomini di buona
volont: la difesa e la promozione della vita non sono monopolio di nessuno, ma compito e
responsabilit di tutti. La sfida che ci sta di fronte, alla vigilia del terzo millennio, ardua:
solo la concorde cooperazione di quanti credono nel valore della vita potr evitare una
sconfitta della civilt dalle conseguenze imprevedibili.
Dono del Signore sono i figli, sua grazia il frutto del grembo (Sal 126/125, 3): la
famiglia santuario della vita
92. All'interno del popolo della vita e per la vita,decisiva la responsabilit della famiglia:
una responsabilit che scaturisce dalla sua stessa natura quella di essere comunit di vita e

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di amore, fondata sul matrimonio e dalla sua missione di custodire, rivelare e comunicare
l'amore.117 in questione l'amore stesso di Dio, del quale i genitori sono costituiti
collaboratori e quasi interpreti nel trasmettere la vita e nell'educarla secondo il suo progetto di
Padre.118 quindi l'amore che si fa gratuit, accoglienza, donazione: nella famiglia ciascuno
riconosciuto, rispettato e onorato perch persona e, se qualcuno ha pi bisogno, pi intensa e
pi vigile la cura nei suoi confronti.
La famiglia chiamata in causa nell'intero arco di esistenza dei suoi membri, dalla nascita alla
morte. Essa veramente ilsantuario della vita..., il luogo in cui la vita, dono di Dio, pu
essere adeguatamente accolta e protetta contro i molteplici attacchi a cui esposta, e pu
svilupparsi secondo le esigenze di un'autentica crescita umana.119 Per questo, determinante e
insostituibile il ruolo della famiglia nel costruire la cultura della vita.
Come chiesa domestica, la famiglia chiamata ad annunciare, celebrare e servire il Vangelo
della vita. un compito che riguarda innanzitutto i coniugi, chiamati ad essere trasmettitori
della vita, sulla base di una sempre rinnovata consapevolezza del senso della generazione,
come evento privilegiato nel quale si manifesta che la vita umana un dono ricevuto per
essere a sua volta donato. Nella procreazione di una nuova vita i genitori avvertono che il
figlio se frutto della loro reciproca donazione d'amore, , a sua volta, un dono per ambedue,
un dono che scaturisce dal dono.120
soprattutto attraverso l'educazione dei figli che la famiglia assolve la sua missione di
annunciare il Vangelo della vita. Con la parola e con l'esempio, nella quotidianit dei rapporti
e delle scelte e mediante gesti e segni concreti, i genitori iniziano i loro figli alla libert
autentica, che si realizza nel dono sincero di s, e coltivano in loro il rispetto dell'altro, il senso
della giustizia, l'accoglienza cordiale, il dialogo, il servizio generoso, la solidariet e ogni altro
valore che aiuti a vivere la vita come un dono. L'opera educativa dei genitori cristiani deve
farsi servizio alla fede dei figli e aiuto loro offerto perch adempiano la vocazione ricevuta da
Dio. Rientra nella missione educativa dei genitori insegnare e testimoniare ai figli il vero senso
del soffrire e del morire: lo potranno fare se sapranno essere attenti ad ogni sofferenza che
trovano intorno a s e, prima ancora, se sapranno sviluppare atteggiamenti di vicinanza,
assistenza e condivisione verso malati e anziani nell'ambito familiare.
93. La famiglia, inoltre, celebra il Vangelo della vita con la preghiera quotidiana, individuale
e familiare: con essa loda e ringrazia il Signore per il dono della vita ed invoca luce e forza per
affrontare i momenti di difficolt e di sofferenza, senza mai smarrire la speranza. Ma la
celebrazione che d significato ad ogni altra forma di preghiera e di culto quella che
s'esprime nell'esistenza quotidiana della famiglia, se un'esistenza fatta di amore e donazione.
La celebrazione si trasforma cos in un servizio al Vangelo della vita, che si esprime attraverso
la solidariet, sperimentata dentro e intorno alla famiglia come attenzione premurosa, vigile e
cordiale nelle azioni piccole e umili di ogni giorno. Un'espressione particolarmente
significativa di solidariet tra le famiglie la disponibilit all'adozione o all'affidamento dei
bambini abbandonati dai loro genitori o comunque in situazioni di grave disagio. Il vero amore
paterno e materno sa andare al di l dei legami della carne e del sangue ed accogliere anche
bambini di altre famiglie, offrendo ad essi quanto necessario per la loro vita ed il loro pieno
sviluppo. Tra le forme di adozione, merita di essere proposta anche l'adozione a distanza, da
preferire nei casi in cui l'abbandono ha come unico motivo le condizioni di grave povert della
famiglia. Con tale tipo di adozione, infatti, si offrono ai genitori gli aiuti necessari per
mantenere ed educare i propri figli, senza doverli sradicare dal loro ambiente naturale.

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Intesa come determinazione ferma e perseverante di impegnarsi per il bene comune, 121 la
solidariet chiede di attuarsi anche attraverso forme di partecipazione sociale e politica. Di
conseguenza, servire il Vangelo della vita comporta che le famiglie, specie partecipando ad
apposite associazioni, si adoperino affinch le leggi e le istituzioni dello Stato non ledano in
nessun modo il diritto alla vita, dal concepimento alla morte naturale, ma lo difendano e lo
promuovano.
94. Un posto particolare va riconosciuto agli anziani. Mentre in alcune culture la persona pi
avanzata in et rimane inserita nella famiglia con un ruolo attivo importante, in altre culture
invece chi vecchio sentito come un peso inutile e viene abbandonato a se stesso: in simile
contesto pu sorgere pi facilmente la tentazione di ricorrere all'eutanasia.
L'emarginazione o addirittura il rifiuto degli anziani sono intollerabili. La loro presenza in
famiglia, o almeno la vicinanza ad essi della famiglia quando per la ristrettezza degli spazi
abitativi o per altri motivi tale presenza non fosse possibile, sono di fondamentale importanza
nel creare un clima di reciproco scambio e di arricchente comunicazione fra le varie et della
vita. importante, perci, che si conservi, o si ristabilisca dove andato smarrito, una sorta di
patto tra le generazioni, cos che i genitori anziani, giunti al termine del loro cammino,
possano trovare nei figli l'accoglienza e la solidariet che essi hanno avuto nei loro confronti
quando s'affacciavano alla vita: lo esige l'obbedienza al comando divino di onorare il padre e
la madre (cf. Es 20, 12; Lv 19, 3). Ma c' di pi. L'anziano non da considerare solo oggetto di
attenzione, vicinanza e servizio. Anch'egli ha un prezioso contributo da portare al Vangelo
della vita. Grazie al ricco patrimonio di esperienza acquisito lungo gli anni, pu e deve essere
dispensatore di sapienza, testimone di speranza e di carit.
Se vero che l'avvenire dell'umanit passa attraverso la famiglia,122 si deve riconoscere che
le odierne condizioni sociali, economiche e culturali rendono spesso pi arduo e faticoso il
compito della famiglia nel servire la vita. Perch possa realizzare la sua vocazione di
santuario della vita, quale cellula di una societ che ama e accoglie la vita, necessario e
urgente che la famiglia stessa sia aiutata e sostenuta. Le societ e gli Stati le devono
assicurare tutto quel sostegno, anche economico che necessario perch le famiglie possano
rispondere in modo pi umano ai propri problemi. Da parte sua la Chiesa deve promuovere
instancabilmente una pastorale familiare capace di stimolare ogni famiglia a riscoprire e vivere
con gioia e con coraggio la sua missione nei confronti del Vangelo della vita.
Comportatevi come i figli della luce (Ef 5, 8): per realizzare una svolta culturale
95. Comportatevi come i figli della luce... Cercate ci che gradito al Signore, e non
partecipate alle opere infruttuose delle tenebre (Ef 5, 8.10-11). Nell'odierno contesto sociale,
segnato da una drammatica lotta tra la cultura della vita e la cultura della morte, occorre
far maturare un forte senso critico, capace di discernere i veri valori e le autentiche esigenze.
Urgono una generale mobilitazione delle coscienze e un comune sforzo etico, per mettere in
atto una grande strategia a favore della vita. Tutti insieme dobbiamo costruire una nuova
cultura della vita: nuova, perch in grado di affrontare e risolvere gli inediti problemi di oggi
circa la vita dell'uomo; nuova, perch fatta propria con pi salda e operosa convinzione da
parte di tutti i cristiani; nuova, perch capace di suscitare un serio e coraggioso confronto
culturale con tutti. L'urgenza di questa svolta culturale legata alla situazione storica che
stiamo attraversando, ma si radica nella stessa missione evangelizzatrice, propria della Chiesa.
Il Vangelo, infatti, mira a trasformare dal di dentro, rendere nuova l'umanit; 123 come il
lievito che fermenta tutta la pasta (cf. Mt 13, 33) e, come tale, destinato a permeare tutte le

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culture e ad animarle dall'interno,124 perch esprimano l'intera verit sull'uomo e sulla sua vita.
Si deve cominciare dal rinnovare la cultura della vita all'interno delle stesse comunit
cristiane. Troppo spesso i credenti, perfino quanti partecipano attivamente alla vita ecclesiale,
cadono in una sorta di dissociazione tra la fede cristiana e le sue esigenze etiche a riguardo
della vita, giungendo cos al soggettivismo morale e a taluni comportamenti inaccettabili.
Dobbiamo allora interrogarci, con grande lucidit e coraggio, su quale cultura della vita sia
oggi diffusa tra i singoli cristiani, le famiglie, i gruppi e le comunit delle nostre Diocesi. Con
altrettanta chiarezza e decisione, dobbiamo individuare quali passi siamo chiamati a compiere
per servire la vita secondo la pienezza della sua verit. Nello stesso tempo, dobbiamo
promuovere un confronto serio e approfondito con tutti, anche con i non credenti, sui problemi
fondamentali della vita umana, nei luoghi dell'elaborazione del pensiero, come nei diversi
ambiti professionali e l dove si snoda quotidianamente l'esistenza di ciascuno.
96. Il primo e fondamentale passo per realizzare questa svolta culturale consiste nella
formazione della coscienza morale circa il valore incommensurabile e inviolabile di ogni vita
umana. di somma importanza riscoprire il nesso inscindibile tra vita e libert. Sono beni
indivisibili: dove violato l'uno, anche l'altro finisce per essere violato. Non c' libert vera
dove la vita non accolta e amata; e non c' vita piena se non nella libert. Ambedue queste
realt hanno poi un riferimento nativo e peculiare, che le lega indissolubilmente: la vocazione
all'amore. Questo amore, come dono sincero di s,125 il senso pi vero della vita e della
libert della persona.
Non meno decisiva nella formazione della coscienza la riscoperta del legame costitutivo che
unisce la libert alla verit. Come ho ribadito pi volte, sradicare la libert dalla verit
oggettiva rende impossibile fondare i diritti della persona su una solida base razionale e pone
le premesse perch nella societ si affermino l'arbitrio ingovernabile dei singoli o il
totalitarismo mortificante del pubblico potere.126
essenziale allora che l'uomo riconosca l'originaria evidenza della sua condizione di creatura,
che riceve da Dio l'essere e la vita come un dono e un compito: solo ammettendo questa sua
nativa dipendenza nell'essere, l'uomo pu realizzare in pienezza la sua vita e la sua libert e
insieme rispettare fino in fondo la vita e la libert di ogni altra persona. Qui soprattutto si svela
che al centro di ogni cultura sta l'atteggiamento che l'uomo assume davanti al mistero pi
grande: il mistero di Dio.127 Quando si nega Dio e si vive come se Egli non esistesse, o
comunque non si tiene conto dei suoi comandamenti, si finisce facilmente per negare o
compromettere anche la dignit della persona umana e l'inviolabilit della sua vita.
97. Alla formazione della coscienza strettamente connessal'opera educativa, che aiuta
l'uomo ad essere sempre pi uomo, lo introduce sempre pi profondamente nella verit, lo
indirizza verso un crescente rispetto della vita, lo forma alle giuste relazioni tra le persone.
In particolare, necessario educare al valore della vitacominciando dalle sue stesse radici.
un'illusione pensare di poter costruire una vera cultura della vita umana, se non si aiutano i
giovani a cogliere e a vivere la sessualit, l'amore e l'intera esistenza secondo il loro vero
significato e nella loro intima correlazione. La sessualit, ricchezza di tutta la persona,
manifesta il suo intimo significato nel portare la persona al dono di s nell'amore.128 La
banalizzazione della sessualit tra i principali fattori che stanno all'origine del disprezzo della
vita nascente: solo un amore vero sa custodire la vita. Non ci si pu, quindi, esimere
dall'offrire soprattutto agli adolescenti e ai giovani l'autentica educazione alla sessualit e
all'amore, un'educazione implicante la formazione alla castit, quale virt che favorisce la

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maturit della persona e la rende capace di rispettare il significato sponsale del corpo.
L'opera di educazione alla vita comporta la formazione dei coniugi alla procreazione
responsabile. Questa, nel suo vero significato, esige che gli sposi siano docili alla chiamata del
Signore e agiscano come fedeli interpreti del suo disegno: ci avviene con l'aprire
generosamente la famiglia a nuove vite, e comunque rimanendo in atteggiamento di apertura e
di servizio alla vita anche quando, per seri motivi e nel rispetto della legge morale, i coniugi
scelgono di evitare temporaneamente o a tempo indeterminato una nuova nascita. La legge
morale li obbliga in ogni caso a governare le tendenze dell'istinto e delle passioni e a rispettare
le leggi biologiche iscritte nella loro persona. Proprio tale rispetto rende legittimo, a servizio
della responsabilit nel procreare, il ricorso ai metodi naturali di regolazione della fertilit:
essi vengono sempre meglio precisati dal punto di vista scientifico e offrono possibilit
concrete per scelte in armonia con i valori morali. Una onesta considerazione dei risultati
raggiunti dovrebbe far cadere pregiudizi ancora troppo diffusi e convincere i coniugi nonch
gli operatori sanitari e sociali circa l'importanza di un'adeguata formazione al riguardo. La
Chiesa riconoscente verso coloro che con sacrificio personale e dedizione spesso
misconosciuta si impegnano nella ricerca e nella diffusione di tali metodi, promovendo al
tempo stesso un'educazione ai valori morali che il loro uso suppone.
L'opera educativa non pu non prendere in considerazione anche la sofferenza e la morte. In
realt, esse fanno parte dell'esperienza umana, ed vano, oltre che fuorviante, cercare di
censurarle e rimuoverle. Ciascuno invece deve essere aiutato a coglierne, nella concreta e dura
realt, il mistero profondo. Anche il dolore e la sofferenza hanno un senso e un valore, quando
sono vissuti in stretta connessione con l'amore ricevuto e donato. In questa prospettiva ho
voluto che si celebrasse ogni anno la Giornata Mondiale del Malato, sottolineando l'indole
salvifica dell'offerta della sofferenza, che vissuta in comunione con Cristo appartiene
all'essenza stessa della redenzione.129 Del resto perfino la morte tutt'altro che un'avventura
senza speranza: la porta dell'esistenza che si spalanca sull'eternit e, per quanti la vivono in
Cristo, esperienza di partecipazione al suo mistero di morte e risurrezione.
98. In sintesi, possiamo dire che la svolta culturale qui auspicata esige da tutti il coraggio di
assumere un nuovo stile di vita che s'esprime nel porre a fondamento delle scelte concrete a
livello personale, familiare, sociale e internazionale la giusta scala dei valori: il primato
dell'essere sull'avere,130 della persona sulle cose.131 Questo rinnovato stile di vita implica
anche il passaggio dall'indifferenza all'interessamento per l'altro e dal rifiuto alla sua
accoglienza: gli altri non sono concorrenti da cui difenderci, ma fratelli e sorelle con cui essere
solidali; sono da amare per se stessi; ci arricchiscono con la loro stessa presenza.
Nella mobilitazione per una nuova cultura della vita nessuno si deve sentire escluso: tutti
hanno un ruolo importante da svolgere. Insieme con quello delle famiglie, particolarmente
prezioso il compito degli insegnanti e degli educatori. Molto dipender da loro se i giovani,
formati ad una vera libert, sapranno custodire dentro di s e diffondere intorno a s ideali
autentici di vita e sapranno crescere nel rispetto e nel servizio di ogni persona, in famiglia e
nella societ.
Anche gli intellettuali possono fare molto per costruire una nuova cultura della vita umana. Un
compito particolare spetta agli intellettuali cattolici, chiamati a rendersi attivamente presenti
nelle sedi privilegiate dell'elaborazione culturale, nel mondo della scuola e delle universit,
negli ambienti della ricerca scientifica e tecnica, nei luoghi della creazione artistica e della
riflessione umanistica. Alimentando il loro genio e la loro azione alle chiare linfe del Vangelo,
si devono impegnare a servizio di una nuova cultura della vita con la produzione di contributi

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seri, documentati e capaci di imporsi per i loro pregi al rispetto e all'interesse di tutti. Proprio
in questa prospettiva ho istituito la Pontificia Accademia per la Vita con il compito di
studiare, informare e formare circa i principali problemi di biomedicina e di diritto, relativi
alla promozione e alla difesa della vita, soprattutto nel diretto rapporto che essi hanno con la
morale cristiana e le direttive del magistero della Chiesa.132 Uno specifico apporto dovr
venire anche dalle Universit, in particolare da quellecattoliche, e dai Centri, Istituti e
Comitati di bioetica.
Grande e grave la responsabilit degli operatori dei mass media, chiamati ad adoperarsi
perch i messaggi trasmessi con tanta efficacia contribuiscano alla cultura della vita. Devono
allora presentare esempi alti e nobili di vita e dare spazio alle testimonianze positive e talvolta
eroiche di amore all'uomo; proporre con grande rispetto i valori della sessualit e dell'amore,
senza indugiare su ci che deturpa e svilisce la dignit dell'uomo. Nella lettura della realt,
devono rifiutare di mettere in risalto quanto pu insinuare o far crescere sentimenti o
atteggiamenti di indifferenza, di disprezzo o di rifiuto nei confronti della vita. Nella scrupolosa
fedelt alla verit dei fatti, sono chiamati a coniugare insieme la libert di informazione, il
rispetto di ogni persona e un profondo senso di umanit.
99. Nella svolta culturale a favore della vita le donne hanno uno spazio di pensiero e di azione
singolare e forse determinante: tocca a loro di farsi promotrici di un nuovo femminismo che,
senza cadere nella tentazione di rincorrere modelli maschilisti, sappia riconoscere ed
esprimere il vero genio femminile in tutte le manifestazioni della convivenza civile, operando
per il superamento di ogni forma di discriminazione, di violenza e di sfruttamento.
Riprendendo le parole del messaggio conclusivo del Concilio Vaticano II, rivolgo anch'io alle
donne il pressante invito: Riconciliate gli uomini con la vita.133 Voi siete chiamate a
testimoniare il senso dell'amore autentico, di quel dono di s e di quella accoglienza dell'altro
che si realizzano in modo specifico nella relazione coniugale, ma che devono essere l'anima di
ogni altra relazione interpersonale. L'esperienza della maternit favorisce in voi una sensibilit
acuta per l'altra persona e, nel contempo, vi conferisce un compito particolare: La maternit
contiene in s una speciale comunione col mistero della vita, che matura nel seno della
donna... Questo modo unico di contatto col nuovo uomo che si sta formando crea a sua volta
un atteggiamento verso l'uomo non solo verso il proprio figlio, ma verso l'uomo in genere
tale da caratterizzare profondamente tutta la personalit della donna.134 La madre, infatti,
accoglie e porta in s un altro, gli d modo di crescere dentro di s, gli fa spazio, rispettandolo
nella sua alterit. Cos, la donna percepisce e insegna che le relazioni umane sono autentiche
se si aprono all'accoglienza dell'altra persona, riconosciuta e amata per la dignit che le deriva
dal fatto di essere persona e non da altri fattori, quali l'utilit, la forza, l'intelligenza, la
bellezza, la salute. Questo il contributo fondamentale che la Chiesa e l'umanit si attendono
dalle donne. Ed la premessa insostituibile per un'autentica svolta culturale.
Un pensiero speciale vorrei riservare a voi, donne che avete fatto ricorso all'aborto. La Chiesa
sa quanti condizionamenti possono aver influito sulla vostra decisione, e non dubita che in
molti casi s' trattato d'una decisione sofferta, forse drammatica. Probabilmente la ferita nel
vostro animo non s' ancor rimarginata. In realt, quanto avvenuto stato e rimane
profondamente ingiusto. Non lasciatevi prendere, per, dallo scoraggiamento e non
abbandonate la speranza. Sappiate comprendere, piuttosto, ci che si verificato e
interpretatelo nella sua verit. Se ancora non l'avete fatto, apritevi con umilt e fiducia al
pentimento: il Padre di ogni misericordia vi aspetta per offrirvi il suo perdono e la sua pace nel
sacramento della Riconciliazione. Allo stesso Padre e alla sua misericordia potete affidare con
speranza il vostro bambino. Aiutate dal consiglio e dalla vicinanza di persone amiche e

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competenti, potrete essere con la vostra sofferta testimonianza tra i pi eloquenti difensori del
diritto di tutti alla vita. Attraverso il vostro impegno per la vita, coronato eventualmente dalla
nascita di nuove creature ed esercitato con l'accoglienza e l'attenzione verso chi pi
bisognoso di vicinanza, sarete artefici di un nuovo modo di guardare alla vita dell'uomo.
100. In questo grande sforzo per una nuova cultura della vita siamo sostenuti e animati dalla
fiducia di chi sa che il Vangelo della vita, come il Regno di Dio, cresce e d i suoi frutti
abbondanti (cf. Mc 4, 26-29). certamente enorme la sproporzione che esiste tra i mezzi,
numerosi e potenti, di cui sono dotate le forze operanti a sostegno della cultura della morte e
quelli di cui dispongono i promotori di una cultura della vita e dell'amore. Ma noi sappiamo
di poter confidare sull'aiuto di Dio, al quale nulla impossibile (cf. Mt 19, 26).
Con questa certezza nel cuore, e mosso da accorata sollecitudine per le sorti di ogni uomo e
donna, ripeto oggi a tutti quanto ho detto alle famiglie impegnate nei loro difficili compiti fra
le insidie che le minacciano: 135 urgente una grande preghiera per la vita, che attraversi il
mondo intero. Con iniziative straordinarie e nella preghiera abituale, da ogni comunit
cristiana, da ogni gruppo o associazione, da ogni famiglia e dal cuore di ogni credente, si elevi
una supplica appassionata a Dio, Creatore e amante della vita. Ges stesso ci ha mostrato col
suo esempio che preghiera e digiuno sono le armi principali e pi efficaci contro le forze del
male (cf. Mt 4, 1-11) e ha insegnato ai suoi discepoli che alcuni demoni non si scacciano se
non in questo modo (cf. Mc 9, 29). Ritroviamo, dunque, l'umilt e il coraggio di pregare e
digiunare, per ottenere che la forza che viene dall'Alto faccia crollare i muri di inganni e di
menzogne, che nascondono agli occhi di tanti nostri fratelli e sorelle la natura perversa di
comportamenti e di leggi ostili alla vita, e apra i loro cuori a propositi e intenti ispirati alla
civilt della vita e dell'amore.
Queste cose vi scriviamo, perch la nostra gioia sia perfetta (1 Gv 1, 4): il Vangelo della
vita per la citt degli uomini
101. Queste cose vi scriviamo, perch la nostra gioia sia perfetta (1 Gv 1, 4). La rivelazione
del Vangelo della vita ci data come bene da comunicare a tutti: perch tutti gli uomini siano
in comunione con noi e con la Trinit (cf. 1 Gv 1, 3). Neppure noi potremmo essere nella gioia
piena se non comunicassimo questo Vangelo agli altri, ma lo tenessimo solo per noi stessi.
Il Vangelo della vita non esclusivamente per i credenti: per tutti. La questione della vita e
della sua difesa e promozione non prerogativa dei soli cristiani. Anche se dalla fede riceve
luce e forza straordinarie, essa appartiene ad ogni coscienza umana che aspira alla verit ed
attenta e pensosa per le sorti dell'umanit. Nella vita c' sicuramente un valore sacro e
religioso, ma in nessun modo esso interpella solo i credenti: si tratta, infatti, di un valore che
ogni essere umano pu cogliere anche alla luce della ragione e che perci riguarda
necessariamente tutti.
Per questo, la nostra azione di popolo della vita e per la vita domanda di essere interpretata
in modo giusto e accolta con simpatia. Quando la Chiesa dichiara che il rispetto
incondizionato del diritto alla vita di ogni persona innocente dal concepimento alla sua
morte naturale uno dei pilastri su cui si regge ogni societ civile, essa vuole
semplicemente promuovere uno Stato umano. Uno Stato che riconosca come suo primario
dovere la difesa dei diritti fondamentali della persona umana, specialmente di quella pi
debole.136
Il Vangelo della vita per la citt degli uomini. Agire a favore della vita contribuire al
rinnovamento della societ mediante l'edificazione del bene comune. Non possibile, infatti,

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costruire il bene comune senza riconoscere e tutelare il diritto alla vita, su cui si fondano e si
sviluppano tutti gli altri diritti inalienabili dell'essere umano. N pu avere solide basi una
societ che mentre afferma valori quali la dignit della persona, la giustizia e la pace si
contraddice radicalmente accettando o tollerando le pi diverse forme di disistima e violazione
della vita umana, soprattutto se debole ed emarginata. Solo il rispetto della vita pu fondare e
garantire i beni pi preziosi e necessari della societ, come la democrazia e la pace.
Infatti, non ci pu essere vera democrazia, se non si riconosce la dignit di ogni persona e non
se ne rispettano i diritti.
Non ci pu essere neppure vera pace, se non si difende e promuove la vita, come ricordava
Paolo VI: Ogni delitto contro la vita un attentato contro la pace, specialmente se esso
intacca il costume del popolo..., mentre dove i diritti dell'uomo sono realmente professati e
pubblicamente riconosciuti e difesi, la pace diventa l'atmosfera lieta e operosa della
convivenza sociale.137
Il popolo della vita gioisce di poter condividere con tanti altri il suo impegno, cos che
sempre pi numeroso sia il popolo per la vita e la nuova cultura dell'amore e della
solidariet possa crescere per il vero bene della citt degli uomini.
CONCLUSIONE
102. Al termine di questa Enciclica, lo sguardo ritorna spontaneamente al Signore Ges, il
Bambino nato per noi (cf. Is 9, 5) per contemplare in lui la Vita che si manifestata (1
Gv 1, 2). Nel mistero di questa nascita si compie l'incontro di Dio con l'uomo e ha inizio il
cammino del Figlio di Dio sulla terra, un cammino che culminer nel dono della vita sulla
Croce: con la sua morte Egli vincer la morte e diventer per l'umanit intera principio di vita
nuova.
Ad accogliere la Vita a nome di tutti e a vantaggio di tutti stata Maria, la Vergine Madre,
la quale ha quindi legami personali strettissimi con il Vangelo della vita. Il consenso di Maria
all'Annunciazione e la sua maternit si trovano alla sorgente stessa del mistero della vita che
Cristo venuto a donare agli uomini (cf. Gv 10, 10). Attraverso la sua accoglienza e la sua
cura premurosa per la vita del Verbo fatto carne, la vita dell'uomo stata sottratta alla
condanna della morte definitiva ed eterna.
Per questo Maria madre di tutti coloro che rinascono alla vita, proprio come la Chiesa di cui
modello. madre di quella vita di cui tutti vivono. Generando la vita, ha come rigenerato
coloro che di questa vita dovevano vivere.138
Contemplando la maternit di Maria, la Chiesa scopre il senso della propria maternit e il
modo con cui chiamata ad esprimerla. Nello stesso tempo l'esperienza materna della Chiesa
dischiude la prospettiva pi profonda per comprendere l'esperienza di Maria quale
incomparabile modello di accoglienza e di cura della vita.
Nel cielo apparve un segno grandioso: una donna vestita di sole (Ap 12, 1): la maternit
di Maria e della Chiesa
103. Il rapporto reciproco tra il mistero della Chiesa e Maria si manifesta con chiarezza nel
segno grandioso descritto nell'Apocalisse: Nel cielo apparve poi un segno grandioso: una
donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e sul suo capo una corona di dodici stelle
(12,1). In questo segno la Chiesa riconosce una immagine del proprio mistero: immersa nella
storia, essa consapevole di trascenderla, in quanto costituisce sulla terra il germe e l'inizio

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del Regno di Dio.139 Questo mistero la Chiesa lo vede realizzato in modo pieno ed esemplare
in Maria. Lei la donna gloriosa, nella quale il disegno di Dio si potuto attuare con somma
perfezione.
La donna vestita di sole rileva il Libro dell'Apocalisse era incinta (12, 2). La Chiesa
pienamente consapevole di portare in s il Salvatore del mondo, Cristo Signore, e di essere
chiamata a donarlo al mondo, rigenerando gli uomini alla vita stessa di Dio. Non pu per
dimenticare che questa sua missione stata resa possibile dalla maternit di Maria, che ha
concepito e dato alla luce colui che Dio da Dio, Dio vero da Dio vero. Maria
veramente Madre di Dio, la Theotokos nella cui maternit esaltata al sommo grado la
vocazione alla maternit inscritta da Dio in ogni donna. Cos Maria si pone come modello per
la Chiesa, chiamata ad essere la nuova Eva, madre dei credenti, madre dei viventi (cf. Gn
3, 20).
La maternit spirituale della Chiesa non si realizza anche di questo la Chiesa consapevole
se non in mezzo alle doglie e al travaglio del parto (Ap 12, 2), cio nella perenne tensione
con le forze del male, che continuano ad attraversare il mondo ed a segnare il cuore degli
uomini, facendo resistenza a Cristo: In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini; la luce
splende nelle tenebre, ma le tenebre non l'hanno accolta (Gv 1, 4-5).
Come la Chiesa, anche Maria ha dovuto vivere la sua maternit nel segno della sofferenza:
Egli qui... segno di contraddizione perch siano svelati i pensieri di molti cuori. E anche a
te una spada trafigger l'anima (Lc 2, 34-35). Nelle parole che, agli albori stessi dell'esistenza
del Salvatore, Simeone rivolge a Maria sinteticamente raffigurato quel rifiuto nei confronti di
Ges, e con Lui di Maria, che giunger al suo vertice sul Calvario. Presso la croce di Ges
(Gv 19, 25), Maria partecipa al dono che il Figlio fa di s: offre Ges, lo dona, lo genera
definitivamente per noi. Il s del giorno dell'Annunciazione matura in pienezza nel giorno
della Croce, quando per Maria giunge il tempo di accogliere e di generare come figlio ogni
uomo divenuto discepolo, riversando su di lui l'amore redentore del Figlio: Ges allora,
vedendo la madre e l accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: "Donna, ecco
il tuo figlio"(Gv 19, 26).
Il drago si pose davanti alla donna... per divorare il bambino appena nato (Ap 12, 4): la
vita insidiata dalle forze del male
104. Nel Libro dell'Apocalisse il segno grandioso della donna (12, 1) accompagnato da
un altro segno nel cielo: un enorme drago rosso (12, 3), che raffigura Satana, potenza
personale malefica, e insieme tutte le forze del male che operano nella storia e contrastano la
missione della Chiesa.
Anche in questo Maria illumina la Comunit dei Credenti: l'ostilit delle forze del male ,
infatti, una sorda opposizione che, prima di toccare i discepoli di Ges, si rivolge contro sua
Madre. Per salvare la vita del Figlio da quanti lo temono come una pericolosa minaccia, Maria
deve fuggire con Giuseppe e il Bambino in Egitto (cf. Mt 2, 13-15).
Maria aiuta cos la Chiesa a prendere coscienza che la vita sempre al centro di una grande
lotta tra il bene e il male, tra la luce e le tenebre. Il drago vuole divorare il bambino appena
nato (Ap 12, 4), figura di Cristo, che Maria genera nella pienezza del tempo (Gal 4, 4) e
che la Chiesa deve continuamente offrire agli uomini nelle diverse epoche della storia. Ma in
qualche modo anche figura di ogni uomo, di ogni bambino, specie di ogni creatura debole e
minacciata, perch come ricorda il Concilio con la sua incarnazione il Figlio di Dio si
unito in certo modo a ogni uomo.140 Proprio nella carne di ogni uomo, Cristo continua a

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rivelarsi e ad entrare in comunione con noi, cos che il rifiuto della vita dell'uomo, nelle sue
diverse forme, realmente rifiuto di Cristo. questa la verit affascinante ed insieme esigente
che Cristo ci svela e che la sua Chiesa ripropone instancabilmente: Chi accoglie anche uno
solo di questi bambini in nome mio, accoglie me (Mt 18, 5); In verit vi dico: ogni volta che
avete fatto queste cose a uno di questi miei fratelli pi piccoli, l'avete fatto a me (Mt 25, 40).

Non ci sar pi la morte (Ap 21, 4): lo splendore della risurrezione


105. L'annunciazione dell'angelo a Maria racchiusa tra queste parole rassicuranti: Non
temere, Maria e Nulla impossibile a Dio (Lc 1, 30.37). In verit, tutta l'esistenza della
Vergine Madre avvolta dalla certezza che Dio le vicino e l'accompagna con la sua
provvidente benevolenza. Cos anche della Chiesa, che trova un rifugio (Ap 12, 6) nel
deserto, luogo della prova ma anche della manifestazione dell'amore di Dio verso il suo popolo
(cf. Os 2, 16). Maria vivente parola di consolazione per la Chiesa nella sua lotta contro la
morte. Mostrandoci il Figlio, ella ci assicura che in lui le forze della morte sono gi state
sconfitte: Morte e vita si sono affrontate in un prodigioso duello. Il Signore della vita era
morto; ma ora, vivo, trionfa.141
L'Agnello immolato vive con i segni della passione nello splendore della risurrezione. Solo lui
domina tutti gli eventi della storia: ne scioglie i sigilli (cf. Ap 5, 1-10) e afferma, nel tempo e
oltre il tempo, il potere della vita sulla morte. Nella nuova Gerusalemme, ossia nel mondo
nuovo, verso cui tende la storia degli uomini, non ci sar pi la morte, n lutto, n lamento,
n affanno, perch le cose di prima sono passate (Ap 21, 4).
E mentre, come popolo pellegrinante, popolo della vita e per la vita, camminiamo fiduciosi
verso un nuovo cielo e una nuova terra (Ap 21, 1), volgiamo lo sguardo a Colei che per noi
segno di sicura speranza e di consolazione.142
O Maria,
aurora del mondo nuovo,
Madre dei viventi,
affidiamo a Te la causa della vita:
guarda, o Madre, al numero sconfinato
di bimbi cui viene impedito di nascere,
di poveri cui reso difficile vivere,
di uomini e donne vittime di disumana violenza,
di anziani e malati uccisi dall'indifferenza
o da una presunta piet.
Fa' che quanti credono nel tuo Figlio
sappiano annunciare con franchezza e amore
agli uomini del nostro tempo
il Vangelo della vita.
Ottieni loro la grazia di accoglierlo
come dono sempre nuovo,
la gioia di celebrarlo con gratitudine
in tutta la loro esistenza
e il coraggio di testimoniarlo
con tenacia operosa, per costruire,
insieme con tutti gli uomini di buona volont,
la civilt della verit e dell'amore

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a lode e gloria di Dio creatore e amante della vita.

Dato a Roma, presso San Pietro, il 25 marzo, solennit dell'Annunciazione del Signore,
dell'anno 1995, decimosettimo di Pontificato.
IOANNES PAULUS PP. II

1 In verit, l'espressione "Vangelo della Vita" non si trova come tale nella Sacra Scrittura.
Essa tuttavia ben corrisponde ad un aspetto essenziale del messaggio biblico.
2 Cost. past. sulla Chiesa nel mondo contemporaneo Gaudium et spes, 22.
3 Cf Giovanni Paolo II, Lett. enc. Redemptor hominis (4 marzo 1979), n. 10: AAS 71 (1979),
275.
4 Cf Ibid., n. 14; l.c., 285.
5 Cost. past. sulla Chiesa nel mondo contemporaneo Gaudium et spes, 27.
6 Cf Lettera a tutti i Fratelli nell'Episcopato circa "Il Vangelo della vita" (19 maggio 1991):
Insegnamenti XIV, 1 (1991), 1293-1296.
7 Ibid., l. c., 1294.
8 Lettera alle famiglie Gratissimam sane (2 febbraio 1994), 4: AAS 86 (1994), 871.
9 Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus (1 maggio 1991), 39: AAS 83 (1991), 842.
10 N. 2259.
11 Cf S. Ambrogio, De Noe, 26, 94-96: CSEL 32, 480-481.
12 Cf Catechismo della Chiesa Cattolica, nn. 1867 e 2268.
13 De Cain et Abel, II, 10, 38: CSEL 32, 408.
14 Cf Congregazione per la Dottrina della Fede, Istr. circa il rispetto della vita umana nascente
e la dignit della procreazione Donum vitae (22 febbraio 1987): AAS 80 (1988), 70-102.
15 Discorso durante la Veglia di preghiera per l'VIII Giornata Mondiale della Giovent (14
agosto 1993), II, 3: AAS 86 (1994), 419.
16 Giovanni Paolo II, Discorso ai partecipanti al Convegno di studio su "Il diritto alla vita e
l'Europa" (18 dicembre 1987): Insegnamenti X, 3 (1987), 1446-1447.
17 Cost. past. sulla Chiesa nel mondo contemporaneo Gaudium et spes, 36.
18 Cf Ibid., 16.

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19 Cf S. Gregorio Magno, Moralia in Job, 13, 23: CCL 143A, 683.


20 Giovanni Paolo II, Lett. enc. Redemptor hominis (4 marzo 1979), 10: AAS 71 (1979), 274.
21 Conc. Ecum. Vat. II, Cost. past. sulla Chiesa nel mondo contemporaneo Gaudium et spes,
50.
22 Cost. dogm. sulla divina Rivelazione Dei Verbum, 4.
23 "Gloria Dei vivens homo": Contro le eresie, IV, 20, 7: SCh 100/2, 648-649.
24 Conc. Ecum. Vat. II, Cost. past. Sulla Chiesa nel mondo contemporaneo Gaudium et spes,
12.
25 Confessiones, I, 1: CCL 27, 1.
26 Exameron, VI, 75-76: CSEL 32, 260-261.
27 "Vita autem hominis visio Dei": Contro le eresie, IV, 20, 7: SCh 100/2, 648-649.
28 Cf Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus (1 maggio 1991), 38: AAS 83 (1991),
840-841.
29 Giovanni Paolo II, Lett. enc. Sollicitudo rei socialis (30 dicembre 1987), 34: AAS 80
(1988), 560.
30 Cost. past. sulla Chiesa nel mondo contemporaneo Gaudium et spes, 50.
31 Lettera alle famiglie Gratissimam sane (2 febbraio 1994), 9: AAS 86 (1994), 878; cf Pio
XII, Lett. enc. Humani generis (12 agosto 1950): AAS 42 (1950), 574.
32 "Animas enim a Deo immediate creari catholica fides nos retinere iubet": Pio XII, Lett. enc.
Humani generis (12 agosto 1950): AAS 42 (1950), 575
33 Conc. Ecum. Vat. II, Cost. past. sulla Chiesa nel mondo contemporaneo Gaudium et spes,
50; cf Giovanni Paolo II, Esort. ap. post-sinodale Familiaris consortio (22 novembre 1981),
28: AAS 74 (1982), 114.
34 Omelie, II, 1: CCG 3, 39.
35 Si vedano, ad esempio, i Salmi 22[21], 10-11; 71[70], 6; 139[138], 13-14.
36 Expositio Evangeli secundum Lucam, II, 22-23: CCL 14, 40-41.
37 S. Ignazio D'Antiochia, Lettera agli Efesini, 7, 2: Patres Apostolici, ed. F. X. FUNK, II, 82.
38 La creazione dell'uomo, 4: PG 44, 136.
39 Cf S. Giovanni Damasceno, La retta fede, II, 12: PG 94, 920.922, citato in S. Tommaso
D'Aquino, Summa Theologiae, I-II, Prol.

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40 Paolo VI, Lett. enc. Humanae vitae (25 luglio 1968), 13: AAS 60 (1968), 489.
41 Congregazione per la Dottrina della Fede, Istr. circa il rispetto della vita umana nascente e
la dignit della procreazione Donum vitae (22 febbraio 1987), Introd., 5: AAS 80 (1988), 7677; cf Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 2258.
42 Didach, I, 1; II, 1-2; V, 1 e 3: Patres Apostolici, ed. F. X. FUNK, I, 2-3, 6-9, 14-17; cf
Lettera dello pseudo-Barnaba, XIX, 5; l. c., 90-93.
43 Cf Catechismo della Chiesa Cattolica, nn. 2263-2269; cf Catechismo del Concilio di
Trento III, 327-332.
44 Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 2265.
45 Cf S. Tommaso D'Aquino, Summa Theologiae, II-II, q. 64, a. 7; S. Alfonso De' Liguori,
Theologia moralis, l. III, tr. 4, c. 1, dub. 3.
46 Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 2266.
47 Cf Ibid.
48 N. 2267.
49 Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen gentium, 12.
50 Cf Cost. past. sulla Chiesa nel mondo contemporaneo Gaudium et spes, 27.
51 Cf Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen gentium, 25.
52 Congregazione per la Dottrina della Fede, Dich. sull'eutanasia Iura et bona (5 maggio
1980), II: AAS 72 (1980), 546.
53 Giovanni Paolo II, Lett. Enc. Veritatis splendor (6 agosto 1993), 96: AAS 85 (1993), 1209.
54 Cost. past. sulla Chiesa nel mondo contemporaneo Gaudium et spes, 51: "Abortus necnon
infanticidium nefanda sunt crimina".
55 Cf Giovanni Paolo II, Lett. ap. Mulieris dignitatem (15 agosto 1988), 14: AAS 80 (1988),
1686.
56 Lettera alle Famiglie Gratissimam sane (2 febbraio 1994), 21: AAS 86 (1994), 920.
57 Congregazione per la Dottrina della Fede, Dichiarazione sull'aborto procurato (18
novembre 1974), 12-13: AAS 66 (1974), 738.
58 Congregazione per la Dottrina della Fede, Istr. circa il rispetto della vita umana nascente e
la dignit della procreazione Donum vitae (22 febbraio 1987), I, 1: AAS 80 (1988), 78-79.
59 Ibid., l. c., 79.
60 Cos il profeta Geremia: "Mi fu rivolta la parola del Signore: "Prima di formarti nel grembo

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materno, ti conoscevo, prima che tu uscissi alla luce, ti avevo consacrato; ti ho stabilito profeta
delle nazioni"" (1, 4-5). Il Salmista, per parte sua, cos si rivolge al Signore: "Su di te mi
appoggiai fin dal grembo materno, dal seno di mia madre tu sei il mio sostegno" (Sal 71[70],
6; cf Is 46, 3; Gb 10, 8-12; Sal 22[21], 10-11).
Anche l'evangelista Luca - nello stupendo episodio dell'incontro delle due madri, Elisabetta e
Maria, e dei due figli, Giovanni Battista e Ges, ancora nascosti nel grembo materno (cf 1, 3945) - sottolinea come il bambino avverte l'arrivo del Bambino ed esulta di gioia.
61 Cf Dichiarazione sull'aborto procurato (18 novembre 1974): AAS 66 (1974), 740-747.
62 "Non farai perire il bambino con l'aborto, n l'ucciderai dopo che nato": V, 2, Patres
Apostolici, ed. F. X. FUNK, I, 17.
63 Apologia per i cristiani, 35: PG 6, 969.
64 Apologeticum, IX, 8: CSEL 69, 24.
65 Cf Lett. enc. Casti connubii (31 dicembre 1930), II: AAS 22 (1930), 562-592.
66 Discorso all'Unione medico-biologica "S. Luca" (12 novembre 1944): Discorsi e
radiomessaggi VI (1944-1945), 191; cf Discorso all'Unione Cattolica Italiana delle Ostetriche
(29 ottobre 1951), II: AAS 43 (1951), 838.
67 Lett. enc. Mater et Magistra (15 maggio 1961), 3: AAS 53 (1961), 447.
68 Cost. past. sulla Chiesa nel mondo contemporaneo Gaudium et spes, 51.
69 Cf Can. 2350, 1.
70 Codice di Diritto Canonico, can. 1398; cf pure Codice dei canoni delle Chiese Orientali,
can. 1450, 2.
71 Cf Ibid., can. 1329; parimenti Codice dei Canoni delle Chiese Orientali, can. 1417.
72 Cf Discorso ai Giuristi Cattolici Italiani (9 dicembre 1972): AAS 64 (1972), 777; Lett. enc.
Humanae vitae (25 luglio 1968), 14: AAS 60 (1968), 490.
73 Cf Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen gentium, 25.
74 Congregazione per la Dottrina della Fede, Istr. circa il rispetto della vita umana nascente e
la dignit della procreazione Donum vitae (22 febbraio 1987), I, 3: AAS 80 (1988), 80.
75 Carta dei diritti della famiglia (22 ottobre 1983), art. 4b, Tipografia Poliglotta Vaticana,
1983.
76 Congregazione per la Dottrina della Fede, Dich. sull'eutanasia Iura et bona (5 maggio
1980), II: AAS 72 (1980), 546.
77 Ibid., IV, l. c., 551.
78 Cf Ibid.
79 Discorso ad un gruppo internazionale di medici (24 febbraio 1957), III: AAS 49 (1957),

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147; cf Congregazione per la Dottrina della Fede, Dich. sull'eutanasia Iura et bona, III: AAS
72 (1980), 547-548.
80 Pio XII, Discorso ad un gruppo internazionale di medici (24 febbraio 1957), III: AAS 49
(1957), 145.
81 Cf Pio XII, Discorso ad un gruppo internazionale di medici (24 febbraio 1957): AAS 49
(1957), 129-147; Congregazione Del Sant'Uffizio, Decretum de directa insontium occisione (2
dicembre 1940): AAS 32 (1940), 553-554; Paolo VI, Messaggio alla televisione francese:
"Ogni vita sacra" (27 gennaio 1971): Insegnamenti IX (1971), 57-58; Discorso
all'International College of Surgeons (1 giugno 1972): AAS 64 (1972), 432-436; Conc. Ecum.
Vat. II, Cost. past. sulla Chiesa nel mondo contemporaneo Gaudium et spes, 27.
82 Cf Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen gentium, 25.
83 Cf S. Agostino, De civitate Dei I, 20: CCL 47, 22; S. Tommaso D'Aquino, Summa
Theologiae, II-II, q. 6, a. 5.
84 Cf Congregazione per la Dottrina della Fede, Dich. sull'eutanasia Iura et bona (5 maggio
1980), I: AAS 72 (1980), 545; Catechismo della Chiesa Cattolica, nn. 2281-2283.
85 Epistula 204, 5: CSEL 57, 320.
86 Cost. past. sulla Chiesa nel mondo contemporaneo Gaudium et spes, 18.
87 Cf Giovanni Paolo II, Lett. ap. Salvifici doloris (11 febbraio 1984), 14-24: AAS 76 (1984),
214-234.
88 Cf Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus (1 maggio 1991), 46: AAS 83 (1991),
850; Pio XII, Radiomessaggio natalizio (24 dicembre 1944): AAS 37 (1945), 10-20.
89 Cf Giovanni Paolo II, Lett. enc. Veritatis splendor (6 agosto 1993), 97 e 99: AAS 85
(1993), 1209-1211.
90 Congregazione per la Dottrina della Fede, Istr. circa il rispetto della vita umana nascente e
la dignit della procreazione Donum vitae (22 febbraio 1987), III: AAS 80 (1988), 98.
91 Cf Conc. Ecum. Vat. II, Dich. sulla libert religiosa Dignitatis humanae, 7.
92 Cf S. Tommaso D'Aquino, Summa Theologiae, I-II, q. 96, a.2.
93 Cf Conc. Ecum. Vat. II, Dich. sulla libert religiosa Dignitatis humanae, 7.
94 Lett. enc. Pacem in terris (11 aprile 1963), II: AAS 55 (1963), 273-274; la citazione interna
tratta dal Radiomessaggio della Pentecoste 1941 (1 giugno 1941) di Pio XII: AAS 33
(1941), 200. Su questo argomento l'Enciclica fa riferimento in nota a: Pio XI, Lett. enc. Mit
brennender Sorge (14 marzo 1937): AAS 29 (1937), 159; Lett. enc. Divini Redemptoris (19
marzo 1937), III: AAS 29 (1937), 79; Pio XII, Radiomessaggio natalizio (24 dicembre 1942):
AAS 35 (1943), 9-24.
95 Lett. enc. Pacem in terris (11 aprile 1963), l.c., 271.

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96 Summa Theologiae, I-II, q. 93, a. 3, ad 2um.


97 Ibid., I-II, q. 95, a. 2. L'Aquinate cita S. Agostino: "Non videtur esse lex, quae iusta non
fuerit", De libero arbitrio, I, 5, 11: PL 32, 1227.
98 Congregazione per la Dottrina della Fede, Dichiarazione sull'aborto procurato (18
novembre 1974), 22: AAS 66 (1974), 744.
99 Catechismo della Chiesa Cattolica, nn. 1753-1755; Giovanni Paolo II, Lett. enc. Veritatis
splendor (6 agosto 1993), 81-82: AAS 85 (1993), 1198-1199.
100 In Iohannis Evangelium Tractatus, 41, 10: CCL 36, 336; cf Giovanni Paolo II, Lett. enc.
Veritatis splendor (6 agosto 1993), 13: AAS 85 (1993), 1144.
101 Esort. ap. Evangelii nuntiandi (8 dicembre 1975), 14: AAS 68 (1976), 13.
102 Cf Messale romano, Orazione del celebrante prima della comunione.
103 Cf S. Ireneo: "Omnem novitatem attulit, semetipsum afferens, qui fuerat annuntiatus",
Contro le eresie: IV, 34, 1: SCh 100/2, 846-847.
104 Cf S. Tommaso D'Aquino: "Peccator inveterascit, recedens a novitate Christi", In Psalmos
Davidis lectura, 6, 5.
105 Sulle beatitudini, Sermone VII: PG 44, 1280.
106 Cf Giovanni Paolo II, Lett. enc. Veritatis splendor (6 agosto 1993), 116: AAS 85 (1993),
1224.
107 Cf Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus (1 maggio 1991), n. 37: AAS 83
(1991), 840.
108 Cf Messaggio in occasione del Santo Natale del 1967: AAS 60 (1968), 40.
109 Pseudo-Dionigi L'Aeropagita, Sui nomi divini, VI, 1-3: PG 3, 856-857.
110 Paolo VI, Pensiero alla morte, Istituto Paolo VI, Brescia 1988, p. 24.
111 Giovanni Paolo II, Omelia per la beatificazione di Isidoro Bakanja, Elisabetta Canori
Mora e Gianna Beretta Molla (24 aprile 1994): L'Osservatore Romano, 25-26 aprile 1994, p. 5.
112 Ibid.
113 Omelie su Matteo, L, 3: PG 58, 508.
114 Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 2372.
115 Giovanni Paolo II, Discorso alla IV Conferenza Generale dell'Episcopato LatinoAmericano a Santo Domingo (12 ottobre 1992), 15: AAS 85 (1993), 819.
116 Cf. Decr. sull'ecumenismo Unitatis redintegratio, 12; Cost. past. sulla Chiesa nel mondo

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contemporaneo Gaudium et spes, 90.


117 Giovanni Paolo II, Esort. ap. post-sinodale Familiaris consortio (22 novembre 1981), 17:
AAS 74 (1982), 100.
118 Cf Conc. Ecum. Vat. II, Cost. past. sulla Chiesa nel mondo contemporaneo Gaudium et
spes, 50.
119 Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus (1 maggio 1991), 39: AAS 83 (1991),
842.
120 Giovanni Paolo II, Discorso ai partecipanti al VII Simposio dei Vescovi europei sul tema
"Gli atteggiamenti contemporanei di fronte alla nascita e alla morte: una sfida per
l'evangelizzazione" (17 ottobre 1989), 5: Insegnamenti XII, 2 (1989), 945. I figli sono
presentati dalla tradizione biblica proprio come un dono di Dio (cf Sal 127[126], 3); e come
segno della sua benedizione sull'uomo che cammina nelle sue vie (cf Sal 128[127], 3-4).
121 Giovanni Paolo II, Lett. enc. Sollicitudo rei socialis (30 dicembre 1987), 38: AAS 80
(1987), 565-566.
122 Giovanni Paolo II, Esort. ap. post-sinodale Familiaris consortio (22 novembre 1981), 85:
AAS 74 (1982), 188.
123 Paolo VI, Esort. ap. Evangelii nuntiandi (8 dicembre 1975), 18: AAS 68 (1976), 17.
124 Cf Ibid., 20, l.c., 18.
125 Cf Conc. Ecum. Vat. II, Cost. past. sulla Chiesa nel mondo contemporaneo Gaudium et
spes, 24.
126 Cf Lett. enc. Centesimus annus (1 maggio 1991), 17: AAS 83 (1991), 841; Lett. enc.
Veritatis splendor (6 agosto 1993), 95-101: AAS 85 (1993), 1208-1213.
127 Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus (1 maggio 1991), 24: AAS 83 (1991),
822.
128 Giovanni Paolo II, Esort. ap. post-sinodale Familiaris consortio (22 novembre 1981), 37:
AAS 74 (1982), 128.
129 Lettera istitutiva della Giornata Mondiale del Malato (13 maggio 1992), 2: Insegnamenti
XV, 1 (1992), 1410.
130 Cf Conc. Ecum. Vat. II, Cost. past. sulla Chiesa nel mondo contemporaneo Gaudium et
spes, 35; Paolo VI, Lett. enc. Populorum progressio (26 marzo 1967), 15: AAS 59 (1967),
265.
131 Cf Giovanni Paolo II, Lettera alle famiglie Gratissimam sane (2 febbraio 1994), 13: AAS
86 (1994), 892.
132 Giovanni Paolo II, Motu proprio Vitae mysterium (11 febbraio 1994), 4: AAS 86 (1994),
386-387.
133 Messaggi del Concilio all'umanit (8 dicembre 1965): Alle donne.

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134 Giovanni Paolo II, Lett. ap. Mulieris dignitatem (15 agosto 1988), 18: AAS 80 (1988),
1696.
135 Giovanni Paolo II, Lettera alle famiglie Gratissimam sane (2 febbraio 1994), 5: AAS 86
(1994), 872.
136 Giovanni Paolo II, Discorso ai partecipanti al Convegno di studio su "Il diritto alla vita e
l'Europa" (18 dicembre 1987): Insegnamenti X, 3 (1987), 1446.
137 Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 1977: AAS 68 (1976), 711-712.
138 B. Guerrico D'Igny, In Assumptione B. Mariae, sermo I, 2: PL 185, 188.
139 Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen gentium, 5.
140 Cost. past. sulla Chiesa nel mondo contemporaneo Gaudium et spes, 22.
141 Messale romano, Sequenza della domenica di Pasqua.
142 Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen gentium, 68.

21. Pontificia Academia Pro Vita, riflessioni sulla clonazione, (2005)

INDICE

Notizie storiche
Il fatto biologico

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Problemi etici connessi alla clonazione umana


Di fronte ai diritti dell'uomo e alla libert della ricerca

1
NOTIZIE STORICHE
I progressi della conoscenza e i relativi sviluppi delle tecniche in ambito di biologia molecolare,
genetica e fecondazione artificiale hanno reso possibili da tempo la sperimentazione e la
realizzazione di clonazioni in ambito vegetale e animale.
Per quanto riguarda il regno animale si trattato, fin dagli anni trenta, di esperimenti di produzione
di individui identici ottenuti per scissione gemellare artificiale, modalit che impropriamente si pu
definire clonazione.
La pratica della scissione gemellare in campo zootecnico si va diffondendo nelle stalle sperimentali
come incentivo alla produzione multipla di dati esemplari scelti.
Nel 1993 Jerry Hall e Robert Stilmann della George Washington University hanno divulgato dati
relativi ad esperimenti di scissione gemellare (splitting) di embrioni umani di 2, 4 e 8 embrioblasti,
da loro stessi eseguiti. Esperimenti condotti senza il previo consenso del Comitato Etico competente
e pubblicati per stimolare, secondo gli autori, la discussione etica.
La notizia data dalla rivista Nature , del 27 febbraio 1997, della nascita della pecora Dolly ad
opera degli scienziati scozzesi Jan Vilmut e K.H.S. Campbell con i loro collaboratori del Roslin
Institute di Edimburgo ha per scosso, in modo eccezionale, l'opinione pubblica e ha provocato
pronunciamenti di comitati e autorit nazionali e internazionali: questo perch si trattato di un
fatto nuovo e ritenuto sconvolgente.
La novit del fatto duplice. La prima ragione che si trattato non di una scissione gemellare ma
di una novit radicale definita clonazione, cio di una riproduzione asessuale e agamica volta a
produrre individui biologicamente uguali all'individuo adulto, fornitore del patrimonio genetico
nucleare. La seconda ragione che questo tipo di clonazione vera e propria era ritenuto fino ad ora
impossibile. Si riteneva che il DNA delle cellule somatiche degli animali superiori, avendo ormai
subito l'imprinting della differenziazione, non potesse pi recuperare la totipotenzialit originale e,
conseguentemente, la capacit di guidare lo sviluppo di un nuovo individuo.
Superata questa supposta impossibilit, sembrava che fosse aperta ormai la strada alla clonazione
umana, intesa come replicazione di uno o pi individui somaticamente identici al donatore.
Il fatto ha giustamente provocato ansia e allarme. Ma dopo una prima fase di corale opposizione,
alcune voci hanno voluto richiamare l'attenzione sulla necessit di garantire la libert della ricerca,
di non demonizzare il progresso o addirittura si fatta la previsione di una futura accettazione della
clonazione nell'ambito stesso della Chiesa Cattolica.
utile perci, a distanza di qualche tempo e in una fase pi distaccata, fare un esame attento del
fatto avvertito come un evento sconvolgente.

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2
IL FATTO BIOLOGICO
La clonazione, posta nelle sue dimensioni biologiche, in quanto riproduzione artificiale ottenuta
senza l'apporto dei due gameti; pertanto si tratta di una riproduzione asessuale e agamica. La
fecondazione propriamente detta sostituita dalla fusione di un nucleo prelevato da una cellula
somatica, dell'individuo che si vuole clonare, o della cellula somatica stessa, con un ovocita
denucleato, privato cio del genoma di origine materna. Poich il nucleo della cellula somatica
porta tutto il patrimonio genetico, l'individuo ottenuto possiede salvo alterazioni possibili
l'identit genetica del donatore del nucleo. questa essenziale corrispondenza genetica con il
donatore che induce nel nuovo individuo la replica somatica o copia del donatore stesso.
L'evento di Edimburgo accaduto in seguito a 277 fusioni ovocita-nucleo donatore: solo otto hanno
avuto successo, cio otto soltanto dei 277 hanno iniziato lo sviluppo embrionale, e solo 1 di questi 8
embrioni giunto alla nascita: l'agnella che fu chiamata Dolly.
Permangono molti dubbi e perplessit su tanti aspetti della sperimentazione: ad esempio, la
possibilit che tra le 277 cellule donatrici usate ce ne fossero alcune staminali , dotate cio di un
genoma non totalmente differenziato; il ruolo che pu aver avuto il DNA mitocondriale
eventualmente residuo nell'ovulo materno; e tanti altri ancora ai quali, purtroppo, i ricercatori non
hanno neppure tentato di accennare. Rimane, comunque, un evento che oltrepassa le forme di
fecondazione artificiale finora conosciute, che si attuano sempre con l'utilizzazione dei due gameti.
Va sottolineato che lo sviluppo degli individui ottenuti per clonazione, al di fuori di eventuali
possibili mutazioni e potrebbero non essere poche , dovrebbe portare ad una struttura corporea
molto simile a quella del donatore del DNA: questo il risultato pi conturbante specialmente
qualora l'esperimento si trasportasse anche alla specie umana.
da notare, tuttavia, che nell'ipotesi che la clonazione si volesse estendere alla specie umana, da
questa replicazione della struttura corporea non ne deriverebbe necessariamente una perfetta
identit della persona, intesa nella sua realt sia ontologica che psicologica. L'anima spirituale,
costitutivo essenziale di ogni soggetto appartenente alla specie umana, che creata direttamente da
Dio, non pu n essere generata dai genitori, n essere prodotta dalla fecondazione artificiale n
clonata. Inoltre, lo sviluppo psicologico, la cultura e l'ambiente portano sempre a personalit
diverse; fatto ben noto anche tra i gemelli la cui rassomiglianza non significa identit.
L'immaginario popolare o l'alone di onnipotenza che accompagna la clonazione sono almeno da
ridimensionare.
Nonostante questa impossibilit di implicare lo spirito, che la sorgente della personalit, la
proiezione della clonazione sull'uomo ha fatto gi immaginare ipotesi ispirate al desiderio di
onnipotenza: replicazione di individui dotati di genialit e bellezza eccezionali, riproduzione
dell'immagine del caro estinto , selezione di individui sani e immuni da malattie genetiche,
possibilit di scelta del sesso; produzione di embrioni prescelti e crioconservati da trasferire in utero
successivamente come riserva di organi etc.
Considerando queste ipotesi come fantascienza si potranno presto avanzare proposte di clonazione
ritenute ragionevoli e compassionevoli : la procreazione di un figlio in una famiglia in cui il
padre soffre di aspermia o il rimpiazzare il figlio moribondo di una donna vedova; si potr dire che
questi casi non hanno nulla a che vedere con le immaginazioni della fantascienza.

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Ma quale sarebbe il significato antropologico di questa operazione nella deprecabile prospettiva


dell'applicazione sull'uomo?

3
PROBLEMI ETICI
CONNESSI ALLA CLONAZIONE UMANA
La clonazione umana rientra nel progetto dell'eugenismo e quindi esposta a tutte le osservazioni
etiche e giuridiche che lo hanno ampiamente condannato. Come gi scriveva Hans Jonas, essa
nel metodo la pi dispotica e nel fine allo stesso tempo la pi schiavistica forma di manipolazione
genetica; il suo obiettivo non una modificazione arbitraria della sostanza ereditaria ma proprio la
sua altrettanto arbitraria fissazione in contrasto con la strategia dominante nella natura (cfr. H.
Jonas, Cloniamo un uomo: dall'eugenetica all'ingegneria genetica, in Tecnica, medicina ed etica,
Einaudi, Torino 1997, pp. 122-154, p. 136).
Costituisce una radicale manipolazione della costitutiva relazionalit e complementarit che
all'origine della procreazione umana, sia nel suo aspetto biologico sia in quello propriamente
personalistico. Tende infatti a rendere la bisessualit un puro residuo funzionale, legato al fatto che
occorre utilizzare un ovulo, privato del suo nucleo per dar luogo all'embrione-clone e richiede, per
ora, un utero femminile perch venga portato a termine il suo sviluppo. In questo modo si attuano
tutte le tecniche che si sono sperimentate in zootecnia, riducendo il significato specifico della
riproduzione umana.
In questa prospettiva si inserisce la logica della produzione industriale: si dovr esplorare e favorire
la ricerca di mercato, affinare la sperimentazione, produrre sempre modelli nuovi.
Avviene una strumentalizzazione radicale della donna, ridotta ad alcune delle sue funzioni
puramente biologiche (prestatrice di ovuli e di utero) e si apre la prospettiva di ricerca verso la
possibilit di costituire uteri artificiali, ultimo passo per la costruzione in laboratorio dell'essere
umano.
Nel processo di clonazione vengono pervertite le relazioni fondamentali della persona umana: la
filiazione, la consanguineit, la parentela, la genitorialit. Una donna pu essere sorella gemella di
sua madre, mancare del padre biologico ed essere figlia di suo nonno. Gi con la FIVET stata
introdotta la confusione della parentalit, ma nella clonazione si verifica la rottura radicale di tali
vincoli.
Come in ogni attivit artificiale si mima e si imita quanto avviene in natura, ma solo al
prezzo di misconoscere l'eccedenza dell'uomo rispetto alla sua componente biologica, per di pi
ridotta a quelle modalit riproduttive che hanno caratterizzato solo gli organismi pi semplici e
meno evoluti dal punto di vista biologico.
Si coltiva l'idea che alcuni uomini possano avere un dominio totale sull'esistenza altrui, al punto da
programmarne l'identit biologica selezionata in nome di criteri arbitrari o puramente strumentali
la quale, pur non esaurendo l'identit personale dell'uomo, che caratterizzata dallo spirito, ne
parte costitutiva. Questa concezione selettiva dell'uomo avr tra l'altro una pesante ricaduta
culturale anche all'esterno della pratica numericamente ridotta della clonazione, poich
svilupper il convincimento che il valore dell'uomo e della donna non dipende dalla sua identit

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personale ma soltanto da quelle qualit biologiche che possono essere apprezzate e perci
selezionate.
La clonazione umana va giudicata negativamente anche in relazione alla dignit della persona
clonata, che verr al mondo in virt del suo essere copia (anche se solo copia biologica) di un
altro essere: questa pratica pone le condizioni per una radicale sofferenza del clonato, la cui identit
psichica rischia di essere compromessa dalla presenza reale o anche solo virtuale del suo altro .
N si pu ipotizzare che possa valere la congiura del silenzio, che, come gi notava Jonas, sarebbe
impossibile e altrettanto immorale: poich il clonato stato generato in quanto assomiglia a
qualcuno che valeva la pena di clonare, su di lui si appunteranno non meno nefaste aspettative e
attenzioni, che costituiranno un vero e proprio attentato alla sua soggettivit personale.
Se il progetto della clonazione umana intende arrestarsi prima dell'impianto in utero, cercando
di sottrarsi almeno ad alcune delle conseguenze che abbiamo finora segnalato, esso si presenta
ugualmente ingiusto da un punto di vista morale.
Infatti la proibizione della clonazione limitata al fatto di impedire la nascita di un bambino clonato
permetterebbe comunque la clonazione dell'embrione-feto, implicherebbe la sperimentazione su
embrioni e feti ed esigerebbe la loro soppressione prima della nascita, rivelando un processo
strumentale e crudele nei confronti dell'essere umano.
Tale sperimentazione in ogni caso immorale per l'arbitraria finalizzazione del corpo umano (ormai
decisamente pensato come una macchina composta da pezzi) a puro strumento di ricerca. Il corpo
umano elemento integrante della dignit e dell'identit personale di ognuno ed illecito usare la
donna come fornitrice di ovuli su cui attuare esperimenti di clonazione.
Immorale perch anche nel caso dell'essere clonato siamo in presenza di un uomo , sebbene allo
stadio embrionale.
Contro la clonazione umana vanno inoltre riportate tutte le ragioni morali che hanno portato sia alla
condanna della fecondazione in vitro in quanto tale, sia al biasimo radicale nei confronti della
fecondazione in vitro destinata soltanto alla sperimentazione.
Il progetto della clonazione umana rappresenta la terribile deriva a cui spinta una scienza
senza valori ed segno del profondo disagio della nostra civilt, che cerca nella scienza, nella
tecnica e nella qualit della vita i surrogati del senso della vita e della salvezza dell'esistenza.
La proclamazione della morte di Dio , nella vana speranza di un oltreuomo , porta con s un
risultato chiaro: la morte dell'uomo . Non si pu infatti dimenticare che la negazione della
creaturalit umana, lungi dall'esaltare la libert dell'uomo, genera nuove forme di schiavit, nuove
discriminazioni, nuove e profonde sofferenze. La clonazione rischia di essere la tragica parodia
dell'onnipotenza di Dio. L'uomo, a cui Dio ha affidato, donandogli libert ed intelligenza, il creato,
non trova limiti alla sua azione dettati soltanto dall'impossibilit pratica: questi limiti deve sapere
porseli da solo nel discernimento tra il bene e il male. Ancora una volta all'uomo chiesto di
scegliere: tocca a lui decidere se trasformare la tecnologia in uno strumento di liberazione o
diventarne egli stesso lo schiavo introducendo nuove forme di violenza e di sofferenza.
Si deve rimarcare ancora una volta la differenza che esiste tra la concezione della vita come dono di
amore e la visione dell'essere umano ritenuto come prodotto industriale.

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Fermare il progetto della clonazione umana un impegno morale che deve anche essere tradotto in
termini culturali, sociali, legislativi. Il progresso della ricerca scientifica infatti altra cosa
dall'emergere del dispotismo scientistico, che oggi sembra prendere il posto delle antiche ideologie.
In un regime democratico e pluralistico, la prima garanzia nei confronti della libert di ognuno si
attua nel rispetto incondizionato della dignit dell'uomo, in tutte le fasi della sua vita e al di l delle
doti intellettuali o fisiche di cui gode o di cui privato. Nella clonazione umana viene a cadere la
condizione necessaria per qualsiasi convivenza: quella di trattare l'uomo sempre e comunque come
fine, come valore e mai soltanto come un puro mezzo o semplice oggetto.

4
DI FRONTE AI DIRITTI DELL'UOMO
E ALLA LIBERT DELLA RICERCA
Sul piano dei diritti dell'uomo l'eventuale clonazione umana rappresenterebbe una violazione dei
due principi fondamentali su cui si basano tutti i diritti dell'uomo: il principio di parit tra gli esseri
umani e il principio di non discriminazione.
Contrariamente a quanto pu apparire a prima vista, il principio di parit e uguaglianza fra esseri
umani viene sconvolto da questa possibile forma di dominazione dell'uomo sull'uomo e la
discriminazione si attua attraverso tutto il profilo selettivo-eugenistico insito nella logica della
clonazione. La stessa Risoluzione del Parlamento Europeo del 12 marzo 1997 dichiara
espressamente la violazione di questi due principi e richiama fortemente al divieto della clonazione
umana e al valore della dignit della persona umana. Il Parlamento Europeo fin dal 1983 e tutte le
leggi che sono state emanate per legalizzare la procreazione artificiale hanno sempre fatto divieto
della clonazione, anche le pi permissive. Va ricordato che il Magistero della Chiesa ha condannato
l'ipotesi della clonazione umana, della fissione gemellare e della partenogenesi nell'Istruzione
Donum Vitae del 1987. Le ragioni fondative del carattere disumano della clonazione,
eventualmente applicata all'uomo, non vanno identificate nel fatto di essere una forma eccessiva di
procreazione artificiale, rispetto ad altre forme approvate dalla legge come la FIVET ed altre.
Come abbiamo detto, la ragione del rifiuto riguarda la negazione della dignit della persona
soggetta a clonazione e la negazione stessa della dignit della procreazione umana.
L'istanza pi urgente appare ora quella di ricomporre l'armonia delle esigenze della ricerca
scientifica con i valori umani imprescindibili. Lo scienziato non pu considerare una mortificazione
il rifiuto morale della clonazione umana; al contrario questo divieto elimina la degenerazione
demiurgica della ricerca riportandola alla sua dignit. La dignit della ricerca scientifica sta nel fatto
di essere una delle risorse pi ricche volte a beneficio dell'umanit.
Peraltro la ricerca anche in tema di clonazione trova uno spazio accessibile nel regno vegetale ed
animale laddove rappresentasse una necessit o seria utilit per l'uomo o per gli altri esseri viventi,
fatte salve le regole di tutela dell'animale stesso e dell'obbligo di rispettare la biodiversit specifica.
La ricerca scientifica a beneficio dell'uomo quando rivolta a perseguire il rimedio alle malattie, al
sollievo della sofferenza, alla soluzione dei problemi dovuti all'insufficienza dell'alimentazione e al
migliore utilizzo delle risorse della terra rappresenta una speranza per l'umanit, confidata al genio e
al lavoro degli scienziati.

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Per far s che la scienza biomedica mantenga e rafforzi il suo legame con il bene vero dell'uomo e
della societ, necessario coltivare, come ricorda il Santo Padre nell'Enciclica Evangelium Vitae
, uno sguardo contemplativo sull'uomo stesso e sul mondo, nella visione creazionale della
realt e nel contesto della solidariet fra la scienza, il bene della persona e della societ.
lo sguardo di chi vede la vita nella sua profondit, cogliendone le dimensioni di gratuit, di
bellezza, di provocazione alla libert e alla responsabilit. lo sguardo di chi non pretende di
impossessarsi della realt, ma l'accoglie come un dono, scoprendo in ogni cosa il riflesso del
Creatore e in ogni persona la Sua immagine vivente (E.V. 83).
Prof. Juan de Dios Vial Correa
Presidente
Mons. Elio Sgreccia
Vice-Presidente

22. Discorso Giovanni Paolo II in occasione della conferenza


internazionale del pontificio consiglio per la pastorale della salute
(2004)

Signor Cardinale,
venerati Fratelli nell'Episcopato,
carissimi Fratelli e Sorelle!
1. Sono lieto di accogliervi in occasione della Conferenza Internazionale del Pontificio Consiglio
per la Pastorale della Salute, i cui lavori sono in corso. Con questa vostra visita avete voluto
riaffermare il vostro impegno scientifico ed umano a favore di quanti si trovano in uno stato di
sofferenza.
Ringrazio il Signor Cardinale Javier Lozano Barragn per le cortesi espressioni che, a nome di tutti,
mi ha test rivolto. Il mio grato pensiero e il mio apprezzamento vanno a quanti hanno recato il loro
contributo a questa assise, come pure ai tanti medici e operatori sanitari che, nel mondo, dedicano le
proprie capacit scientifiche, umane e spirituali al sollievo del dolore e delle sue conseguenze.
2. La medicina si pone sempre al servizio della vita. Anche quando sa di non poter debellare una
grave patologia, dedica le proprie capacit a lenirne le sofferenze. Lavorare con passione per aiutare
il paziente in ogni situazione significa aver coscienza dell'inalienabile dignit di ogni essere umano,
anche nelle estreme condizioni dello stato terminale. In questa dedizione al servizio di chi soffre, il
cristiano riconosce una dimensione fondamentale della propria vocazione: nelladempimento di tale
compito, infatti, egli sa di prendersi cura di Cristo stesso (cfr Mt 25,35-40).
Per Cristo e in Cristo riceve luce quell'enigma del dolore e della morte, che al di fuori del Vangelo
ci opprime, ricorda il Concilio (Gaudium et spes, 22). Chi nella fede si apre a questa luce, trova
conforto nella propria sofferenza ed acquista la capacit di lenire la sofferenza altrui. Di fatto esiste

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una relazione direttamente proporzionale tra la capacit di soffrire e la capacit di aiutare chi
soffre. Lesperienza quotidiana insegna che le persone pi sensibili al dolore altrui e pi dedite a
lenire i dolori degli altri sono anche pi disposte ad accettare, con laiuto di Dio, le proprie
sofferenze.
3. Lamore verso il prossimo, che Ges ha tratteggiato con efficacia nella parabola del buon
samaritano (cfr Lc 10, 29ss), rende capaci di riconoscere la dignit di ogni persona, anche quando
la malattia venuta a gravare sulla sua esistenza. La sofferenza, lanzianit, lo stato di incoscienza,
limminenza della morte non diminuiscono l'intrinseca dignit della persona, creata ad immagine di
Dio.
Tra i drammi causati da un'etica che pretende di stabilire chi pu vivere e chi deve morire, vi
quello delleutanasia. Anche se motivata da sentimenti di una mal intesa compassione o di una mal
compresa dignit da preservare, leutanasia invece che riscattare la persona dalla sofferenza ne
realizza la soppressione.
La compassione, quando priva della volont di affrontare la sofferenza e di accompagnare chi
soffre, porta alla cancellazione della vita per annientare il dolore, stravolgendo cos lo statuto etico
della scienza medica.
4. La vera compassione, al contrario, promuove ogni ragionevole sforzo per favorire la guarigione
del paziente. Al tempo stesso essa aiuta a fermarsi quando nessuna azione risulta ormai utile a tale
fine.
Il rifiuto dell' accanimento terapeutico non un rifiuto del paziente e della sua vita. Infatti,
loggetto della deliberazione sullopportunit di iniziare o continuare una pratica terapeutica non il
valore della vita del paziente, ma il valore dellintervento medico sul paziente.
Leventuale decisione di non intraprendere o di interrompere una terapia sar ritenuta eticamente
corretta quando questa risulti inefficace o chiaramente sproporzionata ai fini del sostegno alla vita o
del recupero della salute. Il rifiuto dellaccanimento terapeutico, pertanto, espressione del rispetto
che in ogni istante si deve al paziente.
Sar proprio questo senso di amorevole rispetto che aiuter ad accompagnare il paziente fino alla
fine, ponendo in atto tutte le azioni e attenzioni possibili per diminuirne le sofferenze e favorirne
nellultima parte dellesistenza terrena un vissuto per quanto possibile sereno, che ne disponga
lanimo allincontro con il Padre celeste.
5. Soprattutto nella fase della malattia, in cui non pi possibile praticare terapie proporzionate ed
efficaci, mentre, si impone l'obbligo di evitare ogni forma di ostinazione o accanimento terapeutico,
si colloca la necessit delle cure palliative che, come afferma lEnciclica Evangelium vitae, sono
destinate a rendere pi sopportabile la sofferenza nella fase finale della malattia e di assicurare al
tempo stesso al paziente un adeguato accompagnamento (n. 65).
Le cure palliative, infatti, mirano a lenire, specialmente nel paziente terminale, una vasta gamma di
sintomi di sofferenza di ordine fisico, psichico e mentale, e richiedono perci l'intervento di
unquipe di specialisti con competenza medica, psicologica e religiosa, tra loro affiatati per
sostenere il paziente nella fase critica.
In particolare, nell Enciclica Evangelium vitae stata sintetizzata la dottrina tradizionale sull'uso
lecito e talora doveroso degli analgesici nel rispetto della libert dei pazienti, i quali devono essere

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posti in grado, nella misura del possibile, di soddisfare ai loro obblighi morali e familiari e
soprattutto devono potersi preparare con piena coscienza all'incontro definitivo con Dio (n. 65).
D'altra parte, mentre non si deve far mancare ai pazienti che ne hanno necessit il sollievo
proveniente dagli analgesici, la loro somministrazione dovr essere effettivamente proporzionata
all'intensit e alla cura del dolore, evitando ogni forma di eutanasia quale si avrebbe
somministrando ingenti dosi di analgesici proprio con lo scopo di provocare la morte.
Ai fini di realizzare questo articolato aiuto occorre incoraggiare la formazione di specialisti delle
cure palliative, in particolare strutture didattiche alle quali possono essere interessati anche
psicologi e operatori della pastorale.
6. La scienza e la tecnica, tuttavia, non potranno mai dare risposta soddisfacente agli interrogativi
essenziali del cuore umano. A queste domande pu rispondere solo la fede. La Chiesa intende
continuare ad offrire il proprio contributo specifico attraverso laccompagnamento umano e
spirituale degli infermi, che desiderano aprirsi al messaggio dellamore di Dio, sempre attento alle
lacrime di chi si rivolge a lui (cfr Sal 39,13). Si evidenzia qui limportanza della pastorale
sanitaria, nella quale ricoprono un ruolo di speciale rilievo le cappellanie ospedaliere, che tanto
contribuiscono al bene spirituale di quanti soggiornano nelle strutture sanitarie.
Come dimenticare poi il contributo prezioso dei volontari che con il loro servizio danno vita a
quella fantasia della carit che infonde speranza anche allamara esperienza della sofferenza? E
anche per loro mezzo che Ges pu continuare oggi a passare tra gli uomini, per beneficarli e
sanarli (cfr At 10,38).
7. La Chiesa offre cos il proprio contributo in questa appassionante missione a favore delle persone
che soffrono. Voglia il Signore illuminare quanti sono vicini ai malati, incoraggiandoli a
perseverare nei distinti ruoli e nelle diverse responsabilit.
Tutti accompagni Maria, Madre di Cristo, nei momenti difficili del dolore e della malattia, affinch
la sofferenza umana possa essere assunta nel mistero salvifico della Croce di Cristo.
Accompagno tali auspici con la mia Benedizione.

23. Congregazione per la Dottrina della Fede, risposte a quesiti della


conferenza episcopale statunitense circa lalimentazione e
lidratazione artificiali (2007)

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Primo quesito: moralmente obbligatoria la somministrazione di cibo e acqua (per


vie naturali oppure artificiali) al paziente in stato vegetativo, a meno che questi
alimenti non possano essere assimilati dal corpo del paziente oppure non gli possano
essere somministrati senza causare un rilevante disagio fisico?
Risposta: S. La somministrazione di cibo e acqua, anche per vie artificiali, in linea
di principio un mezzo ordinario e proporzionato di conservazione della vita. Essa
quindi obbligatoria, nella misura in cui e fino a quando dimostra di raggiungere la sua
finalit propria, che consiste nel procurare lidratazione e il nutrimento del paziente.
In tal modo si evitano le sofferenze e la morte dovute allinanizione e alla
disidratazione.
Secondo quesito: Se il nutrimento e lidratazione vengono forniti per vie artificiali a
un paziente in stato vegetativo permanente, possono essere interrotti quando medici
competenti giudicano con certezza morale che il paziente non recuperer mai la
coscienza?
Risposta: No. Un paziente in stato vegetativo permanente una persona, con la sua
dignit umana fondamentale, alla quale sono perci dovute le cure ordinarie e
proporzionate, che comprendono, in linea di principio, la somministrazione di acqua
e cibo, anche per vie artificiali.
Il Sommo Pontefice Benedetto XVI, nel corso dellUdienza concessa al sottoscritto
Cardinale Prefetto, ha approvato le presenti Risposte, decise nella Sessione Ordinaria
di questa Congregazione, e ne ha ordinato la pubblicazione.
Roma, dalla Sede della Congregazione per la Dottrina della Fede, il 1 agosto 2007.
William Cardinale Levada
Prefetto

24. Testamento Biologici: La vita umana non disponibile di


Adriano Pessina Direttore del Centro di Ateneo di Bioetica
Universit Cattolica del Sacro Cuore
Sono molti i motivi che inducono a dissentire dalla sentenza della Corte d'appello civile di Milano
che autorizza Beppino Englaro, in qualit di tutore, a ottenere l'interruzione del trattamento di
idratazione e alimentazione che da sedici anni permette alla figlia, Eluana, di continuare a vivere. I

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due criteri introdotti per autorizzare questa sospensione fanno riferimento sia alla volont di Eluana,
sia alla sua condizione di perdita irreversibile della coscienza. Stando a una ricostruzione basata su
diverse testimonianze, Eluana avrebbe espresso il desiderio di non vivere "senza essere cosciente,
senza essere capace di avere esperienze e contatti con gli altri". Nella sentenza si cita, di sfuggita,
l'"impostazione cattolica" propria di Eluana, ma si ritiene che non possa contrastare le altre
dichiarazioni.
Qualche considerazione: in Italia non esiste il cosiddetto "testamento biologico", che di per s un
documento scritto alla presenza di testimoni, e che pu essere cambiato in ogni momento, per cui
risulta un'evidente forzatura attribuire una rilevanza decisiva a una volont pregressa,
indirettamente ricostruita, non univoca, per sospendere trattamenti ordinari. In secondo luogo, la
questione metodologicamente mal posta. Chi vorrebbe vivere in uno stato vegetativo, o avere una
demenza senile, o perdere la coscienza di s? Nessuno.
La domanda legittima un'altra: quando una persona non pi in grado di accudire se stessa che
cosa doveroso fare, e che cosa doveroso evitare? In linea di principio nessun testamento
biologico dovrebbe avallare n l'eutanasia (che comporta l'uccisione diretta del paziente), n
l'abbandono terapeutico, o assistenziale (che determina la morte della persona, ed moralmente
grave tanto quanto la stessa eutanasia).
Non necessario ricorrere a una concezione religiosa della vita, o negare la possibilit legale e
morale di rifiutare trattamenti sproporzionati o inadeguati, per dissentire da questa sentenza: basta
sottolineare che nel caso di Eluana si impone di fatto l'interruzione di un lungo processo di
accudimento, fatto di attenzione, di amorevole dedizione e di rispetto per la sua dignit personale,
che gli stessi protagonisti del ricorso alla Corte di Appello hanno sempre riconosciuto. E questo
perch? Perch non cosciente di s? Il tema della coscienza un tema molto delicato da trattare.
Ma se Eluana non davvero cosciente di s, allora non soffre, e non si capisce perch - se non per
un ostinato impianto ideologico a cui uno Stato cosiddetto laico dovrebbe dirsi metodologicamente
estraneo tanto quanto a ogni confessione religiosa - la si debba condannare a morte, tramite una
lenta agonia.
Nella sentenza, per coerenza con la tesi per cui Eluana dovrebbe essere priva di coscienza, non si
parla di farla morire per fame e sete (quando manca la coscienza si parla di disidratazione e
consunzione), ma si raccomanda l'uso di "sedativi o antiepilettici" per "eliminare reazioni
neuromuscolari paradosse" e si consiglia "umidificazione frequente delle mucose, somministrazione
di sostanze idonee a eliminare l'eventuale disagio da carenza di liquidi, cura dell'igiene e
dell'abbigliamento del corpo". Ma se davvero Eluana non cosciente e se la sua, come si legge nella
sentenza, pura vita biologica, per quale motivo tante attenzioni? La risposta semplice: perch,
malgrado la pressione ideologica, risulta difficile, persino a questi giudici, dimenticare che la vita di
Eluana sempre e comunque una vita personale. Chiediamoci: ma davvero sono crudeli coloro che
finora si sono presi cura di Eluana, o non lo sono coloro che la condannano all'agonia e alla morte?
Altrettanto discutibile il potere di vita e di morte che di fatto viene attribuito alla figura del tutore,
che dovrebbe agire nel miglior interesse della persona che gli affidata. Ora, affinch sia impedito
ogni arbitrio, bisognerebbe limitare qualsiasi decisione sulla vita delle persone e si dovrebbe
garantire a ogni cittadino la certezza che il valore della sua esistenza non verr determinato in base
ad alcuna particolare concezione antropologica. Solo cos si garantisce il principio, costitutivo di
ogni democrazia, della non disponibilit della vita umana e della sua intrinseca dignit, che non un
possesso che si possa acquisire o perdere, ma il segno dell'incommensurabilit della vita umana
stessa, che non ha prezzo e che fondamento dei diritti umani. La stessa medicina rischia di perdere
la propria autonomia e diventare uno strumento di discriminazione quando accetta di sospendere
trattamenti ordinari a motivo di una decisione che non ha fondamento clinico: si incrina il dovere
costitutivo del prendersi cura di tutti i pazienti che non sono in grado di intendere e di volere.
Questa sentenza e questa scelta del padre, comunque, non fermeranno le battaglie quotidiane che i
parenti dei molti pazienti che sono nelle condizioni di Eluana stanno combattendo per ottenere
strutture adeguate e personale qualificato in grado di prendersi cura dei loro familiari, che vivono in

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una particolare condizione di gravissima disabilit. Questa sentenza non rappresenta certo il welfare
che ci si aspetta da una civilt del diritto. L'Osservatore Romano 11 luglio 2008.

25. Congregazione per la Dottrina della Fede, Istruzione Dignitas


Personae, su alcune questioni di bioetica introduzione (2008)
1. Ad ogni essere umano, dal concepimento alla morte naturale, va riconosciuta la dignit di
persona. Questo principio fondamentale, che esprime un grande s alla vita umana, deve essere
posto al centro della riflessione etica sulla ricerca biomedica, che riveste unimportanza sempre
maggiore nel mondo di oggi. Il Magistero della Chiesa gi intervenuto pi volte, al fine di chiarire
e risolvere i relativi problemi morali. Di particolare rilevanza in questa materia stata lIstruzione
Donum vitae [1]. A ventanni dalla sua pubblicazione emersa nondimeno lopportunit di
apportare un aggiornamento a tale documento.
Linsegnamento di detta Istruzione conserva intatto il suo valore sia per i principi richiamati sia per
le valutazioni morali espresse. Nuove tecnologie biomediche, tuttavia, introdotte in questo ambito
delicato della vita dellessere umano e della famiglia, provocano ulteriori interrogativi, in
particolare nel settore della ricerca sugli embrioni umani e delluso delle cellule staminali a fini
terapeutici nonch in altri ambiti della medicina sperimentale, cos da sollevare nuove domande che
richiedono altrettante risposte. La rapidit degli sviluppi in ambito scientifico e la loro
amplificazione tramite i mezzi di comunicazione sociale provocano attese e perplessit in settori
sempre pi vasti dellopinione pubblica. Al fine di regolamentare giuridicamente tali problemi, le
Assemblee legislative sono spesso sollecitate a prendere decisioni, coinvolgendo talora anche la
consultazione popolare.
Queste ragioni hanno portato la Congregazione per la Dottrina della Fede a predisporre una nuova
Istruzione di natura dottrinale, che affronta alcune problematiche recenti alla luce dei criteri
enunciati nellIstruzione Donum vitae e riprende in esame altri temi gi trattati, ma ritenuti
bisognosi di ulteriori chiarimenti.
2. Nel procedere a questo esame, si inteso sempre tenere presenti gli aspetti scientifici, giovandosi
dellanalisi della Pontificia Accademia per la Vita e di un gran numero di esperti, per confrontarli
con i principi dellantropologia cristiana. Le Encicliche Veritatis splendor [2] ed Evangelium vitae
[3] di Giovanni Paolo II ed altri interventi del Magistero offrono chiare indicazioni di metodo e di
contenuto per lesame dei problemi considerati.
Nel variegato panorama filosofico e scientifico attuale possibile constatare di fatto una ampia e
qualificata presenza di scienziati e di filosofi che, nello spirito del giuramento di Ippocrate, vedono
nella scienza medica un servizio alla fragilit delluomo, per la cura delle malattie, lalleviamento
della sofferenza e lestensione delle cure necessarie in misura equa a tutta lumanit. Non mancano,
per, rappresentanti della filosofia e della scienza che considerano il crescente sviluppo delle
tecnologie biomediche in una prospettiva sostanzialmente eugenetica.
3. La Chiesa cattolica, nel proporre principi e valutazioni morali per la ricerca biomedica sulla vita
umana, attinge alla luce sia della ragione sia della fede, contribuendo ad elaborare una visione
integrale delluomo e della sua vocazione, capace di accogliere tutto ci che di buono emerge dalle
opere degli uomini e dalle varie tradizioni culturali e religiose, che non raramente mostrano una
grande riverenza per la vita.

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Il Magistero intende portare una parola di incoraggiamento e di fiducia nei confronti di una
prospettiva culturale che vede la scienza come prezioso servizio al bene integrale della vita e della
dignit di ogni essere umano. La Chiesa pertanto guarda con speranza alla ricerca scientifica,
augurando che siano molti i cristiani a dedicarsi al progresso della biomedicina e a testimoniare la
propria fede in tale ambito. Auspica inoltre che i risultati di questa ricerca siano resi disponibili
anche nelle aree povere e colpite dalle malattie, per affrontare le necessit pi urgenti e
drammatiche dal punto di vista umanitario. E infine intende essere presente accanto ad ogni persona
che soffre nel corpo e nello spirito, per offrire non soltanto un conforto, ma la luce e la speranza.
Queste danno senso anche ai momenti della malattia e allesperienza della morte, che appartengono
di fatto alla vita delluomo e ne segnano la storia, aprendola al mistero della Risurrezione. Lo
sguardo della Chiesa infatti pieno di fiducia perch la vita vincer: questa per noi una sicura
speranza. S, vincer la vita, perch dalla parte della vita stanno la verit, il bene, la gioia, il vero
progresso. Dalla parte della vita Dio, che ama la vita e la dona con larghezza [4].
La presente Istruzione si rivolge ai fedeli e a tutti coloro che cercano la verit [5]. Essa comprende
tre parti: la prima richiama alcuni aspetti antropologici, teologici ed etici di importanza
fondamentale; la seconda affronta nuovi problemi riguardanti la procreazione; la terza prende in
esame alcune nuove proposte terapeutiche che comportano la manipolazione dellembrione o del
patrimonio genetico umano.
PRIMA PARTE:
ASPETTI ANTROPOLOGICI, TEOLOGICI ED ETICI
DELLA VITA E DELLA PROCREAZIONE UMANA
4. Negli ultimi decenni le scienze mediche hanno sviluppato in modo considerevole le loro
conoscenze sulla vita umana negli stadi iniziali della sua esistenza. Esse sono giunte a conoscere
meglio le strutture biologiche delluomo e il processo della sua generazione. Questi sviluppi sono
certamente positivi e meritano di essere sostenuti, quando servono a superare o a correggere
patologie e concorrono a ristabilire il normale svolgimento dei processi generativi. Essi sono invece
negativi, e pertanto non si possono condividere, quando implicano la soppressione di esseri umani o
usano mezzi che ledono la dignit della persona oppure sono adottati per finalit contrarie al bene
integrale delluomo.
Il corpo di un essere umano, fin dai suoi primi stadi di esistenza, non mai riducibile allinsieme
delle sue cellule. Il corpo embrionale si sviluppa progressivamente secondo un programma ben
definito e con un proprio fine che si manifesta con la nascita di ogni bambino.
Giova qui richiamare il criterio etico fondamentale espresso nellIstruzione Donum vitae per
valutare tutte le questioni morali che si pongono in relazione agli interventi sullembrione umano:
Il frutto della generazione umana dal primo momento della sua esistenza, e cio a partire dal
costituirsi dello zigote, esige il rispetto incondizionato che moralmente dovuto allessere umano
nella sua totalit corporale e spirituale. Lessere umano va rispettato e trattato come una persona fin
dal suo concepimento e, pertanto, da quello stesso momento gli si devono riconoscere i diritti della
persona, tra i quali anzitutto il diritto inviolabile di ogni essere umano innocente alla vita [6].
5. Questaffermazione di carattere etico, riconoscibile come vera e conforme alla legge morale
naturale dalla stessa ragione, dovrebbe essere alla base di ogni ordinamento giuridico [7]. Essa
suppone, infatti, una verit di carattere ontologico, in forza di quanto la suddetta Istruzione ha
evidenziato, a partire da solide conoscenze scientifiche, circa la continuit dello sviluppo dellessere
umano.

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Se lIstruzione Donum vitae non ha definito che lembrione persona, per non impegnarsi
espressamente su unaffermazione dindole filosofica, ha rilevato tuttavia che esiste un nesso
intrinseco tra la dimensione ontologica e il valore specifico di ogni essere umano. Anche se la
presenza di unanima spirituale non pu essere rilevata dallosservazione di nessun dato
sperimentale, sono le stesse conclusioni della scienza sullembrione umano a fornire
unindicazione preziosa per discernere razionalmente una presenza personale fin da questo primo
comparire di una vita umana: come un individuo umano non sarebbe una persona umana? [8]. La
realt dellessere umano, infatti, per tutto il corso della sua vita, prima e dopo la nascita, non
consente di affermare n un cambiamento di natura n una gradualit di valore morale, poich
possiede una piena qualificazione antropologica ed etica. Lembrione umano, quindi, ha fin
dallinizio la dignit propria della persona.
6. Il rispetto di tale dignit compete a ogni essere umano, perch esso porta impressi in s in
maniera indelebile la propria dignit e il proprio valore. Lorigine della vita umana, daltra parte, ha
il suo autentico contesto nel matrimonio e nella famiglia, in cui viene generata attraverso un atto
che esprime lamore reciproco tra luomo e la donna. Una procreazione veramente responsabile nei
confronti del nascituro deve essere il frutto del matrimonio [9].
Il matrimonio, presente in tutti i tempi e in tutte le culture, stato sapientemente e
provvidenzialmente istituito da Dio creatore per realizzare nellumanit il suo disegno di amore. Per
mezzo della reciproca donazione personale, loro propria ed esclusiva, gli sposi tendono alla
comunione delle loro persone, con la quale si perfezionano a vicenda, per collaborare con Dio alla
generazione e alleducazione di nuove vite [10]. Nella fecondit dellamore coniugale luomo e la
donna rendono evidente che allorigine della loro vita sponsale vi un s genuino che viene
pronunciato e realmente vissuto nella reciprocit, rimanendo sempre aperto alla vita La legge
naturale, che alla base del riconoscimento della vera uguaglianza tra le persone e i popoli, merita
di essere riconosciuta come la fonte a cui ispirare anche il rapporto tra gli sposi nella loro
responsabilit nel generare nuovi figli. La trasmissione della vita iscritta nella natura e le sue leggi
permangono come norma non scritta a cui tutti devono richiamarsi [11].
7. convinzione della Chiesa che ci che umano non solamente accolto e rispettato dalla fede,
ma da essa anche purificato, innalzato e perfezionato. Dio, dopo aver creato luomo a sua
immagine e somiglianza (cf. Gn 1, 26), ha qualificato la sua creatura come molto buona (Gn 1,
31) per poi assumerla nel Figlio (cf. Gv 1, 14). Il Figlio di Dio nel mistero dellIncarnazione ha
confermato la dignit del corpo e dellanima costitutivi dellessere umano. Il Cristo non ha
disdegnato la corporeit umana, ma ne ha svelato pienamente il significato e il valore: In realt
solamente nel mistero del Verbo incarnato trova vera luce il mistero delluomo [12].
Divenendo uno di noi, il Figlio fa s che possiamo diventare figli di Dio (Gv 1,12), partecipi
della natura divina (2 Pt 1, 4). Questa nuova dimensione non contrasta con la dignit della creatura
riconoscibile con la ragione da parte di tutti gli uomini, ma la eleva ad un ulteriore orizzonte di vita,
che quella propria di Dio e consente di riflettere pi adeguatamente sulla vita umana e sugli atti
che la pongono in essere [13].
Alla luce di questi dati di fede, risulta ancor pi accentuato e rafforzato il rispetto nei riguardi
dellindividuo umano che richiesto dalla ragione: per questo non c contrapposizione tra
laffermazione della dignit e quella della sacralit della vita umana. I diversi modi secondo cui
nella storia Dio ha cura del mondo e dell'uomo, non solo non si escludono tra loro, ma al contrario
si sostengono e si compenetrano a vicenda. Tutti scaturiscono e concludono all'eterno disegno
sapiente e amoroso con il quale Dio predestina gli uomini ad essere conformi all'immagine del
Figlio suo (Rm 8, 29) [14].

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8. A partire dallinsieme di queste due dimensioni, lumana e la divina, si comprende meglio il


perch del valore inviolabile delluomo: egli possiede una vocazione eterna ed chiamato a
condividere lamore trinitario del Dio vivente.
Questo valore si applica a tutti indistintamente. Per il solo fatto desistere, ogni essere umano deve
essere pienamente rispettato. Si deve escludere lintroduzione di criteri di discriminazione, quanto
alla dignit, in base allo sviluppo biologico, psichico, culturale o allo stato di salute. Nelluomo,
creato ad immagine di Dio, si riflette, in ogni fase della sua esistenza, il volto del suo Figlio
Unigenito Questo amore sconfinato e quasi incomprensibile di Dio per luomo rivela fino a che
punto la persona umana sia degna di essere amata in se stessa, indipendentemente da qualsiasi altra
considerazione intelligenza, bellezza, salute, giovinezza, integrit e cos via. In definitiva, la vita
umana sempre un bene, poich essa nel mondo manifestazione di Dio, segno della sua
presenza, orma della sua gloria (Evangelium vitae, 34) [15].
9. Queste due dimensioni di vita, quella naturale e quella soprannaturale, permettono anche di
comprendere meglio in quale senso gli atti che consentono allessere umano di venire allesistenza,
nei quali luomo e la donna si donano mutuamente luno allaltra, sono un riflesso dellamore
trinitario. Dio, che amore e vita, ha inscritto nelluomo e nella donna la vocazione a una
partecipazione speciale al suo mistero di comunione personale e alla sua opera di Creatore e di
Padre [16].
Il matrimonio cristiano affonda le sue radici nella naturale complementariet che esiste tra luomo
e la donna, e si alimenta mediante la volont personale degli sposi di condividere lintero progetto
di vita, ci che hanno e ci che sono: perci tale comunione il frutto e il segno di una esigenza
profondamente umana. Ma in Cristo Signore, Dio assume questa esigenza umana, la conferma, la
purifica e la eleva, conducendola a perfezione col sacramento del matrimonio: lo Spirito Santo
effuso nella celebrazione sacramentale offre agli sposi cristiani il dono di una comunione nuova
d'amore che immagine viva e reale di quella singolarissima unit, che fa della Chiesa l'indivisibile
Corpo mistico del Signore Ges [17].
10. La Chiesa, giudicando della valenza etica di taluni risultati delle recenti ricerche della medicina
concernenti luomo e le sue origini, non interviene nellambito proprio della scienza medica come
tale, ma richiama tutti gli interessati alla responsabilit etica e sociale del loro operato. Ricorda loro
che il valore etico della scienza biomedica si misura con il riferimento sia al rispetto incondizionato
dovuto ad ogni essere umano, in tutti i momenti della sua esistenza, sia alla tutela della specificit
degli atti personali che trasmettono la vita. Lintervento del Magistero rientra nella sua missione di
promuovere la formazione delle coscienze, insegnando autenticamente la verit che Cristo, e nello
stesso tempo dichiarando e confermando autoritativamente i principi dellordine morale che
scaturiscono dalla stessa natura umana [18].

SECONDA PARTE:
NUOVI PROBLEMI RIGUARDANTI LA PROCREAZIONE
11. Alla luce dei principi sopra ricordati occorre ora prendere in esame alcuni problemi riguardanti
la procreazione, emersi e meglio delineatisi negli anni successivi alla pubblicazione dellIstruzione
Donum vitae.
Le tecniche di aiuto alla fertilit

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12. Per quanto riguarda la cura dellinfertilit, le nuove tecniche mediche devono rispettare tre beni
fondamentali: a) il diritto alla vita e allintegrit fisica di ogni essere umano dal concepimento fino
alla morte naturale; b) lunit del matrimonio, che comporta il reciproco rispetto del diritto dei
coniugi a diventare padre e madre soltanto luno attraverso laltro [19]; c) i valori specificamente
umani della sessualit, che esigono che la procreazione di una persona umana debba essere
perseguita come il frutto dellatto coniugale specifico dellamore tra gli sposi [20]. Le tecniche che
si presentano come un aiuto alla procreazione non sono da rifiutare in quanto artificiali. Come tali
esse testimoniano le possibilit dellarte medica, ma si devono valutare sotto il profilo morale in
riferimento alla dignit della persona umana, chiamata a realizzare la vocazione divina al dono
dellamore e al dono della vita [21].
Alla luce di tale criterio sono da escludere tutte le tecniche di fecondazione artificiale eterologa [22]
e le tecniche di fecondazione artificiale omologa[23] che sono sostitutive dellatto coniugale. Sono
invece ammissibili le tecniche che si configurano come un aiuto allatto coniugale e alla sua
fecondit. LIstruzione Donum vitae si esprime cos: Il medico al servizio delle persone e della
procreazione umana: non ha facolt di disporre n di decidere di esse. Lintervento medico in
questo ambito rispettoso della dignit delle persone, quando mira ad aiutare latto coniugale sia per
facilitarne il compimento sia per consentirgli di raggiungere il suo fine, una volta che sia stato
normalmente compiuto [24]. E, a proposito dellinseminazione artificiale omologa, dice:
Linseminazione artificiale omologa allinterno del matrimonio non pu essere ammessa, salvo il
caso in cui il mezzo tecnico risulti non sostitutivo dellatto coniugale, ma si configuri come una
facilitazione e un aiuto affinch esso raggiunga il suo scopo naturale [25].
13. Sono certamente leciti gli interventi che mirano a rimuovere gli ostacoli che si oppongono alla
fertilit naturale, come ad esempio la cura ormonale dellinfertilit di origine gonadica, la cura
chirurgica di una endometriosi, la disostruzione delle tube, oppure la restaurazione microchirurgica
della perviet tubarica. Tutte queste tecniche possono essere considerate come autentiche terapie,
nella misura in cui, una volta risolto il problema che era allorigine dellinfertilit, la coppia possa
porre atti coniugali con un esito procreativo, senza che il medico debba interferire direttamente
nellatto coniugale stesso. Nessuna di queste tecniche sostituisce latto coniugale, che unicamente
degno di una procreazione veramente responsabile.
Per venire incontro al desiderio di non poche coppie sterili ad avere un figlio, sarebbe inoltre
auspicabile incoraggiare, promuovere e facilitare, con opportune misure legislative, la procedura
delladozione dei numerosi bambini orfani, che hanno bisogno, per il loro adeguato sviluppo
umano, di un focolare domestico. C da osservare, infine, che meritano un incoraggiamento le
ricerche e gli investimenti dedicati alla prevenzione della sterilit.
Fecondazione in vitro ed eliminazione volontaria di embrioni
14. Il fatto che la fecondazione in vitro comporti assai frequentemente leliminazione volontaria di
embrioni gi stato rilevato dallIstruzione Donum vitae [26]. Alcuni pensavano che ci fosse
dovuto a una tecnica ancora parzialmente imperfetta. Lesperienza successiva ha dimostrato invece
che tutte le tecniche di fecondazione in vitro si svolgono di fatto come se lembrione umano fosse
un semplice ammasso di cellule che vengono usate, selezionate e scartate.
vero che circa un terzo delle donne che ricorrono alla procreazione artificiale giunge ad avere un
bambino. Occorre tuttavia rilevare che, considerando il rapporto tra il numero totale di embrioni
prodotti e di quelli effettivamente nati, il numero di embrioni sacrificati altissimo [27]. Queste
perdite sono accettate dagli specialisti delle tecniche di fecondazione in vitro come prezzo da pagare
per ottenere risultati positivi. In realt assai preoccupante che la ricerca in questo campo miri

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principalmente a ottenere migliori risultati in termini di percentuale di bambini nati rispetto alle
donne che iniziano il trattamento, ma non sembra avere un effettivo interesse per il diritto alla vita
di ogni singolo embrione.
15. Spesso si obietta che tali perdite di embrioni sarebbero il pi delle volte preterintenzionali, o
avverrebbero addirittura contro la volont dei genitori e dei medici. Si afferma che si tratterebbe di
rischi non molto diversi da quelli connessi al processo naturale della generazione, e che voler
comunicare la vita senza correre alcun rischio comporterebbe in pratica astenersi dal trasmetterla.
vero che non tutte le perdite di embrioni nellambito della procreazione in vitro hanno lo stesso
rapporto con la volont dei soggetti interessati. Ma anche vero che in molti casi labbandono, la
distruzione o le perdite di embrioni sono previsti e voluti.
Gli embrioni prodotti in vitro che presentano difetti vengono direttamente scartati. Sono sempre pi
frequenti i casi in cui coppie non sterili ricorrono alle tecniche di procreazione artificiale con
lunico scopo di poter operare una selezione genetica dei loro figli. prassi ormai comune in molti
Paesi la stimolazione del ciclo femminile per ottenere un alto numero di ovociti, che vengono
fecondati. Tra gli embrioni ottenuti un certo numero trasferito nel grembo materno, e gli altri
vengono congelati per eventuali futuri interventi riproduttivi. La finalit del trasferimento multiplo
di assicurare, per quanto possibile, limpianto di almeno un embrione. Il mezzo impiegato per
giungere a questo fine lutilizzo di un numero maggiore di embrioni rispetto al figlio desiderato,
nella previsione che alcuni vengano perduti e, in ogni caso, si eviti la gravidanza multipla. In questo
modo la tecnica del trasferimento multiplo comporta di fatto un trattamento puramente strumentale
degli embrioni. Colpisce il fatto che n la comune deontologia professionale n le autorit sanitarie
ammetterebbero in nessun altro ambito della medicina una tecnica con un tasso globale cos alto di
esiti negativi e fatali. Le tecniche di fecondazione in vitro in realt vengono accettate, perch si
presuppone che lembrione non meriti un pieno rispetto, per il fatto che entra in concorrenza con un
desiderio da soddisfare.
Questa triste realt, spesso taciuta, del tutto deprecabile, in quanto le varie tecniche di
riproduzione artificiale, che sembrerebbero porsi a servizio della vita e che sono praticate non poche
volte con questa intenzione, in realt aprono la porta a nuovi attentati contro la vita [28].
16. La Chiesa, inoltre, ritiene eticamente inaccettabile la dissociazione della procreazione dal
contesto integralmente personale dellatto coniugale [29]: la procreazione umana un atto
personale della coppia uomo-donna che non sopporta alcun tipo di delega sostitutiva. La pacifica
accettazione dellaltissimo tasso di abortivit delle tecniche di fecondazione in vitro dimostra
eloquentemente che la sostituzione dellatto coniugale con una procedura tecnica oltre a non
essere conforme al rispetto che si deve alla procreazione, non riducibile alla sola dimensione
riproduttiva contribuisce ad indebolire la consapevolezza del rispetto dovuto ad ogni essere
umano. Il riconoscimento di tale rispetto viene invece favorito dallintimit degli sposi animata
dallamore coniugale.
La Chiesa riconosce la legittimit del desiderio di un figlio, e comprende le sofferenze dei coniugi
afflitti da problemi di infertilit. Tale desiderio non pu per venir anteposto alla dignit di ogni
vita umana, fino al punto di assumerne il dominio. Il desiderio di un figlio non pu giustificarne la
produzione, cos come il desiderio di non avere un figlio gi concepito non pu giustificarne
labbandono o la distruzione.
In realt si ha limpressione che alcuni ricercatori, privi di ogni riferimento etico e consapevoli delle
potenzialit insite nel progresso tecnologico, sembrano cedere alla logica dei soli desideri soggettivi
[30] e alla pressione economica, tanto forte in questo campo. Di fronte alla strumentalizzazione

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dellessere umano allo stadio embrionale, occorre ripetere che lamore di Dio non fa differenza fra
il neoconcepito ancora nel grembo di sua madre, e il bambino, o il giovane, o luomo maturo o
lanziano. Non fa differenza perch in ognuno di essi vede limpronta della propria immagine e
somiglianza Per questo il Magistero della Chiesa ha costantemente proclamato il carattere sacro e
inviolabile di ogni vita umana, dal suo concepimento sino alla sua fine naturale [31].
LIntra Cytoplasmic Sperm Injection (ICSI)
17. Tra le tecniche recenti di fecondazione artificiale ha progressivamente assunto un particolare
rilievo lIntra Cytoplasmic Sperm Injection [32]. LICSI diventata la tecnica di gran lunga pi
utilizzata nellottica della migliore efficacia, e pu superare diverse forme di sterilit maschile [33].
Come la fecondazione in vitro, della quale costituisce una variante, lICSI una tecnica
intrinsecamente illecita: essa opera una completa dissociazione tra la procreazione e latto
coniugale. Infatti anche lICSI attuata al di fuori del corpo dei coniugi mediante gesti di terze
persone la cui competenza e attivit tecnica determinano il successo dellintervento; essa affida la
vita e lidentit dellembrione al potere dei medici e dei biologi e instaura un dominio della tecnica
sullorigine e sul destino della persona umana. Una siffatta relazione di dominio in s contraria
alla dignit e alluguaglianza che devessere comune a genitori e figli. Il concepimento in vitro il
risultato dellazione tecnica che presiede alla fecondazione; essa non n di fatto ottenuta n
positivamente voluta come lespressione e il frutto di un atto specifico dellunione coniugale [34].
Il congelamento di embrioni
18. Uno dei metodi adoperati per ottenere il miglioramento del tasso di riuscita delle tecniche di
procreazione in vitro la moltiplicazione del numero dei trattamenti successivi. Per non ripetere i
prelievi di ovociti nella donna, si procede a un unico prelievo plurimo di ovociti, seguito dalla
crioconservazione di una parte importante degli embrioni ottenuti in vitro [35], in previsione di un
secondo ciclo di trattamento, nel caso di insuccesso del primo, ovvero nel caso in cui i genitori
volessero unaltra gravidanza. Talvolta si procede al congelamento anche degli embrioni destinati al
primo trasferimento, perch la stimolazione ormonale del ciclo femminile produce degli effetti che
consigliano di attendere la normalizzazione delle condizioni fisiologiche prima di procedere al
trasferimento degli embrioni nel grembo materno.
La crioconservazione incompatibile con il rispetto dovuto agli embrioni umani: presuppone la
loro produzione in vitro; li espone a gravi rischi di morte o di danno per la loro integrit fisica, in
quanto unalta percentuale non sopravvive alla procedura di congelamento e di scongelamento; li
priva almeno temporaneamente dellaccoglienza e della gestazione materna; li pone in una
situazione suscettibile di ulteriori offese e manipolazioni [36].
La maggior parte degli embrioni non utilizzati rimangono orfani. I loro genitori non li richiedono,
e talvolta se ne perdono le tracce. Ci spiega lesistenza di depositi di migliaia e migliaia di
embrioni congelati in quasi tutti i Paesi dove si pratica la fecondazione in vitro.
19. Per quanto riguarda il gran numero di embrioni congelati gi esistenti si pone la domanda: che
fare di loro? Alcuni si pongono tale interrogativo senza coglierne la sostanza etica, motivati
unicamente dalla necessit di osservare la legge che impone di svuotare dopo un certo tempo i
depositi dei centri di crioconservazione, che poi saranno nuovamente riempiti. Altri sono coscienti,
invece, che stata commessa una grave ingiustizia e si interrogano su come ottemperare al dovere
di ripararvi.

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Sono chiaramente inaccettabili le proposte di usare tali embrioni per la ricerca o di destinarli a usi
terapeutici, perch trattano gli embrioni come semplice materiale biologico e comportano la loro
distruzione. Neppure la proposta di scongelare questi embrioni e, senza riattivarli, usarli per la
ricerca come se fossero dei normali cadaveri, ammissibile [37].
Anche la proposta di metterli a disposizione di coppie infertili, come terapia dellinfertilit, non
eticamente accettabile a causa delle stesse ragioni che rendono illecita sia la procreazione artificiale
eterologa sia ogni forma di maternit surrogata [38]; questa pratica comporterebbe poi diversi altri
problemi di tipo medico, psicologico e giuridico.
stata inoltre avanzata la proposta, solo al fine di dare unopportunit di nascere ad esseri umani
altrimenti condannati alla distruzione, di procedere ad una forma di adozione prenatale. Tale
proposta, lodevole nelle intenzioni di rispetto e di difesa della vita umana, presenta tuttavia vari
problemi non dissimili da quelli sopra elencati.
Occorre costatare, in definitiva, che le migliaia di embrioni in stato di abbandono determinano una
situazione di ingiustizia di fatto irreparabile. Perci Giovanni Paolo II lanci un appello alla
coscienza dei responsabili del mondo scientifico ed in modo particolare ai medici perch venga
fermata la produzione di embrioni umani, tenendo conto che non si intravede una via duscita
moralmente lecita per il destino umano delle migliaia e migliaia di embrioni congelati, i quali
sono e restano pur sempre titolari dei diritti essenziali e quindi da tutelare giuridicamente come
persone umane [39].
Il congelamento di ovociti
20. Per evitare i gravi problemi etici posti dalla crioconservazione di embrioni, stata avanzata
nellambito delle tecniche di fecondazione in vitro la proposta di congelare gli ovociti [40]. Una
volta che stato prelevato un numero congruo di ovociti nella previsione di diversi cicli di
procreazione artificiale, si prevede di fecondare soltanto gli ovociti che saranno trasferiti nella
madre, e gli altri verrebbero congelati per essere eventualmente fecondati e trasferiti in caso di
insuccesso del primo tentativo.
Al riguardo occorre precisare che la crioconservazione di ovociti in ordine al processo di
procreazione artificiale da considerare moralmente inaccettabile.
La riduzione embrionale
21. Alcune tecniche usate nella procreazione artificiale, soprattutto il trasferimento di pi embrioni
al grembo materno, hanno dato luogo ad un aumento significativo della percentuale di gravidanze
multiple. Perci si fatta strada lidea di procedere alla cosiddetta riduzione embrionale. Essa
consiste in un intervento per ridurre il numero di embrioni o feti presenti nel seno materno mediante
la loro diretta soppressione. La decisione di sopprimere esseri umani, in precedenza fortemente
desiderati, rappresenta un paradosso e comporta spesso sofferenza e sentimento di colpa, che
possono durare anni.
Dal punto di vista etico, la riduzione embrionale un aborto intenzionale selettivo. Si tratta, infatti,
di eliminazione deliberata e diretta di uno o pi esseri umani innocenti nella fase iniziale della loro
esistenza, e come tale costituisce sempre un disordine morale grave [41].
Le argomentazioni proposte per giustificare eticamente la riduzione embrionale si fondano spesso
su analogie con catastrofi naturali o situazioni di emergenza nelle quali, malgrado la buona volont

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di ciascuno, non possibile salvare tutte le persone coinvolte. Queste analogie non possono fondare
in alcun modo un giudizio morale positivo su una pratica direttamente abortiva. Altre volte ci si
richiama a principi morali, come quelli del male minore o del duplice effetto, che qui non sono
applicabili. Non mai lecito, infatti, realizzare unazione che intrinsecamente illecita, neppure in
vista di un fine buono: il fine non giustifica i mezzi.
La diagnosi pre-impiantatoria
22. La diagnosi pre-impiantatoria una forma di diagnosi prenatale, legata alle tecniche di
fecondazione artificiale, che prevede la diagnosi genetica degli embrioni formati in vitro, prima del
loro trasferimento nel grembo materno. Essa viene effettuata allo scopo di avere la sicurezza di
trasferire nella madre solo embrioni privi di difetti o con un sesso determinato o con certe qualit
particolari.
Diversamente da altre forme di diagnosi prenatale, dove la fase diagnostica ben separata dalla fase
delleventuale eliminazione e nellambito della quale le coppie rimangono libere di accogliere il
bambino malato, alla diagnosi pre-impiantatoria segue ordinariamente leliminazione dellembrione
designato come sospetto di difetti genetici o cromosomici, o portatore di un sesso non voluto o di
qualit non desiderate. La diagnosi pre-impiantatoria sempre connessa con la fecondazione
artificiale, gi di per s intrinsecamente illecita finalizzata di fatto ad una selezione qualitativa
con la conseguente distruzione di embrioni, la quale si configura come una pratica abortiva precoce.
La diagnosi pre-impiantatoria quindi espressione di quella mentalit eugenetica, che accetta
laborto selettivo, per impedire la nascita di bambini affetti da vari tipi di anomalie. Una simile
mentalit lesiva della dignit umana e quanto mai riprovevole, perch pretende di misurare il
valore di una vita umana soltanto secondo parametri di normalit e di benessere fisico, aprendo cos
la strada alla legittimazione anche dellinfanticidio e delleutanasia [42].
Trattando lembrione umano come semplice materiale di laboratorio, si opera unalterazione e
una discriminazione anche per quanto riguarda il concetto stesso di dignit umana. La dignit
appartiene ugualmente ad ogni singolo essere umano e non dipende dal progetto parentale, dalla
condizione sociale, dalla formazione culturale, dallo stato di sviluppo fisico. Se in altri tempi, pur
accettando in generale il concetto e le esigenze della dignit umana, veniva praticata la
discriminazione per motivi di razza, religione o condizione sociale, oggi si assiste ad una non meno
grave ed ingiusta discriminazione che porta a non riconoscere lo statuto etico e giuridico di esseri
umani affetti da gravi patologie e disabilit: si viene cos a dimenticare che le persone malate e
disabili non sono una specie di categoria a parte perch la malattia e la disabilit appartengono alla
condizione umana e riguardano tutti in prima persona, anche quando non se ne fa esperienza diretta.
Tale discriminazione immorale e perci dovrebbe essere considerata giuridicamente inaccettabile,
cos come doveroso eliminare le barriere culturali, economiche e sociali, che minano il pieno
riconoscimento e la tutela delle persone disabili e malate.
Nuove forme di intercezione e contragestazione
23. Accanto ai mezzi contraccettivi propriamente detti, che impediscono il concepimento a seguito
di un atto sessuale, esistono altri mezzi tecnici che agiscono dopo la fecondazione, quando
lembrione gi costituito, prima o dopo limpianto in utero. Queste tecniche sono intercettive, se
intercettano lembrione prima del suo impianto nellutero materno, e contragestative, se provocano
leliminazione dellembrione appena impiantato.
Per favorire la diffusione dei mezzi intercettivi [43], si afferma talvolta che il loro meccanismo di
azione non sarebbe sufficientemente conosciuto. vero che non sempre si dispone di una

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conoscenza completa del meccanismo di azione dei diversi farmaci usati, ma gli studi sperimentali
dimostrano che leffetto di impedire limpianto certamente presente, anche se questo non significa
che gli intercettivi provochino un aborto ogni volta che vengono assunti, anche perch non sempre
dopo il rapporto sessuale avviene la fecondazione. Si deve notare, tuttavia, che in colui che vuol
impedire limpianto di un embrione eventualmente concepito, e pertanto chiede o prescrive tali
farmaci, lintenzionalit abortiva generalmente presente.
Quando si constata un ritardo mestruale, si ricorre talora alla contragestazione [44], che viene
praticata abitualmente entro una o due settimane dopo la constatazione del ritardo. Lo scopo
dichiarato quello di far ricomparire la mestruazione, ma in realt si tratta dellaborto di un
embrione appena annidato.
Come si sa, laborto luccisione deliberata e diretta, comunque venga attuata, di un essere umano
nella fase iniziale della sua esistenza, compresa tra il concepimento e la nascita [45]. Pertanto luso
dei mezzi di intercezione e di contragestazione rientra nel peccato di aborto ed gravemente
immorale. Inoltre, qualora si raggiunga la certezza di aver realizzato laborto, secondo il diritto
canonico, vi sono delle gravi conseguenze penali [46].
TERZA PARTE:
NUOVE PROPOSTE TERAPEUTICHE
CHE COMPORTANO LA MANIPOLAZIONE DELLEMBRIONE
O DEL PATRIMONIO GENETICO UMANO
24. Le conoscenze acquisite negli ultimi anni hanno aperto nuove prospettive per la medicina
rigenerativa e per la terapia delle malattie su base genetica. In particolare ha suscitato un grande
interesse la ricerca sulle cellule staminali embrionali e sulle possibili applicazioni terapeutiche
future, che tuttavia fino ad oggi non hanno trovato riscontro sul piano dei risultati effettivi, a
differenza della ricerca sulle cellule staminali adulte. Dal momento che alcuni hanno ritenuto che i
traguardi terapeutici eventualmente raggiungibili mediante le cellule staminali embrionali potevano
giustificare diverse forme di manipolazione e di distruzione di embrioni umani, emerso un
insieme di questioni nellambito della terapia genica, della clonazione e dellutilizzo di cellule
staminali, sulle quali necessario un attento discernimento morale.
La terapia genica
25. Con il termine terapia genica si intende comunemente lapplicazione alluomo delle tecniche di
ingegneria genetica con una finalit terapeutica, vale a dire, con lo scopo di curare malattie su base
genetica, anche se recentemente si sta tentando di applicare la terapia genica al trattamento di
malattie non ereditarie, ed in particolare al trattamento del cancro.
In teoria, possibile applicare la terapia genica a due livelli: nelle cellule somatiche e nelle cellule
germinali. La terapia genica somatica si propone di eliminare o ridurre difetti genetici presenti a
livello delle cellule somatiche, cio delle cellule non riproduttive, che compongono i tessuti e gli
organi del corpo. Si tratta, in questo caso, di interventi mirati a determinati distretti cellulari, con
effetti confinati nel singolo individuo. La terapia genica germinale mira invece a correggere difetti
genetici presenti in cellule della linea germinale, al fine di trasmettere gli effetti terapeutici ottenuti
sul soggetto alleventuale discendenza del medesimo. Tali interventi di terapia genica, sia somatica
che germinale, possono essere effettuati sul feto prima della nascita si parla allora di terapia
genica in utero o dopo la nascita, sul bambino o sulladulto.

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26. Per la valutazione morale occorre tener presenti queste distinzioni. Gli interventi sulle cellule
somatiche con finalit strettamente terapeutica sono in linea di principio moralmente leciti. Tali
interventi intendono ripristinare la normale configurazione genetica del soggetto oppure contrastare
i danni derivanti da anomalie genetiche presenti o da altre patologie correlate. Dato che la terapia
genica pu comportare rischi significativi per il paziente, bisogna osservare il principio
deontologico generale secondo cui, per attuare un intervento terapeutico, necessario assicurare
previamente che il soggetto trattato non sia esposto a rischi per la sua salute o per lintegrit fisica,
che siano eccessivi o sproporzionati rispetto alla gravit della patologia che si vuole curare. anche
richiesto il consenso informato del paziente o di un suo legittimo rappresentante.
Diversa la valutazione morale della terapia genica germinale. Qualunque modifica genetica
apportata alle cellule germinali di un soggetto sarebbe trasmessa alla sua eventuale discendenza.
Poich i rischi legati ad ogni manipolazione genetica sono significativi e ancora poco controllabili,
allo stato attuale della ricerca non moralmente ammissibile agire in modo che i potenziali danni
derivanti si diffondano nella progenie. Nellipotesi dellapplicazione della terapia genica
sullembrione, poi, occorre aggiungere che essa necessita di essere attuata in un contesto tecnico di
fecondazione in vitro, andando incontro quindi a tutte le obiezioni etiche relative a tali procedure.
Per queste ragioni, quindi, si deve affermare che, allo stato attuale, la terapia genica germinale, in
tutte le sue forme, moralmente illecita.
27. Una considerazione specifica merita lipotesi di finalit applicative dellingegneria genetica
diverse da quella terapeutica. Taluni hanno immaginato la possibilit di utilizzare le tecniche di
ingegneria genetica per realizzare manipolazioni con presunti fini di miglioramento e
potenziamento della dotazione genetica. In alcune di queste proposte si manifesta una sorta di
insoddisfazione o persino di rifiuto del valore dellessere umano come creatura e persona finita. A
parte le difficolt tecniche di realizzazione, con tutti i rischi reali e potenziali connessi, emerge
soprattutto il fatto che tali manipolazioni favoriscono una mentalit eugenetica e introducono un
indiretto stigma sociale nei confronti di coloro che non possiedono particolari doti e enfatizzano
doti apprezzate da determinate culture e societ, che non costituiscono di per s lo specifico umano.
Ci contrasterebbe con la verit fondamentale delluguaglianza tra tutti gli esseri umani, che si
traduce nel principio di giustizia, la cui violazione, alla lunga, finirebbe per attentare alla
convivenza pacifica tra gli individui. Inoltre, ci si chiede chi potrebbe stabilire quali modifiche
siano da ritenersi positive e quali no, o quali dovrebbero essere i limiti delle richieste individuali di
presunto miglioramento, dal momento che non sarebbe materialmente possibile esaudire i desideri
di ciascun singolo uomo. Ogni possibile risposta a questi interrogativi deriverebbe comunque da
criteri arbitrari ed opinabili. Tutto ci porta a concludere che una tale prospettiva dintervento
finirebbe, prima o poi, per nuocere al bene comune, favorendo il prevalere della volont di alcuni
sulla libert degli altri. Si deve rilevare infine che nel tentativo di creare un nuovo tipo di uomo si
ravvisa una dimensione ideologica, secondo cui luomo pretende di sostituirsi al Creatore.
Nellaffermare la negativit etica di questo tipo di interventi, che implicano un ingiusto dominio
delluomo sulluomo, la Chiesa richiama anche la necessit di tornare ad una prospettiva di cura
delle persone e di educazione allaccoglienza della vita umana nella sua concreta finitezza storica.
La clonazione umana
28. Per clonazione umana si intende la riproduzione asessuale e agamica dellintero organismo
umano, allo scopo di produrre una o pi copie dal punto di vista genetico sostanzialmente
identiche allunico progenitore [47].

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La clonazione viene proposta con due scopi fondamentali: riproduttivo, cio per ottenere la nascita
di un bambino clonato, e terapeutico o di ricerca. La clonazione riproduttiva sarebbe in teoria
capace di soddisfare alcune particolari esigenze, quali, ad esempio, il controllo dellevoluzione
umana; la selezione di esseri umani con qualit superiori; la preselezione del sesso del nascituro; la
produzione di un figlio che sia la copia di un altro; la produzione di un figlio per una coppia
affetta da forme di sterilit non altrimenti trattabili. La clonazione terapeutica, invece, stata
proposta come strumento di produzione di cellule staminali embrionali con patrimonio genetico
predeterminato, in modo da superare il problema del rigetto (immunoincompatibilit); essa
dunque collegata con la tematica dellimpiego delle cellule staminali.
I tentativi di clonazione hanno suscitato viva preoccupazione nel mondo intero. Diversi organismi a
livello nazionale e internazionale hanno espresso valutazioni negative sulla clonazione umana e
nella stragrande maggioranza dei Paesi stata vietata.
La clonazione umana intrinsecamente illecita, in quanto, portando allestremo la negativit etica
delle tecniche di fecondazione artificiale, intende dare origine ad un nuovo essere umano senza
connessione con latto di reciproca donazione tra due coniugi e, pi radicalmente, senza legame
alcuno con la sessualit. Tale circostanza d luogo ad abusi e a manipolazioni gravemente lesive
della dignit umana [48].
29. Qualora la clonazione avesse uno scopo riproduttivo, si imporrebbe al soggetto clonato un
patrimonio genetico preordinato, sottoponendolo di fatto come stato affermato ad una forma di
schiavit biologica dalla quale difficilmente potrebbe affrancarsi. Il fatto che una persona si arroghi
il diritto di determinare arbitrariamente le caratteristiche genetiche di unaltra persona, rappresenta
una grave offesa alla dignit di questultima e alluguaglianza fondamentale tra gli uomini.
Dalla particolare relazione esistente tra Dio e luomo fin dal primo momento della esistenza deriva
loriginalit di ogni persona, che obbliga a rispettarne la singolarit e lintegrit, inclusa quella
biologica e genetica. Ognuno di noi incontra nellaltro un essere umano che deve la propria
esistenza e le proprie caratteristiche allamore di Dio, del quale solo lamore tra i coniugi costituisce
una mediazione conforme al disegno del Creatore e Padre celeste.
30. Ancora pi grave dal punto di vista etico la clonazione cosiddetta terapeutica. Creare
embrioni con il proposito di distruggerli, anche se con lintenzione di aiutare i malati, del tutto
incompatibile con la dignit umana, perch fa dellesistenza di un essere umano, pur allo stadio
embrionale, niente di pi che uno strumento da usare e distruggere. gravemente immorale
sacrificare una vita umana per una finalit terapeutica.
Le obiezioni etiche, sollevate da pi parti contro la clonazione terapeutica e contro luso di embrioni
umani formati in vitro, hanno spinto alcuni scienziati a proporre nuove tecniche, che vengono
presentate come capaci di produrre cellule staminali di tipo embrionale senza presupporre per la
distruzione di veri embrioni umani [49]. Queste proposte hanno suscitato non pochi interrogativi
scientifici ed etici, riguardanti soprattutto lo statuto ontologico del prodotto cos ottenuto. Finch
non sono chiariti questi dubbi, occorre tenere conto di quanto affermato dallEnciclica Evangelium
vitae: tale la posta in gioco che, sotto il profilo dellobbligo morale, basterebbe la sola probabilit
di trovarsi di fronte ad una persona per giustificare la pi netta proibizione di ogni intervento volto a
sopprimere lembrione umano [50].
Luso terapeutico delle cellule staminali

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31. Le cellule staminali sono cellule indifferenziate che possiedono due caratteristiche
fondamentali: a) la capacit prolungata di moltiplicarsi senza differenziarsi; b) la capacit di dare
origine a cellule progenitrici di transito, dalle quali discendono cellule altamente differenziate, per
esempio, nervose, muscolari, ematiche.
Da quando si verificato sperimentalmente che le cellule staminali, se trapiantate in un tessuto
danneggiato, tendono a favorire la ripopolazione di cellule e la rigenerazione di tale tessuto, si sono
aperte nuove prospettive per la medicina rigenerativa, che hanno suscitato grande interesse tra i
ricercatori di tutto il mondo.
Nelluomo, le fonti di cellule staminali finora individuate sono: lembrione nei primi stadi del suo
sviluppo, il feto, il sangue del cordone ombelicale, vari tessuti delladulto (midollo osseo, cordone
ombelicale, cervello, mesenchima di vari organi, ecc.) e il liquido amniotico. Inizialmente, gli studi
si sono concentrati sulle cellule staminali embrionali, poich si riteneva che solo queste
possedessero grandi potenzialit di moltiplicazione e di differenziazione. Numerosi studi, per,
dimostrano che anche le cellule staminali adulte presentano una loro versatilit. Anche se tali
cellule non sembrano avere la medesima capacit di rinnovamento e la stessa plasticit delle cellule
staminali di origine embrionale, tuttavia studi e sperimentazioni di alto livello scientifico tendono
ad accreditare a queste cellule dei risultati pi positivi se confrontati con quelle embrionali. I
protocolli terapeutici attualmente praticati prevedono luso di cellule staminali adulte e sono al
riguardo state avviate molte linee di ricerca, che aprono nuovi e promettenti orizzonti.
32. Per la valutazione etica occorre considerare sia i metodi di prelievo delle cellule staminali sia i
rischi del loro uso clinico o sperimentale.
Per ci che concerne i metodi impiegati per la raccolta delle cellule staminali, essi vanno considerati
in rapporto alla loro origine. Sono da considerarsi lecite quelle metodiche che non procurano un
grave danno al soggetto da cui si estraggono le cellule staminali. Tale condizione si verifica,
generalmente, nel caso di prelievo: a) dai tessuti di un organismo adulto; b) dal sangue del cordone
ombelicale, al momento del parto; c) dai tessuti di feti morti di morte naturale. Il prelievo di cellule
staminali dallembrione umano vivente, al contrario, causa inevitabilmente la sua distruzione,
risultando di conseguenza gravemente illecito. In questo caso la ricerca, a prescindere dai risultati
di utilit terapeutica, non si pone veramente a servizio dellumanit. Passa infatti attraverso la
soppressione di vite umane che hanno uguale dignit rispetto agli altri individui umani e agli stessi
ricercatori. La storia stessa ha condannato nel passato e condanner in futuro una tale scienza, non
solo perch priva della luce di Dio, ma anche perch priva di umanit [51].
Lutilizzo di cellule staminali embrionali, o cellule differenziate da esse derivate, eventualmente
fornite da altri ricercatori, sopprimendo embrioni, o reperibili in commercio, pone seri problemi dal
punto di vista della cooperazione al male e dello scandalo [52].
Per quanto riguarda luso clinico di cellule staminali ottenute mediante procedure lecite non ci sono
obiezioni morali. Vanno tuttavia rispettati i comuni criteri di deontologia medica. Al riguardo
occorre procedere con grande rigore e prudenza, riducendo al minimo gli eventuali rischi per i
pazienti, facilitando il confronto degli scienziati tra di loro e offrendo un informazione completa al
grande pubblico.
da incoraggiare limpulso e il sostegno alla ricerca riguardante limpiego delle cellule staminali
adulte, in quanto non comporta problemi etici [53].
Tentativi di ibridazione

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33. Recentemente sono stati utilizzati ovociti animali per la riprogrammazione di nuclei di cellule
somatiche umane generalmente chiamata clonazione ibrida , al fine di estrarre cellule staminali
embrionali dai risultanti embrioni, senza dover ricorrere alluso di ovociti umani.
Dal punto di vista etico simili procedure rappresentano una offesa alla dignit dellessere umano, a
causa della mescolanza di elementi genetici umani ed animali capaci di turbare lidentit specifica
delluomo. Leventuale uso delle cellule staminali, estratte da tali embrioni, comporterebbe inoltre
dei rischi sanitari aggiuntivi, ancora del tutto sconosciuti, per la presenza di materiale genetico
animale nel loro citoplasma. Esporre consapevolmente un essere umano a questi rischi
moralmente e deontologicamente inaccettabile.
Luso di materiale biologico umano di origine illecita
34. Per la ricerca scientifica e per la produzione di vaccini o di altri prodotti talora vengono
utilizzate linee cellulari che sono il risultato di un intervento illecito contro la vita o lintegrit fisica
dellessere umano. La connessione con lazione ingiusta pu essere immediata o mediata, dato che
si tratta generalmente di cellule che si riproducono facilmente e in abbondanza. Questo materiale
talvolta viene commercializzato, talvolta distribuito gratuitamente ai centri di ricerca da parte
degli organismi statali che per legge hanno tale compito. Tutto ci d luogo a diversi problemi etici,
in tema di cooperazione al male e di scandalo. Conviene pertanto enunciare i principi generali, a
partire dai quali gli operatori di retta coscienza possono valutare e risolvere le situazioni in cui
eventualmente potrebbero essere coinvolti nella loro attivit professionale.
Occorre ricordare innanzitutto che la stessa valutazione morale dellaborto da applicare anche
alle recenti forme di intervento sugli embrioni umani che, pur mirando a scopi in s legittimi, ne
comportano inevitabilmente luccisione. il caso della sperimentazione sugli embrioni, in crescente
espansione nel campo della ricerca biomedica e legalmente ammessa in alcuni Stati Luso degli
embrioni o dei feti umani come oggetto di sperimentazione costituisce un delitto nei riguardi della
loro dignit di esseri umani, che hanno diritto al medesimo rispetto dovuto al bambino gi nato e ad
ogni persona [54]. Queste forme di sperimentazione costituiscono sempre un disordine morale
grave [55].
35. Una fattispecie diversa viene a configurarsi quando i ricercatori impiegano materiale
biologico di origine illecita che stato prodotto fuori dal loro centro di ricerca o che si trova in
commercio. LIstruzione Donum vitae ha formulato il principio generale che in questi casi deve
essere osservato: I cadaveri di embrioni o feti umani, volontariamente abortiti o non, devono
essere rispettati come le spoglie degli altri esseri umani. In particolare non possono essere oggetto
di mutilazioni o autopsie se la loro morte non stata accertata e senza il consenso dei genitori o
della madre. Inoltre va sempre fatta salva lesigenza morale che non vi sia stata complicit alcuna
con laborto volontario e che sia evitato il pericolo di scandalo [56].
A tale proposito insufficiente il criterio dellindipendenza formulato da alcuni comitati etici, vale
a dire, affermare che sarebbe eticamente lecito lutilizzo di materiale biologico di illecita
provenienza, sempre che esista una chiara separazione tra coloro che da una parte producono,
congelano e fanno morire gli embrioni e dallaltra i ricercatori che sviluppano la sperimentazione
scientifica. Il criterio di indipendenza non basta a evitare una contraddizione nellatteggiamento di
chi afferma di non approvare lingiustizia commessa da altri, ma nel contempo accetta per il proprio
lavoro il materiale biologico che altri ottengono mediante tale ingiustizia. Quando lillecito
avallato dalle leggi che regolano il sistema sanitario e scientifico, occorre prendere le distanze dagli
aspetti iniqui di tale sistema, per non dare limpressione di una certa tolleranza o accettazione tacita

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di azioni gravemente ingiuste [57]. Ci infatti contribuirebbe a aumentare lindifferenza, se non il


favore con cui queste azioni sono viste in alcuni ambienti medici e politici.
Talvolta si obietta che le considerazioni precedenti sembrano presupporre che i ricercatori di buona
coscienza avrebbero il dovere di opporsi attivamente a tutte le azioni illecite realizzate in ambito
medico, allargando cos la loro responsabilit etica in modo eccessivo. Il dovere di evitare la
cooperazione al male e lo scandalo, in realt, riguarda la loro attivit professionale ordinaria, che
devono impostare rettamente e mediante la quale devono testimoniare il valore della vita,
opponendosi anche alle leggi gravemente ingiuste. Va pertanto precisato che il dovere di rifiutare
quel materiale biologico anche in assenza di una qualche connessione prossima dei ricercatori
con le azioni dei tecnici della procreazione artificiale o con quella di quanti hanno procurato
laborto, e in assenza di un previo accordo con i centri di procreazione artificiale scaturisce dal
dovere di separarsi, nellesercizio della propria attivit di ricerca, da un quadro legislativo
gravemente ingiusto e di affermare con chiarezza il valore della vita umana. Perci il sopra citato
criterio di indipendenza necessario, ma pu essere eticamente insufficiente.
Naturalmente allinterno di questo quadro generale esistono responsabilit differenziate, e ragioni
gravi potrebbero essere moralmente proporzionate per giustificare lutilizzo del suddetto materiale
biologico. Cos, per esempio, il pericolo per la salute dei bambini pu autorizzare i loro genitori a
utilizzare un vaccino nella cui preparazione sono state utilizzate linee cellulari di origine illecita,
fermo restando il dovere da parte di tutti di manifestare il proprio disaccordo al riguardo e di
chiedere che i sistemi sanitari mettano a disposizione altri tipi di vaccini. Daltra parte, occorre
tener presente che nelle imprese che utilizzano linee cellulari di origine illecita non identica la
responsabilit di coloro che decidono dellorientamento della produzione rispetto a coloro che non
hanno alcun potere di decisione.
Nel contesto della urgente mobilitazione delle coscienze in favore della vita, occorre ricordare agli
operatori sanitari che la loro responsabilit oggi enormemente accresciuta e trova la sua
ispirazione pi profonda e il suo sostegno pi forte proprio nellintrinseca e imprescindibile
dimensione etica della professione sanitaria, come gi riconosceva lantico e sempre attuale
giuramento di Ippocrate, secondo il quale ad ogni medico chiesto di impegnarsi per il rispetto
assoluto della vita umana e della sua sacralit [58].
CONCLUSIONE
36. Linsegnamento morale della Chiesa stato talvolta accusato di contenere troppi divieti. In
realt esso fondato sul riconoscimento e sulla promozione di tutti i doni che il Creatore ha
concesso alluomo, come la vita, la conoscenza, la libert e lamore. Un particolare apprezzamento
meritano perci non soltanto le attivit conoscitive delluomo, ma anche quelle pratiche, come il
lavoro e lattivit tecnologica. Con queste ultime, infatti, luomo, partecipe del potere creatore di
Dio, chiamato a trasformare il creato, ordinandone le molteplici risorse in favore della dignit e
del benessere di tutti gli uomini e di tutto luomo, e ad esserne anche il custode del valore e
dellintrinseca bellezza.
Ma la storia dellumanit testimone di come luomo abbia abusato, e abusi ancora, del potere e
delle capacit che gli sono state affidate da Dio, dando luogo a diverse forme di ingiusta
discriminazione e di oppressione nei confronti dei pi deboli e dei pi indifesi. I quotidiani attentati
contro la vita umana; lesistenza di grandi aree di povert nelle quali gli uomini muoiono di fame e
di malattia, esclusi dalle risorse conoscitive e pratiche di cui invece dispongono in sovrabbondanza
molti Paesi; uno sviluppo tecnologico ed industriale che sta creando il concreto rischio di un crollo
dellecosistema; luso delle ricerche scientifiche nellambito della fisica, della chimica e della

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biologia per scopi bellici; le numerose guerre che ancor oggi dividono popoli e culture, sono,
purtroppo, soltanto alcuni segni eloquenti di come luomo possa fare un cattivo uso delle sue
capacit e diventare il peggior nemico di se stesso, perdendo la consapevolezza della sua alta e
specifica vocazione di essere collaboratore dellopera creatrice di Dio.
Parallelamente la storia dellumanit manifesta un reale progresso nella comprensione e nel
riconoscimento del valore e della dignit di ogni persona, fondamento dei diritti e degli imperativi
etici con cui si cercato e si cerca di costruire la societ umana. Proprio in nome della promozione
della dignit umana si , perci, vietato ogni comportamento ed ogni stile di vita che risultava lesivo
di tale dignit. Cos, per esempio, i divieti, giuridico-politici e non solo etici, nei confronti delle
varie forme di razzismo e di schiavit, delle ingiuste discriminazioni ed emarginazioni delle donne,
dei bambini, delle persone malate o con gravi disabilit, sono testimonianza evidente del
riconoscimento del valore inalienabile e dellintrinseca dignit di ogni essere umano e segno di un
progresso autentico che percorre la storia dellumanit. In altri termini, la legittimit di ogni divieto
si fonda sulla necessit di tutelare un autentico bene morale.
37. Se il progresso umano e sociale si inizialmente caratterizzato soprattutto attraverso lo sviluppo
dellindustria e della produzione dei beni di consumo, oggi si qualifica per lo sviluppo
dellinformatica, delle ricerche nel campo della genetica, della medicina e delle biotecnologie
applicate anche alluomo, settori di grande importanza per il futuro dellumanit nei quali, per, si
verificano anche evidenti e inaccettabili abusi. Come un secolo fa ad essere oppressa nei suoi
fondamentali diritti era la classe operaia, e la Chiesa con grande coraggio ne prese le difese,
proclamando i sacrosanti diritti della persona del lavoratore, cos ora, quando unaltra categoria di
persone oppressa nel diritto fondamentale alla vita, la Chiesa sente di dover dare voce con
immutato coraggio a chi non ha voce. Il suo sempre il grido evangelico in difesa dei poveri del
mondo, di quanti sono minacciati, disprezzati e oppressi nei loro diritti umani [59].
In virt della missione dottrinale e pastorale della Chiesa, la Congregazione per la Dottrina della
Fede si sentita in dovere di riaffermare la dignit e i diritti fondamentali e inalienabili di ogni
singolo essere umano, anche negli stadi iniziali della sua esistenza, e di esplicitare le esigenze di
tutela e di rispetto che il riconoscimento di tale dignit a tutti richiede.
Ladempimento di questo dovere implica il coraggio di opporsi a tutte quelle pratiche che
determinano una grave e ingiusta discriminazione nei confronti degli esseri umani non ancora nati,
che hanno la dignit di persona, creati anchessi ad immagine di Dio. Dietro ogni no rifulge,
nella fatica del discernimento tra il bene e il male, un grande s al riconoscimento della dignit e
del valore inalienabili di ogni singolo ed irripetibile essere umano chiamato allesistenza.
I fedeli si impegneranno con forza a promuovere una nuova cultura della vita, accogliendo i
contenuti di questa Istruzione con l'assenso religioso del loro spirito, sapendo che Dio offre sempre
la grazia necessaria per osservare i suoi comandamenti e che in ogni essere umano, soprattutto nei
pi piccoli, si incontra Cristo stesso (cf. Mt 25, 40). Anche tutti gli uomini di buona volont, in
particolare i medici e i ricercatori aperti al confronto e desiderosi di raggiungere la verit, sapranno
comprendere e condividere questi principi e valutazioni, volti alla tutela della fragile condizione
dellessere umano nei suoi stadi iniziali di vita e alla promozione di una civilt pi umana.
Il Sommo Pontefice Benedetto XVI, nellUdienza concessa il 20 giugno 2008 al sottoscritto
Cardinale Prefetto, ha approvato la presente Istruzione, decisa nella Sessione Ordinaria di questa
Congregazione, e ne ha ordinato la pubblicazione.

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295

Roma, dalla Sede della Congregazione per la Dottrina della Fede, l8 settembre 2008, Festa della
Nativit della Beata Vergine Maria.
William Card. Levada
Prefetto
Luis F. Ladaria, S.I.
Arcivescovo tit. di Thibica
Segretario

[1] Congregazione per la Dottrina della Fede, Istr. Donum vitae su il rispetto della vita umana
nascente e la dignit della procreazione (22 febbraio 1987): AAS 80 (1988), 70-102.
[2] Giovanni Paolo II, Lett. enc. Veritatis splendor circa alcune questioni fondamentali
dellinsegnamento morale della Chiesa (6 agosto 1993): AAS 85 (1993), 1133-1228.
[3] Giovanni Paolo II, Lett. enc. Evangelium vitae sul valore e linviolabilit della vita umana (25
marzo 1995): AAS 87 (1995), 401-522.
[4] Giovanni Paolo II, Discorso ai partecipanti alla VII Assemblea della Pontificia Accademia per la
Vita (3 marzo 2001), n. 3: AAS 93 (2001), 446.
[5] Cf. Giovanni Paolo II, Lett. enc. Fides et ratio circa i rapporti tra fede e ragione (14 settembre
1998), n. 1: AAS 91 (1999), 5.
[6] Congregazione per la Dottrina della Fede, Istr. Donum vitae, I, 1: AAS 80 (1988), 79.
[7] Come ha ricordato Benedetto XVI, i diritti umani, in particolare il diritto di ogni essere umano
alla vita, sono basati sulla legge naturale iscritta nel cuore delluomo e presente nelle diverse
culture e civilt. Rimuovere i diritti umani da questo contesto significherebbe restringere il loro
ambito e cedere ad una concezione relativistica, secondo la quale il significato e linterpretazione
dei diritti potrebbero variare e la loro universalit verrebbe negata in nome di contesti culturali,
politici, sociali e persino religiosi differenti. Non si deve tuttavia permettere che tale ampia variet
di punti di vista oscuri il fatto che non solo i diritti sono universali, ma lo anche la persona umana,
soggetto di questi diritti (Discorso allAssemblea Generale dellOrganizzazione delle Nazioni
Unite, 18 aprile 2008: AAS 100 [2008], 334).
[8] Congregazione per la Dottrina della Fede, Istr. Donum vitae, I, 1: AAS 80 (1988), 78-79.
[9] Ibid., II, A, 1: l.c., 87.
[10] Paolo VI, Lett. enc. Humanae vitae (25 luglio 1968), n. 8: AAS 60 (1968), 485-486.
[11] Benedetto XVI, Discorso ai partecipanti al Congresso internazionale promosso dalla Pontificia
Universit Lateranense, nel 40 anniversario dellEnciclica Humanae vitae (10 maggio 2008):
LOsservatore Romano, 11 maggio 2008, p. 1; cf. Giovanni XXIII, Lett. enc. Mater et magistra (15
maggio 1961), III: AAS 53 (1961), 447.
[12] Conc. Ecum. Vat. II, Cost. past. Gaudium et spes, n. 22.
[13] Cf. Giovanni Paolo II, Lett. enc. Evangelium vitae, n. 37-38: AAS 87 (1995), 442-444.
[14] Giovanni Paolo II, Lett. enc. Veritatis splendor, n. 45: AAS 85 (1993), 1169.
[15] Benedetto XVI, Discorso ai partecipanti allAssemblea generale della Pontificia Accademia
per la Vita e al Congresso internazionale Lembrione umano nella fase del preimpianto (27
febbraio 2006): AAS 98 (2006), 264.
[16] Congregazione per la Dottrina della Fede, Istr. Donum vitae, Introduzione, 3: AAS 80 (1988),
75.
[17] Giovanni Paolo II, Esort. apost. Familiaris consortio circa i compiti della famiglia cristiana nel
mondo di oggi (22 novembre 1981), n. 19: AAS 74 (1982), 101-102.
[18] Cf. Conc. Ecum. Vat. II, Dich. Dignitatis humanae, n. 14.
[19] Cf. Congregazione per la Dottrina della Fede, Istr. Donum vitae, II, A, 1: AAS 80 (1988), 87.
[20] Ibid., II, B, 4: l.c., 92.

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[21] Ibid., Introduzione, 3: l.c., 75.


[22] Per fecondazione o procreazione artificiale eterologa si intendono le tecniche volte a ottenere
artificialmente un concepimento umano a partire da gameti provenienti almeno da un donatore
diverso dagli sposi, che sono uniti in matrimonio (ibid., II: l.c., 86).
[23] Per fecondazione o procreazione artificiale omologa si intende la tecnica volta a ottenere un
concepimento umano a partire dai gameti di due sposi uniti in matrimonio (ibid.).
[24] Ibid., II, B, 7: l.c., 96; cf. Pio XII, Discorso ai partecipanti al IV Congresso internazionale dei
medici cattolici (29 settembre 1949): AAS 41 (1949), 560.
[25] Congregazione per la Dottrina della Fede, Istr. Donum vitae, II, B, 6: l.c., 94.
[26] Cf. ibid., II: l.c., 86.
[27] Attualmente, anche nei maggiori centri di fecondazione artificiale, il numero di embrioni
sacrificati si aggira al di sopra dell80%.
[28] Giovanni Paolo II, Lett. enc. Evangelium vitae, n. 14: AAS 87 (1995), 416.
[29] Cf. Pio XII, Discorso ai partecipanti al II Congresso Mondiale di Napoli sulla fecondit e
sterilit umana (19 maggio 1956): AAS 48 (1956), 470; Paolo VI, Lett. enc. Humanae vitae, n. 12:
AAS 60 (1968), 488-489; Congregazione per la Dottrina della Fede, Istr. Donum vitae, II, B, 4-5:
AAS 80 (1988), 90-94.
[30] Sempre pi persone, anche non legate dal vincolo coniugale, ricorrono alle tecniche di
fecondazione artificiale al fine di avere un figlio. Tali pratiche indeboliscono listituzione
matrimoniale e fanno nascere bambini in ambienti non favorevoli al loro pieno sviluppo umano.
[31] Benedetto XVI, Discorso ai partecipanti allAssemblea generale della Pontificia Accademia
per la Vita e al Congresso Internazionale Lembrione umano nella fase del preimpianto (27
febbraio 2006): AAS 98 (2006), 264.
[32] LIntra Cytoplasmic Sperm Injection (ICSI), simile pressoch in tutto ad altre forme della
fecondazione in vitro, si differenzia da esse, perch la fecondazione non avviene spontaneamente in
provetta, bens mediante liniezione nel citoplasma dellovocita di un singolo spermatozoo
precedentemente selezionato o, talora, mediante liniezione di elementi immaturi della linea
germinale maschile.
[33] Al riguardo si segnala tuttavia che gli specialisti discutono su alcuni rischi che lICSI pu
comportare per la salute del concepito.
[34] Congregazione per la Dottrina della Fede, Istr. Donum vitae, II, B, 5: AAS 80 (1988), 93.
[35] La crioconservazione in riferimento agli embrioni un procedimento di raffreddamento a
bassissime temperature al fine di consentirne una lunga conservazione.
[36] Cf. Congregazione per la Dottrina della Fede, Istr. Donum vitae, I, 6: AAS 80 (1988), 84-85.
[37] Cf. n. 34-35 di questa Istruzione.
[38] Cf. Congregazione per la Dottrina della Fede, Istr. Donum vitae, II, A, 1-3: AAS 80 (1988), 8789.
[39] Giovanni Paolo II, Discorso ai partecipanti al Simposio su Evangelium vitae e diritto e allXI
Colloquio internazionale romanistico canonistico (24 maggio 1996), n. 6: AAS 88 (1996), 943-944.
[40] La crioconservazione degli ovociti stata prospettata anche in altri contesti che qui non
vengono considerati. Per ovocito si intende la cellula germinale femminile non penetrata dallo
spermatozoo.
[41] Cf. Conc. Ecum. Vat. II, Cost. past. Gaudium et spes, n. 51; Giovanni Paolo II, Lett. enc.
Evangelium vitae, n. 62: AAS 87 (1995), 472.
[42] Giovanni Paolo II, Lett. enc. Evangelium vitae, n. 63: AAS 87 (1995), 473.
[43] I pi noti mezzi intercettivi sono la spirale o IUD (IntraUterine Device) e la cosiddetta pillola
del giorno dopo.
[44] I principali mezzi di contragestazione sono la pillola RU 486 o Mifepristone, le prostaglandine
e il Methotrexate.
[45] Giovanni Paolo II, Lett. enc. Evangelium vitae, n. 58: AAS 87 (1995), 467.

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[46] Cf. CIC, can. 1398 e CCEO, can. 1450 2; cf. anche CIC, can. 1323-1324. La Pontificia
Commissione per linterpretazione autentica del Codice di Diritto Canonico ha dichiarato che con il
concetto penale di aborto si intende luccisione del feto in qualunque modo e in qualunque tempo
dal momento del concepimento (Risposte a dubbi, 23 maggio 1988: AAS 80 [1988], 1818).
[47] Allo stato attuale delle conoscenze, le tecniche proposte per realizzare la clonazione umana
sono due: la fissione gemellare e il trasferimento di nucleo. La fissione gemellare consiste nella
separazione artificiale di singole cellule o gruppi di cellule dallembrione, nelle prime fasi dello
sviluppo, e nel successivo trasferimento in utero di queste cellule, allo scopo di ottenere, in modo
artificiale, embrioni identici. Il trasferimento di nucleo, o clonazione propriamente detta, consiste
nellintroduzione di un nucleo prelevato da una cellula embrionaria o somatica in un ovocita
precedentemente denucleato, seguita dallattivazione di questo ovocita che, di conseguenza,
dovrebbe svilupparsi come embrione.
[48] Cf. Congregazione per la Dottrina della Fede, Istr. Donum vitae, I, 6: AAS 80 (1988), 84;
Giovanni Paolo II, Discorso ai Membri del Corpo Diplomatico accreditato presso la Santa Sede (10
gennaio 2005), n. 5: AAS 97 (2005), 153.
[49] Nuove tecniche di questo genere sono, per esempio, lapplicazione della partenogenesi
alluomo, il trasferimento di un nucleo alterato (Altered Nuclear Transfer: ANT) e la
riprogrammazione assistita dellovocita (Oocyte Assisted Reprogramming: OAR).
[50] Giovanni Paolo II, Lett. enc. Evangelium vitae, n. 60: AAS 87 (1995), 469.
[51] Benedetto XVI, Discorso ai partecipanti al Congresso internazionale sul tema: Le cellule
staminali: quale futuro in ordine alla terapia?, promosso dalla Pontificia Accademia per la Vita (16
settembre 2006): AAS 98 (2006), 694.
[52] Cf. n. 34-35 di questa Istruzione.
[53] Cf. Benedetto XVI, Discorso ai partecipanti al Congresso internazionale sul tema: Le cellule
staminali: quale futuro in ordine alla terapia?, promosso dalla Pontificia Accademia per la Vita
(16 settembre 2006): AAS 98 (2006), 693-695.
[54] Giovanni Paolo II, Lett. enc. Evangelium vitae, n. 63: AAS 87 (1995), 472-473.
[55] Cf. ibid., n. 62: l.c., 472.
[56] Congregazione per la Dottrina della Fede, Istr. Donum vitae, I, 4: AAS 80 (1988), 83.
[57] Cf. Giovanni Paolo II, Lett. enc. Evangelium vitae, n. 73: AAS 87 (1995), 486: Laborto e
leutanasia sono dunque crimini che nessuna legge umana pu pretendere di legittimare. Leggi di
questo tipo non solo non creano nessun obbligo per la coscienza, ma sollevano piuttosto un grave e
preciso obbligo di opporsi ad esse mediante obiezione di coscienza. Il diritto allobiezione di
coscienza, espressione del diritto alla libert di coscienza, dovrebbe essere tutelato dalle legislazioni
civili.
[58] Giovanni Paolo II, Lett. enc. Evangelium vitae, n. 89: AAS 87 (1995), 502.
[59] Giovanni Paolo II, Lettera a tutti i Vescovi circa Il Vangelo della vita (19 maggio 1991):
AAS 84 (1992), 319.

26. Pontificia Accademia per la Vita, dichiarazione finale della XIII


assemblea generale, (2007)

1. Nei giorni 23 e 24 febbraio scorsi, la Pontificia Accademia per la Vita, in occasione della sua
XIII Assemblea Generale, ha organizzato un Congresso internazionale, tenutosi in Vaticano, che ha
sviluppato un'approfondita riflessione sul tema: "La coscienza cristiana a sostegno del diritto alla
vita". Il Congresso ha registrato la presenza dei Membri della PAV e di altri studiosi di nota fama
provenienti da diversi Paesi, oltre ad un numeroso pubblico (circa 420 presenze) dai cinque
continenti.

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A conclusione dei lavori, sulla scorta di quanto emerso dalle relazioni proposte e da un vivace e
costruttivo dibattito in assemblea, la Pontificia Accademia per la Vita desidera offrire alla
riflessione della comunit ecclesiale, alla comunit civile e ad ogni persona di buona volont le
seguenti considerazioni.
2. "Nell'intimo della coscienza l'uomo scopre una legge che non lui a darsi, ma alla quale invece
deve obbedire e la cui voce, che lo chiama sempre ad amare e a fare il bene e a fuggire il male,
quando occorre, chiaramente parla alle orecchie del cuore. . . L'uomo ha in realt una legge scritta
da Dio dentro al suo cuore; obbedire ad essa la dignit stessa dell'uomo, e secondo questa egli sar
giudicato" (Gaudium et Spes 16).
Agendo dunque in fedele obbedienza ai giudizi della propria coscienza morale, che rettamente cerca
il bene e costantemente si nutre della verit conosciuta, ogni persona esprime e realizza in
profondit la sua dignit umana, edificando se stesso e la comunit intera mediante le proprie scelte
consapevoli e libere.
3. Perch l'uomo possa essere guidato dai giudizi della sua coscienza morale ad agire sempre per
realizzare il bene nella verit, necessario che egli ne curi con ogni impegno la formazione
continua, nutrendola con quei valori che corrispondono alla dignit della persona umana, alla
giustizia e al bene comune, come ha ricordato il Santo Padre nel suo discorso alla Pontificia
Accademia per la vita: "La formazione di una coscienza vera, perch fondata sulla verit, e retta,
perch determinata a seguirne i dettami, senza contraddizioni, senza tradimenti e senza
compromessi, oggi unimpresa difficile e delicata, ma imprescindibile" (Benedetto XVI, Discorso
ai partecipanti alla XIII Assemblea Generale della Pontificia Accademia per la Vita, 24/2/2007).
La coscienza del cristiano, in particolare, illuminata pienamente nella sua ricerca del bene
dall'incontro costante con la Parola di Dio, compresa e vissuta nella comunit cristiana, secondo gli
insegnamenti del Magistero.
4. Questa esigenza di continua formazione ed approfondimento della coscienza, si rende oggi del
tutto evidente di fronte all'emergenza di tante problematiche culturali e sociali che toccano il diritto
alla vita nell'ambito della famiglia, nell'assunzione dei compiti propri dell'essere coniugi e genitori,
nelle professioni sanitarie e nei compiti politici.
In maniera sempre pi necessaria ed urgente, la coscienza cristiana, assumendo gli autentici valori
umani, a cominciare da quello fondamentale del rispetto della vita, nella sua esistenza fisica e nella
sua dignit, ha il compito di considerare tali problemi, alla luce della ragione illuminata dalla fede,
nell'elaborazione dei giudizi sul valore morale dei propri atti.
5. Inoltre, non possono essere taciute le numerose difficolt che la coscienza cristiana dei credenti
incontra oggi nei suoi giudizi e nel suo percorso formativo, a causa del contesto culturale in cui si
trova immersa la vita dei credenti, un contesto in cui si sperimenta la crisi di "autorit", la perdita
della fede e spesso una tendenza a rifugiarsi in forme di razionalismo estremo.
Altra coordinata che mette alla prova la coscienza cristiana, oltre quella culturale, costituita dalle
norme giuridiche vigenti, sia quelle codificate sia quelle definite dai tribunali e dalle sentenze dei
tribunali, che, in misura crescente e sotto una forte pressione di gruppi coalizzati e influenti, hanno
aperto e stanno aprendo la breccia rovinosa delle depenalizzazioni: si prevedono eccezioni al diritto
individuale alla vita, si vanno legittimando sempre pi diversi attentati contro la vita umana,
finendo di fatto per disconoscere che la vita il fondamento di ogni altro diritto della persona, e che
il rispetto dovuto alla dignit di ogni essere umano il fondamento della libert e della
responsabilit. A questo proposito, Benedetto XVI ha ricordato che "il cristiano chiamato a
mobilitarsi per fare fronte ai molteplici attacchi a cui esposto il diritto alla vita" (Benedetto XVI,
ibid).
6. Le esigenze specifiche della coscienza cristiana trovano il loro banco di prova nell'applicazione
alle professioni sanitarie, allorquando si trovino di fronte al dovere di proteggere la vita umana e di
fronte al rischio di trovarsi in situazioni di cooperazione al male nell'applicazione dei doveri
professionali.

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299

In questa situazione, acquista maggiore rilievo l'esercizio doveroso, di una "coraggiosa obiezione di
coscienza", da parte di medici, infermieri, farmacisti e personale amministrativo, giudici e
parlamentari, ed altre figure professionali direttamente coinvolte nella tutela della vita umana
individuale, laddove le norme legislative prevedessero azioni che la mettono in pericolo. Ma, allo
stesso tempo, va anche messo in rilievo come il ricorso all'obiezione di coscienza avvenga, oggi, in
un contesto culturale di tolleranza ideologica, che talvolta, paradossalmente, tende a non favorire
l'accettazione dell'esercizio di questo diritto, in quanto elemento "destabilizzante" del quietismo
delle coscienze. Desideriamo sottolineare come, in particolare per le professioni sanitarie, sia
difficile l'esercizio del diritto all'obiezione di coscienza, dal momento che questo diritto viene
generalmente riconosciuto solo alle singole persone, e non alle strutture ospedaliere o associazioni.
Nel campo della prassi medica, una menzione specifica merita il caso della "contraccezione di
emergenza" (in genere realizzata mediante ritrovati chimici), ricordando innanzitutto la
responsabilit morale di coloro che ne rendono possibile l'uso ai vari livelli e l'esigenza di ricorrere
all'obiezione di coscienza nella misura in cui i suoi effetti siano abortivi (antinidatori o
contragestativi); va ribadito anche il dovere morale di fornire al pubblico un'informazione completa
sui veri meccanismi d'azione ed effetti di tali ritrovati. Naturalmente, sussiste il dovere di opporre la
stessa obiezione di coscienza di fronte ad ogni intervento medico o di ricerca che preveda la
distruzione di vite umane.
7. Sempre pi opportuna appare una mobilitazione di tutti coloro che hanno a cuore la tutela della
vita umana, una mobilitazione che si deve estendere anche a livello politico: un'esigenza
imprescindibile della giustizia il rispetto del principio di uguaglianza, che esige di onorare e
proteggere i diritti di tutti, specialmente nel caso dei soggetti pi fragili ed indifesi.
Riproponiamo con convinzione l'insegnamento specifico in materia di obiezione di coscienza
dell'Enciclica Evangelium Vitae (nei 72, 73 e 74), particolarmente nella prospettiva dell'adesione
dei cristiani ai programmi proposti dai partiti politici, cos come auspichiamo una legislazione che
completi l'Articolo 18 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, proclamata dalle Nazioni
Unite nel 1948, per garantire il diritto all'obiezione di coscienza e difendere questo diritto contro
ogni discriminazione nei campi del lavoro, dell'educazione e dell'attribuzione dei benefici da parte
dei governi.
8. In conclusione, riproponiamo l'auspicio del Santo Padre, come messaggio di speranza e di
impegno per contribuire a costruire una societ umana realmente edificata a misura dell'uomo:
"Prego, pertanto, il Signore perch mandi fra voi, cari fratelli e sorelle, e fra quanti si dedicano
alla scienza, alla medicina, al diritto, alla politica, dei testimoni forniti di coscienza vera e retta,
per difendere e promuovere lo "splendore della verit" a sostegno del dono e del mistero della vita.
Confido nel vostro aiuto, carissimi professionisti, filosofi, teologi, scienziati e medici. In una
societ talora chiassosa e violenta, con la vostra qualificazione culturale, con linsegnamento e con
lesempio, potete contribuire a risvegliare in molti cuori la voce eloquente e chiara della
coscienza." (Benedetto XVI, ibid.).
Citt del Vaticano, 15 marzo 2007

TESTI MAGISTERIALE di BIOETICA, FRAY PAULO LOPEZ, O.S.A.

300

27. Indice di Materia

accanimento terapeutico; 234


adozione; 113; 135; 180; 189; 233;
252; 283; 286
analgesici; 129; 235
autonomia; 22; 31; 48; 203; 204; 234;
237
bioetica; 210; 255
cellule germinali; 170
clonazione; 174; 268; 269; 270; 271;
272; 273
consciente; 53; 87
consenso; 4; 6; 10; 17; 19; 43; 57; 58;
103; 119; 122; 127; 130; 134; 172;
182; 185; 202; 229; 236; 238; 239;
250; 258; 269
contraccezione; 103; 134; 177; 199;
200; 202; 251
cooperazione; 4; 5; 27; 38; 41; 42; 43;
47; 106; 158; 161; 179; 241; 251
cooperazione immorale; 42
cosciente; 35; 39; 108; 114; 129; 170;
277
coscienza morale; 39; 144; 179; 182;
190; 207; 238; 242; 254
coscienza retta; 193
cure
necessarie; 5; 12; 16; 21; 24; 27; 28;
31; 37; 42; 109; 128; 130; 200;
230; 232; 234; 249; 277
diagnosi; 33; 34; 172; 184; 187; 200
diagnosi prenatale; 172; 287
dimensione corporea; 169; 223

direttamente proporzionale; 274


embrione umano; 135; 171; 172; 173;
174; 179; 180; 184; 231; 233; 280;
283; 287; 290; 291; 295; 296
etica sessuale; 118; 124; 125; 186
eugenica; 14; 39; 44
eutanasia; 59; 66; 68; 69; 77; 88; 126;
127; 128; 184; 193; 197; 201; 202;
204; 205; 209; 233; 234; 235; 236;
237; 239; 240; 245; 247; 250; 253;
263; 264
famiglia; 3; 5; 6; 7; 8; 11; 12; 15; 16;
17; 18; 19; 20; 25; 26; 27; 31; 47;
91; 96; 101; 102; 104; 105; 108;
112; 119; 130; 131; 132; 133; 134;
135; 136; 137; 138; 161; 171; 173;
176; 179; 180; 181; 182; 184; 194;
195; 197; 199; 209; 220; 221; 228;
230; 234; 247; 249; 251; 252; 253;
254; 255; 257; 264
fecondazione artificiale; 47; 171; 173;
174; 175; 176; 177; 185; 269; 270;
283; 285; 287; 290; 296
FIVET; 175; 176; 177; 178; 271; 273
genetica; 110; 171; 174; 176; 189; 231;
269; 270; 271; 284; 287; 288; 289;
290; 294
inconsciente; 52; 53; 77; 87
individualismo; 206
individualistica; 204
informazione; 99; 124; 256; 291
Inseminazione artificiale eterologa; 175

TESTI MAGISTERIALE di BIOETICA, FRAY PAULO LOPEZ, O.S.A.

Inseminazione artificiale omologa; 175


laborto diretto; 102; 115
lidratazione; 277
legge morale; 27; 31; 34; 36; 43; 48;
49; 57; 92; 99; 101; 103; 105; 121;
122; 168; 169; 172; 181; 182; 205;
229; 237; 238; 239; 254; 280
legge positiva; 118; 181; 239
legittima difesa; 209; 228
libertad; 52; 88
L'umanizzazione della medicina; 180
madre sostitutiva; 176
malattia; 33; 128; 129; 137; 141; 144;
169; 172; 199; 213; 220; 222; 224;
234; 246; 249
male minore; 112; 287
manipolazione; 135; 173; 174; 249;
271; 280; 288; 289
Manipolazione; 288
maternit surrogata; 286
medico cattolico; 34; 35; 37
medico cristiano; 31
medios ordinarios; 75; 76; 77
metodi naturali; 249; 255
morte non voluta; 129; 235
obiezione di coscienza; 182; 240; 241;
250; 297; 298; 299
obiezioni; 19; 109; 111; 289; 290; 291
paternit responsabile; 100; 101; 112;
114; 116
paziente; 31; 57; 58; 107; 129; 130;
201; 234; 248; 250; 276; 277
principio di totalit; 57; 58; 99; 103
procreazione responsabile; 183; 254
procreazione umana; 105; 118; 120;
168; 170; 174; 175; 177; 178; 179;
180; 182; 184; 245; 271; 273; 283;
284
qualit della vita; 206; 272
relazioni; 16; 34; 49; 57; 58; 95; 96;
99; 117; 119; 120; 134; 176; 194;
198; 207; 223; 254; 256; 271

301

riduzione embrionale; 286


sessualit; 48; 116; 118; 120; 121; 122;
123; 170; 174; 179; 182; 198; 200;
206; 245; 249; 254; 256; 282; 290
sperimentazione; 57; 58; 171; 172;
173; 174; 181; 184; 233; 269; 270;
271; 272; 292
sperimentazione sugli embrioni umani;
171
sterilit; 14; 40; 43; 176; 178; 180;
185; 186; 220; 283; 285; 290; 296
sterilizzazione; 42; 102; 134; 201; 202;
251
suicidio; 58; 61; 111; 126; 127; 128;
130; 193; 234; 235; 240
suicidio volontario; 126; 193
testamento biologico; 277
tolleranza; 182; 198; 238; 239; 292;
298
trapiantare; 201; 233; 234
trattamento; 58; 173; 277; 283; 284;
285; 288
utilitarismo; 31; 206
valores; 51; 52; 53; 62; 69; 81
valori morali; 112; 124; 161; 169; 180;
255
virt; 5; 7; 8; 12; 13; 16; 19; 21; 23;
24; 26; 31; 37; 43; 46; 57; 91; 92;
94; 96; 100; 117; 121; 122; 123;
124; 154; 168; 175; 200; 215; 221;
229; 254; 271; 294
volont; 3; 4; 6; 7; 9; 10; 12; 16; 19;
21; 23; 24; 25; 26; 28; 38; 40; 43;
44; 46; 47; 49; 90; 92; 93; 95; 96;
99; 100; 101; 102; 104; 107; 118;
122; 124; 127; 128; 129; 130; 144;
150; 151; 154; 163; 166; 167; 169;
182; 189; 195; 204; 207; 214; 225;
237; 239; 241; 251; 260; 275; 277;
282; 284; 286; 289; 294; 297
voluntad; 64; 67; 70; 73; 74; 76; 77;
82; 83; 86; 87; 88

TESTI MAGISTERIALE di BIOETICA, FRAY PAULO LOPEZ, O.S.A.

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