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Laura Cappuccio
Gennaro Ferraiuolo
Sommario
Introduzione. La lunga e accidentata marcia della Catalogna verso
una consultazione popolare sullindipendenza
di Laura Cappuccio .... p. 3
Il questionario p. 33
Antoni Abat i Ninet .... p. 35
Enoch Albert Rovira . p. 50
Xavier Arbs Marn .... p. 59
Marc Carrillo .. p. 70
Vctor Ferreres Comella . p. 80
Jordi Matas Dalmases . p. 87
Carles Viver i Pi-Sunyer .. p. 94
Notazioni conclusive
di Gennaro Ferraiuolo p. 101
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Introduzione
La lunga e accidentata marcia della
Catalogna verso una consultazione
popolare sullindipendenza*
di Laura Cappuccio
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Il c.d. diritto a decidere del popolo catalano si manifestato cos in assenza delle forme
auspicate dai diversi rappresentanti della Comunit Autonoma e da una larga parte della
societ civile. Il Tribunal Constitucional, infatti, ha ammesso il ricorso del Governo, prima, nei
confronti della legge e del decreto di convocazione della consultazione popolare non
referendaria2, e, poi, verso ogni attivit pubblica legata allo svolgimento della votazione
gestita dai volontari. In questultimo caso, il Tribunal ha accettato il ricorso anche in
mancanza di un atto ufficiale di convocazione, considerando rilevanti alcuni elementi: le
dichiarazioni del Presidente Artur Mas in una conferenza stampa successiva alla prima
sospensione del TC; lattivazione di una pagina web informativa; la pubblicit destinata a
promuovere la partecipazione popolare 3 . Il Tribunal non entrato nel merito delle
questioni, ha solo applicato lart. 161, comma due, della Costituzione che connette
automaticamente la sospensione allimpugnazione 4 . I tempi di intervento dei giudici
costituzionali e del Consiglio di Stato, tuttavia, quanto mai rapidi ed unici per la storia
spagnola, hanno attirato molte critiche 5. Il braccio di ferro tra il Governo centrale e le
istituzioni catalane ha raggiunto cos il punto di maggiore tensione.
La data della consultazione e la domanda da porre agli elettori sono state indicate dal
Presidente della Generalitat di Catalogna, Artur Mas, il 12 dicembre 2013 con il sostegno dei
partiti di Convergncia Democrtica de Catalunya (CDC), Uni Democrtica de Catalunya (UDC),
Esquerra Republicana de Catalunya (ERC), Iniciativa per Catalunya Verds Esquerra Unida i
Alternativa (ICV-EUiA), Candidatura dUnitat Popular (CUP) (un totale 87 membri del
Parlamento catalano su 135). La domanda divisa in due parti: solo se si risponde in senso
Ricorso n. 5829 -2014 del 29 settembre 2014. Nel comunicato dello stesso giorno del Tribunal si legge: En
el presente caso, la decisin del Pleno de no demorar su resolucin -limitada a comprobar la concurrencia de las condiciones
procesales de admisibilidad de los recursos, sin consideracin alguna respecto al fondo de los mismos- obedece a que el Tribunal
Constitucional es consciente de la trascendencia constitucional y poltica de las cuestiones planteadas, para la sociedad espaola en
su conjunto y, en particular, para la catalana.
3 Ricorso n. 6540-2014, del 4 novembre 2014.
4 Questo articolo, al comma due, sancisce: Il Governo potr impugnare davanti al Tribunale Costituzionale
le disposizioni e le decisioni adottate dagli organi delle Comunit autonome. L'impugnazione produrr la
sospensione della disposizione o della decisione impugnata, ma il Tribunale, da parte sua, dovr ratificarla o
annullarla entro un periodo non superiore a cinque mesi.
5 Il Consiglio di Stato si riunito di domenica per emettere il parere previo allimpugnazione del Governo ed
il Tribunal Constitucional ha deliberato di riunirsi in seduta straordinaria il luned successivo, decidendo in quello
stesso giorno.
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affermativo al primo interrogativo, Vuole che la Catalogna sia uno Stato?, si pu votare
anche per il secondo, Vuole che questo Stato sia indipendente?6.
Lidea di rimettere a una votazione popolare la decisione sullindipendenza possiamo farla
risalire allAcord per a la transici nacional i per garantir lestabilitat parlamentria del Govern de
Catalunya, ossia al piano di governo concordato tra Artur Mas, di Convergncia i Uni (CiU), e
Oriol Junqueras, di Esquerra Republicana de Catalunya (ERC) il 19 dicembre 2012, a seguito
delle elezioni anticipate. Il Presidente della Comunit Autonoma Artur Mas aveva deciso di
accorciare di due anni la durata della legislatura e di andare a votare in un momento
considerato favorevole al suo partito. Convergncia i Uni, ritenendo presente in Catalogna
una larga maggioranza a sostegno dellindipendenza (allesito della manifestazione dell11 di
settembre, giornata della festa nazionale catalana), credeva possibile ottenere una consenso
pi amplio, in grado di dare maggiore supporto al cosiddetto procs sobiranista (i parlamentari
CiU erano 62 su 135). Il risultato elettorale, tuttavia, delude le aspettative del Presidente:
CiU passa dai 62 seggi a 50, il Partit dels Socialistes de Catalunya (PSC), da 28 a 20, mentre
Esquerra Republicana de Catalunya (ERC) ottiene un gran risultato, passando da 10 a 21
deputati.
In questo quadro nasce il ricordato patto di governo tra CiU e ERC, che si basa sul
processo indipendentista 7 . Dopo circa un mese, il 23 gennaio 2013, il Parlamento
autonomico, con l'obiettivo di dichiarare il popolo catalano come soggetto politico e
giuridico sovrano, adotta, con 85 voti favorevoli, 41 contrari, e 2 astensioni, la
Dichiarazione di sovranit e del diritto di decidere del popolo della Catalogna che
afferma: D'accordo con la volont democratica manifestata dalla maggioranza del popolo
catalano, il Parlamento della Catalogna inizia il processo per promuovere il diritto dei
cittadini della Catalogna di decidere collettivamente il proprio futuro politico 8. Con questo
La doppia domanda esprime le diverse conseguenze che possono derivare dalla votazione su una Catalogna
indipendente. Questo aspetto mostra come la separazione, creando due unit, pu poi diversamente
configurane la relazione; cfr D. PETROSINO, Democrazie di fine secolo. Lepoca delle secessioni?, in C. DE
FIORES - D. PETROSINO, Secessione, Roma, 1996, p. 35 ss., in cui sottolinea che lunit frutto della
separazione pu andare a formare un proprio Stato da sola o unificandosi con altre unit provenienti da altri
Stati o preesistenti, oppure pu essere incorporata in uno Stato esistente. Lunit da cui il territorio si distacca
pu a sua volta costruire uno Stato diverso o mantenere una continuit con lo Stato precedente la
separazione. evidente come ciascuna di queste configurazioni generi situazioni molto diverse.
7 Per una ricostruzione della complessa vicenda catalana, G. FERRAIUOLO, La via catalana. Vicende dello Stato
plurinazionale spagnolo, in Federalismi.it, n.18/2013. Sul tema anche S. RAGONE, Il risultato delle elezioni (anticipate)
in catalogna e il referendum indipendentista, in www.dirittiregionali.org, 2012.
8 La prima risoluzione in cui il Parlamento afferma un diritto allautodeterminazione della Catalogna del
1989, Risoluzione 98/III del 12 di dicembre. Questa risoluzione parte dallaffermazione che la Catalogna
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maggioranza
parlamentare,
doveva
portare
ad
una
pronuncia
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diverse ipotesi11; innanzitutto, nellart. 92 Cost., che prevede un referendum consultivo per
le decisioni di especial trascendencia. Tale referendum indetto dal Re, mediante proposta
del Presidente del Governo, previa autorizzazione del Congresso dei deputati. Poi ci sono i
referendum previsti dagli artt. 167 e 168 Cost., allinterno del procedimento di revisione
costituzionale; ed i referendum collegati allambito autonomico (art. 151, comma uno, e
comma due ed 152, comma due)12. Infine, vi il referendum sulle modificazioni territoriali
di Navarra (disposizione transitoria quarta)13.
La legge n. 4 del 2010 distingue tra gli strumenti di partecipazione, destinati a conoscere la
posizione e le opinioni della cittadinanza in relazione a qualsiasi aspetto della vita pubblica
(che possono assumere la forma di forum di dibattito, di partecipazione, di udienze
pubbliche), dai veri e propri referendum. Il confronto sullammissibilit di una pronuncia
popolare sullindipendenza della Catalogna si concentrato a lungo sulla possibilit di
distinguere tra una consultazione referendaria e una consultazione partecipativa: mentre
la prima chiama in causa il corpo elettorale, ed assistita dalle garanzie necessarie per
rendere legittimo il risultato del voto, la seconda viene riferita ai gruppi, variamente
configurati, che di volta in volta risultano interessati dalla decisione.
Liniziativa del referendum, delineato come uno strumento per conoscere lorientamento
dei cittadini su questioni politiche rilevanti, rimessa al popolo, al Parlamento, al Governo,
ed ai municipi 14 . Lart. 13 della legge richiede, per lo svolgimento del referendum,
lautorizzazione del Governo centrale, in conformit a quanto sancito dallart. 149.1.32
Sul referendum nella Costituzione spagnola cfr. A. RUIZ ROBLEDO, Teora y prctica del referndum en el
ordenamiento constitucional espaol, in E. SEZ ROYO, M. CONTRERAS CASADO (a cura di), La participacin
poltica directa. Referndum y consultas populares, Zaragoza, 2013, p. 33; E. MARTN, Notas sobre el referndum
autonmico en Espaa, in L. CAPPUCCIO, M. CORRETJA TORRENS (a cura di), El derecho a a decidir. Un
dilogo italo-cataln, Barcellona, 2014, p. 77 ss.
12 Sui referendum previsti da questi articoli si vedano i commenti di AGUADO RENEDO, Artculo 151, in
M. E. CASAS BAAMONDE, M. RODRGUEZ-PIERO, M. BRAVO FERRER (a cura di), Comentarios a
la Constitucin Espaola, Madrid, 2008, .p. 2159 ss.; ID., Artculo 152.2, p. 2539 ss.; J. A. ALONSO DE
ANTONIO, Artculo 151. Procedimiento de acceso a la autonoma plena, in O. ALZAGA VILLAAMIL (a cura di),
Comentarios a la Constitucin Espaola, Madrid, 1999, XI, p. 359 ss.; J. RODRGUEZ-ZAPATA PREZ,
Artculo 152. Estructura institucional de las Comunidades Autnomas, ivi, p. 391 ss.
13 A questo elenco vanno aggiunti i referendum municipali. Cfr. E. MARTN, El Referndum y la consulta
populares en las Comunidades Autnomas y municipios, in Revista Vasca de Administracin Pblica, 94, 2012, p. 95 ss.
14 La legge 4 del 2010 si divide in 5 titoli; il primo si occupa della definizione della consultazione popolare per
via di referendum come uno strumento di partecipazione diretta ad individuare la volont popolare su di un
tema di particolare importanza, attraverso le modalit e le garanzia proprie del procedimento elettorale. Il
secondo, che si divide in tre capitoli, riguarda lambito, loggetto e le modalit della consultazione, a seconda
che liniziativa provenga dalle istituzioni o dal popolo. Su questa legge E. MARTN, La ley catalana de consulta
popular por va de referndum, in Deliberacin. Revista para la mejora de la calidad democrtica, 3, 2013, p. 59 ss.
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delle persone coinvolte, e dallaltro, il pregiudizio derivante dalla applicazione della legge.
Per i giudici costituzionali, il semplice riferimento alla crisi economica non in grado di
fondare la richiesta di sospensione. La legge, infatti, disciplina listituto del referendum,
senza indicare una richiesta referendaria specifica, per cui non possibile individuare un
pericolo concreto derivante delle disposizioni oggetto di impugnativa. Allo stesso tempo, lo
Stato viene garantito da eventuali pregiudizi derivati dal consultazione popolare attraverso il
potere di concedere lautorizzazione, che funge da controllo politico preventivo18.
Venuta meno la sospensione cautelare della legge, limpossibilit giuridica di indire un
referendum, a causa dellassenza di questa autorizzazione, ha aperto il dibattito sulle vie
percorribili per giungere comunque ad una pronuncia popolare. Prima di affrontare le
molteplici soluzioni offerte dalla dottrina alla richiesta del popolo catalano di decidere sul
proprio futuro politico, ad al fine di seguire il confronto tra le diverse posizioni sul punto,
opportuno ricordare la giurisprudenza del Tribunal Constitucional che ha avuto modo di
intervenire su alcune questioni collegate al caso catalano.
Nella sentenza n. 103 del 2008, ad esempio, il Tribunal si occupa del ricorso sollevato dal
Governo statale contro la legge dei Paesi Baschi n. 9 del 2008, del 27 giugno, avente ad
oggetto la regolazione e la convocazione di una consultazione popolare sullapertura di un processo di
negoziazione per raggiungere la pace e la normalizzazione politica. Tale legge, diversamente da
quella catalana, regola ed, allo stesso tempo, indice uno specifico referendum consultivo 19.
Questa normativa viene impugnata perch considerata in contrasto con la Costituzione
sotto pi profili; da un lato, violerebbe gli artt. 1, secondo comma, 2, e 168 Cost., perch
riconosce un soggetto politico sovrano distinto dal popolo spagnolo, senza aver attivato il
processo di revisione costituzionale; dallaltro lato, eluderebbe gli artt. 149.1.32 e 92 Cost.
Il Tribunal afferma: As pues, ante la existencia de un pleno control directo por parte del Estado, expresado en la
necesidad de obtener la mencionada autorizacin, no es posible apreciar los perjuicios que segn el Abogado del Estado sufrira el
inters general, pues, sin entrar ahora en el problema competencial planteado acerca de si la Comunidad Autnoma de Catalua
tiene o no competencia para regular los referenda, es claro que, en todo caso, la viabilidad de tales consultas depende
directamente de la decisin que el Estado adopte al respecto en ejercicio de la competencia de autorizacin que no est puesta en
cuestin en el presente proceso constitucional. Consultas respecto a las cuales, por lo dems, tampoco se ha aportado dato alguno
que permita constatar que se hayan iniciado o pretendan iniciarse los trmites conducentes a su convocatoria.
19 Su questa decisione cfr. la inchiesta: Sera constitucional el referndum vasco?, in Teora y realidad constitucional, 23,
2009, p. 15 e ss. con interventi dei professori A. BAR CENDN, F. DE CARRERAS SERRA, M.
CARRILLO LOPEZ, E. FOSSAS ESPADALLER, J. A. MONTILLA MARTOS, I. TORRES MURO. Si
vedano anche i commenti di A. LPEZ BASAGUREN, Sobre el referndum y Comunidades autnomas. La ley vasca
de la consulta ante el Tribunal Constitucional (consideraciones con motivo de la STC 103/2008), in REAF, 9, 2009, p.
202 ss.; A. IBEZ MACAS, Los referendos regional y local en el Estado autonmico. Sus bases y lmites
constitucionales, in Revista Vasca de Administracin Pblica, 97, 2013, p. 97 ss.
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secondo il Tribunal, non pu che coinvolgere tutto il popolo spagnolo nelle forme sancite
per la revisione costituzionale, in base allart. 168 Cost., che vede lintervento sia delle Cortes
Generales, sia del popolo, mediante un referendum di ratifica.
Questa pronuncia ricorda, seppur con le dovute differenze, la sentenza della nostra Corte
costituzionale n. 496 del 2000, avente a oggetto la legge della Regione Veneto sul
Referendum consultivo in merito alla presentazione di proposta di legge costituzionale per lattribuzione
alla Regione Veneto di forme e condizioni particolari di autonomia. La Corte, accogliendo la
questione, afferma che nel nostro sistema le scelte fondamentali della comunit nazionale,
che ineriscono al patto costituzionale, sono riservate alla rappresentanza politica, sulle cui
determinazioni il popolo non pu intervenire se non nelle forme tipiche previste dallart.
138 della Costituzione. Il popolo chiamato a partecipare attraverso il referendum dellart.
138 non disegnato dalla Costituzione come il propulsore della innovazione
costituzionale25. La legge regionale, inoltre, configura una sorta di scissione: come se non
esistesse un solo popolo, che d forma allunit politica della Nazione e vi fossero invece
pi popoli; e quasi che, in particolare, al corpo elettorale regionale potesse darsi
lopportunit di una doppia pronuncia sul medesimo quesito di revisione: una prima volta,
preventivamente, come parte scorporata dal tutto, in fase consultiva, ed una seconda volta,
eventuale e successiva, come componente dellunitario corpo elettorale nazionale, in fase di
decisione costituzionale (punto 5 del considerato in diritto) 26 . La natura consultiva del
referendum non ha inciso sul ragionamento della Corte, non essendo in grado di
depotenziare limpatto sistemico della consultazione, dal momento che la rappresentanza
Inoltre, ricorda la Corte, lintervento del popolo non a schema libero, poich lespressione della sua
volont deve avvenire secondo forme tipiche e allinterno di un procedimento, che, grazie ai tempi, alle
modalit e alle fasi in cui articolato, carica la scelta politica del massimo di razionalit di cui, per parte sua,
capace, e tende a ridurre il rischio che tale scelta sia legata a situazioni contingenti (punto 4.2. del considerato
in diritto).
26 Una questione diversa, ma che comunque richiama la nozione costituzionale di popolo la ritroviamo nella
decisione n. 170 del 2010 in cui la Corte costituzionale italiana valuta la legittimit costituzionale della legge
della Regione Piemonte 7 aprile 2009, n. 11, recante Tutela, valorizzazione e promozione del patrimonio linguistico del
Piemonte. In questa pronuncia la Corte afferma che non si pu consentire al legislatore regionale medesimo
di configurare o rappresentare, sia pure implicitamente, la propria comunit in quanto tale solo perch
riferita, sotto il profilo personale, allambito territoriale della propria competenza come minoranza
linguistica, da tutelare ai sensi dellart. 6 Cost.: essendo del tutto evidente che, in linea generale,
allarticolazione politico-amministrativa dei diversi enti territoriali allinterno di una medesima pi vasta, e
composita, compagine istituzionale non possa reputarsi automaticamente corrispondente n, in senso
specifico, analogamente rilevante una ripartizione del popolo, inteso nel senso di comunit generale, in
improbabili sue frazioni (punto 5 del considerato in diritto). Cfr. A. MORRONE, Avanti popolo.regionale!,
in Quad. Cost., 3, 2012, p. 615 ss.
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Cfr. anche lordinanza n. 403 del 2001, relativa ad un giudizio per conflitto di attribuzione sorto a seguito
della delibera del Consiglio regionale del Piemonte n. 23-27186 del 3 ottobre 2000, concernente Referendum
consultivo ai sensi dell'art. 60 dello Statuto. Il referendum avrebbe ad oggetto una proposta di legge da presentare
alle Camere ai sensi dell'art. 121 della Costituzione, sul "trasferimento alle Regioni delle funzioni statali in
materia di sanit, polizia locale, formazione professionale e di maggiori competenze in materia di
organizzazione scolastica, offerta di programmi educativi, gestione degli istituti scolastici". Per il Governo,
che poi rinuncia al ricorso, si avrebbe una violazione del procedimento di revisione costituzionale,
modificando il ruolo del popolo che pu operare soltanto quale istanza ultima di decisione, e comunque
tenderebbe a rafforzare inammissibilmente il potere di iniziativa legislativa attribuito a ciascuna regione
dallart. 121 della Costituzione.
28 Sulle differenze tra il caso catalano e quello veneto si veda, ad esempio, G. FERRAIUOLO, Due referendum
non comparabili, in Quaderni costituzionali, 3, 2014, p. 703 ss.
29 Cfr. Decreto 113/2013, del 12 febbraio, pubblicato in DOGC, num. 6315 del 14 di Febbraio del 2013.
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indipendentista, vengono riferiti anche i dati di alcune inchieste condotte negli anni 20002013, che mostrano un cambiamento nellatteggiamento assunto dalla cittadinanza catalana,
dopo la sentenza del Tribunal n. 31 del 2010 sullo Statuto. Tale decisone, infatti, segna un
punto decisivo nella storia delle relazioni tra la Catalogna e lo Stato spagnolo33. A partire da
I membri del Consiglio sono quasi tutti professori universitari: Carles Viver i Pi-Sunyer, Presidente,
Cattedratico di Dret nella Universitat Pompeu Fabra; Nria Bosch i Roca, Vicepresidente, Cattedratica di
Hisenda Pblica della Universitat de Barcelona; Enoch Albert i Rovira, Cattedratico di Dret Constitucional,
della Universitat de Barcelona; Germ Bel i Queralt, Cattedratico di Economia della Universitat de
Barcelona; Carles Boix i Serra, Cattedratico di Cincia Poltica della Universitat de Princeton (EUA); Salvador
Cards i Ros, dottore in Cincies Econmiques e professore di Sociologia della Universitat Autnoma de
Barcelona; ngel Castieira i Fernndez, direttore della Cattedra Lideratges i Governana Democrtica de l'Escola
Superior d'Administraci i Direcci d'Empreses; Francina Esteve i Garcia, professoressa associata di Dret
Internacional della Universitat di Girona; Joan Font i Fabreg, impresario; Rafael Grasa i Hernndez,
professore di Relacions Internacionals della Universitat Autnoma de Barcelona; Pilar Rahola i Martnez,
laureata in Filologia e scrittrice; Josep Maria Reniu i Vilamala, professor di Cincia Poltica della Universitat
de Barcelona; Ferran Requejo i Coll, Cattedratico di Cincia Poltica della Universitat Pompeu Fabra; Joan
Vintr i Castells, Cattedratico di Dret Constitucional della Universitat de Barcelona
31 I Rapporti elaborati dal Consiglio sono i seguenti: Informe 1. La consulta sobre el futur poltic de Catalunya;
Informe 2, L'administraci tributria de Catalunya; Informe 3,Les relacions de cooperaci entre Catalunya i l'estat
espanyol;Informe 4, Internacionalitzaci de la consulta i del procs d'autodeterminaci de Catalunya; Informe 5, Les tecnologies
de la informaci i de la comunicaci a Catalunya; Informe 6, Les vies d'integraci de Catalunya a la Uni Europea; Informe 7,
La distribuci d'actius i passius; Informe 8, Poltica monetria (euro), Banc Central i supervisi del sistema financer; Informe 9,
L'abastament d'aigua i energia; Informe 10, El procs constituent; Informe 11, Les relacions comercials entre Catalunya i
Espanya; Informe 12, Autoritats reguladores; Informe 13, Integraci a la comunitat internacional; Informe 14, Poder judicial;
Informe 15, Seguretat Social catalana; Informe 16, Successi d'ordenaments i administracions; Informe 17, Seguretat interna i
internacional de Catalunya; Informe 18, Viabilitat fiscal i financera d'una Catalunya independent. Sul tema della
relazione tra la Catalogna e lEuropa, cfr. A. GALN GALN, Secesin de Estados y pertenencia a la Unin
europea: Catalua en la encrucijada, in Le istituzioni del Federalismo, n. 1, 2013, p. 95; M. MEDINA ORTEGA, El
derecho de secesin en la Unin Europea, Madrid, Barcelona, Buenos Aires, 2014.
32Questo rapporto si pu leggere anche nel sito http://www.ara.cat/politica/inf_ARAFIL20140414_0002.pdf
33 Su questa sentenza cfr. la Encuesta: la STC 31/2010, sobre el Estatuto de Autonomia de Catalua, in Teora y
Realidad Constitucional, 27, 2011, p. 11 ss, con interventi dei professori R. BLANCO VALDS, R. CANOSA
USERA, F. DE CARRERAS SERRA, J. CORCUERA ATIENZA, M. CARRILLO LOPEZ, J. GARCA
ROCA, L. PAREJO ALONSO; si veda anche il Nmero Extraordinario de la Revista catalana de dret pblic, Especial
Sentencia 31/2010 del Tribunal Constitucional sobre el Estatuto de Autonoma de Catalua de 2006, 2010, che si apre
con Valoracin general de la Sentencia 31/2010 del Tribunal Constitucional, con interventi dei prof. E. ALBERT
ROVIRA, M. ANGEL APARICIO PREZ, X. ARBS I MARN, M. BARCEL, J. FERRET I JACAS, J.
TORNOS MAS, J. VINTR I CASTELLS, C. VIVER I PI-SUNYER.
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dello spirito di consenso che aveva fondato la Costituzione del 197836. Consenso che,
ricordiamolo, si era manifestato nellapprovazione dello Statuto in tre momenti distinti: con
la votazione da parte del Parlamento catalano, con lapprovazione, con emendamenti, da
parte della Cortes Generales, con la votazione referendaria. Il Consiglio per la transizione
individua un prima e un dopo nelle relazioni politiche tra lo Stato e la Catalogna, e lo
spartiacque rappresentato dalla sentenza n. 31 del 201037.
A queste considerazioni si associano poi quelle riferite alla legittimit politica della
consultazione in una democrazia liberale. La consultazione, si legge nel Rapporto,
rappresenta la risposta democratica ad una domanda con costanza proposta da un settore
rilevante della societ catalana e dai suoi rappresentanti politici che divenuta chiaramente
maggioritaria: potersi esprimere democraticamente sul futuro politico del paese. La
consultazione non un capriccio di una minoranza, ma il risultato di una mobilitazione
popolare continua, oltre che di un mandato chiaramente espresso dagli elettori nelle ultime
elezioni38.
Il diritto a decidere, infatti, lo ritroviamo, gi dal 1989, in diverse risoluzioni del Parlamento
catalano, che, prima in una forma molto generica, poi in termini sempre pi stringenti
richiamano il diritto della Catalogna a scegliere il proprio futuro. Successivamente, esso
accompagna le rivendicazioni legate al lungo processo di approvazione dello Statuto di
autonomia. Una caratteristica del diritto a decidere, non a caso, viene considerata la sua
provenienza dal basso, dai movimenti sociali, accolta, solo in un secondo momento, dalle
istituzioni politiche 39 . Molto probabilmente, tale espressione viene preferita a quella di
autodeterminazione perch pi congeniale a definire dei processi che si sviluppano
allinterno di contesti democratici, caratterizzati dalla presenza di una minoranza nazionale,
senza che venga in rilievo la liberazione dal giogo coloniale, propria dei fenomeni di
autodeterminazione40.
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G. ARANGIO RUIZ, Autodeterminazione (diritto dei popoli alla), in Enc. Giur. Treccani, IV, Roma, 1988; F.
LATTANZI, Autodeterminazione dei popoli, in Digesto disc. pubbl., Torino, 1987, vol. II, 4 ss.
42 Su questa distinzione cfr. D. HALJAN, Constitutionalising secession, Oxford, Portland, 2014, p. 81 ss.; anche la
voce Secession, in Stanford Encyclopedia of Philosophy, 2013 consultabile in http://plato.stanford.edu/entries/secession/;
A.
BUCHANAN,
Theories
of
Secession,
in
http://philosophyfaculty.ucsd.edu/FACULTY/RARNESON/BuchananTheoriesofSecession.pdf;
C.
MUELLER,
Secession
and
self-determination
Remedial
Right
Only
Theory
scrutinized,
in
http://www.polis.leeds.ac.uk/assets/files/students/student-journal/ug-summer-12/charlotte-mueller.pdf
43 J.M. VILAJOSANA, Principi democrtic, p. 183 ss. sottolinea che, anche se il diritto a decidere ingloba alcuni
elementi dellautodeterminazione, si possono tracciare alcune differenza tra questi due concetti; il primo, il
diritto a decidere, viene qualificato come un diritto individuale, mentre il secondo, lautodeterminazione, fa
riferimento ad una collettivit, ad un popolo; il primo si sviluppa in ambito nazionale, il secondo in ambito
internazionale; il primo si concreta nella richiesta di una consultazione, il secondo in una dichiarazione
unilaterale di indipendenza. Sul rapporto tra secessione ed autodeterminazione S. MACEDO, A.
BUCHANAN (a cura di), Secession and self-determination, New York, 2003, in particolare D. F.
ORENTLICHER, International responses to separatist claims: are democratic principles relevant?, p. 19 ss.
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Sulla secessione nelle democrazie avanzate, cfr. J. SORENS, Secessionism. Identity, Interest and strategy,
Montreal & Kingston, 2012, p. 74 ss. Una panoramica dei movimenti secessionisti nel mondo si ritrova in A.
PAVKOVIc, P. RADAN (a cura di), The ashgate research companion to secession, Surray, 2011, p. 455 e ss.
45 C. DE FIORES, Secessione e forma di Stato, in Secessione, cit., p. 96.
46 A. G. GAGNON, Ms all de la nacin unificadora: alegato a favor del federalismo multinacional, Oati, 2009, in cui
si riflette anche sul ruolo del federalismo asimmetrico, p. 47 ss.; Id., poca de incertidumbre. Ensayo sobre el
federalismo y la diversidad nacional, Valenzia, 2013, specialmente p. 25 ss.; R. MAIZ, F. REQUEJO (a cura di),
Democracy, Nationalism and Multiculturalism, Londra, 2005.
47 Cfr. A. G. GAGNON, poca de incertidumbre. Ensayo sobre el federalismo y la diversidad nacional, cit., p. 153 ss.;
M. CAMINAL, El federalismo pluralista. Del federalismo nacional al federalismo plurinacional, Barcellona, 2002.
48 Sulla relazione tra federalismo e democrazie plurinazionali cf. M. BURGESS, A. G. GAGNON (a cura di),
Democrcies federals, Barcellona, 2013; in particolare i contributi di M. BURGESS, A. G. GAGNON, Introducci:
federalisme i democrcia, p. 19 ss.; D. KARMIS, Uni en democrcies federals plurinacionals: Toqueville, Proudon i el buit
teric en la tradici federal moderna, p. 79 ss.; F. REQUEJO, Federalisme i democrcia. El cas de les nacions minoritries:
un dfict federalista, p. 387 ss. Su nazionalismo, autodeterminazione e federalismo, W. NORMAN, Negotiating
nationalism, nation-building, federalism, and secession in the multinational state, Oxford, 2008. Sul caso catalano, M.
GUIBERNAU, El Nacionalisme catal: franquisme, transici i democrcia, Barcellona, 2002; M. KEATING,
Naciones contra el Estado: el nacionalismo de Catalua, Quebec, y Escocia, Barcellona, 1996.
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uno debole) si vede lincidenza solo sul secondo del fattore fiscale52, laddove il primo risulta
impermeabile a questo dato, segno della natura complessa della rivendicazione
indipendentista. Il nazionalismo catalano, quindi, non si pu ridurre soltanto allemergere di
istanze egoistiche ed antisolidaristiche53 in unepoca in cui si intreccia la crisi economica
con quella politico-rappresentativa54, ma porta con s anche aspirazioni di rinnovamento
politico e di riconoscimento identitario.
4. Le cinque vie per lindipendenza secondo il Consiglio per la transizione
nazionale
Il derecho a decidir, come formulato in Catalogna, mette in questione lattuale struttura
territoriale e giuridica dello Stato spagnolo. La dottrina spagnola si divisa tra coloro che
ritengono ammissibile una pronuncia popolare di questo tipo e coloro che la ritengono
illegittima. La possibilit che una Comunit autonoma decida in merito alla sua
appartenenza allo Stato di origine, infatti, coinvolge una serie di questioni centrali del diritto
costituzionale, come la spettanza della sovranit, la nozione di popolo, la visione della
Costituzione come limite alle decisioni politiche della maggioranza e come fattore di
integrazione e tutela delle minoranze. Il dibattito attualmente presente in Spagna vede
contrapposti coloro che inquadrano il diritto a decidere tra gli strumenti di partecipazione
democratica e di esercizio delle virt civiche, e coloro che ne sottolineano la pericolosit e
la contrariet alla Costituzione. Il diritto a decidere, infatti, si pone al crocevia di diverse
norme costituzionali; da un lato, appare in linea con gli articoli 1, primo comma e 23 della
Costituzione, in cui si definisce come democratico lo Stato spagnolo e si riconosce il diritto
di partecipazione dei cittadini agli affari pubblici; dallaltro, sembra contraddire gli articoli 1,
secondo comma, e 2 della Costituzione, che affermano lappartenenza della sovranit al
popolo spagnolo e lindissolubile unit della nazione spagnola.
Per una ricostruzione di questo aspetto cfr. M. CORRETJA TORRENS, El derecho a decidir en clave econmica,
in L. CAPPUCCIO, M. CORRETJA TORRENS, El derecho a decidir, cit., p. 206 ss.
53 Si veda il dibattito suscitato dallintervento del prof. WEILER sul caso catalano in Catalonian Independence and
the European Union, in http://www.ejiltalk.org/catalonian-independence-and-the-european-union a cui ha fatto seguito la
replica del prof. N. KRISH, Catalonias Independence: A Reply to Joseph Weiler sullo stesso sito.
54 Fa riferimento alla presenza di tre crisi, finanziaria, politico-rappresentativa e nazionale-territoriale, J.M.
CASTELL ANDREU, Democracia, reforma constitucional y referndum de autodeterminacin en Catalua, in E.
LVAREZ CONDE, C. SOUTO GALVN ( a cura di), El Estado autonmico en la perspectiva del 2020, Madrid,
2013, p. 172.
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legittimit alla posizione di una sola parte, proprio perch titolare della lotta democratica57.
Il principio democratico cio non pu prescindere dal rispetto dei limiti previsti in
Costituzione, che rappresentano una garanzia per tutte le parti, e non solo per una di esse;
un principio democratico, in sostanza, che si sviluppa dentro e non al di l della
Costituzione.
Tornando al referendum, lart. 92 Cost. prevede la possibilit di indire una consultazione
popolare de todos los ciudadanos. Allo stesso modo, la legge organica, adottata per la sua
concretizzazione (legge 2 del 1980, del 18 gennaio), omette la disciplina di un referendum
parziale, a cui partecipano solo i cittadini di una Comunit Autonoma. In base alla lettura
offerta di queste disposizioni, la dottrina si divisa tra coloro che ritengono ammesso o
precluso un referendum consultivo diretto ai soli cittadini catalani. I primi, ad esempio,
sottolineano che lart. 92 Cost. non contiene un espresso divieto di referendum parziale:
lart. 92 chiama a votare tutti i cittadini, e non di tutti i cittadini spagnoli58. A favore di
questa ricostruzione militerebbe anche la scelta costituzionale di imporre lautorizzazione
statale per lindizione del referendum (art. 149.1.32 Cost.). Il controllo politico sul
referendum acquista senso se riferito alle richieste provenienti dalle autonomie. Lo Stato
cio viene investito di questo controllo, inusuale nel diritto comparato59, perch liniziativa
pu essere assunta anche dalle Comunit Autonome. Seguendo questa prospettiva, si
potrebbe modificare la legge organica per inserire anche il referendum consultivo
autonomico e dare copertura legale allo svolgimento della consultazione.
LInstitut prende in considerazione anche le argomentazioni sviluppate dal Tribunal
Constitucional nella sentenza n. 103 del 2008, per negare la legittimit della legge basca sulla
consultazione popolare (supra par. 2). Nel Rapporto si sostiene che lunit della nazione e la
sovranit del popolo spagnolo non verrebbero toccati dalla pronuncia dei cittadini catalani,
ma solo eventualmente da una successiva riforma costituzionale a cui parteciperebbero
tutte le istituzioni statali e lintero popolo60. Diversamente, la soluzione che vuole che tutti
cittadini dello Stato siano chiamati ad esprimersi sul futuro della Catalogna, attraverso un
Cos C. UNGUREANU, Las dos caras del nacionalismo independentista, in El Pas, del 31 ottobre 2014.
Tra gli autori che ritengono possibile un referedum territorale in base allart. 92 Cost, cfr. A. LPEZ
BASAGUREN, La secesin de territorios en la Constitucin espaola, in Revista de Derecho de la Unin Europea, 25,
2013, p. 102; una posizione di apertura la ritroviamo anche in alcuni articoli di stampa, cfr. F. RUBIO
LLORENTE in Un referndum para Catalua, in El Pas. 8 ottobre 2012; F. DE CARRERAS Un referndum?,
in La Vanguardia. 20 settembre 2012.
59 E. MARTN, Notas sobre el referndum autonmico en Espaa, cit., p. 86.
60 Rapporto, p. 408-409.
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del 2010 del 6 luglio, il Consiglio ha valutato la compatibilit costituzionale di una richiesta
di referendum, in cui la domanda posta agli elettori era la seguente: Con la finalit che il
Parlamento della Catalogna porti a termine le iniziative necessarie per rendere effettiva la
volont popolare, daccordo che la Nazione Catalana diventi uno Stato di diritto,
indipendente, democratico e sociale integrato nellUnione europea? 64 . Il Consiglio
risponde con un parere di segno negativo, perch non si pu forzare il Parlamento a fare
uso delle sue prerogative (anche se il referendum formalmente mantiene il suo carattere
consultivo, art. 12 LCR) e, pertanto, lattivit dei promotori si deve limitare allambito
stretto delle competenze della Generalit, che, con carattere generale, si stabiliscono nel
titolo IV dello Statuto 65 . Solo il Parlamento catalano, in sostanza, senza una previa
iniziativa referendaria provenente dal popolo, pu decidere se cominciare il procedimento
di revisione costituzionale. Il referendum autonomico sulla proposta di revisione
costituzionale unisce pertanto due istituti, tenuti distinti dalla Costituzione, che non
attribuisce al popolo liniziativa della revisione66.
La modifica della Carta fondamentale viene considerata da diversi autori come possibile
soluzione alla questione catalana, poich, ricordiamolo ancora una volta, non incontra limiti
sostanziali. Come ha affermato il Tribunal Consitucional la Costituzione spagnola, a
differenza di quella francese o tedesca, non esclude la possibilit di riforma di nessuno dei
suoi precetti, n sottomette il potere di revisione costituzionale a maggiori limiti espressi che
quelli strettamente formali o procedimentali67. La riforma della Costituzione, non a caso,
inserita dallInstitut tra le possibili vie legali per raggiungere lindipendenza, anche se,
levidente mancanza di un accordo politico tra lo Stato spagnolo e la Catalogna, rende
questa strada difficilmente percorribile. Allo stesso tempo, lavvio di un processo di
riforma, attraverso la presentazione di un progetto, avrebbe il merito di incanalare il
dibattito allinterno delle istituzioni nazionali su di una proposta concreta. Le diverse forze
politiche sarebbero cos chiamate a intervenire ed a contribuire a delineare il futuro dello
Stato spagnolo, entrando nel merito dei problemi sollevati e delle possibili soluzioni, che
Lart. 24 della legge 4 del 2010, infatti, attribuisce ad un decimo dei deputati o a due gruppi parlamentari la
possibilit di chiedere un parere al Consiglio di garanzia sulla compatibilit costituzionale e statutaria di una
consultazione di iniziativa popolare.
65 Parere 15 del 2010, p. 17.
66 J. M. CASTELL ANDREU, Democracia, reforma constitucional, cit., p. 198.
67 STC 48/2003, del 12 di marzo, FJ 7.
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non necessariamente dovrebbero condurre alla rottura, potendosi giungere alla riforma
dello Stato delle autonomie.
La revisione costituzionale, peraltro, stata valorizzata anche dallintervento del Tribunal
Constitucional. In un momento di grande tensione e aperto contrasto, i giudici costituzionali
si sono pronunciati sulla Risoluzione del Parlamento catalano sul diritto a decidere
(Declaracin de soberana y del derecho a decidir del pueblo de Catalua, supra par.1) 68 . Nella
sentenza n. 42 del 2014 hanno ritenuto incompatibile con la Costituzione laffermazione di
un soggetto sovrano (il popolo catalano) diverso dal popolo spagnolo, che ne unico
titolare, in maniera esclusiva ed indivisibile, ex art. 1, secondo comma, Cost. 69 . La
Risoluzione, invece, conferisce ad un soggetto parziale il potere di rompere quello che la
Costituzione dichiara come suo fondamento, ossia la indissolubile unit della nazione
spagnola. Nella sua pregressa giurisprudenza, il Tribunal aveva gi avuto modo di
affermare che gli artt. 1 e 2 della Costituzione partono dalla unit della Nazione spagnola
che si costituisce in stato sociale e democratico di diritto, i cui poteri emanano dal popolo
spagnolo in cui risiede la sovranit nazionale 70 . Lo Stato autonomico cio non il
risultato di un patto tra istanze territoriali storiche che conservano dei diritti anteriori alla
Costituzione e superiori ad essa, ma una norma del potere costituente che si impone con
Per una critica a questa decisione, E. FOSSAS ESPADALER, Interpretar la poltica. Comentario a la STC
42/2014, de 25 de marzo, sobre la Declaracin de soberana y el derecho a decidir del pueblo de Catalua, in Revista espaola
de derecho constitucional, 2014, p. 273 ss. La sentenza stata esaminata anche dalla dottrina italiana cfr. R.
IBRIDO, In nome del popolo spagnolo. Il Tribunale costituzionale e la Dichiarazione si sovranit del Parlamento catalano,
in www.diritticomparati.it; S. RAGONE, Il Tribunale costituzionale spagnolo e la dichiarazione di sovranit del
Parlamento catalano dopo limpugnazione del Governo, in www.dirittiregionali.it; L. FROSINA, Il c.d. derecho a decidir nella
sentenza 42/2014 del Tribunale Costituzionale spagnolo sulla dichiarazione di sovranit della Catalogna, in Federalismi.it,
10/2014.
69 STC n. 42 del 2014 del 25 marzo, FJ3. Si pu anche in questo caso fare un parallelismo con la sentenza 375
del 2007 sulla legge della Regione autonoma della Sardegna 23 maggio 2006, n. 7 (Istituzione, attribuzioni e
disciplina della Consulta per il nuovo statuto di autonomia e sovranit del popolo sardo), della nostra Corte costituzionale.
In questa pronuncia i giudici costituzionali sottolineano che ancora preliminare la constatazione che la
legge in parola utilizza il termine sovranit per connotare la natura stessa dellordinamento regionale nel
rapporto con lordinamento dello Stato, nella diversa accezione del necessario riconoscimento alla Regione
interessata di un ordinamento adeguato ad una situazione anche di sovranit (implicitamente asserita come
esistente o comunque da rivendicare). Mentre la sovranit interna dello Stato conserva intatta la propria
struttura essenziale, non scalfita dal pur significativo potenziamento di molteplici funzioni che la Costituzione
attribuisce alle Regioni ed agli enti territoriali. Del resto, quanto alle Regioni a statuto speciale, lart. 116 Cost.
non stato modificato nella parte in cui riconosce alle stesse forme e condizioni particolari di autonomia
secondo i rispettivi statuti speciali adottati con legge costituzionale. La legge costituzionale 18 ottobre 2001,
n. 3, quindi, non ha inserito nellordinamento uninnovazione tale da equiparare pienamente tra loro i diversi
soggetti istituzionali che pure tutti compongono lordinamento repubblicano, cos da rendere omogenea la
stessa condizione giuridica di fondo dello Stato, delle Regioni e degli enti territoriali (considerato in diritto
punti 6-8).
70 STC, 4/1981, FJ 3; ripresa successivamente anche nella sentenza 247/2007, FJ 4 a.
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forza vincolante generale nel suo ambito, senza che rimangano fuori di essa situazioni
storiche anteriori71. Lordinamento iberico, quindi, basandosi sul principio fondamentale
per cui la sovranit appartiene al popolo spagnolo, vieta alle Comunit autonome di
convocare unilateralmente un referendum per decidere la loro integrazione nello Stato72.
Il derecho a decidir de los ciudadanos de Catalua, invece, viene configurato non tanto come un
diritto allautodeterminazione, o una manifestazione di sovranit, ma come una
aspirazione politica a cui solo si pu giungere attraverso un procedimento conforme alla
legalit costituzionale e con il rispetto dei principi di legittimit democratica, pluralismo e
legalit. In questo quadro, il Tribunal ricorda che la superiorit della Costituzione non deve
essere confusa con la richiesta di una adesione positiva ai suoi contenuti, perch
lordinamento spagnolo non accoglie un modello di democrazia militante, ossia un
modello in cui si impone non gi il rispetto, ma ladesione positiva allordinamento e, in
primo luogo, alla Costituzione73. I giudici costituzionali, infatti, ribadito che il potere di
revisione non incontra limiti materiali assoluti, richiamano i principi di lealt e di reciproco
ausilio da parte dei pubblici poteri, che impongono al Parlamento spagnolo, nel caso in cui
una Comunit Autonoma, nellesercizio della competenza attribuitagli dalla Costituzione,
dia impulso al processo di riforma della Costituzione, di prendere in considerazione la
proposta avanzata. Il Tribunal, una volta riportato il diritto a decidere allinterno delle
aspirazioni politiche che possono essere legittimamente perseguite allinterno della
Costituzione, ritiene che la Dichiarazione del parlamento catalano, almeno per questa parte,
non sia in contrasto con la Carta fondamentale.
Questa sentenza, se, da un lato, respinge le affermazioni collegate alla sovranit del popolo
catalano, dallaltro, valorizza la revisione costituzionale come sede di dialogo e di
confronto, necessario per uscire dallattuale situazione di stallo, che vede un constante
scontro tra i rappresentati politici nazionali e locali, senza una chiara via duscita. Il
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genus?
Dopo circa cinque mesi dalla sentenza del Tribunal sulla Dichiarazione di sovranit, il
Parlamento catalano ha adottato la legge 10 del 2014, del 26 di settembre sulle
Consultazioni popolari non referendarie e altre forme di partecipazione cittadina. La strada prescelta,
quindi, non stata la riforma costituzionale, ma, ancora una volta, la convocazione di una
consultazione diretta del popolo75. Nellimpossibilit di svolgere un referendum, nazionale
o autonomico, lo strumento in concreto individuato dalle istituzioni catalane per portare
avanti il procs sobiranista stata una consultazione popolare non referendaria76.
La possibilit di distinguere tra consultazioni referendarie e non referendarie si basa sullart.
122 dello Statuto e sulla interpretazione fornitane dalla sentenza del Tribunal Constitucional n.
31 del 2010 77 . Lart. 122 dello Statuto, come ricordato, attribuisce alla Generalitat la
competenza a disciplinare le varie forme di consultazione popolare, con eccezione di
quanto previsto nellart. 149.1.32. Secondo il Tribunal, tale disposizione, escludendo
lapplicazione della norma costituzionale sul referendum, esclude la competenza
Sulle tensioni attualmente presenti nel modelo terrioriale spagnolo e sulle riforme A.A.V.V. El Estado
autonmico, Actas de las XI jornadas de la asociacin de letrados del Tribunal Constitucional, Madrid, 2006; E.
LVAREZ CONDE, C. SOUTO GALVN (a cura di), El Estado autonmico en la perspectiva del 2020, cit., in
particolare M. Vivancos Comes, Efecto Lampedusa y estado autonmico. La reforma racionalizadora que no llega, p.
263 ss.; E. SENZ ROYO, Desmontando mitos sobre el estado autonmico: para una reforma constitucional en serio,
Madrid, Barcelona, Buenos Aires, 2014, E. Aja, Estado autonmico y reforma federal, Madrid, 2014.
75 La legge n. 10 del 2014 stabilisce il regime giuridico ed il procedimento per la convocazione di
consultazioni popolari e di altri meccanismi di partecipazione, considerati strumenti di conoscenza della
posizione e delle opinioni della cittadinanza in relazione a qualsiasi aspetto della vita pubblica, nellambito
delle competenze della Generalitat. La legge si configura come applicazione degli artt. 29, comma sei, e 122
dello Statuto che fanno riferimento, il primo, alla competenza della Generalitat a promuovere la convocazione
di consultazioni popolari; il secondo, agli strumenti di partecipazione democratica come le inchieste le
udienze pubbliche, i forum di partecipazione e qualsiasi altro strumento di consultazione popolare. Anche
altri Statuti, peraltro, hanno previsto una competenza in materia di consultazioni popolari, che non
richiedono lautorizzazione statale (questo il caso, ad esempio, di Andaluca, Aragn ed Extremadura).
76 Sulla distinzione tra questi due tipi di consultazione popolare, cfr. J.M. CASTELL ANDREU, Consulta
populares no referendarias en Catalua Es admisible constitucionalmente un tertium genus entre referndum e instituciones de
participacin ciudadana?, in Revista Aragonesa de Administracin Pblica, XIV, Zaragoza, 2013, p. 121 ss.
77 Cfr. J. M. CASTELL ANDREU, Las consultas populares en la Sentencia 31/2010 sobre el Estatuto de Autonoma
de Catalua, in E. LVAREZ CONDE, C. ROSADO VILLAVERDE (a cura di), Estudios sobre la Sentencia
31/2010, de 28 de junio, del Tribunal Constitucional sobre el Estatuto de autonoma de Catalua, Madrid, 2011, p. 197
ss.
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autonomica su questa materia, che rimane saldamente nelle mani dello Stato, mentre
rimette tutto ci che non da ascrivere a tale istituto alla competenza territoriale78.
La differenza tra la consultazione prevista dalla legge 10 del 2014 e il referendum
consultivo disciplinato dalla legge catalana n. 4 del 2010 stata oggetto di un acceso
dibattito tra i costituzionalisti, che si sono interrogati sulle differenze esistenti tra queste
due modalit di intervento diretto dei cittadini. La divergenza di vedute ben rappresentata
dal parere 19/2014 del Consiglio di garanzia statutaria, che ha analizzato la compatibilit
costituzionale e statutaria del disegno di legge sulle consultazioni non referendarie 79. In
questo parere sono presenti ben 4 voti discordanti, segno della discussione e della divisione
della comunit scientifica su questo tema80.
Gli argomenti portati a favore della possibilit di differenziare i due istituti sono i seguenti:
il referendum espressione del diritto di partecipazione politica ex art. 23 della
Costituzione e chiama in causa al corpo elettorale; la consultazione, invece, si inscrive
allinterno dei fenomeni partecipativi, e non interroga il corpo elettorale. Questi elementi
erano gi stati elaborati dal Tribunal Consitucional allinterno della sentenza n. 103 del 2008,
sulla consultazione popolare indetta dai paesi Baschi sul processo di negoziazione politica
con lo Stato spagnolo. Come abbiamo gi ricordato (supra par. 2), in quella pronuncia il
Tribunal ha sottolineato che il referendum una specie del genere consultazione popolare,
anche se non serve a raccogliere lopinione di qualunque collettivit su qualsiasi questione
di interesse pubblico mediante qualunque tipo di procedimento, ma si configura come una
consultazione il cui oggetto si riferisce strettamente allapparizione del corpo elettorale
[] conformato ed esteriorizzato attraverso un procedimento elettorale, basato cio sul
censo, gestito dallamministrazione elettorale e tutelato con garanzie giurisdizionali
specifiche, sempre in relazione con questioni pubbliche la cui gestione, diretta o indiretta,
mediante esercizio del potere politico da parte dei cittadini costituisce loggetto del diritto
fondamentale riconosciuto dalla Costituzione allart. 2381.
Per il Consiglio di garanzia statutaria, daccordo con la posizione assunta dal Tribunal
Constitucional, la legge basca, che regolava un caso specifico, convocando la consultazione,
ed includendo al suo interno anche la forma concreta che assumeva la domanda al corpo
STC 31/2010 del 28 giugno, FJ 69.
Parere 19 /2914 del 19 di agosto.
80 I voti discordanti sono di P. JOVER PRESA, E. AJA, M. CARRILLO, C. JAUME FERNANDEZ.
81 STC 103/2008, FJ2, che richiama la sentenza 119 del 1995, del 17 luglio.
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Parere, p. 33.
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libero, uguale, diretto e segreto85. Lart. 122 dello Statuto, infatti, evocando le inchieste, le
udienze pubbliche, i forum di dibattito, fa riferimento a forme di partecipazione collettiva e
non individuale, che non chiamano in causa la volont generale. Lattribuzione del diritto di
voto a pi persone, quindi, non in grado di alterare la natura del soggetto che viene
consultato (il corpo elettorale).
istituzioni catalane dopo questa votazione si ritrova sempre allinterno dei rapporti del
Consiglio di transizione nazionale e dellInstitut dEstudis Autonmics, che individuano
unultima ratio: le elezioni plebiscitarie. Seguendo questa ultima via, il Presidente della
Generalitat scioglie in maniera anticipata il Parlamento e convoca le elezioni. Alle elezioni i
partiti si presentano al corpo elettorale ponendo come elemento centrale del proprio
programma la questione dellindipendenza catalana. I risultati elettorali vengono letti come
una indiretta pronuncia popolare sullindipendenza; nel caso in cui la maggioranza degli
elettori abbia votato a favore, il nuovo Parlamento potrebbe adottare anche una
dichiarazione unilaterale di indipendenza che linizio dei processi di secessione.
Lelezioni plebiscitarie sono inserite da Duverger tra le caratteristiche delle dittature,
essendo spesso collegate alla presenza di un candidato unico, accettato o respinto dal voto
Nel suo voto particolare, ad esempio, il prof. CARRILLO sottolinea che il referendum chiama in causa il
corpo elettorale attraverso il voto, mentre le altre forme di partecipazione (deliberazioni, inchieste, udienze
pubbliche ecc) sono una manifestazione dellopinione della cittadinanza per vie diverse dal voto, p. 126.
86 Decreto 129/2014 del 27 settembre, pubblicato in DOGC, num. 6715, del 27 Settembre de 2014
87 Ricorso n. 5829-2014.
88 Comunicato del Pleno del Tribunal Constitucional, del 29 settembre 2014
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popolare, con cui si ratifica una posizione di comando89. Anche Pasquino le definisce come
elezioni totalmente personalizzate in cui un capo, un leader mira a rafforzare il proprio
ruolo90. Nella sua ricostruzione, per, si distinguono i plebisciti che prendono la forma del
referendum (sulla forma di Stato, sullapprovazione della Costituzione, sulla secessione)91.
Come le elezioni plebiscitarie, che sono destinate alla scelta di un soggetto, di un capo, la
votazione catalana verterebbe su di un solo punto del programma dei partiti, da accettare o
respingere. In Catalogna, per, le elezioni plebiscitarie, nellintento dei promotori,
sarebbero sostitutive del referendum, una forma di decisione diretta attraverso uno
strumento previsto per la democrazia indiretta. Non si tratta cio di ratificare una leadership,
o un partito unico, ma di un espediente per permettere comunque un voto da parte dei
cittadini, con le garanzie ed i controlli del procedimento elettorale, sullindipendenza.
Questo imporrebbe a tutti i partiti di prendere una posizione chiara sul tema e
consentirebbe di poter avere dei numeri chiari in merito al sostegno popolare al procs
sobiranista.
M. DUVERGER, I sistemi politici, Roma-Bari, 1978, p. 509 ss., in cui sottolinea, quando parla delle elezioni
plebiscitarie, che nei paesi socialisti le elezioni si svolgono in modo molto diverso da quelle delle democrazie
occidentali: gli elettori non possono scegliere un candidato, ma devono dire se sono o meno daccordo
sullunico candidato presentato.
90 P.
PASQUINO, Plebiscitarismo, in Enciclopedia delle scienze sociali, 1996, versione on-line
http://www.treccani.it/enciclopedia/plebiscitarismo_(Enciclopedia_delle_scienze_sociali)/
91 P. PASQUINO, Plebiscitarismo, cit., afferma se si esula dal problema dell'insediamento, della conferma
ovvero del rafforzamento della leadership politica personale, il plebiscitarismo come tecnica elettorale, che
sarebbe comunque meglio analizzare sotto forma di referendum popolare, viene abitualmente utilizzato in tre
casi che sono quelli ricordati nel testo. Come esempi vengono riportati il plebiscito del 2 giugno 1946 in
Italia e quello del dicembre 1974 in Grecia, sulla forma di Stato; i referendum costituzionali francesi, con i
quali venne rigettata la prima Costituzione della Quarta Repubblica nel maggio 1946, sulla riforma
costituzionale; il referendum sullindipendenza del Qubec, del 31 ottobre 1995, sulla secessione. Per lAutore
In tutti questi casi, il termine plebiscito usato in maniera intercambiabile con quello di referendum.
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Il questionario
Le vicende ricostruite nellintroduzione denotano un quadro complesso e ricco di
incognite.
Si chiesto a osservatori privilegiati della realt catalana di rispondere alle tre domande
riportate di seguito, che toccano questioni a nostro avviso cruciali per lanalisi delle
dinamiche in atto.
A questo dibattito virtuale sono intervenuti costituzionalisti (in prevalenza), comparatisti e
politologi, per favorire un inquadramento multidisciplinare del tema. Si cercato inoltre di
coinvolgere studiosi (alcuni dei quali ricoprono - o hanno ricoperto - importanti incarichi
istituzionali) con sensibilit e impostazioni diverse, al fine di offrire una visione il pi
possibile plurale: le loro risposte mostrano, in effetti, valutazioni non coincidenti, in taluni
casi contrapposte.
doveroso esprimere un ringraziamento agli interpellati che, accettando il nostro invito e
mantenendo il loro impegno con rigore e puntualit, hanno permesso di portare a termine
liniziativa. La loro disponibilit al dibattito tanto pi preziosa perch si manifesta su un
tema difficile e potenzialmente assai divisivo.
Laura Cappuccio
Gennaro Ferraiuolo
***
1) Esistono, allo stato, strumenti giuridici in grado di consentire lo svolgimento di una consultazione
popolare sullindipendenza della Catalogna, nel rispetto della legalit costituzionale?
In caso di risposta affermativa, quale modalit avrebbe, a suo avviso, maggiori possibilit di
concretizzazione?
Se ritiene non sussista alcuna via legale, che tipo di risposte pensa debbano offrirsi alle rivendicazioni
manifestate da gran parte dei partiti e dei cittadini catalani? Come valuta la posizione di chiusura del
Governo spagnolo?
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2) Di recente sono emerse, in differenti Stati, rivendicazioni di natura secessionista, che vanno dunque ben
oltre le aspirazioni di autogoverno e di decentramento. Accanto ai noti casi della Catalogna e della Scozia,
anche in Italia tornano ad esempio a manifestarsi progetti che guardano nella medesima direzione: il caso
della legge della regione Veneto n. 16/2014 (Indizione del referendum consultivo sullindipendenza del
Veneto).
possibile affermare una specificit della realt catalana e delle rivendicazioni ad essa legate? Come si
manifesta questa specificit sul piano storico, politico, culturale e costituzionale? Questa specificit pu
riflettersi, in qualche modo, anche sullinquadramento giuridico dei processi in atto?
3) In Europa sono sorti, negli ultimi anni, movimenti politici in radicale contrapposizione ai partiti
tradizionali, che si fanno portatori di nuove istanze partecipative. La controversa nozione di diritto a
decidere, spesso utilizzata con riferimento alle vicende catalane, pu iscriversi nel quadro delle tensioni tra
democrazia rappresentativa e democrazia partecipativa? Su tali aspetti, sono sufficienti le consolidate
categorie di analisi o necessario ripensarne di nuove?
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1) Nella breve storia costituzionale spagnola si detto fino alla nausea che lunica risposta
vincolante, in un sistema accentrato di giustizia costituzionale, si basa esclusivamente sul
Tribunal constitucional (TC). Questa impostazione deve essere intesa oramai diacronicamente,
dal momento che l'integrazione spagnola nell'Unione europea e l'impatto delle sentenze
della Corte europea dei diritti dell'uomo (CEDU) non potevano essere previste verso la
fine degli anni Settanta; e, tuttavia, rappresentano oggi un fattore determinante nel caso che
ci riguarda. La sentenza Del Rio Prada contro Spagna del Tribunale di Strasburgo dimostra
l'importanza di questo organismo sulle questioni che possono essere definite come
politicamente trascendenti. Nella sentenza, la CEDU condanna la Spagna, che di
conseguenza deve cambiare diversi aspetti della sua politica penitenziaria, incidendo cos
sul processo di pace nei Paesi Baschi.
Ora, se la risposta alla domanda dipende esclusivamente dalle decisioni del TC, essa non
pu che essere di segno negativo. Ci significa che lorgano che esercita un'unica ed
esclusiva giurisdizione speciale affermer che, per come impostato il quadro giuridicocostituzionale spagnolo allo stato attuale, non esiste nessuna modalit che permetta lo
svolgimento del referendum per l'indipendenza della Catalogna. Pertanto, il TC si limiter a
dire che, se si desidera eseguire una consultazione sul futuro politico della Catalogna,
necessario innanzitutto riformare la Costituzione. La mia previsione negativa si fonda su
diversi aspetti, tra cui: i recenti precedenti del TC; la strumentalizzazione politica
dellorgano e dell'interpretazione della Costituzione; la manifesta ostilit con cui il giudice
risolve sbrigativamente alcune questioni sensibili politicamente; e, infine, il modo in cui il
TC ha agito nel cosiddetto (e poco felicemente definito) problema catalano.
Questi aspetti per non trasformano il pronostico in certezza e, lo riconosco in anticipo,
contraddicono alcune letture pi ottimistiche del ruolo assunto dal TC. Ottimismo
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tipo identitario o che possono influire sulla struttura territoriale dello Stato, il TC non solo
non evita di pronunciarsi (come ci si aspetterebbe da un organo giurisdizionale neutrale su
questioni politiche), ma svolge un ruolo politicamente determinante.
La soluzione offerta dal TC nelle decisioni come quelle richiamate in precedenza motivata
esclusivamente da fini politici; la prevedibilit della maggior parte delle sue decisioni
"politiche" dimostrano questo fine. La riluttanza ad ammettere un gran numero di ricorsi di
amparo completamente alterata in caso di decisioni relazionate con gli interessi politici dei
partiti di maggioranza. Pertanto, si pu concludere che il TC soffre di una palese mancanza
di imparzialit quando si tratta di conflitti tra la sfera del potere statale e quella autonomica.
La stessa composizione e nomina inficia ab initio limparzialit del TC, in quanto dipende
esclusivamente dai maggiori partiti spagnoli, cui consegue una naturale presa di posizione a
favore degli interessi fondamentali centrali e non autonomici (che sono anchessi parte
dello Stato). In ogni caso, la "quota catalana" (cos denominata a Madrid) - una norma di
"soft law" per la quale, dei dodici membri del TC, uno deve essere catalano - non garanzia
di imparzialit, come stato pi volte dimostrato. Sulla base di tali premesse, non allora
difficile immaginare con quale neutralit si pronuncer il TC su di un caso che, per quanto
possa caratterizzarsi in senso democratico, inteso a Madrid come potenzialmente in grado
di determinare non solo l'indipendenza della Catalogna, ma addirittura la disgregazione
della Spagna, o la sua condanna economica per decenni.
ben noto, e la prassi costituzionale pi recente lo dimostra, che il costituente concep il
TC come lultima espressione della sovranit sulle questioni territoriali, assicurando cos
che la lettura della Costituzione ricadesse sempre nelle mani di coloro che garantiscono una
certa concezione dello Stato. In Germania, dove pure ritroviamo un controllo di
costituzionalit unico e accentrato da parte del Bundesverfassungsgericht, la nomina dei giudici
effettuata in parti uguali dal Bundestag (Parlamento) e il Bundesrat (Consiglio federale), che
una vera e propria camera di rappresentanza territoriale, diversamente da quanto accade,
invece, per il Senato spagnolo. Questo, attualmente, non ha nessuna rilevanza che non sia
la sua strumentalizzazione per perpetuare un sistema di controllo dei partiti sulle pi
importanti istituzioni politiche e giuridiche dello Stato, tra le quali si distingue, per la sua
rilevanza, il TC. In questo senso, l'esempio dell'articolo 155 CE, che pu portare alla
sospensione della autonomia, paradigmatico: si tratta di una delle rare eccezioni in cui il
Senato ha competenza esclusiva. Per intervenire sulla Comunit autonoma che non
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adempia agli obblighi previsti dalla Costituzione o da altre leggi, o agisca in modo
gravemente pregiudizievole per l'interesse generale della Spagna, la Costituzione richiede la
maggioranza assoluta, senza prevedere una doppia lettura parlamentare o l'azione del
Congresso (la Camera bassa, vero centro nevralgico del potere legislativo in Spagna). Ci
spiega perch le riforme rivolte alla soppressione della Camera alta, o alla sua
trasformazione in una vera Camera di rappresentanza territoriale, non riescono mai ad
attecchire.
Ma la situazione non sempre stata questa: lo Stato integral repubblicano (1931), ad
esempio, contemplava un Parlamento unicamerale e una parte dei motivi offerti dal
legislatore repubblicano spagnolo per giustificare l'esistenza di una sola camera era legato
allesistenza del Tribunale di garanzia costituzionale, che esercitava funzioni simili a quelle
di un ipotetico Senato per quanto riguarda l'equilibrio istituzionale tra poteri. Inoltre, il
Tribunale di garanzia costituzionale stato pi rispettoso rispetto allattuale TC nei
confronti della realt composita e complessa dello Stato spagnolo. Infatti, a partire dalla
riforma del 2007, i giudici proposti dal Senato sono scelti tra i candidati presentati dalle
Assemblee legislative delle Comunit autonome; risulta debole, quindi, il filtro che realizza
il Senato, in aggiunta al fatto che la Camera alta organo statale eletto su base provinciale e
non di Comunit autonoma. Ne discende una scarsa o nulla influenza delle Comunit
autonome nell'elezione dei giudici del TC.
Il TC composto da dodici membri, in carica per un periodo di nove anni, di cui quattro
sono nominati dal Congresso, quattro dal Senato, due dal governo dello Stato e gli altri due
da parte del Consiglio Generale del Potere Giudiziario (GCPJ), organo che esercita le
funzioni di governo della magistratura al fine di garantirne l'indipendenza. Ma la nomina
dei membri del GCPJ, tra i giudici e giuristi di riconosciuta esperienza, svolta anchessa da
Camera e Senato. Il Presidente del GCPJ nominato dal Consiglio nella sua riunione
costitutiva. Ancora: onnipresenza assoluta di partiti di ambito statale e nessun
riconoscimento alle Comunit Autonome nella composizione del TC.
Si pu a ragione affermare che, nel 1978, i rappresentanti politici catalani erano a
conoscenza di questi eccessi e che, per - almeno cos a me sembra - li giustificava il
carattere transitorio e di transazione che si attribuiva alla Costituzione: una visione che
considerava la Costituzione legge di partenza e non di arrivo. N si deve dimenticare la
reale situazione politica che esisteva in Spagna alla fine degli anni Settanta, e nei primi anni
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Ottanta, ben rappresentata dal tentativo di colpo di stato con la presa del Congresso dei
Deputati del 23 febbraio 1981, da parte del tenente colonnello Tejero e loccupazione della
citt di Valencia da parte dei carri armati, ordinata dal generale Milans del Bosch. Una
Costituzione redatta e approvata con la tutela del regime di Franco e con la costante
minaccia di un possibile colpo di stato non pu essere considerata come un documento
valido sine die. La Costituzione, si deve insistere, transitoria verso la democrazia, stata
riformata solo in due occasioni dal 1978, il che mostra la diversa interpretazione che viene
data alla natura temporanea del testo. La mancanza di un progetto di riforme costituzionali
e la paura di concepire la Costituzione come un documento vivo ed aggiornato, si deve in
parte alla falsa chiusura del processo transitorio-transazionale spagnolo.
Domandare se si vuole una repubblica o una monarchia in Spagna, o domandare quale la
struttura territoriale voluta dagli spagnoli, o autorizzare una consultazione come quella
proposta in Catalogna provoca il panico in alcune lites giuridiche, politiche, economiche e
sociali che hanno beneficiato dell'eredit di Franco. Il prezzo da pagare alto e comporta
tra gli altri effetti un elevato deficit democratico, la mancanza di dignit istituzionale
auspicabile in uno Stato di diritto, in cui non vi stata alcuna riconciliazione o riparazione e
dove ha prevalso, invece, la legge del silenzio, imposta dalla stessa amministrazione che
dovrebbe proteggere i cittadini. Per non parlare della violazione dei mandati delle Nazioni
Unite, come accade nella questione delle fosse comuni di rappresaglia da parte del regime
franchista; o l'esistenza di una legge de punto final che impedisce la difesa dei diritti umani
dei torturati e degli scomparsi. Con questa realt di fatto non sorprendente che coloro
che hanno votato contro la Costituzione, perch la consideravano troppo aperta (Partito
popolare, erede Alleanza Popolare) utilizzano oggi il testo per bloccare il cammino invece
di creare ponti; in questo scenario il TC svolge un ruolo di evidente seguito politico.
Un altro fattore che sembra far prevedere una certa reazione da parte del TC l'ostilit che
l'interprete ultimo della Costituzione ha mostrato con la sentenza 31/2010 sullo Statuto di
autonomia della Catalogna. Come prova di questa ostilit possiamo ricordare che
disposizioni simili a quelle considerate illegittime dello Statuto di autonomia della Catalogna
non sono state oggetto di pronunce contrarie nel caso di Statuti di altre comunit: una sorta
di opposizione selettiva per l'assunzione di competenze, a seconda di chi le richiede. Un
altro esempio di questa selezione e ostilit il polveroso e amaro dibattito politico e
identitario sul divieto di svolgere la corrida in Catalogna, mentre lo stesso divieto nelle
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Canarie passato completamente inosservato. Una forma di ostilit politica da parte del
potere legislativo ed esecutivo comprensibile, ma quando si tratta del TC sembra
eccessiva.
La ragione di questa ostilit si basa anche sul fatto che il TC si considera parte integrante
del blocco dello Stato centrale e non parte del blocco autonomico, ignorando il fatto che
anche
le autonomie sono parte dello Stato, e che, per esempio, il Presidente della
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propugna come valori superiori del suo ordinamento giuridico la libert, la giustizia,
l'uguaglianza politica e il pluralismo. Sia la Costituzione sia lo Statuto d'autonomia della
Catalogna sottolineano il ruolo del principio democratico, da inserire tra i propri valori
fondamentali. Il fatto che questo principio appaia nel primo articolo della Costituzione lo
rende anche un principio fondamentale e fondativo dello Stato. In questo senso, una
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rivendicazione che consiste nella richiesta di votare, senza carattere giuridico vincolante,
per conoscere il parere dei cittadini, sembra essere coperta da questo principio
fondamentale che definisce lo Stato spagnolo. Questa interpretazione appare in linea con la
concezione della democrazia espressa dalla decisione del 1998 della Corte Suprema
canadese sulla secessione del Qubec, in cui si afferma: Il voto di una maggioranza chiara
in Qubec su una chiara domanda a favore della secessione conferirebbe legittimit
democratica all'iniziativa secessionista che tutti gli altri partecipanti alla Confederazione
dovrebbero riconoscere. In Canada, la Costituzione non stata utilizzata come strumento
contro la volont di uno Stato della Confederazione, ma, al contrario, la Corte Suprema,
anche ritenendo che un referendum per l'autodeterminazione non rientrava nel quadro
costituzionale canadese, ha trovato un modo per bilanciare Costituzione e democrazia. La
posizione "legalista" delle istituzioni spagnole non ha favorito una migliore accettazione
della Costituzione. Il risultato che un testo, che enuncia diritti e libert fondamentali,
viene concepito da un ampio segmento della popolazione catalana come strumento per
imporre una visione politica di parte.
Un secondo argomento costituzionale che consentirebbe lo svolgimento di una
consultazione non referendaria legato al principio democratico di cui all'articolo 9.2 CE,
che prevede un mandato ai poteri pubblici per promuovere le condizioni perch la libert e
l'uguaglianza degli individui e dei gruppi in cui si integrano siano reali ed effettivi; nonch per
rimuovere gli ostacoli che impediscono o ostacolano la pienezza della loro realizzazione e
la partecipazione di tutti i cittadini alla vita politica, economica, culturale e sociale. Un
articolo che non ha precedenti nella storia costituzionale spagnola e dovrebbe essere
integrato con l'articolo 23.1 CE relativo al diritto dei cittadini di partecipare, direttamente o
attraverso rappresentanti liberamente eletti, negli affari pubblici.
Un terzo argomento costituzionale a favore di una consultazione non referendaria, nel
quadro costituzionale attuale, liniziativa avviata dal Parlamento catalano nella risoluzione
479/X, che propone di presentare al Parlamento spagnolo un progetto di legge organica
per delegare al governo catalano la competenza di indire un referendum sul futuro politico
della Catalogna. La risoluzione ha fatto seguito ad una precedente risoluzione sempre del
Parlamento catalano del 13 marzo 2013 per l'avvio di un dialogo con il governo spagnolo
per rendere possibile lo svolgimento di una consultazione sul futuro della Catalogna.
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2) La realt giuridica e politica italiana diversa da quella spagnola; l'Italia, infatti, non
soffre una transizione democratica mal chiusa, la paura di portare alla luce i fantasmi del
passato; dunque non chiude allo sviluppo di politiche democratiche prive di complessi.
Certo, la democrazia italiana ha i suoi problemi sistemici, ma lordinamento costituzionale e
democratico pi consolidato che in Spagna e sembra rispondere a determinate
rivendicazioni di sovranit in modo pi efficiente, affidabile e, soprattutto, meno
conflittuale. Pertanto, sorprendono alcune decisioni della Corte costituzionale, come la
sentenza. 365/2007 sullo statuto della Sardegna, o la impugnazione da parte del governo
alla legge del referendum consultivo per conoscere la volont degli elettori del Veneto sull
indipendenza.
La rivendicazioni di autodeterminazione di Scozia, Catalogna e Veneto condividono il
desiderio di diventare uno Stato, ma differiscono sulla realt di fatto, culturale, storica, e
procedurale. Nella comparazione tra Catalogna e Veneto, nel caso della regione italiana si
approvata
sull'indipendenza del Veneto", vale a dire, una legislazione ad hoc per celebrare tale
referendum, piuttosto che una legge generale per consultare la cittadinanza sui diversi
aspetti su cui l'ente sub-statale competente. I cinque articoli della legge Regionale n. 16
del 19 giugno 2014 sviluppano non solo il quadro giuridico, ma anche gli elementi di fatto
necessari per procedere a tale specifica consultazione.
Nemmeno si iniziato, da parte del Veneto, un processo di negoziazione previo
all'approvazione della legge con il Governo della Repubblica italiana per portare a termine
questa consultazione, nonostante sia consultiva. Non stata richiesta l'autorizzazione al
Governo della Repubblica. Nel caso della Catalogna, inoltre, stata anche approvata dal
Parlamento una dichiarazione di sovranit, e si votato diverse volte in relazione al diritto a
decidere (nel 1989, 1991 e il 1998), a favore della previsione dei mezzi per esercitare questo
diritto (nel 1999 e nel 2004) e, infine, per esercitare lo stesso (nel 2010, 2011, 2012 e due
volte nel 2013). In tale scenario si riscontrano anche risoluzioni a favore del diritto di
autodeterminazione che non sono state dichiarate incostituzionali. Credo che le
motivazioni per la secessione siano, nei due casi, diverse e, in quello della Catalogna, si
fondano sulla proibizione e persecuzione della sua cultura per 40 anni e sul fatto che, dopo
una fase caratterizzata da una certa rivitalizzazione, le attuali politiche educative e
linguistiche del Governo spagnolo la pongono sotto tutela. La rivendicazione catalana pu
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anche essere collegata agli eventi del 1931 e del 1934, in cui stata impedita la
proclamazione della Repubblica e dello Stato Catalano.
Questo, per, non ridimensiona l'errore del Governo italiano, che ha opposto, anchesso, la
Costituzione alla democrazia; che cerca di mettere a tacere una parte della sua popolazione
attraverso uno strumento giuridico e che, nella migliore delle interpretazioni, non sembra
interessato alla volont dei cittadini del Veneto su una questione cos importante. La
risposta potrebbe essere stata diversa, attraverso la scelta del dialogo con i rappresentanti
del Veneto, cercando di rendere attraente la loro appartenenza alla Repubblica ed esaltando
i benefici che possono esserci nel restare uniti. Mi sembra contraddittorio che, da Madrid o
da Roma, si cedano enormi fette di sovranit ad istituzioni sovranazionali (in particolare
alla Unione Europea) che comportano che, de facto, n la Spagna n l'Italia siano
indipendenti, e allo stesso tempo si guardi con ostilit alle consultazioni non vincolanti
proposte da entit sub-statali. Un altro argomento proprio della situazione catalana
linvoluzione che si verificata negli ultimi anni ed il trattamento economico che si dato
alla Catalogna da parte delle istituzioni statali.
Gli argomenti esposti nellimpugnazione della legge del Veneto da parte del Governo
italiano sono la violazione degli articoli 3, 5, 116, 117-119 della Costituzione, che sono
(ovviamente in diverso assetto costituzionale) quasi identici a quelli invocati dal Governo
spagnolo nel caso della Catalogna. Essi ruotano attorno all'unicit, all'unit e all'indivisibilit
della Repubblica, che riconosce l'autonomia ma non la sovranit alle sue parti; oltre che
all'uguaglianza davanti alla legge di tutti i cittadini. La domanda che ci si dovrebbe porre
fare se catalani e veneti siano stati trattati allo stesso modo dei cittadini canadesi e
britannici in occasione del referendum in Qubec e in Scozia.
Ogni processo di auto-determinazione unico e la specificit catalana non deriva
unicamente dalla realt politica, giuridica e sociale, ma anche dalla posizione di chiusura
assoluta e dalla mancanza di dialogo da parte del governo spagnolo, che alla fine
controproducente per i suoi stessi interessi: nessuno pu credere che negando una richiesta
non vincolante sulla base di argomenti strettamente giuridici il problema venga risolto.
Spariranno, in questo modo, i milioni di catalani che sostengono la consultazione o
vogliono
l'indipendenza?
Non
sarebbe
opportuno
interpretare
la
Costituzione
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pensare
anche
al
diritto
di
auto-determinazione,
dal
momento
che
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Pure la tensione tra democrazia partecipativa e democrazia diretta non una novit. Il
dibattito appare chiaramente in Cleistenes e nel sistema di organizzazione tribale, e anche in
Ephialtes e la casta politica; riappare nelle diverse classificazioni dei sistemi politici in
Platone, Aristotele, Cicerone e Polibio. La tensione torna a proporsi nella fondazione degli
Stati Uniti d'America, nel Federalist Papers (10, 37 e 50); o con Tocqueville con la differenza
tra "democrazia" e "repubblica democratica"; con la Rivoluzione francese (Condorcet e
Carr) e con tutto ci che ci conduce al concetto di Polyarchy in Dahl o di democrazie
multiple di Alessandro Ferrara.
In definitiva, non si sta proponendo nulla di nuovo. Il problema si presenta quando i
rappresentanti contrastano quello che appare come sovrano nei testi costituzionali, il
popolo, che si suppone sia sempre pi critico, preparato a prendere decisioni per se stesso;
e che, nella nuova era tecnologica, ha maggiori possibilit di coinvolgimento nella politica
quotidiana. Se a questo aggiungiamo la straordinariet di un referendum per decidere il
futuro politico di una nazione e che il movimento pro-consultazione in Catalogna
fortemente sostenuto (da oltre il 70% della popolazione), non c' solo il diritto di decidere
dei catalani, ma c' anche un obbligazione dei suoi rappresentanti di canalizzare questa
aspirazione legittima e democratica.
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per decisioni
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consentire alle popolazioni di quei territori di manifestare la loro volont. In entrambi i casi
non si trattato di referendum decisori, con effetti giuridici diretti e vincolanti, come si
trattasse di referendum di autodeterminazione. Seguendo questa medesima impostazione,
credo potrebbe senzalcun dubbio realizzarsi, in Catalogna, una consultazione non in
contrasto con la Costituzione vigente. Allo stesso tempo, la proibizione della stessa per
motivi giuridico-costituzionali significa ridurre notevolmente il campo della Costituzione,
escludendo dallo stesso le forze politiche che rappresentano una parte importante della
popolazione; con la conseguenza di impedire, o almeno complicare, la risoluzione del
conflitto politico attraverso percorsi civili e democratici. Obiettivo che, in fondo,
rappresenta la missione principale di una Costituzione.
In primo luogo, risulta molto difficile giustificare, in maniera convincente e nel quadro di
una Costituzione basata sul principio democratico, il rifiuto di convocare o permettere una
consultazione popolare sullautogoverno di un territorio. Questo anche nel caso in cui si
contempli lopzione di una eventuale secessione, specialmente quando la richiesta
sostenuta
costantemente
nel
tempo
(le
prime
dichiarazioni
favore
della
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istituzionali superiori o pi ampi. Si pu constatare con facilit che esistono, nella storia e
nel presente, comunit politiche (nazioni, se si vuole utilizzare un termine che rinvia alla
nozione richiamata in precedenza) che hanno trovato una integrazione soddisfacente in
unit politiche pi ampie. Allo stesso modo, si possono rinvenire casi in cui diverse
comunit si sono fuse in una unit superiore (in modo da cancellare la volont politica di
affermazione propria, prescindendo dal mantenimento delle caratteristiche oggettive di
distinzione). Cos come esistono, infine, vicende in cui il tentativo di unificazione con altre
(o in altre) comunit fallito e, di conseguenza, si ottenuta (o recuperata) la condizione
di Stato indipendente.
Nel caso della Catalogna, credo che si diano le condizioni per affermare tanto lesistenza di
caratteristiche oggettive che la rendono unica e ne fanno una comunit politica specifica e
distinta, quanto la presenza di una volont politica di affermazione di unidentit propria.
Sul primo versante ci si riferisce tanto alla storia politica della Catalogna come entit
differenziata, prima e anche dopo lunificazione delle Corone catalano-aragonese e
castigliana e la formazione, nel XV secolo, del Regno di Spagna; quanto allesistenza e
sopravvivenza di una cultura e di una lingua proprie e di alcuni tratti sociali, economici e
politici anchessi specifici, che si sono mantenuti, sotto forme e regimi diversi, nel corso del
tempo.
Sul secondo versante, emerge una chiara volont politica di affermazione di questa identit
differenziata, che si manifestata apertamente e nel corso dei secoli, con diversa intensit: a
partire dalla guerra di successione per la Corona spagnola del secolo XVIII, nella quale la
Catalogna perse le proprie istituzioni di autogoverno, che aveva conservato fino a quel
momento anche sotto la Corona spagnola (che costituiva una sorta di unione confederale);
fino alla Mancomunidad del 1914; alle effimere proclamazioni della Repubblica Catalana
(1931) e dello Stato Catalano (1934); allo Statuto di autonomia del 1932, nella Seconda
Repubblica spagnola; alla restaurazione, nel 1977, della Generalitat de Catalunya, dopo la
dittatura franchista; agli Statuti di autonomia del 1979 e del 2006, durante la vigenza della
Costituzione spagnola del 1978.
Il problema attuale si inquadra allinterno della seconda delle questioni sopra indicate:
linserimento di una comunit propria e differenziata come la Catalogna, che manifesta una
volont politica di affermazione, nellunit superiore che costituisce lo Stato spagnolo nato
della Costituzione del 1978.
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La Costituzione del 1978 ha compiuto uno sforzo notevole per sistemare politicamente,
nellordinamento democratico, le nazionalit e le regioni che esistono al suo interno, tra le
quali figura ovviamente la Catalogna, le cui rivendicazioni di autogoverno giocarono un
ruolo decisivo nella creazione del modello di Estado autonmico sancito con la Carta del
1978. Insieme al principio di unit si riconobbe il diritto allautonomia di nazionalit e
regioni; diritto che permetteva loro di costituirsi in Comunit autonome dentro lo Stato,
con istituzioni di autogoverno e competenze proprie.
La Costituzione del 1978 rappresenta pertanto un tentativo molto serio di risolvere la
questione territoriale in Spagna (in particolare, la questione catalana e quella basca),
attraverso modalit molto diverse rispetto a quelle con cui si era affrontata nella storia
costituzionale spagnola, a partire dal 1812. Infatti, con la sola eccezione, molto breve, delle
due Repubbliche (1873 y 1931-39), lo Stato spagnolo si sempre strutturato su basi non
solo unitarie, ma anche fortemente centraliste, senza riconoscere la diversit territoriale
esistente n, di conseguenza, lautonomia dei diversi territori. Tuttavia, dopo trentacinque
anni, credo si possa dire, almeno a mio avviso, che questo modello sia giunto allepilogo e
anche che sia collassato. Le ragioni vanno ricercate sia in alcuni punti deboli del disegno
originario dello Stato delle autonomie (specialmente, da un lato, la creazione di 17
Comunit autonome con identica natura e con competenze tendenzialmente uguali,
nonostante la Costituzione prevedesse due tipi diversi di comunit; e, dallaltro, la mancata
previsione costituzionale dei meccanismi di raccordo tra i diversi centri di governo); sia
nella emersione di alcuni problemi importanti in fase di attuazione, che non sono stati
affrontati adeguatamente (si tratta di questioni relative, fondamentalmente, alla
delimitazione delle competenze tra Stato e Comunit Autonome, alle relazioni
intergovernative e al finanziamento).
Il nuovo Statuto della Catalogna del 2006 rappresent un tentativo (da parte catalana e da
parte statale, o almeno del Governo spagnolo di quella fase) di affrontare i problemi emersi
nellevoluzione del assetto autonomistico e di risolverli mediante un nuovo patto,
rivitalizzando il consenso costituzionale. Tuttavia lo Statuto (che, non lo si dimentichi,
una legge organica approvata dal Parlamento statale, dal Parlamento autonomico e, infine,
dai cittadini con un referendum) fu impugnato innanzi al TC, che lo dichiar parzialmente
illegittimo e, soprattutto, lo priv in larga parte del valore giuridico di norma vincolante
anche per lo Stato. Questo annullamento, di fatto, del valore del nuovo Statuto, che si
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Testo consegnato l11 settembre 2014. Traduzione dal catalano di Gennaro Ferraiuolo.
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generando per, allo stesso tempo, un esito chiaro, come accuratamente evidenziato nel
corpo del dossier.
A nostro avviso, il quesito nato dallaccordo del 12 dicembre del 2013 non corrisponde alla
prima delle raccomandazioni. Non si tratta infatti di una domanda diretta, ma di due quesiti
concatenati.
La seconda opzione assolutamente ambigua: uno Stato lo Stato libero e sovrano di
Jalisco, degli Stati Uniti Messicani, che ha meno capacit di governo della Comunitat Foral
de Navarra. Lenfasi tipografica del presidente Mas ci appare priva di senso, sebbene si
tratti di una questione certamente secondaria. Non lo invece il fatto che, al 10 settembre
2014, non si abbia ancora un criterio ufficiale per la valutazione dei risultati o, almeno, noi
non ne abbiamo notizia. Poich nella legge sulle consultazioni popolari non referendarie
che il Parlamento presumibilmente approver [ha poi approvato, ndt] il prossimo 19
settembre 2014, attribuita al Presidente la determinazione del quesito definitivo nel
momento in cui convoca una consultazione, tutto ci che qui affermiamo si colloca in una
dimensione ipotetica di cui il lettore farebbe bene a tener conto. Ad ogni modo, quando
tratteremo il caso della convocazione da parte della Generalitat, ritorneremo sul punto.
Prima, per, mi occuper della possibilit di convocazione da parte del Governo centrale.
Infine, prover a rispondere ai quesiti sulle risposte da dare ai cittadini e sullimmobilismo
del Governo Rajoy.
a) La convocazione da parte del Governo centrale.
La possibilit pi chiara, dal mio punto di vista, nelle mani del Governo centrale. Questo
pu utilizzare larticolo 92, co. 1 e 2, della Costituzione, che gli permette di svolgere una
consultazione popolare non vincolante, rivolta allinsieme della popolazione spagnola, su
decisioni politiche di particolare importanza, previa autorizzazione del Congresso dei
Deputati.
Nel testo della Costituzione, cos come non esistono precetti che non possano essere
riformati, tantomeno vi sono materie insuscettibili di costituire oggetto di referendum
consultivi. A tale affermazioni si pu tuttavia rivolgere unobiezione radicale: quella in base
alla quale non si pu chiedere un parere su ci che dovr essere oggetto di una riforma
costituzionale. In altri termini, per fare un esempio, non si potrebbe tenere un referendum
consultivo sul passaggio dalla monarchia alla repubblica. Questo tipo di questioni,
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incompatibili con il vigente assetto costituzionale, non possono che essere prese in
considerazione nel procedimento di revisione della Costituzione.
Lindipendenza della Catalogna cozza in pieno con lindissolubilit della nazione spagnola
proclamata dallarticolo 2 CE, che dovrebbe essere modificato al fine di rendere
costituzionalmente accettabile la secessione catalana. Il fondamento di questa posizione
restrittiva si trova nella sentenza del Tribunale costituzionale (STC) 103/2008 (FJ 4). Il
passaggio che ci interessa recita:
Il rispetto della Costituzione impone che i progetti di revisione dellordine costituito, e in
particolare quelli che riguardano il fondamento dellidentit dellunico depositario della
sovranit, si realizzino in maniera trasparente e diretta per lunica via che la Costituzione ha
previsto a questi fini. Non c spazio per diverse procedure, n da parte delle Comunit
autonome, n di qualsiasi altro organo dello Stato, poich prevale sempre, come espresso
nella decisone costituente, la volont del popolo spagnolo, titolare esclusivo della sovranit
nazionale, fondamento della Costituzione e origine di qualsiasi potere politico. .
Non condividiamo questa dottrina costituzionale. Il TC non in grado di evocare nessun
precetto che limiti loggetto di un referendum consultivo: pertanto, restringe
arbitrariamente lambito potenziale dellesercizio del diritto di partecipazione, di cui si
detto in precedenza. In ogni caso, esprimere unopinione politica non equivale a decidere.
Lopinione manifestata in una consultazione, quandanche diversa da quella del titolare
della sovranit, non ha carattere vincolante.
Daltro canto, vale la pena ricordare la STC 42/2014, del 25 marzo: pi per ci che non
dice che per quanto afferma esplicitamente. Questa sentenza si riferisce alla dichiarazione
di sovranit approvata dal Parlament de Catalunya il 23 gennaio 2013 (Resoluci 5/X, per la
que saprova la Declaraci de sobirania i del dret a decidir del poble de Catalunya, Butllet
Oficial del Parlament de Catalunya, num. 13, 2013). Il suo preambolo ricorda che il 27
settembre del 2012, mediante la Resoluci 742/IX, il Parlamento ha constatato la necessit
che il popolo della Catalogna possa determinare liberamente e democraticamente il proprio
futuro collettivo attraverso una consultazione. Se, dunque, la STC 42/2014 dichiara
lincostituzionalit dei riferimenti alla sovranit, per quanto riguarda il diritto a decidere la
pronuncia afferma che i richiami al diritto a decidere dei cittadini della Catalogna
contenuti nel titolo, parte iniziale, e nei principi secondo, terzo, settimo e nono, paragrafo
secondo, della Dichiarazione approvata attraverso la risoluzione 5/X del Parlamento di
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Catalogna, non sono incostituzionali se si interpretano nel senso che si espone nei punti 3 e
4 del considerato in diritto [fundamentos jurdicos, ndt] di questa sentenza. L, specificamente
nel FJ 4, leggiamo che il diritto a decidere conforme alla Costituzione nella misura in
cui non viene proclamato come manifestazione di un diritto di autodeterminazione non
riconosciuto dalla Costituzione, o come unattribuzione di sovranit non riconducibile alla
stessa, ma come aspirazione politica alla quale pu giungersi madiante un processo
conforme alla legalit costituzionale, in relazione ai principi di legittimit democratica,
pluralismo e legalit, espressamente proclamati nella Dichiarazione in stretta
correlazione con il diritto a decidere.
Il riferimento al FJ 4 della STC 103/2008 compiuto dal FJ 4 della STC 42/2014 serve solo
a ricordare che le riforme della Costituzione debbono realizzarsi nel quadro dei
procedimenti che la stessa prevede; si evita, dunque, di ribadire lincostituzionalit di
qualsiasi consultazione su materie suscettibili di essere oggetto di una riforma della
Costituzione.
Ammettendo che non vi siano materie escluse da una potenziale consultazione, occorre a
questo punto soffermarsi sulla possibilit che chi consulti sia il Governo centrale.
Ricordiamo che la via dellart. 92.2 CE abilita il Governo a realizzare, con lautorizzazione
del Congresso dei deputati, referendum consultivi su decisioni politiche di speciale
importanza, in relazione alle quali devono esprimersi tutti i cittadini. Daccordo con tale
previsione, sembra chiaro che il Governo centrale potrebbe convocare un referendum
consultivo su qualunque materia ritenuta di speciale rilievo politico, rivolto a tutti i cittadini
spagnoli. In tal modo, ovviamente, si includerebbe la cittadinanza catalana, anche se
lopinione di questa sarebbe diluita nella interpretazione unitaria dei dati su scala spagnola.
Senza dimenticare che il popolo spagnolo , secondo la Costituzione (art. 1.2), il titolare
della sovranit e sarebbe pertanto inevitabile considerare questa circostanza nella
valutazione del peso politico dei risultati referendari.
Resta la possibilit di utilizzare la legge organica 2/1980 del 18 gennaio, recante la disciplina
delle diverse forme di referendum. La modifica di questa legge potrebbe introdurre un
nuovo modello di consultazione popolare. In ipotesi, si potrebbe addirittura regolare uno
specifico caso concreto, attraverso ununica convocazione, con una disposizione transitoria.
Si tratterebbe pur sempre, ricordiamolo, di un referendum consultivo. Non ci sono materie
riservate al referendum ma riconoscergli un effetto giuridico vincolante produrrebbe
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unalterazione del sistema delle fonti in termini contrari alla Costituzione. questultima
che stabilisce la struttura del sistema delle fonti partendo dai principi di gerarchia e
competenza.
Riassumendo, ritengo che il Governo centrale avrebbe potuto convocare un referendum
consultivo, anche solo in Catalogna, e che ci sarebbe stato conforme a Costituzione.
b) La convocazione da parte della Generalitat.
Tra le competenze esclusive dello Stato rientra, ai sensi della Costituzione, la
autorizzazione alla convocazione di consultazioni popolari referendarie (art. 149.1.32
CE). Possiamo partire da qui. La Costituzione non definisce cosa sia un referendum; la
citata STC 103/2008, indica per (FJ 2) che il referendum un tipo di consultazione
popolare che utilizza un procedimento elettorale, si indirizza al censo elettorale ed dotato
di garanzie elettorali. Le Comunit autonome possono assumere competenze in materia di
consultazioni popolari ma, secondo quanto stabilito da questa sentenza, solo con
riferimento a quelle che non siano qualificabili referendum. Nel caso della Catalogna,
lart. 122 dello Statuto prevede che corrisponde alla Generalitat la competenza esclusiva per
stabilire il regime giuridico, le modalit, il procedimento, la realizzazione e la convocazione
da parte della Generalitat o degli enti locali, nellambito delle relative competenze, di
inchieste, audizioni pubbliche, forum di partecipazione e qualunque altro strumento di
consultazione popolare, salvo quanto disposto dallart. 149.1.32 della Costituzione.
La STC 31/2010 sullo Statuto catalano, afferma (FJ 69) che il menzionato art. 122
conforme a Costituzione se interpretato nel senso che leccezione in esso contemplata si
estende allistituto del referendum nella sua integrit e non solo alla autorizzazione statale
alla convocazione. In tal modo la Generalitat pu solo regolare, convocare e organizzare
consultazioni popolari che non siano referendum.
anche possibile mettere in moto il meccanismo previsto dallart. 150.2 CE. ci che ha
provato a fare il Parlament de Catalunya utilizzando liniziativa legislativa che la Costituzione
riconosce alle assemblee legislative delle Comunit autonome (art. 87.2 CE). Nella
risoluzione 479/X, del 16 gennaio 2014, la camera catalana decideva di richiedere al
Congresso dei deputati di avviare il procedimento per lapprovazione di una legge organica
che, a norma dellart. 150.2 CE, delegasse alla Generalitat la competenza ad autorizzare,
convocare e celebrare un referendum sul futuro politico della Catalogna. La dottrina non
concorde sulla possibilit di delegare ci che competenza dello Stato ai sensi dellart.
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149.1.32 CE. A nostro modesto avviso, non sussiste nessun limite chiaro per ci che
concerne le materie delegabili. Recita lart. 150.2 CE: Lo Stato potr trasferire o delegare
alle Comunit autonome, mediante legge organica, facolt corrispondenti a materie di
titolarit statale che, per loro natura, siano suscettibili di trasferimento o delega. La legge
stabilir, in ogni singolo caso, il corrispondente trasferimento di mezzi finanziari e le forme
di controllo che si riserva lo Stato.
Ci che costituisce la natura [trasferibile o delegabile, ndt] in ambito giuridico questione
che non pu risolversi con un criterio di autorit dottrinale accademica. Manca sul punto
giurisprudenza e, cos, ritengo che si possa sostenere la validit, a termini di Costituzione, di
quella che, in ciascun caso concreto, il legislatore ritenga sia la natura propria di una materia.
Per tale motivo, non condividiamo le letture restrittive e riteniamo che sarebbe stata
conforme alla Costituzione la via della delega. Via che non stata percorsa: l8 aprile 2014 il
Congresso vi si e opposto e il Parlament de Catalunya ha proceduto a dar seguito ad una
proposta di legge sulle consultazioni popolari non referendarie. Nel momento in cui si
scrive, non si conosce ancora lesito del voto del Parlament, previsto il 19 settembre [la legge
stata effettivamente approvata, nei termini esposti di seguito, ndt].
Questa iniziativa stata sottoposta al Consell de Garanties Estatutries. Il dictamen 19/2014, del
19 agosto, conclude che la stessa compatibile con la Costituzione e lo Statuto. Ci
soffermiamo su due aspetti controversi della questione. Sulla base dei passaggi della STC
103/2008, in precedenza richiamati, sappiamo che un referendum va identificato, tra le
altre cose, per lutilizzo del censo elettorale. Dallart. 5 della proposta di legge si desume che
possono partecipare a questo tipo di consultazione i cittadini maggiori di sedici anni di et e
gli stranieri residenti dellUnione europea. Questambito di partecipazione include
inevitabilmente le persone che formano parte del censo elettorale e, per tale motivo, si
scontra con la dottrina della STC 103/2008, apparendo di dubbia costituzionalit. In
relazione allo Statuto, il dictamen offre uninterpretazione ampia di ci che lambito
competenziale. Mentre nel precedente dictamen 15/2010 il Consell sembra considerare che
sono competenze della Generalitat solo quelle enumerate nel Capitolo II del Titolo IV, in
quello del 2014 si afferma che sono competenze anche le attribuzioni che, a norma dello
Statuto, si riconoscono agli organi della Generalitat. Concordiamo con questa dottrina,
anche se possibile che il TC si orienti per la interpretazione pi restrittiva. Ad ogni modo,
secondo il dictamen del 2010, non si potevano consultare i cittadini sulla possibilit che il
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Parlamento
catalano
proponesse
una
riforma
della
Costituzione
concernente
lindipendenza della Catalogna. Ricordiamo che non sussistono limiti costituzionali alla
revisione e che le assemblee legislative delle comunit autonome possono presentare
proposte di riforma della Costituzione (artt. 166 e 87 CE). La motivazione di quel parere si
fondava sullargomento per cui loggetto del quesito non corrispondeva ad alcun titolo
competenziale enumerato al Capitolo II del Titolo IV dello Statuto. Adesso, il dictamen del
2014 non dice nulla in merito ad una ipotetica domanda; getta per le basi perch le
attribuzioni, molto generiche, del Parlamento, del Presidente o del Governo catalani
divengano il fondamento competenziale su cui il Presidente potr giustificare il contenuto
di un quesito. In altri termini, la dottrina del 2014 rivede, su questo punto, quella del 2010 e
offrirebbe copertura alla domanda che nel 2010 stata rigettata.
La lettura aperta di ci che si considera ambito competenziale oggetto di discussione;
peraltro, una particolare circostanza induce al pessimismo in ordine allipotesi di una
condivisione della stessa da parte TC. Nel momento in cui il Parlament si rivolto al
Congresso per richiedere la delega di competenze ai sensi dellart. 149.1.32 CE, ha
riconosciuto che la competenza a convocare una consultazione referendaria era statale;
adesso non ci si pu attendere che si veda qualcosa di diverso da un referendum in una
consultazione non referendaria utilizzata per fare la medesima cosa per la quale si
richiedeva lautorizzazione.
In definitiva, nutro dubbi sul via libera, da parte del TC, alla legge sulle consultazioni non
referendarie e, di conseguenza, sul decreto di convocazione che dovesse discenderne.
c) Le via duscita e lo stallo politico.
Nelle nostre previsioni, il Governo centrale impugner la legge sulle consultazioni e il
decreto di convocazione. Immaginiamo che lo far rapidamente e, senzaltro, invocher
lart. 161.2 CE per ottenere automaticamente la sospensione di entrambi gli atti. Ci
generer una grande frustrazione in Catalogna. Avremmo preferito che il Governo centrale,
conformemente a quanto lordinamento giuridico gli consente, avesse assunto la
responsabilit di convocare un referendum consultivo. Chiaramente dintesa con le
istituzioni catalane e con una domanda chiara, come nel caso della Scozia.
In merito alle domande concordate il 12 dicembre 2013, riteniamo che non siano
accettabili, neanche nellipotesi che potessero essere sottoposte alla cittadinanza in forme
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pienamente legali. Le ragioni le abbiamo illustrate: non sono formulate in termini chiari e
rendono difficile la determinazione dellopzione vincente.
Qualunque soluzione comporti cambiamenti normativi esige labbandono di posizioni
immobiliste che pietrificano lordinamento da parte di chi, grazie alle maggioranze
parlamentari, pu disporne. Su tale terreno pu per muoversi soltanto la politica. Nel
quadro odierno occorrerebbe convincere le maggioranze attuali, che non vogliono nessuna
consultazione: vale a dire PP, PSOE e tutti coloro che, l8 aprile 2014, hanno votato al
Congresso contro la proposta del Parlament. In alternativa, il cambio di questo blocco del
rifiuto pu arrivare solo se nelle elezioni generali si forma una maggioranza disposta a
sostenere lespressione dellopinione del popolo catalano.
La mancanza di un accordo politico che porti ad un cambio normativo complica molto le
cose. Non si pu celebrare una consultazione contro la legalit poich le conseguenze sono
il disordine organizzativo e la carenza di credibilit dei risultati. I contrari allindipendenza
boicotteranno il voto, la polizia non collaborer (come hanno preannunciato alcuni
esponenti sindacali). I tribunali non disporrebbero di una base legale per offrire tutela ai
diritti pregiudicati dallapplicazione, in via di fatto, di una legge catalana inapplicabile in
punto di diritto. Daltra parte, optare per una dichiarazione unilaterale dindipendenza
senza un referendum previo discredita la coerenza di coloro che ora lamentano di non
poter votare lindipendenza, che si mostrerebbero disposti a proclamarla senza verificare la
sussistenza di una maggioranza che la supporta.
Il surrogato delle elezioni plebiscitarie non ci pare idoneo a prendere il posto del dibattito e
del voto in una consultazione incentrata, specificamente e unicamente, sullindipendenza.
Infine, non risulta alcuna evidenza sul fatto che qualche leader internazionale di peso offra
sostegno alla secessione. Interpretare lassenza di critiche dirette come un appoggio tacito
riteniamo rappresenti un eccesso di ottimismo.
Finch non si dimostri il contrario, gli indipendentisti vogliono la secessione e, pertanto,
sono indifferenti ai cambiamenti che pu darsi il Regno di Spagna, da cui vogliono
staccarsi. Qualunque riforma che intenda far cambiare posizione agli indipendentisti deve
indirizzarsi ad essi. Devono essere tenute in conto le loro rivendicazioni e coloro che
propongono le pi svariate riforme sperando che attraggano gli indipendentisti non
possono trattarli, come in alcuni casi accade, come fanatici e ignoranti. I riformisti non
risolveranno nulla se evitano il confronto con i fautori dellindipendenza o se disprezzano
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le loro ragioni. Le riforme, inoltre, devono essere credibili: difficile che lo siano se si
promette di fare ci che, quando si poteva, non stato fatto. Ad ogni modo, le soluzioni le
proporranno gli attori politici esistenti. Non ve ne sono altri.
Il punto di partenza di qualsiasi riforma dovrebbe essere il contenuto dello Statuto
approvato in via referendaria dal popolo catalano. Prospettare innovazioni al ribasso
rispetto a quei contenuti (cos come configurati prima dei tagli della STC 31/2010) ci
sembra inaccettabile. Dar spazio ad unimpostazione bilaterale, con una soluzione
costituzionale specifica per la Catalogna (una sorta di quinta disposizione addizionale) pu
essere una soluzione; crediamo tuttavia preferibile, per evitare reticenze e guadagnare
complicit, una riforma di segno federale che consenta a qualsiasi comunit autonoma che
lo desideri di arrivare al medesimo livello di competenze riconosciute ai catalani.
2) La realt catalana ha una sua specificit, come qualsiasi caso concreto. Si pu dire, per
quanto concerne la Catalogna, che essa mostra una chiara ambizione di autogoverno
radicata nella storia.
Si sottolinea spesso la peculiarit della societ catalana che deriva dal fatto che il sistema dei
partiti sempre stato diverso da quello delle altre comunit autonome, almeno fino ad ora.
Sul piano culturale, la lingua un elemento fortemente definitorio dellidentit catalana.
Maggioritaria o meno nelluso, ci che colpisce la sua capacit di conservarsi come lingua
minoritaria sebbene priva, fino a non molto tempo fa, di uno Stato e di un sistema
educativo che ne facilitassero la sopravvivenza e la funzione integratrice. Anzi lo Stato, in
alcune fasi, la ha perseguitata e ne ha bandito luso pubblico.
Chi difende lidentit catalana non ritiene di imporla ma, piuttosto, di difendere un insieme
di elementi simbolici e di strumenti di comunicazione accessibili a tutti, a prescindere dalla
provenienza e dalla identit personale. Ovviamente, non tutti la pensano in questo modo:
c anche chi crede che lidentit catalana provenga da unimposizione. Costoro potrebbero
ritenere a loro volta naturale e non imposta unidentit spagnola in cui la lingua catalana
non ha alcun ruolo definitorio.
La Costituzione non menziona la Catalogna e, pertanto, non la riconosce esplicitamente.
Dal nostro punto di vista, n lassenza di riconoscimento n il fatto che non le si
attribuisca, direttamente, la connotazione nazionale hanno un rilievo significativo. Ci
sembra pi importante il livello di competenze e la congruit delle risorse necessarie per
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Marc Carrillo*
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in ambito regionale, attraverso cui il Presidente del Governo possa consultare i cittadini, ad
esempio della Catalogna, sul rapporto che desiderano avere con lo Stato.
Successivamente, a seconda dei risultati di questo primo referendum, di carattere consultivo
e dunque non vincolante, potrebbe essere presa in considerazione una riforma
costituzionale affinch il soggetto della sovranit, che unicamente il popolo spagnolo
nella sua integrit, si pronunci, attraverso un altro referendum, su un eventuale modifica
costituzionale che permetta di accogliere la decisione del popolo della comunit autonoma
previamente consultata. Chiaramente, a seconda della decisione emersa da entrambe le
consultazioni, sarebbe poi necessaria una negoziazione politica tra lo Stato e la Catalogna
per trovare il modo migliore per implementarla.
b) Una seconda possibilit si basa sulla delega della competenza esclusiva dello Stato a
convocare un referendum autonomico. Infatti, l'articolo 150.2 CE prevede che lo Stato
possa trasferire o delegare alle Comunit Autonome (CCAA), mediante legge organica, le
facolt corrispondenti a materie di competenza statale che per loro natura siano suscettibili
di trasferimento o delega1.
La questione di rilevanza costituzionale che implica tale possibilit riguarda il limite stabilito
dalla Costituzione, relativo alle materie che "per loro natura sono suscettibili di trasferimento o
delega". Se larticolo 150.2 stato utilizzato pi volte per trasferire competenze alle
Comunit Autonome, la giurisprudenza del Tribunal Constitucional non ha avuto modo di
offrire precise linee interpretative su quali materie non possano in nessun caso essere
trasferite o delegate in quanto parte di quelle che potrebbero essere intese come facolt
innate dello Stato, unico soggetto giuridico sovrano.
Tuttavia, pi che probabile che tra queste facolt si trovi la competenza per celebrare un
referendum di autodeterminazione in una Comunit Autonoma. Ci in quanto tale
referendum destinato, per sua natura, a mettere in discussione l'integrit del principio di
sovranit. Una situazione diversa si presenterebbe se loggetto del referendum (domanda,
procedura, ecc.) fosse il risultato di una previa negoziazione politica tra lo Stato e la
Comunit autonoma, che prima facie evitasse di mettere in discussione l'unit del principio di
sovranit.
Questa una possibilit che stata gi proposta da diversi parlamentari catalani alla Congresso dei deputati,
ed stata da questo respinta.
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c) Le prime due opzioni sono offerte dal diritto costituzionale dello Stato. Una terza
possibilit quella che, formalmente, offre il diritto regionale catalano che, come altre
Comunit autonome, ha adottato una legge per le consultazioni popolari da realizzarsi
all'interno delle loro competenze. Si tratta della Legge del Parlamento della Catalogna
4/2010, del 17 marzo, sulle consultazioni popolari per via di referendum2; anche in questo
caso, trattandosi di referendum, la domanda deve essere autorizzata dallo Stato.
Come nellipotesi precedente, la possibilit di utilizzare questa legge per una consultazione
dei cittadini della Catalogna sul loro futuro rapporto con lo Stato richiederebbe,
ovviamente, un accordo preventivo sul tipo di domanda. Dal momento che la richiesta di
un referendum di autodeterminazione non di competenza delle Comunit Autonome,
esso sarebbe inoltre possibile solo attraverso una previa modifica della Costituzione. Ma
prima di arrivare a questo, la legge catalana - come anche le altre due vie per una
consultazione, percorribili in base alla Costituzione - consente soluzioni intermedie per
cercare di risolvere un conflitto di carattere puramente politico, come la questione della
posizione della Catalogna allinterno della Spagna dopo pi di 35 anni dal ripristino della
democrazia.
d) Una quarta possibilit, apparsa nel dibattito giuridico catalano, stata fornita dalla nuova
legge regionale sulle consultazioni recentemente approvata. Si tratta della Legge 10/2014,
del 26 settembre, sulle consultazioni popolari non referendarie e sulle altre forme di
partecipazione dei cittadini 3 . Tuttavia, nonostante il nome utilizzato ("consultazioni
popolari non referendarie"), si tratta di un referendum mascherato. Di conseguenza,
attraverso questa legge, il Governo catalano non ha il potere di convocare una
consultazione per consentire ai cittadini della Catalogna di decidere che tipo di rapporto
desiderano avere con la Spagna. Questo, a mio avviso, per le seguenti ragioni4.
Questa legge regionale stata impugnata dal Governo dello Stato mediante un ricorso di incostituzionalit,
con effetti sospensivi in virt della misura cautelare automatica prevista dallart. 161.2 CE. In seguito, il TC mediante auto 87/2011, del 9 giugno - ha rimosso la sospensione e, pertanto, attualmente la legge vigente.
ancora pendente, invece, la decisione sulla fondatezza del ricorso.
3 Anche questa legge regionale stata impugnata dal Governo dello Stato attraverso un ricorso di
incostituzionalit, con effetto sospensivo in applicazione della misura cautelare automatica prevista
dall'articolo 161.2 CE. Al momento di rispondere a tale questionario, la Corte costituzionale non si
pronunciata sulla misura cautelare n, ovviamente, nel merito del ricorso.
4 I miei argomenti di divergenza sulla costituzionalit di questa legge sono sviluppati nel parere dissenziente
che ho formulato nel dictamen del Consell de Garanties Estatutries de Catalunya 19/2014, del 19 agosto 2014
(www. Cge.cat).
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L'articolo 3.1 della legge 10/2014, relativa alla nozione e alle modalit di realizzazione delle
consultazioni non referendarie, stabilisce: "1. Si intende per consultazione popolare non
referendaria la convocazione da parte delle autorit competenti, in conformit alle
disposizioni della presente legge, delle persone legittimate in ogni singolo caso a esprimere,
attraverso il voto, la propria opinione su una certa azione o decisione pubblica.
Vanno innanzitutto sottolineati, nella formulazione letterale di questa disposizione, due
elementi essenziali utilizzati per definire la particolarit della consultazione popolare non
referendaria: in primo luogo, la manifestazione di una "opinione" su una particolare azione,
o decisione pubblica, da parte dei soggetti legittimati a farlo; in secondo luogo, il fatto che
la manifestazione di questa opinione venga espressa "con il voto." Formalmente appaiono
due concetti di rilevanza giuridica che presentano un significato diverso. Fare conoscere la
propria opinione non altro che la manifestazione del diritto fondamentale alla libert di
espressione. Al contrario, esprimere una posizione personale su un tema attraverso il voto
la manifestazione del diritto di partecipazione. In questo caso, ci troviamo di fronte al
diritto fondamentale di partecipazione politica (art. 23 CE), e la partecipazione si articola
attraverso le elezioni degli organi rappresentativi o, pi raramente, direttamente attraverso
referendum.
Quindi, una cosa la libert di opinione, che un diritto di libert che garantisce unazione
del titolare - esprimere opinioni o, al contrario, la decisione di non farlo (STC 153/2000);
cosa molto diversa la partecipazione politica, che una forma di partecipazione dei
cittadini in cui si manifesta la sovranit popolare e che si esercita, di solito, attraverso le
elezioni degli organi di rappresentanza, oppure, in modo meno abituale, con un referendum
(STC 119/1995).
In base a queste considerazioni preliminari, il paragrafo 1 dell'articolo 3 della legge non sta
definendo le consultazioni popolari non referendarie come forma di libert di espressione,
attraverso la quale i cittadini esprimono il loro parere su una certa azione, decisione o
politica pubblica. Ci che viene regolato il diritto di partecipazione, che un diritto molto
diverso. Non si sta regolando la libert di espressione, in quanto il diritto fondamentale alla
libert di espressione richiede non solo la volont imprescindibile del suo titolare, sia per
esprimere un opinione o un pensiero, sia per non farlo, ma di solito ha anche bisogno di
strumenti, come i mezzi di comunicazione (art. 20 CE), le riunioni, le manifestazioni
pubbliche (art. 21 CE), le associazioni (art. 22 CE), etc. Cos, quando lo strumento
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specifico,
proprio
del
processo
elettorale,
attraverso
lintervento
di
unamministrazione creata per questo scopo e, anche se non vengono regolate per
mancanza di competenza, non si possono escludere le garanzie giurisdizionali. Pertanto, le
differenze rispetto a quello che il TC (sentenza 103/2008) definisce come referendum
(convocazione degli elettori perch si pronuncino attraverso il voto, presenza di una
amministrazione elettorale per organizzare e controllare il processo, garanzie
giurisdizionali) non sono essenziali per distinguere la consultazione non referendaria
regolata dalla legge catalana da ci che la giurisprudenza considera un referendum. Di
conseguenza, la legge si discosta dalla giurisprudenza del TC ed in contrasto con la
Costituzione, che stabilisce che quando si tratta di un referendum la competenza appartiene
allo Stato (art. 149.1.32 CE).
In realt, ci che la legge 10/2014 sta regolando un referendum nascosto, utilizzando
semplicemente una diversa denominazione e, dunque, senza avere la competenza per farlo.
e) Unultima possibilit per organizzare una consultazione sul cosiddetto diritto a decidere
dei catalani , secondo un rapporto pubblicato dal Consiglio consultivo per la transizione
nazionale, la convocazione da parte del Presidente della Generalitat di elezioni a carattere
plebiscitario. Attraverso questa singolare strada, si trasformerebbero delle normali elezioni
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Dal punto di vista giuridico, si noti che, con la STC 31/2010, il TC ha dovuto, per la prima
volta, giudicare uno Statuto di autonomia nel suo complesso. E, oltretutto, uno Statuto che
era stato approvato in un referendum della popolazione della Comunit autonoma.
Il risultato stato una sentenza formalmente estesa, ma nella sostanza breve, soprattutto
per la stringatezza delle argomentazioni. In effetti, gli argomenti sono costruiti con formule
perentorie che non tollerano obiezioni; il loro tenore risulta fortemente apodittico.
Aspetti deludenti, soprattutto se si considera che la riforma dello statuto presupponeva una
evidente novit giuridica rispetto agli statuti che avevano dato inizio allo Stato delle
autonomie.
Inoltre, con la logica di attenersi a ci che stato gi oggetto di interpretazione da parte del
TC, la stragrande maggioranza degli argomenti giuridici proposti risultavano basati sul
ripetitivo riferimento ai precedenti giurisprudenziale che, cos, vengono a rappresentare una
sorta di canone codificato. Posto di fronte alle novit giuridico-normative dello Statuto
catalano, il TC declina la sfida di interpretarli alla luce del cambiamento espresso dal nuovo
atto come parte del blocco di costituzionalit; lorgano preferisce rifugiarsi nei suoi
precedenti ma in modo strumentale, dal momento che ha evitato di richiamarli
integralmente. Viene cos a negare la natura complementare dello Statuto rispetto alla
Costituzione, riconosciuto nella STC 247/2007 (LC 6) sulla riforma dello Statuto della
Comunit Valenziana. Diversamente, la STC 31/2010 declassa il rango giuridico dello
statuto e respinge lidea che lo stesso possa assurgere a parametro di costituzionalit per la
delimitazione delle competenze: questa posizione viene riconosciuta alla sola Costituzione e
alla giurisprudenza del TC. Si afferma cos la discutibile teoria che concepisce la
giurisdizione costituzionale come delegato del potere costituente, dimenticando che essa
pur sempre un potere costituito, con il compito di interpretare la Costituzione e, nel caso
della Spagna, il blocco di costituzionalit composto dal binomio Costituzione-Statuti.
La sentenza ha anche espresso una sostanziale diffidenza nei confronti della riforma
statutaria; diffidenza che appare in maniera evidente sulle questioni relative agli elementi
simbolici o della lingua, nei quali si vogliono intravedere obiettivi nascosti. Lesempio pi
significativo di tale atteggiamento si ritrova senzaltro nella scelta di dichiarare nel
dispositivo l'assenza di efficacia giuridica dei riferimenti del preambolo alla "Catalogna
come nazione" e alla "realt nazionale della Catalogna".
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questo concetto si intende qualcosa che non detto espressamente, ma si trova alla base
di ogni discussione: l'esercizio del diritto all'autodeterminazione.
In questo senso, il "diritto a decidere" molto legato alle peculiarit del processo politico in
atto in Catalogna, essendo diretto a esprimere il desiderio di una parte della popolazione di
essere convocata in una consultazione/referendum per pronunciarsi sul futuro di questa
Comunit autonoma e sulla sua relazione con lo Stato spagnolo.
Per questo motivo, ritengo che la nozione non possa iscriversi in un contesto di tensione
tra le diverse forme di partecipazione politica. chiaro, tuttavia, che la crisi economica ha
generato in Catalogna un senso di sfiducia verso i partiti tradizionali e che, secondo recenti
sondaggi, possono emergere nuove forze politiche (ad esempio Podemos) che, soprattutto
nel campo della sinistra tradizionale, pretendono di occupare il loro spazio. Ribadisco
ancora una volta: il tema del "diritto a decidere" obbedisce a mio parere ad una logica
peculiare del contesto catalano, che lo pone al margine dalle tensioni tra i modelli di
partecipazione democratica.
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hanno poco spazio per negoziare una decisione, se il popolo si gi pronunciato sulla
questione di fondo.
Tenuto conto di questa tesi negativa, si sostenuto che la dottrina del TC dovrebbe essere
pi flessibile nel caso estremo della secessione. Sarebbe irragionevole riformare prima la
Costituzione spagnola per consentire la secessione della Catalogna, e chiedere poi ai
catalani, in un secondo momento, se vogliono la secessione dalla Spagna. La cosa pi
sensata sarebbe quella di sentire prima il parere dei catalani, attraverso un referendum
consultivo, e solo dopo procedere ai negoziati tra i rappresentanti politici spagnoli e
catalani, per affrontare la situazione politica determinata dallesito della consultazione nel
caso di un risultato favorevole all'indipendenza. A tal fine dovrebbe ricorrersi ad una
modifica costituzionale, che servirebbe a guidare verso l'indipendenza della Catalogna.
Personalmente, penso che questa tesi difendibile di fronte alla tesi contraria.
Una seconda questione sollevata la seguente: se lo Stato non accorda lautorizzazione
necessaria a convocare un referendum sull'indipendenza della Catalogna, cosa pu fare il
Governo catalano per conoscere il parere dei cittadini?
Come noto, il Parlamento catalano ha approvato, nel settembre del 2014, una legge sulle
"consultazioni non referendarie". Il Presidente della Generalitat ha tilizzato questa legge per
convocare una consultazione dei cittadini sull indipendenza della Catalogna, da celebrare il
9 novembre 2014. Lo ha fatto, naturalmente, senza autorizzazione statale. Sia la legge sia il
decreto di convocazione sono stati impugnati dal Governo dello Stato dinanzi al TC, che
ne ha disposto, su richiesta del Governo, la sospensione temporanea.
A mio avviso, la "consultazione non referendaria" che il Governo catalano ha inteso
portare avanti chiaramente incostituzionale; e credo che in tal senso si pronuncer, nel
merito, il TC. Risulta chiaro che la "consultazione non referendaria" nasconde un vero e
proprio referendum. Se per celebrare un referendum necessaria lautorizzazione dello
Stato, non si pu evitare questo ostacolo con la creazione di una nuova figura, "la
consultazione non referendaria", che non avrebbe bisogno di quella medesima
autorizzazione. Quale differenza di rilievo esiste tra un referendum e una semplice
consultazione
sull'indipendenza
della
Catalogna?
Nessuna.
Nella
consultazione
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tenute in anticipo, se il presidente della Generalitat catalana scioglie il Parlamento prima della
scadenza del suo mandato. Ma si potrebbe anche aspettare la fine della legislatura. I partiti
per lindipendenza possono unirsi in un'unica lista elettorale, oppure possono agire
separatamente. Ci che importante che dichiarino in modo chiaro ai cittadini qual la
loro posizione sul tema della secessione. Pertanto, non corretto dire che, secondo la
Costituzione spagnola, i catalani non sono autorizzati a un "voto" su questo aspetto.
Se tali elezioni avessero luogo e i partiti politici che, esplicitamente e categoricamente,
hanno accolto nei loro programmi lopzione indipendentista raccogliessero il maggior
numero di voti, si aprirebbe allora un tempo politico nuovo. A seguito dei negoziati, il
Governo catalano potrebbe accordarsi con lo Stato per un referendum sul futuro status
della Catalogna. In quel referendum, le opzioni potrebbero anche non essere soltanto s
o no all'indipendenza. A mio parere, andrebbe inclusa anche una terza opzione: un
nuovo assetto istituzionale che permetta di mantenere comunque la Catalogna allinterno
della Spagna.
2) difficile stabilire quali siano le peculiarit del movimento indipendentista catalano
rispetto ad analoghi movimenti di altri paesi. Possiamo richiamare alcuni degli argomenti
indipendentisti prospettati in Catalogna.
A volte, le forze politiche e sociali che sostengono la secessione affermano che
l'indipendenza l'unica soluzione politica alla "questione catalana", tenendo conto dei
"torti" subiti da parte dello Stato spagnolo. L'elenco delle recriminazioni eterogeneo.
Una parte delle critiche riguarda il sistema di finanziamento e il livello di investimenti statali
in Catalogna. La denuncia, in sintesi, che la Catalogna assoggettata dallo Stato ad un
regime finanziario penalizzante; una Catalogna indipendente sarebbe dunque pi prospera.
controversa, tuttavia, la misura in cui si pu considerare ingiusto il trattamento fiscale
della Catalogna; cos come non affatto chiaro quali siano, dal punto di vista economico, i
vantaggi e gli svantaggi di una Catalogna indipendente. Non c infatti consenso tra gli
esperti nel valutare questi aspetti.
Grande rilievo assume anche la controversia in ordine alla possibilit, per una Catalogna
indipendente, di continuare a far parte dell'Unione Europea. L'indipendenza perde molto
sostegno se la secessione della Catalogna comporta la sua fuoriuscita dall'Unione, anche
solo per un periodo transitorio.
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Statuto avrebbe voluto offrire. La riforma costituzionale, dunque, pu essere una valida
alternativa politica alla secessione.
In alcuni casi, l'indipendentismo non ritiene necessario articolare una lista di rimostranze
per giustificare la separazione della Catalogna. Gli indipendentisti fanno riferimento al
"diritto a decidere": una comunit politica, sostengono, ha il diritto di decidere se
permanere all'interno della comunit pi ampia alla quale appartiene o se separarsi da essa.
Non c' bisogno di motivazioni. una questione di pura volont (magari legata a questioni
identitarie).
Questa posizione, a mio parere, minimizza troppo le conseguenze legate ad una
ricostruzione del problema in termini di semplice scontro tra identit e sentimenti. Si pu
discutere, in modo razionale, su un elenco di rivendicazioni; non c' invece niente di cui
parlare quando si pongono in primo piano i sentimenti identitari. Una societ tanto
complessa come quella catalana, in cui la stragrande maggioranza dei cittadini ritiene di
possedere una doppia identit (spagnola e catalana), non pu facilmente sopportare un
processo di polarizzazione intorno alla questione dell'indipendenza.
L'altra questione che solleva linvocazione del "diritto a decidere" concerne fondamenti di
tale diritto. Perch si afferma che la Catalogna ha il diritto di decidere su di una possibile
separazione dalla Spagna? Il movimento indipendentista spesso sostiene che la Catalogna
ha il diritto di decidere perch una nazione. Il diritto a decidere viene cos collegato al
principio di nazionalit, in base al quale le nazioni hanno il diritto ad un proprio Stato.
Questa posizione si pone in contrasto con alcune tesi sostenute da un settore importante
del movimento per l'indipendenza, che crede che la nazione che rileva siano "I Paesi
Catalani", comprendenti (oltre la Catalogna) Valencia, le Isole Baleari e i territori del sud
della Francia. Se i Paesi catalani sono la vera nazione, non si dovrebbero pronunciare
sullindipendenza tutti i cittadini che ne fanno parte? Si dovrebbe rispondere che la
Catalogna, come frammento della nazione pi grande, pu decidere la sua indipendenza
dalla Spagna anche se non lo fanno gli altri frammenti. Ma allora dovrebbe essere
consentito, anche entro la Catalogna, la possibilit di procedere ad una ulteriore
frammentazione. E invece si presuppone che una Catalogna indipendente non dovrebbe
riconoscere il diritto di secessione di uno dei suoi territori.
In altre occasioni, l'indipendentismo catalano dissocia il diritto a decidere dal principio della
nazionalit. Si afferma che il diritto a decidere lo ha la Catalogna, non perch la Catalogna
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sia una nazione, ma per ragioni di democrazia: se la maggioranza dei catalani vuole che la
Catalogna sia uno Stato indipendente, occorre rispettare questa volont. Il problema di un
simile argomento che il diritto di scegliere pu essere esteso a molti altri gruppi umani e
sottogruppi, senza che sia chiaro quale sia il limite oltre il quale non si deve pi riconoscere
questo diritto.
3) In termini generali, i processi politici che portano a grandi cambiamenti nelle forme di
appartenenza di un territorio a un determinato Stato, o che conducono alla
frammentazione del suo territorio, includono di solito dei meccanismi di consultazione
popolare. difficile pervenire ad un cambiamento cos profondo dell'architettura di un
ordinamento senza il parere favorevole della comunit coinvolta (sempre inteso che
parliamo di processi che avvengono in Paesi democratici).
In linea di principio, non mi sembra che i movimenti indipendentisti debbano essere
considerati, necessariamente, quali esempi di una corrente politica pi generale che si
oppone ai principi tradizionali della democrazia rappresentativa. Penso, invece, che ci che
accade che il tipo di decisione a cui tende il movimento indipendentista porta alla
necessit di inserire un "momento popolare" nel processo politico. la particolare
importanza politica della questione che richiede il ricorso alla democrazia diretta.
Questo "momento popolare" sar necessariamente accompagnato da paralleli momenti di
negoziazione tra i diversi rappresentanti politici. Sia per preparare un referendum
sull'indipendenza, sia per assumere le decisioni opportune una volta conosciuti i risultati,
essenziale il ruolo dei rappresentanti politici.
possibile, naturalmente, che le persone coinvolte in un referendum che ha portato alla
costruzione di uno Stato indipendente siano particolarmente inclini ad accettare che il
nuovo sistema politico includa meccanismi di democrazia diretta. Questo sarebbe per un
risultato ottenuto per inerzia: si tratterebbe, in altri termini, di un effetto collaterale al modo
in cui si prodotta lindipendenza. Esso non significherebbe, pertanto, che il movimento
secessionista, di per s, sia contrario alle forme della democrazia rappresentativa. Su tali
aspetti, dovrebbe in ogni caso analizzarsi ciascun caso concreto, in funzione dello specifico
contesto.
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1) Sullo sfondo della consultazione popolare che si intende svolgere in Catalogna vi sono
alcuni concetti chiave imprescindibili per trovare una via duscita che consenta di
concretizzare, in termini giuridici e politici, la volont della maggioranza dei catalani. In
funzione della definizione e dellimportanza che si attribuisca a concetti quali democrazia,
legittimit, sovranit popolare, soggetto politico, le soluzioni potranno essere diverse.
I costituzionalisti non sono daccordo sulle strade che offre la Costituzione spagnola (CE)
del 1978 per convocare un referendum o una consultazione popolare. Il Consell Assessor per
a la Transici Nacional (CATN), organo consultivo creato dalla Generalitat nel febbraio del
2013 per studiare tutto ci che concerne il processo da seguire per giungere alla
celebrazione di un referendum sullautodeterminazione della Catalogna, prospetta cinque
vie legali.
Rispetto allo Stato spagnolo, il CATN individua tre possibilit: la convocazione di un
referendum sulla base dellart. 92 CE, la delega del potere di celebrare un referendum
secondo quanto stabilito dallart. 150.2 e la riforma della Costituzione. Per concretizzare
queste soluzioni sono per necessarie maggioranze ampie del Congresso dei deputati: ci si
scontra cos con la chiusura dei due principali partiti politici spagnoli, PP e PSOE, che
insieme sommano l85% dei deputati del Congresso.
In ambito catalano si individuano altre due strade. In primo luogo, la Llei 4/2010 de consultes
populars per via de referndum (consultazioni popolari referendarie), che richiede anchessa
lautorizzazione del Governo spagnolo. In secondo luogo, la Llei de consultes no referendries
che il Parlamento catalano approver a fine settembre [legge poi effettivamente approvata,
ndt]. Questultima via, rispetto alla quale non vi unanimit di vedute in ordine alla sua
adeguatezza a supportare una consultazione sulle relazioni Catalogna-Spagna, pu essere
vanificata se, come prevedibile, il Governo centrale la impugna e il Tribunal constitucional la
sospende, immediatamente, in via cautelare. In definitiva, questultima strada quella con
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lavorato alla costruzione di una maggioranza sociale ampia affinch la Catalogna possa
avere un proprio Stato. Con questo punto essenziale della campagna elettorale, il partito
ha vinto nelle quattro circoscrizioni catalane e, secondo la logica democratica, esigibile
che mantenga limpegno elettorale assunto. Nel Parlamento catalano vi , inoltre, unampia
maggioranza, formata da quattro forze politiche (CiU, ERC, ICV-EUiA e la CUP) che
raggiungono quasi i due terzi dei seggi, favorevole a svolgere una consultazione popolare il
giorno 9 novembre. Ancora, occorre tener presente che nel Parlament de Catalunya gi sono
state approvate una decina di risoluzioni parlamentari sul diritto di autodeterminazione
della nazione catalana (la prima nel 1989, venticinque anni fa). Infine, alle richieste
democratiche dellEsecutivo e del Legislativo va aggiunta la volont di una grande
maggioranza del popolo catalano. I sondaggi indicano che l80% dei catalani chiedono un
referendum (o una consultazione) e che se ne accetti il risultato; le imponenti
manifestazioni popolari per rivendicare tale richiesta hanno registrato un successo storico
in termini di partecipazione.
In definitiva: il sostegno democratico alla rivendicazione della consultazione indiscutibile
e le istituzioni spagnole (Governo, Congresso, Senato) dovrebbero offrire risposte che
vadano al di l del disprezzo, dellindifferenza e del silenzio.
2) Ogni realt politica presenta una sua specificit; le rivendicazioni dei catalani si
producono in un contesto diverso da quello che si riscontra in altre regioni europee. Per
analizzare la realt catalana occorrerebbe considerare molti aspetti: la storia, la cultura,
leconomia, la geografia, la lingua, il quadro giuridico, il sistema dei partiti, i movimenti
sociali, le ideologie, i mezzi di comunicazione. E si potrebbero analizzare fattori che
vengono da lontano e altri pi recenti, che hanno messo in moto lattuale movimento
indipendentista. Tutti questi fattori, insieme alla tradizionale cultura catalana del patto,
hanno generato una concezione della dinamica politica e delle sue grandi rivendicazioni
basate sulla trasversalit ideologica e sulla integrazione di diverse sensibilit. Il pluralismo
nella composizione del Parlament nella fase democratica (a partire dalla prime elezioni
autonomiche del 1980) - con cinque, sei o sette formazioni politiche rappresentate - ha
contribuito alla stipula di accordi parlamentari tra partiti ideologicamente eterogenei e al
consolidarsi di una cultura politica che oggi facilita lo sviluppo dellattuale movimento
sobiranista.
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Anche i dati demoscopici confermano questa connotazione: tutti i sondaggi indicano che
coloro che si sentono indipendentisti provengono da elettorati molto diversi (e lo stesso
accade se si guarda a coloro che sono contrari allindipendenza). Ad ogni modo, si pu
affermare che si tratti di un movimento maggioritariamente di sinistra (il 70% degli
indipendentisti catalani si considera di sinistra e due di ogni tre catalani di sinistra vogliono
una Catalogna indipendente). Ci consente di smentire che vi sia un chiaro legame tra il
movimento indipendentista e la coalizione che governa in Catalogna: la maggioranza degli
indipendentisti catalani (quasi i due terzi) non vota CiU.
Leterogeneit ideologica di questo attivismo politico lo rafforza, lo colloca oltre le
organizzazioni partitiche e, addirittura, oltre le istituzioni catalane. Il movimento sobiranista
si presenta autonomo rispetto allazione dei partiti (e dei mezzi di comunicazione) catalani e
spagnoli. Un esempio di ci rappresentato, da una parte, dalla intensa attivit dei partiti
che si registra nel 2013 per cercare di influenzare la societ e, dallaltra, il persistere della
medesima percezione sociale sui temi della consultazione e della indipendenza della
Catalogna. In effetti, nonostante la pressione politica e mediatica, la percentuale di catalani
favorevoli al referendum si mantenuta intorno all80%; anche la percentuale dei
sostenitori del voto indipendentista non ha conosciuto particolari variazioni. Per quanto
concerne la scelta dei diversi assetti per la Catalogna, le cifre rivelano ancora una certa
stabilit: i favorevoli allindipendenza si situano tra il 46 e il 49%; coloro che sostengono
uno Stato federale o che non intendono modificare lattuale modello autonomico
rappresentano il 20%; quelli che chiedono uno Stato regionale non superano il 5%.
Questa distanza tra istanze sociali e strutture partitiche, e il fatto che i partiti politici catalani
si siano dovuti posizionare in merito alla consultazione e ad una ipotetica indipendenza
della Catalogna, ha generato crisi interne in alcune formazioni. In effetti, il dibattito sul
cosiddetto diritto a decidere ha determinato un allontanamento tra i due partiti che
formano lattuale coalizione di governo: Convergncia Democrtica de Catalunya e Uni
Democrtica de Catalunya. Il leader di Uni Democrtica ha sempre preso le distanze da qualsiasi
forzatura per giungere alla consultazione, dallattuale patto di legislatura stipulato con ERC
e dalla indipendenza catalana. Anche il Partit dels Socialistes de Catalunya (PSC) diviso tra
coloro che non vogliono una consultazione come quella concordata alla fine del 2013 e
coloro che avrebbero voluto sostenere quella iniziativa; tra coloro i quali ritengono che la
soluzione del conflitto catalano passi per una riforma, in chiave federale, della Costituzione
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spagnola del 1978 e coloro i quali non credono in questa riforma; tra coloro i quali
vogliono rafforzare il legame con il PSOE e coloro che se ne vogliono distanziare. Cos,
unaltra caratteristica peculiare di questo movimento che determiner, senzaltro, un
cambiamento rilevante nel sistema catalano dei partiti.
Si tratta, conclusivamente, di un movimento sociale di straordinaria solidit, che guarda con
diffidenza i partiti e il Governo di Catalogna, sebbene sia cosciente del fatto che tanto i
primi quanto il secondo sono fondamentali per raggiungere lobiettivo della consultazione
e, se del caso, dellindipendenza.
3) Siamo di fronte a un fenomeno relazionato anchesso con le poliedriche crisi che
attraversano le democrazie rappresentative e, soprattutto, con un deficitario rispetto
istituzionale per i valori e i principi democratici.
I partiti tradizionali sono in crisi. La corruzione giunta a livelli intollerabili, le istituzioni
sono poco trasparenti, le domande popolari costantemente disattese. I nuovi movimenti
sociali, come il movimento sobiranista catalano, si basano, principalmente, sulla difesa dei
tradizionali valori democratici e sulla creazione di nuovi. Esso, nonostante le provocazioni
e il disprezzo (esibito finanche dal Governo spagnolo), si mostrato sempre
profondamente pacifico e assolutamente rispettoso dei valori democratici. Di fatto, il suo
principale obiettivo favorire la partecipazione democratica attraverso una consultazione,
conoscere lopinione dei cittadini e rispettare il risultato democraticamente espresso dalle
urne.
La base su cui poggia il movimento sobiranista (che, tenuto conto delle sue dimensioni e
della sua attivit, una novit in Europa) dovrebbe spingere le istituzioni europee tenerne
conto senza pregiudizi. Storicamente, lUnione Europea si mostrata ben disposta nei
confronti delle mobilitazioni democratiche e pacifiche, come sono le imponenti
manifestazioni tenutesi in Catalogna in occasione delle ultime tre feste nazionali (2012,
2013, 2014). LUE ha sempre rispettato i risultati di elezioni democratiche, come quelle
svoltesi in Catalogna nel 2012, quando 107 dei 135 deputati eletti si sono presentati in liste
favorevoli a convocare una consultazione popolare per decidere il futuro della Catalogna.
LUE ha sempre voluto conoscere e rispettare la volont dei cittadini, allo stesso modo del
movimento sobiranista catalano. LUE ha sempre voluto sostenere il diritto di
partecipazione dei cittadini nelle questioni che generano un dibattito sociale, profondo e
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trasversale, allo stesso modo del movimento favorevole alla consultazione catalana. La UE
ha sempre inteso riconoscere e proteggere i diritti delle minoranze, incluse quelle nazionali.
Pertanto, se lEuropa vuole essere coerente con la sua traiettoria e con la strenua difesa dei
valori democratici, dovrebbe mostrare apertura verso movimenti che si basano sul rispetto
delle domande poste dalla maggioranza della popolazione, soprattutto in un contesto
istituzionale come quello europeo rispetto al quale si denuncia spesso un deficit di
democraticit.
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1) A mio parere esistono, nel sistema costituzionale spagnolo, fino a quattro procedure che
potrebbero consentire ai cittadini di una Comunit autonoma, in questo caso della
Catalogna, di esprimere la loro opinione sul futuro politico della loro comunit, attraverso
un referendum o una consultazione, previa allapertura di un procedimento di riforma
costituzionale, in cui venga incluso come possibile opzione la separazione dallo Stato
spagnolo.
Questi quattro procedimenti sono i referendum convocati dallo Stato ai sensi dell'art. 92.1
della Costituzione (CE); il trasferimento o la delega di competenza da parte dello Stato alle
Comunit autonome, disciplinato dall'art. 150.2; la legge del Parlamento della Catalogna
4/2010 sul referendum e la recente legge catalana sulle consultazioni popolari non
referendarie e sulla partecipazione dei cittadini. A questi quattro metodi si pu aggiungere
la via indiretta della riforma costituzionale per inserire esplicitamente nella Costituzione
questo tipo di referendum o consultazione.
Nel breve spazio a mia disposizione non posso sviluppare, in tutta la loro ampiezza, gli
argomenti giuridici su cui baso tale tesi. Mi trovo costretto a farne una breve sintesi, e a
scusarmi per fare riferimento ad alcuni lavori in cui ho esposto queste posizioni in modo
pi dettagliato1.
Fino alla sentenza del Tribunal constitucional (TC) 42/2014, i quattro metodi appena
menzionati dovevano superare l'ostacolo giuridico posto dalla STC 103/2008 2 sul c.d.
Piano Ibarretxe, in cui si affermava che era in contrasto con la Costituzione la
convocazione di un referendum per chiedere ai cittadini di una Comunit autonoma di
esprimersi sul loro futuro politico collettivo. Questo per due ragioni: perch si tratta di un
Cfr. il mio lavoro Una reflexin desde Catalua sobre el derecho a decidir, in J. O. ARAUJO (a cura di), El futuro
territorial del Estado espaol, Valencia, 2014.
2 Parzialmente inspirata ad alcune sentenze della Corte costituzionale italiana, come la 470/1992 e la
496/2000.
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problema che riguarda tutti gli spagnoli; perch, quale che sia la risposta per esempio
favorevole alla separazione - la sua attuazione richiederebbe una modifica costituzionale
che si concluderebbe, comunque, con un referendum al quale sono chiamati a partecipare
tutti gli spagnoli.
Alcuni costituzionalisti avevano messo in discussione la consistenza logico-giuridica della
motivazione di questa pronuncia: dal fatto (vero) che la domanda e la risposta riguardano
tutti i cittadini e che la sua attuazione pu richiedere una revisione costituzionale, non
segue come conseguenza logicamente necessaria che le istituzioni dotate della competenza
per avviare il processo di riforma costituzionale non possano chiedere, prima di iniziarlo
ufficialmente, il parere dei cittadini di una Comunit autonoma circa l'esercizio o meno di
tale competenza. La dottrina del TC conduce a negare anche la possibilit di applicare le
tesi pi moderate che hanno sostenuto che, con una previa riforma della Legge Organica
sui referendum, potrebbe essere utilizzata la via dell'art. 92 CE.
A mio avviso, la STC 42/2014 ha introdotto un cambiamento radicale nella dottrina del TC
sul Piano Ibarretxe. La STC 42/2014 risolve una impugnazione dello Stato contro la
Dichiarazione del Parlamento della Catalogna, in cui si proclamava che la Catalogna era un
soggetto politico e giuridico sovrano e si decideva di iniziare il processo per l'attuazione del
"diritto" dei cittadini della Catalogna "a decidere" il loro futuro politico, in conformit con i
principi, tra gli altri, di legalit e democrazia. Nella sentenza, il TC dichiara, inizialmente,
lincostituzionalit della proclamazione del carattere sovrano della Catalogna e di una
ipotetica convocazione unilaterale di un "referendum di autodeterminazione", che
concepisce, in maniera indiretta e con riferimento alla famosa dichiarazione della Corte
Suprema del Canada, come una sorta di referendum dotato di effetti giuridici immediati e
vincolanti.
Tuttavia, vietata questa eventualit, il TC riconosce la possibilit di realizzare qualunque
altra attivit volta a preparare l'esercizio del diritto a decidere, che pu includere opzioni
che mettono in questione "il fondamento stesso dell'ordine costituzionale", a condizione
che si realizzino nel rispetto principi democratici, dei diritti fondamentali, e dei restanti
precetti costituzionali; e che il raggiungimento effettivo di tali obiettivi si consegua
attraverso il procedimento di riforma costituzionale3.
Unanalisi pi dettagliata di questa sentenza si trova nel rapporto elaborato dallInstitut dEstduis Autonmics
http://governacio.gencat.cat/web/.content/iea/documents/dret_a_decidir/arxius/informe_sentencia_tc_so
birania_parlament_vesp.pdf
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Una volta superata questa obiezione generale e accettato che, in linea di principio, pu
svolgersi una consultazione dei cittadini circa il loro futuro politico, sempre che poi la
concretizzazione del suo risultato, se incide sul "fondamento stesso dell'ordine
costituzionale", si realizzi attraverso la riforma costituzionale, si devono superare anche le
obiezioni ai quattro procedimenti prima menzionati. Si potrebbe infatti ritenere che
nellordinamento spagnolo non ci sono canali per poter realizzare una consultazione.
Questo stato sostenuto da una parte importante della dottrina giuspubblicistica spagnola.
In particolare, allo svolgimento dei referendum di cui all'art. 92 CE, si obietta, in primo
luogo, che i referendum a livello regionale non sono previsti in questo articolo, in cui si
contemplano solo i referendum diretti a "tutti i cittadini" (92.1 CE); e, in secondo luogo,
che la legge organica sul referendum non pu prevederlo, in quanto l'art. 92.3 CE solo
consente di disciplinare il referendum previsto dalla Costituzione. Nessuno di questi
argomenti mi sembra giuridicamente insormontabile: non quello letterale, perch il
riferimento a "tutti i cittadini" pu essere interpretato come tutti i cittadini del territorio a
cui si riferisce il referendum (si ammettono senza difficolt referendum locali) e linciso
"tutti i cittadini si opporrebbe solo alle consultazioni dirette a settori, sociali o
professionali, concreti.
Il principio che ci che non vietato dalla Costituzione deve considerarsi
costituzionalmente legittimo , credo, perfettamente applicabile per controbattere alla
seconda - e anche alla prima - obiezione. L'esistenza gi ricordata di referendum locali
rappresenta una dato rilevante da tenere in considerazione.
La via della delega o trasferimento della competenza per indire un referendum stata
proposta formalmente dal Parlamento catalano attraverso una proposta di legge organica
presentata al Congresso nel febbraio 2014. La proposta stata respinta dalla Camera nel
mese di aprile dello stesso anno. L'argomento utilizzato stato, quasi esclusivamente,
limpossibilit costituzionale di delegare la facolt in quanto il risultato del referendum
riguarda tutti gli spagnoli e pu richiedere una riforma costituzionale. La maggior parte del
Congresso ha fatto riferimento agli argomenti contenuti nella sentenza sul Piano Ibarretxe,
ignorando la recentissima dottrina della STC 42/2014 (o, quantomeno, non hanno
interpretato questultima come la interpreto io).
Per quanto riguarda la terza via, la legge catalana 4/2010 sulle consultazioni popolari
tramite referendum, del 17 marzo 2010, in conformit del paragrafo 32 dell'art. 149.1 CE,
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gli aventi diritto al voto nelle elezioni autonomiche, ma anche i cittadini tra i 16 ei 18 anni e
i vari gruppi di residenti stranieri, soggetti questi che non partecipano alle elezioni. Questo
insieme non si pu dire coincida con il corpo elettorale che in quanto "organo dello Stato",
come dice la menzionata STC, esprime la volont statale.
In sintesi, da questo punto di vista, penso si possa affermare che la legge catalana sulla
consultazione non pone nessun problema di costituzionalit; si pu sostenere anche che ci
siano fondati argomenti giuridici per ritenere che nemmeno li presenta il decreto di
convocazione. Questo soprattutto se tali precetti sono letti sulla base del principio
democratici, che richiede di favorire una interpretazione e un'applicazione delle norme
favorevoli alla maggiore estensione possibile della partecipazione dei cittadini, nel rispetto
del quadro giuridico vigente4.
In sintesi: nel nostro sistema costituzionale ci sono, a mio avviso, cinque modi possibili per
poter realizzare un referendum o una consultazione come quella proposta in Catalogna. A
parte il processo di riforma costituzionale, le due strade che pongono meno problemi
giuridici sono l'art. 92 CE e il gi respinto art. 150.2 CE.
2) Non conosco con sufficiente profondit le caratteristiche di altre rivendicazioni simili a
quella catalana per poter ragionare con il rigore che meritano i nostri lettori.
Per quanto riguarda il caso catalano, deve essere sottolineato che attualmente ci sono due
processi diversi, anche se strettamente correlati. Da un lato, la rivendicazione di quello che
stato chiamato il "diritto a decidere", che include la pretesa di votare in un referendum o
una consultazione specifica sul futuro della Catalogna, e che l'esito della votazione venga
preso in considerazione da parte di coloro esercitano i pubblici poteri. Questa
rivendicazione, secondo i sondaggi pi affidabili, ha il sostegno attivo di oltre il 75% dei
cittadini. Questa richiesta viene da lontano: a partire dal 1989, sono state adottate a tal
proposito numerose risoluzioni del Parlamento della Catalogna a questo proposito. Tale
richiesta andata crescendo nella misura in cui i cittadini catalani hanno visto frustrati i
tentativi di espandere il potere politico della Generalitat (le sue competenze), di migliorarne
il finanziamento e di ottenere il riconoscimento di una identit nazionale differenziata.
Accanto a questa rivendicazione c' anche quella di stampo secessionista che non ha
smesso di crescere e consolidarsi, passando in soli cinque anni dal 15 o al massimo al 20%
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a quasi il 50%, secondo alcuni recenti sondaggi. Le cause di questa crescita sono analoghe a
quelle identificate in relazione alla crescita del supporto popolare al "diritto di decidere".
3) Penso effettivamente che questi movimenti devono essere situati in un contesto generale
di crisi della democrazia, che stiamo vivendo da qualche tempo. Anche se, tuttavia, questa
crisi non la causa prima di questi fenomeni rivendicativi, n credo che questi possano
confondersi con la rivendicazione di maggiori spazi di democrazia partecipativa di fronte
alla
stagnazione
della
democrazia
rappresentativa.
mio
parere,
democrazia
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Notazioni conclusive*
di Gennaro Ferraiuolo
R. HUGHES, Barcellona. Duemila anni di arte, cultura e autonomia, Milano, 2004, p. 27, che continua: nella
concezione tradizionale catalana il seny si avvicina alla saggezza naturale ed trattato quasi come una virt
teologale. [] I catalani sostengono che il seny la principale caratteristica nazionale. Rappresenta per loro ci
che il duende (letteralmente folletto, e per traslato il senso della fatalit o della imprevedibilit tragica) per
gli spagnoli del Sud. [] Nelle Forme della vita catalana (1944) Josep Ferrater Mora disquisisce a lungo sul seny.
Luomo dotato di seny , anzi tutto, luomo equilibrato, colui che contempla le cose e le azioni umane con
una visione serena.
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tutte chiaramente delineate nelle risposte degli interpellati. Delineate da punti di vista
diversi e in forma altamente problematica, come normale che sia di fronte a un percorso
che, chiamando in causa la prospettiva di una rottura del principio unitario, difficilmente si
lascia racchiudere nel recinto del costituito.
Il questionario mette in luce, innanzitutto, le possibili risposte che, sul piano giuridico,
possono darsi al conflitto politico in atto. Sul punto le opinioni degli studiosi risultano
variegate. Provando a tirare le somme, le soluzioni cui si riconosce maggiore solidit sono
quelle che contemplano unattivazione da parte del Governo statale (referendum ex art. 92
CE; delega della competenza a convocare un referendum ex art. 150.2 CE); meno consenso
suscitano gli strumenti disciplinati in ambito catalano e, in particolare, quello della cd.
consultazione non referendaria, non a caso lultimo, in ordine di tempo, cui ha fatto ricorso
la Generalitat. Forti dubbi sulla conformit a Costituzione dellistituto sono espressi da
Ferreres, Arbs e Carrillo.
In tal modo si valorizza (forse da parte di qualcuno si auspica) la prospettiva del dialogo tra
istituzioni centrali e periferiche, e dunque la imprescindibilit delle negoziazioni (prima e
dopo lipotetico referendum). In parallelo, si registrano critiche, formulate con accenti
diversi, al modo in cui il Governo spagnolo ha sinora affrontato la questione, denunciando
le posizioni immobiliste che pietrificano lordinamento (Arbs) e quella che appare una
vera e propria strategia del disprezzo (Matas).
Non mancano richiami allinquadramento delle vicende catalane allinterno delle dinamiche
dellintegrazione europea (Albert, Abat, Matas, Ferreres). Si tratta di un aspetto molto
presente nel dibattito pubblico. Occorre infatti ricordare che la Catalogna, cos come la
Scozia, mostra una spiccata vocazione europeista2; la prospettiva, per un ipotetico nuovo
Stato, di una estromissione dallUE percepita come uno dei fattori di maggiore criticit
dellopzione indipendentista3: questa perde molto sostegno se la secessione della Catalogna
Si tratta di un aspetto che emerge in maniera anche dalla Declaraci de sobirania i del dret a decidir del poble de
Catalunya, approvata dal Parlament di Barcellona il 23 gennaio 2013 (risoluzione 5/X). Tra i principi in essa
enunciati figura, al punto n. 6, leuropesmo: si difenderanno e promuoveranno i principi fondamentali
dellUnione europea, in particolar modo i diritti fondamentali dei cittadini, la democrazia, la garanzia dello
Stato sociale, la solidariet tra i diversi popoli dEuropa e il sostegno al progresso economico, sociale e
culturale
3 Sul punto cfr. A. GALN GALN, Secesin de Estados y pertenencia a la Unin Europea: Catalua en la encrucijada,
in Le istituzioni del federalismo, n. 1, 2013, p. 95 ss.; in riferimento al dibattito scozzese, v. J. CRAWFORD, A.
BOYLE, Referendum on the Independence of Scotland International Law Aspects, in Scotland analysis: Devolution and the
implications of Scottish independece, www.official-documents.gov.uk, febbraio 2013, in particolare p. 92 ss.; J.O.
FROSINI, Lindipendenza della Scozia: luscita da due unioni?, in Quaderni costituzionali, n. 2, 2013, p. 442 ss.
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comporta la sua fuoriuscita dall'Unione europea, anche se solo per un periodo transitorio
(Ferreres). Albert vede per nel ruolo dellEuropa anche un elemento, per cosi dire, di
sdrammatizzazione delle tensioni in atto: la Catalogna non mostra nessuna resistenza a
cedere sovranit ad una entit superiore come la UE [], in seno alla quale rinuncia ad
essere sovrana4; cos, lazione di processi costituenti concentrici (prima che contraddittori)
potrebbe risolversi in una ridefinizione del ruolo degli Stati (opportuna, ad avviso dello
studioso, quantomeno per alcuni di essi).
Nel suo contributo, Vctor Ferreres ridimensiona drasticamente la consistenza delle
rivendicazioni in atto, criticandone, su base razionale, i contenuti; e, in ogni caso,
ritenendone il percorso di maturazione non ancora giunto ad una fase tale da rivelarne
leffettivo radicamento nella societ catalana: dal ripristino della democrazia, si sono svolte
in Catalogna decine di elezioni []. Sono stati pochi i partiti che hanno incorporato
lindipendenza nelle loro proposte politiche e il sostegno che hanno ricevuto sempre stato
minoritario. In modo coerente, anche tale autore riconosce esplicitamente le potenzialit
di uneventuale elezione autonomica in chiave plebiscitario-referendaria (su cui si torner
infra): se i partiti che enunciano, in termini inequivoci, il sostegno alla indipendenza
conseguissero la maggioranza dei voti, si aprirebbe un nuovo tempo politico, che
metterebbe la Generalitat, in questo caso s, nelle condizioni di negoziare con lo Stato un
referendum sulla questione5. Seguendo tale impostazione, potrebbero in futuro riemergere
problematiche di grande complessit e delicatezza: in questo ipotetico tempo nuovo,
sorgerebbe, in capo al Governo spagnolo, un obbligo a negoziare? Sulla base di quale
fondamento normativo? Sarebbe giuridicamente azionabile (sul piano interno o
sovranazionale) o occorrerebbe ragionare sulla base di puri rapporti di forza?
evidente che lo scivoloso crinale lungo il quale ci si muove si colloca sempre a ridosso
della dimensione politica e di quella giuridica; e, forse, nessuno dei due punti di
osservazione rinunciabile ai fini dellinquadramento delle vicende analizzate.
Abat, da una prospettiva destinata senzaltro a far discutere, considera nettamente
prevalente la concezione della Costituzione come processo politico su quella della
Costituzione come norma giuridica; su tali basi (e attraverso una serie di esempi) rinnega
In tema possono richiamarsi le tesi di N. MACCORMICK, Questioning Sovereignity. Law, State, and Nation in the
European Commonwealth, Oxford, 1999, trad. it. La sovranit in discussione. Diritto, stato e nazione nel commonwealth
europeo, Bologna, 2003, in particolare p. 325 ss.
5 Nella medesima prospettiva si veda del medesimo autore, con Alejandro Saiz Arnaiz, Una gran conversacin
colectiva, in El Pas, 5 febbraio 2014.
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tanto lesistenza di caratteristiche oggettive che la rendono unica e ne fanno una comunit
politica specifica e distinta, quanto la presenza di una volont politica di affermazione di
unidentit propria, manifestatasi costantemente nel corso dei secoli (Albert). In Italia, da
una prospettiva speculare, si osservato invece che lidentit delle [] regioni non il
risultato di un processo storico, esse non traggono origine da istituzioni a suo tempo fra
loro indipendenti ed ancora sensibili a questa tradizione di autogoverno o di governo
separato7.
La considerazione di tali aspetti potrebbe permettere di valorizzare quello che stato
definito approccio istituzionale storicizzato8. La valutazioni di dati extra giuridici non
daltra parte estranea agli studi legati alla forma/tipo di Stato. Basti ricordare la risalente
proposta di Smend rivolta al superamento delle costruzioni meramente giuridiche dello
Stato federale9. In tempi recenti, si segnala nella dottrina italiana la posizione di chi, nel
tentativo di rivitalizzare la distinzione tra modello regionale e federale, ritiene necessario
attribuire rilievo a fattori quali la presenza di unopinione pubblica, di una societ
regionale, verificando lesistenza di strutture della societ civile, culturale, economica
aventi un fondamentale radicamento e collegamento regionale (partiti, giornali,
associazionismo economico e imprenditoriale)10. Seguendo tale impostazione evidente
come la Catalogna mostri un fortissimo radicamento territoriale delle proprie istituzioni
(giuridiche, politiche, sociali, culturali). E, daltra parte, per quanto lassunto possa essere
oggetto di discussione, sono numerose le ricostruzioni scientifiche che collocano
lordinamento spagnolo (con riferimento alle realt della Catalogna e dei Paesi Baschi) nella
dimensione del federalismo plurinazionale11.
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mettere a tacere una parte della sua popolazione. Non mancano, invero, dati di sistema
che potrebbero far dubitare di una piena sovrapponibilit, sul piano considerato, delle due
vicende: si pensi alla carica di problematicit che, nellordinamento italiano, si riconnette
allidea di un popolo regionale14, laddove invece la stessa Costituzione spagnola che si
riferisce, esplicitamente, ai popoli della Spagna (preambolo) e al concetto di nazionalit
storiche (art. 2). E, daltra parte, se indubbio che a questultima nozione sia senzaltro
riconducibile la realt catalana (in termini fattuali e giuridici), va segnalato che per la regione
italiana il nostro Costituente non ha neanche ravvisato specificit territoriali tali da rendere
opportuno un regime speciale di autonomia.
Per Abat, la differente posizione della regione italiana e della Comunit autonoma non si
lega al diverso sostrato che sorregge le rivendicazioni territoriali (una componente oggettiva
che dovrebbe affiancare quella soggettiva, per seguire la ricostruzione di Albert); sostrato
che, dunque, almeno nella prospettiva considerata, ritenuto privo di ricadute
sullinquadramento giuridico dei fenomeni in atto. Ad avviso dellautore rileva, piuttosto,
un profilo definito procedurale: il Veneto non avrebbe compiuto tutta una serie di
passaggi (negoziazioni con lo Stato italiano; approvazione di atti, per lo pi politici, a
sostegno dellautodeterminazione) da intendersi preliminari alla convocazione unilaterale
del referendum. Si tratta di argomenti che, probabilmente, chiamano in causa le varie teorie
politico-filosofiche sulla secessione e il differente peso che, in ciascuna di esse,
riconosciuto alla componente volontaristica e a quella identitaria (in merito interessanti
spunti critici, da punti di vista diversi, si ritrovano nei contributi di Ferreres e Albert).
Si pu qui ricordare come, in passato, parte della dottrina italiana non abbia condiviso le
argomentazioni della Corte costituzionale tese a precludere la celebrazione di referendum
consultivi regionali, previ alla presentazione di disegni di legge di revisione. Nella pronuncia
n. 496 del 2000 si ritiene che una siffatta consultazione regionale alteri la tipicit del
procedimento di revisione, innestandovi un passaggio destinato a produrre forti vincoli alle
decisioni degli organi rappresentativi. Le principali critiche a questa decisione si sono
appuntate sul fatto che essa rinneghi, nella sostanza, la portata consultiva del referendum,
risolvendo sul piano giuridico un conflitto che avrebbe dovuto trovare risposte nella
dimensione politico-rappresentativa: per riprendere le parole di Arbs, esprimere
unopinione politica non equivale a decidere. Gli studiosi italiani che ragionano in questi
14
Cfr., in tema, A. MORRONE, Avanti popolo regionale!, in Quaderni costituzionali, n. 3, 2012, pp. 615 ss.
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termini ritengono, allo stesso tempo, che la Corte avrebbe potuto risolvere la questione
spostando la propria argomentazione su un terreno diverso, sebbene comunque
accidentato: quello relativo alla distinzione tra referendum e plebiscito, essendo
questultimo precluso nel nostro ordinamento15.
Si tratta di un profilo che acquisisce senzaltro rilievo in riferimento alle vicende catalane:
che il prossimo passaggio della questione catalana sar quello di elezioni autonomiche
qualificate, appunto, plebiscitarie con formula poco felice (Abat) 16 ipotesi, allo
stato, tuttaltro che remota.
Anche da questo punto vista lo sforzo di contestualizzazione (e in tal senso aiutano i dati
forniti da Matas) diviene imprescindibile, se vero che sono il clima e lambiente politico
[] che fanno la differenza [] determinando il [] destino pi o meno plebiscitario di
un referendum17. La richiesta di un voto popolare sullindipendenza proviene da gran parte
dei partiti e dei cittadini catalani: le elezioni del 25 novembre del 2012 sono state precedute
da una campagna elettorale incentrata su questo specifico punto, sul quale i partiti hanno
dovuto assumere un chiaro posizionamento. Allesito di quelle consultazioni, le forze
politiche sostenitrici del cd. dret a decidir hanno ottenuto 87 dei 135 seggi del Parlament de
Catalunya (quasi il 65%).
Cos, gi quelle elezioni potrebbero considerarsi (nel senso in cui tale formula utilizzata
nel dibattito catalano) plebiscitarie: non rispetto allindipendenza ma alla convocazione di
un referendum sulla stesso. In merito due precisazioni paiono opportune.
La prima: il richiamo al fronte del dret a decidir include quei partiti disposti a sostenere tale
rivendicazione anche oltre un punto di rottura dei rapporti con le istituzioni statali (come
accaduto lo scorso 9 novembre). A questi partiti andrebbe aggiunto il PSC (forte di 20
diputats), dichiaratosi in pi occasioni favorevole ad una consultazione sullindipendenza se
concordata con il Governo statale. Loscillazione dei socialisti catalani (su cui si sofferma
lanalisi di Matas) emerge, in effetti, in diverse vicende: la fuoriuscita di esponenti del
partito in dissenso con la linea moderata sul punto; il sostegno, nel Parlamento autonomico
Cfr. M. LUCIANI, I referendum regionali (a proposito della giurisprudenza costituzionale dell'ultimo lustro), in Le
Regioni, n 6, 2002, p. 1381 ss.; L. PEGORARO, Il referendum consultivo del Veneto: illegittimo o inopportuno?, in
Quaderni costituzionali, n. 1, 2001, p. 126 ss.
16 In tal senso cfr. anche M. DELLA MORTE, Derecho a decidir, representacin poltica, participacon ciudadana: un
enfoque constitucional, in L. CAPPUCCIO M. CORRETJA (a cura di), El derecho a decidir. Un dilogo italo-cataln,
Barcelona, 2014, p. 27 ss.
17 M. LUCIANI, Art. 75. Il referendum abrogativo, in Commentario della Costituzione. La formazione delle leggi, tomo
I,2, Bologna-Roma, 2005, p. 138.
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Difficolt che emergono, ad esempio, nelle ricostruzioni che provano a conciliare una
connotazione negativa del plebiscito e la sua qualificazione sulla base di elementi giuridicoformali (pi o meno definiti) da un lato, con, dallaltro, il carattere non plebiscitario
predicato in rapporto al referendum istituzionale del 2 giugno 194621. Cos, pi coerente
appare la ricostruzione di chi, distinguendo tra plebisciti e democrazia plebiscitaria, fa rientrare
tra i primi sia il referendum del 1946 sia quello sullindipendenza del Qubec; casi nei quali
il termine plebiscito usato in maniera intercambiabile con quello di referendum22.
Seguendo allora una lettura che fa leva, ai fini della distinzione in parola, sul rilievo del
concreto contesto politico, e che configura il plebiscito come rivolto alla legittimazione di una
persona o, al limite, di un partito politico o di un organo costituzionale23, le ipotetiche elezioni
plebiscitarie catalane sembrano sfuggire allinquadramento in questo schema. La richiesta
del referendum sostenuta, come visto, da un blocco esteso e ideologicamente trasversale
di forze politiche. Per di pi, quando con le elezioni anticipate del 2012 Artur Mas ha
provato, in qualche modo, a personalizzare il processo, ne uscito significativamente
ridimensionato. Al rafforzamento del blocco favorevole al referendum si accompagnata
una importante perdita di seggi (12) del suo partito: legittimazione personale (o partitica) e
legittimazione del processo si sono pertanto, in quella occasione, chiaramente divaricate.
Anche recenti sondaggi mostrano che la maggioranza degli indipendentisti catalani (quasi i
due terzi) non vota CiU (Matas).
pur vero che, proprio mentre si scrivono queste pagine, Artur Mas ha lanciato (25
novembre) una proposta di lista unica con cui correre in elezioni anticipate (a questo punto
imminenti: si parla di inizio 2015); qualche attento analista aveva riferito, gi nelle scorse
settimane, di manovre politiche tese alla creazione di un Partito del Presidente
24
Lindisponibilit manifestata su tale versante, sino ad oggi, da ERC potrebbe far s che si
conservi unofferta partitica (pro indipendenza) variegata, che limiterebbe i rischi di
personalizzazione. Ad ogni modo, per valutare la connotazione in senso personalepresidenziale di una eventuale lista unitaria, occorrer analizzarla nella sua concreta
strutturazione: modalit di scelta dei candidati, loro ordine di collocazione, contenuti
Cfr. M. LUCIANI, Art. 75, op. ult. cit., in particolare pp. 135-136, dove si parla, a tal proposito, di una vera
e propria acrobazia logica.
22 P.
PASQUINO, Plebiscitarismo, in Enciclopedia delle scienze sociali, 1996, (versione online
http://www.treccani.it/enciclopedia/plebiscitarismo_(Enciclopedia_delle_scienze_sociali).
23 Cfr. M. LUCIANI, Art. 75, op. ult. cit., pp. 138-140.
24 Ci si riferisce allarticolo di Enric Juliana Empapelando, in La Vanguardia del 13 novembre 2014.
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programmatici (che dovrebbero definire i passaggi che questo soggetto politico intende
compiere, in caso di esito elettorale favorevole, nella direzione dellindipendenza).
In relazione alle questioni sin qui evocate occorre considerare, accanto al ruolo dei partiti,
quello della societ civile. La mobilitazione in atto si costruita, infatti, anche attraverso la
partecipazione di una larga fetta di cittadinanza. Lo stesso voto del 9 novembre si mosso
sulla linea di confine che corre tra un referendum encubierto (Carrillo), smascherabile in
virt del sostanziale appoggio ricevuto dalle istituzioni catalane (da qui la seconda
sospensione del TC, disattesa dalla cittadinanza e forse - in una misura che potrebbe essere
accertata giudiziariamente - dal Governo della Generalitat), e una manifestazione
dimostrativa (una sorta di rappresentazione simbolica del gesto negato di votare)
amministrata, per ci che attiene alle operazioni elettorali, integralmente da volontari (oltre
40.000). Indicativo in tal senso il fatto che la Generalitat non abbia preteso di attribuire
alcuna rilevanza formale alla votazione (proprio in quanto priva delle necessarie garanzie e
controlli) ma semplicemente di considerare i dati sulla partecipazione come (ulteriore) base
politica per rinnovare la richiesta di un referendum consultivo in piena regola, concordato
con i poteri statali.
Questa interazione tra cittadini, partiti e istituzioni sebbene abbia assunto, in questa fase
di inedita tensione territoriale, una portata peculiare pu considerarsi anchessa
espressione, per alcuni versi, di un tratto tipico di una societ caratterizzata da un fittissimo
tessuto associativo, che nessun politico pu permettersi di ignorare, perch [] alla base
della catalanit25.
Va evidenziato, in questa cornice, il ruolo di due organizzazioni: mnium cultural e Assemblea
Nacional Catalana, che da una certa fase in poi hanno operato in strettissima sinergia,
condizionando spesso le condotte dei soggetti partitici e istituzionali (in tal senso Matas).
La prima, fondata nel 1961, conta oggi oltre 44.000 iscritti; costretta ad operare in
clandestinit negli anni del franchismo, si dedica per statuto alla promozione e alla
normalizzazione dellidentit nazionale della Catalogna. Dal 2010 quando ha promosso
una manifestazione di protesta contro la sentenza del Tribunal constitucional sullo Statuto la
sua connotazione politica (apartitica) si chiaramente accentuata.
La seconda, dopo una gestazione collocabile tra il 2009 e il 2011 (quando si svolgono una
serie di consultazioni non ufficiali sullindipendenza in numerosi comuni catalani), si
25
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costituisce formalmente nel 2012. Oggi conta circa 80.000 iscritti (tra aderenti e
simpatizzanti) e si regge su di una struttura capillare, formata da assemblee territoriali
(575, di ambito comunale o, per i municipi pi piccoli, sovracomunale), assemblee
settoriali (41: Bibliotecari e documentalisti per lindipendenza, Immigrazione per
lindipendenza, Gay e lesbiche per lindipendenza, Economia sociale e solidale per
lindipendenza, solo per citarne alcune) e assemblee estere (37, che raccolgono i cittadini
catalani residenti in altri Paesi: per questi, il 9 novembre, sono stati predisposti nel mondo
17 punti di votazione)26.
A ci si aggiunga la partecipazione attivatasi, istituzionalmente, a livello comunale: il 4
ottobre, 920 sindaci (su 947 municipi catalani: oltre il 97%) hanno consegnato al Presidente
della Generalitat le mozioni adottate dagli organismi comunali (in molti casi, come segnalato,
con lappoggio di esponenti del PSC) a sostegno della consultazione del 9 novembre,
attestando nonostante la (prima) sospensione del TC la disponibilit ad offrire il
supporto logistico-organizzativo necessario per la votazione. La Associaci de Municipis per la
Independncia (AMI) riunisce 706 comuni (quasi il 75% del totale): si tenga conto che, ai fini
delladesione a questa associazione, richiesta una deliberazione a maggioranza assoluta
dellorgano rappresentativo (Ple del Ajuntament) dellente locale.
Emerge, dunque, uno scenario di grande complessit, che richiederebbe unanalisi
approfondita e di taglio multidisciplinare: se esso assume rilievo, principalmente, sul piano
politico-sociologico, non pu non riflettersi anche sulle dinamiche della rappresentanza e
della partecipazione, sul rapporto tra le due dimensioni e su quello tra partiti, cittadini e
istituzioni.
Qualunque sia la valutazione che si intenda dare dei fenomeni cui si accennato, la loro
considerazione appare indispensabile per il compiuto inquadramento delle vicende in atto.
Non mancano, nel dibattito spagnolo, opinioni tese a ridimensionare drasticamente la
portata delle istanze di partecipazione e di rivendicazione sociale - oltre che nazionale - che
queste realt ritengono di esprimere. A tal fine si evoca spesso la formula indistinta del
populismo; dimenticando, forse, che questo pu rappresentare al limite una
manifestazione la febbre della malattia che colpisce la democrazia, cio la carenza
La mobilitazione civica, parallela o sovrapposta a quella dei partiti nazionalisti (anche nelle fasi storiche in
cui viene ancora definendosi la loro precisa fisionomia) un altro fenomeno piuttosto ricorrente nella storia
del catalanismo, soprattutto nelle fasi in cui ritiene minacciato il sentimento nazionale. Si consideri, in tal
senso, lesperienza del Centre Catal (1882), di fondamentale impulso per lo sviluppo del movimento
catalanista, e di Solidaritat Catalana (1906). Sul punto cfr. M. CAMINAL, Nacionalisme, op. cit., p. 85 ss.
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della presenza popolare in quello che dovrebbe essere il suo habitat naturale27; e che gli
argomenti del populismo [] non possono rimanere senza risposta. [] La febbre
populista probabilmente un indicatore di una democrazia sofferente28. Se ci vero, pu
rivelarsi miope una strategia che continui a reprimere il sintomo senza interrogarsi e agire
sulla causa del male.
Si ritorna, cos, ad una delle questioni chiave evidenziate, lucidamente, da alcuni degli
interpellati (Albert e Viver): se lo Stato di diritto si difenda pi efficacemente incanalando
questi fenomeni sociali nei percorsi legali esistenti, interpretandoli, fin dove possibile, in
maniera conforme alle esigenze che discendono dai principi democratici; o se sia preferibile
utilizzare il diritto come muro di contenimento di tali rivendicazioni (Viver).
Y. MNY Y. SUREL, Par le peuple, pour le peuple, Paris, 2000, ed. it. Populismo e democrazia, Bologna, 2004,
p. 26.
28 Y. MNY Y. SUREL, Par le peuple, op. cit., p. 60.
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