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TESI DI LAUREA
Hegel e lo spirito del popolo
RELATORE
Prof. Gianmario Cazzaniga
CANDIDATO
Enrico Donato
0. Introduzione
1. Popoli nella storia
Il Volksgeist come soggetto particolare della storia
Ipotesi: il popolo e la consistenza dello spirito soggettivo
Antropologia: l'abitudine e il primo distacco
Aspetti di un popolo: lato naturale e spirituale
Principio, determinatezza e concetto: alcune precisazioni logiche
Storia e inconsapevolezza
Organismo e semplice naturalit
Teorie del popolo originario
2. Oggettivazione di un popolo
Il bisogno della totalit
Pratiche abituali
Il linguaggio di un popolo
La religione
La costituzione e lo Stato
Bisogno di storia, bisogno di tempo
S' impara dalla storia?
3. Declino e filosofia
Padri e figli
Come si deve morire
Il rendere ragione attivit della ragione
Il pensiero un tritatutto?
Il vero macellaio
Un accenno al giudizio
4. Conclusioni
Bibliografia
0. Introduzione
Gli anni dal 1788 al 1800, che Hegel trascorre allo Stift di Tubinga prima, a
Berna poi e infine a Francoforte, lasciano dei segni profondi nell'animo del
giovane filosofo. Anzitutto studia il cristianesimo, le sue origini ed il suo
primo sviluppo, ma poi anche Kant (conosciuto probabilmente tramite un
corso di lezioni1), Schiller, Lessing e Rousseau, venendo cos a contatto con
quella vastissima querelle sulla Erziehung del genere umano che aveva messo
in crisi la rappresentazione diffusa dell'intellettuale, richiamandola per prima
cosa a prestare attenzione, ma poi tutt'insieme a riconoscere, far emergere e
convogliare il fermento politico che fino ad allora era rimasto in sordina.
La religione assumeva un posto di spicco nel progetto: doveva fornire alle
proposizioni filosofiche e agli ideali i prodotti del Verstand e della
Vernunft , un involucro pi sensibile2, cos che il prodotto ultimo, un tale
ibrido, avrebbe risvegliato tanto il cuore e la fantasia, quanto la
motivazione di un popolo. Cos Hegel, insieme a Schelling e Hlderlin, tenta
di risalire alla fonte di un problema insieme politico, religioso e filosofico che
si concretizza nel bisogno di trovare l'elemento regolatore della vita nella
comunit politica, affinch questa si presenti come un'unit compiuta di
significato.
Hegel pratica l'arduo sentiero per viam negationis, ossia ripercorrendo la
storia dei fallimenti che sono toccati ai popoli, per non ripeterli nel futuro:
indaga come gli ebrei si siano disgregati per la formalit della loro religione,
e come dalle piccole comunit cristiane di amici si sia passati alla pura
positivit incarnata dalle chiese nazionali dominanti3.
rilevante che Hegel in vari luoghi, da narratore absconditus che era, si
spirito del popolo, storia, religione, grado della libert politica popolare non
possono essere considerati separatamente, n in rapporto al loro reciproco
influsso n in rapporto alla loro natura *<+. Formare lo spirito del popolo
invece per un verso cosa della religione popolare, per un altro dei rapporti
politici.2
1
2
3
4
Rp., p. 39.
Rp., p. 58.
Frammento di sistema del 1800, in Scritti teologici giovanili, p. 475.
Rp., p. 60.
Il primo capitolo di questo lavoro porr le basi per un'indagine storica dei
popoli e da l si partir per cogliere come si presenta nel mondo hegeliano il
Volksgeist. L'analisi delle forme di vita di un popolo (religione, costituzione,
comprensione storica) sar condotta interamente nel secondo capitolo, dal
1 Sar trattato pi articolatamente il primo punto, mentre dedico soltanto un'osservazione
all'et d'un popolo. Hegel dice che il genio giovanile di un popolo *<+ si lancia con
avidit su ogni cosa nuova per sostituirla dopo poco con una nuova attrattiva (Rp., p.34)
ed in Enc. 454A che il popolo curioso paragonato al fanciullo ritorna sempre ad
accorrere l dove c' qualcosa da guardare a bocca aperta. Mentre nel primo caso si loda
la vitalit, nel secondo passo l'accento cade piuttosto sull'inesperienza. Nel caso del
genio che invecchia, accade che esso fortemente attaccato alle convenzioni, e tono e
contenuti della descrizione richiamano il declino dei popoli nella filosofia della storia.
2 Rp., pp. 98-99
3 Pc., p. 305.
4 Ivi, pp. 311-312. Hegel usa la significativa espressione giudizio delle nazioni
accostandola a storia; Lo spirito del cristianesimo e il suo destino, in Scritti teologici giovanili,
p. 370.
5 Hegel scriveva cos a Schelling sul finire del 1800, cf. Briefe I, p. 59, cit. in Peperzak, Le
jeune Hegel et la vision morale du monde, p. 1.
delle
tracce
capaci
di
farci
discendere
dalle
altezze
1 Filosofia della storia universale (= WG2, il corso 1822-23), p. 31: La sola verit a proposito
che exeundum est e statu naturae.
2 Ivi 347.
3 Enc. 251.
4 Ivi 388.
In questa luce possono esserci d'aiuto due momenti della filosofia hegeliana:
da un lato la deduzione dalla volont immediata della volont libera (o
diritto) nella Filosofia del diritto1, dall'altro, il destarsi del pensiero come
universale per l'universale genere che sa se stesso nello spirito soggettivo
dell'Enciclopedia2. Questi sono due momenti chiave per afferrare il
superamento della singolarit e puntualit del sentire ad opera dello spirito,
e grazie ad essi diventa chiaro come, gi ai suoi albori, l'uomo respinga da s
l'impulso irrazionale, scorpori il sensibile traendone fuori l'universale,
segnando in tal modo una distanza con l'animale che non pu accedere a
questa sfera, come scrive Hegel: l'animale non si scinde3.
Certo sarebbe lecito obiettare che i luoghi succitati trattano non tanto del
percorso di popoli quanto di singoli, e che sarebbe sbagliato sovrapporre le
dinamiche che coinvolgono lo spirito individuale su un'entit di qualit
diversa. Ci sbaglieremmo per se intendessimo questa obiezione nel senso
che soltanto quest'uomo o quest'altro, presi in quanto tali, sono i soggetti entro
cui si manifestano i processi che conducono all'universalit della volont e al
pensiero per s. Resterebbe oscura, ad esempio, l'espressione contenuta
nell'aggiunta al 389 dell'Enciclopedia per cui l'identit immediata, astratta, di
pensiero ed essere pur essendo un grado dello sviluppo antropologico
1 Rph. 5-29. Hegel vi rimanda nel 487 dell'Enciclopedia. Per una discussione dettagliata
cf. Peperzak, Modern Freedom. Hegel's Legal, Moral and Political Philosophy, pp. 174 e sgg.
2 Enc. 388-412.
3 WG2, p. 26.
Cos
come
sarebbe
quantomeno
incomprensibile
se
10
che le fasi dello spirito soggettivo acquistino consistenza per il fatto che
sintetizzano il significato dello svolgimento assai pi ampio e controverso di
fasi appartenenti ad un popolo, fungono da abbreviazioni per la sua vita 1.
Posto questo punto d'appoggio possibile avanzare con una precisazione sul
rapporto tra mediazione e immediatezza, tenendo in mente quanto detto.
Appare che la natura dello spirito si conosce dal suo opposto2, ovvero
libert. Se adesso abbiamo afferrato il fatto che ciascun popolo destinato
all'intellettivit (oltre che l'uomo in generale, del cui momento ritroviamo le
tracce nel racconto hegeliano del peccato originale 3) segue che, persino nel
cosiddetto stato di natura, risulter errato dire dell'essere umano che
animale, bens si dovr ammettere che a lui compete un'umanit animale 4
che, lasciando fuori l'aspetto ossimorico, una dynamis posseduta al fine di
scrollarsi di dosso la sua naturalit5. Potrebbe sembrare che questo
significhi togliere l'oggetto esterno facendolo sparire in un luogo chiss dove,
ma la mediazione di cui si tratta non si presenta cos. Togliere l'immediatezza
significa che lo spirito sin dal suo manifestarsi (ancor prima che nella
coscienza) trarre le proprie determinazioni da se stesso, cos che l'esistente
sia un prodotto non accidentale dello stesso spirito: il pensiero si fa la natura
a sua immagine e somiglianza, cos libero in essa dal momento che vi si
riconosce, il prodotto e il produttore coincidono6, l'oggetto perde la forma
della datit per ricevere quella d'un contenuto appartenente allo spirito
stesso7. Hegel chiama tale opera demiurgica realizzata seconda natura,
1 Intravedo un rimando a questa tematica in Di Carlo, Tempo, autocoscienza e storia in Hegel,
pp. 144-45.
2 Lezioni sulla filosofia della storia (Calogero-Fatta, = WG), p. 37; Lezioni sulla filosofia della
storia (Bonacina, = WG1), p. 16.
3 Enc. 24A3.
4 WG2, p. 32.
5 WG, p. 42.
6 Rph. 23, Enc. 379A.
7 Enc. 387A.
11
primariamente
il
diritto
nello
Stato1,
la
configurazione
ma si pu allargarne
1
2
3
4
5
6
7
8
Rph. 4.
Enc. 392.
Ivi 396.
Ivi 394.
Ivi 400.
Ivi 400A.
Ivi 402.
Ivi 407-409.
12
la
carpir
nell'essenza
parvente
dell'alterit:
l'esser-altro
1
2
3
4
Ivi 410.
Ivi 412.
Ivi. 440. Lo spirito solamente spirito, in quanto per lo spirito (564).
WG, p. 43.
13
1
2
3
4
Ivi, p. 207-8.
Ivi, p. 49.
Ivi, p. 208.
Ibid.; sempre nello stesso luogo, Hegel afferma che il sensibile stesso si divide in due
aspetti, quello della naturalit soggettiva e quello della naturalit esteriore.
5 Enc. 393.
6 WG, p. 207.
14
1
2
3
4
WG1, p. 70.
Ibidem.
WG2, p. 103-4.
Mi riferisco, mutandolo inclusivamente, al verso oraziano: caelum non animum mutant qui
trans mare currunt.
5 Cf. Rph. 247. Carl Schmitt ha sviluppato quest'opposizione nell'omonimo saggio Terra e
mare. Una riflessione sulla storia del mondo, redatto nel 1942, nel cui poscritto (1981)
ammette che il lavoro in questione era l'inizio di un tentativo di sviluppare questo 247
[dei Lineamenti, n.d.a.].
6 Enc. 394.
7 Ivi 394A. Un'immagine chiarificatrice dei rapporti tra lato spirituale e naturale si trova in
Cesa, Modelli di filosofia della storia nell'idealismo tedesco in: Logica e storia in Hegel, p.
94: se il veicolo riceve la direzione, lui ad imporre le condizioni e le modalit di
marcia, dove lo spirito il conducente, la natura il veicolo. Cf. Peperzak, op. cit., pp. 516-
15
spirito stesso2. A tal proposito Hegel ammette che la nozione del trapasso,
il procedere (Fortgehen), propriamente l'anima di ogni comprensione e
concezione filosofica della storia3 (e, potremmo dire restando nei limiti
posti da Hegel , di qualsiasi concezione filosofica) cos che bisogner
indagarne le modalit di manifestazione nel sostrato determinato su cui
cade, il Volksgeist. A questo punto per resta insoluta un'altra questione di
primo piano: mentre il porre differenti geografie e la loro oscillante influenza
sui caratteri nazionali si giustifica di per s in maniera per lo pi evidente, da
dove proviene la regola secondo cui a ciascun popolo spetta un principio
determinato? Perch quindi necessario che esso faccia epoca soltanto una
volta nella storia? A prima vista l'Einteilung dei popoli un'assunzione che
sembra quantomeno discutibile ed Hegel stesso tiene a precisare che questa
legge va ritenuta inizialmente soltanto empirica, poich sar soltanto il
risultato a cui il filosofo della storia perverr che potr motivarla guardando
16
17
1 Ibidem.
2 Ivi, p. 128: il qualcosa posto col suo limite immanente come la contraddizione di se
stesso, dalla quale indirizzato e cacciato oltre a s, il finito.
3 Lezioni di filosofia del diritto secondo il manoscritto di Wannemann, Heidelberg 1817-1818, 164
(d'ora in poi Wann.)
4 Le maniere di trattare scientificamente il diritto naturale (sar indicato con Naturr.), in Scritti
di filosofia del diritto, pp. 80-81.
5 Verra, nelle sue Letture hegeliane. Idea, natura e storia, nota giustamente che non il
carattere naturale ed organico dei Volksgeister a spiegare la loro funzione storica, bens il
pensiero che vi opera come forza dirompente e universalizzante (p. 85)
6 Sulla tensione tempo meccanico-organico, cf. Di Carlo, op. cit., p. 86
7 SdL II, p. 685.
8 SdL II, p. 686 (corsivo mio).
18
1
2
3
4
Ibid.
Ivi, pp. 688-89.
Ivi, p. 688.
Rph. 32; Hegel parla di questi concetti come configurazioni ricomprese nelle civilt
evolute come momenti, torneremo pi avanti su questa specificit del movimento
conservativo del concetto.
5 SdL II, p. 693: la determinatezza che si riferisce a se stessa l'individualit.
6 Ibid. (corsivo mio).
7 SdL II, p. 713.
8 Cf. Biasutti, op. cit., p. 265. Si veda il seguito delle mie analisi in proposito.
19
Fin qui abbiamo colto la geografia e l'elemento logico d'un popolo, adesso
per la cassetta dei nostri attrezzi sufficientemente pronta a servire per un
lavoro essenzialmente storico. Nella storia la particolarit a caratterizzare
ci che esiste1 e, come abbiamo visto, il particolare in questione un
individuo che espone l'universale, un popolo col suo spirito; A differenza di
quanto troviamo nella logica del concetto in cui quest'esposizione in
abstracto, del tutto incontaminata nella storia di un popolo il dispiegamento
dell'universale cade nel tempo, si manifesta, e non con le sembianze di un
possesso scontato ma come una conquista ottenuta a discapito delle forze
sotterranee. Adesso perci ci si presenta una terza faccia della natura,
deducibile in certo modo dalla connessione delle prime due (la volont
immediata e il mondo esterno), l'inconsapevolezza. Che il volere non sia libero
rispetto all'impulso significa che non consapevole della sua autonomia, non
giunto a sapere questa verit; in generale pertanto gli spiriti dei popoli si
distinguono per secondo l'idea che essi si fanno di se stessi, secondo la
superficialit o la profondit con cui hanno compreso e approfondito ci che
lo spirito2. Se prima avevamo raggiunto la verit per cui la connessione dei
dei popoli restava ingiustificata dal lato naturale, stavolta ci viene detto
aggiuntivamente che specificamente l'organizzazione di un pensiero (un
sapere di s) a fungere da discrimine. Da ci consegue che dovremmo cercare
1 WG, p. 44.
2 Ivi, p. 43; St. fil. I, p. 81.
20
Perlopi Hegel mutua dalla rappresentazione della vita organica il fatto che
la determinatezza universale s'estrinseca nel suo sviluppo in sfere distinte, le
quali stanno come momenti nella totalit che il principio 1. In effetti, se fosse
vero che il rapporto tutto-parti deve essere organico (ossia vale la relazione
di interdipendenza tra le parti in cui ciascuna scambievolmente fine e
mezzo2 in vista del tutto) nel senso di puramente naturale, potremmo
trovare un incredibile affinit con un pensatore come Herder, laddove
afferma che
come nell'imputridire del corpo fisico ciascun punto guadagna per s una vita
indipendente, che per solo la misera vita dei vermi, cos qui l'organismo statale si
dissolto negli atomi delle persone private. 4
1
2
3
4
21
verso
le
teorie
dell'Urvolk.
Queste
ultime
convergono
1 Naturr., p. 109.
2 Herder, op. cit., p. 183.
3 Sulle immagini organiche che diventano un letto di Procuste, una forzatura per
afferrare il concetto dello spirito, cf. Hyppolite, Introduction la philosophie de l'histoire de
Hegel, p. 28.
4 WG2, p. 31.
5 Saggezza; cit. in WG2, p. 32. Una plausibile replica hegeliana si trova nella Fenomenologia:
22
1
2
3
4
quando noi desideriamo vedere una quercia *<+ non siamo soddisfatti se al suo posto ci
venga mostrata una ghianda; similmente la scienza, corona del mondo dello spirito, non
compiuta al suo inizio (Fen. I, p. 9). Contrariamente all'indirizzo di Schlegel, Hegel si
attiene alla lezione di Humbold (cita l'opera Sul Duale) per cui le lingue rimaste vicine
alle origini *<+ contengono una grammatica molto elaborata nei particolari, ed
esprimono differenze che nelle lingue dei popoli pi colti mancano o sono pi incerte
(Enc. 459). Cultura e lingua viaggiano su binari distinti.
Fichte, Discorsi alla nazione tedesca, p. 113.
Id., cit., p. 101.
Id., cit., p. 91.
Id., cit., p. 92. Che per Hegel questo proiettarsi indietro, rebours, sia parimenti un gettare
davanti allo sguardo una vuota utopia del sollen, pu darsi per scontato (cf. anche St. fil. I,
pp. 59-60).
Enc. 393A.
23
1 Enc. 549. Schelling nel 1802 procedeva in modo pi circospetto rispetto alla teoria
dell'Urvolk, guardando ad essa come a ogni ipotesi empirica, la quale sposta la
soluzione solo pi indietro (Lezioni sul metodo dello studio accademico, p.16).
2 Trattando del contenuto del sentimento nelle lezioni sulla filosofia della religione, Hegel
dice che posso pure entusiasmarmi per il passato; ma anche per un passato che non
stato e non sar mai (Lezioni sulla filosofia della religione I, p. 93). Nella Religione
disvelata della Fenomenologia si trova un passo eloquente: Lo spirito, in tal guisa,
nell'esserci soltanto per un atto d'immaginazione; questa immaginazione la fantasticheria
(Schwrmerei) che attribuisce arbitrariamente alla natura come alla storia, al mondo come
alle mitiche rappresentazioni delle religioni trascorse un senso interiore diverso da quello
da esse offerto immediatamente alla coscienza nel loro apparire *<+. Ma questa una
significazione presa a prestito, e una veste che non ricopre la nudit dell'apparenza; e non
merita n fede n rispetto alcuno, ma rimane la torbida notte e la propria estasi della
coscienza (Fen. II, p. 259). Cf. anche il chiliasmo non esaltato (schwrmerisch) a cui pu
esporsi la filosofia, Kant, Idee per una storia universale dal punto di vista cosmopolitico VIII, in
Scritti di storia, politica e diritto, p. 39.
3 Enc. 548.
24
2. Oggettivazione di un popolo
1 WG, p. 80.
2 Cf. St. fil. I, p. 69. La prima contraddizione nell'istinto che, in generale *<+ non consiste
in altro, se non in ci che qualcosa , in se stesso, s e la mancanza, il negativo di se
25
26
Volksgeist nello specifico). In questo senso va letta l'affermazione per cui l'idea
filerebbe la trama dell'intera connessione degli interessi particolari a suo
vantaggio; si badi per che nell'idea assoluta la mediazione del particolare,
dell'universale e del singolare senza tempo, cio ciascun termine dimostra
d'essere la totalit dialettica degli altri di modo che il concetto e l'oggetto
siano identici in qualunque dei loro rapporti1. Nella finitezza della sfera
mondana, di contro, lo scorrere negativo del tempo coarta un popolo a
identificarsi col suo spirito universale soltanto dopo un lungo tragitto di
liberazione da quella stessa caduca esistenza finita che gli congenita. Non
oscura cos la sentenza hegeliana per cui nella Weltgeschichte ci s'intrattiene
non solo con individui che sono popoli, ma anche con complessi che sono
Stati. Le ragioni che fanno dello Stato una conditio sine qua non sono solo in
parte deducibili dalle suddette critiche ai popolar-naturalisti in merito ad
una unmittelbares Existenz che non renderebbe giustizia ai processi compositi
del diritto e dell'autocoscienza universale2; d'altra parte il resto delle
giustificazioni verr posto nello svolgimento di questa trattazione in cui
prendo in esame il realizzarsi d'uno Stato.
La prima stazione s'esaurisce (senza troppa casistica filosofica) nel
procacciarsi da vivere e moderare gli influssi distruttivi della natura: quando
poi in un popolo la sopravvivenza dei singoli al sicuro sorge l'impulso alla
totalit della conoscenza3.
27
1 Il regno dei morti considerato la via d'accesso allo spirituale per gli Egizi e rappresenta
forse nel modo pi palese la volont di superare la caducit del momento finito e
naturale. A tal proposito si veda Naturr., p. 80-81.
2 A seconda del grado di sviluppo dello stato ne seguono per i cittadini dei diritti e dei
doveri del tutto differenti, ma il sostanziale di questi rapporti, per esempio la propriet,
l'onore, la difesa del principe e dello stato, si riscontrano ugualmente in una societ poco
civilizzata (Filosofia della religione I, p. 145).
3 Rph. 350. La fondazione sta qui come un cominciamento, ma si mostrer realmente
soltanto uno Schein che dileguer quando afferreremo il cominciare di un popolo al pari
di un uomo che sta sulle spalle dei giganti. L'idea d'una fondazione ex abrupto trovava gi
posto nella Verfassung Deutschlands, laddove Hegel sentenziava che la congerie degli
staterelli tedeschi dovrebbe esser riunita in un sol corpo attraverso la forza di un
conquistatore affinch finalmente la Germania sia uno Stato (Scritti politici, p. 189)
4 Rph. 93, 87Z.
5 WG1 26.
6 Per un'introduzione generale al tempo nella storia del mondo cf. Biasutti, op. cit., pp. 26869.
28
della
singola
intuizione
immediata
sotto
*<+
la
1 Enc. 410 e A.
2 In Rph. 4 Hegel attribuisce questa denominazione al regno spirituale del diritto vero e
proprio, credo per di poter estendere l'uso ai primi costumi proprio in virt della
marcata continuit concettuale.
3 Cf. n. 16 e n. 33.
4 Enc. 412A; Filosofia dello spirito jenese, pp. 93-94.
5 La parola generalmente tradotta con ricordo ha invero un'estensione semantica
notevolmente pi ampia nella lingua tedesca, per tacere poi del fatto che Hegel gioca con
il termine, scomponendolo, al fine di suggerire una sfumatura di significato diversa (Erinnerung).
6 Enc. 453.
7 Ivi 454.
8 Qui, nel ricordo, noi abbiamo sotto gli occhi la nostra soggettivit, la nostra interiorit, e
determiniamo la misura del tempo secondo l'interesse che esso ha avuto per noi (Enc.
452A). Sull'interconnessione di Erinnerung, Wesen e Zeit cf. Di Carlo, op. cit., pp. 88 e sgg.;
Verra ne sottolinea l'importanza per salvaguardare i vissuti (op.cit., p. 38).
29
Tra le determinazioni poste dallo spirito v' la lingua. Hegel, gi nel Sistema
dell'eticit e soprattutto nelle lezioni di filosofia dello spirito jenesi del 1803-4
e 1805-6, ha fornito considerazioni ampie sul fenomeno del linguaggio in un
popolo, il quale, pur essendo evanescente, riesce a mettere ordine nel
sistema delle pratiche nascenti1, cio nella natura inorganica dello spirito,
costituendo una ancor incipiente realt della ragione: questa coscienza, nel
linguaggio, posta dalla memoria e dallo strumento come natura tolta. La
lingua, dunque, l'idealit delle attivit pi varie in forma espressa, il lato
teoretico (complementare a quello della prassi lavorativa) che permette in
s una formazione del mondo, che mondo del popolo2. A fronte di tale
portato formativo, il linguaggio dato che si lascia piegare a qualsivoglia
contenuto del popolo, collocandolo nel proprio sistema espressivo ha la
nota della formalit. per la Fenomenologia che soprattutto mette in luce il
significato del linguaggio come momento intrinsecamente formale, astratto,
caricando l'incidenza di questo lato tanto da farlo trapassare in una sorta di
meccanismo generalizzato dell'ideologia: la nobilt, gli adulatori, gli onesti, i
moralisti sono dipinti ciascuno con una propria espressivit che
determinata dall'intento implicito delle loro parole3. Gli aspetti di mediazione
e formalit, che convivono nel linguaggio d'un popolo, vengono trattati, pure
se in modo succinto, anche nell'Enciclopedia. Qui la lingua merita
considerazione in quanto prodotto dell'intelligenza, cio in quanto
manifesta le sue rappresentazioni in un elemento esteriore4, il quale
inizialmente pu incuriosire chi volesse portare alla luce corrispondenze tra
1 Proprio perch s'origina da pratiche localizzate il linguaggio solo in quanto linguaggio
di un popolo *<+ secondo il suo contenuto il linguaggio soltanto in un popolo diventa il
vero linguaggio, l'espressione di ci che uno pensa (Filosofia dello spirito jenese, p. 94).
2 Ibid.
3 Ciascuna parte di questo mondo arriva dunque a tal resultato: che il suo spirito viene
espresso generando per il generale inganno di se medesimo e degli altri (Fen. II, pp.
72-73).
4 Enc. 459.
30
1 Mi stupisce che questi passaggi vengano trascurati, in favore di altri a mio avviso meno
degni di rilevanza, nel libro di F. Li Vigni La comunanza della ragione. Hegel e il linguaggio.
In effetti nella giustificazione di un legame tra la trattazione del linguaggio negli scritti
jenesi e quelli berlinesi mi pare che questo luogo debba meritare un'attenzione
particolare, dal momento che Hegel vi sottoscrive nuovamente la tesi per cui una lingua
acquista concretezza e verit allorch lingua popolare: i bisogni culturali di Enc. 459
sono nient'altro che l'esplicito motore di questo passaggio.
2 Ivi 460 e sgg.
3 Ivi 462.
4 Ivi. 465. Per ovvie ragioni il passaggio dalla memoria al pensiero soltanto abbozzato.
5 Nelle lezioni sulla filosofia della storia l'analisi del linguaggio e della sua genesi quasi del
tutto mancante. Le sole espressioni sull'argomento rimandano al nesso tra sviluppo
culturale e linguaggio di un popolo, in particolare presso Cinesi e Indiani.
6 In seguito esamineremo questo punto trattando la forma dell'abitudine sclerotizzata.
31
proposito Hegel chiama cultura non soltanto il prodotto finito d'un dato
popolo, ma l'intero passaggio di transizione dalle mie sensazioni ai pensieri,
il momento in cui ai fini e alle considerazioni viene impresso il carattere
dell'universale1; si discusso di come in ci giochi un ruolo importante il
linguaggio. Oltre alla lingua, per, sembra che il lavoro e una certa forma di
sentire religioso si pongano come punto di svolta, poich incarnano il primo
vivere nell'universale e per esso: da un lato la generale connessione dei
bisogni2, dall'altro il porre un al di l, un regno dei morti, una presenza
divina, fanno s che l'intuizione di un tutto venga in primo piano rispetto alle
singolarit3, in modo tale che per a questi singoli venga richiesto il
contributo non trascurabile della fiducia nell' intero.
2.2 La religione
1 WG2, p. 41.
2 Filosofia dello spirito jenese, pp. 95 e sgg.
3 Vedremo come il timor dei principium sapientiae resta per Hegel soltanto un vuoto
cominciamento, un sentimento che crea degli scompensi che esclusivamente la razionalit
del pensiero pu controbilanciare.
4 WG, p. 121.
5 Hegel, oltre a ribadire l'identit di contenuto di filosofia e religione, non nega che
quest'ultima possa avere pensieri, finanche universali (St. fil. I 76-77).
6 Rph. 270.
32
cos che ogni popolo con le sue istituzioni si fonda su di essa 1, ma tale
fondazione di specie assai particolare. In effetti il riferimento al fondamento
come determinatezza semplice ci suggerisce che qui il principio ha assunto un
carattere astratto, parziale, si scompone in una cerchia di figure molteplici la
cui legge resta nascosta2. Un notevole aspetto, che Hegel stesso evidenzia in
merito allo statuto della sfera religiosa, consiste nel fatto che, malgrado la sua
essenza indiscriminata, il momento del principio spirituale espresso nella
religione rappresenta a tutti gli effetti un criterio, un filtro, che orienta e
seleziona le possibili altre sfere oggettive in cui lo stesso principio si potr
riconoscere pi concretamente3. In definitiva, da tale determinatezza
semplice dipende se un popolo pu inoltrarsi e in che modo nel sentiero
dell'autoconoscenza: un popolo che, ad esempio, si rappresenti Dio come la
natura4, ovvero come il non libero per eccellenza, non potr pervenire ad
alcuna forma di libert concreta, ma neppure di filosofia 5: la religione glielo
impedisce. Non strano a questo punto che neppure uno Stato organico e
vero potr esser tratto fuori se il principio religioso non lo consente; questo
il senso dell'affermazione per cui lo Stato sorto dalla religione e ora e
sempre ne sorge6.
Abbiamo cos mostrato che sebbene la determinazione della religione sia
l'inizio dell'esperienza di un S collettivo , essa rappresenta anche l'insieme
dei criteri di possibilit di progressivo raffinamento che l'opera della
1 WG, p. 122.
2 L'intuizione religiosa, che presenta il contenuto solo nell'immagine, disperde l'idea in una
quantit di figure nelle quali essa si limita e si finitizza. L'idea generale che appare nel
circolo di queste figure finite, ma solo in loro, sta solamente a loro fondamento, resta
perci come tale, nascosta (Filosofia della religione I, p. 107). Pure nella rappresentazione,
che sta sopra l'immagine, l'universale l'astratta generalit del suo oggetto *<+,
l'essenza indeterminata di questo (p. 110).
3 Enc. 552.
4 WG, p. 122; St. fil. I, p. 80.
5 Ivi, p. 81.
6 WG1, p. 46, cf. pp. 47, 278, 340-1.
33
34
il momento del sapere e del pensare che fa il suo ingresso con lo Stato. A ci si
riallaccia il fatto che in effetti ogni forma di religione, arte, scienza, ovvero, in
generale, di cultura, pu fare la sua comparsa solamente all'interno di uno Stato.
Tutte queste forme, infatti, hanno il pensiero come loro principio. 1
del fondamento in
1 WG2, p. 71.
2 WG1, p. 46.
3 WG, p. 128.
4 Hegel chiama la religione bene astratto in opposizione al bene determinato dello Stato,
cf. Rph. 270. Nello Zusatz al 259 lo Stato l'incedere di Dio nel mondo.
5 Wann. 71.
35
Solo adesso si creata la condizione per cui lo spirito del popolo in una
figura conoscibile e determinata2. La costituzione di un popolo ha perci il
ruolo di esser questa figura ed insieme il termine medio saputo tra il principio
universale e la libert soggettiva, in lei si esprime l'intero spirito del popolo
nella sua forma intelligibile, ovvero come maniera sostanziale del volere3
pronta per esser assimilata dagli individui (per questo motivo non ha senso
porre la questione di chi faccia una costituzione)4. Lo spirito si trova di
fronte un oggetto che finalmente gli adeguato, che conosce come seconda
natura procedente da lui stesso e che ha un'autorit e potenza assoluta,
infinitamente pi stabile che non l'essere della natura5. A differenza del
carattere incontrato prima, stavolta la natura informata dallo spirito e
pertanto qui l'interiorit al contempo la realt effettuale6.
Forse adesso si pu capire che l'oscillazione di Hegel sul fine ultimo del
popolo, rinvenuto una volta nel comprendersi riflessivo, un'altra nella vita
etica in uno Stato, in realt il verificarsi di uno stesso processo
d'oggettivazione chiamato in modi differenti: nel primo caso la nota
dominante l'intelligenza, lo spirito teoretico, nel secondo l'accento posto
1 WG, p. 129.
2 Soltanto ci che perfettamente determinato anche essoterico, da tutti concepibile e
suscettibile di venir da tutti imparato e di essere propriet di tutti, questo vale per la
costituzione e, a fortiori, per i sistemi filosofici. (Fen. I, p. 10).
3 WG1, p. 304.
4 WG, pp. 140-141, p.147; Socrate dice in Repubblica VIII, 544d6-e2: Credi forse che le
costituzioni nascano da una quercia o da una roccia, anzich dal carattere dei cittadini,
caratteri che, come pesi, trascinano dalla loro parte il resto?.
5 Rph. 146.
6 WG2, p. 73.
36
non ci si deve immaginare che l'uomo *<+ abbia in una tasca il pensare, nell'altra il
volere, perch questa sarebbe una rappresentazione vuota. La distinzione fra
pensiero e volont soltanto quella tra il comportamento teoretico e pratico, ma
questi non sono gi due facolt, bens la volont una guisa particolare del
pensiero: il pensiero come traducente s nell'esserci1.
37
Quel che c'interessa di questa fase, che il momento etico, l'aspetto del
godimento di un popolo. Hegel definisce il Genu nel Sistema dell'eticit
come il sentimento che consegue dalla soppressione della separazione1,
dalla cessazione del bisogno, e nella Fenomenologia diventa risolutamente la
pura negazione della cosa stessa2, il sopprimersi dell'alterit tramite
l'Anerkennung. All'interno dello spirito oggettivo per si deve tenere a mente
che il momento del riconoscimento superato, tolto; gi la ragione appone la
sua effettualit universale alle opere in modo tale che il godere non viene
determinato da un qualsivoglia contratto, ma segue dal fatto che la ragione
ha raggiunto completa manifestativit oggettiva in un geroglifico, in un
prodotto3. In precedenza, in effetti, l'anelito al sapere di s era nel fianco del
popolo come una spina, che, se per un verso provocava dolore, per l'altro
metteva in moto la sua attivit di autopoiesi. Lo spirito adesso oggettivato e
impregna di s persino le singolarit d'un avvenimento minore4;
tutto opera del popolo; la sua religione, le leggi, la lingua, i costumi, l'arte, gli
eventi, le gesta, l'atteggiamento nei confronti di altri popoli, sono il frutto del suo
agire; e ogni popolo soltanto quest'opera. 6
38
39
seconda natura, presto o tardi, finisce per essere uno scomodo rifugio per
lo stesso spirito che l'aveva prodotta1.
2.4 Bisogno di storia, bisogno di tempo
1 Cf. Enc. 384A. Mi sembra poco penetrante, stando a quanto detto, la lettura di K. Dsing
per cui Hegel disegnerebbe un'utopia volta all'indietro in cui diritto e eticit vengono
imprudentemente posti nella loro identit senza rispetto per il loro attrito effettivo
(Dsing, Le determinazioni della volont libera e la libert del concetto in Hegel in: La
libert nella filosofia classica tedesca, pp. 134 e 146).
2 Da ci si potrebbe derivare l'affermazione, in prima battuta piuttosto sconvolgente, per cui
le epoche a dispetto del loro valore storiografico post festum sono anzitutto un
costrutto generato nel seno del popolo stesso. A sua volta ci determinerebbe almeno la
parziale infondatezza di alcune accuse (come l'apriorismo) di cui la filosofia della storia
hegeliana stata tacciata. Non mi trova d'accordo la lettura della Nuzzo, op. cit., p. 130,
che rintraccia l'assenza di questa memoria etica nella tarda sistematica dello spirito del
mondo (a differenza di quanto accadeva a detta dell'autrice nella Fenomenologia);
possibile, per altro, che tale conclusione sia stata tratta dall'insistente accento sulla forte
discontinuit tra il Volk degli anni jenesi e lo Stato della Rechtsphilosophie; a mio avviso,
per, il fatto che il soggetto della Weltgeschichte siano gli Stati di per s rimane
un'affermazione astratta se non si riconosce che lo Stato va concepito mediante lo
sviluppo di un popolo.
3 WG1, p. 55.
40
Prima la sfera della religione era stata superata nelle istituzioni perch
mancava dell'oggettivit e del momento autocosciente, ma proprio ora che
questi requisiti sono soddisfatti, lo Stato che il razionale in s e per s e
che ha innalzato l'autocoscienza particolare all'universalit ha mostrato la
propria incompletezza strutturale esattamente nel dipendere in certo modo
dal lavoro dell'autocoscienza, dalla sua Gesinnung1, che deve presentificarsi un
eterna immanenza delle istituzioni perch esse continuino a valere nel
tempo2. Sebbene in effetti lo Stato sia la potenza assoluta, lo soltanto
sulla terra3, non gi nell'etere del pensiero: un'oggettivit soltanto
posta4. In questo contesto erompe la necessit d'un trait d'union, tra le
dimensioni temporali, che la storiografia. Essa riempie lo scarto tra i
prodotti, le gesta e il loro succedersi nel tempo, caricando il rapporto d'un
popolo con la propria epoca di un significato trascendente che sar
afferrato in toto soltanto dalla filosofia5, la quale superer la connessione
empirica che gli storiografi imbandiscono ad immagine del principio
spirituale6.
L'assenza di simultaneit e omogeneit dei propri prodotti spinge dunque
un popolo, e in esso gli storiografi avanti a tutti, a creare e depositare nel
tempio di Mnemosyne narrazioni sensate, determinate e durature7, le quali a
colpo d'occhio colgono il processo del suo spirito dalla genesi fino all'esistente
1 Wann. 70.
2 Si vede l'apporto di primo piano proprio della religione in questo campo.
3 Rph. 331 (corsivo di Hegel)
4 Enc. 385A.
5 In Enneadi III 7, 2 31-33 Plotino asserisce che non ci si pu limitare a pensare l'eterno nella
dimensione della stabilit, ma lo si deve concepire anche nella prospettiva dell'unit e, se
si vuole evitare di ridurlo a tempo, anche come inesteso (adiastaton) (corsivo mio).
6 WG1, pp. 139-140. In un certo senso la storiografia verace di un popolo ancilla eius
philosophiae. interessante notare come questo rapporto sia analogico a quello che
intercorre tra Weltgeschichte e Spirito assoluto.
7 Ivi, p. 55. A questo proposito si veda l'illuminante chiarimento per cui il tempo ci pare
breve, quando riceve un riempimento continuamente mutevole, lungo invece quando la
sua uniformit non interrotta da nulla (Enc. 452A).
41
se si vuol conoscere lo spirito di tali popoli, vivere al loro stesso interno, allora
necessario soffermarsi su questi scrittori, acquisire dimestichezza con essi, cos da
avere un quadro di prima mano dell'epoca.5
42
solo nello stato, con la consapevolezza delle leggi, si danno azioni chiare, e con
esse la chiarezza della coscienza che se ne ha, e che fornisce la capacit e l'esigenza
di conservarle in tal forma.3
43
della coscienza storica presso i popoli1. Con gli elementi che abbiamo gi
acquisito fin qui, in effetti, sembra difficile sostenere una tesi sull'infertilit
della storia, e cos va subito circoscritto il punto specifico che Hegel vuole
colpire. A guardar bene l'affermazione vuole anzitutto mettere in guardia dal
trasformare il passato in un feticcio, in una sorta di amuleto contro le insidie
del presente, infatti questo tipo di interesse sarebbe assurdo per una ragione,
si potrebbe dire, speculativa: lo spirito effettuale che anima il popolo di
riferimento ha gi interiorizzato e superato le sue fasi precedenti cos che
l'atteggiamento storico che ignorasse questo principio equivarrebbe al fare di
un adulto che volesse imparare a comportarsi prendendo a riferimento la
condotta di un bambino2. In secondo luogo Hegel se la prende
manifestamente con la storia riflessiva diretta al cosiddetto insegnamento
morale che si pretende di trarre dagli eventi, ossia, ad un principio
generale capace di trarci sbrigativamente d'impaccio dalle contraddizioni
del presente. Pi che la storia di per s, il bersaglio l'insieme dei principi
generali (che, per Hegel, vuol dire piuttosto inadeguati, parziali) che
aspirano a una perpetua validit. A tal proposito utile rammentare il tono
polemico che Hegel solito riservare in moltissimi luoghi della sua opera alla
dottrina dei doveri astratti, da cui in particolare deriverebbe la
caratterizzante scissione con la sfera mondana (l'anima bella della
Fenomenologia): in effetti sembra essere proprio questa la condizione da cui
muove uno storico per cercare nel passato la ricompensa per i suoi sforzi;
ora, com' possibile che una tale coscienza, alienata dal suo tempo,
inconsapevole del corso del mondo3, possa orientare questo stesso fluire?
Di contro alla non verit di questa esperienza, Hegel vuole marcare con forza
che il presente la forma pi ricca in cui la coscienza pu formarsi, avendo
1 Cf. ad esempio WG, pp. 118, 156, 168; WG2, p. 4.
2 Cf. St. fil. I, p. 58.
3 Il riferimento chiaramente al capitolo La virt e il corso del mondo della Fenomenologia
(Fen. I, p. 316).
44
45
3. Declino e filosofia
Il valore della storia si fatto avanti nel modo che abbiamo analizzato. Al lato
celebrativo e commemorativo che la storiografia incarna, dunque, sottost un
impulso a eternare il piacere e il godimento, il Genieen, del popolo in modo
che la sua coscienza sia propria di un noi indiviso in cui convergono
governanti e governati, padri e figli. Il succedersi delle generazioni, in verit,
non resta un'immagine priva di peso nella vita di un popolo, e anzi sembra di
cogliere in filigrana lo stesso lavorio dello spirito del mondo che fa leva
proprio sulle nuove generazioni dandosi un esserci in queste per completare
una nuova fase del suo sviluppo.
Il popolo vive ora nel suo mondo, che mondo compiuto; i singoli,
anche se hanno avuto poca parte nella costruzione di
questa realt,
46
proprio del movimento spirituale in toto che non sul vissuto e, per dire cos,
sul lato esperienziale della coscienza (in senso non tecnicamente hegeliano)
di un popolo maturo. L'importanza di questo aspetto per non trascurata
del tutto da Hegel quando, ad esempio, dice che io ho interesse per qualcosa
solamente nella misura in cui questo mi ancora nascosto o il mio fine *<+
non ancora raggiunto1. In effetti dal punto di vista delle nuove
autocoscienze, dei figli, sembrerebbe emergere che l'esistenza di un mondo
preconfezionato non sia del tutto appagante, ma anzi risulta inficiata da due
fattori: l'immediatezza di un fine gi raggiunto da altri e, di conseguenza, che
questo fine concreto non sia del tutto mio2. Una volta appresa la dottrina dei
padri, al pari della cera che riceve il sigillo, pu emergere ancora alcunch di
nuovo sotto il sole di quel popolo?
La prima ipotesi che Hegel pone agli uditori (e a noi lettori), derivante
direttamente da una scelta di vita dei suddetti "figli", denominata la morte
naturale di un popolo3, ovvero il permanere nel godimento che consegue
dal possesso raggiunto. Senza la presenza di ulteriori bisogni sorge una
fiacca consuetudine che pu manifestarsi come nullit politica4, cos da
far trionfare gli interessi egoistici dei privati a dispetto della vita
nell'universale. L'interesse pi grande e pi alto non vive pi: poich non
1 Ivi, p. 43.
2 degno di nota che Hegel chiami questa fase vecchiaia di un popolo, laddove invece
sembra farsi avanti una nuova generazione.
3 WG, p. 54;
4 WG2, p. 44.
47
c' interesse che dove c' contrasto1, cos che il popolo schiavo
dell'abitudine della vita che porta con s la morte2 finisce per essere
materiale atto alla realizzazione di un altro spirito. Questa implosione e
corruzione ricorda molto da vicino il succedersi dialettico degli stati
degenerati nella Repubblica di Platone3.
Accanto all'ipotesi di una morte naturale viene posta un'altra strada che, a
guardar bene, non in un rapporto di semplice esclusivit con la prima ma
ne rappresenta il contrappunto essenziale: , si potrebbe dire, la morte
spirituale che si compie mediante la comprensione pensante dell'essere4,
la filosofia. Un popolo che ha raggiunto la vita nello Stato, s' dato delle
istituzioni conformi al suo spirito e gode in esse, deve pure conoscere
l'universale su cui si basa la sua eticit, ed a giustificazione di ci sta il fatto
che lo spirito non pu contentarsi del fatto che un ordinamento, un culto
sussista: ci che esso vuole, questo conoscere le sue determinazioni 5. Lo
spirito, abbiamo visto fin qui, si conosce oggettivandosi, ma esso ora si
aggiunge ha s stesso come oggetto nella sua essenzialit (Wesenheit), solo
pensandosi6. Il momento del sapere era gi sorto con lo Stato ed aveva
persino acquisito un'esistenza comprensiva nell'opera degli storici, e perci
potrebbe sembrarci del tutto arbitrario quest'ulteriore approfondimento nella
sfera del sapere: dobbiamo perci scavare in profondit per rinvenire la
peculiarit del pensiero filosofico in un popolo.
1 WG, p. 54; SdL II, p. 491: qualcosa si muove, ha un istinto e un'attivit, solo in quanto ha in
se stesso una contraddizione.
2 Enc. 410.
3 Rep. VIII, 546a1 e sgg.
4 WG, p. 57.
5 Ivi, p. 182.
6 WG, p. 183. L'uso del termine essenzialit ci rimanda alla logica dell'essenza e, nello
specifico, al capitolo sulle determinazioni della riflessione, le quali, essendo inoltre
determinatezze che sono in se stesse relazioni, contengono perci gi in s la forma della
proposizione (SdL II, p. 456). Si tengano presente ai fini della discussione anche SdL II,
457, 483, 485, 489.
48
49
comunque resta il fatto che i due lati della soggettivit e delle istituzioni
maturano un conflitto, a seguito del quale l'individuo ricerca il centro di
gravit che prima era posto nell'appartenenza alla vita pubblica del suo
popolo dentro di s1. La generazione dei figli, a questo punto, potrebbe
essere significativamente rappresentata nei tipi del dissoluto e del moralista,
reciproche unilateralit di un'interna scissione2 che hanno rifiutato lo Stato
dei padri per la ragione ch'esso per loro qualcosa d'immediato, d'esteriore:
non opera loro3.
pensiero, ma per lo pi naturale cos come era la loro vita associata. Negli Egizi, ad
esempio, presi qui come il popolo che prepara l'emergere dell'individualit libera greca,
il pensiero stesso non emerge dalle sue opere, non si ritrova in esse, ma resta un
legame interno (WG1, pp. 177-78): il dimenarsi dello spirito nella natura si mostra come
enigma. Ci spiega perch nemmeno nel momento del suo declino questo popolo, cos
come i precedenti, perviene a limpida coscienza del proprio spirito (WG1, p. 179): non
conoscendo le proprie determinazioni oggettive gli impossibile pure oltrepassarle, cos
che la sua caduta forzata dall'iniziativa di un altro spirito popolare e resta per lui
inspiegata. Qui per noi e per il popolo le cose stanno diversamente: lo storico filosofo
penetra la scorza di quella individualit sino al suo principio determinato, laddove lo
stesso popolo non si era spinto malgrado il suo desiderio precipuo di pensarsi (WG2, p.
16). Avevamo per accennato al fatto che come un popolo coglie la propria sostanza ed
epoca, cos la vede lo storico; Hegel ne consapevole quando ammette che le opere
storiche originarie affrescano il loro tempo in modo da metterne in luce lo spirito
interno (WG2, p. 5); adesso per ci si presenta un'eccezione rilevante: se un popolo non ha
testimoniato di aver compreso il suo spirito in un opera nazionale (WG1, p. 169) lo storico
pu accogliere la sfida dell'enigma e tentare di scioglierlo, al posto di quel popolo stesso,
sulla base del principio che segue. Il monito delfico e l'indovinello della sfinge cos si
propongono come simbolica transizione da uno spirito a un altro, non a caso garantita,
nel suo valore di testimonianza, proprio da una narrazione prodotta dal nuovo popolo e
giunta sino a noi (cf. Bonacina, Storia universale e filosofia del diritto, p. 132). Tutto ci ha
rilevanza non soltanto per un'indagine sui criteri della ricerca storica hegeliana, ma
soprattutto per porre un distinguo tra una morte del popolo inconscia e naturale, esterna
da un lato e una morte nello spirito, interna, dall'altro.
1 WG, p. 57. Sono noti i luoghi hegeliani che trattano della coscienza malvagia e ipocrita, su
tutti cf. Fen. II, pp.149 e sgg.; Enc. 509-512, Rph. 139-140.
2 Sarebbe propria di questo moralista la ricerca storica di un paradigma per dir cos di
bon-ton universale. Esattamente a lui abbiamo fatto riferimento quando discutevamo la
critica hegeliana all'insegnamento morale della storia. Le figure dell'uomo corrotto e
del virtuoso sono nella Repubblica la causa della genesi della discordia che determina la
metabasis verso le costituzioni degenerate (cf. Rep. VIII, 547b2 e sgg.).
3 limpido che queste suggestioni reiterate sulla dialettica padri-figli vogliono ricostruire la
faccia adombrata del dettato hegeliano piuttosto che ricalcarne fedelmente gli asserti
espliciti.
50
1 WG, p. 183.
2 Ivi, p. 184, St. fil. I, pp. 64 e sgg.
3 Ivi, p. 87.
4 St. fil. I, p. 67.
5 WG2, p. 100; cf, St. fil. I, p. 86.
51
1 WG2, p. 50.
2 SdL I, p. 6. Socrate mostra a Glaucone l'elemento sovversivo della dialettica: essa in certo
modo invasa da uno spirito contrario alla legge (Rep. VII, 537 e4). E continua
constatando che i giovincelli, non appena assaporano la dialettica, se ne servono come
per gioco, usandola sempre per contraddire *<+. E quando hanno essi stessi confutato
molti e da molti sono stati confutati, eccoli precipitarsi, impetuosi e rapidi, a rinnegare
tutto quello che credevano prima (Rep. VII, 539b2-c2).
3 SdL I, p. 7. L'esempio storicamente pi lampante per Hegel ha luogo in Grecia e
rappresenta l'emergere autentico della soggettivit: nella misura in cui, ad esempio, il
cittadino di Atene intende se stesso come cittadino in senso universale, cos che egli vale
per quello che ora veramente, questo universale consiste solamente nel fatto che il
cittadino un essere umano, e di fronte a questa universalit svanisce la particolarit di
essere semplicemente un cittadino di Atene, cos come di essere questo o quel cittadino
*<+. Quando per mezzo del pensiero viene superata la particolarit in un popolo, ad
esempio presso gli Ateniesi, e il pensiero si sviluppa nella direzione per cui il principio
particolare di questo popolo non pi essenziale, allora tale popolo non pu pi
continuare a esistere: *emerso+ un nuovo principio *<+. Si annuncia una nuova opera da
compiere (WG2, p. 51; cf. St. fil. I, p. 61).
4 Esistono casi in cui l'insoddisfazione dell'autocoscienza si presenta in tempi non maturi,
ossia, ci sono disobbedienze civili ingiustificate? Certamente s, Hegel ne parla
chiaramente nel corso di filosofia del diritto 1817-18 in cui assegna ai governanti una
funzione di analisi della legittimit del dissenso e della rivolta popolare, cos da
smascherare pretese infondate o azioni intraprese a caldo (Wann. 146). Sul presupposto
falso e pericoloso che solo il popolo abbia ragione e intelligenza, cf. WG, p. 146.
5 St. fil. I, p. 49; cf. Differenza, pp.12-13.
52
dato che in pi allenta e dispiega quelli che restavano puri dati di fatto per la
coscienza politica, trasponendoli in un regno senza tempo proprio della
ragione1 dove l'intelligibilit dell'epoca giunge al suo apice: capire il
significato dei fatti storici dice Hegel vuol dire appunto avere questo
universale dinanzi agli occhi2. Il luogo di permanenza delle opere filosofiche
pur afferendo alla logica della tradizione non , in effetti, lo stesso in cui
stazionano gli eventi cardine della storia; l'elemento che le conserva, non
la tela, n il marmo, n la carta, n la rappresentazione o il ricordo 3 (cio
elementi pi o meno transitori) ma il pensiero, il concetto *<+ dove non
penetrano n tarli n ladri4. Qui la consapevolezza degli individui comuni (e
persino della sfera politica) resta entro l'ambito di validit della doxa, ma il
pensiero mediatore5 ha la capacit di risvegliare l'opinione della comune
relazione tra soggetto e predicato e mostrarne l'infondatezza, cos che il
sapere costretto a ritornare sulla proposizione e ad intenderla, ora,
diversamente6.
Questa differenza tra conoscenza doxastica e filosofica 7 ci fornisce il luogo
luogo pi adatto per spiegare ci che abbiamo differito sin ora: la differenza
tra Volk e Volksgeist. A prescindere dalle considerazioni hegeliane pi o meno
53
volta,
si
ritroveranno
ad
esercitare
professioni
squisitamente
amministrative e intellettuali2.
1 Cf. Rodeschini, op. cit., p.100, che insiste sulla dicotomia non-riflessivit/riflessione per
definire i due concetti.
2 Nello Stato moderno il ceto medio che incarna il soggetto depositario agente dello spirito
di un popolo. Sapere quel che si vuole, e ancor pi, quel che vuole la volont essente in
s e per s, la ragione, il frutto di profonda conoscenza e intellezione, che appunto non
son cose del popolo (Rph. 301).
3 St. fil. I, p. 64.
4 WG2, p. 53.
54
il
momento
distruttivo
per
eccellenza,
la
guerra,
esprime
55
1 WG, p. 56.
2 Ibid. La vita di un popolo pu continuare pur essendo fuori dalla Weltgeschichte; nella
Nachschrift di filosofia del diritto (inverno 1818-19) si legge: un popolo cosmico-storico
ha la sua storia, prima di fare il suo ingresso nella storia universale, ed altrettanto anche
dopo esso ha ancora la sua storia (cit. in Biasutti, op. cit., p. 261). Viene esplicitato,
pertanto, che la storia universale il focal meaning da cui si dipartono storie marginali.
3 Sistema dell'eticit, p. 204.
4 Rph. 324. L'autonomia il supremo onore di un popolo (Ivi, 322).
5 Le ambiguit del diritto internazionale hegeliano e l'impossibilit d'una esistente
communitas universalis sono per Peperzak la cifra del tradimento di Hegel nei confronti
della propria logica, che forza il pensiero filosofico a procedere verso una republic of
literates (cf. Peperzak, "Hegel contra Hegel in his Philosophy of Right: The
Contradictions of International Politics" pp. 241-264; Id., Modern Freedom, pp. 575 e sgg.).
56
57
Tornando adesso alla questione fondamentale del senso, dopo che abbiamo
esplorato il lato del negativo, stato chiarito che la storia filosofica tale dal
momento che afferra tra le macerie pochi superstiti e che questi eletti sono
principi eterni che formano la catena della tradizione2.
Lo spirito universale non pare pi essere quel macellaio sul cui banco
trionfa unicamente lo spettro della morte, ma diventa pi simile a quello del
Fedro platonico, che ha la capacit di smembrare l'oggetto in specie,
seguendo le nervature naturali, guardandosi dal lacerarne alcuna parte come
potrebbe fare un cattivo macellaio4. Il Weltgeist, dal canto suo, separa
abilmente i saperi dei popoli liberandosi della loro finitezza5, li oltrepassa
cos che questi si levano nel loro determinato principio particolare, e
circondano lo spirito del mondo come testimonianze del suo onore; la totalit
1 Enc. 382.
2 Storia soltanto ci che costituisce un'epoca essenziale nello sviluppo dello spirito (WG1,
p. 122).
3 St. fil. I, p.10
4 Platone, Fedro 265e1-3.
5 Enc. 552.
58
dei punti di vista1 concentrati in un soggetto, nello stesso spirito del mondo
che fuori del tempo, eterno2, ha cos mostrato che il trapasso di una
qualit spirituale determinata nella successiva non ha il carattere
dell'accidentalit, ma della necessit concettuale: l'assunzione empirica per
cui uniquique suum principium pare adesso rifondata legittimamente come
criterio speculativo e la connessione dei principi spirituali determinati segue
da tale raccordo per il fatto che, nel passaggio, lo spirito sembrando prender
le mosse soltanto da s, tuttavia [...] comincia in pari tempo da un grado pi
alto3.
Cominciare da pi in alto, per lo spirito, anzitutto significa che l'essenza
del nuovo popolo riprende in s quella del precedente, ma non
semplicemente come se fosse l'in s intero, bens soltanto come un particolare
momento; inoltre il passaggio richiede notevole tempo ed elaborazione,
visibile soltanto a distanza di secoli. Hegel afferma nella Fenomenologia:
ci che prima era la cosa stessa nel nuovo popolo non che una traccia 4,
una semplice stella nel nuovo sistema planetario, e malgrado l'insofferenza
degli storici malinconici destinata a restare tale, poich nuovi e pi ampi
fini sono giunti alla coscienza spirituale.
1 Totalit che cade al di fuori dei singoli punti di vista (Rph. 345).
2 St. fil. I, p. 47
3 Fen. II, p. 305.
4 Ivi I, p. 22. Cosa significhi che l'essenza precedente diviene momento nella figura nuova si
pu chiarire con l'esempio del passaggio dall'onnicomprensivo rapporto patriarcale
cinese (WG2, pp. 131-32) a quello delle caste indiane (WG2, pp. 186-87): il primo viene
conservato nel secondo ma con un'estensione di validit ridotta. Il carattere di questo
progresso non si restringe al pensiero d'un solo individuo e non si rispecchia in una sola
coscienza, sibbene si manifesta come spirito universale esplicantesi nella storia mondiale
con la ricchezza delle sue formazioni. (St. fil. I, p. 44)
59
1 Enc. 81.
2 Rph. 342.
3 Ivi, 341.
4 Wann. 164. Nell'edizione a stampa dei Lineamenti tale appellativo assente.
5 Come individualit il concetto torna in s nella determinatezza; con ci il determinato
stesso divenuto totalit. Il suo ritorno in s quindi la sua propria assoluta originaria
scissione, vale a dire che come individualit il concetto posto come giudizio (SdL II, p.
705).
6 SdL II, p. 708. Lugarini, Hegel, dal mondo storico alla filosofia, p. 215: Quello che nel primo
caso l'originario dirimersi del concetto appare nel secondo come il primitivo star per s,
reciprocamente estranei, dei concetti determinati. Cf. anche St. fil. I, p. 91 e Di Carlo, op.
60
Hegel traccia due modi operandi rispetto all'analisi del concetto: il primo
riflette lo sviluppo ultimo cui l'automovimento del concetto stesso perviene,
ovvero il ritorno a s comprendente la concretezza dei concetti determinati
come pure la partizione originaria (Ur-teil). Il secondo, di contro, consiste nel
partire da un concetto immediato, preso per s e vedere come la riflessione
della soggettivit ne manifesti l'astrattezza. In questo secondo modo per la
riflessione si rivela soltanto ponente o presupponente, si limita a istituire un
legame esteriore, cos che il concetto non secondo la sua vera oggettivit.
Pur con questa apparente inadeguatezza, per, da una prospettiva di metodo
quest'assunzione risulta esser caratteristica della storia filosofica, dal
momento che stato visto come le lezioni prepongano all'analisi genetica dei
principi che sono manifestati dai Volksgeister l'ipotesi per cui ogni grado,
in quanto diverso dagli altri abbia il suo determinato principio
caratteristico1. Posto ci il lavoro storico, per Hegel, va a definirsi secondo
quel movimento di preliminare posizione della riflessione che si volge, in
ultima istanza, in un riflettere determinante, tale che ogni considerazione in
merito alla natura del metodo, cos come ogni elemento valido per noi, deve
trapassare nella sfera stessa della materia narrativa che, in questa maniera,
acquista consistenza oggettiva2.
Corrispettivamente a ci, i concetti determinati non sono soltanto
esternamente riferenti ad altro, ma lo sono internamente, in quanto
determinatezze connesse in seno al concetto. possibile vedere pertanto che
prendere storicamente il via dal primo popolo che s' forgiato ad unit
ponendo istituzioni oggettive, per mostrarne poi l'ascesa e il declino
succeduto da un diverso spirito , fa da parallelo alla strada battuta da Hegel
cit., p. 209.
1 WG1, p. 57; cf. St. fil. I, p. 56.
2 Si suggerita tra le righe questa ipotesi laddove abbiamo parlato d'un valore immanente
(non soltanto storiografico) delle epoche, cf. n. 76 al cap. 2.
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nella logica soggettiva, per cui da una determinatezza isolata, chiusa entro s,
si giunge ad una pluralit estensiva di determinatezze1. Le distinte fasi, del
Weltgeist come del concetto, vengono inizialmente giustapposte l'una all'altra
dalla riflessione, ma questo stesso riflettere si mostra parvente2 non appena si
scorge il motore nascosto della dialettica in cui si trovano3, il momento
dialettico grazie a cui l'universale iniziale si determina da lui stesso come
l'altro di s, analitico e insieme sintetico, generatore di continuit e di
frattura4. Articolato cos, il giudizio dello spirito del mondo acquisisce
rispetto al carattere shakespereano e giovanneo di fondo alcuni contenuti
specifici desunti dalle considerazioni hegeliane sullo statuto di questa
funzione del concetto, e non di meno resta legato ad una sfera
peculiarmente determinata e irriducibile alla pura logica.
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4. Conclusioni
Inoltrarsi nella vita dei popoli non un affare da poco. L'intero sviluppo del
lavoro ha mostrato, almeno in parte, quanti e quali punti nodali della
filosofia hegeliana ne siano toccati pi o meno direttamente. Per forza di cose
l'esposizione s' dovuta soffermare pi su alcune tematiche che su altre, e
questo stato dettato sia da precisi motivi argomentativi, sia sarebbe
inutile negarlo da scelte personali. Spero vivamente che il carattere
reticolare dello scritto abbia pure mantenuto, per quanto possibile, una certa
forza centripeta, senza sgretolarsi nella particolarit dei suoi componenti:
raggiungere un successo su tale versante sarebbe secondo un assunto
hegeliano fondamentale. In effetti a quel punto il breve scritto si
presenterebbe pi come un lavoro della ragione che non come una fissazione
unilaterale d'opposizioni al modo dell'intelletto.
Propriamente non ho deciso di seguire un filo rosso nella trattazione,
piuttosto ho cercato di presentare all'occhio una pluralit di fili e percorsi che
vanno convergendo in una trama policroma raffigurante in ultima istanza
l'inquieta vita d'un popolo. Certamente spiccano dalla figura alcuni tratti su
cui ho ricamato forse con eccessiva intensit e a detrimento dell'armonia
complessiva, come ad esempio i riferimenti alla sezione dello spirito
soggettivo, il significato del coltivare la storia e la storiografia in un popolo, e
persino alcune incursioni forse illegittime nella Logica. Al di l di ci,
quello che mi s' parato davanti con un'evidenza sicuramente maggiore delle
mie conclusioni l'estrema variet di luoghi hegeliani che sono coinvolti
direttamente e non in una discussione sul Volk e Volksgeist, bench non vi sia
una chiara collocazione di essi nella sistematica hegeliana. In effetti il luogo
in cui riposano le pi diffuse e inequivocabili considerazioni su questi temi
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1 Tranne, in esposizioni succinte, nei Lineamenti (per l'elenco completo dei luoghi cf.
Peperzak, Modern Freedom, p. 513 n. 29) e nei paragrafi finali sullo spirito oggettivo
dell'Enciclopedia.
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Bibliografia
Opere di Hegel:
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Altre fonti:
66
Letteratura consultata:
AA. VV., La libert nella filosofia classica tedesca. Politica e filosofia tra
Kant, Fichte, Schelling e Hegel, a cura di G. Duso e G. Rametta, Franco
Angeli, Milano 2000.
AA. VV., Logica e storia in Hegel, a cura di R. Racinaro e V. Vitiello,
Edizioni scientifiche italiane, Napoli 1985.
F. Biasutti, I fondamenti sistematici della filosofia della storia in
Hegel in: Annuario filosofico, IX (1993) pp. 253-270.
N. Bobbio, Studi hegeliani, Einaudi, Torino 1981.
R. Bodei, Sistema ed epoca in Hegel, Il Mulino, Bologna 1975.
R. Bodei, Scomposizioni. Forme dell'individuo moderno, Einaudi, Torino
1987.
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