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Interscambi socio-culturali
ed economici fra le citt marinare
dItalia e lOccidente
dagli osservator mediterranei
Atti del Convegno Internazionale di Studi
in memoria di Ezio Falcone (1938-2011)
Amali, 14-16 maggio 2011
a cura di Bruno FIGLIUOLO e Pinuccia F. SIMBULA
Estratto
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PreSSO lA AmAlFi
SeDe Del CeNTrO
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AMALFI E NAPOLI
TRA ALTO MEDIOEVO ED ET ANGIOINA
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per questo la cit di Napoli torn a tal partito che non le remasero n
cavallieri n combattituri, et il populo di Napoli, vedendosi quasi tutto
distrutto e che la magior parte erano morti, si fecero chiamare omini de
le cit e castella convicine e dalcune altre parte, a li quali profersero di
dare per moglie tanto le citelle virgine quanto le vedove di quilli che erano
stati uccisi a la battaglia, con tutti li loro beni: e questo fecero bandire e
divolgare per lo quale bando vi vennero multi, tanto cavallieri quanto
populari, da Capua, da Nola, da lAcerra, da Surrento, dAmali e da lAtella;
a la qual fama, che niuna che pi veloce vola, vi vennero multi probi
omini da Calabria, da Puglia, da Grecia e da Africa dipresso a Tunisi et
multi altri populari co loro mogliere e igliuoli da diverse parte del mondo
vennero ad abitare in Napoli con consentimento de la universit; e quelli
li quali non aviano mogliere pigliarono le mogliere e igliuoli di quelli che
erano stati uccisi in Napoli a la battaglia con loro beni e possessioni, e coss
implero la citt, e tando in quello midesimo tempo fo contaminato il sangue
napolitano, e questo fo per la secunda volta.
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once doro44, oltre che dallarresto dei pi stretti congiunti di questi funzionari. Lorenzo Rufolo e Angelo e Galgano della Marra furono poi condannati
alla forca e giustiziati. Nella lettera circolare ad extirpanda vitia dello stesso
22 giugno, il principe di Salerno dichiar di aver dovuto operare con tanta
severit proprio per estirpare i vizi propagatisi per effetto del comportamento dei Rufolo e dei della Marra in conseguenza anche del prestigio e dellalta
considerazione goduta ino a quel momento dai colpevoli. Costoro, alti funzionari reali, erano stati gli autori e la causa di tutti i mali veriicatisi, perch
avevano escogitato nuovi pesi iscali e vere e proprie estorsioni, e cos facendo, nel pieno disprezzo del bene generale, avevano provocato la rivolta del
Vespro in Sicilia45. Le effettive ragioni delladozione dei provvedimenti giudiziari nei riguardi dei Rufolo e dei della Marra sono state invece variamente
ricostruite. Si sarebbe trattato di una spoliazione del tutto arbitraria decisa da
Carlo di Salerno al ine di acquisire le risorse inanziarie necessarie per pagare lesercito e la lotta rimasti senza soldo in quel grave momento. Re
Carlo I, di ritorno a Napoli il 6 giugno 1284 subito dopo la cattura del iglio
Carlo per opera degli aragonesi, restitu per a Ruggiero della Marra, unico
superstite tra gli incriminati, i beni immobili gi coniscati, mentre ordin la
condanna a morte del giudice Tommaso da Brindisi principale responsabile
dellesecuzione di Lorenzo Rufolo, come a voler sconfessare loperato del
principe di Salerno. Secondo altri la condanna dei Rufolo e dei della Marra
sarebbe invece stata dettata dalla sincera volont di Carlo di Salerno di intervenire a favore delle popolazioni oppresse con una sentenza esemplare di
condanna dei funzionari disonesti, cos che Carlo I, che, appunto, non condivideva tale politica, avrebbe ordinato limpiccagione del giudice Tommaso,
prendendo cos le distanze dalla sua azione46. Secondo unaltra lettura, inine, gli amalitani, e in particolare i Rufolo e i della Marra, si sarebbero trovati tra due fuochi: cacciati dallisola dai siciliani, Carlo I ne avrebbe fatto i
capri espiatori delle lagnanze contro il malgoverno angioino, malgoverno e
oppressione iscale che, in realt, segnavano la continuazione di una politica
di sfruttamento della Sicilia, pingue miniera di grano e doro, perseguita gi
F. Della Marra, Discorsi delle famiglie estinte, forastiere o non comprese n Seggi
di Napoli imparentate con Casa Della Marra, Napoli 1641, pp. 348-349; sthaMer, Der
Sturz der Familien Rufolo cit., p. 17.
45
La lettera, molto nota e commentata, era indirizzata alle universitates di Napoli,
Capua, Aversa, Amali, Barletta, Bari, Trani e Monopoli, e per il testo: sthaMer, Der Sturz
der Familien Rufolo cit., doc. 1, p. 29, e per lanalisi del testo, pp. 11-12.
46
A. nitschke, Carlo II dAngi, in Dizionario Biograico degli Italiani, 20, Roma
1977, p. 228; Morelli, Ad extirpanda vitia cit., p. 471.
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da Federico II e da Manfredi47. La vicenda dei Rufolo, in particolare, riguard direttamente anche Napoli. Per la liberazione di Matteo, probabilmente
agli inizi dellanno 1284, fu, infatti, stabilito il pagamento di una cauzione di
2.400 once doro48, 400 delle quali, con provvedimento del 25 gennaio 1284,
furono donate da Carlo, principe di Salerno, animato da sentimenti di sincera
devozione religiosa, al Custode e ai frati Minori residenti nel locus di S. Lorenzo in Napoli, onde consentire il completamento della loro chiesa, e proprio per raccogliere la somma complessivamente convenuta i Rufolo furono
costretti a vendere numerosi immobili di loro propriet esistenti in citt49.
C, a questo punto, da chiedersi in che modo lappoggio offerto dagli
amalitani alla dinastia angioina e lapprezzamento dimostrato dai sovrani
nei confronti dei funzionari amalitani abbiano inluito sulla loro presenza
e stabilimento a Napoli. Secondo Matteo Camera i (nobili) amalitani,
ravellesi e scalesi sinsediarono in gran numero in citt proprio al seguito
di re Carlo I50. Nel corso della loro diaspora in tutto il Regno, gli amalitani
curarono infatti sempre di stabilirsi nei centri di maggiore importanza,
collegandosi strettamente ai ceti dirigenti locali51, sicch, non sembrerebbe
inverosimile che, a seguito del trasferimento del principale centro
decisionale a Napoli, gli abitanti della Costiera si siano conseguentemente
D. abulaFia, I regni del Mediterraneo occidentale dal 1200 al 1500. La lotta per
il dominio, Roma-Bari 2001, pp. 73-74, rileva che gli amalitani, capitanati dalla terribile
famiglia Rufolo, in dal 1250, erano amministratori e funzionari gi degli svevi in Sicilia,
passati dalle attivit mercantili alla specializzazione nella pubblica amministrazione.
48
Cfr. M. GaGlione, Le once di Matteo Rufolo per la costruzione di San Lorenzo
maggiore in Napoli, Rassegna del Centro di Cultura e Storia Amalitana, 33-34 n.s.
(2007), pp. 75-94; ID., Note su di un legame accertato: la dinastia angioina ed il convento
di S. Lorenzo maggiore in Napoli, in Studi in onore del prof. Italo Gallo, Rassegna Storica
Salernitana, 50 (2008), pp. 125-168.
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Il 20 aprile Matteo fu autorizzato a vendere alcuni immobili tra i quali anche due
botteghe con rispettivi loca ad negotiandum site nella platea di Portanova a Napoli, e nel
luogo della Iuntura nova extra portam de Appaya, sempre in citt, per il prezzo di 75 once
doro. Il 6 maggio 1284 Matteo fu autorizzato altres a vendere tre botteghe contigue, site
nella via della Scalesia e divise in due parti con due loca ad negotiandum posti a mezzogiorno
davanti alle botteghe stesse, che avevano anche piani superiori e che coninavano, ad
oriente, con una bottega che era stata di Ruggiero Trara, ad occidente con una bottega di
propriet comune di Giovannuccio de Pando e di Nicola dAflitto, a mezzogiorno con
la via pubblica della Scalesia, e inine, a settentrione, con lantico muro pubblico della
citt di Napoli. Per i quartieri degli amalitani, degli scalesi ed altri abitanti della Costiera,
cfr. anche M. GaGlione, Il quartiere della Scalesia nella Napoli angioina, in Tra storia
e urbanistica. Colonie mercantili e minoranze etniche in Campania tra Medioevo ed et
contemporanea, Atti del Seminario di studio del 15-16 marzo 2007, a cura di G. Vitolo e T.
Colletta, Storia dellUrbanistica-Campania, 8 (2008), pp. 40-61.
50
caMera, Istoria della citt cit., p. 315.
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bresc, La mala signoria cit., pp. 172-173.
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presto di essere considerati sullo stesso piano dei nobili nelle assemblee, nei
parlamenti e nellamministrazione pubblica della citt, destando appunto,
come si anticipato, lopposizione della nobilt pi antica dei seggi di
Capuana e Nido, e di quelli collegati di Fontanula, Casanova, S. Gennaro
ad Diaconiam, S. Arcangelo e Arco.
I contrasti cui si fatto cenno sono stati ricondotti da Giovanni Antonio
Summonte (1602) principalmente alla politica di condizionamento del
governo cittadino di Napoli che Carlo I avrebbe adottato al momento del
suo insediamento nel Regno attraverso laumento del numero delle piazze
nobili, la nobilitazione sistematica di personaggi del ceto popolare e, inine,
lintroduzione, tra gli stessi nobili, di molti cavalieri francesi88. Sotto
il regno di Roberto la situazione delle classi sociali cittadine sembrava
tuttavia essersi sempliicata: da un lato, infatti, vi erano i nobili di Capuana
e Nido e la nobilt collegata, dallaltro cera, in senso lato, il popolo, ma il
conlitto tra le componenti della societ napoletana era ben presto destinato
a riesplodere in modo virulento. I nobili di Capuana e Nido affermavano,
infatti, di essere i soli veri nobili, i migliori e gli unici legittimi destinatari
di ufici e onori municipali e statali, mentre tutti gli altri, pur ascritti ai
seggi cittadini, erano al pi da considerarsi mediani e non nobili. I mediani
da parte loro si difendevano osservando che, in realt, molti dei nobili di
Capuana e Nido non solo erano originari della Costiera amalitana o di altre
localit fuori Napoli, ma discendevano da mercanti e artigiani, mentre tra
di loro, i cosiddetti mediani appunto, vi erano famiglie di origini straniere
ma di altissimo lignaggio. Il conlitto, che degener ben presto in scontri
aragonese, Napoli 2003, p. 28, nota 2 e p. 31 ss.; C. cerbone, Afragola feudale. Per una
storia degli insediamenti rurali nel napoletano, Frattamaggiore 2004, p. 38 ss.; p. 63 ss.
88
suMMonte, Historia della Citt cit., vol. III, pp. 8-10. Sui rapporti tra Carlo I e i nobili
napoletani, ricostruiti soprattutto proprio grazie al referto del Summonte, cfr. G. Galasso,
Carlo I dAngi e la scelta della capitale, in G. Galasso, Napoli capitale. Identit politica
e identit cittadina. Studi e ricerche 1266-1860, Napoli 1998, pp. 47-49, e, sui mediani,
pp. 54-57, nonch, pi in generale, S. Di Franco, Giovanni Antonio Summonte. Linee per
una biograia, Archivio Storico per le Province Napoletane, CXXII (2004), p. 145 ss.
Sullintroduzione dei cavalieri francesi in citt, cfr. S. Pollastri, La noblesse provenale
dans le royaume de Sicile (1265-1282), Annales du Midi, 184 (1988), pp. 405-434;
eaD., La Noblesse napolitaine sous la dynastie angevine: laristocratie des comtes (12651435), tesi di dottorato Universit Paris X-Nanterre, 23 novembre 1994, voll. I-II; eaD.,
La prsence ultramontaine dans le Midi italien (1265-1340), Studi storici meridionali,
15 (1995), pp. 3-20; eaD., Le Liber donationum et la conqute angevine du royaume de
Sicile (1268-1281), Mlanges de lcole franaise de Rome, Moyen-ge, 116, 2 (2004),
pp. 657-727; S. kelly, Noblesse de robe et noblesse despirit dans la cour de Robert de
Naples. La question ditalianisation, in La noblesse dans les territoires angevins la
in du Moyen ge. Actes du Colloque international organis par lUniversit dAngers
(Angers-Saumur, 3-6 giugno 1998), Roma 2000, pp. 347-361.
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sentenza del 1339 non paciic tuttavia gli animi, e il conlitto continu
ancora nei primi anni del regno di Giovanna I, come dimostrano diversi
provvedimenti adottati dalla sovrana al riguardo, e una notizia riportata dal
Cronicon siculum che precisa, in particolare, che gli scontri del 15 agosto
del 1344 avvennero proprio tra i nobili di Nido e di Capuana da un lato,
e i mediani e il popolo grasso dallaltro117. Gli scontri caratterizzarono
comunque anche gli ultimi anni del regno di Giovanna I. Il 7 agosto del
1380, molti giovani nobili di Nido e Capuana accompagnati dai servi si
recarono per i loro affari alla platea Sellariorum ove vennero a diverbio
anzitutto, la remissione reciproca delle offese con riserva al re della punizione per giustizia
in reservatione regia reservantur satisfactiones hic inde iendae, inoltre, si stabiliva
che gli homines dictarum platearum Capuane et Nidi habeant tertiam partem onerum et
honorum civitatis ipsius et reliqui aliarum platearum atque populares earumdem habeant
duas partes e, quindi, che ai nobili di Capuana e Nido spettavano per un terzo gli oneri e
gli onori nellamministrazione cittadina, mentre alle altre platee ed al popolo andavano i
due terzi residui, di conseguenza ai primi competeva lelezione di due dei sei funzionari
preposti allamministrazione municipale (sex de civitate), mentre le altre platee ed il popolo
eleggevano i quattro rimanenti; i nobili di Capuana e Nido, inoltre, avevano diritto di
prendere le decisioni per lelezione degli uficiali comunali e per lamministrazione della
citt separatamente dai nobili delle altre platee, tranne che in occasione dellelezione dei sex
de civitate, i quali potevano invece riunirsi tra di loro per le necessit dellamministrazione
civica; si stabil, inoltre, la ripartizione in parti eguali tra Nido e Capuana e le altre platee
degli incarichi in oficiis et serviciis regiis et ducalibus; che i capitani pro tempore della
citt non dovevano risultare sospetti ai membri delle varie platee; non era poi consentito a
nessuno di turbare la pace cittadina recando armi proibite, procedendo di notte o congregati
in armi, oppure esercitando violenze sui poveri e gli indifesi, e arrecando ingiurie ed offese;
si stabilirono anche pene particolarmente gravi per la mancata osservanza dellaccordo, in
particolare, era previsto che dodici personaggi pi anziani, ricchi e potenti delle platee di
Capuana e Nido, e ventiquattro delle altre platee giurassero di offrire il loro aiuto per la
punizione dei contravventori alle prescrizioni dei capitoli, e per lesecuzione delle pene
nei riguardi di costoro, con la previsione dellassegnazione di met delle pene pecuniarie
riscosse alle parti non delinquenti. Alla sentenza, peraltro, Roberto fu costretto ad
aggiungere una nota dichiarativa, il 5 luglio, per precisare che per popolo, ammesso con i
nobili delle altre piazze allesercizio dei diritti e poteri pubblici, doveva intendersi il popolo
grasso, composto da proprietari non nobili, commercianti, medici, avvocati e notai, e non
invece il popolo minuto o basso, composto dagli artigiani e dalla plebe, che non doveva
infatti intricarsi in onori e oneri insoliti, e cfr. schiPa, Contese sociali cit., pp. 176-177.
117
Eodem anno di XV Augusti Nobiles Neapolitani platearum Capuane et Nidi,
habentes discordiam cum reliquis hominibus medianis et populo grasso, equitaverunt ad
forum civitatis Neapolis causa preliandi cum eis qui ad predictum campum ausi venire
non fuerunt, set a predicto campu aufugerunt, Cronicon Siculum, ed. a cura di G. De
Blasiis, Napoli 1887, p. 9 e nota 6, con esame dei provvedimenti di Giovanna I; inoltre sui
provvedimenti del 1343, 1344 e 1346 (questultimo, del 7 luglio, accenna espressamente al
fatto che nei tumulti furono coinvolti i nobili di Capuana e Nido da un lato, e quelli delle
altre platee dallaltro), cfr. schiPa, Contese sociali cit., p. 170 ss.; docc. nn. 3, 4, 5, pp.
190-196.
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Cfr. suMMonte, Historia della Citt cit., vol. III, pp. 404-405.
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della sovrana dopo gli scontri del 1380119, si notano personaggi oriundi
di Amali e della Costiera in entrambi i campi avversi, e, speciicamente,
si ricordano Tommaso Aldemorisco miles, Antonello Freccia, Melchiorre
Marramaldo e Roberto Dentice, per i seggi di Capuana e Nido, e per le altre
platee Bonifacio Bonifacio miles, Nardo Capuano e Bofillo de Anna. Tra
gli indultati120 si notano Marco Coppola, Alberto Capuano, Filippo de Anna,
Aniello Dentice e un Nasocta Malphitanum de Terra Summe, menzionato
tra gli stipendiarii di Spatinfaccia di Costanzo, che era tra gli autori del
tumulto, e, inine, tra gli uccisi menzionato un Pandolfello Maramaldo.
Francesco Capecelatro, comunque, non riprodusse latto del 1380 nella
sua Origine ritenendolo un falso perch non conservato nellarchivio
della cancelleria reale, e in particolare nel registro di quellanno121, mentre
Giovanni Antonio Summonte, consapevole di queste obiezioni, ne difese
la genuinit, menzionandone, sia pur genericamente, copie autentiche
esistenti in processi uficiali e presso privati122. Attualmente nota almeno
una copia manoscritta dellatto123, e comunque, lo stesso generalmente
accettato dagli storici contemporanei124. Solo nel 1380 o, almeno, solo
nellindulto del 1380, emerge dunque con tutta chiarezza lobiezione
sullorigine amalitana dei nobili di Nido e Capuana, bench lo stesso atto,
come si anticipato, riporti in effetti la questione almeno allepoca della
sentenza robertina del 1339. Michelangelo Schipa osserv che, comunque,
da quel momento scomparve dalluso la terminologia di mediani, cosicch
i nobili di Capuana e Nido sindussero inalmente a chiamare nobili i loro
avversari125, ma, in realt, proprio i nobili di quei due antichi seggi non
mancarono, in seguito, di rimarcare ancora decisamente la differenza
rispetto agli altri seggi cittadini.
Di l dal noto giudizio dispregiativo sul resto della citt, riportato dal
Bolvito, e che sarebbe stato espresso dal giurista Cicco di Loffredo126 nel
500, secondo il quale, con riguardo ai seggi antichi di Capuana e Nido:
Ibid., pp. 406-407.
Ibid., pp. 407-408.
121
caPecelatro, Origine della Citt cit., p. 128.
122
suMMonte, Historia della Citt cit., vol. III, p. 404.
123
Cfr. il ms. miscellaneo Branc. III B 15, gi citato, ff. 182-184, copia del 10
settembre 1482, redatta da Nardus Fornalius di Napoli, giudice a contratto, e dal notaio
Liberatus Raphael de Carpibus, su richiesta di Carlo Mormile, del seggio di Portanova, e
degli estauritarii dellestaurita di S. Maria in Cosmedin; il Mormile esib loriginale che era
conservato tra le scritture del Seggio.
124
schiPa, Contese sociali cit., p. 179 ss.
125
Ibid., p. 182.
126
Su questo personaggio P. Giannone, Istoria civile del Regno di Napoli, Milano
1822, vol. VIII, p. 171.
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