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CENTRO DI CULTURA E STORIA AMALFITANA

CENTRO DI CULTURA E STORIA AMALFITANA

Interscambi socio-culturali
ed economici fra le citt marinare
dItalia e lOccidente
dagli osservator mediterranei
Atti del Convegno Internazionale di Studi
in memoria di Ezio Falcone (1938-2011)
Amali, 14-16 maggio 2011
a cura di Bruno FIGLIUOLO e Pinuccia F. SIMBULA
Estratto
AmAlFi
PreSSO lA AmAlFi
SeDe Del CeNTrO
PreSSO lA SeDe Del CeNTrO
2014
2014

AMALFI E NAPOLI
TRA ALTO MEDIOEVO ED ET ANGIOINA
Mario GaGlione

I rapporti tra Amali e Napoli in epoca medievale sono certamente ben


noti e studiati. Il commercio costitu la principale ragione della presenza
degli amalitani e degli altri abitanti della Costiera nella citt partenopea
ma non esaur certamente i legami con questultima cos come dimostra la
storia di entrambe le citt in dallalto medioevo.
1. Gli amalitani ripopolano Napoli.
Nel periodo altomedievale, durante il quale le sorti politiche e militari
di Napoli e di Amali furono strettamente intrecciate sullo sfondo della
comune appartenenza al ducato bizantino napoletano, si registrano due
interessanti e poco noti episodi riferiti dalla Cronaca di Partenope, fonte
peraltro risalente al pieno secolo XIV, sui quali vale la pena soffermarsi.
Nel 536, dopo loccupazione di Napoli da parte degli ostrogoti, questi
ultimi, aiutati dagli ebrei qui residenti, resistettero tenacemente allassedio
posto dai bizantini comandati dal generale Belisario (500-565), che
tuttavia riusc a conquistare la citt penetrandovi dallacquedotto. Napoli
fu allora saccheggiata e i soldati del generale, esasperati dalla sua lunga
resistenza, vi perpetrarono una strage, sembra senza risparmiare fanciulli
e vecchi, donne, sacerdoti e monache, e ponendo a sacco anche i luoghi
sacri, come riferiscono lAutore del Liber Pontiicalis1, con maggiori
1
Cfr. V. Von Falkenhausen, La Campania tra Goti e Bizantini, in Storia e civilt
della Campania. Il Medioevo, a cura di G. PuGliese Carratelli, Napoli 1992, p. 10; per il
referto dellHistoria Romana di Paolo Diacono (16, 16) e poi di Landolfo Sagace (18,14)
cfr. Landoli Sagacis. Historia Romana, a cura di A. CriVellucci, Roma 1913, vol. II,
(Fonti per la Storia dItalia pubblicate dallIstituto Storico Italiano, 50), pp. 44-45; Pauli
Diaconi. Historia Romana, a cura di A. CriVellucci, Roma 1914, (Fonti per la Storia

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MARIO GAGLIONE

dettagli, e Procopio di Cesarea, che invece, da ilo-bizantino, minimizza


lepisodio delleccidio dei napoletani2. Anche la Cronaca di Partenope3
accenna allevento con queste parole:
Bellisario cacciati li Goti da Napoli, uccise multi de issi, e dapo tutti li
Napolitani uccise coss crudelissimamente che quasi a le donne non perdonao,
ma solo a li omini ecclesiastici, e coss fo Napoli tutta destrutta e dissoluta.
Dapo fo reabitata per omini pervenenti da fuora, da le cit e castella vicine
e non vicine, zo Capua, Surrento, Amali et Atella, e da quello tempo fo
contaminato il sangue napolitano; e questo fo in-de-li anni Domini DXXXV.
dItalia pubblicate dallIstituto Storico Italiano, 51) pp. 233-234; altra versione quella
dellHistoria romana nel testo trdito dal ms. Hist. 3 della Staatsbibliothek di Bamberga,
in M. thue kretschMer, Rewriting Roman History in the Middle Ages. The Historia
Romana and the Manuscript Bamberg, Hist. 3, Leiden 2007, p. 164, vv. 2861-2870.
2
Cfr. Procopius ex recensione Guilielmi Dindorii, in Corpus Scriptorum Historiae
Byzantinae, pars II, volumen II, Bonnae 1833, vol. II, pp. 53-54. Per il confronto tra le diverse
versioni dellassedio e per unaccurata analisi del referto di Procopio, cfr. G. Del Mastro,
Belisarius repopulation of Neapolis: Troccla in Landolphus Sagax Roman History, in Apolline
Project, vol. I: Studies on Vesuvius North Slope and the bay of Naples, a cura di G. F. De SiMone
e R. T. MacFarlane, Napoli 2009, pp. 254-262, nonch N. A. izDebski, Spoeczno Neapolu
wobec wojsk Belizariusza w 536 roku-klasyczna poltyka miejska czy literacka stylizacja
Prokopiusza? (The inhabitants of Naples in face of Belisariuss army, AD 536: classical
city politics in the 6th century or Procopiuss stylization?), U schyku staroytnoci. Studia
rdoznawcze [Late Antiquity. Studies in Source Criticism], 7 (2009), pp. 33-50.
3
Cronaca di Partenope, a cura di A. AltaMura, Napoli 1974, p. 107, il passo pu essere
genericamente datato a met del secolo XIV. Su questa importante fonte della storia napoletana,
e sulla datazione delle diverse parti, cfr. G. M. Monti, La Cronaca di Partenope. Premessa
alledizione critica, Annali del Seminario Giuridico Economico della Regia Universit di
Bari, V (1931-1932), pp. 72-119; T. De Marinis, La biblioteca napoletana dei re dAragona,
Milano 1947, vol. II, pp. 56-57; C. F. bhler, The Thirteenth Recorded Manuscript of the
Cronaca di Partenope, Publications of the Modern Language Association of America, 67
(1952), pp. 580-584; C. Perrone, Una probabile fonte della Cronaca di Partenope, Annali
della Facolt di Magistero dellUniversit degli Studi di Lecce, Bari 1972, vol. I, pp. 151162; eaD., Recensione a Cronaca di Partenope, edizione a cura di A. Altamura, Filologia e
critica, I (1976), pp. 292-294; F. sabatini, Napoli Angioina. Cultura e Societ, Napoli 1975,
p. 133 ss.; pp. 266-267; C. De caPrio, F. Montuori, Copia, riuso e rimaneggiamento della
quarta parte della Cronaca di Partenope tra Quattro e Cinquecento, in corso di stampa negli
Atti del XXVI Congresso Internazionale della Societ di Linguistica Romanza (Valencia, 6-11
settembre 2010) e, pi recentemente, lulteriore edizione critica curata da S. kelly, The Cronaca
di Partenope. An introduction to and critical edition of the irst vernacular history of Naples (c.
1350), Leiden-Boston 2011, che (a p. 232) offre invece il seguente testo dello stesso passo: Lo
quale Belisario subito hobedi alo comendamento de lo inperatore et iuncto che fo l fo caczato
per forcza li goti da Napoli et uccisene multe de ipsi. Et di poy crudelissimamente uccise tucti
li napolitani et quasi ale dompne non perdon, sulo li homine ecclesiastice. Et cossi Napoli fo
in tucto distructa et dessolata. Et da poy habitata fo per homine pervenuti da fore delle cita et
castella convecine, cio de Capua, Sorrento, Amalfe et de Atella. Et da quillo tempo in qua fo
contaminato lo sangue napolitano. Et questo fo in de li anni de nostro signyore Cv XXXV.

AMALFI E NAPOLI TRA ALTO MEDIOEVO ED ET ANGIOINA

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Laffermazione della contaminazione del sangue napoletano per


effetto del trasferimento in citt, tra gli altri, degli amalitani, non riusc
gradita allo storico amalitano Francesco Pansa4, che, adducendo il
referto di un passo creduto di Paolo Diacono (720-799), ma da attribuire
piuttosto a Landolfo Sagace (ca. 975)5, e comunque pi prossimo agli
eventi narrati, precis invece che papa Silverio (480-537) aveva ordinato
al generale bizantino di ripopolare Napoli trasferendovi abitanti da Cuma,
da Pozzuoli, dalla Liburia (Terra laboris), da Plaia, Sola (presso Torre del
Greco), Piscinola, Trocchia, Somma, Nola, Sorrento, Stabia, Cimitile, e,
in seguito, da altre citt della Sicilia, della Calabria, della Puglia, nonch
addirittura dellAfrica6, ma, certamente, non da Amali7.
F. Pansa, Istoria dellantica Repubblica dAmali, Napoli 1724, vol. I, p. 20.
Cfr. lHistoria Romana di Landolfo Sagace, (18.15-16), in Del Mastro, Belisarius
repopulation of Neapolis cit., p. 261, nonch Landoli Sagacis. Historia Romana cit., vol. II, pp.
45-46. Il racconto di Landolfo sul ripopolamento giudicato complessivamente abbastanza
credibile da Falkenhausen, La Campania cit., p. 10, mentre avanzano dubbi J.-M. Martin - e.
cuozzo, Il particolarismo napoletano altomedievale, Mlanges de lEcole franaise de Rome.
Moyen-Age, 107 (1995), pp. 8-9, che rilevano invece lincerta tradizione della Historia Romana
e, allorigine della notizia, la possibile ampliicazione dellaltro episodio riferito da Procopio di
Cesarea (De bello gothico I, 25) relativo al trasferimento in massa a Napoli dei igli e delle mogli
dei romani, ordinato da Belisario dopo lassedio di Roma del febbraio del 537. Il ripopolamento di
Napoli, secondo Landolfo Sagace, sarebbe comunque avvenuto in due fasi. La seconda fase, con il
trasferimento, tra le altre, di genti della Calabria, proprio per luso del coronimo Calabria da parte
di Landolfo, non pu tuttavia essere collocata ai tempi di Belisario ma, piuttosto, alla seconda met
del VII secolo, e cfr. E. saVino, Campania Tardoantica (284-604 d.C.), Bari 2005, p. 108, nota
218, con ulteriori riferimenti bibliograici; secondo G. noy, Villes, conomie et socit dans la
province de Bruttium-Lucanie du IV.e au VII.e sicle, in La storia dellaltomedioevo italiano (VI-X
secolo) alla luce dellarcheologia, a cura di R. FrancoVich e G. Noy, Firenze 1994, pp. 693-733,
in part. p. 720, e nota 243, lemigrazione delle popolazioni calabresi a Napoli sarebbe invece stata
spontanea, e dettata dalla ricerca di maggiore prosperit e di occasioni di lavoro.
6
Le fonti letterarie antiche attestano che il trasferimento fu necessario al ine del
ripopolamento della citt di Napoli, e cos, per tutti, G. cassanDro, Il ducato bizantino, in
Storia di Napoli, Cava dei Tirreni 1969, vol. II, tomo 1, p. 9 (che peraltro attribuisce maggiore
afidabilit al racconto di Procopio), mentre secondo alcuni interpreti contemporanei lo stesso
sarebbe stato invece ordinato da Belisario per porre al riparo, entro la cinta muraria di Napoli,
gli abitanti del contado altrimenti troppo esposti alle stragi e alle distruzioni della guerra grecogotica, e cos G. sanGerMano, Il ducato di Amali, in Storia del Mezzogiorno, Il Medioevo, vol.
II, 1, diretta da G. Galasso, R. RoMeo, Roma 1986, p. 282, e C. russo Mailler, Il ducato di
Napoli, in Storia del Mezzogiorno, Il Medioevo cit., p. 344; inine G. Galasso, Le citt campane
nellalto medioevo, in Archivio Storico per le Province Napoletane, n. s. XXXVIII (1959), p.
13, ipotizza invece che il ripopolamento si sia reso necessario non per rimediare agli effetti di
unimprobabile strage, ma proprio per far fronte allo spopolamento, da ritenersi isiologico per
lepoca, della citt, spopolamento che si era veriicato gi in precedenza.
7
Daltra parte il castrum-kstron Amlphes documentato con certezza solo dal 591603, ricorrendone menzione nella Georgii Cypri Descriptio Orbis Romani, a cura di H.
Gelzer, Lipsiae 1890, p. 86, n. 543.
4

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MARIO GAGLIONE

Circa due secoli e mezzo dopo doveva registrarsi, sempre secondo la


Cronaca di Partenope, un secondo ripopolamento di Napoli, cui invece
questa volta contribuirono molto probabilmente anche gli amalitani8. I
saraceni, che imperversavano sulle coste dellItalia meridionale, avevano
occupato Napoli il 29 o 30 giugno dellanno 788. Grazie allaiuto di
uomini provenienti dalla Calabria e dalla Puglia, il 25 gennaio del 789 i
napoletani giunsero inalmente allo scontro decisivo con gli invasori. Per
intercessione dellapostolo Paolo, nel giorno in cui si celebrava la festa della
sua conversione, come ricordano le cronache9, i nemici furono sbaragliati.
La vittoria arrise ai cristiani a prezzo per di una strage, cosicch Napoli
rimase ancora una volta quasi del tutto disabitata. A questo proposito la
Cronaca10 precisa dunque:
8
G. A. suMMonte, Historia della Citt e regno di Napoli, Napoli 1748, vol. II, pp.
140-141, che riprende pressoch fedelmente la Cronaca di Partenope ed. cit., p. 108, la
quale, tuttavia, colloca levento allultimo di giugno, nel giorno in cui si fa la festa di San
Paulo apostolo, lintero racconto alle pp. 108-112 delledizione citata. Il suMMonte,
Historia della Citt cit., vol. II, pp. 114-115, ricorda che i Saraceni, gi intorno al 573,
avevano dilagato in citt dalla porta Ventosa facendo strage dei napoletani ino alla piazza
di Montagna, ove per erano stati affrontati e scacciati da S. Agnello abate, e cfr. anche C.
DenGenio, Napoli Sacra, Napoli 1623, p. 84; C. celano, Notizie del bello, dellantico e del
curioso della citt di Napoli, (1692), con le Aggiunte di G. B. Chiarini (rist. delledizione
del 1858), Napoli 1982, fasc. 9, pp. 214-215, che collocano la prima invasione al 25 gennaio
del 574, e la seconda il giorno di S. Paolo nel mese di giugno del 788.
9
Secondo la Cronaca di Partenope ed. cit., p. 112, per commemorare la vittoria, anzi
pi precisamente, le doe vittorie sui Saraceni, fu fondata la chiesa di S. Paolo maggiore,
adattando verosimilmente la cella del tempio dei Dioscuri, corrispondente in parte allarea
della navata centrale dellattuale basilica teatina, che fu ediicata tra il 1583 e il 1640.
10
Cronaca di Partenope ed. cit., p. 111. kelly, The Cronaca di Partenope cit., p. 237,
offre invece il seguente testo: Et per questo la cita de Napoli torn ad tale partito che non
nche remasi cavaliere ne combactetore. Et lo populo de Napoli, vedendonosi quasi tucti
destructi et che la maiore parte erano morti, si feceno chyamare homine delle citate et
castella convecine et da alcune altre parte, ali quali proffersero de dare per muglyere tanto le
virgine citelle quanto le vedue remase de li morti cavaliere con tucti li loro bieni. Et questo
feceno bandire et divolgare . Per lo quale banno e chyamata, in breve tempo vi vennero
multi tanto cavaliere quanto popolare cio da Capua, da Nola, da lAcerra, da Sorrento, da
Amali et da Atella ala quale fama vi vennero multi probi homine da Calabria, da Puglya, da
Grecia, et da Africa de presso ad Tunise. Ancora alcune altri gentili homine li quali per la
gracia de Dio le loro naciune ancora durano et viveno nobelemente venendo ala dicta cita
alcune da Scocia, alcune da Francza, et ancora de quilli che venuti erano per difendere la
dicta cita ne restireno assay. Et multi altri populani co.lloro iglyoli et muglyere da diverse
parte de lo mundo vennero in Napoli ad habitare con consentimento de la universitate. Et
quilli li quali non aveano muglyere piglyavano le muglyeri et igliuoli de quilli che uccisi
stati erano et nelle dicte bactaglye con tucti loro bene. Et cossi se impli de gente la cita
de Napoli et in quillo medesimo tempo fo contaminato lo sangue napolitano et questo fo la
seconda volta.

AMALFI E NAPOLI TRA ALTO MEDIOEVO ED ET ANGIOINA

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per questo la cit di Napoli torn a tal partito che non le remasero n
cavallieri n combattituri, et il populo di Napoli, vedendosi quasi tutto
distrutto e che la magior parte erano morti, si fecero chiamare omini de
le cit e castella convicine e dalcune altre parte, a li quali profersero di
dare per moglie tanto le citelle virgine quanto le vedove di quilli che erano
stati uccisi a la battaglia, con tutti li loro beni: e questo fecero bandire e
divolgare per lo quale bando vi vennero multi, tanto cavallieri quanto
populari, da Capua, da Nola, da lAcerra, da Surrento, dAmali e da lAtella;
a la qual fama, che niuna che pi veloce vola, vi vennero multi probi
omini da Calabria, da Puglia, da Grecia e da Africa dipresso a Tunisi et
multi altri populari co loro mogliere e igliuoli da diverse parte del mondo
vennero ad abitare in Napoli con consentimento de la universit; e quelli
li quali non aviano mogliere pigliarono le mogliere e igliuoli di quelli che
erano stati uccisi in Napoli a la battaglia con loro beni e possessioni, e coss
implero la citt, e tando in quello midesimo tempo fo contaminato il sangue
napolitano, e questo fo per la secunda volta.

Si pu a questo punto formulare lipotesi che la notizia sopra riportata


del primo ripopolamento sia stata in realt impropriamente ripresa da
questultima narrazione, forse in conseguenza di uninterpolazione. Quel
che certo che, a prescindere da questi tragici avvenimenti, almeno in dal
secolo X la presenza amalitana a Napoli si rafforz in maniera rilevante in
conseguenza delle intense relazioni economiche tra le due citt. Personaggi
provenienti dalla Costiera acquistarono o presero cos in afitto, a Napoli
e nelle zone circostanti, soprattutto terreni agricoli. Nel 946, ad esempio,
Giovanni da Amali, monaco, acquist dallabate del monastero napoletano
dei SS. Sergio e Bacco un terreno coltivabile posto in citt per il prezzo di
quarantotto solidi, per poi donarlo allo stesso monastero quellanno, forse
quale peculio per la sua monacazione. Nel 984, Leone iglio di Gregorio
e Pietro iglio di Leone, entrambi verosimilmente amalitani, donarono un
appezzamento di terreno e la chiesa diruta di S. Pietro ad Ercica (S. Pietro
di Scafati) al monastero napoletano dei SS. Severino e Sossio, riservandosi
per una rendita in natura. Per la maggior parte comunque i documenti
attestano che gli amalitani ebbero rapporti soprattutto con i monasteri
napoletani di S. Gregorio e dei SS. Sergio e Bacco11. Non mancarono poi
anche i matrimoni misti, nellambito dei quali sembra fossero pi frequenti
le unioni tra donne napoletane e uomini amalitani. Nel 1007 documentato
11
Cfr. P. skinner, Family power in Southern Italy: the duchy of Gaeta and its neighbours,
(850-1139), Cambridge 1995, p. 269 ss., con esame di altri documenti dal 956 al 1050, tra i quali
uno del 1034 menzionante un Sergio de Sillicta di Amali.

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MARIO GAGLIONE

un matrimonio tra Mauro Amalitano e Drosu; nel 1022 tra il napoletano


Giovanni Pappamaurontum e una Maria Amalitana; nel 1085, inine,
lunione tra Anna Millusi e Leone Amalitano, protospatario imperiale12.
Intorno ai primi decenni del secolo XI, inoltre, alcuni amalitani facevano
ormai parte dellaristocrazia cittadina, come emerge dal testamento dettato
il 10 aprile 1025 da un Sergio Amalitano, iglio del fu Pardo Amalitano
e di una Maria, e probabilmente nipote del duca di Napoli Sergio IV.
Nellatto lo stesso Sergio ed i suoi igli maschi Leo, Manso, Manalo e
Mauro, erano menzionati come membri della militia neapolitana e dunque
milites o nobiles tenuti al servizio militare (scaballicare) in conseguenza
della concessione di beni immobili facenti parte del publicum ducale13.
2. Gli amalitani cittadini di Napoli.
Se i plurisecolari rapporti di alleanza politica e militare tra Amali e
Napoli cessarono del tutto con la perdita dellautonomia politica delle due
citt, conquistate infatti dai normanni rispettivamente nel 1073 e nel 1139,
si rafforzarono ancora di pi, invece, le reciproche relazioni commerciali.
Nel corso del XII e XIII secolo si assist ad unintensiicazione dellutilizzo
del porto di Napoli soprattutto da parte di mercanti stranieri in conseguenza
dellaumento dei trafici sulla direttrice da nord a sud. Napoli fu certamente
preferita per la sua posizione di centralit rispetto a Gaeta o a Salerno, ed
anche perch era meglio collegata allarea agricola della Campania interna,
laddove ad Amali questo versante era precluso dalle montagne circostanti,
n era materialmente possibile provvedere ad un ampliamento del porto per
far fronte allincremento dei trafici. Lo sviluppo delle attivit marittime di
Ibid., p. 270.
Cfr. J.-M. Martin, Amali e le citt marinare del Mezzogiorno dItalia, in Rassegna
del Centro di Cultura e Storia Amalitana 39-40 (2010), pp. 32-34; ID., Guerre, accords
et frontieres en Italie meridionale pendant le haut Moyen Age: Pacta de Liburia, Divisio
principatus Beneventani et autres actes, Roma 2005, pp. 40-41; M. Del trePPo, Amali: una
citt del Mezzogiorno nei secoli IX-XIV, in M. Del trePPo - a. leone, Amali medioevale,
Napoli 1977, p. 94; cassanDro, Il ducato bizantino cit., pp. 154-155; 286-289. La Skinner,
invece, ritiene che Sergio Amalitano, menzionato per la prima volta da un documento del
1021, viaggiasse frequentemente tra Amali, individuata come sua effettiva citt di base, e
Napoli, overa proprietario di alcune case oltre che di possedimenti a Capri, occupandosi
principalmente del commercio di tessuti di lino napoletani come confermerebbero appunto
la presenza (ma dunque non la residenza n lappartenenza alla militia neapolitana) a
Napoli, e la menzione di preziosi tessuti nel suo testamento, nel quale, alle iglie Marenda,
monaca, e Blacta lasci infatti un pannum sericum unum balientum uncias quactuor
de auro, nonch numerosi altri panni cuciti e non, vesti foderate, scialli, panni di seta e
gioielli, cfr. Skinner, Family power cit., pp. 271-272.
12

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AMALFI E NAPOLI TRA ALTO MEDIOEVO ED ET ANGIOINA

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Napoli in questo periodo si deve peraltro non gi agli operatori napoletani


quanto piuttosto allopera dei pisani e degli amalitani che si assicurarono
cos, in sostanza, il monopolio del trafico marittimo14. Lincremento della
presenza amalitana negli anni immediatamente precedenti al 1190-1191
fu cos principalmente dovuto al decadimento, allo strisciante torpore,
nel quale, secondo David Abulaia, erano ormai caduti i porti della costiera
amalitana e sorrentina15. Mercanti e banchieri amalitani poterono cos
acquistare sempre maggior peso politico nellambito della comunit
napoletana, inch, con il notissimo privilegio del 9 maggio del 1190 fu
inine loro concessa la cittadinanza napoletana16.
Questo documento, ritenuto inizialmente un falso da Michelangelo
Schipa17, deve invece essere considerato senzaltro genuino com stato
convincentemente dimostrato18.
G. Galasso, Napoli e il mare, in Itinerari e centri urbani nel Mezzogiorno normannosvevo. Atti delle decime Giornate normanno-sveve (Bari, 21-24 ottobre 1991), a cura di G.
Musca, Bari 1993, p. 27 ss., in part. p. 31 ss. Occorre peraltro rilevare che, come si ricava
dal Breve recordationis quod fecit Lanfranchus Gabus et Azo de dacito quod debent dare
forici homines qui veniunt Ianuam pro mercato, ovvero dalla tariffa daziaria genovese del
1128, se vero che i mercanti amalitani e salernitani attraccavano regolarmente nella citt
ligure, altrettanto facevano i napoletani e i gaetani, pur essendo questi ultimi sottoposti ad una
imposta maggiore (per unumquemque, per ciascuna persona o per ciascun viaggio, i gaetani
pagavano 12 denari, i napoletani 12 denari e 1/2, e gli amalitani e salernitani 10 denari e 1/2),
e cfr. D. abulaFia, Le due Italie. Relazioni economiche fra il Regno normanno di Sicilia e i
comuni settentrionali, tr. it. con introduzione di G. Galasso, Napoli 1977, pp. 124, 150.
15
Sulla presenza degli amalitani in citt almeno in dal X secolo si veda skinner, Family
power in Southern Italy cit., p. 269 ss.; Martin, Amali e le citt marinare cit., pp. 32-34.
16
R. FilanGieri, Note al Privilegium libertatis concesso dai Napoletani agli Amalitani,
in r. FilanGieri, Scritti di paleograia e diplomatica, di archivistica e di erudizione,
Roma 1970, pp. 103-118, il testo del privilegio alle pp. 117-118. Filangieri deinisce
il provvedimento privilegio di cittadinanza che fu detto libertatis (cit., p. 105), mentre
F. calasso, La legislazione statutaria dellItalia meridionale. Le basi storiche: libert
cittadine dalla fondazione del regno allepoca degli statuti, Roma 1929, p. 99, preferisce
parlare di privilegium incolati.
17
M. schiPa, Contese sociali napoletane nel Medio Evo, Napoli 1906, p. 40 ss., a fondamento
dei dubbi sulla genuinit del privilegio osserv che la concessione della cittadinanza napoletana e
lesenzione dalle gabelle (posta dai giuristi del secolo XVI in relazione al privilegio stesso) potevano
essere adottate solo dal sovrano e non dalla civitas neapolitana, come invece risultava nel caso del
privilegio del 1190; che la conferma dei privilegi degli amalitani sancita da papa Innocenzo IV nel
1254 non menzionava affatto il provvedimento del 1190, e, inine, che documenti angioini risalenti
al 1336 attestavano la sottoposizione degli scalesi e dei ravellesi al pagamento delle gabelle, come
per tutti i mercanti operanti a Napoli, sia napoletani che stranieri. Gi G. racioPPi, Ordinamenti
e consuetudini marittime di Trani, in Archivio Storico per le Province Napoletane, III (1878), p.
697, nota 1, aveva affermato la falsit dellatto senza per addurne alcuna motivazione.
18
Da calasso, La legislazione statutaria cit., pp. 94-108 e M. Fuiano, Napoli nel
Medioevo: secoli XI-XIII, Napoli 1972, p. 145 ss. La circostanza per cui il provvedimento
14

40

MARIO GAGLIONE

Il testo particolarmente interessante19. Nel preambolo si afferma


anzitutto che la gloria e il coronamento delle citt pi illustri sono
assicurati solo dalla concordia raggiunta e conseguita nonostante la
diversit degli interessi di ciascuno. Il paciico e libero svolgimento dei
trafici commerciali, dunque, doveva essere consentito ai napoletani e
agli amalitani, o per esser pi precisi agli scalesi, ravellesi e agli altri
abitanti del ducato di Amali20 che si fossero appunto recati a Napoli per i
loro commerci, stabilendosi ad abitare nella citt o anche solo tenendovi
bottega, ed ai loro successori, e ci a condizione di reciprocit proprio
al ine di assicurare la comune utilit. Quello del reciproco vantaggio
assurgeva quindi a principio generale volto a favorire il benessere
non solo dei cittadini napoletani ma anche dei forestieri, dei quali si
non fu adottato dal sovrano si spiega con il fatto che, in realt, un legittimo sovrano a quel
tempo non cera, essendo in corso la lotta per il trono tra Tancredi, conte di Lecce, ed Enrico,
iglio di Federico Barbarossa, approittando della quale Napoli si arrog una signiicativa
autonomia. In seguito, per, il privilegio sarebbe caduto in desuetudine, circostanza questa
che ne avrebbe cos impedito la conferma da parte di papa Innocenzo IV, nel 1254, con un
provvedimento peraltro molto generico che concerneva i privilegi goduti in tutte le citt del
Regno, e avrebbe anche spiegato perch, in epoca angioina, gli amalitani, i ravellesi e gli
scalesi non erano esentati n dalle comuni imposte dirette (collette e altre contribuzioni, a
carico dei cittadini) n, soprattutto, dalle imposte doganali (a carico sia dei mercanti cittadini
sia di quelli stranieri), a tacer del fatto, come si dir, che il privilegio del 1190 non precisava
alcunch proprio in ordine ad uneventuale esenzione iscale da imposte e diritti di dogana.
Proprio riguardo alle conferme del privilegio, occorre rilevare che il benemerito Matteo
caMera, Istoria della Citt della Citt e Costiera di Amali, Napoli 1836, p. 346, nota 3, cita
una conferma angioina dello stesso: ex regist. Caroli I part. 2, fasc. 95, Ioanna II datum
in castro Aversae, de mandato reginali, cum consilii deliberatione, die VIII mai, indit. II,
e cio l8 maggio del 1424, per opera di Giovanna II; il Filangieri che, peraltro, non si
riferisce a questultimo passo del Camera ma alle Memorie storico diplomatiche dellantica
citt e ducato di Amali, Salerno 1876, vol. I, p. 371 ss., menzionanti ulteriori conferme
tra le quali una di re Carlo III del 1382, ritiene che erroneamente lo Storico amalitano
abbia creduto speciicamente ricompreso il privilegio del 1190 in quelle che, in realt, erano
sempre generiche conferme di beneici a favore degli amalitani, e cfr. FilanGieri, Note al
Privilegium libertatis cit., p. 111. Quanto comunque al provvedimento di Innocenzo, il 9
dicembre del 1254, il papa, che era a Napoli, avendo assunto le citt di Amali e Atrani nel
demanio della Santa Romana Chiesa, conferm con lo stesso atto le libert e immunit
doganali e iscali gi godute dagli amalitani, i quali, ovunque nel regno di Sicilia, per le
cause civili dovevano essere sottoposti esclusivamente al giudizio di giudici di Amali,
come in precedenza era stato stabilito nei privilegi di Ruggiero e Guglielmo II, e conserv
altres le concessioni in materia di consuetudini concernenti le actiones injuriarum, e cfr.
B. CaPasso, Historia Diplomatica Regni Siciliae ab anno 1250 ad annum 1266, a cura di R.
Pilone, Battipaglia 2009, p. 89.
19
Fuiano, Napoli nel Medioevo cit., p. 160 ss.
20
Il privilegio riguardava testualmente: Viri prudentissimi Scalenses Ravellenses et
ceteri negotiatores et campsores sive apothecarii de Ducatu Amaliae.

AMALFI E NAPOLI TRA ALTO MEDIOEVO ED ET ANGIOINA

41

agevolava il trasferimento a Napoli proprio perch giusto oltre che


economicamente conveniente. Quali erano per gli speciici contenuti
del privilegio? I napoletani, nei rapporti con gli abitanti della Costiera
trasferitisi a Napoli, riconoscevano loro tutte le libert21 delle quali
godevano essi stessi, ad eccezione per di quelle stabilite dal privilegio
generale (privilegium libertatis) di Napoli, scaturito dallaccordo tra
nobili e popolo (salvo in omnibus generali privilegio Neapolis quod
est inter Nobiles et Populum), e cio, come si ritiene, dallo statuto del
libero comune napoletano22. Agli amalitani era inoltre consentito
di eleggere i loro consoli tra i connazionali residenti in Napoli con la
facolt di sostituirli. I consoli, con riguardo appunto ai rapporti tra gli
amalitani, avevano il compito di giudicare secondo i buoni usi antichi
(secundum veteres bonos usos), e cio secondo le consuetudini di
Amali, tutte le liti insorte tra di loro senza lingerenza delle magistrature
napoletane (c. d. privilegium fori), con lobbligo di tenere ferme e di
perpetuare quelle stesse consuetudini ed usi praticati appunto presso
gli stessi amalitani e gli altri abitanti della Costiera. Per favorire in
modo pi incisivo la naturalizzazione degli amalitani si stabil anche,
non ben chiaro se in forza di un provvedimento collaterale o solo
per prassi, che lacquisto della cittadinanza napoletana avvenisse
decorsi tre soli giorni di residenza dellinteressato23. Si tratt tuttavia,
in deinitiva, di una concessione piuttosto limitata, poich, come si
detto, agli amalitani non era consentito partecipare effettivamente di
tutte le libert previste dallo statuto comunale della citt partenopea,
senza considerare poi che per effetto del gi illustrato privilegium fori
per le controversie insorte tra abitanti della Costiera continuavano a
trovare applicazione usi e consuetudini amalitane e non certamente
napoletane24. Il privilegio del 1190, inine, non conteneva alcuna espressa
Il testo del privilegio ha peraltro libertas al singolare.
FilanGieri, Note al Privilegium libertatis cit., pp. 108-109.
23
Secondo Goffredo di Gaeta (1463): et communiter dicitur, et sic semper audivi
tempore meo in Summaria, quod illi de Costa Amalphiae gaudent isto privilegio, quod
reputentur Cives Neapolitani, et sic tractentur dummodo [oppure ac si] habitaverint Neapoli
saltem per tres dies, citato da caMera, Memorie cit., vol. II, p. 371, nota 1; Marino
Freccia (1503-1566) osserva che per ottenere la cittadinanza, le immunit e le franchigie
Amalitani, Scalenses et alii triduo in urbe fumantes, citato da schiPa, Contese sociali
cit., pp. 40-41.
24
Al contrario, le consuetudini di Bari e di Trani, risalenti al periodo tra IX e XII
secolo, ad esempio, prevedevano unequiparazione sostanziale degli stranieri residenti ai
cittadini, in particolare, per Trani da un provvedimento di conferma del 28 aprile 1215
del vescovo Liutpoldo, legato in Puglia per Federico II, risulta che: Quicumque etiam
alienigena Tranum venerit undecunque et quomodocunque ad habitandum Tranensis cives
21

22

42

MARIO GAGLIONE

previsione riguardante esenzioni o franchigie iscali a beneicio degli


amalitani25, contrariamente a quanto invece stabilito in altri privilegi
pure rilasciati a loro favore, come ad esempio in quello concesso da
Guido di Lusignano, re di Gerusalemme, nello stesso anno 1190 a
beneicio degli amalitani che si recavano a commerciare nella citt
di Accon (Tolemaide26). Lesperienza del libero comune napoletano,
sarebbe stata, per, ben presto travolta dalla conquista di Enrico VI di
Svevia (1165-1197), e con essa, sarebbe venuto meno anche il privilegio

censeatur et omnibus privilegiis et civilibus consuetudinibus potiatur et exinde invitus a


nemine extrahatur in D. ForGes DaVanzati, Dissertazione sulla seconda moglie del re
Manfredi e su loro igliuoli, Napoli 1791, pp. VII-X, doc. VIII. Per Bari, come risulta
da una compilazione ad opera di Andrea da Bari della ine del secolo XIII: Quicumque
Barrum habitaturus ingreditur et in eo domicilium et suarum fortunarum summam habere
disponit statim Barrensis eficitur et vivit nobiscum nostro consuetudine judicandus, e cfr.
Le consuetudini della citt di Bari studi e ricerche del dott. Teodoro Massa, Bari 1903,
p. 58, nonch, pi in generale: calasso, La legislazione statutaria cit., pp.104-105; D.
bizzarri, Ricerche sul diritto di cittadinanza nella costituzione comunale, in eaD., Studi di
storia del diritto italiano, Torino 1937, pp. 63-158; invece, il privilegio rilasciato a favore
degli abitanti della Costiera residenti a Benevento gi intorno al 1128, e poi confermato
da papa Lucio III (1097-1185) il 23 aprile del 1184, stabiliva lobbligo di rispettare le
sole consuetudines omnes antiquas et bonas gi seguite ed applicate dagli amalitani di
quella citt: L. VolPicella, Le consuetudini della citt di Amali, Napoli 1849, p. 40 ss.;
abulaFia, Le due Italie cit., p. 17. In molti casi franchigie ed immunit erano assicurate
agli stessi amalitani a condizione di reciprocit di trattamento, ci accadeva nei rapporti
con Genova, Pisa, Messina, Antiochia e Costantinopoli, come risulta da una conferma dei
privilegi municipali di Amali ad opera di Giovanna II nel 1415, e cfr. M. caMera, Poche
parole sul commercio nautico amalitano, Buonarroti, IV (1870), p. 93.
25
Il privilegio infatti stabilisce che: nulla conditio de personis vel rebus vestris
sicut non requiritur de civibus Neapolitanis, riferendosi cio allesenzione degli amalitani
da imposte particolari che non fossero dovute anche dai napoletani e non invece ad una
generalizzata esenzione dalle imposte stesse, bench poi si accenni alla concessione della
libertas in libero et franco usu vestrorum negotiorum, formula questultima che per
dovrebbe servire solo a confermare la precedente, senza che possa essere interpretata come
allusiva ad una franchigia generalizzata, e per un cenno al riguardo, cfr. anche calasso, La
legislazione statutaria cit., p. 99. Sotto questo aspetto le previsioni del privilegio del 1190
sembrano riprendere quelle pi generiche di salvaguardia e tutela dettate a favore di tutti
i mercanti stranieri nel patto del duca Sergio (IV o VII, da datare tra 1129 e 1134), ed in
seguito nel patto di pace con i gaetani del 1129, e cfr. calasso, La legislazione statutaria
cit., pp. 104-105.
26
Al privilegio accenna calasso, La legislazione statutaria cit., pp. 106-107, nello
stesso era sancita la libertas intrandi et exeundi degli amalitani, con facolt di vendita
delle loro merci sine exactione aliqua et dirictura con la libertas terciarie et ancorandi
et ancoragii. Inine, agli stessi era consentita listituzione di una propria curia, nonch
lelezione di un viscomite e di consoli, come gi era stato consentito ai mercanti di Venezia,
Pisa e Genova.

AMALFI E NAPOLI TRA ALTO MEDIOEVO ED ET ANGIOINA

43

concesso agli amalitani27. Quanto al privilegium fori, poi, si ritiene che


sia stato speciicamente abrogato dalle Costituzioni imperiali di Meli
del 123128.
3. Lora degli amalitani.
In et sveva, almeno in dalladozione delle Costituzioni del 1231 cui si
fatto cenno, si registr un vero e proprio exploit degli amalitani nellamministrazione pubblica alta e bassa, in tutte le province del Regno. Scocc
quella che da Norbert Kamp stata deinita lora degli amalitani, ed infatti
soprattutto negli anni 1262-1264, i funzionari amalitani, o di origini amalitane e della Costiera, ottennero in buona parte il controllo dellamministrazione inanziaria nelle provincie del Regno29. Carlo I dAngi, in seguito,
mantenne nellincarico il personale amministrativo che era stato gi al servizio dello stesso Manfredi, personale appunto costituito in maggioranza da
amalitani e da abitanti della Costiera. Altri amalitani entrati nellamministrazione angioina provenivano da Salerno, Messina, Barletta e Trapani, e
molti di loro, proprio per la passata opposizione agli svevi, erano riusciti a
entrare o a rientrare agevolmente nelle ila dei funzionari reali30. In questi
Per tutti, FilanGieri, Note al Privilegium libertatis cit., pp. 110-111.
Le costituzioni di Meli (1231) vietarono che a Napoli, a Sorrento e ad Amali, fossero
trattate cause giudiziarie in primo grado e in appello rispettivamente dagli admezatores e
dai compares vel adjunctos, e cio dai mediatori e compari, igure di antica origine che
provvedevano alla mediazione stragiudiziale tra i contendenti. LImperatore impose dunque
che le attivit svolte da costoro rientrassero nella funzione arbitrale, restando al di fuori del
campo della giurisdizione statale, e cfr. Fuiano, Napoli nel Medioevo cit., pp. 198-199,
con ulteriori riferimenti bibliograici, cui occorre aggiungere A. De GasParis, I mediatores
negli atti contrattuali e giudiziali nei secoli XI, XII e XIII in Napoli, Amali e Sorrento.
Contributo alla storia della mediazione, Studi e documenti di Storia e Diritto, 25 (1904),
pp. 157-203, con ampia disamina di documenti. Che il privilegium fori fosse stato abrogato
dalle costituzioni federiciane del 1231 lo ritiene calasso, La legislazione statutaria cit., pp.
105-106, e nota 69, sulla base della prescrizione per cui qui nullam aliam jurisdictionem
habeant nisi que ab eligentibus conferebatur eisdem, inoltre lo stesso studioso ha ipotizzato
che proprio per tale motivo nel provvedimento di conferma di Innocenzo IV del 1254 non
sia stato richiamato anche il privilegio napoletano dal 1190 (su questa conferma si vedano
le precedenti note 17 e 18).
29
N. kaMP, Gli amalitani al servizio della monarchia nel periodo svevo del Regno
di Sicilia, in Documenti e realt nel Mezzogiorno italiano in et medievale e moderna.
Atti delle giornate di studio in memoria di Jole Mazzoleni (Amali, 10-12 dicembre 1995),
Amali 1995, pp. 9-37; ID., Ascesa, funzione e fortuna dei funzionari scalesi nel regno
meridionale del sec. XIII, in Scala nel Medioevo. Atti del Convegno di studi (Scala, 27-28
ottobre 1995), Amali 1995, pp. 33-59.
30
H. bresc, La mala signoria ou lhypothque sicilienne, in ID., Una stagione in
Sicilia, a cura di M. PaciFico, Palermo 2010, vol. I, p. 170.
27

28

44

MARIO GAGLIONE

primi anni, inoltre, sincrement ulteriormente quella che pu essere deinita


una vera e propria diaspora amalitana anzitutto verso la Puglia, e, in particolare, verso Bitonto, ove si stabilirono i Bove di Ravello, verso Brindisi con
i Muscettola di Ravello, verso Trani con i dAflitto di Scala (e di Ravello),
e poi verso la Calabria, a Cosenza, con i Caczolo o Coczulo di Scala, e, inine, verso la Sicilia, a Palermo, con i dAflitto, gli Imperatore, e i de Pando
(di Scala), e, a Messina, con i Trara e gli Spina (di Scala). I documenti concernenti i consorzi per lappalto delle gabelle e per le ideiussioni prestate a
titolo di cauzione per lassunzione dincarichi pubblici consentono inoltre di
ricostruire una sorta di doppia solidariet tra gli amalitani interessati alle
carriere amministrative, e, anzitutto, tra quelli residenti fuori Amali ma nella stessa citt, nonch tra amalitani e il patriziato indigeno delle citt straniere. A Napoli, ad esempio, nel periodo 1274-1275, per garantire la conferma
della secrezia di Principato e Terra di Lavoro agli scalesi Ruggiero Trara e
Pandone dAflitto, due napoletani sottoscrissero latto di garanzia assieme a
sei scalesi e ad un Pironti di Ravello31. Il favore del primo sovrano angioino
verso gli amalitani e gli abitanti della Costiera inoltre ancora dimostrato
dalladozione, nel 1271, di un provvedimento di conferma dei privilegi goduti in precedenza dagli stessi nelle varie citt del Regno, con particolare riguardo allelezione dei balivi e giudici nazionali per le cause civili, evidentemente anche a seguito dellaccennato fenomeno di emigrazione interna32.
Per il resto, e a differenza di altri casi meglio documentati, leffettivo contenuto di tali privilegi resta ancora piuttosto incerto. Daltra parte, altrettanto
ben chiara la decisa scelta degli amalitani a favore della nuova dinastia
regnante, come dimostra lappoggio economico offerto non solo per il buon
esito della spedizione di conquista del Regno, ma anche per il deinitivo
consolidamento della dinastia, attivit di sostegno che a Napoli accomun
senzaltro amalitani e nobilt locale33. Sulla scorta del referto di Carlo de
Ibid., pp. 172-173.
Scriptum est Justitiario terre Bari etc., nuper fuit expositum coram nobis quod cum
cives Scale Ducatus Amalie ac totius ducatus predicti tam ex antiqua et approbata hactenus
a tempore cuius contrarij non extat memoria paciice observata Consuetudine, quam etiam
ex concessione quamplurium Cathoticarum Regum Sicilie predecessorum nostrorum, ac
nostra etiam super hoc eis facta prout in eorumdem Regum Privilegiis ac Maiestatis nostre
litteris confectis exinde plenius dicitur contineri, in qualibet terra Regni nostri de gente
eorum proprios bajulos et judices habeant coram quibus dumtaxat in qualibet Causa civili
responderi, causari, et judicari tenentur etc., Datum Melie etc., latto del 21 agosto 1271
in M. caMera, Annali delle due Sicilie, Napoli 1841, vol. II, p. 351, nota 4.
33
G. caPone - a. leone, La colonia scalese dal XIII al XV secolo, in Ricerche sul
Medioevo napoletano. Aspetti e momenti della vita economica e sociale a Napoli tra
decimo e quindicesimo secolo, a cura di A. Leone, Napoli 1996, pp. 173-186, in part. p.
185, ritengono che gli amalitani si coalizzarono nellaiuto agli angioini anzitutto con i
31

32

AMALFI E NAPOLI TRA ALTO MEDIOEVO ED ET ANGIOINA

45

Lellis, che esamin approfonditamente i registri della cancelleria angioina,


tra i sovvenzionatori (mutuatores regis) di Carlo I originari della Costiera
possono ricordarsi a titolo di esempio: Bartolomeo e Filippo del Giudice (di
Amali), Filippo Rocco, Leone e Filippo Frezza (di Ravello), Stefano e Giacomo Muscettola (di Ravello), Falcone Spina (di Scala), Bartolomeo e Tommaso dAngelo, Andrea Maggio e Sergio Cappasanta (di Amali), residenti a
Napoli, e ascritti soprattutto ai seggi di Nido e di Montagna, come pure Mauro Frezza, Bonavita e Guglielmo Coppola (famiglia di Amali, Ravello e di
Scala), Orso e Ambrogio de Bonito (famiglia di Amali e di Scala), Ruggiero
e Rinaldo dAflitto (di Scala)34. Agli spogli documentari del de Lellis devono peraltro aggiungersi le ulteriori approfondite notizie fornite da Francesco
de Pietri35 e da Francesco Pansa, oltre che da altri storici, eruditi e genealogisti36. Ingenti mutui furono assicurati da scalesi, ravellesi e amalitani anche a
re Roberto soprattutto in occasione di guerre37. Le stesse famiglie appena
menzionate fornirono ai sovrani angioini, anche in seguito, aiuto e appoggio
militare diretto38, e, come peraltro era gi accaduto in epoca sveva, Napoli,
Amali e gli altri centri della Costiera furono impegnate assiduamente nella
fabbricazione delle navi della lotta militare angioina39. Lascesa degli amalmilites mediani (Pietro Macedonio, Pietro e Andrea di Costanzo, Sergio Caputo, Ligorio
Scannasorice, Tommaso Ferrillo, Francesco Alopa, Giovanni de Aprano, Giacomo de
Gennaro, Bartolomeo Ofieri, Giovanni Dentice) e con lantica nobilt della Costiera
(Filippo e Leone Frezza, Sergio Cappasanta, Filippo del Giudice, Giacomo Muscettola).
34
Cfr. F. De Pietri, DellHistoria Napoletana, Napoli 1634, p. 178; A. leone - F.
Patroni GriFFi, Le origini di Napoli capitale, Altavilla Silentina 1984, pp. 85-86; A. Leone,
La politica iloangioina degli amalitani, in A. Leone, Ricerche sulleconomia meridionale
dei secoli XIII-XV, Napoli 1994, p. 10 ss.
35
Cfr. De Pietri, DellHistoria Napoletana cit., pp. 146-147, p. 162, p. 178.
36
Forniscono ulteriori indicazioni sui mutuatori amalitani della corona sulla base
soprattutto degli spogli documentali condotti da Giovan Battista Bolvito, F. Pansa, Istoria
dellantica Repubblica dAmali, Napoli 1724, vol. I, pp. 142-144, nonch S. Mazzella,
Descrittione del regno di Napoli, Napoli 1601, pp. 663-664.
37
Nel 1327, pro necessitate guerre Sicilie Januese Spina di Scala mutu 100 once;
Lottula (Lotto?) Spina di Scala mutu 100 once; Franzone dAlagno di Amali mutu altres
100 once, dietro la dazione di pegni da parte del sovrano, e cfr. caMera, Annali cit., vol.
II, p. 329.
38
Mariano del Giudice (di Amali), nel 1292, arm a sue spese un galeone; nel 1299,
Nicoletto de Vito (di Ravello) e Benenato Buonocore di Positano armarono a loro spese
una galea, e, inoltre, soprattutto le famiglie del Giudice e Marramaldo (di Amali) diedero
agli angioini valenti capitani darme; nel 1316 Riccardo Spina partecip con molti cavalli
alla campagna di Sicilia, e cfr. leone - Patroni GriFFi, Le origini di Napoli capitale cit., p.
86; leone, La politica iloangioina cit., pp. 10-11; sui capitani della famiglia del Giudice e,
in particolare, sul viceammiraglio Andreotto, cfr. caMera, Annali cit., vol. I, p. 50, p. 365.
39
caMera, Annali cit., vol. I, pp. 303-304, nota 2; M. Del trePPo, La marina napoletana
nel Medioevo: porti, navi, equipaggi, in La fabbrica delle navi: storia della cantieristica nel

46

MARIO GAGLIONE

itani nellamministrazione angioina registr tuttavia una battuta darresto in


conseguenza della rivolta del Vespro (30 marzo 1282), che segn la perdita
della Sicilia e, con essa, il tramonto delle preziose opportunit commerciali
e dei pubblici incarichi nellisola, ma anche nelle altre province del Regno.
Allinsoddisfazione dei siciliani aveva infatti certamente contribuito anche
la cattiva amministrazione dei funzionari continentali, tanto che la rivolta
stata letta in chiave principalmente anti-amalitana40. Alcune famiglie come
i Rufolo41 e i della Marra (di Ravello) subirono drammaticamente gli effetti
della secessione siciliana. Per comprendere la potenza economica di questi
gruppi famigliari e gli interessi in giuoco soprattutto nellesazione delle imposte, occorre considerare, che nel 1278 Lorenzo Rufolo per ottenere laggiudicazione della gabella della secrezia dellisola di Sicilia fu in grado di
versare alla corona, a titolo di corrispettivo, lastronomica cifra di 19.857
once, oltre a 2.406 salme di frumento, 890 salme dorzo e 508 salme di
vino42. Il 17 giugno del 1283, Carlo, principe di Salerno, vicario del padre re
Carlo I, ordin repentinamente larresto dei maggiori uficiali inanziari del
Regno, e, in particolare, di Matteo Rufolo, e di suo iglio Lorenzo, nonch di
tre fratelli della Marra. Loperazione di polizia termin gi il giorno 22 di
quel mese, e fu accompagnata anzitutto dalle conische di immobili, denaro,
preziosi e altri beni43, che fruttarono in danno dei soli Rufolo ben 16.000
Mezzogiorno dItalia, a cura di A. Fratta, Napoli 1990, pp. 31 ss.
40
H. bresc, 1282: Classes sociales et rvolution nationale, in La societ mediterranea
all'epoca del Vespro, Atti del XI Congresso di storia della corona dAragona, Palermo
1984, pp. 241-258, in part. pp. 250-252.
41
Cfr. E. sthaMer, Der Sturz der Familien Rufolo und della Marra nach der Sizilischen
Vesper, Abhandlungen der Preussischen Akademie der Wissenschaften, PhilosophischHistorische Klasse nr. 3, XX (1937), pp. 1-68; F. WiDeMann, Les Rufolo. Les voies de
lanoblissement d'une famille de marchands en Italie mridionale, in La noblesse dans les
territoires angevins la in du Moyen ge. Actes du Colloque international organis par
lUniversit dAngers (Angers-Saumur, 3-6 juin 1998), a cura di N. Coulet, J.-M. Matz,
Rome 2000, pp. 115-130; e i saggi raccolti in Lambiente culturale a Ravello nel Medioevo.
Il caso della famiglia Rufolo, a cura di P. PeDuto e F. WiDeMann, Bari 2000.
42
bresc, La mala signoria cit., p. 169.
43
Cfr. sthaMer, Der Sturz der Familien Rufolo cit.; WiDeMann, Jean de Comines,
religieux et homme politique. Enqute sur un procs la cour de Charles I.er dAnjou, roi
de Sicile, in Lambiente culturale a Ravello cit., pp. 165-228. La successiva liberazione dei
funzionari scampati alla condanna a morte fu pagata a caro prezzo, secondo S. Morelli,
Ad extirpanda vitia: normativa regia e sistemi di controllo sul funzionariato nella prima
et angioina, Mlanges de lEcole franaise de Rome. Moyen-Age, Temps modernes,
109, 2 (1997), p. 471 ss., le cauzioni dei Rufolo e della Marra ascesero complessivamente
a 10.200 once cos ripartite: 3.200 dai Rufolo, 3.000 once da Angelo e Matteo della Marra,
e 4.000 da Giovanni della Marra. Per le cauzioni dei della Marra, cfr. sthaMer, Der Sturz
cit., p. 17 ss.; p. 23 ss., nonch i doc. n. 16, pp 34-35; doc. n. 47, pp. 44-45; doc. n. 49, p. 45.

AMALFI E NAPOLI TRA ALTO MEDIOEVO ED ET ANGIOINA

47

once doro44, oltre che dallarresto dei pi stretti congiunti di questi funzionari. Lorenzo Rufolo e Angelo e Galgano della Marra furono poi condannati
alla forca e giustiziati. Nella lettera circolare ad extirpanda vitia dello stesso
22 giugno, il principe di Salerno dichiar di aver dovuto operare con tanta
severit proprio per estirpare i vizi propagatisi per effetto del comportamento dei Rufolo e dei della Marra in conseguenza anche del prestigio e dellalta
considerazione goduta ino a quel momento dai colpevoli. Costoro, alti funzionari reali, erano stati gli autori e la causa di tutti i mali veriicatisi, perch
avevano escogitato nuovi pesi iscali e vere e proprie estorsioni, e cos facendo, nel pieno disprezzo del bene generale, avevano provocato la rivolta del
Vespro in Sicilia45. Le effettive ragioni delladozione dei provvedimenti giudiziari nei riguardi dei Rufolo e dei della Marra sono state invece variamente
ricostruite. Si sarebbe trattato di una spoliazione del tutto arbitraria decisa da
Carlo di Salerno al ine di acquisire le risorse inanziarie necessarie per pagare lesercito e la lotta rimasti senza soldo in quel grave momento. Re
Carlo I, di ritorno a Napoli il 6 giugno 1284 subito dopo la cattura del iglio
Carlo per opera degli aragonesi, restitu per a Ruggiero della Marra, unico
superstite tra gli incriminati, i beni immobili gi coniscati, mentre ordin la
condanna a morte del giudice Tommaso da Brindisi principale responsabile
dellesecuzione di Lorenzo Rufolo, come a voler sconfessare loperato del
principe di Salerno. Secondo altri la condanna dei Rufolo e dei della Marra
sarebbe invece stata dettata dalla sincera volont di Carlo di Salerno di intervenire a favore delle popolazioni oppresse con una sentenza esemplare di
condanna dei funzionari disonesti, cos che Carlo I, che, appunto, non condivideva tale politica, avrebbe ordinato limpiccagione del giudice Tommaso,
prendendo cos le distanze dalla sua azione46. Secondo unaltra lettura, inine, gli amalitani, e in particolare i Rufolo e i della Marra, si sarebbero trovati tra due fuochi: cacciati dallisola dai siciliani, Carlo I ne avrebbe fatto i
capri espiatori delle lagnanze contro il malgoverno angioino, malgoverno e
oppressione iscale che, in realt, segnavano la continuazione di una politica
di sfruttamento della Sicilia, pingue miniera di grano e doro, perseguita gi

F. Della Marra, Discorsi delle famiglie estinte, forastiere o non comprese n Seggi
di Napoli imparentate con Casa Della Marra, Napoli 1641, pp. 348-349; sthaMer, Der
Sturz der Familien Rufolo cit., p. 17.
45
La lettera, molto nota e commentata, era indirizzata alle universitates di Napoli,
Capua, Aversa, Amali, Barletta, Bari, Trani e Monopoli, e per il testo: sthaMer, Der Sturz
der Familien Rufolo cit., doc. 1, p. 29, e per lanalisi del testo, pp. 11-12.
46
A. nitschke, Carlo II dAngi, in Dizionario Biograico degli Italiani, 20, Roma
1977, p. 228; Morelli, Ad extirpanda vitia cit., p. 471.
44

48

MARIO GAGLIONE

da Federico II e da Manfredi47. La vicenda dei Rufolo, in particolare, riguard direttamente anche Napoli. Per la liberazione di Matteo, probabilmente
agli inizi dellanno 1284, fu, infatti, stabilito il pagamento di una cauzione di
2.400 once doro48, 400 delle quali, con provvedimento del 25 gennaio 1284,
furono donate da Carlo, principe di Salerno, animato da sentimenti di sincera
devozione religiosa, al Custode e ai frati Minori residenti nel locus di S. Lorenzo in Napoli, onde consentire il completamento della loro chiesa, e proprio per raccogliere la somma complessivamente convenuta i Rufolo furono
costretti a vendere numerosi immobili di loro propriet esistenti in citt49.
C, a questo punto, da chiedersi in che modo lappoggio offerto dagli
amalitani alla dinastia angioina e lapprezzamento dimostrato dai sovrani
nei confronti dei funzionari amalitani abbiano inluito sulla loro presenza
e stabilimento a Napoli. Secondo Matteo Camera i (nobili) amalitani,
ravellesi e scalesi sinsediarono in gran numero in citt proprio al seguito
di re Carlo I50. Nel corso della loro diaspora in tutto il Regno, gli amalitani
curarono infatti sempre di stabilirsi nei centri di maggiore importanza,
collegandosi strettamente ai ceti dirigenti locali51, sicch, non sembrerebbe
inverosimile che, a seguito del trasferimento del principale centro
decisionale a Napoli, gli abitanti della Costiera si siano conseguentemente
D. abulaFia, I regni del Mediterraneo occidentale dal 1200 al 1500. La lotta per
il dominio, Roma-Bari 2001, pp. 73-74, rileva che gli amalitani, capitanati dalla terribile
famiglia Rufolo, in dal 1250, erano amministratori e funzionari gi degli svevi in Sicilia,
passati dalle attivit mercantili alla specializzazione nella pubblica amministrazione.
48
Cfr. M. GaGlione, Le once di Matteo Rufolo per la costruzione di San Lorenzo
maggiore in Napoli, Rassegna del Centro di Cultura e Storia Amalitana, 33-34 n.s.
(2007), pp. 75-94; ID., Note su di un legame accertato: la dinastia angioina ed il convento
di S. Lorenzo maggiore in Napoli, in Studi in onore del prof. Italo Gallo, Rassegna Storica
Salernitana, 50 (2008), pp. 125-168.
49
Il 20 aprile Matteo fu autorizzato a vendere alcuni immobili tra i quali anche due
botteghe con rispettivi loca ad negotiandum site nella platea di Portanova a Napoli, e nel
luogo della Iuntura nova extra portam de Appaya, sempre in citt, per il prezzo di 75 once
doro. Il 6 maggio 1284 Matteo fu autorizzato altres a vendere tre botteghe contigue, site
nella via della Scalesia e divise in due parti con due loca ad negotiandum posti a mezzogiorno
davanti alle botteghe stesse, che avevano anche piani superiori e che coninavano, ad
oriente, con una bottega che era stata di Ruggiero Trara, ad occidente con una bottega di
propriet comune di Giovannuccio de Pando e di Nicola dAflitto, a mezzogiorno con
la via pubblica della Scalesia, e inine, a settentrione, con lantico muro pubblico della
citt di Napoli. Per i quartieri degli amalitani, degli scalesi ed altri abitanti della Costiera,
cfr. anche M. GaGlione, Il quartiere della Scalesia nella Napoli angioina, in Tra storia
e urbanistica. Colonie mercantili e minoranze etniche in Campania tra Medioevo ed et
contemporanea, Atti del Seminario di studio del 15-16 marzo 2007, a cura di G. Vitolo e T.
Colletta, Storia dellUrbanistica-Campania, 8 (2008), pp. 40-61.
50
caMera, Istoria della citt cit., p. 315.
51
bresc, La mala signoria cit., pp. 172-173.
47

AMALFI E NAPOLI TRA ALTO MEDIOEVO ED ET ANGIOINA

49

massicciamente concentrati anche in questa citt. Considerando per


che, come noto, la corte angioina nei primi tempi del regno e ino agli
anni 80 del Duecento fu certamente itinerante, e che Carlo I fu presente
pochissimo a Napoli, tanto che in questo periodo la citt non pu essere
ritenuta la capitale52, ruolo che le spett solo con Carlo II dopo la guerra
del Vespro53, altrettanto evidente che le famiglie amalitane vi dovevano
essere stabilmente stanziate e affermate gi in precedenza. Esaminando
i documenti concernenti i principali personaggi componenti lesercito
di Manfredi, nel 1260, in occasione dellaiuto prestato dallo svevo ai
romani ribellatisi a papa Alessandro IV, e alla successiva inquisitio degli
stessi ordinata nel 1275 da Carlo I, tra i baroni napoletani possibile
individuare molti membri di famiglie originarie di Amali e della Costiera,
come i Marramaldo, gli Aldemoresco, i Bonifacio, i Dentice, i dellIsola,
i dOfferio e i Romano54. Deve segnalarsi che in seguito, nel 1290, le
scorrerie degli aragonesi, giunti in sulle coste campane dopo il Vespro,
indussero gli Scalesi ed altri abitanti della Costiera ad un esodo in massa
verso Napoli, a seguito del quale Carlo II ordin appunto al capitano del
ducato di Amali di costringere i transfughi a far ritorno in particolare
a Scala perch provvedessero alla sua difesa. Molti mercanti scalesi,
tuttavia, ottennero lautorizzazione a restare in citt a condizione per che
inviassero a proprie spese, per la difesa della Costiera, armati suficientes
et idoneos. Tra gli esonerati, in particolare, erano: Tommaso Ramolo,
Ansaldino e Giovanni Spina, Nicola Coppola, Madio Saraceno, nonch
Ruggero, Saraceno, Marco, Mazziotto, Luca, Andrea, Nicola, Alessandro e
Ibid., pp. 178. Secondo litinerario diplomatico di Carlo I, come ricostruito dal
Durrieu per il periodo 1266-1282, il primo sovrano angioino per ciascun anno trascorse
a Napoli in media solo 3 mesi e mezzo. Nel 1284, Carlo fu a Napoli solo tra l8 e il 23
giugno, nel 1283 vi fu di passaggio solo il 10 febbraio, mor poi il 7 gennaio 1285, senza
aver fatto ritorno in citt. Andreas Kiesewetter calcola che su tredici anni e tre mesi di
permanenza nel Regno, Carlo I abbia trascorso a Napoli solo due anni e otto mesi, mentre
fu ben pi presente in Puglia, in Basilicata ed a Capua, cfr. A. kieseWetter, Il governo
e lamministrazione centrale del regno, in Le eredit normanno-sveve nellet angioina:
persistenze e mutamenti nel Mezzogiorno. Atti delle quindicesime giornate NormannoSveve (Bari 22-25 ottobre 2002), a cura di G. Musca, Bari 2004, pp. 66-67.
53
kieseWetter, Il governo e lamministrazione cit., p. 67.
54
Per questi documenti, cfr. Della Marra, Discorsi delle famiglie estinte cit., pp. 239240, vi vengono menzionati, in particolare, Pandolfo Aldemoresco, Bartolomeo Bonifacio,
Tommaso Dentice, Bartolomeo dellIsola, Landolfo e Giovanni Marramaldo, Adenolfo e
Pietro dOfferio, Pietro e Giovanni Dentice, Giovanni Romano, alcuni dei quali feudatari
dei casali di Napoli (S. Vito, Casandrino, Fratta, Afragola e Pianura). Il Della Marra contesta
inoltre le affermazioni di Francesco Elio Marchese e di Scipione Ammirato secondo i quali
i Marramaldo del seggio di Nido erano giunti a Napoli solo al seguito di Carlo I.
52

50

MARIO GAGLIONE

Pandone dAflitto, e Corrado dAflitto Peczula55. In epoche diverse, non


sempre precisamente accertabili, molte di queste famiglie furono ascritte ai
seggi nobiliari cittadini. In particolare, al seggio di Capuana appartenevano
i Cappasanta (di Amali), i dellIsola, i Romano, i Rufolo, i Dentice e i
della Marra56, al seggio di Forcella i Bonifacio, che sarebbero stati presenti
in quella zona almeno dal secolo XII57, al seggio di Montagna i Capuano, i
caMera, Memorie cit., vol. II, pp. 262-263, illustra i relativi provvedimenti, ed
anzitutto il mandato indirizzato il 9 marzo 1290 dal sovrano al capitano Ponzio de Montiliis
quos cogas repetere incolatum, ed il successivo mandato del 26 maggio dello stesso anno
contenente lesonero per i soli mercanti sopra indicati ai quali venne issato il termine di
dieci giorni per provvedere allinvio degli armati in sostituzione; su questi stessi documenti,
cfr. anche I Registri della Cancelleria angioina ricostruiti da Riccardo Filangieri con la
collaborazione degli Archivisti Napoletani, XXXII, (1289-1290), a cura di A. Maresca
CoMPaGna, Napoli 1982, p. 228, doc. 480, (26 maggio 1290), e G. De blasiis, Repertorio
dei Registri angioini dal n. 50 al n. 357, ms. della Societ Napoletana di Storia Patria (sec.
XIX), segnato XXXIII.D.16.1, ff. 462-463.
56
C. tutini, Dellorigine e fundatione d Seggi di Napoli, Napoli 1644, pp. 97-98; pp.
102-103.
57
Per lascrizione al seggio tutini, Dellorigine e fundatione d Seggi cit., p. 98. Secondo
quanto attesta il notaio Dionisio di Sarno in un atto dell8 maggio 1423, un Giovanni Bonifacio,
nellanno 1150, di ritorno da un viaggio a Gerusalemme, avrebbe fondato nella zona di
Campagnano presso Forcella, una chiesa del titolo di S. Maria di Gerusalemme ancora esistente,
seppur diruta, nel 1499, e poi inglobata nel monastero di S. Maria Egiziaca: Die 8 madij
primae indictionis anno 1423 Neapoli, Io notar Dionisio sono stato pregato dal reverendissimo
arcivescovo Nicolao che scrivesse questa Cronica a cautela di S. Pietro a Castello ordinis
praedicatorum, et a cautela delli nobili homini de platea furzillae, tenimento sedilis Montaneae,
lo dicto arcivescovo fa la visita a santa Maria Ierusalem de platea furczilla de fora la porta
con due faccie iuxta dicta cappella cum Sancta Maria Giciace moniche ordinis Sancti Francisci
presenti li commissarij, videlicet D. Andrea Brancaccio, D. Stefano de Gayta, e dicta cappella de
Sancta Maria Ierusalem e de ius patronato de Sancto Petro a Castello, e lo rettore di detta chiesa
si presenta per la priorissa de Santo Pietro a Castello, e lo cappellano similmente si presenta per
ditta priorissa quale deve presentare ogni venerd Santo una corona di spine a ditta priorissa, e
detta cappella ha ducati 60 di entrate e tra li mobili di detta cappella have un messale di valuta
ducati 30 che lo don a detta cappella re Carlo III, e detti mobili li tengono Attanase Cotugno
e Nardo Chianolo, et in detta chiesa vi un marmore grande nella quale vi il fondamento di
detta cappella quale dice videlicet Santa Maria Ierusalem fu fondata e dotata per Domino Ioanne
Bonifacio anno Domini 1150 e sua signoria andao in Ierusalem e portao de lo ligno della Croce
e della funa de Christo Iesu e dello ferro dello martello che ne fu chiavato Cristo et de lapidibus
Sancti Sepulchri, e dette reliquie stanno nellaltare maggiore di detta cappella e questatto fu
fatto presenti li soddetti commissarii e la badessa della Gittiaca e la vicaria e monache di detto
monasterio, et in detto altare vi una cassetta nella quale sono riposite le soddette reliquie e vi
una lamina nella quale si legge videlicet Papa Clemente IV consacrao Cappella Ierusalem, funa
Christi, lapidibus Sancti Sepulchri, et unaltra lamina nella quale si legge ferro de lo martello,
che ne fu chiavato Christo e larcivescovo trovao lo legno della Croce in detto altare, de lo quale
ne fece uno presente alla regina Ioanna II, Sua maest la fece guarnire in una croce di argento
con un crociisso di avolio, e lillustrissima regina Ioanna la presentao alla Nunciata di Napoli,
e mandavola per lo duca della Scalia a presentarla, e detto arcivescovo fece rompere detto
55

AMALFI E NAPOLI TRA ALTO MEDIOEVO ED ET ANGIOINA

51

Cappasanta, i Coppola di Coluccio e i Muscettola (di Ravello58), al seggio


di Nido gli Alagno, gli Aldemorisco, i Cappasanta, i Marramaldo, gli
Ofieri59, i dAflitto di Mazzeo, i Dentice, i del Doce, i Frezza (di Ravello),
i del Giudice (di Amali), gli Spina (di Scala) ed i Grisone60, al seggio di
Porto gli Eboli61, al seggio di Portanova, inine, appartenevano i dAnna,
i Bonifacio, gli Spina, i Capuano62 e i Coppola63. Ad ogni modo, noto
che gi nel 1245 un Enrico dAflitto, custos ac tutor atque gubernator
ecclesiae Sancti Eustachii de Aflicto de Scalis, e suo iglio Federico,
entrambi nobili di Nido, furono scelti da i Signori cinque di quella piazza
come arbitri di una controversia, e che Niccol dAflitto fu sindaco dello
stesso seggio nel 126864. La famiglia Rufolo, invece, in persona di Nicola,
sotto Carlo I fu ascritta allo stesso seggio65; Fulzone Spina ricordato
marmore del fondamento acci dette reliquie non se forassero mai, et in detta chiesa vi sono
mille d dindulgenza lo luned santo e marted santo, e poi il venerd santo culpa e pena, secondo
appare per bolla papale di 28 papa concessa, e lo d de onne santo culpa e pena, e lo d de Santa
Maria di Settembre culpa e pena. Papa Ciumento IV ce celebrao la messa con sei cardinali,
Actum sub n. 1047 notamentis supradictis, dai Notamenti del monastero di S. Sebastiano, in
Chiese Antiche di Napoli, ms. della Societ Napoletana di Storia Patria (sec. XIX), ff. 163164r; e cfr. anche B. caPasso, Topograia della citt di Napoli nellXI secolo, Napoli 1895,
rist. anastatica A. Forni editore 1984, pp. 133-134 nota 2; A. aMbrosio, Il monastero femminile
domenicano dei SS. Pietro e Sebastiano di Napoli: regesti dei documenti dei secoli XIV-XV,
Salerno 2003, pp. 65-66, doc. n. 198; pp. 68-69, doc. n. 201; pp. 172-173, docc. nn. 523 e 524;
pp. 181-182, doc. n. 554. invece fortemente sospetto di falsit un altro documento redatto dal
notaio Ruggero Pappansogna, il quale, nel maggio del 1423, su incarico di Cicilla de Sicola
avrebbe autenticato un atto conservato nella chiesa di SantAgrippino dal quale risultava che
la chiesa di S. Nicola alle fontanelle a Forcella, che accoglieva le reliquie di S. Nicola e di S.
Venera, fu fondata il 7 marzo 1265 da Aniello Bonifacio, Antonio Quaranta e Tommaso de
Hercules e dotata di venti ducati da Purinella, iglia di Leone de Sicula protonotario di Carlo I, e
si veda aMbrosio, Il monastero femminile cit., pp. 212-213 e pp. 70-71, doc. n. 206.
58
tutini, Dellorigine e fundatione d Seggi cit., p. 90; p. 103.
59
Famiglia di Ravello nota anche come dOfiero, dAuferio o Alferio, cfr. A.
Guerritore, Ravello e il suo patriziato, notizie storiche e nobiliari, Napoli 1908, p.100;
p.105.
60
tutini, Dellorigine e fundatione d Seggi cit., p. 91; p. 103.
61
Ibid., p. 101.
62
I Capuano di Amali, ascritti ai seggi di Nido e Portanova, si sarebbero stabiliti a
Napoli al tempo dei francesi, e cfr. De Pietri, DellHistoria Napoletana cit., p. 145; al
seggio di Portanova furono aggregati nellanno 1343, per effetto del matrimonio tra Andrea
Capuano e Morella Bonifacio, e cfr. Mazzella, Descrittione cit., p. 775.
63
tutini, Dellorigine e fundatione d Seggi cit., p. 101; p. 102; p. 104.
64
I Signori cinque erano a quel tempo Pietro Pignatelli, Giovanni del Doce, Giovanni
Rumbo, Andrea dellAcerra e Filippo Brancaccio, e cfr. C. De lellis, Discorsi delle
famiglie nobili del Regno di Napoli, Napoli 1671, vol. III, p. 247; per la notizia su Niccol,
cfr. invece caMera, Istoria della citt cit., p. 315 ss.
65
Della Marra, Discorsi delle famiglie estinte cit., p. 347.

52

MARIO GAGLIONE

come nobile di Nido nel 127366. Bartolomeo e Loffredo dellIsola, o de


Insola, di Ravello, del seggio di Capuana, erano tra i irmatari dellaccordo
suntuario tra i nobili di quel seggio del 10 giugno del 1298, assieme ad altri
membri di famiglie provenienti dalla Costiera, quali i Romano, i Comite
Maurone e i Dentice67. I Bonifacio, inine, che facevano parte dei seggi di
Montagna e di Portanova, sono ricordati dalle fonti come vetustissimum e
medianorum genus68. Tra coloro che nei primi anni angioini ricoprirono
importanti incarichi e funzioni pubbliche a Napoli si ricordano poi Marco
dAflitto e Tommaso Coppola fundicarii et dohaneriis Neapolis nel 126969;
Nicola e Domenico dAflitto, sindaci di Napoli nel 1269-1270 e 1277127870; Giacomo Imperatore, sindaco di Napoli nel 127871, sempre sotto
il regno di Carlo I; Cola dAflitto, sindaco di Napoli assieme a Matteo
Brancaccio, Gualtieri Caputo, Gualtieri Siginulfo, Ligorio Scannasorice
e Giacomo Farafalla72. Federico e Troisio dAflitto furono custodi del
porto nel 1275 e nel 1285; Orso dAflitto fu maestro portolano nel 1280;
Guglielmo Coppola e Pietro Proculo de Scalis, nel 1289, furono credenzerii
del fondaco del sale; nello stesso anno Ursone Coppola ricopr luficio
di tesoriere e nuncius universitatis hominum civitatis Neapoli; sempre lo
stesso anno, Enrico Spina fu maestro portolano73. Tra i cavalieri napoletani
collettori sotto il regno di Carlo I si ricordano Landolfo Protonobilissimo,
Andrea Venata, Pietro Macedonio e Marino del Giudice74; Guglielmo della
Marra, signore di Stigliano, di S. Arcangelo e barone di Roccanuova, fu
capitano della citt di Napoli75; tra i giuristi si ricordano, inine, Ansaldo

caPone - leone, La colonia scalese cit., p. 183.


Guerritore, Ravello e il suo patriziato cit., p. 97; p. 99; schiPa, Contese sociali cit.,
p. 158.
68
Mazzella, Descrittione cit., p. 656; p. 783.
69
caPone - leone, La colonia scalese cit., p. 184.
70
Ibid. Su di un Tommaso Coppola, erario della citt di Napoli: die 5 mensis
novembris Neap. receptae sunt a Thomasio Coppule de Neap. erario civitatis eiusdem
solvente nomine et pro parte antiquorum feudatariorum civitatis eiusdem antiqua feuda
tenentium a regia curia in civitate ipsa ac pertinentiis eius sub servitio militum sexdecim
ad rationem de unc. 10 tt. 15 pro quolibet servitio militari per manus Francisci Franci et
Matthei de Constantio cabellotorum cabelle boni denarii civitatis Neap. de uncis 168 debitis
per eiusdem feudatarios, per tali beni vennero comunque corrisposte tre rate di 16 once, 60
once e 92 once, in De Lellis, Notamenta cit., vol. IV bis, f. 148.
71
caPone - leone, La colonia scalese cit., p. 184.
72
De Pietri, DellHistoria Napoletana cit., p. 162.
73
caPone - leone, La colonia scalese cit., p. 184.
74
De Pietri, DellHistoria Napoletana cit., p. 156.
75
Ibid., p. 159.
66

67

AMALFI E NAPOLI TRA ALTO MEDIOEVO ED ET ANGIOINA

53

Trara di Scala, Angelo dAflitto di Scala76 e Giovanni Frezza di Ravello,


consiglieri, famigliari di Carlo II e professori di diritto civile, membri nella
commissione che esamin per il suo dottorato napoletano in legge Iacopo
di Belviso77, dal 3 al 5 dicembre del 129878, nonch numerosi membri della
famiglia Acconciagioco di Ravello79. Deve inoltre almeno ricordarsi Andrea
de Penna di Amali, che, nel 1302, fu preposto allapprovvigionamento del
legname di quercia e cerro dalla foresta di Selva Mala per lalimentazione
delle fornaci della calce necessaria ai lavori del porto80. Ad ogni modo, nobili
e funzionari di origini amalitane continuarono ad avere anche botteghe nel
quartiere napoletano della Scalesia, del quale si tratter in seguito, come, in
particolare, i membri delle famiglie dAflitto, Cacziolo, Imperatore, Trara
e Coppola81. Nella stessa Amali, infatti, la nobilt cittadina esercitava il
commercio come il popolo senza distinzione di classe82. Per il periodo
angioino sono inine noti anche i nomi di alcuni dei giudici ovvero consoli
dei mercanti scalesi e ravellesi, e, in particolare, Urso de Anna83, nonch
Mazziotto dAflitto di Scala ed Enrichetto Pironti di Ravello, Lancellotto
Pullino di Scala e Andreotto Muscettola di Ravello84. Nicola Coppola
76
Angelo dAflitto fu tra laltro inviato nel 1306 a Siena per trattare con gli ambasciatori
genovesi della remotio represaliarum e della cessazione delle azioni piratesche delle navi
della Repubblica, con laltro ambasciatore Uguccione Prignano, caMera, Annali cit., vol.
II, p. 133.
77
Nato a Bologna intorno al 1270-1272, vi mor nel 1335, insegn nello Studio di
Napoli dal 1298 al 1302, tenendovi, tra laltro, la lettura ordinaria del Digesto Vecchio,
insegn anche negli Studi di Perugia e di Bologna, e per maggiori dettagli, cfr. il saggio
citato alla nota successiva.
78
D. MaFFei, Giuristi medievali e falsiicazioni editoriali del primo Cinquecento.
Iacopo di Belviso in Provenza?, Frankfurt am Main 1979, p. 62 ss.
79
Si ricordano ad esempio un Lorenzo, professore di diritto civile nel 1305-1306,
consigliere e familiare regio; un Andrea professore di diritto civile, giudice degli appelli
della gran corte, luogotenente del protonotaro dal 1294 al 1296, vice protonotaro e membro
del consiglio di reggenza dal 15 aprile 1295; un Enrico dal 1383 dottore in legge, professore
di diritto civile, giudice della gran corte, e nel 1387 luogotenente del protonotaro di Luigi
II dAngi, e per questi personaggi: S. PalMieri, La cancelleria del Regno di Sicilia in eta
angioina, Napoli 2006, pp. 86, 156, 164, 175.
80
CaMera, Annali cit., vol. II, p. 90.
81
caPone - leone, La colonia scalese cit., pp. 184-185; sui mercanti Coppola, Ibid.,
p. 185.
82
Del trePPo, Amali: una citt del Mezzogiorno cit., pp. 122 ss.
83
caPone - leone, La colonia scalese cit., p. 174.
84
Cfr. I Fascicoli della cancelleria angioina ricostruiti dagli archivisti Napoletani,
Napoli 1995, a cura di B. Ferrante, vol. I, pp. XLV-XLVI. Quanto al Lancellotto Sclano,
ovvero Spina secondo il referto di Matteo Camera, inserito tra i giudici degli scalesi e
ravellesi a Napoli, si tratta del frutto di una parziale falsiicazione del documento angioino,
poich il giudice fu, in realt, Lancellotto Pullino o Pollino, Lancellottus Pullinus de Scalis,

54

MARIO GAGLIONE

risulta invece electo notario scalensium et ravellensium morantium in


civitate neapolis85.
4. Gli amalitani nobili di seggio.
In un saggio molto noto, Michelangelo Schipa86, trattando dei frequenti
dissidi tra le platee della citt di Napoli durante il regno di Roberto dAngi,
osserv che una delle cause fu la ritirata o serrata dei nobili dei seggi
di Capuana e di Nido al ine di evitare laggregazione alle loro compagini
di nuovi personaggi dalle pi incerte origini e recente storia famigliare. Al
seguito dei dominatori normanni, svevi e poi angioini, infatti, erano giunti a
Napoli mercanti e altri personaggi stranieri che spesso vantavano anchessi
nobilt di lignaggio, importanza di ufici pubblici ricoperti e prestigiosi
servizi resi in guerra ai sovrani. I mercanti stranieri o originari delle citt
vicine, a loro volta, grazie alle ricchezze acquisite e ai favori della corte
avevano non di rado ottenuto di essere armati essi stessi cavalieri dai
sovrani, bench per le loro origini popolari non potessero essere considerati
nobili ad ogni effetto ma, piuttosto, milites mediani87, in una posizione
intermedia tra nobilt pi antica e popolo. I mediani pretesero, per, ben
e assieme a lui fu giudice un Advocatus o, meglio, un Andreottus Muscettula de Ravello, per
la XV indizione, dal 1 settembre del 1301 al 31 agosto del 1302. Per il provvedimento con
il quale il capitano della citt di Napoli diede esecuzione al mandatum regium de creandis
iudicibus in civitate Neapolis di Carlo II del 20 agosto 1301, XIV indizione, e per la nomina
del Pullino e del Muscettola, che pagarono pro licteris oficii iudicatus 24 tar dargento, 12
ciascuno, conteggiandone 60 per oncia, cfr. G. Del GiuDice, Codice Diplomatico del Regno
di Carlo I e Carlo II dAngi, vol. I, (1265-1285), Napoli 1869, nota 1, pp. 148 ss., in part.
pp. 150 e 152; giudici per la XIV indizione, dal 1 settembre 1300 al 31 agosto del 1301,
erano stati Mazziotto dAflitto di Scala ed Enrichetto Pironti di Ravello.
85
caPone - leone, La colonia scalese cit., p. 174.
86
schiPa, Contese sociali cit., p. 161 ss.
87
Per le diverse tesi relative alla composizione del ceto dei milites mediani e della
militia neapolitanorum esistente, in realt, in dallepoca ducale, si vedano cassanDro,
Il ducato bizantino cit., p. 18 ss.; p. 28 ss.; p. 50 ss.; p. 129 ss.; p. 234 ss.; Fuiano, Napoli
nel Medioevo cit., p. 99 ss. e p. 115; G. cassanDro, Le istituzioni politiche normanne sotto
Roberto il Guiscardo, in Roberto il Guiscardo e il suo tempo. Atti delle prime giornate
normanno-sveve (Bari, 28-29 maggio 1973), Bari 1991, p. 95 ss.; J.-M. Martin, Les
problmes de la frontire en Italie mridionale (VI.e-XII.e sicles): lapproche historique,
in Frontire et peuplement dans le monde mditerranen au Moyen ge. Castrum 4, a cura
di J. M. Poisson, Madrid-Rome 1992, p. 268 ss.; E. cuozzo, La militia Neapolitanorum:
un modello per i milites normanni di Aversa, Mlanges de lEcole franaise de Rome.
Moyen-Age, Temps modernes, 107 (1995), pp. 31-38; ID., La nobilt meridionale e gli
Hohenstaufen, Salerno 1995; ID., Normanni. Nobilt e cavalleria, Salerno 1995; ID., La
cavalleria nel Regno normanno di Sicilia, Atripalda 2002; G. Vitale, lite burocratica
e famiglia. Dinamiche nobiliari e processi di costruzione statale nella Napoli angioino-

AMALFI E NAPOLI TRA ALTO MEDIOEVO ED ET ANGIOINA

55

presto di essere considerati sullo stesso piano dei nobili nelle assemblee, nei
parlamenti e nellamministrazione pubblica della citt, destando appunto,
come si anticipato, lopposizione della nobilt pi antica dei seggi di
Capuana e Nido, e di quelli collegati di Fontanula, Casanova, S. Gennaro
ad Diaconiam, S. Arcangelo e Arco.
I contrasti cui si fatto cenno sono stati ricondotti da Giovanni Antonio
Summonte (1602) principalmente alla politica di condizionamento del
governo cittadino di Napoli che Carlo I avrebbe adottato al momento del
suo insediamento nel Regno attraverso laumento del numero delle piazze
nobili, la nobilitazione sistematica di personaggi del ceto popolare e, inine,
lintroduzione, tra gli stessi nobili, di molti cavalieri francesi88. Sotto
il regno di Roberto la situazione delle classi sociali cittadine sembrava
tuttavia essersi sempliicata: da un lato, infatti, vi erano i nobili di Capuana
e Nido e la nobilt collegata, dallaltro cera, in senso lato, il popolo, ma il
conlitto tra le componenti della societ napoletana era ben presto destinato
a riesplodere in modo virulento. I nobili di Capuana e Nido affermavano,
infatti, di essere i soli veri nobili, i migliori e gli unici legittimi destinatari
di ufici e onori municipali e statali, mentre tutti gli altri, pur ascritti ai
seggi cittadini, erano al pi da considerarsi mediani e non nobili. I mediani
da parte loro si difendevano osservando che, in realt, molti dei nobili di
Capuana e Nido non solo erano originari della Costiera amalitana o di altre
localit fuori Napoli, ma discendevano da mercanti e artigiani, mentre tra
di loro, i cosiddetti mediani appunto, vi erano famiglie di origini straniere
ma di altissimo lignaggio. Il conlitto, che degener ben presto in scontri
aragonese, Napoli 2003, p. 28, nota 2 e p. 31 ss.; C. cerbone, Afragola feudale. Per una
storia degli insediamenti rurali nel napoletano, Frattamaggiore 2004, p. 38 ss.; p. 63 ss.
88
suMMonte, Historia della Citt cit., vol. III, pp. 8-10. Sui rapporti tra Carlo I e i nobili
napoletani, ricostruiti soprattutto proprio grazie al referto del Summonte, cfr. G. Galasso,
Carlo I dAngi e la scelta della capitale, in G. Galasso, Napoli capitale. Identit politica
e identit cittadina. Studi e ricerche 1266-1860, Napoli 1998, pp. 47-49, e, sui mediani,
pp. 54-57, nonch, pi in generale, S. Di Franco, Giovanni Antonio Summonte. Linee per
una biograia, Archivio Storico per le Province Napoletane, CXXII (2004), p. 145 ss.
Sullintroduzione dei cavalieri francesi in citt, cfr. S. Pollastri, La noblesse provenale
dans le royaume de Sicile (1265-1282), Annales du Midi, 184 (1988), pp. 405-434;
eaD., La Noblesse napolitaine sous la dynastie angevine: laristocratie des comtes (12651435), tesi di dottorato Universit Paris X-Nanterre, 23 novembre 1994, voll. I-II; eaD.,
La prsence ultramontaine dans le Midi italien (1265-1340), Studi storici meridionali,
15 (1995), pp. 3-20; eaD., Le Liber donationum et la conqute angevine du royaume de
Sicile (1268-1281), Mlanges de lcole franaise de Rome, Moyen-ge, 116, 2 (2004),
pp. 657-727; S. kelly, Noblesse de robe et noblesse despirit dans la cour de Robert de
Naples. La question ditalianisation, in La noblesse dans les territoires angevins la
in du Moyen ge. Actes du Colloque international organis par lUniversit dAngers
(Angers-Saumur, 3-6 giugno 1998), Roma 2000, pp. 347-361.

56

MARIO GAGLIONE

anche gravi in occasione dei parlamenti e delle assemblee generali, aveva


in realt a oggetto principalmente il governo e lamministrazione della
citt, e in particolare, in quale proporzione le varie classi avessero diritto a
partecipare alla stessa.
I dissidi tra le componenti della societ cittadina napoletana sono ben
documentati dai provvedimenti pubblicati da Francesco Capecelatro (1594167089), nella sua Origine della Citt e delle famiglie nobili di Napoli90,
documenti che, peraltro, non sembra che siano stati ino a oggi presi in
considerazione91. Il Capecelatro tenne a riportarli integralmente per
rispondere alle obiezioni formulate da Antonio Terminio (1529-1568) nella
sua Apologia dei tre seggi illustri della citt di Napoli (pubblicata nel 158192),
il quale, nel difendere lantichit e il prestigio dei seggi di Montagna,
Portanova e Porto contro le affermazioni di Giovan Battista Carafa di
Carafello (1495-1570 ca.) sostenitore invece dei seggi di Nido e Capuana,
aveva negato proprio lesistenza di tali documenti93. Il complesso dossier
89
Sullopera del Capecelatro, oltre al classico saggio di S. VolPicella, Della vita e
delle opere di Francesco Capecelatro, Monaco 1854, si veda la recente monograia di D.
De liso, La scrittura della storia. Francesco Capecelatro (1594-1670), Napoli 2004.
90
F. caPecelatro, Origine della Citt e delle famiglie nobili di Napoli, Napoli 1769,
p. 97 ss.
91
schiPa, Contese sociali cit., p. 164, accenna genericamente ai contrasti tra le
fazioni nobiliari prima della sentenza di re Roberto del 1339, ma non menziona questi
provvedimenti del 1333 pubblicati dal Capecelatro, pur citandone lopera Origine della
Citt, a p. 290, nota 1, con riguardo alla sola protestatio della precedenza da parte dei nobili
di Capuana e Nido in occasione del giuramento di fedelt a Isabella di Lorena, nel 1435, e
cfr. schiPa, Contese sociali cit., doc. n. 6, pp. 196-198. Per qualche accenno alla sentenza
del 1333 nella letteratura storico erudita cfr. B. Di Falco, Descrittione dei luoghi antichi
di Napoli e del suo amenissimo distretto, a cura di T. R. Toscano, cuen 1992, pp. 159-160
(opera edita nel 1549 e citata anche da caPecelatro, Origine della Citt cit., p. 123, che
ne riporta integralmente il passo), nonch, con maggiore precisione, tutini, Dellorigine
e fundatione cit., pp. 83-84; qualche cenno anche in De Liso, La scrittura cit., pp. 217 ss.
92
Opera peraltro in genere attribuita ad Angelo di Costanzo (1507-1591): T. costo,
La Apologia istorica del Regno di Napoli, Napoli 1613, p. 127; secondo Bartolomeo
Chioccarelli: Ideo sub Terminii nomine, tunc jam mortui, is liber prodiit, ne odium ac
simultates nobilium virorum in eum (Constantium) adhuc viventem provocaret, in F.
soria, Memorie storico-critiche degli storici napoletani, Napoli 1781, vol. I, p. 199; F.
PaGnani, Introduzione a M. A. terMinio, Apologia di tre seggi illustri di Napoli, (in Venetia
per Domenico Fari, 1581, et in Napoli, per Lazaro Scoriggio, 1633), ristampa a cura di F.
PaGnani, Contursi 2003, p. 20 ss.
93
Ma perch da Antonio Terminio in un suo libro intitolato Apologia d tre Seggi
illustri di Napoli sono stati detto piato e sentenza negati apertamente con molta diligenza
da luoghi ove diligentemente si conservano gli abbiamo voluto qui porre per certa pruova
di cos chiara verit, caPecelatro, Origine della Citt cit., p. 97, e cfr. soria, Memorie
storico-critiche cit., vol. I, p. 153, e G. Masi, Scampoli di sartoria testuale: Benedetto Di

AMALFI E NAPOLI TRA ALTO MEDIOEVO ED ET ANGIOINA

57

documentario pubblicato dal Capecelatro si apre appunto con una sentenza


emessa dalla Gran corte della Vicara il 27 agosto del 1333, in copia autentica
del 1510, riprodotta in altra copia autentica del 157594. La sentenza fu emessa
da Giovanni de Haya, miles, reggente della Corte della Vicara, e dai milites
Francesco de Potenza e Nicola de Turri, e da Pietro Guaschi del Forcalquier,
tutti professori di diritto civile e giudici della stessa corte. Il 25 del mese di
maggio95 precedente era stata presentata alla stessa Corte una petitio
indirizzata al re, redatta nellinteresse dei nobili delle plateae napoletane di
Capuana e Nido, nonch di Fontanula, Casanova, S. Gennaro a Diaconia,
SantArcangelo e Arco della stessa citt, petizione che era stata poi trasmessa
dal sovrano alla Corte della Vicara cum decretatione et anulo segreto. I
nobili di quelle platee esponevano che alcuni mediani96 della citt di Napoli,
contravvenendo alla consuetudine vigente non solo in questa citt ma in tutto
Falco, Giovan Battista Carafa e Pandolfo Collenuccio, in Furto e plagio nella letteratura
del classicismo, a cura di R. GiGliucci, Roma 1998, pp. 301-322.
94
Si tratta della copia autentica del 7 novembre del 1575 della prima copia autentica
tratta l8 agosto del 1510 della sentenza del 1333. La copia del 1510 fu redatta regnante
Ferdinando II dAragona (1 marzo 1452-25 gennaio 1516), nellanno ottavo di regno a
Napoli (le sue truppe avevano infatti preso la capitale il 16 maggio del 1503), sotto la
reggenza della corte della Vicara da parte di Galeazzo di Tarsia, barone di Belmonte, giudici
Sebastiano Barnaba, Berardino de Palearis e Bernardino Guardato, dottori e consiglieri
regi, allorquando, nella corte del Maestro giustiziere del regno di Sicilia, presso la chiesa
di San Giorgio maggiore in Napoli, Domenico de Bacio, procuratore di Gentile della Tolfa,
deputato del sedile di Nido, esib quasdam testimoniales litteras in carta de bergamena
scriptas sigillate con il sigillo della Gran corte in uso in epoca angioina, perch ne fosse
tratta copia pubblica e autentica da servire per la piena prova in giudizio e fuori; la copia
fu redatta dal notaio Giovanni Antonio Funicella con lintervento di numerosi magistri
actorum e altri uficiali della corte del Maestro giustiziere del Regno, e cfr. caPecelatro,
Origine della Citt cit., pp. 97-98; pp. 114-117; una copia manoscritta della sentenza del
1333, con il titolo di Processus in forma instrumenti de questione antiqua inter nobiles et
medianos civitatis Neapolis qui processus fuit factus anno Domini MCCCXXXII [sic, ma
lanno corretto, 1333, indicato al f. 172v] in quo processu omnes qui mediani erant hoc
temporis declarantur, originale tamen dicti instrumenti servatur penes Dominum Carolum
Denticem nobilem sedilis Nidi de quo sunt facta plura transumpta in Magna Curia Vicariae,
nel ms. miscellaneo Branc. III B 15 (sec. XVII) della BNN, ff. 166-173. Per il contenuto
del manoscritto, che comprende anche lOrigine della Citt e delle famiglie nobili di Napoli
del Capecelatro, cfr. A. aMbrosio, Lerudizione storica a Napoli nel Seicento, Salerno
1996, pp. 91-92.
95
caPecelatro, Origine della Citt cit., p. 99.
96
Ibid., p. 94, fornisce questa deinizione dei mediani: Ma in progresso di tempo
sorse un altro terzo Corpo tra i due sopraddetti [nobili e popolo], e questo fu d Mediani,
cherano coloro gi usciti dal Popolo, o per valore della propria persona, o per copiosi beni
di questo mondo collocati in pi riguardevole fortuna, ma non nobili per antica origine: del
qual Corpo appare memoria di ben seicento anni, particolarmente nelle scritture, che sono
nellArchivio della Chiesa di S. Giorgio, ove molte delle Schiatte, che ancor oggi sono in

58

MARIO GAGLIONE

il Regno, avevano osato assumere i terminos honoris nobilium civitatis,


asserendo, in particolare, di aver diritto di parlare e di rispondere, in nome e
per conto delluniversitas civium, e di essere ascoltati con precedenza su tutti
gli altri di fronte al re e ai suoi successori e altres nei parlamenti e nelle
assemblee97. I nobili di Nido e Capuana chiedevano perci con procedura
durgenza e cognizione sommaria (summarie et de plano sine strepitu et
igura judicii) che il sovrano stesso incaricasse suoi consiglieri esperti
(aliquis suficientibus personis de vestro latere) perch si pronunciassero a
tale riguardo, respingendo le pretese dei mediani con imposizione loro del
silenzio e ristabilimento delluso seguito dai sovrani predecessori di Roberto,
Carlo I e Carlo II, uso secondo cui la precedenza spettava ai nobili di Nido e
di Capuana. Alla petitio segu la decretatio di Roberto. Il re, essendo occupato
in pluribus et arduis negotiis, non poteva decidere direttamente o delegare la
decisione al consiglio reale98, e perci rimise la trattazione della causa alla
Corte della Vicara, con mandato a riferire a lui in caso di dubbio. Dopo la
presentazione della petitio, avvenuta il 13 del mese di maggio99, il giorno 23
dello stesso mese fu presentata alla Corte, questa volta pro parte militum
Medianorum dictae civitatis Neap. et aliorum qui Mediani dicuntur seu
nominantur exceptis Capuanae et Nidi, una cedula del re sigillata con anello
segreto cum decretatione, contenente unaltra petitio di contenuto ovviamente
opposto alla precedente100. I mediani osservavano, infatti, che di tutti gli
onori, le dignit, le cose comuni, gli usi e altri negozi pertinenti alla citt di
Napoli spettava loro di diritto un terzo calcolato sulla met di pertinenza di
tutti i milites della citt, mentre la residua met spettava al popolo. Peraltro
rilevavano che essi, in conformit de antiquioribus militaribus
constitutionibus, erano annoverati tra i nobili, e nei parlamenti alla presenza
del sovrano, come di consueto, potevano parlare prima degli altri in nome e
per conto delluniversitas per manifestare la volont loro e del popolo, poich
piedi n Seggi di Porto, Portanova, e Montagna, sono col nominate Curiales, ch il nome,
che us il Corpo d Mediani.
97
Ibid., cit., p. 99.
98
La motivazione dellimpossibilit di delegare la trattazione al consiglio reale
piuttosto singolare, e cio propter multiplicitatem sapientium et consiliariorum ipsorum
varietatem et confusionem generare posset, caPecelatro, Origine della Citt cit., p. 100.
99
Post cujusquidem petitionis praesentationem die 13, 23 dicti mensis Maij ,
caPecelatro, Origine della Citt cit., p. 100.
100
Nella stessa decretatio si afferma per che anche la petizione dei mediani fu
presentata questo stesso giorno: hodie oblata fuit Majestati nostrae alia petitio , e la
datatio datam Neap. sub anulo nostro secreto die penultimo Maij primae indictionis, la
contraddizione tra le due date indicate (23 e 30 maggio) dipende con ogni probabilit da un
errore di trascrizione da parte del Capecelatro oppure dei copisti antecedenti o delleditore,
caPecelatro, Origine della Citt cit., p. 100.

AMALFI E NAPOLI TRA ALTO MEDIOEVO ED ET ANGIOINA

59

appunto assieme al popolo costituivano la maggioranza dei cittadini, mentre


i nobili di Capuana e Nido non avevano il diritto di parlare per primi, salvo
il caso in cui li avesse autorizzati luniversitas con espresso mandato101.
Poich i nobili di Capuana e Nido avevano contestato e contrastato tale
diritto senza fondamento, i mediani richiesero la trattazione della questione
con procedura di cognizione ordinaria e approfondita (non summarie et de
plano et brevi modo sed via ordinaria et cum omni subtili indagatione) in
considerazione della delicatezza della causa102. Segu la decretazione da
parte del re che, come in precedenza, a causa degli impegni suoi e del
consiglio reale, assegn alla Corte della Vicara la trattazione summarie de
plano per ragioni di urgenza. Il 4 di giugno si costituirono le parti per
procedere alle rispettive expositiones103. I sindaci di Nido e Capuana
illustrarono anzitutto i contenuti della loro petitio precisando che, per antico
costume, i nobili di quei seggi, in nome delluniversitas civium, potevano e
dovevano fare proposte o parlare di fronte al re o ai deputati o ai successori
del re, e rispondere in nome delluniversit stessa e nei parlamenti tenuti a
Napoli o altrove, e che erano in possesso-propriet104 del diritto di primo
loquendi et proponendi, diritto che potevano esercitare comunque prima dei
mediani, e che cos era stato da oltre sessantanni, e dunque dallepoca di
Carlo I dAngi: a decem annis et citra, item quindici et citra, item viginti et
citra, item triginta et citra, item XXXX et citra, item LX et citra105, e a memoria
di uomo, e chiedevano perci ai giudici di accertare deinitivamente i loro
diritti e di imporre il silenzio alle pretese dei mediani al riguardo. Consegnata
questa e altre petizioni, il 5 giugno, alla presenza di entrambe le parti, fu
stabilito un termine perentorio per la produzione delle prove, degli
instrumenta et cautelas, nonch per laudizione dei testi previo giuramento106.
caPecelatro, Origine della Citt cit., pp. 100-101.
Cum causa non sit levis sed magna et ardua, caPecelatro, Origine della Citt
cit., p. 101.
103
In particolare, Leonardo Ruffo, sindaco dei nobili della platea di Capuana,
e Landolfo Caracciolo detto Curtus, sindaco dei nobili della platea di Nido, nonch di
Fontanula, Casanova, S. Gennaro a Diaconia, S. Arcangelo e Arco. Per i mediani, invece,
si costituirono i domini Giacomo Venata, Matteo de Grifis, Nicola Fellapane, Macreo
(Maczeo, Matteo) Melea, il giudice Marco de Rocco, Francione Scrinario, Matteo de
Crescenzio, Nicola de Tauro, Pirrotto Scrinario e Facio Bonifacio (famiglia, come detto, di
Scala) di Napoli, syndicis predictis militum praedictarum platearum dictae civitatis Neap.
et eorum qui mediani dicuntur.
104
caPecelatro, Origine della Citt, cit., p. 104.
105
Ibid.
106
I giudici Paolo de Costabile di Aversa e Roberto de Termut. (de Termulis?),
designati de communi dai procuratori delle parti contendenti, furono incaricati di ricevere
il giuramento dei testimoni.
101

102

60

MARIO GAGLIONE

Il 22 giugno, i sindaci delle platee di Capuana e Nido presentarono alla Corte


unaltra petizione con decretazione del sovrano sigillata con lanulo segreto,
denunciando che i testimoni e gli atti prodotti dai mediani e dai popolari
erano menzogneri e falsi, e richiedendo perci di utilizzare per testi solo
quelli che provenissero dalla parte avversa, e cio testi mediani e popolari a
favore dei nobili di Capuana e Nido, e testi nobili di Capuana e Nido per i
mediani. Dopo la presentazione di quella petizione, fu assegnato alle parti un
termine di tre giorni per produrre deinitivamente le prove. I sindaci delle
due parti produssero alcuni testi giurati che furono esaminati il 23 giugno, e
in questoccasione i sindaci dei mediani presentarono unaltra petizione, con
la quale comunicavano la loro originaria intenzione di citare come testimoni
i popolari qui in consiliis civitatis fuerunt quotidie; ma ci aveva sollevato
lopposizione dei nobili di Capuana e Nido, i quali, invece, non volevano
ammettere alla testimonianza la multitudo populi perch estranea alla
controversia. I mediani, al contrario, pretendevano che i popolari da loro
indicati come testi fossero ascoltati essendo, infatti, viri prudentes et
opinionis laudabilis quod non est verisimile veritati contrarium asserere107,
e perci chiesero al re di disporre comunque lescussione dei testi popolari
previa sottoposizione a giuramento, e salva sempre la prova dello spergiuro
o della falsit. Il re, peraltro, su petizione dei nobili di Nido e Capuana, stabil
comunque che i giudici della Vicara non prendessero in considerazione i
testi sospettati di falsa testimonianza, ma solo quelli degni di fede. I nobili di
Nido e Capuana insistevano per che nessuno del popolo dovesse essere
ascoltato, mentre i mediani ripetevano che non vi era ragione di sospettare i
testimoni popolari che erano comunque estranei al loro sindacato, insistendo
a loro volta perch fossero ascoltati. Il re, allora, incaric dellesame dei testi
labate di Cava, Giovanni Grillo e Marino di Diano, stabilendo che nei casi
di sospetto di falsa testimonianza i sospettati dovessero essere rimessi
alludienza del consilium oppure del re. I nobili di Capuana e Nido
presentarono inine ben trentanove atti pubblici e documenti vari, mentre i
mediani ne allegarono dodici, oltre ad un processo desunto dallarchivio
reale recante il sigillo dei maestri razionali della Magna curia, nonch i
verbali delle testimonianze (attestationes108). Dopo altre schermaglie
caPecelatro, Origine della Citt cit., p. 107.
Lesame dei testi previo giuramento fu demandato ai giudici Paolo de Costabile
di Aversa e Roberto de Termut. (de Termulis?), le deposizioni furono verbalizzate il 14
luglio dal notaio Tullio de Alareno, scelto dai giudici. I sindaci di Capuana e Nido, Ruffo
e Caracciolo, alla presenza dei sindaci dei mediani, Nicola de Tauro e Perotto Scriniario,
presentarono per unulteriore petizione che, tra laltro, riportava i nomi di tutti i sindaci
dei mediani e, in particolare, dei domini Nicola Fellapane, Matteo de Grifis, Matteo
Melea, Facio Bonifacio (famiglia di Scala), Matteo de Crescenzio, del giudice Marco
107

108

AMALFI E NAPOLI TRA ALTO MEDIOEVO ED ET ANGIOINA

61

procedurali, il re ordin alla Corte della Vicara di procedere ad un justitiae


complementum. Il 26 agosto, perci, fu esposta una relatio lucida et seriosa
di tutto il processo ai nobili Nicola di San Framondo e Berengario de
Jumedio, che, assieme ad altri giusperiti, ritennero di poter giungere ad una
decisione a favore dei nobili di Capuana e Nido, e la comunicarono ai giudici
della Vicara. Poich i notai Francesco Marrasano di Napoli e Bonaccorso
Fornalio de Populo109, procuratori sostituti dei sindaci di Capuana e Nido,
avevano fornito piena prova del loro diritto (bene et legitime in dicta
probarunt praedicta), mentre Landolfo Monofacto, procuratore sostituto dei
mediani, non era riuscito a fornire alcuna prova contraria (nil eficax probante
de Rocco, Francione Scrinario, Pirrotto Scrinario e Giacomo della citt di Napoli, e cfr.
caPecelatro, Origine della Citt cit., p. 109. La nuova petizione, dopo aver menzionato
il giudice Nicola di Firenze di Napoli intervenuto nelle operazioni di escussione non ben
chiaro, per, con quale compito, precisava che dopo il giuramento dei testimoni e prima
dellescussione testimoniale, il giudice Paolo, su mandato del re, lasci Napoli per recarsi
anche a LAquila al ine di esaminare alcuni testi nominati et producti ac jurati che per
non furono rintracciati, e perci i nobili di Capuana e Nido richiesero che anche questi
testi fossero ascoltati. Si trattava di Tommaso di Marzano, conte di Squillace, Ugo (Nugo)
de Merlinis comes Jaffense, magister Angelus de Melia, magister Rainaldo de Rocceio,
dominus Nicola de Ravianis, dominus Bernardo de Musione, dominus Guglielmo de Seya,
dominus Rinaldo de Scaletta di Capuana, nonch di Carlo Arco, magister Pandolfo de
Salerno, magister Michele de Cantono, dominus Raimondo de Cabannis, siniscalco del
regio ospitio, dominus Carlo de Cabannis e Roberto de Cabannis suoi igli, abate Tommaso
della citt di Terracina, notaio Teodisio di Ravello, dominus Gallotto de Milanta, dominus
Costantino de Cava e notaio Nicola de Monte Tixello, caPecelatro, Origine della Citt cit.,
p. 110. Fu altres sostituito il giudice Paolo, assente, con il giudice Pietro di Giovinazzo, che,
assieme al giudice Roberto e al notaio Tommaso de Alareno, ebbe lincarico di esaminare
i testi non ancora esaminati ma che avevano gi giurato. Il 14 luglio, i sindaci di Nido e
Capuana delegarono in loro vece a seguire il giudizio i notai Francesco Marogano di Napoli
e Monocurrum (sic) di Pozzuoli; il 29 luglio, i sindaci dei mediani dominus Nicola de
Termut. (ma, in realt, de Tauro), dominus Pirotto Scrinario e dominus Nicola de Crescenzio,
delegarono altres i notai Bernardo de Tramonti, Francesco de Maione, Michele Pastilia e
Landolfo Monofactum di Napoli a sostituirli in giudizio. Dopo le interrogazioni e le risposte
dei vari principali esponenti dei mediani e nobili, e dopo ulteriori petizioni e responsioni,
il 7 agosto, previa rinuncia allescussione dei predetti testimoni giurati ma non interrogati,
formalizzata da parte dei notai Bonaccorso (altrimenti detto Monocurrum) e Francesco
Marogano, per Capuana e Nido, e dei notai Landolfo e Basile, sindaci per i mediani (ma in
realt non nominati precedentemente), il 17 agosto si provvide alla pubblicazione di tutta la
documentazione prodotta in curia, e preso atto delle rinunce, la causa fu spedita a sentenza
salvis allegationibus, e previa consegna di copia alle parti. Il 23 agosto (ma altrove nel
documento indicato il 13 del mese) si ebbe ancora una petitio al re, questa volta da parte
dei mediani, i quali eccepirono che i nobili di Capuana e Nido non avevano precisato i nomi
di coloro che li avrebbero turbati nelle loro prerogative, e che perci la loro azione difettava
di convenuto, sicch non poteva essere emessa sentenza contro soggetti non speciicati,
caPecelatro, Origine della Citt cit., p. 112.
109
Probabilmente de Putheolo, di Pozzuoli.

62

MARIO GAGLIONE

in contrarium), si ribad che i nobili di Capuana e Nido, deiniti nobiles et


meliores, come gi i loro antecessores, avevano diritto di precedenza nel
parlare e nel rispondere nelle riunioni delluniversit alla presenza del
sovrano, e nelloffrirgli doni in rappresentanza delluniversit stessa:
loquendi offerendique dona et oblationes faciendas pro parte universitatis
hominum dictae civitatis Neapolis Sacrae Regiae Majestati, prima dei
mediani, e ci soprattutto perch era stato provato che essi erano discesi da
famiglie di milites (maxime quia constat eos non esse de militari genere
ortos110). Purtroppo, dallatto appena esaminato, se ben chiaro il tenore
della decisione, non sono affatto indicate le motivazioni, le ragioni giuridiche
e, soprattutto, le prove prodotte e ritenute prevalenti, anzi, il tutto sembrerebbe
essersi ridotto, in buona sostanza, alla prova, testimoniale e documentale,
della consuetudine della precedenza dei nobili di Capuana e di Nido.
Oltre alla sentenza, il Capecelatro pubblic anche due mandati
esecutoriali della stessa. Il primo, dell8 aprile del 1334, era stato emesso
contro numerosi mediani delle platee di S. Maria Maggiore, Arco e S.
Arcangelo111, laltro, del 12 aprile dello stesso anno, era stato emesso
110
La sentenza fu verbalizzata presenti i notai Giovanni de Stadio publico totius regni
Siciliae regia auctoritate notario ac scriptore actorum dictae curiae in absentia magistri
Joannis de Termulis dictae curiae actorum notarii, i procuratori delle parti nonch il dominus
Guglielmo di Eboli, dominus Nicola de Marea, dominus Berengario Audibert della contea
di Provenza, dominus Nicola di Sanframondo, Giacomo di Cava giudice, Pietro de Flore
giudice, dominus Filippo Pulderico (Poderico), giudice Giovanni Capite (Capice, Capece?),
giudice Ruito Rufolo, abate Pietro Minutolo, giudice Bartolomeo Piozarella, giudice
Ligorio Rufolo di Napoli, giudice Tommaso Spina di Ravello, giudice Nicola Amalitano,
giudice Giorgio Domini Ursonis, giudice Leonico (Leone?) Ancariccho (Augustarizzo?) di
Ravello, giudice Paolo Polderico (Poderico), giudice Nicola Scotratorica (Scattaretica?) di
Salerno, giudice Pietro di Monforte, giudice Paolo de Paulo, giudice Giacomo di Montoro,
giudice Roberto de Termulis, tutti avvocati della corte della Vicara; le litterae testimoniales
con sigillo della corte della Vicara contenenti la sentenza furono date a Napoli, ad opera dei
domini Francesco di Potenza, Nicola de Turri, milites e professori di diritto civile, giudici
regi, consiglieri e famigliari, il 13 ottobre del 1333, II indizione, nel 25 anno del regno di
Roberto; la sentenza fu registrata in atti alla presenza della regina Sancia, il 14 aprile del
1334 (II indizione), e cfr. caPecelatro, Origine della Citt cit., p. 113.
111
Pietro de Madro, Francesco Caldarario, giudice a contratto, Marino C(r)onte di
Napoli, pubblici notai e i testi sotto indicati facevano noto che Leonardo Ruffo, sindaco dei
nobili della platea di Capuana, e Landolfo Caracciolo detto Curtus, sindaco dei nobili della
platea di Nido, avevano esposto i contenuti della sentenza del 1333 e avevano richiesto loro
di recarsi nella corte della Vicara, di fronte al reggente de Haya, per ascoltare il mandato
esecutoriale da emettersi contro i mediani per losservanza della sentenza dellagosto 1333.
Venivano cos formalmente invitati al rispetto della sentenza diversi personaggi: i domini
Guglielmo, Sergio e Nicola Moccola, Alessandro de Ligorio, Belardo de Gennaro (Januario)
della platea di S. Maria maggiore, Filippo Polderico (Poderico) della platea dArco,
Nicola de Tauro, Filippo Marogano e suo fratello Landolfo, Bartolomeo Orimina, Nicola

AMALFI E NAPOLI TRA ALTO MEDIOEVO ED ET ANGIOINA

63

contro i mediani delle platee di Portanova, Capo di Piazza e Somma


Piazza112, stabilendosi la pena di cinquanta once doro a carico di coloro,
tra i destinatari dei provvedimenti stessi, che avessero turbato i nobili di
Nido e Capuana nellesercizio delle loro prerogative e diritti come accertati
nella sentenza. A questi fece seguito un altro mandato esecutoriale, il
13 aprile dello stesso anno, rivolto ai mediani delle platee di Forcella,
Cimbri, Portanova, Porto e Capo di Piazza, rimasto per inedito113. Nei
Polderico (Poderico), Masseo Franco, Bartolomeo de Tauro, Tommaso Marogano, Atanasio
de Gennaro della platea di S. Arcangelo, tutti mediani; latto fu rogato dal notar Marino,
seguivano le sottoscrizioni di Pietro de Medio detto Caldarario giudice, di Pietro Mamus
di Napoli testimone, di Logotha de Regio, del giudice Giovanni Capuandro (Capuano?) di
Napoli testimone, del notaio Corrado de Felice di Amali testimone, di Tommaso Spina di
Scala, di Adoardo de Alto Sungnio di Napoli testimone, latto fu presentato al re il 9 aprile,
II indizione, ad opera dei sindaci dei nobili di Capuana e Nido, e poi alla regina Sancia, il
13 aprile della stessa II indizione, sempre ad opera dei predetti, caPecelatro, Origine della
Citt cit., pp. 117-119; per due copie manoscritte di questo mandato, cfr. il ms. miscellaneo
Branc. III B 15, gi citato, ff. 173v-174v; ff. 178-180, la seconda una copia autentica
redatta dal notaio Giovanni Francesco Fasano, il 2 maggio del 1602.
112
Pietro Manuello, giudice a contratto, Marino Conte di Napoli pubblico notaio e testi,
facevano noto che Leonardo Ruffo, sindaco dei nobili della platea di Capuana, e Landolfo
Caracciolo detto Curtus, sindaco dei nobili della platea di Nido, avevano esposto i contenuti
della sentenza, richiedendo a loro notai di recarsi presso la corte della Vicara, di fronte al
reggente de Haya per ascoltare il mandato esecutoriale da emettersi contro i mediani per
losservanza della sentenza stessa. Venivano invitati al rispetto della sentenza i seguenti
mediani, i domini Gentile Moccia, Nicola Fellapane, Marino Cicaro, Leonardo Filiodes,
Bartolomeo Scrinario, Ligorio Scrinario, Riccardo de Cuindo, Giovanni de Ligorio, Filippo
de Ligorio, Gentile Mormile, Giovanni Mormile, Nicola Mormile e Bereno Mormile
della platea di Portanova e Capo di Piazza, Pandolfo Gattola (Gattoga), Ricio de Sicula,
Berardo de Sicula, Franzano e Giovanni fratelli, Bartolomeo Marogano, Cristoforo e
Mazzeo Marogano e Guglielmo Marogano detto Broda, Landolfo Spago detto Carparella,
Cicco Caradente, Pietro Mancella, Landolfo Ar(c)zura detto Tazapaza, Mercurio Arczura,
Cubello Arzaro, Riccardo de Mastaro, Cubello Mischino, Marcuzio Capuano (di Amali),
e il giudice Marco de Rocco, della platea di Somma Piazza. Latto fu rogato dal notaio
Marino, e recava le sottoscrizioni di Pietro Manuello iudex ad contractus, Pietro Marcus di
Napoli, Lagotheta de Lagotheta de Regio, giudice Giovanni di Capua di Napoli, Corrado
et Felice di Amali notaio testimone, Tommaso Spina di Scala. Il mandato fu presentato alla
regina Sancia l8 aprile, caPecelatro, Origine della Citt cit., pp. 119-122; per una copia
manoscritta di questo mandato, cfr. il ms. miscellaneo Branc. III B 15 cit., ff. 174v-175v,
cui segue la formula dellautentica del 1510.
113
Per il testo di questo mandato, cfr. il ms. miscellaneo Branc. III B 15 cit., ff.
176r-177r. Nel mandato, Pietro Manzello, giudice a contratto della citt di Napoli, e il
pubblico notaio Marino Conte facevano noto che Leonardo Ruffo, sindaco dei nobili della
platea di Capuana, e Landolfo Caracciolo detto Curtus, sindaco dei nobili della platea di
Nido, avevano esposto i contenuti della sentenza, richiedendo a loro notai di recarsi nella
curia della Vicara di fronte al reggente de Haya per ascoltare il mandato esecutoriale
da emettersi contro i mediani per losservanza della sentenza stessa. Venivano inviati al

64

MARIO GAGLIONE

provvedimenti appena esaminati non ricorre in realt alcun accenno al


massiccio arrivo degli amalitani a Napoli n alla tesi secondo la quale
i nobili di Capuana e di Nido non avessero alcun diritto di precedenza
poich discesi appunto da amalitani e da abitanti della Costiera, bench,
ovviamente, non possa escludersi che tali tesi fossero state sostenute in altri
atti o allegazioni del processo, allo stato per, non reperiti114. Di probabili o
dichiarate origini amalitane, comunque, risulta solo qualche personaggio
menzionato tra i mediani, e molti dei notai e dei giudici intervenuti, a
diverso titolo, negli atti illustrati115.
Le contestazioni concernenti lorigine amalitana dei nobili di Nido e
Capuana non ricorrono espressamente, in realt, neppure nella successiva
e ben nota sentenza emessa da re Roberto, il 29 giugno del 1339, a seguito
del perdurare dei conlitti tra i nobili delle plateae menzionate116. La
rispetto i seguenti mediani, domini Facio Bonifacio, Cafaro Cicino, Michele de Civinate
(?) della platea di Forcella, Leonardo Biscia, giudice Martuccio Biscia, Marco Crisme e
il fratello Roberto, Tommaso, Rainaldo, Simone, Bertrando e Deliano Mischini della
platea dei Cimbri, Guglielmo Gambitella, Matteo e Nicola Melia, Matteo e Alessandro di
Costanzo della platea di Portanova, Giacomo Venati e il iglio Giovanni, Mazzeo de Grifis
ut sindico et etiam ut mediano, Lorenzo Origlia (Orilia) della platea di Porto, Lorenzo
Arcamone della platea di Capo (di Piazza). Latto fu rogato dal notaio Marino Conte,
seguivano le sottoscrizioni di Pietro Mannelli (Manzello) giudice a contratto, Pietro Manco
di Napoli testimone, Logotheta de Logotheta di Reggio, giudice Giovanni Capuano di
Napoli testimone, notaio Corrado de Felice di Amali testimone, Tommaso Spina di Scala,
Adeodato de Altosigno di Napoli testimone.
114
Secondo Camillo Tutini si produssero molte scritture dambe le parti, circa i natali,
et altre circostanze intorno a questo, et formato il processo (del quale per mano degli
amatori dellantichit vanno le copie), tutini, Dellorigine e fundatione cit. pp. 83-84.
115
Tra i sindaci dei mediani, ad esempio, ricordato Facio Bonifacio, destinatario
anche del terzo mandato esecutoriale; tra i testi giurati ancora da escutere il notaio Tedisio
de Ravello, mentre il notaio Bernardo de Tramonti risulta delegato dei sindaci dei mediani,
inoltre, tra i sottoscrittori della copia della sentenza del 1333 vengono ricordati il giudice
Ruito Rufolo, il giudice Ligorio Rufolo di Napoli, il giudice Tommaso Spina di Ravello,
il giudice Nicola Amalitano, il giudice Leonico (Leone?) Ancariccho (Augustarizzo?) di
Ravello; inine, tra i testi dei tre mandati esecutoriali, ritroviamo il notaio Corrado de Felice
di Amali e Tommaso Spina di Scala, testimone nel terzo mandato Giovanni Capuano,
mentre Marcuzio Capuano indicato tra i mediani destinatari del secondo mandato
esecutoriale.
116
Per ledizione del testo cfr. schiPa, Contese sociali cit., p. 184 ss., doc. n. 2, e,
per il commento, p. 163 ss., latto si apre con laccenno al fatto che il contrasto tra le
platee di Capuana e Nido e tutte le altre platee riguardo allamministrazione della citt era
degenerato addirittura in violenza (p. 185), perci i nobili di Capuana e Nido si rivolsero al
re indirizzandogli la cedula che cominciava con le parole consultissime Rex et comunis
domine Reverende (p. 186), il re ascolt dunque le parti e prese la sua decisione
facendola inine leggere in seduta pubblica con il concorso dei nobili di tutte le platee e
di molte altre persone; seguivano appunto i capitula pacis (p. 187 ss.) che prevedevano,

AMALFI E NAPOLI TRA ALTO MEDIOEVO ED ET ANGIOINA

65

sentenza del 1339 non paciic tuttavia gli animi, e il conlitto continu
ancora nei primi anni del regno di Giovanna I, come dimostrano diversi
provvedimenti adottati dalla sovrana al riguardo, e una notizia riportata dal
Cronicon siculum che precisa, in particolare, che gli scontri del 15 agosto
del 1344 avvennero proprio tra i nobili di Nido e di Capuana da un lato,
e i mediani e il popolo grasso dallaltro117. Gli scontri caratterizzarono
comunque anche gli ultimi anni del regno di Giovanna I. Il 7 agosto del
1380, molti giovani nobili di Nido e Capuana accompagnati dai servi si
recarono per i loro affari alla platea Sellariorum ove vennero a diverbio
anzitutto, la remissione reciproca delle offese con riserva al re della punizione per giustizia
in reservatione regia reservantur satisfactiones hic inde iendae, inoltre, si stabiliva
che gli homines dictarum platearum Capuane et Nidi habeant tertiam partem onerum et
honorum civitatis ipsius et reliqui aliarum platearum atque populares earumdem habeant
duas partes e, quindi, che ai nobili di Capuana e Nido spettavano per un terzo gli oneri e
gli onori nellamministrazione cittadina, mentre alle altre platee ed al popolo andavano i
due terzi residui, di conseguenza ai primi competeva lelezione di due dei sei funzionari
preposti allamministrazione municipale (sex de civitate), mentre le altre platee ed il popolo
eleggevano i quattro rimanenti; i nobili di Capuana e Nido, inoltre, avevano diritto di
prendere le decisioni per lelezione degli uficiali comunali e per lamministrazione della
citt separatamente dai nobili delle altre platee, tranne che in occasione dellelezione dei sex
de civitate, i quali potevano invece riunirsi tra di loro per le necessit dellamministrazione
civica; si stabil, inoltre, la ripartizione in parti eguali tra Nido e Capuana e le altre platee
degli incarichi in oficiis et serviciis regiis et ducalibus; che i capitani pro tempore della
citt non dovevano risultare sospetti ai membri delle varie platee; non era poi consentito a
nessuno di turbare la pace cittadina recando armi proibite, procedendo di notte o congregati
in armi, oppure esercitando violenze sui poveri e gli indifesi, e arrecando ingiurie ed offese;
si stabilirono anche pene particolarmente gravi per la mancata osservanza dellaccordo, in
particolare, era previsto che dodici personaggi pi anziani, ricchi e potenti delle platee di
Capuana e Nido, e ventiquattro delle altre platee giurassero di offrire il loro aiuto per la
punizione dei contravventori alle prescrizioni dei capitoli, e per lesecuzione delle pene
nei riguardi di costoro, con la previsione dellassegnazione di met delle pene pecuniarie
riscosse alle parti non delinquenti. Alla sentenza, peraltro, Roberto fu costretto ad
aggiungere una nota dichiarativa, il 5 luglio, per precisare che per popolo, ammesso con i
nobili delle altre piazze allesercizio dei diritti e poteri pubblici, doveva intendersi il popolo
grasso, composto da proprietari non nobili, commercianti, medici, avvocati e notai, e non
invece il popolo minuto o basso, composto dagli artigiani e dalla plebe, che non doveva
infatti intricarsi in onori e oneri insoliti, e cfr. schiPa, Contese sociali cit., pp. 176-177.
117
Eodem anno di XV Augusti Nobiles Neapolitani platearum Capuane et Nidi,
habentes discordiam cum reliquis hominibus medianis et populo grasso, equitaverunt ad
forum civitatis Neapolis causa preliandi cum eis qui ad predictum campum ausi venire
non fuerunt, set a predicto campu aufugerunt, Cronicon Siculum, ed. a cura di G. De
Blasiis, Napoli 1887, p. 9 e nota 6, con esame dei provvedimenti di Giovanna I; inoltre sui
provvedimenti del 1343, 1344 e 1346 (questultimo, del 7 luglio, accenna espressamente al
fatto che nei tumulti furono coinvolti i nobili di Capuana e Nido da un lato, e quelli delle
altre platee dallaltro), cfr. schiPa, Contese sociali cit., p. 170 ss.; docc. nn. 3, 4, 5, pp.
190-196.

66

MARIO GAGLIONE

con i nobili di Portanova che li respinsero combattendo lungo la via di S.


Gennaro a Diaconia ino alla Torre dArco, con grande strage da entrambe le
parti, sicch solo lintervento del principe di Taranto, Ottone di Brunswick,
accompagnato dai baroni del Regno, riusc ad evitare una guerra civile. I
nobili di Capuana e Nido si asserragliarono armati nei rispettivi quartieri
non osando recarsi nella parte bassa della citt, presidiata dai loro avversari,
e perci i maggiori esponenti delle due fazioni richiesero lintervento
paciicatore della sovrana che, con lausilio del consiglio reale e di questi
stessi nobili, concesse lindulto ai colpevoli, il 3 settembre del 1380. Tale
concessione avvenne a condizione della deposizione delle armi e della
prestazione del giuramento di ligio omaggio alla Sovrana nelle mani di
Ugo Sanseverino, luogotenente del protonotario del Regno, stabilendosi
una tregua di due giorni ino al ritorno del principe di Taranto nella capitale.
La materia del contendere era sempre la stessa: i nobili di Capuana e Nido,
in forza della sentenza di re Roberto del 1339, sostenevano di aver diritto
di precedenza nellamministrazione della citt su quelli delle altre platee
di Portanova, Porto e SantArcangelo (Montagna), i quali affermavano
invece che quella sentenza era stata iniqua ed emessa senza tener conto
delle prove prodotte, perch, infatti, in quel processo sarebbe stato
ampiamente dimostrato che la maggior parte dei nobili di Capuana e Nido
erano originari della Costa di Amali e di altre localit anche meno nobili
o di casali, nei quali, ancora a quel tempo, i loro parenti vivevano non
nobilmente, esercitando arti meccaniche, mercenarie e vili, mentre tra le
famiglie dei mediani appunto, ve ne erano s di straniere e avventizie ma di
nobilissimo lignaggio nei paesi di origine, e che, giunte a Napoli al seguito
dei sovrani predecessori, grazie ai loro meriti civili e militari, erano state
messe in possesso di feudi, ufici e dignit spettanti solo ai conti e ai grandi
baroni del Regno118. Sembrerebbe dunque, in altri termini, che tra let
sveva e la prima et angioina, mentre le famiglie originarie della Costiera
amalitana, gi da qualche tempo ben presenti in citt, erano riuscite a
farsi ascrivere nei prestigiosi seggi cittadini di Capuana e di Nido senza
destare per ci particolari opposizioni, questoperazione di nobilitazione
non era riuscita agli esponenti di famiglie straniere giunte al seguito delle
dinastie succedutesi, relegate invece in seggi di minore importanza, e ai
personaggi del popolo grasso pi recentemente nobilitati. Sempliicando
allestremo, potrebbe ritenersi che gli amalitani, in in dei conti, fossero
meno stranieri degli altri. Esaminando tuttavia lelenco dei Nobiles et
viri probi et Seniores utriusque partis che avevano richiesto lintervento

118

Cfr. suMMonte, Historia della Citt cit., vol. III, pp. 404-405.

AMALFI E NAPOLI TRA ALTO MEDIOEVO ED ET ANGIOINA

67

della sovrana dopo gli scontri del 1380119, si notano personaggi oriundi
di Amali e della Costiera in entrambi i campi avversi, e, speciicamente,
si ricordano Tommaso Aldemorisco miles, Antonello Freccia, Melchiorre
Marramaldo e Roberto Dentice, per i seggi di Capuana e Nido, e per le altre
platee Bonifacio Bonifacio miles, Nardo Capuano e Bofillo de Anna. Tra
gli indultati120 si notano Marco Coppola, Alberto Capuano, Filippo de Anna,
Aniello Dentice e un Nasocta Malphitanum de Terra Summe, menzionato
tra gli stipendiarii di Spatinfaccia di Costanzo, che era tra gli autori del
tumulto, e, inine, tra gli uccisi menzionato un Pandolfello Maramaldo.
Francesco Capecelatro, comunque, non riprodusse latto del 1380 nella
sua Origine ritenendolo un falso perch non conservato nellarchivio
della cancelleria reale, e in particolare nel registro di quellanno121, mentre
Giovanni Antonio Summonte, consapevole di queste obiezioni, ne difese
la genuinit, menzionandone, sia pur genericamente, copie autentiche
esistenti in processi uficiali e presso privati122. Attualmente nota almeno
una copia manoscritta dellatto123, e comunque, lo stesso generalmente
accettato dagli storici contemporanei124. Solo nel 1380 o, almeno, solo
nellindulto del 1380, emerge dunque con tutta chiarezza lobiezione
sullorigine amalitana dei nobili di Nido e Capuana, bench lo stesso atto,
come si anticipato, riporti in effetti la questione almeno allepoca della
sentenza robertina del 1339. Michelangelo Schipa osserv che, comunque,
da quel momento scomparve dalluso la terminologia di mediani, cosicch
i nobili di Capuana e Nido sindussero inalmente a chiamare nobili i loro
avversari125, ma, in realt, proprio i nobili di quei due antichi seggi non
mancarono, in seguito, di rimarcare ancora decisamente la differenza
rispetto agli altri seggi cittadini.
Di l dal noto giudizio dispregiativo sul resto della citt, riportato dal
Bolvito, e che sarebbe stato espresso dal giurista Cicco di Loffredo126 nel
500, secondo il quale, con riguardo ai seggi antichi di Capuana e Nido:
Ibid., pp. 406-407.
Ibid., pp. 407-408.
121
caPecelatro, Origine della Citt cit., p. 128.
122
suMMonte, Historia della Citt cit., vol. III, p. 404.
123
Cfr. il ms. miscellaneo Branc. III B 15, gi citato, ff. 182-184, copia del 10
settembre 1482, redatta da Nardus Fornalius di Napoli, giudice a contratto, e dal notaio
Liberatus Raphael de Carpibus, su richiesta di Carlo Mormile, del seggio di Portanova, e
degli estauritarii dellestaurita di S. Maria in Cosmedin; il Mormile esib loriginale che era
conservato tra le scritture del Seggio.
124
schiPa, Contese sociali cit., p. 179 ss.
125
Ibid., p. 182.
126
Su questo personaggio P. Giannone, Istoria civile del Regno di Napoli, Milano
1822, vol. VIII, p. 171.
119

120

68

MARIO GAGLIONE

Napoli honorata fenisse sopra li pendini, et che da li pendini in bascio


habitavano li puzarachi127, se si guarda, infatti, ai processi di reintegrazione
nei seggi di Nido e di Capuana celebrati dal secolo XVI, si noter che erano
ancora queste le questioni dibattute. Ad esempio, a Michele dAflitto,
conte di Trivento, discendente di Luigi, fratello del mercator Coluccio,
detto Scotto, che nel 500 aveva chiesto di essere reintegrato al seggio
di Nido, fu opposto un netto riiuto proprio perch era noto che la sua
famiglia era originaria di Scala (familiam Aflictorum ab inmemorabili
tempore fuisse de Scalis), e che Coluccio e suo iglio Raffaele e il padre del
conte, Luigi, erano tutti mercanti originari di Scala trasferitisi poi a Napoli,
che non avevano vissuto nobilmente in citt (mercatores et homines de
Scalis habitatores Neapolis non solum non ut nobiles platee vixisse), ma
come plebei, tenendo un fondaco alla Scalesia e vendendovi al dettaglio
panni e altre merci (ut plebeios et nomine de Scalis habitantes in Platea
Scalesie tenuisse fundicum publice et ut mercatores vendidisse ad minutum
pannos et alia mercimonia128). La nobilt del seggio di Nido si era, in altri
termini, cos appropriata delle argomentazioni e delle obiezioni sviluppate
in precedenza dai mediani per contestare proprio il legittimo fondamento
delle prerogative dei nobili di Capuana e Nido, facendone anzi il criterio
della selezione dei propri ascritti, quasi per un involontario riconoscimento
tardivo delle ragioni degli avversari. Nel processo di reintegrazione di
Mario e Giulio del Giudice sempre al seggio di Nido il buon diritto a questa
fu fondato sul fatto che, sebbene i del Giudice si cognominassero de civitate
Amalie, erano stati per anche nobili napoletani, e non per hoc amiserunt
neapolitanam nobilitatem, anzi la famiglia era in realt originariam
neapolitanam, come sarebbe stato tra laltro dimostrato dai documenti
attestanti lantica ascrizione al seggio di Nido, nel 1275, con un Marino,
che, assieme a Pandolfello Pignatelli, fu collettore del seggio, e cos pure
con un Andrea, altres collettore del seggio sotto il regno di Carlo I129.
Si giunse cos ben presto ad una vera tassonomia nobiliare bene espressa
soprattutto nelle pagine di Francesco Elio Marchese (1448?-1517?), il quale
127
B. caPasso, La Vicaria vecchia, Archivio Storico per le Province Napoletane,
15 (1890), p. 426, nota 2; G. De blasiis, Napoli nella prima met del secolo XIV, in ID.,
Napoli nella storia e nella vita, Napoli 1916, p. 81, nota 8. I puzarachi sono stati ritenuti
manutentori di pozzi neri da E. cosiMi, Fons Augusteus. Le mura dArce di Sarno ed il
doppio canale di Palma Campania, Gradus, 3 (2008), p. 40, o, pi genericamente, les
sales, i luridi, da A. Feniello, Naples dans laventure italienne, in A. V., Le Roi Ren
dans tous ses tats (1409-1480), a cura di J.-M. Matz, E. Verry, Paris 2009, p. 104.
128
caPone - leone, La colonia scalese cit., pp. 174-176.
129
E. caPecelatro Di torello, Consultatio pro Mario et Iulio de Iudice cum ill. Platea
Sedilis Nidi, in ID., Consultationum juris selectiorum, Genevae 1686, vol. II, p. 184 ss.

AMALFI E NAPOLI TRA ALTO MEDIOEVO ED ET ANGIOINA

69

distinse tra le familiae advenae (forestiere), e, tra queste, quelle venute al


seguito dei sovrani conquistatori e quelle venute a initibus urbis et oppidi
(Amali, Salerno, Sorrento), e le familiae indigenae (originarie della citt),
e tra queste, quelle anteriori ai re, e discendenti dagli antichi magistrati
napoletani (Caracciolo, Capece e Carafa), e le famiglie pi recenti, elevate
ex humili loco per ricchezza o virt130.
Le fonti storico-erudite napoletane, in conclusione, non mancano
di ricordare tra i nobili napoletani alcuni pi ragguardevoli personaggi
originari amalitani o le cui famiglie erano originarie amalitane. Bastino
due soli esempi. Giovanni Antonio Summonte attribuisce a un Bofillo
del Giudice, evidentemente antenato del ben pi famoso omonimo, iero
avversario degli aragonesi131, il laconico consiglio dato a Carlo I di seminare
la divisione e il contrasto tra la nobilt e il popolo per poter cos regnare
senza incontrare opposizioni: divide et regnabis. Il Bolvito, poi, riferisce
di un altro aneddoto, secondo il quale un Dragonetto Bonifacio, del seggio
di Portanova, sostenne che le prescrizioni suntuarie deliberate dal seggio
di Capuana nel 1298 erano necessarie proprio per garantire lintegrit del
patrimonio dei nobili contro le spese eccessive. Gli eccessi, le spese e il
lusso venivano in sostanza lasciati al popolo, cui doveva essere senzaltro
consentito di buttare il suo, per impedire cos che con la parsimonia et
con lindustria de le loro mercanzie et traichi i popolari divenissero pi
ricchi e potenti dei nobili stessi132. Due esempi indicativi, il primo, dello
stretto legame con la dinastia angioina e, il secondo, di una consapevolezza
dellorganica appartenenza alla classe nobiliare cittadina.
Per lesame di questa e di altre fonti, cfr. p. 190 ss.; B. croce, Francesco Elio
Marchese. Le sue edizioni di classici e il suo opuscolo sulla nobilt napoletana, La
Critica. Rivista di Letteratura, Storia e Filosoia diretta da B. Croce, 20 (1922), p. 188
ss.; M. A. VisceGlia, J. reVel, Un groupe social ambigu. Organisation, stratgies et
reprsentations de la noblesse napolitaine, XVI.e-XVII.e sicles, Annales. conomies,
Socits, Civilisations, 48, 4 (1993), pp. 819-851, e in part. pp. 826-827, pp. 829-830; per
una recente rilessione su questi temi, si rinvia anche a G. Vitolo, Associations religieuses
et dynamiques sociales et politiques Naples dans la premire moiti du XVe sicle, in
Ren dAnjou (1409-1480): pouvoirs et gouvernement. Colloque international du 26 au 28
novembre 2009 Angers, sous la direction de J.-M. Matz et N.-Y. Tonnerre, Rennes 2011,
pp. 269-286.
131
Si tratta di Bofillo del Giudice (1430 ca.-1502): P. M. Perret, Bofille de Juge,
comte de Castres, et la Republique de Venise, Toulouse 1891, (Annales du Midi, t. III); F.
Pasquier, Un Favori de Louis XI: Bofille de Juge, comte de Castres, vice-roi de Roussillon.
Publication daprs des documents indits du chartrier de Lran (Arige), Albi 1914; F.
torraca, Bofillo Del Giudice, Archivio Storico per le Province Napoletane, 4 n.s.
(1918), pp. 74-88.
132
schiPa, Contese sociali cit., p. 160, nota 2.
130

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