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PATTO DI LONDRA - ANNO 1918

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TANTO DISCUSSO e MOLTO SCONOSCIUTO

TRATTATO DI LONDRA
(VEDI ANCHE UNA SERIE DI DOCUMENTI IN APPENDICE)

Il Trattato di Londra, o "Patto di Londra", uno di quei trattati di cui molti parlano, oppure ne
hanno sentito parlare, ma che pochi conoscono.
Era gi all'inizio, quando fu firmato dall'Italia, un patto segretissimo le cui clausole (deboli e
imprecise) non si sono mai del tutto conosciute, e vaghe e segretissime rimasero negli anni
della guerra e in quelli successivi.
Il patto era stato preceduto da un telegramma riservato speciale, il 21 marzo 1915
dall'onorevole Sonnino ai regi ambasciatori di Londra, Parigi e Pietrogrado.
Il movente principale, determinante la nostra entrata in guerra a fianco dell'Intesa, il
desiderio di liberarci dalla intollerabile situazione attuale di inferiorit nell'Adriatico di fronte
all'Austria, per effetto della grande diversit delle condizioni geografiche delle due sponde dal
punto di vista dell'offesa e della difesa militare, diversit che stata resa pi grave dalle armi
e dalle forme della guerra moderna.
Del resto l'Italia potrebbe probabilmente conseguire la maggior parte dei desiderata nazionali
con un semplice impegno di mantenere la neutralit senza esporsi ai terribili rischi e danni di
una guerra. Ora non varrebbe la pena di metterci in guerra per liberarci dal prepotente
predominio austriaco nell'Adriatico, quando dovessimo ricadere subito dopo nelle stesse
condizioni di inferiorit e di costante pericolo di fronte alla Lega dei giovani ed ambiziosi Stati
jugoslavi.
Per queste ragioni dobbiamo insistere anche sulla neutralizzazione della costa da Cattaro
inclusivo fino a Voiussa. Alla Croazia, sia che resti unita all'Austria-Ungheria, sia che se ne
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distacchi, rester la costa da Volosca fino alla Dalmazia colle isole pi prossime di Veglia,
Arbe, Pago, ecc. Come porto principale avrebbe Fiume, oltre altri porti minori nel canale di
Morlacca
Alla Serbia e al Montenegro che probabilmente si fonderanno o si consocieranno presto,
rester la costa dalla Narenta fino al Drin coi porti importanti di Ragusa e di Cattaro, oltre
quelli di Antivari, Dulcigno, S. Giovanni di Medua e la foce della Bojana i quali tutti possono
servir di sbarco a ferrovie trasversali dando accesso al mare, senza uscire dal proprio
territorio, alla Bosnia Erzegovina, diventata probabilmente serba, e a tutto l'hinterland serbomontenegrino.
All'Albania centrale mussulmana resterebbe Durazzo.
La Grecia manterrebbe l'Epiro, oggi da lei occupato provvisoriamente. Le principali citt della
Dalmazia sono rimaste prettamente italiane, malgrado sessant'anni di pertinace politica
slavizzante dell'Austria, e cos pure buona parte delle isole prospettanti le coste.
Lo stesso Sazonoff nell'agosto scorso, ammetteva che la Dalmazia da Zara a Ragusa (non
disse da Zara a Sebenico ) andasse all'Italia, se questa prendeva parte alla guerra a fianco
dell'Intesa.
Quanto all'entrata in campagna a met aprile, ci non possibile.
Come dissi nelle mie proposte, non possiamo assolutamente prendere impegni per prima
della fine di aprile. Difficolt svariate, opposte insistentemente dall'Inghilterra e Francia
ostacolano le nostre importazioni destinate alla preparazione' dell'esercito, come le fermate
delle navi dell'America recanti cavalli ed altre provviste (vedi ad esempio mio telegramma di
ieri n. 944) hanno reso ben arduo il compito di mantenere la stessa data alla fine di aprile.
Prego V. E. esprimersi in questi sensi con Sir E. Grey.
Firmato : SONNINO.
(il testo di questo telegramma fu poi portato a conoscenza e pubblicato il 9 settembre 1920
dal quotidiano "Il Resto del Carlino" - e poi anche su "Il Trattato di Rapallo, di L. Federzoni,
giugno 1921)
Mentre il vero e proprio "Trattato di Londra" (che sotto riportiamo in originale francese) lo si
venne a conoscere (forse i sovietici volevano infangare i capitalisti guerrafondai) tramite il
nuovo governo sovietico all'indomani della Rivoluzione Russa, nel novembre 1917,
pubblicato dal giornale Izsvestia).
Nella inaspettata disintegrazione dell'impero asburgico e nello sfascio di quello tedesco,
l'Italia vittoriosa a Vittorio Veneto, aveva contribuito non poco nel grande conflitto: quattro
anni di guerra, 5 milioni di soldati al fronte, 600.000 morti, 900.000 mutilati, oltre i grandi danni
economici e sociali.
Fu tuttavia quella italiana - anche se tardiva - una determinante partecipazione che oltre che
procurare la decisiva disfatta austriaca, acceller quella tedesca. Una Germania che da
qualche tempo le tre grandi potenze europee temevano come una forte concorrente,
economica, imperialista, colonialista. E se da una parte, l'Impero Austro-Ungarico e la
Germania per scatenare la guerra colsero l'occasione dal delitto di Sarajevo, le altre tre
potenze fin dal 1913 avevano elaborato un progetto di distruzione e smembramento della
potenza tedesca con la sua brama di dominio militare, politico ed economico. C'era la volont
nei tre di raggiungere con la guerra loro fini particolari, specialmente nel campo territoriale,
fini che prescindevano dal diritto di autodecisione, dal rispetto delle nazionalit e dalla
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perfetta eguaglianza delle nazioni e si proponevano il maggior danno possibile per il nemico.
Si distinguevano in questo specialmente la Francia e la Russia, sia per quello che
richiedevano a proprio favore, sia per quello che volevano dare (poco) ai loro minori alleati. E
fra questi minori l'Italia che entrando in guerra era convinta che avrebbe ricevuto "parecchio"
e non "poco". Invece a Versailles anche con la vittoria determinante dell'Italia che pose fine al
conflitto, la sofferta vittoria valse poco, perch le spartizioni da tempo erano state gi fatte
(fin dal 1913 !! )
( di questo diabolico progetto dedichiamo pagine a parte )
Eppure alcuni storici ritengono che l'intervento dell'Italia - pur in ritardo- fu determinante
anche per la Rivoluzione d'Ottobre, seguita poi dalla defezione della Russia dalla quadruplice
intesa. Se l'Italia nei quasi tre anni precedenti non avesse impegnato gli austro-ungarici nelle
tre Venezie, tenendoli inchiodati sulle Alpi, i Corpi d'Armata degli Imperi centrali,
massicciamente utilizzati a est avrebbero provocato all'Armata zarista russa un immane
disastro, essa sarebbe stata schiacciata dai micidiali colpi dell'artiglieria tedesca e avrebbe
ripiegato in una precipitosa disfatta dalla quale la Russia non si sarebbe mai pi riavuta.
Proprio per la defezione russa, disimpegnate le armate austro-tedesche a est, solo all'esercito
italiano tocc di sostenere l'urto offensivo impegnando sul Piave il nemico, impedendo cos
agli austro-ungarici di andare a rafforzare le offensive di Ludendorff. Insomma l'Italia a Parigi
(trattata come Cenerentola) avrebbe potuto ricordare che fu la sua vittoria a Vittorio Veneto a
decidere di parecchi mesi in anticipo la vittoria alleata.
E l'inizio della guerra? La stessa dichiarazione di neutralit dell'Italia (cos tanto criticata da
Inghilterra e Francia ) diede proprio alla Francia la immediata e piena disponibilit, di tutte le
sue truppe che erano state, o avrebbero dovuto essere, dislocate nella frontiera italo-francese
(quando la decisione dell'Italia di abbandonare la Triplice Alleanza dopo Sarajevo, non era
stata ancora presa). Il generale Meraviglia in proposito scrisse: "Fu un inestimabile aiuto
materiale e morale; che la Francia doveva il mese dopo, mettere in valore sul campo della
battaglia decisiva che impegnava sulla Marna, per salvare se stessa e, nello stesso tempo, la
causa dell'intesa".
Confermato poi anche da alcuni capi francesi. Infatti, Salandra scrisse (nel suo libro "La
neutralit italiana" pag 186) che il 30 marzo 1919 stando a fianco del maresciallo Joffre, l'illustre
condottiero ebbe a dirgli a proposito del'Italia "che la dichiarazione della neutralit italiana,
reputata, come era, perfettamente sincera, gli era valsa per quella campagna (Battaglia della
Marna) la disponibilit di dieci divisioni destinate a presidiare il confine italiano" (un settimo
di tutte le forze francesi).
Ancora pi chiaro sul "Figaro" di Parigi del 24 maggio 1927 BARRERE, ambasciatore
francese a Roma all'epoca dei fatidici giorni. "Mi luccicavano gli occhi quando ufficialmente
appresi ufficialmente da Salandra la neutralit dell'Italia (1-2 agosto 1914). Il mio Paese (la
Francia) aveva schierato alla frontiera italiana pi di 350.000 uomini. Con l'annuncio di
Salandra, era evidente che l'azione italiana non poteva essere diretta contro la Francia,
perch tutta l'artiglieria pesante era stata mandata (nel corso della neutralit - Ndr) verso il
confine austriaco. Dopo la dichiarazione di guerra tedesca, io potevo avvisare il mio Governo
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che le nostre truppe al confine italiano potevano recarsi a combattere i tedeschi sulla Marna.
E da quel momento la vittoria della Marna fu sicura e lo scacco della strategia tedesca
assicurato. Sia la neutralit sia il successivo intervento italiano a est divenne uno dei grandi
fattori della vittoria degli Alleati".
La vittoria francese sulla Marna (5-9 settembre) era dunque una vittoria che moralmente
apparteneva un po' anche all'Italia. I Tedeschi se avessero vinto sulla Marna in pochi giorni
sarebbero piombati su Parigi.
Eppure tutte queste considerazioni non ebbero alcun peso sul contegno di Clemenceau,
Wilson e Lloyd George, i quali furono ostili alle rivendicazioni italiane, e perci resero acuto e
insolubile il contrasto italo-jugoslavo.
Addirittura a Parigi, a Versailles, alla conferenza di Pace, l'Italia stava rischiando di non
essere nemmeno presente nel momento in cui avvenivano le spartizioni di quella Europa
centrale andata in frantumi, ivi comprese le colonie. N ebbe alcun valore il Patto di Londra
quando fin dal 1915 erano state stabilite le spartizioni.
Il Patto era stato sottoscritto a Londra il 26 aprile 1915 dall'Inghilterra, Francia, Russia e Italia.
In base a esso l'Italia (staccandosi dalla Triplice Alleanza) aderiva al blocco della quadruplice
intesa, gi sanzionato a Londra da un altro Trattato segreto del 4-5 settembre 1914 (che
troviamo citato nel documento stesso).
L'Italia dopo molti mesi in una posizione neutrale, inviando il telegramma che abbiamo letto
sopra e siglando poi questo patto del 26 aprile, si impegnava ad entrare in guerra contro le
potenze centrali entro 30 giorni dalla sua sigla (il 24 maggio infatti l'Italia entr nel conflitto).
L'Italia entrava in guerra non per rivendicare il diritto internazionale e proteggere le nazioni
pi deboli dall'arroganza e dalla rapacit dei grandi imperi coloniali, ma per un contratto che
le assicurava vantaggi materiali, e non badava pi di tanto alle ragioni etniche ma solo a
quelle strategiche. E il possesso della Dalmazia era strategico. Dare la Dalmazia e Fiume agli
Slavi era come offrire una porta aperta all'accesso delle coste venete. Era a quel punto inutile,
avere dietro la muraglia difensiva delle Alpi, per poi avere davanti il mare Adriatico aperto a
tutti.
Inoltre si scopr nel frattempo - riporta la notizia "Idea Nazionale" del 12 febbraio 1920 - che il
nuovo governo di Belgrado aveva iniziato il 30 settembre 1919, con il Governo di Parigi,
trattative segrete (mai ufficialmente smentite) per un'alleanza militare, convenzioni
commerciali, accordi doganali, offrendo ai francesi tutte le basi navali dell'Adriatico non pi
soggette a neutralizzazione, secondo il compromesso Lloyd George-Nitti. Il governo francese
rispose che "...il progetto alquanto rudimentale, tuttavia esso da senza dubbio dei vantaggi
alla Francia, in quanto le assicura, in caso di conflitti futuri (ma contro chi se non l'Italia? Ndr.) un solido appoggio sulle coste dalmate, e apre orizzonti pi vasti all'espansione
commerciale francese" (Corrispondenza da Berna di Pio Mari, apparsa su Idea Nazinale il 12
febbraio 1920)
Fiume e la Dalmazia servivano un ampio retroterra comprendente la Croazia, l'Ungheria, la
Transilvania e in buona parte anche l'Austria e la Cecoslovacchia, quindi non doveva andare
in mano italiana, per il timore che essa avrebbe monopolizzato i commerci che passavano per
quel porto. (vedi questa pagina con l'invio di una missione francese a Fiume per agganciare
subito aziende (comprese 800 italiane) interessate alle materie prime coloniali francesi che
sarebbero sbarcate nei porti della Dalmazia, che il nuovo governo Iugoslavo con un trattato
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offerta segreta stava gi offrendo alla Francia).


TORNIAMO AL PATTO - I negoziati, che erano gi stati avviati dall'Italia agli inizi del marzo
1915, furono nei due mesi di incontri, piuttosto laboriosi a causa degli interessi divergenti
delle parti. L'ostacolo maggiore, che venne poi superato (ma a parole), era quello della Russia
zarista per ci che concerneva la Dalmazia (che nei preliminari del Patto di Londra questa
spettava all'Italia). Sostenitrice degli interessi serbi, questi coincidevano col programma
zarista imperialista d'espansione verso i Balcani e verso il Mediterraneo. Forte di questo
appoggio (ma anche la Francia non voleva una Italia forte) gli Slavi non vollero cedere sul
possesso di Fiume. Che in verit nel Patto di Londra l'Italia aveva concesso proprio alla
Croazia con una imperdonabile leggerezza. Ma del resto i firmatari e con essi il governo
italiano, lontanamento immaginavano una cos clamorosa disfatta e disintegrazione
dell'Impero austro-ungarico. N avrebbero immaginato allora gli immani sacrifici che
sarebbero costati per infliggerla. Quindi un miglioramento delle sue frontiere poteva essere
giustificato anche se "l'Austria-Ungheria erano a pezzi e non potevano pi costituire una
minaccia militare per l'Italia" questo dicevano a Versailles le nuove tre grandi potenze
improvvisamente (!?) divenute tutte filo-slave.
Infatti, i Croati fin dal 1915 avevano costituito in Francia ed in Inghilterra i cosiddetti "Comitati
jugoslavi". Propagandando la liberazione delle "Nazionalit oppresse dall'Austria" svolsero
un'abile azione presso le Cancellerie di Londra, Parigi e in seguito a Washington, per
convincere gli Alleati della necessit di creare quel futuro Stato indipendente dei Serbi-CroatiSloveni (S.H.S.) qualora l'Austria-Ungheria fosse stata sconfitta. Nel nuovo Stato doveva
esser compresa l'intera Dalmazia e ci in contrasto con le aspettative dell'Italia, garantite dal
Patto segreto di Londra.
Cos che a Versailles, nel 1919, non fu possibile addivenire ad alcuna intesa con l'Italia
soprattutto per la posizione filo-slava assunta dagli Stati Uniti. Ma anche per la scarsa abilit
della condotta dell'Italia durante la Conferenza della Pace oltre che essere sottoposta a
continue pressioni diplomatiche.
CIRCA QUESTI NEGOZIATI, PATTI, ALLEANZE, ecc.
vedi la pagina riassuntiva > >
poi "La conferenza di pace a Versailles" > >
infine "Alla vigilia del 2nda Guerra M. analisi degli errori della Prima" > >
Al patto di Londra seguirono alcune convenzioni militari firmate il 2, il 4 e.... il 21 maggio 1915
(Quattro giorni prima dell'entrata in guerra dell'Italia)
Questi patti (per l'alleanza dell'Italia con la Quadruplice Intesa, e la sua entrata in guerra)
concedevano a fine conflitto all'Italia alcuni possessi territoriali, e venivano inoltre promessi
altri compensi a spese dei tedeschi, oltre a una parte dell'indennit di guerra "corrispondente
ai suoi sforzi e ai suoi sacrifici". Articoli che in seguito si rivelarono deboli, vaghi e imprecisi.
E invece delle indennit l'Italia dovette assumersi una enorme quantit di debiti nei confronti
degli Stati Uniti, rimborsabili in oltre 60 anni("hanno avuto i soldi? e allora che paghino!" - fu
il commento di un Presidente degli Stati Uniti, quando l'Italia in seguito attanagliata da una
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crisi, chiese magnanimit o al limite pi lunghe dilazioni).


Il documento-patto che era segretissimo (anche se ad alcuni era gi noto) fu -dopo tre anni di
guerra- pubblicato improvvisamente dal nuovo governo sovietico all'indomani della
Rivoluzione Russa, nel novembre 1917 ( dal giornale Izsvestia).
Inizi cos ad essere il Patto al centro delle polemiche dei politici italiani e europei, per alcune
contraddizioni politiche, per le pressioni della Francia e soprattutto della Russia, per la
disintegrazione dell'Austria (che nessun ottimista aveva lontanamente previsto), e per
l'intervento nell'ultimo anno di guerra degli Stati Uniti e l'intervento del suo Presidente
Wilson, che a Versailles non volle riconoscere al tavolo della pace il Patto stesso.
Cos che di fatto, dopo accese controversie - fino al punto che gli Italiani per protesta - come
abbiamo gi ricordato- lasciarono Versailles, il Trattato alla ripresa dei negoziati dovette
essere lasciato cadere dagli stessi negoziatori italiani e dai loro sostenitori, con l'indegna
accusa verso l'Italia di esserci trincerata per quasi un anno nel neutralismo, e... perch assente a Versailles- il Patto stesso decadeva.
"Clemenceau: "Bisogna far sapere ai delegati italiani che se essi si ritirono violano il Patto di
Londra e gli alleati non sono pi impegnati da esso". Wilson: "Bisogna far sapere che
l'Italia, e non la Francia e la Gran Bretagna, che viola il Trattato" .
Tutto ci era invece un pretesto, e si aggiunse la debolezza dei negoziatori italiani.
Infatti Clemanceau con il suo solito fare brutale aggiunse "La politica italiana evidentemente
tende a condurre le potenze alleate ed associate ad un punto tale che non possono fare una
pace comune, perch l'Inghilterra e la Francia sono legate dal Trattato di Londra che il
Presidente Wilson non pu riconoscere. Noi dobbiamo far sapere agli italiani in anticipo che
non venendo a Versailles hanno rotto il Patto di Londra al quale avevano aderito, e col quale
si erano accordati di non fare pace separata. Noi dobbiamo mostrare che se essi rompono il
Patto di Londra noi non siamo pi impegnati"(Lloyd George, The Truth about the Peace Treaties,
London 1938, II, pag. 859 e seg.)
Alla Camera, l'Onorevole Bevione, fece un'esposizione del Trattato (quello diffuso attraverso
l'Isvestia), che per ha lasciato molti sospetti per le alterazioni fatte a beneficio delle grandi
potenze e soprattutto verso la Russia. Alterazioni che furono messe sotto accusa da alcuni
politici e da milioni di reduci che avevano combattuto la tragica guerra. Fu appunto per
questo detta "vittoria mutilata". L'Italia ottenne una zolla di terra in pi rispetto a ci che si
era vista offrire dall'Austria all' inizio del conflitto e anche durante il conflitto.
A riportare l'intervento di Bevione e a criticarlo e a sollevare il velo di alcune ambiguit fu
Attilio Tamaro con una pubblicazione di cui ci siamo avvalsi per compilare le prossime
pagine.
Tutte le rivendicazioni italiane - dopo cos tanti sacrifici umani ed economici - per una sorta di
sudditanza verso le grandi potenze, entrarono nel dimenticatoio; covando per rivalse
(principalmente nel ventennale Fascismo), che poi esplosero nella (tardiva) partecipazione
alla sciagurata guerra di Hitler. Con i soliti tre che invece avevano subito deciso di dare
battaglia al dilagante nazismo (o meglio dire a quella Germania che era tornata ad essere una
potenza economica che stava facendo nuovamente tremare -come nel 1913- le loro economie.
E questa volta anche quelle degli Stati Uniti).
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Oltre che questi fatti italiani a Versailles, furono infatti principali quelli inerenti la Germania
(questi furono il fulcro di tutta la Conferenza di Parigi) che costretta ad accettare dai vincitori
le condizioni delle pesantissime punizioni, queste favorirono successivamente in Germania la
nascita del nazismo. E se grande fu a Versailles il livore francese (memore del 1870) verso la
Germania , non di meno furono le pretese degli Stati Uniti nel volere il rimborso delle loro
spese di guerra dagli Stati Europei vincitori e nel contempo libera navigazione nelle acque
europee e l'abbattimento delle barriere doganali - cose piuttosto sgradite agli Inglesi, ma
anche penalizzanti per tutti gli Stati europei, sia vincitori che vinti.
Per una conoscenza approfondita degli eventi di Versailles, importante conoscere appunto
il
" Trattato di Pace" con la Germania

(con le 10 cartine dei nuovi confini della Germania - Polonia, Alsazia, Lorena, Saar, Danimarca
Un trattato che inizia con il "Patto della Societ delle Nazioni". Un'utopia di Wilson.
E prosegue con le pesanti condizioni dettate alla Germania
Qui in un link a parte riportiamo integralmente il Trattato,
nella sua prima edizione definitiva in italiano.
(Dal volume "Corso di Diritto Internazionale", Universit di Roma, del luglio 1919).
vedi QUI - DOC. PATTO ( Trattato di pace )2
___________________________________________________________________________

Qui invece l'intero documento e le 3 cartine dei discussi territori italiani


PATTO DI LONDRA
con la versione originale digitalizzata in francese
e le pagine di "Il trattato di Londra e le rivendicazioni italiane" di A. Tamaro.
( ATTENZIONE: per qualche tempo in rete, occupando molti kby (5 mega)
per recuperare spazio nel sito, le 75 pagine digitalizzate dei 2 documenti
sono ora presenti solo nel CD-ROM di CRONOLOGIA
i possessori del CD possono proseguire cliccando QUI - DOCUMENTI "PATTO 1"
Bibliografia:
"Versailles, storia della conferenza della pace". di A. Torre - Ed. Ist. Studi Politica Internazionale
1940
"Il Trattato di Pace con la Germania" , dal Volume Diritto Internazionale di D. Anzilotti, Athenaeum
1928
"Il Trattato di Londra e le rivendicazioni italiane", di A. Tamaro, Treves 1918
"Il Trattato di Rapallo" di L. Federzoni, Zanichelli, 1921
(VEDI ANCHE UNA SERIE DI DOCUMENTI IN APPENDICE)
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H.P. CRONOLOGIA

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