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Stefano Cavagnetto
Carocci editore
Indice
Introduzione 7
1.
Nozioni fondamentali
11
Linguaggio formale 11
Sistema formale 13
1.3. Linguaggio oggetto e metalinguaggio 15
1.4. Simboli e nozioni di teoria degli insiemi 16
1.5. Metodi dimostrativi 20
1.1.
1.2.
2.
Ringraziamenti
Ringraziamo Umberto Cavasinni, Donatella Donati, Pierdaniele
Giaretta, Diego Marconi e Maurizio Negri, che hanno sottratto tempo
alle loro occupazioni per leggere versioni precedenti dell'intero testo o
di alcune sue parti. I loro commenti sono stati di grande aiuto. Ringraziamo in particolare Aldo Antonelli e Dario PaUadino, che hanno
scovato numerosi errori e suggerito miglioramenti sostanziali. La
versione finale risente molto della loro revisione accurata e costruttiva.
Un pensiero a parte per Paolo Casalegno, che ci ha incoraggiato a
scrivere questo libro e ci ha dato consigli preziosi sulla scelta dei contenuti. Il libro dedicato a lui, perch per noi stato un esempio. Tante
volte, scrivendo, abbiamo cercato di immaginare che cosa avrebbe
detto, o che faccia avrebbe fatto, se lo avesse letto.
Attribuzioni
Questo volume, tanto nel disegno quanto nella realizzazione, il risultato di una stretta collaborazione tra i due autori. Ogni sua parte stata
oggetto di numerose discussioni e revisioni reciproche. Le responsabilit finali, tuttavia, devono essere distinte come segue: l'Introduzione e il
paragrafo 1. 5 sono comuni; i restanti paragraf del capitolo 1 e i capitoli
2-8 sono di Andrea Iacona; i capitoli 9e10 sono di Stefano Cavagnetto.
li linguaggio L 31
31
3.
11 sistema S 47
3.1.
3.2.
3.3.
3.4.
Assiomi 47
Derivabilit e dimostrabilit
Coerenza 52
Teorema di coerenza 53
4.
4.1.
4.2.
4.3.
4.4.
4.5.
Teorema di deduzione 59
Pseudo Scoto 60
Doppia negazione 62
Contrapposizione 63
Riduzione all'assurdo 65
5.
S e le sue estensioni
48
68
68
6.
Teorie e modelli
6.1.
6.2.
6.3.
6.4.
7.
Correttezza
Completezza
71
77
87
8.
Introduzione
87
92
g.
Modelli e cardinalit
101
110
Bibliografia
6
128
103
123
95
Questo libro un'introduzione alla teoria della logica del prim'ordine. In dieci capitoli, intende presentare in modo accessibile un nucleo
essenziale di conoscenze sulla logica del prim'ordine che costituiscono
lo sfondo di molte delle questioni filosofiche e matematiche che la
riguardano. Siccome questo obiettivo conferisce al libro un'impronta
caratteristica, meglio chiarire subito le differenze rispetto agli altri
testi di logica, invece di perdere tempo con il solito sillogismo.
Tanto per cominciare, non si tratta di un manuale di logica elementare, cio di un testo che spiega per la prima volta come rappresentare in
un linguaggio formale ragionamenti espressi in una lingua naturale e
come verificarne la correttezza mediante metodi semantici o sintattici. Per apprezzare i temi che il libro affronta occorre aver gi acquisito
una certa familiarit con i contenuti di un manuale di logica elementare, o perlomeno con i rudimenti della logica enunciativa.
Come testo avanzato, d'altra parte, non molto ortodosso. In primo
luogo, si discosta da una tradizione consolidata che prescrive di illustrare prima le propriet di un sistema di logica enunciativa e poi quelle di
un sistema di logica predicativa. Infatti tratta solo propriet del secondo tipo, assumendo che la logica predicativa sia talmente interessante
e ricca di implicazioni da meritare un libro tutto per s. Un tradizionalista, pur concordando su questa assunzione, potrebbe ritenere che
un'esposizione preliminare della teoria della logica enunciativa sia
didatticamente utile, poich permette di introdurre nel caso pi
semplice teoremi e metodi dimostrativi che trovano impiego nel caso
pi complesso. Non avrebbe torto. Malo spazio che quella esposizione richiederebbe pu essere occupato in modo altrettanto utile, offrendo gli strumenti necessari per accedere direttamente alla teoria della
logica predicativa.
In secondo luogo, questo libro lascia fuori alcuni temi ben noti che
generalmente sono inclusi nei manuali avanzati. In particolare, non
affronta la questione della decidibilit e non dice niente sul celebre
teorema di Godel. L'indecidibilit della logica predicativa e fincom7
1. Nozioni fondamentali
L'inferenza il processo con il quale da una proposizione accolta come vera si passa
a una seconda proposizione la cui verit derivata dal contenuto della prima.
Inferire quindi trarre una conclusione.
Un linguaggio formale una lingua artificiale che permette di descrivere
alcune propriet strutturali degli enunciati e degli argomenti di una
lingua naturale, rappresenta la forma degli enunciati e degli
argomenti di unalingua naturale.
Principio di bivalenza
Nota Il termine "modello" talvolta usato come sinonimo di "interpretazione" invece che nel senso pi ristretto chiarito sopra.
13
14
Esercizio 1
mula?
Esercizio 2
teoremi?
1.3. Linguaggio oggetto e metalinguaggio La teoria che si occupa dei sistemi di logica - o teoria della logica - formulata per mezzo
di espressioni, coie qualsiasi teoria. A differenza di altre teorie, per,
la teoria della logica comprende enunciati che vertono su questo o quel
linguaggio. Quindi opportuno distinguere tra il linguaggio su cui
verte la teoria e il linguaggio in cui la teoria formulata: il primo il
linguaggio oggetto, il secondo il metalinguaggio. Se la teria formulata per mezzo di espressioni italiane, come nel nostro caso, e verte su
un sistema S che si basa su un linguaggio L, allora il linguaggio oggetto L, mentre il metalinguaggio una versione opportunamente
modificata dell'italiano.
Con"opportunamente modificata'' si intende dire che il metalinguaggio include abbreviazioni e simboli supplementari che non fanno
parte dell'italiano. Una delle abbreviazioni che qui saranno usate
"sse", che sta per "se e solo se". Tra i simboli supplementari, invece, ci
saranno<,>,::;;, 2!, =e -::t=, che significano rispettivamente "minore",
"maggiore': "minore o uguale", "maggiore o uguale", "uguale" e "non
uguale". Gli ultimi due simboli saranno usati non solo in riferimento a
numeri, ma per esprimere identit e diversit tra oggetti qualsiasi.
15
1.4. Simboli e nozioni di teoria degli insiemi Moltideitermini e dei simboli supplementari adottati nel metalinguaggio provengono dalla teoria degli insiemi. La nozione che questa teoria assume come
primitiva appunto quella di insieme, una collezione qualsiasi di
oggetti che pu essere pensata a sua volta come un oggetto. Gli oggetti che costituiscono un insieme sono i suoi elementi. Per dire che un
oggetto a elemento di un insiemeA si usa la notazione a EA. In alternativa, si pu dire che a appartiene adA, o cheA contiene a. L'identit
di un insieme determinata dai suoi elementi, come stabilisce il
seguente principio:
Principio di estensionalit
elementi, allora A= B.
Non vi possono essere insiemi diversi i cui elementi siano gli stessi. Vale
anche l'inverso, cio se A B allora A e B hanno gli stessi elementi.
16
to
q,.,::,_,!::;'
"lf /
~)I
tiva nel caso in cui per ognix ey nel dominio, sex::;:. y alloraF(x) ::;:. F(y).
Dati due insiemi A e B, se esiste una funzione iniettiva daA suB si dice
che A in corrispondenza biunivoca con B. Intuitivamente,A in corrispondenza biunivoca con B se si pu associare a ciascun elemento di A
esattamente un elemento diB in modo che ogni elemento diB sia associato esattamente a un elemento di A. Supponiamo infatti cheFsia una
funzione iniettiva da A su B. Allora si pu associare a ogni elemento x
diA esattamente un elemento diB, cioF(x). Inoltre, si pu associare
a ogni elemento y diB esattamente un elemento di A, cio l'unicox tale
chey=F(x).
Le funzioni possono es.sere distinte anche in base al numero di argomenti. Una funzione binaria da A in B una funzione che associa un
elemento di B non a ciascun elemento di A preso singolarmente, ma a
ciascuna coppia ordinata di elementi di A. Allo stesso modo, si pu
parlare di funzione ternaria, quaternaria e cos via. In generale, una
funzione n-aria daA in B, con n > 1, si indicaF :A" - B. Un' operazione n-aria su un insieme A una funzione n-ariaF che associa a ogni nupla di elementi di A un elemento di A. In altri termini, F: A" - A.
Ad esempio, l'addizione di due numeri naturali un'operazione binaria sull'insieme dei numeri naturali, che si indica con cv, poich una
funzioneAd che associa elementi di cv a coppie di elementi di w. Quindi si pu esprimere con Ad: al- cv. Appartengono aAd coppie ordinate come ((1, 2), 3), ((2, 2), 4) e cos via. Il caso della moltiplicazione
tra due numeri naturali analogo, poich si tratta di una funzione Mo
che associa elementi di cv a coppie di elementi di cv. Appartengono a
Mo coppie ordinate come ((1, 2), 2), ((2, 2), 4) e cos via.
Restano da chiarire alcune distinzioni che si adottano di solito quando
si parla della grandezza degli insiemi. Un insieme A finito se, per qualche n, A contiene esattamente n elementi. Ovviamente, se n Oallora
A= 0. Nel caso in cui n > O, basta pensare che A sia in corrispondenza
biunivoca con {l, ... , n}. Ad esempio, {2, l} finito, perch contiene
esattamente due elementi. Un insieme A infinito se non finito, cio
se per nessun n si pu dire che A contenga esattamente n elementi. Ad
esempio, un insieme infinito w. Un insieme infinito numerabile se
in corrispondenza biunivoca con cv. Ad esempio, l'insieme dei numeri
19
t.
Analogaalladistinzionetralinguaggio
oggetto e metalinguaggio quella tra dimostrazione in un sistema e
dimostrazione su un sistema. Dato un sistema S oggetto della teoria,
20
una dimostrazione in S una sequenza di formule del linguaggio di S il linguaggio oggetto - che soddisfa i requisiti sintattici fissati dalla definizione di dimostrazione in S. Una dimostrazione su S, invece, un
ragionamento corretto formulato nel metalinguaggio, cio un insieme
strutturato di argomenti deduttivamente validi che si fonda su premesse vere e quindi permette di ricavare la verit di un enunciato su Sa partire dalla verit di altri enunciati. Qui saranno illustrati alcuni metodi
dimostrativi ampiamente usati nella teoria della logica.
Il primo il metodo della dimostrazione per costruzione. Questo
metodo si adotta quando si vuole dimostrare che esistono oggetti che
hanno certe propriet, e consiste nella costruzione di un oggetto
che ha quelle propriet. Infatti, se un oggetto dato ha certe propriet
allora esiste almeno un oggetto che ha quelle propriet. Supponiamo
di voler di dimostrare che per ogni insieme esiste una funzione inietriva dall'insieme su s stesso. Un modo di procedere il seguente.
Dato un insieme A, sia idA la funzione che ssegna a ogni elemento di
A lo stesso elemento. In altri termini, MA la funzione identit su A,
cio la funzione tale che, per ognix,y EA, (x,y) E idAssex =y.
evidente che idA iniettiva: non esistono argomenti distinti ai quali
idA assegna lo stesso valore, essendo i valori identici agli argomenti.
altrettanto evidente che idA una funzione daA suA, dato che A risulta essere sia dominio sia codominio. Dunque esiste una funzione
iniettiva daA su A. Ovviamente, non sempre cos facile giustificare
l'esistenza di un oggetto o il possesso di un insieme di propriet. Per
questo una dimostrazione per costruzione pu essere molto pi lunga
e complessa.
Il secondo metodo quello della dimostrazione per casi. In una dimostrazione per casi si assume una disgiunzione la cui verit garantita, e
si mostra che un enunciato consegue da ciascuno dei suoi disgiunti. In
questo modo si pu inferire che l'enunciato vero. Infatti, in una
disgiunzione vera almeno uno dei disgiunti anche se non sappiamo
quale - deve essere vero. Supponiamo di voler dimostrare che, per ogni
n, 3n2 + n + 14 un numero pari. I casi possibili sono due.
Caso 1: n pari. In questo caso n = 2k per qualche k. Quindi, si possono svolgere i seguenti passaggi:
21
essere impiegato in una dimostrazione. Nel primo caso si parte dall'ipotesi che un enunciato sia vero e si ricava una contraddizione da
questa ipotesi, concludendo cos che la negazione dell'enunciato vera.
Nel secondo caso si parte dall'ipotesi che la negazione di un enunciato
sia vera e si ricava una contraddizione da questa ipotesi, concludendo
cos che l'enunciato vero. Il secondo tipo di ragionamento, che quello pi comunemente noto come dimostrazione per assurdo, pu essere derivato dal primo se si assume che la doppia negazione di un enunciato equivalga all'enunciato stesso. Infatti, in base al primo tipo di
ragionamento, se la negazione di un enunciato implica una contraddizione, allora la sua doppia negazione vera.
Un esempio paradigmatico di dimostrazione per assurdo la dimostrazione dell'esistenza di infiniti numeri primi fornita da Euclide (fi. 300
a.C.). Un numero primo un numero naturale maggiore di 1 che non
ammette divisori diversi da s stesso e da 1. Supponiamo che l'insieme
dei numeri primi sia finito, cio che per qualche n i numeri primi siano
esattamente p 1, , p n Allora qualsiasi numero intero diverso da p 1,
... , p,, non primo, pertanto ammette come divisore qualche numero
intero diverso da s stesso e da 1. Siccome ogni numero intero maggiore di 1 equivale a un prodotto di numeri primi, qualsiasi numero intero diverso dap 1, ,p,,ammettecomedivisorequalchepfcon 1:;:; i:;:; n.
Ora si consideri il numero m tale che m = (p 1 P,,) + L Da un lato,
m risulta maggiore di ciascun pi' quindi per ipotesi non pu essere
primo. Questo significa che m deve essere divisibile per qualche Pr
Dall'altro, per, ogni divisione di m per qualche P; d come resto 1,
quindi m non pu essere divisibile per qualchePr La supposizione che
l'insieme dei numeri primi sia finito implica una contraddizione.
Il quarto metodo quello della dimostrazione per induzione. Il principio
sul quale si fonda questo metodo risulta comprensibile se si tiene presente un tipo di definizione piuttosto comune in matematica. Una definizione induttiva di un insieme A una definizione in cui si costruisce A
mediante un procedimento che si articola in tre fasi. Per prima cosa si
stabilisce che alcuni oggetti appartengono ad A. Chiamiamo questi
oggetti "elementi iniziali". Poi si specifcano alcune operazioni che, applicate a elementi diA, producono elementi diA, cio tali che il risultato
23
Principio di induzione DatouninsiemeinduttivoA,seunacondizione e vale per un insieme di oggetti che include gli elementi iniziali di
24
In base a questo principio, per dimostrare che vale per tutti gli elementi diA sufficiente dimostrare che C vale per gli elementi iniziali e che le
operazioni mediante le qualiA costruito a partire dagli elementi iniziali preservano C. La dimostrazione si articola quindi in due parti. Nella
base si dimostra che vale per gli elementi iniziali, che costituiscono il
caso pi semplice. Nel passo si assume che C valga per certi oggetti e se
ne ricavala conclusione che vale anche per altri oggetti ottenuti applicando a quelli le operazi~ni mediante le quali A costruito. L'assunzione si chiama ipotesi di induzione. Nel caso dei numeri naturali c' un solo
elemento iniziale, O, e una sola operazione, Su. Quindi nella base si dimostra che C vale per O, mentre nel passo si dimostra che Su preserva C.
In una dimostrazione per induzione che contempli Su come unica
operazione, il modo pi semplice di formulate il passo il seguente: se C
vale per n, allora vale pern + 1. Un altro modo il seguente: se C vale per
ogni numero minore o uguale an, allora vale pern + 1. Nel secondo caso
l'ipotesi di induzione pi forte, in quanto si assume non solo che C
valga per un numero qualsiasi n, ma pure che C valga per tutti i numeri
che precedono n. Per questo si parla di induzione debole nel primq caso
e di induzioneforte - o "completa" - nel secondo. L'induzione debole
giustifica l'induzione forte. Supponiamo che sia stato diinostrato che
e vale per oe che, se e vale per ogni numero minore o uguale a n, allora
vale per n + 1. Sia C* la condizione che vale per un numero m sse C vale
per ogni numero minore o uguale am. Dato che C vale per O, C*vale per
O. Inoltre, se C* vale per n, allora vale per n + 1. Infatti, se C vale per
ogni m minore o uguale a n, allora vale per n + 1, dunque per ogni m
minore o uguale a n + 1. Per induzione debole, quindi, si ottiene che C*
vale per qualsiasi n. Da questo consegue che C vale per qualsiasi n.
Ecco un esempio di induzione debole. Supponiamo di voler dimostrare che, per ogni n > O:
n(n + 1)
l+ ... + n = - - -
25
1 + ... + n + (n + 1) = (1 + + n) + (n + 1)
Per ipotesi di induzione, la prima espressione tra parentesi del lato destro
pu essere sostituita come segue:
1 + ... + n + (n + 1) =
n(n + 1)
2
+ (n + 1)
n(n+l) 2(n+l)
l+ ... +n+(n+l) - - - + - - 2
2
n2 +3n +2
1+ ... +n+(n+1)=---2
(n + l)(n + 2)
l+ ... +n+(n+l)=---. 2
Questo significa che l'uguaglianza vale per n + 1.
Come esempio di induzione forte, si consideri il fatto, richiamato nella
dimostrazione di Euclide, che ogni n > 1 un prodotto di numeri
primi. Questo fatto pu essere dimostrato come segue.
Base. Assumiamo che n = 2. In questo caso evidente che n un
prodotto di numeri primi: 2 un numero primo e ogni numero
multiplo di s stesso.
Passo. Assumiamo che n > 1 e che ogni numero minore o uguale a n sia
un prodotto di numeri primi. Ora consideriamo n + 1. Se n + 1 un
numero primo, allora ovviamente un prodotto di numeri primi. Se non
26
distinzione analoga a quella tra dimostrazione in un sistema e dimostrazione su un sistema. Mentre un teorema in un sistema S una formula del linguaggio di S dimostrabile in S, un teorema su S un enunciato
del metalinguaggio che verte su S ed dimostrabile nella teoria su S.
Nota
Nota La teoria della logica chiamata anche "metateoria della logic: o semplicemente "metalogic'. Analogamente, si chiama "metateorema" un teorema su un sistema, per distinguerlo da un teorema del
sistema. Qui si far a meno del prefisso "meta-", assumendo che la
distinzione sia sufficientemente chiara.
Esercizio 6 Si consideri la seguente definizione induttiva dell'insieme delle formule di un linguaggio enunciativo:
I. le variabili p, q, r ... sono formule;
2. se a una formula, allora~ a una formula;
3. se a e f3 sono formule, allora (a=> {3) una formula.
Qual la base e qual il passo?
Esercizio 7 Dimostrare per induzione che, per ogni n > O,
12 + + n(n + 1)
n(n + l)(n + 2)
3
Il lato sinistro dell'uguaglianza costituito dall'addizione dei prodotti di tutti i numeri compresi tra 1 e n con i rispettivi successori.
Esercizio 8 Se si dimostra che ogni assioma di un sistema S una
formula valida, si ottiene un teorema di S o un teorema su S?
c.
1 2+ ... +n(n+ 1) + (n+ l)(n+2) =(1 2+ ... +n(n + 1)) + (n+ l)(n+ 2)
Per ipotesi di induzione, la prima espressione tra parentesi del lato
destro pu essere sostituita come segue:
1 2+ ... +n(n+ 1) + (n+ l)(n+2) =
n(n + l)(n + 2)
+ (n+ l)(n+2)
28
29
(
) (
)(
)-(n+l)(n+2) 3(n+l)(n+2)
l-2+ ... +nn+l + n+l n+2 +
.
3
3
(n+l)(n 2 +2n)+(n+l)(3n+6)
l-2+ ... +n (n+l ) + (n+l )(n+2) = - - - - - - - - - - - 3
(n+l)(n 2 +5n+6)
l 2+ ... +n(n+ l)+(n+ l)(n+2)=-----3
.
2
(n+l)(n+2)(n+3)
12 + ... + n(n + 1) + (n + I)(n + 2) = - - - - - 3
Questo significa che l'uguaglianza vale per n + I.
8. Un teoremasuS.
2.
Il linguaggio l
::J
\;/
(
)
x,y,z...
a,b,c...
P,2R ...
fi,fi,fr
I primi tre sono connettivi. ~ e ::J si trovano normalmente in un
linguaggio enunciativo. \:I il quantificatore universale, caratteristico di un linguaggio predicativo. Le parentesi servono a comporre i
simboli di L in modo non ambiguo. x,y, z ... sono variabili. I cop.nettivi, le parentesi e le variabili sono costanti logiche, gli altri simboli
sono espressioni non logiche. a, b, c... sono costanti individuali. P, 2
R ... sono costanti predicative. Ciascuna costante predicativa han
posti, per qualche n.fi,fi,fy .. sono simboli di funzione, anche in
questo caso ciascuno con n posti. L'insieme delle variabili numerabile. Lo stesso vale per le costanti individuali, le costanti predicative
e i simboli di funzione.
Le regole di formazione di L richiedono innanzitutto che si definisca un insieme di termini come il pi piccolo insieme che contiene
tutte le costanti individuali, tutte le variabili e tale che, se t 1, ... , tn
appartengono all'insieme, un simbolo di funzione/a n posti seguito
da t 1, ... , tnappartiene all'insieme. Successivamente si definiscono le
formule di L:
30
31
Definizione 1
1. Se P euna costante predicativa a n posti et1, , tn sono termini,,allora Pt1, ... , tll eunaformula;
2. se a eunaformula, allora . . ., a eunaformula;
3. se ae f3sonoformule, allora (a:=) /3) eunaformula;
4. se a eunaformula e X euna variabile, allora V xa eunaformula.
D'ora in poi si user l'espressione Dn per indicare la definizione n.
Cos, la definizione appena esposta sar chiamata D l, la successiva D2
ecc. La stessa convenzione sar adottata per i lemmi e i teoremi. I
lemmi saranno indicati con la lettera L, i teoremi con la lettera T.
D 1 caratterizza linsieme delle formule di L per via induttiva. Gli
elementi iniziali dell'insieme sono le formule introdotte mediante
D 1.1, che costituisce la base dell'induzione. Queste formule possono
essere chiamate atomiche, in quanto non sono composte da altre
formule. Le operazioni mediante le quali l'insieme costruito a partire dalle formule atomiche sono le regole di formazione specificate in
D 1.2-D 1.4, che costituiscono il passo induttivo.
In una formula V xa costruita sulla base di D 1.4, a costituisce lambito del quantificatore. Ad esempio, nella formula V c "'Px lambito del
quantificatore . . ., Px. Siccome V xa una formula per qualsiasi a, in
V xa l'ambito del quantificatore pu non contenere x o altre variabili.
Ad esempio, V x . . ., Py una formula, e lo stesso vale per V x "'Pa.
Un'occorrenza di una variabile vincolata in una formula quando la
variabile segue direttamente un quantificatore oppure nell'ambito
di un quantificatore seguito direttamente dalla variabile stessa.
Un'occorrenza di una variabile libera in una formula quando non
vincolata nella formula. Se tutte le occorrenze di una variabile in una
formula sono vincolate, si dice che la variabile vincolata nella formula. Se invece alcune occorrenze di una variabile in una formula sono
libere, si dice che la variabile libera nella formula. Cos, x vincolata
in V x....., Px, mentre y libera in V x....., Py.
Una formula che contiene occorrenze libere di variabili aperta. Una
formula che non aperta chiusa. Ad esempio, Px una formula aperta, mentre V xPx una formula chiusa. Le formule chiuse si chiama-
32
33
35
37
D2.2( a), I fornisce una denotazione inD a tutte le costanti individuali. Da D2.2(b) risulta che a ciascuna costante predicativa a n posti I
assegna una relazione n-aria su D. Infine, D2.2( c) stabilisce che a
ciascun simbolo di funzione a n posti I assegna un'operazione n-aria
su D.
D'ora in poi si adotter la seguente convenzione. Data una struttura .A;
la lettera latina corrispondente A sar usata per indicare il dominio di
A. In altri termini, se A= (D, I) alloraA =D. Le parentesi quadre con
pedice .A; invece, saranno usate per indicare il risultato dell'applicazione
della funzione interpretazione di A. Ad esempio, se A= (D, I) e t un
termine, allora [t]A =l(t).
Data una struttura .A; si chiama assegnazione di valori alle variabili di
Luna funzione v che associa a ciascuna variabile di L un elemento diA.
La denotazione di un termine t inA relativamente a v, in simboli [t]A,v'
definita come segue:
Definizione 3
I. Set euna costante individuale, allora [t]A,v = [t]A;
2. set euna variabile, allora [t]A,v = v(t);
3. set ha laforma ftl' .. ., t 11 allora [t]A,v = [fJA([t1]A,v' ... , [t,,]A,)
F:D"-D.
L'insiemeD in D2.1 il dominio di A. Questo insieme pu essere finito o infinito. Nel primo caso A si dicefinita, nel secondo si dice infinita. Se D infinito, pu essere numerabile o non numerabile. Nel
primo caso A si dice numerabile, nel secondo si dice non numerabile.
La funzione I in D2.2 la funzione interpretazione di A. In base a
Definizione 4
I. vsoddisfaPt1, , t11 sse([tJA,v' ... , [t11 ]A,) E [P]A;
39
2.
3.
= v'(x) per
[t]A,v = [t].A;v1
Caso 2: t una variabile. In questo caso [t]A.v = [t]A.v 1per ipotesi.
Passo. Assumiamo che l'uguaglianza da dimostrare valga per tutti i
termini di complessit minore o uguale a n e che t sia un termine di
complessit n +I. In questo caso t ha la forma.fil' ... , t,,,, dove/ un
simbolo di funzione a m posti e t 1, , t,,, sono termini. Dato che t 1, ,
t,,, hanno al massimo complessit n, per ipotesi di induzione hanno la
stessa denotazione in ve v'. Ma anche la denotazione di/in ve v' la
stessa. Quindi [fi 1, , t 11JA,v [fil' ... , t,JA.v'
D
Sulla base di Ll si pu dimostrare quanto segue:
41
induzione v soddisfa f3 sse v' soddisfa {3. Quindi, v non soddisfa asse
v' non soddisfa a. Questo significa che v soddisfa asse v' soddisfa a.
Caso 2: a ha la forma f3 ::J y. Siccome f3 e r hanno al massimo complessit n, per ipotesi di induzione v soddisfa f3 sse v' soddisfa {3, e v soddisfar sse v' soddisfa y. Quindi, se v non soddisfa f3 o soddisfa y, lo stesso vale per v', e viceversa. Questo significa che v soddisfa asse v'
soddisfa a.
Caso 3: a ha la forma\:/ xf3. In questo caso f3 una formula di complessit n che contiene come variabili libere tutte quelle che sono libere in
a con l'aggiunta (al massimo) dix. Sia v. unax-variante div che associa un certo oggetto ax. Sia v~ unax-variante div' che associa quello
stesso oggetto ax. v. e v~ concordano sui valori delle variabili libere in
{3. Infatti, ve v' concordano sui valori delle variabili libere in a, e l'unica variabile libera che f3 pu avere in pi di a x. Per ipotesi di induzione, ne risulta che v. soddisfa f3 sse v'. soddisfa {3. In generale, ogni
x-variante div soddisfa f3 sse ognix-variante div' soddisfa {3. Quindi,
v soddisfa asse v' soddisfa a.
Definizione 6
Data una struttura A, ogni enunciato soddisfatto da tutte le assegnazioni in A o non soddisfatto da nessuna. Questo si deve al fatto che gli
enunciati non contengono variabili libere. Supponiamo infatti che un'assegnazione v soddisfi un enunciato a e consideriamo un'assegnazione
qualsiasi v' diversa da v. Se v' non fosse tale da soddisfare a, allora sarebbe falso che v soddisfa asse v' soddisfa a. Di conseguenza, in base a L2 si
potrebbe inferire che a contiene almeno una variabile liberax tale che
v(x) =t:- v'(x). Ma questo impossibile, essendo aun enunciato. Con un
42
ragionamento analogo si pu concludere che, se un'assegnazione qualsiasi non soddisfa a, allora nessuna delle altre soddisfa a. Di conseguenza,
[a]A = 1 o [ a]A =O, come prescrive il principio di bivalenza.
Anche una formula aperta, come un enunciato, pu essere soddisfatta
da tutte le assegnazioni in una struttura, o non essere soddisfatta da
nessuna. In una struttura che assegna aP l'intero dominio, Px soddisfatta da tutte le assegnazioni, mentre~ Px non soddisfatta da nessuna. Il motivo per cui formule aperte come queste non sono chiamate
vere o f<!_lse che non corrispondono a espressioni di una lingua naturale alle quali ha senso attribuire verit o falsit. Si noti, tuttavia, che
per ciascuna formula aperta soddisfatta da nitte le assegnazioni in una
struttura, L contiene un enunciato corrispondente che vero nella
struttura. Infatti, data una formula a che contiene una variabile libera
x, a soddisfatta da tutte le assegnazioni in Asse \:/ xa soddisfatta
da tutte le assegnazioni in A. Il caso della falsit analogo.
Definizione 8
strutture.
Il simbolo f= indica che a valida. Si noti che nel caso degli enunciati,
D7 e D8 coincidono con le definizioni fornite nel paragrafo 1.2. Se un
enunciato a e un insieme di enunciati f sono tali che, in ogni struttura, ogni assegnazione che soddisfa tutti gli enunciati in f soddisfa a,
allora ogni modello di f modello di a, e viceversa. Se un enunciato a
soddisfatto da tutte le assegnazioni in tutte le strutture, allora ogni
struttura modello di a, e viceversa.
L'idea alla base di D7 che, se a un enunciato di L, f un insieme di
enunciati di Le r a, tutti gli argomenti della formar; a sono deduttivamente validi. Ad esempio, D7 implica che V x(Px ::J Qx), Pa f= Qa.
Questo rende conto del fatto che tutti gli argomenti della forma
_V x(Px ::J 0 ), Pa; Qa, come il seguente, sono deduttivamente validi:
"Ogni balena bianca, Mo by Dick una balena; Mo by Dick bianc'.
Dunque, la relazione di conseguenza logica tra enunciati di L fornisce
una caratterizzazione di un insieme di argomenti deduttivamente validi che hanno una forma esprimibile in L.
Il caso della validit analogo. D8 si fonda sull'idea che un enunciato
valido di L esprima la forma di un insieme di enunciati veri di una
lingua naturale. Ad esempi~, V x(Px ::J Px) esprime la forma dell'enunciato "Ogni cosa bianca bianca". Dunque, l'insieme degli enunciati validi di L fornisce una caratterizzazione di un insieme di verit
logiche che hanno una forma esprimibile in L.
44
Se Fa, allora r
Fa.
45
3. Il sistema S
3.1. Assiomi Questo capitolo presenta un apparato deduttivo per
L, specificando un insieme di assiomi e una regola di inferenza. Il sistema cos ottenuto si chiama S.
Gli assiomi di S sono le formule di L che esemplificano i seguenti schemi:
Al a::J (f3::J a)
A2 (a ::J (/3 ::J ')) ::J ( (a ::J /3) ::J (a ::J '))
A3 (~ a ::J~ /3) ::J (/3 ::J <!)
A4 V xa::J a(tlx), se t sostituibile ax in a.
AS a ::J V xa, sex non libera in a.
A6 V x( a::J /3) ::J (V xa::J V xf3)
A7 V xa, se a un assioma.
Gli assiomi di S sono divisi in due gruppi. Il primo costituito dalle
formule di L che esemplificano Al-A3. Questi schemi valgono per
qualsiasi sistema di logica enunciativa. Il secondo costituito dalle
formule di L che esemplificano A4-A7. Questi sono gli schemi caratteristici di S, poich vertono sulla quantificazione.
A4 richiede chiarimenti. Data una formula a, un termine te una variabile x, a(tlx) la formula che si ottiene sostituendo t ax in a per tutte
le occorrenze libere dix, qualora ce ne siano. I casi in cui t sostituibile
ax in a sono definiti per induzione come segue:
Definizione 9
1. Se a e unaformula atomica, allora te sostituibile a X in a;
2. te sostituibile a x in ~ asse e sostituibile a x in a;
3. tesostituibileaxin a::J f3sse esostituibile axin ae in f3;
4. t esostituibile a X in Vyasse, se X e/ibera in \jya, allora t esostituibile a x in a e non contiene y.
D9.1 contemplal'eventualitche anoncontengax, pertanto a(tlx) =a.
Lo stesso si pu dire di D9.2 e D9.3. In D9.4, il caso in cui Vya non
47
c~ntiene x uno dei due casi in cui non vale l'antecedente del lato
destro. L'altro quello in cui x vincolata in V ya. In entrambi i casi,
Vya(tlx) = Vya. Quando vale l'antecedente del lato destro, invece,
la condizione che t non contengay ha lo scopo di evi tare che sostituendo t ax si vincoli una variabile in t per effetto del quantificatore.
La regola di inferenza di S la seguente:
Esercizio 1
1.
2.
3.
Pa
Pa--:JPb
Pb
l,2MP
Lemma 6
a, a--:J f3 ~ f3
Anche una dimostrazione in S pu essere definita sulla base dell'apparato deduttivo di S nel modo illustrato nel paragrafo i.2:
Definizione 11 Una dimostrazione di a una sequenzafinita diformule che termina con a ciascuna delle quali esemplifcaAJ-A7 o ricavata
per mezzo di MP da formule che la precedono.
Definizione 10
1. Px--:J ((Px--:JPx)--:JPx)
Al
2. (Px--:J((Px--:JPx)--:JPx))--:J((Px--:J(Px--:JPx))--:J(Px--:JPx)) A2
3. (Px--:J (Px--:JPx))--:J (Px--:JPx)
l, 2MP
48
49
4. Px~ (Px~Px)
5.
Px~Px
Al
3,4MP
1-
I- a~ a
1. Vx(Px~0)
2. Pa
3. V x(Px~ Qx) ~ (Pa ~ Qa)
4. Pa~Q_f,
s.
Q_f,
A4
1,3MP
2,4MP
Lemma 8
Se I- a, allora I- V xa.
1.
2.
I- V xf3
I- V x(f3~ a)
50
Da 1e4 si ottiene:
51
S.
I- 'v'xa
Ora risulta chiaro che I- 'v' x(Px:::) Px). Infatti, basta mettere insieme
L8 e il fatto gi assodato che I- Px:::) Px. In generale, l'insieme degli
enunciati che sono teoremi di S fornisce una caratterizzazione di un
insieme di verit logiche che hanno una forma esprimibile in L.
Esercizio 4
al-a
Lemma 10
Se f
Lemma 11
Lemma 12
Se f
Lemma 13
Se
Lemma 14
I- a, allora f U t:,. I- a.
1-s a e r h"' a.
Qui 1-s indica la derivabilit in un sistema qualsiasi S. In generale, il
che r
Definizione 13
I- a, allora f I- a.
!-a.
52
Definizione 12
Lemma 9
1-s a e h"' a.
1-s
1-s"'
53
validi, ragionando su ogni singolo assioma. La coerenza di S pu essere facilmente ricavata da questo risultato:
Lemma 15
Dimostrazione Si consideri unaformula a:J (f3:J a). Date una struttura qualsiasi e un'assegnazione qualsiasi, ciascuna delle due formule a
e f3 soddisfatta o non soddisfatta dall'assegnazione. Quindi sufficiente considerare quattro casi: a e f3 sono entrambe soddisfatte, solo
a soddisfatta, solo f3 soddisfatta, nessuna delle due soddisfatta. In
ciascuno di questi casi, a :J (/3 :J a) risulta soddisfatta.
Lemma 16
D
Ognifonnula (a:J (/3:Jy)) :J ((a:J /3) :J ( a:Jy)) evalida.
Dimostrazione
Come per LI 5 e LI 6.
D
Sia t un tennine sostituibile a una variabile x in unafonnula a. Data un'assegnazione vin una struttura .A: e una x-variante v' di
v tale che [x].A,u [t].A,u' vsoddisfa a(t/x) sse v' soddisfa a.
Lemma 18
valida.
Dimostrazione Ll8 si dimostra per induzione sulla complessit di
a, assumendo che t sia sostituibile ax in a e che v' sia unax-variante di
vtaleche [x].A,u= [t].A,u'
Base. Assumiamo che a sia una formula atomica Ptl' .. ., tn. Per ogni i
tale che 1 ~i~ n, sia t'.il
risultato della sostituzione in t.l dix con t.
l
Questo significa che vsoddisfa a(t/x) sse ([t~].A,u' .. ., [<J.A:,) E [P]A e
v' soddisfa asse ([t1].A,u' .. ., [tn].A,u) E [P]A. Siccome [t;J.A:,u = [tJ.A,u'
v soddisfa a(tlx) sse v1 soddisfa a.
Passo. Assumiamo che il bicondizionale da dimostrare valga per tutte
54
Dimostrazione Siat sostituibile ax in a. Assumiamo che in una struttura .A: un'assegnazione v soddisfi 'ef xa. Allora unax-variante v' div
tale che [x].A,u = [t].A,usoddisfa a. MadaLI8 risulta che v' soddisfa a
sse v soddisfa a(tlx). Quindi, v soddisfa a(tlx).
Lemma 20
Dimostrazione
55
sfi a. Per ognix-variante v' div, da L2 risulta che v' soddisfa a. Quindi v soddisfa V xa.
Lemma 21
Se f- a, allora != a.
D
Teorema 1 Se coerente.
Dimostrazione Da D4 e D8 risulta che, se != a, allora non si d il
caso che !=~ a. Quindi si pu ragionare come segue. Supponiamo che
f- a. Per L23 ne consegue che != a. Ma allora non si d il caso che !=~ a.
Quindi, sempre per L23, non si d il caso che f-~ a.
D
Esercizio 5 Nella base della dimostrazione di LI8 si asserisce che in
una formula atomicaPt1, ., t 11 in cui t sostituibile ax, per ogni i tale
che I:::;; i:::;; n risulta che [t~]A,v = [tJA.v'' dove t' il risultato dellasostituzione in t; dix con te v' unax-variante di vtale che [x]A.v' = [t]A.v'
Dimostrare questa asserzione per via induttiva.
56
Vya.
Lemma 23
57
Se f, a I- {3, allora f
I- a:) f3.
1.
2.
3.
/3
f3
Al
l,2MP
58
59
massimo lunghezza n. Allo stesso modo, dato che r :::J /3 precede f3,
. esiste una derivazione dir :::J /3 dar, a che ha al massimo lunghezza n.
Per ipotesi di induzione, quindi,
1. n-a:::J r
Lemma25
~~a:::J(a:::Jf3)
2.
Dimostrazione
1. ~~ a:::J (~ f3::J~ a)
2. ~ ( ~ f3 ::J~ a) :::J (a :::J /3)
3. ~~ a:::J (a:::J /3)
3.
Al
A3
l,2L24
D
Ma se vale 3, allora per L13 vale anche:
4.
Da 2, 4e112 risulta:
s.
r~(a:::Jy):::J(a:::Jf3)
r ~a:::Jf3
D
Il condizionale inverso di T2 ovviamente vero: se f ~ a :::J f3,
allora si pu derivare /3 da f, a usando MP. Quindi, risulta chef, a~ f3
ssef ~a:::J f3.
Teorema 3
a, ~
a ~ f3
Nota
a::Jf3,f3::Jy~a::Jy
Dimostrazione
1. a~a
2. ~a~~a
3. a,~a~a
4. a,~a~~a
s. ~~ a:::J (a::Jf3)
6. a,~a~~a::J(a::Jf3)
7. a,~a~a::Jf3
8.
a,~a~/3
L9
L9
ILIO
2110
L25
5113
4,6Ll2
3, 7Ll2
D
T3 esprime la legge dello Pseudo Scoto, secondo cui una contraddizio61
f-~~
a:J a
Dimostrazione
-i. f-~~ a:J (~ a:J~~~ a)
2. f-(~a:J~~~a):J(~~a:Ja)
3. f-~~ a:J (~~ a:J a)
4.
S.
f-(~~a:J~~a):J(~~a:Ja)
6.
7.
f-~~ a:J~~
f-~~
a:Ja
L25
A3
l,2L24
A2
3,4Ll2
L7
5,6Ll2
f- a:J~~ a
Dimostrazione
1. f-~~~ a:J~ a
2. f-(~~~a:J~a):J(a:J~~a)
3. f-a:J~~ a
~~a,
a:J f3 f-~~ /3
Dimostrazione
1. ~~a
2. a:Jf3
3. f-~~a:Ja
T4
l,3MP
2,4MP
TS
5,6MP
D
Esercizio 3
Lemma 27
T4
A3
l,2Ll2
D
Dunque a e~~ a sono interderivabili. L'idea espressa da T 4 e TS che
una doppia negazione equivalga a un'affermazione. Questo risulta
chiaro se si pensa che la logica classica si fonda sul principio di bivalenza. Supponiamo che sia vero l'enunciato "Non si d il caso che la
neve non sia bianca''. Allora "La neve bianca'' non pu essere falso. Se
lo fosse, infatti, "La neve non bianca'' sarebbe vero. Per il principio di
bivalenza, l'unica opzione rimanente che "La neve bianca'' sia vero.
Il ragionamento nella direzione inversa analogo.
62
Lemma 26
4. a
s. /3
6. f-f3:J~~ /3
7. ~~ /3
D
Teorema 5
Sulla base di T 4 e TS si dimostra invece il seguente lemma, che pu essere considerato una variante di L6, dato che ~~ a equivale a a e ~~ /3
equivale a /3:
Teorema 6
Dimostrazione
I. f-( a:J /3) :J (~~ a:J~~ /3)
2. f-( ~~ a:J~~ /3) :J (~ f3:J~ a)
3. f-( a:J /3) :J (~ f3:J~ a)
L27
A3
l,2L24
D
T6 esprime un principio fondamentale:
Principio di contrapposizione Ogni condizionale implica il condizionale che ha come antecedente la negazione del suo conseguente e
come conseguente la negazione del suo antecedente.
T 6 pu essere considerato una variante di A3. Infatti, (a::J {3) ::J ( ~ {3::J~ a)
si ottiene da ( ~~ a::J~~ {3) ::J (~ {3::J~ a), che risultadaA3, sostituendo
~~ a con a e~~ f3 con {3. Lo stesso vale per il seguente teorema:
Formulare la dimostrazione.
4.5. Riduzione all'assurdo S si conforma al principio della riduzione all'assurdo. Per rendersene conto, occorre prima considerare trelemmi.
Lemma 29
Dimostrazione
1. ~~ a::J a, a::J~ f3 f-~~ a::J~ f3
2. f-( ~N a::J~ {3) ::J ({3::J~ a)
3. ~~ a::J a, a::J~ f3 f-[3::J~ a
4. ~~ a::J a f-( a::J~ {3) ::J (f3::J~ a)
S. f- ( ~~ a::J a) ::J (( a::J~ {3) ::J ({3::J~ a))
6. f-~~ a::J a
7. f-( a::J~ {3) ::J ({3::J~ a)
L24
A3
l,2Ll2
3T2
4T2
T4
S,6Ll2
D
Per vedere che T7, come T 6, una variante di A3 si oss.ervi che ( a::J~ {3) ::J
({3::J~ a) si ottiene da ( ~~ a::J~ {3) ::J ({3::J~ a), cherisultadaA3, sostituendo ~~ a con a.
Il principio di contrapposizione, espresso in forme diverse daA3, T6
e T7, costituisce uno strumento dimostrativo importante nella teoria
della logica. Ad esempio, fa leva su questo principio il ragionamento
mediante il quale TI stato dimostrato a partire daL23. In generale,
vi sono casi in cui un condizionale non pu essere facilmente dimostrato per via diretta, cio assumendo il suo antecedente e ricavando il suo
conseguente. In alcuni di questi casi il condizionale pu essere dimostrato per via indiretta, cio assumendo la negazione del suo conseguente e ricavando la negazione del suo antecedente.
Esercizio 4 Applicando due volte T2 a L6 si ottiene che ogni formula a ::J ( (a ::J f3) ::J {3) un teorema. Sulla base di questo fatto si pu
dimostrare il seguente lemma, usando prima T6 e poi L24:
64
Dimostrazione
1. f- ~ a ::J (a ::J~ f3) .
2. f-( ~ a::J (a::J~ {3)) ::J (( ~ a::J a) ::J ( ~ a::J~ {3))
3. f-(~a::Ja)::J(~a::J~{3)
4. f-( ~ a::J~ {3) ::J (f3::J a)
5. f-( ~ a::J a) ::J (f3::J a)
L25
A2
l,2Ll2
A3
3,4L24
D
Lemma 30
Dimostrazione
1. f-(~a::Ja)::J((~a::Ja)::Ja)
L29
2. f- ( ( ~ a ::J a) ::J ( (~ a ::J a) ::J a)) ::J ( ( ( ~ a ::J a) ::J ( ~ a ::J a)) ::J
((~a::Ja)::Ja))
A2
3. f-((~a::Ja)::J(~a::Ja))::J((~a::Ja)::Ja)
l,2Ll2
4. f-( ~ a::J a) ::J (~ a::J a)
L7
5. f-(~a::Ja)::Ja
3,4Ll2
Dimostrazione
1. ( a::J~ a) ::J ( ~~ a::J~ a), (~~ a::J~ a) ::J~ a f- ( a::J~ a) ::J~ a
L24
2. ( a::J~ a) ::J (~~ a::J~ a) f-(( ~~ a::J~ a) ::J~ a) ::J (( a::J~ a) ::J~ a)
1T2
3. f- ((a ::J~ a) ::J (~~a ::J~ a)) ::J (((~~a ::J~ a) ::J~ a) ::J
((a::J~ a) ::J~ a))
2T2
65
6.
7.
4.
S.
Teorema 8
T6
3,4.Ll2
L30
S,6Ll2
1, 2MP
4. f3::Jy
Dimostrazione
1. a ::J~ /3 a ::J~ f3
2. a ::J f3, a ::J~ /31- a ::J~ f3
3. f-( a::J~ /3) ::J (f3::J~ a)
I-
L9
1 LlO
T7
2,3Ll2
L24
L31
S,6Ll2
4, 7Lll
8T2
9T2
S. y
3,4MP
Quindi a ::J {3, f3 ::J y, a f-y. Da questo e T2 si ottiene L24.
2. S soddisfa i due requisiti considerati nel paragrafo 3.3: il primo
perch L contiene~, il S<:condo perch vale T3.
3. L27 si ottiene da L26 applicando due volte T2.
4. 1. a, a::J /3 l-/3
L6
2. a (a ::J /3) ::J f3
1 T2
3. f-a::J ((a::J /3) ::J /3)
2 T2
4.
a::J /3) ::J /3) ::J (~ f3::J~ ( a::J /3))
T6
S. a::J ( ~ {3::J~ ( a::J /3))
3, 4 L24
5. La prima parte come la dimostrazione di T8 fino alla riga 8, ma
con~ a al posto di a. Quindi, si ottiene:
I-
I- ((
I-
T8 esprime il primo dei due tipi di ragionamento c~msiderati nel paragrafo i.5: se a implica f3 e~ {3, allora si ottiene~ a. Per esprimere il
secondo, invece, occorre il seguente teorema:
A questo si aggiunge che, in base a T 4:
Se~
66
67
5. S e le sue estensioni
5.1. Linguaggi del prim'ordine Il vocabolario di L pu essere
ampliato o ristretto in vari modi. Si possono aggiungere costanti individuali, costanti predicative, simboli di funzione, o definire altri
connettivi. I connettivi A, ve=, che stanno per "e", "o" e "se e solo se",
sono definiti in termini di ~ e ::J: a A f3 equivale a~ (a ::J~ {3), a V f3
equivale a~ a::J f3e a= {3equivale a~ ((a::J {3) ::J~ (f3::J a)). Analogamente, il quantificatore esistenziale 3 pu essere introdotto stipulando
che 3xa equivalga a~ "i/ x ~ a. Cos come alcuni simboli possono esse_re aggiunti, altri possono essere sottratti: le costanti predicative possono essere ridotte, le costanti individuali e i simboli di funzione possono essere eliminati in parte o del tutto.
Ciascuna delle modifiche considerate pu essere motivata da qualche
ragione. Mentre le aggiunte rispondono all'esigenza di aumentare le
capacit espressive del linguaggio, le sottrazioni permettono di evitare di usare simboli che risultano superflui rispetto agli scopi che il
linguaggio intende soddisfare. Per semplificare, chiamiamo variante di
L un linguaggio ottenuto da L mediante una o p~ delle modifiche
considerate, assumendo che l'insieme dei simboli aggiunti, se non
vuoto, sia finito o numerabile.
Un esempio piuttosto semplice di variante di L il linguaggio che si
ottiene aggiungendo al vocabolario di L, oltre a A, V e 3, il simbolo=.
Chiamiamo Lid questa variante. Il simbolo= una costante predicativa a due posti che permette di esprimere la relazione di identit. Altri
esempi di variante di L sono i linguaggi che contengono simboli aritmetici. Sia LAI il linguaggio ottenuto da Lid togliendo le costanti individuali, le costanti predicative (tranne = ), i simboli di funzione e
aggiungendo la costante individuale O, il simbolo di funzione a un
posto s - che sta per "successore" - e il simbolo di funzione a due
posti +. Sia LA 2 il linguaggio ottenuto aggiungendo al vocabolario di
LAI il simbolo di funzione a due posti .. Varianti di L ancora pi ricche
di simboli aritmetici possono essere costruite in modo analogo.
Le le sue varianti sono linguaggi del prim'ordine, cio linguaggi le cui
68
Nota Normalmente, per semplificare l'uso dei simboli=, + e ., si inseriscono i simboli stessi tra i rispettivi termini. Ad esempio, invece di
scrivere =xy si scrivex = y. Analogamente, si scrivex :;t:y invece di ~=xy.
Lo stesso vale per+ xy e xy, che sono sostituiti dax+ y ex y. Qui si adotter la stessa convenzione.
Esercizio 1 Tradurre in Lid "Ogni cosa identica a s stessa".
Esercizio 2
s r.
69
AIO stabilisce che non c' alcun numero di cui O successore, mentre
Al 1 garantisce che la funzione denotata das iniettiva, cio che i
successori di due numeri diversi sono diversi. Al2 e Al3 definiscono
l'addizione. Al 4 enuncia il principio di induzione per i numeri. Infatti, a esprime la condizione menzionata nella formulazione del principio nel paragrafo i.5.
Una teoria in LA2 l'aritmetica di Peano, che si abbrevia con PA.
Questo sistema, che prende il nome da Giuseppe Peana ( 18 5 8-1932),
ottenuto aggiungendo i seguenti assiomi ali'aritmetica di Presburger:
A15 \i x(x O= O)
.
A16 \ix\iy(xsy=x+xy)
Al 5 e Al 6 definiscono la moltiplicazione. Se si elimina Al 4 da PA e
si aggiunge il seguente assioma si ottiene l'aritmetica di Robinson,
formulata da Raphael Mitchel Robinson ( 1911-1995):
A17 \i x(x :;t: O::J .3y(x = sy))
Le tre teorie considerate sono assiomatizzazioni diverse dell'aritmetica, cio sistemi differenti che permettono di derivare un insieme
comune di verit aritmetiche.
Nota Nella formulazione di A9 si adotta il simbolo a' invece della
notazione a(yIx) definita nel paragrafo p. Il motivo che quest'ultima implica la sostituzione in a di tutte le occorrenze libere dix con y,
diversamente da quanto A9 richiede.
Esercizio 4
Alo \ix(sx:;t:O)
All \i x\iy(sx=sy::Jx= y)
A12 \ix(x+O=x)
A13 \i x\iy(x+sy =s(x+ y))
A14 ( a(O) A \ix( a(x) ::J a(sx))) ::J \iya(y), per ogni formula a(x) in
cui x occorre libera.
70
5.3. Due lemmi che vertono sulla coerenza Dato che per
D 14 qualsiasi teoria include S, buona parte di ci che stato dimostrato a proposito di S vale per qualsiasi teoria. Ll-L4 dipendono da
71
propriet di L che appartengono a ogni sua variante. LS-L22 dipendono da propriet di S che appartengono a ogni sistema che includaA1A7 e MP. T2 pu essere facilmente generalizzato. Le propriet di S
richieste dalla dimostrazione di T2, infatti, sono tre: ogni formula
che esemplifica Al un assioma, ogni formula che esemplificaA2 un
assioma, MP l'unica regola di inferenza. Siccome D 14 implica queste
tre propriet, T2 vale per qualsiasi teoria. Lo stesso si pu dire per gli
altri lemmi e teoremi su S che sono stati dimostrati a partire da T2, cio
L24-L31 eT3-T9.
La dimostrazione della coerenza di S, invece, non pu essere estesa a
qualsiasi teoria. La ragione molto semplice: siccome una teoria pu
includere assiomi propri che non figurano in S, nulla vieta che quegli
assiomi permettano alla teoria di generare contraddizioni che S non
in grado di generare. Quindi, dal fatto che S coerente non si pu
concludere che una teoria qualsiasi coerente. Lo stesso vale per la
coerenza in S. Dal fatto che un insieme di formule coerente in S
non si pu concludere che lo stesso insieme coerente in una teoria
qualsiasi.
Questa limitazione, tuttavia, non impedisce di dimostrare risultati sulla
coerenza che valgono per qualsiasi teoria. I duelemmt che seguono sono
risultati di questo tipo. Il primo enuncia un fatto abbastanza ovvio,
cio che, se si aggiunge al linguaggio di una teoria coerente un insieme
numerabile di costanti individuali, si ottiene un'altra teoria coerente:
Lemma 32 Se T coerente e T' ottenuta aggiungendo al linguaggio
di T un insieme numerabile di costanti individuali, allora T' coerente.
Dimostrazione Assumiamo che Te T' siano tali che T' ottenuta
aggiungendo al linguaggio di T un insieme numerabile di costanti
individuali. Supponiamo che T' sia incoerente. Allora per qualche a
esiste sia una dimostrazione in T' di a sia una dimostrazione in T' di
~ a. Ciascuna delle due dimostrazioni costituita da un insieme finito
di formule, quindi contiene un numero finito di costanti individuali
nuove. Siano a 1, , an le costanti individuali in questione. Siano ul' ... ,
u n variabili distinte che non compaiono in nessuna delle due dimostra-
72
zioni. Se {31' ... , f3m ladimostrazionein T' di a (conf3m = a)e {3~, ... , /3,:,
la sequenza di formule che si ottiene sostituendo le nuove costanti
individuali in {3 1, , f3m con variabili della lista u 1, , u 11 , risulta che {3~,
... , f3~, una dimostrazione in T. Infatti, per ogni /3; compresa tra {31 e
f3m ci sono tre possibilit.
Caso I: /3; esemplifica Al-A7. In questo caso {3~ esemplifica Al-A?,
quindi un assioma di T.
Caso 2: /3; un assioma proprio di T'. In questo caso {3~ un assioma proprio di T, dato che T' non contiene assiomi propri diversi da quelli di T.
Caso 3: f3; conseguenza diretta di due formule f3k e f3k-:J /3,- In questo caso
ci sono due formule {3~ e. (f3k -:J /3) 1 che precedono {3:, con (f3k-:J /3) 1 =
{3~-:J {3:. Quindi f3'; conseguenza diretta di tali formule.
Dai tre casi considerati risulta che {3'.,l ... , {31Jl1 una dimostrazione in T di
f3,:,. Con un ragionamento analogo si pu concludere che, se /31' .. ., f3m
1
D
Il secondo lemma enuncia un fatto meno ovvio del primo, ma proprio
per questo pi interessante:
Lemma 33 Se~ a unaformula chiusa che non teorema di T, allora
T + {a} coerente.
Dimostrazione Sia~ aunaformulachiusachenonteoremadi Te sia
T' la teoria T + {a}. Per qualsiasi formula {3, ~T' f3 sse a ~T {3. Supponiamo ora che T' sia incoerente. Allora esiste una formula y tale che ~T'' e
~T'~y. Di conseguenza, a ~Tye a ~T~y. PerT2, ~Ta-:Jye ~Ta-:J~y.
Ma da T8 risulta che ~T ( a-:J y) -:J ( ( a-:J~ y) -:J~ a). Applicando due
volte L12 si ottiene che ~T~ a, contrariamente all'ipotesi di partenza.
D
Esercizio 6
73
Esercizio 7 Supponendo, come in L32, che al linguaggio di T si aggiunga un insieme numerabile di costanti individuali per formare T', l'insieme delle costanti individuali del linguaggio di T' risulta numerabile?
Definizione 15
~Tao
~T~a.
Dire che T massimale significa dire che l'insieme degli enunciati del
linguaggio di T pu essere ripartito in due sottoinsiemi: quelli dimostrabili e quelli la cui negazione dimostrabile. Il lemma di Lindenbaum stabilisce che ogni teoria coerente ha un'estensione coerente e
massimale nello stesso linguaggio:
+1 -
T n+l' altrimenti Tn +l la stessa T.11 Sia T'una teoria che ha come assiomi tutti gli assiomi di tutte le teorie (T0, T 1, Tr-.) evidente che T'
ha lo stesso linguaggio di T. altrettanto eviden-te che T' un'estensione di T. Quindi, sufficiente dimostrare che T' coerente e massimale per arrivare alla conclusione desiderata.
La coerenza di T' si dimostra come segue. T 0 coerente per ipotesi.
Inoltre, per qualsiasi n, se T 11 coerente, allora T,,+ 1 coerente. Infatti,
Tn+l ::/= T n solo nel caso in cui T 11 +l = T n +{an+ 1} e~ a n+ 1 non teorema di T n . Ma in quel caso T n+ 1 coerente per L33. Dunque, T n
coerente per qualsiasi n. Ora supponiamo che T' sia incoerente. Allora per qualche a esiste sia una dimostrazione in T' di a sia una dimostrazione in T' di~ a. Ciascuna delle due dimostrazioni contiene un
insieme finito di formule chiuse che sono state aggiunte come assiomi
a T per formare T'. Sia a11 la formula tra queste che in base all'enumerazione ( a 1, a 2, a 3 ... ) risulta avere il numero pi alto nelle due dimostrazioni. Allora le due dimostrazioni possono essere formulate in TIl,
il che significa che T11 incoerente, contrariamente a quanto appena
dimostrato.
Per rendersi conto che T' massimale, si consideri una formula a Il+ 1
nell'enumerazione (a1, a 2, a 3 .. ). O~ a,,+ 1 teorema di T,, o non lo .
Se teorema di T Il, allora teorema di T'. Infatti, ogni dimostrazione
in qualche teoria della sequenza ( T 0 , T 1, T2".) una dimostrazione in
T'. Se invece~ a 11 +l non teorema di T n, allora T n+l = T n +{an+ 1},
quindi a,,+ 1 teorema di T11 +1 Questo significa che a 11 +1 teorema di
T' per la stessa ragione.
In altri termini, la clausola 2 dice che, se a11 + 1 pu essere coerentemente aggiunta come assioma a T 11 , allora si aggiunge a T 11 per formare
74
75
6. Teorie e modelli
1.
2.
6.1. Modello di una teoria Il capitolo 5 fornisce una definizione di teoria e presenta alcuni risultati sintattici sulle teorie. Questo
capitolo, invece, tratta le teorie da un punto di vista semantico. I risultati che presenta vertono sulle relazioni tra teorie e modelli:
Definizione 16
s r.
T6
l,2L12
T4
3,4L24
L35
Al
1. 1-rf3::J (a::J /3)
2. 1--r (/3 ::J (a ::J /3) ::J ( ~ (a ::J /3) ::J~ {3)
T6
3. 1--r~ (a ::J /3) ::J~ /3
l, 2 L12
7. S. Il linguaggio di T ha al massimo un insieme numerabile di
costanti individuali che non sono in L. Il linguaggio di T' ha un insieme numerabile di costanti individuali che non sono nel linguaggio di T.
Quindi, il linguaggio di T'ha al massimo un insieme numerabile di
costanti individuali che non sono in L. Il caso analogo a quello dell'esercizio 2.1.
76
Per capire bene D 16 occorre tenere presente che teorie diverse avere gradi
diversi di generalit. Ad esempio, la teoria dell'identit permette di
rappresentare verit e inferenze esprimibili mediante il simbolo =.
Queste verit e inferenze hanno un grado di generalit piuttosto alto, in
quanto i principi dell'identit su cui si fondano valgono indistintamente
per ogni oggetto. Una teoria aritmetica, invece, costruita con l'intento
di descrivere i numeri e le loro propriet. Quindi le verit e le inferenze
formulate nella teoria hanno un grado di generalit pi basso, in quanto
valgono per i numeri, o almeno per tutto ci che sufficientemente simile ai numeri da conformarsi alla descrizione fornita dalla teoria.
Il grado di generalit di una teoria pu essere reso esplicito specificando un insieme di strutture, cio l'insieme delle strutture appropriate
per la teoria. La differenza tra la teoria dell'identit e una teoria aritmetica pu dunque essere espressa in questi termini: tutte le strutture in
cui il simbolo= interpretato con il suo significato inteso sono appropriate per la la teoria dell'identit, mentre solo certe strutture di tipo
ancora pi specifico sono appropriate per l'aritmetica, cio quelle in
cui i simboli +, , Oes siano interpretati in un certo modo.
Ma che cosa significa esattamente "appropriate"? D 16 fornisce una risposta a questa domanda: le strutture appropriate per T sono i modelli di T.
La risposta plausible perch l'insieme dei teoremi di T fornisce una
caratterizzazione sintattica del contenuto di T, vale a dire di ci che T
enuncia. Una struttura non pu essere appropriata per T se non si
conforma al contenuto di T.
77
Definizione 17 Te chiusa sse per ogniformula a che contiene occorrenze libere di una sola variabile x, se f-T a(tlx) per ogni termine chiuso t,
allora f-T V xa.
La chiusura pu essere intesa come segue: se in T dimostrabile che
una certa condizione vale per ogni oggetto del dominio di cui il
linguaggio di T contiene un nome, allora dimostrabile che quella
condizione vale senza restrizioni per ogni oggetto del dominio. D 17
permette di formulare un ragionamento che si articola in due parti.
Prima si dimostra, aggiungendo un lemma a quanto precede, che se
T coerente allora esiste un'estensione T' di T che chiusa, coerente
e massimale. Poi si dim~stra che se T' chiusa, coerente e massimale,
allora T' ha un modello numerabile. In questo modo si ottiene il
condizionale desiderato: se T coerente, allora T ha un modello
numerabile.
1.
2.
3.
Da3 risulta che c' una dimostrazione in T di a(c/x). Sia/31' ... , /3,, tale
dimostrazione. Sia u una variabile che non occorre in /31' ... , /3,, o in a.
Sia f3~, ..., /3: il risultato della sostituzione di u a e in /31' ... , {311 /3~, ... , /3:,
78
f-T~(a(c/x)::::)'efxa)::::)a(clx)
f-Ta(clx)
L34
l,2Ll2
79
2.
~T~(a(c/x)::J\/xa)
~T~(a(c/x)::J\/xa)::J~
3.
~T~Vxa
I.
Vxa
L35
l,2Ll2
Lemma 38
numerabile.
Lemma 39
80
(si veda l'esercizio 2.2). Ora si dimostrer che per qualsiasi enunciato
a, [a]A 1 sse f-Ta.
Base. Assumiamo che n = O. In questo caso a una formula atomica
Pt1, , t 11 in cui t 1, , t11 sono termini chiusi. Per la clausola (b) della
definizione di Ane consegue che [a ]A= 1 sse f-T a.
Passo. Assumiamo che il bicondizionale da dimostrare valga per qualsiasi enunciato di complessit minore o uguale a ne consideriamo un
enunciato adi complessitn + 1.
Caso 1: a ha la forma~ (3. In questo caso f3 un enunciato. Supponiamo che [a]A =O. Allora [f3]A = 1. Per ipotesi di induzione, f-Tf3. Dato
che T coerente, ne consegue che ~ f3 non teorema di T. Quindi, se
~Ta,allora [a]A = 1. Supponiamo ora che [a]A =I.Allora [f3]A =O.
Per ipotesi di induzione, f3 non teorema di T. Dato che T massimale, f-T~ (3. Quindi, se [a ]A= 1, allora f-T a.
Caso 2: a ha la forma f3 ::J y. In questo caso f3 ey sono enunciati. Supponiamo che [a]A =O.Allora [f3]A = 1 e [y]A =O. Per ipotesi di induzione, f-T f3 e y non teorema di T. Siccome T massimale, f-T~ y. Ma da
L28 risulta che f-T f3 ::J ( ~ y ::J~ ((3 ::J y ). Per L12, f-T~ ((3 ::J y ). Dato
che T coerente, f3 ::J y non teorema di T. Quindi, se f-T a allora
[a]A 1. Supponiamo ora che a non sia teorema~i T. Allora f-T~
(f3::Jy), essendo T massimale. Per L34 e L35, f-T~ (f3::Jy) ::J f3 e f-T~
((3 ::J y) ::J~ y. Per L12, f-T f3 e f-T~ y. Data la coerenza di T, y non
teorema di T. Per ipotesi di induzione [f3]A = 1 e [y]A =O, il che significa che [a]A =O.Dunque, se [a]A = l,alloraf-Ta.
Caso 3: a ha la forma 'if xf3. In questo caso f3 pu essere chiusa o aperta, dunque consideriamo prima l'ipotesi che sia chiusa. Supponiamo
che f-T a. Questo significa che f-T 'if xf3. Siccome f-T 'if xf3 ::J f3 per A4,
applicando L12 si ottiene che f-T (3. Per ipotesi di induzione, [(3] A= 1,
di conseguenza ['if xf3]A = 1. Quindi, se f-Ta, allora [a]A = 1. Inversamente, supponiamo che [ a]A 1. Allora [f3]A = 1. Per ipotesi di
induzione, f-T (3. Da questo e L8 si ottiene che f-T 'if xf3. Quindi, se
[a ]A= 1, allora f-T a. Consideriamo ora fipotesi che f3 sia aperta. In
questo caso l'unica variabile libera in f3 x, perch a chiusa. Supponiamo che f-Ta.Allora per A4eL12siottieneche f-Tf3(t/x), dove t
un termine chiuso. Per ipotesi di induzione, [f3(tlx)] A l. Siccome
82
questo vale per ogni termine chiuso, ne consegue che [a ]A= 1. Infatti, A congegnata in modo tale da garantire la verit di 'if xf3 nel caso
in cui f3(tlx) sia vera per qualsiasi t. Quindi, se f-Ta, allora [a]A = 1.
Supponiamo ora che [ a]A = 1. Allora f3 soddisfatta da tutte le assegnazioni in A. Quindi [f3(tlx)]A = 1 per qualsiasi termine chiuso t.
Per ipotesi di induzione, f-Tf3(tlx) per qualsiasi termine chiuso t.
Siccome T chiusa, da questo si ottiene che 1-T 'if xf3. Quindi, se
[a]A = 1, allora f-Ta.
Da quanto precede risulta che per qualsiasi enunciato a, [a] A= 1 sse
f-T a. Questo sufficiente per concludere che per qualsiasi formula a,
se f-T a, allora a soddisfatta da tutte le assegnazioni in A. Infatti, se
f-T a e a una formula aperta, per L8 esiste un enunciato f3 tale che le
variabili libere in a sono vincolate in f3 e f-T (3. Ne consegue che
[(3] A= 1, quindi che a soddisfatta da tutte le assegnazioni in A.
D
Teorema 10
D
Nota
1.
S.
3. Ogni formula che esemplifica Al-A7 soddisfatta da tutte le
assegnazioni in tutte le strutture (si veda PAR. 3.4), quindi soddisfatta da tutte le assegnazioni in tutte le strutture normali. Anche A8,
chiaramente, soddisfarta da tutte le assegnazioni in tutte le strutture normali. Ora si consideri una formula che esemplifica A9. Supponiamo che x =y sia soddisfatta da vin una struttura normale A. In
questo caso v assegna lo stesso oggetto ax ey. Quindi, se v soddisfa a
e a' differisce da a al massimo in quanto y sostituisce x in qualche
occorrenza libera, allora v soddisfa a'. Di conseguenza, v soddisfa
x = y :J (a :J a'). Siccome v un'assegnazione qualsiasi, Vy(x = y :J
(a :J a')) soddisfatto da tutte le assegnazioni in A, e lo stesso vale
per V x Vy(x =y :J (a :J a')). Dunque gli assiomi della teoria dell'identit sono soddisfatti da tutte le assegnazioni in tutte le strutture
normali. Se a questo si aggiunge che MP preserva il soddisfacimento
in tutte le strutture normali, si ottiene che ogni teorema della teoria
dell'identit soddisfatto da tutte le assegnazioni in tutte k strutture normali.
4. No. Certamente non ci sarebbero stati problemi con la base. Ma se
nel passo si assumesse solo il condizionale come ipotesi di induzione,
non ovvio come si potrebbe arrivare al risultato desiderato. Basta
provare con il caso I per convincersi di questo fatto.
5. Se f3 chiusa, allora non contiene occorrenze libere dix. Quindi,
per qualsiasi termine t, t sostituibile ax in {3 e {3(tlx) ={3.
6. No. Lid permette di formulare enunciati che sono falsi in ogni
struttura normale infinita. Ad esempio, l'enunciato 3x3y(x y A
V z(z=x v z =y)) considerato nell'esercizio 5.3 vero in una struttura
normale solo se il dominio della struttura contiene esattamente due
oggetti. Aggiungendo un enunciato del genere come assioma proprio
2.
84
85
7. Correttezza
7.1. Corrispondenza tra sintassi e semantica L'apparato
deduttivo presentato nel capitolo 3 permette di fornire una caratterizzazione sintattica di un insieme di argomenti deduttivamente validi e
di verit logiche. D 1Oe D 11 sono formulate in termini dell'apparato
deduttivo di S, senza alcun riferimento a propriet semantiche. D'altra
parte, l'interpretazione di L presentata nel capitolo 2 permette di
fornire una caratterizzazione semantica di un insieme di argomenti
deduttivamente validi.e di verit logiche. D7 e D8 presuppongono
solo le definizioni di struttura e di assegnazione, quindi non dipendono da questo o quell'apparato deduttivo. Lo stesso vale per qualsiasi
teoria. Le definizioni di derivazione e di dimostrazione in una teoria
sono sintattiche, mentre quelle di conseguenza logica e di validit per
il suo linguaggio sono semantiche.
Dati una teoria Te un insieme di strutture M, la conseguenza logica
e la validit per il linguaggio di T possono essere definite in termini
diM:
87
Definizione 20
Definizione 21
~T a,
allora r l=M a.
Se f ~a, allora r
I= a.
88
r I= a.
7.3. Correttezza e insiemi di strutture Da Tll risulta che
ogni derivazione in S esprime una relazione di conseguenza logica
rispetto a il.Tuttavia, non vale lo stesso per qualsiasi teoria. Una teoria
pu includere assiomi propri che non sono validi simpliciter e pertanto non essere correttasimpliciter. Se T include un assioma proprio f3
che non valido rispetto a il, possibile che in T si possa derivare a da
r per mezzo di /3, pur non essendo a conseguenza logica dir rispetto a
il. Il caso pi semplice quello in cui f 0 e a= f3.
Ogni teoria del genere ha un contenuto specifico che fissato dai suoi
assiomi propri. Questo significa che c' un sottoinsieme proprio di il
rispetto al quale gli assiomi della teoria risultano validi. Per enunciare
un teorema generale che valga per tutte le teorie, quindi, si deve tenere
conto del fatto che in molti casi la relazione semantica rilevante non
la conseguenza logica simpliciter, ma piuttosto la conseguenza logica
rispetto a un certo insieme di strutture. Si consideri il seguente lemma:
89
Teorema 12
ecorretta rispetto a M
Dimostrazione SiaM un insieme di strutture rispetto al quale gli assiomi propri di T sono validi. In ogni struttura inM, tutti gli assiomi propri
di T sono veri. Pertanto, da L40 risulta che ogni strutturainM modello
di T. Quindi, si pu dimostrare che se r ~T a allora r .Ma nello stesso
modo in cui TI I stato dimostrato a partire daL23.
o
T12 pu essere riformulato come segue: ogni teoria corretta rispetto all'insieme dei suoi modelli. Infatti, l'insieme delle strutture rispetto al quale gli assiomi propri di una teoria sono validi e l'insieme dei
modelli della teoria sono lo stesso insieme. SiaMl'insieme delle strutture rispetto al quale gli assiomi propri di T sono validi e siaM' l'insieme dei modelli di T. Da L40 risulta che per una struttura qualsiasi
A, se A E M, allora A E M'. Supponiamo ora che A EM'. Allora
ogni teorema di T soddisfatto da tutte le assegnaziqni in A. Quindi,
gli assiomi propri di T sono soddisfatti da tutte le asegnazioni in A, il
che significa che A EM.
go
91
8. Completezza
8.1. Teorema di completezza La dimostrazione del teorema di
completezza pi lunga e articolata di quella del teorema di correttezza.
A partire dal lavoro di Kurt Go del (I 906-I 978 ), diversi metodi sono
stati sperimentati per arrivare a questo risultato. Il metodo qui adottato,
che risale a Leon Henkin (I92I-2006), permette di dimostrare la
completezza di S sfruttando risultati gi acquisiti nei capitoli precedenti. Innanzitutto si dimostrer, grazie a TI O, che ogni insieme di formule
chiuse coerente in una teoria ha un modello. Poi si user questo risultato
per dimostrare, con l'aiuto di due lemmi ulteriori, che ogni insieme di
formule coerente in una teoria soddisfacibile. Aggiungendo un lemma
di carattere sintattico su S, si arriver cos al risultato desiderato.
Se f un insieme diformule chiuse coerente in una teoria
T, allora r ha un modello.
Lemma 41
D
Lemma 42 Siano Te T' tali che T' ottenutaaggiungendoallinguaggio di T un insieme numerabile di costanti individuali. Se f un insieme diformule coerente in T, allora f coerente in T '.
Dimostrazione. Supponiamo chef sia incoerente in T'. Allora per
qualche a esiste sia una derivazione in T' di a da f sia una derivazione
in T' di~ a da f. Sostituendo nelle due derivazioni ogni costante individuale che non nel linguaggio di T con una variabile appropriata si
ottengono due derivazioni in T, con il risultato che T incoerente. Il
ragionamento analogo a quello impiegato per dimostrare L32.
D
92
Dimostrazione Supponiamo che f-Ta(c/x). Allora esiste una dimostrazione in T di a( clx) in cui cpu essere rimpiazzata da una vriabile che non occorre nella dimostrazione stessa o in a. A partire da
questo fatto, con un ragionamento analogo a quello impiegato nella
dimostrazione di L37 si pu concludere che a.
I-
D
Se f un insteme diformule coerente in una teoria T, allora r soddisfacibile.
Lemma 44
93
I- a.
Se r
Fa, allora r I- a.
D
Esercizio 1 Nella dimostrazione diL41 si assume che, se T + r ha un
modello numerabile, allora r ha un modello. Perch questa assunzione legittima?
Esercizio 2
Lemma 46
completezza di T rispetto a qualsiasi sottoinsieme di il. Questo risultato ovvio, se si pensa che un enunciato a del linguaggio di T valido rispetto a un sottoinsieme di il se vero in qualche modello di T.
Godel ha dimostrato che nel linguaggio di una teoria aritmetica si
possono formulare enunciati che sono veri in qualche modello della
teoria ma non sono dimostrabili nella teoria. Di questo tratta il celebre
teorema, al quale si alludeva nell'Introduzione.
I limiti del teorema di completezza, dunque, sono in un certo senso
opposti a quelli del teorema di correttezza. Nel caso della correttezza
l'attribuzione della proprietsimpliciter pi impegnativa dell'attribuzione della propriet rispetto a un sottoinsieme proprio di il, in quanto la prima implica la seconda ma non ne implicata. La correttezza
simplicitervale solo per una teoria del grado di generalit di S. Per una
teoria pi specifica si pu dimostrare al massimo la correttezza rispetto a un sottoinsieme proprio di il. Al contrario, nel caso della completezza l'attribuzione della propriet simpliciter la meno impegnativa.
Una teoria pu essere completa rispetto a il pur non essendo completa rispetto a questo o quel sottoinsieme proprio di il.
95
96
su una dimostrazione come quelle presentate nel paragrafo 1. 5per riconoscere che in alcuni argomenti impossibile che le premesse siano
vere e la conclusione sia falsa. L'idea di forma valida, invece, teoricamente pi impegnativa, poich presuppone una distinzione tra costanti logiche ed espressioni non logiche. Questo signifca che N intuitiva al massimo in senso relativo, cio pi intuitiva di D7. D'altra parte,
quale nozione intuitiva in senso assoluto?
Nel caso di R ci sono almeno due opzioni. Si potrebbe sostenere che R
lequivalenza estensionale, cio la relazione che sussiste tra due predicati quando gli oggetti ai quali si applicano sono esattamente gli stessi.
Ad esempio, "acqua'' e "H 2O" sono predicati estensionalmente equivalenti, poich tutto ci che cade sotto il primo cade sotto il secondo e
viceversa. Oppure si potrebbe sostenere che R l'analisi concettuale,
cio la relazione che sussiste tra due predicati quando uno dei due
fornisce un'analisi del concetto espresso dall'altro, riducendolo ad altri
concetti che sono pi semplici o prioritari dal punto di vista esplicativo. Ad esempio, "uomo adulto non sposato" pu essere considerato
un'analisi concettuale di "scapolo". Il secondo modo di intendere R
pi forte del primo: l'analisi concettuale implica l'equivalenza estensionale, ma non ne implicata. Quindi, se D7 fornisce un'analisi concettuale di N, allora estensionalmente equivalente a N, ma non vale
l'inverso.
La tesi secondo cui R sussiste tra D7 e N pu ora essere esarriinata, assumendo che N contempli un insieme di forme esprimibili mediante le
costanti logiche di L. Se R intesa come equivalenza estensionale,
sembra corretto dire che R sussiste tra D7 e N. Si consideri il seguente
condizionale:
1.
I= a.
Supponiamo che il conseguente di 1 sia falso, cio che esista una struttura A che modello di f ma non di a. Allora esiste un argomento
che esemplifica f; a e ha premesse vere ma conclusione falsa, cio un
argomento costruito rimpiazzando le costanti logiche che occorrono
in f; a con le corrispondenti espressioni italiane, e le espressioni non
97
3.
Se f
98
99
9. Modelli e cardinalit
1.
100
Nota 0 in corrispondenza biunivoca con O, poich in corrispondenza biunivoca con 0. Per convincersi di questo fatto bisogna pensare che le definizioni di relazione, funzione, funzione iniettiva e corri102
9.2. Teorema di Lowenheim-Skolem Il primo dei due risultati che si ottengono a par~ire da T 1O un teorema che solitamente viene
associato ai nomi di Leopold Lowenheim (1878-1957) e Thoralf
Skolem (1887-1963):
Teorema 14
Dimostrazione
Tl4consegueda TlOeL46.
o
Il teorema di Lowenheim-Skolem interessante non solo per ci che
enuncia, ma anche per le conseguenze che permette di trarre. Una la .
seguente:
Teorema 15
numerabile di punti sia modello di T. Di nuovo, per Tl S esiste un modello numerabile di T. Esempi come questi mostrano che c' un limite ben
preciso alla capacit delle teorie di caratterizzare iloro modelli intesi. Una
teoria non in grado di fornire una descrizione adeguata del suo modello inteso nel caso in cui questo modello sia di cardinalit maggiore di N 0
La descrizione non adeguata nel senso che si applica altrettanto bene a
un modello di cardinalit N 0 diverso dal modello inteso.
Una generalizzazione ulteriore pu essere ottenuta sulla base del
seguente lemma:
. a.I sea.EA
I
I
bz- { e sea.EA -A
I
o
Nota
Teorema 16
Dimostrazione
104
Teorema 18
1-r
D
L'importanza del teorema di compattezza pu essere apprezzata considerando alcune sue applicazioni. Torniamo aPA. Come risulta dal
paragrafo 9.2, T16 permette di dimostrare l'esistenza di modelli non
standard diPA che non sono numerabili. Dunque, ci si potrebbe chiedere se esistano anche modelli non standard numerabili. Il teorema di
compattezza fornisce una risposta affermativa a questa domanda:
Teorema 19
Un'altra conseguenza interessante del teorema di compattezza implica la nozione di modellofinito arbitrariamente grande. Per un insieme
di enunciati r, affermare che r ammette modelli finiti arbitrariamente grandi significa dire che, per ogni n, esiste un m ; : : n tale che r ha un
modello di cardinalit K =m.
Lemma 48 Se f ammettemodellinormalifinitiarbitrariamentegrandi, allora r ha un modello infinito.
Dimostrazione Assumiamo che r ammetta modelli normali finiti
arbitrariamente grandi. Per ogni n, sia a 11 l'enunciato della forma
Vx 1Vx,- ... Vxn- 13x11 (xn ;t:.x1 A ... Ax11 *-X11- 1),dovex 1,x2,x,:J ... siriferiscono alla prima variabile del linguaggio, alla seconda, alla terza e cos
via. a 1l vero in un modello normale solo se la cardinalit del modello
maggiore o uguale an (si veda l'esercizio 5.2). Sia f* r U {a 1, ar.}
il risultato dell'aggiunta di tutti gli a,, a r. Ogni sottoinsieme finito di
f* un sottoinsieme dir u {al' ... , a111} per qualche m, quindi ha un
modello normale di cardinalit maggiore o uguale a m. Per T18, una
107
Nota T 17 e T 19 vertono su PA. Ma risultati analoghi possono essere dimostrati per altre teorie aritmetiche, come quelle considerate nel
paragrafo 5.2. Questo significa che le conseguenze dei teoremi di
Lowenheim-Skolem e di compattezza relative ai modelli non standard
valgono per l'aritmetica in generale.
108
1.
2.
109
10.
Dire che A e 13 sono isomorfe significa dire che esiste una corrispondenza biunivoca tra A e B rispetto alla quale l'interpretazione delle
espressioni non logiche di L resta invariata.
Ora si dimostrer un teorema fondamentale che verte sull'isomorfismo. Per farlo, occorre prima dimostrare il seguente lemma:
v.
v:
111
D
Una conseguenza diretta di T21 che due strutture isomorfe assegnano lo stesso valore di verit a ogni enunciato. Per esprimere questo
fatto si usa la seguente definizione: A e 'E sono equivalenti, in simboli A= 13,sseperognienunciato a,[a]A = 1 sse [a]'B= I.Il teorema che
si ottiene il seguente:
Teorema 22
I= T sse 131= T.
Nota La relazione fra strutture sulla quale verte T22 spesso chiamata "equivalenza elementare": invece di dire che A e 'E sono equivalenti, si dice che sono "elementarmente equivalenti".
Esercizio 1 Se A e 1? sono strutture infinite di cardinalit diversa,
possibile che siano isomorfe?
Esercizio 2 Dati due linguaggi Le L' tali che L' ottenuto aggiungendo aL una costante individuale c, se esiste un'immersione isomorfa
di .Ae 'E rispetto a L, esiste un'immersione isomorfa di A e 'E rispetto
aL'?
D25 fornisce un criterio "assoluto" di categoricit, nel senso he implica una quantificazione sui modelli di T senza restrizioni di alcun genere. Il limite di questa definizione, tuttavia, che impone una condizione talmente forte da rendere la nozione di categoricit praticamente
inapplicabile. Si consideri il seguente teorema:
Teorema 24 PA non ecategorica.
Dimostrazione PA ha un modello numerabile. Ma per Tl 7 ammette
pure un modello non numerabile. Siccome non pu esserci isomorfismo tra un modello numerabile e un modello non numerabile (si veda
l'esercizio 10.1), PA non categorica.
D
113
un risultato di non categoricit per PA in termini di D26 non sufficiente invocare il fatto che esistono modelli di cardinalit diversa, come nel
caso di T24. Quello che si pu dimostrare, invece, il seguente teorema:
Teorema 25
Rispetto alla categoricit intesa nel senso di D26 si possono presentare diversi casi. Una congettura avanzata daJerzy Los ( 1920-1998) che
i casi possibili siano i seguenti:
1. T categorica nella potenza K per ogni cardinale transfinito K (in
questo caso T "totalmente categorica");
2. T categorica nella potenza K sse K > X 0 (in questo caso T "non
numerabilmente categorica'' ma non totalmente categorica);
3. T categorica nella potenza K sse K = X0 (in questo caso T
"numerabilmente categorica'').
La congettura di Los ha generato un ampio dibattito, contribuendo in
modo significativo allo sviluppo della teoria dei modelli. I due
maggiori programmi di ricerca in questo ambito, chiamati "teoria
della classificazione" e "teoria geometrica dei modelli", nascono
appunto da una risposta alla congettura di Los fornita da Michael
Morley (n. 1930). La risposta affermativa e poggia su un teorema,
chiamato "teorema di categoricit'', che richiede una dimostrazione
molto complessa: se T coerente, massimale e categorica in qualche
potenza K tale che K > X 0, allora T categorica in ogni potenza Dtale
che D > X 0 In altri termini, se T categorica in qualche potenza pi
che numerabile, allora categorica in ogni potenza pi che numera115
D
Esercizio 3 Fornire un esempio di teoria che non sia categorica nella
potenza K per nessun cardinale transfinito K.
10.3. Teoria degli insiemi Aquestopuntosipuritenereconcluso il discorso sulle propriet semantiche delle teorie. La parte rimanente di questo capitolo illustra alcuni esempi di teorie diversi da quelli
presentati nel capitolo 5, per arricchire il campionario e allargare cos
la prospettiva sulle applicazioni della logica del prim'ordine. Il primo
caso che sar considerato quello della teoria degli insiemi, che essenziale per la teoria della stessa logica del prim'ordine. Almeno due assiomatizzazioni della teoria degli insiemi meritano attenzione. Una il
sistema classico conosciuto come teoria di Zermelo-Fraenkel, in breve
ZF. Questo sistema prende il nome daErnst Zermelo (1871-1953),
che forn una prima lista di assiomi, e da Abraham Fraenkel ( 18911965 ), che aggiorn la lista successivamente. Sia LZF un linguaggio
116
A18 Vx'efy(Vz(zEx=zEy)-::>x=y)
A19 Vy3z'efx(xEz=(xEyA a(x)))
A20 Vx(3y(yEx)-::> 3y(yEx /\ ~ 3z(zEx /\ zEy)))
A21 3x'efy~ (yEx)
A22 Vx'efy3z'efu(uEz=(u=xv u=y))
A23 Vx3y'efz(zEy= 3_u(uExAzEu))
A24 Vx3y'ef z(zEy= Vu(uEz-:JuEx))
A25 3x(3y(Vu~ (uEy) AyEx) /\ Vy(yEx-:J 3z(Vu(uEz= (uE
yv u=y)) AzEx)))
A26 VuVv'efw(a(u,v) /\ a(u,w)-:Jv=w)-::> Vx3y'ef z(zEy= 3u(uE
x /\ a(u,z)))
Al 8 enuncia il principio di estensionalit, pertanto detto assioma di
estensionalita. Al 9, chiamato assioma di separazione, in realt uno
schema di assioma: a(x) sta per una formula in cui x libera. Dato un
insieme y e data una propriet espressa da a(x), esiste un insieme z i
cui elementi sono esattamente gli elementi di y che godono della
propriet. A20, l'assioma difondazione, asserisce che, se uri insieme
contiene qualche insieme, allora contiene almeno un insieme con cui
non ha nessun elemento in comune. A21 l'assioma dell'insieme vuoto,
in quanto implica l'esistenza di 0. A22 l'assioma della coppia: per
ogni x e ogni y esiste un insieme z i cui elementi sono x e y. A23 l'assioma dell'unione. In base a questo assioma, per ogni insieme xi cui
elementi siano insiemi, esiste un insieme y tale che, per ogni z, z appartiene a y sse appartiene a qualche elemento dix. In altri termini, y
l'unione degli elementi dix. A24 l'assioma dell'insieme potenza in
quanto implica, per ogni insiemex, l'esistenza di un insiemeP(x). A25,
l'assioma dell'infinito, implica l'esistenza di un insieme induttivo i cui
elementi sono insiemi. A26, comeA19, uno schema: a(u, v) una
formula in cui u e v sono libere, che in base ali'antecedente del condi117
z E v)) ::J
In base ad A27, sex un insieme i cui elementi sono insiemi non vuoti
a due a due disgiunti, cio tale che, per ogni coppia di insiemi distinti
u e v inx, u e v non hanno elementi in comune, esiste un insieme di scelta per x, cio un insieme y che contenga un elemento preso da ciascun
insieme inx. Un esempio il seguente. Siax l'insieme {{2, l}, {3,4}, {S,
7}}. Chiaramente, x contiene insiemi che sono a due a due disgiunti.
Un insieme di scelta per x {2, 3, S}, poich {2, 3, S} contiene un
elemento preso da ciascuno degii elementi dix. A27 implica l'esistenza di un insieme di questo genere. La teoria ottenuta aggiungendo A27
a ZF si indica con ZFC.
La seconda assiomatizzazione della teoria degli insiemi un sistema
meno noto di ZF, ma non per questo meno interessante. Si tratta del
sistema New Foundations, in breve NF, formulato da Willard Van
Orman Quine (1908-2000) per sviluppare alcune idee precedentemente espresse da Bertrand Russell ( 1872-1970) e Norman Whitehead ( 1861-1947). Il linguaggio di NF analogo a quello di ZF, con
la differenza che una nozione caratteristica definita per le sue formule, quella di stratifcazione. Una formula stratificata sse possibile
sostituire ogni variabile che contiene con un numero naturale rispettando le seguenti condizioni:
I. la sostituzione uniforme;
2. per ogni occorrenza del predicato E, il numero che segue E il
successore del numero che precede E.
Con "uniforme" si intende dire che occorrenze diverse della stessa varia118
Definizione 30
A30 V x(x ~ x)
A31 \;/ x Vy V z( (x ~ y A y ~ z) --:J x ~ z)
A3~ V x\:/y((x ~y AJ ~x)--:Jx= y)
La nozione di massimo analoga a quella di minimo. Per esprimere l'esistenza o la non esistenza di un massimo occorrono assiomi simili adA34
e A35. Come si pu facilmente constatare, una struttura normale che
abbia w come dominio modello di una teoria che abbia come assiomi
A30-A34, mentre una struttura normale che abbia come dominio l'insieme dei numeri interi modello di una teoria che abbia come assiomiA30A33, A35 e un assioma che esprime la non esistenza di un massimo.
Un'altra nozione importante nelle teorie dell'ordinamento quella di
densita. Un ordine denso caratterizzato dai seguenti assiomi:
A34 V x(a ~ x)
Teorema 27
A35 Vx3y(y~xAx:;t:y)
3.
A30-A32 garantiscono infatti che ~sia una relazione riflessiva, transitiva e antisimmetrica. La teoria dell'ordine lineare, invece, si ottiene
aggiungendo ad A30-A32 un assioma che esprime la totalit di ~:
A33
Vx Vy(x ~ y v y ~ x)
120
D
Nota
La dimostrazione di T27 un esempio di costruzione chiamata "avanti e indietro", poich estende da un lato il dominio di una
funzione (avanti) e dall'altro il suo codominio (indietro).
122
10.5. Geometria euclidea elementare Tarskilavor a pi riprese sulla formalizzazione della geometria, sia da solo sia insieme ad alcuni
suoi studenti. Il risultato di questo lavoro fu un'assiomatizzazione di una
parte della geometria euclidea. In particolare, si tratta del frammento
della geometria euclidea che solitamente viene chiamato "elementare".
Nel linguaggio del sistema di Tarski risultano cruciali due costanti predicative. La prima una costante a tre posti G che sta per "giace tra'': Gxyz
significa 'J giace trax e z". La seconda una costante a quattro posti che
esprime la relazione di congruenza e pu essere sostituita dal simbolo "":
xy"" wz significa "il segmento che ha come estremi x ey congruente al
segmento che ha come es~remi w e o semplicemente, "la distanza trax
eylastessadi quella traw ez': Ecco gli assiomi di Tarski:
z':
Gxvz)
A443x3y3z(~ GxyzA~ Gyzx/\~
Gzxy)
A45 'i/ x Vy V z 'i/ u 'i/ v( (xu ""xv /\ yu ""yv /\ zu ""zv /\ u * v) :J (Gxyz V
Gyzx v Gzxy))
A46 'i/ x Vy V z V u 'i/ v( (Gxuv /\ Gyuz /\ x * u) :J 3 w3 t( Gxyw /\ Gxzt
/\ Gwvt))
A47 'i/ x'if u V z'if x''if u''if z''ify 'i/y'((x * y /\ Gxyz /\ Gx'y'z' /\ xy""
x'y' AJZ""y'z' /\Xu""x'u' AJU""y'u'):Jzu""z'u')
A48 'i/ x 'i/y 'i/ z 'i/ w3 v( Gwxv /\ xv ""yz)
A3 8 enuncia un fatto ovvio: la distanza trax ey uguale alla distanza tra
y ex. A39 fissa una condizione sufficiente di identit tra punti in termini di congruenza: se il segmento xy congruente con un segmento che
inizia e finisce allo stesso punto z, allorax identico a y. A40 implicala
transitivit della congruenza; sexy congruente azu e zu congruente
a vw, xy congruente a vw. A41 chiarisce un'assunzione di fondo della
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Bibliografia
Qui di seguito indichiamo alcuni libri che sono stati fonte di ispirazione per
la realizzazione di questo testo. Tra essi in particolare segnaliamo Hunter
(1971) e Chang, Keisler (1973). Alcuni testi contengono una gamma di temi
pi ampia di quella trattata in questo volume. Pertanto l'elenco seguente pu
costituire anche un buon punto di partenza per il lettore interessato ad approfondire ulteriormente alcune tematiche trattate nel testo.
BOOLOS s. G., BURGESS P. J ., JEFFREY c. R. ( 2002 ),
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