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La Biopolitica di Agamben nello specchio francescano di Andrea Cavalletti (Alias, Il

Manifesto, 11 Dicembre 2011 )


Andrea Buttner: The Poverty of Riches, 2011
La Biopolitica di Agamben nello specchio francescano.
di Andrea Cavalletti (Alias, Il Manifesto Domenica 11 Dicembre 2011 )
Qualcosa di inaudito, una nuova relazione tra norma e vita, una nuova religio: lassoluto
filosofico della regola francescana al centro di Altissima povert, il recente saggio di
Giorgio Agamben edito da Neri Pozza
La vita monastica trasforma tutto, azione, pensiero, volont, amore in una suite liturgica.
Cos scriveva nel suo diario Jean Fallot, in visita ad Assisi la domenica di Pasqua del 1953. E
aggiungeva: San Francesco ha avuto la passione della povert. Nella forza di questo
sentimento vi era quasi la radice di unaltra religione. Cristo era carit prima di essere
povert. San Francesco era povert... si ritrova in Francesco, nella sua povert, la ricerca e la
buona novella di unidentit. Ci che identico alluomo,la sua povert. Tutto il resto gli
giunge dal mondo. E dunque nella povert, che ci rende conformi al nostro vero destino
temporale, che compiamo il nostro destino religioso: nato povero, vivente povero, salvato
perch povero. Nella povert di Francesco vi di pi che un metodo di imitazione del Cristo,
o di vita devota o monacale, vi un vero principio di identit: a cosa luomo identico? In
che cosa consiste la sua immutabile realt? Di qui il rifiuto dei vestiti, che non soltanto
simbolico.
Torna alla mente questa pagina, leggendo lultimo, importante libro di Giorgio Agamben,
Altissima povert Regole monastiche e forme di vita. Homo sacer IV,1 (Neri Pozza). Che
cos il francescanesimo? La trasformazione di tutto e prima di tutto del paradigma
dellazione umana, che dal piano della prassi si sposta a quello della forma di vita e del
vivere, facendosi cio - attraverso la grandiosa articolazione dellanno liturgico - sequela
inseparabile dallesistenza dei soggetti. Meglio: il francescanesimo, molto di pi che un
metodo di imitazione del Messia, qualcosa di inaudito e di nuovo, una nuova religio ossia
- secondo il significato che Agamben restituisce a questa parola - una nuova relazione tra
norma e vita. E la povert di Francesco identificazione di un piano di consistenza (Fallot
parlava di identit col testo empirico delluomo), ossia di un dominio impensato e forse
ancora oggi impensabile, che i sintagmi di vita vel regula, regula et vitae, forma vivendi,
forma vitae cercano faticosamente di nominare.
E proprio alla definizione di questa forma-di-vita che mira in fondo lintera officina
agambeniana, sin dalle pagine finali di Homo Sacer I (1995). Gi quel volume aveva
mostrato come il diritto, e in ragione della sua origine propriamente biopolitica, distingua
continuamente zo e bos isolando, nelluomo, una nuda vita sacrificabile. E aveva indicato
il compito di una ricerca che esponesse le modalit e verificasse i limiti di questa
separazione. Dopo gli studi sullo stato di eccezione, dopo Laperto (2002) e la definizione
della macchina antropologica, il grande lavoro del 2006 Il Regno e la Gloria, aveva posto
in luce il paradigma teologico della biopolitica, declinato nelle forme delleconomia e del
governo, proponendo unuscita nellidea di vita inoperosa o di habitus della potenza
(lacquiescentia in se ipso di Spinoza).
Altissima povert segue e sviluppa questa teoria. E riprende, nei capolavori della Scolastica
e nelle definizioni minuziose degli horologia monastici, una suggestione del grande
romanista Yan Thomas, secondo cui la fioritura di regulae a partire dal V secolo resta

irriducibile alla tradizione del diritto romano cos come alla sua glossa cristiana. Con una
prima mossa straniante, secondo la quale ogni fenomeno si rende intelligibile nella sua
parodia (cos la regola monastica nella Thlme di Gargantua e nelle 120 giornate di
Sodoma), Agamben svolge e radicalizza questa intuizione. E addentrandosi poi nella
tradizione cenobitica vera e propria dimostra come qui sia in questione qualcosa che eccede
costitutivamente tanto losservanza o lingiunzione del precetto quanto la natura della norma
canonica. Raggiungendo un tenore ultra-legale la regola si situa anzi in una zona di
indistinzione con la vita, mentre questa non sar la materia in cui si imprime il progetto
normativo, ma una forma in se stessa.
Due, si pu dire, sono i documenti esemplari. Uno viene dal pi antico commentario alla
regola dei frati minori, lExpositio dei quattro maestri. Si tratta di una massima sullo stato di
necessit: se in condizioni eccezionali i frati possono essere dispensati dalla regola
(camminare a piedi nudi), tuttavia non portare scarpe - si precisa - non la loro regola, ma la
forma di vita. Si affaccia cos la figura di un vero stato di eccezione, che non fonda il diritto,
come nello schema schmittiano, ma affranca dal dirittto stesso. Il secondo documento quel
passo in cui la Regola del maestro prescrive la sua stessa lettura. Leggendo la regola, il
monaco cos la esegue ipso facto; in questo momento enunciazione ed esecuzione
coincidono, e la vita di chi legge non altro che regola mentre la regola unicamente il suo
uso. Vivere nelluso, e sciogliere luso dal diritto, ossia dallappropriazione, stato il grande
tentativo e linsegnamento pi attuale del francescanesimo.
E tuttavia, se la dottrina dellusus facti svelava la vera natura della propriet, quale mitico
intreccio di psicologia (intenzione di possedere) e rivendicazione procedurale, daltra parte
gli eredi di Francesco non riuscivano a definire la forma di vita se non in termini negativi, in
opposizione e in costante riferimento al diritto. Di qui la loro sconfitta storica, sotto lattacco
intenso dei giuristi curiali, di qui laffermazione del progetto rivale, quello ecclesiastico che
separa la liturgia dalla vita. Ma laltissima povert resta viva per Agamben nella visione antidottrinaria ed escatologica di Olivi, si congiunge col piuttosto fa uso della Lettera ai
Corinzi, con la forma messianica e impersonale degli usanti il mondo come non abusanti.
Benjamin definiva le sue Tesi sul concetto di storia come una regola monastica, la cui
meditazione doveva liberare dagli errori della socialdemocrazia del suo tempo. Si dia una
lettura performativa anche di questo libro, un uso che ci liberi dalle riserve del diritto, e cos
da ogni governo, con le sue tristi liturgie operative.

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