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A Bologna, l’inaugurazione della mostra ’Besa un codice d’onore’.

di Brunilda Ternova

Si è inaugurata il 24 gennaio 2010 alle ore 11.00, negli


ambienti del Museo Ebraico di Bologna la mostra del
fotografo statunitense Norman H. Gershman,"Besa
un codice d’onore. Gli Albanesi musulmani che
salvarono gli ebrei dalla Shoah".

La mostra contiene una serie di fotografie in bianco e


nero, con i ritratti dei discendenti dei 63 albanesi, che
hanno aiutato gli ebrei durante la seconda guerra
mondiale, e che sono riconosciuti da Yad Vashem come i
Giusti tra le Nazioni. Buona la partecipazione della
cittadinanza albanese e italiana presenti alla
inaugurazione, degli amanti dell’arte e della fotografia e di molti curiosi interessati all’argomento.

L’esposizione, ripercorrendo la storia ebraica a cavallo della seconda guerra mondiale con uno
sguardo particolare al ruolo svolto dagli albanesi di religione musulmana, tramite le sue preziose
immagini rappresenta l’occasione di mostrare al pubblico degli appassionati dell’arte della
fotografia e del tema storico l’esplorazione di un mondo ricco di contrasti e di originalità.

Difatti le immagini hanno una sorta di originalità albanese; le mani sul petto sopra il cuore è un
gesto tipicamente albanese e dà ad intendere il segno significativo di Besa. Si osserva un legame
forte tra l’immagine e il testo narrante di ognuna delle storie come nel caso delle famiglie di Hasan
Kalaja, di Hysen Marika, di Lilo Xhimitiku e Taqi Simsia, di Ali e Ragip Kraja, di Mimi Dema,
ecc.

I scatti fotografici penetrano dentro le persone mettendo in evidenza il loro spirito attraverso il
contatto visivo ed ricercando l’animo umano attraverso il paesaggio plastico dell’espressività
corporea, restituita dal bianco e nero. Le testimonianze si moltiplicano attraverso il gesto indicale
oppure attraverso l’ostensione di tracce rilevanti di quel passato. Ogni immagine ha un proprio
spirito personale e una propria storia umana che per mezzo della scelta di quei due singoli colori
mette in evidenza la risoluzione della contraddizione storica che ha contraddistinto il mondo ebraico
e quello islamico.

L’arte di Gershman è la sua capacità di portare l’argomento molto vicino al pubblico, offrendo a
quest’ultimo un viaggio emozionante nella memoria del passato.

Hanno salutato l’inaugurazione della mostra il Presidente del Museo Ebraico di Bologna - Emilio
Campos, il Presidente della Comunita Ebraica di Bologna - Guido Ottolenghi, il Vice Ministro alla
Cultura della Repubblica dell’Albania - Suzana Turku e l’Ambasciatore della Repubblica Albanese
in Itaia - Llesh Kola.

Alla cerimonia di inaugurazione sono inoltre intervenuti Claudio Merighi – Vice Sindaco Comune
di Bologna, Beatrice Draghetti - Presidente Provincia di Bologna, Maria Giuseppina Muzzarelli -
Vicepresidente Regione Emilia Romagna, Paolo Zanca- Vicepresidente Assemblea Legislativa
Regione Emilia Romagna, Renzo Gattegna - Presidente Unione delle Comunità Ebraiche Italiane,
Abd Al Adhim Yusuf Pisano -Responsabile Co.Re.Is. Emilia Romagna, Michele Sarfatti – Direttore
della Fondazione “Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea” di Milano.

Pubblichiamo in parte l’intervento dell’Ambasciatore dell’Albania.

Nel suo intervento l’ambasciatore Kola dopo aver ringraziato gli organizzatori dell’attività e la
comunità ebraica in Italia per il loro sostegno, ha sottolineato l’importanza della promozione dei
valori nazionali albanesi come indice di una missione nobile, di un fattore di pace e amicizia tra le
nazioni. Proseguendo nel suo discorso ha sottolineato il ruolo storico dell’Albania che fin dai tempi
di Scanderbeg ha sempre e comunque portato in occidente i propri distintivi e radicati valori umani.

“La nostra è una nazione antica ed autoctona con qualità comprovate, conosciute e stimate. Noi non
siamo mai stati invasori, siamo sempre stati invasi dagli altri. Abbiamo da sempre offerto l’amicizia
e la tolleranza invece della discriminazione; abbiamo lavorato per la cooperazione e scelto relazioni
senza pregiudizi.
Siamo un paese dove convivono in armonia e in tolleranza secolare esemplare tre religioni
differenti. E’ una realtà ed un modello da cui possono prendere esempio altre nazioni, vicine o
lontane.
L’Albania è patria di simboli internazionalmente conosciuti, come il nostro eroe nazionale,
Scanderbeg, conosciuto già cinque secoli fa, come difensore della civiltà occidentale, e nei nostri
tempi la grande missionaria della carità, Madre Teresa.”

L’ambasciatore costatando che il principio guida interno alla tradizione albanese dell’ospitalità è
rivolta al prossimo a prescindere dal suo credo religioso ed etnico, ha detto:

“Durante la seconda guerra mondiale l’Albania e gli albanesi hanno accolto e salvato tutti gli ebrei,
come in pochi paesi nel mondo e nella loro fase storica piu difficile. Li abbiamo accolti non come
stranieri, ma come amici, perché da noi esiste solo il concetto del’”ospite”. Li abbiamo ricevuti e
dato alloggio nelle nostre case, insieme alle nostre famiglie, perché per gli albanesi la casa è prima
di tutto di dio, poi degli amici e della famiglia. La porta di ogni albanese è sempre aperta per i amici
e chiunque bussa riceve il benvenuto.
Noi abbiamo difeso gli ebrei come popolo e anche di fronte alle istituzioni.[…] La maggior parte di
loro era registrata con documenti falsi figurando di origine albanese. Le autorità albanesi hanno
rifiutato di consegnare ai nazisti le liste degli ebrei. In Albania non sono state approvate leggi
antisemite, non sono stati costruiti campi di concentramento.
Questo atteggiamento benevolo l’hanno mantenuto tutti gli albanesi, quelli in Albania, quelli del
Kosovo, della Macedonia, del Montenegro, in Grecia, perché ovunque ci troviamo, siamo albanesi;
tutti uniti: albanesi musulmani, ortodossi, cattolici perché per gli albanesi la propria religione è
l’Albanesità.”

In conclusione l’ambasciatore ha fatto un appello sentito per una riflessione:

“Noi non vogliamo e non chiediamo medaglie e meriti, perché l’abbiamo fatto per gli ebrei, ed altri
popoli. Trovandoci in Italia, possiamo ricordare come molti militari italiani, dopo la capitolazione
fascista, siano rimasti in Albania e come ha scritto un storico italiano, furono aiutati proprio da
quelle popolazioni di cui erano stati occupanti. Loro hanno vissuto e combattuto insieme agli
albanesi contro i nazisti, anche formando un battaglione simbolicamente chiamato “Antonio
Gramsci”, in onore di un italiano di origini arbëresh. Quello che serve e che oggi ci sta dando
quest’evento è il riconoscimento storico e la riconoscenza di un atto di ospitalità e coraggio del
popolo albanese.
In conclusione, vorrei porre l’accento sul fatto che con l’atteggiamento dimostrato verso gli ebrei,
gli albanesi hano mostrato la forza umanitaria e quello che questa può fare quando raggiunge la sua
massima espressione. Ricca di senso umanitario, non a caso la nostra Terra ha generato e cresciuto
il modello e il simbolo mondiale dell’umanità, Madre Teresa. Perciò, con la modestia del
rappresentante di un piccolo paese amico e di un albanese del suolo di Madre Teresa, vi invito tutti
a promuovere l’umanitarismo, i valori e l’amicizia, perché solo grazie ad essi, come amiamo dire
noi albanesi, non vi sono roccaforti che non possono essere conquistate.”

La mostra fotografica resterà aperta al pubblico fino al 28 gennaio 2010, da domenica a giovedì
dalle ore 10.00 alle 18.00, venerdì dalle ore 10.00 alle 16.00 mentre sabato e durante le festività
ebraiche sarà chiusa. Informiamo i nostri lettori che nei prossimi giorni sarà disponibile on line il
servizio dell’evento.

http://www.albanianews.it/cultura/arte/item/887-a-bologna-allinaugurazione-della-mostra-sul-
codice-donore-albanese

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