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BREVE STORIA DELLE IDEE

FILOSOFICHE
(Adriano Torricelli)

I. DUE DOMANDE PRELIMINARI ALLO STUDIO DELLE IDEE


FILOSOFICHE
LA FILOSOFIA UN SAPERE SPECIFICO?
Una domanda a cui preliminarmente necessario cercare di rispondere, qualora si voglia affrontare
la storia delle idee filosofiche, riguarda la natura stessa di quel sapere che chiamiamo filosofico.
Cos la filosofia?
In realt, in ultima analisi, la filosofia non un sapere determinato, circoscrivibile a un oggetto
specifico, e nemmeno a un metodo di ricerca preciso, definibile una volta per tutte. Al contrario, la
filosofia (etimologicamente e non solo) lamore del sapere, ovvero la ricerca stessa della
conoscenza. In questo senso tutto ci che ricerca, in particolare qualora essa si soffermi su
problemi molto generali, rientra nel dominio della filosofia.
Possiamo forse dire che la filosofia unattitudine mentale, pi che un tipo o un gruppo di
conoscenze specifiche: lattitudine al pensiero critico, la quale del resto costituisce lessenza dello
spirito di ricerca nella sua forma pi pura.
Oggi, in un mondo sempre pi parcellizzato, diviene sempre pi necessario incasellare le persone e
le loro professioni: uno un ingegnere, un altro un chimico, un altro un giornalaio, un altro
infine, magari, un filosofo. Ma la filosofia, oggi come oggi, un sapere che si definisce pi che
altro per differenza rispetto agli altri saperi. relativamente chiaro cosa faccia un economista, cosa
faccia un ingegnere, cosa faccia un chimico e a modo suo chiaro (pur nella variet quasi infinita
delle sue possibilit) cosa faccia un artista. Il filosofo invece una figura intermedia, che contiene
in s un po tutte queste figure senza essere davvero nessuna di esse. La sua indagine sconfina un
po in tutti i campi del sapere, senza coincidere interamente con nessuno.
Di pi, possiamo dire che una delle peculiarit della filosofia consista nel fatto di rompere le uova
nel paniere a tutti gli altri saperi, e soprattutto ai loro studiosi. Il filosofo infatti colui che non si
accontenta mai di quanto gli viene detto e spiegato, non solo e non tanto perch voglia sapere di pi,
quanto perch vorrebbe sapere pi in profondit. La sua indagine infatti, pur ritagliandosi a volte un
campo di indagine specifico (ad esempio, letica o la metafisica, da sempre campi esclusivi della
filosofia come tale, ma non i suoi unici campi di indagine!) altrettanto spesso si cimenta
nellimpresa di dubitare dei presupposti stessi di quanto detto da studiosi di altre discipline.
Essa esercita cio la libert della critica in una forma per cos dire esasperata, col rischio a volte di
cadere in circoli viziosi o in analisi prive (almeno apparentemente) di sbocchi concreti per il sapere
o i saperi con cui, magari indirettamente, interferisce.
Lo scienziato ordinario tende, una volta posti i presupposti metodologici della propria ricerca e
individuati i contenuti fin l ottenuti su tali basi, a progredire nella sua disciplina accumulando
sempre nuove nozioni. Il filosofo, al contrario, tende a ripensare continuamente i presupposti del
suo sapere e di quello altrui. Per questo la storia delle idee filosofiche in gran parte un continuo riaffrontare questioni gi poste da altri filosofi, nonch spesso un rispolverare, in ambiti nuovi, le idee

di filosofi (o anche di pensatori non filosofici) vissuti in precedenza per impiegarle in forma diversa
e in nuovi ambiti.
Dunque, se volessimo definire la filosofia come definiamo la fisica (scienza del mondo fisico o
materiale) o come definiamo la psicologia (scienza dei fenomeni psichici), non arriveremmo a gran
ch di risultato!
Essa piuttosto, in ultima analisi, la conoscenza nella sua forma pi critica, pi curiosa e pi
irriverente rispetto a ogni presupposto conoscitivo dato, ma anche parallelamente il tentativo
sempre precario e provvisorio di trovare una base solida ed eterna per la conoscenza umana, il
che significa tra laltro per le scienze particolari.
Abbiamo gi accennato a come, oltre a sconfinare in campi che non sono i suoi, essa tenda a
ritagliarsi dei campi suoi particolari. Tra essi possiamo, come detto, annoverare letica e la
metafisica. Di queste due branche del sapere, solo la metafisica resiste come disciplina
intrinsecamente filosofica (anche se molti filosofi oramai, la considerano superata!) Letica
viceversa, per secoli dominio esclusivo dei filosofi, non a caso spesso gran moralisti, tende oggi per
molti aspetti a essere riassorbita da altre discipline scientifiche, in particolare dalla psicologia.
Se poi passiamo a considerare i primissimi passi della filosofia, ovvero i primissimi filosofi (o
coloro che noi, a posteriori, abbiamo etichettato come tali), ci accorgiamo che essi furono spesso
tante cose assieme: scienziati (ovvero studiosi naturali e di problemi molto specifici, anche pratici),
visionari, a volte figure politiche o in ogni caso fortemente carismatiche (profeti?) e infine, se
accettiamo la precedente definizione di filosofia come conoscenza metafisica, anche filosofi.
In questi remoti personaggi, detti presocratici, si invera ancora pi chiaramente che nei filosofi
successivi, quanto detto fin qui: la filosofia non esiste, piuttosto esiste ed sempre esistito un
profondo anelito alla conoscenza, che da sempre si esplica nel senso critico, ovvero nellistinto
particolarmente spiccato in alcuni uomini a considerare criticamente le cose, senza dare nulla (o in
ogni caso il meno possibile) per scontato.
Se tanti filosofi sconfinano ed hanno sconfinato nel campo altrui, tanti non filosofi hanno fatto in
qualche modo filosofia. Che dire di un fisico come Einstein, che ha rimesso in discussione un antico
e inveterato concetto di spazio e di tempo come realt astratte e immodificabili? Che dire dei fisici
quantistici, che hanno rimesso in discussione lidea stessa di una conoscenza determinabile in modo
univoco quanto alle coordinate dello spazio e del tempo (nessuna particella fisica infatti, pu essere
situata con sicurezza in un determinato luogo o tempo, ma solo in una zona piuttosto vasta, detta
onda, sulla base di calcoli meramente probabilistici). Che dire infine di un logico come Godel, che
mise in discussione il presupposto stesso della deducibilit (o decidibilit) assoluta di qualsiasi
proposizione?
Infine, noi collochiamo, per ragioni ben precise (che vedremo) la nascita della filosofia in Grecia in
un certo secolo (il VII a.C.) identificandola con certi personaggi, ma come possiamo negare che
quegli individui per noi senza nome che, ben prima di Talete e compagnia bella, si posero il
problema di cosa o chi stesse dietro, ad esempio, al fenomeno della pioggia (certamente un dio,
unentit trascendente) non fossero a modo loro dei filosofi? Eppure oggi, dallalto dalla nostra
storia e del nostro sapere, stigmatizziamo quelle indagini e le idee che ne sorsero come religione,
o peggio come superstizione.
La filosofia infondo la ricerca stessa del sapere. Nientaltro che questo! Anche per questo
necessario sviluppare una concezione liquida della conoscenza, perch non vi idea genuina che
non sia ricerca del sapere, e che non possa prima o poi tornare dattualit e dutilit in qualsiasi
luogo e in qualsiasi tempo, e soprattutto in qualsiasi branca del sapere stesso, comunque la si voglia
chiamare.
LA CONOSCENZA IRRIMEDIABILMENTE LEGATA ALLA PRASSI?
Si insiste molto, oggi, in una societ sempre pi tecnologica e tecnocratica, sullidea che la
conoscenza in generale sia, in ultima analisi, sempre finalizzata alla modificazione dellambiente in

cui luomo vive, o al limite alla modificazione delluomo stesso. E quello che comunemente
chiamiamo sapere filosofico non farebbe, per molti aspetti, eccezione a questa regola.
Tale idea vera e non vera. Secondo essa, luomo cerca di conoscere le cose sempre
essenzialmente per interagirvi, anche se alle volte alcuni stentano ad ammetterlo (Aristotele, per
fare un esempio molto autorevole, affermava la superiorit del sapere teoretico, disinteressato a
qualsivoglia applicazione, rispetto a quello pratico). A mio avviso per, chi sostiene
aprioristicamente una tale tesi tende a confondere due aspetti distinti della conoscenza.
1. Da una parte infatti, la conoscenza sempre conoscenza di un oggetto (il quale, in certi casi, pu
essere costituito dalla conoscenza stessa: si parla allora di gnoseologia o indagine sui processi alla
base del conoscere). Come tale, essa deve fare i conti con il suo oggetto non solo in fase di
definizione, quando cio si costruiscono dei giudizi su cosa esso sia, su come funzioni, ecc., ma
anche in una successiva fase sperimentale. Essa insomma, dopo avere interpretato loggetto, deve
anche cercare di dimostrare la validit della sua interpretazione, in qualche modo misurandosi
empiricamente con esso.
Certamente, vi sono modi pi o meno rigorosi, pi o meno definitivi di arrivare alla conferma
sperimentale di una teoria. I metodi scientifici utilizzati da Galileo in avanti (almeno in ogni ambito
che si ritenesse scientifico, il che significa spesso anche in ambito filosofico) sono ovviamente
molto diversi da quelli utilizzati dai filosofi greci. E, come si gi detto nel paragrafo precedente,
lutilizzo di un tale metodo di verifica basato su prove sperimentali stringenti e inconfutabili
costituisce, almeno dacch nata e si affermata la scienza moderna, uno dei discrimini tra la
filosofia (un sapere che tende allesattezza, senza arrivarvi davvero) e la scienza propriamente detta
(il sapere solido ed esatto per eccellenza).
E tuttavia, nonostante lesistenza di varie metodologie di verifica, una verifica di qualche tipo
sempre necessaria per qualsiasi teoria. Senza di essa, questultima mancherebbe di qualcosa, e di
qualcosa di essenziale. Sarebbe cio una fiaba, un mito, un articolo di fede, o al meglio
unintrigante ipotesi priva per di un reale fondamento (e questa circostanza qualcosa che si d
pi spesso di quanto non si creda nella storia delle idee umane).
Dunque, tornando allinizio del discorso, possiamo dire che la conoscenza sempre conoscenza di
un oggetto e che come tale deve dimostrare la propria validit rispetto a esso, con una verifica di
qualche tipo. Questo appunto il primo aspetto della questione.
2. Il secondo aspetto, che spesso viene confuso con il primo, il fatto che, posto che una
conoscenza veritiera debba per forza di cose avere una qualche corrispondenza con il proprio
oggetto, pu sempre in qualche modo essere utilizzata per piegare loggetto al dominio di chi
conosce, ovvero per scopi pratici.
Questo vale, ad esempio, per i fenomeni naturali. Solo se sappiamo come funzionano alcuni
determinati aspetti della natura, possiamo poi sperare di utilizzarli, attraverso la tecnica, per
realizzare i nostri scopi personali. Ma ci vale anche per lesistenza. Solo se sappiamo definire cosa
essa sia, se sappiamo darne una definizione precisa (un argomento di cui si occupano soprattutto i
filosofi moralisti ed esistenzialisti), saremo poi in grado di decidere come rapportarci a essa, che
scelte fare, come comportarci, come ricercare i nostri scopi, ecc.
Tutto ci vero. Ma resta pur sempre il fatto che la conoscenza, nonostante abbia sempre, almeno
in una qualche misura, delle implicazioni o dei risvolti pratici, possa non essere ricercata per fini
eminentemente pratici, o almeno non innanzitutto in vista di essi. La filosofia, in particolare, una
branca della conoscenza che spesso nella storia non ha avuto, quantomeno agli occhi di chi lha
praticata, delle finalit pratiche. E ci anche se poi, direttamente o indirettamente, quasi tutte le
scoperte umane, anche quelle dambito filosofico, hanno finito per averne.
In conclusione, se non del tutto sbagliato negare che la conoscenza umana, quale che sia il suo
oggetto di indagine, comporti sempre rispetto allo stato di ignoranza originario una migliore
capacit di interazione con esso, in senso critico e intenzionale (scopi pratici), anche vero che

questa possibilit non necessariamente si traduce in fatti concreti o conoscenze tecniche, restando
spesso allo stato potenziale. N necessariamente una tale potenzialit di interazione costituisce lo
scopo pi profondo dellindagine umana. Nel caso ci non avvenga, si parla di conoscenza
teoretica, di un sapere finalizzato cio alla pura contemplazione della verit. Possiamo anzi
sbilanciarci a dire, a questo riguardo, che la branca della conoscenza che definiamo teoretica
filosofica per antonomasia, dal momento che solo coloro che sono animati da un istinto fortemente
critico o filosofico, spingono la loro passione per il sapere al punto da coltivarlo per se stesso e non
per le sue implicazioni pratiche.

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