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IL SENSO DEL LAVORO

COS IL CAPITALISMO PU RISCOPRIRE LA VIRT


WILL HUTTON
18 settembre 2012

Leader e intellettuali di ogni orientamento politico oggi discutono della possibilit di un nuovo approccio
all' organizzazione e alla gestione del sistema economico. Per rispondere a questa esigenza, gli
imprenditori dovrebbero almeno riconoscere di essere parte integrante delle societ in cui operano. Il
capitalismo affonda le sue radici in due tradizioni: il protestantesimo individualistico della Riforma e l'
affermazione della "sfera pubblica" di origine illuministica. Negli ultimi trent' anni si assistito a un
sistematico tentativo, per iniziativa del neoconservatorismo americano, di negare il ruolo dell'
Illuminismo per concentrarsi esclusivamente sull' individualismo. L' assunzione del rischio individuale
stata posta al centro (o presunto tale) del modello economico occidentale, e il profitto a breve termine
diventato l' unico metro di misura del successo. Il concetto di "uomo economico razionale" si
sviluppato a partire da questo approccio intellettuale quasi-ideologico, assurgendo a dogma del sistema
imprenditoriale occidentale. Di conseguenza, la maggior parte delle organizzazioni considera una
priorit la creazione di condizioni che favoriscano l' autonomia manageriale, la massimizzazione del
valore per gli azionisti e la mercificazione del lavoro, anzich il riconoscimento dell' interdipendenza tra
impresa e societ, o del ruolo delle finalit e del valore sociale all' interno dell' impresa stessa. Non
bisogna dimenticare, tuttavia, che alle prime organizzazioni imprenditoriali di rilievo - la Compagnia
olandese delle Indie orientali, per esempio - fu concesso il privilegio della costituzione in societ
commerciali in cambio della garanzia di concreti benefici pubblici. Esse furono costituite, cio, per una
finalit da cui erano intente a ricavare profitti. Per la Compagnia olandese delle Indie orientali, l'
obiettivo era quello di regolamentare il mercato esistente al fine di massimizzare i ricavi per le
Repubbliche olandesi, impegnate a combattere i loro rivali e a impedire ad altre nazioni europee di
penetrare nelle loro rotte commerciali. La Compagnia inglese delle Indie orientali fu costituita allo
stesso modo. I profitti erano funzionali al raggiungimento di uno scopo. La tradizione delle corporazioni
che esprimono uno scopo commerciale con un valore pubblico e sociale stata sviluppata da quei
filosofi illuministi secondo cui sono l' interconnessione sociale e i rapporti all' interno della comunit a
dare senso alla nostra vita. Per Rousseau, ad esempio, quest' ultimo pu essere raggiunto attraverso la
vita di comunit e l' interazione sociale, che consentono agli individui di maturare un sentimento di
solidariet in rapporti trasparenti con gli altri. Nel 1776 Adam Smith scrisse La ricchezza delle nazioni,
seguita dalla Teoria dei sentimenti morali, e concep le due opere come un tutt' uno. Il capitalismo non
pu essere disgiunto n dal senso n dai princpi morali. Prima della secolarizzazione della societ
moderna, la religione assolveva al compito di dare un senso alla vita delle persone esprimendo valori e
princpi morali in grado di tenere unite le comunit. Pi di un secolo fa il grande sociologo francese
Emile Durkheim sostenne che, contestualmente al declino della religione, il suo ruolo tradizionale di
fonte di significato sarebbe stato sostituito dalle organizzazioni capitalistiche. Oggi il lavoro e le
organizzazioni contribuiscono in modo ancor pi decisivo a definire il nostro status sociale e lo scopo
della nostra esistenza come individui. Tuttavia, le teorie dominanti in materia di organizzazione
aziendale non riconoscono questo vincolo, bens pongono l' accento sulla razionalit dell'
individualismo economico intesa come principio morale valido in s, senza un contesto sociale di
riferimento. E quando gli attori imprenditoriali e istituzionali negano la necessit di uno scopo di pi
ampio respiro, quel vuoto viene riempito dal mantra dell' efficienza, della flessibilit e della razionalit
degli uomini e delle donne economici, il che alimenta un senso di alienazione, disadattamento e
angoscia. A fronte di questo svuotamento morale, la corsa sfrenata al benessere materiale rimane l'
unica fonte di senso: di qui la caccia a profitti sempre pi esorbitanti. In seno alla cerchia dei super
ricchi - dai Ceo alle star del football - nessuno ormai pu spendere tutti i milioni che percepisce in busta

paga; quel che la societ non pu concedersi, invece, un segno di valore. Troppo spesso le
organizzazioni moderne non riescono a mettere gli individui in condizione di dare un senso al proprio
lavoro. Perch ci sia possibile, le stesse organizzazioni devono esprimere valori e finalit in cui i
lavoratori si identifichino, in un certo senso legittimando e affermando il loro legame con le comunit di
appartenenza e con l' universo morale a cui fanno riferimento. Con la deificazione del profitto e del
valore per gli azionisti quali obiettivi strategici d' impresa, tuttavia, la "creazione di senso" va perduta. L'
appello per un capitalismo responsabile lanciato lo scorso anno da Ed Miliband imperniato sull' idea
che le organizzazioni moderne debbano trovare un equilibrio tra l' imperativo del profitto e la
responsabilit sociale. Miliband auspica un capitalismo pi virtuoso, improntato all' impegno per un'
impresa produttiva, non al business fine a se stesso. E traccia una netta distinzione tra il "produttore", il
"predatore" e l' "asset stripper" (chi acquisisce una societ per poi frazionarla a fini speculativi, ndt ). All'
inizio il suo messaggio stato oggetto di critiche e commenti scettici; nove mesi dopo, sono sempre pi
numerosi gli imprenditori e i politici che cercano a modo loro di dire le stesse cose. All' atto pratico,
tuttavia, non cos semplice tracciare una linea di demarcazione tra capitalismo buono e cattivo,
poich molte organizzazioni rivestono i loro gretti interessi commerciali con pretese finalit sociali di
ampio respiro. Il caso Enron, per esempio, ha fatto balzare la questione dell' etica e della responsabilit
sociale in cima alle priorit delle imprese. Prima dello scandalo, la responsabilit d' impresa era un
principio "a combustione lenta", propugnato da molti ma praticato da pochi. Oggi al centro di
preoccupati dibattiti nelle sale di consigli di amministrazione europei e statunitensi. La governance
aziendale, il ruolo dei direttori non esecutivi, la correttezza delle convenzioni in materia di revisione
contabile e il codice etico dei lavoratori sono oggetto di un' analisi pi attenta che mai. Si tratta di una
sfida, ma anche di un' opportunit. Oggi le aziende hanno la possibilit senza precedenti di
riconquistare il ruolo di fonte di motivazione e, in quanto tali, di diventare parte della soluzione anzich
del problema. In virt del sempre pi evidente valore pratico dell' impresa responsabile, occorre
apprendere nuove regole del gioco che consentano alle organizzazioni di operare in modo tale da
promuovere l' equit, la coesione sociale e il benessere - e, non ultimo, la sostenibilit nel lungo
periodo.

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