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"PETRARCA IN MUSICA" 2006 (http://www.unisi.

it/tdtc/petrarca/)

CATERINA TRISTANO
Universit di Siena
BIBLIOTECHE AL TEMPO DEL PETRARCA

La biblioteca del Petrarca, intesa come complesso di libri posseduti, letti e annotati,
o di testi di riferimento (la cosiddetta biblioteca nascosta) riveste un ruolo centrale sul piano storiografico, poich mette in luce unampia trama culturale del Trecento italiano e europeo e permette di documentare in maniera netta che i suoi libri hanno costituito un momento fondante dell'umanesimo, fungendo da cerniera della cultura antica con quella moderna, come vero e proprio snodo di tradizioni di testi classici e medievali.
Se le linee pi remote della ricerca sulla biblioteca del Petrarca coincidono con lo
scavo sui fondi manoscritti della biblioteca dei re di Francia, inaugurato nel 1868 da Lopold Delisle, gi nel 1892 Pierre de Nolhac convogliava i risultati delle identificazioni dei
molti libri petrarcheschi defluiti dalla libreria regia nella Bibliothque Nazionale di Parigi
entro un pi personale e rivoluzionario disegno metodologico, dove la storia della raccolta
libraria diveniva strumento principe per la ricostruzione della biografia culturale
dellumanista e i marginalia ai suoi libri indispensabili frammenti di storia letteraria. Non
casuale del resto che proprio dalla riflessione sulla biblioteca del Petrarca, straordinario
reperto antiquario in bilico tra i classici e l'umanesimo, sia scaturita lesigenza di un nuovo
approccio verso la cultura umanistica, nutrita ed enormemente accresciuta in quegli stessi
anni dal Sabbadini con le sue Scoperte dei codici latini e greci ne secoli XIV e XV, ma ancora
prevalentemente asservita alla logica degli studi classici. Intanto il processo di ricostruzione della pi ricca libreria privata del Trecento si era mosso, e avrebbe continuato a muoversi per oltre mezzo secolo, lungo i binari di un censimento paziente e articolato nelle biblioteche, soprattutto italiane, attraverso cataloghi allargati a tutta l'opera dell'umanista,
ingrossando le fila degli auctores recuperati.
La svolta avvenne, come noto, con gli studi di Giuseppe Billanovich, molti dei
quali raccolti in Petrarca e il primo umanesimo (Padova 1966): fu allora che i libri dell'umanista si rivelarono punto focale nella storia della tradizione dei classici latini. In margine agli
auctores presenti sullo scrittoio di Petrarca, e da lui traghettati dal tardo-antico
allUmanesimo, cominci ad affiorare il complicato intreccio delle tradizioni, vennero in
superficie infinite storie di uomini e di codici, si fece finalmente comprensibile il dialogo
tra libro e lettori.
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Suggestive scoperte di nuovi manoscritti hanno puntellato liter petrarchesco di Billanovich, dilatando enormemente i confini della biblioteca dellumanista e di molti suoi
contemporanei. Ma, ci che pi importa, questa sua nuova prospettiva metodolologica
permise di forzare la barriera dei marginalia e di penetrare linfinito sistema di rinvii tra
luno e laltro volume, spesso pure ricostruendo il rapporto osmotico e sincronico tra la riflessione sui classici e lautonoma creazione letteraria dell'umanista, segnata da costanti
inquietudini redazionali. Unimpronta forte, che si anche tradotta in un'opera di strenua
promozione culturale sul piano della recensio dei materiali, dilatando in ogni direzione il
censimento dei codici: si pensi al percorso di Elizabeth Pellegrin, che dopo La bibliothque
des Visconti et des Sforza, ducs de Milan, au XVe sicle, approd a Manuscrits de Ptrarque dans
les bibliothques de France, nel 1966; fertile filone di ricerca, questo, che continuer ad essere
perseguito estendendosi a tutte le biblioteche del mondo grazie ai molti contributi di Besomi, Mann, Sottili, Bernadskaja, Dutschke. Esperienze scientifiche ramificate e complementari hanno ampliato a dismisura le nostre conoscenze sul mondo petrarchesco: a partire dalla sempre pi profonda consapevolezza dell'evoluzione grafica dellumanista entro
le sue diverse tipizzazioni, che ha portato Armando Petrucci a studiarne levoluzione attraverso ladozione di sistemi grafici differenti per segnalare differenti interventi testuali
autografi (commento, note marginali, completamento di testo o scritturazione di testo,
come nel famoso codice degli abbozzi del Canzoniere, il ms. Vat. lat. 3196). Insieme a questi studi, le solide acquisizioni sulle istanze culturali che sorreggono l'immenso telaio delle
postille hanno consentito recuperi sempre crescenti di codici e annotazioni grazie soprattutto, di recente, ai contributi di Albinia de la Mare, di Leighton Reynolds, di Silvia Rizzo.
Luomo Petrarca, il poeta Petrarca, il letterato Petrarca, il politico e lecclesiastico
Petrarca, nel suo continuo girovagare tra lItalia e la Francia, riunisce intorno alla sua figura morale e intellettuale poeti, uomini politici, ecclesiastici, papi, ma anche persone che gli
sono amiche e che, pur interessandosi di ambiti professionali diversi, condividono con lui
lamore per le lettere, intese nel modo moderno, rivendicando alla letteratura e alla poesia una funzione sociale e alla scrittura un valore simbolico di collegamento con gli Antichi. Ovunque stringe, non solo relazioni politiche, ma soprattutto amicali con esponenti
dellintelligentia di quelle regioni dove soggiorna, interagisce culturalmente con essi, ne diventa la guida ideale e, per quel che interessa gli studi paleografici, informa quella che sar la riforma grafica dellUmanesimo, che proprio dagli ambienti culturali del nord-est
dItalia, prima ancora che dalla Firenze del Salutati e del Niccoli, prende le mosse.
E quella solidalitas egli celebra. Nel discorso che tenne in Campidoglio nel corso della
cerimonia di conferimento della laurea poetica, Petrarca mette in evidenza questo carattere
costitutivo della renovatio: il fatto che i suoi protagonisti attivi, e consapevoli, sono moltissimi e uniti da forti vincoli di solidariet, in un rapporto che utilizza la lettera come strumento primario di comunicazione (e le Familiares petrarchesche sono al tempo stesso documento e modello di questa funzione), disponibili e prontissimi a scambiarsi notizie ed
esperienze, problemi e risultati.
Se conferma di essere consapevolmente guida di molti, in attesa, per questo viaggio
del tutto nuovo, Petrarca precisa le caratteristiche dei suoi compagni di avventura: sono
eruditi (ma di cose nuove), di grande ingegno, che hanno scelto di dedicarsi allo stesso tipo
di studi, assetati di scoperte e di esperienze. E gli eruditi non sono mai soli: legati da profondi vincoli di solidariet intellettuale e di mutua curiosit, attivano ogni forma di scambio (di conoscenze, di letture, di scoperte, di esperienze), si incontrano, si amano. Questa
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la forma profonda della loro sodalitas (amicizia,sodalizio), perch sono umanisti: anche se questa parola non stata ancora inventata, sono tutti appassionati cultori di humanae litterae, e questo il loro comune linguaggio, la loro comune esperienza. E anche per
questo sono infaticabili scrittori di lettere, che per secoli sono lo strumento primario della
loro autonoma repubblica, la res publica litteraria: lettere sempre statutariamente
famigliari, perch scambiate tra membri di una stessa famiglia. Sono amici, legati da
vincoli di mutua solidariet: da una costitutiva e forte sodalitas. Pochi mesi prima di morire, il 28 aprile 1373, Petrarca scrive ancora una volta a Giovanni Boccaccio, tra i primi a riconoscerlo come maestro e precettore, e tra i primi a dichiararsi suo discepolo, e ancora
una volta rievoca la rinascita degli studi (e quindi degli Antichi) dopo secoli di abbandono, e la sua funzione di guida (ormai quasi un patriarca, a causa dellet) per una folta
schiera di letterati, non solo italiani.
Gli eruditi, gli umanisti sono tanti: formano una catena, una tradizione e, nel caso di
Petrarca, proprio quella sodalitas gli permette di acquisire moltissimi di quei volumi che
costituiscono la sua privata librara, privata non perch solo sua, ma perch disponibile per
lui e i suoi socii. Si detto che la biblioteca di Petrarca la prima grande biblioteca privata
di cui si abbia notizia in et medievale. Di quella raccolta di libri, molti dei quali posseduti,
altri letti dal Petrarca perch avuti in prestito o in qualche modo passatigli tra le mani, rimane oggi conoscenza diretta di una sessantina di volumi, di cui 5 autografi integrali (il De
sui ipsius et multorum ignorantia Berlino, Hamilton 493 e Vat. lat. 3359, la Vita di Cesare Par.
lat. 5784, il Bucolicum carmen Vat. lat. 3358 e gli abbozzi delle Rime Vat. lat. 3196), e 56 mss.
parzialmente autografi o annotati dal Petrarca, numero che comprende anche le raccolte
dei suoi scritti, come il Canzoniere Vat. lat. 3195 o le Familiares Marciano lat. XIII 70. Per il
resto si tratta di autori latini: Cicerone, Quintiliano, Plinio, Giuseppe Flavio, Virgilio, Orazio, Svetonio, Livio, Curzio Rufo, Floro, i retori per let classica; gli Scriptores Historiae Augustae, Boezio, Claudiano, Vittorino, il Commento al Timeo di Platone di Calcidio per la tarda antichit e poi Girolamo, Agostino, Cassiodoro, Isidoro di Siviglia e, tra gli scrittori della scolastica, il grammatico Osbern di Gloucester, il letterato inglese Giraud de Barri, il teologo scozzese Riccardo di San Vittore, Pietro Comestore e poi ovviamente la Commedia di
Dante. Non si conoscono codici greci appartenuti al Petrarca, se non il Platone Parigino
greco 1807, ma diverse sono le traduzioni da Aristotele, Platone, o Omero tradotto da Leonzio Pilato.
Alcuni di questi libri rivestono una particolare importanza perch ancora sono leggibili sulle carte iniziali le note di acquisto del Petrarca stesso o di ricezione in dono e,
quindi, il loro ingresso nella biblioteca del poeta riconducibile a un determinato periodo
della sua vita. Ad esempio, il De civitate Dei di Agostino della Bibl. Universitaria di Padova
1490 a f. 1r riporta la nota: Anno Domini Millesimo trecentesimo vigesimo quinto, mense
februario in Avinione, emi istum librum de civitate Dei ab exequutoribus domini Cinthii
cantoris Turonensis pro pretio florenorum duodecim. Di Cinzio di Tour, cantore della
chiesa di quella citt, non si ha altra notizia, ma sia Nolhac che Sabbadini attribuiscono le
note a margine di questo codice al periodo giovanile del Petrarca, che appunto nel 1325 era
a Avignone di ritorno dagli studi superiori a Bologna, dove aveva seguito, pi che le letture di diritto canonico di Cino da Pistoia, il magistero poetico di lui. E, appunto, nel margine superiore della II carta recto del manoscritto del De civitate Dei, sono tracciati nella scrittura giovanile del Petrarca, ancora non improntata alla pi conosciuta semigotica ma incline ancora a certe forme corsiveggianti, due eleganti versi:
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Urbs eterna Dei, solidis subnixa columpnis,


Hunc fore signiferum de tot sibi cernit alumpnis
E ancora, nel manoscritto Parigino latino 1994, un codice del XII secolo contenente il
Commento ai Salmi di Agostino, si legge Emptus Rome 1337. 16 martii. Nel 1336 Petrarca lascia Avignone e si reca a Capranica vicino Roma, presso il cardinale Giovanni Colonna, di cui da anni (dal 1331) era ambasciatore nei territori europei (Spagna, Inghilterra),
grazie agli auspici del fratello del cardinale, Landolfo, amico e protettore del poeta a Avignone. Il 6 marzo del 1337 Petrarca si sposta a Roma, come parrebbe testimoniare una nota
di suo pugno a margine di un altro manoscritto, lodierno Parigino latino 1617, un codice
del XIV secolo contenente una miscellanea patristica, comprato anchesso a Roma nel 1337
(emptus Rome 6 martii 1337) e posseduto, oltre che da Petrarca che lo ha annotato, anche dal fratello del cardinale Giovanni Colonna, Landolfo, appunto.
Alcuni libri gli furono donati dagli amici devoti, come lodierno Parigino latino
1989, un codice dellXI secolo contenente anchesso le Enarrationes in Psalmos di Agostino.
A c. 1r si legge la nota petrarchesca: Hoc immensum opus donavit michi vir egregius
dominus Iohannes Boccacii de Certaldo poeta nostri temporis. Quod de Florentia Mediolanum ad me perveni 1355, aprilis 10 e di cui Petrarca rende grazie allamico anche in
unepistola delle Familiares (Fam. XVIII,3), sottolineandone la bellezza et libri decor, et
vetustioris litterae maiestas, et omnis sobrius accedit ornatus. Altri voumi gli furono donati dal padre, come lodierno Parigino latino 7595, un codice del XIII secolo contenente le
Etimologie di Isidoro di Siviglia, un testo che Petrarca doveva aver letto quando era molto
giovane, tra il 1325 e il 1330, ma che non gli fu molto familiare, come dichiar in una lettera al fratello Gerardo (Fam. III,1) Isidorus, quo autore raro utor. Questo libro si era
perduto e fu poi da lui ritrovato in et tarda, nel 1347, perch conserva annotazioni della
sua mano giovanile e della sua mano dellet matura, oltre alla nota a c. 1r Emptus mihi a
patre Parisius, tempore puerizie mee, post furto perditus et recuperatus.
Anche alcuni amici del Petrarca hanno biblioteche di grandi dimensioni. Boccaccio fu forse il primo degli amici o sodales di Petrarca. Il proporsi di Francesco Petrarca
come figura di riferimento e modello per gli scrittori contemporanei sia attraverso i suoi
scritti sia, pi in generale, attraverso lattivit di promozione e diffusione della cultura
classica, venne recepito in pieno da Giovanni Boccaccio. Gi nei materiali presenti nello
Zibaldone autografo giovanile conservato presso la Biblioteca Laurenziana di Firenze (si
tratta di un volume nel quale Boccaccio ricopiava di propria mano testi di autori classici,
medievali e di autori a lui pi vicini, fra i quali Dante) vi sono due sezioni dedicate a Petrarca. Allinterno della prima Boccaccio celebra la laurea petrarchesca con un ricordo
scritto poco dopo lo svolgersi dellevento, in un periodo in cui Petrarca e Boccaccio non
avevano ancora instaurato il loro sodalizio intellettuale. Al vero e proprio ricordo
dellevento segue un breve ritratto, in cui, accanto ad alcune note biografiche, sono riportate notizie su alcuni scritti di Petrarca della cui composizione Boccaccio aveva avuto notizia.
Questa annotazione presente nello Zibaldone costituisce il primo nucleo di uno scritto che successivamente Boccaccio dedic a Petrarca, il De vita et moribus Francisci Petracchi
de Florentia. Il De vita et moribus rappresenta la prima biografia dedicata a Petrarca e fu
scritta quando lo stesso Petrarca era ancora in vita come segno di quella considerazione
che questi aveva ricercato, e che evidentemente stava dando i suoi frutti, presso gli scritto4

ri contemporanei. Tra le fonti di questa vita, oltre a notizie che poteva avere avuto anche
da amici comuni, come Dionigi da Borgo San Sepolcro, Boccaccio us la Collatio laureationis
petrarchesca.
Altri furono i momenti di incontro, sia personale che attraverso lettere o scambi di
scritti, fra Petrarca e Boccaccio: questi fu anche ricordato nel testamento di Petrarca, che gli
destin cinquanta fiorini doro per comprarsi una sopravveste invernale per lo studio e le
veglie notturne (Francesco Petrarca, Testamentum: 19). Boccaccio si form nella colta e
moderna Napoli angioina, dove, appena quattordicenne aveva seguito il padre, ricco
banchiere fiorentino. E alluniversit di Napoli, segue le lezioni di diritto di Cino da Pistoia, la cui frequentazione serv a Boccaccio pi ad avvicinarsi alla grande esperienza stilnovistica che ad approfondire gli studi accademici. Dal punto di vista della formazione letteraria, la corte napoletana fu luogo ricco di stimoli. Roberto dAngi, che aveva velleit
letterarie, vi aveva impiantato una ricca biblioteca e attratto numerosi intellettuali di primo piano. Boccaccio vi assorb lesperienza stilnovistica, grazie alla presenza di Cino da
Pistoia, conobbe i romanzi cortesi e cavallereschi, dato linflusso della cultura francese sulla casa angioina, lesse avidamente i romanzi greci e studi i classici latini, specie Ovidio,
Virgilio e Lucano, sempre frequentando assiduamente la ricca biblioteca di corte sotto la
guida di Paolo da Perugia. Preminenti furono la passione per lo studio della retorica (Cicerone, Quintiliano e Macrobio)
Ma a Napoli Boccaccio conobbe e segu, tra il 1338 e il 1339, anche un altro personaggio che entrato nella vita intellettuale di Petrarca, lAgostiniano Dionigi da Borgo di
San Sepolcro, fine studioso di Valerio Massimo. E fra i libri che il Boccaccio lasci il eredit
al convento fiorentino di Santo Spirito, c anche uno Scriptum magistri Dionisii de Burgo
super Valerio Maximo. Boccaccio era a Napoli in quei quattro giorni tra il marzo e laprile
del 1341, in cui Petrarca sostenne le prove che lo portarono ad essere cinto del lauro poetico, quando, nonostante la concitazione di quei giorni, di cui pure parla il Petrarca stesso
nellepistola Posteritati. Boccaccio riusc ad incontrarlo, seppur brevemente. Fu quello
linizio di una profonda amicizia segnata dallamore per le lettere e la poesia e costruita su
una base di conoscenze testuali, di cui testimonianza la biblioteca superstite del Boccaccio ma soprattutto il suo simulacro rappresentato dallinventario dei suoi libri dati in eredit al convento i Santo Spirito, costituito soprattutto di cultura classica e letteraria e che
proietta il medievale Boccaccio oltre la cultura disordinata, enciclopedica e scientifica a cui
era stato educato, per aprirgli modernamente il mondo degli antichi attraverso le loro opere.
Un disegno di Boccaccio stato recentemente ritrovato in un codice della Biblioteca
Ambrosiana
nel
2004.
Il
manoscritto
contiene
un
testo
di
Marziale, autore latino noto soprattutto per i suoi epigrammi, qualche volta un po maliziosi, al punto che in una postilla di questo manoscritto lo stesso Boccaccio lo accusa apertamente di oscenit (sia maledetto quel poeta) per l'uso volgare di verbi relativi alla sfera sessuale o corporale, o luso esplicito di vocaboli che indicano lorgano sessuale maschile e femminile.
Un epigramma del nono libro di Marziale ricorda un personaggio un po squallido
che si chiamava Filomuso, abituato a raccontare fandonie. E a fianco appare una postilla di
Boccaccio, quasi invisibile, che ricorda il suo personaggio di Frate Cipolla. E' molto probabile che Boccaccio abbia recuperato il modello da cui copi il proprio Marziale dalla biblio5

teca di Montecassino, durante il soggiorno napoletano del 1362-1363. Dallo studio


dellinventario della biblioteca di Giovanni Boccaccio arriva la conferma definitiva
dellautenticit del ritrovamento. Linventario non indica direttamente il codice di Marziale ma cita, come sistema di identificazione, lultima parola del penultimo foglio: e le ultime parole del penultimo foglio (toxica seva gerit) coincidono alla perfezione con quelle
del codice milanese.
Dopo la stesura del Decameron Boccaccio rinuncia quasi del tutto alla creazione letteraria e preferisce volgersi agli studi umanistici ed eruditi. Gli anni Cinquanta sono quelli
del rafforzamento dellamicizia e del sodalizio intellettuale con Petrarca (testimoniati da
incontri, lettere, scambi di manoscritti e di codici), ma sono anche gli anni del Boccaccio
cittadino al servizio del Comune fiorentino, ambasciatore della citt (in Romagna, Baviera e Avignone) grazie alla fama letteraria ormai raggiunta. Due aspetti questi lo studioso e il diplomatico che lo avvicinano al Petrarca stesso, verso cui nutriva la reverenza
dellallievo verso il maestro (sebbene avesse solo nove anni di meno), e soprattutto lo avvicinano agli umanisti-funzionari del Comune come Coluccio Salutati e Leonardo Bruni.
Lamore per le letterature classiche e in particolare per la lingua greca (che contribu grandemente a diffondere in Toscana riuscendo a far assegnare al monaco calabrese Leonzio
Pilato una cattedra di greco presso lo Studio fiorentino), hanno spinto alcuni studiosi a
parlare di umanesimo di Boccaccio.
Bisogna per sottolineare i tratti che distinguono il nostro autore dagli esponenti
dellumanesimo quattrocentesco. Boccaccio s un grande studioso di cose classiche, ma
non ha lapproccio filologico dei suoi successori. Le sue compilazioni, che saranno largamente utilizzate dagli stessi umanisti, sono repertori enciclopedici compilati in base a un
criterio quantitativo, accumulatorio, come la Genealogia deorum gentilium, un grande trattato di mitologia greco-romana, che per oltre due secoli rimase il libro pi consultato su questo argomento. Del tutto estraneo a Boccaccio fu invece l'intento di studiare i testi classici
quali espressioni irripetibili di un dato momento storico e letterario, ossia di analizzarli in
base al principio della loro storicit. Sotto questo aspetto Boccaccio resta un intellettuale
medievale. E, se la scrittura da considerarsi una bandiera culturale, oltre che lesito di
una educazione di scuola, anche la scrittura di Boccaccio concorre a delineare questo personaggio, preso tra due poli, ma attratto inevitabilmente da quello del Medioevo segnato
dalla cultura della scolastica.
Un altro amico di Petrarca fu Dionigi da Borgo Sansepolcro. Dionigi de Roberti
nacque verso il 1300 a Sansepolcro, nelle vicinanze di Arezzo. Entr giovanissimo nel convento agostiniano del suo paese natale, che presto lo invi a Parigi allo Studio teologico
della Sorbona, dove si addottor intorno al 1324 e insegn almeno sino al 1328. Gi
dallanno seguente dovette trasferirsi ad Avignone, con incarichi diplomatici presso la curia e docente di teologia e filosofia nel prestigioso studio agostiniano della capitale papale.
Qui, intorno al 1333 e probabilmente grazie al comune amico Giovanni Colonna, conobbe
il Petrarca, cui si leg di profonda amicizia: fu in quei giorni che il padre agostiniano regal al giovane filologo un codicetto delle Confessioni di Agostino, che questi avr caro per
tutta la vita. Nel 1338 Dionigi fu chiamato a Napoli dal re Roberto dAngi presso la sua
curia, assurgendo alla dignit vescovile nel 1340. A Napoli si inser nel vivace ambiente
culturale locale, stringendo amicizia con il giovane Boccaccio che ancora vi risiedeva, per il
quale divenne una sorta di guida intellettuale. N si allentava lamicizia con il Petrarca,
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con cui manteneva contatti epistolari: fu lui, nel 1341, a organizzare, insieme con il cardinale Colonna, la grande incoronazione del poeta, prima a Napoli, poi a Roma. Lanno seguente, il 31 marzo, Dionigi moriva nella citt partenopea, dove fu seppellito.
Per nulla trascurabile fu la sua conoscenza della letteratura e della filosofia antiche, che rispecchiano la sua biblioteca reale e ideale: oltre che i pi obbligati, per lui, Aristotele, Pietro Lombardo, Egidio Romano, comment Ovidio, Virgilio, Seneca; sopravvissuto, in
una ventina di manoscritti, il suo commento a Valerio Massimo, che ebbe anche lonore di
una edizione a stampa nel Quattrocento.
E poi, come dimenticare Simone della Tenca? Dopo che nel 1309 Avignone divent
la sede pontificia, l il domenicano Niccol da Prato, cardinale vescovo di Ostia e Velletri e
decano del sacro collegio, oper come mecenate della cultura e come patrono dei Bianchi
toscani esuli. Accanto gli era il suo notaio e scrittore papale, Simone della Tenca di Arezzo,
che ne fu lispiratore culturale e che lo segu nei suoi spostamenti dettati dai cambiamenti
politici. Nel 1310 a Brescia, dove conosce il padovano Albertino Mussato, il quale, per
ingraziarsi la benevolenza del cardinale Niccol, consegna a ser Simone il testo della III
Decade di Livio e probabilmente le Tragedie di Seneca, testi riscoperti presso lantica
abbazia di Pomposa. Niccol, su indicazione di ser Simone, ne fa fare ledizione commentata al dotto inglese Nicola Trevet. E quel Livio si arricch ben presto, se vero che ser Simone, che nel 1322 aveva il canonicato di S. Maria di Arezzo, nel 1326 ottiene quello a Verona e a Verona studi la I Decade di Livio (ora ms. Laur. 63,19), anzi ne trasse una copia
che nel 1326, in uno dei suoi viaggi a Avignone, consegn a Petrarca, gi conosciuto studioso tornato dai suoi studi bolognesi, che la annot con varianti tratte da un codice di Livio da lui recuperato a Roma, lHarleiano 2493.
Che ser Simone abbia studiato il ms. Laurenziano di Livio attestato anche da una
nota a margine di una espressione amara di Livio stesso: Hec natura multitudinis est: aut
servit humiliter aut superbe dominatur; libertatem, que media est, nec spernere (e egli annota cupere) nec habere sinunt (questa la natura della massa: o serve umilmente o
dominata con superbia: non le permesso n disprezzare, n godere della libert, che nel
mezzo) e poi disegna, a mo di nota, un volto e una manicula commentando Nota, o Aretine (c. 45va). Certamente ser Simone port a Avignone da Verona anche la IV decade liviana, che per non ci pervenuta, ma di cui si servito Petrarca per annotare varianti a
margine del codice Harleiano.
E molto probabile che i libri posseduti dal cardinale Niccol da Prato siano andati,
dopo la sua morte, in buona parte a ser Simone, perch nellinventario accluso al testamento del cardinale, redatto nel 1321, non figurano molti testi, soprattutto i commenti a Livio e
Seneca di Trevet, che invece sono presenti in gran numero tra i 60 volumi che ser Simone
lascia nel 1338 in parte ai Francescani e in parte ai Domenicani di Arezzo, insieme con il De
consolatione Philosophiae di Boezio e a commenti della Bibbia. Pochi sono i libri di categoria, Summae, Formulari, testi giuridici; molti di pi i testi letterari, il cui possesso poteva
essere giustificato teoricamente con lesigenza di istruirsi nellars dictaminis, ma che realmente sono il frutto di ricerche spasmodiche dei testi degli antichi, sommersi nelle traballanti biblioteche capitolari e monastiche, e sono il segno di nuovi processi di apprendimento e la base per nuovi moduli espressivi.
Pochi sono, in proporzione, i testi di categoria anche in unaltra biblioteca privata
di un amico del Petrarca, padovano anchegli, il medico, filosofo e astronomo Giovanni
Dondi dallOrologio. Nella sua ricchissima biblioteca, che contava 110 volumi, censita nel
7

1389 dopo la sua morte, solo 40 erano i testi di arte medica, gli altri erano opere classiche
che ritroviamo tra quelle studiate da Petrarca: Giovenale, Orazio, Virgilio, Ovidio e le opere di filosofia naturale, come il De animalibus di Alberto Magno o la Fisica di Aristotele in
traduzione latina. Anche questi volumi annotati dal loro possessore in una minuscola corsiva cancelleresca non priva di spunti, che definirei preumanistici, e che solo gli potevano
venire dalla frequentazione dellamico Petrarca.
Della biblioteca reale e virtuale e della evoluzione della scrittura del Petrarca, sia
di quella notulare, dal modulo piccolo e tracciato sottile, che di quella di testo, una semigotica molto composta, poco spezzata e con scarse abbreviazioni, hanno trattato molti, tra filologi e paleografi. Anche se egli incline a scrivere nel sistema grafico della minuscola
cancelleresca, ma solo nel privato, se di scrittura privata si pu parlare per ci che Petrarca ci ha lasciato, cio nelle lettere e nelle copie provvisorie delle Rime conservate in
quel brogliaccio preziosissimo che il ms. Vat. lat. 3196, pure la sua scrittura di libro, dal
1340, cio dallet del completamento della miscellanea di testi di agronomia di Apuleio,
Vegezio e Palladio ms. Vat. lat. 2193, egli adotta come scrittura libraria la semigotica o la
piccola notularis, a differenza, ad esempio, da Coluccio Salutati per cui lesperienza grafica corsiva verr inserita appieno nel processo di creazione della sua nuova scrittura libraria.
Del resto, di come intende la scrittura, Petrarca stesso ne parla in una lettera indirizzata allamico Boccaccio nel 1366, quando, riferendosi alla trascrizione del codice contenente le sue epistole Ad Familiares fatta fare al copista di fiducia Giovanni Malpaghini, dice
quas (le epistole) tu olim illius (del Malpaghini) manu scriptasaspicias, non vaga quidam ac luxurianti litera (qualis est scriptorum seu verius pictorum nostri temporis, longe
oculos mulcens, prope autem afficiens ac fatiganset non, ut grammaticorum princeps
Priscianus ait, litera quasi legitera dicta sit), sed alia quadam castigata et clara, seque ultro
oculos ingerens, in qua nichil ortographicum, nichil omnino grammaticae artis omissum
dicas (Fam. XIII,1): Le lettere che tu oggi vedi, scritte dalla mano del Malpaghini, in una
scrittura non artificiosa e lussureggiante (come la gotica, soprattutto quella dOltralpe delle litterae scholasticae) quale quella degli scrittori o piuttosto dei pittori del nostro tempo,
che da lontano ammalia locchio, ma da vicino lo aggredisce e laffaticae che non risponde allespressione di Pisciano, il principe dei grammatici, per cui litera deve derivare
quasi dal termine legitera (cio di cosa scritta perch sia letta), ma in unaltra scrittura semplice e chiara, leggibile a prima vista, nella quale tu possa dire che non stato omesso nulla sotto il profilo ortografico e grammaticale (cio corretta).
In unaltra lettera allo stesso Boccaccio (Fam. XVIII,3 dell11 aprile 1355) il Petrarca
indica il sistema grafico a cui fa riferimento ideale, non per imitarlo pedissequamente ma
per riprenderne le caratteristiche intrinseche di chiarezza e leggibilit, quando loda di un
codice in carolina dellXI secolo la vetustioris littere maiestas e il sobrius ornatus. Egli
tenta di riproporre il proprio concetto estetico e funzionale di scrittura, giungendo a una
rappresentazione piena e formata nei due autografi forse pi famosi, la seconda parte del
codice vaticano del scritto parzialmente da Giovanni Malpaghini tra il 1366-67 e completato dal Petrarca stesso a partire dal 1367 e il codice Hamilton 493 della Staatsbibliothek di
Berlino contenente il De sui ipsius et multorum ignorantia, scritto nel 1368, con correzioni e
aggiunte fino al 1370.
Di questa scrittura libraria, forse, il giudizio pi estasiato, pi esteticamente ammirato, pur nella sua necessaria genericit, resta sempre quello di Ugo Oietti, che nel 1931
8

scrisse: Chi non ha veduto un autografo del Petrarca, non sa che sia scrittura: chiarezza,
fermezza, imperturbabile regolarit, e in ogni riga e in ogni schiera di righe quella volont
che, versi o prosa, anche lapparenza delle parole sia compatta e incrollabile come la loro
sostanza. E la dichiarazione di quello che nella vita il Petrarca si proponeva di essere, anche se non vi riusciva sempre, perch pi facile alla fine dominare la mano sulla penna
che nellazione lanimo (Cose viste, p. 222).

Un po di bibliografia

A. VERNET, Etudes et travaux sur les bibliothques mdivales (1937-1947), Revue dhistoire de
lEglise de France, 34 (1948), pp. 63-94, rist. in Etudes Mdivales, Paris 1981, pp. 457-88
A. PETRUCCI, Le biblioteche antiche, in Letteratura Italiana, II (Produzione e consumo), Torino,
Einaudi, 1983, pp. 527-54
[Il profondo legame tra i mss. che costituiscono un fondo, una biblioteca medievale, nel
quale va compreso lo scriptorium, deriva da un modello culturale di origine tardoantica ,
nel quale il leggere e lo scrivere costituiscono attivit strettamente connesse ed il libro ed
il documento appartengono alla medesima sfera complessiva della scrittura]
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[pp. 1090-92 Le manuscrit na dlivr son message historique, na rlv sa vritable
identit que grace une confrontation avec dautres manuscrits de meme origine, se rattachant un mme fonds. Le manuscrit isol ne parle pas. Ces considrations nous amnent donner du fonds des manuscrits une dfinition tres voisine de celle de fonds
darchives : un fonds de manuscrits est lensemble des livres ou documents manuscrits intressant lhistoire intellectuelle entendue au sens plus large- de la collectivit, de la famille ou de lindividu qui les a copi, fait copier, reus en hommage ou runis.
Larchivistique des manuscrits, cest donc la discipline qui a pour objet la reconstruction
iale ou matrielle des fonds de manuscrits disperss ou la conservation des fonds ayant
chapp au dmembrement. Elle doit permettre lhistorien dtudier non plus des manuscrits isols, mais de ensembles de manuscrits ayant une origine ou une histoire
commune, sexpliquant les uns par les autres ]
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[In appendice Elenco di cataloghi editi di biblioteche capitolari e monastiche italiane per
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