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Bioetica in Psichiatria

Posted By andrea orlando on 31 ott 2008 | 1 comment


Neuroscienze.net
La malattia mentale o psicosi comprende una vasta gamma
di disturbi mentali che vanno dalle sindromi cerebrali alle
schizofrenie, agli stati paranoici, agli stati maniacodepressivi, arteriosclerotici, esogeni ed endogeni, funzionali
e organici, infantili e giovanili, presenili e senili.
Questi disturbi mentali si riferiscono a uno stato di
funzionamento mentale caratterizzato da uno
sconvolgimento totale del soggetto in rapporto alla realt
con conseguente alterazione del tempo e dello spazio.
Inoltre questi stati mentali sono caratterizzati da un
disinvestimento libidico, sia nei confronti degli oggetti che
delle rappresentazioni psichiche, per cui vengono annullati
i limiti tra il S e il non S, tra limmaginario e il reale, tra il
mondo interno e il mondo esterno.
Dopo aver, sommariamente, cercato di dare una
definizione di Psichiatria e del suo contenuto
epistemologico, cercheremo di vedere la psichiatria
dallottica della Bioetica e, quindi, dei risvolti etici di questa
disciplina medica.
Il rapporto tra Bioetica e Psichiatria si articola in 5 punti:
La relazione medico-paziente psichiatrico.
Il consenso informato.
Il T.S.O. (Trattamento Sanitario Obbligatorio).
Psicofarmaci.
Lelettroshock.
Relazione medico-paziente.
Nellaffrontare e curare le psicosi di estrema importanza
la relazione che si instaura tra il medico e il malato
mentale. Essa , e deve essere, una relazione particolare,
in cui deve predominare un forte carattere del medico e un
grande senso del rispetto della dignit del paziente
psichiatrico. Infatti lo psichiatra deve tenere ben fisso in

mente che tra i due soggetti c di mezzo labisso di una


normalit, che s presente nel medico, ma fluttuante
nel malato, normalit, che comunque, difficile da definire
se non nel quadro della capacit della persona di integrarsi
nella societ in cui vive, stabilendo relazioni armoniose con
gli altri.
M. Schiavone[1] indica cinque aspetti fondamentali nella
relazione medico-paziente:
a) Il malato non pu essere obiettivato e considerato come
mero caso clinico: non esiste la malattia, ma esiste il
malato con la sua sofferenza, la sua storia personale, la sua
situazione esistenziale, il suo essere nel mondo e con gli
altri
.b) Il ruolo del medico non quello di un protagonismo
esasperato che annulli lautonomia del paziente;
necessario trovare un equilibrio tra ruolo attivo del medico
(grazie alla sua competenza e abilit professionale) e la
personalit del paziente; ruolo attivo che non mortifichi il
paziente sino a indurlo a un atteggiamento di supina
passivit.
c) Pertanto, il corretto operare del medico comporta la
spiegazione della sindrome e la comprensione del malato in
un complesso intreccio di iniziale osservazione e di
successiva partecipazione e coinvolgimento. Questa
partecipazione e questo coinvolgimento significano non
solo rispettare, ma addossarsi la sofferenza del malato
mentale senza venirne travolti (una partecipazione attiva e
critica).
d) II profondo rispetto della sofferenza e limpegno a ridurla
e, possibilmente, a risorverla: la terapia del dolore non
solo una terapia sintomatica, ma un criterio etico che ha
come fine il ripristino dellequilibrio della personalit (basti
ricordare il rischio non trascurabile del sadismo e di una
aggressivit abnorme derivanti dallinconscio del
terapeuta).
e) Va tenuto presente un enorme rischio (a livello etico
oltre che clinico) derivante dal fatto che il medico si avvale

non solo di terapie psichiche e farmacologiche, ma anche o


soprattutto di psicoterapia: il rischio in questione quello
di una strumentalizzazione del paziente nellambito di
unautoterapia. Il medico, cio, pu servirsi del paziente
per soddisfare i propri bisogni inconsci o per tentare una
terapia della propria nevrosi.
Consenso Informato.
Le dimensioni che devono caratterizzare la relazione ai fini
del consenso informato[2]:
a) Personale. Espresso dal paziente e da nessun altro per
lui. Il problema della rappresentanza legale trova quindi
ragion dessere soltanto per i soggetti incapaci di
esprimere un consenso valido per ragioni di et (minori) o
perch nei loro riguardi intervenuto un provvedimento di
interdizione o di inabilitazione. Va precisato a tal proposito
che gli unici che hanno il potere di consentire sono i titolari
della potest o della tutela; lipotesi, che trova riscontro
frequente nella prassi quotidiana, di fare ricorso ai congiunti nel caso in cui il soggetto non sia in grado di
manifestare un consenso, appare dunque priva di qualsiasi
validit giuridica.
b) Libero e spontaneo. Il problema in psicoterapia pu
sorgere quando il paziente giunga al terapeuta non spinto
da motivazioni personali, ovvero da una matura coscienza
della malattia, ma indotto, spinto, da pressioni del nucleo
familiare. A questo punto possono essere formulate due
ipotesi:
i) Il soggetto affetto da una patologia mentale di grado
tale da compromettere la sua capacit di intendere e di
volere. Se il paziente minore o interdetto, vale il consenso
del tutore o lesercente la potest; se come di frequente
il paziente non interdetto, lunica situazione nella quale si
pu prescindere dal consenso libero e spontaneo quella
dello stato di necessit. Ma in tali situazioni difficilmente
pu essere invocato lo stato di necessit, per cui lunica

possibilit di intervento che ci siano i requisiti previsti per


il trattamento sanitario obbligatorio.
ii) Il soggetto, pur non vedendo compromessa la sua
capacit di intendere e di volere, non ha la capacit di
discernere quanto pi opportuno e funzionale alla tutela
del proprio diritto alla salute. Si tratta di situazioni
abbastanza frequenti nelle quali un paziente manifesta un
dissenso al trattamento non per motivazioni razionali, ma
per il fatto stesso della sua patologia mentale. In tali
situazioni il rischio concreto che il medico, impossibilitato
a intervenire, adotti un atteggiamento astensionista,
abbandonando il malato a se stesso e attendendo
paradossalmente che il quadro clinico peggiori e maturino
le condizioni per un trattamento sanitario obbligatorio.
Invece la soluzione deve essere cercata nella capacit di
iniziativa relazionale del medico, che non si deve limitare
alla semplice gestione clinica della crisi, ma deve assumere
un ruolo propositivo, stimolando la partecipazione attiva
del paziente al trattamento, che, oltre tutto, condizione
indispensabile per un successo terapeutico.
c) Consapevole. Premessa indispensabile per un qualsiasi
trattamento la prospettazione al paziente delle sue reali
condizioni di salute, della necessit di sottoporsi a
determinati accertamenti o trattamenti specificando quali
possono essere i reali benefici e i potenziali rischi di tali
interventi. Linformazione fornita deve essere onesta,
cio ispirata alla chiarezza, operata semplificando le
nozioni scientifiche e rapportandole al livello intellettuale e
al grado di cultura del paziente.
Il problema sta per nel fatto che in ambito psichiatrico
esistono diversit diagnostiche e terapeutiche legate a
diverse scuole e modelli psichiatrici, per cui anche la natura
della relazione medico-paziente pone interrogativi di non
facile soluzione. Inoltre, alcune notizie possono rivelarsi
dannose per lequilibrio psico-fisico del soggetto,
compromettendo limpegno partecipativo, che condizione
indispensabile per un successo terapeutico. Pertanto, il
medico dovr valutare le forme pi adatte al caso per
unadeguata informazione, prospettando una graduale

conoscenza e, quando necessario, limitando le informazioni.


Il trattamento sanitario obbllgatorlo (TSO)
Di fronte al rischio della vita per il paziente o per altri
derivante dal non intervento del medico o dal rifiuto del
paziente, la societ ha il dovere di imporre il ricovero e le
terapie adeguate.
Il caso durgenza si verifica quando:
Il paziente non in grado di esprimere valido consenso o
dissenso.
Esiste un grave e imminente pericolo.
Tale pericolo comporta la possibilit di un danno grave
alla persona.
In questi casi comunque latto medico deve avere una
proporzionalit con il pericolo previsto.[3]
La riflessione bioetica sul TSO si concentra
fondamentalmente sul problema della libert del malato,
che spesso si pone in conflitto con quella del medico nella
tutela del bene del paziente. Il problema della libert del
malato strettamente legato al concetto di persona umana
come detentrice di diritti, in particolare il diritto di disporre
del proprio corpo e della propria salute psico-fisica,
rifiutando o accettando un trattamento. La libert
costituisce un valore inalienabile per luomo, ma spesso si
confonde il concetto di libert con un concetto di totale
autonomia di azioni e scelte, con la conseguenza di
decisioni spesso irrazionali, prive di giustificazione, o
addirittura dannose. Non quindi autentico rispetto della
libert accondiscendere a richieste del malato prive di
razionalit e soprattutto lesive per il malato stesso. Il
medico deve infatti garantire il pi possibile la salute psicofisica dellindividuo, mediante adeguate terapie e misure di
prevenzione.
Lo psichiatra stato definito come la protesi della libert e
dellautonomia del soggetto umano. La protesi non
sostituisce completamente il movimento di un arto e

suppone che il soggetto possa rimanere ed essere il centro


beneficiante e attivante della protesi; cos lo psichiatria
cerca di suscitare lautonomia, la libert e la responsabilit
del soggetto, le aiuta e le integra laddove e nella misura in
cui lindividuo non ha la possibilit di
autogoverno.
La imposizione di TSO ammissibile anche quando gli atti
dispositivi del proprio corpo coinvolgano e pregiudichino
altre sfere vitali, estranee al soggetto stesso, come la
salute di terze persone o il bene collettivo. Basti pensare al
dovere di proteggere la vita del malato psichiatrico
(suicidio) e quella di potenziali vittime della sua
aggressivit. Se dunque eticamente negativo prescrivere
un internamento in ospedale psichiatrico a un soggetto che
ha bisogno semplicemente di risolvere conflitti o problemi
di ordine relazionale, cos pu essere moralmente
responsabile dimettere un malato psichiatrico che non in
grado di guidare le proprie azioni e pu essere nocivo a se
stesso e ad altri.
Gli psicofarmaci
Negli anni 50 stata scoperta la capacit trasformante di
alcuni principi biochimici sul funzionamento cerebrale. Da
ci fu breve il passo verso la considerazione che la malattia
mentale dipende soltanto da una sregolazione
trasmettitoriale in termini di biochimica cerebrale,
trascurando limportanza della terapia psico-sociale.
Ci che la bioetica eccepisce al riguardo larbitrio della
riduzione della psico-dinamica a neuro o farmaco-dinamica,
della trasformazione dello persona a meccanismo, e della
terapia a somministrazione di pillole, come se invece di un
soggetto si avesse di fronte un bidone da riempire. Vi sono
infatti psichiatri che, per trattare ogni disturbo mentale che
non deponga per la depressione, sembra che non
conoscano altro che il Serenase e gi anti-depressivi per
trattare i disturbi affettivi[4].

Una classificazione semplice degli psicofarmaci pu


comprendere:
1.
neurolettici, cio farmaci per il trattamento delle
psicosi (schizofrenia, paranoia);
2.
antidepressivi, sono farmaci per il trattamento dei
disturbi della sfera affettiva, come la depressione nelle sue
varie forme;
3.
ansiolitici, farmaci per il trattamento dei disturbi
dansia, come le fobie, la nevrosi dansia ed altre forme.
Altri medicamenti agiscono pure modificando le facolt psichiche dellindividuo; il caso di tutte le altre sostanze
psicotrope o stupefacenti, che non vengono tuttavia
inserite tra gli psicofarmaci perch abitualmente non in uso
per i disturbi psichici.[5]
Nella bioetica degli psicofarmaci occorre distinguere tre
sfere (Klerman e Schechter):
1.
la sfera del core mental disorder e cio i pazienti
affetti da malattie e disturbi mentali in senso proprio e
clinico del termine;
2.
la sfera del coping with stress and distress, costituita
da quei soggetti in cui i disturbi di angoscia e ansia
assomigliano allimmagine e fattispecie del disturbo
mentale, comportano vera sofferenza, ma hanno unorigine
legata con la vita quotidiana e la relazione interpersonale;
3.
la sfera dell enhancing human potential, ovvero per
realizzare un potenziamento delle proprie prestazioni
normali, nello sport, negli impegni di studio, nella ricerca di
sensazioni di piacere, nella ricerca di allucinogeni, ecc.
Da questa ultima sfera emerge il problema bioetico delluso
e dellabuso del farmaco psicotropo ascopo non
terapeutico, e cio a scopo edonistico. Ledonismo
psicotropico, che muove dal desiderio di fronteggiare la
stress crescente e i complessi compiti della vita attraverso
il farmaco, va alla ricerca di un paradiso artificiale. Su
questo obiettivo influiscono i mass media, il permissivismo
sociale e linteresse dellindustria. Non che il piacere nella
vita sia sintomo di disordine, ma la non eticit si riferisce

agli effetti collaterali, ai disturbi della personalit in stati di


assenza e alla strumentalizzazione del profitto industriale.
Tenendo sempre presente il principio ippocratico primum
non nocere, nella terapia farmacologica del malato
psichiatrico, cono riferisce Sgreccia, non si devono
trascurare due principi:
1.
Il principio di proporzionalit terapeutica, cio
commisurare il vantaggio terapeutico sul soggetto affetto
da disturbi con i rischi e gli effetti collaterali.
La proporzionalit dei rischi e dei benefici deve essere
commisurata prioritariamente in relazione allo stesso
soggetto, alla sua salute e non gi rispetto, ad esempio, ai
vicini di letto, familiari e coinquilini cui si vuol togliere il
disturbo. Qualora il farmaco dovesse essere impiegato per
recare sollievo psicologico ad altre persone, dovr essere
quanto mai garantito che fa bene o per lo meno non fa
male allo stesso soggetto.
2.
La complementarit o sussidiariet del farmaco. Il
farmaco non deve essere usato per mascherare le vere
cause del disturbo, che possono risalire alle condizioni o
relazioni familiari e sociali, ma piuttosto per rendere pi
accessibile e pi efficace una terapia non semplicemente
sintomatica. Ci esige una vasta opera educazionale e
culturale che comporterebbe il superamento di molti mali
della nostra societ: la conflittualit affettiva nella famiglia,
la fragilit dellio non adeguatamente corroborato
nellinfanzia e nelladolescenza, le difficolt sociali e
ambientali, la mancanza di valori e di capacit di
autotrascendenza.
E saggio principio clinico che luso degli psicofarmaci
dovrebbe essere sempre ricondotto a criteri di rigore,
possibilmente con la consulenza specialistica psichiatrica
richiesta dal e fornita al medico generico, come riferimento
per una pi corretta pratica terapeutica. Gli psicofarmaci
sono spesso usati (anche da parte di alcuni psichiatri) quasi
magicamente, come unica risposta alla sofferenza ed al
disagio psichico. E sempre necessario che la prescrizione
medica sia sempre inserita in un contesto psicoterapeutico

comprensivo, dialogico e relazionale, in cui il paziente


possa acquistare consapevolezza e maturazione interiore.
Lelettroshock
La Terapia elettro-convulsiva (elettroshock) consiste in una
scarica elettrica che attraversa il cervello in senso
trasversale o longitudinale (emi-shock).
La EST (elettroshock terapia) ha dato buoni risultati per il
trattamento di casi di schizofrenia, ma anche depressione,
iper-eccitazione, blocco psico-motorio.
Lelettroshock fu proposto per la prima volta a Roma nel
1938 da Ugo Cerletti e Ugo Bini e consisteva nel produrre
nel paziente, mediante scosse elettriche, uno shock
emotivo e una tempesta neurovegetativa con lo scopo di
dare uno scossone nei riguardi di una situazione
inaccessibile al medico.
Inizialmente i metodi erano piuttosto brutali e barbari
Ma nel corso dei decenni la medicina ha fatto enormi passi
in avanti eliminando tutte quelle sevizie nei confronti del
paziente, e la terapia con elettroshock ha dimostrato inoltre
una buona efficacia terapeutica a patto per che venga
effettuata da medici esperti, essa comunque non esente
da rischi. I rischi pi gravi riguardano la memoria, anche se
sono transitori e limitati per larco di tempo attorno alle
sedute dei trattamenti.
Lefficacia terapeutica principale riguarda gli stati
depressivi, gravi e tendenti al suicidio. I risultati sono
eccellenti, anche per gli episodi maniacali e alcune
condizioni schizofreniche.
La valutazione della EST non pu essere di condanna
radicale; la sua applicazione estensiva, acritica, talvolta
enfatica che va condannato e che eticamente scorretto.
[1] SCHIAVONE M., Bioetica e psichiatria, Patron, Bologna
1990, 61-63.

[2] CATANESI R. SCARPATI F., Il consenso in ambito


psicoterapico, in Medicina e Morale 38 (1988), 435-448.
[3] SGRECCIA E., Manuale di bioetica, II, 76.
[4] ANCONA L., Psicologia e psichiatria in bioetica, in
RUSSO G. E COLLAB., Bioetica fondamentale e generale.
[5] SPATOLA A., Psicofarmaci,in Dizionario di bioetica, 792795

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