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Appunti di Analisi Matematica Uno

Francesca Alessio e Piero Montecchiari

Prefazione
Le seguenti note sono una raccolta degli appunti dei corsi di Analisi
Matematica 1 per i Corsi di Laurea in Ingegneria (Biomedica, Civile
ed Ambientale, Elettronica, Meccanica, Informatica e Telecomunicazioni) e di Matematica per il Corso di Laurea in Scienze Biologiche
tenuti dagli autori negli ultimi anni presso lUniversit`a Politecnica delle Marche. Essendo al momento una semplice bozza, saranno sicuramente presenti errori che vi preghiamo volerci segnalare allindirizzo
alessio@dipmat.univpm.it

Indice
Prefazione

Capitolo 1. Numeri Reali


1. Assiomi dei numeri reali
2. Estremo superiore ed inferiore
3. Numeri Naturali e Numeri Razionali
4. Appendice: numeri complessi

7
7
15
19
23

Capitolo 2. Successioni numeriche


1. Limiti di successioni numeriche
2. Teoremi di confronto
3. Successioni monotone e Numero di Nepero
4. Criterio del rapporto ed infiniti di ordine crescente
5. Relazione di asintotico
6. Appendice: Sottosuccessioni e Teorema di BolzanoWeierstrass
7. Esercizi

29
29
37
40
49
52
55
60

Capitolo 3. Funzioni reali


1. Qualche richiamo
2. Limiti di funzioni
3. Relazione di asintotico e simboli di Landau
4. Ordine di infinitesimo
5. Ordine di infinito
6. Esercizi

63
63
71
83
88
91
93

Capitolo 4. Funzioni continue


97
1. Classificazione delle discontinuit`a
99
2. Immagine di una funzione continua
101
3. Continuit`a della funzione inversa
108
4. Appendice: Funzioni uniformemente continue e Teorema di
Heine-Cantor
109
5. Esercizi
112
Capitolo 5. Funzioni derivabili
1. Definizione di derivata
5

113
113

INDICE

2.
3.
4.
5.
6.
7.
8.

Regole di derivazione
Teoremi fondamentali del calcolo differenziale
Funzioni convesse
Applicazioni del calcolo differenziale
Teorema di De lHopital
Formula di Taylor
Esercizi

120
123
129
133
139
145
158

Capitolo 6. Funzioni integrabili


1. Integrale di Riemann
2. Teorema fondamentale del calcolo integrale
3. Integrali indefiniti
4. Calcolo di integrali definiti: aree e lunghezze
5. Esercizi

163
163
169
172
185
189

Capitolo 7. Integrali impropri


1. Integrali impropri su intervalli limitati
2. Integrali impropri su intervalli illimitati
3. Esercizi

191
191
199
211

Capitolo 8. Serie numeriche


1. Serie a termini non negativi
2. Serie a termini di segno alterno
3. Operazioni tra serie
4. Esercizi

215
216
222
224
227

Capitolo 9. Serie di potenze


1. Insieme di convergenza di una serie di potenze
2. Derivata ed integrale di una serie di potenze
3. Serie di Taylor
4. Esercizi

229
230
234
238
247

Capitolo 10. Serie di Fourier


1. Diseguaglianza di Bessel
2. Convergenza puntuale della Serie di Fourier

249
249
251

Indice analitico

261

CAPITOLO 1

Numeri Reali
Iniziamo con il presentare linsieme dei numeri reali, denotato con R.
Particolari e familiari numeri reali sono
numeri naturali, N: 1, 2, 3, ...
numeri interi, Z: ..., 3, 2, 1, 0, 1, 2, 3, ....
numeri razionali, Q: pq con p Z e q N dove si considerano idencon
tificate nel medesimo numero razionale frazioni del tipo pq e mp
mq
m Z \ {0}.
Valgono ovviamente le inclusioni N Z Q R. I numeri razionali
non esauriscono i numeri reali, ovvero linsieme R\Q = {x R | x 6 Q}
`e non vuoto ed
i suoi elementi vengono chiamati numeri irrazionali. Ne
sono esempi 2, ed il numero di Nepero e, che definiremo nel seguito.
I numeri reali possono essere introdotti mediante un procedimento di
completamento dellinsieme dei numeri razionali (a loro volta definiti a
partire dai numeri naturali) ma tale costruzione necessita di sofisticati
concetti dellanalisi matematica che esulerebbe dai nostri intenti. I
numeri reali possono invece essere introdotti in modo assiomatico nel
seguente senso: postuliamo che esista un insieme ove siano definite
due operazioni binarie interne (somma e prodotto) ed una relazione
dordine (minore o uguale) soddisfacente a delle stabilite propriet`a, gli
assiomi. Tale insieme verr`a chiamato insieme dei numeri reali.
1. Assiomi dei numeri reali
Linsieme dei numeri reali R `e un insieme soddisfacente i seguenti
assiomi:
(A) Assiomi algebrici: sono definite in R due operazioni binarie interne,
somma a + b e prodotto a b soddisfacenti le seguenti propriet`a:
1. Propriet`a commutativa di somma e prodotto:
a + b = b + a e a b = b a,

a, b R

2. Propriet`a associativa di somma e prodotto:


(a + b) + c = a + (b + c) e (a b) c = a (b c),
7

a, b, c R

1. NUMERI REALI

3. Propriet`a distributiva della somma rispetto al prodotto:


a (b + c) = a b + b c,

a, b, c R

4. Esistenza dellelemento neutro della somma o zero : esiste 0


R tale che a + 0 = a per ogni a R.
5. Esistenza dellelemento neutro del prodotto o unit`a : esiste 1
R tale che a 1 = a per ogni a R.
6. Esistenza dellopposto: per ogni a R esiste a R tale che
a + (a) = 0.
7. Esistenza del reciproco: per ogni a R con a 6= 0 esiste a1 R
tale che a a1 = 1.
Tali propriet`a sono caratteristiche di un campo algebrico. Si usano le
seguenti notazioni: a + (b) = a b e a 1b = ab .
Utilizzando le precedenti propriet`a si pu`o provare lunicit`a dellelemento neutro di somma e prodotto, cos` come lunicit`a dellopposto e del
reciproco di ciascun numero reale non nullo.
Dalle precedenti propriet`a `e inoltre possibile ottenere le usuali regole
dellalgebra. Vediamone solo alcune:
Se a + b = c + b allora a = c. Infatti, dalla definizione di
opposto e dalla propriet`a associativa si ha:
a = a + 0 = a + (b b) = (a + b) b
= (c + b) b = c + (b b) = c + 0 = c
Risulta a 0 = 0 per ogni a R. Infatti, essendo a 1 = a per
ogni a R, dalla propriet`a distributiva e dalla definizione di
0 si ottiene:
a + a 0 = a 1 + a 0 = a (1 + 0) = a 1 = a = a + 0
e dalla precedente propriet`a segue che a 0 = 0.
Risulta a (1) = a per ogni a R. Infatti, dalla definizione
di 1, utilizzando la propriet`a distributiva si ha:
a + a (1) = a 1 + a (1) = a (1 1) = a 0 = 0
e per lunicit`a dellopposto si ha che a (1) = a.
1
Risulta ab
= a1 1b ovvero che a1 1b `e il reciproco di a b. Difatti,
dalla propriet`a commutativa e associativa del prodotto e dalla
definizione di reciproco e di elemento neutro risulta
1 1
1
1
(a b) ( ) = (a ) (b ) = 1 1 = 1
a b
a
b

1. ASSIOMI DEI NUMERI REALI

(B) Assiomi dordine: `e definita in R una relazione tra coppie di numeri


reali, denotata con e detta minore o uguale, soddisfacente alle seguenti
propriet`a:
1. Propriet`a riflessiva: per ogni a R risulta a a.
2. Propriet`a antisimmetrica: se a b e b a allora a = b.
3. Propriet`a transitiva: se a b e b c allora a c.
Tali propriet`a sono caratteristiche di una relazione dordine. Si richiede
inoltre che tale relazione sia totale ovvero che sia verificata la seguente
propriet`a
4. Propriet`a di dicotomia: per ogni a, b R si ha a b oppure
b a.
Infine si richiede che in relazione alle operazioni algebriche siano verificate
5. se a b e c R allora a + c b + c
6. se a b e 0 c allora a c b c.
A partire dalla relazione minore o uguale vengono definite inoltre le
seguenti relazioni:
< , minore: a < b se a b e a 6= b;
, maggiore o uguale: a b se b a;
> , maggiore: a > b se b a e a 6= b.
I numeri a R tali che a > 0 si dicono positivi mentre quelli tali che
a < 0 si dicono negativi. Si dicono inoltre non negativi (rispettivamente
non positivi) i numeri a R tali che a 0 (rispettivamente, a 0).
Dalle precedenti propriet`a seguono direttamente le usuali regole. Vediamone alcune.
se a 0 allora a 0. Infatti, dallassioma B.5 si ha che
essendo a 0 risulta
0 = a + (a) 0 + (a) = a.
se a b e c 0 allora a c b c. Infatti, essendo per quanto
sopra, c 0 dallassioma B.6 si ha a (c) b (c) e quindi
dallassioma B.5
0 = a c + a (c) a c + b (c)
da cui, sempre per B.5,
b c (a c + b (c)) + b c = a c
per ogni a R, a2 = a a 0. Infatti, se a 0 allora da B.5
si ha a2 = a a a 0 = 0. Se invece a 0, dalla precedente
propriet`a si ha a2 = a a a 0 = 0.

10

1. NUMERI REALI

Le propriet`a sopra elencate riguardano lalgebra e lordinamento dellinsieme dei numeri reali R ma non sono sufficienti a descrivere completamente tale insieme (infatti risultano verificate anche dallinsieme
dei numeri razionali Q). Quello che manca `e una propriet`a che ci `e
familiare e che renda conto di una delle caratteristiche pi`
u importanti
dei numeri reali: la completezza, la continuit`a, la possibilit`a di rappresentare i numeri reali mediante una retta. Tale propriet`a distingue i
numeri reali dai numeri razionali e rende linsieme dei numeri reali R
linsieme pi`
u adatto alle necessit`a dellanalisi matematica, ad esempio
al concetto fondamentale di limite ma anche alla semplice operazione di
estrazione della radice quadrata (ovvero alla risoluzione dellequazione
x2 = 2). Tale propriet`a pu`o essere formalizzata nel seguente modo:
(C) Assioma di completezza: per ogni coppia di insiemi non vuoti
A, B R tali che a b per ogni a A e b B esiste c R,
detto elemento separatore, tale che a c b per ogni a A e b B.
Un classico esempio
di applicazione dellassioma di completezza `e la

definizione di 2. Denotato con a2 = aa per ogni a R, si considerino


gli insiemi
A = {a R | a > 0, a2 < 2} e B = {b R | b > 0, b2 > 2}.
Risulta a b per ogni a A e b B in quanto se fosse a > b per
qualche a A e b B avremo, per gli assiomi dordine, 2 > a2 >
a b > b2 > 2 che `e impossibile. Dunque, per lassioma di completezza,
avremo che esiste c R tale che a c b per ogni a A e b B.
Proviamo che lelemento separatore c verifica c2 = 2. Abbiamo che
2c2
c 6 A. Infatti, se c A allora c2 < 2 e sia > 0 tale che < 2c+1
(sar`a
2
2c
sufficiente considerare = 2(2c+1)
). Allora c + > 0 e
(c + )2 = c2 + 2 + 2c < c2 + (2c + 1) < 2
da cui c + A in contraddizione con c a per ogni a A. Analogalmente si prova che c 6 B. Poich`e c 6 A e c 6 B otteniamo che
immediato che lelemento separatore verifica c > 0. Infine,
c2 = 2. E
per verificare lunicit`a di tale elemento separatore supponiamo che c e
d siano due elementi separatori con c < d. Allora, per quanto sopra,
avremo 2 = c2 < d2 = 2, una contraddizione.
Tale elemento separatore viene denotato con 2.
Procedendo
come nellesempio precedente `e possibile definire la radice
quadrata x di ogni numero reale x > 0.

1. ASSIOMI DEI NUMERI REALI

11

Le precedenti propriet`a caratterizzano completamente linsieme dei numeri reali nel senso che ogni altro insieme soddisfacente tali assiomi
risulta in corrispondenza uno-uno con R.
Utilizzando gli assiomi dei numeri reali possiamo ora definire formalmente gli insiemi dei numeri naturali, interi e razionali. Abbiamo visto
che gli assiomi dei numeri reali garantiscono lesistenza dellelemento
neutro del prodotto 1. Apparterranno quindi ad R anche i risultati
delle operazioni eseguite a partire da 1. In particolare sono numeri
reali i numeri 1 + 1 = 2, (1 + 1) + 1 = 3, ((1 + 1) + 1) + 1 = 4 , ...
Il sottoinsieme di numeri reali ottenuti in tal modo `e indicato con N e
chiamato insieme dei numeri naturali:
N = {1, 2, 3, 4, ...}.
Osserviamo che dalla definizione segue che 1 N e che se n N allora
n + 1 N, tali propriet`a sono caratteristiche di un insieme induttivo, di
cui parleremo pi`
u avanti.
Poich`e tra gli assiomi dei numeri reali `e prevista lesistenza dellopposto di ciascun numero reale, saranno numeri reali gli opposti di tutti
i numeri naturali. Si indica con Z linsieme costituito dai numeri naturali, dallelemento neutro della somma, 0, e dagli opposti dei numeri
naturali. Tale insieme `e chiamato insieme dei numeri interi:
Z = {..., 4, 3, 2, 1, 0, 1, 2, 3, 4, ..}
Infine, poich`e tra gli assiomi dei numeri reali `e garantita lesistenza
del reciproco di ciascun numero reale non nullo, saranno numeri reali i
reciproci di tutti i numeri naturali, ovvero i numeri della forma n1 con
n N. Saranno quindi numeri reali anche i risultati del prodotto di tali
numeri con numeri interi, ovvero i numeri della forma m
= n1 m con
n
n N e m Z. Linsieme costituito da tali numeri, dove si considerano
identificati numeri della forma m
e mp
con p N, si indica con Q e
n
np
viene chiamato insieme dei numeri razionali:
m
Q = { | m Z, n N}
n
Essendo N, Z e Q sottoinsiemi di R saranno definite su tali insiemi
le operazioni di somma e prodotto e la relazione dordine indotti da
R. Osserviamo per`o che tali insiemi non soddisfano tutti gli assiomi
dei numeri reali. Ad esempio N non soddisfa lassioma che garantisce lesistenza dellelemento neutro della somma e nemmeno lassioma
sullesistenza dellopposto. Z invece non soddisfa lassioma che garantisce lesistenza del reciproco: escluso 1 il reciproco di ciascun numero

12

1. NUMERI REALI

intero non `e un numero intero. Q invece soddisfa tutti gli assiomi algebrici e dordine, lunico assioma non soddisfatto da Q `e lassioma di
completezza. Si considerino difatti gli insiemi
= {b Q | b > 0, b2 2}.
A = {a Q | a > 0, a2 < 2} e B
Se esistesse un elemento
Risulta a b per ogni a A e b B.
separatore c Q tale elemento dovrebbe verificare, come gi`a detto,
c > 0 e c2 = 2 e ci`o `e impossibile come prova il seguente risultato:
Teorema 1.1. Non esiste alcun c Q tale che c2 = 2.
Dim. Procedendo per assurdo, supponiamo che esista c Q tale che c2 = 2.
Per definizione di numero razionale siano m Z e n N, tali che c =
m
n . Semplificando gli eventuali fattori comuni, potremo scegliere m, n non
entrambi pari. Allora
c2 =

m2
=2
n2

(1)

e quindi m2 = 2n2 . Essendo 2n2 numero pari, si ottiene che m2 `e pari e


quindi che anche m `e pari (infatti se m fosse dispari anche m2 risulterebbe
dispari). Sia allora h Z tale che m = 2h. Allora da (1) si ottiene n2 = 2h2
da cui, come sopra, si deduce che n2 `e pari e quindi che anche n `e pari, in
contraddizione con la scelta di m, n non entrambi pari.


In altre parole,
per
la
definizione
data
di
2, il precedente risultato

afferma che 2 6 Q e quindi che R \ Q `e non vuoto.


Si consideri ora una retta r e su questa si fissi un punto, lorigine O,
un orientamento e ununit`a di misura. Una tale retta `e chiamata retta
reale:

Grazie allassioma di completezza si pu`o provare che ad ogni punto


P r corrisponde un numero reale d(P, O) pari alla distanza del punto
P dallorigine O. Lapplicazione che ad ogni punto P r associa la
distanza dallorigine d(P, O) se P si trova nel verso positivo rispetto a
O (scriveremo P r+ ), lopposto della distanza dallorigine d(P, O)
se P si trova nel verso negativo rispetto a O (scriveremo P r ) e 0

1. ASSIOMI DEI NUMERI REALI

13

se P O, viene detta funzione ascissa e denotata con x(P ):

se P r+
d(P, O)
O
x(P)=d(P,O)
P r 7 x(P ) = 0
se P O

d(P, O) se P r
Diremo che x(P ) `e lascissa del punto P r.

x(Q)=-d(Q,O)

x(O)=0
Q

x(P)=d(P,O)
P

La funzione ascissa determina una corrispondenza uno-uno tra linsieme dei numeri reali ed i punti della retta reale e nel seguito verranno
spesso identificate, mediante la precedente corrispondenza, la retta reale r con linsieme dei numeri reali R.
Si osservi che la corrispondenza inversa alla funzione ascissa `e lapplicazione che ad ogni x R associa il punto Px r tale che d(Px , O) = |x|
e Px r+ se x > 0, Px r se x < 0 mentre Px = O se x = 0, dove
abbiamo denotato con |x| il valore assoluto del numero reale x R:
(
x
se x 0
|x| =
x se x < 0
Osserviamo che se x < y allora Px precede Py sulla retta reale rispetto
allorientamento assegnato.
Dalla definizione di valore assoluto e della funzione ascissa, abbiamo
visto che |x| indica la distanza del punto di ascissa x dallorigine O.
Pi`
u in generale |x x0 | indica la distanza tra il punto di ascissa x con
il punto di ascissa x0 . Quindi, dato > 0 e x0 R, la disequazione
|x x0 | < ammette come soluzione tutti e soli i valori x0 <
x < x0 + . Da tale interpretazione seguono immediatamente alcune
propriet`a elementari del valore assoluto:
1. |x| 0 per ogni x R e |x| = 0 se e solo se x = 0.
2. |x| x |x| per ogni x R.
3. per ogni > 0, x0 R, |x x0 | se e solo se x0 x
x0 + .
4. Diseguaglianza triangolare: |x+y| |x|+|y|, per ogni x, y R.
5. |xy| = |x||y|, per ogni x, y R.

14

1. NUMERI REALI

Le propriet`a 1, 2, 3 e 5 seguono direttamente dalla definizione. Per


provare la diseguaglianza triangolare, osserviamo che da 2. abbiamo
|x| x |x| e |y| y |y| e dunque
(|x| + |y|) x + y |x| + |y|
quindi, da 3. segue che |x + y| |x| + |y|.
Vediamo ora la definizione di particolari sottoinsieme di R (o della
retta reale, secondo la precedente corrispondenza): gli intervalli. Dati
a, b R con a b si dice intervallo limitato un insieme della seguente
forma
[a, b] = {x R | a x b}
(a, b] = {x R | a < x b}
[a, b) = {x R | a x < b}
(a, b) = {x R | a < x < b}
Osserviamo che se a = b allora [a, b] = {a} mentre (a, b) = (intervalli
degeneri). Dato a R, `e detto invece intervallo illimitato un insieme
della forma
[a, +) = {x R | a x}
(a, +) = {x R | a < x}
(, a] = {x R | x a}
(, a) = {x R | x < a}
(, +) = R
Si pu`o provare che gli intervalli (limitati e illimitati) A R sono
caratterizzati dalla propriet`a che se , A allora ogni c R tale
che c `e ancora un elemento di A.
Completiamo il paragrafo osservando che attraverso la funzione ascissa
`e possibile determinare una corrispondenza uno-uno tra linsieme delle
coppie ordinate di numeri reali
R2 = R R = {(x, y) | x, y R}
ed il piano cartesiano determinato da due rette orientate tra loro perpendicolari che si intersecano nellorigine:

2. ESTREMO SUPERIORE ED INFERIORE

15

Ad ogni punto del P del piano cartesiano corrisponde un ascissa x


R ed unordinata y R pari rispettivamente allascissa del punto Px
proiezione del punto sulla retta orizzontale, detto asse delle ascisse, e
del punto Py proiezione del punto P sulla retta verticale, detto asse
delle ordinate:

y
Py

x
Px

2. Estremo superiore ed inferiore


Vediamo ora la definizione di estremo superiore ed inferiore di un insieme numerico, concetti fondamentali per lanalisi matematica strettamente legati allassioma di completezza.
Cominciamo con lintrodurre il concetto di maggiorante e minorante.
Un numero L R `e detto maggiorante di un insieme non vuoto A R

16

1. NUMERI REALI

se risulta L a per ogni a A. Analogalmente, un numero ` R `e


detto minorante di un insieme non vuoto A R se risulta ` a per
ogni a A.
Ad esempio, ogni ` 1 `e minorante dellintervallo A = (1, 2] cos` come
ogni L 2 `e maggiorante.
Lintervallo (1, +) non ammette maggioranti mentre ogni ` 1 `e
minorante.
Linsieme A = { n1 | n N} ammette come maggiorante ogni L 1,
essendo n1 1 per ogni n N, mentre ogni ` 0 `e un minorante
essendo n1 > 0 per ogni n N.
Un insieme A R si dice limitato superiormente se ammette un maggiorante, ovvero se esiste L R tale che a L per ogni a A. Si dice
limitato inferiormente se ammette un minorante, ovvero se esiste ` R
tale che a ` per ogni a A. Infine si dice limitato se risulta limitato
superiormente ed inferiormente, ovvero se esistono `, L R tali che
` a L per ogni a A.
Tenendo conto della definizione di valore assoluto si riconosce facilmente che un insieme A risulta limitato se e solo se esiste M R tale che
|a| M per ogni a A (sar`a sufficiente considerare M = max{|`|, |L|}
dove ` a L per ogni a A).
Ad esempio, lintervallo (1, 2] `e limitato. Ogni intervallo limitato `e un
insieme limitato.
Linsieme A = {a R | a = sin x per qualche x R} `e limitato essendo
| sin x| 1 per ogni x R.
Linsieme A = {a2 | a R} `e limitato inferiormente essendo a2 0
per ogni a R ma non superiormente. Infatti se L > 0 fosse un
maggiorante allora a2 L per ogni a R. Considerato per`o a0 =

L + 1, avremo a20 = L + 1 > L contro la richiesta che L risulti


maggiorante.
Particolari maggioranti e minoranti sono il massimo ed il minimo secondo la seguente definizione. Sia A un sottoinsieme non vuoto di R.
Il massimo di A, se esiste, `e un maggiorante M di A tale che M A:
(
M A
M = max A
M a, a A

2. ESTREMO SUPERIORE ED INFERIORE

17

Analogalmente, il minimo di A, se esiste, `e un minorante m R di A


tale che m A:
(
mA
m = min A
m a, a A
Ad esempio, lintervallo A = [1, 3) ammette come minimo 1, min A = 1
essendo 1 A e 1 a per ogni a A, ma non ammette massimo.
Infatti se M A fosse massimo allora M < 3 e M a per ogni a A
mentre a0 = M2+3 A ma a0 > M .
Linsieme { n1 | n N} ammette massimo con max A = 1 mentre non
ammette minimo. Infatti, se N1 con N N fosse minimo avremo N1 n1
per ogni n N mentre risulta n1 < N1 per ogni n > N .
Linsieme A = {a Q | a > 0, a2 2} non ammette massimo mentre
2
ammette massimo
linsieme A = {a R | a > 0, a 2} e, per quanto
visto, max A = 2.
Dalla propriet`a di dicotomia si ha che ogni sottoinsieme di R costituito
da un numero finito di elementi, A = {x1 , ..., xn } ammette sia massimo
che minimo.
Si verifica facilmente che quando esistono, il massimo ed il minimo sono
unici. Infatti se M1 e M2 sono due massimi di A R per definizione
risulta a M1 e a M2 per ogni a A. Poich`e M1 , M2 A, dalle
precedenti diseguaglianze otteniamo M2 M1 e M1 M2 da cui segue
che M1 = M2 .
Ricordiamo che dalla definizione di massimo e di minimo di un insieme
A R se M `e massimo di A allora M `e un maggiorante di A e M A,
quindi in particolare non esistono maggioranti di A pi`
u piccoli di M .
In altre parole potremo dire che il massimo di un insieme A, se esiste,
`e il pi`
u piccolo maggiorante di A ovvero `e il minimo dei maggioranti di
A:
se esiste, max A = min{L R | a L, a A}.
Analogalmente, il minimo di un insieme A, se esiste, `e il pi`
u grande
minorante di A, il massimo dei minoranti di A:
se esiste, min A = max{` R | ` a, a A}.
Abbiamo visto degli esempi di insiemi che pur essendo limitati superioremente non ammettono massimo. Utilizzando lassioma di completezza proveremo che tali insiemi ammettono comunque il minimo dei
maggioranti, quello che chiameremo lestremo superiore.

18

1. NUMERI REALI

Si dice estremo superiore di un insieme A R non vuoto e superiormente limitato il minimo, se esiste, dei maggioranti di A:
sup A = min{L R | a L, a A}
Si dice invece estremo inferiore di un insieme A R non vuoto e
inferiormente limitato il massimo, se esiste, dei minoranti di A
inf A = max{` R | ` a, a A}
` chiaro che lestremo superiore ed inferiore di un insieme quando esiE
` evidente inoltre che quando esiste il massimo (mistono sono unici. E
nimo) di un insieme allora questo coincide con lestremo superiore (inferiore). Abbiamo per`o, a differenza del massimo e del minimo, che
ogni insieme limitato superiormente (inferiormente) ammette estremo
superiore (inferiore):
Teorema 1.2. (di esistenza dellestremo superiore ed inferiore)
Ogni sottoinsieme non vuoto e superiormente (inferiormente) limitato
ammette estremo superiore (inferiore).
Dim. Dimostriamo solo la prima delle due affermazioni, la prova della seconda `e analoga. Sia B linsieme costituito da tutti i maggioranti di un
insieme A non vuoto e limitato superiormente. Per definizione di insieme
superiormente limitato avremo che B `e insieme non vuoto e che risulta, per
definizione di maggiorante, a b per ogni a A e b B. Dallassioma di
completezza si ha allora che esiste un elemento separatore c R tale che
a c b per ogni a A e b B. Poich`e a c per ogni a A si ha che
c `e maggiorante di A e dunque c B. Daltra parte c b per ogni b B,
quindi c `e il minimo di B ovvero `e il minimo dei maggioranti di A.


Il precedente Teorema, di particolare importanza per lanalisi, si pu`o


provare essere equivalente allassioma di completezza.
Diamo ora una caratterizzazione dellestremo superiore ed inferiore.
Sia A un insieme non vuoto e superiormente limitato. Dal precedente
Teorema sia M = sup A. Per definizione M `e un maggiorante di A,
quindi a M per ogni a A, ed `e il minimo dei maggioranti di A
ovvero non esistono maggioranti di A pi`
u piccoli di M . Ci`o vuol dire
che ogni altro numero pi`
u piccolo di M , diciamo M con > 0, non `e
maggiorante di A e dunque esiste a A tale che M < a. Viceversa,
ogni numero reale con queste caratteristiche `e necessariamente estremo
superiore. Possiamo allora dire che
(
a M a A
M = sup A
> 0 esiste a A tale che M < a

3. NUMERI NATURALI E NUMERI RAZIONALI

19

Analogalmente, se A R `e insieme non vuoto ed inferiormente limitato


dal precedente Teorema esiste lestremo inferiore e vale la seguente
caratterizzazione:
(
m a a A
m = inf A
> 0 esiste a A tale che a < m +
Sar`a comodo parlare di estremo superiore ed inferiore di insiemi non
vuoti non superiormente ed inferiormente limitati utilizzando i simboli
. Se A R `e insieme non vuoto e non superiormente limitato scriveremo che sup A = + mentre se non risulta inferiormente limitato
scriveremo inf A = . Per definizione, se A non `e superiormente
limitato, non esistono maggioranti di A e quindi possiamo scrivere
sup A = +

L R esiste a A tale che L < a

e analogalmente, se A non `e inferiormente limitato, non esistono minoranti di A


inf A =

` R esiste a A tale che a < `

Vediamo alcuni esempi. Risulta sup(a, b) = b, infatti per definizione


di intervallo x b per ogni x (a, b). Inoltre, per ogni > 0 esiste
x0 = b+b
(punto medio tra b e b ) tale che x0 (a, b) e x0 > b .
2
Secondo la caratterizzazione di estremo superiore risulta allora che b =
sup(a, b). Analogalmente si prova che inf(a, b) = a.
Consideriamo linsieme A = { n1 | n N}. Abbiamo gi`a visto che 1 =
max A = sup A e che 0 `e un minorante di A. Per provare che 0 `e
lestremo inferiore di A, dalla caratterizzazione sar`a sufficiente provare
che per ogni > 0 esiste n0 N tale che n10 < , ovvero n0 > 1 .
Lesistenza di tale n0 segue dalla Propriet`a Archimedea che proveremo
nella prossima sezione e che prova che linsieme dei numeri naturali N
non `e superiormente limitato.
3. Numeri Naturali e Numeri Razionali
Terminiamo questo capitolo con alcune propriet`a fondamentali degli
insiemi dei numeri naturali N e dei numeri razionali Q.
La prima propriet`a che vedremo `e una conseguenza del Teorema di
esistenza dellestremo superiore (e quindi dellassioma di completezza),
la Propriet`a Archimedea
` Archimedea)
Teorema 1.3. (Proprieta
Per ogni x R esiste n N tale che x < n.

20

1. NUMERI REALI

Dim. Per assurdo, supponiamo che esista x R tale che per ogni n N
risulti n x. Ne seguirebbe che N risulta superiormente limitato e dunque,
per il Teorema di esistenza dellestremo superiore, esisterebbe M R tale
che M = sup N. In particolare si avrebbe che n M per ogni n N ma
poich`e per ogni n N risulta, per definizione, che n + 1 N dovr`a essere
n + 1 M per ogni n N ovvero n M 1 per ogni n N. Quindi avremo
che M 1 risulta maggiorante di N in contraddizione con la definizione di
lestremo superiore.


Si osservi che la Propriet`a Archimedea afferma che linsieme dei numeri


naturali N non `e superiormente limitato, sup N = +. Daltra parte
si ha
Lemma 1.1. Ogni sottoinsieme non vuoto A N ammette minimo
Dim. Preso un qualunque elemento n A, consideriamo linsieme B = {x
A | x n}. Se n `e minimo la prova `e conclusa. Se invece n non `e minimo
allora B N `e non vuoto e poich`e esistono solo un numero finito di numeri
naturali compresi tra 0 e n, avremo che B `e insieme finito. Ne segue che B
ammette minimo m e dalla definizione di B, m A e m n. Proviamo che
m `e minimo di A. Infatti, se x A `e tale che x n, allora x B e quindi
m x. Se invece x A `e tale che x > n allora m n < x.


Vale inoltre
Corollario 1.1. Ogni sottoinsieme non vuoto e superiormente limitato A N `e finito ed in particolare, ammette massimo.
Dim. Sia M = sup A. Dalla Propriet`a Archimedea abbiamo che esiste n N
tale che n > M . Dunque per ogni a A N risulta 0 < a M < n e
poich`e i numeri naturali compresi tra 0 ed n sono in numero finito avremo
che anche A risulta finito. Quindi ammette massimo.


Usando il precedente risultato otteniamo in particolare


Corollario 1.2. Per ogni x R esiste N Z tale che N x <
N + 1.
Dim. Dato x R, se x = 0 prenderemo N = 0. Se x > 0, linsieme A =
{k N | k x} N = N {0} risulta non vuoto e superiormente limitato.
Dal precedente risultato sia N = max A. Per definizione di massimo, N A
e dunque N x, mentre N + 1 6 A, quindi N + 1 > x. Se x < 0 baster`a
ripetere il precedente ragionamento a x > 0.


Dato x R, il numero intero N tale che N x < N + 1, la cui esistenza `e stata provata nel precedente risultato, viene detto parte intera
di x e viene denotato con [x].

3. NUMERI NATURALI E NUMERI RAZIONALI

21

Un altra importante conseguenza della Propriet`a Archimedea `e il seguente risultato che prova che linsieme dei numeri razionali Q `e denso
in R nel seguente senso
` dei Numeri Razionali)
Corollario 1.3. (Densita
Per ogni x, y R tali che x < y esiste q Q tale che x < q < y.
Dim. Supponiamo innanzitutto 0 < x < y. Dalla propriet`a Archimedea
1
1
sappiamo che dato yx
R esiste n N tale che yx
< n ovvero tale che
1
x+ n < y. Consideriamo linsieme A = {k N{0} | k nx} che risulta non
vuoto e superiormente limitato e dunque, dal precedente corollario, ammette
massimo. Sia m = max A allora m A mentre m + 1 6 A e quindi,dalla
definizione di A, segue che m nx < m + 1. Dalla scelta di n risulta allora
m 1
1
m+1
=
+ x + < y.
x<
n
n
n
n
Quindi posto q = m+1
e dunque
n abbiamo che q Q e x < q < y. Il risultato `
provato per 0 < x < y.
Se x < 0 < y baster`
a scegliere q = 0 mentre se x < y < 0 baster`a ripetere il
ragionamento precedente alla coppia 0 < y < x.


Infine, riguardo allinsieme dei numeri naturali, abbiamo osservato che


per definizione tale insieme soddisfa le seguenti propriet`a:
(a) 1 N,
(b) se n N allora n + 1 N,
che lo caratterizzano quale insieme induttivo. Diciamo difatti che
un sottoinsieme A R `e un insieme induttivo se verifica le seguenti
condizioni
(a) 1 A,
(b) se n A allora n + 1 A.
Si ha che N `e il pi`
u piccolo sottoinsieme induttivo di R, difatti un
qualunque insieme induttivo A R dovr`a contenere lunit`a 1 e tutti
gli elementi successivi 2 = 1 + 1, 3 = 2 + 1, ..., quindi avremo N A.
In altri termini possiamo dire che vale la seguente propriet`a:
(P) se A N `e un insieme induttivo allora A = N.
Questultima propriet`a viene detta principio di induzione e viene spesso
enunciata nella seguente forma equivalente
Teorema 1.4. (Principio di Induzione)
Sia {Pn , n N} una famiglia di proposizioni dipendenti da n N. Se
(i) P1 `e vera,
(ii) per ogni n N, se Pn `e vera allora Pn+1 `e vera,

22

1. NUMERI REALI

allora Pn `e vera per ogni n N.


Dim. Basta applicare a propriet`a (P) allinsieme A degli indici n N per i
quali Pn `e vera. Difatti da (i) risulta che 1 A mentre da (ii) si ha che se
n A allora n + 1 A. Dunque A N `e insieme induttivo e da (P) segue
che A = N.


Vediamo alcune applicazioni di tale principio.


` di Gauss: per ogni n N si ha che
Identita
n(n + 1)
.
2
Consideriamo infatti la famiglia di proposizioni Pn : 1 + 2 + ... + n =
n(n+1) `
. E chiaro che P1 `e vera. Supponiamo ora Pn vera e verifichiamo
2
che allora anche Pn+1 `e vera. Poich`e Pn `e vera, abbiamo
1 + 2 + ... + n =

n(n + 1)
n2 + 3n + 2
+ (n + 1) =
2
2
(n + 1)(n + 2)
=
2
cio`e Pn+1 . Dal principio di induzione otteniamo allora che Pn `e vera
per ogni n N.
1 + 2 + ... + n + (n + 1) =

Progressione geometrica: per ogni n N e per ogni x 6= 1 si ha


1 + x + x2 + ... + xn =

1 xn+1
.
1x

(2)
n+1

Infatti, preso x 6= 1, sia Pn : 1 + x + x2 + ... + xn = 1x


. Abbiamo
1x
2
che P1 `e vera in quanto 1 x = (1 + x)(1 x). Supponiamo ora che
Pn sia vera e proviamo che Pn+1 `e vera. Si ha
2

1 + x + x + .... + x + x

n+1

1 xn+1
1 xn+2
n+1
=
+x
=
1x
1x

e quindi Pn+1 . Dal principio di induzione otteniamo allora che Pn `e


vera per ogni n N.
Diseguaglianza di Bernoulli: per ogni n N e per ogni x 1
vale
(1 + x)n 1 + nx.
Infatti, dato x 1, consideriamo la famiglia di proposizioni Pn :
(1 + x)n 1 + nx. Abbiamo che P1 `e verificata con luguaglianza.
Supponiamo ora verificata la proposizione Pn e proviamo che risulta

4. NUMERI COMPLESSI

23

vera la proposizione Pn+1 . Abbiamo (1 + x)n+1 = (1 + x)n (1 + x).


Poich`e x + 1 0 e Pn `e supposta vera, ne segue che
(1 + x)n+1 = (1 + x)n (1 + x) (1 + nx)(1 + x) = 1 + (n + 1)x + nx2
1 + (n + 1)x
e dunque Pn+1 `e vera. Dal principio di induzione otteniamo allora che
Pn `e vera per ogni n N.
Come applicazione della diseguaglianza di Bernoulli proviamo che per
ogni a > 1 risulta sup{an | n N} = +. Infatti, per assurdo supponiamo che linsieme {an | n N} risulti superiormente limitato. Sia
allora L > 0 un maggiorante. Per ogni n N, dalla diseguaglianza di
Bernoulli, essendo a > 1, risulterebbe
L1
L an = (1 + (a 1))n 1 + n(a 1) = n
,
a1
in contraddizione con la propriet`a Archimedea.
Per esempio provare che per ogni n N risulta
n
X
2
n = 1 + 3 + ... + (2n 1) =
(2k 1)
k=1

4. Appendice: numeri complessi


Linsieme C dei numeri complessi `e linsieme delle coppie ordinate (a, b)
di numeri reali munito delle operazioni di somma e prodotto definite nel
seguente modo
(a, b) + (c, d) := (a + b, c + d) e (a, b) (c, d) := (ac bd, ad + bc)
Si pu`o provare che tali operazioni soddisfano le propriet`a caratteristiche
di un campo algebrico (propriet`a associativa, commutativa, distributiva, esistenza elemento neutro, di opposto e reciproco). In particolare,
risulta elemento neutro della somma lelemento (0, 0) mentre elemento
neutro del prodotto risulta essere (1, 0). Lelemento opposto di (a, b)
`e lelemento (a, b) := (a, b) mentre il reciproco di (a, b) 6= (0, 0) `e
invece
1
a
b
:= ( 2
, 2
).
2
(a, b)
a +b
a + b2
Osserviamo che linsieme dei numeri reali R pu`o essere identificato come
sottoinsieme di C identificando ogni a R con il numero complesso
(a, 0) C, scriveremo quindi a in luogo di (a, 0) e penseremo R C.
I numeri complessi della forma (0, b) vengono invece detti immaginari
puri.

24

1. NUMERI REALI

Usualmente un numero complesso (a, b) C viene rappresentato nella


forma a + ib (forma algebrica) dove si conviene che 1 := (1, 0) mentre
i := (0, 1) viene detta unit`a immaginaria:
(a, b) = a(1, 0) + b(0, 1) = a + ib
Usuale `e inoltre la notazione
a := a + i0 e ib := 0 + ib
Con tale notazione le operazioni di somma e prodotto risultano definite
da
(a+ib)+(c+id) = (a+c)+i(b+d) e (a+ib)(c+id) = (acbd)+i(ad+bc)
Tali operazioni risultano formalmente immediate osservato che lunit`a
immaginaria i soddisfa la propriet`a
i2 := i i = (0, 1) (0, 1) = 1,
da cui, utilizzando le usuali regole algebriche, vediamo che
(a + ib) (c + id) = ac + iad + ibc + i2 bd = ac + iad + ibc bd
= (ac bd) + i(ad + bc).
Se z = a + ib C il numero reale a viene detto parte reale del numero
complesso z e viene denotato con Re(z), mentre il numero reale b viene
detto parte immaginaria del numero complesso z e viene denotato con
Im(z):
Re(z) = Re(a + ib) := a e Im(z) = Im(a + ib) := b

Dato z = a + ib C, la quantit`a a2 + b2 viene detta modulo del


numero complesso z e viene denotata con |z|:

|z| = |a + ib| := a2 + b2 .
Osserviamo inoltre che linsieme dei numeri complessi pu`o essere rappresentato sul piano cartesiano, in questo contesto chiamato piano complesso, facendo corrispondere ad ogni z = x + iy C il punto Pz del
piano avente ascissa x = Re z e ordinata y = Im z. Con tale rappresentazione, il modulo del numero complesso z = x + iy rappresenta la
distanza del punto Pz dallorigine del piano cartesiano.

4. NUMERI COMPLESSI

25

z=x+i y

Per ogni z, w C valgono le seguenti propriet`a:


1. |z| 0 e |z| = 0 se e solo se z = 0.
2. |Re z| |z|, |Im z| |z| e |z| |Re z| + |Im z|.
3. Diseguaglianza triangolare: |z + w| |z| + |w|, .
5. |zw| = |z||w|.
Risulta infine utile scrivere un numero complesso z C in forma polare:
dato z = x + iy C, indichiamo con il modulo |z| e con langolo
formato dal segmento congiungente Pz con lorigine O. Allora risulta
x = cos e y = sin e dunque potremo scrivere
z = (cos + i sin )
Tale scrittura prende il nome di forma polare o trigonometrica del numero complesso z C, il valore = |z| viene detto modulo di z e langolo
`e detto argomento di z e viene denotato anche con arg z.
Osserviamo che dati > 0 e R risulta univocamente determinato
il numero complesso z = (cos + p
i sin ). Viceversa, dato z = x + iy
risulta z = (cos + i sin ) se = x2 + y 2 e R verifica
x
y
cos = p
e sin = p
(3)
2
2
2
x +y
x + y2
Osserviamo per`o che essendo seno e coseno funzioni periodiche tali
condizioni non individuano univocamente un angolo : se 0 verifica
(3) allora anche 0 + 2k, k Z, verificher`a tali condizioni. Diciamo
che le condizioni (3) individuano largomento del numero complesso
z a meno di multipli interi di 2.
La forma trigonometrica risulta utile nellesprimere potenze intere di
numeri complessi. Difatti, se z1 = 1 (cos 1 + i sin 1 ) e z2 = 2 (cos 2 +

26

1. NUMERI REALI

i sin 2 ) allora
z1 z2 = 1 2 (cos(1 + 2 ) + i sin(1 + 2 )
In particolare dalla precedente formula si ottiene che per ogni z =
(cos + i sin ) risulta
z 2 = 2 (cos(2) + i sin(2))
da cui, per induzione, si ottiene la formula di De Moivre:
z n = n (cos(n) + i sin(n)),

n N.

Si ha dunque che
|z n | = |z|n

e arg (z n ) = narg (z) + 2k,

k Z.

Osservato inoltre che per ogni z = (cos + i sin ) 6= 0 risulta


z
1
1
= 2 = 2 (cos i sin ) = 1 (cos() + i sin()),
z
|z|

si pu`o provare che la formula di De Moivre risulta valida per ogni n Z.


Infine, dato C vediamo di determinare le soluzioni dellequazione
z n = . Per quanto sopra, se = R(cos +i sin ) allora z = (cos +
i sin ) `e soluzione di z n = se e solo se n = R, cos(n) = cos e
sin(n) = sin , da cui
=

+ 2k
n
,
R e =
n

k Z.

Osserviamo che i valori di k Z che danno luogo a soluzioni z distinte


sono i valori k = 0, ..., n 1. Abbiamo quindi che dato = R(cos +
i sin ) C esistono n radici complesse distinte dellequazione z n =
e queste sono date dalla formula

n
zk = R(cos k + i sin k ),
essendo k =

+2k
,
n

k = 0, 1, ..., n 1.

Ad esempio,
di = 2 (R = 2 e = )
le radici quadrate complesse

sono zk = 2(cos k + i sin k ) con k = 2 + k, k = 0, 1, e quindi sono:


z0 =

2(cos

3
3
+ i sin ) = i 2 e z1 = 2(cos
+ i sin ) = i 2.
2
2
2
2

4. NUMERI COMPLESSI

27

Le radici quarte di = 1 (R = 1 e = 0) sono zk = cos k + i sin k


con k = k
, k = 0, 1, 2, 3, e dunque:
2

z0 = cos 0 + i sin 0 = 1, z1 = cos + i sin = i,


2
2
3
3
z2 = cos + i sin = 1, z3 = cos
+ i sin
= i.
2
2

CAPITOLO 2

Successioni numeriche
Si dice successione (numerica) una legge che ad ogni n N fa corrispondere uno ed un solo an R. Una successione verr`a indicata con (an )nN ,
semplicemente con an , n N, oppure per esteso a1 , a2 , ..., an , ....
Ne sono esempi la successione an = n1 , n N:
1 1
1
1, , , ..., , ...,
2 3
n
la successione costante an = 2, n N:
2, 2, 2, ..., 2, ...,
la successione an = n2 , n N:
1, 4, 9, ..., n2 , ...
la successione an = (1)n , n N:
1, 1, 1, ..., (1)n , ...
ed infine la progressione geometrica an = xn , x R, n N {0}:
1, x, x2 , x3 , ..., xn , ..
Parleremo di successione anche quando i termini an sono definiti solo
n
per valori n n0 , come ad esempio la successione an = n2
definita
solo per n 3:
n
5
, ...
3, 2, , ...,
3
n2
1. Limiti di successioni numeriche
Si dice che a R `e il limite della successione (an )nN per n che tende a
+ e si scrive lim an = a, se risulta verificata la seguente condizione:
n+

> 0 N tale che |an a| < n


In tal caso diremo anche che la successione (an )nN tende o converge ad
a R per n che tende a + e scriveremo an a per n +.
Una successione che ammette limite a R viene detta successione
convergente. In particolare, una successione convergente a 0 viene detta
successione infinitesima.
29

30

2. SUCCESSIONI NUMERICHE

Si osservi che, dalla definizione di valore assoluto, la relazione |an a| <


si pu`o riscrivere come a < an < a + ed anche an (a , a + ).
Vale il seguente risultato
` del limite)
Teorema 2.1. (Unicita
Se una successione ammette limite, questo `e unico.
Dim. Sia (an )nN una successione tale che lim an = a e lim an = b e
n+

n+

proviamo che a = b. Per ogni > 0, poich`e lim an = a, dalla definizione


n+

di limite, esiste 1 N tale che |an a| < 2 per ogni n 1 . Analogalmente,


poich`e lim an = b, esiste 2 N tale che |an b| < 2 per ogni n 2 .
n+

Allora, per ogni n max{1 , 2 } si ha


|b a| |an b| + |an a| <

ed essendo > 0 arbitrario otteniamo a = b.


1
n+ n

Verifichiamo ad esempio che lim

= 0. Preso comunque > 0, dalla

Propriet`a Archimedea sia N tale che 1 < . Allora, per ogni n


avremo n > 1 e dunque n1 < . In modo analogo, si pu`o provare
che
1
lim
= 0 per ogni p > 0.
n+ np
Verifichiamo che per ogni 0 < a < 1 risulta lim an = 0. Infatti, per
n+

ogni > 0 avremo an = |an | < se e solo se, posto b =


bn > 1 . Dalla diseguaglianza di Bernoulli abbiamo
bn = (1 + (b 1))n 1 + n(b 1),

1
a

> 1, risulta

n N,

sar`a allora sufficiente scegliere N tale che >


n , 1 + n(b 1) > 1 da cui bn > 1 .

1
1

b1

e dunque, per

Proviamo ora che la successione an = (1)n non ammette limite. Per


assurdo, supponiamo che esista lim (1)n = a R.
n+

Preso comunque > 0 sia N tale che |(1)n a| < per ogni n .
Allora, scelto n pari dovr`a risultare |(1)n a| = |1 a| < e
quindi, essendo arbitrario, dovr`a essere a = 1. Analogalmente, scelto
n dispari dovr`a risultare |(1)n a| = |1+a| < e dunque a = 1,
in contraddizione con lunicit`a del limite.
In modo analogo, si pu`o provare che per ogni a 1 non esiste il
limite lim an .
n+

Lemma 2.1. Una successione (an )nN `e infinitesima se e solo se la


successione (|an |)nN `e infinitesima.

1. LIMITI DI SUCCESSIONI NUMERICHE

31

Dim. Posto bn = |an |, poich`e |bn | = bn = |an |, otteniamo che la condizione


lim bn = 0 equivale a lim an = 0.

n+

n+

(1)n
n+ n

Dal precedente risultato `e immediato verificare che lim

= 0

essendo | (1)
| = n1 .
n
Essendo lim an = 0 per ogni a (0, 1), dal precedente risultato
n+

otteniamo che per ogni |a| < 1 risulta lim an = 0.


n+

Si osservi che il risultato vale solo per successioni infinitesime, ad esempio abbiamo provato che (1)n non converge mentre la successione dei
valori assoluti |(1)n | = 1 risulta banalmente convergente ad 1.
Una successione (an )nN `e detta inferiormente limitata se esiste ` R
tale che ` an per ogni n N, `e detta invece superiormente limitata se
esiste L R tale che an L per ogni n N.
Infine, una successione (an )nN `e detta limitata se esistono `, L R tali
che ` an L per ogni n N o, equivalentemente, se esiste M > 0
tale che |an | M per ogni n N.
Sono esempi di successioni limitate le successioni (cos n)nN , ((1)n )nN
e ( n1p )nN , con p > 0. Non risultano invece limitate le successioni
(n2 )nN e (2n )nN .
Vale il seguente risultato
Lemma 2.2. Ogni successione convergente `e limitata.
Dim. Sia (an )nN successione convergente al limite a R. Dalla definizione
di limite, preso = 1, esiste N tale che |an a| 1 per ogni n .
Avremo allora che per ogni n risulta a 1 < an < a + 1. Siano ora
` = min{a 1, a1 , a2 , ..., a1 } e L = max{a + 1, a1 , a2 , ..., a1 }.
Con tale scelta avremo allora che ` an L per ogni n N.

Osserviamo che non vale il viceversa: la successione ((1)n )n N `e


limitata ma non `e convergente. Abbiamo per`o il seguente risultato
Lemma 2.3. Se (an )nN `e successione infinitesima e (bn )nN `e successione limitata allora la successione (an bn )nN risulta infinitesima.
Dim. Sia M > 0 tale che |bn | M per ogni n N. Preso > 0 qualunque,

poich`e an 0 per n +, esiste N tale che |an | < M


per ogni n .

Allora per ogni n avremo |an bn | = |an ||bn | M |an | < M M


= .


Si osservi che il risultato vale solo se la successione (an )nN `e infinitesima: la successione ( n+1
)
`e convergente ad 1, la successione
n nN

32

2. SUCCESSIONI NUMERICHE

((1)n )nN `e limitata ma la successione prodotto ((1)n n+1


)
non
n nN
converge.
Proposizione 2.1. (Algebra dei limiti finiti)
Siano (an )nN e (bn )nN successioni convergenti e siano a = lim an e
n+

b = lim bn . Allora le successioni (an bn )nN , (an bn )nN e ( abnn )nN ,


n+

se b 6= 0, sono convergenti e vale


(i) lim an bn = a b;
n+

(ii) lim an bn = ab;


n+

an
a
= .
n+ bn
b

(iii) se bn , b 6= 0 per ogni n N, lim


Dim. (i) Preso comunque > 0, poich`e

lim an = a e

n+

lim bn = b,

n+

esisteranno 1 N e 2 N tali che |an a| <


per ogni n 1 e
|bn b| < 2 per ogni n 2 . Allora per ogni n = max{1 , 2 } avremo
|(an bn ) (a b)| |an a| + |bn b| <
Dunque, lim an bn = a b.
n+

(ii) Poich`e la successione (bn )nN `e convergente, dal Lemma 2.2 avremo che
esiste M > 0 tale che |bn | M per ogni n N. Se a = 0, il risultato
segue dal Lemma 2.3. Se a 6= 0, preso comunque > 0, sia 1 N tale che

|an a| < 2M
e sia 2 N tale che |bn b| < 2|a|
per ogni n 2 . Allora,
per ogni n = max{1 , 2 } avremo
|an bn ab| |bn ||an a| + |a||bn b| M |an a| + |a||bn b| <
e quindi lim an bn = ab.
n+

(iii) Osserviamo innanzitutto che essendo b 6= 0, esiste 0 N tale che per


ogni n 0 risulta |bn | > |b|
a scegliere nella definizione di limite
2 (baster`
|b|
0 N in corrispondenza di = 2 > 0). Allora per ogni n 0 avremo
|

an a
|an b abn |
|an b abn |
|=
|<2
bn
b
|bn ||b|
b2

(4)

Preso comunque > 0, se a = 0, sia N tale che |an | < |b|


2 , allora da
(4), per n max{0 , } risulta | abnn | < . Se a 6= 0, sia 1 N tale che
|an a| < |b|
4 per ogni n 1 e sia 2 N tale che |bn b| <
n 2 . Allora per ogni n = max{0 , 1 , 2 } risulta

b2
4|a|

per ogni

an a
2
2
| < 2 (|an b ab| + |abn ab|) = 2 |(|b||an a| + |a||bn b|) < .
bn
b
b
b
an
a
Quindi lim
= .

n+ bn
b
|

1. LIMITI DI SUCCESSIONI NUMERICHE

33

Ad esempio, dal precedente risultato `e immediato verificare che le


successioni n+2
e ( 21n + 1)( n+3
) sono convergenti con
n
2n
lim

n+

2
n+2
= lim 1 + = 1
n+
n
n

e
lim (

n+

1
1
3
1
n+3
1
)
=
lim
(
(1
+
)
=
.
+
1)(
+
1)
n+ 2n
2n
2n
2
n
2

Si dice che la successione (an )nN ha limite + per n che tende a +,


e si scrive lim an = +, se risulta verificata la seguente condizione:
n+

M > 0 N tale che an > M

In tal caso diremo anche che la successione (an )nN tende o diverge a
+ per n che tende a + e scriveremo an + per n +.
Analogalmente, si dice che la successione (an )nN ha limite per
n che tende a +, e si scrive lim an = se risulta verificata la
n+

seguente condizione:
M > 0 N tale che an < M

Diremo anche che la successione (an )nN tende o diverge ad per n


che tende a + e scriveremo an per n +.
Una successione che ammette limite viene detta successione divergente. Infine, una successione che ammette limite (finito o infinito) viene detta successione regolare mentre si diranno indeterminate le
successioni che non ammettono limite.
Vediamo qualche esempio notevole di successioni divergenti. Dalla Propriet`a Archimedea risulta banalmente divergente la successione an = n.
Risulta inoltre
lim np = + per ogni p > 0.
n+

Difatti, ricordando le propriet`a delle potenze, preso comunque M > 0,


1
dalla Propriet`a Archimedea sia N tale che M p < . Per ogni n
avremo allora np p > M . Possiamo quindi concludere che
(
+ se p > 0
lim np =
n+
0
se p < 0
In generale, si pu`o provare che per ogni p > 0 risulta

34

2. SUCCESSIONI NUMERICHE

(
+ se xn +
lim xpn =
n+
0
se xn 0+
1

Infatti, se xn +, per ogni M > 0 sia N tale che xn > M p per


ogni n . Allora per n risulta xpn > M . Se invece xn 0+ , per
1
ogni > 0 sia N tale che 0 < xn < p . Allora per n otteniamo
0 < xpn < .
Per ogni a > 1 si ha
lim an = +.
n+

Difatti, dato M > 0, dalla Propriet`a Archimedea sia N tale che


1
> Ma1
. Allora per ogni n , dalla diseguaglianza di Bernoulli,
avremo
an = (1 + (a 1))n 1 + n(a 1) 1 + (a 1) > 1 + (M 1) = M
Otteniamo quindi che

1
lim an =
n+

se
se
se
se

a>1
a=1
|a| < 1
a 1

Ricordando che per ogni a > 1 risulta ax > ay per ogni x > y,
otteniamo che
per ogni successione xn + risulta axn + .
Difatti, preso comunque M > 0, poich`e an +, esiste n0 N tale
che an0 > M . In corrispondenza di tale n0 N, poich`e xn +,
esiste N tale che xn > n0 per ogni n . Allora, per n
avremo axn > an0 > M .
Per ogni a > 1 si ha
per ogni successione xn + risulta loga (xn ) + .
Difatti, per ogni M > 0, sia N tale che xn > aM per ogni n .
Allora loga (xn ) > M per ogni n .
Riguardo alle operazioni tra limiti infiniti, utilizzando la definizione si
pu`o provare il seguente risultato
Proposizione 2.2. (Algebra dei limiti infiniti)
Siano (an )nN e (bn )nN due successioni regolari e sia a R. Allora

1. LIMITI DI SUCCESSIONI NUMERICHE

35

1. se lim an = a e lim bn = allora lim an + bn = ;


n+

n+

n+

2. se lim an = e lim bn = allora lim an + bn =


n+
n+
n+
;
3. se lim an = a 6= 0 e lim bn = allora lim |an bn | =
n+
n+
n+
+;
4. se lim an = e lim bn = allora lim |an bn | =
n+
n+
n+
+;
an
5. se lim an = a e lim bn = allora lim
= 0;
n+
n+
n+ bn
bn
6. se lim an = a e lim bn = allora lim | | = +;
n+
n+
n+ an
an
7. se lim an = a 6= 0 e lim bn = 0 allora lim | | = +;
n+
n+
n+ bn
Proviamo che per ogni a > 1 e ogni successione xn risulta
1
e xn +
axn 0. Infatti, possiamo scrivere axn = ax
n e poich`
xn
+ e dunque, dal precedente risultato, axn 0.
avremo a
Consideriamo ora le successioni an = 2+ n1 e bn = log2 n1 = log2 n. Per
n + risulta an 2 e bn . Dalla precedente proposizione si
ottiene:
an + bn ,
|an bn | + ma osservato che an > 0 e bn 0 per ogni
n N, avremo an bn 0 e dunque che an bn .
abnn 0
| abnn | + ma per quanto sopra abnn .
Consideriamo come ulteriore esempio le successioni an = 21n e bn =
n n2 . Risulta an > 0 per ogni n N e an 0 per n + mentre
bn = n(1 n) 0 per ogni n N e bn per n +. Allora
an + bn ,
an bn +,
an bn = [0 ] non `e compreso nel risultato,
abnn 0,
abnn , osservato che abnn 0 per ogni n N .
n

e bn = (1)
Consideriamo infine le successioni an = 2 3+3
. Risulta
n
n
an = ( 32 )n + 1 1 per n + mentre bn 0 per n +. Allora
an bn 1,
an bn 0,

36

2. SUCCESSIONI NUMERICHE

| abnn | + ma abnn non ammette limite osservato che bn > 0


per n pari e bn < 0 per n dispari, mentre an > 0 per ogni
n N,
abnn 0.
Per determinare il segno del limite, sar`a utile introdurre la seguente
notazione. Diremo che lim an = 0+ se lim an = 0 e se esiste N
n+

n+

tale che an > 0 per ogni n .


Ad esempio, 2n = 21n 0+ e quindi, utilizzando le considerazioni
precedenti,

n+1
n
2n

+.

Ricordando che loga xn = loga ( x1n ) ed osservato che


ogni xn 0+ otteniamo il seguente limite notevole

1
xn

+ per

per ogni successione xn 0+ e a > 1 risulta loga (xn )


Analogalmente diremo che lim an = 0 se lim an = 0 e se esiste
n+

n+

N tale che an < 0 per ogni n .


Ad esempio,

1n
n2

0 e quindi

nn2
1n
n2

+.

Risultano esclusi dal Teorema alcuni casi che possiamo schematizzare


nelle seguenti forme:
0
, ,
0
dette forme indeterminate. Dire che un limite si presenta in forma indeterminata non significa che il limite non esiste ma che occorre operare delle trasformazioni, semplificazioni o confronti per eliminare, se
possibile, lindeterminazione.
, 0 ,

Esempi

hi
2n
2
=
= lim 2
=2
n+ n + 1
n+

n+1
hi
1 + n2 + n12
n3 + 2n2 + n 1
=
=
lim
n
lim
n+
n+
n2 + 1

1 + n12
+
2n2 3n + 1 h i
1 2 n3 + n12
=
=0
lim
= lim
n+
n+ n
n3 + n

1 + n12
2 + n1 + n12
2n3 + n2 + n h i
2
lim
=
= lim
=
1
3
n+
n+
3n + 1

3
3 + n3
lim

1
n3

2. TEOREMI DI CONFRONTO

37

lim (n + 1)2 (n 1)2 = [ ] = lim n2 + 2n + 1


n+
2

n+

(n 2n + 1) = lim 4n = +
n+

lim (n + 1)8 (n 1)2 = [ ] =


n+

lim (n + 1)8 (1

n+

(n 1)2
) = + (osserviamo che tale metodo non poteva
(n + 1)8
applicarsi al precedente esempio).
Nei prossimi paragrafi vedremo dei risultati che ci permetteranno, tra
laltro, di calcolare alcuni limiti notevoli a cui vedremo di ricondurci
per il calcolo di limiti che si presentano in forma indeterminata.
2. Teoremi di confronto
Nel precedente paragrafo abbiamo visto come si comportano i limiti
rispetto alle operazioni algebriche. Nei risultati che seguono studieremo invece il comportamento rispetto alla relazione dordine. Abbiamo
innanzitutto
Teorema 2.2. (della permanenza del segno)
Se lim an = a > 0 allora esiste N tale che an > 0 per ogni n .
n+

Dim. Preso =

a
2

> 0, poich`e

lim an = a , esiste N tale che

n+

|an a| < per ogni n e dunque an > a =

a
2

> 0 per ogni n . 

Seguono allora immediatamente


Corollario 2.1. Se an 0 per ogni n N e lim an = a, allora
n+
a 0.
Dim. Per assurdo, se a < 0 allora dal Teorema della permanenza del segno
avremo esiste N tale che an < 0 per ogni n , in contraddizione con
an 0 per ogni n N.


Inoltre
Corollario 2.2. Se an bn n N, lim an = a e lim bn = b,
n+

n+

allora a b.
Dim. Basta applicare il precedente corollario alla successione cn = an bn .


Il seguente Teorema torner`a utile per i calcolo di limiti
Teorema 2.3. (del confronto tra limiti finiti)
Siano (an )nN , (bn )nN e (cn )nN successioni tali che an bn cn per

38

2. SUCCESSIONI NUMERICHE

ogni n 0 , per qualche 0 N. Se lim an = lim cn = a R


n+

n+

allora lim bn = a.
n+

Dim. Per ogni > 0, poich`e lim an = a, esiste 1 N tale che a <
n+

an < a + per ogni n 1 . Allo stesso modo, poich`e

lim cn = a,

n+

esiste 2 N tale che a < cn < a + per ogni n 2 . Posto allora


= max{0 , 1 , 2 }, avremo che per ogni n si ha
a < an bn cn < a +

e dunque che lim bn = a.


n+

Il precedente risultato viene anche detto Teorema dei due carabinieri


in quanto le successioni (an )nN e (cn )nN possono essere paragonate
a due carabinieri che accompagnano il delinquente (bn )nN in galera
... Osserviamo che se (an )nN e (cn )nN convergono ma non allo stesso
limite, la successione (bn )nN potr`a anche essere indeterminata: bn =
n
n
(1)n n+1
risulta controllata dalle successioni convergenti an = n+1
e
n
cn = n+1 , ma bn risulta indeterminata.
Utilizzando il precedente risultato proviamo il seguente limite notevole
per ogni successione infinitesima (xn )nN risulta lim sin(xn ) = 0.
n+

A tale scopo osserviamo che per ogni x [ 2 , 2 ] risulta


0 | sin x| |x|
Poich`e xn 0, sia 0 N tale che |xn | < 2 per ogni n 0 . Dalla
precedente diseguaglianza avremo allora che
0 | sin(xn )| |xn |,

n 0 .

Dal Teorema del Confronto e dal Lemma 2.1 segue allora che sin(xn )
0.
Dal precedente limite segue inoltre che
per ogni successione infinitesima (xn )nN risulta lim cos(xn ) = 1.
n+

A tale scopo osserviamo che per ogni x [ 2 , 2 ] risulta


1 cos x 1 | sin x|
Come nella precedente prova, poich`e xn 0, sia 0 N tale che
|xn | < 2 per ogni n 0 . Dalla precedente diseguaglianza avremo
allora che
1 cos(xn ) 1 | sin(xn )|

2. TEOREMI DI CONFRONTO

39

ed essendo | sin(xn )| 0, risulter`a 1 | sin(xn )| 1 e dunque, dal


Teorema del Confronto, cos(xn ) 1.
Infine, per ogni successione infinitesima (xn )nN risulta
sin(xn )
1 cos(xn )
1
= 1 e lim
=
2
n+
n+
xn
xn
2
lim

Infatti, ricordando che per ogni x (0, 2 ) si ha


sin x x tan x,
ottieniamo
1<

x
1
<
sin x
cos x

e quindi
sin x
> cos x.
x
Essendo sin(x) = sin x e cos(x) = cos x, ne deduciamo che per
ogni x ( 2 , 2 ), x 6= 0, la diseguaglianza sopra risulta ancora verificata. Considerata allora una successione xn 0 con xn 6= 0, avremo
che esiste 0 N tale che xn ( 2 , 2 ) per n 0 e dunque che
1>

sin xn
> cos xn , n 0 .
xn
Poich`e cos xn 1, dal Teorema del Confronto risulta che sinxnxn 1.
Per provare il secondo limite, possiamo procedere nel seguente modo
1>

sin2 xn
1
1 cos xn
1
=

2
2
xn
xn 1 + cos xn
2
essendo cos xn 1 e

sin xn
xn

1.
tan xn
= 1.
n+
xn

In particolare si ottiene che lim tan xn = 0 e lim


n+

Nel caso di limiti infiniti si pu`o facilmente verificare


Teorema 2.4. (del confronto per limiti infiniti)
Siano (an )nN e (bn )nN successioni tali che an bn per ogni n ,
per qualche N. Se lim an = + allora lim bn = +. Se
n+

n+

lim bn = allora lim an = .

n+

n+

Ad esempio osserviamo che per la successione n2 sin(n) si ha n2


sin(n) n2 1 per ogni n N. Poich`e lim n2 1 = + dal
n+

precedente risultato otteniamo che


lim n2 sin(n) = +.

n+

40

2. SUCCESSIONI NUMERICHE

Consideriamo ora la successione n arctan(2 + (1)n ). Osservato che


per ogni n N risulta arctan(2 + (1)n ) arctan(1) = 4 avremo che
n arctan(2 + (1)n ) n 4 e dunque che lim n arctan(2 + (1)n ) =
n+
+.
Come esempi notevoli, osservato che per ogni n N risulta nn n e
n! n, dal precedente risultato otteniamo che
lim n! = lim nn = +

n+

n+

dove n! = n (n 1) (n 2)...2 1 `e detto n fattoriale.


3. Successioni monotone e Numero di Nepero
Una successione (an )nN viene detta monotona se risulta verificata una
delle seguenti condizioni:
- an an+1 per ogni n N, oppure
- an an+1 per ogni n N.
Nel primo caso la successione viene detta monotona crescente, nel secondo monotona decrescente. Nel caso in cui le precedenti diseguaglianze risultino strette la successione verr`a detta strettamente monotona
(rispettivamente strettamente crescente e strettamente decrescente).
Risulta ad esempio strettamente decrescente la successione n1p per ogni
p N cos` come la successione an se 0 < a < 1. Risultano invece
strettamente crescenti le successioni np per ogni p N e an se a > 1. La
successione an con a < 0 non risulta invece ne crescente ne decrescente
mentre una successione costante risulta sia crescente che decrescente.
Osserviamo che se (an )nN `e successione crescente allora risulta an am
per ogni n m. Analogalmente, se (an )nN `e successione decrescente
allora risulta an am per ogni n m.
Si dice estremo superiore (inferiore) di una successione (an )nN , lestremo
superiore (inferiore) dellinsieme {an | n N}, che indicheremo con
sup an o con sup an (rispettivamente, inf an o inf an ).
nN

nN

Dalla caratterizzazione dellestremo superiore di un insieme numerico


si ha:
(
an m n N
sup an = m R
> 0 esiste N tale che m < a
mentre
sup an = + M R esiste N tale che M < a

3. SUCCESSIONI MONOTONE E NUMERO DI NEPERO

41

Analoghe caratterizzazioni si avranno per lestremo inferiore, inf an .


Utilizzando tali caratterizzazioni si prova il seguente fondamentale risultato.
` delle successioni monotone)
Teorema 2.5. (di regolarita
Ogni successione (an )nN monotona `e regolare e precisamente, se risulta crescente allora lim an = sup an mentre se risulta decrescente
n+

allora lim an = inf an .


n+

Dim. Consideriamo solo il caso in cui la successione risulta crescente, nel


caso decrescente la prova `e analoga.
Sia (an )nN successione crescente e supponiamo che risulti superiormente
limitata. Dal Teorema di esistenza dellestremo superiore avremo allora che
esiste finito sup an = m. Proviamo che lim an = m.
n+

Preso comunque > 0, dalla caratterizzazione di estremo superiore abbiamo


che per ogni n N risulta an m < m + . Inoltre, esiste N tale
che a > m . Allora, essendo la successione crescente, avremo che per
ogni n risulta an a > m . Dunque, per ogni n si ha
m < an < m + e quindi lim an = m.
n+

Supponiamo ora che la successione non risulti superiormente limitata. Per


definizione avremo che sup an = + e proviamo che lim an = +.
n+

Preso comunque M > 0, dalla caratterizzazione abbiamo che esiste N


tale che a > M . Essendo la successione crescente avremo che per ogni
n risulta an a > M e dunque che lim an = +.

n+

Segue immediatamente
Corollario 2.3. Ogni successione monotona limitata `e convergente.
Come applicazione notevole del precedente risultato si definisce ilnun
mero di Nepero e nel seguente modo. La successione an = 1 + n1 `e
convergente ed il suo limite viene detto numero di Nepero e denotato
con e:

n
1
lim 1 +
=e
n+
n
Per provare che tale successione `e convergente e per dare una stima
del suo limite, proviamo che (an )nN `e successione crescente e limitata.
Difatti, risulta
1 n1
n+1 n
n n1
1
(1 + )n (1 +
)
(
) (
)
n
n1
n
n1
n+1 n1 n n1
1
1
[(
)(
)]
(1 2 )n 1
n
n
n
n
n

42

2. SUCCESSIONI NUMERICHE

e lultima diseguaglianza segue dalla diseguaglianza di Bernoulli.


Quindi an an1 per ogni n N e dunque (an )nN `e successione
crescente. Per provareche la successione `e limitata, si consideri la
n+1 `
successione bn = 1 + n1
. E evidente che bn an per ogni n N e,
con procedimento analogo al precedente, si pu`o provare che (bn )nN `e
successione decrescente. Risulta allora che
2 = a1 an bn b1 = 4,

n N.

La successione (an )nN risulta allora limitata e quindi, essendo crescente, dal precedente risultato, ammette limite, il numero di Nepero:

n
1
sup an = lim an = lim 1 +
= e R.
n+
n+
n
Pi`
u in generale, si pu`o provare che per ogni successione xn per
n + risulta
xn

1
=e
(5)
lim 1 +
n+
xn
A tale scopo, consideriamo il caso in cui xn + ed osserviamo che
per definizione di parte intera risulta [xn ] xn [xn ] + 1 per ogni
n N e dunque

[xn ] 
 xn 
[xn ]+1
1
1
1
1+
1+
1+
[xn ] + 1
xn
[xn ]
Essendo (1 + n1 )n e, [xn ] N e [xn ] + avremo che
(1 +

1 [xn ]
)
e
[xn ]

Infatti per ogni > 0 sia N N tale che |(1 + n1 )n e| < per ogni n N .
Poich`e [xn ] N e [xn ] +, sia N tale che [xn ] N per ogni n ,
allora risulta |(1 + [x1n ] )[xn ] e| < per ogni n .

Ne segue che

lim 1 +

n+

1
[xn ] + 1

[xn ]


= lim

n+

1
1+
[xn ]

[xn ]+1
=e

Dalla precedente diseguaglianza e dal Teorema del Confronto ne concludiamo che vale (5).
Osserviamo ora che essendo bn = an 1 +
sione limitata e decrescente avremo che

1
n

ed essendo (bn )nN succes-

inf bn = lim bn = lim an = e


n+

n+

3. SUCCESSIONI MONOTONE E NUMERO DI NEPERO

43

e quindi che
an sup an = e = inf bn bn ,
ovvero, vale la diseguaglianza di Nepero

n

n+1
1
1
1+
e 1+
,
n
n

n N

n N

Tale diseguaglianza ci permette di dare delle stime del numero di


Nepero. Ad esempio, per n = 2 risulta:
2, 25 e 3, 375,
per n = 4 si ha
2, 44140625 e 3, 0517578125,
e per n = 100
2, 70481382942 e 2, 73186196772.
A partire dalla diseguaglianza di Nepero, utilizzando il Teorema del
Confronto, si provano i seguenti limiti notevoli:
1
lim log(1 + ) = 0 e
n+
n

log(1 + n1 )

lim

1
n

n+

=1

dove log x = loge x, ed inoltre


1

1
n

lim e = 1 e

n+

lim

en 1

n+

1
n

=1

Difatti, applicando il logaritmo di base e a tutti i membri della diseguaglianza di Nepero si ottiene




1
1
n log 1 +
1 (n + 1) log 1 +
, n N,
n
n
da cui in particolare


1
1
1
,
log 1 +
n+1
n
n

n N,

(6)

1
0 per n +, dal Teorema del confronto
ed essendo n1 0 e n+1

1
deduciamo che log 1 + n 0.
Dalla diseguaglianza (6), deduciamo inoltre che


n
1
n log 1 +
1, n N,
n+1
n

44

2. SUCCESSIONI NUMERICHE

n
ed essendo n+1
1 per n +, dal Teorema del confronto deducia
mo che n log 1 + n1 1.
Sempre dalla diseguaglianza (6), otteniamo che




1
1
1
log 1 +
log 1 +
, n N, n 2,
n
n
n1

da cui, applicando lesponenziale, otteniamo


1
1
1
, n N, n 2,
(7)
1 + en 1 +
n
n1
1
ed essendo n1 0 e n1
0 per n +, dal Teorema del confronto
1
deduciamo che e n 1. Da (7) si ha inoltre che
1
1
1
en 1
, n N, n 2,
n
n1
e quindi
1
n
, n N, n 2,
1 n(e n 1)
n1
n
1 per n +, dal Teorema del confronto deduciaed essendo n1
1
mo che n(e n 1) 1.
Si pu`o inoltre provare (utilizzando la parte intera) che i precedenti limiti
valgono se alla successione n1 viene sostituita una qualunque successione
xn 0 per n +. Si ha difatti che per ogni successione xn 0
per n + risulta
lim log(1 + xn ) = 0 e

n+

log(1 + xn )
=1
n+
xn
lim

ed anche
exn 1
=1
n+
n+
xn
Dai precedenti limiti si possono inoltre verificare i seguenti limiti notevoli attarverso i quali proveremo la continuit`a delle funzioni esponenziale e logaritmo:
Se xn x0 , osservato che exn = ex0 exn x0 e che exn x0 1, si ha
lim exn = 1 e

lim

lim exn = ex0 .

n+

Se xn x0 > 0, essendo log(xn ) = log(xn x0 + x0 ) = log(x0 ) +


0
0
log( xnxx
+ 1) e xnxx
0, risulta
0
0
lim log(xn ) = log x0 .

n+

3. SUCCESSIONI MONOTONE E NUMERO DI NEPERO

45

Proviamo infine che valgono i seguenti limiti riguardanti le potenze:


per ogni 6= 0 e ogni successione xn 0 per n + risulta
lim (1 + xn ) = 1 e

n+

(1 + xn ) 1
=
n+
xn
lim

Difatti, utilizzando le leggi cancellazione di esponenziale e logaritmo


possiamo scrivere: (1 + xn ) = e log(1+xn ) ed essendo yn = log(1 +
xn ) 0 per n +, dal limite notevole eyn 1, deduciamo che
(1 + xn ) 1. Analogalmente possiamo scrivere
(1 + xn ) 1
e log(1+xn ) 1
e log(1+xn ) 1 log(1 + xn )
=
=

xn
xn
log(1 + xn )
xn
ed essendo yn = log(1 + xn ) 0 per n +, dal limite notevole
eyn 1
n)
1 e log(1+x
1, otteniamo
yn
xn
(1 + xn ) 1
=
n+
xn
Infine, se xn x0 > 0, allora
lim

lim xn = x0

n+

essendo, dai precedenti limiti, xn = e log xn e log x0 = x0 . Se ne


deduce in particolare che se xn e R allora
lim (1 +

n+

Infatti, se 6= 0, posto yn =
(1 +

xn

xn
) = e
xn

, avremo

xn
xn
1
) = [(1 + ) ] = [(1 + )yn ] e .
xn
xn
yn

Esempi
1

Calcolare lim (e n2 1)(2n2 + n + 1). Abbiamo


n+

lim (e

n+

1
n2

e n2 1 2n2 + n + 1
1)(2n + n + 1) = [0 ] = lim
= 2.
1
n+
n2
n2
2

log(1 + n12 )
. Si ha
n+ 1 cos 12
n

Calcolare lim

log(1 + n12 )
log(1 +
0
lim
= [ ] = lim
1
1
n+ 1 cos 2
n+
0
n
n2

1
)
n2

1
n4

1 cos( n12 )

n2 = +

46

2. SUCCESSIONI NUMERICHE
1

Calcolare lim

n+

esin n 1
3

[1 + n1 ] 2 1

. Risulta

 
1
sin n1
esin n 1
0
lim
= lim
=
3
3
n+ [1 + 1 ] 2 1
n+
0
sin n1 [1 + n1 ] 2 1
n
esin n 1
1

1
sin n1
esin n 1
2
n
=
3
1
1
n+
3
sin n [1 + n1 ] 2 1 n

= lim

Calcolare lim

n+

lim

n+

n2 + 1

= lim
n+

n2 + n.

n2 + n = [ ]

1n

= lim q
n2 + 1 + n2 + n n+ 1 +

Calcolare lim

n+

n2 + 1

1
q
1
1+
+
n2

=
1
n

1
2

n + 1.

n + 1 = [ ]
r
r

2
5
5
5 n 1
= lim
n + 1(
1) = lim
n + 1( 5 1
1)
n+
n+
n+1
n+1
q
2
5
1 n+1
1 2

5
= lim
n+1
2
n+
n+1
n+1
q
2
5
1 n+1
1
2
= lim
=0
4
2
n+ (n + 1) 5
n+1
lim

n+

n1

n1

1
n

log(n + n) log n

Calcolare lim
.

n+
n+1 n

log(1 +
log(n + n) log n

lim
= lim q

n+
n+
n+1 n
n( 1 +
log(1 +
= lim

n+

1
n

1 )
n

1
n

1+

=2
1
n

1 )
n
1
n

1)

3. SUCCESSIONI MONOTONE E NUMERO DI NEPERO

47

en 1
Calcolare lim
, al variare di 6= 0.
n+
1 + n 1
Se > 0 allora, dalla gerarchia degli infiniti abbiamo

lim

n+

1 en1
en 1
en
q
= lim

1
1 + n 1 n+ n 2
+1
n

= +
1
n/2

Se < 0, essendo n 0 abbiamo

en 1
en 1
n

lim
=
lim
=2
n+
1 + n 1 n+ n
1 + n 1
log(n + n ) log n

al variare di R. Risulta

n+
n+1 n

Calcolare lim

log(n + n ) log n

n+
n+1 n
lim

= lim

n+

log(1 + n1 )
1
n

1
n

q
1+

1
n

se <
0
= 2
se =
+ se >
1

1
2
1
2
1
2

Per esercizio provare che

log(n + n) log n

=0
n+
n2 + 1 n

se < 1
1
0
esin n 1
= 2
lim q
se = 1
n+

1 + n1 1
+ se > 1

0
se < 0
log(n + n ) log n

lim
= 2
se = 0
n+

n2 + 1 n

+ se > 0

0
se < 2

en 1
lim q
4
se = 2
n+

cos n1 1
se > 2

lim

Torner`a utile nel calcolo dei precedenti limiti utilizzare la relazione di


asintotico che introdurremo nel prossimo paragrafo.
Consideriamo ora successioni della forma abnn dove an > 0 per ogni
n N. Per trattare successioni di questa forma converr`a riscriverle
utilizzando le leggi di cancellazione del logaritmo e dellesponenziale
abnn = ebn log an

48

2. SUCCESSIONI NUMERICHE

e ricordare i limiti notevoli della successione exn . Possiamo in tal modo


provare che vale il seguente risultato:
Proposizione 2.3. Sia (an )nN una successione regolare a termini
positivi e sia (bn )nN una successione regolare. Allora
1. se lim an = a > 0 e lim bn = b R allora lim abnn = ab ;
n+

n+

n+

2. se lim an = a > 1 e lim bn = + allora lim abnn = +;


n+

n+

n+

3. se lim an = a (0, 1) e lim bn = + allora lim abnn = 0;


n+

n+

n+

4. se lim an = 0+ e lim bn = b > 0 allora lim abnn = 0;


n+

n+

n+

5. se lim an = 0+ e lim bn = b < 0 allora lim abnn = +;


n+

n+

n+

6. se lim an = + e lim bn = b > 0 allora lim abnn = +;


n+

n+

n+

7. se lim an = + e lim bn = b < 0 allora lim abnn = 0.


n+

n+

n+

Sono escluse dalla proposizione le seguenti forme indeterminate esponenziali:


1 ; +0 ; 00
che potranno riportarsi al caso 0 mediante la posizione abnn =
ebn log an .
Proviamo ad esempio i seguenti limiti notevoli

lim n a = 1, a > 0 ,
n+

difatti,

a = an = e

log a
n

1, essendo

n
lim
nb = 1,

n+

log a
n

0. Inoltre

b R

log n
b
n
essendo nb = n n = eb n 1, essendo, come proveremo nella
prossima sezione, logn n 0 per n +.
Come ulteriore esempio calcoliamo il limite della successione an =
( n+3
)n . Risulta
n+1
n+3

an = en log( n+1 ) = en log(1+ n+1 )


n)
Dal limite notevole log(1+x
1 per ogni successione xn 0 otteniamo
xn
2
log(1 + n+1
) 2n
2
n log(1 +
)=
2
2
n+1
n+1
n+1

e dunque lim an = e2 .
n+

4. CRITERIO DEL RAPPORTO ED INFINITI DI ORDINE CRESCENTE

49

4. Criterio del rapporto ed infiniti di ordine crescente


Ricordando che lim bn = 0 per ogni |b| < 1 possiamo provare il
n+

seguente risultato
Teorema 2.6. (Criterio del rapporto)
Sia (an )nN successione a termini positivi tale che esiste lim

an+1
n+ an

= `.

Risulta
(i) se ` < 1 allora lim an = 0 ed esistono N, A > 0 e
n+

b (0, 1) tali che an Abn per ogni n ,


(ii) se ` > 1 allora lim an = + ed esistono N, A > 0 e
n+

b > 1 tali che an Abn per ogni n .


Dim. Dimostriamo innanzitutto (i). Preso 0 < < 1 `, dalla definizione
di limite, esiste N tale che an+1
an < ` + per ogni n . Posto b = ` +
avremo che 0 < b < 1 e che per ogni n risulta an+1 < ban . Ne segue che
per ogni k N si ha a+k < bk a . Infatti, risulta a+1 < ba . Supponiamo
che a+k < bk a allora, essendo + k + 1 , avremo
a+k+1 < ba+k < bk+1 a
Dal principio di induzione segue allora che a+k < bk a per ogni k N.
Quindi, per ogni n avremo
a
0 < an = a+(n) < bn a = bn .
b
a
n
Posto A = b > 0, si ha che 0 < an < Ab per ogni n . Essendo
b (0, 1), si ha bn 0 e quindi, dal Teorema del Confronto, an 0.
Per provare (ii) sar`
a sufficiente applicare (i) alla successione bn = a1n 1` <
1.


Utlizzando il precedente risultato `e possibile stabilire una gerarchia tra


gli infiniti notevoli. Ricordando infatti che per ogni b > 0 e a > 1
abbiamo
lim loga n = lim nb = lim an = lim n! = lim nn = +

n+

n+

n+

n+

n+

proviamo che
nb
an
n!
= lim
lim
= lim n = 0 e
n+ n!
n+ an
n+ n

lim

n+

loga n
=0
nb

Per provare la prima serie di limiti applichiamo il criterio del rapporto.


b
Abbiamo infatti che posto an = ann si ha
an+1
(n + 1)b an
1 n+1 b 1
= lim
=
lim
(
) = <1
n+ an
n+
an+1 nb n+ a n
a
lim

50

2. SUCCESSIONI NUMERICHE

e dunque dal criterio del rapporto si ottiene che


nb
= 0.
n+ an
lim

Allo stesso modo, posto an =

an
n!

risulta

an+1 n!
an+1
a
= lim
=0<1
lim
= lim
n+ (n + 1)! an
n+ an
n+ n + 1
e dal criterio del rapporto concludiamo che
an
= 0.
n+ n!
lim

Infine, posto an =

n!
nn

risulta

an+1
(n + 1)! nn
n n
= lim
=
lim
(
)
n+ an
n+ (n + 1)n+1 n!
n+ n + 1
1
1
< 1.
= lim
=
1
n+ (1 + )n
e
n
lim

essendo lim (1 +
n+

da cui

1 n
) = e > 2 per definizione di numero di Nepero,
n
n!
= 0.
n+ nn
lim

Per provare lultimo limite, osserviamo innanzitutto che per ogni successione xn +, b > 0 e a > 1 risulta
xbn
=0
n+ axn
lim

(8)

Infatti, considerata la successione delle parti intere ([xn ])nN risulta


[xn ] N e [xn ] xn < [xn ] + 1 per ogni n N da cui
[xn ]b
xbn
([xn ] + 1)b
xn
a[xn ]+1
a
a[xn ]
b

(9)
b

Poich`e ann 0, preso comunque > 0 sia N N tale che ann < per
ogni n N . Essendo [xn ] +, sia N tale che [xn ] > N per
b
b
ogni n . Allora per n risulta a[x[xnn] ] < e dunque a[x[xnn] ] 0. Ne
segue che
[xn ]b
1 [xn ]b
lim [xn ]+1 = lim
= 0.
n+ a
n+ a a[xn ]

4. CRITERIO DEL RAPPORTO ED INFINITI DI ORDINE CRESCENTE

51

e che
([xn ] + 1)b
1 b [xn ]b
)
=
lim
(1
+
= 0.
n+
n+
a[xn ]
[xn ] a[xn ]
Da (9) e dal Teorema del confronto ne concludiamo che vale (8).
lim

Dal precedente limite segue in particolare che per ogni successione xn


+, b > 0 e a > 1 risulta
lim

n+

loga (xn )
=0
xbn

(10)

Infatti, posto yn = loga xn si ha che yn + e dunque che


1 b yn
loga (xn )
= 0.
= lim
b
n+
n+ b ab yn
xn
lim

In particolare otteniamo che


loga n
= 0.
n+
nb
Dal limite (10) segue inoltre che per ogni successione xn 0+ risulta
lim

lim xbn loga xn = lim

n+

essendo

1
xn

n+

1
xn
( x1n )b

loga

= 0,

a > 1, b > 0.

+.

Siano ora (an )nN e (bn )nN successioni tali che


lim an = lim bn = +

n+

n+

Si dice che la successione (an )nN ha ordine di infinito minore della successione (bn )nN per n +, e scriveremo Ord(an ) < Ord(bn ) oppure
an << bn per n +, se
an
lim
= 0.
n+ bn
Osserviamo che tale relazione risulta transitiva in quanto se Ord(an ) <
Ord(bn ) e Ord(bn ) < Ord(cn ) per n + allora Ord(an ) < Ord(cn ).
Infatti
an
an b n
lim
= lim
=0
n+ cn
n+ bn cn
Dai limiti precedentemente provati, per ogni a > 1 e p > 0, per n
+ risulta
Ord(loga n) < Ord(np ) < Ord(an ) < Ord(n!) < Ord(nn )

52

2. SUCCESSIONI NUMERICHE

Si dice infine che la successione (an )nN ha ordine di infinito uguale alla
successione (bn )nN per n +, e scriveremo Ord(an ) = Ord(bn ),
per n +, se
an
lim
= ` R \ {0}.
n+ bn
5. Relazione di asintotico
Due successioni (an )nN e (bn )nN sono dette asintotiche per n +,
e si scrive an bn per n +, se
an
lim
= 1.
n+ bn
In particolare, se lim an = ` R \ {0} allora an ` per n +.
n+

Sono immediate le seguenti propriet`a:


(i) Se an bn e lim bn = ` R {} allora lim an = `.
n+

n+

(ii) Se an bn e bn cn allora an cn .
(iii) Se an bn allora per ogni successione (cn )nN mai nulla, si ha
an
bn
cn
cn
an cn bn cn ,
,
.
cn
cn
an
bn
Alcune osservazioni. Esistono successioni che ammettono lo stesso limite ma che non sono asintotiche (si pensi ad esempio alle successioni
an = n2 e bn = n4 ).
La propriet`a (i) afferma che due successioni (an )nN e (bn )nN asintotiche ammettono lo stesso limite (purch`e regolari) ma non necessariamente che an bn 0 (si pensi alle successioni an = n2 + n e
bn = n2 + 1).
La propriet`a (iii), anche chiamata Principio di sostituzione, vale per
prodotti e rapporti di successioni ma NON VALE in generale per somme e differenze di successioni. Si considerino ad esempio le successioni
an = n2 + n, bn = n2 e cn = n2 n1 . Per n + abbiamo
an = n2 (1 +

1
) bn = n2
n

e
an c n = n +
mentre

1
+
n

1
0.
n
Dunque an cn 6 bn cn (infatti, se cos` fosse per (i) i due limiti
dovrebbero essere uguali).
bn c n =

5. RELAZIONE DI ASINTOTICO

53

Osserviamo infine che se an bn possiamo dire che an = bn + rn , per


ogni n N, dove il resto rn `e tale che rbnn 0 per n + (rn viene
detto trascurabile rispetto a bn per n +), infatti
rn
an b n
an
=
=
1 0,
bn
bn
bn

per n +,

ma non `e necessariamente infinitesimo. Ad esempio, per n +,


an = n + n2 bn = n2 e risulta
rn = an bn = n +.

Dai limiti notevoli visti otteniamo che per ogni successione xn 0 per
n + valgono i seguenti confronti asintotici notevoli
sin(xn ) xn ,

1 cos(xn )

x2
,
2

tan(xn ) xn

e
exn 1 xn ,

log(1 + xn ) xn ,

(1 + xn ) 1 xn

Esempi

sin( 2 )
Calcolare lim q n1 .
n
4 + n1 2
Il limite si presenta nella forma indeterminata 00 ed utilizzando la
relazione di asintotico, dai limiti notevoli ricordati sopra si ottiene
2
sin( 2 )
sin( 2 )
8n
q n1
= q n1
n1
1 1 =
n1
2 2 4n
1
4 + n1 2
2( 1 + 4n
1)

da cui
2
sin( n1
)
8n
lim q
= lim
= 8.
n
n
n1
4 + n1 2

Calcolare lim

log( enn + 1)
1

en 1
Osserviamo che il limite presenta una forma indeterminata del tipo 00 ed
utilizzando la relazione di asintotico ed i limiti notevoli sopra elencati
si ha
n
log( enn + 1)
n2
en
1 = n
1
e
en 1
n
n+

54

2. SUCCESSIONI NUMERICHE

e quindi, dalla gerarchia degli infiniti, risulta:


log( enn + 1)

lim

n+

en 1

n2
=0
n+ en

= lim

Calcolare lim

esin n 1

n+

[1 + log(1 +

3
1
)] 2
2n

. Dai limiti notevoli abbiamo

sin n1
3
3
log(1 +
[1 + log(1 + 21n )] 2 1
2
esin n 1

1
)
2n

1
n
3 1
2 2n

2 2n
3n

e dunque, dalla gerarchia degli infiniti,


1

lim

n+

esin n 1
3

[1 + log(1 + n1 )] 2 1

= +.

Calcolare al variare di > 0 il limite lim (n2 + 2) (n2 + 1) .


n+

Per ogni > 0 abbiamo


n2 + 2
) 1]
n2 + 1
1
1
= (n2 + 1) [(1 + 2
) 1] (n2 + 1) 2
=
n +1
n +1
= (n2 + 1)1

(n2 + 2) (n2 + 1) = (n2 + 1) [(

Quindi,
lim (n2 + 2) (n2 + 1) = lim (n2 + 1)1
n+

+ se > 1
= 1
se = 1

0
se 0 < < 1
n

1
.
Calcolare al variare di > 0 il limite lim cos
n+
n


1

n
= en log(cos n ) e determiniamo il limite dellespoAbbiamo cos n1
nente al variare di . Osserviamo innanzitutto che, essendo cos n1 1,
si ha
1
1
1
1
log(cos ) = log(1 + (cos 1)) cos 1 2
n
n
n
2n
e quindi
1
1
n log(cos ) n2 .
n
2
n+

6. SOTTOSUCCESSIONI E TEOREMA DI BOLZANO-WEIERSTRASS

55

Allora
1
1
lim n log(cos ) = lim n2
n+
n+
n
2

se > 2
= 12
se = 2

0
se < 2

e dunque

lim

n+

1
cos
n

n

n log(cos

= lim e

1
)
n

n+

1
e

se > 2
se = 2
se < 2

6. Appendice: Sottosuccessioni e Teorema di


Bolzano-Weierstrass
Data una successione (an )nN ed una successione (nk )kN di numeri
naturali strettamente crescente, la successione (ank )kN si dice sottosuccessione estratta dalla successione (an )nN .
Ad esempio la successione costante bk = 1 `e sottosuccessione della
successione an = (1)n essendo bk = ank dove nk `e la successione dei
numeri pari.
1
La successione bk = 2k+1
`e sottosuccessione della successione an = n1
essendo bk = ank dove nk = 2k + 1 `e la successione dei numeri dispari.
Vale il seguente risultato
Proposizione 2.4. Una successione ha limite ` R {} se e solo
se ogni sua sottosuccessione estratta ha limite `.
Dim. Supponiamo ` R, la dimostrazione nel caso ` = sar`a analoga.
Sia (ank )kN una sottosuccessione estratta da (an )nN e proviamo che ank
` per k +. Preso comunque > 0, poich`e an ` per n +,
sia n0 N tale che |an `| < per ogni n n0 . Poich`e la successione
(nk )kN `e successione di numeri naturali strettamente crescente, avremo che
nk + e sia N tale che nk n0 per ogni k . Allora per k
avremo |ank `| < .
Viceversa,


Vale inoltre il seguente importante risultato


Teorema 2.7. (Bolzano-Weierstrass)
Per ogni successione limitata esiste una sottosuccessione convergente.
Dim. Sia (an )nN una successione limitata e siano `, L R tali che `
an L per ogni n N. Consideriamo M = `+L
2 . Se per infiniti indici n
risulta ` an M poniamo
`1 = `

e L1 = M

56

2. SUCCESSIONI NUMERICHE

Altrimenti, se per infiniti indici n risulta M an L poniamo


`1 = M

e L1 = L

Poniamo inoltre n1 = min{n N | `1 an L1 }.


1
Consideriamo ora M1 = `1 +L
2 . Se per infiniti indici n risulta `1 an M1
poniamo
`2 = `1 e L2 = M1
Altrimenti, se per infiniti indici n risulta M1 an L1 poniamo
`2 = M1

e L2 = L1

Poniamo inoltre n2 = min{n N | n > n1 , `2 an L2 }.


Procedendo in questo modo, per induzione, otterremo tre successioni (`k ),
(Lk ) e (nk ) tali che per ogni k N risulta
(i)
(ii)
(iii)
(iv)

`k an Lk , per infiniti indici n,


` `k `k+1 < Lk+1 Lk L,
Lk `k = L`
,
2k
nk+1 = min{n N | n > nk , `k an Lk }.

Da (ii) si ha che le successioni (`k )kN e (Lk )kN sono monotone e limitate
e dunque convergenti. Inoltre da (iii) si ha che lim `k = lim Lk .
k+

k+

Da (iv) si ha infine che per ogni k N risulta nk < nk+1 e `k ank


Lk , quindi la successione (ank )kN `e sottosuccessione estratta di (an )nN ed
inoltre, dal Teorema del confronto, si ottiene che lim ank = lim `k =
k+

k+

lim Lk .

k+

Data una successione (an )nN , per ogni k N poniamo


ak = sup an .
nk

La successione (ak )kN risulta monotona decrescente e dunque regolare.


Si dice limite superiore (o massimo limite) della successione (an )nN , il
limite di tale successione:
lim sup an = lim ak = lim sup an .
n+

k+

k+ nk

Osserviamo che dalla definizione e dalla caratterizzazione del limite di


una successione decrescente risulta
lim sup an = inf sup an .
n+

kN nk

In modo analogo, posto per ogni k N


ak = inf an ,
nk

6. SOTTOSUCCESSIONI E TEOREMA DI BOLZANO-WEIERSTRASS

57

la successione (ak )kN risulta monotona crescente. Si dice limite inferiore


(o minimo limite) della successione (an )nN , il limite di tale successione:
lim inf an = lim ak = lim inf an
n+

k+

k+ nk

e risulta
lim inf an = sup inf an .
n+

kN nk

Dalla definizione segue immediatamente che lim inf an lim sup an .


n+

n+

Vediamo qualche esempio. Per la successione an = (1)n risulta


lim inf an = 1 mentre lim sup an = 1. Infatti, per ogni k N si
n+

n+

ha
ak = sup(1)n = 1 e ak = inf (1)n = 1
nk

nk

e quindi lim ak = 1 mentre lim ak = 1.


k+

k+

Per la successione an =

(1)n
n

risulta invece lim sup an = lim inf an = 0.


n+

n+

Infatti
(1)n
=
ak = sup
n
nk

1
k+1
1
k

per k dispari
0 per k +
per k pari

e analogalmente
(1)n
=
ak = inf
nk
n

(
1
k+1
k1

per k pari
0 per k +.
per k pari

Nel precedente esempio abbiamo che


lim inf an = lim an = lim sup an
n+

n+

n+

In generale vale
Teorema 2.8. Una successione (an )nN ammette limite ` R{}
se e solo se
lim inf an = lim sup an = `
n+

n+

Dim. Consideriamo solo il caso in cui ` R, la dimostrazione nel caso


` = `e analoga. Supponiamo che lim an = ` e proviamo che
n+

lim inf an = lim sup an = `


n+

n+

58

2. SUCCESSIONI NUMERICHE

Dalla definizione di limite, per ogni > 0 esiste N tale che ` < an <
` + per ogni n . Ne segue che per ogni k risulta
` < ak = sup an ` +
nk

e
` ak = inf an < ` + .
nk

e quindi, dalla definizione di limite, otteniamo che


` = lim inf an = lim sup an .
n+

n+

Viceversa, supponiamo che lim inf an = lim sup an = ` e proviamo che


n+

n+

lim an = `. Preso comunque > 0, poich`e posto

n+

ak = sup an
nk

risulta
` = lim sup an = inf ak ,
kN

n+

avremo che esiste k1 N tale che ak1 < ` + e dunque per ogni n k1
risulta
an sup an = ak1 < ` + .
nk1

Analogalmente, posto
ak = inf an
nk

risulta
` = lim inf an = sup ak ,
n+

kN

e dunque esiste k2 N tale che ak2 > ` . Ne segue che per ogni n k2
si ha
an inf an = ak2 > ` .
nk2

Ne concludiamo che per ogni n max{k1 , k2 } risulta ` < an < ` + e


dunque che lim an = `.

n+

Si ha inoltre il seguente risultato


Teorema 2.9. Per ogni successione (an )nN esistono due sottosuccessioni estratte (bj )jN e (cj )jN tali che
lim bj = lim sup an

j+

n+

lim cj = lim inf an

j+

n+

Dim. Proviamo la prima affermazione, la prova della seconda `e analoga. Sia


` = lim sup an = lim sup an = inf sup an .
n+

k+ nk

kN nk

6. SOTTOSUCCESSIONI E TEOREMA DI BOLZANO-WEIERSTRASS

59

Procediamo per induzione. Sia k(1) N tale che


` L(1) = sup an < ` + 1.
nk(1)

Daltra parte sia n(1) k(1) tale che an(1) > L(1) 1 ` 1. Ne segue
allora che
` 1 < an(1) < ` + 1.
Supponiamo ora di aver definito n(j) N tale che
1
1
n(j) > n(j 1) e ` < an(j) < ` + .
j
j
Sia k(j + 1) > n(j) tale che
1
` L(j + 1) = sup an < ` +
j
+
1
nk(j+1)
1
1
e sia n(j + 1) k(j + 1) tale che an(j+1) > L(j + 1) j+1
` j+1
. Dunque

1
1
< an(j+1) < ` +
.
j+1
j+1
Per induzione otteniamo una successione strettamente crescente (n(j))jN
tale che
1
1
` < an(j) < ` + , j N
j
j
e dunque, per il Criterio del confronto, tale che an(j) ` per j +.
Posto bj = an(j) segue la tesi.

n(j + 1) > n(j)

60

2. SUCCESSIONI NUMERICHE

7. Esercizi
Calcolare i seguenti limiti:

n4 n
1. lim
n+ n 1
(2n n2 )4
2. lim
n+ (4n n4 )2
3. lim n2 log(1 2n )


n+

[e3 ]
[1]
[0]

sin n
[0]
+ n3 n2
log(n2 + n) log(n2 ) 1
5. lim
[2]
n+
sin n2

4.

lim

n+

n4

en 1
n+ log(n + 1) log n
7. lim [(n + 1)n nn+1 ]

6.

lim

n+

log[3n + cos(3n )]
n+
n
1
9. lim
n+ log(n4 ) sin(2n )
n log( n+3
n )

10. lim
n 2n
n+
2
8.

lim

[1]

n+

lim

n+

16.
17.

[log 3]

18.

[0]

lim

en 2n log n
n+
nn
n
15. lim
3 2
3 2
14.

[]

[+]

2n + 3 n

n n
2 + 3n 3
12. lim
n+
2n
log(1 + en )
13. lim
n+
1 + n2
11.

n +n

[1]
[0]
[+]
[ 1e ]


1 n
n2

[1]*

cos n1

lim

n+

[0]

n2

lim

n+

n 1

[3]

n2n
n+ en!
nn
19. lim
n+ (n!)2
nn
20. lim
n+ n + en2
lim

[0]*
[0]*
[0]*

Calcolare i limiti delle seguenti successioni al variare di R:


1.
2.
3.
4.
5.
6.
7.
8.

lim n (1 cos(

n+

lim (n

n+

en )

1
))
2n

[0 per ogni ]
[ se < 1 e + se 1]

sin( n13 )
lim q
[0 se < 3, 3 se = 3 e + se > 3]
n+ 3
1 + n1 1
log(n + 1)
lim
[0 se 0 e se > 0]
n+
log n
n
log(e + 1)
lim
[+ se < 1, 1 se = 1 e 0 se > 1]
n+ n

n4 + n3 n4 n3
lim
[1 se < 1, 21 se = 1 e 0 se > 1]
n+
n + n
sin(n )
lim
con > 0
[0 se 6= 1, sin 1 se = 1]
1
n+ n

lim n 5 n2 + 2n + 1 5 n2 + n
[+ se > 35 , 51 se = 35 e 0 se
n+

< 35 ]

7. ESERCIZI

61

log(n + n ) log n

[+ se > 12 , 2 se = 12 , 0 se < 21 ]*

n+
n+1 n

en 1

10. lim
[+ se > 0, 2 se < 0]*
n+ ( 1 + n 1)
n

1
[0 se > 2, 1e se = 2, 1 se < 2]*
11. lim
cos
n+
n
n! sin n1
12. lim
[0 per ogni R]*
n+
2n2
1
1
13. lim (e n cos ) log(1 + n )
[0 per ogni R]*
n+ 
nn
1
[+ se < 1, e se = 1, 1 se > 1]*
14. lim
1+
n+
n
n
n
15. lim
con > 0
[0 per > 1, + per 0 < 1]*
n+ n!n2
n
n log n
16. lim
[0 per > 1, + per 1]*
n+ (n!)
nn log n
17. lim
[0 per ogni R]*
n+
en!
n
e( n1 ) e
18. lim
[e per ogni R]*
n+ log( n )
n1

n
n n n
[+ per > 1, per < 1, 0 per = 1]*
19. lim
1
n+
en 1
1
20. lim n n log n + n2 log(1 + )
[+ per > 1, per 1]*
n+
n
1
[ per 4, + per > 4]*
21. lim n sin n3 log n
n+
n
1
22. lim n log(1 + n ) n2 sin
[ per 0, + per > 0]*
n+
n
9.

lim

CAPITOLO 3

Funzioni reali
1. Qualche richiamo
Dati due insiemi X e Y di numeri reali, una funzione f tra X ed Y `e
una legge che fa corrispondere ad ogni x X uno ed un solo elemento
y Y . Scriveremo f : X Y ed anche f : x X 7 y Y dove
y = f (x), intendendo che alla variabile x X corrisponde il valore
y Y tramite la funzione f .
Linsieme X ove opera la funzione f viene detto dominio di f e viene
denotato con Dom f . Linsieme Y ove prende valori la funzione f viene
detto codominio. Se una funzione f (x) viene definita senza specificarne
il dominio, si sottointende che Dom f `e il pi`
u grande sottoinsieme di R
ove risulta definito il valore f (x).
Ad esempio:

xn , n N. Dom(xn ) = R.
x , R. Dom(x ) = (0, +).
ax , a > 0. Dom(ax ) = R.
loga x, a > 0 e a 6= 1. Dom(loga x) = (0, +).
sin x e cos x. Dom(sin x) = Dom(cos x) = R.
tan x. Dom(tan x) = {x R | x 6= 2 + k, k Z}.

Alcune particolari funzioni reali sono:


(
x
se x 0,
Funzione valore assoluto: |x| =
Dom(|x|) = R.
x se x < 0.
Funzione parte intera: [x] = max{n Z | n x}. Dom([x]) = R.
Funzione mantissa: m(x) = x [x]. Dom([x]) = R.
(
1
se x > 0,
Funzione segno: sgn(x) =
Dom(sgn(x)) = R \ {0}.
1 se x < 0.
(
1 se x Q,
Funzione di Dirichlet: D(x) =
Dom(D(x)) = R.
0 se x R \ Q.
63

64

3. FUNZIONI REALI

Data una funzione f : X Y ed x X, si dice immagine di x mediante


f il valore f (x) Y . Se A X si dice immagine di A mediante f
linsieme f (A) = {f (x) Y | x A}. In particolare, si dice immagine
di f linsieme f (X) = {f (x) Y | x X} che indicheremo anche con
Imf .
Ad esempio:

Im(|x|) = [0, +),


Im([x]) = Z,
Im(m(x)) = [0, 1),
Im(sgn(x)) = {1} e
Im(D(x)) = {0; 1}.

Proveremo nei prossimi paragrafi che


Im(xn ) = [0, +) se n N `e pari e Im(xn ) = R se n N `e
dispari,
Im(ax ) = (0, +), per ogni a > 0,
Im(loga x) = R, per ogni a > 0, a 6= 1,
Im(sin x) = Im(cos x) = [1, 1] e Im(tan x) = R,
Data una funzione f : X Y ed y Y , si dice controimmagine di y
mediante f linsieme f 1 ({y}) = {x X | f (x) = y}. Se B Y si dice
controimmagine di B mediante f linsieme f 1 (B) = {x A | f (x)
B}.
Osserviamo che potremo avere f 1 (B) = . Ad esempio, essendo
f (x) = x2 0 per ogni x R avremo f 1 ([2, 1]) = . Osserviamo
inoltre che dato y Y potremo avere che f 1 ({y}) risulti costituito
da pi`
u di un punto. Ad esempio, considerata f (x) = x2 avremo che
f 1 ({1}) = {1}.
Data f : X Y , si dice grafico di f linsieme {(x, f (x)) R2 | x X}.

1
O

-1

Grafici di f (x) = |x| e f (x) = sgn x

1. QUALCHE RICHIAMO

65

2
1

-4

-3

-2

-1

-2

-1

-1

-1

-2
-3

Grafici di f (x) = [x] e f (x) = m(x)

La funzione mantissa `e un esempio di funzione periodica di periodo 1.


Una funzione f : X R `e detta periodica di periodo T R se X `e tale
che x + T X per ogni x X e se f (x + T ) = f (x) per ogni x X.
Altri esempi di funzioni periodiche sono dati dalle funzioni sin x e cos x,
periodiche di periodo 2, e la funzione tan x, periodica di periodo .
Il loro grafico si otterr`a quindi mediante traslazione del grafico su un
intervallo fondamentale di ampiezza il periodo.
1

-2

-2

-1

-1

Grafici di f (x) = sin x e f (x) = cos x

-2

Grafico di f (x) = tan x

Altre simmetrie sono presentate dal grafico delle funzioni pari e dispari.
Una funzione f : X Y , dove X `e tale che se x X allora x X,
`e detta pari se f (x) = f (x) per ogni x X (ad esempio sono pari
le funzioni |x|, xn con n pari, la funzione cos x). Il loro grafico risulta
simmetrico rispetto allasse delle ordinate.

66

3. FUNZIONI REALI

Una funzione `e detta invece dispari se f (x) = f (x) per ogni x X


(ad esempio sono dispari le funzioni sgn(x), xn con n dispari, le funzioni
sin x e tan x). Il loro grafico risulta simmetrico rispetto allorigine del
piano cartesiano.

Grafici di f (x) = xn con n N pari e dispari

Date due funzioni f (x) e g(x) si definiscono le funzioni somma, differenza, prodotto e quoziente nel seguente modo:
(f g)(x) = f (x) g(x) per ogni x Domf Domg;
(f g)(x) = f (x) g(x) per ogni x Domf Domg
f
f (x)
( )(x) =
per ogni x Domf Domg tale che g(x) 6= 0.
g
g(x)
Si definisce inoltre la funzione composta gof ponendo
gof (x) = g(f (x)) per ogni x Domf tale che f (x) Domg.
Ad esempio sono definite a partire dalla funzione esponenziale ex le
funzioni
ex ex
ex + ex
sinh x =
e cosh x =
2
2
dette rispettivamente seno e coseno iperbolico.
Risulta allora Dom(sinh x) = Dom(cosh x) = R, inoltre `e immediato che sinh x risulta funzione dispari mentre cosh x funzione pari. Si
pu`o inoltre provare che il punto di coordinate (cosh x, sinh x) giace
sulliperbole equilatera x2 y 2 = 1 (da qui il nome) ovvero vale lidentit`a
cosh2 x sinh2 x = 1,

x R.

Per definizione si ha Im(sinh x) = R mentre Im(cosh x) = [1, +).

1. QUALCHE RICHIAMO

67

Grafico di f (x) = cosh x e f (x) = sinh x

Al concetto di funzione inversa premettiamo alcune definizioni.


Una funzione f : X Y `e detta iniettiva se per ogni x1 , x2 X tali
che x1 6= x2 risulta f (x1 ) 6= f (x2 ) o equivalentemente, se f (x1 ) = f (x2 )
` detta suriettiva se Imf = Y , `e detta bijettiva se risulta
allora x1 = x2 . E
iniettiva e suriettiva. Osserviamo che se f : X Y `e bijettiva allora
f determina una corrispondenza uno-uno tra gli insieme X e Y .
Ad esempio, non risulta iniettiva la funzione cosh x in quanto funzione
pari, risulta invece bijettiva da R in R la funzione sinh x.
Osserviamo che ogni funzione f : X Y potr`a considerarsi suriettiva
restringendone il codominio allimmagine Imf . Liniettivit`a `e invece
legata alla possibilit`a di definire la funzione inversa. Difatti, se f (x)
`e funzione iniettiva allora ad ogni y Imf corrisponde uno ed un
solo x Domf tale che f (x) = y. Quindi, lapplicazione che ad ogni
y Imf fa corrispondere quellunico x Domf tale che f (x) = y `e
una funzione. Tale funzione viene detta funzione inversa di f e viene
indicata con f 1 :
y Imf,

f 1 (y) = x x Domf,

f (x) = y

Diremo anche che la funzione f `e invertibile sulla sua immagine. Dalla


definizione segue inoltre che Domf 1 = Imf e Imf 1 = Domf e che
valgono le seguenti leggi di cancellazione:
f 1 (f (x)) = x,

x Domf

e f (f 1 (y)) = y,

y Imf

Osserviamo infine che se f (x) `e funzione iniettiva sul suo dominio allora
il grafico della funzione inversa f 1 (x) risulta il simmetrico del grafico
di f (x) rispetto alla bisettrice y = x. Infatti, per x Dom(f ), posto
y = f (x) Dom(f 1 ), risulta
(x, f (x)) = (f 1 (y), y)
e quindi (x, f (x)) grafico(f ) se e solo se (f (x), x) grafico(f 1 )

68

3. FUNZIONI REALI

y=x
(x, f(x))

f(x)

-1

-1

x=f (y)

(y, f (y))

y=f(x)

Ad esempio, la funzione f (x) = x3 risulta iniettiva nel suo dominio


Domf = R, dunque risulta invertibile sulla sua immagine Imf = R e la
sua funzione inversa `e (per definizione di potenza frazionaria) f 1 (x) =

1
3
x = x3 .

Grafici di f (x) = x3 e f 1 (x) =

Valgono quindi le leggi di cancellazione

3
x3 = x e ( 3 x)3 = x per ogni x R.
Come ulteriore esempio, consideriamo la funzione f (x) = x2 che non
risulta iniettiva in tutto R ma risulta iniettiva se la consideriamo ristretta al dominio Domf = [0, +). Dunque risulta invertibile sulla
sua immagine Imf = [0, +) e la sua funzione inversa `e (per defi
1
nizione di potenza frazionaria) f 1 (x) = x = x 2 . Si osservi che
Domf 1 = Imf = [0, +) e quindi che x risulta definita solo per
x 0.

1. QUALCHE RICHIAMO

69

Grafici di f (x) = x2 e f 1 (x) =

Valgono inoltre le leggi di cancellazione

x2 = x e ( x)2 = x per ogni x [0, +).


Si osservi che, dalla definizione di valore assoluto, risulta invece

x2 = |x| per ogni x R.


Come ulteriore esempio notevole consideriamo la funzione esponenziale
f (x) = ax con a > 0 che risulta iniettiva in tutto il suo dominio R per
a 6= 1. La funzione risulta allora invertibile sulla sua immagine Imf =
(0, +) e la sua inversa `e la funzione logaritmica f 1 (x) = loga x.
Si osservi che Domf 1 = Imf = (0, +) e quindi che loga x risulta
definita solo per x > 0.

1
1

Grafici di f (x) = ax e f 1 (x) = loga x per a > 1 e 0 < a < 1

Valgono inoltre le leggi di cancellazione


loga (ax ) = x per ogni x R e aloga x = x

per ogni x (0, +).

Consideriamo le funzioni sinh x e cosh x. Abbiamo che sinh x risulta


invertibile in R e la sua funzione inversa `e detta settore seno iperbolico
e viene denotata con settsinh x:
settsinh x = y

sinh y = x

70

3. FUNZIONI REALI

Risulta allora Dom(settsinh x) = Im(sinh x) = R e Im(settsinh x) =


Dom(sinh x) = R. Dalla precedente definizione si pu`o provare che
risulta

settsinh x = log(x + x2 + 1) per ogni x R.


La funzione cosh x risulta invece invertibile se considerata ristretta a
[0, +) e la sua funzione inversa `e detta settore coseno iperbolico e
viene denotata con settcosh x:
settcosh x = y

cosh y = x

Si ha quindi che Dom(settcosh x) = Im(cosh x) = [1, +) mentre


Im(settcosh x) = Dom(cosh x) = [0, +). Si pu`o inoltre provare che
risulta

settcosh x = log(x + x2 1) per ogni x 1.

Grafici di f (x) = settcosh x e y = settsinh x

Infine, ricordiamo le funzioni arcoseno (arcsin x), arcocoseno (arccos x)


e arcotangente (arctan x) definite rispettivamente come le inverse delle
funzioni sin x ristretta allintervallo [ 2 , 2 ], cos x ristretta a [0, ] e
tan x ristretta a ( 2 , 2 ). Risulta allora
Dom(arcsin x) = [1, 1] e Im(arcsin x) = [ 2 , 2 ],
Dom(arccos x) = [1, 1] e Im(arccos x) = [0, ],
Dom(arctan x) = R e Im(arctan x) = ( 2 , 2 ).

* Si osservi che per ogni x 1 risulta log(x x2 1) = log(x+ x2 1) < 0


2
e che, essendo
il coseno iperbolico funzione pari, si ha cosh(log(x + x 1)) =
2
cosh(log(x x 1)) = x.

2. LIMITI DI FUNZIONI

71

/2

-1

1
1

-1

-1
-/2

Grafici di f (x) = arcsin x e f (x) = arccos x

/2

-/2

/2

-/2

Grafico di f (x) = arctan x

2. Limiti di funzioni
Data una funzione f (x) definita in un intervallo I R eccetto al pi`
u
nel punto x0 I, si dice che f (x) ha limite pari ad ` R per x che
tende a x0 , e si scrive lim f (x) = `, se per ogni > 0 esiste > 0 tale
xx0

che se x I verifica 0 < |x x0 | < allora |f (x) `| < . Utilizzando


i quantificatori scriveremo che lim f (x) = ` se e solo se
xx0

> 0 > 0 / |f (x) `| < x I, 0 < |x x0 | <


Diremo anche che f (x) tende o converge al limite ` R per x che tende
a x0 e scriveremo f (x) ` per x x0 .
Come nel caso di limite di successione, possiamo provare che se una
funzione ammette limite questo `e unico.

Verifichiamo ad esempio che lim x2 = 0. Per ogni > 0 sia = .


x0

Avremo che se |x| < allora x2 < 2 = .


Un esempio di funzione che non ammette limite in un punto `e la funzione segno, infatti si ha che non esiste lim sgn(x). Difatti per ogni
x0

72

3. FUNZIONI REALI

x > 0 risulta sgn(x) = 1 mentre per x < 0 risulta sgn(x) = 1. Preso


allora > 0 e un qualunque > 0 avremo che non esiste alcun ` R
tale che |sgn(x) `| < per ogni 0 < |x| < .
Proviamo ora che la funzione di Dirichlet non ammette limite in alcun
punto x0 R. Difatti, preso comunque > 0 e preso comunque > 0,
se 0 < |xx0 | < e x Q avremo D(x) = 1 mentre se 0 < |xx0 | <
e x 6 Q avremo D(x) = 0 e dunque, dalla propriet`a di densit`a dei
numeri razionali non potr`a esistere ` R tale che |D(x) `| < .

Si dice invece che f (x) ha limite pari ad + per x che tende a x0 , e si


scrive lim f (x) = +, se per ogni M > 0 esiste > 0 tale che se x I
xx0

verifica 0 < |x x0 | < allora f (x) > M . Utilizzando i quantificatori


scriveremo lim f (x) = + se e solo se
xx0

M > 0 > 0 / f (x) > M x I, 0 < |x x0 | <


Diremo anche che f (x) tende o diverge a + per x che tende a x0 e
scriveremo f (x) + per x x0 .
Analogalmente, diremo che f (x) ha limite pari ad per x che tende
a x0 , e si scrive lim f (x) = , se per ogni M > 0 esiste > 0 tale
xx0

che se x I verifica 0 < |x x0 | < allora f (x) < M . Scriveremo


lim f (x) = se e solo se
xx0

M > 0 > 0 / f (x) < M x I, 0 < |x x0 | <


Diremo anche che f (x) tende o diverge a per x che tende a x0 e
scriveremo f (x) per x x0 .
Se lim f (x) = , la retta x = x0 `e detta asintoto verticale per f (x).
xx0

Ad esempio lim x12 = +, lasse delle ordinate x = 0 `e asintoto verticale


x0

per

1
.
x2

2. LIMITI DI FUNZIONI

73

O
Grafico di f (x) =

1
x2

Vale il seguente risultato che ci permette di mettere in relazione il


concetto di limite di funzione con il concetto di limite di successione.
Teorema 3.1. (di caratterizzazione sequenziale del limite)
Sia f (x) una funzione definita in un intervallo I R eccetto al pi`
u nel
punto x0 I e sia ` R {}. Sono allora equivalenti le seguenti
affermazioni:
(A) lim f (x) = `,
xx0

(B) per ogni successione (xn )nN I \ {x0 } tale che xn x0 per
n + risulta f (xn ) ` per n +.
Dim. Proviamo il risultato solo nel caso ` R, la dimostrazione del caso
` = `e analoga.
Proviamo che (A) (B). Sia (xn ) I \ {x0 } tale che xn x0 . Preso
comunque > 0, proviamo che esiste N tale che |f (xn ) `| < per ogni
n . Poich`e per ipotesi f (x) ` per x x0 , avremo che esiste > 0 tale
che risulta |f (x) `| < per ogni x I \ {x0 } con |x x0 | < . Essendo
xn x0 per n +, avremo che esiste N tale che |xn x0 | < per
ogni n . Allora, per ogni n avremo xn I \ {x0 } e |xn x0 | < e
dunque |f (xn ) `| < .
Proviamo ora che (B) (A). Per assurdo, supponiamo che esista 0 > 0 tale
che per ogni > 0 esiste x I \ {x0 } tale che |x x0 | < ma |f (x) `| 0 .
Per ogni n N consideriamo n = n1 e sia xn I \{x0 } tale che |xn x0 | < n1
e |f (xn ) `| . Avremo allora che (xn ) I \ {x0 } e per il Teorema del
confronto, xn x0 . Da (B) si ha allora che f (xn ) ` per n +, in
contraddizione con |f (xn ) `| 0 per ogni n N.


74

3. FUNZIONI REALI

Dal precedente risultato e dai limiti notevoli per le successioni numeriche si ottengono i seguenti limiti notevoli per le funzioni:
sin x
1 cos x
1
= 1 e lim
= ,
2
x0 x
x0
x
2

lim sin x = 0, lim cos x = 1, lim

x0

x0

log(1 + x)
ex 1
= 1 e lim
=1
x0
x0
x
x

lim ex = 1, lim log(1 + x) = 0, lim

x0

x0

e per ogni R
(1 + x) 1
= .
x0
x0
x
Inoltre, per ogni x0 R e R, risulta
lim (1 + x) = 1 e

lim ex = ex0 ,

xx0

lim

lim log x = log x0

xx0

lim x = x0

xx0

(se x0 > 0).

Risulter`a inoltre utile introdurre le seguenti definizioni. Data una funzione f (x) definita in un intervallo I R eccetto al pi`
u nel punto
x0 I, si dice che f (x) ha limite pari ad ` R per x che tende a x0
da destra, e si scrive lim+ f (x) = `, se per ogni > 0 esiste > 0 tale
xx0

che se x I verifica x0 < x < x0 + allora |f (x) `| < . Scriveremo


lim+ f (x) = ` se e solo se
xx0

> 0 > 0 / |f (x) `| < x I, x0 < x < x0 + .


Diremo anche che f (x) tende o converge al limite ` R per x che
tende a x0 da destra e scriveremo f (x) ` per x x+
0.
Analogalmente, si dice che f (x) ha limite pari ad ` R per x che tende
a x0 da sinistra, e si scrive lim f (x) = `, se per ogni > 0 esiste > 0
xx0

tale che se x I verifica x0 < x < x0 allora |f (x) `| < . Dunque


limxx0 f (x) = ` se e solo se
> 0 > 0 / |f (x) `| < x I, x0 < x < x0
Diremo anche che f (x) tende o converge al limite ` R per x che
tende a x0 da sinistra e scriveremo f (x) ` per x x
0.
Analoghe definizioni si danno per lim f (x) = . In tal caso la retta
xx0

x = x0 `e detta asintoto verticale destro, rispettivamente sinistro.


Ad esempio, per ogni a > 1 e p > 0 risulta
tan x = , lim+ loga x = , lim+
lim

x 2

x0

x0

1
= +.
xp

2. LIMITI DI FUNZIONI

75

potremo provare tali limiti utilizzando la definizione oppure la caratterizzazione sequenziale (ed i limiti notevoli per le successioni): risulta
difatti che lim f (x) = ` R {} se e solo se
xx0

(xn ) I \ {x0 } tale che xn x


0 si ha f (xn ) `.
Segue inoltre immediatamente
Lemma 3.1. Sia f (x) una funzione definita in un intervallo I R
eccetto al pi`
u nel punto x0 I. Risulta lim f (x) = ` R {} se
xx0

e solo se lim+ f (x) = ` e lim f (x) = `.


xx0

xx0

Ad esempio, osserviamo che lim+ sgn(x) = 1 mentre lim sgn(x) = 1.


x0

x0

Dunque, come gi`a provato, non esiste lim sgn(x). Osserviamo inoltre
x0

che essendo lim+ [x] = x0 mentre lim [x] = x0 1, non esiste il limite
xx0

xx0

lim [x] in ogni x0 Z.

xx0

Diremo che una funzione f (x) `e limitata in un sottoinsieme A R


ove risulta definita se esistono m, M R tali che m f (x) M per
ogni x A. Utilizzando la caratterizzazione sequenziale del limite ed
il risultato gi`a provato per le successioni, possiamo provare che
Lemma 3.2. Siano f (x) e g(x) funzioni definite in un intervallo I R
eccetto al pi`
u nel punto x0 I. Se f (x) risulta limitata in I \ {x0 } e
lim g(x) = 0 allora lim f (x)g(x) = 0.

xx0

xx0

Allo stesso modo possiamo provare il seguente risultato


Proposizione 3.1. (Algebra dei limiti)
Siano f (x) e g(x) funzioni definite in un intervallo I R eccetto al
pi`
u nel punto x0 I. Risulta
1. se lim f (x) = ` R e lim g(x) = m R allora lim f (x) +
xx0

xx0

xx0

g(x) = ` + m;
2. se lim f (x) = ` R e lim g(x) = allora lim f (x) +
xx0

xx0

xx0

g(x) = ;
3. se lim f (x) = e lim g(x) = allora lim f (x) +
xx0

xx0

xx0

g(x) = ;
4. se lim f (x) = ` R e lim g(x) = m R allora lim f (x)g(x)
xx0

xx0

xx0

= `m;
5. se lim f (x) = ` R dove ` 6= 0 e lim g(x) = allora
xx0

lim |f (x)g(x)| = +;

xx0

xx0

76

3. FUNZIONI REALI

6. se lim f (x) = e lim g(x) = allora lim |f (x)g(x)| =


xx0
xx0
xx0
+;
7. se lim f (x) = ` R e se lim g(x) = m R \ {0} allora
xx0

xx0

f (x)
`
lim
=
xx0 g(x)
m
f (x)
= 0;
xx0
xx0
xx0 g(x)
g(x)
9. se lim f (x) = ` R e lim g(x) = allora lim |
|=
xx0 f (x)
xx0
xx0
+;
(x)
10. se lim f (x) = ` R, ` 6= 0, e lim g(x) = 0 allora lim | fg(x)
|=
xx0
xx0
xx0
+;
8. se lim f (x) = ` R e lim g(x) = allora lim

Come nel caso di limiti di successioni risultano esclusi dal Teorema le


seguenti forme indeterminate
, 0 ,

0
, .
0

Vale inoltre
Proposizione 3.2. (limite di funzioni composte)
Sia f (x) una funzione definita in un intervallo I R, eccetto al pi`
u
nel punto x0 I, tale che
1. lim f (x) = y0 e
xx0

2. esiste > 0 tale che f (x) 6= y0 per ogni x I con 0 <


|x x0 | < .
Sia g(y) una funzione definita in un intervallo J R, contenente f (I),
eccetto al pi`
u nel punto y0 e tale che lim g(y) = `. Allora, la funzione
yy0

composta gof (x) ammette limite per x x0 e


lim gof (x) = lim g(f (x)) = lim g(y) = `.

xx0

xx0

yy0

Dim. Usiamo il teorema di caratterizzazione sequenziale e proviamo che per


ogni successione (xn ) I \ {x0 } con xn x0 risulta g(f (xn )) `.
Poich`e lim f (x) = y0 , avremo che yn = f (xn ) y0 . Inoltre, poich`e xn
xx0

x0 , dalla condizione 2. avremo che esiste N tale che per ogni n ,


0 < |xn x0 | < e dunque f (xn ) = yn 6= y0 . Ne segue che per ogni n
sufficientemente grande risulta (yn ) J \{y0 } e dunque, essendo lim g(y) =
yy0

`, dal Teorema di caratterizzazione concludiamo che g(f (xn )) = g(yn ) `.

2. LIMITI DI FUNZIONI

77

Ad esempio, per calcolare lim ecos x , osserviamo che posto f (x) = cos x e
x0

g(y) = ey , avremo che ecos x = g(f (x)). Poich`e lim f (x) = lim cos x = 1
x0

x0

e lim g(y) = lim ey = e, essendo f (x) = cos x 6= 1 in (, ) \ {0},


y1
y1
avremo
lim ecos x = lim g(f (x)) = lim g(y) = lim ey = e.

x0

x0

y1

y1

Diremo che nel limite abbiamo operato la sostituzione y = g(x).


Osserviamo che la condizione 2. `e essenziale. Si pensi ad esempio alle
seguenti funzioni:
(
(
x2 1, se |x| > 1
y, se y 6= 0
f (x) =
e g(y) =
0,
se |x| 1
1, se y = 0
Allora risulta lim f (x) = 0 e lim g(y) = 0 mentre essendo
x0

y0

(
f (x),
g(f (x)) =
1,

se f (x) 6= 0
=
se f (x) = 0

(
x2 1,
1,

se |x| > 1
se |x| 1

avremo lim g(f (x)) = 1 6= lim g(y).


x0

y0

Valgono, come per i limiti di successioni, i seguenti Teoremi di confronto


Teorema 3.2. (della permanenza del segno)
Sia f (x) una funzione definita in un intervallo I R eccetto al pi`
u
nel punto x0 I. Se lim f (x) = ` > 0 allora esiste > 0 tale che
xx0

f (x) > 0 per ogni x I, 0 < |x x0 | < .


Dim. Per definizione di limite, dato = 2` esiste > 0 tale che se x I,
0 < |x x0 | < allora |f (x) `| < e dunque in particolare f (x) > ` =
`

2 > 0.

Teorema 3.3. (del confronto tra limiti finiti ed infiniti)


Siano f (x), g(x) e h(x) funzioni definite in un intervallo I R, eccetto
al pi`
u nel punto x0 I, tali che f (x) g(x) h(x) per ogni x
I \ {x0 }. Risulta
(i) se lim f (x) = lim h(x) = ` R, allora lim g(x) = `,
xx0

xx0

xx0

(ii) se lim f (x) = +, allora lim g(x) = +,


xx0

xx0

(iii) se lim h(x) = , allora lim g(x) = .


xx0

xx0

78

3. FUNZIONI REALI

Dim. (i) Per ogni > 0, poich`e lim f (x) = `, sia 1 > 0 tale che se x I,
xx0

0 < |x x0 | < 1 allora |f (x) `| < e analogalmente, poich`e lim h(x) = `,


xx0

sia 2 > 0 tale che se x I, 0 < |x x0 | < 2 allora |h(x) `| < . Ne segue
che se x I, 0 < |x x0 | < = min{1 , 2 } allora
` < f (x) g(x) h(x) < ` +
e dunque che lim g(x) = `.
xx0

(ii) Per ogni M > 0, poich`e lim f (x) = +, sia > 0 tale che se x I,
xx0

0 < |x x0 | < allora f (x) > M . Ne segue allora che M < f (x) g(x) per
ogni x I, 0 < |x x0 | < e dunque che lim g(x) = +.
xx0

(iii) Analoga a (ii).

Diamo ora la seguente definizione. Una funzione f (x) definita in un


intervallo I R `e detta monotona in I se verifica una delle seguenti
condizioni:
- per ogni x, y I con x < y risulta f (x) f (y); oppure
- per ogni x, y I con x < y risulta f (x) f (y).
Nel primo caso la funzione viene detta crescente, nel secondo decrescente. Se le precedenti diseguaglianze risultano strette, la funzione viene
detta strettamente monotona, rispettivamente strettamente crescente e
strettamente decrescente.
Sono esempi di funzioni monotone crescenti nel loro dominio le funzioni
f (x) = x3 ed f (x) = ex . Sono invece decrescenti nel loro dominio le
funzioni f (x) = x13 e f (x) = ex .
Data una funzione f (x) definita in un intervallo I R, diremo estremo
superiore di f (x) in I lestremo superiore dellinsieme f (I):
sup f (x) = sup f (I) = sup{f (x) | x I}
xI

Analogalmente, diremo estremo inferiore di f (x) in I lestremo inferiore


dellinsieme f (I):
inf f (x) = inf f (I) = inf{f (x) | x I}

xI

In modo analogo a quanto provato per le successioni monotone, possiamo provare il seguente risultato.
Teorema 3.4. (Limite delle funzioni monotone crescenti)
Sia f (x) funzione definita e crescente nellintervallo (a, b) R. Allora
per ogni x0 (a, b) esistono finiti i limiti lim f (x) e lim+ f (x) e
xx0

xx0

2. LIMITI DI FUNZIONI

79

precisamente
lim f (x) = sup f (x)

xx
0

x(a,x0 )

lim f (x) =

inf f (x).

xx+
0

x(x0 ,b)

Inoltre, esistono i limiti lim+ f (x) e lim f (x) e precisamente


xa

xb

lim f (x) = inf f (x) e

xa+

x(a,b)

lim f (x) = sup f (x).

xb

x(a,b)

Dim. Proviamo che per ogni x0 (a, b) risulta


lim f (x) = sup{f (x) | a < x < x0 }

xx
0

Osserviamo che essendo f (x) crescente, risulta f (x) f (x0 ) per ogni a <
x < x0 e dunque che risulta finito sup{f (x) | a < x < x0 } = m f (x0 ).
Proviamo che lim f (x) = m. Preso comunque > 0, dalla caratterizzazioxx
0

ne di estremo superiore abbiamo che f (x) m < m+ per ogni a < x < x0 .
Inoltre, abbiamo che esiste x1 con a < x1 < x0 tale che f (x1 ) > m .
Poich`e la funzione `e crescente, avremo che per ogni x1 < x < x0 risulta
f (x) f (x1 ) > m . Ne segue che posto = x0 x1 avremo che se
x (a, b) e x0 < x < x0 allora m < f (x) < m + . Dunque
lim f (x) = m.
xx
0

In modo analogo si pu`


o provare che lim f (x) = inf{f (x) | x0 < x < b}.
xx+
0

Proviamo ora che


lim f (x) = sup{f (x) | x (a, b)}.

xb

Se sup{f (x) | x (a, b)} = m R potremo procedere esattamente come


sopra. Se invece sup{f (x) | x (a, b)} = +, proviamo che lim f (x) =
xb

+. Preso comunque M > 0, sia x1 (a, b) tale che f (x1 ) > M . Poich`e
f (x) `e crescente avremo che f (x) f (x1 ) > M per ogni x1 < x < b. Scelto
allora = b x1 > 0 avremo che se b < x < b allora f (x) > M e quindi
che lim f (x) = +.
xb

Allo stesso modo si pu`


o provare che lim f (x) = inf{f (x) | x (a, b)}.
xa+

Si osservi che dal precedente risultato otteniamo che se f (x) `e funzione


crescente nellintervallo (a, b), per ogni x0 (a, b) risulta
lim f (x) f (x0 ) lim+ f (x)

xx
0

xx0

Nel caso di funzione monotona decrescente, si pu`o in modo analogo


provare il seguente risultato

80

3. FUNZIONI REALI

Teorema 3.5. (Limite delle funzioni monotone decrescenti)


Sia f (x) funzione definita e decrescente nellintervallo (a, b) R. Allora per ogni x0 (a, b) esistono finiti i limiti lim f (x) e lim+ f (x) e
xx0

xx0

precisamente
lim f (x) =

xx
0

inf

f (x)

lim f (x) = sup f (x).

xx+
0

x(a,x0 )

x(x0 ,b)

Inoltre, esistono i limiti lim+ f (x) e lim f (x) e precisamente


xa

xb

lim f (x) = sup f (x) e lim f (x) = inf f (x).

xa+

x(a,b)

xb

x(a,b)

Ad esempio, essendo loga x funzione crescente in (0, +) risulta


inf
x(0,+)

loga x = lim+ loga x = .


x0

Sia f (x) una funzione definita in un intervallo illimitato I = [a, +).


Si dice che f (x) ha limite pari ad ` R per x che tende a +, e si
scrive lim f (x) = `, se per ogni > 0 esiste N > 0 tale che se x I
x+

verifica x > N allora |f (x) `| < :


lim f (x) = ` > 0 M > 0 / |f (x) `| < x I, x > M.

x+

Diremo anche che f (x) tende o converge al limite ` R per x che tende
a + e scriveremo f (x) ` per x +.
In tal caso diremo che la retta y = ` `e un asintoto orizzontale per
x +.
Ad esempio, la funzione f (x) = 2x+1
ammette come asintoto orizzonx
tale per x la retta y = 2

Grafico di f (x) =

2x+1
x

2. LIMITI DI FUNZIONI

81

Diremo invece che f (x) ha limite pari ad + per x che tende a +, e


si scrive lim f (x) = +, se per ogni M > 0 esiste N > 0 tale che se
x+

x I verifica x > N allora f (x) > M :


lim f (x) = + M > 0 N > 0 / f (x) > M x I, x > M.

x+

Diremo anche che f (x) tende o diverge a + per x che tende a + e


scriveremo f (x) + per x +.
Analogalmente, diremo che f (x) ha limite pari ad per x che tende
a +, e si scrive lim f (x) = , se per ogni M > 0 esiste N > 0
x+

tale che se x I verifica x > N allora f (x) < M :


lim f (x) = + M > 0 N > 0 / f (x) < M x I, x > M.

x+

Diremo anche che f (x) tende o diverge a per x che tende a + e


scriveremo f (x) per x +.

Se f (x) `e una funzione definita in un intervallo illimitato I = (, a],


potremo in modo analogo definire i limiti lim f (x) = ` R {}.
x

Se lim f (x) = , diremo che la retta y = mx + q `e un asintoto


x

obliquo per x se
f (x)
=m e
x x

lim f (x) mx = q.

lim

x
2

Ad esempio, la funzione f (x) = 2x +3x+1


ammette come asintoto oblix
quo per x la retta y = 2x + 3 essendo

lim

2x2 +3x+1
x

2x2 + 3x + 1
=2
x
x2

= lim

e
2x2 + 3x + 1
3x + 1
2x = lim
= 3.
x
x
x
x
lim

82

3. FUNZIONI REALI

Grafico di f (x) =

2x2 +3x+1
x

Per i limiti per x valgono le seguenti caratterizzazioni sequenziali: lim f (x) = ` R {} se e solo se
x

(xn ) I tale che xn risulta f (xn ) `.


Con tale caratterizzazione proviamo ad esempio che sin x non ammette
limite per x +. Abbiamo difatti che per xn = n + risulta
sin(xn ) = 0 mentre per yn = 2 + 2n + risulta sin(yn ) = 1.
Dai limiti notevoli sulle successioni otteniamo allora
(
+ se b > 0
lim xb =
x+
0
se b < 0
Per ogni a > 1
lim ax = + e

x+

lim ax = 0.

ed anche
lim loga x = +

x+

Infine, per ogni p > 0 e a > 1 risulta


xb
ax
loga x
=
lim
=
lim
=0
x+
x+ ax
x+ xx
xb
Anche per tali limiti potremo provare i risultati sullalgebra dei limiti,
il Teorema della permanenza del segno, i Teoremi del confronto e sul
limite delle funzioni monotone:
lim

Teorema 3.6. (Limite delle funzioni monotone)


Sia f (x) funzione definita e monotona nellintervallo (a, +) R.
Allora esiste il limite lim f (x) e precisamente
x+

lim f (x) = sup{f (x) | x (a, +)}

x+

se f (x) `e crescente

3. RELAZIONE DI ASINTOTICO E SIMBOLI DI LANDAU

83

mentre
lim f (x) = inf{f (x) | x (a, +)}

x+

se f (x) `e decrescente.

Ad esempio, come applicazione di questultimo risultato abbiamo che


per ogni a > 1 risulta
sup ax = lim ax = + e
xR

inf ax = lim ax = 0

x+

xR

ed anche
sup

loga x = lim loga x = +.


x+

x(0,+)

3. Relazione di asintotico e simboli di Landau


Come per i limiti di successioni risulta utile introdurre la relazione
di asintotico tra funzioni. Nel seguito, dato x0 R, considereremo
funzioni definite in un intervallo I R contenente x0 , eccetto al pi`
u
in x0 . Se x0 = , considereremo funzioni definite in un intervallo
illimitato I della forma I = [a, +) se x0 = + oppure I = (, a]
se x0 = .
Due funzioni f (x) e g(x) sono dette asintotiche per x x0 R{},
e si scrive f (x) g(x) per x x0 , se
lim

xx0

f (x)
= 1.
g(x)

Come per la relazione di asintotico tra successioni, si possono provare


le seguenti propriet`a:
(i) se lim f (x) = ` R \ {0} allora f (x) ` per x x0 .
xx0

(ii) Se f (x) g(x) per x x0 e lim g(x) = ` R {} allora


xx0

lim f (x) = `.

xx0

(iii) Se f (x) g(x) e g(x) h(x) per x x0 allora f (x) h(x)


per x x0 .
(iv) Se f (x) g(x) per x x0 allora per ogni funzione non nulla
h(x) si ha
f (x)h(x) g(x)h(x),

f (x)
g(x)

,
h(x)
h(x)

h(x)
h(x)

f (x)
g(x)

per

x x0 .

Dai limiti notevoli visti risulta in particolare che per x 0 si ha


sin x x, 1 cos x

x2 x
, e 1 x, log(1 + x) x e (1 + x) 1 x
2

84

3. FUNZIONI REALI

Come per le successioni, la sostituzione in un limite di una funzione


con una asintotica ad essa pu`o essere effettuata in prodotti e quozienti
ma non in somme e differenze. Difatti, se f (x) g(x) per x x0
avremo che f (x) = g(x) + r(x) dove il resto r(x) non `e necessariamente
infinitesimo e dunque si potrebbe incorrere in errore trascurandolo.
r(x)
Lunica informazione che abbiamo su tale resto `e che g(x)
0 per
x x0 , ovvero, secondo la definizione che segue, il resto r(x) risulta
trascurabile rispetto a g(x) per x x0 .
Date due funzioni f (x) e g(x), si dice che f (x) `e trascurabile rispetto a
g(x) per x x0 R {}, e si scrive f (x) = o(g(x)) per x x0 ,
se
f (x)
lim
= 0.
xx0 g(x)
Ad esempio, dai limiti notevoli per x + risulta loga x = o(xp ),
xp = o(ax ), ax = o(xx ) e xn = o(xm ), per ogni n < m, a > 1 e p > 0.
Per quanto osservato sopra, abbiamo che se f (x) g(x) per x x0
allora f (x) = g(x) + r(x) dove r(x) = o(g(x)) per x x0 e viceversa.
Dunque risulta
f (x) g(x) per x x0

f (x) = g(x) + o(g(x)) per x x0

In particolare, se lim f (x) = ` R \ {0} allora f (x) = ` + o(1)


xx0

per x x0 (dove o(1) sta ad indicare una funzione infinitesima per


x x0 ). Dalle precedenti implicazioni e dai limiti notevoli visti, per
x 0 possiamo scrivere
x2
+ o(x2 ),
2
log(1 + x) = x + o(x) e (1 + x) = 1 + x + o(x)

sin x = x + o(x),
ex = 1 + x + o(x),

cos x = 1

Valgono poi le seguenti propriet`a:


(i) se f (x) = o(h(x)) e g(x) = o(h(x)) allora f (x) g(x) =
o(h(x)), ovvero
o(h(x)) o(h(x)) = o(h(x));
(ii) se f (x) = o(g(x)) allora k f (x) = o(g(x)), k R \ {0}, ovvero
k o(g(x)) = o(g(x));
(iii) se f (x) = o(g(x)) allora h(x) f (x) = o(h(x) g(x)), ovvero
h(x) o(g(x)) = o(h(x) g(x));

3. RELAZIONE DI ASINTOTICO E SIMBOLI DI LANDAU

85

(iv) se f (x) = o(g(x)) e h(x) = o(k(x)) allora f (x) h(x) = o(g(x)


k(x)) ovvero
o(g(x)) o(k(x)) = o(g(x) k(x));
(v) se f (x) = o(h(x)) e h(x) = o(g(x)) allora f (x) = o(g(x)),
ovvero
o(o(g(x))) = o(g(x));
(vi) se f (x) = g(x)+o(g(x)) e h(x) = o(f (x)) allora h(x) = o(g(x))
ovvero
o(g(x) + o(g(x))) = o(g(x));
(vii) Principio di cancellazione dei termini trascurabili:
lim

xx0

f (x) + o(f (x))


f (x)
= lim
.
xx0 g(x)
g(x) + o(g(x))

Vediamo qualche esempio

1 + x cos x
. Dagli sviluppi notevoli per x 0,
Calcolare lim
x0 sin x + log(1 + x)
si ha

x
x2
x
1 + x cos x = (1 + + o(x)) (1
+ o(x2 )) = + o(x)
2
2
2
2
2
essendo x = o(x) e quindi o(x ) = o(x), mentre
sin x + log(1 + x) = 2x + o(x)
Allora

x
x
+ o(x)
1 + x cos x
1
2
lim
= lim
= lim 2 =
x0 sin x + log(1 + x)
x0 2x + o(x)
x0 2x
4

Calcolare lim
3
x0

ex cos x
. Dagli sviluppi notevoli per x 0, si
1+x1+x

ha
x2
+ o(x2 )) = x + o(x)
2
essendo x2 = o(x) e quindi o(x2 ) = o(x), mentre

1
4
3
1 + x 1 + x = x + o(x) + x = x + o(x)
3
3
Allora
ex cos x
x + o(x)
x
3
lim
= lim 4
= lim 4 =
3
x0
4
1 + x 1 + x x0 3 x + o(x) x0 3 x
ex cos x = (1 + x + o(x)) (1

86

3. FUNZIONI REALI

e1cos x 1 sin2 x

. Ponendo y = cos x 1, dallo


x0 log(1 +
x + x)
sviluppo di ey per y 0 e dallo sviluppo di cos x per x 0, otteniamo

Calcolare lim

e1cos x 1 = ey 1 = y + o(y) = 1 cos x + o(1 cos x) =

x2
+ o(x2 )
2

mentre
sin2 x = (x + o(x))2 = x2 + o(x2 )
da cui
x2
e1cos x 1 sin2 x = + o(x2 ).
2

Inoltre, posto y = x + x, otteniamo

log(1 + x + x) = log(1 + y) = y + o(y) = x + x + o( x + x)

= x + o( x)

essendo x = o( x). Allora


2

x + o(x2 )
x
e1cos x 1 + sin2 x

= lim 2 = 0
lim
= lim 2
x0 log(1 +
x0
x + x)
x + o( x) x0 x

x
e 2 cos x
Calcolare lim+
al variare di R.
x0
x
x
Dallo sviluppo di
ey e di cos y per y 0, per x 0 abbiamo
e 2 =

x
1 x2 + o(x) e cos x = 1 x2 + o(x) e dunque che e 2 cos x = o(x).
Ne segue che se 1 allora, dalla definizione di o piccolo,

x
o(x)
o(x) 1
e 2 cos x
= lim+ = lim+
x
=0
lim+

x0
x0
x0
x
x
x
mentre nulla possiamo ancora dire se > 1. Proveremo, utilizzando

x
2
gli sviluppi di Taylor, che e 2 cos x = 5x
+ o(x2 ) e quindi che
24

se < 2
x
e 2 cos x 5
lim
= 24
se = 2

x0+
x
+ se > 2
q
1 + 21n cos n12
Calcolare lim
. Dallo sviluppo (1 + x) =
1
n+ sin 1 + n log(1 +
n
(n+1)!
1 + x + o(x) per x 0, posto x = 21n 0 per n + abbiamo
q
1
1 + 21n = 1 + 2n+1
+ o( 21n ),

3. RELAZIONE DI ASINTOTICO E SIMBOLI DI LANDAU

mentre, essendo cos x = 1


n +, otteniamo

x2
2

+ o(x2 ), ponendo x =

cos n12 = 1

1
2n4

1
n2

87

0 per

+ o( n14 ).

Dunque, osservato che dalla gerarchia degli infiniti risulta 21n = o( n14 )
per n +, risulta
q
1
+ o( 21n ) (1 2n1 4 + o( n14 )) = 2n1 4 + o( n14 ).
1 + 21n cos n12 = 1 + 2n+1
Analogalmente, dallo sviluppo sin x = x + o(x) per x 0, ponendo
x = n1 , si ha sin n1 = n1 + o( n1 ) mentre, da log(1 + x) = x + o(x) per
1
x 0, posto x = (n+1)!
, otteniamo
n log(1 +
da cui, essendo

1
n!

1
(n+1)!

1
1
= n( (n+1)!
+ o( (n+1)!
)=

1
n!

+ o( n!1 )

= o( n1 ), concludiamo

sin n1 + n log(1 +

1
)
(n+1)!

1
n

+ o( n1 ) +

Abbiamo allora
q
1 + 21n cos n12
= lim
lim
1
n+
n+ sin 1 + n log(1 +
n
(n+1)!

1
n!

+ o( n!1 ) =

1
+ o( n14 )
2n4
1
+ o( n1 )
n

1
n

+ o( n1 ).

n
= 0.
n+ 2n4

= lim

esin n2 cos n1n


q
Calcolare lim
n+
log(1 + n1 ) + 2n 3 1 +

1
3n

al variare di R.

Osserviamo innanzitutto che per < 0 si ha n1 + e dunque


log(1 + n1 ) + mentre se = 0 allora log(1 + n1 ) = log 2, da cui,
1
essendo esin n2 cos n1n 0 otteniamo che per 0 risulta
1

ne sin n2 cos n1n


lim
= 0.
n+
log(1 + n1 )
Se > 0, studiamo separatamente il comportamento di numeratore e
denominatore. Dagli sviluppi notevoli, abbiamo
1

esin n2 cos n1n = 1 + sin n12 + o(sin n12 ) +


=
=

1
n2
1
n2

+ o( n12 ) +
+ o( n12 ),

1
2n2n

1
2n2n
o( 2n12n )

+ o( 2n12n )

88

3. FUNZIONI REALI
2

essendo 2nn2n 0 e dunque 2n12n = o( n12 ). Allo stesso modo, osservato


che per > 0 risulta n1 0 per n +, abbiamo
q
n 3
1
1
log(1 + n ) + 2 1 + 31n = n1 + o( n1 ) + 2n ( 3n+1
+ o( 31n ))
=
=

1
n
1
n

+ o( n1 ) + 13 ( 23 )n + o(( 23 )n )
+ o( n1 )

poich`e ( 23 )n = o( n1 ) per ogni > 0. Quindi, per > 0 abbiamo


1

esin n2 cos n1n


q
lim
n+
1
log(1 + n ) + n 3 1 +

=
1
3n

= lim n2
n+

1
n2
lim
n+ 1
n

+ o( n12 )
+ o( n1 )

+ se > 2
= 1
se = 2

0
se < 2

4. Ordine di infinitesimo
Sia x0 R {} e siano f (x) e g(x) due funzioni tali che
lim f (x) = lim g(x) = 0

xx0

xx0

Si dice che f (x) ha ordine di infinitesimo maggiore di g(x) per x x0 e


scriveremo ord(f ) > ord(g) per x x0 , se f (x) = o(g(x)) per x x0
ovvero se
f (x)
= 0.
lim
xx0 g(x)
Si dice che f (x) ha ordine di infinitesimo uguale a g(x) per x x0 e
scriveremo ord(f ) = ord(g) per x x0 , se esiste ` R \ {0} tale che
f (x) `g(x) per x x0 ovvero se
lim

xx0

f (x)
= ` R \ {0}.
g(x)

Possiamo dare un valore numerico allordine di infinitesimo di una funzione confrontandola con gli infinitesimi campione nel seguente modo
se x0 R, il campione `e gb (x) = |x x0 |b con b > 0, e si pone
ord(gb ) = b per x x0 . Avremo allora che f (x) ha ordine di
infinitesimo pari a b > 0 per x x0 se
lim

xx0

|f (x)|
= ` R \ {0}.
|x x0 |b

4. ORDINE DI INFINITESIMO

89

Ad esempio, dai limiti notevoli visti abbiamo che per x 0 risulta


ord(ex 1) = ord(sin x) = ord(log(1 + x)) = ord((1 + x) 1) = 1
mentre
ord(1 cos x) = 2
1
con b > 0, e si pone
|x|b
ord(gb ) = b per x . Avremo allora che f (x) ha ordine
di infinitesimo pari a b > 0 per x se
|f (x)|
= ` R \ {0}.
lim
1

se x0 = , il campione `e gb (x) =

xx0

|x|b
1

Ad esempio, per x + risulta ord(e x 1) = 1 essendo e x 1 x1 .


Valgono le seguenti implicazioni per x x0 :
ord(f ) = b ` R \ {0} tale che f (x) `gb (x)
` R \ {0} tale che f (x) = `gb (x) + o(gb (x))
Esempi
Determinare lordine di infinitesimo per x 0 della funzione f (x) =
sin x log(1 + x) + 1 cos x.
Essendo per x 0, sin x = x + o(x), log(1 + x) = x + o(x) e 1 cos x =
1 2
x + o(x2 ) otteniamo che
2
1
f (x) = (x + o(x))(x + o(x)) + x2 + o(x2 ).
2
e quindi, utilizzando le propriet`a di o piccolo,
3
1
f (x) = x2 + o(x2 ) + x2 + o(x2 ) = x2 + o(x2 )
2
2
Dalla definizione di ordine di infinitesimo abbiamo allora che ord(f ) =
2.

Data la funzione f (x) = e1cos x 1 + x2 , provare che per x 0 si


ha ord(f ) > 2.

Essendo 1 + y = 1 + 21 y + o(y) per y 0, ponendo y = x2 otteniamo


che per x 0 risulta

1
1 + x2 = 1 + x2 + o(x2 ).
2
Essendo y = 1 cos x 0 per x 0, dallo sviluppo di ey per y 0
otteniamo
e1cos x = 1 + (1 cos x) + o(1 cos x)

90

3. FUNZIONI REALI

Ora abbiamo che


1
1 cos x = x2 + o(x2 )
2
e quindi, utilizzando le propriet`a di o piccolo si ottiene
1
1
1
e1cos x = 1 + x2 + o( x2 + o(x2 )) = 1 + x2 + o(x2 )
2
2
2
Quindi
f (x) = e1cos x

1
1
1 + x2 = 1 + x2 + o(x2 ) 1 x2 o(x2 ) = o(x2 )
2
2

e dunque, dalla definizione, ord(f ) > 2.


Determinare il comportamento della funzione f (x) = (x + sin(x2 ))2 x2
per x 0.
La funzione `e infinitesima per x 0. Poich`e sin y = y + o(y) per
y 0, per x 0 otteniamo sin(x2 ) = x2 + o(x2 ) per x 0. Dunque
(x + sin(x2 ))2 = (x + x2 + o(x2 ))2
= (x + x2 )2 + 2(x + x2 )o(x2 ) + o(x2 )o(x2 )
= x2 + 2x3 + x4 + o(x3 ) + o(x4 ) + o(x4 )
= x2 + 2x3 + o(x3 )
essendo x4 = o(x3 ) e quindi o(x4 ) = o(x3 ). Allora
f (x) = (x + sin(x2 ))2 x2 = x2 + 2x3 + o(x3 ) x2 = 2x3 + o(x3 ).
Ne segue che ord(f ) = 3 e che f (x) 2x3 per x 0.
Sia f (x) funzione infinitesima di ordine 2 per x 0. Abbiamo allora
per definizione che esiste ` R \ {0} tale che f (x) `x2 e dunque,
2
essendo 1 cos x x2 per x 0,
f (x)
2` R \ {0},
1 cos x
da cui
lim

x0

f (x)
R \ {0},
1 cos x

Avremo invece che


lim+

x0

f (x)

= 0,
x(log(1 + x) + sin x)

5. ORDINE DI INFINITO

91

3
3
essendo x(log(1+ x)+sin x) = x( x+o( x)+x+o(x)) = x 2 +o(x 2 )
3
x 2 e quindi

f (x)
`x2

3 = ` x 0.
x(log(1 + x) + sin x)
x2
5. Ordine di infinito
Preso x0 R {}, siano f (x) e g(x) tali che
lim f (x) = lim g(x) =

xx0

xx0

Si dice che f (x) ha ordine di infinito minore di g(x) per x x0 e


scriveremo Ord(f ) < Ord(g) per x x0 , se f (x) = o(g(x)) per x x0
ovvero se
f (x)
lim
= 0.
xx0 g(x)
Si dice che f (x) ha ordine di infinito uguale a g(x) per x x0 e scriveremo Ord(f ) = Ord(g) per x x0 , se esiste ` R \ {0} tale che
f (x) `g(x) per x x0 ovvero se
lim

xx0

f (x)
= ` R \ {0}.
g(x)

Possiamo dare un valore numerico allordine di infinito di una funzione


confrontandola con gli infiniti campione nel seguente modo
1
se x0 R, il campione `e gb (x) = |xx
b con b > 0, e si pone
0|
Ord(gb ) = b per x x0 . Avremo allora che f (x) ha ordine di
infinito pari a b > 0 per x x0 , Ord(f ) = b, se
lim

xx0

f (x)
1
|xx0 |b

= ` R \ {0}.

se x0 = , il campione `e gb (x) = |x|b con b > 0, e si pone


Ord(gb ) = b per x . Avremo allora che f (x) ha ordine
di infinito pari a b > 0 per x , Ord(f ) = b, se
lim

xx0

f (x)
= ` R \ {0}.
|x|b

Si osservi che valgono le seguenti implicazioni per x x0


Ord(f ) = b ` R \ {0}f (x) `gb (x)
` R \ {0}f (x) = `gb (x) + o(gb (x))
Esempi

92

3. FUNZIONI REALI

sin x
Calcoliamo lordine di infinito della funzione f (x) = log(1+x
2 ) per
2
2
x 0. Essendo sin x x e log(1 + x ) x per x 0, risulta
sin x
x
1
f (x) =

=
log(1 + x2 )
x2
x
e dunque Ord(f ) = 1 per x 0.
log x
Determiniamo il comportamento della funzione f (x) = 1cos(x
3 ) per
3
+
x 0 . Poich`e lim+ log x = e lim 1 cos(x ) = 0, abbiamo
x0

x0

che f (x) `e un infinito per x 0+ . Vediamo di determinarne lordine.


2
Essendo 1 cos y y2 per y 0, abbiamo che
f (x) =

log x
log x
1 6
3
1 cos(x )
x
2

per x 0+ . Allora
lim

x0+

f (x)
1
xb

= lim+
x0

log x
x6
2xb

= 2 lim+
x0

log( x1 )

x
(
log y
0
= 2 lim b6 =
y+ y

1
b6

se b > 6
se b 6

da cui deduciamo che per x 0+ si ha Ord(f ) < b per ogni b > 6 e


quindi che Ord(f ) < 6.

6. ESERCIZI

93

6. Esercizi
Calcolare i seguenti limiti:
1. lim (sin x)tan x
x0+

2.
3.
4.
5.
6.
7.

cos(1 + 2x )
x+
x2
log2 (x + log2 x)
lim
x+
log2 x
x+ x
lim
x0+ sin x
x arctan x
lim
x+ 3 x5 + 2x + 1
sin(3x)
lim
3
x0+ 2 x + x2 + 3x3
lim (x 3)1cos(x3)
lim

x3+

3x2

ex

+
+ log(x2 )
(x + 1) log(1 + x1 )
lim
x+
x
log2 (ex + 1)
lim
x+ x + sin x
ex sin(ex sin x)
lim
x0
xp
lim x sin( 1 + x2 x)

8. lim

x0 2x3

9.
10.
11.
12.

x+

sin( cos x)
x sin x
log(cos x)
14. lim
x0
x2
p
p
3
3
15. lim
2 + x3 1 + 2x2 + x3
13. lim

x0

x+

log(cos x) + tan2 x
x0
x3

x(ex 3 1 + x)
lim
x0
cos x 1
log(1 + x2 ) + tan x

lim
x0
1 + 2x 1 + x + x2
1
ex 1

lim
x+
x2 + 2 x2 + 1
2
ex cos x

lim
x0 sin x(log(1 + x) + x)
log(1 + x2 ) sin2 x

lim
x0
1 + 2x 1 + x + x2

16. lim
17.
18.
19.
20.
21.

[1]
[0]
[1]
[+]
[0]
[0]
[1]
[0]
[0]
[log2 e]
[1]
[ 12 ]
[ 2 ]
[ 12 ]
[ 23 ]
[+]
[ 43 ]
[2]
[2]
[0]
[0]

94

3. FUNZIONI REALI

log(1 + x2 ) sin2 x

22. lim
x0
1 + x 1 + x + x2
cos(sin x) 1
23. lim
x0
x2
1 cos(tan2 x) + x5

24. lim
5
x0
x4 + 1 1
3x
tan
e
1
25. lim
2
x0 cos x ex
|x|
1
26. lim (1 + |x|) x e x

[?]
[ 12 ]
[ 25 ]
[0]
[0]*

x0

Calcolare al variare di R i seguenti limiti:


sin x tan x
[0 se < 3, 21 se = 3 e + se > 3]
x
x0+
cos( 2 x)
lim
[0 se < 1, 2 se = 1 e se > 1]
x1+ (x 1)
x2 + 2x3
lim
[2 per ogni ]
x0 log(cos x)
sin(x3 )

lim
[3 per ogni ]
x0 log( 3 1 + x3 )
x1
lim 1
, 6= 0
[ per ogni ]
x1+ x 1
ex ex
lim
[0 se < 1, 2 se = 1 e + se > 1]
x
x0+
ex 1 x
lim
[ + 12 per ogni ]
x0
arcsin x
(x + sin(x2 )) x
lim
, 6= 0
[2 se = 2, 0 se > 2 e
x0
x3
sgn()
se < 2]p
p

lim
x2 + x x2 + 1, > 0 [ 12 se = 2, 0 se > 2 e +

1. lim
2.
3.
4.
5.
6.
7.
8.
9.

x+

se 0 <
< 2]

10. lim
x + x x + 1, [ 12 se = 2, 0 se > 2 e + se < 2]
x+
p

11. lim n2
1 + n cos 1n
[ se 6= 1, 0 se = 1]*
n+

1
1
lim (e n cos ) log(1 + n )
n+
n
log(1 + n1 ) sin n1

13. lim
n+ 3 n4 + 1 3 n4 1
1
1
14. lim n2 (e n2 (cos ) )
n+
n

n
n 1
15. lim
n+ sin( log n ) log(1 + 1 )
n
n

[0 per ogni R]*

12.

[ per ogni R]*


[1 +

per ogni R]*

[ per ogni R]*

6. ESERCIZI

95

1
lim n n log n + n2 log(1 + )[ per 1, + per > 1]*
n+
n
1
3

[ per 4, + per > 4]*


17. lim n sin n log n
n+
n
1
18. lim n log(1 + n ) n2 sin
[ per 0, + per > 0
n+
n
16.

Determinare lordine di infinitesimo per x 0 delle seguenti funzioni


1.
2.
3.
4.
5.
6.
7.
8.
9.
10.

sin2 x log(1 + 2x)


log(1 + x2 ) x2 sin x

sin x( 1 + x3 cos x)

sin2 x 1 + 2x2 + 1
p
3
1 + sin2 x cos x
(esin x 1)2 (log(1 + 2x + x2 ) tan x)

log(cos x) 1 + x2 + 1

(ex 3 1 + x2 ) log(1 + x2 )

sin x
e 2 cos x

( 1 x cos x)2 (log(1 + x) sin x)

[3]
[2]
[3]
[> 2]
[2]
[3]
[2]
[3]
[> 1]
[> 52 ]

Data f (x) funzione infinitesima di ordine 2 per x 0, stabilire se i


seguenti limiti risultano finiti non nulli, nulli o infiniti:
f (x)
x0 log(1 + 2x2 )
f (x)
lim
x0
x sin x
f (x)
lim
x0 sin2 x x
sin2 x log(1 + x2 )
lim
x0
f (x)
f (x)
lim
x0
cos x ex2
f (x)
lim p
x0
1 + log(1 + x2 ) ex

esin x 1 + x2
lim
f (x)
x0+
f (x)
lim
x0 sin(x2 ) log(1 + x)

1. lim
2.
3.
4.
5.
6.
7.
8.

[` R \ {0}]
[0]
[0]
[0]
[` R \ {0}]
[0]
[]
[0]

CAPITOLO 4

Funzioni continue
Sia f (x) una funzione definita in un intervallo I R e sia x0 I.
Si dice che f (x) `e continua in x0 se lim f (x) = f (x0 ) ovvero se per
xx0

ogni > 0 esiste > 0 tale che se x I verifica |x x0 | < allora


|f (x) f (x0 )| < .
Osserviamo che dal teorema di caratterizzazione sequenziale del limite,
abbiamo
Proposizione 4.1. (Caratterizzazione sequenziale)
Sia f (x) funzione definita nellintervallo I e sia x0 I. Allora, f (x)
`e continua in x0 se e solo se per ogni successione (xn ) I tale che
xn x0 per n + risulta f (xn ) f (x0 ) per n +.
Utilizzando i limiti da destra e da sinistra abbiamo inoltre
Lemma 4.1. Sia f (x) funzione definita nellintervallo I e sia x0 I.
Allora, f (x) `e continua in x0 se e solo se lim+ f (x) = lim f (x) =
xx0

xx0

f (x0 ).
In particolare, considerata la funzione definita a tratti
(
g(x) se x x0
f (x) =
h(x) se x < x0
avremo che f (x) risulta continua in x0 se e solo se
lim g(x) = lim h(x).

xx+
0

xx0

Una funzione f (x) definita nellintervallo I `e detta continua nellintervallo I0 I se risulta continua in ogni x0 I0 e scriveremo f
C(I0 ).
Dai limiti notevoli visti, essendo lim ex = ex0 per ogni x0 R, avremo
xx0

che la funzione ex risulta continua in R. Ne segue che per ogni a > 0,


a funzione ax `e continua in R in quanto
lim ax = lim ex log a = ex0 log a = ax0

xx0

xx0

97

98

4. FUNZIONI CONTINUE

per ogni x0 R. Dai limiti notevoli del logaritmo, abbiamo che


lim log x = log x0 per ogni x0 > 0 e dunque che la funzione log x
xx0

risulta continua in (0, +). Se a > 0, a 6= 1, per ogni x0 > 0 abbiamo


che
lim loga x = lim log x loga e = log x0 loga e = loga x0
xx0

xx0

e quindi che loga x `e continua in (0, +). Inoltre, se R e x0 > 0


allora lim x = x0 e quindi la funzione x risulta continua nel suo
xx0

dominio.
Riguardo alle funzioni trigonometriche, avremo che sin x e cos x risultano continue in x0 = 0 essendo lim sin x = 0 e lim cos x = 1.
x0
x0
Proviamo che risultano continue in ogni x0 R. Difatti, utilizzando le
formule di addizione ed i limiti ora richiamati, si ottiene:
lim sin x = lim sin((x x0 ) + x0 )

xx0

xx0

= lim sin(x x0 ) cos x0 + sin x0 cos(x x0 ) = sin x0


xx0

e analogalmente
lim cos x = lim cos((x x0 ) + x0 )

xx0

xx0

= lim cos(x x0 ) cos x0 sin x0 sin(x x0 ) = cos x0


xx0

Dai precedenti limiti e dallalgebra dei limiti otteniamo che anche la


funzione tan x risulta continua nel suo dominio.
Proviamo infine che la funzione |x| risulta continua in ogni x0 R.
Difatti, dalla diseguaglianza triangolare risulta |x x0 | |x| |x0 |
|xx0 | e poich`e lim |xx0 | = 0, dal teorema del confronto deduciamo
xx0

che lim |x| = |x0 |.


xx0

Abbiamo quindi provato che tutte le funzioni elementari risultano continue sul loro dominio. Dal risultato sulle operazioni tra limiti abbiamo
inoltre
Proposizione 4.2. Siano f (x) e g(x) funzione definite in un intervallo
I e continue in x0 I. Allora risultano continue in x0 le funzioni
(x)
, purch`e g(x0 ) 6= 0.
f (x) g(x), f (x)g(x) e fg(x)
Riguardo alla continuit`a della funzione composta abbiamo
` della funzione composta)
Teorema 4.1. (Continuita
Sia f (x) funzione definita nellintervallo I e continua in x0 I. Sia
g(y) funzione definita in un intervallo J, contenente f (I), e continua

`
1. CLASSIFICAZIONE DELLE DISCONTINUITA

99

in f (x0 ). Allora la funzione gof (x) = g(f (x)) risulta continua in x0


ed in particolare
lim g(f (x)) = lim g(y) = g(f (x0 )).

xx0

yf (x0 )

Dim. Utilizzando la Proposizione 4.1, proviamo che per ogni successione


(xn ) I con xn x0 risulta g(f (xn )) g(f (x0 )). Difatti, essendo f (x)
continua in x0 avremo che f (xn ) f (x0 ) e quindi, posto yn = f (xn ), risulta
(yn ) f (I) J e yn f (x0 ). Essendo g(y) continua in f (x0 ) avremo che
g(yn ) g(f (x0 )) ovvero che g(f (xn )) g(f (x0 )).


Dai precedenti risultati otteniamo quindi che somma, prodotto e composizione di funzioni elementari
risultano continue ove definite. Ad

x2 1+esin x
esempio, la funzione f (x) = log(x2) risulta continua nel suo dominio, ovvero nellinsieme D = {x R | x > 2, x 6= 3}.
Per esercizio, stabilire ove risulta continua la funzione definita a tratti:
( x2
e cos x
se x > 0,
log(1+x)
f (x) = x1
1 + 2x se x 0.
2
Stabilire per quali valori di > 0 risulta continua la funzione:
( sin x
1+x
e

se x > 0,
log(1+ x)
f (x) =
0
se x 0.
1. Classificazione delle discontinuit`
a
Vediamo ora qualche esempio di funzione non continua. Risulta non
continua in x0 = 1 la funzione
(
x se x 6= 1
f (x) =
2 se x = 1
essendo
lim f (x) = lim x = 1 6= f (1).

x1

x1

Un altro esempio di funzione non continua nel suo dominio `e la funzione


[x] che non risulta continua in ogni x0 Z essendo
lim [x] = x0 = [x0 ] mentre lim [x] = x0 1.

xx+
0

xx0

La funzione di Dirichlet D(x) `e invece un esempio di funzione non


continua in ogni x0 R. Infatti, abbiamo provato che per ogni x0 R
non esiste il limite lim D(x). Il grafico di queste funzioni presentano
xx0

100

4. FUNZIONI CONTINUE

dei salti, dei buchi, delle discontinuit`a. Possiamo classificare tali


discontinuit`a nel seguente modo.
Sia f (x) funzione definita in un intervallo I R e sia x0 I tale
che f (x) non risulti continua in x0 , in tal caso x0 `e detto punto di
discontinuit`a per f (x). Si danno le seguenti definizioni:
(a) x0 `e detto punto di discontinuit`a eliminabile se esiste finito il
limite lim f (x) = ` R ma ` 6= f (x0 ). Osserviamo che in tal
xx0

caso, la funzione
(
f (x)
F (x) =
`

se x 6= x0
se x = x0

risulta continua in x0 (abbiamo eliminato la discontinuit`a).


(b) x0 `e detto punto di discontinuit`a di prima specie se esistono
finiti i limiti lim+ f (x) e lim f (x) ma sono diversi.
xx0

xx0

(c) x0 `e detto punto di discontinuit`a di seconda specie se almeno uno


dei limiti lim+ f (x) e lim f (x) non esiste oppure `e infinito.
xx0

xx0

Ad esempio, la funzione [x] presenta una discontinuit`a di prima specie


in ogni x0 Z. La funzione
(
f (x) =

1
x

se x > 0
se x 0

presenta una discontinuit`a di seconda specie in x0 = 0 mentre la funzione di Dirichlet presenta discontinuit`a di seconda specie in ogni x0 R.
La funzione
(
sin x
se x 6= 0
x
f (x) =
0
se x = 0
presenta una discontinuit`a eliminabile in x0 = 0. Mentre la funzione
(
sin( x1 )
f0 (x) =
0

se x > 0
se x 0

presenta discontinuit`a di seconda specie in x0 = 0.

2. IMMAGINE DI UNA FUNZIONE CONTINUA

101

1
0

Grafici di y =

sin x
x

e y = sin x1

In generale, si ha che la funzione


(
x sin( x1 )
f (x) =
0

se x > 0
se x 0

risulta continua in R se e solo se > 0.

Grafici di y = x sin x1 e y = x2 sin x1

Osserviamo inoltre che dal Teorema sul limite delle funzioni monotone, se f (x) `e funzione monotona in un intervallo [a, b], e quindi in
particolare limitata, allora per ogni x0 (a, b) esistono finiti i limiti
lim f (x)

xx
0

e dunque f (x) potr`a presentare al pi`


u discontinuit`a di prima specie.
2. Immagine di una funzione continua
Utilizzando il metodo di bisezione proviamo il seguente fondamentale
risultato
Teorema 4.2. (di esistenza degli zeri)
Sia f (x) funzione continua nellintervallo [a, b] tale che f (a)f (b) < 0.
Allora esiste x0 (a, b) tale che f (x0 ) = 0.
Dim. Supponiamo f (a) < 0 e f (b) > 0 e consideriamo il punto medio
c = a+b
2 . Potranno verificarsi tre casi
(i) se f (c) = 0, il teorema `e provato con x0 = c,

102

4. FUNZIONI CONTINUE

(ii) se f (c) > 0 poniamo a1 = a e b1 = c,


(iii) se f (c) < 0 poniamo a1 = c e b1 = b,
Se (i) non si verifica, dalla scelta fatta avremo definito un intervallo [a1 , b1 ]
[a, b] tale che
A1 ) f (a1 ) < 0 e f (b1 ) > 0;
B1 ) a a1 b1 b;
C1 ) b1 a1 =

ba
2 .

1
e ripetiamo il proConsideriamo in questo caso il punto medio c1 = a1 +b
2
cedimento. Potranno verificarsi tre casi
(i) se f (c1 ) = 0, il teorema `e provato con x0 = c1 ,
(ii) se f (c1 ) > 0 poniamo a2 = a1 e b2 = c1 ,
(iii) se f (c1 ) < 0 poniamo a2 = c1 e b2 = b1 ,
Se (i) non si verifica, avremo definito un intervallo [a2 , b2 ] [a1 , b1 ] tale che
A2 ) f (a2 ) < 0 e f (b2 ) > 0;
B2 ) a1 a2 b2 b1 ;

C2 ) b2 a2 =

b1 a1
2

ba
.
22

Ripetendo il procedimento, se il caso (i) non risulta mai verificato, avremo


definito due successioni (an )nN e (bn )nN in [a, b] tali che per ogni n N
risulta
An ) f (an ) < 0 e f (bn ) > 0;
Bn ) an1 an bn bn1 ;
Cn ) bn an =

bn1 an1
2

ba
2n .

Dalla propriet`
a Bn ) ne segue che le successioni (an ) e (bn ) sono successioni
monotone in [a, b] e quindi limitate. Dal teorema di regolarit`a delle successioni monotone otteniamo allora che tali successioni risultano convergenti e
poich`e da Cn ) risulta lim bn an = 0, avremo che
n+

lim an = sup an = lim bn = inf bn = x0 [a, b]

n+

nN

n+

nN

Essendo per ipotesi f (x) continua in [a, b] ne deduciamo che


lim f (an ) = lim f (bn ) = f (x0 )

n+

n+

Infine, poich`e f (an ) < 0 per ogni n N, dal Teorema della permanenza del
segno otteniamo f (x0 ) 0 ed allo stesso modo, poich`e f (bn ) > 0 per ogni
n N, si deduce che f (x0 ) 0. Ne segue allora che f (x0 ) = 0.


Dalla dimostrazione risulta anche un metodo per determinare delle


approssimazioni dello zero x0 in quanto essendo
sup an = x0 = inf bn ,
nN

nN

2. IMMAGINE DI UNA FUNZIONE CONTINUA

103

risulta
an x 0 b n ,

n N

dove an e bn sono determinate con il metodo di bisezione come nella


precedente dimostrazione. Con tali approssimazioni, essendo an bn =
ba
, potremo stimare con quanta precisione si desidera lo zero x0 .
2n

Ad esempio, volendo ottenere una stima di 2, consideriamo la funzione continua f (x) = x2 2 nellintervallo
[1, 2]. Abbiamo che f (1) < 0

mentre f (2) > 0 e che x0 = 2 `e lunico zero di f (x) in [1, 2] (la funzione `e difatti strettamente crescente in tale intervallo). Abbiamo allora
che

an 2 bn , n N,
dove an e bn sono definite utilizzando
il procedimento di bisezione. Se
volessimo dare unapprossimazione di 2 con un errore inferiore a 101
1
dovremo valutare an e bn dove n N `e tale che ba
= 21n < 10
. Sar`a
2n
allora sufficiente ripetere il procedimento sino ad n = 4 ottenendo:
a4 =

11
23
= 1, 375 2 b4 =
= 1, 4375
8
16

dove b4 a4 = 214 = 0, 0625.

Se invece volessimo unapprossimazione di 2 a meno di un errore inferiore a 102 dovremo ripetere il procedimento fino ad n = 7
ottenendo
a7 =
dove b7 a7 =

181
91
= 1, 4140625 2 b7 =
= 1, 421875
128
64
1
27

= 0, 0078125.

Il teorema pu`o inoltre essere utilizzato per provare lesistenza di soluzioni di equazioni trascendenti. Ad esempio, consideriamo lequazio1
1
ne log x +
Posto f (x) = log x +
3 x = 0.
3 x , osserviamo che f (x)
`e continua nel suo dominio (0, +). Poich`e f (1) = 1 > 0 mentre
f ( 81 ) = 3 log 2 + 2 < 0, dal teorema di esistenza degli zeri otteniamo che esiste x0 ( 18 , 1). Sempre utilizzando il teorema di esistenza
degli zeri si pu`o provare che tale equazione ammette un secondo zero
1
1
x1 ( 125
, 64
).

104

4. FUNZIONI CONTINUE

0 x1
x0

Confronto tra i grafici di y = log x e y =

3x

e grafico di y = log x +

3x

Come immediata conseguenza del Teorema di esistenza degli zeri abbiamo


Teorema 4.3. (dei valori intermedi, primo)
Sia f (x) funzione continua nellintervallo [a, b]. Allora f (x) assume
tutti i valori compresi tra f (a) e f (b).
Dim. Consideriamo il caso in cui f (a) f (b) e proviamo che per ogni y0
[f (a), f (b)] esiste x0 [a, b] tale che f (x0 ) = y0 . Se y0 = f (a) prenderemo
x0 = a e analogalmente, se y0 = f (b) prenderemo x0 = b. Se invece y0
(f (a), f (b)), consideriamo la funzione g(x) = f (x) y0 . Avremo allora che
g(x) `e continua in [a, b] e che g(a) = f (a) y0 < 0 mentre g(b) = f (b) y0 >
0. Dal Teorema di esistenza degli zeri avremo allora che esiste x0 (a, b)
tale che g(x0 ) = 0 ovvero tale che f (x0 ) = y0 .


Dal precedente risultato otteniamo


Teorema 4.4. (dei valori intermedi, secondo)
Sia f (x) funzione continua e non costante in un intervallo I R.
Allora f (x) assume tutti i valori strettamente compresi tra inf f (x) e
I

sup f (x).
I

Dim. Osserviamo innanzitutto che essendo la funzione non costante risulta


inf f (x) < sup f (x). Sia allora y0 (inf f (x), sup f (x)) e proviamo che esiste
I

x0 I tale che f (x0 ) = y0 . Poich`e y0 > inf f (x), dalla caratterizzazione


I

dellestremo inferiore abbiamo che esiste a I tale che f (a) < y0 . Analogalmente, poich`e y0 < sup f (x) si ha che esiste b I tale che f (b) > y0 .
I

Supponiamo che a < b. Essendo f (x) continua nellintervallo [a, b] I e


y0 (f (a), f (b)), dal primo teorema dei valori intermedi segue che esiste
x0 (a, b) I tale che f (x0 ) = y0 .


Ne segue che se f (x) `e funzione continua in un intervallo I allora


(inf f (x), sup f (x)) f (I).
I

2. IMMAGINE DI UNA FUNZIONE CONTINUA

105

In particolare si ottengono le seguenti caratterizzazioni dellimmagine


delle funzioni elementari: Im(ex ) = (0, +), Im(x ) = (0, +) se
< 0 mentre Im(x ) = [0, +) se > 0 essendo 0 valore assunto.
Im(sin x) = Im(cos x) = [1, 1] essendo 1 valori assunti.
Rimane dunque dubbio se i valori (nel caso finiti) inf f (x) e sup f (x)
risultano assunti. Diamo allora le seguenti definizioni.
Sia f (x) funzione definita in un insieme A R. Diciamo che M R `e
massimo (assoluto) per f (x) in A se M `e il massimo dellinsieme f (A),
e scriveremo M = max f (x).
A

Dalla definizione di massimo di un insieme avremo allora che M =


max f (x) se f (x) M per ogni x A ed esiste xM A tale che
A

f (xM ) = M . Diremo che xM A `e un punto di massimo (assoluto) per


f (x) in A se f (xM ) = max f (x) e dunque se per ogni x A risulta
M

f (x) f (xM ).
Analogalmente, si dice che m R `e minimo (assoluto) per f (x) in A se
m `e il minimo dellinsieme f (A), e scriveremo m = min f (x).
A

Avremo che m = min f (x) se f (x) m per ogni x A ed esiste


A

xm A tale che f (xm ) = m. Diremo che xm A `e un punto di minimo


(assoluto) per f (x) in A se f (xm ) = min f (x) e dunque se per ogni
A

x A risulta f (x) f (xm ).


Ad esempio, abbiamo che max sin x = 1 e che x0 =
R

`e un punto di

massimo assoluto per sin x in R mentre min sin x = 1 e x0 = 2 `e


R

un punto di minimo assoluto per sin x in R.


Vale il seguente fondamentale risultato
Teorema 4.5. (di Weierstrass)
Sia f (x) funzione continua nellintervallo chiuso e limitato [a, b]. Allora f (x) ammette massimo e minimo in [a, b]: esistono xm , xM [a, b]
tali che f (xm ) f (x) f (xM ) per ogni x [a, b].
Dim. con il Metodo di Bisezione
Poniamo
inf{f (x) | x [a, b]} = ` R {}
e consideriamo il punto medio c =
m = inf{f (x) | x [a, c]}

b+a
2 .

Siano

e M = inf{f (x) | x [c, b]}

106

4. FUNZIONI CONTINUE

Se m M poniamo a1 = a e b1 = c, mentre se m > M poniamo a1 = c e


b1 = b. Avremo che a a1 b1 b, b1 a1 = ba
2 e
inf{f (x) | x [a1 , b1 ]} = inf{f (x) | x [a, b]} = `
Consideriamo nuovamente c1 =

b1 +a1
2

m1 = inf{f (x) | x [a1 , c1 ]}

e siano
e M1 = inf{f (x) | x [c1 , b1 ]}

Se m1 M1 poniamo a2 = a1 e b2 = c1 , mentre se m1 > M1 poniamo a2 =


1
c1 e b2 = b1 . Avremo che a a1 a2 b2 b1 b, b2 a2 = b1 a
= ba
2
4
e
inf{f (x) | x [a2 , b2 ]} = inf{f (x) | x [a1 , b1 ]} = `
Ripetendo il procedimento determineremo due successioni (an )nN e (bn )nN
tali che per ogni n N risulta a an bn b, bn an = ba
2n e
inf{f (x) | x [an , bn ]} = inf{f (x) | x [an1 , bn1 ]} = `
Avremo allora che (an )nN `e successione crescente in [a, b] mentre (bn )nN
`e successione decrescente in [a, b] e quindi, essendo limitate, dal Teorema
di regolarit`
a delle successioni monotone, essendo limitate tali successioni
risultano convergenti. Essendo inoltre bn an = ba
2n 0 avremo che
lim an = lim bn = xm [a, b]

n+

n+

Proviamo che f (xm ) = ` = inf{f (x) | x [a, b]} e quindi che xm `e punto
di minimo. In particolare seguir`a che ` R e dunque che f (x) risulta
inferiormente limitata in [a, b].
Poich`e f (x) `e continua in xm , per ogni > 0 esister`a > 0 tale che |f (x)
f (xm )| < per ogni x (xm , xm + ) [a, b]. Essendo an xm
e bn xm , avremo che esiste n0 N tale che per ogni n n0 risulta
xm < an bn < xm + . Quindi avremo f (xm ) < f (x) < f (xm ) +
per ogni x [an , bn ], n n0 e dunque che
f (xm ) ` = inf{f (x) | x [an , bn ]} f (xm ) + |f (xm ) `| <
Data larbitrariet`
a di > 0, ne deduciamo che f (xm ) = `.
Allo stesso modo si proceder`a per provare lesistenza del punto di massimo
xM .
Dim. con il Teorema di Bolzano-Weierstrass


Osserviamo che dal precedente risultato segue in particolare che una
funzione continua in un intervallo chiuso e limitato `e funzione limitata.
Dal precedente risultato ad esempio otteniamo che la funzione f (x) =
x2 ammette massimo in ogni intervallo chiuso e limitato [a, b]. Osserviamo per`o che tale funzione non ammette massimo nellintervallo
limitato ma non chiuso [0, 1) (infatti x2 < 1 per ogni x [0, 1) ma non

2. IMMAGINE DI UNA FUNZIONE CONTINUA

107

esiste x0 [0, 1) tale che x20 = 1) e nemmeno nellintervallo chiuso ma


illimitato [1, +) essendo sup x2 = +.
[1,+)

Osservato che, se esistono,


min f (x) = inf f (x) e
[a,b]

[a,b]

max f (x) = sup f (x),


[a,b]

[a,b]

dal Teorema di Weierstrass e dal secondo Teorema dei valori intermedi


si deduce immediatamente il seguente risultato
Teorema 4.6. (dei valori intermedi, terzo)
Sia f (x) funzione continua nellintervallo chiuso e limitato [a, b]. Allora f (x) assume tutti i valori compresi tra min f (x) e max f (x).
[a,b]

[a,b]

Dalla definizione di massimo e di minimo segue che se f (x) funzione


continua nellintervallo [a, b], allora
f ([a, b]) = [min f (x), max f (x)].
[a,b]

[a,b]

In particolare si ottiene
` delle funzioni monotone)
Teorema 4.7. (continuita
Sia f (x) funzione crescente (risp. decrescente) nellintervallo [a, b] allora f (x) `e continua se e solo se f ([a, b]) = [f (a), f (b)] (risp. f ([a, b]) =
[f (b), f (a)]).
Dim. Supponiamo f (x) crescente. Osservato che in tal caso risulta
min f (x) = f (a)
[a,b]

max f (x) = f (b),


[a,b]

dal terzo Teorema dei valori intermedi avremo che se f (x) risulta continua
in [a, b] allora f ([a, b]) = [f (a), f (b)].
Per provare il viceversa, sia x0 (a, b) e proviamo che lim f (x) = f (x0 ).
xx0

Dal Teorema sul limite delle funzioni monotone, essendo la f (x) limitata in
[a, b], abbiamo che esistono finiti i limiti
lim f (x) = sup{f (x) | a x < x0 } = `

xx
0

lim f (x) = inf{f (x) | x0 < x b} = `+

xx+
0

e risulta f (a) ` f (x0 ) `+ f (b). Se per assurdo ` < f (x0 )


avremo che f (x) ` < f (x0 ) per ogni x [a, x0 ) e dunque che f (x) non
assume alcun valore compreso tra ` e f (x0 ) contro lipotesi che f ([a, b]) =
[f (a), f (b)]. Dunque ` = f (x0 ). Analogalmente si prova che `+ = f (x0 ).
Ne segue allora che lim f (x) = f (x0 ).
xx0

Proviamo ora che f (x) `e continua in x0 = a. Dal Teorema sul limite delle

108

4. FUNZIONI CONTINUE

funzioni monotone, essendo f (x) limitata in [a, b], abbiamo che esiste finito
il limite
lim f (x) = inf{f (x) | a < x < b} = `
xa+

se per assurdo f (a) < ` avremo che f (x) non assume alcun valore compreso
tra f (a) e `, contro lipotesi che f ([a, b]) = [f (a), f (b)]. Analogalmente si
prova che lim f (x) = f (b).

xb

3. Continuit`
a della funzione inversa
Abbiamo visto che le funzioni strettamente monotone sono esempi
di funzioni iniettive. Non `e pero generalmente vero il viceversa. La
funzione
(
x
se 0 x < 1
f (x) =
3 x se 1 < x 2
`e funzione iniettiva ma non monotona. Il seguente risultato prova che la
monotonia stretta `e invece condizione necessaria affinch`e una funzione
continua risulti iniettiva.
` delle funzioni continue)
Teorema 4.8. (invertibilita
Sia f (x) funzione continua nellintervallo [a, b]. Allora f (x) `e iniettiva
in [a, b] se e solo se f (x) `e strettamente monotona in [a, b].
Dim. Dalla definizione segue immediatamente che una funzione strettamente monotona `e iniettiva. Per provare il viceversa, per assurdo supponiamo
che esistano x1 < x2 < x3 in [a, b] tali che
i) f (x1 ) < f (x2 ) ma f (x2 ) > f (x3 ), oppure
ii) f (x1 ) > f (x2 ) ma f (x2 ) < f (x3 ).
Supponiamo verificata la prima condizione. Avremo allora che
f (x2 ) > max{f (x1 ), f (x3 )}.
Se f (x1 ) > f (x3 ), allora preso y0 = f (x1 ), essendo f (x3 ) < y0 < f (x2 ), dal
Teorema dei valori intermedi avremo che esiste x0 (x2 , x3 ) tale che f (x0 ) =
y0 = f (x1 ), in contraddizione con liniettivit`a di f (x). Analogalmente, se
f (x1 ) < f (x3 ).
In modo analogo si procede se risulta verificata la seconda condizione. 

Siamo ora in grado di provare che linversa di una funzione continua `e


continua.
` della funzione inversa)
Teorema 4.9. (continuita
Sia f (x) funzione continua e iniettiva in [a, b]. Allora la funzione
inversa f 1 (x) `e funzione continua nellintervallo di estremi f (a) e
f (b).

4. FUNZIONI UNIFORMEMENTE CONTINUE

109

Dim. Dal precedente risultato abbiamo che f (x) `e funzione strettamente


monotona. Consideriamo il caso in cui risulti strettamente crescente. Avremo allora che la funzione inversa risulta strettamente crescente e poich`e
f ([a, b]) = [f (a), f (b)] otteniamo
f 1 ([f (a), f (b)]) = f 1 (f ([a, b])) = [a, b].
Quindi dal Teorema sulla continuit`a delle funzioni monotone, avremo che
f 1 (x) risulta continua in [f (a), f (b)].


Utilizzando il precedente risultato otteniamo ad esempio che le funzioni


arcsin x e arccos x risultano continue in [1, 1] e che la funzione arctan x
`e continua in R. In particolare si hanno i seguenti limiti
lim arcsin x = 0 e

x0

arcsin x
y
= lim
=1
x0
y0 sin y
x
lim

4. Appendice: Funzioni uniformemente continue e Teorema


di Heine-Cantor
Una funzione f (x) si dice uniformemente continua nellinsieme A R
se per ogni > 0 esiste > 0 tale che per ogni x, x0 A tali che
|x x0 | < risulta |f (x) f (x0 )| < .
` evidente che una funzione uniformemente continua in un insieme
E
A R risulta continua in A. Il seguente risultato prova che le due
condizioni sono equivalenti in intervalli chiusi e limitati.
Teorema 4.10. (Heine-Cantor)
Sia f (x) funzione continua nellintervallo chiuso e limitato [a, b]. Allora f (x) risulta uniformemente continua in [a, b].
Dim. con il Metodo di Bisezione
Per assurdo, supponiamo che la funzione non risulti uniformemente continua.
Avremo allora che esiste 0 > 0 tale che per ogni > 0 esistono x, x
[a, b]
tali che |x x
| < ma |f (x) f (
x)| 0 . Avremo allora in particolare che
sup{|f (x) f (
x)| | x, x
[a, b]} 0
Sia c =

a+b
2 ,

avremo allora che

sup{|f (x) f (
x)| | x, x
[a, c]} 0 o sup{|f (x) f (
x)| | x, x
[c, b]} 0
e poniamo
(i) a1 = a e b1 = c se sup{|f (x) f (
x)| | x, x
[a, c]} 0 , oppure
(ii) a1 = c e b1 = b se sup{|f (x) f (
x)| | x, x
[c, b]} 0 .

110

4. FUNZIONI CONTINUE

Avremo allora che


sup{|f (x) f (
x)| | x, x
[a1 , b1 ]} 0 ,
a a1 < b1 b e a1 b1 = ba
2 .
1
Ripetendo il ragionamento sullintervallo [a1 , b1 ] , posto c1 = a1 +b
2 , avremo
che
sup{|f (x) f (
x)| | x, x
[a1 , c1 ]} 0
oppure
sup{|f (x) f (
x)| | x, x
[c1 , b1 ]} 0
e poniamo
(i) a2 = a1 e b2 = c1 se sup{|f (x) f (
x)| | x, x
[a1 , c1 ]} 0 , oppure
(ii) a2 = c1 e b2 = b1 se sup{|f (x) f (
x)| | x, x
[c1 , b1 ]} 0 .
Avremo quindi che
sup{|f (x) f (
x)| | x, x
[a2 , b2 ]} 0 ,
1
a a1 a2 < b2 b1 b e a2 b2 = b12a
.
2
Procedendo per induzione, otterremo due successioni (an )nN e (bn )nN tali
che per ogni n N risulta

sup{|f (x) f (
x)| | x, x
[an , bn ]} 0 ,
n1
= ba
a an1 an < bn bn1 b e an bn = bn1 a
2
2n .
Osservato che le successioni (an )nN e (bn )nN sono monotone e limitate, dal
Teorema di regolarit`
a delle successioni monotone avremo che tali successioni
risultano convergenti. Essendo inoltre an bn = ba
2n 0 per n +, il
limite delle due successioni sar`a lo stesso. Sia allora

x0 = lim an = lim bn ,
n+

n+

avremo che x0 [an , bn ] per ogni n N. Essendo la funzione continua in


x0 [a, b], esister`
a > 0 tale che |f (x) f (x0 )| < 20 per ogni x [a, b]
tale che |x x0 | < . Scelto n N tale che bn an = ba
2n < , avremo
che per ogni x, x
[an , bn ] si avr`a |x x0 | < e |
x x0 | < e dunque
|f (x) f (x0 )| < 20 e |f (
x) f (x0 )| < 20 . Quindi |f (x) f (
x)| < 0 , per
ogni x, x
[an , bn ], in contraddizione con
sup{|f (x) f (
x)| | x, x
[an , bn ]} 0 .
Dim. con il Teorema di Bolzano-Weierstrass
Per assurdo, supponiamo che la funzione non risulti uniformemente continua.
Avremo allora che esiste 0 > 0 tale che per ogni > 0 esistono x, x

[a, b] tali che |x x
| < ma |f (x) f (
x)| 0 . Per ogni n N, scelto
n = n1 avremo allora che esistono xn , x
n [a, b] tali che |xn x
n | <
ma |f (xn ) f (
xn )| 0 . Essendo le successioni (xn ) e (
xn ) limitate, dal
Teorema di Bolzano-Weierstrass, abbiamo che tali successioni ammettono
sottosuccessioni estratte convergenti che per semplicit`a denoteremo ancora

4. FUNZIONI UNIFORMEMENTE CONTINUE

111

con (xn ) e (
xn ). Essendo |xn x
n | < n1 per ogni n N avremo che il limite
di tale estratte sar`
a lo stesso. Sia allora
x0 = lim xn = lim x
n .
n+

n+

Osservato che x0 [a, b], essendo f (x) continua in x0 avremo che


f (x0 ) = lim f (xn ) = lim f (
xn ).
n+

n+

in contraddizione con |f (xn ) f (


xn )| 0 per ogni n N.

112

4. FUNZIONI CONTINUE

5. Esercizi
Stabilire dove risultano continue le seguenti funzioni:

1.

2.

3.

4.

5.

sin xx

log(1+x) se x > 0
f (x) = 0
se x = 0

cos x1
se x < 0
x x
e 1+x

se x > 0

x
f (x) = 0
se x = 0

log(1x)
se x < 0
2
x 2
x
sin x(e 1)

se x > 0

x3
f (x) = 1
se x = 0

log(1+x2 )
se x < 0
2
3
x +x
1+2x 3 1+x

se x > 0

x
f (x) = 23
se x = 0

sinh x
se x < 0
cosh x1
log(1+x)+sin x

se x > 0

x
f (x) = 1
se x = 0

e2x 1
se
x<0
log(1+2x)

[R]

[R \ {0}]

[R \ {1}]

[R \ {0}]

[x > 12 ]

Stabilire per quali valori del parametro R le seguenti funzioni


risultano continue in x0 = 0:
(
1. f (x) =

x2
cos xe

1+x 1x

0
(
2. f (x) =
3. f (x) =

x2 +2
x

sin x
(

6. f (x) =

se x > 0
se x 0

x sin xcos x+
arctan x
e2x 1

1x

se x > 0
se x 0

se x > 0
se x 0

cos(x )cos2 (x)


x2

[ = 1]*

se x 0

( 1
e x
4. f (x) =
x+
(
2
5. f (x) =

se x > 0

x 1+xsin x
x
1cos x
x2

[ > 0]*
[ = 1]*
[ = 1]

se x > 0
se x 0
se x > 0
se x 0

[ = 1]
[nessun ]

CAPITOLO 5

Funzioni derivabili
1. Definizione di derivata
Sia f (x) una funzione definita in un intervallo aperto I R. Si dice
che f (x) `e derivabile nel punto x0 I se esiste finito il limite per x x0
(x0 )
. Tale limite viene detto derivata di
del rapporto incrementale f (x)f
xx0
f (x) nel punto x0 e viene denotato con f 0 (x0 ) o alternativamente con
df
i simboli Df (x0 ) e dx
(x0 ):
f 0 (x0 ) = lim

xx0

f (x) f (x0 )
x x0

Inoltre, diremo che f (x) `e derivabile nellintervallo I se risulta derivabile


in ogni x0 I.
Dal punto di vista cinematico, la derivata pu`o essere interpretata come
la velocit`a istantanea di un corpo puntiforme che si muove di moto rettilineo. Se denotiamo con p(t) la posizione al tempo t, la velocit`a media
sostenuta dal corpo per muoversi dalla posizione p(t0 ) alla posizione
0)
. Se ora si pensa di far tendere t a t0
p(t) `e data dal rapporto p(t)p(t
tt0
(il che corrisponde a calcolare la velocit`a media su intervalli di tempo
via via pi`
u brevi) il limite
lim

tt0

p(t) p(t0 )
,
t t0

se esiste finito, indicher`a la velocit`a istantanea al tempo t0 e lo indicheremo con v(t0 ). Secondo la precedente definizione, risulta v(t0 ) = p0 (t0 ).
Dal punto di vista geometrico, consideriamo una funzione f (x) derivabile nel punto x0 ed osserviamo che risulta
f 0 (x0 ) = lim

xx0

f (x0 + h) f (x0 )
f (x) f (x0 )
= lim
h0
x x0
h
113

114

5. FUNZIONI DERIVABILI

Dato h R, consideriamo la retta secante rh per i punti P0 (x0 , f (x0 ))


e Ph (x0 + h, f (x0 + h)). Tale retta avr`a equazione
rh :

y = f (x0 ) +

f (x0 + h) f (x0 )
(x x0 )
h

ed osserviamo che il coefficiente angolare di tale retta non `e altro che


(x0 )
il rapporto incrementale f (x0 +h)f
. Se ora pensiamo di far tendere
h
h a 0 avremo che x0 + h x0 e quindi, poich`e proveremo che f (x) `e
continua in x0 , che f (x0 + h) f (x0 ). Dunque Ph tender`a al punto P0
lungo il grafico di f (x) e la retta secante rh tender`a alla retta limite
r0 :

f (x0 + h) f (x0 )
(xx0 ) = f (x0 )+f 0 (x0 )(xx0 )
h0
h

y = f (x0 )+lim

Tale retta `e detta retta tangente al grafico di f (x) nel punto x0 ed


osserviamo che il suo coefficiente angolare corrisponde alla derivata
f 0 (x0 ). Possiamo dunque pensare alla derivata come ad una misura
della pendenza del grafico di f (x) nel punto P0 .
Ph
rh
r0
P0

Vediamo ora qualche esempio di funzione derivabile. Consideriamo


innanzitutto le funzioni costanti, f (x) = c R. Per tali funzioni
(x0 )
= 0 per ogni x 6= x0 e quindi che f 0 (x0 ) = 0 per ogni
risulta f (x)f
xx0
x0 R. Consideriamo ora una funzione lineare, f (x) = ax + b con
a 6= 0. Per ogni x0 R avremo
lim

xx0

f (x) f (x0 )
ax ax0
= lim
=a
xx0 x x0
x x0

e quindi che f 0 (x0 ) = a.


Risultano derivabili nel loro dominio tutte le funzioni elementari. Proviamo che D(x ) = x1 per ogni R e ogni x > 0. Difatti, dal

1. DEFINIZIONE DI DERIVATA

limite notevole lim (1+y)y


y0

115

= , per ogni x > 0 otteniamo

(1 + hx ) 1
(x + h) x
= lim x1
= x1
h
h0
h0
h
x
lim

In particolare
otteniamo ad esempio che D(x2 ) = 2x per ogni x R,

che D( x) = 21 x per ogni x > 0 e che D( x1 ) = x12 per ogni x 6= 0.


Proviamo ora che D(ex ) = ex per ogni x R. Difatti, dal limite
y
notevole lim e y1 = 1, per ogni x R otteniamo
y0

ex+h ex
eh 1
= lim ex
= ex
h0
h0
h
h
Risulta inoltre D(log x) = x1 per ogni x > 0. Difatti, dal limite notevole
lim log(1+y)
= 1, per ogni x > 0 risulta
y
lim

y0

log(1 + hx )
1 log(1 + hx )
1
log(x + h) log x
= lim
= lim
=
h
h0
h0 x
h0
h
h
x
x
lim

Infine, proviamo che D(sin x) = cos x e che D(cos x) = sin x per ogni
x R. Dai limiti notevoli di seno e coseno e dalle formule di addizione
si ha infatti
sin(x + h) sin x
sin x cos h + sin h cos x sin x
lim
= lim
h0
h0
h
h
cos h 1
sin h
= lim sin x
+ cos x
= cos x
h0
h
h
e
cos(x + h) cos x
cos x cos h sin h sin x cos x
lim
= lim
h0
h0
h
h
sin h
cos h 1
sin x
= sin x
= lim cos x
h0
h
h
Sar`a utile inoltre introdurre il concetto di derivata destra e sinistra. Sia
f (x) funzione definita in un intervallo aperto I e sia x0 I. Diremo
derivata destra di f (x) in x0 il limite, se esiste finito,
lim+

xx0

f (x) f (x0 )
x x0

e denoteremo tale limite con f+0 (x0 ). Diremo derivata sinistra di f (x)
in x0 il limite, se esiste finito,
lim

xx0

f (x) f (x0 )
x x0

116

5. FUNZIONI DERIVABILI

e denoteremo tale limite con f0 (x0 ).


Vale allora il seguente risultato
Lemma 5.1. Sia f (x) funzione definita in un in intervallo aperto I R
e sia x0 I. Allora f (x) `e derivabile in x0 se e solo se esistono e sono
uguali le derivate f0 (x0 ) ed in tal caso f 0 (x0 ) = f0 (x0 ).
Usando il precedente risultato proviamo che la funzione valore assoluto
f (x) = |x| non `e derivabile in x0 = 0. Difatti, risulta
|x|
|x|
= 1 mentre f0 (0) = lim
= 1
x0
x0
x
x
e dunque la funzione ammette derivata destra e derivata sinistra in
x0 = 0 ma queste non sono uguali. Il punto x0 = 0 `e un esempio di
punto angoloso per la funzione |x|.
f+0 (0) = lim+

In generale, data una funzione f (x) continua in x0 , diremo che x0 `e un


punto angoloso per f (x) se esistono f0 (x0 ) ma sono diverse.
p
Consideriamo ora la funzione f (x) =
|x|, continua in tutto R e
derivabile in ogni x0 6= 0 con
(
1

se x > 0
f 0 (x) = 2 x 1
2x se x < 0
mentre non risulta derivabile in x0 = 0 essendo

f (x) f (0)
x
1
= lim+
= lim+ = +
lim+
x0
x0
x0
x
x
x
e

f (x) f (0)
x
1
lim
= lim
= lim
=
x0
x0
x0
x
x
x
parleremo in questo caso di una cuspide.

1. DEFINIZIONE DI DERIVATA

117

In generale, data una funzione f (x) continua in x0 , diremo che x0 `e


una cuspide per f (x) se esistono i limiti
lim

xx0

f (x) f (x0 )
x x0

ma sono infiniti di segno discorde.

Come ultimo esempio consideriamo la funzione f (x) = 3 x, continua


in tutto R e derivabile in ogni x0 6= 0 con
1
f 0 (x) =
3
3 x2
mentre non risulta derivabile in x0 = 0 essendo

3
f (x) f (0)
1
x
lim
= lim
= lim
= +.
3
x0
x0 x
x0
x
x2
Parleremo in questo caso di un punto a tangente verticale.

Data una funzione f (x) continua in x0 , diremo che x0 `e un punto a


tangente verticale per f (x) se esiste il limite
lim

xx0

f (x) f (x0 )
x x0

118

5. FUNZIONI DERIVABILI

ma `e infinito.
Le precedenti funzioni sono un classico esempio di funzioni continue ma
non derivabili in un punto. Vale per`o il seguente risultato che prova
che ogni funzione derivabile risulta continua.
` delle funzioni derivabili)
Teorema 5.1. (sulla continuita
Sia f (x) una funzione definita in un intervallo aperto I R e derivabile nel punto x0 I. Allora f (x) `e continua in x0 .
Dim. Difatti, poich`e lim

xx0

f (x)f (x0 )
xx0

= f 0 (x0 ) R risulta

lim f (x) f (x0 ) = lim

xx0

xx0

f (x) f (x0 )
(x x0 ) = 0
x x0

e quindi lim f (x) = f (x0 ).


xx0

Vediamo come ultimo esempio il caso il cui non esiste il limite da destra
e/o da sinistra del rapporto incrementale. La funzione
(
x sin x1 se x > 0
f (x) =
0
se x 0
`e funzione continua ma non `e derivabile in x0 = 0 in quanto non esiste
il limite
1
f (x) f (0)
= lim+ sin
lim+
x0
x0
x
x
La funzione
(
x sin( x1 ) se x > 0
f (x) =
0
se x 0
risulta in generale derivabile in R se e solo se > 1 e la retta tangente
in x = 0 risulta y = 0.
Sia f (x) una funzione definita in un intervallo aperto I R. Si dice
che f (x) `e differenziabile nel punto x0 I se esiste una costante A R
tale che
f (x) = f (x0 ) + A(x x0 ) + o(x x0 ) per x x0 .
In tal caso la funzione lineare (h) = A h, h R, `e detta differenziale
di f (x) in x0 e viene denotata con df (x0 ) e potremo scrivere
f (x) = f (x0 ) + df (x0 )(x x0 ) + o(x x0 ) per x x0 .
Il concetto di funzione differenziabile `e strettamente legato al concetto
di funzione derivabile. Abbiamo difatti il seguente risultato

1. DEFINIZIONE DI DERIVATA

119

Teorema 5.2. (del differenziale)


Una funzione f (x) definita in un intervallo aperto I R `e differenziabile nel punto x0 I se e solo se `e derivabile in x0 e df (x0 )(h) =
f 0 (x0 ) h per ogni h R.
Dim. Se f (x) `e derivabile in x0 allora
lim

xx0

f (x) f (x0 )
= f 0 (x0 )
x x0

ovvero

f (x) f (x0 ) f 0 (x0 )(x x0 )


= 0.
xx0
x x0
Ricordando la definizione di o piccolo, per x x0 possiamo scrivere
lim

f (x) f (x0 ) f 0 (x0 )(x x0 ) = o(x x0 )


e dunque
f (x) = f (x0 ) + f 0 (x0 )(x x0 ) + o(x x0 ).
Segue che f (x) risulta differenziabile in x0 con df (x0 )h = f 0 (x0 )h.
Viceversa, se f (x) risulta differenziabile in x0 , esiste una costante A R
tale che
f (x) = f (x0 ) + A(x x0 ) + o(x x0 )

per x x0 .

Allora, dalla definizione di o piccolo si ottiene


lim

xx0

f (x) f (x0 )
A(x x0 ) + o(x x0 )
o(x x0 )
= lim
= lim A+
=A
xx
xx
x x0
x x0
x x0
0
0

Ne segue che f (x) `e derivabile in x0 con f 0 (x0 ) = A.

In particolare si ottiene che se f (x) `e derivabile in x0 vale la seguente


formula
f (x) = f (x0 ) + f 0 (x0 )(x x0 ) + o(x x0 ),

per x x0 ,

detta formula degli incrementi finiti. Tale formula pu`o essere letta
dicendo che la funzione lineare T (x) = f (x0 ) + f 0 (x0 )(x x0 ), che ha
per grafico la retta tangente al grafico di f (x) in x0 , approssima f (x)
a meno di un errore trascurabile rispetto a x x0 .
Ad esempio, abbiamo visto che D(ex ) = ex per ogni x R. Dalla
formula degli incrementi finiti avremo allora che per ogni x0 R risulta
ex = ex0 + ex0 (x x0 ) + o(x x0 ),

per x x0 ,

ed in particolare per x0 = 0 riotteniamo il limite notevole ex = 1 +


x + o(x) per x 0, essendo y = 1 + x la retta tangente in x = 0.
Analogalmente, essendo D(log x) = x1 , per ogni x0 > 0 otteniamo
log x = log x0 +

1
(x x0 ) + o(x x0 ),
x0

per x x0 ,

120

5. FUNZIONI DERIVABILI

ed in particolare per x0 = 1 otteniamo nuovamente log x = x 1 +


o(x 1), per x 1, essendo y = x 1 la retta tangente in x = 1.
Infine, essendo D(sin x) = cos x, per ogni x0 R otteniamo
sin x = sin x0 + cos x0 (x x0 ) + o(x x0 ),

per x x0 ,

ed in particolare per x0 = 0 otteniamo sin x = x + o(x), dove y = x `e


la retta tangente in x = 0.
2. Regole di derivazione
Vediamo ora come determinare la derivata della somma, prodotto e
quoziente di funzioni derivabili
Proposizione 5.1. Siano f (x) e g(x) funzioni definite in un intervallo
aperto I R e derivabili nel punto x0 I. Allora
1. la funzione (f g)(x) `e derivabile in x0 e risulta
(f g)0 (x0 ) = f 0 (x0 ) g 0 (x0 ),
2. la funzione (f g)(x) `e derivabile in x0 e risulta
(f g)0 (x0 ) = f 0 (x0 )g(x0 ) + f (x0 )g 0 (x0 ),
3. se g(x0 ) 6= 0, la funzione ( fg )(x) `e derivabile in x0 e risulta
 0
f
f 0 (x0 )g(x0 ) f (x0 )g 0 (x0 )
.
(x0 ) =
g
g 2 (x0 )
Dim. 1. Dalla definizione
(f (x) g(x)) (f (x0 ) g(x0 ))
lim
=
xx0
x x0
f (x) (f (x0 g(x) g(x0 )
= lim

= f 0 (x0 ) g 0 (x0 )
xx0
x x0
x x0
e quindi f g `e derivabile in x0 con (f g)0 (x0 ) = f 0 (x0 ) g 0 (x0 ).
2. Essendo g(x) continua in x0 , risulta
f (x)g(x) f (x0 )g(x0 )
=
xx0
x x0
f (x)g(x) f (x0 )g(x) + f (x0 )g(x) f (x0 )g(x0 )
= lim
=
xx0
x x0
f (x) f (x0 )
g(x) g(x0 )
= lim g(x)
+ f (x0 )
=
xx0
x x0
x x0
= f 0 (x0 )g(x0 ) + f (x0 )g 0 (x0 )
lim

e dunque f g `e derivabile in x0 con (f g)0 (x0 ) = f 0 (x0 )g(x0 ) + f (x0 )g 0 (x0 ).

2. REGOLE DI DERIVAZIONE

121

3. Usando nuovamente la continuit`a di g(x) in x0 , si ottiene


lim

xx0

f (x)
g(x)

f (x0 )
g(x0 )

x x0

1
f (x)g(x0 ) f (x0 )g(x)
=
g(x)g(x0 )
x x0
1
f (x)g(x0 ) f (x0 )g(x0 ) + f (x0 )g(x0 ) f (x0 )g(x)
= lim
=
xx0 g(x)g(x0 )
x x0
1
g(x0 )(f (x) f (x0 )) f (x0 )(g(x) g(x0 ))
= lim
=
xx0 g(x)g(x0 )
x x0
f 0 (x0 )g(x0 ) f (x0 )g 0 (x0 )
=
g 2 (x0 )
 0
0
(x0 )g 0 (x0 )
quindi la funzione fg `e derivabile in x0 con fg (x0 ) = f (x0 )g(xg02)f
.
(x0 )
= lim

xx0


Ad esempio dalle precedenti regole otteniamo
D(tan x) = D(

cos2 x + sin2 x
1
sin x
)=
=
= 1 + tan2 x
2
cos x
cos x
cos2 x

ed anche
e x + x2
(ex + 2x)x cos x (ex + x2 )(cos x x sin x)
)=
x cos x
x2 cos2 x
Utilizzando il Teorema del differenziale proviamo
D(

Teorema 5.3. (di derivazione della funzione composta)


Sia f (x) funzione derivabile nel punto x0 e sia g(y) funzione derivabile nel punto y0 = f (x0 ). Allora la funzione composta gof (x) risulta
derivabile in x0 con
(gof )0 (x0 ) = g 0 (f (x0 ))f 0 (x0 )
Dim. Poich`e f (x) risulta derivabile in x0 , per x x0 abbiamo
f (x) = f (x0 ) + f 0 (x0 )(x x0 ) + o(x x0 ).
Analogalmente, essendo g(y) derivabile in y0 , per y y0 abbiamo
g(y) = g(y0 ) + g 0 (y0 )(y y0 ) + o(y y0 ).
Osservato che, essendo f (x) continua in x0 , risulta f (x) f (x0 ) = y0 per
x x0 , dai precedenti sviluppi e dalle proprieta di o piccolo otteniamo
che per x x0 si ha
g(f (x)) = g(f (x0 )) + g 0 ((f (x0 ))(f (x) f (x0 )) + o(f (x) f (x0 ))
= g(f (x0 )) + g 0 ((f (x0 ))(f 0 (x0 )(x x0 ) + o(x x0 ))
+ o(f 0 (x0 )(x x0 ) + o(x x0 ))
= g(f (x0 )) + g 0 ((f (x0 ))f 0 (x0 )(x x0 ) + o(x x0 )

122

5. FUNZIONI DERIVABILI

Dal Teorema del differenziale otteniamo allora che la funzione gof (x) risulta
derivabile in x0 con (gof )0 (x0 ) = g 0 ((f (x0 ))f 0 (x0 ).


Ad esempio, se a > 0 abbiamo


D(ax ) = D(ex log a ) = ex log a log a = ax log a
mentre se a > 0, a 6= 1, ricordando che loga x = log x loga e abbiamo
D(loga x) = D(log x loga e) =

loga e
x

Abbiamo inoltre che


ex + ex
ex ex
= cosh x e D(cosh x) =
= sinh x
2
2
Infine, osserviamo che se g(y) non `e derivabile in y0 = f (x0 ) non `e detto
che risulti tale anche g(f (x)) in x0 . Ad esempio, la funzione | sin x| non
risulta derivabile in x = 0 essendo
| sin x|
lim
= 1
x0
x
D(sinh x) =

mentre la funzione | sin3 x| risulta derivabile in x = 0 essendo


| sin3 x|
|x3 |
= lim
=0
x0
x0 x
x
Vediamo infine la derivata della funzione inversa
lim

Teorema 5.4. (di derivazione della funzione inversa)


Sia f (x) funzione continua ed iniettiva nellintervallo aperto I R.
Se f (x) `e derivabile in x0 I e f 0 (x0 ) 6= 0 allora f 1 (y) `e derivabile
in y0 = f (x0 ) e
(f 1 )0 (y0 ) =

1
f 0 (x

0)

1
f 0 (f 1 (y

0)

Dim. Dallipotesi di continuit`a di f (x) in I segue che f 1 (y) risulta continua


in f (I) ed in particolare in y0 = f (x0 ). Otteniamo allora che se y y0 allora
f 1 (y) f 1 (y0 ) = x0 . Allora, ponendo y = f (x), otteniamo
lim

yy0

f 1 (y) f 1 (y0 )
x x0
1
1
= lim
= 0
= 0 1
xx0 f (x) f (x0 )
y y0
f (x0 )
f (f (y0 ))


Osserviamo che se f 0 (x0 ) = 0 allora la funzione inversa non risulta
derivabile in x0 . Come esempio consideriamo la funzione f (x) = x3
che risulta iniettiva e derivabile in R con f 0 (x) = 3x2 . Dal precedente

3. TEOREMI FONDAMENTALI DEL CALCOLO DIFFERENZIALE

123

risultato la funzione inversa, f 1 (y) = 3 y, risulta derivabile in R \ {0}


con
1
1
1
1
(f 1 )0 (y) = 0
= 0 1
=
= 2
2
3
f (x)
f (f (y))
3( y)
3y 3
ma abbiamo visto che non risulta derivabile in y = 0.
Determiniamo ora le derivate delle funzioni trigonometriche inverse.
Ricordando che cos2 x+sin2 x = 1 otteniamo che cos2 (arcsin x) = 1x2
ed essendo cos(arcsin x) > 0 per ogni x (1, 1) ne segue
D(arcsin x) =

1
1
=
cos(arcsin x)
1 x2

Analogalmente, per ogni x (1, 1) si ottiene che


1
D(arccos x) =
1 x2
Osserviamo che D(arcsin x + arccos x) = 0 per ogni x (1, 1).
Per determinare la derivata dellarcotangente, essendo D(tan x) = 1 +
tan2 x, dalla precedente formula per ogni x R otteniamo
1
1
D(arctan x) =
=
2
1 + tan (arctan x)
1 + x2
Osserviamo che per ogni x R \ {0} risulta
1
1
1
1
+
D(arctan x + arctan ) =
1 ( 2 ) = 0
2
x
1+x
x
1 + x2
Vediamo ora la derivata delle funzioni iperboliche inverse. Ricordando
che cosh2 x sinh2 x = 1 abbiamo
1
1
D(settsinh x) =
=
, x R,
cosh(settsinh x)
x2 + 1
mentre
1
1
D(settcosh x) =
=
, x > 1.
sinh(settcosh x)
x2 1
3. Teoremi fondamentali del calcolo differenziale
Sia f (x) funzione definita in un intervallo I, x0 I `e detto punto di
minimo relativo per f (x) in I se esiste > 0 tale che per ogni x
(x0 , x0 + ) I risulta f (x0 ) f (x). Analogalmente, diremo che
x0 I `e punto di massimo relativo per f (x) in I se esiste > 0 tale che
per ogni x (x0 , x0 + ) I risulta f (x0 ) f (x).
Vale il seguente risultato che ci fornisce una condizione necessaria
affinch`e un punto risulti di massimo o di minimo relativo.

124

5. FUNZIONI DERIVABILI

Teorema 5.5. (di Fermat)


Sia f (x) funzione definita in un intervallo [a, b]. Se x0 (a, b) `e punto
di massimo o di minimo relativo per f (x) e se f (x) `e derivabile in x0
allora f 0 (x0 ) = 0.
Dim. Sia x0 punto di massimo relativo. Allora, per definizione esiste > 0
tale che per ogni x (x0 , x0 + ) I risulta f (x0 ) f (x). Poich`e
x0 (a, b), (x0 `e interno ad [a, b]) potremo scegliere > 0 tale che (x0
(x0 )
, x0 +) (a, b). Avremo allora che se x0 < x < x0 allora f (x)f
0
xx0
e quindi, dal Teorema della permanenza del segno, essendo f (x) derivabile
in x0 , avremo
f (x) f (x0 )
f0 (x0 ) = lim
0
xx0
x x0
Analogalmente, se x0 < x < x0 + allora
f+0 (x0 ) = lim

xx0

Poich`e

f 0 (x

0)

f0 (x0 )

f (x)f (x0 )
xx0

0 e quindi

f (x) f (x0 )
0
x x0

ne segue che f 0 (x0 ) = 0.

Osserviamo che la condizione che x0 sia un punto interno allintervallo


[a, b] `e condizione necessaria per poter calcolare f0 (x0 ) e dunque essenziale nella dimostrazione. Il risultato difatti non vale se viene a mancare
tale condizione. Ad esempio, la funzione f (x) = x nellintervallo [0, 1]
ha un massimo relativo in x0 = 1 ma f 0 (1) = 1.
Un punto x0 (a, b) ove f (x) `e derivabile con f 0 (x0 ) = 0 `e detto punto
stazionario o punto critico per f (x).
Secondo questa definizione, il Teorema di Fermat afferma che ogni punto di massimo o di minimo relativo per f (x) in [a, b], interno ad [a, b],
`e un punto stazionario. Ci`o vuol dire che andremo a cercare i punti
di massimo e di minimo relativo interni al dominio di una funzione
derivabile tra i suoi punti stazionari.
Ad esempio, consideriamo la funzione f (x) = sin x in [, ]. Abbiamo
che f 0 (x) = cos x = 0 in (, ) se e solo se x = 2 . Dunque, gli unici
candidati punti di massimo e di minimo relativi in (, ) sono i punti
2 . Osserviamo che x = 2 `e punto di massimo (assoluto) mentre
x = 2 `e punto di minimo (assoluto). Osserviamo inoltre che i punti
x = e x = sono rispettivamente punti di massimo e di minimo
relativo per f (x) in [, ] ma non sono punti stazionari.
Osserviamo infine che la condizione fornita dal Teorema di Fermat
`e condizione necessaria ma non sufficiente. Ad esempio la funzione
f (x) = x3 `e funzione derivabile in R e f 0 (x) = 3x2 = 0 se e solo se
x = 0 ma x = 0 non `e punto ne di massimo ne di minimo.

3. TEOREMI FONDAMENTALI DEL CALCOLO DIFFERENZIALE

125

Dai prossimi risultati vedremo di dedurre delle condizioni sufficienti


allesistenza di punti di massimi e di minimi relativi.
Teorema 5.6. (di Rolle)
Sia f (x) funzione continua in [a, b] e derivabile in (a, b). Se f (a) = f (b)
allora esiste x0 (a, b) tale che f 0 (x0 ) = 0.
Dim. Essendo f (x) continua nellintervallo chiuso e limitato [a, b], dal Teorema di Weierstrass abbiamo che esistono xm , xM [a, b] rispettivamente
punto di massimo e di minimo per f (x) in [a, b].
Se xm (a, b) oppure xM (a, b) allora, dal Teorema di Fermat, avremo
rispettivamente che f 0 (xm ) = 0 oppure f 0 (xM ) = 0. Altrimenti, xm , xM 6
(a, b) e quindi xm , xM {a, b}. Poich`e per ipotesi f (a) = f (b) avremo allora
che f (xm ) = f (xM ) e dunque che f (x) risulta costante in [a, b], da cui in
particolare f 0 (x) = 0 per ogni x (a, b).


Si osservi che lipotesi di continuit`a in [a, b] `e necessaria: la funzione


(
x se x (0, 1]
f (x) =
1 se x = 0
`e derivabile in (0, 1), ma non `e continua in [0, 1], f (0) = f (1) = 1 ma
non esiste alcun x0 (0, 1) tale che f 0 (x0 ) = 0 essendo f 0 (x) = 1 per
ogni x (0, 1).
Lipotesi di derivabilit`a in tutto (a, b) `e necessaria, difatti la funzione
f (x) = |x 21 | `e continua in [0, 1], derivabile in (0, 1) eccetto che in
x0 = 21 e f (0) = f (1) = 12 ma non esiste alcun x0 (0, 1) tale che
f 0 (x0 ) = 0 essendo |f 0 (x)| = 1 per ogni x (0, 1) \ { 21 }.
Osserviamo infine che il Teorema di Rolle afferma che nelle ipotesi di
continuit`a e di derivabilit`a, se f (a) = f (b) allora esiste x0 (a, b) tale
che f 0 (x0 ) = 0, altrimenti detto, esiste x0 (a, b) tale che la retta
tangente al grafico di f (x) nel punto (x0 , f (x0 )) risulta parallela alla
retta passante per i punti (a, f (a)) e (b, f (b)).
Il Teorema di Lagrange generalizza il Teorema di Rolle al caso in cui non
necessariamente f (a) = f (b), affermando che nelle ipotesi di continuit`a
e di derivabilit`a esiste x0 (a, b) tale che la retta tangente al grafico
di f (x) nel punto (x0 , f (x0 )) risulta parallela alla retta passante per i
punti (a, f (a)) e (b, f (b)).
Teorema 5.7. (di Lagrange)
Sia f (x) funzione continua in [a, b] e derivabile in (a, b). Allora esiste
(a)
x0 (a, b) tale che f 0 (x0 ) = f (b)f
.
ba

126

5. FUNZIONI DERIVABILI

Dim. Osservato che la retta passante per i punti (a, f (a)) e (b, f (b)) ha
(a)
equazione y = f (a) + f (b)f
(x a), ci si riconduce al Teorema di Rolle
ba
mediante la funzione ausiliaria


f (b) f (a)
g(x) = f (x) f (a) +
(x a)
ba
Risulta infatti che g(x) `e continua in [a, b], derivabile in (a, b) e che g(a) =
g(b) = 0. Dal Teorema di Rolle abbiamo allora che esiste x0 (a, b) tale che
g 0 (x0 ) = 0 ed essendo
g 0 (x) = f 0 (x)

f (b) f (a)
,
ba

x (a, b)

segue la tesi.

Utilizzando il Teorema di Lagrange potremo ricavare informazioni sullincremento di una funzione f (x) nellintervallo [a, b] una volta noto
il segno di f 0 (x) in (a, b): se f 0 (x) > 0 per ogni x (a, b) avremo che f (a) < f (b), se invece f 0 (x) < 0 per ogni x (a, b) avremo
che f (a) > f (b) mentre se f 0 (x) = 0 per ogni x (a, b) avremo che
f (a) = f (b). Usando tali considerazioni si provano i seguenti risultati.
Teorema 5.8. (di caratterizzazione delle funzioni costanti)
Una funzione f (x) `e costante in [a, b] se e solo se `e continua in [a, b],
derivabile in (a, b) e f 0 (x) = 0 per ogni x (a, b).
Dim. Se f (x) `e funzione costante in [a, b] allora f (x) `e continua in [a, b],
derivabile in (a, b) e f 0 (x) = 0 per ogni x (a, b).
Viceversa, sia f (x) funzione continua in [a, b], derivabile in (a, b) e tale
f 0 (x) = 0 per ogni x (a, b). Proviamo che per ogni x (a, b] risulta
f (x) = f (a). Preso comunque x (a, b], risulta applicabile il Teorema
di Lagrange nellintervallo [a, x], ottenendo che esiste x0 (a, x) tale che
(a)
f 0 (x0 ) = f (x)f
ed essendo f 0 (x0 ) = 0 ne segue che f (x) = f (a).

xa

Dal precedente risultato segue immediatamente


Corollario 5.1. Siano f (x) e g(x) funzioni continue in [a, b] derivabili in (a, b) e tali che f 0 (x) = g 0 (x) per ogni x (a, b). Allora esiste
c R tale che f (x) = g(x) + c per ogni x [a, b].
Ad esempio, essendo D(arccos x + arcsin x) = 0 per ogni x (1, 1),
risulta

arccos x + arcsin x = per ogni x [1, 1]


2
mentre, essendo D(arctan x + arctan x1 ) = 0 per ogni x 6= 0, avremo arctan x + arctan x1 = 2 per ogni x > 0 e arctan x + arctan x1 =
2 per ogni x < 0.
Dal Teorema di Lagrange segue inoltre

3. TEOREMI FONDAMENTALI DEL CALCOLO DIFFERENZIALE

127

Corollario 5.2. (Criterio di monotonia)


Sia f (x) funzione continua in [a, b] e derivabile in (a, b). Allora
(i) f (x) `e crescente in [a, b] se e solo se f 0 (x) 0 per ogni x (a, b);
(ii) f (x) `e decrescente in [a, b] se e solo se f 0 (x) 0 per ogni x (a, b).
Dim. Proviamo solo la prima affermazione.
Supponiamo innanzitutto f (x) funzione crescente e proviamo che f 0 (x) 0
per ogni x (a, b). Essendo la funzione crescente, per ogni x0 (a, b) e
(x0 )
ogni a < x < x0 risulta f (x) f (x0 ) e quindi f (x)f
0. Dal Teorema
xx0
della permanenza del segno otteniamo allora f0 (x0 ) 0 ed essendo f (x)
derivabile, ne segue che f 0 (x0 ) = f0 (x0 ) 0.
Per provare il viceversa, supponiamo che f 0 (x) 0 per ogni x (a, b)
e proviamo che f (x) risulta crescente. Presi comunque x, y (a, b) con
x < y proviamo che f (x) f (y). Osserviamo allora che la funzione risulta
continua in [x, y] e derivabile in (x, y), dal Teorema di Lagrange otteniamo
(x)
allora che esiste (x, y) tale che f 0 () = f (y)f
. Poich`e f 0 () 0 e
yx
y x > 0 ne segue che f (y) f (x) 0 ovvero f (x) f (y).


Ad esempio la funzione f (x) = x3 ex `e funzione derivabile in tutto R


con f 0 (x) = 3x2 ex x3 ex = x2 ex (3x). Risulta allora f 0 (x) 0 per
ogni x 3 e f 0 (x) 0 per ogni x 3. Dal precedente criterio si ottiene
allora che la funzione `e crescente in (, 3] e decrescente in [3, +).
Il punto x = 3 `e punto stazionario per f (x) e poich`e f (x) `e crescente in
(, 3] ne deduciamo che f (x) f (3) per ogni x 3. Essendo f (x)
decrescente in [3, +) otteniamo che f (3) f (x) per ogni 3 x. Ne
segue allora che per ogni x R risulta f (x) f (3) e quindi che x = 3
`e punto di massimo (assoluto) per f (x) e che f (3) = 27e3 `e massimo
(assoluto).

-2

-1

-1

-2

-3

Grafico di y = x3 ex

128

5. FUNZIONI DERIVABILI

Ragionando come nellesempio possiamo provare il seguente criterio per


lesistenza di un punto di massimo e di minimo relativo.
Corollario 5.3. Sia f (x) funzione derivabile in (a, b) e sia x0 (a, b)
tale che f 0 (x0 ) = 0.
(i) Se esiste > 0 tale che f 0 (x) 0 per x0 < x < x0 e
f 0 (x) 0 per x0 < x < x0 + allora x0 `e punto di minimo
relativo per f (x);
(ii) Se esiste > 0 tale che f 0 (x) 0 per x0 < x < x0 e
f 0 (x) 0 per x0 < x < x0 + allora x0 `e punto di massimo
relativo per f (x);
Dal Criterio di monotonia e dal Teorema di caratterizzazione delle
funzioni costanti abbiamo inoltre
Corollario 5.4. (criterio di monotonia stretta)
Sia f (x) funzione continua in [a, b] e derivabile in (a, b). Allora
(i) f (x) `e strettamente crescente in [a, b] se e solo se f 0 (x) 0
per ogni x (a, b) ed f 0 (x) non `e identicamente nulla in alcun
intervallo in (a, b);
(ii) f (x) `e decrescente in [a, b] se e solo se f 0 (x) 0 per ogni x
(a, b) ed f 0 (x) non `e identicamente nulla in alcun intervallo in
(a, b).
Dim. Proviamo la prima affermazione. Dal criterio di monotonia sappiamo che, essendo f (x) crescente, risulta f 0 (x) 0 per ogni x (a, b). Dal
Teorema di caratterizzazione delle funzioni costanti abbiamo inoltre che se
f 0 (x) = 0 per ogni x (x1 , x2 ) (a, b), f (x) risulterebbe costante in [x1 , x2 ],
contro lipotesi di monotonia stretta.
Viceversa, se f 0 (x) 0 per ogni x (a, b), dal criterio di monotonia abbiamo che f (x) risulta crescente in [a, b]. Per assurdo, supponiamo che la
funzioni non risulti strettamente crescente. Avremo allora che in tal caso
esisterebbero x1 < x2 in [a, b] tali che f (x1 ) = f (x2 ). Poich`e f (x) risulta
crescente per ogni x (x1 , x2 ), avremo f (x1 ) f (x) f (x2 ) e dunque
che f (x) risulterebbe costante in [x1 , x2 ]. Quindi f 0 (x) = 0 in (x1 , x2 ) in
contraddizione con lipotesi.


Osserviamo che se f 0 (x) > 0 in (a, b) allora f (x) `e strettamente crescente in (a, b) mentre ad esempio la funzione f (x) = x3 `e strettamente
crescente ma f 0 (0) = 0.
Come applicazione notevole del precedente risultato otteniamo che ad
esempio la funzione f (x) = ax risulta strettamente crescente se a > 1
mentre risulta strettamente decrescente se 0 < a < 1 essendo f 0 (x) =
log a ax e log a > 0 se a > 1 mentre log a < 0 se 0 < a < 1.

4. FUNZIONI CONVESSE

129

4. Funzioni convesse
In questo paragrafo vedremo la definizione di funzione convessa per
sole funzioni derivabili anche se tale definizione pu`o essere data per
generiche funzioni (si veda ad esempio [PS]).
Sia f (x) funzione derivabile in un intervallo aperto I R. Diremo che
f (x) `e funzione convessa in I se per ogni x0 I risulta
f (x) f (x0 ) + f 0 (x0 )(x x0 ),

per ogni x I.

Altrimenti detto una funzione risulta convessa in I se il suo grafico si


svolge al di sopra delle rette tangenti.

Diremo invece che f (x) `e funzione concava in I se f (x) `e funzione


convessa, ovvero se per ogni x0 I risulta
f (x) f (x0 ) + f 0 (x0 )(x x0 ),

per ogni x I

Esempi
La funzione f (x) = x2 `e convessa in tutto R. Infatti, per ogni x0 R
si ha
0 (x x0 )2 = x2 2xx0 + x20 = x2 2xx0 + 2x20 x20
=x2 2x0 (x x0 ) + x20
e dunque x2 x20 + 2x0 (x x0 ) per ogni x R, cio`e f (x) f (x0 ) +
f 0 (x0 )(x x0 ) per ogni x R.

130

5. FUNZIONI DERIVABILI

f (x) = x2

La funzione f (x) = ex `e convessa in tutto R. Infatti, preso comunque


x0 R, proviamo che
ex ex0 + ex0 (x x0 ) x R
A tale scopo consideriamo la funzione g(x) = ex ex0 + ex0 (x x0 ) e
proviamo che g(x) 0 per ogni x R. Osserviamo allora che g(x) `e
funzione derivabile su tutto R con g 0 (x) = ex ex0 . Allora g 0 (x) > 0
se e solo se x > x0 . Ne segue che g(x) `e strettamente decrescente in
(, x0 ), `e strettamente crescente in (x0 , +) e che x0 `e punto di
minimo assoluto per g(x) su R con g(x0 ) = 0. In particolare si ha che
g(x) 0 per ogni x R.

f (x) = ex

Osserviamo che ogni funzione lineare f (x) = ax + b `e sia concava


che convessa in R. Infatti f (x) coincide con la sua retta tangente in
ogni punto. Viceversa, `e immediato che ogni funzione sia concava che
convessa in un intervallo aperto I `e funzione lineare su I.

4. FUNZIONI CONVESSE

131

Vediamo ora un criterio, conseguenza del Teorema di Lagrange, che ci


permetter`a di stabilire che una funzione risulta convessa.
`)
Teorema 5.9. (criterio di convessita
Sia f (x) funzione derivabile sullintervallo aperto I R. Allora f (x)
`e convessa in I se e solo se f 0 (x) `e crescente in I.
Dim. Proviamo innanzitutto che se f (x) `e convessa in I allora f 0 (x) `e
crescente in I. Presi x1 , x2 I con x1 < x2 proviamo che f 0 (x1 ) f (x2 ).
Essendo f (x) convessa, dalla definizione per ogni x I risulta
f (x) f (x1 ) + f 0 (x1 )(x x1 ) e f (x) f (x2 ) + f 0 (x2 )(x x2 ).
In particolare, ponendo x = x2 nella prima disequazione e x = x1 nella
seconda, otteniamo
f (x2 ) f (x1 ) + f 0 (x1 )(x2 x1 ) e f (x1 ) f (x2 ) + f 0 (x2 )(x1 x2 )
da cui, essendo x2 > x1 ,
f 0 (x1 )

f (x2 ) f (x1 )
f 0 (x2 )
x2 x1

e quindi f 0 (x1 ) f 0 (x2 ).


Per provare il viceversa, supponiamo f 0 (x) crescente in I e proviamo che
f (x) `e convessa in I. Preso comunque x0 I, consideriamo innanzitutto
x I con x < x0 . Dal Teorema di Lagrange esiste (x, x0 ) tale che
f (x) f (x0 )
= f 0 ()
x x0
ed essendo f 0 (x) crescente ne segue che
f (x) f (x0 )
= f 0 () f 0 (x0 )
x x0
e quindi, essendo x < x0 , f (x) f (x0 ) + f 0 (x0 )(x x0 ). Analogalmente, se
x I e x > x0 . Ne segue allora che per ogni x I risulta
f (x) f (x0 ) + f 0 (x0 )(x x0 )
e dunque che f (x) `e convessa in I.

Sia f (x) funzione derivabile in un intervallo I R. Diremo che f (x) `e


derivabile due volte in x0 I se la funzione derivata f 0 (x) `e derivabile
in x0 . In tal caso il limite
lim

xx0

f 0 (x) f 0 (x0 )
x x0

viene detto derivata seconda di f (x) in x0 e viene denotato con f 00 (x0 )


ed anche con f (2) (x0 ) e D2 f (x0 ). Diremo inoltre che f (x) `e derivabile
due volte in I se risulta derivabile due volte in ogni x0 I.

132

5. FUNZIONI DERIVABILI

Dal precedente risultato e dai criteri di monotonia per le funzioni derivabili, nel caso la funzione risulti derivabile due volte in I, si ottiene
immediatamente il seguente criterio
Corollario 5.5. Sia f (x) funzione derivabile due volte nellintervallo
aperto I R. Allora f (x) `e convessa in I se e solo se f 00 (x) 0 per
ogni x I.
Analoghi criteri si hanno per le funzioni concave.
Infine, un punto x0 I tale che esiste > 0 per cui f (x) risulta
convessa in (x0 , x0 )I e concava in (x0 , x0 +)I o viceversa, viene
detto punto di flesso per f (x). Si osservi che dal precedente criterio, se
f (x) `e derivabile due volte in I allora f 00 (x0 ) = 0.
Esempi
La funzione f (x) = ex abbiamo gi`a provato essere funzione convessa in R. Difatti risulta f 0 (x) = ex funzione crescente in R ed anche
f 00 (x) = ex > 0 per ogni x R. Osserviamo che in particolare risulta
ex x + 1,

x R.

La funzione f (x) = log x `e funzione concava in (0, +). Difatti


risulta f 0 (x) = x1 funzione decrescente in (0, +) ed anche f 00 (x) =
x12 < 0 per ogni x (0, +). In particolare osserviamo che si ha
log x x 1,

x > 0.

La funzione f (x) = arctan x `e funzione convessa in (, 0) e concava


in (0, +). Infatti, abbiamo
f 0 (x) =

1
1 + x2

e f 00 (x) =

2x
(1 + x2 )2

quindi f 00 (x) > 0 per x < 0 e f 00 (x) < 0 per x > 0. Il punto x = 0 `e un
punto di flesso per f (x) con f 0 (0) = 1, dunque a tangente obliqua.
La funzione f (x) = x3 `e funzione convessa in (0, +) e concava in
(, 0), in quanto f 00 (x) = 6x e quindi f 00 (x) > 0 se x > 0 e f 00 (x) < 0
se x < 0. Il punto x = 0 `e punto di flesso con f 0 (0) = 0, dunque a
tangente orizzontale.

La funzione f (x) = 3 x `e funzione concava in (0, +) e convessa in


(, 0), in quanto
1 2
f 0 (x) = x 3
3

2 5
e f 00 (x) = x 3
9

5. APPLICAZIONI DEL CALCOLO DIFFERENZIALE

133

e quindi f 00 (x) < 0 se x > 0 e f 00 (x) > 0 se x < 0. Il punto x = 0 `e


punto di flesso. In tale punto la funzione non `e derivabile, difatti x = 0
`e un punto di flesso a tangente verticale.
5. Applicazioni del calcolo differenziale
Risoluzione di equazioni trascendenti
Vediamo come i precedenti risultati ci permettono di risolvere equazioni
trascendenti.
1
Torniamo a considerare lequazione log x +
3 x = 0. Abbiamo provato, utilizzando il Teorema di esistenza degli zeri che tale equazione
1 1
ammette almeno due soluzioni x0 ( 18 , 1) e x1 ( 125
, 8 ). Proviamo
che tali soluzioni sono le uniche. A tale scopo consideriamo la funzio1
ne f (x) = log x +
e
3 x e studiamone la monotonia. Si ha che f (x) `
derivabile in (0, +) con
1

1
1
3x 3 1
f (x) = 4 =
4
x 3x 3
3x 3
0

1
Avremo che f 0 (x) > 0 se e solo se 3x 3 > 1 ovvero x > 27
. Dai criteri
1
visti abbiamo allora che f (x) `e strettamente decrescente in (0, 27
], `e
1
1
strettamente crescente in [ 27 , +) e x = 27 `e punto di minimo assoluto
1
per f (x) con f ( 27
) = 3 log 3 + 13 < 0. Ne segue allora che la funzione
1
1
1
ammette un unico zero in (0, 27
) (x1 ( 125
, 27
)) e un unico zero in
1
, +) (x0 ( 18 , 1)).
( 27

x1

x0

0
0
x

grafico di f (x) = log x +

3x

1
Determinare il numero di soluzioni dellequazione log x +
3x =
al variare di R. A tale scopo andiamo a studiare limmagine di

134

5. FUNZIONI DERIVABILI

1
f (x). Dallo studio fatto sopra abbiamo che x = 27
`e punto di minimo
1
1
assoluto per f (x) con f ( 27 ) = 3 log 3 + 3 = 0 . Studiamo ora il
comportamento della funzione agli estremi del dominio. Abbiamo

lim f (x) = + e

x0+

lim f (x) = +

x+

Ne segue allora che sup f (x) = + mentre min f (x) = 0 . Dal Teorema dei valori intermedi abbiamo allora che f (x) assume tutti e soli
i valori [0 , +). Precisamente, dalla monotonia di f (x), essen1
] e strettamente crescente in
do f (x) strettamente decrescente in (0, 27
1
[ 27 , +), deduciamo che lequazione ammette:
- due soluzioni per ogni > 0 ,
- una sola soluzione per = 0 ,
- nessuna soluzione per < 0 .
Determinare il numero di soluzioni dellequazione log x + x1 = 0 al
variare di > 0. Consideriamo la funzione f (x) = log x + x1 , definita
in (0, +). Risulta
lim f (x) = lim f (x) = +,
x+

x0+

> 0.

Inoltre f (x) `e derivabile in (0, +) con


f0 (x) =

x
+1 = +1
x x
x
1

Avremo che f0 (x) > 0 se e solo se x > ovvero x > . Dai criteri
1
visti abbiamo allora che f (x) `e strettamente decrescente in (0, ],
1
1
`e strettamente crescente in [ , +) e x = `e punto di minimo
assoluto per f (x) con
1

f ( ) =

1
1
1
log + = (1 + log ).

Avremo quindi che f ( ) < 0 se e solo se log < 1 ovvero se


< e1 . Quindi, dalla monotonia di f (x) e dal Teorema di esistenza
degli zeri deduciamo che lequazione f (x) = 0 ammette
- due soluzioni per ogni 0 < < 1e ,
- una sola soluzione per = 1e
- nessuna soluzione per > 1e .

5. APPLICAZIONI DEL CALCOLO DIFFERENZIALE

135

>1/e
=1/e
0

0<<1/e

x
grafico di f (x) = log x +

1
x

al variare di > 0

Ricerca di valori estremi


Determinare le dimensioni pi`
u economiche di una scatola a base rettangolare avente altezza pari a 1m e volume pari a 2m3 .
Detti ` e L i lati della base, poich`e vogliamo minimizzare la superficie
esterna dalla scatola, cerchiamo quindi il minimo di S = 2`L+2`+2L.
Avendo richiesto che il volume risulti pari a 2m3 dovremo avere che
` L 1 = 2 e quindi che L = 2` . Cerchiamo quindi il minimo della
funzione
4
S(`) = 4 + 2` + per ` > 0.
`
2
Abbiamo che S(`) `e derivabile con S 0 (`) = 2 `42 = 2 ` `2
2 . Dunque

0
S (`) > 0 se e
solo se ` > 2. Ne segue
che S(`) `e decrescente in (0, 2],
crescente in [ 2, +) e quindi
`0 = 2 `e punto di minimo assoluto.
2
In corrispondenza L0 = `0 = 2 e quindi le dimensioni minime della

scatola sono 2 2 1. La scatola pi


u economica ha base quadrata.
Determinare tra tutti i triangoli isosceli inscritti in una circonferenza
di raggio 1 quello di area massima.
Detta b la base del triangolo e h la sua altezza, essendo il triangolo isoscele inscritto in una circonferenza
di raggio 1 dal Teorema di Pitagora,

posto x = h 1, risulta 2b = 1 x2 e dunque che larea del triangolo


`e data da

b
A(x) = h = (1 + x) 1 x2 .
2
Cerchiamo quindi il massimo della funzione A(x) per x [0, 1]. La
funzione risulta derivabile con

2x2 + x 1
x(1 + x)
A0 (x) = 1 x2
=
.
1 x2
1 x2

136

5. FUNZIONI DERIVABILI

Dunque A0 (x) > 0 in (0, 1) se e solo se x < 12 . A(x) risulta allora


crescente in [0, 12 ], decrescente in [ 21 , 1] e x0 = 12 `e punto di massimo
assoluto per A(x). In corrispondenza
avremo
p
che il triangolo di area
2
massima avr`a base pari a b0 q
= 2 1 x0 = 3 e altezza h0 = 1 + x0 =

b2
3
. Dunque il lato sar`a `0 = h20 + 40 = 3. Il triangolo `e equilatero.
2
Studi di funzione
Vediamo ora come, utilizzando i risultati sin ora ottenuti, `e possibile
tracciare il grafico qualitativo di una data funzione f (x). Lo schema
che seguiremo `e il seguente.
1. Determinare il dominio della funzione.
2. Determinare, se possibile, il segno di f (x) e lesistenza di eventuali zeri di f (x).
3. Determinare le eventuali simmetrie di f (x).
4. Determinare il comportamento agli estremi del dominio e lesistenza di eventuali asintoti. Ricordiamo a tale scopo che
y = ` R `e un asintoto orizzontale per f (x) se lim f (x) = `.
x

x = x0 `e un asintoto verticale per f (x) se lim f (x) = .


xx0

Infine, se lim f (x) = e se esistono m, q R, m 6= 0, tali


x+

che
f (x)
=m e
x+ x
lim

lim f (x) mx = q

x+

allora y = mx + q `e asintoto obliquo per f (x).


5. Studiare la monotonia e lesistenza di eventuali punti di massimo e di minimo relativi per f (x).
6. Studiare la convessit`a e lesistenza di eventuali punti di flesso
per f (x).
7. Tracciare un grafico qualitativo della funzione.
Vediamo qualche esempio
x
Studiamo la funzione f (x) = arctan( x1
).
1. Dom(f ) = R \ {1} e la funzione risulta continua in tutto il suo
dominio.
2. Essendo arctan y > 0 se e solo se y > 0, avremo che f (x) > 0
x
se e solo se x1
> 0 e dunque per x (, 0) (1, +).
Quindi f (x) > 0 per x (, 0) (1, +), f (x) < 0 per
x (0, 1) e f (x) = 0 solo per x = 0.
3. La funzione non presenta simmetrie.

5. APPLICAZIONI DEL CALCOLO DIFFERENZIALE

137

x
x1

1 per x , avremo

lim f (x) = arctan 1 =


x
4
x
mentre, essendo x1 per x 1 , abbiamo

lim f (x) = .
x1
2
Quindi la funzione ammette y = 4 come asintoto orizzontale
per x .
5. La funzione risulta derivabile in tutto il suo dominio e quindi
per studiare la monotonia e lesistenza di eventuali punti di
massimo e di minimo relativi per f (x), studiamo il segno della
derivata prima. Abbiamo
1
1
1
f 0 (x) =
=
2
x2
(x 1)2 + x2
1 + (x1)2 (x 1)
4. Essendo

e quindi che f 0 (x) < 0 per ogni x Dom(f ). Ne segue che


la funzione risulta strettamente decrescente in (, 1) e in
(1, +) e che non ammette punti di massimo e di minimo
relativi.
6. La funzione risulta derivabile due volte nel suo dominio e quindi studiamo la convessit`a di f (x) mediante lo studio del segno
di f 00 (x). Abbiamo
f 00 (x) =

2(x 1) + 2x
2x 1
=
2
((x 1)2 + x2 )2
((x 1)2 + x2 )2

e quindi che f 00 (x) > 0 se e solo se x > 21 . Ne segue che f (x)


`e concava in (, 21 ), `e convessa in ( 12 , 1) e in (1, +), infine
x = 12 `e punto di flesso a tangente obliqua (y = arctan 21
2(x 12 )).

/4

-2

-1

138

5. FUNZIONI DERIVABILI
x
Grafico di f (x) = arctan( x1
)

Studiamo la funzione f (x) = | log(x 1)| 2x.


1. Dom(f ) = (1, +) osserviamo inoltre che la funzione risulta
continua in tutto il suo dominio.
2. Non `e per il momento possibile studiare il segno e gli zeri di
f (x) poich`e la disequazione f (x) 0 `e trascendente.
3. La funzione non presenta simmetrie.
4. Abbiamo che lim+ f (x) = + e dunque che x = 1 `e un asinx1

toto verticale (destro) per f (x), mentre, lim f (x) = .


x+

Controlliamo se la funzione ammette un asintoto obliquo. Abbiamo


f (x)
lim
= 2 ma
lim f (x) + 2x = +
x+ x
x+
dunque la funzione non ammette asintoti obliqui.
5. Osservato che la funzione risulta derivabile in ogni x (1, +)
con x 6= 2, per studiare la monotonia e lesistenza di eventuali
punti di massimo e di minimo relativi per f (x), studiamo il
segno della derivata prima. Abbiamo
(
log(x 1) 2x
se x 2
f (x) =
log(x 1) 2x se 1 < x < 2
e quindi
(
f 0 (x) =

1
2
x1
1
x1

= 32x
x1
2 = 2x1
1x

se x > 2
se 1 < x < 2

Per x > 2 abbiamo f 0 (x) 0 se e solo se 3 2x 0 ovvero


se e solo se x 23 < 2. Ne segue che f 0 (x) < 0 per ogni
x > 2 e quindi che f (x) `e strettamente decrescente in [2, +).
Per 1 < x < 2 abbiamo f 0 (x) 0 se e solo se 2x 1 0
ovvero se e solo se x 21 < 1. Ne segue che f 0 (x) < 0 per
ogni 1 < x < 2 e quindi che f (x) `e strettamente decrescente
in (1, 2]. La funzione non ammette quindi punti di massimo e
di minimo relativi.
Osserviamo inoltre che x = 2 `e un punto angoloso per f (x)
essendo
log(x 1) 2x + 4
f (x) f (2)
f+0 (2) = lim+
= lim+
x2
x2
x2
x2
(x 2) + o(x 2) 2(x 2)
= lim+
= 1
x2
x2


6. TEOREMA DI DE LHOPITAL

139

mentre
f (x) f (2)
log(x 1) 2x + 4
= lim+
x2
x2
x2
x2
(x 2) + o(x 2) 2(x 2)
= lim+
= 3
x2
x2
2. Possiamo ora studiare segno e zeri di f (x). Osservato che
f (2) = 4 < 0 e che f (x) `e strettamente decrescente in
[2, +) otteniamo che f (x) < 0 per ogni x > 2. Osservato
inoltre che f (2) < 0 e che lim+ f (x) = +, dal Teorema dei
f0 (2) = lim+

x1

valori intermedi esiste x0 (1, 2) tale che f (x0 ) = 0. Poich`e la


funzione `e strettamente descrescente in (1, 2) avremo che tale
zero `e unico.
6. La funzione `e derivabile due volte in ogni x (1 + ) con
x 6= 2, studiamo la convessit`a di f (x) mediante lo studio del
segno di f 00 (x). Abbiamo
(
1
(x1)
se x > 2
2
f 00 (x) =
1
se 1 < x < 2
(x1)2
Ne segue che f 00 (x) < 0 per ogni x (2, +) e f 00 (x) > 0
per ogni x (1, 2) e dunque che f (x) `e concava in (2, +) e
convessa in (1, 2).

Grafico di f (x) = | log(x 1)| 2x

6. Teorema di De lH
opital
Consideriamo due funzioni f (x) e g(x) continue nellintervallo [a, b] e
sia x0 (a, b) tale che f (x0 ) = g(x0 ) = 0. Il limite
lim

xx0

f (x)
g(x)

140

5. FUNZIONI DERIVABILI

presenta una forma indeterminata del tipo 00 ed in tali situazioni potr`a


essere utile il Teorema di De lHopital. Per averne unidea, supponiamo
che f (x) e g(x) risultino derivabili in x0 con g 0 (x0 ) 6= 0. Allora
f (x)
= lim
lim
xx0
xx0 g(x)

f (x)f (x0 )
xx0
g(x)g(x0 )
xx0

f 0 (x0 )
= 0
g (x0 )

Il Teorema di De lHopital generalizza il risultato al caso in cui f (x)


e/o g(x) non sono derivabili in x0 . Per provare tale teorema avremo
bisogno della seguente generalizzazione del Teorema di Lagrange
Teorema 5.10. (di Cauchy)
Siano f (x) e g(x) funzioni continue in [a, b] e derivabili in (a, b). Se
g 0 (x) 6= 0 per ogni x (a, b), allora esiste x0 (a, b) tale che
f (b) f (a)
f 0 (x0 )
= 0
.
g(b) g(a)
g (x0 )
Dim. Basta applicare il Teorema di Rolle alla funzione F (x) = f (x)(g(b)
g(a))g(x)(f (b)f (a)) ed osservare che essendo g 0 (x) 6= 0 per ogni x (a, b)
avremo che g(a) 6= g(b).


Osserviamo che i Teoremi di Cauchy, di Rolle e di Lagrange sono di


fatto equivalenti.
Possiamo ora provare
pital)
Teorema 5.11. (di De LHo
Siano f (x) e g(x) funzioni derivabili in (a, b) ad eccezione eventualmente di x0 (a, b). Se lim f (x) = lim g(x) = 0, g 0 (x) `e non nulla
xx0

xx0

in (a, b) \ {x0 } ed esiste


lim

xx0

f 0 (x)
= ` R {},
g 0 (x)

allora
lim

xx0

f (x)
=`
g(x)

Dim. Osserviamo innanzitutto che essendo f (x) e g(x) derivabili in (a, b) \


{x0 }, risulteranno continue in (a, b) \ {x0 } e poich`e lim f (x) = lim g(x) =
xx0

xx0

0, potremo estenderle con continuit`a in x0 ponendo f (x0 ) = g(x0 ) = 0. Per


semplicit`
a denoteremo ancora con f (x) e g(x) tali estensioni.
Sia ora (xn )nN (a, b) \ {x0 } tale che xn x0 . Per il Teorema di Cauchy, essendo le funzioni continue nellintervallo chiuso di estremi x0 e xn e


6. TEOREMA DI DE LHOPITAL

141

derivabili nellintervallo aperto di estremi x0 e xn , per ogni n N esiste n


compreso tra x0 e xn tale che
f (xn )
f (xn ) f (x0 )
f 0 (n )
=
= 0
g(xn )
g(xn ) g(x0 )
g (n )
f 0 (x)
Poich`e xn x0 avremo che n x0 e quindi, poich`e esiste lim 0
= `,
xx0 g (x)
avremo
f (xn )
f 0 (n )
lim
= lim 0
=`
n+ g(xn )
n+ g (n )
e dal Teorema di caratterizzazione sequenziale del limite segue che
lim

xx0

f (x)
= `.
g(x)


Il Teorema di De lHopital si pu`o provare anche in ciascuna delle
seguenti situazioni:
- quando lim f (x) = lim g(x) = ed anche quando la sola g(x)
xx0

xx0

diverge a ;
- quando si considerano i limiti destri e sinistri (x x
0 );
- quando f (x) e g(x) risultano derivabili in intervalli illimitati e si
considera il limite per x + o x .
Osserviamo che dal Teorema di De lHopital vale luguaglianza
lim

xx0

f 0 (x)
f (x)
= lim 0
g(x) xx0 g (x)

purch`e il secondo limite esista, parleremo in questo caso di uguaglianza


condizionata e scriveremo
f (x) H
f 0 (x)
lim
= lim 0
.
xx0 g(x)
xx0 g (x)
Ad esempio, consideriamo le funzioni f (x) = x2 sin x1 e g(x) = x.
Abbiamo che
f (x)
1
lim
= lim x sin = 0
x0 g(x)
x0
x
mentre non esiste il limite
f 0 (x)
1
1
lim 0
= lim 2x sin cos .
x0 g (x)
x0
x
x
Vediamo ora qualche esempio di applicazione per il calcolo di limiti.

142

5. FUNZIONI DERIVABILI

Esempi
Calcolare il limite lim

x0

e2x

sin x
. Sono soddisfatte le ipotesi del
cos x

Teorema di De lHopital e
sin x
1
cos x
H
lim 2x
=
= lim 2x
x0 e
cos x x0 2e + sin x
2
Osserviamo che per calcolare il limite era sufficiente osservare che dai
limiti notevoli per x 0 risulta sin x x mentre e2x cos x = 2x +
o(x) 2x.
sin2 x
Calcolare il limite lim
. Sono soddisfatte le ipotesi
x0 sin x log(1 + x)
del Teorema di De lHopital e
sin2 x
2 sin x cos x
H
= lim
x0 sin x log(1 + x)
x0 cos x 1
1+x
lim

per calcolare il secondo limite possiamo osservare che dai limiti notevoli,
1
= x + o(x) x
per x 0 risulta 2 sin x cos x 2x mentre cos x 1+x
e dunque che
2 sin x cos x
lim
=2
x0 cos x 1
1+x
oppure potremo applicare nuovamente il Teorema di De lHopital:
2 sin x cos x H
2 cos2 x 2 sin2 x
=
lim
= 2.
1
x0 cos x 1
x0 sin x +
1+x
(1+x)2
lim

x2

e 2 cos x
Calcolare il limite lim
. Sono soddisfatte le ipotesi del
x0
x3
Teorema di De lHopital e
x2

x2

e 2 cos x H
xe 2 + sin x
lim
,
=
lim
x0
x0
x3
3x2
per calcolare il secondo limite applichiamo nuovamente il Teorema di
De lHopital:
x2

x2

x2

xe 2 + sin x H
x2 e 2 e 2 + cos x
lim
=
lim
= 0.
x0
x0
3x2
6x
x2

dove, per calcolare lultimo limite, possiamo osservare che x2 e 2


x2
e 2 + cos x = x2 + o(x2 ) oppure applicare nuovamente il Teorema di
De lHopital:
x2

x2

x2

x2

3xe 2 x3 e 2 + sin x
x2 e 2 e 2 + cos x H
lim
= lim
=0
x0
x0
6x
6


6. TEOREMA DI DE LHOPITAL

143

arcsin x x 1 x2
p
Calcolare il limite lim
.
x0
x2 sin(x2 )
Il limite presenta una forma indeterminata del tipo 00 e risultano soddisfatte le ipotesi del Teorema di De LHopital. Prima di applicare tale
Teorema conviene per`o operare una semplificazione utilizzando i limiti
notevoli. Difatti per x 0 risulta sin(x2 ) x2 , dunque

arcsin x x 1 x2
arcsin x x 1 x2
p

x3
x2 sin(x2 )
da cui

arcsin x x 1 x2
arcsin x x 1 x2
p
= lim
lim
.
x0
x0
x3
x2 sin(x2 )

Applichiamo il Teorema di De LHopital a questultimo limite

x2
1

1 x2 + 1x
arcsin x x 1 x2 H
2
2
1x
lim
= lim
3
2
x0
x0
x
2x
1
2
2x2
= lim
=
2
2
x0
3
1 x 3x
sin x + log (1 x)
.
x0
x arctan x
Il limite presenta una forma indeterminata del tipo 00 e risultano soddisfatte le ipotesi del Teorema di De LHopital. Abbiamo
Calcolare il limite lim+

lim+

x0

1
cos x 1x
sin x + log (1 x) H
= lim+
1
x0
x arctan x
1 1+x
2

ed il secondo limite presenta nuovamente una forma indeterminata del


tipo 00 ma prima di applicare nuovamente il Teorema di De LHopital
conviene operare delle semplificazioni utilizzando le propriet`a dei limiti.
Si ha
lim+

x0

1
1x
1
1+x2

cos x
1

= lim+
x0

1 + x2 (1 x) cos x 1
1x
x2

(1 x) cos x 1
x0
x2
cos x + (1 x) sin x
H
= lim+
=
x0
2x

= lim+

Usando il Teorema di De LHopital abbiamo inoltre

144

5. FUNZIONI DERIVABILI

Corollario 5.6. Sia x0 (a, b) e sia f (x) continua in (a, b) e derivabile in (a, b) \ {x0 }. Se lim f 0 (x) = ` R allora f (x) `e derivabile in
xx0

x0 e f 0 (x0 ) = `. Se lim f 0 (x) = allora f (x) non `e derivabile in


xx0
x0 .
Dim. Applichiamo il Teorema di De lHopital per calcolare il limite del
rapporto incrementale
lim

xx0

f (x) f (x0 ) H
= lim f 0 (x) = ` R {}
xx0
x x0

Allora, se ` R avremo che f (x) `e derivabile in x0 e f 0 (x0 ) = ` mentre se


` = allora f (x) non risulta derivabile in x0 .


Osserviamo che nel caso in cui non esiste il limite lim f 0 (x) non si pu`o
xx0

dire nulla sulla derivabilit`a in x0 . Ad esempio la funzione


(
x2 sin x1 se x 6= 0
f (x) =
0
se x 6= 0
risulta derivabile in x = 0 ma non esiste il limite
1
1
lim f 0 (x) = lim 2x sin cos .
x0
x0
x
x
Osserviamo inoltre che il risultato potr`a applicarsi solo quando f (x) `e
continua in x0 , poich`e se non lo fosse potremo immediatamente concludere che f (x) non `e derivabile in x0 , pur eventualmente avere che
esiste finito il limite lim f 0 (x).
xx0

Il risultato si pu`o provare anche nel caso in cui si considerino i limiti per
x x
0 . In tal caso otteremo delle informazioni sulle derivate destra e
sinistra, f0 (x0 ).
Come ulteriore esempio, consideriamo la funzione f (x) = | log(1 + x3 )|.
Abbiamo che la funzione risulta derivabile in (1, +) \ {0} con
( 2
3x
se x > 0
3
f 0 (x) = 1+x3x2
1+x3 se 1 < x < 0
Inoltre, lim f 0 (x) = 0 e quindi dal precedente risultato f (x) `e derivax0

bile in x = 0 con f 0 (0) = 0.


Considerata invece la funzione f (x) = | log(x 1)|, abbiamo che la
funzione risulta derivabile in (1, +) \ {2} con
(
1
se x > 2
f 0 (x) = x11
x1 se 1 < x < 2

7. FORMULA DI TAYLOR

145

ma lim+ f 0 (x) = 1 e lim f 0 (x) = 1. Quindi esistono f+0 (2) = 1 6=


x2

x2

f0 (2) = 1. Dunque f (x) non risulta derivabile in x = 2.


Osserviamo infine che dal precedente risultato si ottiene che la funzione
derivata f 0 (x) potr`a presentare al pi`
u discontinuit`a di seconda specie
0
0
(esiste f (x0 ) ma non esiste lim+ f (x) oppure lim+ f 0 (x)).
xx0

xx0

7. Formula di Taylor
Abbiamo visto che se f (x) `e funzione definita in (a, b) e derivabile in
x0 (a, b) allora vale la formula degli incrementi finiti:
f (x) = f (x0 ) + f 0 (x0 )(x x0 ) + o(x x0 ),

per x x0

Abbiamo quindi che f (x) pu`o essere approssimata mediante il polinomio di grado minore o uguale a 1
P1,f (x) = f (x0 ) + f 0 (x0 )(x x0 )
commettendo un errore trascurabile rispetto a (x x0 ) per x x0 :
r1,f (x) = f (x) P1 (x) = o(x x0 ),

per x x0

Abbiamo inoltre visto (Teorema del differenziale) che P1,f (x) `e lunico
polinomio di grado minore o uguale a 1 tale che P1,f (x0 ) = f (x0 ) e che
approssima f (x) a meno di un errore trascurabile rispetto a (x x0 )
per x x0 . Vogliamo ora determinare con pi`
u precisione lordine di
infinitesimo del resto r1,f (x). A tale scopo supponiamo che f (x) risulti
derivabile in (a, b) e calcoliamo
r1,f (x)
xx0 (x x0 )2
utilizzando il Teorema di De lHopital. Abbiamo
r1,f (x)
f (x) P1,f (x)
lim
= lim
xx0 (x x0 )2
xx0
(x x0 )2
f (x) f (x0 ) f 0 (x0 )(x x0 ) H
f 0 (x) f 0 (x0 )
= lim
=
lim
xx0
xx0
(x x0 )2
2(x x0 )
lim

ed il limite a secondo membro esiste finito se e solo se f (x) risulta


derivabile due volte in x0 . Quindi, se f (x) `e derivabile due volte in x0
avremo che
r1,f (x)
f (x) f (x0 ) f 0 (x0 )(x x0 )
1
lim
=
lim
= f 00 (x0 )
2
2
xx0 (x x0 )
xx0
(x x0 )
2
e quindi che ord(r1,f (x)) 2. Per x x0 risulta allora
1
f (x) = f (x0 ) + f 0 (x0 )(x x0 ) + f 00 (x0 )(x x0 ) + o((x x0 )2 )
2

146

5. FUNZIONI DERIVABILI

e dunque che f (x) pu`o essere approssimata mediante il polinomio di


grado minore o uguale a 2
1
P2,f (x) = f (x0 ) + f 0 (x0 )(x x0 ) + f 00 (x0 )(x x0 )2
2
commettendo un errore trascurabile rispetto a (x x0 )2 per x x0 :
r2,f (x) = f (x) P2 (x) = o((x x0 )2 ),

per x x0

Iterando il precedente argomento e supponendo che la funzione risulti


derivabile fino ad un certo ordine n > 2, potremo pensare di ottenere
unapprossimazione migliore di f (x) mediante un polinomio Pn,f (x) di
grado minore o uguale a n commettendo un errore rn,f (x) trascurabile
rispetto a (x x0 )n . La formula di Taylor, come vedremo, ci assicura
che tale ragionamento `e corretto. A tale scopo andiamo innanzitutto
a definire la derivata n-esima.
Dato n N, supponiamo di aver definito la derivata (n 1)-esima
f (n1) (x). Se f (x) risulta derivabile (n 1)-volte in (a, b), diremo che
f (x) `e derivabile n-volte in x0 (a, b) se esiste finito il limite
lim

xx0

f (n1) (x) f (n1) (x0 )


.
x x0

Denoteremo tale limite con f (n) (x0 ) e lo chiameremo derivata n-esima


di f (x) in x0 . Vale allora
Teorema 5.12. (Formula di Taylor con resto di Peano)
Per ogni n N, se f (x) `e derivabile n-volte in x0 (a, b) allora il
polinomio di grado minore o uguale a n
f 00 (x0 )
f (n) (x0 )
(xx0 )2 +...+
(xx0 )n ,
2
n!
(detto polinomio di Taylor di ordine n centrato in x0 ) approssima f (x) a
meno di un errore trascurabile rispetto a (x x0 )n per x x0 :

Pn,f (x) = f (x0 )+f 0 (x0 )(xx0 )+

rn,f (x) = f (x) Pn (x) = o((x x0 )n ),

per x x0 .

Dim. La dimostrazione procede per induzione. Abbiamo provato che il


risultato vale per n = 1. Supponiamo che il risultato sia valido per n e
proviamo che risulta valido per n + 1. Dobbiamo quindi provare che se f (x)
`e funzione derivabile (n + 1)-volte in x0 (a, b) allora il polinomio
1
Pn+1,f (x) = f (x0 ) + f 0 (x0 )(x x0 ) + f 00 (x0 )(x x0 )2 + ... +
2
1 (n)
1
n
+ f (x0 )(x x0 ) +
f (n+1) (x0 )(x x0 )n+1 ,
n!
(n + 1)!

7. FORMULA DI TAYLOR

147

approssima f (x) a meno di un errore trascurabile rispetto a (x x0 )n+1 per


x x0 . Utilizzando il Teorema di De lHopital, verifichiamo che
lim

xx0

f (x) Pn+1,f (x)


= 0.
(x x0 )n+1

Osserviamo a tale scopo che la derivata del polinomio Pn+1,f (x) coincide
con il polinomio di Taylor di ordine n centrato in x0 della derivata f 0 (x):
0
Pn+1,f
(x) = f 0 (x0 ) + f 00 (x0 )(x x0 ) + ... +

f (n) (x0 )
(x x0 )n1
(n 1)!

f (n+1) (x0 )
(x x0 )n = Pn,f 0 (x).
n!
Dallipotesi induttiva risulta allora
+

f 0 (x) = Pn,f 0 (x) + o((x x0 )n ),

per x x0

e quindi, utilizzando il Teorema di De lHopital concludiamo


0
(x)
f 0 (x) Pn+1,f
f (x) Pn+1,f (x) H
lim
=
lim
xx0
xx0 (n + 1)(x x0 )n
(x x0 )n+1
f 0 (x) Pn,f 0 (x)
= lim
= 0.
xx0 (n + 1)(x x0 )n


Dal precedente teorema abbiamo allora che se f (x) `e funzione derivabile
n volte in (a, b), per ogni x0 (a, b) vale la seguente formula, detta
sviluppo o formula di Taylor con resto di Peano per f (x) di ordine n
centrata in x0 :
1
f (x) = f (x0 ) + f 0 (x0 )(x x0 ) + f 00 (x0 )(x x0 )2 + ... +
2
1 (n)
+ f (x0 )(x x0 )n + o((x x0 )n ), per x x0 .
n!
Nel caso particolare in cui x0 = 0, la formula di Taylor si scrive come
1
1
f (x) = f (0)+f 0 (0)x+ f 00 (0)x2 +...+ f (n) (0)xn +o(xn ), per x 0.
2
n!
e prende il nome di sviluppo o formula di mcLaurin.
Osserviamo che risulta
(n)

0
Pn,f (x0 ) = f (x0 ), Pn,f
(x0 ) = f 0 (x0 ), ..., Pn,f (x0 ) = f (n) (x0 ),

e diremo che Pn,f (x) e f (x) hanno un contatto di ordine n in x0 . Si pu`o


provare che Pn,f (x) `e lunico polinomio di grado minore o uguale a n
avente un contatto di ordine n con f (x) in x0 . Vale in altri termini il
seguente risultato

148

5. FUNZIONI DERIVABILI

Proposizione 5.2. Sia f (x) derivabile n-volte in x0 (a, b) e sia


P (x) = a0 + a1 (x x0 ) + a2 (x x0 )2 + ... + an (x x0 )n polinomio tale
che
P (x0 ) = f (x0 ), P 0 (x0 ) = f 0 (x0 ), ... , P (n) (x0 ) = f (n) (x0 ).
Allora
a0 = f (x0 ), a1 = f 0 (x0 ), a2 =

f 00 (x0 )
,
2

..., an =

f (n) (x0 )
n!

e dunque P (x) = Pn,f (x) per ogni x R.


` sufficiente osservare che P (x0 ) = a0 , P 0 (x0 ) = a1 , P 00 (x0 ) = 2a2 , ...,
Dim. E
(n)
P (x0 ) = n!an .


Vediamo lo sviluppo di Taylor centrato in x0 = 0 di alcune funzioni


elementari.
Consideriamo la funzione esponenziale f (x) = ex . Osservato che
f (n) (x) = ex per ogni n N e ogni x R, per x0 = 0 otteniamo
f (n) (0) = 1 e quindi
x2 x3
xn
e =1+x+
+
+ ... +
+ o(xn ),
2
3!
n!
x

per x 0.

Per f (x) = sin x, essendo f (2n+1) (x) = (1)n cos x mentre f (2n) (x) =
(1)n sin x per ogni n N, otteniamo che f (2n) (0) = 0 mentre f (2n+1) (0) =
(1)n . Quindi
sin x = x

x3 x5
x2n+1
+
+ + (1)n
+ o(x2n+2 ) per x 0
3!
5!
(2n + 1)!

Polinomi di Taylor di f (x) = sin x fino allordine 15

7. FORMULA DI TAYLOR

149

Analogalmente, si ottiene
cos x = 1

x2 x 4
x2n
+
+ + (1)n
+ o(x2n+1 ) per x 0
2
4!
(2n)!

Per f (x) = sinh x, essendo f (2n+1) (x) = cosh x mentre f (2n) (x) =
sinh x, otteniamo che f (2n) (0) = 0 mentre f (2n+1) (0) = 1. Quindi
sinh x = x +

x2n1
x3 x5
+
+ +
+ o(x2n ) per x 0.
3!
5!
(2n 1)!

Allo stesso modo otteniamo


x2 x4
x2n
cosh x = 1 +
+
+ +
+ o(x2n+1 ) per x 0.
2
4!
(2n)!
Per f (x) = (1 + x) , R, abbiamo
( 1) 2 ( 1)( 2) 3
x +
x + ... +
2
3!
( 1)( 2)...( n + 1) n
+
x + o(xn ) per x 0
n!

(1 + x) = 1 + x +

essendo f (n) (x) = ( 1)( 2)...( n + 1)(1 + x)n . In particolare


se = k N, otteniamo che f (n) (x) = 0 per ogni n > k e quindi il
binomio di Newton
k(k 1) 2 k(k 1)(k 2) 3
(1 + x)k = 1 + kx +
x +
x + ... + xk =
2
3!
k
k
X
k(k 1)...(k n + 1) kn X
k!
=
x
=
xkn
n!
n!(k n)!
n=1
n=1
Se = 1 otteniamo invece
1
= 1 x + x2 + ... + (1)n xn + o(xn ) per x 0
1+x

(11)

1
dalla Proposizione 5.2 otteed osservato che per D(log(1 + x)) = 1+x
niamo
xn
x2 x3
log(1 + x) = x
+
+ ... + (1)n1 + o(xn ), per x 0
2
3
n

* Infatti, denotato con P (x) il polinomio di Taylor di log(1 + x) di ordine n


1
centrato in x0 = 0, essendo D(log(1 + x)) = 1+x
, poich`e il polinomio di Taylor
della derivata coincide con la derivata del polinomio di Taylor, avremo che P 0 (x) =
1 x + x2 + ... + (1)n1 xn1 da cui, dalla Proposizione 5.2, otteniamo che P (x) =
2
x x2 + ... + (1)n xn .

150

5. FUNZIONI DERIVABILI

Inoltre, sempre da (11), risulta


1
= 1 x2 + x4 + ... + (1)n x2n + o(x2n ) per x 0
1 + x2
1
Essendo 1+x
2 = D(arctan x), sempre dalla Proposizione 5.2 ne segue
che
x2n+1
x3 x5
arctan x = x
+
+ ... + (1)n
+ o(x2n+2 ) per x 0.
3
5
2n + 1
Infine osserviamo che si ha
n
X
1
2
n
n
= 1 + x + x + ... + x + o(x ) =
xk + o(xn ), per x 0.
1x
k=0
Utilizzando il Teorema di Lagrange, si pu`o dare una stima pi`
u precisa
dellerrore rn,f (x) e precisamente, se f (x) risulta derivabile (n+1)-volte
in (a, b) allora per ogni x (a, b) \ {x0 } esiste compreso tra x e x0
tale che
1
rn,f (x) =
f (n+1) ()(x x0 )n+1
(n + 1)!
e quindi vale la seguente formula di Taylor con resto di Lagrange
1
f (x) = f (x0 ) + f 0 (x0 )(x x0 ) + f 00 (x0 )(x x0 )2 + ... +
2
1 (n)
1
+ f (x0 )(x x0 )n +
f (n+1) ()(x x0 )n+1 .
n!
(n + 1)!
particolarmente utile per la tabulazione di funzioni.

Ad esempio vediamo di determinare unapprossimazione di e a meno


di un errore trascurabile rispetto a 103 . Dallo sviluppo di Taylor di
ex con resto di Lagrange centrato in x0 = 0 e applicato in x = 12 si ha

1
e ( 12 )n+1
e = 1 + 21 + 12 ( 12 )2 + 3!1 ( 12 )3 + ... + n!1 ( 12 )n + (n+1)!
= 1 + 21 +

1 1
2 22

1 1
3! 23

+ ... +

1 1
n! 2n

e
2n+1 (n+1)!

per qualche (0, 12 ). Poich`e 0 < e < 2 per ogni (0, 21 ), avremo

1
che lerrore 2n+1e(n+1)! < 2n (n+1)!
< 103 per n 4. Dunque

e =1 + 12 + 21 212 + 3!1 213 + 4!1 214 + r


= 1 + 12 + 18 +

1
48

1
384

+ r = 1, 6484 + r

dove |r| < 103 .


Vediamo ora alcune applicazioni degli sviluppi visti.
Esempi

7. FORMULA DI TAYLOR

151

Determinare lo sviluppo di Taylor di ordine 3 centrato in x0 = 0 della


funzione f (x) = ex sin x.
1o metodo. Calcoliamo le derivate fino al terzo ordine. Abbiamo
f 0 (x) = ex (sin x + cos x), f 00 (x) = 2ex cos x, f 000 (x) = 2ex (cos x sin x)
e quindi f (0) = 0, f 0 (0) = 1, f 00 (0) = 2, f 000 (0) = 2. Ne segue che
ex sin x = f (0)+f 0 (0)x+

f 00 (0) 2 f 000 (0) 3


x3
x +
x +o(x3 ) = x+x2 + +o(x3 )
2
6
3

2o metodo. Utilizziamo gli sviluppi di ex e di sin x. Per x 0 abbiamo


2
3
3
ex = 1 + x + x2 + x6 + o(x3 ) e sin x = x x6 + o(x3 ). Dalle propriet`a
di o piccolo otteniamo
x3
x 2 x3
+
+ o(x3 ))(x
+ o(x3 ))
2
6
6
x3
x3
x3
=x
+ x2 +
+ o(x3 ) = x + x2 +
+ o(x3 )
6
2
3

ex sin x = (1 + x +

Determinare lo sviluppo
di Taylor di ordine 2 centrato in x0 = 0

1+x1
della funzione f (x) = e . Utilizzando direttamente gli sviluppi
2
notevoli, ricordando che 1 + x = 1 + x2 x8 + o(x2 ) per x 0 e

2
ponendo y = 1 + x 1 nello sviluppo ey = 1 + y + y2 + o(y 2 ) per
y 0, per x 0 otteniamo

( 1 + x 1)2
1+x1
e
+ o(( 1 + x 1)2 )
= 1 + ( 1 + x 1) +
2
2
x
2
( 2 x8 + o(x2 ))2
x x
2
=1+
+ o(x ) +
+
2
8
2
x x2
+ o((
+ o(x2 ))2 )
2
8
x x2 x2
x
=1+
+
+ o(x2 ) = 1 + + o(x2 )
2
8
8
2
Calcolare lordine di infinitesimo della funzione f (x) = log(1+sin x)+
3
1 3x 1 per x 0.
2
Abbiamo log(1+y) = y y2 +o(y 2 ) per y 0 e quindi, posto y = sin x,
2
per x 0 otteniamo log(1 + sin x) = sin x sin2 x + o(sin2 x). Essendo
sin x = x + o(x2 ), ne segue che
log(1 + sin x) = x

x2
+ o(x2 )
2

152

5. FUNZIONI DERIVABILI

Ricordando inoltre che 3 1 + y = 1 + 31 y 92 y 2 + o(y 2 ) posto y = 3x,


per x 0 otteniamo

3
1 3x 1 = x 2x2 + o(x2 )
e dunque
x2
5
2x2 + o(x2 ) = x2 + o(x2 )
2
2
ne segue che f (x) ha ordine di infinitesimo pari a 2.
f (x) =

Calcolare lordine di infinitesimo della funzione f (x) = ex sin2 x1


per x 0.
2
Ricordando che ey = 1 + y + y2 + o(y 2 ) per y 0, per x 0 otteniamo
2

e x = 1 + x2 +
Daltra parte essendo sin x = x
sin2 x = (x

x3
6

x4
+ o(x4 )
2

+ o(x4 ) per x 0, si ha

x3
x4
+ o(x4 ))2 = x2
+ o(x4 )
6
3

e dunque otteniamo
f (x) =

x4 x 4
5
+
+ o(x4 ) = x4 + o(x4 )
2
3
6

da cui ord(hf (x)) = 4.


Calcolare al variare
di R lordine di infinitesimo della funzione
f (x) = sin x x 1 + x per x 0. Abbiamo che

2
x3
f (x) = sin x x 1 + x = x
x(1 + x x2 + o(x2 ))
3!
8
2

1
= x2 + ( )x3 + o(x3 )
8
6
e dunque che f (x) ha ordine di infinitesimo pari a 2 se 6= 0 mentre
ha ordine di infinitesimo pari a 3 se = 0.
Calcolare al variare
di > 0 lordine di infinitesimo della funzione
f (x) = cos(x ) 1 x2 per x 0+ . Abbiamo
f (x) = 1

x2
x2
x2 x2
+o(x2 )(1 +o(x2 )) =
+ +o(x2 )+o(x2 ).
2
2
2
2
2

Se < 1, risulta x2 = o(x2 ) da cui deduciamo che f (x) = x2 +


o(x2 ) e dunque che ord(f (x)) = 2. Se invece > 1 allora x2 =
2
o(x2 ) e quindi f (x) = x2 + o(x2 ) da cui ord(f (x)) = 2 . Se infine
= 1 dal precedente sviluppo otteniamo che f (x) = o(x2 ) e quindi

7. FORMULA DI TAYLOR

153

che ord(f ) > 2. Utilizzando gli sviluppi di Taylor di ordine superiore


per = 1 otteniamo
x2 x 4
x2 x4
x4
+
+ o(x4 ) (1

+ o(x4 )) =
+ o(x4 )
2
4!
2
8
6
da cui ord(f (x)) = 4.
sin2 x
Calcolare lim
. Ricordando che sin x = x + o(x2 ) e
x0 sin x log(1 + x)
2
che log(1+x) = x x2 +o(x2 ) per x 0 otteniamo sin2 x = x2 +o(x2 )
2
2
x2 mentre sin x log(1 + x) = x2 + o(x2 ) x2 e dunque
f (x) = 1

x2
sin2 x
= lim x2 = 2.
x0
x0 sin x log(1 + x)
2
lim

1
1x

ex
1
= 1 + x + x2 + o(x2 )
. Risulta 1x
x0 arctan x sin x
2
mentre ex = 1 + x + x2 + o(x2 ) per x 0 da cui
Calcolare lim+

x2
x2
1
ex =
+ o(x2 )
1x
2
2
Mentre, essendo sin x = x
x 0 otteniamo

x3
6

+ o(x3 ) e arctan x = x

arctan x sin x =

x3
3

+ o(x3 ) per

x3
x3
+ o(x3 )
6
6

Quindi
1
1x

x
ex
= lim+ 2x3 = .
lim+
x0
x0 arctan x sin x
6

sin n1 log(1 + n1 )

. Ricordando che sin x = x + o(x2 )


n+ ( 3 n3 + n n)
2
e log(1 + x) = x x2 + o(x2 ) per x 0 otteniamo sin x log(1 + x) =
2
x2
+ o(x2 ) x2 . Quindi, per n + risulta
2

Calcolare lim

1
1
1
log(1 + ) 2
n
n
2n
mentre
r

1
3
3
n3 + n n = n( 1 + 2 1)
n

3
1
e dal limite notevole 1 + x 1 3 x per x 0, otteniamo
r

1
1
1
3
3
n3 + n n = n( 1 + 2 1) n 2 =
n
3n
3n
sin

154

5. FUNZIONI DERIVABILI

Quindi
sin n1 n1

( 3 n3 + n n)

1
2n2
1
3n

3
0
2n

en
2 . Abbiamo
n+ (1 + 1 )n
n

Calcolare lim

1
en
en
2
=
= enn log(1+ n ) .
2
2 log(1+ 1 )
1 n
n
(1 + n )
n
e

Poich`e
1
1
1
1
1
1
) = n n2 ( 2 + o( 2 )) = + o(1)
n
n 2n
n
2
2

1
n
ne segue che (1+e1 )n2 e 2 = e.
n
q
1
cos n 1 n12
q
Calcolare lim
. Dagli sviluppi notevoli di cos x e
n+
n n2 + n1

1 + x per x 0, per n + otteniamo


n n2 log(1 +

cos

1
1
1
1
=1 2 +
+ o( 4 )
4
n
2n
24n
n

e
r
1

1
1
1
1
= 1 2 4 + o( 4 )
2
n
2n
8n
n

da cui
1
cos
n

r
1

1
1
1
1
= 4 + o( 4 ) 4
2
n
6n
n
6n

Inoltre
r
n

1
n2 + = n(1
n

r
1+

1
1
1
)

n
=

n3
2n3
2n2

Ne segue allora che


q
1
cos 1 n12
1
6n4
q

1 =
3n2
2n2
n n2 + n1
q
1
cos n 1 n12
q
= 0.
e dunque che lim
n+
n n2 + n1
1
n

7. FORMULA DI TAYLOR

155

1 1
Calcolare al variare di R il limite lim n (e n ( 1) + 1). Dallo
n+
n
sviluppo notevole dellesponenziale per n + otteniamo
1 1
1
1
1
1
n (e n ( 1) + 1) = n ((1 + + 2 + o( 2 ))( 1) + 1)
n
n 2n
n
n
2
1
1
n
= n ( 2 + o( 2 ))
2n
n
2
Ne segue che

se < 2
0
1 1
n
1
lim n (e ( 1) + 1) = 2
se = 2
n+

n
+ se > 2

sin n12
al variare di > 0.
n+ log(1 + 1 ) 1
n
n
Si osservi innanzitutto che, dai limiti notevoli, per n + risulta
sin n12 n12 . Inoltre, essendo > 0, risulta n1 0 e ricordando che
2
log(1 + x) = x x2 + o(x2 ) per x 0 otteniamo
Calcolare lim

1
1
1
1
1
1
)

+
o(
)

n
n
n 2n2
n
n
e dunque, se < 1 allora n1 = o( n1 ) e
log(1 +

log(1 +

1
1
1
1
1
) = + o( )

n
n
n
n
n

Mentre se = 1 allora
1
1
1
1
1
log(1 + ) = 2 + o( 2 ) 2
n
n
2n
n
2n
e se > 1 allora n1 = o( n1 ) e dunque
log(1 +

1
1
1
1
1
) = + o( )

n
n
n
n
n

Ne segue che
sin n12
log(1 + n1 )

1
n

n2
2

1
n

se < 1
se = 1
se > 1

e quindi
sin n12
lim
n+ log(1 + 1 )
n

1
n

(
0
se 6= 1
=
2 se = 1

156

5. FUNZIONI DERIVABILI

Studiare, al variare di R, la continuit`a e la derivabilit`a in x = 0


della funzione
( x
e 1
se x > 0
x
f (x) =
cos x se x 0
Ricordando che ey = 1 + y + o(y) per y 0, si ha che
ex 1
x + o(x)
= lim+
= , R.
x0
x0
x0
x
x
Essendo lim f (x) = 1 = f (0), concludiamo che la funzione risulta
lim+ f (x) = lim+
x0

continua solo se = 1.
Supponendo = 1, studiamo la derivabilit`a di f (x). Osserviamo che
f (x) risulta derivabile in x < 0 con f 0 (x) = sin x e dunque che f (x)
ammette derivata sinistra in x0 = 0 con
f0 (0) = lim f 0 (x) = lim sin x = 0.
x0

x0

Inoltre essendo f (0) = 1, dallo sviluppo di Taylor ex = 1+x+ x2 +o(x2 )


si ottiene
ex 1
1
f (x) f (0)
lim+
= lim+ x
=
x0
x0
x
x
x2
+ o(x2 )
ex 1 x
1
2
= lim+
=
lim
=
2
2
x0
x0+
x
x
2
e dunque che f (x) ammette derivata destra in x0 = 0 uguale a 12 . Ne
concludiamo che f (x) non risulta derivabile in x0 = 0.
Studiare, al variare di , R, la continuit`a e la derivabilit`a in
x0 = 0 della funzione
( 2
1+x +cos x
se x > 0
x2
f (x) =
sin x
se x 0
Abbiamo che lim f (x) = lim sin(x) = 0 = f (0) mentre, essendo
x0
x0
2
x2
2
per x 0, 1 + x = 1 + 2 + o(x2 ) e cos x = 1 x2 + o(x2 ), otteniamo

che 1 + x2 + cos x = 2 + o(x2 ) , da cui

1 + x2 + cos x
2 + o(x2 )
lim+ f (x) = lim+
=
lim
=0
x0
x0
x0+
x2
x
se e solo se = 2. Ne segue allora che la funzione risulta continua in
x0 = 0 solo per = 2. Supponendo = 2, studiamo la derivabilit`a di
f (x) in x0 = 0. Osserviamo che f (x) risulta derivabile in x < 0 con
f 0 (x) = cos(x) e dunque che f (x) ammette derivata sinistra in x0 =
0 con f0 (0) = lim f 0 (x) = lim cos(x) = . Inoltre, dallo sviluppo
x0

x0

7. FORMULA DI TAYLOR

157

2
4
2
4
di Taylor 1 + x2 = 1 + x2 x8 + o(x4 ) e cos x = 1 x2 + x12 + o(x4 )

4
si ottiene 1 + x2 + cos x = 2 x24 + o(x4 ) da cui

4
x24 + o(x4 )
f (x) f (0)
1 + x2 + cos x 2
= lim+
lim
= lim+
=0
x0
x0+
x0
x
x3
x3
e concludiamo che f (x) ammette derivata destra in x0 = 0 pari a 0.
Ne segue allora che f (x) risulta derivabile in x0 = 0 solo se = 0.

158

5. FUNZIONI DERIVABILI

8. Esercizi
Studiare le seguenti funzioni
1. f (x) = x + log(1 x) *
2. f (x) = x4 ex *
3. f (x) = x(log x 1) *
x
4. f (x) =
*
log |x|
x
5. f (x) = |x2 1| *
e

6. f (x) = x2 1 + x *
+ log x
7. f (x) =
,R*
1 log x
8. f (x) = (1 x) log(1 x) + x, R *
x

9. f (x) = e x1 *
10. f (x) = log |x 1| + x *

Determinare il numero di soluzioni delle seguenti equazioni trascendenti


al variare delleventuale parametro R

1. arcsin x = 1 x2
2. log x = (x 1)
3. log(x + 1) = x2 +

[1]*
[2 se > 0, 6= 1, 1 se 0 e = 1]*
[2 se < 0 , 1 se = 0 , 0
se > 0
dove
0 = log( 1+2 3 ) 1 + 23 ]*

4. |x| ex = 1, > 0
[3 se > e, 2 se = e, 1 se < e]*
1
5. log |x| = x
[1 se || > e , 2 se = 1e e = 0, 3 se 0 < || < 1e ]*
1
1
1
6. log |x| = x3
[1 se || > 3e
, 2 se = 3e
e = 0, 3 se 0 < || < 3e
]*
7. ex = x, > 0

[2 se < 1e , 1 se = 1e , 0 se > 1e ]*

8. log(x2 1) = x2 + [0 se > 2, 2 se = 2 e = 0, 4 se < 2]*


9. x2 = log(1 + x2 )
[1 se 0 e 1, 3 se 0 < < 1]*
2

10. ex = x2 con > 0


x+1
11. x arctan
=
x1
1

12. log(1 + ) =
x
x+1
13. arctan(x) = x
14.

2
e|x 1|

[1 se | 1|

2,

2 se | 1| <

2 ]*

[1 se 6= 1, 0 se = 1]*
[1 se 1, 3 se > 1]

[2 se 0 < <

15. | log x| = x2 , > 0


16. log x = x2

[0 se > 1e , 2 se = 1e , 4 se 0 < < 1e ]*

1
e

e = 1, 3 se = 1e , 4 se 1e < < 1,
0 se 0 e > 1]*

[1 se >

1
2e ,

[1 se 0 e =

2 se =
1
2e ,

1
2e ,

0 se =

3 se 0 < <
1
2e ,

2 se >

1
2e ]*
1
2e ]*

8. ESERCIZI

159

Risolvere i seguenti problemi:


1. Determinare il massimo raggio del cilindro circolare retto inscritto
q
in una sfera di raggio 1.
[ 23 ]*
2. Determinare larea massima tra tutti i rettangoli inscritti in un
2
[4]*
ellisse di equazione x4 + y 2 = 1.
3. Determinare larea massima tra le aree di tutti i triangoli isosceli

inscritti in una circonferenza di raggio 1.


[ 3 4 3 ]*
4. Determinare la distanza minima tra il grafico della funzione
f (x) =
q
2

ex e lorigine del piano

1
2 (1

+ log 2)]*

5. Determinare le dimensioni della scatola a base quadrata di volume


pari a 8 m3 avente superficie esterna minima.
[2 2 2]*
6. Determinare larea massima tra tutti i rettangoli inscritti in un
ellisse di semiassi a e b.
[2ab]*
7. Determinare il valore massimo del prodotto di due numeri non
negativi aventi somma pari ad a
[ a2 ]*
8. Se la somma di due numeri non negativi `e a, determinare il valore
massimo della somma dei loro quadrati.
[a2 ]*

Calcolare i seguenti limiti al variare di R


1.
2.
3.
4.
5.
6.
7.
8.

1
1
[1 + 2 ]*
lim n2 (e n2 (cos ) )
n+
n
log(1 + n1 ) sin n1

[+ se > 1, se 1]*
lim
n+ 3 n4 + 1 3 n4 1
r


1
lim n2
1 + cos
[ se 6= 1, 61 se = 1]*
n+
n
n
sin( 1n ) 1n
lim
[ se < 1, 13 se = 1, 0 se > 1]*
n+ ( n + n n)


1 1

lim n (1 + )e n 1 [ se > 2, 12 se = 2, 0 se < 2]*


n+
n

n
n 1
lim
[]*
n+ sin log n log(1 + 1 )
n
n
1
[ se 0, + se > 0]*
lim n log(1 + n ) n2 sin
n+
n

1 + n 1
lim
[+ se > 2, 1 se = 2, 0 se < 2]*
n+ sin 1 log(1 + 1
n
n

Determinare lordine di infinitesimo per x 0+ delle seguenti funzioni


al variare delleventuale parametro R

1. f (x) =

1 x2 cos x
x3

[1]

160

5. FUNZIONI DERIVABILI

2 1 + x2 + 1

3. f (x) = e2 sin x 1 + 4x

4. f (x) = ex sin x x cos 2x


2. f (x) = esin

5. f (x) =

ex cos x

6. f (x) = e

x2

[4]*
[2]*
[> 2]*

1
1x

[2]*

sin2 x 1
x)ex

[4]*

sin x 1 + 2x

[2]*

cos x

9. f (x) =
x 1 + x

10. f (x) = cos(x ) 1 sin x, > 0

[2]*

7. f (x) = log(1 +
8. f (x) = (x +

1)x

ex sin x

11. f (x) = e
12. f (x) =

1+x1

x
1x
x
1x

1+x

log(1 + arctan x)

17. f (x) = log(cos(x)) + sin2 x

20. f (x) =

x2
1+x

[1 se > 21 , 2 se = 12 ,
2 se < 21 ]*
[2]*
[2]

13. f (x) =
sin(arctan x), > 0
14. f (x) = log(1 + sin x) sin x

15. f (x) = cos x 1 (cos x 1)


p
2
16. f (x) = esin x cos(x)
18. f (x) = sin2 x + cos(x2 ) ex

2
19. f (x) = cos x ex

[2 se 6= 2, 3 se = 2]*

[2]*
[1 se 6= 1, 2 se = 1]*
[2 se 6= 12 , 4 se = 21 ]*
[2 R]*

[2 se 6= 2, 4 se = 2]*

[4 ]*
[2 se 6= 14 , 4 se = 41 ]*

log(cos x)

[2 se 6= 2, 3 se = 2]*

21. f (x) = sin x x cos x + log(1 +

22. f (x) = cos2 x 1 2x , > 0

x2 )

23. f (x) = sin2 x log(1 + x ), > 0

[2 se 6= 0, 3 se = 0]*
[2 se > 2, se < 2,
4 se = 2]*
[2 se > 2, se < 2,
4 se = 2]*

Stabilire per quali valori di , R le seguenti funzioni risultano


derivabili in x0 = 0:
(
1. f (x) =

log(1+x2 )sin2 x
x

x
(
ex
2. f (x) =
tan(x)
(
2
3. f (x) =

4. f (x) =

se x > 0
se x 0

1+x cos x
x

sin(x)
( x2

cos x
x

cos x

se x > 0
se x 0

se x > 0
se x 0
se x > 0
se x 0

[ = 2]
[ = = 1]
[ = + 12 ]
[ = 0, = 1]

8. ESERCIZI

(
5. f (x) =
6. f (x) =
7. f (x) =
8. f (x) =

x +1
ex2

1
(

se x > 0

(
sin(x)
e
(

12
x

[ = 1]*

se x 0

2 arctan x
ex ex
x
x1

1 x1
e
x2
ex 1

se x > 0
se x 0
se x 0
se x < 0
se x > 0
se x 0

+ sin x
(

x (1 cos x) se x > 0
9. f (x) =

se x 0

10.

11.
12.
13.
14.
15.
16.
17.

161

[ =

1 ]*
2

[ = 1]*
[ = 1, = 1]*
[ > 1, = 0 e

= 2, = 21 ]*

1
2

x log(1 + x ) + 1 se x > 0
f (x) = 1
[nessun , ]*
se x = 0

x1
1
e + arctan x se x < 0
(
xlog(1+x)
1
2x
se x > 0
x3
f (x) =
[ = 13 ]*

se x 0
( 2
cos (x)cos(x2 )
se x > 0
x2
f (x) =
[ + 2k, k Z]*
cos(x + )
se x 0
( 2
1+x +cos x
se x > 0
x
[ = 0, = 2]*
f (x) =
x
e 1
se x 0
( log(1+x)

se x > 0
1+x1
f (x) =
[ = 2, = 1]*

se x 0
(
x log(sin x + 1) se 0 < x < 2
f (x) =
[ = 1, = 1]*

se x 0
( x
e 1
se x > 0
x
f (x) =
[ = = 0]*

se x 0
(
arcsin(1x)
se 0 < x < 2
x
f (x) =
[continua per 0 < < 21 ,
0
se x 0
= 2 ]*(

18. f (x) =

ex cos x+x
log(1+x)

se 0 < x < 2

arctan(x)
se x 0

2
x
x log(1+x)+e

se 0 < x < 2
1+2x1
19. f (x) =
sin(x)
se x 0

[ = 1, = 43 ]*
[ = 1, = 2]*

162

5. FUNZIONI DERIVABILI

( x (1cos x)
20. f (x) =

sin(x)

= 6]*

22. f (x) =
23. f (x) =

se 0 < x
se x 0

x log(1+x2 )
log(1+x )
2
x
e
1
( 2 x
1+x e
x

cos(x)
( 2

se 0 < x
se x > 0
se x 0

sin (x)sin(x2 )
x2

1 + x 1

ex cos x cos x+x2


x
(1 + x2 )

xex log(1+x)
x
ex ex

(
25. f (x) =

(
26. f (x) =

3
2

e = 0, =

3
2

arctan xx sin x
x

1 + x

,>0

[0 < < 2, ]*

se x 0

(
24. f (x) =

[ >

(
21. f (x) =

x sin x

se x > 0
se x 0
se x > 0
se x 0
se x > 0
se x 0
se x > 0
se x 0

[ = 1, ]*
[ = 1, = 0]*
[ = 1, ]*
[ = 1, = 34 ]*
[ = 1, = 2]*

CAPITOLO 6

Funzioni integrabili
1. Integrale di Riemann
Data una funzione f (x) limitata e non negativa sullintervallo [a, b],
vogliamo determinare, se possibile, larea della regione del piano compresa tra il grafico di f (x) e lasse delle ascisse nellintervallo [a, b].
Intuitivamente, per calcolare tale area potremo pensare di approssimarla mediante larea di plurirettangoli inscritti e circoscritti in tale
regione. Tale procedimento, noto sin dai tempi dei matematici ellenici
`e conosciuto come metodo di esaustione.
Per formalizzazzare tale procedimento introduciamo le seguenti definizioni. Dato un intervallo chiuso e limitato [a, b], una partizione P
di [a, b] `e un insieme ordinato di un numero finito di punti distinti
{x0 , x1 , , xn }, n N, tali che
a = x0 < x1 < < xn1 < xn = b
Data una funzione f (x) limitata sullintervallo [a, b] e una partizione P = {x0 , x1 , , xn } dellintervallo [a, b], per ogni k = 1, , n
poniamo
mk = inf{f (x) | x [xk1 , xk ]} e Mk = sup{f (x) | x [xk1 , xk ]}.
Osserviamo che essendo f (x) limitata in [a, b] avremo che mk , Mk R
per ogni k = 1, , n. Diremo somma integrale inferiore relativa alla
partizione P della funzione f (x) in [a, b] la somma
sf (P) =

n
X

mk (xk xk1 )

k=1

e analogalmente, diremo somma integrale superiore relativa alla partizione P della funzione f (x) in [a, b] la somma
Sf (P) =

n
X

Mk (xk xk1 ).

k=1

163

164

6. FUNZIONI INTEGRABILI

x2
x3
x4
a x1
b
Somma integrale superiore ed inferiore

Osserviamo che essendo mk Mk per ogni k = 1, , n, risulta


sf (P) Sf (P). Si pu`o inoltre provare che prese comunque due partizioni P e Q di [a, b] tali che Q P (diremo che P `e un raffinamento di
Q) risulta
sf (Q) sf (P) Sf (P) Sf (Q).
In particolare, considerata la partizione banale Q = {a; b}, avremo che
per ogni partizione P di [a, b] risulta
m(b a) sf (P) Sf (P) M (b a)
essendo m = inf{f (x) | x [a, b]} e M = sup{f (x) | x [a, b]}. Ne
segue in particolare che gli insiemi
{sf (P) | P partizione di [a, b]} e {Sf (P) | P partizione di [a, b]}
risultano limitati in R e dunque che esistono finiti lestremo superiore
s(f ) = sup{sf (P) | P partizione di [a, b]},
che chiameremo integrale inferiore di f (x) in [a, b], e lestremo inferiore
S(f ) = inf{Sf (P) | P partizione di [a, b]},
che chiameremo integrale superiore di f (x) in [a, b].
Per quanto precedentemente osservato risulta
m(b a) s(f ) S(f ) M (b a).
Diremo allora che la funzione f (x) limitata sullintervallo [a, b] `e integrabile secondo Riemann sullintervallo [a, b] se s(f ) = S(f ). Il valore
comune viene denotato con
Z b
f (x) dx
a

1. INTEGRALE DI RIEMANN

165

e detto integrale di Riemann di f (x) nellintervallo [a, b]. f (x) `e detta


funzione integranda, a e b sono detti estremi di integrazione.
Osserviamo che secondo la costruzione, se f (x) 0 in [a, b] allora
Rb
lintegrale a f (x) dx indica larea della regione del piano compresa tra
il grafico di f (x) e lasse delle ascisse in [a, b].
Ad esempio, ogni funzione costante f (x) = risulta integrabile in ogni
intervallo [a, b] R, difatti per ogni partizione P = {x0 , x1 , , xn } di
[a, b] risulta
mk = inf{f (x) | x [xk1 , xk ]} = Mk = sup{f (x) | x [xk1 , xk ]} =
e quindi
sf (P) = Sf (P) = (b a).
Ne segue che
Z

dx = (b a).

s(f ) = S(f ) =
a

Un esempio di funzione non integrabile in qualunque intervallo [a, b]


R `e dato dalla funzione di Dirichlet D(x). Difatti, per ogni partizione
P = {x0 , x1 , , xn } di [a, b], dalla densit`a dei numeri razionali risulta
mk = inf{D(x) | x [xk1 , xk ]} = 0
e
Mk = sup{D(x) | x [xk1 , xk ]} = 1.
Ne segue che
sD (P) = 0 mentre SD (P) = b a
e quindi che s(D) 6= S(D) .
Vale il seguente risultato
`)
Teorema 6.1. (Criterio di integrabilita
Una funzione f (x) limitata nellintervallo [a, b] risulta integrabile (secondo Riemann) in [a, b] se e solo se per ogni > 0 esiste una partizione
P di [a, b] tale che
Sf (P ) sf (P ) <
Dim. Supponiamo innanzitutto che per ogni > 0 esista una partizione P
di [a, b] tale che sf (P ) sf (P ) < e proviamo che f (x) `e integrabile. Per
definizione di somma integrale superiore ed inferiore abbiamo che
sf (P ) s(f ) S(f ) Sf (P )
Ne segue allora che
0 S(f ) s(f ) Sf (P ) sf (P ) <

166

6. FUNZIONI INTEGRABILI

ed essendo > 0 arbitrario, dalla precedente diseguaglianza otteniamo che


S(f ) = s(f ) e dunque che f (x) risulta integrabile in [a, b].
Supponiamo ora f (x) integrabile in [a, b] e proviamo che per ogni > 0
esiste una partizione P di [a, b] tale che sf (P ) sf (P ) < . Preso > 0,
per definizione di somma integrale inferiore e di estremo superiore, esiste
una partizione Q di [a, b] tale che

s(f ) < sf (Q )
2
e analogalmente, esiste una partizione R di [a, b] tale che

S(f ) + > Sf (R ).
2
Considerata allora la partizione P = Q R , avremo che sf (Q ) sf (P )
e Sf (P ) Sf (R ) e dunque

s(f ) < sf (P ) Sf (P ) < S(f ) +


2
2
da cui, essendo per ipotesi f (x) integrabile e quindi s(f ) = S(f ), segue che
Sf (P ) sf (P ) < .


Utilizzando il precedente criterio proviamo il seguente risultato
` delle funzioni monotone)
Teorema 6.2. (di integrabilita
Ogni funzione f (x) monotona nellintervallo [a, b] `e integrabile in [a, b].
Dim. Supponiamo f (x) crescente ed osserviamo innanzitutto che f (x) risulta limitata in [a, b]. Considerata ora una qualunque partizione P =
{x0 , x1 , , xn } di [a, b] risulta
mk = inf{f (x) | x [xk1 , xk ]} = f (xk1 )
e
Mk = sup{f (x) | x [xk1 , xk ]} = f (xk ).
Sia P = max{xk xk1 | k = 1, n}, allora
Sf (P) sf (P) =

n
X
(Mk mk )(xk xk1 )
k=1

n
X

(f (xk ) f (xk1 ))(xk xk1 ) P

k=1

n
X

(f (xk ) f (xk1 ))

k=1

= P (f (b) f (a))
Se f (b) = f (a) allora avremo che la funzione risulta costante in [a, b] e
quindi, come gi`
a osservato, integrabile. Se invece f (b) > f (a), per ogni

> 0 scegliendo una partizione P tale che P < f (b)f


(a) , da quanto sopra
avremo che
Sf (P ) sf (P ) P (f (b) f (a)) <

1. INTEGRALE DI RIEMANN

167

e quindi, dal criterio di integrabilit`a, che f (x) risulta integrabile.

Dal precedente risultato segue ad esempio che risultano integrabili su


ogni intervallo chiuso e limitato di R le funzioni [x], ex e log x.
Sempre utilizzando il criterio di integrabilit`a si pu`o provare
` delle funzioni continue)
Teorema 6.3. (di integrabilita
Ogni funzione f (x) continua nellintervallo [a, b] `e integrabile in [a, b].
Dim. Sia > 0 e =

2(ba) .

Posto x0 = a definiamo

x1 = sup{x [x0 , b] |

sup |f (y) f (x0 )| }.


y[x0 ,x]

Naturalmente x0 < x1 b ed essendo f (x) continua su [a, b] si ha che


|f (x1 ) f (x0 )| = .
Poich`e sup[x0 ,x1 ] f (x) f (x0 ) + e inf [x0 ,x1 ] f (x) f (x0 ) si ha anche
che
sup f (x) inf f (x) 2.
[x0 ,x1 ]

[x0 ,x1 ]

Procedendo induttivamente, dato n N supponiamo di aver determinato


x0 < x1 < . . . < xn1 b di modo tale che
|f (xk )f (xk1 )| = e

sup

f (x)

[xk1 ,xk ]

inf

f (x) 2,

k = 1, ..., n1.

[xk1 ,xk ]

Se xn1 < b definiamo


xn = sup{x [x0 , b] /

sup

|f (y) f (xn1 )| }.

y[xn1 ,x]

Vale naturalmente che x0 < x1 < . . . < xn1 < xn b ed essendo f (x)
continua su [a, b] si ha che
|f (xn ) f (xn1 )| = .
Essendo sup[xn1 ,xn ] f (x) f (xn1 ) + e inf [xn1 ,xn ] f (x) f (xn1 ) ne
risulta che
sup f (x) inf f (x) 2.
[xn1 ,xn ]

[xn1 ,xn ]

Mostriamo che per un certo n0 N risulta xn0 = b.


Infatti, se ci`
o non fosse vero, tramite il procedimento induttivo introdotto
risulta definita una successione crescente x0 < x1 < . . . < xn < xn+1 <
. . . < b tale che
|f (xn+1 ) f (xn )| = , n N.
(12)
Essendo (xn )nN successione monotona e limitata, tale successione risulta
convergente, sia x (a, b] tale che xn x . Essendo f (x) continua su
[a, b] si ha allora f (xn ) f (x ) per n + in contraddizione con la
condizione (12).

168

6. FUNZIONI INTEGRABILI

Linsieme P = {x0 = a < x1 < . . . < xn0 = b} definisce allora una partizione
di [a, b] per la quale
Sf (P) sf (P) =

n0
X

f (x)

sup

f (x))(xn xn1 )

inf
x[xn1 ,xn ]

n=1 x[xn1 ,xn ]


n0
X

(xn xn1 ) = 2(b a) =

n=1

e quindi, dal Criterio di integrabilit`a, segue che f (x) risulta integrabile in


[a, b].


Dal precedente risultato otteniamo che tutte le funzioni elementari risultano integrabili su ogni intervallo chiuso e limitato del loro dominio.
Le funzioni continue e monotone non esauriscono per`o linsieme delle
funzioni integrabili. Ad esempio si pu`o provare che risultano integrabili
le funzioni limitate con un numero finito di punti di discontinuit`a.
Si pu`o provare, attraverso la definizione, che valgono le seguenti propriet`a elementari dellintegrale di Riemann.
` di additivita
`
1. Proprieta
Sia f (x) funzione integrabile secondo Riemann sullintervallo
[a, b]. Se c (a, b) allora f (x) `e integrabile in [a, c] e [c, b] e
vale
Z b
Z c
Z b
f (x) dx
f (x) dx +
f (x) dx =
c

` di linearita
`
2. Proprieta
Siano f (x) e g(x) funzioni integrabili secondo Riemann sullintervallo [a, b] e sia R. Allora le funzioni f (x) + g(x) e
f (x) sono integrabili in [a, b] e vale
Z b
Z b
f (x) dx =
f (x) dx
a

e
Z

Z
f (x) + g(x) dx =

Z
f (x) dx +

g(x) dx
a

` di monotonia
3. Proprieta
Siano f (x) e g(x) funzioni integrabili secondo Riemann sullintervallo [a, b]. Se f (x) g(x) per ogni x [a, b] allora
Z b
Z b
f (x) dx
g(x) dx
a

2. TEOREMA FONDAMENTALE DEL CALCOLO INTEGRALE

169

In particolare, se f (x) `e funzione integrabile in [a, b] e se f (x) 0 per


Rb
ogni x [a, b] avremo che a f (x) dx 0.
Inoltre, se f (x) `e funzione integrabile in [a, b] allora si pu`o provare
che |f (x)| `e integrabile in [a, b] (non vale per`o il viceversa, si pensi ad
esempio alla funzione f (x) = 1 se x Q e f (x) = 1 se x R \ Q).
Inoltre, ricordando che |f (x)| f (x) |f (x)| per ogni x [a, b],
risulta
Z
Z
Z
b

|f (x)| dx

f (x) dx
a

|f (x)| dx
a

e dunque
Z

Z
f (x) dx|

|
a

|f (x)| dx
a

Rb
Infine, sar`a utile definire a f (x) dx anche se a b. Se b < a e f (x) `e
funzione integrabile secondo Riemann in [b, a], poniamo
Z a
Z b
f (x) dx
f (x) dx =
b

mentre se a = b poniamo
Z

f (x) dx = 0.
a

Rb
Lintegrale sopra definito, a f (x) dx con a, b R qualunque, viene
detto integrale definito di f (x) nellintervallo di estremi a e b.
2. Teorema fondamentale del calcolo integrale
Data una funzione f (x) integrabile nellintervallo [a, b], per ogni x
[a, b] risulta definita la funzione
Z x
f (t) dt
F (x) =
a

detta funzione integrale di f (x) nellintervallo [a, b].


Rb
F (a) = 0 e F (b) = a f (t) dt. Inoltre, vale

Si osservi che

` della funzione integrale)


Teorema 6.4. (di continuita
Sia f (x) funzioneR integrabile nellintervallo [a, b]. Allora la funzione
x
integrale F (x) = a f (t) dt risulta continua in [a, b].
Dim. Per ogni x0 [a, b], proviamo che lim F (x) = F (x0 ) ovvero che
xx0
Z x
lim F (x) F (x0 ) = lim
f (t) dt = 0
xx0

xx0

x0

170

6. FUNZIONI INTEGRABILI

Essendo f (x) limitata in [a, b], siano m, M R tali che m f (t) M per
ogni t [a, b]. Allora, se a x0 < x < b, dalla propriet`a di monotonia
dellintegrale, risulta
Z x
f (t) dt M (x x0 )
m(x x0 )
x0

e dunque dal Teorema del confronto avremo che


Z x
f (t) dt = 0
lim
xx+
0

x0

Analogalmente, se a < x < x0 b si ha che


Z x
Z x0
f (t) dt =
f (t) dt M (x0 x)
m(x0 x)
x0

e quindi che
Z

lim

xx
0

f (t) dt = 0.
x0

Dunque lim F (x) = F (x0 ) e F (x) risulta continua in ogni x0 [a, b].
xx0

Nellipotesi in cui la funzione integranda risulti continua proveremo che


la funzione integrale risulta non solo continua ma anche derivabile. A
tale risultato premettiamo il seguente risultato
Teorema 6.5. (della media integrale)
Sia f (x) funzione continua in [a, b]. Allora esiste x0 [a, b] tale che
Z b
1
f (x0 ) =
f (x) dx
ba a
Dim. Poich`e f (x) `e funzione continua nellintervallo [a, b], dal Teorema di
Weierstrass abbiamo che esistono m = min f (x) e M = max f (x) e per ogni
[a,b]

[a,b]

x [a, b] risulta m f (x) M . Dalla propriet`a di confronto per lintegrale


segue allora che
Z b
m(b a)
f (x) dx M (b a)
a
1
ba

Rb

da cui risulta che m


a f (x) dx M . Dal Teorema dei valori intermedi abbiamo che f (x) assume tutti i valori compresi tra m e M , in particolare
Rb
1
avremo allora che esiste x0 [a, b] tale che f (x0 ) = ba

a f (x) dx.

Utilizzando il precedente risultato proviamo che se lintegranda `e funzione continua allora la corrispondente funzione integrale `e derivabile.
Teorema 6.6. (fondamentale del calcolo integrale)
f (x) funzione continua in [a, b]. Allora la funzione integrale F (x) =
RSia
x
f (t) dt `e derivabile in (a, b) e F 0 (x) = f (x) per ogni x (a, b).
a

2. TEOREMA FONDAMENTALE DEL CALCOLO INTEGRALE

171

Dim. Dato x0 (a, b) proviamo che


lim

h0

F (x0 + h) F (x0 )
= f (x0 )
h

A tale scopo osserviamo che dalla propriet`a di additivit`a, per ogni h tale
che x0 + h (a, b) risulta
R x0 +h
Rx
Z
f (t) dt a 0 f (t) dt
1 x0 +h
F (x0 + h) F (x0 )
a
f (t) dt.
=
=
h
h
h x0
Dal Teorema della media integrale abbiamo che esiste xh compreso tra x0
R x +h
e x0 + h tale che h1 x00 f (t) dt = f (xh ). Per h 0 si ha che xh x0 e
dunque, essendo f (x) continua in x0 , avremo che f (xh ) f (x0 ). Otteniamo
allora che
Z
1 x0 +h
F (x0 + h) F (x0 )
= lim
f (t) dt
F 0 (x0 ) = lim
h0 h x0
h0
h
= lim f (xh ) = f (x0 ).
h0


Data una funzione f (x) definita in [a, b], una funzione G(x) continua
in [a, b], derivabile in (a, b) e tale che G0 (x) = f (x) per ogni x (a, b)
`e detta primitiva di f (x) in [a, b].
I precedenti risultati
R x provano che se f (x) `e continua in [a, b] la funzione
integrale F (x) = a f (t) dt `e una primitiva di f (x) in [a, b]. Si osservi
inoltre che se F (x) `e una primitiva di f (x) in [a, b] anche la funzione
G(x) = F (x) + c `e una primitiva di f (x). Dalla caratterizzazione delle
funzioni costanti segue immediatamente che vale anche il viceversa.
Proposizione 6.1. (Caratterizzazione delle primitive)
Se F (x) e G(x) sono due primitive di f (x) in [a, b] allora esiste c R
tale che G(x) = F (x) + c per ogni x [a, b].
Osserviamo che il precedente risultato vale solo in intervalli della retta
reale. Ad esempio, abbiamo che arctan x e arctan x1 sono primitive di
1
in ogni intervallo [a, b] R\{0} ma non esiste alcuna costante c
1+x2
R tale che arctan x = arctan x1 +c per ogni x R\{0}. Risulta infatti
arctan x+arctan x1 = 2 per ogni x > 0 mentre arctan x+arctan x1 = 2
per ogni x < 0.
Utilizzando i precedenti risultati possiamo provare il seguente risultato
Teorema 6.7. (Formula fondamentale del calcolo integrale)
Sia f (x) funzione continua in [a, b] e sia G(x) una sua primitiva in

172

6. FUNZIONI INTEGRABILI

[a, b]. Allora


Z

f (x) dx = G(b) G(a) = [G(x)]ba .

Rx
Dim. Considerata la funzione integrale F (x) = a f (t) dt, dal Teorema
fondamentale del calcolo integrale, abbiamo che F (x) `e una primitiva di f (x)
in [a, b]. Dal Teorema di caratterizzazione delle primitive,R si ottiene allora
x
che esiste una costante c R tale che G(x) = F (x) + c = a f (t) dt + c per
ogni x [a, b]. Ponendo x = a, essendo F (a) = 0, otteniamo che G(a) = c
e dunque
Z
x

f (t) dt + G(a),

G(x) =

x [a, b].

Rb

Ponendo x = b otteniamo infine G(b) =

Z
G(b) G(a) =

f (t) dt + G(a) e dunque che vale

f (t) dt.
a


x3

Ad esempio, osservato che G(x) = 3 `e una primitiva di f (x) = x2 in


[0, 1] R, dal precedente Teorema abbiamo che
 3 1
Z 1
1
x
2
= .
x dx =
3 0 3
0
3. Integrali indefiniti
Dai risultati visti nel precedente paragrafo il problema del calcolo dellintegrale definito ci porta alla ricerca delle primitive della funzione
integranda. Diamo allora la seguente definizione.
Data una funzione f (x) continua nellintervallo [a, b], si dice integrale
indefinito di f (x) in [a, b] linsieme di tutte le primitive di f (x) in [a, b].
Indicheremo tale insieme con il simbolo
Z
f (x)dx = {F (x) | F (x) primitiva di f (x)}
dove viene sottointeso lintervallo [a, b] in cui si cercano le primitive (e
dove f (x) risulta continua).
Osserviamo che dal Teorema di caratterizzazione delle funzioni costanti
abbiamo che se G(x) `e una primitiva di f (x) in [a, b] allora tutte e sole
le primitive di f (x) in [a, b] saranno della forma G(x) + c per qualche
costante c R. Scriveremo allora
Z
f (x) dx = G(x) + c, c R,

3. INTEGRALI INDEFINITI

173

essendo G(x) una qualunque primitiva di f (x), omettendo le parentesi


che indicano linsieme.
Quindi ad esempio abbiamo che
Z
x3
x2 dx =
+ c, c R
3
Ricordando le derivate delle funzioni elementari otteniamo i seguenti
integrali immediati.
x+1
x dx =
+ c, 6= 1
+1
Z
1
dx = log |x| + c *
Z x
ex dx = ex + c
Z
sin x dx = cos x + c
Z
cos x dx = sin x + c
Z
1
dx = tan x + c
2
Z cos x
sinh x dx = cosh x + c
Z
1.
2.
3.
4.
5.
6.
7.

Z
8.

cosh x dx = sinh x + c
Z

9.
Z
10.
Z
11.

1
dx = arctan x + c
1 + x2

1
dx = arcsin x + c
1 x2
1

dx = settsinh x + c
p+ 1
= log(x + x2 + 1) + c
Z
1

12.
dx = settcosh x + c
x2p 1
= log(x + x2 1) + c
x2

Osservato inoltre che dalla regola di derivazione della funzione composta, se G(x) `e primitiva di g(x) allora (G(f (x)))0 = g(f (x))f 0 (x), ne
segue che
Z
g(f (x))f 0 (x) dx = G(f (x)) + c.

Quindi, dai precedenti integrali immediati deduciamo i seguenti integrali riconducibili ad integrali immediati.
Z
1.

f (x) f 0 (x) dx =

f (x)+1
+ c, 6= 1
+1

f 0 (x)
dx = log |f (x)| + c
Z f (x)
3.
ef (x) f 0 (x) dx = ef (x) + c
Z
4.
sin f (x)f 0 (x) dx = cos f (x) + c
Z

2.

* Con tale scrittura si intende che log x `e una primitiva di x1 in ogni intervallo [a, b] (0, +) mentre log(x) `e una primitiva di x1 in ogni intervallo
[a, b] (, 0).

174

6. FUNZIONI INTEGRABILI

cos f (x)f 0 (x) dx = sin f (x) + c

sinh f (x)f 0 (x) dx = cosh f (x) + c

cosh f (x)f 0 (x) dx = sinh f (x) + c

5.
6.
7.

f 0 (x)
dx = arctan f (x) + c
2
Z 1 + f0 (x)
f (x)
p
9.
dx = arcsin f (x) + c
2
1

f
(x)
Z
p
f 0 (x)
p
10.
dx = settsinh f (x) + c = log(f (x) + f (x)2 + 1) + c
f (x)2 + 1
Z
p
f 0 (x)
p
11.
dx = settcosh f (x)+c = log(f (x)+ f (x)2 1)+c
f (x)2 1
Z

8.

Vediamo qualche esempio


Z
2
2
2xex +1 dx = ex +1 + c,
Z
sin2 x
+ c,
sin x cos x dx =
2
Z

1
1

dx = arctan x + c.
2 x1+x
Per ricondursi ad integrali del precedente tipo potremo usare la seguente propriet`a di linearit`a dellintegrale indefinito che segue dalla
propriet`a di linearit`a della derivata:
Z
Z
Z
f (x) + g(x) dx = f (x) dx + g(x) dx, , R
Vediamo qualche esempio.
Z
Z
1
1 3
3
2 x3 +2
xe
dx =
3x2 ex +2 dx = ex +2 + c,
3
3
Z
Z
Z
sin x
sin x
tan x dx =
dx =
dx = log | cos x| + c,
cos x
cos x
Z
Z
Z
3
2
tan x dx = tan x tan x dx = tan x(tan2 x + 1) tan xdx
Z
Z
1
2
= tan x(tan x + 1)dx tan x = tan2 x + log | cos x| + c.
2
Z
Z
Z
Z
3
1
1
x
1 1
4x3

dx
=

dx
=

dx
x(x4 + 1)
x x4 + 1
x 4
x4 + 1
1
= log |x| log |x4 + 1| + c
4

3. INTEGRALI INDEFINITI

175

Dalla regola di derivazione del prodotto di due funzioni (f (x)g(x))0 =


f 0 (x)g(x) + f (x)g 0 (x) si ottiene la seguente regola di integrazione per
parti
Z
Z
f (x)g 0 (x) dx = f (x)g(x)

f 0 (x)g(x) dx,

il termine f (x) nel primo integrale viene detto fattore finito mentre g 0 (x)
viene detto fattore differenziale.
Vediamo qualche esempio notevole.
Z
Z
x
x
xe dx = xe ex dx = xex ex + c
Z
Z
log x dx = x log x dx = x log x x + c
Z
Z
2
2
x sin x dx = x cos x + 2 x cos x dx
Z
2
= x cos x+2x sin x2 sin x dx = x2 cos x+2x sin x+2 cos x+c
Z
Z
x
x
I = e cos x dx = e cos x + ex sin xdx
Z
x
x
= e cos x + e sin x ex cos xdxx = ex (cos x + sin x) I
x

da cui I = e2 (cos x + sin x) + c


Z
Z
x
x
I = sin x cos xe dx = e sin x cos x (cos2 x sin2 x)ex dx
Z
x
x
2
2
= e sin x cos x e (cos x sin x) 4 sin x cos xex dx
= ex (sin2 x + sin x cos x cos2 x) 4I
da cui I = 51 ex (sin2 x + sin x cos x cos2 x) + c
Z
Z

x2
2
2
1 x dx = x 1 x +
dx
I=
1 x2
Z
Z

1
= x 1 x2
1 x2 dx +
dx
2
1

= x 1 x2 I + arcsin x

da cui otteniamo I = 21 (x 1 x2 + arcsin x) + c


Z
Z

x2
2
2
I=
1 + x dx = x 1 + x
dx
1 + x2
Z
Z

1
= x 1 + x2
1 + x2 dx +
dx
1 + x2

= x 1 + x2 I + settsinh x

176

6. FUNZIONI INTEGRABILI

da cui I = 12 (x 1 + x2 + settsinh x) + c

= 21 (x 1 + x2 + log(x + 1 + x2 )) + c
Z

1
dx. Abbiamo
(1 + x2 )2
Z
Z
Z
1
1
x2
dx
=
dx

dx
(1 + x2 )2
1 + x2
(1 + x2 )2
Z
2x
1
dx
= arctan x + 2 x
(1 + x2 )2
Z
1
x
1
1

dx
= arctan x + 2
2
1 + x2
1 + x2
x
= 12 arctan x + 12
+c
1 + x2

Come ultimo esempio calcoliamo

Procedendo con la medesima tecnica, si pu`o provare la seguente formula


ricorsiva
Z
1
1
x
2n 3
In =
dx =
+
In1 , n N,
2
n
2
n1
(1 + x )
2(n 1) (x + 1)
2(n 1)
essendo I1 = arctan x + c.
Dalla regola di derivazione delle funzioni composte, si ottiene la seguente regola di integrazione per sostituzione
Z
Z
f (x) dx = f ((t))0 (t) dt
Formalmente, tramite la sostituzione x = (t) i termini dellintegrale
divengono f (x) = f ((t)) e dx = 0 (t) dt.
Esempi
Z

tan3 x dx. Ponendo tan x = t da cui x = arctan t e dunque dx =


1
dt
1+t2

otteniamo
Z
t3
1 2t
tan x dx =
dt
=
t

dt
1 + t2
2 1 + t2
tan2 x 1
t2 1
2
log(1 + tan2 x) + c
= log(1 + t ) + c =
2
2
2
2
1
= tan2 x + log | cos x| + c
2
3

3. INTEGRALI INDEFINITI

177

dx. Ponendo x + 1 = t, da cui x = t2 1 e


2 x+1+x+2
quindi dx = 2tdt, si ottiene
Z
Z
1
2t

dx =
dt
t2 + 2t + 1
2 x+1+x+2
Z
2t + 2
2

=
dt
t2 + 2t + 1 (t + 1)2
2
+c
= log(t2 + 2t + 1) +
t+1

2
= log(x + 2 + 2 x + 1) +
+c
x+1+1
Z

sin2 x cos x
dx. Posto t = sin x da cui dt = cos xdx otteniamo
1 + sin x
Z
Z
Z
sin2 x cos x
t2
1
dx =
dt = t 1 +
dt
1 + sin x
1+t
1+t
t2
= t + log |t + 1| + c
2
sin2 x
=
sin x + log(sin x + 1) + c
2

arctan x dx.

Posto t =

x e quindi x = t2 e dx = 2tdt,

integrando per parti otteniamo


Z
Z
Z

2
arctan x dx = 2t arctan tdt = t arctan t

t2
dt
1 + t2

= t2 arctan t t + arctan t + c

= x arctan x x + arctan x + c

1 x2 dx (gi`a incontrato). Ricordando che cos2 t + sin2 t = 1,

ponendo x = sin t e dunque dx = cos t dt, otteniamo


Z
Z p
Z
2
I=
1 x2 dx =
1 sin t cos t dt = cos2 t dt

178

6. FUNZIONI INTEGRABILI

ed integrando per parti ne segue che


Z
Z
2
I = cos t dt = sin t cos t + sin2 t dt
Z
= sin t cos t + (1 cos2 t)dt = sin t cos t + t I

da cui, essendo x = sin t, 1 x2 = | cos t| e t = arcsin x,


Z
1
I=
1 x2 dx = (sin t cos t + t) + c
2

1
= (x 1 x2 + arcsin x) + c
2
Z
x2 1 dx. Ricordando che cosh2 t sinh2 t = 1, ponendo x =

cosh t e dunque dx = sinh t dt, otteniamo


Z
Z p
Z
2
2
I=
x 1 dx =
cosh t 1 sinh t dt = sinh2 t dt
ed integrando per parti ne segue che
Z
Z
2
I = sinh t dt = sinh t cosh t cosh2 t dt
Z
= sinh t cosh t (sinh2 t + 1)dt = sinh t cosh t t I

da cui, essendo x = cosh t, x2 1 = sinh t e t = settcosh x,


Z
1
x2 1 dx = (sinh t cosh t t) + c
I=
2
1 2
= (x x 1 settcosh x) + c
2

1
= (x x2 1 log(x + x2 1)) + c
2
Z
1

dx. Ponendo x = cosh t, dunque t = settcosh x (si


(x + 1) x2 1
osservi che con tale posizione t > 0) e dt = x12 1 dx, otteniamo
Z
Z
1
1

dx =
dt
cosh t + 1
(x + 1) x2 1
Z
et
2
2

=2
= t
+c=
+c
t
2
2
(e 1)
e 1
x+ x 11

essendo settcosh x = log(x + x2 1).

3. INTEGRALI INDEFINITI

179

Vediamo infine il caso notevole di integrazione delle funzioni razionali.


P (x)
Data una funzione razionale R(x) = Q(x)
, con P (x) polinomio di grado
m e Q(x) polinomio di grado n. Osserviamo che se m n `e possibile
decomporre R(x) nella forma:

R(x) = P0 (x) +

P1 (x)
Q(x)

dove il polinomio P0 (x) `e detto parte intera di R(x) e P1 (x) `e polinomio di grado m1 < n. Considereremo quindi nel seguito solo funzioni
P (x)
razionali R(x) = Q(x)
dove m < n.
Per quanto riguarda la determinazione di una primitiva di una funzione
razionale R(x) iniziamo a considerare il seguente caso
x +
.
x2 + bx + c
La tecnica di integrazione di tali funzioni risulta differente a seconda
del segno del discriminante = b2 4c.
R(x) =

> 0. In questo caso, dette x1 e x2 le due radici reali distinte del


polinomio x2 + bx + c, potremo scrivere x2 + bx + c = (x x1 )(x x2 )
e si determinano due costanti A, B R tali che
B
x +
A
=
+
.
x2 + bx + c
x x1 x x2
Avremo allora
Z
Z
Z
x +
A
B
dx =
dx +
dx
2
x + bx + c
x x1
x x2
= A log |x x1 | + B log |x x2 | + c.
Vediamo un esempio.
Z
dx
. Abbiamo = 9 > 0 e x2 + x 2 = (x + 2)(x 1).
2
x +x2
Cerchiamo allora due costanti A, B R tali che
x2

1
A
B
(A + B)x + 2B A
=
+
=
.
+x2
x+2 x1
(x + 2)(x 1)

Le costanti A e B saranno date da


(
A+B =0

2A B = 1

(
A = 13
B = 13

180

6. FUNZIONI INTEGRABILI

Allora
Z

Z
Z
dx
dx
dx
1
1
= 3
+3
2
x +x2
x+2
x1
1
1
= 3 log |x + 2| + 3 log |x 1| + c.

= 0. In questo caso, detta x0 lunica radice reale del polinomio


x2 + bx + c, potremo scrivere x2 + bx + c = (x x0 )2 . Si procede quindi
nel seguente modo. Se = 0 otteniamo immediatamente
Z
Z

dx =
+ c.
dx =
2
2
x + bx + c
(x x0 )
x x0
Mentre se 6= 0 si procede come segue
Z
Z
2x + 2

x +

dx =
dx
x2 + bx + c
2
x2 + bx + c
Z
Z 2
b

2x + b

=
dx
+
dx
2
x2 + bx + c
2
(x x0 )2
b

2
= log(x2 + bx + c)
+ c.
2
x x0
In alternativa, si determinano due costanti A, B R tali che
A
B
x +
=
+
+ bx + c
x x0 (x x0 )2

x2
ottenendo
Z

x +
dx =
2
x + bx + c

A
dx +
x x0

B
dx
(x x0 )2
B
= A log |x x0 |
+ c.
x x0

Un esempio `e il seguente
Z
x+2
dx. Abbiamo = 0 e x2 4x + 4 = (x 2)2 . Si procede
2
x 4x + 4
nel seguente modo
Z
Z
x+2
1
2x + 4
dx =
dx
2
2
x 4x + 4
2
x 4x + 4
Z
Z
2x 4
1
8
1
=
dx
+
dx
2
x2 4x + 4
2
(x 2)2
1
4
= log(x2 4x + 4)
+ c.
2
x2

3. INTEGRALI INDEFINITI

181

In alternativa, si determinano A, B R tali che


x2

x+2
A
B
Ax + B 2A
=
+
=
.
2
4x + 4
x 2 (x 2)
(x 2)2

Le costanti A e B saranno date da


(
A=1

2B A = 2

(
A=1
B=4

Allora
Z
Z
Z
dx
dx
x+2
4
dx =
+4
+ c.
= log |x 2|
2
2
x 4x + 4
x2
(x 2)
x2

< 0. In questo caso il polinomio x2 +bx+c risulta indecomponibile


(in R) e procediamo nel seguente modo. Se = 0 otteniamo
Z
Z

1
dx =
2 dx
2
2
b
2
x + bx + c
(x + bx + 4 ) + (c b4 )
Z
1
=
2 dx
b 2
(x + 2 ) + (c b4 )
Z
2
2
1

=
dx
2x+b
2
2
4c b
4c b ( 4cb2 )2 + 1
=

2x + b
2
arctan(
) + c.
2
4c b
4c b2

Mentre se 6= 0 si procede come segue


Z
Z
2x + 2
x +

dx = 2
dx
x2 + bx + c
x2 + bx + c
Z
Z 2
2x + b
b

= 2
dx + 2
dx
x2 +bx+c
2
x + bx + c
Z
1
= 2 log(x2 + bx + c) + ( b
)
2
2 dx
2
b
(x2 + bx + 4 ) + (c b4 )
Z
2
1
2

b 2

= 2 log(x + bx + c) + ( 2 ) 4cb2
dx
2x+b
2
4c b ( 4cb2 )2 + 1
=

log(x2 + bx + c) +

Vediamo un esempio.

2b

4cb2

2x + b
arctan(
)+c
4c b2

182

6. FUNZIONI INTEGRABILI

Z
x2
modo
Z

x+2
dx. Abbiamo = 4 < 0 e procediamo nel seguente
2x + 2
Z
x+2
2x + 4
1
dx =
dx
2
2
x 2x + 2
2
x 2x + 2
Z
Z
1
2x 2
1
6
=
dx +
dx
2
2
2
x 2x + 2
2
x 2x + 2
Z
1
1
2
= log(x 2x + 2) + 3
dx
2
2
(x 2x + 1) + 1
Z
1
1
2
dx
= log(x 2x + 2) + 3
2
(x 1)2 + 1
1
= log(x2 2x + 2) + 3 arctan(x 1) + c.
2

P (x)
Nel caso di funzioni razionali del tipo R(x) = Q(x)
con Q(x) polinomio
di grado 3, si proceder`a come nei seguenti esempi che illustrano le
diverse situazioni (a seconda degli zeri del polinomio a denominatore
Q(x)) che si possono incontrare in questo caso.

x
dx. Determiniamo A, B, C R tali che
(x 1)(x 2)(x 3)
x
A
B
C
=
+
+
.
(x 1)(x 2)(x 3)
x1 x2 x3

Si ottiene A = 21 , B = 2, C = 32 e quindi
Z
Z
Z
x
3 1
1
1
1
dx = 2
dx 2 x2
dx
dx +
(x 1)(x 2)(x 3)
x1
2x3
1
3
= log |x 1| 2 log |x 2| + log |x 3| + c
2
2
Z

x2 x + 1
dx. Determiniamo A, B, C R tali che
x(x 1)2
x2 x + 1
A
B
C
= +
+
.
2
x(x 1)
x x 1 (x 1)2

Si ottiene A = 1, B = 0,
Z 2
Z
x x+1
dx =
x(x 1)2

C = 1 e quindi
Z
1
1
1
dx +
dx = log |x|
+c
2
x
(x 1)
x1

3. INTEGRALI INDEFINITI

183

x2 + x
dx. Determiniamo A, B, C R tali che
(x + 1)3
x2 + 2x
B
A
C
+
=
+
.
3
2
(x + 1)
x + 1 (x + 1)
(x + 1)3

Si ottiene A = 1, B = 0, C = 1 e quindi
Z
Z 2
Z
1
1
x + 2x
1
dx
dx =
dx = log |x+1|+ 21
+c
3
3
(x + 1)
x+1
(x + 1)
(x + 1)2
Z
x2
. Osservato che (x2 2x + 2) non ammette

(x 1)(x2 2x + 2)
radici reali, determiniamo A, B, C R tali che
A
Bx + C
x2
=
+
.
(x 1)(x2 2x + 2)
x 1 x2 2x + 2
Si ottiene A = 1, B = 1, C = 0 e quindi, per quanto visto nei
precedenti esempi
Z
Z
Z
x2
1
x
dx =
dx +
dx
2
2
(x 1)(x 2x + 2)
x1
x 2x + 2
1
= log |x 1| + log(x2 2x + 2) + arctan(x 1) + c
2
P (x)
Nel caso di funzioni razionali del tipo R(x) = Q(x)
con Q(x) polinomio
di grado maggiore di 3, le situazioni che si potranno incontrare saranno chiaramente pi`
u numerose. Tali casi si tratteranno essenzialmente
come negli esempi precedenti.
Z
x+2
Ad esempio, per calcolare
dx, determiniamo le co(x 1)2 (x + 1)x
stanti A, B, C, D R tali che
x
A
B
C
D
=
+
+
+
.
(x 1)2 (x + 1)x
x 1 (x 1)2 x + 1
x

Si ottiene A = 35 , B = 23 , C = 21 e D = 2 e quindi, per quanto visto


nei precedenti esempi
Z
Z
Z
x+2
1
1
5
3
dx+
dx = 3
dx + 2
2
(x 1) (x + 1)x
x1
(x 1)2
Z
Z
1
1
1
2
dx + 2
dx
x+1
x
1
= 53 log |x 1| 23
+
x1
12 log |x + 1| + 2 log |x| + c

184

6. FUNZIONI INTEGRABILI

Fanno eccezione i casi in cui il polinomio Q(x) contiene un termine


della forma (x2 + 1)n , con n 2, o riconducibili a tale forma. In tali
situazioni si utilizzer`a la seguente formula ricorsiva
Z
1
x
1
2n 3
In =
In1 , n 2
dx =
+
2
n
2
n1
(x + 1)
2(n 1) (x + 1)
2(n 1)
osservato che
Z
1
I1 =
dx = arctan x + c
2
x +1
Z
x2 + x
Vediamo un esempio. Calcoliamo
dx.
(x2 2x + 5)2
Osservato che x2 2x + 5 non ammette radici reali, si procede nel
seguente modo. Determiniamo innanzitutto A, B, C, D R tali che
Ax + B
Cx + D
x2 + x
= 2
+ 2
2
2
(x 2x + 5)
x 2x + 5 (x 2x + 5)2
Si ottiene A = 0, B = 1, C = 3, D = 5. Inoltre, osservato che
x1 2
) + 1],
x2 2x + 5 = (x 1)2 + 4 = 4[(
2
dalla precedente formula con n = 2 si ottiene
Z
Z
1
1
1
1
dx = 8
2 dx
2  x1 2
2
2
(x 2x + 5)
( 2 ) +1


x1
x1
1 1
1
2
= 8 2 x1 2
+ arctan(
) +c
2
( 2 ) +1 2


x1
x1
1
1
=8 2
+ arctan(
) +c
x 2x + 5 2
2
Allora, utilizzando le tecniche gi`a sfruttate nei precedenti esempi concludiamo
Z
Z
Z
x2 + x
1
3x 5
dx =
dx +
dx =
2
2
2
2
(x 2x + 5)
x 2x + 5
(x 2x + 5)2
Z
Z
Z
dx
2x 2
dx
1
1
3
=2
+2
dx 2
2 x1 2
2
2
2
(x 2x + 5)
(x 2x + 5)2
( 2 ) +1


3
x1
1
x1
1
1
x1
2
= 2 arctan( 2 ) 2

+ arctan( 2 ) + c
x 2x + 5 4 x2 2x + 5 2
x+5
= 83 arctan( x1
) 41 2
+ c.
2
x 2x + 5
Infine, indicando con R una funzione razionale dellargomento in parentesi, si possono razionalizzare i seguenti integrali mediante le sostituzioni indicate:

4. CALCOLO DI INTEGRALI DEFINITI: AREE E LUNGHEZZE

Z
(i)

R(x,

q
n

ax+b
) dx
cx+d

adbc
ntn1
(ctn +a)2

Z
(ii)

R(x,

si pone t =

q
n

ax+b
cx+d

(da cui x =

dtn b
ctn +a

185

e dx =

dt);

ax2 + bx + c) dx, a > 0, poniamo

ax+t =

ax2 + bx + c

t c
;
e quindi x = b2
at
Z

(iii)
R(x, ax2 + bx + c) dx con a < 0, ci si riconduce al caso (i)

osservato cheqax2 + bx + c = a(x )(x ) e quindi ax2 + bx + c =

x
a(x ) x
;
Z

(iv)
R(x, ax + b, cx + d) dx ci si riconduce al caso (ii) ponendo

2
t = ax + b, quindi x = t ab e dx = a2 t dt;
Z
(v)
R(sin x, cos x, tan x) dx ponendo t = tan( x2 ) si ottiene cos x =
1t2
,
1+t2

2t
2t
2
sin x = 1+t
2 , tan x = 1t2 e dx = t2 +1 dt;
Z
(vi) R(sin2 x, cos2 x, tan x) dx, ponendo t = tan x si ottiene cos2 x =
1
,
t2 +1

sin2 x =

t2
t2 +1

e dx =

1
t2 +1

dt.

VediamoZ un esempio di integrale della forma (v). Consideriamo lintan x


tegrale
dx. Utilizzando la sostituzione consigliata ottesin x cos x
niamo
Z
Z
2
tan x
2t
1
dx =
dt
2
2
1t 1 + t2
2t
sin x cos x
1 t 1+t
2 1+t2
Z
t
=4
dt
2
2
(1 t )(t + 2t 1)
e lultimo integrale si potr`a risolvere determinando A, B, C, D R tali
che
t
A
B
C
D
+

=
+
+
2
2
(1 t )(t + 2t 1)
1t 1+t t+1 2 t+1+ 2

essendo t2 + 2t 1 = (t + 1 2)(t + 1 + 2).


4. Calcolo di integrali definiti: aree e lunghezze
Rb
Torniamo agli integrali definiti di funzioni continue a f (x) dx. Dalla
formula fondamentale del calcolo integrale abbiamo visto che se G(x)
Rb
`e una primitiva di f (x) in [a, b] allora a f (x) dx = G(b) G(a) =

186

6. FUNZIONI INTEGRABILI

[G(x)]ba . Ne segue allora che una volta determinato, utilizzando


le
R
tecniche sviluppate nel precedente paragrafo, lintegrale f (x) dx =
G(x) + c, potremo applicare la formula fondamentale
R 2 per il calcolo dellintegrale
definito. Ad esempio, per calcolare 1 log xdx, ricordando
R
che log x dx = x log x x + c, otteniamo
Z 2
log xdx = [x log x x]21 = 2 log 2 2 + 1 = 2 log 2 1
1

In alternativa, potremo calcolare direttamente lintegrale definito note


le primitive delle funzioni elementari e utilizzando le corrispondenti
regola di integrazione per parti
Z b
Z b
b
0
f 0 (x)g(x) dx
f (x)g (x)dx = [f (x)g(x)]a
a

e regola di integrazione per sostituzione


Z b
Z 1 (b)
f (x)dx =
f ((t))0 (t) dt
1 (a)

Ad esempio, applicando la regola di integrazione per parti per lintegrale definito otteniamo
Z 2
Z 2
Z 2
2
2
2
cos xdx = [sin x cos x]0 +
sin x dx =
(1 cos2 x) dx
0
0
0
Z 2
Z 2
= [x]2
cos2 x dx = 2
cos2 x dx
0
0

R 2

da cui 0 cos2 xdx = (si noti che al risultato si poteva arrivare


R 2
R 2
direttamente osservato che per simmetria 0 cos2 x dx = 0 sin2 x dx
R 2
R 2
R 2
e dunque 0 cos2 x dx = 21 0 cos2 x + sin2 x dx = 21 0 dx = ) .
Z 1
Per calcolare lintegrale
arcsin x dx, potremo invece operare la so0

stituizione t = arcsin x da cui x = sin t = (t). Allora 0 (t) = cos t e


(t) = 0 se t = 0 e (t) = 1 se t = 2 . Quindi
Z 1
Z
Z

2
2
2
arcsin x dx =
t cos t dt = [t sin t]0
sin t dt
0

= + [cos t]02 = 1
2
2

Vediamo infine come applicare tali tecniche per il calcolo di aree di


regioni piane. Ricordando che se f (x) 0 per ogni x [a, b] allora

4. CALCOLO DI INTEGRALI DEFINITI: AREE E LUNGHEZZE

187

f (x) dx indica larea della regione del piano compresa tra il grafico
a

di f (x) e lasse delle ascisse in [a, b], calcoliamo larea A di un disco di


raggio r > 0. Abbiamo che
Z r
Z rr
x2
A=2
r2 x2 dx = 2r
1 2 dx
r
r
r
x
e ponendo t = r otteniamo
Z 1
h
i1
2
2
2
2
1 t dt = r t 1 t + arcsin t
A = 2r
= r2
1

Come ulteriore esempio, vogliamo determinare larea A della regione


del piano compresa tra il grafico di f (x) = cos x e g(x) = sin x in
[0, ]. Osserviamo allora che tale area si otterr`a in generale calcolando
lintegrale
Z
b

|f (x) g(x)| dx
a

Allora, utilizzando la propriet`a di additivit`a dellintegrale otteniamo


Z
Z
Z
4
| cos x sin x| dx =
A=
cos x sin x dx +
sin x cos x dx
0

= [sin x + cos x]0 [cos x + sin x] =


4

2 1 (1

2) = 2 2

Unulteriore applicazione degli integrali definiti si ha nel calcolo della


lunghezza di una curva. Difatti, considerata una funzione f (x) continua
in [a, b] e derivabile in (a, b), abbiamo che la curva y = f (x) in [a, b] ha
lunghezza pari a
Z bp
L=
1 + (f 0 (x))2 dx
a

Ad esempio, si vuole calcolare la lunghezza L dellarco di parabola


y = x2 in [0, 1]. Abbiamo
Z 1
L=
1 + 4x2 dx
0

e ponendo t = 2x, otteniamo


Z
i2

1 2
1h
L=
1 + t2 dt =
t 1 + t2 + log(t + 1 + t2 )
2 0
4
0

1
= (2 5 + log(2 + 5))
4

188

6. FUNZIONI INTEGRABILI
2

Per esercizio, verificare che larea dellellisse xa2 +


lunghezza della circonferenza x2 + y 2 = r2 `e 2r.

y2
b2

= 1 `e ab e la

5. ESERCIZI

189

5. Esercizi
Calcolare i seguenti integrali immediati
Z
1.

cos x sin x dx

x3 cos(x4 ) dx

6.

1 1
e x dx
2
Z x 2
x
3.
dx
3
Z x +2
sin x
dx
4.
2
Z 1 + cos x
x+1

5.
dx
1 + x2

1
dx
2
x(1
+
log
x)

Z
sinh x

8.
dx
x
Z
9.
sin x cos3 x dx
Z
x

10.
dx
2 x2

2.

7.

Calcolare i seguenti integrali utilizzando la regola di integrazione per


parti
Z

1
dx *
x
Z
log(x2 2x + 2)
2.
dx *
x2
Z
arctan(x 1)
3.
dx *
x2
Z 2
4.
|x | cos x dx *
Z0
1
5.
| sin x | cos x dx *
2
Z0
x1
1
arctan(
) dx *
6.
2
x
x+1
1.

x2 arctan

7.

x log(1 +
Z0

8.

ex cos x sin x dx *

Z0
4

9.

log(sin x)

x) dx *

sin x
dx *
cos3 x

x2 arctan x dx *

10.
Z0 1
11.

x arcsin x dx *
Z0

12.

x arctan2 x dx *

Calcolare i seguenti integrali utilizzando la regola di integrazione per


sostituzione
Z
1.
Z

x3
1

2.
0

3.
0

Z
4.
0

p
1 x2 dx *

x3

dx *
1 + x2
log2 (2x + 1)
dx *
(2x + 1)3

x log2 (x + 1) dx *

5.
Z0 1

arctan x dx *

x 1 + x2 log(1 + x2 )dx
0
Z 8 2
x +1
7.
dx *
x
3
r
Z
2
1 sin x
8.
cos x
dx *
1 + sin x
0
6.

190

6. FUNZIONI INTEGRABILI

Calcolare i seguenti integrali di funzioni razionali:


Z 2
x x
1.
dx
x+1
Z
2x 3
2.
dx
x2 x 2
Z
x
3.
dx
(x 2)2
Z
x
4.
dx
2
x +x+1
Z
1
5.
dx
x2 + 2x + 2
Z
3x + 1
dx
6.
2
x 5x + 6
Z
x + 2
7.
dx
(x + 2)(x 1)
Z
x2 4
dx
8.
x2 (x2 + 4)
Z
1
dx
9.
2
2
x (x + 1)
Z
1
10.
dx
1 x4
Z
x2 1
11.
dx
(x + 2)(x2 + 1)

Z
12.

x
dx
+ 2x + 5)2

(x

1)(x2

(x

2)2 (x2

Z
13.

1
+ 4)2

14.
15.
16.
17.
18.
19.
20.
21.
22.

1
dx
(x 1)(x2 + 1)2
Z
x2 + x 1
dx
(x2 + 2x + 2)3
Z 1
1
dx
2
1/2 2x + 2x + 5
Z 1
x
dx
2
0 (2x + 1)
Z 31
x2 +1
dx *
(x+1)(x2 +2x+2)
0
Z 1
log(2x2 2x + 1) dx
0
Z 1
log(4x2 2x + 1) dx
Z0 3
x+3
dx
arctan
x+5
Z4
1
dx *
x
x
e (e + 1)

Calcolare i seguenti integrali utilizzando le sostituzioni consigliate


Z r
1.
Z
2.
Z
3.
Z
4.
Z
5.

2x + 1
dx
5x + 2

x+ 3x+1
dx
2x + x2
1+x

dx
1 2x + 1
r
x
dx
x1
r
2x
x2
dx
x+3
3

Z
6.
Z
7.
Z
8.
Z
9.
Z
10.

1 x2 + 1
dx
1 + 2x
p
x x(x + 1)
dx
x2 + 1

x+1+x

dx
x + 2x 1
sin x + cos x
dx
2 sin x 3 cos x
cos2 x 2 sin2 x
dx
(tan2 x + 1)2

CAPITOLO 7

Integrali impropri
Nel precedente capitolo abbiamo visto la definizione di integrale definito per funzioni limitate in intervalli chiusi e limitati. In particolare,
abbiamo visto che una funzione continua in un intervallo chiuso e limitato [a, b] risulta ivi integrabile. Vediamo ora di estendere tale definizione al caso di funzioni continue in intervalli non necessariamente
chiusi e limitati, quindi in particolare anche al caso di funzioni non
necessariamente limitate su tali intervalli.
1. Integrali impropri su intervalli limitati
Consideriamo innanzitutto il caso di funzioni continue in intervalli limitati non chiusi. Sia quindi f (x) funzione continua nellintervallo [a, b)
e notiamo che per ogni c (a, b),Rf (x) risulta continua, e dunque inc
tegrabile, in [a, c]. Esiste dunque a f (x) dx per ogni c (a, b) e viene
naturale chiedersi se esiste il limite per c b di tale integrale. Si
pone allora la seguente definizione.
Data una funzione f (x) continua in [a, b), diciamo integrale improprio
di f (x) in [a, b) il limite, se esiste,
Z c
lim
f (x) dx
cb

Rb

e denoteremo tale limite con a f (x) dx. Se tale limite esiste finito,
lintegrale improprio si dice convergente e la funzione f (x) integrabile in
senso improprio su [a, b). Se tale limite esiste ma `e infinito, lintegrale
improprio si dice divergente.
Osserviamo che se f (x) risulta continua in [a, b] allora, per il Teorema
di
Rc
continuit`a della funzione integrale, esiste finito il limite lim a f (x) dx
cb
Rb
e questo coincide con lintegrale di Riemann a f (x) dx, ci`o motiva
lutilizzo della medesima notazione per indicare sia lintegrale improprio
che lintegrale di Riemann.
Ad esempio, abbiamo
Z c
1
dx = lim [ log(1 x)]c0 = lim log(1 c) = +
lim
c1
c1
c1
1

x
0
191

192

7. INTEGRALI IMPROPRI

R1 1
e dunque che esiste lintegrale improprio 0 1x
dx ed `e divergente.
Analogalmente, data una funzione f (x) continua in (a, b], diciamo
integrale improprio di f (x) in (a, b] il limite, se esiste,
Z b
lim+
f (x) dx
ca

Rb

e denoteremo tale limite con a f (x) dx. Se tale limite esiste finito,
lintegrale improprio si dice convergente e la funzione f (x) si dice integrabile in senso improprio su (a, b]. Se tale limite esiste ma non `e finito,
lintegrale improprio si dice divergente.
R1 x
Vediamo un esempio. Calcolare, se esiste, 0 1x
2 dx. Osserviamo che
x

la funzione integranda f (x) = 1x2 `e continua in [0, 1). Per calcolare


lintegrale applichiamo la definizione:
Z 1
Z c
x
x

dx = lim
dx
c1
1 x2
1 x2
0
0
ic
h

2
= lim 1 x
= lim 1 1 c2 = 1
c1

c1

Quindi f (x) `e integrabile in senso improprio in (0, 1].


Come esempio notevole consideriamo la funzione f (x) =
continua in (0, 1]. Per ogni > 0 abbiamo

1p
Z 1
1
1
se p 6= 1
dx
=
1

p
p

x
log
se p = 1.

1
xp

con p > 0,

Quindi
Z
0

1
dx = lim+
0
xp

1
1
dx = 1 p
+
xp

se p < 1
se p 1.

R1
Dunque lintegrale improprio 0 dx
`e convergente se p < 1 ed `e diverxp
gente se p 1. In particolare, la funzione f (x) = x1p `e integrabile in
senso improprio su (0, 1] se e solo se p < 1.
Mediante una semplice
R b dx sostituzione,
R b dx dal precedente esempio si deduce
che gli integrali a (xa)
e
convergono se e solo se p < 1.
p
a (bx)p
Una funzione f (x) continua in (a, b) si dice integrabile in senso improprio
su (a, b) se risulta integrabile in senso improprio su (a, c] e su [c, b) per

1. INTEGRALI IMPROPRI SU INTERVALLI LIMITATI

193

qualche c (a, b). In tal caso poniamo


Z b
Z c
Z b
f (x) dx
f (x) dx +
f (x) dx =
c

e lintegrale improprio sar`a convergente se risultano convergenti entrambi gli integrali in cui `e stato decomposto.
Infine, una funzione f (x) continua in [a, b] \ {x0 } (non necessariamente
limitata in [a, b] \ {x0 }) si dice integrabile in senso improprio su [a, b] se
risulta integrabile in senso improprio su [a, x0 ) e su (x0 , b]. In tal caso
poniamo
Z b
Z b
Z x0
f (x) dx +
f (x) dx
f (x) dx =
x0

In particolare, lintegrale improprio sar`a convergente se convergono


entrambi gli integrali in cui `e stato decomposto.
R1
Come esempio consideriamo 1 x1 dx. La funzione f (x) = x1 `e continua
in [1, 1] \ {0} e risulter`a integrabile in senso improprio su [1, 1] se
risulta
in senso improprio su [1, 0) e su (0, 1]. Abbiamo
R 1 integrabile
1
che 0 x dx `e divergente e quindi che f (x) = x1 non `e integrabile in
senso improprio su [1, 1]. Osserviamo che risulta invece finito il valore
principale secondo Cauchy di x1 in [1, 1] definito come*
Z 1
Z 1
Z
1
1
1
1
= lim+
dx +
dx = lim+ [log |x|]
v .p.
1 + [log |x|]
0
0
x
x
x

1
1
= lim+ log log = 0.
0

Vediamo ora dei criteri che ci permetteranno di stabilire la convergenza di un integrale improprio anche nei casi in cui non `e possibile
determinare una primitiva esplicita delle funzione integranda. Nei seguenti risultati si considerano funzioni continue nellintervallo [a, b) ma
analoghi risultati valgono per funzioni continue nellintervallo (a, b].
* In generale, si dice valore principale secondo Cauchy di una funzione f (x)
continua in [a, b] \ {x0 } il limite, se esiste
!
Z x0
Z b
lim+
f (x) dx +
f (x) dx
0

x0 +

Rb
e viene denotato con v .p. a f (x) dx. Tale concetto generalizza quello di integrale improprio, in cui si chiede che esistano finiti separatamente i due limiti
Z x0
Z b
lim+
f (x) dx e lim+
f (x) dx.
0

x0 +

194

7. INTEGRALI IMPROPRI

Teorema 7.1. (Criterio del Confronto)


Siano f (x) e g(x) funzioni continue nellintervallo [a, b) tali che
0 f (x) g(x) per ogni x [a, b).
Rb
Rb
Rb
Se a g(x) dx converge allora a f (x) dx converge mentre se a f (x) dx
Rb
diverge allora a g(x) dx diverge.
Rx
Dim.
Consideriamo
le
funzioni
integrali
F
(x)
=
a f (t) dt e G(x) =
Rx
g(t)
dt
ed
osserviamo
che,
se
esistono,
a
Z b
Z b
f (x) dx = lim F (x) e
g(x) dx = lim G(x).
(13)
a

xb

xb

Per il Teorema fondamentale del calcolo integrale, le funzioni F (x) e G(x)


risultano derivabili in (a, b) con F 0 (x) = f (x) e G0 (x) = g(x) per ogni
x (a, b). Essendo 0 f (x) g(x) per ogni x (a, b), avremo allora che
F (x) e G(x) risultano monotone crescenti in (a, b) e dal Teorema sul limite
delle funzioni monotone, otteniamo che esistono i limiti
lim F (x) = sup F (x)

xb

x[a,b)

lim G(x) = sup G(x)

xb

(14)

x[a,b)

Essendo f (x) g(x) per ogni x [a, b), dalla propriet`a di monotonia dellintegrale di Riemann, risulta inoltre che F (x) G(x) per ogni x [a, b).
Rb
La tesi segue allora osservando che se a g(x) dx converge, da (14) risulta
supx[a,b) G(x) R ed essendo F (x) G(x) per ogni x [a, b), si ottiene che
Rb
supx[a,b) F (x) R. Quindi, da (13) e (14), segue che a f (x) dx converge.
Rb
Daltra parte, se a f (x) dx diverge, allora da (13) e (14), supx[a,b) F (x) =
+ e dunque, essendo F (x) G(x) per ogni x [a, b), che supx[a,b) G(x) =
Rb

+. Quindi, sempre da (13) e (14), che a g(x) dx diverge.

Si osservi che ragionando come nella precedente dimostrazione, si ha


che se f (x) `e funzione continua
R x e di segno costante in [a, b), allora
la funzione integrale F (x) = a f (t) dt `e funzione monotona e quinRb
di esiste lintegrale improprio a f (x) dx = lim F (x), convergente o
xb

divergente.
Se invece f (x) `e funzione continua in [a, b) ma non ha segno costante,
potremo usare il seguente risultato.
Corollario 7.1. (Convergenza assoluta)
Rb
Sia f (x) funzione continua in [a, b). Se a |f (x)| dx `e convergente
Rb
allora a f (x) dx `e convergente.

1. INTEGRALI IMPROPRI SU INTERVALLI LIMITATI

195

Dim. Per ogni x [a, b), consideriamo le funzioni f+ (x) = max{f (x); 0}
(parte positiva) e f (x) = max{f (x); 0} (parte negativa). Osserviamo che
tali funzioni risultano non negative e che f (x) = f+ (x) f (x) da cui
|f (x)| = f+ (x) + f (x)

per ogni x [a, b),

quindi
0 f (x) |f (x)| e 0 f+ (x) |f (x)| x [a, b).
Rb
Essendo a |f (x)| dx convergente, dal criterio del confronto segue ha che
Rb
Rb
f
(x)
dx
e
+
a
a f (x) dx sono convergenti. Allora, dalla definizione di
integrale improprio essendo f (x) = f+ (x) f (x) per ogni x [a, b), si
Rb
ottiene che anche a f (x) dx converge.


Rb
Rb
Se lintegrale a |f (x)| dx converge, lintegrale a f (x) dx si dice assolutamente convergente. Il precedente corollario afferma che la convergenza
assoluta implica la convergenza, ma non vale in generale il viceversa.
Osserviamo che se f (x) `e funzione continua e limitata in [a, b) allora
f (x) risulta integrabile in senso improprio in [a, b). Infatti, sia M > 0
tale che |f (x)| M per ogni x [a, b). Allora, essendo g(x) = M
funzione integrabile in [a, b), dal criterio del confronto otteniamo che
Rb
|f (x)| dx risulta convergente e dunque, dal precedente risultato, che
Rab
f (x) dx converge.
a
Dalla precedente osservazione segue allora
Corollario 7.2. Se f (x) `e continua su [a, b) ed esiste lim f (x) R
xb
Rb
allora lintegrale a f (x) dx risulta convergente.
Dim. Per provare la tesi, dalle precedenti osservazioni `e sufficiente verificare
che la funzione risulta limitata in [a, b). Infatti, poich`e lim f (x) = ` R,
xb

dalla definizione di limite esiste (0, b a) tale che per ogni x (, b)


risulta ` 1 f (x) ` + 1. Inoltre, essendo f (x) continua in [a, ], dal
Teorema di Weierstrass esistono m, M R tali che m f (x) M per ogni
= max{` + 1; M } e m
x [a, ]. Scelti allora M
= min{` 1; m}, per ogni

x [a, b) risulta m
f (x) M e dunque che f (x) risulta limitata in [a, b).


Esempi
Z 1
sin x

dx. La funzione f (x) = sinx x `e continua in (0, 1] e lim+ f (x) =


x0
x
0
R 1 sin x
1. Dal Corollario 7.2 segue che 0 x converge.

196

7. INTEGRALI IMPROPRI
1

tan x
x
`e continua in (0, 1] e risulta
dx. La funzione f (x) = tan
x3
3
x
0
lim+ f (x) = +. Ricordando che tan x > x per ogni x (0, 2 ),

x0

otteniamo

tan x
x
1
> 3 = 2 x (0, 1]
3
x
x
x
R1 1
ed essendo 0 x2 dx divergente, dal criterio del confronto si deduce che
anche lintegrale dato diverge.
Z 2
2
2
(log x) 3
x) 3

dx. La funzione f (x) = (log


`e funzione continua e
x1
x1
1
positiva in (1, 2] e lim+ f (x) = +. Osservato che, essendo log x
f (x) =

x1

funzione concava e y = x 1 la retta tangente in x0 = 1, risulta


log x x 1 per ogni x > 0, per x > 1 otteniamo
2

(log x) 3
(x 1) 3
1
f (x) =
x (1, 2].

=
1
x1
x1
(x 1) 3
R2 1
Essendo 1
1 dx convergente, dal criterio del confronto si deduce
(x1) 3

che anche lintegrale dato `e convergente.


Z 1
sin x1
sin 1
dx. La funzione f (x) = xx `e continua in (0, 1] e ma

x
0
non esiste lim+ f (x). Ricordando che | sin x1 | 1 per ogni x (0, 1],
x0

otteniamo

1
|f (x)|
x

x (0, 1]

R1
ed essendo 0 1x dx convergente, dal criterio del confronto segue che
lintegrale dato converge assolutamente e dunque, dal Teorema sulla
convergenza assoluta, converge.
Z 1 1
1
ex
dx. La funzione f (x) = exx `e continua e positiva in (0, 1] e

0 x
ey
lim f (x) = +. Dal limite notevole lim
= +, abbiamo che
y+ y
x0+
1

lim+ xe x = +

x0

In particolare ne segue che esiste > 0 tale che per ogni x R (0, )
1
1
1
si ha xe x > 1 da cui e x > x1 e quindi f (x) > x12 . Essendo 0 x12 dx
divergente, dal criterio del confronto si deduce che anche lintegrale
dato diverge.
Dal criterio del confronto e dalla definizione di limite si ottiene

1. INTEGRALI IMPROPRI SU INTERVALLI LIMITATI

197

Corollario 7.3. (Criterio del confronto asintotico)


Siano f (x) e g(x) funzioni continue e di segno costante in [a, b). Allora
Rb
Rb
f (x)
1. se lim
= 0 e a g(x) dx `e convergente allora a f (x) dx
xb g(x)
`e convergente,
Rb
Rb
f (x)
2. se lim
= e a g(x) dx `e divergente allora a f (x) dx
xb g(x)
`e divergente,
f (x)
= ` R \ {0} (in particolare, se f (x) g(x)
3. se lim
xb g(x)
Rb
Rb
per x b ) allora a f (x) dx e a g(x) dx hanno il medesimo
carattere.
Dim. Possiamo limitarci a considerare il caso in cui f (x) e g(x) risultano
non negative in [a, b).
1. Dalla definizione di limite, poich`e

f (x)
g(x)

0 per x b , sia (0, b a)

(x)
| 1 per ogni x (b , b). Si ottiene quindi che 0 f (x)
tale che | fg(x)
g(x) per ogni x (b , b) e dunque, dal Criterio del confronto, essendo
Rb
Rb
g(x)
dx
convergente,
deduciamo
che
anche
a f (x) dx converge.
a
f (x)
2. Essendo lim
= +, abbiamo che esiste (0, b a) tale che
xb g(x)
f (x)
g(x) 1 per ogni x (b , b). Allora, essendo le funzioni non negative, si
ottiene che 0 g(x) f (x) per ogni x (b , b) e dunque, dal Criterio del
Rb
Rb
confronto, essendo a g(x) dx divergente, deduciamo che anche a f (x) dx
diverge.
f (x)
= ` 6= 0 e le funzioni sono non negative, dal Teorema
3. Poich`e lim
xb g(x)
della permanenza del segno abbiamo che ` > 0. Sia allora (0, b a) tale
che
`
f (x)
3`

x (b , b).
2
g(x)
2

da cui, essendo le funzioni non negative, si ottiene che 0 2` g(x) f (x)


Rb
3`
2 g(x) per ogni x (b , b) e dunque,R dal Criterio del confronto, a f (x) dx
b
risulta convergente se e solo se `e tale a g(x) dx.


Dal precedente criterio abbiamo allora che se f (x) `e funzione continua


e di segno costante in [a, b) allora

Rb

0
con p < 1, allora a f (x) dx converge

Rb
f (x)
lim 1 =
con p 1, allora a f (x) dx diverge

Rb
xb

(bx)p
` R \ {0}, allora a f (x) dx converge p < 1

198

7. INTEGRALI IMPROPRI

Utilizzando il concetto di ordine di infinito per x b , possiamo


affermare
Rb
se Ord(f (x)) = p con p < 1 per x b , allora a f (x) dx converge;
Rb
se Ord(f (x)) = p con p 1 per x b , allora a f (x) dx diverge.
Analoghi criteri valgono nel caso di integrali di funzioni continue in
intervalli del tipo (a, b].
Esempi
Z 1 1
ex

dx. La funzione f (x) =


0 x

ex
x
y

`e continua in (0, 1] con lim+ f (x) =


x0

e
+. Dal limite notevole lim = + per ogni R, si ottiene
y+ y
che per ogni p > 0 risulta
lim

f (x)
1
xp

x0+

= lim+
x0

ex
1
xp1

= +.

Scegliendo p 1, il Criterio del confronto asintotico ci permette di


concludere che lintegrale dato diverge.
Si osservi che dal precedente confronto otteniamo che Ord(f (x)) > p
per ogni p > 0 ed in particolare che Ord(f (x)) > 1.
Z 1
log x
x `
dx. La funzione f (x) = log

e continua in (0, 1] e lim+ f (x) =


x
x0
x
0
. Ricordando che lim+ x log x = 0 per ogni > 0, otteniamo che
x0

se p >

1
2

allora
lim+

x0

f (x)
1
xp

= lim+ xp 2 log x = 0.
x0

Quindi, se 21 < p < 1, il Criterio del confronto asintotico ci permette


di concludere che lintegrale dato `e convergente.
Si osservi che dal precedente confronto abbiamo che Ord(f (x)) < 12 .

Z 1

3x
arctan 3 x
`
dx. La funzione f (x) = arctan

e continua in (0, 1].


sin x+ x
x
0 sin x +
+
Per x
arctan
x = x+
= x +
o(x), quindi
0 abbiamo

o(x) e sin x

sin x+ x = x+ x+o(x) = x+o( x) e arctan( 3 x) = 3 x+o( 3 x).


Allora per x 0+ otteniamo

3
3
x + o( 3 x)
x
1

f (x) =

=
6
x + o( x)
x
x
Ne segue che lim+ f (x) = + e che Ord(f (x)) =
x0

1
6

e dal Criterio del

confronto asintotico ne deduciamo che lintegrale dato converge.

2. INTEGRALI IMPROPRI SU INTERVALLI ILLIMITATI

199

1
x log(x + 1)
Stabilire per quali valori di > 0 lintegrale
dx
sin(x )
0
converge.
La funzione f (x) = xlog(x+1)
`e continua in (0, 1]. Ricordando che
sin(x )

log(x + 1) = x x2 + o(x) e sin x = x + o(x) per x 0, otteniamo che


2
x log(x + 1) x2 e che sin(x ) x per x 0. Allora
x2
2
x

1 1
per x 0.
2 x2
Ne segue che lim f (x) = + se > 2 e che in tal caso Ord(f (x)) =
x0
2. Dal Criterio del confronto asintotico deduciamo inoltre che
lintegrale risulta convergente se e solo se 2 < 1 ovvero se < 3.
Z 1
log x
x
dx. La funzione f (x) = log
`e continua in (0, 1] e lim+ f (x) =

x0
x
0
. Ricordando che lim+ x log x = 0 per ogni > 0, otteniamo che
f (x)

x0

lim

x0+

f (x)
1
xp

(
0
se p >
= lim+ xp log x = 0 =
.
x0
se p

Quindi, se < 1, preso < p < 1, il Criterio del confronto asintotico


ci permette di concludere che lintegrale dato `e convergente.
Se invece 1, preso p 1, dal Criterio del confronto asintotico,
otteniamo che lintegrale dato diverge.
2. Integrali impropri su intervalli illimitati
Consideriamo ora il caso di funzioni continue in intervalli illimitati.
Consideriamo innanzitutto il caso di una funzione f (x) continua nellintervallo [a, +). Allora, per ogni b (a, +), risulta definito
Rb
lintegrale a f (x) dx e ne considereremo il limite per b +. Diamo
allora la seguente definizione.
Data una funzione f (x) continua in [a, +), si dice integrale improprio
di f (x) in [a, +) il limite, se esiste,
Z b
lim
f (x) dx
b+

R +

e denoteremo tale limite con a f (x) dx. Se tale limite esiste finito,
lintegrale improprio si dice convergente e la funzione f (x) si dice integrabile in senso improprio su [a, +). Se tale limite esiste ma `e infinito,
lintegrale improprio si dice divergente.

200

7. INTEGRALI IMPROPRI

Analogalmente, data una funzione f (x) continua in (, b], si dice


integrale improprio di f (x) in (, b] il limite, se esiste,
Z b
f (x) dx
lim
a

Rb

e denoteremo tale limite con f (x) dx. Se tale limite esiste finito,
lintegrale improprio si dice convergente e la funzione f (x) si dice integrabile in senso improprio su (, b]. Se tale limite esiste ma `e infinito,
lintegrale improprio si dice divergente.
Una funzione f (x) continua in (a, +) si dice integrabile in senso improprio su (a, +) se lo `e su (a, b] e su [b, +) per qualche b > a. In
tal caso poniamo
Z +
Z b
Z +
f (x) dx =
f (x) dx +
f (x) dx
a

In particolare, lintegrale improprio sar`a convergente se convergono


entrambi gli integrali in cui `e stato decomposto.
Analoghe definizioni nei casi in cui lintervallo di integrazione `e della
forma (, b).
Infine, una funzione f (x) continua in R si dice integrabile in senso improprio su R se risulta integrabile in senso improprio su (, c] e su
[c, +) per qualche c R. In tal caso poniamo
Z +
Z c
Z +
f (x) dx
f (x) dx +
f (x) dx =

e lintegrale improprio sar`a convergente se convergono entrambi gli


integrali in cui `e stato decomposto.
Z + 1
ex
Vediamo un esempio. Calcolare
dx.
x2
1
1
La funzione f (x) = exx2 `e continua in [1, +) e lim f (x) = 0. Dalla
x+

definizione abbiamo
Z + 1
Z b 1
h 1 ib
1
ex
ex
dx = lim
dx = lim e x = lim e b e = e1
2
2
b+
b+ 1 x
b+
x
1
1
Quindi f (x) `e integrabile in senso improprio in [1, +).
Come esempio notevole consideriamo la funzione f (x) =
nellintervallo [1, +). Abbiamo
1p
Z b
1
b
1
se p 6= 1
dx =
1p
p

1 x
log b
se p = 1.

1
xp

continua

2. INTEGRALI IMPROPRI SU INTERVALLI ILLIMITATI

201

e quindi
Z
1

1
dx = lim
b+
xp

1
dx
= p1
+
xp

se p > 1
se p 1.

R +

Dunque lintegrale improprio 1 x1p dx `e convergente se p > 1 ed `e


divergente se p 1. In particolare, la funzione f (x) = x1p `e integrabile
in senso improprio su [1, +) se e solo se p > 1. Mediante
R + semplice
1
sostituzione si ottiene che per ogni a > 0, lintegrale a+1 (xa)
p dx
converge se e solo se p > 1.
Si osservi inoltre che per quanto provato, per ogni p > 0 la funzione
f (x) = x1p non `e integrabile in senso improprio in (0, +).
Come nel caso di integrali impropri su intervalli limitati si pu`o provare
il seguente risultato.
Teorema 7.2. (Criterio del Confronto)
Siano f (x) e g(x) funzioni continue nellintervallo [a, +) tali che
0 f (x) g(x) per ogni x [a, +).
R +
R +
Se a g(x) dx `e convergente allora a f (x) dx `e convergente.
R +
R +
Se a f (x) dx `e divergente allora a g(x) dx `e divergente.
Dal Criterio del confronto in particolare otteniamo
Corollario 7.4. (Condizione necessaria alla convergenza)
R +
Sia f (x) funzione continua in [a, +). Se lintegrale a f (x)dx
converge ed esiste il limite lim f (x), allora tale limite `e nullo.
x+

Dim. Per assurdo, supponiamo che

lim f (x) = ` > 0. Allora, esister`a

x+

b > a tale che f (x) > 2` per ogni x > b. Dal criterio del confronto otteniamo
R +
allora che b f (x) dx risulta divergente in contraddizione con lipotesi
R +
f (x) dx convergente. Se invece lim f (x) = ` < 0, baster`a considerare
a
x+

la funzione g(x) = f (x) e procedere come sopra.

Osserviamo che la condizione `e necessaria ma non sufficiente,


R + ad esempio la funzione f (x) = x1 `e infinitesima per x + ma 1 x1 diverge.
Osserviamo inoltre che Rla funzione f (x) = cos(x2 ) non ammette limite
+
per x + ma che 1 cos(x2 ) dx risulta convergente, in quanto,
mediante la sostituzione t = x2 ed unintegrazione per parti, otteniamo

b2
Z b
Z 2
Z 2
sin t
1 b sin t
1 b cos t
2
dt =
+
cos(x ) dx =
dt.
2 1
4 1 t 32
t
2 t 1
1

202

7. INTEGRALI IMPROPRI

Dunque

b 2
Z +
Z 2
Z
sin t
1 + sin t
1 b sin t
2

cos(x ) dx = lim
dt =
+
3 dt
b+ 2 t
4 1 t 23
4 1
t2
1
1
R + 1
e lultimo integrale risulta convergente essendo | sin3 t | 13 e 1
3 dt
t2
t2
t2
convergente. Vale infatti
Corollario
7.5. (Convergenza Assoluta)
R +
R +
Se a |f (x)| dx `e convergente allora a f (x) dx `e convergente.
R +
R +
Se lintegrale a |f (x)| dx converge, lintegrale a f (x) dx si dice
assolutamente convergente. Il precedente corollario afferma quindi che
la convergenza assoluta implica la convergenza.
Esempi
Z +
cos x
cos x

dx. Si osservi innanzitutto che lim


= 0 essendo
4
x+ x4

x
2
cos x funzione limitata, quindi la condizione necessaria alla convergenza
`e soddisfatta. Abbiamo poi che
cos x
1

| 4 | 4 x .
x
x
2
R + 1
Essendo x4 dx convergente, dal criterio del confronto risulta con2
R +
x
vergente anche | cos
|dx e dunque, dal corollario sulla convergenza
x4
2
assoluta, che anche lintegrale proposto converge.
Z +
2
(log x) 3

dx. Osserviamo che, essendo log x x 1 e x > x 1


x(x 1)
2
per ogni x 2 si ha
2

(log x) 3
(x 1) 3
1
1

=
x 2.
1 <
4
x(x 1)
x(x 1)
x(x 1) 3
(x 1) 3
Z +
1
Poich`e
4 dx converge, dal criterio del confronto deduciamo
(x 1) 3
2
che anche lintegrale proposto converge.
Z +
log x
x `
. La funzione f (x) = log

e funzione continua su ([1, +)


x
x
1
log x
e risulta lim f (x) = 0, essendo lim
= 0 per ogni > 0.
x+
x+ x
Abbiamo inoltre che per ogni x > e risulta
log x
1
>
x
x

2. INTEGRALI IMPROPRI SU INTERVALLI ILLIMITATI

203

R +
ed essendo e 1x dx divergente, dal criterio del confronto si ottiene
R + x

dx diverge e quindi anche lintegrale proposto essendo


che e log
x
Z

log x
dx =
x

Z
1

log x
dx +
x

Z
e

log x
dx
x

Come ultimo esempio, consideriamo lintegrale notevole


Per ogni b > 2, integrando per parti otteniamo
b

h cos x ib
sin x
dx =

x
x 2

sin x
x

dx.

cos x
dx
x2

Allora
Z

sin x
dx
x
2
2
Z b
cos b
cos x
1

dx
= lim
2
b+ 2
b
2 x
Z +
1
cos x
=

dx
2
x2
2
Z +
cos x
e lintegrale dato risulta convergente essendo tale
dx. Infatti
x2
2
risulta
cos x
1


2 2 x 2
x
x
R + 1
con 2 x2 dx convergente.

Z +
sin x


Daltra parte, proviamo che
x dx diverge. Infatti, per ogni
2
k N si ha

Z 2(k+1)
Z 2(k+1)
sin x
1
2


| sin x| dx =
x dx 2(k + 1)
(k + 1)
2k
2k
Ricordando che
Z

2(k+1)

2k

sin x
dx = lim
b+
x

1
n

< log(1 + n1 ) per ogni n N, otteniamo





sin x

dx 2 log(1 + 1 ) = 2 log k + 2
x

k+1

k+1

204

7. INTEGRALI IMPROPRI

Allora



n1 Z 2(k+1)
X
sin x
sin x




x dx =
x dx
2
2k
k=1


n1
2X
2
k+2
log

= (log(n + 1) log 2)
k=1
k+1

Rx
Consideriamo ora la funzione integrale F (x) = 2 sint t dt. Tale
funzione `e monotona crescente e quindi

Z +
sin x


lim F (x) = sup F (x) sup F (2n)
x dx = x+
nN
x[2,+)
2
R 2n sin t
Per quanto provato sopra F (2n) = 2 t dt 2 (log(n + 1)
log
e quindi
F (2n) + per n +. Ne segue che lintegrale

R +2) sin
x dx diverge.
x
2
Il precedente esempio prova che un integrale improprio pu`o convergere
ma non convergere assolutamente.
Z

2n

Dal criterio del confronto abbiamo inoltre


Corollario 7.6. (Criterio del confronto asintotico)
Siano f (x) e g(x) funzioni continue e di segno costante in [a, +).
R +
R +
(x)
1. Se lim fg(x)
= 0 e a g(x) dx converge allora a f (x) dx
x+
converge.
R +
R +
(x)
2. Se lim fg(x)
= e a g(x) dx diverge allora a f (x) dx
x+

diverge.
3. Se lim

f (x)
x+ g(x)

= ` R \ {0}, in particolare se f (x) g(x)


R +
R +
per x +, allora a f (x) dx e a g(x) dx hanno il
medesimo carattere.

Dal precedente criterio si ottiene in particolare che se f (x) `e funzione


continua di segno costante in [a, +) e se

R +

0
con p > 1, allora a f (x) dx converge

R +
f (x)
lim
=
con p 1, allora a f (x) dx diverge
1
x+

` R \ {0}, allora R + f (x) dx converge p > 1


xp
a
Utilizzando il concetto di ordine di infinitesimo per x +, possiamo
allora affermare che
R +
se ord(f (x)) = p, p > 1 per x +, allora a f (x) dx converge;
R +
se ord(f (x)) = p, p 1 per x +, allora a f (x) dx diverge.

2. INTEGRALI IMPROPRI SU INTERVALLI ILLIMITATI

205

Analoghi criteri valgono nel caso di un intervallo del tipo (, b].


Esempi
Z +
x2 ex dx. La funzione f (x) = x2 ex `e funzione continua in

x
= 0 per ogni R. Dal
x+
x+ ex
medesimo limite notevole deduciamo che
[1, +) e lim f (x) = 0 essendo lim

lim

x+

f (x)
1
xp

xp+2
=0
x+ ex

= lim

per ogni p R e quindi in particolare per p > 1. Dal criterio del


confronto asintotico deduciamo allora che lintegrale dato converge.
Si osservi che dal precedente confronto abbiamo ord(f (x)) > p per ogni
p > 0 e quindi che ord(f (x)) > 1.
Z +
dx
1
con > 0. La funzione f (x) = x log
`e continua in

x
log
x
2
[2, +) e lim f (x) = 0 per ogni > 0. Abbiamo
x+

lim

x+

f (x)
1
xp

xp
= lim
=
x+ log x

(
+ se p >
0
se p

Se < 1, scegliendo < p 1 nel primo limite, otteniamo dal criterio


del confronto asintotico che lintegrale diverge. Se > 1, scegliendo
1 < p nel secondo limite otteniamo dal criterio del confronto
asintotico che lintegrale converge. Se = 1 i confronti sopra non ci
permettono di concludere ma in tal caso lintegrale si pu`o calcolare
mediante la definizione
Z +
Z b
dx
dx
= lim
= lim [log log x]b2
x log x b+ 2 x log x b+
2
= lim log log b log log 2 = +
b+

Segue allora che lintegrale dato converge se e solo se > 1.


Z +
1 2
1 2

(1 )x dx. La funzione f (x) = (1 )x `e continua in [2, +).


x
x
2
Inoltre essendo
1
1 2
2
f (x) = (1 )x = ex log(1 x )
x

206

7. INTEGRALI IMPROPRI
2

dallo sviluppo log(1 + y) = y y2 + o(y 2 ) per y 0 ponendo y = x1


per x + otteniamo
1
1
1
1
1
x2 log(1 ) = x2 ( 2 + o( 2 )) = x + o(1)
x
x 2x
x
2
da cui
1
ex
ex
f (x) = ex 2 +o(1) = eo(1)
per x +
e
e
R +
Lintegrale 2 ex dx risulta convergente (lo si pu`o calcolare utilizzando la definizione), quindi dal criterio del confronto asintotico anche
lintegrale dato risulta convergente. Osserviamo che dal confronto precedente ord(f (x)) = ord(ex ) e dalla gerarchia degli infiniti si ha che
ord(ex ) > p per ogni p > 0, in particolare ord(ex ) > 1.
Z +
arctan x1 sin x1
arctan x1 sin x1

dx. La funzione f (x) = x2 +xx


`e continua

x2 + x x
1
in [1, +), inoltre dagli sviluppi di Taylor di arctan y e sin y per y 0
si ha che per x + risulta
1
1
1
1
1
arctan sin = 3 + o( 3 ) 3
x
x
6x
x
6x
mentre
r

1
1
1
x2 + x x = x( 1 + 1) x
= .
x
2x
2
Quindi per x + si ha
f (x)

1
6x3
1
2

1
3x3

R +
ed essendo 1 x13 dx convergente, dal criterio del confronto asintotico
lintegrale dato risulta convergente.
Vediamo infine qualche esempio di studio di funzione integrale.
Z x
2
Studiamo la funzione notevole F (x) =
et dt (pari alla funzione
0

degli errori di Gauss Erf(x) a meno di una costante: Erf(x) = 2 F (x)).


La funzione `e definita e continua in tutto R e risulta inoltre funzione
dispari in quanto (posto s = t) si ha
Z x
Z x
2
t2
F (x) =
e dt =
es ds = F (x), x R
0

0
2

Abbiamo che F (0) = 0 e che F (x) > 0 per ogni x > 0 essendo et > 0
per ogni t 0.

2. INTEGRALI IMPROPRI SU INTERVALLI ILLIMITATI

` (0, +) essendo
2

et

lim

tp
2 = 0
t+ et

= lim

1
tp

t+

et dt =

Dal criterio del confronto asintotico risulta lim F (x) =


x+

207

per ogni p > 0. Utilizzando il concetto di integrale doppio si potr`a


provare che ` = 2 , al momento, per ottenere una stima del limite,
2
osserviamo che per ogni t > 1 risulta t2 > t, dunque et < et e
Z

t2

dt

e
1

et dt = lim

= lim

b+

b+

= lim e1 eb =
b+

et

b
1

1
e

Ne segue che
+

Z
` = lim F (x) =
x+

t2

et dt +

dt

1
1
1+
e
e

Daltra parte, essendo t2 < t per ogni t [0, 1], otteniamo che
Z

t2

Z
dt


1
1
et dt = et 0 = 1
e

e dunque che
Z

t2

` = lim F (x) =
x+

Z
dt

et dt 1

1
e

Riguardo la monotonia, osserviamo che F (x) `e derivabile in R con


2
F 0 (x) = f (x) = ex e dunque F 0 (x) > 0 per ogni x R. Ne segue che
F (x) `e strettamente crescente in R e non ammette punti di massimo e
di minimo relativi. Infine, riguardo alla convessit`a risulta
F 00 (x) = f 0 (x) = 2xex

e quindi F 00 (x) 0 se e solo se x 0. Dunque F (x) `e concava in


(0, +), convessa in (, 0) e x = 0 `e punto di flesso con F 0 (0) =
f (0) = 1.

208

7. INTEGRALI IMPROPRI

-l

Grafico di F (x) =

Rx
0

et dt

Studiamo, senza
Z xvalutarla esplicitamente (provare per esercizio), la
log t
dt.
funzione F (x) =
t
1
La funzione `e definita e continua in (0, +). Osserviamo che F (1) = 0
t > 0 per ogni t (1, x] avremo
e che per ogni x > 1 essendo log
t
t < 0 per ogni t
che F (x) > 0. Mentre se 0 < x < 1 risulta log
t
R 1 log t

[x, 1) e dunque avremo che F (x) = x t > 0. Riguardo ai limiti


allestremo del campo abbiamo
Z 1
log t
dt = ` (0, +)
lim+ F (x) =
x0
t
0
essendo, per il criterio del confronto asintotico,
lim+

t0

per ogni

1
2

log
t
t
1
tp

= lim+ tp 2 log t = 0
t0

< p < 1. Inoltre, sempre dal criterio del confronto asintotico,


Z +
log t
dt = +
lim F (x) =
x+
t
1

poich`e
log
t
1
lim 1t = lim tp 2 log t = +
t+ p
t+
t
> 12 . Controlliamo se la funzione ammette

per ogni 1 > p


un asintoto obliquo. Abbiamo, dal Teorema di De lHopital e dal Teorema
fondamentale del calcolo integrale,
F (x) H
log x
= lim f (x) = lim = 0
x+
x+
x+
x
x
lim

2. INTEGRALI IMPROPRI SU INTERVALLI ILLIMITATI

209

dunque F (x) non ammette asintoto obliquo.


Per la monotonia, osserviamo che F (x) `e derivabile in (0, +) con
x e dunque F 0 (x) 0 se e solo se x 1. Ne segue
F 0 (x) = f (x) = log
x
che F (x) `e strettamente decrescente in (0, 1], strettamente crescente in
[1, +) e x = 1 `e punto di minimo assoluto con F (1) = 0. Riguardo
alla convessit`a abbiamo
F 00 (x) = f 0 (x) =

1
x

log
x
2 x

2 log x

2x x

e quindi F 00 (x) 0 se e solo se log x < 2 ovvero x < e2 . Dunque F (x)


`e convessa in (0, e2 ), concava in (e2 , +) e x = e2 `e punto di flesso con
F 0 (e2 ) = f (e2 ) = 2e .

Grafico di F (x) =

Rx

x2

log
t dt
t

log t
dt.
t
1
La funzione `e definita e continua in R \ {0}. Osserviamo che G(1) = 0
e che la funzione risulta funzione pari essendo G(x) = G(x). Limiteremo quindi il nostro studio allintervallo (0, +). Per ogni x > 1
t > 0 per ogni t (1, x2 ] avremo che G(x) > 0 mentre
essendo log
t
t < 0 per ogni t [x2 , 1) e dunque avremo
per 0 < x < 1 risulta log
t
R1
t > 0. Riguardo ai limiti allestremo del campo
che G(x) = x2 log
t
abbiamo, come nellesempio precedente, si ha
Z 1
log t
dt = ` (0, +)
lim+ G(x) =
x0
t
0
mentre
Z +
log t
dt = +
lim G(x) =
x+
t
1
Studiamo infine la funzione G(x) =

210

7. INTEGRALI IMPROPRI

Osserviamo che Rla funzione risulta funzione composta G(x) = F (x2 )


x
t dt la funzione studiata nel precedente esempio.
essendo F (x) = 1 log
t
Dal Teorema di derivazione delle funzioni composte e dal Teorema fondamentale del calcolo integrale abbiamo allora che la funzione G(x)
risulta derivabile in R \ {0} con
log(x2 )
x
G0 (x) = 2xF 0 (x2 ) = 2x
= 4 log |x|.
|x|
x2
Controlliamo se la funzione ammette un asintoto obliquo utilizzando
Teorema di De lHopital:
G(x) H
x
lim
= lim G0 (x) = lim 4 log |x| = +
x+
x+
x+ |x|
x
dunque G(x) non ammette asintoto obliquo per x +.
Studiamo ora la monotonia, da quanto sopra abbiamo che G(x) `e derivabile in (0, +) e che G0 (x) 0 in (0, +) solo per x 1. Ne
segue che G(x) risulta strettamente decrescente in (0, 1], strettamente crescente in [1, +) e che x = 1 `e punto di minimo assoluto con
G(1) = 0.
Infine, riguardo alla convessit`a, per ogni x > 0 risulta G00 (x) = x4 > 0
e quindi che G(x) risulta convessa in (0, +).

Grafico di F (x) =

R x2
1

log
t dt
t

3. ESERCIZI

211

3. Esercizi
Calcolare i seguenti integrali impropri:
1

Z
1.

Z0 1
2.
Z0
1
4

[log 4]

log x dx

[1]

dx
2x x

[ 5

x log(1 +
Z0 +

5.
Z0 +
6.
2

1
x)

dx

dx
1 + x2
dx
x log3 x

8.
Z1 +

+ arcsin

2
3]

4.

7.
Z0 +

3.

dx

x+ x

9.
Z0

[ 21 ]

10.

[ 2 ]

11.

[ 2 log1 2 2 ]

12.

1
1
log(1 + )dx
[ 2]
x
x
1
1
arctan dx [ 4 12 log 2]
x2
x
ex dx

Z2 +
Z2

[1]

log(x2 1)
dx
x2
1
x2

[ 23 log 3]*

x2
)dx [ 14 log 2]*
arctan( x+2

2x + 1
dx [ 12 ( + log 2)]*
x3 + x

Stabilire il carattere dei seguenti integrali impropri.


1

Z
1.
Z0

sin x
4
3

2.

dx

ex 1

(x + 1)x
Z
3 cos x
dx
3.
2
x
0
Z
0

4.

[converge]
2
3

Z1 2

dx

dx

x(x + 2)
cos x 1
5.
dx
x3

Z0 /2
sin x
6.
dx
x
Z0 0
2
7.
dx
3
tan
x
/3
Z 1
log(cos x)
8.
dx
x3
Z0 /2
2 sin x
9.
x1
Z1 1
dx

10.
log(1 + x)
Z0 1
dx

11.
x2 + 1

12.

[converge]

13.

x
(x3)(x2 +4)

Z +

14.
[diverge]

Z1 +
15.

[converge]

Z2 +
16.

17.
Z1 +

[converge]
18.
[diverge]
[diverge]
[diverge]
[converge]
[diverge]

dx

arctan x
dx
x3
dx
x
e sin x1

Z0 +

[diverge]

x2 +x+3
(x2 +1)(x2 +2) dx

dx
x log(1+ x)

[converge]
[converge]
[converge]
[converge]
[diverge]

log x
dx
[diverge]
x
cos x
dx [integrare per parti,
x

converge]
Z +
2
+1
19.
x tan x4 x+cos
[diverge]
2 x dx
Z2 +
ex 1sin x
[converge]
20.
ex 1sin(x) dx
Z0 3
x
21.
[diverge]
(x3)(x2 +4) dx

Z +
ex
22.
[non converge]
x2 1 dx
0

212

7. INTEGRALI IMPROPRI

Stabilire per quali valori di R risultano convergenti i seguenti


integrali.
Z
1.

Z 01
2.
Z0 1

sin x
dx
(1
cos x)

Z
[ < 1]

Z1 +

cos x e 2

dx
(x + 3 x)

[ < 6]

21.
Z1 +

[ > 1]

22.

dx
[ < 1]
4.

1 + x cos x
Z0 1 x2 2
e 2x + 1
5.
dx
[ < 53 ]
sin x x
0
Z 1
arctan(x )
dx
[ R]
6.
x
0 sin x +
1
Z 2
dx
7.
[ < 1]

x log x
Z0 1
log x
8.
dx
[ < 1]
x
Z0 1
log x
9.
dx
[ < 0]
(x(1

x))2+1
Z0 1 p
| tan x|
dx
[ < 32 ]
10.

(1

x)
Z0 1
x
11.
dx
[ < 1]*

sin (x)
Z0 1
log(1 + x) x
12.
dx
[ = 1]*
ex2 1
Z0 1
1 cos x
dx
[ < 2]*
13.
log(1 + x)
x
Z0 1
1
14.
dx [ (0, 12 )]*
( x1 1)2 1x
0
Z 1
ex 1+2x
15.
[ = 1]*
sin xlog(1+x) dx

Z0 1
x

16.
dx
[ 6= 21 ]*
x
e

x
0
Z 1
1
dx

17.
[ 6= 12 ]*
1+2x e x
0
Z +
dx
18.
[ > 1]
x log x
Z2 +
x2n+1
19.
[n = 1]
(x2 1)3 dx, n N

23.

3.
Z0

x
dx
1+x2 3 3 1+x+x

Z1 +

20.

Z1 +
24.
1

sin x
dx
[]
x2
1
e x cos x1
dx
[ > 0]
x2
1
dx
[6 ]
x log(1 + x )

ex 1
dx [ > 2]*
2
x log(1 + x )
1
p
dx
[ > 1]
x(x + 1)

25.
Z1 +
26.
Z2 +
27.
Z1 +
28.
Z0 +
29.
Z1 +
30.
Z1 +
31.
Z0 +
32.
Z0 +
33.

1+x cos
x2

35.
Z0 +
36.
0

Z0

37.
38.
0

[ < 2]*

2 arctan(x )
dx
[]*
x2 log x
x

dx
[ > 4]*
1 + x + x2
log(1 + x )
dx
[ > 1]
x2
sin x
dx
[]*
(ex + x)2
1
dx
[0 < < 1]
x(x 1)
x
dx
[]*
2x
e x1

x
ex x1

Z0 +
Z0 +

dx

x2

34.

1
x

dx [ > 0, 6= 1]*

log x
dx
log(1 + x )

xsin(x )
x2

dx, > 0 [ = 21 ]*

log(1 + x2 )
dx,
x (ex 1)
log(1 + x)

dx,
x (e x 1)
log(1+x )
x+x2

[ > 1]*

[ < 2]*
[ < 23 ]*

dx, > 0 [ > 21 ]*

1
arctan x
x+arctan(x ) dx,

> 0 [ < 1]*

3. ESERCIZI

Studiare le seguenti funzioni integrali.


Z

1.
2.
3.
4.
5.
6.

log t
dt
2
Z1 x t
dt

4
Z0 x t 1 + t
e
dt
t
Z0 x
t log t dt
Z1 x
sin t
dt
t
Z2 x2 p
t 1 + cos2 t dt
1

213

CAPITOLO 8

Serie numeriche
Sia (an )nN una successione di numeri reali, ci proponiamo di definire
la somma degli infiniti termini di tale successione. A tale scopo, per
ogni n N, si considera la somma parziale o ridotta n-esima:
sn = a1 + a2 + ... + an =

n
X

ak

k=1

La successione di tali somme parziali (sn )nN viene detta serie associata
alla successione (an )nN o anche serie di termine generale an . Viene
allora naturale definire la somma degli infiniti termini della successione
(an )nN come il limite per n + della successione delle somme
parziali. Denoteremo tale limite con
+
X

ak = lim sn = lim
n+

k=1

n+

n
X

ak

k=1

e, con un abuso di terminologia, chiameremo tale limite serie o somma


per k che va da 1 a + di ak . Se il limite esiste finito diremo che la
serie `e convergente, in tal caso
+
X

ak = lim sn = s R

k=1

n+

ed il valore s viene detto somma della serie. Se il limite esiste ma `e


infinito diremo che la serie `e divergente mentre se il limite non esiste la
serie `e detta indeterminata.
Accade spesso che invece di sommare la successione (an )nN a partire
dallindice 1 si cominci a sommare la successione a partire dallindice
n = 0 o da un qualunque altro termine successivo. Cos` ad esempio
la serie geometrica associata alla successione (xn )n0 con x R dato
(e detto ragione della serie), considera le somme a partire dallindice
n = 0:
s0 = 1,

s1 = 1 + x,

..... sn = 1 + x + ... + xn
215

216

8. SERIE NUMERICHE

Ricordando che per ogni x 6= 1 e ogni n N {0} risulta


1 xn+1
1x

sn =
e che
lim xn+1

n+

se |x| < 1
0
= + se x > 1

6
se x 1

P
1
n
otteniamo che la serie +
n=0 x converge alla somma 1x se |x| < 1,
diverge se x > 1 ed `e indeterminata se x 1. Infine, se x = 1 la serie
diverge in quanto sn = 1 + x + ... + xn = n + 1 + per n +.
Vale il seguente risultato.
Teorema P
8.1. (Condizione necessaria alla convergenza)
e infinitesiSe la serie +
n=1 an converge allora la successione (an )nN `
ma.
Dim. Denotate con sn le somme parziali e con s la somma della serie, dalla
definizione abbiamo che sn s per n + e dunque che
lim an = lim sn sn1 = s s = 0.

n+

n+

1. Serie a termini non negativi


P
Osserviamo che data una serie +
n=1 an a termini non negativi, an 0
per ogni n N, la successione delle somme parziali risulta crescente:
sn+1 =

n+1
X
k=1

ak

n
X

ak = s n ,

n N

k=1

e dunque, dal Teorema di regolarit`a delle successioni monotone, tale


successione ammette limite. Ne segue che la serie risulter`a convergente
o divergente.
Ad esempio, dalla condizione necessaria per la convergenza
Pdelle pserie
otteniamo in particolare che la serie a termini non negativi +
n=1 n con
p
p > 0 risulta non convergente essendo n + e per quanto detto
risulta divergente. Per determinare il carattere della serie armonica
+
X
1
n
n=1

1. SERIE A TERMINI NON NEGATIVI

217

e pi`
u in generale della serie armonica generalizzata
+
X
1
,
np
n=1

p>0

utilizziamo il seguente criterio che lega il concetto di serie numerica


con quello di integrale improprio.
Teorema 8.2. (Criterio del confronto integrale)
Sia f (x) una funzione continua, non negativa e decrescente in [1, +).
Allora, posto f (n) = an per ogni n N, risulta
Z +
+
X
an `e convergente
f (x) dx `e convergente.
1

n=1

Dim. Osserviamo
innanzitutto che essendo f (x) 0 per ogni x 1, linteR +
grale improprio 1 f (x) dx risulter`a convergente o divergente ed in partiP
a anchessa
colare, essendo an 0 per ogni n N la serie +
n=1 an risulter`
convergente o divergente.
Dalla monotonia di f (x), per ogni k N, se k x k + 1 allora ak+1 =
f (k + 1) f (x) f (k) = ak e dunque
Z k+1
ak+1
f (x) dx ak
k

Dalladditivit`
a dellintegrale otteniamo allora che
Z n+1
n+1
n
X
X
ak a1 = a2 + a3 + ... + an+1
f (x) dx a1 + a2 + ... + an =
ak
k=1

k=1

e quindi, facendo tendere n +, otteniamo che se lintegrale improprio


converge allora anche la serie converge mentre se lintegrale diverge allora
anche la serie diverge.
Viceversa, dal medesimo confronto, se la serie converge risulter`a convergente
anche lintegrale improprio mentre se la serie diverge, risulter`a divergente
anche lintegrale improprio.


R +
Dal precedente criterio, ricordando che lintegrale 1 x1p dx converge se
P
1
e solo se p > 1, otteniamo che la serie armonica generalizzata +
n=1 np
converge se e solo se p > 1.
Come per gli integrali impropri, per studiare il carattere di una serie
potremo utilizzare il seguente criterio
Teorema 8.3. (Criterio del confronto)
Siano (an )nN e (bn )nN successioni a termini non negativi tali che
an bn per ogni n N.

218

8. SERIE NUMERICHE

P
P
Se la serie +
bn converge allora anche la serie +
n=1
n=1 an converge.
P+
P+
Se la serie n=1 an diverge allora anche la serie n=1 bn diverge.
Dim. La dimostrazione `e immediata osservato che per ogni n N risulta
n
n
X
X
sn =
ak
bk = sn
k=1

k=1

e che, essendo le serie a termini non negativi, le successioni (sn )nN e (


sn )nN
sono monotone crescenti.


Dal precedente criterio segue inoltre


Corollario 8.1. (Criterio del confronto asintotico)
Siano (an )nN e (bn )nN successioni a termini non negativi.
P
P
an
bn converge allora +
= 0 e +
1. Se lim
n=1 an converge.
n=1
n+ bn
P
P
an
2. Se lim
bn diverge allora +
= + e +
n=1 an diverge.
n=1
n+ bn
an
3. Se lim
= ` R \ {0}, in particolare se an bn per n
n+ bn
P+
P
+, allora +
n=1 bn hanno il medesimo carattere.
n=1 an e
Vediamo alcuni esempi dove, come serie di confronto, considereremo la
serie geometrica e la serie armonica generalizzata.
Esempi
+
X
1
La serie
`e convergente, difatti per ogni p > 1, per n +
n!
n=1
risulta
1
np
n!
=
0
1
n!
np
P
1
e la serie +
e convergente.
n=1 np , essendo p > 1, `
+
X
1
La serie
`e divergente, difatti per ogni 0 < p 1, per
log
n
n=1
n + risulta
1
np
log n
=
+
1
log n
np
P
1
e la serie +
e divergente.
n=1 np , essendo p 1, `
+
X
1
La serie
sin 2 `e convergente, difatti per n + risulta sin n12
n
n=1P
+
1
e la serie n=1 n12 `e convergente.
n2

1. SERIE A TERMINI NON NEGATIVI


+
X

La serie

1 + 2n 2 2

`e convergente. Difatti, per n +,

n=1

219

e n! cos n1

risulta

n
2

n
2

1 + 2n 2 = 2 (

n
1
1
1
2
+
1

1)

2
=
n
2n
2n+1
2 2 +1

mentre
1

e n! cos

1
1
1
1
1
1
1
1
=
+ o( ) + 2 + o( 2 ) = 2 + o( 2 ) 2
n
n!
n!
2n
n
2n
n
2n

ne segue che

1 + 2n 2 2
1

e n! cos n1

1 n +1
n2
2

22
=
2n
( 2)n

P+ n2

e la serie
e convergente. Difatti, per ogni p > 1, dalla
n=1 ( 2)n `
gerarchia degli infiniti si ha che
2
n
( 2)n
1
np

La serie

+
X

n=1

1
2n

1+

np+2
0
=
( 2)n

1
`e convergente. Difatti, per n +,
2n

1
1
1
1
1
1
1
= n n+1 + o( n ) = n+1 + o( n+1 ) n+1
n
2
2
2
2
2
2
2
P+ 1
e la serie geometrica n=1 2n `e convergente.
+
X
1
1
n(sin log(1 + )) `e divergente. Difatti, per n +,
La serie
n
n
n=1
dagli sviluppi di Taylor di sin x e log(1 + x) per x 0, si ha
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
sin log(1 + ) = + o( 2 ) + 2 + o( 2 ) = 2 + o( 2 ) 2
n
n
n
n
n n
n
n
n
n
P
+
quindi n(sin n1 log(1 + n1 )) n1 e la serie n=1 n1 `e divergente.
1

e 2n

1+

Valgono inoltre i seguenti criteri


Teorema 8.4. (Criterio del rapporto)
Sia (an )nN una successione a termini non negativi per cui esiste
an+1
lim
= `.
n+ an
P
Allora, se ` < 1 la serie +
n=1 an converge mentre se ` > 1 la serie
P+
n=1 an diverge.

220

8. SERIE NUMERICHE

Dim. Se ` < 1, dal criterio del rapporto per successioni numeriche abbiamo
che esistono N, A > 0 e 0 < b < 1 tali che an Abn per ogni n . Dal
P
n
criterio del confronto per le serie, osservato che la serie geometrica +
n=1 b
converge, otteniamo che la serie data converge.
Se invece ` > 1, dal criterio del rapporto per successioni numeriche abbiamo che an + per n + e dunque, non essendo infinitesima dalla
condizione necessaria alla convergenza, segue che la serie diverge.


Ad esempio, la serie

+ n
X
2
n=1

n!

`e convergente, difatti per n + risulta

2n+1 n!
2
=
0
n
(n + 1)! 2
n+1
mentre la serie

+ n2
X
2
n=1

n!

diverge, infatti si ha
2

2(n+1) (n)!
22n+1
+.
=
(n + 1)! 2n2
n+1
Per ogni a > 1 e R la serie
n + si ha

+
X
n
n=1

(n+1)
an+1
n
an

an

`e convergente. Difatti, per

(1 + n1 )
1
< 1.
a
a

Si ha inoltre
Teorema 8.5. (Criterio della radice)
Sia (an )nN una successione a termini non negativi tale che esiste

lim n an = `.
n+
P+
Allora, se ` < 1 la serie n=1 an converge mentre se ` > 1 la serie
P+
n=1 an diverge.
Dim. Se ` < 1, dalla definizione di limite, preso 0 < < 1 ` sia N

tale che 0 n an < ` + per ogni n . Allora, posto b = ` + , risulta


P
n
b (0, 1) e 0 an < bn per ogni n . Poich`e la serie geometrica +
n=0 b
`e convergente, dal criterio del confronto anche la serie data converge.
Se invece ` > 1, preso 0 < < ` 1, dalla definizione di limite sia N

tale che n an > ` per ogni n . Allora, essendo ` > 1 avremo che
an > 1 per ogni n e la successione (an )nN non sar`a infinitesima. Per la
condizione necessaria alla convergenza, essendo la successione a termini non
negativi, la serie risulter`
a divergente.


1. SERIE A TERMINI NON NEGATIVI

Ad esempio, la serie

221

+ p
X
n

`e convergente, difatti per n + risulta


2n
r

n
p
np
1
n n

< 1.
=
2n
2
2

n=1

Anche la serie

+
X
(2n)n
n=1

n2n

risulta convergente poich`e per n + risulta


r
n

(2n)n
2
= 0 < 1.
2n
n
n

Si pu`o inoltre provare il seguente risultato


Teorema 8.6. Se (an )nN `e serie a termini positivi, allora

an+1
lim n an = lim
n+
n+ an
purch`e la successione a secondo membro risulti regolare.
Osserviamo che per la successione Ad esempio, considerata la successione an = log1 n risulta
r
log n
1
= lim
=1
lim n
n+
log n n+ log(n + 1)
e dunque sia il criterio del
che della radice non ci permettono
P rapporto
1
di concludere se la serie +
risulta
convergente. Osserviamo che
n=2 log n
la serie risulta divergente (confrontare con la serie armonica)
I precedenti criteri possono essere applicati solo a serie a termini non negativi, nel caso di serie a termini di segno qualunque potremo utilizzare
il seguente risultato.
Teorema P
8.7. (Convergenza assoluta) P
+
Se la serie +
n=1 |an | converge allora la serie
n=1 an converge.
Dim. Osservato che per ogni n N risulta
P 0 an + |an | 2|an |, dal criterio
del confronto otteniamo che la serie +
n=1 (an + |an |) converge. Ne segue
allora che la successione delle somme parziali
k
X
n=1

an =

k
X

(an + |an |)

n=1

risulta convergente e dunque che la serie

k
X

|an |

n=1

P+

n=1 an

converge.

222

8. SERIE NUMERICHE

P
P+
Se la serie +
e detta assolutamente
n=1 |an | converge, la serie
n=1 an `
convergente. Il precedente risultato afferma allora che la convergenza
assoluta implica la convergenza.
Come applicazione notevole proviamo che la serie esponenziale
+ n
X
x
n=0

n!

risulta convergente per ogni x R. Consideriamo la serie dei valori


P+ |x|n
assoluti
n=0 n! ed applichiamo il criterio del rapporto. Per ogni
x R abbiamo che
an+1
|x|
|x|n+1 n!
=
0
=
n
an
(n + 1)! |x|
n+1
per n +. Dal criterio del rapporto otteniamo allora che la serie
converge assolutamente e dunque semplicemente per ogni x R.
2. Serie a termini di segno alterno
Data una successione positiva (an )nN , la serie
+
X
(1)n an
n=1

`e serie a termini di segno alterno. Per stabilire se tale serie converge


possiamo applicare il seguente risultato.
Teorema 8.8. (Criterio di Leibniz)
Sia (an )nN una successione a termini non negativi. Se
(i) lim an = 0;
n+

(ii) an+1 an per ogni n N.


P
n
Allora la serie +
n=0 (1) an converge.
Dim. Osserviamo che per ogni n N, essendo an+1 an , risulta
s2n = a0 a1 + ... + a2n2 a2n1 + a2n a0 a1 + ... + a2n2 = s2n2
s2n+1 = a0 a1 + ... a2n1 + a2n a2n+1 a0 a1 + ... a2n1 = s2n1
e dunque che la successione (s2n )nN risulta decrescente mentre la successione (s2n+1 )nN risulta crescente. Inoltre, essendo an 0 per ogni n N
si ha che s2n+1 s2n e dunque che per ogni n N risulta
s1 s2n+1 < s2n s0
La successione (s2n )nN risulta allora decrescente e limitata e dunque ammette limite finito `p . Analogalmente, la successione (s2n+1 )nN risulta crescente e limitata e dunque ammette limite finito `d . Risulta `d = `p , difatti

2. SERIE A TERMINI DI SEGNO ALTERNO

223

da (i) abbiamo s2n s2n+1 = a2n+1 0. Si ottiene allora che la successione (sn )nN risulta convergente al limite ` = `p = `d e quindi che la serie
converge.


Utilizzando tale risultato si prova che per ogni p > 0 la serie


+
X
(1)n
n=1

np

converge ma non converge assolutamente per p 1.


Altro esempio di serie convergente ma non assolutamente convergenP+ (1)n
1
te `e dato dalla serie
e
n=2 log n , difatti la successione an = log n `
infinitesima e decrescente.
P
n n+2
Consideriamo ora la serie +
che non soddisfa il criterio
n=0 (1)
n
di Leibniz in quanto, pur essendo la successione an = n+2
= 1 + n2
n
decrescente, non risulta infinitesima. Osserviamo che la successione
non converge poich`e essendo lim an = 1 6= 0 non esiste lim (1)n an
n+

n+

e non risulta verificata la condizione necessaria alla convergenza.


In generale, osservato che (1)n an 0 se e solo se an 0, possiamo
affermare che se la P
successione non negativa (an )nN non `e infinitesi+
n
ma allora le serie
n=0 (1) an non converge in quanto non risulta
verificata la condizione necessaria alla convergenza.
Come ulteriori esempi vediamo alcune serie contenenti dei parametri.
La serie

+
X
( 1)n

converge assolutamente per ogni R.


n
n
n=1
Difatti dal Criterio della radice
p
| 1|
lim n |an | = lim
=0
n+
n+
n

Studiamo il comportamento della serie

+
X

n al variare di > 0.

n=0

Dal Criterio del rapporto abbiamo


(n+1)
=
n+ n
lim

e dunque che la serie converge se < 1, ovvero se < 1, e diverge se


> 1, ovvero se > 1. Infine, se = 1 allora i termini della serie
risultano costanti e pari a 1 e la corrispondente serie non converge.

224

8. SERIE NUMERICHE
+ n
X

al variare di R.
n
Controlliamo innanzitutto se converge assolutamente e dunque consiP+ ||n
deriamo la serie
n=1 n . Essendo la serie a termini non negativi
potremo applicare a tale serie il criterio della radice:

Studiamo il comportamento della serie

n=1

||
an = lim
= ||.
n+
n+ n n

Ne deduciamo che se || < 1 allora limn+ n an < 1 e dal criterio


P
n
dalla radice la serie +
n=1 n converge assolutamente e quindi semplicemente. Se invece || > 1 allora la serie non converge assolutamente
ma non possiamo dire nulla sulla convergenza semplice. Osserviamo
n
per`o che se > 1 allora n + e quindi la serie diverge, se < 1
n
allora la successione ( n )nN non ammette limite e dunque la serie non
converge.
P
1
Infine, se = 1 allora la serie diventa +
n=1 n che risulta divergente
P+ (1)
n
mentre per = 1 la serie risulta n=1 n che risulta convergente
per il criterio di Leibniz.
Riunendo quanto ottenuto, si ha che la serie converge se e solo se
1 < 1.
lim

3. Operazioni tra serie


Riguardo alle operazioni tra serie, utilizzando la definizione, si pu`o
facilmente provare
Teorema
tra serie)
P(Somma
P+ 8.9.
+
Se k=1 ak e k=1 bk sono serie convergenti rispettivamente alle somP
me a, b R, allora la serie +
k=1 (ak + bk ) per ogni , R risulta
convergente alla somma a + b e scriveremo
+
X

(ak + bk ) =

k=1

+
X
k=1

ak +

+
X

bk .

k=1

Dim. Denotate
con sn , n e Sn le somme parziali delle serie
P
P+ rispettivamente
P+
+
k=1 ak ,
k=1 bk e
k=1 (ak + bk ), risulta
Sn = sn + n ,

n N

e quindi, passando al limite per n +, otteniamo che la serie


bk ) converge e converge alla somma a + b.

Si pu`o inoltre provare

P+

k=1 (ak +

3. OPERAZIONI TRA SERIE

225

Teorema
(prodotto di serie)
P+ 8.10.
P+
Se k=0 ak e k=0 bk sono serie assolutamente convergenti rispettivamente alle somme a, b R, allora la serie prodotto (secondo Cauchy)

ck ,

dove ck =

k
X

an bkn

k N ,

(15)

n=0

k=0

converge (assolutamente) al prodotto ab e scriveremo


+
X

ak

k=0

+
X
k=0

bk =

+
X

ck

k=0

Infine vediamo il concetto di riordinamento di una serie.


Sia (kn )nN una successione tale che
P lapplicazione n 7 kn risulti biun = akn , n N, la
nivocaPda N ad N. Data una serie
n=1 an e posto
Pa

n `e detta riordinamento della serie n=1 an . Vale allora il


serie n=1 a
seguente risultato
Teorema
8.11. (Riordinamento di una serie)
P
a
eP
una serie assolutamente convergente, allora ogni suo
Se
n=1 n `
n converge e converge alla medesima somma.
riordinamento
n=1 a
La convergenza assoluta `e essenziale per provare la convergenza di ogni
riordinamento alla medesima somma della serie data. Ad esempio si
consideri la serie
+
X
(1)n
1 1 1 1 1 1 1 1
1
=1 + + + +
+ ...
n
+
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
n=0
che risulta convergente (ma non assolutamente). Denotiamo con s
la sua somma (si pu`o provare che s = log 2) e consideriamo il suo
riordinamento
1 1 1 1 1 1
1
1
1+ + + + +
+ ...
3 2 5 7 4 9 11 6
Tale riordinamento si pu`o ottenere come somma delle serie
+
X
(1)n

1
2

n=0
+
X
n=0

n+1

=1

1 1 1 1 1 1 1 1
1
+ + + +
+ ...
2 3 4 5 6 7 8 9 10

(1)n
1
= +
n+1
2

1
4

1
6

1
8

1
+ ...
10

e dunque risulta convergente alla somma 32 s. In effetti vale il seguente


risultato

226

8. SERIE NUMERICHE

P
Teorema 8.12. Sia
n=1 an una serie convergente ma non assolutamente
convergente.
Allora
per ogni R esiste un suo riordinamento
P
n convergente alla somma .
n=1 a

4. ESERCIZI

227

4. Esercizi
Determinare il carattere delle seguenti serie numeriche.
+ p
X
1.
( n2 + 1 n)3 [converge]

2.
3.
4.
5.
6.
7.
8.
9.

n=0
+
X
n=1
+
X
n=0
+
X
n=1
+
X
n=0
+
X
n=0
+
X
n=1
+
X
n=1
+
X

n4

2n + 1
+ 2n2 + 7

n3 en

[converge]

log n
2n

[converge]

esin n
n3 + 2

[converge]

log(1 +
3n

1
2n )

nn
2n n!

[converge]

n=1
+
X

en
(2n)!
n=1

 2
+
X
1 n
15.
1
n
14.

16.

[diverge]
17.
[converge]
18.

[converge]

3n!

n=1
+
X

cos(en )
n2

13.

n=1
+
X

[converge]
[converge]

p
1 + 2n 1) [conver-

ge]

[diverge]

nn

10.

[converge]

n=2
+
X

n=0

n+3
log(
)
n+1

n=0
+
X

11.

[converge]

+
X
n n
12.
n3 3n

(2n)!
(n!)2

[diverge]

+
X
n=1
+
X
n=1

en

q
1+

2
n

[converge]

log(1+ 21n )sin( 21n )


arctan( 31n )

[conver-

ge]
+ 1
X
e n cos( 31n )
19.
[diverge]
1
tan
n!
n=1
+
 1

X
20.
(1)n 3 n 1 [convern=1

ge]

log(n + 1)

3
n!
n=0

[converge]

Stabilire per quali valori del parametro > 0 risultano convergenti le


seguenti serie
1.
2.

+
X
log(1 + n )
n=1
+
X
n=1
+
X

n!

[ > 0]

log(1 + n) log n
[ > 0]
n

3.
n + n
n=1

[ > 2]

4.
5.
6.

+ e n cos 1
X
n

sin

n=1
+
X

1
n

[ = 12 ]

n (log(1 + n1 ) n1 )[ < 1]

n=1
+
X
n=1

sin 21n
n2 + n n

[ > 0]

228

7.
8.

8. SERIE NUMERICHE

+
X
1
3n

n=0
+
X
n=1

n
n2 2n

[ > 0]
[ 2]

+ n
X

n2
2
n=1
+
X
n!
10.
n2
n=1

9.

[ > 0]
[ > 1]

CAPITOLO 9

Serie di potenze

Consideriamo la serie geometrica di ragione x R:


+
X

xn = 1 + x + x2 + ... + xk + ...

n=0

Da quanto visto, tale serie converge (assolutamente) per |x| < 1 e non
converge per |x| 1. Inoltre, per ogni |x| < 1 risulta
+
X

xn =

n=0

1
1x

Se pensiamo alla ragione x R come ad una variabile indipendente


potremo vedere tale serie come serie di funzioni fn (x) = xn e dire che
1
tale serie, per x (1, 1), converge alla funzione somma S(x) = 1x
.
Pi`
u in generale data una successione di numeri reali (an )nN e x0 R,
si pone il problema di determinare i valori x R per i quali la serie di
funzioni
+
X

an (xx0 )n = a0 +a1 (xx0 )+a2 (xx0 )2 +...+ak (xx0 )k +... (16)

n=0

risulta convergente e, quando possibile, determinarne la somma. Una


serie di funzione del tipo (16) viene detta serie di potenze di centro x0
e coefficienti an . Diremo inoltre insieme di convergenza della serie di
potenze (16) linsieme I R costituito da tutti i valori x R per i
quali la serie risulta convergente.
Riconosciamo la serie geometrica come particolare serie di potenze con
an = 1 per ogni n N e x0 = 0. Per tale serie linsieme di convergenza
`e lintervallo I = (1, 1).
229

230

9. SERIE DI POTENZE

Esempi
+ n
X
x

. Abbiamo gi`a provato, utilizzando il criterio del rapporto, che


n!
n=0
la serie considerata converge (assolutamente) in ogni x R e quindi
linsieme di convergenza `e I = R.
+
X

n!xn . Osserviamo che la serie converge per x = 0 mentre per


n=0

x 6= 0 risulta
(
+
lim n!xn =
n+
6

se x > 0
se x < 0

Quindi per x 6= 0 non risulta soddisfatta la condizione necessaria alla


convergenza di una serie numerica e dunque la serie non converge per
ogni x 6= 0. Linsieme di convergenza della serie data `e I = {0}.
+
X
x
(1)n n
x . Ponendo y = possiamo riscrivere la serie come

n
2
2
n=0
+
X
y n . Tale serie converge per |y| < 1 e non converge per |y| 1.
n=0

Quindi, tornando alla variabile iniziale otteniamo che la serie data converge per |x| < 2 e non converge per |x| 2. Linsieme di convergenza
`e allora lintervallo I = (2, 2).
Negli esempi precedenti, linsieme di convergenza `e sempre un intervallo, al pi`
u ridotto ad un unico punto (il centro della serie) o coincidente
con R. Nei prossimi risultati proveremo che la propriet`a `e vera in
generale per ogni serie di potenze.
1. Insieme di convergenza di una serie di potenze
Nel seguito ci limiteremo a considerare serie di potenze della forma
+
X

an x n

(17)

n=0

con centro in x0 = 0. Difatti a tale situazione ci si pu`o sempre


ricondurre mediante la sostituzione y = x x0 .
Come primo risultato, notiamo che ogni serie di potenze della forma
(17)
convergente nel suo centro, in quanto per x = 0 si ha
P+risulta
n
n=0 an x = a0 . Vale poi il seguente risultato

1. INSIEME DI CONVERGENZA DI UNA SERIE DI POTENZE

231

Teorema 9.1. (di Abel


di convergenza su intervalli)
P+
Se la serie di potenze n=0 an xn converge per x = r 6= 0 allora la serie
converge (assolutamente) in ogni x (|r|, |r|).
P
n
Dim. Per ipotesi la serie numerica +
n=0 an r risulta convergente e quindi, dalla condizione necessaria per la convergenza di una serie, avremo che
an rn 0 per n + da cui, in particolare, che la successione (an rn )nN
risulta limitata.
Sia M > 0 tale che |an rn | M per ogni n N e sia x (|r|, |r|). Essendo
r 6= 0, otteniamo
0 |an xn | = |an rn |

|xn |
|x|
= |an rn |( )n M bn
n
|r |
|r|

P+ n
e serie geometrica di ragione b [0, 1),
dove b = |x|
n=0 b `
|r| . La serie
essendo |x| < |r|, quindi convergente. Dal criterio del confronto per serie
P
n
numeriche a termini non negativi deduciamo allora che la serie +
n=0 an x
converge (assolutamente) per ogni x (|r|, |r|).


Data la serie di potenze (17), poniamo


= sup{|r| [0, +) |

+
X

an rn converge}

n=0

Tale valore, eventualmente pari a +, `e detto raggio di convergenza


della serie di potenze (17). Dal precedente risultato otteniamo
Teorema 9.2. (sul raggio
P di convergenza)
n
Data la serie di potenze +
n=0 an x , sia [0, +] il suo raggio di
convergenza. Allora:
(i) se = 0, la serie converge solo per x = 0;
(ii) se = +, la serie converge (assolutamente) in ogni x R;
(iii) se (0, +), la serie converge (assolutamente) per |x| <
e non converge per |x| > .
Dim. Poniamo
A = {|r| [0, +) |

+
X

an rn converge}

n=0

e ricordiamo che per definizione = sup A.


P
n
(i) Per assurdo, supponiamo che esista x R con x 6= 0 tale che +
n=0 an x
risulti convergente. Allora |x| A e quindi, per definizione |x| > 0,
contro lipotesi = 0.
(ii) Sia x R, x 6= 0. P
Essendo sup A = +, avremo che esiste |r| A tale
n
che |x| < |r|. Essendo +
n=0 an r convergente, dal Teorema di convergenza
sugli intervalli avremo allora che la serie converge (assolutamente) in x.

232

9. SERIE DI POTENZE

(iii) Sia x R con |x| < . Dalla definizione del raggio di convergenza,
P
n
avremo che esiste |r| A con |x| < |r|. Poich`e +
n=0 an r converge, dal
Teorema di convergenza sugli intervalli avremo allora che la serie converge
(assolutamente) in x. Infine, sia x R con |x| > . Dalla definizione del
raggio di convergenza, avremo allora che |x| 6 A e quindi che la serie non
converge in x.


Dal precedente risultato,


riguardo allinsieme di convergenza I di una
P+
serie di potenze n=0 an xn di raggio di convergenza [0, +] avremo:
(i) se = 0 allora I = {0};
(ii) se = + allora I = R;
(iii) se (0, +) allora (, ) I [, ]. Rimane dubbio
il comportamento della serie nei punti x = .
Esempi
La serie

+
X

xn ha raggio di convergenza = 1 e non converge per

n=0

x = 1: lintervallo aperto I = (1, 1) `e il suo insieme di convergenza.


+
X
xn
La serie
ha raggio di convergenza = 2. Per il criterio
n
(n
+
1)2
n=0
di Leibniz converge per x = 2 mentre per il criterio del confronto non
converge per x = 2. Lintervallo I = [2, 2) `e quindi il suo insieme di
convergenza.
+
X
xn
La serie
ha raggio di convergenza = 3 e converge (assolun2 3n
n=0
tamente) per x = 3. Lintervallo chiuso I = [3, 3] `e il suo insieme
di convergenza.
I seguenti risultati ci permetteranno di determinare il raggio di convergenza di una data serie di potenze.
Teorema 9.3. (MetodoP
del rapporto o di DAlembert)
n
Data la serie di potenze +
n=0 an x con an 6= 0 per ogni n N. Se
esiste


an+1
= ` [0, +]
lim
n+ an
allora il raggio di convergenza della serie `e

+ se ` = 0
= 1/`
se ` (0, +)

0
se ` = +

1. INSIEME DI CONVERGENZA DI UNA SERIE DI POTENZE

233

Dim. Per x 6= 0 si ha


an+1 xn+1
= `|x|
lim
n+
an xn
Se ` = 0 allora, dal criterio del rapporto la serie converge (assolutamente)
per ogni x R e dunque = +.
Se ` = + allora la serie non converge assolutamente in ogni x 6= 0 e quindi,
dal Teorema di convergenza sugli intervalli, non converge in alcun x 6= 0.
Quindi = 0.
Se ` (0, +), dal criterio del rapporto la serie converge assolutamente per
`|x| < 1, ovvero per |x| < 1/`, e non converge assolutamente per `|x| > 1,
ovvero per |x| > 1/`. Dal Teorema sulla convergenza sugli intervalli ne
deduciamo che in questo caso = 1/`.

+
X
xn
Ad esempio, data la serie
risulta
3n n
n=1

lim |

n+

an+1
3n n
1
| = lim n+1
=
n+ 3
an
(n + 1)
3

quindi, dal precedente teorema, la serie ha raggio P


di convergenza = 3.
1
Osserviamo inoltre che per x = 3 risulta la serie +
n=1 n e dunque che
P+
n
la serie diverge mentre per x = 3 si ha la serie n=1 (1)
che risulta
n
convergente. Linsieme di convergenza di tale serie `e allora lintervallo
[3, 3).
+
X
n! n
Come ulteriore esempio consideriamo la serie
x . Abbiamo
n
n
n=0
lim |

n+

1
an+1
1
(n + 1)! nn
= lim
=
| = lim
1
n+1
n
n+ (n + 1)
n+ (1 + )
an
n!
e
n

e dunque il raggio di convergenza della serie `e = e. Osserviamo che


la serie non converge in x = e. Infatti, essendo (1 + n1 )n < e per ogni
n N, risulta
n! n
(n + 1)! n+1
e <
e
n
n
(n + 1)n+1
e dunque la successione ( nn!n en )nN , essendo strettamente crescente e
positiva, non risulta infinitesima.PDalla condizione necessaria alla con+ n! n
vergenza ne segue che la serie
n=0 nn x diverge in x = e mentre
risulta indeterminata in x = e. Otteniamo allora che linsieme di
convergenza della serie data `e lintervallo aperto (e, e).
Utilizzando il criterio della radice per serie numeriche si pu`o provare,
in modo analogo, il seguente risultato.

234

9. SERIE DI POTENZE

Teorema 9.4. (MetodoPdella radice o di Cauchy-Hadamard)


n
Data la serie di potenze +
n=0 an x , se esiste
p
lim n |an | = ` [0, +]
n+

allora il raggio di convergenza della serie `e

+ se ` = 0
= 1/`
se ` (0, +)

0
se ` = +
+
X
xn
Ad esempio, data la serie
risulta
3n2
n=0

1
=0
3n
quindi, dal precedente teorema, la serie ha raggio di convergenza =
+ e dunque linsieme di convergenza `e R.
lim

n+

p
n
|an | = lim

n+

I precedenti risultati si applicano, mediante semplice traslazione, anche


a serie di potenze centrate in x0 6= 0:
+
X

an (x x0 )n .

n=0

Ad esempio, vediamo di determinare linsieme di convergenza della serie


+
X
(x + 1)n
. Dal criterio di DAlembert abbiamo
n
n2
n=0
lim |

n+

an+1
n2n
1
| = lim
=
n+1
n+ (n + 1)2
an
2

e dunque che la serie data ha raggio di convergenza = 2. Ne segue che


la serie converge (assolutamente) per |x+1| < 2 ovvero per 3 <
Px < 11
e non converge per |x + 1| > 2. Per x = 1 la serie diventa +
n=0 n
P+ (1)
n
e dunque diverge, mentre per x = 3, la serie risulta
,
n=0
n
convergente per il criterio di Leibniz. Ne segue allora che linsieme di
convergenza della serie data `e lintervallo [3, 1).
2. Derivata ed integrale di una serie di potenze
P
n
Data una serie di potenze +
n0 an x di raggio di convergenza > 0,
sappiamo che la serie risulta (assolutamente) convergente in ogni |x| <

2. DERIVATA ED INTEGRALE DI UNA SERIE DI POTENZE

235

e denotiamo con S(x) la sua somma:


S(x) =

+
X

an x n ,

x (, )

n0

Nei prossimi risultati vedremo di stabilire le propriet`a di tale somma e,


se possibile, di determinarla esplicitamente. Osserviamo innanzitutto
che per ogni n N i termini fn (x) = an xn sono derivabili in R, e
dunque continui ed integrabili, con
Z x
an n+1
0
n1
fn (t) dt =
e
fn (x) = nan x
x
n+1
0
e che le serie
+
X

nan x

n1

n=1

+
X
an n+1
x
n+1
n=0

sono serie di potenze,


P+detten rispettivamente serie derivata e serie integrata della serie n=0 an x . Ci chiediamo dove tali serie risultano
convergenti e quale relazione sussiste tra la somma di tali serie e la
somma S(x). Vale il seguente risultato
Teorema
9.5. (derivazione ed integrazione di serie di potenze)
P
n
a
Sia +
n=0 n x serie di potenze di raggio di convergenza > 0 e sia
S(x) la sua somma:
S(x) =

+
X

an x n ,

x (, ).

n0

Allora
P
n1
(i) S(x) `e derivabile in (, ), la serie derivata +
n=1 nan x
ha raggio di convergenza e somma S 0 (x):
S 0 (x) =

+
X

nan xn1 ,

x (, ).

n=1

P
(ii) S(x) `e integrabile in (, ), la serie integrata +
n=0
Rx
ha raggio di convergenza e somma 0 S(t) dt:
Z x
+
X
an n+1
S(t)dt =
x , x (, ).
n
+
1
0
n=0

an n+1
x
n+1

P
n1 ha
Dim. (i) Proviamo innanzitutto che la serie derivata
n=1 nan x
0
raggio di convergenza . Infatti, sia il suo raggio di convergenza. Se

236

9. SERIE DI POTENZE

|x| < 0 allora dal Teorema sul raggio di convergenza la serie


risulta convergente e poich`e

n=1 |nan x

n1 |

|an xn | = |x||an xn1 | |nan xn1 |, n |x|,


P
n
dal criterio del confronto segue che la serie
n=0 an x risulta convergente e
0
dunque che |x| . Si ha allora che .
Viceversa, sia |x| < , preso w R con |x| < |w| < risulta


x n1
n x n1

n1
n1
|nan x
| = n|an |
|w|
=
|an wn |.

w
|w| w


n x n1
Poich`e, essendo wx < 1, risulta |w|
0 per n +, avremo che
w
esiste N tale che
n x n1
< 1 per ogni n .

|w| w
Allora, per n risulta
|nan xn1 | < |an wn |
P
n
e dunque, dal
e poich`e |w| < , la serie +
n=0 |an w | risulta convergente
P+
n1
. Ne segue
criterio del confornto, sar`
a tale anche la serie
n=1 nan x
allora che |x| 0 da cui 0 . Quindi 0 = .
Proviamo ora che S(x) `e derivabile e che la somma della serie derivata D(x)
coincide con la derivata S 0 (x) per ogni |x| < . Dato |x0 | < consideriamo
0)
il rapporto incrementale S(x)S(x
. Dalla definizione di somma della serie
xx0
abbiamo
k

n=0

n=0

n=0

X
X
X xn xn
S(x) S(x0 )
1
0
= lim
(
an xn
an xn0 ) = lim
an
k+ x x0
k+
x x0
x x0
Dalla formula di Taylor di ordine 1 con resto di Lagrange applicato alla
potenza xn , per ogni n N abbiamo che esiste n compreso tra x e x0 tale
che
n(n 1) n2
xn = xn0 + nxn1
(x x0 ) +
n (x x0 )2
0
2
dunque
k

n=0

n=0

X
X n(n 1)
S(x) S(x0 )
= lim
nan x0n1 + (x x0 )
an nn2
k+
x x0
2
Per ogni n N si ha che n risulta compreso tra x e x0 e quindi che |n | r =
P
n(n1)
max{|x|, |x0 |} < . Poich`e la serie +
an rn2 risulta convergente
n=0
2
P+ n(n1)
(difatti, per quanto sopra provato, la serie
an xn2 `e serie di
n=0
2
potenze di raggio di convergenza ), dal criterio del confronto deduciamo

2. DERIVATA ED INTEGRALE DI UNA SERIE DI POTENZE

237

P
n(n1)
che la serie +
an nn2 converge ad una somma che denotiamo con
n=0
2
P
n1
s0 . Infine, essendo per definizione +
= D(x0 ) otteniamo
n=0 nan x0
S(x) S(x0 )
= D(x0 ) + s0 (x x0 )
x x0
e dunque che
S(x) S(x0 )
= D(x0 )
xx0
x x0
P
n e la serie derivata
(ii) Da (i) `e sufficiente osservare che la serie +
n=0 an x `
P+ an n+1
della serie n=0 n+1 x
e dunque, detta P (x) la sua somma risulta
S 0 (x0 ) = lim

P 0 (x) = S(x).
Dal Teorema fondamentale del calcolo integrale e dalla caratterizzazione
delle primitive si ottiene allora
Z x
Z x
S(t) dt =
S(t) dt.
P (x) = P (0) +
0


P+

Ad esempio, consideriamo la serie geometrica n=0 xn avente raggio


1
per ogni x (1, 1).
di convergenza = 1 e somma S(x) = 1x
P
n1
Dal precedente risultato otteniamo che la serie derivata +
n=1 nx
1
ha raggio di convergenza = 1 e somma S 0 (x) = (1x)
2:
+
X

nxn1 =

n=1

1
,
(1 x)2

P
Analogalmente, la serie integrata +
n=0
Rx
1 e somma 0 S(t)dt = log(1 x):

|x| < 1.
xn+1
n+1

+
X
xn+1
= log(1 x),
n+1
n=0

ha raggio di convergenza

|x| < 1.

Applicando iterativamente il precedente risultato si ottiene


P
n
Teorema 9.6. Sia +
n=0 an x serie di potenze di raggio di convergenza
> 0 e sia S(x) la sua somma:
S(x) =

+
X
n0

an x n ,

x (, ).

238

9. SERIE DI POTENZE

Allora S(x) `e funzione derivabile infinite volte in (, ) e per ogni


k N risulta
S

(k)

(x) =

+
X
n=k
+
X
n=k

n(n 1)(n 2)...(n k + 1)an xnk


n!
an xnk ,
(n k)!

x (, ).

In particolare, per ogni k N, risulta ak =


S(x) =

+
X
S (n) (0)
n=0

n!

xn ,

S (k) (0)
e dunque vale
k!

x (, ).

Generalizzando i precedenti risultati ad una generica serie di potenze


di centro x0 , otteniamo che se S(x) `e la somma della serie di potenze
P
+
n
n=0 an (x x0 ) di raggio di convergenza > 0 allora S(x) risulta
derivabile infinite volte in (x0 , x0 + ) e vale
S(x) =

+
X
S (n) (x0 )
n=0

n!

xn ,

x (x0 , x0 + ).

Diremo che la funzione S(x) `e sviluppabile in serie di Taylor con centro


x0 .

3. Serie di Taylor
Data una funzione f (x) derivabile infinite volte in (a, b), per ogni x0
(a, b) `e lecito considerarne la serie di Taylor con centro x0 definita come
+ (n)
X
f (x0 )
n=0

n!

(x x0 )n .

` naturale chiedersi se tale serie (di potenze) risulta convergente in


E
(a, b) e se la somma coincide con f (x). La risposta `e in generale
negativa, si pensi ad esempio alla funzione
( 1
e x2 se x 6= 0,
f (x) =
0
se x = 0.
Tale funzione risulta derivabile infinite volte in R e risulta f (n) (0) = 0
per ogni n N. La corrispondente serie di Taylor con centro x0 = 0

3. SERIE DI TAYLOR

239

risulta quindi banalmente convergente a 0 e non a f (x):


+ (n)
X
f (0)
n=0

n!

xn = 0,

x R.

Vale per`o il seguente risultato che fornisce una condizione sufficiente


alla convergenza della serie di Taylor alla somma f (x).
` in serie di Taylor)
Teorema 9.7. (di sviluppabilita
Sia f (x) una funzione derivabile infinite volte in (a, b). Se esistono due
costanti M, L 0 tali che

|f (n) (x)| M Ln

x (a, b), n N,

allora, per ogni x0 (a, b) si ha


f (x) =

+ (n)
X
f (x0 )
n=0

n!

(x x0 )n ,

x (a, b).

Dim. Fissato x0 (a, b), per ogni k N poniamo


Rk (x) = f (x)

k
X
f (n) (x0 )
n=0

n!

(x x0 )n

e proviamo che per ogni x (a, b) risulta Rk (x) 0 per k +. Osservato


(n)
P
che kn=0 f n!(x0 ) (x x0 )n `e il polinomio di Taylor di ordine k della funzione
f (x) centrato in x0 , scrivendo il resto in forma di Lagrange abbiamo che
esiste compreso tra x e x0 tale che
Rk (x) =

f (k+1) ()
(x x0 )k+1
(k + 1)!

Dalle ipotesi segue che


|Rk (x)|

M Lk+1
|x x0 |k+1
(k + 1)!

e dunque, dalla gerarchia degli infiniti, che Rk (x) 0 per ogni x (a, b).


Le funzioni ex , sin x, cos x, sinh x e cosh x verificano le ipotesi del precedente Teorema e risultano quindi sviluppabili in serie di Taylor nel
loro dominio. Elenchiamo di seguito gli sviluppi di Taylor centrati in
x0 = 0 di tali funzioni:
ex =

+ n
X
x
n=0

n!

, x R (serie esponenziale)

240

9. SERIE DI POTENZE
+
X
(1)n 2n+1
x
,xR
sin x =
(2n + 1)!
n=0

cos x =

+
X
(1)n

(2n)!

n=0

sinh x =

+
X
n=0

cos x =

+
X
n=0

x2n , x R

1
x2n+1 , x R
(2n + 1)!

1 2n
x ,xR
(2n)!

Riguardo alla funzione logaritmica log x, abbiamo che per ogni |x| < 1
risulta

X
xn
log(1 + x) =
(1)n+1
n
k=0
Infatti, ricordando che
+

X
1
xk
=
1 x k=0

|x| < 1,

sostituendo x con x si ottiene


+

X
1
=
(1)n xn ,
1 + x n=0

|x| < 1,

e dal Teorema di integrazione delle serie di potenze deduciamo che


Z x
+
X
1
xn+1
log(1 + x) =
dt =
(1)n
, |x| < 1.
n
+
1
0 1+t
n=0
Per la funzione arcotangente, con ragionamento analogo al precedente,
osservato che
+

X
1
=
(1)n x2n
D(arctan x) =
1 + x2
n=0

|x| < 1,

dal Teorema di integrazione delle serie di potenze otteniamo


Z x
+
2n+1
X
1
n x
arctan x =
dt
=
(1)
, |x| < 1.
2
2n
+
1
0 1+t
n=0

3. SERIE DI TAYLOR

241

Riguardo infine la funzione (1 + x) , si ha che per ogni R e ogni


|x| < 1 risulta
 
X
n

(1 + x) =
x , (serie binomiale)
n
n=0
dove
 

( 1)( 2)...( n + 1)
=
n
n!
Infatti, dal criterio del rapporto si pu`o provare che la serie a secondo
membro ha raggio di convergenza = 1 e dunque che la serie converge
(assolutamente) per |x| < 1 mentre non converge per |x| > 1. Per
provare che la serie converge a (1 + x) , detta S(x) la somma della
serie, per |x| < 1 dal Teorema di derivazione otteniamo
 



+
X
n1 X

0
S (x) =
n
x
=
(m + 1)
xm
n
m
+
1
n=1
m=0
da cui, osservato che



 
 

(n + 1)
+n
=
n+1
n
n
otteniamo
 



+
X
X
n

n
n
x
(n + 1)
x +
(1 + x)S (x) =
n
n
+
1
n=1
n=0




+  

X
X

n
n
((n + 1)
+n
)x =
x = S(x).
=
n
n
n
n=0
n=1
0

Ne segue che
S 0 (x)

=
S(x)
1+x
ed integrando ambo i membri, essendo S(0) = 1, risulta
Z x 0
Z x
S (t)

log(S(x)) =
dt =
dt = log(1 + x)
0 S(t)
0 1+t
e dunque S(x) = (1 + x) .
Come applicazione dei precedenti sviluppi notevoli e del Teorema di
derivazione ed integrazione di serie di potenze, vediamo di determinare
lo sviluppo in serie di potenze di una data funzione derivabile infinite
volte.

242

9. SERIE DI POTENZE

Esempi
Sviluppare in serie di potenze centrata in x0 = 0 la funzione f (x) =
x log(1 + x). Per quanto ottenuto sopra risulta
+
X

xn+1
log(1 + x) =
(1)
,
n+1
n=0
n

|x| < 1

da cui
+
+
n+2
m
X
X
n x
m x
x log(1 + x) =
(1)
=
(1)
, |x| < 1
n + 1 m=2
m1
n=0
P
m xm
Si osservi che la serie +
n=0 (1) m1 ha raggio di convergenza pari a
1 e dunque lo sviluppo vale per |x| < 1. Si ha inoltre che per il criterio
di Leibniz la serie converge per x = 1 e si pu`o provare che la somma `e
f (2) = log 2 = limx1 x log(1 + x). Ne segue che lo sviluppo precedente
vale per ogni x (1, 1].

Determinare lo sviluppo in serie di potenze centrata in x0 = 0 della


x
funzione f (x) = (1+2x)
3 . Dallo sviluppo
+

X
1
(1)n y n ,
=
1+y
n=0

|y| < 1

derivando due volte otteniamo


+
X
1

n(1)n y n1 ,
=
(1 + y)2
n=1

|y| < 1

e
+

X
2
=
n(n 1)(1)n y n2 ,
(1 + y)3
n=2

|y| < 1

Ponendo y = 2x otteniamo allora


+

2
1X
=
n(n 1)(1)n 2n xn2 ,
(1 + 2x)3
4 n=2

|x| <

1
2

da cui
+

x
1X
f (x) =
=
n(n 1)(1)n 2n xn1
(1 + 2x)3
8 n=2
+
1X
=
(m + 1)m(1)m+1 2m xm ,
4 m=1

1
|x| < .
2

3. SERIE DI TAYLOR

243

Determinare lo sviluppo in serie di potenze centrata in x0 = 0 della


funzione f (x) = (1 + x2 ) sin x. Per ogni x R abbiamo
+
X
x2n+1
(1)n
(2n + 1)!
n=0

sin x =
e dunque

(1 + x2 ) sin x = sin x + x2 sin x


+
+
2n+3
2n+1
X
X
n x
n x
+
(1)
=
(1)
(2n + 1)! n=0
(2n + 1)!
n=0
+
+
2n+1
X
X
x2n+1
n x
(1)
=
+
(1)n1
(2n + 1)! n=1
(2n 1)!
n=0
+
X
(1)n (
=x+

=x+

n=1
+
X

(1)n

n=1

1
1

)x2n+1
(2n + 1)! (2n 1)!

1 2n 4n2 2n+1
x
(2n + 1)!

Vediamo ora allopposto come determinare la somma di una serie di


potenze e di alcune serie numeriche.
Esempi
Determinare la somma S(x) della serie di potenze

+ n
X
5
n=0

n!

xn .

Ricordando che
y

e =

+ n
X
y
n=0

n!

x R,

ponendo y = 5x otteniamo
S(x) =

+ n
X
5
n=0

n!

xn = e5x ,

xR

Determinare la somma S(x) della serie di potenze


Da
+

X
1
=
xn ,
1 x n=0

|x| < 1,

+
X
xn
.
n
+
1
n=0

244

9. SERIE DI POTENZE

integrando otteniamo che


+
+
X
X
xn+1
xn
log(1 x) =
=x
,
n+1
n+1
n=0
n=0

|x| < 1

da cui, se x 6= 0 segue che


log(1 x)
,
x
mentre se x = 0, dal calcolo diretto otteniamo S(0) = 1.
+
X
Determinare la somma S(x) della serie di potenze
S(x) =

n=1

xn
.
n(n + 1)

Dallo sviluppo
+

X
1
xn ,
=
1 x n=0

|x| < 1

integrando due volte otteniamo


+
+ m
X
X
xn+1
x
log(1 x) =
=
,
n + 1 m=1 m
n=0

|x| < 1

e
+
X

+
X
xm+1
xm
(1 x) log(1 x) + x =
=x
,
m(m + 1)
m(m + 1)
m=1
m=1

|x| < 1

Ne segue che se x 6= 0 e |x| < 1 allora


S(x) =

+
X

1x
xm+1
=
log(1 x) + 1
m(m + 1)
x
m=1

mentre S(0) = 0.
+
X
n
Determinare la somma della serie numerica
.
2n
n=0 P
+
n
Determiniamo innanzitutto la somma della serie
n=0 nx . A tale
scopo osserviamo che derivando la serie
+

X
1
=
xn ,
1 x n=0

|x| < 1

otteniamo
+

X
1
1X n
n1
=
nx
=
nx ,
(1 x)2
x
n=1
n=0

|x| < 1, x 6= 0,

3. SERIE DI TAYLOR

da cui

245

X
x
=
nxn ,
2
(1 x)
n=0
Per x =

1
2

|x| < 1.

risulta allora
+
1
X
n
2
=
1 2 = 2.
n
2
)
(1

2
n=0

Determinare la somma della serie numerica

+
X
(n + 1)2

en

n=0 P
2 n
Determiniamo a tale scopo la somma della serie +
n=0 (n + 1) x . A
tale scopo osserviamo che procedendo come nel precedente esempio
abbiamo
+
X
x
=
nxn , |x| < 1.
2
(1 x)
n=0

Derivando otteniamo
+
+
X
X
1+x
2 n1
(m + 1)2 xm ,
n
x
=
=
(1 x)3
m=0
n=1

e ponendo x =

1
e

|x| < 1

concludiamo
+
X
(n + 1)2

en

n=0

1 + 1e
e(e + 1)
.
1 3 =
(e 1)3
(1 e )

Determinare la somma della serie

+ 2
X
n 2
n=0

2n

P
2
Vediamo innanzitutto di determinare la somma della serie +
n=0 (n
2)xn . Osservato che il raggio di convergenza della serie `e = 1, per
ogni |x| < 1 abbiamo
+
X

(n 2)x =

n=0

+
X

2 n

n x 2

n=0

+
X

xn =

n=0
2

x(1 + x)
2

3
(1 x)
1x

x + 5x 2
,
(1 x)3
dove, per calcolare
la somma della prima serie abbiamo derivato due
P
1
n
volte la serie +
x
= 1x
ottenendo
n=0
=

+
X
n=0

nxn =

x
(1 x)2

246

9. SERIE DI POTENZE

da cui

+
X

n 2 xn =

n=0

Posto x =

1
2

x(1 + x)
.
(1 x)3

nello sviluppo ottenuto, concludiamo che


+ 2
X
n 2
n=0

2n

= 2.

4. ESERCIZI

247

4. Esercizi
Determinare linsieme di convergenza delle seguenti serie di potenze.

X
2n n
1.
x
3n2
n=0
+
X
n+1 n
2.
x
2n
n=0

X
en
3.
xn
n3 + 1

4.
5.

n=0
+
X

n=1
+
X
n=1

R
(2, 2)
[ 1e , 1e ]

3n n

x
3
n

[ 13 , 13 )

6.
7.
8.
9.

2n n
x
n2

{0}

10.

+
X
xn
log n

n=0
+
X
n=0
+
X
n=0
+
X
n=0
+
X

sin n1 n
x
n

[1, 1)
[1, 1]

xn
nn log n

n2 n
x
nn

xn

2 n
n=0

[1, 1]*

Determinare lo sviluppo in serie di potenze delle seguenti funzioni


4. f (x) = x + log(1 x2 )
5. f (x) = (1 x) sin(x2 )
6. f (x) = x arctan x

1. f (x) = x sinh x
2x
2. f (x) = ex
3. f (x) = (1 + x) log(1 + x)

Determinare il raggio di convergenza e la somma delle seguenti serie di


potenze
1.
2.
3.
4.

+ 2n
X
x
n=0
+
X

n!

(1)n

n=0
+
X
n=0
+
X

[ex ]
x4n

(2n + 1)!

)
[ sin(x
]
x2

xn

x 1

[e

(n + 1)!

(1)n nxn

x
[ (1+x)
2]

n=1

* provare che la serie


P+
serie n=0 n12

5.
6.
7.
8.

+
X

n(n 1)x2n

n=2
+
X

(1)n n2 xn

n=1
+
X

(n + 3)xn

n=0
+
X

n(n + 2)xn

2x
[ (1x
2 )3 ]

[ x(x1)
]
(1+x)3
32x
[ (1x)
2]

[ x(3x)
]
(1x)3

n=1

P+

n=0 2

converge confrontandola ad esempio con la

248

9. SERIE DI POTENZE

Calcolare la somma delle seguenti serie numeriche


1.
2.
3.

+
X
n=0
+
X
n=0
+
X
n=0

1
[2( e 1)]
2n (n + 1)!

4.

1
n
2 n(n + 1)

5.

[1 log 2]

1
[2 arctan 21 ]
n
4 (2n + 1)

6.

+
X
n=0
+
X
n=1
+
X
n=0

(1)n

2n+1
(2n)!

[]

n2
2n

[6]

1 + n2
3n

[3]

CAPITOLO 10

Serie di Fourier
Sia f (x) funzione definita in R, periodica di periodo 2 ed integrabile
(secondo Riemann) in [, ], vedremo pi`
u avanti come passare al caso
generale di periodo T > 0 tramite dilatazioni. Diremo coefficienti di
Fourier di f (x) i numeri reali cos` definiti
Z
1
f (x) dx,
a0 =

Z
1
f (x) cos(kx) dx,
ak =

Z
1
bk =
f (x) sin(kx) dx,

dove k N. Si osservi che i coefficienti di Fourier di f (x) risultano ben
definiti. Infatti essendo f (x) periodica di periodo 2 e integrabile su
[, ] allora per ogni funzione g(x) continua in R, la funzione f (x)g(x)
risulta anchessa integrabile su [, ].
Si dice invece serie di Fourier di f (x) la serie di funzioni

a0 X
ak cos(kx) + bk sin(kx),
+
2
k=1

x [, ].

1. Diseguaglianza di Bessel
Sia f (x) funzione periodica di periodo 2 e integrabile su [, ].
Considerata la somma parziale n-esima della serie di Fourier
n

sn (x) =

a0 X
+
ak cos(kx) + bk sin(kx),
2
k=1

x [, ],

per ogni n N proveremo che


Z
Z
n
1
a20 X 2
1
2
2
(a + b2 ) ], (18)
|f (x) sn (x)| dx =
f (x) dx [ +


2 k=1 k k
249

250

10. SERIE DI FOURIER

da cui in particolare segue


n

a20 X 2
1
+
(ak + b2k )
2

k=1

f (x)2 dx,

n N.

Passando al limite per n + si ottiene la seguente diseguaglianza,


nota come diseguaglianza di Bessel:

a20 X 2
1
+
(ak + b2k )
2

k=1

f (x)2 dx.

(19)

P
2
Dalla diseguaglianza di Bessel in particolare si ha che la serie
k=1 (ak +
b2k ) risulta convergente e quindi, dalla condizione necessaria alla convergenza di una serie, che le successioni (ak )kN e (bk )kN risultano infinitesime. Il risultato `e noto (sotto ipotesi in realt`a meno restrittive)
come Lemma di Riemann-Lebesgue
Teorema 10.1. (Lemma di Riemann-Lebesgue)
Sia f (x) funzione periodica di periodo 2 e integrabile su [, ] allora
Z

lim

k+

f (x) cos(kx) dx = lim

k+

f (x) sin(kx) dx = 0.

(20)

Proviamo ora che vale (18). Chiaramente risulta


1

Z
Z
1
2
2
|f (x) sn (x)| dx =
f (x) dx
f (x)sn (x) dx

Z
1
+
sn (x)2 dx.

(21)

Ricordando la definizione dei coefficienti di Fourier abbiamo


2

Z
n
2X
f (x) dx +
ak
f (x) cos(kx) dx

k=1
Z
n
2X
+
bk
f (x) sin(kx) dx

a0
f (x)sn (x) dx =

= a20 +

k=1
n
X
k=1

n
X


a2k + b2k = a20 + 2
a2k + b2k
k=1

2. CONVERGENZA PUNTUALE DELLA SERIE DI FOURIER

251

Per valutare lultimo termine in (21) osserviamo che risulta


Z
Z
n
1
1 a0 X
2
sn (x) dx =
( +
ak cos(kx) + bk sin(kx))2 dx

2
k=1

n  Z
2
X
1
a0
ak cos(kx) + bk sin(kx) dx +
+ a0
=
2

k=1
 Z

n
X
1
+
cos(kx) cos(jx) dx +
ak aj

k,j=1
 Z

n
X
1
+
ak bj
cos(kx) sin(jx) dx +

k,j=1
 Z

n
X
1
+
bk bj
sin(kx) sin(jx) dx

k,j=1

Il primo integrale nella precedente identit`a risulta nullo mentre per calcolare
gli ultimi integrali si possono utilizzare le Formule di Werner* da cui risulta
Z
cos(kx) sin(jx) dx = 0

mentre
Z

(
0
sin(kx) sin(jx) dx =
cos(kx) cos(jx) dx =

se k 6= j,
se k = j.

Si ottiene allora che


1

sn (x)2 dx =


a20 X 2
+
ak + b2k ,
2
k=1

da cui la (21) ci permette di concludere come si voleva che


!
Z
Z
n
1
1
a20 X 2
2
2
2
+
(ak + bk ) .
|f (x) sn (x)| dx =
f (x) dx


2
k=1

2. Convergenza puntuale della Serie di Fourier


Vedremo in questa sezione sotto quali ipotesi la serie di Fourier risulta
convergente alla funzione. Si osservi innanzitutto che se f (x) `e funzione periodica di periodo 2 ed integrabile su [, ] allora la somma
parziale n-esima della sua serie di Fourier `e data da
Z
1
sn (x) =
f (x + t)Dn (t) dt, x [, ].
(22)

* cos(kx) sin(jx) = 12 (sin(k + j)x + sin(j k)x), sin(kx) sin(jx) =
j)x cos(k + j)x) e cos(kx) cos(jx) = 12 (cos(k + j)x + cos(j k)x).

1
2 (cos(k

252

10. SERIE DI FOURIER

dove si `e denotato con Dn (x) il nucleo di Dirichlet


Dn (x) =

1
+ cos(x) + cos(2x) + . . . + cos(nx),
2

x R, n N.

Nuclei di Dirichlet D1 , D2 e D3
Infatti, ricordando la definizione dei coefficienti di Fourier di f (x) (che
denotiamo ancora a0 , ak , bk ) otteniamo
sn (x) =
=

=
=

n
a0 X
+
(ak cos(kx) + bk sin(kx))
2
k=1
"
#
Z
n
1
1 X
f (y)
+
(cos(ky) cos(kx) + sin(ky) sin(kx)) dy

2
k=1
"
#
Z
n
X
1
1
f (y)
+
cos(k(y x)) dy

2
k=1
Z
1
f (y)Dn (y x) dy

ed operando la sostituzione t = y x ne segue che


Z
1 +x
sn (x) =
f (x + t)Dn (t) dt.
+x
La (22) segue allora dal fatto che la funzione x R 7 f (x + t)Dn (t) R `e
periodica di periodo 2 e dunque che
Z +x
Z
f (x + t)Dn (t) dt =
f (x + t)Dn (t) dt.
+x

Riguardo ai nuclei di Dirichlet, abbiamo

2. CONVERGENZA PUNTUALE DELLA SERIE DI FOURIER

253

Lemma 10.1. Per ogni n N si ha che Dn (x) `e una funzione continua,


pari, periodica di periodo 2 e tale che
Z
Z 0

Dn (x) = .
Dn (x) =
(23)
2
0

Inoltre

sin((n + 12 )x)

2 sin( x )
2
Dn (x) =

n + 1
2

se x [, ] \ {0},
(24)
se x = 0.

Dim. Come somma di funzioni continue, pari e periodiche di periodo 2,


anche il nucleo di Dirichelet gode delle stesse propriet`a. Notiamo ora che,
essendo sin(k) = 0 per ogni k N, si ha che

Z
Z
n
n 
1 X
X sin(kx)

Dn (x) dx =
+
cos(kx) dx = +
= .
2
k
2
0
0 2
0
k=1

k=1

Si osservi infine che dalla formula di addizione otteniamo che per ogni k
{1, . . . , n} risulta
1
x
1
sin((k + )x) sin((k )x) = 2 cos(kx) sin( ).
2
2
2
Sommando tale uguaglianza per k = 1, . . . , n otteniamo che se x 6= 0 allora
Dn (x) =

n
n
X
1
1 X
1
1
1
cos(kx) = +
+
sin((k + )x) sin((k )x)]
[
2
2 2 sin( x2 )
2
2
k=1

k=1

sin((n + 12 )x)
1
1
1
1
+
[sin((n
+
)x)

sin((
)x)]
=
.
2 2 sin( x2 )
2
2
2 sin( x2 )


Siamo ora in grado di provare il seguente risultato


Teorema 10.2. (convergenza puntuale della Serie di Fourier)
Sia f (x) funzione periodica di periodo 2 integrabile in [, ]. Se per
x (, ) esiste > 0 percui risulta verificata la condizione del Dini:
Z
f (x + t) f (x)
|
| dt < +,
(25)
t
,
allora sn (x) f (x) per n +, ovvero la serie di Fourier converge
a f (x):

a0 X
+
ak cos(kx) + bk sin(kx).
f (x) =
2
k=1

254

10. SERIE DI FOURIER

Dim. Da (22), (23) e (24) abbiamo che


Z
1
sn (x) f (x) =
(f (x + t) f (x))Dn (t) dt

Z
sin( 2n+1
1
2 t)
(f (x + t) f (x))
=
dt

2 sin 2t
Z
f (x + t) f (x)
1
2n + 1
=
sin(
t) dt
t
2
2
sin 2
Posto

( f (x+t)f (x)
g(t) =

sin

t
2

se t 6= 0

0
se t = 0
dalla condizione (25) ed essendo f integrabile in [, ], otteniamo che
risulta tale anche g. Allora, poich`e
Z
2n + 1
1
g(t) sin(
t) dt,
sn (x) f (x) =
2
2
dal Lemma di Riemann-Lebesgue, segue la tesi.

In modo analogo a quanto provato nel precedente teorema si pu`o provare che data f (x) funzione periodica di periodo 2 ed integrabile in
[.], se per x (, ) esiste > 0 percui risulta verificata la
condizione del Dini:
Z
Z 0
f (x + t) f (x+ )
f (x t) f (x )
|
|
| dt < + e
| dt < +
t
t
0

dove f (x ) = lim f (t), allora


tx

f (x+ ) + f (x )
a0
ak cos(kx) + bk sin(kx) =
+
.
2
2
k=1
Osserviamo inoltre che lipotesi di continuit`a non `e sufficiente per provare la convergenza puntuale della serie di Fourier* avremo invece che
la condizione (25) risulta verificata in x se la funzione risulta di classe
C 1 a tratti nel seguente senso.
Si dice che f (x) `e C 1 a tratti su (a, b) se esiste una partizione x0 =
a < x1 < . . . < xn = b per la quale risulti che f (x) `e derivabile con
0
derivata continua su (xi1 , xi ) ed esistono finite f 0 (x+
i1 ), f (xi ) per
ogni i = 1, ..., n. Se f (x) `e definita in R e risulta C 1 a tratti su ogni
intervallo (a, b) R diremo che lo `e su R. Notiamo che se f (x) `e C 1 a
tratti su (a, b) allora `e integrabile su ogni intervallo [x0 , x1 ] (a, b).
* Si pu`
o provare che se f `e funzione continua allora la successione dei polinomi di
Fejer, ottenuti come media aritmetica dei polinomi di Fourier di f , risulta ovunque
convergente ad f .

2. CONVERGENZA PUNTUALE DELLA SERIE DI FOURIER

255

Vediamo alcuni esempi notevoli.


Esempi
Serie di Fourier dellonda triangolare. Consideriamo la funzione continua in [, ] f (x) = 2 |x| estesa per periodicit`a su tutto lasse
reale. Tale funzione risulta pari e quindi risulta
Z
1
bk =
f (x) sin(kx) dx = 0 k N

mentre
Z
Z
1
2
ak =
f (x) cos(kx) dx =
( x) cos(kx) dx

0 2
(
0
se k `e pari o nullo
=
4
se k `e dispari
k2
Si ottiene allora che la serie di Fourier di f (x) `e
+
X
k=0

+
4
4 X cos(2k + 1)x
cos(2k + 1)x =
(2k + 1)2
k=0 (2k + 1)2

Essendo f (x) continua e di classe C 1 a tratti in R dai precedenti risultati


abbiamo che tale serie converge a f (x) per ogni x R. In particolare,
per x = 0 abbiamo
+

4X
1
f (0) = =
2
k=0 (2k + 1)2

e dunque che
+
X
k=0

1
2
=
.
(2k + 1)2
8

256

10. SERIE DI FOURIER

Calcoliamo la serie di Fourier della funzione f (x) = x2 in [, ],


prolungata per periodicit`a su tutto lasse reale. Tale funzione risulta
pari e quindi risulta
Z
1
bk =
f (x) sin(kx) dx = 0 k N

mentre
1
ak =

(
=

2
f (x) cos(kx) dx =

2 2
3

(1)k k42

x2 cos(kx) dx

se k = 0
se k 1

Si ottiene allora che la serie di Fourier di f (x) `e


+
X
(1)k
2
+4
cos(kx)
3
k2
k=1

Essendo f (x) di classe C 1 a tratti in R dai precedenti risultati abbiamo


che tale serie converge a f (x).

-2

Se ne deduce in particolare che per x = risulta


+
X
2
1
f () = =
+4
3
k2
k=1
2

e dunque che
+
X
1
2
=
.
2
k
6
k=1

2. CONVERGENZA PUNTUALE DELLA SERIE DI FOURIER

257

mentre per x = 0 si ottiene


f (0) = 0 =
da cui

+
X
2
(1)k
+4
3
k2
k=1

+
X
(1)k
k=1

k2

2
.
12

Serie di Fourier dellonda quadra. Nellintervallo [, ] consideriamo la funzione


(
1
se x [0, ]
f (x) =
1 se x [, 0)
estesa per periodicit`a su tutto R. Poich`e la funzione risulta dispari
avremo
Z
1
ak =
f (x) cos(kx) dx = 0 k N

mentre
Z
Z
1
2
bk =
f (x) sin(kx) dx =
sin(kx) dx

0
(
2
0
se k `e pari
=
(1 cos(k)) = 4
k
se k `e dispari
k
Si ottiene allora che la serie di Fourier di f (x) `e
+
X
k=1

+
4 X sin((2k 1)x)
4
sin((2k 1)x) =
(2k 1)
k=1
2k 1

Essendo f (x) di classe C 1 in (, 0) e in (0, ), dai precedenti risultati


abbiamo che tale serie converge a f (x) e dunque
+
4 X sin((2k 1)x)
= 1 x (0, )
k=1
2k 1

+
4 X sin((2k 1)x)
= 1 x (, 0)
k=1
2k 1

Osserviamo invece che in x = 0 e x = la serie risulta identicamente


nulla. Abbiamo quindi che la serie converge alla somma

se x (0, )
1
f(x) = 1 se x (, 0)

0
se x = 0 e x =

258

10. SERIE DI FOURIER

coincidente con f (x) in (, 0) e (0, ). Notiamo che nei punti di


discontinuit`a di f (x) risulta

f (x+
0 ) + f (x0 )
f(x0 ) =
.
2

La funzione f(x) `e detta regolarizzata della funzione f (x).

1
-

-1

Osserviamo che i polinomi di Fourier di tale funzione risultano essere


n
n Z
4 X sin(2k 1)x
4X x
cos(2k 1)t dt
f2n1 (x) =
=
k=1
2k 1
k=1 0
Z
Z
n
4 xX
2 x sin(2nt)
=
cos(2k 1)t dt =
dt
0 k=1
0
sin t
Si ottiene allora che
2 sin(2nx)
sin x
e dunque che f2n1 (x) ammette punti di massimo relativo nei punti
0
f2n1
(x) =

(2k + 1)
, kZ
2n
Si pu`o provare che nel punto di massimo pi`
u prossimo alla discontinuit`a

di f (x), 2n , il polinomio di Fourier assume, per valori di n grande, un


valore strettamente maggiore di 1:
Z

2 sin x
lim f2n1 ( ) =
dx ' 1, 18
n+
2n
0
x
Si presenta quindi un fenomeno di sovraoscillazione (detto fenomeno
di Gibbs) nellintorno della discontinuit`a di f (x).

2. CONVERGENZA PUNTUALE DELLA SERIE DI FOURIER

259

Infine, osserviamo che i precedenti risultati potranno essere estesi a


funzioni definite in R, periodiche di periodo T > 0 arbitrario ed integrabili in [T, T ]. Per tali funzioni potremo considerare la serie di
Fourier
a0 X
ak cos(kx) + bk sin(kx)
+
2
kN
dove si `e posto = T e per k N {0}
Z
Z
1 T
1 T
f (x) cos(kx) dx e bk =
f (x) sin(kx) dx.
ak =
T T
T T

Indice analitico

Algebra dei limiti, 75


infiniti, 34
finiti, 32
asintoto
obliquo, 81
orizzontale, 80
verticale, 72
Assioma di completezza, 10

estremo superiore ed inferiore, 18


fenomeno di Gibbs, 258
forme indeterminate, 36, 76
Formula
degli incrementi finiti, 119
di De Moivre, 26
di McLaurin, 147
di Taylor
con resto di Lagrange, 150
con resto di Peano, 146, 147
fondamentale del calcolo integrale,
171
funzione
ascissa, 13
concava, 129
continua, 97
convessa, 129
degli errori di Gauss, 206
derivabile, 113
di Dirichlet, 63
differenziabile, 118
iniettiva, suriettiva e bijettiva, 67
integrabile secondo Riemann, 164
inversa, 67
invertibile, 67
limitata, 75
mantissa, 63
monotona, 78
pari e dispari, 65
parte intera, 63
periodica, 65
segno, 63
seno e coseno iperbolico, 66
trascurabile, 84
uniformemente continua, 109
valore assoluto, 63

Binomio di Newton, 149


coefficienti di Fourier, 249
Condizione del Dini, 253
Criterio
del confronto
integrale, 217
per integrali impropri, 194, 201
per serie, 217
del confronto asintotico
per integrali impropri, 197, 204
per serie, 218
del rapporto, 49
per serie, 219
della radice, 220
di convessit`
a, 131
di integrabilit`
a, 165
di Leibniz, 222
di monotonia, 127
stretta, 128
cuspide, 117
derivata, 113
destra e sinistra, 115
seconda, 131
Diseguaglianza
di Bernoulli, 22
di Bessel, 250
261

262

INDICE ANALITICO

funzioni asintotiche, 83
Identit
a di Gauss, 22
insieme di convergenza, 229
insieme superiormente e
inferiormente limitato, 16
integrale
definito, 169
di Riemann, 164
improprio, 191, 192, 199
indefinito, 172
superiore e inferiore, 164
intervallo, 14
Leggi di cancellazione, 67
Lemma di Riemann-Lebesgue, 250
maggiorante e minorante, 15
massimo e minimo, 16
nucleo di Dirichlet, 252
numero di Nepero, 41
ordine
di infinitesimo, 88
di infinito, 91
parte reale e immaginaria, 24
parte intera, 20
partizione, 163
primitiva, 171
Principio di induzione, 21
Propriet`
a Archimedea, 19
punto
a tangente verticale, 117
angoloso, 116
critico o stazionario, 124
di discontinuit`
a
di prima specie, 100
di seconda specie, 100
eliminabile, 100
raggio di convergenza, 231
Regola di integrazione
per parti, 175, 186
per sostituzione, 176, 186
retta tangente, 114
riordinamento di una serie, 225
serie
armonica generalizzata, 217

binomiale, 241
derivata e integrata, 235
di Fourier, 249
dellonda quadra, 257
dellonda triangolare, 255
di potenze, 229
di Taylor, 238
esponenziale, 222, 239
geometrica, 215
numerica, 215
prodotto, 225
somma di una serie, 215
somma integrale superiore e
inferiore, 163
somma parziale o ridotta, 215
successione, 29
monotona, 40
successioni asintotiche, 52
Teorema
dei valori intermedi
primo, 104
secondo, 104
terzo, 107
del confronto tra limiti, 37, 39, 77
del differenziale, 119
della media integrale, 170
della permanenza del segno, 37, 77
di Abel, 231
di Bolzano-Weierstrass, 55
di caratterizzazione delle funzioni
costanti, 126
di caratterizzazione delle
primitive, 171
di caratterizzazione sequenziale
del limite, 73
di Cauchy, 140
di convergenza puntuale della serie
di Fourier, 253
di De LHopital, 140
di derivazione della funzione
composta, 121
di derivazione delle funzione
inversa, 122
di derivazione ed integrazione delle
serie di potenze, 235
di esistenza degli zeri, 101
di Fermat, 124
di Heine-Cantor, 109

INDICE ANALITICO

di integrabilit`
a
delle funzioni continue, 167
delle funzioni monotone, 166
di Lagrange, 125
di regolarit`
a delle successioni
monotone, 41
di Rolle, 125
di sviluppabilit`
a in serie di Taylor,
239
di Weierstrass, 105
fondamentale del calcolo integrale,
170
Metodo del rapporto o di
DAlembert, 232
Metodo della radice o di
Cauchy-Hadamard, 234
sul limite delle funzioni monotone,
78, 82
sul limite di funzioni composte, 76
sul raggio di convergenza, 231
sullinvertibilit`
a delle funzioni
continue, 108
sulla continuit`
a
della funzione composta, 98
della funzione integrale, 169
della funzione inversa, 108
delle funzioni derivabili, 118
delle funzioni monotone, 107
sulla convergenza assoluta
di un integrale improprio, 194

263

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