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Saggi

Storia, filosofia e scienze sociali

Ernesto de Martino

Morte e pianto rituale


Dal lamento funebre antico al pianto di Maria
Inmoduzione

di Clara Gallini

It ?ft VLY7

rLq4

6)

Bollati Boringhieri

vDgv%'b9o\

Indice

scientifica> r958' col titolo'


Prima edizione nella <iblioteca di cultura
tamento pasdno at pianto di Maria
dt
anco:
*on
,,it
M;;;;;;);';;;,;;;i,
r975
Edizione nell'<Universale scientifica Boringhieri>
titolo per espresso desiderio dell'autore

;; ."dtit.-.;-dei

Nuova edizione nella collana <Saggi>> zooo


RistamPa ottobre zooz
@ ,915
I diritti
parzlale
Stampat

r'1', Torino, corso Vittorio Emanuele

II'

86

riproduzione e di adattmento totale o


rofiim e le copie fotostatiche) sono riservati

rsuN 88-339-r 258-z


e Giulio Palmiei
Schema grafico della copertina di Pietro Palladino

Stampato su carta Palatina delle Cattiere Miliani Fabriano

VT

Introduzi.one,

di

Clata Gallini

Morte e pianto rituale


)

Prefazione

Inroduzione

r5

I Crisi della presenza e crisi del cordoglio


r, Il concetto di perdita della presenza, r5 z.La

presenza malata, z5
di
valori, 36 4'La
me'liattice
ptotettiva
tecnica
come
S.Lavitareligiosa
risi del cordoglio, 4z 5. Di atune teorie psicologiche del cordoglio, 48

55

z.

Il

lamento funebre lucano

r. Giustificazione metodologica della pfesente indagine


z. osservazioni sul metodo di raccolta,

f,;rji i{?!'i i it!:

f;Af\l"ft\JAL"l:

jiillr/:: {lii"llrrlil:

i rnv. tcrn

L1lli1,i!liL /i )ttt{|\lY

68

e
'jJ

etog?irica,- 55
3. stato attuale del lamento {une-

del Pianto, 78
tetto mediatore
e ritorno irrela2

rNDrcE

-roo
3.

Il lamento funebre folklorico euromediterraneo

Introduzionet'

r. Lapresenzaritualedelpianto,

Clara Gallini

ro4 z. Ebetudinestupofosa, planctasiffero8 3, La conquista del discorso protetto: la periodi zzazione el planctas in ritornelli emotivi stereotipi, r 15 4. L^

lativo e ordine della lamntazione,

del discorso proterto: l'incidenza corale dei ritornelli emotivi, rzz


del discrso proterto: i moduli letterari, mimici e melodici, rz5
L
conquista
5.
del olore,
Lu
singolurjzzazione
Z.
7. Una lamentazione aI Caito, t35
8. DeliriJdi negazione e lamento,
9, Ritualizzazlone dei conflitti susci-

.orqrrir

r3o
r38

tati dall'evento luttuoso, r44


r

jo 4.I

tneruli Lazzaro Boia


r. Nota inffoduttiva, r5o z. Dal lamento delle donne alle fiabe dei fanciullt, ,54 3.Luu.giu otturna e i giuochi lascivi, 164 4' I1 trasporto dell'ab"t iu -.t. alaline.tru e la ri;urrezione iLazzato, 166 5, Annotazioni
conclusive, r75

r78 5. Il lamento funebre antico

Riwahzzaziofl* delpbnctus, discorso pfotetto e sngolaizzazone del dolore, r78


z. Lamento, mito de morto e rituale funerario, r9z 3' Furote, lascivia, fame
e ituale {unerario, zoo 4, Una interpretazioe di K' Meuli, zo7 5' Lo
scudo di Achille, zo9

t.

2r4 6. La messe del dolore


r, Morte, lavoro e crtltta, zt4
3. Osservazioni metodologiche, zzr
5. Raccolto e passione ellino,237
7. Analisi ierogenetica, 246

zo 7.

Grandezza

z. Protoagricoltura e cerealicoltva, z16


4. Raccolto e passione dei ceteali, zz5
6. Raccolto e passione dellavite, z4z

r. [Jn uotto

uestito di gri,gio

Ernesto de Martino, professore, oltre i


docente di storia delle religioni' Priv

decadenza del Pianto Antico

z6o z. Lamento funebre e vita culturale


275 3. Israele e la disi del pianto rituale antico, z8z
elaMatetDolo4. La polemica istiana, 288 5. Il declino del pianto antico
r. Il Pianto Divino

concoffendo
in utto una vitalissima ripresa di studi che stanno
Ernesto
ullu ri.omposizione storico-critica della complessa fpy*{i
d. il;iti", di certo uno dei maggiori intellettuali del Novecento
a questo
italiano. La presente Introduzine intende contribuire
lavoro.

come modello,

in Grecia e aRoma,
rosa, 298

308

Epilogo

32r

Aggiunte
r. I ritotnelli

33r

Atlnnte figurato del Pianto

377

Bibliosrdfia

asseverativi nel Napoletano, 3zr z. Una vatiet di planctus


rintale, 3zz 3. Intorno alle <definizioni> del lamento, 324 4. Trasposizioni del lamento funebre, 325 5. Un lamento Yamana, 1zB

dici del Viareggio che cominciano

iustamente riconosciuto dai giuare all'aldil'

to il vincitote della
iamo dalle cronache
ana)>, con la tv e la
orchesffa del maestro Martolini,
belle donne
con Fiorella Boni e i Rio Rita... Nell'atrio del Royal,
un camiRepaci
Leonida
sorrisi,
;;;;;e sfoggiano smaglianti
caprese>>
pb'
<<alla
un
etnico,
.i.i- i""co boiato al coio, stile
* Ringtazio Vittotia de Palma
di accedere agli archivi de Martino
tivamente laocumentazione dell'
nel 1958 a Morte
i;;;;;f*ito

pianto titalc nel rnottd'o ntico'

IX

CLARA GALLINI

e di uasgressivit di
O" mugico, segnale di impegno.politico
i in terital e gabatdicostumi con*astivi;ll";;i"-?.ff*r.t
ne>... Che la scena, lue:tt,:cen?'.
qYeY
sulla morte seppure altrut, dl

i"

INTRODUZIONE

z. La Prim receuone

doveva convergere a rappresent


generalizzata felicit procurata
danni della guerra e I'imminente e
ei nuovi consumi'
i

-ottdo

osservto che

il

trasgressore sia

citazione.
In quegli anni,la vi
delle cronache che ne
zio in inteti Paginoni
varie tendenze Politiche - e
schieramenti ideologici - co
nate di Morte e Piunto rituale, Pr
ste all'autote, che nonbanalizz

go per comPerarsi un vestito


o--ou.nie. La cultura, da
stretto, e magati rimediato>>

afLatto
vita, in
Aldo S

care, ed una Persino inquieta

cit'in cui sembrano far tutt'

in presenza

si ffasforma
Appena evocat-o, lo spettro dello iettatore
patla aivivi' e per i vivi)> consciamanica: * un iiUi'o che davvero

cluder 1'articolista

del premio
Del libto si coglie f interrog
posto dal brano eiFtmrnenti
ttirio di Motte e Pia'nto rituale:
La domanda fa a sfondo ad
il lettore attraverso tutte
lica indirizz t^ a;qqvnto

XI
CLARA GALLINI

sieme ad essi

i vivi,

rNrRoDuzIoNE

costruendoli entrambi comg 9ss:ri distinti


in modi Positivi' E una quee come tale comincia ad essere
restituir i modi con cui deter-

>>

ilanciatadal sociovarie testate, que, in questo scorboom industriale


iale contro lamenti
di Domenico
mente titolare un articolo
cui si affermava che:

Procedono concretamente
minuziasi disPiega nella Prima

ne

1,

zi
Paiono Pur

di interio-

iano domi-

Lepremesse,di*r:iff'm:*:*'liidl,li1'.::'.",1ij":'1;'
-i

?ti':tfi

for

;;p"*t

di op.rar-t,rl
,arebb. ruPP.t.ntuto dalla I

Eppure ProPrio I'interrogativo


biamo fare dei morti? - resta,
Iazione. E questo fu il Punto
bro - Parve a tutti come cruc
Alf intertogativo si Pote
persin oPPosto' Non Poche
cettezze nelle sorti umane e
tiniano, ma semPlificate e Pers

J;:

iH

i'

di occuPare'

i"r ziatii a e il

av o

ro

sserivano altre Posi"modi di misurarlo


stesso evocati come
era loro consentito

"

rianto
per

'olte
psicologico,
piano
Sul
ficati.
-sembrano
tenza eUblitr incommensurabili ri
vissute in Pi moderni contesti' S
rare come <Atlantidi sommerse)>
che rinvia a orizzontidi significat
t simbolica del lamento funebre c
sua nuova concezlone
bossentemente efosa dal cristianesimo, con la
cale' in ogni tempo e
illlu;Jitu ot... Ma non i
mPromissori ne Punebte messo laParola
dei possibili titoli
uno
stato
era
o
marginalizzazione'
imo della
sostenere I'immagine positiva
insomma
sembrerebbe
L'autore
sua ruggiunta
di una modernit priva di ombre e fantasmi, nella
,ol.r, Le esorcismo contfo la morte, che

iustets wrcil <<produstalizzazione

i in ltalia>

DoPo aver valorl


il ricorso a Freud t

artenzione
lotto, sugli
sua
;e>>, al termin-e della
tra le
suggerisce una compatazoe
recensione, E-iliot'vadio
e <<i
lucani
ti tot'tudini
tematiche .'nt""l ;'i;";i?i"'uti
crisi
una
ltura durante
sosni di w analizzan
si del cordoglio di un
dei cordoglio>' Ma
ona cultura - rimane
soggetto di tal gen'
bbe quanto meno prosospesa in un vuoto

,x'H11,l:'::i3

blematizzato'' .

I
che nella sua entusiaDiversa la Posizi
:"^'^;;,'
stica recensione
'
l'unica strada Petco
alla ProsPetttr' ,a di un
Morn
di
ad esordio
altro-mododi sentire'
superamento della
proprlo
coscienza moderna' consiste
anch'esso Ut" p'tn te alla

Po

Jl:Ti1i:::;i3

lTrannelaconclusione'lcontenutodellarecensionediSetvadiorispondeaitemiche
nel fondo
r"*".u ui"ii"i; ,^'^ i,.si onset'a
'

de Mattino gu r'"
Servadio (Roma)

i"i.i]'j,,.,i,

'',

XIII
CLARA GALLINI

INTRODUZIONE

nico' irriPetibile>>' ne indivi


iI rrtorno
teresse Per il mito e
e
)>, e ne segnala I'autonomta

XII

di trascennell'opposto: ' '. un rifiuto di d.ealizzarLa., i superatla'


Thomas
Dylan
da
scritti
1versl
derla>. E cita,a questo proposlto,
in occasione della morte del padre'
r
,.
^-dentro di noi,
on_r.rso della -;. Liquidazione del morto
segretamente
.on rrt lavoro sbrigativo, ma dagli esiti fotse sempre
un testo di
Citati
Pietto
di
p.r . iirt,rrUur,i.'Lu'r...ntine
io per la
eccezionale prrgnun u,degno di ricon
Martino
iunuche iimo"stra nellegg
f;;;;.
una percome un precipitato di materiali tumult
al cui interno si
;;; iluod.u di una crisi della cultura
morte e sul
della
riti
i;;;;;;h. rr.iq.rri"". sui significato deicentralt
nella societ
to dull'uppurente croo della loro

;;;;"1;i,
borghese'
--Gt

1:- ,^ .
_ scrive citati- <<uno studio in cui si
inaga la sittazione-limite fra I'uomo
quas
e I'indistinto; la vitalit pura>>' E,
non
1
a
Mattino avrebbe esplorato di

ilrnondo

magi.co

luisce u
entesimo secolo, che <ha rappresto dramma>>' Ma questo - Pro-

entro cui si bilanciala tenino, comunque fedele alla sua


Cos'
fotmazione culturale ctociana e storicistica'
territori della follia, del puro dolore'
tti sempre presente' con I'altro occhio'
qu l, \' i,iu'ionale diven ta tazionale'

ra i Pochissimi,
questione
sulla
Per de Mar

Citati

libro: la teoria del mito e


ln ptzltica concfeta e ind
de[ricerca teorica demat
che d molto da
scientifica di quegli anni rrnr- gre.ve lacuna
riflettere.
(seppur- paruiale) correttezuanto a Citati - con una certa
del rito ne sottolinea
demartinina
za _ lasua lettera e[a teoria
astorica che fa s
<<chiave
la centralit .f r"o.11 de[a ripetizione,

entativo'
'oggi non sembra del tutto Pactconde, alle volte'

col dolore, gli fa

la suPerficie col-

a differe

zonasempre

gtatarc al rito come una


nza de Martino' sembra

sorta di bene Perduto:


Ilritononpunasceredallacivilte||'understatenxentedeisentimenti.prolt"* la disperazione' e Ia sl splnge'
curati ed ambigui,

*^

'i'*;i;;t
la si mima, fino aI Parosslsmo'

'i

xv
CLARA GALLINI

XIV

diazione simbolica. Che appunto qui ci fosse un nodo duro da risolvere era uno dei compiti teorici che I'autore d Morte e pianto rituale

prima ancora di suggerire al lettore doveva anar ponendo a

INTRODUZIONE

re la cosidd etta tae <<meridionalistica>

doc.rm.ntario di cui si
del forte investimento
ncentrano i risultati di una mole

se

stesso.

Come si vede, di mateta messa al fuoco ce ne fu molta. E I'ampia e non banale risoanza mediatica di cui Morte e pianto rituale
godette in quei giorni aveva innescato un dibattito, o comunque
l'inizio di una riflessione, che avrebbe potuto incidere anche sul
piano della ricerca antropologica. Effimera, quella suggerita dal
Viareggio del r958 fu per un'occasonemacatai non si tealizz,
di fatto, un reale confronto di metodo, capace di innescare analisi, approfondite e pertinenti, sulla narua e le forme delle prati
che simboliche che si attivano nei confronti della morte di un essere
umano, n una societ data.
Ne testimoniano le ulteriori recension pubblicate su riviste
scientifiche, o dvaa cultura, a ridosso dell'uscita del libro. Due
pregevoli critiche filosofiche (Carlo Azzimontie Carlo Tullio Altan)
- circospettala pm4 estremamente puntuale la seconda - anahzzano il concetto demartiniano di <crisi della presenza>>, che, come
vedremo, si approfondisce e riformula in Morte e pianto ritaale.
Si aggiungono le precise note di un antichista (Vittorio Citt) e
quelle, pi arruffate, di un noto sociologo cattolico (Francesco Crespi), che dopo aver elogiato I'analisi del compianto di Maria conclude rivalutando il senso cristiano della morte e avanzando appelli
alla Fede alla Vetit e allaVita. E questo tutto, o quasi. Con le
sole eccezoni di Tullio Tentori e di Vttorio Lanternari (in interventi peralto assai rapidi) tacciono ptoprio i rappresentanti dei campi
pi caratterizzantla cerca di Morte e pianto ri.tuale: gli studiosi
di etnologia, di storia delle religioni e delle tradzionpopolari. Il
che non pu non lasciare - come eufemisticamente si direbbe perlomeno perplessi circa certi abiti accademici... d'alti tempi.

3. Qaestioni di linguaggio
Morte e pia.nto rituale un libro indubbiamente ponderoso, ben
diverso dalle altre due monognie (Sad e ruagia, La Tena del Rimorso) che, in breve successione temporale, atriveranno a compor-

il,i:H';f;tr"J,;

di lavoro lungo e sistematico'

Ma anche un libro eccenttico,


espositiva' Non
<<classica>, in cui
<us funebri> di
a :ua ttatlazione storica sistema
sva nat1.l'ta

serie

di no

essenziali,

ante
SPer
ce lo

attivate nel cotso delf intero pro-

cedimento'

fu a suo tempo perceerno di una discussione originaanno da tutti indicato come molto
il fatto che il Primo Premio Viae
teggio venisse attribuito a un testo di saggistica lnon 1l i:":il:
dopo 1I premlo
trla. Wu solo la qlrafta volta - si rimarcava assegnato all'oPera Postuma di
di Aituro CarloJemolo nel r94
a Vasco Pratolini) nel r955"' E
-fr*", .* t'i^pli-iitu-rrchizzazione dei due generi, si ribadiva
;ii;'"Jt ;;;;i iu ."ipo'.uta simbolica andavaoltre quella
a
del premio stesso' L'
.tpii-..ti in metito
,1t
.aito aespliciti app
r. ,.
,, --t-o:

;dilt.h.iro.rarruno

e del testo

un consenso capace ditravahcare quegli stessi

XVI

CLARA GALLINI

schieramenti ideologici, peraltro cos rigidi e definitori in tempi


d guerra fredda. Provenienti da personaggi diversissimi quali Carlo
Bo, Enrico Falqui, Leone Piccioni, Giancarlo Vigorelli, da un lato,
Gian Carlo Femett, Carlo Salinari (uno dei pi duri), dall'altro,
queste posizioni critiche ci appaiono oggi forse anche segnali della
percezione di nuovi fermenti e non pacificate contraddizioni. Da
un lato,l'erosione del campo letteraro dapate delle nuove forme
di romanzo-inchiesta cos caratteristiche di molte scritture <<impegnate)> di quegli anni poneva non pochi problemi, a destra come a sinstra. Dall'altro - ed l'aspetto che a noi maggiormente interessa -la stessa <<confusione di generi>> cos evidente nella scrittura
demartiniana poteva anche essere spia delle difficolt inconrate
dall'etnologia e dalla demologia taliana ad aprirsi a nuove e pi
attuah, problematiche, rinnovando dall'interno il proprio linguaggio.
Difficile, oscuro, per gli uni (Cesare d'Onofrio), iniziatico e possentemente evocatore per gli almi (Domenico Sassoli), il linguaggio demartiniano era l'aspetto del libro che parve pi problematico, al di l della scomodit stessa del suo argomento. Persin owia,
I'analoga con l'autore della Scienz ltuoua - opera cui ogni testo
del nosro studioso tibuta riconoscimenti quasi di rito - presente nei due ra i pi attenti recensori di Morte e pinto ritaale
(Piovene e Citati), che non solo per ragoni di mestiere dimosrano
di cogliere le problematiche novit del linguaggio di de Martino:
una scrittura, con tuttala sua urgenza che preme sui pi o meno
consolidati steccati tra saggistica e letteratura. Personalmente,
ritengo che in questa cos tipica e pressante inrusione dell'autore
nel testo risiedano molte ragioni dell'efficacia - ota attrattiva on
repulsiva - di una scrittura che tende ad imporsi come fatto etico
e di comunicazione, al di 1 della severit dell'impianto metodologico che la sottende.
Segnale di una modernit inquieta, della scrittura di de Martino Citati coglie I'eclettismo come caratteristica pi visibile:
Certamente de Martino dispone di una dote, molto felice, di invenzione
e di definizione metaforica. Meno consenso potr suscitare la congestionata,
variopinta e barbarica congerie dei materiali linguistici con i quali costruito
Morte e pianto rituale nel mondo antico. La psicanalisi, il marxismo, I'esistenzialismo, Croce, la ctica letteraria, non manca nulla: ogni linguaggio
ha lasciato a de Martino i suoi termini tecnici. Di questo mostruso saccheggio, compiuto con una vitalit molto meridionale, restanto dappertutto

xvII

INTRODUZIONE

le racce, i detriti, come gli ideogrammi


suo inelese. Non che de Martino non

li

abbi"a impiegati al punto giusto' Ma

ouello che si dice un ricercatore e uno

iur"..nt.

teorica. La sua intelligenza

Insomma, ci chiediamo con lui, un de-Mar


ratoredi <gneri.onf,rrio, alla ricerca di un
rendere il s"uo complicato percepitsi come
-m
ford Geert, u ,ugg
nate, ma Citati nl
unuttdo oltre la co

esplo'
pace di

Clifnlazioervento
Viaregnon sia
gi", p* .Lti."rri ,. I'attitudine
<il pi
r.rrii.ru caratteristica di de Martino, ma piuttosto forse
grande dei vizi modetni>.

4. Riprese uitiche
Riformulato in termini molto diversi da quelli di de Martino
prescindendone dalla conoscenza - ma anche immeritamente
atI'interrogativo sul ((senso della morte>> e
acteggiarsitispetto al proprio e all'.altrui.
so.iio com. uno dei temi dominanti nel di
fico e storico di buona parte della cultura europea - soprattutto
di matrice ftancese - degli anni settanta'
appunto in sintomatica con
ressi per queste tematiche che un
e pianto ritule comincia a essere
nnt. al suo oggetto. La Preced

iiliii.-po.upor'"bb..oessere:^:f;";:;;:',u;i"l;;Il;:t,

ra egemonia e subalternit cultu


st'ultima, di certo consona all'ottica de
a focahzzarcl'oggetto sottoposto al suo

che

CLARA GLLINI

XVIII

delle ragioni per cui in tutti quest


e stratificato come Morte e Pianto
di striscio nell'nteresse di una crit
dimensioni del testo, che oggi ci sembrano pi considerevoli.

la prima analisi dell'espressione codificata delle emozioni e delle credenze


sui'defunti ... molto prima che, sotto l'influenza delle ricerche francesi, gli

riorici ituliuni

zionitra i vivi e i morti


della vita e della morte.

mente

n.i loto campo di ricerca la-questione delle rela-

reinteg'rassero

che diversa da quella delle rappresentazioni

(tq8) e daMaa

Serena

Mirto (tggo) rispettivamente per

o collettivo, un cordoglio che sempre socialmente e culturalmente

condizionato e che dunque non pu mai manifestarsi nelle forme

INTRODUZIONE

xIx

di ffodi quella <<ffisi>> nuda e cruda, di cui de Martino riterrebbe


cennodo
questo
Su
stotiche'
e
uur 1. testimonian ze etnograiiche
di
oggi
decidessimo.
se
itul. ,ur"bbe impossibil. on convenire,
in
attivano
si
condurre una ricirca sulle pratiche simboliche che
possibili
,i*"ri""i di lutto . i."i ii lamento funebte una delle
espressioni.
-"i;;;;;;;
afia dellutto, che di recente si esercitara su diverse
ur.. .rrlt,ra[, si sviluppa di fatto secondo metodi visibilmente
i]1-u;ii; .m di d Martino. Osserveremo anche che queste
o dell'Euricerche non concernono soltanto telreni extfaeufopei
presenti
simboliche
pratiche
a
arc
rooa rutale: ossono farci accost
quasi
a.indicarci
uniti,
Stati
i;'.;;;;iJbni d.[,n,rropa o degli
i;"ri*nr" di risposte forti e contrstive fispetto a quell'occultadel morto, che da piparti . stato Teorizzato
-.;;; .il a figttarrorr.a
modernit 'La-rcaftrisulta dunque molto
;;;.g". i.Tlu
si passa
iJ..-pt.ssa e sfaccettat'', se dal livello delastrazione
q".i" .U'osservazione diretta dei comportamentiiuma', i.q-:;
agll mtentl
st quanto I'etnogtafia ci insegna e che pertiene anche
ricerc a dematiniana'
della
--Lo stato attuale elle ricerche per molto rivelatore della
E appunto
distanzatemporale che ci sepafa
i
approccio
llif.rim"nt ul t.mpo mi smbr
che
il testo
lim .f etodo di qualsiasi stu
suoi
nei
;;;rir"no vada ebitament e storicizzato, assumendo
."i"ri quella presa di distanzaprospettica, che mi sembra 1'at;;g;i"-." pi adeguaro per instaurare un reale confronto *a
noi - col nostro ,up"i. attiale - e coloro che ci hanno,preceduti
,up"t. hunno n vatia misura conffibuito a formate'
;4.*
'Morte
e nello spae pianto rituale va dunque risituato nel tempo
di perzio culturaje e restituito' per questa srada, a quegli ambiti
di
che l'autore tit.nn.'carattetizzanti el suo progetto
tineinza

Concordo c
tr"io del rit
.
questo progetto, i
di"i"
grlirrli. ,lo ,n"
ciate a recuperare'

;i.*;;.

etnogtafia

i Portanti
quell'oritanza srorica ci consente di comin-

CLARA GALLINI

xx

5. L' intenogzione antroPologica


Corrisponde al vero I'osservazione atlibuita a de Martino da
vari cronisti del Viareggio che in Morte e pianto rituale siano contenuti i risultati di diecianni di ricerca: sono i dieci anni che sepa-

<Studi e Materiali di Storia delle Religioni>> (tispettivamente nei


ologia religiosa e storicivolumi eI ryy-54 e del 1957) ,
ella
storia delle religi.oni,
smo assoluto e'Snricismo e inazio

NTRODUZIONE

xxr

CLARA GALLINI

xxII

storico-geografici dei paesi del Mediterraneo. Non senza ragione


questo capitolo sembrato il pi fragile sotto il profilo storicodocumentario. Ma anche quello a pi alto tenore filosofico' Invi
tiamo il lettore a ripercorrerne il pur breve esordio, con la sua pregnante riflessione sui rapporti tta natuta e cultura e con la drammaticavisione di un essere umano che <<si costituisce come procuratore di morte nel seno stesso del morire naturale, imbrigliando
in una regola culturale del passare quanto passa senza e contro
I'uomo>> (p. tr+).
Infine, Morte e pianto ri.tuale si avvia verso le nuove prospettive di una tiflessione sugli scontri ideologici aperti dall'espandersi
del cristanesimo, co suoi diversi modelli culturali, peralro rimasti per secoli al livello di una performativit astratta e non concretzzata. Da qui, l'insotgere di quelle dialettche di <<comptomesso)>
tra ordini d discorso apparentemente incompatibih,, che si esemplificano nella splendida e convincente interprctazione del personaggio
medievale di Maria, rappresentata come lamentatrice. Irriducibile
a ogni <(compromesso>>, il lamento funebre delle donne lucane
segnalerebbe anche I'estrema marginalizzazione della sua platica.

ii

il

primo problema che emerge, perch

P
vrfic
d'alt
^pp^

ale

6. L'intuizione (Tricarico, aprile t95z)

L'etnografia del lamento funebre che dar sostanza al secondo


capitolo di Morte e pianto ritaale frutto di un lavoro lento e progressivo, in cui sono venut a definirsi assieme temeni e ptoblematiche. La nostra ricosffuzione delle tappe di questa ricerca
intende restituire al testo demartiniano una delle dimensioni pi
pertinenti alla materia di cui esso plasmato.
Per avvicinarci a questa espetienza, ciaranno da guidala saggistica e la pubblicistica del nostro studioso, integtate dalle sue
note, sia di campo sia d lettura ed elaborazione critica. Raccolte
nell'archivio de Martino, dobbiamo a Vittoria de Palma il grande
merito di averle radunate e conservate fin dai lontani inizi della
loro prima stesura.2
2 I mateiali delle ricerche sul lamento funebre sono conservati (con un ptimo odinamento)
nei contenitori 7-r3 dell'Archivio de Mattino. Sinota sono stati trasoitti (daMaia Rosa Villano) e studiati (nella tesi di laurea di Paolo Pace, Facolt di Sociologia, Roma) i taccuini delle
vatie ticerche sul campo in Lucania.

XXI

INTRODUZIONE

essere sot-

reale della
ro lamento
ne'

zionali delf incontro:


to lamento, io non Potetti
questa gente fosse domiofronda angoscia viscerale.

Potenti motofi di ricerca, le emozioni agiscono positivamente


,olo u patto che non se ne decosffuisca per inteto la genesi cultu-

CLARA GALLINI

xxlv

INTRODUZIONE

xxv

rale. D'ora in poi, de Martino avrebbe tenuto fermo il pregiudizio


inzaleche verebbe nel lamento funebre non l'espressione di sentimenti socialmente costruit, malamantf.estazione di angosce pi pro-

sembrano contrastare con quanto I'orecchio

ha appena captato:

della morte, I'opposizione tra orizzonti religios e orizzontilaici, i nessi p


continua intenogaz
solo in virt di una

Il

mente valoriale'

(ottobte r95z)
7. La <spedi'zione lucana>>

senso

rire nuovi sensi al morire degli uomini.


Considerazioni stoste tematiche, pas-

Il pianto di Franceoperaio
parugrafo
Il
rnouimento
il
per
con
concludere
Amtento
sca
letgli
delle
esempi
attfavelso
e il costume laico daunti alla morte:
madre,
alla
tere dei condannati a mofte della resiste nza e di Gramsci
vi si esprimono fiduciosi appelli alla costntzione di un
costume popolare laico, sorpreso per cosl dire nel suo effettivo
funzionamento iitituzionale: di un costume collettivo maturato perentro un
ben definito movimento unitario, prodotto della civilt moderna, il movi-

mento operaio.

Ma ben presto accantonataogni ottimistica fiducia nelle magnifiche sotti e progressive di un socialismo realizzato, quest'ultimo

tto di
Un'intuizione non basta
e
non
una ricetca. Non va da s c
mateinvece il <<senso della mort
ria di studio. N va da s che il lamento funebre vada studiato
in quanto pratica e per giunt a sitnboli'ca' Ipotesi e oggetto di una
ricerca si costruiscono assieme'
obte :'952, si muover seguendo
a ncerca - la Prima realmente
con la collaborazione di Vittoria
ll'etnomusicologo Diego
- sono gi state da noi
che contengono ffa I'41la trascrizione delle note di campo stilate sia a de Martino

tro

da de Palma (de
che
-'ilqp.Ji;i;;.;.

raccolta
etnogra-

vasto raggio (sia ge


el' tanto
fici che allo studioso
ocumenda essere poi destinat a ffattamr
qualche
per
accatonata
timasta
tu"ion sulla omugia>> sarebbe
primi
sei
dei
;;; ;ril di essere tilizzataper_lastesura .'959' AItracapi
cosa
tii i'Su e mgia,libro che sar pubblicato nel
a

f
xxvl

CLARA GALLINI

erano i lamenti funebri, in quanto documenti

vivi,

XXVII

INTRODUZIONE

alla cui esecu-

Rileggerle ci aiuter a comprendere la genesi di una problematica strettamente connessa all'interpretazione della naiura di un
rito, per quanto esso ha di convenzionale. E contribuisce a risituare teoricamente l pangrafo del secondo capitolo di Morte e
pianto rituale intitolato Osseruazioni sal nzetodo di raccolta, in cui
si riflette sulle condizioni di esercizio di un'etnoglr.ia dellamento
funebre, pratca riproducibile <artificialmente> proprio in virt
della sua nat:ura rituale.,

8. L scelta (Lucania

r9r)

cui si chiede un'immediata efficacia operatva - e s'impone pef


una sua catica espressiva, dtammatica e diretta, |a cui interrogazione semb'jatociarcle radici stesse dell'umano. Isolarlo per comt

Da qui alla fine del paragrafo riprendo testualmente dalla mia Inroduzione a de Mar-

tino r995a, pp. 6z-64.

prendeflo significa forse poter raggiungere quel mome.nto elemen'tur",


u,r.orJ., itt cui si g"n.ta la costruzione simbolica"'
Il ryy I'anno cruciale che, proptio attorno a questa nuova

XXVff

scelta prospettica, vedr consolidars

CLARA GALLINI

xxlx
INTRODUZIONE

alleanze, consumarsi distac-

chi. Ma varr anche la pena di ricordarel'eficacia di momenti


di comunicazione intensa tra gli studiosi pi prossimi a de Martino e che gravitano in.questi anni attorno al Centro etnologico
italiano da lui diretto. E questa la temperie che sollecit a un alfto
ricercatore, Franco Cagnetta, a patite per un'altra zoa <<arcaica>>,
Orgosolo, nel cuore della Sardegna. Pubblicato nel r9j4 su <<Nuovi
Argomenti>>, Orgosolo antica presenta al suo interno anche un piccolo corpus di lamenti funebri, accompagnat da un testo di de
Martino, a guisa di commentario storco sul personaggio della att

sull'istituto della vendetta.


In anni poveri, i costi di un soggiorno sul campo ne condizionano forme e d:urata.I viaggi nel Sud di de Martino furono sempre brevi, talora autofinanziati, taloru sulla sca delle esigenze di
altre stituzioni che ne fornivan o i mezzi, consentendogli di ritagliarsi propri spazi all'interno di progetti di diverso genere. Condizionamenti, dunque, che lascerebbero qualsiasi ricerca in bala
della pi rischiosa precariet, se non fosse arginata da due supporti fondamentali. Da un lato, una conoscenza pregressa, fatta
di frequent azioi e amicizie. Dall'altra, una ferrea pianificazione
del lavoro da eseguire - cio degli ambiti da esplorarc - in cascuna delle occasioni. Queste sono appunto Ie caratteristiche di
una ricerca che poremmo rassomigliarc a una patita di scacchi
- il gioco mentale preferito da de Martino - di cui uno solo dei
due partner abbia nelle mani la statega completa.
Gli anni della ricerca <<miltante>> possono dirs ormai conchiusi.
Ogni dialogicit si gioca sotto I'egemonia di una forte tenuta metotad.ora e

dologica da parte del ricercatore. Ma nuovi piani si articolano, pur


senza problematizzasi fino in fondo. Quello del lamento funebre
un mondo in prevalenza femminile, da avvcinare con estrema

discrezione e grazie alla mediazione di una donna. Il lavoro di


ricerca lo far afiorarc, anche per rivalutarne la generulizzata funzione sociale. Ma se I'intero percorso lascer diero di s vuoti e
interrogativi - oggi ne siamo pi avvertiti di ieri - anche per
I'offuscamento della specificit di genere che caratterizzal'inten
procedura del teatro rituale del pianto.
Vista retrospettivamente, comunque, tutta la rcerca si caratterizzaper una impressionante gradualit delle sue procedure. S inizia

9. Tre breui teneni (Lucania

1954)

coloDe tre brevi rerreni del ry54,i1 primo G5-23 aprile) nelle
quello
che

anche
ni. ulburr.ri della Calabria iUu-nurilicata
committenza'
deve maggiolmente rispondere agli interessi di una

Ni;;;iit;flndu iiercnzacontenutistica dei taccuinilo redtti


spazio
;;i.;;;"'da de palma e de Martino, risulta evidente
pi per_sonale

.h. lo siudioso cerc di tagliatsi aifini della sua


,i..*, r.r.rionando esclusivamente nformazioni attinenti alle pratiche e alle ideologie funerarie'
Il tereno successivo (8-r4 agosto) diverso, decisament-e pi
Luca<demartiniano>> in tutto il suo impianto'
dele
gi
toc
parte
;;;iltio. P.r buona
iano)'
j5t,
lr localit pt.t..ltt i;*t".. t
Colobrato, Senise, Roccanova, Sant'ArcanRondella,
Vftit"i,
g.i - ,"o anche quelle che erano apparse le_pi conservatrici.
Lii..t.u si fa pi sistematica e pi sensibile alle connessioni tra
e <<mito>>.
<<rito>>
D.l lamento funebre tutta I'esecuzione a arcioggetto di un'attenzione mfuataa ricostruire le sequenze entfo cui si scandiscono
i;:;;i;];;;.le, i canti' Emergon i primi segnali di uno sguardo

xxxl
xxx

CLARA GALLINI

rivolto a scrutare entro le dimensioni psicologiche delle manifestaziondel cordoglio. A loro volta, le pratiche del lutto, nella loro

INTRODUZlONE

t.

L ricerca fi'nale (Lacani',

jt

luglio - z7 agosto t956)

complessa scansione temporale, interessano come segni di un contesto al cui interno lalamentazione s colloca in tutta la sua auto-

nomia formale. Sul versante <<mitico>>, si indaga sulle immagini


dell'aldil e si raccolgono le prime nanazioni di incontr inquietanti coi defunti.
I gorni della festa dei morti (3o ottobte - z novembre) risulteranno i pi approptiati per tornare in Lucania (Calvera, Sense,
Roccanova, Valsinni) e continuare la raccolta di questo genere di
nanazioni. Ma il cimitero di Roccanova anche I'osservatorio pri
vilegato dove assistere all'esecuzione di un compianto, assieme
individuale e collettivo, che si rappresenta come il rinnovarsi di
memorie sopite nel corso di ttn'anata.
Un ciclo pu dirsi chiuso. Considerazioni storiche sul lnntento funebre lacano, pubblicato su <<Nuovi Argomenti>> agli inizi del ry55,
ne presenter i risultati, assieme alle prime ipotesi relative ai nessi
tra crisi del cordoglio, ritorno irrelato del morto e lamentazione
intesa come <<rito>. Il saggio testimonia anche che la prospettiva
interpretativa s nel frattempo estesa a comprendere la storia della
polemica ctistiana nei confronti del pianto <(pagano)>.
to. L'incontro con Constantin Br,iloiu (Rontania, ottobre r9j5)
Mediato dalla Associazione per i rapporti con la Romania, I'incontro con Constantin Brailoiou e il conseguente soggiorno di un
mese a Bucarest presso I'Istituto di Folklote mette il nostro studioso a contatto con un'etno grafiapreziosa, di quello stampo docus apprezzava il rigore delf impianto:
mentaristico di cui
fotografie, schede di osservazione. Perfetto,
registrazioni sonore,^ncora
sotto questo profilo, il dossier dei funerali diLazzarc Boia doveva
apparire a de Martino - olme che utile integrazione all'etnografialucana - un esempio di metodo, rcalnzabile solo all'interno di
contesti istituzionali molto diversi dai nostri.a
a I1 contenitore
9 dell'Archivio de Martino contiene le note di studio del soggiorno
rumeno, un fascicolo con traduzione italiana della ossetvazione dei funerali iLazzato Boia,
con sequenza otograica, e infine una ventina di positivi con immagni di funerali, lamenta-

In Motte e pianto tituale,


zioni, banchetti funebri, ralvolta datate degli inizi degli anni enta.
testo
4 i rifetimenti Jmat"tiuti riiortati dal soggiorno.ruT:1o :,u.tili"3t! 1l
tsrailoiou',1lt:,p..t:di
etnografico
metodo
del
riconoscimento
pp.
e-e|
e alle
rtaCarpitetla abbia mediato i rapporti 6a lo studioso rumeno e gli studiosr
"if"'fr" Diego""pteciso
a Roma'
liani. tramite l Associazione per i tappotti ttt lu Romuttiu' Nel rgsz Bta-iloiou
nell'amUr)'irili j",l"ricanondiate: <<La collezione tttttenal dell'IJxescondall'Acca,;i'C;;tro Nazionale Studi di Musica Popolarc predisposte
Lincei e l'insigne
.-ir-"ri"re di Santa Cecilia d'intesa con I'Accademia Nazionale dei
questo volume porta
"rionale di San Luca> (Accademia Nazionale 196o' p' 268;
(ibid., p. z't) de Martino
du sr^il"i""). Nel quadro delle stesse iniziative
stranieri.
e
italini
Quanto a Brailoiou,
riti
pil
e'i
t"rono
lt
fnebri
conferenza
irl"uo"u Foikto* masicale ve''tradotto in italiano nel r978, a cura e con premssa di Carpitella, di cui vedasi gi Folklote tomeno, del t955'
(ma atlibui
.."ri"ull',..t iuio . fturti.ro una copia dattiloscriita, nonunafirmata
relazione^ sugli usi
r)
di
nota
p.
68,
pianto
ritua-le,
e
fte
u.di
i.d"r.o,
bil.
S..""ldr, Motulbuno Jonico, Vkinni, San Giorgio Lucano, Stigliano'

;;J;.

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;i;"i"fi ;f;;;;

;;;il;i;
;;t#;;;;;i;;"
;";'"fu
l;;;;1"..
*;Si
u;".i";
f"*[Jir,f..i,

CLARA GALLINI

XXXIT

Questa forte dmensione visuale impronter, pi tardi, la stessa


costruzione delT'Atlante figurato del pianto accluso a Morte e pianto
rituale. Anche di questo si ffatta nel libro I uiaggi. nel Sud di Ernesto de Martino, in cui si discut e, al'aIfto, delle eventuali influenze
warburghane su una ricerca mrata, nella sua parte storico-iconografica, alla rcstituzione di quella rcalt rituale fatta di gesti e
di posture - che insisterebbe dentro (e dietro) la stessa immagine
figurata. La dimensione visuale si aggiunge dunque al percorso
demartinano in una misura non secondaria al suo modo di guardarc al rito come pratica espressiva e comunicante atffaverso il

XXXIII
INTRODUZIONE

z. L' interrogazione dell' etno logia


onia di un lavoro mobile, in Pro-

corpo dei suoi attori.


Vediamo ora piuttosto contenuti e direzoni della ricerca sul
campo. La f.ormulazione di un <<questionario>> - che piuttosto
una traccia di argomenti da approfondre - incanala verso obiettivi predeterminati e ristretti. Estrapolato da ogn altro possibile
dato contestuale, il lamento funebre viene isolato nella sua specificit e sottoposto all'osservazione delle sue componenti formali.
Si punta dunque sul piangere in quanto <(sapere)> (ma si cercano
anche tracce di un <<saper ridere>> che risulter molto meno evidente di quanto non fosse in Romania). Questo sapere va situato
rispetto a un duplice versante. Da un lato,Ia codificazione sociale:
ed ecco le domande sulla terminologia (trauaglio, trauaglione ecc.)
specifica di questa e non di altre modalit del piangere, sul suo
apprendimento, sui ruoli sessuali degli esecutori. Dall'altro, si insiste
molto sugli aspetti dinamici di un'espressione codificata del cordoglio, leggibile a livello del corpo attraverso le varie posture e
gestualit attivate nel corso del rito, e a livello della psiche delle
attrici, nel vario oscillare tra depressione (attassarnento) e violenza,
fino al raggiungimento di un particolare stato psichico, contesto
assieme di astrazione e di prese di realt.
La ricerca sul campo non avrebbe disatteso nessuna delle due
prospettive . Ma Morte e pianto rituale privileger decisamente la
seconda, rispondendo a:una scelta interpretativa di cui oggi possiamo mettere in discussione tutti i limiti, ma che stata comunque capace di restituirci puntualmente - vsibili e udibili in ciascuno dei suo dettagli - le modalit costrurtive del <<discorso
protetto > della lamen tazione Tucana.

ia rivelatori di nuovi ambiti Pro-

blematici.
"'-1iririo

doveva essersi persino profilataf idea di una ricerca


_ e non su mteriali tnografici - lungo,na dire<<da tavolino)>
nella camera
)ion" ull,incrca consona alla possibilit delineatasi
della
concezioni
delle
ilvaarc
Tricarico: studire

;r;t" di
;;. ;. pdir.

dell'archivio contengono due sresure abbastanza


immagine della
simili di un pfogetro di lavoro per un; storia delf
offerte dalla visione
;;;;;;^i;ic"hit fino alle nuv. prospettive risulta
evidente che
i;1;;Jl; tlita. Dallascaletta deg[ ;gomenti
documenti
su
esclusivamente
ii...* ri ,rebbe dovuta basr.
a quella
comparab-ile
itt..u.i' dunque, ,rniid.u in qualche modo
Huidi
.6-urr.u" dat materia all'Aitunno del Medioeuo Johan e che
o in quegli anni, nel t953,
bel [6to di Alberto Tenenti sulita nel Rinascimento, Pubblicato
ai de Martino ha gi decisamente
tia delle idee.
rinvia a un panorama culturale
ricerca
di
progetto
Un secondo
rtestualnzainfattiUiTl:3t:l*';
co
si
diverso e assai -.n uugo,
cinquanta, nella
ologia e che gi

alla seconda edizione i Mond


fondo, questo Piano di lavoro s
zione di un'etnologiarchgiosa, a
e sostenuto da Raffaele Pettaz
tino, almeno per quellap^ftedel metodo storico-religioso che si
2

Yxxxlv

CLARA GALLINI

proponeva di studiare <il legame tra regime economico e visioni


del mondo>>.u
Di recente, in L mia alleanza con Emesto de Martino (tggl),
Vittorio Lanternari ha ffatteggato una attenta ricosruzione del
biennio 1953-54, da cui emerge il convergere di obiettivi accomunanti, anche sotto il profilo della passione civile. Ma gli stessi esotdi
dell'etnolog ia lanternatiana sono impensabili senza il duplice rif erimento aPettazzoni e a de Martino: le sue prime ricerche di etnologia compatata - a pafre almeno da Orgia sessuale e riti di recupero nel culto dei morti pubblicato in < Studi e Materiali di Storia
delle Religioni> (r953- 54), fino alla Grande festa, del r959, testo
introdotto datna Presentazione di de Martino - svolgono tutte
il tema delle celebrazioni dei defunti, per interpretarle in chiave
di crisi e di rscatto culturale.
Quanto al progetto demartiniano di cui dicevamo, si tratta di
una pagina dattiloscritta, contenente un testo privo di titolo, ma
riferentesi a un'ipotesi di ricerca sulla <<paura del morto>> nelle culture primitive, specie australiane, con <<cenni> al folklore e al mondo
classico. La pagina, come sempre, non datata, ma al reffo e ai
margni vede appostvagrafismi e annotazioni manoscritte elencanti i brani registrati nel cimitero di Roccanova, dunque il z
novembre r954. Ricorderemo che in questa occasione si raccolsero diverse testimoni anze di quegli incontri coi morti tradzionalmente rappresentati come rschiosi per i vivi. L'appunto recita
nella sua pate iniziale:
Impostazione del problema. La pauta del morto nelle societ etnologiche.
Caiattere secondario dei valori pi propriamente morali e religiosi dell'im-

Lapauta del morto nell'antichit classica: cenni. Nel folklore: accenni.


Australia: Inumazione, esposizione su piattaforma arborea, cremazione

6 L'omaggio aPettazzoti ributato in una lunga nota (p.


5, nota r) nella prima versione
di La nesse del dolorc pubblicata nel 1957 in (Studi e Materiali di Storia delle Religioni>,
nota poi omessa in Morte e pianto ituale,

INfRODUZIONE

xxxvII

CLARA GALLINI
INTRODUZIONE

sivo per questa prima vfuata


progetto etnologico, pur conno.
Ma, a questo punto, finiscono le tracce di un qualsiasi possibile
progetto etnologico. Il confronto col terreno, come realtioncreta
da prendere in carico, pone di fronte a .ona alternativa radicale:
o una ricerca <da tavolino>> condotta su materiali raccolti da altri

oltr
fino
etta,

rnati,
un,ericer_

smo
Ptia
se st
ria comune.
Dentro questo progetto si situa,

tt^
zio
al

cogli anni la pro_


o doveinterrogare
tracce di una sto_
a sua

volta, la necessit di una


delegabile. Nel
lucano in Morte

<<una documentazione diretta che fosse


adatta a rsporrdere alle nostre proprie domande e alle nostre pro-

6J

P9. queste ragioni non mi sembra si possa interpretare la scelta demartiniana in termini
di tipudio, tout court, dell'etnologia (cos per Severi 1999).

lo blocco di note di letture etnografiche di cui solo una pafte stata ftasfisanel testo (pp. ro7-o8), ma che per la loro ricchezza cottenutistica ci consentir pi agevoli riflessioni. Si ratta di un insieme di tratzioni di brani in cui, con sgaordinatia vivacit, i vati
osservatori descrivono le modalit di esecuzione delle lamentazoni

te ind'agine etno-

ineludbile per procurars

prie ipotesi di lavoro> (p.

rito
13. L'i.ntenogazione sul

di dovuta, e razonafue, compunzione. La principale materia di scandalo fornita dalla dimensione apparentemente fttiziadi un piangere, in cui si pu entrare e da cui uscire a piacimento, alternanolo con varie manifestazioni di socialit informale.'
Come si diceva, sono tutte tradtzioni prive di commento' Ma
c' un indizio che segnala come 1o sguardo demartiniano punti oltre
s

brani sono

*atti

da Brough Smith, Spencet, Spencer e Gillen, Taplin, Veddet: sono

tutti autori non tilizzati nel testo di Morte e pinnto rituale ma citati nella sua bibliogtafia,
cui rinviamo.

xxxvlII

CLARA GALLINI

I'evidenza della mera convenzionalit dell'espressione codificata


dei sentimenti: questi mateali sono acclusi al dossier in cui si raccoglie Ia documentazione del folklore europeo rclativa alla <disraibilit della lamentatrice>. Se di convenzione si tratta, non vanno
aff.atto da s n le forme della sua manifestazione n i modi della
sua gestione. questo il primo indizio su cui si sarebbe esercitata
I'etnografia ltcana nel suo complesso, cos attentamente indkizzata all'analisi delle condizon al cui interno si rende possble
l'esercizio del <discorso protetto)>.
Alf incirca le stesse testimonianze etnografiche considente da
de Martino in termini di <finzione rituale>> avevano per gi avuto
altre interprctazioni.I riferimenti sono noti ed evidenti per il lettore di oggi: e rinviano a quelle interrogazioni sui rapporti tra emozione indivduale e codice sociale che da tempo si erano sviluppate n seno alla cosiddetta Scuola sociologica francese.
Nel quinto capitolo del terzo libro delle Forrnes lmentaires de
la uie religieuse, che svolge il tema dei rti piaculari, Emile Durkheim tratta ampiamente dei riti funebri, specie australian, per trovatvi, come elemento costante, <<il fatto che il lutto non l'espressione spont anea di emozioni individuali >. La codf ic azione sociale
risulterebbe , alTa fne, come una sorta di involucro formale sovrapposto a un livello emozionale operante a titolo individuale e soggettivo e dal contenuto al limte dell'inaccessibilit per un osservatofe estefno. Questa intetpretazone presenta di certo ivantaggio
di presetvarci dal rischio - che ha corso anche de Martino - di
interpretare gli altrui comportamenti in base ai criteri valutativi
dei nostri, per cui ad esempio le contadine lucane col loro gridare
e strapparsi i capelli dimosterebbero un grado di sofferenza del
lutto assai pi itenso di quanto tton prou.tebbe un settentrionale borghese. Ma a mio avviso va anche sottolineato che la stessa
lettura durkhemiana si fonda sul presupposto, comunque schematico, dell'esistenza di una coppia oppositiva di termini: interiorit individuale, da un lato, ed esteriorit sociale, dall'alto, opposizione che essa stessa ci risulta al contario essere l prodotto di
categorizzazioni pertinenti alla nostra pi recente storia culturale.
Posta in questi termni, l'alternativa poteva anche essere capovolta, con gli stessi risultati. Nel suo breve e peraltro prezioso saggio
L'Expression obligatoire dcs sentimen (fitaeh oraux fanraires austra-

INTRODUZIONE

sulla
liens) del rgzr Matcel Mauss avrebbe notato come I'enfasi
diventata
ormai
fosse
funebri
delle Iamentazioni
"onipo"ruieit
j"uriTn <clich etnografico>. La. sua analisi punta sul ric.onosciii.t,o del carattere so"ciale di un linguaggio la cui convenzio.nalita
,rn ora...bbe all'intensit dei sentimenti. Dovetosi, i richiami
Durkheim e a Hertz definiscono forme e limit di questa bteve
al versante psicologico di un'evidenza che,pt-oprio in
"st.nrion.
due autori uurruirouuto una prima e importante definizione.
""rti
-'Ri.ord.remo che il saggio fondamentale (la sua prima edizione
repr J.i ,goz) di Robert llrrt, Contribation une tude sar la
fune<doppio
del
dall'analisi
,ri*rn iU"ttu, de l ruort,partendo
intercomplessa
auna
apre
,t.o p.uri. ato daiDayakdel Borneo,
- della funzione simbo;;;;Ji"". - un.h. in chiave compatata
i.u . ,o.iule di queste e analogh cerimonie, scandite su tempi
che possono essere anche molto lunghi' Non
gio viene oggi considerato come basilare per
misure in-cui le modalit espressive del
costuite alf interno di un dupce condizionamento: lo statuto
consociale del defunto e la conveniionalitdi un codice simbolico

diviso.
plano
Come grave lacuna - dalle evid
questi
e
metodololico - stata segnal ata,
ssenza
autori dal panorama dei riferimenti
ua anziwto storicizzata e iscritta nella pi generale vicenda della
,...rio"., assai limitata e selettiva, de1!a Scuola sociologica franLancese da prte dell'etnologia italianadell'epoca diPettazzoni,
capa;t(
rifiuto
un
come
letta
ssere
ternari de Martino, Pu anche
bio, I che non disdice alf immagine corrente del nostro personaggio.
in un confronto differcnzante che
ersit di orientamenti dei rispettivi
studiosi'e
e Il saggio di Hettz vien
studi antropologici sul lutto,
zione del distacco dal morto
dal testo demattiniano segnalata tta altri da

di etnologia. Adriano Prosperi, nella sua Introe di Hertz (Hertz t994, p' xxxm) a proposito

r
CLARA GALLINI

XL

Per de Martino, se mai esiste un rapporto tra emozioni e codice,


questo rapporto va visto in termini dinamici, nel senso che il codice
simbolico che si mette in campo nel corso della azione rituale non

dato, maunprodotto.La sua ricerca non tende dif.atto a individuare l'esistenza di un diretto e immediato condizionamento
sociale dell'espressione delle emozioni. -orru piuttosto dall'intento di poter rivelare quelle dinamiche costitutive del codice stesso,
che si celerebbero dietro e denro la sua espressione. Soprattutto,
in gioco non sono n emozioni n codici, ma <(presenze>>: cio soggetti che lapratca simbolica cosrusce assieme come esseri individuati e comunicanti. Questa l'individuazione del senso e della
forrna di un rito.
un

14.

Il

lnuoro del lutto

Nel primo capitolo di Morte e pianto rituale, ffova spazo la rilettura critica di alcuni testi fondamentali sulla psicologia e psicopatologia del lutto, a pattire dalla vecchia (e amatissima da de Martino) casistica di Piene Janet e dal testo fondamentale d Sigmund
Freud, Trauer und Melancholie (r9r5). Pensate quasi come un ganglio tra riflessione teorica ed empiria dell'etnografia lucana, sono
pagine di straordinaainezza, che mettono il lettore a confronto
con dimensioni a suo tempo assai poco frequentate, specie dalla
nostra cultura antropologica, ma che anche a una rilettuta attuale
risultano efficaci. Lo stretto rapporto di interlocuzione con la psicoanalisi e la psichiatria che carattetizza (in modi non ancora nteramente studiati) la ricerca teorica di de Martino, si esplicher nelI'intero cotso dell'analisi del lamento funebre lucano, in misure
decisive. Senza questa prospettiva, la stessa caratteristica di ritualit
del compianto rimarrebbe inesplicat^.ro
La dimensione psicodinamica inroduce un approccio inedito
les socits primitioes osserva che questo studio rimase sconosci:alo aPettazzoni, che non ne fa cenno nella sua pur imponente bbliografia di L confessione
dei peccati, Bologna t926. Herlz non utilzzato neppure da Lanternari, nei suoi vari scritti
di cui al patagrafo r z della presente Introduzione. Le uniche letture critiche di Hettz che sinora
risultino dall'Archivio de Martino sono quelle ptesumibilmente postetiori alla ricerca sul lamento
funebre e pubblicate in L ffue del mondo,br. 324, concernenti il saggio sulla preminenza della

di Le Pech et l'expiation dns

mano destra (con citazioni dall'edizione del r9z8).


r0 L'intetesse di de Martino per l'opera diJanet assai ben aahzzato in Batbeta r99o

XLI

-lXLIII
XLII

CLARA GALLINI

INTRODUZIONE

casistica d pazienti occidentali - si piega dunque per de Martino


al7avaetdelle condizioni culturali del proprio esercizio. Per questo la sua conoscenza, per quanto si diparta dalle premesse poste
dalle varie discipline della psiche, richiede il passaggio attraverso

un'alfta ptocedura, che quella ella


resto,
Gli aspetti formali della lamentazion
come
pa
essa

di
cui
dei vari riti del cordoglio
questo
di
il risultato di questo <<lavoro>>. Pertanto, la specificit
<<lavoro>>, coi relativi esiti, non consiste nell'eventuale adattamento a vna qualche <<convenzione sociale>> - in un certo senso, gi
data - quanto piuttosto nella dinamica cosffuzione di una <(pratca simbolica>> che vede ingaggiati assieme f individuo e il gruppo'
E neppure consiste in un semplice modellamento o rimodellamento
di emozioni: in gioco qualcosa di pi complesso, che investe I'intera persona nel suo costruirsi come soggetto e nel suo rapportarsi
e.
al mondo
o del Pianto si attiva dunque
Vera e
un codice sffatificato, che consecondo u
cerne nello stesso tempo il piano della psiche e quello del corpo,
dell'individuale e del sociale, del codificato e dell'istintuale' Reiterata e varabile, in tutte le sue diverse scansioni formali e temporali, lalamentazione si attiva grazie alla sinergia del gesto, della
arcla, del canto, che rendono esprimibile I'ineffabile della conizion. di <crisi della presenza>>. Singolare tecnica di induzione
e mantenimento di un particolare stato psichico della sua attrice,
a sua volta I'esercizio del lamento funebre si tende possibile in
virt dell'ingresso
di sogno e di rappr
poralit esemplati.
del lutto.
d.rttq,r. sul piano sognante di questa destorificazione rituale
che si ridiscutono tutti quei confini tra soma e psiche, tra gesto
eparola, stato di sogno e stato di veglia, i cui tracciati al conrario
possono appare meno labili agli occhi di una concezione strettamente nzionaltstica delTa comunicazione sociale. Segnale assieme di
attrazionee repulsione, questa sensibilit rispetto agli stati di ffance
aveva gi trovato in varie tematiche del Mondo rnagico - sciamanesimo, medianit ecc. - un consistente terreno di analisi. Ma il

acia.11

15. Verso un'etnografia euroqea


stro ricercatore su binari eccen-

due ragioni'
tudio di-un a Pralt\c^ simbolica'
vicinata.
la seconda ragione' SaPPiamo
a discussione il camPo di un'et-

i,J:'::i?l#:il"*

pratiche

ettuale - 1o studio delle reti di


in atto:d1 s-oiq:Tlt^:i'-Tt
1
interagiamo neglt spazt dl un
ata forlemtnte (ma non esclusi-

""

iin quanto
tradizione

vamente) modellata dal Predomi


Questa osservazione ravvicinata

,ldrn

u dell'enorme

divario esi

quali <modernit>> o <<postmodel.


inces, rrroduto come contitue ricerche di significazl:Li' i" un
o comungue
irroro di rimodellamento di trame disponibili

;;;i.

oossibili.
'"n pp.occio del genere P9ff+9 trovre molte consonanze con
il tentativo d.mrrtiino i uuui.inare la stessa realt culturale
del Mezzogiotno dei suoi temPi'
funebre luiano, la cui modalit
una memorialtnga, non viene t

mini di

<<relitto>>

per

del Passato'

cr.."1fJJ,,".r,"
11

Con piena

sentto per de Marti


metapsichica Present

ella rivista <Gradhiva> (rg99)'

iff;i'::T:ritll:,'1n;

xLv
XLIV

CLARA GALLINI

INTRODUZIONE

tutta I'interpretazione dell'etnograialucana di Morte e pianto ritaale - sottolineata in modo molto esplicito in alcune note di
ticerca, a margine di una lettura del Manuel de folklore franais
di van Gennep:
Giustamente il van Gennep nega che occorre vedere nel lamento funebre
riti funerari gallo-romani (cos come il lamento
funebre lucano non una soprawivenza del lamento funebre greco
^ttraverso la mediazione delle colonie della Magna Grecia, o di quello romano
attraverso 7a tomanizzazione della Lucania ecc.).
francese una soprawivenza dei

Per quanto indicato come <<pagano)> per la sua apparente antitesi rispetto al modello proposto dal cristianesimo, l lamento funebre lucano si colloca dunque <<relativamente> a un universo culturale rispetto aI qroale preme con la sua richiesta di legittimazione.
D'alfta palte, senza quest a e altte scomode presenze, cattolicesimo
e persino modernit risulterebbero parole astratte e

meri modelli

di una performativit priva di qualsivoglia forma di attuazione.


Lo stesso decisivo impianto della ricerc a lucana, che focalizza
una regione e il Mediterraneo come contesto, marcaanche la presa
di distanza forse pi significativa rispetto a quel comparativismo
allatgato, su cui ancoratlovava sostegno il metodo diPettazzoni
e di altri studiosi a lui coevi.12
Viene cos a delinearsi un modo diverso, pi sottile, d analisi
compalata, dove non ha pi luogo 1 confronto tra grandi concetttalizzazioni, come l'idea di Essere Supremo, la categoria di Festa
ecc. Con grande pefnenza Charuty (rp8Z) segnala, come una tra
le pi impoftantcaratteristiche del testo demartiniano, l'apertura
nella direzione di una anmopologia del simbolico <<in cu I'identiicazione d un sistema dato rende legittimo il comparativismo>>.
t.rttu una attenzione per il modellar"si di una precisa pratica sim12

La scelta di

un

Pubblicato nel volume


La itaalia d.el lamento

in parallelo all'
di Storia delle
tegrazioe, testi
del saggio incentrata sulla
abile) vaglio delf interpretai della dinamica storica degli
terranea. Ancora nel volume

xxvr di <Studi e Matetiali di Storia delle Religioni> viene pubblicata la recensione alla cospi
cua documentazione storica e folklorica raccolta da Kurt Ranke sul periodo di lutto ritule
presso i popoli cosiddetti <<indoeuropei>. Detto per inciso, in questa nota che compare la
prima citazione dat Franneti di etica tCroce, poi collocata nell'es ordrc dt Morte e pianto ritaal.

n^agiL.

c. c.

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3r agosto (Alfonso Gatto).
Nazione Italiana>>'
" Maino ind.icato cone il pi degno del <Viareggio>' <La

Materiari di sto_

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delle Religioni>, xxvrr, z, pp, r4-5o.

fri.""1-"cri,

tuuo da ridere fia i cinque lib premiati a Viareggio,

ter Mauro).
lJn libro sulia morte ha uinto il prenio Viareggio,
Tintori).

t,"r*i

, U"rtino batte narratori

articolo del
Sin}omi d.i deca
i d.ae ntilion

e).

<<Paese Serar>,

r"

<

La Nazione lta-

settembre (Franco

poeti, <<L'Orar>, ro setternbte (Franco Tintoti, stesso

uinto
'edizione di quest'anno. La ponderos opera di de Martino-ha
io viareggii, <sicil_ia del Popolo>, Jr gosro (Leone Piccioni).

XLVIII

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI

Facciamo un bilancio del premio viareggio,


stesso articolo del precedente).

<

Popolo Nuovo

>>,

di u
scott

XLIX

BIBLIOGRAFICI

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o',?;T,t":,

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>

Trcppe
Aspetti
artic

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La nota del citico (Lorenzo Gigli) e un lungo estrato dal libro premiaro (con foto di
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I figli dei ferrouieri conqaistano Viareggio, <<L'Espresso>, 7 settembre.
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E
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L'[Jtopie anthrcpologique de Etnesto de Mar_

rnorte e l'atnore d.ella uita nel Rirascintento, Einaudi,

Prc.azione

o di questa stessa concezlone'


caratteristico di ogil storlo-

avvernfluenoderno

morte, una scelta che in un certo


o attuale comportamento dinanzi

all'evento luttuoso'
Una ricerca concePita in una
essere condotta a termine senz
rali e di Persone, soprattutto
matetial folklorco' Siamo in

nale per gli Studi di Musica Popolare presso l'Accademia


Cecilia e al suo drettore Giorgo Nataletti

PREFAZIONE

di Santa

piere dal ry5o al 1956 una serie di esplora


lamento funebre lucano, awalendoci dell'att
RAI-Tv e della guida di uno studioso del folklore musicale come
Diego Carpitella. Se si tiene conro del fatto che le idee interpretative fondamentali sul carattere e sulla funzione del pianto ntico

I'Istituto di Folklore di Bucar


tunit di studiare il coposo
l'Istituto stesso, e di consulta
conservate nel suo archivio: un intero capitolo del presente volume

funerali del pastore Lazzaro Boia di Cerscior nell'Hunedoara


(Transilvania) - da considerarsi il frutto della cortesia con la
quale il direttore dell'Istituto, Mihai Pop, volle mettere a nosta
disposizione le schede relative, ancora inedite. Qualche cosa di
pi di un ringraziamento dobbiamo alla signora Vittoria de palma
che nel corso delle nostre esplorazioni lucane condivise con noi

nasse sui propri lutti, e insorgesse di nuovo il lamento con tutte


le vibrazioni drammatiche e le particolarit concrete della reale
situazione luttuosa e della effettiva esecuzione rituale. per la scelta
e per l'ordinamento del materiale illusuativo raccolto nell'Atlante
Figurato del Pianto ci siamo awalsi in parte di alcuni collaboratori e collaboratrici, a cui va la nosra gratitudine .lJn fingraziamento particolare dobbiamo al prof. Mller del Seminario slavo
dell'Universit di Kiel, al prof. Milovan
alla dott. Tecla Dobrovits di Budapesr pe
pubblicazioni e monografie inmovabili ne
Ci sa infine consenriro di ingraziare qui pubblicamenre - e
non importa se questo ngraziamento non raggiunger coloro a
cui destinato - tutte le contadine lucane chi buon grado ci

Y-

PREFAZIONE

richieste, piegandosi alla ingrata,f atca


fornirono le inf.ormazioni
at, nella forma del rito, il cordoglio per
iinnouure davanti a.
non intendevano,
ii"r" -""i: strumenti, esse, di una scienzache
un.umile.fibuto
i'rii -0" a1e ttavia p^gavano senza saperlo negli
squallidi vilvivono
che
pou.t.
donne
queste
t"ifi.l er
disgiunsapremmo
non
il
Sinni,
e
;:;iir;..initi fraii Brdano

'!, itnostro ringraziamento dal caloroso augurio che, se non esse,


'^i-r;.le loro {[[. o le loro nipoti perdano il nefasto privileg-io
j;;;;r;
i qualche.oru n dcumento per_ gli storici della
"..oru
pi alta disci
iir.rigi"ta del mondo antico, e si elevino a quel]a
della
irrilevante
tutto
del
parte
non
che forma
nostro
del
"iir".ipianto
culturale
politica
e
Liu"ripurione economica, sociale,
lllezzogiotno.
Roma, 3o settembre r957

E.d.M

YIntroduzione

In Naturalisruo

e stoticismo

nell'etnologiat f'a a pafte mia, non

ingenuit,
senza qualche tratto di giovanile baldanzae di scolastica
e
pensar-e'>
a
-- quindi a
it-,rluto il programm di <<continuare

,uolg"..

lo stricismo crociano sottoponendolo alla prova di

mondi storici dalla cui diretta er


era nato. Nel Mond'o ruagico'il
compiendo il tentativo di inter
e[e cosiddette civilt primitive, e il risultato p apprezzabile della
ricerca fu la scoperta iellacrisi della presenza come tischio di non
esserci nel mondo
procedendo sulla
denti, immette la
p.r.(e abbandona il terreno delle civilt primitive e toglie ad
ggetto di analisi storico-religiosa un determinato istituto del
ttiJ"do antico, ma anche a motivo di alcune importanti correzioni
I modifiche .h. ,oro state apporrarc alle tesi teoriche del Mond'o
mgico.

In un certo senso il presente lavoro si dispiega come un assiduo


commentafio storico-religioso ad un pensiero sui trapassati occasionalmente espfesso daltroce neiFiammenti di etica: un assiduo
commentafio che ovviamente da intendersi nel senso pi attivo
possibile e che di molto oltrepassa il testo commentato. Ecco ota
il passo dei Frmrnenti':
1
'z

Laterza, Bati r94r'


[Einaui, Totino rg4S; nuova ed' Bollati Boringhieri, Torino 1997]'

INTRODUZIONE

INTRODUZIONE

come tale' apPyntg questa


dentemente alla situazione luttuos

i;;;;i;1^,i,achecispertat""S:; j.:::.fftTliil:
na morte, e al temPo stesso una

dobbiamo far Passare nel valore


arsi della eterna orza gefar Passare>> la Persona cara

d;l,'l':?r

ii-

:*,
la <<varia
ed
lutto:
di
doglio o
lo
ffamutare
a
eccellenza>> del lavoro produttivo e"differenziato
un
<<ad
-ri."ri"" - p.r ..ri trrrii gti uomini rischiano di piangere
modo>> - in quel s aP e r Pianger
riawana. A questo Punto comi

i"

In effetti questo passo del croce racchiude una esattissima e umanissima-verit: per grande che possa essere il dolore di una perdita, sbito si impone a noi, nla piena stessa del dolore e con

blema storico-religioso della nost


ruenti. di etica il Croce fa esPlici

quali <si supera


lirirVtJn. . i culto dei morti>> attraverso le
fatica di

I'aspra
f" ti.r,;.t.""f" "ggitiuoo, cio si avvia pef
qunto occaacuto
morire i nos6i morti in noi' Questo
far

sionale _ pensiero

lcr*. -..t,

di

essere svolto e approfon-

Nel formudito nella con$etezzadi una ticerca stotico-religiosa'


la orma
lare tale pensiero il Croce aveva presente soprattutto
.tri"" el crrlto dei morti, e in sstanza spingeva al suo compi-

i:i:::T1.ii
di Cristo vin-

orti dormienti in attes, di risveglioeinsegnagliuominianontemereildefuntocomelarva'


vita,

sia facendo nostra e continuando e accrescendo neil'opera

nostra la tradizione di valori che l'estinto rappresenta. IndipenI

Croce, Frunnenti di etica (r9zz) pp, 22-24i cfr. pp.

zr e rrr

per quanto
al m"assimo I,etbos elLa <<cara memoria>>: e
metastorico'
l
di
l
un
efos vivesse per.entro il m i t o in
o dell' I di l el opee non ancora ri torr."ottevato al p e n s i e r

[i."ri""a

;;r;
il noni^'l^ "^, u aitpi.gu.. "t'u 'o'tu nella storia petvincere
da quel mito si
essere perennemeti. ,i,o'gtnte, innegabilmente

INTRODUZIONE

IO

svolse questo pensiero, per filiazione diretta e secondo itinerari


culturali dimo strabli, D' altr a p arte I' inter pr etazone del C roce non
vale soltanto per la civilt cristiana, e per il cristiano culto dei morti,
ma pu essere estesa atvtte le possibili civilt religose. AnziIa
pi sicura conferma della sostanzialeverit della formulazione del
Croce sembra provenite addirittura dalle cosiddette civilt primitive, dove i rituali funerari mostrano nel modo pi crudo e diretto
il momento dell'oblio dell'evento luttuoso, o I'espressione simbolica nel rito come nel mito della separazione del morto dai
viventi e della difesa dei viventi dalle funeste insidie del morto.
Presso i Fuegini per esempio il tema dell'oblio trova espressone
in numerosi tratti del rituale funerario. <<Niente deve ricordarci

pi il nostro morto>>, dicono gli indigen:a e in conformit a questo proposito immobilizzano l cadavere affinch non torni come
spettro a tormentare i viventi, cercando in vario modo di dissimulare e di rendere rriconoscibile il luogo della inumazione, si
inibiscono di pronunziarc l nome del defunto, bruciano la sua
capanna e gli oggetti che gli appartennero in vita, e cos via.5 Fra
i riti funerari dei gruppi Aranda osservati da Strehlow ve n' uno
particolarmente istruttivo a questo proposito: viene tessuto un cordone con i capelli del morto, e il fratello minore nel corso del rituale
funerario pone uno dei capi di questo cordone in bocca ad un uomo,
premendo I'altro capo sul proprio addome, dove cio awerte I'angoscia. Quindi l'uomo morde il cordone, a signifcare la cessazione
dell'angoscia: la stessa procedura successivamente ripetuta per
tutti i membri della comunit in lutto, prima con gli uomini, poi
con la vedova e infine con Ie altre donne.u Nelle lamentazioni
rituali eseguite dai Paiute si rirovano espressioni di questo tipo:
<<Questo era l'ultimo nostro parente. Era un uomo buono. Sia possibile per noi dimenticarlo... Addio, va' allatema dei morti, e non
tornare... Abbiamo fatto del nostro meglio per curarti: non tornate a disturbarci... >> In particolare in un rito d liquidazione del
periodo di lutto viene versata dell'acqua sul capo di colui che

II

INTRODUZIONE

I'atto con le seguenti parole:.<Quein


^r.cordoglio, accompagnando per te. Acqua,
vi3 i dolori e
I iin"iri i "nu "ova vita
JayT
ed essere
tali,
dei
il
tal
i" n*J di quest'uomo: tu devi dimenticare
n tal modo felice>>'t
(che Potrebbeto essere moltiPli
che nel compito di <<continuare
lonPasso del Croce' La nosra
docuuna
di
ve, la macanza
passato, il carattere equivoco
loro
al
relativa
diretta
mentazione
i limiti inerenti alle monoinine
:
<<primitivo>,
"[o ,t.rro termine

o avvalerci quando manchi I'oP-

in loco,costituiscono altrettanti
aPPoggiarsi al materiale etnomulazione del Croce olre la
lla sensibilit moderna Per entro
Parte approfondimenti di
arcaico e con l'idealmente
Poi sino a noi in un vano conato
iario - debbono Partire dal certo
per al7are dal vero della nostra atttale consapevole zza storiografica
quale
dal
p.rossimo
pi
pu*utonlturale
quel
direzione di
euiri
diretta.'
".[u
per
filiazione
nata
quale appatniamo
ri"iHa
"tla
ch .i proponiamo di eseguire si orienta cos
il'p;;i";dimento
in do del tutto naturale verso il mondo antico, e cio verso le
TJ.H.Steward,EtbnographyoftheoensValleltPaiute,Univ'CalifoniaPubI.amer,
Archaol. Ethnol,, vol. 23, n. 3,

z96sgg'

, ,, .

eIa
ente
men
ale c

M. Gusinde, Die Feaerld Indner, r Die Selk'nan (Mdling bei \)fien r93r) pp. 55o sg.
lbid.., pp. 1,47 sgg.(legamento del cadavere), 55o (dissimulazione del tumulo), 566 (tabu
del nome), 552 sg. (bruciamento delle appartenenze).
6 C. Strehlow, Die Arard
u*d Loritja Stdmme in Zetrul-Arctraliez (Veroffentlichungen
aus dem stadtlichen Museum, Frankfurt a. M.) vol. 4, 2, p. 15 sgg.
5

n.

4-5 ft942\'

---^t^^i da
icizzazioe della ricerca etnologica
te viventi non rapplesentano affatto fasi
|

t2

INTRODUZIONE

antiche civilt che si afacciarono al Mediterraneo, o che comunque gravitarono verso questo piccolo mare cos importante per la
storia dell'uomo. La civilt cristiana si attacca immediatamente
a queste civilt, ed anzi sorta come loro vibrante negazione polemica: in tale polemica noi siamo acora in un certo senso impegnat, e ne portiamo il documento interno nelle nostre persuasioni
e nei nosffi compotamenti, nelle nostre avvetsioni e nelle nostre
preferenze. Si tratta di un passaggio avvenuto una sola volta nella
itoria, e che vive nella nostra coscienza culturale come conflitto
fra Cristianesimo e paganesimo, e in particolare - per I'argomento che qui ci interessa - come urto fta ideologa cristiana e ideologa pagana della morte. Per questa polemica creatrice e per questo
passaggio avvenuto una sola volta nella storia, le civilt del mondo
antico - per varie che siano - possono essere considerate come
un'unit storografica vivente, come l'altro da noi da cui noi siamo
nati. Nel quadro di queste considerazioni si spiega perch la nostra
scelta caduta sui rituali funebri del mondo antico, e sulle fgutazioni mtiche che vi si ricollegano. Ttttavia al fine di na maggiore individuazione storiografica ci sembrata necessaria una ulterore delimitazonedell'argomento. Fra i vari momenti degli antichi
rituali funebri spicca come loro nota costante il lamento funebre:
dall'Egtto alla Mesopotamia, da Israele ad Atene e a Roma il
lamento riveste una importanza ctsltutale di primo pano. In ciascuna di queste civilt esso fu sottoposto ad elabonzioni diverse,
sollevandosi in Egitto al lamento di Iside e Nephthys per Osiride,
in Israele alle lamentazoni di Geremia, alimentando in Gtecia la
riplasmazione dell'qpos, del commo magico e della lirica della morte,
e da per tutto collegandosi con determinat valori politici e sociali
(lamentazioni collettive per il re o per il signore o per l'eroe). Ma
c' di pi: il lamento funebre rituale si collega saldamente, nel
mondo antico, al mito del nume che muore e che risorge, cio a
uno dei temi pi importanti delle antiche civilt religiose del Medi
terraneo: questo rapporto cos organico da impedire di considerare l'antico lamento per i morti al di fuori del grandioso orizzonte
mitico del nume morto e risotto, sia esso Osiride oTamLz oBaal
o Adone o Dioniso o Kore, e quindi al di fuori del pianto rituale
e del giubilo che nel to attualizzavao la vicenda mitica di questi numi. Nel che troviamo una conferma che l pianto rituale rap-

7)
INTRODUZIONE

suoi eccessi Parossistici o Pet


avvenuto nel mondo antico -'

ivilt cristiana, di fparteotga-

ritrova continua eco nella nostra


dere

il modo col quale, in un a

di <continrate

a Pensare)> un

I'esoerienza cristiana Per

lum.nto funebre antico si


i;;.t .r.grri,tde proposito e per rendere umanisticmente

IA,

INTRODUZIONE

pi pregnanteIorizzonte di consapevolezza culturale che quel


in
pensiero racchiuso.
Per aware a soluzione il problema storico-religioso del lamento
antico, il primo compito della ricerca di analiizare il coiogho
come crisi, cio come rischio d <piangere ad un modo>,
rinunziando a quella <<vara eccellenza d.i huro o che differenzi
I Lodi
storici e culturali del saper piangere, e che consente diiialzarsi
dalle tombe, ridischiud.ndoti- ."tiu prt. con animo mutato
- ai
doveri della vita. una volta che sia staia preriminur..*. .orrortu
l'analisi del rischio umano di <morire con ci che muore>>
in luogo
di <farlo morire in noi> trascendendolo
uurot.,;;;i;'rg.volmenre essere affuontato il compito di".r
ricostuir q".l-p*ti
colare
pianto
che
si
esprime
nel
lamenl" i"i.iiri."
llplenzadel
e che il cristianesimo soppiant con la sua propria
sapienza, di

tanto pi alra.

Crisi della presenza e crisi del cordoglio

t. Il

concetto di perdita della presenz

La crisi del cordoglio una malattia ed il cordoglio il lavoro


speso per tentaela guarigione: questa proposizione pu, nella sua
owia genericit, essere considerata quasi come una vetit del senso
comune. Ma ci preme di mosrare qualche cosa di molto pir preciso, e cio che la crisi del cordoglio un caso particolare di quel

di <perdita> della presenza.


Nella formulazione di dieci anni ot sono quel concetto rest
infattiimpgliato in una grave contraddizione, almeno nella misura
in cui pretese di farsi valere come concetto di un'unit pr ec at e g o r i a I e della persona e addrittura di un'unit la cui conquista avrebbe formato problema storico di un'epoca definita, onde
poi, assicurata tale conquista, si satebbe mat:utata la condizione
fondamentale per la nascita dalle distinte categorie operative o
valori. La conraddizione non sfugg al Ctoce, che nella sua memoria
Intorno al ruagismo corne et storica avvertiva non essere lecito
distaccare con un taglo netto I'unit dalle forme distinte in cui
sirealizza, poich le forme <(non sono aggiunte a quell'unit, ma
sono l'unit stessa, onde a voler considerare questa per s, resterebbe nelle mani un'unit, peggio che inerte, vuota>.1 Pur con
senza e

Croce, Filosofia e storiografia (t947) p. zoz.

16

cApIToLo pRIMo

diverso accento ed in una diversa prospettiva anche il paci ripeteva lo stesso avvertimento quando metteva in rilievo che <la barbariesempre minaccios a,l'idradi Lerna vichana, proprio la perdita delle categorie che costituiscono I'uomo nella sua itoricit>.,
Effettivamente una critica del genere , nella sostanza, ineccepibile. Il croce aveva ragione: il <taglio> davvero impossibile nel
senso che si possa immaginare un'unit che non sia in ato di distinguersi secondo determinate potenze cultural del fare, e che non
sia - in quanto unit di una presenza sana - questa stessa energia di oggettivazione formale fondatrice di civilt e di storia. Ancor
qreno - per conseguenza - lecito immaginare una asffatta unit
della persona che formi problema storico a s: non si comprende
infatti di che e come sarebbe diventataunit, placandosi nl risrrltato di una reale risoluzione culturale. Acutamnte il croce poneva
in evidenza che il <riscatto>>, nel modo in cui veniva prospettato
nel Mondo magico, finiva col ruscire inisolvente e fittizio, e che
i protagonisti del supposto dramma - cio gli operatori magici e
i loro clienti - si dibattevano <<nella stessa vitalit inferma .-.i..u
che, col dar d volta in sulle piume, scherma il suo dolore>.r
Tuttavia se vero che il <taglio> dell'unit della presenza dalle
categorie del fare significa I'annientamento della rt.rra possibilit di esserci in una storia umana, e se sommamente conffaddittoala pretesa di voler distendere in una immaginaria storia culturale questo nulla della cultura e della sroria, il iischio d tale
annient amento esi ste, dispiegandosi in tutta Iasuapotenza
nelle civilt cosiddette prmitive, e riducendosi via via ed assumendo modi meno aspri e pi mediati con I'innalzarci della vita
culturale: il che appunto ammetteva il Paci. Il rischio radicale della
presenza ha certamente luogo, un rischio che non la perdita immaginaa di una immaginaria unit anteriore alle categorie, ma che
ben la perdita della stessa possibilit di mantenersln.l processo
culturale, e di continuarlo e d accrescerlo con I'energia diello scegliere e dell'operare: e poich il rapporto che fonda la j-toricit della
p,esenza lo stesso rapporto che rende possibile la cultura, il rischio
di non esserci nella storia omana si cnfigura come un rischio di
intenebrarsi nella ingens sylua della natuta.
2

E. Paci, Il nulla e il prcblema dcll'uomo (t95o) p. tz6.


Croce, op. cit,,

p.

zo3.

r7

CRISI DELLA PRESENZA E CRISI DEL CORDOGLIO

In una pagina famosa de La storia

come pensiero e corne azione

il Croce considera I'ethos non pi come una distnta forma del circolo spirituale, macome la potenza suprema che promuove e regola
la stessa distnzione del vario operare umano, opponendosi <al
disgregamento della unit spirituale>>.a In rapporto a questo suo
importante tema di pensiero la filosofa del Croce apparsa ad
un suo commentatore una <<teoria della potenza etica>> dominata
dal senso di una costante immanenzadella morte e dalTadrammatica
tensione fra l'<<energia delfarc>> e il rischio di un assoluto non-fare,
cio di quel nulla <<che si manifesta nel travaglio sterile, nell'accidia inconcludente, nel vuoto smarrimento>.' Il passo dei Frammenti di etica che in un certo senso la guida ideale della presente
ricerca appartiene alla stessa tematica, poich <il far morire in noi
i nostri motti>> appunto possibile merc del dispiegarsi della energia etica con la quale si supera lo <<sffazio>, e sollevandosi al mondo
dei valori si domina f insidia della dispersione e della follia. Ora
questo ethos coincide con la presenza come volont di esserc in
una storia umana, come potenza di trascendimento e di oggettvazione. E inatti norma costitutiva della presenza I'impossibilit di
restar-immediatamente immetsa, senza lume di ozzonte formale,
nella semplice polarit del piacere e del dolore e nel gioco delle
rcazioni e dei riflessi corispondent: se vi s mmerge, dilegua come
presenza. La meta vitalit che sta <<cruda e verde>> nell'animale
e nella pianta d e v e nell'uomo esser trascesa nell'opera, e questa
energia di trascendimento che oggettiva il vitale secondo forme di
coetenzaculturale appunto lapresenza. Esserci nella storia signifca darc orizzonte formale al patire, oggettivarlo in una forma
particolare di coerenza culturale, sceglierlo in una distinta poteza
dell'operare, tascenderlo in un valore particolare: ci defnisce
insieme la presenza come ethos fondamentale dell'uomo e la petdita della ptesenzacome rischio radicale a cui I'uomo - e soltanto
l'uomo - esposto.
Il trascendimento operativo che fonda e defnisce la presenza
possede un ordine ideale, nel quale lavitalit non sta ma come
fotma, ma come matetia: come materia trascesa nella coerenzacttla Croce, L storia come pensiero e come azione, pp.
42 sEE.

t C. Antoni,

Commento a Ctoce

(t95)

pp. r44 e r5o.

18

cApIToLo pRrMo

CRISI DELLA PRESENZA E CRISI DEL CORDOGLIO

19

chi pretendesse di chiudersi nel possesso dell'economico e di restringere l^ vita culturale a questo semplice cominciamento o condizione inaugurale del viver civile, non riuscirebbe in realt a mantenersi neppure nel suo regno, che ha valore autonomo solo per
entro un movimento che sospinge a valicarne i confini. L'etbos ella
presenza siinnalza cos dall'economico alla poesia e alla scienza
e allavita morale dispiegata e consapevole di s: salvo poi a tor-

nare all'economico, che non cessa mai di riproporsi, poich mai


il distacco dal vitale pu essere definitivo. Etuttaviav torna con
nuove fotze, accumulate nel vario operare e pronto quindi ad un
pi vigoroso sforzo di economica coetenza, capace di realizzarc
con maggiore efficacia il padroneggiamento della vitalit naturale
nella sua mmediatezza. Questo il circolo, o meglio la spirale,
della vita culturale, che ha il suo cenro nella presenza come potenza
di oggettivazione formale e di liberazione dalla <vitalit inferma
e cieca>>: circolo o spirale che progresso, perch incremento
dell'ethos nel suo civile realizzarc. Senza questo etltos delJ.a presenza non vi cultura: e non soltanto diventano inconcepibiJi poesia
e scienza, ma anche 10 stesso distacco dal vitale inaugurato dall'economico. Senza questo ethosla pi elementare invenzione tecnica dell'uomo, per esempio la f.abbcazione di un'amigdale nel
paleolitico o I'agticoltura primitiva alla zapp^ nel neoltico, non
vrebbero mai pltuto vedere il loro giorno ela storia umana.
inf.attiquesto ethos che ci sospinge a.arci coraggosamente procutatori di morte nel seno stesso del biologico morire, e che in ci
che passa senza valote - cio senza il nostro concorso e conffo il
nostro sforzo - accende quell'energia di rascendimento formale
col venir meno della quale I'umano operare resterebbe senza voce
e sefiza gesto, panlizzato dall'angoscia.
E tuttavia proprio questo ethos che attlaversa il mondo degli
uomini generando lavaetdelle civilt e degli istituti, degli ingegni
e dei geni, e sollevando ben in alto l'umano sull'immediatamente
vitale - proprio questo ethos pu esser raggiunto dalla catasrofe
e patire un morire incommensutabilmente pi grave di quel morire
naturale che condividiamo con gli animali e con le piante: qui si
configura un'insidia radicale, che solo l'uomo minaccia e che solo
l'uomo sa misurare. Non si ftatta di quel negativo relativo e di
quel relativo vuoto che nascono quando chi mpegnato nell'eset-

e storicamente modificabile, di produzione di beni secondo regole


dell'agire, la vitalit si risolve nell'economia, eIa civirt umafia

La confusione
seguente passo

fra vitale ed economico (o tecnico-economico) palese per esempio nel


dell'Antoni: < Esercitando la sua intelligenza e Ia sua diligenza n.l p..f.onur.

gli strumenti della sua recnica, l'uomo si solleva dalla pssivit e dall'ineizia
J.lu,'* .rrr.rrru
naturale. Sul piano srrettamenre economico, per effeito del semplice bi."g;;;;;-i.,"""o
non awerrebbe, ch anche la pigrizia vitalii ed economia, .l ut.hj,uituine
el,oss.quio alla tradizione> (Antoni, Commento a Croce, p. r93): dove, p..un
uoro,-iniru*r.d.
il distacco dalla vitalit chel'ethos rearizza mediatilu6.r.n"ui".ni.o-."o.oica, e per
un
alto verso si confonde vitale ed economico, atttibuendo a quest,ultimo rnu i.r.iriu
*itorul.
che propria della vitalit animale e non della coerenz cultuale
stic inceftezza del croce e dei suoi discepoli a proposiro del vitale""o"orni..itt"risi veda i. r."n.lrini, qp"riTza delb s.tilisyo
pp. t3o .gg., inceiteiza e contrddittori.t
rt^ i" r""iei"r.
.G9y)
ne.[a mancata distinzione tra vitale ed economico.
"rr"

20

CAPITOLO PRIMO

cizio di una forma <<aun'alftacosa)>' e mescola insieme due diverse


coerenze: come per esempio quando si spaccia per scienza la pro-

frala vitalit, che sempre materia, e la presenza come volont


di forma. Qui si denunzia una tensione eccenrica che ttavaglia
lo stesso circolo della vita culturale e che minaccia di spezzarlo:

CRISI DELLA PRESENZA

E CRISI DEL

CORDOGLIO

Sarecichepassa(ciodifarlopassarenelvalore)noi

tuiva Per Kant soltanto un argom(


d r.g,r.ttte passo ella Cri'tica della ragion pura:

engono tutte

o in una sola
imo Pensiero

qui vene rimessa n causa la stessa possibilit del distacco dell'esserci dalla naturalit del vivere.

ersonalit, quante sono le rappresen-

si compie in modo relasignifica che nella mi


di un divenire che passa
tivamente angusto, si
l'irrazionale, cio di un
sefizaecontro di noi
<<cieco>> correre verso la morte. In generale , pet alta e tmanizzata

critici, I'incontro o lo scontto con questa sfera si profila il rischio


di una tensione eccenffica, di una rottura, almeno nella misura in
cui non sitrattapi di scegliere fuaivalo, ma di non poter scegliere proprio nessun valore, neppure quello che ci strappa dalla
immediatzza del vitale e ci fa accedere nel regno della cultura.
Questo rischio concerne in primo luogo i momenti del divenire
che nel modo pi scoperto fanno scorgere la corsa verso la morte
che appartiene al vitale nella sua immediatezzai nell'estrema e non
eludibile tensione di questi momenti, allorch in causa l'esserci
o il non esserci come presenza, pu consumarsi la crisi di oggettivazione,lo scacco del trascendimento: ed inv ece d f.at pas-

: invece
noscimento dell'unit sintetica otiginatia dell'appercezione

i;h"lor^

il nerbo del

date circost anze

secondo capitolo del Mond.o.magico

kaninterpreta.o-. ,.u1. rischio esistenzialei .h. nella critica


tiani sta solo come argomento polemico'
"-rf
Arpf".ti.U. oizenatvaJt ciecamente disttuttive, la morte
sviluppo
firicu d[a p.rroro.uru, 1e malattie mortali, le fasi dello
prospettiva'.racchiudono
- in
;.;;d., li fam, insaza senza

I'esperienza acuta del conflitto tra Ia perento-

associata, nella misura in cui ripro-

il varco alla possibilit della cris


rispetto al padrone, o del
della sua vita, o anche a
1 Kant, critica d.ella rugion
del Collil.

p'\, pt.I,

libro I, c^p. 2,

sez.

z, s 16 [pp. I58 sgg' tfad'

it'

22

CAPITOLO PRIMO

CRISI DELLA PRESENZA

23

E CRISI DEL CORDOGLIo

ncetto della presen za fisiologica


gamente il concetto d comPleso
nel quale laPresenza rimasta
izione esistenziale con se stessa;
ennano alla tiPresa e alla risolu-

ato valore culturale; e cos via'


Ma il ptecedente Pi Pertine
senz norr si riffova nella moder
che su questo Punto ha in Parte
ziale. A' ci che noi chiamiamo
nello Hegel il <sentimento di s
essenzialmente questo: distinessa ha

di s, secondo il quale

relazione con queste determinasuoi sentimenti' Esso imsazioni;ed insieme, mediante la ideaIn questo
lit del articolare, si congiunge con s come un'unit soggettiva.'
particolare.e
nel
sentimento
soltanto
tale

in

ffid;il;;:i;;if
Ora il soggetto come
miluttiu,"Jto <pu

tn"n,", I'a q,,:ui".


s a f e>. eui posto

re
g

on

s come

essere suscettibile di
colarit del suo senti-

ate ed oltrepas-

h pi grande chiarczzail rischio della pre-

iniapacit ad ltrepassare un suo detetminato contenuto critico, cio a deciderlo scondo fotme distinte di coerenza
coculturale. Per Hegel il soggetto fisiologico il se stesso come
stesso
l
se

patologico
scienza coerente o intellettlva, il soggetto
reso prigioniero di un contenuto particolare:

,"rru.o.

ripieno della coscienza


suente: coscienza che si mantiene
,r^1. . la connessione col mondo
nato. Ma, r e s t a ndo i mP igli
posto intelleto a r t i c o I a r e, esso rron rrgnu a siffatto contenuto_il suo
del mondo
sistema
nelt,individuale
sperta
.t.iti
i^";;;;#i;;r;.
t"";
in
contraddizione
modo,
questo
in
,ttuu,
a nella sua coscienza, e la determinatezza
olezza e non ordinata e subordinata' Il che

I1 s stesso

8 P.
Janet, L'automatisne psychologiqe (rgg9)

p. 47g,

e Hegel, Enc.,

to

lbid., S 4o8.

4o7, La

traduzione itana dtquesto e degli altti passi

quella del Croce'

24

CAPITOLO PRIMO

Ovviamente i limiti dell'hegeliano sentimento di s sono i limiti


e le deficienze della stessa dialettica hegeliana: la totalt del soggetto non qui la distinzione delle forme culturali, ma ancorala
coscienza intellettiva, intesa come semplice giudizio di s e come
riferimento a s dei suoi sentimenti: laddove la presenza intesa
da noi come potenza sintetica secondo categorie del fare. Tuttavia, a pafte questo limite, lo Hegel intende con straordinaa acttezza il catattere di ci che abbiamo chiamato la crisi della presenza. Quando Hegel aferma che lo spirito libero e non quindi
suscettibile di malattia, mentre il sentimento di s pu cadere nella
contradizione della sua soggettivt per s libera e di una sua particolarit, <<la quale non diventa col ideale e resta fissa nel sentimento di s>, accenna al concetto che lo spirito, cio la presenza
impegnata nella distnzione delle forme culturali, la presenza fisiologica, mentre la ptesenza che non olffepassa i suoi contenuti critici nella idealt della f orma, necessariamente una presenza malata, che si sta perdendo. Quando Hegel sostiene che il
vecchio concetto metafisico dell'anima come sostanza in realt
il concetto dello spirito come suscettibile di follia (poich l'animasostanza, che soltanto esistente, natutale, fissata nella sua finit
esistenziale, appunto il concetto di follia), egli esprime nel linguaggio che il suo sistema gl consente che la presenza I'energia
sintetica generatrice della dialettica culturale, e che quando I'esserci si riduce al semplice esistere naturale imprigonandosi in uno
<(stato> psichico e cominciandolo a <ripetere)> invece di oltrepassarlo, allora non pu pi esserci e comincia a perdersi, a dileguare:
(Lo spirito) dall'anteriore metafisica stato considerato come anima, come cosa;
e solo come cosa, cio come alcunch di n
ale e di esistente,
suscettibile di follia, della finit che si fissa^tvr
in lui [. ..] Lo spiriro, determinato come tale che soltanto, in quanto un tale essere sta nella sua coscienza
senza soluzione, malato.1l

Lo spirito come essere che soltanto e che sta nella coscienza senza
soluzione la presenza fissata o impiglata in un suo contenuto
critico, e quindi non pi presente perch l'andzir olre i contenuti
la defnizione stessa della presenza: el'essere senz solazione si
riferisce al contenuto che resta non scelto e deciso secondo valori,
t1 Ibid.

PRESENZA
CRISI DELLA

E CRISI DEL CORDOGLIO

25

enuto determinabile e torna come


aneit tfuannica in una esistenza

dell'umana cultura, o la Presenza


precipita nella follia'
malatache perde se stessa e

z. L Ptesenza malata
Per analizzare il rischio della

significa - in generale - Pr-Teq


minuto momento critico dell'esi
s a r e, risolvendolo nel valore,
contenuto ctitico sta Per la Pres
tivazione formale, e ogni Prese

contaddizione esistena inautenticit. Il modo


one ell'etbos della Pre-

Y
z6

CAPITOLO PRIMO

senza nella scafica meramente meccanica di energia psichica: ma


vi tutta una gamma di inautenticit esisten ziali in cui si manifesta la crisi patita e non risolt a. Dalla esperienza critica non decisa
7a ptesenza pu riemergere vulnerata. L'ombtadel passato che non
stato fatto passare si distende sul progresso del fare, spia l,occa-

sione per riproporsi: ma a cagione dell'nte*uzione che vulnera

la dwata della presenza non torna nella dinamica tnitaa della


memoria attiva e risolvente, sl bene nella esffaneit imelativa del
sintomo morboso. La ptesenza malata si manifesta allora come presenza apparente, che sta nel presente
vi patisce il ritorno mascherato e irric
sato in cui rimasta impigliata. Per
dialettica del tempo il maggior numero di comportamenti morbosi
della presenza in crisi non appare per l'osservatore sano in rapporto diretto con momenti oggettivamente critci, ma con situ-

minabile. Se la malattia della presenza pu prendere corpo in occasioni che sembrerebbero banali, ci dipende dal fatto che quelle
occasioni insorgono nel malato come iterazione senza soluzione
di un momento critico nel quale la ptesenza, una volta, si smarrita. In altri termini la presenza che, in qualche dove della sua bio-

sua storia quando doueaa farlo, staora destorificata, cio fuori del
rapporto reale con la stora concreta del mondo culturale in cui
inserta e in cui chiamata continuamente ad esserci.
L'analisi della perdita della presenza attraverso le manifestazioni morbose della vita psichica pu essere condota da diversi
punti di vista: il nostro non sar ovviamente quello della classificazione dei vari quadri nosologici e neppure quello della determinazione della dinamica individuale della malattia, cio dei momenti

27

CRISI DELLA PRESENZA E CRISI DEL CORDOGLIO

critici nizialie reali che non futono oltrepassati e di quelli simbolici e secondari n cui la malatta attualmente si manifesta' Giova
invece ai nostri fini I'analisi fenomenologica di alcuni carutteristici sintomi della perdita della presenza, prescindendo da ogni consderazione dinamica individuale e da ogni riferimento al canttere reale o simbolico dei momenti critici in cui ha luogo I'insorgenzamorbosa. Particolarmente istruttive sono, a questo riguardo,
le esperienze di un s spersonalizzato, sognante, vuoto, a:utomatizzato,inattuale e simili. UnamalatadiJanet diceva: <<Io mi sono
smartita, orribile avere lo stesso volto e lo stesso nome e non
essere la stessa persona... Voi non avete ancora visto lavenLetizia;
se sapessi dov' ve la farci vedete, ma non la posso ttovare>>.12 E
rn'alffamalata: <<Di tanto in tanto lamiapersona se ne va, io perdo
la mia persona. .rnu cosabizzana e ridicola, ma come se un
velario cadesse e tagliasse in due la mia personalit' Le altre persone non se ne accorgono perch io posso parlarc e rispondere correttamente. In apparertzaper voi io sono la stessa, ma per me le
cose non stanno cos>>.1' E ancora un altro malato <Ci che mi
manca sono io stesso, temibile sfuggire a se stesso, vivere e non
esser se stesso>>.1a A queste esperienze della perdita della presenzafanno risconto quella della perdita del mondo, che avvertito
come strano, ittelativo, indifferente, meccanico , aticiale, teaffale,
simulato, sognante, senza rilievo, inconsistente, e simili. Diceva
un malato di P. Janet: <<Io intendo, vedo, tocco, ma non sento come
un tempo, gli oggetti non si identificano col mio essere; un velo spesso, una nuvola cambia il colore e l'aspetto dei corpi>>.1t E un alffo
malato: <<Voi non siete che un fantasma, come ce ne sono tanti: e
non potete pretendere che si abbia obbedienza ed aff.etto per qualcuno di cui non si avverte la realt>>}6 Ancora un altro malato:
<<Le cose non sono pi nel loro quadro e non indicano pi la loro
utilit>.17 Infne ecco come una schizofrenica sottoposta a ftattamento psicoanalitico da A. Sechehaye descrive nel suo diario la
12

P. Janet, De I'angoisse I'extse (Parigi rgz8) vol. z,

tt Ibid., p.

>s.
1a Ibid., p.
56.
ts Ibid.,
t6
17

. +1.

lbid., p. 49.
Ibid,, p. 62.

56.

28

CAPITOLO PRIMO

perdita del mondo:


Per me lafollia era come un

paese opposto allarcalt, un paese nel quale

In tali esperienze ci che viene regsttato senza soluzione il


vuoto dei valori, I'impotenza del trascendmento e della oggettiv azione, la inattualit dell' e s s erc : in que s t a inattualt aor a l' insolubile problema dell'astrattapossibilit di s e del mondo, al di
qua della scelta concteta che fonda e autentica il s e il mondo.
Pur nella variet delle loro espressioni questi malati esprimono lo
poterrza oggettivante
ione. D'altra parte gli
olre n modo irrelativo, riflettono e denunziano il perdersi della presenza che non
riesce ad andar oltre le situazioni, e a gettarle davanti a s, per
entro un determinato valore operativo. Col venir meno della stessa
funzione oggettivante gli oggetti entrano in un rischioso travaglio
di limiti, per cui appaono accennare ad un oltre inautentico, vuoto,

zione di significati e nella prospetiva di una possibile operazione


formale della presenza. Il mondo diventa irrelativo, senza eco di
memorie e di affetti, simile a uno scenario. Gli oggetti perdono
rilievo e consistenza (laluce accecante e la mancanza di ombra),
si pongono fuori della realt storica (il paese lunare, minerale, immobile). Tale esffaniazione e desrorificazione del mondo si riflette
A,

Sechehaye,

loumal d'une schizophne (Parigi r95o) pp, zo

sg

29

E CRISI DEL CORDOGLIO

i
fapporto s
rnente
''"itaiu;;riungib

che chiede perentofilfte trovarlo: una estrae astali, separata da un

ell'esperie nza

regava una luce implacabile, che non lasciavaposto per l'ombra, e che accecava. Era una immensit sen
piatta, piatt^, - un paese
minerale, lunare, freddo... In
io era immutabile, immobile, fisso, cristallizzato. GIi
igure di uno scenario. Le

18

PRESENZA
CRTSI DELLA

li trattengono, e pef
Gli
oggetti che <<non
iondersi e coniondersi in caotiche coinonie.
cola occasione pef frantumare le barriere che

catastrofe. Racconta la malata

di

Sechehaye:

pi silenzio, gli oggetti e le persone con i loro gesti e il loro rumore ancor
oil ,rtificiaiil rtuati eli uni daeli alli, senza vita, irreali. E la mia paura
umentava, sino a divntare inaudita, indicibile, atroce'le
le Sechehaye, oP. cit., P. zr

3o

CAPITOLO PRIMO

Il rischio dell'alienarsi della potenzaoggettivante della presenza


pu essere avvertito o nel dominio del divenre oggettivo, o per
singoli pensieri e aff.etti, owero in rapporto alla presenza in quanto
tale. Il rischio di alrcnazione del dominio oggetrivo comporta I'espetienza di una disposizione maligna delle cose e degli eventi, di un
<<esser-agito-da> che si sostituisce <<all'agke su> della oggettivazone. Si apre cos una vcenda di oscuri disegni e di subdole macchinazoni, di rimproveri e di accuse, di insidie e di influenze: e
le cose diventano cause, non gi nel senso fisico del termine, ma
proprio in quello giuridico di cause intentate ai danni del malato.
L'alienarsi di singoli pensieri o affetti d luogo alla interpretazione che altr li manovrino, li influenzno, li rubino, o ne siano i padroni: a un grado pi profondo d alienazione si avverrono i propri pensieri in atto di staccarsi dal flusso interno del pensare, per
ripetersi per loro conto, a guisa di eco pschica, sino a risuonare
pubblicamente anche se non comunicati con la parcla. L'alienarsi
della presenza e I'esperienza immediata della impotenza di qualsiasi scelta formale si rispecchia infine subiettivamente come colpa
alftettanto mostruosa quanto immotivata: si tratta infine della colpa di non potersi motivare, che - per essenza - radicale e senza
motvo. La depressione melanconica pertanto da interpretare,
considerata in questa prospettiva, come I'esperienza di abezione
estrema e di incompanbile miseria che accompagnail senso di s
nel recedere dell'energia di oggettivazone su tutto il possibile orizzote formale.
I1 rischio radicale della perdita della presenza segnalato - almeno sin quando la presenza resiste - da una teazione totale che
l'angoscia. Se depuramo questo concetto da tutte le interpretazioni non pertinenti alimentate da determinate suggestioni metafisiche, o dalfacrittogamia con I'esperienza religiosa o dai vari idoleggiamenti alimentati daunainerziamorale in atto, e se al tempo
stesso citratteniamo dal cadere nella empiria dellaconente psicopatologia, uoviamo come risultato che I'angoscia si determin a nelTa
presenza come reazione davant al rischio di non poter oltrepassare i suoi contenuti critic, e di sentirsi inattuale e inautentica
nel presente. Ci equivale a dire che I'angoscia il rischio di perdere la possibilit stessa di dispiegare I'energia formale dell'esserci.

PRESENZA
CRISI DELLA

E CRISI DEL CORDOGLIO

17

stesse della Presenza,


precipitare della vita culturale
. L'angoscia softolinea il rischio
etto e oggetto, fra Pensiero ed
h nella sua crisi radicale la Prestorico, e sta persefiza nonriesce pi a farsi presente al divenire
pu essere
I'angoscia
la
norma,
e
il
senso
essetne
.rdo la potest di
angoscia
come
meglio
o
itetptetata come angoscia della storia,
afquando_si
i ,* poter esserci in una storia umana. Pertanto
i"r^u.h. l'uttgotca non mai di qualche cosa, ma di nulla, la
proposizione accet
in gioco la perdita d
lit del quale come e
e di ogni quello: e tale Perdita no
li, l'unittarsi della i..r.nru, la catasttof.e della vita culturale
e eila storia lmana. E ifin.' I'angoscia espetienza della colpa,
perch la caduta dell'energia di oggettvaziofie , come si detio,la colpa per eccellenza, che chiude il malato in una disperata
melncolia.
Nelle stesse ffattazionidella psicop atologiaquesto carattefe delI'angoscia si fa luce talon vincendo le empirie e le superficialit
dell' ordinaria esperien za clinca.
I1 malato non ha angoscia di qualche cosa, egli l'angoscia, senza avef
coscienza n di un og-getto, n i un soggetto... L'oggetto- l'utilizzazione
ordinata dell'eccitazione, e la coscienza dell'io il completamento necesrr.io .[u coscienza dei'oggetto. Ma nella dilacerazione catastrofica dell,angoscia non vi oggetto - e per questo l',angoscia senza.conte.nuto . nn.h. coscienza!ecisa dell'io...Ci che il malato vive la dilacerazione della struttura dilla personalit: non si pu dire neppure che egli provi
angoscia, egli I'angoscia e ta tutt'

le radici

indicibile nel quale soggetto e ogget


ricolo supremo, cio il profilarsi di
smo non pu adattarsi all'ambiente
esistenza.

Queste proposizioni di Kurt Goldstein,'o sebbene inadeguate,


ffovano iu lro elucidazione e la loro verifica nella teoria dell'an20

K.

n.7, 4o9
(. reli'r

Allg. rtzl. Z. Psychothet. psych. Hygiene, vol. z,


coniezioni dell'angoscia nella moderna psichiattia
di J. Boutonier, L'ngoisse (Parigi t94)'

CRISI

DELLA PRESENZA E CRISI DEL

cORDoGLIo

33

il rschio della malattia, ela clamorosa


per tertore dell'azione>> pu met<<farsi
del
assente
Lontraddizione
pi
gtave
sintomo morboso del blocco
nuovo
e
soltanto
al
capo
tet
modo della destorificazione
della
Il
secondo
volont.
spasmodico
oresenza che costituisce

iirelativa della crisi costituito dal ritualismo dell'agire. Mentre


nella rcazione stuporosa il conato si dirige vetso I'assenza totale
dallarcalt storica attuale, nelle stereotipie e nei manierismi dell'agire soltanto detetminati settori pi o meno ampi e prolungati
dell'agire vengono sottratti alla storicit, chiusi al dialogo con essa,
e rrigiditi in una iterazione delf identico che la negazione del
mobile divenire storico e della necessit di rispondere ad esso con
iniziative formalmente determinate. Nei manierismi e nelle stereotipie dell'agire la presenza in crisi si chiude in un miserabile
regime di risparmio vuoto di valore; chiusa nelle rigide barriere
protettive del ritualismo in quanto tale, essa <<sta nell'esistenza
senza starci>, poich qualunque cosa accada essa contrappone all'accadere lo stare immobile nelle proprie iterazioni. I1 rappotto col
momento rituale della magia e della religone soltanto apparente,
perch nella magia e nella religione 7a tulit dell'agire media,
attraverso l'orizzonte mitico, una piena rcintegtazione culturale,

mentre le stereotipie e i cerimonialismi della presenza malata,


sostanzialmente chusi nella loro vicenda privata, si esauriscono
in un vuoto tecnicismo dell'assenza, e perci non si sollevano dalla
crsi di oggettivzione, ma la ribadiscono e la agglavano.Il terzo
modo della destorificazione irelativa della crisi consiste nella destoficazione per simboli protettivi, a cui si afidail compito di ridischiudere 7'azione.I simboli ptotettivi o allusivi, ansiosamente cercati o costruiti, rappresentano il conato di occultare as7a stoticit
del reale, e quindi la responsabilit petsonale delle inziative, in
modo che 1 fare effettivo sia nient'alro che iteruzione del gi deciso

21 S.

Arieti, htterpretatiott of Schizophteria (New Yotk tg) pp. rro

sgg.

34

CAPITOLO PRIMO

e fafio su un piano metastori


quanto dovrebbero protegge
mondo a s, non u,rln.rt-o
tano, alpari del ritualismo dell,

rffiT::"lHn?Ln
gli riusciva tuttavia di nessun

rifugio
trico il

spettiva culturale,
sl muovono.

perci sterili

re compiti formali. Cos il <far


22

Arieti, op. cit., pp. rzt

sg.

coRDoGLIo

)5

nel valore>>, che compotta :una apptopriazione interore e


'unfur morire ideale, cede il luogo, in questa forma della crisi, alla
*ppropazione materiale di oggetti privi di significato atttsale, alla
mania del raccogliere e del conservare, alla incorporazione nelle
cavit natwali del corpo, alTa f.ame insaziabile di cibo e alla ingesdone di oggetti anche non commestibili, allo sfrenato erotismo,
al f:rorc distruttivo e omicida. I momenti dell'innalzamento alla
fotma, cio l'appropazione,la conservazione ed il superamento
f.ormali, sono qui conftaff.atti sull'improprio piano materiale della
vitalitin atto, chiusa in se stessa e adialettica rispetto al destino
ormale dell'uomo: diabolus sirui.a Dei. L'egemonia del vitale che
pretende di surrogare la risoluzione for
pi netto nella cosiddetta eccitazione
in crisi si limita a prestare all'accelera
nuto di rappresentazont e di sentimenti che simulano, manon sono,
valori reali. Lo psichiata George Dumas riferisce d un tal Victor,
capitano dell'esercito francese e appartenente a una .amigliatradizionalmentelegata al culto de17a gloire e della patrie, il quale nei
suoi eccessi maniaci si abbatteva al suolo, ventre atera, gridando:
<<A me il granito! >>, alzandosi poi lentamente e guardando intorno
a s con aa d sfida. Interrogato successivamente dal Dumas durante un periodo di remissione, gli rese questa spiegazione: <<S,
mi ricordo: era per me una manif.estazione di spirito pariottico, un
appello alla vecchia terra francese, riboccavo di amor pario e desideravo farne mosta>>.Un'altravoltal capitano Victor accolse l
Dumas ruggendo come un leone e roteando furiosamente gli occhi.
Ecco la sua spiegazione successiva: <<S, cosl, era in onore d mio
padre, ufficiale prima di me nell'armata d'Africa. Ruggendo come
un leone africano credevo di incarnare il pariottismo della nostra
f.amiglia, quello di mio padre ed il mio: oggi per la dimostrazione
mi sembra debole>. In altra occasione il capitano Victor aveva detto
al Dumas che cercava di sentirgli il polso: <Prendi la mia pelle,
se vuoi!> Spiegazione successiva: <<Era il sacrifico della mia vita
che io offrivo ul mio paese)>. sin toppo evidente che, in un caso
come questo, determinativalofi cultural come la gloire elapatrie
stanno nel contesto in modo del tutto apparente e sffumentale:
ci che predomina la pura acceleruzione vitale che si scatena senza
nessun rapporto con la rcale sittazione del momento, dandosi a
pretesto i vuoti nomi di valori politici e morali.
c,assare

ria senza starci>>, e un disperato tentativo


di dischudersi - attraverso questa miserabile frode
Arieti quando usciva di casa er
qualsiasi c-osa scorgesse per via,
curanti sulla non rischiosit de
una luce rossa alf incrocio sad
e pi olte nella direzione corri_
sotto gli occhi una qualsiasi frec_

giovam

PRESENZA E CRISI DEL


CIS DELL.

7
)6

CAPITOLO PRI\4q

3. La uita religios come tecnica protettiua mediatrice di uarori

CpJSI

DELLA PRESENZA E CRISI DEL

CORDOGLIO

)7

uasioni nzionalche ne abbiamo


Parati a superare i momenti cridubbio il rischio di non esserci
che nelle civilt Primitive e nel
tinuo la vita dei singoli e quella
t primitive e nel mondo antico
una
il rischio della presenza assume una
vate
iffusione tali a obbligare la civilt
connel
se stessa. Nelle civilt primitive e
I
fiza
tec
,id"t.uot. della coere
dominio tecnico della natura
cazioni ancora limitate), ma nell
-ulr,
uprorrggere la presenza dal rischio di non esserci nel mondo'
O.ul,Zrig"u di questa protezione tecnica costtuisce I'o r i g i n e
ella vt re[gosa come ordine mitico-rituale'
Gi ved.mmo come il rischio della presenza sia essenzialmente
costituito da una destorificazione irrelativa che si manifesta in vati
modi di inautenticit esistenziale. Il carattere fondamentale della
tecnica religiosa sta nel contfappofre a questa destorificazione irrelativa wadestorificazione istituzionale del divenire, cio una destoiifiruzion fermata in un ordine metastorico (mito) col quale si
enffa in fappofto mediante un ordine metastofico di comportamenti (ritoj. Con ci offerto tn orizzonte per enlo il quale si
alienazioni individuali e la loro
i.Il caruttere dialettico del nesso
ella presenza eIa sfeta del sacro
zadatn'oPera che ha avuto una
norevole effcaca nel dominio della filosofia e della storia delle
religioni: tL Sgo di Rudolf Otto''i Si tratta, com' noto, di un'oper religiosamente impegnata, e t'tlavia proprio per questo capace
di forniri indicazioni pt.rior. sul nesso in questione. Naturalmente
ad un patto: che la problematica cominci per no-i n-roplio l.dove
Rudof Otto ritiene di aver raggiunto l'ultima Thule, cio l'espetienza viva del nume che presente. La connotazione cafattefistica, profondamente inazionale, di questa presenza del nume
2r R.

Otto, Ds Heitige. ber das Inationale in der Idee


(r" ed. r9r7; r8" ed. r9z9).

zum Rtiorlen

des Gttlicben und sein Verbltniss

38

CAPITOLO PRIMO

PRESENZA E CRISI DEL


CISI DELLA

CORDOGLIO

39

mente alro>> e quindi

il btind.e
in cospetto del nume si impa_
ola. Ora questo <<radicalmente
il rischio radi_

erienza appunto

sempre rclativa, inserita nel circ


comincia a diventare eccentrica,
capace di mantenerla come altr
gine rispetto ad essa, allora co
<<radicale>> dell'alterit
$e i da interpretare come segnale della
crisi della presenza. Anche il btinde Esetzen .loq,r.t.).-entsetzenha il duplice significato di <<spossessare)> e di <inorridire> o
<(essere pieno di raccapriccio>>, il che significa
che qui si sta per
consumare la perdita dell'energia formal, e appunto da tale
spossessamento rudicale nasce l'orrore caratterirti.o .h. indvidui
la
crisi. Ma il caratere dialettico del rapporto cris-ripresa dell;esperienza del sacro illustrato altres dallbspressi one dmonische
scheu:
in.atti se I'accento batte su Schet
mente identico a un puro stato a
gico, mentre se l'accento batte s
comincia a arc le sue prove, sia
fofe non sar pi <<ceco> se almeno riesce a scorgere un,immagine demoniaca o numinosa, p
mitico-rituale organicamente i
si vive, e apefta alv alor e. Cons
a proposito de
La paradossia
costituisce af.atto un nesso
misterioso, da
ediatezza, ma racchiude una
ci che nella crisi repelle e soggioga, il tree del perdersi della presenza, tiltaiia attira
. alla ripres a, alla reintegrazione nell,umano,
e questo attirarc o chiamare in modo perentrio il
fascinans de|
radicalmente alro. Nella limitazone eil'erp..i.ri.ligi
.i
che chiama il nume, ma per il
l'alienazione della presenza
storia umana. O anche: il non
decisione nel valore. La differen
quella religiosa sta unicamente ne

la rcintegrazione del divino nell'umano'


Ma il'sacro manifesta la sua coefenza tecnica anche in alffo

modo: in quanto nesso mitico-rituale esso maschera il divenire storico nella ltenzione tituale di modelli mitici in cui su un piano
metastorico il mutamento ammesso e al tempo stesso reintegtato:

lezza. Questa dialetticadi riptesa e reintegtazione dei rischi di alienazion cantterizzata dllla coefenza tecnica della destoficazione mitico-rituale che si fa mediatrice del ridischiudersi delle alue
forme di coerenza culturale, dall' econom ia al|' ordinamento sociale,
giuridico e politico, al costume, all'afte e alla scienza'
Il concetlo di sacro come tecnica mitico-rtuale che protegge
la presenza dal rischio di non esserci nella storia e media il ridi
schiudersi di determin ati orizzonti umanistici consente di consi-

derare sotto una nuova luce la uexta quaestio del tapporto ftamagia
e religione. Senza dubbio ogni forma di vita religiosa, in quanto

f.onitasulla destor ificazione mitico-rituale, compofta un momento

4O

CAPITOLO PRIMO

tecnico
magica;
siaot
mai nel

PRESENZA E CRISI DEL


CSI DELLA

CORDOGLIO

4r

c
a

u
dischiude un determi_
^rdTe
nato otizzonte umanistico, pi o meno
angusto. In talguisa l,op_
portunit di considerat. .om. magic.a o .J-.
r.rigiosa;i putticolare forma storica del sacro dipede r"r;";;;
;i gr"dJ r.r"ri""
qr svluppo e
o di medjazione dei valori
che_ in_quella
revale il momento tecnico
,orizzonteumanistico
della destorif
che
usto (ma non mai inesistente!) il
appropriato, quando invece rito

#;1ft;i."1','ffi:ii;

;:i:i: :#Seiilff:i1tf

poremica currurare, arorch,1


gione enuclei valori, e se ne a-vrerte ,ortuto
il oil;'L.ru_
mente tecnico: nel discorsostoriografico la quarificu
di rugiu riti.n.
un significato leqittimo solo in ,I.rrro .o.p arativo,
cio per indi_
care una forma di vita rerigiosa in cui Io iuiruppo
.1-rd"il.nr"
tecnico relativamente esteso e l'ozzonte umanistico
dischiuso
resto ampiamente confermato
grado gli elementi di confusione
si teozzamenti della scienza e
o da mertere in guardia gli

vari rivelri di coscienza


vita
(o di
a

anche

di coerenzlt:::t::l'."*hp,;t,'"t:i;
'uso di .rt.nd.r.
etico fortemente sentto
1t1-lTptqno

emondanoperricordu,.r,ffi
al capitolo che apre

ii;;;ji;.ii.n.

il;ii,i3iii:

Stoa d.,n'u-o
a Libert>, dove
l.a

d.i

;;:;,

si
a dell'impiego della
liberale consustanz

;iri

i'liroru
oi,r_

;;;
dia_

lettico e storico: <ora chi raccorga e consideri (i


*atti) del|ideale
Iiberale, non dubita di denominur]o, q.rul.rso
era, una ,,religione,,:
denominarlo cos, beninteso, q"uaf ,i utt.ndu
an'essenziale ed

mariamente delineato.
Se tuttavia da respingere |a tendenza panlogistica che risolve
la religione in una sorta di philosophia infetior, non nemmeno
da accg[ere I' esigenz a in azionalistica di un' autonomia f ormale

ad impedire alla presenza di naufragare in ci che passa senza e


.ottr I'uomo. Sulla linea di questo secondo impiego della potenza
tecnica si trova la religione, che testa definita dal canttete patticolare del suo tecnicismo, cio dalla ripresa e alla reintegrazione
umanistica dei rischi di alienazione mediante la destorificazione
mitico-rituale. La risoluzione tecnica della vita religiosa non certamente nuova, se gi Platone in un passo famoso del Fedone non
esitava a considerare il mito delle anime dopo morte come un incan-

42

CAPITOLO PRIMO

CRISI

DELLA PRESENZA E CRISI DEL

tive o estetiche della vita religiosa

CORDOGLIO

41

e) la crisi del cordoglio assume


iduo che nella collettvt, modi
nostra civilt solo in casi indivi-

sacro una hrazionalit destinat


fico come tale. Il sacro, in quant
che il pensiero storiografico pu

prio nessun residuo all'immedia

renza diversa da quella


dispiegata e consapesia immanente nessuna
uda un nucleo <<ittazionale>> irri_
storco alfa co ntr addttoa f. attca

tia

umana.ta

morte d Patroclo si manifesta


non saremmo disPosti a concee possiamo al Pi tolletare con
ontadine dell'Italia meridionale
qui dobbiamo analizzarc
o della penisola balcanica. Tuttavia noi
cio il tischio
p.l"'t modi <<eccessivi>> della crisi del cordoglio,
fondo'
il
dire
per
cos
quando
tocca
che
--- essa comporta
sino in
euando Ia-cadatdefla potenza ol*epassante consuma
presenla
in
cui
foro il suo rischio, la contiaddizione esistenziale
a totale e
za si irretisce assume il modo esffemo dell'assenz

graazone dell' etbos della prese nza nella


scarica meramente meccanica di enelgia psichica'
in g."o. Ia sittazione luttuosa tale solo nell'atto o nel tentaiir a *ascendimento formale, e d'altra pafte 1a presenza si

ilil; i;

da questa situazione, e si costituisce come presenza, nella


misura in cui va disPiegando 1o s

Jiriu..u

fica che nel crollo comPleto del


zione luttuosa si rescinde e sco
dilegua nel contenuto critico che nor
s come <(oggetto> qualificato e 1o stesso ethos elffascendimento
,i uu unrri.rindo n i meccanismo convulsivo. Di tale assenza totale
in cospetto dell'evento luttuos
in via di esempio, le Chansons
ma talora lo stesso re Carlo, se
o per notizia di motte, cio <<Per
l'ssenza totale: la perdono Seb
(qluant Sebille l'antnt, li sans li est muez,l la ttue lui troble, s,i a les
ion, ,rorr,l cort'trc tefte se p,snte, ne peat sor piez estet), Carlo alla
"r .iigfio Lohier (Come Ch,arlei l'entent, si ne set q,ue il.die,l il
pot parler d'un lieu
est c:bes pa"sms deoant sa baronie,l si qu'i.l ne
(a et
et d,erui),1 cavalieri di Aymeri alla morte del loro signote

44

CAPTTOLO PRrMo

li cbealier pasnzQ, centomila franch alla morte di Rolando


(cent ruilie Franc s'en pasrnent contle tere).2i
L'assenza totale rappresenta il limite estremo della crisi del cordoglio: ma al di qua d tale limite stanno trttaviadeterminate inautenticit esistenziali della presen za, caratterizzate dahecedere verso
la gisent

E CRISI DEL CORDOGLIO


CilSI DELLA PRESENZA

45

prima
Del pari nelle Troiane Ecttba che gace a terra annientata'
smardi
pafgl:
"[;;;^;e*^re la lamentazionepro''nzia analoghe
lache
I
Su
.o tacere? lChe cosa non tacere?

i;.;fr.

nuto>, ovvero di u
te quella presenza che sarebbe
formalmente
la situazione. In p
todistruttivo
si accompagna al sentimento patologico di una miseria o anche di
una colpa smisurata che pu ricevere nella coscie nza vae moti-

di <andar oltre>> alle rappresentazionrelative a questo suo conte21


25

cfr. o. zimmermann, Die

r899) pp. 9
26

sgg.

Eur., AIc,, vv. 86r-864.

Totenklge in den altfranzsischex chansons de geste (Berhno

Eu-., Ttoiane,

vv. rro sg, N

momento di smarrimento diventato


dico, che spero?) nel lamento funebr
del lamento funebte lucano.
4

46

cAPIToLo PRIMo

nuto, oggettivandole nel valore, comincia essa stessa a diventare


il vuoto olre, e quindi la *isi, dell'oggetto. possibil. J.drr..,
assumendo questo criterio ermeneutic, le vari esperienze morbose che nascono dal rapporto non autentico col cadvere in quanto centro emozionale della situazione luttuosa. Il cadavere appare
una <(estraneit radicale>: infatti esso tende a sottrarsi alrapitenza
formale, e il suo <oltre> - che solo per entro il rapporto iormul.
si determina - sta diventando .,urrto,r. Il cadavre uppur. ,r.u

<<forza>>:

innatti, per mancan za

di determinazione, i suo limiti

PRESENZA E CRISI DEL


CISI DELLA

'"ilrrl;
II
tetare

Planto'-"

sono

con progressione minacciosa, spiano l,oc_


er farsi simbolici rispetto aI cdaverc, e
multipla senza fine. I1 cadavere <(torna
come spettro>: infatti esso sta nella crisi dei sopravvissuti come
contenuto in cui la presenza rimasta impigrntae prigioniera, onde
torna a,riproporsi n modo inautentico nill'estranit e nella indo_
minabilit della rappresentazione ossessiva o dell'allucinazione. Il
cadavere <<ambivalente>>, si dbatte per i sopravvissuti nella
infeconda polarit di repulsione e attraiione: infatti il suo ,.urrdulo
respinge
i e di dispersione, ma al tempo
stesso co
il rapporto, in una vicenda irii_
solvente.
,r., nflu ,rrn ud.llu d..irio.r.
formale, finisce col convertirsi nell'espe rienzad.l .adau.r.
.r'-itti il cadavere, come oggetto in
e distanze rispetto agli alti og_
distanza rispetto alla ptesenza,
. e trascinandola va con s, come
Glauca morta il padre cleonte, allorch esso volre sollevarsi
aila
cara spoglia:
..' Quando ebbe finito di piangere e di singhiozzare, volle risollevare
il suo
vecchio capo. Ma come lder ai rz,mi d,iloro, ..to p..ro.r.i p;pl;
hg_
gero: cefcava di rimettersi in piedi, ed essa, in senso inrierso,
10 tr'uti.r.rru.

strappavano u1. orru. rrrrirr.

47

.,i rinunci e rese I'anima, impotente ad avet ragione della sciagura. Giacfth ; f ;c.hio pud.e, lato a lat - catastrofe atta per ali'

entrati in travaglio, e vanno .otzando il rapporto senza trovarlo.


Il cadavere una forza <<ostile>>: infattiesso, come oggetto in crisi,
rispecchia I'alienarsi della stessa energia oggettivant.,ch. I'ostile
ed il funesto per eccellenza. Il cadver!-<<contagia>>: infatti, nel
suo andar olffe irrelativo e senza soluzione, ao-.mi.u caotcamente
ambiti del reale, e al tempo stesso i pi

Tirava con violenza? Le sue vecchie carni

CORDOGLIO

28

F;ut., Medca, vv. r2o5'2o.

Y-

48

CAPITOLO PRIMO

PRESENZA
CRTSI DELLA

E CRISr DEL CORDOGLIO

49

le <<taro>> non costituisce in s malattia se attaverso di esso


si facilita il compito di <far morire i nostri morti in noi>>. D'altra

pre
perch
nume

2e

La descrizione del caso si trova in p.


Janet, L,tat mental
sg.

'0 P. Janet, De I'agoisse I'extase, vol. z,

pp.

1.5o, 367;

des hystriques

cfr. p. zgr.

Patologca

concerne un
rescissa dal-

l'orizzonte della presenza senza che sa stato compiuto il lavoro


d interiorizzazione e di risoluzione che proprio del cordoglio.
In ogni caso il giudizio non quantitativo, ma qualitativo, cio
concerne I'effettivo <(passare nel valore>> che si compe attraverso
il cordoglio come lavoro: e qualsiasi ritardo non sar ma eccessivo n qualsiasi anticipo prematuro (cio non si tratter n di
rftardo n di anticipo, ma semplicemente del tempo giusto) se I'uno
o I'altro ridischiuderanno gradualmente il vario operre culturale
compromesso dalla crisi. D'altta parte proptio il Janet, a proposito della malata gi precedentemente ricorata, e nel tentativo
di spiegarne il comportamento patologico che abbiamo sommariamente descritto, mette in rilievo come il tratto morboso pi saliente
fosse l'arresto della personalit alla sittazione luttuosa, e la successiva incapacit di <<accrescersi per aggiunzione e assimilazione
di elementi nuovi>>:i1 il che significa che la ctisi del cotdoglio
tale nella misura in cui spezzala <<durata>> della vita spirituale, asservendola alla tirannia di uno stato psichico isolato che sta senza
fluidit e che fonte di inautenticit esistenziale. Relativamente
pi impegnata e complessa di quella del Janet la teoria psicoanaliticadel cordoglio, che fu inaugurata dal Freud nel suo scritto
Lutto e melanconia (tgrl). Il Freud volle scorgere una differenza
fra il cordoglio e la melancolia per il fatto che <<mentre nel cordoglio il mondo ad essere povero e vuoto) nella melancolia lo l'io
stesso>>.32 Una seconda fercnza starebbe nel fatto che menffe

5. Di alcane teorie psicologiche del cordoglio

pp. 55

sa
<(t
ti,

(3^ ed. ryzj)


tt
)2

Janet, L'tat nexle des bystiqes,


Freud, Ges. Schr., vol, 5, p. y8.

p.

8z

51

CAPITOLO PRI\4o

5o

CISI

DELL PRESENZA

E CRISI DEL

CORDOGLI

si riferisce <alla perdita cosciente di un oggetto amato)>


la m.lan"colia in rapporto con una pefdita <<che si sottrae in-qualche

il cordoglio

il

lavoro compiuto dal lutto


consisterebbe nel distacco deli'energia libidica dall'oggetto perduto, e nel reimpiego di tale energia per nuovi investimenti: ora il
distacco e il reimiego possono non fiuscife , eIa libi.do pu.restar
lega,ta al vecchio og!.tio, che pi non--esiste, determinando una
,,Jpuruzion alla rllt. .rrru pri.osj a_llucinatoria del desiderio.'a
N[a m.lancolia invece la perdita dell'oggetto am,,to (che non
necessariamente una morte fisica, ma in generale una impossibilir di fatto di continuare il rapporto con I'oggetto amato) costringe
la tibid.o ad abbandonare I'oggetto, e a ritirarsi nelf io: qui per,
ggetto I'io stesso,
in mancanza di impiego
ramuta nella percon la conseguenza.h I
delf io sta in luogo
dita nell'io, che I'abbas
perduto, dell'idell'oggetto
dell'avvilimento
dell'abbassmento e
si distende
dell'oggetto
<<l'ombra
dolo infranto: come dice Freud
un lasvolge
nel soggetto >>.t5 La melancolia, al pa del cordoglio,
reldenp fiberare la tibido dal legame con I'oggetto ^mato,
""t"
per nuovi impighi: ma, mentre nel cordoglio tale
itpo"ibile
dolu
lavoro si svolge prevalentemente nella sfera della coscienza e mantiene la distizione fua io e oggetto perduto, nella melancolia il
processo di disgibuzione e di sval,,stazione si svolge nelf inconscio,
iinch le cariche libidiche, al termine del processo, ridiventano
libere dando luogo all'accesso di mania.)6 Questa PJlma interpretizionedel Freu sub successivamente alcune modificazioni, nel
o in Parte
senso che le
modo alla coscieniurr.tt Ci post,

attenuateei
n.l.o.dogli

cheanche

f identifi
cazione.Jt I'ogg.tto amato e petduto, come quando i soprawissuti
,ip.od.r.ono -""n.1 gesto, neil'inflessione della voce, nel]'uso di
dterminate frasi .ii-ili - partcolarit anche mnime del comportamento che gi apparte;nero a|_defunto: tali identificazioni
ioro du interpreiarsi-com. forme di consolazione della perdita

,7 S.

Ibid.

)a Ibid'.,
)5 Ibid..,

p.
p.

in
537.
542.

t6 Ibid., pp.
552 sg'

Freud,

no' -c:,:'^:Abraham'

dennormaten
:':i:::,:tr:'
Lib

eescbichte det

r8 Abtaham

Inttoiektion

:r::i:::::

52

CAPITOLO PRIMO

CISI

DELLA PRESENZA E CRISI DEL

CORDOGLIO

nei parricidi: <<qualcosa in loro era divenuto padre>>, dando luogo


a un conflitto endopsichico fra <io ideale>> e <<io attuale>>, e quindi
a una fase di depressione melancolica, con relative autoaccuse e
artoflagelTazioni. Il conflitto fu sciolto merc la sua proezione all'esterno, cio dando sfogo alle tendenze parricide che continuavano
ad operare, ma volgendole a un oggetto sumogato, co al nemico,
che era mangiato e divorato in una spedizione guerresca. La fase
maniacale chiudeva cos la fase melancolica, proprio come nella
psicosi maniaco-depressiva: e i rtuali funerari primitivi sembravano ad ogni morte ripetere questa vicenda, sia pure in forma abbre-

viata, poich il periodo di lutto si chiudeva in essi molto spesso


con una spedizione di <vendetta>>, o con un'orgia sessuale o alimentare. Allo stesso modo la zoofobia e il totemismo sarebbero
stati un alffo modo di proiettare all'esterno, in questo caso sull'animale, il conflitto interno.ie
Pi recentemente Melanie Klein ha ripreso il problema del cordoglio al di fuori delle istanze prevalentemente etnologiche che
avevano indotto il Rheim a formulare la sua interpretazione. Per
la Klein ogn lutto rinnova in generale il bisogno di resraurare dentro di s la persona amata e perduta, cos come avevano gi detto
il Freud e I'Abraham: ma al tempo stesso ogni lutto mette in pericolo gli oggetti amati per primi - in ultima analisi i <buoni genitori>> - e pertanto obbliga a restaurare in s anche il mondo interno, che sta perdendo il suo equilibrio e sta andando in rovina.
Il cordoglio un lavoro che provvede a questa duplice restaurazione: ma vi provvede riattivando e ripetendo - sebbene in divetse circostanze e con dverse manif.estazioni - gli stessi processi
manaco-depressivi che sono propri dell'epoca infantile. Il lavoro
del cordoglio non riesce quando la persona non ha potuto stabilire
nella sua inanziai suoi interni <buoni oggetti>>, e affronta perci
I'evento luttuoso gi in condizioni di insicurezza e di squilibrio.ao
Le teorie psicoanalitiche del cordoglio hanno in comune il limite
fondamentale di restare essenzialmente al di fuori della grande tradizione culturale che riconduce il lavoro del cordoglio al <<[ar morire
re
a0

G. Rheim, Nach dem Tode des IJnaters, vol. 9, 83-tzr (t923).

M. Klein, Contribations to Psycho-anash r92r-rg45 (Londra r948) pp. 3rt-18 (Mourning and its relation to maniac-depressive states).

compiere questo ffascendimento'

5t

54

CAPITOLO PRIMO

Cristianesimo inaugurasse l suo nuovo ethos dellavita e della morte,


una delle pi importantiome culturali per combatere la crisi dei
cordoglio fu I'istituto del lamento funebre rituale: noi dobbiamo
ota analizzare come su questo punto si determinasse nel mondo
antco l'innalzatsidella cultura sull'eterna insidia della natura resa
cieca del suo lume umano.

Il

lamento funebre lucano

t.

iustificazione

me to d'o lo gi'ca

d'e

lla

pres

ente i'ndagine etno grafica

erca storico-teligiosa sull'ansezione folklorica di


to"

""u

tico.

SemPre

antico concorfe

minati risultati
mitico-rituali del
zonti formali com
e degli affetti,Ia

57

i6

cprTol-o sEcoNDo

duto Potrebbe infatti considemt dtt'mtnto diretto dell'ana annior sono' o le cortisPonOra le istanze documentarie di cui pu giovarsi 1o srorico del
lamento antico per ricostruire questa vicenda diliberuzione sono
senza dubbio molteplici. Innanzi tutto sta la documentazione
antica, e cio il copioso materiale offerto dalle letterature religiose
dell'Oriente vicino, le elaborazioni poetiche che in Grecia il
Iamento ricevette nell'Eos, nella tragedia e nella lirica della morte,
i rifetimenti di scrittori, eruditi e letterati greci e romani, gli accenni
indiretti della legislazione funer atia in Israele, in Grecia e a Roma,
e infine I'arte funeraria cos ricca, soprattutto in Egitto e in Grecia, di scene di lamentazione. Tuttavia ai ini della ricosruzione
del lamento come tecnica la documentazione antica presenta dei
limiti definiti, che \e ntegrazioni comparative non possono superale senzalasciare troppo margine all'immaginazione. Cos i lamenti
che ci ha conservato l'epos o la tragedi a o lalirica della morte sono
g ormai letteratura e poesia, non rito in azione, e non agevole
raggiungere il lamento come rito partendo dalla sua elabonzione
letterua e poetica. Sommari sono i riferimenti di scrittori che occasionalmente , e da varipunti di vista, ci hanno lasciato qualche notizia sull'argomento, e ancor pi sommari i dati della legislazione
religiosa e civile, che ovviamente non si propone di descrivere la
lamentazione, ma soltanto di regolarne e limitarne gli eccessi. L'atte
figurativa rispecchia senza dubbo il rito in azione, ma fissata nel
suo momento mimico, e anche qui secondo le ragioni dell'arte e
non dell'etnografia.
Al contrario i relitti folklorici del lamento antico ci permettono
ancor oggi di sorprendere I'istituto nel suo reale funzionamento
culturale: e ci che la documentazone anticaci lascia soltanto intavedere o immaginare, cio il lamento come rito in azione,la documentazione folklorica ce 1o pone sotto gli occh in tuttala sua evidenza drammatica, offrendoci in tal modo non sostituibili opportunit di analisi. Ttttavial'irnportanza euristica del materiale folklorico ai fini della ricosmuzione del lamento funebre antico da
ammettere soltanto entro limiti determinati, oltre i qual la documentazione antica torna ad assumere tutto il suo valore decisivo.

nella misura in cui si accomPa-

to'u di quel mondo sarebbe

5q

CAPITOLO SECONDO
58

LAMENTO

FUNEBRE LUCANO

insufficienza di
tisoluzione che
della crsi del cor-

dopo I'avvento
modeste il processo di circolazione continu anche
per esempo
el Cristianesimo (e dell'Islamismo), come mos*ano
geste e ln
antico-prov enzali e quelli della Chansons de

zone del rnomento

lamenti

origine letteraria composti per


;;;;r; i va plictus meievalidi
destinati ad essere pubblicamente eseguiti

f,.rrotuggi importanti e
dimenir, ,nrniit azionicollettive di cordoglio: n infine vanno
,i.u,. - sempre in epoca cristiana - le trasposizioni religiose nel
Maiiae e nelle passioni popolari'
Planctus
nesso
itttaviaanche se il lamento fut.br. folklorico ha perso il
antico,
mondo
del
;;r, i grundi temi delle civilt religiose
angusti e
".s;i;;
n.h. s. i sui orizzonti mitici sono prtcolarmente
aree di migliore
frammentari,
-.^fr;;;;;e,esso pu fornire acota, almeno nelle
la
vicenda rituale
per
ricos*uire
utiii indicazioni

e reinset.l .""d antico, strppava a[a crisi senza otizzonteintendete


vogliamo
;i;;;;1 ;"ndo della ."lt"t' Se pertanto noi
n t r o 1l o

.L.,

tiva'

ptoprio questo -orn*ro tecnico del lamento come c o


attuah
;i;"1 e d e 1 p a t i r e, dobbiamo rivolgerc ai atifolklorici
antica'
documentazione
la
punlo
al
-- fine di integiare su questo
n.r, oru iugiustifiare mtodologicamente la necessit docucondotta
mentaria della rlcerca etnografic a daoi personalmente
funebre Lr.uno."Tule necessit stata imposta dalatto

,;iil;;.
;h*;;;".

casione

I'qu

ti:i"""'
o none?

tu
i'ter

rale,ladocumentazione folklorica esistente non stata


alle nostre domande. In particolare la mag-

;;;"1;"";;; tirpo"a.r.

funebte non
no, ouri. di essa orientta a considerare il lamento
risoluttice
funzione
;;;;il;;. r i f" .fr. assolve una determinata
come
risoetto ai rischi della crisi del cordoglio, quanto-piuttosto
i f o.ria popolare. Ora da osservare che
.";;;"
n.liur.o che il lu-'.nto f,rrt.b.. percorre dalla dispersione. della
che sia
crisi alla reintegtazone culturale pu certamente accadere
otizzonte
tale
primo
luogo,
."ggi""i" un oizzonte poetico: T1, il
prr"a'.rr.r. raggiunto al di fuori del rito in azione e indpendentee di elamente du.rrJl.om u..ud. per le lamentazionidi origine
bo.urion. letteraria),ed in scondo luogo l'orizzonte poetico non
poi l'unico orizzontelormul. che il lamento pu raggiungere'
etica
sfera
nella
.lr.1*mpio la plasmazione-pu mantenersi
di
.i.'.-ori . d.gii afetti,o fr valere determinati interessi
esteed
letteraria
;;;rgr; sociale, e".or via. La considerazione
presenta pertanto
legittima,
quanto
per
ii.u dt lamento funebre,

S consideri Per

ce, che una cefta


LoPardi - vuole

Or

sa

che

si

'

are'

Vien<
ca la

ricercatore di p
Dal punto di vista del

di Amatrice un t
il Manzoni e il Cro
nel mondo ntico
IizzabilePetch tac
nel rito, e cos co
non si tratti di un
che evento di mor

il difetto di ques
1

Croce, Conuetsztoni

titiche'

)ne'
e,

setie

z' pp' 246 sg'

-;

di morte:

FT
6t
CAPTTOLO SECONDo

6o

gli sta davanti un testo che individua liricamente I'eterno tema


i r.rnu realt che non pi, e che tuttavia si vorrebbe che fosse.
L'ottava di Amattice c^nta infatti I'amore di una donna, di una
giovane popolana

abr

che

sere
qualche cosa di irrep
anche non una morte
Partenza, una lontananza, o semplicemente la scoperta tardiva di un
amore che ormai I'altro non potr pi accoglere, onde il pentimento e lo struggimento per aver perduto per sempre, allora, il
momento unico, irrepetibile, della propria felicit di donna. Que-

menti che possano aiutarlo a risolvete il suo proprio problema, che


appunto il lamento come r i t o.'
Il caso dell'ottava di Amatrice un caso limite di un certo otientamento dominante nella documentazione folklorica rclativa al
lamento: orientamento determinatosi per tagioni storiche alle quali
opportuno accennare. Dopo la monografia del Baruffaldi e le
annotaziont erudite del Murato ti, l' attenzione della moderna scienza del folklore u attrattr- verso il lamento funebre nel peno delI'interesse romantico per la poesia popolare, e pertanto serba le
tacce e anche i limiti degli idoleggiamenti e dei fanatismi che si
accompagnarono a questo momento della sensibilit romantica.
2

Prendendo

oenazioni ctiche
religiosa nel suo

tenr conto

delle

Ctoce, Conere la Poesia

Peltanto di
labbra, e di

bile' e al temPo stess


altezzePoetiche, ori
rp.Mrime, colomba(r84o)spec' t.^nn'io,rt,ilrri,greci(yeneziar84r)vol. z,p.6z
cotst' t
a N. Tommaseo , Canti popokti toscani'
5 tbid.
6 Ibid.,

p, 64

7
63

6z

CAPITOLO SECONDQ

gorovius, ricotdando le pi famose voceratrici crse, come Mariola


dellePiazzole e Clorinda Franceschi di Casinca, non esitavaaparagonarle a veggent e a Vellede , e a portate molto in alto la poeticit delle loro lamentazioni: <<Ecco il morto sulla tola, e le larnen.
tatci accoccolate al suolo: si leva una giovinetta, e, infiammato
il sembiante dalf ispirazione, improvvisa, alpa di Mitiam e di
Saffo, versi di impareggiabile grazia, riboccanti di immagini ardite,
inesauribilmente versando la sua anima nel ritmo, in ditirambi nei
quali trovano espressione i temi pi profondi e pi alti del dolore>>.' E pi oltre: <<Si trovet n quest canti il linguaggio poetico
di Omero e insieme de Salni e del Cantico dei cantici. Privi di
artificio quali sono, portano solo l'mpronta di improwisazioni che
liberamente si effondono: e per questa loro natura vive in essi il
momento geniale del cuore ebbro>.t A questi <coralli crsi rossi
di sangue>> (l'immagine ancora del Gregorovius) facevano riscontro gli attitidos delf isola vicina, la Satdegna: e anche qui nei criteri di raccolta e di analisi fin col prevalere la stessa disposizione
d'animo e 1o stesso orientamento culturale. Gi nel r9 ilLaMar
mora avevadato una breve e disadorna descrizione della lamentazione sarae cos come egli ebbe occasione di vederla: ma appunto per questo suo carattere di freddo rapporto la descrzione del
La Marmora non ebbe pratcamente nessuna inluenza orientaffice
nel campo degli studi, e rest quas dimenticata, mentre a qroella
successiva del Bresciani tocc larga tisonanza, e non soltanto per
il turgote dello stile, ma proprio perch in essa tornava a operare
I'idoleggiamento della lamentazione come alta poesia di popolo,
e come testimonianzaviva della <<natura poeticar> delle prime gent:
idoleggiamento che nel Bresciani si manifestava ad onta della sua
avversione al romanticismo e della sua esplicta segnalazione delle
<abbominande dotrine>> racchiuse nella lamentazione e combattute dalla Chiesa. Da questa pet,tlanza romantica molto facile
cadere nel ridicolo, e non di rado vi cadono i pi antichi etnografi
e folkloristi della lamentazione funeraria. Nella prefazione alTa rzrccolta dell'Ortoli si legge per esempio che menre in Grecia, inlta7
8

F. Gregorovius, Corsica (r" ed. 1854; zn ed. 69) pp.37 sg. z^ ed.
Ibid., p. 47.

A. de La Marmora,

de cette le

(t8j9\

Voyge in Saaigne, ou d.esciptio stdtistiqae, physiqe et politique

pp, z16 se.

nel1e co
si canta quasl Plu

in India,
rebbe inv

Pi semP
alzerebbe

d accenti poeere.1,

questa

tard a seguire

erati e imPot-

questo giudiessero Petduto certr

rornanall' esaltazione

tica delle lamentatr


"" cui esse so
zione sarebbe alim'
u.1

""gli

occhi

d<

ttoce
11 <rJamais pote ne tr
el
urle diaprs son cceur
'---, G. Fetaro, Canti
Ii P. Nurra, La Poes
ro

. ertoli,

1a

Les

A" Pasella' Vita

lettalc srd

Sa

(r9or) PP' 1r

s9'

v al'stazone negatlva

idil*ti-"o,la

;;;;h.

cui fun-

vuol <dar Polche persone

o -orrtu
."i.i,T;

.'""

que la femme corse

rx.

rino r89r) p' uo5'


9r) p. t6.

alla
agio ctitico-stonco st

poes dia_

65

64

CAPITOLO SECONDO

LUCANO
. MENTO FUNEBRE

tLLu'-'

re calato - o al-

estranee al defunto ne tessono il panegirico.ls Ota da osservars


che cos estrema oscillazione del giudizio nasceva da un groviglio
di equivoci che non staremo qui a disticare, tenendoci paghi d1
aver segnalato I'equivoco, a nostro avviso fondamentale, e cio
la mancata distinzione tra il lamento come tecnica del piangere

il

lamento come eventuale risoluzione lirica del patire.


Non diversamente stanno le cose se ci volgiamo alla maggior
parte del matetiale documentario proveniente da alte aree folkloriche europee. Cosl per esempio il Barsov nei suoi due volurni
di lamenti della Russia settentionale sfrutt in modo particolare
il patrimonio letterario di una lamentatrice di Kasaranda (Olone),
kina Fedosova, che fu sostanzialmente considerata come poetessa
popolare di straordinario talento.16 Analogamente la raccolta dei
rupo).1 neogreci eseguita dal Passow consiste in un semplice
elenco di testi letterari di lamenti, senza alcun riferimento alla loro
esecuzione nel rito.lt All'estremit occidentale del continente
europeo, nella pensola iberca, considerazioni dello stesso genere
valgono per le endechas.tt
La mancata dstinzione fra lamento come tecnica del piangere
e lamento come tisoluzione lirica del patire ha promosso una documentazione folklorica che, se pu essete sufficiente per il cultore
di poesia popolare e per 1o storico della letteratura, presenta limiti
molto gravi per 1o storico del lamento funebre come rito. Appunto
perch in tale documentazione prevale l'intetesse letterario del raccoglitore, si in generale proceduto alla raccolta di testi di lamentazione nei quali gl accidenti di esecuzone o sono stati deliberatamente eliminati, o sono accennati come elementi secondari (pet
tacere della possibilit che il testo in questone sia soltanto una
composizione letteraria, magatilavorata nello stile delle lamentazioni tuali, ma senza essere mai stata effettivamente impiegata
ed

distinguono dalla
te di lamenti funeriferimento molto
to accomPagfiato
ala,Ia documenta'ecso su questo Punto;
dramha per caratterrstica dominante'il
della crisi'
rso dal pu'o"i'^o iniziale
che notizie su questa dinamica'
t'i'i ti tordgfo; mentre il

15

S. Salomone-Marino, Le rcpiltatrici in Sicilia nell'et di mezzo e nodcma (Paletmo 1886)

p. 8. Anche Giuseppe Ferraro.


Sul Barsov e sulle altre raccolte di lamenti russi da vedere il lavoto complessivo di
E. Mahler, Der russische Totenklage (Lipsa r935).
17 A. Passow, Populaa Cartnina Grccie rccentioni (Lipsia r86o) pp. 257-88.
18 Sul1a
considerazione ptevalentemente letteratia delle endecbas si veda Carolia Michalis
de Vasconcellos, Catcioniero da Aiud (Halle a. S. r9o4) vol. z, pp. 8s+-s8; I.Amador de
los Rlos, Histoa ctica de la litertura espaola, vol. 4, pp. 425 sg.; R. Menndez Pidal, Sobre
primitiua lrica espola, Cultura Neolatina, vol. 3, zo7-t7 G943).

," *oJi vtrbali traizionali'


con
a renderci conto

oDorto fra elementi

iott.
di questo rapqor:o:
li emotivr pe.odlcr,
n"11.

. il significato

contesto di titornel-

mr

tu

'::r^;:;l"i,r'lrl:ili;

ttutttizionieffe
f

,t .

rr^titisultano

La

rit
dici condotti ecc', m

il che esPone ovvl


stata omessa o rltoc
non si sa quanta parte sia
meglio

nzio.;ifolkloriche nate dal comfra raccoglitori e informatori'


uti
ro mantico limit ava I'

,i

dir.bbtfi;;'"hb"

ef init o
"t.tli"
e I' o rient a_.ili.";bi;;;
parte della documentazlone
rizzazione"i ,r"ri.ili"idi buona
'intetPretazrone
;;.*=;. ne rendev
S

del lamento

16

'o-'

:::ilit1:i:ili
inta del Positivismo'folklore' Qui il lame

possibile

,ti"ttg'uto n9l1a 11, ]i:::-d" ti

esecuzione

,o'p''u in oiuo dall'etnografo'

esl-

67

66

cAprTol-o sECoNbO

cui s canta un verso ele vaazioni relatve. Nella rascrizione dei

Tuttavia anche un materiale documentario cosr coscienziosa-

e dello stesso
) pp. z8o sgg.
a

dell'Istituto

funebre antico'

69
CAPITOLO sEcoNDo

68

LUCANO

FUNEBRE

IL LMENTO

/-t

z. Osseruazioni sul metodo di rccolta

relitto del lamento antico tuttavia utilmente esplorabile ai nostri fini solo entro limiti ben definit. per esempio inutile chiedere a questo documento di illuminarci in qualche modo sui granditemi mitici, che, nel mondo antico,
davano orizzonte alla lament azione rituale e la ricollegavano per

Il lamento funebre lucano

come

mille ffi al plesso della restante civilt religiosa. Senza dubbio anche
il lamento funebre lucano ha il suo proprio orizzonte mitico, rn
cos angusto e sconvolto dalla millenaria storia cristiana, che ben
poco resta di uilizzabile per una comparazione feconda. Il tito
appare invece molto pi conservatore, ed esplotabile quindi con
mggior profitto, per quanto anche qui occorre procedere con
estrema cattela. Vi per un rapporto particolare sul quale la documentazione antica avara di dati e di infotmazioni, e che invece
il lamento funebre lucano (come del resto ogni lamento folklorico
utilmente osservabile) aitta a chiarre: stratta del rappotto fra petdita della presenza, cisi del cordoglio e r i t u alit della lamentazione funebre. I modi della crisi del cordoglio nel mondo contadino lucano, e soprattutto frale donne, si awicinano sensibilmente
ai modi spettacolari della crisi del cordoglio nel mondo antico,
quando la civilt ctistiana non aveva ancotainaugurato il suo nuovo
ordine nel dolote e nel pianto. La presente indagine si propone
pertanto di esaminare, come in un mondo ancora osservabile, il
rito della Iamentazione si innesta nella ctisi, e come assolve ancota
la sua funzione culturale riparatrice e reintegratrice; una indagine
dunque che non fine a se stessa, ma che deve fornire almeno
utili stimoli per ricostruire I'analogo rapporto nelle antiche civilt
religiose del Mediterraneo.
Il cantterc fondamentale della domanda a cuila ricerca doveva
rispondere, orient, com' naturale, il metodo di lavoro. Fu dato
un posto pteminente all'osservazione diretta del lamento in azione,
bandendo completamente ogni ricerca per procura, su questionar
spediti e rempiti da informatori locali;'o le informazioni sul la20 Con una sola eccezione per

comuni di Betnalda, Montalbano e Ctaco che furono visi-

tati da una nostra allieva dell'Universit d Roma, la signorina Luciana Tedesco'

I
I

\'\

J'rti.
snc*aldo

Ruotr o

o Avigliano

MATERAO
r

{.

Fertandin?

Bernaida
o

Stigliano

oCraco

\
Montemutro

Pisticci
Jonico
o

p.

.t

Castelsaraceno
o

Calvera

Policastto

Albano

Tricarico

POTENZA

Golfo di

'U'''\,t''
a'

Valsinni

Senise

I
F

,/.\,a,/..\.,-,i
/(,

\.

\.-, ^-z'Mate

lonio

Lucania

77

7o

CAPITOLO SECONO

mento furono direttamente rac


tutto le persone ancora impegn
tanto in casi eccezionali infor
estranei al rito stesso. Le osser
tipetuti e lunghi soggiorni nei vi
camente copfe tutta la regione I
laggi di Castelsaraceno, Clvera,
sinni, Colobraro, Montalbano
Bernalda, Femandina, Grottole
trapertosa, Avigliano, Ruoti e S
comune per comune, con tutti i
le caratteristiche differ enziali era non necessaria in considerazione

:",'.iii3::i.Tl'.11
;ionalismo (Pistcci, Avigliano), o pg
la loro aftetratezza e il loro isolamento (castelsarac.tr, sun cataldo), o per la loro disseminazione geografica. Nella raccolta del materiale si tenne sempre conto che il documento non era costituito
dal
zione ma dal lamento in azione,
cio nel
e e melodico, sorpreso nella dinamica
I decesso allaintsmazione, e nella
itenzione successiva in date canoniche determinate. A questo fine
si rendeva necessaria l'osservazione della crisi del cordglio e dell'enuclearsi dell'ordine della lamentazione nel corso di reali occasioni luttuose; il che nuatto quando I'opportunit si presentava,
e nella misura in cui l'osservazione era possibile. In gran numero
furono invece osservati i lamenti artifici;li,cio ricosmuiti a richie-

testo
S
del

sta dell'etnografo al di fuori dell'occasione reale. L,impoftanza


documentaa data a quesri lamenti atificialipotrebbe inurre nel
lettore qualche riserva: ma poich, come vedremo, il lamento rituale
sempre, per sua propria natura, in qualche misura <<aniciale>>,
la riserva non ha quel peso che sembrrebbe avere. per diminuire
e in dati casi praticamente annullare la distanzafra il lamento vero
e il lamento a richiesta dell'etnografo, si ricorse tuttaviaa due espedienti tecnici d raccolta: e cio l'invito alla lamentatce di ripetere-un lamento gi da essa realmente reso in occasione di qualhe
suo lutto, e la ricosruzione dello scenario della lamen tazioe veru
(un finto morto sul letto, sul tavolo o al suolo; la penombr a del-

ssa, ma soltanto spettatrl'

7i
'.'2

CAPITOLO SECO\O

delle risposte anche in uno stesso villaggio e in una stessa comunit.


Infine lraccoltadel materiale fu largamente accomp^gn^tada regifiche, le une e le altte
stazionifonografiche
concreto con il lamenp.r
non
indispensabili
melopea e d gesto.zz
to riiuale com unit

e
pe
i

3. Stato ttuale del laruento funebre lucano

A differenz a di altte region folkloriche nelle quali il lamento

tadinadi Valsinni ci ha reso in proposito la seguente testimonianza:


22 Le registrazioni fonografiche dei lamenti attificiali sono conservate nella discoteca del
Centro per gi Studi di Musica Popolare presso l'Accademia di Santa Cecilia in Roma; le fotografie fanno parte dell'Atlante figutato del Pianto.

75

CAPTTOLO SECONITO

74

la costumanza ancota viva

ci inform che non si attava di un lamento reso ad un morto,


s bene di una povera donna malata di cancro che soleva a quel
modo lamentare se stessa ogni volta che era assalita dai dolori del
suo male.

In tutta l'area esplorata il lamento funebre femminile costituiquello maschile I'eccezione: tuttavia in qualche villaggio la sopravvivenza del lamento maschile meglio rappresentata, come in San Giorgio Lucano, dove gli uomini di <<cuore molle>
(secondo I'espressione di un informatore contadino) 1o praticano
ancora. Documento di tale sopravvivenza un lamento di fratello
a f.ratello da no raccolto e registrato appunto in San Giorgio, e
conservato nella discoteca del <<Cento per lo studio della musica
popolare>> presso I'Accademia di Santa Cecilia.
oggi in Lucania
In rapporto al.fatto che il lamento funebre
sce la regola, e

^ppare
la sua diffuun istituto culturale in via di rapido dissolvimento,
sione maggiore fra le donne anziane o di et media. La coscienza
di tale dissoluzione diffusa negli stessi ceti popolari, come prova
la seguente dichianzione di una vecchia contadina di Craco: <Ai
miei tempi le donne tenevano le trecce raccolte e quando c'era un
morto se le scioglievano, ma ora tutte tengono i capelli gi sciolti,
come se stessero sempre apiangete, e invece non piangono pi>.
In generale il lamento reso oggi in Lucania dalle parenti del
defunto senza concorso di lamentatrici prezzolate o professionali.
Tuttavia il ricordo di <prefiche>> chiamate a prestar la loro opera
nei funerali ancora vivo, e si riferisce a un passato relativamente
recente. Le lamentatrici di Senise, un tempo famose, erano chamate nei paesi vicini a fornire le loro prestazioni molto apprezzate e altettanto da dirsi per quelle di Pisticci e di qualche alto
villaggio. Attualmente la lamentazione professonale sentita come
una vergogna, e un villaggio accusa I'altro di praticare questo costume, senza che po l'accusa risulti fondata alla prova de fatti.
Cos a Pisticci vi diranno che a Bernalda le donne si fanno p^gare

76

cAPIToLo sEcoND.

da tutte le parti stia per travolgere con la sua onda voface


quesr'ultim isolotto i un,Atlati. lii* utu. U oniri;;J
i::
per entro il quale si muove il lamento rituale lucano
ancora sosranzialmente pagano, e lo stesso <al di l> si configura come un
mondo
che continua in forma lawale ed evanescente il mondo n.i
quul.
vivamo. I morti continuano le abitudni che.ebbero da vivi,
-' corq
risulta implicitamente da quesro lamenro di pisticci:
(RD) Gioacchine mie, beni d la sora. ce morre_subitanea,beni
di Ia sora.
O ce mane preiare ca tenivi, beni i tr*".
euanta fatahaifutto u rri
mane, beni di la sora. E mo' r'agghia dice ce t'gghie o,ir; in;;;i;-cascia,
beni di la sora; d cammise iune"ova e iune ar'pe zzata, beni
diiu .or,.
Ia tuagghia p annett Ia accia a cure munne, u.ni ai i-r*,
,ri
calzunirre iune nove e iune.c'a pezza'ncuro,b.riil",r.
r

JJggrri.
mise la pipa pe fum, beni di la sora, ca tu iere turrr,uppurri
rn*.;i
i" fil.;
beni di la sora' E m pe crt'agghimann ru sierecur. ."n.,
t.ni i

la

sora?

(Gioacchino mio, bene della tuadonna, che morte


improvvisa, bene della
tua donna. oh le mani pregiate ch. uu.i.
euanta tutiiutr^-iliro .i qu.ste_mani, bene della tua donna. E ora ti Juo ire .rr.
.o* r"no"*..r"
nella cassa, bene della tua donna: due camicie, una nuova
e .,na t^ttoppata,
bene della,tua donna; Ia tovagliaper pulirti r f^;i^"^11;i;rl
u*.
clell u donna; e due paia di mutande una nuova e una
con la toppa nel
sedere; e-poi ti ho mess la.pipa,bene delra r"^ ""*,
. in'r"oippursionaro del fumo, bene della-tua donna. E ora per .i .uuo
niarti il
sigaro all'altro mondo, bene della tua donna?)

Il

caro Gioacchino continuer dunque a condurre una vita non


molto dissimile da quella di un contadino lucano: .orrin,r.rf p.r.u
grinare con Ia sua camicia e le sue mutande rattoppate, per
e
i giorni
festivi avr tontala muta nuova, e fumer lu pipu'. it ,iglro, .
suder per caldo o per fatica, e si asciugher il ,,roi.
.o; i;-.;;.uuglia>: ven quasi voglia di pensare ch-e ro scenario ner quare
egri
da.oru in poi si muover n-on sar rroppo dissimile dui.ui".rri
della sua Pisticci. Questo accent uato caratter-e pagano
del lamento
in confront o di altri prodotti del forklore ri.ni.n un fenomeno
generale che trascen de la situazione lucana, e che
uppurrir* ullu
storia della chiesa nel suo compresso, come avremo occasione
di
esaminare alrove pi da vicino: la chiesa cattolicaha infatti
sempre rinunziato a venire a compromesso col lamento
funebie come
tale, e a modificarlo e a riplasmarlo per entro it ,.ro propri.
,ii"ut.

FUNEBRE

LUCANO

77

^MENTO
IL ,"
*.

senso cristiano' La Chiesa ha battuto costan-^"orio dandogli un


irttu polemica aspra e dei divieti canonici, rassercrfl:L;:;i-atollerare i fu,,o il costume solo 1 dove non riuscita
gn^"il:,;o: non mai essa ha intermesso la sua intransigenza su
,
o.t f.i vitale, appunto perch coinvolgeva I'ideolo-

f":::i:i;iiu

t"li^';;;;
qfil',".. p., tornare -ilIa sittazione
Lre"" "--.
ol0,

lucana, ancor oggi

tr'f;
W:l:::H:1',1'"::''ii:l::ff
o::":,:"lr;,
intonarono
funerale, le lamentattici
i"occasione di un
r,.ilu .ni.ru madre di pisticci, nel bel mezzo del servi-

\\::";;;
*:i;';;t ;.^ ..ii"

or arroc o, che c ant ava accomp agnndo si all'

"-^-.1'"i rivolse risentito alle donne, postrofandole: <<Insomma'


gu'^iir^-r"
qualche tempo'
unL o canto io!> Le donne tacquero per
O vat"--infine
1I canto, e fu l buon prroco che dovette
ma poripresero
insotgesse'
volta
una
'T*Jr"^iti a tacere, e a lasciare che ancora
di Cristo, questo arcaico modo di oltrepassare
nello stesso templo
pt' ttt t un poco perch vinto dalla sedu14 morte. Anzi, un po.o
')ion,
ad accomrlt"barbacamelopea, il buon pafroco si indusse
luogo
hanno
simili
lr*rtusull'organo per qualche istante. Episodi
novemz
del
ffilir;tr"tteiifuail gt^aduno e il sinni in occasione
catfunerario
rituale
e
pagano
;;. A R;..anova,lamento funebre in un singolare- coltrasto:
i"fl." " -.r.oluno in questa occasione
rtt- f. uoci dei pi pveri, e tutt'intotno nelle cappelle-dei meno
convulsi, q-uasi pt?tti-l:l:?1uttu
;""*t;;i1.*'o i iu-r,ti, ota
in lunghe
-poopn-..iri purorristic, ora invece pi umani' risolti
e
gemere
;:ilr.lur. i pianto; di tanto in tnto dalqualche voltasinghiozsi man)urrrrrudi librarsi un ulborro di canto, che
melodico tradi
tiene a lungo, it..u.ro senza fine il breve modulo
passa tta Ie
sacetdote
zionale. Intanto, solenne e distaccato, il

le sue preghiere e benedicendo: passa_fra le ladove'


mentairici inginocchiat. pt.tt le croci, en*a nelle cappelle

io"[b;;;r-"rando

ri
..o..o1u,. n"ell,ombra, Irr. piangenti rinnovano il cordoglio
morai
cibo
di
tuale. Ultimo miserabile uuun delTa pagana offerta
ti, alcune donne vanno versando, auna bottiglietta di gazzosa'
deponun po' di vino tosso su una grossa fetta ipane scuro'the
Il
sacerdote
g"" p"ipresso la cfoce, nel"fascio di fiori campesffi.
il suo ufficio: e par che i suoi occhi non vedano
tt",
"tt:"fvendo

78

CAPITOLO SECONDO

e le sue orecchie non odano.

eui

le due epoche culturali si incon.

trano senza reagire, immemori dei loro passati conffasti


loro volont di storia.
4. Crisi del cordoglio e plesenza rituale del pianto

d.[u

. MENTO
IL '*

FUNEBRE

79

LUCANO

escrizioni che ce ne hanno dato


Persona attassata - ci ha
ro - non riconosce le Peril morto' Se le si chiede qualche
Poste senza senso' E come se
a.mento, si guarda intorno Per
ta un grido e riPtende la lamenno Lucano: <<L'attassarnento Pu
oa attassata non risPonde alle
, guando si riPtende e si-rende
il lamento > ' IJn'altra informa' attassanxento viene specialmente
te imProvvisa' Pu durare anche
di Aviglian o : <<L' attassantento
etarsi. SPesso Prende quando
mento al cimitero>>' E, infine,
<APPena si esce dall'attassanosce che cosa accaduto>>'
stato di ebetudine stuPorosa
rosa la donna colla situazione, neltte- aLeffa, d col caPo nel muro,
accesa da futore tendenzialmente
capelli, si lacera le
tosto un ululato' A
so, possiamo dare la

tivo.
Ovviamente n I'assen za totale e la scarica convulsiva, n I'ebetudine stuporosa e il planctu. iffelativo costituiscono il lamento
f,-rnebre riiuale : tuttavta pef comprendere la s6uttura istituzionale
del lamento come tecnica del piangere occorre tener presente
inanzitutro questi aspetti particolaii della crisi del cordoglio' I1
lamento funebre lucano infatti da interpretarsi come ripresa e
r.int.grurione culturale dell'ebetudine stuporo sa e delplnctus ircelativo"in quanto rischi a cui esposto chi colpito da.lutto.
S. rr.['betudine stupofosa una sinistra inerzia avvolge e soff.oca Ia v,itapsichica minaciando di annientarla nell' as senza totale,
e se nel planctus irrelativo il cordoglio si disumanizzain compor-

go

CAPTTOLO SECONDO

FUNEBRE

8r

LUcANo

r
r
',,^l:"ii:i,:,'f""':ii'h'J1il:'#;X1i",-,'

IL LMENTO

!;'rr;rl': :;'"ffi*'l'iif?.T':#*i:
t9::,il"i;;
nella prassi sciamanistica
r-

ri trnli"u pti

lfji;"d;

:iffiffi;;iipi^t"

protetto. Per I'e


teristica occorre
chico in cui ent

questa dinamicacos carat_


nsiderazioni sullo stato psi_
azione.

t'*pio

spiritistica, aorch 1o iciamano o iI m e di'um entrano


nella dualit delle presenze
Itl':"1:";"".lello
-^nnorro con uno orpritoo. Menffe
presenza
sciamno o del ruediun I'interruzione tra
-'
Slflluru"-- -^ole e- oresenza seconda cosl profonda da essere avvertita
L
IOLLLL@-ed opera attraverso lo
manitestarsl oi,'no spirito ch orla
"ome
nella relativa durta esistenziale della lamen^.:omano o lI rned.iurn,
meno profonda, perch la
ii!i2'i""Ji;; i;i"r;uzione molto
t::::;;;rL""i.
.i pi"r," non interament alla rispetto alla
P.i""i""';;;rgri". i.u .h. vi sia una interruzione relativa e una
da alcune particolarit. Infatti, in
')ii^-"^liti dimostrabile
sul
concentrato e matenuto unicamente
modi
la lamentazione nei
i'' ; "I;.*il; .1 pianto : es eguit a
sollecitazioni' e pu voldu
restalibro
:l;tii;il;.s"iia
e' atezz a e dell' allegria,
spensi
animo della
i;p;meno""puor, "r""'
iiri alle normali occupazioni come se nulla
duanto
questo genere sonostati da noi
;;;;"-.'rrp^rti bruschi dilamenta*ici
lucane. In secondo
freouentem.rrr. orriuuti n.ll.
pu_ distrarsi
lamentatrice
la
lamento
del
ir.."rione
id;i.
che la
futili'
eventi
ad
e volgere momentaneamente l'attenzone
davvero
se
di-percepire
pr"i.i i".. non dour.bbe consentire
fosse impegnata nella
una stessa presenza rigorosamente unltria
i bruschi tralamentazion. Qrr.rt."possibili distrazioni - come
prima --possono indurre errourri d umore a cui si utttnnuto
come una finneamente I'orr..uut a giudicare lint.to lmento
in azione
,1orr. ipo.ti ta: in realtlaistraibilit della lamentatrice
sussiste
che
interruzione
ni.ni'ultro che un e{fetto della relativa
di con*ollo
ill;r.J iu irrgiu,impegnata nella sua funzione
.concenpianto
il
nella-quale
. ig'"ir, . lu pr.rl.nru oi-idt
non
in
azione
lamentatrici
tfato e mantenuro. La distraibilit delle
se1ba3;moria
paese
si
,fugg. all'osservazione popolare, e in ogni
lmendi terminati episodi del genere nel corso di determtnate
che una
tazioni. cos per esempio Ferrandina ci stato riferito
per il padre
volra mentr. tu ,uiii[ .r.griua la lament azone

83

8z

CAPITOLO

SECONDO

erciniziata' interrott
,itoul" funeratio e le
creta di questo contrasto:

ce
Quanne
n'ammr- scurd sta data Quanne jeve
nne fata
cadute
s fatte, attne mie! S muorte cu' la
de la vocca, attne mie! Quanne jere buone, ca tela facive pure co' le galline! M s'abba la campane, attne mie. Se cette lu bande pe' lu paese,
attne mie. E ci muorte joce, muotte Vitangelo Ragone. O ce male cri('RC) Attne mie, attne mie, ah

intetruzioni e riPres
sono state conio trattenuto sm quando
azioni i

stiane! Quanne visite amicevime joce, attne mie, quanne n'amme renq.
Le vulemme renne tutte de cuntentezza, attne mie. M vene commare Rit4,
te porta r mazze de fiure. Vi' quanne cammine c'ave fatte, ca mo non se
ne acchiano, attne mie! Attinti a li pisi ca po perditrzno li pisi co' la aalanza,
ttne ntie. Quanne stive malate, attne mie, me chiamaste vicino o' lette,
attne mie, e me dicisti ca vulivi o' melone zuccarino. Co na mano te dibbe
o' melone e I'olde la mettibbe sopa 'a ventre. E dopo mangiate o' melone,
me dicisti: <Sabedda, mi sricreate>>. Attne mie! M vene compare Giuseppe, co' le mani pulite. A quale fiera avita sc? A chedda de GravinaT Statte
bone, attne mie. M vneno le privite, m vnene le monache, arrivata
labanda. Statte bone, attne mie! Vneme'nsuonne, e vneme a dice se
si cuntente de cudde ca ti simmo fatte, attne mie!
(Babbo mio, o che giotnata oggi, babbo mio. Quando dobbiamo scordarci
questa data? Quanto eri buono, amabile in tutto! Quanta faticahai fatto,
sei morto con la fatica alle mani! Che nome mi caduto dalla bocca, babbo
mio! Quanto eri buono, tela facevi anche con le galline! Ecco che comincia
a suonare la campana, babbo mio. Si getta il bando per il paese, babbo mio.

E chi morto oggi, morto Vitangelo Ragone. Oh, il malo cristiano che
eri! Quante visite riceviamo oggi, quante ne dobbiamo rendere. Le vogliamo
rendere tutte di contentezza, babbo mio. Ecco commare Rita, conttlmazzo
di fiori. Guarda quanto cammino hafatto, ch non se ne trovano di fiori
in questa stagione, babbo mio! Attenti ai pesi, ch poi perdiamo i pesi con
la bilncia, bbbo rnio. Quando eri malato, babbo mio, mi chiamasti vicino
al tuo letto, e mi dicesti che volevi il melone zuccherino. Con una mano
ti detti il melone el'altta la misi sul tuo venfte. E dopo mangiato il melone,
mi dicesti: <<Isabella, mi hai consolato>. Babbo mio! Ecco compare Giuseppe,
con le mani pulite. A quale fiera dovete andare, a quella di Gravina? Addio,
babbo mio. Ecco i preti, ecco le monache, arcivatalabanda. Addio, babbo
mio. Ritorna in sogno, e vienimi a dire se sei contento di quello che ti abbiamo
fatto, babbo mio).

amonto e

lla Presen
e11'obbligo di rPetere

. In virt della strut-

di determinate citc

quella vera' In gene


nvita la lamentatrtce
pt
neno recente da essa
i; ;t""rio della lamentazione'
struisce esterrormen;t
del discorso Ptotetto
5. La conquistr

L'istituzione di

lit
e di

unz

:liit:'ltil"-1f;
lamen-

bmentale nella
teserzastorica si smarpre senza rituale
1: istilli:one t[a
lr'1. r" cornport amenti alienati I
il-cuubu'iverso questi comportamentl
del pianto rende p";[iil

gq

85

cAprTol-o SEcoND.

ono di quelli che si riferiscono

.la morit del marito'

del Padre

enti moduli:
espressivi fissi radizionalizzati. una parte di questi moduli ha un

(PD) Tatta mie come voglie fa' t?tl? Y?^


i tt' benuta sta morte 7a' tatta mte'

C.rm.

abbandunate' tatta mie'

"'it
de le figlie' t-atta mie'
O amore
Te s passate tutti li dulure' tatta'mle'
Che morte all'improvvisa' t^tta .mre'

mente permanente e non patisce morte, co I'opera (nel nosffo


caso le opere del buon padre o del buon marito o della buona madre
o della buona sorella o del buon figlio). I moduli offrono schemi
emotivi di <buone opere)> compiute, che sono atmibuite al defunto

Hai lassate li figlie tue' tatta mle'


mle'
un hai date nisciune scuonze' tatta
m1e"'
tatta
te'
di
senza
la
amma
E comme

Persona

(Per esemPio <comPare


(Per esemPio <<co' nu

correlativo

87

g6

cprTol-o SECo\s

lL

FUNEBRE LUC'
' MENTO
'*

vive in uno stato di


tasazza nel nucleo famiil rarito sar Per lei <<o'
essa

mazze de sciure>). Lalamentatrice suole registrare con seQueozs

defunto se contento di quanto <gli stato atto>>, cio della manifestazione di cordoglio dei parenti e della pompa del funerale. Nel
caso della vedova che lamenta la morte del matito stereotipo il
ricordo dei momenti uitici passati insieme, di episodi salenti della
vita in comune, e di qualche atto di gentilezza reso dal marito alla
durante gli
rnoglie, come quello di far salire
sobbalzi:
spoitamenti, e di togliere le pet
se la cosa
abbiamo
come
il che si dice un uomo
piange
morte
di
la
non vera. Quando la lamentarice
adulto, marito o padre o fratello, ricorre molto spesso il tema delle
mani del morto e della fatica alle quali esse erano adusate: <<Quanta
f.at\ahaifatt'a sse mane)> (quanta f.aticahai fatto con queste mani),
<<S muorte co' la fata a le mane> (sei morto con la fatica alle mani):
ma per la morte della figlia ancora nubile di prammatical'antichissima contrapposizione ftale nozze terrene - non ancora consumate - e le nozze con la morte. Nel lamento reso a persone
giovani o mature, ma comunque non propriamente vecchie o decrepite, ricorre con frequen za vna invocazione amaramente sarcastica:
oOt l it vecchio che eri>, intendendo dire il contrario, co che

maestro della casa>> e si sente


figli in
ada>> con <<un fascio di

e verbali:
tano i loro figli morti) il tema della morte come sonno: la lamentaffice mmagina che il morto sia soltanto immerso in un sonno
<(troppo lung> ed esorta e scongiura il dormiente a svegliarsi, ad
alzalsi, a camminare. Un'alta serie di moduli in rapporto alla
condizione in cui viene a rovarsi lalamentatrice dopo la morte
del sostegno della famglia, marito o figlio che sia. Il regime tadi-

zionaledi esistenza assegna a|la contadinalucanauna gravosa condizione di soggezione, che le fa spetimentare quotidianamente come
il suo operare sia fronteggiato, conffaddetto, ridotto, smentito e
schiacciato daforze inconmollabili. Per quanto non le sia rispar-

ogr^'
belle, quante te pense.' a oga a
ienze na via c tre tile'

frate mie!
se la mangiassero'
chi sti mane:

sta
-id,er usna di

(Entra nella

che uengono
Giouanni e altri cornpati e coruari
at)

88

CAPTTOLO SECO\q

Mo vene :gmp Giuannine: nun t'adda ven chi a chiam a li tre pe


a

la macchta.

(Entra

il prete: la lrnenttrice si strppa i capetli e li

, MNTO
l "'

FUNEBRE

LUCANO

getta nella bara:)

rato con moduli che


infatti moduli ricormarito mio buono e

Frate mie, non t'agghia che te dice e che te d, tine li capidde mie pe' ricurde.
(Prirna della cbiusura della bara i

8q

figti baciano il morto:)

Frate me, I'ultime vase ca te donne li fili toie: v pri a Die p lore, nor
te scurd mai de li fili toie e de la sora toia.
Famm'apr n'olda porta pe' falle iranne.
chidde file anna sc soto a li dispetti de l'olde: ci n'ave da nu scaffe e ci
nu muffettone.
(Entra zio Menico che accornpagn it defunto all'ospedre di Matera quando
fu trsportato per essere sottoosto ali'operazione'letale:)

retorica <Chi morto?> segulta

ai

Frate mie, m vene z Meniche: quanne te purt o' spedale come te vedisti
frate mie, sule sule senza la sora toia?
ci t'ha viste e ci t'ha date na stizza d'acqua almeno quanne stave sotto a

chidde curtedde, sopa a chedda baredda,'e t'adoperavano?


(\a.

by

presa splle

ltissinuo:)

dai beccltini, L larnentatrice prorolftpe in un gridto

Frate mie, frate mie, pindiddi

li pide al'- porta e nun te ne sc, frate

mie.

determinato movimento rltmlco


il lamento accompag ato aun
c
del busto a desffa e a sinisffa'

e indietro, con appropati ge


di un discorso Particolarmente

.i-i.i

minati
altri m
da risp

sono i Pi diffusi nell'a

97

cAPIToLo sEcoNDo

90

fratello'
fratello' o fratello' o

o fratello'
t1
o tratelto'
ome lo voglio bene'

o fratello

c"tt'i;;;;
piega sulle ginocchia sempre agitando il .azzoletto25 e infine 3i
alza portando il fazzoletto aI naso:'6 il periodo mimico scandito sul ritmo della linea melodica che a Pisticci tradizionale per
lamentare il morto, e d'altra parte periodo mimico e linea melodica formano organica unit con ciascun versetto della lamentazione. In un lamento raccolto nel villaggio di Clvera una madre
lament il figlio motto secondo il tema del sonno troppo lungo
in cui il morto immerso, e da cui era invitato a svegliarsi: un
tema che, come si detto, tradizonale nei lamenti resi da madre
a figlio. La mimica relativa si legava organicamente al contenuto
della lamentazione: la madre andava battendo a tempo le palme
e danzava intorno al letto, intertompendosi di tanto in tanto per
somministrare, ora sui piedi ora sulle guance del cadavere, dei rapidi
buffetti come per risvegliare il figlio dal suo sonno maligno.
Il terzo vincolo tradizionale della lamentazione dato dal tema
melodico, cio dalla linea melodica con cui ciascun versetto cantilenato, e dalla strofa melodica nel suo complesso. S consideri,
n via di esempio, il seguente lamento di Ferrandina, reso da sorella
a fratello, che vale ad illustrare il nesso organico tra moduli letterari e moduli melodici:

r. O Ciccille mie, o belle


z.Ofrate,ofrate
3. O Ciccille mie, o ftate, o frate
4. Come vogghie f, o belle
5. O frate mie, o frate mie

6. 'O vogghie b!
2a

Allate figurato del pianto, n. ,a.


Ibid., n. 3I:.
26 Ibid., n.
3c.

25

O Francesco mio, o bello


O fratello, o fratello
O Francesco mio, o fratello,
o fratello
Come far, o bello
O fratello mio, o fratello mio
Gli voglio bene!

nza

i te' o fratello

mio

mro
O fratello mio' o -fratello
bello'
O fratello mio bello

o fratello mio

mro
O fratello mio' o fratello

Fratello mio!

F
atal p-l

O Cic-cil .lcnic

Gemc

o bel .lc

u'og'ghic

fl c'

tor

.tc

t
I

Jo uo

O .. r. o .t

O Cio<lJo alc. o

Co-nc vogghic

r.t. o r . to

+
fl.

n'rg-ghlc

u'l

Vogghio

'ol' o fr''tc

ffi
P

' io' o fre'to

o bol.to

r. to D''ior

Bo'ic

'to

v
O

frr-rc ni.c.ob-to

Dl .C

(gi',.)

Vog.ghic

Co.mo vogghio

ffi

Vogbb

O r.tco-to .tco

tc

t
.frs

o r't nio

f\

nu'rl Pur' lc. o e'tc

'tc

n'.c.

mi-o

fr.tc mi.

J
Go.nc u'o.hlc b,

o frr.

ilo' t 'hri e rd. o n".ro /


Co-uc

t
o
O .tc rc'ic.

b.l

lc

ol

' b. fr ' to

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O .tc oic, o fn.to oi.

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Et

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tr ti'

'

95

cAprTOLo SEcoND.

94

srteto bene, e m invece di rnio).


L'esecuzione del lamento funebre lucano, cos come oggi si pre-

senta all'osservazione dell'etnografo, spesso indivduale: una


rcgola di incidenze corali dei ritornelli emotivi non stata riscontlata, mamolto probabilmente per logorio atttale di antiche strutture rituali, come risult er dall'analisi del lamento folklorico euromediteraneo. Abbiamo invece raccolto a Psticci una lamentazione
in cui le voci di due lamentatrici si inseguono a canone I'un l'altta,
di guisa che se laprmavoce canta per esempio il modulo <Beni di
la sora, ce tradimente alacasa mea)>, la seconda inaugura il suo modulo quando la prima a <<ce tradimente>>: ne deriva una impressione d sinuoso rincorrersi di voci, complicata dalfatto che mentte la
prima voce acceleta, la seconda allatga, diminuendo e rubando.2T

6. Il discorso protetto meditore della singolari.zzazione

d.el d.olore

Fin qui il lamento funebre lucano stato analizzato come iterazione di moduli letterari, mimici e melodici tradzonalmente fissati. Senza dubbio allorch si taccolgono sporadicamente e asistematicamente alcuni testi letterati di lamenti in questo o quel
villaggio di un'area relativamente estesa pu nascere laf.alsaimpressione che i moduli siano pochi e che la lamentatrice sia una <libera
improvvisatrice> dilamentazioni. Ma se si adotta il criterio quantitativo, raccogliendo pazientemente in uno stesso villaggio un buon
numero di documenti, ci si rende subito conto che la lamentatice
legata ad un gran numero di vincoli rituali, e che il ricordare
ha una parte molto pi importante del vatare e del rinnovare. Del
che non dobbiamo stupitci, dato che questa iterazione di modelli
rientra nella funzione protettiva del discorso individuale: si recita
come in una scena in cui i personaggi sono sorretti quasi da un
27

Queste osservazioni musicali sono state tedatte in collaborazione con Diego Carpitella.

"""n*u-^
LAMENT. "u.""*"

parole, perch
^^mnnrtamenti e di

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uitu irtttou uzione

ii'i
:. i ;"*

rtn^-{che consente di cammrnare


il cammino tttt p'ffitr'';;
di ripresa e di reintegraqourrto strumento tecnico
il lamento i'
esaminato
che abbiamo pi top'tu
zione. Il lamento titi;i;;

;1r+elrnt[*ll',;;;:;x*u;ff;
il
r.ff '.'t'."rion. ."i
bali comuntsslml

cos povero lasci

ffi ;;*"-

assistemmo'

di ricocrisi che gicerca e'che tenta


persona.in
una
di
tormento
azione ayvi'ele introriadattamento e f innov
it
J'i
alui
In
struirsi'
quadro di giri di frase
ducendo tuo'u*tp*it"f"t 'i"gio "tl i ctotol',. dove la
questo L^*J;
convenzionrl. si':;;jeri
i""i"^ti deila Madonna di
ptff"e'inaggio
ricorda
vedova
'f
Picciano:

""

97

cAPlrolo

96

sEcoNDo

(Fratello mio, quando andammo a Picciano, quan


presi. Ti ricotdi quando ci siamo morti di fame, e
un po' contenti i in grazia di Dio venuta la mo
ora tu, fratello mio, all'altro mondo, e va' a ptega
satel'anata con tutti questi piccoli. Fa' che mi s
far grandi i figli nostri'..)

FUNEBRE

It

LUCANO

LAMENo

del rnorto
e ritorno t'nelatiuo
funebre
Lrnento
1.

L'espressione <(quanne scimme a'..)> di prammatica quands


si ricorano viaggimemorabili compiuti insieme, e cos pure un
modulo ricorrente la frase: <<Va' m tu, frate mie, a cudde munne
ecc.)> <(Fammi apr n'olde porte ecc'>> un alffo modulo che
abbiamo incontrto in gran numero di lamenti resi da vedova a
mafito. E ttttaviail pellegrinaggio alsantuario della Madonna di
picciano un ricord p"otrul., che affiora protetto dlla selva
dei moduli e delle sterotipie. In un lamento di Ferrandina I'episodio ricordato una minutissima vicenda accaduta una volta:
(RC) Frate mie, quanne scimme o' pantane, o belle o belle, quann'arrivamrq
,. n. venne a chiove, o belle' E non tenimme ombrelle,, o
belle. EL metiimme o' sacche pe' cappuccie, o belle. Iune n'groppe e I'olde

nt; i'uppi.tt.,

'nsella, o belle...
(Fratello mio, quando andammo alpantano, o bello o bello,-e quand'arri

ombrello, o bello'
;;;; ullu rliiu,venne a piovere, o t.Io. F' non avevamo
g-li-.i**r.o l ,u..o pr cappnccio, o be1lo. Uno in gropp all'asinello
e I'altro

in sella, o bellc...)

L'episodio chiaro: una volta marito e moglie furono sorpresi


dalla piogga n campagnl- e ipatati sotto un sacco impiegato a
mo' d.appuccio ritornarono in paese sull'asinello, uno in groppa
e I'altro in sella. Ma anche quando, come in questi due lamenti,
la sttazione storica si fa luce ttraverso la selva delle stereotipie
espressive, festano tuttavia la melopea e la mimica ad uniformarsi
aiodelli't radizionali, il che immerge anche il lamento che lettefariamente sembfa abbastanza autonomo in un'atmosfera di recitazionesognante, dtammaticamente trattenuta nell' anonimia e nella
convenzi;ne. Naturalmente quest'atmosfera cos caratteristica va
interamente perduta quando ci si limita a considerare il solo testo
letterario, .Lre nel suo-isolamento e nella sua asttazione non pi
lalamentazione funebte come rito,

Lelunghemarceperraggiun-:::l1ffi::,*,?'":n:ffJ"i:
,r"i. tii[aggio' hanno una Parr

ffi ffi
si rec

sei compag
"i:::',"14::*"Tt!i

altre
"11
in carrrpagracon

i?

,;::fil'.'l53;3

99

98

cAPrrolo sEco\bo

reali avventure
a di esPerienze
de vere Per chi

nte, disciPlinaa
idiscono appunto

creduto di assistere
ni documenti:

o e febbre'

Anche l'attinger acqrtla allaontana, soprttutto di notte, comporta rischi di inconff .or i morti. A colobraro circola un facconto che riflette 1o stesso tema:

casa

e Per tre glor

*':'i:
Angela':* j:,L","*;"'ff lii:;tJ,i:trJ;:l',"iffi
a
tenne per s le tre grana.

35, ha assrstrto

IO I

cAprTolo sEco\bo
e>>

sistemazione stereotipa. Ma il controllo culturale del ritorno dei


morti si manifesta anche in un tapporto preciso, che assegna a determinate persone privilegiate I'attitudine socialmente riconosciuta
(almeno fra le donne) di poter dialogate con i morti a vantaggio
della comunit:
ZiaMadalena, una contadina di Castronuovo, morta poco tempo fa, sapeva
fare <le coronelle>, cio aveva I'attitudine di mettere i vivi in rapporto con
i defunti, Una volta la madre morta di un tal Vincenzo Fortunato apparve
in sogno a ziaMaddalena ela preg di avvertire il figlio che se fosse passato
col mulo per una cett^ tenzpa avrebbe corso il rischio di cadere nel burrone.
Vincenzo non si mostr per molto propenso a prendere sul serio l'avvertimento, e chiese a Maddalena una prova che essa realmente era a contatto
con la madre. Allora Maddalena gli disse: <Vieni con me per nove notti al
Calvario: alla nona notte tua madre ti carezzer>>. Vincenzo fece come la
donna gli aveva detto, e si rec per nove notti al Calvario con lei. Alla nona
notte, proprio amezzanotte, appafve la processione dei morti, e a un certo
punto s sent\catezzare da una mano gelida. Rest per tre giorni con freddo
e febbre, e al terzo giorno, attraversando 7a tempa col mulo, una capra gli
salt improwisamente davanti, e prese a gtrare intorno al mulo, che inciamp
nella corda e poco manc non cadesse nel burrone. Da quel giorno Vincenzo
credette nelle <<coronelle>>.

Maria Di Setio, magara di Clvera, aveva promesso a Maria Viviani di fade


rivedere il marito morto. Una mattina per tempo le due donne si avviarono
verso la c^mpagna. Giunte che furono davanti a na gotta, le due donne
si fermarono in attesa. D'un tratto dal terreno antistante alla grotta si sollev un mulinello di polvere, segno della presenza dell'anima del defunto.
L'esperimento non riusc per completamente perch Maria Viviani si mise
a gridarc, e questo disturb I'apparizione completa dello spettro.

il dtorno del motto ^PPe

fo3

cAprTol.o

SECoNDA

tuporosa sbloccata'
riiornelli emotivr Perr
e

melodici' Le Pro-

rlsouna elementare

unebre inirizzato
utale>>, il contenuto
<<ePico>>' eprtome
o funebre instaura
nte la sua itetazione

vole. Ma il lamento un regolatore dei rapporti col defunto anc\.

tivo. La potenza ossessiva o allucinatoria del defunto un rischio

ogni possibile energia d ripresa. L'iterazione rituale del lamento


dlsribuisce nel tempo il lavoro del cordoglio, lo include in una
determinata teg\a culturale, e provvede a condurre innanzi quel
processo di interiorizzazione del morto che costituisce, come gi
i..mmo, il vero superamento della crisi e la seconda morte culturale che riscatta lo scandalo della morte naturale.

8. Riepilogo dei risultati raggiunti

L'indagine etnografica sul lamento funebre lucano ha messo in


suo ordine rituale. La crisi del
presenz
a, di f.arla passare con ci
la
di
travolgere
rischia
cordoglio
f.arci
centro della conversione
che passa in luogo di impegnarla a
nel valore, inteorizzando il morto e risolvendolo in benefica
memoria stimolatrice dell'opera. Il lamento funebre prowede, per
la pate che gli spetta, a f.acilitarc nelle condi zoni date la ripresa
delle tentazioni della crisi e la loro reintegrazione culturale' Lo
strumento isttuzionale fondamentale che il lamento funebte offre
la presenz a tuaIe del pianto, in dualit rclativa con la presenza
normale, che opera come guida. Sul piano della presenza ttale

evidenzall.uratt... tecnico del

tta indagine sul


e aPProfonditi
Piot mattriul'

terio

ermeneutlco'

vafitag
Poff essere

fini della dimosttazrone'

TERRANEO

IO5

ben si addice alla meloPea.del


ione sognante che caratter:zza
rttmo
moto che accompagna il

3.

I1 lamento funebre folklorico euromediterraneo

r. La presenza rituale del pianto

Il primo dato lucano

da verificare sul pianto etnografico euromediterraneo quello relativo alla presenz a rituale del pianto corne
stato psichico istituito nel corso della lamentazione funeraria. In
mancelnza di analisi precise su questo punto dobbiamo contentarci
di alcune indicazioni sommarie che affiorano dalla documentazione
esistente, e che messe in rapporto con i risultati della analisi diretta
condotta sul lamento funebre lucano acquistano valore di dimostrazione. Le voceratrici crse, secondo la testimonanza delMat
caggi, eseguono il discorso della lamentazione <(con un dondolio
caenzato del cotpo>>'e il Lorenzi de Bradi - che fu uno degli
ultimi a poter utlmente osservare il acero in azione - conferma

questa oscillazione ritmica del busto,' che del resto un gesto


antico, poich anche Ecuba lo esegue nelle Troiane al momento
di inaugurare la lamentazione:

Che debbo tacere? Che cosa non tacere? Su che piangere? Ah! Quale pesantezza opprime le mie povere membra, nella positura in cui giaccio qui, la
schiena distesa su questo duro giaciglio! O mia testa, o mie tempie e miei
fianchi, quale brama mi prende di far oscillare la mia schiena e la mia spina
dorsale verso I'una e7'altta parte del mio corpo, per accompagnare il mio
lamento e le mie lacrime senza finet.3

1J.8. Marcaggi, Les cban de la mott et de l.a uendetta (1898) p. zz.


Bradi, cit. da Van Gennep, Manuel du folklote ftanais, tomo I, z (tg+6)

2 Lorenzi de

pp. 658

sg.

) Eur., Trciane, vv. r ro-r9.

lit con la Presenza egemonlca


funzione di guida e a mantene

cose.
taneamente 1'attenzione a

a Atlante figurato del

pianto' n' 69'

i!:!'i^";r1:;i;i-i.,

rig' pianto n' 1a'b' c'


di Pisticci crr' pp se ss' e Atl'

106

CAPTTOLO TERZo

11

Cfr p

12

Cft. p. r58.

r55

Cfu. p, t59.
la Cfr. pp. 164 sgg

ro9
CO

EUROMEDITERRAN'O

cAPIToLo Tqao

ro8

sato, dove sturiPlasmati come


un intervallo di
ntazione' RiPorrituali nella famosa

essi sono capaci>' Ma subito


oiansere e di lamentarsi, I'an
^coa"a
a comando, cessano al t
raramente che immediatamente

ni:

come manifestazione di una relativa


dalla larneffiilrt,rrtont. i presenze, instautata e ahmentata
rituale
presenza
sulla
pianto
;;ri";;",col risultato di concentrare il
quindi
e
egemonica,
sgombra e autonoma la presenza

pretiamo

o' le mani composte'

va. come se per avvent"' Ittdi alzati come a


ente in un acutlsslmo

il comportamento

-r"1.""ro

,upu., di inteitompere o di riprendere 1a prestazione; e. soprati,rito di dis*arsi pr eventi fuiili o per incidenti-privi di imporche si distrae
t^nz^,proprio .o-. ,. la presenza ch piange e quella
non fossero pleno iure una stessa presenza
z. Ebetud.ine stuporost,
della lanentazione

<<planctus>>

dita conserte mettono

i'nelatiuo e ordine

a vetifica e
secondo dato lucano che deve essere sottoposto.

pi ampio. la vicenda
ad, integrazione su un piano etnografico

aletto' In quello stante'

Il

;h. h;i""g" sul piano della presnz a ritttale del pianto' cio la
,^t^iiruro l" i.iturioni della crisi, 1o sblocco dell'ebetudine
I'enuclearsi

la ripresa e la ualizzazione eI planctus'


s
d.l dir.or ro p.t.tto, l' interiorizzazio ne della situazione luttuo a
precisazione
.l;uuri vrso il mt do dei valori. Un'importante

;;;;;t;tr,

fatto che' in luogo dell'ebetuLa ripresa consiste dunOue"ne] come istituto stabilisce e trail rito
dine e della scarici;;i;;il;'
16

A'

Btesc\ani' Dei cos

(tgzl) pp, rz9 sg.. Osservazioni analoghe pet gli indigeni del
o.t u.."hio che era stato malato
d"fottto
distretto di port Lincoln (4".;;;; dJ;ul,.il
".u
donne. e i bambini lasciarono la loto capanna,
le
...pi.o,
.ra*lLrl.o
"g-*pp""
1r

H. Vedder, Die

Bergdma

"tl"
u rinqu ^-ioid., i dirtur^ eseguirono una lamentazione cospatgendosi
ru.."to fu proseguito p.t o."' ma in realt il cordoglo_era scatso,
;i;;;;;;;i..ip....
t lmeniatrici'cessavano di piangere e rispondevano prol.it']"
loro
;.
.i;t;o1g"u
;;r;hq
espressione dl uoltoo R. Brought Smith'
e le donne sedendo

consrero tono di rr e con la normale


n9n.lult? per il rirerimento
i. ,, . L'o,,",u"'ione important''
d del comportamento:
l'etnografo
che
morale
giudizio
il
.Lnog.^ti che contiene, quun, pt'
e ip.octisia tecnica' conil che mostra il solito equivolo l ipoitiu moralmente tiprovevole il buon senso di non
il Vedderveva avuto
nessa alla struttura "fU U-"rirrl.'"".-Ai;"".
nello strano comportmento un <<mistero>> da chiarire.

-,;^ "^. il

i:

:b:;;t;;i ; v,i"i^ tt

ir..."ii"q"rroco,

di avvertire

t1
una calma momentane
is
ste donne si leva come

elogio del defunto: essa


Ahil Ahil, che sono rtPe
ou destiPtion strtistiq'le'
6

III

ERRANEO

da lei
e,

rire

'

rcano d indurla al lamento


Gudhrun si rifiuta ostlna-

ntazione
sposa:
r' acota

una pausa ad ogni verso o proposizione, che finivano con un urlo o un ah!
prolungato.lT

Qui non possibile stabilire se l'ebetudine che precede ,planctus


appatenga a un ordine rituale tradizionale, o sia soltanto un sintomo della crisi irrelativa che si sblocca ritualmente nell'ordine
della lamentazione. Analogamente nel primo carme di Gudhrun
dell'EddaI'inazone melancolica interpretata daI poeta non gi
come parte integrante del rito, ma come crisi che il plnctus rittahzzato risolve, awiandola verso il discorso individuale della lamentazione. Presso il cadavere del re ucciso sta Gudhrun immobile,
a ciglio asciutto, irrigidita in una sorta di ebetudine dolorosa:
Una volta Gudhrun moriva di dolote,
quando aflitta sedeva vicino a Sigurdh;
ella non si lamentava, n si batteva,
n piangeva, come fanno le altre donne.
17

S. Salomone-Marino, Le repiltattici nell'et di nezzo e nodema (Palermo 1886) p. p.

Il silenzio, f immobilit

e 1o

sguardo fisso a terra della lamentatrice siciliana descritta dal Salomone-

Marino trovano riscontro inLam.,6,ro: <<Siedono per terra e taccono gLanziani della figlia
di Sion, hanno cosprso di cenere il capo, sono vestiti di ciTzi, Ie vetgini di Geusalemme hanno
abbassato a tetta

il loro capo>>.

in vita!>

un tratto

aggrumati di sangue'
sPenti'
oiPo di sPada'
sul cuscino'

er

cos
g
L

in

ginocchi'

corte'
ossedeva'

e fitorna umano:
rsPetto ai figli di Giuki
th nasce nei prati'
come il fiore d po"o
nell'oro'
o come irttlitt incastonatore!
un
a
fronte
Pi"t'u P'isa in

F
APITOLO

7a3

TERRAN'o
TERO

pi grande di tutte le Dise di Herian;


ora io sono pi fragile di una foglia
di salice per la morte del re!r8

- per quel che ci fu possibile osservare che s possa parlare di


una inclusione in una determinata otbita rituale, ma piuttosto di
una vera e propria matifestazione della cris, che l rito della larnentazione avvia a soluzione.
La documen tazione folklorica euromedite rtanea conferma invece
concordemente la distinzione, gi messa in rilievo a proposito del
lamento funebre lucano, fua planctus inelativo, planctus ritualizzato e discorso protetto. Per le colonie greche di Sicilia la distinzone risulta chiara da una testmonianza diretta del SalomoneMarino, che ebbe la ventura di assistere adrna scena di lamenta-

Secondo

eguivano
) un

a Ia lamentazionei

zione per la morte di un mulattiere di Piana dei Greci:


Non appena egli ebbe mandato l'ultimo spiro (che fu dopo I'ave), ed ecco
che sua moglie, che baciatolo in bocca, esce di casae aduna fassi ad invitare

pi misurato, pi monotono, pi umano, e di principio a una cantilena lamentevole, interrotta e accompagnata sovente da un ohim! desolatissimo.le

Qui si ttatta di un parossismo non gi imelatvo, ma ricompreso


e controllato in una sequenza rituale. Inatti dopo il decesso la
donna non si abbandona al planctus caotico (come parrebbe com18
1e

I, trad. ital. C, A. Mastrelli in L'Edd (Firenze r95r).


S. Salomone-Marino, op. cit., pp. 43sg.

cadavere, dovr essere segulto


il passaggio al discorso Protet

Gudhninarkoidba,

20

(za ed' r86q) pp 35 sg'


F. Gregorovius, Conica

furi-

DITERRANEO
cAPIToLo

rr4

TERZo

la periodizzzione del
de.l d'tscorso prolelto:
conquista
,,.La
emotiui' stereoti'pi
<planctus> m tttomelli

rito che pu non

<<riuscire>:

G. von Hahn, Ahaneshcbe Studiett (Jena r8+) vol'- r, pp--r5o sg' Cfr'
unterscheien ist von diesem Jammer der geordnete Klagesang>.
zu
oVoh
21

J.

p' t98' n'

19:

II5

ff7

116

EUROMEDITERRANEO
FUNEBRE FOLKLORICO

"nortoto

TER?O

1,

LAMNTO

Oi ncor o obl-'-

[r L t'itb

oi Tucu-te. mmuliuca!
ioi Ce ne n lume mai amar?

Mortita de primvra
ioi Pe ftunzitu codrolui,
ioi Pe cintarea cucului,
ioi Sara dac'a'nsra,
ioi Cu tat-ti.lt a! ina
Si tata-tau te-a'neba
Ca ce fac Nufa si D'iurca.2l

[ioi Tl bacio gioia di mamma!


lol Nulla di pi amaro al mondo.
Morticina di primavera
ioi quano rinverdisce il bosco
ioi quando canta tl cuculo.
ioi Q,lndo si far sera
ioi con tuo padre cenerai
e tuo padre ti chieder
che fanno Nua e D'iurcal.

Per il ucero crso il Gregorovius attesta che esso terminava


con un Deh! Deh! Deh! alla fine di ogni strofa,'a e per I'attittidu
sardo il Bresciani, nella sua vivace descrizione, accenna del pari
all'Ahi! Ahi! Ahi! che regolarmente colma l passaggio datna strofa
alI'altra.25 Nel gi ricordato ripi.tu di cui fu testimone oculare il
Salomone-Marino a Palermo, le due lamentatrici <<palma a, p^lma
giungendo, intuonarono altetnativamente una mesta cantilena ritmica, facendo pausa ad ogni verso o proposizione, che finivano
in un urlo o in un Ah! prolungato>>.'6 In un lamento raccolto a
San Costantino Albanese (Lucania) durante alcune nostre esplonzioni etnografiche nelle colonie albanesi calabro-lucane,21 il
planctus disciplinato nel ritornello esclamativo Oh! che si itera
periodicamente al termine della linea melodica:

Briloiu, Bocete dix Oa, Gtai i suflet, vol. Z (rp8); cfr. p. 8 dell'estratto.
Gtegorovius, op. cit., p, 37,
2t Bresciani, op, cit., p. 22).
26 Salomone-Maino, op. cit., p.
39.
27 La registtazione discografica relativa conservata nell'archivio del Cen*o Nazionale

2r

2a

Studi di Musica Popolare presso l'Accademia di Santa Cecilia in Roma. Trascr. di D. Carpitella.

'qiotd!

oh I

oonr l'o
t t loiS d boro' Oi'

ol*

In un
tenuto e
ritornell
8!t

o b'il '
U

b &t

d Sro'b l b'dt ' t

CtD

rr
S ldt Pu'i ' tl d ' i '

*c,fr

-w-v-v

tt

Co-d

It
.P't i

Soeio

lr8

CAPITOLO

TE\20

.u,

ma.ma,ma-Esr Eo .

[nic,

mul

1..-.

.o.mui-oa. oui.oe. f . t mc.r

llui . ca" ni . o. mui - o.mui - s. or

u ui

rhl.-..

po.

ci dn . gr

rr

29

Un ultimo esempo mostrer I


espressi nella lngua a
pccolo gruppo allogeno che ha
il dialetto locale. Nel lamento pe
dei Greci - gi precedentement
del planctu.r e la sua drammatica tualizzazione, ebbe inizio il
disgor_so protetto della lamentazione, parte in greco-albanese e parte
in dialetto siciliano. Il Salomone-Marino riporta soltanro qn.l che
gli riusc di ritenere della parte in dialetto siciliano, ma quanto
basta al nosffo scopo:

ritornelli

Ahim, come sbalancau la me' casa!


Come cadiu e nun surgi cchi sta culonna!
E ora, c mi lu porta lu pani, p?
E ora, c mi li semina li favi, p?

E ora, c li ricogli li chierchi, p?


E ora, c mi li semina Ii favi, p?
.,. ahim! C cci pofta la nova a 7a chiana?
Ahim! C mi li avvisa li parenti?
E c ti chianci marito mio, p?
Ahim! Come finisti maritu miu, ahimlro
2e

Trascr. di D. Carpitella.

'0 Salomone-Marino, op. cit., pp. 43 sgg.: <Ahim, come andata in rovina la mia casa!
E ora, chi mi porrer l, pane, p? E ora,
i piselli, p? E on, chi dar da mangiare
I piano? Ahim! chi awiser i patenti? E
i marito mio, ahim! >

Ch'a' faladu ite ro'nu


Sorre 'e s'anima tntal
Ch'e' fora su Padronu'

f2r
ERRANEO

cAprTol-o

20

TERZo

Sone 'e s'anima mia!

tocchende che ichola,


Some 'e s'anima mia!
Su padronu ch'e' fora...ll

Un lamento di Ossi
Ohi su coro meu!
Ah cantu so Piedosa,
Ohi su coro meu!
Relthada so Penosa
Ohi su coro meu!
Da Deu oifanada,

Ohi su coro meu!


Penosa so rethalda
Ohi su coro meu!

Male mosthe m'a' tentu


Ohi su coro meu!
Sa pena mia e tuimentu...ra

mba meal
lassadu?
m'as
A chie
Ohi su core meu! .
Chirchende so a tle'
tue as lassadu a mte'
Ohi su core meu!

Un altro lamento di Ossi


Fizu de s'anima mia!
Mancadu m'e' su sole.
Fizu de s'anima mia!
Culthu non e' dolore'
Fizu de s'anima mia!

"i " *it as.lassadu'


iil" t" as-chircadu!
r.eat"

Mi rivo d'ogni gulthu,


Fiz de s'anima mia!
Non dolore culthu.
Fizu de s'anima mia!

Isciareu chena brou,


Fizu de s'anima mia!
Culthu 'e dolore nou,
Fizu de s'anima mia!
Lassadu m'as mechina,
Fizu de s'anima mia.
In terra de ruina.
Fizu de s'anima mia!
Isciaru meu derettu,
Fizu de s'anima mia!
Fias (su) meu solu afettu.'.3t

"

a marito, e il ritornello vo.^,i,'ri

tazio

o zo6' un lamento di moglie


dllu u"dou^, pfesenre alla lamen-

(r89r)
G. Fetraro, Canti popolti in dialetto logudotese

r4
cativa
,,

,"p1.;;;[;;lrt"u

a quato dice una not esplimorte del matito, cantato


professionale- per conto della vedova'
iradre a bambno morto di pochi mesi) C{t' pet lamenti

A parte

il

fiilu'go
don

da una
allatga

rir' .r"*

"'6

l:,1""Hi;*:iiffiiu::::
strofico si
s1i"

a rrfia quartlna:

;;;;,'1''ar""t
'-

'

Tena unu Plzzlnnu


D. J;ti"'os^ de'' idda'

Mi-nd'a' segadu stnnu

i i"n' lthinchidda'
hi tu coro meul .
So chiscende s'inttmu

zu'

di moglie a mirio-li
illaggio di Tiesi;
257'
*""'f; i sorella a sorella);

'5t'

:,$^o3la'::'i:tri:?iiflH:"';
maridu meu

'>>'

f2)
RRANEO

CAPITOLO

r22

TER.ZO

De mi lu assimizare,

M' mosthu lu Pizzinnu,


A chie cherzo giamare?
Ohi su coro meu!
Povera domo mia
Comente ses'andada,
Su chi mai crea,
Penosa e tribulada'
Ohi su coro meu!
I-ss'avure 'e fruttu mia
Pius non Potto aumbrare,
Su chi mai crea
A chie cherzo giamare'

Ohi su coro meu".rt

ptotetto: l'incidenza corale


4. La conquista del discorso
dei ritornelli ernotiui

di una incidenza
Nel lamento funebre lucano non vi traccia
dalla ftequenza con
.oru .i ti ot"a[ emotivi. Ma a giudicarc
folklorico eurome;"lfu. in.i.n"u artestata ilmateriale
il logorio del tempo abbia
di;;;;r.; du rit.n.r..h. soltantoquesta
importante ctetermllasciato cadere nella Lucania di oggi
corale dei ritorienza
in.
;;;il ".ri." A tu U^onturiot l L;

nelliemotividamettefsiinrapportoconilcalattefesocialedel
Ci.rende indilutto e con la pafieci;-;;i;;t to[tiiuu al cordoglio'
soensabile

.h. i -oi. ri

del

planctus

alizzato e del discorso

i,*ai'af u9atinellat"'ff '.'"0.d,:*::ti:


diffuse che nel lamento funebre
collettivo, stabilendo le <<parti>>
dei
tenere nel rito, la successione ordinata
ai ritornelli emodiscorsi individuali . U fut,..ip azionecollettiva
la <guida> del
assume
tivi. Volta a volta;;;" lalmentaffice
traizionalI'intesa
panto, cio inaugura il discorso pro-tetto' :on
momento
al
e soltanto
mente stabilita. ,o.iui-.nte acc^reditata
I'incidenza corale della coldei ritornelli .-oti,f;;;Ji".go
,1 Ibid.,

p. zo7,rr

f25

far uscire dalla sua orbita il pianeta del lamento rituale. Ora il
condividere con altri ilp/nctus, o addirttura il cederlo ad altri, attua fiz- forma di collaborazione nel momento pir) critico della
lamentazione, proprio come se la conlit del planctus ripartisse e
attenuasse in pi individui la carica emotiva trattenuta nel ritornello emotivo o permettesse una vera e propria cessione integrale del
planctus alla collettivit. Ma possibile anche un'altra operazione
tecnica: non soltanto il planctus rittalzzato pu essere tipartito
e ceduto collettivamente ad ogni incidenza periodica del ritornello
emotivo, ma anche lo stesso discorso protetto, e quindi la guida
della lamentazone, pu essere ceduto aduna non prente, a una
donna cio non toccata immediatamente dal cordoglio, e che sia
<specialista> nella fattispecie: in questo caso coloro che sono stati
colpiti dal lutto riserbano per s o una parte subordinata o addirittura la sola parte del coto, nei tempi e nei modi che sono consentiti dallo srumento tecnico della lamentazione responsorale,
adoperato dalla regista esperta. D'altra pate la successione ordinata dei discorsi protetti e dei ritornelli emotivi corali esercita un
potere di sblocco sui rischi di inazione melancolica, e al tempo stesso
appresta gli argini per entro i quali si verser e s ordinerLa caca
emotiva nel momento rischioso del suo sptgionarsi.
Le tecniche di ripresa che abbiamo sinora analzzate sono condizonate, rispetto al loro ruodus operandi, dalla presenza steteo-

di

nirntct'
i' rnod'uli' letturuti'
d'iscorso protetto:
d'el
<.La conquist
e rnelod'ici

'

CAPITOLo TERZo

r26

LAMENTO

FUNEBRE FOLKLORICo

.) e Persino la-menti

sa, a bambino, a Persona motta

era, il che oftre un


lla natwa e la morte
villaggio di Dragu
condue il canto inintinuer con i versi
uti da t'tttt'46In Letdi un numero increracartine tradizionalia7 e :una mponentesilloge
vasta
entazione .""u tr va nella

morte violenta q
rma I'importanza

fissati per tradizione (sind


ra""o it rtu setie di distici
el lamento e le citcostanze

, sia per le larnenrenti che assumono la guida delle


ttest che i lamenti albanesi sono

, e consi-

e17a

tinazione
rta distici

lettetari'
ttittidu s
i delle la

che si cantano per bambini sino ai dieci anni:


o boccio di rosa!
Eri un fiore, e sei stato strappato via;

sul lamento funebre


ile: ve ne sono che si
coprono un'area molto
sistenziale largamente
di trasmisno, sia in dipendenza di fenomen
di curiosit'
limitetemo a tLcolare' titolo

pet uomini nel vigore degli ann:


otu serpente variegato,
non facilmente

ti

si avvicini la sventura;

per giovani donne:


o tu veloce come sPola,
dove recherai la tua vita?

per uomini anziani:

t't

"od"lo
un ben accettatot?'"t;;-p"!",a"
forse, la canzoncia infantile

ir.""",-

bocete dei villaggi dell'Oaq sono intessuti di moduli


ttadtzionahche ognuno.onoti. e che impiega all'occasione: vi sono
perlattante, pe madre vecchia, per giovane o per

Tutti

i'insalata avevi nell'orto


I\ arameo Perch sei morto'

per donne anziane:

In Romania i

del genere'

Marameo Perch sei morto'


one e vin non ti mancava'

o capo della comunit,


Primo fra i Ptimi;
Portavi le chiavi alla cintura,
come il Palikari le armi'aa

r27

EUROMEDITERRANEO

su di essa nel
ha richiama to.l attenzione
di Carnevale nell'Italia Cen'i'"ii;e
al Toschi il padre Donatan.""..;;;i;;tutt"tt

Recentemente l Toschi
quadro dei pianti
trale;2 Quasi

cos lamenti

tag zza ancora vergine, e os via; oppure vi sono lamenti destint ucerte occasio-'ni, come per coloro che sono morti lontano o
ptenza per il serf.-"".q"ivalente pratico della morte, cio la
irizio milit"re; e infine vi sono lamenti destinati a detetminati
--."ti del tlto funerario (quando anivail prete, quando si entra

ar C.

"

Briloiu,

. ;;it;;;;

B.ocete

dix oa,p. 4 dell'et'Tul'1,-

pen
Arhrva -^-tru
Despre Bocetul dela Drcgtts'

'"' f; .0$*lif i",lil,'?r""nktsett,Globus' vol' 8z' 368 sg' (reoz)'


aB E' Mahler' op' cit'
de\t'tceti
-"-1iitamente al carattere stereotipo
ae Gregorovius, op. cit., pp.38 sg.,.accenna':p[::tTTJ:;:ili;;;*l.ra dei moduli
ro

gr"ii^ni,

tenta anche o
op. t., pp. zz3 sg., dove si

(ed' naz )
entizioni del popolo siciliano

ricortenti.
ar

p. Heinisch, Die Totenkbge in Alten Testanext, Biblische zeitfmgen, vol. r3, n. 9-ro,

8 (r932)'

r-.C. von Hahn,

Albanesiscbe Studien,

vol. r, p' r4r'

stiinta si reforma sociala, vol.

pitr,
pp. zr4 sg.; Sal
tr G.

t2 P. Tosch

tTorino

rgjr) p. ,r9.

vol

z'

7
r28

cAPIToLo

T[

gelo Lupinetti ha ripottato alcune variantidella lamen,urrono ,"0


irionui. resa neil'quilano dalla vedova al mato .r-u.i,ttu'
Mara me, mara me' Pecch sci mortu?
Tanta'nzalata tu ci avii nell'ortu,
lu Pane e lu vine non te m rc va,
de tuttu ci avivi, de tuttu nu Pocu,
tanti de cerri Pe' fatti lu focu,
tanti de frutti ci avii ne l'ortu'
Mara me, mara me Pecch sci mortu?5r

ta, pe quel che se ne sa, allapartecentrale della penisola, sicurasi stende


-.rrt. itt "tutuin una vasta alea che approssimativamente
Bielorussi
Balto-Slavi,
g
dal Baltico alMar Nero, comprendendo
1o stesso

tema:

Perch sei mort'


Non era il tuo I

inrattiun tipo dilamentazione, diffus o f.rai Balto-Slavi o le popolazioni f initime, che ripete f edelmente la lamentazione abruzzese :

Non avevi abba


Non ti volevan

? Aiarirl

hl
cchi? Aiarir!

Perch sei mor

n il modulo abr,,nzese

""r

ff::,:::t:i;i

roce, MonterniSenzavoler qui

do la vecchia potesr

D.
In
tt (H
Hoc mod
51

ra

nempe uxorem, lib


hanc
neniam: Uur
"-"'r.'i-i"rto

5f.

, vol. z, pp. 8S

sgg.

tibi deeri esca-arrilot.ts? Quare ergo mottuus

es?

omnia externa illius bona, cuius mortem deplorant'

zioni Provengono' corne


.rrrrraro - come sembra
ie'Res"tar - dalla fasc

p"
pp' 3o7
', ibid., cub. 5,iatsend
n't"t'
"

ocinunt
e, singula risPondentes'

t,

pp. tiz-4o8.'.

a Mhler, op'

cit'' ,p' ^_
1t7'

+r

TERRANEO

tfo

fta

cAprToLO

7a Cetina e

rJI

TE\?O

Ia Narenta, cert

luogo non prima del secolo deci


sione turca nella penisola balca
zioni slave insediatesi nel Molis
gua,

il patrimonio dei loro canti

folklore religioso, come per esem


occasione del primo maggio, di u
to in un cono d'erba, in molto
Giorgio> dell'altra sponda dell'
siderare come praticamente dim
mofto... >> che appare in Italia ce
peneffato con le migrazioni avve
del secolo decimoquinto. Infatti
fuso tra le popolazioni slave (o so
gura soltanto nell'Italia Centrale,
mente una immigrazone di popo
compagna, nella stessa area dimmigrazione, con quella di altri elementi delle tradizioni popolari slave, come derermiati canti popola-

ri

di

amentazione f ortemente vlnco

- alcuni cartteri del Verde Gorgio.

3'.:ili.",ili:'#,"-ffi:j.ffi

diffi;sione nel tempo, o quanto meno Ia loro attualeiffusione geografica: ma qui baster questo ;emplice esempio.

6. L singolarizzazione del dolore

Dunni vinni sta nevula?


Vinni di I'autu mari;
trasiu di la finestra,
i t"PPi lu sPicchialil

novazione dei moduli a vari livelli di coerenza formale e di autonomia personale. Parlando in generale delle lamentatrici siciliane
il Salomone-Marino annota come <<i loro canti... son sempre gli
stessi e si tramandano inalterati di generazione in g.n.rurion.'
Sui
(Ri
pagliara de
5e

z voll.

vedere E. Citese, I canti popolari d.el Motise,


erato in un cono d'erba cf.'M.A. Cirese,
l, Slovenski Etnogtaf, vol. g, z7o sgg. (r95).

L"

spichiali m maritu'

U.i, bonr e Politu'.r

i*:ir:#:,ii:

i!n',j:,!;1n,,.^

","u

doveva
di diffusione di questo modulo

essere

T:ffi:'".$i7;g:i',
-s.p..

saremo ali tozzt, .e Per camPagna'61

pii""ti
tJna marecrsa di

atra risria morta:

l:l.1.j|,i;:*

,s,idu

oh dolce come lu mele!


Nun la vidite stamane'
com' turnata crudele?
Amandula inzuccher ata,

;;;i.

amare come fele'a

di Mascioni davanti alla tomba del


E una contadina molisana
congiunto invoca:
A Pi, che fa che non rev?
Areassa i le Prata,
t*iiu la cavalla,

"i.udt*".

a Mascioni!6t

Qui, come
letterario ha s
ed diventato
in s tutto quello che occorre

f.ttut. che il risultato liri

6r Tommaseo, oP'

:l
zese,

cit', vol' 2' P' 2)4'

i:l;:t# ,i!;:,I;?*

vol. 5, n. z, 4z lt95z)'

popoto abruzzesi raccoti in prooincia

di Rieti, Riv'

abruz-

r)5
FUNEBRE FOLKLORICO

ti4

cAPIToLo

TE\Z.

EUROMEDITERRANEO

'MENTO

7,lJna

Cairo
lamentazione I

Llorad las damas - si Dios os vala.

Guillen Peraza - qued en la Palma


la flor marchida - de la su cara.
Non eres palma, - eres retama,
eres cipres - de ffiste rama,
eres desdicha, - desdicha mala.
Tus campos rompan - tristes
volcanes,

non vean placeres - sino pesares,


cuebran tus flores - los arenales.
Guillen Peraza - Guillen Peraza,

do est tu escudo? - do est tu


lanza?

Todo

lo

accaba -

la mala

sei sventura, nera sventura.


Devastino i tuoi campi funesti
vulcani,
e gioie non veggano, ma solo

lutti,

sommerga la sabbia i tuoi fiori.


Guillen Peraza, Guillen Petaza,
dov' il tuo scudo, dov' la tua
lancia?

Tutto distrugge la mala sortel.

andanza,66

una dinamica ed una agonistica - e in particolare una tecnica - per compiere la catabasi verso le tentazioni del planctus irrelativo e l'anabasi verso le potenze formali
del discorrere.ut

il lamento

66

Il nro giorno nero'


le stuoie' o sorella!

M.

La Endec
nel t63z
de la gtan

ben noto

,":i,*tJi:r::"""'rj#
col
E le t"i"fe?*i entrano
wiiit"'>
6

Kahle, op.

cit.,pp' t49sqg'

RRANEo
cAPIToLo

136

l.\zo

naugura la Iamentazione con una richiesta di


scoppia il coro delle condolenti, con la fun,ttr. lu portattice del cotdoglio a dischiudetsi
alla vicend a tuale della lamentazione. Le condolenti stimolano
al pianto cole che <<annientata>>, e infine 1o sblocco ha luogo,
el portatrice del cordoglio d inizio al lamento con una setie di
moduli stereotiPi:
giorno nero, o mia rovina, o chiusura della mia porta, o mio leone, o mio
cameilo, o padre degli orfani, a chi li hai lasciati, o mio tradimento, o mia
sventura, o mia miseria dopo la tua pattenza.

Le condolenti piangono:
S, sorella, dillo, a chi

li hai lasciati (gli orfani)'

La portatrice si disPera:
Non avevo nessun desiderio, ero ricca, e ne avevo di troppo"'

L'atmosfera di rccitazione sognante e di cordoglio calcolato e

dall'acquar>'

737

IJ9

ITERRANEO

i)8

cAPrToLo

TERZo

lungo ptotratta e sottolneata da singhiozzi stereotipi convulsi.


Inoltre nei silenzi intercalari ralamentazione e lamentazione una
recitatrce salmodia brani del Corano, cullandosi lentamente cos
per il canto di una ninna-nanna, mentre le piangenti stanno immobili e a occhi socchiusi, quasi stessero per addormentarsi: poi, cessatala salmodia, lalamentazione riprende con rnnovato vigote.
Con l'integrazione del tapporto d Nyna Selima la lamentazione
funeraria fua gliArabi di Egitto ci appare confermare largamente
le strutture che abbiamo analiticamente esposte: e cio Iatualizzazione del planctus,la partizione corale dei ritornelli emotivi,
i moduli verbali del discorso protetto, la cessione del discorso a
una specialista del pianto, I'ttilizzazione della lamentazione per
rinnovare lutti pi o meno recenti, la notevole impoftanza tecnica
della <guida> specializzata nell'effettuare la ripresa dalla crisi, la
compra-vendita del lamento, e infine I'istituzione di una presenza
stereotipa del pianto.
a

8. Delirio di negazione e lanzento

Gi vedemmo come uno dei rischi della crisi del cordoglio sia
un delirio parassitario in cui si nega I'evento luttuoso e ci si comporta come se il morto fosse soltanto un dormiente che si risveglier, o un assente che da un momento all'altto pu totnare, e
e

Il

tapporto di Nyna Selima si pu leggere in Kahle, op. cit., pp. 346 sgg

tecnica:

di Primavera gi dai monti'


bata'
dolore

olta a me Piegert^ dal


nu gn*io' ia mia mamma!

Ah!

esse
non

era non rumoreggiano'


sabbia'

a cafa famfa'
etuosi'

,,

grande'

r4f

r4o

cAPrToLo

TERZo

LAMENTo

EI]ROMEDITERRANEO
FUNEBRE FOLKLORICO

Io ti asPetter' mamma'
io d asPetter sno

I venti imPetuosi non si sollevano,


non battono sul camPanone,
non risvegliano mia madre.

:J:"''

come fuliggine'

tu non vieni'

Scendete dal cielo, voi schiere di arcangeli,


riponete I'anima nel petto esanime,

a vedete:

alle dieci sar diventata':ert^'

dte imPeto alle bianche mani,


e agTi ag:/;i Piedi il Passo.
Dal cielo non scendono gli arcangeli a schiera,

terra terra da seminarvi!

IvIad'ret

non infondono I'anima nel morto petto ecc'/u

ma

La stessa stfuttufa pfesenta un lamento raccolto da Azadovski:


Sollevatevi, nubi minacciose,
spezzila mamma il coperchio della bara!
Svgliati cata mamma, ,
strpati di dosso il bianco lino,
distendi le bianche mani,
apri i tuoi occhi luminosi,
dschiudi la bocca dolce come zucchero,
dimmi ancora una Parola,

ravviva

^rLcota

di gioia il mio cuore!

Tu non porai strapparti il lino dei morti,


non distnderai le tue bianche mani,
dolci Parole,
non parlerai
-farai
gioire il mio cuore ecc.tl
non

rnla'

No

r'e'1'

del trariprende la scena


ntrionale
barnsuol
i
'i'i^-^^at morente e
a soluzione giusta:

Wf ::"'****:*lr^Ti5f

*ii'{"":l'#ii'*:mrl

rublo.

;ffi
n2: " rru,n"61,fl Jii
Lvtqr"'

u^i

pi con te?
{areffo a non parlare
c o s

iffi ii'q' i" *r" p atire

lo sopporter

olercnze.

;ih"

tanto male'

catal'

i' accendi "'?"";o*'tt


in "quest

aouenga

il

';t:;"d:;14 vostra volont'

spettarla mai Pi:

Figlia: Io ti

aspetter, io

ti

aspetter, mamma mia

un momentino al giorno:
affinch io

ti

dica

il

mio lamento,

e come I'ho Passata.


Io ti asPetter, mamma mia,
ti asPetter sino alle otto;
e se vedr che non vieni,
allora comincer a Piangere.

Ad un

le
r tecnica si sollevano
,i.."u rituale del morto'

ulteriore.

lamentazioni russe
Nella Russia sette
t
eseguita da Pet

ma anche Per 1Pr

- ',

Il

modulo si

presta

.lo ur-*rru'u la seguente


quanoo
, .ino ullt tre: I e

?o

lt

Mahlet, op, cit., pp. 478sg.


Ibid., p, 476,

trapasso)
Basta con

, pp.

rrl

sB.

:i':'l"1"1';;
p'ss'
".., "' cl'' ibid''

cAPIToLo TERZ0
142

una betulla si chini sino


Ad un trtto sembra alla vedova-che
albeto animato sia
questo
in ttg;it"l"to' e che

a terracome

il

suo Ivanuska:

Ho colto questo fiore e ve l'ho portato'


Guardatelo voi, brava *tlle*r.,
che sento:
'uesta certezza

mio lvanuska?

sso fiore,
anza alta,

ffata
come fosse la mia r:u'ulgg''
14

lt

lbid., p. va.
Ibid,, pp. 124 sgg.

il

mio lvanuska'75

r44

cApIToLo

TERZo

IL

I,AMENTO

EURoMEDITERRANE.

FUNEBRE FOLKLORICO

r45

9. Ritualizzazione dei conflitti suscitati dall'euento luttuoso

\glia f\slia,
vattene a rej,
11

nn'i fratelli teo

revattene a mor'

v e d' oa a

3n":"''L"11

J't'

me dau quelli
minorelli?
tutti
che s

.h. tofl.u

Ialamentazione, in una sorta di contrappunto destorificatore che


sovrappone alla realt della vita vissuta. Un notevole esempio
di questo genere ci offerto da alcuni frammenti di lamento funere
abtuzzese recentemente raccolto da A.M. Cirese.77 Le circostanze a cui il lamento si riferisce, sono le seguenti: una giovane contadina abruzzese, recatasi dalla fuazione di Mascioni al comune
di Campotosto, apprende per caso in muncipio che il marito
Daniele morto in guerra. La povera donna riprende la via del ri
torno e giunta presso casa annnzia alla suocera la morte di Daniele,
inaugurando il lamento:
E tra Masciuni e Campetostu
ce stanno

li

Suocera" E figlia ligla iglia


se te v sta co me,
oe l'amor'e lu figliu
me te voglio ten'
Vedoaa

E no me volate bene Prima


che c'era lu Patrone,
me volete bene mone
che commanna zaffone?

-' E zttete cugnata


Cognata:
non di' le Prole sffafottente'
se no la faccio rie,
cgflata,

tutta sta gente'

fossati,

ta li pianti e li sospiri
l'j tutti rabboccati.
m

*,:',i.ti3,.1.-u

amma,

preparame 7a panca,
che te porte la nova
che Danielle maca...
aspettet sno alle tte: I e quando vedr che non vieni, I metter sossopra il cortile e l'orto>
(Morosi, op, cit,, p. ), cio iizietLa disperata ricerca del figlio. Ancor pir chiaro questo
motivo traspare i. un altro lamento neogreco, raccolto a Soleto: <<Io ti aspetter, io ti aspetter, babbo mio, I io ti aspetter sino all'una: I e quando vedr che non vleni, I uscir (a cercarti) nel vicinato>> (ibir)., p. 5r.
7i Citese, Alcuni canti popolri abruzzesi ruccolti prcoixcia
in
d.i Rieti, pp. 4r sg.

non la poffebbero sostenerte del l'Put'otttt comnda

47

146

cAPtToLo

TERZ0

EUROMEDITERRANEO
FUNEBRE FOLKLORICO

It LAMENTO

Vidi una to

Paisana'

e mi missi a dumand:
avristi vistu a Cecca
s'ella colla Per av?

Allor ella mi risPose:


un vurr lu so maritu
ch'ella colli a Sant'Antone'
bellu vestitu'
Perch un'ha

aritu
v'averia mandatu a d:
ma' signora' ellu crdia

metter mai piede in quella casa. In una circostanza come questa


noi ci aspetteremmo o la riconciliazione fra le due famglie, o la
repressione dei loro antichi risentimenti, o un violento litigio in
cui ciascuno dice il fatto suo, vuotando per cos dire il sacco. Invece
nulla di tutto questo avviene davanti al cadaverc di Francesca, ma
una rccitazione nella forma strofica e metrica del ucero. Maddalena e la cognata affrontano subito i temi del conflitto in un discorso
vincolato che si snoda in quartine e senari di versi ottosillabici con
rime variamente alternate, cantati sulla nenia ttadizionale delacero. Maddalena ricorda I'episodio che doveva particolarmente bruciare alei e alla sua famiglia, I'invito f.atto e non accolto di un incontro in zona neutra:
Non ti ne ricordi o Cecca,
quandu in tempu di missione

ti

mandaimu a chiam
a u conventu a Sant'Antone,

pe bede Ia to famiglia
e sfugatte lu to core?
78

Marcaggi, Les cban de la nort et de l oendetta de la Cotse (1898) pp. 146-6r.

th"tn

"uulttte

cull qui'

E Maddalena, risentita:

H#'r#,t:H:"""Cecca
che e' a mi surella

.o .rrllutu un ci

seria?

famialla morta' deplota che la


del
Quindi Maddalena, rivolgendosi
vestit
lt^' t*..i^doh ut'datt
glia del marito l'"b:bi^';;;
rozzo pano cofso:
La lamiglia di Trinchettu
t'ha trattatu cun lngannu
e oerfinu m'hannu dettu

ch. tu Purtava lu Pannu'

La

cognata

seguente quartina:
cantala sua smentita con la
Eo lo s, la mi signora'

Vi lasnate d'u maritu;


^,-ii"ttr, Pannu indossu a Cecca

""

.i

n' adatu mai ditu'

749

CAPIToLo

r48

ra.

Ma Maddalena prosegue nelle sue recrimiazioni e nelle sue insinuazioni malevole:


E ancu m' statu dettu
da un t Paisan
chi Purtavi lu caPagnu

L,{MENTO

EURoMEDITERRANEO
FUNEBRE FOLKLoRTco

Nlaalena:

Nun avete fattu errore'

nun Pudete trasgredl: ' '


to t di li nomi antlchl
e mi chiamanu cosl'

se sei di
risPonde a
'tono:
il linguaggto:

e ch'andavi alla wtana..,

Or dov' lu to damascu,
e dov' lu t vellutu?
Chi n'ha fattu u to matitu?
L'ha impignatu, o l'ha vindutu?
Mancu in quest'occasione
addossu

ti

s' veduto.

Ancora una volta la cognata smentisce:


Lu damascu un n' vendutu;
e nun mancu imPignatu;
perch Pe'le so figliole
ne la cascia est allocatu.

Ma I'implacabile Maddalena vuol ola vedefe la cassa e contare i


capi di vstiario: e di fatto Ia apre e la rovista, lamentando dutante
I'operazione la scarsezza ella biancheria:

hiu saPuta'
ormata

ntichi'
site molto

accasalata;

ottut. un Pocu megliu'

giacch site bennata'

Finalmente,liquidato

il

conflt

d;izair'u':,?)),^,
alzal'occhi, a
nun bullete falli mottu
o' vostr'unica sorella?

quella de la viancheria:
a me Pare ch'in sta casa
ci ne sta la carestia.

Dove s li to scuffiotti,
dove s li caPPellini?
Questu I'onote che faci
alla casa Alibertini?

Maddalena isprezza il paese di Pruno, sarcasticamente ossef vando


che in giro non vi si vedono che capanne di pastori, e_maledice chi
ha poriato la sorella in un ambiente cos miserabile, dove la mofte
infine I'ha raggiunta.La cognatarisponde fingendo di chiedere alla
vicina se si chiama Maddalena la sorella di Francesc a; finta ignor anza che dovr stimolare ulteriormen te la iattanza di Maddalena :
Ora ditemi signora,
ch'eo non achia a trasgred,

on qrr"lottq,re ' incuntraste


i,i" p=^tr*ui" che d'ella"'

Insignatemi la cascia,

un si chiama Maddal
la surella ch'este qui?

sul piano dellatecitazione'

mantenere come <(persone)>'

Mad-

f5a

r F'NERATT

Dr LAzzARo

uotn
da,qrrello del
melodica che si distingue
,oru
"lu.n
lavoro
ue ritmo' A parte il vecchio
arafia sull'argomento ii notevolmente

4.

funerali i Lazzarc Boia

-niu' Vututthia' Moldavia'

schede di

..
t.

seguiti

o"Lu'ione relative 7! alctt


loru da squadre dl etno-

d.i .u^u"' 'i"o 't

*'t'etfi.l*.';

Nota innoduttiua

Il lamento funebre folklorico euromeditefraneo costituisce appena un momento del rit

ell' archivio

dell'Ist!

pu essere considerato co
che di questo rituale sono

in un ordine in cui troviamo

e aMircea Eresitare, in comnell'Hunedoaa richiesta' ed


. Naturalmente siamo

an

ale,

ed un gran numero di comPorta


lamento rituale non Pu Pertanto
no una volta e in un caso ben car

p..r""i.cesso all'inumazione. A ci socco*e un documento di


'noi.uot. valore dimo strativo, ricavato dall' arca f olklorica romena.
^-Ii l*".;to funebre romeno (bocet) fra i pi ricchi e meglo

ocet reso dai Parenti


: consta d versi otto-

con quinari e senari,


a rimabaciatao ad assonanza' Questi versi presentano con varia
orur.rru I'accennato rappofto fra moduli letterari e improvvisazione. Ogni verso eI bocet ca
e queste linee melodiche sono
fua di loro solo Per cadenza o

rali di Lazzaro Boia Predomina u


abb astanza liber o, co n lar ga P at
lutot*vanno distinti i cntl rituali, con testo fisso, legatirigorosa;;t. , singoli momenti del rito funerario, col_notevoliconriferimenti
esecuzio,rtrt.i (.";; nel canto dell'abete o in quello dell'alba),

rosit del direttote


sent I'utilizzazione
se abbiamo

Potuto
Lazzato Boia' P
I'osPedale di Ghe
suo cadavere fu t
zione dei funerali,
F!. Maan, Inmo
Briloiu, interes
maricamente il villaggio
refo,rm
Pentru stiinta s
Satu Mare: Bocete n

S.

2 11

esplorato sisteDraguS,

A.rr'la.

nel distretto dl

t5)
cAPIToLo QUARTo

f52

fIJNERA1

Dr LAZZARO BOrA

rt
MAE
NERO

l^
l'rAe
NERO
()

(a)

Nt.\a

Nl!\o

'J!:.;r:.,l.:l{k[;il,ffiili:"r;*:
1'u"1?ll''o16u,

'J.,'i"i'i9t:i:iiiii:i^i"''i*i'il''a5"
(Clui' Turda' Tarnava-Iulca'
canto

(b)

morte alla tine^stra>


suil, F agaral' severin)'

<<la

t;}'ffi

rarnava'Mare, Hune-

cAPIToLo QUARTo

154

I UNRALI

DI LAZZARO

BoIA

lamentazioni di cui daremo notizia.Il morto lasciava la moglie 4aria e tre figli, il maggior dei quali, Ttaiano, aveva appena r7 anni
elavonvln minira, mentre Maca ne aveva r5 e Cotnelia 6.

..^.r,ttt

.
.,^1-Linsieme
re il testo della lamentazionepelch
altr a Ia iglia
indipendenr.*t"" iiona dail'individuare la
casa.E appena oossibile
a

vicina:
,

Pulu flb'

'9-9-

ella

figlia Matica
Pulry tlo

ner anche durante il corteo funebte elainumazione' Invece poco

z. Dal lamento delle donne alle fiabe dei fnciulli

sta

Su una lunga tavola presso la finestra, in una bara di legno nero'


il cadav.t di Lazzro, vestito a esta e ricoperto di un bianco

lino. Tre candele di cera ardono aI capezzale, e altre tre in mano


del morto. A mattino inohato, dopo un breve izio del prete,
cominciano ad affluite pafenti e amici. Si leva il lamento della
cognata, che si svolge lrrngo sulla seguente linea melodica:
nbac

I
-V-V-W-V

Lazzato, caro mio, sono venuta' caro, da te


oerch ho sentito
:h;;; ne vai al mondo di1'l'
;;;t;, se c' gente di
ti Prego' caro'
ouando ci giungerar,

-v'w-v-v

-w-9-v.v

-v-9-9.v

rl

Pololc

Nicolino

ti

verr incontro'

---v-v-v

7r
757

156

cAprTol-o eUARlo

fIJNEn

DI LAZZARo BoIA

ti sar possibile e ne avrai voglia,


cato, ti ho portato una candela
.., Dfla, Lazzaro, nelle sue mani,
te ne prego, Lazzarol
...Dlla,Lazzaro, nelle sue mani,
dlla a suo padre,
perch la pori al mio Giorgio.
L dov'egli morro,
me sciagurata, non ha avuto candela.
Egli solo al mondo,
e nessuno sa qualcosa di lui.
Sette anni sono trascorsi da allon,
ed io ho pensato sempre a lui,
finch il male mi ha raggiunta,
se

toto

f..

... Se incontrerai Giorgio,

-W-9_v

o caro, e se 1o vedrai
triste afflitto,
perch se ne and senza
Caro mio, Nicola mio,

,r\

Ahim, caraMatia;

i riti.

sei diventata di ghiaccto'


e tutta tigida, Mara'

e Giorgio mio anche,


da quando siete spariti
ho pensato solo a voi.
... Ahim il male mi ha colpito.
... Arsa nel mondo mi lasciarono,
da non sapere che farmene...

a Peggio!
mio,

Le lamentazioni si svolgono talom individualmente, ma pi


spesso s intrecciano e si

il

confon lono insieme, senza regola. Si ode


lamento di una donna,
fuL*L

- v

v-v-v-w

---'l

-Y

_v-v

E poi arcora quello della figlia Maca:


Polcta nl.

all

- w -v-v

w|

Mi

,!\

- v - v - - --

-v-v-.

--

lasci sola al mondo

P^dr.,
";;;;;.
In tutto"o;h;
il villaggio
nessuno aveva un padre come il mio.

Perch

;;;;;

il tuo

sPoso

t"ot'iu^ la loro vita'

159

r58

CA,PTTOLO

Qu4no

Ahim, Matia, cara nipote,


se tu sapessi quanto dura,
ahi nipote, e quanto triste
ahi, la vedovanzat....
Lazzaro, i tuoi bambini come stanno a guatdatit.
Non ti rincresce per loro?
Lazzaro, 7a tua Cornelia,

-' rEALI

DI

LAZZARO BOIA

lv"'

Iflento'

Pclrydt

-t

ltin4tEPrc&r@ Eqt'

com' piccoletta!

Prendila con te,


non I'abbandonare,
f.fue,

bino povero.
tU,

povero, fra gente straniera.


Ahim, o Dio, quanto ho dovuto
supplicare i miei parenti
priva del mio sposo, anch'io.
umiliarmi,
me sciagurata...
,

Torna poi il tema del marto che non fu <<preparato per ra mone>>,
mentre aLazzaro tocc almenola oftunadi tutti i .iti d'obbligo,
Ahim, Lazzaro, sei fortunato,
fortunato e preparato per la morte,

i
tai'

per di're:)
si
e a pi d'ella scala ferma

ben vestito e nettato.

O Dio, invece lui se ne and in ftistezza,


perch era ridotto in pezzi...

Insieme alla vedova si lamentano la cognat a, un'artta donna


e di
tanto in tanro anche la nigliaMaca. poi si leva il lamento di una
nuova venut:
Poh

nlrte

_v

loro?

to quando li vedevi afflitti'


afflitti,

consoladi,
-v

LarigliaMarica, nel corso delle sue lamentazion, volta ogni tanto


latestadallapate degli etnog,,.fipet conmollare se annJtano ci
che dice. Entra una vecchia decrepita: ra nonna diLazzarc.
scopre il volto del cadavere, lo bacia, e d inizio ad un sommesso

una eco' Toma


giunge ora debole' cotte

,n

-v

voglio Patlate ^rl.cot^'

mento.''
iale netla soft'itta:)

di averne colPa'

carot

astaz tv'
ino;

r60
CAPIToLo

nessuno

ti

ftJ'etrt

am

Caro mio, Lazzato mto,

pe

ahim che misera casa,


ti sei fatto, caro:
non ha Porte n finestre,
come Potrai starvi?

E?
Li

mi

tu,
risparmiatore.

Caro, prendimi con te,

ch me li hai dati,
e lo lasciasti?
nessuno, o Dio!

e,

(singltiozzi).
(riuolgend's5
e?

al

cadaaere:)

Tu sai com' duro ci'


Questo Pane amato,

anche tu in vita l'hai Provato"'

e,

avvicendano sino al tramonto'


il ramonto non lecito lamenlla figlia questo divieto rituale,
conversa. Il discorso cade sulle

e triste,

e priva di forze, figlio.


Vuoi che io prenda- su di me anche
Non ne sono capace,
questa forza jo,non l,ho mai
avuta,
e perci ho patito tanto

i tuoi affanni? (singhiozzi)

sserva: <Se Dio esiste io non lo


. Si accende una discussione in

mio buono, mio Lazzato.


Lvati,. iglio, alza la tesra,

Ila ProPaganda comunista nelle


momento: <<ComPare, Cristo
La i Preti in Chiesa non ne Parmorto, che Poc'anzi si era lamennella
ta sedrta sulla cassap anca accarrto alla bata, intewiene
stato
sia
cristo
che
dicono
discussione osservando, ocli scienziati -il cadavere
fatta
un
di rugazze
gente
e
un angolo
it ti
sui
di
scrivere
a bassa voce. Un tagazzo per pr
di
ngoza
una
con la mano sinist rlial'irrt.r.rr. degli altti. Poi
titolo
dal
anni, MariaPo roc, co minci a a1 accontarc la fiaba

e guarda 7a tua Marica.


4hjT, quanto soffre, e come si scarnita,
ch da quando te ne sei anda

,.

,non trova poso (singbiozzi);


s_i,a I la fi g,l i a, m o gli e de
l' rn o r t o )
Klo
uro mio, o Maa,

\r u o I

volta,

ri"ili

'ato.,.

Sio

lament
tazioni
Vorrei bestemmiarti, o morte,
m remo che lddio
mi colpisca pi forte ancota.

t6t

DI LAZZARO BOIA

errdRlo

Con la Pouerti

azzaro!>>

Infine

si

noto nelle lamen_


del morto:

I'altro sette- Quello


c,erano una volta due uomini, uno avev due bambini,
povero' Il povero
era
sette
ne
aveva
che
q"ilo
,i.,
era
due
il ;;";;"
botte' Il povero
in
una
povert
;il;i;rc", .rt. gritr. di .hi"d"te la
povert. Il ricco
nuovo,la
di
libir
Allora
ili;;,;" ipou"rn.* ai fit.
e
fece elemosina
soldi
tanti
trov
vi
ior.rt^'
[u
m.z)o
in
*J in mulino
padre:.<Andiamo
al
dissero
i-i"i d.l pou.ro.sette figli del povero
mulino' ma vi
al mulino, vi sono tutt,itotil >"Il povro and di notte al

t6t

162

cAPIToLo

Qu,tRlo

oPo un lungo sonno)


cos
Tornano tutti a casa' e vissero
cofa.

'

<<Senti, ce n'

utto, 1o giuro!>
che Giotgio mi

Prese. u n''altra
cacclo dl csa
matrigna
altiva'La

figli' Quest'uomo

di

E ntanto d inizio alla fiaba di Pietro Piparus:


Una donna aveva te figli - due maschi e una femmina -. Una volta i due
figli andatono ad atare,,ma non c'era chi portasse loro il cibo. <<Marnma,
mandaci la sorella con il mangiare: perch non sbagli sttada, facciamo un
fiabe!>>

solco sino al campo>>. Ma il diavolo ne fece un altro, che portava a casa sua.
La sorella segu questo solco, che la port in una grotta dove c'era il dia-

volo, che la fece sua. I ragazzi videro il solco, lo seguirono, e il maggiore


entr nella gtotta. Il demonio agitava una grossa mazz^. Poi ordin di preparare due forni di pane e due barili di vino, fece portare tutto in tavola,
e disse al ragazzo che chi dei due fosse riuscito a mangiare tutto il pane e
a bere tutto il vino avrebbe ammazzato I'altro. Ilragazzo non ci riusc, e
allora il diavolo 7o ammazz e 1o butt via. Il ftatello minore entr anche
lui nella gtotta. Di nuovo il diavolo prepara due forni di pane e due barili
di vino. Il ngazzo non riesce a mangiate che una fetta di pane. Il demonio
lo ammazza e butta via anche lui. La madre dei r,gazzi vuol morire: si alza,
prende un seme che non stava fermo n sulla tavoTa n sulla stufa, lo inghiotte,
e ne rimane gtavida. Nacque un bambino. Cresceva, cresceva: quando aveva
un giorno sembrava che avesse un mese. <<Mamma, voglio poppare sotto le
fondamenta della casa! >> La mamma, con l'aiuto di un parente, solleva in
ariala casa, e depone poi nelle fondamenta le sue mammelle, lasciandovele
a lungo. Il ragazzo con il latte della madre si fabbrica una galletta, e poi

parte per 7a grotta. D la galletta alla sorella, ed essa riconosce che suo
fratello. La sorella ptega il fratello di tornarsene a casa, ma egli rifiuta. I1
diavolo offre un'altra volta i due forni di pane e i due barili di vino. Ma
i\ rcgazzo mangia e beve tutto, sotterra il diavolo sino alla cintura, poi sino
al collo. Allora il diavolo dice dove sono i suoi fratelli. Ilragazzo li prende,
li sfrega con acqua...

LafiabadiMaricaBoia'r-iccadiomissioni'diallusoniediinci
base delle
,.rdoo"iifililr";;i. ri.ortr.ribile sulla

denti che lu

t6t
t64

di festa gaa e spregiudicata, c


il cadavere esposto presso la fin
rcto dalla luce del candeliere a

BOIA

'- t I DI LAZZARO
trY*"- 1-^^."tch
,1orri

>>'

s1'l", lt'er.rna donna infine si decide


'r',o'^')i;i:iiil
La vedova sta
os'u*v';;;;:;"i;;;-1;;;""

della croce'
era igIia Marica si coricata
'^vuliTj'^"t:^;:;;;
.,tt fanale.e mormonsilenz'u-:; n;;t;;;,1". umini
un altro giuoco quello della <capra>.
iit
gobboregge un
i^*t,1y-';.'*ii"'it un tappeto e camminando capta'
N,ascosto
Igtouo"-^i'-.r'..ia fi"it.. in una testa di
da simumodo
in
bastone
il
-tr'on"
r -^hfl)
I:IIIUV u
venditore
untesta'
la
^'?l:":i;.il".'.i;
c'dPL"^-:\;;;;;; sr;;;",,ti .on pubblico le buone qual^re^na
dt"ttundone al
questo
a mungerle le poppe' e su,
9?nu,rt?,'!'iil
cenffo
il
forma
tit,r, "li""",rr.iailusioni
lascive che
'e'donne
capra?>
mia
pultg "^'j';;;;i;."dito"' ttNt"uno la compra'1a
tl gioort^o- i^';'J I i;" p"p
Il vendit or: o c e I' ha' cerc a _.-a rlffla: <(U
"'
q,''r;i".1; a"""uinMi fanno male a morirne queste cose'
ITetav'
di alzarsi sudue' piedi'

I-"n

3. La ueglia nottarna e i giuochi lasciui

sono stati ancora baciati malgtadola

non
Lrrr
^laflflO
e::T:}i,
-"r.e L' eccit azio ne collettiva in ve ste anche

i;;;":

t"tlittti ;;;;.

'n'ri::i;t^'";;;;";'^
l

-^-;-

i.il;;;p;;l^1'atio

i:l,f "''11;'1"'i:ii*:^:*i'r*1;;l1Ji*1r,'o

*:i,'lffidi
f''r#ff-tri*;;'rfr
filo di ferro, 0"."tt;dt;;ii;s";

fi f,ffi

alltLnsato''a guisa

<Vendi
trasparente-simosmo sstuale'
oendolo oscillante, tn t'n
fl pescivendolo: <<No' solo a

vado, non mi colpire, lo bacio>>. La scena si movimenta e si dif-

lpezzo?rr"-^"ii'"" it. pscivendolo: <Non pzza>>


o pu"ut".Il
i:ff: ir;;;;'
';
pcivendolo' a causa del suo
(in lingua romena.;;;; -u il
>>''che equivale all' i-

itt"N" fute
volontario dif etto i ;;;iq
thilio' dice una donna' Il
t:il"'i'"*ft"
taliano <<Non f"ttJ;f
""
i vite in salamoia che sono in
oescivendolo p..niJ'u"i"J.
a
;;t;; ir;;'" dell'acquirente. < F ai la prov
T;.";;;
allon
pescivendolo agguanta
della bilanciuo, .ri'.-r" "r"r. rl
.h., fissata sullo stomaco,
il oendolo . aa, tr.l"pi r"li" i"r"t.itu
u*iuo Le donne si arrolsalaci' Finito il giuoco
lano, si chiede, ;;;;;;;;;:9-Tenti
't
<<Vecchi>' Si tratta di un vecl;.';;;;", ;;;;uo 'i
che fanno le mostre di
chio e di una,...il'tt^:.Ji ..i.r-i.
un simulacro di accoplitigare, di bastonffi't tf" i"fint t'"gooo

iffi;;;:;i::.d""i;;;1;

I
1

-t
DI LAzzARo B.IA

66

"norroto

eUARl0

I NERAI'I

dGl

5o.."
Ramo di abete,
sei partito dal bosco
da fresche sorgentr
queste aride Pietre'

A the ti ha giovato?

4.Il

di

trasporto dell'abete, la ruorte all finestra e la risuneTi1n,


Lazzaro

La seconda giornata dominata dal rasporto rituale dell'abete


e dalla inumazione. L'abete destinato ai uneruli diLazzarc Boia
prima giornatadal giovane Viotel, parengiovane,
dal fusto sottile, alto poco meno
morto.
E
un
albero
te del
di tre metri, e Viorel l'hataghato in un bosco presso il vicino villaggio di Govajdia, trasportandolo poi a Ceriscior, dove stato deposto
- secondo il costume - in una casa sita in luogo diameralmente
opposto alla casa del morto. Qui rimasto tutta la notte: al mattino,
all'alba, Viorel e un alro giovane prendono l'abete e lo portano
in istrada, dove in attesa il corteo che dovr processionalmente
recare l'abete alla casa del morto. Sette donne si dispongono in
linea, e diero di esse i due giovani con l'abete sulle spalle. Appena
il corteo si pone in movimento viene intonato il canto dell'abete.

stato tagliato la sera della

b,r|rt

D clrd o forr Pil oi '

perch l'hai colPito?

morto' dove
corteo giunge a]la casadel
A un'ora circa dopo l'alba il
glia
;ip"'L' p i' di nu quella della f i
dg

d-hr

v -v

ii:::j; rix'i,l,",

$-.i

nt ant o le

lametazi"

;;;

Marica:
Pthb

d-b-ds

Quand'era bambinello

3o.d.

-v-v

bio,

rrUtr U.U)-88 Jarar

cg

..t."

d-br.

r t .
dg

t ooimo!

t ' vg'19

a69

r68

DI LAZZARO

CAptToLo
QtrdR'la

t)ff'Lllr

BOIA

Piango Pietro: ..

'*bd;.^;bt ia
|

-v

!l

Non avr pi il babbo mio

ia\llartu

Una donna approfitta per raccom andarc al morto di cercare


I'al di l il marito morto in guerra:

P.rbnd.

Dra.gu

un'c d

rti

nu

ripreso a lament arsl


94 anniha anch'essa

Plodo

nel-

-l

t.tt-

vagato per quattro villaggi'

a domandarne notlzla"'

Poanta i

non so niente dl lul'

um'e.u

&

Dro-gu uu'cu

.l

td-nu um,c-g

&

-v_w

Co.

__ls
l)

oot.

1).

5)

-- I I

Caro mio, forestiero mio,


non so come dirti
che al mondo nulla vi di buono.
Afflitta come me non c' nessuno
Ti rivolgo una preghiera,
di cercare il mio Pietro,
che morto peggio,
senza candela,

poich morto al fronte!


Lui la morte 1o prese senza lume,

poich aveva il fucile in mano.


E sotterrato alla peggio,
senza croce n ban.

Forse buttato in un torrente,


o sbranato dai cani,
o beccato dai corvi...

' anclaro'
... Da che te ne se1
figlio mio buono,

il

cuore sPezzato,
nipote mio."

-t

r77
r70

DI LAZZARO BOIA

Alla vista dell'etnografo che trascrive il lamento

caavete:
'. Guarda attentamente '
perch lui avr vrgogna'
si tar vedere'
e non -."ttu

... Signorino, se poteste scrivere,


una lettera nell'al di l
dove il nostro bene se ne andato.

di trovarlo'
tuo cognato'
stato

Perch

ivii"

il rumore del ri
che si affrettano a prepararcI'a
zia Maria continua, sempre all
grafo potrebbe scriverle una le
Si ode in cucina

cafo'

tu sui tutto di lui'

Digli della sua Sana''


t tl t"o Piccolo Nelu"'

Ahim, son dieci annf i


che riPeto la stessa Preghlera'
a tutti i trapassatl' .
oh! giovani e vecchl'

?;"'?i!.',::''

per questa prova!


O figlio, potessi scriverti una lettera,
ma non so come mandare
la lettera e come

Iut^

tt""ii-;t

ne ha mai Parlato"'
. si sovraPPongono'

ntatrici Pi zelanti'

ban sarPofiatavia'

i:i';rmii.tit-,

Iururuintna dinazi

e andartene?

La vecchia si arresta, guarda il


lea, ne palpafuail pollce e I'indi
ammirata: <E di lana 1l vesrito
pensiero della sua lunga vita di m
giovane mi dicevano che mi avre
pi denaro... >> Intanto una nuova venuta si avvicin ata allaban:
Pol.do

-v-v-v

- -lb-9

W-v

_9

-V

- v

era mortuaria

Polontlc

g;

fo

tot't:l

fc

' rco o t

. eu't

Grida la morte alla finestra:


<Vieni uori, Lazzarot' .
<<Verrei, o morte' vefrel'
>>

stasera quando vi arriverai,


se ti verr incontro,

il mio dolce fratello,


ti ho portato due mele

perch tu le dia a lui...

La Tamentatrice cava di tasca due mele e le depone accanto alla

ti'aizionale <<Grida

)>:

Lazzato, caro mio,


sono venuta da te;
ti prego di rendermi un favore,
se ti sar possible girare nell'al di l,
se troverai la possibilit di parlare,

il canto

<<Verrei, morte, vefrel'


ma non mi Posso staccare

to

r73

r72

CAPIToLO QUARIA

FUNERALI

DI LAZZARO BOrA

da questi cari bambini,


grandi e piccoli>>.

Grida la morte per 7a terza volta:


<Vieni fuori dalla casa, Lazzarol>>

gtazie,

sino a Bethania'

t in cuor suo'

<<Verrei, mofte, verrei,


ma non mi posso staccare
dai miei buoni suoceri,
con cui non vissi male>.

tirono in cuor loro'


gnore'

La morte attraversa il giardino,


raccoglie fasci di fiori,
prende il fiore pi prezioso,

<Dio, Signore,
nosffo fratello morto>>'
<Non mottoLazzaro' bensl dorme"'>

prende I'appoggio della casa,


stacca

il fiore dei vivi,

prende il padre dei bambini.


Su, morte, ci vengo con te,
sei senza piet
per la sposa che lascio>.
<<

Labanviene trasportataelcortile, dove si svolge il tituale funerario della Chiesa ortodossa, mentte la vedova, china sul morto,
si lamenta sommessamente. L'abete, deposto in fondo al cortile, viene sollevato e addobbato con gomitoli di lana rossa, viola, celeste e
bianca, e con un fazzoletto rosso e un alffo celeste. Dopo il sermone
del prete, i cantori dnno iizio a un canto il cui testo racchiude
unaparafrasi popolare del miracolo dLazzaro nel quarto Vangelo:
I cantori intonano il canto:

,11

Lazzaro, Marta e Maria


nel villaggio di Bethania
di giorno e di notte
desideravano sempre
ricevere il favore
di servire lddio.
Iddio fece il miracolo,
e lo prese via dal mondo.
Lo portarono a17a tomba e lo sotterrarono.

Caro mio e Padre mio


come resistere
Padre mio buono"'

Tr

un'cu

Nu

ctiu

bu

' nu um'o

'

di c o'i fott mi f.

^^

T . t um'cu

bu' uo'au

75
CAPIToLo QURI0

a74

' La conPoco' inovnneo:

Padre mio e buono mio,


Padre mio e buono mio,
ma Perch non fosti cattivo?

n^'f;

buo no mio'

i,

che mi scavi una fossa,


qui accanto a te'
Perch i figli senza Padre
non son buoni Per nessuno...

ra canti elamentazoni e preghiere, poi si versa del vino, e infine,


colmata di tetta la fossa, viene innalzato I'abete, che per non affonder nel terreno, ma sar soltanto legato aIla croce dalla parte che
gratda il sorgere del sole. Le parenti pi strette - la figlia, la vedova, la cogata, la zia - sono totnt e a casa lamentandosi, e sono
rimasti sul posto soltanto gli uomini pi o meno prossimi parenti
del morto, lcuni dei quali fanno da becchini' Dutante il riempimento della fossa i becchini non rispatmiano motti e scherzi in
rclazione alla loro operazione. Nella casa del morto si va ricomponendo lentamente un'atmosfeta festiva, che prelude al banchetto
funebre. Ancora un gesto solenne: un uomo sospende una candela
aformadi croce altrave maestro della casa, poich morto appunto
il sostegno >> della casa. Ma gi le donne hanno provveduto a spazzate e ulutt.ttua. la cameta mortuaria, hanno acceso la stufa, e
<<

sul tavolo gridando: <(pane, pane!>>, <(grano, grano!>>' Viene-servito


per loto dl grano cotto al miele. Nella stanza mottutia-il prete,
ire donne e vntitre uomini partecipano al banchetto funebte. Due
donne disribuiscono ciambelle con una candela accesa al cenro:
chi riceve dice la formula <<Dio lo ficevar>, al che la disibutrice
aneamente un uomo offre
risponde: <Lo ri
la stessa formula nel ticeu dgtnto un bic
ll'ordine, carne di maiale
,r.r . nel dare.

ethania

Dio ha fatto un miracolo

L^io.utono alla tomba'

1o calarono nel sePolcro"'

Lazzato Boia commaggiore, la vedova


arsi, la testa apPog-

u,o' n ritorno dal


mentano insieme con

che riPeter esattarnel

disinvoltae gata' .
,
tomba del Paore'
sulla
Prima

casa

conclusiue
5. Annotaziont'

177

tt6

cAPIToLo

QUARI.

interrotto, ma si diffonde un'atmosfera opposta al cordoglio: si


raccontano fiabe, si rappresentano pantomime licenziose, si giuoca
e ci si diverte intenzionalmente. Al mattino del secondo giorno
torna I'epoca del pianto, che durer sino all'inumazone. Tuttavia
mentre i parenti del motto, in funzione di becchni, gettano palate

, fUNERALI

DI LAZZARO

BOI

di tetta sulla ban, si avverte di nuovo una non casuale

propen-

sione allo scherzo e al motteggio, e nella successiva <(pomana> prevale una gaia atmosfera conviviale. Al terzo giorno la figlia maggiote, la vedova ela cognata del morto si lamentano al cimitero;
a ser tornano a casa lamentandosi, ma poi la figlia si stacca dal
gruppo e si reca in allegria ad invitare gli ospiti per la seconda
<(pomana)>. In contrasto con ci af.fioru nei lamenti, almeno aftatti,
un caldo ethos delle memorie e degli aff.ett, e taloru la semplice
risoluzione oratoria cede il luogo a un elementare lirismo, Una
vicenda del genere destinata a restare un <<mistero)> senza la postulazione di una presenza rituale del pianto in relativa dualit con
7a ptesenza egemonica.
I funerali diLazzarc Boia ci presentano un tipo di lamentazione
con testi letterar relatvamente liberi e con esecuzioni di tipo prevalentemente individu ale. D' altra parte le schede di ossetvazione,
per il modo col quale sono state complate, non ci consentono di
stabilire n caratteri della cris del cordoglio e I'innestarsi su di
essa dell'ordine della lamentazione, n i moduli letterari e mimici
circolanti nella comunit di Ceriscior (si inravede ttrttavia iI caruttere di modulo del tema dellaban dimora angusta per il morto,
o dell'imprecazione <<vottei bestemmiatti o motte>>, e simili). La

orgando cultutale a cui il lamento

ondo antico'

ste stagionali'

IL LAMENTO

FUNEBRE

ne ffascinato

5.

Il

T79

ANTICO

intorno alle mura

lamento funebre antico

a Prothesis' il Plnctus
si levano successivamente

a
t. Ritualizzazioni. del <plauctus>>,

discorso protetto

e singolarizzazione del dolore

I due momenti della crisi e dell'ordine instaurato mediante la


lamentazione rituale risultano in modo chiaro nel mondo greco.
Quando Antiloco comunica ad Achille la notizia della morte di
Patroclo il Pelide cade in pteda aduna tenificante crisi di dispetazione:
Cos Antiloco disse: e una nube nera di cordoglio avvolse Achille. A due
mani egli prende la cenere dal focolare, e se ne imbtatta il gentile sembiante.
Sulla sua tunica di nettare si spande ora una cenere nera. Ed eccolo lui stesso,
il lungo corpo disteso nella polvere: con le sue stesse mani si imbratta, e
si strappa i capelli. I prigionieri, bottino di Achille e di Patroclo, af.litti
nel cuore, levano alte grida e accorrono intorno ad Achille il valoroso. Tutti
con le loro mani si percuotono il petto, nessuno che non senta le sue ginocchia venir meno. Antiloco, da parte sua, geme e si dispera: trattiene le mani
di Achille...nel timore che non si tagli la gola con la spada.l

Questo evidentemente non il lamento ma il planctu.s, che trascina sino alle soglie della follia. Il discorso della lamentazione verr
po, quando sul planctus degli Achei si lever lo stesso Achille, fattos coraggiosamente, per s e per gli altri, guida del pianto

(fapp 1oro):

de con-etmano questo
a il lamento riruale in
ci collettivi .6 TaIon la
t Il zz,4o5 sgg'
, i.;;:,;;;;:s.

Fra questi (cio fra gli Achei gementi) il Pelide si fece guida del pianto,
ponendo sul petto dell'amico la mano esperta nell'uccidere uomini.2
I Il.
z7 sgg.
2 Ibid.,,
316 sgg.

Cfr.

Il

18, tr4sgg'

(Elena)'
(Andromaca); 741 ssl'(Ecuba); 76r sgg'

CAPIToLo QUINTo

r80

paftecipazione corale sembfa limitata ad:ulna parte.s.oltanto della


iollettivit, in rapporro al sesso e al grado sociale dell'[pxo:_cos
;B;]r.td. ad Adromaca rispondono solo le donne, e ad Achille
Tuttavia nell'effettivo lamento funebre rituale reso
r"f" fi
"rriani.
iui iu^iliuri la periodicit degli orevcrlro rituali sar stat'a molto
limi;t i;.q*;te, el'orizzonte del discorso individualemolto.pi
iuto di.1 che appaia nella elaborazione epica.T E anzi da titepatenti uno stesso intervento individuale
n.r.
^r"r .h. r.l rito reso dai
pi volte int.rrtto dalf incidenza corale e che solo in un
nel quadro dello sviluppo della societ cavalleresca,
,i".""-.utrtti funebri e aedi olmentatrici professionali *
cedevano la g'.oadel coro,. il che gov,a dare magnte al discorso' La struttura del lamento dovette pet
gi;t,
n.h. in questo caso restafe sempfe la stessa, poich.ai canti individrali e iuccessivi degli aedi seguiva di volta in volta il planctus

;"
;;;;J;;.-po,

r8r

FUNEBRE ANTICO
1 LAMENTO

Prendi la via del Palazzo'


tura.

erabili a miserabili'
ai miei' Ahiahiahi"'

i"g";;. M"

^cotaPi

grande

amentati per goadagnarti il mio favore'


entevolmente'
ore.

i,

;;;;"t.*i
*:o

ecco che

ri, gementi, accompagneranno


binto.

Sro", i"Ititi

anche

mio

il petto, e lancia I'urlo della Misia'


i

della barba'

denti, con alti lamenti'

collettivo.s
--

p., .glio illumnare il rapporto fua guia e coro nel pi arcaico


ttah;;; frin.br. greco possono giouar. ul.nt. elaboraziotttdella
qui
non
se
anche.
neiPerciani,
;;il, p., .r.-pio il lamento diSerse

Plo che coPre

entandoti sull'armata'
con alti lamenti'
chi'

truiudi un lmento per morre, m per un catastrofe militare:

1 struttura del lamento funebre greco nella sua


uomini e donne, hanno.assolto.fobbligo del
parenti,
oi urrti.u for-a rituale: "fr"tgi.
(o
,i irringu.uuo .p".iul-'nte le.donne " Dopo che il la) apxo aveva
Nilsson, Der Urprung
.".ii"i",'f pr".*i davano i.iri ,l pnto battendosi il petro-e la testa >. M.Die
ritaelle Totenklase
pp..5i, sg. cfr. Reiner,
;-l;;s;t;, opuscok *t i [ri"a
professionali costituilamentatrici
t'
pp.
(Stoarda
s6tei'1"giiiuto
G;"";i:;;
'qsj
il lamento funebe dei parenti: cfr'
.". lu

? Ecco come

,esl

-i.in'orro

t"";;;;;,

droli1,oi,y'v lie'
canti individuali

"'ppr".
.oll"ttivi. ripasso ha dato origine a molte discus.].j!.J;;i'""Jf;;;;,1;;i;;li *,uo1,or
.o..
,rri.fr,?" ll^liio, ull,u.rn,,,no delle lment azioi cantate dagli aedi T,",...c1:1'
ttr^1itUU'
ayl1i

parenti'
delle
qu"llt
tu
i.t*tt-i*i,
.r.*.
queste
ci aspetteremmo,
Weber

giuita l'interpretazione,d,el
.il""t"ti p.oi"rriot uli p.riodicamente interrotta dalle donne
guida del pianto: cfr'
seqrrivano le lamentazioni i"iri;;li;lle parenti, a lo, voltu fattesi
('p)
p.
te. Ma, a parte ci, non
Grabrede
der
attisihen
L:\#;,'il;-;;;-;ichplung
in omero i termini dpleuv'
*,,,* "Ci..fre gli a"di crnvuo .orn. solisti l'uno dopo l'altro:solisti'
o tutt'al pi' cantori
o musici
Epxerv, llcpo, sono ,"-pi" o,utl ad indicare cantoti
TPA|QIAIA, Essenza
;i,i;;".'di;usici solisti. Cfr. la dimosrazione in C. Del Grande,
aveva invece sostenuto
;'e;;;;;dt;";;;td;, trpori re52) pp.3 sgg', in polemica col Brada chei coreuti
stessi: Brada,
dal coro, ma
essere gli (ap1ot non gi i ,;;,:i,":.uI"tnoiirtinti
phil"l."\flochnschr., vol. 5o, coll. z84sg' \t93o)'

bensaie. col Nilsson, u un

iil

i gtidi.

sgg.: zrap 'eloav &oto pv<ov-lil'p+ov' o' otoveoc*v


u iitp..ru." n.l senso di
.. !
Boveov. i otevxovto

i.;;,-r2o

ti,

Martin Nilsson ricostruisce

;;;;i;;;;t"
ii
*
;';;; .-;;i-. 'l.';J
ibid.., p. 58.
*;

i-ran.

i";i';;;"'r

.1

tt'to, opp*t

se sia

il tuo Petto'

e I'ordine della lameqLa distinzione netra fra crisi del cordoglio


nel
tu strutturazione di tale otdine rituale
tazione,e al tempo
non co-

,*'o

di dfucorso individuale e iplnnct^s collettivo'


ensonoalmon-

""""""."tio
ii,iri,Li"r;;;;iii""a"srec;,ma'.ppaft
venisse

eseguita in
com
'upiiamo ma citca leprefiche una
Roma l'originatia nen-id'tl' fuitae,'o

;tbl;;.*.:."r.'

"iton

; ;:;i"iorma

che esse erano <(muliefes ad lamentandum

mortuum conductae,-""t

"*

ceteris modum plangendi>>:11

e Esch., Pen', rc38-77'


pertinebant'
r0 Serv., ail Aen. 9,486: <<funeras dicebant eas ad quas funus

sotofem

ut mattem et

)>.

1lFesto,s.v.;cfr.Yarr.l,t'7,7o:<<quaeptaeficereturancilLis,quemadmodumlamenta-

rentur, praefica est dicta>'

183

a82

CAPITOLO

eUlNT.

da: Saul alla notizia della morte di David <<abbrancate le vesti se


le stracci >>, e cosl pure le persone presenti, in una esplosione parossistica della crisi: solo in un secondo momento ha luogo il vero
e proprio lamento reso da Saul a David, con la partecipazione collettiva del popolo.1i In generale nell'Antico Testamento si ritrovano
accenni a determinati ritotnelli emotivi (Ahi! Ahi!; Oh! Oh!; Ahi fratello!; Ahi signore!) che avranno certamente avuto incidenza cotale.la La connessione fra lamento individuale e plnctu.s collettivo
peodizzato era cos popolare da dar luogo ai tempi dell'evangelista Matteo ad un guoco dengar(i nelle piazze: <A che cosa dir
che sia simile questa generazione? E simile a quei ngazzi che stanno
a sedere in pazza e che gridano ai loro coetanei e dicono: abbiamo
cantato e non avete ballato, abbiamo intonato il lamento e non aaete
risposto col planctus (rlprvolev xor orlx x{ao}e)>>." Dal che si
desume che una lamentazione individuale senza la risposta collettiva del plnctus periodico appariva all'evangelista una assutdit
cos evidente da potersene giovare comparativamente per illumi
nare e rendere intuitiva l'altra assurdit della resistenza dei gildei alla predicazione del Battista.
Come gi abbiamo avuto occasione di osservare, la documentazione relativa al lamento funebre antico generale e indiretta, occa-

i stereotiPi' spesso a cat^tlete


ottidtntt!;'Totnu ^ c^s^t') La

12
Serv., ad Aen.t, zt6: <<Yarro tamen dicit pyras ideo cupresso citcumdari propter gravem usttinam odorem, ne eo offendatur populi cfucumstantis cotona, quae tamdiu stabat, respofl-

id est principi planctuum, quamdiu consumpto cadavere et collectis


cineribus, diceretur novissimum vetbum ilicet [= ire licet]>.
1r z Sam. t, 17 sgg., cr,3,3r sgg. (lamento di David per Abner). Conferma lo lahnow:
<<Presso gli Israeliti, come presso altti popoli, il lamentsi gtidando si distingue nettamente
dal veto e proprio canto funebte>>. H. Iahnow, Das ebraiscbe Leichexlied im Rahmet d Vlkerdiclttang,Beih. Z. neotestam., \)iss., vol. 36, 4o sg. (t921); cr. p. 49. Sul lamento corne
ordine instaurato nella crisi vedi anche P. Heinisch, Die Totenklage in Alten Testament, Bibltsche Zeitfragen, vol. 13, n. 9, 8 sgg. (r93r).
la Per il lamento come responsorio presso gli Ebrei e nel Medio Oriente cft. Iahnow, op.
dens fletibus ptaeficae,

clf., pp. 8o sgg.


1' Matteo rr, 17.

1E,Lddeken"'ur,"r'i!ffii1Jli-:"r!"f!i!;::,-::i.i::!:K*o(:r:ll'u"*
Toterklagen,

Mitt'

dtsch' Ins

r'79.

t7

Ibid., '

18

Ibid. ilpasso

p. ro9.

in neuen'
r | --.^
r^.,^-^ Die
f'tjp alte
|.e Griechenland im
suo lavoro
dal
del 1/achsmuth tratto

I84

cAPIToLo QUINTo

di lamentazione che consta di quattro membri successivi, in cui


solo nel terzo possibile un certo orizzonte di riadattamento e
di variazione in rapporto alla concr eta sitttazione luttuosa. Esempi:
Modulo

Modulo

Modulo

A:

B:

Non mi lasciare
Non mi lasciare
Tu grande
Non mi lasciare.le

I8'

IL LAMENTO FUNEBRE ANTICO

Le inteezioni < Ahim ! Ahim ! . . . )> accennano schematicamente


o alla mea iterazone del gemere; ci che viene dopo
sem 1 schema del lamento. Un pi ampio orizzonte del discorso
bta aver luogo nel seguente tipo:
al planctus

Ahim! Ahim!

Son rimasta senza assistenza, io la dertbata,


e tJtt^vie- non fu lrovatr- la mia colpa.
Ahim! Ahim!
In breve 7a mia casa fu disuutta;

Salute a te
Salute a te
O babbo mio
Salute a te.2o

corne una giovane bestia dell'armento

io sono, smarrita a seta e senza

scamPo...2a

L'incidenza corale dei ritornelli emotvi nel lamento funebre

C: A occidente
A occidente
Tu lodato

occidente.2l

In questi tre moduli llteno membro soltanto pu rompere la destoficazione rituale e introdurre la ripresa della situazione. Cos,
per esempio, in occasione della morte di un personaggio a nome
Renni il modulo C divent:
A occidente
A occidente
Tu Principe, principe regionale e capo dei profeti Renni

occidente!22

Un ulteriore otizzonte d adattamento e di variazione fu ottenuto merc aggiunte al teruo membro, come nel seguente schema
di lamentazione di sorella a fratello:
Ahim! Ahim!
Lamentate voi
Lamentate voi

Il

grande

Lamentate voi

L'uomo buono, di buon carattere, che odia 7a b:ugia.23


le Lddekens, op. cit.,
p. 85, n. 32.
'zo Ibid.,

p. r22, n.

')1

lbid., p. rz7, n. 59t:.

nel papiro 3oo8 di Berlino. Avremo occasione di ritornare su queste lamentazioni: cui baster notare che esse appaiono destinate

adrlna donna Tentruty o Teret, soprannominata Nyny, figlia di


Persis. I brani della lamentazione alternativamente recitati da due
lamentatrici che sostengono la parte di Iside e di Nephthys, iterano il ritornello emotivo <(torna alla tua dimora!)>, ma ormai
il momento discorsivo che predomina, ritessendo liberamente il
tema del rtornello:
Torna alla tua dimora, totna
tua dimora, poich non hai pi
dimora, s da potermi vedete.
ch tanto tempo che ti vedo

ti

cercano...27

2a

55.

2r Ibid., p. t4o, n. 67. Con iI


ritonello
al morto la meta finale del suo viaggio.
22 Ibid., p.
36. Ct. . r77 e r8r sg.

plice rappofio fta una <<guida del pianto> e un coro che accompagna i ritornelli emotivi.
Un orizzonte di discorso molto pi libeto e ampio presentano
nfine le famose lamenazoni di Iside e di Nephthys contenute

<<A occidente! > l'esecutore del

lamento indicava

'z5

lbid..,

p.

165.

Cfr. H. Bonnet in <<Reallexicon der gyptischen Religionsgeschichte> (1952) s. v. <Kla-

geweiber>>, p. 376 sg9.

p. t79; cfu. pp. 16 sg.


O. Faulkn et, The Lamentations of Isis and Nephtltys, in Melanges Maspero >>, vol, r

26

Lddekens, op. cit.,

27

R.

(tqt+) pp. 337 sgg.

<<

186

CAPITOLO QUINTO

Come gi sappiamo dai relitti folklorici, la ttalizzazione del


planctus al fine di dar orizzonte al discorso della lamentazione no
si compie soltanto nel senso della risoluzione del disordinato gridare o del semplice gemere nell'incidenza periodica di ritornelli
emotivi stereotipi, ma anche nel senso di una risoluzione della caotica scacaparossistica in un numero limitato di stereotipie mimiche
in cui gli atti pi pericolosi sono evitat, o riplasmati in un come
se allusivo, che attenua nella destorficazione del simbolo il gesto
gravemente dannoso o additittura suicida. Le stereotipie mimiche
in cui si modera ilplanctus nell'antico lamento funebre rituale possono essere esaurite in un elenco relativamente breve: incidersi
le carni, grafiarsi a sangue le gote o gli avambracci, percuotersi
(il viso, la testa,la fronte, il petto, i fianchi, le gambe); decalvarsi,
strapparsi labarba, voltolarsi nella polvere o nella cenere o cospargersene il capo, sffacciarsi i vestiti, scalzarci, farsi crescerelabarba
o i capelli.'8 Questi modelli di comportamento rituale non costituiscono soltanto l'equivalente attenuato e simbolico dell'impulso
all'annientamento totale, ma fissano anche la misura da osservare
nella loro esecuzione, in modo che non ne provengano danni troppo
gravi. Cos per esempio, I'incisione delle carni - dove praticata
- e n genere qualunque forma d offesa o di mutilazione recata
al corpo, non sono lasciate all'arbittio individuale, ma tendono a
non oltrepassare certi modi e limiti radizonali di esecuzione, in
modo che il pericolo non sia eccessivo: soprattutto son gesti che
formano r i t o, cio ordine di <<rccitazione>>, regola di iteruzione
di un destorificato <<si fa cosl>>. In un passo di Geremia, che indirettamente accenna ad afcuni modelli di comportamento del7a qn,
si legge che <<ogni testa sar decalvata, ogni barba rasa, su tutte
le mani vi saranno incisioni, e su tutti i corpi il cilizio>>.2e Ma il
danno doveva essere relativamente modesto, anche se i partecipan28 Per la mimica del lamento funebre greco
vedi E. Reiner, op. cit., pp.43 sg., e \X/.
Zschietzschmann, Die Darstellang der Prothesis in der gecbischen Kuttst, Ath. Mitt., vol. 53,
r 7 sgg. (r928). Per la mimica del lamento funebre ebraico si veda soprattutto lolahnow, op, cit.,
pp. 5 sgg. Per la mimica del lamento funebre egiziano, cfr. E. \X/erbrouck, Les plercases
dans I'Egypte ancienne (rq;8). Sulla mimica del lamento funebe indoeuropeo in generale da
vedere K. Ranke, Ixd.ogermanische Totenoerehnmgen, vol. r, F.F.C., vol. 49, n. r4o (r95r),

pp. 99
2e

LAMENTO FUNEBRE

ANTICO

il rito, tracce di incisioni. Senza


dubbio la misura rituale atta risolvere I'impulso suicida in equi^
valenti attenuati e simbolici da intendersi come misura drammatica, da instaurare di volta in volta nella vicenda concreta delle
singole lamentazioni: il che significa che sussisteva il rischio che
I'ordine rituale poteva anche non essere instaurato, e |a cris non

ti

al cordoglio presentavano, dopo

essere ripresa e riplasmatanella<(misula giusta>> del compromesso


darccftrenel <<come se> della destorificazione istituzionale. Del

nel lamento antico


^pparc simbolica fispetto
progtessiva
attenuazione
una
vefso
otiefitata
all'effettivo atto suicida della crisi in atto: dalf incidersi le carni
secondo una certa misura si passa a forme di annientamento allusvo meno impegnative, come il percuotersi, lo srapparsi i capelli
olabarba,I'imbrattarsi di polvere come se si fosse inumati, il
s e si fosse cremati; il lasciarsi
folgotati da morte, e altri atti
raffigurano in forme rclativavolont di morire.
mente pi blande
o suicida tendono
D'altra parte gli
nte ridotte: cos il
a cedere il luogo
decalvarsi si restringe al semplice raccorciamento dei capelli, o al
taglio di una sola ciocca, e accanto allo stracciarsi le vesti si fa valere,
come sostitutivo attenuato, f indossare il sacco quale modello ad
boc eI vestito miserabile e stracciato''o Infine Ia ttalizzazione
delplnnctus si orienta con una certa preferenza verso moduli mimici

resto la mimica elplanctus rittalizzato

ilReiner, op.cit.,p.43,ilgestononconsisteinunpotrecalmodellamano,mainunpetcuotere iterato. Nel lamento funebre egiziano iI percuotersi titmicamente la testa frequentemente

sgg.

Ger, 48, 37. La pratica delle incisioni nel lamento ebraico


in De. t4,
^Lrestala
Leu. ry, 28. Cfr. Leu. zt, 5, e Ger. t6, 6.

r87

anche (Iahnow, op.

cit., pp. rz

sgg.).

r88

CAPITOLO QUINTO

iterabil secondo un ritmo: di qui la grande diffusione rituale del


percuoters il viso o la testa o il petto o le gambe, ppunto petch
tali gesti possono essere agevolmente iterati secondo un ritmo, e
partecipare in tal modo organicamente alle regole rituali della lamen-

tazione.)I

La tualizzazone del planctus introduce dunque nella crisi iniziale ilsuo proptio ordine moderatore sul piano mimico o del comportamento, e ci al fine tecnico di dare oizzonte al discorso. Ma
anche nel corso dello stesso discorso della lamentazione la mimica
risulta tradizionalmente fissata: cos Achille lamenta Patroclo <<ponendo sul petto dell'amico la mano esperta nell'uccidere uominir>
ed Andromacalamenta Ettore tenendo frale manila testa del
morto. Il gesto di Andromaca trova la sua espressione figurativa
in un lutrof oro atticol2 e il suo corrispondente folklorico nella seqvenza di Castelsataceno.'r Nelle Troine Ecuba entra nel discorso della lamentazione accompagnandosi con un movimento di oscillazione latemle del busto,ra il che da metterci a taf.ftonto sul
piano folklorico con l'oscillazione ritmica del busto durante il
lamento crso, sardo e lucano.is Il passo delle Troine di notevole importanza documentaria perch dimostra in modo diretto
come il discorso dell'antica Tamentazione funeraria segnasse I'ingresso di uno stato psichico di concentrazione sognante, provocato e al tempo stesso mantenuto dall'oscillazione ritmica del busto
unita alla monotonia della dizione o della melopea. Tale stato psichico era 'altraparte preparato o da tutte le tecniche destorificarici che abbiamo sinora esaminate, e costituiva una fondamentale protezione del discorso chiamato a risalire la china della crisi
e ad effettrtarc Ia ripresa.
Periodizzazione del planctus risolto in ritornelli emotivi, riplasmazione del parossismo in titmi mimici definiti e istituzione di
i1 lahnow, op, cit,, pp. z, 16, :,8, accenna occasionalmente alla limitazione ituale del
numero e dell'intensit dei gesti autoaggressivi nel lamento funebre ebraico.
12 Mon. Piot I, tav.
5-7; Atl. fig. del pianto, n. 5r.
Cf. Atl. fig. del pianto, n. ra, b,
'r
)a Eur,, Troiane, w. rro-r9, cfr. il testo p. ro4 sg.
rt Cfr. Atl. fig. del pianto, n. 69 e luoghi relativi dei capitoli dedicati al lamento funebre
lucano ed euromedite.rraneo.

1 LAMENTO FUNEBRE ANTICO

t89

una presenza destorificata delpianto operante in uno stato d concentrazione sognante non sono gli unici mezzitecnici che il lamento
antco offre pet restituire ozzonte al discorso compromesso dalla
crisi: come gi vedemmo a proposito dei relitti folklorici vi anche
nptotezione interna al discorso stesso, che si muove appoggian-

aipuntelli di moduli letterari definiti, a vari livelli di autonoia pet quel che concerne la possibilit di adattamento al concreto evento luttuoso, di vaazione e di improvvisazione. Purffoppo la documentazone antica non c consente di esplorare direttamente tali gradi di autonomia, e di formarci un'idea precsa di
come a Roma, n Grecia, in Egitto, n Mesopot amia e in Israele
i moduli letterari entrassero nella dinamica delle singole lamentazionititualt, e vi subissero determinate modificazioni. Questo rapporto, gi diffclmente ricostruibile negl attuali relitt folklorici,
rfugg. in gtan pate alTa documentazione antica, cos avara in generale di testi letterari di lamentazioni funebri rituali. Tttavia gli
studiosi concordano nell'ammettere in generale nel lamento antico
il nesso modulo ttadzonale-vatiazione, per quanto non ne intendano di solito il significato tecnico-rituale. Secondo il Reiner la
forma pi antica del lamento funebre greco era carattefzzata da
un logos ritmico fondato su ripetizioni, simmeuie e parallelismi
e su periodiche incidenze dei ritornelli emotivi (ai.i, ototoi, oimoi):
d'altra patela forma superiore del threnos con accompagnamento
musicale doveva essere determinata, sia per il contenuto che per
lafotma, da <<un nucleo tralatizio>> (durch eine tralatiziscbes Kern).
Il Reiner per immagina a torto che tali schemi fossero meno numerosi e vincolanti nella forma pi antica del lamento, cio eseguita
solo dai parenti e con l'aiuto corale dei presenti,j6 In Israele
esplicitamente attestatarT I'esistenza di vere e proprie raccolte di
lamenti, in una delle quali fu incluso il lamento di Geremia pet
Josia. D'altrapafie da un passo di Geremiars si ricava che vi era
una trasmissione otale, anzitna sorta di insegnamento, da donna
a donna.'e Dall'esame del materiale egiziano il Lddekens crede
dosi

t6 Reinet, op, cit., p, 62,


tl z Crcn., 35, 25.
)8 Gere.
9, zo.
re Heinisch,
op. cit., p.8. L'autore ritiene che, in generale,

il lamento antico fosse arti-

r9o

CAPITOLO

eUtN.O

IL LAMENTO

FUNEBRE

ANTIco

r9r

le il lamento doveva esser detto


di quest modi dell'antico lamenire con sicutezza che si trattava
ne <dire>> o <(parlare>. Secondo
on era propriamente poesia, poia poteva essere assimilabile a un

dente!> offre la possibilit di accennarc alle peculiari catatteristiche del morto, e di riguadagnare il piano del concreto evento lut_
tuoso. Inolre appaiono in Egitto non pochi lamenti i quali rispetto
al contenuto <(sono adattati all'individualit del morto ovvero al
rapporto personale dell'esecutore (o degli esecutoti) col rnorto
stesso, e quindi recitati una sola
di lamenti rende probabile I'ipote
alpa di quella di altri popoli, di
regio) una nuova creazone improvvisata ogni volta nel corso del
cordoglio rituale, senza dubbio avvalends di antiche locuzioni,
tipi e formule a diffusione popolaterr.ot Qui per osserveremo che
anche per questo tipo di lamenti a pi alto livello di autonomia
non si pu parlare propriamente di una <(nuova creazione> nel senso
strettamente letterario e profano del termine, poich il discorso
si muove sempre nel vincolo di locuzioni, tipi e formule a carattere rituale. Un terzo tipo di lamenti a testo fisso costituito dalle
cosiddette lamentazioni di Iside e di Nephthys, dove I'assimilazione del defunto a Osiride consente di trattate ogni morte storica come se fosse quella mitica del nume, e di trasferire al defunto il pianto tituale recitato nelle celebrazioni del quarto mese dell'inondazione: ma su questo tipo di lamenti torneremo pi innanzi,
Ma la protezione interna del discorso della lamentazione non
aveva luogo soltanto mediante gli schemi letterari tradizionali, ma

di <(prosa ritmica>, con tono sftasccato e dizione alta, cio


intermedio fra la comune prosa paata e il ntelos canprodotto
i
SoIo
successivamente,
e senza dubbio senza che il logos titto.a2
goo.
andasse mai intermesso nelle classi pi umili, si svirnico del
forme
le
di threruos con accompagnamento musicale.ar
fupparono
mesopotamico
si indicava con sasula salmodia del bandi
mondo
Nel
caratteristica
cadenza di chi si lamenta in tribunarore cittadino,la
le,ilpaare in lingue smaniere e infine il modo particolare con cui
dovevano essere pronunzate le lamentazioni tuali.aa Considerazion analoghe valgono per il lamento egiziano, che doveva essere detto <<in modo diverso dal comune dire o parlare>>, e che in determinati casi - per i testi pi lunghi - era cettamente cantato.45
Vi infine un alro aspetto del lamento antico che coincde con
quanto fu g accertato in sede folklorica, e cio laiteruzione rituale
del lamento in occasione di lutti altrui ovvero in date canoniche
definite. Solone infatti proib t xoxe,lv &).).ov v r&.gor. rpav,a6
cio <di lamentare un alto durante la inumazione di altri>>, che
concordemente interpretato come divieto del costume di approfittarc di una inumazione per rinnovare il lamento per familiari
defunti di un passato pi o meno recente.4T Solone proib anche
'<itrtrtpr, rvlrar B(erv Xopi ,xxolfr,a8 cio i1 portarsi - per
po

a2

a)

colato tipologicamente secodo le vatie citcostanze possibili della sua destinazione concreta
(lamento per sposa, donna, giovinetto, giovinetta, infante, sposa, persona mort senza figli
o con molta prole, oppure perita di morte violenta o lontana dalla patria), e opina che la lamentatrice antic doveva possedete un rcco patrimonio di moduli, a cui attingere al momento opportuno o per 'occasione giusta: a questa conclusione inducono i lamenti folklotici dell'attuale
Vicino Otiente. l,o Iahnow, op. cit., p. r r, pensa a wa afticolazione del lamento funebre secondo
i gtadi di parentela: ma evidente che questi tentativi di ulteriore determinazione sono destinati a restare meramente congettutali.
a0 Lddekens, op. cit., pp. r8r sg. C{r. p. r78.
4t Ibid.

Reiner, op. cit., p. )o.

Ibid., p.

O. Oppenheim, Bull. amet. Schools orient. Res., vol. ro3, rr sgg. (1946).
a5 Lddekens, op.
cit., p. r8z. Per ipotesi sulle melodie tradizionali dell'antico lamento
funebte ebraico, vedi Iahnow, op. cit., pp. 8o sg.
a6 Pht.,
Sol. zt.
a7 Per f intetpretazione di questo psso
cfr. Nilsson, Opuscola selecta, p.97, e Reiner, op.
cit., p. too, n. z. Il costume doveva essere molto antico e non concerneva soltanto il momento
aa

della inumazione: Briseide alla vista del cadavere di Patroclo si abbandona al lamento e le altre
donne le fanno eco col planchrs tituale, piangendo in apparenza Paroclo ma in realt ciascuna
le sue proprie sventure> (Il, ry, 3oz).
<<

as

PIut., Sol.

zt.

r92

CAprToLo eUINTO

IL rAMNTo

FUNEBRE

ANTICo

r93

il lamento
ffasporto funebre, e
zioni legislative regol
eseguire

Tamentazione.ae

z. Larnento, rnito del morto e rituale funerario

Il lamento funebre antco soltanto un momento dei conispo,


denti rituali funerari, ed isolabile da essi solo in via di astrazione
provvisoria . D'altta parte tali rituali si muovono per enffo orizzonti mitici definiti, costituiscono cio comportamenti resi ad u
certo mito del morto. Pertanto se vogliamo approfondire il significato religioso del lamento antico dobbiamo ora volgerci a considerarlo in questa pi ampia prospettiva .Innanz tutto i rituali funerari
del mondo antico appaiono dominat da quell'importante momenro
del mito del morto che la ideologia del cadavere vivente.'o gi
tratta di una fase intermedia di passaggio fra la condizione dei vivi
e quella dei morti, fual'al di qua e I'al di l, comunque poi le singole civilt religiose del mondo antico si confgurino sia questa fase
intermeda sa la condizione terminale delle anime del regno dei
morti. Laase intermedia del cadavere vivente, durante la quale
il morto si avvia a morire definitivamente e a raggiungere il suo
regno, sostenuta e determinata dal comportamento rituale del
periodo di lutto, di guisa che se i riti non sono eseguiti, e il morto
ae

Plut., Lic. z7; Dittenberger, S.i.G., vol. 3 ^ ed.), n. 418 (Legge dei Labyadi).
L'espressione lebende Leiche o lel:endzr Leichnam fu usata per la prima volta in Neckel,'Valbll: Studiu iber getnattisclten Jetseitsglattben (Dortmund ryt3), e successivamente
dallo Schreuer, Das Recht der Toten, A. vergleich. Rechtwiss., voll. 33 (r9r6) e z4 ft9t7).
50

Per 1o stesso concetto da vedere Naumann, Primitiue Getneinscbaftkttltur lJena

tgzt). Talora

all'espressione lebend.eLeiche(olebenderLeichnam)sipreferital'altralebenderTote(Geiger,
in <Handwrt. dtsch. Abergl.>, vol. 8, rcz4sg.).In generale all'espressione viene dato un
significato psicologico di teazione universalmente diffusa di fronte alla morte, tanto che il Ranke
la defnisce come < un postulato elementare a po della mente, reperibile nell'umanit di tutti
i tempir>: K, Ranke, Ind.ogetmanische Totenuerelsentng, F.F.C., vol. 59, n. t4o (t95r) p. zt.
In questo significato psicologico l'espressione utilizzabile certamente per rtuali funerari che
non apprtengono al mondo antico, e segnatamente per i rituali funerari delle cosiddette civilt
ptimitive. Nella nostra analisi ietogenetica l'espressione ha invece il valore di un momento dell'esperienza cultutale della motte che impegn le civilt teligiose del mondo antco: un momento
che va considerato nella dinamica e nella ilferenziazioe del concreto processo storico, e non
nella sua indifferenza tipologica.

storico dallavita alla morte, tatdanparadossia


tecnica
di una fase dinamica in cui il morto
nella
dolo
verso
ancora
suscettibile
un
di rapporti con i vivi, e per un
per

ritualmente
avviabile
alla sua condizione definitiva
verso
alrro
nel
regno
dei
morti.
In virt di questo rapasso ritardato
di morto
e del suo legami col rito sono rese possibili le operzioni necessarie per tisolvere la crisi, e precisamente le opetazoni di separazione e di rapporto che debbono portare al nuovo equilibrio: di
separazione rispetto al morto in quanto rischio di estraneit ndic^le, e di rapporto in quanto il morto deve pur essere olffepassato, cio inteorizzato e risolto in quella idealit dei valori che
icano I'avvenuto passaggio

ne forma

la cara e benefica memoria. La condizione di un morto

partecipe del mondo dei vivi, e ttttavia avviabile al mondo


^ncora
de morti mediante La dinamica di operazioni rituali assegnate ad
un periodo di lutto definito e circoscritto,tl consente di svolgere
I'ambivalenza irrisolvente della crisi, cio qluell'attrazione e repulsione maligne che procedono dal cadavere e che stanno come sintomo morboso di un compito culturale non assolto: il periodo di
lutto chiamato appunto a riprendere questa ambivalenza e a riplasmarla in quei graduali
d distacco e di comunione, di allonta^tti di partecipazione del morto alla connamento e di avvicinmento,
tl

Un periodo di lutto di trenta (o quaranta) giorni certamente indoeuropeo: cft. Ranke,

i Semiti 1o conoscono: Ntm. zo, z9 (Aronne, pianto per trenta giorni);


(lasciar piangere per treta giorni la donna bottino di guerra); F|. Ios. d.e belto
(lutto pet la morte di Giuseppe durato ininterrottamente per trenta giorni).

op. cit. , passin. Ma anche

Deut.
itr,d.

zt, r r

l, g,5

r94

cAPIToLo QUtNTo

dizione dei vivi e di partecipaz


morto che formano per cos dire
grazione,lo sffumento di fondaz
di riconquista del diritto dei vivi
(per esempio al trigesimo) il mo
senso che esso ha una vita tego
le singole specificazioni che il mito delle anime dopo la morte riceve
nelle singole civilt religiose del mondo antico. Vene cos raggiunts
il momento mitico del regno dei morti, in cui il defunto acquista
una condizione di esistenza pi stabile e ritualmente controllata,
e soprattutto un valore che regge la vita indivduale e sociale, g
la alimenta. Si compie cos, mediata dagl orizzonti tecnici miticorituali, quella <(seconda morte> culturale che I'uomo procura alla
<<prima morte)> natuale, ridischiudendo il <diritto dei vivi>>. L'apparente paradossia del morto vivente risponde dunque ad una rigorosa forma di coerenza tecnica, da vahttate nei termini del problema da risolvere (la crisi della presenza in occasione dell'evento
luttuoso), dei mezziimpiegati per risolverlo (il regno dei morti come
condizione di esistenza a far conquistare al defunto mediante il
rito, avviando al suo destino la fase intermedia del morto vivente)
e dei risultati ottenuti (trascendimento del morto e della situazione
luttuosa correlativa, liberazione mediata delle forme profane di
coeenza culturale compromesse dalla crisi). A questa fondamentale snuttura tecnica partecipano tutti gli antichi rituali funerari,
anche se I'ampiezza della crisi iniziale, le particolarit delle tecniche impegate, il contenuto specifico del mito dell'al di l e il grado
di autonomia e di consapevolezza della risoluzione del morto nel
valore possono variarc secondo le diverse cvilt religiose o le epoche

o le classi sociali.t'
t2 Nella sua analisi patticolareggiata sul periodo di lutto nei popoli indoeuropei K. Ranke
sgg'\ come solo dopo 1o spi
ha messo in evdenza (cfr. op. cit., passim, ma soprattutto pp.
rare de1 periodo di lutto cessa la codizione di cadavere vivente ed conquistata per il motto

lsl

,rnu .otririon" pi stabile che 1o ttasfotma n antenato della famiglia o delTa Sippe, al qruale
s rende un culto permeato di valori etici e politici. D'altra parte la fine del periodo di lutto
segna la fine del diritto del morto, e il ridischiudersi dei dititti dei vivi: per esempio la vedova
potr risposarsi, le interdizioni alimentari sono sospese, la propriet pott essere divisa o donata
ecc. Analogamente
96 sgg ,ha sottolineato
in una esistenza stabile,
il fatto che il rituale
enza e dal ritorno, quali
integrta nei grandi
ita delle acque del Nilo,
le stsse circumpola

FUNEBRE
IL LAMENTO

ANTICO

195

fl in questo quadro complessivo, cio nell'ordine rituale del

visto

a darc orizzonte al discorso e a proteggerlo dalle


ijsotgenze della crisi inelativa: ma la conquista del discorso possibile solo per entro un quadro mitico in cui il morto come se
fosse ancora vivo, trattenuto e ritardato nel suo trapasso n virt
delf'apparcnte paradossa che lo tappresenta al tempo stesso morto
e partecipe del mondo dei vivi, avviato ritualmente allalontananza
del suo regno e al tempo stesso ritualmente richiamato ad intessere con i vivi la rete dei rapport interiori secondo valore. <<A
occidente! I a occidente! lo N., I a occidente!>>, dice un modulo del
lamento funebre egiziano, accentuando il momento dell'allontanamento rituale nel mondo dei morti; ma un alro modulo egiziano,
accentuando I'esigenza del rapporto col morto come compito da
attvare, scongiura: <<Non mi lascare I non mi lasciare, I o babbo
non mi lasciare>>. Da questo fondamentale dinamismo finalistico e
dal tecnicismo che lo tende possibile scaturisce il carattere m a g i c o
della lamentazone, cio la sua efficacia ex opere operato in quanto
parcla e in quanto gesto rituali. Lamentarsi innanzi tutto, come
si visto, un incantarsi nella presenz rituale del pianto, ed al
tempo stesso un incantesimo per il morto, :una rccitazione di moduli
verbali e mimici che aiuta il cadavere vivente a nggiungere la sua
stabile condizione nel mondo dei morti e che mediatamente ridischiude il processo di interiorizzazone del defunto. Lamentarsi
un mobilitatsi dei vivi per operare sul morto in modo da facilitargli il raggiungimento della sua dimora definitiva (: momento
della separazione) ed in modo da tramutarlo in alleato dei vivi
(: momento del rapporto e della intetiorizzazione). Un testo delle
Piramidi dice: <<Per te sono in moto le anime, per te si percuotono
il petto e battono palma a palma le mani, per te si strappano i capelli
e si battono le gambe>. Al che fa eco un passo del Libro dei Mort:
bbamo

la vicenda delle stagioni e della vegetazione: grandiosa figurazone destorificarice che

media tecnicamente e rende possibile la reintegtazione dei morti

per

i vivi,

del.la storia dei

vivi.

ne1

tuttavia

valore, e il ridischiudersi,

ry6

cAPIToLo qu^ra

mazioni sull'al di l, o addirittura di attivarc a profitto dei viventi


le anime dei morti - nel qual ultimo caso si sar trattato di vera
e propria nectomanzia.'a
L'interpretazione della lamentazione come dinamica della sepatazone e del rapporto ci consente di considerare sotto una nuova
luce quella rittalizzazione del planctus che abbiamo indicaro quale
uno degli aspetti caratteristici della lamentazione antica. Dalle insi
die della crisi la lamentazione rituale smappa non soltanto il discorso
come parola, ma anche come gesto: ilplanctas ttalzzato riprende
le tentazioni della crisi limitandole nel numero e nell'intensit e
attenuandole nei simboli della recitazione tuale. D'altra parte
muovendosi nell'ozzonte mitico del morto-vivente la mmica
rituale compie la catabas verso le tentazioni della crisi e al tempo
stesso 1'anabasi verso la coscienza culturale, scioglendo drammaticamente la rischiosa ambivalenza della crisi in gesti di separazione e di difesa, owero in gesti di rapporto e di interiorizzazione:
ma con ci viene appunto eseguiro il lavoro del cordoglio.ii Si
consideri il gesto di cospargersi la testa di polvere (o di cenere),
cosl caratteristico nelle civilt del Vicino Oriente. Gi vedemmo
come la motivazione pi immediata di quesr'atto rituale quella
ir G.

e
J. Manch
PP. 29

ligisen Texten (Lipsia ryl.l,)


Canney, The Magic of Tears,
an Selms, Weenet als aaaeng-

slre, Nie
'a
55

K, Ranke, op. cit., pp.288 sgg.


In generale l'analisi che segue sulle valenze mimiche della lamentazione rituale

.
^MENTO
lL P"'

FUNEBRE

ANTICO

r97

in quanto surrogato simbolico del gettarsi nel rogo'

Consideriamo ora un'altra espressione tipica della ritualizzazione


plnctus nel mondo antico, lo strapparsi e tagliarsi i capelli e
sul cadavere: come fanno i Mirmidoni sul cadavere di
gettarl
il
e
Patroclo, successivamente lo stesso Achille,t6 o come fa Oreste
sulla tomba del padre assassinato.5tAnche qui siamo in presenza
di un gesto che, n quanto ordinato nella misura del rito, attefiira,
le automutilazionigravi del planctus itrelativo, e le incanala in uno
schema di mimica rituale individualmente e socialmente accettabili. La tipresa non si limita per a questa misura, ma media determinate motvazioni di separazione e di rappotto, come il gi ricordato sfigurarsi per rendersi irriconoscibile al morto, o come la
necessit di placarlo mediante qualche cosa che viene pagata di
persona, con una non equivoca testimonianza, o infine come il
solenne suggello di una comunione interiore e di una alfeanzainstaudel

rate pef sempre.t8

nel

parziali del Ranke, op. cit., pp. 99 sgg., per


it., pp. 4z sgg., per il lamento funebre greco,
funebre ebraico; nonch sui lavori pi parti
afigurazioni delJa protbesis i,n Grecia) e della

56
5?

Il. 4, ry5 sgg.

Esch., CoEb.,inizio; cfr. Soph., EI., 5z e 488 sgg.; Eur,, EL,90 sgg. e 5zo; Ot,,96.
Per la documentazione gteco-romana sull'argomento da vedete Eitrem, Opferttts ud Votopfer
der Griechen and Rmer (Cristiania rqrt) pp. )44 sgg.
ts Eitrem, op. cit., p.
J5o, pensa anche a una valenza catafca per liberarsi dal tabu del morto.

r9g

cAPrToLo

QulNlo

ditati, il kopets (come del resto la stemotypia eIe altre forme del
percuoters ritmico) pu avere la valenza di una forma simbolica
d autosoppressione e quind di partecipazione del vivo alla condizione del morto, o anche lavalenzadi far vedere al morto I'ampiezza del cordoglio, in modo che vedendo si plachi, e placandosi
desista dal vessare i vivi. Oppure il <far vedere>> manfesta una
esibizione resa ai vivi, per ragioni di prestigio sociale o addirittura politico, come certamente il caso del lutto nelle aristo crazie
feudali e nelle monarchie divne, allorch masse di popolo - e in
particolare di schiavi - v sono impegnate. D'alfta parte il gesto
tipico del kopets eseguito con ambo le mani si viene articolando
in uno schema mimico diverso, che accenna a nuove valenze e motivazon.In tale schema un solo braccio portato al capo per eseguire il kopets, mentre l' altro si distende in avanti, con la palma
della mano rovesciata. Unavalenza di sepanzone e di allontanamento compete sicuramente a questo ordine mimico del rito nella
nffigurazione sepolcrale di Civitella San Paolo,6o dove accanto ad
un gladiatore in atteggiamento agonistco appare una lamentarice
che porta la mano al capo violentemente voltato come per evitare
una vista orrenda, menffe davanti a s dstende con energial'altra mano a palma aperta, in atto di difesa e di allontanamento.
5e

Per

60

lbid., n. 56.

Atl. fig. de1 pianto, nn. r8, 3r, 42, 44-49. per la sincronia dei movimenti nelle lamentatrici di Fonni, ibid.., n. 6f.
il percuotersi la testa

si veda

FUNEBRE

ANTIco

r99

lf' Ll\I'trEN'lo

confermato anche da un passo dell'l lcesti' (<<Essahalasciato la


casz-, n io I'ho seguita, n ho steso la mano, io che piango lamia
padrona>>).6t Qui evidentemente la valenza
gesto ha nel bassorilievo di Civitella San Paolo
unavalenzadi rapporto e di saluto, a meno che
anche ad una tena valenza, e cio al vibrante indicare - nel cotso del trasporto funebre - la direzione che il morto dovr seguire
per raggiungere la sua mta (si pensi al modulo egziano: A occidente! I a occidente! I o N., I a occidente!). Comunque sia, la valenza
di rapporto e di saluto aparc chiaramente nel materiale archeologico, polarmente contrapponendosi a quella di difesa e di allontanamento: cos al rilievo sepolcrale di Civitella, dove il gesto ppare
chiaramente in funzione agonistica e apotropaica, si conffappongono idealmente le ruffgrrazioni egiziane in cui il braccio si allunga
con trepido sgomento, ccompagnato dal religioso curvarsi della
silhouette della lamentatrice in pedi o inginocchiata.G6 Analoga

6r Ibid..,
62

n.

5o,

Eur,, Suppl,,7zz,

6r Cfu. Zschietzschmann, oP. cit,,


6a Ev., Coeph., 8.
65
66

Eur,, Alc., 768.


Atl. fig. del pianto, nn. t9-26.

p, 2l

T
200

CAPTTOLO

QUN,.

ll

LAMENTo FUNEBRE

ANTIco

2or

valenza di rapporto e di saluto d

3. Furore, lasciuia, fame e rituale funerrio

Non rientra neil'economia der presente ravoro


un,anarisi parti_
colareggiata dei nessi mitco_rituaii.t
. aA

del cordoglio nelle civilt ,.ligior. J;i


rn
opportuno sottoline arc iI fatto che non s
bre ma I'inrero periodo di lutto ;;l;
pito tecnico di riplasmare culturalmente ".
i ri
della presenza davanti all'evento luttuoso.
za ela scarica convulsiva, l,ebetudine
,r,rpororu, il furore distrut_
tivo, il p lanctus, l,anoressia, la bulimia, l,rlrn,.l
f rir*i. i.r._
lativo del morto come rappresentazione
ossessiva o come imma_
gine allucinatoria,l'amria derta situazione
luttuosa e re varie
inaurenticir esisrenziari che.l'ac.ofgru.o,
il delirio Ji r.gu_
zione dell'evenro ; ora si po*ebbe dimst"rur.
.r. gii *ii.ri'rit,ruri
funerari dispiegantis nei periodo dii;;;;
cosrituiscono dei sistemi
tecnici per fronteggiare questi rischi di
ctisi . p.. uirur. i pr.senza a ol*epassare ner varore |evento
il.J^'i" ,rl.
Il lamento funebre appena ,r,
-o-iro
il srlo compito ropraittto quello di rp di tari sistemi recnici;
restituire orizzonte al discorso. Ma in que
nici che sono gli antichi rituali funerari'si
ture destinate a trattarc e a risolvere
iltri ri
remo qui ad indcare sommariamente
in .rr. -odo ci avvenga per
i.rischi del furore, deil'erotismo . d.ii;
re. euesti rischi sono
da interprerarsi, come u..n'-o,
'i tomi der croilo deta
potenza formale della presenza,
cire'si avvia arestare senza margine di esistenza rispetto all'evnto
l,rrr,roro, pi precisamente il
compito del trascendimenro precipita
4lrp1r" fugirii"- J.iirpi.
samento della potenza formale q"ar"r.;r;t;;rrpipr
\/1a

67

lbid,, n. 54.

dispieg
rptuttr:tt ui
di destrezza e

degli agoni funerari (si pensi


to) trova otizzote nelle prove
di virt eroiche, ovvero nello
ilmorto legandolo-moralmenplacae
onofa
spettacolo che rallegra ,
t al mondo dei vivi. EJwin Rohde, che pet il primo dette il giusto valore documentario alla descrizione omerica dei funerali di

x).o,

68

Cfr. cap.

r.

23, z3; cft. Il, t8' 3)1.


to Appu primu d"i fororaliPutto.lo appare in sogno_ad Achlle raccomandandogli di esegrri.. i rt deila sepoltura, altrimenti non potr varcare le soglie dell'Ade (Il, zl, lt).
1r II. 21, zo (cfr. r8o).
6e

Il.

cAprToLo eurN,o

cio funerario cruento e la lamentatrice che si graffia a sangue ls


guance,_poich in_entrambi i casi il furore si risolve in uno spargimento di sangue che dovr placare il morto e legarlo moralmente a1
vivo: <mulieres in exequiis et luctu ideo solitas ora lacerare ut sanguine ostenso inferis satisaciat, quare institutum est ut apud sepulcra victimae caedantur>>.7a Proprio sulla base di questi nessi
possiamo riconoscere l motivo di vero dell'nterpretazione che Gertrude Thausing ha dato della lamentazione funebre egiziana corne
di un rito agonistico convalenza di autosacrificio: la lamentatrice
compirebbe cio una concentrazione agonistica i forze, assumendo
su di s le malignit che minacciano il morto, al fine di debellarle
e di agevolare al morto l'accesso all'aI di l.tt il gi ricordato bassorilievo di Civitella San Paolo, dove una lamentatrice appare associata ad un gladiatore, forse da intendere in questo quadro.
Come la vendetta, il sacrificio cruento e l'agone dnno orizzonte
al furore, cos esibizioni oscene e giuochi lascivi dnno orizzonte alI'erotismo irrelativo. In generale su questo punto la documentazione antica relativamente pover: in compenso gli indici folklorici sono numerosi ed eloquenti. Gi vedemmo a proposito dei
funerali di Lazzaro Boia il succedersi di giuochi e di buffonerie
a carattere lascivo.t6 Residui del genere in epoca cristiana mpe7'z

Rohde, Psycbe,

p. t9.

7r Setv., Verg, Aen. ro,


5a9.
74 Yatro, ap. Sen. Aer.
7, 67. Pet gli agoni rituali funerari da vedere <Realencycl. Paulyr/iss.>, vol. r, p. 84r (Reisch); L. Malten, Leichenspiele md.Totenkult, Rm. Mitt., vo[.38-39'
3oo sgg. (t921-24).
7t G. Thausing, op. cit., pp. z9 sg.
76 Cft. sopra, pp. r57 sgg.

FUNEBRE
fL LAMENTO

ANTrco

2o3

nondo antico l'erotismo doveva costituire una normale manife*azioe. Nell'inno pseudomerico a Demetrala dea, in cotdoglio
oer la perdita di Kore, si siede in casa di Celeo, senza occupars
i ul.uno n con parole n con atti, senzasorrdere, rifiutando cibo
ebevanda, sruggendosi per la brama della figlia perduta. Ma ecco
che lambe, I'ancella <diligente e pratica>>, si abbandona ad una esibizione oscena, inducendo la dea al riso.8o Questo episodio, come
si ebbe ad osservare 1o Usener, rappresenta il riflesso mitico di
in rito che doveva aver luogo nell'antco cerimoniale attico, e che
non doveva essere molto dissimile dalla pate sostenuta dalla <bufona sarda>>." Sono noti gli elementi osceni del culto dei mort
sia a Romat' che in Etruria.tj
Le lamentatrici egziane appaiono con i seni intenzionalmente
scoperti, proprio come se si ffattasse di un gesto rituale:8a d'alff^parte nelle feste romane dedicate a Flora, dea della vegetazione
e al tempo stesso dei morti, apparivano ad un dato momento delle
77

Mansi, Conc. anpl. coll., vol. 25, pp. 1167 sgg.


Ibid., vol. 26, p. t549.
7e Lippett, Christentum, Volkskube und. Volksgebraacb (t882) p.
4r9.
80 Inno pseudom.,vv. r92-2ra. Nell'Edda di Snorri (Thule zo, rr9) vi un episodio consimile: Skadi desister dal cordoglio pet il padre assassinato se qualcuno lo indurt a ridere,
il che fa Loki con scherzi e smorfie oscene.
81
Usener,Rhen.Mus.Phflol.,vol.59,z65sg. (rqo+) (:Kl.Schriften,vol.4,pp. +6sse).
Per la buffona satda, cfr. F. de Rosa, Tradizioni popoltri di Gallwa (Tempio Maddalena r898).
u F. Altheim, A History of Roman Reliqion (tg) p.
ry9; Tan Mater (tgtt) pp. 99, r4o sg.
8r Cfr. Atl. fig. del pianto, n.
55.
8a \X/etbrouck,
op. cit,, p. rz9, Lamentatrici cananee in atto di esibite i seni in Gressmann,
Altor. Texte . Bild,er, vol. r, p. ztt, ct. Atl. fig., n. 42. Per l'erotismo rituale funerario nel
18

mondo indoeuropeo da vedere Ranke, op, cit., pp. 276 sgg. Per una vsione panoramica orientale, per soprattutto in senso etnologico, cfr. Lanternati, Orgia sessuale e rit d,i recupero nel

culto dei

nofti, S.M.

S.

R., vol. z4-25 ft9y-51.

2O4

CAPITOLO
QUINTO

1l'

,,TMENTO

FUNEBRE

ANTICO

2oj

''

continlJafitavia ostinatamente

a persistere solo nel

rituale fune-

rario,proprio come sequi si trovasse la radice del


cannbalismo tituale nelle sue vatie f orme." II

po stesso a scongiurante invito al ritorno: a tanto accenna Ecuba


che solleva il seno davanti a Ettore votato a scura morte: <<Ettore,
figlio mio di questo abbi riguardo, e anche di me piet>>.86
Per quel che concerne il banchetto funebre antico dobbiamo
qui tener conto di alcuni indic che in parte provengono dal materiale etnologico e in parte da quello folklorico. Nelle civilt di raccoglitori e di caccatori, e particolarmente in quelle che si sono
sollevate all'agricoltura alla zappa, il banchetto funebre appare
spesso nella forma del <mangiare il morto>>. Lo scacco del tscendimento sospinge a sostituire I'ingestione onle alf intetiorizzazione
ideale: la necrofagia rituale funeruria riprende questo sintomo di
crisi ridischiudendolo alla ven riappropriazione, che secondo
eriale racco
opera
significato
ituale
assai netto:
Dieri
8t Schol. Giov. 6, z5o. Cr.
F. Altheim, Tena Matet, p.

r3r. Vi sono residui di esibizioni


oscenedellelamentatriciancheinepocacristianacomeattestaAmbrogio(p.t.,vol. 16,t7r8\:
<Illud vero lrequens in mulieribus ut clamores publicos serant, quasi metunr n. .urr,n igno-

retur aerumna: ut illuviem vestis affectent, quasi in ea sit sensus dolendi: ut impexum sotdide
immadident, caput; ut postremo, quod plerisque in locis vulgo fieri solet, discisso amictu, diloricata veste, secreti pudoris nuda prostituant, quia pudoris sua praemia perdiderunt. Sic procaces oculi provocantur, ut concupiscant, ut amare incipiant membra nudata>>.
86 Il. zz,
83.

Vohlard ha anche mostrato come il banchetto funebre con alimenti


non umani si trova al termine di una serie di spostamenti e di attentr^zioni che ha per punto di partenza la necrofaga rituale funeraria.se

Cos nel sistema tecnico del banchetto cannibalco dei

nemici uccisi al termine di una spedzione di vendetta contro supposti responsabili <magici> di una certa mote naturale avvenuta
nella trib, l'impulso necrofagico e al tempo stesso il furore distruttivo sono spostati ai danni del nemico tribale, il quale ora subisce
in luogo del morto l'atto d appropazione; in tal modo si ha per
una forma di esocannibalismo che media determinati rapporti ntertribal e una forma embrionale di vita politica. D'altra parte l'impulso necroagico pu essere trasposto ai danni di vittime umane

i funerali: iWaiangara per esempio in occasione di una motte uccidono malati e i bambini, volgendo in tal modo il loro impulso a profitto dell'interesse economico di liberarsi di energie non produttive per il gruppo. Analogamente le vittime umane possono essere scelte fra gli schiavi opda immolare e divorare durante

pure, con una trasposizione pi radicale, fua gli animali, raggungendo cos la forma del banchetto funebre in cui sono rappresentati soltanto cibi non umani. Tuttavia queste trasposizioni e atte87
E. Vohlard, Il cannibalismo, mad. ital. (Torino r948) p. zzo. Cfu. a psollievo che provano i Tangaru a mangiare i loro morti.
88
8e

Ibid., p. 489.
Ibid.

zt6

l'analogo

2o6

CApITOLO eUr.O

fL LAMENTO

FUNEBRE

ANTICO

2o7

nuazioni del banchetto funebre,


diano, sono sempre da interPret
tare durante i funerali - come ris
crisi che si manifesta nella cieca
giare il morto>. Se ci volgiamo o
iroviamo una sorprendente conf
determinate espressioni linguisti
eqtsivalenza fra banchetto funebr
Per fornire solo qualche esempi
cato con denTotenuertrinken presso i tedeschi dei Sudeti, cottden

Vestorbenen uertrinken presso i Bavaresi e con Toten eindaycheln


nell'Alto Palatinato (daicbdeln dal gotico dauths: banchetto). In

particolare gli abitanti Zwigo erano chiam ati T otenfre s ser .o T otentrink u .ugion. dei loro imponenti banchetti funebri. A queste
espressioni ia riscontro l'italiano <mangiare i morti>>, con lo stesso

significato. Vi sono inoltre frasi e modi di dire n cui il seppellire


il morto indicato con espressioni come iemanden uertrinken
(Baviera), onde chiedere per esempio \Xlenn hamm'n aertranken?
equivale a chiedere qnano il tale stato seppellito.e' Sulla base
di alcune indicazioni lessicali il Ranke ritiene che questi modi di
dire significano in generale <<mangiare e bere a spese del morto>,
in conformit dell'ideologia che il morto stesso, ancora proprietario dei suoi beni per tutto il periodo del lutto, deve sopportare
le spese del banchetto.el Ma questa inlerpretazione rappresenta
solo una particolare valenza che, in ambiente indoeuropeo, viene
mediataal rito del banchetto funebre: in realt il <bere> o <(mangiare>> i motti come designazione del banchetto funebre costitui.. ,rnu sorta di lapsus ch documenta il rischio di cui il banchetto
funebre, con tutti i suoi significati ammessi e coscienti, rappresenra la reintegrazione culturale. Nelle civilt religose del mondo
antico non vi traccia di necto
bre vi apparc soltanto nella for
nei o vegetali. L'ordine cer
ragione di tutte le forme
necrofagia rituale. Di questo gr
la ttadiiione ha serbato memoria, come appffe nella famosa narrazione del mito di Osiride resa da Diodoro Siculo:
eo

Ibid., p, zzt,
e1 Ranke, oP, cit., p, 192 e n. 2'

ristabilimento del diritto dei vivi.e'


4. Una interPretzione d'i K. Meuli
Secondo un'interptetazionedi Karl Meuli gl antichi rituali funerari avrebbero a fonamento determinate rcazioni spontanee e na-

turali all'evento luttuoso, che soltanto in un secondo momento


- cio diventando costume e rito - tfovano la loro giustificazione
in motivazioni finalistiche diverse.ea Cos per esempio il furore
2 Diod. Sic. r, r4.
er Ranke, oP.

* i. u.Lfi,

cit,, passim.
(Basilea
Crecbxcbe Opferbruche; in <Phyllobolia fr Peter von der Mhll>

,g+e),, ta rgg Cfr'EntstehgundsinndTrumittet,schweiz' Arch' Vlkskunde'vo1' 43'


9r sgg. (r946).

!
2o8

CAPIToLO

QIJINTo

IL LAMENTO

FUNEBRE ANTICO

fini della umana civilt.


Di questo innalzarci rende testimonianza rta famosa successione di episodi rclativa al cordoglio di Achille per la morte di

dei
perch vaste distruzioni e dissipazioni conferiscono prestigio sociale
ai funerali. Ma quali che siano queste motivazioni, il furore dismut-

tivo come teazione prmordiale all'evento luttuoso costituisce,


secondo il Meuli, il guorxv che sta a base del vro, o addirittura

l'elemento plasmatore (Forrngeber) del costume irrigiditosi in convenzione e in obbligo rtuali. Pertanto se vogliamo comprendere
i vati comportamenti degli antichi rituali funerari dobbiamo inanzj
tutto <(metterci sulle tracce della vivente esperienza di cui una volta
fu espressione, e che pu sempre rifarsi attuale, per quanto sentimento ed esperienza solo raramente saranno abbastanza intensi
da riempire la orma tradizionalizzata con un empito di vita cos
possente da far appate tale forma come natur ale adeguata espressione di un sentimento>>.e5 Quest'interpretazione del Meuli in
vert in parte superficiale e in parte oscura e contraddittoria. Il
furore del cordoglio (come I'erotismo o la fame) soltanto un sintomo morboso: per il crollo degli ozzonti formali della presenza
e per lo scacco del trascendimento I'ideale superamento dell'evento
e5

Ranke, op, cit.,

p,

2o2 e

Patroclo.

5.

Lo scudo di Acbille

Tra i pezzi dell'armatura che Efesto appresta per Achille ve ne


uno, l scudo, su cui si particolarmente esercitata I'arte del

fabbro divino. Si tratta di una grandiosa raffigurazione dell'ordine natuale e culturale circoscritto da Oceano. La prima scen,
al centro dello scudo, raffigval'ordine della natura,Iatenail mare
il cielo, e nel cielo il sole che mai si stanca di compiere il suo giro,
e la luna piena, e le Pleiadi, le ladi, elapotenza di Orione e I'Orsa
che mai non tramonta: cio il cosmo come stabile permanenza o
come eterno ritorno. Le scene successive, dal centto alla peetia
dello scudo, sono destinate all'ordine culturale in quanto misurato
intervento umano: innanzi tutto I'ordine cittadino del maimonio e della glntizia,la guerra e le sue astuzie, e poi l'ordine agticolo dei campi coltivati nei momenti decisivi dell'arz;tlra, della

cAprTol-o eUtNTo

LAMENTO

FUNEBRE ANTICO

misterioso accesso al regno dei morti'


Il significato di questa descrizione nell'economia complessiv
dell,Itiade ed il critrio di scelta nell'ordine e nella qualit delle
scene descritte hanno costituito, com' noto, un problema ftadizionaledell'esegesi omerica. Inatti sin dai tempi di Zenodoto non
si riusciva a vedere il rapporto organico dell'episodio con la nafra-

il

nale era se Omero nella sua descrizione avesse avuto davanti a

abbtacciato al cadavere di Patroclo, in un nuovo accesso seza ofiz-

copf[orr.
e6

Il. ,

e7

\ll.

468

Helbig,

395 sgg. Cft. G,

ken Adolf Furtw


informata la desct

z"

ed. tgor) p. 146.

, q"unto il poeta non lo dica esplicitamente, ci che risolve


in quesio -o-.rrto decisivo la crisi di Achille non soltanto I'oves
ee

'Welt
md'llle, (Stoccatda ry41 pp. 352
W. Schadewalt, Von Homers

Il, ry, r

sgg.

sgg

LAMENTO FUNEBRE

ANTICO

2r3

:racosJffi.i*:
divino, ma anche la contemplazone delle scene rappresentate sullo
scudo, e cio la figuraztone dell'ordine della vita e della civilt oltre
il mondo delle ombre che Oceano separa. La figwazione mirica
che Achille contempla evoca dunque in adatte immagini di ripresa
il compito del superamento della crisi, la meta della riconquist
dei valori, il mondo della cultur a intercalato fra I'ordine naturale
e la corrente Oceano. Qui viene esibito alla vista uno scenario che
scioglie Achille dallo sterile abbraccio col cadavere di Pattoclo,
proprio come nell'episodio di Iambe narrato nell'inno pseudomerico a Demetra :un'altra esibizione risolleva la dea dolente dalla
stainazione melancolica: solo che mente il gesto di Iambe si ispira
ad un simbolismo sessuale molto elementare, sullo scudo illusffato
dal fabbro divino il compito della rpresa si articola in chiare figure,
che mediano visibilmente alti valori.
Non si tratta quindi soltanto di una <(pausa di riposo> che dovr
operare sulla fantasia del lettore,indfuizzando il suo sguardo verso
l'ampiezza ordinata di un mondo in cui l'azione umana pu ancora
ridischiudersi dopo che gli eventi angosciosi hanno toccato il loro
vertice: la qualit e I'ordine delle scene ruigurate sullo scudo trovano Ia loro coerenza diluminosit e di vita nella funzione che
dovranno assolvere su Achille irretito nella crsi del cordoglio. Noi
comprendiamo ora meglio, nella pi vasta unit estetica dei due
episodi, perch nella sequenza delle scene domina la misura di una
vita civilmente ordinata e di na atura che si piega a quest'ordine: noi comprendiamo ora meglio perch Ia morte vi appaia o
ricacciata al di l dell'orizzonte di Oceano o ricompresa e risolta
nell'ergon umano. In questo quadro acquista nuovo significato la
scena dell'ergon della vendemmia, in cui I'esperienza della morte
appate risolta nella vigna luminosa in cui risuona il <<caro lino>
fra schiere di govinetti e di giovinette che corrono recando panieri
colmi del dolce frutto, la mente occupata da teneri pensieri: il <caro
lino> che qui, in questa scena in cui la morte appare culturalmente
conttollata nel raccolto del prezioso bene vegetale, stempera la sua
drammaticit di antico lamento funebre agrario nella dolce mestizia di:lna tenue voce giovanile, cui fa eco il clamoroso ritornello
di coloro che pigiano a tempo l'uva nel tino. Contemplando quest'ordine essenzialmente laico dell'opera civile Achille rompe la

obblighi tituali, dalla vendetta aI s


compiendo in tal modo quanto tecnicamente necessario per I'ef-

ettiva risoluzione della crisi, cio I'allontanamento nell'Ade di


Patroclo morto e al tempo stesso la riappropriazione dell'amico
nell'ethos di una benefica memoria interiore e nella riconquista del
diritto dei vivi. In quest'ordine rituale dominato dall'ofizzonte
mitico del cadavere vivente a avviarc verso il mondo dei mort
e da risolvere in valore per i vivi rova posto anche la titualizzazione del planctus e la lamentazioe funebre'

LA MESSE DEL

6.

La messe del dolore

r. Morte, lauoro e caltura


definire l'umana civilt nel gito di una espressione
pregnante potremmo dire che ssa la potenza formale di far passare nel valore ci che in natura corre verso la morte: infatti per
questa potenza formale che I'uomo si costituisce come procuratore di morte nel seno stesso del motire naturale, imbrigliando in
una tegola cultutale del passare quanto passa senza e contro I'uomo.
Il lamento funebre destinato alla morte di individui storici, come
del resto i rituali funerari nel loro complesso, mettono in opera
determinate tecniche per olttepassate l'evento luttuoso e per procurare al defunto quella seconda morte culturale che vendica lo
scandalo della morte naturale: tuttavia se I'uomo non avesse avuto
dalla motte che I'esperienza della initezza fisica della vitaumana,
non avrebbe mai potuto darsi il coraggio civile di oltrepassare
I'evento luttuoso, e sarebbe rimasto abbtacciato a ci che non
pi, come Achille al cadavere di Patroclo prima di contemplate
i daidala di Efesto: infatti satebbe mancato al sopravvissuto proprio ci che quei dai.dak rivelarono ad Achille, e cio la misura
di un possibile fare umano culturalmente efficace. Un vecchio canto
Dinca lamenta che mentre il sole sorge, passa e tuttavia titotna,
e cos pute laluna, soltanto I'uomo nasce, passa e non ritorna pi.
Questo contrasto, a meno che non ttovi la sua catarsi nel canto,
come tale destinato a restare senza soluzione, fra un eterno ritorno
che non ci appartiene affatto ed un passare senza ritorno che ci
appartiene anche troppo. Il centro culturalmente risolutivo del conSe volessimo

DOLORE

275

trasto sta invece in quelle sfere operative in cui s rivela la possibilit di fat passare e tornare la atula secondo la regola mana
del lavoro: qui nascono e maturano le energie inaugurali che rendono la morte culturalmente accessbile, e qui si costituisce il valido
nucleo patrimoniale da cui attingere quando si manifesta lo scandalo del morire naturale.
Nelle civilt religiose del mondo antico il centro cultutale della
esperienza della morte non sta nell'esperienza de| sopravvissuto
davant alla spoglia della person a cata, ma in organico rapporto
con quella vicenda di scomparse e ritorni in cui l'uomo aveva
appreso effettivamente a farsi procuratore di morte secondo una
regola uman4 inaugurando efficacemente il distacco dalle condizioni naturali: cio la vicenda della scomparsa e del ritorno delle
piante coltivate. Arare, seminare, veder fiorire, raccogliere e veder
scomparire; questa vicenda dipendeva certo in larga misura da
potenze che sfuggiv ano al conff ollo umano, e tuttavia eru ntegrata
in un ordine di lavori agricoli per i quali dipendeva a n c h e dalI'uomo. Ora proptio I'urto fra questo patzale conffollo umano e
le immense potenze resistenti o avverse ebbe impottanza decisiva
nella plasmazione dell'esperienza ella morte delle civilt antiche.
In particolare soprattutto nel momento del raccolto I'uomo antico
n quanto agricoltore apprese il suo destino di procutatore di morte
secondo valore: e qui di nuovo riecheggiava nei campi il pianto
rituale della passione vegetale, per esempiol kalon linon delTavendemmia, secondo lo scenario raffigtxato sullo scudo di Achille. <Ahi
Lino, origine della morte (&pXl rlavtou), ahi ahi, al modo asiatico>>:1la morte violenta di Lino durante il taccolto introduce la
morte nel mondo, Ia rivela culturalmente agli occhi degli uomini.
Con ci si dschiude davanti a noi un ordine mitico-rituale che
ridimensiona il pianto rituale in un quadro che sempre pi si avvicina ad una indivduazione storiogtafica precisa. In fondo le tecniche del lamento che abbiamo sinota anahzzate sembrano, almeno
in parte, accennare a modi non specificamente antichi, poich si
ritrovano anche fra i ptimitivi: infatti anche ai tuali funerari ptimitivi appartengono la ritualizzazione del planctas e la ricerca d
orizzonte per il discorso. Con l'espetienza di una passione vegetale
I Ev., Or, t395

CAPITOLO SESIq

2r6

DEL
LA MESSE

DOLORE

247

ci interniamo invece
pi si colora di
sempre
che
religioso
decismente in un mondo
nella stovolta>>
valenze individuate, che ebbero luogo <<una sola
morte> un signi_
ri
e vogliamo idenfi
le appare in rale
ti
proponiamo
di considerare i
esperienza, e se a questo scopo ci
mmenti critci in cui l'uomo antico pat nel modo pi intenso il
e col pinto rituale per questa passione noi

nati rituali funerari, ma dobbiamo innanzi tutto volgere l'attenzione al pianto rituale nel suo nesso con la passione vegetale in
occasion di quell'epitome esistenziale dell'anno agricolo che fu
nel mondo antico il momento critico del raccolto.
z. Protoagri.coltura e cerealicoltura
L'esplorazione del nesso fra il momento critico del taccolto,
I'ideologia della passione vegetale e il pianto rituale deve necessariament cominciare con un'indagine sul primo momento del nesso:
il raccolto come opefazione agricola nel regime esistenziale delle
civilt meditenanee o che comunque gravitarono culturalmente
verso questo mare. Innanztutto si pone il ptoblema della sostanziale diverst fua il raccolto nelle civilt protoagricole alla zapp^ e
nelle civilt cerealicole o all'aratro. L'agricoltura primitiva allazappa ha un abitato tropicale (tropico-africana o egra, asiatico sudrientale, oceaniano o melanesiano-polinesiano, amerindiano), ricco
vegetazione e di acqua, con clima caldo e stagioni alternanti
piovo s a e asciutt a. N ell' agrico lttv a alla zapp a la coltiv azione co mrende esclusivamente alcun frutti e tuberi, come la manioca,
'ig.ru-., la palma da sago, Ia palna da cocco, labatata,le molte
vaiiet di taio, labanana, i vari tipi di fave, il cetriolo, il melone,
la ntcca bislunga. La coltivazione si effettua mediante la tecnica
fondamentale del trapianto o moltiplicazione vegetativa, cio piantando nel terreno t pezzo della pianta (radice, tubeto, gambo),

2 Si veda, pef questa parte, E. -VIeth, Gral:oc Haclee ttndPflug, versuch eier Etttstehtmgsgeschich te des Landbaues (Ludwigsbutg r954)

2r8

CAPITOLO SESTo

che, comport una nuova esperienza del ritmo stagionale, e u


molto pi acuto rapporto con la polarit morte-vita, sonno invernale-risveglio vegetale.i In misura molto maggiore I'uomo poteva
ora controlTarcla natura, influendo con le regole della sua tecnica
pit avanzata su una sfera pi ampia del <<passare> e del <(tornare>
naturah: e con l'ampliarsi di questa sfera egli <<esisteva>> di pi, cio
si poneva fuori della nat:ua con una pi garantta possibilit di
presenza. Ttttava malgrado questa innegabilmente pi alta energia civile che seppero dispiegare i popoli del mondo antico inventori
dell'agticoltura cetealicola e della viticoltura, il momento del raccolto nel ciclo dei lavori agricoli continuava a configuratsi - come
gi nella precedente agricoltura alla zappa - nel suo carattere di
momento critico per eccellenza, tivelatore dell'urto frala potenza
del fare umano e la sterminatasfera di ci che poteva passare o
tornare senza e contro I'uomo. Come nelle civilt protoagricole
anche nelle civilt cerealicole il raccolto chiudeva un'epoca e inaugurava un nuovo corso esstenziale, ma intanto lasciava davanti
a s un vuoto o una scomparsa, un periodo nel quale il ritorno del
bene vegetale dpendeva acora largamente da potenze umanamente non controllabili, come le avversit meteorologiche, i guasti
anecat da animali nocivi alle piante coltivate, le incursioni depredatci di stranieri, e simili. La precaret della vita alimentare nelle
civilt cerealicole del mondo antico indirettamente documentata
dalle catastrofiche descrizioni del vuoto vegetale che accompagna
la scomparsa del nume della vegetazione. Nel lamento per la scomparsa di Tam;z si piange sugli orti senza ortaggi, sui campi senza
spighe, sui canneti senza canne, sulle foreste senza tamarischi, sui
frutteti senza miele n vino.a La scomparsa di Telipinu si configura in un sinismo scenario di desolazione, in cui la natura bruciata da| funesto ardore del sole estivo e le pendici dei colli sono
nude, spogli gli alberi, inatiditi i pascoli, secche le fonti, af.amati
e languenti uomini e di.' Dopo il ratto di Persefone i semi sono
colpiti da sterilit: <<molte volte il pallido orzo cadde senza effetto
nel solco>>.6 Anche le immagini e le rasposizioni metaforiche neldie Griechen ilater, Anthropos, vot. 24, ry4 929).
\V. Baudissin, Adonis und Esmux (t9rt) p. rc5.
5 Se ne veda la ttaduzione in T. Gaster, TesPi (New York r95o) p.
36r.

'a F. Kern, Die \J(elt uorei

Inno a Demeter, vv. 3o5-o9.

LA MESSE DEL

DOLORE

2r9

l'Antico Testamento ci offrono quadri terrificanti della vita vege-

ial".h.

si sospende, e delle sciagure che si abbattono sulle campa-

gne. Lamenta Geremia:

E Gioele:

che nascevano dall'urto della


inrecciavano poi quelli che
natta
si
comunit con-le forze della
dipendevano pi strettamente dall'oppressione sociale esercitata
sui contadini. In un modello egiziano di lettera l'autore d al suo
allievo un quadro della vita contadina in cui i due temi appaiono
fusi insieme:

Ai temi della precariet esistenziale

Gli insetti lo hanno defraudato della met del raccolto, I'ippopotamo ha divo-

7 Gerem. 14,

Gioele

16.

r,4-rz.

A. Erman e H. Ranke, Agyptafl und gptisches Leben in Altertan (Tubinga ry23) p 57z

220

CAPITOLO SESO

I1 momento

critico del racco

tezza di questo regme esistenzi

carattere <<critico>> che oggi industriale - quasi interamen


mai in forme molto attenuate ne
arretrate>, dove si manifestano t
che furono dominanti nell'anti
che rispetto agli altri episodi de
colto il suo carmere di episodio critico per eccellenza una parti_
colarit sulla quale non si di solito soffermata abbastanz l, attenzione. Nell'episodio del raccolto proprio l'uomo che, con un
atto decisivo e irreversibile, e al tempo stesso economicarnente
necessario, si fa lui stesso procuratore di morte della pianta coltivata, avviandola alla consumazione e inaugurando cos il nuovo
ciclo esistenziale dapercorrere. Nel caso della mietitura dei cereali
proprio I'uomo che nel modo p sensbile e pregnante il g.sto inesorabile della falce messoria - cancella dall'esstrnzul'limento fondamentale e si pone davantiad un proffatto vuoto vege_
tale e alf incertezzadi un problematico ritorno del bene soppresso.
Il raccolto pone in essere e manifesta, molto pi dell'aratura o della
semina e degli altlavo agricoli,la tegola culturale di un morire
governato dall'uomo: ma proprio per questo rivela altres la sterminatapotenza d ci che, nel morire culturale, resta non umano,
intrinsecamente estraneo e cieco. La siccit che brucia i raccolti
e le erbe dei pascoli, le piogge fuor di misura e di tempo, il rapido
scogliersi delle nevi sui monti e il rovinoso ingrossarsi dei fiumi
(come nel caso dell'ambiente siro-palestinese), il ritardo o I'anticipo delle piene periodiche (come nel caso dell'ambiente egiziano),
le incursioni depredatric di stranieri, i danni anecati d bestie
nocive all'agricoltura: quesra la sfera d funeste possibilit non
umane che fronteggial'operazione agricola del raccolto in quanto
vertice e compimento di una regola umaina della morte. L'importanza iercgenetica del raccolto per entro le civilt cerealicole del
mondo antico sta dunque nel fatto che esso rappresenta, nelle circostanze date, una sporgenza per eccellenza della storicit della
condizione umana, un momento in cui si manifesta con particolare evidenzal'urto fra la cultura come procuratrice di mrte nel

LL

N!SIE

22r

DEL DoLoRE

del cieco divenire naturale e il dispiegarsi di quella


.rno stetl.o
dlsumana or morte che la natura senza lume di vita cul-

iot"l'u
fl)rarc'

7.

O sseruazioni'

metodologiche

schiuso dall'agricoltura, e quasi il principio ela condizione del viver


civle del suo complesso. Non a caso mietitura e vendemmiaappaio-

o tfale figurazioni dell'ordine naturale e civile rappfesentate


scudo di Achille, al che fanno eco i versi delle Georgiche:

sullo

Liber et alma Ceres, vesffo si munere tellus


Chaoniam pingui glandem mutavit arista,
poculaque intentis Acheloia mutavit uvis'10

dubbio anche altri lavori dell'anno agricolo (aratura, semina,


potatura della vite) o determinate operazioni necessarie per traonomico (maci
cardarc, filarc
ideologia delle
passioni vegetali e al correlativo rituale della lamentazione: ma noi
vi accenneremo solo occasionalmente appunto perch al raccolto
spetta sotto questo punto di vista una importanzapteponderante
e decisiva. Sul piano pi strettamente metodologico da osserSenza

10

Vetg,, Georg,, r,

CAPITOLO sEs'I'o

ir

rnnuni tutto

DEL
LA MSSE

DoLoRE

223

che una denominazione tipologica come quella

di <feste stagionali> del tutto inaegtata per la soluzione dsi


problemi ierogenetici relativi al rapporto fra raccolto, passioni vegeiali e pianto rituale: tale denominazione infatti pone insieme indiscriminatamente tutte le occasioni stagionali, da quelle legate ai
singoli lavori agricoli sino ad una cerimonia cos complessa e ticca
di valenze religiose diversissime come pu essele ad esempio I'aktu
babilonese. Liintento che pu esser raggiunto utlizzando questa
denominazione tipologica la detetminazione, anch'essa tipologica, dei seasonal pattem nelmito come nel rito (o addirittura nella
leeratwareligiosa), cio nei modelli o schemi comuni alle feste
stagionali nel loro complesso: resta per esclusa dalla considetazione propriol'istanzaierogenetica, cio la ricostruzione del pto..rro .h. a singoli determinati momenti critici dell'esistenza individuale e collettiva conduce ai complessi mitico-rituali delle passioni
vegetali e del pianto rituale, e si lascia nell'ombra e nell'indeterminato ptopri ci che da questo punto di vista interessa di pi,
cio la qualit dell'operazione agricola e della pianta coltivata, il
carufiet deila crisi esistenziale che minaccia quella data opefazione,la funzione che rispetto al rischio di crisi assolvono |e singole forme ideologiche della passione vegetale .I seasonal pattern
non giovano a spiegare perch sul tronco di una determinata ricorrente situazione esistenLiale adinteresse collettivo (il raccolto delle
piante economicamente utili nelle civilt cerealicole del mondo
ntico) si venga innestando una ideologia che non soltanto la situazione non ,.-bru richiedere, ma che addirittura rispetto ad essa
(cio rispetto al raccogliere in quanto operazione agricola) tende
a configurarsi come un'inutile complicazione e come una supefstizio s a fantas ticheria.
Occorte per subito dire che ancor meno giova allo scopo il
ricorso a un oscuri ssimo Denken iru Bilde der Pflnze da rivivere
e da contemplare. ci significa che il metodo seguito nella presente mono grafia si distingue nettamente dal metodo che sta alla
base del lavro dello Jensen sulla visione religiosa delle civilt protoagricole. Lo Jensen ha messo in evidenza come l tema mitico1

11

A nostro awiso proprio qui sta uno dei limiti metodologici dell'opera t Gaster,

Tbespis'

ruta dalla nuova vita. Qui pot manifestarsi per I'uomo la conoscenza combinatoria (die kornbinatorische Er/<enntni's\ che collegava questo destino con
l'animale, conla pianta, e anche con la luna.r'

dubbio gi una preziosa ammissione I'aver indicato, sia


pure in modo sommario e ipotetico, il collegamento fra il mito primordiale dell'uccisione del nume e <(un dato del mondo reale>>,
cio fra raccolto dellapianta e passione vegetale nel quadro di un'agricoltura alla zappa: ci che per resta da determinare mediante
l'analisi ierogenetca sono le chiare motivazioni umane che nelle
civilt ptotoagricole condussero dall'episodio del raccolto alla ideologia della passione vegetale nella forma che di tali civilt fu propria. Il raccogliere come operazione agricola, la passione della pianta
e la violenz a recata ad un nume) il mito del nume ucciso nella
vicenda primordiale, l'uccisione del nume come origine delle piante
alimentari, i nessi che collegarono la passione vegetale con la genetazione, con I'animale e con lafuna costituiscono altrettanti momenti di un processo ierogenetico che occorre percorrere pazienSenza

12

A. E. Jensen, Die religise Vleltbild einet fnihex Kultut (Stoccara ry48)

pp

t69 sg.

224

CAPITOLO SESTO

L^ MESSE

DEL

DoLoRE

225

temente passo per passo: una risposta ipotetica e sommaria, o addi_


tittlrra 1'appello alla conoscenza combinatora (cio alla gratuita

immaginazione) avvolgono nelle tenebre proprio I'elemento 1,.


decisivo per la comprensione.
Un'ultima osservazione. Nella presente ricerca I'analisi ierogenetca del nesso fra raccolto - passioni vegetali e pianto rituale
Timitata - come si detto - ad alcune forme elementar di questo nesso, cio a quelle che stanno in immediato rapporto genetico con 1'operazone agticola del raccogliere e che inaugurano i
tal modo un determinato impottante filone di sviluppo dell'antica
religiosit agraria. In particolare I'anals risulta limtata, nella presente ricerca, all'otizzonte mitico della pianta coltivata, all'espetienzadel raccogliere come colpevole violenza recata ad un nurne,
al lamento funebre dopo il taccolto, alla istitttzione del covone
rituale e degli operatori simbolici, al sacrificio di vendetta, all'anticipazione mitico-rituale del nuovo raccolto, al sacrificio di rinnovamento e di rigenelazione.
Il tentativo di rispondere in modo non superficiale alproblema
dei rapporti genetici che nel mondo antico legano le passioni vegetali e il panto rituale all'episodio del raccolto deve innanzi tutto
fare i conti con la possibilit di disporre di documenti sufficienti
per la ricostruzione ierogenetica. Si attet quindi in primo luogo
di allineare e ordinare i dati documentari superstiti, non certo con
la pretesa di completezza, ma almeno quanto basti per saggiare
su di ess l metodo ricostruttivo annunzizto. Ora da osservare
che proprio per il suo carattele germinale il nesso fra passione e
raccolto appare nella documentazione antica attestato in modo
molto frammentario, occasionale e indiretto. In particolare tale
nesso spesso si presenta a noi quando gi il suo germe religiosamente produttvo ha dato luogo a processi ierogenetici in .ase avanzata di sviluppo, sia per il confluire e f intrecciarsi di altri nessi
germinali estranei alla stessa religiosit agrcola in senso stretto,
sia per l'enuclearsi di complessi significati culturali. Cos, per esempio, la documentazione antica sul tapporto ta la passione d Dioniso e 1'operazione agricol della vendemmia e della prepanzione
del vino (spiccare il grappolo daltralcio, pigiarlo nel tino, cuocere
il vino per tenderlo migliote e pi soave) ci giunta solo per enmo

che, come noto, segu il Frazer a proposito della leggenda di


Lityerses: e noi ora dobbiamo ripercorrere questo corso espositivo
del mateale, integrandolo con altri at, e inquadrandolo nella

nostra propria prospettiva di ticerca'

4. Raccolto e passione dei cereali

Il lamento funebre durante

la mietitura come documento della

una passione vegetale connessa con I'opera-

ideologia religiosa di
zione agricola in questione largamente diffuso nel folklore euromediterraneo. Riferisce il Dalman che quando in Palestina la mietitura volge al termine e si avvicina il momento in cui I'ultimo fascio
di spighe cadr sotto I'ultimo colpo di falce, cominciano a levarsi
dalla squadra di mietitori brevi frasi, oggiate secondo moduli radizionali, che accennano allamorte del <vecchio del raccolto>' Si
dice: <Il vecchio malato>>, <il vecchio in agonia>>, e infine col
cadere dell'ultimo fascio di spighe sotto I'ultimo colpo di falce:
<Il vecchio morto, Dio 1o aiuti>>. L'ultimo fascio viene poi inu-

226

CAPITOLO SESTO

del legame fra mietitura e passione vegetale: il mietere sperimetato cme violenzamortale tecata ad un nume , ma al tempo stesso

con un comportamento che si sarebbe tentati di definire ipqcta - se ne piange cerimonialmente la morte conze se non fosse
stato il contadino stesso a procrrarlamerc il gesto inesorabile copiuto con Iaf.alce messoria. Il tema del lamento funebre durante
il raccolto torner frequentemente nel corso della nostra esplorazione documentaria: qui per dobbiamo fermate la nostra attenzione non tanto sul lamento come tale, quanto piuttosto sul fatto
che esso sta in rapporto con un covone simbolico, anche qui come
one concen.e non tutto il campo di m
e folkloriche
rasse in s passione e morte
pre I'ultimo,
euromediteirut". relative al

nto rituale
ciuto dalla

ll.

Liung-

grafia rela'

romediter-

LA MESSE

DEL

DOLORE

227

dell'ultimo covone accenn^no ora al languite o addirittura all'estnguers di una energia


(<<il vecnurninosa decrepita a cui sta per essere procurata la morte
chio>>, <<la vecchiarr, ,lu morta>>), oru alla permanenza di una porcnz^ produttrice inesauribile (<<la madre>), on alla epifania di
anafotza giovanile mmacolata (<la vergine>>), pronta a nozze feconde (<<la sposa>>). In rapporto all'emergere dell'una o dell'alma
valenza il comportamento verso I'ultimo covone ambiguo: esso
viene inumato, bruciato, compianto ritualmente, sottratto al consumo, serbato nella fattoria sino al prossimo raccolto, rianimato
mediante aspetsone, gettato in acqua. Caratteristico il legamento
di una persona nell'ultimo covone mietuto; questa persona scelta
con criteri tradizonalizzatiin cascun ambiente, e cio si ttatter
o del contadino (o della contadna) che ha falcato - o legato I'ultimo covone, o di uno straniero che si trova a passare vicino
al campo, o del padrone, o del fattore. I1 trattamento a cui viene
sottoposta la persona legata nel covone partecipa della gi notata
ambivalenzai ona infatt essa deve subire forme pi o meno attenuate di volenza (minacce di morte, scherni, motteggi), ed ora
invece sar trattata con molti riguardi. Infine nell'ultimo covone
appare I'animale del raccolto (lupo, cane, gallo, capro, toro, vacca,
bue, cavallo, porco, uccello ecc.), il quale per un verso sembra talon
identificarsi col nume del grano, e per I'alro verso con chi legato
nel covone rituale. In rapporto con I'ideologia dell'animale del raccolto (che si accompagna in dati casi all'immolazione sul campo
di reali vittime animali) la mietitura assume talora I'andamento
di una ambiguabattrta di caccia dell'animale stesso) che immaginato nascosto nelle messi e come fuggente davanti ai mietitoti
che avanzano, finch catturato, o ucciso e snidato nel suo estremo
raccolto. Analogamente le denomi nazioni

228

CAPITOLO sf,51o

rifugio dell'ultimo covone. Questi dati sono ben noti:14 converr


tuttavia soffermarsi , ai fini dell'analisi ierogenetica che sar co.
dotta pi innanzi, sulle espressioni impiegaie dalla gente di car.
agna per indicare il rapporto fral'animale e il campo di messi.
Questo rapporto si manifesta elettivamente in determinati
momenti, e cio quando l vento piega le mess e le fa ondeggiare.
o quando durante il raccolto il mietitore si mostra ammalato o affaticato o neghittoso o si ferisce con la falce, ovvero quando rnietuto I'ultimo covone. Quando le messi ondeggiano sotto il soffio
del vento <il lupo (o il cane o la volpe o il cavallo o il toro) s
atttaversail grano> o che <<come nel campo)>, oppure sono <<i capri
che si inseguono>>. Quando il mietitore si ammala, o affaticato
o neghittoso, oppure si ferisce con la falce, si dice che <il cavallo
bianco gli passa vicino>>, <<haIa cagnabianca>>, <la cagna bianca
lo ha morso>>, <<il capro del raccolto lo ha urtato>>, <<la vacca lo
ha ferito>>: in generale i mietitori evitano di essere urtati, durante
il raccolto, dal demoniaco animale dei cereali, poich ci avrebbe
conseguenze nefaste. Quando si avvicna il momento della mietitura dell'ultimo covone si ammonisce: <<Guardati dal lupo>, oppure
si dice: <<Stiamo per uccidere il cane>>, <<vogliamo cacciare il lupo
(fuori del campo)>; e quando infine mietuto l'ultimo covone chi
1o miete grida <<toro, toro!>, oppure si dice che il mietitore <<ha>
I'animale dei cereali. Questo <(avere)> si tramuta per in un <<diventate>>, poich chi <ha> I'animale dei cereali lo diventa, e la metamorfosi avvene a tal punto che l'ultimo mietitore assume il comportamento dell'animale dei cereali: se l'animale un lupo, il
mietitore morder e ululer come un lupo, se un gallo imiter
il canto del gallo, se gallina f.a il verso della chioccia e gli si

dat gtano da beccare.ls


Come si detto, ilFnzer mise in rapporto questi dati del folklore euromediterraneo con un gruppo di leggende che, per la loro
af.init, formano un tipo omogeneo e ben caratterizzato, le legra Datala loto
notoriet non se ne citano qui patitamente i luoghi relativi nelle opere
del Frazer e del Liungman. Si veda, in generale, Ftazer, Sphits of the Com and of tbe \r/ild,
vol. 5 del Gollen Bougb ai luoghi indicati nell'indice analitico sotto i vocaboli <<corn spirits>>,
<<harvest>>, <( reapers)) e <sheaf (last sheaf)>>, e Liungman, op. cit., vol. r, ai luoghi indicati
nell'indice sotto i vocaboli <Einbinden>, <<Erntetierer>, <Garbe (rituelle Garbe)>, <TotenkIager>: in particolare per le espressioni locali <Gerbe de la passion>, <Stockgarbe>>, <Grundgatbe>, <Glcksgarbe>>, cfr. Mannhardt,'Wald.- otnd Felk*lte (r9o4) vol. r, pp. 2rl sg.
n Frazer, op, cit., t, pp, 27o sgg.

fA

MESSE DEL

DoLoRE

229

Lo straniero, che risultava sempre soccombente, et legato in un


covone e decapitato. Sopravvenne una volta Eracle, che vinse la
uara, ecapit Lityerses) e ne gett la testa recisa nel fiume Mean"&o. Dalla narrazione di Sositeo dipendono largamente gli accenni
posteriori, che tuttavia vi aggiungono qualche dato interessante:
cos apprendiamo che Lityetses infieriva a quel modo sugli starieri <<per ottenere un rcco raccolto>,17 e col nome di lityerses si
indicava anche un <(canto di mietitoti>>,t8 eseguito col flauto,le o
(un canto di contadini> simile al mneros degli egiziani e al borimos
ei maryandini.2o Che questo canto fosse un lamento funebre
attestzrto da Polluce che parla diun threno.t cantato per le aie al tempo della mietitura, a consolazione di te Mida:'1 la corrispondente
designazion e di ferale caftnen si riuova in Servio, il quale per atteggiala narazione in modo abbastanza diverco, ricollegando Lityerses
- che non sarebbe figlio di Mida, ma re egli stesso - con la leggenda di Dafni e di Pimplea: Dafn cerca Pimplea rapita dai predoni, e latrova alla corte di Lityerses, dove per corre il rischio,
come straniero, di sottostare alla dwa legge della garaletale; m
Eracle ha piet di Dafni, si reca sul posto e decapta con la falce
messoria il re assopito dal ferale calrnen della mietitura."
Infine secondo lnatradizone accolta da Polluce, tuttalavicenda
sembra ridursi a gare fra metitori, nelle quali Lityerses riusciva
sempre vittorioso, e flagellava i soccombenti: finch una volta fu
sconfitto da un mietitore pi valoroso, che alcuni pensano fosse
Eracle, e a sua volta patl la morte. Nella redazione di Polluce si
fa anche cenno a Lityerses come inventore dell'agricoltura presso
i Frigi, alpa di Maneros presso gliEgziani: sembra invece pas16

T.G.F.2,8zr sgg. Cfr. Athen. ro, 4r5b.


Questo particolare si trova anche in schol. Theocr, ro, 42,
18 Athen. 14, 6t9a; cfr. Hesych., s, v. lltupoe; Suida, s. v. rtupo4.
17
1e
20

Suida, I c.
Poll. 4, 54.

21

Ibid.

22

Setv., in Verg, Bac. 8, 68.

i
cAPIToLo sEsTo

23o

safe in secondo piano il tema della gata con uno sftaniero cls ,i
tfovasse a passare presso il campo, e della identificazione di que-

sto straniero con Etacle'')


Il combinarsi di tali elementi nellatradizione leggendaria letterariamente elabonta non concerne soltanto Lityerses, ma anche

e nome del lamento funebre si ritrovano nell'egiziano Manefos,

nd.

Pol,.,l.c.Perlafigura,probabilmenteanaloga,diHylascfr'PKretschmer'Liryetses
Hylas, Glotta, vol. 14, 11 sgg' (r9z).
2a Athen. t4, 6t9'6zoa,
25 Po11,,

c,

26

Hesych., s. v.

27

Athen., L c.;Poll'., l,

28

PP.tov.
c.

Hesych., s. v. Mcrpucvuv rlpivo.


,e Herd. z,79. Cfu.p:ats.9, t9',7.'Anh. Suida considera Manetos come il nome di un
(corruzione di Mcvepo6?)
.unro, .lo *.rro'ipo di q,r. ii.ti'.oi nomi &vtaxx e Mepupcrv

LA MEssE

DEL

DoLoIlE

23r

2)2

APITOLO s[g1o

L,A

MESSE

DEL

DoLoRE

titura che doloroso affanno e punizione di una colpa. Cos alle


parole di Clitennestra nell',Aganzennone: <Fin troppa ne abbiars
mietuta di messe del dolore> (r).).< x c',[rroar, o],]. otrvov
po),'a fanno eco quelle di Dario nei Persiani: <<L'iBpr, giunta
alla foritur a,ha dato come frutto la spiga della colpa e della punizione, donde ne venne messe di infiniti pianti> (ppq 1,p [vr]ouo'
x6.pnri,oe ar,yw &tr, rlev 1x),utov frfl r)po)." Ora il tema
di un Dotrvov o 1x).aucov r)po, cio di una messe del dolore
e delle lacrime, acquista la sua piena pregnanza metaforica in virt
dei lontani echi di religiosit agrariache esso risvegliava nel cuore
dell'uomo greco: in particolate il rifetimento di Dario ad una Bpr
che mette capo ad una spiga della colpa e della punizione, e quindi
al pianto senza fine, raggiunge il suo patbos poetico in virt della
reale esperienza rcligiosa nel corso della mietitura dei cereali,
quando veniva vissuta sul campo di messi la ppr del mietere, sino
al momento culminante in cui cadeva sotto la falce messoria I'ultimo covone (io).o), ed insorgevano dal campo e si diffondevano
nell' ardore della luminosa estate mediterran ea i pianti cerimoniali
a lungo proratti (io).o.
Il primo covone come covone rituale esplicitamente attestato
per gli Egiziani da Diodoro Siculo: i mietitori deposte al suolo le
spighe <<per prime tagliate>> si abbandonano al compianto presso
il covone, battendosi il petto ed invocando Iside.r6 In una nfigurazone sepolcale della tomba di Ti (quinta dinastia) i mietitori
rr

Semos, p,

Athen. 14, 6d (F.H.G. q, 49):

rpoor1peuov d"tlc ouvarlporor)v0a

tiv Alrrrpa t
ra Esch.,

rv

xal

Xlrv, t 'Ioul>.

rlevt9c to

<<'l. p^"tcrcc

o).,v rev 1evrevor

tv xpn}iv erir xer)'arir,i

oprv o).o6 xori lo),ou xai

Per., 8zz.

rt Esch., Aganen., 55.


Diod. Sic. r, r4, z: <<i't ".p xai

16

vv xar& cv rleprorv to rptou dpreote


dvrrou xrEact r,qo(ov to pd1rato xe dv "Iolv &vexetroal>.

otdTu6

rn

Moret, op. cit., p. 29.

21)

234

cAPIToLo s.Slo
L

MEssE

DEL

DoLoRE

23i

lenza <<covone rituale>> palesa innegabilmente la sua presenzu ne[a


ierogenes di quel complesso simbolo che la colonna Ded,.

nariamente Osiride): ora questo simulacro rnvia alla pratica del


legamento di un uomo nel covone rituale.a. il Liungman ritiene
pertanto di poter individuare un primo grado di sviluppo della religiosit agraa egtzana, risalente ai tempi in cui I'Egitto era ancora
un terreno in gran parte paludoso ed il papiro forniva il materiale
pi importante per il vestiario e per la cosuuzione e al tempo stesso
costituiva, insieme al fiore d loto, una base alimentare: in questo
periodo - precerealcolo e preosiriano - durante il raccolto del
papiro un uomo veniva legato in un covone, decapitato e gettato
in acqua. Dalla pianta del papiro la pratica sarebbe poi passata ai
cereali, inaugurando cos la fase decisamente osiriana. Al termine
del raccolto, cio a met maggio, si prendeva un uomo, 1o si legava
in un covone o in una colonna-covone, 1o si batteva a morte e lo
si decapitava, 1o si aspergeva di acqua o lo si gettava in acqua,
oppure lo si inumava. Alla sommit della <colonna>> fu posto un
ramo verde simboleggiante Osirde. Scene di cordoglio, lamentazonifinenrie e agoni rituali accompagnavano la morte del nume,
Sul piano simbolico I'uomo legato nel covone fu gradualmente identifcato ad Osiride, chi gli tecava violenza battendolo o decapitandolo o affogandolo o inumandolo era assimilato a Set, simbolo
della sccit, e ci si vendicava di lui sacrificando a sua volta un
animale del seguito di Set, per esempio un capro, un'oca, unmaiale,
40 Liungman, op.
cit., vol. r, pp. r2 sgg. e figg. 16, 24, z5 e 26, L'aint di forma tra i covoni di lino rappresentati in una scena del raccolto di questo vegetale, \a stat i quanto covone

rituale,elacolonnaDed,statasottolineatadalMoret,

op.cit.,pp.24sgg.eigg.6,9ero.

ancof meno cantafe pef

c
e
e

detto di Persone, indica


ersi dal comune Parlarc,
come il p^tlaein lingue straniete, la salmodia del banditore cittadino, la caratteristica cadenza di chi si lamenta in ribunale, ed
infine il modo particolare con cui dovevano essere pronunziate le
lamentazioni rituali (sigu).Inoltre lalu non significa grido di giubilo, ma da considerare un termine tecnico per indicare un particolare canto rituale accompagrtato da flauto. D'altrapate alalu
in connessione con Alala, e la sua sposa (cio la <dea pian^ppe
gente Belili>), la sorella diTamttz: Alala dunque un nume ctonico appartenente alla cerchia drTam2, o additittura una diretta
manifestazone di questo stesso dio. A conferma di tale interpretazionein un frammento mitologico incluso in due scongiuri della
serie Maql, Samuqan, divinit protettrice del bestiame, appare
negli inferi in atto di suonate sul flauto la melodia allu, edil srso
canto semb ra stae in connessione col taglio dei rami di tamarisco. Da questi dati l'Oppenheim ritiene di potet concludere che
aklu indichi <il lamento funebre cantato per il nume morto sotto
laf.alce del mietitore>>, e che la connessione fra raccolto e lamento

era

in Mesopotamia cos stretta, e costituiva un elemento

a1

cos

Liungman, op, cit,, pp rz8-75.


a' Queia uul.nru ao',,u per esempio l'erezione cerimoniale della colonna in occasione
del trentesimo anno di regno di Amenhotep IIL Cfr. Liungman, op. cit., p. rt7.

2'6

CAPITOLO sEso

DEL
LA MESSE

DOLORE

23i

no riferimenti espliciti, per quanolo del raccolto dei frutti giunti a


ua morte violenta sbranato da un
enza patita durante il raccolto'to

ha riscontri numerosi in tutta la religiosit agraa meditenanea.*


Con questo riferimento mesopotamico possiamo considerare suf-

ficiente ai nostri fini la documentazione del nesso fra taccolto

li'no
5.Raccolto e Ptssione del

passione dei cereali nel mondo antico. Come gi abbiamo detto


non rientra nella prospettiva del nostro lavoro la rcerca dello stesso
nesso nelle grandi figure mitiche ricche divalenze cerealicole, cors
Tamtrz, Osiride e Demetra. La ricerca sarebbe ttttavia interessante anche se resa particolarmente difficile dalla complessit degli

sviluppi teligiosi in cui quelle figute appaiono incluse, e per la


povert dei dati documentari utili all'individuazione del contibuto genetico che, in cascuna di esse, spetta al momento critico
della mietitwa. Tamitz, per esempio, nume che <da adulto vive
immerso nel gtano>>aa e che scompare con le spighe per discendere agli inferi, palesa un molto probabile rapporto con l'operazione agricola della mietitura: il Moret non esita addirittura ad
affermare che le lamentazioni che gl erano destinate <<ci conservano I'esempio pi antico che si conosca del lamento funebre della
messe, chiamato Maneros in Egitto e Linos in Fenicia, a Cipro ed
in Grecia>. Allo stesso rappofto accenna Attis nella suavalenza
di <giovane spiga mietuta>>,a6 per tacere della famosativelazione
dei misteri eleusini.aT Quanto alla complessa figura di Adone una
serie di dati accennano alle sue feste estive, e quindi alla matwazioar A.L. Oppenheim, Bull. amer. Schools orient. Res., vol. ro3, rr-r49946). Ne1 poema
di Ba'al si trova inserito un episodio che stato considerato come <<il pi antico esempio di

rituale agratio dell'ultimo covone)> da R. Dessaud, Les religions d.es Hittites et d,es Hunites, des
Phniciens et des Syriens (tg+S) p.375; e co l'uccisione del nume della siccit Mt da parte
di'Anat: torneremo pi olre su questo punto (cft. pp. , sg.). Per un altro probabile accenno
al covone tituale nei testi cananei (Poema di Aqhat) vedi Gaster, op. cit., pp.297 sg.
aa C. Frank, Kultlied aus dem Iscbr-Tamz-Kreis (ty9) p. 67.
at A. Moret, Ritueh agraires de I'ancien Oent l hlnire des ouueax textes de Rs
Shamra, Aan. Inst. Philol. Hist., vol. 7,728 (ry).
a Hyppol,,
Refut. omnfum baetes. 5, 8.
a7 Sul rapporto uomo-grano cfr. R.B. Onians, Tbe
Oigin of Ewopean Thrcugltt (r95t)
pp. rrl sg, Cfr. Athen. 14, 6t9l:.

a8Prax..fr.zB;Tucid.6,3o;Theocr.,iditt'ry'Cfr'G'Glotz,Lesftesd'Adonissous
Ptolome II, Rev. tudes grecques (r9zr) pp 169sg'. ae Eus., Praep. Et)aftg. ), r,,-r, (it^, p'' tll, g-l) Cfr' 3,

Amm. Marc., Hist,, 22' 9.r5. Cfr. r9,


5r Erod, z,
79'

50

t2 Pa'as.
9, z9'1,
5t Poll. r
5a

Il., tg,

concetnente I
lin), ad Prctr.
smembramen

tt

Epicharm,, aP' Athen, 14, ro'6r8d:


t6 Eusthat., ad ll. z, rt67: <<\ Pwot
rorouplovctlv ewcrt, o tv Alvov r xpuov [ci
10

<<

r'

r7-r8 (Mras' p' t38' t1-t4\'

48

CAPITOLO sEsTo

DEL
LA MESsE

DoLoRE

239

TJnatradizione cos ricca di elementi conffastanti par fatta appo^per esercitare l'acume interpretativo degli studiosi: ed infatti
-a

cento anni l'enigmatica figxa di Lno forma oggetto di


dibattito. La tesi della derivazione orientale fu inaugurata dal
flovers, che volle vedere in Lino una fgva mitologica comune
6Fenici,Egizian e Greci, diffusasi dalla Fenicia insieme alle feste
Adonie. Anche al Movers risale la interpretazione di or ),vov come
fuaintendimento greco del fenicio ai lana (: ahi noi!), ritornello
ernotvo di compianto nelle feste stagionali.'o La connessione fra
trvov e ai lanu stata prevalentemente seguita sino ai nostri
giorni, finch la scoperta dei testi di Ras Shamra ha offerto la positititAdi una nuova ipotesi, e co il rapporro fual'ai).vov cme
larnento, Lino e Aliyan (Aliyan Ba'al).'t Un'interpretazione f.or6'lJLata dallo Eisler che collega il mito di Lino con la passione vegetale della pianta di lino rimasta quasi senza seguito, ed invece
fefmare qui la nostra attenzione.
proprio s
Senza
lati riferimenti antichi ad una pasdel
base del mito di Linos sembrano
sione
pma vista essere soltanto una maldestra esplicazione aitiolo^gica. Tuttavia occorre in generale andar molto cauti nel respingere come equivoci aitiologici dati di una tradizione, anche se
tardi e isolati nel complesso della tradizione stessa. Nel presente
caso poi vi sono molteplici ragioni per osservare questa cautela.
Plutatco intanto attesta per l'Egitto una passone della pianta di
lino,Tt e d'altra parte I'affinit figurativa ttala mert stat (<J'amacfuca

quentemente come grido di lamento o come forma particolare di


threnos - senza poter sempre decidere se si debba intendere s1I'uno o nell'altro senso,ts mentre un'alfta serie di dati accenna a
Lino come eroe mitico discendente da Apollo," o da Hermes,eo
o da una delle muse,61 maesffo diBtacle,Gt del quale si narrava l
morte violenta, variamente awenuta secondo le diverse ffadizioni:
per opera di Eracle,6i oppure colpito dalle frecce di Apollo,
oppure sbranato daicarttda pastore, onde nella festa &pv6 o tipv4ar
celebrata in Argo s uccidevano tutti i cani che si incontrassero
per via.65 Sul rapporto di Lino con l'Orientelatradizione antica
del pari incerta: Erodoto accenna alla Fenicia e a Cipro,66 mentre per Pausania <<il lutto per la morte di Lino giunse anche alle
genti barbare>>:61 per lo stesso Pausania quando ricorda che
Saffo <compose canti nei quali erano insieme cantati Adone e
Lino>>,68 fa di nuovo pensare implicitamente ad una connessione
con la Fenica. Alla Frigia invece sembra rinviare un passo dell'Oreste ewipdeo.6e
t? Frg. r9z Rzach.
t8 Cfr. per I'elenco e l'analisi dei luoghi relativi, O. Eiss{eldt, Linos uxd Alijan, in <Mlanges syriens offerts Ren Dussaud>, vol. r (1939) pp. 4sgg.
5e

60

Apollod. r, 3.2.

Suida,568.
Esiodo, I c.; Anth. Pal. 7, 6; Apollod., l. c.; Suida, l. c.
62 Theocr. 24, ro1'; Athen. r64b-c;
Apollod. 2,4.9;Diod. 3,67.Pet unaraffigrstazione
in un vaso di Pistoxenos del quinto secolo a. C. vedi Roscher, M. L. z, colonna zo59 sg.
6' Apollod. t,
e z,
61

6a Suida,

).2

4.9;Diod. 3,66.

(Bekk, p.5ry, z6; Cramer, Anecd.,vol.3, r89o); ProGriech. Mytb. (rgo6) p. 968, n. 6.
6t Lino sbranato dai cani da pastore: Conon, r9; schol. ad Il. ,569; Callim., fug.
3r5;
Ovid.,Ibis,478. Sulla festa'Apvl celebrata in Argo, Athen. 3, 99; Conon, l. c.;Clearco di
Soloi, ap. Aelian. hist. anim. tz, 34.

pert. 3, 4

c.; Schol.

Q, tl.4). Cfr. Gruppe,

66

Herod., l.

67

Paus.
Paus.

68
6e

adll. t8,57o

9,

c.

29.7.

9, 29.8.
Eur., On, ry95.

70 Movers,
Die Phnizien (r84r) v
Linoslied(52) pp. 16 sgg.; Baudissin,

Mythologisches Lexicon > (1896-97) col


p. 715-f7.
tt R, Dussaud, L mytbologie phnicienne d'aps les tblettes de Ras Shamru, Rev. Hist.
-Rel., vol. rc4,
387 ft93t); e Eissfeldt, op. cit., pp. 16r sgg.
72

i'

Plnt., dc Is., zt.


Motet, op. cit., p. z5; cft. p. 26, igg. 5 e 6.

24o

CAPITOLO S5'O

tici e slavi.'a IJna fiaba di Andersen aff^ pp:uto la passione del


lino: come il suo seme gettato nelle tenebre della terta dovr falsi

sffada vetso la luce del sole, come i suoi fiori stanno esposti al
calore bruciante e alTa pioggia, inch un giorno sopravviene gents
perversa che af..et:.a la povera panta per ciuffi, la strappa co
le radici dal terreno, la anneganell'acqua in un martirio senza fine,
la atrostisce al fuoco, labatte,la carda,la ftla,la tesse, la taglia
con le forbici, la punge e la ripunge con l'ago, e finalmente la cuce
per farne una camicia. Nel folklore palestinese riroviamo <<i1 tor-

mento mediante il supplizio del filo nell'ago>> in un lamento per


il grappolo d'uva spiccato dal tralcio: il che si spiegherebbe, secondo
lo Eisler, con la rasposizione d un frammento della passione del
lino in una passione della vite, e ci sulla base della somiglianza
del movimento della mano nel piluccare I'uva e nel cucire la tela,
e per 1 comune tormento che I'uno e I'alffo atto recano rispettivamente alla vite e al lino.7t In questo quadro della passione del
lino (a cui occorre aggiungere la passione di altri vegetali economicamente utili, e soprattutto del grano e della vite), i due accenni
che la tardaantichit ci ha lasciato circa un nesso fra il giovinetto
Lino morto di morte volenta e il raccolto e la lavonzione della
pianta di lino non possono essere considerati come un semplice
arbitrio di immaginazione combinatoria. Piuttosto tale nesso va
assunto come originario in rapporto al mondo storico meditetraneo che impar a coltivare e alavorarc il lino, e gli alri dati discordanti della tradizione sono da interpretare come ulterori sviluppi
ierogenetici del nucleo germinale. E ci che fece appunto 1o Eisler,
il quale ritenne che come il racio olrtrx lamentava la passione
del grano e la tpul quella della vite, cos la ),tv<pa era originariamente la passione del lino:76 cio una esperienza di religiosit agtaria connessa con il raccolto (e la successiva lavorazione)
della panta. La passione del lino cantata all'epoca del raccolto fu
trasposta al raccolto di alre piante, in paticolarc alla vendemmia
(Omero) e alla mietitura (Erodoto) secondo motivazioni di cui la
pi sopra cordata trasposizione palestinese potrebbe darci un'idea. Che la passione del lino sia diventata il modello di alre pas-

DEL
LA MESSE

Bcher, Arbeit urd Rithmots (1896) pp. 8r sgg.


75 Eisler, op, cit., p. 275.
16 Ibid. pp. 244 sg. Per la tpulq(e cfr. Aristoph., Acham.,
496 sg , e Vespae, 65o.
,

24r

sioni vegetali par adombrato nel fatto che Fozio indica ).vo nel
(ma Narciso anche
significato complessivo di &vrlo, o di natciso
nume
Infine
secondo
1o
scoliaste dell'Orecompianto!)77
un
esso
porre
<i
barbari
son
soliti
l'iXtvo
all'inzio di ogn
src etrripideo
quella
di Lino sia stata
Iamento funebre>>,7t ed anzi sembra che
pi
famosa
inserita
in
lamentazione,Te
finch il
ogni
passione
la
questione
non
dall'occasione
in
fin
con
1o
staccarsi
solo
del
cato
per
ma
luttuosa,
e
diventare
infine
anche
da
ogni
occasione
raccolto,
la generica esclamazione di dolore dei cori delle tragedie. Analogh processi di distacco alla situazione esistenziale di origine, con
trasposizioni e generalizzazioni, costituiscono del resto un fenorneno ben conosciuto e verificato nel folklore relgioso e nella dinamica della circolazione dei canti popolari: solo che processi del
genere non vanno intesi soltanto come svolgentsi nel tempo,
secondo un ritmo ozzontale di appatizone e di scomparsa, ma
anche nel senso verticale di ascesa e discesa secondo le classi social,
e secondo il carattere delle singole civilt religiose, di gusa che
la connessione originariafrailraccolto del lino e la passione vegetale di questa pianta si mantiene inintemottamente da epoche lontane sino all'atttale dispersione o disgregazione folklorica, mentre il mito di Lino ha una vita culturale molto p circoscritta, e
segue nel mondo antico sue proprie linee di diffusione e di sviluppo.
La connessione particolarc fta Lino ed il momento critico del
raccolto si ricava senza sf.orzo dalTa tra&zione, e innanzi tutto dalla
descrizione omerica e dal passo di Erodoto, dove per siamo gi
di fronte ad lna trasposizione del raccolto del lno alla vendemmia e alla mietitura. Alre particolarit del mito accennano all'epoca del raccolto, come il motivo agonistico e la morte violenta
dell'eroe sotto i raggi cocenti del sole estivo, n piena canicola (le
frecce di Apollo, 1o sbtanamento per opera dei cani). Torneremo
pi olre su questo punto. Ci che ora resta da esaminare pi da
vicino la connessione fra il lino come pianta, a trvov come ritor77

Phot., Lex., t93; cfr. Eisler, op. cit., p. 246, rt. 4. Del testo con analoga trasposizione
otrov er, outrov ietvaleva non solo per la passone dei ceteali ma anche per
quella del lino, poich Athen, r4, 6r9a titiene che secondo alcuni si sarebbe rattato di un

il lamento otrov
canto

7a

DOLORE

78

di tessitori.

Schol. Eur. Or., 1935: <elrlaouv oi


Eisler, op. cit., p. 246, n. 7.
7e
Conon, 19; cfr. Eisler, I c.

BdpBpou

rv cil,uvov

v &pXfr p{vou l1euv>.

Cfr.

242

CAPITOLO Sg.O

nello emotivo di un threnos e /\v


semantica sostanzialmente affi
di grano, io).o come ritornello
accompagnavala mietitura e 'Io
di Demeter. Il rapporto semantico fra ritornello emotivo e riuftre
offre del resto numerosi riscontri nel mondo antico: cos\ a hylagmos
corrisponde Hylas, 1 grido rituale iaccbos d origine a laccos, jl
sumero alala s ritrova in Alala come nume, e - ove si voglia accettare la vecchia ipotesi del Brugsch -l'egizano ntaa n per.k (tor
a a casa!) s sarebbe tramtrtato in Maneros. Analoghi rapporti si
creduto di rawisare in Abobas e Gingras soprannomi di Adone, g
ancota in lalemos e in Hymenaios, Papaios ed Euios, e cos via.80

6. Raccolto e passione della uite


Gi vedemmo come il canto rituale originariamente impiegato
pet la passione del lino fosse trasposto nella vendemmia alla passione della vite. Ma oltre la famosa descrizione omerica :una threnodi della vendemmia trova in Grecia altri accenni. Durante la
festa attica delle Oschophoria, che aveva luogo appunto all'epoca
della vendemmia, risuonava il ritornello ),E),e <<in segno di costetnazone e di aanno)>, secondo che dice Plutarco.8l Del resto un
Dioniso-grappolo (Brpu) menzionato in un'iscrizione mistetica
di Alistrati (Tracia occidentale), dove apparc tozzamete inciso
un gtappolo, e un affresco pompeiano ruffigwaDioniso in forma di
gigantesco grappolo, da cui escono testa braccia e piedi del nume:e
se si tien conto che il folklore della Bassa Austria conosce un grappolo rituale del genere, artificialmente preparato e chiamato \X/einbergbock o \Y/einberggoas (capro della vigna),'r non sembrer senza
fondamento la tesi, gi avanzata dalFrazer e sviluppata poi dallo
Eisler, della conispondenza fra covone rituale della mietituta e
80 Per i dati bibliografici relativi cft. Gastet,Tbespis, pp. r2-r5. Per Abobas, Gingtas, Iale'
mos, Papaios, Euios cfr. G. Hoffmann, Armriscbe Inschtifn aus Nerub bei AlEpo: neue und
alte Gtter, Zeitschift fr Assytiol. u. verw. Gebiete, vol. rr, zz8 sg. (r8g6).
81 Plut., Thes,, zz,
82 Eisler, op. cit., p. 227 e t^v. xvrI, fig. ro4.
81

Ibid., l. c. e t^v. xvnI, fig. ro5.

DEL
LA MESSE

DOLORE

24)

srappolo rituale della vendemmia.sa D'altra parte la tradizione


rfica interpreta la passione di Dioniso sbranato da titani, e la

srnembramento di Dioniso, cantato durante la vendemmia>>:s6 ora


anche se

si vuole ridurre

leanmafuesT

il

valore di questi dati

a:una tarda esplicazione ailgorica, resta

come fa il
l fatto che

ia stessa possibilit di una allegoria del genere aff.ondale sue radici


nell'esperienza agratia della passione della vite al momento della
vendemmia e degli alri lavori agricoli che concernono la produzione del vino. Secondo il Jeanmaire <<perfettamente ammissibile> - per quanto <(senza testimonianza celta>> che le operazion delTa potatura e della pigiatura siano state avvertite <(come
n^ mutilazione o un supplizio inflitti allo spirito della vegetazio-

ne>:88

ora ci sembra che nel mondo antico le testimonianze a

favorc di una tale esperienza siano cos numerose - sebbene indirette - da fornire la pratca certezza del rapporto, e non soltanto
la sua ipotetica ammissibilit. Lasciando dapanel'oscura leggenda
del lidio Syleo nella quale alcuni elementi della leggenda di
Lityerses sembrano trasferiti alle operuzioni agrcole eseguite nella vigna,Ee possiamo ricordare un lamento funebre cananeo di vignaiuoli, e precisamente di potatori, in cui la vigna potata compiantacome nume dolorante per la violenzasubita: <Qual signore
e padrone sta egl sul trono, con lo scettro della desolazione in

una mano, e lo scetffo della vedovanza dall'altna,..>>:eo ma sono


del pari eloquenti gli occasionali riferimenti a una passione della
vite e a un cordoglio rituale durante la vendemmia indirettamente
ricavabili dall'Antico Testamento. Al ritornello ).ele durante le
Oschophoria fa riscontro la costumaza degli abitanti di Sichem,
8a

Pe

8t

il

._ Diod.
(Lang,

tra
62.8

parallelo

o riruale cfu. ibid.,

Sic. 3,

); Kern, Orph. fragtt., zt4; Con., p, :'B5

p.

zz9.

p. 62, ro). Cfr. E


Vedi p. 236, nota
8i H.
Jeanmaire, Dionysos (Patigi r95r) pp. 177 sg.
88
86

lbid.

8e

.Apollod., BibL 2,64: Syleo faceva seppellire gli sranieri che si awicinavano alla sua
vigna, finch Eracle uccise Syleo e sradic Ia vigna.
eo
Gaster, op, cit., p. z4r.

DEL
LA MESSE

CAPITOLO SES]6

245

DoLoRE

244

aal <<uscirono verso la carnPao le uve e fecero hillulitn>>'e'1


Israele i suoi peccati: <<'leloi'li,
olto estivo, come si canta nell

ofeta Isaia: <<O donne ticche,


ia voce; o figlie cos confidenti,
in cordoglio: termi' Voi sarete

empre il raccolto' SPogliarcuotetevi i seni a causa della


>>,ei Nel salmo 8o si lamenta

bruciata: ora il salmo 8o, com

ettanta: tp tv )'evv; in San Geroriconoscibili come antichi canti


lamo: in torruk bui,iilf-t U tende

ii", a"l;in"rn

t;u

frutto sono date dal mondo cretese-miceneo, anche


a vite.et
e la trebbiatura dei cereali' o

il

ffasfotmazioni necessarie Per rer

irc
in
ch

e1

tne, sollecita

rel lamento

e6

Ibid., p. 276,

Giudici 9, 27.

sz Michea
er lsaia

7, t.

32, 9-tz'

Eisler, op. cit., P. z7o.


et Ibid., pp' 271 sg.

sa

v xorPv, o

P. t22,

t.

5.

se

noi cono-

246

GAPTTOLO

s5.o

naggio che esegue I'atto del raccolto si piega nelle ginocchia in una
trasparente espressione mimica di religioso sgomento e storna violentemente latesta, come per i sacrifici nei quali interdetto guardarel'azione sacra che viene compiuta.ee Il carattere rituale della
scena fuori dubbio: e se f interpretazione che ne stata data
giusta, in essa scorgiamo come nella sintes d un simbolo gli elementi fondamentali della passione vegetale: cio il raccolto corne
soppressione violenta di un nume, il pianto rituale e I'anticipazione
drammatica e giubilante del ritorno del bene vegetale che scompare.

7. Analisi ierogenetica

Circa trent'anni or sono Robert Eisler, analizzando alcuni nessi


mitico-rituali relativ alle passioni vegetali nel mondo antico, ritenne
che essi potessero essere interpretati come ffasposizione della colpa
del raccolto su operatori simbolici, e come vendetta riparatrice esercitata su tali operatori. Lo Eisler mise in rilievo l'impoftanza documentaria che a questo proposito aveva una formula rituale conservatac da Epifanio, il quale riferisce che i Manichei quando si
cibavano di pane, rvolgevano al pane stesso la seguente dichanzione di discolpa: <<Non io ti ho mietuto, non io ti ho macinato,
non io ti ho impastato, non io ti ho messo al forno, ma un alffo;
senza colpa io ho mangiato>.10o Ttavia lo Eisler non ricav da

DEL
LA MESSE

r, p. 16r, fig. r16; Id.,

Tree and Pilltr Calt, p. t77,


fig. 53; Nilsson, Tbe Mioa-Mycenaean Religiox and its Suraiuals fu Greek Religio (tgo) pp.
237 sg. (cfu. p. 243, dove detto che I'anello di Micene mosra i due aspetti polari del culto
della natura, e cio < joyous excitement and mournful lamentation>>); Ch. Picard, Les rcligions
prbellniqaes (1948) pp. r47 sg. Naturalmente la scena dell'anello aureo di Micene stata anche

Evans, Tbe Palce of Minos, vol,

divesamente interpretata, ma la interpretazione pi aderente ci sembta quella che abbiamo


indicata nel testo, nella quale concordano il Nilsson e il Picard.
100
Epiphan., Haer.6z,28, (Ho11, vol. 3, p. 6z): <<oij.ce oe 1 eproc/ohe'i),eaq. oire Lrg

247

\tefiiva recata violenza, onde poi chi si macchiava di tale colpa


doveva, talionis caltsa) subire la stessa sorte. Esemplificava Epifanio che <(coloro i quali raccoglievano fave e ortaggi, o mietevano
fieno ed orzo, erano costretti a subite la trasposizione nelle fave,
el fieno, nelle spighe o negli ortaggi, al fine di essere anch'essi
mietuti o recisi>>.101 Ad ulteriore chiarimento Epifanio aggiunge
che, nel quadro di questa ideologia, <<colui che avesse mietuto,
doveva lui stesso esser mietuto, e del par chi avesse gettato nel
forno la fanaimpastataper cuocere il pane doveva subire la stessa
sorte, e chi impastava il pane doveva essere impastato, e chi lo
102
appunto per questo le comispondenti
cuoceva esser cotto>>:
operazioni erano interdette ai manichei,lo' e l'indispensabile cibarsi di pane poteva esser ripanto solo con la rccitazione della
formula di discolpa: <<Non io ti ho mietuto ecc.)>.
Questa ideologia manichea, che nel suo complesso sincretismo
racchiude innegabilmente una eco della teligiosit agtatia popolarc,ha una notevole mportanza ermeneutica ai fini della ierogenesi delle passioni vegetali nel mondo antico. Innanzi tutto i dati
che ci offre Epifanio ci consentono di formarci un'idea della c r i s i

che costituisce il rischio del momento critico del


raccolto. Come dicemmo, nel tegime esistenziale che fu pro. xtrlpocvov por),ovld),), ,),o uroeoe rorror ra five1x tot: 1 &verro 91ov >. Cfr.
Eislet, op. cit., pp. 214 sg. Tuttavia lo Eisler si limita a riportare soltanto la formula rituale
di discolpa, seza ttilizzare gli alri dati del passo di Epifanio.

oe/oj'ce

101

<

,pvor,
ee

DoLoRE

Au dv1xr to
ivor

peccllotivcru

xa aroi eprorlior xci

elg 1ptov

ii

el6 9or).cr

i) el xpulzv

ii

el6 ctXuv i) el

xo.r.or>>.

102
<<eT, rc r9epffel, rplor)foeter, oto v el pXevlv oi,ov B),),r (come quando si butta
nel fotno laana impastata per cuocere il pane) B).rr)roetot xal at, il guodoe guoeficetcrt,
i\ rtpa &ptov nt4locrtcr >>.

r0r <<r toto ,*etpeao;' arou p1ov norfloocur>. Cfr. Theod., Haer.
fab. conp. a, z6: <<'Ov
Xdplv ol xa).orrevol c),erou ep' eto, ote &ptov x,rolv, orSte l,Xavov tpvouotv, &tr), xai
ro tcrra priouv, ri6 laugvot rpogcrv a(povrar' o8{ouol ro r repvpeva xel r xlreva >.
Lo stesso tema in Agost., c. Faust. 5, 6: < Neque enim Christus vobis praecept ut herbam non
evelletis ne homicidium perpetretis >; 6, 4: < Dicitis enim dolorem sentire fructum cum de arbore

catpitut, sentire cum conciditur, cum teritur, cum coquitur, cum manducaturr>.

249

cAPIToLo s31o

248

DEL DOLORE
LA MESSE

ererzione agricolr-del raccolto una situ'

storicit ella situazione umana sino

al

apprende se stesso come procuratore di


stesso si Pone di fronte al Proraccolto e all'esPerienza di una

ra l'uomo Pu convettire in un
re>>

il

<<at torn.ate> se-

ressivamente restringendo,
che <<Passa da s,.senza e

tarsi significontro l'uomo>>. Ma questo restr


stessa possi.""" .lt. comincia a "nir meno 1
ar passare>
bilit di esistetecome prese nza odel raccogliere la pianta
il;;;i;;. ,..ondo 1^ coerenzatecnica
immediatamente nelutile, la stessa pr.r.t'u comincia a passre
la siiuazion.. u p.''i in .''u

tentati

s11i;;;l,1;:l;t,ffi::

ve or

il

di intetPretare come
suo esatto significato

cco si ritrova l'atto del raccotrapassare nella Pianta raccolta'


n un'assoluta identit di destino'
ene dal ate' On i nessi mitico-

azione del raccolto nella religioiostituiscono alffettanti modelli tec-

,
sit agrariadel mondo antico

;;ili.;,,o il.i*r'i"

di

alie

ll;U,#:;l3i
Precedentemente

raccolto
del lavo

l'orizzo

esta costruzione tecnica' e com-

onamento'

tma che erra per le messi> costituisce

il primo

fondamental

tlil'alie'uppttitntuti::l:
e quindi
a,
gnalat
e
a
, .onf igrilur

e orizzonte

nazione irr erativa;;;;.;;,

dine vegetale compiuta attraverso


a in un"covone simbolico mietuto
V

Rantasalo , Der Acleetbau


den Gebracben a*
rOt

in Votlsslule

cr*r*"rri;hen:i.\.

der Finnen und det Esten

c., i.

nit

elttsprechen'

r919-25) p. 5r.
> (Sortalava-Helsinki

25o

CAPITOLO ggO

da un simbolico mietitore, che


del misfatto>. Il pianto rituale
primo o dell'ultimo covone ha i
il misfatto: si piange la morte vi
se)> non fosse stato I'agricoltor
Soffermiamoci sulla tecnica che assegna a17'ultirno covone e alf'ultimo mietitore un significato mitico-rituale. Qui I'ultimo mietitore
- o legatore - assorge a operatore simbolico che concentra su di
s il rischio che altrimenti avrebbe gravato su tutti gli operatori
rcali, panlizzando I'operazone agricola nel suo caattere di tecnica profana. Questo operatore simbolico consuma, come si detto,
il rischio di tutti: non solo ha, ma I'ultimo covone, co il nume
dei cereal che ne forma l'orzzonte mitico: egli confonde il suo
proprio destino con quello del nume, <(trapassa nel covone>>, orrnai
<<immerso nel gtano>>, secondo un rapporto di identifcazione che
reso anche esteriormente sensibile merc del legamento nel covone
stesso. Quel volto umano fermato nel suo alienarsi che <il pneuma
errante per le messi> traspare ora in modo materiale dieffo il velario
di spighe del fantoccio animato, oppure sporge dal manto vegetale. In virt di questa apparecchiatura tecnica destorificatrice ha
luogo una mietitura <(protetta)>: anzi, nel caso dell'elemento agonistico che si introduce per la determinazione dell'ultimo mietitorc,l'apparecchiatura tecnica in quistione consente una pi rapida
esecuzione del lavoro, poich ha come conseguenza un generale
affrettarsi dei mietitoti al fine di non soggiacere al destino riserbato a chi falcia I'ultimo covone.
L'operatore simbolico che concenra su di s - sul piano metastorico mitico rituale che il risultato della destorificazione - il
rischio e la colpa della violenza recata al nume dei cereali aprela
possibilit di un ulteriore sviluppo tecnico per la protezione dell'operazone agricola della mietitura: su d lui, infatti, possibile
esercitare la vendetta patattice. La formula <<non io sono stato,
ma un altro> ha l vantaggio tecnco di petmettere I'operazione
colpevole punendo per quest'altro: nel caso specifico il vantaggio di mietere conte se non fossero tutti i mietitori afarlo, e consente di vendicare il misfatto corne se uno solo lo avesse perpetrato. La scelta degl operatori simbolici fra gli operatori reali
dell'operazione agricola non costituisce per l'unica possblit tec-

DEL
tA MESSE

106
107

25r

DoLoRE

Salmo 8o, r3.

Anth. p.

, r'Su

questo punto pu vedersi Eisler, op'

cit', p' 2)2' n' 4'

2j2

CAPITOLO Sf,51q

durantele Thesmophoria. Analogamente, Osiride, Adone s


almaiale appartengono ierogeneticamente alla stessa
uccisi
Attis
sfera di connessioni.tot In tal guisa la formula uictimae numinibus
per contrarietatem i.nntolabantur apparre come uno sviluppo tecnico del tutto trasparente della formula destorificarice riferita du
Epfanio.'oe
fossa

consacato sull'altare di Zeus, e sono quindi avviati verso l'altare alcuni tori sazi, e che quindi
non dovrebbero avere nessuno stimolo davanti al cereale. I1 toro che divora l'orzo ucciso
dal sacerdote, che successivamente fugge appena compiuto I'atto, come farebbe un assassino.
iudizio cerimoniale per il misfatt
L'arcont

giudizio
che ha a

ma anche per noi


tranne chJ si trat
stolidezza che ha

DOLORE

2j)

L'istituzione di responsabili animali delle passioni vegerali ntroduce nella mietitura dei cereali una complicazione operativa che
ha ttttavia la sua propria coerenza tecnica ed assolve una funzione
orotettva definita. Come risulta dai dati folklorici euromedirerian.i pt...dentemente ricordati, I'operazione della mietitura
eguita
assume l'andamento di una ptita di cacc
per entro un mascheramento tecnico, una
in cui
itto accade come se non si ffattasse di mie
la caccia all'animale connesso con la passione dei cereali: da questo
rnascheramento risulta un'efficaca protettiva sull'operazione stessa,
che intanto, attraverso Ia mediazione d questa pia fraus, rsulta
libenta dai rischi di crisi furelativache la minaccerebbero se fosse

ipanti al sacrificio. Gli idrofori sp

'accetta utiltzzata nel sacificio


gettaLt^ in mare: solo ora i partecipanti possono cibarsi delle catni del toro, e a conclusione
simulata la resurrezione della bestia immolata, ricucendo la sua pelle dopo averla imbottita
di fieno, e aggiogando il simulacro all' aratro, La concezione di colpe e delitti di animali conduceva n Grecia alla celebrazione di tegolari processi giudiziari contro di essi (Arist., Const. Atb,,
)>,
57; PIat., leg, g, 8lr). Archil., fr. 84, dice di Zeus: <ool
to
Sulla quistione della Bpu e dei misfatti degli animali e sui
ca
di essi da vedere Eisler, op, cit., pp. 249, n. 5 e 296 sg.,
cristiana (Gregorio Nisseno) che ha reso definitivo iI concetto dell'irresponsabilit motale e
della non perseguibilit giurdica del mondo animale.
roe Com' noto I'identificazione dell'ultimo covone con I'animale dei cereali ticondotta

dlF
delle
vano

LA MESSE DEL

Comandtbe\Y/ill,vol. t,pp. )o4sg. all'associazionerealefrailcampo


che un tempo, quando i campi erano sez^ difese, Iiberamente vi etta

dei cereali, ma <<lo diventa>>, in una identificazione di colpe e di


destin che pu giungere sino al punto di imitare, come abbiamo
visto, il comportamento dell'animale mitico. Qui i rapporti precedentemente studiati si riproducono esattamente anche nell tecnica dei responsabili simbolici animali, ma con la dif.ercnza che
I'inserzione dell'animale fra mietitore e nume ucciso offre l'opportunit di spostare sull'animale stesso le forme pi radicali dea
vendetta riparutce, cio I'uccisione.

ricondotta anche, dallo studioso inglese, al fatto che determinati ani-

qualche cosa di Pi,


, o tutt'al pi di una
inctedibile catena di

erisorge in Oro, il quale non appare tanto come il nuovo re quanto


piuttosto come lo stesso vecchio re che nel suo legittimo *...r-

254

CAprToLo

SESTO

sore ha vinto la morte. Tuttavi


divino ricalcata sui momenti de
dei ceteali, e presenta quind una
rispondenti momenti della passi
agricoli del raccolto e della reb
della trebbiatura dell'o rzo, avv al
mento del Sethe e di alcune risol
secondo l'interptetazione del Gaster:

DEL
LA MEsSE

rida

Ono (rivolgendosi ad Osiride, cio all'orzo che lo rappresenta): Ecco, guarda:


io batto coloro che ti hanno battato!
(L'orzo trebbiato viene caricato sul dorso di asini per essere awiato aJ,magazztno:
sul piano mitico ci significa Osiride che portato via dal seguito di Se.
Ono (a Osiride): Il ueleno d.i Set non sar mi pi. sprso su di telrro

La scena, com' evidente, rappresenta una duplicit di valenze:

in un'unica azione dtammatica e per enffo uno stesso simbolo


mtico viene rappresentata la passione del re divino e quella vegetale del nume dei cereali. Ora se consideramo la scena nella sua
valenzapi propriamente agtaria, si presenta innanzitutto il parallelo fra il mietete come smembrare Demetra e l trebbiare
come smembrare Osiride: in entrambi i casi I'operazione
agricola riceve orizzonte mitico nella rappresentazione di una vioIenza recata al nume. In particolare nella scena della rebbiatura
dell'orzo del papiro drammatico del Ramesseo il trebbiare viene
mascherato (o <destorificato>) attfavefso un <(come se>> tecnicoteligioso: la trebbiatura dell'orzo la passione di Osiride, tuttavia coloro che tecano violenza al nume non sono gli uomini, ma
gli animali (sul piano mitico: il seguito di Set) utilizzati nella tecnica della trebbiatura mediante calpestio animale: questi operatori simbolici, su cui stata spostata la colpa, vengono a lor volta
puniti dal vendicatote Oro, che esibisce a Osiride la propria azione
riparatrice: <<Ecco, guarda: io batto coloro che ti hanno battuto>.
Tex za al*igtptiscben
sg.

Mysinspiele (I-tpsia r9z8) pp.

la festa ,pvq
cani per vendicare Lino - sa-

t)4

di un rituale di degenerazione del misfatto umano del raccolto,


riversandone t:utta la colpa sull'ardore del sole durante i giorni della
canicola, e uccidendo cani per vendetta di ripanzione.lll Un
anr.logo rapporto forse rinracciabile nel poema canaeo diBa'al.
Lo sfondo esistenziale di questo poema l'anno agricolo siropalestinese, caratterizzato da due stagioni fondamentali, quella pioiosa dalla fine di settembre al principio di maggio e quella secca
dal principio di maggio allafine di settembte. Il pericolo per l'agricoltura e per le messi dunque rappresentato dalle pogge eccessive e fuori tempo o dalla siccit prolungata, come anche dal rapido
sciogliersi primaverile delle nevi montane seguite dal rovinoso in-

grossarsi dei fumi."' Il poema diBa'al rispecchia sul piano mitico I'ordine drammatico delle relativef.orze cosmiche: Ba'al I'ofizzonte mitico della giusta pioggia nella stagione che le spetta, e si

presenta pertanto come un nume con nette valenze meteoriche;


Yam il nume delle acque terresri e sotterranee e del mare aperto;
Mt l nume della temibile estate, della siccit inaridente, degli
inferi e della morte:l'inigazione come potenzumana di controllarela sfera delle acque terrestri ha il suo orizzonte mitico in Asthar,
che per non ha sovranit su nessun periodo dell'anno, e di cui
il poema narra come El abbia respinto ogni pretesa, ribadendone

lo stato di minorit.tt' Nel quadro di questo dramma dell'ordine


cosmico mova posto <il pi antico esempio di rituale agrario delI'ultimo covone>>,11a la uccisione di Mt dapatte di'Anat: <<Essa
affena il divino Mt, con la falce lo miete, con un vaglio lo vaglia,
nel fuoco lo brucia, in una macinalo macina, sui campi 1o disperde
Eisler, op. cit.,

rr2 Dalman, op.


sg1.i

rebbe damettere in rappotto con la espressione gvou &pveior,


lsnegarc misfatti (Eur., lon., toz6) e avrebbe quindi il significato

111

K. Sethe, Dmmmatische

estate, che appunto I'epo-

Secondo lo Eisler

lCapri e asini irrompono.nell'aia per trebbiare.l'orzo mediante calpestio).

Gaster, op. cit., pp.3,88 sg.; cfr. pp. 52

255

Lino ucciso dalle frecce di Apollo o sbtanato dai cani accenna


e di responsabili simbolici della
Itare la storicit dell'operazione
postamento della colpa sull'oriz-

Ono (rivolto al seguito di Set); Non bttete rnio padre!


(Osiridevienebattuto. Il nume smembrato. Orobattea suavolta
coloro che battono Osiride, scacciando a colpi di frusta gli animali ch
calpestano I'orzo sull'aia).

110

DoLoRE

p.

255 n. 3.

cit., vol,. r, 2, p, )o7.


11r
Gaster, op. cit., pp. rt5-29.
114
Cfr. p. 276, nota 43.

\
256

cAPIToLo

sES,e

Osiride, eseguendo su essi la vendetta riparatrice' L'istituzione


di responsabili animali delle passioni vegetali come tecnica di destorificazione del raccolto aline di liberare l'operazione agricola dal
rischio di una irrelztiva crisi paralizzatrice trova interessanti applicazioni nella vendemmia. La tradizione ci ha conservato notizia
di una festa attica della vendemmia chiamata Askolia (la festa delI'otre), durante la quale si saltellava a gata con un piede solo su
un otre rgonfio di ata, deridendo chi cadeva.t'6 La danza appare
anche in altre feste (Choe e Aiora), e divent pi tardi :una danza
intorno all'otre. La ttadizione accenna concordemente, come aition
della costumanza allapunizione di un misfatto animale: il capro aveva brucato la vite e perci fu ucciso, e successivamente sulla sua
pelle tigonf ia d'aa ttamtata in offe, veniva eseguita ladaza.\11
La vicenda messa anche in connessione con la leggenda del vignaiuolo Icario, eponimo del demos dilcaria e diffusore della coltivazione della vite avuta in dono da Dioniso, cosl come Trittolemo diffuse la coltivazione dei cereali insegnatagli da Demetra:
avendo il capro brucato la vite e danneggiato la vigna Icario per
ira lo uccse, inducendo i suoi compagni a danzare intorno alla pelle
rigonfia a modo di otre.11s Ora Eisler mise in rilievo come questa
danza che la tradizione ciha ttamandato come una rappresentazione a carattete meramente agonistico, si collegava in origine a
Per lo stato della quistione cfr. Gaster, op, cit., p' tz4.
Schol. Aristoph, Plut., rrzg; Suida, s. v.
117
Verg., Gcorg. 2,38r sgg.: Poryh., d'e abst z, to.
118 Eraihost., op Hys o*i. t,4. Su Ikarios vedi in patticolare M. Nilsson, Die Antheste'

11t

116

enunddieAiot4ranosJahrbuch,vol.r5(r9r5),rist.inOpuscoltSelecta(Lundry5t)p

r'

LA MESSE

DEL

DOLORE

257

rivato dalfatto che durante la festa del raccolto i cori lamentavano

stare su tesponsabili animali la ppr del raccolto i slcta sirnulatio

in vrt della quale la umana vendemmia era eseguita ((come se)>


fosse un brucare di capri o di altri anmal dannosi allavite.t"
l1e
120

Eisler, op. cit., pp. z64sgg. e 276.


Ibid.., p. 276.

t2t Ibid., p. z5z. Lo Eisler tenta di interptetare come rituali di denegazione le leggende
di Erigone (p. 276) e di Orfeo ucciso con atnesi agricoli (pp. ,4, sg.; cfr. p. 343: <<L'uccisione
o anche il maltrattamento della vttima umana con tali arnesi da considetare come un puro
e semplice rito d compensazone esercitato sul preteso colpevole... rito di compensazione
mediante il quale il contadino vuole stornate da s l'ira della segale, del lino e smili>). Lo
Eisler accenna inoltre ad un'altra forma di denegazione e di spostamento della colpa della vioIenza recata al nume della vegetazione mediante 1e operazioni agricole:
di denegare e rimuovere gli zrepi tpog{6 rirxrctt, e di discolparsi da e
mente ovvi la scusa che il misfatto del maltrattamento e dello sbraname
commesso in stato di et:t:rezza o di licantropia, e che perci coloo che avevano effettuato il
ra
ali o ptetese di ebriet non potevano essere dichiatati responsabili>
(p
o della leggenda di Licurgo). Queste e altre suggestioni dello Eislet
pattrcolzreggiata, e un'ulteriore verifica: che pet noi qui ci troviamo
m
di {ronte a un ctiterio ermeneutico fecondo di risultati, non pat dubbio.

2jg

CAPITOLo

SESTO

LA

MEssE

DEL

DoLoRE

259

fragio'
7'operazione agicola del raccolto, sul grande vuoto vegetale che
il raccogliere lascia dietro di s e che si protrafi - esposto a tutti
gli incidenti e le incertezze della storia agricola - sino alla nuova
germinazione e al nuovo raccolto. La destorificazione protettrice

del raccolto non si esaurisce pertanto nelle varie forme del <<non
sono stato io>, poich chiunque sia stato 1'operatore del misfatto
e quale che sia la vendetta riparatrice, resta comunque il fatto della
ptoffatta scomparsa del bene vegetale, cio una prospettiva storica ed esistenziale il cui pieno riconoscimento rischia ancora una
volta di sommergere nell'amplissima sfera delle sue possibilit
avverse all'uomo il modestissimo otizzonte operativo che cade sotto
il controllo umano. Alle tecniche di occultamento delle responsabilit umane (operare <(come se)> non fosse l'uomo ad operare) si
innestano pertanto quelle inditizzate a cancellare o a variamente
attenuare il vuoto vegetale che si manifesta con I'appropazione
e 1'avvio alla consumazione del bene economico vegetale. Si ffatta
cio di operare <(come se> il risultato dell'opera fosse apparente,
e il non essee che si manifesta fosse, sul piano metastorico, (gir,
reintegrato nell'essere. Su questo pano metastorico di comodo il
nuovo ciclo esistenziale che dovr essere percorso <gi> stato
percorso in modo esemplare: in questa prospettiva il covone rtuale
muta di segno, diventa il simbolo d una permanenza o di un
ritorno: il sacrificio di vendetta si tramuta in sacrificio di rinno-

122
Quando il Lungman, op, cit., p. r89, ossetva che <in Fenicia e in Egitto non si avuta
esatta coscienz se si ttattava di un sactificio per rinnovare la forza del nume della vegetazione, o di un sactificio di vendetta per vendicare 1'assassinio del nume stessor>, sembta attribuite ad una sorta di confusone fra disparate e gratuite immaginazioni ci che in tealt, nella
presente ricosffuzione ietogenetica, si manifesta come sviluppo di una stessa coerenz tecnica
con divetse valenze protettive.

GANDEZZL

E DECDENZA DEL PIANTO

ANTICO

z6t

7.

Gnndezza e decadenza del Pianto Antico

t.Il

Pianto Diuino come modello

Nella prefazone alla sua opera Dei costunti di Sardegn comporati con gli antichissirni popoli orientali Antonio Bresciani si indugia nella descrizione d una singolarissima danza d pastori cui egli
stesso ebbe occasione di assistere. Riportiamo per esteso il passo
data la sua notevole importanza documentaa.
Visitando io la tenuta di Geremas, luogo solitario ed ermo in sul mare, ivi
convennero da ogni banda pastori e vaccai di que' monti col intorno, e
agricoltori di Pirris e di Quatu. A' quali avendo io fatto festa d'una cena,
godutoli veder bere e mangiare secondo lor modi paesani, come la giocondit del vino di lorobdanza e caldezza di spiriti, si fur rizzati a sedere,
e presisi per mano alla mescolata giovani e vecchi, misero una lor danza a
e

suono della lionedda, Il cerchio era grande: e il sonatore delle tibie impose
cadenza che li f darc in certi passetti brevi e presti, i quali faceanli

wa

roteare quasi a rimbalzo. Tremavan tutti nella persona... ed il tremolio


or era lieve a guisa diribrezzo, e tal volta gagliardo da un certo come fremere. I volti erano seri e scuri, gli occhi tetra, e il capo quando levato,
^ di tristezza chiusa in fondo al
e quando chino e col mento in seno. Segni
cuore. E intanto la lionedda suonava un gemito rauco e lamentoso, e talora
s fievole che pareva spento; sinch a mano a mano iva sollevandosi in uno
strepito intronato e fondo, come di vento nella foresta. Allora fu il girare
pi awivato, ch pass ben presto a concitazione; ed ecco un giovinetto
scagliarsi improwiso nel mezzo del cerchio, ed ivi contendersi, divincolarsi,
balenare e cadere tutto lungo in terra: e i danzatoti battere il suolo rinforz^ti, e ta;gittar le braccia, e percuotersi con le proprie mani e colle mani
de' compagni la fronte; attorno al caduto s'inginocchiano, s'accerchiano,
s'ingroppano, fan viluppo; indi si sbaragliano, s'attraversano, si confondono
con simulata barufa a legge, e colla maggior gtazia che mai, dando mostra

Senzadubbio per i pastori e per i contadini della tenuta di Geremeas che eseguirono questa pantomima davanti al Brescani si sar
con ogni probabilit ffattato di un semplice divertimento in onore

dell'ospite: ttttavia il significato orginario della vicenda mimica


accefina molto lontano. Intanto noi riffoviamo una danza molto
simle nel folklore funerario. Un tempo in \X/estfalia durante i funerc\i una persona si collocava al centro della stanza mortuaria, e
rnentre i presenti danzavano si lasciava cadere a tefta simulando
la rigidit della morte. A questo punto seguiva il lamento funebre
e il bacio rituale al finto morto: se chi ne sostenevale parti era
un uomo, le donne si recavano a turno abaciarlo, se era donna
l'atto spettava agli uomini. Esaurita la cerimonia deibaci veniva
eseguito un ballo tondo finch il finto morto al centro del cerchio
si rialzava, mescolandosi alle danze.t Inoltre da osservare che
una danza <<saltellante>> caratteristica del cordoglio rituale e della
lamentazione. Nel suo commentario al poema di Aqhat il Gaster
ha recentemente ossevato che in accadico ra-qu-ud-du termine
per indicare il lamentatore professionale: ora nell'ebraico biblico
r-q-d significa <<saltare>> e questo anche il significato dell'accadiano raqadu e del\' arabo r-q-s e r-q-z. In arabico ed in sitiaco le voci
corrispondenti raqsth e ruarqodeta denotano un modo speciale di
saltellare o di danza saltellante eseguita nel corso dei funerali.r Se
1 Bresciani, Dei costumi di Sardegna conpM.ti con gli attichissimi popoli orientali, pp. )ofl-)otr.
2 Ranke, op. cit., pp. z94sg.

Gaster, op. cit., pp. 3o6

sg.

CAPTTOLO SETTIMO

262

fta

prte la pantomima descritta dal Bresciani accenna visibilmente

alla morte e alla risurrezione di un giovinetto, al compianto e al


giubilo: e gi il Brescani pensava al compianto e al tripudio delle
feste Adonie. Tutto ci pone il problema del nesso che lega nel
mondo antico i rituali funerari per la morte di persone stotiche
e i rituali agra comelativi alla scomparca e alfa reintegrazione d
un nume. Per intendere questo nesso nel suo significato tecnico
occorre rifarsi ai risultati del precedente capitolo. Se trascendete
ci che passa senza e contro I'uomo significa farlo passare mediante
l'uomo, cio nel valore dell'opera rtmafia, e se ci che definisce
la vita culturale il suo farsi procuratrice di motte al naturale
morire, ben si comprende come le civilt agricole del mondo antico
plasmarono la loro espetienza religiosa della morte innanzi tutto

fondam.ntalmente nell'ambito dei lavori dell'anno agricolo, e


in particolate nell'ambito del momento ctitico del raccogliere come
mietere e come vendemmiare: qui nfatti insorgeva con particolare acttezza il conflitto f.ralapoteza reale della morte naturale
e la potenza rcale della regola umana della morte. A protezione
tecnica del ciclo dei lavori agricoli, e del loro epilogo nel raccolto,

Mt ritorna aBa'al dopo la vendetta che 'Anat esercita


a
5

Ibid., p. 3o7.

Ibid., pp. 7o6

6 Bresciani, op.

sg.

cit,, p. xxrlr.

su Mt;

G&LNDEZZ/^

E DECADENZA DEL PIANTo

ANTIco

t63

lewnziava nel modo pi perentorio la irrevocabilit del passare,


co la sfera del morire delle petsone storiche. Questa modalit dellartorte era esposta pi di tutte le altre aI <<non c' nulla da fare>
della crisi, ed era pertanto pi di tutte bisognosa di protezione: ci
avvenne nel mondo antico, come abbiamo visto, mediante tecniche
rnitico-rituali quali il passaggio del morto dalfa condizione di <<cadavere vivente>> a quella di morto nel regno dei morti, o la tualizzazione del planctus nel lamento funebre, o del futore nell'agonisrno, o dell'erotismo nelle esibizioni oscene e nei giuochi lascivi,
o della sitofobia nei digiuni e nelle astinenze rituali, o della bulimia nei banchetti funebri. Ma avvenne anche mediante una risoltzione pi radicale e cio con la integrazione della morte individuale col suo scomparire senza ritotno nel sistema di destorificazione mitico-rituale che era stato costruito per attenuare o cancellare
la storica realt dello scomparire vegetale. Si stabil cos un organico rapporto ra rituali funerari e rituali agrari: non soltanto sia
negli uni che negli altri ritroviamo lamentazioni e digiuni, purificazioni e sacrifici, agoni ed etotismo, orgiasmo e alTegria e banchetti,
ma il cerimoniale funebre si colmava di simboli vegetali e il cerimontale agrao racchiudeva bene spesso unavalenza di festa dei morti.
In Egitto all'epoca della diciottesima dinastia si deponeva nelle
tombe uno strato di terra disposto sopra un fondo di tela a contorno ritagliato in figura di Osiride, onde poi, germinati i semi e cresciuta la messe, il morto (che era al tempo stesso un Osiride) veniva
integrato nel ciclo vegetale del nume. In Mesopotamia Dumuzi
risale dagli inferi col suo corteo di lamentatori, di lamentarici e
di flautisti: ma agls,inferi nel giorno del suo ritorno sulla terra tornano anche i morti a resprare I'incenso, e l'annuo compianto per
il nume della vegetazione fu anche una festa de morti. In Grecia
le Anthesteria e in Roma Ia praefati,o delle cetimonie primaverili
con le Parcntalia e le Lemuria accennano allo stesso rapporto.T
? Sulla connessione tra feste agratie e titorno dei morti (che con ogni ptobabilit risale
alle civilt coltivatrici pir primitive) cfr. Gaster, op. cit., pp. z8sg.

264

CApIToLo

SET,IU\4O

tivo sviluppo ierogenetico problema che esula dai limiti

della

nostra ricerca: sar tuttava opportuno accennare adrna connessione alla quale non stato dato sinora il dovuto rilievo. Si uatta
della presenza del re sui campi al momento del taccolto, a riaffermazione della sua signoria sugli alimenti e con ovvie funzioni di
sorveglianza. Nella scena della mietitura nel trevo Baor,).rov che
nfigrrata sullo scudo di Achille noi vediamo l re che assiste
ai lavori, muto, in piedi, con 1o scettro in mano, il cuore riboccante di gioa:' e il Moret ha messo in evidenza come scene analoghe si ritrovano nelle tavolette egiziane, come per esempio nella
scena di lavori agricoli nffiguati nell'ipogeo di Nakhti, dove l
padrone della tomba presente assiso sotto un chiosco, rallegrandosi in cuor suo della vista.' D'altra pattela discendenza regia di
Lityerses, Maneros e Bofmos, sembrano accennare ad una connessione fra passione vegetale e passione regale: connessione che
trova una ultima eco nei relitti folklorici euromediterranei in cui
il padrone, o il fattore o la fattoressa assumono su di loro la passone del grano in occasione del rituale dell'ultimo covone della
mietitura o della trebbiatura.D'alftaparte in diversi momenti della
I Il. ,
e

A.

556 sg.
Moret, Rois et dieux d'Egypte

zione successivamente connesso con la regalit.t1


In questo fondamentale quadro di destorificazione della morte
noi dobbiamo ora considerare il pianto rituale nel mondo antico
nelle sue forme di lamento funebre per la morte di persone storiche,
di pianto rituale pet la scomparsa del nume della vegetazione e
dinarrazione mitica che pone in illo tenzpore un pianto esemplare
per una esemplare morte divina. Un testo famoso, conosciuto sotto
il nome dt Larnentazioni di Iside e di Nephthys ci consente di raggiungere il pi alto e complesso livello ierogenetico del pianto antico. S
ftatta diun testo religioso in scrittura ieratica, del periodo tolemaico, facente parte del libro dei morti di una donna a nome Tentruty,
iglia di Tekhao, soprannominata Petsis. Nel preambolo si legge:
tempio di Osirno del quarto
corpo, rallegrando

J. Vandiet, L religion gyptienae (tsCS) pp. t83 sgg., zoz sg.


veda in proposito A. H. Gardiner, J. egypt. Atcheol., vol. z, rzz (r915) e R. \X/eill,
8u11. Inst. fran. Atcheol. otient., vol. 47, 14 ft948\.
10

(r9rr) pp.

11 Si

259 sg.

il

che appartiene
ermando il suo
suo ka, dando respiro al naso di colui la cui gola op-

266

cAPrToLo

il
appartiene
ty, figlia di
eseguono,
do felice

sETTtMo

e e di Nephthys, collocand rdando vita, stabilit.e b.n"-*Jil,,3l


annominata.persis. E p..fir.ii
"'e er
(per) gli

di.

Seguono i brani della lamentazione, alternativamerte re^.


da du"e s acerdores se che so sreng"o l| p:
;i;;.^i i rit
^;t,
Nephthys:

12

R.

O. Faulkner, The Lametations of

Isis and Nepbtbys, <Mlanges

ii

Maspro> vol. r,

E DECADENZA DEL PTANTO ANTICO

261

GADELLL

questo lamento illumina la sinto in questione. Si ftattainatti,


ne per una pefsona storica defiiglia di Tekhao, soprannominata
Osiride, ed il testo del lamento
llo che le due dee recitano ritualel quarto mese dell'inondazione,
ak, quando aveva luogo la semina
elle acque del Nilo. Dal preamdi Iside e di Neph^mentazioni
stabilit e benessere all'Osiride
vivare il mitico Osiride durante
quarto
mese
dell'inondazione,
ma anche <<a collole cerimonie del
carcOro sul suo trono che appartiene a suo padre>>, co ad assiclrrzlre stabilit e continuit alla monatchia divina, al di l del
destno di invecchiamento e di morte che colpisce i re al pari di
rutte le persone stotiche. D'altrapantelalamentazione si apre con
i7rcma, successvamente pi volte rinnovato, del ritorno: <<Torna
a casal)>, e si chiude con una rcintegtazione nei cicli cosmici di
quanto ha patito o pu patire la morte: Osiride torna come sole,
come luna, come Orione, come datore di vita che nutre uomini
e di, rettili e quadrupedi, come ritmo periodico delle acque del
Nilo che <<al7a stagione giusta>> torna dal suo ritiro, spandendo I'acqua della sua anima e prodigando il pane del suo essere. Si ha qui
un gigantesco simbolo di destorificazione mitica che risolve nell'eterno ritorno in illo ternpore lo storico non tornare di ci che
passa, il vuoto di essere che ffavaglia ogni permanenza e che alla
{ine appare proprio come un orrendo vuoto che si rischia di non
poter oltrepassare. In questo simbolo polivalente che cancella la
morte del re e la scomparsa della vegetazione nel mito di una successione esemplare gi avvenuta e di una gi avvenuta esemplare
apparizione della vegetazione, anche il vuoto lasciato dalla morte
di Tentruty , iglia di Tekhao, soprannominata Persis, colmato
per sempre: e la stessa lamentazione che vale per Osiride nume
vegetale e re divino vale anche per lei, e Iside e Nephthys ripej37 sgg.(tgt. Cft. J. de Horrack, Les lamenttions d.'Isis et de Nephthys (Parigi r9o6); e in
J. de Horrack, CEuures (Parigi tsoz) pp. 33 sgg. Si veda anche C. I. Bleeker, Isis and Nephthys
s wailing, Numen (1958).

268

cAPrToLo sETTtMo

E DECADENZA DEL PIANTO

ANTIco

.69

GtNDEZzl

e il vuoto del trono furono colmati da uno stesso pianto al quale


faceva da ozzonte uno stesso mito di morte di cordoglio e di rein-

tu

amavi sulla terra e sebbene non amavi alffi che rs,


o fratello, o fratello...>> E anche il mito dell'integrazione nell,eterno ritorno dei cicli natwali media e fa da tta;ma ad un allontanamento che al tempo stesso una riappropriazione ideale, un continuare a vedere 1 caro volto in una memoriainterna che toglie
a pretesto e a sostegno il ritorno della luna, o del sole o di Orione
o delle acque del Nilo. Viene cos compiuta la necess aa rinunzia
all'impossibile materiale ritorno in carne e ossa e si risolve il <mai
pi> che forma il grande scandalo della morte e il remendo pungiglione del lutto. Ci appare ora in tuttala sua tragica grandezza
quel carattere del rituale funerario egiziano per cui in ciascun consorella che

creto evento luttuoso <<ogni sposa diventava un'Iside, ogni figlio


un Oro, ogni cognata una Nephthys, ogni amico un Anubis o un
Thot>>.1r Si pu anzi dre di pi: la destorificazione della morte
d Tenruty nel mitico destino di Osiride, e del cordoglio dei sopravvissuti nella rituale iterazione di un esemplare cordoglio di pri
mordi dissolve i rapporti reali della concreta situazione luttuosa,
e li traspone in un <(come se>> che non rispetta n sesso, n et,
n effettivi legami di parentela. La Tentruty che realmente visse,
e che pot avere in vita marito e figli, diventa nella morte un Osi1r

rcgrazione. T,,tttavia questo rapporto, anche se non esplicito, aleggia

tutte le civilt religose del mondo antico. Il mesopotamico


Tamttz era, al pari di Osirde, un nume che pativa la morte: e le

su

il nume dovevano con ogni probabilit


durante il servizio funebre.ta La sffuttura dei
lamenti destinat aTamz ricorda taloru cos da vicno il lamento
per la morte di persone storiche che almeno in dati casi si indotti
a pensare aduna pura e sempJice trasposizione di lamentazioni originaamente limitate al rito funerario. Si consideri per esempio
questo lamento in forma di dialogo tra il coro e la madre che ha
perduto il figlio:
annue Iamentazoni per

essere impiegate

Coro'.

O madre, o otbata, sei stata defta:udata dei figl?

Madre: Il figlio, il generato da Anu (ancor ragazzo), me lo hanno portato via.


Coro: Ahi, sei stata defraudata dei figli?
Madre: Colui che il Signore, Ununuzida (ancor ragazzo), me lo ha portato

via.
Coro: Ahi, sei stata defraudata dei figli?
Madre: L'eroe, il mio Damu, ancor tagazzo me

lo hanno portato

via.15

Forme responsoriali di questo tipo in cui il dscorso diviso fra


lutto (o chi ne sostiene le parti) e il coro sono

la persona colpita da
ta Ibid..,

R. Pettazzoni, I nisteri ft924) p. t57

15

11

p. zo7.
lVitzel, Tanttzliturgien, pp. 77 sgg.

cAPlrol-o sETTtMo

27o
ben conosciute nel lamento funeb

stereotipi sti

in cordoglio
tradizionali.
tazioneper Tamz sembra la sem
reso da madre afiglio, con I'aiut
parte quando un testo liturgico d
corso delle cerimonie destinate al
strapp i igli avranno rammem
e cos pure - di eco in eco - le s
fratellie cos via: analogamente, come vedemmo nella sezione folklorica, ogni singolo lamento funebre destinato a pefsone storiche
poteva e"ssere o.-ccasione del rinnovo del lamento anche per altre
.rrot. precedentemente morte'16 Noi ora comprendiamo meglio
sa e al ritorno del
erch ogni rito agrario dest
tendenza elettiva
nrr.. della veget l"ion ,u
morti' Le cerirno'
a diventare unih. una vera e pr
della vegetazione
rit
e
al
morte
nie destinate alla
senza ritotno
i
ffapassi
per
anche
trattarc
erano altrettante occasioni
ma pel entro
anch'essi,
delle persone storiche: i morti vi tornavano
la protezione di una vicenda metastofica che li integrava in un destino diuino che in illo tenpore avev^reintegrato il morite del nume,
Il rapporto di struttuia e di funzione che lega insieme il lamento
frnebrestinato a persone storiche e il pianto tituale destinato
alla scomparsa del ngme della vegetazione pfesenta anche un allo
aspetto interessante. Nella sezirne folklorica avemmo occasione
di accennare a quel tipo di lamentazione funeraria in cui ha luogo
un dialogo fftti)io fra la persona colpita da lutto (o chi la rappresenta) .ulc*o dei presenti (forie, in dati casi, il coto) che
sostiene l putt del mrto (oppure un dialogo fittiz-io in cui una
stessa lamentarice sostiene enirumb. le parti)' Vedemmo anche
come il fondamentale significato tecnico delle lamentazioni di quettip" fosse quello di"indurte a poco a poco-nei sopravvissuti
in cordoglio la persuasione della itrevocabilit dell'evento luttuoso,
veda
(pp.
lum.nt"no-in
16 Si

zaro Boia

Cairo (pp. t35 sgg.) e i {unerali di Laz-

tt*'iip^-l

i|'Iliadz

in cLe a'celle

propri lutti (p' r9r nota 44; cfu tdatr

ricavabili dalla legislazione funetaria, pp' 19r e 275 sg.).

GLNDEZzI

E DECADENZA DEL PIANTO

ANTICO

271

zia la sua nuova condizione e la


ome prima>. Cos in un lamento
isola s alent ina la iglia sopravvise ne aspetter pazientemente il
ni speranza sar dileguata anche
adre morta risponde <<Non aspetssun tempo, ln per anni n per
per
I
n
il
male
per
n
il bene>. Analogamente in un lamento
secoli,
finebre della Russia settenrionale - nel quale rappresentato il
rnornento del trapasso - la madre morente implora i figli di non
.6rmentarla con le loro assurde richieste che urtano .ontro iI ato
inesorabile della morte incombente (cfr. pp. r4o sg.). Ora in Mesopotumia un testo liturgico relativo alla passione del dio Lilluli
rproduce nella sostanzala stessa struttura tecnica. La scena della
rappresentazone tuale rafigurala sorella di Lillu, Ia deaEgi-me,
in atto di lamentarsi sul nume morto, che giace gi nella tmba.
Egi-me supplica il fratello, in nome della madre Gasan-hurs agae d
altri parcntr divini, di <<alzarct dal luogo dove giace >>, cio di resuscitarc. Ma Lillu risponde anntnziando il carattere definitivo del
suo nuovo stato e la impossibilit del tornare in vita <(come prima>>:
Per mio fratello levo il lamento, sempre di nuovo
Levo il lamento, un canto di dolore per Lillu,
Levo il lamento, una lamentazione pr Lillu.
Ripet-o <sino a qu_ando?>, <rsino a quando?>>,

ripeto sempre

O Lillu,.tua madre ripete <sino quando?>Tua madre Gasan-hursaga ripete osino a quando?>

<<sino a quando?>>

sno a quando?>
pete <sino a quando?>>
quando? >

a quando?>
ndo? >
uando? >>

ti posso affidarcT
affidarc?

ito )>, <( estenuato >: appellativi che ben si atta_


re. Nel mito di Lillu una parte notevole ha Ia

o di Tam2.

272

CAPITOLO SETTTMO

La sorella parla al fratello cos:


O fratello mio, dal luogo dove riposi, alzati: tua madre si volge a

.&ANDEZZA

E DECADENZA DEL PIANTO ANTICO

27)

te

Tua madre Gasan-hursaga, tua madre si volge verso di te


TJ signore,
principe, il sacerdote supremo di Adab si volge verso di
-il
Assurki', il principe di Kes, si volge verso di te
Atu-tur, in lacrime, si volge verso di te

t.

O Lillu tua madre nelle lacrime non Ia lasciare


Tua madre Gasan-hursaga nei lamenti non la lasciare
Egime in pena per te non la lasciare
Non farla gridarc, dal luogo dove riposi alzati!
O Lillu, non farla gridare, dal luogo dove riposi alzati!
I1 fratello risponde alla sorella:

Liberami, sorella mia, liberami


O Egi-me, liberami, o sorella mia, liberami
O sorella non mi r

io non sono pi.


io non sono pir).
O Egime, non mi
O madre mia Gas
mo che abbia Ia
vista non sono pi.
Il luogo dove riposo la polvere della terra: fua cattivi io riposo
Il mio sonno angoscia: fra nemici io sto.
Sorella, non posso levarmi dal mio giaciglio.ls
(a)E-mah: Tempio in Kes, citt della Babilonia meridionale. (b) Adab, citt della Babilonia
meridionale, oggi Bismaja: sia a Kes che ad Adab vi erano templi d Lillu. (c) Assurki: divnit
simile a Tam2.

<<sino a quando?> (cio sino


a quando resterai mmobile nella tomba) e alla scongiurante richiesta

Lo schema chiaro: alla domanda

<<alzati!>>

il morto risponde di

essere ormai

morto e di non potersi

zioni anche quando la efettiva ricerca non veniva p drammadcamente eseguita, come nel caso di alcuni lamenti neogreci della
compiuDenisola salentina. Noi non abbiamo
esempio
ia degh,antichi rituali funerari da pot
ne folkdi ricerca rituale del morto: ma g1
lorica del costume sembra spiegabile solo come reltto di un costume
antico. D'altra parte abbondano nelle antiche forme di vita reli-

e del nume scomdati relativi


enda mitica' Cos
arso (ucciso, rapito) sia al
a di Orcomero,1e
Dioniso era cercato dalle
Kore da Demetra in Eleusi'o e in Samotracia,2r Icario da Erigone," Adone da Afrodite,'r Osiride da Iside,ta Ba'al da'Anat,t'
gosa agraa

levare dalla tomba mai pi, proprio allo stesso modo che nel lamento

neogreco pi sopra ricordato. Nel testo liturgico mesopotamico il


motto prosegue raccomndando l'esecuzione degli obblighi rituali
funerari e invitando a slegare il silah:
Che mia madre, che rivolta verso di me, sleghi il silah
Che Gasan-hursaga, che rivolta verso di me, sleghi il silah
Appresta un seggio: fa' sedere il silah!
Poni un panno, per coprire il silah!

18

Thureau-Dangirt, l, c,;

ry27) pp. z7o

sg.

H.

Gressmann, Altorienlische Texte zm alten Testament

le Plut.,
Quaest.

synp.8, poem,; cfr. Quaest. gr', 18.


Lactant., Diuin. in*it. epit., z3: <Cereris nystetium est in qo, facibus accensis, Proseeifla rcqilifituf, et ed inoeflt ritus omnis grotulatione et tlednftln iactatione finihu>>.
21 Schol. Ew. Pbon,
7,
22 Atbe. t4, 6t8e; Etyn. Magnum, ed. Hesych, s. v.
2r Si veda il lamento per Adone di Bion, r9 sgg,: <<E Afrodite scioglie le trecce e va
vagando pet i boschi, frenetica, violenta, a piedi nudi. Le spine la lacerano, men6e procede,
. ru..olgno il suo sangue divino, ma essa passa per le radure, gridando e chiamando il suo
20

giovane, i1 suo assiro signore>>.

(2"

ed,

2a Cfr. l'inno di Amon-Mose in Roedet, IJr,unden ar Religion der alten Aegipt, . 24:
<Iside che lo cerc e a cui non vennefo meno le forze per questo, colei che percorse questo
territorio senza soste, e che non si ferm prima di aveflo tfovatot>. Cfr. pet altati, Roedet,
op.
- cit., pp. 4r sgg., e Hopfner, p. 45.
" onche |';natvagae gira I in ogni montagna, proprio nel centro della tetta, I su ogni
collina, I nei luoghi pi riposti della campagna... per veste essa cinge un petizoma, I essa vaga

274

CAPITOLO SETTTMO
.&ANDF,ZZA

persona cara di cui si attende il ritorno e che invece non torna


a casa e scompare appartiene alla cerchia delle reazioni profane
naturali, indipendentemente da qualsiasi rito. In unacero ctso,
per esempio, si riflette appunto una ricerca del genere, che la figlia
disperata compie al lume della torcia (deda) per rirovare il padre
ucciso n un conflitto: <<Io partu dalle calanche lcirca quatff'ore
di notte, I mi ne falgu cu la deda I a crc per tutte I'orte, I per trovallu lu mio vabu; I mal'axianu datu morte>>.28 Qui, salvo la narrazione resa nel ritmo del ucero,Ia ricerca al lume della torcia
non ha ovviamente nllla a che fare col rito: occorre tuttavia osservare che tali ricerche affannose dopo disgrazie o assassin avvenuti nelle campagne o nelle selve (la fuequ'enza di una tale congiuntura doveva essere altissima nel mondo antico) trapass dalla
vita reale nel rito e nel mito. Nel gi ricordato lamento di Olone
lalamentatrice ha assistito alla morte naturale della persona cara,
e tuttavia effettua una ricerca ittizia ne campi e nel bosco, sino
alfittizio rittovamento del defunto in un ramo di betulla, che sat
staccato dal ffonco e portato a casa: qui siamo di fronte ad un rito,
a ct:i fa da orizzonte il mito del morto integrato nel mondo vegetale. Noi intravediamo cos ancora una volta la coercnza tecnica
che dovette presiedere al rapporto fra rittah funerari e rituali agta:
laintegrazione del morto nel mondo vegetale, al fine di attenuare
sia le scomparse senza ritorno delle persone care, sia anche la prospettiva della propria inevitabile scomparsa. Noi comprendiamo
essa si ferisce, I grafia l, suo avambraccio, I solca il
suo petto come fosse un giardino, I incide le sue spalle come fossero una valle, I fa udite la sua
voce e grida: lBa'al morto! >> (Poema di Ba'al, Gastet, Thespis, p. t94, cft. pp. tqq tg.).
26'{l itzel, Tamuzliturgiet, passim.
21 PerIla vedi Strab. rz,
4, 3 e Apoll. Rhod. I, r35o sg.; per Priolas-Bormos cfr. Nymphis,
ap. Schol. Aesch. Pes. 93t;
fr. 9, FHG, III, p. r4; Domit. Callistrat., ft. I, FHG, IY, p.
Apoll. Rh. 2,78o, e scol. tel. Quanto sia tenace questo tema pagano della ticetca dello scomparso confermato dal relitto folklorico di un canto natalizio romeno dove Maria cetca Ges
al modo pagano: <<Ed essa venne, lamentandosi e gridando, I totcendosi le mani e lacetando
il suo bianco volto, I piangendo nei suoi neri occhi e sospirando dal suo cuore, I procedendo

in lutto sulla tetra,l alla maniera di un..,

lsl;

per la strada, cercando il Figlio>; citato da


28 Marcaggi, op. cit., p. r5o.

T. Gaster, Folk-Lore, vol.34,73 (9z).

E DECADENZA DEL PIANTo

ANTrco

275

bre dell'Hade.'e
z. Lamento funebre e t)ita culturale in Grecia e a Roma
Per quanto in Grecia il lamento funebre non fu mai intermesso

(Luciano
fesponsof
di ritorne

catattere
nze cotali
nel corso
una svalutazione

della storia greca per un verso i primi segni di


polemica, e per un altro verso la risoluzione del lamento in forme
ietterarie e drammatiche sempre meno dipendenti dal rito come
tale. Col tramonto dell'et eroica, nella quale lalamentazione ebbe
p^rticolarc favore anche per ragioni di prestigio sociale, e con l'avvento delle democlzrzie cittadine, si fece valere contro questo tem2e Sempre

nell'ambito dei ptoblemi ierogenetci sollevati dal pianto antico sia funeratio
un'analisi particolarcggiata la trasformazione dei ritornelli emotivi della
lamentazione in numi a cui la lamentazione resa, Cos\ gli ioloi del culto di Demetra si ffamutano nella dea delle messi loul, da akl l, sumetco nume agrario Alala, dagli hylagno
stagionali la mitica figura di Ila, e cos via (per una rassegna di questi numi si veda C. Hoffmann, Annriische Inschiften aus Nerab bei Aleppo. Nerc ud alte Gtter, Z. Assyriol, u. verw'
che agrario meritetebbe

Geb.,vol. ia,pp.22sg.(r8g6),edidatibibliogtaficicontenutiinGaster,Thespis,pp.tzsg').
nota la spiegazione che solitamente viene data di questo fenomeno cos largamente rappresentato nel mondo antico: si tratterebbe di incomprensione pet l'esatto significato dei ritotnelli, i quali sarebbero stati scambiati per il nome dei numi invocati. Oraapafie il fatto che
sono generalmente sospette le spiegazioni che attribuiscono ad equivoci e ad errori di interpretazione fenomeni religiosi a larghissima diffusione e che si riproducono costantemente nei pi
diversi ambienti culturali (si ricordi, al limite, la teoria del mito come <<malattia del linguaggio>), da osservare che in questo ca
di vero per ritornelli emotivi di lingue
che, per esempio, il ritornello emotivo
dai Greci per Maneros come nome di
gtido di dolore, di colleta o di giubilo, e che utrou o lolor erano i lamenti rituali (Semos ap.
Athaen. xrv, 6 r 8 d, FHG, IY , qss) e A4rltpoutror i lamenti connessi alla mietitura dell'ultmo
manipolo di orzo (cft. p. z3r): come possa in questo caso, e in altti analoghi, essetsi prodotto
l'equivoco dre ha condotto alla trasformzone del ritornello emotivo in un nume resta un misteo
di difficile soluzione. A nostro parere tutta la questione va ripresa su altre basi, e noi stess
speriamo di poterlo fare in avvenire.

276

cAPIToLo sETTtMo

E DECADENZA DEL PIANTo ANTIco


cghNDEZZL

sso della

pestoso momento del rituale fun


lccentuata: I' esaltazione epica de
funerali che si collegavano al th
bili alla nuova societ.ro Questa
si esprime in una serie di disp

drette tanto contro il goos dei f.a


piuttosto contro il carattere pubb
della lamentazione dell'epoca eroi
per singole circostanze luttuose (
di rinnovare i lamenti per lutti passati prendendo ad occasione ogni
inumazionett ela esposzione del cadavere fuori casa.)2 Un analogo divieto di esegure il planctus rituale fuori casa si rinova in una
disposizione legislatva d Delfi'i e in una di Keos.ra Analoghe
misure resffittive sono attribuite a Licurgo per Sparta, e a Caronda per Catane.)6 La legge di Solone prescriveva inoltre che soltanto le donne oltre i sessanta anni potessero partecipare al corteo
funebre, a meno che non fossero strette paleti,31 e la legge di
Iuli a Keos obbligava le donne di lasciare il sepolcro prima degli
uomini:r' disposizioni che con tutta probabilit tendevano a ridurre o a moderare sia il concorso di lamentarici che rinnovavano il
cordoglio rituale per i loro lutti pi o meno recenti, sia la partecipazione femminile in generale, come quella che occasionava le pi clamorose matifestazioni di cordoglio. D' altra parte queste disposizioni
legislative - simili a quelle contenute nella legge delle XII tavole non dovettero avere soltanto motivazion politiche e suntuatie,
ma pi specifcamente morali e di costume, se proprio Plutarco
ci informa che Solone proib il kopets perch tozzo e barbarico,
e per la sua akolasia,re cio per la sua mancanza di misura (nello
stesso spirito Luciano parler d arnetria delle lamentatrici).ao Non
p. 65.
'o Reiner, op. cit.,
Plut., SoL zr; cr. rz.
11

12

Demost., 43, 62.


Dittenberger, SIG, II'z, n. 438.
ra Dittenberger, SIG, III'z, n. rzrS; IG,XII,5,593
t8.
"16 Plut., Istitut. Lac. (II,
p. r53 Hense).
Stob., Flor. 44,4o

ii

Charikles,

III,

27.

Dittenberger, SIG, I c.
Plut., SoL zt.
ao Ll;c., Dial. Mort., X, rz.
r8
re

277

vita civile determinati

eno ritualizz^to dovettero aPPa-

no nelle Pi elevate sfere della


a Pi elevata e complessa motimisura si ritrova in alcuni Pass
latone. Nel quadro della educae Platone respinge innanzi tutto
le la motte, e quindi i corrisPonomi tenibili e paurosi che si rife-

I saggio non teme la ProPtia morte


colui che ha meno bisoe non deplora quella dell'amico, ma come

desli ahri.
in-figtio, o

egli altri se la morte gl toglie


zze, o qualsiasi bene-. Achille
""
Lcor pi Teti che deplora il destino
i*"dlamen
i .hill., o Zers afflitto per la moit. di Ettore o per quella del
figlio Sarpedone, non costituiscono esempi pedagogicamente fac.J-utubiti: <Se in realt, mio caro Adimanto, i nostri giovani
or.nd"rurrrro sul serio simili discorsi, invece di riderne come di
Zebolezzeindegne di di, sarebbe difficile, per loro che non sono
che uomini, dilrederli indegni di se stessi, e di rimproverarsi i
proposti e'gli atti simili a cui potrebbero puf essere indotti: ma
ontrariet si abbandonerebbero senza vergo gna e senza
ilLu^in^
coruggio a pianti e a threnoi>>.a1 I1 lamento funebre addirittura
..rr-du Plone sullo stesso piano del femmineo incollerirsi evaagloriarsi e smaniare p.r amr. o infermit o doglie_del parto: e
u ,r.rru condanna .olpir.. insieme al lamento q-uelli che probabilmente saranno stati i tipi melodici propri dei threnoi (rlprvet
&ppovr), cio il lidio misio, il lidio acuto e alcuni altri simili, dannri ,ror solo per gli uomini ma anche per le donne.t Ttttavia
occoffe t.n., p."r.ite che questa sevefit nei confronti del lamento
concerne solo lu citt ideale e in particolare I'educazione dei reggitori supremi: nelle Leggi Platoe prescrive soltanto che Ia pto",''.,

ar
a2

Plat., ReP., 386a388d'


Ibid.,395d'e.

278

CAPITOLO SETTIMo

dizonalun responsorio di semicori formato da quindici giovanetti


e da quindici giovanette schierati da ciascun lato della bara: questo responsorio canter inni composti in onore dei sacerdoti.q
Questo atteggiamento polemico nei confronti della threnetica riposa
sulla persuasione che dopo la morte non si pu portare al defunto
nessun soccorso daparte dei vivi, e che le spoglie mortali dell'anima immortale non giustificano il lusso dei funerali: baster un moderato dispendio, come per un altarc agli infer deserto di vita.on
Non a caso gli unici spunti polemici contro la threnetica nel
suo complesso e conffo lo stesso goos dei familia si trovano in
un'opera filosofica come la Repabblica, che concerne la citt deale:
nella citt reale per n l goos n iI threnos furono mai intermessi
e soltanto se ne cerc di moderare, ingentilire e interiorizzarele
forme in parte per ragioni politiche e in parte per esgenza civile
di misura. Manca n ogni caso una polemica religiosa plasmatice
del costume: I'accenno del7e Leggi al nessun soccorso che i vivi possono portare ai morti con f imponenza dei funerali e delplanctus
rituale, e l'affermazione che pi che giovare ai morti occome aiutare i vivi nell'esercizio della virt, racchiudono un pensiero che
gi nettamente orientato n senso filosofico e che comunque non
a) Leggi
959a-e.
aa

Ibid.959e-96oa.
a' Ibid.
947b.
a6 Ibid.
959d. Pet una taccolta di spunti polemici contro il lamento funebte fra gli soittori greci si veda J. Leipoldt, Der Tod bei Gieclten und Juden (Lipsia rgqz) pp. 122-47. (Totenklage und Bestattung): il Leipoldt omette per stranamente nella sua rassegna la polemica platonica. Da ricordate anche il filosofo accademico Krantor di Soloi, che nel suo scritto consolatorio
ep vcou (indirizzato ad Ippocle in occasione della morte del figlio), sostiene in polemica
con la dreror degli stoici la i,etpuorlercr come giusta reazione all'evento luttuoso (cfr. Arnim,
Pauly-Wissowa Realenc., vol, rr (t9zz) cc. 1585 sgg.). Occorre comunque osservare che questi scritti consolatori pagani ispirati a riflessioni filosofiche sulla morte esercitarono una relativa eficacia solo per entro molto ristrette cerchie di intellettuali, e non mai operarono come
vete e proprie forze plasmatrici del costume,

c?'LNDzzL

E DECADENZA DEL PIANTO ANTICO

219

moo tradizionale:at per, al tempo stesso, essa lavor pi

di ogni
dal
suo
funebre
altra civlt del mondo antico a liberare il lamento
prooriginario carttere rituale e a risolverlo in forme letterarie
fan. Nella sua unit originariamente rituale di tesponsorio fta guida
e coro, il lamento funebre greco accenna ad un importante sviluppo culturale: la ftagedia. Aristotele nella Poetica definisce il
crunto come lamento eseguito sia dal coro che dalla scena,o' e
d'altraparte nella forma pi antica dellaparodo l'attore al tempo
stesso il corifeo, in ci fedelmente rispecchiando la struttura del
lamento rituale.s0 Come giustamente osserva il Nestle, la Presa di
Mileto e le Fenicie di Frinico, commi di chiusura dei Persiani e
dei Sette contlo Tebe,la parodo delle Coefo re, i comrui e le monodie nello stile delle Troiane di Euripide sono impensabili senza il
modello del lamento funebre, e senzapostulare unaimitazione della
sua strutturarituale.'r Senza dubbio l'elemento pi propriamente
mimetico fu dovuto all'influenz a del thiasos dionisiaco , ma il lapa7

Luc,, de luctu, cap,

aB

Ft. zz, D, 5,

ae

rr, t2, i9i

cfr. c. 13 (lamento di padre a figlio).

Arist., Poet. t45zb, 24.

50 rX/.

Nestle, Die Struktn des Eingangs in der attischen Tragcidie (Stoccarda r93o) pp. r8 sg.
t1 Nestle, ibid. Per il rapporto fra lamento funebre e ttagedia da vedete M. P' Nilsson,
Tragdie rd Totenklage, Arch. Religionswiss. (r 9o6) pp. 286 sgg.; e Der Urspntg det Trug'
rist. in OPuscola
vol. z
lla, Neue J
moso luogo della
er6v
pp. 6r sgg.
frigia, che il diti
a base
der ha cetc
il lamento funebre anatolico, recitato davati aI monumento sepolcrale fotnito di una porta
a due battenti, o da due porte vicine, talora simbolicamente rappresentate; cfu. The Dithyrumb'
A Anatolian Dirye, Classical Rev., vol. 36, rrt4 ft9zz). Ora al mutamento della natura del
ditirambo dall'Asia anatolica alla Grecia sembta accerrrare il frammento di ditirambo di Pindaro
destinato ad essere eseguito a Tebe: <<Un tempo si trascinav, come lunga gomena, il canto
dei ditirambi, I e queslo maledetto s usciva I dalla bocca della gente. I Ma ecco che ora si aprono
porte I nuove pe le sacte danze...r> Vien fatto di chiedersi se il carattete di litania e 1'accenno
alle porte non si rifeiscano all'epoca in cui il dititambo era un canto funebre epitimbio nella
originara p atria anarolica,

2go

CAPTTOLO SETTTMO

ozzonte al dscorso compromesso dalla crisi, e di orientare tale


tecnica nel senso del mito e del rito, ma I'accento ormai batte sulla
personale rappresentazione della morte espressa dal poeta. I ritornelli periodici dei parenti e i moduli letterar da iterare perdono
gradualmente di senso n questo affrancamento dagli schemi protettivi del rito. Come giustamente osserva il Reiner, solo attraverso I'emancipazione dai vincoli ritual sia rispetto alla forma che
al contenuto il lamento pot diventare espressione lirica del sentimento di un poeta.52 Ma in una terza dfuezone s orienta la risoluzione del lamento funebre greco: cio verso l'orazione funebre.
La cessione della guida del coro a cantorie lamentarici professionali favorisce in generale il progresso di autonomia del discorso
individuale, poich gli specialisti del pianto possono rcalizzareun
maggiore distacco dalla immediatezza della sittnzione luttuosa conre
tale e qundi anche una maggiore protezione dai rischi della crisi
del cordoglio. D'altra parte sia il goos dei f.amiliari che il threnos
degli aedi erano tecnicamente predisposti alla celebrazione delle
les gestae del defunto: il bisogno di ridischiudersi al valore permanente dell'opera nel momento stesso in cui si manifesta lo scandalo di ci che passa senza e contro l'uomo determina largamente
il contenuto del discorso della lamentazione funebre. In Grecia
questo processo conduce alla .ormazione dell'ttrBro ivo cio
all'esaltazione degli erga del defunto fatta alla tomba, e quindi
- col favore di determinate circo stanze sociali e politiche - al
)'^o nvc&gro, cio atl'orazione funebre in prosa quale omaggio collettivo reso dalla polis ai soldati morti in guema.5r Anche qui noi
52 Reiner, op. cit., p.82,
Su Simonide e su Pindaro come crearori del threlos indipendente
dal rito si veda ibid.., pp. 8l rg.
5' L. \X/eber, Solon und. die Schpfang der attiscben Grubrcde (1935), passim. Il \X/eber con-

cRLNDFjzzL

E DECADENZA DEL PIANTo

ANTIco

z8t

rltatio esegita subito dopo il bacio che raccoglieva l'ultimo fespiro


del morente ,'5 dal vero e proprio discorso individuale della nenia
s stacc la ladatio, sia quella etta dal7a prefica prima della nenia,
sia la pubblica onzione in prosa rccitata dai parenti o da qualche
amico nel foro, alla presenza del popolo e delle itnagi'nes degli anten^ti.56 A questa risoluzione ella nenia nella laadatio (salvo, s'intende, il persistere delle nenie dei parenti durante la collocati'o e

bre; b) incantesimo magico; c) ninna-nanna', d)


e) giuoco infantile. Tale vicenda semantica
se si assume come significato fondamentale
<<lamento funebre>>: n.atti il lamento effettivamente, sia per

a
re
il

gettura

il

si nel locr-pe, cio nell'estremo

rituale funeratio attico, fu


cit , P. 67' Senza dubbio 1o
sforzo di interiorizzazione e di approfondimento del culto funerario che traspare dalla riforma
di Solone ben si accorda con 1o sviluppo della orazione funebre libera da vincoli strettamente
rituali ed ormai risolta in senso meramente lettetario e motale.
5a Per la classificazione di Menandro cft. A. C. Rush, Deatb ad Buial in Cbristian Anti-

ialuto
anche

qaity (-Vlashington r94r) pp. 258 sgg.


5t B. Riposati, M. Terenti Vanonh de oita populi ronani (Mlano ry) Pp. 22o sgg.
56 Cfr. H. de la Ville de Mirmont, Nenia,Revue Phil., vol. 26, 263 sgg., 735 sgg. (tgoz),
ristampato iEtades srr l'rcienne posie ltine (Pariei tgol) pp' 359 sgg.i \X/eber, op. cit.' p.85.
57 Luoghi telatvi inJ.J. Hellet, Trans. amer. philol. Ass., vol.84, zr5'r8 (t94).


292

CAPITOLO sETTtMo

loro giuochi, .oT9 attestato da innumerevoli esempi folklorici,


e_in particolare dal,singolare esempio, gi a suo tempo_esaminato,
di <Marameo perch sei morto?>>" Nella polemica della patristica
occidentale, e soprattutto in san Gerolamo, la parola nenia tiene
soltanto il sgnificato negativo di chiacchietavana, delirio, favola
eretica.se Infine va ricordato come il aprurcx ).1o6 si svolse nella consolatio cristiana. Gi gli apocrifi Atti di Pietro e Atti
di And.rea mostrano come la mentalit crstiana fosse orientata verso
l'orazione funebre quale parte integrante del funerale: ma soltanto
col quarto secolo, con la vittoria della Chiesa e la conquista della sua
libert, hainizio la classca et delle oruzionfunebri cristiane, con
i massmi elaboratori di tale genere che furono Gregorio di Na-

zianzo e Gregorio di Nissa

in Oriente

e Ambrogio

in

Occidente,60

3.Israele e la crisi del pianto rituale ntico

In un senso completamente diverso oper sul lamento funebre


la storia religiosa di Israele. Senza dubbio noi non rtroviamo nel58

Lo Hellet, op. cit., sostiene la tesi che il significato originario di nenia fu quello di giuoco,

iI significato difunebte cdtmen appattiene alla tradizione dotta: ma tesi poco persuasiva.
AncheN.I.Herescu,RevueEtudeslatines,vol.25,T4sgg. (r947),riconfermainsostanza,in
polemica con lo Heller, il significato fondamentale di neni come catmm fanebre e cantus lugabris.
5e Cfr. per esempio Gerolam.,
In Mattb. Praef. (Wotdsworth-\)lhite) I, :'4: onrcs apocrye che

phorum nenias mortuis magis hereticis qtam ecclesiasticis uiuis catendas; praef. Vulg, Pent., HeyseTischendorf, xxxnt: qaod tnlti ignoruntes apocryphorun delirannenta sectanttr, et lberas raenias
libris thenticis prueferutt.
60
Cfr. H. Delahaye, Les possiotts des mailyrs et les genres litttaires (Bruxelles ryzt) pp.
t8t-235; L. Mridier, L'influence de Ia seconde sopbistiqte sw l'uorc de Grgoite de Nyse (Parigi
19o6) pp. zz5-5r; Rush, op. cit., p. 265.

GLNDEZZA

E DECADENZA DEL PIANTO ANTICO

283

in un limitato numero di forme espressve, come Ah, fratello mio!


Ab, sorelln!, H, h!, ovvero Ah Signore!quando si trattava di un
re.u6 Anche un profeta come Geremia compose una lamentazione
htnenria per la morte di re Giosia.67 La qma funeraria possedeva
un metro caratteristico, l cosiddetto qtndmetro, che constava di due
emistichi il secondo dei quali era pi corto del primo per una o due
sillabe toniche: ne risultava un ritmo ccentuato particolarmente
adatto per esprimere la dispetazione del cordoglio.6' Molto probabilmente anche in Israele vi erano melodie tradizionalt' per la qma
fisnetaria: a giudicare dalle soprawvenze folkloriche della Palestina
attuale doveva ttattars di melodie molto monotone e a lungo proffatte, che a lungo si mantengono su uno stesso tono per muoversi
soltanto L:ur;' mezzo o di un intero tono sopra o sotto.6e Anche in
Israele, come in Grecia e in Roma, vi furono prescrizioni legislative che senza colpire il lamento come tale intendevano modetare
le forme pi aspte delplanctus rituale, e in particolare le offese gravi
recate al proprio corpo. Si legge nel Deateronomioi
Siate figli del Signore Dio vostro: non vi tut.t. rcisioni, n vi raderete i
peli tra gli occhi, per un morto: poich tu sei un popolo sacro al Signore Dio
iuo, e t ha scelt ad essere il suo popolo speciale fra tutti i popoli che si
trovano sulla faccia della terra.70
61
62

z Sam. r, t9-27,
z Sam. ), )t-14.

6) Ger.
9, 17. Cfr. Amos. 5, 16.
6a Ger.
9, zo,
65
66
67

z Chr. 35, 25.


r Re r3, 3o; Get. zz, t8 e 34, 5; Am. 5, t6.
z Cht. 35, 25.
68 Heinisch, op, cit,, p. 15; cfr. Iahnow, op, cit,, p.92.
6e Iahnow, op.
cit., pp. 8o sg.
i0 Deut. 14, t. Cfu.Lev. t9, z8 e zo,5 dove la ptesctizione concerne solo i Leviti.

,1

284

CAPITOLO SETTIMO

I
}LNDF'ZZL

Ttttaviala disposizione moderatice non si fonda, come in Gscia o a Roma, su ragioni politiche o di costume, ma fa esplicitq
appello aragiorttreligiose: Israele popolo speciale del Signore anche
nei corpi, el'attentato al proprio corpo manomissione alla propriet di Dio. Qui noi ci imbattiamo in un orientamenro compleramente nuovo che sar di grande momento sul destino della larnentazione funeraria. L'esperienza religosa della morte che fu propria
delle civilt <(pagane)> del mondo antico fu riplasmata come abbiamo
visto, nella sfera delle passioni vegetali, cio nella grande destorificazione dell'eterno ritorno. Nella religione osiriana questa destori
ficazione comportava un unico trapasso e un'unica reintegrazone
awenute una volta tanto nel mito e indefinitamente iterabili nel

Ci che il bruco ha lasciato


il grillo lo ha divorato.
Svegliatevi, o ubriaconi, e piangete:
voi tutti, bevitori di vno, lamentatevi,

poich il mosto vi stato strappato di bocca!


Ch un popolo ha invaso il mio paese,
un popolo potente e innumerevole,
I suoi denti sono denti di leone,
e le sue mascelle sono di leonessa.
Ha saccheggiato la mia vigna
ha distutta 7a mia ficaia...
Nza grida come vergine cinta di sacco
per 1o sposo della tua giovinezza

rito: compoftava

altres un unico pianto e un unico giubilo metastorici, mediante la cui iterazione rituale venivano destorificate le
tre fondamentali sfere in cui nel mondo antico sporgeva il morire:
co il vuoto dell'uomo morto, il vuoto della vegetazione, il vuoto
del rono. La religone di Israele rompe con questa tradizione n
virt della berltlt, cio del patto o alleanza fra l'unico Iddio ed il
suo popolo speciale. La destorif cazione dell'eterno ritorno viene
decisamente respinta e per la prima volta nella coscienza culturale
dell'umanit vene gettato quel germe che fruttificher come riconoscimento della irreversibilt della storia: I'alfeanza con Abramo
inroduce nel mondo un mutamento qualitativo che non por mai
essere cancellato, e che destinato a crescere e a dilatarsi secondo
un piano divino inserito nella dimensione del tempo. La ciclicit
dell'essere spezzata:hainizio invece la spirale d una storia sacra
che narra mirbilia dei.. Anche se talora il profetismo riprende i vecchi
schemi dei riti stagonali con le loro tremende descrizioni delle sciagure che si abbattono sulla vita dei campi e con i loro lamenti, penitenze, agoni e giubl per il rifiorire della vegetazione e della vita,
in realt non si tratta di una iterazione della esemplare vicenda dei
primordi, ma di una esplorazione di segni per contemplarclatrama
della imipetibile storia sata. Questo rapporto raspare per esempio nella profezia di Gioele, che si apre con uno scenario di desolazione vegetale per I'invasione delle cavallette:
Ci che 7a cavalTetta ha lasciato

la locusta lo ha divorato.
Ci che la locusta ha lasciato

il

bruco l'ha divorato.

285

E DECADENZA DEL PIANTO ANTICO

Sono nel lutto i sacerdoti


servitori dell'altare.

I campi sono devastati;


il suolo in lutto.
Ch il grano disrutto, il

mosto andato a male;

l'olio, sciupato.

contadini sono confusi;


vignaiuoli alzano gtida di cordoglio
per il frumento e per I'orzo,
ch la messe dei campi perduta.

All'appello al digiuno e al pentimento segue l'annunzio dell'avvento del <<giorno diJahve>, con la inale rufftgutazione di una defnitiva reintegrazione:
In quel giorno,
le montagne stilleranno vino nuovo
e le colline gronderanno latte.

Tutti i ruscelli di Giuda


avranno acqua;

Una fontana zampiller dalla casa di Jahve


e bagner la valle di Chittim...

Il

testo nel suo complesso racchiude numerosi richiami agli schemi

stagionali (seasonal pattern)i la vergine che piange vestita di sacco


per l'amante (Ba'al) della sua giovinezza ticorda la vergine 'Anat
che lamenta la scomparsa di Ba'al o Isthar che lamenta Tamiz,
anch'esso <<l'amante della sua govinezza>>; lo scenario iniziale di
desolazione e quello finale di ripresa lussureggiante della vita ftova

296

cAprTol-o SETTMo

riscontri nei testi di Ras Shamra; e cos pure le lamentazioni, i digiuni, le penitenze, il combattimento ecc. richiamano alttettai
momenti caratteristici dei rituali agrari collegati con la passione veg.
tale di un nume:7t ma queste particolarit sono ora abbassate a
segno e simbolo di un corso unico della storia santa instaurato dalI'evento ella benlh.
Questo radicale mutamento di prospettiva spezzava per anche
quel rapporto che nelle civilt religiose p^gane avevalegato insierne
il lamento funebre per persone storiche, il pianto rituale per passioni vegetali e il panto mitico delle origini reso da nurne a ourrg
nella esemplare vicenda di trapasso e di reintegr azione. Con lo sconvolgersi di questa tessitura ierogenetica il lamento funebre destinato alle persone storiche venne a petdere la molteplicit di orizzonti mitico-rituali in cui era stato ricompreso e riplasmato nelle
civilt religiose pagane. Al geloso esclusivismo di Jahve era sostanzialmente estranea una religione de morti come forze autonorne
daplacarc e da propiziare, da allontanare e al tempo stesso da intetiotizzare: era quindi estraneo anche il lamento funebre, che si inseriva otganicamente in tale dialettica. Se di fatto il lamento funebte
rituale si mantiene lungo tutto il corso della storia religiosa di Israele,
ci comincia gi ad appatire come fatto folklorico, come sopravvivenza tenace, impartecipe della dominante linea di sviluppo del
monoteismo ebraico.t' Al contrario appartiene in pieno a questa
hnealatrasformazione della qlna funenria nella qna prof.etica, cio
la trasposizione del lamento, sia in forma individuale che collettiva, sul piano politico-religioso e morale-religioso.
Cos la raccolta di qtnot che nella traduzione dei LXX va sotto
il nome di tbrenoi contiene quattro lamenti collettivi che hanno
per argomento la cad:uta di Gerusalemme nel 586 ela conseguente
rovina della citt. In una ancor pi mediata plasmazione profetica l'antica qna funeruria diventa il lamento funebre anticipato
(machal) rivolto per lo pi a grandezze poltiche nemiche di Israele,
come il re di Babilonia,D la citt di Tiro,'a e il suo re,Tt il Fano7t Per i seasotnl pattern aftioranti nell'Antico Testmento, si veda Gaster, op. cit., pp. 4z
(proezia di Gioele) e p. 73 seg. (Salrni).
72 Cfu. A. \Xleiser, Einleitung in das alte Testnent (Stoccatda
ry39) pp. z4 sg.
7t Is. l4,
4sgg,

la Ez. 27, z sgg.


75 Ez. 28, rt sgg,

sgg.

1.ANDEZZA

E DECADENZA DEL PIANTO ANTICO

i re di Giuda.77 In generalela

t87

qtna profetica mantiene alcuni


in primo luogo il metro'
qtna
fineruria
tradizonale,
caratteri
profetica non vale solqlna
qlna
pari
la
funenria
della
al
Inoltre
a cui legata, ma pu
per
panicolare
stotica
circostanza
Ia
tanto
i threin
cerimonie
commemontive:
periodicamente
ripetuta
essere
si
riferiscono
noi. chela tradtzione dei LXX attibuisce a Geremia
alla dsttuzione di Gerusalemme del 586, ma furono con ogni probabilit rinnovati ogni anno al 7 e al ro del quinto mese, almeno
sino ai tempi del profeta Zaccaria.'8 D'altra parte le qlnot profedche erano lavorate in modo da introdune una certa ndetetminatezza e genericit intenzionali nell'occasione concreta che ne costiruisce la data di nascita, e ci tendeva possbile la loro ttilnzazone
e il loro iadattamento a circostanze analoghe, proprio come nel
caso del lamento funebre ttadizionale. Una stessa qma profetica
poteva valere per ogni nuova invasione di cavallette, per ogni nuova
iiccit o carestia, per ogni nuova epidemia, per ogni nuova sciag,ta pohtica: cos ancora oggi il libro delle lamentazioni letto nelle
inagoghe nel setvizio serale col quale ha iniziola giornata di lutto
del 9 del quinto mese, data convenzionale della distruzione sia del
primo tempio (586 a.C.)che del secondo (zo d.C.). Maapafte questi
iapporti, e gli altri che concernono le ainit di stile e l'impiego
di analoghe locuzioni, la qlna profetica si distingue nettamente da
quella funeraria - come si detto - proprio per la sua profonda
integrazione nel dramma ella storia santa di Israele, e per il suo
netto distacco dal pianto rituale pagano connesso con le passioni
vegetali. Non si ftattapi di una destorificazione che tende a risolvere il morire dell'uomo e della vegetazione nelTa itetazione di un
identico modello metastorico di trapasso, di pianto e di reintegrazione, ma di :un'altra tecnica destorifcatice che chiude la storia
nel lasso di tempo compreso ftalavocazione di Abramo e il giorno
diJahve, fra un inizio assoluto ela spetanza di un'assoluta conclusione futura, nel quadro di un patto stretto fra l'unico Iddio e il
suo popolo speciale: ma intanto, per enro i limiti di questa chiusura protettiva, comincia ad apparire l'esperienza di un divenire
contesto di eventi unici, rivelatori di un piano che si attua nel tempo.
Mentre il pianto rituale pagano riassorbva di continuo la prolifeee,'u

delJ,a

16
17

Ez. 32, z

sgg.

Ez. t9, z sgg.


78 Cft. Zach.
7, l

sgg. e

8, ry

2gg

CAPITOLO

sET\4o

E DECADENZ/\ DEL PIANTO

ANTICO

t89

GNtNDEZZI'

La stessa vicenda ripetuta da Pietro al letto d morte della pia

labitha:

del giorno di Jahve, ma assunzione della morte e riscatto compiuti


dal Dio-Uomo, dal Cristo, per tutti i popoli della terra. Alla destorifcazione pagana orientata verso la iteruzione rituale delle <ori
gini>> metastoriche, e alla destoificazione giudaica orientata verso
l'attesa del <termine> della storia, si contrappone ora la destorificazione di un evento <<centrale>> che ha deciso il corso storico: un
evento per cui Ia salvezza data, e gi comincia il Regno che ha
teso la morte apparente, sino alla seconda definitiva parousia.

4. La polernica uistiana

In questo quadro va collocata la polemica cristiana conro l lamento funebre pagarrc. La crisi decisiva, e la nuova scelta culturale,
si annunzia nel famoso episodio della figlia del capo della sinagoga:

clamore (xo( iv to ri),rtr, xot cv X).ov rlopuBo.rerov), disse loro: <Riti-

ratevi, perchlaanciull,a non morta, ma dorme>>. E si ridevano di lui. Ma


quando la moltitudine fu messa fuori, egli entr, e prese la fanculla per mano,
ed essa si alz. E se ne divulg 7a fama per tutto il paese.Te

Pietro si alz e and con essi. Quando fu giunto lo condussero laste.z^strmostran, cacciati
ogli le

oeriore.

tu
afzati>>.

E datole
\a mano,la fece alzarc. E chiamati i santi e le vedove, la present loro viva.
Si sparse 7a ama del fatto per tutta Joppe: molti credettero nel Signore.El

All'episodio esemplare di Ges che vince la morte nella iglia


del capo della sinagoga fa risconro I'episodio esemplare di Pietro
che vince la morte di Tabitha cristiana: e in entrambi gli episodi
il miracolo si compie dopo aver cacciato le lamentatrici, che non
potevano trovar luogo nella nuova epoca teligiosa inaugutata da
Ges. Isaia aveva profetato il tempo in cui il Signore avrebbe creato
nuovi cieli e una nuova terra, quando non si sarebbe pi udito in
Gerusalemme voce di pianto n grida di dolore:t' la tradizione cristiana mantiene questa visione escatologica di un tempo terminale
in cui <Dio deterger tutte le lacrime dei loro occhi, e morte pi
non sar, n grida, n dolore>>,t' ma I'accento batte sull'attualit
80

81
82

" M, 9, 18-26 e passi patalleli di Marco e di Luca.

Tabitha,

fuori

Lc. 7, tz-t5.
Atti 9, 36-42.
Isaia, 65, q-t9.

8) Apoc.

zt,

4.

Y
29o

CAPITOLO SETll\4O

della redenzione, per cui

rente, in virt della pass


Durante l'ascesa aJ, Calvat
ma Cristo solennemente ge:
Molta folla

(x,mowo)
rivolse loro
x),aiere n'

quali si percuotevano il petto


(rlplvouv octv). Ma Ges
5i
non fate lamenti su di me (
vostri figli...8a

ui

Con queste parole il cordoglio si sposta dalla morte fisica dell'uomo a quella morte morale che il peccato: al cenffo della storia
sta ota la morte esemplare dell'Uomo-Dio, una morte che vince la
morte e che per questa vittoria <primizia dei dormienti>>, onde
poi anche i dormient risorgeranno con corpi incorrotti al suono
dell'ultima tromba, come dir Paolo.tt Da ora in poi, nella nuova
coscienza religiosa e culturale, il morite naturale non dovr pi apparire nella sua scandalosafotza autonoma, ma sar ricondotto a quella
vera forza annientatrice che il peccato come <(pungiglione della
morte>>. Con ci per appare decisa la sorte dell'antica lamentazione funeraria, e chiusa per sempre la sua epoca storica. Al cri
stiano non si addice il lamento davanti alla morte, ma se mai un
sommesso versar lacrime, secondo il modello di Ges al sepolcro
diLazzarc: xi ,xpouoev 'Iroo.'n Agli occhi di Paolo I'antica
lamentazione appare come ignoranza che denega I'opera di Ges
e che quindi incompatibile con la nuova condizione del cristiano:
Ora, fratelli, non vogliamo che siate in ignorunza circa quelli che dormono,
affinch non siate contristati, come gli altri che non hanno speranze. Poich
se crediamo che Ges mor e resuscit, cos pure quelli che si sono addormentati, Iddio, per mezzo di Ges, Ii ricondurr presso di s.87

La polemica aspra ed inmansigente contro il lamento funebre

8t

Lrca, 23, z7-29,

r Cot. 15, a-r4.


rt, 35.
87 r Tess.
4, r2-r).
86
s8

ns (o

GB.ANDF'ZZA

E DECADENZA DEL PIANTO

ANTIco

29r

Spunti e motivi si trovano gi in Tertulliano, Origene e Cipriano,eo


1i un passo famoso del suo De mortalitate Cpriano ricorda come
i morti non debbono essete compianti, avendoli il Signore chiarnatia s e liberati dal mondo: con la loro paftenza essi in realt
s precedono, e pertanto non li dobbiamo considerare come persolo manda ti innanzi nel desider abile vi aggio. C olorohe
uii,
^u
compiangono i morti prevaricano la loro fede e la loro spetaza
di cristian, contraddicendo con gli atti ci che affermano di creerc a parole, e offrendo in tal modo aipagani uno spettacolo di
incoerenza che giustifica le loto critiche.el Ma il campone della

lotta contro

il

lamento funebre senza dubbio Giovanni Criso-

sfomo. Rcollegandosi all'ammonimento di Paolo nella prima letrcra ai Tessalonicesi, il Crisostomo svolge una efficace argomen-

zione contro

il lamento funebre:

Non io proibisco di pangere i morti, ma l'apostolo che ha detto: <Non voglio,


ofratelTi, che siate inignoranza circa i dormienti, affinch non siate contristati come coloro che non hanno sperainza>>. La chiarezza del Vangelo non
pu essere offuscata dal atto che piangevano i morti coloro che vissero prima
della Legge o durante la sua epoca. Costoro con ragione piangevano poich
Cristo non eta acorr- venuto dai cieli, quel Cristo che con la sua risurrezione asciug le lacrime dei loro occhi. Costoro con ragione piangevano, poich la risurtezione non era stata acota ptedicata.e2

Anche l'episodio dellafigla diJairo e quello della resurrezione


diLazzaro sono inseriti nel quadro dell'argomentazione polemica:
Tu per dirai: nell'evangelo fu piantala figlia del capo della sinagoga, e le sorelle di Lazzato piansero Lazzaro. Ma la mente di costoro era sino a quel momento ancora sotto f imperio della vecchia Legge, non avendo ancora visto
Cristo risorgere dai morti. Anche il Signore vers vsibilmente lacrime davanti aJ.
sepolcro diLazzaro, ma non 1o fece per offrire un modello al piangere i morti,
ma per mostrafe attfaverso le lacrime di aver assunto un corpo reale.er

pi generalmente contro la mancanza di misura nel cordogliott


rinnovata e sviluppata dalla letterutura ctistiana dei primi secoli.tn
8a

Giov.

Nel loro fervore polemico gli scrittori oistiani non distinguono fra mero patossismo, pltuc'
pi o meno Tlahzzato e nenit (o threnos): anzi, come vedtemo, sembrano talora

kopets)

coinvolgere nella condanna anche il semplice fleus (t7 vetsar lacrime), almeno oltte misura.
8e Per i dati di questa polemica cft.
Quasten, Musik und Gesng it. den Ktlten der beidni-

Atike md christlicbe Frhzeit (Mnster i. \X/., r93o) pp. 295347, e A.C. Rush, Death
Burial in Chiar Antiquity (\Jashington tq4t) pp. 176-84. Sempre come taccolra di dati
pu essete ancora utilmente consultata la vecchia monografia di G. Zappert, U ber del Aonduck
dcs gehtigen Schmen in Mittelalte\ Dekschriften der kaiserlichen Akademie der \X/issenschaften, r(/ien, vol. 5, 73-146 (r8+). Per la formazione del rituale funerario oistiano si veda, in
generale, L. Ruland, Die Geschichte der chtistlichen Leichenfeier (Ratisbona rgor) e per le sopravvivenze pagane e i compromessi in questo settoe cfr. J. Lippert, Cbtistethm, Volksglaube und
Vollsbrauch (Berlino r88z) pp. 383 sgg., )99sgg.
e0 Per
i luoghi relativi si veda Rush, op. cit., p. ry8.
er Cipr., De tnort. zo.
e2 Cis., De cons. mottis, PG,
56, 296.
e) lbid.
schen
and.

I
292

C.A.PITOLo SETT\,I0

mportamenti

E DECADENZA DEL PIANTo

ANTICO

293

GLNDEZZ{

f,

on

es

ttem a chiarczz a Giovanni

riso stomo ft atteggia I' oppo si-

(la madre dei


solidare le mo

ro, non di compianto, e d'alfta parte questo desiderio sia moderuto dalla certezza che in futuro ci ricongiungeremo a lui. L'unico
salutare cordoglio del cristiano quello per la vera morte del peccato.es Svolgendo omiletcamente l'episodio della figlia diJairo il
Crisostomo precisa il significato esemplare della cacciata delle
lamentatrici operata da Ges prima di compiere l miracolo, chiudendo con ci un'epoca della morte e inaugurandone una nuova
in cui la morte dventava sonno:
Se per gi allora il Signore cacci via costoro (cio gli es
tanto pi ora. Allora non si sapeva che la morte era un s
chiaro come il sole... Nessuno in futuro dovr dunque
funebre e disperarsi e screditare I'opera di salvezza di Cristo. Egli ha ormai
vinto la morte. Che cosa dunque tu lamenti in modo cos clamoroso? La
morte ormai diventata sonno. Che cosa gemi e piangi? La cosa fa gi ridere
quando 7a fanno i pagani. Se per anche un credente in Cristo non se ne
vergogna, come scusarlo? Quale indulgenza meritano coloro che sono cos

Belial? E che cosa ha in comune la fede con I'incredulit?>e6

La polemica del Crisostomo contro il threnos e il kopets condofiainnanzi con tanto rigore da coinvolgere addirittura lo stesso
vear lacrime, almeno nella misura in cui esso manifesta una disperazione confteLtir- alla fede. Qui noi tocchiamo il vertice del dramma
cristiano per quel che concerne il comportamento davanti alla
rnorte: per un verso il rgore logico che procede dalla nuova fede
com nda una dolce invidia per il fratello motto, per un altro verso
7a natura umana estotce lacrime anche ai cristiani allorch il fratello abbandona il mondo. Ed ecco che a sciogliere questo dramma
apparc ora il modello di Ges, il quale sommessamente e brevemente vers lacrime sul sepolcro diLazzaro. Nella sua omelia al
passo di Paolo, I Tess., 4.r2-r3, il Crisostomo abbandonala gilstificazione d quel versar lacrime come testimonianza di reale corporeit o come compianto per la incredulit dei Giudei, e contrariamente alla tesi sostenuta nDe consolatione mortis parla proprio
di quel versar lacrime come di un modello del cordoglio cristiano:
<In qual modo - chiederai - da uomo qual sono non dovr patire cordoglio?> Non dico questo: non il cordoglio vieto, ma il suo eccesso. Infatti
essere in cordoglio appartiene alla natura, ma l'esserlo olfte misura appartiene alla mania, al delirio, all'animo muliebre... Ges piangendo Lazzaro
pose una regola ed un termine al piangere. Mi vergogno, credetemi, e arrosssco, quando vedo per le piazze torme di donne che senza decoto si sffappano capelli, si lacerano le braccia e le ginocchia, e questo fanno sotto gli
occhi dei pagani.e8

'" tbtu.
e5
e6

Ibid.,3o3.
In Mttlt. Hom.,PG, ;-7,374

e7

es

De S. Bemice et Prosd.., PG, 5o, @4


Hom. de dot'tnientibus, PG, 48, rorg

CAPITOLO SETTIMO

294

La stessa contrapposizone ftalamento pagano e misura di Ges


al sepolcro diLazzaro si pu leggere in un'alra omelia del Cri.
sostomo:
(Le donne) nelle lamentazioni e nei pianti si abbandonano ad esibizioni, deu-

dano le braccia, si strappano i capelli,

altre per ostentazione, altre per imp


denudi turpemente, nel mezzo della
e questo in pubblico davantiagli
dai in ululati, vai ballando a imi
offesa a Dio?... <<Ma come - dftai - da uomo qual sono non mi concesso
piangere?>> Non vieto questo, ma il percuotersi,-la-sregolatezzanelpiangere.
oC.iU vers lacrime perLazzato>>: e anche tu fallo; Tacrima,-ma sommessamente, con riservateLru e ,on pudore, con timore di Dio.ee

Di questa radicaleriplasmazione del comportamento davanti alla


morte fanno fede taluni funerali cristiani nei quali i partecipanti
si sforzano di testimoniarc af.avore del nuovo etbos cristiano' Nella

sua orazione

ci offre

il

in morte del ftatello Cesario, Gregorio di Nazianzo

modello di comportamento della madre cristiana:

... La sua venerabile e preziosa polvere, condotta al riposo fra canti,incessanti,trasportatain festiv processione al luogo ei martiri, adornatadalle sante
mani dei suoi genitori, ohorata dalTamadre, che in luogo del cordoglio appariva vestita aesta in pia adoruzione, con saggia rassegnazione frelando le
lacrime e contenendo on il canto dei salmi I'impulso a intonare i threnoi.11}

Ma soprattutto i funerali di Monica,lamadre di Agostno, possono valere come drammatico modello di costume cristiano, qui
impegnato a contendersi persino 1o sfogo naturale delle lactime:
Io le chiusi gli occhi. Una immens^tristezz^ riflu nel mio cuore, pronta
a tramutarsi in lacrime: ma al tempo stesso i miei occhi, per f imperioso
comando della mia volont, ne riassorbivano |a sotgente sino ad essiccarle;
e in questa contesa grandemente pativo. Nel momento in cui Monica spir,
Adeodato, fanciullo, ruppe in lacrime, ma da noi tutti fu costretto a tacere.
E fu la sua voce giovanile - voce del cuore - che fece tacere anche in me
quel tanto di puerile che mi induceva alle la
conveniente celebrare quella cerimonia con
poich cos si suole compiangere il destino
suo totale annientamento: mafuonica non efa n infelice n per nulla morta,
come ce ne rendevano testimonianzalapurezza della sua vitaela schietta
fede, di cui per ragioni sicure la sapevamo dotata'101
I lohxn, Hom,,PG,6z,3t6 e 347.
100
Greg. Naz., Ortio VII itt ksdcn Caesaris frattis,PG,
101
Agost., Confess. 9, tz, 29.

GRANDEZZA E DECADENZA DEL PIANTO

scoppio d pianto di Adeodato, e quasi per dar corpo al nuovo sentire uistiano, Evodio afferr il salterio, intonando il salmo del con-

fidente abbandono alla miseticordia e alla gi,tstzia dvina: Cohibito ergo a fleto illo puero, psalterium atipuit Euod.ius et cantare coepit
s olilnis donuus: misericordiam et iudisahilum, cui respo
'ciurn
102
cantabo tibi,
Eppure dopo la sepoltura, e dopo
l'nutile ricorso superstizioso al bagno che avrebbe dovuto, secondo
lacredenzatradizionale, lenire I'angoscia, al risveglio da un sonno
riparatote e avvertendo la solitudine del nuovo giorno, anche Agostino sent la dolcezza del pianto: del che, come gi Ambrogio per
la morte del fratello,toi si confessa a Dio come di debolezza che
appartiene alla natuta mana:
Ed orc, Signore, io vi confesso tutto ci in quest'opera: 1o legger chi vorr,
e 1o interpreter come vorr. E se qualcuno giudica che ho peccato piangendo mia madre per breve tempo, questa madre morta temporaneamente
ai miei occhi e che per tanti anni aveva pianto affinch io vivessi ai vostri -, se qualcuno giudica cos, si guardi tuttavia dallo scherno, e se veramente caritatevole pianga lui per i miei peccati davanti a Voi che siete il
Padre di tutti i fratelli del vostro Cristo.lOa
Se il passaggio dall'antica alla nuova epoca della morte si configrava quale dramma negli stessi massimi fondatori del costume
cristiano, e se anche essi pagavano il loro ffibuto alfa natura, umana
cedendo se non alTaprevacazione del pagano lamento almeno alla
violenza delle lacrime, ben si comprende come pi intense dovessero essere le tentazioni del passato nella media delle persone meno

compenetrate dalla forza della fede. Gi negli Atti degli apostoli


si legge che Stefano fu compianto con un grande kopets (xai
noryouv xonerv p^av n'cQ):105 ed in generale nei prim secoli
dell'era cristiana le ricadute nel prisco costume dovettero costituire non l'eccezione malarcgola. Quando mor Macrina, la sorella
di Gregorio Nisseno, si salmeggi ttttala notte come per la vigiro2

Ibid., 9, 12, 2r.

r0) <Lacrymaui, ergo,


1oa

f , lZl.

29r-

Ci par quasi di sorprender e in uiao un momento di drammatica


sospensione fra le due et della morte, quella pagana e quella cristiana, e la scelta storica che infine ttionfa, allorch represso lo

fateol etiam

9, ro, CSEL, p. zr4 Faller.

ee

ANTICO

105

Agost., Confess.
Atti 8, r-2.

9, rz,

73.

ego, sed lacrymaoit et Doninus,,,>>: De excessa

fratis,I,

CAPIToLo SET'UMO

296

lia di un martire: eppure al momento in cui si mise in movimeo


il corteo funebre si lwarono allaollaconvenuta le antiche larnen.
tazioni, che si mescolarono al canto dei salmi, onde a fatica pot
essere ristabilito I'ordine cristiano dei funerali.106 Gregorio 6
Nazianzo narra che durante funerali di Basilio vescovo di Cesarea di Cappadocia la nuova saggezzacristiana fu come travolta dal
parossismo ed i salmi restrono sommersi dai threnoi (t|lctrroou
bpvor epvtxrevo: dalla folla che seguiva la salma.altissirno
si lev il tumulto, e vi furono ersino dei morti, la cui sotte fu
fortunata poich erano morti in una occasione
per
-comeconsiderata
questa.''7 Nella quafia omelia alla Epistola agliEbrei il Cti
sostomi, dopo aver uroru una volta delineato il quadro indecoroso del cordoglio rituale pagano, prega e addirittura scongiura di
far bene attenlione a quel che si cantava nel corso de funerali:
Ma a' attenzione a quel che canti in quel periodo: <<Ritorna, anima mia,
al tuo riposo, poich il Signore ti ha molto beneficato>. E ancora: <<Non
temer ii mi., poich tuiei presso di me>' E inoltre: <Sei il mio riparo

nella sventura che mi ha serrato nelle sue braccia>>. Fa'bene attenzione a


ci che questi salmi vogliono dire. Ma tu non vi presti attenzione, sei ebbro
di cordoglio. Almenola' attenzione nei funerali altrui, in-modo da poter
trovare l medicina per i funerali che riguardano perso.ne della-tua famiglia.
<<Ritorna, animamii, al tuo riposo, poich Dio ti ha molto beneficato)>: come
puoi dir qo.rto e al tempo ri.rro piung.re? Si ffatta forse di rappresentaiioni sceniche e di finzioni da istrini? Infatti se credi in quel che dici, vano
il tuo cordoglio; se invece ci c
e simulazione, e credi che siano
leri quelli che vanno salmeggiando
- dirai - da invasati>. Quello P

Evidentemente il Crisostomo era vivamente preoccupato dal


fatto che i funerali cristiani presentvano di regola una miscela
di salmi e d threnoi, e che non di rado i threnoi sommetgevano
i salmi. Se ora ci volgiamo all'Occidente e diamo uno sguafdo alle
monarchie feudali dell'Europa medievale, constatiamo come sino
al secolo decimoquar to la pagana lamentazione non soltanto re st
in vita nella pratic pvata di tutti i ceti sociali, ma mantenne
^
un cafattere pubblico in occasione della mofte di personaggi illu106

toz
108

Greg. Niss., De oita Mauie,PG, 46' 992.


6t"t. Naz., Orctio VII in lattdem Bsilii Magni, PG, 36, 6or

Ctis., In eP. d Hebr.,PG,63,43.

GRANDEZZA

E DECADENZA DEL PIANTo ANTICO

297

stri, e soprattutto in occasione della mofte di re o di membr della


famiglia teale.
Gi avemmo occasione di osservare l'ampiezza delle manifestazioni dicordoglio nelle Chansons de geste: qui voffemmo ricordare
le scene di lamentazione che accompagnafono la morte del figlio
di re Catlo, ucciso da Huon:
pleurent les dames, escuier et sergeant
tord'ent lor puins, lo cauex uon tirant
trestot regretent Karlot le conzbatnt

grant duel deminnent

li grant e li petit.rle

Nella Chronica Adelfonsi imperatoris, sctitta intorno al r r5o,


riportato un lamento funebre che le donne di Toledo avrebbero
reso al capitano Munio Alfonso, morto il ro agosto rr43:

quelle dei Toletani>.110

Anche se questo lamento - visibilmente ricalcato nella sua


seconda parte sul lamento di David per Gionata, 2 Re, r,20-22,
non saritato probabilmente quello effettivamente eseguito dalle
donne di Toleo per il condottiero morto, ttttavia il passo della
Ctonaca prova almeno che in quella occasione si tenne un compianto pubblico collettivo, e che in circostanze del genere la costumanzaera in vigore. Quando nel rz5z mor Fetdinando III il Santo,
ebbero luogo grandi manif.estazioni pubbliche di cordoglio, e il cro-

ler, Die russhche Totenklage, pp. r9 sgg.).


rto Cltrol. Adet. inp. 86: citata in Ramn Menendez Pidd,,
Cult. neol., vol, 3, zo3 ft947).

Sobre

prinitiua lhica espoln,

I
1

298

CAPITOLO SETTTMO

GNDEZZA

E DECADENZA DEL PIANTO

ANTICO

299

Ed ecco le prime misure disciplinari a catattere uffciale, fisc^rc rrci canoni dei concili e dei sinodi . Trai canoni dei Padri della
Chiesa greca che costituiscono le fonti del diritto canonico del
Dffiarcato di Alessandtia si pu leggere la seguente formulazione
isciPlinare:

5.Il

declino del pianto ntico e la <<Mter Dolorosa>>

Non rientra nella economia del presente lavoro I'analisi particolareggiata delle soprawivenze medievali dell' antico lamento fune-

bre rituale. Da un punto di vista storico-religoso tali sopravvivenze, medievali o moderne che siano, hanno un valore storico
o per ricosffuire il lamento antico ovvero per lumeggiare le resistenze contro cui la Chiesa u chiamata a combattere nel corso
della sua opera plasmarice del costume. Giover pertanto un
accenno a quest'opeta positiva, e ai modi con i quali essa si svolse.
Stabilita in linea di principio la netta opposizione fra lamento funebre pagano e concezione cristiana della morte, il conflitto si spost molto per tempo sul piano della denunzia degl abusi e della
formulazione delle pene spirituali conro i rasgressori. Gi il Crisostomo nel passo pi sopra ricordato della sua omelia sull'Epistola agli Ebrei passa dalla raccomandazione alla ammonizione per
coloro che si abbandonano a leopeti e threnoi, e intanto formula
una precisa pen spirituale per coloro che incorrono nella colpa
pi grave di chiamare nei funeral lamentamici prezzolate:
Per ora mi limito aII'ammonizione, ma col prottatsi dell'abuso perseguir
tale comportamento con maggiore severit, poich ho gran timore che continuando le cose ad andarc cos un gran danno sia per sopravvenire alla
Chiesa. E successivamente prender misure anche per il kopets: per ora
mi limito a denunziarlo, vivamente scongiurando ricchi e poveri, donne e
uomini... Se per dovesse ver luogo un amaro evento di morte e qualcuno
dovesse assoldare lamentatrici, ebbene credi alle mie parole perch parlo
come sento, costui per lungo tempo lo escluder dalla comunit dei fedeli
come idolatra.112
rtt Primeru Ctnica Gerercl, c p. ir34 b.
112

Cris,, In Ep.

d.

Hebr., PG,

6j, 4t
"c.

lll "d.di Madtid, rqo6)

e seflz^ raziocinio... manifestano pubblicamente quanto sia grande il loro


cordoglio, specialmente le donne, che si strappano i capelli, si stracciano
|e vesti, si graffiano le guance, fanno musica con timpani, tamburi e flauti,
abbttono palme e alui vegetali, stanno a lungo in cordoglio, e fanno alre
simili cose che contrastano con la fede. Ora ordina il sinodo che coloro i
quaJi sono colpiti da lutto debbono tattenersi nelle chiese, monasteri o case
sflenziosi, calmi e seri, come si addice a coloro che credono nella verit, cio
nella resurrezione, e ne sono persuasi, e si debbono consolare con ci con
cui sacerdoti e gli altri veri credenti li consolano. Chi si comporte^ltmenti l'intero sinodo lo scomunica e gli interdice f ingresso in Chiesa.lll

il canone zz" del terzo sinodo


(8q),
prescrive
Toledo
dove
si
di accompagnare il defunto al
di
proibsce
rigorosamente <<il carme funesolo canto dei salmi, e si
bre che il volgo suole cantare ai defunti>>, ammonendo che i vescovi
debbono <(per quanto possibile> indurre i credenti e <<almeno>> gli
ecclesiastici ad abbandonarc7a p^g na costumanza.114 La legislazione civile non tarder ad ispirarsi a quella ecclesiastica, aggh:r;rPer I'Occidente da ricordare

11r rW. Riedel, Die


Kirchetuechquellet es Patiatcba Alexatd.rien (Lipsia rgoo) p. r9r.
Citca l'abbattimento di palme e di alri vegetali cui fa cenno il passo, molto probabile che
si tratti di dendrokopia funeraria anoga oJ, taglio dell'abete nel documento folklorico de funerali
diLazzaro Boia (cft. pp. r66 sgg.), o addirittura ad una ricerca rituale del morto con ritrovamento in una betulla dalla quale si spicca un ramo, come nella lamentazione di Olone (cfr,
pp. r4r sg.). Anche iI canone 40 del concilio nestoriano del 576 a menzione di lamentatrici
che <si tadono i capelli, strappano le vesti, si lamentano e gemono, suonano tamburini e altri
strumentimusicali,tagliano alberi>>. Ilcanonesilimitaaprescriveredistarseneinsilenzio
e calma nelle chiese e nei monasteri, esibendo un contegno conforme a chi nutre la speranza
della isurtezione, e cercando consolazione soltanto in ci che sar loro detto dai dottori, dai
sacetdoti e dai veri fedeli; J. B. Chabot, Synod.icon orimtale ou rccaeil de rynodes testoriers (Pagi
ryoz) p. 376, cfr. p. 489. Lo Chabot respinge come privo di senso il <taglio di alber> e intepreta il luogo relativo del testo come <(suonar le naccheter> (ma la dendrokopia rituale funeratia un fatto ben noto nel mondo antico e nei suoi relitti folklorici). 11 tentativo di istituire
feminae canonicde et oscetiae che dovevano cantare inni durante i funerali (cfr. Corpus Juris
Cioilh,Novellae,LlX,4,3zo Schoell-Kroll) fu abbandonato per le ricadute cui dava luogo:
cfr. Quasten, op. cit., p. 7oz,
114
Mansi 9,999. Cft. Corpus Jr. Ct. Decr. I/ p. Caus. 13, Quaest. z, cc. 2.5-28.

)oo

CAPITOLO SETTIMO

GANDEZZA E DECADENZA DEL PIANTO

ANTICO

3or

una mimica definita e un discorso contesto di moduli, ma soltanto


il lirismo religiosamente impegnato del credente che allaMaterDolo-

Ma la

Chiesa
dei
feuda

con i canoni
monarchie

n la polemica dei Padri e


lalegislazione civile delle

essivamente delle costitu_


zioni comunali: vi fu anche una sua azione pedagogica pi inte_
riore e religiosamente impegnata merc la efcaca storica della
igura della Mater Dolorosa nella scena della Passone. In perfetta
coerenz^ con la solenne a.fermazione della vittoria di Cristo sulla
morte e con la polemica sulla lamentazione pagana, il Nuovo Testamento non conosce un pianto di Maria. In Giovanni, 19.25-27,
Maa appre alla croce come muta spettatrice, e I'evangelista non
pone sulla sua bocca nessuna espressione di dolore: Maria madre
di Ges, Maa di Cleopha e Maria Maddalena vi sono rappresentate in atto di stare davanti alla croce, chiuse in un patire interiore e taccolto, che guadagna in singolare efficacia etca proprio
per il fatto che noi appena inravvedamo nello scenario della Passione il disegnarsi di queste tre ombre silenziose e immobli. Tutta
tnatradzione si ricollega a questo interiore patire, cui Ambrogio
contendeva anche lo sfogo delle lacrime (stantem illm lego, flenteru non lego),ttu e che nella sequenza dello Stabt Mater si ravviva
e umanizza in un contemplare velato di lacrime: <<Stabat Mater
Dolorosa I iuxta cn;cent lacrymos I dum pendebat filius: I cuius anilnrn gelnentern, I contristatarn et dolentern I pertrnsiuit gladius>>.
Sulla linea di questa tradizione non troverebbe posto, a stretto
rigore, la rappresentazione drammatica del dolore diMaa secondo
rr5 Ls Seite Partidas, p. r, tit. IV,
96-roo. Come esempio di pene pecuniarie e corporali
inflitte alle lamentarici pu valete il cap. ror delTe Constitutiones Fedeici regis Siciliae, dove
si.legge: <<Quoniam rEatationes cafltas et sofli qui propter d,efunctos celebtattur, attinos astantiurt

cotlerttttt in luctum, et ntouefit eos qtodmnodo ad. iniurian creatos, prohibenas leputdntes
fmeribs desse oel alie nulieres, qilae edrufl utuntt ninisteio, nec ix domibas seu ecclesiis
uel sepultuis, uel alio quocanqe loco, xec pulsentu circa funebria gidcme uel guitemae, oel
timpxa, ttel alia solita iltstruneflto, qtae ars ngis ad gaudium quam ad tristitian adinuenit, poem
utcinrum auri qadttrlot mulctdftdis iis, qai eas admiserint circa ltoc, et sis reputticibs similitet: qrce
rep*tatrices si poenan sohtere proprpcupeftaten nofl posint, ne poenalis prohibitio eludatut, ftistibus
caedaxtwper ciuitatefi et teant, bi prohibi tefitaueruttt>> (citato in Du Cange, s. v, Repttatio),
116
Ambr., De obitu Valent., 79, CSEL 73, p. 348 Faller.

psa chiedela mediazone per aprirsi alla passione di Cristo e per


rnorire con Cristo al peccato; <<fac me tecunt plangere, fac at portent
Christi morte/n>>, come si legge nella sequenza dello Stabat Ma questo altissimo modello del dolore cristiano non poteva operare realnente nella stotia e svolgervi la sua effettivapedagogia dell'ufnano cofdoglio se non avesse saputo raggiungere sul piano teffeno
la crisi che nel cotdoglio sta come rischio, e se non avesse affrontato, assorbito e trasfigurato le tecniche pagane di controllo e di
rcintegrazione. Solo raggiungendo questo piano il modello mariano
del dolore poteva ttascinare i dolenti verso la nuova meta religiosa
e culturale, e non importa se esso doveva afftontarc tutti i rischi
del compromesso, del sincretismo e del ritorno al passato. Il somrnesso e breve versar lacrime di Ges al sepolcro diLazzarc, esibito dal Crisostomo come modello d moderazione per una morte
che il mitacolo avrebbe di 1 a poco esemplarmente vinto, costiruiva un ideale del comportamento per ogni cristiano: ma affin-

il costume nelle condizioni storiche date, occor r ev a :una figlt a mediaff ice interamente
:umana, come tale suscettibile di concedere di pi alla temestrit
del dolore e che al tempo stesso togliesse gli umani cordogli dal
loto rischioso solamento, e tutti li concentrasse e li risolvesse nel
simbolo di un unico cordoglio per un morire che cancellava la morte
dal mondo. Qui sta il germe della profonda necessit storica degli
sviluppi drammatici delplanctas Mariae. Negli apocri Acta Pitati
(che risalgono alla prima met del quinto secolo) il pianto di Mara
gi tende a riassorbire e a masfigurare nel pianto cristiano le forme
esterne dell'antico lamento funebre rituale, con i suoi momenti
dell'assenza, delplanctu. risolto in una mimica tradizonale e del
discorso della lamentazione. Alla vsta del figlio coronato di spine
e con Ie mani legate,Maria perde coscienza ().r1o{Xeoe) e giace
esanime aterra per lungo tempo, quindi tornata in s entra nella
vicenda della lamentazione, percuotendosi il petto e graffandos
le guance con le unghie (xi tt tr1ouoa xurfalvererr tv vX<ov
c pooov tfr xai '.cvnre t otflto) e innalzando un lamento
che in pi punti ricorda, per il suo contenuto, una comune lamench questo ideale potesse realmente plasmare

12

I
3oz

degli antichi lamenti funebri:

cAPrToLo sETTlMo

GRANDEZZA

E DECDENZA DEL PIANTO ANTICO

303

in latino e poi in volgare, e la sua germinalit rispetto alle Passioni


deva soprattutto dal fatto che la rappresentazione dramm atica del
suo cotdoglio oggettivava in un cordoglio esemplare, illuminato
dpazienza e di speranza, gli infiniti cordogli tereni di un mondo
vulnerato dalla morte, esposto al rischio della crisi e ancotaincline
a rcaderc nei modi della lamentazione pag n^.In questo quadro
noi ora comprendiamo meglio come nelle Passioni drammatiche
medievali sembra taloru accogliersi la stessa mimica della disperazione pagana, come nelp/nctus delfa Cattedrale di Cividale del Friuli:
M,qcllrpN,q,: (hic vertat se ad homines cum brachijs extensis)
O fratres!
(hic ad mulieres)

Et

sorores!

(hic percutiat sibi pectus)

Ubi consolatio

mea?

(hic manus ellevet)

Ubi tota

salus?

(hic, inclinato capite, sternat se ad pedes Christi).


MenIe M.ron: (hic percutiat manus)

O dolor!
Proh dolor!
Ergo quare,
(hic ostendat Christum apertis manibus)

fili

chare

pendes ita

cum sis vita


(hic pectus percutiat suum)
manes ante secula?
120

Il rapporto ancora pi evidente nei compianti in volgare. In


un testo cassinese della Passione che sale allamet del secolo decimosecondo (e che quindi il pi antico fra quelli conosciuti), Ia
vicenda drammaticain latino si chiude con un frammento dipknctus in volgare, coredato di note muscal, che sar stato cantato
in
te dalle donne del popolo, e che riefunebre di madre a figlio, il ricordo

coro
cheggia
dei nov

Stage,

tgl)

vol. z

(r9q)

p. qgt.

120

pp. 19 sg.; e K. Young, The druma of the medieuat Charcb, vol.

Young, op. cit.,

II,

pp. 5o6

sg.

r (Oxford

CAPITOLO SETTIMO

3o4

... te Portai nillu meu ventre


... quando te bejo... (lo) co presente
... nillu teu regnu ugitt u-^ttte (a mmente?)

121

Analogo fapporto pu intfavedersi nella pi ampia.ed elaborata


rum uiirrin deila passione inclusa nei Carrnina Burana, dove

GRANDEZZA E DECA'DENZA DEL PIANTO ANTICO

305

flnzi proprio per assolvere la sua funzione pedagogica di Mater Dololosa e di modello del nuovo etltos crstano di fronte alla morte,
la igwa di Maria si adatt persino ad accogliete gli aspetti pi
arcaici del cordoglio antico, come il cadere inanimata ed il percuotersi il petto e il graiarsi le guance ed il lamentarsi, secondo
che narrano gl Acta Pilati: mala sua figura di madre in lutto resta
sostanzialmete legata ad tn' allra immagine pedagogicamente egernonica, al suo stare raccolto, immobile e muto del Vangelo giovanneo, o al contemplare velato di lacrime della sequenza dello
Stabat. Ed il centro della cristiana religione non nel cordoglio
iMaria come tale, ma in quel <<portare Christi mortem> che la
Mter Doloros aiuta avivete come esperenza (fac ut portern Christi mortem). Questo mutamento di prospettiva pu essere esemplato con lavitadi santa Emiliana de' Cerchi, che rmasta vedova

ln giovanissima et si chiuse nella torre del palazzo avito, ticusando ormai di lamentare la morte per lutti terreni, e decisa a destinare le sue lacrime soltanto per i suoi peccati e per la passione di

121

D.

M. Ingnhez, I]n

d'ranta della passione del secolo

xn (Badia di Montecassino r936)

Cristo, a lungo resistendo alle tentazioni del diavolo, che le adduceva davanti agli occhi cadaveri di persone ale care, come per
risvegliarla al mondano patire: finch la santa vinse la lotta, e si
vot interamente allalamentazione per Cristo morto, onde <<nocturno silentio, dormiente famula et illis de domo, fortibus clamoribus et duris lamentationbus deplorabat dilecti sui Jesu passionem, crinibus resolutis >>.12a
La disarticolazione del pianto rituale antico e la plasmazione
di un nuovo ethos della morte operate dal Cristianesimo appaiono
ora in tuttalalorc ampiezza.Per quel che concerne il lamento funebre, il Cristianesimo e la Chiesa svolgono in sostanza fedelmente
I'ammonimento di Ges alle donne che lo seguono verso il Calvario (<non fate lamenti su di me, ma su voi stesse e sui vosmi figli>)'
L'accento qui si sposta decisamente verso l'esperienza della morte
come peccato, ed in confotmit di ci la mimica del planctus e i
comportamenti del lutto sono dal Cristianesimo mantenuti soprattutto sul piano della prassi penitenziale, dove il battersi il petto,
lo sciogliersi e il tadersi i capelli, il cospargersi il capo di cenere,
I'assumere un aspetto sordido e I'indossare un abito ad hoc, il digur2a

.Lcta SS., 4 maggio 389c-39oe, 393c.

r
CAPIToLo SETT'M.

306

.&NDr,ZZA

E DECADENZA DEL PIANTO

ANTICO

3o7

principio

del nostro secolo una conrasa sollevatai e ancora al


poteva
<<Sono in ansia perch se
dire
nella
Pasqua:
neogreca
dina
quest'anno
noi
non avremo grano>>.128
Cristo
non
risorge,
domani

pefianto I'antco pianto stagionale percorre nel corso dei secoli


arttii gradi della sua disgregazione folkloristica, sino a ridursi al
oovero avazo del pianto per I'ultimo covone mietuto o alla bufionera quasi irriconoscibile del pianto grottesco per la morte di
Catnevale.\2e

Allo stesso modo Gregorio Nisseno libera gli animali dai loro <rnisfatti> e li proclama incolpevoli.l'6 Anche qui la passione del Cristo pot conservare determinati legami con la passione vegetale,
come mosffa il pane eucaristico, e soprattutto spingere in determinati casi molto innanzi questo rapporto, come nel Paternoster
medio alto-tedesco di Johannes von Krolewitz (xu sec.), dove si
legge che Cristo fu <seminato> dal creatore, <germogli)>, <(venne
a maturazione>>, <<fu mietuto>>, <<legato in un covone>, <(trasportato nell'aia>>, <<trebbiato>>, <vagliato>>, <<macinato>>, <<chiuso in un
forno>>, e infine dopo tre giorni <<tratto fuori> e <<mangiato)> come
pane.121 D'alfta parte il tema delle passioni vegetal, non ancora
cristianamente riplasmato e ancora avvolto nei suoi orginari figrnentd, persisteva tenacemente nelle campgne, anche se ridotto
ad angusti limiti di produttivit religiosa e ormai tagliato fuoti dalI'imponente processo di circolazione culturale che aveva caratterizzato la sua complessa vicenda stotica nel mondo antico. La stessa
augusta passione di Cristo tornava a ricadere, durante lavoagtcoli, nella sfera di quella <<gerbe de la passi.on>> str cui di tanto si
125
126

t21

Firm. Mat., De en. prof, tel., 2,8.

Cfr. Eisler, op. cit., pp. 296 sg, e 249 not^ j.


lbid., p. 49, dove sono riportti alcuni passi elativi a passioni di martiri cristiani

espresse nei termini delle passioni vegetali. Pet la passione di Cristo rappresentata come grap-

polo spiccato dal tralcio e spremuto dal torcho, cfu. ibid., pp.
e xvr (fig. roz).

2rr

sg,, tavole

xv (fig. ror)

128J.C. Lawson, Modem Greek Folklore and Ancient Grcek Religion (t9ro) p.
slt.
12e
Si veda, pet i funerali di Carnevale e i relativi pianti grotteschi, P. Toschi, Le ogini
del teato itali.ano Q955) pp. 3o8 sgg.

I
309
PILOGO

naturale,co
:f:::::'i'::: i':i'i

tra il morite

Epilogo

;ir".:Tffi;;i:z*

ra ln raPPotto atta
e il rischio radicale
che sostiene la Pre-

partiti dai frammenti di un'Atlantide sommersa e


.;r.u,o di ricostruire la configur azione del continente
e il carattere
"bi;;
;;r-, del cataclisma che lo sptofond nell'oceano,
di metafora,
Fuor
"ii*.irr"." .lr. l"gi"n lo sconvolgimento.
siamo partiti dai relitti folklorici del lame

Noi

siamo

al lmento funebre antico e al suo nes


oer ridiscendere poi nel corso d :l tempo

liti

isarticolato che fu quel nesso rella stor


crisi decisiva. Siamo
lamento funebre entr col Cristianesimo in una
te folklotica
.ri,..nu,i al punto i partenza,
il Passo con
; q,,,'i; .ggi, t.l .,,ondo -od
in tal modo
h ;il. il r.olo del discorso
per illumi.hi;;;' dal presente al presente,-r
il p."tnt.. Non rsta ora che misurare il cammino percorso
"1..
l;r;r'ur" m"glio f incremento di consapevolezza umanistica
che
-- il discorso storiografico ha rcal\zzato'
stato quel
L; ,ti-olo i""t"-.ffu ricerca nel suo comples-so storiche
ea
epoche
le
ou-dull. tombe>> che appartiene a tutte
raggiunge
Croce
;; il ;*"ne civilt, -u fr. in alcune pagine del

;;;;;r.piuut,."'pressioniSll:$:runffi ,""*:r::i

ffi:i:?"1i:"?:

nigva come documento del Petmoderno la morte


manente conflitto ftanasta" c"lt"ru' Per l'uomo
"giil"i"id,ri ,tori.i anifesta nel modo pi crudo il conflitto

di
ndi il profilarsi della possibilit
lsare
n-11
ptlloi'
t
ece di fu.lo pu"^", -n "oi
il
u il p.td.ttie[a presenza.'
u3a1fuarst
i'"Juru
t, i una esisten za a vario titolo tnautenorg-aqitrro iu.tti, per quanto
della
oro: 1'assen zatotilet'l tonutttione
scarica meramente meccanica
".ff'
a mnesi della
"rtr"
ebetudine stuporosa sefiza
;;;i; f ;;-. di p lan c tus irrelativo.' lo'sc acco

lameinsazabile' eroeria estrema quanto


>me visione allucinanesia della situazione
mimano
irrelativo tiaooarirein crisi che
luttuosa ed il suo pttiodito
negazione
p.r,_rii. i uuri deriri di
i contenuri.rirr.rri^riJrri
nuova
alla
nt""n riadattamento
dell'accaduto che tn -"diuno
e che segnano una frattura Pr

ste
;i*;'t.*o i to
immotivata, il ritorn<
toria o come rapprese
del trascendimento

;ir;;;.
parte' u n
,i.u. culturale di cui si fa
definito come
.tti a cordoglio fu cos

t*.

f-t

ittlzione luttuosa' di restare

c presenzanella misura
dt
'otputitt
';;t
.i t.ttti"gersi di tale margine'
*-;;;i^olto'u1'
di tuttii temPi e di t
i"tiri.ne degli individui vari sistem
^
JJ'otietio' cio per riprender

del valorl'
oer ridischiuderle al mondo
"
procurare Ia s'
nel
i";;;i cordoglio consistett""i"trmorire
naturale' i sistemi
turale a ci che;tt
"es'u seconda morte nel
tecnici rono o'itlli'u;;tbilt
comporta'
di compromettere' Onlacrisi
valore, che la tti'i-ii"t'iu
destorificadi
rischio
*"r"r, un
in tutte le sue #f*;;ri"ni
i osni possibile storia lmaa
zione irrelati"", ;i;";;-;i"ri

pTt

vazionerispetto

il

culturalmenteilluminataeapett^ai"ulrie[acultura:I'assenza

)rr
EPILoGO

3ro

EPILOGO

ndicalee la convers ione ell'etbos della pfesenza nella scarica co;;lri;" cosrituisce il sintomo estremo di questa destorificazione
irrelativa; ma anche gli altri sintomi comportano una estraneazione
ir."-p"riUile con qrrlriati vita culturale. I sistemi tecnici di ripresa
che in quanto
sono orientati vetso la destorifcazioneistituzionale,
livelo,
proprio
suo
sul
destorificazione raggiunge la crisi
I 1" quanto
mediaridischiudendola
iriit,rrionule se la us"-. coraggiosamente
e
i loro
funerari
tamente al mondo dei valori. In generale i rituali
oin o"timitici formano appunto sistemi di destorificazione istittzionaledella morte, da cnsiderare nella loro qualit di coerenze
di altte
tcniche risolutrici ie[a crisi del cordoglio e mediatrici
forme di coerenza culturale'
In questo quadro va analizz
quantoparteciPe di sistemi di de
e mitici) della morte.Innanzt t
un momento tecnico dei corrisP
.ipr"".r" le tentazioni della "b.tndin",ttxpofosa e del planctus
iri.lutirro e a riarc orizzonte al discotso della lamentazione' Merc
la istituzione di una presenza del pianto, anonima e sognante'

fu;.:;;;i.

e destorifiata, la ebetudine.stuporosa. ripresa e sbloc-

riplasmato in ritornelli emotivi periodici, in modo dalasciar orizzonte al discorso


nello. La vicenda compolta, nella sua forma
fondamentale, una guida del lamento e una
;i;;;ii", il sgnifito recnico di tale incidenza sta nel fatto che
i" i"i g"it" il rtornello condiviso con la collettivit o ceduto ad
;;r;. ft" anche il discorso della lamentazione pu essere ceduto
istituire specialisti del pianto, lamenttattare il lamento funebre come
Patte il discorso della lamentai drllu rittalizzazione del Plancinfitus nepossede un'altrainterna al discorso stesso: la variet
in
destorificata
nita delle concfete situazioni lt ttuose viene cio
memoria
modelli mimici, melodici e letterari che sono fissati nella
sinculturale della comunit e ripetuti come obbligo rituale in ogni
destorificazioni
di
fascio
questo
di morte. Attraerso
gi"
"r.","
ecniche infine mediatala riconquista ella situazione concreta,
la interiori zzazione del morto nll'etbos delle memorie e degli

,ui.u,

mentazione si avverte
e resenza rituale del
te distraibili, cio Pos-

. il planctus irrelativo

prima>>,

on" fun"ruria resterebbero


n comune otizzonte rappresent-

ferma nel dominio metstorlco

.titi,.

si configura

in modo c

vento luttuoso
e labile (il cadave
di esistenza fuor
tuzione dell'orizzonte metast
igur:uriuudell'al di 1 nei due

!
3r2

EPtLoco

figurano l'alienazione irrelativa della crisi, e riconducono il rnorto


cos configurato dalla condizione rischiosa di cadavere vivenre a
quella pi stabile e garantita di motto nel regno dei morti, allontanando <al di l> ci che <di qua>> incombe come troppo prossimo, e al tempo stesso gtadagnando il tempo giusto per inserire
il morto, che nella crisi del cordoglio sta come scandalo, nella sfera
dei rapporti secondo valore. La rcintegrazione del morto nel mondo
dei valori e il superamento della crisi sono quindi tecnicamente
mediati dall' arres to dell' alienazione irrelati v a, dalla conf igurazione
dell'al di l, dal rtardo del trapasso e dalla sra negazione, e dai
corrispondenti comportamenti rituali: sono cio protetti da particolari modi di destorificazione mitico-rituale. La lamentazione funebre partecipa di quest'ordine, e compie - per la parte che le spetta-il suo proprio lavoro: se il lamento non reso, il morto non
entra nel regno dei morti e resta nella rischiosa condizione di cadavere vivente, che tormenta i vivi ritornando in modo irrelativo;
d'ala parte nel corso della lamentazone le valenze di allontanamento si legano dialetticamente a quelle di riappropriazione, di
iteriorizzazione e di rapporto sul piano dei valori morali, sociali,

politici, poetici e conoscitivi.


A conferma di questa interpretazione del lamento funebre antico
si pu mosrare che anche gli altri momenti del rituale funerario
sono impegnati nello stesso lavoro di ripresa e di riapertwa al
valore, Se l lamento tecnicamente orientato verso la ripresa della
ebetudine stuporosa e delplanctus irrelativo e verso la riconquista
di tn orizzonte per il discorso compromesso dalla crisi, I'agonismo rituale riprende il furore distruttivo, cos come le oscenit
rituali risolvono l'erotismo, i digiuni e le interdizioni alimentari
controllano la sitofobia, e il banchetto {unebre riscattala bulimia:
ma, in ogni caso, la tipresa rituale delle tentazioni della crisi si
compie sempre nel senso della dinamica della separazione e del
rapporto, e nello sfondo tecnico di un <<cadavere vivente>> che deve
ttamutarsi in morto nel regno dei morti e in valore morale per i
vivi. Il lamento funebre partecipa quindi a quel pi vasto sistema

EPILOGO

3r3

q
J74

EILOGO

lenta seguta da reintegrazione. Nel quadro di queste misti{icazioni tecniche trov posto nel mondo antico una nuova riplasrnazione del lamento funebre, e cio il pianto rituale al momento del
raccolto e pi generalmente con incidenza agricola e stagionale,
ed il pianto mitico dei primordi reso da qualche nume al nume
che ha patito violenza, secondo un modello che ripete in seno alla
famigliadivina quanto avviene in ogni famigla umana per la mote
di un suo membro. D'akra parte vi ela ora la possibilt di riplasmare lo stesso lamento funebre per la morte di individui storici
secondo la prospettiva mitico-rituale offert a dal pianto stagionale.
La pi notevole unificazione destorificatrice delle sfere fondamentali del morire si ha nella religione osiriana, dove lo stesso pianto
mitico dei primordi vale per tutte e tre le fondamentali sfere in
cui si manifesta il vuoto del morire: il vuoto delf individuo in seno
alla famiglia, il vuoto della vegetazione nella distesa dei campi,
e il vuoto del trono nello Stato. Per questa wificazione e per questo rapporto fu possibile una integrazione del morto con il destino
vegetale e asffonomico, e la ulteriore destorificazione del suo <<esser
passato per sempre>> nel ritornare della vegetazione, o del sole, o
della luna, o di Orione, o del periodico flusso delle acque del Nilo.
In Egitto, in Mesopotamia, presso Ittiti e Urriti e Fenici e Siri,
nella cvilt minoica, in Grecia e a Roma il lamento funebre rituale

)r5

gPfLoGo

nte del rituale funerario: se con


e di vita cittadina in Grecia e
ativi su questo Punto, si tratt
limitare alcune forme delPknce il fasto degli antichi funerali
o funebre come tale non fu mai
n Grecia la Polemica di Platone
senza eficacia Plasmatrice del
etchia di intellettualt, e d'altra
i molto attenu su questo Punto
b lica. Tutavia in Grecia, Panlento funebre rituale, assistiamo
to dal tito: il goos ePico, il thre'
zione funebre in Prosa costituilamento sul Piano della lettera) Processo risolutivo si comPie in
dall'antica nenia infatti, prescinna sferamolto pi circoscritta:
rituale'
". d,a17a conitamatio cheha un

,,i:tf

ir;r:;;;tamente

zione del sistema di destorificalamento funebre antico ha luogo


sa di Israele, dove il costituirsi
nettamente il tema Pagano delle
re si far acoravalere nel corso
e, m^ il suo raPPotto col Pianto stagionale sar decisamente spezzato. I1.sstemr-pageno di destorifi7;i;;^r..tigioru di cui facev ^o pafte il lamento funebre e il pianto
;i;;"1; o"..rrlt uuu la pr olle,,itone storic a del morire rias sorbenmitica
of? i volta in rroltu nilu itenzionerituale di una vicenda
reintegradi
e
.i p.i-o.ai, una vicenda metastorica di trapasso
zione: in questo sistema la stor
noscimento, e solo in modo mo
nomici, morali, Politici, giuridi
fatto ridschiusi mediante quest
di destorificazione che si aferma nell'Antico Testamento poggt^
i;r;.. sui temi della bertth e del giorno di Jahve come termine
"iU ,,oriu santa del popolo speca1e, l'itreversibile comincia qui
diuna
ad essere riconosciuto', p", qrrnto nella duplice paradossia

T
316

q.rloGo
Er

storia compresa fra un assoluto


una storia assegnata come santa
nico lddio. D'altraparte proprio
investe anche i corpi di coloro c
no troviamo nel Levitico e nel
religiosamente motivata contro
durante il planctus rituale: tali
di Dio e sono quindi interdette.
nell'Antico Testamento per un
mento, in atto di recedere verso
un altro verso subisce una profo
fetica, in cui il morire investit
santa, diventando il morire dell
promesso sposo.
La
ento funebre antico ha luogo per sol_
tanto
Nel centro della storia si impianta ora
l'even
e la passione dell'Uomo-Diol che assu_
me su
e la vince per sempre, rendendola apparente sino al giorno della secon da parousia, quando i morti risorgeranno con corpi incorruttbili al suono dell'ultima tromba. ln
questo sistema di destorificazione della morte non soltantoilpknctus in alctsni suoi eccessi, ma tutto il lamento funebre antico iu.ntava misconoscimento dell'opera redentrice di Cristo: per ripren_
dere l'affermazione di Giovanni Crisostomo, il temp in ui la
morte era morte si era definitivamente chiuso, e con esso anche
il tempo del planctu.s e del lamento.
Il rigorismo dell'et apostolica e dei Padri della Chiesa verso
l lamento funebre non fu mai smenrito nella storia della chiesa
com' provato in particolare dall'assidua polemica del Crisostomo
e dalla inintemotta serie di canoni conciliari e sinodali. Tuttavia
la tenace sopravvvenza del costume costrinse talon la Chiesa a
qualche compromesso di fatto, e soprattutto ad un'opera non soltanto repressiva ma anche riplasmatrice e trasfiguratice delle anti
che lamentazioni funerarie e in genere del pianio rituale. Il grande
strumento pedagogco del nuovo ethos crstiano di fronte alla morte
fila figl;rra della Mater Dolorosa, cos integralmente umana nel suo
dolore per il figlio morto, e t'ttavia cosi interiore e raccolta nel
suo silenzioso <(stare>> velato di lacrime davanti alla croce. Tale

3T7

EPILOGO

smazione cristiana del costume ha

tolto catattere pubblico e cul-

FT
)19

3r8

stra>, tutto fremiti di sorda ribellione e di cupo furore conto I'ine_


sorabile destino. Ma c' qualche cosa di pi: la tenace resistenza
dell'antica lamentazione pagaa cosffinse la stessa Maria ad abbandonare il suo raccolto e muto <(stare>, e ad assumere modi e forme
che riecheggiavano l'antico lamento: soltanto cos, come si detto,
il planctus Mariae pot raggiungere la disperazione umana per innalzarla alla spetanza della croce (le terrecotte di Niccol dell'Arca
e di Guido Mazzoni sono in proposito molto eloquenti). Questa
tenacia di soprawivenza e questo limite alla espansione del costume
cristiano pongono senza dubbio un problema. Quasi si direbbe
e nella sostanza I'osservazione giusta che il Cristianesimo
ebbe s la potenza di rplasmare su questo punto il costume negli
strati superiori della societ civile, srappando viavia le corti, i nobi
li, i signori, laccaborghesia cittadina alpagano <(saper piangere>
i morti, ma non pot dispiegare eguale energia plasmatrice nelle
campagne, dove il progresso decisvo ebbe luogo su questo punto
non tanto per la mai intermessa azione incivilitrice della Chiesa
quanto piuttosto per opera della rivoluzione borghese e con 1o svi
luppo dell'epoca industriale, e con il cotrispondente progresso civile

efficacia limitata.

nar
Qt.rto rilievo conclusivo non sembri spropotzionato alla

x
)2o

EPILOGO

razione storica che stata sin qui condotta: senza l'occhio al patire

dei propri contemporanei non si scrive storia del passato anche


remotissimo, Israele attendeva il giorno di Jahve in cui <<le rrohtagne stilleranno vino nuovo e le colline gronderanno latte, e tutti
i ruscelli di Giuda avranno acqua, e una fontana zampiller dalla
casa diJahve e bagner lavalTe di Chittim>: il giorno in cui il signore
avrebbe creato nuovi cieli e una nuova tefi, e non pi in Gerusalemme sarebbe echeggiata voce di pianto e grida di dolore. La tradizione cristiana, pur serbando la visione di un tempo terminale
in cui Dio avrebbe asciugato tutte le lacrime, e annullato anche
la sola apparcnza della morte, insiste sull'attualit della redenzione
e sulla vittoria conseguita da Cristo sulla morte. La nostra moderna
consapevolezza storicistica sa che il morire e il dolore sono consustanziali alla storia e alla cultura, e che non mai potr essere soppresso il conflitto fra la morte e I'inesauribile dovere di olrepasiarla nel valore. Ma questa scienza rester vana e gonfia, ed incapace
anch'essa difar coraggio davanti alla morte sin quando non abbia
apprestato una societ in cui I'uomo - qualsiasi uomo - si senta
a tal punto suo cittadino pleno iure da poter accettare il morire
che la vulnera accompagnandolo soltanto con un sommesso pianto.

Aggiunte

t. I ritomelli asseueratiui nel Napoletano


La struttura fondamentale del lamento funebre antico

come

responsorio di guida e coro e I'originario carattere di semplice ritornello emotivo della periodica incidenzacorale risulta, come vedemmo, tecnicamente fsndata dalla necessit di oltrepassare la situazione luttuosa e di restituire orizzonte al discorso individuale compromesso dalla ctisi. Gi la sola analisi della documentazione antic^
non lascia dubbi in proposito: l'esame dei relitti folklorici euromeditemanei ne offre ulteriore conferma. Qui vorremmo sottolineare che la incidenza corale periodica con la quale si determina
7a prestazione collettiva pu n concreto assumere una grande
vaet di sfumature a diffusione regionale. Un esempio di tale variet pu essere dato dai ritornelli asseverativi, che - a quel che
sembta - godevano un tempo nel Napoletano un diffuso favore.
Fra gli usi funerari che alla fine del secolo scorso erano ancora in
vita a Napoli e, in generale, in tutto il Sud, Th. Tredet ricorda
ftal'altro il lamento funebre di Giuliano, che a quel tempo conservava i cantteri della esecuzione responsoriale e della naffazione,
da pafte del solista, delle res gestae del defunto. <Ogni parente
- riferisce il Trede - si avvcina isolatamente al morto, ne bacia
la gelida mano e racconta cantando ai presenti, con voce velata
di pianto, le buone azioni e le virt del defunto, al che il coro dei
presenti risponde con accenti di dolore>. E evidente lo schema
I Th.

Trede, Das Heindettum in der rnischen Kircbe, vol. + (r8qr) pp. 4r3-2o

)22

AGcTUNTE

323

cclUNTE

Moglie: Era proprio 'nu paccu d'omme.

Coro;

Jer'overo!Jer'overo!

Moglie: Me portava le fave chiatte.

Coro:

Jer'overo! Jer'overo!...

Sul carattere ffadizionale che nel Napoletano aveva questo ritornello asseverativo corale ci offre conferma un riscontro anteriore
di quasi due secoli, e concernente la stessa area folklorica. Il batone
Carlo Celano cos descrive infatti il lamento funebre nelle case dei
suoi vassalli che appartenevano all'ordine dei gentiluomini, o dei
<cappelli>: < (le lament atci prezzolate) vengono, battono a lungo
le palme l'una conrol'altra, finch la pi eloquente dice le azioni
del defunto... Il soprano dice la canzonetta,le alfte, finitalacadenza, f.anno quel suono basso. Cos appunto una dice molto: quando
si ferma le altre ripigliano e dicono uier', uier', che vuol dire
uero, uero>>.3 Una nosra allieva di Sant'Elia a Pianisi ci comunicava che ancor oggi ritornelli asseverativi del genere sono mpiegati nell'ormai molto logoro lamento del suo paese.

z. Una uariet di <planctus)> rituale


Dall'opera dell'Amalfi pi sopra ricordata si ricava che nel Napoletano era ptaticato un tempo un <<riepito vattuto>>, cio una lamentazione accompagnatadalbattersi rituale, nei modi che a suo tempo
abbiamo analizzato. Ora il Celano, discorendo del lamento fune1t.

24, 723 sgg.

Celano, Degli attnzi d.elle poste

(t68t) pp. r79

sg

tignatedi quelle arpie non si muo


pJ.doto i sentimenii. Finito quest
unite insieme dicono le lodi del

credere che avesse


alcaavete, e tutte
da spaventare per

l::#il?n.ruau:;ll
donne stesse

il

finch sta bene le si Porta dalle


cibo apparecchiato.

Questa vaet di planctas si inserisce molto bene nel quadro della


lamentazione come tecnica per oltrepassare la crisi del cordoglio.
Gi vedemmo come appaftiene alla sttuttura del lamento il cedere
ad altri i ritornelli emotivi o addirittura lo stesso discorso della
lamentazione, chiamando la specialista del pianto, cio una lamen-

tatrice di vocazione, non retribuita, ovvero una vera e propria


lamentatric e prezzolata. Dicemmo anche che tali cessioni, che giun-

gono alla ttasformazione del pianto in una <(merce)> che si compra


e si vende, diventano comprensibili come comportamento umano
e manifestano |a loro reale efficacia tecnica solo ove si tenga conto
dei rischi connessi alla crisi del cordoglio (ebetudine stuporosa e
pl.anctus ilelativo, fame insaziabile, furore e libidine, deliri di nega-

Y
)24

AcctUNTE

325

A6GIUNTE

o l banchetto; 4) semplici gridi di lamento e di disperazione'' Il


Ranke osserva che <<tale classificazione condotta secondo punti
di vista letterari, che non hanno nessuna validit rispetto alla ffaizone popolare>>, nella quale gli elementi che la classifcazione
dello Ehrismann separa <(sono fusi in una forma unitaria>>.6 L'ossefvazione giusta, ma mostla anche il suo limite interno di valu-

completamente nel piangete, e quando si impiega uno sfturnento


di ripresa e di reintegrazione che comporta la destorificazione tecnica di una presenz a tuale del pianto, quasi alffa e tuttavia controllata, quasi anonima e impersonale e tuttavia orientata verso
la riconquista del livello personale. Nel caso descritto dal Celano
la vedova si percuote affiando ad altri il compito di effettuare
i gesti necessari: si fa cio graffiare e lacerare le carni dalle compagne. E un espediente tecnico che sta di mezzo ftailplanctus eseguito in prima persona, e la cessione totale ad alt delplnctus stesso, come fa Serse nei Persiani. (cfr. p. r8r).

3.Intomo alle <definizioni>> del lamento


In generale le definizioni correnti del lamento funebre peccano
lasciano senza aalisila
ctisi del cordoglio e per un altro verso trascurano di lumeggiare
la motivazione tecnica dei diversi aspetti strutturali della lamentazione. Cos, per esempio, A.C. Rush ha creduto di definire il
lamento antico come unione di planctus e nenia - o di xoer e
pfrvo,a definizione che confone il plnctu.r irrelatvo della crisi
conilplanctus ritualizzato, e che lascia completamente nell'ombra
la dinamica della conquista della nenia come discorso protetto. Un
conato definitorio ancor pi infelice quello dello Ehrismann, che
distingue addirittura quattro forme di lamento, e cio r) il canto
di elogio; z) il lamento dei sopravvissuti improwisato, e tuttavia

di superficialit, n quanto per un verso

in forma tradizionale; 3) i canti di intrattenimento durante la vegha


a

A.C. Rush, Deatb and Buril

ir

Chstin

Antiquitl (\ashington ry4r) p. 3

zione. Non si trattainf.atti soltanto di respingerel'asttatta quaripartizione dello Ehrismann, ma anche di non cadere in una non
meno astratta e indiffetenziataunit, col pretesto di adeguarsi alla
immediatezza dellacostumanza in atto. In realt il lamento rituale
a caratteristica che innestandosi nella crisi
p
de al mondo dei valoti lapresenzain rischio:

ve senso soltanto in un mondo storico defiu


nito, quale fu appunto l mondo delle antiche civilt religiose del
Vicino Otiente e del Mediterraneo. Con ci si intendono criticate allaradice anche altre classif cazioi del lamento rituale, come
per esempio quella di Bugiel.?
4. Trasposizioni del lamertto funebre

In una lettura tenuta due anni or sono alla Societ etnogtafica


ungherese di Budapest, B. Rajeczky ebbe occasione di illusuare
alcuni lamenti funebri che confermano il vario impiego tecnico della
stfuttufa della lamen tazioneper occasioni indipendenti dall'evento
luttuoso in senso sffetto, cio dalla morte fisica di persone care.

timo tipo, che appartiene ovviamente alla imitazione lusoria del


lamento dapate di fanciulli, tutti gli alti si riferiscono a momenti
t

Ehrismann, Gesch. d. dt.

Indoge
cbau
Rajeczky,

6 K. Ran.ke,
7 Bugiel, Les
8 Cft". B.

vol.3,3t-46

(1957).

Lit.,

vol^,

r, pp

39

sg

(r95o) . 9) not^ r.
u11. Mm. Anthtopol., Paris, tzz sg. (t9')'
lieder,Dertsches Jahrbuch fr Volkskunde,

x
AGGIU\!

326

critici di un certo regime esistenziale contrassegnati dall'alterazione


brusca, e )ttaviainevitabile, di una certa sitlrazione affettiva; alterazioneche esige un passaggio e un adattamento rapido alla nuova
situazione, con la interruzione violenta di certi comportamenti consueti e Iainstaurazione immediata d certi altri, e che perci pu6
considerarsi un equivalente pratico di quell'altenzione affettiva

cento pagine interamente dedicato ai com


sulla base prevalente di un materiale fornito
Fedosova, una contadina di Kusaranda'11
lelamentazioni nuziali ancora il folklore russo che ce ne fornisce la documentazione pi ricca. Anche qui noi troviamo lamenti
della sposa in cordoglio e lamenti ceduti alamentattici prezzolate,
con drmm atizzazionirituali molto interessanti dal punto di vista
tecnico. In una d esse, secondo quel che ne dice il Sokolov, il protagonista della finzione scenica rituale sono la promessa sposa, le
sue compagne e i familia, ed il dialogo canterto si svolge rappresentando la separuzione della promessa sposa dalle persone e dalle
cose della sua situazione di vergine. In patticolare una intera scena
mima I'addio della sposa al suo naslo di vergine, simbolo di libert:
la sposa passeggia nell'isba, pavoneggiandosi davanti ai familati,
adoJna del sno nastro virginale, poi essa chiede ai genitori di to-

il

nasro:
Se non lo toglierai tu, o babbo che mi hai dato da

glierle

saranno

mangiare,

cattivi stranieri che lo toglieranno.

Ma n il padre n la madre possono decidersi a strapparle il nastro,


e
10
11

Sokolov, Le folklore rasse, trad. {ranc' (Patigi tq4l) pp. t25 sgg'
E. Barsov, Lnentazioni d'ella Rt;ssia settentionale (Mosca r87z-82).

I.

Sull'opera del Barsov, rimasta pet noi inaccessibile, informazioni in Mahler, Die ntssi(r935) pp. 33o sg.

sche Totenklage

f
AGGIUNTE

32j

che finalmente le sar tolto dal fratello minore, La promessa sposa,


oercorre ora I'isba senzail suo nastro, e supplicando i presenti di
ienderglielo, ma il coro risponde che potr farlo solo a certe con-

izoni, soddisfatte le quali la promessa sposa rientra in possesso


del suo nasffo. Finalmente la promessa sposa riconosce cantando
di non aver pi diritto di portarlo:
Guarda, mamma mia cra,
guarda babbo mio, che mi hai dato da mangiare,
guardate la vostra bella figliola".
sebbene io porti il nastro,
non resta al suo posto, non si mantiene
come si manteneva prima, come un tempo,
sulla mia piccola testa capricciosa.

nco afforu da un detto col quale le lamentatrici consigliano di


lasciare che la promessa sposa si lamenti: <se non si lamenta ora
- suona in sostanza il detto - pianger poi alla casa del marito>>,
l che comporta il riconoscimento che il lamento della sposa prepata e acilita, sul piano destorificato del rito, il passaggio effettivo della realt storica.l2
Menffe i compianti di reclutamento accennano ad una ffasposizione relativamente recente e circoscritta dell'antico lamento funebre, i lamentinuziahrisalgono con ogni probabilit al mondo antico.
Invece i lamenti per la morte di animali - sopravvissuti qua e l
nel folklore euromediterraneo - rinviano alle civilt di cacciatori,
12

Sokolov, op. cit., pp.

ttosg

x
AGcIU\f

328

dove ebbero la loro origine, inserendosi organicamente nella corrispondente vita religiosa, Com' noto il Frazer ha fornito numerosi
esempi di pianti rituali del genere. Cos, per esempio, quando gh
Ostiachi uccidono un orso a caccia fanno seguire alla uccisione
lamento rituale di questo tipo: <Chi ti ha ucciso? Sono stati i Russi.
Chi ti ha tagliato la testa? Un'accetta russa. Chi ti ha scuoiato)
Un coltello fatto da un russo>>.lr Come nella gi ricordata forrnula
di Epifanio si ha qui uno spostamento della colpa: solo che rgtre nelle civilt agricole tale spostamento concetneva le passioni
vegetali connesse al raccolto, nelle civilt di cacciatori lo spostamento concerne la passione animale connessa con la cacca. In questo
quadro di destorific azione del momento ctitico della uccisione delI'animale in una civilt di cacciatori va collocato il lamento funebre
come pianto rituale che occulta l'iniziativa storica, e intanto mediante tale occultamento la permette e la dischiude. Con la nascita

dell'agricoltura e con la domesticazione degli animali, il pianto


rituale per la morte di animali si tramuta o in pianto tituale per
la uccisione di animali nocivi all'agricoltura, o in lamenti dopo sacrifici di vendetta compiuti con animali sui quali vene spostata la
responsabilit umana della passione vegetale, o infine in veri e propri lamenti funebti per animali domestici, economicamente utili,
e vatiamente collegati con I'uomo da rapporti affettivi. L'et ellenistica conobbe una risoluzione letteraria del lamento per gli animali domestici, per quanto di solito questo trapasso non sia stato avvertito dai moderni studios degli epicedi ellenistici per animali.'a
Sarebbe desiderabile che tali nessi storici concernenti il pianto rituale nelle cvilt di cacciatori e di quelle di allevatori e di agricoltori fossero sottoposti aduna approfondit a analisi storico-religiosa.

5.Un

AGGIUNTE

329

logici possono talora meglio lumeggiare alcuni aspetti meramente


tenici del lamento antico, ancorch grandissima la distanza per
quel che concerne i valoti dischiusi. Yalga un esempo. Abbiamo
lirto .o-. il lamento funebre originariamente destinato a pelsone
storiche subisse nel mondo antico varie ffasposizioni e fra queste
il lamento per qualsiasi cataslofe che colpisce la collettivit (si
pensi alla qtna profetica, o al lamento di Serse per la flotta peruta, nel coto finale dei Persiani). Di una trasposizione analoga
rende testimonianzauna lament azione funebre Yamana che fu raccolta alKoppers e dal Gusinde in circostanze interessanti. Si tratta
di una lamentazione a richiesta degli etnografi e quindi fuori della
circostanza teale, ma appunto per questo particolarmente istruttiva per le reazioni degli indigeni alla situazione innatttale- La
prma teazione fu di stupore: <<Come si pu essere tanto tristi, se
n.rrrno morto?>> Ttttavaessi finirono con l'accedere alla richiesta, e si prepararono alla lamentazione <(con una meditazione di
molte ore>>. Il lamento fu cantato da due donne, con esecuzione

ci era impedito dalla mancanza del morto, ma una ffasposizione


del pianto rituale funerario alTa catastrofe che aveva colpto la popolazioneYamana, in via di estinzione per effetto della colonizzazione bianca. In mancanza ella registrazione fonografica della
melodia, che Gusinde e Koppers riuscirono ad ottenere in questa
circostanza, diamo il testo letteratio del canto delle due donne,
cos come i due etnografi 1o hanno trascritto:1t

larrento Yamana

Gi spiegammo a suo tempo le ragion per cui un'analisi del


lamento funebre nelle cosiddette civilt primitive non rientra nella
prospettiva del presente lavoro (cfr. pp. rr sg.); tuttaviai dati etnorr Per i dati etnografici cr. Frazer, Il ramo d'oro, mad. it. (Torino r95o) vol. z,
pp. r66 sgg.
ra Cfr. Hettlinger, Totenklage um Tiete in der antileen Dichttrg (Stoccarda r93o).

Yamana. Noi cattivi, noi malati rimanemmo fino ad oggi. Ed egli lasci vivere
noi che siamo deboli e siamo in pochi. A me ha rapito i figli, tutta la mia
lamigha. E i figli che mi rimangono dovranno seguire ben presto la stessa
strad che hanno presa gli altri perch sono deboli e malaticci' Mia cugina

lt Cfr. \X/. Koppers, La


pp. f29-3r.

rcligiote dell'ttono prinitiuo, trad.

Rosati (Milano 1947)

33o

AccIrrNTE

Atlante figurato del Pianto

rei e soffrirei come loro nel bosco e in mare e in altri luoghi. ,A.llora lavorerei fin che anch'io dovrei morire. Dei miei parenti sono rimaste solo poche

di tre tipi fondamentali


I1
di materiale documentaiio, il folklorico, I'antico e il crstiano.
in
vivo
utrriuLfolklorico consta di un lamento funebre sofpreso
I1 presente atlante figurato-si- avvale

(la sequenza di Castelsaraceno: n

frire in questo mondo! Come siamo in pochi! Ma nell'altro mondo, 1 dove


ci sono gli Europei, sono in molti. Se l uno muore, poco importa, perch
ne rimangono tanti. Ma da noi diverso. Quando muore uno di noi come
che sono tanto numerosi. Come sono
e la mia vecchia madre! Il giorno in
sperder e non manger e non berr

pi e morir di dolore. Se f
animali e non porterei a casa
che disttugge e uccide tutti
anche lui se questo fa piacere.

ficial{, cio eseguiti al di fuori d


richiesta dell'etnografo (nn' z-6),
tive al rituale funerario romeno (
lucano proviene dalle nosre esplorazio:
-r95o
u r956,t il materiale fotografco sardo ric
(S
u-di,rtt cumentario girato nel 1955 a Fonni
fotografico
Pandolfi e Paola Mazzelti,il materiale
.orr.r"..nte fornito dall'Istituto di Folklore di Bucarest. In gene;;i i;."-enti lucani e sardi giovano ad illustrate alcune quistionir.lutiu. al lamento antico, d in particolarcla sua mimica e 1o
della
*rr.hi- e[a lam.ntatriceduiante il discorso protetb
tentadel
qui
sottolinearcIanovit
lamentazione stessa. Vorremmo
iiuo, poi.h - come gi fu dimoitrato (pp' 8-tgg') -. nella scienza
folkiorica e nella stoiia della letteraur: e della poesia popolare si
data fin'oggi assai scarsa imP
to e allo stato Psichico della I
che invece hanno imPortanza no
religiosa.
gurazioni
alamentazione per persone storle romane
1

Le fotogtafie sono state eseguite da Franco Pinna'

ATLANTE FIGURATO DEL

t)z

visione cristiana della morte.

PIA\fq

ATLANTE FIGURATO DEL PIANTO

33)

La serie folklorica s apre con alcuni momenti successivi di un


lamento funebre reale che ebbe luogo a Castelsaruceno la mattina
del 3 agosto 1956 (n. r). La sequenza mostra le due figlie della
u capo della bara, cantano il lamento: il n' ra da con^oitu.-h.,
frontarsi con l-colispondente archeologico del n. 5r, dove del
paraffigufaro un diicorso individuale al morto. Nella serie folkiorica dei lamenti atiicialla otogtaf^ n. 2 t^pptesenta un momento di esaltazione patossistica di una lamentarice di Pisticci:
lo scenario di ulivi che qui fa da cornice si spiega col fatto che
lalamentatrice s rifiut di eseguire in paese quanto le veniva tichiesto, motivando il suo rifiuto con le pfoteste che il vicinato non
avrebbe mancato di sollevare: fu quindi necessafio portatlain camp^gnaper <<f.arlapiangere>> con I'aiuto d una sua amica idata.La
i"qrr.nru n. 3 f',t ottenuta in occasione di un documentario cinemitografico gfuato da Michele Gandin ftai calanchi dei dintorni
di pilicci tt.l murzo del ry54. Per le esigenze del documentario
cinematogr afico laricostruzione dell'evento luttuoso dovette spingersi ai -itti.i particolari. Si suppose un incidente nel quale un
ontadino uur.bb. tfovato la mr rte, precipitando col carretto e
con I'asino in un burrone: la moglie ela cognata accorrevano sul
luogo della sciagura ed effettuavano la lamentazione. Per quanto
in tle occasione non fossero rispettate tutte le condizioni per ottenere un buon saggio di lamento atificiale, fu tuttavia possibile
avere conferma dl caterttete stereotipo e rituale della mimic a della
lamentazione, come mostra la sequenza in quistione: per circa mezz'oralalamentatrice nella parte di moglie iter senza sosta sul ritmo
della melopea una stessa successione di atti, agitando d,aPPrima
il f.azzoletio sul morto ricoperto di un lino, poi abbassandosi sulle
gambe e allargando le braccia, e infine rialzandosi portando il fazzoletto al naso. La mimica stereotipa colfazzoletto caratteristica
del lamento funebre di Pisticci, anche se - com' ovvio - risulta
alquanto diversa quando il morto, come accade nella maggioranza
.i .;ri;non disteso al suolo a giac. sul letto o n.llu buru'
anche da osservare che la esecutrice che sostenevalapafie di moglie
in questa lamentazione era effettivamente vedova da qualche
temo, e tendeva a rprodurre nel lamento atificiale quello che
esra arreva effettivamente recitato davanti al cadavere del marito'
13

ATLANTE FIGURATO DEL

ATLANTE FIGURATO DEL PIANTO

)t4

PrANl'o

)35

di giubilo e di richiesta implorant e: tttttava qualdo appare.in scene


iiamentazione esso assume I caratterc di paradigma mimico funenrio ecostituisce uno dei non molti atteggiamenti rituali da assumersi nel corso dell'evento luttuoso. Il secondo diffusissimo modello

abbiamo ossefvato a proposito della oscillazione collettiva e sincrona del busto delle lamentattci di Fonni (n. 6f). un modello

elle Troi'ane (vv. rr5-t9):

ai cot'
In generale per la mimica nel lamento folklorico rinviamo

rispondenti.o-'*^ttidel

testo (cap'

z'

SS + e

5'

ca'

'

)'

orpvorol eoovtot oo come anche da Apuleio, Metanz',.8 (<Nam

mui., pueri, mortem deplorans

acerbam

filii, fleta et lacrimosa

,6

ATLANTE FIGURATO DEL PIANTO

fuscaque vesta conte cta ambabus manibus trahens cinerosa canitiem, eiulans et exinde proclamans, tunsisque a diverberatis vehementer ubera>). Nettamente distinto dalplangere pectora la esibizione dei seni delle due lamentatrici del sarcof ago di Achirarn
(n. 4r), con valenze di recupero dinanzi alla morte o di richiamo
e di rapporto (cfr. cap. 5, pp. 2o2 sg.). Un'altra stereotipia mimica
del planctas tualizzato il percuotersi le gambe: in questo senso

va interpretato l'atteggiamento delle quatffo figure centrali di


lamentarici della tomba d Amenemanet (n. 3z), che leggermente

piegate nel busto e nelle ginocchia eseguono appunto il gesto. La


\erbrouck opina che le quattro figure stiano <<dans une attitude
qui serait presque de f implorationr>,2 ma si ftatta di un equivoco:
non c' dubbio inf.attiche si tratti di un modello diplnctus rituale.
Durante le nosme esplorazioni etnografiche sul lamento funebre
lucano e delle colonie albanesi calabro-lucane, abbiamo pi volte
osservato, in lamenti reali o atificiali, il modello mimico in questione: la sua esecuzione, nella attuale situazione folklorica calabrolucana ha per luogo soltanto nella crisi oppure accompagna ritmicamente il discorso protetto della lamentazione da parte della
lamentatrice seduta accanto allabalz durante I'esposizione, e in
tal caso i colpi dati sulle gambe scandiscono il ritmo della melopea.
Nel gi menzionato bassorilievo illusrato dal Gamucci (n. 57) appaiono sulla destra tre figure di donne sedute forse libertae
in atto di abbracciare il ginocchio sinistro: questo modello mimico
del cordoglio ha alcuni interessanti riscontri letterari. Si legge in
Pausania o,3r, z: <<Con ambo le mani Ettore abbracciail ginoccho sinisto, mostando cos il modello (o1frpor) di chi in cordoglio>. E in un passo di San Nilo: <Mi sedetti e abbracciando con
le mani le ginocchia e piegando su di esse il volto colmavo il grembo

di lacrime> (PG 68+). Anche Agostino accenna allo stesso gesro:


Si vulsi capillum, si percussi frontem, si consertis digitis complexatus sum genua)> (Confess. 8, z6).Il canonico Andrea de Joriol
segnala il modello mimico delle <mani a pettine sottoposte al ginocchio piegato)> owero della <gambapiegatae stretta con le due mani
I'una sovrapposta all'altta>> come espressione di dolore, e ricorda
<<

2 tJlerbrouck, Les pleureuses ecc., p,


62,
de Jorio, La nimica d.egli antichi inoestigata nel gestire rapoletro

'A.

pp. r38

sg.

(Napoli r8z)

ATLANTE FIGURATO DEL PIANTO

)37

come <<le nostre moderne prefiche cos sogliono per 1o pi atteggiarsi allorch sedute al suolo ed accanto al morto ne compiangono
le glorie vere o supposte>. Il de Jorio osserva anche che le mani
incrocicchiate o a pettine, ma a palme rovescie, e portate abtaccia
tese verso il basso del venre, fanno espressione di dolore (p. zq):

abbiamo osservato frequentemente questa partcolat mimica


durante le lamentazioni funebri ancora n uso nel Mezzogiorno
d'Italia, ma il de Jorio trascura di dite che il gesto in questo caso
va immaginato nel gridato del parossismo o nel canto della melopea, e accompagnato a un leggero moto oscillatorio delle braccia
e del busto. Le braccia possono essere anche protese n avanti, sempte a dita intrecciate e a palme rovescie, e sempre con la detta
leggera oscillazione. Il significato ovvio: sitratta di un gesto che
vuol esprimete allontanamento da s della sciagura.
Le nfigtsrazioni di epoca cristiana si riferscono in parte a scene
di lamentazione raffigurate su tombe (nn. 8-6o) ed in parte al
pianto delle donne per la morte di Cristo (nn.6t-66), raggiungendo
infine il loro epilogo ideale nei funetali di Santa Fina del Ghirlandaio (n. 66), che possono a buon diritto essere presi come modello
dei funerali cristiani. Nei cortei funebri della tomba di Sancho Saiz
de Carillo, nelle scene dilamentazione della tomba di Egas Moniz
e di quella di Don Gonzalo de Hinopa il ritmo delle forme antiche del pianto rituale sembra dispiegarsi in tutta la sua veemenza,
come se ancoranon avesse esercitato nessuna infltenza sul costume
I'episodio esemplare evangelico in cui Ges scaccia gli esecutori
del lamento alfa casa della figlia di Jairo. Nella tomba di Don
Gonzalolamentazione funeraria e rito cattolico appaiono raf.figuratindue momenti successvi e distinti, la prima durante la esposizione del cadavere, ed il secondo intorno al sarcofago. La descrizione delle lamentazioni per la morte di Ferdinando III il Santo
nellaPrinzera Crnica General e altri dati (cfr. pp. 297 sg.) confermano pienamente il valore documentario di queste ruftigwazioni
sepolcrali. I modi della lamentazione antica si riflettono chianmente nel pianto sul Cristo di Fra Guglielmo (n. 6r), e nelle temecotte di Niccol dall'Arca (n,61) e di Guido Mazzottt (n. 6+). Nella
deposizione di Giotto nella Cappella degli Scrovegni (n. 6ra, b)
le fotme pi acute della crisi, come lo strapparsi i capelli e l'ululato, sono attribuite alla disperata dda degli angeli, il che ricorda

ATLANTE FIGURATO DEL PIANTo

T8

planctus che sorvostranamente la ridda di figurine immerse neI


lano il cadavere nel lecito attico del n. fi..L^.compostezza *iIe composi
,ii^u illuminata di piet e di speranza domina invece
(n'
6z). In{ine i
,i"r.,i A Beato Angelico (". 6) e del Perugino
nel qua(n.
presentano.
66)
daio
Ghirlar
del
di Santa Fiia

i"n..uli

;;;;f,

della chiesa

volti gtavi di uomini, co-

solenne liturgia
ooste comari e incantti giovinetti, e una dolce melanconia che

.ron
uu oltre il <(sommesso pianto>>'
- -1,r.
alla documetazione stfettamente attinente al lamento
f,rrr.b.., al suo pieno fiotire e alla sua ecadenza per opera del
Crirti.ri.o, ii pr.sente atlante figurato allinea - come detche per
;:-;;; ,;ri i dati documenrari anrichi e folklorici
tto col lamento destinato a Pernotevole importanza per illusttasostenute nel corso del libro. In
pianto rituale agtatio e al mito
. i3-4r, 43: cfu' caPP' 6 e 7).
rto lu6oforo attico del n. 5o
per gli agoni rituali, ore
o alle etoquenti figurazioni delle
;;t;i;i;;.* ii". e ,
della scimmia, tomba
io6. di Tarquiniu (tmf
ig_!r.,tomba
giuochi lascivi
de]['erotismo
ffi urrgrr.t): La isoluzione figutativo neinei
gruppi erotici
due
;.;;1""1t irova il suo riflesso
corrisponcon,i
.fir r"-U" dei tori di Tarquina,-dapa',ggnult
Lazzato
dr
funeralr
dei
denti folklorici dei giuochi lascivi nel corso
da
per
folklorico
il banchetto funebre
nti l.rr. pp. :164g.).

dell'abete (n' 8) illustratnafase


zaroBoia descritti nel caPitolo 4

(pp. 166 sgg.).

.1

.1

conosciPossiamo ota v alutate complessvamente il conffibuto


fotografico
t .ir,rltuto iufla comparazione del materiale
i"if.f"i.", del materiale figurtivo_antico e di quello di epo.ca cri
ii';"i.riul irog.;fi.o folklorico ha messo in evienza
uri che la do..rmntuzione antic a, sa figurativa che lette-

tir;;I.
;;i;;;.
ui..-i
a

Cft. M. Pallottino, La peintute

tn'tsque (Skira, Ginevra

r95z)'

ATLANTE

FIGURATo DEL

PTANTo

33g

ratia, non poteva fornirci, e cio lo stato di concentrazione sognante


della presenza rituale del pianto, ela oscillazione ritmica del busto
ene mimica elettiva durante il discorso protetto della lamentazione. (Su quest'ultimo punto vi tuttavia un riscontro letterario

antico molto significativo nella oscillazione ritmica di Ecuba secondo il passo delle Troiane). In un caso particolare il materiale
folklorico ha consentito di interpretare in modo giusto Iarcale dinamica del plaructas rituale delle quattro lamentatrici della tomba di
Arnenemanet. Infine lalamentazione folklorica in azione ha reso
oossibile identificare come realisticamente fondati i sncronismi
di gruppo che nel materiale fgurativo antico si soliti attibuire unicamente a motivi stilistci. D'alfta parte l'esame del materiale figvativo antico ha notevolmente allargato 1'angusta prospettiva mimica ricavabile dal documento folklorico attuale: I'indossare
modelli di vestiti dimessi o stracciati, la esibizione dei seni, le mani
a pettine sotto le ginocchia piegate, la estensione rituale del bracco con valenza di sepanzione e di rapporto e infine l kopets e

riri.i

in quanto ritmi collettivi appaiono senza riscontro


nel
documento folklorico attuale. Senza dubbio la comapprezzabtle

la stemotipia

parazione fra materiale fotografico folklorico e materiale figurativo antico non ha il potere di esaurire il panorama mimico della
lamentazione, poich resta sempre aperta la possibilit di modelli
mimici che non potettero trovare espressione nell'arte igtsrativa
antica e che andarono perduti nel processo di disgregazione folklorica senzalasciar ftaccia neanche nelle fonti letterarie. Tuttavia
dalla comparazione delle due diverse istanze documentarie, la folklorica el'antica, possibile formarci un quadro abbastanza completo della mimica rituale del lamento funebre antico. Ci che ad
ogni modo tale comparazione non permette di determinare la
distribuzione dei modelli mimci secondo aree ed epoche definite:
qui sta senza dubbio un limite oggettivo della documentazione non
solo figurativa ma anche letterctia, e la ricerca deve contentarsi
di una visione di insieme su un'area notevolmente ampia e per un
lasso di tempo che abbraccia millenni. Una linea di sviluppo nella
mimica per rawisabile, soprattutto se teniamo presente il materiale crstiano, col quale la lamentazione entra in una crisi decisiva, e I'evento luttuoso tende a riflettersi nei volti e nei corpi umani
secondo espressioni mimiche conformi al nuovo animo, che pi
non consente la pagana lamentazione.

. IVI

teria

le

fo

l/<

lo ric o

(illustrazioni

r -r r)

!r

?
I

(b)

r. Momenti di un lamento funebre reale. Castelsaraceno (Lucania)


14

I
\

(b)

(')

(Lucania)
lamento funebre artificiale Pisticci
z. Esplosione parossistica contollata in

3. Sequenza mimica indefinitamente iterata in lamento funebre artificiale.


Pisticci (Lucania).

(d)
4 Motrento di lamento

funebre artificiale Moutemurro (Lucania)

5 Momenti

k)

successivi di lamento funebr.e artificiale. Ruori (Lucania)

l
(c\

(4) .-.

j
(b)

. Momenti di un lamento funebe artificiale Fonni (Sardegna) Ingresso delle attitadoras (6a).
Si noti, durante il discoso della lamentazione, lo stato di concentiazione sognnte della atti()

tado (6b\, l'oscillazione ritmica del busto in avanti (6cd,e) eseguita sincionicamente dal
gruppo delle lamentatrici (61), e l'oscillazione ritmica laterale del buito (6g)

k)

r - '-\,

Annunziod'lh::::,f*:ii'|l:i"tff!r^.io.

8. TrsDorto rocesslonale de
Ceriicior. Hun.doara (Romana)

Funerati

di LazzaroBoia, 3o dicemlre .';ro

9. Carro funebre con lamentatrici. Tapesti (Romania)


ro. Bancheto funebre. Nerej (Romani),

I
antico (lllustrazioni rz-57)
z. Aloro

rz. Tre donne in cordoglio per Ankh M IloL'. Saqqarah. Episodio di crisi
r3 Tre donne in cotdoglio per A.nkh Ma Hor Episodio di crisi,
r4. Cordoglio per Nkht. Tebe N r6r Episodio di crisi.
r5, Due donne incordoglioper Idu Guizah. Episodiodicrisi,
r

r. Banchetto sul desco-bara, Vrancea (Romani)

(Illustrzioni rz3z,daV,/. tX/erbrouck, Lcsplcuteusesdans l'Egypteancicttttc, Bruxelles r938)

16.DonnaincordoglioperHery.TebeN.,z.Bncciasollevateinaltoepiegateadangolo.
Tbe N 5 r' Mani spinte verso il viso'
i l'tinnuLt. Tebe . 87, Mani che si abbattono sul capo
;. ffi;;;;;i;.
N. 5 r ' Estensione del braccio
T o. Lamentatrice di Userhat. Tebe
t.li."tut e di Hori. Tebe N. z5g Estensione del baccio' braccio'
;;' . |;;;;r;t; ie el corteo f unebre. eb e N r 7 5' E stensione del

tr. l-"^L""tti.e diur..h"t.

corteo funebte. Tebe N. r75. Estensione del braccio


N, 3 r, Estensione del braccio.
z4.Lamentice di Khonsu. Tebe N. 3 r. Estensione del braccio.
z5.Lamentattce di Nebamon. Tebe N. r8r. Estensione delbraccio.
26. Lametatrice di Nebamon. Tebe N. r 8 r. Estensione del braccio.

22.Lamentattice

de1

23. Lameta,tlice di Khonsu. Tebe

Y
l
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t:i'l
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I

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il

29 Tomb di Ramose, scena di lamentazione collettiva Tebe. Estensione delle braccia, rnani
N. r59. Esibizione dei seni
z8 Lamentatrici di Arenmose. Tebe N. 19. Estensione del braccio
27. Lamenratrice di laya. Tebe

e mani che si abbattono sttl capo, sincronismi

di gruppo.

spinte verso il viso o che si bbattono sul capo, braccia sollevte in alto e piegate ad angolo:
vari parziali sincronismi di gruppo

3o LamentatricidiUserhat TebeN,56.Manialcapo,sgraffiarsigliavambracci(?):sincroni
smi di gruppo,

Y
FFg= =< a

frr

:.::::

lt1,

gruppo.
r. correo di lamentatrici di Bakenkhonsu. Mani al capo, sincronismo di
,77. percussione delle gambe: sincronismo di gruppo.
N.
i.rr"
;.;;r-;i;;il"".
;;.
a

33.L^ment^zione della mietitura, Tomba di Ti (Da Montet, Lcs


tornbeaux gyptiens dc l'ancicn Enpirc, t9z5)
34 Raccolto dei covoni di lino Tomba di Iletepet. (D Klebs)

scnes

tlc la uiepriue dans lcs

0
0

3r. L^ stat. (Da F. \(/. Bissing, Gctnnile', volr z)


36.LacolonnaDed.(DaA. ]iedemann,sargderSai'tenzeitzuBontt,BonnJahrb.,vol 3o)
37. Colonne in lilievo, imitanti il covone di papiro. (Da van Rosen, yrner, i9z9)

38, Figurazione della colonna Ded,


39. Altra figurazione della colonna Ded.
4o Altra figurazione della colonna Ded
(Illnstrazior.ri 38-4t, da Bndge, vol. r)

4r. Osiride vegetnte

42.Lamentartici di Byblos. Sarcofago di Achiram. Due lamentatrici esibiscono i seni e due si


percuotono la testa. (Da H. Gressmann, Aborientalische Bilder zum Ahen Testament, Berlino-Lipsia r9z7)

43 A.nello d'oro del periodo minoico Micene. (Da A.J Evans, The Palace of Mnos, vol t

trlzr)

44. Sttuetta di lamentatrice pr'oveniente da Tanagra, Mnseo del Louvre


45 Statuerta dilamentatlice diprovenienza sconosciuta Museo di Atene.
46. Statuetta di lamentatrice proveniente da Tanagra Museo di Atene
47. Statuetta di lamentatrice proveniente da Tanagra. Museo di ,A.rene Mani lla testa
(Illustrazioni 44- 47, daM Collignon, De l'orignc du tlpe des pleuteuscs tlans I'att grecrue,
Rev Etudes grecqnes, vol. r4, r9o3)

d.

,.
a

48 Statuetta di lamentatrice ritrovata in necropoli dell'epoca geometrica, Mani


(Da Hesperia, vol. 5, ry36)

al1 testa.

49.Lamentizione durante laptothesis in anfora attica di stile geometrico Braccia che si abbattono sul capo, sincronismo di gruppo. (DaMatz, Gcschichte du gtiechisclscn Ktntst, t95o)

del btaccio, cavalcata


5o. Lamentazione durantelaptothsi.r in lutroforo ttico, Estensione
gonlstlca.

5r, Particolare del precedente: il discolso al morto


(Ilhrstrazioni 5o-5r, da Mon Piot., vol. r)

vr',

. ....,-

t'r.s

p'
"(

/
(

5z. Scena di lam entazione in pinax Estensione del braccio.


ra{fi4l.L^*it"i. duantela'prothcsls in nn lecito attico. Estensione del braccio iLr spiriti
gurati sul cadavere

(llhrstrazioni5z y,daO.Benndorf, GriechschcuntlSizilscbeYasenbildet\

54 Tomba degli auguri, Tarquinia Estensione del baccio davanti alla porta della tomba
l'Ade (DaM. Pallottino, Lapeintute tuusque,Skira, Ginevra r95z)

o del-

55. Tomba dei tori, Tarquinia. (Da Gabinetto fotografico della Sopraintendenza alle Antichit
dell'Etruria meridionale)

''1
3. Epoca uistiana (illustrazioni S3-61)

(a)

56 Tomba di Civitella San Paolo Gladiatore

e lamentarrice. (Da Ghislanzoni, Mon, ant.,

vol

(b)

19,

r 9o8)

57 . Lamentazione durante La co

libertte. (Da

llocatio. S ternotypia

delle funerae e ginocchio abbracciato nelle

Garrucci, rl4onutncnti d.elMuseo /ateranense

, r86t)

sulla tomla di Sancho Saiz de Carillo e Mohamud (Burgos), ora nel


Museo di Arte Catalana di Barcellona. (Dl'La peintute espagnole,Skira, Ginevra r953)

58 Cortei funebri raffigurati

--

!
,11/

)r

-1i

,t
t,
.l

59. Tomba di Egas Moniz (morto nel r r44), Paco de Sousa. (Da M. d'Aguiaz , Thc Tonbs of Paco de Sousa, Art Studies, r9z6)
6o. Tomba di Don Gonzalo II de Flinopa (Da F. Iniguez, [Jn sepulto de / Catedtnl de Burgos,
Arch esp. Arte y Arqueol., r935)

6r. Fra Guglielmo. Pianto sul

Cf

Fuorcivitas in Pistoia

(Illustrazioni 6r -67, Foto Alinari)

isto. Particolae del pergamo della chiesa di San Giovanni

()

(r: Gioto Dettagli

del Gesr deposto dalla Croce . Padova, Cappella degli Scrovegli all'Arena.

Marie Gruppo ill lerrcoLt colorti Bologtla' Chicsa di

@.

Lrto clelle

(t.
'

taziorli sul corpo di Cristo Gnrppo in terrcott colorata Modena'


Dccoflato

lF'-

65.Beato Angelico. Ges portato al sepolcro. Firenze, Museo di San Marco

-{

,tr

-ol

66, Ghirlandaio Esequie di santa Fina. san Gimignano, chiesa della collegiata.

Bibliografia
La presente bibliografia non ha pretesa di completezza, ma si limita all'essenziale,
a.'::"1!

:: .-

.t'

.r..
.:-.:

cio alle monografie sull'argomento e alle opere in genere che ne trattano non occasionalmente o che variamente giovano a lumeggiarlo per il loro tiferimento a questioni con-

tanto pi opportuna in quanto particolarmente per la letteratufa


folklorica un gran numero di dati, per la loro occasionalit o superficialit o'vero per
la particolare prospettiva che guid la raccolta, non furono tttilizzaliL ai nostri fini. Quando
il motivo della citazione bibliografica non risulta ovvio dal titolo, e quando in opere a
carattere generale si ritrovano riferimenti importanti a questioni particolati, un bleve
chiarimento fra parentesi segue il titolo stesso e la eventuale indicazione de1le pagine.
nesse: la precisazione

h der nornaler Traaer td in abnotmaler psyder Libido (Lipsia-Viennaentwiclelungsgeschichte


einer
Versuch

Abraham K., Obiektuertust and Innoiektiott


chischen Zustcinden,

in

Zurigo r9z4) pp. 22 sgg. [Psicologia e psicopatologia del cordoglioJ."


Amador de los Rios J., Historia critica ()e la literatura espaola, voI. q (Madrid 186)
pp.j2) sg.; vol. z (186) p. 4zo n. z, ll-amento funebre spagnolo]'
Amalfi G., La cull, il talnno e / tomba nel Napoletano (Pompei r89z) pp. 57-78. [Lamento
funebre nel Napoletanol.
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