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Elisa COSTA, 1145-1318.

La Militia Christi in Sicilia: il caso templare, introduzione di


Franco CARDINI, nota conclusiva di Luciano CATALIOTO, Edizioni Leonida, Reggio Calabria
2009.

Pagine: 344
Mese/Anno: novembre 2009
ISBN: 978-88-95880-35-8
Dimensioni: 15 x 21 cm
Prezzo: 18,00 €
Genere: saggio di storia
Collana: Mare Nostrum

Breve presentazione dell’opera


Dal momento che parlare di Ordine del Tempio e dei Templari è sulle prime sempre un po’ ambiguo e imbarazzante, data
l’enorme invasione di scritti a carattere divulgativo o esoterico sull’argomento, è divenuto ormai consueto se non
addirittura d’obbligo il far precedere agli studi seri e scientificamente fondati sull’argomento un’iniziale avvertenza che
ha un po’ il carattere dell’esorcismo: e che non ha d’altronde assolutamente il significato del vecchio Procul este profani,
dal momento che anzi – al contrario – sarebbe bene che non solo e non tanto i cosiddetti “addetti ai lavori”, gli studiosi,
ma anche e soprattutto le persone d’una qualche cultura interessate o perfino addirittura affascinate dai temi connessi con
quest’Ordine militare, ma sprovviste al tempo stesso (non c’è nulla di disdicevole nell’esser tali) delle cognizioni atte a
giudicar fin dalla prima occhiata se un libro o un saggio su tale tema sia o no affidabile, venissero guidate e incoraggiate
ad affrontare letture filologicamente e storicamente corrette. Quando di uno studio si rileva il carattere di serietà e di
attendibilità, ciò non equivale per nulla a sconsigliarne la lettura a chi non sia professionalmente in grado di
comprenderlo e di fruirne appieno: così facendo, tuttavia, si vuol fin dalle prime pagine legittimarne la sostanza e il
contenuto. D’altronde, a chiunque sia anche appena un po’ avveduto basta un’occhiata all’indice generale e all’apparato
delle note per capire se ci si trova o meno di fronte a uno scritto attendibile. E non v’è dubbio alcuno che questo lo sia:
per conoscenza della materia, per competenza sulle questioni generali nelle quali è necessario contestualizzarla, per
ampiezza e qualità d’informazione critica, per attenzione ai temi dell’esaustività di trattazione, dell’approfondimento
specialistico e dell’aggiornamento propriamente euristico-metodologico-critico. Ne fa fede la prima parte, a onor del vero
non essenziale rispetto al tema specifico della ricerca, comunque quanto mai opportuna vista la popolarità anche
extrascientifica raggiunta da alcuni dei temi di cui qui si parla e considerata altresì la persistente vivezza d’un dibattito
che sta continuando a svilupparsi in modo appassionante anche fra gli studiosi, com’è testimoniato anche dal
recentissimo La révolution des Templiers. Une histoire perdue du XIIe siècle di Simonetta Cerrini, edito a Parigi da
Perrin nel 2007 e nella Prefazione del quale, firmata da uno specialista come Alain Démurger, si sottolinea come la
“rivoluzione dei Templari”, un Ordine nato nel XII secolo con caratteristiche del tutto nuove e destinato a scompaginare
antiche categorie ecclesiali e giuridiche, si sia accompagnata in questo volume a una vera e propria “rivoluzione nello
studio dedicato ai templari”, con la ricerca sistematica e serrata relativa ai soli nove manoscritti ancor oggi sussistenti che
ce ne raccontano originariamente l’origine e la vocazione. Forse sarebbe augurabile, in una nuova edizione di questo
importante lavoro, una maggior concentrazione sulle linee di ricerca indicate dalla Cerrini e magari da alcuni altri (pochi)
validi e attendibili studiosi italiani, quali Barbara Frale e Francesco Tommasi, anziché il sia pur generoso ed
eruditisticamente parlando accurato attardarsi nella menzione di scritti che francamente poco hanno a che spartire con la
ricerca scientifica. Ma la specifica importanza di questa ricerca sta nell’accurata, attenta ricostruzione dell’impiantarsi
dell’Ordine del Tempio in Sicilia e delle sue vicissitudini interne non –attenzione!– al Regnum Siciliae (un tema ch’è
comunque profondamente e continuamente presente), bensì in modo specifico alla grande isola mediterranea. Iniziata
verso la metà del XII secolo e caratterizzata dal progressivo costituirsi di un importante patrimonio fondiario, l’avventura
dell’impianto e dello sviluppo della presenza dei pauperes milites Christi in Sicilia passò attraverso varie fasi, qui
accuratamente distinte e ricostruite: un tempo di sostanziale concordia, conclusosi tuttavia alla vigilia della crociata di
Federico II e in seguito appunto al progressivo insorgere dell’ostilità tra lo Svevo e la curia pontificia; una crisi coincisa
con tutto il resto del regno federiciano, e caratterizzata tuttavia da momenti alterni, in parte di relativa pacificazione, in
parte di forte tensione e di dura persecuzione; un complesso e magari tortuoso, tuttavia anche originale tentativo di
rinnovato equilibrio, di convivenza e quasi di egemonizzazione da parte di Manfredi; un’apparente restaurazione con gli
angioini, caratterizzata tuttavia anche da un forte controllo e da una funzionalizzazione dell’Ordine al programma di
governo della corona, e infine, con gli esiti della “Guerra del Vespro”, la scissione territoriale tra le fondazioni templari
nel continente, rimaste in terra angioina, e quelle nell’isola, costrette ad adattarsi al nuovo e del resto non
pregiudizialmente ostile regime aragonese. Le pagine relative al processo subìto dall’Ordine nel suo complesso e dai suoi
singoli componenti confermano quanto emerso grazie ad altri studi: ben pochi e molto aleatori sono gli indizi d’una reale
colpevolezza dei singoli, per quanto paradossalmente sul piano della storia – ma del tutto ovviamente su quella del diritto
vigente – la confessione e il relativo “pentimento” venissero immediatamente accompagnati dal perdono mentre fosse
semmai “l’ostinazione” (cioè, in pratica la coerente proclamazione d’innocenza) a venir punita. Da questo punto di vista,
le emergenze relative al “caso” siciliano poco aggiungono a quanto già in linea generale sappiamo, per quanto abbiano
l’indubbio merito di verificare un quadro che si sta confermando attendibile nella sua verosimiglianza; mentre più
interessanti risultano sia i documenti proposti, sia il ragionamento critico che li accompagna, a proposito degli esiti
immediati e remoti dello scioglimento dell’Ordine nel contesto isolano, specie soprattutto al passaggio dei suoi beni ai
cavalieri di San Giovanni e alla loro successiva gestione.
Franco Cardini

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