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IMMUNOLOGIA

BIOLOGIA DEL SISTEMA IMMUNITARIO

Il sistema immunitario costituito da una rete di componenti cellulari e solubili interagenti tra loro.
La sua funzione quella di distinguere le entit presenti all'interno dell'organismo come "self" o
come "non-self" e di eliminare quelle che appartengono al non-self. Le principali entit non-self
sono i microrganismi, ma sono importanti anche le neoplasie, i trapianti e alcune sostanze estranee
(p. es., alcune tossine). Per svolgere i suoi compiti, il sistema immunitario ha evoluto due
meccanismi: l'immunit aspecifica e l'immunit specifica, le quali sono legate una all'altra e si
influenzano reciprocamente.
Immunit aspecifica (innata)
Questo tipo di immunit filogeneticamente pi antico, presente fin dalla nascita, non necessita di
un precedente contatto con la sostanza lesiva e non d luogo a memoria immunitaria. L'immunit
innata comprende le barriere meccaniche, come la cute, e le barriere chimiche, come il succo acido
gastrico. Esistono due componenti cellulari: (1) il sistema fagocitario, la cui funzione quella di
ingerire e digerire i microrganismi invasori e (2) le cellule natural killer (NK), la cui funzione
quella di eliminare alcuni tipi di tumori, di microrganismi e di cellule infettate da virus (v. oltre). Le
componenti solubili sono costituite dalle proteine del complemento, dai reattanti di fase acuta e
dalle citochine.
I fagociti includono i neutrofili e i monociti (nel sangue) e i macrofagi (nei tessuti). Ampiamente
distribuiti, i macrofagi sono localizzati in maniera strategica nei punti in cui i tessuti sono a contatto
con il sangue o con gli spazi cavitari; ne sono esempi i macrofagi alveolari (nei polmoni), le cellule
di Kupffer (nei sinusoidi epatici), le cellule sinoviali (nelle cavit articolari), le cellule microgliali
perivascolari (a protezione del SNC), i fagociti mesangiali (nei reni).
Le citochine sono polipeptidi non immunoglobulinici secreti dai monociti e dai linfociti in risposta
alla loro interazione con un antigene (Ag) specifico, con un Ag aspecifico, oppure in risposta a uno
stimolo aspecifico solubile (p. es. endotossine, altre citochine). Le citochine modulano l'ampiezza
delle risposte infiammatorie o immunitarie. Sebbene la loro secrezione possa essere indotta
dall'interazione di un linfocita con il suo Ag specifico, le citochine non sono Ag-specifiche; pertanto
esse costituiscono un tramite tra l'immunit innata e quella adattativa.

Immunit specifica (adattativa)


Le caratteristiche distintive dell'immunit specifica sono la capacit di apprendimento, l'adattabilit
e la memoria. La sua componente cellulare costituita dai linfociti, mentre le immunoglobuline (Ig)
ne rappresentano la componente solubile.

I linfociti sono divisi in due sottopopolazioni: quelli derivati dal timo (cellule T) e quelli derivati dal
midollo osseo (cellule B). I linfociti sono ripartiti in cloni e ogni clone si specializza nel
riconoscimento di un Ag specifico per mezzo del suo recettore per l'Ag. Poich il numero degli Ag
potenzialmente illimitato, questa specializzazione sembrerebbe gravare il sistema immunitario di un
carico eccessivo, ma il complesso problema di dover provvedere a un numero infinito di cloni
altamente specifici viene risolto grazie alla capacit dei geni per il recettore antigenico dei linfociti
di riarrangiarsi in una serie di combinazioni pressoch illimitate.
La funzione di recettore per l'Ag sulla membrana delle cellule B svolta dalle immunoglobuline di
superficie (sIg). Dopo che le cellule B hanno legato un Ag solubile per mezzo delle loro sIg, una
serie di eventi cellulari (p. es. proliferazione, differenziazione) porta alla secrezione di una Ig che
costituisce l'anticorpo (Ac) specifico per quell'Ag. L'opinione attuale che il corredo anticorpale
che un organismo possiede prima di venire in contatto con gli Ag sia costituito da Ac prodotti
durante la maturazione delle cellule B attraverso riarrangiamenti dei geni per le Ig. Per capire la
natura dell'organizzazione dei geni per le Ig necessario comprendere la struttura delle Ig (v. anche
Struttura degli anticorpi, pi avanti).
Le Ig sono composte di due catene pesanti e due catene leggere, ognuna con regioni costanti (C)e
regioni variabili (V). L'Ag viene legato in corrispondenza della regione variabile. A livello genico,
la regione C viene codificata dai geni per la regione C e la regione V viene codificata dai geni per le
regioni V e J (per le catene leggere) e dai geni per le regioni V, D e J (per le catene pesanti). Questi
segmenti genici non sono disposti in modo continuo sul cromosoma, ma hanno piuttosto una
disposizione discontinua e devono essere giustapposti durante la maturazione delle cellule B. Cos,
per sintetizzare una catena pesante, uno dei diversi segmenti D (ne sono stati identificati almeno 12)
si congiunge con uno dei 6 segmenti J. Questo cluster genico si congiunge poi con uno delle diverse
centinaia (probabilmente migliaia) di segmenti genici per la regione V, per dare luogo a un'unit
trascrizionale completa per una catena immunoglobulinica pesante.
A seconda di quale particolare segmento di ciascuna regione genica viene utilizzato, possibile
ottenere un ampissimo numero di molecole Ig con differenti specificit. Le potenzialit della
diversit anticorpale vengono ulteriormente incrementate dall'aggiunta di nucleotidi in sequenza
casuale in corrispondenza dei siti di giunzione (tra le regioni V, D e J), dovuta a mutazioni
puntiformi somatiche e a imprecisioni nell'assemblaggio dei diversi segmenti. Il corredo anticorpale
di un organismo prima dell'esposizione agli Ag si ritiene sia costituito da Ac prodotti durante la
maturazione delle cellule B attraverso riarrangiamenti dei geni per le Ig.
Le cellule T non possiedono sIg, ma riconoscono gli Ag attraverso il loro strumento di
riconoscimento principale, il recettore delle cellule T (T-Cell Receptor, TCR) e altre molecole di
adesione accessorie. I geni che codificano per il TCR appartengono alla superfamiglia dei geni delle
Ig; analogamente ai geni per le Ig, essi vanno incontro a ricombinazione, dando luogo cos a un
gran numero di cloni di cellule T, ciascuno dotato di una responsivit antigenica specifica.
La porzione del TCR che lega l'Ag formata da due catene (ab o gd), ciascuna delle quali possiede
una regione costante e una regione variabile. Diversamente dalla molecola Ig, che si trova isolata
sulla superficie della cellula B, il TCR associato con la molecola del CD3; l'intera unit
chiamata complesso TCR/CD3. Sebbene le catene del TCR siano soggette al riarrangiamento
genico e possiedano una loro variabilit, le catene del CD3 (formato da almeno cinque subunit)

sono invariabili e non sono Ag-specifiche. Alcuni Ac anti-CD3 attivano le cellule T in maniera
diretta, senza la necessit della presenza dell'Ag. Il CD3 svolge quindi un ruolo importante nella
trasduzione del segnale di attivazione attraverso la membrana linfocitaria.
I linfociti possono essere ulteriormente suddivisi in sottopopolazioni a seconda della funzione che
svolgono o dei loro marker di superficie. Le sottopopolazioni linfocitarie sono state identificate
grazie alle diverse combinazioni di determinate molecole presenti sulla loro membrana: questi
marker di superficie sono stati denominati cluster di differenziazione (CD). Fino a oggi, sono stati
identificati 166 CD. Informazioni aggiornate sugli antigeni CD sono reperibili sul world wide web
(http://www.ncbi. nlm.nih.gov/prow).

Complesso maggiore di istocompatibilit


La capacit del sistema immunitario di differenziare il self dal non-self in larga parte determinata
dai prodotti del complesso maggiore di istocompatibilit (Major Histocompatibility Complex,
MHC), i cui geni si trovano sul cromosoma 6, appartengono alla superfamiglia dei geni delle Ig e
sono soggetti a ricombinazione genica. I prodotti del MHC di classe I sono costituiti dagli HLA-A,
-B e-C; essi sono ampiamente distribuiti nell'organismo e sono presenti sulla superficie di tutte le
cellule nucleate e sulle piastrine. I prodotti del MHC di Classe II sono costituiti dagli HLA-D, -DR,
-DP e-DQ; essi hanno una distribuzione pi limitata sulle cellule B, sui macrofagi, sulle cellule
dendritiche, sulle cellule di Langerhans e sulle cellule T attivate (ma non su quelle quiescenti).
Le cellule B sono in grado di rispondere agli Ag solubili, ma le cellule T lo fanno raramente e
riconoscono l'Ag solamente quando associato al MHC; esse riconoscono quindi il complesso
MHC/Ag. Il meccanismo attraverso il quale l'Ag viene processato e associato al MHC prima di
essere presentato alle cellule T viene realizzato dalle cellule di presentazione dell'antigene (AntigenPresenting Cells, APC), p. es. le cellule di Langerhans, i monociti, i macrofagi, le cellule
dendritiche follicolari e le cellule B. Sebbene i particolari non siano pienamente compresi, sembra
che per essere processato l'Ag debba essere esposto, degradato e frammentato. Nel caso della
presentazione esogena, l'Ag viene sottoposto a endocitosi e degradazione all'interno dei lisosomi,
viene associato ai prodotti del MHC di classe II e viene trasportato fino alla superficie cellulare. Nel
caso della presentazione endogena, l'Ag viene prodotto intracellularmente (p. es. da un'infezione
virale) e viene sottoposto a degradazione al di fuori dei lisosomi, all'interno di organuli chiamati
proteosomi. I peptidi che ne risultano vengono trasferiti al reticolo endoplasmatico rugoso (RER)
per mezzo di proteine di trasporto. Una volta all'interno del RER, questi peptidi vengono associati
con i prodotti del MHC di classe I per poi essere trasportati fino alla superficie cellulare.
importante sapere se l'Ag viene associato con il MHC di classe I o di classe II, perch le molecole
CD4 e CD8 agiscono come molecole di adesione accessorie legandosi rispettivamente agli Ag di
classe II o di classe I. L'interazione del TCR con il complesso MHC/Ag pu non essere sufficiente
per indurre l'attivazione delle cellule T. necessaria la presenza di un segnale di coattivazione;
questo secondo segnale mediato dall'interazione del CD28 presente sulla superficie delle cellule T
con il CD80 o il CD86 presente sulle APC. L'assenza dell'interazione CD28/CD80-CD86 pu
rendere la cellula T anergica o tollerante (v. Fig. 146-1).
Citochine

Sebbene sia necessario un intimo contatto cellulare perch le risposte T-cellulari siano ottimali, le
cellule T e i monociti secernono citochine, le quali sono in grado di influenzare eventi biologici che
avvengono localmente o a distanza. Esse interagiscono con specifici recettori della superficie
cellulare e possono agire in maniera autocrina o paracrina.
Le citochine possono essere divise in diversi gruppi, i quali comprendono gli interferoni (IFN-a, b e
g), il tumor necrosis factor (TNF-a e b), le interleuchine (dall'IL-1 all'IL-18), i transforming growth
factor e i colony stimulating factor (CSF) emopoietici. Per le principali citochine, le loro origini
cellulari e i loro effetti fondamentali, v. Tab. 146-1.
Anche se le diverse citochine e i loro effetti vengono di solito elencati separatamente, importante
ricordare che in una determinata risposta immunitaria le citochine agiscono di concerto, in coppia,
oppure in conflitto tra loro. Per esempio l'IL-1 induce la secrezione di IL-2; l'IL-2, l'IL-4 e l'IL-6
possono agire sinergicamente nella generazione dei linfociti T citotossici; l'IL-4 e l'IFN-g possono
neutralizzare l'uno gli effetti dell'altro nell'induzione dell'espressione degli Ag di classe II sulle
cellule B e nell'induzione della secrezione di IgE.
L'orchestrazione contemporanea di diverse risposte e la ridondanza del sistema immunitario sono
forse illustrate al meglio dalla struttura di alcuni dei recettori per le interleuchine. Il recettore per
l'IL-2 costituito da tre catene: a, b e g. L'espressione di tutte e tre le catene d luogo al recettore
per l'IL-2 ad alta affinit; l'espressione delle catene be g d luogo solo a un recettore per l'IL-2 ad
affinit intermedia, mentre la catena a rappresenta soltanto un recettore a bassa affinit. stato
dimostrato recentemente che mutazioni o una delezione a carico della catena g del recettore per l'IL2 costituiscono le basi molecolari dell'immunodeficienza combinata grave (Severe Combined
ImmunoDeficiency, SCID) legata al cromosoma X. interessante notare che mutazioni a carico
delle catene a o b del recettore per l'IL-2 non provocano SCID (almeno nei modelli animali). Questa
apparente discrepanza si verifica perch la catena g del recettore per l'IL-2 entra anche nella
costituzione del complesso recettoriale per l'IL-4, l'IL-7, l'IL-9 e l'IL-15; questa catena viene adesso
denominata catena g comune (gc). Il recettore per l'IL-15 condivide le catene b e gc con il recettore
per l'IL-2. La catena a del recettore per l'IL-13 identica alla catena a del recettore per l'IL-4. I
recettori per l'IL-3, l'IL-5 e il GM-LCR possiedono tutti una catena b identica.
Una nuova famiglia di citochine quella che stata appropriatamente denominata delle
chemiochine; esse inducono la chemiotassi e la migrazione delle sottopopolazioni dei leucociti.
Esistono quattro sottotipi di chemiochine, i quali sono definiti in base al numero di aminoacidi
interposti tra i primi due residui di cisteina della molecola. Alcuni dei recettori per le chemiochine
potrebbero servire come corecettori per l'ingresso del HIV all'interno dei monociti/macrofagi.

CELLULE T E IMMUNITA' CELLULARE


Le cellule T maturano, acquistano capacit funzionali e apprendono il concetto di self all'interno del
timo. Il timo svolge il duplice compito della selezione positiva (i cloni che riconoscono il complesso
MHC/Ag vengono posti in condizione di proliferare, maturare e migrare in periferia) e della
selezione negativa (i cloni che reagiscono al self, riconoscendolo come estraneo, vengono

eliminati). Gli esatti meccanismi cellulari e molecolari di questa selezione non sono del tutto
conosciuti.
Durante lo sviluppo fetale la cellula staminale T, derivata dal midollo osseo, si sposta nel timo, dove
matura e apprende il concetto di self. Si svolge quindi il processo della selezione timica e ai linfociti
maturi viene consentito di lasciare la ghiandola; essi si ritrovano nel sangue periferico e all'interno
dei tessuti linfoidi. Tutte le cellule T mature esprimono il CD4 o il CD8 in maniera mutuamente
esclusiva.
Cellule T helper
Le cellule T che esprimono il CD4 vengono genericamente denominate linfociti T helper (TH).
Queste cellule possono essere suddivise in due categorie principali, a seconda della loro funzione,
della risposta a diverse citochine e della capacit di secernere citochine. L'opinione attuale che le
cellule TH siano in origine precursori cellulari sintetizzanti IL-2. In seguito alla stimolazione
iniziale, queste cellule si trasformano in cellule TH0, le quali hanno la capacit di secernere diverse
citochine, compresi l'IFN-g, l'IL-2, l'IL-4, l'IL-5 e l'IL-10. A seconda della citochina disponibile, le
cellule TH0 possono trasformarsi in cellule TH1 oppure in cellule TH2; l'IFN-g e l'IL-12
promuovono lo sviluppo delle TH 1 e l'IL-4 e l'IL-10 quello delle TH2. I linfociti TH1 e TH2
differiscono tra loro per il profilo delle citochine che secernono: le cellule TH1 secernono IFN-g,
mentre le cellule TH2 secernono IL-4, anche se entrambe producono diverse altre citochine (p. es.
IL-3, GM-LCR, TNF-a) in maniera equivalente. In generale, i linfociti TH1 favoriscono
l'attivazione dell'immunit cellulare, mentre i linfociti TH2 favoriscono quella dell'immunit
umorale.
L'identificazione delle risposte TH1 e TH2 ha modificato il modo di considerare le relazioni tra il
sistema immunitario e le malattie. Una risposta immunitaria deve essere non solo energica, ma
anche appropriata all'infezione o alla malattia. Forse il miglior esempio di questa strategia
rappresentato dalla lebbra, nella quale si ritiene attualmente che una risposta TH1 dia luogo alla
lebbra tubercoloide e una risposta TH2 dia luogo alla lebbra lepromatosa. In aggiunta, una risposta
TH1 pu aggravare le patologie autoimmuni, mentre una risposta TH2 favorisce la secrezione di
IgE e lo sviluppo di atopia.
Cellule T suppressor/citotossiche
Le cellule T che esprimono il CD8 sono meno ben caratterizzate rispetto ai sottotipi TH, nonostante
sembri che anch'esse possano essere suddivise in due sottotipi sulla base delle citochine che
secernono, con criterio identico a quello dei sottotipi dei CD4. stato suggerito che i sottotipi
linfocitari vengano chiamati tipo 1 e tipo 2 (T1 e T2) piuttosto che TH1 e TH2, perch la medesima
suddivisione si pu osservare nelle cellule CD8.
Le cellule T citotossiche (TC) sono linfociti T citotossici (Cytotoxic T Lymphocytes, CTL, v. oltre)
Ag-specifici con restrizione MHC. Sia le cellule CD4 sia le cellule CD8 possono fungere da CTL, a
seconda del rispettivo riconoscimento del MHC di classe II o di classe I. Si conoscono diversi altri
tipi di cellule citotossiche o killer, ma solo alcune di esse esprimono i marker CD8 o CD4.
Cellule killer

L'identificazione di ciascun tipo di cellula killer (tra i diversi possibili) dipende dalla restrizione
MHC, dalla necessit di sensibilizzazione, dal tipo di bersaglio e dalla risposta alle citochine.
Sebbene i macrofagi possano essere citotossici, tale tossicit aspecifica ed il risultato della loro
attivazione da parte di alcune citochine. I vari tipi di cellule killer possono essere fondamentalmente
divisi in cellule con restrizione MHC (p. es. i CTL) e cellule senza restrizione MHC (p. es. le cellule
NK). Nessuno dei due tipi richiede Ac, complemento o fagocitosi per eliminare le cellule bersaglio;
al contrario, esse trasmettono il segnale litico attraverso la membrana della cellula bersaglio dopo
aver stabilito con essa un intimo contatto intercellulare.
Cellule killer con restrizione MHC: i linfociti T citotossici (CTL) sono cellule killer generate
unicamente in seguito a sensibilizzazione specifica nei confronti di cellule che esprimono prodotti
MHC estranei (CTL allogenici) oppure nei confronti di cellule autologhe che siano state modificate
da un'infezione virale o da un aptene chimico (CTL singenici). La vita di un CTL attraversa 3 fasi:
una cellula precursore pu divenire citotossica in seguito a uno stimolo appropriato; questa cellula
effettrice una cellula differenziata che pu indurre la lisi del suo bersaglio specifico; una cellula di
memoria, quiescente e non ulteriormente stimolata, pronta a divenire effettrice in seguito a una
nuova stimolazione con le cellule originali. Le cellule intatte costituiscono gli stimoli pi potenti
per la generazione dei CTL; gli Ag solubili sono inefficaci, eccetto in determinate condizioni. Come
stato descritto in precedenza, l'Ag viene processato e un suo frammento viene incorporato
all'interno del sito per la presentazione dell'Ag del MHC. Oggi possibile identificare i peptidi che
possiedono una configurazione sterica perfettamente complementare a quella di diversi aplotipi
MHC. Se per la stimolazione vengono utilizzati questi peptidi, essi possono essere incorporati
all'interno del MHC e stimolare in tal modo una risposta T-cellulare.
I CTL allogenici possono essere facilmente prodotti in vitro coltivando linfociti normali in presenza
di cellule stimolatrici allogeniche irradiate che presentano modificazioni a carico di una parte o di
tutta la barriera MHC. I CTL allogenici possono inoltre essere prodotti in vivo in seguito al
trapianto di un organo proveniente da un donatore i cui prodotti MHC sono diversi da quelli del
ricevente e probabilmente svolgono un ruolo importante nel rigetto dei trapianti. Perch la
produzione di CTL abbia successo sono necessari due segnali: il segnale antigenico (cellule
stimolatrici) e il segnale di amplificazione (citochine). Un'azione efficace di questi due segnali
richiede la presenza delle APC, dei TH e dei precursori dei TC. Il segnale di amplificazione
mediato da citochine che agiscono in tandem; le pi importanti sono l'IL-1, l'IL-2 e l'IL-4, ma si
ritiene che altre citochine (comprese l'IL-6, l'IL-7, l'IL-10 e l'IL-12) siano coinvolte nella
generazione dei CTL, almeno in vitro.
Un altro tipo di CTL che importante per l'eliminazione di taluni patogeni intracellulari
(specialmente le cellule infettate da virus) costituito dai cosiddetti CTL Ag-specifici (CTL
singenici). I CTL singenici riconoscono esclusivamente le cellule bersaglio che esprimono l'Ag
utilizzato per la sensibilizzazione in associazione con il MHC. Tali CTL vengono generati contro
cellule autologhe che siano state "modificate" da infezioni virali o apteni chimici. L'espressione di
prodotti virali o di apteni, sulla superficie cellulare in associazione con il MHC innesca una cascata
di eventi differenziativi cellulari e di rilascio e risposta citochinica analoghi a quelli dei CTL
allogenici. Sia i CTL allogenici sia quelli singenici adoperano il complesso TCR/CD3 per il
riconoscimento della cellula bersaglio.

Cellule killer senza restrizione MHC: al contrario dei CTL, le cellule natural killer (NK) non hanno
bisogno di sensibilizzazione per esprimere la loro funzione killer. Le cellule NK costituiscono dal 5
al 30% dei linfociti del sangue periferico normale. Esse sono linfociti, ma non appartengono alle
linee cellulari T o B: di conseguenza, le cellule NK non esprimono sIg o TCR/CD3 sulla loro
superficie. Il pattern dei marker di superficie che caratterizza meglio queste cellule CD2+, CD3-,
CD4- e CD56+, con una sottopopolazione che risulta CD8+. Il compito delle cellule NK
l'eliminazione di determinate cellule tumorali autologhe, allogeniche e anche xenogeniche,
indipendentemente dal fatto se questi bersagli esprimano il MHC; in effetti, possibile che esse
eliminino preferenzialmente le cellule bersaglio che esprimono poco o nulla il MHC di classe I. La
suscettibilit alla lisi da parte delle cellule NK pu essere ridotta se la cellula bersaglio viene
stimolata a incrementare l'espressione del suo MHC (p. es. tramite transfezione o IFN).
Questa apparente inibizione dell'attivit litica NK indotta dall'espressione del MHC di classe I ha
portato all'identificazione di diversi recettori per questa classe sulla superficie delle cellule NK.
Questi recettori sono strutturalmente differenti dal TCR e vengono generalmente denominati
recettori inibitori delle cellule killer (Killer cell Inhibitory Receptors, KIR). Mentre l'interazione del
MHC con il TCR presente sulla membrana delle cellule T conduce all'attivazione della cellula T,
l'interazione del MHC con la maggior parte dei KIR porta all'inibizione dell'attivit NK, nonostante
esistano alcuni KIR in grado di indurne l'attivazione. I KIR sono stati identificati anche sulle cellule
T. Ci pone un problema interessante: le cellule T possiedono recettori differenti (TCR/CD3 e KIR)
per la stessa molecola (il MHC di classe I), ma con effetti opposti. Cosa sia a decidere se una cellula
T verr attivata o inibita non si sa con precisione e il risultato finale pu variare a seconda del clone
T-cellulare.
Da molto tempo si ritiene che le cellule NK siano importanti nella sorveglianza antitumorale,
poich esse sono in grado di eliminare alcune cellule bersaglio neoplastiche e perch la maggior
parte dei tumori non esprime il MHC. Le cellule NK eliminano inoltre alcune cellule infettate da
virus e alcuni batteri (p. es. la Salmonella typhi). La struttura di riconoscimento dell'Ag delle cellule
NK non stata ancora identificata.
In aggiunta alla loro capacit di killing, le cellule NK possono secernere diverse citochine, in
particolare IFN-g e GM-LCR (fattore stimolante le colonie dei granulociti e dei macrofagi). Le
cellule NK potrebbero costituire la fonte pi potente di IFN-g: mediante la sua secrezione, queste
cellule possono esercitare la loro influenza sul sistema immunitario adattativo favorendo la
differenziazione dei linfociti TH1 e inibendo quella dei TH2.
Citotossicit cellulo-mediata anticorpo-dipendente
Le cellule NK esprimono il CD16, un recettore per la regione Fc delle IgG (v. Struttura degli
anticorpi, pi avanti), e possono utilizzare questo recettore per mediare un altro tipo di lisi cellulare
che non presenta restrizione MHC. La citotossicit cellulo-mediata anticorpo-dipendente (AbDependent Cell-mediated Cytotoxicity, ADCC) dipende dalla presenza di Ac che riconoscono una
cellula bersaglio (la sua specificit pertanto dovuta alla specificit dell'Ac). In seguito al legame
con il suo Ag, la regione Fc dell'Ac viene esposta e si lega poi al suo recettore sulla cellula NK per
formare un ponte molecolare. Una volta formato il ponte, alla cellula bersaglio viene trasmesso un
segnale litico ancora non del tutto compreso, il quale ne determina la morte.

Un forma interessante di ADCC la cosiddetta ADCC inversa. Alcune cellule killer, compresi i
CTL con restrizione MHC, che esprimono il CD3 sulla loro superficie, possono perdere la loro
specificit in presenza di Ac anti-CD3. L'anti-CD3 si unisce al suo ligando sulla superficie della
cellula killer, lasciando la sua porzione Fc libera di legarsi a sua volta con le cellule bersaglio che
esprimono i recettori per la Fc. Anche in questo caso, una volta che si formato un ponte, il segnale
litico viene trasmesso alla cellula bersaglio che porta la Fc. Alcune forme di ADCC potrebbero
rivelarsi utili per colpire le cellule tumorali in vivo, come forma di terapia immunitaria.
Cellule T killer senza restrizione MHC
In aggiunta alle cellule NK CD3- TCR- CD56- , una diversa sottopopolazione CD3+ CD56+ e
pu esprimere il CD2, il CD5 e il CD8. La maggior parte di tali elementi TCR-gd, sebbene siano
stati identificati alcuni cloni TCR-ab. Questa sottopopolazione pu mediare una certa attivit similNK spontanea e pu incrementare tale attivit dopo stimolazione con IL-2. Un'altra
sottopopolazione di cellule T (CD3+ TCR-gd CD4- CD8- CD56- CD16-) pu avere azione
citotossica, sebbene nella maggior parte dei casi si tratti di cloni o linee cellulari. Rimane da chiarire
se i linfociti isolati di recente che possiedono questo fenotipo siano dotati di attivit citotossica
spontanea.
Cellule killer attivate da linfochine
Alcuni linfociti coltivati in presenza di IL-2 si trasformano in potenti cellule killer attivate da
linfochine (Lymphokine-Activated Killers, LAK) capaci di eliminare un ampio spettro di cellule
bersaglio tumorali, come pure linfociti autologhi che siano stati modificati dalla coltura, da alcuni
virus o da apteni. Le cellule LAK vengono considerate un fenomeno funzionale, pi che una
sottopopolazione linfocitaria specifica. I precursori delle LAK sono eterogenei, ma possono essere
divisi in due categorie principali: simil-NK e simil-T. Si ritiene generalmente che le cellule NK
classiche costituiscano i principali precursori delle LAK nel sangue periferico, ma ci potrebbe non
essere vero nei tessuti extravascolari.
Test per l'immunit cellulare
La valutazione quantitativa di base dell'immunit cellulare deve comprendere la conta linfocitaria,
la conta differenziale delle sottopopolazioni T-cellulari (CD3, CD4, CD8) e la conta delle cellule
NK con tecniche di fluorescenza. La valutazione qualitativa comprende i test cutanei di
ipersensibilit ritardata (Delayed-Type Hypersensitivity, DTH) e i seguenti test in vitro: (1)
proliferazione in risposta ad Ag solubili, ad Ac anti-CD3 e ad allo-Ag; (2) attivit litica delle cellule
NK sia spontanea sia dopo stimolazione con IL-2 o IFN; (3) capacit di elaborazione delle
citochine, con particolare riferimento all'IFN-g, al TNF-a, all'IL-2 e all'IL-4; (4) capacit di
generazione di CTL con restrizione MHC. L'esecuzione di indagini ulteriori dipender dai risultati
di questi test. La valutazione esaustiva dell'immunit cellulare viene effettuata soltanto nei
laboratori di ricerca.
I test cutanei di DTH forniscono indicazioni sulla normalit di alcuni aspetti del sistema
immunitario cellulare. Tuttavia, essi non valutano lo stato delle cellule CD8, delle cellule CD4
vergini, delle cellule NK e delle APC diverse dalle cellule di Langerhans. Per esempio, un paziente
pu avere un'assenza completa di cellule NK e presentare ancora una normale DTH. Cos, mentre la

negativit di un test cutaneo di DTH indica la presenza di un'immunit cellulare anormale, non
vero il contrario (v. Reti immunitarie, pi avanti).
I test cutanei di DTH devono essere letti a 48 h. Una risposta pi precoce potrebbe essere dovuta a
una reazione di Arthus (che comincia da 4 a 6 h dopo l'esecuzione del test e pu essere presente fino
a 24 h dopo). Questa reazione dovuta alla presenza di un Ac che si lega all'Ag iniettato dando
origine alla formazione di immunocomplessi, all'attivazione del complemento e alla chemiotassi dei
neutrofili. L'infiltrato cellulare di una reazione di Arthus consiste soprattutto di neutrofili, mentre
l'infiltrato della DTH costituito da cellule mononucleate. La risposta di DTH comincia a risolversi
dopo 48 h e se si legge il test cutaneo a 72 h una reazione ai limiti inferiori della positivit
(indurimento > 5 mm) pu sembrare falsamente negativa.

RETI IMMUNITARIE
Il sistema immunitario si comporta come un'unit indivisibile e nessuna delle sue componenti
agisce in maniera autonoma. In ogni risposta immunitaria, le varie componenti agiscono di
concerto, in tandem o in conflitto tra loro, come esemplificato dalla capacit del sistema
immunitario di eliminare i microrganismi. I microrganismi extracellulari (la maggior parte dei
batteri capsulati) per essere digeriti devono solo essere fagocitati; al contrario i microrganismi
intracellulari (p. es. i micobatteri) vengono facilmente ingeriti, ma non possono essere digeriti a
meno che il macrofago non riceva un segnale di attivazione.
La strategia per eliminare i microrganismi extracellulari pertanto orientata alla fagocitosi, la quale
viene facilitata dall'opsonizzazione (rivestimento di un microrganismo con Ac e/o con prodotti del
complemento). Poich la maggior parte dei fagociti possiede recettori per la porzione Fc degli Ac e
per i prodotti del C3, la presenza di queste molecole su un batterio facilita la sua adesione e la sua
ingestione. Questa risposta immunitaria "semplice" dipende dal buon esito della sintesi di Ac,
dall'attivazione della cascata complementare e dall'integrit del sistema fagocitario. Gli Ac vengono
prodotti dalle cellule B, tuttavia queste cellule sono soggette all'azione di induzione o di
soppressione da parte delle cellule T. In aggiunta, i fagociti vengono richiamati da fattori
chemiotattici, alcuni dei quali sono sintetizzati dalle cellule T.
La strategia per eliminare alcuni microrganismi intracellulari che infettano i fagociti prevede
l'attivazione delle cellule ospiti, le quali successivamente divengono "armate" e capaci di uccidere
questi organismi in maniera aspecifica. La capacit di attivare i macrofagi costituisce il nucleo
fondamentale della tipica reazione di ipersensibilit ritardata (DTH) e il test cutaneo di DTH un
esempio eccellente delle diverse cascate di eventi coinvolte in una determinata risposta
immunitaria. Il presupposto di un test cutaneo di DTH che l'iniezione intradermica di un Ag con il
quale il paziente sia venuto a contatto in precedenza conduca all'indurimento cutaneo locale entro
48 h. La complessa rete di interazioni implicata in una risposta di questo tipo illustrata nella Fig.
146-2. In seguito all'iniezione, le cellule di Langerhans della cute captano l'Ag, lo processano e lo
presentano (complessato con il MHC di classe II) a una cellula CD4+ che era gi stata esposta
all'Ag in precedenza (cio una cellula di memoria a lunga sopravvivenza). Appena la cellula CD4+
lega il complesso Ag/MHC, essa esprime i recettori per l'IL-2 e rilascia diverse citochine (p. es.
IFN-g, IL-2 e fattori chemiotattici per i linfociti e i macrofagi). L'IFN-g stimola le cellule

endoteliali ad aumentare la loro espressione delle molecole di adesione, facilitando cos la


fuoriuscita dei linfociti e dei macrofagi attraverso la barriera endoteliale. L'IL-2 e l'IFN-g agiscono
inoltre come segnali di proliferazione/ differenziazione, consentendo l'espansione dei cloni delle
cellule T di memoria e delle cellule T appena reclutate. Dopo che i macrofagi hanno raggiunto la
sede di inoculazione, i fattori di inibizione della migrazione (Migration-Inhibiting Factors, MIF)
secreti dalle cellule T attivate impediscono loro di allontanarsi. L'IFN-g e il GM-LCR, entrambi
secreti dalle cellule T, agiscono successivamente come fattori di attivazione dei macrofagi
(Macrophage Activating Factors, MAF). I macrofagi attivati sono ora "armati" e sono in grado di
eliminare gli organismi intracellulari e ogni cellula tumorale eventualmente presente.
I macrofagi attivati secernono IL-1 e TNF-a, i quali potenziano la secrezione di IFN-g e di GMLCR, aumentano l'espressione delle molecole di adesione sulle cellule endoteliali e permettono a
queste cellule di secernere un fattore tissutale che innesca la cascata coagulativa, la quale si
conclude con la deposizione di fibrina. Contemporaneamente, i linfociti attivati secernono il fattore
inducente la procoagulazione dei macrofagi (Macrophage Procoagulant-Inducing Factor, MPIF), il
quale consente l'espressione dell'attivit procoagulativa macrofagica (Macrophage ProCoagulant
Activity, MPCA). La MPCA attiva inoltre la cascata della coagulazione dando luogo alla
deposizione di fibrina. Quest'ultima responsabile dell'indurimento che si osserva nei test cutanei di
DTH.
La via della DTH importante per l'eliminazione dei microrganismi che infettano i fagociti. Alcuni
microrganismi (p. es. i virus) possono infettare cellule che non possiedono un apparato litico e che
quindi non possono essere attivate per mediare il killing intracellulare. Tali patogeni vengono
eliminati dai CTL. In caso di infezione da parte di un virus, le cellule esprimono gli Ag virali sulla
loro superficie in associazione con il MHC. Questo complesso virus/MHC stimola la formazione di
CTL singenici che in seguito distruggono le cellule che lo esprimono. A seconda dell'associazione
del prodotto virale con il MHC di classe I o di classe II, i CTL appartengono rispettivamente alle
sottopopolazioni dei CD8 e dei CD4. Come stato descritto in precedenza, l'associazione con l'una
o l'altra classe del MHC dipende dalla via che stata utilizzata per processare l'Ag; p. es., la
maggior parte dei CTL prodotti contro il virus del morbillo e quello dell'herpes simplex appartiene
alla sottopopolazione dei CD4. Durante l'infezione da virus influenzale, i CTL diretti contro l'Ag
nucleoproteico sono CD8, mentre quelli diretti contro l'Ag emoagglutininico sono CD4.
CELLULE B E IMMUNITA' UMORALE
Le cellule B costituiscono dal 5 al 15% dei linfociti del sangue e sono morfologicamente
indistinguibili dalle cellule T. Tuttavia, esse possono essere riconosciute fenotipicamente per la
presenza di sIg (sIgM sulle cellule B immature; sIgM e sIgD sulle cellule B mature antigenicamente
vergini; sIgG, sIgA o sIgE sulle cellule B che hanno subto lo switch isotipico) e per la presenza del
CD19, CD20, CD21 (CR2), CD49c, CD72 e CD80. Inoltre le cellule B possono esprimere il MHC
di classe II e una variet di altri CD che non sono loro specifici. All'interno dei linfonodi, le cellule
B si trovano nella zona corticale sottocapsulare esterna nel contesto dei follicoli primari e secondari
e nei cordoni midollari; nella milza, esse sono contenute nella zona marginale e nei follicoli.
Le cellule B sembrano svilupparsi secondo una serie di fasi programmate. Queste tappe hanno
inizio nel midollo osseo con la cellula staminale orientata, proseguono attraverso gli stadi di cellula
pro-B precoce e tardiva (con riarrangiamento dei geni D-J per le catene pesanti) e lo stadio di

cellula pre-B (con riarrangiamento definitivo dei geni V-DJ per le catene pesanti e comparsa di
catene m nel citoplasma e sulla superficie cellulare), e si concludono con la cellula B immatura (con
riarrangiamento V-J per le catene leggere e comparsa di IgM di membrana). Non sembra che l'Ag
abbia un ruolo nell'indirizzare questa sequenza, ma l'interazione delle cellule B immature con l'Ag
pu condurre all'inattivazione clonale o alla tolleranza. Le cellule B immature che non vengono
inattivate possono continuare a svilupparsi fino a diventare cellule B mature antigenicamente
vergini e lasciare il midollo per colonizzare gli organi linfoidi periferici. In essi, l'interazione tra
sIgG e antigeni estranei le trasforma in linfoblasti. Giunte al termine della loro differenziazione,
queste cellule B diventano plasmacellule, le quali secernono Ig di una sola classe.
Le cellule B presenti nei tessuti periferici sono preorientate a rispondere a un limitato numero di Ag.
La prima interazione tra la cellula B e l'Ag conosciuta come risposta immunitaria primaria e le
cellule B orientate a rispondere a questo Ag vanno incontro a differenziazione e proliferazione
clonale. Alcune divengono cellule di memoria; altre si differenziano in plasmacellule mature
sintetizzanti Ac. Le caratteristiche principali della risposta immunitaria primaria sono la presenza di
un periodo di latenza prima della comparsa degli Ac, la produzione soltanto di una piccola quantit
di Ac, inizialmente IgM e successivamente uno switch dell'isotipo delle Ig (con la collaborazione
delle cellule T) verso le IgG, le IgA o le IgE. Ci porta alla generazione di un gran numero di
cellule di memoria in grado di rispondere in futuro al medesimo Ag.
La risposta immunitaria secondaria (anamnestica o amplificata) ha luogo in occasione dei successivi
contatti con lo stesso Ag. Le sue caratteristiche principali sono la rapida proliferazione delle cellule
B, la rapida differenziazione in plasmacellule mature e la sollecita produzione di grandi quantit di
Ac, soprattutto IgG, che vengono liberati nel sangue e in altri tessuti dell'organismo dove possono
venire a contatto con l'Ag in condizioni ottimali e reagire efficacemente con esso.
In risposta al medesimo Ag possono essere prodotte IgM, IgG e IgA. Cos le cellule B derivate da
una singola cellula B matura antigenicamente vergine possono differenziarsi in una famiglia di
cellule B geneticamente programmate per sintetizzare Ac aventi una singola specificit antigenica,
con cloni rappresentativi orientati alla produzione di ciascuna delle classi delle Ig (p. es. IgM, IgG,
IgA).
Le cellule B possono rispondere all'Ag in maniera T-dipendente oppure T-indipendente. Gli Ag Tindipendenti (p. es. i polisaccaridi dello pneumococco, i lipopolisaccaridi dell'Escherichia coli e le
polivinilpirrolidine) sono sostanze ad alto peso molecolare con determinanti antigenici ripetitivi
disposti in sequenza lineare e sono molto resistenti alla degradazione da parte degli enzimi
dell'organismo. Essi evocano essenzialmente una risposta di tipo IgM.
La maggior parte degli Ag naturali T-dipendente e necessita della processazione da parte delle
cellule presentanti l'Ag (APC). Queste APC presentano l'Ag sia alle cellule T sia a quelle B. Le
cellule T liberano citochine che inducono le cellule B a rispondere all'Ag producendo Ac. Durante
la stimolazione antigenica delle cellule B, si verifica uno switch dalla produzione di IgM a quella di
IgG. Questo switch isotipico dipendente dalle cellule T helper (TH) e pu richiedere l'intervento
di differenti sottopopolazioni di cellule TH e di citochine specifiche. Per esempio, l'IL-4 o l'IL-13
sono necessarie per lo switch isotipico da IgM a IgE.

Antigeni e anticorpi
Struttura degli antigeni e antigenicit: un Ag una sostanza in grado di evocare risposte
immunitarie specifiche. Una volta prodotti, gli Ac sono quindi in grado di combinarsi con Ag
specifici, pi o meno come i pezzi di un puzzle. Gli Ac riconoscono i siti di combinazione degli Ag,
i quali consistono in configurazioni steriche specifiche (epitopi o determinanti antigenici) sulle
superfici di grandi molecole ad alto peso molecolare (p. es. proteine, polisaccaridi e acidi nucleici).
La presenza di un epitopo di questo genere rende una molecola un Ag. I siti di combinazione
dell'Ac e dell'Ag si incastrano saldamente tra loro con una potente forza attrattiva, perch le aree di
appaiamento sulla superficie di ciascuna molecola sono relativamente ampie. La stessa molecola
anticorpale pu inoltre reagire in maniera crociata con Ag tra loro correlati, se i determinanti sulla
loro superficie sono sufficientemente simili a quelli presenti sull'Ag originale.
Le sostanze sono immunogene (antigeniche) se il sistema immunitario in grado di riconoscerne i
determinanti antigenici come estranei (non-self) e se il peso molecolare della sostanza
sufficientemente elevato. Un aptene una sostanza con peso molecolare inferiore a quello di un Ag,
la quale capace di reagire in maniera specifica con un Ac, ma che non in grado di indurre la
formazione di Ac a meno che non sia legata a un'altra molecola, solitamente una proteina (la
proteina carrier); p. es. la penicillina un aptene che pu legarsi all'albumina.
Struttura degli anticorpi: le molecole anticorpali sono Ig che possiedono sequenza aminoacidica e
una struttura terziaria particolari, che conferiscono loro la capacit di legarsi a una struttura
complementare situata sull'Ag. Nonostante tutte le Ig siano probabilmente Ac, non sempre
possibile conoscere l'Ag contro il quale ciascuna Ig diretta. La reazione Ag-Ac pu svolgere un
ruolo specifico nella protezione dell'ospite contro virus, batteri e altri patogeni. Le Ig sono
responsabili della maggior parte della frazione g-globulinica delle proteine plasmatiche.
Le molecole anticorpali sono estremamente eterogenee e nel loro complesso sono in grado di
combinarsi con un numero di Ag praticamente illimitato, tuttavia condividono alcune caratteristiche
comuni. Nell'ambito di ciascuna classe, le Ig monomeriche possiedono una struttura analoga.
Ciascuna molecola composta da quattro catene polipeptidiche, due catene pesanti identiche e due
catene leggere identiche. Le catene pesanti hanno ciascuna un peso molecolare variabile da 50000 a
70000 dalton e ogni catena leggera ha un peso molecolare di circa 23000 dalton. Ponti disolfuro
uniscono le catene tra loro e conferiscono alla molecola la configurazione a Y comunemente
conosciuta.
La molecola Ig a forma di Y si compone di una regione variabile (V) e di una regione costante (C).
La regione V situata alle estremit distali delle braccia della Y ed chiamata cos a causa dell'alta
variabilit degli aminoacidi che vi si trovano, i quali determinano di volta in volta la capacit dell'Ig
di combinarsi con l'Ag. La regione C, prossimale al sito di combinazione con l'Ag, contiene una
sequenza aminoacidica relativamente costante la quale caratteristica di ciascuna classe di Ig (v.
anche Immunit specifica [adattativa], sopra).
Le regioni ipervariabili situate all'interno delle regioni V contengono i determinanti idiotipici, ai
quali possono legarsi gli Ac naturali (chiamati Ac anti-idiotipo). Il legame dell'Ac anti-idiotipo con
il suo determinante idiotipico importante per la regolazione delle risposte B-cellulari. Al contrario,
i determinanti allotipici presenti nella regione C danno origine ad Ac anti-allotipo, i quali

possiedono specificit di classe. Quindi, ciascun clone di cellule B produce la sua Ig specifica,
avente una specifica sequenza aminoacidica, la quale si combina con una particolare configurazione
antigenica. Ci nonostante, i membri di ogni clone possono modificare la classe della molecola Ig
che producono, mantenendo tuttavia invariate le catene leggere e le regioni V.
Per studiare la relazione esistente fra struttura e funzione, le molecole degli Ac sono state
frammentante con l'impiego di enzimi proteolitici (v. Fig. 146-3). La papaina scinde le Ig in due
frammenti monovalenti, i Fab (che contengono il sito di legame per l'Ag) e un frammento singolo,
l'Fc (cristallizzabile). Il frammento Fab formato da una catena leggera e da una parte di una
catena pesante e contiene le regioni V della molecola Ig (i siti di combinazione). Il frammento Fc
contiene la maggior parte della regione C; questo frammento responsabile dell'attivazione del
complemento e si lega ai recettori per l'Fc presenti sui fagociti. La pepsina produce un frammento
chiamato F(ab')2, il quale formato dai due Fab e da una porzione delle catene pesanti che contiene
i ponti disolfuro.
Nell'uomo, ogni classe principale di Ig possiede una catena pesante corrispondente; le catene
pesanti m, g,a, e e d si trovano rispettivamente nelle IgM, nelle IgG, nelle IgA, nelle IgE e nelle
IgD. Nelle cinque classi di Ig dell'uomo esistono solo due tipi di catene leggere, l e k. In questo
modo, esistono 10 tipi differenti di molecole Ig (p. es. IgG-l, IgG-k). Tre classi (le IgG, le IgD e le
IgE) esistono solo in forma monomerica. Le IgM circolano nel sangue in forma pentamerica o
monomerica. Come pentamero, le IgM contengono cinque molecole a forma di Y (10 catene pesanti
e 10 catene leggere). Le IgA esistono come monomeri, dimeri e trimeri. Le IgG possiedono quattro
sottoclassi (IgG1, IgG2, IgG3, IgG4); le IgA possiedono due sottoclassi (IgA1 e IgA2). Si comincia
oggi ad associare specifiche funzioni biologiche alle varie sottoclassi (p. es. le IgG4 non fissano il
complemento n si legano ai monociti e le IgG3 hanno un'emivita significativamente pi breve
rispetto alle altre tre sottoclassi di IgG).
Sono state identificate anche strutture addizionali. Le catene di giunzione (Joining, J) tengono unite
le cinque subunit delle IgM, come anche le subunit delle IgA. Le IgA secretorie possiedono una
catena polipeptidica aggiuntiva, la componente secretoria (Secretory Component, SeC), prodotta
dalle cellule epiteliali e aggiunta alla molecola IgA dopo la sua sintesi.
Per contrassegnare ciascuna classe di Ig sono stati tradizionalmente impiegati i coefficienti di
sedimentazione, determinati con la tecnica dell'ultracentrifugazione. Le IgM hanno il pi alto
coefficiente di sedimentazione a 19S e le IgG hanno un coefficiente di circa 7S.
Propriet biologiche degli anticorpi: la struttura aminoacidica della regione C della catena pesante
determina l'isotipo della classe di Ig cui appartiene. Ogni classe svolge funzioni differenti.
Le IgM, i primi Ac che vengono sintetizzati in seguito a immunizzazione primaria (esposizione a un
nuovo Ag), proteggono dalle aggressioni il compartimento intravascolare. Le molecole
pentameriche delle IgM attivano prontamente il complemento e svolgono funzioni di
opsonizzazione e di agglutinazione per collaborare con il sistema fagocitario nell'eliminazione di
molti tipi di microrganismi. Le isoemoagglutinine e molti Ac diretti contro i microrganismi gram sono IgM. Le IgM monomeriche svolgono la funzione di recettori per l'Ag sulla membrana delle
cellule B.

Le IgG, la classe di Ac sierici di gran lunga predominante, si possono trovare anche nei
compartimenti extravascolari; vengono prodotte quando il titolo delle IgM comincia a decrescere
dopo l'immunizzazione primaria. Le IgG sono le principali Ig prodotte in seguito a
reimmunizzazione (risposta immunitaria di memoria o secondaria). Esse proteggono i tessuti dai
batteri, dai virus e dalle tossine. Le IgG sono le uniche Ig in grado di attraversare la barriera
placentare. Sottoclassi differenti di IgG neutralizzano le tossine batteriche, attivano il complemento
e potenziano la fagocitosi grazie all'opsonizzazione. Le g-globuline disponibili in commercio sono
costituite quasi interamente da IgG, con piccole quote di altre Ig.
Le IgA si trovano nelle secrezioni mucose (saliva, lacrime, secrezioni respiratorie, GU e GI, oltre al
colostro), dove provvedono a una difesa antibatterica e antivirale di primo livello. Le IgA secretorie
vengono sintetizzate nelle regioni subepiteliali dell'apparato GI e di quello respiratorio e sono
combinate con una componente secretoria (SeC) prodotta localmente. Alcune cellule produttrici di
IgA si trovano nei linfonodi e nella milza. Le IgA sieriche non possiedono la SeC; esse conferiscono
protezione nei confronti della Brucella, della difterite e della poliomielite.
Le IgD sono presenti nel siero in concentrazioni estremamente basse, ma compaiono anche sulla
superficie delle cellule B in via di maturazione e potrebbero svolgere un ruolo importante nella loro
crescita e nel loro sviluppo.
Le IgE (Ac reaginici, sensibilizzanti cutanei o anafilattici), come le IgA, si trovano principalmente
nelle secrezioni mucose respiratorie e GI. Nel siero, sono presenti in concentrazioni molto basse. Le
IgE interagiscono con le mast-cellule; il legame simultaneo di due molecole di IgE da parte di un
allergene pu provocare la degranulazione delle cellule, con il rilascio di mediatori chimici che
causano una risposta di tipo allergico. I livelli sierici delle IgE sono elevati nelle malattie atopiche
(p. es. asma allergico o estrinseco, febbre da fieno e dermatite atopica), nelle malattie parassitarie,
nel morbo di Hodgkin in fase molto avanzata e nel mieloma monoclonale a IgE. Le IgE possono
svolgere un ruolo positivo nella difesa contro i parassiti.
Metodi di dosaggio delle immunoglobuline
Le IgG, le IgM e le IgA sono presenti nel siero in concentrazioni sufficientemente elevate da poter
essere misurate con diverse tecniche che rilevano la presenza di qualsiasi Ag. Una metodica ormai
datata quella dell'immunodiffusione radiale (tecnica di Mancini), nella quale il siero contenente
l'Ag viene posto in un pozzetto ricavato in una piastra di agar contenente l'Ac; la dimensione degli
anelli di precipitazione che si formano nell'agar proporzionale alla concentrazione dell'Ag nel
siero. Per determinare le concentrazioni specifiche di numerose proteine sieriche, comprese le Ig,
molti laboratori impiegano adesso la nefelometria, una metodica rapida e altamente riproducibile
basata sul principio della dispersione della luce da parte delle molecole. Anche
l'immunoelettroforesi viene utilizzata occasionalmente per identificare le Ig, particolarmente le Ig
monoclonali (v. Mieloma multiplo nel Cap. 140). Le IgE sono presenti nel siero in quantit talmente
piccole che devono essere misurate con metodi radioimmunologici o con il test di
immunoassorbimento enzimatico (Enzyme-Linked ImmunoSorbent Assay, ELISA). Le IgE dirette
contro Ag specifici vengono misurate utilizzando il test di radioallergoassorbimento
(RadioAllergoSorbent Test, RAST, v. Cap. 148). Le sottoclassi delle Ig possono essere misurate
utilizzando metodi radioimmunologici o l'ELISA.

REGOLAZIONE DELLE RISPOSTE IMMUNITARIE UMORALI


La capacit di allestire una risposta immunitaria umorale in gran parte determinata geneticamente.
Il riconoscimento dell'Ag da parte delle cellule T regolato dai geni del MHC. Sono inoltre
importanti la capacit delle APC di presentare l'Ag e la potenzialit delle cellule B di produrre Ac.
Il controllo della risposta immunitaria di importanza cruciale. In caso contrario, una produzione
illimitata di Ac (particolarmente contro Ag self) potrebbe portare all'autodistruzione. La risposta
immunitaria umorale viene modulata in primo luogo dalla scomparsa naturale della sostanza
estranea che l'ha indotta (p. es., batteri) non appena essa viene eliminata dall'organismo. Una
regolazione ulteriore quella operata dagli Ac e dalle cellule T, dalla rete idiotipica degli Ac e dalle
citochine. Gli Ag possono unire con un legame crociato lo specifico recettore per l'Ag presente sulle
cellule B con qualche recettore per l'Fcg e in questo modo sopprimere l'attivazione delle cellule B
antigenicamente vergini. Gli Ac anti-idiotipo reagiscono con i determinanti idiotipici situati nella
regione V della molecola Ig. Ci avviene perch la regione V di ciascuna molecola anticorpale
esclusiva dell'Ac prodotto da quel determinato clone. A sua volta, ciascun Ac anti-idiotipo pu
possedere idiotipi che vengono riconosciuti da altri Ac anti-idiotipo e il processo di reazione di una
Ig contro un'altra Ig pu continuare. In questo modo, gli Ac anti-idiotipo possono sopprimere la
produzione degli Ac idiotipici bloccando i recettori presenti sulle cellule B e T. Questo fenomeno
spiega perch nel neonato la malattia da incompatibilit Rh pu essere prevenuta mediante la
somministrazione passiva di Ac IgG anti-Rh (anti-D) alla madre.

IL SISTEMA DEL COMPLEMENTO


Sistema costituito da pi di 34 proteine che interagiscono tra loro in una cascata (simile a quella del
sistema della coagulazione) che ha come effetto finale un gran numero di processi biologici diversi.
Molte proteine del complemento sono enzimi che si trovano nel siero sotto forma di precursori
inattivi (zimogeni); molte altre si trovano sulla superficie delle cellule. Le proteine del
complemento costituiscono circa il 10% delle proteine sieriche e il terzo componente (C3)
presente alla concentrazione pi elevata (circa 1,5 mg/ml).
Le tre vie di attivazione del complemento sono denominate via classica, via alternativa e via della
lectina legante il mannano (Mannan Binding Lectin, MBL) (v. Fig. 146-4). Esse sono tutte dirette
verso la pi importante tra le singole tappe di attivazione, il clivaggio del C3. La via finale comune
denominata via terminale o complesso di attacco alla membrana (Membrane Attack Complex,
MAC).
Nomenclatura: i componenti della via classica sono designati con una C seguita da un numero (p.
es. C1, C3). A causa dell'ordine con il quale sono stati via via identificati, i primi quattro
componenti sono numerati come C1, C4, C2 e C3. I componenti della via alternativa sono designati
con una lettera (p. es. B, P, D). Alcuni componenti vengono denominati fattori (p. es. fattore B,
fattore D). I componenti o i complessi attivati hanno una linea al di sopra del nome, che indica
l'attivazione (p. es. C1, C1r, C3b,Bb). I frammenti di clivaggio sono designati con una lettera
minuscola dopo il nome del componente da cui derivano (p. es. C3a e C3b sono frammenti del C3).
Il C3b inattivo designato come iC3b. Le catene polipeptidiche delle proteine del complemento

sono designate con una lettera greca dopo il nome del componente (p. es. C3a e C3b sono le catene
a e b del C3). I recettori della membrana cellulare per il C3 sono abbreviati come CR1, CR2, CR3 e
CR4.
La via classica
Attivazione: la via classica (v. Fig. 146-5) viene normalmente attivata da Ac fissanti il complemento
(Ac che si legano al complemento) i quali si trovano in complessi Ag-Ac oppure nei quali l'Ac (IgG
o IgM) presente in forma di aggregato. Di conseguenza, la via classica svolge il suo compito
nell'ambito dell'immunit specifica, dal momento che soltanto Ac di classi specifiche, prodotti in
risposta a una stimolazione antigenica, sono in grado di attivare questa via. La macromolecola del
C1 un complesso Ca++-dipendente formato da una molecola di C1q, due molecole di C1r e due di
C1s. La macromolecola del C1 si mantiene integra esclusivamente in presenza di Ca++; in caso
contrario, le singole subunit si dissociano l'una dall'altra. L'attivazione si verifica quando due dei
sei monomeri del C1q si legano alle regioni Fc di due molecole di IgG o a una molecola
pentamerica di IgM. Per innescare l'attivazione, due molecole di IgG devono trovarsi a una distanza
adeguata, mentre una singola molecola pentamerica di IgM possiede questa vicinanza sterica insita
nella sua struttura. Pertanto, le IgM sono molto pi efficaci delle IgG nell'attivazione del
complemento. L'attivit delle IgG , nell'ordine, IgG3 > IgG1 > IgG2. Le IgG4 non fissano il
complemento.
Una volta che l'Ig si legata al C1q, la molecola di quest'ultimo va incontro a una modificazione
della sua struttura terziaria, causando l'attivazione autocatalitica del C1r in C1r. Il C1r scinde poi un
legame all'interno del C1s per formare C1s. Quando vengono clivati il C1r o il C1s, non viene
liberato alcun frammento di clivaggio.
Il C1s viene chiamato anche C1 esterasi. Esso pu clivare il C4 in C4a e C4b. Se ci avviene in
presenza di una membrana il C4b, il frammento di clivaggio principale, vi si lega. Il C1s pu quindi
clivare il C2 libero per formare C2a e C2b, che un processo scarsamente efficiente, oppure clivare
il C2 contenuto in un complesso C4b,C2 per formare C4b,C2a e C2b libero, che un processo ad
alta efficienza. Il C2a il frammento di clivaggio principale del C2. Se stato clivato il C2 libero, il
C2a deve legarsi al C4b per formare un complesso C4b,C2a, altrimenti il C2a si degrader e diverr
inattivo. Il C4b, C2a la C3 convertasi della via classica, la quale pu clivare il C3 in C3a e C3b. Il
sito enzimatico per il clivaggio del C3 contenuto nel C2a. Il C4b, C2a richiede la presenza di
magnesio e alle temperature fisiologiche si degrada spontaneamente nel tempo.
La via classica pu essere attivata anche da meccanismi indipendenti dagli Ac. L'eparina (un
anticoagulante polianionico) e la protamina (un policatione che viene utilizzato per neutralizzare
l'eparina), quando sono presenti in concentrazioni equimolari, possono attivare la via classica. Si
ritiene che diversi altri polianioni (p. es. il DNA e l'RNA) siano in grado di reagire direttamente con
il C1q per attivare la via classica. La proteina C-reattiva ha la propriet di provocare l'attivazione
della via classica in assenza di Ac. Sono state anche descritte vie di attivazione che aggirano il C1,
le quali non utilizzano i componenti della via classica ma portano ugualmente al clivaggio del C3.
Una di esse stata caratterizzata come la via della MBL.
Regolazione: la via classica viene regolata dall'inibitore della C1 esterasi (C1 esterase INHibitor,
C1INH), il quale si lega stechiometricamente (1:1) al C1r e al C1s, come pure al C1r e al C1s, per

inattivare in maniera stabile queste proteine. Il C1INH si lega stechiometricamente anche alla
plasmina, alla callicreina, al fattore di Hageman attivato e al fattore XIa della coagulazione. La sua
assenza responsabile dell'edema angioneurotico ereditario (v. Cap. 148). Il fattore J una
glicoproteina cationica che inibisce anch'essa l'attivit del C1. La proteina legante il C4 (C4 Binding
Protein, C4BP) disassembla il complesso C4b,C2a, consentendo al fattore I di inattivare il C4b.
La via alternativa
Attivazione: la via alternativa (v. Fig. 146-6) viene attivata da sostanze presenti in natura (p. es.
pareti cellulari dei lieviti, fattore del veleno di cobra, fattore nefritico, pareti cellulari batteriche
[endotossine], GR di coniglio [in vitro]) e dalle IgA disposte in aggregati, rappresentando una forma
di risposta immunitaria aspecifica (innata), cio una risposta che non necessita di una precedente
sensibilizzazione. La via alternativa non coinvolge il C1, il C4 e il C2, ma porta ugualmente al
clivaggio del C3. Questa via subordinata al clivaggio basale costante di piccole quantit di C3 in
C3a e C3b. Questo clivaggio naturale del C3 ancora scarsamente compreso e si pensa che avvenga
attraverso un'azione enzimatica aspecifica sul C3 oppure grazie a un'attivit a basso livello delle
altre due vie di attivazione. Il C3b serve poi come substrato del fattore B per formare il complesso
C3b,B. Il fattore D (un enzima attivato presente nel plasma) cliva il fattore B per formare C3b,Bb.
La properdina (P) stabilizza questo complesso C3b,Bb per ritardarne la degradazione. Il C3b,Bb e il
C3b,Bb,P sono le C3 convertasi della via alternativa, gli enzimi che clivano il C3 in C3a e C3b. Il
sito enzimatico per il clivaggio del C3 contenuto nel Bb. Il C3b,Bb richiede la presenza di
magnesio e si degrada spontaneamente nel tempo.
La via alternativa considerata come una via di amplificazione, dal momento che un unico
complesso C3b,Bb pu clivare molte molecole di C3. Tuttavia, l'amplificazione si verifica anche
quando viene prodotto C1s e quando viene formato il C4b,C2a. Ognuno di questi enzimi pu
clivare centinaia di molecole, conducendo a una rapida attivazione del complemento.
Regolazione: il complesso C3b,Bb della via alternativa viene regolato da diversi fattori. La
properdina ne ritarda la degradazione, prolungandone l'emivita da circa 4 min a 40 min. Le sostanze
acceleratrici della degradazione (p. es. il fattore H o fattore di accelerazione della degradazione
[Decay Accelerating Factor, DAF]) competono con il fattore B per il legame con il C3b (p. es. per
formare C3b,H), accorciando l'emivita del complesso C3b,Bb e causando la sua dissociazione in
C3b e Bb. Il fattore I agisce sul C3b,H per degradare il C3b (portando alla formazione di iC3b, C3c,
C3d, C3f e C3dg).
L'attivazione o la non attivazione della via alternativa sono determinate dalle circostanze nelle quali
il complesso C3b,Bb viene a formarsi. Le superfici alle quali il complesso C3b,Bb pu aderire sono
di due tipi: attivanti (p. es. pareti cellulari dei lieviti, GR di coniglio) oppure non attivanti (p. es. GR
di pecora). Le superfici attivanti impediscono al fattore H di legarsi al C3b, mentre le superfici non
attivanti consentono al fattore H di legarvisi e dissociare il C3b,Bb. Di conseguenza, il complesso
C3b,Bb rimane attivo pi a lungo su una superficie attivante che su una superficie non attivante.
Il meccanismo appena descritto spiega come la via alternativa venga attivata in vivo. Il fattore del
veleno di cobra (Cobra Venom Factor, CoVF) simile al C3b di cobra; il complesso CoVF,Bb
molto stabile e non sensibile all'azione di degradazione del fattore H. Di conseguenza, il CoVF,Bb
pu condurre a un rapido e pressoch totale clivaggio del C3. Il fattore nefritico del C3 (C3

Nefphritic Factor, C3NeF) si trova nel siero del 10% circa dei pazienti con glomerulonefrite
membranoproliferativa ed una Ig diretta contro il complesso C3b,Bb. Il C3NeF agisce in maniera
analoga alla properdina, tranne per il fatto che il complesso C3b,Bb,C3NeF relativamente
resistente all'azione di degradazione del fattore H. Le pareti dei lieviti (zymosan) e alcune
membrane (p. es. i GR di coniglio) sono superfici attivanti sulle quali il complesso C3b,Bb
protetto dall'azione di degradazione del fattore H.
Attivit biologiche associate all'attivazione del complemento
La lisi cellulare soltanto una delle molte attivit biologiche associate all'attivazione del
complemento e potrebbe non essere la pi importante. In ambito clinico, la lisi si osserva nei
pazienti affetti da emoglobinuria parossistica notturna, una rara malattia nella quale sono coinvolti
deficit a carico del DAF (fattore accelerante la degradazione) delle proteine di membrana, del HRF
(fattore di restrizione omologo) e del CD59.
I recettori per il complemento sono presenti su un gran numero di cellule diverse. Il CR1, la
proteina cofattore di membrana (Membrane Cofactor Protein, MCP, CD46) e il DAF (CD55)
regolano la degradazione del C3b. Il HRF e il CD59 impediscono la formazione del complesso di
attacco alla membrana sulle cellule omologhe. Il CR1 (CD35) svolge inoltre un ruolo nella
clearance degli immunocomplessi. Il CR2 (CD21) regola le funzioni delle cellule B (produzione di
Ac) ed il recettore per il virus di Epstein-Barr. Il CR3 (CD11b/CD18) interviene nella fagocitosi,
mediando l'adesione delle particelle rivestite di iC3b destinate a essere fagocitate. Il CR4 presente
sulle piastrine ed stato studiato meno bene degli altri recettori per il C3. La gp 150,95 svolge un
ruolo nella migrazione dei monociti. I recettori per il C3a e il C4a legano rispettivamente il C3a e il
C4a. Il recettore per il C5a lega il C5a e il C5adesarg (C5a privo del residuo di arginina terminale)
ed presente su un'ampia variet di cellule. Il recettore per il C1q lega la porzione collagena del
C1q, consentendo il legame degli immunocomplessi ai fagociti.
Il C3a e il C5a hanno attivit anafilotossinica, mentre il C4a si comporta come anafilotossina
debole. Le anafilotossine causano aumento della permeabilit vascolare, contrazione della
muscolatura liscia e degranulazione delle mast-cellule. Esse sono regolate dall'inattivatore delle
anafilotossine (carbossipeptidasi N), il quale nel volgere di pochi secondi rimuove il residuo di
arginina carbossiterminale.
La chemiotassi consiste nel richiamo di cellule all'interno di un'area infiammatoria. Il C5a possiede
attivit sia anafilotossinica sia chemiotattica, ma il C3a e il C4a non sono fattori chemiotattici.
L'attivit chemiotattica stata descritta anche per l'iC5b-C7.
l C5a e il C5adesarg regolano le attivit dei neutrofili e dei monociti. Il C5a pu causare l'aumento
dell'adesione cellulare, la degranulazione e il rilascio di enzimi intracellulari da parte dei
granulociti, la produzione di radicali tossici dell'O2 e l'avvio di altri eventi metabolici cellulari.
La clearance degli immunocomplessi una funzione importante del complemento. La via classica
pu impedire la formazione di immunocomplessi di grandi dimensioni e la via alternativa pu
aumentare la solubilit degli immunocomplessi.
Le proteine complementari possono inoltre avere numerose altre attivit biologiche. Alcuni
frammenti del C3 (C3d o C3dg) possono contribuire alla regolazione della produzione di Ac

attraverso il CR2 presente sulle cellule. L'edema angioneurotico ereditario, il quale causato da un
deficit di C1-inibitore, potrebbe essere mediato da una sostanza chinino-simile ancora poco definita.
Un frammento poco caratterizzato del C3 (C3e, fattore di mobilizzazione dei leucociti) pu
provocare la mobilizzazione dei GB dal midollo osseo. Il frammento Bb del fattore B aumenta la
diffusione e l'adesivit dei macrofagi. L'attivazione del complemento pu inoltre neutralizzare i
virus e indurre leucocitosi.
Metodi di valutazione dell'attivit funzionale del complemento
Il test di attivit emolitica totale del complemento (CH50) misura la capacit della via classica e del
MAC di indurre la lisi di GR di pecora ai quali siano stati adsorbiti Ac. Il CH50 per la via
alternativa (Alternative Pathway CH50, APCH50 o CH50 su coniglio) misura la capacit della via
alternativa e del MAC di indurre la lisi di GR di coniglio. I test emolitici possono essere utilizzati
per misurare l'attivit funzionale di componenti specifici di entrambe le vie. Le proteine del
complemento possono inoltre essere dosate impiegando tecniche antigeniche (p. es. la nefelometria,
la diffusione in gel di agar, l'immunodiffusione radiale).
Il complemento pu anche essere utilizzato come reagente a fini diagnostici. Nel test di fissazione
del complemento, il siero del paziente viene riscaldato per denaturare gli enzimi complementari. Al
siero vengono quindi aggiunti l'Ag (p. es. particelle virali) e nuovo complemento e la miscela viene
incubata. In ultimo si aggiungono GR di pecora e si continua l'incubazione. Se il sistema del
complemento stato attivato dalla presenza di Ac nel siero del paziente, l'attivit emolitica del
complemento sar esaurita e non vi sar lisi dei GR. Se nel siero del paziente non presente alcun
Ac, i GR andranno incontro alla lisi.

RISOLUZIONE DI UNA RISPOSTA IMMUNITARIA


Una risposta immunitaria pu essere associata alla proliferazione e alla differenziazione massiva dei
linfociti (come accade p. es. nell'ipertrofia tonsillare in corso di faringite streptococcica). Cosa
accade ai linfociti una volta che l'infezione stata controllata? Come stato detto in precedenza,
una risposta immunitaria associata con la secrezione di numerose citochine. Quando l'infezione
viene controllata e gli Ag vengono eliminati, la secrezione di citochine si interrompe e, a causa della
sua cessazione, i linfociti vanno incontro ad apoptosi. Esistono due modi nei quali una cellula pu
morire.
1. La necrosi consiste nelle modificazioni morfologiche che si verificano quando una cellula muore
in seguito a un danno acuto e grave (p. es. la lisi osmotica, l'ischemia, l'ipertermia, i traumi chimici).
Il danno per lo pi a carico della membrana plasmatica e conduce alla perdita della capacit della
cellula di regolare la pressione osmotica, esitando nella rottura della cellula e nel riversamento del
suo contenuto nei tessuti circostanti. Questi eventi innescano una risposta infiammatoria.
2. L'apoptosi (chiamata anche morte cellulare programmata) molto comune negli invertebrati. Per
esempio, dopo che una farfalla fuoriuscita dal suo bozzolo, essa non ha pi bisogno dei muscoli
che ha utilizzato per tale processo; questi muscoli vanno incontro alla morte cellulare programmata.
Nei mammiferi l'apoptosi si riferisce al processo mediante il quale una cellula "si uccide" ed
caratterizzata da una serie di modificazioni morfologiche. L'apoptosi comincia con l'addensamento

della cromatina (secondario all'attivazione dell'endonucleasi endogena, che degrada il DNA) e la


rottura del nucleo collassato in frammenti di piccole dimensioni. Contemporaneamente si verifica la
zeiosi (rigonfiamento a bolle della membrana plasmatica), che pu fungere da segnale per la
fagocitosi da parte dei macrofagi circostanti. Diversamente da quanto avviene nella necrosi, questa
fagocitosi immediata non consente la fuoriuscita del contenuto cellulare e previene lo sviluppo
dell'infiammazione.
L'apoptosi un processo attivo e comporta l'induzione di diverse molecole e vie metaboliche. Due
vie metaboliche coinvolte nell'apoptosi illustrano le possibili patologie che possono derivare da
un'apoptosi anormale. Un enzima chiamato Bcl-2 in grado di inibire l'apoptosi. Di conseguenza,
se un linfocita viene indotto a esprimere il Bcl-2, esso non morir e rimarr vitale; questo ci che
accade in alcuni linfomi (la sigla Bcl sta per B-cell lymphoma, cio linfoma a cellule B, che la
malattia nella quale il Bcl-2 stato identificato per la prima volta). Nell'apoptosi coinvolta anche
un'interazione molecola-ligando che avviene sulla superficie cellulare. Molte cellule esprimono il
Fas (CD95) sulla loro membrana. Il legame crociato del Fas attiva la via dell'apoptosi. Questo uno
dei meccanismi principali attraverso i quali i CTL uccidono le loro cellule bersaglio, poich i CTL
acquisiscono il ligando del Fas; esso si lega al Fas sulla cellula bersaglio, conducendo all'attivazione
dell'apoptosi di quest'ultima. L'assenza del Fas o del ligando del Fas pu teoricamente portare alla
persistenza dei linfociti e alla linfoadenopatia massiva. quanto si verifica nei modelli sperimentali
animali, nei quali il deficit di Fas (topi lpr) o di ligando del Fas (topi gld) porta alla linfoadenopatia
massiva e all'autoimmunit. Alterazioni a carico del Fas sono state descritte anche nell'uomo e sono
alla base della sindrome di Canale-Smith.
Determinati organi (p. es. la retina, i testicoli) sono "sedi privilegiate" che vengono ignorate o
tollerate dal sistema immunitario. Allo stato attuale, sembra che questi organi esprimano un'alta
densit di ligando del Fas sulle loro superfici cellulari. Qualunque linfocita tenti di attaccare questi
organi andr incontro al legame crociato del suo Fas e a subire l'apoptosi sar il linfocita stesso.
Questa strategia di sottrazione all'azione del sistema immunitario viene utilizzata anche da molti
tumori; alcuni di essi esprimono il ligando del Fas sulla loro superficie e inducono cos l'apoptosi in
qualunque linfocita provi ad attaccarli.

MALATTIE DA IMMUNODEFICIENZA
Gruppo di condizioni eterogenee causate da uno o pi difetti a carico del sistema immunitario e
caratterizzate clinicamente da un aumento della suscettibilit alle infezioni con conseguente stato di
malattia grave, acuta, ricorrente o cronica.
Una patologia da immunodeficienza va sospettata in ogni individuo che contragga infezioni
insolitamente frequenti, gravi e resistenti alla terapia; prive di un intervallo asintomatico; sostenute
da microrganismi inusuali; oppure che presentino complicanze gravi o inaspettate. Dal momento
che i disordini da immunodeficienza sono relativamente poco comuni, in prima istanza vanno prese
in considerazione altre condizioni che predispongono alle infezioni ricorrenti (v. Tab. 147-1). Se
queste patologie possono essere escluse, si deve sospettare un difetto delle difese immunitarie.

IMMUNODEFICIENZE PRIMARIE E SECONDARIE


Le immunodeficienze possono essere primarie o secondarie. Le immunodeficienze primarie
vengono classificate in quattro gruppi principali sulla base della componente del sistema
immunitario che risulta compromessa: cellule B, cellule T, cellule fagocitarie o complemento. (Nel
Cap. 146 vengono passate in rassegna le componenti del sistema immunitario.) Sono state descritte
pi di 70 immunodeficienze primitive e nell'ambito di ciascuna di esse pu essere presente una
notevole eterogeneit. Nella Tab. 147-2 riportata una classificazione delle immunodeficienze
primarie (escluse le varianti pi rare).
I difetti delle cellule T comprendono diversi disordini con alterazioni concomitanti anche a carico
delle cellule B (della produzione di anticorpi), fenomeno comprensibile dal momento che sia le
cellule B sia quelle T originano da una cellula staminale primitiva comune e che le cellule T
influenzano la funzione delle cellule B. Le malattie dei fagociti comprendono le condizioni in cui
l'alterazione primitiva a carico della motilit cellulare (chemiotassi) e quelle in cui tale alterazione
a carico dell'attivit microbicida.
Tra le immunodeficienze primarie, predominano i difetti delle cellule B o della produzione
anticorpale; il deficit selettivo di IgA (solitamente asintomatico) pu essere presente in un individuo
su 400. Escludendo il deficit asintomatico di IgA, i difetti delle cellule B costituiscono il 50% delle
immunodeficienze primarie; i deficit delle cellule T, circa il 30%; i deficit della fagocitosi, il 18%; e
i difetti del complemento, il 2%. Si calcola che l'incidenza cumulativa delle immunodeficienze
primarie sintomatiche sia di 1/10000; negli USA, si verificano circa 400 nuovi casi l'anno. Dal
momento che molte immunodeficienze primarie sono ereditarie o congenite, esse esordiscono nei
lattanti e nei bambini; circa l'80% degli individui affetti ha meno di 20 anni e, poich molte
sindromi presentano un'ereditariet legata al cromosoma X, il 70% di esse colpisce i maschi.
Le immunodeficienze secondarie consistono in un deterioramento del sistema immunitario dovuto
all'insorgenza di una patologia in un individuo precedentemente sano. Il danno spesso reversibile
se la condizione o la malattia sottostante si risolve. Le immunodeficienze secondarie sono di gran
lunga pi frequenti di quelle primarie e si manifestano in molti pazienti ospedalizzati. Praticamente
tutte le malattie gravi di lunga durata interferiscono in qualche misura con il sistema immunitario.
Nella Tab. 147-3 riportata una classificazione delle immunodeficienze secondarie.

Eziologia
Le immunodeficienze non hanno una causa univoca, sebbene spesso vi sia implicato un difetto a
carico di un singolo gene. Il difetto pu portare alla mancanza di un enzima (p. es. deficit di
adenosina deaminasi), alla mancanza di una proteina (p. es. deficit di componenti del complemento)
o a un arresto di sviluppo in un particolare stadio differenziativo (p. es. arresto allo stadio di cellula
pre-B nell'agammaglobulinemia legata al cromosoma X). In molte delle immunodeficienze
primitive stata identificata la localizzazione cromosomica dei geni difettosi. In talune patologie
possono essere coinvolti fattori che agiscono durante la vita intrauterina (p. es. l'alcolismo materno
in alcuni casi di sindrome di Di George); in altre, pu avere un ruolo l'assunzione di farmaci (p. es.
la fenitoina nel deficit di IgA). Nella maggior parte delle affezioni, l'esatta alterazione biologica
sconosciuta.
Sintomi e segni
La maggior parte delle manifestazioni cliniche delle immunodeficienze dovuta alle frequenti
infezioni, che solitamente esordiscono come infezioni respiratorie ricorrenti. (Tuttavia, molti lattanti
immunologicamente normali contraggono da sei a otto infezioni respiratorie l'anno, soprattutto se
esposti al contagio da parte di fratelli maggiori o di altri bambini.) In seguito, la maggior parte dei
pazienti con immunodeficienza finisce con il contrarre una o pi infezioni batteriche gravi che
persistono, recidivano o portano a complicanze; p. es. la sinusite, l'otite cronica e la bronchite fanno
spesso seguito a episodi ripetuti di faringite o di infezione delle vie respiratorie superiori. La
bronchite pu progredire fino alla polmonite, alle bronchiettasie e all'insufficienza respiratoria, che
rappresenta la causa di morte pi frequente. Possono verificarsi infezioni sostenute da germi
opportunisti (p. es. Pneumocystis carinii o cytomegalovirus), soprattutto nei pazienti affetti da
deficit delle cellule T.
Frequenti sono anche le infezioni della cute e delle mucose. Una candidosi orale refrattaria pu
essere il primo segno di un'immunodeficienza a carico delle cellule T. Si osservano anche ulcere
orali e periodontiti, soprattutto nei deficit granulocitari. In molti adulti affetti da deficit anticorpali si
manifesta una congiuntivite. Il pioderma, le verruche gravi, l'alopecia, gli eczemi e le teleangectasie
sono di riscontro comune.
Sintomi frequenti comprendono la diarrea, il malassorbimento e i difetti di crescita. La diarrea di
solito di tipo non infettivo, ma pu essere dovuta a Giardia lamblia, rotavirus, cytomegalovirus o
Cryptosporidium. In alcuni pazienti la diarrea pu essere di tipo essudativo, con perdita di proteine
sieriche e di linfociti.
Manifestazioni meno comuni di immunodeficienza comprendono alterazioni ematologiche (anemia
emolitica autoimmune, leucopenia, trombocitopenia), fenomeni autoimmunitari (vasculite, artrite,
endocrinopatie) e alterazioni a carico del SNC (encefalite cronica, rallentamento dello sviluppo,
convulsioni).
Diagnosi
importante che venga raccolta l'anamnesi familiare. Se vi una storia di decessi precoci, malattie
analoghe a quella del paziente, patologie autoimmuni, allergie, neoplasie maligne troppo precoci o
consanguineit, la stesura di un albero genealogico potr essere d'aiuto nell'identificazione di una

trasmissione ereditaria. Si dovr rilevare la presenza di una storia di reazioni avverse alle
immunizzazioni o alle infezioni virali, cos come di pregressi interventi chirurgici (p. es.
splenectomia, tonsillectomia, adenoidectomia), di terapie radianti sul timo o sul rinofaringe, e di
precedenti terapie antibiotiche e immunoglobuliniche (IG) e della loro apparente efficacia clinica.
Il tipo di infezione pu dare indicazioni sulla natura dell'immunodeficienza. Nelle
immunodeficienze anticorpali (B-cellulari) si osservano infezioni sostenute dai principali germi
gram + (pneumococchi, streptococchi). Infezioni gravi sostenute da virus, funghi e altri
microrganismi opportunisti sono di riscontro comune nelle immunodeficienze cellulari (T-cellulari).
Nelle immunodeficienze a carico dei fagociti sono frequenti le infezioni ricorrenti da stafilococchi e
da germi gram-. Le infezioni ricorrenti da Neisseria sono caratteristiche dei pazienti con diversi
deficit a carico dei componenti del complemento. Talune infezioni opportunistiche (p. es. da P.
carinii, Cryptosporidium o Toxoplasma) possono verificarsi in diverse forme di immunodeficienza.
Anche l'et di esordio pu essere d'aiuto per la diagnosi; i lattanti con meno di 6 mesi solitamente
sono affetti da deficit delle cellule T. Tuttavia, un esordio di malattia intorno ai 6 mesi di et,
quando gli anticorpi materni ricevuti per via transplacentare sono scomparsi, indicativo di un
deficit congenito della secrezione anticorpale.
All'esame obiettivo, i pazienti affetti da immunodeficienza hanno spesso l'aspetto di malati cronici,
con pallore, malessere generale, malnutrizione e distensione addominale. Sulla cute possono
comparire eruzioni maculari, vescicole, pioderma, eczemi, petecchie, alopecia o teleangectasie. La
congiuntivite frequente, specialmente negli adulti. I linfonodi cervicali e il tessuto adenoideo e
tonsillare sono caratteristicamente assenti nelle immunodeficienze a carico delle cellule B o T,
nonostante un'anamnesi positiva per infezioni faringee ricorrenti. Questo reperto pu essere
confermato con una rx laterale del faringe, che pu mostrare l'assenza del tessuto adenoideo.
Occasionalmente, i linfonodi sono ingranditi e suppurati. Le membrane timpaniche presentano
spesso cicatrici o perforazioni. Le narici possono essere escoriate e ricoperte di croste, indizi
suggestivi di secrezione nasale purulenta. Pu essere presente stillicidio nasale posteriore e
diminuzione del riflesso faringeo. Spesso presente tosse cronica. frequente il reperto di rantoli,
specialmente negli adulti con immunodeficienza. Il fegato e la milza sono frequentemente
ingranditi. La massa muscolare e i depositi adiposi delle natiche sono diminuiti. Nei lattanti,
possono essere presenti escoriazioni perianali conseguenti alla diarrea cronica. L'esame neurologico
pu mettere in evidenza un ritardo nelle fasi dell'accrescimento oppure atassia.
In un certo numero di sindromi da immunodeficienza, la presenza di una caratteristica costellazione
di reperti obiettivi consente di porre una diagnosi clinica presuntiva: neonati affetti da sindrome di
Di George che presentano infezioni, tetania, facies caratteristica e cardiopatie congenite; ragazzi
con sindrome di Wiskott-Aldrich che presentano infezioni da piogeni, eczemi e manifestazioni
emorragiche; bambini con atassia-teleangectasia che presentano infezioni senopolmonari ricorrenti,
atassia e teleangectasie; ragazze con i capelli rossi affette dalla variante di Job della sindrome da
iper-IgE che presentano pelle chiara, eczemi e infezioni stafilococciche ricorrenti. Questi disordini
sono illustrati in maggior dettaglio pi avanti e nella Tab. 147-4.
Indagini di laboratorio

In tutti i casi di immunodeficienza, necessario eseguire indagini selezionate per confermare o


stabilire la diagnosi; spesso sono necessari test avanzati per sottoclassificare la malattia, condizione
indispensabile per impostare una terapia razionale (v. Tab. 147-5). Le indagini di screening possono
essere eseguite nella maggior parte dei laboratori e degli ospedali e i test avanzati possono essere
svolti nella maggioranza dei grandi ospedali, mentre i test specialistici sono disponibili soltanto nei
laboratori o negli ospedali dotati di sofisticate attrezzature immunologiche.
Quando si sospetta un'immunodeficienza, le analisi di screening raccomandate comprendono un
emocromo completo con formula leucocitaria e conta piastrinica; la determinazione dei livelli
plasmatici di IgG, IgM e IgA; la valutazione della funzione anticorpale; la ricerca clinica e
laboratoristica dell'eventuale stato infettivo.
L'emocromo stabilisce se presente anemia, trombocitopenia, neutropenia o leucocitosi. Va
considerato con attenzione il numero totale dei linfociti; una linfopenia (< 1500/ml) indicativa di
un'immunodeficienza T-cellulare. Lo striscio di sangue periferico va esaminato alla ricerca dei corpi
di Howell-Jolly e di altre forme eritrocitarie inusuali indicative di asplenia o di iposplenismo. I
granulociti possono presentare anomalie morfologiche (p. es. i granuli della sindrome di ChdiakHigashi).
Nonostante nella valutazione iniziale sia compresa anche la determinazione dei livelli delle
immunoglobuline (Ig), in un primo momento i livelli di IgD e di IgE non vengono misurati. I livelli
delle Ig vanno interpretati con cautela, a causa delle notevoli variazioni che si osservano con l'et;
tutti i lattanti tra i 2 e i 6 mesi sono ipogammaglobulinemici rispetto ai valori di riferimento
dell'adulto. Di conseguenza, i livelli vanno confrontati con quelli degli individui normali di pari et.
In generale, si considerano normali i livelli di Ig compresi entro 2 deviazioni standard dalla media
per ciascuna et. Un livello di Ig totali (IgG + IgM + IgA) > 600 mg/dl o un livello di IgG > 400
mg/dl, in presenza di normalit dei test funzionali anticorpali di screening, esclude la presenza di un
deficit della produzione anticorpale. Un livello di Ig totali < 200 mg/dl solitamente indice di un
deficit anticorpale significativo. Livelli intermedi (cio livelli di IgG compresi tra 200 e 400 mg/dl o
livelli di Ig totali compresi tra 400 e 600 mg/dl) non sono dirimenti e devono essere messi in
relazione con i test anticorpali funzionali.
Per la valutazione iniziale raccomandata anche l'esecuzione dei test anticorpali di screening. La
funzione delle IgM viene valutata per mezzo dei titoli delle isoagglutinine (anti-A e/o anti-B). Tutti i
pazienti, tranne i lattanti pi piccoli di 6 mesi e i soggetti di gruppo sanguigno AB, possiedono
anticorpi naturali a un titolo di 1:8 (anti-A) o 1:4 (anti-B) o superiore. Gli anticorpi diretti contro
questi antigeni e contro taluni polisaccaridi batterici sono selettivamente diminuiti in determinati
disordini (p. es. la sindrome di Wiskott-Aldrich, il deficit di IgG2). Nei pazienti immunizzati, i titoli
degli anticorpi diretti contro gli antigeni dell'Haemophilus influenzae di tipo B, dell'epatite B, del
virus del morbillo, del tetano o della difterite possono essere utilizzati per valutare la funzione delle
IgG. Un'adeguata risposta anticorpale a uno o pi di questi antigeni depone contro la presenza di un
deficit della secrezione degli anticorpi. In ultimo, la valutazione iniziale deve comprendere la
ricerca di uno stato infettivo cronico. LaVES spesso elevata, solitamente in maniera proporzionale
al grado dell'infezione. Vanno eseguiti appropriati esami radiologici (torace, seni paranasali) e
colturali.

Se i risultati di tutte queste indagini di primo livello sono normali, solitamente si pu escludere la
presenza di un'immunodeficienza (e particolarmente di un deficit anticorpale). Tuttavia, se si
documenta la presenza di un'infezione cronica, se l'anamnesi appare insolitamente sospetta o se i
risultati dei test di screening sono positivi, si deve procedere all'esecuzione dei test avanzati.
Test per i deficit delle cellule B (anticorpali): se i livelli delle Ig sono molto bassi (livelli totali <
200 mg/dl), la diagnosi di deficit della produzione anticorpale certa e procedure ulteriori
divengono indicate soltanto per definire con precisione la patologia e identificare la presenza di altri
difetti immunologici. Se i livelli delle Ig e i titoli anticorpali preesistenti sono bassi ma non nulli,
bisogna procedere alla valutazione delle risposte anticorpali nei confronti di uno o pi antigeni
standardizzati. I titoli anticorpali vengono misurati prima e da 3 a 4 settimane dopo
l'immunizzazione con vaccini costituiti da tossoide tetanico o H. influenzae di tipo B (per valutare
la responsivit agli antigeni proteici), oppure dopo immunizzazione con vaccino pneumococcico o
meningococcico (per valutare la responsivit agli antigeni polisaccaridici). Una risposta inadeguata
(aumento del titolo inferiore a quattro volte il valore di base) indicativa di un deficit anticorpale,
indipendentemente dai livelli delle Ig.
Se i livelli delle Ig sono bassi, si esegue la conta delle cellule B valutando con la citometria a flusso
la percentuale di linfociti che reagisce con anticorpi marcati con fluoresceina diretti contro antigeni
specifici delle cellule B (p. es. CD19, CD20). Normalmente, risulta positivo per la presenza di Ig di
membrana il 10-20% dei linfociti del sangue periferico (cellule B).
In seguito, va eseguito il dosaggio dei livelli sierici delle sottoclassi delle IgG e dei livelli di IgD e
IgE. I livelli della sottoclasse IgG1 (come quelli delle IgG) dipendono strettamente dall'et. In
generale, dopo i 2 anni di et, per porre la diagnosi di deficit di una delle sottoclassi delle IgG
devono essere presenti livelli di IgG1 < 250 mg/dl, di IgG2 < 50 mg/dl, di IgG3 < 25 mg/dl o livelli
indosabili di IgG4. Livelli di IgD e IgE sia elevati sia bassi sono comuni nelle sindromi da deficit
anticorpali parziali. I livelli delle IgE sono elevati nei disordini della chemiotassi, nelle
immunodeficienze T-cellulari parziali, nelle malattie allergiche e nelle parassitosi. I deficit isolati di
IgG4, IgD e IgE sono privi di importanza clinica.
Altre indagini di laboratorio per i deficit delle cellule B divengono indicate in circostanze particolari
(v. Tab. 147-5). Di fronte a una linfoadenopatia, indicata l'esecuzione di una biopsia linfonodale
(talvolta preceduta da immunizzazione nell'estremit adiacente) per escludere la presenza di un
tumore maligno o di un'infezione. La determinazione delle sottoclassi delle IgG indicata se i
livelli di IgG sono normali o quasi normali ma la funzione anticorpale risulta ridotta. Possono essere
presenti deficit selettivi a carico di una delle quattro sottoclassi. Se esiste il sospetto di un rapido
catabolismo delle IgG o di una loro perdita attraverso la cute o il tratto GI, pu essere indicato uno
studio della sopravvivenza delle IgG. Se il paziente presenta livelli di IgG bassi, viene
somministrata un'alta dose di immunoglobuline EV e vengono misurati quotidianamente i livelli
delle IgG per determinarne l'emivita. Se le eventuali infezioni locali sono gravi, si possono misurare
i livelli delle Ig nelle secrezioni (p. es. lacrime o saliva). Per individuare la posizione esatta del
blocco sintetico, vengono valutate la sintesi di IgG in vitro e la risposta anticorpale nei confronti di
antigeni particolari (p. es. l'antigene del fago fX o l'emocianina del mollusco Megathura crenulata).
Nelle malattie in cui il difetto genetico stato identificato, il gene mutante o il prodotto del gene

mutante pu essere individuato (p. es. il gene Btk [della tirosin chinasi di Bruton]
nell'agammaglobulinemia legata al cromosoma X) mediante test di laboratorio particolari.
Test per i deficit delle cellule T: una linfopenia marcata e persistente suggerisce la presenza di
un'immunodeficienza a carico delle cellule T; tuttavia, la linfopenia non sempre presente. Una rx
del torace un utile test di screening nei lattanti; l'assenza dell'ombra timica nel periodo neonatale
un elemento indicativo di un deficit T-cellulare, specialmente se la rx viene eseguita prima che
abbiano luogo infezioni o altri insulti che possono provocare la riduzione di volume del timo.
I test cutanei di ipersensibilit ritardata sono indagini di screening preziose dopo i due anni di et.
Vengono utilizzati i seguenti antigeni: parotite, Candida (1:100), tossoide tetanico fluido (1:10) e
Trichophyton. Praticamente tutti gli adulti e la maggior parte dei lattanti e dei bambini immunizzati
reagisce a uno o pi di questi antigeni con la comparsa di eritema e indurimento (> 5 mm) a 48 h.
La presenza di positivit a uno o pi dei test cutanei ritardati generalmente indicativa di un
sistema T-cellulare integro.
Il pi utile fra i test avanzati per la valutazione dell'immunodeficienza cellulare la conta delle
cellule T e delle sottopopolazioni T-linfocitarie (helper/inducer e suppressor/citotossiche), eseguito
di solito mediante citometria a flusso con l'impiego di anticorpi monoclonali di topo specifici per le
cellule T. Il numero totale delle cellule T viene determinato utilizzando un anticorpo diretto contro
un antigene comune a tutte le cellule T (p. es. anti-CD3, anti-CD2); le cellule T helper/inducer
vengono misurate impiegando un anticorpo anti-CD4 e le cellule suppressor/citotossiche vengono
misurate per mezzo di un anticorpo anti-CD8. (In generale questi test hanno soppiantato le tecniche
di rosettamento su GR di pecora per la conta delle cellule T.) Un numero di cellule T helper (CD4)
< 500 cellule/ml fortemente indicativo di un'immunodeficienza T-cellulare e un numero di CD4 <
200 cellule/ml indica una grave immunodeficienza a carico delle cellule T. Il rapporto tra cellule
CD4/CD8 (helper/suppressor) deve essere > 1,0; l'inversione di questo rapporto suggerisce
anch'essa la presenza di un'immunodeficienza T-cellulare (p. es. nella AIDS la diminuzione del
rapporto CD4/CD8 segno di una compromissione immunologica progressiva). Sono disponibili
anche anticorpi monoclonali per l'identificazione delle cellule attivate (CD25), delle cellule natural
killer (CD16 e CD56) e degli antigeni (CD1) delle cellule T immature (timociti).
Un altro utile test avanzato misura la capacit dei linfociti del paziente di proliferare e di ingrandirsi
(trasformarsi) quando vengono coltivati in presenza di mitogeni (p. es. fitoemoagglutinina,
concanavalina A), di GB allogenici irradiati (nella reazione leucocitaria mista) o di antigeni con i
quali il paziente sia venuto a contatto in precedenza. Sotto l'effetto di questi stimoli, i linfociti
normali vanno incontro a una rapida divisione cellulare, che pu essere rilevata con metodi
morfologici o mediante la captazione di timidina radioattiva all'interno delle cellule in divisione. La
proliferazione viene di solito espressa come un indice, costituito dal rapporto tra la conta/min delle
cellule stimolate e la conta/min di un numero equivalente di cellule non stimolate. I pazienti affetti
da immunodeficienza T-cellulare presentano risposte proliferative ridotte o nulle in proporzione al
grado di deficit immunitario. Le risposte proliferative ai mitogeni (i quali attivano tutte le cellule)
sono molto pi elevate (indice di stimolazione fra 50 e 100) rispetto alla risposta agli antigeni o alle
cellule allogeniche (indice di stimolazione fra 3 e 30).
Test speciali offrono la possibilit di valutare anche la produzione di linfochine dopo stimolazione
con mitogeni o antigeni. Nonostante esistano pi di 30 linfochine, vengono valutati per lo pi

l'interferon g, l'interleuchina 2, l'interleuchina 4 e il tumor necrosis factor a. Determinati pazienti


presentano risposte proliferative adeguate ma una produzione di linfochine insufficiente (p. es.
deficit del fattore di inibizione della migrazione nella candidosi mucocutanea cronica). Altri test
valutano la funzione citotossica. Le diverse forme di citotossicit (natural killer, anticorpodipendente o delle cellule T citotossiche) vengono misurate utilizzando diverse cellule tumorali o
cellule bersaglio infettate da virus. I deficit della citotossicit sono presenti in vario grado nelle
immunodeficienze cellulari. In alcune forme di immunodeficienza combinata sono carenti gli
enzimi della via metabolica delle purine (adenosina deaminasi, nucleoside fosforilasi), che possono
essere determinati con l'impiego dei GR. possibile misurare i livelli di diversi ormoni timici
(timosina, fattore timico sierico); essi risultano bassi in alcune forme di immunodeficienza cellulare.
La tipizzazione HLA pu essere di valido aiuto per valutare la presenza di due popolazioni diverse
di cellule (chimerismo) e per escludere deficit a carico degli antigeni HLA (sindrome del linfocita
nudo).
La determinazione dell'integrit del recettore delle cellule T e della via di trasduzione del segnale ha
consentito l'identificazione di alcuni difetti dell'attivazione delle cellule T e permette la loro
valutazione.
Test per i deficit delle cellule fagocitarie: un approfondimento in questo senso indicato quando un
paziente con una storia clinica indicativa di immunodeficienza possiede un'immunit umorale e
cellulare normale. La mancata formazione di pus nella sede di un'infiammazione e un ritardo nel
distacco del cordone ombelicale accompagnato da leucocitosi marcata sono indizi che suggeriscono
un difetto della chemiotassi.
Oltre all'emocromo, la valutazione iniziale deve comprendere una determinazione dei livelli di IgE,
che risultano elevati in molti disordini della chemiotassi, e un test di riduzione del colorante nitroblu
di tetrazolio (NBT) per la malattia granulomatosa cronica, la pi comune fra le alterazioni della
fagocitosi. Il test al NBT basato sull'aumento dell'attivit metabolica dei granulociti durante la
fagocitosi e il killing, che provoca la riduzione del NBT incolore con formazione di formazan blu.
Questo cambiamento di colore, assente nella malattia granulomatosa cronica, pu essere valutato
visivamente, microscopicamente o con la spettrofotometria.
Il primo test specifico costituito dalla colorazione dei granulociti per la mieloperossidasi, la
fosfatasi alcalina o l'esterasi. La negativit della colorazione per questi enzimi va approfondita con
l'esecuzione di indagini quantitative. In seguito, si pu valutare la motilit cellulare con la tecnica
della finestra cutanea di Rebuck, nella quale si esegue con un bisturi un'abrasione superficiale della
cute che viene quindi ricoperta con un vetrino coprioggetti; esso viene rimosso e sostituito a
intervalli regolari e colorato per l'osservazione delle cellule in migrazione. Un afflusso iniziale di
PMN deve essere rilevabile entro le prime 2 h ed essere poi sostituito dall'arrivo di monociti entro
24 h. L'esistenza di un'alterazione della chemiotassi pu essere confermata mediante un test in vitro
nel quale viene misurata la migrazione dei granulociti o dei monociti con l'impiego di una speciale
camera chemiotattica (di Boyden) o di una piastra di agaroso; viene valutato il movimento cellulare
in direzione di una sostanza chemioattraente (p. es. lo zymosan opsonizzato).
Successivamente viene valutata la funzione fagocitaria misurando la captazione di particelle di
lattice o di batteri da parte di granulociti o di monociti isolati. Viene poi indagata l'attivit
microbicida mescolando in siero fresco i granulociti del paziente con un numero conosciuto di

batteri vivi, ed eseguendo poi determinazioni batteriche quantitative seriate in un arco di tempo di 2
h.
Altri test specializzati definiscono meglio i difetti della fagocitosi: test di mobilizzazione
granulocitaria dopo somministrazione di corticosteroidi, adrenalina o endotossine; determinazioni
quantitative degli enzimi granulocitari (mieloperossidasi, G6PD, ecc.); ricerca dei prodotti ossidanti
granulocitari (perossido di idrogeno, ione superossido); test per la determinazione di proteine
granulocitarie specifiche (glicoproteine di adesione al CR3 [CD11], componenti della nicotinamide
adenin dinucleotide fosfato ossidasi). Questi ultimi consentono di distinguere le quattro forme
genetiche della malattia granulomatosa cronica.
Test per i deficit del complemento: la presenza di un'alterazione a carico del complemento viene
valutata inizialmente misurando l'attivit complementare totale del siero (CH50) e i livelli sierici di
C3 e C4. Il riscontro di bassi livelli di uno qualunque di questi parametri deve essere seguito dalla
titolazione della via classica e della via alternativa del complemento e dal dosaggio dei singoli
componenti complementari. Il deficit di componenti della via classica associato anche con la
patologia renale immunitaria, con le reazioni tipo malattia da siero o con le infezioni acute. Per
misurare i componenti complementari si utilizzano antisieri mono-specifici o GR sensibilizzati e
soluzioni che contengono tutti i componenti tranne quello da determinare.
Sono disponibili antisieri anche per la determinazione delle proteine regolatrici del complemento. Il
deficit di C1-inibitore alla base dell'edema angioneurotico ereditario e il deficit di fattore I (C3inibitore) associato al deficit di C3 con ipercatabolismo del C3. Per valutare la funzione del
complemento in modo indiretto si possono impiegare i test di attivit opsoninica, chemiotattica o
battericida del siero. Per una trattazione dettagliata del sistema del complemento, v. Cap. 146.
Prevenzione
La prevenzione delle immunodeficienze primarie limitata alla consulenza genetica, quando sia
nota la presenza di forme a trasmissione ereditaria conosciuta. La diagnosi prenatale su cellule
amniotiche in coltura o su sangue fetale possibile soltanto per alcuni di questi disordini, tra i quali
l'agammaglobulinemia legata al cromosoma X, la sindrome di Wiskott-Aldrich, la maggior parte
delle forme di immunodeficienza combinata grave, il deficit di adenosina deaminasi e la malattia
granulomatosa cronica. Per escludere la presenza di malattie legate al cromosoma X si pu ricorrere
anche alla determinazione del sesso fetale. In un certo numero di questi disordini si pu identificare
un'ereditariet di tipo eterozigote.
Prognosi
La maggior parte delle immunodeficienze primitive ha un'origine genetica e dura per tutta la vita.
La prognosi quanto mai variabile (v. Tab. 147-6), ma alcune immunodeficienze possono essere
curate con il trapianto di cellule staminali. La maggioranza dei pazienti affetti da immunodeficienze
anticorpali o da un deficit del complemento ha una prognosi favorevole con un'aspettativa di vita
pressoch normale, a patto che venga identificata precocemente, sia trattata con regolarit e non sia
affetta da malattie croniche concomitanti (p. es. una patologia polmonare). Altri pazienti con
immunodeficienza, p. es. quelli con disordini della fagocitosi, con disordini combinati o con
alterazioni della produzione anticorpale affetti da infezioni croniche, hanno una prognosi meno

buona riguardo all'aspettativa di vita; la maggior parte cronicamente malata e necessita di un


trattamento intensivo (p. es. IGEV, antibiotici, drenaggio posturale, interventi chirurgici, ecc.).
Alcuni pazienti con immunodeficienza hanno una prognosi quoad vitam decisamente sfavorevole
(quelli affetti da atassia-teleangectasia, quelli con immunodeficienza combinata grave che non sono
stati sottoposti a trapianto).
Precauzioni: ai pazienti con immunodeficienze a carico delle cellule B o T non devono essere
somministrati vaccini preparati con microrganismi vivi (p. es. poliovirus, morbillo, parotite, rosolia,
BCG) a causa del rischio di sviluppare una malattia indotta dal vaccino e i membri della famiglia
non devono essere sottoposti a vaccinazione antipoliomielitica con virus vivo. I pazienti con deficit
dell'immunit cellulare non devono ricevere emoderivati freschi che possono contenere linfociti
integri, a causa del rischio di una reazione del trapianto contro l'ospite; di conseguenza, il sangue
intero o le sue frazioni (p. es. GR, piastrine, granulociti e plasma) devono essere irradiati (dai 15 ai
30 Gy) prima di essere infusi. I pazienti devono inoltre ricevere emoderivati provenienti da donatori
sieronegativi per cytomegalovirus. Nei pazienti affetti da deficit selettivo di IgA va solitamente
evitata la somministrazione di IG o di plasma, perch anticorpi anti-IgA possono svilupparsi o
provocare reazioni avverse. I pazienti con splenomegalia devono evitare di praticare sport di
contatto fisico. I pazienti trombocitopenici devono evitare le iniezioni IM (p. es. di IG).
opportuno somministrare antibiotici in concomitanza con interventi chirurgici o procedure
odontoiatriche.

IMMUNODEFICIENZE SPECIFICHE
IPOGAMMAGLOBULINEMIA TRANSITORIA DELL'INFANZIA
Deficit anticorpale autolimitantesi che colpisce entrambi i sessi, con esordio dai 3 ai 6 mesi di et,
che solitamente persiste da 6 a 18 mesi.
Talvolta vi si associa un aumento della frequenza di infezioni. Questo disordine deriva da un ritardo
nell'inizio della sintesi anticorpale, nonostante la presenza di un numero normale di cellule B. Le
cellule T helper possono essere diminuite. I lattanti prematuri sono particolarmente a rischio, a
causa dei pi bassi livelli di IgG transplacentari di cui sono dotati alla nascita. La malattia non ha
carattere familiare.
DEFICIT SELETTIVO DI IgA
Assenza o marcata riduzione (< 5 mg/dl) delle IgA sieriche, con livelli normali delle altre Ig e
immunit cellulare integra.
Il deficit selettivo di IgA la pi comune (e la pi lieve) delle immunodeficienze, manifestandosi
con una frequenza di 1/400 persone. Esso di solito sporadico, ma occasionalmente si presenta in
forma familiare. Pu presentarsi in seguito a terapia con fenitoina e in individui con alterazioni a
carico del cromosoma 18. Pu presentarsi inoltre nei parenti dei pazienti affetti da
immunodeficienza comune variabile (v. oltre).

La maggior parte dei pazienti asintomatica e il difetto viene scoperto casualmente. Altri
presentano infezioni respiratorie ricorrenti, diarrea cronica, allergie o malattie autoimmuni. I
pazienti con deficit di IgA non hanno IgA nelle loro secrezioni, ma possono compensare con la
secrezione di altre Ig. Questi pazienti possono sviluppare anticorpi anti-IgA in conseguenza
dell'esposizione alle IgA contenute nei preparati di plasma o di IG; questi anticorpi possono
provocare reazioni anafilattiche in occasione di somministrazioni successive di IG o di sangue.
Alcuni pazienti con deficit di IgA presentano un deficit associato della sottoclasse IgG2; molti di
tali pazienti contraggono infezioni ricorrenti.
AGAMMAGLOBULINEMIA LEGATA AL CROMOSOMA X
(Agammaglobulinemia di Bruton; agammaglobulinemia congenita)
Panipogammaglobulinemia dei lattanti maschi caratterizzata da livelli di IgG < 100 mg/dl e livelli
delle altre Ig bassi o nulli, cellule B scarse o assenti, immunit cellulare integra ed esordio delle
infezioni qualche tempo dopo il sesto mese di vita, epoca in cui scompaiono gli anticorpi di origine
materna.
Questi lattanti contraggono infezioni piogeniche ricorrenti a carico dei polmoni, dei seni paranasali
e delle ossa, sostenute da microrganismi come lo pneumococco, l'haemophilus e lo streptococco.
Essi sono anche predisposti all'infezione da poliovirus indotta dal vaccino e all'encefalite cronica da
echovirus. Alcuni lattanti hanno un'artrite che scompare con la terapia con IG. L'ereditariet legata
al cromosoma X viene dimostrata nel 20% circa dei casi. Un difetto a carico del gene per la Btk
(tirosin chinasi di Bruton) localizzato nella regione Xq22 impedisce la differenziazione delle cellule
pre-B in cellule B. In ciascun membro della famiglia si osservano diverse varianti del gene
difettoso.
IMMUNODEFICIENZA COMUNE VARIABILE
(Agammaglobulinemia acquisita)
Disordine eterogeneo che colpisce in uguale misura entrambi i sessi, caratterizzato dalla comparsa
di infezioni batteriche ricorrenti, solitamente nel corso del 2o o 3o decennio di vita, conseguenti a
una marcata riduzione dei livelli anticorpali.
Il carattere distintivo tra l'immunodeficienza comune variabile e l'agammaglobulinemia legata al
cromosoma X costituito dalla presenza di un numero normale di cellule B. L'immunit cellulare
solitamente integra, ma in alcuni pazienti pu essere compromessa; in altri, sono descritte
alterazioni immunoregolatorie a carico delle cellule T. In questi pazienti e nei loro familiari sono
comuni i disordini autoimmunitari, compresi il morbo di Addison, la tiroidite e l'AR. Talvolta sono
presenti diarrea, malassorbimento e iperplasia linfoide nodulare del tratto GI. Spesso si sviluppano
bronchiettasie. Carcinomi e linfomi si manifestano nel 10% dei pazienti. I meccanismi
immunologici sono diversi; p. es. un'eccessiva attivit T suppressor, una scarsa attivit T helper,
difetti intrinseci della funzione delle cellule B e la presenza di autoanticorpi diretti contro le cellule
B o T. Come avviene nella agammaglobulinemia legata al cromosoma X, indispensabile la terapia
con IG per tutta la vita e devono essere impiegati gli antibiotici per trattare ogni episodio infettivo.
IMMUNODEFICIENZA CON IPER-IgM

Immunodeficienza congenita, solitamente legata al cromosoma X, caratterizzata da livelli elevati di


IgM, livelli diminuiti di IgG e di IgA, neutropenia intermittente, numero normale di cellule B e
suscettibilit alle infezioni.
Possono essere presenti linfoadenopatie e fenomeni autoimmunitari (p. es. anemia emolitica
Coombs-positiva). La suscettibilit ai principali patogeni gram + e alle infezioni opportunistiche
(compresi Pneumocystis carinii e Cryptosporidium) aumentata. La maggior parte dei pazienti (>
70%) sviluppa un'epatopatia cronica entro i 30 anni. Il difetto immunologico alla base della forma
legata al cromosoma X un deficit della gp39 delle cellule T, il ligando del CD40 presente sulle
cellule B che induce lo switch isotipico da IgM a IgA, IgG e IgE. Il gene mutato stato identificato
nella regione Xq27.
DEFICIT DELLE SOTTOCLASSI DELLE IgG
Deficit anticorpale associato a un'aumentata suscettibilit alle infezioni e a livelli assenti o
marcatamente ridotti (maggiore di 2 deviazioni standard al disotto della media per l'et) di una o
due sottoclassi delle IgG, ma con livelli normali o aumentati delle altre sottoclassi.
La maggior parte dei pazienti ha livelli totali di IgG e degli altri anticorpi normali o quasi normali,
ma presenta una diminuita responsivit anticorpale a determinati antigeni. Sono state descritte
infezioni respiratorie croniche o ricorrenti, otite media, pneumopatie croniche e meningiti ricorrenti.
Dal momento che le IgG1 costituiscono il 70% delle IgG totali, un deficit isolato di IgG1 si associa
a panipogammaglobulinemia e non viene considerato come un deficit di una sottoclasse. Il deficit
combinato o selettivo di IgG2 o di IgG3, con o senza deficit di IgG4, il pi comune deficit a
carico delle sottoclassi. I pazienti con deficit di IgG2 (selettivo o combinato con deficit di un'altra
sottoclasse) presentano spesso risposte anticorpali deboli nei confronti degli antigeni polisaccaridici
e/o un deficit associato di IgA (< 5mg/dl). Il deficit isolato di IgG4 asintomatico presente in un
gran numero di individui. Nei bambini piccoli i deficit delle sottoclassi possono essere transitori e
scomparire con la crescita. Sono stati descritti alcuni pazienti con alterata capacit di risposta ai
polisaccaridi ma con livelli normali delle sottoclassi di IgG.
SINDROME DI GEORGE
(Ipoplasia timica; sindrome della terza e quarta tasca faringea)
Immunodeficienza congenita caratterizzata anatomopatologicamente dall'assenza o dall'ipoplasia
del timo e delle ghiandole paratiroidi e immunologicamente da un'immunodeficienza parziale o
completa a carico delle cellule T, ma con immunit B-cellulare normale o quasi normale.
I lattanti colpiti presentano impianto basso delle orecchie, schisi facciali della linea mediana,
ipoplasia e retrazione della mandibola, ipertelorismo, accorciamento del filtro nasale e cardiopatie
congenite. Entro le prime 24 o 48 h di vita compare tetania. Entrambi i sessi vengono colpiti in
uguale misura e i casi familiari sono rari. Nel 90% dei casi possono essere dimostrate anomalie a
carico del cromosoma 22q (p. es. delezione o monosomia). Sembra che si verifichi un'interruzione
dello sviluppo normale delle strutture della tasca faringea intorno all'8a settimana di gestazione. Le
infezioni ricorrenti cominciano a presentarsi poco dopo la nascita. Il grado di immunodeficienza
varia notevolmente da un paziente all'altro e talvolta la funzione delle cellule T migliora
spontaneamente, specie nei pazienti con cellule CD4 > 400/ml.

CANDIDOSI MUCOCUTANEA CRONICA


Immunodeficienza di tipo cellulare caratterizzata da infezioni persistenti da Candida a carico delle
mucose, del cuoio capelluto, della cute e delle unghie e spesso associata a un'endocrinopatia,
specialmente all'ipoparatiroidismo e all'iposurrenalismo.
L'esordio pu avvenire nel periodo neonatale con la comparsa di un mughetto persistente, oppure
pu essere differito fino all'et adulta avanzata. Questo disordine leggermente pi frequente nel
sesso femminile. La malattia ha gravit molto variabile, dal coinvolgimento di un solo elemento
ungueale fino all'interessamento generalizzato delle mucose, della cute e dei capelli e alla presenza
di lesioni granulari sfiguranti del volto e del cuoio capelluto. Non si manifesta candidosi sistemica
n aumentata suscettibilit ad altre infezioni. Ne esistono diverse forme cliniche, compresa una
forma autosomica recessiva associata a ipoparatiroidismo e morbo di Addison (sindrome Candidaendocrinopatia). I reperti immunologici caratteristici sono l'anergia cutanea alla Candida, l'assenza
di risposte proliferative nei confronti degli antigeni della Candida (ma con normali risposte
proliferative ai mitogeni) e buone risposte anticorpali nei confronti della Candida e di altri antigeni.
In alcuni casi si osservano reperti associati come alopecia, bronchiettasie, displasie dentarie, epatite
e deficit di biotina con deficit enzimatico di carbossilasi.
IMMUNODEFICIENZA COMBINATA
Gruppo di disordini caratterizzati da un deficit congenito e solitamente ereditario a carico sia del
sistema cellulare B sia di quello T, da aplasia linfoide e da displasia timica.
Le immunodeficienze combinate comprendono l'immunodeficienza combinata grave,
l'agammaglobulinemia di tipo svizzero, l'immunodeficienza combinata con deficit di adenosina
deaminasi o di nucleoside fosforilasi e l'immunodeficienza combinata con immunoglobuline
(sindrome di Nezelof).
La maggior parte dei pazienti presenta un esordio precoce delle infezioni (entro il 3o mese di vita),
con candidosi orale, polmonite e diarrea. In assenza di terapia, la maggioranza muore prima dei 2
anni di et. La maggior parte dei pazienti presenta un marcato deficit delle cellule B e delle Ig. I
seguenti reperti sono caratteristici: linfopenia, numero di cellule T ridotto o nullo, scarsa risposta
proliferativa ai mitogeni, anergia cutanea, assenza dell'ombra timica e diminuzione del tessuto
linfoide. Sono comuni le polmoniti da P. carinii e altre infezioni opportunistiche.
Esistono diverse varianti di questa patologia. Nel 67% dei casi pu essere dimostrata una
trasmissione ereditaria legata al cromosoma X o di tipo autosomico recessivo. La maggior parte dei
pazienti con ereditariet legata al cromosoma X ha un'immunodeficienza combinata grave legata al
cromosoma X, dovuta a mutazioni a carico della catena g del recettore per l'IL-2. Questa catena
un componente dei recettori per altre citochine (IL-4, IL-7, IL-9, IL-13, IL-15), il che
probabilmente spiega la gravit della malattia.
Circa la met dei pazienti con ereditariet autosomica recessiva affetta da un deficit di adenosina
deaminasi (ADA), un enzima della via di "salvataggio" delle purine che converte l'adenosina e la
deossiadenosina rispettivamente in inosina e deossiinosina. Il deficit di ADA provoca l'accumulo di
elevate quantit di deossiadenosina trifosfato (dATP), il quale inibisce la sintesi del DNA. I pazienti
affetti da deficit di ADA possono essere normali alla nascita, ma sviluppano un deficit

immunologico progressivo man mano che il dATP si accumula. Nella sindrome di Nezelof
(immunodeficienza combinata con Ig) esiste un marcato deficit dell'immunit cellulare, con livelli
di Ig normali, quasi normali o elevati ma con una scarsa funzionalit anticorpale.
Altri lattanti presentano lesioni cutanee simili a quelle della malattia di Letterer-Siwe,
linfoadenopatia ed epatosplenomegalia, e alcuni possono avere una malattia da trapianto contro
l'ospite dovuta ai linfociti materni o a precedenti trasfusioni di sangue. Altre varianti comprendono i
deficit di citochine (deficit di IL-1, deficit di IL-2, deficit citochinici multipli), i difetti strutturali del
recettore delle cellule T, i difetti di trasduzione del segnale, l'assenza degli antigeni HLA di classe I
e/o di classe II (sindrome del linfocita nudo), il nanismo ad arti corti, l'ipoplasia della cartilagine e
dei capelli con immunodeficienza e l'immunodeficienza combinata con eosinofilia (sindrome di
Omenn).
SINDROME DI WISCKOTT-ALDRICH
Disordine recessivo legato al cromosoma X che colpisce i lattanti di sesso maschile, caratterizzato
da eczema, trombocitopenia e infezioni ricorrenti.
Le prime manifestazioni sono spesso di tipo emorragico (di solito diarrea ematica), seguite poi da
infezioni respiratorie ricorrenti. Nei pazienti pi grandi di 10 anni che sopravvivono, sono frequenti
(10%) i tumori maligni (in particolare il linfoma e la leucemia linfoblastica acuta). I deficit
immunologici caratteristici comprendono scarse risposte anticorpali agli antigeni polisaccaridici,
anergia cutanea, deficit parziale delle cellule T, alti livelli di IgE e IgA, bassi livelli di IgM e
ipercatabolismo delle IgG ma livelli di IgG normali. A causa del deficit combinato sia a carico della
funzione B sia di quella T, si manifestano infezioni sostenute da batteri piogeni, virus, funghi e P.
carinii. Dal punto di vista ematologico, questi pazienti hanno piastrine piccole e un aumento della
distruzione splenica delle piastrine stesse; di conseguenza, la splenectomia pu ridurre la
trombocitopenia. Il difetto genico stato localizzato nella regione Xp11.
ATASSIA-TELEANGECTASIA
Disordine multisistemico progressivo a trasmissione autosomica recessiva caratterizzato da atassia
cerebellare, teleangectasia congiuntivale e cutanea, infezioni senopolmonari ricorrenti e deficit
immunitario di vario grado.
Sia i sintomi neurologici sia i segni di immunodeficienza hanno un esordio variabile. L'atassia si
manifesta abitualmente nel periodo in cui i bambini cominciano a camminare, ma pu ritardare la
sua comparsa fino ai 4 anni. La sua progressione conduce a una grave invalidit. L'eloquio diviene
impastato, compaiono movimenti coreoatetoidi e oftalmoplegia e la debolezza muscolare
progredisce di solito fino all'atrofia. Pu manifestarsi un ritardo mentale progressivo. Le
teleangectasie si manifestano tra 1 e 6 anni di et, in modo pi evidente sulla congiuntiva bulbare,
sulle orecchie, sulle fosse antecubitali e poplitee e ai lati del naso. Le infezioni senopolmonari
ricorrenti, conseguenza dei deficit immunologici, portano allo sviluppo di polmoniti ricorrenti,
bronchiettasie e pneumopatie croniche di tipo ostruttivo e restrittivo.
Possono verificarsi alterazioni endocrine, comprendenti la disgenesia gonadica, l'atrofia testicolare
e una rara forma di diabete mellito caratterizzata da iperglicemia marcata, resistenza alla chetosi e
notevole risposta insulinica plasmatica al glucoso o alla tolbutamide.

La malattia associata a un'alta incidenza di neoplasie maligne (specialmente leucemie e tumori


cerebrali e gastrici) e a un incremento delle rotture cromosomiche, probabilmente indizio di un
difetto di riparazione del DNA. Sono state identificate anomalie genetiche. I pazienti sono spesso
privi di IgA e di IgE e presentano anergia cutanea e deficit progressivo dell'immunit cellulare.
L'a2-fetoproteina sierica generalmente elevata.
SINDROME LINFOPROLIFERATIVA LEGATA AL CROMOSOMA X
Immunodeficienza primitiva caratterizzata dalla suscettibilit selettiva alle infezioni da virus di
Epstein-Barr (EBV).
Nonostante alcuni pazienti (il 10%) abbiano un'ipogammaglobulinemia congenita, la maggioranza
del tutto normale fino a quando non si verifica un'infezione da EBV. L'infezione da EBV pu
sfociare in una grave mononucleosi infettiva progressiva con insufficienza epatica, una sindrome
linfoproliferativa della linea cellulare B, un'anemia aplastica e un'ipogammaglobulinemia. Circa il
75% dei pazienti muore entro i 10 anni di et.
I pazienti affetti hanno ipogammaglobulinemia, diminuzione delle risposte anticorpali
(specialmente agli antigeni nucleari del EBV), scarse risposte proliferative ai mitogeni, diminuzione
della funzione delle cellule natural killer e diminuzione delle cellule T con inversione del rapporto
CD4:CD8.
Pu essere eseguita la diagnosi genetica per mezzo della lunghezza dei frammenti di restrizione del
DNA, con la dimostrazione di un polimorfismo genico nel locus XLP (Xq25-26) identico a quello
di un membro della famiglia affetto o portatore. In alcuni casi il trapianto di midollo osseo
risolutivo. L'acyclovir e le IGEV per la prevenzione dell'infezione da EBV sono inefficaci.
SINDROME DA IPER-IgE
(Sindrome di Job-Buckley)
Sindrome da immunodeficienza caratterizzata da infezioni stafilococciche ricorrenti, soprattutto
della cute, e da livelli di IgE marcatamente elevati.
Alcuni pazienti mostrano un'ereditariet di tipo autosomico dominante. Le infezioni stafilococciche
possono riguardare la cute, i polmoni, le articolazioni e altre sedi. Alcuni pazienti hanno tratti
somatici grossolani; altri hanno carnagione chiara e capelli rossi. Sono comuni l'osteopenia e le
fratture ricorrenti. Molti soggetti presentano difetti della chemiotassi dei neutrofili. Tutti hanno
livelli di IgE notevolmente elevati (> 1000 UI/ml [> 2400 mg/l]). Talvolta sono presenti
manifestazioni allergiche (p. es. eczema, rinite e asma). Altre caratteristiche comprendono lievi
difetti dell'immunit B- e T-cellulare ed eosinofilia ematica e tissutale. Il difetto di base potrebbe
risiedere in un'anomalia immunoregolatoria a carico delle cellule T.
MALATTIA GRANULOMATOSA CRONICA
Disordine ereditario della funzione battericida dei GB caratterizzato da lesioni granulomatose
diffuse della cute, dei polmoni e dei linfonodi, ipergammaglobulinemia, anemia, leucocitosi e
difetto dell'eliminazione di alcuni batteri e funghi.

I pazienti sono per lo pi maschi con ereditariet di tipo recessivo legata al cromosoma X; alcuni
pazienti di entrambi i sessi presentano un'ereditariet autosomica recessiva. I GB non producono
perossido di idrogeno, ione superossido e altre specie attivate dell'O2 a causa di un difetto di attivit
della nicotinamide adenin dinucleotide fosfato (NADPH) ossidasi. Le quattro componenti strutturali
della NADPH ossidasi sono due subunit di membrana (la gp91 phox e la p22 phox) del citocromo
b558 e due subunit proteiche citosoliche (la p47 phox e la p67 phox). Nella variante legata al
cromosoma X (57% dei casi), il gene mutato riguarda la gp91 phox e nelle tre forme autosomiche
recessive il gene mutato riguarda la p47 phox (33% dei casi), la p22 phox (5%) o la p67 phox (5%).
Sintomi, segni e diagnosi
La malattia esordisce di solito nella prima infanzia, ma in alcuni pazienti pu tardare fino alla
pubert. Il quadro clinico caratterizzato da infezioni ricorrenti sostenute da microrganismi
produttori di catalasi, p. es. Staphylococcus aureus, Serratia, Escherichia coli e Pseudomonas, i
quali normalmente non provocano granulomi, ma che a causa del difetto dei meccanismi battericidi
riescono a sopravvivere all'interno delle cellule.
Le caratteristiche cliniche comprendono linfoadeniti suppurative, epatosplenomegalia, polmonite e
segni ematologici di infezione cronica. Si possono manifestare anche rinite persistente, dermatite,
diarrea, ascessi perianali, stomatite, osteomielite, ascessi cerebrali, lesioni ostruttive del tratto GI e
GU (per formazione di granulomi) e ritardo di crescita. La diagnosi di laboratorio si pone in base
alla ridotta capacit di riduzione del colorante nitroblu di tetrazolio (NBT) da parte dei granulociti,
oppure con l'identificazione di un deficit della funzione battericida.
DEFICIT DI ADESIVITA' LEUCOCITARIA
(Deficit di MAC-1/LFA-1/CR3)
Disordine autosomico recessivo della funzione leucocitaria caratterizzato da infezioni necrotiche
ricorrenti o progressive dei tessuti molli, periodontiti, scarsa capacit di cicatrizzazione delle ferite,
leucocitosi e ritardato distacco (pi di 3 settimane) del cordone ombelicale.
I lattanti gravemente colpiti presentano infezioni multiple a decorso rapidamente e
progressivamente ingravescente, con exitus entro i 5 anni. I pazienti affetti da una forma clinica pi
moderata presentano un decorso meno grave e sopravvivono fino all'et giovanile; la gravit
correlata con il grado di deficit delle glicoproteine di adesione situate sulla superficie dei GB, le
quali facilitano le interazioni cellulari, la motilit cellulare e le interazioni con i componenti del
complemento. Di conseguenza, i loro granulociti (e linfociti) non mostrano una buona attivit
chemiotattica, un buono svolgimento delle reazioni citotossiche, n una valida fagocitosi nei
confronti dei batteri.
La diagnosi si pone mettendo in evidenza l'assenza o la notevole diminuzione di questi antigeni
sulla superficie dei GB, grazie all'impiego di anticorpi monoclonali (p. es. anti-CD11 o anti-CD18
per la LFA-1) e della citometria a flusso.
SINDROMI DA DEFICIT SPLENICO

Suscettibilit alle infezioni dovuta a splenectomia, ad assenza congenita della milza o ad asplenia
funzionale provocata dalla trombosi dei vasi splenici (anemia a cellule falciformi) o da malattie
infiltrative (tesaurismosi).
La milza uno degli organi principali per la funzione fagocitaria, appartenente al sistema reticoloendoteliale (sistema dei fagociti mononucleati) il quale deputato alla cattura dei microrganismi
circolanti. La milza anche una delle sedi principali della sintesi degli anticorpi (v. Cap. 141). I
pazienti asplenici, e in particolare i bambini piccoli, sono suscettibili allo sviluppo di infezioni
batteriche a decorso rapidamente progressivo sostenute da Haemophilus influenzae, Escherichia
coli, pneumococchi e streptococchi, nonch, pi di rado, ad altre infezioni. A questi pazienti deve
essere somministrata a scopo profilattico una copertura antibiotica continua almeno durante i primi
2 o 3 anni di vita e in seguito essi devono assumere antibiotici fin dall'esordio di ogni episodio
febbrile e in occasione di ogni intervento chirurgico. Essi devono inoltre essere vaccinati contro lo
pneumococco, il meningococcico e l'Haemophilus. Con tale terapia, la prognosi buona.
IMMUNODEFICIENZE DA PROTIDO-DISPERSIONE
Perdita di proteine sieriche che conduce a un deficit anticorpale secondario con
ipogammaglobulinemia di notevole entit.
L'ipogammaglobulinemia pu essere dovuta alla perdita di proteine sieriche attraverso il rene
(sindrome nefrosica), la cute (ustioni o dermatiti gravi) o il tratto GI (enteropatia protidodisperdente, linfangectasia intestinale). Contemporaneamente si ha perdita di albumina e di altre
proteine sieriche.
Nei disordini protido-disperdenti GI pu verificarsi anche perdita di linfociti, che porta a linfopenia
e deficit dell'immunit cellulare. Questi pazienti sono suscettibili alle infezioni sostenute dai
principali microrganismi gram +, ma poich si verifica un aumento compensatorio della produzione
di anticorpi le infezioni possono essere relativamente poco frequenti, nonostante la gravit della
ipogammaglobulinemia.
La correzione della patologia di base risolve l'immunodeficienza. Quando ci non possibile, si
pu ottenere un parziale beneficio con la somministrazione di trigliceridi a catena intermedia, che in
questi disordini riducono la perdita di Ig e di linfociti dal tratto GI.
IMMUNODEFICIENZA DOVUTA A MALNUTRIZIONE
La malnutrizione con deficit immunitario e infezioni costituisce la principale causa di morte
neonatale e infantile nel mondo. Quando la malnutrizione abbastanza grave da ridurre il peso
corporeo a < 80% del peso ideale medio, si cominciano a notare i primi deterioramenti della
funzione immunitaria; quando la crescita < 70% della media attesa, di solito si verifica una grave
compromissione della funzione immunitaria. La maggior parte di questi pazienti (eccetto quelli
affetti da anoressia nervosa) risulta straordinariamente suscettibile alle infezioni respiratorie, alle
malattie virali e alle gastroenteriti. Queste infezioni aumentano le richieste metaboliche e riducono
l'appetito, portando a una malnutrizione e a un'immunodeficienza sempre pi gravi.
Il difetto immunologico costituito principalmente da un deficit dell'immunit cellulare con anergia
cutanea, ridotto numero di cellule T, scarse risposte proliferative ai mitogeni e agli antigeni e deficit

della produzione di linfochine (interferone) e dell'attivit citotossica. I livelli di anticorpi secretori


possono essere diminuiti, ma le Ig sieriche sono solitamente normali o aumentate, soprattutto le
IgE. Il grado della compromissione immunitaria dipende dalla gravit e dalla durata della
malnutrizione e dalle patologie sottostanti (p. es. infezioni e altri deficit nutrizionali). Con il
ripristino di uno stato nutrizionale adeguato, il deficit immunologico regredisce rapidamente (v.
anche Cap. 2).

DISORDINI DA IPERSENSIBILIT
L'ipersensibilit si riferisce a processi patologici che derivano da interazioni immunologicamente
specifiche tra antigeni (esogeni o endogeni) e anticorpi umorali o linfociti sensibilizzati. Questa
definizione esclude le patologie per le quali la dimostrata presenza di anticorpi non riveste alcun
significato fisiopatologico conosciuto (p. es. gli anticorpi contro il tessuto cardiaco che si
riscontrano dopo interventi di cardiochirurgia o infarto del miocardio), anche se la loro presenza
pu avere valore diagnostico.
Ogni classificazione dell'ipersensibilit sar sempre una semplificazione. Alcune sono basate sul
tempo necessario afinch i sintomi o la positivit dei test cutanei facciano la loro comparsa dopo
l'esposizione a un antigene (p. es. ipersensibilit immediata e ritardata), sul tipo di antigene
coinvolto (p. es. reazioni da farmaci) o sulla natura del coinvolgimento d'organo. In aggiunta, le
classificazioni non tengono in considerazione il fatto che possono avere luogo simultaneamente pi
tipi di risposta immunitaria o che pi di un tipo di esse pu essere necessario per produrre un danno
immunologico.
La classificazione di Gell e Coombs
Questa classificazione delle reazioni di ipersensibilit, che ne prevede quattro tipi, viene impiegata
diffusamente nonostante le sue limitazioni, perch tuttora la pi soddisfacente.
Le reazioni di tipo I sono reazioni in cui gli antigeni (allergeni) si combinano con anticorpi specifici
della classe IgE che si trovano legati a recettori di membrana sulle mast-cellule tissutali e sui
basofili ematici. La reazione antigene-anticorpo provoca il rapido rilascio di potenti mediatori
vasoattivi e infiammatori, i quali possono essere preformati (p. es. istamina, triptasi) o sintetizzati
de novo a partire dai lipidi di membrana (p. es. leucotrieni e prostaglandine). Nel volgere di alcune
ore, le mast-cellule e i basofili rilasciano anche citochine proinfiammatorie (p. es. interleuchina 4 e
interleuchina 13). Questi mediatori provocano vasodilatazione, aumento della permeabilit
capillare, ipersecrezione ghiandolare, contrazione della muscolatura liscia e infiltrazione tissutale da
parte di eosinofili e altre cellule infiammatorie.
Le reazioni di tipo II sono reazioni citotossiche che avvengono quando un anticorpo reagisce con le
componenti antigeniche di una cellula o di elementi tissutali, oppure con un antigene o un aptene
che si trovi legato a una cellula o un tessuto.

La reazione antigene-anticorpo pu attivare alcune cellule citotossiche (cellule T killer o macrofagi)


per dare luogo alla citotossicit cellulo-mediata anticorpo-dipendente. Essa comprende solitamente
l'attivazione del complemento e pu provocare l'adesione opsoninica mediante il rivestimento della
cellula con l'anticorpo; la reazione procede con l'attivazione dei componenti del complemento per
mezzo del C3 (con conseguente fagocitosi della cellula) o con l'attivazione di tutto il sistema
complementare con conseguente citolisi o danno tissutale.
Le reazioni di tipo III sono reazioni da immunocomplessi (IC) dovute al deposito a livello dei vasi o
dei tessuti di IC antigene-anticorpo solubili circolanti. Gli IC attivano il complemento e innescano
cos una sequenza di eventi che conduce alla migrazione di cellule polimorfonucleate e al rilascio di
enzimi proteolitici lisosomiali e di fattori di permeabilit nei tessuti, producendo in questo modo
una reazione infiammatoria acuta. Le conseguenze della formazione di IC dipendono in parte dalla
proporzione relativa di antigene e di anticorpo nell'IC. In presenza di un eccesso di anticorpo, gli IC
precipitano rapidamente nel punto in cui localizzato l'antigene (p. es. all'interno delle articolazioni
nell'AR) oppure vengono fagocitati dai macrofagi evitando cos di produrre danno. In presenza di
un lieve eccesso di antigene, gli IC tendono a essere pi solubili e possono causare reazioni
sistemiche in seguito alla deposizione in diversi tessuti.
Le reazioni di tipo IV sono reazioni di ipersensibilit cellulare, cellulo-mediata, ritardata o di tipo
tubercolinico prodotte da linfociti T sensibilizzati in seguito al contatto con un antigene specifico.
Gli anticorpi circolanti non vi sono implicati, n sono necessari perch si sviluppi il danno tissutale.
La trasmissione dell'ipersensibilit ritardata dagli individui sensibilizzati a quelli non sensibilizzati
pu avvenire attraverso i linfociti del sangue periferico, ma non attraverso il siero.
I linfociti T sensibilizzati che sono stati innescati o attivati dal contatto con un antigene specifico
possono provocare il danno immunologico mediante un effetto tossico diretto o attraverso la
liberazione di sostanze solubili (linfochine). Nelle colture tissutali, dopo la sensibilizzazione i
linfociti T attivati distruggono le cellule bersaglio per contatto diretto. Le citochine liberate dai
linfociti T attivati comprendono diversi fattori che influenzano l'attivit dei macrofagi, dei neutrofili
e delle cellule killer linfoidi (v. Tab. 146-1).

DISORDINI CON REAZIONI DI IPERSENSIBILITA' DI TIPO I


I disordini compresi nell'ambito delle reazioni di ipersensibilit di tipo I sono le malattie atopiche
(rinite allergica, congiuntivite allergica, dermatite atopica e asma allergico [estrinseco][v. Cap. 68])
e alcuni casi di orticaria e di reazioni GI ad alimenti e di anafilassi sistemica. L'incidenza dell'asma
aumentata in modo considerevole, nonostante le cause siano in gran parte sconosciute.
Recentemente stato osservato un notevole aumento delle reazioni di tipo I in relazione
all'esposizione a proteine idrosolubili contenute nei prodotti in lattice (p. es. guanti di gomma,
paradenti, preservativi, cannule per l'assistenza respiratoria, cateteri ed estremit di clisteri con
cuffie in lattice gonfiabili), particolarmente tra il personale medico e i pazienti esposti al lattice e tra
i bambini con spina bifida e difetti di sviluppo dell'apparato urogenitale. Reazioni comuni al lattice
sono l'orticaria, l'angioedema, la congiuntivite, la rinite, il broncospasmo e l'anafilassi.

Di norma, i pazienti con malattie atopiche (compresa la dermatite atopica) hanno una
predisposizione ereditaria a sviluppare ipersensibilit mediata da anticorpi IgE nei confronti di
sostanze inalate e ingerite (allergeni) che risultano innocue nelle persone non atopiche. Tranne nel
caso della dermatite atopica, l'ipersensibilit solitamente mediata da anticorpi della classe IgE.
Nonostante le allergie alimentari mediate da IgE possano essere corresponsabili della
sintomatologia della dermatite atopica nei lattanti e nei bambini piccoli, questa affezione
largamente indipendente da fattori allergici nei bambini pi grandi e negli adulti, anche se la
maggior parte dei pazienti continua a presentare allergie specifiche.
Diagnosi
Anamnesi: un esame retrospettivo dei sintomi, delle loro relazioni con l'ambiente e con le variazioni
di stagione e di circostanze, del loro decorso clinico e dell'eventuale familiarit per problemi
analoghi dovrebbe fornire informazioni sufficienti per classificare la malattia come una forma
atopica. L'anamnesi ha maggior valore dei test di laboratorio per determinare se un paziente
allergico e il paziente non deve essere sottoposto in maniera estensiva all'esecuzione di test cutanei
a meno che non esista una ragionevole evidenza clinica di atopia. L'et di esordio pu essere un
indizio importante (p. es. l'asma infantile pi probabilmente legato ad allergia di quanto non sia
l'asma che insorge dopo i 30 anni). Indicativi sono anche i sintomi stagionali (p. es. correlati con
specifiche stagioni di impollinazione) o quelli che compaiono dopo il contatto con animali, fieno o
polveri, o che si manifestano in ambienti particolari (p. es. a casa). Vanno presi in considerazione gli
effetti di fattori contribuenti (p. es. il fumo di tabacco e altri agenti inquinanti, l'aria fredda, l'attivit
fisica, l'alcol, taluni farmaci e le situazioni stressanti).
Test non specifici: un aumento del numero degli eosinofili nel sangue e nelle secrezioni spesso
associato con le malattie atopiche, specialmente l'asma e la dermatite atopica. Nella dermatite
atopica, i livelli sierici di IgE sono elevati e aumentano ulteriormente nel corso delle esacerbazioni e
diminuiscono durante i periodi di remissione. Nonostante siano solitamente elevate, le
concentrazioni sieriche di IgE non sono utili dal punto di vista diagnostico nell'asma atopico e nella
rinite allergica. Occasionalmente, livelli di IgE molto elevati possono aiutare a confermare la
diagnosi di aspergillosi polmonare allergica (v. Cap. 76) o di sindrome da iper-IgE (v. Cap. 147).
Test specifici: i test specifici vengono impiegati per confermare l'esistenza di ipersensibilit a un
particolare allergene o gruppo di allergeni. I test cutanei sono il metodo pi conveniente per
confermare la presenza di un'ipersensibilit specifica. Essi devono essere selettivi e il loro impiego
deve essere basato sugli indizi forniti dall'anamnesi. Le soluzioni impiegate per i test sono ottenute
da estratti di materiali inalati, ingeriti o iniettati (p. es. pollini di alberi, graminacee ed erbe
trasportati dal vento; acari della polvere; forfore e secrezioni di animali; veleni di insetti; cibi; e
penicillina e suoi derivati). Fino a non molto tempo fa, pochi estratti allergenici erano standardizzati
e la loro potenza era assai variabile. Molti estratti di impiego comune sono adesso standardizzati.
Per l'esecuzione del prick test (test della puntura), che si effettua di solito per primo, viene posta
sulla cute una goccia di un estratto allergenico diluito; la cute viene poi punteggiata o forata
passando attraverso l'estratto, solitamente premendo su di essa con l'estremit di uno specillo o di
un ago 27 tenuta inclinata con un angolo di 20, finch la punta non vi penetra liberamente.

Per l'esecuzione del test intradermico viene iniettata (usando una siringa da 0,5 o 1 ml e un ago
corto 27) la quantit di estratto sterile diluito sufficiente per produrre una vescicola di 1-2 mm. Ogni
serie di test cutanei deve comprendere l'impiego del solo diluente come controllo negativo e
dell'istamina (10 mg/ml della soluzione base per il prick test o 0,1 mg/ml per il test intradermico)
come controllo positivo. Un test cutaneo viene considerato positivo se provoca entro 15 min una
reazione eritemato-pomfoide con presenza di un pomfo di diametro almeno 5 mm pi grande del
controllo.
Il prick test cutaneo solitamente sufficiente per individuare un'ipersensibilit nei confronti della
maggior parte degli allergeni. Il test intradermico, pi sensibile, pu essere quindi adoperato per
saggiare allergeni inalatori sospetti che hanno prodotto un prick test negativo o di dubbia
interpretazione. Per le allergie agli alimenti, il prick test da solo diagnostico. I test intradermici per
gli alimenti hanno un'alta probabilit di provocare reazioni positive senza significato clinico, come
stato dimostrato dai test di provocazione in doppio cieco per via orale.
Quando impossibile eseguire i test cutanei diretti per la presenza di una dermatite generalizzata, di
un dermografismo estremo o dell'incapacit del paziente a collaborare o a interrompere il test
assumendo antiistaminici, si pu eseguire un test di radioallergoassorbimento (RadioAllergoSorbent
Test, RAST). Il RAST rileva la presenza di IgE sieriche specifiche per l'allergene saggiato. Un
allergene noto, sotto forma di un coniugato insolubile polimero-allergene, viene miscelato con il
siero da saggiare. Tutte le IgE specifiche per l'allergene presenti nel siero si legheranno al
coniugato. La quantit di IgE specifiche per l'allergene presenti nel sangue del paziente viene
determinata aggiungendo alla miscela un anticorpo anti-IgE marcato con 125I e misurando la quota
di radioattivit captata dal coniugato.
Il rilascio leucocitario di istamina, un test in vitro, rivela la presenza di IgE specifiche per l'allergene
sui basofili sensibilizzati misurando la liberazione di istamina indotta dall'allergene da parte dei GB
del paziente. Questo prezioso strumento di indagine ha consentito di comprendere i meccanismi
della risposta allergica; come il RAST, esso non fornisce informazioni diagnostiche aggiuntive e in
ambito clinico viene utilizzato raramente, se non mai.
Quando un test cutaneo positivo solleva un dubbio sul ruolo svolto da un particolare allergene
nell'insorgenza della sintomatologia, si pu eseguire un test di provocazione. L'allergene pu essere
instillato negli occhi, applicato nelle cavit nasali o fatto inalare per farlo giungere ai polmoni. Il
test oftalmico non offre alcun vantaggio rispetto ai test cutanei e viene impiegato raramente. Il test
di provocazione nasale, eseguito solo occasionalmente, principalmente uno strumento di ricerca. Il
test di provocazione bronchiale, anch'esso fondamentalmente uno strumento di ricerca, viene
impiegato talvolta quando il significato clinico di un test cutaneo positivo poco chiaro o quando
non sono disponibili i reagenti per i test cutanei atti a dimostrare che i sintomi sono dovuti a
sostanze cui un paziente esposto (p. es. nell'asma occupazionale). I test di provocazione orale
devono essere impiegati quando si sospetta che una sintomatologia che si presenta con regolarit sia
correlata all'alimentazione, perch la positivit dei test cutanei non necessariamente significativa
dal punto di vista clinico. La negativit di un test cutaneo eseguito con una preparazione antigenica
affidabile, tuttavia, esclude la possibilit che la sintomatologia clinica sia dovuta a quell'alimento. I
test di provocazione rappresentano l'unica maniera per saggiare gli additivi alimentari. (v. oltre per
le diete di eliminazione e i test di provocazione.)

Test con efficacia non provata: non esiste alcuna prova a sostegno dell'impiego dei test di
provocazione cutanei o sublinguali o dei test di tossicit leucocitaria per la diagnosi delle allergie.
Terapia
Allontanamento: la terapia migliore consiste nell'eliminare l'allergene. Ci pu richiedere un
cambiamento di alimentazione, di occupazione o di residenza; la sospensione di un farmaco; o
l'allontanamento di un animale domestico. Alcuni locali, privi di allergeni (p. es., ragweed), sono
una sorta di rifugio per le persone affette dalla malattia. Quando non possibile evitare
completamente il contatto con l'allergene (come nel caso della polvere domestica), si pu ridurre
l'esposizione rimuovendo gli arredi che raccolgono la polvere, i tappeti e i tendaggi; utilizzando
coperture di plastica sui materassi e i cuscini; lavando e spolverando spesso; riducendo il livello di
umidit degli ambienti; installando un impianto di filtrazione dell'aria ad alta efficienza. Gli
acaricidi non si sono dimostrati clinicamente utili.
Immunoterapia allergenica: quando non possibile evitare del tutto o controllare a sufficienza il
contatto con un allergene e la terapia medica non in grado di alleviare i sintomi della malattia
atopica, si pu tentare l'immunoterapia allergenica (chiamata anche iposensibilizzazione o
desensibilizzazione) mediante l'iniezione sottocutanea di un estratto dell'allergene in dosi
progressivamente crescenti. Possono verificarsi diversi effetti, anche se nessun test correlato in
maniera assoluta con il miglioramento clinico. Il titolo degli anticorpi bloccanti (neutralizzanti) IgG
aumenta proporzionalmente alla dose somministrata. Talvolta, specialmente quando possono essere
tollerate alte dosi di un estratto di polline, il livello sierico degli anticorpi IgE specifici diminuisce
significativamente. Pu essere diminuita anche la capacit di risposta dei linfociti (proliferazione)
all'antigene.
I risultati pi soddisfacenti si ottengono quando le iniezioni vengono proseguite per tutto l'anno. A
seconda del grado di sensibilit, la dose di partenza compresa tra 0,1 e 1,0 unit biologicamente
attive (Biologically Active Units, BAU) per gli allergeni standardizzati dalla FDA. La dose viene
aumentata una o due volte a settimana a una quantit al doppio della dose precedente fino a
raggiungere la massima concentrazione tollerata (p. es., per gli estratti di polline standardizzati, la
dose di mantenimento va da 1000 a 4000 BAU). Una volta raggiunta, la dose massima pu essere
mantenuta con somministrazioni ogni 4-6 settimane per tutto l'anno; anche nelle allergie stagionali
il trattamento continuativo pi efficace rispetto ai metodi prestagionali o costagionali.
I principali allergeni usati per la desensibilizzazione sono quelli che in genere non possono essere
allontanati completamente: pollini, acari della polvere, muffe e veleno di imenotteri. I veleni di
insetto sono standardizzati in base al peso; una dose iniziale tipica 0,01 mg; la dose di
mantenimento abituale varia da 100 a 200 mg. La desensibilizzazione alla forfora degli animali
viene solitamente riservata ai soggetti che non possono evitare l'esposizione (p. es. veterinari e
addetti ai laboratori), ma ci sono scarse prove che essa sia utile. La desensibilizzazione agli alimenti
non necessaria. I metodi di desensibilizzazione alla penicillina e al siero eterologo sono descritti
nella Ipersensibilit ai farmaci, oltre.
Reazioni avverse: i pazienti sono spesso estremamente sensibili, specialmente agli allergeni dei
pollini e se si somministra loro una dose eccessiva possono verificarsi reazioni variabili da una
leggera tosse o starnutazione fino all'orticaria generalizzata, all'asma grave, allo shock anafilattico e,

molto raramente, alla morte. Per prevenire tali reazioni bisogna osservare le seguenti precauzioni:
aumentare la dose per piccoli incrementi, ripetere la stessa dose (o anche diminuirla) se la reazione
locale indotta dall'iniezione precedente ampia ( 2,5 cm di diametro) e ridurre la dose quando si usa
un estratto nuovo. Spesso buona norma ridurre la dose degli estratti di polline durante la stagione
dell'impollinazione. L'iniezione IM ed EV deve essere evitata.
Nonostante tutte le precauzioni, talvolta si verificano ugualmente reazioni sfavorevoli. Dal
momento che le reazioni gravi, pericolose per la vita (anafilassi) si sviluppano di solito entro 30
min, i pazienti devono restare in osservazione per questo lasso di tempo. I segni di una reazione
imminente possono essere gli starnuti, la tosse, un senso di costrizione toracica o un rossore
generalizzato, i formicolii e il prurito. Antiistaminici: l'alleviamento dei sintomi con la terapia
farmacologica non va trascurato, finch il paziente in via di valutazione e sono in via di
elaborazione strategie di controllo o di trattamento pi specifiche. L'uso di antiistaminici,
simpaticomimetici, cromoglicato e glucocorticoidi per le singole malattie descritto oltre. In
generale, l'impiego precoce dei glucocorticoidi giustificato nelle condizioni potenzialmente
invalidanti autolimitantisi e di durata relativamente breve (attacchi stagionali di asma; pneumopatia
infiltrativa; dermatite da contatto grave), mentre un impiego prudente dei glucocorticoidi pu essere
necessario qualora altre misure terapeutiche si rivelino insufficienti a mantenere sotto controllo una
condizione cronica.
Le differenze farmacologiche tra i vari antiistaminici si manifestano per lo pi nei loro effetti
sedativi e antiemetici e in altri effetti a livello del SNC, come pure nelle loro propriet
anticolinergiche, antiserotoniniche e anestetiche locali. Gli antiistaminici con effetti anticolinergici
costituiscono un problema specialmente nell'anziano.
Gli antiistaminici sono utili nel trattamento dei sintomi delle allergie, comprendenti la febbre da
fieno stagionale, la rinite allergica e la congiuntivite. Sono moderatamente efficaci nella rinite
vasomotoria. L'orticaria acuta e cronica e alcune dermatosi allergiche pruriginose rispondono bene.
Essi sono utili anche nel trattamento delle reazioni da incompatibilit trasfusionale di minore
gravit e delle reazioni sistemiche ai mezzi di contrasto radiografici iniettati EV. Essi sono di
limitata utilit nella terapia del raffreddore comune, ma grazie ai loro effetti anticolinergici (v. oltre)
possono ridurre la rinorrea.
DISORDINI CON REAZIONI DI IPERSENSIBILITA' DI TIPO I
MALATTIE ATOPICHE
Rinite allergica
Rinite mediata da IgE, caratterizzata da starnutazione, rinorrea, congestione nasale, prurito e spesso
congiuntivite e faringite a carattere stagionale o continuo.
FEBBRE DA FIENO
(Pollinosi)
Forma stagionale acuta della rinite allergica.

La febbre da fieno generalmente provocata dai pollini portati dal vento. Il tipo primaverile
dovuto a pollini di alberi (p. es. quercia, olmo, acero, ontano, betulla, ginepro, olivo); il tipo estivo a
pollini di graminacee (p. es. gramigna capriola, codolina, erba dolce primaverile, erba Johnson) e a
pollini di erbe selvatiche (p. es. cardo russo, piantaggine inglese); il tipo autunnale a pollini di erbe
selvatiche (p. es. ambrosia). Talvolta, la febbre da fieno causata soprattutto da spore fungine
trasportate dall'aria. Esistono importanti differenze geografiche regionali.
Sintomi e segni
Il naso, il palato, la faringe e gli occhi cominciano a dare prurito gradualmente o improvvisamente
dopo l'inizio della stagione dei pollini. Lacrimazione, starnutazione e secrezione nasale acquosa
limpida accompagnano o seguono presto il prurito. Possono verificarsi cefalee frontali e irritabilit.
Pi raramente, possono presentarsi anoressia, depressione e insonnia. La congiuntiva appare
congesta e le mucose nasali sono edematose e rosso-bluastre. Possono manifestarsi tosse e respiro
asmatico man mano che la stagione avanza.
Diagnosi
L'anamnesi rivela la natura allergica della patologia e spesso anche i pollini responsabili. Elementi
diagnostici di supporto sono l'esame obiettivo e la presenza di eosinofili nelle secrezioni nasali. I
test cutanei sono utili per identificare i pollini responsabili o confermarne il coinvolgimento.
RINITE PERENNE
Rinite non stagionale, che pu essere di tipo allergico o non allergico, talora complicata da sinusite,
polipi nasali o ipersensibilit all'aspirina e ad altri FANS.
Sintomi, segni e diagnosi
Contrariamente a quanto avviene nella febbre da fieno, i sintomi della rinite perenne variano di
gravit (spesso in modo imprevedibile) nell'arco dell'anno. I sintomi extranasali (p. es. la
congiuntivite) sono poco comuni, ma l'ostruzione nasale cronica spesso considerevole e pu
estendersi alle tube di Eustachio. La compromissione uditiva che ne consegue particolarmente
frequente nei bambini. La diagnosi confortata da una anamnesi positiva per malattia atopica, dalla
mucosa caratteristicamente rosso-bluastra, dalla presenza di numerosi eosinofili nelle secrezioni
nasali e dalla positivit dei test cutanei (in particolare agli acari della polvere, alle blatte, alle forfore
animali o ai funghi). Alcuni pazienti hanno un quadro complicato da infezioni dei seni paranasali e
polipi nasali.
Diagnosi differenziale: alcuni pazienti con test cutanei negativi e presenza di numerosi eosinofili
nelle secrezioni nasali soffrono di rinite cronica, sinusite e polipi, condizione chiamata rinite
eosinofila non allergica o rinite non allergica con eosinofilia. Questi pazienti non sono atopici, ma
hanno spesso ipersensibilit all'aspirina e ad altri FANS; un sottogruppo di pazienti soffre
unicamente di rinite cronica.
Alcuni pazienti soffrono di rinite vasomotoria, la quale caratterizzata da ostruzione nasale
continua o rinorrea lieve ma fastidiosa e assenza di allergie, polipi, infezioni, eosinofilia o

ipersensibilit a farmaci (v. Cap. 86). Un ulteriore gruppo di pazienti affetto da rinite derivante da
un utilizzo eccessivo di decongestionanti (a-adrenergici) per uso topico (rinite medicamentosa).
Congiuntivite allergica
Infiammazione di natura allergica della congiuntiva.
La congiuntivite allergica in forma catarrale acuta o cronica fa abitualmente parte di una sindrome
allergica pi ampia (p. es. la febbre da fieno), ma pu presentarsi da sola per contatto diretto con
sostanze veicolate dall'aria (p. es. pollini, spore fungine, polveri o forfore di animali). (V. anche
Cheratocongiuntivite primaverile nel Cap. 95.)
Sintomi, segni e diagnosi
Un prurito notevole pu accompagnarsi a lacrimazione eccessiva. La congiuntiva appare edematosa
e iperemica. La causa viene spesso suggerita dall'anamnesi e pu essere confermata con i test
cutanei.
Allergia e intolleranza agli alimenti
L'allergia alimentare caratterizzata da una sintomatologia riproducibile che si manifesta dopo
l'ingestione di un alimento specifico e per la quale si dimostra una base immunologica (anticorpi
IgE contro antigeni degli alimenti). L'intolleranza alimentare coinvolge reazioni cliniche GI il cui
meccanismo di tipo non immunologico oppure sconosciuto.
Molte comuni reazioni indesiderate agli alimenti (probabilmente di tipo psicosomatico) vengono
attribuite ad allergie alimentari anche quando non esiste l'evidenza convincente di un nesso di causa
ed effetto, almeno per il tipo di allergia che pu essere valutato con i test cutanei ed associato alla
presenza di anticorpi IgE specificamente diretti contro gli alimenti. Alcune diffuse convinzioni sono
discutibili e quasi sicuramente false; p. es. il fatto che l'intolleranza (o l'allergia) verso gli alimenti o
gli additivi alimentari possa essere responsabile della sindrome del bambino iperattivo, della
sindrome tensione-affaticamento e dell'enuresi. False convinzioni chiamano in causa le allergie
alimentari per l'artrite, l'obesit, lo scarso rendimento atletico e la depressione, oltre ad altre
condizioni.
Occasionalmente sono stati imputati ad allergie o intolleranze alimentari la cheilite, le afte, il
pilorospasmo, la stipsi spastica, il prurito anale e l'eczema perianale, ma tali associazioni sono
difficili da provare. Recentemente, si dimostrato che l'intolleranza agli alimenti responsabile
della sintomatologia di alcuni pazienti con sindrome dell'intestino irritabile, evenienza confermata
da un test di provocazione alimentare in doppio cieco. In concomitanza con il verificarsi di una
reazione stato osservato un incremento delle prostaglandine rettali. Alcuni dati preliminari
indicano che lo stesso fenomeno pu verificarsi occasionalmente in pazienti affetti da colite
ulcerosa cronica.
L'enteropatia eosinofila, che pu essere correlata con specifiche allergie alimentari, una rara
malattia caratterizzata da dolore, crampi e diarrea associati a eosinofilia ematica, infiltrati eosinofili
intestinali, enteropatia protido-disperdente e una storia di malattia atopica. Raramente si osserva
disfagia, segno di interessamento esofageo.

La vera allergia alimentare mediata da IgE si sviluppa abitualmente durante la prima infanzia, il pi
spesso nei soggetti con un'anamnesi familiare spiccatamente positiva per atopia.
Sintomi e segni
La prima manifestazione pu essere un eczema (dermatite atopica), da solo o in associazione con
sintomi GI. Entro la fine del primo anno, la dermatite solitamente diminuita di intensit e pu
insorgere una sintomatologia allergica respiratoria. L'asma e la rinite allergica possono essere
aggravati da allergie ad alimenti che possono essere identificati con i test cutanei. Man mano che il
bambino cresce, tuttavia, gli alimenti diventano meno importanti ed egli reagisce in modo
progressivamente crescente agli allergeni inalati. All'et di 10 anni, raro che il bambino con asma
e febbre da fieno abbia sintomi respiratori provocati dagli alimenti, anche se persiste la positivit
dei test cutanei. Se la dermatite atopica persiste o compare nel bambino pi grande o nell'adulto, la
sua attivit sembra essere ampiamente indipendente dall'allergia mediata da IgE, anche se i pazienti
atopici con dermatite estesa hanno titoli sierici di IgE molto pi elevati rispetto a quelli senza
dermatite.
La maggior parte dei pazienti giovani con allergie agli alimenti ipersensibile ad allergeni potenti
(p. es. gli allergeni contenuti nelle uova, nel latte, nelle arachidi e nella soia). Le persone pi grandi
possono reagire in modo violento all'ingestione anche di sole tracce di questi e di altri alimenti
(specialmente crostacei), sviluppando un'orticaria a decorso esplosivo, angioedema e perfino
anafilassi. Nei pazienti con livelli di ipersensibilit inferiori, l'anafilassi pu verificarsi soltanto se
essi compiono un esercizio fisico dopo l'ingestione dell'alimento responsabile.
L'intolleranza al latte provocata talvolta da un deficit intestinale di disaccaridasi e si manifesta con
sintomi GI (v. anche Intolleranza ai carboidrati nel Cap. 30). In altri pazienti, il latte provoca
sintomi GI e perfino respiratori per una ragione sconosciuta. Gli additivi alimentari possono
provocare l'insorgenza di sintomi sistemici (glutammato monosodico); di asma (metabisolfito,
tartrazina [un colorante giallo]); e probabilmente orticaria (tartrazina). Queste reazioni non sono
mediate da anticorpi di classe IgE. Alcuni pazienti soffrono di emicrania provocata o aggravata
dagli alimenti, come stato confermato da test di provocazione per via orale eseguiti in cieco.
La digestione previene in modo efficace l'insorgenza dei sintomi da allergia alimentare nella
maggioranza degli adulti. Ci dimostrato dai pazienti allergici che presentano una reazione dopo
inalazione o contatto con un allergene, ma non dopo la sua ingestione (p. es., nell'asma dei fornai, i
lavoratori colpiti presentano dispnea quando si espongono alla polvere di farina e hanno test cutanei
positivi per il grano e/o altri cereali, ma non hanno alcuna difficolt a mangiare prodotti a base di
cereali).
Diagnosi
L'allergia alimentare grave solitamente ben evidente negli adulti. In caso contrario, o nella
maggior parte dei bambini, la diagnosi pu essere difficile e la malattia va differenziata dai
problemi GI di natura funzionale.
Negli individui che si sospetta abbiano reazioni agli alimenti dopo la loro ingestione, il rapporto
causale tra la sintomatologia e gli alimenti viene saggiato innanzitutto mediante test cutanei
appropriati. Un test positivo non dimostra la presenza di un'allergia clinicamente rilevante, ma un

test negativo la esclude. In presenza di un test cutaneo positivo, un'ipersensibilit clinicamente


rilevante pu essere stabilita con una dieta di eliminazione e, se i sintomi migliorano, con una nuova
esposizione all'alimento per definire se esso in grado di indurre la comparsa della sintomatologia.
Tutti i test di provocazione che risultano positivi devono essere seguiti da un test di provocazione in
doppio cieco per essere considerati definitivi. La dieta di base viene stabilita eliminando gli alimenti
che il paziente sospetta siano responsabili dei sintomi, oppure prescrivendo una dieta composta da
alimenti relativamente non allergenici (v. Tab. 148-3).
Gli alimenti che comunemente causano allergia sono il latte, le uova, i crostacei, le noci, il grano, le
arachidi, i semi di soia e tutti i prodotti che contengono uno o pi di questi ingredienti. necessario
eliminare dalla dieta di partenza la maggior parte degli allergeni pi comuni e tutti gli alimenti
sospetti. Non consentita l'assunzione di altri cibi solidi o di liquidi diversi da quelli previsti dalla
dieta di partenza. Non consigliabile mangiare nei ristoranti, perch il paziente (e il medico)
devono essere a conoscenza della composizione esatta di tutti i pasti. Si devono usare sempre
prodotti puri; p. es. il comune pane di segale contiene una certa quantit di farina di grano.
Se non si assiste a un miglioramento nell'arco di una settimana, si deve provare una dieta diversa.
Se i sintomi migliorano, alla dieta viene aggiunto un nuovo alimento e se ne consuma un
quantitativo superiore a quello abituale per pi di 24 h oppure finch i sintomi non ricompaiono. In
alternativa, vengono consumate in presenza del medico piccole quantit dell'alimento da saggiare e
vengono osservate le reazioni del paziente. L'aggravamento o la recrudescenza della sintomatologia
dopo l'aggiunta di un nuovo alimento alla dieta costituisce la prova migliore dell'esistenza di
allergia. Tale prova andr confermata osservando l'effetto dell'eliminazione dell'alimento dalla dieta
per alcuni giorni e quindi reintroducendolo.
ASMA
Malattia polmonare caratterizzata da ostruzione reversibile del flusso aereo, infiammazione delle
vie aeree e aumentata reattivit delle vie aeree a una serie di stimoli.
Epidemiologia
Negli USA, circa 12 milioni di persone sono affette da asma. Dal 1982 al 1992, la prevalenza
dell'asma aumentata dal 34,7 al 49,4 per 1000. La mortalit aumentata del 40%, dal 13,4 al 18,8
per milione; risultata cinque volte pi frequente nei neri che nei bianchi. L'asma la principale
causa di ricovero tra i bambini e la prima condizione cronica nel causare assenze scolastiche. Nel
1990, le cure ospedaliere degli asmatici sono costate > 2 miliardi di dollari e il costo totale
dell'asma stato di 6,21 miliardi di dollari.
Fisiopatologia
L'ostruzione delle vie aeree nell'asma dovuta a una combinazione di fattori che comprendono lo
spasmo del muscolo liscio bronchiale, l'edema della mucosa delle vie aeree, l'aumentata secrezione
mucosa, l'infiltrazione cellulare (soprattutto eosinofila e linfocitaria) delle pareti delle vie aeree e il
danno e la desquamazione dell'epitelio bronchiale.
Il broncospasmo causato dalla contrazione della muscolatura liscia stato a lungo considerato il
meccanismo principale dalla ostruzione delle vie aeree. Ma attualmente la malattia infiammatoria

delle vie aeree riconosciuta un fattore di importanza cruciale, particolarmente nelle forme
croniche di asma. Anche nell'asma lieve presente una risposta infiammatoria con infiltrazione
cellulare, particolarmente da parte di eosinofili attivati e linfociti ma anche di neutrofili e
mastcellule; si verifica anche una desquamazione delle cellule epiteliali. Le mastcellule sembrano
importanti nella risposta acuta agli allergeni inalati e forse allo sforzo fisico, ma sono meno
importanti di altre cellule nella patogenesi dell'infiammazione cronica. Il numero di eosinofili
presenti nel sangue periferico e nelle secrezioni delle vie aeree in stretta correlazione con il grado
di iperreattivit bronchiale.
Caratteristicamente, tutti gli asmatici con patologia in fase attiva hanno delle vie aeree
iperresponsive (iperreattive), evidenziate da un'eccessiva risposta broncocostrittiva a molti stimoli
diversi. Il grado di iperreattivit strettamente collegato all'estensione dell'infiammazione e correla
strettamente sia con la gravit della malattia che con la necessit di farmaci. Tuttavia, non si
conosce la causa dell'iperreattivit delle vie aeree. Modificazioni strutturali nelle vie aeree possono
contribuire a determinarla. Per esempio, la desquamazione dell'epitelio (dovuta alla proteina basica
maggiore degli eosinofili) causa una perdita di fattore rilasciante derivato dall'epitelio e di
prostaglandina E2, sostanze entrambe in grado di ridurre la risposta contrattile ai mediatori
broncocostrittori. Le endopeptidasi neutre responsabili della metabolizzazione dei mediatori della
broncocostrizione (p. es., la sostanza P) sono prodotte dalle cellule epiteliali e anch'esse vengono
perse quando l'epitelio danneggiato. Un'altra possibile causa di iperreattivit delle vie aeree il
rimodellamento delle vie aeree che produce un lieve aumento del loro spessore.
Molti mediatori dell'infiammazione nelle secrezioni delle vie aeree dei pazienti asmatici
contribuiscono alla broncocostrizione, alla secrezione di muco e allo stravaso nel microcircolo. Lo
stravaso, una componente costante delle reazioni infiammatorie, porta a un edema della
sottomucosa, aumenta la resistenza delle vie aeree e contribuisce all'iperreattivit. I mediatori
dell'infiammazione sono rilasciati o prodotti in conseguenza delle reazioni allergiche polmonari;
questi comprendono l'istamina e i prodotti del metabolismo dell'acido arachidonico (i leucotrieni e i
trombossani, entrambi in grado di aumentare transitoriamente l'iperreattivit delle vie aeree). I
cisteinil-leucotrieni, il LTC4 e il LTD4, sono i pi potenti broncocostrittori mai studiati nell'uomo. Il
fattore attivante le piastrine non pi considerato un importante mediatore nell'asma.
L'attivazione della risposta allergica da parte delle cellule T un evento chiave anche
nell'infiammazione che caratterizza l'asma. Le cellule T e i loro prodotti di secrezione (le citochine)
mantengono l'infiammazione delle vie aeree. Le citochine prodotte da un gruppo specifico di
linfociti, le cellule T CD4Th2 (helper), favoriscono la crescita e la differenziazione delle cellule, le
attivano e le inducono a migrare nelle vie aeree, dove ne prolungano la sopravvivenza. Le principali
citochine coinvolte comprendono l'interleuchina (IL)-4, che necessaria per la produzione di IgE;
l'IL-5, che un fattore chemiotattico per gli eosinofili e il fattore stimolante le colonie di
granulociti-macrofagi, simile all'IL-5 per i suoi effetti sugli eosinofili ma meno potente.
La broncocostrizione da riflesso colinergico probabilmente partecipa alla risposta acuta
all'inalazione di sostanze irritanti; tuttavia, pu essere pi importante il rilascio di neuropeptidi dalle
vie nervose sensitive mediante riflesso assonico. Questi peptidi, che comprendono la sostanza P, la
neurochinina A e il peptide correlato con il gene della calcitonina, inducono aumentata permeabilit
vascolare, secrezione mucosa, broncocostrizione e vasodilatazione bronchiale.

Le modificazioni fisiopatologiche sopra descritte portano a vari gradi di ostruzione bronchiale e a


una ventilazione che tipicamente disomogenea. La persistente vascolarizzazione di aree
ipoventilate porta a uno squilibrio ventilazione/perfusione, causando ipossiemia arteriosa. Nella fase
precoce di un attacco, un paziente solitamente compensa iperventilando le aree polmonari non
ostruite, provocando una riduzione della PaCO2. Al progredire dell'attacco, la capacit di
iperventilare compromessa dalla progressiva occlusione delle vie aeree e dall'affaticamento
muscolare. L'ipossiemia peggiora e la PaCO2 comincia a salire, portando a un'acidosi respiratoria.
A questo punto, il paziente in insufficienza respiratoria (v. Cap. 66)
Sintomi e segni
La frequenza e la gravit dei sintomi variano ampiamente da paziente a paziente e di momento in
momento nel singolo paziente. Alcuni asmatici hanno degli attacchi occasionali di modesta entit e
di breve durata. Altri presentano tosse e sibili di modesta entit per gran parte del tempo, intervallati
da gravi esacerbazioni dopo esposizione ad allergeni riconosciuti, infezioni virali, sforzi fisici o
stimoli irritanti aspecifici. Fattori psicologici, in particolare quelli associati a pianto, grida o scoppi
di riso, possono scatenare i sintomi.
Di solito, un attacco inizia acutamente con crisi parossistiche di sibili, tosse e respiro corto o in
modo insidioso con manifestazioni di difficolt respiratoria a lenta progressione. Comunque,
specialmente nei bambini, un sintomo prodromico pu essere una sensazione di prurito nella parte
anteriore del collo o in quella superiore del torace, e una tosse secca, specialmente di notte e durante
esercizio fisico, pu rappresentare l'unico sintomo. Un paziente asmatico avverte di solito in primo
luogo tosse, mancanza di respiro e senso di costrizione o di oppressione al torace e pu udire dei
sibili. La tosse durante un attacco acuto suona "secca" e generalmente non produce muco. Fatta
eccezione per i bambini, che espettorano di rado, quando l'attacco cessa si ha produzione di escreato
mucoso vischioso.
Esame obiettivo: durante un attacco acuto, il paziente mostra una sofferenza respiratoria di vario
grado a seconda della gravit e della durata dell'episodio. Sono presenti tachipnea e tachicardia. Il
paziente preferisce sedere ben dritto o sporto in avanti, usa i muscoli respiratori accessori, ansioso
e sembra combattere per respirare. L'esame del torace mostra una fase espiratoria prolungata con
sibili di tonalit relativamente alta durante tutta l'inspirazione e la maggior parte dell'espirazione. Il
torace pu apparire nettamente iperespanso per effetto dell'intrappolamento di aria. Ronchi
grossolani possono accompagnare i sibili, ma non si auscultano fini rantoli, a meno che non ci sia
una concomitante presenza di polmonite, atelettasia o scompenso cardiaco.
Durante gli episodi di maggior gravit, il paziente pu non essere in grado di pronunciare pi di
qualche parola per volta senza doversi fermare per prendere fiato. Affaticamento e grave sofferenza
sono evidenziati da movimenti respiratori rapidi, superficiali e inefficaci. Col peggioramento
dell'attacco diventa manifesta la cianosi. Stato confusionale e letargia possono indicare l'insorgere
di uno scompenso respiratorio ingravescente con narcosi da CO2. In tali pazienti, l'auscultazione
pu evidenziare solo pochi sibili, dal momento che l'ostruzione diffusa da tappi di muco e
l'affaticamento del paziente comportano una marcata riduzione del flusso aereo e degli scambi
gassosi. Un torace silente in un paziente con un attacco d'asma un segnale di allarme e indica che
il paziente pu avere gravi problemi respiratori che possono rapidamente diventare minacciosi per
la vita.

I segni pi affidabili di un grave attacco sono la dispnea a riposo, la difficolt nel parlare, la cianosi,
il polso paradosso (> 20-30 mm Hg) e l'uso dei muscoli accessori della respirazione. La valutazione
pi precisa della gravit fornita dalla misurazione dei gas nel sangue arterioso.
Nell'intervallo tra gli attacchi acuti, i suoni respiratori possono risultare normali durante la
respirazione tranquilla. Tuttavia, fini sibili possono essere auscultati durante l'espirazione forzata o
dopo sforzo. In alcuni pazienti si pu rilevare costantemente un respiro appena o moderatamente
sibilante, anche quando sono asintomatici. In caso di grave asma persistente da lungo tempo, specie
se fin dall'infanzia, un'iperespansione cronica pu deformare la gabbia toracica, producendo p. es.,
il torace "a botte", l'inarcamento anteriore dello sterno o l'abbassamento del diaframma.
Esami di laboratorio
La misura dei gas e del pH nel sangue arterioso essenziale in un paziente con asma cos grave da
richiedere il ricovero.
Prove di funzionalit respiratoria: negli asmatici riconosciuti, le prove di funzionalit respiratoria
aiutano a valutare il grado di ostruzione bronchiale e di compromissione degli scambi gassosi, a
determinare la risposta delle vie aeree all'inalazione di allergeni o ad agenti chimici (test di
provocazione bronchiale), a quantificare la risposta alla terapia farmacologica e per realizzare il
follow-up a lungo termine (v. anche Cap. 64). Le prove di funzionalit respiratoria sono soprattutto
utili quando sono eseguite prima e dopo la somministrazione di broncodilatatori per aerosol in
modo da stabilire il grado di reversibilit della bronco-ostruzione. Queste prove sono inoltre utili
nella diagnosi differenziale.
I volumi e le capacit polmonari statici mostrano varie alterazioni, bench queste possano non
essere osservate nella fase di remissione di una malattia di lieve entit. La capacit polmonare
totale, la capacit residua funzionale e il volume residuo risultano di solito aumentati. La capacit
vitale pu essere normale o ridotta.
I volumi e le capacit polmonari dinamici sono ridotti ma tornano a normalizzarsi dopo l'inalazione
di un broncodilatatore per aerosol. Nei soggetti con asma asintomatico lieve, i risultati possono
risultare normali. Dal momento che il flusso espiratorio dipende dal diametro delle vie aeree e dalle
forze di ritorno elastico del polmone, il flusso a grandi volumi polmonari supera il flusso a bassi
volumi. I test che misurano il flusso a volumi polmonari relativamente elevati (il volume espiratorio
forzato durante i primi 0,5 s [FEV0,5]e il picco di flusso espiratorio) sono in larga misura sforzodipendenti e sono meno soddisfacenti dei test che misurano il flusso in un intervallo di volumi
polmonari (p. es., il FEV nel primo s [FEV1]). I flussi espiratori a grandi volumi polmonari sono
insensibili alle variazioni di resistenza delle vie aeree periferiche e riflettono principalmente le
alterazioni delle vie aeree centrali. La curva flusso-volume, dove il volume espiratorio
rappresentato in funzione del flusso, probabilmente la pi utile; essa d una chiara descrizione
grafica del flusso ai volumi polmonari grandi e piccoli e cos sembra rilevare le alterazioni delle vie
aeree sia centrali che periferiche (v. Fig. 64-4C). Comunque, il FEV1 fornisce la maggior parte
delle informazioni necessarie per il trattamento dell'asma. Prima di eseguire la spirometria, i
broncodilatatori b2-agonisti inalati devono essere interrotti per almeno 4 h e i teofillinici (in
particolare i preparati a lento rilascio) per almeno 12 h.

Il test da sforzo al treadmill o al cicloergometro utile per confermare la diagnosi di asma


soprattutto nei bambini. Oltre il 90% dei bambini con asma ha un netto calo della funzione
polmonare dopo 7 min di test da sforzo di sufficiente intensit.
La distribuzione della ventilazione nei soggetti asmatici spesso alterata; cio, le unit polmonari si
riempiono e si svuotano in maniera asincrona. L'alterata distribuzione della ventilazione viene
quantificata per mezzo del test dell'N2 con respiro singolo e con il test di eliminazione dell'N2 in 7
min. La valutazione dell'elasticit polmonare (compliance polmonare), utilizzando un pallone
esofageo per la stima della pressione pleurica, mostra una riduzione del ritorno elastico
(particolarmente durante gli attacchi acuti), che spesso si normalizza quando l'asma in remissione.
La capacit di diffusione del monossido di carbonio (DlCO) generalmente normale.
All'inizio di un attacco acuto, pu essere presente solo una modesta riduzione del flusso espiratorio
forzato fra il 25 e 75% della capacit vitale (FEF25-75%). Con il progredire dell'attacco, la FVC e il
FEV1 si riducono progressivamente; il consensuale intrappolamento dell'aria e l'aumento del
volume residuo causano iperespansione dei polmoni. Le alterazioni dei flussi, soprattutto di quelli
che rappresentano la funzione delle piccole vie aeree, possono persistere per molte settimane dopo
un attacco acuto.
Conta degli eosinofili: l'eosinofilia (> 250-400 cellule/ml) comune nell'asma, indipendentemente
dal fatto che sia dimostrato un ruolo eziologico dei fattori allergici. In molti asmatici il grado di
eosinofilia correla con la gravit dell'asma. La soppressione dell'eosinofilia con i corticosteroidi per
via generale usata come indice dell'appropriatezza del loro dosaggio.
Esame dell'espettorato: in un paziente con asma non complicato, l'escreato molto caratteristico:
vischioso, gommoso e biancastro. In presenza di infezione pu apparire giallastro, soprattutto negli
adulti. Molti eosinofili, spesso organizzati in cordoni, si possono osservare microscopicamente e i
granuli eosinofili provenienti dalle cellule distrutte possono osservarsi in tutto lo striscio
dell'escreato. I cristalli allungati bipiramidali (di Charcot-Leyden), originati dagli eosinofili, sono
frequenti. In caso di infezione batterica respiratoria, specialmente quando ci sia una componente
bronchitica, c' una predominanza di leucociti polimorfonucleati e di batteri. Nell'asma non
complicato le colture dell'escreato raramente mostrano batteri patogeni.
Rx torace: i reperti variano dalla normalit all'iperinflazione. La trama polmonare di solito
rinforzata, in particolare nell'asma cronico. Un'atelettasia, che in genere interessa il lobo medio
destro, frequente nei bambini e pu essere ricorrente. Piccole aree di atelettasia segmentale si
osservano frequentemente durante le esacerbazioni e possono essere erroneamente interpretate
come polmoniti, ma la rapidit della loro risoluzione indice di atelettasia.
Identificazione degli allergeni: gli irritanti aspecifici, soprattutto il fumo di sigaretta, devono essere
valutati. Esacerbazioni correlate con l'esposizione ad allergeni ambientali, l'anamnesi positiva per
riniti o la familiarit per atopia suggeriscono fattori allergici estrinseci (v. anche Asma
occupazionale nel Cap. 75). Gli allergeni suggeriti dall'anamnesi sono confermati in modo ottimale
da una valutazione allergologica che comprenda i test cutanei. (Gli antiistaminici devono essere
interrotti almeno per 48 h, ma i corticosteroidi sistemici possono essere continuati senza interferire
con la risposta immediata ai test cutanei.) Una risposta negativa a una batteria di antigeni
propriamente selezionati indica fortemente l'assenza di una componente allergica. Una risposta

positiva indica solamente una potenziale reattivit allergica agli allergeni testati. Il significato
clinico dei risultati confermato dalla correlazione di questi con il quadro sintomatologico e con
l'esposizione ambientale.
Ac IgE-specifici per gli inalanti possono essere rilevati con metodi in vitro (p. es, il test di
radioallergoadsorbimento [radioallergosorbent test, RAST]; v. Cap. 148) o test simili sul siero del
paziente, ma i test in vitro sono costosi, sono soggetti a errori di laboratorio e offrono poco
vantaggio rispetto ai test cutanei correttamente eseguiti e interpretati. Comunque, la misurazione
delle IgE totali nel siero o degli anticorpi IgE-specifici verso un piccolo gruppo di allergeni comuni
con un metodo in vitro pu contribuire a stabilire la costituzione atopica del paziente.
I test di broncostimolazione per via inalatoria possono essere eseguiti con allergeni per stabilire il
significato clinico di test cutanei positivi o con metacolina o istamina per valutare il grado di
iperreattivit delle vie aeree in soggetti con asma riconosciuto. Essi facilitano inoltre la diagnosi
quando i sintomi sono atipici (p. es., una tosse persistente ma senza sibili respiratori, come
nell'asma variante tosse).
Diagnosi e classificazione
La diagnosi di asma deve essere presa in considerazione in ogni persona con respiro sibilante; essa
la pi verosimile quando episodi di dispnea parossistica tipica compaiono nell'infanzia o nei
giovani, con l'interposizione di periodi asintomatici. Una storia familiare di allergia o di asma pu
essere raccolta nella maggioranza degli asmatici.
L'asma pu essere classificata in quattro categorie a seconda della gravit (v. Tab. 68-3). Dal
momento che l'evoluzione dell'asma variabile, un paziente pu passare da una categoria all'altra.
Ogni paziente, a prescindere dalla categoria di gravit, pu avere un'esacerbazione lieve, moderata o
grave. Alcuni pazienti con asma intermittente hanno gravi esacerbazioni potenzialmente letali
intervallate da lunghi periodi senza o con lievi sintomi e una normale funzione polmonare.
Diagnosi differenziale nei bambini
L'ostruzione da corpo estraneo deve essere presa in considerazione, specialmente in bambini con
sibili respiratori monolaterali o con respiro sibilante a esordio improvviso senza un'anamnesi di
precedenti sintomi respiratori. La rx del torace in inspirazione e in espirazione facilita la diagnosi di
inalazione di corpo estraneo. I corpi estranei radiopachi sono facilmente riconoscibili alla rx. La rx
del torace in espirazione mostra una espirazione di aria ritardata dal polmone interessato ed
particolarmente importante quando il corpo estraneo radiotrasparente. La presenza di corpi
estranei radiotrasparenti pu essere stabilita sulla base dell'anamnesi di una comparsa improvvisa di
tosse e sibili in un bambino precedentemente sano, associata al reperto di un'asimmetria
dell'escursione diaframmatica o di spostamento mediastinico nelle rx del torace eseguite in
inspirazione e in espirazione.
Malformazioni congenite del sistema vascolare (p. es., anelli o imbrigliamenti vascolari) o del tratto
GI e di quello respiratorio (fistola tracheoesofagea) possono comprimere la trachea o i bronchi e
causare respiro sibilante nei neonati e nei bambini piccoli (v. Anomalie gastrointestinali nel Cap.
261). Un esofagogramma deve essere inserito della valutazione di un bambino con asma sospetto
per escludere la presenza di tali malformazioni.

Un'infezione delle prime vie aeree (Upper Respiratory Infection, URI) di origine virale che
coinvolge l'epiglottide, la glottide e il sottoglottide generalmente causa i sintomi e i segni del crup
(stridore inspiratorio, tosse a tonalit alta e raucedine; v. Crup in Infezioni virali nel Cap. 265) che
sono diversi dai sintomi e dai segni delle basse vie aeree dell'asma. Quando si sospettata
l'epiglottite, l'epiglottide deve essere esaminata direttamente con grande attenzione e con la
possibilit di eseguire un'intubazione immediata nel caso di un'ostruzione acuta delle vie aeree
durante l'ispezione.
Nei bambini piccoli, i virus, in modo particolare il virus respiratorio sinciziale (Respiratory
Syncitial Virus, RSV), pu causare bronchiolite con un quadro clinico praticamente identico a
quello dell'asma. La bronchiolite, particolarmente quella dovuta a RSV, pu precedere la comparsa
dell'asma. Se riesaminati pi tardi durante l'infanzia, molti bambini con una storia di bronchiolite
durante la prima infanzia hanno una funzione respiratoria anormale e una risposta bronchiale
patologica al test di provocazione all'istamina e alla metacolina e durante esercizio fisico. I lattanti e
i bambini piccoli raramente hanno pi di uno o due episodi da infezione da RSV; un'anamnesi di
episodi ricorrenti di sintomi ostruttivi delle vie aeree scatenati da infezioni virali respiratorie
suggerisce fortemente la diagnosi di asma.
Poich la bronchite cronica rara nei bambini, nei bambini con tosse cronica e produzione di
escreato vanno sempre prese in considerazione patologie sottostanti (p. es., la fibrosi cistica, le
deficienze immunitarie, la sindrome da discinesia ciliare).
Diagnosi differenziale negli adulti
La broncopneumopatia cronica ostruttiva e lo scompenso cardiaco sono le principali condizioni da
considerare nella diagnosi differenziale della dispnea sibilante, sebbene anche la microembolia
polmonare multipla occasionalmente causi sibili. I pazienti con polmonite da ipersensibilit
presentano a un esame superficiale una somiglianza clinica con gli asmatici, ma generalmente
hanno una sintomatologia sistemica pi spiccata dopo l'esposizione alle sostanze responsabili e non
presentano respiro sibilante, tranne che nell'aspergillosi broncopolmonare allergica (v. Cap. 76).
Anche i pazienti con bronco-ostruzione secondaria a neoplasia, aneurisma aortico, tubercolosi
endobronchiale o sarcoidosi occasionalmente presentano sibili. Un'ostruzione delle vie aeree
superiori dovuta a una disfunzione delle corde vocali pu essere diagnosticata utilizzando un
broncoscopio flessibile durante un attacco.
Altre rare affezioni che possono simulare l'asma comprendono la sindrome da carcinoide, la
sindrome di Churg-Strauss e le polmoniti eosinofile (comprendenti l'eosinofilia tropicale e altre
infestazioni parassitarie che interessano il polmone durante alcune fasi della malattia). L'infezione
da Strongyloides stercoralis deve essere trattata per prevenire l'exitus, ma se curata con i
corticosteroidi, pu causare la sindrome da iperinfezione con disseminazione parassitaria e sepsi da
gram -. Di solito, la storia di asma sufficientemente atipica da suggerire un'altra affezione come
causa dell'ostruzione delle vie aeree.
Terapia di un attacco acuto
Un attacco acuto di asma pu essere lieve (stadio I), moderato (stadio II), grave (stadio III) o
causare insufficienza respiratoria (stadio IV).

Nello stadio I o II, i pazienti sono di solito trattati con un broncodilatatore per aerosol (p. es., una
soluzione di salbutamolo allo 0,5% o 5 mg/ ml) mediante un nebulizzatore alimentato da aria
compressa. Negli adulti con asma acuto, il salbutamolo pu essere somministrato con pari efficacia
con uno spray predosato con un distanziatore o con un nebulizzatore alimentato da aria compressa.
In alternativa, l'adrenalina pu essere iniettata per via sottocutanea e, se necessario, ripetuta una
volta o due ogni 20-30 min. La terbutalina per via sottocutanea pu essere preferibile all'adrenalina
negli adulti per il suo effetto cardiovascolare minore; la sua durata di azione un poco pi lunga.
(La Tab. 68-5 elenca i dosaggi dei b2-agonisti.) Se non c' risposta dopo tre somministrazioni di b2agonisti per aerosol e/o iniezioni di adrenalina, bisogna procedere alla somministrazione EV di
teofillina (sotto forma di aminofillina). Bench alcuni studi indichino che la somministrazione EV
di aminofillina in pazienti in pronto soccorso sottoposti a una terapia ottimale con b2-agonisti (ogni
20 min per tre volte) non aggiunga nulla se non effetti collaterali, molti medici esperti credono che
l'aminofillina sia ancora indicata. Se il paziente non risponde ai b2-agonisti inalati in modo ottimale
e deve essere ricoverato, molti medici esperti raccomandano l'uso di aminofillina EV, bench anche
questa' indicazione sia controversa.
Per bambini e adulti, l'aminofillina si inizia con un bolo EV di aminofillina 6 mg/kg (a una
concentrazione di 25 mg/ml, diluita 1:1 con liquidi EV) iniettato in circa 20 min; successivamente si
innesta un'infusione continua, inizialmente a un dosaggio di 0,45 mg/kg/h per gli adulti e di 0,8-1,0
mg/kg/h per i bambini di et < 12 anni. I livelli sierici devono essere misurati 1, 12 e 24 h dopo
l'inizio dell'infusione; livelli sierici tra 10 e 15 mg/ml (56 a 83 mmol/l) sono efficaci e sicuri. Se non
possibile l'infusione continua, l'aminofillina alla dose di 4-6 mg/kg EV in 20 min q 6 h
un'alternativa accettabile.
La soluzione nebulizzata di ipratropio bromuro (0,25 mg/ml) pu essere usata con il salbutamolo
nebulizzato nei pazienti che non hanno mostrato una risposta ottimale a quest'ultimo. Per gli adulti,
la dose 0,5 mg q 30 min per tre dosi, poi q 2-4 h secondo il bisogno. Ai bambini si danno 0,25 mg
q 20 min per tre dosi, poi q 2-4 h.
Per gli adulti che si presentano allo stadio II di un attacco, si somministra un corticosteroide
(prednisone, prednisolone o metilprednisolone) da 120 a 180 mg/die per os in tre o quattro dosi
frazionate per 48 h. La dose pu quindi essere ridotta a 60-80 mg/die finch il picco di flusso
espiratorio (Peak Expiratory Flow, PEF) non raggiunge il 70% del migliore personale o del
predetto. Ai bambini si prescrivono 1 mg/kg ogni 6 h per 48 h, poi 1-2 mg/kg/die (fino a un
massimo di 60 mg/die) in due dosi frazionate fino a che il PEF non il 70% del migliore personale
o del predetto. Per i pazienti ambulatoriali, si somministra per 3-10 giorni un bolo d'attacco di 40-60
mg in dose singola o in due dosi frazionate per gli adulti o 1-2 mg/kg/die (fino a un massimo di 60
mg/die) per i bambini. Somministrare corticosteroidi EV non necessario, ma se gi disponibile
una via EV, somministrare metilprednisolone EV spesso vantaggioso. Le raccomandazioni sopra
elencate per i dosaggi non sono state rigorosamente studiate; il principio guida di usare i
corticosteroidi precocemente e in dosaggi adeguati (v. sopra).
I gas del sangue arterioso devono essere misurati, specialmente se il paziente non risponde
rapidamente a un b2-agonista inalatorio (entro circa 30 min), se il paziente mostra marcata
sofferenza o sta peggiorando, o se lo stadio della crisi non chiaro.

Nello stadio III, i gas del sangue arterioso devono essere misurati immediatamente. Una soluzione
di salbutamolo nebulizzato (5 mg/ml) viene prescritta mediante una nebulizzazione continua con
ossigeno attraverso una maschera; la dose di 10-15 mg/h per gli adulti e di 0,5 mg/kg/h (massimo
15 mg/h) per i bambini. Se un paziente continua ad avere grave sofferenza respiratoria, viene
iniziata un'infusione continua di aminofillina. La dose pu essere aumentata fino a 1 mg/kg/ h nei
giovani e negli adulti di mezza et e fino a 1,25 mg/kg/h nei bambini. I livelli sierici della teofillina
devono essere monitorati. Maggior cautela e dosaggi pi bassi (ridotti da 1/3 a 1/2) devono essere
usati nei pazienti con scompenso cardiaco congestizio, con epatopatia o anziani. Per i pazienti
trattati con farmaci che notoriamente riducono la clearance sierica di teofillina (p. es., cimetidina,
eritromicina, ciprofloxacina) si deve ridurre la dose del 25-50% e le concentrazioni sieriche devono
essere controllate. L'O2 deve essere somministrato al flusso inspiratorio (FiO2) appropriato per
correggere l'ipossiemia attraverso le cannule nasali o la maschera facciale.
I corticosteroidi vengono prescritti come ai pazienti che si presentano allo stadio II, ma il
metilprednisolone EV il farmaco utilizzato pi di frequente. I criteri per l'ospedalizzazione
variano, ma sono indicazioni nette un mancato miglioramento, un affaticamento ingravescente, una
ricaduta dopo ripetute somministrazioni di b-agonisti e aminofillina e un decremento significativo
della PaO2 (< 50 mm Hg) o un incremento della PaCO2 (> 50 mm Hg), suggestivi di una
progressione verso l'insufficienza respiratoria. Troppi pazienti con gravi attacchi asmatici sono
rimandati a casa dal pronto soccorso degli ospedali.
Ai pazienti che sono o stanno entrando nello stadio IV, oltre ai b-agonisti e alla teofillina, va
somministrato immediatamente metilprednisolone 1-2 mg/kg EV q 4-6 h. Per i pazienti nello stadio
IV che non rispondono favorevolmente alla terapia aggressiva con b2-agonisti e con corticosteroidi
e che presentano affaticamento e progressivo deterioramento degli scambi gassosi e del pH, si deve
considerare la possibilit di un'intubazione endotracheale e di una respirazione assistita (v. Cap. 66).
Tali pazienti vanno ricoverati in un'unit di terapia intensiva.
L'ansia pu divenire estrema in molti stadi dell'asma a causa dell'ipossia e della sensazione di
soffocamento. Il trattamento dei problemi respiratori di fondo, compreso l'uso ragionato dell'O2terapia, l'approccio preferito, soprattutto quando condotto da personale medico calmo, attento e
collaborativo. L'uso dei sedativi in pazienti non intubati comporta l'aumento della mortalit e della
necessit di ricorrere alla ventilazione meccanica.
Le infezioni del tratto respiratorio che riacutizzano l'asma sono soprattutto di tipo virale; le
infezioni batteriche raramente giocano un ruolo significativo, specialmente nei bambini. Tuttavia, se
il paziente espettora escreato giallastro, verde o marrone e la colorazione di Wright dell'escreato
mostra una prevalenza di leucociti polimorfonucleati, si prescrivono empiricamente degli
antibiotici. Gli antibiotici sono appropriati soprattutto negli adulti con una tendenza accertata alla
bronchite cronica o ricorrente. L'antibiotico dovrebbe essere scelto in base agli esami batteriologici,
ma di solito l'amoxicillina risulta efficace. In pazienti allergici agli antibiotici b-lattamici, si possono
somministrare eritromicina, tetracicline o trimetoprim-sulfametossazolo; le tetracicline non devono
essere somministrate ai bambini piccoli.
L'O2-terapia sempre indicata, perch i pazienti con un grave attacco di asma sono invariabilmente
ipossiemici. I livelli arteriosi dei gas del sangue condizionano la FiO2; la PaO2 va mantenuta > 60
mm Hg, tra 70 e 90 mm Hg, se possibile. Un pulsossimetro digitale non invasivo per stabilire la

saturazione in O2 (SaO2) pu sostituire l'emogasanalisi arteriosa nei pazienti con PaCO2 e pH


arterioso stabili; la SaO2 deve essere 90-95%. Nei pazienti che non riescono a sopportare la
maschera Venturi, le cannule nasali a bassa FiO2 (2-4 l/min) spesso ottengono lo stesso risultato.
L'O2 pu seccare la mucosa delle vie aeree, perci deve essere sempre umidificato.
L'equilibrio idroelettrolitico pu essere alterato specialmente quando gli episodi durano > 12 h. Le
perdite idriche pregresse o in atto vanno rimpiazzate con un'infusione continua di liquidi sufficienti
a stimolare una diuresi adeguata all'et e alla corporatura del paziente, piuttosto che una quantit
arbitraria nelle 24 h. Un'iperidratazione pu causare edema polmonare. Pu essere necessario
aggiungere un supplemento di potassio all'infusione, dal momento che esso si ridistribuisce in
relazione a cambiamenti del pH arterioso e tissutale e al turnover dei liquidi nel paziente
disidradato. Inoltre, le alte dosi di idrocortisone (ma non di metilprednisolone) e b2-agonisti
somministrate nel corso dell'infusione EV di liquidi favoriscono la perdita urinaria del potassio.
L'umidificazione dell'aria o dell'O2 inalato riduce le perdite eccessive di fluidi dal tratto
respiratorio.
L'acidosi respiratoria pu svilupparsi negli episodi gravi e prolungati; il pH arterioso pu scendere
in modo allarmante fino a valori di 7-7,1. A tale stadio, la maggior parte dei pazienti viene intubata
e sottoposta a respirazione assistita, poich l'acidosi respiratoria riflette soprattutto un problema di
meccanica respiratoria che deve essere risolto. La ventilazione volumetrica viene solitamente
utilizzata perch in grado di assicurare una ventilazione alveolare ragionevolmente costante
quando la resistenza delle vie aeree alta e variabile. La modalit centrale preferita, anche se
molti pazienti necessitano di farmaci sedativi, talvolta con paralisi muscolare, per ottenere un
controllo completo con il ventilatore. Per ridurre al minimo l'iperinflazione polmonare in pazienti
con livelli pericolosamente elevati di pressione positiva di fine espirazione endogena (auto-PEEP o
PEEP intrinseca), il ventilatore deve essere regolato a una frequenza di 8-14 atti/min, con un alto
flusso inspiratorio (> 60-80 l/min). Come risultato, il tempo inspiratorio breve, con un rapporto
inspirazione/espirazione di 1:3-1:4; tali impostazioni consentono l'ottimizzazione dell'espirazione
nei pazienti con grave limitazione al flusso espiratorio.
Ci nonostante, in alcuni pazienti con uno stato di male asmatico, la resistenza delle vie aeree cos
elevata che si manifestano livelli pericolosamente elevati di pressione di picco nelle vie aeree (_ 5560 cm H2O), di plateau di pressione delle vie aeree (_ 35-40 cm H2O) e di auto-PEEP (_ 15-20 cm
H2O). Possono comparire un barotrauma potenzialmente letale (pneumomediastino, pneumotorace)
e l'ipotensione. In questa situazione impostare un'ipoventilazione controllata e permettere una certa
ipercapnia accettabile. La scelta di un volume corrente contenuto (7-10 ml/ kg) e di una frequenza
respiratoria bassa (9-12 atti/min) con una complessiva riduzione della ventilazione minuto (in
combinazione con alti flussi inspiratori) pu correggere una grave iperinflazione polmonare con una
pressione nelle vie aeree inaccettabilmente alta. Se la PaCO2 aumenta a > 80-90 mm Hg e il pH
arterioso scende a < 7,20, va iniziata un'infusione lenta di sodio bicarbonato per mantenere il pH tra
7,20 e 7,25. La maggiore parte dei pazienti tollera questo approccio. Quando l'ostruzione delle vie
aeree ridotta e la PaCO2 e il pH arterioso si normalizzano, i pazienti possono essere rapidamente
svezzati dal ventilatore dopo la sospensione dei sedativi e dei farmaci paralizzanti. Occasionalmente
alcuni pazienti trattati con farmaci paralizzanti mostrano una grave debolezza muscolare
generalizzata per diverse settimane o mesi.

ANAFILASSI
Reazione sistemica acuta, spesso a decorso esplosivo, mediata da IgE, che si verifica in un
individuo precedentemente sensibilizzato il quale venga a contatto con l'antigene sensibilizzante.
L'anafilassi ha luogo quando l'antigene (proteine, polisaccaridi o apteni coniugati con proteine
carrier) raggiunge il torrente circolatorio. Gli antigeni pi comunemente responsabili sono gli
enzimi introdotti per via parenterale, gli emoderivati, gli antibiotici b-lattamici e molti altri farmaci,
gli allergeni usati per l'immunoterapia allergenica (desensibilizzazione) e il veleno degli insetti. I bbloccanti, anche sotto forma di collirio, possono aggravare le reazioni anafilattiche. L'anafilassi pu
essere aggravata o anche provocata de novo dall'esercizio fisico e alcuni pazienti accusano sintomi
ricorrenti senza una ragione identificabile. Quando l'antigene reagisce con le IgE presenti sulla
superficie dei basofili e delle mast-cellule, vengono sintetizzati o rilasciati istamina, leucotrieni e
altri mediatori. Questi mediatori provocano la contrazione della muscolatura liscia (responsabile
della dispnea e della sintomatologia GI) e la vasodilatazione che caratterizzano l'anafilassi. La
vasodilatazione e la fuoriuscita di plasma nei tessuti sono responsabili dell'orticaria e
dell'angioedema e provocano una riduzione del volume plasmatico efficace, che rappresenta la
causa principale dello shock. Il liquido penetra anche negli alveoli polmonari e pu provocare
edema polmonare. Pu anche verificarsi un angioedema ostruttivo delle vie aeree superiori. Se la
reazione prolungata, possono svilupparsi aritmie e shock cardiogeno.
Le reazioni anafilattoidi sono clinicamente simili all'anafilassi, ma possono verificarsi gi dopo la
prima iniezione di taluni farmaci (polimixina, pentamidina, oppioidi) e mezzi di contrasto. Esse
hanno alla base un meccanismo tossico-idiosincrasico dose-dipendente, pi che un meccanismo
mediato immunologicamente. L'aspirina e altri FANS possono provocare reazioni nei pazienti
suscettibili.
Sintomi e segni
La sintomatologia variabile e raramente un singolo paziente sviluppa il quadro clinico completo.
Tipicamente, nel volgere di 1-15 min (ma raramente anche dopo 2 h) il paziente comincia a sentirsi
irrequieto, diventa agitato e arrossato e lamenta palpitazioni, parestesie, prurito, pulsazioni
auricolari, tosse, starnutazione, orticaria e angioedema, oltre a difficolt di respirazione dovuta a
edema laringeo o a broncospasmo. Nausea, vomito, dolore addominale e diarrea sono meno
comuni. Entro i successivi 1-2 min pu manifestarsi uno shock e il paziente pu avere convulsioni,
perdere il controllo degli sfinteri, divenire areattivo e morire. Pu verificarsi un collasso
cardiocircolatorio primitivo in assenza di sintomatologia respiratoria. Gli episodi ricorrenti di
anafilassi che si presentano nello stesso individuo sono solitamente caratterizzati dai medesimi
sintomi.
Profilassi
I pazienti con il pi alto rischio di anafilassi da farmaci sono coloro che in precedenza hanno gi
avuto reazioni al medesimo farmaco, ma la morte per anafilassi pu aver luogo anche senza questi
precedenti. Poich il rischio di una reazione a un antisiero eterologo elevato, tassativo eseguire
di routine un test cutaneo prima di somministrare il siero e pu essere necessario adottare misure

profilattiche. L'esecuzione sistematica di un test cutaneo prima di intraprendere altri tipi di terapie
farmacologiche non praticabile n attendibile, con l'eccezione forse della terapia penicillinica (i
test sono trattati sotto la voce Meccanismi dell'ipersensibilit ai farmaci, oltre).
L'immunoterapia (desensibilizzazione) a lungo termine efficace e adeguata a prevenire l'anafilassi
dovuta a punture di insetti, ma stata tentata raramente nei pazienti con una storia di anafilassi da
farmaci o da siero. Al contrario, se la terapia con un farmaco o con un siero indispensabile, si deve
eseguire la desensibilizzazione rapida in condizioni controllate (v. Ipersensibilit ai farmaci, oltre).
A un paziente che ha avuto in precedenza una reazione anafilattoide a un mezzo di contrasto
radiografico, si pu somministrare nuovamente il mezzo con ragionevole sicurezza (se il suo
impiego essenziale) dopo un pretrattamento costituito da 50 mg di prednisone PO q 6 h per 3 dosi,
50 mg di difenidramina PO 1 h prima e 25 mg di efedrina (se non controindicata) PO 1 h prima
dell'esecuzione dell'esame, negli adulti. L'impiego di mezzi di contrasto isosmotici da preferire
come misura precauzionale aggiuntiva.
Terapia
imperativo trattare immediatamente il paziente con adrenalina. L'adrenalina un antagonista degli
effetti dei mediatori chimici a livello della muscolatura liscia, dei vasi sanguigni e di altri tessuti.
Per le reazioni lievi (p. es. prurito generalizzato, orticaria, angioedema, lieve difficolt di
respirazione, nausea e vomito) si devono somministrare SC 0,01 ml/kg di adrenalina in soluzione
acquosa 1:1000 (la dose usuale per gli adulti compresa tra 0,3 e 0,5 ml). Se la reazione anafilattica
stata provocata da un antigene iniettato in un arto, bisogna applicare un laccio emostatico a monte
della sede di iniezione e iniettare inoltre la met della suddetta dose di adrenalina nella stessa sede,
in modo da ridurre l'assorbimento sistemico dell'antigene. Pu rendersi necessaria una seconda
iniezione sottocutanea di adrenalina. Dopo la risoluzione della sintomatologia, va somministrato un
antiistaminico orale per 24 h.
Per le reazioni di maggiore gravit, con angioedema massivo ma senza segni di interessamento
cardiovascolare, ai pazienti adulti bisogna somministrare 50-100 mg di difenidramina EV in
aggiunta alla terapia suddetta, per prevenire l'edema laringeo e bloccare l'effetto dell'ulteriore
rilascio di istamina. Quando l'edema risponde alla terapia, si possono somministrare 0,005 ml/ kg
SC di adrenalina ad azione prolungata in sospensione acquosa 1:200 (dose massima, 0,15 ml) per il
suo effetto perdurante 6-8 h; per le successive 24 h deve essere somministrato un antiistaminico
orale.
Per le reazioni asmatiche che non rispondono all'adrenalina, bisogna avviare l'infusione di liquidi
EV e (se il paziente non gi sotto teofillina) si possono somministrare 5 mg/kg di teofillina EV
nell'arco di 10-30 min, seguiti da 0,5 mg/kg/ h, pi o meno, per mantenere un livello ematico di
teofillina di 10-20 mg/ml (tra 55 e 110 mmol/l). Pu diventare necessaria l'intubazione
endotracheale o la tracheostomia, con somministrazione di O2 a 4-6 l/min.
Le reazioni pi gravi solitamente coinvolgono il sistema cardiovascolare, provocando ipotensione
grave e collasso vasomotorio. Si devono infondere rapidamente liquidi EV e porre il paziente in
posizione supina con le gambe sollevate. Va somministrata adrenalina (1:100000) per infusione EV
lenta (5-10 mg/min) sotto stretta osservazione per rilevare la comparsa di effetti collaterali, come

cefalea, tremori, nausea e aritmie. La grave ipotensione di base pu essere dovuta a vasodilatazione,
ipovolemia da perdita di liquidi, insufficienza miocardica (raramente) oppure a una combinazione
di tali cause. Ogni tipo di reazione prevede un trattamento specifico e spesso la terapia di una di
esse aggrava le altre. La terapia adeguata pu essere scelta opportunamente se si possono misurare
la pressione venosa centrale (Central Venous Pressure, CVP) e la pressione atriale sinistra (v. anche
nel Cap. 198). Una CVP bassa e una pressione atriale sinistra normale indicano una vasodilatazione
periferica e/o un'ipovolemia. La vasodilatazione dovrebbe rispondere all'adrenalina (che inoltre
ritarder la perdita dei liquidi intravascolari).
L'ipovolemia di solito la causa principale dell'ipotensione. La CVP e la pressione atriale sinistra
sono entrambe basse e bisogna somministrare grandi volumi di soluzione fisiologica, controllando
la PA finch la CVP non ritorna normale. Raramente sono necessari i plasma-expander colloidali (p.
es. il destrano). Soltanto se la reintegrazione dei liquidi non ripristina una PA normale, bisogna
avviare con cautela una terapia con farmaci vasopressori (p. es. dopamina, noradrenalina).
Si pu verificare un arresto cardiaco, che richiede la rianimazione immediata (v. Cap. 206).
Ulteriori terapie dipendono dal quadro ECG.
Quando tutte le misure suddette sono state istituite, si pu somministrare difenidramina (50-75 mg
EV in infusione lenta in 3 min) per il trattamento dell'orticaria, dell'asma, dell'edema laringeo o
dell'ipotensione a esordio ritardato. Le eventuali complicanze (p. es. infarto miocardico, edema
cerebrale) vanno sempre ricercate e trattate nella maniera opportuna. I pazienti con reazioni gravi
devono rimanere sotto osservazione in ospedale per 24 h dopo la risoluzione del quadro, nel caso si
verificassero ricadute.
I soggetti che hanno avuto una reazione anafilattica alla puntura di un insetto devono portare
sempre con s una siringa preriempita di adrenalina pronta per l'uso, in modo da potersi trattare
rapidamente da soli in caso di reazioni future. Essi vanno indirizzati all'esecuzione
dell'immunoterapia (desensibilizzazione) con il veleno dell'insetto.

DISORDINI CON REAZIONI DI IPERSENSIBILITA' DI TIPO II


Esempi di danno cellulare in cui un anticorpo reagisce con le componenti antigeniche di una cellula
sono le anemie emolitiche Coombs-positive, la porpora trombocitopenica indotta da anticorpi, la
leucopenia, il pemfigo, il pemfigoide, la sindrome di Goodpasture e l'anemia perniciosa. Queste
reazioni si presentano nei pazienti che ricevono trasfusioni incompatibili, nella malattia emolitica
del neonato e nella trombocitopenia neonatale e possono svolgere un ruolo anche nelle malattie da
ipersensibilit a carattere sistemico (p. es. il LES). Per una descrizione delle conseguenze sul rene,
v. Cap. 231.
Il meccanismo del danno cellulare viene esemplificato nel modo migliore dagli effetti sui GR. Nelle
anemie emolitiche i GR vengono distrutti per emolisi intravascolare o per fagocitosi macrofagica,

soprattutto all'interno della milza. Studi in vitro hanno dimostrato che in presenza del sistema
complementare alcuni anticorpi leganti il complemento (p. es. gli anticorpi dei gruppi sanguigni
anti-A e anti-B) provocano una rapida emolisi; altri (p. es. gli anticorpi anti-LE) provocano una lisi
cellulare lenta; altri ancora non danneggiano le cellule in modo diretto, ma ne causano l'adesione e
la distruzione da parte dei fagociti. Al contrario, gli anticorpi anti-Rh sui GR non attivano il
complemento e distruggono le cellule soprattutto per fagocitosi extravascolare.
Esempi in cui l'antigene un componente tissutale sono rappresentati dal rigetto acuto precoce
(iperacuto) di un rene trapiantato, il quale dovuto alla presenza di anticorpi contro l'endotelio
vascolare e la sindrome di Goodpasture, dovuta alla reazione degli anticorpi con la membrana
basale dell'endotelio glomerulare e alveolare. Nella sindrome di Goodpasture sperimentale il
complemento un mediatore importante del danno, ma nel rigetto acuto precoce dei trapianti il suo
ruolo non stato chiaramente determinato.
Esempi di reazioni dovute al legame di apteni con cellule o tessuti comprendono molte delle
reazioni di ipersensibilit ai farmaci (p. es. l'anemia emolitica indotta dalla penicillina, v.
Ipersensibilit ai farmaci, oltre).
Le reazioni di ipersensibilit anti-recettore alterano le funzioni cellulari a seguito del legame
dell'anticorpo ai recettori di membrana. In molte malattie (p. es. la miastenia gravis, il morbo di
Graves, il diabete insulino-resistente) sono stati descritti anticorpi diretti contro recettori delle
membrane cellulari. In modelli animali di miastenia gravis, la produzione di anticorpi ottenuta con
l'immunizzazione contro il recettore per l'acetilcolina ha provocato la tipica affaticabilit e
debolezza muscolare osservata nell'uomo. Questo anticorpo dimostrabile nel siero e sulle
membrane delle cellule muscolari anche nell'uomo. Inoltre, quando il siero o la sua frazione IgG
provenienti da pazienti affetti da miastenia gravis vengono trasfusi in primati non umani, si produce
una sindrome miastenica autolimitantesi. Questi anticorpi impediscono il legame dell'acetilcolina
endogena con il suo recettore, inibendo cos l'attivazione muscolare. In alcuni pazienti diabetici con
resistenza all'insulina di grado estremo stata dimostrata la presenza di anticorpi contro i recettori
per l'insulina, i quali pertanto impediscono il legame dell'insulina con il suo recettore. Nei pazienti
affetti da morbo di Graves stato identificato un anticorpo contro il recettore per l'ormone tireostimolante (Thyroid-Stimulating Hormone, TSH) che simula l'effetto del TSH sul suo recettore,
provocando un ipertiroidismo.
Le reazioni di citotossicit mediata da anticorpi si verificano quando una cellula ricoperta di
anticorpi viene danneggiata dalle cellule killer. Sono disponibili tecniche di laboratorio per la
determinazione delle sottopopolazioni di cellule B e T dei linfociti circolanti. Un'altra
sottopopolazione non possiede marker cellulari B n T; queste cellule sono chiamate cellule null e
comprendono le cellule killer e natural killer. Le cellule killer si legano alle cellule ricoperte da IgG
per mezzo dei loro recettori per l'Fc e sono in grado di distruggere la cellula bersaglio. Le cellule
natural killer non necessitano del rivestimento anticorpale della cellula per il suo riconoscimento e
possono indurre la lisi di cellule tumorali, cellule infettate da virus e cellule fetali. Questi
meccanismi sono stati dimostrati in modelli animali e in studi di ipersensibilit in vitro, ma il loro
ruolo nella patologia umana non stato ancora stabilito.
Diagnosi

I test per confermare l'esistenza di questo meccanismo di danno immunologico comprendono la


ricerca della presenza di anticorpo o complemento su una cellula o un tessuto, oppure la ricerca
della presenza nel siero di anticorpi contro un antigene della superficie cellulare, un antigene
tissutale, un recettore o un antigene estraneo (esogeno). Nonostante il complemento sia spesso
necessario per indurre il danno cellulare di tipo II e la sua presenza possa essere rivelata sulle
cellule o sui tessuti, l'attivit emolitica complementare totale del siero non diminuita, come
avviene spesso nelle reazioni di ipersensibilit da immunocomplessi (IC) (di tipo III; v. oltre).
Il test dell'antiglobulina (di Coombs) diretto e il test diretto delle anti-globuline non-g rivelano
rispettivamente la presenza di anticorpi e di complemento sui GR. Questi test utilizzano antisieri di
coniglio, uno contro le immunoglobuline (Ig) e l'altro contro il complemento. Quando questi
reagenti vengono miscelati con GR rivestiti da Ig o da complemento, ha luogo l'agglutinazione. Gli
anticorpi eluiti da queste cellule mostrano sia specificit per gli antigeni dei gruppi sanguigni dei
GR sia la capacit di fissare il complemento, dimostrando cos di essere veri e propri autoanticorpi e
di essere responsabili della presenza del complemento sui GR nel test diretto non g-globulinico.
Il test dell'antiglobulina indiretto rivela la presenza di un anticorpo circolante contro gli antigeni dei
GR. Il siero del paziente viene incubato con GR dello stesso gruppo sanguigno (per evitare risultati
falsi positivi dovuti a incompatibilit); su questi GR si esegue poi il test dell'antiglobulina.
L'agglutinazione conferma la presenza di anticorpi circolanti contro gli antigeni dei GR.
Nell'anemia emolitica indotta dalla penicillina, il paziente ha un test di Coombs diretto positivo
durante la somministrazione di penicillina, ma ha un test dell'antiglobulina indiretto negativo se si
utilizzano GR dello stesso tipo di quelli del paziente. Il siero del paziente, tuttavia, agglutiner i GR
nel test indiretto se essi vengono ricoperti con penicillina.
La microscopia a fluorescenza viene usata per lo pi per rivelare la presenza di Ig o di complemento
nei tessuti (mediante la tecnica diretta) e pu anche essere utilizzata per determinare la specificit di
un anticorpo circolante (mediante la tecnica indiretta). Nell'immunofluorescenza diretta, un
anticorpo di origine animale specifico per le Ig o il complemento dell'uomo viene marcato con un
colorante fluorescente (solitamente fluoresceina) e poi stratificato sul tessuto. Quando si esamina il
tessuto al microscopio a fluorescenza, una tipica colorazione fluorescente (verde per la
fluoresceina) indica la presenza di Ig o di complemento umani nel tessuto. L'immunofluorescenza
diretta pu essere usata anche per rivelare la presenza di altre proteine sieriche, di componenti
tissutali o di antigeni esogeni, purch sia possibile produrre anticorpi animali specifici diretti contro
di essi. La tecnica di per s non indica la presenza di un antigene citospecifico, a meno che
l'anticorpo non possa essere eluito dal tessuto e possa essere determinata la sua specificit per gli
antigeni tissutali.
Nella sindrome di Goodpasture il pattern dell'immunofluorescenza appare come una fluorescenza
lineare lungo la membrana basale renale e polmonare. Quando l'anticorpo viene eluito dal rene di
un paziente con sindrome di Goodpasture e stratificato su un rene o un polmone normali, esso si
lega alla membrana basale e determina lo stesso pattern di fluorescenza lineare se saggiato con
anticorpi contro le g-globuline umane marcati con fluoresceina (immunofluorescenza indiretta).
Nel pemfigo, l'immunofluorescenza diretta rivela la presenza di anticorpi diretti contro un antigene
presente nel cemento intercellulare dello strato delle cellule spinose; nel pemfigoide, di anticorpi

diretti contro un antigene della membrana basale. In entrambe le malattie, l'anticorpo sierico si pu
identificare con la tecnica dell'immunofluorescenza indiretta. Questa tecnica di
immunofluorescenza viene usata per rivelare la presenza di anticorpi tessuto-specifici circolanti in
molte altre malattie; p. es. anticorpi anti-tiroide nelle tiroiditi e anticorpi anti-nucleo e anticitoplasma nel LES.
Esistono in commercio kit per l'esecuzione di test anti-recettoriali per rivelare la presenza di
anticorpi diretti contro i recettori per l'acetilcolina, ma i test per i recettori insulinici e quelli tiroidei
non sono ancora disponibili. Non esistono situazioni cliniche nelle quali sia necessario eseguire il
test di citotossicit anticorpo-dipendente.
DISORDINI CON REAZIONI DI IPERSENSIBILITA' DI TIPO III
Condizioni nelle quali gli immunocomplessi (IC) sembrano avere un ruolo patogenetico sono la
malattia da siero dovuta al siero eterologo, a farmaci o ad antigeni della epatite virale; il Lupus
Eritematodes Sistemico (LES); l'Artrite Reumatoide (AR); la poliarterite; la crioglobulinemia; la
polmonite da ipersensibilit; l'aspergillosi broncopolmonare; la glomerulonefrite acuta; la
glomerulonefrite membranoproliferativa cronica; e la malattia renale associata (v. Cap. 231).
Nell'aspergillosi broncopolmonare, nella malattia da siero indotta da farmaci o siero e in alcune
forme di malattia renale, si ritiene che una reazione mediata da IgE preceda la reazione di tipo III.
I modelli animali standard delle reazioni di tipo III sono la reazione di Arthus locale e la malattia da
siero sperimentale. Nella reazione di Arthus (tipicamente una reazione cutanea locale) gli animali
vengono prima iperimmunizzati per indurre la produzione di grandi quantit di anticorpi IgG
circolanti e poi viene loro somministrata una piccola quantit di antigene per via intradermica.
L'antigene precipita in presenza dell'eccesso di IgG e attiva il complemento, cosicch compare
rapidamente (entro 4-6 h) una lesione locale altamente infiammatoria, edematosa e dolorosa che
pu progredire fino alla formazione di un ascesso sterile contenente molte cellule polimorfonucleate
e in seguito fino alla necrosi del tessuto. Microscopicamente si pu osservare una vasculite
necrotizzante con occlusione dei lumi arteriolari. La reazione non preceduta da un periodo di
latenza, perch l'anticorpo gi presente.
Nella malattia da siero sperimentale viene iniettato un notevole quantitativo di antigene in un
animale non immunizzato. Dopo un periodo di latenza, vengono prodotti anticorpi; quando gli
anticorpi raggiungono una concentrazione critica (nell'uomo, in 10-14 giorni), si formano complessi
antigene-anticorpo che si depositano nei vasi di tipo endoteliale, dove provocano un danno
vascolare diffuso caratterizzato dalla presenza di leucociti polimorfonucleati. Quando compare la
vasculite si pu evidenziare un calo del complemento sierico e nelle aree colpite si possono
rinvenire antigeni, anticorpi e complemento. I complessi antigene-anticorpo, tuttavia, non sono in
grado di provocare il danno di per s, ma richiedono piuttosto la presenza di un aumento della
permeabilit vascolare, come si verifica nelle reazioni mediate da IgE (di tipo I) e quando viene
attivato il complemento, per aumentare il deposito vascolare degli IC.
Diagnosi
Le reazioni di tipo III possono essere sospettate in patologia umana quando compare una vasculite.
Nella poliarterite, la presenza di vasculite l'unica evidenza clinica a sostegno del possibile ruolo

degli IC. Un'ulteriore conferma si pu ottenere con i test di immunofluorescenza diretta (come
descritto precedentemente), che possono indicare la presenza di antigene, di immunoglobuline (Ig) e
di complemento nella sede della vasculite.
Negli studi sperimentali, la microscopia a fluorescenza mostra depositi granulari grossolani (a
grosse zolle) lungo la membrana basale quando i glomeruli animali vengono colorati per rivelare
presenza di Ig e di complemento. Una distribuzione simile si pu osservare nelle malattie renali
umane dovute a reazioni di tipo III (v. Cap. 231). possibile usare anche la microscopia elettronica
per rivelare depositi elettrondensi (simili a quelli osservati nella malattia da siero sperimentale) che
si ritiene siano i complessi antigene-anticorpo. Raramente, nel tessuto infiammato si pu rivelare la
presenza sia dell'antigene sia dell'anticorpo per mezzo dell'immunofluorescenza, come stato
dimostrato nella nefropatia del LES e nelle lesioni vasculitiche della malattia da siero dovuta ad
antigeni dell'epatite.
Una reazione di tipo III ulteriormente rivelata dalla dimostrazione della presenza di anticorpi
circolanti nei confronti di antigeni quali il siero di cavallo, gli antigeni dell'epatite, il DNA, le IgG
alterate (fattore reumatoide) e alcune muffe. Nel LES, per esempio, durante le esacerbarzioni della
nefropatia si verifica un aumento degli anticorpi contro il DNA nativo non denaturato a doppio
filamento e una diminuzione del complemento sierico. Se l'antigene sconosciuto, si possono
misurare i livelli del complemento sierico totale e dei suoi componenti precoci (C1, C4 o C2); la
diminuzione dei loro livelli indica un'attivazione del complemento attraverso la via classica e quindi
la presenza di una reazione di tipo III.
Nell'aspergillosi polmonare allergica, un test cutaneo intradermico con antigene di Aspergillus pu
provocare una reazione eritemato-pomfoide mediata da IgE seguita da una reazione simile a quella
di Arthus.
Fino a non molto tempo fa, gli IC venivano ricercati nel siero con la crioprecipitazione (sfruttando
la propriet di alcuni complessi di precipitare alle basse temperature). Attrezzature sofisticate
possono rivelare anche la presenza di complessi solubili mediante ultracentrifugazione analitica e
centrifugazione in gradiente di densit di saccaroso. Attualmente, vengono impiegati diversi test per
la ricerca degli IC circolanti i quali si basano sulla capacit dei complessi di reagire con componenti
complementari (p. es., test di legame con il C1q) e sulla loro capacit di inibire la reazione tra il
fattore reumatoide monoclonale e le IgG. Test diagnostici come il test delle cellule di Raji si basano
sull'interazione degli IC contenenti frazioni del complemento con recettori cellulari (p. es. un
recettore per il C3 presente sulle cellule di Raji). Nonostante ne siano disponibili ancora altri, i test
appena ricordati sono quelli usati pi comunemente. Non esiste un singolo test in grado di
identificare tutti gli IC e il loro impiego nella pratica clinica limitato al monitoraggio dell'attivit
di alcune malattie.

DISORDINI CON REAZIONI DI IPERSENSIBILITA' DI TIPO III


DISORDINI AUTOIMMUNI
Patologie nelle quali il sistema immunitario produce autoanticorpi diretti contro un antigene
endogeno, con conseguente danno tissutale.

In questa sede vengono considerati i meccanismi patogenetici immunologici che sono alla base
delle malattie autoimmuni
Sviluppo della risposta autoimmunitaria
Sebbene i dettagli esatti della risposta autoimmunitaria non siano del tutto compresi, l'esito finale
della stimolazione antigenica, sia esso la produzione di anticorpi, l'attivazione delle cellule T o la
tolleranza, sembra dipendere dagli stessi fattori sia nel caso degli autoantigeni sia nel caso degli
antigeni esogeni. Sono stati riconosciuti cinque possibili meccanismi per lo sviluppo di una risposta
immunitaria contro antigeni autologhi:
1. Antigeni nascosti o sequestrati (p. es. sostanze intracellulari) non possono essere riconosciuti
come "self"; se essi vengono liberati nella circolazione possono indurre una risposta immunitaria.
quanto accade nell'oftalmia simpatica, con l'esposizione traumatica di un antigene normalmente
sequestrato all'interno dell'occhio. L'autoanticorpo da solo non pu provocare la malattia perch non
pu combinarsi con l'antigene sequestrato. Per esempio, gli anticorpi diretti contro gli spermatozoi e
contro gli antigeni del muscolo cardiaco vengono bloccati rispettivamente dalla membrana basale
dei tubuli seminiferi e da quella della cellula miocardica. Le cellule T immunologicamente attive
potrebbero non avere tali limitazioni e potrebbero produrre il danno con maggiore efficacia.
2. Gli antigeni "self" possono divenire immunogeni a causa di un'alterazione chimica, fisica o
biologica. Taluni prodotti chimici si legano a proteine corporee e le rendono immunogene (come
nella dermatite da contatto). I farmaci possono provocare diverse reazioni autoimmunitarie (v.
Ipersensibilit ai farmaci, oltre). La fotosensibilizzazione un esempio di autoimmunit indotta da
agenti fisici: la luce ultravioletta altera le proteine della pelle, nei confronti delle quali il paziente
diviene allergico. Antigeni alterati biologicamente si osservano nei topi New Zealand, i quali
sviluppano una malattia autoallergica somigliante al LES quando vengono infettati insistentemente
con un virus a RNA noto per la capacit di combinarsi con i tessuti dell'ospite, alterandoli tanto da
indurre la produzione di anticorpi.
3. Un antigene estraneo pu indurre una risposta immunitaria che provoca una reazione crociata con
antigeni "self" normali; ne un esempio la reazione crociata che si verifica tra la proteina M
streptococcica e il muscolo cardiaco umano.
4. La produzione di autoanticorpi pu essere il risultato di una mutazione a carico delle cellule
immunocompetenti. Ci pu fornire una spiegazione degli autoanticorpi monoclonali che si
osservano talvolta nei pazienti con linfoma.
5. I fenomeni autoimmunitari possono essere epifenomeni e il meccanismo patogenetico primario
pu essere il risultato di una risposta immunitaria nei confronti di un antigene ignoto (p. es. un
virus).
Probabilmente in condizioni normali la reazione autoimmune tenuta sotto controllo dall'azione di
una popolazione di cellule T suppressor specifiche. Uno qualunque dei processi appena descritti pu
condurre o essere associato a un difetto delle cellule T suppressor. possibile che abbia un ruolo
una turba della regolazione dell'attivit anticorpale da parte degli anticorpi anti-idiotipo (anticorpi
contro il sito di combinazione con l'antigene di altri anticorpi).

Il ruolo di altri meccanismi complessi dimostrabili sperimentalmente deve ancora essere chiarito.
Per esempio, gli adiuvanti non antigenici (p. es. l'allume, le endotossine batteriche) esaltano
l'antigenicit di altre sostanze. L'adiuvante completo di Freund, un'emulsione di antigene in olio
minerale con micobatteri uccisi con il calore, di solito necessario per produrre l'autoimmunit
negli animali da esperimento.
I fattori genetici giocano certamente un ruolo. I parenti dei pazienti affetti da malattie autoimmuni
mostrano spesso un'alta incidenza dello stesso tipo di autoanticorpi e l'incidenza delle malattie
autoimmuni pi elevata nei gemelli identici rispetto a quelli diversi. Le donne vengono colpite pi
spesso degli uomini. Il contributo dei fattori genetici sembra essere quello di conferire una
predisposizione: in una popolazione predisposta, una quantit di fattori ambientali pu provocare
l'insorgenza di una malattia; p. es. nel LES questi fattori possono essere un'infezione virale latente,
farmaci o un danno tissutale come quello dovuto all'esposizione alla luce ultravioletta. Questa
situazione potrebbe essere analoga allo sviluppo di anemia emolitica come conseguenza dell'azione
di fattori ambientali nei soggetti con deficit di G6PD (v. Cap. 127), un'anomalia biochimica
predisponente determinata geneticamente.
Patogenesi
I meccanismi patogenetici delle reazioni autoimmunitarie sono, in molti casi, compresi meglio
rispetto al modo in cui si sviluppano gli autoanticorpi. In alcune anemie emolitiche autoimmuni, i
GR vengono rivestiti con autoanticorpi citotossici (di tipo II); il sistema del complemento risponde
a queste cellule rivestite da anticorpi esattamente come fa con le particelle estranee rivestite in
maniera analoga e l'interazione del complemento con l'anticorpo complessato con l'antigene della
superficie cellulare porta alla fagocitosi o alla citolisi dei GR.
Il danno renale autoimmune pu verificarsi come risultato di una reazione mediata da anticorpi (di
tipo II) o di una reazione da IC (di tipo III). La reazione mediata da anticorpi si verifica nella
sindrome di Goodpasture, nella quale la malattia polmonare e renale dovuta alla presenza di un
anticorpo anti-membrana basale (v. Cap. 77). L'esempio meglio conosciuto di danno autoimmune
associato a complessi antigene-anticorpo (IC) solubili la nefrite associata al LES (v. Lupus
eritematoso sistemico nel Cap. 50 e oltre). Un altro esempio costituito da una forma di
glomerulonefrite membranosa che si associa a IC contenenti un antigene dei tubuli renali. Sebbene
non sia stato ancora dimostrato, la glomerulonefrite post-streptococcica potrebbe essere dovuta in
parte ad anticorpi cross-reagenti indotti dallo streptococco.
Nel LES e in altre malattie autoimmuni sistemiche (in contrapposizione a quelle organo-specifiche)
vengono prodotti diversi autoanticorpi. Anticorpi diretti contro gli elementi figurati del sangue
possono essere responsabili di anemia emolitica autoimmune (v. Cap. 127), di trombocitopenia e
probabilmente di leucopenia; anticorpi anticoagulanti possono causare disturbi della coagulazione.
Anticorpi contro il materiale nucleare provocano deposizione di IC non solo nei glomeruli ma anche
nei tessuti vascolari e nella cute a livello della giunzione dermo-epidermica. Nell'AR si verifica il
deposito sinoviale di aggregati costituiti da IgG, fattore reumatoide e complemento. Il fattore
reumatoide solitamente una IgM (talvolta una IgG o una IgA) con specificit per un sito
recettoriale situato nella regione costante della catena pesante delle IgG autologhe. Gli aggregati di
IgG, fattore reumatoide e complemento si possono dimostrare anche all'interno dei neutrofili, dove
provocano la liberazione di enzimi lisosomiali che contribuiscono alla reazione infiammatoria

articolare. All'interno dell'articolazione sono presenti molte plasmacellule, le quali possono


sintetizzare anticorpi anti-IgG. Nelle articolazioni reumatoidi si ritrovano anche cellule T e
linfochine che possono dare il loro contributo al processo infiammatorio. Il processo che d inizio
agli eventi immunologici sconosciuto; potrebbe trattarsi di un'infezione batterica o virale. Nel
LES, i bassi livelli sierici di complemento sono il riflesso delle reazioni immunitarie generalizzate
che stanno avendo luogo; nell'AR, al contrario, il complemento sierico normale ma i livelli di
complemento intrasinoviali sono bassi.
Nell'anemia perniciosa si rinvengono nel lume GI autoanticorpi in grado di neutralizzare il fattore
intrinseco. Ancora pi comuni sono gli autoanticorpi diretti contro la frazione microsomiale delle
cellule mucose gastriche. Si ipotizza che un attacco autoimmune cellulo-mediato contro le cellule
parietali produca una gastrite atrofica, la quale a sua volta riduce la produzione di fattore intrinseco
ma consente ancora l'assorbimento di una quantit di vitamina B12 sufficiente a impedire
l'insorgenza di anemia megaloblastica. Tuttavia, se nel lume GI si dovessero sviluppare anche
autoanticorpi contro il fattore intrinseco, l'assorbimento della vitamina B12 cesserebbe e si
svilupperebbe l'anemia perniciosa.
La tiroidite di Hashimoto si associa alla presenza di autoanticorpi contro la tireoglobulina, i
microsomi delle cellule epiteliali tiroidee, un antigene della superficie delle cellule tiroidee e un
secondo antigene della colloide. Il danno tissutale e l'eventuale mixedema possono essere mediati
sia dalla citotossicit dell'anticorpo microsomiale sia dall'attivit di cellule T specificamente
orientate. Anticorpi a basso titolo si ritrovano anche nei pazienti con mixedema primario, il che
suggerisce che esso il risultato finale di una tiroidite autoimmune non riconosciuta. Una reazione
autoimmune coinvolta anche nella tireotossicosi (malattia di Graves) e alla fine circa il 10% dei
pazienti sviluppa spontaneamente un mixedema; molti di pi vi giungono dopo la terapia ablativa.
Altri anticorpi esclusivi della malattia di Graves sono chiamati anticorpi tireo-stimolanti. Essi
reagiscono con i recettori per l'ormone tireo-stimolante (TSH) presenti all'interno della ghiandola e
hanno lo stesso effetto del TSH sulla funzione cellulare tiroidea.

DISORDINI CON REAZIONI DI IPERSENSIBILITA' DI TIPO IV


Alcune condizioni cliniche nelle quali si ritiene che abbiano un ruolo di rilievo le reazioni di tipo IV
sono la dermatite da contatto, la polmonite da ipersensibilit, il rigetto degli allotrapianti, i
granulomi dovuti a organismi intracellulari, alcune forme di ipersensibilit ai farmaci, la tiroidite e
l'encefalomielite conseguente a vaccinazione antirabbica. Per le ultime due patologie la
dimostrazione basata su modelli sperimentali e in patologia umana si basa sulla comparsa di
linfociti nell'essudato infiammatorio della tiroide e del cervello.
Diagnosi
Una reazione di tipo IV pu essere sospettata quando una reazione infiammatoria risulta
caratterizzata istologicamente da linfociti e macrofagi perivascolari. I test cutanei di ipersensibilit
ritardata (v. la trattazione dei Test per i deficit delle cellule T nel Cap. 147) e i patch test sono i
metodi pi facilmente disponibili per la valutazione dell'ipersensibilit ritardata.
Per evitare l'esacerbazione di una dermatite da contatto, i patch test vengono eseguiti dopo che essa
si risolta. L'allergene sospetto (in concentrazioni idonee) viene applicato sulla cute al di sotto di
un cerotto adesivo non assorbente e lasciato in sede per 48 h. Se si manifesta bruciore o prurito
prima di questo termine, il cerotto viene rimosso. Un test positivo consiste nella comparsa di
eritema con un certo indurimento e, talvolta, nella formazione di vescicole. Poich alcune reazioni
non compaiono fin dopo la rimozione dei cerotti, le sedi vengono nuovamente ispezionate a 72 e a
96 h.

IPERSENSIBILITA' AI FARMACI
Trattiamo le reazioni di ipersensibilit che possono far seguito alla somministrazione orale o
parenterale di farmaci. La dermatite da contatto, che una reazione di ipersensibilit cellulare
(ritardata, di tipo IV) che consegue a un'applicazione locali.
Prima di attribuire una determinata reazione a un farmaco, si deve ricordare che anche i placebo
possono provocare un'ampia variet di sintomi e perfino di segni obiettivi, come le eruzioni
cutanee. Ci nonostante, le reazioni da farmaci vere e proprie costituiscono un problema medico di
rilievo. Bisogna consultare la letteratura sui singoli farmaci per identificare le reazioni avverse pi
probabili.
Con un sovradosaggio farmacologico, compaiono effetti tossici in relazione diretta con la quantit
totale di farmaco presente nell'organismo e tali effetti possono verificarsi in qualunque paziente se
la dose sufficientemente elevata. Un sovradosaggio assoluto deriva da un errore nel dosaggio o
nella frequenza delle singole dosi. Un sovradosaggio relativo si pu osservare nei pazienti che, a
causa di malattie epatiche o renali, non metabolizzano o non eliminano normalmente il farmaco.

Nell'intolleranza farmacologica la reazione indesiderata si manifesta alla prima assunzione del


farmaco. Essa pu consistere nella stessa reazione tossica ordinariamente attesa con dosi pi elevate
o pu essere un'esagerazione di un comune effetto collaterale di lieve entit (p. es. la sedazione da
antiistaminici). L'idiosincrasia una condizione nella quale la reazione indesiderata che si verifica
alla prima assunzione del farmaco del tutto inattesa e singolare dal punto di vista farmacologico.
Si sta identificando un numero sempre maggiore di reazioni dovute a deficit enzimatici
geneticamente determinati (p. es. l'anemia emolitica che si sviluppa nei pazienti con deficit di
G6PD durante la terapia con svariati farmaci; l'apnea da succinilcolina; la neuropatia periferica da
isoniazide: v. anche Reazioni indesiderate ai farmaci nel Cap. 302).
La maggior parte delle reazioni tossiche e idiosincrasiche abbastanza differente dalle reazioni
allergiche, con alcune eccezioni. Le reazioni tossiche o idiosincrasiche dovute a farmaci aventi
un'azione diretta di rilascio dell'istamina (p. es. mezzi di contrasto radiografici, oppiacei,
pentamidina, polimixina B) possono presentarsi sotto forma di orticaria o addirittura di una reazione
anafilattoide. L'anemia emolitica pu essere allergica (p. es. da penicillina) o dovuta a deficit di
G6PD. La febbre da farmaci pu essere di origine allergica, tossica (p. es. da amfetamina e
tranilcipromina) o anche farmacologica (p. es. da etiocolanolone).
Caratteristiche delle reazioni allergiche ai farmaci: una reazione mediata da IgE si verifica soltanto
dopo che il paziente stato esposto al farmaco (non necessariamente a scopo terapeutico) una o pi
volte senza incidenti. Una volta che l'ipersensibilit si sviluppata, la reazione pu essere provocata
da dosi molto inferiori ai dosaggi terapeutici e solitamente inferiori anche ai livelli che provocano
reazioni idiosincrasiche. Le caratteristiche cliniche sono piuttosto limitate nelle loro manifestazioni.
Le eruzioni cutanee (specialmente l'orticaria), la sindrome simil-malattia da siero, la febbre inattesa,
l'anafilassi e gli infiltrati polmonari eosinofili che compaiono durante una terapia farmacologica
sono solitamente dovuti a ipersensibilit; possono esserlo anche alcuni casi di anemia, di
trombocitopenia o di agranulocitosi. Raramente, dopo esposizioni ripetute a un farmaco (p. es.
sulfamidici, ioduri, penicillina) si manifesta una vasculite, e sono stati descritti una nefrite
interstiziale (p. es. da meticillina) e un danno epatico (p. es. da alotano) in circostanze compatibili
con lo sviluppo di un'ipersensibilit specifica.
L'esempio pi grave di ipersensibilit ai farmaci costituito dall'anafilassi. Tuttavia, la pi comune
reazione a farmaci di gran lunga un'eruzione morbilliforme, ancora una volta a eziologia
sconosciuta. Anche la febbre e le reazioni urticarioidi sono conseguenze relativamente comuni
dell'allergia ai farmaci. Quando in terapia venivano usati i sieri di origine animale, la malattia da
siero era una complicanza possibile, ma i sieri animali vengono usati raramente al giorno d'oggi.
Pu manifestarsi una grave sindrome tipo malattia da siero, a patogenesi sconosciuta, senza livelli
elevati di anticorpi IgG circolanti ma solitamente associata con la presenza di anticorpi IgE,
particolarmente con farmaci come la penicillina.
Meccanismi dell'ipersensibilit ai farmaci
I farmaci costituiti da proteine e da polipeptidi di grandi dimensioni possono stimolare la
produzione di anticorpi specifici mediante un meccanismo schiettamente immunologico. Forse la
pi piccola molecola con potenzialit antigeniche il glucagone, che ha un peso molecolare di circa
3500. La maggior parte delle molecole dei farmaci molto pi piccola e non possono comportarsi
da antigeni da sole. Tuttavia, come apteni, alcune di esse possono legarsi covalentemente alle

proteine e i coniugati che ne risultano possono stimolare la produzione di anticorpi specifici diretti
contro il farmaco. Il farmaco, o uno dei suoi metaboliti, deve essere chimicamente reattivo con la
proteina. Il legame con le proteine sieriche comune a molti farmaci molto pi debole e non
possiede forza sufficiente per l'antigenicit.
La reazione immunologica specifica stata definita soltanto per la benzilpenicillina. Questo
farmaco non si lega con i tessuti o le proteine sieriche in modo sufficientemente energico da
formare un complesso antigenico, ma il suo principale prodotto di degradazione, l'acido
benzilpenicillanico, pu combinarsi con le proteine tissutali per formare il benzilpenicilloile (BPO),
il determinante antigenico principale della penicillina. Diversi determinanti antigenici minori
vengono formati in quantitativi relativamente piccoli con meccanismi meno ben definiti. Le
reazioni di ipersensibilit (di tipo I, II, III, IV) il pi delle volte coinvolgono il determinante BPO.
Anticorpi IgE diretti contro i determinanti minori possono essere responsabili, in alcuni pazienti, di
anafilassi e orticaria. Sono stati individuati anticorpi IgG contro il determinante principale, ma non
contro i determinati minori. Essi possono agire come "anticorpi bloccanti" per il BPO, modificando
o anche impedendo una reazione contro il BPO stesso, mentre la mancanza di anticorpi IgG
bloccanti diretti contro i determinanti minori pu spiegare la capacit di questi determinanti di
provocare anafilassi.
Tutte le penicilline semisintetiche (p. es. l'amoxicillina, la carbenicillina, la ticarcillina)
potenzialmente reagiscono in maniera crociata con la penicillina, cosicch i pazienti ipersensibili
alla penicillina spesso reagiscono anche contro di esse. Reazioni crociate si verificano in grado
minore con le cefalosporine. La terapia con una cefalosporina va cominciata con grande cautela se il
paziente ha una storia di reazioni gravi (p. es. anafilassi) alla penicillina.
Le reazioni ematologiche ai farmaci mediate da anticorpi (citotossiche, di tipo II) possono
svilupparsi con tre meccanismi diversi: nell'anemia indotta dalla penicillina, l'anticorpo reagisce con
l'aptene, che saldamente legato alla membrana dei GR, provocando agglutinazione e aumento
della distruzione dei GR stessi. Nella trombocitopenia indotta dallo stibofene e dalla chinidina (v.
anche Trombocitopenia nel Cap. 133) il farmaco forma un complesso solubile con il suo anticorpo
specifico. Il complesso reagisce poi con le piastrine circostanti (le cellule bersaglio "spettatrici
innocenti") e attiva il complemento, che resta poi da solo sulla membrana piastrinica e provoca la
lisi cellulare. In altre anemie emolitiche, il farmaco (p. es. la metildopa) sembra alterare
chimicamente la superficie del GR, esponendo cos un antigene che induce la formazione di un
autoanticorpo, solitamente con specificit Rh, per poi reagire con esso.
Diagnosi
Le reazioni tossico-idiosincrasiche e quelle anafilattiche sono sufficientemente caratteristiche nelle
loro manifestazioni e nei tempi di presentazione, tanto che di solito il farmaco responsabile viene
facilmente identificato. Le reazioni tipo malattia da siero sono dovute il pi delle volte alle
penicilline, ma occasionalmente ne sono responsabili i sulfamidici, l'idralazina, le sulfaniluree o le
tiazidi. La fotosensibilizzazione caratteristica della clorpromazina, di taluni antisettici contenuti
nei saponi, dei sulfamidici, degli psoralenici, della demeclociclina e della griseofulvina. Tutti i
farmaci tranne quelli ritenuti assolutamente essenziali devono essere sospesi. Quando si sospetta la
febbre da farmaci, si sospende il farmaco pi probabilmente responsabile (p. es. l'allopurinolo, la
penicillina, l'isoniazide, i sulfamidici, i barbiturici, la chinidina). La riduzione della febbre entro 48

h un forte indizio a carico del farmaco in questione. Se la febbre accompagnata da


granulocitopenia, la tossicit del farmaco pi probabile dell'allergia a esso e molto pi grave (v.
Cap. 135).
Le reazioni allergiche polmonari ai farmaci sono solitamente di tipo infiltrativo, con eosinofilia e
possono essere provocate tra gli altri dai sali d'oro, dalla penicillina e dai sulfamidici. La pi
comune responsabile di una reazione polmonare infiltrativa acuta la nitrofurantoina. La reazione
probabilmente allergica, ma di solito non si accompagna a ipereosinofilia.
Le reazioni epatiche possono essere principalmente colestatiche (fenotiazine ed eritromicina
estolato ne sono i maggiori responsabili) oppure epatocellulari (allopurinolo, idantoina, sali d'oro,
isoniazide, sulfamidici, acido valproico e molti altri). La reazione allergica renale abituale la
nefrite interstiziale, il pi delle volte dovuta alla meticillina; sono stati chiamati in causa anche altri
antibiotici e la cimetidina.
Una sindrome simile al LES pu essere provocata da diversi farmaci, pi comunemente da
idralazina e procainamide. La sindrome associata alla positivit del test per gli anticorpi antinucleo ed relativamente benigna, risparmiando i reni e il SNC. La penicillamina pu provocare il
LES e altre malattie autoimmuni e in particolar modo la miastenia gravis.
La diagnosi di qualunque reazione di ipersensibilit ai farmaci pu essere confermata da un test di
provocazione, cio dalla nuova somministrazione del farmaco; tuttavia riprodurre una reazione
allergica per confermarne il nesso causale pu essere rischioso e raramente giustificato.
I test di laboratorio per l'ipersensibilit a farmaci specifici (p. es. il RAST, il rilascio di istamina, la
degranulazione dei basofili o delle mast-cellule, la trasformazione linfocitaria) sono poco affidabili
o ancora allo stato sperimentale. Un'eccezione costituita dai test per le reazioni ematologiche ai
farmaci (v. Diagnosi sotto Disordini con reazioni di ipersensibilit di tipo II, sopra). Per quanto
riguarda la terapia desensibilizzante, v. oltre.
I test cutanei per l'ipersensibilit immediata (mediata da IgE) sono molto utili per la diagnosi delle
reazioni alla penicillina, agli enzimi, al siero eterologo e ad alcuni vaccini e ormoni polipeptidici,
ma per la maggior parte dei farmaci sono poco affidabili. Per l'esecuzione dei test cutanei
disponibile un coniugato BPO-polilisina. I determinanti minori non sono stati approvati dalla FDA
come reagenti per i test cutanei per l'allergia alla penicillina. Fortunatamente, la maggior parte dei
pazienti ipersensibili a una miscela di determinanti minori reagisce con uno dei reagenti, la
penicillina G, che pu essere impiegata per i test cutanei alla concentrazione di 1000 U/ml. Le
prove cutanee prevedono in primo luogo l'esecuzione del prick test. Se il paziente ha avuto in
passato una reazione grave a carattere esplosivo, i reagenti per il test iniziale devono essere diluiti
100 volte. Un prick test negativo pu consentire l'esecuzione successiva di un test intradermico. Se i
test cutanei sono positivi, il paziente rischia una reazione anafilattica nel caso venga trattato con
penicillina. La negativit dei test cutanei riduce al minimo, ma non esclude, il rischio di una
reazione grave. Sebbene non esista nell'uomo la dimostrazione che i test cutanei alla penicillina
abbiano mai indotto una sensibilizzazione de novo, nella maggior parte dei casi buona norma
saggiare il paziente per escludere un'allergia alla penicillina soltanto immediatamente prima che
venga intrapresa una terapia penicillinica indispensabile. Poich rivelano soltanto le reazioni
mediate da IgE, i test cutanei non possono prevedere il verificarsi di eventuali eruzioni

morbilliformi o di anemia emolitica. Per quanto riguarda il siero eterologo, un paziente che non sia
atopico e al quale in precedenza non sia stato somministrato siero di cavallo, dapprima deve essere
sottoposto a un prick test con una diluizione di 1:10; se esso risulta negativo, si iniettano per via
intradermica 0,02 ml di una diluizione 1:1000. Se il paziente ipersensibile, si former nell'arco di
15 min un pomfo con diametro > 0,5 cm. Tutti i pazienti ai quali in precedenza pu essere stato
somministrato del siero (a prescindere dal fatto se abbiano reagito o meno nei suoi confronti) e
quelli con una storia di sospetta allergia devono essere sottoposti a un test preliminare con una
diluizione di 1:1000. La negativit dei test cutanei esclude la possibilit dell'anafilassi (reazione
mediata da IgE) ma non in grado di prevedere l'incidenza di una successiva malattia da siero.

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