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SENTENZA N. 25132
30 NOVEMBRE 2009
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• Tributi
• Accertamento
• Movimenti bancari
• Presunzione
• Effetti
SENTENZA
Con sentenza n. 223-6-02 del 13/12/2002 dep. il 14/02/2002, la Commissione Tributaria Regionale
della Lombardia, accogliendo l’appello di (...), riformava la sentenza della Commissione
Tributaria Provinciale di Milano che aveva parzialmente accolto il ricorso della medesima avverso
l’avviso di accertamento emesso dall’Ufficio II.DD. di Legnano per Irpef, Ilor e SSN per l’anno
1993, annullando in toto l’accertamento e rigettando l’appello incidentale dell’Ufficio.
Il Ministero dell’Economia e delle Finanze in persona del Ministro e l’Agenzia delle Entrate in
persona del Direttore, hanno proposto ricorso per cassazione fondandolo su violazione di legge e
vizio motivazionale.
Il ricorso del Ministero dell’Economia e delle Finanze è inammissibile non avendo lo stesso
partecipato al giudizio d'appello.
Col primo motivo la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 81 D.P.R. 917/86 e
degli artt. 32 e 38 del D.P.R. 600/73 in relazione all’art. 360 comma 1 punto 3 del c.p.c. in quanto
l’art. 32 predetto prevede la presunzione che i versamenti operati sui conti correnti del
contribuente siano imputabili alla propria attività d’impresa.
Questa Corte ha ripetutamente ritenuto (Cass. 7766/2008, 7329/2003, 7267/2002) che in tema di
accertamento delle imposte sui redditi, la presunzione legale relativa posta dall’art. 32, primo
comma n. 2, del D.P.R. 600/1973 vincola l’Ufficio tributario ad assumere per certo che i movimenti
bancari effettuati sui conti correnti intestati al contribuente siano a lui imputabili, senza che risulti
necessario procedere all’analisi delle singole operazioni, la quale è posta a carico del
contribuente, in virtù dell’inversione dell’onere della prova.
La disposizione in esame non è però norma che di per sé legittima l’accertamento a carico di
qualunque soggetto che abbia intestato un conto corrente, ma è norma che, nell’ambito di un
accertamento che abbia giustificazione in diverse norme (artt. 38 e 39 dello stesso D.P.R.) consente
di accertare il reddito (o i ricavi) del contribuente, con agevolazione probatoria (inversione
dell’onere della prova) in favore del Fisco.
Il legislatore, in altre parole, dà rilievo normativo, connotandola quale presunzione juris tantum,
alla massima di esperienza che le rimesse in un conto corrente di un contribuente siano
normalmente derivate dalla sua attività, bandendo ogni velleità interpretativa che potesse
considerare le movimentazioni bancarie attinenti a situazioni equiparabili a patrimoni separati o
simili fattispecie.
La presunzione opera pertanto sul quantum debeatur e non già sull’accertamento dell’an che deve
trovare la sua giustificazione, come sopra visto, in altre norme.
La CTR perviene, però, al riconoscimento della illegittimità dell’accertamento solo sul non corretto
rilievo interpretativo delle risoluzioni ministeriali sopra citate, che valgono solo per gli Uffici
finanziari in virtù del vincolo gerarchico (Cass. n. 21154/2008), e non dei superiori principi che
divengono parte integrante, e sostitutiva per quanto di ragione, della relativa motivazione.
Infatti il soggetto accertato è indiscussamente una lavoratrice dipendente e in base alla sola
disponibilità di conti correnti le si attribuisce la qualità di lavoratrice autonoma, senza dimostrare
se aliunde fosse legittimo l’accertamento a suo carico.
Ricorrono giusti motivi per la novità della questione per compensare interamente le spese del
giudizio.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso del Ministero. Rigetta il ricorso dell’Agenzia. Compensa le spese.
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