Professional Documents
Culture Documents
Lo statista
Il soldato
Il reclutamento
Lapprovvigionamento
La sorte del soldato
Il finanziere
Il segretario
Il ribelle
Il predicatore
Predicazione e Riforma
Lapogeo della retorica e le chiese riformate
Le conseguenze: "magnitudo" e "praesentia" come criteri principali
Retorica e mentalit
La predicazione culterana: Paravicino
La predicazione patetica
La figura del predicatore
Le raccolte di prediche
Le grandi occasioni
Il predicatore specializzato
Primo requisito: conoscere la teologia
Il "cursus honorum "
La preparazione del sermone
Il predicatore sul pulpito
Le parti del sermone
La predicazione nelle campagne
Il missionario
La religiosa
Premessa
Spazi e tempi della clausura
Denunzia di una condizione e amore delle lettere
"Et tout le reste nest rien"
Ribellione e obbedienza tra gesuiti e giansenisti
"Quel corallo che sotto londe del mare tenero": la religiosa tra Controriforma e Illuminismo
La strega
Lo scienziato
Variet dei personaggi
Leredit della magia
Conoscere e fare
Leguaglianza delle intelligenze
La scienza e i "dottori di memoria"
Il ritratto dello "scienziato"
Scienza e politica
Lartista
Il borghese
Homo oeconomicus
Il borghese e la citt
I valori privati
Il borghese dallinterno: Samuel Pepys
Conclusioni
LO STATISTA
back to Index
Nel XVII secolo i tradizionali centri di potere comunit locali, gruppi sociali
si impegnarono duramente per affermarsi contro la crescente autorit della
monarchia centrale
Lidea del governo come arte, pur essendo tipica del Rinascimento ed avendo
avuto allora grandissima influenza, continu a stare al centro della scena sino alla
met del XVII secolo. La gestione dello Stato era ritenuta una scienza cui i principi
dovevano essere educati e i ministri istruirsi. La ragione nel fare ogni cosa citata
da Richelieu e Olivares
Luomo di stato doveva prendersi cura di un corpo o di una nave. Olivares si
rifaceva a massime attinte da antichi autori. In realt limportanza del grande
uomo nel forgiare gli eventi minima, dovendo agire in un quadro che lo
condiziona quasi completamente.
Il ruolo dello statista presuppone uno stato nazione, ma nelleuropa barocca lo
stato moderno esisteva appena. Il contesto entro il quale si svolse la riflessione di
Machiavelli era la citt-stato, ed egli immagin lesercizio della politica in unItalia
popolata da principati in cui la volont del principe simponeva facilmente. Il
governo dello stato consisteva essenzialmente nellesercizio della politica
allinterno della citt-stato. Di conseguenza non vi era una scienza nota su come
governare entit pi grandi che ancora non esistevano. Se lInghilterra aveva
ununit riconoscibile che le derivava dalla sua natura di porzione di unisola,
nessunaltra nazione aveva raggiunto lidentit che il nome suggeriva: Francia,
Spagna, Italia, e Germania non erano realt, ma concetti, definiti da incerti confini
geografici o poco pi. Gli ultimi tre paesi erano palesemente solo un agglomerato di
stati autonomi, ma perfino in Francia cera una evidente mancanza di unit nelle
leggi, nel governo, nelle giurisdizioni, nelle tasse e nella lingua; i parigini che si
recavano a sud dovevano servirsi di un interprete anche per le pi semplici
necessit. Gran parte degli scritti teorici del primo seicento fu dedicata al tentativo
di stabilire i lineamenti di unidentit. Il termine nazione cera, ma cosa significava?
Ronsard aveva scritto: Lespagnol lEspagne chantera / Litalien les Italies fertiles /
Mais moy, franoys, la France aux belles villes". In queste parole la nazione ci
appare allora poco pi che oggetto di un sentimento patriottico; il che, in mancanza
di concrete strutture politiche, forse il massimo che allepoca si potesse
raggiungere. Ma questo sentimento non significava sempre fedelt. Richelieu si
lamenta: Non v mai guerra contro la Francia senza un francese dalla parte del
nemico. Per lo statista dellepoca barocca, il sentimento patriottico aveva di fatto
minor valore di una ferma lealt alla monarchia. Olivares affermava: Io non sono
nacional, questa cosa da bambini, intendendo che lunit dipendeva dalla corona,
non da un semplice sentimento. Tuttavia anche il sentimento ebbe la sua parte: nel
1635 al tempo in cui il patriottismo divenne necessario per la mobilitazione contro la
Francia che proprio allora aveva dichiarato guerra, Olivares confess di riporre la
propria fiducia nella nazione
La nazione rappresentava naturalmente un sentimento verso il proprio paese
al di sopra e contro gli altri paesi, e non rientrava facilmente nella comune teoria
politica. Anche se non permisero mai che il concetto sfuggisse loro di mano, agli
statisti era pi congeniale, nelladoperare lidea di Stato, a unentit chiamata il
popolo. Olivares affermava che sempre importante prestare attenzione alla voce
del popolo, anche se si dimostr sempre ostile alle assemblee rappresentative. Il
punto di vista di Richelieu ancora pi reciso: Tutti gli studiosi di politica
concordano sul fatto che quando la gente comune gode di troppo benessere diviene
impossibile mantenerla in pace. Cromwell era contro ogni appello a favore del
popolo, e soprattutto di coloro che non disponevano di beni, uomini che non hanno
altro interesse se non quello di respirare.
Caratteristica fondamentale dei maggiori statisti dellet barocca era lassoluta
coincidenza dei loro interessi con quelli del principe, che per loro era lo Stato. Il
principe veniva considerato il fondamento dello Stato in base al principio che in lui
soltanto era concentrato il potere; ne conseguiva che lo statista era in primo luogo
un servitore del principe. Secondo la concezione che originariamente si afferm nel
Rinascimento, lo statista non era un demiurgo ma solo un servo del corpo politico:
per Machiavelli quello che ha lo stato di uno in mano non debbe mai pensare a s
ma sempre al principe, e non li ricordare mai cosa che non appartenga a lui.
Ancora nellepoca barocca il termine Stato non aveva per molti alcun significato
se non in riferimento al principe: nel vocabolario di Olivares esso non appare mai
col significato di governo, e persino Richelieu lo utilizza nel senso di dominio,
ordine stabilito per comandare e obbedire. Agli inizi dellet moderna tutte le
funzioni dello Stato appartenevano al Principe; le sue finanze personali erano quelle
dello Stato, ogni sua dichiarazione di guerra coinvolgeva lo Stato. Tutto il potere era
investito in lui, luomo di Stato per eccellenza e coloro che lo aiutavano a governare
(i ministri) erano suoi servitori, dipendenti dalla sua sola volont. Questa
concezione totalmente personale del potere rimase dominante durante tutto il XVII
secolo e si espresse al massimo livello nella dottrina dellassolutismo. Il concetto del
potere personale del principe comportava, per la verit, alcune implicite restrizioni,
ma anche queste in ultima analisi concorrevano a rafforzare la sua totale autorit.
Se esisteva unarte dello stato, una scienza del governare, il principe era tenuto
ad apprenderla, e luomo di stato diveniva di conseguenza suo tutore. Mazzarino
procur a Luigi XIV anche i suoi ministri migliori.
La relazione era di tipo personale, tra servitore e padrone, non riconosciuta
dalla tradizione e fu perci in Francia oggetto della intensa ostilit espressa dai
libelli della Fronda. In Spagna nel corso del XVII secolo la carica di primo ministro
venne regolarizzata mediante il sistema dei validos: Olivares e Lerma furono
entrambi validos e quindi la loro autorit dipendeva direttamente dalla volont
regale.
I ministri erano completamente devoti alla persona del re, e anteponevano
questa fedelt ad ogni altro interesse politico; anche se ovviamente sostenevano che
ogni politica razionale e accettabile non poteva non coincidere con linteresse del re.
Richelieu sostenne che il pubblico interesse deve essere il solo fine del principe e dei
suoi consiglieri ma in pratica gli interessi delle tre parti venivano fatti coincidere.
Celebre asserzione di Richelieu nel suo Testamento a proposito del triplice compito
che aveva di fronte: innalzare il re, sottomettere i nobili e domare i protestanti.
Perch le cariche politiche avevano basi personali, teoricamente i ministri non
andavano al potere pensando a programmi di riforme; tuttavia, di fatto, avevano
sempre in mente una precisa scala di priorit anche se le intenzioni formali erano di
preservare il sistema politico esistente. Noti in genere come primi ministri, i
servitori dello stato non avevano un titolo corrispondente alle loro funzioni.
Richelieu dal 1629 venne chiamato ministro principale ma il titolo esisteva gi in
passato;Olivares usava definire se stesso il fedele ministro del re. Jan de Witt era
considerato semplicemente pensionario dOlanda, una specie di segretario degli
Stati dOlanda, ma in pratica controllava gli affari politici sia dellOlanda sia
delle Province Unite e inoltre aveva una parte dominante in politica estera. Ognuno
di questi uomini di stato ricopriva un ruolo che formalmente non era riconosciuto
dalla costituzione dei rispettivi paesi. Non fa meraviglia che essi fossero convinti che
il loro ruolo fosse straordinario, in quanto implicava doveri e obblighi verso lintero
stato, e che ogni ostilit suscitata da loro fosse a causa di questo.
Per Olivares i requisiti di uno statista erano: mente salda, giudizio fermo, una
ragionevole dimestichezza con la letteratura, la generale conoscenza della storia e
dellorganizzazione degli Stati di tutto il mondo e specialmente della propria patria
Il modello teorico degli uomini di Stato dellet barocca era lassolutismo, dottrina
che, sotto luna o laltra forma, trionfava in tutta lEuropa condizionando opinioni e
istituzioni. Fondamentalmente lassolutismo esigeva che il sovrano non riconoscesse
superiore in terra, precetto, questo, nato in risposta allinstabilit politica e alle crisi
sociali del tardo Cinquecento. Il problema era che la dottrina veniva applicata a
diversi tipi di sovranit; e che era sempre aperta la discussione sul concetto stesso di
sovranit. Per esempio, alcuni pensatori cattolici sostenevano che, pur essendo
assoluto, il potere dei principi derivava dal consenso popolare, creando cos un
conflitto tra diritti dei governati e i doveri dei governanti; e anche in Francia, dove
la dottrina dellassolutismo ebbe maggior successo, i teorici affermavano che il
principe assoluto era limitato dai diritti della religione e della propriet oltre che
dalle leggi fondamentali.
Lassolutismo era originariamente una teoria del potere principesco quindi in
apparenza non riguardava i ministri dello Stato ma in pratica erano questi a
sostenerla. Nonostante le crisi dello stato nei precedenti cinquantanni, agli inizi del
XVII secolo venne ristabilita la fiducia nella monarchia e il potere del re si estese
ulteriormente: il completo successo di Richelieu come ministro signific per la
corona la conquista di unautorit e uniniziativa mai possedute prima. La costante
ascesa dellassolutismo in Francia suscit violente reazioni da parte di molti sia in
Inghilterra che nelle Province Unite, ma sostanzialmente non vi erano differenze
nella considerazione della natura del governo. Quando il Parlamento inglese
rovesci quello che considerava il sistema assolutistico degli Stuart, istitu al suo
posto una forma di governo ancora pi assoluto pretendendo (dichiarazione del
Rump Parliament del 1649) poteri illimitati e diritto di fare leggi anche senza
consenso del popolo.
Gli uomini di stato repubblicani non erano immuni da simpatie monarchiche.
Cromwell e de Witt limitavano drasticamente coloro che potevano prendere
parte a discussioni politiche. De Witt escludeva "donne, servi, invalidi, poveri, chi
avesse esercitato commerci o lavorato a giornata al servizio di chiunque.
In tale coacervo di concetti, lunico fermo proposito degli statisti spesso
incuranti delle forme che questa teoria poteva assumere, era di assicurare che
lautorit dello Stato non subisse scosse. Cromwell, in particolare affermava di non
avere preferenze tra i differenti sistemi possibili, ed era fermo solo nella sua ostilit
verso la democrazia; a parte ci, tutte le forme di governo erano per lui scorie e
letame in paragone a Cristo. Tuttavia concretamente dimostrava di propendere per
lassolutismo nella forma del governo di un solo uomo, e non casuale che la
cui il governo disponeva. Quando nel 1632 Oxenstierna affermava che lunica
sistemazione immaginabile in Germania era quella con i nostri piedi sul loro collo e
un coltello alla loro gola usava il linguaggio che i successivi statisti svedesi
continuarono ad adottare, ma che fin con il crollo dellimpero alla fine del secolo.
Richelieu ampli sostanzialmente i confini francesi: La Francia del 1643 assai
pi grande della Francia del 1610 (Tapi). E il guadagno era piccolo a paragone di
quel che la Francia avrebbe raggiunto nel cinquantennio successivo.
Lavventura imperiale richiedeva un prezzo da pagare e gli statisti erano senza
dubbio responsabili del crescente aggravio di tasse e oneri. Con Richelieu le imposte
aumentarono di quasi quattro volte, sotto Olivares in Castiglia raddoppiarono; le
spese di guerra della Svezia portarono il Tesoro alla bancarotta. Leffettivo risultato
dei trionfi in politica estera era la crescente povert, che si palesava soprattutto nelle
periodiche rivolte popolari che affliggevano la campagna francese durante gli anni
di guerra dei due cardinali. La miseria del popolo non era comunque un concetto
capace di turbare il vocabolario degli statisti, e la guerra era venerata quale
contributo allonore dello Stato, senza riguardo alla ripercussioni su coloro che
pagavano con le loro tasse o con la loro vita. Qualche tempo dopo Luigi XIV
afferm: Nulla ha addolorato pi profondamente il mio animo che lavere reso
completamente esausti i miei popoli con limmenso fardello delle tasse. I trionfi di
Richelieu avevano gi condotto a questo, ma egli stesso dovette aumentare
ulteriormente il carico sul contribuente francese.
Poich non facevano parte, come i politici moderni, di una struttura he rifletteva
opinioni o si consultava con i sostenitori, gli statisti del periodo barocco erano
totalmente isolati dalle attivit quotidiane del corpo politico e si affidavano solo a
una ridotta cerchia di consiglieri. Non dovevano giustificarsi presso un elettorato ma
solo di fronte alla storia, e di conseguenza non ricorrevano a una tra le pi potenti
armi dello Stato moderno, la propaganda, cui non veniva affidata nessuna funzione
ufficiale in politica. Strumenti di controllo sociale, come il pulpito, erano
riconosciuti come tali e avevano il dovuto ruolo, ma la pressa da stampa non era
ancora uno strumento di Stato.
Tuttavia la propaganda cominciava a venir usata per giustificare lo stato di
guerra e raggiunse il suo apogeo nella voluminosa letteratura di pamphlet, opuscoli
e fogli volanti che videro la luce durante la guerra dei Trentanni. Molti stati europei
tentarono di organizzare una stampa propagandistica proprio per il motivo della
guerra. La celebre Gazette de France di Richelieu (1631) era diretta non
allopinione interna ma a quella europea. NellInghilterra di Cromwell la stampa
era in larga misura controllata dal segretario di Stato Thorloe, la cui sfera
dautorit investiva per lappunto gli affari esteri: attorno al 1650 sopravvivevano
solo due giornali ambedue portavoce del governo.
Il ruolo ridotto della propaganda ebbe una pi vistosa eccezione: durante le
sommosse rivoluzionarie della met del secolo a Londra, Parigi e Barcellona, per la
prima volta nella storia europea, gruppi di opposizione usarono la stampa per
attaccare la politica dello Stato, fornendoci cos una delle pi ricche raccolte di
opinioni di cui gli storici possano disporre.
IL SOLDATO
back to Index
Questo il secolo del soldato, scriveva nel 1641 Fulvio Testi, poeta e
diplomatico ferrarese; e aveva ragione. Da un lato, in Europa non cerano mai state
tante guerre; dallaltro, mai eserciti tanto numerosi erano stati impegnati nelle
operazioni militari. In tutto il Seicento ci furono solo quattro anni di pace completa.
Impero ottomano, Austria e Svezia furono in guerra due anni su tre, la Spagna tre
anni su quattro, Polonia e Russia quattro anni su cinque. Nel 1600, quando la
Spagna combatteva contro lInghilterra e lOlanda, e la Francia contro la Savoia, gli
eserciti operanti in europa contavano probabilmente in titale meno di 250.000
uomini. Nel 1645 questa cifra si era certamente raddoppiata: pi di 200.000 soldati
combattevano in Germania e nei Paesi Bassi nel quadro della guerra dei Trentanni,
100.000 erano impegnati in guerre civili nelle Isole Britanniche, e altri ancora
militavano in conflitti tra Francia e Spagna, tra Danimarca e Svezia, e tra Impero
ottomano e Venezia. Nel 1706, con il divampare della guerra di Successione spagnola
e delle grandi guerre del Nord, i soldati mobilitati erano forse 1.300.000, di cui quasi
400.000 nella sola Francia. Nel corso del Seicento diventarono soldati, sembra, 10-12
milioni di europei, un totale senza precedenti. Ma chi erano, di preciso, questi
guerrieri: da dove venivano? come si provvedeva al loromantanimento ed
equipaggiamento? qual era la loro sorte?
IL RECLUTAMENTO
back to Index
Quasi tutti i soldati dellet barocca, come quelli del Rinascimento, erano
volontari che si arruolavano per libera scelta. Il procedimento era pi o meno lo
stesso in tutta lEuropa. Il principale ufficiale addetto al reclutamento era di solito
il capitano, e lunit principale la compagnia. Ogni capitano scelto dal governo
aveva il mandato di reclutare una compagnia in una determinata zona. Egli
nominava anzitutto gli ufficiali subalterni e faceva fare uno stendardo; poi si
recava nelle varie citt e villaggi specificati nel mandato con lo stendardo, un
tamburino e i suoi ufficiali. I magistrati locali gli mettevano a disposizione una
locanda o una casa disabitata, che fungeva da quartier generale; si spiegava lo
stendardo e i rulli di tamburo richiamavano i volontari. Fra quanti si presentavano
il capitano sceglieva uomini robusti e in buona salute, di et fra i 16 e i 40 anni, e
preferibilmente non sposati n figli unici, in modo da non recare danno ai
genitori e al villaggio. Le reclute venivano quindi iscritte nel ruolo della
compagnia (erano arruolate) e ricevevano una somma in contanti e a volte un
abito, pi vitto e alloggio gratis in attesa che la leva fosse completata. A questo
punto (di solito due o tre settimane pi tardi) veniva letto alle truppe il codice
militare, che specificava le sanzioni conseguenti a eventuali mancanze; gli uomini
dovevano alzare la mano destra e giurare di accettare queste regole, le principali
delle quali riguardavano il dovere del soldato, pena la morte, di eseguire senza
discutere ogni ordine ricevuto e di rimanere in servizio finch non era congedato
ufficialmente. Cos i soldati entravano formalmente al servizio dello Stato che li
aveva reclutati, e in virt di quel giuramento ricevevano il primo mese di paga (ma
di fatto il denaro era versato al capitano, che deduceva le somme anticipate, sotto
forma di cibo, contanti o vestiario, prima di dare a ognuno ci che gli spettava).
Dopodich la compagnia si metteva in marcia direttamente verso il teatro di
operazioni o verso un porto di imbarco.
Anche la normale geografia del reclutamento era molto simile in tutta Europa.
I villaggi pastorali di montagna e in particolare le zone subalpine della Germania
meridionale, dellAustria e della Svizzera, erano tradizionalmente il vivaio degli
eserciti, e il XVII secolo non fa eccezione; ma nellet barocca la maggior parte dei
soldati di quasi tutti gli eserciti venivano apparentemente da due altre aree: le citt
e la zona stessa di guerra. Risulta per esempio che alla met del Seicento il 52% dei
soldati francesi provenivano da centri urbani,mentre meno del 15% della
popolazione francese viveva in citt. La ragione semplice: in primo luogo, nelle
citt cera di solito una numerosa popolazione fluttuante, per la quale,
specialmente in periodi di crisi economica, limpiego nellesercito poteva essere
una gradita alternativa alla fame; in secondo luogo la gente di campagna si recava
periodicamente in citt per il mercato e se qui cera un reclutamento in corso ne
dava notizia tornando al villaggio. Per entrambi questi motivi a un capitano
conveniva concentrare gli sforzi nei centri urbani. E gli conveniva altres reclutare
i suoi uomini il pi vicino possibile alla zona di guerra: primo, perch qui la gente,
vivendo in condizioni particolarmente precarie, era pi propensa ad arruolarsi, e,
secondo, perch da qui cera meno strada da fare per arrivare al fronte. Nel
XVII secolo gli eserciti tenevano di rado un archivio sistematico dei loro effettivi,
ma i frammentari documenti disponibili indicano che let media dei soldati
allarruolamento era di circa 24 anni, e che quasi un quarto degli arruolati
avevano meno di ventanni.
Da tutto questo facile intuire quale fosse il movente principale di chi si offriva
volontario per il servizio militare: la miseria. Gran parte dei volontari avrebbero
fatto eco al ritornello del soldato del Don Chisciotte (Parte II, cap. XXIV): Alla
guerra mi porta / la mia necessit; / se avessi denari, / non ci andrei in verit.
Alcuni erano dei falliti: gente che gi aveva abbandonato il villaggio tentando
vanamente di guadagnarsi da vivere in citt; gente che non poteva (o non voleva)
seguire il mestiere paterno; gente, per citare limpietoso giudizio del governo
irlandese nel 1641, per lo pi inesperta dagricoltura e di manifattura, e tanto
avvezza a un ozio neghittoso da essere inetta e restia a ogni utile lavoro; che una
delle cause della povert e del bisogno che ora la induce a cercar fortuna altrove.
Ma a costoro si aggiungevano spesso uomini ridotti senza lavoro da una crisi
economica, o privati del raccolto da cause naturali o umane. Tutti gli ufficiali
reclutatori avvertivano che era molto pi facile trovare soldati quando i prezzi
salivano o scarseggiava il lavoro; e la somma pagata come gratifica
darruolamento variava in proporzione. In Francia la gratifica offerta
nellinverno 1706-1707, quando i prezzi erano relativamente bassi, si aggirava sulle
50 livres; nel 1707-1708, aumentati i prezzi, essa scese a 30 livres, e a 20 nel 17081709; e nel 1709-1710, dopo linverno peggiore da un secolo in qua, gli uomini si
arruolavano senza chiedere gratifiche di sorta: dato lalto prezzo del pane,
larruolamento era per i poveri affamati una delle poche possibilit di
sopravvivenza.
Ma non tutti i volontari erano spinti dalla necessit economica. Cera un
secondo gruppo, pi esiguo, di gente che desiderava cambiare aria. Alcuni per
sfuggire a problemi familiari (le ire di un padre o di un suocero putativo!), o al
rischio di comparire in giudizio per qualche reato penale o morale. Altri
semplicemente per vedere il mondo, o per integrare la propria educazione con una
esperienza militare: nel periodo 1620-40, per esempio, era diffuso fra i gentlemen
inglesi impegnati nel Grand Tour luso di passare qualche settimana nei Paesi
Bassi, sotto le tende di un esercito accampato in assedio. Altri ancora erano attirati
dalle emozioni e dai pericoli della vita militare, da prospettive di gloria e
pochi, che si riesce a stento a raccoglierne cinque o seimila per volta. Lo stesso
valeva per la Francia: il cardinale Richelieu, nel suo Testamento politico (1642)
notava: E quasi impossibile condurre con successo guerre grandi con sole truppe
francesi. Almeno un quinto delle armate di Luigi XIII e Luigi XIV era reclutato
allestero: si ritiene che fra il 1635 e il 1644 combattessero per la Francia 25.000
soldati irlandesi, accanto a numerosi reggimenti tedeschi e svizzeri reclutati in
paesi cattolici e protestanti.
Una seconda buona ragione per arruolare milizie straniere anzich indigene
era di ridurre al minimo il rischio di diserzioni. Nel 1630 un comandante
dellesercito spagnolo di Fiandra osservava: Se ci fosse una guerra in Italia,
sarebbe meglio mandare col soldati dei Paesi Bassi, e portare qui soldati italiani,
perch le truppe native dei luoghi in cui si svolge la guerra si sbandano alla prima
occasione, e non c forza pi sicura di quella dei soldati forestieri. E poco pi
avanti egli ribadisce: Al momento non si pu fare la guerra se non con truppe
forestiere, perch i reparti locali si disgregano subito. La Spagna perci praticava
sistematicamente una sorta di trasferta militare, mandando le truppe a prestare
servizio lontano da casa. Nessun altro Stato si spinse tanto avanti su questa strada,
ma nel XVII secolo gli eserciti olandesi, polacchi, russi, imperiali e svedesi
facevano tutti largo assegnamento su formazioni straniere.
Queste truppe forestiere, tuttavia, sebbene anchesse in gran parte
volontarie, non potevano essere reclutate direttamente, perch erano suddite di
altri stati. Venivano arruolate tramite appaltatori o imprenditori militari privati.
La procedura era semplice: si formava un contratto che impegnava il governo
cliente ad anticipare allimprenditore una certa somma di denaro e a versargli in
seguito regolarmente la paga stabilita, e conferiva allimprenditore il diritto di
nominare tutti i suoi ufficiali; in cambio limprenditore si impegnava a fornire un
determinato numero di soldati entro la data e nel luogo convenuti. Gli
imprenditori, per lo pi, erano in grado di lavorare alla svelta, perch erano dei
professionisti: di solito tenevano in servizio permanente un nucleo di ufficiali e
sottufficiali e potevano raccogliere il resto delle truppe nel giro di pochi giorni.
Questo sistema raggiunse il culmine durante la guerra dei Trentanni, con circa
1.500 individui che raccoglievano truppe a contratto in tutta Europa, dalla Scozia
alla Russia, per uno o pi committenti. Fra il 1630 e il 1635 cerano forse 400
imprenditori militari che reclutavano e mantenevano compagnie, reggimenti e
brigate equipaggiate di tutto punto. Interi eserciti furono raccolti in questo modo,
da appaltatori generali che si assumevano il compito di reclutare per uno Stato
un corpo di molti reggimenti. Lesempio pi famoso di questa forma estrema di
devoluzione militare Albrecht von Wallenstein, che per due volte mise in piedi un
intero esercito imperiale (nel 1625 e nel 1631-32), ma ci sono altri casi: Ernesto
conte di Mansfeld, per gli olandesi, nel 1623; il marchese di Hamilton per la Svezia,
e il duca Bernardo di Sassonia-Weimar per la Francia, nel decennio 1630-40.
Il pregio fondamentale di un imprenditore militare era la capacit
organizzativa e amministrativa. La vittoria in battaglia non era, stranamente, un
requisito indispensabile: certi condottieri (come Mansfeld e Dodo von Knyphausen
nel decennio 1620-30) passarono a quanto sembra da una sconfitta allaltra, ma
Louvois, fece molto per migliorare la sorte del soldato francese. Grazie a ci, e alle
pene draconiane non solo contro i disertori ma anche contro chi dava loro aiuto e
riparo, il fenomeno delle diserzioni cominci a essere sotto controllo. Nondimeno,
fra il 1684 e il 1714, circa 16.000 fuggiaschi dallesercito furono portati in catene a
Marsiglia come forzati per le galere.
L'APPROVVIGIONAMENTO
back to Index
Tuttavia la maggior parte dei soldati militanti in Europa durante let barocca,
comunque reclutati, non disertavano. Accettavano la disciplina militare e le
condizioni fissate dai codici militari, aspettandosi si ricevere in cambio dei loro
servigi paga, mantenimento e (in determinate circostanze) i frutti del saccheggio.
Ma le promesse erano una cosa e la realt unaltra. Durante tutta la prima met
del secolo, e in alcuni paesi assai pi a lungo, nessun governo ebbe risorse
finanziarie sufficienti a mantenere tutte le sue forze armate. Nonostante le tasse, i
prestiti e lalienazione di beni, il costo di una guerra superava regolarmente i fondi
disponibili. Cos, invece di dare a ciascuno la paga che gli spettava in contanti, gli
eserciti per lo pi venivano mantenuti con un complicato sistema di finanza
alternativa. Il sistema della devoluzione fu amaramente satireggiato da un
romanzo contemporaneo sulla guerra dei Trentanni, Der abenteuerliche
Simplicissimus (Lavventuroso Simplicissimus, 1669). Lautore, Hans Jakob
Christoffel von Grimmelshausen, dedica allargomento
una elaborata
similitudine, che paragona la gerarchia militare nei giorni di paga a uno stormo di
uccelli su un albero. Gli uccelli appollaiati sui rami pi alti, egli dice, facevano
gran festa quando un uccello-commissario volava sopra lalbero e rovesciava gi
una pentolata doro ne arraffavano il pi possibile, e lasciavano cadere poco o
niente sui rami di sotto; sicch gli uccelli situati su questi rami morivano pi spesso
di fame che per gli attacchi nemici.
In realt la visione di Grimmelshausen era alquanto capziosa, perch gli uccelli
dei rami bassi i soldati semplici avevano di fatto altri mezzi di sostentamento.
Anzitutto il saccheggio. Ogni soldato sognava di partecipare allassalto vittorioso
contro una citt che aveva rifiutato di arrendersi, perch in tal caso, secondo il
diritto di guerra del tempo, la citt poteva essere messa a sacco e i suoi abitanti
privati legittimamente della libert, degli averi e anche della vita. I riscatti e i beni
ottenuti con i saccheggio di una citt ricca potevano mutare ogni soldato vittorioso
in un principe. Le truppe imperiali che saccheggiarono Mantova nel 1630 e
lesercito francese che devast il Palatinato nel 1688-89, per esempio, tornarono a
casa con tonnellate di bottino; e le prede accumulate dagli Ironsides di Cromwell
nella vittoriosa campagna di Scozia, dalla battaglia di Dunbar nel 1650 al sacco di
Dundee lanno successivo, riempirono quaranta navi. Ma anche bersagli minori
contribuzioni venivano estorte con una minaccia molto semplice: di dare alle
fiamme il villaggio se non forniva loccorrente alle truppe. Ma questo era un
metodo poco opportuno se lesercito prevedeva di rimanere a lungo nella zona,
perch un villaggio si poteva bruciare una volta sola. Si svilupp quindi un nuovo
sistema inaugurato nei primi anni del secolo nei Paesi Bassi dal genovese Ambrogio
Spinola, comandante dellesercito di Fiandra dal 1603 al 1628. Fu consigliato allo
Spinola, se voleva avere la meglio sui nemici, di aver pi cura della gente del
posto che dei suoi soldati; perch i vostri soldati, mentre si estrae la loro paga in
Per, in Fiandra possono morire di fame; ma se trattate la popolazione con
riguardo, vi dar pane e benedizioni.
Cos, col tempo, tabelle di contribuzione furono redatte dai funzionari di
reggimento o di compagnia da un lato e dai magistrati locali dallaltro. Per tute le
cose fornite alle truppe si dava una ricevuta, e il totale veniva dedotto sia dalla
paga futura dei soldati sia dalle tasse dovute al governo dalla comunit. Inoltre i
comandanti rilasciavano lettere di protezione, che (almeno in teoria) garantivano a
un villaggio di non dover dare contribuzioni ad altre unit militari della zona. Fu
istituito un sistema di preavvisi per cui le comunit situate lungo la linea di marcia
dellesercito potevano preparare in anticipo il necessario per le truppe;
detraendone come si detto, i costo dalle tasse.
Occorreva pur sempre un certo esborso di denaro da parte dello Stato, ma il
suo ammontare era solo una frazione del costo effettivo dellesercito. In una lettera
del gennaio 1626, scritta allinizio del suo primo generalato, Wallenstein inform il
ministro delle finanze imperiali che gli occorrevano un paio di milioni di talleri
allanno per mandare avanti questa lunga guerra. Ma a quella data larmata di
Wallenstein contava 110.000 uomini e costava almeno cinque volte tanto. Inoltre, il
denaro imperiale non era versato direttamente alle truppe: era usato invece da
Wallenstein per mantenere il proprio credito personale e per provvedere i suoi
ufficiali e soldati dei beni e servizi indispensabili per la loro sopravvivenza come
valida fora combattente. Grazie a questo e alle contribuzioni, le paghe potevano
aspettare fino alla fine della guerra.
Nel periodo 1640-50 la maggior parte degli amministratori militari calcolavano
di fornire in natura tra la met e i due terzi della paga delle truppe, con vantaggio
dei soldati oltre che del governo. Infatti, come dice Cervantes, la guerra rendeva
generoso lavaro, e prodigo il generoso: i soldati tendevano a spendere il loro
denaro non appena lo ricevevano. Michel Le Tellier, ministro francese della guerra,
era dello stesso parere: Lungi dalleconomizzare le loro risorse egli scriveva
qualche tempo dopo, i soldati spendono spesso in un giorno la paga di dieci, per
cui non hanno mai di che comprare indumenti e scarpe. Fornire direttamente
questi generi essenziali era dunque economicamente un buon affare per i soldati
come per lerario. E dubbio tuttavia che molti civili trovassero vantaggioso questo
sistema alternativo. Il costo esatto delle contribuzioni non lo sapremo mai,
perch non tutti i relativi documenti si sono conservati;ma certo che esse
costituivano un onere grave e a volte disastroso per le popolazioni civili interessate,
specialmente durante la guerra dei Trentanni. Si calcolato, per esempio, che fra
il 1631 e il 1648 gli eserciti svedesi raccolsero con le contribuzioni dieci-dodici volte
quanto arrivava dal tesoro di Stoccolma. Villaggi, cittadine e anche citt grandi
potevano essere completamente rovinate dallarrivo di truppe nelle vicinanze.
Nella seconda met del secolo, tuttavia, le contribuzioni cessarono di essere il
principale puntello della finanza militare. In Francia, per esempio, nellultimo
decennio del Seicento esse costituivano probabilmente non pi del 20% delle
entrate dellesercito; e la loro riscossione era regolata assai meglio. A citt e villaggi
le contribuzioni richieste venivano notificate con moduli a stampa riempiti caso
per caso e spediti anticipatamente per posta. Ma per le comunit pagare
direttamente anche solo un quinto del costo degli eserciti di Luigi XIV era un
onere molto gravoso, e spesso si riusciva a estorcere le contribuzioni solo con la
minaccia di dare alle fiamme i villaggi recalcitranti. Nel 1691 il re in persona
osservava: E terribile essere costretti a bruciare villaggi per costringere la gente
a pagare le contribuzioni, ma poich non si riesce a farle pagare n con le buone n
con le cattive necessario continuare a usare mezzi estremi (Luigi XIV al
maresciallo Catinat, 21 luglio 1690).
Una delle ragioni per cui diminu la fiducia nelle contribuzioni per
lapprovvigionamento militare fu il desiderio di migliorare la qualit e soprattutto
luniformit dellequipaggiamento. Nei primi decenni del secolo, a giudicare dalle
pitture dellepoca e dagli abiti dei militari conservati nei musei, sembra che ai
soldati fosse normalmente consentito di vestirsi come volevano. Cerano peraltro
qua e l tentativi di standardizzare labbigliamento e di creare uniformi. Tutti gli
uomini della milizia formata nel 1605 dal duca di Neuburg nella Germania
meridionale dovevano portare la stessa livrea militare; la guardia della citt di
Norimberga, costituita nel 1619, ebbe anchessa una divisa comune; e i due nuovi
reggimenti raccolti nello stesso anno dal duca di Brunswick-Wolfenbttel furono
vestiti uniformemente di panno azzurro. Ma queste erano eccezioni. Gustavo
Adolfo di Svezia aveva reggimenti che venivano designati con un colore (i rossi,
gli azzurri ecc.); ma sembra che il colore si riferisse solo agli stendardi.
Nel Manuale di guerra pubblicato nel 1651 dallo zurighese Hans Conrad
Lavater, alcune pagine erano dedicate allabbigliamento militare; ma parlavano
solo di foggia e qualit, non del colore. Soprattutto lautore consigliava
allaspirante soldato di vestirsi con giudizio: scarpe grosse, brache robuste e calze
spesse; due camicie pesanti; giubba di pelle con un mantello per ripararsi dalla
pioggia; cappello largo di feltro per proteggersi dal sole e dallacqua. Gli
indumenti dovevano essere di taglio abbondante per dare pi calore; ma senza
pelliccia e con poche cuciture, che erano un vivaio di parassiti. E evidente che il
manuale non contemplava uniformi di sorta: ed facile capire perch. Intanto
non tutte le truppe di un esercito del primo Seicento appartenevano allo stesso
signore della guerra. Fra gli imperiali, nel 1640-50, cerano reparti sassoni,
bavaresi, vestfalici e spagnoli, oltre a reggimenti austriaci. Inoltre una stessa
formazione comprendeva a volte uomini reclutati in tempi e luoghi diversissimi.
Nel 1644 un reggimento bavarese sul quale abbiamo una documentazione
particolareggiata poteva vantare soldati di ben 16 nazionalit: oltre ai tedeschi
(534) e agli italiani (217), i due gruppi pi numerosi, cerano polacchi, sloveni,
croati, ungheresi, greci, dalmati, lorenesi, borgognoni, francesi, boemi, spagnoli,
il pane ci volevano forni (ognuno di 500 mattoni), legna da ardere, carri per
trasportare la farina, i forni e la legna Infine i cavalli necessari per tutto questo,
e per la cavalleria, lartiglieria, gli ufficiali, le salmerie forse 20.000 animali, in un
grande esercito in campo consumavano circa 90 quintali di foraggio, ossia 160
ettari di pascolo ogni giorno.
Nella seconda met del Seicento, crescendo gli eserciti, il problema di
organizzare questa mole di approvvigionamenti per operazioni prolungate indusse
gli Stati, uno dopo laltro, a riassumere i compiti prima delegati agli imprenditori
militari. Il primo a battere questa strada fu, forse non a caso, il solo paese
dEuropa governato da un soldato di mestiere: la repubblica britannica.
Allindomani dellesecuzione di Carlo I, nel gennaio 1649, il nuovo governo
repubblicano di Londra decise di invadere e conquistare lIrlanda. Si sapeva fin
dallinizio che la forza di spedizione non avrebbe trovato mezzi di sussistenza su
quellisola, povera e arretrata; doveva portare tutte le sue provviste con s. Ma
dato che lInghilterra era in guerra dal 1642, le industrie chiave erano gi
organizzate in modo da poter soddisfare rapidamente nuove ordinazioni. Fra il
giugno 1649 e il febbraio 1650 furono spedite a Dublino circa 6.000 tonnellate di
grano e di segale 250 tonnellate di formaggio, 150 di gallette e 5.000 ettolitri di
birra (oltre a quantit minori di sale, salmone, lardo, riso e uva passa). La
Repubblica, sembra, forn ai circa 16.000 soldati del corpo di spedizione il 90% del
pane, il 50% del formaggio e il 40% della birra quotidiani (deducendone il costo
dalla loro paga). Ma non basta. Lesercito, comandato da Oliver Cromwell, port
anche con s una scorta considerevole di denaro liquido, in parte per le paghe dei
soldati, ma anche per lacquisto di vettovaglie supplementari. Un proclama garant
che chiunque poteva portare e vendere liberamente provviste allesercito,
ricevendone pagamento in contanti. I soldati sorpresi a saccheggiare venivano
impiccati. Inoltre nellinverno del 1649-50, quando lesercito di Cromwell era
acquartierato per la sosta invernale, il governo di Londra organizz linvio di
17.950 serie di indumenti (scarpe, calze, brache e camicie), insieme a 17.000 metri
di panno per soprabiti e a 19.000 metri di tela per fare tende per la nuova
campagna. Questa impresa logistica agevol la conquista inglese dellIrlanda in
tempi notevolmente brevi, e fu ripetuta in Scozia nel 1650-51.
In tre anni lesercito di Cromwell riusc cos a unificare per la prima volta tutte
le Isole Britanniche: gli ordini del governo di Londra giungevano ed erano obbediti
in ogni angolo dellarcipelago, senza eccezione. Certo, lefficienza combattiva
dellesercito di Cromwell, forgiato nelle guerre civili dInghilterra, fu essenziale
per ottenere questo risultato; ma le truppe furono in grado di battersi
vittoriosamente, spesso in zone remote dove nessun esercito aveva mai
guerreggiato, soltanto grazie al loro ottimo sistema di rifornimenti. Una cosa
certa, ricordava in seguito uno dei partecipanti allimpresa: nelle ultime guerre,
Scozia e Irlanda sono state conquistate grazie ai tempestivi rifornimenti di
formaggio del Cheshire e di gallette.
Lesempio inglese fu studiato allestero, specie in Francia (con la quale
Cromwell strinse una breve alleanza che port i due eserciti a combattere insieme
sul continente per alcuni anni). Il giovane Luigi XIV vide ben presto i vantaggi di
Lartiglieria svedese poteva lanciare ogni sei minuti una palla di ferro di 9 kg alla
distanza di 1.700 metri; i moschettieri, che costituivano un po pi della met delle
truppe di Gustavo, erano in grado di sparare salve ripetute di pallottole di piombo
di circa 20 mm di diametro con notevole precisione fino a 50 metri, e con una
precisione del 50% circa fino a 75 metri.
Il risultato di questi vari sviluppi era la morte di un gran numero di soldati. I
medici dellepoca erano in grado di curare molte ferite darma bianca, ma non le
fratture ossee provocate dalle palle di moschetto o di cannone. A Breitenfeld i
morti furono 7.600, pi di un quinto degli imperiali sconfitti; conlavanzare del
secolo, allaumento percentuale di moschettieri e cannoni corrispose laumento
delle perdite. Nella battaglia di Malplaquet (1709) le due parti persero circa un
quarto degli uomini; complessivamente, forse 50.000 morti in una sola giornata. Le
perdite erano di solito molto gravi, sembra, indipendentemente dalla durata del
combattimento. Se le due parti erano di forza pari, come a Malplaquet, il massacro
era spaventoso. Se erano disuguali, alla sconfitta della forza inferiore poteva tener
dietro un accanito inseguimento e unaltra strage, perch molti soldati fuggiaschi e
interi reparti venivano uccisi a sangue freddo dagli avversari (con laiuto talvolta
dei contadini del luogo). Anche una ritirata in buon ordine poteva costare gravi
perdite umane. Nel novembre 1643 lesercito francese al comando di Turenne,
sconfitto nella battaglia di Tuttlingen (in Baviera) fu costretto ad abbandonare le
salmerie e ad arretrare sino al Reno nel cuore dellinverno: dei 16.000 superstiti
della battaglia, appena un terzo sopravvisse alla ritirata. Lanno seguente un
esercito imperiale che aveva invaso lo Holstein fu costretto dal nemico a ritirarsi
attraverso territori devastati a tal punto che la maggior parte dei soldati morirono
di fame. Secondo un cronista contemporaneo, dei 18.000 uomini che avevano
cominciato la ritirata soltanto un migliaio tornarono a casa: sicch sarebbe
difficile trovare altro esempio di un esercito distrutto in cos breve tempo senza una
grande battaglia. Alla stessa data il cardinale Richelieu osservava nel suo
Testamento politico: Vediamo nelle storie che gli eserciti sono periti molto pi
spesso per mancanza di cibo e di ordine che per mano nemica.
Causa di perdite umane altrettanto gravi erano gli assedi, assai pi frequenti
delle battaglie nella maggior parte delle guerre. Nel 1628, dei 7.833 inglesi
imbarcati a Portsmouth per portare soccorso a La Rochelle in Francia, 409
perirono quasi subito nello sbarco sullisola di R, 100 nelle trincee e 120 per
dissenteria; 3.895 caddero in assalti sfortunati alle ridotte francesi o nella ritirata
finale; e altri 320 andarono dispersi. I superstiti della campagna che tornarono a
Portsmouth in ottobre furono soltanto 2.989: una perdita del 62% in tre mesi. Lo
stesso anno, durante il blocco di Stralsunda, il reggimento scozzese di Mackay (900
uomini) fu in servizio fra i difensori per sei settimane consecutive. Secondo il suo
colonnello, anche il cibo veniva portato agli uomini al posto di combattimento: da
cui non potevamo allontanarci per lordinaria ricreazione e nemmeno per
dormire n ci toglievamo mai i panni di dosso, salvo per cambiare vestito o
camicia. In quaranta giorni i morti del reggimento furono 500, i feriti 300 (fra cui
il colonnello). E tuttavia gli scozzesi si consideravano fortunati perch se
Stralsunda fosse stata presa dassalto avrebbero potuto morire tutti come la
guarnigione di Francoforte sullOder nel 1631, sconfitta e massacrata sul posto. In
quel caso ci vollero sei giorni per seppellire i 3.000 difensori imperiali, insieme agli
800 soldati morti nellassalto: tanto the alla fine i morti venivano gettati a mucchi
in grandi fosse, pi di cento in ognuna.
Molti soldati, inutile dirlo, morivano non di ferite ma per altre cause. Come
osserva il gi citato James Turner la vita militare era dura, anche senza i rischi del
combattimento; specialmente per le nuove reclute, che prima non sapevano cosa
volesse dire non fare due o tre pasti al giorno e non andare a letto la notte a unora
opportuna, e che adesso dovevano trascorrere la notte nei campi con poco o
nessun riparo, marciare sempre a piedi e bere acqua. Nel 1620 unarmata di
italiani proveniente dalla Lombardia attravers il Piemonte diretta alla guerra nei
Paesi Bassi; un osservatore giudic che su di essa cera da fare poco assegnamento:
i soldati delle prime due file avevano buon aspetto e unaria marziale, ma gli altri
erano poveri ragazzi fra i 16 e i 20 anni, deboli e malvestiti, i pi senza cappello o
senza scarpe. I loro carri sono gi pieni di ammalati, sebbene siano in marcia da
cinque giorni soltanto, e il sono convinto che met di loro cadranno lungo la
strada. Il viaggio da Milano a Bruxelles era una marcia di 1.000 chilometri, e
bisognava attraversare le Alpi (di solito per il valico del Moncenisio); ma almeno
era un viaggio in territorio amico. Altri eserciti erano meno fortunati. Fra il 1630 e
il 1633 le truppe svedesi marciarono in Germania per 5.000 chilometri, da
Peenemunde sul Baltico a Magonza sul Reno, a Monaco di Baviera e al
Brandeburgo, combattendo quasi di continuo. Nel 1654, in tre mesi di campagna
nelle valli inospitali e sui passi dei monti scozzesi, lesercito inglese di conquista
percorse circa 1.600 chilometri; e morirono pi uomini per le fatiche sopportate
che per opera del nemico.
Infine, oltre alle ferite, alla fatica e alla fame, mietevano vittime le malattie.
Nella brigata scozzese che combatt in Germania fra il 1626 e il 1633, sembra che
gli ammalati fossero normalmente il 10%, con punte molto pi alte nelle
periodiche epidemie. Le truppe imperiali entrate in Italia nel 1630-31 per
partecipare alla guerra di Mantova portarono con s la peste bubbonica, che non
solo decim le loro forze ma fece strage nella popolazione della Lombardia (e forn
ad Alessandro Manzoni lo sfondo indimenticabile dei Promessi Sposi).
E i soldati che non morivano in servizio? Alcuni si salvavano almeno
temporaneamente, perch cadevano prigionieri. In questo caso, nella prima met
del secolo i soldati semplici venivano di solito liberati previo giuramento di non
riprendere le armi per un certo periodo contro il vincitore; oppure indotti a unirsi
allesercito a cui si erano arresi. Nel 1631 anche gli italiani catturati da Gustavo
Adolfo durante la campagna renana furono accolti nellesercito svedese (ma
disertarono non appena raggiunti, lestate seguente, i colli prealpini). In
Inghilterra, nel 1645, dopo la grande vittoria dei Parlamentari a Naseby, molti
soldati realisti (catturati in battaglia o con la resa successiva delle guarnigioni)
furono convinti ad aderire allesercito di Cromwell. Ma questuso di mutare i
nemici di ieri in guardie del corpo era potenzialmente pericoloso; e col progredire
del secolo si adottarono una serie di alternative. Divent norma il riscatto dei
prigionieri di guerra. Per esempio dopo la battaglia di Jankow (1645) i vincitori
offrirono in riscatto, a 120.000 talleri, linero stato maggiore degli imperiali
IL FINANZIERE
back to Index
qualsiasi titolo procura al principe i capitali che gli permettono di far fronte ai suoi
impegni.
La Francia, con i suoi 18-20 milioni di abitanti, con i pi vari e fertili territori e
la variet delle sue produzioni, si afferma come la pi ricca monarchia dOccidente.
Lincremento dellautorit del sovrano si accompagna allo sviluppo di
uninfrastruttura giudiziaria ed amministrativa che penetra tutto il regno,
superando resistenze e opposizioni. Le funzioni che gli amministratori svolgono
nella societ sono pertanto considerevoli, e vengono accresciute dalla possibilit di
esercitarle a titolo ereditario, grazie al principio della venalit degli uffici. Queste
funzioni non intaccano minimamente la potenza dellaristocrazia. Quest'ultima,
padrona della rendita fondiaria, rimane la prima forza economica e sociale, legata
nella sua parte pi antica alla propria egemonia guerriera. In questo modo il re di
Francia dominando uomini e beni, pu condurre una politica aggressiva, che mira
ad imporre il suo primato su tutta lEuropa. La monarchia dei Borboni, seguendo
una tradizione plurisecolare vuol essere uno stato militare. E solo la Francia in
realt in grado di portare leffettivo delle sue truppe in meno di cinquantanni da
alcune decine di migliaia a quasi quattrocentomila uomini, cifra a quellepoca
inaudita. Questo non le impedisce, sotto limpulso di Richelieu e di Colbert, di
dotarsi di una flotta e di una serie di infrastrutture marittime che le permettono di
battere la Spagna e di rivaleggiare, ad un certo punto, con le Province Unite e
lInghilterra. Tra il 1610 e il 1715 la Francia combatte un anno su due, e quando non
lo fa si prepara a farlo.
Ecco perch gli imperativi finanziari sono i pi pressanti. Il re di Francia sembra
cronicamente messo alle corde: le casse dello stato risuonano vuote. Ogni volta il
sovrano sfugge al disastro grazie allappoggio mai negato, malgrado i rischi, dei
finanzieri.
La scelta del finanziere, mettersi nelle finanze, fa di lui un emarginato,
bersaglio di tutte le ostilit. In un certo senso, questa scelta ricorda la vocazione
religiosa; in entrambi i casi si rompe con il mondo: nelluno, per porsi al
servizio,riverito, di Dio;nellaltro, per la spregevole adorazione del Vitello DOro.
Con la sua ineluttabile conseguenza e la sua finalit ultima il profitto il traffico
dl denaro colloca il candidato nel crocevia di tutti gli antagonismi che esso suscita
nella societ. In un universo profondamente cristiano, rivivificato dal soffio
infuocato della Controriforma, in una societ in cui le lites, per ragioni etiche,
disprezzano o ostentano di disprezzare tutto ci che ha a che fare con le arti
meccaniche, il commercio e perci anche le attivit finanziarie, perch ritenuto
indegno; in una societ composta in gran parte da contadini stritolati dal fisco, come
potrebbe il finanziere non essere considerato il nemico pubblico, il rappresentante di
una categoria maledetta da denunciare e perseguitare con accanimento? Tanto pi
che lapparente successo sociale e materiale rafforza lodio, alimentato da invidie e
dispetti.
Il finanziere si fa beffe dellinsegnamento della Chiesa, la quale ha sempre
vietato il prestito ad interesse, di fatto assimilato allusura. La Controriforma non
ha minimamente attenuato la portata del messaggio evangelico, anzi. Il beato Alain
de Solminihac, vescovo di Cahors, esempio perfetto di prelato riformatore nel regno
di Francia, afferma che lusura uno dei peccati che si oppongono maggiormente
alla salvezza delle anime, cattiva perch contraria al diritto naturale divino e
canonico. Il suo collega e amico Etienne Pavillon, laustero vescovo di Alet,
giansenista estremo, assume nel suo Rituale questa stessa intransigenza. Il finanziere
destinato alle fiamme dellinferno. In un mondo religioso come quello del XVII
secolo, difficile capire perch mai un individuo scelga di esporsi ad essere messo
allindice.
Non c suddito del re di Francia che non disprezzi pubblicamente il finanziere.
In effetti, come responsabile delle entrate dello Stato e della loro riscossione, egli fa
sentire la sua presenza al popolo tramite una serie di intermediari che sono
considerati altrettanti persecutori. Nello stato di guerra, il sistema fiscale si
appesantisce sempre pi per i contadini sui quali gravano limposta diretta, la
taglia, ma anche le imposte indirette, applicate sulla circolazione e il consumo delle
derrate agricole e delle bevande, sul sale e sui manufatti. Questo carico fiscale, nel
solo decennio 1630-40, triplica. La politica di Richelieu, mirante alla sconfitta della
casa dAustria, implica per la Francia il saper condurre una guerra finanziaria che
opponga il pi ricco stato della cristianit alla corona detentrice delle ricchezze del
Nuovo mondo. SI tratta davvero di una partita a braccio di ferro, e per vincerla
ognuno investe nella battaglia tutte le sue risorse. I sudditi verranno spremuti, e se
necessario schiacciati, per ottenere la vittoria finale.
Un simile programma richiede unaccorta manipolazione del corpo sociale:
malgrado le pretese assolutistiche del monarca, la nozione dellimposta liberamente
accettata resta ancora da scoprire. La taglia, imposta di ripartizione, e soprattutto le
imposte indirette, appaltate come limpopolarissima gabella del sale,sono riscosse da
tutta unamministrazione in parte statale per la taglia, e privata per le imposte date
in appalto. Cos, i rapporti tra le popolazioni ed i finanzieri diventano ben presto
conflittuali perch si esprimono in un clima di coercizione. La lotta tra amministrati
ed esattori delegati dai finanzieri prend una piega drammatica; a mano a mano che
la guerra si protrae, i popoli diventano pi insofferenti verso i molteplici prelievi
fiscali. Il sentimento di spoliazione che accompagna il pagamento obbligatorio sfocia
immancabilmente nella collera quando i cattivi raccolti rendono ancora pi precaria
la condizione rurale.
In tutto il regno, finanziere diventa sinonimo di essere cupido, insensibile alle
sofferenze della povera gente, che esercita la sua triste professione tramite i suoi
factotum, indissociabile da unintollerabile oppressione. Il furore che suscitano i
gabellieri pu dare unidea di quel che scatenerebbe il loro padrone se fosse l
presente. Sono numerosi gli attentati perpetrati nei villaggi contro gli agenti del
fisco. Quanti maltrattamenti, quanto omicidi? La complicit pi o meno dichiarata
che i contadini ottengono dai nobili di campagna, se non addirittura dai grandi
signori, li incoraggia sulla via della sedizione. La nobilt approfitta di questa
agitazione endemica per difendere la sua posizione nelle province, per accrescere a
buon mercato la sua popolarit e, soprattutto, per controbilanciare la volont
centralizzatrice del monarca, che vorrebbe fondare la sua preminenza sulle rovine
degli antichi splendori del secondo ordine.
Questo insieme di obblighi legati alla guerra spiega perch tra il 1635 e il 1675
scoppiano in tutto il regno numerose alterazioni, sommosse in cui sempre
presente la componente antifiscale. E il caso dei Croquants dellAngoumois e del
Poitou (1636), dei Nu-Pieds di Normandia nel 1639, e della rivolta della carta bollata
in Alvernia nellestate del 1675. Il grido, ripetuto da provincia a provincia viva il re
senza gabelle, riassume sia il confitto col fisco sia la repulsione verso il finanziere.
Continuando la guerra, e restando le entrate ordinarie allo stesso livello, la
monarchia deve senza tregua inventare nuovi espedienti raggruppati sotto
letichetta di affari straordinari. Operazioni finanziarie che vanno dallemissione
di rendite alla richiesta di prestiti tramite ipoteche ed alienazioni di propriet
demaniali, passando per la vendita degli uffici. Questa registra un grande
incremento nel corso del XVII secolo, facilmente comprensibile poich le cariche
giudiziarie ed amministrative sono venali. Rendite, prestiti, vendite di uffici e
cessioni di diritti alimentano un commercio controllato dallo stato, il quale stringe
accordi con dei privati incaricati di rivendere questi titoli di rendita. Tali accordi
vengono chiamati contratti o partiti; i partitari entrano a far parte del
piccolo mondo della finanza, e il loro appellativo simboleggia tutto ci che la rende
odiosa. Questi trafficanti di denaro, stimolati dalle richieste pressanti della
monarchia la trascinano, col suo consenso, in una spirale senza fine. La facilit del
processo ne nasconde i suoi aspetti perniciosi. I pubblicani non smettono di proporre
al potere nuovi affari, ansiosi di placare il suo appetito di metallo prezioso e di
procurarsi ingenti profitti.
Nella Francia del XVII secolo, per le frange benestanti del mondo rurale e della
borghesia commerciante, non esiste migliore strumento di promozione sociale del
pubblico ufficio. Tanto pi che al termine di un cursus ben collaudato c la
possibilit di inserirsi nei gruppi dirigenti. Lesercizio di un pubblico ufficio come le
cariche presso le corti supreme, che nobilita al secondo grado, o quella di segretario
del re, che conferisce la nobilt di primo grado (ereditaria), costituisce una non
piccola attrattiva per delle persone la cui massima ambizione appartenere al
secondo ordine.
La rendita di stato una comoda fonte di finanziamento, camuffata volentieri
dietro la finzione del Municipio di Parigi come garante delle emissioni. Essa
partecipa anche, assieme alla rendita fondiaria, alla costituzione ed al
consolidamento del patrimonio dei benestanti francesi. La gestione degli affari
straordinari seguita con passione, la minima azione dei finanzieri, pronti a
speculare, suscita inquietudine.
Gli imperativi della guerra spingono lo Stato a moltiplicare le rendite, i pubblici
uffici, speculando sullalienazione dei beni demaniali e sullimposizione di un
vantaggioso riacquisto prima che intervenga unennesima alienazione. Il fiorire di
queste operazioni straordinarie mira essenzialmente a salassare gli strati pi agiati
della borghesia ed anche della nobilt, che si preoccupano delleccesso di simili
espedienti. Il problema che creando troppi uffici si causa anche la loro
svalutazione. Allo stesso modo, appesantendo il debito si gonfiano le rendite e
improvvisamente diventa problematico il pagamento.
Davanti alla gravit del male, che impera grazie alla diabolica invenzione dei
pubblicani, i pubblici funzionari si dichiarano nemici della gabella. Il movimento
parte dai molto influenti parlamentari e raggiunge tutte le catgorie. Oltre al simore
del danno materiale, questi signori vedono nel finanziere il simbolo dello stato
assolutistico. Il contenzioso economico tra loro e la corona si accompagna
allopposizione politica: lintensit dello scontro si raddoppia.
Davanti al rafforzamento del potere monarchico e alla sua volont di ridurre i
compiti della loro istituzione alla semplice registrazione dei decreti regi, i membri
dei Parlamenti (i Parlamenti erano le Corti di Giustizia alle quali spettava la
verifica della costituzionalit delle leggi) scelgono di calarsi nel confortevole ruolo di
padri dei popoli oppressi: proteggono la corporazione e se la prendono con una delle
componenti del potere pubblico, potere che intende restringere le loro pretese ed
aspirazioni.
La Fronda parlamentare trae la sua forza dal sentimento di ostilit ai finanzieri
e al fisco che anima i popoli, e la vecchia aristocrazia non da meno. Per ragioni
simili a quelle dei parlamentari, entra anchessa nel concerto delle lamentazioni.
Dichiara di voler difendere la propria integrit sociale dallinvasione di questi
ricchissimi parvenus che macchiano la virt di un gruppo anchesso minacciato
dal rafforzamento e dallambizione del potere monarchico.
Richelieu afferma: i finanzieri sono un male, ma un male necessario. In effetti
si rivelano gli ausiliari pi indispensabili dello Stato, poich senza la loro opera lo
Stato non esisterebbe e non potrebbe agire; anzi, la loro crescente importanza
suscita qualche inquietudine nellambito del potere. Richelieu sa fino a che punto le
sue decisioni e iniziative dipendono dagli uomini daffari e questa subordinazione gli
insopportabile.
La monarchia, impegolata in una guerra la cui conclusione non imminente si
rende conto di essere imprigionata nelledificio aberrante dei prestiti sottoscritti e
che non pu rimborsare. Siccome il denaro scarseggia, i pubblicani devono pagarlo
pi caro, e il loro compito diventa pi oneroso. Linteresse aumenta continuamente:
lo sconto che lo Stato obbligato a concedere arriva al 25%, poi al 30%, fino a
raggiungere in certi casi il 50%. Come potrebbero non essere considerati dei veri e
propri predatori che si dividono le spoglie dello Stato?
Sorge naturalmente lidea di estinguere i debiti sulle spalle dei finanzieri,
principali creditori della monarchia. Questa iniziativa le permette anche di
riconquistare una popolarit offuscata e di rafforzare unautorit vacillante. Eccola
dunque denunciare e in seguito attaccare la categoria meno amata del paese; in
Francia i tribunali colpiscono per tutto il secolo cominciando nel 1601 e
proseguendo nel 1605, 1607, 1624, 1648, 1662 e realizzano a vantaggio dello Stato
un duplice obiettivo: arrestare lindebitamento e riconquistare gli animi. Una tattica
eccellente per disarmare la coalizione degli oppositori, borghesi, funzionari e nobili.
Alla fine, il finanziere bandito dalla societ da tutti i punti di vista; donde la
visione negativa che gli uomini del XVII secolo hanno di questo individuo.
Scarron, che dominano gli appalti della riscossione delleimposte tra il 1632 e il 1661.
Bonneau lancia dei prestiti secondo le modalit appena descritte. Il finanziatore un
nobile i 75% appartiene al secondo ordine e di un funzionario: il 65% investito
di una carica pubblica. Si va dal possessore di cariche giudiziarie al funzionario
contabile, passando per i segretari del re ed i membri dei Parlamenti, che da soli
forniscono il 40% dei diretti interessati. Se questi finanziatori costituiscono una
fascia di nobili abbastanza consistente non tutti lo sono: c anche una discreta
percentuale (16%) di membri provenienti dalla vecchia e potente aristocrazia di
spada. Da notare infine il ruolo attivo delle donne, un terzo circa dei prestatori, per
lo pi vedove ben avvedute. Tutto ci testimonia la falsit dei luoghi comuni quando
si descrive lemarginazione femminile durante lancien rgime. Grazie alle
convenzioni matrimoniali, scrupolosamente definite dal contratto di matrimonio, le
donne si affermano come un fattore di mobilit e di conservazione del patrimonio
per le famiglie della vecchia Francia. Spesso molto esperte in materia di affari,
conducono unintensa attivit finanziaria.
Alla fine, in questo universo, tutte le famiglie si ritrovano in qualche modo
imparentate. Tramite la condizione nobiliare, lo statuto di funzionari pubblici e la
rete di alleanze, sono tutti appartenenti allo stesso ambiente dalle molteplici
sfaccettature che riflette una sola immagine, quella dei capitalisti del regno.
Lesame del volume e dellampiezza delle partecipazioni rivela che molto rari
sono coloro che investono regolarmente negli appalti, circa il 5%, ma in questo caso
la somma investita molto elevata, diverse centinaia di migliaia di livres. Gli altri
trattano cifre dellordine di qualche decina di migliaia di livres, sotto forma di
investimento congiunturale. Tutto questo mostra come la finanza un feudo
delllite, in particolar modo della nobilt di toga e di spada, al servizio dello Stato
ai livelli pi alti. I nomi pi illustri dellambiente togato, quelli che hanno fornito
alla Monarchia i suoi pi grandi commessi, sono a fianco delle famiglie pi antiche.
Daltro canto si tratta di unattivit finanziaria come unaltra, e bisogna pur
diversificare i propri investimenti. Per portare a termine questa forma di
investimento costoro non esitano ad entrare in un gioco che a lungo andare tende ad
impoverire dei colleghi, anzi nel caso dei funzionari pubblici a rivolgersi contro
di loro. Leggerezza? Illogicit? Non tanto. Certamente colpisce incontrare tra i pi
grossi investitori dei parlamentari come i dAligre, i Turquant, il presidente
Tambonneau o il presidente Violle, questultimo al tempo stesso frondista e perci
avversario, in teoria dei finanzieri. Ma quando il beneficio sicuro e garantito la
sete di guadagno spazza via tutte le altre convenzioni, tutti gli interessi di gruppo,
tutti gli ideali. Se il sistema finanziario sinceppa e travolge le speranze di coloro che
vi si appoggiavano si assiste ad un capovolgimento generale. Di fronte al pericolo
crescente, questi attori indiretti della pice finanziaria vanno a mettersi a fianco
dei nemici della gabella, si uniscono alle loro voci per criticarla vigorosamente. I
lamenti delle vittime del sistema si confondono di colpo con i suoi artefici occulti che
piangono il profitto perduto.
Lo Stato, messo alle strette, lascia proliferare gli espedienti fino al momento in
cui questi perdono la loro efficacia perch il credito si esaurito: il denaro si rintana
in attesa di tempi migliori. Il potere constata allora la sua bancarotta e i finanzieri,
che intravedono lo spettro del risanamento cercano di proteggersi. Sanno che prima
o poi ne faranno le spese. Prendono dunque le classiche precauzioni: separazioni di
beni fra congiunti, messa al sicuro degli effetti e, naturalmente, della liquidit presso
istituzioni religiose, reclutamento di prestanomi ecc.
La Chambre de Justice pu allora riunirsi, pi per dichiarare la bancarotta e
fare opera di propaganda che per purgare una buona volta il sistema. Il finanziere si
vede condotto davanti a un tribunale straordinario, con giudici nominati per
commissione, dunque agli ordini del re, incaricati di istruire un processo penale,
caso per caso, e senza appello. Il finanziere deve rendere conto di ogni soldo e
restituire le somme che i commissari fingono di credere indebitamente trattenute
dallaccusato. Cosa pi grave, si indaga su tutte le frodi che egli ha potuto
commettere nellesercizio delle sue funzioni, frodi che possono essere assimilate ad
una sottrazione di denaro pubblico. Essere riconosciuto colpevole di furto ai danni
del re unaccusa gravissima; il reato di peculato, se provato, comporta una
sentenza di morte. E le informazioni sullinquisito rischiano di affluire numerose,
dal momento chela popolazione invitata a mobilitarsi contro linfame e la
delazione viene generosamente retribuita.
Il finanziere non resta inattivo nellavversit. Si difende sfruttando gli arcani del
diritto. Lepoca possiede a fondo larte del cavillare; il finanziere si avvale delle
condizioni permesse dalla stessa monarchia per dimostrare la veridicit dei crediti
che vanta sullo Stato. Tutto questo genera una massa di procedure che rallentano i
dibattimenti e che tolgono gran parte dellefficacia al lavoro del tribunale. Lo Stato
si dichiara creditore privilegiato e pu, a mano a mano che si abbattono le
condanne, impossessarsi dei beni del finanziere e metterli allasta. Gli uffici, le terre,
gli immobili, difficili da nascondere, finiscono cos nelle mani del re. Tocca a lui,
adesso, arricchirsi a spese del suo ex finanziatore.
Questo recupero da parte dello stato non lascia indifferenti gli investitori occulti
che prestavano il loro denaro al finanziere. Le reazioni, dapprima moderate, lo sono
molto di meno quando ogni soluzione positiva sembra essere esclusa. Quando si
rendono conto che i beni che costituivano la loro garanzia sono stati fagocitati
tornano alla carica reclamando i loro diritti. La monarchia, prendendosela col loro
intermediario, commette nei loro confronti un torto considerevole. Siccome essi
rappresentano i gruppi dirigenti e i pi solidi sostegni del regime lo Stato non pu
attaccarli senza scatenare un conflitto politico-sociale. Ogni crisi finanziaria,
durante lancien rgime, minaccia di degenerare rimettendo in questione il
fondamento stesso della monarchia.
Lo Stato, tuttavia, sa fin dove pu arrivare; vuole cancellare i suoi debiti ma non
vuole aprire una crisi le cui conseguenze potrebbero diventare incontrollabili.
Sceglie perci la via del compromesso; la transazione segue sempre lapertura della
Chambre de Justice e si effettua secondo una procedura immutabile. Si sospende
lesecuzione delle sentenze e si offre lamnistia ai condannati in cambio del
pagamento delle ammende. Spetta al Ministero delle Finanze fissare limporto e le
modalit di pagamento. Il pi delle volte si tratta di diversi titoli che corrispondono
ai crediti che i finanzieri vantavano sullo Stato. Cos, questultimo fa bancarotta
senza doverlo dichiarare e conserva il capitale in terre, case, uffici, che garantiscono
IL SEGRETARIO
back to Index
Nel 1561 Giovan Battista Nicolucci, detto il Pigna, segretario del duca Alfonso
dEste, pubblica Il Principe a Venezia. Con questo libro si passa dallistruzione del
cortigiano (il Libro del Castiglione del 1528) allistruzione, specialistica e settoriale,
delle competenze operative di ideali funzionari di segretaria
Nel gergo del Pigna principe eroico quello amorevole e totalmente opposto al
tirannico.
Si trattava di aristocrazia delle lettere, contrapposta alla nobilt di casta. Il
Pigna aveva fatto del segretario un consigliere del principe: un filosofo capace di
coniugare la vita attiva con la contemplativa, le onorate operazioni civili con i
degni negoci. Il segretario era proposto (e si proponeva) come intelligenza
assistente in una societ il cui ordine sociale si basava sulla relazione lineare tra
l'alto e il basso: a partire da un Principe che doveva reggere il mondo pi per
dargli perfezzione che per riceverne, avendo egli del divino nel diffondersi con
amore n suoi cittadini e nel tirargli a s assomigliandosi a Dio che penetra per
entro a gli angeli. Con questo modulo teologico e angelico veniva a misurarsi il
servizio di collaborazione del segretario: che con il suo consiglio di istitutore non
sulla scienza del governo poteva agire ma solo sulle cose fortuite ove
bisognavano competenze dufficio e desperienza. Il segretario era un raggio della
grandezza del Principe, al cui servizio metteva saperi particolari.
Il segretario mette al servizio del principe saperi particolari: bisogna intendersi
di ogni sorta di maneggio. Importanti erano le regole della corrispondenza
epistolare.
La trattatistica sul segretario si sviluppa parallelamente a quella sul perfetto
ambasciatore, dal quattrocentesco De officio legati di Emolao Barbaro al dialogo Il
Messaggiero del Tasso.
Furono stampati importanti trattati a Roma nel 1589, Napoli nel 1594, Venezia
dal 1597 al 1607, Venezia nel 1625, nel 1640 (Diego de Saavedra Fajardo, Idea de un
principe politico-cristiano, representada en cien empresas, contiene anche una
descrizione del segretario), 1655 (Georg Phiipp Harsdrfer, Secretarius), 1634
(Peregrini, Difesa del savio di corte)
Il segretario del Pigna era un filosofo versato anche nelle lettere. Era consigliere
verace e secreto che accordava il suo insegnamento con lesercizio del potere
eroico, partecipandovi in qualit di educatore, perch leroe chha il concorso di
tutti i beni esteriori con la perfezzione di tutte le virt, vedendosi avere in mano il
governo de popoli col quale si conf con Dio medesimo, non vuole che l suo
mestiero sia lattendere alli studii delle lettere e della filosofia, ma il reggere le citt
amministrando la giustizia e le armi per premio de buoni e per supplicio de rei. Il
segretario era un formatore del Principe.
Il Pigna pass ai trattatisti secenteschi la similitudine angelica. Il segretario era
un formatore del Principe. E del potere politico era parte angelica, forma di
una forza.
Il secretario dee ricordare desser il cuore e la mente della corte, conciosiach
vedendo nascer dalla prima radice le materie appartenenti allo stato nel Principe, se
le vede anco riporre nel petto proprio come in una fortissima rocca, o per dir meglio
come in una santissima e sicurissima sacrestia dalla qual forse proceduto il suo
nome, per il cui rispetto ha da esser tanto maggiore la sua fede, quanto che i negozii
che gli son revelati e raccomandati sono importanti.
Lufficio poggiava sul segreto e sulla segretezza. Addetto alle missive e ai codici
cifrati delle cancellerie, il segretario aveva la consegna del silenzio. E aveva la
necessit di conquistarsi la fiducia del signore, nel lavoro e con la pratica della
scrittura.
Il silenzio altra virt: Avvegna che tutta la servit e tuta la vita del secretario
sia una tacita persuasione
La spiegatura in lettere dei concetti del signore era il suo primo compito,
angelico.
Non aspirava a mettersi in mostra, alla fama e alla gloria, anzi, spesso
prudenza il dissimular dintendere e di sapere, esser parco di se stesso e coperto.
Gesti, abbigliamento, pronuncia venivano progettati per lui in modo da sospingerlo
nellombra: nellinevidenza, nel conformismo, nellanonimato; e in una scelta di
solitudine. Stoffa severa e di color nero o al massimo bigio, senza spada o
pennacchio. Solitudine e quiete in una camera appartata, negarsi alla civil
conversazione e ai conviti. Gravit, onest e modestia in ogni azione per questo
non c il meglio che sfuggir quanto si pu di conversare, e mi piacerebbe
sommamente che l tuo mangiare fusse in camera tua da te solo, perch a tavola per
ordinario si fan tra cortigiani diversi cicalamenti e rare volte onesti.
Scriveva lettere suasorie, dimostrative, giudiziali e di complimento: famegliari,
ufficiose e negoziose. Era provvisto di sigilli, temperini e simile armamentario.
Doveva aver cognizione delle istorie antiche e moderne e della notizia
quotidiana che istoria presente e viva. Poteva essere poeta, ma scrivere come
uomo pratico.
IL RIBELLE
back to Index
escludevano lipotesi o lidea della resistenza al potere. Evidente, tipica del periodo e
fortemente sentita fu lesigenza di escogitare "le maniere di trattenere il Popolo" col
fine specifico di "ovviare a romori e a sollevamenti". Giovanni Botero, punto di
riferimento obbligatorio della cultura politica barocca, lha affermata
esplicitamente nel 1589: "Poich il popolo di natura sua instabile, e desideroso di
novit, ne avviene che segli no trattenuto con varj mezzi dal suo Prencipe, la cerca
da se stesso anco con la mutatione di Stato e di governo; perci tutti i prencipi savij
hanno introdotto alcuni trattenimenti popolari, n quali, quanto pi si ecciter la
virt dellanimo e del corpo, tanto saranno pi a proposito"
Botero ricordava le cerimonie, feste e celebrazioni con le quali il cardinale
Borromeo aveva intrattenuto Milano, con le chiese piene dalla mattina alla sera.
Oltre che alle manifestazioni religiose le preferenze di Botero andavano al teatro, e
alla gravit della tragedia piuttosto che alla frivolezza della commedia.
Un certo potere di convinzione fu affidato, oltre che alla ripetizione ossessiva di
giudizi, immagini e formule che miravano a creare una visione funesta della
ribellione, soprattutto allatrocit ed alla spettacolare pubblicit del castigo e della
repressione.
La volont di conservazione di governi e classi dirigenti, e la loro generica azione
culturale e di propaganda non bastano tuttavia a spiegare un orrore del
cambiamento e della novit che ha dato una impronta cos forte a tutta lepoca,
condizionando il pensiero di persone la cui indipendenza di giudizio fuori
discussione e le idee o la psicologia degli stessi oppositori. Il diritto di difendere
armata manu posizioni, interessi, libert e privilegi di gruppi sociali o di comunit fu
rivendicato talvolta anche nellet barocca: ma, anzich sul richiamo alle dottrine
della resistenza al tiranno, come frequentemente avveniva prima, esso si bas sulla
proclamazione dellobbedienza e della fedelt al sovrano. Fu una delle conseguenze
paradossali del nuovo corso politico barocco. Coloro che non seguirono questa
procedura e continuarono a opporsi frontalmente alla maest e allautorit del re
apparvero, e in parte furono realmente, ombre e fantasmi del passato.
Il termine "ribelle" ha una certa ambiguit: pur indicando specificamente, nel
XVI e XVII secolo, il fautore del cambiamento politico (e per immediata
assimilazione leretico), fu attribuito ad ogni forma di protesta e di insubordinazione
ed anche a criminali,banditi, devianti di ogni sorta che con la sovversione politica e
con leresia avevano poco o niente a che fare. Lossessione della presenza del ribelle,
considerato nellaccezione pi ampia e generica, tra le pieghe della societ non
giustificherebbe la collocazione del suo ritratto nella galleria del Barocco. Il
millenarismo, le utopie egualitarie fino al banditismo "sociale" e al tumulto della
fame ebbero grande intensit e frequenza nellet barocca ma non ebbero caratteri
distinti rispetto ad altri periodi precedenti e seguenti. La scelta di inserire anche il
ribelle tra le figure tipiche dellet barocca presuppone, se non un rovesciamento,
almeno una presa di distanza dalla considerazione generica e totalizzante (o
confusionaria) della sua fisionomia. Pur con la sua contraddittoria molteplicit di
aspetti, propositi tendenze e risultati la ribellione riusc allora, in qualche caso, a
varcare la difficile soglia della politica e quindi ad influire sulla dinamica della
societ e delle sue istituzioni; in circostanze eccezionali contribu anche al loro
cattolici non incontrarono difficolt, infatti, a trasferirla nel campo dei leghisti e
degli avversari a oltranza di Enrico IV. Opportunamente rielaborata, essa divenne
poi la dottrina quasi ufficiale dei gesuiti con la pubblicazione del De Rege et Regis
Institutione di Juan de Mariana (1599).
Dopo che Enrico di Navarra divenne erede al trono, i pi autorevoli
monarcomachi ugonotti si fecero sostenitori del diritto ereditario e si convertirono
alla concezione assolutistica della sovranit. Ma le loro dottrine avevano scavato un
solco che non era facile colmare. Sia lautore delle Vindiciae che Franois Hotman
nel Franco-Gallia avevano cercato di accostare alla giustificazione religiosa un
autonomo fondamento giuridico e politico della ribellione, con la tesi dellorigine
elettiva della monarchia e della preminenza degli Stati Generali sul sovrano. A loro
volta i teorici cattolici avevano attenuato limpostazione rigidamente nobiliare che
aveva avuto la teoria nella sua formulazione originaria. Il campo della sua
potenziale influenza si era allargato cos anche al di fuori del terreno sul quale e per
il quale essa era nata.
La grande campagna antirivoluzionaria che si svilupp in Francia come
reazione al disastro provocato dalle guerre di religione fu condotta soprattutto dal
movimento dei cosiddetti "politici". Fu un caso interessante di collaborazione tra
potere politico e cultura e di convergenza di esperienze e posizioni ideali diverse
intorno ad un obiettivo comune. Lelenco dei protagonisti comprende tra gli altri
Pierre Charron, lamico di Montaigne e autore del celebre trattato sulla saggezza;
Daniel Drouin, il cui Miroir des Rebelles pu essere forse considerato il primo testo
specifico e sistematico della letteratura barocca sulla rivoluzione; il gruppo di
"politici" parigini che, in occasione degli Stati Generali convocati nel 1593 dai capi
della Lega cattolica, scrissero la famosa Satyre Mnippe; il gi ricordato Rivault;
Gabriel Chappuys, segretario e interprete di Enrico IV per la lingua spagnola,
traduttore di Boccaccio e di Ariosto, di Castiglione e di Niccol Franco; il dottore in
teologia e canonico della Chiesa metropolitana di Tolosa Jean de Caricave, che
pubblic un trattato di mille pagine. Michel Roussel, portavoce della Sorbona, e lo
scozzese William Barclay, emigrato in Francia, professore di diritto nellUniversit
di Angers e inventore del termine "monarcomachi" diedero alla campagna una
dimensione pi ampia allargando il discorso, oltre i confini della cultura politica
francese, a George Buchanan e Juan de Mariana.
La dimostrazione che i testi dei monarcomachi si basavano su una
interpretazione errata e arbitraria delle Sacre Scritture ebbe ovviamente una parte
importante nella campagna. Ma il vero punto di forza fu levidenza ei guasti chela
ribellione aveva provocato in Francia e la corrispondenza a diversi livelli di intensit
tra lesperienza francese e i fenomeni di ribellismo che anche gli altri paesi europei
avevano sperimentato nel corso del secolo XVI.
Lassassinio di Enrico III nel 1589 e quello di Enrico IV nel 1610 segnarono due
momenti di particolare intensit nella polemica. I motivi principali delloffensiva
controrivoluzionaria furono elaborati e si affermarono gi intorno al 1590. A
differenza di quello del suo successore, lassassinio di Enrico III non fu un episodio
isolato; avvenne invece nel momento culminante dellagitazione rivoluzionaria,
subito dopo linsurrezione e le barricate di Parigi, promosse dalla Lega cattolica nel
maggio del 1588, e dopo che il prestigio e lautorit del sovrano, costretto a fuggire
dalla capitale, erano caduti al punto pi basso. Un campionario dei pi autorevoli
ribelli, esponenti della nobilt e della gerarchia ecclesiastica e protagonisti della fase
finale delle guerre civili, fu presentato dalla Satyre Menippee nel 1594. Il duca di
Mayenne, larcivescovo di Lione, il rettore della Sorbona, il famigerato governatore
Pierrefront, mezzo nobile e mezzo brigante, il legato pontificio formano, nella
galleria della Satyre, una serie impressionante di ritratti di brutale egoismo spirito
di sopraffazione, ingiustizia, demagogia, slealt nei confronti della nazione. Il
quadro ebbe un grande successo non solo per labilit letteraria degli autori di quel
"roi des pamphlets" (come fu definito nellOttocento), ma per la credibilit e la
forza che gli davano le condizioni in cui versava il paese e gli esiti della ribellione,
levidente offuscamento dei valori ideali e religiosi, lanarchia, il terrore, la presenza
delle milizie spagnole nella capitale: "O Parigi che non sei pi Parigi, ma una
spelonca di bestie feroci, una cittadella di Spagnoli, Valloni e Napoletani, u nrifigio e
asilo sicuro di ladri, omicidi e assassini, non vorrai mai riprendere la tua dignit e
ricordarti di quello che sei stata?"
Lo sdegno patriottico e la passione civile che hanno fatto della Satyre un classico
della letteratura politica e un punto di riferimento della coscienza nazionale
francese sono rivolti, pi che a condannare il principio della ribellione, a
smascherare i singoli ribelli, a denunciare lantitesi tra i princpi che essi
proclamano ed i loro comportamenti reali, tra i fini dichiarati e i risultati della loro
azione. Diversa limpostazione del Moroir des Rebelles di Daniel Drouin, la cui
forza di convinzione si basa sul proposito di trarre conclusioni generali
dallesperienza particolare della Francia; o meglio, di stabilire una stretta
connessione tra il giudizio sullesperienza francese e la condanna generale e teorica
della ribellione. Il fenomeno considerato in un panorama che va dalla storia
ebraica allEuropa cristiana medievale e moderna, attraversando il mondo greco e
gli imperi persiano, romano, turco; in questa dimensione di storia universale che si
pu cogliere pienamente il significato delle vicende trentennali della Francia, con le
quali il panorama si conclude.
"E a voi, mia nazione francese, che ho voluto parlare in questo libro perch
non c oggi al mondo un popolo pi di voi dedito alla sedizione Ascoltatemi,
miserabili ribelli e persecutori della vostra propria nazione Con quale
argomento, con quale pretesto continuate a resistere a mano armata contro la
Corona? In verit non ne avete alcuno e non ci fu mai al mondo una ribellione pi
immotivata della vostra"
Il giudizio che domina il panorama storico generale e la ricostruzione delle
vicende pi recenti e vicine il destino fallimentare della ribellione e la ineluttabilit
del castigo. Secondo Drouin qui, in questa inevitabile e costante conclusione, il
segno della volont divina di sostenere il potere legittimo, anche quando appartiene
a re pagani e idolatri: "Se i ribelli infedeli che ignoravano la via della salvezza non
sono stati risparmiati dalla mano vendicatrice dellOnnipotente che ha voluto
mantenere nei loro regni sovrani pagani e idolatri, che sar dei cristiani che
sfrontatamente si sollevano contro i loro signori?". "Dio sta sempre dalla parte della
legittimit": il libro vuole dare, attraverso il tema del fallimento, un supporto
storico alla teoria sullorigine divina del potere regio, che il punto di riferimento
comune e il fondamento teorico positivo di tutta la campagna controrivoluzionaria.
Largomento appariva agli uomini del XVI secolo meno astratto e aprioristico di
quanto potrebbe sembrare a noi: quel che di tragico ha la figura del ribelle barocco,
la sua volont di respingere dalla propria persona quel marchio, anche in contrasto
con i propri gesti ed i propri fini, lo sforzo di collegarsi ad ogni costo ad una legalit
costituzionale e ad una tradizione consolidata, dipendono in buona parte dalla
convinzione che difficilmente la ribellione potr sfuggire alla sorte del fallimento. Se
la Riforma protestante poteva suggerire lidea di una rivoluzione vittoriosa, sul
piano pi strettamente politico e sociale linsuccesso era la regola.
Drouin attribuiva il destino fallimentare alla volont divina, ma non mancava di
indicare i dati di fatto che davano allesito fallimentare ed al castigo unaltissima
probabilit e quasi una meccanica necessit. Nella complessa tipologia delineata da
Drouin, che non trascura n i grandi movimenti contadini "senza altri capi che ladri
e briganti", n le sollevazioni popolari della citt e particolarmente di Parigi,
emerge con grande evidenza che il vero pericolo viene dai Grandi. Le sollevazioni
popolari, rurali e urbane, proteste puramente sociali o rivolte della fame, sono
destinata a non avere in quanto tali nessuna influenza sulla stabilit dello Stato.
Esse diventano pericolose soltanto se i Grandi se ne servono strumentalmente ai loro
fini. E quello che avvenuto, infatti, nel orso delle guerre di religione: "I pi
Grandi hanno la colpa pi grande". E necessario dunque che i popolari siano puniti
nel modo pi severo, per evitare che si lascino trascinare a diventare strumento e
massa di manovra di disegni politici che appartengono alle alte sfere ("se si facesse
oggi una punizione cos esemplare dei ribelli suggerisce Drouin dopo avere
rievocato una serie di atroci supplizi seguiti a tentativi di ribellione indubbiamente
non ce ne sarebbe un numero cos grande: perch il timore di tali supplizi li
spingerebbe ad abbandonare il partito dei sediziosi"); ma la vera e giusta
indignazione del principe "deve cadere sui Grandi, che comunemente sono la causa
di tanti tumulti e sedizioni considerando anche il fatto chela punizione dei grandi
personaggi fatta pubblicamente incute maggiore paura ai piccoli e serve, come
esempio, pi che si facessero impiccare mille del popolo minuto. Il supplizio di un
Grande spaventa una infinita moltitudine di piccoli".
In quanto azione promossa e ispirata dalla nobilt e soprattutto dai grandi
signori (il cui disprezzo per il resto del mondo e per il suddito "ignobile" irritava
fortemente la sensibilit del borghese, intellettuale, magistrato o uomo daffari,
come risulta anche dal discorso attribuito nella Satyre Menippee al rappresentante
del Terzo Stato), la ribellione appariva dunque come violenza particolaristica,
ingiusta difesa di arcaici privilegi contro linteresse generale della nazione e contro
lequilibrio politico e sociale garantito dalla monarchia. Era qui, nel suo contenuto
retrogrado, il fondamento principale della sua debolezza. Qualunque azione
rivoluzionaria, inoltre, poteva raggiungere una certa efficacia soltanto a condizione
di basarsi sul sostegno popolare, che in effetti i Grandi ribelli avevano
sfrenatamente sollecitato e organizzato nel corso delle guerre civili. Questa
operazione demagogica era considerata il pi nefando attentato contro il vivere
civile e contro la societ, perch significava dare spazio allo scatenamento di istinti
brutali ed alla barbarie, e, nello stesso tempo, era segno di velleitarismo e
insensatezza perch nulla poteva essere pi fragile e illusorio del sostegno popolare,
inevitabilmente destinato a venir meno nel breve periodo.
Ci sono qui tutti gli elementi del modello di interpretazione che la cultura
barocca avrebbe fatto proprio. Nel complesso rapporto tra movimenti religiosi,
opposizione aristocratica e agitazione popolare, lisolamento delle tendenze eversive
della nobilt e la denuncia delluso strumentale della religione non erano certamente
una novit. Questa chiave di interpretazione era, anzi, usata frequentemente. Se ne
era servito per esempio anche lambasciatore della Repubblica di Venezia a Parigi,
quando aveva affermato che le guerre civili erano nate dalla volont del Cardinale
di Lorena di non avere eguali di dellammiraglio Coligny e della casa di
Montmorecy di non riconoscere superiore. La campagna dei "politici" inser i
diversi dati dellesperienza rivoluzionaria in una analisi sistematica che suggeriva
anche un giudizio generale sul fenomeno della ribellione nella societ
contemporanea, la possibilit di cogliere analogie e trovare conferme in altri casi
storici. La considerazione delle cose idi Francia influ certamente come si
accennato, sulla riflessione teorico-politica di Botero e di Giusto Lipsio. Il richiamo
del primo alla Francia frequente: "i gran rumori chhabbiamo fin di qua sentito";
il "Regno, altre volte floridissimo, ridotto in estrema miseria"; "il paese si deserta e
si rovina". Non da escludere che i suoi giudizi sulle tendenze eversive della nobilt
e sulle esperienze italiana di ribellismo nobiliare abbiano una diretta connessione
anche con le posizioni che i "politici" francesi venivano delineando: "Ne signori
particolari di un Regno vi del bene e vi del male; il male lautorit, e la potenza,
in quanto ella sospetta al prencipe soprano: perch quasi un appoggio, e un
rifugio apparecchiato a chi volesse ammutinarsi e sollevarsi; o a chi tentasse di
muover guerra e di assaltare lo Stato; come sono stati i Principi di Taranto, e di
Salerno, et i Duchi di Sessa e di Rossano nel Regno di Napoli"
Anche Lipsio considera "le fattioni de nobili", "le discordie tra gli uomini chiari e
potenti" e la loro inclinazione a "mettere sotto sopra il mondo, e sanare le proprie
piaghe col male della Repubblica come lorigine della "ruina universale" e dei
peggiori mali dello Stato. Il suo traduttore italiano, il gentiluomo ferrarese Ercole
Cati commenta nel 1618: "Senza ricercare altri esempi della natura e degli effetti
delle fattioni basta assai il considerare in questo luogo gli strani avvenimenti
succeduti in Francia e in Fiandra per la cospirazione insieme e per lavversione
degli animi di que popoli da loro veri e legittimi Prencipi sotto pretesto di libert di
coscientia e di religione, ma in effetti nelli pi, maggiori e pi potenti signori per
astio, odio e invidia particolare luna casa per iscacciare laltra dellautorit e della
possanza e finalmente quando s creduto esservi interregno gli uni per occupare
uno squarcio per s del regno gli altri un altro, e alcuni ancora per impodestarsi
della corona intieramente"
La posizione di Lipsio sulla questione della tirannide era perfettamente in linea con
la campagna dei "politici" francesi: pur riconoscendo che insorgere contro la
tirannide e levarla dal mondo " da huomo di pi alto cuore" e che "i Greci hanno
attribuito divini honori a quelli che hanno uccisi i tiranni", sosteneva che la
risoluzione migliore e pi conforme alla prudenza tollerarla. Il potere viene da
Dio, la guerra civile peggiore della tirannide, la sottomissione mitiga la natura di
grave danno del servizio di Vostra Maest Non saprei dire come costoro hanno
dissimulato e dissimulano oggi i loro procedimenti; quel che certo che danno
pubblicamente ad intendere di essere difensori del popolo di Vostra Maest". Il
conte duce aveva in mente episodi e figure reali di una opposizione con la quale
doveva fare i conti nella sua azione di governo. Pensava probabilmente tra gli altri,
ad un personaggio che era stato un attivo ispiratore dellopposizione delle Cortes del
1621 e del 1623 e che continu a dargli filo da torcere anche negli anni seguenti: il
procuratore della citt di Granata Mateo del Lisn y Viedma. Uno studioso del
pensiero politico spagnolo del Seicento, Jean Vilar, ha pubblicato qualche anno fa il
resoconto, redatto dallo stesso Lisn, di un colloquio che egli ebbe nel 1627 con
Olivares. Nel brano che riportiamo si pu riconoscere, al di l del caso particolare,
la via lungo la quale si svolgeva, in piena et barocca, il tentativo di ricostruire la
dignit della resistenza e dellopposizione:
" E cos si rivolse a me e mi disse: "Vostra Grazia deve credere di sapere tutto e di
avere grande intendimento. Invece non sa nulla e non capisce nulla. Un uomo che si
mette contro le risoluzioni prese da Sua Maest col parere di consiglieri e ministri
tanto prudenti, deve essere di umili origini". Io gli dissi: "Supplico Vostra eccellenza
di trattarmi bene. Nessunaltra persona al mondo oserebbe dirmi questo. Traggo le
mie origini da progenitori che hanno conquistato citt e terre per i nostri Re, che
hanno difeso i loro regni, hanno versato il sangue e sacrificato la vita al loro servizio.
E in quello che faccio, penso di servire soltanto Sua Maest". Riprese a parlare
dicendo che non era servizio del Re quello che io facevo n difesa di nulla, ma
distruzione di tutto, e che i nemici della monarchia non avrebbero potuto fare tanto
danno invadendo con un esercito questi regni quanto ne facevo io perturbando e
ostacolando il servizio del Re, e che per questo andavo molto oltre i limiti delle mie
funzioni scrivendo e parlando licenziosamente delle cose del governo e di Ministri
cos grandi come quelli di Sua Maest, che avrei avuto la punizione che meritavo e
che Sua Maest aveva gi ordinato di raccogliere il materiale contro di me e le
consulte che il Consiglio di Stato e il presidente Francisco de Contreras avevano fatto
per cacciarmi dalla Corte. Gli risposi che per una formica come me non era il caso di
preoccuparsi tanto, n di raccogliere tante carte, perch per castigarmi bastava
lultimo portiere della Corte. Mi disse che non ero nemmeno una formica o una
mezza formica, ma potevo capire che mi si doveva castigare perch il mio castigo
fosse di esempio e timore per molti. Gli dissi che qualunque castigo mi si infliggesse,
sarebbe stato un gran premio per me perch mi si dava per aver difeso la mia patria e
fatto il mio dovere. Disse che era mio dovere essere un uomo dabbene. Replicai che
conoscevo i miei doveri da quando avevo uso di ragione e li assolvevo come era
necessario. Sua Eccellenza poteva dire quello che voleva, ma non era giusto trattare
in questo modo coloro che difendevano i regni e le citt e che questo significava
impedire loro di difendersi, perch nessuno, trattato in questo modo, avrebbe osato
parlare.
IL PREDICATORE
back to Index
PREDICAZIONE E RIFORMA
back to Index
dellequilibrio formale del Rinascimento e altri elementi del nuovo stile furono
adoperati per suscitare sentimenti di fervore e di meraviglia nel contemplare le
cose celesti. Nellarchitettura e nella musica barocca si manifesta chiaramente la
dipendenza dagli orientamenti funzionali della Riforma cattolica, e in questa
chiave diventa facile interpretare il simbolismo della cupola di San Pietro o la
distribuzione spaziale della chiesa del Ges. A parte questi edifici di culto di
eccezionale grandiosit, la tendenza ad accrescere le dimensioni delle chiese si
afferm sia nelle citt che nei centri minori e non solo per ragioni demografiche.
La religiosit doveva per quanto possibile trovare posto e cornice adatta nel
tempio: per le funzioni solenni, le prediche quaresimali e quelle che scandivano il
ciclo liturgico occorrevano spazi vasti, capaci di accogliere folle numerose o almeno
la totalit dei fedeli del luogo.
Nelle chiese riformate il fenomeno fu meno vistoso. La Restaurazione anglicana
del Seicento fu accompagnata da una notevole reazione antiretorica a favore del
plain style, che consentiva una comunicazione pi naturale, chiara e didattica: tale
ad esempio latteggiamento assunto da uno dei suoi maggiori teorici, James
Arderne, nelle Directions concerning the matter and stile of sermons (1671). Ma non
tutti si adeguarono a questi criteri: a parte opere come quella ora citata e qualche
altra, in Gran Bretagna la teoria della retorica ebbe minor rigoglio che
nellEuropa continentale, e delle 193 opere sullargomento pubblicate tra il 1500 e
il 1700 solo 16 erano scritte in inglese. Nelle universit britanniche, ancorch
anglicane, si studiava altrettanto spesso su testi come quelli del protestante
Keckermann o del cattolico Caussin, ei riferimenti a questi autori esistenti nella
documentazionje secentesca fanno ritenere che in realt si seguissero i precetti del
grand style.
Precetti che erano usualmente chiari,per quanto riguarda i fondamenti teorici
dellesagerazione, sia agli autori protestanti che a quelli cattolici. Riprendendo
forse idee esposte nellEcclesiastica Rhetorica di fra Luis de Granada, Keckermann
non esita ad ammonire che occorre commuovere la gente, e che "le emozioni si
ottengono in due modi, con la magnitudo e con la praesentia, o, per parlare pi
chiaramente, con la grandiosit e con lipotiposi": vale a dire, con lelevatezza dei
temi trattati e con la vivacit delle descrizioni.
Certamente alcuni erano propensi al primo modo e lo identificavano con lo stile
concettistico, cos definito dal gesuita Gracin: "I concetti sono la vita dello stile, lo
spirito del discorso e tanto hanno di perfezione quanto di sottigliezza;ma quando al
rilievo dello stile associata lelevatezza del concetto, lopera diventa compiuta. Si
deve fare in modo che le proposizioni abbelliscano lo stile, le obiezioni lo ravvivino,
i misteri lo rendano pregnante, le riflessioni profondo, le esagerazioni rilevato, le
allusioni dissimulato, i fervori pungente, le trasmutazioni sottile; che le ironie gli
diano sale, le crisi fiele, le paronomasie grazia, le sentenze gravit, le similitudini lo
fecondino e le analogie gli diano risalto Ma tutto questo con un grano di saggezza,
perch tutto acquista sapore dal buon senso.
Sta di fatto per che in questa descrizione si lodava luso di quelle figure retoriche
(la metafora, liperbato) a cui andavano le preferenze di molti altri autori.
RETORICA E MENTALITA'
back to Index
LA PREDICAZIONE PATETICA
back to Index
Ceneri del 1679: "Che cos il mondo? Nulla pi che un evidente inganno, che crea
uno spettacolo fallace: apparenze che abbagliano, pi che dilettare". Honorato de
Cams soleva aiutarsi nella predicazione mettendo successivamente su un teschio
che teneva a portata di mano tutta una serie di copricapi berrette, parrucche,
elmi, corone allo scopo di dar forza alle varie immagini e situazioni relative
allargomento trattato; e lo stesso facevano altri oratori sacri con altri oggetti.
Atteggiamenti analoghi assumevano anche quei predicatori che sarebbero
giustamente passati alla storia come epuratori del grand style e riformatori
delloratoria sacra dellepoca. Uno storico del nostro secolo, Emilio Santini,
rievoca cos una missione di prediche del gesuita Paolo Segneri, forse il maggior
predicatore italiano del Seicento: Segneri camminava "coperto di lacera tonaca,
scalzo, mendicante Col bordone in mano, il breviario sotto il braccio, il piccolo
crocifisso da gesuita nel petto e la corona del rosario alla cintola andava incontro al
parroco, alle compagnie e alla gente infinita, che domandando di essere benedetta
da lui, gli si prostrava ai piedi. Egli allora si gittava in ginocchio e poi, intonando le
litanie, guidava la moltitudine in chiesa, dove teneva il suo primo discorso". La
missione si svolgeva per unintera settimana, dal luned alla domenica; oltre alle
funzioni della mattina e del pomeriggio, nei giorni di mercoled, gioved e venerd
si svolgevano processioni penitenziali notturne guidate dal gesuita. Nei sermoni
non mancavano elementi puramente spettacolari: "Verso la fine della predica
spesso si calcava in testa una corona di spine e sulle spalle nude con una disciplina
di ferro cominciava a pestarsi la carne. Non contento, con un sughero rotondo
incassato in una scatola di latta, armato di spille e di aghi, si batteva forte il petto,
facendo uscire il sangue in gran copia davanti a tutto un popolo che piangeva e
implorava misericordia. In molti luoghi poi anche questo si disciplinava Gli effetti
erano strepitosi: confessioni generali, conversioni innumerevoli, paci tra famiglie e
famiglie, tra paesi e paesi, bando al giuoco e alle canzoni oscene".
La predicazione patetica, si badi bene, era anchessa efficace, sebbene un altro
gesuita del Seicento, Daniello Bartoli, la descrivesse come prova delle aberrazioni
oratorie: "Un valentissimo predicatore, salito in pergamo il gioved della seconda
settimana della Quaresima, con in faccia un sembiante duomo spaventato, quasi
egli pur allora uscisse fuor dellInferno e con in bocca un tuon di voce, che gli
usciva dal cuore, orribile a sentirsi, non fe altra predica che solamente recitare il
tema dellEvangelio di quel d: Mortuus est dives et sepultus est in inferno. Tre volte
il ripet e smont dal pulpito Seguirono infinite conversioni".
Non era ripetiamo una predicazione annunziatrice di sventure, aderente ad
una "cultura della morte", bens,fino a un certo punto lantidoto a una civilt al
tempo stesso ludica e violenta. Sebbene il sermone "alla cappuccina", o discours
pathtique, costituisca uno degli aspetti pi rappresentativi della pastorale
barocca, non il caso di sopravvalutarne la diffusione: in realt, gi ai suoi tempi
esso fu biasimato per la mancanza di dottrina, non meno di quanto fosse criticato
il sermone culterano.
Alcuni italiani ritenevano che il metodo "patetico",magniloquente e
gesticolante, cos diffuso nel loro paese, fosse dorigine straniera: lo credevano
giunto dalla Spagna per il duplice tramite della Compagnia di Ges e di Napoli,
LE RACCOLTE DI PREDICHE
back to Index
LE GRANDI OCCASIONI
back to Index
impedirti di venire alla sua presenza, la sua presenza viene a te; e perch la sua
maest non ti abbagli devi solo parlare al tuo Padre.
IL PREDICATORE SPECIALIZZATO
back to Index
spettante ai parroci, mentre nel canone IV del Decretum de reformatione (1563) tale
precisazione veniva omessa: vi erano state nel frattempo lamentele e proteste.
Vi era per un motivo pi profondo per cui tra i predicatori i chierici regolari e
soprattutto i frati erano in prevalenza rispetto ai chierici secolari: uno dei caratteri
pi importanti del rinnovamento spirituale cattolico, manifestatosi gi prima del
Concilio, consisteva proprio nel fatto che nelladempiere questa funzione il clero
regolare aveva raggiunto un culmine di qualit. Nel Seicento si ebbe poi un
notevole sviluppo di nuove famiglie e di versioni riformate degli ordini tradizionali,
ansiosi di ricuperare il rigore spirituale originario. Dappertutto si diffusero,
insieme a domenicani, francescani, benedettini, carmelitani, ecc. i religiosi di nuova
istituzione: teatini, barnabiti, camilliani e soprattutto gesuiti. In particolare tra
coloro che furono chiamati a predicare nel Palazzo apostolico di Roma tra il 1573 e
il 1660 vi furono 49 gesuiti,mentre tra i ceti popolari ebbero un ruolo essenziale i
predicatori cappuccini. Lattivit pastorale del clero regolare, che allinizio era
stata solo uno strumento sussidiario fin col diventare indispensabile per i vescovi,
assolvendo alcuni compiti direttamente rivolti alla cura delle anime, e in specie la
predicazione e la catechesi.
IL "CURSUS HONORUM"
back to Index
C tuttavia unet per apprendere (secondo Terrones, "in pochi anni non si
pu conoscere molto"), e in quel periodo si stimolava, oltre che la lettura di
precetti a stampa e di istruzioni manoscritte, laddestramento per imitazione: la
capacit di studiare non bastava se non vi erano anche abilit e garbo nellesporre.
In altri termini, le doti personali costituivano un secondo fattore di notevole
importanza. I teorici distinguevano lefficacia reale della predicazione dalle qualit
naturali e dallabilit acquisita dalloratore sacro: in fondo tutti erano disposti ad
ammettere che la prima fosse un dono dello Spirito Santo. Interrogato sul modo
migliore di predicare, fra Luis de Granada si rimetteva devotamente al metodo
raccomandato dal suo maestro, il mistico Juan de vila: "Amare molto nostro
Signore". Ma, a prescindere dal soprannaturale, senza dubbio lefficacia di ciascun
predicatore era diversa. Dopo tutto, egli era una causa strumentale: nozione che, in
un contesto teologico dominato dal binomio grazia-libert, la dottrina cattolica non
poteva trascurare. Perci, prudentemente, il concilio tridentino aveva proibito la
predicazione dei chierici regolari "che non fossero stati esaminati e approvati dai
loro superiori per quanto riguarda la vita, costumi e sapere, e che non avessero
ottenuto lapposita licenza"; alla quale bisognava aggiungere il permesso del
vescovo per operare nelle chiese della diocesi. Il predicatore doveva inoltre essere
"bennato" e non presentare "deformit mostruose o un volto ripugnante", perch
ci avrebbe diminuito agli occhi di molti il valore della sua dottrina; doveva infine
avere un fisico robusto e una buona voce anche se in proposito vi furono numerose
eccezioni.
Dopo il periodo di apprendistato, la seconda fase della carriera consisteva
appunto nel predicare: il che potrebbe apparire unovviet se i
trattatisti,consigliando di mettere in pratica le nozioni apprese, non avessero
chiarito il senso della raccomandazione: "In mancanza di esercizio spiega
lagostiniano Bartolom Carranza in Aliquot documenta ad concionandum
lingegno si ottunde, la lingua si intorpidisce, lanimo si scoraggia e si fa timoroso.
Giungeva infine let di ritirarsi: di solito per i veterani della predicazione
venivano chiamati a disimpegnare compiti di responsabilit nel proprio ordine, e
quindi restava loro pochissimo tempo per altre attivit. Per lo pi gli anni non
perdonavano, ma vi furono alcune eccezioni notevoli: quando Filippo II si rec a
Lisbona per essere incoronato re di Portogallo,incontr fra Luis de Granada,
"piuttosto vecchio e sdentato", come si espresse lo stesso sovrano, ma ancora
abbastanza in forma per predicare.
Nel complesso gli interessati concordano nellaffermare che a non tener conto
del movente soprannaturale la predicazione era un lavoro poco gratificante.
Senza dubbio un buon professionista godeva di rinomanza e di prestigio
nellambiente secolare, e poteva anche essere nominato predicatore del re: tuttavia
nella Spagna e nella Francia del Seicento questo titolo fin con lessere concesso con
tanta prodigalit che nel 1677 Carlo II dovette limitarlo drasticamente a tre soli
religiosi per ciascun ordine esistenti nel regno. Per di pi quasi tutti costoro erano
insigniti del titolo ad honorem e senza emolumenti.
Le rimunerazioni erano piuttosto scarse: "Al medico che vi ammazza
scriveva Terrones Aguilar del Cao date cento reales; cento ducati allavvocato
che ve ne fa perdere mille di rendita; e al predicatore, un Dio vi assista". Le cose
andavano diversamente in determinate circostanze, ad esempio durante la
quaresima e lavvento e soprattutto in occasione dei funerali di personaggi di alto
rango, che non erano per frequenti. Per il sermone pronunziato al funerale di
Filippo II e pubblicato a stampa la municipalit di Madrid spese 1.100 reales: ma
si tratt di ben poca cosa rispetto al costo dei 120 piedi di drappi da lutto, delle
insegne e delle architetture che componevano il catafalco costruito per loccasione.
back to Index
Entro certi limiti, la tecnica del comporre una predica risulter stranamente
familiare a chi conosca dallinterno il mondo accademico o abbia partecipato a un
concorso scolastico; il fatto che anche nella preparazione del sermone linventio la
dispositio e la memoria costituiscono in armonia con la teoria classica in auge nel
Seicento, le parti principali del lavoro.
Se il nostro un predicatore occasionale o principiante, provvederanno a trarlo
dimpaccio strumenti come le Prediche di G. Inchino (Venezia 1607) o il
Despertador Christiano del teologo Barcia y Zambrana (Lisboa 1684), che offrono
schemi di sermoni e perfino inizi di passi utili come spunti per dare subito via
libera allimmaginazione. Ma un oratore gi esperto utilizzer per cominciare il
suo stesso materiale: serie di schede classificate per temi, come usava fare Carlo
Borromeo, o appunti pi o meno elaborati, tratti dallesperienza quotidiana, dalla
meditazione e soprattutto dalle letture. Uno dei vantaggi di possedere una buona
biblioteca era di potersi dedicare allo studio da Pasqua a ottobre (mesi in cui si
predica pochissimo), avendo cura di annotare in margine i passi pi adatti per poi
trasferirli in repertori ordinati alfabeticamente. Per evitare la fatica materiale di
questo procedimento un predicatore di corte ad esempio Terrones si serviva di
norma di uno scrivano.
Dopo aver raccolto le sue informazioni dalle Sacre Scritture, dai santi padri,
dalla letteratura pia e (con moderazione) da quella profana, il predicatore dovr
meditare a lungo su questi dati fino ad assimilarli, mettendosi cos in grado di dar
forma a quello che sar il suo sermone. "Per questa meditazione bisogner cercare
il tempo e il luogo pi adatti. Le ore migliori sono quelle dellalba e della notte,
quando i domestici non fanno chiasso e nessun frastuono distrae il nostro pensiero.
Analogamente, la solitudine e loscurit del sito rendono pi limpida la vista
dellingegno teso verso lideazione: pi favorevoli di ogni altro sono i luoghi
consacrati, e in particolare quello dove custodita la Santa Eucarestia".
In verit questaffermazione di fra Luis de Granada sembra essere in contrasto
con la prassi (forse pi profana), seguita da Terrones, che ordinava la materia
mentre dettava (e anche cos soleva impiegare una settimana per concludere il
discorso); per non parlare di Paravicino, che quando si metteva a comporre
scriveva in modo uniforme finch non era rapito dallispiraione. La sua scrittura
diventava allora illeggibile, con risultati disastrosi per le edizioni postume dei suoi
sermoni.
Spesso un professionista scriveva le sue prediche in anticipo, talvolta alcuni
mesi prima, o quantomeno predisponeva un canovaccio piuttosto esteso.
Naturalmente nel far ci si adeguava alla solennit della circostanza e al tempo
disponibile: Timoteo Ciaba, il famoso predicatore portoghese che in una sola
quaresima arriv a pronunziare sessantotto sermoni, in quei quaranta giorni non
deve aver fatto molto pi che un notevole sforzo di memoria. Allultimo momento
era quasi sempre necessario apportare qualche ritocco, in relazione alluditorio
stendere un fazzoletto sul bordo del pulpito, di strofinarsi spesso le nocche delle
dita. Si riteneva invece tollerabile, entro certi limiti, il soddisfacimento di bisogni
naturali come tossire, asciugarsi il sudore o sputare (Terrones era orgoglioso della
sua continenza in proposito); del resto questi atti erano in larga misura evitabili
con unalimentazione moderata.
anni della sua attivit Renault de Legendre, uno dei padri francesi che istituirono
la casa di Roma, partecip a 106 missioni. A un simile ritmo di lavoro occorre
aggiungere unalimentazione precaria, spostamenti assai faticosi e un certo sprezzo
dei rigori del clima: si spiegano cos alcuni decessi prematuri, come quello di
Cosimo Galilei, nipote dello scienziato pisano, morto di tisi galoppante a Napoli
allet di 36 anni (L. Mezzadri). Se poi questattivit si svolgeva nei paesi
protestanti vi era sempre i rischio di morte violenta per mano di qualche fanatico:
fu questa la sorte toccata a Marc Roy, un cappuccino tedesco che la Congregazione
di Propaganda Fide aveva incaricato di estendere le missioni nei Grigioni. In
definitiva, per assumersi compiti cos ardui bisognava andare al di l di una
concezione puramente umana della missione; e ci giustificava, di riflesso, il
prestigio popolare generalmente goduto da coloro che ad essa si dedicavano.
Possiamo quindi condividere pienamente lopinione di don Pedro de Lepe, vescovo
di Calahorra, che contrapponeva al sermone preziosista, abituale ai suoi tempi, la
predicazione missionaria: essa "no bada allapparenza brillante, ma alla salvezza
delle anime" (A. Domnguez Ortiz).
Come si svolgeva una missione? Anzitutto va precisato che si evitava,
saggiamente, di gravare economicamente sui paesi in cui si intendeva predicare,
spesso impoveriti dallo sfruttamento: alle spese si provvedeva mediante dotazioni,
che potevano essere di entit molto diversa. Ad esempio lincarico affidato ai
gesuiti, di tenere i sermoni del luned e del marted di Pentecoste a San Martn de
Prados era finanziato da un lascito del parroco, che aveva destinato a tale scopo
una rendita di 17 ferrados di grano, 13 di segala e due galline. Ben pi cospicua era
la pensione annua di 200 ducati concessa dal conte di Altamira al convento
domenicano di Santiago perch svolgesse la missione nei suoi feudi: inizialmente se
ne occuparono i gesuiti, ma nel 1639, per motivi non precisati, lincarico fu
revocato (A. Pardo Villar). Nella diocesi di Tarantasia furono invece le parrocchie
a beneficiare, dalla seconda met del Seicento in poi, di fondi coi quali era possibile
effettuare le missioni a intervalli regolari di pochi anni (M. Hudry). In molti casi
erano i vescovi, interessati a che le loro visite pastorali fossero precedute da
missioni, a sostenerne le spese con singoli versamenti o con apposite dotazioni.
Talvolta i prelati assistevano personalmente alle prediche, anche se ci poteva
destare preoccupazione nei fedeli: secondo Luigi Mezzadri, a Fiordini "la gente
temeva che i missionari denunziassero gli scandali al vescovo".
Le missioni potevano svolgersi in qualsiasi periodo dellanno, esclusi per ovvie
ragioni la quaresima e lavvento; di rado si tenevano nella tarda estate, la stagione
del raccolto, quando non cera tempo sufficiente per queste devozioni. Negli altri
periodi, i tre o quattro membri del gruppo missionario predicavano senza sosta
(anche se con scarse varianti nel repertorio) entro un raggio dazione tale da
potersi spostare a piedi dal loro convento.
In generale i missionari erano ben accolti, perch il loro programma implicava
uninterruzione della monotona vita contadina e un salutare mutamento di
abitudini mentali. In ciascuno dei quindici o trenta giorni della missione si
succedevano prediche di vario genere: catechismi, sermoni dottrinali e
naturalmente sermoni di carattere morale, in cui si parlava dei Novissimi e delle
rurale, san Vincenzo de Paoli orient in questa direzione le sue iniziative; in altri
casi si cerc di far mettere radici a confraternite e a congregazioni penitenziali.
(Escuelas de Cristo, TerzOrdine Francescano) e a pratiche devote come la via
crucis e il rosario; vi era infine chi, anticipando il futuro, faceva largo uso della
stampa. Il vescovo barcia y Zambrana, promotore di varie missioni, usava
distribuire tra i fedeli della sua diocesi libretti come El jardn florido del alma o la
Prctica del Santsimo Rosario: come spiegava il cappuccino Manuel de Jan, "ci
che si predica si dimentica presto, mentre ci che si stampa dura a lungo". Ma la
diffusione della cultura religiosa mediante il libro stampato nellet barocca fa
parte, sotto ogni aspetto, di unaltra storia.
IL MISSIONARIO
back to Index
Brano della lettera del 15 gennaio 1622 con cui si annunciava a tutti i nunzi
apostolici la nascita della nuova Congregazione "de Propaganda Fide", o "di
propaganda" come si disse ben presto con semplificazione burocratica destinata a
gran successo.
La "maniera giudiciale" (inquisizione) era riservata ai sudditi dei principi che
sottostavano allautorit del papa, i "fedeli". Ne erano esclusi gli "infedeli": le
popolazioni non cristiane dAmerica, dAsia e dAfrica e i sudditi dei principi
protestanti. Ma anche nelle terre dei principi cattolici si trovavano sudditi che, pur
non essendo cattolici, non potevano essere trattati da eretici: "nelle province
cattoliche trovansi degli hebrei, e vi capitan ne porti e nelle piazze o sono ne confini
degli heretici e scismatici e degli infedeli". Con essi si doveva rinunciare alluso
dellInquisizione e rassegnarsi alle arti della persuasione.
Questa distinzione che mostrava pi lenienza verso gli "infedeli" era il risultato
pi importante delle accese polemiche cinquecentesche sulluso della violenza in
materia di religione, polemiche diverse nel caso di eretici europei e popolazioni
extraeuropee. Per molto tempo si era evitato di distinguere troppo attentamente,
anzi si era stati tentati di opporre semplicemente al campo cattolico quello degli
"altri", applicando a tutto lo stesso uso violento della coercizione. Alla met del
Cinquecento il teologo spagnolo Alfonso de Castro aveva sostenuto la liceit
delluso della violenza contro gli eretici come la giustezza della guerra di conquista
per cristianizzare le Indie occidentali. Il giurista Marquardo de Susannis aveva
sostenuto la liceit della conversione violente degli ebrei.
Nellenciclica del 1622 le due vie quella della dolcezza e quella della violenza
venivano giustapposte e mostrate come complementari; ma luna apparteneva al
passato e laltra guardava al futuro. Quando, col Seicento, i compiti missionari
apparvero preminenti, lInquisizione aveva sostanzialmente concluso la parte pi
capitale del "compelle intrare" se cio si dovessero o meno costringere con la forza
i popoli extraeuropei a convertirsi al cristianesimo che si era acceso nel
Cinquecento il celebre dibattito di cui era stato campione Bartolom de las Casas.
Nella conquista dellAmerica, luso della forza era un dato di fatto: se ne poteva
discutere fra giuristi, teologi e filosofi, ma era chiaro a tutti che anche le missioni
cristiane dipendevano dagli assetti creati dalle armi spagnole. In India, Giappone,
Cina, i missionari potevano contare solo sulle proprie capacit. Ma come usarle?
Questo era il problema di cui si discusse molto: e spesso aspramente.
Il 10 marzo 1585 un gruppo di nobili giapponesi invitati dai gesuiti fecero un
tour dItalia, cominciando da Roma, con grandi feste. I gesuiti ritenevano
indispensabile la loro testimonianza sulla superiorit dellOccidente.
Alessandro Valignano a Goa e Francisco Cabral a Macao, le due massime autorit
che i gesuiti avessero in quella parte del mondo, scrissero due lettere contrastanti a
Claudio Acquaviva sul modo di evangelizzare il Giappone. Cabral si lagnava ancora
una volta dei metodi introdotti dallitaliano e aveva perfino chiesto di lasciare
lincarico per poter pensare in pace alla sua anima. Il contrasto riguardava tutta la
gamma dei problemi missionari in Giappone: struttura e forme di governo delle
missioni, finanziamento, istituzione di collegi, eventuale nomina di un vescovo,
nonch le "cerimonie": nome con cui si indicava la serie delle regole relative ai
rapporti sociali: come vestirsi, come salutare, come ricevere o essere ricevuti e cos
via. Proprio su questo punto si scaten il conflitto. Valignano aveva scritto un Libro
delle regole. Le Regole degli uffizi che entrarono in vigore nel 1592 videro trionfare il
suo punto di vista, ma non senza una lunga contrattazione.
In Italia erano stati elaborati codici di comportamento validi per le corti, che
ammantassero di "civilt" rapporti di potere in cui i segni del dominio avevano
comunque una parte importante. Valignano scrisse che "Una delle cose principali
che nel Giappone sono necessarie per far ci che i Padri si propongono circa la
conversione e la cristianit, di saper trattare coi Giapponesi di tal maniera, che da
una parte godano autorit e dallaltra usino di molta dimestichezza, unendo quete
due cose in tal guisa che luna non impedisca laltra, ma si congiungano in modo che
ciascuna abbia il proprio posto".
Lelaborazione di norme di comportamento tra Cinque e Seicento fu
importante anche per la polemica religiosa della Riforma e le missioni. Bisognava
"adattarsi" a chi aveva idee religiose diverse dalle proprie. La questione fu oggetto
ricorrente nelle discussioni dellet della Riforma. A livello mondiale poi, il
problema se lo dovettero porre conquistatori e conquistati. Quali simulazioni e
dissimulazioni erano necessarie per salvare la propria verit o per conquistare alla
verit chi ancora non la conosceva o non la voleva accettare? Se i vinti se lo
dovettero porre come problema di sopravvivenza fin dallindomani della sconfitta, i
vincitori se lo posero con qualche ritardo, appena sperimentarono la differenza tra
vincere e convivere. La contemporaneit stupefacente. Pi o meno nel periodo in
cui gli anabattisti scoprivano in Europa le tecniche della simulazione e della
dissimulazione, un testo nahuatl suggeriva la necessit di "accomodarsi" ai
conquistatori e di costruire santuari per ospitare gli di castigliani.
dottrinale, misero sotto accusa davanti alla Congregazione di Propaganda Fide nel
1641 le scelte dei gesuiti in Cina, sollevando la questione dei "riti cinesi". In
sostanza si trattava della liceit per i cristiani di tributare a defunti quelle onoranze
e quei riti voluti dalla tradizione confuciana che, secondo i gesuiti, appartenevano
solo alla sfera "civile" e non "religiosa". Un fiume di opuscoli e una montagna di
documenti furono prodotti dagli ordini in lite. Dopo molte incertezze e resistenze si
arriv alla fine alle ripetute condanne del SantUffizio e del Papa nei confronti delle
scelte fatte dai gesuiti sulla questione dei "riti". Il risultato fu la vittoria finale
dellintransigenza
inquisitoriale
sullapertura
missionaria,
riducendosi
lInquisizione a strumento nelle lotte interne fra le forze organizzate a tutela della
cittadella dellortodossia.
Addirittura una legazione composta da un legato del papa e da monsignori
(commissione Mezzabarba), nel 1720-21, denunci allimperatore divertito gli errori
di Matteo Ricci.
Dallaltro lato non andava meglio: oggi che disponiamo anche delle fonti cinesi,
apprendiamo quali reazioni polemiche e di chiusura si scatenassero nel mondo
intellettuale cinese davanti alle proposte dei missionari gesuiti.
La storiografia europea tradizionale ha visto la "questione dei riti" come storia di
aspre contese teologiche e di meschine rivalit nei penetrali della Curia romana e
delle Case generalizie dei grandi ordini (con linteressata attenzione del Portogallo
che non voleva perdere il controllo sul personale delle missioni).
Intorno alla met del Cinquecento diventa normale parlare di "queste indie" o
delle "Indie della parte di qua" per riferirsi al lavoro di predicazione e catechesi che
si svolgeva nelle campagne dei paesi cattolici o nelle aree infestate da eretici. Gi
intorno al 1630 era diventato chiaro il legame per analogia tra contadini europei e
selvaggi americani. Il domenicano Francesco de Vitoria si chiedeva se i selvaggi, con
la loro rozzezza e bestialit, non fossero schiavi per natura, come molti contadini.
Ma il vescovo francescano Guevara mostrava un contadino di aspetto mostruoso ma
intelligentissimo, e inaugurava tutta una letteratura cui appartiene anche il
Bertoldo. Dietro la rozzezza questo era il messaggio si nascondeva una umanit
viva che doveva essere conquistata a Cristo.
Allinizio la "missio" fu come nelle Indie linvio di ecclesiastici esperti nella
predicazione per restaurare (o instaurare) il modello ortodosso. La necessit
derivava dal fatto che le critiche al clero sotto la spinta della Riforma, superarono il
livello di sicurezza dal fatto che si temette che le idee della Riforma trovassero
stabile organizzazione in Italia. Il gesuita Cristoforo Landini fece missioni sulle
montagne della Garfagnana andando a caccia di eretici e scontrandosi col clero
locale su questioni come la grazia e il libero arbitrio. In Spagna il problema fu
quello della minoranza maomettana da convertire.
La missio era ordinata dal papa o da vescovi o da vicari vescovili, richiamati
specie in Italia a un pi severo controllo dellandamento delle diocesi in prossimit
del Concilio di Trento. Alla fine del mandato, veniva redatto un attestato per i
superiori, da parte del vescovo.
Assai meno entusiasti furono i preti delle varie diocesi attraversate dai
missionari; in Lunigiana nel 1548 "li preti congregati in moltitudine con pugni et
con detti nelli occhii et evaginar larme et molti altri improperii" avevano aggredito
il Landino mettendogli "li partesanoni al petto per sfondarmi sino alli piedi". Le
proposte devozionali del gesuita con la loro insistenza sulla comunione frequente e
sulla conoscenza approfondita del catechismo sovvertivano regole e tradizioni
consolidate. Quei conflitti erano iscritti nello stesso modello istituzionale della
"missio": esso poneva a confronto linviato dellautorit centrale, dotato di
unpotere straordinario, coi titolari del potere tradizionale allinterno delle comunit
locali.
Il Landini trov nellisola di Capraia "errori, superstizioni, idolatrie", ma
anche "il paradisso terrestre in tante delitie di beni spirituali a primitiva chiesia
in tanta frequentatione delle confessioni et comunioni ogni d". Ma fu anche
commosso dalla miseria spaventosa della popolazione e raccont di bambini scalzi
anche linverno che dormivano sulla nuda terra e di gente di cinquantanni "che
mai si sati di pane".
Pochi anni dopo, altri gesuiti furono chiamati a fornire assistenza e servigi
inquisitoriali nella spietata campagna spagnola contro i valdesi di Calabria. Anche
qui, nonostante lesplicita funzione antiereticale loro affidata, e nonostante i
reiterati richiami del grande inquisitore Michele Ghislieri (poi papa Pio V), il tono
dominante nelle lettere quello della compassione per quella moltitudine di
"scannati et squartati abrusciati et precipitati da una torre amazzati nella
campagna". E, a parte leresia, o, come scrivono i gesuiti, "fuor della peste, circa
li costumi erano mirabilmente istrutti"; ben diversi dai cattolici cosentini, "gente
tanto assuefatta al male senza giustizia et governo come se fusseno tutti nel
bosco".
La "peregninatio" come scorreria occasionale anche se sorretta dalle armi, non
risolveva il problema della conquista spirituale; "le armi possono forzare i corpi, ma
non le opinioni, le dottrine eterodosse si spiantano dai cuori con la sana dottrina e
catholica persuasione con molta humilt, charit ed amorevolezza": questa
opinione del padre Rodriguez, maturata nella campagna contro i valdesi di
Calabria, veniva confermata allaltro capo della penisola dallinsuccesso della
spedizione di Emanuele Filiberto di Savoia contro i valdesi delle valli alpine; ma
poteva valere anche per tutta limpresa missionaria nel suo complesso.
Questo non significava ripudio della forza; cosa impensabile in un momento in
cui, i Europa, proprio dalle armi si aspettava un diverso regolamento dei contrasti
religiosi. In particolare, se ne attendeva da parte cattolica un nuovo, potente
impulso alle missioni. Cos come in Calabria lesercito aveva spianato la strada alla
dolce persuasione gesuitica, anche nella Francia delle guerre di religione o
nellImpero la prima parola era alle armi. In prossimit della guerra dei Trentanni,
cera chi come il gesuita Jakob Rem aspettava "bellum cruentum, sed sacrum",
destinato a concludersi trionfalmente e a fornire "magnum incrementum" alle cose
cattoliche. Rem rimproverava i confratelli che si agitavano per andare nelle Indie,
perch era convinto che la guerra prossima ventura avrebbe aperto grandi
possibilit di lavoro in Germania. I Vaticiniadi Jakob Rem sono conservati nelfondo
Nella missione del 1672 sullAppennino modenese fece costruire una chiesa
"boschereccia" di tronchi e fronde come punto di riferimento per le processioni, in
unarea dove si temeva la permanenza di culti della vegetazione. Nella processione
che si articolava dalla chiesa reale a quella fittizia, esprimendo cos il percorso ideale
della "conversione", fece rappresentare tutta una serie di episodi della storia sacra:
"Nelle sue processioni ogni d pi riguardevoli rappresent la circoncisione del
Signore, la Presentazione dellistesso, la Presa nellhorto, la Flagellazione alla
colonna, lEcce homo, Christo in croce fra li due ladroni, e fra questi santi misterii
con Erode, Caif e Pilato una turba grande di Farisei e Scribi, e tutti portavano
bene la sua parte, ma singolarmente alcuni in modo ammirabile".
Regista e primattore il missionario, impegnato a trovare una dimensione
spettacolare ai vari momenti di una sosta allinterno della comunit che deve
lasciare il segno. Come far abbandonare le "cattive abitudini"? Ecco, il modo in cui
Segneri seppe organizzare un momento fondamentale della strategia gesuitica della
sostituzione: a chi era schiavo della colpevole passione per il gioco delle carte
propose "che per regalo gli diano le carte da giocare e a chi le d con promessa di
non pi giuocare a tal giuoco gli d in contraccambio una medaglia con
lindulgenza plenaria in articolo di morte". Lidea non era nuova: parlando degli
indios americani, Acosta aveva suggerito di far uso senza miseria di rosari, acqua
benedetta, immaginette varie e di tutta la santa paccottiglia che doveva dilagare da
allora in poi tra i popoli cattolici di tutto il mondo.
Ma il momento pi emozionante di quellazione teatrale fu certamente quello
della predica sulla penitenza. La predica fu introdotta dalla flagellazione in
pubblico: "Disciolto ad un tratto il cinto della veste superiore e quella con destrezza
gettata tutta da s su l braccio sinistro, con la destra tolto un flagello composto di
dupplicate lastre di ferro, che si fa dare da un altro de confratelli pur assistenti,
comincia e siegue a battersi per qualche spatio fieramente con esso, e viene a
ridurne con questo ludienza a tanta commotione che, quantunque si predichi
insieme, nulla pi si ode che gemiti e che singhiozzi profondi, nulla pi si vede che
pianti". Ed a questo punto che il predicatore d il colpo di grazia alle resistenze
degli uditori, avviando un dialogo con un teschio che si fa destramente offrire da un
altro assistente: "Quando poi finalmente dallaltro fratello richiede lo specchio delle
proprie miserie, cio un horrido teschio di morte, e quello prendendo nella mano
sinistra e fissamente guardando prende anco (come se quellanima sentisse) a parlar
seco, ad interrogarla, a dialogare ed a moralizare con essa nello stato di dannatione;
oh, qui bisogna bene compungersi duna vita menata s malamente, oh, qui
rimbomba il luogo; oh, qui risuonano le voci che gridano misericordia, che
promettono restituzione, che promettono pace, che promettono penitenza".
Era teatro: lo spettatore ne cos consapevole da commentare sottolineando labilit
del trascinatore di folle pi che la santit del religioso; e i suo commento tra
parentesi "come se quellanima sentisse" lequivalente del "sembra vero"
piuttosto che un dubbio sulla sopravvivenza dei morti.
Questa teatralit intensa non era imposta dallalto: per quanto i gesuiti fossero
stati tra i pi solleciti a ricorrere al teatro come strumento di acculturazione nella
loro attivit missionaria extraeuropea, nelle congregazioni della Compagnia si trova
di Cristo: il missionario doveva giungere inavvertito per andarsene via, alla fine,
portandosi dietro tutte le colpe della comunit.
LA RELIGIOSA
back to Index
PREMESSA
back to Index
back to Index
di
lo
di
la
2000 donne erano rinchiuse senza vocazione nei conventi della Venezia di met
Seicento
Angela Tarabotti, nobile rinchiusa in un convento veneziano ha scritto
Linferno monacale, infarcendolo di brillanti citazioni, con espressioni eccezionali:
parla di donne rinchiuse nel "ventre dun chimerico e sozzo animale", "poco
dissimile dagli abbissi infernali", in un "teatro in cui si recitano funestissime
tragedie", dove linganno aveva tracciato per molte "sventurate" la trama oscura
di un "perpetuo laberinto".
Francesca di Ges Maria, monaca ascetica, ci ha lasciato invece poesie devote.
Sprazzi quetistici affiorano nella produzione di Francesca di Ges Maria
Nel caso di Juana ins de la Cruz, reclusa contro la sua volont in un convento
del Nuovo Mondo e dedita sin da giovanissima agli studi riservati agli uomini, il
"QUEL CORALLO CHE SOTTO L'ONDE DEL MARE E' TENERO": LA RELIGIOSA TRA
CONTRORIFORMA E ILLUMINISMO
back to Index
LA STREGA
back to Index
LO SCIENZIATO
back to Index
Nel corso di 31 anni, fra il 1626 e il 1657 muoiono Francis Bacon, Johannes
Kepler, Robert Fludd, Roberto Burton, Galileo Galilei, Giovanni Battista van
Helmont, Bonaventura Cavalieri, Marin Mersenne, Ren Descartes, Pierre
Gassendi, William Harvey. Francis Bacon un celebrato filosofo che invece che
trattati pubblica aforismi, che detesta le universit, che si impegna in politica fino
a diventare ministro, che prima di essere processato per corruzione vive nel fasto e
possiede una muta di pi di cento levrieri. Keplero a ventitr anni va a insegnare
matematica e astronomia a Graz; diventa assistente di Tycho Brahe
allosservatorio di Uraniborg, la prima istituzione scientifica europea dove si
svolge ricerca, si stampano libri e si insegna astronomia fuori dalluniversit; nel
1601 viene nominato matematico imperiale ma vive una vita misera guadagnando
con gli oroscopi e lottando per oltre sei anni per salvare la madre, accusata di
stregoneria, da una condanna al rogo. Galilei professore di matematica a Pisa e a
Padova ed aspira invano ad una cattedra di filosofia, non disdegna la fabbricazione
di strumenti, diventa "primario matematico e filosofo" del granduca di Toscana,
subisce un processo, una condanna per aver sostenuto tesi eretiche e pronuncia in
ginocchio davanti ai cardinali della Congregazione una pubblica abiura delle sue
convinzioni copernicane. Descartes un militare, un critico feroce delle scuole e
delle universit, scrive il suo testo pi celebre nella forma di unautobiografia,
scopre in sogno i fondamentali di una nuova scienza meravigliosa, vive di una
modesta rendita, rinuncia a rendere pubblica la sua fisica dopo aver saputo della
condanna di Galilei, termina la sua vita come precettore privato di Cristina di
Svezia. Mersenne un religioso dellordine dei Minimi che dal convento diventa il
corrispondente e il punto di riferimento di tutti gli scienziati e dotti del suo
tempo.Van Helmont un medico, cos come il mago rosacruciano Robert Fludd;
medico anche Harvey, che studia a Padova, diventa membro del Royal College of
Physicians e medico di Giacomo I e non abbandona mai un aristotelismo di fondo.
Cavalieri un religioso dellordine dei gesuati di San Gerolamo, e insegna
matematica alluniversit. Gassendi un prete frequentatore di medici e scienziati,
professore di astronomia nel Collegio Reale di Parigi.
La scienza del Seicento non nasce per solo ad opera dei grandi personaggi
Viene costruita, ed anche propagandata ed energicamente difesa, da una folla
composita e variopinta: professori di matematica ed astronomia nelle universit,
insegnanti di queste stesse discipline (in specie la matematica) fuori dalle
dello spazio come sensorium Dei sono state rilevate influenze delle correnti
neoplatoniche e della cabala giudaica. Newton non solo leggeva e riassumeva testi
alchimistici, ma dedic allalchimia moltissima ore della sua vita. Dai suoi
manoscritti risulta anche chiara la sua fede in una prisca theologia (che uno dei
temi centrali dellermetismo) la cui verit deve essere provata mediante la nuova
scienza sperimentale.
Questo della verit e del progresso concepito anche come un "ritorno"
davvero un tema centrale. Francis Bacon aveva presentato la sua grande riforma
del sapere come una instauratio, come ladempimento di unantica promessa. La
nuova scienza operativa avrebbe consentito di restaurare quel potere sulla natura
che luomo ha perduto dopo il peccato. Egli pensava che le "favole antiche" fossero
non un prodotto della loro et, ma invece simili a "sacre reliquie e arie lievi
spiranti da tempi migliori, tratte dalle tradizioni di nazioni pi antiche e trasmesse
ai flauti e alle trombe dei Greci". Lidea che il sapere vada risuscitato, che esso sia
in qualche modo nascosto nei tempi pi remoti della storia umana, che prima della
filosofia dei Greci fossero state intraviste alcune fondamentali verit in seguito
cancellate e perdute certo un tema "ermetico", che attraversa per una larga
parte della cultura del Seicento e che ricompare anche negli autori nei quali meno
ci si aspetteremmo di trovarlo. Come per esempio nelle Regulae di Cartesio, deciso
sostenitore della superiorit dei moderni.
Nel De mundi systemate, composto fra il 1684 e il 1686, Newton faceva risalire
la tesi copernicana non solo a Filolao ed Aristarco, ma a Platone, Anassimandro,
Numa Pompilio, e riprendeva la tesi dellantica sapienza degli Egiziani, "i quali
rappresentavano, con riti sacri e geroglifici misteri che travalicavano la
comprensione popolare". Negli Scolii classici (di recente pubblicati da Paolo
Casini) Newton manipola accortamente i suoi autori, sceglie con cura le citazioni,
intende mostrare che i filosofi antichi avevano conosciuto i fenomeni e le leggi
dellastronomia gravitazionale. Anche se in forma simbolica, gi nei tempi pi
remoti della storia si sapeva che la forma dellattrazione diminuisce in ragione del
quadrato della distanza.
Si certo grandemente ecceduto nella presentazione di Bacon e di Newton
come pensatori "ermetici", ma indubbio che la posizione di Bacon nei confronti
delle "favole antiche" non facilmente decifrabile e che Newton fu fermamente
convinto di star riscoprendo verit di filosofia naturale che gi si erano affacciate
nei tempi remoti dopo il peccato e che gli antichi saggi avevano, a loro volta,
parzialmente riscoperto. Il gran libro della natura era gi stato decifrato. Il
progresso dellastronomia fu concepito da Copernico, da Keplero, dallo stesso
Galilei, anche come un ritorno.
La metafora di un arazzo nel quale si sovrappongono e si intrecciano fili non
implica affatto che si debba rinunciare (come molti sono stati tentati di fare) a
distinguere tra i fili e il colore dei fili. Dalla grande tradizione della magia naturale
del Rinascimento, i moderni accolsero unidea di importanza centrale: il sapere
che ha per oggetto la natura non solo contemplazione e non solo "teoria". E
anche operazione, manipolazione, intervento. Il dominio e il controllo della natura
sono fini costitutivi ed essenziali alla scienza, e ci che chiamiamo "realt" ha a che
fare non solo con ci che pensiamo del mondo, ma anche con ci che facciamo nel
mondo.
Lespressione letterariamente pi efficace , al solito, quella del Lord
Cancelliere: bisogna leggere con umilt nel gran libro della natura, bisogna
ripulire lo specchio appannato della mente e "rifarsi simili a fanciulli", ma bisogna
anche imparare a "torcere la coda al leone".
CONOSCERE E FARE
back to Index
Lidea che conoscere il mondo abbia a che fare con la sua trasformazione (o
che, addirittura, si dia unidentit tra conoscere e fare) attraversa la cultura
scientifica del Seicento. In ci che viene comunemente chiamato meccanicismo
opera non solo lidea che gli eventi naturali possano essere descritti mediante i
concetti e i metodi di quel ramo della fisica che viene detto meccanica, ma opera
anche, e con una forza straordinaria, l'idea che proprio gli ordigni e le macchine
costruiti dalluomo possano costituire un "modello privilegiato" per la
comprensione della natura.
Gli ordigni, le macchine, le arti meccaniche vengono concepiti in modi lontani
dalla tradizione. Agli occhi di Bacon le "arti meccaniche" contengono un sapere
che si finora affermato ai margini della scienza ufficiale, nel mondo dei
costruttori di edifici, di navi, di strumenti, degli ingegneri minerari, dei numerosi
artigiani che trattano con abilit i materiali pi vari: le loro attivit servono a
"rivelare i processi della natura" e sono una forma di conoscenza. Le tecniche (a
differenza di quanto accade nella filosofia e in tutte le altre forme del sapere) sono
capaci di progresso, crescono cio su s medesime, e ad una tale velocit "che i
desideri degli uomini vengono a mancare prima ancora che esse abbiano raggiunto
la perfezione". Inoltre nelle arti meccaniche vige la collaborazione, ed esse sono
una forma di sapere collettivo: "in esse confluiscono gli ingegni di molti, mentre
nelle arti liberali gli ingegni di molti si sottoposero a quello di una sola persona". I
metodi, le procedure, il linguaggio delle tecniche devono diventare oggetto di
riflessione e di studio: la "experientia erratica" dei meccanici, il disperso sapere di
coloro che si servono delle mani per modificare la natura deve essere sottratto al
caso e alla deleteria influenza dei maghi e degli alchimisti, deve dar luogo ad un
corpus organico e sistematico di conoscenze. In tutta la tradizione filosofica, da
Platone fino a Bernardino Telesio, stata introdotta una frattura fra la teoria e la
pratica, il sapere e loperare, il conoscere il mondo e lintervenire sul mondo;
chiedersi se le verit della scienza dipendano dai metodi impiegati per
determinarle o dalla loro utilit pratica , per Bacon, un dilemma privo di senso: le
due "gemelle intenzioni umane, la Scienza e la Potenza" coincidono in una: se
vero che la capacit di dar luogo ad opere la garanzia della verit del metodo
altrettanto vero che solo un metodo vero in grado di produrre opere reali: ricerca
teorica e attivit pratica sono, cos intese, la stessa cosa, e ci che pi utile nelle
operazioni anche ci che pi vero nella teoria (ista duo pronuntiata, activum et
contemplativum, res eadem sunt, et quod in operando utilissimum, id in sciendo
verissimum). In questo senso i risultati pratici non sono solo benefci per la vita, ma
anche pegni della verit (opera non tantum beneficia, sed et veritatis pignora sunt).
Keplero nega che luniverso sia "un divino essere animato" e lo concepisce
come simile ad un orologio nel quale tutti i movimenti "dipendono da una semplice
forza materiale". Cos il cuore se non una molla, i nervi se non molte corde? si
domanda Hobbes . Cartesio si era fermato sulle macchine che, pur costruite dagli
uomini, sono "semoventi", e aveva paragonato i nervi ai "tubi delle macchine delle
fontane", i muscoli e i tendini a congegni e molle. Per Boyle lintero universo
"una grande macchina semovente" e tutti i fenomeni vanno per questo considerati
nei termini "dei due grandi e universali principi dei corpi: la materia e il
movimento. Sulle cose naturali, afferma Gassendi, indaghiamo allo stesso modo in
cui indaghiamo "sulle cose di cui no i stessi siamo gli autori".
Il mondo dei fenomeni ricostruibili mediante lanalisi e il mondo dei prodotti
artificiali, costruiti con le mani o costruiti come entit possibili dallintelletto, sono
le uniche realt di cui si possa avere scienza. Possiamo conoscere o le macchine o il
mondo reale in quanto esso sia riconducibile al modello di una macchina. Le
tradizionali impostazioni relative al rapporto tra la Natura e lArte vengono qui
consapevolmente rovesciate. LArte non (come voleva una diffusa tradizione
medievale) "la scimmia" della natura e non "in ginocchio" davanti alla Natura. I
prodotti dellArte non sono n differenti n inferiori a quelli della Natura. Su
questo punto anche Cartesio insiste con forza: "non si d alcuna differenza fra le
macchine che costruiscono gli artigiani e i diversi corpi che la natura compone".
Sia Cartesio sia Gassendi accolgono la tesi di Bacon che nega ogni differenza di
essenza fra oggetti naturali e oggetti artificiali: "E stata a lungo prevalente
lopinione che larte sia differente dalla natura e le cose artificiali differenti dalle
naturali Questo dovrebbe invece penetrare in profondit nelle menti: le cose
artificiali non differiscono dalle naturali per la forma o lessenza, ma solo per la
causa efficiente".
Se il mondo una macchina, non solo cade lantica immagine di una
corrispondenza fra luomo microcosmo e luniverso macrocosmo, ma cade anche
lidea che il mondo sia costruito a misura delluomo. Allinterno della nuova
concezione del rapporto Arte-Natura si fa strada la tesi che la conoscenza delle
essenze e delle cause ultime preclusa alluomo, che essa non interessa la scienza,
riservata a Dio in quanto artefice o costruttore o orologiaio del mondo. Il criterio
del conoscere come fare e dellidentit fra conoscere e costruire vale per luomo
come vale per Dio. Lintelletto umano ha pieno accesso alle verit della matematica
e della geometria in quanto esse sono verit costruite, ma non potr mai accedere
n alle quidditates rerum intimae n agli arcana naturae: la scienza pu essere e
intende essere solo conoscenza fenomenica del mondo. Conosciamo le "vere ragioni
scrive Mersenne solo di quelle cose che possiamo costruire con le mani o con
Per tutti gli esponenti della cultura magica e alchimistica, per tutti i seguaci
della tradizione ermetica, i testi dellantica sapienza si configurano come libri sacri
nei quali sono racchiusi segreti che solo pochi eletti o "iniziati" possono decifrare.
La verit nascosta nel passato e nel profondo. E tanto pi preziosa quanto pi
nascosta. Va ricercata e decifrata al di l degli accorgimenti che furono impiegati
per tenerla nascosta a coloro che non ne sono degni. E sempre necessario andare
"oltre la lettera", alla ricerca di un messaggio di volta in volta pi nascosto. Il
confine tra la figura del mago e quella del sacerdote appare difficilmente
determinabile. Anche quando la magia accentua le caratteristiche di "naturalit"
delle operazioni magiche, essa non riuscir mai a liberarsi n dalla ambigua
concezione del metodo come iniziazione, n dallimmagine del mago come essere
eccezionale, come "eletto".
"Lardore della gente nellaprire scuole" sembrava a Jan Amos Komensk
(latinizzato in Comenius), intorno agli anni 30 del Seicento, una delle
caratteristiche dei tempi nuovi. Da quellardore deriva anche "il grande
moltiplicarsi dei libri in tutte le lingue affinch anche i bambini e le donne possano
acquistare familiarit con essi". Limpegno in favore di un sapere universale,
comprensibile a tutti perch a tutti comunicabile, diventa un tema centrale e
dominante. Alcune convinzioni sulla natura umana, sulle vie di accesso alla verit,
sui procedimenti del conoscere vengono espresse con una radicalit che pu
apparire sconcertante solo a quegli studiosi che hanno sottovalutato la presenza
della tradizione ermetica e il peso esercitato sulla cultura (anche quella scientifica)
dal naturalismo magico. Quelle convinzioni nascono allinterno di prospettive
diverse, hanno anche differenti significati, ma, indipendentemente dalle loro
origini, contribuiscono allaffermarsi e al consolidarsi di unimmagine del sapere
che in grado di contrastare con efficacia la tradizione magico-alchimistica, di
"la filosofia figlia della tua mente, ancora informe in te stesso". Il metodo che
Hobbes ha costruito pu servire a tutti: "se ti piacer, potrai usarlo anche tu".
Proprio in Mersenne, instancabile "segretario dellEuropa colta", troviamo
espressa in forma singolarmente efficace lidea, radicalmente antimagica ed
antioccultistica, della eguaglianza delle intelligenze: "un uomo non pu fare nulla
che un altro uomo non possa egualmente fare e ciascun uomo contiene in s tutto
ci che necessario per filosofare e ragionare di tutte le cose".
Anche se gli storici del pensiero politico non se ne sono sempre resi conto, la tesi
della eguaglianza delle intelligenze di fronte alle verit della scienza aveva forti
valenze politiche. In tutti gli esseri umani, dir Pufendorf, presente un principio
interiore per governarsi da soli e tutti gli uomini, in quanto suscettibili di
obbligazioni, sono esseri intelligenti: "Non posso persuadermi che la sola
eccellenza di natura sia sufficiente a dar diritto a un essere di imporre una qualche
obbligazione ad altri esseri i quali hanno, cos come lui, un principio interiore per
governarsi da soli". La tesi delleguaglianza di fronte alla verit implicava la
rinuncia allimmagine, presente nellermetismo e in molte filosofie di derivazione
aristotelico-averroistica, di una separazione netta tra i "filosofi" e gli uomini del
volgo, "simii a bestie", pe i quali sono opportuni i racconti di miracoli, angeli e
diavoli, per i quali, come aveva scritto Pomponazzi, sono necessarie le favole "per
indurre al bene e ritrarre dal male, come si fa con i bambini con la speranza del
premio e la paura della pena".
Dopo let di Bacon e di Cartesio, di Hobbes, di Mersenne e di Galilei ogni
forma di sapere che teorizzi la segretezza in nome della inaccessibilit, che
concepisca come "sovrumane" le difficolt che si incontrano sulla via del
conoscere, che affermi il carattere iniziatico dellaccesso alla verit e la possibilit,
per pochissimi, di giungere allepisteme, apparir irrimediabilmente
e
strutturalmente connessa alla tesi,di natura politica, secondo la quale gli uomini
non sono in grado di governarsi da soli ed hanno bisogno, come i bambini, di favole
che li tengano lontani dalla verit.
Lidea delleguaglianza delle intelligenze diventa parte integrante e costitutiva
dellimmagine moderna della scienza. Come accade per tutte le idee che si
associano o si identificano con dei valori, essa ci offre, ancora oggi, delle linee di
orientamento. Quando lambiguit e lenigmaticit del linguaggio diventano
essenziali ad una filosofia e la chiarezza linguistica viene accuratamente evitata ed
esplicitamente condannata come espressione di semplice buon senso e di
superficialit; quando il tema "guardare al passato",laffermazione di una Riposta
Sapienza delle Origini e limmagine di una Verit che allInizio dei Tempi
diventano le grandi idee guida e i motivi centrali di una filosofia; quando infine
viene teorizzata una differenza di essenza fra gli eletti e i pneumatici (che possono
attingere a quella Sapienza, vivere gli "attimi" e intravvedere e indicare il Destino)
e coloro che restano per sempre confinati nella temporalit del quotidiano e sono
capaci solo di intelletto, ma del tutto incapaci di Pensiero; quando tutto questo
avviene contemporaneamente o in una stessa filosofia, allora la antica Tradizione
Ermetica (anche in pieno XX secolo) rivela la sua non spenta presenza, mostra la
sua operante persistenza, celebra i suoi tardivi trionfi.
ricercatori che, a differenza dei ciechi, non hanno bisogno di guida alcuna:
"Quando pure voi vogliate continuare in questo modo di studiare, deponete il
nome di filosofi e chiamatevi o istorici o dottori di memoria; che non conviene che
quelli che non filosofano mai si usurpino lonorato titolo di filosofo": Le
testimonianze di altri non hanno alcun valore di fronte al criterio del vero e del
falso: "Addurre tanti testimoni non serve a niente, perch noi non abbiamo mai
negato che molti abbiano scritto o creduto tal cosa, ma s bene abbiamo detto tal
cosa essere falsa".
Sembra che si debba scegliere: o essere scienziati o essere storici;o credere nella
distinzione vero-falso o addurre testimonianze; o conoscere la natura o conoscere
la storia. Descartes, su questo punto, la pensa allo stesso modo: "non riusciremo
mai ad essere filosofi se avremo letto tutte le argomentazioni di Platone e Aristotele
senza essere in grado di portare un sicuro giudizio su un problema determinato:in
questo caso dimostreremmo di aver imparato non le scienze, ma la storia". La
storia ci che gi stato inventato ed consegnato nei libri, la scienza labilit
nel risolvere problemi, "la scoperta di tutto ci che la mente umana pu
scoprire". Conversare con gi uomini di altri secoli dir ancora Cartesio "
quasi lo stesso che viaggiare, ma quando si impiega troppo tempo a viaggiare si
diventa alla fine stranieri nel proprio paese e cos, chi troppo curioso delle cose
del passato diventa, per lo pi molto ignorante di quelle presenti". Gli storici
appaiono anche a Malebranche uomini che tendono "alle cose rare e lontane" e
"ignorano le verit pi necessarie e pi belle".
La verit della geometria, il suo rigore appartengono per Spinoza a un mondo
che non dipende dallapprovazione degli ascoltatori o dalle vicende temporali Quel
rigore e quella verit diventano un modello che pu essere esteso a tutto il sapere.
La verit implica una assoluta irrilevanza dei contesti, delle vicende che si svolgono
nel tempo. Il come si giunti alla verit non ha alcuna importanza: "Euclide, che
non scrisse se non cose semplicissime e quantomai intelligibili, facilmente
compreso da tutti in qualunque lingua; n per intenderne il pensiero e raggiungere
la certezza circa il suo vero significato, necessario avere una piena conoscenza
della lingua in cui scrisse, ma ne sufficiente una conoscenza comune, quasi
rudimentale; e non necessario conoscere la vita, gli studi, i costumi dellautore, n
la lingua, il destinatario e il tempo in cui scrisse, la fortuna del libro e le sue varie
lezioni, n come e per deliberazione di chi sia stato approvato. E quel che diciamo
qui di Euclide va detto di tutti coloro che scrissero attorno ad argomenti per loro
natura comprensibili".
Il modello al quale si guarda ha una struttura entro la quale le teorie non si
sostituiscono semplicemente luna allaltra, ma si integrano sulla base di una
sempre maggiore generalit. Leibniz pensa che anche in filosofia si potr
abbandonare la contrapposizione fra le scuole, si potr rinunciare allesistenza
stessa di scuole. Anche la filosofia diventer un sapere capace di crescere per
integrazioni successive: "In filosofia scompariranno le scuole, cos come sono
scomparse in geometria. Vediamo in effetti che non esistono euclidei, archimedei e
apollonieni e che Archimede e Apollonio non si erano proposti di rovesciare i
principi dei loro predecessori, ma di farli progredire (les augmenter)".
Pascal pensa che ci siano scienze che dipendono dalla memoria e che si
richiamano allautorit e scienze che si affidano invece al ragionamento e nelle
quali lautorit non ha alcun valore. La storia, la geografia, la giurisprudenza, la
teologia appartengono al primo gruppo, "dipendono dalla memoria e sono
puramente storiche". Hanno come principi "o il fatto puro e semplice o
listituzione divina o quella umana". Sui loro argomenti "solo lautorit pu
illuminarci" e di esse "si pu avere una conoscenza intera, cui non sia possibile
aggiungere nulla". La geometria, laritmetica, la musica, la fisica, la medicina,
larchitettura appartengono al secondo gruppo, "dipendono dal ragionamento" ed
hanno per scopo "la ricerca e la scoperta di verit nascoste". Qui "lautorit
inutile" e solo la ragione conosce, qui la mente libera di dispiegare le sue
capacit, qui "le invenzioni possono essere senza fine e senza interruzioni". La
crescita, il progresso, la novit, linvenzione caratterizzano solo le scienze del
secondo gruppo: gli antichi le hanno abbozzate, noi le lasceremo ai posteri in uno
stato migliore di come le abbiamo trovate. La natura " sempre eguale, ma non
sempre egualmente conosciuta". La verit "non comincia ad essere quando si
cominciato a conoscerla" ed "sempre pi antica di tutte le opinioni che se ne sono
avute".
Machinae novae, Nova de universis philosophia, De mondo nostro sublunari
philosophia nova, Novum Organum, Astronomia nova, Novo theatro di
machineDiscorsi intorno a due nuove scienze, Scienza nuova: il termine novus
ricorre quasi ossessivamente in alcune centinaia di libri dedicati alla filosofia e alle
scienze pubblicati fra let di Copernico e quella di Newton. Si scopre un Nuovo
Mondo, popolato di uomini sconosciuti, di nuovi animali e nuove piante; si scopre
"un vasto numero di nuove stelle e nuovi movimenti che erano del tutto sconosciuti
agli astronomi antichi"; il microscopio "produce nuovi mondi e terre incognite per
la nostra vista". Fra la "riscoperta degli antichi" e il "senso del nuovo" che
caratterizzano la cultura del cosiddetto Rinascimento esiste un complicato
rapporto. Il rifiuto del carattere esemplare della cultura classica (che il tema sul
quale tutti gli umanisti avevano insistito) assume toni fortemente polemici, si
configura, in molti casi, come un rifiuto: "De Grec et de Latin, mais point de
connaissance on nous munit la test en notre adolescence".
"Vendete le vostre case,il vostro guardaroba, bruciate i vostri libri" aveva
scritto nel 1571 il paracelsiano Pietro Severino. La polemica contro la cultura
libresca giunger fino a Robert Boyle ed oltre a trasformarsi in uninvettiva
contro ogni e qualunque tradizione, dar luogo ad una forma di "primitivismo
scientifico" che contrappone gli esperimenti delle fornaci e le botteghe degli
artigiani alle biblioteche, agli studi stoici e letterari, alle stesse ricerche teoriche.
Gli antichi hanno seguito una strada sbagliata: "Se dichiarassi di potervi
offrire qualcosa di meglio degli antichi, dopo essere entrato nella stessa via che essi
hanno seguito, non potremmo evitare che si stabilisca un confronto o una sfida
circa lingegno, il merito, le capacit Uno zoppo che segue la via giusta arriva,
come suol dirsi, prima di un corridore che segue la strada sbagliata. Ricordatevi
che la questione concerne la via da seguire e non le forze e che sosteniamo non la
parte dei giudici, ma quella delle guide".
Nel corso dei Seicento si and formando in Europa non solo unimmagine della
scienza, ma anche un "ritratto" del filosofo naturale. Questo ritratto era assai
diverso da quello dellantico filosofo o sapiente, cos come da quello del santo, del
monaco, del professore universitario, del gentiluomo di corte, del perfetto principe,
dellartigiano, dellumanista, del mago. I fini che furono teorizzati da quei
compositi gruppi intellettuali che contribuirono allo sviluppo del sapere scientifico
furono senza dubbio diversi da quelli della santit individuale, dellimmortalit
letteraria, della eccezionale personalit "demoniaca".
Una casta pazienza, una naturale modestia, le maniere gravi e composte, una
grande capacit di comprendere gli altri, una sorridente piet verso di loro: questi
gli elementi costitutivi del ritratto, tracciato da Bacon, delluomo di scienza.
Troviamo scritto nella Confutazione delle filosofie: "Lassemblea si componeva di
circa cinquanta membri fra i quali non era nessun adolescente; tutti erano di et
matura e ciascuno recava sul volto i segni della probit e della dignit. Al suo
ingresso egli li trov occupati a discorrere amichevolmente fra loro, e tuttavia essi
sedevano su sedie disposte ordinatamente e sembravano attendere larrivo di
qualcuno. Poco dopo entr un uomo dallaspetto oltremodo tranquillo e sereno, ma
il cui volto esprimeva compassione Egli sedette non su una tribuna o in una
cattedra, ma insieme agli altri e cominci in questo modo ad intrattenersi con
lassemblea".
Il ritratto del "nuovo sapiente" proposto da Bacon assomiglia senza dubbio di
pi a quello di Galilei o di Einstein che a quello del turbolento Paracelso o
dellirrequieto e avventuroso Cornelio Agrippa. Al piglio titanico del mago del
Rinascimento sembra ora subentrata una classica pacatezza ed una atmosfera
simile a quella delle "conversazioni" dei primi umanisti.
Anche lo stile della discussione che si svolge tra i protagonisti della cartesiana
Recerche de la vrit non ha nulla di iniziatico. E "lo stile delle oneste
conversazioni, dove ognuno manifesta familiarmente agli amici ci che ha di
meglio nel suo pensiero". A questo stesso tono "familiare" si richiamano Salviati e
Sagredo che combattono per la nuova scienza nel Dialogo galileiano. Negli scritti
di Bacon c, in pi, rispetto a quella civile e garbata atmosfera umanistica, una
duplice consapevolezza: che gli esseri umani potranno disporre, servendosi della
tecnica e della collaborazione tra ricercatori, di uno smisurato potere; che il teatro
delle imprese umane non pi una citt o una singola nazione ma lintero mondo.
SCIENZA E POLITICA
back to Index
Galilei invit invano i teologi del suo tempo a "considerare la differenza che
tra le dottrine opinabili e le dimostrative". Coloro che professano scienze
dimostrative non hanno la possibilit di "mutar opinioni a voglia loro" e c gran
differenza "tra il comandare a un matematico o a un filosofo e l disporre un
mercante o legista, e non con listessa facilit si possono mutare le conclusioni
dimostrative circa le cose della natura e del Cielo, che le opinioni circa quello che
sia lecito o no in un contratto, in un censo o in un cambio".
La pressione esercitata dal potere politico sulla scienza (quando, come scriveva
ancora Galilei, "persone ignorantissime duna scienza o arte abbiano ad essere
giudici sopra glintelligenti") ha su di essa effetti devastanti. Soprattutto quando,
come avvenne nel Seicento e come avvenuto anche nel nostro secolo, religioni o
ideologie o filosofie vengano concepite come visioni totalizzanti o pietre di
paragone per giudicare della verit o della falsit di ogni specie di teoria.
La cosmologia infinitista di derivazione copernicana propagandata da
Giordano Bruno da un lato e la "filosofia meccanica" dallaltro lato sembravano
mettere in discussione nuclei importanti della tradizione cristiana: la centralit
delluomo nelluniverso nel primo caso, la presenza di fini o scopi nelluniverso nel
secondo caso.
Quando la conflittualit fra il potere e la scienza (che ha carattere strutturale)
si trasforma in uno scontro aperto, si offrono agli scienziati una serie di soluzioni in
certa misura obbligate: 1) la affermazione di una distinzione forte fra politica e
scienza o fra religione e scienza, di una loro separatezza; 2) la dissimulazione o il
mascheramento della dottrine avvertite come pericolose; 3) laccantonamento delle
ricerche e dei problemi che possono condurre ad aderire a soluzioni gi
"condannate" o a prese di posizione opposte a quelle considerate accettabili dal
potere. Tutte queste soluzioni furono variamente adottate dai filosofi naturali e
dagli scienziati del Seicento.
Laffermazione della distinzione e della separatezza avviene in modi diversi nei
paesi cattolici e in quelli protestanti. Varr la pena di considerare brevemente due
casi esemplari, destinati entrambi a grande risonanza: quello di Galilei e quello di
Bacon.
Nella celebre lettera del 1613 a Benedetto Castelli Galilei formulava una serie
di tesi: 1) di fronte al testo sacro non ci si pu fermare al puro significato delle
parole, dato che molte proposizioni sono "accomodate allincapacit del volgo". 2)
Nelle discussioni scientifiche la Scrittura va considerata "in ultimo luogo". Dio si
esprime infatti mediante la Scrittura e mediante la Natura. Va tenuto presente che
mentre la Scrittura accomodata allintendimento degli uomini e le sue parole
hanno significati diversi, la Natura invece "inesorabile e immutabile" e non si
cura che le sue ragioni e i suoi modi di operare "sieno o non sieno esposti alle
capacit de gli uomini". 3) La Natura ha dentro di s una coerenza e un rigore che
sono assenti nella Scrittura: "no ogni detto della Scrittura legato ad obblighi cos
severi come ogni effetto di natura". Gli "effetti naturali" che lesperienza ci pone
davanti o che appaiono provati dalle dimostrazioni necessarie non possono in alcun
modo "essere revocati in dubbio per luoghi della Scrittura chavesser nelle parole
diverso sembiante". 4) Compito dei "saggi espositori" del testo sacro dato che le
due verit della Scrittura e della Natura non possono contrariarsi quello di
"affaticarsi per trovare i veri sensi de luoghi sacri" che siano in accordo con le
conclusioni accertate e dimostrate. Inoltre, dato che le scritture ammettono una
serie di esposizioni "lontane dal suono letterale" e dato che non siamo affatto sicuri
che tutti gli interpreti siano ispirati da Dio, sarebbe prudente non permettere a
nessuno di impegnare luoghi della Scrittura per appoggiare o dichiarare vere
conclusioni naturali che potrebbero, in futuro, essere falsificate. 5) Le Scritture
tendono a persuadere gli uomini di quelle verit che sono necessarie alla salvezza,
ma non affatto necessario credere che le notizie conseguibili mediante i sensi, il
discorso e lintelletto (di cui Dio ci ha dotato) ci siano fornite dalla Scrittura.
La consapevole limitazione della scienza al piano delle cose naturali, il
riconoscimento di un indispensabile significato morale alle verit della fede, il
rispetto per la dimensione del sovrannaturale: tutto ci non poteva, n serv ad
impedire che queste affermazioni galileiane apparissero pericolose e sovvertitrici.
Agli occhi dei difensori del potere acquisito dalle istituzioni esse tendevano a
infrangere quella saldatura tra filosofia e teologia che da secoli sembrava garantire
alla Chiesa la sua funzione di guida non solo delle coscienze, ma del sapere e della
cultura. Certo non poneva rimedio a questo il pezzo di bravura con cui Galilei
chiudeva la sua lettera e cercava di dividere i suoi avversari sostenendo che la
dottrina copernicana si accordava con il testo della Bibbia assai pi facilmente
della teoria aristotelico-tolemaica.
Galilei oscill spesso fra un eccesso di sicurezza e una disposizione alla
capziosit. Non ebbe sempre chiaro il senso della grande questione che si era
aperta. In che senso veniva qui spezzata la tradizionale saldatura tra filosofia e
teologia? nel momento in cui il linguaggio rigoroso della natura veniva
contrapposto al linguaggio metaforico della Bibbia, i filosofi naturali non
diventavano gli unici autorevoli interpreti anche del significato di quelle metafore?
non saranno essi a dover indicare agli interpreti della Scrittura quei "sensi" che si
accordano con le verit naturali? E se la Bibbia contiene soltanto proposizioni
necessarie alla salvezza, che senso aveva affermare che il celebre passo di Giosu
"ci mostra chiaramente la falsit e impossibilit del mondano sistema aristotelico e
tolemaico"?
Anche Francis Bacon, tra il 1608 e il 1620 si era reso conto che il tipo di sapere
che stava nascendo comportava una decisa rottura verso ogni forma di teologia che
avesse pretese sistematiche e totalizzanti. Il fatto che "la contenziosa e disordinata
filosofia di Aristotele sia stata incorporata nella religione cristiana" , ai suoi occhi,
indice di una decadenza del sapere e spia di un atteggiamento moralmente
colpevole. Se si stabilisce un "patto" o "connubio" fra teologia e filosofia si d vita
ad una unione insieme "iniqua" e "fallace". Quel patto include infatti "solo le
dottrine gi attualmente accolte", e tutte le novit vengono di conseguenza "escluse
e sterminate". Le verit della scienza non vanno cercate nella Scrittura, e non
lecito n possibile ricercare nel testo sacro una filosofia naturale . Chi si dedica a
questo tipo di imprese d luogo non solo ad una "filosofia fantastica", ma anche ad
una "religione eretica".
Prima della condanna del 1616, Galilei aveva formulato un programma molto
diverso. Scrivendo a Pietro Dini, nel maggio del 1615, aveva affermato che cera un
solo modo "speditissimo e sicurissimo" per mostrare che la dottrina copernicana
no contraria alla Scrittura: "mostrare con mille prove chella vera e che la
contraria non pu in alcun modo sussistere". Dato che due verit non possono
contrariarsi necessario che la tesi copernicana e le Scritture "sieno
concordissime". Anche Descartes, in un frammento che risale al 1630, aveva
affermato che sulla base delle sue "fantasie" egli era in grado di spiegare il primo
capitolo della Genesi assai meglio di altri interpreti. Si proponeva di far vedere
chiaramente che la sua "descrizione della nascita del mondo" si accordata molto
meglio di quella di Aristotele "con tutte le verit della fede". Esattamente come
Galilei, non seguir affatto questa strada. Abbandoner anchegli i riferimenti al
mondo reale per entrare nel mondo dei possibili. Presenter la sua cosmologia
come "unipotesi forse lontanissima dalla verit". Far riferimento ad un mondo
immaginario.Non intende affatto spiegare, come altri filosofi, "le cose che in effetti
si trovano nel mondo vero", ma solo "fingere un mondo a piacere". Sta
raccontando una favola. Nella favola della formazione di un universo immaginario
non trovavano pi posto proprio perch si trattava di una favola e di un mondo
irreale n Dio n Mos. Da buon allievo dei gesuiti non manca tuttavia di
insinuare nei lettori il sospetto che la sua favola possa dire sul mondo reale pi cose
di quanto non dicano le filosofie che hanno la pretesa di descriverlo.
Laccantonamento dei temi pi pericolosi stato pi volte sottolineato dagli
storici della scienza. Quando John Milton rievoc la sua visita ai dotti italiani disse
che costoro lo invidiavano per il fatto che egli viveva in Inghilterra, "mentre essi si
lamentavano dello stato di servit in cui la scienza era stata ridotta nella loro
patria". Dopo gli indubbi eccessi delle interpretazioni di tipo risorgimentale e
positivistico, oggi diventato di moda esaltare la scienza dei gesuiti. Che fu
certamente una rispettabile cosa. Anche se resta indubbio, al di l di ogni tentativo
di rivalutazione, che lastronomia fu, dopo la condanna del 33 sempre pi calcolo
e sempre meno cosmologia e che la biologia fu sempre pi analisi di organi e di
strutture e sempre meno teoria generale del vivente. Nella "scienza" di Francesco
Lana Terzi o in quella di Daniello Bartoli cos come nelle monumentali opere di
Athanasius Kircher si tentava una sorta di grandioso compromesso fra i risultati
della nuova scienza e le eredit del naturalismo magico. Nel Mundus subterraneus
del 1644 Kircher rintracciava nei fossili e nelle rocce figure geometriche, lettere
dellalfabeto greco e latino, immagini di corpi celesti, forme di alberi, di animali e
di uomini, simboli misteriosi, che rinviano a sensi profondi e costituiscono la via
alla rivelazione dei significati divini che pervadono il mondo. La ricerca si volgeva
ancora una volta agli abscondita latentis naturae sacramenta. La scienza assume a
oggetto il "meraviglioso", ritorna ad essere unimpresa "dilettevole", si insiste con
forza sulla sua "utilit". Il sapere scientifico tornava ad essere ci che Francis
Bacon aveva teorizzato non dovesse essere: "un giaciglio per spiriti irrequieti, un
belvedere per piacevoli panorami, una bottega per le vendite e il guadagno".
Come nessun altro filosofo del suo tempo, Bacon ebbe chiarissimo il senso
dellimpresa scientifica come impresa collettiva che investe la societ, che necessita
di istituzioni specifiche. Si pose anche il problema dei rapporti fra scienza e
L'ARTISTA
back to Index
IL BORGHESE
back to Index
HOMO OECONOMICUS
back to Index
Le nuove abitudini prese dai nobili e dai borghesi cambiarono anche laspetto
della citt. Tra le altre cose le classi pi ricche tendevano a concentrarsi in alcune
zone della citt, soprattutto del centro.
"Le marchand acqure, lofficier conserve, le noble dissipe" coglie il ciclo
generazionale delle famiglie di maggior successo che cominciarono ad ascendere
nei ranghi dellaristocrazia.
Nel 1600 un po pi del 10% della popolazione europea viveva in citt di 5.000 o
pi abitanti, numero che aument nel corso del XVII secolo. Ma la percentuale
della popolazione urbana dotata dei requisiti per appartenere al ceto medio e in
particolare alle sue sfere pi ricche, non era altrettanto grande. I due terzi dei
maschi del centro commerciale di Anversa erano nullatenenti. E nel tardo Seicento
a Nordlingen la met dei cittadini possedeva il 4% della ricchezza, mentre una
fascia del 10% possedeva il 60% della ricchezza. Per questa distribuzione
asimmetrica, la grande massa di poveri dei centri urbani lasciava un piccolo,
prezioso spazio (o delle risorse) al modesto cittadino che viveva nel mezzo.
Condizioni simili caratterizzavano altre citt europee, in cui dalla met a due
terzi degli abitanti conducevano unesistenza prossima alla linea della povert o al
disotto di essa. A Rotterdam la minoranza abbiente era ancora pi ristretta e
distinta. In genere, un terzo faceva parte del ceto medio mentre la percentuale
appartenente alla lite civica si contraeva all1-2%. I borghesi vivevano allinterno
di una cerchia numericamente ristretta e socialmente esclusiva.
IL BORGHESE E LA CITTA'
back to Index
La citt costituiva il vero centro di esistenza del ceto medio. Non strano che
lepoca barocca abbia dato voce a un discorso enfatico in lode della citt come
luogo privilegiato per lattivit favorita della borghesia, cio il consumo: parlando
dei benefici materiali della vita urbana, molte descrizioni di citt di quellepoca
assumono toni lirici. Ad esempio nei fornitissimi negozi di Amsterdam si poteva
trovare ogni sorta di beni alimentari e non. Anche le abitazioni borghesi di
Amsterdam "erano colme di ninnoli come regge.
Ma non tutte le spese erano materiali: let barocca si dimostr
particolarmente fertile per lo sviluppo e lespansione di nuovi modelli di consumo
culturale. Il borghese, per quanto potesse essere inizialmente rozzo si raffinava
espandendo allo stesso tempo il suo ruolo di consumatore di cultura (soprattutto
prodotti tangibili: libri, opere darte, giornali) e assistendo a rappresentazioni di
ogni tipo (musica, opera, teatro, danza). Listruzione e il contatto regolare con la
I VALORI PRIVATI
back to Index
Esiste una ricca vena letteraria di critica dei borghesi, dipinti come avidi e
arrampicatori rovinati dalla propria ambizione. Ma i borghesi si vedevano
diversamente. Una diversa letteratura mette in evidenza il contributo alla citt da
parte del borghese agiato. Questo ritratto poggiava sulla retorica dell"etica
protestante", che postula un rapporto eccezionalmente intenso tra la borghesia e le
virt sociali di devozione al lavoro, sobriet, austerit, purezza e procrastinazione
della gratificazione personale. Abbiamo visto che alcuni elementi di questa
congerie di virt si tenevano in piedi con molta difficolt: perfino i pi protestanti
tra i ceti medi protestanti, come quello inglese e quello olandese cedettero a volte
alle tentazioni del moderno consumismo. Ma le altre componenti di questa
ideologia, e soprattutto laccento sul contributo positivo,produttivo, di questo ceto
alla societ, assieme allinsistenza sulle virt di onest, sobriet, e sul valore
redimente del lavoro, facevano vibrare corde pi sonore. Non solo furono accolte
nei molti influenti panegirici del comportamento economico borghese, come Le
parfait ngociant di Savary (1675), ma le ritroviamo negli scritti privati di
commercianti e di altri borghesi. Fierezza nel lavoro, ferma credenza nella
honnet, devozione a una pi flessibile nozione delleconomia, che permettesse il
consumo nella misura in cui poteva essere sostenuto dalla produzione, piuttosto
che a un rigido ideale di austerit.
Durante il periodo barocco i borghesi di qualsiasi convinzione religiosa
cattolici, protestanti, ebrei concepivano il loro mondo e si riferivano ad esso
attraverso il linguaggio religioso. Espressioni sociali di comportamento giusto e
sbagliato e speranze e ambizioni personali si congiunsero, modellandosi in una
visione religiosa del mondo spesso molto sentita. Il carattere fortemente personale
era tuttavia ci che pi distingueva la vita spirituale della borghesia cittadina da
quella delle altre classi sociali. In ogni aspetto della vita religiosa, il borghese
tendeva ad accostarsi al divino in modo intellettualmente attivo e, in certa misura,
individualistico, imperniato sugli strumenti forniti dallistruzione, specialmente
sulla meditazione individuale, col supporto della lettura della Scrittura e di libri di
Per il ritratto dellio interiore del borghese disponiamo dei diari che Samuel
Pepys (1633-1703) scrisse dal 1660 al 1669. Pubblico funzionario solerte e
socialmente ambizioso. Da oscuro e secondario impiegato statale sal fino ai primi
ranghi della burocrazia, acquistando un potere e un prestigio sempre maggiori
nellamministrazione della marina reale. Era un vero e proprio arrampicatore
sociale, con lo scopo della stima sociale e dei soldi. Chiave del suo successo era per
lui la diligenza. Da 25 sterline il suo patrimonio, in dieci anni, arriv a 10.000
sterline, senza essere un funzionario troppo corrotto.
CONCLUSIONI
back to Index
I borghesi avevano un forte senso di distacco sia dalla nobilt che dalla plebe,
classe pericolosa che minacciava lordine e la propriet. Nei confronti dei nobili
erano consapevoli dei molteplici confini che la separavano perfino dai borghesi pi
ricchi, che avevano le migliori chances, ma che erano consapevoli dei limiti sociali
della loro condizione di non nobili.
Lattaccamento borghese allordine era legato a questa percezione di
mediocrit, di essere nel mezzo. Ma la mobilit sociale era perfettamente accettata
purch fossero riconosciute e rispettate le regole del gioco. Collegata alladesione
allordine e alla regola era la spiccata razionalit borghese, la fiducia nella ragione
e nei procedimenti logici, che precede di gran lunga la deificazione che ne fa
lilluminismo. Di qui anche il conservatorismo e il conformismo innati, linteresse
per la stabilit e la diffidenza per il rischio e linnovazione.
Il vero borghese non era un dinamico imprenditore capitalista, un fortunato
giocatore dazzardo, un precursore della modernit anche se spesso appartenevano
alla borghesia color (relativamente pochi( che in epoca barocca assunsero questi
ruoli. Al contrario apprezzava pi la sicurezza che la voglia di rischiare e preferiva
i percorsi familiari. Gli storici lo hanno accusato di "tradimento", di essere "ceto
fallimentare", "in via di sparizione" nel XVII secolo, specie nei paesi del
Mediterraneo.Si tratta di unesagerazione, che ha sottolineato troppo la fuga
collettiva verso la classe nobile da parte di una visibile ma esigua minoranza.
Anche il molto decantato spostamento nei modelli di investimento del ceto medio
dal commercio alla terra non significava necessariamente che il ceto stesse
voltando le spalle alle sue origini commerciali. Le propriet rurali spesso venivano
acquisite per ragioni molto pratiche, es. per accrescere la possibilit di ottenere
ipoteche o crediti di altro tipo. E innegabile che ricorrere a forme di investimento
di minor rischio e maggiore sicurezza era un comportamento molto razionale,
specie in periodi come il XVII secolo, in cui le maggiori difficolt economiche
rendevano meno redditizi i modelli tradizionali di commercio e produzione,
specialmente nelle pi mature economie urbane del Sudeuropa.
Cera una costante spinta borghese alla sicurezza. Il marchio di garanzia della
strategia borghese per la sopravvivenza e per leventuale avanzamento sociale era
la conformit alle aspettative del ceto dominante, e laristocrazia continu di fatto