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In questa relazione non intendo proporre qualche nuovo modo di insegnare le lingue, ma vorrei piuttosto invitare a
riflettere su come esse vengono insegnate. Sono infatti d'accordo con Prabhu (19**) quando sostiene che l'utilit delle
ricerche e delle teorie sulla seconda lingua per chi insegna non consista nel suggerire il metodo migliore, ma nel
contribuire a creare un "senso di plausibilit" verso ci che uno fa nella pratica di classe quotidiana. In altri termini, un
buon insegnante non quello che applica un "buon metodo" (che, in astratto, non esiste), ma quello che nell'applicare il
suo metodo lo trova plausibile, perch in grado di riflettere su come e perch funziona, su quali sono i suoi punti di forza
e le sue debolezze, quali sono gli obiettivi e i mezzi per raggiungerli, insomma sa cosa sta facendo e perch.
Vorrei che le riflessioni che presenter nelle prossime pagine venissero intese in questo modo: si tratta di una serie di
risultati empirici e costruzioni teoriche che possono contribuire a rendere pi plausibili alcune pratiche di classe, inclusa la
costruzione di un libro di testo. Si potr obiettare che si tratta di dati provenienti da ricerche che non si svolgono mai o
quasi mai nelle classi di lingue, ed vero. Parler di apprendenti che hanno preso l'italiano 'per la strada' e sono stati poi
intervistati da ricercatori universitari, di esperimenti svolti in laboratorio, di teorie costruite da psicologi e linguisti che
forse non hanno mai insegnato neanche per un'ora una lingua straniera. Eppure credo che si tratti di dati rilevanti per chi
opera in classe, che li potr utilizzare liberamente per le sue riflessioni, senza sentirsene in alcun modo condizionato. E' lo
stesso rapporto che esiste tra un libro di ricette di cucina e un trattato sulla chimica degli alimenti.
Molti miei colleghi usano la parola 'ricette' con disprezzo: 'noi non diamo ricette, non chiedeteci ricette' e cos via. Io
invece non ho nulla contro le ricette: anzi, sono un avido consumatore di ricette di cucina. Ma a un buon cuoco non serve
solo sapere che l'arrosto deve cuocere prima a fuoco vivo e poi a fuoco dolce, ma anche perch: gli serve quindi una
qualche idea di come la composizione chimica della carne si trasforma a contatto col calore, di come fatto un pezzo di
carne e cos via. I grandi autori della cucina classica, dall'Artusi a Escoffier, accompagnano sempre le loro ricette con le
spiegazioni necessarie per comprenderne il funzionamento, in modo che ognuno possa poi applicare i principi generali per
creare le sue ricette. La chimica in s non ti dice come cuocere l'arrosto, ma utile per cuocerlo meglio. Lo stesso vale per
le ricerche sulla seconda lingua: non ti dicono immediatamente cosa fare in classe, ma sono utili per riflettere su quello
che fai e per provare a cambiare qualcosa con cognizione di causa.
Ma a cosa serve una scuola di lingue?
Gli studenti che frequentano i corsi Dilit a Roma sono gi in Italia, sono circondati dalla lingua italiana, hanno
l'opportunit di usarla in centinaia di occasioni ogni giorno: le occasioni di apprendimento non gli mancano. Allora perch
decidono di iscriversi a una scuola di lingue? Domanda banale, a cui pu seguire la risposta altrettanto banale: perch
credono di imparare meglio (cio di pi, pi in fretta, pi facilmente). Ma qui sorge una domanda meno banale: perch in
una scuola si dovrebbe imparare meglio che per la strada? Cosa mi d in pi la scuola? Si noti che queste domande
valgono anche per chi insegna l'italiano all'estero: vero che gli studenti non hanno intorno a s tutte quelle occasioni di
usare l'italiano, per l'insegnante pu chiedersi se il suo compito esclusivamente quello di ricreare una 'strada italiana',
con tante occasioni d'uso della L2, o se oltre a questo pu dare qualcosa di pi e di diverso.
Per rispondere a queste domande torniamo agli studenti Dilit di Roma. E' chiaro che la scuola non fa altro che dare un
contributo ai loro processi di acquisizione spontanea dell'italiano, che hanno luogo anche nelle ore extrascolastiche. In
altri termini, gli studenti imparano l'italiano anche da soli (in proporzioni diverse a seconda dei livelli, degli atteggiamenti
e delle preferenze di ciascuno). Ma anche nelle classi di lingua straniera all'estero l'apprendimento avviene a partire da
processi spontanei, naturali, e non un semplice condizionamento dell'insegnante. Si ricordi che nella parola 'apprendere'
c' il verbo 'prendere': la lingua viene innanzitutto presa dagli studenti, e non tanto data dall'insegnante.
Dobbiamo quindi partire dai processi naturali grazie ai quali le persone imparano le lingue. Insegnare una lingua significa
infatti aiutare qualcuno a 'prenderla', nel modo migliore e pi facile possibile. I processi naturali di apprendimento
consistono nell'osservare la L2, identificare degli aspetti che paiono salienti e utili, cercare di comprenderne il
funzionamento, cercare di memorizzarli e infine provare a usarli. Per esemplificare con una struttura come il participio
passato, un processo naturale di apprendimento potrebbe essere il seguente (cercando di ripercorrere i pensieri di un
apprendente, che ovviamente li formuler nella sua lingua materna o che rimarranno forse in buona parte inconsci e
inarticolati).
- Guarda un po': ci sono tante parole che finiscono con -to: mangiato, imparato, detto, fatto, visto. (IDENTIFICARE LA
STRUTTURA, accorgersi che esiste)
- Mi sembra che queste parole siano dei verbi. Mi sembra anche che quando hanno -to si parli del passato.
(ANALIZZARE LA STRUTTURA, formulare ipotesi per comprenderne il significato e l'uso)
- Proviamo a fare qualche esperimento e usare questo -to: provo a dire ieri mangiato bene, no io fatto questo cosa.
(UTILIZZARE LA STRUTTURA, vedere come reagiscono gli altri, mettere a punto le ipotesi)
- Mi sembra che funzioni. Anzi, adesso noto tanti verbi con questo -to, usati per esprimere il passato: finito, avuto,
camminato, comprato. (VERIFICARE LE IPOTESI)
- Anch'io uso -to tante volte, ormai non pi necessario pensarci, viene quasi da solo (AUTOMATIZZARE LA
STRUTTURA)
- Mi sembra per di notare che quando incontro una parola che finisce con - to ed esprime il passato, ci sia davanti sempre
un verbo come avere o essere. Mi sembra anche che quando si parla di una donna a volte si dice lei arrivata.
(RIMETTERE IN DISCUSSIONE LE IPOTESI, mettere a punto il sistema, ristrutturarlo).
Questa una semplificazione, ma d un'idea di come si imparano naturalisticamente le strutture della L2. La
semplificazione consiste innanzitutto nel fatto che il participio passato entra in una configurazione verbale pi complessa
che il passato prossimo: il nostro apprendente si accorger che queste parole con -to sono accompagnate da un ausiliare,
che in certi casi invece che con -to finscono con -ta o -ti, che prima del -to cambia la vocale tematica (mangiato, bevuto,
capito). Queste scoperte si verificheranno insieme alla sequenza di processi illustrati in precedenza, per cui mentre si sta
consolidando il pensiero che in italiano esiste -to e serve per esprimere il passato, star contemporaneamente nascendo
anche il dubbio che forse non si dice sempre -to, oppure che occorre premettere qualcosa al verbo e cos via. Inoltre,
mentre pensa ad acqisire il passato prossimo, l'apprendente star anche allargando il suo repertorio lessicale, mettendo a
punto il sistema degli accordi nominali, prestando attenzione alla coniugazione del presente e osservando tanti altri aspetti
della lingua italiana.
Insomma, questi processi di scoperta, comprensione e automatizzazione di una struttura non avvengono in serie, una
struttura dopo l'altra, ma normalmente in parallelo: imparare una lingua significa prestare attenzione a tante regole
contemporaneamente, ciascuna delle quali si trover a diversi livelli di analisi e produzione. Fatte queste premesse, lo
schema precedente offre una rappresentazione schematica ma plausibile di ciascuno di questi percorsi di scoperta.
Questi percorsi funzionano secondo alcuni principi molto generali della psicologia dell'apprendimento, e in particolare
dell'apprendimento delle lingue. Vediamoli qui, riprendendo alcune considerazioni di B. MacLaughhlin (1987, 1990), uno
psicolinguista che si occupa di acquisizione delle lingue seconde. Il modello di apprendimento proposto da McLaughlin
pu essere sintetizzato nei quattro punti seguenti.
1) Le capacit di attenzione sono limitate: si pu rivolgere la propria attenzione solo a pochi aspetti della situazione
comunicativa allo stesso tempo, i rimanenti rimangono alla periferia del campo attentivo. Ad esempio, se si presta
attenzione al contenuto comunicato certi aspetti della forma linguistica potranno passare inosservati; se invece ci si
concentra sulla forma, sar pi difficile seguire il contenuto di ci che si dice o si ascolta (Van Patten 1990).
2) Il linguaggio un'abilit cognitiva complessa. Parlare implica l'attivazione simultanea e l'integrazione di molte sottoprocedure: tutte le volte che pronunciamo una frase coordiniamo simultaneamente a) il sistema concettuale, per la scelta
delle idee; b) il sistema grammaticale, per ordinare le unit linguistiche in sequenze lineari che rispettino le regole della
grammatica; c) il movimento degli organi fonatori, per articolare i suoni. Il compito cognitivo "parlare" richiede dunque lo
svolgimento simultaneo di vari tipi di sotto-compiti, a loro volta estremamente complessi, il tutto nello spazio di pochi
secondi.
3) L'automatizzazione consiste nell'integrazione di varie sotto-procedure e deriva dall'uso ripetuto. I processi automatici
richiedono meno attenzione di quelli non automatici. Quando iniziamo a guidare la macchina - un'altra attivit cognitiva
complessa - pensiamo a tutte le cose da fare una alla volta: non riusciamo a pensare alla frizione, all'acceleratore, al
volante, allo specchietto retrovisore, nello stesso tempo; queste procedure, infatti, non sono automatizzate, cos come non
automatizzata la macro-procedura del guidare. Diventando esperti, invece, l'integrazione di tutte le sotto-procedure assai
veloce e ci rimangono ancora risorse di attenzione per guardare il paesaggio, ascoltare la radio, discutere con qualcuno. Lo
stesso avviene con l'apprendimento di una lingua straniera: all'inizio dedicheremo molta attenzione a ciascuna sottoprocedura, come la pronuncia dei suoni, l'ordinamento grammaticale, l'accordo, la scelta delle parole. Gradualmente,
questi processi diverranno automatici e potremo parlare senza prestare particolare attenzione a ci che stiamo facendo.
4) L'apprendimento si basa, oltre che sull'automatizzazione, sulla ristrutturazione. I mutamenti dell'interlingua non sono
solo quantitativi (maggiore velocit), ma anche qualitativi (diverse rappresentazioni della L2, sempre pi adeguate). Se
l'apprendimento fosse solo una crescente automatizzazione, si finirebbe col pronunciare rapidamente e senza sforzo frasi
che seguono le regole dell'interlingua di base, senza articoli, coniugazione verbale, accordo: si tratterebbe di un esito di
fossilizzazione, in cui un sistema interlinguistico provvisorio diventa definitivo. Quello che accade quando tutto va bene,
invece, che le regole provvisorie dell'interlingua di base vengono sostituite da altre, pi vicine a quelle della lingua
d'arrivo, in un processo di continua ristrutturazione.
Il nostro apprendente nella sua scoperta del participio passato fa precisamente questo: prima dirige la sua attenzione verso
la struttura, per identificarla. Poi cerca di produrla, ma ci gli richiede ancora molta attenzione, trattandosi delle prime
volte. Un po' alla volta, il processo diventer automatico, liberando risorse di attenzione per concentrarsi su altri aspetti
della L2. Tuttavia, questa automatizzazione non impedir che il sistema possa ristrutturarsi: ad esempio, la regola
semplice 'per fare il passato aggiungi -to' diventer qualcosa di assai pi complesso, che terr conto degli ausiliari,
dell'accordo del participio col soggetto in certi casi, dei verbi irregolari e cos via.
In tutta questa esposizione non abbiamo parlato di un insegnante: infatti, i processi esposti hanno luogo anche in chi
apprende la lingua spontaneamente, senza maestri, libri, lezioni. Torniamo quindi alla domanda: ma a cosa serve una
scuola? La scuola serve, semplicemente, ad agevolare questi processi di automatizzazione e ristrutturazione. Per fare ci si
pu intervenire sull'input, sull'output e sulla conoscenza esplicita, secondo lo schema seguente (da Ellis 1998, modificato).
Nella parte inferiore della Figura 1 viene mostrato il percorso di acquisizione, quale pu verificarsi anche in assenza di
interventi didattici (il riquadro racchiude processi che avvengono nella mente dell'apprendente). L'input ricevuto solo in
parte trattenuto nella memoria di servizio, diventando cos intake, quella parte dell'input su cui l'apprendente compie
qualche tipo di operazione cognitiva; altri aspetti dell'input non vengono invece nemmeno notati. L'intake il materiale
con cui viene formato e ristrutturato il sistema interlinguistico, grazie al quale possibile produrre nuove frasi nella
seconda lingua (output). La conoscenza esplicita della L2 pu intervenire in questo processo a vari livelli. In primo luogo,
pu favorire l'"accorgersi" di certe strutture nell'input, facendo s che queste entrino a far parte dell'intake. Poi, pu fare
"notare una differenza" tra queste strutture e quelle prodotte dal sistema interlinguistico: attraverso questo confronto
cognitivo si avvia la ristrutturazione dell'interlingua in direzione della lingua d'arrivo. La conoscenza esplicita serve infine
per "monitorare" le proprie frasi prima di produrle apertamente: uno potrebbe ad esempio controllare se una frase ancora a
livello di "linguaggio interiore" risponda a certe regole apprese esplicitamente.
Se questo il percorso dei dati linguistici - dall'input, al sistema interlinguistico, all'output - vediamo ora come vi si pu
agire mediante l'istruzione: nella figura 1 gli interventi didattici sono rappresentati con delle frecce tratteggiate.
dalla lezione 19 del primo volume troviamo un'attivit simile a proposito del passato prossimo: a pag. 129 si chiede di
formulare ipotesi sull'accordo del participio e controllarle su una lettura (stessa?**). Qui il libro di testo a sollecitare il
discente a notare qualcosa di non ovvio e iniziare a sviluppare una sua conoscenza esplicita in materia. Per ora non
importa che questa conoscenza esplicita sia 'corretta' ed esaustiva, nel senso in cui lo sono le spiegazioni che si incontrano
nelle grammatiche (e che Volare fornisce alla fine del primo volume, nella sintesi grammaticale). L'importante che lo
studente inizi a fare le sue ipotesi, a costruire una sua grammatica.
Una simile strategia la troviamo anche in un'attivit proposta molto pi avanti, nel secondo volume, lezione 12, p. 85:
viene chiesto di notare in una lettura le occorrenze di passato prossimo e imperfetto e formulare un'ipotesi sul loro uso.
Qui si suppone che l'apprendente abbia gi fatto progressi nell'analizzare e produrre il passato prossimo: ci che gli si
chiede ora di comprenderne il significato, cio il valore d'uso, all'interno di un sistema verbale complesso in cui si
oppone ad altre forme, come l'imperfetto. Ma il principio rimane lo stesso: stimolare una riflessione che porti lo studente a
costruire le sue ipotesi personali, prima che sia l'insegnante a esporgliele. L'approccio, quindi, essenzialmente induttivo.
Nella figura 1 si vede che un altro modo in cui si possono aiutare gli apprendenti ad acquisire le regole della seconda
lingua consiste nel far fare loro pratica delle strutture. Qui il repertorio di attivit smisurato e va dai pi tradizionali
esercizi strutturali alle attivit pi creative e ludiche proposte in Volare. Quali che siano le attivit prescelte, il fine
sempre lo stesso: far utilizzare in modo controllato e sistematico certe strutture, in modo che l'apprendente possa
focalizzare la sua attenzione su di esse un po' per volta. Ricordiamoci infatti che le capacit di attenzione sono limitate:
specie nelle prime fasi, si potr cercare di usare la nuova regola solo in contesti definiti e abbastanza controllati, in modo
da non dover pensare a tante cose allo stesso tempo.
Vediamo qualche esempio da Volare, sempre per quanto riguarda l'insegnamento del passato prossimo. La prima attivit
che richiede di fare pratica su questo tempo si trova nell'ultima lezione del primo volume, a pag. 138. Qui viene proposta
una lettura, gi affrontata nelle pagine precedenti, a cui sono stati tolti tutti i verbi: alcuni di essi devono essere coniugati
al presente, altri al futuro, altri al passato prossimo. Il compito facilitato: oltre a trattarsi di un brano familiare, vengono
forniti tutti i verbi all'infinito e nell'ordine in cui devono essere inseriti; inoltre, tre diversi formati di tratteggio indicano
quale tempo deve essere usato in ciascuno spazio lasciato vuoto. Tutte queste facilitazioni hanno lo scopo di lasciare che
l'attenzione dello studente si concentri tutta su un aspetto, la coniugazione del verbo, non preoccupandosi di altre questioni
come la scelta del tempo giusto o la ricerca della parola appropriata. Attivit simili sono proposte anche nel corso del
secondo volume (ad es. pag. 17 e 79).
Il secondo volume riprende il passato prossimo a varie riprese e con attivit di difficolt crescente. Ad esempio, nella
seconda lezione, a pag. 21, si chiede di inserire solo gli ausiliari in una lettura gi affrontata nelle pagine precedenti:
anche qui si cerca di tenere sotto controllo la difficolt, portando l'attenzione solo sull'aspetto degli ausiliari. Pi complesso
l'esercizio che si trova a pag. 33, nella quarta lezione, in cui occorre riscrivere una lettera dal presente al passato. E' vero
che almeno il lessico e i contenuti sono gi dati, ma i verbi devono essere coniugati per intero (non solo l'ausiliare o solo il
participio). Qualche unit pi avanti, nell'undicesima lezione, a pag. 80, troviamo un ascolto attivo**: lo studente, mentre
ascolta una registrazione, deve inserire i verbi al passato prossimo negli spazi di una lettura.
Solo nell'ultima unit del secondo volume, a pag. 142, si chiede di inserire i verbi al passato prossimo dopo i pronomi
atoni, in costruzioni come **. Anche qui si tratta di fare pratica sistematica di una regola particolare, quella che richiede
l'accordo del participio quando il complemento un pronome atono pre-verbale. E' una regola complessa, che di solito
viene appresa tardi: quindi giusto chiedere agli studenti di rivolgervi la loro attenzione solo ora, quando hanno gi
notato, compreso e automatizzato diversi aspetti del passato prossimo.
Tutte queste che abbiamo visto sono attivit piuttosto controllate, in cui si chiede all'allievo di dirigere tutta o buona parte
della sua attenzione verso una certa regola alla volta. Sono quelle attivit che in Volare vengono dette "analitiche", in cui
prevale l'attenzione verso la forma linguistica. Naturalmente possibile far fare pratica della struttura anche in attivit pi
libere, o "autentiche", sempre per riprendere la terminologia di Volare. ** Ne troviamo un esempio a pag. **, in cui si
chiede agli studenti di raccontare una storia accaduta durante la loro infanzia. In questo modo chiaro che si richiede di
utilizzare i tempi passati, ma l'attenzione non tutta puntata sulla precisione formale, ma anche, e forse soprattutto,
sull'efficacia comunicativa. E' un fare pratica pi impegnativo: le risorse di attenzione dovranno essere suddivise tra
attenzione alla forma e attenzione al contenuto ed naturale attendersi, in questo tipo di attivit, un maggior numero di
errori che in quelle pi selettive e controllate. Se anche queste attivit pi libere vengono svolte senza commettere tanti
errori, vuol dire che l'automatizzazione delle struttura gi abbastanza avanzata, essa cio viene prodotta correttamente
anche senza richiedere grandi sforzi di concentrazione. Si noti per che questo vale soprattutto per l'orale: nelle
produzioni scritte, alcuni studenti pi analitici e scrupolosi potranno curare sia forma che contenuto, ma in serie, un
aspetto alla volta, e non in parallelo, come invece pu fare chi ha veramente automatizzato la struttura. In altri termini,
solo una produzione libera orale che ci d un'indicazione attendibile del grado di automatizzazione delle strutture
grammaticali.
Nello schema di figura 1 compaiono anche altri due modi in cui l'istruzione pu favorire l'apprendimento di determinate
regole della L2. Il primo fornire spiegazioni su come funziona la lingua. Volare ha, a questo proposito, una linea molto
coerente: nessuna spiegazione all'interno delle lezioni, ma schemi grammaticali molto espliciti ed esaustivi alla fine di
ciascun volume **. Il secondo modo in cui l'insegnante pu aiutare l'allievo a mettere a punto le regole della L2 fornire
correzioni o, meglio, feedback. Significa in pratica fornire un 'responso', che pu essere positivo o negativo, sulle
produzioni dello studente e quindi sulle sue ipotesi. E' difficile verificare se un'ipotesi corretta solo osservando l'input,
mentre un'indicazione esplicita da parte dell'insegnante pu essere di grande aiuto. Si prenda un esempio studiato in un
esperimento di Trahey & White**: se gli studenti che hanno il francese o l'italiano come madrelingua producono frasi in
inglese come He goes quickly into the kitchen, essi potranno notare che nell'input inglese frasi del genere non si trovano,
ma sono piuttosto del tipo He quickly goes into the kitchen. Ma 'assente' non significa automaticamente 'sbagliato': gli
apprendenti potrebbero pensare che le loro forme siano semplicemente insolite, ma non scorrette. Inoltre, molto pi
difficile notare un'assenza, che non la presenza di una struttura nell'input. I risultati dell'esperimento sono proprio questi:
il gruppo che riceveva un'inondazione di frasi inglesi corrette contenenti la struttura Soggetto-Avverbio-Verbo, continuava
a compiere errori; il gruppo che riceveva feedback negativo sulle proprie frasi scorrette, un po' alla volta abbandonava le
ipotesi errate e si atteneva alla regola della L2.
Tempo
Gruppo sperimentale
Prima delle lezioni
65,9
67,9
Subito dopo le lezioni
71,7
68,3
Cinque mesi dopo le lezioni
75,2
69,0
Totale progresso + 9,2 + 1,1
Gruppo di controllo
Accuratezza nella produzione scritta dei tempi passati (imperfetto, passato prossimo e trapassato prossimo)
Come si pu vedere, le 15 ore di trattamento hanno avuto ricadute positive non solo nell'immediato, ma anche nel lungo
periodo. Questo importante per due motivi. In primo luogo dimostra che, contrariamente a quanto sostenuto da Krashen
(19**), l'istruzione ha degli effetti duraturi, e non solo effimeri. In secondo luogo, il maggior incremento di accuratezza da
parte del gruppo sperimentale anche nel periodo successivo allo studio porta a concludere che gli interventi didattici
innescano dei processi di riflessione e acquisizione che rimangono attivi anche al di fuori della situazione di istruzione. In
altri termini, chi ha potuto riflettere ed esercitarsi su una certa forma con l'aiuto dell'insegnante, continua a farlo in seguito
anche da solo, compiendo ulteriori progressi.
La ricerca ci mostra quindi che frequentare un corso di lingua, essere guidati da un insegnante e da un libro di testo che ci
forniscono spiegazioni e opportunit di uso sistematico e controllato della L2, presenta dei vantaggi rispetto a un
apprendimento puramente spontaneo. Occorre per fare qualche precisazione, perch non vorrei che queste conclusioni
suonassero come un 'torniamo ai bei vecchi metodi'.
In primo luogo, nessuno oggi intende sminuire l'importanza della competenza comunicativa, di cui la competenza
linguistica solo una parte. In altri termini, l'obiettivo di un corso di lingue non pi solo far produrre agli studenti delle
frasi grammaticalmente corrette, ma anche degli enunciati appropriati ed efficaci, da usare all'interno di situazioni
comunicative reali. Gli obiettivi della fluenza e dell'accuratezza sono ugualmente importanti: non vanno confusi (e Volare,
da questo punto di vista, molto chiaro) ma integrati. Molte attivit saranno proposte per il loro valore comunicativo,
senza pensare che debbano necessariamente servire allo svolgimento del 'programma di grammatica'.
Un'altra differenza tra l'approccio che oggi va sotto il nome di focus on form, cio attenzione alle forme linguistiche, e i
metodi grammaticali tradizionali che tutte le ricerche sullo sviluppo dell'interlingua ci mostrano che gli errori, certi tipi
di errori in particolare, sono ad alcuni livelli inevitabili. L'errore pu essere corretto all'interno di certe attivit e comunque
sempre in modo selettivo; in altri casi, invece, potr essere tollerato anche per un lungo periodo di tempo.
E veniamo qui alla terza novit rispetto agli approcci tradizionali. Gli studi sull'interlingua riportano che alcune strutture
sono apprese prima di altre indipendentemente dall'et, dal livello socio-culturale, dalla L1 e persino dal tipo di percorso,
naturale o guidato, degli apprendenti. Si potrebbe concludere che queste strutture siano, in qualche senso del termine,
universalmente pi facili di altre. L'istruzione dovr cercare di seguire il pi possibile questo "sillabo incorporato
nell'apprendente" (Corder **), una sorta di sillabo naturale. Ad esempio, le ricerche hanno mostrato che nell'italiano L2 i
tempi vengono appresi nel seguente ordine (cfr. Giacalone Ramat 1993):
forma basica non coniugata > participio passato > imperfetto > futuro
Sarebbe opportuno attrarre l'attenzione degli allievi su queste forme nell'ordine in cui compaiono naturalmente: in questo
modo gli interventi didattici avranno pi possibilit di successo. In Volare l'imperfetto segue effettivamente il participio
passato; il futuro, per, introdotto piuttosto presto e sarei curioso di sapere quanto effettivamente rimanga di queste
lezioni nelle produzioni spontanee orali degli studenti semi-principianti. Un altro punto in cui la presentazione di Volare si
allontana dalle sequenze naturali riguarda la riflessione sull'accordo del participio passato con il soggetto quando il verbo
al passato prossimo ha l'ausiliare essere: questa riflessione viene proposta gi molto presto (Vol. I, pag. 129), quando le
ricerche mostrano che questo tipo di accordo viene acquisito spontaneamente molto tardi (Chini 1995). Queste e altre
considerazioni dovrebbero portare il 'programma di grammatica' ad avvicinarsi il pi possibile ai programmi naturali di
cui disponggono gli apprendenti.
Infine, un insegnamento della grammatica basato sulle ricerche sull'interlingua tiene conto del fatto che le 'regole', cos
come sono definite nelle grammatiche, non si imparano tutte in una volta, come si impara in una sola unit didattica la
Rivoluzione francese. Abbiamo visto che tra l'accorgersi di una certa regola della L2, capire come funziona e integrarla nel
proprio sistema interlinguistico passa molto tempo: possono essere settimane, mesi, anni. Ma abbiamo visto anche che ci
che la grammatica considera una regola sola, ad esempio il 'passato prossimo', in realt una serie di sotto-regole, di varia
complessit: una cosa accorgersi che esiste, e usare, il suffisso -to, altra capire le sottigliezze dell'accordo tra participio
e soggetto con certi verbi e tra participio e complemento con certi pronomi. Volare, a differenza di quasi tutti gli altri libri,
ha un approccio molto pi graduale, e quindi naturale, alle 'regole': il passato prossimo, che in altri libri viene compresso e
liquidato in una sola unit didattica, in Volare viene ripreso ciclicamente, nei suoi diversi aspetti, dalla fine del primo
volume fino a tutto il secondo, in un arco di quasi duecento pagine. In altri termini, una regola grammaticale non un
contenuto da imparare dichiarativamente, come se fosse appunto un'unit didattica di storia o geografia (e che quindi pu
essere insegnanto tutto in una volta), ma un'abilit da sviluppare gradualmente, come saper nuotare a delfino o saper fare
la maglia.
Queste sono solo alcune considerazioni su come sia possibile impostare un discorso sull'utilit delle attivit analitiche che
si basi sui risultati delle ricerche. Non intendono essere verit definitive, la voce della scienza da applicare
immediatamente alla didattica. Da un punto di vista scientifico, c' ancora molto da scoprire; da un punto di vista
didattico, le considerazioni da fare sono molte e complesse e non possono essere l'applicazione di peso di alcuni risultati
sperimentali. In particolare, una dimensione che rimasta fuori da questa relazione non perch la consideri poco
importante, ma perch non possibile parlare di tutto in una volta, quella affettiva: insomma, chiedersi perch gli
studenti vogliono imparare la L2, cosa fa aumentare questa loro motivazione, cosa la scoraggia e cos via (per mia fortuna
buona parte della relazione di Claudio Chiavegato dedicata proprio a questo tema del "sogno").
Insomma, nel discutere di scelte didattiche alla luce delle ricerche l'importante non essere dogmatici: bisogna essere
disposti a sperimentare, a cambiare idee e atteggiamenti, chiedendosi sempre cosa plausibile, non cosa certo. Come
diceva il filosofo Charles Sanders Peirce, quando abbiamo un dubbio che ci fa sentire incerti, e questo ci irrita, ci sono tre
modi per arrivare a una situazione di relativa tranquillit, che deriva dal credere di aver trovato la (o qualche forma di)
'verit': la via dell'ostinazione ( cos perch cos, e basta); la via della religione ( cos perch l'ha detto Tizio, e io ci
credo); la via della scienza ( cos perch questa la conclusione a cui sono arrivato dopo aver compiuto osservazioni e
formulato ipotesi, ma potrei sempre sbagliarmi).
Riferimenti bibliografici
Chini, M. (1995). Genere grammaticale e acquisizione. Milano: Angeli.
Doughty, C. & Williams, J. (eds.) (1998). Focus on form in classroom second language acquisition. Cambridge:
Cambridge University Press.
Ellis, R. (1998) Teaching and research. Options in grammar teaching. TESOL Quarterly, 32, 39-59.
Giacalone Ramat, A. (1993). Italiano di stranieri. In A. A. Sobrero (Ed.), Introduzione all'italiano contemporaneo. Vol. II:
la variazione e gli usi. Roma-Bari: Laterza.
Lando, J. (1998). Grammatica? S, certo, ma Italiano e oltre, 13, 205-210
Norris, J. & Ortega, L. (2000). Effectiveness of L2 instruction: A research synthesis and quantitative meta-analysis.
Language Learning, 50, 417-528.
Pallotti, G. (1998). La seconda lingua. Milano: Bompiani.
Spada, N. (1997). Form-focussed instruction and second language acquisition: a review of classroom and laboratory
research. Language Teaching, 30, 73-87.
Secondo volume
lez. 1, p. 14: cercare in una lettura verbi al p.p., copiarli e scrivere accanto a ciascuno il suo infinito; p. 17: trasfomare
infinito in p. p. e inserire negli spazi di una lettura
lez. 2, p. 21: inserire solo gli ausiliari in una lettura gi fatta.
lez. 4, p. 33: riscrivere una lettera dal presente al p.p.
lez. 11, p. 79: scrivere i verbi al p.p. negli spazi di due lettere gi studiate, a partire dal verbo all'infinito. Nello stesso
esercizio bisogna inserire anche aggettivi. p. 80-1: trascrivere verbi al p.p. e imperfetto negli spazi di un testo, dopo avere
ascoltato una registrazione.
lez. 12, p. 85: notare in una lettura le occorrenze di p.p. e imperfetto e formulare un'ipotesi sul loro uso
lez. 16, p. 115: scegliere la forma giusta tra imperfetto e p.p.
lez. 17, p. 120: inserire in un brano verbi gi coniugati all'imperfetto o al p.p.
lez. 20, p. 142: esercizio di completamento con p.p. dopo pronomi atoni, basato sull'ascolto di un dialogo. Richiesta di
formulare ipotesi.
[In a meta-analysis of 77 studies on the effect of instruction on L2 acquisition] Virtually no studies established
developmental levels of learners according to well-attested developmental sequences In general, researchers did not
seem concerned about establishing with any rigor where learners may have been on a continuum from zero language
ability to proficient users of the L2.
(Norris & Ortega 2000: 454-5)
L'effetto dell'istruzione: un esperimento
Soggetti: 100 studenti universitari australiani (4-9 anni di studio dell'italiano).
Trattamento: 15 ore di lezione in tre settimane sui tempi passati. Le lezioni includevano: a) spiegazione esplicita delle
regole; b) esercizi strutturali; c) discus-sione e spiegazione tra studenti delle regole pi difficili; d) prove in classe con
correzione degli errori.
Tempo Gruppo sperimentale
Prima delle lezioni
65,9
Subito dopo le lezioni
71,7
Cinque mesi dopo le lezioni
Totale progresso + 9,2 + 1,1
Gruppo di controllo
67,9
68,3
75,2
69,0
Accuratezza nella produzione scritta dei tempi passati (imperfetto, pass. prossimo e trapass. prossimo)
J. Lando, Grammatica? S, certo, ma Italiano e oltre, 13 (1998), 205-210.
Dalla ricerca alla classe
Criteri per la costruzione di un sillabo strutturale
Molto diffuso > poco diffuso
Molto utile > meno utile
Semplice > complesso
Apprendibile prima > apprendibile dopo
(cfr. Andorno & Ribotta 1999)
presente > passato prossimo > futuro > imperfetto > trapassato prossimo (Qui Italia, Mazzetti, Falcinelli, Servadio)
presente > passato prossimo > futuro > imperfetto > gerundio (L'italiano per, Favaro, Bettinelli 1991)
presente > imperfetto > passato prossimo > futuro > gerundio > passato remoto (Incontriamoci, Leoni et al. 1998)
presente > gerundio > passato prossimo > imperfetto > presente indicativo con riferimento futuro > futuro (Uno, Gruppo
Meta 1992)
pag. 92-94: drills su p.p., prima con ausiliare avere poi con essere
pag. 100: sintesi grammaticale su p.p. con ausiliari essere e avere, forme irregolari (no riflessivi e pronomi atoni)
Mazzetti, Falcinelli, Servadio, Qui Italia
Unit 4
pag. 66: dialogo con evidenziazione di tutte le forme di passato prossimo
pag. 70-1: esercizi di trasformazione e completamento con tutte le forme di p.p.
pagg. 82-3: produzione semi-libera che richiede l'uso di varie forme di p.p.
pag. 72 e 84: sintesi grammaticali su p.p. con ausiliari essere e avere, forme irregolari (no riflessivi e pronomi atoni)
Manello, Tanzini, L'italiano da soli (eserciziario)
pag. 53: esercizi con ausiliare avere - verbi regolari
pag. 54: con ausiliare essere - verbi regolari
pag. 55: con ausiliare avere - verbi irregolari
pag. 56: con ausiliare essere - verbi irregolari
pag. 57: avere / essere, regolari /irregolari
Catizone, Humphris, Micarelli, Volare
Primo volume
lez. 15, p. 107: notare verbi al passato prossimo in una lettura e copiarli accanto al loro infinito
lez. 19, p. 129: fare ipotesi sull'accordo del participio e controllarle su una lettura
lez. 20, p. 137: notare verbi al p. p. in una lettura; p. 138: trasformare infinito in p. p. e inserire negli spazi di una lettura
gi fatta; altri verbi da inserire al presente e futuro.
p. 154, appendice finale: schema grammaticale e spiegazione esaustiva del p.p.
Secondo volume
lez. 1, p. 14: cercare in una lettura verbi al p.p., copiarli e scrivere accanto a ciascuno il suo infinito; p. 17: trasfomare
infinito in p. p. e inserire negli spazi di una lettura
lez. 2, p. 21: inserire solo gli ausiliari in una lettura gi fatta.
lez. 4, p. 33: riscrivere una lettera dal presente al p.p.
lez. 11, p. 79: scrivere i verbi al p.p. negli spazi di due lettere gi studiate, a partire dal verbo all'infinito. Nello stesso
esercizio bisogna inserire anche aggettivi. p. 80-1: trascrivere verbi al p.p. e imperfetto negli spazi di un testo, dopo avere
ascoltato una registrazione.
lez. 12, p. 85: notare in una lettura le occorrenze di p.p. e imperfetto e formulare un'ipotesi sul loro uso
lez. 16, p. 115: scegliere la forma giusta tra imperfetto e p.p.
lez. 17, p. 120: inserire in un brano verbi gi coniugati all'imperfetto o al p.p.
lez. 20, p. 142: esercizio di completamento con p.p. dopo pronomi atoni, basato sull'ascolto di un dialogo. Richiesta di
formulare ipotesi.
Applicare alla didattica la ricerca sulle sequenze di acquisizione: alcuni problemi
la ricerca sul rapporto tra istruzione e sequenze di apprendimento ancora molto limitata
occorrono pi dati per descrivere in maggiore dettaglio le sequenze di apprendimento
le sequenze acquisizionali fanno riferimento a stadi di sviluppo dell'interlingua, non rappresentano una serie di elementi
della lingua d'arrivo che si accumulano uno dopo l'altro.
la terminologia usata per descrivere le caratteristiche dell'interlingua in evoluzione spesso non comprensibile dagli
insegnanti, che conoscono solo le categorie della grammatica tradizionale
difficile, per un ricercatore e a maggior ragione per un insegnante, accertare il livello raggiunto da un apprendente in
una sequenza acquisizionale
alcune strutture della L2 molto utili e frequenti sono apprendibili solo molto tardi
gli allievi di una stessa classe possono trovarsi a diversi stadi di sviluppo dell'interlingua