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STUDI SULLA BIBBIA E IL SUO AMBIENTE

Romano Penna

I RITRATTI
ORIGINALI
DI GESÜ
IL CRISTO
Inizi e sviluppi
della cristologia neotestamentaría

II. Gli sviluppi

SAN PAOLO
STUDI SULLA BIBBIA E IL SUO AMBIENTE

Questo secondo volume del professore Romano Penna conti-


nua, amplia e conclude l'indagine sulla cristologia del Nuovo Testa-
mento. Seguendo il criterio storico, esso prende in considerazione
tutti gli sviluppi canonici sulla base dei due inizi, studiati nel primo
volume: la vita terrena di Gesü e la sua risurrezione. E in questo
secondo momento che propriamente si trovano moltiplicati i ritrat-
ti di Gesü il Cristo, come essi si ricavano da almeno sette fasi diver-
se, a cui corrispondono anche altrettanti complessi letterari:
1. il giudeo-cristianesimo palestinese
2. l'apporto geniale dell'apostolo Paolo
3. la sua prosecuzione nella tradizione paolina
4. Poriginale contributo della lettera agli Ebrei
5. le tradizioni sinottiche confluite in Mc-Mt-Lc
6. l'elaborazione della tradizione risalente al Discepolo prediletto
7. la prospettiva apocalittica di Giovanni a Patmos.
Viene cosi offerta una presentazione completa e critica della cri-
stologia neotestamentaria, attenta - da una parte - alie precom-
prensioni religioso-culturali del tempo, e - dall'altra - impegnata ad
aggiornare il lettore sulle odierne discussioni circa Gesü Cristo,
anche mediante riferimenti bibliografici specifici.
L'originaria molteplicitá delle ermeneutiche cristologiche
("i ritratti originali", appunto) mette bene in luce quanto la statura
personale di Gesü superi le nostre comuni comprensioni umane e
richiede un'onesta disponibilitá al suo mistero.

UNIVERSIDAD P ^ N F I C ^ E SALAMANCA

6501711964

ISBN 88-215-3880-X

9
€ 33,00
ROMANO PENNA, nato a Castiglione Tinella
(Cuneo) nel 1937, del presbiterio di Alba, é
ordinario di Nuovo Testamento presso la Pon-
tificia Universitá Lateranense. É autore di
numeróse pubblicazioni a carattere esegeti-
co, tra cui presso le Edizioni Paideia, Lo Spi-
rito di Cristo (1976), // "Mysterion" paolino
(1978); presso le Edizioni Dehoniane, Lettera
agli Efesini (1988), L'ambiente storico-cultu-
rale delle origini cristiane (19913); presso le
Edizioni Borla, Letture evangeliche (1989) e
infine presso le Edizioni San Paolo, L'aposto-
lo Paolo. Studi di esegesi e teología (1991),
Paolo di Tarso. Un cristianesimo possibile
(19942), Una fede per vivere (1992).
Romano Penna

I RITRATTI
ORIGINALI
DI GESÜ
IL CRISTO
Inizi e sviluppi
della cristologia neotestamentaria

II. Gli sviluppi

SAN PAOLO
r
Seconda edizione 2003 PREFAZIONE

A circa due anni di distanza dal primo, questo secondo volume


continua, amplia e conclude l'indagine sulla cristologia del Nuovo
Testamento. Seguendo lo stesso criterio storico, esso prende in con-
siderazione tutti gli sviluppi canonici, cresciuti sulla base dei due
inizi (la vita terrena di Gesù e la sua risurrezione), che furono ma-
teria del volume precedente. È in questo secondo momento che pro-
priamente si trovano moltiplicati i ritratti di Gesù il Cristo, come
essi si ricavano da almeno sette fasi diverse, a cui corrispondono
anche altrettanti complessi letterari: 1. il giudeo-cristianesimo pa-
lestinese; 2. l'apporto geniale dell'apostolo Paolo; 3. la sua prose-
cuzione nella tradizione che a lui si richiama; 4. l'originale contri-
buto della Lettera agli Ebrei; 5. le tradizioni sinottiche confluite
in Mc-Mt-Lc; 6. l'elaborazione della tradizione risalente al Disce-
polo prediletto; 7. la prospettiva apocalittica di Giovanni a Patmos.
La molteplicità delle interpretazioni di Gesù, a cui approda la
ricerca neotestamentaria, non fa che confermare il principio erme-
neutico formulato a suo tempo da L. Pareyson, secondo cui l'in-
terpretazione non solo è l'unica forma di conoscenza ma è anche
necessariamente molteplice; e questa pluralità, tutt'altro che rap-
presentare un difetto, è il segno più sicuro della ricchezza del pen-
siero umano (compresa la fede, aggiungiamo noi) e insieme del suo
oggetto, come preciseremo nella Conclusione generale. Certo, ciò
che valeva già per gli autori delle origini cristiane vale anche per
chi oggi fa di essi materia di studio; quindi, la nostra presentazio-
ne dei molteplici ritratti originali di Gesù non è esente essa stessa
da una propria interpretazione. Da questo circolo, del resto, non
si può uscire, se non rimandando continuamente all'oggetto stesso
dell'ermeneutica: noi ai testi, i testi a Gesù, e Gesù a Dio (cf. Gv
1,18)!
EDIZIONI SAN PAOLO s.r.l., 1999 Intento di questo studio, come già nel caso del primo volume,
Piazza Soncino, 5 - 20092 Cinisello Balsamo (Milano) è di offrire una presentazione critica della cristologia neotestamen-
www.edizionisanpaolo.it
Distribuzione: Diffusione San Paolo s.r.l. taria, che perciò insieme alla descrizione del suo sviluppo tenga pre-
Corso Regina Margherita, 2 - 10153 Torino sente due altre esigenze: da una parte, inserire il discorso neotesta-
6 PREFAZIONE

mentano, per quanto possibile, nel quadro delle precomprensioni I


religioso-culturali del tempo, e, dall'altra, aggiornare il Lettore sulle LA CHIESA GIUDEO-CRISTIANA
odierne discussioni in materia mediante riferimenti bibliografici spe- DI GERUSALEMME
cifici.
Ripeto qui i ringraziamenti già formulati all'inizio del primo vo-
lume, insieme all'auspicio che la fatica condotta a termine contri-
buisca almeno a far intravedere l'insondabile identità di colui che
ha segnato indelebilmente non solo la cosiddetta civiltà occidenta-
le ma soprattutto la vita concreta di numerosissimi suoi discepoli. Premesse

Pasqua 1998 Romano Penna Di una prima comunità cristiana formatasi in seguito ai fatti del
"terzo giorno" siamo chiaramente informati in pratica solo per
quanto riguarda Gerusalemme. Certo è del tutto verosimile che in
città e villaggi della Galilea esistessero già all'indomani della Pa-
squa dei gruppi di discepoli rimasti in qualche modo fedeli agli in-
segnamenti del Gesù terreno; lo si desume, sia dal fatto che Mt
28,16-20 e per accenno anche Me 16,7 (cf. pure Gv 21 [ma non
Le 24 né Gv 20]) ambientano le loro tradizioni sulle cristofanie pa-
squali proprio là, sia dalla particolare menzione in ICor 15,6 di
ben "500 fratelli" che vanno collocati probabilmente in quella re-
gione (essendo impossibile pensarli così numerosi in Giudea: cf.
At 1,15 [solo dopo la Pentecoste aumenteranno: At 2,41; 4,4]), sia
dal cenno fugace di At 9,31 ("la chiesa per tutta la Giudea e la
Galilea e la Samaria era in pace"), sia da posteriori ed esplicite fonti
tanto rabbiniche quanto cristiane1. Né si può negare l'esistenza di
piccole enclaves cristiane nelle regioni della Samaria e della Deca-
poli, che erano state luoghi di almeno un parziale ministero di Gesù.
Ma è a Gerusalemme che si ricostituisce poi il gruppo dei Dodici
(cf. le tradizioni raccolte da Le 24; At 1-7 e da Gv 20) ed è comun-

1
Sull'importanza della Galilea per il cristianesimo delle origini, cf. E. Lohmeyer,
Galilàa und Jerusalem, FRLANT, Vandenhoeck, Gòttingen 1936 (che per primo
cercò di descrivere l'esistenza di una proto-comunità cristiana in Galilea, indipen-
dente da quella di Gerusalemme); L.E. Elliott-Binns, Galilean Christianity, Lon-
don 1956; W. Marxsen, L'evangelista Marco. Studi sulla storia della redazione del
vangelo, Present. B. Maggioni, Piemme, Casale Monferrato 1994 (orig. ted., Gòt-
tingen 1956); H. Kasting, Die Anfànge christlicher Mission. Eine historische Un-
tersuchung, Munchen 1969; in particolare S. Freyne, Galilee from Alexander the
Great to Hadrian, Wilmington 1980, pp. 344-391; e C. Perrot, Jesus, Christ et Sei-
gneur des premiers chrétiens, Desclée, Paris 1997, pp. 93-96 (e pp. 119-124 sui due
gruppi dei Nazareni e degli Ebioniti). È documentata anche l'esistenza di nipoti di
Gesù, che ebbero responsabilità su chiese galilaiche alla fine del sec. I: vedi in pro-
posito la testimonianza di Egesippo circa l'indagine operata da Domiziano sui di-
scendenti di Davide (cf. Eusebio, H. E., 3,19.20,1-6).
8 LA CHIESA GIUDEO-CRISTIANA DI GERUSALEMME PREMESSE 9

que su questa chiesa che abbiamo la documentazione maggiore2, sotto un unico comune denominatore, tanto diversificate sono le
anche se essa non si può separare dal più ampio cristianesimo pa- sue concezioni soprattutto se considerate su di un arco di tempo
lestinese (cf. le "chiese della Giudea" in Gal 1,22; lTs 2,14)3. Ciò piuttosto esteso. Un punto fermo è costituito dal fatto incontesta-
che però a noi interessa non è soltanto la collocazione geografica bile che il movimento di Gesù apparve fin dall'inizio come un fe-
dei primi cristiani post-pasquali, né la loro eventuale organizza- nomeno interno al giudaismo del tempo, anche se proteso a un suo
zione interna, quanto piuttosto le concezioni teologiche che li con- parziale superamento. Ma ciò che vale ovviamente per la fase ge-
traddistinguevano e in particolare quelle cristologiche. suana va detto anche per il primo cristianesimo postpasquale, non
A questo punto ci scontriamo con lo spinoso problema del solo in quanto geograficamente esso mosse i suoi primi passi al-
giudeo cristianesimo. Si tratta di un fenomeno storico non facile l'interno della terra di Israele, ma soprattutto in quanto i suoi pri-
da delimitare, soprattutto dal punto di vista dell'individuazione mi adepti non furono altro che degli ebrei e perciò esso dovette
delle fonti che ne permettano una precisa configurazione, e di con- essere condizionato da inevitabili precomprensioni di stampo giu-
seguenza anche per quanto riguarda una sua comprensiva definizio- daico. In questa sede, per quanto ci riguarda, noi intendiamo per
ne ideale. Gli studi in materia non fanno altro che rilevarne la "giudeo-cristianesimo" la prima manifestazione postpasquale del
complessità4, e forse occorre rinunciare a raccogliere il fenomeno movimento di Gesù, e lo esaminiamo perciò come fenomeno con-
trassegnato dai seguenti fattori:
2
Cf. L. Cerfaux, La communauté apostolique, Paris 31956; L. Schenke, Die - limitato cronologicamente ai primi due decenni successivi alla
Urgemeinde. Geschichtliche und theologische Entwicklung, Stuttgart-Berlin-Kòln morte di Gesù (cioè fino alla comparsa dei primi scritti epistolari
1990; D. Fiensy, The Composition o/the Jerusalem Church, in R. Bauckham, ed., di Paolo), ma calcolando la possibilità che per l'esplosione della
The Book ofActs in Its Palestinian Setting, "The Book of Acts in its First Century
Setting" 4, Eerdmans-Paternoster, Grand Rapids-Carlisle 1995, pp. 213-236. Per cristologia sia bastato un numero di anni molto inferiore;
estensione cf. E. Testa, La fede della chiesa madre di Gerusalemme, Roma 1995 - limitato geograficamente alla terra d'Israele, con una necessa-
(che però riguarda i secoli posteriori).
3
Cf. C.C. Torrey, The Aramaic Period of the Nascent Christian Church, ZNW
ria prevalente attenzione data alla chiesa di Gerusalemme;
44(1952/1953)205-223; L. Randellini, La Chiesa dei Giudeo-cristiani, SB 1, Brescia - caratterizzato in senso etnico, in quanto ristretto a cristiani di
1968; G. Theissen, Gesù e Usuo movimento. Analisi sociologica della comunità cri- provenienza ebraica (siano essi di origine giudaico-palestinese o
stiana primitiva, Torino 1979; B. Bagatti, Alle origini della chiesa -1. Le comunità
giudeo-cristiane, Città del Vaticano 1981; R.A. Pritz, Nazarene Jewish Christiani- giudaico-ellenistica) ;
ty. From the End ofthe New Testament Period Until Its Disappearance in the Fourth - caratterizzato a livello confessionale, in quanto si esprime con
Century, Jerusalem-Leiden 1988; L. Schenke, Die Urgemeinde, pp. 198-216; S. Heid, formulazioni di fede fondate su moduli di schietta origine giu-
DosHeiligeLand. Herkunft und Zukunft der Judenchristen, Kairos 34-35 (1992-1993)
1-26; B. van Elderen, Early Christianity in TransJordan, TyndBull 45 (1994) 97-117. daica5;
4
Cf. S.C. Mimouni, Le judéo-christianisme dans l'historiographie du XJXme e du - comunque giudicato positivamente come la prima, legittima
XXmesiede, RevEtudJuiv 151 (1992)419-428: l'A. esamina opere di studiosi tedeschi
(F.C. Baur, A. Hilgenfeld, G. Hoennicke, W. Bauer, H.J. Schoeps, L. Goppelt, G. Lu-
espressione del cristianesimo post-pasquale, che, se pur successi-
demann), inglesi (F.J.A. Hort, G. Dix), francesi (M. Simon, J. Daniélou), e italiani vamente soggetta a sviluppi, non va perciò affatto etichettata co-
(E. Testa, B. Bagatti, E Manns). Vedi inoltre: A.F.J. Klijn, TheStudy of Jewish Chri- me un fenomeno eresiologico6.
stianity, NTS 20 (1974) 419-431; S.K. Riegei, Jewish Christianity: Definitions and Ter-
minology, NTS 24 (1978) 410-415; M. Simon - A. Benoit, Giudaismo e cristianesimo, Per venire alla cristologia delle prime comunità giudeo-cristiane,
Roma-Bari 1978, specie pp. 236-254; F. Manns, Bibliographie du Judéo-Christianisme, dobbiamo riconoscere che gli studi globali in materia finora
StBiblFranc Analecta 13, Jerusalem 1979; J.E. Taylor, The Phenomenon of Early
Jewish-Christianity: Reality or Scholarly Invention?, Vigiliae Christianae 44 (1990)
313-334; S.C. Mimouni, Pour une définition nouvelle du judéo-christianisme ancien,
5
NTS 38 (1992) 161-186 (sul fenomeno posteriore al sec. I); G. Schille, Early Jewish Chri- In seguito il giudeo-cristianesimo non solo si estenderà su di un ampio arco
stianity, in ABD, voi. 1, pp. 935-938; e soprattutto C. Vidal Manzanares, Eljudeo- di tempo (fino almeno al secolo IV), ma raggiungerà anche zone al di fuori della
cristianismo palestino en el siglo I. De Pentecostés a Jamnia, Trotta, Madrid 1995. Per terra d'Israele (cf. per esempio Elchasai nella Partia), e dal punto di vista confes-
una sistematizzazione del dibattito, cf. J.-D. Kaestli, Où en est le débat sur le judéo- sionale potrà comprendere anche cristiani di origine gentile (sia che questi fossero
christianisme?, in D. Marguerat, ed., Le déchirement. Juifs et chrétiensau premier siede, precedentemente dei "timorati di Dio" o proseliti, sia che provenissero direttamente
"Le monde de la Bible" 32, Labor et Fides, Genève 1995, pp. 243-272. Vedi anche V. dal paganesimo in seguito a un influsso giudaico o a una missione giudeo-cristiana).
6
Fusco, Le prime comunità cristiane. Tradizioni e tendenze nel cristianesimo delle ori- Cf. J.-D. Kaestli, Où en est le débat, p. 272 (contro la posizione di A.
gini, "La Bibbia nella storia" 8, Dehoniane, Bologna 1997, pp. 13-29. Harnack).
10 LA CHIESA GIUDEO-CRISTIANA DI GERUSALEMME PREMESSE 11

non solo sono scarsi, ma sono guidati da scelte metodologiche non che l'idea della preesistenza di Gesù, sia pur in forma provvisoria,
del tutto soddisfacenti. Mi riferisco in particolare alle opere di si sviluppò già in Gerusalemme in connessione con le speculazioni
Longenecker7, di Schenke8, e di Vidal Manzanares 9 . Di ciascuno sulla Sapienza proprie del giudaismo ellenistico. Non c'è dun-
di essi però accogliamo almeno una suggestione. Di Longenecker que un grosso spazio cronologico a disposizione per scaglionare
è accettabile l'affermazione, secondo cui l'incipiente chiesa di Ge- in fasi successive lo svolgimento della cristologia della comunità
rusalemme dal punto di vista socio-religioso doveva essere di com- primitiva" 11 . Per parte sua, Vidal Manzanares ha ragione di ri-
posizione marcatamente mista; infatti si annoverano tra i suoi mem- chiamare il fatto che già il primo giudeo-cristianesimo palestinese
bri tanto degli àmmé ha-àres (cf. At 4,13; 6,1) quanto anche dei attribuì a Gesù un vero culto, senza doversi rivolgere alle religioni
farisei (cf. At 15,5), dei sadducei (cf. At 6,7), degli ellenisti (cf. misteriche e senza dover attendere gli apporti cristologici paolini12.
At 6-7), e probabilmente pure degli esseni (cf. At 21,20), mentre In effetti, fin dall'inizio, già da sola l'inaudita proclamazione
appena al di là dei suoi confini confluivano anche dei samaritani della risurrezione di Gesù andava molto al di là di due altre possi-
(cf. At 8,5-25) e persino un centurione romano con la sua famiglia bili precomprensioni. L'una di queste consisteva nella concezione
(cf. At IO)10. Di Schenke invece riteniamo l'affermazione, secon- giudaica di un semplice rapimento al cielo di uomini santi (cf.
do cui la chiesa primitiva concentrò, accumulandole su Gesù, le Enoch, Elia, Mosè, ecc.), che semmai sarebbero dovuti poi torna-
più disparate concezioni del giudaismo contemporaneo su varie fi- re soltanto alla fine dei tempi: questo schema ora veniva di gran
gure ideali di salvatori o di mediatori, che là non erano integrate lunga superato non solo con l'annuncio della risurrezione corpo-
in alcun quadro unitario: fu lui a diventarne il loro punto storico rea di Gesù ma anche con quella di una sua sessione alla destra
di fusione. "In questo contesto bisogna anche considerare che lo di Dio. L'altra riguardava la verosimile attesa dell'instaurazione
sviluppo e il dispiegamento della cristologia della prima comunità immediata dell'universale regno di Dio, ampiamente predicata da
si compì in un lasso di tempo sorprendentemente breve. È proba- Gesù durante la sua vita: Dio però, invece di imporre questa rega-
bile che nelle sue componenti principali essa si sia dispiegata già lità, aveva risuscitato il suo annunciatore, attirando dunque su di
prima che gli ellenisti dovessero abbandonare Gerusalemme. An- lui la principale attenzione. Già da sola, dunque, la risurrezione
di Gesù racchiudeva in sé, sia pure «in nuce», l'intera cristologia.
7 Su questa base alcuni Autori ritengono che all'interno della pri-
Cf. R.N. Longenecker, The Christology o/Early Jewish Christianity, London
1970; l'A. esamina la cristologia giudeo-cristiana da uno spettro di fonti troppo ma comunità gerosolimitana, tenuto conto anche di una più sfu-
vasto, che comprende tre settori enormi: materiale giudaico non canonico (per le mata concezione dei rapporti tra giudaismo ed ellenismo (di cui il
affinità con Qumran; lEn 37-71; Test. XII Patr.), materiale giudeo-cristiano non
canonico (Vangeli-Atti-Apocalissi apocrife; Codici diNag Hammadi; Ps.-Clementine;
caso delle due componenti segnalate in At 6,1 sarebbe solo una va-
e poi lClem; Herma; e soprattutto Did., non esclusi il Giustino del "Dialogo con riante), si dovrebbe propriamente parlare non di cristologie diver-
Trifone", Papia di Gerapoli ed Egesippo), scritti canonici giudeo-cristiani (dove se ma solo di diverse accentuazioni cristologiche, coesistenti tra loro
si spazia da Mt e Gc fino addirittura a Gv, l-3Gv, Eb, lPt, comprese 2Pt-Giud
e Apoc), e poi Paolo (per aspetti presenti di riflesso) e At (prima parte); questo senza alcun problema 13 . In pratica ciò significa, per esempio, che
quadro è dovuto al fatto che l'A. non si limita a studiare una fascia di tempo ben
precisa come invece intendiamo fare noi. In una prospettiva piuttosto larga si col- 11
loca anche A. Vivian, Cristologia dei giudeo-cristiani, RivBibl 22 (1974) 237-256. L. Schenke, Die Urgemeinde, p. 121; l'A. a questo proposito fa propria la
8
Cf. L. Schenke, Die Urgemeinde, pp. 116-156 ("Die christologischen An- posizione di M. Hengel, Christologie und neutestamentliche Chronologie, in Neues
schauungen der àltesten Kirche"); accanto a suggestioni molto interessanti, l'A. adotta Testament und Geschichte: Oscar Cullmann zum 70. Geburtstag, edd. H. Baltens-
delle posizioni assai criticabili, come quando vede nella risurrezione di Gesù il vero weiler und B. Reicke, Mohr, Tubingen 1972, pp. 43-67. Anche M. Simonetti, Cri-
inizio della cristologia e perciò sostiene che le qualifiche di Messia e di Figlio dell'Uomo stologia giudeocristiana: Caratteri e limiti, August 28 (1988) 51-69, pur occupan-
attribuite a Gesù risalgono solo alla chiesa post-pasquale (cf. invece il nostro voi. I). dosi soprattutto degli sviluppi successivi, invita a studiare il periodo neotestamen-
9
Cf. C. Vidal Manzanares, El judeo-cristianismo palestino, pp. 245-277; l'A. tario e a puntare l'attenzione, più che su di una cristologia angelica (contro J. Da-
prende in considerazione solo una serie di titoli e locuzioni cristologiche (ben 19), niélou), sulle componenti di derivazione sapienziale.
12
e perdipiù pone tra di essi anche alcune espressioni giovannee (come "agnello", Cf. C. Vidal Manzanares, El judeo-cristianismo palestino, pp. 274-277.
13
"il primo e l'ultimo", e persino la formula "io sono"), che, se pur potessero spie- Cf. L. Schenke, Die Urgemeinde, pp. 118-119. Dopo che già H. Marshall,
garsi come giudeo-cristiane, appartengono però quasi sicuramente a un periodo po- Palestinian and Hellenistic Christianity: Some Criticai Comments, NTS 19 (1972-73)
steriore a quello iniziale che noi vogliamo qui esaminare. 271-287, aveva criticato come gratuita la contrapposizione tra una chiesa giudeo-
10
Cf. R.N. Longenecker, The Christology, p. 8. cristiana e un'altra ellenistico-cristiana (contro W. Heitmùller, F. Hahn, R.H. Fui-
12 LA CHIESA GIUDEO-CRISTIANA DI GERUSALEMME PREMESSE 13

il modulo dell'intronizzazione regale non andrebbe considerato più particolare prospettiva cristologica, per cui la figura di Gesù viene
giudaizzante di quello della morte espiatrice oppure che una cri- considerata da un proprio, diverso angolo visuale16. Ma esistono
stologia della sapienza preesistente e inviata nel mondo non do- soprattutto due blocchi pre-redazionali, che più degli altri sono ben
vrebbe essere ritenuta più ellenizzante di una cristologia del giusto individuabili ed esprimono una specifica cristologia della comuni-
sofferente. Tutte queste concezioni infatti si radicano paritariamente tà tradente, di sicura origine palestinese: uno è // racconto pre-
nella tradizione giudaica, tanto essa è multiforme. Tuttavia una marciano della Passione, e l'altro è dato dalla fonte Q, che esami-
posizione del genere, che pure ha il merito di richiamare l'atten- neremo in dettaglio.
zione sulla comune radice giudaica della teologia cristiana e quin- - (2) La sezione di Atti 2-5 (e 15), che più direttamente concerne
di anche della cristologia, disconosce alcune cose importanti, co- la prima comunità di Gerusalemme, per quanto contrassegnata dalla
me sono per esempio la persecuzione scatenatasi a Gerusalemme redazione lucana, conserva certamente del materiale cristologico
soltanto contro la componente di origine giudeo-ellenistica della di tipo arcaico, che cercheremo di individuare e di mettere a frutto
chiesa (cf. At 8,1-4; 11,19-20)14 e il reale contrasto emerso poi tra separatamente.
Paolo (cristiano di origine giudeo-ellenistica) e Giacomo (cristiano - (3) Anche l'epistolario paolino ci ha conservato dei frammenti
di origine giudeo-palestinese)15. dell'originaria cristologia giudeo-cristiana, che l'Apostolo (a parte
Le fonti che ci permettono di analizzare l'incipiente cristologia il probabile ritocco in Rm 1,3b-4a; cf. volume primo) generalmente
della comunità giudeo-cristiana di Gerusalemme non sono certo condivide. Parte di questo materiale l'abbiamo già studiato (cf. ib.,
molte. Alcune però ci riportano sicuramente agli anni più arcaici II, 5.1-2) e altro ancora lo riserviamo al capitolo della cristologia Pao-
del cristianesimo palestinese, dischiudendoci i primi tentativi di ri- lina come suo punto di partenza17. Ma alcuni elementi rientrano ot-
pensare la figura di Gesù in base sia alla sua storia terrena sia al- timamente nel presente stadio in esame: per non parlare della dimen-
l'evento del terzo giorno. Esse, a parte le confessioni di fede già sione espiatrice della morte di Gesù (cf. Rm 3,25 che probabilmente
analizzate nel volume primo per quanto riguarda la risurrezione, trasmette materiale tradizionale), mi riferisco in particolare all'in-
prendono forma essenzialmente in tre tipi di scritti: vocazione aramaica conservata in ICor 16,22 (Maranatha!) con la
- (1) in primo luogo ci sono le più antiche tradizioni sul Gesù cristologia che essa sottende, e alle informazioni che ne deduciamo
terreno rintracciabili nel loro stadio pre-redazionale all'interno del- circa il permanente valore della Legge accanto alla fede in Gesù.
l'attuale redazione dei Sinottici. L'esistenza di antiche raccolte par- - (4) Lasciamo da parte invece la lettera di Giacomo. Anche se
ziali del materiale gesuano, orali o scritte ma anteriori alla stesura alcuni Autori la considerano molto arcaica (scritta prima del con-
dei singoli vangeli, è oggi data per certa e la si può dedurre, per cilio di Gerusalemme), i più la ritengono pseudepigrafica e la col-
esempio, dall'impostazione a blocchi riscontrabile nel vangelo mar- locano nell'ultimo quarto del secolo I. Per la verità, la questione
ciano (cf. le cinque dispute in Me 2,1 - 3,6; la raccolta di parabole della sua paternità non dovrebbe ridursi alla semplice alternativa
in 4,1-34; la raccolta di miracoli in 4,35 - 5,43 ecc.); ciascuno di tra autenticità o inautenticità; infatti è del tutto possibile che essa,
questi tentativi, sia pure settoriale, comporta la messa in atto di una pur databile redazionalmente in periodo tardo e testimone tipico
di una visione giudeo-cristiana, tuttavia conservi e tramandi ele-
menti arcaici del primo cristianesimo palestinese18. In ogni caso,
ler), ora C.C. Hill, Hellenists andHebrews. Reappraising Division within theEar-
liest Church, Minneapolis 1992, sottolinea il fatto che anche tra gli "ebrei" e gli
"ellenisti" di Gerusalemme non si devono marcare eccessivamente le differenzia-
zioni teologiche come se gli uni fossero esclusivamente dei conservatori e gli altri 16
Cf. V. Fusco, La tradizione evangelica nelle prime comunità cristiane, in M.
solo dei «liberals». Laconi, a cura, Vangeli sinottici e Atti degli Apostoli, "Logos. Corso completo
14
Vedi i commenti, per esempio C.K. Barrett, I, in ICC, Edinburgh 1994, p. 390. di studi biblici" 5, Leumann 1994, pp. 99-118.
15 17
La menzione di Giacomo ci dà modo qui di escludere la lettera canonica che Mi riferisco in particolare all'inno cristologico conservato in Fil 2,6-11 (per
porta il suo nome dalle fonti del primitivo giudeo-cristianesimo, contrariamente cui vedi sotto: cap. II, 3).
a ciò che pensano altri Autori (cf. le Introduzioni al N.T.). Sulla sua figura cf. W. 18
Oltre al citato W. Pratscher, cfr. A. Wikenhauser - J. Schmid, Introduzione
Pratscher, Der Herrenbruder Jakobus und die Jakobustradition, FRLANT 139, Gòt- al Nuovo Testamento, pp. 612-628, e B.S. Childs, The New Testament as Canon:
tingen 1987. An Introduction, SCM, London 1984, pp. 431-445.
14 LA CHIESA GIUDEO-CRISTIANA DI GERUSALEMME IL RACCONTO PRE-MARCIANO DELLA PASSIONE 15

a parte gli interessi etici dello scritto, va riconosciuto che la sua pure se quello di Me ne rappresenti già un ritocco (così perlopiù) 22 , l'e-
cristologia è pressoché inesistente, riducendosi la menzione di Ge- sistenza di una narrazione del genere, almeno parziale, è comunque sug-
sù Cristo a due sole frasi contestualmente non rimarcate (1,1; 2,1), gerita da varie considerazioni.
1.1.1.1 Innanzitutto va richiamato il tenore del kerygma primitivo,
anche se vi è presente il titolo tradizionale di Kyrios19.
che normalmente concentra appunto la sua attenzione sulla morte di
Gesù: cf. ICor 15,3; e At 2,23; 3,13-15; 4,27-28; 5,30; 10,3%; 13,27-29
(un'eccezione è costituita solo da Rm l,3b-4a); evidentemente non si
1. Il racconto pre-marciano della Passione poteva parlare di lui senza riferirsi all'evento finale della sua vita, che
ne rappresentava non solo un episodio ma qualcosa di assolutamente
Com'è noto, il racconto della passione di Gesù è presente in tut- decisivo e degno di ogni considerazione 23 .
ti e quattro i vangeli canonici; anzi, nonostante il taglio proprio 1.1.1.2 Anche la presenza del racconto in tutti e quattro i vangeli
di ciascun evangelista, su di esso converge di fatto l'intera narra- canonici è eloquente, tanto più che esso offre la stessa successione
zione precedente: segno evidente del peculiare interesse che la pas- dei fatti in cinque momenti: l'ultima cena 24 , l'arresto nell'Orto degli
sione di Gesù suscitò sulle comunità dei suoi discepoli. A questo ulivi mediato dal tradimento di Giuda 25 , il processo davanti ai Giu-
dei con la condanna da parte del Sommo Sacerdote per bestemmia 26 ,
proposito è diventato giustamente celebre l'assioma di M. Kàhler,
il processo davanti ai Romani con la condanna da parte di Pilato per
secondo cui i vangeli non sono altro che "un racconto della Pas-
lesa maestà 27 , il viaggio al Calvario con la crocifissione, la morte e
sione con un'ampia introduzione" 20 . L'interesse per l'ultima la sepoltura.
drammatica vicenda di Gesù si espresse sicuramente prestissimo.
Il nostro interrogativo di partenza è questo: Me che, come vuole
la teoria delle due fonti, è stato il primo vangelo ad essere messo 22
Vedi R. Pesch, // vangelo di Marco, CTNT II/2, Paideia, Brescia 1982 (orig.
per scritto, ha forse composto autonomamente un tale racconto ted., Freiburg i.B. 1977, 21980), pp. 18-54 (l'A. addirittura fa iniziare la storia pre-
oppure lo ha già ricevuto dalla tradizione? e quindi: la cristologia marciana della Passione in Me 8,27-33 e la fa proseguire attraverso 9,2-13.30-35;
10,1.32-34.46-52; 11,1-23.27-33; 12,1-17.34-37.41.44; 13,1-2, fino a culminare in
che esso implica è soltanto marciana o già pre-marciana? Noi adot- 14,1-16,8); vedi anche G. Schneider, Das Problem einer vormarkinischen Passions-
tiamo la seconda di queste due possibilità, e per farlo procediamo erzàhlung, BZ 16 (1972) 222-244; J. Ernst, Die Passionserzàhlung des Markus und
per gradi. dieAporien der Forschung, TheolGl 70 (1980) 160-180; W. Reinbold, Das àlteste
Bericht tiber den Tod Jesu. Literarische Analyse und historische Kritik der Pas-
sionsdarstellung der Evangelien, BZNW 69, Berlin - New York 1993. Interessato
solo alla redazione marciana invece è J. Schreiber, Die Markuspassion. Eine re-
daktionsgeschichtliche Untersuchung, BZNW 68, Berlin - New York 1993 (U970);
1.1 Esistenza, estensione e origine di un racconto pre-redazionale G.W.E. Nickelsburg, Passion Narratives, in ABD 5, pp. 172-177. Si segnala a par-
te la posizione di J.D. Crossan, The Cross that spoke. The origins of the Passion
1.1.1 Esistenza. La questione è dibattuta e ha comunque molti Narratives, San Francisco 1988, secondo cui all'origine c'è nientemeno che l'apo-
crifo Vangelo di Pietro 9,35 - 11,49 (in proposito, cf. R.E. Brown, The Death of
risvolti 21 . A prescindere dal fatto se un tale eventuale racconto coinci- the Messiah, II, pp. 1317-1349).
da esattamente con quello attuale di Me (così soprattutto R. Pesch) op- 23
Cf.
6
già R. Bultmann, Die Geschichte der synoptischen Tradition, Gòttingen
1921,
24
1957, pp. 297-298.
Sia pure con un diverso trattamento nei Sinottici (istituzione dell'eucaristia)
19
Vedi i Commenti, in particolare H. Frankemòlle, Der Brief des Jakobus, I- e in25
Gv (lavanda dei piedi ai discepoli).
II, "Òkumenischer Taschenbuchkommentar zum Neuen Testament" 17/1.2, Gù- È nel contesto della preghiera di Gesù nel Getsemani che il solo Me riporta
tersloher Verlagshaus, Gùtersloh 1994 (inoltre: R. Fabris, G. Marconi, F. Mussner, l'invocazione Abbà (Me 14,36).
26
F. Schnider). Con rispettive variazioni: comparsa di Gesù davanti a una seduta notturna
20
M. Kàhler, Der sogenannte historische Jesus und der geschichtliche, biblische del Sinedrio (Mc-Mt) o davanti al solo Annas (Gv), e poi davanti a una seduta mat-
Christus, Leipzig 1892 (21896), riedito a cura di E. Wolf, Kaiser, Mùnchen 1961 tutina del Sinedrio stesso (Mc-Mt-Lc) o davanti al solo Caifa (Gv). In Gv non è
(trad. ital., D'Auria, Napoli 1993), p. 60 nota 3. formulata un'esplicita accusa di bestemmia (cf. 18,12-28), ma tutto il Quarto Van-
21
Vedi l'Appendice IX curata da M.L. Soards, The Question of a Premarcan gelo è in realtà un processo a Gesù, a partire dall'interrogatorio rivolto a Giovanni
Passion Narrative, in R.E. Brown, The Death of the Messiah, II, pp. 1492-1524, Battista (cf. 1,19) fino alla decisione finale di farlo morire (cf. 11,49-53).
27
dove vengono passate in rassegna le posizioni di ben 34 studiosi, i quali offrono Anche qui le variazioni di Mt (cf. l'episodio della moglie di Pilato), di Le (cf.
altrettante ricostruzioni di un possibile racconto pre-marciano ma con notevoli di- il rinvio Pilato-Erode-Pilato), e di Gv (cf. il dialogo Pilato-Gesù) si innestano su
vergenze reciproche. di una comune griglia narrativa di base.
16 LA CHIESA GIUDEO-CRISTIANA DI GERUSALEMME IL RACCONTO PRE-MARCIANO DELLA PASSIONE 17
1.1.1.3 Particolarmente interessante è la qualità stessa del racconto; van- 11,23-25 nel contesto di una paradosi dell'ultima cena: l'espressione "nel-
no infatti notate queste caratteristiche: la notevole ampiezza (in Me esso la notte in cui veniva tradito" suppone di fatto una storia già esistente,
occupa più di 1/6 di tutto il vangelo), la ricchezza di dettagli (topografi- di cui viene data qui una scansione cronologica. L'altro consiste nella
ci, cronologici, prosopografici), il rapporto tra l'estensione letteraria e constatazione che in Me 14 (vv. 53.54.60.61.63) si parla del "Sommo
l'arco di tempo in cui si svolgono gli avvenimenti (questo è inversamente Sacerdote" (ó àpxtepeus) senza nominarlo mai 32 ; noi sappiamo da al-
proporzionale a quella: per un arco di tempo minimo [dalla sera al po- tre fonti che si trattava di Caifa (gr. Kata9oc<;), suocero di Annas o Anano
meriggio del giorno dopo] abbiamo la massima concentrazione di inte- e rimasto in carica negli anni dal 18 al 36 33 , ma evidentemente i primi
resse narrativo: caso unico), e il trattamento realistico dei personaggi che lettori o ascoltatori della storia non avevano bisogno che glielo si preci-
non subiscono alcuna eroizzazione (a parte il caso di Giuda, persino Pie- sasse, perché dovevano conoscere bene la situazione locale e lo stesso
tro tradisce ripetutamente Gesù, tutti gli altri discepoli fuggono, e lo stesso Caifa doveva essere ancora in funzione: egli era "// Sommo Sacerdo-
Gesù è più che mai presentato secondo uno spessore umano assai marca- t e " del momento. Il primo racconto quindi deve risalire agli anni com-
to [cf. l'agonia nel Getsemani e il grido di abbandono in croce]). presi tra la morte di Gesù e la deposizione di Caifa, cioè fra il 30 e il 36.
1.1.1.4 In particolare la redazione di Me tradisce dei segni di utilizza- La provenienza pertanto dev'essere sicuramente Gerusalemme. Lo di-
zione di un originale, autonomo racconto della Passione. Per esempio, mostrano anche i seguenti indizi: la conoscenza dei luoghi menzionati
in 14,43 si dice che Giuda, accompagnatore del gruppo che andava per (Betania, Betfage, Monte degli Ulivi, Getsemani, Golgota; casa del Som-
arrestare Gesù nel Getsemani, era "uno dei Dodici"; ma il lettore del mo Sacerdote, casa di Pilato o pretorio), i riferimenti a varie persone
vangelo non ha bisogno che gli venga detto questo, poiché lo sa già (cf. (Simone il lebbroso, Simone di Cirene con i figli Alessandro e Rufo,
3,19; 14,10): l'inutile ripetizione della qualifica (contraddistinta anche le donne di Galilea, Giuseppe di Arimatea), e le reminiscenze dell'origi-
dal fatto che qui non viene riportato l'epiteto di "Iscariota", che nei naria lingua aramaica (quali sono l'invocazione Abbà, che è presente
due passi anteriori era unito al nome di "Giuda") è quindi un probabi- solo in Me 14,36; e il grido in croce in 15,34, che in Mt tende a diventa-
le indizio che essa faceva parte di un insieme narrativo pre-esistente in re di pronuncia ebraica).
forma indipendente, che cominciava poco prima 28 .
1.1.1.5 La conclusione migliore, pertanto, è di ritenere che "Me usa
una fonte per scrivere il suo racconto della Passione. Tuttavia noi pos- 1.2 La cristologia
siamo conoscere questa fonte soltanto in quanto incorporata nello stes-
so Me. La grande sfida che ci si offre è di non separare la tradizione
1.2.1 II racconto in quanto tale. Una prima osservazione consi-
dalla redazione di Me (...). Piuttosto dobbiamo investigare i vari strati
di tradizione che incontriamo nella forma del racconto marciano" 29 . ste nel rilevare che la valenza cristologica di un simile racconto ine-
In concreto, lasciando da parte la pericope della cena (poiché in Gv es- risce già al suo semplice darsi. Evidentemente la fede nella risurre-
sa ha un trattamento troppo diverso), ci limitiamo a studiare l'insieme zione di Gesù, tutt'altro che distogliere l'attenzione dall'umiltà della
costituito dai seguenti quattro atti: i fatti del Getsemani, il processo da- sua morte per dimenticarne l'obbrobrio, ha invece concentrato pro-
vanti ai Giudei, quello davanti a Pilato e i fatti del Calvario 30 . Il testo prio su di essa l'attenzione più minuta e più accurata. È come se
preso in esame sarà quello di Me 14,32 - 15,47, che in ogni caso ci dà nulla dovesse andare perduto di quei momenti supremi. Piuttosto
la redazione più antica del racconto. si rinunciò a moltissimo materiale riguardante non solo la prece-
1.1.2 Data e luogo di origine. Una datazione arcaica è suggerita da dente vita privata ma anche e soprattutto la vita pubblica di Gesù,
Pesch sulla base di due indizi 31 . Il primo è offerto da Paolo in ICor
32
28
A differenza di Mt 26,3.57; Gv 11,49; 18,13.14.24.28; quanto a Le, la sua
Per una analisi dello stile, che in Me acquista ora delle connotazioni singola- menzione è già presente in 3,2 (cf. anche At 4,6).
ri, cf. R. Pesch, Me, II, pp. 21-25. 33
29
Vedi le notizie in FI. Giuseppe, Ant. 18,35 e 95; inoltre B. Chilton, Caiaphas,
M.L. Soards, The Question of a Premarcan Passion Narrative, pp. 1523-1524. in ABD 1, pp. 803-806. Recentemente nei pressi di Gerusalemme è stato scoperto
Vedi anche J.B. Green, The Death of Jesus. Tradition and Interpretation in the un ossuario con una iscrizione interpretata in riferimento al nome di Caifa: cf. Di-
Passion Narrative, WUNT 2,33, Tùbingen 1988. scovery of the Caiaphas Family Tomb, Jerusalem Perspectives IV/4-5 (1991); Z.
30
Cf. anche A. Vanhoye, Structure et théologie des récits de la Passion dans Greenhut, Burial Cave of the Caiaphas Family, BiblArchRev 18 (1992/5) 28-36 e
les évangiles synoptiques, NRT 89 (1967) 135-163; B. Maggioni, Iracconti evange- 76. Ma serie obiezioni a questa identificazione, specie di tipo linguistico, sono state
lici31della Passione, Assisi 1994. avanzate da É. Puech, È stata scoperta la tomba del sommo sacerdote Caifa?, Il
Cf. R. Pesch, Me, II, pp. 44-45. Mondo della Bibbia n. 21,5 (1994/1) 48-53.
18 LA CHIESA GIUDEO-CRISTIANA DI GERUSALEMME IL RACCONTO PRE-MARCIANO DELLA PASSIONE 19

per non dire persino dei racconti concernenti le cristofanie pasquali, (Me 14,32 -15,47) rivela uno specifico taglio cristologico, che rap-
tanto diversificati e non facilmente conciliabili tra loro (cf. voi. I, presenta già una originale ermeneutica della Passione di Gesù da
cap. II). È invece nella passione e morte di Gesù che fin dall'inizio parte della prima comunità cristiana. La collaterale presenza di un
la chiesa fissò lo sguardo più interessato, scorgendovi il suo tesoro intento parenetico non disturba affatto il tentativo di fondo di com-
più prezioso. Proprio l'ampiezza narrativa è segno non solo di una prendere adeguatamente la figura di Gesù nei suoi momenti
maggiore verificabilità storica degli avvenimenti, ma anche di una supremi 38 . La dimensione cristologica del racconto è percepibile
specialissima attenzione ad essi34. doppiamente, a un livello negativo e poi soprattutto positivo.
In più va precisato che un tale racconto fu curato non certo per 1.2.2.1 Negativamente, rileviamo due assenze. - (1) In tutto il
motivi di propaganda o di apologetica, poiché non c'era nulla di racconto mancano confessioni cristologiche esplicite o comunque
particolarmente attraente o di raccomandabile nella sorte estrema di un certo rilievo, riconducibili direttamente al narratore. Al loro
subita da Gesù35. Alla base invece c'è sicuramente un'esigenza di posto abbiamo tre tipi di identificazione titolare di Gesù, inserite
memoria, comunque la si debba specificare, che è tutta interna al- nello sviluppo dell'azione. Innanzitutto, ci sono tre autoqualifi-
la comunità cristiana36. Ma soprattutto c'è il desiderio di capire, che personali sulla bocca di Gesù stesso: "pastore" (Me 14,27 =
non solo perché Gesù fosse morto a quel modo 37 , ma perché pro- Zc 13,7), con valore secondario finalizzato solo a spiegare la fuga
prio lui fosse morto così. Già qui dunque, tra le righe stesse del dei discepoli narrata poco dopo; "figlio", indirettamente presente
racconto, c'è un interesse cristologico. nell'invocazione di Dio come Abbà (14,36); e "figlio dell'uomo"
1.2.2 La elaborazione cristologica del racconto. Il racconto stesso escatologico (14,62: combinazione di Dn 7,13 e di Sai 110,1; cf.
anche 14,41), come correzione dell'ammissione della messianicità
34
D'altronde, come osserva acutamente M. Hengel, Jesus, the Messiah of Israel,
in risposta al Sommo Sacerdote. Il secondo e il terzo titolo sono
in Id., Studies in Early Christology, pp. 1-72, "nell'antichità, dato che gli scrittori importanti per l'autocomprensione del Gesù terreno, e noi li ab-
consideravano troppo disgustoso l'argomento, noi troviamo pochissime descrizio- biamo già esaminati più sopra (cf. volume primo). In secondo luo-
ni di una crocifissione, e il resoconto di Me 15,20-39, con il suo parallelo negli altri
tre vangeli, è di gran lunga il più esteso di tutti" (p. 48).
go, una particolare qualifica è presente nella proclamazione uffi-
35
Ne abbiamo una comprova molto netta nella reazione negativa testimoniata ciale del capo d'accusa, scritto come titulus appeso alla croce: "il
posteriormente, sia in campo giudaico (cf. Trifone in Giustino, Dial. 79,1-2: "Dis- re dei Giudei" (15,26; cf. "il re d'Israele" in 15,32); l'appellativo
se Trifone: Sappi che tutta la nostra razza attende il Cristo... Ma che il Cristo sia
stato così ignominiosamente crocifisso, di questo proprio non sappiamo risolver- domina tutto il cap. 15 (cf. vv. 2.9.12.18.32), ma, per modo di con-
ci"), sia in campo pagano (cf. Celso in Origene, Contra Cels. 2,17-44: "Qual dio, trasto, ricorre sempre in rapporto all'umiliazione e all'impotenza
o qual demone, o quale uomo intelligente, prevedendo che dovevano capitargli tali del protagonista 39 ; esso comunque non è accettato dalla chiesa
cose, non avrebbe fatto tutto il possibile per sfuggirle, ma si sarebbe lasciato sor-
prendere dai malanni che aveva previsto?... Chi vieta di credere che anche gli altri,
i quali sono stati condannati e hanno fatto una fine ancor più brutta, siano degli
angeli più grandi e più divini di lui?").
36 38
A suo tempo M. Dibelius, Die Formgeschichte des Evangeliums, Tùbingen Cf. J. Gnilka, Jesus Christus nach fruhen Zeugnissen des Glaubens, Mùri-
1919, 21933, pp. 21 e 285, ipotizzava che il racconto della Passione fosse stato com- chen 1970, pp. 97-101. L'intento parenetico si legge tra le righe prevalentemente
posto per le necessità della predicazione e della catechesi (cf. At 2,42). Altri invece nel cap. 14: la preghiera di Gesù nel Getsemani fonda l'ammonizione a vegliare
hanno pensato a un Sitz im Leben di tipo liturgico, forse per l'occasione della cele- e pregare nell'ora della prova (cf. 14,32-42); questa vale anche per i momenti suc-
brazione della Pasqua; cf. G. Schille, Das Leiden des Herrn. Die evangelische Pas- cessivi: sia per il momento in cui tutti i suoi discepoli fuggono mentre Gesù viene
sionstradition und ihr Sitz im Leben, ZTK 52 (1955) 161-205. Una serie di Leitmo- arrestato (cf. 14,50), sia per quando Pietro rinnega il suo Maestro, proprio nel mo-
tive era già stata elencata anche da R. Bultmann, Die Geschichte der synoptischen mento drammaticamente contemporaneo a quello in cui Gesù confessa audacemente
Tradition, pp. 303-308 (cioè: appoggio a predizioni veterotestamentarie, interessi la propria identità davanti al Sommo Sacerdote (cf. 14,66-72). Uno sviluppo più
parenetici e preoccupazioni dogmatiche, insieme a tratti puramente novellistici). ampio della cristologia nel racconto pre-marciano della Passione si trova in E.K.
37
È interessante la posizione di A. Yarbro Collins, From Noble Death to Cru- Broadhead, Prophet, Son, Messiah. Narrative Form and Function in Mark 14-16,
cified Messiah, NTS 40 (1994) 481-503, secondo cui già prima di Me s'impose ai JSNT SS 97, Sheffield 1994, ma in quanto il racconto è messo in connessione con
cristiani l'esigenza di spiegarsi perché Gesù, che pure (si) era considerato Messia, la strategia narrativa dell'intero vangelo.
39
non abbia avuto una "morte nobile" (tipo quella eroica di Achille o quella filoso- L'accusa di ribellione politica viene così contraddetta nei fatti (tutta un'altra
fica di Socrate o quella didattica dei martiri maccabei), e allora si ricorse alle Scrit- fenomenologia rivelano invece i vari Giuda, Simone e Atronge, secondo FI. Giu-
ture per rivendicarlo comunque come Messia a dispetto della sua morte ignominio- seppe, Ant. 17,271-272.278-281; Bell. 2,57-59) e si tramuta in una occasione di fe-
sa, inaugurando un nuovo genere di racconto di morte. de per il Lettore.
20 LA CHIESA GIUDEO-CRISTIANA DI GERUSALEMME IL RACCONTO PRE-MARCIANO DELLA PASSIONE 21

primitiva come titolo cristologico40. Infine abbiamo la confessio- funzione salvifica; infatti non incontriamo mai formule del tipo
ne del centurione romano ai piedi della croce: "Veramente que- "per noi", "per gli uomini", o simili (nemmeno nei pronuncia-
st'uomo era figlio di Dio" (15,39). Questa confessione però non menti dello stesso Gesù, siano essi di istruzione ai discepoli, di pre-
va enfatizzata. Se essa segna certamente una notevole distanza tra ghiera nel Getsemani, di risposta all'interrogatorio nei due proces-
il centurione e i discepoli di Gesù, a favore del primo, il suo valore si, o sulla croce)44. Evidentemente il racconto non sviluppa nes-
cristologico va comunque contenuto a motivo delle seguenti osser- suna theologia crucis. Ciò non significa però che esso non implichi
vazioni: la confessione non riguarda la divinità di Gesù, né in sé né una «teologia della Passione», che anzi gli è propria, come vedia-
in quanto egli venga visto associato alla croce, ma il modo con mo subito45.
cui la sua morte avvenne ("vistolo spirare a quel modo"), cioè 1.2.2.2 Positivamente, osserviamo che il racconto implica una
accompagnata da fenomeni cosmici e dallo squarcio del velo nel sua cristologia specifica. Ed essa (a parte la confessione messiani-
Tempio41; il titolo "figlio di Dio" manca dell'articolo e quindi ca di 14,62) si può definire essenzialmente come cristologia del giu-
considera Gesù semplicemente come "un figlio di Dio"42; inoltre sto sofferente; il racconto quindi può essere etichettato come pas-
la qualifica è riferita al passato ("era") e non esprime una piena sio iusti46. Il tema è antico, ed è documentato tanto in Israele
fede pasquale. Proprio per questo tuttavia è verosimile che essa ci quanto fuori di esso47. Nel racconto della Passione, esso traspare
riporti allo stadio gesuano. A tutto ciò si aggiunga la prospettiva soprattutto dall'utilizzazione di alcuni Salmi di lamentazione, ol-
derivante da Sap 2,12-20; 5,1-7, su cui torneremo circa la compo-
nente positiva della cristologia del racconto. - (2) Un altro aspetto
è vistosamente assente dal racconto pre-marciano della Passione, 44
mentre sarà invece sviluppato altrove e anche molto presto (cf. ICor Ciò vale del resto per i Sinottici in generale; cf. H.-W. Kuhn, Jesus als Ge-
kreuzigter in der frùhchristlichen Verkiindigung bis zur Mitte des 2. Jahrhunderts,
15,3): la dimensione soteriologica delle sofferenze e della morte di ZTK 72 (1975) 1-46.
Gesù. Prescindendo dal brano concernente l'ultima cena e dalle pa- 45
Cf. D. Sànger, Die Verkiindigung des Gekreuzugten und Israel. Studien zum
role pronunciate sul calice (cf. Me 14,24), che probabilmente al- Verhàltnis von Kirche und Israel bei Paulus und im frùhen Christentum, WUNT
75, Tùbingen 1994, p. 223.
meno in parte riflettono già uno stadio successivo43, la descrizio- 46
A questo proposito vedi in particolare L. Ruppert, Jesus als der leidende Ge-
ne dei vari patimenti subiti da Gesù, a partire dall'agonia nel Get- rechte? Der Weg Jesu im Lichte eines alt- und zwischentestamentlichen Motivs, Stutt-
semani fino alla sua dolorosissima morte in croce, non fa mai rife- gart 1972 (in parziale polemica con E. Schweizer, Cristologia neotestamentaria: il
mistero pasquale, Bologna 1969 [orig. ted., Zùrich 1961], a cui aggiunge il motivo
rimento in alcun modo al fatto che egli sopportò tutto questo in del profeta perseguitato), e M.-L. Gubler, Diefruhesten Deutungen des Todes Je-
su, Freiburg/Schw.-Gòttingen 1977, pp. 95-205 ("Die Passion Jesu als Leiden des
Gerechten"). Vedi anche G. Barth, Il significato della morte di Gesù. L'interpreta-
40
zione del Nuovo Testamento, Torino 1995, pp. 44-50.
Molto diverso invece sarà il trattamento riservato dal Quarto Vangelo a que- 47
Già accennato per contrasto in Ger 12,2 ("Vorrei solo rivolgerti una parola
sta qualifica di Gesù nel suo dialogo con Pilato (cf. Gv 18,33-37; 19,19-22). sulla giustizia: Perché le cose degli empi prosperano?"; il profeta stesso è un giusto
41
Cf. R.H. Gundry, Mk, p. 974. Vedi anche la discussione di R.E. Brown, The perseguitato: cf. 11,19), esso è sviluppato nei Salmi di lamentazione (22; 31; 34;
Death of the Messiah, II, pp. 1160-1167. 37; 69; 140), nel libro di Sap ( cf. 2,10-20; 5,1-5), e negli scritti apocalittici (cf. lEn
42
Ci risulta anche da un confronto con ciò che Plutarco scrive della morte di 47,1-2; 95,7; 4Esd 8,27; 2Bar 48,48-50). Ma l'affermazione che il giusto deve sof-
Cleomene re di Sparta (nel 235-219 a . C ) , scuoiato e crocifisso per ordine di Tolo- frire è universale: cf. Platone, Apol. "ila. (Socrate: "Se c'è di mezzo la giusta cau-
meo IV Filopatore re d'Egitto: "Coloro che montavano la guardia al corpo croci- sa, io per paura della morte non saprei piegare la testa davanti a nessuno"); Gorg.
fisso di Cleomene videro un grosso serpente avvolgergli la testa nelle sue spire e 521b ("Non ripetere quello che tante volte mi hai già detto...: 'Un malvagio farà
coprirgli il volto, così che nessun rapace potesse beccarlo. Il re (Tolomeo) fu allora morire un buono' " ) ; Cicerone, Nat. deor. 80-85 (dopo aver fatto un elenco di per-
colto da superstizioso terrore, dicendosi che era stato soppresso un uomo caro agli sone buone perite tragicamente ["Perché Annibale uccise Marcello?... Perché Re-
dèi e di natura superiore all'umana. La gente di Alessandria poi prese a recarsi sul golo fu consegnato alla crudeltà dei Cartaginesi? Perché Africano non fu protetto
luogo e a rivolgersi a Cleomene come a un eroe, figlio di dèi (0«òvTOXÌ&X)"(Cleom. 39). dalle pareti di casa?"], come se gli dèi avessero eliminato ogni distinzione tra buo-
43
Se da una parte il brano viene visto come parte integrante del racconto pre- ni e cattivi, conclude: "Non voglio continuare, altrimenti sembrerebbe che io dessi
marciano della Passione (così R. Pesch, Dos Abendmahl undJesu Todesverstànd- licenza di peccare; e avresti ragione, se non fosse che la coscienza buona o cattiva
nis, in K. Kertelge, ed., Der Tod Jesu. Deutungen im Neuen Testament, Freiburg costituisce un valore in se stessa a prescindere da una spiegazione divina"); Lucia-
i.B. 1976, pp. 137-187), dall'altra c'è chi vi scorge già l'influsso del culto post-pasquale no, Iup. conf. 17 ("Perché i malvagi e i furfanti sguazzano fra tutte le felicità, e
(così J. Jeremias, Le parole dell'Ultima cena, Brescia 1973 [orig. ted., Gòttingen gli uomini buoni sono sbattuti qua e là, afflitti da povertà, da malattie, e da mille
4
1967], pp. 127-167). altri mali?").
22 LA CHIESA GIUDEO-CRISTIANA DI GERUSALEMME IL RACCONTO PRE-MARCIANO DELLA PASSIONE 23

tre che da altri passi veterotestamentari 48 . Il tema è già preparato - 15,36 : "uno corse a inzuppa- - Sai 69,22: "quando avevo se-
nel cap. 14, ma è sviluppato soprattutto nel cap. 15. Qui di seguito re di aceto una spugna... e gli te mi hanno dato aceto";
ne diamo l'elenco delle ricorrenze. dava da bere"
-15,39: "quest'uomo era figlio - Sap 2,18: "se il giusto è figlio
-14,55: "cercavano di farlo mo-% - Sai 31,14: "insieme contro di di Dio" di Dio, egli l'assisterà"; 5,5:
rire" me congiurano, tramano di to- "egli è considerato tra i figli di
gliermi la vita"; inoltre, cf. Sai Dio" (cf. Sai 22,9).
37,32; 38,13; 54,5; 63,10; 70,3;
86,14; 109,16; Come si vede, gli accostamenti all'AT sono impressionanti, tanto
-14,56-57: "molti testimoniava- - Sai 27,12: "contro di me sono più che nessuno di essi viene introdotto mediante una esplicita
no il falso" insorti falsi testimoni"; cf. an- formula di citazione, essendo semplicemente integrati nel discor-
che Sai 35,11 49 ; so del narratore. Ma, per quanto ci si possa richiamare a storie
-15,24: "si divisero le sue vesti, - Sai 22,19: "si dividono le mie di singole figure veterotestamentarie (come Giuseppe in Egitto,
tirando a sorte su di esse" vesti, sul mio vestito gettano la Ester, Daniele, Susanna, forse Eleazaro)50, va osservato che nes-
sorte"; suno di quei racconti di giusti sofferenti viene ripreso nemmeno
-15,27: "con lui crocifissero an- - Is 53,12: "è stato annoverato per allusione. La prevalenza dei riferimenti a Sai 22 e in genere
che due ladroni"; + 15,28 (so- fra gli empi"; ai Salmi (oltre a Is 53 e Am 8), dove non si tratta di nessuna
lo nel textus receptus): "e si figura storica specifica, dice invece che nel caso di Gesù si tratta
adempì la Scrittura che dice: E della realizzazione di un tipo, ma in modo tale da far vedere
fu annoverato fra gli empi" che uno schema generale si compie in un personaggio singolare.
- 15,29: "i passanti lo insulta- - Sai 31,12s: "sono l'obbrobrio Infatti, il fatto che nessuna determinata figura dell'AT venga ri-
vano" dei mei nemici,...chi mi vede per chiamata dipende probabilmente dalla unicità del caso-Gesù, che
strada mi sfugge,...sono divenu- il narratore sa essere molto di più di tutti loro in quanto Messia,
to un rifiuto" (cf. Sai 109,3-5); Figlio dell'uomo e Figlio di Dio. Il tema del giusto sofferente
- ib.: "scuotendo il loro capo" - Sai 22,8: "mi scherniscono inoltre viene anche superato da un'altra considerazione di tipo
quelli che mi vedono, storcono storico: alla base del racconto non c'è solo l'affermazione che
le labbra, scuotono il capo" (cf. il giusto-Gesù ha sofferto, ma soprattutto c'è il dato oggettivo
Sai 109,25); che egli ha subito una morte infamante, maledetta dalla Legge.
- 15,33: "venuto mezzogiorno, - Am 8,9: "in quel giorno farò Ed è come se il narratore di fronte a ciò non disponesse ancora
si fece buio su tutta la terra" tramontare il sole a mezzodì e di una vera spiegazione; ma ha bisogno almeno di farne memo-
oscurerò la terra in pieno ria, nonostante tutto.
giorno"; Un'attenzione particolare, a questo proposito, merita il testo di
- 15,34: "Dio mio, Dio mio, - Sai 22,2 (cf. sotto); Me 15,34 dove si registra il grido d'abbandono di Gesù morente,
perché mi hai abbandonato?" derivante da Sai 22/21,2: "Dio mio, Dio mio, perché mi hai ab-
bandonato?". Diamo qui un confronto sinottico di tutte le sue ri-
48
correnze nelle sei fonti diverse in cui è riscontrabile:
Cf. E. Flessman van Leer, Die Interpretation der Passionsgeschichte vom Al-
teri Testament aus, in H. Conzelmann e altri, Zur Bedeutung des Todes Jesu. Exe-
getische Beitràge, Gùtersloh 1967, pp. 79-96; H.D. Lange, The Relationship Bet-
ween Psalm 22 and the Passion Narrative, Concordia Theological Monthly 48 (1972)
610-621; J.G. Reumann, Psalm 22 at the Cross. Lament and Thanksgiving for Je-
sus, Interpr 28 (1974) 39-58. 5
P Cf. G.W.E. Nickelsburg, The Geme and Function of the Markan Passion
49
Entrambi questi passi si ritrovano in Mt, ma sono assenti in Le e in Gv. Narrative, HTR 73 (1980) 154-184.
24 LA CHIESA GIUDEO-CRISTIANA DI GERUSALEMME IL RACCONTO PRE-MARCIANO DELLA PASSIONE 25

™ Tg LXX del Salmo 22, che sembra affermare da parte di Gesù la percezione
di una derelizione totale da parte di Dio.
"eli "eli 'elahi ó 0eòc ó 9eó? <xou, Ovviamente una simile dichiarazione pone uno speciale proble-
ma cristologico: quale fu in realtà o almeno come viene vista dal
c
lamah azabtani lemà'sebaqtani Yva TÌ èyxaxéXwcé? jie; narratore l'esperienza intima provata da Gesù in quel momen-
to? 53 . Da una parte è vero che il Sai 22 non è propriamente un Sal-
Me 15,34 mo di disperazione, ma implica atteggiamenti vari da parte dell'o-
eXcot eXan rante: lamento, ringraziamene, lode, e quindi anche fiducia54. Pe-
Xefxa aa[3ax6avi rò, se il testo evangelico pensasse solo a un atteggiamento di fidu-
= ó Geo? [xou ó 0eó<; [xoo, cia, avrebbe scelto qualche altro versetto del Salmo (dal v. 23 in
tic, TÌ èyxaxéXi7ré(j fxe; poi) 55 . Inoltre, è difficile pensare che il narratore volesse dire che
Mt 27,46 Gesù recitò di fatto l'intero Salmo, visto che il lamento non viene
T)Xi rjXt introdotto da alcuna formula di citazione ma semplicemente dalla
Xe|xa aa(3ax0avi frase: "Gesù gridò a gran voce". Evidentemente al narratore inte-
= Osé (xou 0eé [xou, ressa il grido in sé e per sé, come una parola propria di Gesù e non
watt fxe èyxaxéXiue<;; della Scrittura56. D'altra parte, va notato che Gesù si rivolge a Dio
Vangelo di Pietro 19 non con l'appellativo fiduciale di Abbà, che pur aveva impiegato
r\ Suvaptg [xou, r\ 8ÓVOC[JU<; (xou, nella preghiera del Getsemani (cf. 14,36): segno evidente che ora
xaréXet^à? fxe! egli prova un reale abbandono, espresso con forza e senza mezzi
termini. Sulla croce Gesù ha umanamente sperimentato quello che
oggi viene chiamato "il silenzio di Dio" 5 7 , cioè la sua apparente
Da questo quadro (senza tener conto delle varianti testuali dei assenza in una situazione di prova; invece di chiedere l'aiuto di Dio
due vangeli canonici) risulta la vicinanza di Me a una dizione ara- (per es. con le parole di Sai 27,9: "Non abbandonarmi, Dio della
maica, forse più arcaica51. Il problema posto dai seguenti vv. mia salvezza"), Gesù sa e dice che ormai Dio in questo momento
35-36, secondo cui alcuni dei presenti, ascoltando Gesù, dissero: invece di soccorrerlo lo consegna alla morte, anzi a una maledetta
"Ecco, chiama Elia" (Me 15,35), si può spiegare linguisticamente morte di croce. Siamo quindi di fronte a un'ulteriore espressione
richiamandosi a Sai 22,11 ("Dal grembo di mia madre il mio Dio della passio iusti, in cui il lamento stesso diventa paradossalmente
sei tu"). Quest'ultima frase in ebraico suona 'èli 'attùh (cf. anche
Sai 31,15; 63,2; 118,28; 140,7; aramaico: 'èlaht 'antàh) e gli astan- 53
Oltre ai Commenti, vedi in particolare G. Rosse, // grido di Gesù in croce:
ti potrebbero averla fraintesa in aramaico come 'elià' tà, "Elia, una panoramica esegetica e teologica, Roma 1984; L. Caza, "Mon Dieu, pourquoi
vieni!" 52 . Ma questa è una soluzione storicizzante, che prescinde m'as-tu
54
abandonné?", Montreal-Paris 1990.
dal fatto che il nostro racconto intende la frase di Gesù (subito tra- Cf.
6
G. Ravasi, // libro dei Salmi. Commento e attualizzazione, I, Bologna
1985, 1993, pp. 395-424.
dotta in greco) in un altro senso, cioè in quello del primo versetto 55
Del resto, la frase pronunciata da Gesù contrasta con una bella preghiera di
fiducia, che un manoscritto di Qumràn pone in bocca al patriarca Giuseppe prova-
to in Egitto: "Padre mio, Dio mio, non abbandonarmi (7 rzbny) nelle mani delle
51
II verbo aramaico sebaq corrisponde all'ebraico cùzab, "andarsene, abban- nazioni; fammi giustizia, perché non periscano i poveri e gli afflitti" (4Q372 1,16-17);
donare, lasciare". Ma, mentre ci sono commentatori che ritengono che Gesù si sia cf. E. Schuller, 4Q372 1: A Text About Joseph, RQ 55 (1990) 349-376.
56
espresso in aramaico (così M.-J. Lagrange, R. Pesch, R.H. Gundry, R.E. Brown; D'altronde questo grido viene omesso dalle redazioni di Le e di Gv, che lo
e M. Wilcox, Semitisms in the New Testament, in ANRW 11/25.2, pp. 978-102o! sostituiscono con altri versetti dello stesso Salmo 22, ma più 'positivi' e quindi con
qui 1004-1007), altri pensano piuttosto a una originale formulazione in ebraico (così significati del tutto diversi (cf. una Sinossi).
V. Taylor, P. Bonnard). 57
Esso è stato teorizzato a proposito di Auschwitz e dell'olocausto del popolo
52
Così X. Léon-Dufour, Di fronte alla morte: Gesù e Paolo, Torino 1982 (orig. ebraico durante la seconda guerra mondiale (cf. Cattedra dei non credenti, Chi è
frane, Paris 1979), pp. 160-161, riprendendo l'ipotesi che fu già di H. Sahlin (in come te fra i muti? L'uomo di fronte al silenzio di Dio, Lezioni promosse e coordi-
Bibl 33 [1952] 62-63) e di T. Boman (in StTh 17 [1963] 103-119). nate da Carlo Maria Martini, Garzanti, Milano 1993).
26 LA CHIESA GIUDEO-CRISTIANA DI GERUSALEMME LA RACCOLTA DELLE PAROLE DI GESÙ: FONTE Q 27

una manifestazione di confronto soltanto con Dio e di autoconse- Essa comprende tutto quel materiale (di circa 230 versetti), che è
gna a lui58. comune a Mt-Lc ma che manca in Me.
1.2.3 In conclusione, possiamo dire che l'intero racconto della
Passione, tutt'altro che un resoconto neutrale e oggettivo, va letto
''non come una notizia di giornale, ma come «teologia narrati- 2.1 Esistenza, estensione e origine di Q
va»" 5 9 ; infatti esso reca i segni propri di un tentativo messo in atto
per scoprire sotto i nudi fatti la dimensione propria della morte Nonostante qualche tentativo in contrario 61 , oggi la quasi totalità de-
subita da Gesù. La cristologia qui dispiegata si potrebbe conside- gli studiosi ritiene che una forma di Q sia esistita prima della redazione
rare di basso profilo, se confrontata con altri e più ricchi sviluppi dei Vangeli. I motivi a favore sono di vario genere e traggono forza dalla
successivi, ma è comunque interessante e tipica di un'incipiente, loro cumulazione 62 .
attenta lettura della figura straordinaria di Gesù di Nazaret negli 2.1.1 Mt e Le hanno in comune una serie di passi, il cui tenore verba-
ultimi momenti della sua vita. le concorda strettamente: vedi per esempio la pericope delle tentazioni
nel deserto (Mt 4,1-11/Lc 4,1-13); ma cf. anche Mt 3,7-12/Lc 3,7-9.16-17
(predicazione del Battista); Mt 11,2-11.16-19/Lc 7,18-28.31-35 (legazione
del Battista e loghion sui bambini capricciosi); Mt 23,37-39/Lc 13,34-35
2. La raccolta delle parole di Gesù: fonte Q (lamento su Gerusalemme); la spiegazione più probabile è che entram-
bi abbiano usato una fonte comune. D'altra parte si constata che essi
Un altro, precoce tentativo di riflettere sulla figura di Gesù con- divergono in altro materiale comune (come la similitudine dell'uomo
sistette in una raccolta antologica dei suoi pronunciamenti orali; che costruisce la casa sulla roccia: Mt 7,21.24-27/Lc 6,46-49; e la para-
ipotizzata fin dalla fine del sec. XVIII, essa ricevette dal 1890 il bola dei talenti: Mt 25,14-30/Lc 19,11-27): perché dunque concordano
nome siglato Q (tedesco Quelle, "fonte [sottinteso: dei loghia]")60. su alcune tradizioni ma ne hanno rivisto delle altre? La risposta è che
essi abbiano utilizzato Q in stadi diversi della sua edizione.
58
2.1.2 Anche l'ordine della successione, in cui si trovano collocate in
Analogamente, cf. Gb 6,4; 7,20; 16,13 ("I suoi arcieri mi circondano, mi tra- Mt/Lc le tradizioni non-marciane, depone a favore di una fonte comu-
figge i fianchi senza pietà"). In ogni caso il grido di Gesù non è certo di disperazio-
ne, ma equivale alla domanda di un uomo che è comunque fedele a Colui del quale ne, non potendo il fatto essere puramente casuale. Questa infatti è la
non comprende l'agire: cf. J.-N. Aletti, Morì de Jesus et théorie du récit, RechSR situazione di almeno una parte della fonte nei due evangelisti: Mt
73 (1985) 147-160. 3,7-9/Lc 3,7-9 (predicazione penitenziale del Battista); Mt 3,11-12/Lc
59
G. Rosse, Il grido di Gesù, p. 52. Recentemente, per esempio, T.E. Schmidt, 3,16-17 (predicazione messianica del Battista); Mt 4,1-11/Lc 4,1-13 (ten-
Mark 15.16-32: The Crucifixion Narrative and the Roman Truiumphal Procession, tazioni di Gesù); Mt 5,3.6/Lc 6,20b-21 (le beatitudini dei poveri e degli
NTS 41 (1995) 1-18, ha proposto di vedere nella pericope di Me 15,16-32 (pretorio
e coorte, manto di porpora e incoronazione di spine, viaggio al Calvario, requisi- affamati di giustizia); Mt 5,11-12/Lc 6,22-23 (beatitudine della perse-
zione di Simone di Cirene, crocifissione, derisione con l'appellativo di Re d'Israe- cuzione e invito a gioire per la ricompensa); Mt 39b-42/Lc 6,29-30 ("chi
le) lo schema del corteo trionfale romano, presentato però come un "anti-trionfo" ti percuote sulla guancia,... chi ti toglie il mantello,... a chi ti chiede,
per suggerire che l'apparente scandalo della croce implica in realtà e paradossal-
mente una esaltazione di Cristo.
60
Diamo qui in proposito una bibliografia essenziale: S. Schulz, Q - Die Spruch-
61
quelle der Evangelisten, Zùrich 1972; J. Delobel, ed., Logia. Les paroles de Jesus Cf. M.D. Goulder, On putting Q to the Test, NTS 24 (1978) 218-234; Id.,
- The Sayings of Jesus. Mémorial J. Coppens, Leuven 1982; J. S. Kloppenborg, Is Qa Juggernaut?, JBL 115 (1996) 667-681 (sarebbe Le a dipendere da Mt); E.
The Formation ofQ, Philadelphia 1987; A.D. Jacobson, The First Gospel. An In- Linnemann, Is There a Gospel ofQ?, BibRev 11 (1995) 18-23 e 42-43 (le differenze
troduction to Q, Sonoma CA 1992; W.G. Dever, Q (Gospel Source), in ABD 5, tra i vangeli si spiegherebbero solo in base alle reminiscenze dei testimoni oculari!
pp. 567-573; D.R. Catchpole, The Questfor Q, Edinburgh 1993; B.L. Mack, The Analogamente Ead., The Gospel ofQ- Fact orFantasy?, TrinJourn 17 [1996] 3-18);
Lost Gospel. The Book ofQ& Christian Origins, San Francisco 1993; R.A. Piper, E. Powell, The Myth ofthe Lost Gospel. A layman's letter to the Jesus Seminar,
ed., The Gospel behind the Gospels. Current Studies on Q, Leiden 1995; C.M. Tuc- Symposium Books, Westlake Village CA 1995 (riproposizione dell'ipotesi Griesbach).
kett, Q and the History of Early Christianity. Studies on Q, Edinburgh 1996. Un 62
Cf. C.M. Tuckett, The Existence of Q, in R.A. Piper, The Gospel Behind
"International Q Project" è stato presentato da J.M. Robinson, A Criticai Text the Gospels, pp. 19-47 (leggermente ampliato in Q and the History of Early Chri-
ofthe Sayings Gospel Q, RevHistPhilRel 72 (1992) 15-22. Una collana 'Documen- stianity, pp. 1-39); G. Stanton, Gospel Truth? New Light on Jesus and the Go-
ta Q' sotto la direzione di J.M. Robinson, P. Hoffmann, J.S. Kloppenborg, è sta- spels, London 1995, pp. 63-76; V. Fusco, Le prime comunità cristiane, pp. 123-151.
ta inaugurata con il volume di S. Carruth e A. Garsky, Q ll:2b-4, Peeters, Leuven Vedi 2anche B. Corsani, Introduzione al Nuovo Testamento, 1. Vangeli e Atti, To-
1996. rino 1991, pp. 157-167.
28 LA CHIESA GIUDEO-CRISTIANA DI GERUSALEMME LA RACCOLTA DELLE PAROLE DI GESÙ: FONTE Q 29

dà"); Mt 5,44-47/Lc 6,32-35 (l'amore per i nemici); Mt 5,48/Lc 6,36 di Gesù, e quindi, pur essendo questi di tipo gnostico, con esso può reg-
{loghion sull'imitazione di Dio perfetto/misericordioso); Mt 7,1-2/Lc gere il confronto anche una pur ipotetica Q 65 .
6,37-38 ("non giudicate..."); Mt 7,3-5/Lc 6,41-42 (la pagliuzza e la tra- Il materiale di Q si estende dalla predicazione del Battista (Le
ve); Mt 7,16-18/Lc 6,43-44 (dal frutto si conosce l'albero); Mt 7,21/Lc 3,7-9.15-18/Mt 3,7-12) fino alla promessa rivolta ai Dodici di sedere
6,46 ("non chi mi dice: Signore, Signore..."); Mt 7,24-27/Lc 6,47-49 su 12 troni per giudicare le 12 tribù d'Israele, pronunciato forse nel con-
(la casa sulla roccia); Mt 8,5-13/Le 7,1-10 (guarigione del servo del cen- testo dell'ultima cena (Le 22,29-30/Mt 19,28). Pertanto Q manifesta di-
turione); Mt 11,2-6/Lc 7,18-23 (legazione del Battista); Mt 11,7-11/Le sinteresse non solo per i racconti di miracolo (unica eccezione è la gua-
7,24-28 (testimonianza di Gesù sul Battista); Mt 11,16-19/Lc 7,31-35 rigione del servo del centurione), ma anche sorprendentemente per il
(similitudine dei bambini capricciosi). La parallela regolarità della suc- racconto della Passione.
cessione fa pensare a un modello unico, a cui si attinge ordinatamente. Quanto all'ordine del materiale e al suo tenore più originale, si tende
2.1.3 Un detto comune ai tre Sinottici (per es. "Chi ha gli sarà da- ormai a privilegiare la versione di Le per vari motivi, di tipo sia conte-
t o . . . " : Mc4,25/Mt 13,12/Lc8,18 [con anacoluto]) si trova a volte rad- stuale sia linguistico66.
doppiato in una forma non-marciana nei soli Mt/Lc (così: Mt 25,29/Lc La situazione socio-ecclesiale presupposta da Q è sostanzialmente quel-
19,26: "A chiunque ha sarà dato..." [senza anacoluto]) 63 . Questo tipo la di una comunità giudeo-cristiana, che mantiene la validità della Leg-
di doppioni suppone un'altra fonte oltre Me. ge (cf. Le 16,17/Mt 5,18), è povera soprattutto per scelta volontaria
2.1.4 L'ipotesi contraria, che sostiene una dipendenza di Le da Mt (cf. Le 9,57-60/Mt 8,18-22; Le 9,3-4 e 10,4/Mt 10,9-11), ed è impegna-
(annullando così l'esistenza di Q a favore del solo Mt) 64 è insostenibi- ta in una predicazione itinerante; questa poi è probabilmente limitata
le. Infatti: (1) se Le utilizzasse Mt, bisognerebbe dire che ne ha snatura- a Israele, verso cui ci si rivolge con forti accenti polemici: il rifiuto dei
to l'impostazione, poiché egli, visto che non organizza le parole di Ge- predicatori è modellato secondo uno schema deuteronomistico, secon-
sù in grandi unità didattiche ma le colloca in contesti narrativi diversi- do cui Dio manda i suoi profeti a Israele per richiamarlo alla conver-
ficati, avrebbe spezzato e sparpagliato i cinque discorsi matteani in tanti sione, ma la risposta è negativa e i profeti soffrono rifiuto e violenza
piccoli frammenti, snaturandone l'impostazione originaria (per esem- (cf. Le 11,39-52/Mt 23,23-25.6.27-28.4.29-36.13)67. Però il fatto che ci
pio Mt 10 si trova sparso in non meno di sette capitoli lucani); (2) se sia una disponibilità all'ingresso dei Gentili (cf. Le 13,28-30/Mt
Le utilizzasse Mt, ci aspetteremmo di trovare in lui anche qualche allar- 8,11-12.16) può significare che Q fu composta in un tempo in cui la con-
gamento di quelli che Mt ha operato nei confronti di Me (per esempio troversia sulla Legge non era ancora emersa. Tutto ciò ci riporta a un
le parole sul primato di Pietro a Cesarea di Filippo in Mt 16,17-19), originario Sitz im Leben, che non può essere altro che quello palestine-
ma ciò non avviene: dove Mt e Me hanno la stessa tradizione, Le opta se dei primi anni dopo la morte di Gesù 68 . Tuttavia, anche se è possi-
per la versione di Me e ignora quella di Mt; (3) se Le utilizzasse Mt,
dato che nella formulazione delle parole di Gesù ci sono immancabil-
65
mente delle variazioni, bisognerebbe sostenere che è stato sempre lui Ci si potrebbe anche richiamare a Paolo, il quale (almeno stando a ICor 7,10:
a cambiare la primitiva forma matteana della tradizione, mentre dob- "Ai coniugati ordino non io ma il Signore"; 7,25: "Quanto alle vergini non ho
un comando dal Signore") dà a intendere di conoscere tutte le parole di Gesù, an-
biamo supporre che anche Mt lo abbia fatto. La conclusione migliore, che se non possiamo pretendere che egli conoscesse Q. Per un'ampia documenta-
perciò, è che entrambi Mt e Le dipendano ciascuno per conto proprio zione sui possibili paralleli formali di Q, cf. J.S. Kloppenborg, The Formation of
da una fonte comune, utilizzata in vario modo da ciascuno dei due. Q, pp. 262-316 ("Q and Ancient Sayings Collections": si va dalle antiche Istruzio-
ni egiziane fino al Demonatte di Luciano).
2.1.5 La verosimiglianza storica di un documento che concentrasse 66
Cf. V. Taylor, The Originai Order ofQ, in H.J. Higgins, ed., New Testament
l'attenzione solo sulle parole di Gesù, senza narrazioni, è confermata Essays in Memory of T. W. Manson, Manchester 1959, pp. 246-269. Vedi anche le
dalla scoperta del "Vangelo di Tommaso" (rinvenuto tra i manoscritti Sinossi di Q, redatte da A. Polag, Fragmenta Q. Textheft zur Logienquelle,
copti di Nag Hammadi nel 1945); esso è solo una raccolta di 114 detti Neukirchen-Vluyn 1979; W. Schenk, SynopsezurRedenquellederEvangelien, Dus-
seldorf 1981; e soprattutto J.S. Kloppenborg, QParallels. Synopsis, Criticai Notes,
and Concordance, Sonoma CA 1988; F. Neirynck, Q-Synopsis. The Doublé Tradi-
tion Passages in Greek, Leuven 1988,21995. Ci sono anche commenti a Q: cf. T.W.
63
Cf. anche il detto "Chi mi vuole seguire rinneghi se stesso..." (Me 8,34s/Mt Manson, I 2detti di Gesù nei vangeli di Matteo e di Luca, Brescia 1980 (orig. ingl., Lon-
16,24s/Lc 9,23s): esso si ritrova in Mt 10,38s/Lc 14,27 + 17,33. don 1949, 1971); D. Zeller, Kommentar zur Logienquelle, Stuttgart 1984.
67
<H Cf. la cosiddetta "ipotesi-Griesbach", sostenuta per esempio da B. Orchard, Cf. soprattutto O.H. Steck, Israel und das gawaltsame Geschick der Prophe-
Matthew, Luke and Mark, Manchester 1976 (che si rifa a W.R. Farmer, 1964). Con- ten,68Neukirchen-Vluyn 1967; A.D. Jacobson, The First Gospel, specie pp. 253-255.
tro: C.M. Tuckett, The Revival of the Griesbach Hypothesis, Cambridge 1983; Id., Un'ambientazione in Galilea è sostenuta da J.S. Kloppenborg, Literary Con-
On the Relationship between Matthew and Luke, NTS 30 (1984) 130-142. vention. Self-Evidence and the Social History of the Q People, Semeia 55 (1991)
30 LA CHIESA GIUDEO-CRISTIANA DI GERUSALEMME LA RACCOLTA DELLE PAROLE DI GESÙ: FONTE Q 31

bile che si debba calcolare con l'ipotesi di strati redazionali diversi 6 9 , nità di Q avrebbe identificato con Gesù. Questa comunità riprese
ciò non p u ò comunque comportare una eccessiva dissomiglianza cristo- la predicazione gesuana in proposito e la considerò ancora valida
logica con la fonte M e 7 0 . per annunciare Gesù, nonostante la sua morte. "Secondo questa
comunità, la passione e la risurrezione non erano ciò che andava
predicato, ma ciò che fondava la possibilità di predicare" 73 . La
2.2 La cristologia conclusione minimale è che Q va considerata un vero « vangelo »
e non solo un complemento secondario ad esso.
La cristologia di Q è un dato complesso. Possiamo farcene anti- Su questa base si sono sviluppati sostanzialmente due modi di
cipatamente un'idea anche solo sulla base di un semplice status considerare il genere letterario di Q, che hanno delle inevitabili ri-
quaestionis della storia della ricerca. cadute sulla sua cristologia.
L'affermarsi di un interesse cristologico per la fonte Q è un fat- Secondo alcuni, Q sarebbe un'opera di genere profetico, e il Ge-
to piuttosto recente: infatti risale soltanto al 195971. Prima di al- sù che ne emerge è appunto una figura di profeta impegnato nel
lora, poiché nella fonte è assente ogni interesse per la morte- rinnovamento del popolo di Israele74. Sulla base di questa prospet-
risurrezione di Gesù, da considerarsi come il cuore del kerygma e tiva viene sviluppata soprattutto la dimensione escatologica della
quindi dell'evangelo, Q era vista solo connotata da istruzioni di predicazione di Gesù secondo Q, ricuperando le componenti cri-
tipo etico e quindi aliena da ogni dimensione propriamente «evan- stologiche sia di inviato da Dio, sia di ammonitore di Israele, sia
gelica»72. Tòdt parla invece di due ambiti della tradizione, uno in- anche della qualifica di Figlio dell'uomo.
centrato sulla Passione e l'altro sui detti di Gesù: questo secondo
Secondo altri, Q sarebbe invece una composizione di tipo sapien-
ambito sarebbe in realtà il più antico, e in esso avrebbe preso for-
ziale. Messa in luce già da alcuni studi del passato (fin dagli anni '20),
ma la prima cristologia, che l'Autore vede essenzialmente imper-
ma senza una vera valorizzazione cristologica, questa prospettiva è
niata sulla figura escatologica del Figlio dell'uomo, che la comu-
stata ripresa e sottolineata soprattutto da alcuni Autori recenti. Ma
la dimensione sapienziale di Q viene vista a un doppio livello: sia come
77-102; Id., The Sayings Gospel Q: Recent Opinion on the People behind the Do- prosecuzione della tradizione didattica dei saggi d'Israele, special-
cument, Currents in Research: Biblical Studies 1 (1993) 9-34. Pensa invece a Gali- mente intesa come critica delle ricchezze, dell'arroganza, e dell'ipo-
lea e Siria H.O. Guenther, The Sayings Gospel Q and the Aramaic Sources: Re-
thinking Christian Origins, Semeia 55 (1991) 41-76. Quanto al suo autore, M. Hen- crisia, e qui sarebbe presente però un modello di tipo cinico75, sia
gel, Aufgabe der neutestamentlichen Wissenschaft, NTS 40 (1994) 321-357, ritiene
che si tratti soltanto della "testa di un teologo pensante, discepolo di Gesù" (p
336 nota 45)! 73
H.E. Tòdt, The Son of Man, p. 250.
69 74
Infatti, oltre all'ipotesi di una sola mano redazionale sia pur su tradizioni di- Cf. soprattutto M. Sato, Q und Prophetie. Studien zur Gattungs- und Tradi-
verse (D. Lùhrmann, 1969), c'è chi ne ipotizza due (S. Schulz, 1972) o tre (soprat- tionsgeschichte der Quelle, Tùbingen 1987 (vedine la discussione a opera di J.M.
tutto A. Polag, 1977; D. Zeller, 1982; J.S. Kloppenborg, 1987; e B. L. Mack, 1993) Robinson, in EvTh 53 [1993] 367-389); R.A. Horsley, Q and Jesus: Assumptions,
o anche più (cf. F.W. Horn, 1991; A.D. Jacobson, 1992). Lasciamo da parte altri Approaches, and Analyses, Semeia 55 (1991) 175-209; e C.M. Tuckett, Q and the
problemi concernenti, per esempio, la lingua originale del documento (probabil- History, pp. 139-163, 209-237, 325-354.
75
mente Lc/Mt lo utilizzano già in greco) e la sua forma orale o scritta (forse la se- Cf. J.M. Robinson, Logoi sophon: On the Gattung of Q, in H. Koester &
conda), per i quali cf. J.S. Kloppenborg, The Formation of Q, pp. 41-88. J.M. Robinson, Trajectories Through Early Christianity, Philadelphia 1971, pp.
70
Questa istanza è fortemente rivendicata da E.P. Meadors, Jesus the Messia- 71-113; F.G. Downing, Quite Like Q. A Genrefor 'Q': The Lives of Cynic Philo-
nic Herald of Salvation, Tùbingen 1995, che giunge anche a negare l'esistenza di sophers, Bib 69 (1988) 196-224; Id., A Genrefor Q and a Socio-Cultural Context
strati diversi in Q e ad affermare comunque la sua vicinanza al Gesù terreno. La for Q: Comparing Sets of Similarities with Sets of Differences, JSNT 55 (1994) 3-26;
dipendenza di Me da Q è affermata da H.T. Fleddermann, Mark and Q. A Study H. Koester, Ancient Christian Gospels. Their History and Development, London-
ofthe Overlap Texts, BETL 122, Leuven 1995. Philadelphia 1990, pp. 149-162; B.L. Mack, The Lost Gospel, p. 245; L.E. Vaage,
71
Di quell'anno infatti è l'importante volume di H.E. Tòdt, Der Menschensohn Q and Cynicism: On Comparison and Social Identity, in R.A. Piper, ed., The Go-
in der synoptischen Uberlieferung, Gùtersloh 1959; noi ci riferiamo all'edizione in- spel Behind the Gospels, pp. 195-229 (questo saggio è una risposta alla critica di
glese: TheSon ofMan in thesynoptic Tradition, Westminster, Philadelphia 1965. C.M. Tuckett, A Cynic Q?, Bib 70 [1989] 349-376). Anche secondo J.S. Kloppen-
72
Cf. per esempio T.W. Manson, I detti di Gesù, p. 232: "L'opera non rispec- borg, The Formation ofQ, pp. 244-245, "una collezione di discorsi e ammonizioni
chia il vangelo predicato nella chiesa primitiva, ma un supplemento al vangelo"; sapienziali costituì il dato iniziale nella formazione di Q, mentre gli oracoli di giu-
cf. p. 11: "L'insegnamento di Gesù era singolarmente atto a preparare la via al dizio profetico e gli apoftegmi sul conflitto di Gesù con 'questa generazione' sono
vangelo". secondari"; l'A. però precisa che questo suo giudizio è di tipo letterario, non
32 LA CHIESA GIUDEO-CRISTIANA DI GERUSALEMME LA RACCOLTA DELLE PAROLE DI GESÙ: FONTE Q 33

anche come ripresa della figura della Sapienza personificata e ri- minare e orientare la vita presente del discepolo in questo mondo
gettata dagli uomini 76 . con i suoi annunci e con le sue istruzioni, nell'attesa dei tempi ulti-
Qui di seguito esamineremo questi due aspetti cristologici, a pre- mi. Non ciò che ha fatto, ma ciò che ha detto è perennemente vali-
scindere dalla questione della loro eventuale rispettiva priorità do; infatti chi ascolta le sue parole è simile a chi edifica la propria
redazionale77. Vi premettiamo però due altre considerazioni di ca- casa sulla roccia, pronta a sfidare ogni avversità (cf. Le 6,47-49/Mt
rattere fondamentale 78 . 7,24-27). Cosicché il suo insegnamento, di cui sono portatori i suoi
2.2.1 // Gesù di Q è l'uomo della parola. Le narrazioni sono ri- discepoli, è visto non tanto come un fatto del passato quanto co-
dotte a poca cosa (tentazioni nel deserto, guarigione del servo del me un valore continuo per il presente; e un loghion come quello
centurione); prevalgono invece i detti, anche se Q ce ne dà solo una di Le 10,16/Mt 10,40 lo rivela chiaramente: "Chi ascolta voi ascolta
raccolta antologica, che comunque è fortemente significativa79. me, chi disprezza voi disprezza me".
Gesù quindi è tramandato come colui che ha sempre qualcosa di 2.2.2 La passione-morte di Gesù. Questo argomento pone un pro-
importante da dire alla sua comunità, sia come maestro sia come blema, poiché esso è assente non solo come racconto, ma anche
profeta. In effetti Q rivela il culto della parola di Gesù; e questa come enunciazione di una prospettiva futura nei termini della tri-
è presentata secondo vari risvolti: da una parte, essa proietta la co- plice predizione sinottica. In passato, come abbiamo già accenna-
munità verso immancabili orizzonti escatologici (cf. Le 12,8-9/Mt to, questo fatto portava a concludere che Q non sarebbe un vero
10,32-33), e contemporaneamente ne configura la vita al suo inter- vangelo poiché ignorerebbe il dato del mistero pasquale, che è fon-
no (cf. Le 17,3-4/Mt 18,15.21-22), mentre la conforta anche di fron- damentale per la fede cristiana. Oggi però le cose vengono viste
te agli oppositori (cf. Le 6,22-23/Mt 5,11-12). Certo è che Q non in un modo un po' diverso. Il punto di partenza è la constatazione
presenta Gesù come un taumaturgo potente in cui confidare nei che in Q c'è una serie di testi, i quali considerano Gesù come un
momenti di bisogno80. Egli non è neanche visto come salvatore, profeta rifiutato dal suo popolo ed esposto a una fine violenta; ne
cioè come colui che è morto per i peccati degli uomini, poiché lo- diamo qui un elenco:
ghia di questo tipo mancano 81 . Egli è piuttosto colui che può illu- - la similitudine dei bambini insensibili ai suoni di lamento o di
gioia (Le 7,31-35/Mt 11,16-19);
tradizionale (cioè riguarda la messa per iscritto del materiale, non l'inizio della sua
- condanna delle città di Galilea, che non hanno accolto il mes-
trasmissione orale). saggio di Gesù (Le 10,13-15/Mt 11,21-23);
76
Cf. soprattutto F. Christ, Jesus Sophia. Die Sophia-Christologie bei den Sy- - "chi disprezza me disprezza colui che mi ha mandato" (Le
noptikern, Zùrich 1970.
77
Anzi, "la versione originale di Q deve aver incluso detti sapienziali tanto quan- 10,16b/Mt 10,40b);
to anche detti escatologici. Non si può dimostrare che all'origine Q presentasse Ge- - la sorte tragica dei profeti e dei giusti, da Abele a Zaccaria (Le
sù soltanto come maestro di sapienza senza alcun messaggio escatologico" (H. Koe- 11,47-51/Mt 23,29-36);
ster, Ancient Christian Gospels, p. 150).
78
Tralasciamo perciò l'impostazione 'evoluzionistica' di A. Polag, Die Cristo- - Gesù come causa di divisione, non di pace (Le 12,51-53/Mt
logie der Logienquelle, Neukirchen-Vluyn 1977, che distingue piuttosto gratuita- 10,34-36);
mente una "Primàrtradition" (dove Gesù è considerato nella sua funzione profeti-
ca di ultimo intervento salvifico di Dio; solo questo stadio ci darebbe l'autentica - la non conoscenza dei segni del tempo (Le 12,54-56/Mt 16,2-3);
pretesa di Gesù), una "Hauptsammlung" (qui confluiscono elementi sapienziali e - il lamento su Gerusalemme, che uccide i profeti e lapida gli in-
apocalittici, in cui la comunità riconosce Gesù come propria guida e salvatore), e
una "spàte Redaktion" (quando la riflessione cristologica sviluppa l'idea del rap-
viati (Le 13,34-35/Mt 23,37-39);
porto filiale di Gesù con Dio).
79
Una opportuna distinzione tra logia (pronunciamenti conservati dal passato) bile delle pecore non è neanche qualificato come "pastore" ma solo come "un uo-
e logoi (parole in cui è presente Gesù vivente), in favore di questa seconda designa- m o " (cf. S. Schulz, Q, p. 389: "Chiunque farebbe così"!), rivelando di fatto una
zione, è proposta da D. Lùhrmann, Q: Sayings of Jesus or Logia?, in R.A. Piper, preoccupazione che è piuttosto ecclesiologica o comunque di ricerca del peccatore
ed., The Gospel Behind the Gospels, pp. 97-116. e di invito alla conversione; la dimensione cristologica è presente soltanto in Le,
80
L'episodio della guarigione del servo del centurione (Le 7,1-10/Mt 8,5-13) è con- dato che qui il contesto (cf. Le 15,1-2) fa riferimento alla commensalità di Gesù
servato soprattutto per l'atteggiamento di grande fede dimostrato dal centurione stesso. con i peccatori: ma si tratta di un 'cappello' redazionale dell'evangelista (cf. J. Du-
81
Anche la parabola della pecorella smarrita (Le 15,4-7/Mt 18,12-14) in realtà pont, La parabole de la brebis perdue, in Id., Études sur les évangiles synoptiques,
non ha una vera dimensione soteriologica su base cristologica, poiché il responsa- II, Leuven 1985, p. 628 e nota 8).

L
34 LA CHIESA GIUDEO-CRISTIANA DI GERUSALEMME LA RACCOLTA DELLE PAROLE DI GESÙ: FONTE Q 35

- il discepolo che non prende la sua croce non è degno di Gesù 2.2.3 La dimensione sapienziale della cristologia di Q. La figura
(Le 14,27/Mt 10,38: unica presenza del termine "croce" in Q; for- di Gesù viene ripensata da Q sotto un duplice profilo di tipo sa-
mulazione negativa rispetto a Mt 16,24/Mc 8,34/Lc 9,23). pienziale.
Lo studio di Steck del 1967 ha qualificato questo stato di cose co- 2.2.3.1 In primo luogo, egli appare come un saggio che propone
me schema deuteronomistico. Secondo questo schema la storia di e richiede ai suoi discepoli un comportamento etico particolare 85 .
Israele è dipinta come una sequenza di disobbedienze; di fronte ad Già il discorso inaugurale (Le 6,20-49)86 appare sostanzialmente
esse sta la pazienza di Dio, che si dimostra instancabile nell'invio un discorso sapienziale, a prescindere dalle Beatitudini che in più
di profeti con lo scopo di ammonire il popolo e invitarlo a ritornare implicano una evidente componente di ordine escatologico (cf. Le
al Signore; ma la risposta è negativa, e gli inviati vengono rigettati 6,20-26/Mt 5,2-12)87. Infatti, sapienziali sono le lunghe istruzioni
e persino uccisi; solo allora segue una manifestazione storica dell'i- che riguardano l'amore per i nemici (Le 6,27-36/), compresa la co-
ra di Dio (cf. per esempio 2Re 17,13-20; Ne 9,26-32)82. Questa pro- siddetta «regola aurea» (Le 6,31/Mt 7,12), e poi l'invito a non giu-
spettiva induce a vedere il livello cristologico di Q in modo assai di- dicare (Le 6,37-42/, con il mashal sulla pagliuzza e la trave), e in-
verso. Anche Gesù (analogamente pure Giovanni) di fatto è visto fine la similitudine sull'albero buono e l'albero cattivo (Le 6,43-45/)
come parte di una serie di profeti inviati da Dio per chiamare Israe- e quella sulla casa costruita sulla roccia o sulla sabbia (Le 6,46-49/).
le alla conversione, ma è destinato a scontrarsi con il rifiuto del po- Vi si possono aggiungere: il passo con le tre richieste di seguire Ge-
polo. Proprio questo tema può e deve essere considerato come un sù e gli altrettanti meshalim molto incisivi pronunciati da lui (Le
modo indiretto di spiegare la morte di Gesù. Questa però non può 9,57-62/Mt 8,18-22), le istruzioni sull'ascetismo dei predicatori (Le
essere considerata semplicemente come la sorte di un martire o di 10,2-16/Mt 9,37-38; 10,16.9-13.8.7.14-15) e quelle sulla preghiera
un profeta come tutti gli altri; infatti, se Q presenta Gesù come Fi- efficace (Le 11,9-13/Mt 7,7-11), le esortazioni a temere solo Dio
glio di Dio nelle tentazioni, se lo qualifica come Figlio dell'uomo, e non chi può uccidere il corpo (Le 12,2-7/Mt 10,26-31) e quelle
e se ritiene che egli si rapporti a Dio come al proprio Padre, la sua all'abbandono alla Provvidenza (Le 12,22-34/Mt 6,19-21.25-34).
morte non può essere omologata al destino tipico di qualunque al- In tutti questi passi Gesù appare come il maestro e la guida della
tro profeta83. In ogni caso Q ha una propria interpretazione di que- sua comunità, per la quale traccia le linee di uno specifico com-
sta morte, e, anche se essa non è di conio prettamente cristiano ma
piuttosto giudaico, permette però di inquadrare la sorte tragica di
Gesù in uno specifico piano divino di salvezza (offerta e rifiutata). 85
Cf. in specie R.A. Piper, Wisdom in the Q-Tradition. The Aphoristic Tea-
Pure in Q, dunque, a parte il fatto dell'impossibilità che un qua- ching of Jesus, SNTS MS 61, Cambridge 1989; l'Autore distingue cinque raccolte
fondamentali: Le ll,9-13/(sulla preghiera efficace); 12,22-31/(abbandono alla Prov-
lunque discepolo di Gesù ignorasse la sua morte, questa è comun- videnza); 6,37-42/(l'invito a non giudicare); 6,43-45/(il frutto si conosce dall'albe-
que presupposta come fondamento della fede84. ro); 12,2-9/(esortazione a temere Dio e non chi uccide il corpo); ad esse si aggiun-
gerebbero poi Le 6,27-36/Mt 5,44-48; Le 16,1-13, e aforismi sparsi fuori collezione
(Le 6,40/Mt 10,25a; Le 10,2/Mt 9,37-38; Le 10,7b/Mt 10,10b), di cui alcuni in an-
nunci escatologici (Le 17,37b/Mt 24,28; Le 3,9b/Mt 3,10b; Le 19,26/Mt 25,29).
82 86
Cf. O.H. Steck, Israel und das gewaltsame Geschick der Propheten, pp. 26-58, II parallelo con Mt rivela che questo evangelista ha sparpagliato il materiale
222-239; e A.D. Jacobson, The First Gospel, pp. 72-76. Vedine le correzioni in E.P. in oggetto in diversi luoghi della sua composizione; infatti a Le 6,20-49 corrispon-
Meadors, Jesus the Messianic Herald of Salvation, pp. 296-307. dono i seguenti passi: Mt 5,2-12.38-42; 7,12; 5,46-48; 15,14; 10,24-25; 7,35.18.16;
83
Cf. E.P. Meadors, Jesus the Messianic Herald of Salvation, p. 303; secondo 12,34-35; 7,21-27. Secondo H.D. Betz, TheSermon on theMount. A Commentary
questo Autore, la tradizione deuteronomistica non è comunque esclusiva di Q, poi- on the Sermon on the Mount including the Sermon on the Plain (Matthew 5,3 -
ché è attestata anche in Me 12,1-11 (parabola dei vignaioli omicidi) (cf. ib., pp. 7,27 and Luke 6,20-49), Minneapolis 1995, p. 88, si tratta di "due epitomi create
307-309). dal primitivo movimento di Gesù: uno (il discorso della montagna) per istruire i
84
Lo ammette persino un bultmanniano come H. Conzelmann, Teologia del convertiti dal giudaismo, e l'altro (il discorso del piano) per istruire quelli prove-
Nuovo Testamento, Brescia 1991 (orig. ted., Tùbingen 41987), p. 187. Quanto al- nienti da un ambito greco".
l'assenza del kerygma della risurrezione (che secondo P. Hoffmann, Studien zur 87
L'interconnessione è particolarmente evidente nel tema della persecuzione (che
Theologie der Logienquelle, pp. 139-142, sarebbe però presente nel loghion sull'a- in Mt 5,10 diventa argomento di una specifica beatitudine); esso infatti è caratteri-
pocalisse del Figlio [Le 10,21s/Mt 11,25-27]), cf. J.S. Kloppenborg, Easter Faith' stico sia della tradizione sapienziale (cf. Sap 2,12, e persino il Socrate di Platone,
and the Sayings Gospel Q, Semeia 49 (1990) 71-99, che lo vede sostituito dalla iden- Respubl. 361e-362a) sia di quella profetica (cf. lEn 95,7, e l'apocrifo Vitae pro-
tificazione funzionale di Gesù con la Sapienza. phetarum).
36 LA CHIESA GIUDEO-CRISTIANA DI GERUSALEMME LA RACCOLTA DELLE PAROLE DI GESÙ: FONTE Q 37

portamento etico: la "regola aurea" è forse il testo che, sia pur senza confronti il tema polemico della chiusura ai saggi e agli in-
con un principio generale, maggiormente esprime la necessità di telligenti (cf. comunque Is 5,21; 29,14; Ger 9,22), anche se lo si
un concreto atteggiamento reciproco di rispetto e nello stesso tem- potrebbe far rientrare in quello del rifiuto della sapienza;
po più riecheggia un patrimonio sapienziale assai diffuso88. La ri- - la Sapienza invia i suoi messaggeri (Le 11,49-51/Mt 23,34-36):
chiesta del pane quotidiano, insieme a quella della venuta del Re- anche se questo tema non è chiaramente documentabile in ambito
gno come realtà egualitaria, ha persino indotto a pensare a Gesù sapienziale (cf. però Pr l,20ss; 8,lss; e soprattutto 2Cr 36,16; Ne
in termini di teologia della liberazione89. Va però osservato che, 9,26), è chiara tuttavia la dimensione divina della Sapienza (cf. Pr
se da una parte tutti questi concetti si radicano nella tradizione del- 8,22ss); la portata cristologica del loghion viene esplicitata dalla
l'insegnamento sapienziale, dall'altra se ne staccano per due moti- versione di Mt, che invece di "la Sapienza" legge " i o " (detto da
vi: perché le esigenze etiche sono molto più radicali e perché i de- Gesù);
stinatari di questo insegnamento non sono dei semplici individui - l'apostrofe rivolta a Gerusalemme (Le 13,34-35/Mt 23,37-39):
ma formano una comunità in cui è già presente il regno di Dio. sullo sfondo di questo rimprovero si intravede il tema della Sapienza
"Il comportamento che Gesù richiede è una dimostrazione della che abita nella città santa (cf. Sir 24,10-12), che ha tratti materni
presenza del regno, cioè di una società governata da nuovi principi (cf. Sir 15,2), e che come Legge di vita si occupa del benessere di
etici. Ciò non solo attribuisce una dimensione kerygmatica alle do- Israele, il quale viene ammonito a seguirla (cf. Pr 1,32-33; Sir 24,22;
mande etiche di Gesù, ma presenta Gesù stesso come un profeta Bar 4,1).
più che come un maestro di sapienza" 90 . Nello stesso momento in Il problema è di sapere se questi testi implichino una equazione
cui Q dimostra di essere in debito verso la tradizione sapienziale, diretta tra Gesù e la Sapienza oppure se Gesù venga semplicemen-
appare però qualcosa che la eccede. te inteso come inviato della Sapienza e quindi solo come suo
2.2.3.2 In secondo luogo, vediamo operarsi in Q una originale rappresentante 91 ; in ogni caso, la negazione della stessa esistenza
associazione tra Gesù e la Sapienza personificata, che tende a espri- di una vera cristologia sapienziale in Q mi sembra insostenibile92.
mere una cristologia comunque interessante. I testi in questione so-
91
no quattro: Nel primo senso va lo studio di F. Christ, Jesus Sophia, mentre la seconda
- il detto sulla giustificazione della Sapienza, al termine della ri- possibilità fa parte del consenso comune tra gli studiosi (a partire da S. Schulz, 1972;
fino a C.M. Tuckett, 1996); da parte sua J.S. Kloppenborg, Wisdom Christology
sposta di Gesù ai messi del Battista ("ma la Sapienza è stata giusti- in Q, Lavai Théologique et Philosophique 34 (1978) 129-147, sostiene che la di-
ficata da tutti i suoi figli": Le 7,31-35/Mt 11,16-19): come la Sa- mensione sapienziale di Q non ci riporta al Gesù terreno ma esprime soltanto l'au-
tocomprensione della comunità, i cui membri si considerano come i veri sapienti.
pienza (cf. Pr 4,lss), Gesù viene rifiutato dalla massa ma accolto Una continuità tra le due fasi pur diverse è comunque sostenuta da S. Vollenwei-
dai suoi "figli"; il testo sembra associare a Gesù anche il Battista, der, Christus als Weisheit. Gedanken zu einer bedeutsamen Weichenstellung in der
ma a quest'ultimo si può riferire Sap 7,27 secondo cui la sapienza frùhchristlichen Theologiegeschichte, EvTh 53 (1993) 290-310.
92
Contro E.P. Meadors, Jesus the Messianic Herald of Salvation, pp. 40-71. Se-
"forma amici di Dio e profeti"; condo questo Autore, il linguaggio sapienziale di Q sarebbe sulla linea di quella tra-
- il grido di giubilo (Le 10,21-22/Mt 11,25-27): anche se qui è dizione giudaica, in cui esso è collegato o con la sovranità di Dio sulla storia (Dio
rintracciabile qualche elemento di tipo apocalittico ("hai rivelato conduce il saggio Giuseppe al successo; nell'esodo si dimostra superiore alla sapien-
za umana; e nella sapienza di Daniele manifesta la propria superiorità sulle vicende
queste cose"), il parallelo con la tradizione sapienziale è comun- terrene) o con la persona del re (cf. Davide, Salomone, Ezechia) o con il tema del
que evidente nel tema dell'apertura ai semplici e agli stolti (cf. Pr regno di Dio (cf. Pr 8,14-16 ecc.) o con la figura del Messia (cf. Is 11,2; Ps.Sal. 18,8;
lEn 49,2b.3a; 51,3); pertanto, i passi sapienziali di Q non farebbero che rivelare il
1,22; 8,5; 9,4; Sir 51,23; Sai 19,8; HQPsal54: 18,3-8); è invece potere e l'autorità di Gesù nella sua unica relazione con Dio e vanno spiegati sulla
falsariga di una semplice caratterizzazione messianica (come sostituzione della qua-
lifica di "Cristo", che appunto in Q manca). A parte il fatto che Meadors dà sempli-
88
Cf. A. Dihle, Die Goldene Regel, SAW 7, Gòttingen 1962; Id., art. Goldene cemente un'etichetta diversa a un linguaggio riconosciuto comunque come sapien-
Regel, in RAC 11, coli. 930-940. ziale, egli in tutta la sua opera è preoccupato di dimostrare che la teologia di Q so-
89
Cf. J.M. Robinson, The Jesus of Q as Liberation Theologian, in R.A. Pi- stanzialmente non ha nulla di originale e quindi non si distingue da quella di Me e
per, ed., The Gospel Behind the Gospels, pp. 259-274 (vi si analizzano anche Le dei Sinottici in generale e come quelli non fa che ricondurci al Gesù terreno. Certo
10,6; 11,9; 12,22-31; 13,25-29/). è che anche Me conosce il tema del rifiuto degli inviati di Dio (cf. Me 12,1-12), ma
90
H. Koester, Ancient Christian Gospels, p. 160. esso è trattato in una prospettiva deuteronomistica e non sapienziale.
38 LA CHIESA GIUDEO-CRISTIANA DI GERUSALEMME LA RACCOLTA DELLE PAROLE DI GESÙ: FONTE Q 39

Certo non è di tipo sapienziale l'affermazione che la Sapienza in- fatti la polemica nei confronti di quella che viene designata negati-
via dei suoi messaggeri, poiché secondo la tradizione giudaica è piut- vamente come "questa generazione" 96 . L'espressione ricorre alme-
tosto essa stessa ad essere inviata. Ma va osservato che il tema del no quattro volte (Le 7,31/: " A chi paragonerò gli uomini di que-
rifiuto di Gesù non è riconducibile soltanto allo schema deutero- sta generazione?"; 11,31.32.51/)97; essa, appunto, dà corpo a un
nomistico, di cui si è detto sopra, poiché fa parte integrante anche rimprovero rivolto al popolo, e, oltre a un ovvio valore generazio-
della tradizione sapienziale (cf. Pr 1,20-32: "La Sapienza grida per nale, ne ha soprattutto uno qualitativo di ordine morale: infatti
le strade... Vi ho chiamato e avete rifiutato..."), sicché esso si tro- ha sempre una valenza negativa, e in questo senso si spiega al me-
va alla confluenza dei due modelli. Da questo punto di vista, oc- glio sulla falsariga dell'antica generazione del deserto, di cui si leg-
corre riconoscere che in primo piano sta certo la presentazione di ge in alcuni passi dell'A.T. (cf. Sai 78,8: "Generazione ribelle e
Gesù come inviato, ma che in secondo piano si intravede pure una ostinata, generazione dal cuore incostante e dallo spirito infedele
sua qualche stretta associazione personale, non sviluppata, con la a Dio"; cf. 95,8-11; Nm 32,13; Dt 32,5.20; Ger 7,29: "Il Signore
stessa Sapienza personificata93. ha rigettato e abbandona^) la generazione che è oggetto della sua
2.2.4 La dimensione profetico-escatologica della cristologia di ira"; cf. anche Giub. 23,14-16.22). Nell'intenzione di Q, Gesù fa
Q è molto ben visibile. Per quanto Q si possa globalmente deter- fronte comune con Giovanni contro l'ostinazione dei suoi contem-
minare in base alla letteratura sapienziale, ciò non potrà mai spie- poranei, ma il fatto che i detti vengano tutti attribuiti a lui contri-
gare la presenza dei temi del Regno di Dio e del Figlio dell'uomo, buisce a ritagliare soprattutto la sua persona in conflitto con un
dato che essi non appartengono a questo genere. E si tratta degli consistente gruppo che lo osteggia e rifiuta il suo annuncio. È pro-
argomenti più trattati in Q. Il punto di riferimento in questo caso prio qui che emerge in particolare la sorte del profeta inascoltato
potrebbe essere piuttosto il libro di Daniele, nel quale la dimensio- e rifiutato. A questi detti si possono aggiungere alcuni solenni
ne sapienziale si fonde insieme a quelle della profezia, del Figlio "Guai!", rivolti sia alle città della Galilea (cf. Le 10,13/Mt 11,22),
dell'uomo, dell'escatologia e del linguaggio apocalittico 94 . sia agli scribi miopi e insopportabili (cf. Le 11,46/Mt 23,4; Le
2.2.4.1 La caratterizzazione profetica di Gesù appare non dal- 17,1/Mt 18,7), sia ai farisei che per osservare regole minute tra-
l'attribuzione a lui del titolo di "profeta", che di fatto manca, ma scurano i grandi comandamenti (cf. Le 11,42-44/Mt 23,23.6-7.
da altre proprietà 95 . A parte la sua chiamata durante il battesimo 27-28); questi pronunciamenti manifestano l'inconsueta autorità
nel Giordano (a cui si può allacciare il loghion sulla esclusiva co- di Gesù, anche per il fatto che insistono su di un rifiuto che unisce
noscenza del Padre: cf. Le 10,22/Mt 11,27), rileviamo in partico- insieme il suo messaggio e la sua persona. È come se egli volesse
lare la sua reazione all'atteggiamento di ostinazione dimostrato dalla dire che la mancata accettazione di lui significa lasciar cadere l'ul-
maggioranza del popolo d'Israele del suo tempo. È eloquente in- timo invito di salvezza rivolto da Dio al suo popolo; infatti il ma-
shal sui segni del tempo atmosferico (cf. Le 12,54-56/Mt 16,2-3)
suggerisce l'idea che il tempo presente, connotato dalla predica-
93
Cf. in particolare B. Witherington III, Jesus the Sage. The Pilgrimage of Wis- zione di Gesù, va letto intelligentemente come decisivo per la
dom, Edinburgh 1994, pp. 147- 208 ("Wisdom in Person: Jesus the Sage")- Vedi
anche M. de Jonge, Christology in Context, pp. 79-84, specie 73-76; qui l'A. mette salvezza.
in luce le differenze tra Gesù e Giovanni: pur essendo entrambi visti come inviati 2.2.4.2 Soprattutto Q, concordando in ciò con Me, sa che il te-
di Dio, tuttavia come si legge in Le 16,16/Mt 11,12, la Legge e i Profeti (cioè l'An- ma centrale della predicazione di Gesù è il regno di Dio. Esso è
tico Testamento) vanno fino a Giovanni, ma è da allora in poi cioè solo con Gesù
che il Regno viene evangelizzato.
94
Vedi la particolare accentuazione posta sul rapporto di Q con Dn da parte
96
di E.P. Meadors, Jesus the Messianic Herald of Salvation, pp. 97-123. In proposito vedi la discussione in C.M. Tuckett, Q and the History, pp.
95
La monografia di M. Sato, Q und Prophetie, pp. 96-196, fondandosi soprat- 196-207.
tutto sul libro di Isaia, identifica quattro maggiori caratteristiche profetiche: uno 97
Probabilmente anche Le ll,50/("perché sia chiesto conto a questa genera-
speciale intervento di Dio sul chiamato, l'allocuzione diretta a un uditorio specifi- zione del sangue di tutti i profeti") appartiene alla stessa fonte. L'uso della locu-
co, l'intreccio fra presente e futuro escatologico, e collegamento con la tradizione zione in Q è molto più omogeneo che non in Me (8,12.38; 9,19; 13,30): infatti, mentre
profetica (evidenziata dall'uso di "Mikrogattungen" o piccole forme letterarie, uso in Q essa è sempre al genitivo, in Me ricorre sia al nominativo sia al dativo. Cf.
di immagini particolari, e riferimento a profeti precedenti). A.D. Jacobson, The First Gospel, pp. 120-121.
40 LA CHIESA GIUDEO-CRISTIANA DI GERUSALEMME
LA RACCOLTA DELLE PAROLE DI GESÙ: FONTE Q 41
98
oggetto di almeno undici detti . Esaminiamone brevemente un
tanto presenziale, in quanto è Gesù che ha già inaugurato la sal-
paio, rispettivamente di timbro diverso, che possono rappresenta-
vezza escatologica sperimentabile nell'oggi della sua azione e della
re la duplice dimensione inerente al tema. L'uno è la domanda del
sua sequela102, quanto anche futura, in quanto egli proietta Dio
Pater: "Venga il tuo regno" (Le 11,2/Mt 6,10). Da questa formu-
e se stesso nel futuro, quando non solo verrà in pienezza il regno
lazione, che non ha paralleli nella letteratura giudaica circa l'asso-
ma verrà egli stesso come Figlio dell'uomo 103 .
ciazione del regno con il verbo "venire", appare comunque la di-
2.2.4.3 Giungiamo così a vedere quali sono i titoli cristologici
mensione futura del regno stesso. La domanda richiama quei te-
caratteristici di Q. A parte il fatto che alcuni sono sorprendente-
sti, in cui si prospetta la venuta escatologica di Dio in persona (cf.
mente assenti (come "Cristo" e "Profeta"), se ne possono enu-
Is 35,4: "Dite agli smarriti di cuore: Coraggio! Non temete; ecco
merare cinque o al massimo sei.
il vostro Dio,... egli viene a salvarvi") 99 . Essa pertanto invoca l'u-
Il primo è "il figlio dell'uomo", di gran lunga il più usato (al-
niversale e definitiva manifestazione della signoria salvifica di Dio.
meno dieci volte)104; di esso abbiamo già parlato nel primo volu-
L'altro testo è inserito nella controversia circa i rapporti di Gesù
me a livello gesuano (cf. pp. 134-143). La sua frequenza dice da
con Beelzebul: "Se io scaccio i demoni con il dito [Mt: con lo spi-
sola che non solo Q ritiene Gesù ben diverso dalle tradizionali ca-
rito] di Dio, allora è giunto per voi il regno di Dio" (Le 11,20/Mt
ratterizzazioni messianiche, ma anche che egli è considerato molto
12,28)100; la formulazione lucana è probabilmente quella origina-
più di un profeta. Dei tre gruppi di contesti, distinti a suo tem-
le (per l'antropomorfismo del dito di Dio, cf. Es 8,15). Il detto espri-
po da R. Bultmann (venuta futura, ministero terreno, contesto di
me chiaramente la presenzialità del regno nel ministero esoreistico
passione), manca totalmente il terzo. Il secondo gruppo è con-
di Gesù, come risulta sia dall'impiego del verbo (lett. "arrivare pri-
nesso con il tema già accennato del rifiuto da parte di "questa
ma, anticipare") 101 , sia dal complemento pronominale "per voi",
generazione" 105 . Più caratteristica è la sua associazione con il te-
sia dal contesto della controversia. Quindi, a prescindere dalla sua
ma della venuta finale. A questo proposito è degno di nota, per-
accettazione, il regno è già presente in Gesù.
ché unico nel suo genere, un certo modo di esprimersi che fa leva
Per spiegare la tensione inerente alla coesistenza di queste due sul "giorno del Figlio dell'uomo" (cf. Le 17,24.26.30/). Con que-
dimensioni apparentemente opposte, non è necessario ipotizzare sti termini si opera una fusione tra il titolo e l'antica locuzione pro-
due diversi strati redazionali di Q. Questa fonte può aver benissi-
mo registrato un'antinomia, che è insieme di origine gesuana e ine-
rente al tema in se stesso. In ogni caso Q vede il regno di Dio come 102
Quindi Q 11,23 ("Chi non è con me è contro di me e chi non raccoglie con
una realtà dinamica, che caratterizza doppiamente l'intervento di me disperde") non si riferisce soltanto alla raccolta escatologica,, a cui sono asso-
Dio, sia nel ministero di Gesù, sia nel tempo escatologico. Per quan- ciati i collaboratori di Gesù (così A.T. Jacobson, The First Gospel, pp. 163-164),
ma vuole porre già oggi il lettore di fronte a un'opzione per Gesù nel riconoscimen-
to riguarda la sua portata cristologica, essa ripete questa dualità, to del suo ruolo unico al servizio del Regno (così J. Schlosser, Q 11,23 et la cristo-
ma resta comunque di impronta escatologica, in un doppio senso: logie, p. 223).
103
Cf. G. Segalla, La cristologia escatologica della «Quelle», Teologia 3 (1979)
119-177.
104
Questa è l'enumerazione: (1) Le 6,22/Mt 5,11; (2) Le 7,34/Mt 11,19; (3) Le
98
Cf. la tabella offerta da E.P. Meadors, Jesus the Messianic Herald ofSalva- 9,58/Mt 8,20; (4) Le 11,30/Mt 12,40; (5) Le 12,8/Mt 10,32; (6) Le 12,10/Mt 12,32;
tion, p. 150. I detti sono questi: (1) Le 6,20b/Mt 5,3s; (2) Le 7,28/Mt 11,11; (3) (7) Le 12,40/Mt 24,44; (8) Le 17,24/Mt 24,27; (9) Le 17,26/Mt 24,37; (10) Le
Le 10,9/Mt 10,7; (4) Le 11,2/Mt 6,9a.l0a; (5) Le 11,20/Mt 12,28; (6) Le 12,31/Mt 17,30/Mt 24,39; (11) infine Le 22,28 viene integrato solo da Mt 19,28 con la men-
6,33; (7) Le 13,18s/Mt 13,31.32; (8) Le 13,2-21/Mt 13,33; (9) Le 13,28/Mt zione del titolo, e in questa forma appartiene probabilmente a Q (cf. J.S. Kloppen-
8,12b.llb.l2a; (10) Le 13,29/Mt 8,Ila; (11) Le 16,16/Mt 11,12. borg, QParallels, p. 202; W. Schenk, Synopse, pp. 129-130). Ricordiamo che in
99
Ma si possono citare anche Is 40,9-10; Zac 14,5; lEn 1,3-9; 25,3; Giub 1,22-28; Me esso è presente 14 volte. Sulla problematica inerente al titolo in Q soprattutto
Test. Lev. 5,2; Ass. Mos. 10,1-12; Tg Zac 2,14-15. dal punto di vista della sua autenticità gesuana, cf. E.P. Meadors, Jesus the Mes-
100
La controversia è presente anche in Me (cf. 3,22-27), ma il detto è esclusivo sianic Herald of Salvation, pp. 124-145.
105
di Q. Nonostante che questo tipo di occorrenza sia limitato di fatto a sole tre vol-
101
L'aoristo in più precisa il verificarsi puntuale dell'azione, di cui si dice non te (cf. Le 6,22/; 7,34/; 9,58/), esso è ritenuto addirittura centrale da G. Stanton,
solo che è avvenuta, ma che è avvenuta in un momento o in momenti determinati On the Christology of Q, in B. Lindars & S.S. Smalley, edd., Christ and Spirit
(cf. anche C.H. Dodd, Le parabole del regno, SB 10, Brescia 1970, pp. 44s). in the New Testament. In Honour ofC.F.D. Moule, Cambridge 1973, pp. 27-42
qui 39.
42 LA CHIESA GIUDEO-CRrSTIANA DI GERUSALEMME LA RACCOLTA DELLE PAROLE DI GESÙ: FONTE Q 43

fetica concernente "il giorno del Signore" come momento del giu- mo a livello gesuano (cf. pp. 143-153). Esso esprime una relazione
dizio finale106. A parte il loghion del riconoscimento davanti agli speciale e unica con il Padre; ma la sua rarità dice che non è tipico
angeli di colui che lo riconoscerà davanti agli uomini (Le 12,8/Mt diQ.
10,32)107, egli appare sostanzialmente come figura di giudice più In quinto luogo abbiamo il titolo di "Signore" (reduplicato in
che di salvatore. Comunque la doppia dimensione, presente e fu- Le 6,46 + 13,26-27a/Mt 7,21-23a). Esso unisce insieme etica ed esca-
tura, di questa figura (corrispondente all'uso del titolo in rappor- tologia, poiché suppone che la sua pronuncia non basta per entra-
to al ministero di Gesù e alla sua venuta escatologica) è omogenea re nel regno, se non è connessa con l'esecuzione della volontà di
a quella duplice del regno di Dio, già iniziato eppure ancora da Dio109.
compiersi. Un ultimo caso potrebbe essere l'implicito titolo di "Sapienza"
Il secondo titolo è ó èpxófxevos, lett. "colui che viene" (solo Le (Le 7,35/Mt 11,51), di cui abbiamo già detto sopra.
7,19/Mt 11,3); la sua forma assoluta è particolarmente solenne. Tutti questi titoli hanno di fatto una portata escatologica, sia
Esso si trova in bocca ai messi del Battista come interrogativo sul- essa futura o presenziale: l'incontro con Gesù è comunque connesso
l'identità di Gesù, e, in base a possibili testi veterotestamentari di con Yéschaton, poiché ha in sé qualcosa di definitivo! Tutti poi
sfondo, potrebbe essere visto in riferimento a una figura o di pro- hanno in primo piano un carattere funzionale ed esprimono quin-
feta (cf. Dt 18,15.18: "Io susciterò loro un profeta in mezzo ai tuoi di la missione propria di Gesù come giudice finale (il 1°), come
fratelli") oppure di messia (cf. Sai 118,26: "Benedetto colui che consumatore delle attese (il 2°), come investito di potenza divina
viene nel nome del Signore"), dato che entrambi i titoli mancano (il 3°), come rivelatore (il 4°), come guida della comunità (il 5°).
in Q108. Certo la locuzione allude all'inauguratore di una nuova Solo indirettamente si può rilevare, soprattutto in "il Figlio" (e
fase storico-salvifica, anche se la risposta di Gesù non è conforme "Sapienza"), una dimensione di trascendenza.
alle aspettative di Giovanni. 2.2.5 Conclusione. Le due componenti fondamentali della cri-
Un terzo titolo è quello di "figlio di Dio" (senza articolo: Le stologia di Q, quella sapienziale e quella escatologica, sembrereb-
4,3.9/Mt 4,3.6), ricorrente solo nell'episodio delle tentazioni nel bero a prima vista inconciliabili a motivo della loro notevole di-
deserto e quindi privo di una particolare accentuazione, se non in versità contenutistica. La tradizione sapienziale, infatti, di norma
rapporto a un concetto di potenza prodigiosa. Esso comunque, stan- riflette sul comportamento in questo mondo, mentre l'escatologia
te lo schema dell'esodo soggiacente alla pericope, allude per con- si proietta sul futuro ultimo. Per risolvere l'apparente dilemma,
trasto al popolo d'Israele, che non è stato figlio autentico e obbe- non è necessario pensare a strati redazionali diversi, ricorrendo così
diente nelle prove. a una soluzione di tipo estrinseco. È molto meglio invece valutare
Il quarto titolo è semplicemente "il Figlio" (due volte in Le lo schema deuteronomistico interno a Q, di cui abbiamo parlato.
10,21-22/Mt 11,25-27), che abbiamo già esaminato nel volume pri- Esso infatti combina insieme il presente con una prospettiva storico-
salvifica, che si estende dall'esemplarità del passato al giudizio fu-
106
turo sulla generazione disobbediente110. Così in Q: l'interesse di
Cf. A.D. Jacobson, The First Gospel, p. 237; ma la supposizione che si tratti Gesù per il presente si scorge non solo nell'insegnamento circa la
di una figura simbolica per il popolo fedele a Dio, che in base a un senso di frustra-
zione proprio della comunità di Q giudicherebbe gli altri (cf. ib., p. 238), non risul- vita interna della comunità dei discepoli, ma anche nella predica-
ta fondata nei testi.
107
zione del regno, parzialmente già realizzato, e nel rimprovero per
Questa formulazione va probabilmente ritenuta originale rispetto a quella si-
nottica di Me 8,38/Mt 16,27/Lc 9,26 (cf. S. Schulz, Q, pp. 66-76). "La profezia
proclama la benedizione e la maledizione su coloro che, nella comunità, confessa-
109
no il Cristo o lo rinnegano, nell'atto che stabilisce in essa io jus talionis escatologi- II passo di Le in questo caso è molto più cristologizzato, perché ciò che in
co" (E. Kàsemann, Proposizioni di diritto sacro nel Nuovo Testamento, in Id., Saggi Mt è "la volontà del Padre mio" qui diventa "quello che dico (io)". Comunque
esegetici, introd. M. Pesce, "Dabar" 3, Marietti, Genova 1985, pp. 69-82 qui 79). la sua valenza in Q è quella di un "authoritative teacher" (C.M. Tuckett, Q and
108
Ricordiamo che il significato del participio presente di un verbo oscilla tra the History, p. 215).
110
il presente continuo e il futuro; l'uso dell'articolo poi allude a un personaggio og- Cf. P.J. Hartin, The Wisdom and apocalyptic layers of the Sayings Gospel
getto di una precisa attesa (la locuzione è diversa da ó néXXwv gpxeoOai, "colui che Q: What is their significance?, Hervormde Teologiese Studies [Pretoria] 50 (1994)
dovrà venire", detto di Elia in Mt 11,14 solo in rapporto al futuro). 556-582 (contro J.S. Kloppenborg).
44 LA CHIESA GIUDEO-CRISTIANA DI GERUSALEMME ALTRE FONTI DELLA PRIMITIVA CRISTOLOGIA 45

l'ostinazione di Israele; su questa base si sviluppa la prospettiva attribuito a tutta la comunità (4,24-30, dopo la liberazione di Pie-
futura, che è quella di un giudizio sull'incredulità della generazio- tro e Giovanni). È comunque fuor di dubbio che in questi passi
ne presente. In questa confluenza di temi la figura di Gesù gigan- esiste una prospettiva cristologica elementare, non sviluppata113.
teggia come quella di chi appunto è "più di Salomone" e insieme Ciò risulta non solo dall'assenza di un linguaggio di incarnazione
anche "più di Giona" (Le 11,31-32/Mt 12,41-42). che implichi quindi la divinità di Gesù (cf. 2,22: "uomo approva-
to da Dio per voi con potenze e prodigi e segni, che Dio operò me-
diante lui in mezzo a voi")114, ma anche dall'assenza della dimen-
3. Altre fonti della primitiva cristologia giudeo-cristiana sione salvifica sia della sua morte che della sua risurrezione. Que-
ste infatti sono viste rispettivamente solo come effetto di una co-
Ci sono ancora almeno due altri luoghi, da cui possiamo dedur- spirazione dei giudei insieme ai gentili (cf. 4,25-27) e come rivendi-
re elementi cristologici caratteristici del primo giudeo-cristianesimo: cazione e intronizzazione di Gesù da parte di Dio (cf. 2,24-36;
Atti 2-5 e ICor 16,22. Li esaminiamo separatamente a motivo del- 5,30-31). Tuttavia, l'inserimento della morte di Gesù all'interno di
le diverse questioni metodologiche che essi pongono, non foss'al- un prestabilito disegno di Dio (cf. 2,23; 3,18; 4,28) le conferisce
tro perché il primo è di composizione molto più recente rispetto una particolare valenza soteriologica, che permette almeno di su-
al secondo. perare lo scandalo da essa suscitato.
Per la verità, questi elementi appartengono sostanzialmente an-
che agli altri discorsi degli Atti, e si possono quindi considerare
3.1 La cristologia di At 2-5 propri della redazione lucana115.
Ma ci sono alcuni altri fattori che ci riportano con ogni proba-
Che questa sezione degli Atti (certo insieme ad altre) conservi bilità a un arcaico stadio pre-redazionale. Li distinguiamo in tre
tradizioni arcaiche è comunemente ammesso, anche se non è facile momenti.
individuarle con precisione111. Infatti, se qualcuno ha ipotizzato 3.1.1 Titoli cristologici esclusivi. Alcuni titoli cristologici sono
che la cristologia degli Atti in generale è pre-paolina, altri hanno esclusivi di questi capitoli, in quanto non ricorrono altrove né ne-
sostenuto al contrario che essa è anti-paolina (e quindi post- gli Atti né soprattutto nel resto del NT, e che perciò si possono
paolina), mentre è possibile anche ritenere che in realtà sia l'auto- ricondurre con più probabilità alla primitiva comunità gerosolimi-
re stesso del libro ad esprimersi ancora negli anni 80-90 del secolo. tana. Se ne incontrano tre.
I negli stessi termini di chi rifletteva su Gesù già negli anni 30112. (1) riats 0eou (aikou): 3,13.26; 4,27.30. In base alla doppia seman-
I testi in cui si potrebbe esprimere la cristologia della prima chiesa tica del primo sostantivo in greco, l'espressione si potrebbe tradurre
di Gerusalemme sono i cinque discorsi contenuti in questi capitoli: doppiamente sia con "servo di Dio" sia con "figlio di Dio". Il
quattro attribuiti a Pietro (2,22-36, come parte del discorso di Pen-
tecoste; 3,12-26, davanti al popolo nel portico di Salomone; 4,8-12,
davanti al Sinedrio; 5,29-32, di nuovo davanti al Sinedrio) e uno 113
Vedi in genere i Commenti; in particolare, cf. S. Sabugal, Los kérygmas de
Pedro ante el Sanedrin judaico (Act 4,8-12; 5,29-32). Anàlisis histórico-tradicional,
Estudio Agustiniano [Valladolid] 25 (1990) 3-14.
111 114
Cf. G. Lùdemann, Das fruhe Christentum nach den traditionen der Apo- Si noti la sottolineatura della totale umanità di Gesù (il termine greco per
stelgeschichte. Ein Kommentar, Vandenhoeck, Gòttingen 1987, pp. 27-28. Per una " u o m o " , àvT|p, allude propriamente alla mascolinità di Gesù, non all'umanità in
discussione sulle fonti di At 1-15, cf. G. Schneider, Gli Atti degli Apostoli, I, CTNT senso generale), il quale da Dio è solo "approvato" e opera prodigi non a titolo
V / l , Paideia, Brescia 1985 (orig. ted., Freiburg i.B. 1980), pp. 117-122; e in parti- proprio ma solo per virtù di Dio.
115
colare su At 1-5: J. Dupont, Etudes sur les Actes des Apótres, LD 45, Du Cerf, Vedi almeno i grandi discorsi: di Stefano (cf. 7,52), di Pietro davanti a Cor-
Paris 1967, pp. 33-40. nelio (cf. 10,39-40), di Paolo ad Antiochia di Pisidia (cf. 13,27-30). Però nel di-
112
Cf. C.K. Barrett, The Acts of the Apostles, pp. 131-133 (con riferimenti ri- scorso di Paolo all'Areopago la morte di Gesù è assente e la sua risurrezione è vista
spettivamente a P. Vielhauer e a W. Schmithals): è possibile che quando il libro solo come un'abilitazione al giudizio escatologico (cf. 17,22-31). Cf. in generale
fu scritto ci fossero ancora dei cristiani (compreso lo stesso Luca) che predicavano H.C. Kee, Good News to the Ends of the Earth. The Theology of Acts, London-
ancora nei termini di una cristologia elementare arcaica. Philadelphia 1990, pp. 6-27.
46 LA CHIESA GIUDEO-CRISTIANA DI GERUSALEMME ALTRE FONTI DELLA PRIMITIVA CRISTOLOGIA 47

primo significato è qui il più verosimile, poiché più conforme a un parirà il Giusto al cospetto dei giusti"]; 53,6 ["Dopo di ciò, il Giusto
contesto giudaico116. Peraltro, solo nel primo passo è visibile sullo e l'Eletto mostrerà la sua casa"]). D'altronde in At solo "il Giu-
sfondo il quarto canto del Servo sofferente di Yhwh (cf. Is 52,13-53, sto" occorre in forma separata altre due volte (cf. 7,52; 22,14).
12), poiché la frase presente in At 3,13 ("Dio glorificò il suo servo Esso indica, da una parte, una particolare condizione di vicinanza
Gesù...") richiama con sufficiente chiarezza Is 52,13 LXX ("Il mio a Dio, e, dall'altra, una sorte di sofferenza subita da parte dei
servo sarà esaltato e glorificato molto"). Tuttavia tale designazione, malvagi120.
almeno negli altri passi, non si può ridurre a questa sola dimensione. (3) "La guida alla vita" (ó àpxnyòt; xr\<; CCOTJI;): questa originale
Infatti, da una parte, essa nell'AT vale sia per Abramo (cf. Gen 18,3.5) e suggestiva designazione cristologica si trova solo in At 3,15 (in
che per i profeti (cfr. Is 20,3; Ger 42 [TM 35],15; Bar 2,20), e, dall'altra, contrasto con l'affermazione: "Voi lo avete ucciso, ma Dio lo ri-
in At 4,25 essa è usata anche in riferimento a Davide117. Quindi non suscitò dai morti") 121 , e mai altrove nel Nuovo Testamento. I si-
è escluso che nei nostri testi acquisti addirittura una sfumatura se- gnificati possibili del primo sostantivo in greco (capo, autore, fon-
mantica di tipo regale e che come tale, cioè come "figlio" messiani- datore; origine, protettore; sovrano) derivano il loro valore dal si-
co, sia stata intesa in alcuni strati della tradizione (giudeo-ellenistica?). gnificato aggettivale, che resta determinante: "colui che inizia, che
(2) "Il santo e (il) giusto" (TÒV aytov xaì Sixatov)118: solo in At origina" 122 . Il titolo perciò allude fondamentalmente non a una
3,14 occorre questa coppia di aggettivi in forma assoluta con valo- mediazione nella erezione primordiale, ma al fatto che Gesù Cri-
re di designazione personale (altrove essi sono spaiati: il primo in sto recò storicamente la vita nel mondo, originando così una nuo-
4,27.30 [ma come qualificativo di ITOCI?], e il secondo in 7,52; 22,14 va era; o forse meglio: egli è colui che con la sua risurrezione ha
[in forma assoluta]). Non è chiaro se si debbano intendere entram- iniziato per sé una nuova vita e ad essa come leader conduce anche
bi in senso forte come designazioni messianiche (così E. Haenchen i suoi fedeli. Infatti in 2,28 egli proclama con le parole del Salmi-
e R. Pesch), oppure in senso puramente morale per esprimere con- sta: "Mi hai fatto conoscere le strade della vita, mi riempirai di
testualmente un contrasto con Barabba qualificato invece come "as- gioia alla tua presenza" (= Sai 15,11 LXX) 123 .
sassino" (così G. Schneider), oppure se sia stato Luca a spostare 3.1.2 At 2,36. Il discorso di Pietro a Pentecoste si conclude con
su di un piano morale dei concetti originariamente messianici (così una solenne dichiarazione, che letteralmente suona così: "Sappia
H. Conzelmann), oppure ancora se a monte si debba attribuire una con certezza tutta la casa di Israele che 'e Signore e Cristo' Dio lo
portata diversa a ciascuno dei due termini (così A. Wikenhauser ha costituito, questo Gesù che voi avete crocifisso" (2,36). L'arcai-
e C. K. Barrett). Quest'ultima posizione sembra la migliore. Infat-
ti, mentre non è attestata nel giudaismo una tradizione messianica 120
Si può anche rilevare che in Ps. Sai. 17,32-41 si trova pure sviluppata l'asso-
a proposito de "il Santo" (ci sono solo fonti cristiane: Me 1,24/Lc ciazione del tema della giustizia con il titolo di Unto del Signore (certo sulla linea
4,34; Gv 6,69; lGv 2,20; Ap 3,7), il titolo de "il Giusto" gode di di Is 11,4-5). Il valore sostanzialmente ontologico di questi titoli, accostati alla cri-
una certa attestazione (cfr. Is 53,11 119 ; lEn. 38,2 ["Quando ap- stologia funzionale di At 3,13, è affermato da H.F. Bayer, Christ-Centered Escha-
tology in Acts 3:17-26, in J.B. Green & M. Turner, edd., Jesus of Nazareth: Lord
and Christ. Essays on the Historical Jesus and New Testament Christology.
Eerdmans-Paternoster, Grand Rapids-Carlisle 1994, pp. 236-250, qui 242.
121
116
Solo in un più accentuato contesto ellenistico l'espressione dev'essersi svi- L'occorrenza del solo termine à^yr^óc, privo di specificazioni in 5,31 (però
luppata nel senso di 'figlio'; cf. E. Lohse, Compendio di teologia del Nuovo Testa- in coppia con aco-nf)p) esprime probabilmente una sfumatura diversa, condizionata
mento, Brescia 1987, pp. 72-73. dal secondo titolo (la stessa Bibbia CEI rende 3,15 con "autore" e 5,31 con "capo").
122
117
Cf. in generale W. Zimmerli - J. Jeremias, art.TOÙCGeoC, GLNT IX, coli. Cf. P.-G. Mùller, APXHrOE THS ZQHS. Der religionsgeschichtliche und
275-440 (ma Jeremias estende e maggiora eccessivamente il titolo). Vedi anche E. theologische Hintergrund einer neutestamentlichen Christuspràdikation, Europ.
Krànkl, Jesus der Knecht Gottes. Die heilsgeschichtliche Stellung Jesu in den Re- Hochschulschr. 23, Teol. 28, Lang, Bern 1973. Invece G. Johnston, Christ as Ar-
den der Apostelgeschichte, BU 8, Pustet, Regensburg 1972. chegos, NTS 27 (1981) 381-385, preferisce scorgervi una dimensione messianica e
118
La presenza di un solo articolo davanti ad entrambi i termini li congiunge stret- intenderlo come 'principe' (con rimando a Nm 13,2-3; 16,2; Gdc 5.15B; lCr 26,26;
tamente e non permette di scorgervi un'allusione a due distinti indirizzi cristologici. Ne 2 [12],9; Is 30,4).
119
In questo testo è notevole la discrepanza tra il TM ("Il giusto mio servo giu- 123 Vedi anche At 26,23: Paolo afferma "che il Cristo sarebbe morto e che, pri-
stificherà molti") e i LXX (il Signore "vuole giustificare il giusto che ha reso un mo tra i risorti da morte, avrebbe annunziato la luce al popolo e ai gentili" (così
buon servizio a molti"): solo nel primo caso il termine ha valore titolare, anche infatti H. Conzelmann commenta l'espressione in 3,15: "àpxTiyó? è parafrasato in
se non in forma assoluta. 26,23 come «primo dalla risurrezione»").
48 LA CHIESA GIUDEO-CRiSTIANA DI GERUSALEMME ALTRE FONTI DELLA PRIMITIVA CRISTOLOGIA 49

cita pre-lucana di questa affermazione non è condivisa da tutti 124 , primi cristiani era inevitabile e, inoltre, che essa avvenne con l'ap-
ma un paio di motivi ci portano in questa direzione. L'uno è che plicazione a Gesù di moduli già esistenti nel giudaismo e solo rein-
Luca, come risulta dal suo vangelo, sa già per conto suo che Gesù terpretati. A proposito poi della qualifica di "Signore", la sua di-
è Cristo-Messia fin dalle origini della sua vita terrena (cf. Le 2,11) mensione divina probabilmente qui non va eccessivamente sottoli-
e quindi non solo a partire dalla sua risurrezione. L'altro è che la neata. Infatti il Salmo 110,1, appena citato da Pietro nel prece-
cristologia del nostro passo, di tipo tendenzialmente adozionista, dente v. 34 ("Disse il Signore al mio signore"), utilizza il medesi-
coincide di fatto con quella dell'arcaica confessione di Rm l,3b-4a mo titolo in due sensi diversi. Perciò, nonostante il possibile richia-
(cf. voi. I, pp. 201-208). Si ripropone dunque qui, da parte della mo fatto sopra al Sai 2,2, esso va visto probabilmente come coor-
comunità gerosolimitana, una cristologia fondata sul motivo bi- dinato a quello di "Cristo". Ma, anche se di questo rappresenta
blico della intronizzazione regale, quale è attestato in alcuni passi solo una specificazione, "Signore" ha comunque un valore ten-
veterotestamentari (cf. Sai 2,7; 89,27-28; 110,1). La cosa nuova è denzialmente forte a motivo della possibile ideologia antica che gli
che, invece del titolo "figlio di Dio" (certamente messianico), ab- sta a monte 126 (vedi anche sotto, a proposito dell'invocazione
biamo qui due altri titoli: "Signore e Cristo". La loro congiunzio- "Maranatha").
ne potrebbe derivare dal Salmo 2,2, dove si legge: "Insorgono i 3.1.3 At 3,19-21. Nel discorso di Pietro davanti al popolo pres-
re della terra e i prìncipi congiurano insieme contro il Signore e so la porta del Tempio detta Bella (in 3,12-26), l'apostolo così esorta
contro Usuo Cristo". È importante però notare che, mentre i due i suoi ascoltatori:
titoli là presenti si riferivano a due persone diverse (rispettivamen-
te a Dio e al re), qui invece essi sono entrambi associati a definire "Pentitevi dunque e convertitevi, perché siano cancellati i vostri pec-
una sola persona, Gesù in quanto risorto. Analogo però è il conte- cati e così possano giungere i tempi del refrigerio da parte del Signore
sto di sofferenza, per cui la proclamazione di Pietro va vista nel- {pTziàC, av eXGcoatv xatpoì àvacc|>ó£eco<; ànò 7rpoacÓ7roo -eoo xupiou) ed egli
l'ottica di un marcato contrasto, e cioè come l'affermazione di una mandi quello che vi aveva destinato come Messia, Gesù (xocì àTcoaxetXT)
xòv Tzpoxtxtipio[i.i\>ov ufjuv xpwròv 'Ir]aoGv): egli dev'essere accolto in
rivendicazione divina del crocifisso umiliato.
cielo (ov Sei oupocvòv [xèv 8é£oca9ai) fino ai tempi della restaurazione di
Quanto alla portata delle due qualifiche cristologiche, va osser- tutte le cose (axpi yjpóvoìv à^oxaxaaxàaeax;rcàvToov),come ha detto Dio
vato quanto segue. A proposito di quella di "Cristo", esiste comun- fin dall'antichità per bocca dei suoi santi profeti" (3,19-21).
que una novità rispetto al suo impiego a livello gesuano (cf. voi.
I, pp. 122-133). Infatti la cosa sorprendente è che essa viene ora at- Il passo, già a livello puramente formale, presenta vari proble-
tribuita a uno che è stato condannato alla pena più infamante. Era mi di traduzione, sui quali qui non ci soffermiamo (cf. i commen-
più facile pensare alla messianicità di Gesù, o comunque sperare ti). Piuttosto è a livello ermeneutico che appare la sua maggiore
in essa, finché egli non fosse morto, soprattutto di una morte di complessità. In passato ci fu addirittura chi intese questo testo in
croce (cf. la delusione di Giuda e forse anche di Pietro). Ma dire assoluto come la più arcaica espressione della cristologia127, in
che un crocifisso era il Messia andava contro tutte le precompren- quanto qui si attesterebbe la fede più antica della chiesa primitiva,
sioni possibili in campo giudaico e, se ciò da una parte supponeva
un fatto nuovo che giustificasse l'enorme svolta (la risurrezione),
126
dall'altra esigeva comunque un notevole ardire nel proclamarlo 125 . Infatti, non va dimenticato che in antico al re di Gerusalemme potevano es-
sere riconosciuti anche degli attributi divini, come avviene esplicitamente in Sai 45,7
Tuttavia va anche riconosciuto che la stessa sua proclamazione in ("Il tuo trono, o dio, dura per sempre [...]. O dio, il tuo Dio ti ha consacrato con
base a un evento come la risurrezione era senza confronto alcuno. olio di letizia..."); 12 ("Al re piace la tua bellezza; egli è il tuo Signore: prostrati
Si vede bene qui che una rilettura dell'evento-Cristo da parte dei a lui"), ma anche con altre metafore come "soffio vitale" e "albero della vita"
(entrambe presenti in Lam 4,20). Sul tema-problema dell'ideologia regale nell'an-
124
tico Israele, cf. i Commenti ai testi rispettivi e in particolare la sintesi di K.W. Whi-
È ritenuta pre-lucana per esempio dai commenti di E. Haenchen, R. Pesch, telam, King and Kingship, in ABD 4, pp. 40-48.
127
C.K. Barrett, mentre è considerata redazionale da H. Conzelmann, G. Schneider. Così J.A.T. Robinson, The Most Primitive Christology ofAll?, JTS 7 (1956)
125
Vedi infatti il concetto di 7rappT)ata, "libertà di parola, ardire, fiducia", che 177-189 (la prospettiva del testo è stata definita come "cristologia pre-messianica");
scandisce il racconto in At 2,29; 4,13.29.31. sulla sua linea si collocano anche le cristologie di F. Hahn e di R.H. Fuller.
50 LA CHIESA GIUDEO-CRISTIANA DI GERUSALEMME ALTRE FONTI DELLA PRIMITIVA CRISTOLOGIA 51

secondo cui Gesù sarebbe stato dichiarato Messia solo nel futuro che perdipiù negli altri inviti alla conversione presenti negli Atti
escatologico al momento della parusìa (quindi egli né avrebbe pen- non ritorna più. Perciò, i temi sia del refrigerio sia della 'conser-
sato di essere tale durante la sua vita terrena [come si suppone nei vazione' sia della funzione 'restauratrice' di Elia si possono consi-
Sinottici], né sarebbe stato proclamato tale a partire dalla risurre- derare elementi arcaici, visto pure che in questi termini non ricor-
zione [come appare da At 2,36]), mentre nell'attuale periodo in- rono altrove negli scritti più recenti del Nuovo Testamento 131 .
termedio egli vivrebbe in una condizione di pura inattività. A que- Quanto poi alla tesi di Carrón, va invece osservato che secondo
sto assunto si sono opposte due diverse interpretazioni principali. Luca la 'conservazione' di Gesù in cielo è un dato non del passato,
L'una consiste nel dimostrare che il testo del discorso è caratteriz- ma attuale, in quanto egli ha già raccontato fin dall'inizio degli
zato da vari lucanismi e che quindi la sua cristologia in realtà è Atti la sua ascensione al cielo (cf. At 1,9-11). D'altronde, il parti-
di tipo redazionale e cioè lucana128. Un'altra soluzione consiste nel cipio perfetto 7ipoxexeip«J(xévov significa letteralmente "che è stato
ritenere che il passo non si riferisca alla venuta futura di Cri- reso pronto (ad agire in un determinato modo)", cioè è stato po-
sto ma alla sua prima venuta storica, e che quindi 1"'accoglienza sto in una condizione tale da essere disposto a intervenire come Mes-
in cielo" riproponga semplicemente l'idea giudaica della 'pre- sia132. Luca tuttavia sa già e crede che Gesù è Messia fin dalla sua
esistenza' del Messia anteriormente alla sua apparizione tra gli nascita (cf. Le 2,11); e la chiesa primitiva, da parte sua, connette
uomini 129 . Su queste due tesi occorre fare alcune semplici consi- questa qualifica perlomeno alla risurrezione (cf. At 2,36; Rm l,4a),
derazioni. ma, data l'inverosimiglianza religionista di un inizio assoluto di que-
Quanto alla redazionalità del testo, certo parzialmente innega- sto titolo solo in quel momento, essa suppone certamente che Ge-
bile, va osservato che tanto Lohfink quanto Barbi annotano come sù si considerasse e fosse tale già durante la sua vita terrena (cf.
indubitabile la presenza di alcuni elementi provenienti dalla tradi- più sopra). Il parallelismo con il giudaismo apocalittico, dove si
zione giudaica, in quanto si rifanno all'ambito dell'apocalittica: afferma il nascondimento del Figlio dell'uomo fin da prima della
così è, oltre all'idea del "refrigerio", anche il tema della 'conser- creazione del mondo (cf. lEn. 48,2-3.6; 62,7) e ancor più la con-
vazione' del Messia per il tempo della sua manifestazione futura servazione del Messia "per la fine dei giorni" (4Esd 12,32; cf.
e quello della funzione escatologica di Elia130. D'altronde, se il te- 13,26), non rappresenta che un background di conferma per la di-
sto si dovesse spiegare soltanto sulla base della preoccupazione lu- chiarazione di Pietro, con la differenza che ciò che là valeva per
cana di fornire a Israele una ulteriore occasione di salvezza (consi- la prima venuta del Messia qui vale per la seconda.
stente nella predicazione della chiesa, dopo l'occasione persa della Orbene, la funzione escatologica di Gesù, che condurrà con sé
predicazione di Gesù), non si comprende perché l'autore debba "i tempi del refrigerio" 133 , cioè darà inizio al tempo messianico
estendersi così tanto su di una prospettiva cristologico-escatologica, del riposo e della liberazione da ogni affanno, è fondamentalmen-
te descritta come "restaurazione di tutte le cose". Questa idea nel-
128
Vedi in particolare G. Lohfink, Christologie und Geschichtsbild in Apg
3,19-21, BZ 13 (1969) 223-241: egli legge il testo secondo la preoccupazione pro-
pria di Luca di far vedere che Israele, rifiutando Gesù, ha perso l'occasione della 131
"L'insieme va considerato come arcaica tradizione cristiana sulla conversio-
sua salvezza ma Dio gli offre un'altra possibilità di conversione prima dell'ultima ne [dei Giudei], situata in una comunità giudeo-cristiana dalla fede fortemente orien-
venuta del Messia. Su posizioni analoghe si pone A. Barbi, // Cristo celeste presen- tata verso il futuro" (G. Lùdemann, Dos friihe Christentum, p. 59).
te nella Chiesa. Tradizione e redazione in Atti 3,19-21, AB 64, PIB, Roma 1979 132
"Il perfetto suggerisce che egli ora è pronto ad agire così, e non dice in qua-
(cf. p. 143: "La cristologia dei versetti esaminati [...] riflette chiaramente una pro- le momento egli diventò pronto cioè divenne Messia, eccetto che ciò dev'essere in
spettiva lucana"). un tempo anteriore a quello in cui Pietro sta parlando. Ciò può essere stato alla
129
Cf. J. Carrón, Jesus, elMesias manifestado. Tradición literaria y trasfondo risurrezione, al suo battesimo, o al momento della sua nascita" (C.K. Barrett, Acts,
judio deHch 3,19-26, Studia Semitica Novi Testamenti, Ciudad Nueva, Madrid 1993. p. 204).
130 133
Annotiamo qui che l'idea origeniana della 'apocatastasi' universale, con i suoi Cf. l'accurata analisi di questo sintagma in A. Barbi, // Cristo celeste, pp.
ascendenti nello stoicismo (per una informazione sommaria, cf. P. Siniscalco, Apo- 46-68 (con rimando a una serie di passi di 4Esd e di 2Bar). Va inoltre segnalata
catastasi, in A. Di Berardino, a cura, Dizionario Patristico e di Antichità Cristia- la posizione del citato H.F. Bayer, Christ-Centered Eschatology, che in tutta la se-
ne, Marietti, Casale Monferrato 1983, voi. I, pp. 273-274), oggi non è più accolta zione At 3,17-26 vede l'escatologia fortemente influenzata dalla cristologia (non
nell'interpretazione del nostro passo. viceversa).
52 LA CHIESA GIUDEO-CRISTIANA DI GERUSALEMME ALTRE FONTI DELLA PRIMITIVA CRISTOLOGIA 53
l'apocalittica è ben espressa con i concetti di trasformazione e di testo epistolare dell'invocazione richiama un probabile, originario
rinnovamento del mondo, quindi di nuova creazione alla fine dei ambito liturgico (eucaristico?) pre-paolino, all'interno del quale essa
tempi (cf. lEn. 45,4s; 91,16; Giub. 4,26; 4Esd. 7,75; 2Bar. 50,3; veniva pronunciata136.
57,2; Or. Syb. 5,273)134. Ma non bisogna perdere di vista anche Esiste una discussione sull'esatta lettura del termine, che nei ma-
il possibile nesso con la funzione escatologica riconosciuta ad Elia noscritti si presenta come un solo vocabolo, ma che è composto
in MI 3,23-24 LXX, dove si riscontra l'uso dello stesso etimo lessi- sicuramente di due parole137. Mentre alcuni vi leggono la dichia-
cale: "Ecco, io invierò il profeta Elia prima che giunga il giorno razione Maran 'àta\ con il senso di "Il Signore nostro viene (cioè:
grande e terribile del Signore, perché converta (TM wehèStv, LXX è qui presente) [oppure: è venuto]", altri più giustamente scom-
bq àrcoxaTacrcTiaet) il cuore dei padri verso i figli e il cuore dei figli pongono la locuzione in Murano' to'138 con il seguente significa-
verso i padri" (cf. anche Sir 48,10). In base a questo insieme di to: "Signore nostro, vieni!". Nel primo caso, ci si riferirebbe al
prospettive, la chiesa primitiva crede che con la venuta escatologi- momento forte del culto per confessarvi la presenza attuale del
ca di Gesù il mondo verrà ripristinato, non solo nella sua dimen- Signore139. In questa direzione sembrerebbe andare un testo, che
sione cosmologica ma anche in quella etico-interpersonale, al di offre la stessa traslitterazione direttamente dall'aramaico, e che si
là di ogni tipo di corruzione. trova nello scritto giudeo-cristiano Did. 10,6 al termine di una pre-
ghiera eucaristica: "Venga la grazia e passi questo mondo! Osan-
na al Dio di David! Chi è santo si avvicini, chi non lo è si converta.
3.2 L'invocazione "Maranatha!" (ICor 16,22) e il titolo di Maranatha. Amen". Nel secondo caso, invece, si tratterebbe di una
"Signore" invocazione di tipo escatologico, orientata verso la venuta della pa-
rusìa. In questo senso essa trova un parallelo significativo in Ap
Al termine della sua prima lettera canonica ai Corinzi Paolo ci 22,20, che reca la medesima invocazione, certo in lingua greca ma
fa la sorpresa di riportare quella che sicuramente è la più antica con un chiaro imperativo, al termine del libro: "Colui che attesta
attestazione dell'uso del titolo di "Signore" in riferimento a Gesù queste cose dice: Sì, vengo presto. Amen. Vieni, Signore Gesù
Cristo: "Se qualcuno non ama il Signore sia anatema. Maranatha" (epxou> xupte 'iTjaoG)". Del resto, lo stesso Paolo poco prima in ICor
(16,22). La sua formulazione in lingua aramaica (che suppone la 11,26 aveva scritto a proposito del mangiare il pane e del bere il
traslitterazione di un originale consonantico mrn'f) all'interno di calice nella cena eucaristica: "Ogni volta (...) voi annunziate la mor-
una lettera scritta a una comunità di lingua greca dice da sola quanto te del Signore finché egli venga". Quest'ultimo passo suggerisce
veneranda l'espressione fosse sentita. La sua provenienza infatti di non disgiungere come alternative le due possibilità, poiché può
non può che essere dall'area siro-palestinese, che era sostanzial- ben essere stato in contesto eucaristico che l'invocazione della pa-
mente l'unica in cui nel secolo I si parlasse ancora l'aramaico135.
E non si può che pensare alle prime comunità cristiane di questa 136
Oltre ai Commenti, cf. soprattutto l'analisi di P.-É. Langevin, Jesus Seigneur
zona, appunto di lingua almeno parzialmente aramaica, all'inter- et l'eschatologie. Exégèse des textes prépauliniens, "Studia" 21, Desclée, Bruges-
no delle quali l'Apostolo aveva mosso i suoi primi passi di conver- Paris 1967, pp. 179-194.
137
Una buona discussione in materia si può trovare in K.G. Kuhn, |zapavoc6<4,
tito (Damasco, Gerusalemme, Antiochia). Del resto, anche il con- in GLNT VI, coli. 1249-1266, e in P.-É. Langevin, Jesus Seigneur et l'eschatolo-
gie, soprattutto pp. 168-178 (però qui, a p. 170 in alto, la distinzione tra la forma
134
dell'imperativo e quella del perfetto va invertita). Vedi anche S. Schulz, Marana-
È possibile che a questo ambito di idee appartenga anche l'affermazione pre- tha und Kyrios Jesus, ZNW 53 (1962) 125-144.
sente nei manoscritti di Qumràn, secondo cui agli eletti "spetterà tutta la gloria 138
In questo caso la forma ta' sarebbe abbreviata in quanto presenterebbe una
di Adamo" (1QS 4,23). Da parte sua G. Ferraro, «Kairoi anapsyxeos»: Annota- elisione del primo aleph e della sua vocale; infatti, la forma normale dell'imperati-
zioni su Atti 3,20, RivBibl 23 (1975) 67-78, colloca l'espressione sullo sfondo del vo dovrebbe essere 'età'.
riposo sabbatico di Es 23,12 ed Eb 3,7 - 4,13. 139
135
Di minor credito gode comunque l'ipotesi, secondo cui si tratterebbe di una
Solo da questa zona (estendentesi dall'alto corso dell'Eufrate fino alla Na- semplice invocazione del Signore perché egli si renda presente a confermare l'ester-
batea) provengono infatti i testi scritti, epigrafici e letterari, del Medio-Aramaico nazione della maledizione immediatamente precedente ("Se qualcuno non ama il
(ca. 200 a.C. - ca. 250 d . C ) ; cf. S.A. Kaufman, Aramaic (Languages), in ABD Signore sia anathema!"); cf. C.F.D. Moule, A Reconsideration ofthe Context of
4, pp. 173-178 (con bibliografia). Maranatha, NTS 6 (1959-60) 307-310.
54 LA CHIESA GIUDEO-CRISTIANA DI GERUSALEMME ALTRE FONTI DELLA PRIMITIVA CRISTOLOGIA 55

rusìa si facesse più pressante. Inoltre, sulla stessa linea della for- stro signore" 143 . Su questa linea si pone anche Dn 4,17.21 ("mio si-
mula Maranathà come invocazione escatologica, si p u ò forse leg- gnore", detto nei confronti di Nabucodònosor). Ma pure a Qumràn lo
gere tanto la confessione paolina " I l Signore è vicino" (Fil 4,5: stesso appellativo è testimoniato come rivolto da una moglie allo sposo
ó xupios iyyuq) q u a n t o quella analoga del giudeo-cristiano Gc 5,8: (cf. lQapGen 2,9.13), da un figlio al padre (cf. ib. 2,24), da un suddito
al re (cf. ib. 20,25), e persino dal re di Sodoma ad Abramo (cf. ib. 22,18).
" L a parusìa del Signore è ormai vicina" (rj roxpouatoc TOU xupiou
In particolare il significato regale dell'epiteto aramaico è testimoniato
riyytxev)140. Da una parte, dunque, vediamo che il titolo di " S i - più volte a proposito dei re nabatei 144 . In questo senso lo si trova an-
g n o r e " in funzione cristologica è ben consolidato nell'uso cristia- che in Filone Al., In Flaccum 39; qui, narrando del passaggio di Erode
no; dall'altra, constatiamo che esso conosce c o m u n q u e un impie- Agrippa II ad Alessandria nell'estate del 38 d . C , diretto a ereditare la
go particolare in prospettiva escatologica 1 4 1 . Cosa p u ò significa- tetrarchia di Filippo donatagli da Caligola, il sovrano giudeo viene can-
re tutto ciò? zonato dagli alessandrini: "Dalla folla circostante risuonò un grido stra-
3.2.1 L o sfondo culturale-religioso del titolo. Certo nel giudai- no, Marin ($or\ TU; OLIOTZOS, Màptv), poiché dicono che in Siria si chiami
smo la qualifica di " S i g n o r e " non è di tipo messianico. Il Messia così il sovrano (xòv xuptov); sapevano infatti che Agrippa era di razza
non viene mai designato con questo titolo. Quindi a b b i a m o nel ca- siriana e che una parte importante della Siria era quella su cui doveva
regnare" 145 . Infine, nel rabbinismo esso è usato a volte nei confronti
so di Gesù una vera novità. M a vediamone l'uso nel dettaglio, par-
di un maestro in segno di grande rispetto (cf. y.Peah 8,21b), a volte
tendo dalla formulazione aramaica del nostro passo.
come sinonimo di cittadino (cf. Gen. R. 58,6: lett. "padrone di casa"),
e persino in senso ironico (cf. TgN Gen 37,17: detto di Giuseppe "mae-
In aramaico il sostantivo "Signore" ha varie forme lessicali, a secon- stro di sogni").
da delle fonti in cui viene attestato (bibliche, qumraniche, rabbiniche, per Ma il termine vale anche come appellativo religioso nei confronti di
non dire di quelle epigrafiche e papiracee): mare' [stato assoluto singola- Dio (rarissimamente però nella letteratura rabbinica). Così già in Dn
re; stato costrutto singolare e plurale], mòra' [stato assoluto; stato enfa- il Dio d'Israele è qualificato come "il Signore dei r e " (2,47: mare' -
tico], maràh, mar, mar142. I suoi corrispettivi linguistici sono: in ebrai- malkin) e "il Signore del cielo" (5,23: marè'-semayya'). Ma in partico-
co 'adòn, in greco xópto?. Il senso del vocabolo è fondamentalmente quello lare a Qumràn esso è attestato come epiteto divino, sia in forma assolu-
di "superiore, sovrano, padrone", e viene impiegato a vari livelli. ta (cf. HQtgJob 5,1 [su 21,20]: "l'ira del Signore"; lQapGen 20,13:
Un uso profano dell'appellativo aramaico è attestato fin dai papiri di "Tu sei Signore e padrone ['nth mrh wsly] su tutto e hai potere di fare
Elefantina del secolo V a . C , dove un'autorità amministrativa può esse- giustizia a tutti i re della terra"; 4QEn b ar 4,5), sia anche e soprattut-
re designata sia come mr'y, "mio signore", sia come mr'n, "no- to in quanto specificato da aggettivi o stati costrutti: "Mio Signore"
(4QTLevi*ar 1,10; 2,6; lQapGen 20,12.14.15), "Signore eterno" (1Q20
fr. 2,5), "Signore grande" (lQapGen 2,4), "Signore del cielo" (ib. 7,7),
140
Anche Giud 14s ("Profetò per loro Enoch, settimo dopo Adamo, dicendo: "Signore di tutti i re della terra" (ib. 20,15s), "Signore dei secoli" (ib.
Ecco, il Signore è venuto [^XOev xupio?] con le sue miriadi di angeli per fare il giudi-
zio contro tutti...") è stato accostato alla nostra invocazione da M. Black, The Ma-
ranathà invocation and Jude 14,15 (I Enoch 1:9), in B. Lindars & S.S. Smalley,
edd., Christ and Spirit. InHonourofC.F.D. Moule, Cambridge 1973, pp. 189-196. 143
Questo testo rappresenta una ripresa di lEn 1,9 ("Ed ecco: Egli è venuto con 10.000 Cf. rispettivamente le lettere 3,5; 4,2; 10,1-2 (in G.R. Driver, Aramaic Do-
santi, per far giustizia su loro..."; trad. L. Fusella), e l'aoristo greco, che ha co- cuments of the Fifth Century B.C., University Press, Oxford 1957, pp. 23s e 33),
munque un riferimento al giudizio finale e quindi al futuro, dovrebbe rendere un e la lettera 27, (recto)!. 11 .(versó)2\ .23 (in A. Cowley, Aramaic Papyri of the Fifth
originale perfetto aramaico 'àta'con valore di futuro (perfectumpropheticum), equi- Century
144
B.C., Univ. Press., Oxford 1923, pp. 99-100).
valente a: "Il Signore verrà...". Cf. H. Merklein, Marano ("unser Herr") als Bezeichnung des nabatàischen
141
Forse si possono rapportare al nostro discorso anche quei testi paolini, nei Kònigs. Eine Analogie zur neutestamentlichen Kyrios-Bezeichnung?, in R. Hoppe
quali il sintagma cristologico 'nostro Signore' appare in contesto escatologico (cf. & U. Busse, edd., Von Jesus zum Christus. Christologische Studien. Festgabefùr
ICor 1,9; Fil 3,20; lTs 1,3); ma qui si tratta certo di uno sviluppo rispetto all'invo- P. Hoffmann zum 65. Geburtstag, de Gruyter, Berlin - New York 1998, pp. 25-41:
cazione aramaica, di cui stiamo parlando. l'Autore dà il testo di 24 iscrizioni nabatee comprese tra il secolo I a.C. e il secolo
142
Cf. M. Jastrow, A Dictionary of the Targumim, the Talmud Babli and Ye- I d.C.
145
rushalmi, and the Midrashic Literature, New York (1903) 1985; anche J.A. Fitz- La vocalizzazione Marin potrebbe corrispondere a un'effettiva terminazio-
myer & D.J. Harrington, A Manual of Palestinian2 Aramaic Texts (Second Centu- ne pronominale, testimoniata anche in una iscrizione religiosa ad Hatra (vedi sot-
ry B.C. - Second Century A.D.), PIB, Roma 1978, 1994, e C. Perrot, Jesus, Christ to). Si noterà comunque la sua eguaglianza consonantica con Maran di ICor 16,22,
et Seigneur, pp. 244-249. comprendente il pronome di prima persona plurale.
56 LA CHIESA GIUDEO-CRISTIANA DI GERUSALEMME ALTRE FONTI DELLA PRIMITIVA CRISTOLOGIA 57

21,2), "Signore del cielo e della terra" (ib. 22,16.21). Una testimonian- te l'imporsi e il diffondersi post-pasquale dell'appellativo cristo-
za interessante riguarda alcune divinità siriane: il titolo infatti è usato logico.
per il dio Melqart già su di una stele del secolo IX a.C. (da Bredsch, La designazione di Gesù come "Signore", dunque, a differenza
7 km N di Aleppo) e poi per almeno altre tre divinità sul muro di un degli altri grandi titoli cristologici (profeta, messia, figlio dell'uo-
tempio dei secoli M I d.C. (ad Hatra, 50 km NW di Assur); in quest'ul- mo, figlio di Dio), è sostanzialmente di origine post-pasquale, de-
timo caso, si tratta addirittura di una triade divina, di cui ciascun mem- rivando dalla fede della chiesa. Il fatto è messo bene in luce, oltre
bro è rispettivamente chiamato: mrn ("nostro Signore" = Hadad, equi-
che dal già citato At 2,36, soprattutto da quella sezione del cosid-
valente di Zeus), mrtn ("nostra Signora" = Atargatis), e br mryn ("il
detto inno cristologico (pre-paolino) Fil 2,9-11, dove si dichiara
figlio di nostro Signore" = Simios, l'equivalente di Asclepio o
Hermes) 146 . apertamente che solo al crocifisso risorto Dio concesse la qualifica
di Kyrios ("il nome che è sopra ogni altro nome"). Noi esaminere-
Il titolo quindi all'origine non è specificamente religioso. Con mo più avanti questo passo importante (cf. sotto: cap. II, 3.6); ma
esso piuttosto si riferiscono a Dio delle qualità derivanti fondamen- in proposito occorre subito notare almeno che appartengono alla
talmente da ambiti profani, che si compendiano tutte nell'idea di coscienza più antica della chiesa due cose: da una parte, esiste una
"sovrano", inteso sia come proprietario sia anche come giudice. connessione strettissima tra la "Signorìa" di Gesù e la sua nuova
In base a questa constatazione si può capire perché i primi cristia- condizione di glorificato; dall'altra, la dimensione di "Signore"
ni potevano qualificare Gesù come Maran o Muraria', "Signore da lui acquisita dopo la sua vita terrena comporta una semantica
nostro", senza con ciò urtare direttamente il monoteismo giu- molto forte.
daico 147 ; e lo si vedrà bene nella distinzione che farà Paolo a pro-
Circa l'origine del titolo cristologico, oggi è di fatto abbandonata la
posito dell'esistenza di "un solo Dio" e insieme di "un solo Si-
tesi dello studioso tedesco W. Bousset (1913), passata poi ampiamente
gnore" (cf. ICor 8,6; vedi sotto). nella scuola bultmanniana, secondo cui il titolo sarebbe nato soltanto
Tuttavia, il titolo implicava necessariamente anche una dimen- nelle chiese di lingua greca come adattamento cristologico di un appel-
sione divina, che non poteva comunque non imporsi. Ed è a que- lativo originariamente rivolto a divinità cultuali di tipo pagano 149 . As-
sto punto che possiamo porre il problema storico concernente an- solutamente precaria è anche la teoria di F. Hahn (1962), secondo cui
che l'origine del titolo greco di Kupio? attribuito a Gesù. già le chiese palestinesi avrebbero usato il titolo per Gesù, non però in
3.2.2 La valenza cristologica del titolo. Come sappiamo, esso rapporto alla sua divinità ma solo nel significato di "Maestro" (in base
prenderà sempre più piede nelle chiese di lingua greca. Il fatto de- al linguaggio sinottico); secondo Hahn, inoltre, l'appellativo di Dio co-
me Mari, "Mio Signore", sarebbe di recente attestazione, addirittura
ve avere una sua spiegazione poiché, da una parte, in queste co-
post-tannaitica, mentre solo l'ellenismo contemporaneo alle origini cri-
munità non poteva facilmente imporsi il barbaro termine aramai-
stiane testimonierebbe il valore divino dell'appellativo Kyrios e solo da
co, e, dall'altra, non è documentabile un uso titolare di questo ge-
nere a livello gesuano (se non forse, tutt'al più, in senso estenuato
come appellativo di cortesia)148, che possa spiegare adeguatamen- le di nuovo possessore messianico in conformità ai testi di Gn 49,11 e Zc 9,9; in
più, nel successivo 14,14 gli stessi discepoli si rivolgono al padrone della casa in
cui mangeranno la Pasqua dicendo soltanto: "Il maestro dice..." (cf. R. Pesch,
146 Me, II, pp. 275-276; e R.H. Gundry, Mk, pp. 627s).
Cf. H. Donner - W. Ròlling, Kanaanàische und aramàische Inschriften, voi. 149
II riferimento è sia a divinità misteriche specie di origine egiziana, come Isi-
II, Harrassowitz, Wiesbaden 1964, 21968, rispettivamente Nr. 201 (pp. 203s) e Nr. de e Serapide, sia anche al culto ellenistico dei sovrani e poi a quello dell'imperato-
246 (pp. 298-299); il titolo è ancora detto di Hadad nel Nr. 245 e altre quattro volte re (ma già in Pindaro, Isth. 5,52 Zeus è cantato come óTOXV-CCOVxópto?, "il Signore
dell'intera
147
triade ai Nrr. 247, 248, 251, 256. di tutti [o: di tutte le cose]"). Cf. W. Bousset, Kyrios Christos. Geschichte des Chri-
Cf. P.-É. Langevin, Jesus Seigneur et l'eschatologie, p. 178. stusglaubens von den Anfàngen des Christentums bis Irenaeus, Gòttingen 1913, pp.
148
Così in Me 7,28 (da parte della donna siro-fenicia). Un altro problema sem- 91-101; così anche R. Bultmann, Theologie des NT, Tùbingen 1958,51965, p. 127.
bra posto dal testo di Me 11,3 in cui i discepoli di Gesù dicono al proprietario del- Una buona confutazione di questa tesi si può trovare in D.B. Capes, Old Testa-
l'asinelio requisito per il solenne ingresso in Gerusalemme: "Il Signore ne ha biso- ment Yahweh Texts in Paul's Christology, WUNT 2.47, Tùbingen 1992, pp. 20-31.
gno, ma lo rimanderà qui subito" (versione CEI); ma che la designazione non ab- Contro di essa si pone anche un post-bultmanniano come G. Strecker, Theologie
bia valore divino risulta dalla costruzione greca della frase, che esigerebbe quest'altra des NT, Hrsg. F.W. Horn, De Gruyter, Berlin - New York 1996, pp. 91-98.
versione: "Il suo padrone ne ha bisogno", cioè Gesù esercita qui il suo diritto rega-
58 LA CHIESA GIUDEO-CRISTIANA DI GERUSALEMME ALTRE FONTI DELLA PRIMITIVA CRISTOLOGIA 59

qui deriverebbe il senso forte che esso assume poi negli autori cristiani gna tenere presente che: (1) questa teoria è basata su di un uso non uni-
a partire da Paolo 150 . A confutare questo assunto sono bastati i ma- forme, visto che almeno in un frammento di 2Re 23,34 scoperto nella
noscritti di Qumràn (e in particolare lQapGen; cf. sopra), dove la va- Geniza del Cairo, il greco reca un'abbreviazione di xupto<;; (2) non sap-
lenza divina del titolo mr' (mrh) è ampiamente attestata. piamo come questi passi venissero letti ad alta voce nelle sinagoghe del-
Più sottile è l'obiezione avanzata per esempio da H. Conzelmann con- la diaspora di lingua greca, ma è ragionevole pensare che il nome divi-
tro l'argomento, secondo cui l'uso cristiano greco di definire Gesù co- no fosse sostituito da un termine greco; (3) di fatto già nel Nuovo Te-
me Kupio? deriverebbe dalla prassi dei LXX di rendere con questo tito- stamento tutti gli autori quando citano l'Antico Testamento sostitui-
lo greco il tetragramma divino ebraico YHWH 151 . Egli ricorda che ta- scono il tetragramma sacro con Kupio<;.
le prassi è testimoniata solo dai molti manoscritti di età cristiana, men- Quest'ultima osservazione vale analogamente anche per Filone Al.,
tre quelli giudaici (sia pre-cristiani, sia di Aquila, Simmaco, Teodozio- che attesta il medesimo uso (cf. in particolare Abr. 121: "Il padre del-
ne), anche se pochi, o non traducono il tetragramma lasciandolo in ebrai- l'universo è chiamato 'colui che è' [...] La potenza regale è detta Ky-
co o ne danno una semplice traslitterazione greca (tipo IAQ) oppure rios, poiché è giusto che colui il quale ha fatto ciò che è lo governi e
lo rendono curiosamente con le lettere greche n i n i 1 5 2 . Quindi sareb- 10 domini") 154 . Quanto a Flavio Giuseppe, va osservato il fatto seguen-
be del tutto inusuale anche nell'ambito del giudaismo ellenistico desi- te. Egli impiega Kupto? soltanto una volta per designare Dio (cf. Ant.
gnare Dio come "Signore". Tuttavia, come fa notare Capes 153 , biso- 13,68), ma solo in una citazione di Is 19,19 ("In quel giorno ci sarà un
altare dedicato al Signore in mezzo al paese d'Egitto") che perdipiù ri-
150
Cf. F. Hahn, Christologische Hoheitstitel, pp. 74-91 e 118s: secondo questo sulta ritoccata rispetto ai LXX (non solo -co> xupuo, ma più compiuta-
A. nella fase gesuana la qualifica di kyrios equivaleva semplicemente a quella ebraica mente xupteo TW Geco); altrimenti egli come equivalente di Yhwh usa il
di rabbi (greco didaskalos), "maestro" (cf. Me 10,51: paP(3ouvi/Lc 18,41: xupte), e termine 8earò$T7K (cf! Ant. 1,20.72; 2,270; 4,40; 5,41.93; 11,64-65; 8,111);
in questo senso profano essa sopravvisse anche dopo la Pasqua, assumendo solo 11 motivo può essere che lo storico ebreo volesse evitare di attribuire
poco per volta il significato forte di titolo divino in contrapposizione all'uso dello
stesso titolo nei culti misterici e nel culto dell'imperatore (per un riferimento a que- al Dio d'Israele lo stesso titolo che al suo tempo, almeno a partire da
sto culto, cf. anche O. Cullmann, Lafoi et le eulte de l'église primitive, Delachaux, Nerone, si erano assunti gli imperatori romani o almeno era stato loro
Neuchàtel 1963, pp. 56-66). Ma una tale posizione dimentica o sottovaluta alcune attribuito. D'altra parte, notiamo invece che i LXX impiegano rarissi-
cose: il valore di svolta cristologica decisiva inerente alla Pasqua, l'uso religioso- mamente questo termine (solo in Is 1,24; Pr 29,25; in Gio 4,3 i due vo-
divino dell'aramaico mar attestato già ai tempi del NT, e il fatto che l'acclamazio-
ne xupto; Kataap è attestata solo nel secolo II in Mart. Polyc. 8,2 (mentre il titolo caboli sono associati: 8éa7roxa xupi&); il loro normale ricorso a Kupio?
viene ancora rifiutato da Augusto [cf. Svetonio, Aug. 53] e s'impone mano a mano dipende forse dal fatto che al tempo della versione questo termine non
solo da Nerone in poi, quando il cristianesimo ha già almeno vent'anni di vita; cf. era ancora invalso come diffuso epiteto pagano delle divinità 155 : certo
W. Foerster, in GLNT V, coli. 1382-1391). è che nei LXX per designare Dio non si trova mai l'appellativo ava!;,
151
Cf. H. Conzelmann, Teologia del NT, pp. 132-133. Da parte sua G. Howard,
The Tetragram and the New Testament, JBL 96 (1977) 63-83, ipotizza addirittura "signore, padrone, capo", che veniva impiegato già fin dai tempi ome-
che i primi autori del Nuovo Testamento abbiano collocato il tetragramma nelle rici per designare gli dèi (cf. //. 3,351; in Eschilo, Suppl. 524, Zeus è
loro citazioni o allusioni all'Antico Testamento e che solo i copisti abbiano poi uti- cantato come òcvoclj àvàxtoov, "Signore dei signori").
lizzato
152
in un secondo tempo il greco!
Se ne può vedere una documentazione in: Psalterii Hexapli Reliquiae, cura et
studio lohannis Card. Mercati - 1 . Codex Rescriptus Bibliothecae Ambrosianae O La conclusione, dunque, è molteplice: (1) l'uso cristiano di desi-
39 SVP., Bybliotheca Vaticana 1958: tavola 3 riga 34, tavola 5 righe 5 e 28; P.W. gnare Gesù come " S i g n o r e " è già di origine semitica, siro-pale-
Skehan, The Divine Name at Qumran, in the Masada Scroll, and in the Septuagint,
Bulletin of the International Organization for Septuagint and Cognate Studies 13 stinese, come dimostra l'invocazione aramaica presente in ICor
(1980) 14-44; Pietersma A., Kyrios or Tetragram: A Renewed Questfor the Originai
LXX, in A. Pietersma - C. Cox, edd., De Septuaginta. Studies in Honour of J. W.
Wevers, Benben Publications, 1984, pp. 85-101; E. Tov, The Greek Minor Prophets
Scrollfrom NaalHever(8HevXIIgr), DJD 8, Clarendon, Oxford 1990, p. 77; P.W. 154 Yedi in particolare J.R. Royse, Philo, Kyrios, and the Tetragrammaton, in
Skehan - E. Ulrich - J.E. Sanderson, Qumran Cave 4 - IV, DJD 9, Clarendon, Ox- D.T. Runia, ed., The Studia Philonica Annual. Studies in Hellenistic Judaism, III,
ford 1992, pp. 169-172, 174, 176; P.-M. Bogaert, Septante et versions grecques, in Scholars, Atlanta 1991, pp. 167-183; secondo l'Autore, anche se per Vit.Mos.
DBS fase. 68, Paris 1993, coli. 536-676 + 677-692 specie 661-663. Vedi anche F. Vat- 2,114.132 si deve supporre che Filone abbia letto il tetragramma nella sua Bibbia,
tioni, // tetragramma divino nelPFuad inv. 266, Studia Papyrologica 18 (1979) 17-29. tuttavia nella sua abitudine costante di ricorrere al nome Kyrios per tradurre i testi
Sui più antichi testimoni della LXX, cf. Passoni Dell'Acqua A., Versioni antiche dell'A.T. abbiamo la prova più antica e sicura di questa forma scritta.
155
e moderne della Bibbia, in R. Fabris e altri, Introduzione generale alla Bibbia, "Lo- Così ipotizza W. Foerster, in GLNT V, col. 1451. Ma vedi anche la voce omo-
gos" 1, LDC, Leumann (Torino) 1994, pp. 347-372, specie 350s. nima in C. Spicq, Note di lessicografia neotestamentaria, I, GLNT Suppl. 4, Bre-
153
Cf. D.B. Capes, Old Testament Yahweh Texts, pp. 40-43. scia 1988, pp. 925-937.
60 LA CHIESA GIUDEO-CRISTIANA DI GERUSALEMME ALTRE FONTI DELLA PRIMITIVA CRISTOLOGIA 61

16,22156; (2) questa invocazione non può avere una semantica este- Il titolo, peraltro, nel suo uso corrente è sempre espressione di
nuata di tipo profano nel senso di "maestro", sia perché l'uso divi- una celebrazione altrui 161 . Esso infatti esprime non un'autocom-
no della medesima è già ampiamente attestato nell'aramaico del tem- prensione personale da parte di Gesù, che nella sua vita terrena non
po, sia perché sarebbe stato incongruo rivolgersi al Gesù risorto con se lo è mai attribuito 162 , ma una convinzione propria di altri, cioè
un epiteto che valeva pienamente solo per la sua vita terrena157, tan- di chi sa di stare con lui in un rapporto di dipendenza e di affida-
to più in un contesto eucaristico; (3) anche il titolo greco Kupio? dato mento: un "signore", a meno che non sia un tiranno oppressore,
a Gesù ha quindi un precedente palestinese158, e questo all'interno lo si sceglie liberamente in base ad alcuni dati oggettivi e lo si con-
dello stesso movimento cristiano. Qui esso può valere come versio- fessa poi come tale. Non per nulla, l'arcaica designazione aramai-
ne dell'aramaico Mare', con cui egli veniva già designato; ma non ca Maranatha parla di Gesù non in assoluto come di un "Signo-
si può non pensare anche a una ripresa della prassi dei LXX, le cui re" {Mare'), ma in senso relativo come del "Signore nostro"
Scritture venivano abitualmente lette anche nell'ambito del culto cri- (Marano'o Marari), dove cioè risulta per così dire costitutiva della
stiano, e in esse il titolo vale come traduzione del tetragramma divi- Signoria di Gesù la dimensione ecclesiale dei credenti in lui. La co-
no Yhwh, oltre che del ricorrente titolo Adonay detto spesso di munità dei battezzati quindi è in qualche modo co-essenziale a que-
Dio 159 . Sicché l'innovazione capitale del Nuovo Testamento, a par- sta Signoria, di cui costituisce l'altro polo: è tra di loro che essa
tire già dalla comunità giudeo-cristiana palestinese, consiste proprio realizza appieno la sua natura.
nell'applicare a Gesù di Nazaret una qualifica, che non appartene- L'orientamento escatologico dell'invocazione ci riporta alla te-
va certo alla tradizione messianica, ma che più di ogni titolo messia- matica di un passo come quello di At 3,19-21, esaminato sopra.
nico comportava un riferimento alla sua dimensione divina160. La dimensione della speranza e dell'attesa in senso cristologico ap-
pare quindi in primo piano come un dato arcaico della fede cri-
156
Che il titolo Mare' in questo passo designi specificamente Gesù e non gene- stiana; essa sarà riformulata ben presto anche da Paolo (cf. lTs
ricamente Dio, risulta sia dall'uso del titolo Kyrios nella ICor (già in 1,2 i destina- 1,10: "...attendere dai cieli il Figlio suo") e diventerà poi tradizio-
tari sono qualificati come "coloro che invocano il nome del Signore nostro Gesù
Cristo", e in 8,6 Paolo distingue fra "un solo Dio" e "un solo Signore Gesù Cri- nale (cf. 2Tm 4,8 dove i cristiani sono definiti come "coloro che
sto"), sia dal contesto eucaristico dell'invocazione (cf. Did. 10,6), sia dal parallelo attendono con amore la sua epifania"). Il probabile nesso con la
Apoc 22,20 ("Vieni, Signore Gesù"). celebrazione eucaristica implica anche un richiamo a quei passi si-
157
Sull'ipotesi che il titolo aramaico fosse già usato nei confronti di Gesù du-
rante la sua vita terrena come mero sinonimo di Rabbi e che dopo la Pasqua si sia nottici, secondo cui Gesù durante l'Ultima cena operò un riferi-
caricato di un senso forte, cf. sopra: nota 148.
158
mento essenziale al banchetto del regno futuro (cf. Me 14,25 p a m ;
Contro l'antica tesi di W. Bousset su di una origine extra-palestinese, cf. gli Le 22,15-16). È anche possibile che l'invocazione implichi una fun-
argomenti addotti da D.B. Capes, Old Testament Yahweh Texts, pp. 20-31: (1) non
bisogna separare fittiziamente un giudaismo ellenistico da uno palestinese; (2) l'u- zione giudiziale-condannatoria connessa con la venuta di Gesù, te-
so cristologico del titolo non è equivalente al suo uso pagano a motivo della strut- nuto conto che essa è collocata immediatamente a ridosso di una
tura della fede cristiana; (3) il problema posto dall'uso forte del titolo al monotei-
smo ebraico non è sentito come un dramma né da Paolo e nemmeno dai suoi oppo-
esecrazione ("...sia anathemal")163. Tuttavia, i paralleli segnalati
sitori giudeo-cristiani. con ICor 11,26; Ap 22,20; Did. 10,6 ci impediscono di restringere
159
II greco Kupio? infatti nella LXX traduce 6.156 volte il tetragramma YHWH la sua interpretazione entro queste maglie negative. In quanto tale
e 439 volte l'appellativo divino àdonay; cf. G. Quell, in GLNT V, col. 1392; e C.
Westermann, Dizionario teologico dell'Antico Testamento, I, col. 28. il grido aramaico può ben leggersi anche come espressione di quel-
160
Cf. già A. Deissmann, Licht vom Osten, pp. 298-304 (vedi p. 298: "Si può
dire con certezza che al tempo delle origini cristiane Signore era un appellativo di-
161
vino, comprensibile come tale in tutto il Mediterraneo orientale"). Per quanto ri- Cf. la documentazione di tipo comparatistico a livello religioso, offerta da
guarda l'ambito latino, si può aggiungere che la dimensione divina del titolo è atte- C. Spicq, Note di lessicografia neotestamentaria, I, pp. 929-932 (a proposito di dèi
stata da fatti come i seguenti: Augusto rifiutò sempre con modestia l'appellativo e sovrani in età ellenistica e imperiale).
162
di Dominus "come un'ingiuria e un obbrobrio (...) una adulazione indecorosa" Circa l'eccezione che potrebbe costituire Me 11,3 vedi sopra: nota 148.
163
(Svetonio, Aug. 53); e dopo la morte di Domiziano (che negli atti ufficiali aveva Come tale, quasi come un'apposizione all'esecrazione, è stata storicamente
arrogantemente preteso di essere qualificato come Dominus ac deus noster; cf. Sve- compresa per esempio dal Concilio di Toledo del 733, di cui un canone, contro chi
tonio, Dom. 13) il poeta Marziale scriverà con sollievo nei confronti del più umile si fosse opposto a quegli statuti, così minaccia: "Qui contra nane definitionem prae-
successore Nerva: "Non dirò più «Nostro dio e signore» (...) Qui non c'è un Si- sumpserit, anathema maranatha, hoc est perditio in adventu domini sit" (citato in
gnore, ma solo un imperatore" (Epigr. 10,72,3.8). P.-E. Langevin, Jesus Seigneuret l'eschatologie, p. 204). Vedi anche sopra: nota 139.
62 LA CHIESA GIUDEO-CRISTIANA DI GERUSALEMME GESÙ CRISTO E LO SPIRITO SANTO 63

la " e s u l t a n z a " segnalata in At 2,46 come caratteristica delle prime ce così sostituita nei LXX: e di pietà]; si compiacerà del timore di Yhwh.
celebrazioni liturgiche. (...) Giudicherà con giustizia i miseri (...). Colpirà il violento con la verga
In ogni caso, che non si tratti di una semplice fuga in avanti ri- della sua bocca e con lo Spirito delle sue labbra ucciderà l'empio". Que-
sulta proprio dalla qualifica di "Signore nostro". Già oggi la co- sto passo, che ha dei paralleli nel testamento di Davide in 2Sam 23,1-7,
munità confessa che Gesù è suo Signore a pieno titolo; e l'invoca- dipinge il re davidico dotato in pienezza di una potenza divina, che gli
permette un governo totalmente giusto dalle caratteristiche persino
zione della sua venuta (ultima) non deve nascondere il fatto che
paradisiache 165 . Il passo eserciterà uno straordinario influsso sulla suc-
i cristiani nel loro insieme vivono fin d ' o r a una speciale comunio- cessiva tradizione giudaica (a livello di messianologia) e anche su quella
ne con lui. T u t t ' a l più la chiesa confessa in questo m o d o la pro- cristiana (a livello di cristologia) 166 .
pria certezza di essere, anche al m o m e n t o del giudizio escatologi- Ne troviamo gli echi in Ps. Sai. 17,37 ("Dio lo ha reso forte con uno
co, al riparo da ogni sentenza condannatoria, poiché il suo Signo- spirito santo" [ó 0eò<; xaxeipyàaaxo aùxòv Suvaxòv èv 7rv£U{jLaxi àyito],
re garantisce per lei 164 . e contesto); 18,7 ("Beati coloro che vivranno in quei giorni... sotto il
bastone della correzione dell'Unto del Signore nel timore del suo Dio,
con ammaestramento di spirito e di giustizia e di forza"); lEn. 49,3 ("In
4. Gesù Cristo e lo Spirito Santo lui alberga lo spirito di sapienza e lo spirito che rende intelligenti, lo
spirito di dottrina e di forza, lo spirito di coloro che dormono nella giu-
stizia. Ed egli giudica le cose nascoste..."); 62,2 ("E il Signore degli
Un capitolo a parte della cristologia giudeo-cristiana, e di un certo spiriti stava sul trono della sua Gloria e lo spirito di giustizia scorreva
rilievo, è sicuramente quello che riguarda il nesso tra la persona su di Lui e la parola della sua bocca uccideva tutti i peccatori e tutti
di Gesù e lo Spirito Santo. Per la verità, è difficile a questo p r o p o - i perversi"); Test. Lev. 18,7 ("La gloria dell'Altissimo sarà pronuncia-
sito rifarsi a un preciso tipo di fonti, poiché se ne parla un p o ' in ta sopra di lui e lo spirito di intelligenza e di santità riposerà su di lui
tutti gli scritti del Nuovo Testamento. La difficoltà concerne la pos- [sull'acqua]"); Test. Jud. 24,2.5-6; lQSb 5,24s ("Con lo spirito delle
sibilità di determinare cronologicamente l'arcaicità palestinese della tue labbra ucciderai gli empi [...] e con la forza eterna, con lo spirito
loro stesura o almeno delle loro concezioni in materia. Ciò che c'in- della conoscenza e del timore di Dio"); HQMelch 2,18 ("E il messag-
teressa infatti non è il tema in quanto tale; esso, per esempio, rice- gero è l'unto dello spirito..."; qui il richiamo è piuttosto a Is 61,1, ma
verà in Paolo degli sviluppi peculiari e interessanti: m a a p p u n t o forse si potrebbe già considerare questo passo come una rilettura di Is
11,1-4). Da parte sua il Targum tradurrà parafrasando così Is 11,1: "E
di sviluppi si tratta. La cosa importante invece è di stabilire quali
un re uscirà dai figli di lesse, e il Messia sarà esaltato dai figli dei suoi
sono gli elementi pre-paolini, proto-cristiani e possibilmente già pa- figli" 167 .
lestinesi di questo specifico tema.
Una particolare dotazione pneumatica, ma non di tipo messianico,
U n a cosa è certa: nella tradizione giudaica di sfondo (biblica ed è testimoniata a Qumràn a proposito dell'autore degli Inni, il Maestro
extrabiblica) la dotazione pneumatica del Messia è ben documen- di giustizia. Così leggiamo per esempio in 1QH 12,11-13: " E io, l'Istrut-
tata, e qui ne offriamo i dati principali. tore, ti ho conosciuto, mio Dio, per lo spirito che mi hai dato, ho ascol-
tato fedelmente il tuo segreto meraviglioso grazie al tuo santo spirito"
A parte l'affermazione di ISam 16,13, secondo cui dopo la sua un- (trad. C. Martone; vedi anche 1QH 7,6; 9,32; 13,19; 14,25; 16,11; 17,17).
zione "lo Spirito di Yhwh entrò in Davide da quel giorno in poi", il Ma questa mah termina esclusivamente nella persona dell'orante e non
testo più importante a questo riguardo nei libri canonici è sicuramente si fa promotrice di alcun intervento né giudiziale né salvifico al di fuori
Is 11,1-4: "Un germoglio nascerà dal tronco di Isai, un virgulto germo-
glierà dalle sue radici. Su di lui riposerà lo Spirito \rùah\ di Yhwh, Spi-
rito di sapienza e d'intelligenza, Spirito di consiglio e di fortezza, Spiri- 165 vedi per esempio L. Alonso Schòkel e J.L. Sicre Diaz, IProfeti, Boria, Ro-
to di conoscenza e di timore di Yhwh [questa sesta caratteristica è inve- ma 1984, pp. 182-185.
166
Vedi M.-A. Chevallier, L'Esprit et le Messie dans le Bas-Judaisme et le Nou-
veau Testament, PUF, Paris 1958, e R. Penna, Lo Spirito di Cristo, pp. 59-144.
164 167
È su questa linea che andrà letta la rassicurante affermazione di Paolo, se- Nel Nuovo Testamento se ne trovano numerosi echi: del v. 1 (in Mt 2,23;
condo cui alla parusìa "andremo incontro al Signore nell'aria, e così saremo sem- Eb 7,14; Ap 5,5), del v. 2 (in Mt 3,16; Gv 1,32; Ef 1,17; lPt 4,14; Ap 1,4), e del
pre con il Signore" (lTs 4,17). Più ampi sviluppi alle pp. 154-156. v. 4 (in 2Ts 2,8; Ap 19,15.21).
64 LA CHIESA GIUDEO-CRISTIANA DI GERUSALEMME GESÙ CRISTO E LO SPIRITO SANTO 65
di lui, il quale appare quindi come esponente di una spiritualità propria Spettò alla riflessione cristologica della prima comunità giudeo-
di tutta la comunità che si considera erede dello Spirito escatologico di
Dio168. cristiana operare finalmente un nesso esplicito tra Gesù e lo Spiri-
to. Ciò avvenne in rapporto a tre momenti dell'esistenza di Gesù.
Se da questi ambiti passiamo alla figura storica di Gesù, stando
ai Sinottici, sorprende constatare che egli non si richiama mai allo
Spirito di Dio né per fondare il suo comportamento né per conva- 4A La risurrezione
lidare le sue parole. Infatti nel loghion della fonte Q Le 11,20 /
Mt 12,28, la versione lucana ("Se io scaccio i demoni con il dito Il primo e più certo concerne la sua risurrezione. Infatti nell'ar-
di Dio...") ha tutti i titoli per essere considerata quella originale caica confessione di fede riportata in Rm l,3b-4a si dichiara che
rispetto alla variante matteana "con lo Spirito di Dio" 169 . Più si- Gesù "fu costituito figlio di Dio in potenza secondo lo Spirito di
gnificativo è il loghion circa il peccato contro lo Spirito Santo (cf. santità dalla risurrezione dei morti" (cf. voi. I, pp. 201-208). L'e-
Me 3,28 parr.: il contesto è la controversia su Beelzebul), che di spressione "Spirito di santità", unica nel suo genere in tutto il Nuo-
fatto va spiegato come un peccato contro Gesù stesso, in quanto vo Testamento, è, tra altri, un indizio chiaro di pre-redazionalità,
lo si accusa di essere guidato da uno "spirito impuro" invece che che ci riporta a un linguaggio palestinese. Infatti, la sua formula-
dallo Spirito di Dio (vedi i Commenti); il detto suppone comun- zione greca (uveGu,a àyicaauvr)?) trova un parallelo letterale nell'apo-
que in Gesù la coscienza di una specialissima dotazione pneumati- crifo Test. Lev. 18,11 ("Darà da mangiare dell'albero della vita
ca, anche se questa non viene propriamente tematizzata. Del re- ai santi e su di essi starà lo spirito di santità"), ma è un semplice
sto, la non infrequente definizione di Gesù come "profeta" nelle calco dell'ebraico ruah haqqódes che è testimoniato sia nel TM (cf.
narrazioni evangeliche (cf. Me 6,4.15; 8,28; Mt 21,11; Le 4,18; 7,16; Is 63,10.11; Sai 51,13) sia a Qumran (cf. 1QS 9,3; 1QH 16,3; 17,26;
24,19; Gv 6,14; 7,40) esprime la persuasione delle prime comunità CD 2,12), e significa semplicemente "Spirito santo". L'afferma-
sul fatto che in Gesù "Dio ha visitato il suo popolo" (Le 7,16)170. zione di Rm l,4a può essere letta a un doppio livello, a seconda
Se le redazioni evangeliche hanno rispettato la sostanziale reti- che si vincola lo Spirito con due diversi elementi della frase: (1)
cenza di Gesù in materia, ciò è avvenuto per due motivi fondamen- un primo vincolo può essere visto in una connessione sintattica di
tali: (1) Gesù nella sua vita terrena non si è dimostrato quel Messia questo tipo: "Fu costituito...secondo (xoc-cà) lo Spirito Santo"; in
potente atteso dalla tradizione giudaica, secondo cui appunto lo questo caso, il nesso inteso è quello che corre tra l'atto divino del-
Spirito è una dotazione di forza irresistibile; non per nulla egli è la risurrezione di Gesù e lo Spirito, come a dire che quell'evento
condotto nel deserto dallo Spirito (cf. Me 1,12 parr.) solo per su- è riconducibile soltanto allo Spirito di Dio171 (analogamente a ciò
perare delle tentazioni che avrebbero voluto persuaderlo a esibi- che dirà Paolo in Rm 6,4: "Cristo fu risuscitato dai morti median-
zioni di potenza; (2) la chiesa primitiva sa che la connessione di te [Sta] la gloria del Padre"; cf. 2Cor 13,4: "egli vive per [ex] la
Gesù con lo Spirito è un dato pasquale, e nessuno come Gv 7,39 potenza di Dio"); ciò che balza in primo piano è la dimensione
lo dichiarerà tanto apertamente: "Lo Spirito non era ancora stato teo-logica dell'evento 172 . (2) Ancor più evidente è un altro vinco-
dato, poiché Gesù non era ancora glorificato". lo, quello che connette lo Spirito santo con il Risorto stesso. Infat-

168
Cf. A.E. Sekki, The Meaning of Ruah at Qumran, SBL DS 110, Scholars, 171
Sullo sfondo allora si potrebbero vedere almeno due testi veterotestamenta-
Atlanta 1989. ri, che connettono l'azione dello Spirito con due momenti decisivi e fondamentali:
169
Oltre ai Commenti, cf. C.K. Barrett, The Holy Spirit and the Gospel Tradi- la creazione del mondo (cf. Sai 104,30; Gen 1,2) e la ri-creazione di Israele dopo
tion, SPCK, London 1966 (U947), pp. 62-63. l'esilio (cf. Ez 37: visione delle ossa aride; cf. v. 14: "Farò entrare in voi il mio
170
A questo proposito occorre non maggiorare la portata di quei testi giudaici spirito e rivivrete").
che sembrano affermare l'estinzione dello Spirito Santo in Israele dopo la morte 172
Vedi anche Ap 11,11 : "Dopo tre giorni e mezzo, un soffio di vita proceden-
di Aggeo, Zaccaria e Malachia (cf. soprattutto t.Sota 13,2-4; e poi Sai 74,9; IMac te da Dio entrò in essi e si alzarono in piedi". In questo senso si può ricordare la
4,46; 9,27; 14,41; 2Bar 85,3; FI. Giuseppe, C. Ap. 1,37-41); vedi in merito J.R. preghiera liturgica ebraica delle Diciotto Benedizioni, di cui la prima suona così:
Levison, Did the Spirit Withdraw from Israel? An Evaluation of the Earliest Je- "Sii tu benedetto, YHWH, che vivifichi i morti" (accostabile a un testo come Rm
wish Data, NTS 43 (1997) 35-57. 4,17: "Dio vivifica i morti e chiama all'esistenza le cose che non esistono").
66 LA CHIESA GIUDEO-CRISTIANA DI GERUSALEMME GESÙ CRISTO E LO SPIRITO SANTO 67

ti il complemento modale (parallelo al precedente del v. 3b: "Nato ti e tre i Sinottici (e affermato dal quarto evangelista in Gv 1,32-34)
dal seme di Davide secondo la carne") concerne primariamente la depone certamente a favore dell'arcaicità del racconto, tenuto conto
figura stessa di Gesù e in particolare connota la sua nuova condi- anche del fatto che "il cristianesimo primitivo si inscrive fonda-
zione di "figlio potente". Proprio come si dice in Ps. Sai. 17,37 mentalmente nel campo dei movimenti battistici giudaici" 175 . Il
(cf. sopra), lo Spirito Santo è ciò che rende potente il Risorto; o dato storico del battesimo di Gesù, per molti versi risultante
meglio: tutta la nuova potenza del Risorto consiste essenzialmente problematico 176 , non poteva non originare una specifica riflessio-
nello Spirito Santo. Questa prospettiva è gravida di conseguenze ne da parte della prima comunità giudeo-cristiana. Ne è segno elo-
cristo-soteriologiche. Ciò significa non solo che Gesù ora è stato quente lo scenario che segue il fatto essenziale dell'immersione nel-
investito dallo Spirito così da essere innalzato a un nuovo tipo di l'acqua, composto da: la visione dei cieli aperti, la simbologia del-
esistenza, ma pure che egli ora dispone personalmente dello Spiri- lo Spirito che scende come colomba, e la frase pronunciata da una
to, che lo rende in grado di intervenire costantemente per il bene voce proveniente dall'alto. Senza addentrarci qui nei dettagli del
(cioè la santità) dei suoi discepoli. È possibile, invece, che l'affer- racconto teofanico (tutti d'impronta fortemente giudaica), possia-
mazione secondo cui Gesù dona lo Spirito stesso si fondi su di una mo fare sostanzialmente nostra la proposta, secondo cui è possibi-
successiva fase di riflessione. Su questa linea infatti si spiega la frase le scorgere in questa teofania un tentativo ermeneutico, di conio
di Pietro nel discorso di Pentecoste: "(Gesù) innalzato dalla de- antico, per spiegare non tanto il rito in se stesso quanto piuttosto
stra di Dio 173 , e ricevuto dal Padre lo Spirito Santo della promes- l'identità di Gesù177. Infatti, "il suo forte contenuto cristologico
sa, lo ha effuso come voi vedete e udite" (At 2,33; cf. 1,4). Non compensa nella mente dei lettori la sconcertante umiliazione del
si può dire che questa formulazione sia stata coniata al momento battesimo" 178 . In ogni caso, dire che lo Spirito scese su Gesù si-
dei fatti, ma l'idea ivi espressa sviluppa semplicemente una conce- gnifica affermare che egli è stato chiamato e inviato da Dio come
zione tipica già della primitiva comunità giudeo-cristiana. Se la po- suo figlio e suo servo dalle particolari connotazioni profetiche (che
tenza del Risorto consiste tutta nella sua nuova dotazione pneu- Le 4,16-30 espliciterà chiaramente).
matica, se ne poteva dedurre logicamente che il suo stesso dono
pasquale, che egli era stato messo in condizione di comunicare, fosse
anch'esso di tipo pneumatico 174 . 175
K. Berger, Theologiegeschichte des Urchhstentums, p. 106.
176
II problema posto dal battesimo di Gesù consiste, da una parte, nel fatto che
egli vi si sottopone benché non sia un peccatore bisognoso di conversione, e, dal-
l'altra, nel fatto che egli è il Messia, "il più forte" (Me 3,11; cf. Gv 1,15), che cio-
4.2 II Battesimo al Giordano nonostante si confonde anonimamente tra la gente accorsa da Giovanni. Il proble-
ma è percepito esplicitamente da Mt 3,14-15 e dall'apocrifo Vangelo secondo gli
L'attenzione si sposta poi al battesimo, avvenuto al Giordano Ebrei (in Gerolamo, C. Pel. 3,2: alla madre e ai suoi fratelli che gli dicono di anda-
re da Giovanni che "battezza per la remissione dei peccati", Gesù ribatte in modo
per mano di Giovanni Battista. Il fatto che esso sia narrato da tut- un po' sibillino: "Che peccati ho fatto io, per andare a farmi battezzare da lui?
A meno che proprio ciò che ho detto sia frutto di ignoranza"). Persino il quarto
vangelo ha voluto togliersi dall'imbarazzo tralasciando addirittura la narrazione
173
Questa traduzione è preferibile a quella che dice "Innalzato alla destra di del battesimo e limitandosi a una generica dichiarazione del Battista sul dono dello
Dio" (CEI, Haenchen, Conzelmann, Schneider, Pesch); infatti il complemento TTJ Spirito a Gesù (cf. Gv 1,32-34). Altrettanto problematico è il fatto che Gesù duran-
8egi? xoG 0eoG si intende al meglio come strumentale (cf. At 2,32 e 5,31; così anche te il suo ministero non battezza (probabilmente egli appartenne al movimento bat-
BJ, Stàhlin, Wikenhauser, Barre») sulla falsariga di Sai 118,15b-18 LXX: "La de- tista di Giovanni, dal quale poi si staccò; cf. C.H. Dodd, Historical Tradition in
stra del Signore ha compiuto una meraviglia, la destra del Signore mi ha innalza- theFourth Gospel, University Press, Cambridge 1963, pp. 251-301) e che nella sua
t o " (cf. la metafora del braccio teso in Es 6,6; Dt 4,34). vita terrena non c'è alcun loghion che raccomandi ai suoi discepoli di amministrare
174
È anche per questo che R. Pesch, Die Apostelgeschichte (Apg 1-12), I, il battesimo.
177
EKKV/1, Zùrich-Einsiedeln 1986, scorge nel discorso di Pietro a Pentecoste la cri- Vedi F. Lentzen-Deis, Die Taufe Jesu nach den Synoptikern. Literarkritische
stologia più antica (cf. pp. 126-128). Del resto, tutta la pneumatologia degli Atti und gattungsgechichtliche Untersuchungen, Knecht, Frankfurt a.M. 1970.
178
è di tipo pre-paolino; infatti lo Spirito vi è presentato non tanto come un principio S. Legasse, Alle origini del battesimo. Fondamenti biblici del rito cristiano,
interiore di vita nuova quanto piuttosto come una forza propulsiva che spinge e San Paolo, Cinisello Balsamo 1994, p. 63. In sintesi, sui problemi posti dall'origi-
sostiene nei compiti della testimonianza, della predicazione, e della missione (cf. ne storica e dai significati propri del battesimo, cf. L. Hartman, Baptism, in ABD
J.H.E. Hull, The Holy Spirit in the Acts of the Apostles, Lutterworth, London 1967). 1, pp. 583-594.
68 LA CHIESA GIUDEO-CRISTIANA DI GERUSALEMME GESÙ CRISTO E LO SPIRITO SANTO 69

4.3 // concepimento comunque sempre di un intercorso carnale, quindi propriamente


di un concepimento non verginale. I due testi evangelici invece in-
Con un passo ulteriore si giunge a connettere l'intervento dello tendono proprio questo. Il testo più forte è quello di Le 1,35 dove
Spirito Santo con il concepimento stesso di Gesù. I testi in propo- si leggono due frasi in parallelismo sinonimico: "Lo Spirito Santo
sito sono solo due: Mt 1,20 e Le 1,35179. Anche se recano i segni verrà (è7reXeuarixai) su di te e la potenza dell'Altissimo ti adombre-
di una redazione propria di ciascuno dei due evangelisti (quindi tar- rà (Ì7cicjxtà<jei)". È evidente anzitutto la corrispondenza tra Spirito
divi), non si può dubitare che essi raccolgano una tradizione pre- e dynamis, come del resto si nota spesso anche altrove (cf. Le 4,14;
redazionale che in ultima analisi è di tipo giudeo-cristiano. Oltre At 1,8; 6,8.10; 10,38; Rm l,4a; 15,13.18; ICor 2,4; 5,4; lTs 1,5;
tutto il resto, la menzione stessa dello Spirito ci porta in questa 2Tm 1,7). Quanto ai due verbi, il primo richiama un testo come
direzione. Essa distanzia il caso-Gesù sia dai racconti di concepi- Is 32,15 LXX ("Verrà su di noi uno Spirito dall'alto"), dove si
mento straordinario propri della tradizione biblica, dove si tratta parla della trasformazione escatologica del deserto in un giardino;
sempre di donne sterili (di cui si suppone comunque che siano fe- il secondo invece richiama l'idea biblica della nube che, come me-
condate dal marito; cf. Sara, madre di Isacco; la moglie di Ma- tafora della presenza di Dio, riempiva la Tenda del Convegno du-
noach, madre di Sansone; Anna, madre di Samuele; ed anche Eli- rante l'esodo nel deserto (cf. Es 40,35: "La nube dimorava [TM:
sabetta, madre di Giovanni), sia dai parallelismi con le storie di Mkan\ LXX: Ì7teaxtaCev] su di essa e la gloria del Signore riempiva
concepimenti avvenuti per l'unione di un dio con una donna mor- la Dimora"). Anche se il testo suggerisce una interessante mario-
tale, presenti nella mitologia greca (cf. per esempio Perseo, Era- logia, va precisato che il suo intento primario è di sottolineare non
cle, Asclepio, i Dioscuri), oltre che in alcune notizie su determinati tanto la grandezza della madre quanto quella del figlio suo: "Co-
personaggi storici (come Alessandro Magno e Ottaviano Augu- lui che nascerà santo sarà chiamato Figlio di Dio" (Le l,35b)182.
sto)180. In tutti questi casi non si parla mai di un intervento dello Risulta comunque chiaro che la pneumatologia ha già le sue ra-
Spirito. Né fa eccezione la notizia fornitaci da Plutarco, secondo dici nel giudeo-cristianesimo palestinese, e che un suo settore spe-
cui "gli egizi fanno una distinzione, comunemente accettata, se- cifico, forse il più antico a livello di attestazione, riguarda proprio
condo la quale non è impossibile che lo spirito di un dio (7cveGfxa il rapporto dello Spirito con la persona di Gesù. Se la prima comu-
GeoG) avvicini una donna e deponga in lei i germi di una generazio- nità considerava il Gesù terreno passivamente condotto dalla for-
ne, mentre è impossibile l'unione e il rapporto carnale di un uomo za dello Spirito, alla maniera degli antichi profeti, essa ora vede
con una dea"181. Come si vede, sia qui sia nei casi suddetti si tratta in lui come Risorto il depositario messianico e quindi il dispensa-
tore attivo del medesimo. Quest'ultimo aspetto però non è svilup-
179
pato; spetterà soprattutto a Paolo, e poi a Giovanni, enuclearne
Oltre i commenti, vedi in proposito R.E. Brown, La nascita del Messia se- tutte le virtualità183.
condo Matteo e Luca,Cittadella, Assisi 1981 (orig. ingl., New York 1977, 21993),
rispettivamente pp. 173-181 e pp. 417-424; R. Laurentin, Les évangiles de l'Enfan-
cedu Christ, Desclée, Paris 1982 (trad. ital., Paoline, Cinisello Balsamo 1985), ri-
spettivamente pp. 321-323 e pp. 189-194, con una sintesi alle pp. 470-505. (al pari di Licurgo e di altri sovrani legislatori), "dovendo muovere moltitudini im-
180
Per Alessandro, cf. Plutarco, Vit. Alex. 2-3 (qui però si registrano racconti petuose e restie a introdurre grandi innovazioni nei loro Stati, finsero di godere
diversi, riguardanti non solo il concepimento [secondo alcuni la madre Olimpiade della stima di Dio" (come a dire che il racconto dell'unione con Egeria era solo
sarebbe rimasta incinta da un fulmine o da un serpente], ma anche sull'atteggia- un «instrumentum regni»)!
mento di Olimpiade verso il figlio [secondo alcuni scrittori essa avrebbe confidato 182
Cf. S. Zedda, "Colui che nascerà santo sarà chiamato Figlio di Dio". I. Breve
ad Alessandro il segreto del suo concepimento, mentre secondo altri essa ripudiava storia dell'esegesi recente, RivBibl 33 (1985) 29-43; //. Questioni sintattiche ed ese-
tutte queste credenze!]). Per Augusto, cf. Svetonio, Aug. 94,3-5 (secondo cui la gesi, ib. 165-189.
madre Atia sarebbe stata messa incinta da Apollo durante una notte passata da 183
lei nel tempio del dio). Dei due tipi di formula, che F.W. Horn, Dos Angeld des Geistes, pp. 62-65,
181 considera più tipiche per esprimere la partecipazione allo Spirito (cioè: "Dio ci ha
Vit. Num. 4; l'affermazione è fatta per sottolineare l'eccezionalità di Numa, dato lo Spirito" [At 5,32; 15,8; Rm 5,5; 11,8; 2Cor 1,22; 5,5; lTs 4,8; 2Tm 1,7;
secondo re di Roma, il quale al contrario, pur essendo un mortale, si unì a una lGv 3,24; 4,13] e "Voi avete ricevuto lo Spirito" [Gv 7,39; 14,17; 20,22; At 2,33.38;
dea, la ninfa Egeria, da cui trasse anche ispirazione per stendere la legislazione fon- 8,15.17.19; 10,47; 19,23; Rm 8,15; ICor 2,12; 2Cor 11,4; Gal 3,2.14; lGv 2,27]),
damentale per la città. Tuttavia, è interessante osservare che poco dopo lo stesso la prima è da considerarsi più antica dell'epistolario paolino, forse anche perché
Plutarco accetta come possibile una ipotesi per così dire 'laica', secondo cui Numa non fa alcun riferimento a una mediazione cristologica nel dono.
70 LA CHIESA GIUDEO-CRISTIANA DI GERUSALEMME IL TEMPIO E LA LEGGE 71

5. II Tempio e la Legge icasticamente nell'annotazione sinottica (di timbro giudeo-cristiano)


secondo cui alla morte di Gesù "il velo del Tempio si squarciò in
Verso due delle componenti fondamentali del giudaismo la pri- mezzo da cima a fondo" (Me 15,38//): è come dire che Dio ormai
ma generazione cristiana adottò atteggiamenti diversi. non è più là, ma sulla croce189. Vi si legge una soteriologia impli-
cita, che comporta evidentemente anche un giudizio su Gesù e sul-
la sua funzione salvifica. Anche se questo collegamento con il Tem-
5.1 // Tempio pio troverà poi solo in Eb la sua massima esplicitazione cristologi-
ca, l'indicazione non va trascurata a motivo della direzione in cui
A seguito della critica pur parziale già condotta da Gesù, la pri- essa è già decisamente orientata.
ma comunità di Gerusalemme prese le distanze dalle liturgie sacri-
ficali del Tempio, apparendo in ciò piuttosto vicina agli esseni e
ai battisti. Il Tempio resta luogo di preghiera (cf. At 2,46; 3,1)184 5.2 La Legge
e tutt'al più luogo deputato per lo scioglimento di un voto (cf.
At 21,26). Ma per Stefano e il suo gruppo è fatto oggetto di forte Ma è soprattutto nel settore della Legge che si gioca maggior-
critica (cf. At 6,13; 7). Ormai "per le comunità primitive Tem- mente la comprensione del ruolo di Gesù e la sorte del vincolo che
pio e sinagoga erano soprattutto luoghi di predicazione e di lega la chiesa a Israele, poiché ancor più del Tempio essa sta nel
missione"185, tant'è vero che il momento forte dell'espressione re- cuore della rivelazione di Dio al suo popolo. Ebbene, detto subito
ligiosa avviene con "lo spezzare il pane nelle varie case" (At in termini generali, i primi cristiani vogliono evitare due opposti
2,46.42), in ambito familiare, dove si raduna l'assemblea cristiana poli di una falsa cristologia: da una parte, sganciare Gesù e se stes-
(cf. Fm 2)186. Questo superamento del concetto di luogo sacro, de- si dalla matrice giudaica e, dall'altra, nascondere lo scarto provo-
putato ai riti di espiazione, raggiungerà il suo culmine in Paolo, cato dalla sua figura e dalla propria fede. Ora, le più antiche fonti
che definirà sorprendentemente la comunità stessa "tempio di Dio" giudeo-cristiane non tematizzano l'argomento; anzi, esse offrono
(ICor 3,16-17), e nel Quarto Vangelo, che dichiarerà decaduto ogni indizi di una varietà di posizioni anche contrastanti. Così, per esem-
luogo di culto (cf. Gv 4,20-24) identificandolo ormai nel corpo di pio, mentre la fonte Q non presenta una vera valutazione negativa
Cristo (cf. 2,21)187. Ma il primo passo di questo cammino venne della Legge190, ancora una volta Stefano e il suo gruppo sono in-
intrapreso già dalla comunità di Gerusalemme188, ed è espresso vece piuttosto critici (cf. At 6,13-14)191; da parte sua, Mt sottoli-

gerosolimitano a quello della chiesa. Qualcosa di analogo avveniva già nella co-
184
In questo senso va anche la notizia di Eusebio, H.E. 2,23,6, secondo cui so- scienza degli uomini di Qumràn, come si legge per esempio in 1QS 8,7-10 (cf. G.
lo a Giacomo era permesso di entrare nel Santuario e là stava "in ginocchio a im- Gàrtner, The Tempie and Community in Qumran and the New Testament, SNTS
plorare perdono per il popolo, al punto che le ginocchia gli si erano fatte dure co- MS 1, University Press, Cambridge 1965).
189
me quelle di un cammello per il continuo prosternarsi a Dio in adorazione e chiede- Cf. C. Perrot, Jesus, Christ et Seigneur, p. 165. Vedi anche l'ottimo com-
re perdono". Comunque queste notizie, che sanno di agiografia popolare, manca- mento di S. Legasse, L'évangile de Marc, II, LD Commentaires 5, Cerf, Paris 1997,
no nel passo in cui FI. Giuseppe, Ant. 20,197-203, ci parla di lui e della sua morte. pp. 976-979.
185 190
F. Hahn, // servizio liturgico nel cristianesimo primitivo, SB 20, Paideia, Bre- Lo si vede in Le 16,16.17/Mt 11,12; 5,18. A questo proposito già S. Schulz,
scia 1972 (orig. ted., Stuttgart 1970), p. 47. Q, pp. 114-116 e 261-264, commentava il doppio loghion nel senso che tra il tempo
186 vedi in merito H.-J. Klauck, Hausgemeinde und Hauskirche imfruhen Chri- della Legge e il tempo del Regno non c'è alternativa ma solo successione in quanto,
stentum, SBS 103, Katholisches Bibelwerk, Stuttgart 1981. se nel tempo della Legge e dei Profeti il Regno non era una presenza di salvezza,
187
Questo atteggiamento negativo verso il Tempio e i suoi sacrifici proseguirà ora però nel tempo del Regno la Legge e i Profeti continuano il loro ruolo. Sulla
non solo in ambito anti-giudaico (cf. Ep. Barn. 2,6: "Dio ha abolito tutti questi stessa linea ora vedi anche W.R.G. Loader, Jesus' Attitude towards the Law. A
[sacrifici]"), ma anche nella tradizione giudeo-cristiana (cf. Ps.-Clemente, Ricogn. Study ofthe Gospels, WUNT 2.97, Mohr, Tubingen 1997, pp. 390-431.
1,64: "Noi sappiamo con certezza che Dio è esasperato per i sacrifici che voi offri- 191
Per quanto il racconto di At 6-7 sia segnato dalla redazione lucana (enfatiz-
te, e tanto più ora che è finito il tempo dei sacrifici"; in 1,55 ai sacrifici viene con- zata da S. Legasse, Stephanos. Histoire et discours d'Etienne dans les Actes des
trapposto il battesimo). Apótres, LD 147, Cerf, Paris 1991), non si può negare che Luca sia stato vincolato
188
Cf. C. Grappe, D'un Tempie à l'autre. Pierre et l'Église primitive de Jéru- da determinate tradizioni in materia (cf. C.K. Barrett, Acts, p. 321, e C. Perrot,
salem, EHPR 71, PUF, Paris 1992, che studia appunto il passaggio dal Tempio Jesus, Christ et Seigneur, p. 101 nota 1).
BÓÉÉÉ

72 LA CHIESA GIUDEO-CRISTIANA DI GERUSALEMME IL TEMPIO E LA LEGGE 73

nea esplicitamente il valore positivo della Legge fin nei suoi detta- lemme, di cui è emanazione, resta fermamente ancorata a una spi-
gli (cf. Mt 5,17-19). Certo è che, se dobbiamo retroproiettare alla ritualità della Legge. Il suo testo è comprensibile sulla base di Lv
prima generazione il posteriore giudizio espresso dagli Ebioniti, 17-18 (che si rivolge sia agli israeliti sia ai gherim o "stranieri" che
dobbiamo credere che i giudeo-cristiani "consideravano indispen- vivono con loro) e in particolare del suo Targùm (che ne precisa
sabile la stretta osservanza della legge mosaica, poiché credevano e attualizza il contenuto)195. Esso in sostanza vuole applicare sia
che la sola fede in Cristo e la vita ad essa conforme non sarebbero ai giudeo-cristiani sia ai cristiani di provenienza gentile le stesse re-
bastate a salvarli"192! Del resto, la frequente polemica paolina su gole di purità allo scopo di fare partecipare anche i secondi all'u-
questo punto (cf. tutta la lettera ai Galati) ci informa indirettamente nico popolo di Dio, secondo un modello che sarà poi esplicitato
sulla consistenza e sul peso che il giudeo-cristianesimo nomista della in Ef 2,11-22: "Non siete più estranei né forestieri, ma siete con-
prima ora aveva persino fuori di Gerusalemme. cittadini dei santi e familiari di Dio" (v. 19). Ciò che emerge in
Un apporto alla questione ci può venire anche dal cosiddetto « de- primo piano quindi è una ecclesiologia, che riflette sulla parteci-
creto apostolico», che, rappresentando un compromesso pastora- pazione dei gentili alla 'santità' originaria dei giudeo-cristiani. Ma
le tipicamente giudeo-cristiano (circa la comunione tra cristiani pro- c'è una fondamentale differenza con il giudaismo che ammette nel
venienti dal giudaismo e quelli provenienti dal gentilesimo), può proprio seno dei gentili definiti con la categoria di Proseliti: la lo-
indirettamente gettare luce anche sulle concezioni cristologiche dei ro piena partecipazione alla comunità giudaica è vincolata alla cir-
primi cristiani gerosolimitani, di matrice giudaica. Lasciando da concisione e alla totale osservanza della Torah. Invece qui la liber-
parte alcune questioni di contorno193, se ne possono trarre in bre- tà dalla circoncisione, concessa ai cristiani di origine gentile, rispec-
ve le seguenti conclusioni sulla scorta del più recente studio in chia il fatto decisivo che "la comunione tra i cristiani di origine
materia194. Il decreto dimostra anzitutto che la chiesa di Gerusa- giudaica e quelli di origine gentile non si basava primariamente sul-
l'ideale dell'obbedienza alla Legge, ma sulla confessione di Gesù
192
come Messia del Dio d'Israele"196. Se questo atteggiamento ha un
Eusebio, H.E. 3,27,2; secondo Eusebio, furono già i primi cristiani a imporre risvolto liberale e comporta il notevole vantaggio di non livellare
loro il nome di "ebioniti" (dall'ebraico 'ebyón, "povero, indigente") "poiché ave-
vano idee povere e meschine su Cristo" (ib. 3,27,1). Vedi anche analogamente Ire- le differenze tra le due componenti della comunità cristiana, esso
neo, Adv. haer. 1,26,2 ("si fanno circoncidere e conservano le consuetudini della però dimostra pur sempre l'alta considerazione della Legge da parte
legge e il modo di vivere dei Giudei"); e Origene, C. Cels. 2,1 ("i Giudei che credo-
no in Cristo non hanno affatto abbandonato la patria legge"). Anche gli Elcasaiti
giudeo-cristiana197. Ed è proprio questa seconda componente del-
già in età traianea facevano gran conto della Legge giudaica (cf. L. Cirillo, Eletta- la loro identità che Paolo non accetterà, così come si opporrà a
seli e gli elchasaiti. Un contributo alla storia delle comunità giudeo-cristiane, Mar- Pietro nel cosiddetto incidente di Antiochia (narrato in Gal 2,11-14).
ra, Cosenza 1984, pp. 79-84). Del resto, l'ammonimento di Ignazio, AdMagn. 8,1 Egli infatti intravedeva in un simile comportamento compromis-
("se vogliamo vivere secondo la regola del giudaismo [xaxà VÓJJLOV TouSaiafióv], con-
fessiamo di non aver ricevuto la grazia"), suppone chiaramente che al suo tempo
alcuni settori del cristianesimo su questo punto erano giudaizzanti. Una particola-
re valorizzazione della Legge è testimoniata poi dallo Ps.-Clemente, come si legge
per esempio in Ricogn. 1,35 (dove la Legge data al Sinai è definita "la nuova legge dire che questa è la prima monografia sull'argomento dal 1912; poiché egli si misu-
di vita"); 2,55 ("Fantasticano assurdità contro Dio coloro che non leggono la Leg- ra con le posizioni dei maggiori studiosi in materia, vi si potrà trovare anche tutta
ge come viene trasmessa dai maestri"); cf. L. Cirillo, L'antipaolinismo nelle Pseu- la bibliografia specifica.
195
doclementine, RSB 1 (1989/2) 121-137. Per esempio, Lv 17,7 ("Essi non offriranno più i loro sacrifici ai satiri") di-
193
Esse riguardano la datazione (durante il concilio di Gerusalemme secondo venta in TPsJ: "Essi non offriranno più i loro sacrifici agli idoli, che sono equipa-
At 15,20.29? Oppure dopo, quando ad Antiochia si presenta il problema della co- rabili ai demoni"; e a proposito di Lv 18,17 circa la proibizione di rapporti sessuali
munione di mensa dei giudeo-cristiani con i pagano-cristiani, secondo Gal 2,11-14? con parenti stretti si impiega il termine "prostituzione", aram. zenù (= z'nùtà',
Meglio la seconda possibilità), la redazione (la sequenza delle quattro clausole in ebr. zenùt), a cui corrisponde altrove nei LXX il grecorcopvelapresente nel decreto.
At 15,20 [idoli, impudicizia, soffocato, sangue] è preferibile a quella di At 15,29; Cf. J. Wehnert, Die Reinheit, pp. 209-238.
196
21,25 [idolotiti, sangue, soffocato, impudicizia]), e il successivo impatto (per esempio J. Wehnert, Die Reinheit, p. 250.
197
in Ps.-Clemente, Hom. 7,8,1-2; 8,19,1; Recogn. 4,36,4, l'elenco è allungato a 7-8 Anche se il decreto ha proprio la funzione di evitare l'incomunicabilità tra
clausole). i due gruppi, superando la drastica raccomandazione che si legge per esempio in
194
Cf. J. Wehnert, Die Reinheit des "christlichen Gottesvolkes" aus Juden und Giub. 22,6: "Separati dai pagani, non mangiar con loro, non agir come loro e non
Heiden. Studien zum historischen und theologischen Hintergrund des sogenannten esser loro amico poiché le loro azioni sono impure e tutto il loro modo di vivere
Aposteldekrets, FRLANT 173, Vandenhoeck, Gòttingen 1997: l'Autore ci tiene a è immondo" (trad. L. Fusella)!
74 LA CHIESA GIUDEO-CRISTIANA DI GERUSALEMME CONCLUSIONE 75

sorio un attacco alla purezza dell'evangelo, secondo cui i gentili mente connotato. Infatti: la passione di Gesù ha un valore esem-
vanno accolti senza alcuna condizione, perché Gesù Cristo e la Leg- plare per i suoi discepoli; le sue parole di sapiente normano co-
ge sono alternativi (cf. Gal 2,16.21). Proprio la loro coesistenza, stantemente la loro vita attuale; e la sua risurrezione gli dà la pos-
invece, è caratteristica del giudeo-cristianesimo fin dalle sue origini. sibilità di operare con forza in favore della sua comunità. In parti-
colare la sua qualifica già arcaica di Signore, fondata sulla risurre-
zione (cf. At 2,36 e soprattutto Fil 2,9-11), pone la chiesa in uno
6. Conclusione stretto rapporto di dipendenza e di appartenenza esclusiva nei suoi
confronti.
La prima cristologia giudeo-cristiana, partendo dall'annuncio del- 6.4 In rapporto a Israele, Gesù Cristo è considerato certamente
la risurrezione, si concentra prevalentemente su due momenti con- come Messia e quindi in una dimensione ulteriore sia al Tempio
cernenti la figura di Gesù. sia alla Legge. Ma, se questa concezione rivela una considerazione
6.1 II primo riguarda la sua passata vita storica, all'interno del- altissima della persona e del ruolo soteriologico di Gesù (ma non
la quale si rivela comunque l'identità personale di Gesù. Per quan- è sicuro che si professasse esplicitamente la sua divinità), essa però
to possiamo giudicare dalle fonti, questo livello cristologico pren- coesiste in particolare con una sopravvivente estimazione della Leg-
de forma almeno con la stesura di un racconto della sua passione, ge, che tende a vincolare la giustificazione del peccatore all'osser-
con la raccolta dei suoi detti e anche con la tradizione del suo bat- vanza dei suoi precetti (cf. Ps.-Clemente, Ep. a Giacomo 9: è at-
tesimo, se non anche della sua nascita. Al di fuori di questo mate- traverso le opere dell'amore del prossimo che "voi vi comprate la
riale di ascendenza gesuana, impastato comunque con una rifles- felicità eterna").
sione su Gesù, la cristologia si esprime in modo più autonomo con
la creazione di alcuni titoli cristologici, di cui alcuni hanno anche
un riferimento alla fase gesuana (cf. "servo di Dio", "il giusto e
il santo").
A questo livello, Gesù viene considerato essenzialmente come il
Giusto per eccellenza (cf. il racconto della passione), inserito nella
serie storico-salvifica degli inviati di Dio, dei quali condivide la sorte
drammatica (cf. Q); in particolare, si delinea la figura complessa
di un saggio maestro di vita e di un profeta ultimo della regalità
di Dio (cf. Q). Nel suo accostamento alla personificazione israeli-
tica della Sapienza traspare anche la dimensione profonda di una
sua associazione alla divinità; e in questo senso va pure l'attenzio-
ne alla qualifica di Figlio (di Dio).
6.2 II secondo centro d'interesse è di tipo escatologico e guarda
verso il futuro. Questo livello cristologico si esprime particolarmente
nell'attenzione alla qualifica gesuana di Figlio dell'uomo (cf. Q).
Essa però si sviluppa nella concezione del suo futuro invio dai cieli
come restauratore universale (cf. At 3,19-21). La stessa invocazio-
ne della sua venuta come Signore (cf. il Maranatha) proietta la co-
munità credente verso gli orizzonti ultimi dell'incontro con lui al
momento della parusia.
6.3 Tuttavia, anche il presente della chiesa, tutt'altro che essere
un tempo di assenza, neutro e insignificante, risulta cristologica-
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Z
tungm°mTntarZUm L 8ienquelle
° > Katholisches Bibelwerk, Premesse
All'interno del cristianesimo delle origini Paolo di Tarso, com'è
noto, occupa un posto di primaria importanza. Anzi, dal punto
di vista documentaristico egli è il personaggio più rimarcato, poi-
ché abbiamo di lui una serie di lettere, documenti di prima mano,
in cui egli presenta in prima persona se stesso e il suo pensiero1.
Precisiamo subito che in questo capitolo prendiamo in considera-
zione il pensiero soltanto del cosiddetto Paolo storico, non della
tradizione paolina (a cui riserviamo il capitolo successivo); perciò
la nostra ricerca si limita per ora all'ambito delle sette lettere che
oggi sono comunemente ritenute autentiche: Rm, l-2Cor, Gal, Fil,
lTs, Fm2.
Gli studi globali e autonomi sulla cristologia paolina, anche se
non mancano e qualcuno è meritatamente celebre, tuttavia non sono
molti3. In particolare, il classico volume di Cerfaux si presta ad

1
È appena il caso di ricordare che una fortuna del genere non è toccata nean-
che a Gesù (che noi conosciamo solo per testimonianze altrui; cf. voi. I, cap. I),
per non dire della rimanente letteratura canonica, che ci si presenta o come anoni-
ma (Sinottici-At, Gv, Eb, l-3Gv) o come pseudepigrafica (lettere cattoliche), a parte
l'Apocalisse di Giovanni.
2
Cf. per esempio J. Becker, Paolo l'apostolo dei popoli, presentazione di R.
Penna, "Biblioteca Biblica" 20, Queriniana, Brescia 1996; e soprattutto R.E. Brown,
An Introduction to the New Testament, Doubleday, New York-London 1997, p.
419; da parte sua, J.D.G. Dunn, The Theology of Paul the Apostle, T&T Clark,
Edinburgh 1998, aggiunge anche Col e 2Ts.
3
Ogni "Teologia del NT" ha ovviamente un capitolo su Paolo, all'interno del
quale si tratta anche la sua cristologia; lo stesso si dica per le presentazioni globali
della figura di Paolo stesso. Quanto alle monografie specifiche, vedi soprattutto
quella di L. Cerfaux, // Cristo nella teologia di san Paolo, AVE, Roma 1969 (orig.
frane, Paris 21954); inoltre: S.G. Sinclair, Jesus Christ according to Paul. The
Christologies ofPaul's Undisputed Epistles and the Christology o/Paul, Bibal Press,
Berkeley CA 1988 (pagine 150; un sommario della cristologia di ciascuna delle set-
te lettere autentiche, con un capitolo finale di sintesi); J.B. Reid, Jesus: God'sEmp-
tiness, God's Fullness. The Christology o/Paul, Paulist Press, New York-Mahwah
1990 (pagine 145; impostato su di un confronto tematico tra Col 1,19; 2,9 [pléro-
ma] e Fil 2,5-8 [kénosis]).
90 L'APOSTOLO PAOLO PREMESSE 91

alcune critiche, che sminuiscono in parte la consistenza storica della lo studio stesso della teologia e in specie della cristologia di Paolo
sua ricostruzione4. sarebbe materialmente impossibile se non si operasse un continuo
Ma prima di iniziarne l'esposizione è importante dibattere almeno rimando a contrappunto con la letteratura giudaica, sia con quella
brevemente alcune questioni metodologiche introduttorie. canonica sia con quella extracanonica. Sarà quindi l'esposizione
Una prima questione riguarda l'eredità teologica da lui ricevu- stessa della materia a documentare il debito dell'Apostolo verso
ta. È vero infatti che egli è forse il pensatore più creativo delle ori- questo versante.
gini cristiane5. Tuttavia, gran parte di ciò che costituisce il conte- Una seconda questione potrebbe riguardare un eventuale sviluppo
nuto e l'espressione del suo pensiero egli la deriva da una doppia cristologico all'interno del pensiero paolino. Va subito detto che
matrice: il giudaismo di origine e il cristianesimo a lui anteriore. non è facile ricostruirne uno 7 . È vero, per esempio, che in lTs non
Sul secondo ritorneremo più sotto. Sul primo, che richiederebbe si trovano ancora le cosiddette « formule di missione » di Gal 4,4
una trattazione qui impossibile6, ci accontentiamo di osservare che e Rm 8,3, che presuppongono l'idea di una pre-esistenza. Ma van-
no fatte in proposito due osservazioni. L'una è che la presenza in
4
Egli imposta l'insieme in tre parti, secondo tre temi di fondo che corrisponde-
lTs di alcuni titoli cristologici forti (come "Figlio" in 1,10 e "Si-
rebbero ad altrettanti gruppi di lettere cronologicamente successivi (escluse le Pa- gnore" specie in 1,6 e 5,9), insieme alla formula d'impronta 'mi-
storali): 1. Il Cristo come autore della salvezza (sulla base di l-2Ts e ICor 15: l'e- stica' "in Cristo" (in 2,14; 4,16; 5,18), lascia intuire che Paolo fin
scatologia fondata sulla risurrezione di Gesù); 2. Il dono del Cristo (sulla base di
l-2Cor, Gal, Rm: la soteriologia in quanto imperniata sull'evento della croce e sul- dall'inizio pensava al Cristo in termini molto alti. L'altra osserva-
la partecipazione del cristiano alla vita del Risorto); 3. Il mistero di Cristo (sulla zione è che egli era già fornito di un bagaglio concettuale forte,
base di Fil, Col, Ef: qui l'interesse si concentra sull'identità personale di Cristo, derivante non solo dalla chiesa primitiva (come diremo più sotto),
compresa la sua divinità). Le critiche possibili, oltre al fatto che Cerfaux non mette
a parte 2Ts, Col, Ef come pseudepigrafiche, riguardano soprattutto l'imposizione ma anche dalla sua matrice giudaica in cui era ampiamente svilup-
di uno schema preconcetto, che di fatto non riesce a isolare nei tre momenti tutto pata la speculazione su tutta una serie di intermediari anche
ciò che è ritenuto caratteristico di ciascuno: per esempio, già nel primo ci sono espres-
sioni di tipo "mistico" che starebbero meglio nel secondo o nel terzo (cf. lTs 1,1;
celesti8. D'altronde, come vedremo, già l'inno pre-paolino di Fil
2,14); nel secondo momento, poi, si anticipano delle espressioni cristologicamente 2,6-11 implica la fede nella pre-esistenza di Cristo.
già molto forti (come le formule di missione in Gal 4,4; Rm 8,3); nel terzo, infine,
a parte il fatto che il concetto di "mistero" è inteso in senso ontologico più che
apocalittico (e comunque in Ef ha una valenza piuttosto ecclesiologica), Fil è in in L'apostolo Paolo. Studi di esegesi e teologia, Ed. Paoline, Cinisello Balsamo
una posizione forzata anche perché l'Autore non ritiene pre-paolino il testo di 2,6-11. 1991, pp. 436-469; C D . Stanley, Paul and the language ofScripture. Citation tech-
Ma ci sarebbe da ridire anche sul fatto che la cristologia è trattata come un dato nique in the Pauline Epistles and contemporary literature, SNTS MS 69, Universi-
oggettivo a prescindere dalla decisiva valenza ermeneutica svolta dall'esperienza per- ty Press, Cambridge 1992; T. Sòding, Heilige Schriftenfùr Israel und die Kirche.
sonale di Paolo sulla strada di Damasco. Die Sicht des "Alten Testamentes" bei Paulus, MTZ 46 [1995] 159-181).
5 7
Senza voler ripetere ciò che scrisse A. Schweitzer, secondo cui "Paolo ha assi- Cf. M. Casey, Chronology and the Development of Pauline Christology, in
curato per sempre nel cristianesimo il diritto di pensare" (Die Mystik des Apostels M.D. Hooker & S.G. Wilson, a cura, Paul and Paulinism. Essays in honour of
Paulus, Mohr, Tùbingen 1930, p. 365), è vero ciò che scrive O. Kuss: "Egli è sem- C.K. Barrett, SPCK, London 1982, pp. 124-134; S. Schulz, Derfrìihe undderspà-
pre 'per strada', sempre pronto ad affrontare nuove situazioni dal centro della sua te Paulus. Uberlegungen zur Entwicklung seiner Theologie und Ethik, TheolZeit
fede, senza alcun modello di appoggio, senza la conferma di un regolamento adat- 41 (1985) 228-236; J.D.G. Dunn, Prolegomena to a Theology ofPaul, NTS 40 (1994)
to alle varie circostanze. Il suo compito è di aprire nuove vie dappertutto, lascian- 407-432 qui 424; H.D. Betz, art. " P a u l " , in ABD 5, pp. 186-201 specie 196-199.
do ad altri le vie normali; naturalmente egli risolve non pochi problemi, ma al con- È sintomatico che U. Schnelle, Wandlungen im paulinischen Denken, SBS 137, Ka-
tempo ne suscita altrettanti" (Paolo. La funzione dell'Apostolo nello sviluppo teo- tholisches Bibelwerk, Stuttgart 1989, tra gli argomenti giudicati in corso di assesta-
logico della Chiesa primitiva, Ed. Paoline, Cinisello Balsamo 1974, p. 341). mento in Paolo (cioè: soprattutto escatologia, Legge, Israele, ma pure antropolo-
6
Come bibliografia maggiore, cf. W.D. Davies, Paul and Rabbinic Judaism, gia, etica, missione) non comprenda anche la cristologia. Analogamente S. Kim,
SPCK, London 1958; Id., Paul and the People of Israel, NTS 24 (1977) 4-39; M. The Origin of Paul's Gospel, WUNT 2.4, Mohr, Tùbingen 1981, pp. 100-268, po-
Barth, St. Paul - A Good Jew, Horizons in Biblical Theology 1 (1979) 7-45; G. ne già nell'esperienza di Damasco la concezione di Cristo come "immagine di Dio";
Lùdemann, Paulus und das Judentum, "Theologische Existenz Heute" 215, Kai- anche lo studio di C.C. Newman, Paul's Glory-Christology: Tradition and Rheto-
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211-236; E.P. Sanders, Paolo e il giudaismo palestinese, "Biblioteca teologica" 21, sco l'origine della cristologia paolina, la quale vede in Cristo la rivelazione della
Paideia, Brescia 1986 (orig. ingl., London 1977); Id., Paolo, la legge e il popolo gloria di Dio, cioè "the place where the divine presence of God is (now) to be found"
giudaico, SB 86, Paideia, Brescia 1989 (orig. ingl., Philadelphia 1983). Apparten- (p. 222).
8
gono a questa tematica anche tutti gli studi sull'uso paolino dell'Antico Testamen- Cf. P.G. Davis, Divine Agents, Mediators, and New Testament Christology,
to (cf. per esempio R. Penna, Atteggiamenti di Paolo verso l'Antico Testamento, JTS 45 (1994) 479-503.
92 L'APOSTOLO PAOLO PREMESSE 93

Un'ulteriore questione consiste nel chiedersi se in generale la teo- se questa non è esposta sistematicamente, è comunque presente in
logia (e in particolare la cristologia) di Paolo possa essere studiata modo risolutivo. Spetta appunto a noi allora ricavarla dai testi ed
globalmente per sintesi oppure lo debba essere analiticamente let- enuclearla sinteticamente con precisione.
tera per lettera. In questo secondo senso non mancano vistosi ten- Un'altra questione ancora si fa luce quando ci si chiede se la teo-
tativi recenti9. Essi però partono dal presupposto un po' pessimi- logia di Paolo abbia un suo punto focale, un centro organizzato-
stico, secondo cui nelle lettere il pensiero di Paolo non rivelerebbe re, e quale esso sia12. Una prima soluzione, com'è noto, è quella
alcuna coerenza interna e anzi comporterebbe delle vere contrad- della tesi luterana classica, secondo cui il centro del paolinismo con-
dizioni. Qui occorre fare un'osservazione importante. Se ci confi- sisterebbe nel tema di tipo 'giuridico' della giustificazione per fe-
nassimo alle singole lettere vi troveremmo soltanto una teologia de, interpretato in senso più o meno individualistico (cf. ancora
controversistica, ma non il pensiero globale di Paolo che invece sta R. Bultmann, E. Kàsemann, P. Stuhlmacher)13. Essa però nel no-
alle loro spalle10. In effetti, l'Apostolo nei suoi scritti non tratta stro secolo è stata sottoposta a critica da vari Autori (cf. W. Wre-
mai appositamente a parte la sua cristologia, facendone oggetto de, A. Schweitzer, W.D. Davies, E.P. Sanders), secondo i quali
d'interesse per se stessa. I suoi enunciati su Cristo sono sempre in- al centro della teologia paolina sta piuttosto il tema della parteci-
seriti nel contesto di altri temi, che sono affrontati più diffusamente, pazione 'mistica' alla morte e alla vita di Cristo14. Altri vedono
siano essi di controversia o di semplice istruzione. Persino l'inno il punto decisivo del paolinismo nella chiamata di Paolo a svolgere
di Fil 2,6-11 è posto all'interno di una parenesi e al suo servizio una missione dal carattere universale, volta particolarmente ad an-
(cf. sotto). Risulta perciò evidente che "la cristologia è la premes- nunciare l'evangelo ai Gentili15. C'è anche chi rivendica l'impor-
sa indiscussa e persino ovvia, dalla quale vengono sviluppate altre tanza della dimensione teocentrica16, dimenticando forse che essa
questioni, soprattutto di tipo soteriologico"11. Tuttavia va detto
che, se è pur vero che la cristologia entra nel discorso paolino solo
12
come premessa delle sue argomentazioni, essa però proprio per que- Cf. H.W. Boers, The Foundations ofPaul's Thought: A Methodological In-
vestigation - The Problem of the Coherent Center ofPaul's Thought, StTheol 42
sto rappresenta il fattore fondamentale, costante e ineliminabile (1988) 55-68 (con preferenza per l'antitesi fede-opere); D.G. Reid, Did Paul Have
delle argomentazioni stesse, il loro essenziale punto di riferimen- a Theology? Reconstructing the story that unites the apostle's letters, Christ Today
to. Paolo quindi, anche se non dedica appositamente pagine intere 39 (1995) 18-22; R. Penna, Introduzione al paolinismo, in L'apostolo Paolo. Studi
di esegesi e teologia, Paoline, Cinisello Balsamo 1991, pp. 13-29 qui 21-26; e so-
a trattare di Gesù Cristo in forma diretta, ha evidentemente una prattutto C.A. Davis, The Structure ofPaul's Theology. "The Truth Which Is the
sua cristologia. Se egli parte da Cristo per risolvere le varie que- Gospel", Mellen Biblical Press, Lewiston-Lampeter-Queenston 1995, pp. 1-15.
13
stioni postegli (cf. per esempio ICor 1,18-2,16 circa il problema Vedi per esempio H. Hubner, Pauli Theologiae Proprium, NTS 26 (1980)
445-473; J. Reumann, "Righteousness" in the New Testament, with responses by
delle fazioni a Corinto) o se semplicemente si rifa a lui per spiega- J.A. Fitzmyer - J.D. Quinn, Fortress/Paulist, Philadelphia/New York 1982, pp.
re i tratti tipici dell'identità cristiana (cf. per esempio Rm 3,21 - 41-125. L'impostazione bultmanniana, pur essendo di tipo antropologico ("L'uo-
5,21 circa la giustificazione per fede o Rm 6,1-11 circa la parteci- mo prima della pistis" e "L'uomo sotto \apistis"), rientra di fatto in questa pro-
spettiva.
pazione del cristiano alla morte e risurrezione di Cristo), è segno 14
Vedi particolarmente E.P. Sanders, Paolo e il giudaismo palestinese. Studio
non solo che Gesù Cristo è per lui il dato determinante del discor- comparativo su modelli di religione, BT 21, Paideia, Brescia 1986 (orig. ingl., Lon-
don 1977), specie pp. 595-606. Da parte sua, anche J.C. Beker, Paul the Apostle.
so ma che esiste pure una precisa concezione su di lui. Anche The Triumph ofGod in Life and Thought, T&T Clark, Edinburgh 1980; Id., Re-
casting Pauline Theology. The Coherence-Contingency Scheme as Interpretative Mo-
del, in J.M. Bassler, ed., Pauline Theology, pp. 15-24, condivide fondamentalmente
questa impostazione, ma sottolineando la dimensione apocalittica del pensiero paolino
9
Cf. J.M. Bassler, ed., Pauline Theology -I. Thessalonians, Philippians, Ga- come suo substrato e universo simbolico (che egli preferisce chiamare "coherence"
latians, Philemon, Fortress, Minneapolis 1991; D.M. Hay, ed., Pauline Theology piuttosto che "center"), in quanto con la morte-risurrezione di Cristo è stata inau-
- IL 1 and 2 Corinthians, Fortress, Minneapolis 1993, e il già citato H. Hubner, gurata una nuova età di cui il cristiano è entrato a far parte.
15
Biblische Theologie des Neuen Testaments - 2. Die Theologie des Paulus und ihre Cf. K. Stendahl, Paolo tra ebrei e pagani, e altri saggi, introduzione di P.
neuiestamentliche Wirkungsgeschichte, Gòttingen 1993. Ribet, "Piccola collana moderna" serie teologica 74, Claudiana, Torino 1995, pp.
10 21-45 ("L'apostolo Paolo e la coscienza introspettiva dell'Occidente": orig. ingl.
Cf. J.D.G. Dunn, Prolegomena to the Theology of Paul, pp. 415-423.
11
H. Hubner, Biblische Theologie des Neuen Testaments - 2. Die Theologie des in Harvard Theological Review 66 [1963] 199-215).
16
Paulus und ihre neutestamentliche Wirkungsgeschichte, pp. 324s. Cf. J. Plevnik, The Center of Pauline Theology, CBQ 51 (1989) 461-478.
94 L'APOSTOLO PAOLO PREMESSE 95

era propria già del fariseo Saulo. A mio parere non se ne esce fin- lettere, seguita da Cerfaux, che in proposito legge in esse uno svi-
ché non si scorge proprio in Gesù Cristo il motore propulsore di luppo tematico eccessivo e in parte arbitrario. Anche un'imposta-
tutto il pensiero dell'Apostolo, sia che lo si intenda nel senso onto- zione che privilegi un tema centrale, tale da reggere tutti gli altri,
logico della divinità (cf. la tradizionale posizione cattolica; in spe- sarebbe comandata da una preoccupazione tendenzialmente pre-
cie L. Cerfaux) o in quello funzionale della soteriologia (cf. Me- suntuosa di sintesi dogmatica 20 . D'altronde, sarebbe altrettanto e
lantone e la tradizionale posizione protestante) o ancora in quello inevitabilmente monca, ancorché preziosa, una trattazione per so-
piuttosto kerygmatico dell'annuncio della morte-risurrezione (per li titoli cristologici, poiché questi rappresentano soltanto dei filoni
esempio R. Schnackenburg)17. A ragione Barrett individua comun- settoriali ma non possono racchiudere in sé l'intera concezione Pao-
que nel solus Christus il principio fondamentale del pensiero di lina in materia 21 .
Paolo 18 ; da parte nostra, rimandiamo all'ultimo paragrafo di que- Un'osservazione fondamentale ci permette finalmente di entra-
sto capitolo. Certo è che, senza Gesù Cristo, Paolo non solo non re fin dentro la cristologia di Paolo. Essa riguarda il fatto che l'A-
avrebbe intrapreso la sua impegnativa attività missionaria, ma non postolo non specula in astratto su verità teoriche ed eterne, come
avrebbe neanche ripensato e risistemato il suo patrimonio religioso- potrebbe fare qualche filosofo a tavolino. Egli, infatti, ha davanti
culturale di fariseo osservante. a sé non tanto dei concetti da chiarire, quanto piuttosto una storia
Questa osservazione ci conduce a formulare un'ultima questio- da interpretare, materiata da queste tre componenti di fondo: l'e-
ne. Quale dev'essere il punto di partenza per una esposizione della vento oggettivo della morte-risurrezione di Gesù, la personale espe-
cristologia di Paolo? Secondo quale angolo visuale essa va studia- rienza sulla strada di Damasco e la situazione vissuta delle varie
ta? Noi scartiamo una serie di impostazioni, che riteniamo insuffi- chiese a cui si rivolge. Forse più che mai vale per Paolo l'oltrepas-
cienti e improprie. Così si dica innanzitutto di una impostazione samento di una metafisica disincarnata e l'applicazione del princi-
sistematica, che non solo colloca la cristologia all'interno di una pio secondo cui "l'essere non si dà se non nell'evento" 22 . Non che
cornice di tipo dogmatico ma che tratta la medesima secondo un il suo pensiero si risolva tutto superficialmente in soteriologia, quasi
rigoroso quanto anacronistico sistema catechistico19. Lo stesso va- che non implicasse anche un'ontologia cristologica. Tutt'altro. Però
le per l'impostazione fondata sulla successione cronologica delle egli parte di fatto dall'esistenza storica concreta, e perdipiù sa di
essere personalmente coinvolto nelle tematiche trattate. "Una teo-
logia separata dalla vita di ogni giorno non sarebbe una teologia
17
Giustamente J. Plevnik fa osservare che non bisogna confondere ciò che è di Paolo" 2 3 . Ciò risulta già dal fatto che le nostre fonti del suo
specificamente paolino con ciò che è centrale: così, essendo la giustificazione per
fede l'effetto della morte di Cristo (cf. Rm 3,21-26) e lo scopo della sua risurrezio-
ne (cf. Rm 4,25-26), ne consegue che la morte e risurrezione di Cristo hanno valore
20
primario rispetto alla giustificazione per fede (cf. The Center ofPauline Theology, Questo vale per J. Bonsirven, // vangelo di Paolo, Ed. Paoline, Roma 1963
p. 476). Ma la stessa cosa vale anche per le categorie di tipo partecipativo (come (orig. frane, Paris 1946), imperniato sul concetto di mediazione. Qualcosa di ana-
"essere in Cristo", ecc.). logo, anche se più critico, ha fatto per il tema dell'incarnazione J.D.G. Dunn, Chri-
18
Cf. C.K. Barrett, Paulus. An Introduction to His Thought, G. Chapman, stology in the Making. A New Testament Inquiry into the Origins of the Doctrine
London 1994 (trad. ital., San Paolo, Cinisello Balsamo 1996), p. 174: "Solus Chri- ofthe Incarnation, SCM, London 1980, che peraltro riguarda l'intero NT e quindi
stus è l'essenza della teologia di Paolo, e la giustificazione per fede è la sua lama stempera il caso-Paolo all'interno di una trattazione più globale.
21
tagliente". Un importante contributo al tema è quello di C. A. Davis, The Structu- Cf. il classico W. Bousset, Kyrios Christos. Geschichte des Christusglaubens
re ofPaul's Theology, che individua come centro coerente di tutta la teologia Pao- von den Anfangen des Christentums bis Irenaeus, Vandenhoeck & Ruprecht, Gòt-
lina quattro idee fondamentali: A. la morte di Cristo; B. la risurrezione e la vita tingen 1965 ('1913), pp. 104-154; W. Kramer, Christos Kyrios Gottessohn. Vnter-
escatologica di Cristo; C. la morte dei cristiani con Cristo; D. la risurrezione e la suchungen zu Gebrauch und Bedeutung der christologischen Bezeichnungen bei Pau-
vita escatologica dei cristiani con Cristo; attorno ad essi si coagulano tutte le altre lus und den vorpaulinischen Gemeinden, Zwingli, Zùrich/Stuttgart 1963.
22
componenti del pensiero teologico dell'Apostolo, suddivise in quattordici temi. Come È il principio heideggeriano ripreso per esempio da G. Vattimo, La traccia
si vede, anche qui è Gesù Cristo l'elemento organizzatore dell'intera teologia Paoli- della traccia, in J. Derrida e G. Vattimo, a cura, Annuario Filosofico Europeo -
na, sia nelle sue dimensioni oggettive (A. la morte di Cristo; B. la risurrezione di La religione, "Biblioteca di cultura moderna" 1082, Laterza, Roma-Bari 1995, pp.
Cristo), sia nei suoi risvolti soteriologici (C. la morte dei cristiani con Cristo; C. 75-89 qui 79.
la risurrezione dei cristiani con Cristo). 23
J.D.G. Dunn, Prolegomena to a Theology of Paul, p. 412. Forse a questo
19
Cf. per esempio D.E.H. Whiteley, The Theology o/St. Paul, Fortress, Phi- proposito si potrebbe opportunamente parlare di "fusione di orizzonti", secondo
ladelphia 1964, pp. 99-154. il linguaggio di H.G. Gadamer. Da parte sua H. Merklein, Der Theologe als Pro-
96 L'APOSTOLO PAOLO L'INCONTRO PERSONALE CON CRISTO 97

pensiero sono delle semplici lettere, strumenti diretti di una comu- che tale in passato egli fosse considerato anche da lui, che era sta-
nicazione immediata e viva, in dialogo con i suoi destinatari. E d'al- to un giudeo quanto mai rigoroso. Analogamente, se in Gal 3,13
tronde, come abbiamo accennato, il suo discorso su Cristo non è egli cita il passo di Dt 21,23 secondo cui "è maledetto chiunque
mai fine a se stesso, ma rappresenta sempre un risvolto (quello ba- sia appeso al legno", è evidente che il testo biblico deve essergli
silare!) delle sue riflessioni sulla giustificazione del singolo, sulla servito già prima come motivo di rifiuto e di condanna del croci-
storia della salvezza, sull'esito escatologico e sui rapporti intra- (ed fisso Gesù. C'è poi il passo problematico ma significativo di 2Cor
extra-) ecclesiali. 5,16b25, che però a volte viene tradotto male (così la CEI: "An-
In conclusione, per sapere chi è veramente il Cristo secondo Paolo che se abbiamo conosciuto Cristo secondo la carne, ora non lo co-
noi prenderemo come punto di partenza il suo personale incontro nosciamo più così"), dando l'idea che Paolo affermi di avere sto-
con lui sulla strada di Damasco. ricamente conosciuto il "Cristo secondo la carne", cioè il Gesù ter-
È questo che sta all'origine della sua nuova identità di cristiano, reno, mentre invece non abbiamo nessuna informazione circa un
di missionario e di pensatore. L'Apostolo infatti, anche se aveva incontro tra il fariseo Saulo e Gesù di Nazaret 26 . In realtà, il testo
sicuramente sentito parlare di Cristo anche prima di allora, solo Paolino dovrebbe essere tradotto letteralmente in questo mo-
in quell'evento riuscì a rendersi conto della decisività di quella per- do: "Anche se abbiamo conosciuto secondo la carne Cristo, ora
sona, non solo nel quadro generale della storia della salvezza, quan- non lo conosciamo più così". Il complemento "secondo la carne",
to soprattutto (per cominciare!) nel quadro della sua stessa vita. cioè, va unito al verbo "abbiamo conosciuto" e non al nome
Solo su questa base si potranno poi comprendere le varie dimen- "Cristo" 27 ; proprio questo infatti è il tenore del v. 16a (lett.: "Noi
sioni che la cristologia assume nel suo pensiero e che noi potremo d'ora in avanti nessuno conosciamo secondo la carne"). Evidente-
di volta in volta enucleare. mente i verbi sinonimi qui impiegati eidénai e ginóskein, "cono-
scere", significano in questo caso "giudicare, considerare, valuta-
re, stimare" (come in lTs 5,12). L'Apostolo vuole dire che, se pre-
1. L'incontro personale con Cristo cedentemente egli ha giudicato Gesù Cristo alla maniera puramen-
te umana come privo di ogni spessore particolare di tipo cristolo-
1.1 I precedenti gie©, ora invece non la pensa più così28. In sostanza abbiamo qui
l'ammissione di una considerazione non cristiana di Cristo, che ca-
Certo Paolo aveva sentito parlare di Gesù anche prima di Da-
masco. Lo possiamo dedurre non soltanto dal fatto che egli con-
25
dusse una fiera persecuzione nei confronti della comunità dei suoi Vedi la buona discussione del passo in J.W. Fraser, Paul's Knowledge of Je-
sus: II Corinthians V.16 once more, NTS 17 (1971) 293-313.
discepoli (cf. Gal 1,13-14; e At 8,3)24, ma anche da quei passi del- 26
Si potrebbe forse ipotizzare che in occasione della Pasqua dell'anno 30, quan-
le lettere in cui si può intravedere un riferimento autobiografico do Gesù venne condannato a morte, a Gerusalemme ci fosse anche Saulo di Tarso,
sufficientemente chiaro alle sue concezioni su Gesù anteriori all'e- data la prescrizione della Torah: "Tre volte l'anno (cioè, per le feste di Pasqua,
Pentecoste e Tabernacoli) ogni tuo maschio comparirà alla presenza del Signore
vento damasceno. Per esempio, se in ICor 1,23 egli dichiara che Dio" (Es 23,7; 34,23; vedi anche J. Jeremias, Gerusalemme al tempo di Gesù. Ri-
Gesù crocifisso è "scandalo per i Giudei", possiamo ben ritenere cerche di storia economica e sociale per il periodo neotestamentario, Dehoniane,
Roma 1989 [orig. ted., Gòttingen 31962], pp. 130-142: "Excursus. Il numero dei
pellegrini in occasione della Pasqua"). Ma non si può dire nulla di più; anzi, pur
se Paolo fu allora presente a Gerusalemme, egli dev'essere stato totalmente estra-
phet. Zur Funktion prophetischen Redens im theologischen Diskurs des Paulus, neo al fatto di quella condanna, come uno dei tanti membri della folla anonima
NTS 38 (1992) 402-429, sottolinea il fatto che la teologia di Paolo è più che non convenuta nella Città santa.
27
un semplice sviluppo del kerygma, poiché egli parla anche come un profeta che si II complemento modale denota il nome solo quando lo segue (come in Rm
colloca tra il dato kerygmatico tradizionale e la situazione viva delle varie comunità. 9,5; cf. anche Rm 1,3; 4,1; ICor 1,26; 10,18), non quando lo precede come nel
24
Cf. M. Hengel, Il Paolo precristiano, SB 100, Paideia, Brescia 1992 (orig. nostro caso.
28
ingl., London 1991), pp. 153-192 ; B. Wander, Trennungsprozesse zwischen fru- Cf. V.P. Furnish, II Corinthians, "Anchor Bible" 32A, Doubleday, Garden
hem Christentum und Judentum im 1. Jahrhundert n. Chr., "Texte und Arbeiten City 1984, pp. 311-315 e 329-331, e soprattutto M.E. Thrall, The Second Epistle
zum neutestamentlichen Zeitalter" 16, Francke, Tùbingen-Basel 1994, pp. 146-167. to the Corinthians, I, ICC, T&T Clark, Edinburgh 1994, pp. 412-420.
98 L'APOSTOLO PAOLO L'INCONTRO PERSONALE CON CRISTO 99

ratterizzò Paolo prima della sua conversione, la quale però ha ope- fare con quell'evento sono i seguenti: ICor 9,1; 15,8; 2Cor 4,6;
rato in lui un ribaltamento dei giudizi di valore concernenti la fi- Gal 1,12.15-16; 2,20; Fil 3,7-10.12. Di questi prendiamo brevemente
gura di Gesù. in considerazione con un esame più ravvicinato il testo di Gal 1,15s,
che in modo più completo espone il significato della cristofania che
allora si verificò32. Esso suona così:
1.2 L'evento di Damasco "Quando Colui, che mi mise a parte fin dal seno di mia madre
e mi chiamò per la sua grazia, si compiacque di rivelare /'/ Figlio
Con l'evento di Damasco le cose subirono un drastico capovol- suo in me, perché lo evangelizzassi tra le genti e c c . " .
gimento. L'importanza di ciò che successe allora va valutata non Qui emergono chiaramente alla coscienza di Paolo le tre com-
solo oggettivamente in rapporto al cristianesimo in generale (tanto ponenti fondamentali di quell'evento. (1) La prima è di carattere
che un discepolo come Luca lo racconta per ben tre volte nel suo teologico: Dio è menzionato fin dall'inizio come il primo respon-
libro degli Atti degli Apostoli), ma anche soggettivamente come sabile ed è presentato in rapporto non solo alla personale esperien-
punto di svolta nella vita di Paolo e come riassestamento di tutto za di Paolo stesso (= "mi mise a parte", "mi chiamò", "rivelare
ciò che costituiva il suo mondo ideale29. A noi perciò, più che il in me"), ma anche alla qualifica di Gesù come Figlio "suo"; l'e-
racconto lucano, interessano i passi autobiografici delle sue lette- vento perciò è radicalmente connotato dalla "grazia" di Dio e dal
re. Qui egli non obiettiva mai l'evento in una narrazione distacca- suo libero, insondabile "beneplacito"33. Questa dimensione è pre-
ta, ma lo ricorda e lo propone nella sua decisività esistenziale, an- sente altrove solo in 2Cor 4,6 dove, richiamandosi addirittura a
dando dritto al significato di ciò che allora in modo tanto sorpren- Gen 1,3 ("Sia la luce!"), si afferma che "Dio stesso rifulse nei no-
dente esperimentò30. Da quel momento infatti egli parla di Cristo stri cuori per illuminare la conoscenza dello splendore divino sul
non più per sentito dire, ma perché lo ha personalmente incontra- volto di Gesù Cristo"; ciò significa che, se Paolo ha scoperto in
to sulla propria strada, anzi si è scontrato con lui; e, più che subir- Cristo una insospettata profondità divina, egli lo deve quasi a un
ne il fascino, ne è stato letteralmente conquistato (cf. Fil 3,12: "sono atto di luminosa creazione di Dio stesso34. (2) La seconda compo-
stato ghermito"!). La cristologia di Paolo ha dunque un punto di nente, quella centrale, è di carattere cristologia): tutto ciò che av-
partenza non dottrinale, ma vissuto; ed è di qui che si spiega la venne allora consistette appunto nel disvelare a Paolo l'identità di
freschezza del suo dire e in certo senso l'impeto profetico del suo
discorso, che differenzia l'Apostolo da tutti gli altri scrittori del
Nuovo Testamento31.
32
Bisogna infatti distinguere tra la cristofania in se stessa e l'interpretazione che
Paolo ne dà; egli offre ben pochi dettagli circa la prima, mentre espone quasi solo
I passi epistolari che direttamente o indirettamente hanno a che il significato che essa ebbe per lui. Cf. C.C. Newman, Paul's Glory-Christology,
pp. 64-183, dove si recuperano al tema anche altri passi paolini come Rm 10,2-4;
ICor 9,16-17; 2Cor 5,16-17; Ef 3,1-13, e quei testi in cui si fa ricorso al termine
29
Sull'evento e la sua importanza, cf. G. Lohfink, La conversione di San Pao- X<ipu;, "grazia", unito all'aoristo di BtSwfii, "dare", come Rm 1,5; 15,15; ICor 3,10;
lo, SB 4, Paideia, Brescia 1969 (orig. ted., Stuttgart 1965); J. Blank, Paulus und 15,10.
Jesus. Eine theologische Grundlegung, SANT 18, Kòsel, Mùnchen 1968, pp. 184-248 33
Sul senso esatto di eùSoxéw-eùSoxia, cf. C. Spicq, Note di lessicografia neote-
("Die Berufung des Paulus als offenbarungshafter Grund seines Christusverhàlt-
stamentaria, voi. I, GLNT Suppl. 4, Paideia, Brescia 1988, pp. 668-678. Sulle forti
nisses, seines Apostolats und seiner Theologie"); S. Kim, The Origin ofPaul's Go-
spel; C. Dietzfelbinger, Die Berufung des Paulus als Ursprung seiner Theologie, risonanze veterotestamentarie presenti nel passo paolino, cf. J. Blank, Paulus und
WMANT 58, Neukirchener, Neukirchen-Vluyn 1985. Jesus, pp. 224-229.
34
30
Va annotato peraltro che il suo caso è uno dei pochi nell'antichità, che ven- II passo, dato il suo contesto, intende certamente anche riferirsi all'illumina-
gano esplicitamente attestati in più fonti e diffusamente raccontati; cf. R. Penna, zione arrecata dal ministero apostolico di Paolo e dei suoi collaboratori mediante
Tre tipi di conversione raccontati nell'antichità: Polentone di Atene, Izate dell'A- l'annuncio dell'evangelo, ma essa non va sottolineata al punto da mettere in om-
diabene, Paolo di Tarso, in L. Padovese, a cura, Atti del IV Simposio di Tarso bra (come tende a fare V. P. Furnish, / / Corinthians, pp. 250-251) il riferimento
su S. Paolo apostolo, Pont. Ateneo Antoniano, Roma 1996, pp. 73-92. alla personale conversione di Paolo stesso (così bene R. Bultmann, Der zweite Brief
31
Nessuno infatti degli altri redattori neotestamentari, di cui ci sfugge persino an dieKorinther, Meyer Kommentar, Vandenhoeck, Gòttingen 1976, p. I l i , e so-
l'identità anagrafica (come gli evangelisti), ci testimonia alcunché sugli inizi della prattutto K.O. Sandnes, Paul - One of the Prophets? A Contribution to the Apo-
propria esistenza cristiana e quindi nessuno scrive con tanto pathos da coinvolgere stle's Self-Understanding, WUNT 2.43, Mohr, Tùbingen 1991, pp. 131-145), an-
manifestamente se stesso in ciò che comunica. che se in Gal 1,15 l'immagine preferita non è quella dell'illuminazione ma quella
della rivelazione, che del resto sono analoghe.
100 L'APOSTOLO PAOLO L'INCONTRO PERSONALE CON CRISTO 101

Gesù come "Figlio" di Dio. È vero che questo titolo da solo non giudeo, perse del tutto la funzione di mediatore tra l'uomo e Dio,
dice tutta la ricchezza cristologica e soteriologica del pensiero del- essendo sostituita in ciò dalla persona vivente del Cristo. La chia-
l'Apostolo (anche perché, come vedremo, esso non è poi molto fre- ra percezione che "Cristo è il termine della Legge" (Rm 10,4), pri-
quente nel suo epistolario); ma l'uso che ne vien fatto nella stessa ma che venisse giocata su scala storico-salvifica generale (come ap-
Gal lascia intendere che possiamo ben connettere ad esso i vari punto in Rm), fu sperimentata individualmente da Paolo come con-
aspetti del discorso paolino su Cristo e persino sull'impatto antro- creta alternativa esistenziale37. Su ciò torneremo più avanti.
pologico della sua opera salvifica, come si vede in 2,20 ("...vivo
nella fede al Figlio di Dio..."), in 4,4 ("Dio mandò il Figlio suo,
nato da donna, nato sotto la Legge, per riscattare..."), e 4,6 ("Dio 1.3 Conversione o chiamata?
mandò lo Spirito del Figlio suo nei nostri cuori..."). È questa la
dimensione costante di tutti i passi citati sopra, sia che essa venga Ci si potrebbe chiedere a questo punto (e la cosa ha pure un ri-
espressa mediante concetti, che si rifanno al dato oggettivo dell'e- svolto cristologico) se l'esperienza vissuta da Paolo a Damasco pos-
vento, come quelli di visione (in ICor 9,1) o di apparizione (in ICor sa essere definita con la tradizionale categoria di «conversione»
15,8), sia che ne venga colta maggiormente la risonanza e l'espe- o se invece sia più appropriata la definizione di «chiamata». Que-
rienza interiore mediante concetti di tipo 'mistico' o partecipati- sta seconda sarebbe più pertinente, stando al giudizio di alcuni ese-
vo, come quelli del "Cristo in me" (in Gal 2,20) o di "io nel Cri- geti, dato che l'Apostolo per illustrare il proprio caso non fa mai
sto" (in Fil 3,9). Quest'ultimo passo in particolare fa vedere quan- ricorso allo specifico vocabolario di conversione (come [xexavoetv,
to forte e sconvolgente sia stato l'impatto di Cristo nell'esistenza "pentirsi", o èiciorp^etv, "rivolgersi, tornare") ma utilizza voca-
dell'Apostolo, fino al punto da fargli considerare una perdita e spaz- boli di altro tipo (come xocXetv, "chiamare", àcpopiCeiv, "mettere a
zatura tutto ciò che prima era stato per lui guadagno e ragione di parte, scegliere", e &7coxocXuirceiv, "rivelare"), che insistono meno
vita35. (3) La terza componente è di carattere missionario e pro- sul livello antropologico dell'evento e più su quello propriamente
mana dalle due precedenti, dando corpo allo scopo della chiama- teologico; perciò, il caso-Paolo viene accostato a quello degli anti-
ta: la predicazione dell'evangelo tra i Gentili (cf. Rm 11,13); si ve- chi profeti come Isaia e Geremia, di cui appunto non si può dire
de di qui che teologia e cristologia non sono fine a se stesse, ma che si siano convertiti ma solo che sono stati chiamati38.
vengono pensate in funzione di un universalismo che superi ogni A questo proposito vanno messe in luce due componenti tipiche
restrizione storica e culturale (cf. Rm 10,12-13)36.
dell'esperienza paolina.
Il Cristo dunque diventa d'ora in poi per Paolo l'unica ragione 1.3.1 Ciò che avvenne sulla strada di Damasco rappresenta qual-
di vita. È sintomatica in Gal 1,15s (e negli altri passi, anche se in cosa di più di una normale vocazione profetica, per il fatto che la
Fil 3 vi è un richiamo contestuale) l'assenza di ogni riferimento al- figura di Cristo là manifestatasi non è identificabile né con il Dio
la Legge, con la quale peraltro l'Apostolo polemizza poi a lungo invisibile né con un semplice uomo sia pur redivivo. Le testimo-
nel corpo della lettera. Ciò significa che a partire da allora essa,
che pure per il fariseo Saulo costituiva il dato centrale del suo essere-
37
Cf. C. Dietzfelbinger, Die Berufung des Paulus, pp. 90-125; e particolarmente
35 T.L. Donaldson, Zealot and Converti The Origin ofPaul's Christ-Torah Antithe-
Andrebbe letto l'intero passo di Fil 3,7-11, dove si contemperano bene i due
aspetti: 'mistico' (espresso dall'idea della comunione di Paolo con Cristo) e 'giuri- sis, CBQ 51 (1989) 655-682; inoltre: R. Penna, Infrazione e ripresa del rapporto
dico' (espresso dall'idea della giustificazione per fede); cf. E.P. Sanders, Paolo e Legge-Sapienza in Paolo, in L'apostolo Paolo, pp. 519-549.
38
il giudaismo palestinese, p. 667. Vedi anche più sotto: 5.3. In questo senso cf. soprattutto K. Stendahl, Paolo tra ebrei e pagani, pp. 55-76
36 (cf. p. 59: "Ci troviamo di fronte a una chiamata alla missione, non a una conver-
Cf. R. Penna, Aperture universalistiche in Paolo e nella cultura del suo tem-
po, Ricerche Storico-Bibliche 10 (1998); T.L. Donaldson, Paul and the Gentiles. sione"); al suo seguito si pongono vari commentatori di Gal. Vedi anche G. Pani,
Remapping the Apostle's Convictional World, Fortress, Minneapolis 1997, di cui Vocazione di Paolo, o conversione?, in L. Padovese, a cura, Atti del I Simposio
però è problematica l'attribuzione a Paolo dell'idea del pellegrinaggio dei popoli di Tarso su S. Paolo apostolo, Pont. Ateneo Antoniano, Roma 1993, pp. 47-63;
a Sion (cf. R. Penna, Le collette di Paolo per la chiesa di Gerusalemme, in PSV Id., Conversione di Paolo o vocazione? La documentazione della lettera ai Roma-
31, Dehoniane, Bologna 1995/1, pp. 179-190). ni, in Id., a cura, Atti del II Simposio di Tarso..., ib. 1994, pp. 73-88.
102 L'APOSTOLO PAOLO L'INCONTRO PERSONALE CON CRISTO 103

nianze personali dell'Apostolo, come rilevano alcuni Autori39, fan- za di Paolo potrebbe addirittura essere indirettamente sottintesa
no invece pensare che questi abbia interpretato l'evento secondo anche in un passo come 2Cor 3,16, dove nel contesto di una rifles-
categorie mistico-apocalittiche, che hanno la loro matrice ultima sione sul velo che perdura sul cuore di Israele egli finalmente si au-
nella visione del 'carro' (merkavah) di Ez 1, specie là dove si legge: gura: "Quando ci sarà la conversione al Signore (èàv è7ctarpécj>ri 7tpò<;
"Apparve... su questa specie di trono, in alto, una figura dalle sem- xupiov), quel velo sarà tolto". Anche se qui il titolo di Kyrios ha
bianze umane (ófxouofjux o><; dho<; àv0pcÓ7cou)... Tale mi apparve l'a- probabilmente un valore strettamente teo-logico42, non è affatto
spetto della gloria del Signore (rj opocau; ó(xouó[Aon;o<; hó^r\<; xupioo)" impossibile scorgervi una tacita estensione alla figura di Gesù; ma
(Ez 1,26-28 LXX; cf. 8,2). Questo collegamento tra divinità e aspet- allora vi si leggerà anche un personale riferimento di Paolo alla
to d'uomo40 caratterizza appunto la percezione paolina della cri- propria esperienza di conversione, almeno nel senso che per lui "il
stofania di Damasco. Ed è su questa linea che vanno letti anche Signore" ormai non è più soltanto il Dio d'Israele ma anche Gesù
l'esclusivo appellativo cristologico paolino di "Signore della glo- di Nazaret; e ciò è ben lontano dal ridurre l'Apostolo al piano del:
ria" (ICor 2,8) o l'espressione circa "l'evangelo della gloria di Cri- le antiche vocazioni profetiche.
sto" (2Cor 4,4) per non dire di quella riguardante "il corpo della 1.3.2 La seconda osservazione concerne la discontinuità verifi-
sua gloria" (Fil 3,21). La figura umana del Cristo risorto, dunque, catasi nella biografia dell'Apostolo, sia nel senso che egli da perse-
viene vista accanto a quella di Dio stesso come partecipe dello splen- cutore divenne un evangelizzatore, mettendo in atto quindi un cam-
dore di lui. Sullo sfondo di questa concezione è forse possibile, da biamento di non poco conto, sia soprattutto nel senso che ciò che
un punto di vista giudaico, scorgere già un abbozzo di quella 'ere- prima era per lui un guadagno e un vanto e cioè l'onore tribu-
sia' circa i "due poteri in cielo" (Seté reMyòt baSSamayim), che sa- tato alla Legge divenne poi, come abbiamo visto, perdita e
rà successivamente combattuta dal rabbinismo ma che traspare già spazzatura43. Ciò non avviene in nessuno dei profeti, i quali anzi
addirittura in Filone Alessandrino41. In questa luce l'esperien- impostano di regola la loro predicazione proprio sul tema del ri-
torno all'osservanza della Torah come espressione dell'amore di
39
Vedi soprattutto C.C. Newman, Paul's Glory-Christology. Tradition and Rhe- Dio. Dunque, è giusto dire che, "se questi radicali mutamenti non
toric, NT Suppl. 69, Brill, Leiden 1992, e anche A.F. Segai, Paul the Convert. The equivalgono a una conversione, allora è difficile sapere in che cosa
Apostolate and Apostasy o/Saul the Pharisee, Yale University Press, New Haven
1990, specie pp. 34-71. essa debba consistere. Ciò tuttavia non deve indurci a eliminare
40
Esso del resto ha poi una sua storia che continua nel giudaismo anche dopo o a sottovalutare l'elemento di vocazione"44, che resta comunque
Ez: così soprattutto Dn 7,13, ma anche 1 En. 14,18b-21; 45,1-3; 55,3-4; 61,8; 62,1-
6; 69,29; Test. Lev. 35; 2 En. 22,7 ecc. (cf. C.C. Newman, Paul's Glory-Christology,
caratteristico45.
pp. 79-153). È comunque chiaro dal caso di Paolo che propriamente non ci
41
I testi rabbinici in proposito sono stati raccolti e commentati da A.F. Segai, si converte né ad una dottrina né ad una istituzione ma ad una per-
Two Powers in Heaven. Early rabbinic reports about christianity and gnosticism,
SJLA 25, Brill, Leiden 1977, e i principali sono: Mek. Ex. 20,2 ("«Io sono il Si- nio Dio"] col precisare: "La Scrittura non vuole dare una occasione ai popoli del
gnore tuo Dio»: da ciò si può trarre una confutazione degli eretici [minìm] che di- mondo di dire: Esistono due poteri, ma dichiara: Io sono il Signore, tuo Dio"),
cono: «Ci sono due poteri»"); SifreDt. 32,39; Si/reNum. 15,30; m.Meg. 4,9. Lo
stesso Autore studia anche i passi di Filone Al., per es. Somn. 1,228, dove a propo- cf. F. Manns, L'Israele di Dio. Sinagoga e Chiesa alle origini cristiane, Dehoniane,
sito del passo di Gn 31,13 LXX ("Io sono il Dio che ti è apparso nel luogo di Dio"; Bologna 1998, pp. 261-276.
TM: "Io sono il Dio di Betel") si commenta: " È un bellissimo motivo di vanto 42
Cf. R. Penna, Lo Spirito di Cristo, pp. 187-205.
per un'anima il fatto che Dio la giudichi degna di apparirle e di intrattenersi con 43
Sul tema della Legge in rapporto alla cristologia paolina, cf. sotto il § 6.
essa; però non sorvolare sul linguaggio impiegato, ma esamina a fondo se davvero 44
C.K. Barrett, The Acts of the Apostles, I, ICC, T&T Clark, Edinburgh 1994,
ci sono due dèi, poiché è detto 'Io sono il Dio che ti è apparso' non nel mio luogo p. 442.
ma 'nel luogo di Dio', come se fosse il luogo di un altro" (e Filone continua preci- 45
Si deve avere presente infatti che proprio in Gal 1,15 l'espressione "mi ha mes-
sando che la prima ricorrenza del termine " D i o " ha l'articolo, mentre la seconda so a parte fin dal seno di mia madre" richiama necessariamente il tema della chia-
no); in Quaest. in Gen. 2,62 Filone poi nega che "alcun mortale possa essere fatto mata, presente con frase analoga sia in Is 49,1 sia in Ger 1,5; entrambi questi testi,
a immagine dell'unico Dio Altissimo e Padre dell'universo, ma solo a immagine perciò, suggeriscono di vedere espresse nella coscienza di Paolo due componenti
del secondo Dio che è il suo Logos". Vedi anche Id., The Risen Christ and theAn- complementari circa il suo apostolato: quella di essere un particolare "servo" del
gelic Mediator Figures in Light of Qumran, in J.H. Charlesworth, ed., Jesus and Signore (infatti Is 49,1-6 costituisce il secondo Canto del Servo nel deutero-Isaia)
the Dead Sea Scrolls, Doubleday, New York-London 1992, pp. 302-328. Inoltre, a e quella di essere "profeta delle nazioni" (come dice appunto Ger 1,5 e come si
proposito di Mek. Ex. 15,1 (che commenta Es 20,2 ["Io sono il Signore, legge anche in Is 49,1).
104 L'APOSTOLO PAOLO IL DEBITO VERSO LE TRADIZIONI GESUANE 105

sona, così da stabilire con essa una relazione viva e totalizzante. ebreo 4 8 , forse motivato dal fatto che ai suoi occhi Paolo risulta or-
Nient'altro che questo significa l'Apostolo quando scrive: "Non mai irrecuperabile per il giudaismo.
sono più io che vivo, ma Cristo vive in me" (Gal 2,20) o quando
dice: "Per me vivere è Cristo" (Fil 1,21); cioè: la persona di Cristo A questo proposito bisognerebbe in primo luogo discutere il concet-
è ormai la vera ragion d'essere e costituisce tutto il senso della vita to stesso di "redenzione" per vedere se quello di Paolo collima davve-
ro con quello delle religioni misteriche. Ma non possiamo anticipare già
di Paolo dopo l'incontro con lui.
qui tutto ciò che diremo in seguito. Ci accontentiamo per ora di qual-
Infine va osservato che la cristofania di cui egli fu beneficiario che cenno; altri più specifici si troveranno più sotto nel § 3.3 (a propo-
è considerata tanto personale che ne parla solo per difendere il pro- sito di Fil 2,6-11). Certo è che gli studiosi di storia delle religioni, e in
prio apostolato, ma non vi ricorre mai per fondare il contenuto particolare dell'antica religione greca, oggi non parlerebbero tanto a cuor
della sua teologia46. Essa infatti resta il motore segreto della sua leggero di parallelismo tra i due versanti, anche se il problema del com-
attività, e non viene addotta come prova delle sue tesi né cristolo- paratismo esiste e va affrontato 49 . Per esempio su ABD, tra i possibili
giche né altro. Essa, cioè, offre a lui e solo a lui la precomprensio- sfondi concettuali del concetto neotestamentario di redenzione si enu-
ne di fondo di tutto il suo agire e di tutto il suo pensare, che per- merano il vocabolario della LXX, la teologia del martirio, e la prassi
tanto ne rimangono connotati fin nelle loro profondità anche se della manomissione degli schiavi, ma non si accenna neppure ai culti
non viene confessato. misterici50. Il fatto è che la rispettiva soteriologia diverge anche trop-
po. Da una parte, il concetto di peccato, centrale nel cristianesimo (e
non solo nel paolinismo!), è del tutto assente nei culti misterici51. Dal-
l'altra, è totalmente assente nella concezione cristiana l'idea, centrale
2. Il debito verso le tradizioni gesuane

2.1 Un secondo fondatore del cristianesimo? 48


Vedi l'eloquente titolo di H. Maccoby, The Mythmaker. Paul and the Inven-
tion ofChristianity, Harper & Row, New York 1986, il quale nega persino che Paolo
Ha pesato a lungo sugli studi delle origini cristiane, e in parte fosse un Fariseo (cf. p. 16: "Il mito centrale della nuova religione fu quello di una
pesa ancora su certi esponenti della cosiddetta cultura laica, l'as- morte espiatrice di un essere divino. [...] Paolo derivò questa religione da fonti el-
lenistiche" [con particolare riferimento al culto di Attis], amalgamando il tutto con
sioma formulato all'inizio del sec. XX dall'esegeta luterano tede- le tradizionali Scritture di Israele e ricavandone così un ibrido inconsueto). Va pe-
sco Wrede, secondo cui "Paolo va considerato come il secondo fon- rò ricordato che altri ebrei parlano di Paolo in toni ben diversi, come per esempio
datore del cristianesimo", in quanto avrebbe "trasformato il cri- R.L. Rubenstein, My brother Paul, Harper & Row, New York 1972 (cf. pp. 114-143
sul fatto che Paolo non cessò mai di considerarsi un buon giudeo; in più, egli viene
stianesimo in una religione di redenzione", non prevista da psicanaliticamente lodato perché "risolse il conflitto tra esperienza e tradizione a
Gesù47. Lo stesso giudizio vale ancora per qualche raro studioso vantaggio del preminente valore della sua propria esperienza" [p. 6]); cf. anche il
già citato A.F. Segai, Paul the Covert. Più in generale, cf. D.A. Hagner, Paul in
Modem Jewish Thought, in D.A. Hagner & M.J. Harris, edd., Pauline Studies.
46
Si può vedere in ciò un parallelo con la prassi rabbinica che rifiuta di fonda- Essayspresented to Prof. F.F. Bruce, Paternoster, Exeter 1980, pp. 143-165; e so-
re una halakah o direttiva di comportamento su di una qualche bat-qòl o voce dal prattutto S. Meissner, Die Heimholung des Ketzers. Studien zur jùdischen Aùsein-
cielo, che è ritenuta valida solo per dare conferma del valore di un Maestro in gene- andersetzung mit Paulus, WUNT 2.87, Mohr, Tùbingen 1996.
49
rale (cf. t.Sot. 13,2-4). Cf. B.M. Metzger, Methodology in the Study of the Mistery Religions and
47 Early Christianity, in Historical and Literary Studies: Pagan, Jewish, and Christian,
W. Wrede, Paulus, Halle 1904, pp. 104 e 103 (riprodotto in K.H. Rengstorf,
ed., Das Paulusbild in der neueren deutschen Forschung, "Wege der Forschung" NTTS 8, Brill, Leiden 1968, pp. 1-24; A.J.M. Wedderburn, Baptism and Resur-
24, Wissenschaftliche Buchgesellschaft, Darmstadt 1969, pp. 1-97 qui 96 e 95). Del rection. Studies in Pauline Theology against Its Graeco-Roman Background, WUNT
resto, l'opposizione tra Paolo e Gesù è tipica di vari autori del secolo XIX, tra cui 44, Tùbingen 1987, pp. 90-163.
50
E. Renan (Saint Paul, Paris 1969, p. 569: "Non è più l'epistola ai Romani a riassu- Cf. G.S. Shogren, Redemption (New Testament), in ABD 5, pp. 654-657. Vedi
mere il cristianesimo, ma è il Discorso della montagna...") e F. Nietzsche (L'Anti- anche R. Penna, Salut (Théologie biblique), in J.-Y. Lacoste, ed., Dictionnaire cri-
cristo, Adelphi, Milano 1987, pp. 55 e 90: "In Paolo si incarna il tipo antitetico tique de Théologie, PUF, Paris 1998, pp. 1049-1052.
alla 'buona novella', il genio nell'odio, nella visione dell'odio, nella spietata logica 51
Si potrebbe semmai richiamare l'orfismo e il suo mito della "colpa preceden-
dell'odio. Che cosa non ha sacrificato all'odio questo disangelista? Innanzitutto te", che pone tutti gli uomini in uno stato di punizione da cui occorre liberarsi;
il redentore: lo inchiodò alla sua croce... Questo falsario..."). Vedi anche V. Mac- ma il tema è essenzialmente riferito alla drammatica contrapposizione antropolo-
chioro, Orfismo epaolinismo, Bastogi, Foggia 1982 [prima ediz. 1922] (cap. I: "L'o- gica fra il corpo e l'anima (cf. U. Bianchi, Prometeo, Orfeo, Adamo. Tematiche
rigine orfica della cristologia paolina", pp. 7-112). religiose sul destino, il male, la salvezza, Ateneo & Bizzarri, Roma 1976, pp. 55-70).
106 L'APOSTOLO PAOLO IL DEBITO VERSO LE TRADIZIONI GESUANE 107

invece nei misteri, del sacrificio dell'essere divino che garantisce l'ordi- nere dovrebbe essere evidente. Tuttavia, anche se Paolo non si spiega
ne esistente, avendo la "funzione di momento fondante di un certo ti- mediante un ricorso all'ambito pagano, occorre ancora vedere se egli
po di attualità dalla quale non si può in nessun modo evadere" 52 . Lo è in sintonia con Gesù.
si vede in particolare proprio nel culto di Attis, associato a quello di
Cibele, dove "si rievoca una vicenda divina in cui il dio è soggetto a Certo P a o l o non è stato un discepolo del Gesù terreno. Forse
prove, scomparsa e morte, ma anche alla 'sopravvivenza' nella sua ca- è anche per questo che egli si distingue per l'originalità della sua
pacità di garante della fertilità vegetale. (...) L'abbondanza di benedi- riflessione cristologica. Essa però, onestamente, va verificata in due
zioni a livello terreno e collettivo può essere considerato il beneficio mag- direzioni: prima nei confronti di Gesù e poi anche nei confronti
giore, cercato attraverso la celebrazione del culto" 5 3 . Ricordiamo qui
della chiesa primitiva. Infatti, come diremo ancora, tra Gesù e Pao-
due caratteristiche di questo culto, che non possono comunque aver in-
fluito su Paolo: (1) l'una è il titolo di crcoxrip testimoniato al femminile lo non c'è il vuoto. P a o l o , cioè, storicamente non si aggancia (o
per Cibele (acótetpa) anche in rapporto alla salvaguardia dei valori mo- si sgancia?) direttamente a Gesù, m a alla comunità cristiana che
rali; nelle lettere autentiche di Paolo non si trova mai questo titolo per lo precede e che sta in mezzo ad entrambi e perciò costituisce il
designare Gesù (eccetto in Fil 2,20, dove però è giudaicamente riferito loro trait-d'union. Sicché, l'eventuale problema richiamato da Wre-
al momento escatologico); (2) inoltre, va tenuto presente che il celebre de dovrebbe porsi in primo luogo n o n circa i rapporti intercorrenti
taurobolium ebbe in un primo tempo una valenza solo pubblica prò sa- tra Paolo e Gesù, bensì circa i rapporti che intercorrono tra la chiesa
lute dell'Imperatore e altre autorità, e solo a partire dal secolo III ac- primitiva e Gesù. Il problema della continuità o discontinuità si
quistò anche una dimensione privata per il bene dell'individuo (come pone già a m o n t e , e concerne la relazione tra la chiesa gerosolimi-
bagno rinnovatore nel sangue del toro è attestato in congiunzione con
tana e Gesù. Q u a n t o a P a o l o , d u n q u e , non c'è solo la questione
il culto di Cibele-Attis solo a partire dalla metà del secolo II d . C ) : il
caso di un tauroboliatus che si proclama in aeternum renatus è appena della sua fedeltà a Gesù, m a anche e prima ancora quella concer-
dell'anno 376 (cf. CIL VI,5IO)54. In buona sostanza, la soteriologia dei nente il suo vincolo e quindi la sua fedeltà alla chiesa tradente 5 6 .
vari culti misterici consiste doppiamente: in questa vita come semplice A questo argomento dedicheremo il prossimo paragrafo. Infatti,
protezione dai malanni di ogni genere, e dopo la morte come preserva- dato che all'origine di tutta la vicenda cristiana c'è il Gesù terreno,
zione da supplizi infernali o da reincarnazioni punitive e dolorose, quindi è di qui che cominciamo la nostra verifica. Gli interrogativi che
in una vita beata 55 . Ma la distanza da Paolo e dal cristianesimo in ge- d a n n o corpo alla questione sono i seguenti: Paolo rappresenta dav-
vero un prolungamento omogeneo con l'insegnamento di Gesù di
Nazaret? È possibile stabilire che egli non ha costruito u n a sua au-
52
I. Chirassi Colombo, Il sacrificio dell'essere divino e l'ideologia della salvez- t o n o m a immagine di Gesù m a che conosceva il materiale gesuano
za nei tre più noti sistemi misterici dei primi secoli dell'Impero, in U. Bianchi - M. J. e lo ha fatto valere nel suo sistema di pensiero? Quali sono allora
Vermaseren, edd., La soteriologia dei culti orientali nell'Impero Romano. Atti del
Colloquio Internazionale di Roma 24-28 settembre 1979, EPRO 92, Brill, Leiden le componenti della vicenda di Gesù, in azioni e parole, che so-
1982, pp. 308-330 qui 314 (i culti presi in considerazione, dopo alcuni cenni su Eleusi, pravvivono in lui?
Dionisismo e Orfismo, sono: Mitraismo, Iside-Osiride, e Attis-Cibele).
53
G. Sfameni Gasparro, Soteriology and Mystic Aspects in the Cult ofCybele Gli articoli come studi settoriali in materia non mancano 5 7 . An-
and Attis, EPRO 103, Brill, Leiden 1985, p. 84; l'Autrice ritiene superata la for-
mula "dying and rising gods" coniata a suo tempo da J.G. Frazer (cf. ib., pp. XV- 56
XVI, 29-30) e preferisce quella di "mystic gods" in quanto figure sopra-umane in La sua cristologia è il risultato della convergenza di questi due fattori: cf. P.
stretto rapporto con gli uomini, la cui nuova condizione viene definita in virtù del- Stuhlmacher,
57
Zur paulinischen Cristologie, ZTK 74 (1977) 449-463.
la loro partecipazione al culto che celebra la vicenda del dio (sulla dimensione sopra- Tra i più recenti, cf. D. Dungan, The Sayings of Jesus in the Churches of
umana di Attis, cf. ib., pp. 29-43). Vedi anche M.J. Vermaseren, Cybele and Attis. Paul, Blackwell, Oxford 1971 (sui testi di ICor 7,10-11 e 9,14); T.J. Keegan, Paul
TheMyth and the Cult, with 112 illustrations, Thames and Hudson, London 1977. and the Historical Jesus, Angelicum 53 (1975) 302-339, 450-484 (Paolo era familia-
54 rizzato con la tradizione su Gesù, ma per lui era più importante la sua presente
Cf. R. Duthoy, The Taurobolium. Its Evolution and Terminology, EPRO 10,
Brill, Leiden 1987, p. 18; M.J. Vermaseren, Cybele and Attis, pp. 101-107; G. Sfa- relazione con il Signore risorto); D.G. Allison, The Pauline Epistles and the Sy-
meni Gasparro, Soteriology, pp. 107-118. noptic Gospels: The Pattern ofParallels, NTS 28 (1982) 1-32 (distinguendo tra ci-
55 tazioni, allusioni e paralleli, stabilisce che la tradizione su Gesù è più importante
Cf. R. Turcan, Les cultes orientaux dans le monde romain, Les Belles Let-
tres, Paris 1989, pp. 14 e 31. Vedi anche S.G.F. Brandon, ed., The Saviour God. per Paolo di quanto possa apparire); F. Neirynck, Paul and the Sayings of Jesus,
Comparative Studies in the Concepì of Salvation, presented to E.O. James, Man- in A. Vanhoye, ed., L'apótrePaul: Personnalité, style et conception du ministère,
chester 1963; W. Burkert, Antichi culti misterici, Laterza, Roma-Bari 1989. BETL 73, Leuven 1986, pp. 265-321 (non si può dimostrare che Paolo facesse uso
108 IL DEBITO VERSO LE TRADIZIONI GESUANE 109
L'APOSTOLO PAOLO

zi, finalmente disponiamo anche di una estesa monografia curata di temi e atteggiamenti di fondo, che possono essere ancor più de-
da Wenham58. Ma va subito detto che in questa materia occorre cisivi della presenza di detti anche ove questi mancassero. Quindi
una molteplice messa in guardia. La prima riguarda la quantità delle procediamo secondo una triplice suddivisione.
parole di Gesù riscoperte nelle lettere paoline: la prudenza non de-
ve mai farci maggiorare i testi (come dire: pochi ma buoni piutto-
sto che molti ma incerti). La seconda si basa sulla constatazione 2.2 Riferimenti evidenti a Gesù
che Paolo, quando sembra rifarsi alla tradizione gesuana, non im-
piega mai il nome proprio di "Gesù" ma usa sempre la qualifica In primo luogo rileviamo che l'Apostolo è a conoscenza di alcu-
di "Signore": ciò significa che ci possono essere anche molte allu- ni fatti riguardanti la vicenda terrena di Gesù. Egli sa bene che Ge-
sioni alla vicenda di Gesù ma questa non è mai considerata per se sù era veramente uomo (cf. Gal 4,4; Fil 2,7), discendente dai pa-
stessa bensì solo attraverso il prisma della fede pasquale. La terza, triarchi di Israele (cf. Gal 3,16; Rm 9,5) e di origine davidica (cf.
più importante, riguarda il fatto che i rapporti di Paolo con Gesù Rm l,3b), aveva alcuni "fratelli" (ICor 9,5; Gal 1,19), celebrò l'ul-
non si misurano soltanto in base a eventuali, singoli detti gesuani tima cena della sua vita nella notte in cui veniva tradito (cf. ICor
riportati o allusi dall'Apostolo, ma soprattutto per la consonanza 11,23). Soprattutto Paolo sa benissimo che Gesù morì crocifisso;
anzi, è proprio su questo dato che costruisce gran parte della sua
cristologia, come vedremo più avanti. Possiamo aggiungere che
di detti di Gesù così come essi sono stati conservati nei vangeli sinottici); S.J. Pat- Paolo è al corrente sia del gruppo dei Dodici (di origine gesuana:
terson, Paul and the Jesus Tradition: It is Time for Another Look, HTR 84 (1991) cf. ICor 15,5) sia della funzione preminente di Cefa al loro inter-
23-41 (rifacendosi al Vangelo di Tommaso, si sostiene che Paolo rifiutò la tradizio-
ne dei detti di Gesù perché, nella forma da lui incontrata a Corinto, essa era di no (cf. Gal 1,18; 2,11-14). Poiché queste notizie sono tutto ciò che
tipo esoterico e non si interessava alla morte di Gesù); S. Kim, Jesus (Sayings of), abbiamo del Gesù terreno in Paolo, va subito notata l'estrema scar-
in G.F. Hawthorne - R.P. Martin - D.G. Reid, edd., Dictionary of Paul and His sità del suo interesse per la storia gesuana, essendo evidenti le forti
Letters, InterVarsity, Grand Rapids-Leicester 1993, pp. 474-492 [trad. ital.: San
Paolo, Cinisello Balsamo 1998] (Paolo conobbe certamente la tradizione su Gesù, lacune in materia.
ma non può essere paragonato a un rabbino o a un filosofo ellenista che citano In secondo luogo, per quanto riguarda le parole di Gesù, non
il loro maestro); J.M.G. Barclay, Jesus and Paul, in ib., pp. 492-503 (non si pos-
sono negare le differenze, ma ci sono sufficienti prove per dire che Paolo semplice- siamo molto più fortunati. A rigor di termini, le volte in cui l'A-
mente sviluppò il senso fondamentale della vita e della morte di Gesù); J.D.G. Dunn, postolo si rifa esplicitamente e con certezza a qualche suo pronun-
Jesus Tradition in Paul, in B. Chilton & C.A. Evans, edd., Studying the Historical ciamento sono soltanto tre, e sempre nella ICor: 7,10 (circa l'in-
Jesus. Evaluation of the State of Current Research, Leiden 1994, pp. 155-178 (una
certa libertà è dimostrata da Paolo anche nei confronti dell'A.T.; la tradizione su dissolubilità del matrimonio: cf. Me 10,11-12)59; 9,14 (circa la ne-
Gesù doveva essere ben presente nella memoria delle comunità cristiane [oltre che cessità che chi annuncia l'evangelo venga mantenuto dalla comu-
non essere ancora ben fissata], così da non essere necessaria una sua utilizzazione nità: cf. Le 10,7)60; e 11,24-25 (circa le parole dell'ultima cena sul
su vasta scala); J.P. Arnold, The Relationship of Paul to Jesus, in J.H. Charles-
worth & L.L. Johns, edd., Hillel and Jesus. Comparisons of Two Major Religious pane e sul vino: cf. Mt 26,26-28//)61. Altri tre casi, in cui egli sem-
Leaders, Fortress, Minneapolis 1997, pp. 256-288 (il collegamento di Paolo con Gesù bra rifarsi direttamente a una parola del Signore, sono discutibili.
è sicuro, sia pur con la mediazione della prima comunità cristiana). Vedi anche J.D.G.
Dunn, The Theology of Paul, pp. 182-206 ("Jesus the man"), Il primo è lTs 4,15-17: qui sono certo riferibili a Gesù secondo Mt
58
Cf. D. Wenham, Paul: Follower of Jesus or Founder of Christianity?, Eerd- 24,30-31 alcuni elementi dello scenario escatologico (la venuta dal
mans, Grand Rapids-Cambridge 1995. Più settoriale era lo studio di E. Jùngel, Paolo cielo, il suono della tromba, l'intervento angelico, la riunione de-
e Gesù. Alle origini della cristologia, Paideia, Brescia 1978 (orig. ted., Tùbingen
1962, 41972), che confronta il tema paolino della giustificazione e la predicazione gli eletti), ma non è riconducibile a lui l'affermazione centrale del
gesuana del Regno e del Figlio dell'uomo. Altri temi vengono confrontati o solo
accostati dal già citato J. Blank, Paulus und Jesus; da E.E. Ellis - E. Gràsser, edd., 59
Jesus und Paulus. Festschrift W.G. Kummel, Gòttingen 21978, e da H. Merklein, Ma vi si aggiunge subito una eccezione, che è nota sotto il nome di «privile-
Studien zu Jesus und Paulus, WUNT 43, Tùbingen 1987. Interessante è pure la rac- gio paolino»: ICor 7,12-16.
60
colta di studi in A.J.M. Wedderburn, ed., Paul and Jesus. Collected Essays, JSNT Ma nel contesto Paolo afferma di non attenersi a questa norma, poiché pre-
Suppl. 37, JSOT, Sheffield 1989 (si ipotizza che Paolo ricorra poco all'insegna- ferisce mantenersi con il lavoro delle proprie mani.
mento di Gesù perché al suo tempo esso era « in mani nemiche », cioè usato in sen- 61
Ma va notato che la trasmissione di queste parole concorda più con la tradi-
so legalistico dai suoi avversari giudaizzanti).
zione propria di Le che non con quella di Mc-Mt.
110 L'APOSTOLO PAOLO IL DEBITO VERSO LE TRADIZIONI GESUANE 111

passo, e cioè che nell'ultimo giorno risorgeranno prima i defunti menti che furono in Cristo Gesù"64. A questo proposito, dobbia-
e poi i viventi superstiti si assoderanno a loro per unirsi tutti insie- mo constatare che Paolo, per descrivere il rapporto suo e del cri-
me al Signore62. Il secondo passo si trova in Gal 6,2 ("Portate stiano nei confronti di Gesù, non impiega mai né il verbo "segui-
i pesi gli uni degli altri, così adempirete la legge di Cristo"; cf. re" (àxoXouGéw) né il sostantivo "discepolo" (\icf.Br\vf\^), che invece
anche ICor 9,21); a questo proposito è ormai abbandonata la tesi, sono tipici delle tradizioni gesuane (cf. Sinottici e Gv). Egli invece
secondo cui Paolo intenderebbe una nuova Torah emanata dal fa uso dei termini "imitare-imitatore" (\ii\iio\ioi.i-[ii[i.r\xr\<;), che pe-
Gesù terreno, rinvenibile soprattutto nel Discorso della montagna rò, pur con una terminologia di diversa origine, hanno di mira lo
di Mt 5-7 (cf. W.D. Davies e C.H. Dodd); in alternativa, i com- stesso dato di una fedele adesione a Cristo. Sullo sfondo c'è sicu-
mentatori rimandano normalmente al comandamento dell'amore ramente un riferimento al Gesù terreno: ma non per proporre la
inteso come compendio di tutta l'etica gesuana (cf. F. Mussner, ripetizione dettagliata di tutti i suoi singoli comportamenti (per
J.D.G. Dunn); tuttavia, sono possibili anche altre interpretazioni, esempio, Paolo stesso non lo imita nel fatto che lavora con le pro-
così da pensare: o alla stessa legge mosaica in quanto compendiata prie mani), bensì per richiedere di adottare come metro di misura
da Gesù nel precetto dell'amore e osservabile mediante la fede della propria vita sia la netta conformazione alla volontà di Dio
in Gesù (cf. E.P. Sanders, A. Pitta, J.L. Martyn), o alla legge e sia soprattutto l'attenzione alle esigenze degli altri, la ricerca del
dello Spirito dato da Gesù perché la vita cristiana porti frutti (cf. vantaggio altrui (cf. Rm 15,2-3!)65.
B. Corsani), o al fatto che Gesù stesso è diventato legge per il
cristiano in quanto ha dato se stesso per gli altri (cf. O. Hofius,
R.B. Hays). Il terzo testo infine è Rm 14,14 ("So e sono persuaso 2.3 Allusioni alla tradizione sinottica
nel Signore Gesù che nulla è impuro per se stesso"), dove parreb-
be echeggiare una halakah come quella che leggiamo in Me Molto più frequenti sono invece i casi, in cui è possibile sentire
7,14-23/Mt 15,10-20 ("Non c'è nulla che entri nell'uomo e possa risuonare almeno indirettamente elementi della tradizione gesua-
contaminarlo..."); ma si pone il problema di sapere se Paolo si na. Senza voler esagerare66, sono almeno una ventina i passi delle
fondi su una reale tradizione gesuana (cf. Cranfield, Moo), oppu- lettere paoline (autentiche), in cui possiamo legittimamente pensa-
re se la sua concezione derivi semplicemente dal fatto di vivere re che l'Apostolo sia debitore di detti risalenti a Gesù67. Ci accon-
in Cristo (risorto) così da essere illuminato da Lui (cf. Kàsemann, tentiamo qui solo di fare qualche esempio. Ciò che leggiamo in lTs
Schlier, Dunn, Byrne)63. Il risultato è che l'aggancio di questi tre 5,2 ("Voi sapete molto bene che il giorno del Signore viene come
testi alla tradizione gesuana appare perlomeno problematico; ma un ladro di notte") non si spiegherebbe solo con un rimando alle
basterebbero i primi tre a dimostrare che comunque Paolo ne era
a conoscenza. 64
Così la versione CEI e la maggior parte dei Commentatori (cf. P.T. O'Brien,
In terzo luogo, ricordiamo quei passi in cui Paolo si propone Commentary on Philippians, NIDTC, Eerdmans, Grand Rapids 1991). Altri inve-
come imitatore di Cristo (o invita i suoi lettori a fare altrettanto). ce, per il fatto che il complemento "in Cristo Gesù" in Paolo designa sempre una
qualità della condizione cristiana, preferiscono tradurre più letteralmente: "Abbiate
Così per esempio leggiamo in ICor 11,1: "Siate miei imitatori co- tra di voi i sentimenti che (conviene avere) in Cristo Gesù" (cf. per esempio J. Gnilka,
me io lo sono di Cristo"; in lTs 1,6: "Voi siete diventati imitatori La lettera ai Filippesi, CTNT X/l, Brescia 1972). La prima versione sembra però
miei e del Signore"; e in Fil 2,5: "Abbiate fra di voi gli stessi senti- la migliore poiché l'inno cristologico che segue propone appunto la vicenda di Ge-
sù come paradigma di umiltà per il comportamento cristiano.
65
Cf. W. Michaelis, ^néo^ai XTX, in GLNT VI, coli. 253-298; H.D. Betz, Nach-
folge und Nachahmung Jesu Christi im Neuen Testament, BhT 37, Tùbingen 1967;
62 J.B. Webster, The Imitation of Christ, TyndBull 37 (1986) 95-120, e l'esegesi di
Da parte sua, T. Holtz, Der erste Brief an die Thessalonicher, EKK XIII,
Zùrich-Neukirchen 1986, p. 184, pensa che si possa trattare di un vero detto di Ge- ICor 11,1 in G. Barbaglio, La prima lettera ai Corinzi, SOC 7, Bologna 1996, p. 504.
66
sù altrimenti sconosciuto. Invece P. lovino, La prima lettera ai Tessalonicesi, SOC Per esempio A. Resch, Der Paulinismus und die Logia Jesu im ihren gegen-
13, Bologna 1992, p. 223 nota 176, preferisce pensare a un generico rimando di seitigen Verhàltnis untersucht, Leipzig 1904, credeva di poter computare addirittu-
tipo apocalittico all'autorià del Signore. ra un migliaio di paralleli fra i Sinottici e le lettere paoline!
63 67
In questo secondo senso vanno anche i commenti di J. Ziesler, L. Morris, P. Vedi l'utile tabella proposta da S. Kim, Jesus (Sayings of), p. 481, che ne com-
Stuhlmacher, J.A. Fitzmyer; incerto invece si dimostra U. Wilckens. puta 26 (più 5 nelle deuteropaoline Col, Ef, 2Ts).
112 L'APOSTOLO PAOLO IL DEBITO VERSO LE TRADIZIONI GESUANE 113

profezie veterotestamentarie; infatti, se è di qui che proviene in ul- valore della Legge, sull'identità profonda di Gesù, e sulla portata
tima analisi l'idea del giorno del Signore, tuttavia l'esempio del la- salvifica della sua morte. A questo proposito va metodologicamente
dro nella notte si trova soltanto in un passo della fonte Q (Mt osservato che in Paolo è possibile rilevare consonanze del genere,
24,43/Lc 12,39), che del resto sta all'origine di una tradizione rin- anche se non vi si riscontra lo stesso vocabolario o la stessa fraseo-
venibile anche altrove68; in più, il riconoscimento che i destinata- logia gesuana. Infatti può accadere che si intendano le stesse cose
ri "sanno bene" di cosa si tratta suppone che essi siano familiariz- pur servendosi di termini diversi. Ed è proprio a questo livello che
zati con l'immagine addotta. Inoltre, l'affermazione di ICor 1,27-28 si può notare la maggiore e più decisiva continuità tra Gesù e Pao-
("Dio ha scelto le cose stolte di questo mondo...") riecheggia l'in- lo. Qui di seguito presenteremo tre di questi casi.
segnamento gesuano sui poveri e sui semplici come veri destinatari 2.4.1 Regno di Dio e giustificazione per fede10. Come abbiamo
dell'annuncio (cf. Mt 5,3; 11,25; 19,30; Le 14,21). In 2Cor 12,12 visto nel volume I (cf. pp. 102-113), l'annuncio gesuano del Regno
("Si sono realizzati tra di voi i segni dell'apostolo [...] con segni, (o regalità) di Dio è strettamente connesso con due dati di fondo,
prodigi e miracoli") si riattualizza la consegna di Gesù quando chia- peraltro connessi tra di loro. L'uno è la richiesta di una pura di-
mò i Dodici e, mandandoli a predicare, "diede loro potere sugli sponibilità nei suoi confronti, scevra da pretese condizionanti, che
spiriti immondi" (Me 6,7; 3,14; 16,17s). L'accenno all'obbedien- corrisponda alla totale gratuità con cui il Regno viene offerto; in-
za di Gesù in Fil 2,8 ("...facendosi obbediente fino alla morte") fatti, quando si dice che esso è riservato a coloro che sono come
non può non richiamare, oltre il comportamento concreto di Ge- i bambini (cf. Mt 18,1-4//; 19,14), si intende dire che omogenei
sù, anche suoi detti specifici che esaltano il valore della totale sot- al Regno sono solo i poveri, quelli che si fanno piccoli davanti a
tomissione alla volontà di Dio (cf. Mt 6,10; Me 3,35; 14,36; Gv Dio perché sanno di non avere nulla da offrirgli al di fuori della
4,34). Infine, nella parenesi di Rm 12,9-21 ("Amatevi gli uni gli propria nuda accettazione. L'altro fattore è che il Regno, di con-
altri... Non maledite... Vivete in pace con tutti... Vinci con il bene seguenza, viene accolto da coloro che non hanno alcun merito da
il male...") risuonano molti detti gesuani sull'amore fraterno e sulla accampare come titolo di vanto davanti a Dio, cioè dai peccatori
non-violenza, riscontrabili nel Discorso della montagna (cf. Mt (cf. Mt 21,31: " I pubblicani e le prostitute vi precedono..."; e la
5,23s.39.44)69. parabola del fariseo e del pubblicano in Le 18,9-14); è con essi in-
fatti che Gesù pratica più volentieri la commensalità, suscitando
le critiche dei benpensanti orgogliosi di sé (cf. l'episodio della pec-
2.4 Consonanze tematiche tra Paolo e Gesù catrice perdonata in Le 7,36-50; e l'intero Le 15 introdotto al v.
2 con l'annotazione che i farisei e gli scribi mormoravano disap-
Ciò che abbiamo visto finora riguarda di fatto solo riporti o echi provando che egli accogliesse i peccatori e mangiasse con loro).
di singoli insegnamenti di ordine pratico. Più importante sarebbe Se ora confrontiamo questo tipico tratto gesuano con la dottri-
poter constatare la ripresa di dottrine di fondo, per esempio sul na di Paolo, vediamo delle coincidenze sorprendenti, che resisto-
no anche al di là della differenza di linguaggio. Certo l'Apostolo
parla molto poco del Regno di Dio, e lo fa quasi esclusivamente
68 in contesti parenetici (cf. Rm 14,17; ICor 4,20; 6,9-10; 15,24.50;
L'immagine si ritrova anche in 2Pt 3,10; Ap 3,3; e Vangelo di Tommaso 21.
69
Più problematico mi sembra dover ricondurre a Gesù ciò che Paolo dice in Gal 5,21; lTs 2,12). Viceversa, Gesù non ragionava in base al con-
ICor 3,16 e 6,15 sulla comunità come Tempio di Dio e sui cristiani come membra cetto di "giustizia (di Dio)", che è invece tipico di Paolo 71 ; anzi,
di Cristo (così E.E. Ellis, Tradiiions in 1 Corinthians, NTS 32 [1986] 481-501 spe-
cie 485-490), poiché far valere il detto gesuano sulla distruzione del Tempio di Ge-
rusalemme non è sufficiente, tanto più che questo era ancora in piedi mentre l'A- 70
postolo scriveva la ICor. Più interessante, anche se non del tutto convincente, è Cf. E. Jùngel, Paolo e Gesù, pp. 29-89, 313-338; D. Wenham, Paul, pp.
il tentativo di altri Autori di collegare 2Cor 5,1 (circa la dimora àxeipo7roiT)-co<;, "non 34-103.
fatta da mani d'uomo", che attende il cristiano nei cieli) con il detto gesuano di 71
Ricordiamo qui che il termine SixatoouvT), presente ben 34 volte nella sola Rm,
Me 14,58 dove abbiamo il medesimo aggettivo concernente la ricostruzione del Tem- si trova soltanto 7 volte in Mt, mai in Me, una sola volta in Le (ma non in bocca
pio identificato con il Cristo risorto (cf. A. Feuillet, La demeure celeste et la desti- a Gesù), e due volte in Gv. Viceversa, alle 8 ricorrenze di "regno (di Dio)" in Pao-
née des chrétiens. Étude de II Cor, VJ-10, RcSR 44 [1956] 161-192, 360-402). lo corrispondono le 51 ricorrenze in Mt, 14 in Me, 38 in Le (e solo 2 in Gv).
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114 ^ L'APOSTOLO PAOLO IL DEBITO VERSO LE TRADIZIONI GESUANE 115

dove esso appare in Mt soprattutto 5,20 designa giudaicamente la Paolo, abbiamo già detto sopra. L'importante è vedere almeno se
osservanza della Legge72. Inoltre, Gesù connetteva l'irruzione del i titoli cristologici gesuani si ritrovino in Paolo (pur riservando a
Regno già con la sua parola e la sua azione terrene, pur riservan- questo argomento un apposito paragrafo più avanti). L'Apostolo
done il compimento nel futuro escatologico (cf. voi. I, pp. 102-113); non conosce la qualifica di Figlio dell'uomo77, mentre in più im-
Paolo invece, che comunque concorda sulla piena dimensione fu- piega il titolo forte di "Signore" che non proviene certo da Gesù
tura della salvezza (cf. Rm 5,9-10; 8,24), collega la giustificazione ma dalla prima chiesa post-pasquale (cf. sopra: cap. I, 3.2). Tut-
del peccatore con la fede nel Cristo morto e risorto (cf. Rm 4,25; tavia lo spessore divino di Gesù è ugualmente espresso in entram-
5,18; 8,32). Ma, se non c'è esatta corrispondenza di vocabolario, bi, sia pur in maniera discreta. Così il titolo di "Figlio (di Dio)",
corrisponde invece molto bene la tematica di fondo. Infatti, l'in- raro in bocca a Gesù (appena tre volte: cf. voi. I, pp. 150-153),
segnamento paolino circa la giustificazione per fede senza le opere è altrettanto raro nelle lettere di Paolo (appena 15 volte contro le
della Legge comporta la stessa gratuità del dono, da una parte, e quasi 300 del titolo-nome di "Cristo"). È vero poi che l'invoca-
la stessa immeritata accettazione dall'altra73. Cosicché, l'esigenza zione aramaica 'Abba è ora attestata in bocca ai cristiani e non
che per Gesù si esprimeva ancora con il concetto di "conversio- più in bocca a Gesù (cf. Rm 8,15; Gal 4,6); però l'Apostolo è co-
ne", in Paolo acquista la nuova designazione di "fede"74. Il fat- sciente che essa proviene loro dallo "Spirito del Figlio" (Gal 4,6)
to è che "l'esperienza di Gesù divenne il convincimento cristologi- e quindi costituisce un'assimilazione a lui, per il quale essa vale in
co di Paolo: che cioè la salvezza è ormai venuta con Gesù"75. senso pieno. D'altronde, l'espressione di conio paolino che desi-
L'accordo dunque è nel fondo delle cose, dove le parole cedono gna Dio come "padre del signore nostro Gesù Cristo" (Rm 15,6;
il passo alla realtà significata. Constatazioni analoghe si potrebbe- 2Cor 1,3; 11,31) suppone un rapporto particolarissimo di lui con
ro fare circa il valore della Legge: in entrambi i casi si dimostra Dio Padre78; esso è ulteriormente evidenziato dal fatto che il con-
un atteggiamento di grande libertà nei suoi confronti (cf. le infra- cetto esclusivamente paolino di "filiazione adottiva" (uìoGeawc: Rm
zioni di Gesù: voi. I, pp. 74-86) eppure qua e là ne viene fatto 8,15.23; 9,4; Gal 4,5) è riservato solo ai cristiani in modo tale da
l'elogio76. distinguerli nettamente dal tipo di filiazione che caratterizza Gesù,
2.4.2 L'identità di Gesù. Sull'identità umana di Gesù secondo "figlio" senza limitazioni.
2.4.3 // valore della morte di Gesù. Questo è forse uno dei punti
più discussi circa la continuità tra Gesù e Paolo. Dato che sul tema
72
Cf. G. Barbaglio, Paolo e Matteo: due termini di confronto, RSB 1 (1989) ritorneremo in seguito, ci accontentiamo qui solo di qualche cen-
5-22.
73
Le parabole matteane del servo spietato (cf. Mt 18,23-35) e degli operai nella no fondamentale79. Il pensiero di Paolo in materia non è del tut-
vigna (cf. Mt 20,1-16) esprimono in termini narrativi esattamente ciò che Paolo di- to omogeneo: a volte egli pensa alla morte di Gesù come a un sa-
ce in termini più teologici a proposito dell'assoluto primato della grazia di Dio (cf. crificio espiatorio in base al quale noi veniamo perdonati (cf. Rm
Rm745,8; 9,15-16; Gal 2,21). Vedi A.J.M. Wedderburn, Paul and Jesus, pp. 102-110.
Cf. R. Penna, Pentimento e conversione nelle lettere di San Paolo: la loro
scarsa rilevanza soteriologica confrontata con lo sfondo religioso, in Id., a cura,
Vangelo, religioni e cultura. Miscellanea di studi in memoria di mons. P. Rossano, 77
San75 Paolo, Cinisello Balsamo 1993, pp. 57-103. L'equiparazione stabilita da D. Wenham, Paul, pp. 126-129, tra questo tito-
D. Wenham, Paul, p. 51. Inevitabilmente quindi, "non ci può essere fede in lo e la dimensione cristologica di Adamo secondo Paolo sarebbe convincente solo
Dio che non passi per Gesù Cristo" (E. Jùngel, Paolo e Gesù, p. 326). Del resto, se l'espressione avesse un semplice significato creaturale e non derivasse da Dn 7,13;
le stesse realtà paoline di giustizia, pace, gioia, libertà, vita ecc., sono implicate ma come abbiamo visto nel voi. 1, pp. 134-143, ciò è impossibile, e anche il tentati-
nella predicazione gesuana del Regno e sono ora rese disponibili mediante la morte vo di vedere in Fil 2,7 una combinazione di "Adamic and Danielic ideas" è una
di Gesù; "perciò il fatto che il vangelo gesuano del Regno sia sostituito dal vangelo forzatura.
paolino della morte e risurrezione di Gesù non significa alcuna discontinuità tra 78
Va infatti osservato che essa ricorre in contesto di euloghia; in questo senso
Gesù e Paolo. È vero piuttosto il contrario: esso doveva essere sostituito in questo è analoga a quella giudaica che dice per esempio: "Sii benedetto, Signore Dio di
modo" (S. Kim, Sayings, p. 483). Israele, nostro padre, ora e sempre" (lCr 29,10; e la seconda benedizione che pre-
76
D'altronde, in entrambi i casi le molteplici esigenze della Legge vengono ri- cede la recita dello Sh'ma0): l'idea qui espressa di paternità-filiazione a dimensio-
dotte all'unico comandamento dell'amore, come si rileva dal confronto fra Me ne collettiva, intesa come unica nel suo genere, si ritrova in senso individuale nel
12,28-34// e Rm 13,8-10; Gal 5,14 (anche se in Gesù ci sono i due comandamenti caso di Gesù.
dell'amore di Dio e dell'amore del prossimo, mentre in Paolo c'è solo il secondo). 7
» Cf. D. Wenham, Paul, pp. 138-164.
116 L'APOSTOLO PAOLO IL DEBITO VERSO LE TRADIZIONI GESUANE 117

3,24-26), altre volte invece essa è presentata come un atto al quale 2.5 Conclusione
anche noi partecipiamo per morire e vivere insieme a lui (cf. Rm
6,1-11)80. Alla base c'è un diverso concetto di peccato. Il primo La questione del rapporto di Paolo con Gesù è complessa, poiché
modo è più tradizionale, mentre il secondo è più tipicamente Pao- ha due facce. Il rischio è di farne prevalere una sola sull'altra. L'una,
lino. Ma non va dimenticato che a volte l'Apostolo lega la salvez- forse la più evidente a prima vista, consiste nella novità del genio teo-
za del cristiano alla semplice confessione della risurrezione di Ge- logico dell'Apostolo, che non è un mero ripetitore ma rielabora per-
sù, senza riferimenti alla sua morte (cf. Rm 10,9-10), ricordando sonalmente e originalmente i dati ricevuti così da dare l'impressione
in più che nel passo pre-paolino riportato e condiviso da Paolo in di ricominciare le cose da capo. L'altra, più nascosta ma reale, è quella
Fil 2,6-11 (cf. sotto) alla morte di Gesù non è connesso un esplici- della fedeltà di fondo ai dati ricevuti, che fa dire con onestà al diret-
to valore salvifico. In ogni caso, l'Apostolo considera la morte di to interessato di considerarsi uno "schiavo di Cristo" (Rm 1,1 ecc.)
Gesù non come un incidente della storia, ma come un evento esca- e non certo un suo usurpatore. Perciò non è possibile accostare le due
tologico che è ritenuto punto centrale del piano divino di salvezza figure nello stile delle Vite parallele di Plutarco. Prima c'è Gesù Cri-
per il mondo, in quanto implica la redenzione degli uomini dalla sto, e poi solo a una certa distanza viene Paolo di Tarso, che, se tra
loro situazione peccaminosa, e che perciò sta all'origine di tutta i cristiani del secolo I è certamente quello dai contorni biografici e
l'esistenza cristiana. ideali più risentiti, non per questo però cessa di essere totalmente al
Orbene, c'è sicuramente un linguaggio soteriologico paolino che servizio di Gesù, che un giorno lo ghermì sulla strada di Damasco83.
non troviamo in Gesù: così il concetto cultuale di iXacrtriptov ("luogo Altra questione è chiedersi se il materiale gesuano sia centrale
o strumento di espiazione": Rm 3,25) e quello più partecipazioni- o periferico alla teologia paolina e in specie alla sua cristologia84.
sta oufxcpuToi TOU BavdcTou atkou ("connaturati alla sua morte": Rm La risposta non può che essere bilanciata. Al centro del pensiero
6,5), oltre a quelli di liberazione, riconciliazione, giustificazione di Paolo c'è indubbiamente la figura di Gesù, così come egli l'ha
ecc. Tuttavia, anche qui, la consonanza va ben oltre il lessico. ricevuta dalla tradizione ecclesiale. Però la sua dimensione storica
Come abbiamo visto nel volume I, è innegabile anche in Gesù ancorché reale è piuttosto sfumata; anche il materiale gesuano delle
una soteriolgia almeno implicita. Da una parte, egli ha considera- parole (dato che quello delle azioni, a parte la morte considerata
to tutto il proprio ministero pubblico come l'espressione della però più come evento che come un fatto, è pressoché inesistente)
misericordia divina in favore dei peccatori (cf. Me 2,17: "Non sta piuttosto sullo sfondo che non in primo piano. Il motivo è che
sono venuto a chiamare i giusti ma i peccatori"). Dall'altra, il egli incontrò nella propria vita non il Terreno ma il Glorificato.
detto tramandato da Me 10,45/Mt 20,28 ("Il Figlio dell'uomo Ed è a questi che Paolo attribuisce persino delle parole ignote ad
non è venuto per essere servito ma per servire e dare la sua vita altri (cf. 2Cor 12,8-9: "...e mi disse: Ti basta la mia grazia, poiché
in riscatto per i molti") e le parole pronunciate sul pane e sul la forza si perfeziona nella debolezza").
vino nell'ultima cena ("...il mio corpo dato per voi... la nuova Scopriamo dunque un tratto essenziale del Gesù di Paolo. A dif-
alleanza nel mio sangue": ICor 11,24-25/Lc 22,19-20)81 espri- ferenza degli evangelisti che invece vi annettono molta importan-
mono con sufficiente chiarezza la cosciente intenzione di Gesù za, Gesù per l'Apostolo non è né un taumaturgo né un maestro85.
di conferire alla propria morte una destinazione salvifica in favo-
re degli uomini82. 83
"Paolo sarebbe inorridito all'idea di essere il secondo fondatore del cristia-
nesimo. Per lui la sorgente della teologia era Gesù: sia quello che incontrò sulla
strada di Damasco, sia quello della tradizione cristiana. Naturalmente egli identifi-
cò i due. Paolo vide se stesso come lo schiavo di Gesù Cristo, non come il fondato-
80
Cf. G. Barth, // significato della morte di Gesù. L'interpretazione del Nuovo re del cristianesimo" (D. Wenham, Paul, pp. 409-410).
84
Testamento, Claudiana, Torino 1995, pp. 155-174. Nel primo senso, cf. D. Wenham, Paul, pp. 399-400; nel secondo senso cf.
81
È indifferente osservare che la tradizione Paolo-Lc attribuisce un valore sal- N. Walter, Paul and the Early Christian Jesus-Tradition, in A. J.M. Wedderburn,
vifico a entrambi, mentre la tradizione Mc-Mt lo riconosce solo al vino (cf. Me ed., Paul and Jesus, pp. 51-80.
14,22-24/Mt 26-28). 85
82
Paolo non rimanda mai a nessuno dei miracoli compiuti dal Gesù terreno,
Cf. il volume I, rispettivamente pp. 74-86 e 153-166. ma accenna appena a "segni e prodigi" compiuti dal Risorto (cf. Rm 15,18-19).
118 L'APOSTOLO PAOLO L'EREDITÀ CRISTOLOGICA PRE-PAOLINA 119

Il punto decisivo sta qui: Gesù per Paolo non è un personaggio nosce personalmente in modo chiaro quando scrive ai Corinzi: "Vi
del passato, ma è oggi "nostra sapienza da Dio e giustizia e santi- ho trasmesso ciò che anch'io ho ricevuto" (ICor 15,3). Paolo quin-
ficazione e redenzione" (ICor 1,30). Con lui non c'è un rapporto di, tutt'altro che un iniziatore, appare chiaramente come un anel-
estrinseco, distaccato: non certo commemorativo ma neppure di lo della catena della tradizione. Per quanto vistoso questo anello
semplice esemplarità. Il Gesù di Paolo non sta davanti a noi, di- possa sembrare, è solo sulla tradizione che egli innesta e sviluppa
verso da noi, ma sta dentro di noi, parte viva di noi, anzi propul- gli apporti originali del suo pensiero, anche se è ipotizzabile che
sore della nostra vita (cf. Gal 2,20: "Non sono più io che vivo, della tradizione egli selezioni proprio ciò che è più conforme alla
ma Cristo vive in me"). Egli non è tanto una parallela che corre propria ermeneutica dell'evangelo87.
accanto al cristiano quanto piuttosto una perpendicolare che inve- Si pone però il problema di sapere quale chiesa abbia concreta-
ste in pieno la sua identità e la sua esistenza. Il Gesù terreno sta mente influito sulla formazione cristiana dell'Apostolo, sapendo
alla base di tutto ciò, ne è l'imprescindibile punto di partenza, è che i suoi primi anni di 'convertito', anteriori alla prima missione,
lo zoccolo duro dell'aggancio con la storia. E Paolo lo sa. Ma egli egli li trascorse all'interno del triangolo geografico Damasco-
respira con altri polmoni, che non sono quelli dello storico bensì Gerusalemme-Antiochia di Siria88. Certo è a questa regione che ri-
quelli del 'mistico'. Non è comunque un altro Gesù quello che egli mandano per esempio le invocazioni aramaiche Maranathà (ICor
annuncia. Il fatto è che Gesù stesso conosce almeno due fasi di esi- 16,22), Abbà (Rm 8,15; Gal 4,6), e l'appellativo Kephà (ICor 1,12,
stenza: una storica e una metastorica, che hanno il loro punto di 9,5; 15,5; Gal 1,18; 2,9.11.14). Quanto a Damasco, la menzione
coincidenza nella sua morte-risurrezione. Se per la prima vale la dell'oscuro Anania in At 9,10-17 (cf. 22,12-16) allude discretamente
memoria, la seconda assicura una presenza. Paolo è ancorato a al primo evangelizzatore di Paolo, anche se di quel giudeo-cristiano
quella, ma si libra interamente nell'atmosfera di questa86. Tutto e della sua opera non sappiamo altro. Quanto a Gerusalemme, Pao-
ciò andrà ulteriormente verificato in seguito. lo deve avervi imparato davvero molto; ma per questo rimandia-
mo a quanto abbiamo già scritto nel capitolo precedente. Resta da
considerare Antiochia, dove si era formata una comunità cristiana
3. L'eredità cristologica pre-paolina vivace e aperta, all'interno della quale Paolo trascorse almeno un
anno (cf. At 11,26) prima della sua attività missionaria; egli ne di-
3.1 77 triangolo Damasco-Gerusalemme-Antiochia venne anche uno dei suoi esponenti principali (cf. At 13,1-2), tan-
to da poter essere chiamato "missionario e teologo antiocheno"89.
Come abbiamo accennato sopra, tra Gesù e Paolo non c'è il vuo- Agli stimoli provenienti da questa chiesa egli deve forse alcuni aspet-
to, ma è presente la primitiva chiesa dell'area siro-palestinese. Né ti decisivi del suo pensiero, compresi alcuni aspetti della cristolo-
si può dire che Paolo, il quale non fu discepolo del Gesù terreno, gia, alla cui formulazione peraltro dobbiamo pensare che egli ab-
abbia derivato l'intero suo patrimonio ideale di cristiano dall'in- bia cooperato in prima persona90.
contro folgorante con il Risorto sulla strada di Damasco. Fu ap-
punto la chiesa a fare da concreta mediazione storica tra il Naza- 87
Cf. K. Wengst, Der Apostel und die Tradition. Zur theologischen Bedeutung
reno e l'Apostolo. È da lei che gli provengono i tratti fondamenta- urchristlicher Formeln bei Paulus, ZTK 69 (1972) 145-162. Vedi anche R. 2Penna,
li della sua fede cristologica, o almeno è nel suo seno che egli ha Paolo di Tarso. Un cristianesimo possibile, San Paolo, Cinisello Balsamo 1994,
la possibilità di formulare il contenuto della nuova fede. Lo rico- pp. 37-52.
88
Vedi ora in proposito lo studio complessivo di M. Hengel e A.M. Schwemer,
Paul
89
Between Damascus and Antioch. The Unknown Years, SCM, London 1997.
90
J. Becker, Paolo l'apostolo dei popoli, pp. 89-129.
Così egli non impiega mai a suo riguardo la qualifica né di Rabbi né di Maestro Vedi in particolare L. Schenke, Die Urgemeinde, pp. 317-347; E. Rau, Von
(il titolo di BiBàoxaXo? è usato solo per designare una funzione ministeriale all'inter- Jesus zu Paulus. Entwicklung und Rezeption der antiochenischen Theologie im Ur-
no della chiesa: cf. ICor 12,28-29). christentum, Kohlhammer, Stuttgart-Berlin 1994; e A. Dauer, Paulus und die christ-
86
Cf. J. Becker, Paolo l'apostolo dei popoli, p. 384: "Nell'Apostolo la cristo- liche Gemeinde im syrischen Antiochia, BBB 106, Beltz Athenàum, Bonn 1996. Cf.
logia entra in questione solo e sempre in quanto contenuto di quel Vangelo che ora anche R.E. Brown, Antiochia e Roma. Chiese-madri della cattolicità antica, Citta-
viene annunciato nella forza dello Spirito". della, Assisi 1987, specie pp. 41-60. Per un inserimento della città nell'ambito
L'EREDITÀ CRISTOLOGICA PRE-PAOLINA 121
120 L'APOSTOLO PAOLO

Rilevare all'interno dell'epistolario paolino i testi pre-redazionali non na; 15,3-5 sui fatti pasquali) rimandano inequivocabilmente ad eventi ve-
è cosa facile91. Ancor più difficile è stabilire da quale ambito ecclesiale rificatisi proprio a Gerusalemme o in Giudea. Del resto, da Gerusalem-
essi provengano, e quindi non stupisce che gli Autori in materia possa- me provengono i primi importanti collaboratori di Paolo, come Barnaba
no divergere. Così Schenke e Dauer non sono d'accordo sull'ambienta- e Sila/Silvano. In più, avendo incontrato per vari giorni Cefa proprio a
zione di testi come Rm l,3b-4a e Rm 3,25, che il primo fa risalire a Ge- Gerusalemme (cf. Gal 1,18), l'Apostolo stesso può dichiarare con sicurezza
rusalemme, mentre il secondo li riporta ad Antiochia. In generale però la propria comunione di fede con quella chiesa: "Sia io che loro così pre-
essi concordano (cf. anche Becker) nell'attribuire alla chiesa antioche- dichiamo e così avete creduto" (ICor 15,11). Tutto ciò non si può negare.
na non solo il concetto di euanghelion, comprendente la riflessione su In ogni caso, c'è un punto che va tenuto presente e che favorisce l'i-
di una missione ai Gentili libera dall'obbligo della circoncisione, ma an- dea di un apporto determinante di Antiochia all'elaborazione del pen-
che per quanto interessa a noi più da vicino: siero di Paolo. È la notizia fornitaci da Luca, secondo cui "ad Antio-
- la concezione di un epocale superamento della Legge da parte di chia cominciarono a parlare anche ai Greci [cioè ai Gentili], predican-
Cristo (cf. Rm 10,4); do l'evangelo del Signore Gesù" (At 11,20)93. Ciò avrà delle conseguen-
- l'attribuzione a Gesù del titolo di "Signore" non tanto nella sua ze notevoli anche sulla cristologia per quanto riguarda il rapporto tra
formulazione aramaica Mar-Mar' (cf. cap. I, C, 2) quanto soprattutto Gesù e la Legge. Poiché gli sviluppi in materia ci sono testimoniati solo
in quella greca di Kyrios (presente in formule come Rm 10,9; ICor 8,6; dalle lettere di Paolo, li consideriamo caratteristici della sua cristologia
12,3 e Fil 2,9-11); (e li tratteremo più sotto: cf. § 6).
- gran parte delle confessioni di fede (come quelle presenti in Rm 4,25;
8,32; ICor 15,3-5); D u n q u e , i debiti di Paolo nei confronti della cristologia primiti-
- le dichiarazioni sull'autodonazione di Cristo (cf. Gal 1,4; 2,20); va sono indubitabili, in qualunque direzione ecclesiale essi possa-
- sulla sua morte "per" (cf. Rm 5,8); no essere ricondotti. Noi abbiamo già preso in esame due determi-
- sulla sua missione come preesistente (cf. Rm 8,3; Gal 4,4); nanti confessioni di fede della chiesa primitiva, che non a caso ci
- e quelle sulla Parusìa e sulla sua configurazione (cf. lTs 4,16-17). sono conservate proprio dalle lettere di Paolo (cf. Rm l,3b-4a; ICor
Tuttavia Hengel92 mette fortemente in guardia dal rischio di un "pan- 15,3-5) 94 . Esse vanno richiamate in questa sede dal Lettore per
antiochenismo", che finisce per enfatizzare oltre il dovuto la funzione avere un q u a d r o più completo della situazione. Ora invece, qui di
storico-teologica della chiesa antiochena. Secondo Hengel, infatti, le
seguito, per non frammentare eccessivamente l'esposizione adden-
componenti essenziali della fede cristiana (come il titolo di "Signore",
l'idea della preesistenza, e persino quella sulla mediazione nella crea- trandoci in piccole locuzioni del discorso paolino (su cui peraltro
zione) si sono formate tutte già nella chiesa di Gerusalemme. Fu là che ci soffermeremo nei successivi paragrafi della ricerca), dedichia-
avvenne l'esplosione cristologica, e il gruppo degli "Ellenisti" ne favo- m o la nostra attenzione a un unico b r a n o , che spicca per la sua
rì anche un ripensamento alla greca. Perciò fu di là che Paolo portò ampiezza e omogeneità, oltre che per la sua importanza: Fil 2,6-11.
questo patrimonio con sé ad Antiochia. Così i testi pre-paolini sia di
Rm sia di ICor sono riconducibili solo alla chiesa palestinese per vari
motivi. Da una parte, la chiesa di Roma era stata fondata a partire da 3.2 Pre-redazionalità e struttura di Fil 2,6-11
Gerusalemme e Paolo, che su di essa era stato informato dai giudei ro-
mani Aquila e Prisca, voleva ingraziarsela riportando affermazioni cri-
L'attuale stato della ricerca in materia deve registrare che la quasi
stologiche ad essa ben note (cf. Rm l,3b-4a; 3,25; 4,25; 8,32). Dall'al-
tra, i testi chiaramente tradizionali di ICor (cf. 11,23-27 sull'ultima ce- totalità degli studiosi concorda sul fatto che in Fil 2,6-11 Paolo

93
È vero che questa notizia non si accorda bene con il precedente episodio del
della Siria, cf. R. Tracey, Syria, in D.W.J. Gill & C. Gempf, edd., The Book of battesimo del pagano Cornelio (cf. At 10), ma proprio perché stride con l'imposta-
Acts in Its Graeco-Roman Setting, "The Book of Acts in Its First Century Setting" zione storiografica lucana essa va considerata tradizionale (cf. G. Lùdemann, Das
2, Eerdmans-Paternoster, Grand Rapids-Carlisle 1994, pp. 223-278 specie 236-239. frùhe Christentum, p. 142). Ad Antiochia perciò "inizia una nuova epoca nella storia
91
L. Schenke enumera otto criteri, in base ai quali poter isolare materiale di ti- della missione cristiana, in un certo senso quella più importante" (E. Haenchen,
po "formulare", risalente a uno stadio anteriore alla composizione scritta (cf. Die Apg, p. 310), e ciò è almeno indirettamente riconosciuto anche da Hengel-Schwemer,
Urgemeinde, pp. 326-327). Paul Between Damascus and Antioch, p. 183.
94
92
Cf. Paul Between Damascus and Antioch, pp. 279-300. Cf. volume I, pp. 196-210.
122 L'EREDITÀ CRISTOLOGICA PRE-PAOLINA 123
L'APOSTOLO PAOLO

riporta una composizione precedente alla scrittura della lettera 95 . liò" se stesso)98, oltre che sulla testimonianza nel mondo (cf.
I motivi principali, in ordine crescente, sono i seguenti: 2,12-18). Invece, i seguenti vv. 9-11 non hanno alcuna immediata
- (1) si riscontrano alcuni hapax legomena paolini, a livello sia ricaduta contestuale, visto che essi non sono funzionali a fondare
lessicale ((jiopcpT), l'aoc, àproxypiói;, u7tepoc|)óco, xaxaxOóvio?) sia di fraseo- la fede o la speranza nella risurrezione dei destinatari, né in se stessa
logia ("stimare una rapina", "essere uguale a Dio", "svuotò... né come ricompensa a una vita di prove 99 . Questa osservazione fa
se stesso", "gli fece grazia del nome"); chiaramente intendere che qui è stato collocato di peso un brano
- (2) si tratta di una lunga composizione cristologica che rompe che a rigor di logica, per adattarsi meglio al discorso circostante,
vistosamente il contesto, il quale ha un tutt'altro interesse di tipo avrebbe dovuto essere scomposto; essendo invece stato preso in
pareneiico (e il v. 5 rappresenta un trait-d'union tra le due pro- blocco, anche se non tutto serve agli scopi contestuali, è segno che
spettive); all'origine esso faceva un tutt'uno come composizione autono-
- (3) il modello cristologico umiliazione-esaltazione non ha con- ma 100 .
fronti in Paolo, poiché dove l'Apostolo ricorre al binomio morte- Quanto alla struttura del testo, le proposte fatte dagli Autori van-
risurrezione non fa menzione della pre-esistenza (cf. per esempio no da un massimo di sei strofe101 a un minimo di due 102 . Mi pare
Rm 4,25; 2Cor 13,4), e viceversa dove allude alla pre-esistenza non
giunge a parlare di risurrezione (cf. Gal 4,4; Rm 8,3)96; 98
In questo senso è molto pertinente il titolo della monografia di J. Heriban,
- (4) la menzione della croce al v. 8 è contestualmente collegata Retto <ppovew e xévwau;. Studio esegetico su Fil 2,1-5.6-11, LAS, Roma 1983. Vedi
solo con un inusuale valore di esemplarità nell'obbedienza, non con anche S.E. Fowl, The Story of Christ in the Ethics of Paul. An Analysis of the
i concetti paolini della sua dimensione salvifica (cf. Rm 4,25; 5,6-8) Function ofthe Hymnic Material in the Pauline Corpus, JSNT Suppl. 36, Jsot Press,
Sheffield 1990, pp. 49-101.
né tantomeno con quello di una partecipazione da parte dell'apo- 99
II rimando a Fil 3,10-11 ("...reso conforme alla sua morte perché possa an-
stolo (cf. 2Cor 13,3-4; 4,10)97; che condividere la sua risurrezione dai morti") sarebbe improprio, sia perché è troppo
- (5) infine e soprattutto si vede bene che la dimensione semanti- lontano dalla parenesi del cap. 2, sia perché si riferisce solo a Paolo e non ai desti-
natari (per non dire che, secondo alcuni Autori, apparterrebbe a un'altra lettera).
ca del brano eccede notevolmente quella del suo contesto. Infatti Altrettanto improprio è il richiamo a Fil 3,20-21 (lett.: "egli trasformerà il corpo
solo i vv. 6-8 hanno una vera funzione contestuale in quanto sono della nostra umiltà per conformarlo al corpo della sua gloria secondo il potere che
ordinati a fondare la parenesi sui rapporti comunitari, presente nei ha di sottomettere a sé tutte le cose"), dato che qui c'è una prospettiva escatologica
che100là è del tutto assente.
precedenti vv. 1-5 con l'esortazione a evitare ogni vanagloria e a Quanto al suo genere letterario, non si tratta certo di un "inno" in senso
ricercare l'umiltà nei comportamenti vicendevoli (vedi infatti la cor- stretto, dato che di strettamente poetico c'è ben poco al di fuori di un certo ritmo
della prosa (cf. H. Riesenfeld, Unpoetische Hymnen im Neuen Testament? Zu Phil
rispondenza tra la xa7reivo9pcoauv7], "umiltà", richiesta ai destina- 2,1-11, in J. Kilunen et al., ed., Glaube und Gerechtigkeit. In Memoriam R. Gyl-
tari nel v. 3 e il rimando esemplare a Cristo che IxowceCvwaev, "umi- lenberg, Helsinki 1983, pp. 155-168). Possiamo però accettare questa definizione
generale: "È proprio dell'essenza dell'inno una forte concentrazione sulla persona
95
di colui al quale esso è indirizzato; perciò riteniamo come inno l'enumerazione ce-
II primo proponente di questa tesi fu E. Lohmeyer in uno studio del 1927 e lebrativa e lodante delle gesta o delle proprietà di una divinità" (R. Deichgràber,
poi nel suo commento a Fil del 1930 (cf. Meyer Kommentar, Gòttingen 61964). Per Gotteshymnus und Christushymnus in derfruhen Christenheit. Untersuchungen zu
un breve ma documentato status quaestionis, vedi A. Dauer, Paulus und die christ- Form, Sprache und Stil derfrùhchristlichen Hymnen, Gòttingen 1967, p. 22; su
iiche Gemeinde, pp. 106-108 + 248-250: tra i pochi negatori della pre-redazionalità Fil 2,6-11 : ib., pp. 118-133). E in questo senso che possiamo ricordare la prassi pro-
vanno aggiunti E. Lupieri, La morte di croce. Contributi per un'analisi di Fil. 2,6- tocristiana testimoniata da Plinio il Giovane sui cristiani di Bitinia che si riunivano
11, RivBibl 27 (1979) 271-311; e ora R. Brucker, 'Christushymnen'oder 'epideikti- a questo scopo: Carmen Christo quasi deo dicere secum invicem (Epist. 10,96,7).
101
sche Passagen '? Studien zum Stilwechsel im Neuen Testament und seiner Umwelt, Così già E. Lohmeyer e poi soprattutto R.P. Martin, Carmen Christi. Phi-
Vandenhoeck, Gòttingen 1997, pp. 308-320. lippians ii.5-11 in Recent Interpretation and in the Setting ofEarly Christian Wor-
96
Un'eccezione è rappresentata da Rm 1,3-4 dove risulta una cristologia a tre ship, Cambridge 1967, 21983, pp. 36-37. Questo tentativo, che è basato sulla rico-
stadi (pre-esistenza, nascita davidica, risurrezione), ma: da una parte, la nascita non struzione di una serie di dodici paia di stichi suddivisi appunto in sei unità (vv.
è intesa come una umiliazione; dall'altra, non si parla affatto della morte; e so- 6ab.7ab.7bc.8ab.9ab.l0a + Ila), purtroppo comporta un ritocco del testo con l'e-
prattutto siamo in presenza di una confessione pre-paolina che assume una diversa liminazione dei vv. 8c ("e alla morte di croce"), lOb ("di ciò che è in cielo e sulla
prospettiva nel nuovo contesto epistolare (cf. voi. I, pp. 201-208). terra e sottoterra"), llb ("a gloria di Dio Padre").
97 102
Anzi è curioso osservare che, mentre non si dice affatto che la morte di Cri- Così i citati H. Deichgràber e J. Heriban (oltre ai commenti di J. Gnilka,
sto sia avvenuta "per noi" (o simili), in 1,29 si afferma al contrario che ai filippesi R. Fabris, P.T. O'Brien), secondo questo schema semplicissimo: (1) vv. 6-8: umi-
è stato dato di "soffrire per Cristo" (cf. anche 2Cor 12,10)! liazione; (2) vv. 9-11: esaltazione. Questa divisione rispetto alla precedente ha il
L'EREDITÀ CRISTOLOGIA PRE-PAOLINA 125
1Z4 - L'APOSTOLO PAOLO

però che una articolazione in tre strofe103 renda meglio ragione de- netto con l'affermazione precedente, cosicché tra il v. 6 ("forma
gli altrettanti momenti, che scandiscono l'incomparabile itinera- di Dio") e il v. 7 ("forma di schiavo") viene a darsi una vera con-
rio percorso dal Cristo, cioè rispettivamente: A. la preesistenza (v. trapposizione, sulla quale non si può sorvolare facendo finta di
6); B. la kenosi fino alla croce (vv. 7-8); C. la glorificazione (vv. niente.
9-11). Il testo pertanto risulta tradotto così:

A " 6 I1 quale, pur essendo in condizione di Dio, 3.3 Lo sfondo culturale


non ritenne un privilegio geloso l'essere come Dio,
7 Le due affermazioni fondamentali dell'inno circa il doppio pas-
B ma spogliò se stesso
assumendo una condizione di schiavo, saggio, l'uno da una condizione divina a una condizione umana
diventando partecipe degli uomini, e l'altro dalla condizione mortale a una gloriosa, hanno dei paral-
e, trovato all'apparenza come uomo, leli nelle antiche letterature greca e giudaica105. Vi accenniamo al-
8
umiliò se stesso meno in breve per notare affinità e divergenze.
diventando obbediente fino alla morte
e a una morte di croce. 3.3.1 Ambiente greco. Addirittura Giustino nel secolo II osserverà
C 9
Perciò Dio lo sovraesaltò che nel caso della nascita verginale, della morte in croce, della risurre-
zioe e dell'ascensione di Gesù Cristo "nulla di nuovo diciamo rispetto
e lo gratificò del nome che è superiore a ogni altro
a coloro che presso di voi parlano dei figli di Zeus" (I Apol. 21,1; con
nome, correzione circa la croce in 55,1-7). In effetti possiamo trovare delle ana-
10
perché nel nome di Gesù si pieghi ogni ginocchio logie in tre ambiti diversi.
di ciò che è nei cieli e sulla terra e sottoterra, A proposito degli dèi olimpici, la mitologia ci racconta i casi di una
n
e ogni lingua confessi che «Signore» è Gesù Cristo, serie di divinità, che si sottopongono a metamorfosi di vario genere per
a gloria di Dio padre". avere contatti con gli uomini; ne ricordiamo quattro. (1) Zeus si unisce
a donne mortali per fecondarle, sia sotto forme non umane (come ci-
Come si può notare, è vero che il passaggio da A a B sintattica- gno con Leda, da cui nascono Elena e i Dioscuri; come pioggia d'oro
mente non è così rimarcato come quello tra B e C 104 . Ma l'avver- su Danae, da cui nasce Perseo; come toro con Europa, da cui nasce Mi-
sativa che inizia il B segna comunque uno stacco tematico molto nosse ecc.) sia sotto forma umana (con Semele di Tebe, da cui nacque
Dioniso; con Alcmena moglie di Anfitrione, da cui nacque Eracle). (2)
Apollo si unisce a Coronide, da cui nasce Asclepio. In più, per aver uc-
vantaggio di non essere soltanto formale, ma di mettere in luce due centri tematici ciso i Ciclopi costruttori del fulmine (con cui Zeus aveva fatto morire
fondamentali dell'inno. Una proposta di A. Feuillet (cf. RB 72 [1965] 352-380, Asclepio dietro preghiera di Ade che si vedeva sottratti i sudditi per i
481-507) in quattro strofe (vv. 6-7a: spoliazione; 7b-8: umiliazione fino alla morte; successi del dio della medicina), Apollo fu cacciato dal cielo e venne
9: esaltazione e dono del nome; 10-11: sottomissione dell'universo) lascia da parte ridotto a far da bovaro per un anno al servizio di Admeto, re di Fere
lo stadio
103
della preesistenza e scompone indebitamente il momento della glorificazione. in Tessaglia (cf. Luciano, De sacrif. 4: àv0pco7itvTi xp^ófievoi; vbyrù-
Così J. Jeremias, Zur Gedankenfùhrung in den paulinischen Briefen, in J.N.
Sevenster-W.C. van Unnik, edd., Studia Paulina in Honorem J. de Zwaan, Haar- (3) Atena nell'Odissea si sottopone a una decina di metamorfosi, non
lem 1953, pp. 146-154 qui 152-154, e anche E. Lupieri, La morte di croce, p. 275, sempre umane, per entrare in rapporto con Telemaco e altri, tanto che
che parla opportunamente di Tesi, Antitesi, e Sintesi; vedi pure A. Spreafico, Omero esclama: "È difficile, o dea, riconoscerti quando t'incontra un
0EO2/ANePQriO£. Filippesi 2,6-11, RivBibl 28 (1980) 407-415. Nel caso di Jere- mortale, anche se è molto avveduto; tu infatti ti rendi simile a chiun-
mias bisogna però rinunciare alla sua pretesa di leggere già nel v. 7a (iauxòv ixévw-
aev) un riferimento alla morte di croce con allusione a Is 53,12 (cf. NT 6 [1963] que" (13,312s); e Odisseo che si presenta in incognito tra i Proci suscita
182-188), poiché tra il v. 6 e il v. 7 ci sarebbe un passaggio troppo brusco.
104
Qui infatti al v. 9 la congiunzione consecutiva Sto, "perciò", segna maggior- 105
mente lo stacco sintattico con i vv. anteriori (tanto che viene fatta precedere da un La proposta di D. Seeley, The Background ofthe Philippians Hymn (2:6-11),
punto). Invece al v. 7 la congiunzione avversativa àXXà, "ma", segna un passaggio Journal of Higher Criticism 1 (1994) 49-72, che suggerisce una combinazione di
all'interno dello stesso periodo (tanto che viene fatta precedere da una semplice tre elementi diversi (Is 45, racconti di giusti sofferenti, e il culto greco-romano dei
virgola). sovrani), è insufficiente.
L'EREDITÀ CRISTOLOGIA PRE-PAOLINA 127
126 L'APOSTOLO PAOLO

l'interrogativo: " E se fosse un èTioupàvio? Geo??" (17,484-487). (4) Dio- innegabile dimensione mitica, cioè astorica (tanto che non ne esiste al-
niso, che ritorna a Tebe per instaurarvi il proprio culto, oltre che per cuna tomba) 110 .
vendicare contro Penteo la morte della madre, secondo Euripide dice: A proposito di tutte queste figure di divinità e di eroi, bisogna asso-
" H o mutato il mio aspetto in una natura d'uomo" (Bacc. 54: fjiop<pT]v lutamente aver presente che esse appartengono alla mitologia, e cioè sono
T'èfxriv fxexé(3aXov tic, àvSpò? <póatv; cf. anche il v. 4); ma il re opponen- patrimonio della sola poesia. Sono i poeti infatti che danno forma ai
dosi a lui come uomo "combatte contro dio" (45: Oeofxocxei). miti e celebrano le rispettive figure che ne sono protagoniste; in quanto
Ci sono poi i cosiddetti dèi in vicenda, il cui mito sta all'origine di mitografi essi svolgono un ruolo costitutivo nell'ambito della religione
un rito che dà forma ai rispettivi culti misterici. Essi sottostanno a pro- greca. Ma ciò significa che né la storiografia né la filosofia s'interessa-
ve di sofferenza e di morte, per poi rivivere in qualche modo di nuovo. no di queste "storie". Anzi Platone dedica un'ampia sezione della Re-
Il caso più antico è quello di Persefone (spesso detta semplicemente Kore, pubblica per confutare le favole dei poeti come inadatte all'educazione
"la ragazza"), figlia di Demetra: rapita da Ade, essa è destinata ad abi- dei giovani, soprattutto per motivi morali (cf. 376e-383c); così per esem-
tare negli Inferi per un terzo dell'anno e gli altri due terzi con gli Im- pio in 377cd si legge: "Dobbiamo ripudiare la maggior parte delle fa-
mortali; il suo mito è già celebrato negli Inni Omerici e sta alla base vole,... che ci hanno raccontato Omero, Esiodo e gli altri poeti". Resta
del culto di Eleusi 106 , che celebra il dato stagionale del grano e delle comunque il valore comparatistico di vari elementi messi in luce sopra.
messi. Ricordiamo appena di sfuggita la serie delle altre divinità miste- 3.3.2 Ambiente giudaico. Ci sono vari filoni della tradizione giudai-
riche: Iside-Osiride, Adone, Attis, che stanno al centro di una vicenda ca, che possono costituire degli interessanti paralleli con le affermazio-
di morte e reviviscenza. Per tutte queste figure, oltre a ciò che abbiamo ni centrali del nostro inno.
già detto più sopra (cf. 2.1), vale ciò che scrive nel secolo IV il filosofo In primo luogo, va ricordato il tema del servo sofferente di Is 53. Un
Salustio Secondo Saturnino: "Queste cose non avvennero mai, ma so- parallelismo potrebbe basarsi sul fatto che anche qui è celebrato chia-
no sempre" 107 . ramente il doppio momento dell'umiliazione (cf. 53,2-10a.llb.l2b) e
Infine menzioniamo il caso degli eroi, che nella grecità occupano una della susseguente esaltazione (cf. 53,10b-lla.l2a) di una misteriosa fi-
posizione intermedia tra gli dèi e i mortali; essi non preesistono co- gura di cEbed Yhwh (cf. voi. I, pp. 163-164), anche se richiami lingui-
me divinità, ma rappresentano l'ideale massimo dell'uomo che viene di- stici veri e propri non sono possibili111. Tuttavia, si devono rilevare due
vinizzato108. L'esponente maggiore di questa categoria è indubbiamente differenze importanti: da una parte, in Is 53 manca del tutto l'idea di
Eracle, che, dopo aver espletato tutta una serie di dodici gravose fati- una preesistenza del Servo, che in più non è certo una figura divina,
che e infine dopo una morte dolorosa, viene finalmente glorificato, co- come invece risulta in Fil 2,6; dall'altra, in Fil manca del tutto la di-
me canta un anonimo poeta: "Ora egli è un dio, è uscito da tutte le mensione della sofferenza espiatrice-vicaria, che invece è ripetutamen-
sofferenze, e vive dove hanno dimora gli altri abitanti dell'Olimpo, im- te presente in Is 53,4-6.8b. IOa. 1 lb. 12b. Il tema si amplia nella tradizio-
mortale e senza invecchiare (àGàvato? xaì àyépo?), insieme a Ebe figlia ne giudaica mediante il paradigma del giusto sofferente, variamente gio-
del grande Zeus e di Era" (P.Oxy. XVII, 2075.16-19)109. I possibili ac- cato nei testi post-esilici (cf. Sai 34,19-20; 49,16; 69,8-10; Gb 12,4;
costamenti alla figura di Cristo sono evidenti, a parte il fatto della sua 16,12-14; 19,25-27; 30,20a; Sap 2,10-20; 5,1-7; 1QH 5,5-18; Filone Al.,
Leg. ad C. 196)112.

110
106
Cf. Inni 2,401-403: "Ogni volta che la terra si coprirà dei fiori odorosi, / Cf. F. Pfister, Herakles und Christus, Archiv fùr Religionswissenschaft 34
multicolori, della primavera, allora dalla tenebra densa / tu sorgerai di nuovo (a- (1937) 42-60.
111
vei, lett. : « fai salire, produci »), meraviglioso prodigio per gli dèi e gli uomini mor- Contro J. Jeremias e R.P. Martin, che nella frase èautòv èxévwaev di Fil 2,7
tali" (trad. F. Cassola). scorgono una dizione equivalente a quella di Is 53,12b LXX (7tap£&ó0T] et? Oàvaxov
107
De diis et mundo 4,9: T<XUT<X 8è èyéve-co (xèv oùSércoTe, eoxt hi àe£! fi 4>i>xf| aikou, "la sua anima fu consegnata alla morte"): da una parte infatti l'acco-
108
Cf. K. Kerényi, Gli Dei e gli Eroi della Grecia, Garzanti, Milano 1984, voi. stamento è troppo stiracchiato; dall'altra esso anticipa indebitamente in Fil 2,7a
II, pp. 11-31. ciò che verrà detto a pieno titolo solo in 2,8c.
109 112
II papiro è del tardo secolo II d.C, ma si ispira a Esiodo: "Beato, compiuta Cf. K.T. Kleinknecht, Der leidende Gerechtfertigte. Die alttestamentlich-
la grande impresa, fra gli Immortali dimora, esente da dolore e senza invecchiare jùdische Tradition vom "leidenden Gerechten" und ihre Rezeption bei Paulus,
per sempre" (Theog. 954-955). Così anche Ovidio canta la sua morte sulla pira in WUNT 2.13, Tubingen 1984; il tema nel giudaismo riceve questi trattamenti: Yhwh
Tessaglia e poi la sua glorificazione: "Il padre onnipotente ( = Giove), avvoltolo interviene in questa vita e oltre la morte; la sofferenza ha un valore pedagogico;
con nuvole dense, lo rapì e con un cocchio tirato da quattro cavalli lo portò tra essa ha anche un valore espiatorio, sia per l'individuo (cf. Sai. Salom. 10,1- 2; 13,8-10)
gli astri radiosi" (Metam. 9,271-272: Quem pater omnipotens Inter cava nubila rap- sia per il popolo (cf. Is 53; 2Mac 7,37; 4Mac 6,28-29; 17,21-22); su Fil 2,6-11 cf.
tum / quadriiugo curru radiantibus intulit astris). ib., pp. 189s, 311-312.
128 L'APOSTOLO PAOLO L'EREDITÀ CRISTOLOGICA PRE-PAOLINA 129

Un tema analogo anche se più generale è quello dell'abbassamento- cazioni. E anche se Filone l'Ebreo giunge a dire che "è più facile che
esaltazione, espresso nella sentenza di tipo sapienziale: "Ciò che è bas- Dio si trasformi in un uomo che non un uomo in dio" (Leg. ad C. 118),
so sarà elevato e ciò che è alto sarà abbassato" (Ez 21,31; cf. Gb 22,29; ciò va spiegato in base al contesto storico della frase, scritta in polemi-
Pro 3,34; Sap 4,14; e Mt 23,12; Le 14,11; 18,14; lPt 5,5). Alcuni Auto- ca con la pretesa di Caligola di farsi dio. Per il resto vale come regola
ri vogliono spiegare Fil 2,6-11 sulla base di questa tematica 113 ; essa è l'assioma formulato in Qo 5,1: "Dio è in cielo e tu sei sulla terra", co-
certamente importante, ma la sua insufficienza appare dal fatto che in me a dire che non bisogna mai confondere i ruoli o invertire le parti! 115 .
Fil si presuppone la preesistenza (come in nessun giusto), cosicché l'u-
miliazione sta già nella kenosis, anteriormente all'obbedienza.
Va fatto riferimento anche alla tradizione sapienziale, che conosce 3.4 La preesistenza (A)
bene la personificazione della Sapienza, di cui si enumerano due mo-
menti di esistenza. L'uno è quello di una figura preesistente; così in Pro
"Pur essendo in condizione di Dio, non reputò un tesoro geloso
8,23: "Dall'eternità sono stata costituita, fin dal principio, dagli inizi
della terra"; secondo Sap 8,3 è "in comunione di vita con Dio", e in l'essere come Dio". Che questa affermazione, così tradotta, intenda
9,9 si confessa: "Con te (o Dio) è la sapienza che conosce le tue opere, riferirsi a uno stadio di preesistenza divina è comunemente ammesso
che era presente quando creavi il mondo". L'altro momento è quello dagli studiosi116. Pochi altri però la interpretano in riferimento al-
di una sua abitazione storica in seno a Israele; così in Sir 24,8-11: "Al- l'esistenza terrena di Gesù, soprattutto sulla base di due supposi-
lora il creatore dell'universo... mi disse: Fissa la tenda in Giacobbe e zioni: nel v. 6a l'espressione [xop^ GeoG alluderebbe in generale al-
prendi in eredità Israele. Prima dei secoli, fin dal principio, egli mi creò... l'uomo come immagine di Dio (secondo ciò che si dice di Adamo
e mi sono stabilita in Sion, nella città amata mi ha fatto abitare ecc."; in Gn 1,27), e nel v. 6b l'essere uguale a Dio sarebbe stata una ten-
e anche in Bar 3,29.38 si legge: "Chi è salito al cielo per prenderla e tazione del Gesù terreno (conformemente a quella di Gn 3,5), alla
farla scendere dalle nubi?... È apparsa sulla terra e ha vissuto fra gli
uomini". Come si vede, un parallelismo con Fil 2,6s è possibile. Ma
quale però egli non avrebbe ceduto117. Esaminiamo perciò breve-
va precisato che in Sir e Bar la Sapienza che si fa vedere tra gli uomini mente le due parti della frase.
è identificata con la Torah; inoltre, nei testi sapienziali non c'è alcun
cenno alla morte e di conseguenza neanche a una successiva esaltazione. 115
Un discorso a parte meriterebbe il celebre "Inno della perla" in Atti di Tom-
Anche la tradizione apocalittica potrebbe essere richiamata, per quanto maso 108-113 (che può risalire al secolo II), dove si narra di un principe il quale, per
riguarda la figura del Figlio dell'uomo. A parte Dn 7,13 ("Ecco appa- andare in cerca di una perla preziosa, lascia il suo palazzo regale, veste abiti sporchi,
rire sulle nubi del cielo uno simile a un figlio d'uomo"), è soprattutto va in Egitto, dove però dimentica la sua missione; allora il re gli scrive una lettera
per ricordargli il suo compito, ed egli, trovata la perla, ritorna al palazzo dove rive-
il cosiddetto "Libro delle parabole" di lEn 37-73 che tratteggia questa ste i suoi abiti sontuosi. Il passo potrebbe ben essere letto come una rielaborazione
figura secondo due stadi: quello di un nascondimento presso Dio pri- di Fil 2,6-11 (anche se solo in funzione dell'apostolo); ma cf. sotto: cap. VI, nota
ma della creazione del mondo e poi quello della sua manifestazione per 82. Diversa invece è la mitologia gnostica del più tardo Corpus Hermeticum; qui in
la salvezza e per la condanna (cf. 48,2-3.5-6). 1,12.14.15 leggiamo: "Il Nous, Padre di tutti gli esseri, essendo vita e luce, generò
un Uomo simile a lui (aùxtò taov), di cui si invaghì...; infatti era bellissimo, in quanto
Altri filoni potrebbero essere ricordati, come quello dell'"angelo del riproduceva l'immagine del Padre. Infatti Dio si invaghì realmente della propria forma
Signore" e in genere di vari arcangeli che appaiono in forme ben visibi- (TT|<; ì8ias |i.op<pf|<;)... Allora l'Uomo si chinò attraverso la compagine [delle sfere co-
li in contesto umano 114 . smiche] e mostrò alla Natura sottostante la bella forma di Dio (TT)V xaXrjv xoù 6eoG
!xop<pr|v).. .Visto in essa questa forma simile a sé riflessa nell'acqua, egli la amò e volle
Ma nel giudaismo, a prescindere dai frequenti antropomorfismi (già abitare là; il suo volere divenne subito realtà, e venne ad abitare la forma senza ra-
nella storia della creazione), si tratta sostanzialmente di mere personifi- gione (xaì wxTjae XT)V àXoyov (jiop^v)... e si unirono... È per questo che l'uomo, unico
fra tutti gli esseri che vivono sulla terra, è doppio (BITCXOG?), mortale per il corpo, im-
mortale per la parte essenziale' '. Come si vede, siamo soltanto di fronte a un tentati-
113
vo di spiegare miticamente il dualismo antropologico.
116
Cf. E. Schweizer, Erniedrigung und Erhòhung bei Jesus und seinen Nach- Vedi per esempio L.D. Hurst, Re-enter the Pre-existent Christ in Philippians
folgern, Zwingli, Zùrich 21962 (trad. hai., Dehoniane, Bologna 1969, pp. 117-127); 2.5-11?, NTS 32 (1986) 449-457; J. Habermann, Pràexistenzaussagen im Neuen Te-
F. Manns, Un hymne judéo-chrétien: Philippines [sic!] 2,6-11, Euntes Docete 29 stament, Europ. Hochschulschriften 23 Theol. 362, Lang, Frankfurt a.M.-New York
(1976) 259-290; C.C. Marcheselli, La celebrazione di Cristo Signore in Fil 2,6-11, 1990, pp. 91-157 specie HOss; P.T. O'Brien, The Epistle to the Philippians, NTGTC,
Asprenas 25 (1978) 361-379. Grand Rapids 1991, pp. 263-268.
114 117
Vedi in proposito C.H. Talbert, The Myth of a Descending-Ascending Re- Cf. J. Murphy-O'Connor, Christological Anthropology in Phii, II, 6-11, RB
deemer in Mediterranean Antiquity, NTS 22 (1976) 418-440 specie 422-430. 83 (1976) 25-50; J.D.G. Dunn, Christology in the Making, London 1980, pp. 114-
130 L'APOSTOLO PAOLO L'EREDITÀ C R I S T O L O G I A PRE-PAOLINA 131

(1) Il senso di fxopcpr] 0eoG. Il primo sostantivo, pur significando gine121. Addirittura c'è chi ha proposto di vedere nella frase del
lett. "forma, figura, apparenza", in realtà dice più di <r/r\\ia., "aspet- v. 6a un riferimento alla filiazione divina di Gesù, per il doppio
to esteriore", anche se meno di oGatoc-tpucns, "essenza-natura". Es- motivo che il termine fxopcpri può essere impiegato per esprimere la
so può valere tanto "fattezze, lineamenti" in quanto sono propri somiglianza verso i genitori (cf. 4Mac 15,4; Filone Al., Leg. ad C.
di un essere e lo contraddistinguono, quanto anche più astratta- 55) e perché lo stesso nostro inno culmina con la menzione di "Dio
mente "condizione, modo d'essere", senza riferirsi necessariamente Padre" (v. 11)122.
a ciò che è percepito dai sensi. Infatti Platone così polemizza con- (2) Il v. 6b cambia di significato a seconda del senso che si dà al
tro i miti che descrivono le varie metamorfosi degli dèi: "È impos- raro termine àp7caffxó<;123. È vero che lessicalmente esso è un nome
sibile anche a un dio di voler mutare se stesso (OCUTÒV àXXotoGv); ma attivo e letteralmente vuol dire "raptus, atto di rapina, furto, usur-
invece... ognuno di essi, bellissimo e ottimo com'è quanto più pos- pazione"; ma questo va escluso, poiché nel nostro caso non fa sen-
sibile, resta sempre semplicemente nella propria forma (piévei àeì so. Il senso invece va dedotto dall'intera frase "non ritenne un àp-
àrcXax; èv tri auxoG (jtop<p^)"118. Una buona indicazione per intende- nciLy\i.ó<; l'essere come Dio" (cioè: non ritenne che l'essere uguale a
re la semantica del termine è anche quella fornita da Kàsemann Dio fosse un cupncny\ió<;), che implica una dimensione oggettiva. Al-
a proposito del greco ellenistico119, dove l'etimo del verbo \itxcf.- lora, cosa non infrequente nel greco ellenistico, esso va inteso in sen-
(oppure au(x-) jjioptpoGaGou, "tras-(o con-)formare", significa un mu- so passivo (come ocproxffAa), ma con due diverse possibilità: o come
tamento che non è soltanto di apparenza ma riguarda una più pro- res rapienda, quindi "rapina ancora da compiere, bene desiderabi-
fonda dimensione dell'esistenza120. Che invece il concetto di eìxwv, le, cosa a cui tendere perché se ne è privi", o al contrario come res
"immagine", nel nostro caso sia inadeguato risulta dalla doppia rapta, quindi "rapina già compiuta" e per estensione "bottino, te-
constatazione che proprio esso e non [xopcpri viene impiegato dai LXX soro, bene proprio, privilegio da conservare gelosamente, condizione
per tradurre l'ebraico selem in Gn 1,26-27 ("...a immagine di Dio da cui trarre vantaggio' '. Che questa seconda possibilità sia da pre-
[xocT'etxóvoc 0eoG] lo fece") e che nel successivo v. 7 l'espressione ferire risulta dal semplice fatto che tale è il normale significato del
"fxopcpr) di schiavo" non intende certo riferirsi solo a una imma- termine in greco124; in più, si può trovare una costruzione simile in
Rm 15,3 dove leggiamo che "Cristo non piacque a se stesso, ma...";

125; M. Rissi, Der Christushymnus in Phil. 2,6-11, in ANRW 11/25/'4 (Berlin-New


121
York 1987), pp. 3314-3326. Da parte sua J. Heriban, Retto 9poveìv, pp. 269-274 Inoltre C. Spicq, Note di lessicografia neotestamentaria, II, pp. 191-197, nota
(specie con l'appoggio di P. Grelot, in Bibl 53 [1972] 495-507), riferisce il versetto che nei papiri e nelle iscrizioni è proprio della ixop<pri modificarsi, mentre l'immagi-
alla condizione terrena di Gesù soprattutto per il fatto che l'originale greco taoc non ne resta immutabile. Interessante sembrerebbe intendere \i.op<?r\ come sinonimo di
è un aggettivo (come è per esempio in Saffo 31,1: "Mi sembra che quell'uomo sia Bólja, "gloria", così da leggere Fil 2,6a in parallelo a Gv 17,5: "La gloria che io
uguale agli dèi, tao? 0éoiatv") ma un avverbio (in forma di neutro plurale, come in avevo presso di te prima che il mondo fosse" (cf. J. Behm, in GLNT VII, coli.
Omero, Od. 15,520: "Ora gli Itacesi guardano a lui come a un dio, -còv vuv iaa 0eà>... 477-532); tuttavia, l'equivalenza non tiene già più nel seguente v. 7 dove si parla
etaopócoai..."), che non indicherebbe uguaglianza di natura ma semplice corrispon- della "forma dello schiavo", la quale non implica certo un'idea di splendore.
122
denza di condizione ( = ó>s); perciò in Fil 2,6 si vorrebbe dire che Gesù nella sua Cf. C.A. Wanamaker, Philippians 2.6-11: Son of God or Adamic Christo-
vita terrena non rivendicò i diritti e i privilegi derivanti dalla sua condizione divina logy?, NTS 33 (1987) 179-193; di conseguenza egli intende il v. 6b in questo modo:
(ma si umiliò, come si legge in Gv 13,1-13 sulla lavanda dei piedi). Ma, a parte tutti "il Figlio di Dio non ritenne che l'uguaglianza con Dio fosse qualcosa da rapire",
gli altri casi, presenti anche nei LXX (cf. Gb 5,14; 13,12.28), quando l'avverbio ma in senso subordinazionista in quanto il Figlio non volle diventare uguale al Pa-
viene usato specificamente a proposito di un dio o degli dèi c'è da dubitare che esso dre. L'Autore comunque ha buon gioco nel dire che, pur nell'ipotesi che (jiop<pT) ed
dica qualcosa di meno dell'aggettivo, come si può vedere nel confronto fra i passi tbcwv volessero dire la stessa cosa, ciò non significherebbe ancora che Fil 2,6 si rife-
citati di Saffo e di Omero. risca solo all'esistenza umana di Gesù; infatti sia in Sap 7,26 (a proposito della Sa-
118
Resp. 38le; cf. anche 380d: "Credi tu che il dio sia un ciarlatano capace di pienza) sia in Filone Al. (a proposito del Logos divino: cf. Leg. alleg. 1,43; 3,96;
apparire a piacimento ora secondo un aspetto ora secondo un altro (èv àXXocu; tSéai?), Conf. ling. 62.164; Somn. 1,238-240) "immagine" è detto di realtà divine.
mutando la sua apparenza (J8o?) in molte forme (eì? %ok\kc, piopcpài;)... o che invece 123
Vedi in particolare N.T. Wright, ' Apvxx.y[iò<; and the Meaning of Philippians
sia semplice...". 2:5-11, JTS 37 (1986) 321-352.
119
Cf. E. Kàsemann, Kritische Analyse von Phil. 2,5-11, in Id., Exegetische Ver- 124
Così nel greco dei LXX (17 volte; cf. Lv 5,23: "Il ladro... restituirà la rapi-
sitene und Besinnungen, I, Gòttingen 1960, pp. 51-95. na") e in quello extrabiblico (cf. Plutarco, Mor. 330d: "Alessandro non attraversò
120
In questo senso vedi anche Paolo in Rm 8,29; 12,2; 2Cor 3,18; Gal 4,19; Fil l'Asia come un brigante né pensò di lacerarla e saccheggiarla come se essa fosse
3,10.21. bottino e preda (àpua-fixa xai Xàcpupov) proveniente da una fortuna insperata".
132 L'APOSTOLO PAOLO L'EREDITÀ CRISTOLOGICA PRE-PAOLINA 133

cioè: egli non godette narcisisticamente della propria condizione, aev) essendo ricco"128. Il paradosso è ancor più evidente in 2Cor
ma andò oltre se stesso e sostenne la sofferenza. Quindi, l'idea di 5,21: "Colui che non ha conosciuto peccato Dio lo fece peccato
preesistenza è la più confacente al testo: appartiene all'identità del (àfxapxtav èrcoiTjaev) per voi". Sono tutte espressioni di timbro poe-
Cristo una originaria eguaglianza con Dio, che però egli non con- tico, dove il senso letterale non può essere sostenuto se non da una
siderò come qualcosa da usare a proprio vantaggio. lettura miope. Del resto, va tenuto presente il genere della compo-
sizione che è di tipo celebrativo, non narrativo, ed è quindi al suo
livello che va inteso il linguaggio impiegato129. In ogni caso, l'af-
3.5 La kenosi (B) fermazione forte è che ora ciò che appare in primo piano non è
un dio ma uno "schiavo". Per intendere esattamente l'idea di BoG-
I vv. 7-8 rappresentano la vera antitesi del precedente v. 6 e spie- Xo<; bisogna aver presenti due caratteristiche, proprie dei suoi due
gano in che senso il Cristo Gesù non trasse vantaggio dalla sua egua- sfondi culturali possibili: da una parte, c'è la radicale opposizione
glianza con Dio. Ciò viene spiegato in due momenti. che la figura dello schiavo evoca nei confronti della divinità, la quale
(1) Innanzitutto egli éocuxòv èxévcoaev, lett. "svuotò se stesso". È nelle concezioni religiose comuni è l'essere glorioso e libero per ec-
l'affermazione fondamentale dell'inno e dà senso ai due estremi, cellenza, non sottoposto ad alcuno; dall'altra, c'è l'idea semitico-
sia della preesistenza così da far intendere quanto enorme sia stato biblica, secondo cui il servo-schiavo può essere una figura di gran-
il passo compiuto verso il basso (A), sia della susseguente glorifi- di responsabilità in quanto viene impiegato per svolgere missio-
cazione che perciò apparirà come sollevazione e promozione da una ni di assoluta fiducia (cf. Gn 24 e Is 42,1-7; 49,1-6; 50,4-10; 52,13
assoluta insignificanza (B)125. Occorre però stare attenti a non tra- - 53,12). Nel nostro testo però, anche se la seconda componente
scurare il valore metaforico della frase, quasi si volesse dire che non va trascurata, è la prima ad essere sottolineata, poiché si ri-
il Cristo abbandonò totalmente la propria divinità126. In realtà l'e- marca la completa condivisione dell'umanità nel v. 7b, sia come
spressione va intesa come espressione grafica di una completa ri- affinità di base (cf. il concetto di ó|Aotcon<x)130 sia come apparenza
nuncia ed equivale a "si privò, si spogliò", come a dire che egli esterna (cf. il concetto di oxfjiia)131.
occultò il suo modo d'essere divino rinunciando a imporre la pro- (2) Il secondo momento (è-ca7mv<oaev éauxóv, lett. "si abbassò, si
pria precedente fxop<pr|. Infatti l'affermazione viene propriamente fece piccolo") consiste nell'ulteriore umiliazione, a cui il Cristo si
spiegata, non col dire che il Cristo abbandonò qualcosa che aveva, sottopose durante la sua vita terrena. L'affermazione perciò si ag-
ma col precisare che egli assunse qualcosa che non aveva, cioè la giunge alla precedente circa la condivisione della condizione uma-
fxop<pr)v SouXou, "una condizione di schiavo"127. Allora la frase si na, anche se in qualche modo ne rappresenta pure una pre-
può accostare a quella di 2Cor 8,9: "Voi conoscete la bontà del
signore nostro Gesù Cristo, poiché per voi si fece povero (è7rcó>xeu-
128
II verbo va inteso in senso traslato come in Rt 1,21 dove Noemi si lamenta:
"Ero partita piena e il Signore mi fa tornare vuota. Perché chiamarmi Noemi ( =
graziosa), quando il Signore mi ha umiliato?".
129
Esso perciò non è neanche di tipo metafisico, come invece lo intendevano
125
Cf. R. Penna, / gradi della kenosi del Figlio di Dio secondo il Nuovo Testa- sia Hegel (col dire che il movimento kenotico è interno alla stessa divinità, per cui
mento, in G. lammarrone et al., Gesù Cristo, volto di Dio e volto dell'uomo, Sera- "Dio stesso è morto") sia Schelling (col dire invece che la kenosi non tocca affatto
phicum, Herder, Roma 1992, pp. 7-34. il divino perché Cristo è solo intermedio tra Dio e l'uomo); cf. X. Tilliette, // Cri-
126 Del resto, il verbo viene sempre usato d a P a o l o in senso metaforico (cf. R m sto dei non-credenti e altri saggi di filosofia cristiana, a cura di G. Lorizio, RdT
4,14; I C o r 1,17; 9,15; 2Cor 9,3). P e r u n a esposizione e confutazione teologica del- books 8, AVE, Roma 1994, pp. 122-141; M. Cacciari, Dell'inizio, Adelphi, Mila-
la teoria kenotica dell'incarnazione, cf. L. lammarrone, La teoria chenotica e il no 1990, pp. 202-208.
130
testo di FU 2,6-7, Divus Thomas 82 (1979) 341-373. Cf. U. Vanni, 'Oiioto^a in Paolo (Rm 1,23; 5,14; 6,5; 8,3; FU2,7). Un'in-
127
II participio aoristo Xajitóv, "assumendo", indica la contemporaneità con l'in- terpretazione esegetico-teologica alla luce dell'uso deiLXX, Greg 58 (1977) 321-345,
dicativo del verbo principale, e potrebbe addirittura essere considerato pleonasti- 431-470.
co, equivalente alla semplice preposizione "con" (cf. BDR § 419,1); quindi: lo svuo- 131
Ricordiamo che il sostantivo greco deriva dal verbo ix*u ed equivale esatta-
tamento o spoliazione avvenne appunto mediante una nuova assunzione, che risul-
ta contrastante e stridente con la condizione precedente. mente al latino habitus nel senso di "portamento, aspetto esteriore" (da cui "abi-
tudine").
134 L'APOSTOLO PAOLO L'EREDITÀ CRISTOLOGIA PRE-PAOLINA 135

cisazione132. L'autoumiliazione viene specificata ancora una vol- 3.6 L'esaltazione (C)
ta mediante una frase participiale: "facendosi obbediente"
(yivó\itvo<; ùnrixooq). È nell'obbedienza che si opera l'abbassamento La congiunzione 8ió che apre la terza strofa (vv. 9-11) indica chia-
del Cristo. A questo proposito vanno fatte un paio di osservazio- ramente una conseguenza, che, posta la condizione dell'umiliazio-
ni. L'accenno all'obbedienza avviene in forma assoluta: non si di- ne precedentemente esposta, è ritenuta quasi necessaria e che co-
ce a chi egli abbia obbedito; l'attenzione è attirata sul dato del- munque spiega il valore per così dire esplosivo, insito nell'umilia-
l'obbedienza in se stessa come valore assoluto della vita di Gesù. zione stessa (come per esempio in Is 53,12: "Egli si addosserà la
In primo piano tuttavia, pur senza dimenticare ciò che si legge cir- loro iniquità;perciò io gli darò in premio le moltitudini"; o in Sap
ca i rapporti con i genitori (cf. Le 2,51), si deve pensare a quelle 4,14: "La sua anima fu gradita al Signore; perciò egli lo tolse in
tradizioni evangeliche che si riferiscono alla piena obbedienza alla fretta di tra i malvagi").
volontà di Dio Padre (cf. Me 3,35 parr.; 14,36; Mt 6,10; Gv 4,34: Appare qui un nuovo soggetto, "Dio", prima assente, che agi-
"Il mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato"; ed sce in prima persona. A lui sono riferiti i due verbi "sovra-esaltò"
Eb 10,7-8). Inoltre, questa obbedienza si estende su tutto l'arco della e "gratificò", che esprimono la sua risposta al dato dell'umilia-
vita di Gesù fino a inglobare la morte, che perdipiù è una morte zione; ed è una risposta che consiste in un intervento sorprenden-
di croce (Gavàxou 8è axaupoG). Questa però non rappresenta soltan- te, tale da ribaltare letteralmente la situazione. Il primo verbo (urcep-
to un estremo cronologico, in quanto fine dell'esistenza terrena di ucjxoaev) richiama inevitabilmente un testo come ISam 2,7-8 LXX:
Gesù, ma soprattutto un estremo assiologico, come a dire: Ecco "Il Signore rende poveri e arricchisce, umilia ed esalta (TOCTCSIVOI xal
fin dove giunse l'umiliazione! È il tipo di morte che viene eviden- àvu<I>oi)... Solleva dalla polvere il misero e dall'immondizia innalza
ziato, come risulta dall'assenza dell'articolo davanti a "croce". Di il povero per farli sedere con i capi del popolo e assegna loro un
fatto, quindi, non è la specifica croce di Cristo che il testo intende trono di gloria". Ma la preposizione del verbo composto allude
ricordare e celebrare, ma il tipo di morte ignominiosa e infamante a qualcosa di straordinario, che va oltre le comuni aspettative ine-
da lui subita133. L'inno non contiene nessun cenno alla dimensio- renti alla tradizionale teologia del giusto o del servo sofferente. In-
ne salvifica di quella morte, la quale invece viene considerata solo fatti il secondo verbo (èxapkaxo, lett. "fece grazia, concesse")135
nella sua valenza esemplare di autoabbassamento, di rinuncia, co- si riferisce al dono e quindi al conferimento di un nome specialissi-
me "il gradino più basso della scala"134. L'inno quindi celebra ciò mo, "il nome superiore ad ogni altro nome".
che l'obbedienza di Cristo significò non per noi ma per lui.
Dietro questa frase c'è la teologia veterotestamentaria del Nome, ebr.
sèm, che sta per lo specifico Dio d'Israele, r/iw^-Kupio?. Di questo No-
me, oltre che ha stabilito la propria dimora nel tempio di Gerusalemme
132
(cf. Dt 12,5.11.21; IRe 8,29), si legge che va conosciuto (cf. Is 52,6:
Anzi, come giustamente osserva L.W. Hurtado, Jesus as Lordly Example in "Il mio popolo conoscerà il mio nome"), amato (cf. Sai 5,12: "In te
Philippians 2:5-11, in P. Richardson & J.C. Hurd, edd., From Jesus to Paul. Stu-
dies in Honour ofF. W. Beare, Wilfrid Laurier Univ. Press, Waterloo Ont. 1984, si allieteranno quanti amano il tuo nome"), invocato e celebrato (cf.
pp. 113-126, la stessa affermazione della kenosi avvenuta a partire dalla condizio- Sai 8,2: "Quanto grande è il tuo nome su tutta la terra!"; Dn 3,52: "Be-
ne divina invisibile è condizionata da ciò che storicamente Gesù ha vissuto e quindi nedetto il tuo nome glorioso e santo") 1 3 6 . In particolare vanno ricor-
da ciò che il cristianesimo primitivo sapeva e tramandava circa la sua vita terrena, dati quei testi, che proprio in y/iw/i-Kupio? individuano il Nome per
cosicché sarebbe addirittura il v. 8 a comandare ciò che viene detto nei vv. 6-7. eccellenza di Dio: "Signore è il suo nome" (TM Yhwh sèma, LXX xupio?
133
Sulla pena della crocifissione nell'antichità, di cui oggi mancano le precom-
prensioni adeguate per intenderla nella sua valenza socialmente disonorante, cf. M.
Hengel, Crocifissione ed espiazione, pp. 31-129. 135
134
R.P. Martin, Carmen Christi, p. 221. "È precisamente sotto l'aspetto del- Ricordiamo qui che questo è l'unico caso in tutto il Nuovo Testamento, in
l'infamia e del disonore che la morte in croce viene considerata segnando il punto cui136
si affermi una "grazia" data a Cristo.
più profondo dell'umiliazione di Cristo e presentando nello stesso tempo l'estremo Cf. E. Jenni - C. Westermann, Dizionario Teologico dell'Antico Testamen-
contrasto con la dignità, i diritti e i privilegi provenienti dal suo status divino, ai to, a cura di G.L. Prato, Marietti, Casale Monferrato 1982, 21990, coli. 845-869.
quali Cristo durante la sua esistenza terrena liberamente rinunciò" (J. Heriban, Retto Nel rabbinismo poi la semplice dizione "il Nome" tende a sostituire sempre più
ippoveìv, p. 314). la lettura del tetragramma sacro (cf. H. Bietenhard, in GLNT VIII, coli. 753-755).
136 L'APOSTOLO PAOLO IL CROCIFISSO RISORTO 137

ó Geo? ó ^avxoxpàxcop 6vo[jia OCÙTCÒ: Am 5,8; 9,6; più semplicemente Sai rata da due punti di vista: a parte ante come preesistenza del Cri-
68,5 LXX ha xupxo? òvo(xa aÒTcò); inoltre: "Io sono il Signore: questo sto "in forma di Dio", za parte post come innalzamento dell'uo-
è il mio nome" (Is 42,8), "Sapranno che il mio nome è Signore" (Ger mo Gesù al livello divino di "Signore". (2) L'uso di confessioni
16,21), "Sappiano che tu hai nome 'Signore', tu solo sei l'Altissimo su
tutta la terra" (Sai 83,19) ecc.
di fede, di inni e acclamazioni a Gesù come Kyrios (da confronta-
re anche con ICor 16,22; 12,3; 1,2; e Rm 10,9-13) dice che il cri-
Sono questi passi che spiegano l'inusitata affermazione di Fil stianesimo primitivo praticava un vero culto nei suoi confronti, qua-
2,9-11, che attribuisce a Gesù il nome divino di "Signore"137. Qui lunque forma esterna esso comportasse; certo sono rarissime le pre-
dunque si celebra il fatto che il Crocifisso-Risorto è stato gratifi- ghiere indirizzate direttamente a lui (cf. 2Cor 12,8; lTs 3,12-13),
cato della stessa elevatezza del Dio d'Israele, in un doppio senso: poiché prevale la sua funzione mediatrice (cf. sotto), ma egli è co-
sia come dignità personale, per così dire ontologica, sia come fun- munque oggetto di venerazione. (3) Per quanto riguarda il proble-
zione da svolgere in rapporto al cosmo intero che gli è sottomesso. ma posto al monoteismo dei primi cristiani di origine giudaica, par-
Ciò è tanto più evidente in quanto le due frasi "ogni ginocchio si ticolarmente emergente nella formula 'binitaria' di ICor 8,6 (cf.
pieghi... e ogni lingua confessi che Gesù Cristo è Signore" richia- più sotto), esso viene spiegato in due modi: o collocando la figura
mano necessariamente il passo di Is 45,23b LXX, dove Dio stesso di Gesù sullo sfondo di quelle dei vari agenti-rappresentanti divini
proclama: "Davanti a me si piegherà ogni ginocchio e ogni lingua presenti nella letteratura giudaica del tempo140, oppure, visto che
confesserà a Dio...". Inevitabilmente perciò "la linea di demarca- Gesù di fatto non è solo considerato un rappresentante di Dio ma
zione tra i due diventava fluida"138. Il fatto poi che proprio in viene equiparato a Dio stesso, ripensando il monoteismo stesso nella
questo contesto venga ricordato il nome anagrafico di "Gesù" (vv. sua modalità pre-rabbinica come una realtà molto composita, ca-
10.11: uniche sue ricorrenze in tutto l'inno) dice che non si perde pace di prendere forma in vari modi e tale da ridurre lo stesso Yhwh
affatto di vista il concreto riferimento storico di tutto il discorso, a uno dei molti Figli dell'Altissimo, identificabile con lo stesso
come a sottolineare che è proprio l'uomo-Gesù, con tutta la sua Messia141. Si deve comunque ricordare che il problema risale già
drammatica vicenda di abbassamento, ad essere stato innalzato a ai comportamenti e alle parole del Gesù terreno, che aveva posto
un tale incomparabile traguardo139. le basi necessarie per la fede post-pasquale.

3.7 Conclusione 4. Il Crocifisso risorto

L'esame di Fil 2,6-11 ci porta ad alcune conclusioni interessan- Il dato che più chiaramente Paolo ha derivato dalla tradizione
ti, che brevemente accenniamo. (1) Già il giudeo-cristianesimo pre- è l'antitesi morte-risurrezione di Gesù. Lo si vede bene in specie
Paolino credeva alla divinità di Gesù, che perdipiù veniva conside- nella confessione di fede di ICor 15,3-5 e nell'inno cristologico di

140
Cf. L.W. Hurtado, One God, One Lord. Early Christian Devotion and An-
137
Sull'origine e la portata di questo titolo, rimandiamo a quanto già detto so- cient Jewish Monotheism, SCM, London 1988. L'A. distingue tre categorie mag-
pra: pp. 52-62 sull'invocazione aramaica Maranatha. giori di "divine agencies": attributi divini personificati (come Sapienza e Logos),
138
D.B. Capes, Old Testament Yahweh Texts in Paul's Christology, p. 166; per patriarchi glorificati (come Enoch e Mosè), angeli (come Michele, Yahoel, e anche
quanto ciò comporti che Gesù sia considerato molto di più che un semplice uomo, Melchisedek); Gesù sarebbe stato considerato come il "Chief Agent" di Dio, che
mi sembra però un po' forzato dire che Paolo "credeva che Cristo fosse in un certo in più rispetto agli altri venne fatto oggetto di culto.
141
senso Yahweh stesso" (ib., p. 164). Cf. D.B. Capes, Old Testament Yahweh Texts, pp. 169-183 (molta enfasi
139
Evidentemente quindi, nonostante l'apparenza del v. IOa ("perché nel no- viene posta sull'Apocalisse di Abramo e sulla figura dell'angelo Yahoel, che è iden-
me di Gesù..."), il nome donato non è quello di Gesù, poiché viene a lui conferito tificato con Dio stesso); e soprattutto M. Barker, The Great Angel. A Study ofisrael's
solo con la sua esaltazione. Perciò si potrebbe anche intendere il genitivo del v. IOa Second God, SPCK, London 1992, secondo cui Gesù fu riconosciuto come Figlio
in questo modo: "Nel nome (nuovo) che appartiene a Gesù, cioè nel nome di Si- di Dio, Messia e Signore, in quanto manifestazione di Yhwh Figlio di Dio. Vedi
gnore che ora è proprio di Gesù" (così P.T. O'Brien, Philippians, p. 240). anche sopra: nota 41.
138 L'APOSTOLO PAOLO IL CROCIFISSO RISORTO 139

Fil 2,6-11 (dove lo stadio della preesistenza in pratica è preparato- -TOxpaSiBóvai,"consegnare (alla morte)": 4 volte, di cui 2 con Dio
rio alla celebrazione innica della suddetta antitesi). M a questo da- come soggetto (Rm 4,25; 8,32), 1 con Gesù stesso come soggetto (Gal
to viene rielaborato e sviluppato dall'Apostolo su vasta scala, con- 2,20), e 1 volta col soggetto indeterminato (ICor 11,23: Dio, Gesù, Giu-
da, o altri); cf. 2Cor 4,11 (+ Ef 5,25);
ducendoci a delle constatazioni molto interessanti 1 4 2 .
- TWcBrifiocTa, "sofferenze": 2 volte (2Cor 1,5; Fil 3,10 + Col 1,24);
Tuttavia dobbiamo renderci conto che Paolo a volte sembra sot-
- à7toxxeivetv, "uccidere": lTs 2,15;
tolineare più il primo e a volte più il secondo aspetto. Così, rivolto
- véxpcoats, "il morire": 2Cor 4,10;
persino agli stessi destinatari, da una parte, possiamo leggere che - xpefxàvvofxi, "appendere": Gal 3,13 (= Dt 21,23);
egli non ritenne di sapere nulla tra i Corinzi " s e non Gesù Cristo - 0à7cxetv, "seppellire": ICor 15,4;
e questi crocifisso" (ICor 2,2); dall'altra, egli proclama fortemen- - Ó7tT|xoo<;, "obbediente": solo in Fil 2,8;
te che " s e Cristo non è risuscitato allora è vana la nostra predica- - va poi ricordato l'aggettivo vexpó<;, "morto", che ricorre ben 14 volte
zione e vana anche la vostra f e d e " (ib. 15,14; cf. v. 17). Forse egli ma sempre al plurale e nella formula stereotipa "risuscitato dai morti'''
è indeciso sulla centralità da attribuire a ciascuno dei due momen- (es. Rm 1,4 + altre 4 volte nelle Deuteropaoline);
ti? Un'analisi del linguaggio impiegato ci fa capire bene a quale - a parte ricordiamo anche i verbi èxévcoaev, "spogliò", eTa7tetva>aev,
componente vada la sua preferenza. "umiliò", èTCxcóxeuaev, "si fece povero": il loro valore è generico ma
certo essi S;i riferiscono allo stadio di umiltà anteriore alla risurrezione.
4.1.2 II secondo momento invece è riferito con un vocabolario che
4.1 La terminologia abbiamo già analizzato 143 e che qui semplicemente ricordiamo veloce-
mente secondo i tre tipi di linguaggio là evidenziati:
Presentiamo qui innanzitutto uno spoglio completo del vocabo- (a) - èyeipco, "risuscitare": è il verbo più usato (mai il sostantivo),
lario impiegato dall'Apostolo rispettivamente circa la morte e la ma bisogna distinguere: 10 volte all'attivo con Dio come soggetto gram-
risurrezione di Gesù. maticale (cf. Rm 4,24: "Colui che ha risuscitato dai morti Gesù Cristo
nostro Signore") ( + Col 2,12; Ef 1,20); 5 volte al passivo con Dio co-
4.1.1 II primo momento viene riferito, in ordine decrescente quanto me agente (cf. Rm 4,25: "Fu risuscitato per la nostra giustificazio-
a frequenza, con questi termini: ne") 1 4 4 ; 7 volte al medio-passivo sempre al perfetto (quindi con la dop-
- àTToGvriaxeiv, "morire": 15 volte (Rm 5,6-8; 6,8.9; 8,34; 14,9.15; pia possibilità semantica "fu risuscitato" o "risuscitò"; solo in ICor
l C o r 8 , l l ; 15,3; 2Cor 5,14.15bis; Gal 2,21; lTs 4,14; 5,10 + Col 2,20); 15,4.12.13.14.16.17.20 + lTm 2,8);
- Oàvaxo?, "morte": 8 volte (Rm 5,10; 6,3.4.5; ICor 11,26; Fil 2,8bis; - àvt<rcr||ju, "risorgere": solo in lTs 4,14 ("Gesù è morto e risorto");
3,10 + Col 1,22); - àvàoraat.;, "risurrezione": 2 volte (Rm 1,4; Fil 3,10; cf. ICor 15,21);
- cjTOcupó?, "croce": 7 volte (ICor 1,17.18; Gal 5,11; 6,12.14; Fil 2,8; - àva-forfeiv ex vexpwv, "ricondurre dai morti": solo in Rm 10,7;
3,18 + Col 1,10; 2,14; Ef 2,16); (b) - Ù7tepuc|>óoù:, "sovraesaltare": solo in Fil 2,9 (cf. sopra);
- crcocupouv, "crocifiggere": 6 volte (Rm 6,6; ICor 1,23; 2,2.8; 2Cor - èv Seijta TOG 9eoG, "alla destra di Dio": solo in Rm 8,34 ( + Col
13,4; Gal 3,1; cf. ICor 1,13; Gal 5,24; 6,14); 3,1; Ef 1,20);
-ocV«, "sangue": 5 volte (Rm 3,25; 5,9; ICor 10,16; 11,25-27 + Col (e) - Càw, "vivere": 5 volte (Rm 6,10bis; 14,9; 2Cor 13,4; Gal 2,20);
1,10; Ef 1,7; 2,13); - CWTJ, "vita": 3 volte (Rm 5,10; 2Cor 4,10.11).

Se facciamo un conto puramente materiale della frequenza dei


142 rispettivi vocabolari nelle lettere autentiche, troviamo sorprenden-
Sul valore insieme letterario e teologico delle antitesi in Paolo, si possono
leggere ancora con interesse le osservazioni di A. Brunot, Le genie littéraire de Saint temente che il primo (senza contare l'aggettivo plurale vexpoi, che
Paul, LD 15, Paris 1955, pp. 28-41; quanto all'origine del suo diffuso impiego nel-
le lettere paoline, viene citata, oltre l'educazione retorica, l'esperienza di Damasco
che ha rivelato all'Apostolo la centralità del Crocifisso maledetto diventato il Ri-
143
sorto trionfante. In generale sull'uso stilistico e teologico dell'antitesi in Paolo, cf. Cf. voi. I, pp. 190-195.
N. Schneider, Die rhetorischeEigenart derpaulinischen Antithese, HUTh 11, Mohr, 144
A questo uso passivo appartiene anche il participio aoristo ópiotìévToi;, "co-
Tùbingen 1970. stituito (Figlio di Dio)", in Rm 1,4.
140 IL CROCIFISSO RISORTO 141
L'APOSTOLO PAOLO

per il sintagma in cui appare può appartenere anche all'altro campo mo di questi tre significati sia quello prevalente risulta dall'uso che
semantico) gode di ben 54 attestazioni, mentre il secondo ne ha ne vien fatto nei vari contesti, come diremo fra poco. Per ora va
solo 36. Se è vero che le parole sono il veicolo del pensiero di notato che l'Apostolo amplifica molto questo dato tradizionale.
un autore, la differenza di un terzo tra le due costellazioni se-
mantiche, a favore di quella concernente la morte di Gesù, deve Da una parte, infatti, egli ripete ed estende la costruzione "morire
voler dire qualcosa di particolare. È un chiaro indizio che Paolo, per (con ùnip e il genitivo)", dovendo però distinguere: unitamente a
"peccati" ricorre soltanto una volta (in Gal 1,4); normalmente invece
nonostante qualche nostra affrettata precomprensione, attribui-
egli personalizza la formula con le seguenti locuzioni: "per noi-voi" (Rm
sce un valore maggiore all'evento della croce, che per lui quindi 5,8; 8,31; ICor 1,13; 2Cor 5,21; 11,24; lTs 5,10), "per noi tutti" (Rm
non è affatto risucchiato dalla gloria della risurrezione, ma resta 8,32), "per tutti" (2Cor 5,15bis), "per me" (Gal 2,20; 3,13), "per gli
assolutamente primario. Vediamo dunque di dettagliare il signifi- empi" (Rm 5,6), "per il quale" (Rm 14,15)148.
cato che ciascuna delle due componenti ha per la cristologia del- Dall'altra, egli ricorre anche ad altre formulazioni per esprimere la
l'Apostolo. stessa idea. Così egli usa la preposizione 8ià con l'accusativo, "a moti-
vo di" (compresa una sfumatura finale: "allo scopo di"), in Rm 4,25
("per le cadute"); ICor 8,11 ("per il quale fratello]"); 2Cor 8,9 ("per
4.2 // valore fondamentale della morte di Gesù145 voi"). Inoltre usa pure la preposizione ntpi con il genitivo, "riguardo
a, in rapporto a", in Rm 8,3. Però l'interpretazione di questo testo
("Dio... mandando il proprio Figlio in una carne di peccato e in vista
Paolo s'interessa della morte di Gesù, non per descriverla nar- del peccato condannò il peccato nella carne") è discussa. Secondo al-
rativamente come fanno gli evangelisti, ma per riflettere sulle sue cuni commentatori l'espressionercepìàfxapxia? deriverebbe esattamen-
dimensioni per così dire «profetiche», cioè sulla sua intenzionali- te dal greco dei LXX di Lv 5,6-7.11; 16,3.5.9; Nm 6,16; 7,16 ecc. (dove
tà profonda 146 . Riservando al paragrafo seguente la sua specifica traduce l'ebraico lehattàt) nel senso cultuale tecnico di "sacrificio per
portata soteriologica, ne mettiamo qui in luce due aspetti particolari. il peccato" e quindi alluderebbe alla morte sacrificale di Gesù (così E.
4.2.1 Un riscatto di amore. Paolo si aggancia chiaramente alla Kàsemann, U. Wilckens, J.D.G. Dunn, D. Moo, B. Byrne). Secondo
tradizione, quando riporta la confessione secondo cui "Cristo morì altri invece si tratterebbe soltanto di un'allusione generica alla condi-
per i nostri peccati" (ICor 15,3). La preposizione greca wrép unita zione umana peccaminosa condivisa da Gesù nell'incarnazione, come
al genitivo, come qui, può avere più significati (escludendo quello risulterebbe dal tema dell'invio del Figlio da parte di Dio (così C.K. Bar-
rett, C.E.B. Cranfield, L. Morris, J.A. Fitzmyer). Infatti nei LXX il
locale di "sopra" che qui non fa senso): "a favore di", per espri- suddetto complemento è sempre accompagnato da verbi di tipo cultua-
mere una finalità di vantaggio; "al posto di", per esprimere una le (soprattutto "espiare" e "condurre-presentare" [cioè la vittima, avente
rappresentatività (= "a nome di") più che una sostituzione il sacerdote come soggetto]: ii*-iXàaxea0ai, 7tpoa-9épeiv, 7tpoaàyeiv), che qui
vicaria147; e "a motivo di", per esprimere una causalità. Che il pri- mancano del tutto. Probabilmente però non si possono scindere le due
prospettive: se è vero che la locuzione può richiamare i testi sacrificali
145
dell'AT, è anche vero che il contesto non prepara affatto una dichiara-
Cf. G. Delling, Der Kreuzestod Jesu in der urchristlichen Verkùndigung, Van- zione sulla morte di Gesù come sacrificio, mentre semmai è la sua inte-
denhoeck, Gòttingen 1972, pp. 17-26; H.-W. Kuhn, Jesus als Gekreuzigter in der ra esistenza nella carne che è rivolta alla condanna del peccato;
frùhchristlichen Verkùndigung bis zur Mitte des 2. Jahrhunderts, ZTK 72 (1975)
1-46; G. Friedrich, Die Verkùndigung des Todes Jesu im Neuen Testament, Neu-
kirchen 1982; A.T. Hanson, The Paradox ofthe Cross in the Thought o/St. Paul,
JSNT Suppl. 17, Sheffield 1987; M. Gourgues, Le Crucifié. Du scendale à l'exalta-
tion, Bellarmin, Montreal 1988; M.D. Hooker, Not Ashamed of the Gospel. New trovandosi solo in Me 10,45/Mt 20,28, e in lTm 2,6 (e fuori del NT in 4Mac 6,29);
Testament Interpretations of the Death ofChrist, Eerdmans, Grand Rapids 1995, ad essa si accosta anche il concetto di 'àsàm in Is 53,10 ("offrirà la sua vita in espia-
pp. 20-46; J.D.G. Dunn, The Theology of Paul, pp. 207-233. zione/risarcimento'
148
')•
1 46 Sul rapporto storia-profezia, vedi il celebre libro di O. Cullmann, Cristo e Su questa preposizione va osservato che con tutta probabilità, a proposito
il tempo. La concezione del tempo e della storia nel Cristianesimo primitivo, Il Mu- della morte di Cristo, essa non implica alcun riferimento di tipo cultuale, dato che
lino,147 Bologna 1965, 3 1967 (orig. ted., Zùrich 1946), p p . 120-133. nei LXX non ricorre mai nei testi sui sacrifici di espiazione, dove invece ricorre
Questa viene propriamente espressa dall'uso della preposizione àvxt con il ge- semprercepi(cf. Lv 16,3.6.7.9.17.24.25.27.30.33; Nm 29,11); anche in Is 53 si trova
nitivo, "invece di, in cambio di". Essa però non viene mai impiegata da Paolo, sia uept (vv. 4.10) sia 8ià (vv. 5bis.l2), ma mai órcép.
142 L'APOSTOLO PAOLO IL CROCIFISSO RISORTO 143

in ogni caso, qui Paolo sembra unire insieme la theologia crucis con nella sua bocca"; vedi anche Sai. Salom. 17,36). Ma un riferi-
la theologia incamationis, così che la prima rappresenta l'inevitabile pun- mento al concetto cultuale di "sacrificio per il peccato" secondo
to d'arrivo della seconda (così W. Schmithals). il libro del Levitico (cf. Lv 4,8.20.24.29.33.34, dove questo è
il significato del semplice sostantivo "peccato" sia in TM che
L'importante nella nostra interpretazione di Paolo è di evitare in LXX) è assai improbabile. Infatti: il verbo "fare" con seman-
la concezione giuridica della sostituzione penale, come se egli af- tica cultuale in Lv ricorre in una costruzione diversa (solo in
fermasse che Dio abbia voluto castigare in Cristo tutti i peccatori, Lv 9,7.22:TCOIEIVXÒrcepìx9]c, à^apTia?, lett. "fare ciò che riguarda
ricevendo così soddisfazione per gli oltraggi da loro ricevuti. I te- il peccato", cioè il sacrificio previsto); d'altronde, il contestuale
sti infatti dicono che Cristo ha preso su di sé non una maledizione concetto paolino di riconciliazione (cf. 2Cor 5,18bis. 19bis.20) nel-
o un castigo, ma semplicemente i nostri peccati. Anche se in Is 53 l'AT non ricorre mai a proposito dei sacrifici per indicare il
c'è l'idea di un castigo del Servo per i peccati altrui (cf. Is 53,5b: loro effetto di perdono; inoltre, e analogamente, l'effetto positi-
lett. "la punizione [TM musar; LXX 7cou8eta] per la nostra pace vo del sacrificio per il peccato né in Lv né nell'intero AT viene
fu su di lui"), il caso di Gesù va ben oltre, e non solo perché Isaia mai espresso con la famiglia lessicale della "giustizia" come in-
non viene affatto citato. vece avviene qui; infine, va preso atto del linguaggio iperbolico
È vero che in Gal 3,13 si legge che "Cristo ci ha riscattati dalla e antitetico proprio di Paolo, che al contrario gli fa dire in ICor
maledizione della Legge, diventando maledizione per noi (ónèp rjfxwv 1,10 che Cristo divenne "per noi giustizia". Il senso dunque,
xocxàpoc), come sta scritto: Maledetto chi pende dal legno". Biso- come in Rm 8,3, è che Cristo ha condiviso la condizione dell'u-
gna però stare attenti a non maggiorare lo schema di sostituzione, manità peccatrice in generale, sottomettendosi al Peccato come
che sta alla base della frase, fino a dire che Cristo assunse su di potenza dominante al fine di ottenerne un risultato contrap-
sé l'identità del maledetto. Infatti, a proposito della frase "diven- posto 149 . Qui lo schema di una mera sostituzione non funziona,
tando maledizione per noi" vanno fatte due osservazioni. L'una e doppiamente: (1) esso normalmente punta solo sul dato di una
è che il "diventare maledizione" allude semplicemente al fatto sto- pena da subire a ogni costo, senza tener conto di chi sia il puni-
rico della morte di Gesù in croce (con citazione di Dt 21,23; analo- to, mentre invece qui Gesù è innocente e non corrisponde alla
gamente, a Qumràn si stabilisce di seppellire i crocifissi il giorno clausola di Dt 21,22 ("Se un uomo avrà commesso un delitto
stesso della pena, "poiché sono maledetti da Dio e dagli uomini degno di morte...") [quanto all'idea del capro espiatorio, vedi
coloro che sono appesi al legno" [11QT 64,12]): quindi la maledi- più sotto]; (2) una sorta di «benedizione» si realizzò prima di
zione di Gesù non si spiega affatto come assunzione di un castigo. tutto nello stesso Gesù, in quanto egli non rimase nella maledi-
L'altra osservazione è che il "per noi" (con la preposizione hypér zione ma anzi la sua morte sfociò nella sua risurrezione (cf.
e non ariti) esprime soltanto l'impatto salvifico di quella morte e Fil 2,8-9); in questo processo ciò che risulta determinante è che
non una sostituzione: quindi la maledizione di Gesù è soltanto fun- egli visse la maledizione, sia in conformità alla volontà di Dio
zionale a togliere una maledizione di altro genere, cioè quella com- e non in opposizione a lui (cf. Gal l,4b), sia nella solidarietà
minata ai trasgressori della Legge (secondo Dt 27,26 citato poco con gli uomini invece che nel disinteresse nei loro confronti (cf.
prima in Gal 3,10). Gal 2,10). Si vede bene quindi che l'importante non è la morte
subita come pena, ma è l'elemento-amore che la informa dal di
Un'allusione all'idea di una punizione sostitutiva si potrebbe an-
che intravedere in 2Cor 5,21 : "Colui che non conobbe peccato (Dio)
lo fece peccato per noi (urcèp Tjfxcòv àfiocpTtocv inoir\ozv), affinché noi
diventassimo giustizia di Dio in lui". La concezione circa Cristo 149
Su Gal 3,13 cf. soprattutto M. D. Hooker, Interchange in Christ, in Id.,
"senza peccato" probabilmente deriva a Paolo dalla tradizione (cf. From Adam to Christ. Essays on Paul, University Press, Cambridge 1990, pp. 13-25
anche Eb 4,15; 5,7-9; IPt 1,19; 3,18) e in ultima analisi potrebbe specie 14-16 ( = JTS 22 [1971] 349-361); A. Vanhoye, La lettera ai Galati. Seconda
parte, Ad uso degli studenti, Editrice P.I.B., Roma 1989, pp. 81-91; A. Pitta, Gal.
supporre l'affermazione di Is 53,9 ("Gli si diede sepoltura con gli p. 192. Su 2 Cor 5,21 cf. K. Kertelge, «Rechtfertigung» bei Paulus, pp. 99,107;
empi..., sebbene non avesse commesso violenza né vi fosse inganno V.P. Furnish, 2Cor, pp. 340 e 351; M.E. Thrall, 2Cor, pp. 439-442.
144 L'APOSTOLO PAOLO IL CROCIFISSO RISORTO 143

dentro e che sempre dall'interno svuota il principio negativo della tato"; Dt 7,7: "Il Signore si è legato a voi e vi ha scelti... perché
Legge punitrice150. t il Signore vi ama e perché ha voluto mantenere il giuramento fatto
La chiave ermeneutica della donazione di Cristo sulla croce si ai vostri padri"; Is 63,8b-9 LXX: " E divenne per loro una salvez-
può considerare fornita da un doppio schema veterotestamenta- za da ogni tribolazione. Non un inviato né un angelo, ma il Signo-
rio, dove si mettono in luce due diverse dimensioni dell'amore. L'u- re stesso li salvò perché li amava e ne aveva compassione; egli li
no è lo schema dell'offerta di Isacco da parte di Abramo (cf. Gn riscattò e li sollevò e li innalzò per tutti i giorni del tempo"), così
22 = la caqedah): l'amore di obbedienza, esercitato sia dal pa- > ora egli, nel Cristo immolato come nuovo agnello pasquale (cf. ICor
triarca nei confronti di Dio sia da Isacco nei confronti di Abramo, 5,7) è intervenuto "riconciliando a sé il mondo" (2Cor 5,19) con
diventa in Paolo amore di donazione sia da parte di Dio, che con- la dimostrazione del "suo amore verso di noi perché, mentre an-
segna il figlio Gesù (cf. Rm 4,25; 5,8; 8,32), sia da parte di Gesù cora eravamo peccatori, Cristo è morto per noi" (Rm 5,8).
stesso soprattutto nei confronti dell'uomo (cf. Gal 2,20; in LAB La morte di Gesù dunque fu essenzialmente un atto di amore
1
32,3 Isacco dice: "Che sarebbe successo, se non fossi nato per es- personale: sia da parte di Dio (cf. Rm 8,31b-32: "Se Dio è per noi,
sere offerto in sacrificio a colui che mi ha fatto?"). A tutto ciò chi sarà contro di noi? Egli che non ha risparmiato il proprio fi-
soggiace la categoria di un sacrificio sui generis, totalmente infor- glio [come Abramo: cf. Gn 22], ma lo ha dato per tutti noi, come
mato dall'amore (cf. Filone Al., Abr. 196: "Chi offre il solo figlio non ci donerà ogni cosa insieme con lui?"), sia da parte di Gesù
che ha da amare compie un atto superiore a ogni parola"). L'altro , stesso (cf. Gal 2,20: "Mi amò e diede se stesso per me"), che si
schema è quello dell'esodo: come allora Dio agì sovranamente e trovano perfettamente fusi insieme (cf. Rm 8,39: "Nessuna crea-
liberamente, intervenendo per puro amore verso il suo popolo (cf. tura potrà mai separarci dall'amore di Dio in Cristo Gesù nostro
Es 15,13: "Guidasti con il tuo favore questo popolo che hai riscat- Signore") 151 .
Ci sono tre concetti che più di altri permettono a Paolo di espri-
' mere e riassumere questa visione delle cose.
150
Tutto ciò va detto contro la tesi di B.H. McLean, The Cursed Christ. Medi- (1) Uno è quello di "riscatto" (da è^ayopàCeiv, "comperare"; in
terranean Expulsion Rituals and Pauline Soteriology, JSNT Suppl. 126, Academic ICor 6,20; 7,23; Gal 3,13; 4,5) con i suoi sinonimi "redenzione" (da
Press, Sheffield 1996. Egli parla di "cristologia apotropaica", rifacendosi ad anti- àrcoXueiv, "slegare, rilasciare, liberare, affrancare", col derivato à-
chi rituali greci di espulsione dalla città di animali (capri, vitelli, maiali) o uomini
(schiavi, criminali, poveri) denominati pharmakoi, designati come vittime per al- , TroXikpcoat*;, "redenzione"; in Rm 3,24; 8,23; ICor 1,30) e "libe-
lontanare la minaccia o la realtà di un pericolo (peste o altro): in questi casi, la razione" (da èXeuGepoGv, "liberare"; in Rm 6,18.22; 8,2; Gal 5,1)152.
vittima assumeva totalmente su di sé il male da rimuovere e con l'espulsione (l'uc-
cisione si praticava solo per gli animali), purificava e liberava la comunità dal male Tutti e tre provengono dall'ambito dei rapporti commerciali, sia
stesso (cf. i testi riportati alle pp. 88-100 e in specie T. Livio 10,28-29). Ma le diffe-
renze, per limitarci ai pharmakoi umani, sono troppo rilevanti: (1) normalmente
151
la vittima viene scelta; (2) solo raramente la vittima si offre spontaneamente (così Sull'insieme cf. K. Romaniuk, L'amour du Pére et du Fils, 1961; W. Pop-
Gio 1,12), probabilmente perché essa viene ricompensata con vestiti e abbondante * kes, Christus Traditus, 1967. In particolare sulla caqedah vedi R. Penna, // moti-
nutrimento (testimonianza sulle città della Ionia e su Marsiglia), a volte anche con vo della " c aqedah" sullo sfondo di Rm 8,32, in Id., L'apostolo Paolo, pp. 171-199.
denaro; (3) la vittima viene scelta o viene accettata tra coloro che sono già social- Sull'importanza di questo modello biblico vedi anche J.D. Levenson, The Death
mente marginalizzati; (4) inoltre essa riceve una investitura solenne, trattandosi quindi and Resurrection of the Beloved Son. The Transformation of Child Sacrifice in
di un vero rito pubblico e contemplato dalla tradizione; (5) quasi mai viene uccisa Judaism and Christianity, Yale University Press, New Haven-London 1993; alla
(solo il grammatico bizantino Tzetzes dice che il pharmakós veniva bruciato su di p. 230 l'A. fa notare la differenza con la parabola sinottica dei vignaioli omicidi
una pira; ma la cosa è discussa). Tutto ciò è ben lontano dal caso-Gesù, per il quale • (cf. Me 12,1-12 parr.), secondo cui il proprietario manda il figlio senza alcuna in-
in più Paolo fa riferimento a un dato esclusivamente giudaico come la Legge, il tenzione di offrirlo: qui, a differenza di Paolo, l'attenzione cade non sulla bontà
cui trattamento rientra in un'ottica esclusivamente paolina: ciò che l'Apostolo dice del padre ma sulla malvagità dei vignaioli (= i Giudei, che l'Apostolo invece non
in Gal 3,10 (che cioè Gesù "divenne maledizione") o in 2Cor 3,21 (che cioè egli menziona mai nel contesto della morte di Gesù [eccetto lTs 2,15 che è ritenuto una
"divenne peccato") non si riscontra nei casi riportati da McLean, dove semmai la interpolazione]). Vedi anche M. Perez Fernàndez, TheAqedah in Paul, in F. Manns,
vittima diventa pharmakós, cioè "rimedio". Se quest'ultimo concetto si ritrova ap- ed., The Sacrifice of Isaac in the Three Monotheistic Religions, Franciscan Prin-
parentemente anche in Paolo a proposito di Gesù (cf. maledizione — benedizione; i ting Press, Jerusalem 1995, pp. 81-94.
152
peccato — giustizia), vanno comunque notati i nomi astratti, che suggeriscono piut- Cf. S. Lyonnet - L. Sabourin, Sin, Redemption, and Sacrifice. A Biblical
tosto un'esperienza di solidarietà e di partecipazione, non solo di Gesù con gli uo- andPatristic Study, AB 48, PIB, Rome, rispettivamente pp. 104-119 e 79-103; S.
mini ma anche e soprattutto, come risultato, degli uomini con Gesù. Vollenweider, Freiheit als neue Schòpfung. Eine Untersuchung zur Eleutheria bei
146 L'APOSTOLO PAOLO IL CROCIFISSO RISORTO 147

che si debba sottintendere o meno la pratica della manomissione già all'origine un atteggiamento di benevolenza con cui viene ri-
degli schiavi o quella della liberazione dei prigionieri o forse me- mosso l'ostacolo del peccato dell'uomo e perciò equivale a un pu-
glio lo schema veterotestamentario della liberazione d'Israele ro atto dell'amore e della grazia di Dio stesso.
dall'Egitto 153 . Essi perciò descrivono l'operato di Cristo come una (3) Il terzo concetto è quello di "espiazione", che in Paolo ri-
sottrazione a una precedente proprietà. Questa poi non è mai desi- corre solo una volta nell'espressione "strumento o luogo di espia-
gnata come il Diavolo, ma di volta in volta come la carne, la legge, zione" (iXoccroripiov: Rm 3,25; con ogni probabilità abbiamo a che
il peccato, la maledizione, la paura: non proprietari personali, ma fare qui con una formulazione giudeo-cristiana di tipo tradizio-
condizioni negative che schiavizzano l'uomo. A questo ambito se- nale155). Esso potrebbe derivare da un ambito cultuale giudai-
mantico si riconducono anche affermazioni come queste: "Voi non co 156 , anche se mediato dalla concezione del valore espiatorio
appartenete più a voi stessi" (ICor 6,19), "Per la libertà Cristo della morte dei martiri secondo l'apocrifo 4Mac 17,22 ("Mediante
ci ha liberati" (Gal 5,1), e "Voi siete stati messi a morte quanto il sangue di quei giusti e l'espiazione attuata con la loro morte [oià
alla Legge mediante il corpo di Cristo per appartenere a un altro" xoG a!'|i.ocTo<;... xaì xoG IXaaxripiou xoG Gavàxou aùxcòv] la divina provvi-
(Rm 7,4). denza salvò Israele, che prima era oppresso") 157 . In ogni caso vi
(2) Il secondo concetto è quello di "riconciliazione" (xaxocXXocyri, è insita una critica al culto del Tempio: il luogo della presenza di
da xocxaXXàaaeiv; in Rm 5,10bis.ll; 2Cor 5,18bis.l9bis.20)154. Evi- Dio che espia i peccati ormai non è più né il Santo dei Santi né
dentemente esso proviene dall'ambito delle comuni relazioni inter- un altro luogo sacrale o gesto rituale, ma è il sangue di un Croci-
personali di amicizia, che secondo Paolo vanno ristabilite perché fisso. Anche se l'affermazione dovesse essere interpretata a pre-
si suppongono infrante. È interessante osservare che nel greco extra- scindere dallo specifico concetto di sacrificio espiatorio 158 , resta
biblico questo vocabolario, non solo non viene mai attestato in am-
bito religioso (e in questo senso nei LXX si trova solo in 2Mac 1,5; 155
5,20; 7,33; 8,29), ma là dove occorre (tralasciando come non per- Oltre ai Commenti, cf. W. Kraus, Der Tod Jesu als Heiligtumsweihe. Eine
Untersuchung zum Umfeldder Sùhnevorstellung in Rómer3,25-26a, WMANT 66,
tinente al nostro caso l'idea [all'attivo] che una persona ne ricon- Neukirchen 1991, specie pp. 92-167 (discutibile però è la sua tesi, secondo cui la
cili altre due tra di loro) implica sempre che ad essere riconciliato morte di Cristo sarebbe in rapporto diretto non con i peccati degli uomini ma con
la purificazione del Tempio escatologico). Più in generale vedi anche S. Lyonnet-
(al passivo) sia colui che è irritato perché offeso o che sia lui a "ri- L. Sabourin, Sin, Redemption, and Sacrifice, pp. 120-184; R. Penna, Il sangue di
conciliarsi" cioè a dimostrarsi placato (al medio); quindi "ricon- Cristo nelle letterepaoline, in Id., L'apostolo Paolo, pp. 395-417.
156
ciliare" significa "placare". Invece in Paolo ad essere riconciliati Normalmente ci si richiama al rito specifico dello Yòm kippùr (cf. Lv 16,
dove il termine traduce l'ebraico kapporet: coperchio dell'arca dell'alleanza nel Santo
siamo noi (cf. Rm) oppure è il mondo (cf. 2Cor), mai Dio; ciò si- dei Santi), ma è possibile anche pensare che ci si riferisca più genericamente a un
gnifica, non solo che l'iniziativa della riconciliazione appartiene solo luogo di espiazione (cf. Ez 43,14.17.20, dove esso traduce l'ebraico czàrah: piat-
a Dio, ma che essa (tutt'altro che "placare o propiziare") implica taforma dell'altare dei sacrifici). Per un puntuale riassetto delle questioni lettera-
rie, cronologiche, e teologiche, afferenti ai testi biblici dello Yòm Kippùr, cf. G.
Deiana, Il giorno dell'espiazione. Il kippur nella tradizione biblica, RivBibl Suppl.
30, Bologna 1995.
157
Paulus und in seiner Unwelt, FRLANT 147, Vandenhoeck, Gòttingen 1989. Osser- II valore sacrificale della morte dei martiri, paragonata a un rito di purifica-
viamo che il termine (àv-u)Xu-cpov, propriamente "prezzo del riscatto", ricorre solo zione, è sostenuto da A. O'Hagan, The Martyr in the Fourth Book of Maccabees,
fuori di Paolo in Me 10,45/Mt 20,28; lTm 2,6 (il verbo in Le 24,21; Tt 2,14; lPt StudBiblFranc 24 (1974) 94-119. Vedi anche D. Seeley, The Noble Death. Graeco-
1,18); però vedi ICor 6,20; 7,23. Roman Martyrology and Paul's Concept of Salvation, JSNT Suppl. 28, Sheffield
153
In quest'ultimo senso, cf. W. Haubeck, Loskauf durch Christus. Herkunft, 1990. Proprio il concetto giudeo-ellenistico di martirio sarebbe stato il tramite er-
Gestalt und Bedeutung des paulinischen Loskaufmotivs, Giessen 1985. Su tutto il meneutico per interpretare la morte di Gesù in senso espiatorio secondo W. Zager,
problema, vedi il breve ma pertinente status quaestionis in G. Barth, Il significato Wie kam es im Urchristentum zur Deutung des Todes Jesu als Sùhnegeschehen?,
della morte di Gesù, pp. 106-110. ZNW 87 (1996) 165-186.
154 158
Cf. C. Breytenbach, Versòhnung. Eine Studie zur paulinischen Soteriologie, Così B.H. McLean, The Absence of an Atoning Sacrifice in Paul's Soterio-
WMANT 60, Neukirchen 1989; Id., Versòhnung, Stellvertretung und Suhne. Se- logy, NTS 38 (1992) 531-553 (con riferimento a G. Fitzer, Der Ort der Versòhnung
mantische und traditionsgeschichtliche Bemerkungen am Beispiel der paulinischen nach Paulus. Zu Froge des «Sùhnopfers Jesu», TZ 22 [1966] 161-183), che inter-
Briefe, NTS 39 (1993) 59-79. Questo tema è stato addirittura proposto come chiave preta lo hilastérion solo come luogo della presenza di Dio e il riferimento al sangue
per tutta la teologia e l'attività missionaria di Paolo da R.P. Martin, Reconcilia- come mera allusione al dono della vita. Certamente comunque non si può pensare
tion. A Study of Paul's Theology, Atlanta-London 1981. che il rito del Kippur comportasse l'idea della sostituzione vicaria dell'offerente con
148
" L'APOSTOLO PAOLO IL CROCIFISSO RISORTO 149

comunque il fatto che il passo di Rm 3,25 richiama il dato della la presunzione religiosa della sapienza umana. Più che mai qui cri-
totale offerta di sé fatta da Cristo per i peccati degli uomini159. stologia e teologia si toccano e si sovrappongono162. Tutto ciò che
4.2.2 Scandalo e stoltezza come potenza e sapienza di Dio. In si pensava di Dio come supremamente bello e potente viene con-
un solo ma celebre passo delle sue lettere (ICor 1,18-25) Paolo espri- traddetto dall'umiliazione del Crocifisso. In lui si infrangono sia
me una originale dimensione della croce di Cristo160. Il punto di la richiesta di segni gloriosi da parte dei Giudei, per cui egli diven-
partenza del suo discorso è propriamente l'annuncio evangelico del- ta uno scandalo-inciampo alla loro fede, sia la ricerca di una sa-
la croce più che non la croce stessa come evento. Tuttavia evento pienza intellettualmente appagante da parte dei Greci, per cui egli
e parola finiscono per identificarsi, tanto che i concetti paralleli diventa una incomprensibile follia. Se Dio si rivela nella croce di
di scandalo e stoltezza investono paritariamente entrambi i momen- Cristo, allora bisogna proprio ammettere che di lui prima non si
ti. Perciò, se da una parte la predicazione come "parola della cro- sapeva nulla163. In definitiva, infatti, "ciò che occhio mai non vi-
ce" (v. 18) condivide la medesima stoltezza della croce, questa a de né orecchio udì né mai salì in cuore d'uomo" (ICor 2,9) riguar-
sua volta risulta "evento di 'apocalisse' divina: Dio vi si disvela da proprio questa forma di rivelazione e il tipo di Dio che ne risul-
per quello che è"161. Ciò che si rivela nella croce di Cristo è ap- ta: un Dio che la ragione umana in quanto tale (cf. 1,20: "il ricer-
punto un Dio umanamente inimmaginabile, che mette in scacco catore di questo mondo") fa fatica a incasellare nei propri schemi,
ma che si dimostra felicemente sorprendente per la sua imprevedi-
bilità. Egli perciò è anche colui che trasforma un evento umana-
la vittima (cf. G. Deiana, Il giorno dell'espiazione, p. 182 e G. Barth, Il significato mente inteso come stoltezza e scandalo in un evento di potenza e
della morte di Gesù, pp. 76-84); sul fatto che esso invece valesse come vero sacrifi- di sapienza, nella misura in cui vi annette una possibilità di salvez-
cio espiatorio per i peccati, e non solo come rito di purificazione per la contamina-
zione del Tempio (così J. Milgrom, Leviticus, I, AB 3, Doubleday, New York-London za prima ignorata164. E se la croce di Cristo è la strada di Dio, in-
1991, pp. 253-258), cf. G. Deiana, Il giorno dell'espiazione, p. 180 (con rimando sospettata ma comunque l'unica possibile (cf. Is 55,8: "I miei pen-
a N. Kiuchi, The Purification Offering in the Priestly Literature. Its Meaning and sieri non sono i vostri pensieri..."), allora il prendere posizione di
Function, JSOT Suppl. 56, Sheffield 1987, pp. 65-66).
159
Quanto alla dibattuta questione se riconciliazione ed espiazione siano coin- fronte al Crocifisso finisce necessariamente per comportare un'an-
cidenti e se quindi le categorie cultuali siano determinanti per comprendere la ticipata discriminazione escatologica tra "coloro che si perdono e
morte di Gesù secondo Paolo (risponde negativamente ad entrambi gli interroga-
tivi G. Friedrich, affermativamente invece P. Stuhlmacher), vedi la documentata coloro che si salvano" (1,18).
e bilanciata risposta di C. Breytenbach, Versòhnung, specie pp. 193-215. Questo
A., tendenzialmente favorevole a Friedrich, nega l'interpretazione cultuale della
morte di Cristo sia nelle formuìe-hypér sia in Rm 3,25; 8,3; 2Cor 5,21; in più
egli ritiene che già la comprensione pre-paolina della morte di Cristo non fosse
di tipo cultuale; sicché nel NT l'idea della morte di Cristo come "sacrificio"
sarebbe presente solo in ICor 5,7; Ef 5,2; e in Eb (ma si dovrebbero aggiungere
testi come IPt 1,2.19; IGv 1,7; le tradizioni sull'Ultima cena; e forse anche Ap 162
"Di fronte alla croce di Gesù è di Dio che si parla" (H. Weder, Das Kreuz
5,6.12; 7,14; 13,8). Jesu bei Paulus. Ein Versuch, ùber den Geschichtsbezug des christlichen Glaubens
160
Oltre ai Commenti, cf. soprattutto K. Miiller, IKor 1,18-25. Die nachzudenken,
163
FRLANT 125, Gòttingen 1981, p. 139).
eschatologisch-kritische Funktion der Verkùndigung des Kreuzes, BZ 10 (1966) L'apparente contraddizione con Rm 1,18-23, dove si afferma che gli uomini
246-272; H.K. Nielsen, Paulus' Verwendung des Begriffes Dynamis. Eine Replik hanno conosciuto Dio pur senza venerarlo come tale, si risolve dando significati
zur Kreuzestheologie, in S. Pedersen, ed., Die paulinische Literatur und Theolo- diversi non tanto allo stesso verbo "conoscere" (che in ICor 1,21 significherebbe
gie, Aros-Vandenhoeck, Arhus-Gòttingen 1980, pp. 137-158; H. Merklein, Die Weis- "riconoscere"), ma al sostantivo "Dio": infatti "il testo di Rm 1,19-21 è in pro-
heit Gottes und die Weisheit der Welt (IKor 1,21), in Id., Studien zu Jesus und spettiva cosmologica e afferma l'effettiva raggiungibilità di Dio...; invece ICor 1,18ss
Paulus, pp. 376-384; R. Penna, Logos paolino della croce e sapienza umana (ICor si pone in prospettiva soteriologica e afferma la non raggiungibilità del tipico Dio
1,18 - 2,6), in I. Sanna, ed., Il sapere teologico e il suo metodo, Dehoniane, Bolo- cristiano, quale si rivela nella croce di Cristo" (R. Penna, Dialettica tra ricerca e
gna 1993, pp. 233-255. scoperta di Dio nell'epistolario paolino, in Id., L'apostolo Paolo, pp. 593-629, qui
161
G. Barbaglio, La prima lettera ai Corinzi, SOC 7, Dehoniane, Bologna 1996, 609 nota 38).
164
p. 135. Nel contesto, il concetto di stoltezza non riguarda solo la forma disadorna Perciò la cosiddetta theologia crucis non deve intendere il rapporto debolezza-
della predicazione (v. 18: "la parola della croce") ma anche la croce come suo con- potenza solo come un paradosso; esso invece "va inteso come dialettica, nel senso
tenuto (v. 23: "il Cristo crocifisso"); cf. D. Litfin, St. Paul's Theology ofProcla- che la debolezza per così dire provoca un vuoto, che la potenza di Dio può riempi-
mation. 1 Corinthians 1-4 and Greco-Roman rhetoric, SNTS MS 79, University Press, re" (H.K. Nielsen, Paulus' Verwendung, pp. 156-157, con opportuno rimando a
Cambridge 1994, pp. 193-201. 2Cor 12,10: "Quando sono debole, allora sono potente").
150 L'APOSTOLO PAOLO IL CROCIFISSO RISORTO 151

4.3 La portata della risurrezione tro. Non è senza significato che in Paolo, come abbiamo visto, il
vocabolario della morte supera di un terzo quello della risurrezio-
Se nel brano paolino appena citato Cristo viene qualificato co- ne. Il fatto è che "finalmente la croce, mediante la risurrezione,
me "potenza di Dio", ciò significa certamente che la predicazione diventa dicibile come luogo della potenza di Dio" 167 . La risurre-
del Crocifisso è causa di conversione e di santificazione per i cre- zione, cioè, rivela e insieme rende accessibile la profonda virtuali-
denti; ma, in più, vuol anche dire che proprio in lui si è dispiegata tà salvifica della croce, che senza di quella sarebbe rimasta nasco-
la potenza di Dio con il suo intervento di risurrezione165. È ciò che sta e infruttuosa. È questo che vuol dire Paolo quando scrive: Cri-
leggiamo in 2Cor 13,4: "Egli fu crocifisso per la sua debolezza, sto "fu consegnato per le nostre cadute e fu risuscitato per la no-
ma vive per la potenza di Dio"; e, stante un certo parallelismo tra stra giustificazione" (Rm 4,25). La ripetizione retorica della me-
questo passo e Rm 6,4 ("Cristo fu risuscitato dai morti mediante desima preposizione nelle due parti della frase (8tà, "per", con l'ac-
la gloria del Padre"), viene a darsi un accostamento semantico tra cusativo) suppone comunque due valori diversi, causale nella pri-
i concetti di potenza e di gloria (infatti in ICor 2,8 leggiamo: "Se ma e finale nella seconda, segnando anche un leggero crescendo
l'avessero conosciuto, non avrebbero crocifisso il Signore della glo- verso il concetto di giustificazione. Infatti, la frase immediatamente
ria"), che in più si concretizzano in Cristo stesso. Egli "non è solo seguente (Rm 5,1: "Giustificati dunque per la fede siamo in pace
un mezzo per la dimostrazione della potenza e della sapienza di con Dio") riprende e ribadisce la stessa idea di giustificazione, che
Dio, poiché personalmente pure le incorpora in sé" 166 . Perciò egli perciò viene strettamente collegata con la risurrezione di Gesù. Si
in persona è "potenza di Dio". La risurrezione di Gesù come atto spiega allora l'affermazione perentoria che leggiamo in ICor 15,17:
di questa potenza rappresenta l'esatto risvolto della sua impoten- "Se Cristo non è risuscitato, vana è la vostra fede: siete ancora
za come crocifisso. Non per nulla è ad essa che già la tradizione nei vostri peccati". Quindi, la giustificazione è saldamente radica-
pre-paolina, come abbiamo visto, collega le fondamentali qualifi- ta nella croce, ma è resa possibile dalla risurrezione, che rende la
che cristologiche di "Signore" (cf. Fil 2,9-11) e addirittura di "Fi- croce feconda applicandone i frutti.
glio di Dio" (Rm l,4a). Anche qui, allora, parlare del Risorto si- Su questa linea si può parzialmente interpretare l'originale defi-
gnifica inevitabilmente parlare di Dio; è significativo infatti nota- nizione cristologica di Gesù come "ultimo Adamo diventato Spi-
re che Paolo, nel contesto di un discorso sulla risurrezione di Cri- rito vivificante" (iweGfxoc Ctoorcoiouv: ICor 15,45). L'esame del con-
sto e dei cristiani, per confutare coloro che sembrano negarla dice: testo mostra che la definizione va primariamente intesa in senso
"Alcuni dimostrano di non conoscere Dio" (ICor 15,34)! Ci sono risurrezionistico-escatologico, non soteriologico-presenziale: cioè,
poi tre caratteristiche del discorso paolino sul Risorto che merita- essa dice che il Risorto, superando di gran lunga Adamo, non è
no di essere sottolineate. soltanto diventato "vivente" ma in più ha acquisito la prerogativa
4.3.1 Accessibilità al valore salvifico della croce. Insieme a Pao- divina di "vivificare" i morti alla fine dei tempi (vedi: il richiamo
lo bisogna innanzitutto stare attenti a non enfatizzare l'evento pa- di ICor 15,22; il rimando a Gn 2,7; il parallelismo climatico con
squale al punto da mettere in ombra la croce. Questa non è solo il primo Adamo diventato 'anima vivente'; l'assenza di ogni voca-
un momento di passaggio, quasi che sia stata cancellata dallo splen- bolario amartiologico) 168 . Tuttavia, anche se solo per estensione,
dore della risurrezione e perciò debba essere dimenticata. Tutt'al- si può pure scorgere nel sintagma "Spirito vivificante" un'allusio-

167
H. Weder, Das Kreuz Jesu bei Paulus, p. 140, dove si continua: "Detto al-
165
Cf. K. Muller, / Kor 1,18-25, p. 268; R. Penna, Il vangelo come "potenza trimenti: nella risurrezione di Gesù l'evento storico della sua morte non viene sor-
di Dio" secondo ICor 1,18-25, in Id., L'apostolo Paolo, pp. 281-294; S. Virgulin, passato, al contrario Dio stesso si impegna talmente su quell'evento che esso pro-
La croce come potenza di Dio in ICor 1,18.24, in Aa.Vv., La sapienza della croce prio in quanto contingente riceve un valore infinito".
168
oggi, I, Elle Di Ci, Leumann (Torino) 1976, pp. 144-150. Vedi anche J.D.G. Dunn, Oltre ai Commenti, cf. M. Teani, Corporeità e risurrezione. L'interpretazione
The Theology of Paul, pp. 234-265. di 1 Corinti 15,35-49 nel Novecento, "Aloisiana" 24, Gregorian University-
166
W. Schrage, Der erste Brief an die Korinther, I, EKK VII/1, Zùrich- Morcelliana, Roma-Brescia 1994; R. Penna, Cristologia adamica e ottimismo an-
Neukirchen 1991, p. 188. tropologico in ICor 15,45-49, in Id., L'apostolo Paolo, pp. 240-268.
152 IL CROCIFISSO RISORTO 153
L'APOSTOLO PAOLO

ne alla funzione salvifica globale del Risorto. Ciò può fondarsi sul rezione rappresentano le due facce della stessa medaglia, che è Ge-
fatto che C<*>o7rotoGv in quanto participio presente non ha di per sé sù. L'una non può stare senza l'altra. Egli è definito da entrambe.
alcuna funzione temporale, ma indica solo la qualità dell'azione Nella croce di Cristo c'è il thesaurus ecclesiae, e nella sua risurre-
e definisce il soggetto in quanto "vivificante": il Risorto già lo è zione è data la possibilità di attingervi171.
diventato e tale certamente sarà in futuro, ma non si può escludere Il racconto giovanneo del Risorto che offre a Tommaso le mani
che egli lo è anche adesso. Una conferma proviene dallo sfondo e il costato tuttora piagati (cf. Gv 20,27) potrebbe essere il com-
di alcuni passi biblici che sembrano andare in questo senso; così mento migliore a questo insieme di cose; lo stesso si dica dell'im-
infatti il Salmista riconosce con gratitudine: "Mi hai fatto provare magine dell'Agnello dell'Apocalisse, che sta ritto in piedi pur es-
molte e brutte tribolazioni, ma ripensandoci mi hai vivificato e di sendo sgozzato (cf. Ap 5,6). Facciamo questi accostamenti solo per
nuovo mi hai tratto dagli abissi della terra" (Sai 70,20 LXX; cf. mettere in luce che i maggiori teologi del Nuovo Testamento con-
Sai 40/39,3); e a proposito della Sapienza si legge che essa "vivifi- vergono sul dato di fondo della complementarità tra la morte e la
cherà chi è dalla sua parte" (Qo 7,12 LXX). D'altronde, l'affer- risurrezione di Gesù. Ma Paolo è il primo scrittore a tematizzare
mazione paolina, secondo cui il Risorto è "alla destra di Dio e in- l'argomento, non mediante racconti o immagini, bensì con l'elo-
tercede per noi" (Rm 8,34), esprime un'attuale, incessante funzio- quenza di una riflessione e di un vocabolario propri, con cui prov-
ne soteriologica di Cristo, che da una parte mette il cristiano al si- videnzialmente si fanno emergere i vari aspetti di una ricchezza al-
curo da ogni possibile condanna (cf. Rm 8,31-39) e dall'altra gli trimenti insondabile.
garantisce positivamente un intervento attivo in suo favore. 4.3.2 Presenza del Signore alla sua chiesa. La risurrezione di
Resta il fatto che la risurrezione rimanda inevitabilmente alla cro- Gesù fonda ed è garanzia del fatto che egli ormai è costantemente
ce. È impossibile parlare della risurrezione per se stessa, senza ri- presente alla sua comunità, come del resto Paolo stesso ne aveva
chiamare la croce; sarebbe, come si dice, filare per la tangente, cioè fatto l'esperienza sulla strada di Damasco. Ci accontentiamo qui
svignarsela a buon mercato per non affrontare ciò che sembra du- di accenni, dato che il tema è talmente centrale che in parte lo
ro ma in realtà è decisivo. Un celebre saggio di Kàsemann a suo abbiamo già incontrato e in parte lo riprenderemo in seguito.
tempo sottolineò molto bene questo rapporto, negando che la teo- Infatti, abbiamo visto sopra come già per la tradizione pre-paolina
logia della croce possa diventare un semplice capitolo di una teo- fosse fondamentale la qualifica di Gesù come Kyrios legata alla
logia della risurrezione169. Certo "il Risorto è colui che assume la sua esaltazione in Fil 2,9-11 (cf. sopra: 3.6). Ma questo titolo
signoria. Ma la croce non diviene la via per giungervi e il prezzo non ha soltanto una portata strettamente cristo-logica, poiché,
che bisogna pagare: rimane invece il contrassegno del Risorto. Que- se è vero che esso riconosce a Gesù una dimensione divina, è
sti non avrebbe un volto (...) se non fosse quello del Crocifisso. altrettanto vero ed è importante avere ben presente che esso defi-
(...) Solo il Crocifisso è risorto, e oggi la dominazione del Risorto nisce anche Gesù nei suoi rapporti con il cristiano e con la chiesa.
giunge fin dove si serve il Crocifisso" 170 . Dunque, croce e risur- Come vedremo più sotto (cf. 7.2), infatti, il battezzato vive "nel
Signore", cioè in un aggancio diretto con il Risorto che è accol-
169
Cf. E. Kàsemann, // valore salvifico della morte di Gesù in Paolo, in Id.,
Prospettive paoiine, SB 18, Paideia, Brescia 1972 (orig. ted., Tùbingen 1969, 21972).
170
E. Kàsemann, // valore salvifico, pp. 88-89 (cf. anche p. 85: "Il contrasse-
gno che distingue la sua signoria da quella di altri fondatori di religioni è senza catena, sia pure il più importante. Piaccia o non piaccia, in questo caso la croce
dubbio unicamente la croce"). Il punto di partenza è la feconda posizione di Lute- rimane all'ombra della risurrezione e degli eventi salvifici. Allora però la sezione
ro là dove scrive: Cruxsola est nostra theologia (WA 5,176; cf. B. Gherardini, Theo- di ICor 1-2 è pura retorica" (E. Kàsemann, ib., p. 77).
171
logia crucis. L'eredità di Lutero nell'evoluzione teologica della Riforma, Paoiine, "La risurrezione non è l'annullamento ma il frutto della morte di maledi-
Roma 1978). "In generale, i sostenitori di una teologia della risurrezione e dei fatti zione patita sulla croce. Anche la risurrezione dei cristiani non costituisce un nuo-
salvifici non intendono eliminare la teologia della croce, ma inserirla in un conte- vo tipo di salvezza che si aggiunga a quella fondata nella morte di Cristo, ma non
sto più ampio. Non vedono così che la teologia della croce viene livellata, relativiz- è altro che il suo dispiegamento; si potrebbe anche dire: La risurrezione non è che
zata e praticamente contestata nell'intenzione originaria. Crux nostra theologia si la conseguenza della giustificazione in rapporto alla corporeità dell'uomo" (H. Merk-
può dire solamente se così si designa il tema centrale, e in certo senso unico, della lein, Die Bedeutung des Kreuzestodes Christifùr die paulinische Gerechtigkeits- und
teologia cristiana. Dirlo diviene retorica, se la croce rappresenta un anello in una Gesetzesthematik, in Id.., Paulus und Jesus, pp. 1-106 qui 56).
154 L'APOSTOLO PAOLO IL CROCIFISSO RISORTO 155

to e confessato come il punto di riferimento determinante per ne dei morti"; cf. voi. I, p. 203) e nell'arcaica qualifica cristologi-
la sua vita. Le stesse esortazioni morali di Paolo tendono a sug- ca àpxrrfòs TTJC Cani? (cf. sopra: cap. I, 3.1.1). Ma Paolo sviluppa
gerire ai destinatari come sia possibile "piacere al Signore" (ICor l'idea definendo esplicitamente il Risorto come "primizia (àrcapxTi)
7,10.32) nella concreta vita quotidiana; addirittura il cristiano vi- dei dormienti" (ICor 15,20 e 23): Gesù, tutt'altro che un caso iso-
ve e muore per lui (cf. Rm 14,8). Ed è frequentissimo in Paolo lato, è destinato ad essere soltanto il primo anello di una catena.
parlare del "Signore nostro" (in prosecuzione già dell'aramaico Così Paolo sottolinea il fatto che con la risurrezione di Gesù Yé-
Maran: cf. ICor 16,22)172. Con ciò appare all'evidenza, da una schaton è già iniziato e noi viviamo alla "fine dei tempi" (ICor
parte, che la Signorìa di Gesù si esercita fondamentalmente nel 10,11). In terzo luogo, e soprattutto, la stessa salvezza escatologi-
vincolo che lo lega alla sua ekklesia e, dall'altra, che il cristiano ca è legata al fatto che il Cristo è vivo per poter intercedere in no-
sa di dovere tutta la sua identità al rapporto di adesione a lui stro favore nell'ultimo giudizio (cf. Rm 5,9-10; 8,1.34; lTs 1,10;
(cf. ICor 12,3: "Nessuno può dire 'Gesù Signore', se non nello 5,9).
Spirito Santo"). D'altronde è in quanto risorto che Gesù viene
invocato (cf. Rm 10,12-13; ICor 1,2) e a lui, sia pur con rare Anche nel giudaismo contemporaneo era viva in varie forme la di-
attestazioni, viene anche rivolta la preghiera (cf. 2Cor 12,8) che scussione circa la presenza di un intercessore nel giudizio escatolo-
invece viene normalmente rivolta a Dio173. Soprattutto il linguag- gico175. (1) Una corrente affermava fiduciosamente un ruolo del ge-
gio pneumatologico circa "lo Spirito di Cristo" (Rm 8,9), "del nere, sia pure svolto da personaggi diversi, che avrebbero dato soste-
Figlio" (Gal 4,6), "di Gesù Cristo" (Fil 1,19) evidenzia al massi- gno al defunto davanti al tribunale di Dio. Così in HQMelch 2,6 si
mo appunto la presenza attiva del Risorto fin nel cuore del singo- legge di Melchisedek che, come in un nuovo giubileo, "proclamerà
per loro la liberazione, affrancandoli (dal peso di) tutte le loro iniqui-
lo cristiano (cf. anche Rm 5,5), così come l'attribuzione allo Spi- tà". Soprattutto in Apoc. Sof. 11,1-4 vediamo che i patriarchi Abra-
rito dei vari carismi che fanno la diversità all'interno della comu- mo, Isacco e Giacobbe pregano per coloro che sono già nei tormenti,
nità (cf. ICor 12,4-11) dice quanto il Risorto sia in stretta con- da cui quindi si spera che la misericordia di Dio li libererà. Altrettanto
nessione con la sua chiesa. in Test. Abr. 14,5-8 Abramo dice a Michele: "Offriamo una preghiera
4.3.3 Parusia e intercessione escatologica. La risurrezione di Gesù in favore di quest'anima e vediamo se Dio vi presta attenzione. (...)
ha anche degli inevitabili riflessi escatologici. In primo luogo, essa Ed essi offrirono suppliche e preghiere e Dio prestò loro attenzione".
rende possibile la parusia, cioè la venuta pubblica, gloriosa e fe- Un'intercessione di Mosè è affermata in Test. Mos. 11,17; 12,6. Anche
in 2Enoch 64,5 si dice di Enoc: "Il Signore ti ha scelto per porti (come)
stosa di Gesù alla fine dei tempi 174 ; la prima lettera ai Tessaloni- colui che toglie i nostri peccati", ma con tutta probabilità si tratta di
cesi è lo scritto neotestamentario che ne parla di più (cf. 2,19; 3,13; un'idea popolare, che l'autore del libro non condivide. (2) Infatti in
4,15; 5,23; inoltre ICor 15,23). In secondo luogo, essa anticipa ma 2Enoch 53,1 si fa questa raccomandazione: "Non direte, mieifigli:'No-
anche inaugura la risurrezione generale dei morti; il tema è già pre- stro padre è con il Signore e intercederà per noi per il (nostro) pecca-
sente nella confessione pre-paolina di Rm l,4a ("dalla risurrezio- to'". Allo stesso modo in LAB 33,5 leggiamo: "Finché è in vita, l'uo-
mo può pregare per sé e per i suoi figli, ma dopo la morte non potrà
pregare (...) Così non sperate nei vostri padri. Essi non vi serviranno
172
Si noti che il possessivo "nostro" unito a Signore si trova 12 volte in Rm, a niente, a meno che cerchiate di rassomigliare a loro". Il più radicale
12 volte in ICor, 3 in 2Cor, 1 in Gal, 6 in lTs, mentre fuori di Paolo è presente è 4Esd., poiché a una precisa domanda ("Mostrami... se nel giorno del
solo1732 volte in At!
Cf. G. Lohfink, Gab es im Gottesdienst der neutestamentlichen Gemeinden
eine Anbetung Christi?, BZ 18 (1974) 161-179: la documentazione maggiore si tro- 175
va fuori di Paolo (cf. soprattutto Mt, Le, Ap) o negli inni (cf. Fil 2; Col 1; lTm Cf. in generale D.S. Russell, The Method and Message of Jewish Apoca-
3; Gv 1), e comunque "nel NT la proskynesis davanti al Cristo glorioso in definiti- lyptic 200 BC-AD 700,Westminster Press, Philadelphia 1964 (trad. ital., Paideia,
va non è un'adorazione isolata della persona di Cristo, ma adorazione del Dio che Brescia 1991), pp. 360-361; R. Le Déaut, Aspects de l'intercession dans le Judai-
si rivela
174
in Cristo" (p. 178). sme ancien, JSJ 1 (1970) 35-57. Vedi anche P. Volz, Die Eschatologie der jtidi-
Cf. C. Spicq, Note di lessicografia neotestamentaria, II, pp. 331-333; R. Pen- schen Gemeinde im neutestamentlichen Zeitalter, Georg Olms, Hildesheim 1966
na, L'ambiente, pp. 170-172, e soprattutto J. Plevnik, Paul and the Parusia. An (= Tùbingen 1934), pp. 288-304; P. Sacchi, L'apocalittica giudaica e la sua sto-
Exegetical and Theological Investigation, Hendrickson, Peabody 1997. ria, pp. 152-153.
156 L'APOSTOLO PAOLO LA PARTECIPAZIONE DEL PECCATORE 157

giudizio i giusti potranno intercedere per gli empi") si dà una netta ri- neficia gli effetti. A questo proposito è possibile constatare la coe-
sposta: "Il giorno del giudizio è rigoroso (...) Nessuno pregherà per un sistenza di due concezioni diverse, di cui la prima si fonda su cate-
altro in quel giorno, né uno passerà il suo fardello al suo compagno, gorie di tipo tradizionale (proprie sia del giudaismo sia del giudeo-
perché tutti porteranno ciascuno la sua rettitudine o la sua iniquità (...) cristianesimo), mentre l'altra rappresenta piuttosto il punto di vi-
Allora, perciò, nessuno potrà avere compassione di colui che sarà sta originale di san Paolo.
stato vinto in giudizio, né sopraffare chi sarà risultato vittorioso"
(7,102.104-105; analogamente 2Baruch 85,12: "Non vi sarà più luogo
per la penitenza [...] né suppliche per le colpe né invocazioni di padri 5.1 Concezione di partenza: l'assoluzione
né preghiera di profeti né aiuto di giusti"). Su questa linea si porrà an-
che il detto mishnico di R. Eliezer ben Jaqob in PirqéAbot 4,11: "Chi Bisogna riconoscere che tanto la categoria del riscatto quanto
compie un precetto si procura un avvocato (peraqlèt = paràkletos), ma quella dell'espiazione (cf. sopra), pur essendo fondamentali, rischia-
chi commette una trasgressione si procura un accusatore; conversione no di favorire una interpretazione della morte di Gesù in senso me-
e buone opere sono uno scudo di fronte al castigo". ramente sostitutivo o di soddisfazione vicaria. In tal caso il rap-
porto Gesù-peccatore viene a configurarsi in senso puramente estrin-
Secondo Paolo, fa parte essenziale della fede cristiana il fatto seco, nel senso che, se Gesù è soltanto morto "al mio posto" o
che il Cristo risorto assolverà proprio a una decisiva funzione di ha "pagato per me", allora a me viene soltanto applicata dall'e-
intercessore escatologico: "Noi attendiamo dai cieli il Figlio suo, sterno una dichiarazione di assoluzione, come se mi venisse conse-
che (Dio) risuscitò dai morti, Gesù, il quale ci libera dall'ira ventu- gnato un certificato liberatorio175bls. Paolo conosce bene questo ti-
r a " (lTs 1,10); "la nostra cittadinanza è nei cieli, da cui attendia- po di soteriologia, in quanto lo ha ereditato dalla prima chiesa pa-
mo come salvatore il signore Cristo Gesù" (Fil 3,20); "se infatti lestinese (cf. ICor 15,3; Rm 3,25). Infatti in Rm 4,7-8 egli ripete
essendo nemici siamo stati riconciliati con Dio mediante la sua mor- con il Salmista: "Beati coloro, le cui iniquità sono state perdonate
te, quanto più essendo riconciliati saremo salvati nella sua vita" e i cui peccati sono stati ricoperti; beato l'uomo, il cui peccato il
(Rm 5,10). È anche su questa base che Paolo gioiosamente procla- Signore non computa più" (Sai 32/31,1-2).
ma: "Non c'è più dunque nessuna condanna per coloro che sono All'origine di questa concezione c'è un paio di dati determinanti
in Cristo Gesù" (Rm 8,1; cf. 8,31-39). La vittoria del Risorto sulla che dobbiamo mettere bene in chiaro. Si tratta di due caratteristi-
morte si è tramutata nella vittoria del cristiano su ogni tipo di ac- che fondamentali della soteriologia propria del giudaismo del Se-
cusatore. È probabilmente a questa luce che si dovranno leggere condo Tempio, che hanno caratterizzato anche la soteriologia del
anche quei testi in cui si parla del "tribunale di Cristo" (2Cor 5,10) cristianesimo primitivo (e non solo di quello). L'uno riguarda i mez-
e di una sua funzione giudiziale (cf. Rm 2,16; ICor 4,5). zi considerati validi per la cancellazione dei peccati, e l'altro riguar-
da il concetto stesso di peccato che vi sta a monte.

5. La partecipazione del peccatore alla morte 5.1.1 / mezzi per la cancellazione dei peccati. Il primo e più impor-
(e risurrezione) di Cristo tante di essi nel giudaismo del Secondo Tempio consiste nella prassi
rituale-liturgica dei sacrifci espiatori, basati perlopiù sul sangue, rego-
lamentati e interpretati dalle prescrizioni levitiche (cf. Lv 4-5 e 16) e com-
Fa parte integrante della cristologia paolina una tipica concezione piuti nel Tempio di Gerusalemme176. In questa prospettiva una vitti-
dell'impatto antropologico della morte (e risurrezione) di Gesù. Si
tratta di un aspetto assolutamente proprio e peculiare della sote-
nsbis Qualcosa di analogo si intravede in Col 2,14-15 con l'immagine dell'an-
riologia, che va evidenziato a parte. È qui infatti che più che mai nullamento del documento del nostro debito, inchiodato da Dio alla croce di Cri-
si deve dar ragione a Melantone, quando afferma che conoscere sto (ma l'immagine è integrata contestualmente da categorie partecipative: cf. 2,12);
Cristo significa soprattutto conoscere i suoi benefici. vedi il capitolo seguente. Vedi anche Is 43,25: "Io, io cancello i tuoi misfatti, per
riguardo a me non ricordo più i tuoi peccati".
Ciò che è propriamente in ballo nel discorso sulla redenzione è 176
Cf. R. De Vaux, Le Istituzioni dell'Antico Testamento, Marietti, Casale
il nesso intercorrente tra la morte di Gesù e il peccatore che ne be- Monferrato 1964, pp. 404-441; J. Maier, Sunne und Vergebung in der judischen
158 L'APOSTOLO PAOLO LA PARTECIPAZIONE DEL PECCATORE 159

ma animale muore, se non proprio in sostituzione del trasgressore offe- cita di fare la volontà del Signore (cf. Ger 24,7; Ez 36,26) 179 . Il risulta-
rente (cf. sopra: nota 158), certo in favore della sua purificazione (cf. to è solo quello di essere di nuovo considerati puri (o giusti) da parte
Lv 4,35: "Il sacerdote farà per lui il rito espiatorio per il peccato com- di Dio 180 .
messo e gli sarà perdonato"; 5,26: "Il sacerdote farà il rito espiatorio 5.1.2 Alla base di queste concezioni c'è una precisa idea di peccato.
per lui davanti al Signore e gli sarà perdonato, qualunque sia la man- Esso è considerato come una trasgressione nei confronti delle singole
canza di cui si è reso colpevole"; lo stesso vale per il popolo nel suo prescrizioni della Legge in quanto norme stabilite dalla volontà di Dio
insieme: cf. 4,20). Altri mezzi previsti sono il pentimento personale del (cf. Sai 51,6: "Contro di te, contro te solo ho peccato; quello che è ma-
trasgressore e il digiuno. Il primo, che deve comunque accompagnarsi le ai tuoi occhi io l'ho fatto"). La loro infrazione, provocando l'ira di
all'offerta di un sacrificio (cf. IRe 8.35.38)177, è inteso fondamental- Dio, colloca l'uomo in una condizione di colpa e di impurità, che ap-
mente dai profeti secondo la categoria del "ritorno", che viene richie- punto viene eliminata con i mezzi richiamati sopra. Certo nell'Antico
sto come mezzo adeguato per il conseguimento della misericordia divi- Testamento è attestata l'idea di una universale presenza del male (cf.
na: "Ritorna, Israele ribelle... Non ti mostrerò la faccia sdegnata per- Qo 7,20: "Non c'è sulla terra un uomo così giusto, che faccia solo il
ché io sono pietoso, dice il Signore... Ritornate, figli traviati, io risane- bene e non pecchi"), come del resto si rileva anche nella letteratura del-
rò le vostre ribellioni" (Ger 3,12.22); a questo ambito appartiene anche l'Antico Vicino Oriente 181 . Ma è assente una vera riflessione sull'ori-
il tema deuteronomistico della "circoncisione del cuore" (cf. Dt 10,16; gine del male nel mondo. Il racconto del peccato di Adamo in Gn 3
30,6; IRe 8,47-48; Ger 4,4; Giub. 1,23). Il digiuno è una prassi piutto- viene inteso in senso più paradigmatico che eziologico182, e comunque
sto secondaria, ritenuta però necessaria soprattutto durante il Yòm Kip- a esso non viene collegata l'origine del male (se non nel tardivo Sir 25,24
pùr (cf. Lv 16,29; 23,27-32; Nm 29,7; e la semplice denominazione di ma in quanto denigrazione di Eva nel quadro di una contrapposizione,
questo giorno come "il Digiuno" ancora in Filone Al., Spec. leg. tra la donna malvagia e la donna virtuosa). Quindi il peccato è sostan-
1,186-187: ri vrj<rce£a). zialmente sempre un atto personale compiuto liberamente, di cui per-
Per quanto ciò possa essere già motivo di liberazione e anche di gioia ciò si è individualmente responsabili 183 (cf. l'immagine del peccato ac-
(cf. Sai 51,9-12: "Purificami con issopo e sarò mondo; lavami e sarò covacciato alla porta in Gn 4,7). Questa idea in Israele al tempo delle
più bianco della neve... Distogli lo sguardo dai miei peccati... Crea in origini cristiane è particolarmente rappresentata dal fariseismo, che non
me, o Dio, un cuore puro"), il procedimento rituale lascia però l'indi- per nulla FI. Giuseppe paragona allo stoicismo (cf. Ant. 18,13; Vita 12).
viduo nella sua mera dimensione umana, la quale, se pur viene toccata Ed è a questo punto che si può misurare l'originalità della prospettiva
nell'intimo con un intervento rinnovatore dall'alto, non sperimenta pe- Paolina per quanto riguarda il modo di concepire sia il peccato sia il
rò alcun tipo di comunione mistica con Dio 178 . Tutt'al più si ristabili- suo superamento.
sce il rapporto di alleanza tra Dio e l'uomo, per cui l'uno appartiene
di nuovo esclusivamente all'altro e l'uomo acquisisce una nuova capa- 179
Cf. G. Ravasi, // libro dei Salmi, II, p. 51.
180 y a comunque notato che la terminologia della giustificazione non si trova
mai nei testi della Torah che trattano dei sacrifici e della connessa remissione dei
Liturgie, JBT 9 (1994) 145-171; I. Cardellini, Manuale dei sacrifici a uso dei sacer- peccati; qui si trova piuttosto il lessico della purificazione (xaGaptCttv, xaGapiajjió;,
doti nell'Antico Testamento. Uno studio sulla normativa sacrificale nel Levitico, xaGapó?; cf. Lv 16,19.20.30; Es 30,10). Quest'ultimo invece in Paolo di fatto non
San Paolo, Cinisello Balsamo (di prossima pubblicazione). ricorre mai (cf. solo Rm 14,20 e 2Cor 7,1, dove peraltro né si tratta della remissio-
177 ne dei peccati né si fa alcun cenno a procedimenti rituali, ma è in questione solo
Cf. J. Milgrom, Cult and Conscience. The ASHAM and the Priestly Doc-
trine of Repentance, SJLA 8, Brill, Leiden 1976: è il sacerdozio ad accomunare una181purezza interiore di tipo generale).
il pentimento con il culto, mentre il profetismo lo ritiene sufficente da solo per can- Vedi per esempio un testo accadico di incantesimo: "Chi non ha commesso
cellare il peccato. una trasgressione contro il suo dio? Chi mai ha sempre osservato un comandamen-
178 to? Gli uomini, in quanto vivono, sono perciò stesso sottomessi alla trasgressione"
Se è vero che il rito dell'imposizione della mano sulla vittima del sacrificio
significa "una comunione dell'offerente con la vittima" (G. Deiana, Il giorno del- (da M.-J. Sex, Hymnes et prières aux dieux de Baby Ione et d'Assyrie, LAPO 8,
l'espiazione, p. 182; cf. anche E. Cortese, Levitico, Marietti, Casale Monferrato Du Cerf, Paris 1976, p. 207). Persino un filosofo romano come Seneca riconosce:
1982, p. 149: è sempre il peccatore che "paga di persona" con la sua offerta, e "Cominciamo col persuaderci che nessuno di noi è senza colpa... Chi può dichia-
quindi l'idea di espiazione riparatrice fatta non dal peccatore ma da un'altra perso- rare182di non avere mai violato una legge?" (De ira II, 28,1-2).
na esula dal concetto di sacrificio, tanto che l'idea del riscatto compiuto da un ter- 183
Cf. C. Westermann, Genesis, I, BK 1/1, Neukirchen-Vluyn 1974, p. 377.
zo non appartiene al culto), è pur vero che il gesto non implica comunque alcun Giustamente tuttavia J. Maier, Judisches Grundempfinden von Sùnde und
tipo di comunione con Dio, neanche quando si trattasse della tipologia specifica Erlòsung in frùhjùdischer Zeit, in H. Frankemòlle, ed., Sùnde und Erlòsung im
del cosiddetto sacrificio di comunione descritto in Lv 3 e 7,11-36 (cf. J. Milgrom, Neuen Testament, QD 161, Herder, Freiburg i.B. 1996, pp. 53-75, ricorda che il
Leviticus 1-16, AB 3, Doubleday, New York-London 1991, p. 221: "That this sa- peccatore è sempre parte del popolo eletto e la sua responsabilità va misurata an-
crifice implied a mystic union with the deity must be categorically rejected"). che nei suoi confronti.
LA PARTECIPAZIONE DEL PECCATORE 161
160 L'APOSTOLO PAOLO

Con questa concezione delle cose è connesso il tema della fede. siamo "giustificati nel suo sangue" (Rm 5,9). Con la morte di Cri-
È la fede infatti la risposta adeguata e omogenea alla morte sacri- sto, infatti, Dio "rivela la sua giustizia nel tempo presente per es-
ficale di Gesù, che vale come definitivo pronunciamento di assolu- sere egli giusto e giustificante colui che si basa sulla fede in Gesù"
zione o remissione dei peccati. In questo senso è sintomatico che (Rm 3,26). L'atto di fede perciò rappresenta propriamente il " s ì "
in Rm 3,25, dove si parla di Gesù come "strumento di espiazione" umile e gioioso del peccatore al gesto misericordioso e assolutorio
(iXocaxrjpiov), tra questa qualifica e la specificazione "nel suo san- di Dio in Cristo; con esso il peccatore accoglie nudamente l'inter-
gue" si trovi inserito il complemento "mediante la fede" (Sta xr\q vento divino a lui favorevole e viene così reso giusto davanti a Lui.
Tzioizox;, sia che esso si debba ritenere un'aggiunta paolina a una Si comprende quindi che, come in una immediata successione di
formulazione tradizionale oppure no) 184 . Il dato di fondo è che dichiarazioni, si legga subito dopo in Rm 3,28: "Riteniamo infatti
che l'uomo venga giustificato per fede, senza opere della Legge"
(cf. 3,21; Gal 2,16)185.
184 Ovviamente riteniamo che il concetto di fede (analogamente al genitivo m'art?
XptaxoG ricorrente sette volte: Rm 3,22.26; Gal 2,16bis; 2,20; 3,22; Fil 3,39) si rife-
risca all'atteggiamento fiducioso del credente nei confronti di Cristo, e non al com- 5.2 Concezione di arrivo: la partecipazione
portamento di Cristo in quanto fedele al Padre fino alla morte. Questa seconda
opzione esegetica è sostenuta da vari Autori, a partire da G. Howard, On the "Faith
ofChrist", Harvard Theological Review 60 (1967) 459-465, fino almeno a B.W. Paolo però va molto oltre il predetto modo di vedere le cose,
Longenecker, in Romans3.25: NeglectedEvidencefor the "Faithfulness o/Christ"?, che pur rappresenta un elemento costitutivo della sua soteriologia.
NTS 39 (1993) 478-480, che parlano di genitivo soggettivo invece che oggettivo. Con-
tro questa comprensione delle cose, tuttavia, si possono far valere le seguenti ra- Egli giunge fino a considerare il rapporto Cristo-peccatore in ter-
gioni: (1) Il senso oggettivo del sintagma genitivale in questione, anche se non ri- mini di tipo 'mistico'. Questo rapporto si può cogliere in tutta la
corre nei LXX, è però documentato non solo nel NT (cf. Me 11,22; At 3,16; Fil
1,27; Col 2,12; 2Ts 2,13; Gc 2,1; vedi anche l'espressione TI yvwai? XpiaroG 'iTjaoG sua verità, solo se si considera prima il diverso concetto di peccato
in Fil 3,8), ma anche nella grecità extrabiblica (cf. la "fede negli dèi", TÙV 0EG>V, che vi sta alla radice.
in Euripide, Med. 413; Filodemo, Philos. 6,6; cf. Plutarco, Mor. 167e, detto del- 5.2.1 II tipico pensiero paolino sul peccato diverge da quello che
l'incredulità). (2) Oltre al supposto impiego del sostantivo, l'obbedienza-fedeltà di
Cristo a Dio non viene mai qualificata né con il verborciorEueive neanche con l'ag- abbiamo esposto sopra 186 . L'Apostolo conosce certamente l'idea
gettivo ;u<rcó<;, "fedele". (3) Poiché il centro d'interesse per Paolo sta nel precisare tradizionale di peccato come violazione di una norma da parte del
come si possa essere giustificati, e poiché ciò non vale certamente per la figura di
Cristo, il genitivo "fede di Abramo" (Rm 4,16) si spiega solo mediante la ripetuta
singolo187. Tuttavia, come appare soprattutto dalla lettera ai Ro-
citazione di Gn 15,6 ("Abramo credette e gli venne computato a giustizia"), sicché mani, egli si caratterizza per la elaborazione di tre aspetti diversi
il medesimo genitivo è in parallelo non con "la m'ari? di Cristo" ma con "la vostra e complementari, (a) L'universalità. Secondo Paolo, l'umanità in-
KIOTI?", cioè con la fede del cristiano. (4) La portata oggettiva del genitivo dovreb-
be essere evidente nelle due occorrenze di Gal 2,26, dato che esse sono intervallate
dall'affermazione che "noi abbiamo creduto in Cristo Gesù", per cui è il cristiano
(non il Cristo!) che oppone la propria fede alla propria osservanza delle opere della
legge. (5) Una osservazione che mi pare importante riguarda la ripetuta citazione >85 Sul tema della fede in Paolo, cf. specialmente W. Mundle, Der Glaubensbe-
di Ab 2,4 (in Gal 3,11 e Rm 1,17: ó hi Sixatcx; exrciaretosCr^eTai): se è vero che Paolo griff des Paulus, Wiss. Buchgesellschaft, Darmstadt 1977 (= Leipzig 1932); A. von
usa normalmente l'AT secondo la versione greca, è interessante notare che nel ri- Dobbeler, Glaube als Teilhabe, WUNT 2.22, Mohr, Tùbingen 1987; G. Helewa,
porto del testo profetico tratto dai LXX (ó 8è SCxato? ex ma-cecói; JXOU Cr^etai) e g ij \a. Obbedire a Cristo Signore: un aspetto primario della fede secondo San Paolo, Te-
scia cadere proprio l'aggettivo possessivo, che evidenzia la dimensione di fedeltà resianum 42 (1991) 381-412. Sulla questione se il sintagma TUOTI? XpioroG-'IriaoG debba
assicurata da parte di Dio al giusto perseverante; evidentemente l'Apostolo, se ha essere inteso come un genitivo oggettivo ( = fede in Cristo) o soggettivo ( = fede
di mira una prospettiva soggettiva quando ragiona di fede, essa connota non Dio di Cristo), cf. anche J.-N. Aletti, La lettera ai Romani e la giustizia di Dio, Boria,
o Cristo ma nient'altro che il credente e ciò che lo caratterizza, sicché la fede è quella Roma 1997, pp. 104-108 (= genitivo di qualificazione: "fede nel Dio che ha per-
del credente in quanto implica come oggetto specifico la persona e l'opera di Cri- donato in Gesù Cristo").
186
sto. (6) Infine, va osservato in generale che nei passi in cui ricorre il genitivo in Vedi soprattutto R. Penna, Apocalittica enochica in s. Paolo: il concetto di
questione, a Paolo importa non descrivere o narrare l'operato di Cristo ma tratteg- peccato, RSB 7 (1995) 61-84; H. Merklein, Paulus und die Sùnde, in H. Franke-
giare l'importanza salvifica dell'operato di Cristo; quindi, non tanto il Gesù terre- mòlle, ed., Sùnde und Erlòsung im Neuen Testament, QD 161, Herder, Freiburg
no in quanto tale è proposto come fondamento della fede, ma piuttosto l'evento- i B. 1996, pp. 123-163, e J.D.G. Dunn, The Theology of Paul, pp. 111-127.
187
Cristo globalmente inteso pure nel suo spessore teologico, in quanto vi ha giocato Cf. il sostantivo al plurale "peccati" in ICor 15,3.17; lTs 2,16; Gal 1,4; Rm
un ruolo decisivo anche la consegna che Dio stesso ha fatto di lui (cf. Rm 8,32: 4,7 (= Sai 32,1); 11,27 (= Is 27,9) e il verbo "peccare" (che indica il compiersi
"lo ha consegnato per tutti noi"). di un'azione) per esempio in Rm 2,12; 5,12; ICor 6,18; 8,12.
162 L'APOSTOLO PAOLO LA PARTECIPAZIONE DEL PECCATORE 163

tera prima e fuori di Cristo è segnata da un marchio peccaminoso: 7,24: "chi mi libererà da questo corpo di morte?") 190 ne fa una
"Tutti hanno peccato e sono privi della gloria di Dio" (Rm 3,23; realtà diffusa e onnicomprensiva; infine la stessa immagine della
cf. 5,12); a questo livello non c'è alcuna differenza tra il Giudeo sua universale tirannia, non applicata invece alla Legge, suggeri-
e il Greco (cf. 3,9.22; 10,12), poiché tutti hanno trasgredito qual- sce di vedervi un dato antecedente o comunque indipendente da
che norma morale: "Non c'è un giusto, neanche u n o " (3,10 = Qo essa. Il peccato dunque non solo etichetta singoli atti di trasgres-
7,20). (b) La personificazione. Sulle 58 occorrenze del termine "pec- sione, ma contrassegna uno status individuale e collettivo assolu-
cato" nelle sue lettere autentiche, Paolo lo impiega ben 51 volte tamente anteriore ad essi. Esso caratterizza una situazione, è un
al singolare (àfjuxpTtoc) e ne parla in modo tale da tratteggiarne dei fattore di base, che mi condiziona fin là dove "io non voglio" (Rm
lineamenti personificanti. Del peccato infatti si dice che entra nel 7,19-20). Il risultato è che esso provoca e fa sperimentare una sor-
mondo (5,12)188, dove regna (5,21; 6,12) e signoreggia (6,14) non ta di alienazione, che inevitabilmente precede e insieme infirma la
solo come un carceriere (Gal 3,22; Rm 3,9; 11,32) ma come un ti- responsabilità individuale dei discendenti di Adamo.
ranno che rende gli uomini schiavi (6,6.17.20) e venduti a esso (7,14)
così da riceverne un salario che è la morte (6,23); è persino para- Se poi volessimo chiederci di dove Paolo possa aver derivato una con-
gonato a un inquilino che abita 'a casa mia' privandomi dei miei cezione del genere, non potremmo limitarci né all'Antico Testamento191
diritti di proprietario (7,17.20), inganna e uccide (7,11), ma infine né eventualmente alla grecità pagana192. Come abbiamo già ricordato,
è oggetto di una sentenza di condanna (8,3). Nessuno mai prima neanche il racconto del peccato di Adamo era di fatto utilizzato nel giu-
di Paolo aveva parlato del peccato in questi termini, e se dovessi- daismo del Secondo Tempio per spiegare l'origine del male nel mondo.
In questo senso, l'unico confronto possibile sarebbe con l'apocrifo Vi-
mo cercare una spiegazione di questo linguaggio potremmo tro-
ta di Adamo ed Eva (cf. 44, dove Adamo dice ad Eva: "Hai attirato
varla, come vedremo più sotto, soltanto nella figura di Cristo che una grave calamità e peccati su tutta la nostra discendenza") e la paral-
lo ha detronizzato, (e) L'indipendenza dalla Legge. Ciò che più col- lela Apocalisse di Mosè (cf. 32, dove Eva esclama: "Tutto il peccato
pisce per originalità e radicalità nella concezione paolina del pec- che ha coinvolto la creazione è avvenuto per causa mia"), che però so-
cato è che esso preesiste alla Legge e quindi all'atto della sua tra- no sostanzialmente contemporanei di Paolo stesso. Ancor più esplicite
sgressione. Questa caratteristica appare chiaramente dalle seguen- saranno le apocalissi di fine secolo I, 2Bar. (cf. 56,6: "Quando Adamo
ti affermazioni: il peccato era nel mondo già prima della Legge (Rm trasgredì... la grandezza dell'umanità fu umiliata e la grazia si seccò";
5,13-14); esso è presente e sonnecchia nell'uomo come morto, ma ma in 54,19 si precisa: "Non è Adamo la causa, se non per sé solo. Noi
si risveglia e diventa omicida in base allo stimolo del comandamento
(Rm 7,8-10); la concupiscenza è un dato non previo ma conseguente 190
Qui "corpo di morte" è una semplice variazione di "corpo di peccato" (Rm
al peccato (Rm 7,8, dove è sintomatica la differenza con Gc 6,6), mentre il concetto di morte ci riporta alle funeste conseguenze indotte dal peccato
1,14-15); anche la prossimità semantica con il concetto negativo (ib. 7,10-11.13).
191
di carne (cf. Rm 8,3: "la carne del peccato") 189 e di morte (cf. Rm Tutt'al più si possono richiamare alcuni rari testi, che comunque con Gn 3
non hanno nulla a che fare, come Gn 8,21 ("L'istinto del cuore umano è incline
al male fin dall'adolescenza"); Gb 4,17 ("Può il mortale essere giusto davanti a
Dio o innocente l'uomo davanti al suo creatore?"); Is 6,7 ("Il tuo peccato è espia-
188
Cf. in proposito J.A. Fitzmyer, The Consecutive Meaning o/ècp'a> in Romans to"); essi però sull'origine del male non forniscono una spiegazione adeguata. Cf.
12.8, NTS 39 (1993) 321-339, che al celebre complemento preposizionale attribui- P. Sacchi, Sacro profano, impuro puro: una categoria ebraica perduta, in Aa.Vv.,
sce un significato non causale ("poiché tutti peccarono") né condizionale ("posta I segni di Dio. Il Sacro-Santo: valore, ambiguità, contraddizioni, San Paolo, Cini-
la premessa che tutti peccarono"), ma consecutivo ("with the result that ali have sello Balsamo 1993, pp. 25-53 specie 31-35.
192
sinned"), che tra l'altro, oltre ad essere ben fondato filologicamente, sembra an- I miti di Prometeo e di Pandora evocano soltanto l'origine del dolore e del-
che più conforme alla tradizionale dottrina del peccato originale. la morte (cf. Esiodo, Op. 42-105); analogo è il mito delle cinque età decrescenti
189
Questa espressione è vicina a quella qumranica sód besar càwel, lett. "sodali- (cf. ib. 106-201). Quanto alla "sciagura primigenia" di cui parla Eschilo in Agam.
zio della carne della malvagità" (trad. C. Martone: "malvagia assemblea di carne"), 1192 (rtpcÓTapxo? &TT|), essa concerne soltanto la famiglia degli Atridi. Più pertinen-
che in 1QS 11,9 è semplice apposizione di 'àdàm rifràh, "umanità empia", e addirit- te sembrerebbe il mito orfico della "colpa precedente" che pone tutti gli uomini
tura di sód rimmàh, ' 'assemblea dei vermi", di cui l'autore riconosce di far parte con in stato di punizione, ma esso è essenzialmente riferito alla fatale contrapposizione
le sue colpe, i suoi peccati, le sue ribellioni e con la perversione del suo cuore (1QS 11,9-10; tra l'anima e il corpo (cf. U. Bianchi, Prometeo, Orfeo, Adamo, pp. 55-70); pro-
cf. anche 1QM 4,3; 12,11-12). Vedi E. Brandenburger, Fleisch und Geist. Paulus und babilmente è su questa linea che si deve anche leggere Filone AL, Vit. Mos. 2,147:
die dualistische Weisheit, WMANT 29, Neukirchen-Vluyn 1968, pp. 100-101. "il peccare è connaturale" («rufiepuè? xò à^apxàvetv iaxiv, sott. "all'uomo").
164 L'APOSTOLO PAOLO LA PARTECIPAZIONE DEL PECCATORE 165

tutti, ognuno di noi è divenuto Adamo per se stesso") e 4Esd. (cf. 7,118: vizzante e lo tiene invischiato nella ragnatela della carne come sfera
"Cos'hai fatto, Adamo! Se infatti peccasti, la rovina non è stata solo opposta a Dio e al suo Spirito (cf. Rm 8,1-11; Gal 5,16-24). Ciò non
tua, ma anche di tutti noi che siamo discesi da te!"); ma questi scritti significa affatto che l'Apostolo incorra in forme di dualismo radi-
sono posteriori all'Apostolo193. Resta soltanto la possibilità di ricorre- cale, se non altro perché la sua concezione del peccato non è asso-
re alla tradizione apocalittica di tipo enochico, che fa capo al "Libro lutamente inserita in un quadro demonologico; anzi è interessan-
dei Vigilanti" in lEn. 1-36, certamente anteriore al secolo II a.C.194.
Qui si narra di un altro peccato, quello degli angeli (cf. anche Gn 6,1-4) tissimo notare che la sua trattazione in materia prescinde del tutto
guidati da Azazel e da Semeyaza, che hanno contaminato tutto il crea- da prospettive del genere: proprio là dove l'argomento è tematizza-
to e l'intera umanità: "Tutta la terra si è corrotta per aver appreso le to (cf. Rm 1,18 - 3,20; 5,12-21; 6,12 - 7,24) non c'è mai alcuna mi-
opere di Azazel ed ascrivi a lui tutto il peccato!" (10,8). Su questa linea nima allusione al demonio o a un qualche principio del male ester-
si collocano anche Giub. (cf. 5,2) e soprattutto i manoscritti del Mar no all'uomo 196 ! L'unico principio,-che poi è una personificazione
Morto. A Qumràn infatti è vivissima l'idea del peccato come dato basi- e quindi in definitiva lascia l'uomo solo con se stesso, è appunto //
lare e pervasivo, tanto che l'autore degli Inni esclama: "Io non sono Peccato, che in ogni caso è molto di più della semplice somma di
che... un insieme di ignominia e una fonte di impurità, una fornace di tutti i singoli peccati. Come uscire da questa situazione?
iniquità e una struttura di peccato, uno spirito di errore e perverso"
5.2.2 La partecipazione a Cristo. Se il peccato è la potenza di cui
(1QH 1,21-22; cf. anche il già citato 1QS 11,9-10).
abbiamo detto, allora non solo nessuno può uscirne con le proprie
forze, ma non sono adeguati neppure i tradizionali mezzi né dei sa-
L'operazione di Paolo consistette di fatto nell'applicare al pec-
crifici cultuali né del pentimento o del digiuno o delle opere buone.
cato di Adamo le conseguenze disastrose di quello degli angeli. Ciò
Infatti, non può valere il criterio dell'assoluzione quando il peccato
che è senza paragone nel Medio Giudaismo (a parte i deboli cenni
che mi caratterizza non dipende da me ma è pre-dato, anteriore a ogni
in Apoc. Mos.-Vit. Ad. etEv.) non è tanto il fatto della corruzio-
mia responsabile trasgressione. Se io vi sono invischiato già "dal-
ne universale, che anzi nelPessenismo giunge a sminuire il valore
l'utero di mia madre" 197 , allora per liberarmene non basta che una
della libertà del singolo195, ma è il fatto che una tale corruzio-
qualche vittima muoia al mio posto o comunque in mio favore, poi-
ne venga fatta risalire ad Adamo. L'Apostolo privilegia questa
ché questa è una logica rituale che vale tradizionalmente solo per i
figura per motivi cristologici: solo in Adamo infatti egli trova
peccati intesi come personali violazioni della Legge.
il perfetto antonimo di Cristo, poiché il complesso tematico disob-
bedienza-peccato-condanna che caratterizza il progenitore corri- L'importante invece è che anch'io muoia personalmente con la
sponde esattamente al complesso obbedienza-grazia-giustificazio- vittima del sacrificio, che cioè io stesso sia coinvolto nell'offerta
ne che è connesso con il redentore (cf. Rm 5,12-21). sacrificale a Dio. Se il peccato mi connota alla radice, è necessario
che alla radice io venga sottratto alla sua signoria. Questo scopo
L'uomo dunque secondo Paolo è caratterizzato da un asservi-
non viene ottenuto da una morte che avvenga solo fuori di me; bi-
mento totale al peccato, che lo signoreggia come una potenza schia-
sogna che io stesso muoia. È necessario quindi un mio coinvolgi-
mento, una mia partecipazione all'evento sacrificale198. Deve in-
193
Cf. J.R. Levison, Portraits o/Adam in Early Judaism. From Sirach to 2 Ba-
ruch, JSP Suppl. 1, J S O T , Sheffield 1988, dove si esaminano nell'ordine: Sir, Sap, 196
Filone Al., Giub., FI. Giuseppe, 4Esd., 2Bar., Apoc. Mos.-Vit. Ad. et Ev. Ricordiamo invece a Qumràn il cosiddetto "Trattato sui due Spiriti" in 1QS
194 c f p Sacchi, // problema del male nella riflessione ebraica dall'VIII sec. 3,13 - 4,26, secondo cui l'umanità è deterministicamente suddivisa tra il dominio
a.C. al I d.C, PSV 19 (1989) 9-27; M . C . de Boer, Paul and Jewish Apocalyptic del Principe delle Luci e quello dell'Angelo delle Tenebre. Sul problema in genera-
Eschatology, in J. Marcus - M . L . Soards, edd., Apocalyptic and the New Testa- le, cf. M. Hengel, Judentum und Hellenismus, pp. 418-442; P . Sacchi, Storia del
ment. Essays in Honor ofJ.L. Martyn, JSNT Suppl. 24, Sheffield 1989, pp. 169-190; Secondo Tempio, pp. 302-329; C. Martone, La "Regola della Comunità", pp. 81-88.
197
E. Lupieri, Il problema del male e della sua origine nell'apocalittica giudaica, in Così si esprime significativamente un inno di Qumràn: "Egli (l'uomo) è nel-
C. Gianotto, a cura, La domanda di Giobbe e la razionalità sconfitta, " L a b i r i n t i " la colpa fin dall'utero di sua madre e fino alla vecchiaia è nell'iniquità della mali-
11, 195
Dipart. Se. Filol. e Stor. Università degli Studi, Trento 1995, p p . 31-51. zia; e io ho capito che all'uomo non appartiene la giustizia e che al figlio dell'uomo
In materia cf. anche la notizia di FI. Giuseppe, Ant. 13,172: "Il fato è si- non appartiene la perfezione" (1QH 4,29-31).
198
gnore di ogni cosa e all'uomo non succede nulla che non sia in accordo con il suo È interessante osservare che anche a questo livello si dà una analogia con la
decreto". comunità di Qumràn. Qui a proposito del peccatore si afferma a chiare lettere:
166 L'APOSTOLO PAOLO LA PARTECIPAZIONE DEL PECCATORE 167

fatti verificarsi un cambiamento radicale di appartenenza, un tra- ve per Dio. [10] Così anche voi ritenete di essere morti (vexpou?) al pec-
sferimento di proprietà, una sostituzione di signoria199. Paolo lo cato e di vivere (Ccòvra?) per Dio in Cristo G e s ù " .
dice, anche se a proposito della Legge, con l'efficace paragone di
una donna sposata: "Finché vive il marito, essa è considerata adul- Rileviamo in questo passo alcuni elementi, che sono decisivi per
tera se passa a un altro uomo; ma se il marito muore, è libera dalla la comprensione dell'argomento in questione201, e li ampliamo ac-
legge. Così, fratelli miei, anche voi siete stati messi a morte me- costandoli ad altri testi.
diante il corpo di Cristo perché possiate appartenere a un altro, Innanzitutto va osservato che in primo piano c'è una catechesi
a colui che è risuscitato dai morti" (Rm 7,3-4; cf. 2Cor 5,15)200. non tanto sul battesimo quanto sulla dimensione salvifica della mor-
Il testo fondamentale in cui l'Apostolo tratta questo tema è Rm te di Cristo 202 . Paolo infatti non fa che applicare al battesimo (e
6,1-11, che vale la pena di riportare almeno in parte: solo qui, poiché l'altro solo passo è Col 2,12-13, probabilmente
pseudepigrafico) una terminologia e una concettualità che altrove
"[3] Forse ignorate che quanti siamo stati battezzati in (et?) Cristo e ripetutamente gli serve solo per esprimere la sufficienza salvifica
Gesù siamo stati battezzati nella (et?) sua morte? [4] Dunque siamo sta- della croce di Cristo, come si vede in 2Cor 5,14b ("uno è morto
ti consepolti (ouveTa^fxev) con lui mediante il battesimo nella (et?) morte, per tutti, dunque tutti sono morti"); in Gal 2,19 ("sono stato cro-
affinché come Cristo fu risuscitato dai morti mediante la gloria del Pa- cifisso con Cristo"); 5,24 ("quelli di Cristo hanno crocifisso la car-
dre, così anche noi camminiamo in novità di vita. [5] Se infatti siamo ne"); 6,14 ("mediante la croce del Signore nostro Gesù Cristo, per
diventati connaturati (cjófxcpuToi ye-j*óva[xev: sott. "a lui") mediante la me il mondo è stato crocifisso e io per il mondo"). Lo si vede an-
condivisione della sua morte (TW ó|j.oi<ó|j.aTi -eoo Gavdc-cou atkou), lo sa- che nella stessa Rm, dove gli accenni alla virtualità soteriologica
remo anche della risurrezione. [6] Questo sappiate: il nostro uomo vec- della morte di Cristo sono numerosi, anche senza alcun accenno
chio (ó 7rocXouò<; T)[ACÒV avOpomoi;) è stato concrocifisso (auvecjTaupcóBr)), al battesimo: "strumento di espiazione nel suo sangue... per la re-
affinché venisse eliminato (xamp-priGri) il corpo del peccato così che non
serviamo più al peccato. (...) [8] E se siamo morti con (à7re0àvo[xev ouv) missione dei peccati passati" (3,25), "giustificati per il suo sangue"
Cristo, crediamo che anche vivremo con (ouCrjaofxev) lui. (...) [9] Egli, (5,9), "per l'opera di giustizia di uno solo si riversa su tutti gli uo-
morendo, morì al peccato una volta per sempre (itpàna.%), e vivendo vi- mini la giustificazione che dà vita" (5,18), "siete stati messi a mor-
te... mediante il corpo di Cristo" (7,4), "è morto ed è tornato in
vita per essere signore dei morti e dei vivi" (14,9).
"Chiunque si rifiuti di entrare nel patto di Dio per procedere nell'ostinazione del Di conseguenza, è probabile che Paolo si agganci, sì, alla tradi-
suo cuore (...) non sarà giustificato a causa della trasgressione del suo cuore osti- zione, ma che sia tutta sua l'interpretazione circa l'intima associa-
nato (...). Non si purificherà grazie alle espiazioni, né sarà purificato dalle acque
lustrali, né sarà santificato da mari o fiumi, né sarà purificato da tutta l'acqua del- zione alla morte di Cristo 203 . Il dato tradizionale si intravede nel
le abluzioni. Impuro, impuro sarà finché rifiuterà i precetti di Dio, senza venire v. 3a ("quanti siamo stati battezzati in Cristo Gesù"), la cui for-
istruito dalla comunità del Suo consiglio. Le vie dell'uomo infatti — cioè le sue mulazione abbrevia l'espressione concernente il battesimo "nel no-
colpe — sono espiate per mezzo dello spirito del veritiero consiglio divino affinché
possa contemplare la luce della vita; e l'uomo è purificato da tutte le sue colpe per
mezzo dello spirito di santità dato alla Comunità grazie alla Sua verità" (1QS 2,25
- 3,9). Ad espiare i peccati, dunque, non soltanto non sono sufficienti le ripetute 201
abluzioni rituali (che a Qumràn equivalevano alle assenti liturgie sacrificali), ma Oltre ai Commenti, cf. R. Penna, Battesimo e partecipazione alla morte di
non vale propriamente neanche la mera osservanza della Legge; l'elemento decisi- Cristo in Rm 6,1-11, in Idi., L'apostolo Paolo, pp. 150-170; S. Legasse, Étre bapti-
vo invece è la partecipazione alla comunità, che non per nulla si definisce come sé dans la mort du Christ. Étude de Romains 6,1-14, RB 98 (1991) 544-559, e più
"nuova alleanza" (CD 6,19; 8,21; 19,33-34; 20,12); in più lQpAb 8,3 aggiunge ad- in generale R.C. Tannehill, Dying and Rising with Christ. A Study in Pauline Theo-
dirittura la "fede nel Maestro di Giustizia". logy, ZNT Bh. 32, Tòpelmann, Berlin 1967.
199 202
Cf. le belle pagine di E.P. Sanders, Paolo e il giudaismo palestinese, pp. Così già pensava Origene, Commento alla lettera ai Romani Vili ( = 1039
634-647 (dove si parla apertamente di transfer); inoltre H. Merklein, Paulus und D), a cura di F. Cocchini, Marietti, Casale Monferrato 1985, I, p. 281.
203
die Sùnde, pp. 150-154, e G. Barth, Il significato della morte di Gesù, pp. 110-123. Cf. S. Legasse, Alle origini del battesimo. Fondamenti biblici del rito cri-
200
Si noti che il tema della morte nei due versetti subisce un significativo slitta- stiano, San Paolo, Cinisello Balsamo 1994, pp. 133-139. Vedi anche il buon qua-
mento di applicazione: prima viene riferito alla persona del marito-legge (-peccato) dro sulla fenomenologia del battesimo nel giudaismo e nelle origini cristiane forni-
e poi a quella degli stessi cristiani, come a dire che la morte dell'uno non basta se to da K. Berger, Theologiegeschichte des Urchristentums, pp. 106-128 (pp. 118-120
non c'è anche quella dell'altro. su Rm 6).
168 L'APOSTOLO PAOLO LA PARTECIPAZIONE DEL PECCATORE 169

me di (= ebr. lesèm, "in conto di") Gesù" (At 2,38; 8,16; 10,48; to che l'uso del perfetto greco dice che la connaturalità in questio-
19,5; cf. ICor 1,13.15); con essa già si esprimeva un'assegnazione ne ebbe, sì, un inizio nel passato ( = la morte di Gesù e il nostro
del battezzato alla proprietà e alla signoria di Cristo. Ma la nuova battesimo), ma poi non venne mai revocata e quindi tuttora per-
e più breve formulazione paolina "si presta a un significato locale dura sempre funzionante come caratteristica di base che definisce
figurato, dando così un senso più intrinseco e meno formale del- il cristiano.
l'unione tra il battezzato e Cristo. Paolo sottolinea in modo carat- La profondità e l'oggettività del discorso paolino risulta dal fat-
teristico che il Cristo, con cui si è stati uniti nel battesimo, non è to che l'Apostolo intende sottolineare nel battezzato una qualità
altri che il Cristo morto in croce" 204 ; ed è appunto questa morte stabile tale da connotare una nuova ontologia del cristiano. Ciò
che viene evocata in primo piano (tanto che nei soli vv. 2-11 la si viene confermato da vari motivi.
richiama con vari lemmi ben 14 volte)205. Su di essa si innesta e Una prima osservazione, di carattere negativo, consiste nel rile-
si nutre la nuova vita del cristiano (cf. il paradosso di Rm 6,11:
vare un'assenza: in Rm 6,1-11 manca vistosamente il tema della
"morti... e viventi"), la quale si dispiega a tre livelli: mistico, per
fede e quello parallelo della giustificazione, che riguardano la sog-
l'unione intima con Cristo (cf. Rm 6,3.5a.llb), morale, per il nuovo
gettività del credente208.
comportamento che essa richiede (cf. Rm 6,4b), ed escatologico,
Soprattutto però occorre richiamare in questo ambito il tema pa-
perché la risurrezione di cui si parla riguarda il futuro (cf. Rm 6,8).
rallelo, e oggettivo, della "nuova creatura" (xoctvf) xxfeis)209. È signi-
Il fattore essenziale, quello della partecipazione, è doppiamente
ficativo che entrambe le sue occorrenze (2Cor 5,17: "Se qualcuno
espresso: lessicalmente con la frequenza delle preposizioni auv,
è in Cristo, è una nuova creatura; le cose vecchie sono passate, ec-
"con" (quattro volte: vv. 4.5.6.8), che appunto esprime l'idea del-
co, altre nuove sono sorte"; Gal 6,15: "Non la circoncisione né il
l'associazione, ed tlq, " i n " (moto a luogo figurato, tre volte: vv.
prepuzio contano qualcosa, ma la nuova creatura") si trovino im-
3bis.4), che esprime l'idea di una introduzione e anzi di una immer-
mediatamente collegate nel contesto con il tema della morte di Cri-
sione in Cristo e nella sua morte; e poi concettualmente soprattutto
sto (cf. 2Cor 5,14b-15: "Uno solo morì per tutti, dunque tutti sono
con i verbi "consepolti, connaturati, concrocifisso" e con il sostan-
morti; e morì per tutti, affinché coloro che vivono non vivano più
tivo "condivisione". Tra questi evidenziamo in particolare la frase
per se stessi..."; Gal 6,14: " A me non avvenga di gloriarmi se non
aufjt4>oTot yeyóvafxev, "siamo diventati congeniti, connaturali" (v. 5),
nella croce del Signore nostro Gesù Cristo..."). Si può discutere sul
che più di ogni altra espressione evoca il dato di una fusione inti-
valore attivo o passivo di xxtai? ("creazione" o "creatura"); l'im-
ma tra due soggetti omogenei206. Essa sottintende il complemento
portante è che comunque con questo termine viene evocato un in-
pronominale " a lui, con lui" (come nel v. 4), così che il comple-
mento seguente "per la condivisione della sua morte" va inteso co- negamento né il battesimo del cristiano avviene per crocifissione, ma soprattutto
me un dativo non sociativo ma strumentale 207 . In più va osserva- sul significato filologico del sostantivo ó{iouona, che in base al suo uso nei LXX
si tradurrebbe meglio con "affinità (ontologica), condivisione, partecipazione" (cf.
U. Vanni, '0(xoiw(jia in Paolo, che alle pp. 445-454 intende il battesimo stesso come
204
"espressione percettibile" della morte in Cristo). Perciò, la sepoltura di cui si parla
A.J.M. Wedderburn, Baptism and Resurrection, p. 60. al v. 4 ha tutt'al più un valore metaforico, ma non simbolico (cf. L. Àlvarez Ver-
205
Analogamente Paolo sul dato del battesimo "in Cristo" innesta altrove la des, El imperativo cristiano en San Pablo. La tensión indicativo-imperativo en Rm
metafora del rivestimento di Cristo come un nuovo abito avvolgente e distintivo 6. Analisis estructural, Institución San Jerónimo, Valencia 1980, p. 167).
(cf. Gal 3,27; Rm 13,14; ripresa poi in Col 3,10; Ef 4,24). 208
206
La frase presente in 6,7 ("Chi è morto è ormai libero [BtBixaiwxai] dal pec-
Vedi per esempio, per analogia, come si esprime Aristotele: "Gli amanti per cato") viene perlopiù ritenuta dai commentatori come una sorta di proverbio gene-
il loro fortissimo amore desiderano fondersi in un'unica natura (oufKptkaOat) e di- rale (cf. Sifr. Nm. 112 su Nm 15,31: "Chiunque muore ottiene l'espiazione me-
ventare di due una sola persona" (Po/. 2,4,6, 1262 b 13: riporto di una sentenza diante la morte"), quindi non specificamente cristiana né paolina (cf. H. Schlier,
di Aristofane). Cf. C. Spicq, Note di lessicografia, II, pp. 605-608. U. Wilckens, W. Schmithals, J.D.G. Dunn, B. Byrne). Essa comunque rappresen-
207
Ciò significa che la frase "siamo diventati connaturati" non si collega diret- ta un aggancio fra il tema della partecipazione e quello dell'assoluzione.
tamente con l'idea di ocotona, quasi che si alludesse a una somiglianza tra la morte 209
Cf. B. Rey, Créés dans le Christ Jesus. La création nouvelle selon saint Paul,
di Cristo e il rito dell'immersione battesimale (così si interpreta a partire dalla fine LD 42, Du Cerf, Paris 1966; P. Stuhlmacher, Erwàgungen zum ontologischen Cha-
del secolo IV con le Costituzioni Apostoliche 3,17,3: "L'immersione significa il mo- rakter der xaivri x-ciai<; bei Paulus, ET 27 (1967) 1-35; U. Meli, Neue Schòpfung.
rire insieme, l'emersione il risorgere insieme"). Questa esclusione si fonda non so- Eine traditionsgeschichtliche und exegetische Studie zu einem soteriologischen Grund-
lo sulla non pertinenza della presunta somiglianza, dato che né Cristo morì per an- satz paulinischer Theologie, ATANT 47, De Gruyter, Berlin-New York 1989.
170 L'APOSTOLO PAOLO LA PARTECIPAZIONE DEL PECCATORE 171

ter vento divino che cambia le cose alla radice. L'idea è presente in te- Un ultimo concetto paolino rientra in questa semantica e, pur
sti giudaici di varia provenienza, dove però l'idea riguarda soltanto definendo la nuova antropologia del cristiano, in realtà si spiega
il futuro rinnovamento escatologico210. Dove invece si tratta della solo in base alla cristologia: è il concetto di "adozione filiale"
conversione di un proselito211, essa di fatto non viene interpretata co- (utoGeata: Rm 8,15.23; Gal 4,5; e poi solo Ef 1,5)215. Pur essendo
me un'anticipazione escatologica. Eppure è proprio questo che Paolo il termine assente dal greco dei LXX e pur essendo ignorato l'isti-
vuole dire: chi è unito a Cristo già realizza in sé la novità dell'éschatonl tuto giuridico in Israele, è qui che si trovano i suoi precedenti, da-
Si comprende così tutto il valore dell'espressione èv Xpiotcò, "in Cri- to che in Grecia l'adozione è conosciuta ma non nel senso religio-
sto" (almeno 40 volte nelle lettere autentiche: cf. Rm 6,11; ÌCor 4,15; so traslato. Come Israele afferma la propria filiazione nei confronti
2Cor 5,17; Gal 3,28; Fil 3,14; lTs 5,18; Fm 9)212. Essa è esclusiva del- di Dio in quanto espressione della sua grazia (cf. Es 4,22; Dt 33,6;
l'apostolo Paolo e diventa sotto la sua penna una formula standard Os 11,1; Is 1,2; 63,16; Paolo stesso gliela riconosce in Rm 9,4),
per significare ciò che è tipico dell'identità e della vita cristiana, il così ora è per i cristiani. L'idea esplicita di adozione (che nei testi
fatto cioè che Cristo ne è l'origine, lo strumento, il connettivo, l'at- dell'AT è solo implicita) comporta due nozioni importanti e com-
mosfera. Ad essa corrispondono altre espressioni equivalenti: "es- plementari: da una parte, si evidenzia tutta l'iniziativa e la libertà
sere di Cristo" (Rm 8,9; ÌCor 6,15; 2Cor 10,7; Gal 5,24), "nel Signo- di un atto divino, che non si fonda su alcun diritto dell'adottato,
re" (ÌCor 7,39; Fil 4,1.2), e soprattutto la formulazione inversa "Cri- e, dall'altra, si esprime il carattere soltanto indiretto della filiazio-
sto in me, in voi" (2Cor 13,3.5; Gal 2,20; 4,19). Quest'ultima in par- ne ottenuta. Figlio di Dio a titolo pieno, infatti, è solo Gesù (cf.
ticolare, per così dire, chiude il cerchio vitale che viene a stabilirsi tra più avanti), sicché ancora una volta viene a trovarsi in primo pia-
Cristo e il cristiano: si evidenzia così la loro mutua compenetrazio- no il fatto della partecipazione. È lo Spirito (di Dio e insieme di
ne, che, pur con le debite precisazioni, non è improprio definire di Cristo) che lega entrambi in un vincolo comune, come significati-
tipo mistico213. Sicché il cristiano o è un mistico o non è214. vamente si deduce dal fatto che di esso si parla proprio nei testi
che affermano l'adozione a figli (Rm 8,9-15; Gal 4,5-6).
210
Cf. Is 43,18-19; 65,17; 66,22 ("i nuovi cieli e la nuova terra che io farò"); e poi
Giub. 4,26; lEn. 72,1; 1QH 13,11-12; e infine 4Esd. 7,75; 2Bar. 32,6; 44,12; 57,2. Una questione a parte è quella che riguarda le possibili analogie, se
211
Cf. Gius, e As. 15,4 ("Ecco, a partire da oggi sarai rinnovata e riplasmata non addirittura i condizionamenti culturali, della concezione paolina
e rivivificata [àvaxatvi<j9T)(rr) xaì àva7iXaa0r|aT) xat àva£coorcoiT]()T|(y7]])"; ma l'intento è circa la partecipazione alla morte e alla vita di Cristo. Si può scartare
solo quello di dire che con la conversione al giudaismo ci si innalza a persone di
prima categoria (cf. U. Meli, Neue Schòpfung, pp. 226-249). Nel rabbinismo si trova tutta una serie di proposte, che potremmo variamente denominare
addirittura l'espressione beriyyàh hadàsah, "una creatura nuova" (cf. Ber. R. 39,14 così216: la misterica (per la mancanza della terminologia basata sulla
su Gn 12,5: "Chi avvicina un pagano e lo converte, è come se lo avesse creato"), preposizione syn); la politica (nel senso di un'affermata unità tra i sud-
ma da una parte essa ricorre in testi non anteriori al secolo IV, dall'altra si tratta diti e il loro sovrano, almeno perché non si parla della loro unione alla
solo di un paragone, e soprattutto l'espressione non ha alcuna valenza escatologica
(cf. U. Meli, Neue Schòpfung, pp. 182-185). sua morte); la gesuana (concernente il tema sinottico della sequela, che
212
Cf. R. Penna, Lo Spirito di Cristo, pp. 248-257; L. Klehn, Die Verwendung però storicamente non portò affatto i discepoli a morire con Gesù e co-
von èv Xpiarcò, bei Paulus. Erwàgungen zu den Wandlungen in der paulinischen munque è ignorato da Paolo); la escatologica (come se l'unione a Cri-
Theologie, Biblische Notizen 74 (1994) 66-79; M. RiSkovà, "Jetzt gibt es keine Ve- sto nel battesimo derivasse dall'idea dell'associazione a lui nella paru-
rurteilung mehrfùr die, welche in Christus sind". Eine bibeltheologische undfun-
damentalethische Untersuchung zum paulinischen en Christo-Gebrauch, EOS, St. sìa, mentre invece l'unione è già anticipata alla sua morte); l'adamica
Ottilien 1994. Per le sue connessioni con il concetto di nuova creatura, cf. le buone (come se Paolo presupponesse per contrasto il rapporto Adamo-Cristo
pagine di M.E. Thrall, / / Cor., pp. 425-429.
213
di Rm 5,12-21, mentre egli parla già di una concrocifissione con Cristo
Oltre a R. Penna, Problemi e natura della misticapaolina, in Id., L'aposto-
lo Paolo, pp. 630-673, vedi anche J.D.G. Dunn, The Theology ofPaul, pp. 390-412.
Per una derivazione di questa prospettiva dal giudaismo ellenistico (mediata dalla
diffusa concezione antica della possibile presa di possesso di un uomo da parte di comprendre Gal. 2,19-21, Anal. Greg. 253, PUG, Roma 1988, pp. 233-282, anche
una divinità), espresso soprattutto da Filone Alessandrino, cf. G. Sellin, Die reli- se l'A. maggiora la portata autobiografica dell'"io" in questo passo.
215
gionsgeschichtlichen Hintergrunde der paulinischen "Christusmystik", TQ 176(1996) Cf. T.J. Burke, The Characteristics of Paul's Adoptive-Sonship (Huiothe-
8-27 specie 15-18. sia) Motif, Irish Biblical Studies 17 (1995) 62-74, che ne sottolinea la dimensione
214
Sul celebre passo di Gal 2,20 ("Non sono più io che vivo, ma Cristo vive escatologica.
216
in me"), oltre ai Commenti, cf. E. Farahian, Le "je"paulinien. Étudepour mieux Cf. A.J.M. Wedderburn, Baptism and Resurrection, pp. 342-356.
172 L'APOSTOLO PAOLO LA PARTECIPAZIONE DEL PECCATORE 173

in Gal 2,19; 6,14 dove Adamo è del tutto assente); e quella sociologica menti comparatistici lo suggeriscono. (1) Un frammento di Aristotele
(o della personalità corporativa, con il richiamo di Abramo, "nel qua- afferma che nello stadio finale dei misteri non c'è più un apprendi-
le" i discendenti sono benedetti: cf. Gal 3,8-9; ma, stante l'analogia della mento (jiaGeiv) ma un'esperienza (TOX0£IV), che ridefinisce l'intera per-
solidarietà e della rappresentatività, i termini con cui Paolo parla del sona dell'iniziato (8ta-ce6f)vai); in questo senso un retore testimonia
rapporto di Cristo con i peccatori è di ben altro genere, per quanto ri- questa sensazione da parte dell'iniziato a Eleusi: "Uscii dalla sala dei
guarda sia la loro morte sia la loro vita in lui). Da parte nostra abbia- misteri sentendomi straniero a me stesso" (Sopatro, in Rhet. Gr. Vili,
mo anche già escluso qualsiasi riferimento alle liturgie sacrificali del Tem- 114s). (2) Una lamina aurea da Turi dei secoli IV-III a.C. reca queste
pio di Gerusalemme, le quali non comportano alcun tipo di comunione parole: "Sii felice di aver patito i patimenti che non hai patito prima"
con il dio d'Israele, Yhwh (cf. sopra). (cf. O. Kern, Orphicorum fragmenta, Berlin 1922, 32s); "sfuggii al
Il Wedderburn da parte sua 217 propone di rifarsi alla tradizione giu- cerchio, che dà pesante dolore,... e mi immersi nel grembo della si-
daica della Pasqua, così com'è testimoniata in m.Pes. 10,5: "In ogni gnora, regina sotterranea" (Orfici, Frammenti, scelta di G. Arrighet-
generazione ciascuno deve considerarsi come se egli stesso fosse uscito ti, Boringhieri, Torino 1968, n. 36). (3) Dei misteri di Iside si legge
dall'Egitto...", a cui la Haggadàh aggiunge: "Non solo i nostri padri che "fanno rinascere... nella forma di una morte volontaria e di una
il Santo liberò, ma anche noi liberò insieme con loro (cimmahem); per- salvezza ottenuta pregando" (Apuleio, Metamorf. 11,21,1). (4) Infi-
ciò è nostro dovere ringraziare, lodare, celebrare, glorificare, esaltare, ne, ricordiamo appena le posteriori attestazioni circa il bagno di san-
magnificare colui che fece per i nostri padri e per noi questi prodigi: gue nel taurobolium del culto di Mitra e il conseguente appellativo
ci trasse dalla schiavitù alla libertà, dalla soggezione alla redenzione, di renatus per l'iniziato 220 .
dal dolore alla gioia, dal lutto alla festa, dalle tenebre a una fulgida lu-
ce". Per quanto suggestivo possa essere questo richiamo, va osservato
che Paolo differisce dalla tradizione rabbinica, i cui testi sono comun- 5.3 Conclusione
que posteriori, in due punti tutt'altro che secondari: l'uno è che egli non
si riferisce a un evento politico-religioso come l'esodo ma a una morte Diciamo solo u n a parola sulla vexata quaestio del r a p p o r t o tra
profana sia pur interpretata in senso sacrificale; l'altro è che la parteci-
la concezione giuridica e quella mistica della redenzione secondo
pazione in oggetto riguarda l'adesione a un singolo, Cristo, e non a un
il pensiero di P a o l o , che noi a b b i a m o etichettato come "assolu-
gruppo di 'padri' (per cui la dimensione collettiva concerne semmai so-
lo i 'discendenti' ma non il termine della partecipazione). z i o n e " e " p a r t e c i p a z i o n e " . La prima linea costituisce la posizione
classica del protestantesimo (da Lutero fino agli anni recenti), men-
Perciò, data per scontata l'originalità paolina di fondo 218 , un qual-
che collegamento con i culti misterici ellenistici non è da escludere del tre la seconda ne rappresenta storicamente una contestazione (di
tutto, almeno come remota precomprensione di Paolo 219 . Quattro ele- cui ricordiamo almeno A . Schweitzer ed E . P . Sanders) 2 2 1 .
U n a loro contrapposizione non è onestamente sostenibile. La
217 esclude un testo come Fil 3,9-11 dove Paolo esprime il desiderio di
Cf. A.J.M. Wedderburn, Baptism and Resurrection, pp. 343-345; vedi an-
che Id., The Soteriology o/the Mysteries and Pauline Baptismal Theology, NT 29
(1987) 53-72. "[9] essere trovato in lui (Cristo), non con una mia giustizia (&V
218
In questo senso, una stretta analogia con i misteri non è possibile per alme- xatoouvri) derivante dalla Legge ma con quella che è mediata dalla fede
no due motivi che contrastano fortemente con essi: il primo è che la morte di Cri- (Sia -crjc 7tiaxeco<;), la giustizia che viene da Dio basata sulla fede, [10]
sto, e quella associata del cristiano, riguarda il peccato (il termine in Rm 6,1-11
ricorre sette volte ed è centrale in tutto l'evento a cui si riferisce), e il secondo è per conoscere ( = sperimentare) lui e la potenza della sua risurrezione
che questa morte, tutt'altro che ripetersi, è avvenuta una volta sola (èipdmai-: 6,10). e la comunione (xoivcovtoc) dei suoi patimenti, conformandomi (ou^x-
Entrambi, a diverso titolo, sono del tutto estranei ai culti misterici. Cf. G. Wa- u,op<ptCóu.£vo<;) alla sua morte, [11] così che possa giungere alla risurre-
gner, Pauline Baptism and the Pagan Mysteries. The Problem of the Pauline Doc- zione dai morti".
trine of Baptism in Romans VI.1-11, in the Light of its Religio-Historical "Paral-
lels", Oliver & Boyd, Edinburgh-London 1967 (orig. ted., Zurich 1962).
219
A questo proposito, vedi le ottime pagine di W. Burkert, Antichi culti mi- 220
sterici, pp. 119-134. Piuttosto restio si presenta S. Legasse, Paul et les mystères, Cf. R. Duthoy, The Taurobolium, its Evolution and Terminology, EPRO,
in J. Schlosser, ed., Paul de Torse, LD 165, Cerf, Paris 1996, pp. 223-241, che pe- Brill, Leiden 1969: però il rito non appare prima della fine del secolo II d.C. e l'ap-
rò non considera i testi avanzati da Burkert. Assolutamente superficiali e impro- pellativo si trova per la prima volta in una epigrafe dell'anno 376 (cf. ib., p. 18, n. 23).
221
prie si presentano invece le affermazioni massimaliste di H. Maccoby, Paul and Per maggiori precisazioni anche bibliografiche, cf. R. Penna, // tema della
Hellenism, SCM, London 1991, pp. 54-89. giustificazione in Paolo, pp. 49-60.
174 L'APOSTOLO PAOLO CRISTO E LA LEGGE 175

Come si vede, i concetti di giustizia e di fede, da una parte, e cosmiche. Questi infatti sono dati universali, che riguardano tra-
quelli di comunione e conformazione, dall'altra, si fondono per- sversalmente l'umanità intera e che comunque sono negativamen-
fettamente insieme. I primi costituiscono la premessa di ciò che gli te considerati come un male da tutti i popoli, compreso Israele.
altri esprimono in pienezza222. Anzi, i due aspetti si richiamano a La Legge invece è un dato religioso-culturale di prim'ordine e ben
vicenda a gran voce. Non è possibile partecipare alla morte di Cri- preciso, nel quale si riconosce positivamente la tradizione di un in-
sto, senza che i peccati vengano perdonati e quindi senza la fede tero popolo, quello giudaico. Va infatti precisato che ó vó[xo?, "la
nella grazia di Dio. D'altronde, data l'incombenza oppressiva del legge", di cui parla Paolo è fondamentalmente quella mosaica, non
peccato come potenza, non è sufficiente venire assolti, se ciò non un vago e generale principio legalistico di autoaffermazione225.
comportasse anche un trapasso di signoria con una piena parteci- Perciò, trattare del rapporto Cristo-Legge significa inevitabilmen-
pazione al destino stesso di Cristo. È vero, dunque, che "ora non te trattare del rapporto Cristo-Israele; il discorso allora si fa subi-
c'è più nessuna condanna per coloro che sono in Cristo Gesù" (Rm to storico.
8,1): assoluzione e vita in Cristo vanno di pari passo per costituire Va tuttavia precisato bene il tema di questo capitolo. Qui non
insieme la libertà radicale e la piena realizzazione del cristiano223. è in gioco l'intero problema del rapporto tra Paolo e la Legge, che
richiederebbe un ben diverso spazio226. Ciò che c'interessa invece
è di stabilire quale nesso intercorra per Paolo tra la figura di Cri-
6. Cristo e la Legge sto e le sue tesi negative circa la Legge. Cominciamo quindi di
qui227.
Un capitolo peculiare della cristologia paolina è dato dal rap-
porto che l'Apostolo stabilisce fra queste due grandezze. Nes- 225
Questa seconda interpretazione, di marca luterana e sostenuta ancora dalla
sun altro scrittore delle origini cristiane tematizza tanto l'argo- scuola bultmanniana, si può dire oggi abbandonata soprattutto per merito degli
mento224, poiché nessun altro percepisce così acutamente il pro- studi di E.P. Sanders. Il riferimento a Israele è ben stabilito da M. Winger, By What
Law? TheMeaning o/Nó(xo? in the Letters ofPaul, SBL DS 128, Scholars, Atlanta
blema che un tale rapporto suscita. Qui più che mai si coglie la 1992. Tuttavia, un più generale riferimento alle "opere" come espressione di un
diastasi tra paolinismo e giudeo-cristianesimo. E Paolo vi insiste tentativo di salvezza non solo di tipo giudaico è presupposto nelle deuteropaoline
ampiamente, soprattutto nelle due grandi lettere ai Galati e ai Ef e Pastorali e può avere degli agganci anche nel Paolo storico, come sostiene I.H.
Marshall, Salvation, Grace and Works in the La ter Writings in the Pauline Cor-
Romani. pus,226NTS 42 (1996) 339-358.
Una importante osservazione preliminare è che la Legge non si Quanto alla bibliografia degli ultimi vent'anni, cf. soprattutto E.P. Sanders,
Paolo e il giudaismo palestinese (cit.); Id., Paolo, la legge e il popolo giudaico, SB
può porre semplicemente sul piano delle varie entità detronizzate 86, Paideia, Brescia 1989 (orig. ingl., Philadelphia 1983); H. Hubner, Das Gesetz
da Cristo, come sono il peccato, la carne, la morte, o le potenze bei Paulus. Ein Beitrag zum Werden der paulinischen Theologie, FRLANT 119,
Vandenhoeck, Gòttingen 1977, 31982 (trad. hai., SB 109, Paideia, Brescia 1995);
H. Ràisànen, Paul and the Law, WUNT 29, Mohr, Tùbingen 1983; S. Westerholm,
222
Non si può quindi sostenere che "la soteriologia del passo (esser trovati in Israel's Law and the Church 's Faith. Paul and His Recent Interpreters, Eerdmans,
Cristo, soffrire e morire con lui, raggiungere la risurrezione) avrebbe potuto essere Grand Rapids 1988 (con esame di altri tredici Autori); B.L. Martin, Christ and the
scritta senza che comparisse affatto il termine 'giustizia' " (E.P. Sanders, Paolo Law in Paul, NT Suppl. 62, Brill, Leiden 1989; R. Penna, Il problema della Legge
e il giudaismo palestinese, p. 691). Piuttosto, come fa notare il commento di P.T. nelle lettere di San Paolo, in Id., L'apostolo Paolo, pp. 496-518; T.R. Schreiner,
O'Brien, anche se la menzione della "giustizia" fosse dovuta soltanto a intenzioni The Law and Its Fulfillment. A Pauline Theology of Law, Baker, Grand Rapids
polemiche nei confronti di giudei o giudeo-cristiani, ciò non si spiegherebbe se in 1993; F. Thielman, Paul & the Law. A Contextual Approach, InterVarsity, Dow-
qualche modo il concetto non costituisse un motivo-chiave della teologia paolina ners Grove 1994. Vedi anche E.J. Christiansen, The Covenant in Judaism and Paul.
(Phil., p. 416). Lo stesso Sanders, tuttavia, in seguito precisò le cose fino a scrivere A Study of RitualBoundaries asIdentity Markers, AGAJU 27, Brill, Leiden 1995.
che " 'essere giustificati per fede' e 'essere in Cristo' indicano la stessa realtà, men- Resta comunque vero che "la concezione paolina della Legge è il capitolo più com-
tre le categorie di 'partecipazione' servono a definire quelle 'giuridiche' " (Paolo, plicato della sua teologia" (H.J. Schoeps, Paulus. Die Theologie des Apostels im
la legge e il popolo giudaico, p. 24 nota 15). Lichte der jùdischen Religionsgeschichte [Mohr, Tùbingen 1959], Wiss. Buchge-
223
Opportunamente V. Koperski, The Knowledge of Christ, pp. 225-226, com- sellsch.,
227
Darmstadt 1972, p. 174).
bina insieme i due aspetti parlando di "participatory character of righteousness", Diamo per scontato ciò che andrebbe premesso a tutto il discorso, cioè il va-
e al testo di FU 3,7-11 associa quelli di 2Cor 5,21; ICor 1,30; 6,11; Gal 2,17.19- lore enorme che la Legge aveva per il giudaismo del Secondo Tempio come incor-
21;224
3,25-29; Rm 8,9-10, tutti uniti dal primato della prospettiva cristologica. porazione dell'assoluta volontà di Dio (Paolo stesso riconosce che per il giudeo "in
Neanche Gesù l'aveva fatto: cf. voi. I, pp. 74-86. essa prende forma la conoscenza e la verità": Rm 2,20). Cf. M. Limbeck, Die
176 C RISTO E LA LEGGE
177
L'APOSTOLO PAOLO

6.1 // giudizio negativo sulla Legge 6.2 La motivazione cristologica

A più riprese l'Apostolo si esprime sulla Legge in termini pesan- Per spiegare come l'Apostolo sia pervenuto a sostenere queste
ti, che sarebbero comunque impensabili sotto la penna di qualun- inaudite posizioni, si è fatto ricorso ad alcuni motivi231. Uno, pri-
que altro ebreo228. Essa è variamente definita come potenza del vilegiato in passato, consisterebbe in una amara esperienza perso-
peccato (ICor 15,56), causa di maledizione invece che di giustifi- nale dello stesso Paolo, che con la conversione si sarebbe finalmente
cazione (Gal 3,10-13.21s), pedagogo nel senso deteriore di tiranno liberato di un dramma interiore derivante dall'impossibilità di os-
e carceriere (Gal 3,23-25; 4,1-5), occasione per conoscere e com- servare la Legge. Questa interpretazione psicologizzante si basa su
mettere il peccato (Rm 3,20; 5,13.20; 7,7-11.13), quindi stimolo di una lettura autobiografica di Rm 7,7-25, che però oggi è sostan-
dell'ira di Dio (Rm 4,15); addirittura in Gal 3,19 se ne mette in zialmente abbandonata232, anche perché nel passo sicuramente au-
questione l'origine divina. Quanto ai giudizi più positivi che si pos- tobiografico di Fil 3,6 egli dichiara apertamente di essere stato "ir-
sono leggere in Rm 7,12.14.16 ("la legge è santa..., spirituale..., reprensibile" nella sua osservanza. Un'altra spiegazione, di tipo
e buona"), mi pare che si debbano spiegare retoricamente come sociologico, sostiene che Paolo deluso per i suoi insuccessi come
una mera concessione all'avversario229. In più, Paolo riduce tutta missionario tra i Giudei passò a fondare delle comunità di Gentili,
la Legge al solo comandamento dell'amore, anche se non fa nean- nelle quali la Legge di fatto non aveva più alcun valore233. Ma, ol-
che parte del Decalogo (cf. Lv 19,18 citato in Gal 5,14; Rm 13,8-10). tre al fatto che le lettere non tradiscono alcun senso di delusione
Inoltre, quando deve richiamare i suoi destinatari a compiere la in Paolo, bisogna ricordare che egli attribuisce a Israele una fun-
volontà di Dio, egli non li invita a cercarla nella Torah ma sempli- zione storico-salvifica fortemente positiva (cf. Rm 9-11).
cemente a discernere, al di fuori di ogni codice scritto, "ciò che Se invece partiamo da due passi sicuramente autobiografici, ve-
è buono, a lui gradito e perfetto" (Rm 12,2; cf. Fil 1,9-11)230. diamo che le cose stanno diversamente. In Gal 1,15-16 l'Apostolo
ricorda l'evento decisivo della strada di Damasco e ne individua
Ordnung des Heils. Untersuchungen zum Gesetzesverstàndnis des Fruhjudentums, doppiamente il significato nella rivelazione di Gesù come Figlio di
Patmos, Dusseldorf 1971; E.P. Sanders, Jewish Lawfrom Jesus to the Mishnah, Dio e nella missione di annunciarlo tra le genti; ma nulla è detto
SCM, London 1990. Sui suoi rapporti con la Sapienza, cf. E.J. Schnabel, Law and della Legge, che viene dimenticata proprio nel momento in cui egli
Wisdomfrom Ben Siro to Paul, WUNT 2.16, Mohr, Tùbingen 1985 (che identifica
le due realtà come entrambe preesistenti); G. Boccaccini, The Preexistence of the trapassa da un atteggiamento di persecutore zelante nelle tradizio-
Torah: A Commonplace in Second Tempie Judaism, or a Later Rabbinic Develop- ni dei padri a un'adesione incrollabile al Cristo. In Fil 3,7-11, in-
ment?, Henoch 17 (1995) 329-350 (che considera la loro identificazione in Sir 24
come puramente funzionale sul piano storico, mentre di preesistenza della Torah vece, dove viene interpretato il senso esistenziale del medesimo tra-
si parla solo nel rabbinismo a partire dal TgN su Gn 3,24). passo, la Legge viene menzionata, ma per dire paradossalmente che
228
L'unico confronto potrebbe farsi con le parole violente pronunciate da Zimri essa prima era per Paolo "un guadagno" (xépSTj), mentre poi di-
(ucciso poi da Pincas) nel deserto dell'esodo secondo FI. Giuseppe, Ant. 4,145-149
(con riferimento al racconto di Nm 25): "Osservale tu, o Mosè, queste leggi che venne "una perdita" (C*ipuoc); anzi, con accenti emotivi che tradi-
sei stato impaziente di emanare,... per procurare a noi l'inganno e a te il comando scono l'incisività dell'esperienza vissuta, egli confessa: "Tutto or-
con il pretesto di leggi addirittura di Dio, sottraendoci la dolcezza della vita e la
decisione personale...".
229
Cf. R. Penna, Legge e libertà nel pensiero di S. Paolo, in J. Lambrecht, ed.,
The Truth of the Gospel (Galatians 1:1-4:11), Monogr. Ser. "Benedictina", Bibl.- ze") non vanno maggiorati, dato che in entrambi i casi l'affermazione viene limita-
Ecum. Sect. 12, St. Paul's Abbey, Rome 1993, pp. 249-276 qui 253. Per una valu- ta in funzione di Israele (cf. LAB 11,1 : "... e glorificherò il mio popolo più di tutte
tazione più positiva, ma a mio parere difficilmente difendibile, cf. J.M. Diaz-Rodelas, le nazioni"; 2Bar. 48,40: "... e non conobbero la mia legge per il loro orgoglio").
231
Pablo y la ley. La novedad de Rm 7,7-8,4 en el conjunto de la reflexión paulina Accenniamo appena che non basta richiamarsi né al Gesù terreno (che Pao-
sobre la ley, Verbo Divino, Estella 1994. lo non cita mai per fondare le sue tesi) né al caso-Stefano (che riguarda soprattutto
230
Discutibile è la posizione di K. Finsterbusch, Die Thora als Lebensweisung il valore del Tempio).
232
fùr Heidenchristen. Studien zur Bedeutung der Thora fiir die paulinische Ethik, II punto di svolta è segnato da W.G. Kummel, Ròmer 7 und die Bekehrung
SUNT 20, Vandenhoeck, Gòttingen 1996, secondo cui la Legge sarebbe stata data des Paulus, "Untersuchungen zum Neuen Testament" 17, Hinrichs, Leipzig 1929.
anche per le nazioni: occorre infatti rilevare che i testi addotti da LAB 11,1 ("Darò 233
Cf. F. Watson, Paul, Judaism and the Gentiles. A Sociologica! Approach,
la luce al mondo,... stabilirò la mia alleanza con i figli degli uomini") e da 2Bar. SNTS MS 56, University Press, Cambridge 1986 (recensione critica di W.S. Camp-
48,40 ("Ciascuno degli abitanti della terra sapeva, quando commetteva scelleratez- bell, in ScottJournTheol Al [1989] 457-467).
178
L'APOSTOLO PAOLO CRISTO E LA LEGGE 179

mai reputo una perdita a motivo della sovraeminente conoscenza mandate (su cui cade comunque un giudizio positivo), non giunse
di Cristo Gesù mio signore, a causa del quale tutto è andato in per- in realtà a ottenere ciò per cui essa era stata data, cioè la vita piena
dita e ritengo spazzatura, per guadagnare lui ed essere trovato in con Dio, non solo perché la considerò a un livello troppo naziona-
lui, non avendo come mia giustizia quella che viene dalla Legge listico (così Dunn) ma anche perché la concentrazione sulle opere
ma quella che è mediata dalla fede in Cristo"234. gli precluse quella prospettiva di fede (cf. Rm 9,32a; 3,27) che in-
Come si vede, punto di partenza per la svolta della sua vita non vece trionfa appieno nell'evento-Cristo e nell'adesione a lui. Ecco
è né una riflessione sui limiti della Legge e la sua insopportabilità perché, a differenza dei Gentili, i Giudei "inciamparono nella pie-
né un ripiegamento su di sé e sulle proprie insufficienze nell'osser- tra d'inciampo" quale per loro appunto si rivelò il Cristo (Rm
varla. C'è invece la persona di Gesù Cristo. Evidentemente secon- 9,32b-33 con citazione di Is 28,16; 8,14)237. Per l'Apostolo infatti
do Paolo è stato lui a mettere in scacco la Legge e a proporsi come resta verissima l'audace espressione di Isaia: "Sono stato trovato
la sua vera alternativa. Secondo il fortunato slogan di Sanders, per da coloro che non mi cercavano" (Rm 10,20 = Is 65,1). Dio infat-
Paolo "la soluzione precede il problema" nel senso che "non v'è ti in Cristo ha dimostrato di percorrere "sentieri ininvestigabili"
ragione di pensare che Paolo sentisse il bisogno di un salvatore uni- (Rm 11,33; cf. ICor 1,19-21), per conoscere i quali occorre una
versale prima di essere convinto che Gesù lo era"235. Detto in ter- disponibilità totale e non prevenuta all'inatteso.
mini astratti, la suddetta critica paolina alla Legge non si basa né Si comprende allora l'assioma lapidario di Rm 10,4: "Fine della
su di una toralogia né su di una antropologia, ma nient'altro che Legge è Cristo per la giustizia di chiunque crede". Per quanto si
sulla cristologia. In concreto ciò significa che Paolo non trova nulla discuta se il termine greco xiXoc, vada inteso come "la fine" piutto-
da ridire sulla Legge in quanto tale; essa all'origine è davvero "buo- sto che come "il fine", il senso generale della frase è sufficiente-
na, spirituale e santa" (Rm 7,12.14.16), poiché i suoi comanda- mente chiaro: Cristo e la Legge non stanno insieme238. Dove arri-
menti sono dati "per la vita" (Rm 7,10) e per la "giustificazione" va l'uno, l'altra deve cedere il passo; come principi salvifici essi
(Rm 9,31). Ma essa non regge il confronto con Cristo! Solo alla sono alternativi, così come sono alternativi i loro corrispettivi, fe-
luce feconda della fede in lui e della partecipazione alla sua morte de e opere (cf. Gal 2,16; Rm 3,28)239. Ed è probabile che quando
e alla sua vita, appare evidente a Paolo che lo scopo della Legge Paolo parla della Legge la intenda in senso globale, appunto come
era irraggiungibile (cf. Rm 8,3: TÒ àSuvaxov TOG vóyiou, "l'incapacità principio di giustificazione, senza adottare la distinzione tra pre-
della Legge")236. La frase sibillina che si legge in Rm 9,31 (lett.: cetti morali e cerimoniali, che è solo tardiva e non di matrice
"Israele, perseguendo una legge di giustizia, non pervenne alla leg- giudaica240. Del resto Paolo si era già ripetutamente espresso in
ge") è scritta secondo una precomprensione cristiana: Israele, pur
venerando la Legge e sforzandosi di osservare le opere da essa co-
237
Cf. W. Reinbold, Paulus und das Gesetz. Zur Exegese von Róm 9,30-33, BZ
38 (1994) 253-264.
238
234
Analogamente in 2Cor 3,4-18 all'Antica Alleanza Paolo riconosce un suo Cf. R. Badenas, Christ the End of the Law. Romans 10.4 in Pauline Per-
splendore proprio (8ó?a), che però in Cristo e solo in lui viene superato. Vedi V. spective, JSNT Suppl. 10, JSOT Press, Sheffield 1985; B.L. Martin, Christ and
Koperski, The Knowledge of Christ Jesus my Lord. The High Christology ofPhi- the Law, pp. 129-134; S.R. Bechtler, Christ, the T£Xo<; of the Law: The Goal of
lippians 3:7-11, "Contributions to Biblical Exegesis and Theology" 16, Kok Pha- Romans 10:4, CBQ 56 (1994) 288-308; A. Gignac, Le Christ, xéXos de la Loi (Rm
ros, Kampen 1996. 10,4); une lecture en termes de continuité et de discontinuité, dans le cadre du pa-
235
E.P. Sanders, Paolo e il giudaismo palestinese, pp. 606-613, qui 608. radigme
239
paulinien de l'élection, Science et Esprit 46 (1994) 55-81.
236
L'espressione paolina riguarda l'incapacità della Legge non a promuovere Parafrasando dai Vangeli il detto della fonte Q, in cui Gesù afferma: "Qui
un comportamento etico, ma a dare la giustizia e la vita; in questo senso va anche c'è più di Salomone... più di Giona" (Le 11,31-32/Mt 12,42.41), o quello mattea-
il connesso sintagma TÒ 8txaiw[xa xou vó(Aou, "il giusto intento della Legge" (Rm 8,4), no in cui egli dichiara: "Qui c'è qualcosa più grande del Tempio" (Mt 12,6), si
che solo lo Spirito di Cristo porta all'attuazione; cf. R. Penna, Legge e libertà, pp. potrebbe
240
dire analogamente che per Paolo Gesù è "più grande della Legge".
265-267; N.T. Wright, The Climax of the Covenant. Christ and Law in Pauline In favore della distinzione, cf. B.L Martin, Christ and the Law, pp. 32-34
Theology, T&T Clark, Edinburgh 1991, p. 202. Inaccettabile invece è l'esegesi di (con altri Autori). Contro: E.P. Sanders, Judaism: Practice and Belief, 63 BCE-
K. Finsterbusch, Die Thora als Lebensweisung fiir Heidenchristen, pp. 174-176, 66CE, SCM Press, London 1992, p. 194; R. Penna, L'apostolo Paolo, pp. 501-502.
che non tiene esattamente conto del testo, secondo il quale il "compimento" della L'intangibilità di tutta la Legge, anche a costo della vita, è ben espressa dagli enco-
Legge non è operato da noi ma avviene in noi, e quindi è un fatto di grazia. mi che ne fa FI. Giuseppe, Contro Ap. 1,42-43, ecc.; e nell'apocrifo 4Mac 5,20-21
è detto con chiarezza a proposito dei cibi impuri: "Trasgredire la Legge in cose
180 181
L'APOSTOLO PAOLO I TITOLI CRISTOLOGIA

termini molto generali e onnicomprensivi: "Non voglio annullare la blema che lo riguarda è che esso tende ormai a perdere il suo origi-
grazia di Dio, poiché se la giustizia viene attraverso la Legge, allora Cri- nario valore titolare di «Messia» e a diventare sempre più un sem-
sto è morto invano" (Gal 2,21); "Non siete più sotto la Legge ma sot- plice nome proprio di persona, non solo quando è accostato in cop-
to la grazia" (Rm 6,14); "La legge dello Spirito e della vita ti ha libe- pia a quello anagrafico di "Gesù" (cf. Rm 1,1 ecc.) ma anche da
rato dalla legge del peccato e della morte" (Rm 8.2)241. Ed è in que- solo (evidente in ICor 1,12). Questo processo iniziò sicuramente
sta luce che assume tutto il suo rilievo l'incisiva enunciazione di Gal già prima di Paolo, poiché il suo comportamento in materia è tal-
5,1: "Per la libertà Cristo ci ha liberati! State dunque saldi e non sot- mente massiccio da far pensare che egli abbia ereditato una prassi
toponetevi di nuovo al giogo della schiavitù". È come dire che la li- già consolidata. Infatti è rarissimo che si possano individuare dei
bertà cristiana, la quale consiste nell'essere sottratti al principio con- casi, in cui il termine conservi un evidente valore di titolo: proba-
dizionatore della Legge (cf. Gal 3,23ss), degli "elementi del mondo" bilmente soltanto in Rm 9,5 ("...dai quali proviene il Cristo se-
(Gal 4,8-9), della carne (cf. Gal 5,13-24), e del peccato (cf. Rm 8,2), condo la carne") e forse in ICor 10,4 ("la pietra che li seguiva era
ha una tipica radice cristologica. Ciò che dicevamo più sopra circa il il Cristo")243. Va comunque fatta una doppia osservazione: se è
riscatto (cf. 4.2.1) va ricordato qui: Cristo ci ha affrancati da tutto ciò vero, da una parte, che Paolo non afferma mai esplicitamente che
che pretende di umiliare la dignità e la responsabilità dell'uomo242. Gesù è il Cristo-Messia promesso nei testi dell'Antico Testamen-
to, dall'altra è pur vero che egli probabilmente presuppone comun-
que l'originario valore titolare del termine per il fatto che non scri-
7. I titoli cristologia ve mai "Signore è Cristo" ma soltanto "Signore è Gesù" (Rm 10,9;
ICor 12,3; o "Signore è Gesù Cristo" in Fil 2,11; o "il Signore
Constatiamo innanzitutto che in Paolo mancano alcuni titoli spe- nostro Gesù Cristo" o simili)244.
cifici della tradizione gesuana: maestro, profeta, figlio dell'uomo, Per comprendere appieno la semantica del titolo-nome è impor-
(e servo). L'Apostolo invece desume dalla tradizione cristiana pri- tante avere presenti i suoi ambiti di ricorrenza245. Esso si trova in
mitiva soltanto tre titoli fondamentali, che sono anche i più usati connessione con:
nelle sue lettere; ad essi si aggiunge poi una serie di altre qualifiche - formule di fede nelle loro varie enunciazioni, sempre associa-
cristologiche esclusivamente sue.
te ai cosiddetti Heilsbegriffe, o concetti pertinenti all'evento salvi-
fico, come sono la croce, i patimenti, la risurrezione, il corpo-
sangue, lo Spirito, l'agape, la gloria, la liberazione, la riconcilia-
7.1 Reimpiego dei titoli tradizionali
243
Questa in sostanza è la conclusione dell'analisi condotta da W. Kramer, Chri-
7.1.1 Cristo (Xpicrcós). È l'appellativo più frequente (ca. 270 vol- stos Kyrios Gottessohn. Untersuchungen zu Gebrauch und Bedeutung der christo-
logischen Bezeichnungen bei Paulus und den vorpaulinischen Gemeinden, ATANT
te, a cui se ne aggiungono 114 nelle lettere deuteropaoline). Il pro- 44, Zwingli, Zùrich/Stuttgart 1963, pp. 203-214.
244
piccole o grandi ha lo stesso peso ({aoSóvajxóv ioriv) perché in ambedue i casi la Leg- Cf. M. Hengel, Erwagungen zum Sprachgebrauch von Xpurtó? bei Paulus und
in der "vorpaulinischen" Uberlieferung, in M.D. Hooker e S.G. Wilson, edd., Paul
ge risulta disprezzata in uguale misura (ó[ioiùì<;)" (cf. C. Kraus Reggiani, 4 Macca- and Paulinism. Essays in honour ofC.K. Barrett, SPCK, London 1982, pp. 135-158
bei, Marietti, Genova 1992, pp. 95-96). qui 138-139. Questo comportamento va confrontato con l'uso giudaico della for-
241 mula "l'Unto del Signore" (Lm 4,20; Ps. Sai. 17,32; cf. Ap 12,10), che in Le 2,11
In quest'ultimo testo il termine "legge" va probabilmente inteso in senso ge- diventa addirittura "l'Unto Signore"! Altrove nel Nuovo Testamento l'associazio-
nerale come "principio, criterio": cf. H. Ràisànen, Paul and the Law, pp. 50-52 ne dei due titoli si trova solo in lPt 3,15 ("Santificate nei vostri cuori il Cristo co-
(contro H. Hùbner e altri). me Signore", che è rilettura di Is 8,13); in ib. 2,3 la citazione di Sai 33,9 LXX ("Gu-
242
Sul tema, cf. K. Niederwimmer, Der Begriff der Freiheit im Neuen Testa- state come è buono [ys>f\<rz6<;] il Signore") è stata variata in molti codici per un sem-
ment, TBT 11, Tòpelmann, Berlin 1966; A. Gùemes, La libertad en San Pablo, plice fenomeno di iotacismo: "Gustate come Cristo lxpt<reó<;] è il Signore"! Una
Universidad de Navarra, Pamplona 1971; F. Stanley Jones, "Freiheit" in den Briefen buona discussione di tutta la problematicafilologicae storica inerente al titolo-nome
des Apostels Paulus. Eine historische, exegetische und religionsgeschichtliche Stu- (compresa la variante Chrestós) si può trovare in M. Karrer, Der Gesalbte. Die Grund-
die, GTA 34, Vandenhoeck, Gòttingen 1987; S. Vollenweider, Freiheit als neue lagen des Christustitels, FRLANT 151, Vandenhoeck, Gòttingen 1991, pp. 48-81.
Schòpfung (cit.); H. Ràisànen, Freiheit vom Gesetz im Urchristentum, ST 46 (1992) 245
55-67; R. Penna, Legge e libertà, pp. 263-270. Riprendiamo a grandi linee le analisi di W. Kramer, Christos Kyrios Gottes-
sohn, pp. 131-148.
182 183
L'APOSTOLO PAOLO I TITOLI CRISTOLOGICI

zione, la giustificazione, la fede; per esempio, non si dice "i pati- 7.1.2 Signore (xupio<;)248. Lo spoglio statistico di questo titolo fa
menti del Signore, ò del Figlio" ma "i patimenti di Cristo" (2Cor problema quanto alla sua semantica, poiché delle 190 occorrenze
1,5; Fil 3,10) ecc. Dunque "Cristo" designa la persona dell'evento nelle lettere autentiche (altre 82 sono nelle deuteropaoline) una buo-
salvifico; na parte si riferisce direttamente a Dio, conformemente del resto
- locuzioni ecclesiologiche, siano esse di tipo individuale (cf. apo- alla tradizione giudaica da cui proviene249.
stolo, servo, diacono: sempre "di Cristo") o comunitario (tipico Gli impieghi cristologici innegabili sono quelli in cui il titolo è
è il sintagma "corpo di Cristo"; ma cf. chiamati, eredi, voi [per unito o al nome di Gesù o a quello di Cristo o a tutti e due insieme.
indicare appartenenza, come "quelli di Cristo": ICor 15,23]) an- In questo senso, disponiamo solo di 64 casi assolutamente sicuri
che in riferimento al costitutivo della vita cristiana (cf. "in Cristo"); (per esempio Rm 14,14: "Io so e sono persuaso nel Signore Ge-
- espressioni parenetiche; in questo caso possiamo avere il co- sù"; ICor 9,1: "Non ho io visto il Signore Gesù?"; 2Cor 8,9: "Co-
siddetto 'schema di conformità' (cf. Rm 15,2-3.7: "Accoglietevi noscete la grazia del Signore nostro Gesù Cristo"; lTs 3,13: "Nel-
gli uni gli altri come Cristo accolse voi"), dove appare con chia- la parusìa del Signore nostro Gesù"). Ad essi però ne vanno certa-
rezza che l'etica ha un fondamento cristologico, consistente nel- mente aggiunti altri, che individuiamo in base ad alcuni criteri.
l'opera salvifica di Cristo; il rapporto individuale con lui come senso - (1) Il riferimento cristologico risulta inevitabile dalla frase in
di tutta la vita è ben espresso sia nella frase di tipo mistico "non cui è inserito, come per esempio: "...non avrebbero crocifisso il
sono più io che vivo ma Cristo vive in me" (Gal 2,20) sia in quella Signore della gloria" (ICor 2,9); "Dio risuscitò il Signore" (ICor
di tipo impegnato "per me vivere è Cristo" (Fil 1,21); 6,14); "ordino non io ma il Signore" (ICor 7,10, con riferimento
- la parusìa (solo in ICor 15,23; cf. anche "il giorno di Cristo": al precetto gesuano sul matrimonio indissolubile; così analogamente
Fil 1,6.10; 2,16). 7,12.25 e 9,14); "il calice del Signore" (ICor 10,21; ll,27a); "il
Il termine, come si vede, viene caricato di uno spessore semanti- corpo e il sangue del Signore" (ICor 11,27b); "annunciate la mor-
co straordinario, che non ha nessuna corrispondenza con la prassi te del Signore" (ICor 11,26); "i fratelli del Signore" (ICor 9,5 e
linguistica messianica del giudaismo (da cui esso pur proviene)246. Gal 1,19). Lo stesso vale per l'intera pericope Rm 14,6-9 dove il
Dire "Cristo", o da solo o unito al nome "Gesù", significa far titolo è presente ben sei volte ed è condizionato dal tema pasquale
riferimento al protagonista concreto degli eventi salvifici e di con- del morir e-vivere di Cristo: da lui come Signore prende senso an-
seguenza all'oggetto essenziale della fede e al dato distintivo dell'i- che la vita e la morte del cristiano.
dentità cristiana che da lui dipende247. Esso riassume in sé gli - (2) Il frequente sintagma èv xopuo, "nel Signore" (ben 30 volte;
aspetti funzionali fondamentali della persona di Gesù nell'evento cf. Rm 16,2; ICor 7,22; 2Cor 2,12; Gal 5,10; Fil 1,14; lTs 3,8;
della salvezza. Fm 16), quasi certamente va ritenuto cristologico; infatti, nono-

248
246
II problema storico di sapere come mai un ex fariseo come Paolo, che non Sulla sua origine storica, cf. sopra: cap. I, 3.2.1. Più in generale, cf. W. Kra-
solo era abituato fin da sempre a usare il termine soltanto in senso titolare ma che mer, Christos Kyrios Gottessohn, pp. 61-103 e 149-181; L.W. Hurtado, Lord, in
addirittura aveva perseguitato la prima comunità cristiana proprio perché non sop- G.F. Hawthorne - R.P. Martin, Dictionary of Paul and His Letters, InterVarsity,
portava lo scandalo di un Messia crocifisso, possa dispiegare nelle sue lettere un Downers Grove 1993, pp. 560-569.
impiego di questo genere, si può spiegare solo pensando anche a una sua forte 'con- 249
Ciò è ben evidente là dove si fa riferimento a un passo biblico con la formu-
versione linguistica', resa possibile dall'evento di Damasco e dalla viva eredità del- la "dice il Signore" (cf. Rm 14,11; ICor 14,21) o dove il titolo ricorre nello stesso
la chiesa siro-palestinese; del resto, solo la distanza cronologica tra Damasco e le testo della citazione biblica (cf. Rm 15,11 con Sai 117,1: "Lodate genti tutte il Si-
lettere (ca. vent'anni) può dar conto del fatto che questa nuova prassi linguistica gnore"; ICor 3,20 con Sai 95,11: "Il Signore sa che i pensieri dei sapienti sono
si sia imposta fino al punto da diventargli completamente familiare. vani" ecc.) o viene riecheggiato un testo biblico (cf. lTs 4,6: "Il Signore è vindice
247
Non per nulla i suoi seguaci sono stati detti (da altri!) "cristiani", xpi<"ia- di tutte queste cose", che richiama Dt 32,35 e Sai 94,1-2; così ICor 1,31 e 2Cor
voi, e non «gesuani» o altro. Cf. O. Montevecchi, Nomen christianum, in R. Can- 10,17 richiamano Ger 9,23: "Chi si vanta si vanti nel Signore"). Cf. L. Cerfaux,
talaméssa e L.F. Pizzolato, a cura, Paradoxos politela. Studi patristici in onore di Kyrios dans les citations pauliniennes de VAncien Testament, ETL 20 (1943) 5-17
G. Lazzari, Vita e Pensiero, Milano 1979, pp. 485-500; M. Karrer, Der Gesalbte,
pp. 48-87; J. Taylor, Why were the Disciplesfirst called "Christians" at Antioch? ( = Recueil Cerfaux, I, Gembloux 1954, pp. 173-188. Notiamo a parte che solo un
(Acts 11,26), RB 101 (1994) 75-94. paio di volte il termine ha valore religioso-pagano o profano (cf. Rm 14,4; ICor
8,5; Gal 4,1).
185
184 L'APOSTOLO PAOLO
I TITOLI CRISTOLOGICI

In altri casi il significato sembra oscillare tra una portata teo-


stante che un paio di volte sia una ripresa veterotestamentaria (cf.
ICor 1,31 e 2Cor 10,17, che richiamano Ger 9,23), esso non solo logica in senso stretto e quella più propriamente cristologica. Per
è parallelo a "in Cristo" (cf. sopra), ma almeno una volta si trova esempio, ci si può chiedere che valenza abbia il titolo in frasi come
specificato "nel Signore Gesù" (lTs 4,1). queste: "servite il Signore" (Rm 12,11), "consapevoli del timore
del Signore" (2Cor 5,11), "il Signore vi faccia crescere e abbonda-
- (3) In alcune citazioni bibliche il titolo appare addirittura in-
terscambiabile tra Dio e Gesù Cristo. Ciò è evidente in Rm 10, do- re nell'amore" (lTs 3,12) ecc. Tuttavia, il contesto cristologico delle
ve prima si richiama la confessione di fede "Gesù è Signore" (v. ricorrenze favorisce una prevalenza di questo tipo di lettura, che
9) per dire che essa è fatta "per la salvezza" (v. 10) e poi si cita comunque sulle 190 attestazioni è certamente maggioritario.
il testo profetico di Gioele 3,5: "Chiunque invocherà il nome del La portata cristologica del titolo appare evidente e addirittura
Signore sarà salvo" (v. 13); evidentemente in quest'ultimo verset- stridente là dove esso è accostato ma distinto dal riferimento a
to il titolo, che all'origine ha solo significato teo-logico, passa sor- " D i o " (cf. per esempio ICor 6,14). Lo si vede bene nella dichiara-
prendentemente a qualificare la persona di Gesù. Lo stesso vale zione fondamentale di ICor 8,6:
per i testi di: (a) Ger 9,23 in ICor 1,31; 2Cor 10,17; (b) Is 40,13
in ICor 2,16; (e) Sai 24,1 in ICor 10,26. Si tratta di un vero tra- "Per noi c'è un solo Dio, il Padre,
passo semantico, che suggerisce inevitabilmente una cristologia da cui provengono tutte le cose e noi siamo per lui;
«alta» 250 . e c'è wn solo Signore, Gesù Cristo,
- (4) Il sintagma di origine veterotestamentaria rjuépa xuptou, "gior- mediante il quale sono tutte le cose e noi siamo mediante lui".
no del Signore" (cf. yòm yhwh in Am 5,18.20; Sof 1,14; GÌ 3,4; A monte di questa confessione252 è inevitabile scorgere lo Semcf,
Is 2,12; Ez 30,3), pur mantenendo qualche volta l'originario senso la confessione fondamentale della fede ebraica: "Ascolta, Israele:
teo-logico (cf. Rm 2,5: "giorno dell'ira e della manifestazione del il Signore nostro Dio è un Signore unico" (Dt 6,4 LXX: xupux; ó
giusto giudizio di Dio"; anche 2,16), acquista ormai una evidente Beò? TIIXWV xópux; et? iaxiv). Come abbiamo già intravisto in Fil 2,11
connotazione cristologica nell'espressione "giorno del Signore no- (cf. sopra: 3.6, C), l'enorme e scandalosa novità cristiana consiste
stro Gesù Cristo" (ICor 1,8; cf. 2Cor 1,14) o più semplicemente nello spezzare in qualche modo il ferreo monoteismo ebraico, in-
"giorno di Cristo" (Fil 1,6.10; 2,16); perciò, anche quando resta troducendo una inedita distinzione tra le qualifiche di "Dio" e "Si-
la dizione tradizionale "giorno del Signore" (ICor 5,5; lTs 5,2.4) gnore", che invece là coincidono perfettamente. Una confessione
siamo in diritto di scorgervi una dimensione cristologica. Ciò si con- analoga si potrebbe reperire in Filone Alessandrino, quando scri-
ferma sia nell'uso del termine parousia (detta "di Cristo": ICor ve di onorare "come padre Colui che ha generato il mondo e co-
15,23; "del Signore Gesù": lTs 2,19; 3,13; 5,23; "del Signore": me madre la Sapienza mediante la quale è stato compiuto l'u-
lTs 4,15) sia nelle frasi circa la sua venuta futura (cf. ICor 4,5: niverso" 253 . Le affinità, sia nella costruzione bimembre sia nelle
"Non giudicate prima del tempo finché venga il Signore"; 11,26:
"Annunciate la morte del Signore finché egli venga"; Fil 4,5: "Il 252
Oltre ai Commenti (soprattutto quelli di W. Schrage, C. Wolff, G. Barba-
Signore è vicino"; lTs 4,17: "Saremo rapiti nelle nubi per anda- glio), cf. A. Feuillet, Le Christ Sagesse de Dieu d'après les épitres pauliniennes,
re incontro al Signore nell'aria, e così saremo sempre con il Si- EB, Gabalda, Paris 1966, pp. 59-85; J.Murphy-O'Connor, / Cor 8.6: Cosmology
or Soteriology, RB 85 [1978] 253-267); J.D.G. Dunn, Christology in the Making,
gnore") 251 . pp. 179-183. A questa formulazione andrebbero accostati i saluti iniziali di quasi
tutte le lettere (cf. Rm 1,7b: "Grazia a voi e pace da Dio padre nostro e dal Signore
Gesù Cristo"; ICor 1,3; 2Cor 1,2; Gal 1,3; Fil 1,2; Fm 3); lo stesso vale per le deu-
teropaoline (con l'eccezione di Col 1,2 che menziona solo Dio e di Tt 1,4b che inve-
250 p e r l'analisi di tutti questi casi, vedi D.B. Capes, Old Testament Yahweh
Texts in Paul's Christology, pp. 115-145, e anche C. J. Davis, The Name and Way ce di "Signore" ha il titolo "Salvatore").
253
of the. Lord. Old Testament Themes, New Testament Christology, JSNT Suppl. Det. pot. 54 (rcorcépa (xév xòv -yevvtaav-ta xòv xóa[iov, (iTytépa 8è rr)v aocpiav, 8i'rj?
129, Academic Press, Sheffield 1996. òmeteXéaOr) xòrocv).In altri passi Filone Al. definisce il Logos addirittura come 8tuxepo<;
251 9tó?, come quando dice che "nulla di mortale può essere fatto a somiglianza dell'u-
Vedi L. J. Kreitzer, Jesus and God in Paul's Eschatology, JSNT Suppl. 19, nico Altissimo e Padre dell'universo ma (solo) a somiglianza del secondo dio che
JSOT Press, Sheffield 1987 (cf. p. 116: "a conceptual overlap between God and
Christ"). è il suo Logos" (Quaest. in Gen. 2,62) e a lui attribuisce il titolo di " d i o " ma senza
186 L'APOSTOLO PAOLO I TITOLI CRISTOLOGICI 187

funzioni dei rispettivi soggetti, portano a ritenere che Paolo qui 208)257. Ma, come abbiamo visto, Paolo corregge contestualmen-
intenda il titolo cristologico di Signore alla luce dell'ipostasi della te questa concezione poiché ritiene che Gesù sia Figlio da sempre;
Sapienza. Come Signore perciò Gesù Cristo, che tuttavia non è so- lo si vede bene in lTs 1,10: benché questo sia l'unico altro caso
lo una personificazione ma una vera persona, sulla linea della tra- in cui il titolo è connesso con la risurrezione, tuttavia colui che Dio
dizione sapienziale acquista una interessante connotazione di pree- "risuscitò dai morti" è già connotato come "Figlio suo"!
sistenza (contro Dunn, che sottolinea solo la sua signoria presen- Da parte sua, oltre al citato contesto di risurrezione, l'Apostolo
te); in più, gli viene riconosciuta una mediazione che non è solo orchestra l'uso del titolo su diversi registri.
soteriologica ma anche cosmologica (contro Murphy-O'Connor). - Formule di missione. Nei due testi di questo tipo (Gal 4,4;
In definitiva è proprio il tema della mediazione a impedirci di pen- Rm 8,3) si possono rilevare tre costanti: (a) essendo Dio l'invian-
sare che venga infranto il monoteismo della fede israelitica254. te, si desume un accenno discreto alla preesistenza del Figlio; del
La semantica cristiana del titolo si coglie meglio se notiamo i con- resto, i verbi usati sia in Gal 4,4 (ifc-cécntetXev) sia in Rm 8,3 (7téjx-
testi in cui esso occorre. Sono sostanzialmente due: le acclamazio- CJNXC) richiamano quelli che si trovano in Sap 9,10.17 dove si chie-
ni, con le quali il cristiano manifesta nel modo più semplice la sua de l'invio della Sapienza dai cieli258; (b) lo scopo dell'invio ha
identità riconoscendo Gesù come Signore suo e del mondo (cf. Rm a che fare con la redenzione dalla Legge, anche se in Rm 8,3
10,9; ICor 8,6; 12,3; 16,22; Fil 2,11); e le espressioni parenetiche, essa è aggravata dalla sua connessione con il peccato; (e) il risul-
da cui risulta che, al di fuori del Cristo, il battezzato non ha altri tato è comunque quello di costituire i beneficiari nella insperata
'signori' a cui rendere omaggio, ma vive tutta la sua esistenza in condizione di "figli adottivi" (Gal 4,6; Rm 8,15)259. Si può sup-
immediato rapporto con lui (cf. ICor 7,10.32: "come piacere al porre che l'impiego del titolo in questi contesti sia la totale fidu-
Signore") 255 . cia riposta nel "figlio" in quanto tale e quindi nella certezza che
7.1.3 Figlio di Dio (utò? GeoG). Curiosamente questo titolo, a dif- egli avrebbe ottenuto l'effetto desiderato (cf. analogamente l'in-
ferenza dei precedenti e a dispetto della sua portata apparentemente vio del figlio nella parabola sinottica dei vignaioli omicidi: Me
molto forte, è rarissimo; infatti si riscontra solo 15 volte (Rm 12,6 parr.).
1,3.4.9; 5,10; 8,3.29.32; ICor 1,9; 15,28; 2Cor 1,19; Gal 1,16; 2,20; - Formule di donazione. Esse integrano le precedenti, in quan-
4,4.6; lTs 1,10; inoltre: Col 1,13; Ef 4,13)256. Il suo impiego nel- to si evidenzia la dimensione di benevolenza insita sia nel gesto
la chiesa pre-paolina è testimoniato soprattutto da Rm l,3b-4a, della missione sia nel suo scopo. L'atto del donare può avere
dove è impiegato nell'ottica di una cristologia 'adozionista' legata come soggetto Dio (Rm 5,10; 8,32; qui si può intravedere lo schema
alla risurrezione come intronizzazione regale (cf. voi. I, pp. 201-
257
Non è affatto certo invece che anche il testo di lTs 1,9-10 ("vi siete conver-
articolo determinativo, che è riservato al Dio unico (cf. Somn. 1,227-233). Contro titi a Dio dagli idoli, per servire il Dio vivo e vero e per attendere /'/ Figlio suo dai
analoghe correnti di pensiero, che possono anche parlare di un Angelo o di altre cieli, che egli risuscitò dai morti, Gesù, che ci libera dall'ira ventura") appartenga
figure divine (come il Metatron e la Merkabah), polemizza poi la letteratura rabbi- alla tradizione protocristiana, come qualcuno vorrebbe (E. Best, U. Wilckens); in-
nica quando rifiuta l'esistenza di "due poteri nel cielo" (setè r'sùyót bàiiamayim); negabile piuttosto è la presenza di un linguaggio d'impronta giudaica (cf. T. Holtz,
cf. sopra: nota 41. Der erste Briefan die Thessalonicher, EKK XIII, Benziger-Neukirchener, Zurich-
254
Cf. R. Penna, Infrazione e ripresa del rapporto Legge-Sapienza in Paolo, Neukirchen 1986, pp. 54-62; P. Iovino, La prima lettera ai Tessalonicesi, SOC 13,
in Id., L'apostolo Paolo, pp. 519-549 specie 535-538. Dehoniane, Bologna 1992, pp. 107-114; vedi anche R. Penna, Pentimento e con-
255
"Qui non entra in considerazione l'evento salvifico del passato, ma il vin- versione, pp. 87-88).
colo esistente fra gli atti concreti del presente e il Kyrios... In tutti gli ambiti 258
II testo suona così: "Inviala (è&xmóoTeiXov) dai cieli santi e mandala (rcé|A(|>ov)
della vita la comunità o il cristiano si trovano confrontati con il Kyrios, al quale dal trono della tua gloria... Il tuo consiglio chi lo ha conosciuto, se tu non gli hai
essi appartengono totalmente" (W. Kramer, Christos Kyrios Gottessohn, pp. 168 dato la sapienza e non hai mandato (tnt\i^a.c;) il tuo santo spirito dall'alto?".
e 180). 259
Cf. M. Hengel, Il figlio di Dio. L'origine della cristologia e la storia della
256
Circa il suo impiego gesuano e il suo sfondo culturale cf. voi. I, pp. 143-153. religione giudeo-ellenistica, SB 67, Paideia, Brescia 1984 (orig. ted., Tubingen
In generale, cf. W. Kramer, Christos Kyrios Gottessohn, pp. 105-125 e 183-193; 2
1977), pp. 32-38; E. Schweizer, Was meinen wir eigentlich, wenn wirsagen "Gott
L.W. Hurtado, Son ofGod, in Dictionary of Paul and His Letters, pp. 900-906; sanate seinen Sohn..."?, NTS 37 (1991) 204-224; M. Adinolfi, L'invio del Figlio
M. Theobald, 'Sohn Gottes' als christologische Grundmetapher bei Paulus, TQ 174 in Rm 8,3, in Id., // Verbo uscito dal silenzio. Temi di cristologia biblica, Dehonia-
(1994) 185-207.
ne, Roma 1992, pp. 95-117.
188 L'APOSTOLO PAOLO 1 TITOLI C R I S T O L O G I A 189

giudaico della caqedah: cf. più sopra) o Cristo stesso (Gal 2,20)260. 7.2 Titoli nuovi
- Contenuto dell Evangelo. In quattro testi è in qualità di Figlio
di Dio che Gesù appare come contenuto dell'annuncio, tra cui quel- Andando oltre la tradizione ricevuta, pur già elaborata con ori-
lo concernente il fondamentale evento di Damasco (Gal 1,16; e poi ginalità, Paolo ha occasione di designare Gesù con una titolatura
Rm 1,3.9; 2Cor 1,19). propria. Ne ricordiamo tre forme262.
- Connotazione della novità antropologica. La "comunione del 7.2.1 "Ultimo Adamo" (ò eoxaxo.; 'ASà^x: ICor 15,45b)263. Pao-
Figlio suo", anche se avrà una piena realizzazione escatologica lo sviluppa una originale tipologia antitetica Adamo-Cristo in due
(ICor 1,9), connota già l'esistenza storica del cristiano ed è con- contesti e con due angolature diverse e complementari, (a) In ICor
nessa con il dono dello Spirito del Figlio nel battesimo (Gal 4,6); 15,21-22.45-49 l'attenzione s'incentra sul fatto rispettivamente della
è a questo titolo che si connette il tema dell'adozione filiale dei bat- morte (fisica) e della risurrezione di tutti gli uomini, (b) In Rm 5,12-
tezzati: essi costituiscono una sola famiglia di figli di Dio tra i quali 21 invece la prospettiva è amartiologica e riguarda l'antitesi tra l'in-
Gesù ha il ruolo del primogenito (Rm 8,29)261. vischiamento nel peccato e la redenzione da esso (cf. sopra). In en-
- Contesto di parusìa. Anche in quanto venturo alla fine dei tem- trambi i casi il punto di partenza ermeneutico non è una autono-
pi, Gesù conserva questa qualifica; essa comprende due aspetti di- ma adamologia ma la cristologia. Va anche osservato che Paolo,
versi: l'uno concerne la permanenza di una comunione (ICor 1,9) stabilendo una tipologia con Adamo (e mai con Mosè!), pensa a
tale da garantire il cristiano di fronte all'ira di Dio (lTs 1,10); l'al- livello universalistico e mai nazionalistico.
tro, in quanto riguarda la sottomissione escatologica del Figlio al 7.2.2 "Immagine di Dio" (etxwv 0eou). In 2Cor 4,4 Cristo è esplì-
Padre, sottolinea il teoarchismo e il teotelismo di tutto il processo citamente definito come tale (e Col 1,15 lo ripeterà in un altro con-
di salvezza (ICor 15,28): Gesù non è solo "per noi", egli è anche testo: cf. sotto); il fatto che la metafora non venga spiegata sup-
per Dio. pone che fosse già nota ai destinatari 264 . A monte di questa defi-
Più di ogni altro, questo titolo esprime la vicinanza e l'affinità
di Gesù Cristo con Dio; il suo infatti non è un rapporto di adozio- 262 Accenniamo appena alla qualifica di "roccia (nlxpaì)" che leggiamo in ICor
ne ma di generazione. Con ciò non è detto che solo questo titolo 10,4b: con riferimento all'acqua che dissetava Israele nel deserto (cf. Es 17,1-7; Nm
affermi la divinità di Gesù; se così fosse, sarebbe sorprendente che 20,1-13), Paolo reinterpreta l'episodio col dire che "bevevano da una roccia spiri-
tuale che li accompagnava e quella roccia era il C r i s t o " . Due componenti di questa
essa venga dichiarata tanto raramente, essendo il titolo usato mol- frase hanno paralleli non nella Bibbia m a nel giudaismo del tempo: l'uno riguarda
to poco. Come abbiamo visto, invece, è il titolo Kyrios che impli- il fatto che la roccia "seguisse" il popolo e lo si trova nell'esegesi rabbinica (cf.
ca e suggerisce l'equiparazione di Gesù con Dio. Il titolo di Figlio, tos.Suk. 3,11: " L a roccia saliva con essi sulle montagne e scendeva con essi nelle
valli"; Strack-Billerbeck III, p . 408); l'altro riguarda rallegorizzazione della roc-
in più, esprime il concetto di una relazione che unisce talmente Gesù cia, che è testimoniata in Filone Alessandrino (cf. Leg. 2,86: " L a roccia dura è la
a Dio da impedire che egli come Signore venga considerato un se- Sapienza di Dio..., da cui egli abbevera le anime che amano D i o " ; cf. Sir 15,3).
condo Dio. L'originale rilettura cristologica di Paolo, oltre a confermare la prospettiva sapien-
ziale della sua riflessione su Cristo, manifesta anche l'idea che egli si faceva dell'in-
tima unità fra i due Testamenti (cf. A . Feuillet, Le Christ Sagesse de Dieu, p p .
87-111).
260 Anche qui non si può escludere lo schema della caqedàh, poiché in alcuni testi 263
Cf. R. Penna, Cristologia adamica e ottimismo antropologico in ICor
giudaici del secolo I, a diversità del silenzio di Isacco in Gn 22, questi parla della 15,45-49, in là., L'apostolo Paolo, p p . 240-268; Id., Il discorso paolino sulle origi-
sua totale disponibilità al sacrificio: cf. LAB 32,3-4 ( " C h e sarebbe successo, se non ni umane alla luce di Gen 1-3 e le sue funzioni semantiche, in RSB 6 (1994) 223-239
fossi nato nel m o n d o per essere offerto in sacrificio a colui che mi ha f a t t o ? " ; in specie 229-237.
40,2 la figlia di Jefte dice al padre: " N o n ti ricordi di ciò che accadeva al tempo 264 Oltre a F . W . Eltester, Eikon im Neuen Testament, BZNW 23, Tòpelman,
dei nostri patriarchi, quando il padre disponeva il proprio figlio per l'olocausto e Berlin 1958, e J. Jervell, Imago Dei. Gen. 1,26/. im Spàtjudentum, in der Gnosis
questi non fece obiezioni ma gli obbedì nella gioia?") e FI. Giuseppe, Ant. 1,232 und in den paulinischen Brie/en, F R L A N T 76, Vandenhoeck, Gòttingen 1960, cf.
(Isacco "esclamò: ' N o n sarebbe servito a nulla essere nato, se rifiutassi la decisio- anche C. Spicq, Note di lessicografia neotestamentaria, I, pp. 474-483; H.-J. Klauck,
ne di Dio e del padre mio e non fossi pronto a consegnare me stesso [rcapéxetv aó-róv] Erleuchtung und Verkùndigung. Auslegungsskizze zu 2 Kor 4,1-6, in L. De Loren-
ad entrambi' ...; e si slanciò verso l'altare e verso l'immolazione"). zi, a cura, Paolo ministro del Nuovo Testamento (2Co 2,14 - 4,6), Serie Monogr.
261
Cf. D. Von Allmen, Lafamille de Dieu. La symbolique familiale dans lepau- " B e n e d i c t . " , Sez. Bibl.-Ecum. 9, Abbazia di S. Paolo, Roma 1987, p p . 267-297
linisme, OBO 41, Édit. Univers./Vandenhoeck, Fribourg en S.-Gòttingen 1981, p p . specie 284-286. Va esclusa dalla concezione paolina l'idea platonica secondo cui
166-175.
immagine di Dio è il m o n d o intero (cf. Platone, Tim. 92c).
190 L'APOSTOLO PAOLO LA CRISTOLOGIA COME STRUTTURA DEL PENSIERO PAOLINO 191

nizione si intravedono tre filoni diversi: il primo è il testo di Gn dossologia a Dio (non a Cristo!), che conclude la serie delle pre-
1,26 ("Facciamo l'uomo a nostra immagine e secondo la nostra rogative di Israele enumerate nel v. precedente (cf. anche Rm
somiglianza"; cf. Gn 9,6); il secondo è la definizione della Sapien- 1,25). Il testo allora si dovrebbe leggere così: "il quale è sopra
za come "riflesso della luce perenne, specchio senza macchia del- ogni cosa. Dio (sia) benedetto nei secoli. Amen"; oppure: "Dio,
l'attività di Dio, e immagine della sua bontà" (Sap 7,26); il terzo che è sopra ogni cosa, (sia) benedetto nei secoli. Amen"; o forse
è la prassi orientale ed ellenistica di onorare anche religiosamente meglio: "Colui che è sopra ogni cosa, Dio, (sia) benedetto nei
il sovrano come immagine della divinità265. Il titolo perciò espri- secoli. Amen" (così Thùsing, Kuss, Kàsemann, Wilckens, Dunn,
me un insieme di cose: Cristo non è tanto una copia quanto il rap- Stuhlmacher, Schmithals, de Jonge, Byrne; tra le versioni, la RSV
presentante vivente di Dio; è l'uomo perfetto che inaugura una nuo- e la cattolica New American Bible). L'Apostolo, infatti, non solo
va umanità (cf. 2Cor 5,17); come la Sapienza, egli condivide la stes- non attribuisce mai altrove a Cristo la qualifica secca di " d i o " ,
sa natura di Dio (cf. 2Cor 4,6); infine è degno di un culto di ado- ma in ICor 8,6 distingue chiaramente tra "un solo Dio" (= il
razione religiosa (anche se raramente attestato in Paolo; cf. 2Cor Padre) e "un solo Signore" ( = Gesù Cristo); con ciò egli non
12,8-9). E quando l'Apostolo scrive dei cristiani che sono chiama- nega affatto la divinità a Gesù, ma la afferma in altri modi, allu-
ti ad essere "conformi all'immagine del Figlio suo" (Rm 8,29), in- dendovi piuttosto con i titoli di Kyrios, di Figlio e di Immagine
tende parlare di una effettiva partecipazione alla filiazione di Cri- (vedi sopra) 268 .
sto e ricorda loro l'unico punto di riferimento possibile sul quale
normare la propria identità, non solo in questa vita ma anche in
quella futura (cf. ICor 15,49; Fil 3,21)266. 8. La cristologia come struttura fondamentale del pensiero paolino
7.2.3 "Dio"? In Rm 9,5, secondo le traduzioni correnti, si leg-
gerebbe così: " 5 a Da essi [= gli Israeliti] proviene Cristo secondo Senza l'incontro con Cristo e la riflessione su di lui, non esi-
la carne, 5begli che è sopra ogni cosa, Dio benedetto nei secoli. sterebbe alcuna specifica teologia paolina. Non lo studio delle
Amen" (CEI, BJ, TOB, la Einheitsùbersetzung; inoltre: Cullmann, Scritture da sole né tantomeno la semplice considerazione della
Leenhardt, Schlier, Morris, Fitzmyer)267. Grammaticalmente, in- storia o dell'umana natura fornirono all'Apostolo la base su
fatti, è possibile riferire a Cristo la qualifica di " D i o " . Ma se, in- cui sviluppare le sue meditazioni. C'è invece in Paolo un cristo-
vece di isolare il testo assolutizzandolo, lo si considera all'interno centrismo che è decisivo non solo come punto di partenza ma
di tutto il linguaggio paolino e in specie della sua cristologia, la soprattutto come elemento coagulante degli sfaccettati aspetti
cosa migliore da fare è di disgiungere il v. 5a ("dai quali proviene del suo pensiero. Esso soltanto infatti è la chiave ermeneutica
il Cristo secondo la carne") dal v. 5b (ó tov ini TCÓCVTOOV 9eò<j tù\o*fr\xò<; dei vari capitoli del suo patrimonio ideale, sia di quelli derivanti
efc TOÙC oùwvocs), così da vedere in quest'ultima frase una normale
268 Del resto in Rm 15,6 Paolo parla del "dio e padre del Signore nostro Gesù
Cristo", riservando il concetto di 9eó<; a quello di "padre" di Gesù Cristo, il quale
invece da parte sua vi si rapporta al genitivo con i concetti di Figlio e di Immagine.
265 Un altro forte argomento contro la lettura cristologica in Rm 9,5 è che l'immediata
Lo troviamo detto per esempio di Artaserse I (464-424 a . C ; cf. Plutarco,
Themist. 21 A, in cui il vizir del re dichiara: "Voi, elleni, si dice che ammiriate par- connessione della qualifica di Geo? con il Cristo xarà aàpxa (cioè il Terreno! cf. Rm
ticolarmente la libertà e l'uguaglianza; a noi invece la consuetudine più bella fra l,3b) appare insopportabilmente stridente, senza una qualche spiegazione, dato che
tante pare questa: di onorare il re e inginocchiarsi ad adorarlo come se fosse una in questo senso l'Apostolo preferisce definire Gesù con l'idea di filiazione (cf. Rm
immagine di quel Dio che a tutto provvede") e di Tolomeo Epifane (204-180 a . C ; 1,3; 8,3; Gal 4,4). Vedi un'ampia trattazione della questione in O. Kuss, La lettera
cf. la pietra di Rosetta in OGIS 90,3: "Immagine vivente di Zeus, figlio del Sole"). ai Romani, III, pp. 94-110. In generale, sul valore strettamente teologico del titolo
266
Cf. W. Thùsing, Per Christian in Deum. Studien zum Verhàltnis von Chri- 0£Ói; nel NT come qualifica del Padre, cf. K. Rahner, Theos nel Nuovo Testamen-
stozentrik und Theozentrik in den pauiinischen Hauptbriefen, NA, Aschendorff, to, in Id., Saggi teologici, Paoline, Roma 1965, pp. 467-585 (l'Autore riconosce
Mùnster i. W. 1965 (31986), pp. 122-125. valore cristologico al titolo in Rm 9,5; Gv 1,1.18; 20,28; lGv 5,20; Tt 2,13; ma
267
Su questa linea si colloca anche M. J. Harris, Jesus as God. The New Testa- è già sospetto il fatto che Rm 9,5 sia l'unico testo del genere nelle lettere paoline
ment Use of "Theos" in Reference to Jesus, Baker, Grand Rapids 1992, pp. 143-172, autentiche, mentre la cosa non stupisce né nella tradizione paolina [accanto a Tt
che però si appoggia a motivi prevalentemente grammaticali-sintattici, e non tanto 2,13 andrebbe collocato anche Col 2,9] né tantomeno nella tradizione giovannea;
di ermeneutica paolina globale. cf. più sotto).
192 ^ L'APOSTOLO PAOLO LA CRISTOLOGIA COME STRUTTURA DEL PENSIERO PAOLINO 193

dalle precomprensioni giudaiche sia di quelli originati dalla fede Anche per l'accesso a Dio è ora determinante la mediazione di Gesù
cristiana 2 6 9 . Cristo. Lo si vede chiaramente nell'uso del sostantivo 7tpoaaycoyri, che
Qui di seguito dettagliamo brevemente questi vari capitoli, evi- in tutta la Bibbia greca ricorre solo in Paolo (Rm 5,2: "Giustificati dun-
denziando a p p u n t o per ciascuno di essi la centralità dell'ottica cri- que per la fede, siamo in pace con Dio per mezzo del Signore nostro
stologica. Gesù Cristo, mediante il quale abbiamo ottenuto l'accesso a questa grazia
nella quale stiamo saldi"; e poi Ef 2,18; 3,12)273. Nella grecità, a se-
conda dei contesti, il termine può significare "approdo" (di una nave
a un porto), "ammissione" (all'udienza di un re), "comparizione" (da-
8.1 Dio
vanti a un giudice), "presentazione" (di un'offerta all'altare). Sempre
comunque implica un avvicinamento, cioè il superamento di una distanza
Dio, pur rimanendo fondamentalmente quello dello Sem(f e del- e in senso personalistico l'ottenimento di un faccia a faccia. È così che,
la fede ebraica, è ora concepibile non più soltanto come padre di mediante Gesù Cristo, viene superata alla radice quella condizione di
Israele (cf. Es 4,22; Dt 32,6; Ger 3,4.19; Os 11,1 ) o del Messia (cf. lontananza e di estraneità che normalmente affligge l'homo religiosus
voi. I, pp. 147-149) o più genericamente come " p a d r e n o s t r o " (ICr di fronte al tremendum della inarrivabile maestà divina. In Cristo or-
29,10; Is 63,15; Semoneh cesreh; Qaddis; Mt 6,9), m a soprattutto mai a ogni cristiano è concesso di guardare, senza più alcun timore, Dio
come " P a d r e del Signore nostro Gesù C r i s t o " (Rm 15,6; 2Cor 1,3; negli occhi! Resta il fatto che si accede a Dio, non a Cristo; ma è Cristo
11,31) 270 . Egli è ora definito da una speciale relazione con lui, che che introduce.
è "figlio s u o " (cf. sopra). Lo ha inviato (cf. Rm 8,3; Gal 4,4), lo
ha dato senza risparmio (cf. Rm 8,32), lo ha presentato in espia-
zione (cf. Rm 3,25): non per compiere atti marginali ma per realiz- 8.2 L o Spirito
zare l'evento decisivo della redenzione. Non vale più quindi la tra-
dizione isaiana, confluita neh"Haggadah pasquale (e basata su Dt Anche lo Spirito, che tradizionalmente era detto " d i D i o " o
26,8) 2 7 1 , che pensa a Dio come salvatore in proprio, senza l'aiuto " S a n t o " , ora viene originalmente qualificato come " d i Cristo" (Rm
di alcun mediatore. L'uso della preposizione Sia, " m e d i a n t e , at- 8,9), "del Figlio" (Gal 4,6), " d i Gesù C r i s t o " (FU 1,19)274. Ricor-
traverso, per mezzo d i " (con il genitivo), testimonia massicciamente diamo qui che persino l'augurio trinitario in 2Cor 13,13 inizia con
la funzione mediatrice di Cristo, espressa in vari contesti: a p r o p o - " l a grazia del Signore Gesù C r i s t o " , come a dire che solo alla sua
sito della sua morte (cf. Rm 7,4 + 5,15-21), della sua vita di Ri- luce si possono comprendere appieno " l ' a m o r e di Dio p a d r e " e
sorto (cf. Rm 5,10-11), della predicazione (cf. Rm 10,17; 1 Cor 1,21; " l a comunione dello Spirito S a n t o " .
2Cor 5,18), dello stato attuale e stabile del cristiano (cf. Rm 5,1-2),
della preghiera di ringraziamento e di lode (cf. ICor 15,57; 2Cor
1,20; cf. Rm 16,27) e della salvezza dall'ira futura (cf. lTs 8.3 L a croce
1,10) 272 .
La croce secondo Paolo ha sempre e soltanto una dimensione
269 cristologica (cf. sopra: 4.1.1). Sarebbe impossibile per lui dire in
Vedi in merito il concetto di "cristologizzazione diffusa" come fattore strut-
turante delle lettere paoline in J.-N. Aletti, Gesù Cristo: unità del Nuovo Testa- termini antropologici che bisogna " p o r t a r e la propria c r o c e " (co-
mento?, Boria, Roma 1995 (orig. frane, Paris 1994), pp. 28-72. me si legge in Mt 10,38 e 16,24 parr.). La croce infatti è solo quella
270
L'espressione ricorre solo più in Col 1,3; Ef 1,3; lPt 1,3, ed è quindi tipica-
mente paolina.
271
Cf. M. Pesce, Dio senza mediatori. Una tradizione teologica dal giudaismo
al cristianesimo, Paideia, Brescia 1979. 273
Mentre i LXX usano solo il verbo xpocàfeiv (perlopiù in senso cultuale), Paolo
272
In generale, vedi J. Schlosser, Théologie et cristologie dans les lettres de mediante il sostantivo denota una riflessione non sull'atto episodico dell'accesso
Paul, in ACFEB, Paul de Torse, LD 165, Du Cerf, Paris 1996, pp. 331-359, che ma274sulla natura e sull'importanza dell'accesso medesimo.
fa vedere bene come la figura di Gesù stia al punto d'incrocio tra l'orientamento Le analoghe formulazioni di At 16,7 e lPt 1,11 sono di ascendenza paolina.
dell'uomo verso Dio (linea ascendente) e il cammino percorso da Dio verso l'uomo Sull'insieme vedi R. Penna, Lo Spirito di Cristo (cit.), dove tra l'altro di 2Cor 3,16
(linea discendente). ("lo Spirito del Signore") si dà un'interpretazione teo-logica.
194 L'APOSTOLO PAOLO LA CRISTOLOGIA COME STRUTTURA DEL PENSIERO PAOLINO 195

di Cristo: solo in essa si può avere fede, e solo essa è fonte di re- avrebbe un senso specificamente cristiano, se non si fondasse prio-
denzione. È questa croce che non va svuotata di senso (cf. ICor ritariamente su questo dato cristologico276.
1,17), sia perché è quella di Cristo, sia perché essa non fu affatto
una metafora! La partecipazione del cristiano ad essa avviene a un
duplice livello: innanzitutto e fondamentalmente come immersio- 8.5 // cristiano
ne del peccatore nella morte redentrice di Cristo (cf. sopra: 5.2),
e solo secondariamente come condivisione dei patimenti di Cri- Il cristiano stesso, come abbiamo visto, ottiene la sua vera fisio-
sto da parte del sofferente. In questo secondo senso, l'unione a lui nomia non dal sostenere determinati valori astratti ma dal vivere
avviene essenzialmente nel campo delle sofferenze apostoliche "in Cristo Gesù" e corrispondentemente dal fatto che "Cristo vi-
sostenute a causa dell'evangelo (cf. 2Cor 4,7-15; 6,3-10; 11,21- ve in m e " (cf. sopra: 5.2.2).
12, IO)275.

8.6 L'ultimo giorno


8.4 La chiesa
Anche Y ultimo giorno, sulla falsariga del veterotestamenta-
La chiesa stessa viene ora originalmente definita come "corpo rio "giorno del Signore" ( = Yhwh), viene detto "del Signore"
di Cristo" (ICor 12,27; cf. Rm 12,4-5). Tralasciamo qui due im- (= Gesù risorto; lTs 5,2) o "di Gesù Cristo" (ICor 1,8; FU 1,6);
portanti questioni esegetiche: (1) se la definizione comporti solo analogamente "il tribunale" del giudizio finale, oltre che essere di
un paragone, così che l'equazione più importante sarebbe quella Dio (Rm 14,10) è pure di Cristo (2Cor 5,10).
tra chiesa e corpo, oppure se essa implichi una sorta di identifica- Altri concetti, tradizionalmente riservati a Dio, sono ora appli-
zione, così che l'equazione si giocherebbe tra chiesa e Cristo; (2) cati a Cristo: la grazia (cf. Gal 1,6), l'agape (cf. Rm 8,35), la dy-
quale sia l'origine storico-culturale-religiosa di questa interessante namis (cf. 2Cor 12,9), e persino la Legge (cf. Gal 6,2).
definizione (la concezione stoica del cosmo e della società? l'idea
della divinità suprema come figura umana gigantesca? il linguag-
gio eucaristico? la teoria moderna della personalità corporativa? 8.7 Conclusione
una prospettiva gnostica?). Ciò che qui importa notare è che la chie-
sa non esiste senza un rapporto vitale con Cristo, ma riceve solo Tutto questo trapasso semantico di concetti teologici era inevi-
da lui la propria identità; neanche la definizione di "popolo di Dio" tabile, dal momento che per Paolo la figura di Gesù Cristo veniva
ad assumere, all'interno della costellazione dei tradizionali conte-
nuti di fede, un ruolo di catalizzatore tale da attrarre, modificare
275
e risistemare i vari elementi costitutivi della fede stessa (di quella
Su questa linea si porrà la deuteropaolina Col 1,24, la cui traduzione cor-
rente (cf. CEI: "Sono lieto delle sofferenze che sopporto per voi e completo nella ebraica e di quella cristiana). Se questo ruolo era stato storicamen-
mia carne quello che manca ai patimenti di Cristo a favore del suo corpo che è la te imprevisto, esso però si rivelava necessario a motivo dell'inau-
chiesa") andrebbe corretta così: "...e completo quello che manca ai patimenti di dita statura misterica propria di Gesù.
Cristo nella mia carne...". Infatti la costruzione della frase nel testo originale la-
scia intendere che, se c'è una mancanza, questa riguarda non i patimenti di Cristo,
ma la mia carne; cioè: quello che manca concerne non l'oggettiva passione di Cri- 276
Tuttavia H. Merklein, Derpaulinische Leib-Christi-Gedanke, in Id., Studien
sto, che è in sé completa e sufficiente, ma la mia soggettiva partecipazione a essa. zu Jesus und Paulus, pp. 319-344, fa osservare che il discorso di Paolo in materia,
È "la mia carne", cioè la mia esistenza storica, la mia vita, che è chiamata a corri- stante il contesto, non è tanto a servizio della cristologia quanto piuttosto della di-
spondere esattamente, pur nelle sue immancabili manchevolezze, alla totale auto- mensione ministeriale della comunità cristiana. In più, oltre a E. Kàsemann, Il pro-
dedizione di Cristo per la chiesa fino alla morte. Tra i Commenti, cf. J.- N. Aletti, blema teologico del motivo del corpo di Cristo, in Ib., Prospettive paoline, pp.
Col., pp. 121-123. Più in generale, vedi P. Iovino, Chiesa e tribolazione. Il tema 149-174, vedi anche H.-W. Park, Die Kirche als "Leib Christi" bei Paulus, TVG
della 0XtcjH<; nelle lettere di S. Paolo, Facoltà teologica di Sicilia "Studi" 1, Palermo Monographien und Studienbucher 378, Brunnen, Giessen-Basel 1992, che si richia-
1985. ma alla tipologia Adamo-Cristo.
196 L'APOSTOLO PAOLO

Tuttavia, se è vero che Paolo ripensa la teologia dal punto di BIBLIOGRAFIA


vista della fede cristologica, va pur sempre ricordato che "la sua
cristologia è teocentrica"277. La figura di Cristo, per quanto ideal-
mente gigantesca, non solo non risucchia in sé tutta la divinità pos-
sibile, ma non è neanche quella di un «secondo dio»278. Certo egli
è caratterizzato da una inconfondibile e forte ontologia personale;
questa però è posta al servizio di una funzione che consiste nel ri-
condurre l'uomo a una nuova comunione con Dio. C'è un passo
in Paolo che sembra addirittura declassare Gesù a servitore tem- Adinolfi M., L'invio del Figlio in Rm 8,3, in Id., // Verbo uscito
poraneo della gloria di Dio, là dove si dice che "quando sarà la dal silenzio. Temi di cristologia biblica, Dehoniane, Roma 1992,
fine egli consegnerà il regno a Dio Padre, dopo aver ridotto al nul- pp. 95-117.
la ogni principato e ogni potestà e potenza;... e quando tutto gli Aletti J.-N., La Lettera ai Romani e la giustizia di Dio, Boria, Ro-
sarà sottomesso, anche lui, il Figlio, sarà sottomesso a Colui che ma 1997 (orig. frane, Paris 1991).
gli ha sottomesso ogni cosa, perché Dio sia tutto in tutti" (ICor —, Lettera ai Colossesi, SOC 12, Dehoniane, Bologna 1994.
15,24.28). Certamente il contesto prossimo e remoto non lascia al- —, Gesù Cristo: unità del Nuovo Testamento?, Boria, Roma
cun dubbio che non si tratta affatto di un'abdicazione dell'identi- 1995 (orig. frane, Paris 1994).
tà di Figlio di Dio e che non viene meno la comunione con lui (cf. Allison D.G., The Pauline Epistles and the Synoptic Gospels: The
ICor 1,9; 15,49; Rm 8,29). Del resto, anche l'esercizio storico del- Pattern of Parallels, NTS 28 (1982) 1-32.
la signoria di Gesù è chiaramente ordinato "a gloria di Dio Pa- Àlvarez Verdes, El imperativo cristiano en San Pablo. La tensión
dre" (Fil 2,11). In questo senso l'Apostolo scrive che "Cristo è di indicativo-imperativo en Rm 6. Anàlisis estructural, Institución
Dio" (ICor 3,23), e addirittura altrove egli dice che i cristiani stes- San Jerónimo, Valencia 1980.
si "regneranno nella vita per mezzo del solo Gesù Cristo" (Rm Arnold J.P., The Relationship of Paul to Jesus, in J.H. Charles-
5,17). Quindi la successione presente nel passo citato (prima la re- worth & L.L. Johns, edd., Hillel and Jesus. Comparisons of Two
galità di Cristo e poi quella di Dio) evidenzia soltanto in termini Major Religious Leaders, Fortress, Minneapolis 1997, pp.
icastici il fatto che la signoria di Cristo è il mezzo privilegiato per 256-288.
realizzare compiutamente la signoria di Dio nel mondo279. Badenas R., Christ the End of the Law. Romans 10.4 in Pauline
Dall'insieme dunque si deduce che il cristiano non è un cristola- Perspective, JSNT Suppl. 10, JSOT Press, Sheffield 1985.
tra nel senso negativo del termine. Cristo non occupa tutto lo spa- Barbaglio G., La prima lettera ai Corinzi, SOC 7, Dehoniane, Bo-
zio del divino, ma è mediatore tra Dio e l'uomo, inverando in sé logna 1996.
entrambi i poli. Perciò è "a Dio che rendo culto nel mio spirito, Barker M., The Great Angel. A Study of Israel's Second God,
annunciando il vangelo del Figlio suo" (Rm 1,9). SPCK, London 1992.
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277
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Questo esplicito sintagma sarà proprio di Numenio di Apamea e della lette- na, Torino 1995.
ratura ermetica; cf. A. Magris, La logica del pensiero gnostico, Morcelliana, Bre-
scia2791997, pp. 129s. Barth M., St. Paul - A Good Jew, Horizons in Biblical Theology
Oltre ai Commenti, cf. W. Thusing, Per Chrìstum in Deum, pp. 238-254. 1 (1979) 7-45.
Più in generale, vedi R. Penna, Dialettica tra ricerca e scoperta di Dio nell'episto-
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LA TRADIZIONE PAOLINA

Premesse

Paolo non rimase un gigante isolato all'interno delle origini cri-


stiane. Egli 'fece scuola'. Oggi, infatti, per quanto si debba con-
statare che nell'età subapostolica un certo gruppo di scritti lo ignori
del tutto (così la Didaché, il Pastore di Herma, le opere di Papia
e di Egesippo) e altri ne dimostrino un influsso solo parziale (così
Clemente Romano e Ignazio di Antiochia), tende a farsi sempre
più strada l'opinione che alcune lettere del suo epistolario canòni-
co siano in realtà il prodotto di vari suoi discepoli, che le hanno
scritte dopo la sua morte. Le lettere in questione sono sei: 2Ts, Col,
Ef, e le tre Pastorali (l-2Tm, Tt). Su di esse non manca una speci-
fica e abbondante bibliografia1. A queste lettere noi accorpiamo
anche la lPt che, pur recando come mittente il nome dell'apostolo
Pietro, oggi viene perlopiù considerata uno scritto di eredità pao-
lina, almeno per quanto riguarda alcuni suoi temi importanti2.

1
Vedi soprattutto H.-M. Schenke, Das Weiterwirken des Paulus und die Pfle-
ge seines Erbes durch die Paulus-Schule, NTS 21 (1975) 505-518; U.B. Mùller, Zur
frùhchristlichen Theologiegeschichte. Judenchristentum und Paulinismus in Klein-
asien an der Wende vom ersten zum zweiten Jahrhundert n. Chr., Mohn, Gùters-
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e le origini cristiane, Cittadella, Assisi 1985, pp. 267-314.
2
Oltre alle Introduzioni (come quelle di H.-M. Schenke e K.M. Fischer, Gùters-
loh 1978, pp. 199-216; H. Koester, Berlin 1980, pp. 731-733), cf. l'ampia discussio-
ne in R.E. Brown & J.P. Meier, Antiochia e Roma, chiese-madri della cattolicità
antica, Cittadella, Assisi 1987, pp. 163-169. Ricordiamo qui solo tre dettagli di cor-
nice: la euloghia di 1,3 è chiaramente formulata in base a 2Cor 1,3 ed Ef 1,3; il
nome di Silvano in 5,12 ci riporta inevitabilmente a un collaboratore della cerchia
paolina (cf. lTs 1,1); il nome di Babilonia come luogo di origine della lettera ri-
216 H A TRADIZIONE PAOLINA L'ANNIENTAMENTO ESCATOLOGICO DELL'EMPIO 217

La sottrazione di queste lettere alla paternità dell'autore dichiarato 1. L'annientamento escatologico dell'Empio (2Ts)
nel prescritto non è altro che una presa d'atto del fenomeno della
cosiddetta pseudepigrafia, abbastanza praticato nell'antichità sia in La seconda lettera ai Tessalonicesi spicca all'interno del Nuovo
ambito semitico sia in quello greco (non in ambito latino)3. A mon- Testamento per una pagina particolarmente intrigante anche se di
te di questa prassi nel Nuovo Testamento, tutt'altro che l'intenzione non facile interpretazione (cf. 2,1-12). L'argomento di fondo ri-
di falsificare e mettere in cattiva luce il personaggio in nome del guarda il ritardo della parusìa, che distanzia questo scritto dalla
quale si scrive, c'è il desiderio di appoggiarsi a lui e attualizzare
la sua presenza in nuovi contesti storico-ecclesiali che richiedono un prima lettera. Infatti, mentre là Paolo affermava la possibilità che
autorevole intervento risolutore. Perciò le nuove lettere sono in realtà lui e i suoi destinatari potessero essere ancora in vita al momento
un omaggio nei suoi confronti (in questo senso, vedi ciò che nel della seconda venuta di Cristo (cf. lTs 4,15; ma vedi anche Rm
secolo III d.C. scriverà il filosofo platonico Giamblico, Vit. Pyth. 13,11; ICor 15,51), qui invece si invitano i lettori a non lasciarsi
158, a proposito dei molti pitagorici che avevano scritto sotto il nome facilmente confondere o ingannare "né da pretese ispirazioni, né
del grande Maestro: "Nobile cosa che essi attribuissero tutto a Pita- da parole, né da qualche lettera fatta passare come nostra, quasi
gora e assai di rado si procurassero una gloria personale per le loro che il giorno del Signore sia imminente" (2,2). Il divario fra le due
scoperte: onde sono assai pochi coloro dei quali si conoscono gli posizioni è evidente, e in più si ricava netta l'impressione che l'au-
scritti propri"). Oltre tutto, questa prassi costituisce un segno elo- tore intervenga per correggere la sensazione suscitata dalla prima
quente di continuità della tradizione. Le ragioni per ritenere pseude- lettera come se a scriverla non fosse la stessa persona 4 . Va anche
pigrafico uno scritto sono normalmente di tre tipi: letterario (in quanto
il lessico e lo stile non collimano con quelli delle altre lettere), storico detto che la nuova presa di posizione viene fatta con un linguaggio
(in quanto esse e gli avvenimenti riferiti mal si combinano con il debitore dell'apocalittica, che non solo accetta il tradizionale cal-
quadro biografico dell'Apostolo), e contenutistico (in quanto la te- colo apocalittico del tempo ma accentua anche la distanza esisten-
matica trattata rappresenta una variazione rispetto a quella delle let- te tra il presente e il futuro mediante l'inserimento di fasi interme-
tere autentiche). die (cf. 2,3: "prima dovrà avvenire l'apostasia"; 2,6-7: qualcosa
finora la ostacola, ma sarà tolto di mezzo; 2,8: "solo allora...") 5 .
Quanto alle deuteropaoline, bisogna certo riconoscervi la pre- La fine ultima viene descritta con lo scenario di una lotta senza
senza di un innegabile paolinismo di fondo; ma ciò che vi si nota quartiere tra due contendenti, ciascuno dei quali dispiega tutta la
di nuovo rispetto alle grandi lettere dell'Apostolo, oltre a un cam- forza di cui dispone. Da una parte, c'è un personaggio variamente
biamento di stile sul piano formale, è un originale slittamento te- etichettato come "l'uomo iniquo, il figlio della perdizione, colui
matico, che riguarda una serie di argomenti come la giustificazio- che si contrappone e s'innalza sopra ogni essere che viene detto Dio
ne per fede, l'ecclesiologia, la parenesi e l'escatologia. o è oggetto di culto, fino a sedere nel tempio di Dio, additando
Anche il modo di esprimere la fede in Cristo conosce delle inte- se stesso come Dio" (2,3-4). Egli si manifesterà "nella potenza di
ressanti variazioni, che occorre onorare considerandole a parte. Ne satana con ogni sorta di portenti, di segni e prodigi menzogneri
rileviamo sei. e con ogni sorta di empio inganno per quelli che vanno in rovina"
(2,9-10)6. Dall'altra, c'è "il Signore Gesù che lo distruggerà con

4
chiama la città di Roma, che dopo l'anno 70 viene così qualificata nella letteratura Cf. G.S. Holland, "A Letter Supposedly from Us": A Contribution to the
apocalittica (cf. Ap 14,8; 16,19; 17,5; 18,2.10.21; 2Bar 11,1; 67,7; Or. Syb. Discussion about the Authorship of2 Thessalonians, in R.F. Collins, ed., The Thes-
5,143.159), e quindi una chiesa segnata dalla corrispondenza e dalla presenza di salonian Correspondence, BETL 87, University Press, Leuven 1990, pp. 394-402;
Paolo. Vedi sotto: §7. e più in generale R.F. Collins, Letters That Paul Did Not Write, pp. 209-241.
3 5
Sull'argomento cf. R. Penna, Anonimia e pseudepigrafia nel Nuovo Testamen- Cf. H. Koester, From Paul's Eschatology to the Apocalyptic Schemata of 2
to: comparatismo e ragioni di una prassi letteraria, RivBibl 33 (1985) 319-344; D.G. Thessalonians, in R.F. Collins, ed., The Thessalonian Correspondence, pp. 441-458.
6
Meade, Pseudonymity and Canon. An Investigation into the Relationship o/Au- Cf. J. Ernst, Die eschatologischen Gegenspieler in den Schriften des Neuen Te-
thorship and Authority in Jewish and Earliest Christian Tradition, WUNT 39, Mohr, staments, BU 3, Pustet, Regensburg 1967, pp. 24-79. Su un piano più divulgativo,
Tùbingen 1986. cf. B. McGinn, L'Anticristo, Corbaccio, Milano 1996.
218 LA TRADIZIONE PAOLINA "IL DILETTO" 219

il soffio della sua bocca e lo annienterà all'apparire della sua ve- cilmente la sconfitta con ciò che c'è di più fragile e inconsistente,
nuta" (2,8)7. "lo spirito della sua bocca", un soffio, paradossalmente diventa-
L'Empio, per quanto venga descritto in termini personali, è stret- to irresistibile. A monte di questo linguaggio c'è il classico testo
tamente collegato con il mistero dell'iniquità diffusamente presen- messianico di Is 11,4 LXX ("Colpirà la terra con la parola della
te nel mondo8. Egli è soprattutto un anti-Dio, come risulta dai ri- sua bocca, e con lo spirito delle sue labbra toglierà di mezzo l'em-
mandi agli oppositori di Yhwh nell'Antico Testamento (cf. Dn 11,36 pio"), che qui viene caricato di una inedita valenza cristologica11.
[su Antioco IV Epifane]; Ez 28,2 [contro il re di Tiro]; Is 14,13 La cristologia della nostra lettera, dunque, si distingue per la sua
[sulla morte del re di Babilonia]); perciò contro di lui il Signore impronta non tanto escatologica quanto apocalittica, nel senso che
Gesù interviene fondamentalmente per incarico di Dio stesso9. Ma al Signore Gesù viene riconosciuto un risolutivo intervento vitto-
l'Empio finisce per essere anche inevitabilmente un anti-Cristo, se rioso nello scontro finale con il mistero dell'iniquità (cf. Ap
non altro perché lo scontro avviene appunto tra l'Empio e Gesù 19,11-21; 20,7-10). Ma non si tratta soltanto di un duello isolato.
ed è questi che lo sconfigge. Anzi, mentre la comparsa dell'Empio Secondo la nostra lettera i due attori principali coinvolgono nelle
avviene "nella potenza (xa-c'èvépyeiav) di satana", dimostrandosi proprie sorti l'intera umanità, provocandone la spaccatura: dietro
con ciò alle sue dipendenze, l'intervento di Gesù non è detto avve- l'Empio stanno "quelli che si perdono" (2,10b-12), mentre con il
nire "nella potenza" di nessuno, dando l'impressione che egli agi- Kyrios ci sono i cristiani (di Tessalonica) che "Dio ha scelto fin
sca in proprio; dunque già qui, ancor prima che nella sua azione dall'inizio (àTt'àpxris; oppure àrcapxriv, 'come primizia') per la sal-
vittoriosa, si intravede la grandiosa statura di questo trionfatore. vezza" (2,13-14). È propriamente questo tema che all'autore della
Infatti, è sorprendente rilevare l'estrema diversità di comportamento lettera sta a cuore di affrontare, sia per esortare i destinatari alla
delle due figure antagoniste. Mentre il primo mette in atto un pom- saldezza spirituale (cf. 2,15; 3,6) sia per assicurarli che sono amati
poso dispiegamento di forze come se si trattasse di una inattacca- dal Signore, il quale "ci ha dato una consolazione eterna e una buo-
bile dimostrazione di superiorità10, il secondo invece ne ottiene fa- na speranza" (2,16). Sicché in definitiva la cristologia è posta al
servizio della pastorale.
7
Tra i due contendenti si frappone una terza figura o una terza forza, detta sia
al neutro sia al maschile xò/ó xaxéxov/cov (2,6.7), "ciò/colui che trattiene (sott. l'e-
vento escatologico)". La sua interpretazione, nonostante abbia fatto scorrere i classici 2. "Il Diletto" (Ef 1,6)
fiumi d'inchiostro, resta problematica; vedi l'ampia trattazione di C.H. Giblin, The
Threat to Faith. An Exegetical and Theological Re-examination o/2 Thessalonians Nella euloghia iniziale della lettera agli Efesini si celebra, tra l'al-
2, AB 31, PIB, Rome 1967, pp. 167-242 (cf. anche Id., 2 Thessalonians 2 Re-read
as Pseudepigraphal: A Revised Reaffirmation of 'The Threat to Faith ', in R.F. Col- tro, l'elargizione di un'abbondante grazia da parte di Dio, avve-
lins, The Thessalonian Correspondence, pp. 459-469). Mentre Giblin lo identifica nuta "nel Diletto (èv xw T^O.TO\\LÌ^), nel quale abbiamo la reden-
negativamente con un movimento pseudocarismatico all'interno della stessa comu-
nità tessalonicese, i più vi scorgono l'allusione a una qualche realtà positiva (sia zione mediante il suo sangue, la remissione dei peccati" (Ef 1,6).
essa il piano divino di salvezza, la predicazione del vangelo, l'impero romano, o Il senso di questa affermazione viene parzialmente spiegato in un
addirittura il ritardo stesso della parusìa: in quest'ultimo senso, cf. W. Trilling, passo parallelo della lettera ai Colossesi, dove leggiamo che Dio
Der zweite Brief, p. 94).
8
Un particolare parallelismo si può notare tra queste espressioni e il manoscrit- "ci strappò dal potere delle tenebre e ci traspose nel regno del Fi-
to di Qumràn 1Q27, detto anche "Libro dei misteri", su cui vedi l'ampia trattazio- glio del suo amore (ó uìò? vr\<; àyó.Tzr\s ocù-cou), nel quale abbiamo la
ne in C.H. Giblin, The Threat to Faith, pp. 168-176.
9
C'è chi ha sostenuto che almeno in 2Ts 1,12 Gesù riceva l'appellativo di "Dio"
(cf. J.A. Bailey, Who wrote II Thessalonians?, NTS 25 [1978-79] 131-145, p. 139:
questo sarebbe un argomento in più contro l'autenticità paolina); la formula però minaccia del grande Dio si avvicina e una forza bruciante viene attraverso il mare
va letta piuttosto sulla falsariga del saluto nel precedente 1,2 (cf. i Commenti). verso terra, essa brucerà anche Beliar e tutti gli uomini prepotenti, quanti pongono
10
È interessante il parallelismo con Or. Syb. 3,63-74: "Allora Beliar verrà dai fede in lui" (cf. J.J. Collins, Sybilline Oracles, in J.H. Charlesworth, ed., The Old
'Sebastenoi' [- probabile allusione a Nerone, discendente della linea di Augusto; Testament Pseudepigrapha, I, p. 360).
11
cf. Asc. Is. 4], ed egli... compirà molti segni per gli uomini. Ma essi non avranno Sulla fortuna del testo isaiano nel giudaismo, cf. M.-A. Chevallier, L esprit
conseguenze per lui. Però svierà uomini e svierà molti credenti, ebrei scelti, e anche et le Messie dans le Bas-judaisme et le Nouveau Testament, PUF, Paris 1958; in
altri senza legge che non hanno ancora ascoltato la parola di Dio. Ma quando la particolare, vedi R. Penna, Lo Spirito di Cristo, pp. 173-186.
220 LA TRADIZIONE PAOLINA "CAPO" 221

redenzione, la remissione dei peccati" (Coi 1,13-14). In quest'ulti- Il tema dell'amore di Dio verso gli uomini in genere e verso i
mo passo, a parte l'interessante concezione secondo cui i credenti- cristiani in specie è diffuso nel Nuovo Testamento (cf. per esem-
battezzati sono già oggi collocati nel Regno (cf. anche 2,12; 3,1-2), pio Gv 3,17; e Rm 8,37), ma il testo di Ef 1,6 (e Col 1,13) resta
notiamo che la locuzione cristologica è letterariamente un semiti- singolare per dire che l'amore con cui Dio è legato a Gesù Cristo
smo e si può ben tradurre "Figlio suo diletto". non ha confronti. Indirettamente i cristiani stessi sono invitati a
La formulazione di Ef 1,6, costruita con un participio perfetto, ritenere che essi, in quanto tali, non sono amati da Dio se non in
è unica nel suo genere. Essa si differenzia dal più ricorrente agget- quanto compresi nell'amore incomparabile che egli ha per colui che
tivo verbale àyaizr\-zó<; (solo nei Sinottici: Me 1,11//[battesimo al è Figlio suo nel senso più pieno del termine.
Giordano]; Me 9,7/Mt 17,5 [trasfigurazione]; Me 12,6/Lc 20,13
[parabola dei vignaioli omicidi]), in un doppio senso. Innanzitut-
to, a differenza di questo, essa insiste non tanto sul fatto oggettivo 3. "Capo" (Col-Ef)
dell'amore di Dio nei confronti di Cristo quanto soprattutto sul
fatto che questo amore è vivo e perdurante nel tempo12; ed è inte- Il titolo cristologico di xt<?xkr\ è presente solo nelle lettere gemel-
ressante osservare che la stessa forma verbale serviva ai LXX per le ai Colossesi e agli Efesini16. Qui esso viene impiegato a un dop-
tradurre il vezzeggiativo ebraico yesurun, con cui nell'Antico Te- pio livello metaforico: in senso fisiologico con funzione vitale, co-
stamento si qualifica il popolo d'Israele come il prediletto di Dio me è la testa per il corpo umano; e in senso politico con funzione
(cf. Dt 32,15; 33,5.26; Is 44,2)13. Il titolo, dunque, esprime una di preposto, come è il leader di un gruppo. Esaminiamo separata-
relazione di particolare intimità paterna tra Dio e Gesù. In secon- mente entrambe le valenze.
do luogo, va notato il contesto della sua occorrenza, che è quello
dell'effusione del sangue e quindi della passione (appena alluso nella
suddetta parabola sinottica)14, con la connessa remissione dei pec- 3.1 Capo della chiesa
cati. Sullo sfondo si intravede lo schema veterotestamentario della
Aqedah o sacrificio di Isacco in Gn 22, dove Dio chiede ad Abra- C'è un passo parallelo nelle due lettere, che è fondamentale. Il
mo di sacrificargli "il figlio unico che ami" (così TM; invece i LXX suo contesto è una esortazione a vivere nella chiesa da adulti, e quin-
hanno: "il figlio diletto che ami")15. In questo modo si suggeri- di se ne deduce che la fede in Cristo è necessariamente orientata
sce, caso unico nel Nuovo Testamento, che l'amore di Dio accom- al vissuto comunitario del cristiano.
pagnò il Figlio fin nel dramma della sua passione e morte, anche
se sarebbe forse eccessivo vedere qui un commento della chiesa pri- Il testo ha rispettivamente una formulazione negativa in Col 2,18-19
mitiva al grido di abbandono emesso da Gesù sulla croce secondo ("Nessuno vi defraudi... senza afferrarsi al capo, dal quale tutto il corpo
Me 15,34/Mt 27,46. riceve sostentamento e coesione per mezzo di giunture e legami, realiz-
zando così la crescita secondo il volere di Dio") e positiva in Ef 4,15-16
("Dicendo la verità con amore [oppure: amandoci nella verità], cresciamo
sotto ogni aspetto verso di lui che è il capo, Cristo, a partire dal quale
12
tutto il corpo, compatto e unito per ogni giuntura, garante della forza
II tema esplicito dell'amore di Dio nei confronti di Gesù è presente poi solo propria di ciascuna componente, cresce integralmente edificandosi nel-
in Gv 3,15; 10,17; 15,9; 17,24.26.
13
Nulla prova che "il Diletto" fosse un titolo messianico per gli ebrei, mentre l'amore").
probabilmente lo diventò per i primi cristiani come risulta da Ignazio, ad Smyrn.
incipit; Barnaba, Epist. 3,6; 4,3.8 (cf. A.T. Lincoln, Ephesians, WBC 42, Word
Books, Dallas TX 1990, pp. 26-27). 16
14
Vedi anche Gv 10,17: "Per questo il Padre mi ama: perché io offro la mia In ICor 12,21 il termine è presente all'interno dell'apologo sul corpo umano
vita...". ("non può il capo dire ai piedi: Non ho bisogno di voi"), al quale Paolo paragona
15 l'articolazione ministeriale della comunità cristiana, ma non ha alcuna valenza cri-
Filone Al. integra i due aggettivi dicendo che Abramo donò a Dio "il figlio
unico e diletto" (DeAbr. 196); analogamente FI. Giuseppe scrive che Abramo "ama- stologica. Questo può essere uno dei motivi per affermare che Col-Ef sono deute-
va appassionatamente (Ù7t6pr)Yà7ta)" Isacco in quanto "unigenito" {Ant. 1,222). ropaoline.

I
222 LA TRADIZIONE PAOLINA "CAPO" 223

Nel testo colossese è da notare la pregnante espressione xpaxóòv È interessante osservare che, mentre Paolo attribuiva la moltepli-
T7]v xt<pa.Xr\v, "afferrarsi al capo, tenere saldamente il capo". Essa cità dei ministeri allo Spirito (cf. ICor 12,7.11), qui il solo donato-
esprime molto bene la necessità di agganciarsi a un sicuro punto re è il Cristo risorto ("colui che ascese al di sopra di tutti i cieli":
di appoggio per non cadere nel vuoto o meglio per non perdersi Ef 4,10a); inoltre, mentre al v. 7 si parla di un dono di grazia fatto
in inutili esteriorità. Contestualmente infatti (cf. Col 2,16-23) l'au- a ciascuno, nel v. 11 sono i ministeri ad essere considerati essi stes-
tore invita pressantemente i lettori a non far consistere la propria si dei doni alla chiesa19. Dicendo che il Risorto è stato innalzato
identità cristiana in questioni di cibo e di bevanda (vv. 16a.21) o "per riempire il tutto" (4,10b), si vuol sottolineare che i suoi doni
in questioni di feste e tempi sacri (v. 16b) o peggio in un'abnorme non sono un suo surrogato sostitutivo, ma un suo modo di presen-
venerazione di angeli (v. 18). Tutto ciò è tacciato di ombra (v.l7a), za viva e dinamica. Se poi osserviamo che i doni ministeriali elen-
vano orgoglio di una mente carnale (v. 18), prescrizioni di uomini cati non sono tanto quelli riconducibili alla fase del Gesù terreno
destinate a scomparire (v. 22), espressioni di una religiosità affet- ma provengono dalla sua condizione gloriosa, ne risulta che « fon-
tata (v. 23). Il fatto è che al di fuori di Cristo non ci sono né prati- datore » della chiesa non è soltanto colui che patì sotto Ponzio Pi-
che religiose né potenze intermedie che possano fare da surrogato lato ma anche colui che ora siede alla destra di Dio. Ciò significa
alla sua unica e sufficiente funzione salvifica. Se tutto il resto è che il cristianesimo e la chiesa soggiacciono a una perenne rifon-
ombra, egli solo è la realtà corposa a cui potersi aggrappare17. Ma, dazione, cosicché, tutt'altro che vivere per forza d'inerzia, essi so-
poiché il concetto di corpo richiama inevitabilmente la chiesa di no incessantemente e attualmente vivificati dal Cristo risorto.
cui egli è il capo (cf. Col 1,18), a lui si può saldamente aggrappare Il passo di Ef 5,22-33 evidenzia a suo modo questo rapporto sem-
solo chi partecipa alla comunità cristiana. pre fresco mediante la metafora dell'unione sponsale tra Cristo e
È il contesto efesino a sviluppare più ampiamente i risvolti ec- la chiesa20. Qui l'idea di capo è congiunta a quella di salvatore21
clesiologici del titolo. Infatti, tenendo presente che il discorso ri- e, pur supponendo una specifica concezione del rapporto matri-
guarda il Risorto, vi vengono esplicitate due funzioni complemen- moniale, culturalmente condizionata (cf. ICor 11,3-10: l'uomo capo
tari di Cristo-capo. L'una è che ciascuno nella chiesa ha in dono della donna)22, è per così dire temperata dal tema dell'amore del-
da lui una misura di grazia ("secondo la misura del dono di Cri- lo sposo verso la sposa (cf. vv. 25.28-29.33). La frase "Cristo amò
sto": Ef 4,7; cf. Rm 12,6; ICor 12,7.27; lPt 4,10), cosicché ogni la chiesa e diede se stesso per lei" è enunciata quasi come un assio-
battezzato ha una propria funzione da svolgere all'interno della co- ma che, da una parte,.suppone già note le modalità concrete di que-
munità cristiana con piena responsabilità e dignità di adulto. L'al- sta dimostrazione di amore (cf. 5,2), e, dall'altra, attribuisce alla
tra è che a Cristo va ricondotta anche una serie di ministeri quali- chiesa-comunità il ruolo di un partner personificato, oggetto delle
ficati, poiché "egli diede alcuni come apostoli, altri come profeti,
altri come annunciatori, altri come pastori e maestri" (Ef 4,11)18. 19
Cf. A.T. Lincoln, Ephesians, p. 241.
20
Essa va oltre il passo di 2Cor 11,2 ("Vi ho promessi a un unico sposo come
17
L'opposizione formulata in Col 2,17 tra axtà e acòfia (cf. le diverse traduzioni vergine casta da presentare a Cristo"), dove la frase non solo è pronunciata di pas-
del v. 17b: "la realtà è Cristo" [CEI, Einheitsubersetzung], "la realtà è il corpo saggio ed è priva di qualunque sviluppo, ma è detta della sola chiesa corinzia; in
del Cristo" [BJ, Peretto], "la realtà è del Cristo" [Aletti], "il corpo è di Cristo" Ef, invece, abbiamo un'intera sezione epistolare dedicata al tema e soprattutto la
[Lohse], "la réalité relève du Christ" [TOB], "the reality belongs to Christ" [New ekklesia di cui si parla è quella universale (secondo una semantica che inizia appun-
American Bible]) è di timbro platonico (cf. ombra-immagine in Eb 10,1) e trova to con Ef).
21
equivalenti lessicali sia in Filone Al. (cf. De decal. 82, dove a proposito del secon- La frase del v. 23 ("Cristo è capo della chiesa, essendo egli salvatore del cor-
do comandamento si dice che "il nome viene al secondo posto dopo l'oggetto, pro- po") si spiega in definitiva, non secondo improbabili concezioni gnostiche, ma ri-
prio come l'ombra che si accompagna al corpo") sia in FI. Giuseppe (cf. Bell. 2,28 conoscendo che il secondo titolo spiega di fatto il primo: Cristo ha acquisito la qua-
a proposito di Archelao che, poco dopo la morte di Erode, si presenta ad Augusto lifica di capo solo perché ha salvato la chiesa sacrificandosi per essa, come l'autore
"per chiedere al despota l'ombra di quella potestà regale di cui già aveva usurpato ha già detto in 5,2 e ripeterà poco dopo in 5,25-27 (cf. R. Penna, Lettera agli Efesi-
la sostanza"). Sulle sue ascendenze platoniche, cf. W.C. Vergeer, Sxtà and ow|xa. ni, SOC 10, Dehoniane, Bologna 1988, p. 232).
22
The strategy of contextualisation in Colossians 2:17. A Contribution to the guest Ma evidentemente in Ef, stando all'affermazione di 5,23, "l'origine della re-
for a legitimate contextual theology today, Neotest 28 (1994) 379-393. lazione si colloca fuori da considerazioni di tipo antropologico, sociale o morale"
18
Cf. H. Merklein, Das kirchliche Amt nach dem Epheserbrief, SANT 33, Kò- (M. Bouttier, L'Épìtre de Saint Paul aux Éphésiens, CNT IXb, Labor et Fides, Ge-
sel, Mùnchen 1973, pp. 235-392. nève 1991, p. 242), essendo invece di ordine squisitamente cristologico.
224 LA TRADIZIONE PAOLINA "CAPO" 225

cure premurose di Cristo. A monte di una simile concezione ci so- cipati e le potestà, ne ha fatto pubblico spettacolo dietro al corteo
no sicuramente delle precomprensioni di provenienza non tanto trionfale di Cristo")24 e soprattutto dalla sua risurrezione (cf. Ef
pagana23 quanto biblica; infatti il tema dell'amore sponsale è trat- 1,21: "al di sopra di ogni principato e potestà, di ogni potenza e
tato nelle Scritture, sia per descrivere la comune esperienza del rap- signoria e di ogni altro nome che si possa nominare non solo nel
porto tra un uomo e una donna (cf. Gn 2,24; Sai 45; Pro 30,19d; secolo presente ma anche in quello futuro"); anche se possono an-
Ct), sia per qualificare il rapporto di Yhwh con Israele (cf. Os 1-2; cora insidiare l'esistenza storica del cristiano (cf. Ef 6,12: "la no-
Is 54,5-8; Ez 16,8-14), per non dire della sua proiezione escatolo- stra lotta infatti non è contro creature fatte di carne e di sangue,
gica a proposito della Gerusalemme celeste (cf. Ap 21,2). Ma s'im- ma contro i principati e le potestà, contro i dominatori di questo
pone l'originalità del nostro passo, che in termini inediti riferisce mondo di tenebra, contro gli spiriti del male che abitano nelle re-
il mistero del matrimonio "a Cristo e alla chiesa" (5,32). Nel no- gioni celesti")25, occorre però che la chiesa indirizzi anche a loro
stro passo si intrecciano inestricabilmente tre livelli: uno antropo- l'annuncio della multiforme sapienza di Dio manifestatasi in Cri-
sociologico che parla di matrimonio come esperienza naturale- sto (cf. Ef 3,10: "ai principati e alle potestà"). Che si tratti di for-
creaturale, uno ecclesiologico che intende globalmente la comuni- ze avverse è chiaramente detto già nel passo paolino (cf. ICor 15,25:
tà cristiana come sposa e quindi come unica amata, e uno cristolo- "Bisogna infatti che egli regni, finché abbia posto tutti i nemici
gie© che scorge in Cristo il principio di una gratuita e generosa ini- sotto i suoi piedi", con chiara allusione a Sai 110,1); anzi, esse so-
ziativa di amore, rivolta alla chiesa non perché essa abbia già una no affini al potere della morte, che sarà "l'ultimo nemico ad esse-
sua propria nativa bellezza ma al contrario per donargliela ex no- re annientato" (ICor 15,26; cf. Ef 2,2)26.
vo e quindi renderla finalmente bella, senza macchie né rughe (cf.
5,26-27). Sullo sfondo di questo tema cristologico si possono intravedere vari
schemi ermeneutici, che possiamo elencare così: (1) l'immagine del Dio
guerriero nell'AT (cf. soprattutto il Sai 68; e poi anche Gn 14,19-20;
Gdc 5,4-5; Is 19,1; 1QM 11,4-5) con il sottotema dello herem o stermi-
3.2 Capo del cosmo e delle potenze angeliche
nio a cui vengono votati i nemici d'Israele (cf. Dt 13,16; Gs 10,40; ISam

Le due lettere Col-Ef sviluppano anche una originale concezio-


ne circa il ruolo di Pantokràtor esercitato dal Cristo risorto sul-
24
l'intero mondo creato; esso, in particolare, viene specificato in rap- A proposito di questo testo osserviamo che qualche Autore vuole tradurre let-
teralmente il participio medio ÒOTE.x8uaà[i£vo(;, non all'attivo "avendo spogliato", ma
porto a tutte quelle potenze che, in alternativa a Cristo stesso, pos- come un riflessivo "essendosi spogliato" (sott. "nella morte") per dire che solo
sono pretendere di esercitare un dominio alienante sull'uomo. Per in questo modo Cristo smascherò i suoi avversari (così R. Yates, Colossians 2.15:
chiarezza, ma anche per maggiore fedeltà ai testi, distinguiamo i Christ Triumphant, NTS 37 [1991] 573-591); ma poiché il participio è immediata-
mente seguito dall'accusativo "i principati e le potestà", è meglio intenderlo come
due ruoli, cominciando dal secondo. il complemento oggetto di un verbo attivo (cf. J.-N. Aletti, Col., p. 157).
25
3.2.1 Già Paolo aveva parlato della sottomissione a Cristo di Ma già Rm 8,38 affermava con sicurezza che "né morte né vita, né angeli né
principati, né presente né avvenire, né potenze, né altezza né profondità, né alcu-
"ogni principato e ogni potestà e potenza" (ICor 15,24), ma solo n'altra creatura potrà mai separarci dall'amore di Dio che è in Cristo Gesù signore
in prospettiva escatologica ("quando consegnerà il regno a Dio pa- nostro".
26
dre"). Ma Col-Ef ne parlano in una prospettiva molto diversa: qui Più discutibile è il senso degli "arconti di questo mondo" (ICor 2,6.8), di cui
Paolo dice che se avessero conosciuto la gloria che ci era riservata non avrebbero
si tratta di realtà che già sono in qualche modo sottoposte a Cristo crocifisso il Signore della gloria. A fronte di una interpretazione di tipo demonolo-
fin dalla creazione (cf. Col 1,16: l'elenco comprende "troni, signo- gico (cf. J.L. Kovacs, The Archons, the Spirit, and theDeath of Christ, ìnApoca-
rie, principati e potestà") e che poi sono state definitivamente scon- lyptic and the New Testament. FSL. Martyn, Sheffield 1989, pp. 217-236; W. Schra-
ge, Der erste Briefan die Korinther (lKor 1,1-6,11), EKK VII/1, Zùrich/Neukir-
fitte dalla sua morte (cf. Col 2,15: Dio, "avendo spogliato i prin- chen Vluyn 1991, pp. 250 e 253-254), forse più probabile, ce n'è un'altra che invece
storicizza questi esseri in rapporto ai capi terreni giudaici, responsabili della morte
di Gesù (cf. M. Pesce, Paolo e gli arconti a Corinto. Storia della ricerca (1888-1975)
23
Cf. l'excursus sullo hieròs gàmos o "nozze sacre" tra gli dèi in H. Schlier, ed esegesi di ICor 2,6.8, Paideia, Brescia 1977; G. Barbaglio, La prima lettera ai
Efesini, pp. 325-342. Corinzi, SOC 7, Dehoniane, Bologna 1995, pp. 169s e 172s).
226 LA TRADIZIONE PAOLINA "CAPO" 227

15,3-20 ecc.)27; (2) il tema del re davidico che deve trionfare dei suoi naccia di un alternativo "culto degli angeli" (Col 2,18), che stor-
nemici fino ad averli come sgabello sotto i piedi (cf. Sai 110,1; Dn 7,14); nava l'attenzione dalla centralità di Cristo e che aveva certo a che
(3) il tema di Adamo, sotto i cui piedi Dio ha posto tutte le cose (cf. fare con i principati e le potestà (cf. Col 2,6-10). Si potrà discutere
Sai 8,6); (4) e infine lo schema del trionfo celebrato dai generali romani sulla specifica configurazione di questa concezione delle cose, che
al Campidoglio (la cui descrizione maggiore è forse quella fornitaci da gli studiosi definiscono come «eresia colossese»31. L'importante
Plutarco, Aem.Paul. 32-34, che riguarda il trionfo del console Lucio è osservare che appunto questi esseri sono dotati di un potere, il
Emilio Paolo dopo la vittoria sulla Macedonia a Pidna nel 168 a.C; quale svanisce di fronte a quello di Cristo; quindi, se per natura
vedi anche il trionfo di Vespasiano e Tito in F. Giuseppe, Bell. 7,121-157).
essi possono incutere timore all'uomo, il cristiano però sa che il
Ci si potrebbe chiedere quale sia la differenza fra le varie desi- loro è un potere debole poiché Cristo ha trionfato su di loro. Una
gnazioni, almeno fra quelle più ricorrenti che sono "i principati reinterpretazione in chiave moderna potrà leggere in essi una me-
tafora di tutte quelle strutture culturali, politiche, religiose, socia-
e le potestà"28, e quindi quale sia la loro natura29. Intanto biso-
li, ideologiche, e persino psichiche, che rischiano di condizionare
gna notare alcune caratteristiche: essi non sono né nomi propri (co-
in qualunque modo e in definitiva di schiavizzare l'uomo32. Ma
me Belial e simili) né semplici nomi astratti (come Inganno, Pecca-
una demitizzazione di queste potenze è già presente in Paolo stes-
to ecc.), inoltre ricorrono normalmente al plurale (riferendosi per- so, in quanto esse sono ormai depotenziate e quindi in linea di prin-
ciò a intere categorie di esseri), forse implicano una scalarità o ge- cipio ormai inoffensive per chi si attiene saldamente a Cristo-
rarchizzazione interna (poiché ciascuno di essi fa parte di una se- capo33. Solo in lui si trova ora la propria pienezza (cf. Col 2,10).
rie), e infine sono ritenute come entità oggettive (infatti non abita- 3.2.2. Ma il dominio di Cristo risorto si estende al cosmo intero,
no negli esseri umani o negli idoli) e non sotterranee (infatti il loro come leggiamo in Ef 1,10.22. Qui si fa un'affermazione fondamen-
ambito d'azione è detto spazialmente «il cielo e la terra» oppure tale, che riguarda l'intestazione (anakefaldiosis) di tutte le cose in
temporalmente «questo eone»). Ebbene, queste osservazioni ci ri- Cristo, quelle nei cieli e quelle sulla terra. L'esegesi del testo34 ci
mandano a degli esseri angelici, ben configurabili su di uno sfon- conduce a individuare alcuni suoi punti-forza. Il raro verbo impie-
do giudaico30. Infatti nella chiesa di Colosse c'era almeno la mi- gato, àvocxecpaXoucóaaaGai, suggerisce due idee importanti e comple-
mentari. L'una viene dal suo significato di "ricapitolare, compen-
27
diare, sintetizzare", ma nel senso non di ridurre a un breve rias-
Cf. T. Longman, The Divine Warrior: The New Testament Use of an Old
Testament Moti/, WestTheolJourn 44 (1982) 290-307. sunto bensì di "raccogliere elementi sparsi" e quindi "unificare".
28
1 due termini, in greco, ricorrono quasi sempre uniti; cf. rispettivamente per Cristo cioè riconduce a unità ciò che nel cosmo appare non solo
il primo: Rm 8,38; ICor 15,24; Col 1,16; 2,10.15; Ef 1,21; 3,10; 6,12; e per il se- frammentato ma anche diviso e lacerato. Egli assolve così alla stessa
condo: ICor 15,24; Col 1,16; 2,10.15; Ef 1,21; 2,2; 3,10; 6,12.
29
Oltre ai Commenti, cf. in particolare H. Schlier, Principati e potestà nel Nuo-
vo Testamento, Morcelliana, Brescia 1967; i quattro volumi di W. Wink, Naming
the Powers. The Language of Power in the New Testament, Fortress, Philadelphia ecc.". Cf. anche 2En 20,1: "Là (= nel settimo cielo) vidi una luce molto grande
1984; Unmasking the Powers. The Invisible Forces That Determine Human Exi- e tutte le milizie di fuoco dei grandi arcangeli e degli incorporei, delle Virtù e delle
stence, ib., 1986; Engaging the Powers. Discernment and Resistance in a World Dominazioni, dei Principati e delle Potenze, Cherubini e Serafini, Troni e angeli
of Domination, ib., Minneapolis 1992; Cracking the Gnostic Code. The Powers dai molti occhi, dieci falangi, gli Ofanim che stavano brillanti..." (una recensione
in Gnosticism, SBL MS 46, Scholars, Atlanta 1993; e poi: W. Carr, Angels and più breve parla solo di "tutte le milizie di fuoco degli angeli incorporei e gli Ofanim").
31
Principalities. The Background, Meaning and Development ofthe Pauline Phrase Tra la vasta bibliografia in materia, cf. almeno lo studio di L.T. Stucken-
"hai archai kai hai exousiai", SNTS MS 42, University, Cambridge 1992; C E . Ar- bruck, Angel Veneration and Christology. A Study in Early Judaism and in the
nold, Powers ofDarkness: Principalities and Powers in Paul's Letters, InterVarsi- Christology of the Apocalypse of John, WUNT 2.70, Mohr, Tùbingen 1995, pp.
ty, Downers Grove 1992; D.G. Reid, Principalities and Powers, in G.F. Hawthor- 111-119, dove si trova un buono status quaestionis. Da parte sua J.D.G. Dunn,
ne & R.P. Martin, edd., Dictionary of Paul and His Letters, InterVarsity, Dow- The Colossian Philosophy. A Confident Jewish Apologia, Bibl 76 (1995) 153-181,
ners Grove/Leicester 1993, pp. 746-752. pensa che si tratti di una posizione dei giudei di Colosse che intendevano denigrare
30
Cf. in particolare lEn 61,10: "(Quando) Egli chiamerà tutte le schiere del cielo i cristiani locali per la loro pretesa di partecipare alla eredità d'Israele.
32
e tutti i santi dall'alto e l'esercito di Dio, allora i Cherubini, i Serafini, gli Ofanim Cf. M. Barth, Ephesians 1-3, AB 34, Doubleday, Garden City 1974, pp.
e tutti gli angeli della potenza, quelli delle Signorie, l'Eletto e l'altra potenza che 170-183 specie 174-175; H. Berkhof, Christ and the Powers, Herald, Scottdale 1977.
33
è sulla terra e sul mare, in quel giorno prenderanno una voce e benediranno, Cf. W. Wink, Naming the Powers, pp. 50-53.
34
magnificheranno, loderanno ed esalteranno con spirito di fede, di sapienza Cf. R. Penna, La lettera agli Efesini, pp. 98-100 e 118-120.
228 LA TRADIZIONE PAOLINA LA CREAZIONE IN CRISTO 229

funzione che nello stoicismo ha la figura del Logos e che nella Bib- 4. La creazione in Cristo (Col 1,15-20)
bia ha la Sapienza: elemento agglutinante e armonizzante, oltre che
nobilitante, delle molteplici e multiformi realtà cosmiche. L'altra Già nelle lettere autentiche di Paolo si afferma l'originale me-
idea è suggerita dall'imparentamento etimologico del verbo con il diazione di Cristo nell'apparire di tutte le cose all'esistenza (cf. ICor
concetto di "capo": Cristo non è spersonalizzato nel cosmo come 8,6, su cui vedi quanto abbiamo già detto nel capitolo precedente
una diffusa anima mundi, ma vi sta di fronte e anzi sopra come al 7.2); ma in proposito bisogna fare alcune osservazioni: innanzi-
suo preposto e suo leader. Anzi, propriamente parlando, l'infinito tutto si tratta di un caso unico36; inoltre l'affermazione è secca e,
aoristo medio del verbo orienta a intendere la frase nel senso che nonostante la sua portata straordinaria, non viene affatto svilup-
tutte le cose tendono a convergere verso di lui come verso il pro- pata; in più la formula in cui essa si trova è verosimilmente di tipo
prio punto di raccolta. tradizionale pre-paolino37; e infine manca palesemente in essa ogni
Questa idea è confermata da Ef 1,22 che dovrebbe essere tra- verbo di creazione, oltre all'idea di una creazione "in" Cristo.
dotto così: "(Dio) sottopose tutte le cose sotto i suoi piedi e lo die- Ben diverso è il caso di Col 1,15-20, che non solo tematizza il fatto
de come capo su tutte le cose alla chiesa {xtyoXrp ÓTuèproxvxoc-cf] della mediazione di Cristo nella creazione primordiale, ma anche lo
èxxXrjata), che è il suo corpo". Si noti il parallelismo sinonimico celebra con toni forti che stanno tra la confessione di fede e la compo-
inverso tra "porre tutto sotto i suoi piedi"35 e "porre lui come ca- sizione innica38. Accettiamo la suddivisione corrente del testo in due
po su tutto", il cui effetto è di evidenziare al massimo l'idea della strofe a seconda del doppio ruolo di mediazione esercitato da Cristo:
universale sottomissione a Cristo ribadita con quella inversa del nella creazione (w. 15-17) e nella redenzione (w. 18-20). Ne diamo una
suo dominio universale. La cosa nuova è il dativo "alla chiesa". traduzione strutturata e su di essa faremo un'analisi di tipo globale.
Il significato fondamentale di questa precisazione è: il Cristo che
Dio ha consegnato alla chiesa è un pantokràtor, il signore di tutte "15Egli è l'immagine (etxwv) del Dio invisibile,
le cose; e la chiesa deve esserne cosciente. Ciò implica un paio di primogenito (TCPCÙTÓ-COXOS) di ogni creatura,
16
sfumature interessanti e complementari: (1) la chiesa non può pre- poiché in lui (èv atkw) furono create (èxxia0Ti)
tendere di far combaciare il Cristo esattamente con i propri confi- tutte le cose nei cieli e sulla terra,
ni, poiché egli è più grande di lei; la chiesa perciò deve umilmente le visibili e le invisibili,
riconoscere che al di fuori di sé non esiste né il vuoto né l'inferno, sia i troni sia le signorie sia i principati sia le potestà:
ma si estende il raggio d'azione del Cristo e ferve la convergenza tutto è stato creato (ex-ciaxai) mediante lui (oi'aù-coG)
di tutte le cose verso di lui; (2) però soltanto nella chiesa ci può e per lui {de, OCUTÓV);
17
essere la piena consapevolezza di questa signoria universale di Cri- ed egli è prima di ogni cosa (rcpò uàvxwv)
sto, poiché soltanto ad essa Dio lo ha consegnato in proprio; del e tutto sussiste in lui (ev aù-ccò auvécro)xev)".
resto, non il cosmo ma solo la chiesa è il corpo di Cristo! Infatti,
36
il rapporto di Cristo-capo con la chiesa è fisiologico, cioè vivo e Ciò è tanto vero che non la seconda metà cristologica trova un parallelo, ma
solo la prima, che è teo-logica, come si vede in Rm 11,36.
omogeneo: egli la innerva dal di dentro (cf. Ef 4,15); invece il suo 37
Questa tesi è fortemente sostenuta da W. Schrage, Der erste Brief an die Ko-
rapporto con il cosmo è di tipo 'politico', di guida, e quindi piut- rinther, EKK VII/2, pp. 221-225 e 241-245; vedi anche C. Wolff, Der erste Brief
tosto estrinseco, ancorché di forte portata cristologica. des Paulus an die Korinther, THNT 7, Evangelische Verlagsanstalt, Berlin 1996,
pp. 172-176; G. Barbaglio, La prima lettera ai Corinzi, pp. 400-404.
38
Sull'insieme, cf. J.-N. Aletti, Colossiens 1,15-20. Geme et exégèse du texte.
Fonction de la thématique sapientielle, AnBi 91, Biblical Institute Press, Rome 1981;
Id., Lettera ai Colossesi, SOC 12, Dehoniane, Bologna 1994, pp. 83-107. Inoltre:
L.L. Helyer, Cosmic Christology and Col 1:15-20, JETS 37 (1994) 235-246; J.
35
L'affermazione ripete quella del Sai 8,7, che però riguarda l'uomo in genera- Murphy-O'Connor, Tradition andRedaction in Col 1:15-20, RB 102 (1995) 231-241;
le di cui si celebra la superiorità su tutte le cose; in Ef abbiamo dunque una inedita F.J. Monroy Rodriguez, Jesucristo y el universo: Colosenses 1,15-20. Un himno
rilettura cristologica del Salmo che propriamente non corrisponde al testo origina- al Sehor Jesus: Origen, destino, fundamento y salvación del cosmos, Mayeutica
le (lo stesso avviene in Eb 2,5-9). In più si può anche percepire l'eco del Sai 110,1 21 (1995) 61-119; C. Gunton, Atonement and the Project of Creation: An Inter-
(= collocazione dei nemici come sgabello sotto i piedi del re-messia). pretation of Colossians 1:15-23, Dialog 35 (1996) 35-41.
230 LA TRADIZIONE PAOLINA LA CREAZIONE IN CRISTO 231

18
Ed egli è il capo (xe9<xXr|) del corpo, la chiesa, lo precedente al 7.4.2), ma qui esso assume una coloritura specifi-
essendo principio (àpxrj), primogenito dei morti, ca a motivo dei richiami sapienziali suggeriti dal contesto creazio-
così da essere lui primo in tutto (èv nàcsw upcoxeucov), nale (per cui si esclude un rimando a Gn 1,26).
19
poiché in lui (Dio) si compiacque
di far abitare tutta la pienezza (itàv xò TcXrjptofxa xaxoixfiaai) In tal senso si possono addurre in parallelo due passi chiarificatori.
20
e mediante lui riconciliare (à7rox<xTaXXà£at) tutte le cose, per lui, Nell'uno (Sap 7,26), la celebrazione della sapienza come "immagine della
pacificando (etpr)vo7rotriaa?) mediante il sangue della sua croce bontà di Dio" fa parte di una serie di definizioni encomiastiche, pre-
senti in ib.t vv. 25-29: una emanazione della potenza di Dio, un efflu-
sia le cose sulla terra sia quelle nei cieli".
vio della sua gloria, un riflesso della luce perenne, uno specchio senza
macchia dell'attività di Dio, più bella del sole, sebbene unica essa può
Una prima decisiva osservazione riguarda il fatto che non vi si tutto; in 8,6 essa è esplicitamente detta xtyy'\.x\.<;, "artefice", e in 9,9 si
dice nulla di Dio, se non solo in obliquo nel genitivo del v. 15, nei dichiara che essa era presente (roxpoGaoc) quando Dio creava il mondo41.
due passivi del v. 16, e come sottinteso nel v. 19. Al centro dunque Nell'altro (Filone Al., Leg. alleg. 1,43.44), si legge: "La sapienza ha
campeggia assolutamente la figura di Cristo (la cui ultima menzio- dei nomi molteplici (TTOXOÓ>VU[AOV ouaocv), poiché egli l'ha chiamata 'prin-
ne era "figlio del suo amore" nel v. 13) e tutto converge sulla rela- cipio' e 'immagine' e 'visione di Dio'; di essa, in quanto archetipo
zione tra lui e "tutte le cose" 39 . Inoltre, l'impiego di molteplici (àpxTrcu7to<;), è imitazione la sapienza terrena... Ma il mondo intero non
preposizioni (èv [vv. 16a.l7b], Sta ed et? [v. 16e]) evidenzia una in- sarebbe un luogo e un soggiorno degni di Dio, poiché egli stesso è il
suo proprio luogo ed egli è riempito di se stesso ed egli è sufficiente a
sistenza sulla mediazione, tale da ribadire fuor di ogni dubbio che se stesso; le altre cose, essendo povere e solitarie e vuote, le riempie e
tutti gli esseri senza eccezione dipendono da Cristo a tutti i livelli40. le contiene (TCXTIPWV xocìrcepiéxtov)lui, ma egli non è contenuto da nien-
Facciamo poi una distinzione fra attributi e funzioni in ciascuna t'altro, essendo lui uno e il tutto (et? xocì TÒrcàvaùxó<;)".
delle due strofe. Nella prima il v. 15 contiene due attributi cristo-
logici (immagine e primogenito), che fondano le due funzioni In questo contesto, definire Cristo come immagine del Dio invi-
espresse nei vv. 16-17 (la creazione primordiale e la coesione di tutte sibile significa esprimere una funzione mediatrice, che approssima
le cose in lui). Nella seconda si attribuisce a Cristo la qualifica mul- al creato il Dio trascendente e inaccessibile rendendolo in qualche
tiforme di "capo-principio-pienezza" nei w . 18-19, a cui si aggancia modo visibile e percepibile, senza suggerire con ciò che essa faccia
la funzione di riconciliatore universale nel v. 20. Tra i due fattori parte delle cose create 42 .
c'è un mutuo condizionamento ermeneutico.
"Primogenito di ogni creatura". Tenuto conto che il greco
7rpcoT<koxo(; significa letteralmente "generato per primo", si pone
la vexata quaestio se si debba ritenere Cristo come parte della crea-
4.1 Gli attributi zione, sia pure come la prima delle creature (senso inclusivo)43, op-
pure se egli debba essere considerato come anteriore ad essa e per
Quanto al primo, "immagine di Dio", va ricordato che era già così dire fuori-serie (senso esclusivo). Onestamente non si può ne-
un titolo cristologico impiegato da Paolo in 2Cor 4,4 (cf. il capito-
39 41
Questa dimensione universale cosmica è evidenziata al massimo nelle forme Cf. il commento di G. Scarpat, Libro della Sapienza, III, pp. 78-80, 147,
del distributivo "ogni creatura" (v. 15), nel neutro plurale tà 7tàvxa (quattro volte 217-219, 225-232.
42
come soggetto [vv. 16bis.17.20]; due volte nei complementi preposizionali "prima Cf. U. Vanni, Immagine di Dio invisibile, primogenito di ogni creazione (Col.
di tutte le cose" [v. 17] e "in tutto" [v. 19]), nelle espressioni universalistiche "nei 1,15), in Aa.Vv., La cristologia di Paolo. Atti della XXIII Settimana Biblica, Pai-
cieli e sulla terra" (vv. 16.20), "le visibili e le invisivili" (v. 16c), e nella enumera- deia, Brescia 1976, pp. 97-113; E. Lohse, Le lettere ai Colossesi e a Filemone, CTNT
zione delle potenze celesti (v. 16d). In questo modo non solo non si lasciano dubbi XI/1, Paideia, Brescia 1979 (orig. ted., Gòttingen 1968), pp. 110-111.
43
in materia, ma anche non si lascia più alcuno spazio per altre eventuali signorie, In questo senso, vedi ciò che si dice della Sapienza in Pro 8,22 LXX: "Il Si-
che sono pertanto escluse. gnore mi ha creata all'inizio della sua attività"; e Sir 1,4: "Prima di ogni cosa fu
40
Cf. J.-N. Aletti, Lettera ai Colossesi, p. 89. Sul tema della pre-esistenza in creata la sapienza"; 24,9: "Prima dei secoli, fin dal principio, egli mi creò". Que-
questo testo, cf. J. Habermann, Pràexistenzaussagen im Neuen Testament, Europ. sto d'altronde sembra essere il senso dello stesso termine poco dopo in Col 1,18b,
Hoschulschriften 23 Theol 362, Lang, Frankfurt a.M.-New York 1990, pp. 225-266. "primogenito dai morti", anche se il referente qui è il Risorto.
232 LA TRADIZIONE PAOLINA LA CREAZIONE IN CRISTO 233

gare una certa ambiguità di significato, che si ritrova poi anche nel 67,17LXX: "il monte, sul quale Dio si è compiaciuto di abita-
v. 17a ("egli è prima di ogni cosa"): si vuole forse suggerire solo la re") 47 ; ma la pienezza in questione non è tanto quella della
preminenza di Cristo su tutte le cose oppure anche la sua pre- divinità48 quanto piuttosto quell'insieme di grazia e di potenza vi-
esistenza?44. Ciò che invita a preferire la seconda alternativa è una vificante di cui il Cristo risorto dispone per santificare la chiesa
doppia considerazione. L'una è che l'aggettivo "primogenito" im- e riconciliare il mondo (su questa linea cf. anche Gv 1,14: "Dalla
plica l'idea di una generazione, che nelle pagine bibliche non viene sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto grazia su grazia").
mai applicata al creato in quanto tale, poiché suppone un rapporto
specialissimo con Dio che il cosmo non ha45; del resto, già in Col
1,13 il Cristo è stato definito "figlio dell'amore" di Dio. L'altra ri- 4.2 Le funzioni
guarda il contesto, nel quale le idee di preminenza e di pre-esistenza
non solo non si escludono a vicenda ma sono intimamente intrecciate Le tre qualifiche suddette, che propriamente riguardano la rela-
così che l'una si spiega con l'altra: il Cristo è sopra tutte le cose per- zione di Cristo con Dio, fondano la possibilità di una sua peculia-
ché è generato da Dio, e proprio questa generazione lo colloca in una re relazione con il cosmo, di cui si parla nei successivi vv. 16-17.
posizione di differenza qualitativa oltre che di superiorità. Ed è qui che si esprime la maggiore originalità di ciò che viene det-
"Capo-principio-pienezza',46. Uniamo insieme queste molteplici to di lui.
attribuzioni dei vv. 18-19 poiché qui il discorso si sposta ad una "In lui tutto è stato creato"*9. Questa affermazione è incentra-
prospettiva soteriologica; questa però è complessa, poiché consi- ta sul complemento "in lui", dove la preposizione "in" non può
dera insieme il rapporto di Cristo sia con la chiesa sia con il co- essere ridotta a semplice valore strumentale. Infatti lo stesso v. 16
smo. (1) "Capo" della chiesa, agganciandosi alla strofa preceden- distingue chiaramente le tre preposizioni iv, 8ià, eì?, che richiama-
te, vuol dire che nessuna delle potenze celesti può rivendicare una no quelle di origine stoica ex, 8ià, et? (presenti in Rm 11,36), dove
qualche autorità sul corpo dei credenti, i quali dunque non aderi- ognuna ha il suo significato specifico50: mentre la seconda espri-
scono ad altri se non a Cristo. (2) "Principio" va probabilmente me davvero una causalità strumentale e la terza lo scopo dell'azio-
unito al seguente "primogenito dei morti", che grammaticalmen- ne, la prima invece suggerisce l'idea che l'attività creatrice di Dio
te ne è apposizione; il senso però è che Gesù va considerato non (il passivo rimanda comunque a lui) è stata impregnata dalla pre-
solo temporalmente come l'inizio di una catena, ma anche e so-
prattutto come un vertice eminente, di cui appunto si dichiara che 47
Si esclude perciò un aggancio con lo gnosticismo, che solo in testi tardivi op-
dev'essere "primo in tutto"; egli infatti propriamente non è parte pone dualisticamente il pléroma divino al kénoma del mondo. Lo stesso si dica di
della chiesa ma è sopra di essa o comunque è suo responsabile che quei testi in cui si parla del Pléroma come unico Dio che permea il Tutto (cf. C.H.
la innerva e la vivifica (cf. Col 2,19). (3) La frase sulla "pienezza" 16,3).
48
che abita in lui, nonostante i problemi esegetici che pone, si risol- Questo invece è il senso di Col 2,9 ("In lui abita somaticamente tutta la pie-
nezza della divinità"), la cui differenza semantica rispetto a 1,19 era già notata da
verà al meglio richiamando affermazioni analoghe dell'AT dove Tommaso d'Aquino. Comunque si voglia interpretare la portata dell'avverbio o<o(ia-
si parla dell'abitazione di Dio nel Tempio di Gerusalemme (cf. Sai •cutòx; (pienamente [Girolamo]? realmente [Agostino]? nel corpo dell'Incarnato? nella
chiesa come corpo di Cristo [Crisostomo]? nell'universo come suo altro corpo [Teo-
doro di Mopsuestia]?), non si può non scorgere qui un riferimento al Risorto, nel
quale soltanto finalmente Dio riversa la propria pienezza.
44 49
Ricordiamo che anche della Sapienza si dice che esiste "dall'eternità" (Pro Oltre ai Commenti, cf. in particolare A. Feuillet, Le Christ sagesse de Dieu
8,23 LXX: npò xoG <xìà>vo<;), "prima di ogni cosa" (Sir 1,4:7tpoxépa 7càv-co)v), ma ri- d'après les épitrespauliniennes, pp. 202-213; Id., Christologiepaulinienne et tradi-
spettivamente in quanto Dio "l'ha fondata (iOefxeXiwoev)" o in quanto "è stata creata tion biblique, pp. 48-70, dove alle pp. 56-65 si riassume la cristologia di tutto l'in-
(txTi<rcai)". no in quattro aspetti: il Cristo è (1) la causa esemplare del cosmo nel v. 16a, (2)
45
Nell'AT LXX, per indicare una generazione divina, il titolo è applicato solo la sua causa finale nel v. 16b, (3) il suo principio di coesione interna nel v. 17b,
a Israele (in Es 4,22; Ger 38/31,9) e al re (in Sai 88/89,27). Filone Al. impiega il (4) e il riconciliatore universale nel v. 20.
50
sinonimo np<aióyovo<; a proposito del Logos come figlio di Dio (cf. Conf. ling. 146; Invece ICor 8,6 tiene distinte le funzioni di Dio e del Signore Gesù nella crea-
Somn. 1,215). zione delle cose: al primo si collegano le due preposizioni ix e eì; ( = origine e sco-
46
Sull'insieme, cf. l'esegesi di J.-N. Aletti nei due volumi citati sopra (nota 38) po), mentre al secondo soltanto la preposizione Sia ( = strumentalità, mediazione);
e A. Feuillet, Le Christ sagesse de Dieu, pp. 217-238. là dunque manca l'idea espressa dalla preposizione èv.
234 LA TRADIZIONE PAOLINA LA CREAZIONE IN CRISTO 235

senza del Figlio, a lui associato come fattore unificante, che quin- sto dunque è il ruolo che il nostro inno celebra in Cristo: non solo
di risulta quasi come il comune denominatore di tutte le cose. quello di essere presente al momento della creazione, ma quello di
fungere da elemento coesivo dell'universo (più che non di mante-
Uno sfondo possibile per comprendere meglio il testo potrebbe essere nere tutto nell'esistenza), sicché ciò che viene detto qui non vale
quello della teologia sapienziale. Così per esempio leggiamo in Sai propriamente di lui in quanto Risorto (come in E f 1,10) ma si rife-
104/103,24: "Tutto hai fatto in sapienza (LXX:rcàvTaèv aoipi'oc ÌTCOÌT]- risce a una sua dignità originaria e nativa 56 .
aa<;)"; ciò significa non solo che Dio ha fatto tutto saggiamente, ma pu- "Mediante lui sono riconciliate tutte le cose". Il ruolo di Cristo
re che egli ha operato servendosi della Sapienza come di uno strumento non riguarda soltanto l'evento della creazione ma anche quello della
necessario, come si legge in Pro 3,19: "Il Signore ha fondato la terra con
redenzione. Però, sebbene il concetto di riconciliazione sia Paoli-
la sapienza (LXX: xr\ aocpia), ha consolidato i cieli con intelligenza (LXX:
èv 9povéaei)". Analogamente si legge in Pro 8,30: "Allora io ero con lui no (cf. Rm 5,10-11; 2Cor 5,18-20), qui esso viene espresso con un
come architetto (TM 'amóri', LXX àp[xó£ouaa)"51. Ma, mentre qui si verbo composto diverso (che si ritrova solo in Ef 2,16) e viene im-
tratta soltanto di mediazione strumentale, potrebbe essere più vicino a piegato in una prospettiva non più antropologica ma cosmica57.
ciò che vuol dire Col 1,16a quello che leggiamo in Filone Alessandrino, La sua presenza, integrata dal verbo "pacificare" (hi nel NT), di-
solo che mettiamo a parte l'impostazione platonica del suo pensiero: "Co- ce che si tratta non tanto di una redenzione escatologica del creato
me il progetto di una città elaborato nel pensiero di un architetto non dalla sua corruttibilità insieme all'uomo (come in Rm 8,18-23) ma
era in alcun luogo esteriore, ma era impresso nell'anima dell'artista, co- piuttosto di rimediare a una situazione di inimicizia o di alienazio-
sì il mondo fatto di idee non potrebbe avere altro luogo che il Logos di- ne che caratterizza misteriosamente l'universo intero. A questo pro-
vino, il quale le ha organizzate... Il mondo intelligibile non è altro che posito ci si può certo rifare a un passo di Filone Alessandrino che
il Logos di Dio già in atto di creare" (Opif. 20.24)52. parla di Dio come operatore e preservatore di una pace cosmica58.
Ma qui la funzione riconciliatrice attribuita a Cristo, avente come
"In lui tutto sussiste"5*. Questa affermazione è strettamente perno il sangue della croce, è paragonabile a quella che in Ef 2,14-18
unita alla precedente, a cui aggiunge l'idea che il creato, oltre che viene attribuita a lui in senso ecumenico, tra Giudei e Gentili. Pur-
essere segnato dalla figura di Cristo fin dalla sua origine, lo è an- troppo il testo del nostro inno colossese non dice chi siano i part-
che nella sua permanente attualità. La sua spiegazione, oltre che
dai testi della tradizione sapienziale come Sir 43,26 ("Con la sua
parola tutte le cose sono tenute insieme, aóyxeiTou") e Sap 1,7 ("Lo opere si possono ordinare (au<rcT|aa0ai), così il demiurgo del cielo ha compattato (oo-
veoràvai) il cielo e ciò che esso racchiude" (Respubl. 530a); in Senofonte, che quali-
Spirito abbraccia, auvéxov, ogni cosa") 54 , viene anche da una dif- fica Zeus come "colui che coordina e tiene insieme l'universo intero (ó xòv oXov
fusa concezione platonica e stoica che riflette sulla mirabile unità auvxàxTwv -ce xat ouvéxcov), nel quale tutto è bello e buono" (Memorab. 4,3,13); nello
del cosmo, passata pure nel giudaismo ellenistico55. Proprio que- Ps.-Aristotele: " C ' è un vecchio detto trasmesso di padre in figlio presso tutti gli
uomini, secondo cui tutto viene da Dio ed è stato costituito da Dio (ix 9eoG nàvxa
xaì Sia 8eòv auvéa-rnxev) e che non c'è natura che esista per se stessa bastando a se
stessa" (De mundo 6 [397b]); e Filone Al. cita la dottrina secondo cui il mondo
51
È interessante vedere come il midrash rabbinico Gen.R. 1, identificando la "consiste" (ouvéempcev) cioè è composto dei quattro elementi (terra-acqua-aria-fuoco;
Sapienza con la Torah, spiega questo testo: "La Torah dice: Io ero lo strumento cf. Rer. div. her. 281 e 311), ma sostiene che è Dio come padrone del mondo a
di lavoro del Santo, Egli sia benedetto. Comunemente un re mortale che costruisce fungere da "vincolo dell'universo che tiene insieme (ouvéxcov) ciò che altrimenti si
un palazzo, non lo costruisce secondo il proprio criterio, ma secondo quello del- dissolverebbe" (ib. 23).
l'architetto; e neppure questo lo realizza esclusivamente secondo il suo criterio, ma 56
Del tutto fuori luogo perciò mi pare la posizione di J.D.G. Dunn, Christ olo-
ha pergamene e tabelle, per poter sapere come deve eseguire le camere, come fare gy in the Making, p. 190, che nega qui l'idea della pre-esistenza. Diverso invece
gli usci. Così il Santo, Egli sia benedetto, guardò la Torah e creò l'universo" (trad. è sostenere che l'esplicitazione della fede nella pre-esistenza sia connessa con la glo-
A. Ravenna). rificazione di Cristo, come fa J. Habermann, Pràexistenzaussagen im Neuen Te-
52
Cf. J.L. Moreno Martinez, El logos y la creación: la referencia al Logos en stament, pp. 225-266, il quale ritiene che qui l'immagine sia essa stessa invisibile
el "principio" de Gen. 1,1 segùn Filón de Alejandria, ScrTh 15 (1983) 381-419. ( = pre-esistente) e che renda Dio visibile solo attraverso la sua mediazione nella crea-
53
Cf. A. Feuillet, Le Christ sagesse de Dieu, pp. 213-217. zione (come la Sapienza o il Logos in Filone AL; quindi il referente non sarebbe
54
Cf. G. Scarpat, Libro della Sapienza, I, pp. 120-121 (con citazione di altri Gn l,26s).
testi di Cicerone e di Seneca). 57
Cf. A. Feuillet, Le Christ sagesse de Dieu, pp. 238-246.
55 58
Troviamo infatti la presenza del medesimo verbo "sussistere", ouvioràvai (o Cf. Filone Al., Spec. leg. 2,191-192; e S. Lyonnet, L'hymne christologique
quello simile auvi^tw "tenere insieme"), in Platone: "Nel modo migliore in cui tali de l'épìtre aux Colossiens et lafétejuìve du nouvel an, RechSR 48 (1960) 93-100.
236 LA TRADIZIONE PAOLINA IL "MYSTERION" 237

ners della riconciliazione59; ma il fatto che essi non vengano specificati 5. Il "mysterion" (Col-Ef)
significa che all'autore sta a cuore di esprimere semplicemente l'am-
piezza sconfinata dell'opera redentrice di Cristo, la quale riguarda, sì, C'è un termine nelle due lettere ai Colossesi e agli Efesini, con-
l'uomo ma anche l'intero teatro della sua esistenza nel mondo60. cettualmente molto denso, che racchiude in sé tutta una serie di
In conclusione, potrebbe essere interessante chiedersi quali mo- aspetti tematici e può valere come esponente di una sintesi teologi-
duli religioso-culturali stiano sullo sfondo di queste affermazioni ca: "il mistero", xò u-uorripiov. Rifacendosi a un uso sporadicamente
cristologiche come loro eventuali condizionamenti. Nel secolo I mol- attestato in Paolo64, soprattutto in ICor 2,1.7 dove si parla del
ti giudei, senza compromettere il loro monoteismo, speculavano Cristo crocifisso, le due lettere sviluppano ulteriormente il concet-
su di uno o più esseri mediani tra Dio e gli uomini, dalle molteplici to in senso nuovo e originale65. Qui si tratta sostanzialmente di un
funzioni. C'è chi li ha classificati in tre categorie: attributi divini doppio ampliamento semantico: ecumenico-ecclesiologico, nel senso
personificati, come la Sapienza e il Logos; patriarchi o antenati glo- che tanto i Giudei quanto i Gentili convergono a formare insieme
rificati, come Enoch, Abramo, o Mosè; e angeli superiori agli altri l'unico corpo di Cristo, e cosmologico, in quanto tutte le cose del
come Michele61. Di tutte queste figure solo la personificazione del- cielo e della terra sono sottomesse all'unico Signore risorto. A mon-
la Sapienza (ed eventualmente della Parola) potrebbe fare al caso te però c'è un fondamentale dato cristologico, che regge tutto l'im-
nostro62. Si dovrà tuttavia notare che nella tradizione d'Israele la pianto concettuale.
sapienza non è né Dio né uguale a Dio, anche se viene da Dio63; Per la sua esatta comprensione anche solo formale, è importan-
ciò spiega perché il Cristo non venga mai esplicitamente designato te collocare il concetto sul suo specifico sfondo storico-culturale,
come «la Sapienza»: in questo modo, da una parte si rispetta l'am- che non è tanto quello della prassi ellenistico-pagana dei culti mi-
biguità del concetto biblico, mentre dall'altra si suggerisce la non sterici (né tanto meno quello di tipo gnostico-intellettualistico, co-
perfetta equivalenza tra Cristo e la Sapienza, se non altro perché munque successivo, di verità inaccessibili alla ragione) quanto in-
il primo è un individuo storico ben preciso che finisce per intro- vece l'ambito apocalittico giudaico di una rivelazione celeste e in
durre in Dio l'idea rivoluzionaria di una molteplicità di persone. particolare del mistero degli ultimi tempi.

59
Nel giudaismo esiste tradizionalmente una certariluttanzaa parlare
Essa infatti potrebbe avvenire (1) o tra i due poli degli esseri terrestri e di quelli dirivelazioneall'infuori della Torah; così per esempio Bar 3,9 - 4,4, iden-
celesti, (2) o all'interno stesso delle due categorie degli esseri terrestri e di quelli
celesti, (3) o fra gli esseri terrestri e celesti da una parte e Dio dall'altra. tificando la Legge con la Sapienza, esclama: "Beati noi, o Israele, per-
60
61
Cf. J.-N. Aletti, Colossiens 1,15-20, p. 92. ché ciò che piace a Dio ci è statorivelato",sottinteso nella Torah e quindi
Così L.W. Hurtado, One God, One Lord. Early Christian Devotion and An- non altrove (4,4; cf. persino Rm 2,10). Ma, ciononostante, il medio giu-
cient Jewish Monotheism, Fortress, Philadelphia 1988. Invece P.G. Davis, Divine daismo ci fornisce un'ampia documentazione secondo cui si pensa-
Agents, Mediators, and New Testament Christology, JTS 45 (1994) 479-503, ha ten-
tato di cambiare l'approccio classificando i mediatori sulla base di uno schema tem-
porale che evidenzi l'atto della mediazione come tipico del passato (vedi Abramo, 64
Mosè, Davide) o del presente (vedi gli angeli) o del futuro (vedi Elia e varie figure Qui esso ha un valore non tanto di sintesi quanto piuttosto settoriale, come
messianiche), mentre solo raramente i tre patterns si combinano insieme (vedi Mi- si vede bene là dove è impiegato distributivamente al plurale (in ICor 4,1; 13,2;
chele [nel Libro dei Vigilanti e nella Vita di Adamo ed Eva], lo Spirito della Luce 14,2); uguale valore può avere anche al singolare, quando si limita a esprimere solo
[a Qumràn], ed Enoch [nella letteratura enochica]); ma a nessuna di queste figure un dato nascosto, finora non rivelato, come la trasformazione escatologica del corpo
vengono attribuite funzioni paragonabili a quelle di Col 1,15-20: presenza nell'atto (in ICor 15,51) o il superamento escatologico dell'ostinazione d'Israele (in Rm
della creazione, armonizzazione del tutto e riconciliazione universale. 11,25-26).
62 65
Contro J. Fossum, Colossians 1.15-18 in the Light of Jewish Mysticism and Cf. R. Penna, // "mysterion" paolino. Traiettoria e costituzione, RivBibl
Gnosticism, NTS 35 (1989) 183-201, che pensa ad una "Anthropos-Christology" Suppl 10, Paideia, Brescia 1978; M.N.A. Bockmuehl, Revelation and Mystery in
modellata sull'ingigantimento della figura di Adamo. Diverso è il caso di chi vi scorge Ancient Judaism andPauline Christianity, WUNT 2.36, Mohr, Tubingen 1990; C.
un rapporto di tipo midrashico con Gn 1,1.26 per il tramite dell'idea di Sapienza Reynier, Évangile et mystère. Les enjeux théologiques de l'épitre aux Éphésiens,
come Arche: cf. C F . Burney, Christ as the APXH ofCreation (Prov. Vili22, Col. LD 149, Cerf, Paris 1992 (quest'ultimo Autore alle pp. 239-263 parla addirittura
115-18, Rev. Ili 14), JTS 27 (1926) 160-177; F. Manns, Col 1,15-20: midrash chré- dell'"atto di nascita di un nuovo linguaggio teologico"); J.-N. Aletti, Sagesse et
tien de Gen 1,1, Rev SR 53 (1979) 100-110; N.T. Wright, Poetry and Theology in mystère chez Paul. Réflexions sur le rapprochement de deux champs lexicographi-
Colossians 1.15-20, NTS 36 (1990) 444-468. ques, in ACFEB, La sagesse biblique de i'Ancien au Nouveau Testament, LD 160,
« Cf. J.-N. Aletti, Colossiens 1,15-20, p. 176. Cerf, Paris 1996, pp. 357-384.
239
238 LA TRADIZIONE PAOLINA IL "MYSTERION"

va che Dio continuasse a parlare anche alla generazione attuale, soprat- di stagno. E chiesi all'angelo che andava meco: 'Che sono quelli che
tutto sulla base di intuizioni ispirate (sia esegetiche sia visionarie) con- vedo nascosti?'. E mi rispose: 'Tutti quelli che hai visto sono per la po-
cesse a interpreti privilegiati della parola di Dio. "Mistero" è il nome tenza del Messia, affinché comandi e diventi potente sulla terra'"; 4Esd
dato spesso al contenuto di tale rivelazione. Il greco fiua-cripiov nella ver- 14,4: "Ho parlato a Mosè... gli mostrai i segreti dei tempi, gli feci co-
sione dell'AT non rende mai l'ebraico sòd (lat. consilium, nel duplice noscere la fine delle epoche"; 2Bar 48,3: "Tu solo conosci la durata
senso di assemblea e di decisione riservata), per il quale tuttavia usa ben delle generazioni, e non riveli i tuoi misteri ai molti"; 81,4: "L'Altissi-
undici vocaboli diversi66, ma solo l'ebraico-aramaico raz presente in Dn mo... mi ha fatto conoscere i misteri dei tempi e mi ha mostrato l'av-
(8 volte; cf. Dn 2,28: "C'è Dio in cielo che rivela i misteri... che devo- vento dei momenti"; Test. L. 2,10 dove l'angelo dice a Levi per quan-
no avvenire alla fine dei giorni"); inoltre è presente nei deuterocanoni- do sarà nel terzo cielo: "Sarai vicino al Signore. Sarai suo ministro, ri-
ci Tb 12,7.11 ("è bello nascondere il mistero [la decisione! del re"); Gdt velerai agli uomini i suoi misteri e annunzierai riguardo a chi verrà a
2,2 ("condivise loro il mistero della sua decisione" [CEI: "tenne con riscattare Israele. Attraverso te e Giuda Dio apparirà agli uomini sal-
loro consiglio segreto"]); Sap 2,22 (i malvagi "non hanno conosciuto vando in se stesso tutto il genere umano". A Qumràn il vocabolo raz,
i misteri di Dio"); 6,22; 14,15.23; Sir 3,18 (ma solo S2: "ai miti rivela tipicamente apocalittico, è impiegato non solo in riferimento alle pre-
i suoi misteri")67. In Filone Al. il concetto è riferito all'interpretazione scrizioni della Legge e a dimensioni cosmologiche, ma anche in parti-
biblica: egli qualifica il significato allegorico con "grandi misteri" in colare per riflettere sul male nel mondo (cf. lQapGen 1,2: "il mistero
opposizione al senso letterale definito "piccoli misteri" (cf. Leg. alleg. del male"; 1Q27 1,2: "i misteri del peccato... il mistero dell'esistenza")
3,100; Cher. 49). Giuseppe FI. dimostra scarso interesse per questa ter- e sulla fine dei tempi (cf. lQpHab 7,5-14: "Si procrastinerà il periodo
minologia, opponendosi in genere ai culti misterici col dire che il giu- ultimo e oltrepasserà tutto ciò che dicono i profeti, perché i misteri di
daismo come religione di rivelazione non consiste nell'espletare riti na- Dio sono meravigliosi... Tutti i periodi di Dio giungeranno al momen-
scosti poiché Mosè parlò apertamente e senza segreti (cf. Ant. 16,43; to giusto, come decise per loro nei misteri della sua saggezza"); si note-
C. Ap. 2,168ss). Più interessante può essere il Targum e in particolare rà tuttavia che la specifica dimensione messianica è assente dai testi mi-
i due Tg N/Tg Ps-Jo a Gn 49,1 dove Giacobbe morente dice ai suoi steriologici di Qumràn.
figli: "Vi annuncerò i misteri (rzyy*) nascosti e i tempi (qysyyh) segreti,
la retribuzione fatta ai giusti, il castigo degli empi e ciò che sarà la feli- Tornando alle lettere sinottiche Col-Ef, dove il termine occorre
cità dell'Eden", ma poi il testo continua rispettivamente così: "Essi si dieci volte, si noterà che, benché solo in un paio di casi si parli espli-
riunirono... perché fosse loro annunciato il tempo della benedizione e citamente del "mistero di Cristo" (Col 4,3; Ef 3,4), tuttavia esso
della consolazione; ma dopo che il tempo (qysh) gli fu rivelato, il mi- poggia sempre sul Cristo come proprio referente ermeneutico: cioè,
stero (/%*) gli fu nascosto" (Tg N); e: "Ma dopo che si manifestò la senza di lui non si possono comprendere appieno neanche le altre
gloria della Shekinah di YHWH, il tempo fissato per la venuta del Re
componenti costitutive. Lo stadio apparentemente a-cristologico
Messia fu nascosto" (Tg Ps-Jo).
è quello che riguarda il suo nascondimento in Dio già prima del
Approdiamo così all'ambito apocalittico, che si caratterizza proprio tempo (cf. Col 1,26; Ef 3,9), ma esso evidenzia soltanto il fatto
per la comunicazione di misteri celesti68. Questi possono essere anche
di tipo cosmologico, ma riguardano in special modo l'escatologia. I te- che la componente fontale del mistero è la insindacabile volontà
sti sono moltepici; vedi lEn 52,2-4: "Là i miei occhi videro i segreti divina, tanto che esso rimane fondamentalmente "di Dio" anche
del cielo, tutto quel che sarà sulla terra: il monte di ferro, il monte di dopo la sua rivelazione. Il suo contenuto però, già prima della sua
rame, il monte d'argento, il monte d'oro, il monte di piombo, il monte realizzazione, è configurabile solo in riferimento a Cristo. Infatti
"il mistero della sua volontà" (Ef 1,9), oltre che riferirsi al Croci-
66
fisso come scandalosa espressione di una sapienza non comprensi-
M.N.A. Bockmuehl, Revelation and Mystery, p. 102, ipotizza che la riluttanza bile con categorie umane (cf. Paolo in ICor 1,18 - 2,9 su cui vedi
dei LXX nell'impiegare il vocabolo si spieghi per il rifiuto di una terminologia co-
lorata da inaccettabili connotazioni pagane proprie dei culti misterici (che invece il cap. precedente 4.2.2), prende forma a due altri livelli, per cul-
risuonano in casi negativi come Nm 25,3: "Israele fu iniziato [hz\iaQr\, TM: aderì] minare poi in un terzo 69 .
al culto
67
di Baal-Peor").
In Sir 22,22; 27,16.17.21 e 2Mac 13,2 c'è il tema negativo della perdita di fi-
ducia
68
per chi manifesta i segreti dell'amico. 69
Acutamente J.-N. Aletti, Sagesse et mystère chez Paul, pp. 376-377, osserva
Vedi le buone pagine di M.N.A. Bockmuehl, Revelation and Mystery, pp. che si tratta dell"'uso paradossale di un termine scritturistico per giustificare
24-56.
240 LA TRADIZIONE PAOLINA IL "MYSTERION" 241

In primo luogo, c'è una dimensione ecumenica. Il mistero della Dio"73, così come poco prima si parlava del "mistero tra le gen-
volontà, facendo perno su Gesù Cristo, intende rendere i Gentili ti, che è Cristo in voi" (Col 1,27); l'altra è che il secondo genitivo
"coeredi e concorporei e compartecipi" delle promesse fatte a Israe- non ha solo valore parentetico, quasi che la frase seguente si colle-
le e realizzate in Cristo (Ef 3,6)70. In questo senso "egli è la no- gasse direttamente con "il mistero di Dio" e solo indirettamente
stra pace" (Ef 2,14), in quanto ha unificato in se stesso e quindi con "Cristo", poiché al contrario lo spiccato interesse di Col per
fra di loro i due tronconi, prima divisi e nemici, dei giudei e dei il primato di Cristo invita a riferire immediatamente il complemento
pagani in "una cosa sola... in un solo uomo nuovo... in un solo "nel quale" al più vicino "Cristo" (che d'altronde è appunto una
corpo... in un solo spirito" (Ef 2,14.15.16.18)71. Proprio a que- apposizione del suddetto sintagma). Allora balza in primo piano
sto dunque tendeva il progetto divino. la portata straordinaria dell'insieme, la cui semantica globale si può
In secondo luogo, il mistero ha una dimensione cosmica. Di que- percepire in due affermazioni di fondo74.
sta abbiamo già parlato più sopra a proposito della qualifica di Cri- a) La prima è che in Cristo "si trovano, nascosti, tutti i tesori
sto come "capo" (con riferimento soprattutto a Ef 1,9-10.20-22), della sapienza e della conoscenza". In questa frase confluiscono
a cui rimandiamo. tradizioni tanto sapienziali (cf. Pro 2,3-6; Sap 7,8-14) quanto apo-
Infine dobbiamo constatare, come dato riassuntivo, che lo stes- calittiche (cf. il Figlio dell'uomo in lEn 46,3; 49,2-3; 51,3: "L'E-
so Cristo in persona è definito "mistero". Il testo in proposito è letto in quei giorni siederà sul trono e tutti i segreti della saggezza
Col 2,2b-3: "... per conoscere il mistero di Dio, Cristo (-co [xucjxriptov usciranno dal pensiero della sua bocca"), che conferiscono a Cri-
xoù Geoù, Xpta-coG), nel quale si trovano, nascosti, tutti i tesori della sto la dimensione di un inesauribile deposito di ricchezze spirituali
sapienza e della conoscenza". La tormentata tradizione manoscritta a cui attingere in pienezza (cf. 2,9). È vero che il contesto imme-
concernente l'asindeto dei due genitivi72 è segno che esso ha sem- diato insiste sui concetti apparentemente intellettualistici di sapienza
pre causato disagio. Pur accettando la suddetta ricostruzione criti- e di conoscenza, per dire che il cristiano ha in Cristo e non in altri
ca del testo (che oltre al codice B gode anche della testimonianza la chiave di volta della propria visione sapienziale del mondo. Ma
di P46), si pone poi ancora il problema della sua traduzione, che la polemica contro la vuota filosofia degli uomini (cf. Col 2,8) sup-
noi comunque risolviamo nei termini proposti. In essa vanno colte pone più in generale una cornice di fede salda (cf. 2,5) e di radica-
due sfumature importanti: l'una è che il nome "Cristo" va inteso mento vissuto in lui (cf. 2,6-7), che sfocia in un discorso battesi-
come apposizione di tutto il precedente sintagma "il mistero di male (cf. 2,11-12) e di assoluta libertà esistenziale (cf. 2,16-23) fon-
data sulla concreta e deschiavizzante autodonazione che Cristo ha
fatto di se stesso sulla croce (cf. 2,13-15). Il nostro testo perciò si
l'impiego di termini non scritturistici (come corpo, capo ecc.)--- per far entrare nel- potrebbe commentare opportunamente con altri due passi biblici
l'intelligenza della sapienza eterna di Dio, nella coerenza paradossale dei suoi solo apparentemente diversi: "Insieme con essa mi sono venuti tutti
disegni".
70
Nei precedenti vv. 4-5 questo evento è solennemente definito "il mistero i beni" (Sap 7,11), e "Dove è il tuo tesoro lì sarà pure il tuo cuo-
di Cristo che non fu manifestato alle altre generazioni dei figli degli uomini come re" (Mt 6,21/Lc 12,34 Q). Infatti, la presenza in Cristo di tutti i
ora è stato rivelato ai suoi santi apostoli e profeti nello Spirito". Cf. R. Penna,
// "mysterion"paolino, pp. 67-79; C. Reynier, Évangile et mystère, pp. 105-123 tesori desiderabili induce a non cercare altrove ciò che potrebbe
(che insiste sull'integrazione di due campi semantici: la corporeità e la costru- essere soltanto o una imitazione o un falso, e quindi invita a consi-
zione). derare già oggetto presente di fruizione ciò che altri potrebbero at-
71
Sul diverso tipo di pace realizzato da Cristo nella chiesa in confronto con quel-
lo politico-romano contemporaneo, oltre ai Commenti, cf. E. Faust, Pax Christi tendere solo dal futuro.
et Pax Caesaris. Religionsgeschichtliche, traditionsgeschichtliche und sozialgeschicht-
liche Studien zum Epheserbrief, NTOA 24, Universitàtsverlag/Vandenhoeck, Frei-
73
burg i.d. Schweiz/Gòttingen 1993. Ci sono altre due alternative: (1) che "Cristo" sia apposizione del solo termi-
72
Vi si contano almeno sette varianti: "di Dio", "di Cristo", "di Dio che è ne " D i o " , ma è improbabile l'affermazione esplicita della divinità di Cristo nel con-
Cristo", "di Dio che è in Cristo", "di Dio padre di Cristo", "di Dio e padre di testo; (2) che il genitivo Xpioroù, senza farlo precedere da una virgola, dipenda di-
Cristo", "di Dio e padre e di Cristo" (cf. Nestle-Aland, 27 a edizione); la Vg da rettamente dal termine precedente (= "del Dio di Cristo"), ma è inusuale senza
parte sua legge: in agnitionem mysterii Dei Patris et Christi Iesu, disgiungendo dunque la specificazione del "padre".
Dio e Cristo. 74
Cf. R. Penna, // "mysterion"paolino, pp. 64-67.
242 *LA TRADIZIONE PAOLINA "SALVATORE" E "MEDIATORE" 243

b) La seconda affermazione è che Cristo riassume in sé "il 6. "Salvatore" e "mediatore" (Lettere Pastorali)
mistero di Dio". Ciò significa che il Cristo nella sua totalità,
e non solo in un aspetto della sua persona o in un momento Il titolo (jcoTTip è piuttosto tardivo nella letteratura neotestamen-
della sua esistenza, reca in sé la pienezza dell'insondabile piano taria e risulta sostanzialmente tipico delle lettere deuteropaoline e
divino di salvezza. Come figlio del falegname, come amico dei in particolare delle Pastorali77 (nelle quali peraltro è sorprendente
pubblicani e dei peccatori, come crocifisso, come risorto e Signo- l'assenza del titolo di "Figlio di Dio"). Qui lo si trova impiegato
re, egli rivela dove stanno riposti "tutti i tesori della sapienza secondo una doppia attribuzione.
e della scienza". In lui e in tutte le componenti della sua figura Una prima serie di testi lo applica nient'altro che a Dio: lTm 1,1;
prende forma "la multiforme sapienza di Dio", che la chiesa è 2,3; 4,10; Tt 1,3; 2,10; 3,4. Anche se questa prassi non fa diretta-
chiamata a rendere nota sino ai principati e alle potestà nei cieli mente al caso della cristologia, è necessario tuttavia sottolinearla
(Ef 3,10). Quindi, Cristo non è soltanto l'occasione o lo strumen- poiché della cristologia costituisce una premessa indispensabile. Bi-
to estrinseco che rende possibile al mistero della volontà di Dio sogna infatti osservare che nel greco dei LXX, dove esso ricorre 35
di manifestarsi nella storia; egli stesso invece fa parte essenziale volte (traducendo sia il verbo yaScf sia i sostantivi astratti yeMcah
del Mistero, cosicché ormai non è possibile pensare e adorare e yèscf), il titolo esprime una funzione propria di Dio.
la eudokia divina senza confrontarsi personalmente con lui, nel
quale il mystérion davvero si incarna. Si perviene così a incontra- Vedi per esempio Dt 32.15: "Giacobbe... ha disprezzato la Roccia,
re 'Tininvestigabile ricchezza di Cristo" (Ef 3,8) che sta oltre sua salvezza (LXX: suo salvatore)"; Gdt 9,11 : "Tu sei il Dio degli umi-
ogni umana comprensione: non che Dio non abbia lasciato im- li,... il salvatore dei disperati"; Sai 24/25,5: "Sei tu il Dio della mia
pronte del suo passaggio, quasi che questo si sottragga a ogni salvezza (LXX: il mio salvatore)"; Is 12,2: "Ecco, Dio è la mia salvez-
possibile investigazione, ma esse sono solo tracce di un Indiziato za (LXX: il mio salvatore)"; Sir 51,1: "Ti loderò, Dio mio salvatore";
che rimane per natura sua insondabile e inesauribile75. Tutt'al Sap 16,7: "Chiunque... era salvato solo da te, salvatore di tutti"78.
più si può giungere a rendersi conto di "quale sia l'ampiezza,
la lunghezza, l'altezza e la profondità" (Ef 3,18) di questo miste- Quindi, quando si legge per esempio in lTm 4,10 che "noi ab-
ro, il quale in definitiva è un mistero di amore "che sorpassa biamo posto la nostra speranza nel Dio vivente, il quale è il salva-
ogni conoscenza" (Ef 3,19), dove cioè le mere categorie intellet- tore di tutti gli uomini, soprattutto dei credenti", non si sente al-
tuali risultano insufficienti76. tro che risuonare l'antica fede giudaica nell'unico Dio soccorrito-
re del suo popolo: "Il nostro Dio è un Dio che salva" (Sai 68,21);
"Dio viene a salvarvi" (Is 35,4); "Io sono con te per salvarti" (Ger
1,19; 15,20; 30,11; 42,11).
75
L'aggettivo àve^viaaro?, che nella grecità oltre a Ef 3,8 e Rm 11,33 è 77
attestato soltanto in LXX Gb 5,9 (Dio "fa cose grandi e incomprensibili, mera- Fuori di questo gruppo epistolare, infatti, la situazione è la seguente: (1) nel-
viglie senza numero"); 9,10; 34,24 (e mai nel greco extrabiblico), deriva dall'eti- le lettere autentiche di Paolo il titolo si incontra una sola volta, e solo in senso cri-
mo txvo?> "traccia, orma, pista, impronta, indizio", e non significa assenza stologico, in Fil 3,20, dove per di più appare in contesto escatologico come a dire
di tracce, poiché il privativo àv va letto insieme alla preposizione è? per dire che Gesù sarà salvatore soltanto alla fine dei tempi; (2) nell'opera lucana è presente
che la presenza pur evidente di tracce chiare non permette tuttavia di giungere una volta in senso teologico (cf. Le 1,47) e tre volte in senso cristologico (cf. Le
a esaurire pienamente l'identità di chi le ha lasciate. Infatti "il dio che sia 2,11; At 5,31; 13,23), mentre una semantica mista rivela il sostantivo aonripiov, "stru-
stato compreso è sempre un idolo" (citazione di Gaugler in M. Barth, Ephe- mento di salvezza" (Le 2,30; 3,6; At 28,28); (3) nel corpus giovanneo ricorre solo
sians, I, p. 341). due volte in senso cristologico (cf. Gv 4,42; lGv 4,14); infine (4) lo si incontra nelle
76
L'obiezione rivoltami da M.N.A. Bockmuehl, Revelation and Mystery, p. 188, lettere parallele Gd-2Pt in senso sia teologico (cf. Gd 25) sia soprattutto cristologi-
secondo cui la prospettiva di Col 2,2 non sarebbe ontologica ma epistemologica co (cf. 2Pt 1,1.11; 2,20; 3,2.18). In linea di massima non prendiamo in considera-
a motivo del tema contestuale della conoscenza, tocca solo l'apparenza; infatti, non zione né il verbo "salvare" né il sostantrivo astratto "salvezza", sia perché solo
si può dire che il "mistero di Dio" sia sinonimo tout court del messaggio evangeli- raramente essi sono connessi direttamente con il Cristo risorto (cf. il verbo in Rm
co, ma semmai del suo contenuto (cf. Col 1,27!): quindi tra il Mistero e Cristo si 5,9-10 ma con riferimento escatologico; e il sostantivo in 2Tm 2,10), sia perché è
dà una identificazione che va oltre la semplice funzionalità dell'annuncio e attinge il titolo a definire più icasticamente la qualità e la funzione di chi lo porta.
78
invece la natura delle cose. In generale, cf. G.G. O'Collins, Salvation, in ABD 5, pp. 907-914.
244 LA TRADIZIONE PAOLINA "SALVATORE" E "MEDIATORE" 245

Una seconda serie di testi invece lo applica a Gesù Cristo: oltre na con il concetto di èmepàveta, "manifestazione" (che appartiene
che Ef 5,23, vedi soprattutto 2Tm 1,10; Tt 1,4; 2,13; 3,6. L'origi- pure alla terminologia religiosa ellenistica)82. In un paio di casi in-
nalità di questa attribuzione a un uomo consiste doppiamente nel fatti i due termini compaiono insieme, là dove si dice che la grazia
fatto che essa non ha paralleli di rilievo nella tradizione giudaica, "è stata rivelata ora con la manifestazione del salvatore nostro Gesù
certo non in rapporto al Messia79, e che essa equipara indiretta- Cristo, che ha vinto la morte e ha fatto risplendere la vita e l'im-
mente Gesù a Dio. È possibile che in questo passaggio di attribu- mortalità" (2Tm 2,10) e che la grazia di Dio ci insegna a vivere
zione del titolo abbia giocato anche l'etimologia del nome ebraico "nell'attesa della beata speranza e della manifestazione della glo-
di Gesù (Yèhósucf, in forma abbreviata Yesùcf = "Yhwh è sal- ria del nostro grande Dio e salvatore Gesù Cristo" (Tt 2,13). Ma,
vezza"), la cui esplicitazione risale già a un'antica tradizione giudeo- come si vede bene da questi due testi, la semantica in questione
cristiana (cf. Mt 1,21; Le 2,11; At 5,31; 13,21), oltre al fatto che è duplice. Da una parte, infatti, si dice che Gesù si è già manifesta-
l'autore lo aveva anche trovato in Paolo, sia pure una volta sola to come salvatore nel passato, e anzi il testo in oggetto è l'unico
(cf. Fil 3,20) e con riferimento escatologico80. Interessante può es- del genere. Dall'altra, invece, la manifestazione di Gesù-salvatore
sere anche un ricorso all'ambito greco pagano. è riservata e attesa per il futuro (cf. anche lTm 6,14; 2Tm 4,1.8).
Se in questo secondo caso è più evidente il modulo giudaico della
Qui infatti il titolo è attribuito non solo a varie divinità, sia olimpi- speranza escatologica, bisogna però osservare che anche nel primo
che (soprattutto Zeus, ma anche Atena e Apollo), sia intermedie (figli caso la funzione salvatrice di Gesù non gli è attribuita in proprio
di un dio e di una mortale: i Dioscuri, Eracle, Asclepio), sia misteriche ma è subordinata a quella di Dio; infatti in Tt 3,4 si legge che pari-
(Cibele, Iside, Serapide), ma anche a uomini di varia specie: a chi in menti al passato "si sono manifestati la bontà di Dio, nostro sal-
genere è un soccorritore nei pericoli (cf. per esempio Tiresia in Sofocle,
vatore, e il suo amore per gli uomini".
Edipo re 302-304), ai filosofi (per esempio in Dione Crisostomo, Or.
32,18), agli uomini di stato (per esempio già Filippo il Macedone in De- Quindi Dio e Gesù sono coordinati insieme, ma in modo dialet-
mostene, Or. 18,43; il primo romano fu il console Tito Quinzio Flami- tico. Infatti, mentre nel citato Tt 2,13 Gesù è definito senza mezzi
nino dopo la dichiarazione della libertà della Grecia nel 196 a.C, in termini "nostro grande Dio e salvatore", esprimendo così una cri-
Plutarco, Tit. Flam. 10 e 16), e in specie ai sovrani ellenistici (specie stologia alta (ma legata a una prospettiva futura)83, in lTm 2,5-6
i Tolomei in Egitto) e infine all'imperatore romano (così già Cesare e invece se ne parla nei termini di una cristologia bassa (legata all'e-
Augusto, ma solo in Oriente; diventerà diffuso con Adriano)81. vento salvifico del passato): "Uno solo è Dio (tì<; Geo?) e uno solo
il mediatore (et<; xat u-eai-nr]?) fra Dio e gli uomini, l'uomo (avGpw-
Ma per comprendere adeguatamente la semantica del titolo bi- 7to<;) Cristo Gesù, che ha dato se stesso in riscatto per tutti". È fin
sogna pure tenere conto del fatto che nelle Pastorali esso si combi- troppo chiaro che qui l'autore costruisce la sua confessione di fede
utilizzando materiale tradizionale, sia per quanto riguarda il mo-
79
Infatti, nonostante che l'AT conosca varie figure di liberatori di varia specie noteismo giudaico (cf. Dt 6,5) sia per quanto riguarda la soterio-
(cf. Abramo, Mosè, i Giudici, Davide, i re, il Servo), solo in quattro casi il titolo logia cristiana (cf. ICor 15,3; Gal 2,20)84. Ma bisogna notarvi al-
nei LXX è riferito a degli uomini, ma ciò avviene o episodicamente (cf. Gdc 3,9:
Otniel; Gdc 3,15: Eud) o per negare che alcuni si siano dimostrati tali (cf. Gdc 12,3: 82
gli Efraimiti) o con un riferimento generico a imprecisati "liberatori" inviati da In merito, cf. C. Spicq, Note di lessicografia neotestamentaria, I, pp. 632-636;
Dio nella storia d'Israele (cf. Ne 9,27). Soprattutto si noterà che il titolo non viene per esempio la sconfitta dei Galli, che assalirono il tempio di Delfi nel 278 a.C,
mai applicato al Messia, neppure nella cosiddetta letteratura intertestamentaria: cf. è attribuita alla "manifestazione-apparizione" salvatrice di Apollo (in W. Ditten-
W. Foerster, awxrip, in GLNT XIII, 552-601 specie 579-582; J.J. Collins, The Scep- berger, Sylloge Inscriptionum Graecarum 398,1-21); vedi anche gli interventi di Dio
ter and the Star. The Messiahs ofthe Dead Sea Scrolls and Other Ancient Literatu- in2Mac2,21; 15,27.
re, Dobleday, New York-London 1995. 83
In proposito vedi M.J. Harris, Titus 2.13 and the Deity of Christ, in D.A.
80
Cf. J. Roloff, Der erste Brief an Timotheus, EKK XI, Zùrich/Neukirchen Hagner & M.J. Harris, edd., Pauline Studies. Essayspresented to F.F. Bruce, Pa-
Vluyn
81
1988, pp. 358-365 ("Exkurs: Zur Christologie") qui p. 363. ternoster, Exeter 1980, pp. 262-277; Id., Jesus as God. The New Testament Use
Cf. la documentazione in W. Foerster, cit., 555-577, dove si mette anche in of 'Theos' in Reference to Jesus, Baker, Grand Rapids 1992, pp. 173-185.
luce che per i sovrani ellenistici (e poi per l'imperatore romano) il titolo non è auto- 84
Cf. H. Simonsen, Christologische Traditionselemente in den Pastoralbriefen,
matico e non comporta necessariamente l'idea di un salvatore del mondo, avendo in S. Pedersen, ed., DiePaulinischeLiteratur und Theologie, Aros/Vandenhoeck,
la sua ragion d'essere in ben determinate imprese compiute (cf. coli. 565, 569, 572). Arhus/Gòttingen 1980, pp. 51-62.
246 LA TRADIZIONE PAOLINA GLI APPORTI DELLA 1PT 247

cune cose caratteristiche: (1) è affermata l'esistenza di un media- Due recenti analisi più globali91 hanno messo bene in luce la con-
tore fra Dio e gli uomini, contro una tradizione giudaica che la ne- tinuità sostanziale del messaggio cristiano nelle Pastorali, le quali
ga nella storia d'Israele85; (2) questo mediatore è pienamente uma- hanno saputo preservare il contenuto tradizionale della fede rive-
no, non un angelo (cf. Eb 4,15); (3) egli, a differenza di Mosè e stendolo con una nuova espressione linguistica: il messaggio della
dei profeti, svolge la sua funzione non tra Dio e Israele ma tra Dio "epifania" di Cristo-salvatore, che implica comunque la sua pre-
e "gli uomini", quindi secondo un orizzonte universalistico (cf. esistenza (cf. lTm 1,15: "è venuto nel mondo..."; 3,16; Tt 1,3),
lTm 2,4); (4) la mediazione si attua essenzialmente nell'autodona- sottolinea la verità essenziale del kerygma apostolico, e cioè che
zione di Gesù come "riscatto" (àv-uXinpov: cf. Tt 2,14 e Me 10,45) l'offerta di grazia da parte di Dio è per la redenzione di ogni pec-
anch'esso a destinazione universale; (5) infine va rilevato che que- catore con la mediazione di Cristo crocifisso e risorto.
sto "uomo" non è limitato in una cornice puramente creaturale,
poiché è lo stesso Cristo Gesù di cui poco prima l'autore ha detto
che "è venuto nel mondo per salvare i peccatori" (lTm 1,15)86. 7. Gli apporti della lPt
Evidentemente la cristologia delle Pastorali combina insieme mo-
tivi molto vari. Dopo le posizioni minimaliste di Windisch (secondo Se collochiamo la lPt nell'ambito della tradizione paolina, è per-
cui la epiphàneia riguarderebbe più il periodo post-pasquale che non ché in essa si scoprono degli elementi linguistici e teologici che la
l'incarnazione, e di pre-esistenza non si parlerebbe se non a propo- agganciano in qualche modo al paolinismo92.
sito della sola volontà salvifica di Dio, essendo l'interesse riservato
a Gesù come uomo e alla sua esaltazione), sia pur insistendo oppor- Così si dica per esempio della formula iniziale de\Veuloghia (cf. lPt 1,3
tunamente sulla sua dimensione tradizionale87, oggi si tende a valo- con 2Cor 1,3), dell'espressione "in Cristo" (lPt 3,16; 5,10.14), del ter-
rizzare maggiormente la complessità del discorso cristologico nelle mine "giustizia' ' (lPt 2,24), dei gentili trattati come figli di Sara e di Abra-
nostre lettere. Oltre a inserire di più la cristologia nel contesto delle mo (cf. lPt 3,6 con Gal 4,21-31), della richiesta di non vivere più nel pec-
lettere88, c'è chi all'opposto di Windisch ha parlato piuttosto di una cato ma per la giustizia (cf. lPt 2,24 con Rm 6,11), della fusione tra le
metafore della "pietra di fondamento" e "pietra di inciampo", derivanti
'modernità' delle Pastorali a motivo del loro progetto di "teo- da Is 28,16 e 8,14s (cf. lPt 2,6-8 con Rm 9,33), e dell'utilizzo della stessa
soteriologia" che vuole insistere sulla trascendenza di Dio in rapporto metafora architettonica per definire la chiesa (cf. lPt 2,2.5a con ICor
all'ambiente ellenistico del momento89, mentre altri ha voluto uni- 3,10-17; Ef 2,21-22). Va comunque ricordato che la lettera non contiene
re di più insieme l'evento storico di Cristo e il kerygma pasquale90. altri temi paolini di prim'ordine, come quelli della chiesa corpo di Cri-
sto, della giustificazione per fede senza le opere della legge, del conflitto
carne-Spirito e del rapporto tra Israele e la comunità cristiana.
85
Essa è attestata a proposito dell'esodo dall'Egitto, sia in Is 63,9 ("Non un
inviato né un angelo li ha salvati, ma egli stesso li ha salvati"), sia nella Haggadà 91
pasquale su Dt 26,8; cf. M. Pesce, Dio senza mediatori. Una tradizione teologica Cf. A.Y. Lau, Manifest in Flesh. The Epiphany Christology of the Pastoral
dal giudaismo al cristianesimo, Paideia, Brescia 1979, specie pp. 206-207. Epistles, WUNT 2.86, Mohr, Tùbingen 1996; K. Lager, Die Christologie der Pa-
86
Lo studio di D.R. de Lacey, Jesus As Mediator, JSNT 29 (1987) 101-121, ri- storalbriefe, HTS 12, Lit, Mùnster 1996.
92
facendosi all'idea di mediatore nel giudaismo, distingue due tipi di mediazione: uno Oltre la Nota 2 (v. sopra), cf. anche H. Goldstein, Paulinische Gemeinde im
è quello di chi si pone fra due poli per tenerli distinti (così Mosè; cf. Es 19,24; 20,19), Ersten Petrusbrief, SB 80, Katholisches Bibelwerk, Stuttgart 1975; N. Brox, Der
l'altro invece è quello di chi si frappone fra di essi per congiungerli insieme (così Gesù). erste Petrusbrief in der literarischen Tradition des Urchristentums, Kairos 20 (1978)
87
Cf. H. Windisch, Zur Cristologie der Pastoralbriefe, ZNW 34 (1935) 182-192; E. Cothenet, Les orientations actuelles de l'exégèse de la première lettre
213-238; Y. Redalié, PaulaprèsPaul. Letemps, lesalut, la moraleselon lesépitres de Pierre, in C. Perrot, ed., Études sur la Première Lettre de Pierre, LD 102, Cerf,
à Timothée et à Tite, "Le monde de la Bible" 31, Labor et Fides, Genève 1994, Paris 1980, pp. 13-42. Anche il recente commento di P.J. Achtemeier, 1 Peter, "Her-
pp. 228-230. meneia", Fortress, Minneapolis 1996, pp. 15-19, pur ritenendo non pertinente at-
88
Cf. I.H. Marshall, The Christology of the PastoralEpistles, SNTU 13 (1988) tribuire la lettera alla scuola paolina, ammette almeno che vi sia un linguaggio da
157-177.
89
considerarsi paolino più di quanto lo sia il contenuto teologico (cf. p. 19). Da parte
Cf. V. Hasler, Epiphanie und Christologie in den Pastoralbriefen, TZ 33 sua, J. Herzer, Petrus oder Paulus? Studien ùber das Verhàltnis des Ersten Petrus-
(1977) 193-209. brief es zur paulinischen Tradition, WUNT 103, Mohr, Tùbingen 1998, ritiene che
90
Cf. L. Oberlinner, Die Epiphàneia des Heilswillens Gottes in Christus Jesus. l'aggancio con Paolo avvenga non direttamente ma già mediante un lessico e una
Zur Grundstruktur der Christologie der Pastoralbriefe, ZNW 71 (1980) 192-213. concettualità diventati tradizionali.
248 1 A TRADIZIONE PAOLINA GLI APPORTI DELLA 1PT 249

Va quindi precisato che gli elementi paolineggianti si inserisco- 7.1 // ricorso all'Antico Testamento9^
no nel quadro di un particolare apprezzamento dell'eredità giu-
daica. Pur essendo i destinatari provenienti dal paganesimo (cf. Fin dall'inizio del suo scritto l'autore formula l'originale tesi,
1,14.18; 2,10), alla loro vita cristiana vengono applicati schemi secondo cui già i profeti dell'antica alleanza erano condotti dallo
tipici dell'AT, come quelli dell'esodo (cf. "i fianchi cinti" in Spirito di Cristo (cf. 1,11: essi "cercavano di indagare quale o
lPt 1,13; "il sangue di Cristo agnello senza macchia" in lPt 1, di qual sorta fosse il tempo a cui accennava lo Spirito di Cristo
18-19) e dell'esilio o della peregrinazione verso la terra promessa che era in loro, quando prediceva le sofferenze destinate a Cristo
(cf. i concetti di 8tàa7topoc e 7rapotxioc in 1,1.17; 2,11)93. L'eredità e le glorie che dovevano seguirle"). Si afferma così un'eccedenza
Paolina si combina con una serie di agganci più generali con di senso presente nelle profezie, che solo il cristiano può scoprire
la tradizione cristiana precedente, di cui sono segno alcuni fram- nell'ottica della fede pasquale (cf. Le 24,26-27)97, e che è dovu-
menti innici che esprimono al meglio la cristologia dell'au- ta a una pre-esistenza 'pneumatica' di Cristo ispiratore (cf. anche
tore94. 1,20)98. Secondo il nostro autore, esiste dunque una continuità
La cristologia di lPt infatti ha una sua particolare configura- e una omogeneità tra le profezie d'Israele e il vangelo cristiano,
zione95 e la si può ben individuare sulla base di quattro brani dovute al fatto che lo stesso Cristo ne è l'anima segreta, sia come
epistolari, che sul piano formale si presentano in forma quasi ispiratore sia come unico contenuto. Allora si spiega come mai
innica: 1,18-21; 2,4-8; 2,21-25; 3,18-22. In essi si trovano cinque lPt, proprio nei brani citati, faccia tanto ricorso alle Scritture
interessanti caratterizzazioni di Cristo, che finora sostanzialmen- e da esse desuma lo stesso linguaggio cristologico fondamentale.
te non abbiamo ancora incontrato altrove e che secondo una
certa progressione tematica possiamo coordinare così: agnello,
servo sofferente, redentore dei defunti, pietra angolare, pastore. 7.2 "Agnello senza difetti e senza macchia'"
Analizzeremo brevemente ciascuna di queste qualifiche, premet-
tendovi però una considerazione sull'uso cristologico dell'AT che Si tratta di una originale metafora che incontriamo utilizzata
in questa lettera è particolarmente evidente. e leggermente sviluppata in 1,18-19, dove si legge così:

96
93
Per una interpretazione sociologica di questi concetti, cf. J.H. Elliott, A Cf J. Schlosser, Ancien Testament et Christologie dans la Prima Petri,
Home for the Homeless. A Sociological Exegesis of 1 Peter, Its Situation and in C. Perrot, ed., Études sur la première lettre de Pierre, LD 102, Cerf, Paris
Strategy, Fortress, Philadelphia 1981; Id., Disgraced Yet Graced. The Gospel 1980, pp. 65-95.
97
according to 1 Peter in the Key of Honor and Shame, BibTheolBull 25 (1995) Che Cristo ispirasse i profeti dell'AT è un tema diffuso negli scritti suba-
166-178. Una maggiore valutazione teologica si trova invece in R. Feldmeier, postolici: cf. Ignazio, Ad Magn. 8,2 ("I santi profeti vissero secondo Gesù Cristo
Die Christen als Fremde. Die Metapher der Fremde in der antiken Welt, im ... essendo ispirati dalla sua grazia"); Barn. 5,6 ("I profeti, ricevuta la sua gra-
Urchristentum und im 1. Petrusbrief, WUNT 64, Mohr, Tùbingen 1992. Il loro zia, parlarono di lui"); Giustino, / Apol. 36,1 ("Quando ascoltate le parole
timbro comunque cristiano è ben sottolineato da E. Bosetti, / cristiani come dei profeti, non dovete credere che siano dette da essi stessi mentre sono ispirati
stranieri nella Prima lettera di Pietro, Ricerche Storico-Bibliche 8 (1996) 317-334. dal Verbo divino che li muove"); Dial. 34,2; 56,4.
94 98
Cf. R. Bultmann, Bekenntnis- und Liedfragmente im ersten Petrusbrief, Si potrà discutere come intendere esattamente il sintagma "Spirito di Cri-
in Id., Exegetica, Mohr, Tùbingen 1967, pp. 285-297 (lo studio è del 1947); sto" (lo Spirito che parlava di Cristo? lo Spirito rivelatosi poi in Cristo? Cristo
M.-E. Boismard, Quatre hymnes baptismales dans la première épìtre de Pierre, stesso come Spirito? meglio: lo Spirito che è proprio di Cristo), ma si dovrà
Cerf, Paris 1961. Non è però il caso di pensare a una cristologia particolarmente tenere conto del fatto che la formulazione all'origine è di conio paolino (cf.
primitiva, come fa invece P.E. Davies, Primitive Christology in I Peter, in E.H. Rm 8,9; [Gal 4,6;] Fil 1,19) ed esprime la connessione personale raggiunta da
Barth & R.E. Cocroft, edd., Festschrift to Honor F. Wilbur Gingrich, Leiden, Gesù Cristo con lo Spirito Santo mediante la propria passione e risurrezione.
Brill 1972, pp. 115-122. La lPt non avrebbe potuto esprimersi in questi termini, se non presupponesse
95
Si noti per esempio che lPt non impiega mai il titolo di "Figlio di Dio". la fede nel mistero pasquale e quindi nel fatto che solo con la Pasqua il Cristo
Sulla cristologia della lettera, oltre a specifici Excursus offerti dai Commenti, giunse a disporre pienamente dello Spirito di Dio; non per nulla, del resto, l'af-
cf. in particolare E. Bosetti, // pastore. Cristo e la chiesa nella Prima lettera fermazione in 1,11 fa riferimento alle sue "sofferenze" e alle sue "glorie" (que-
di Pietro, RivBibl Suppl 21, Dehoniane, Bologna 1990; J. Cervantes Gabarrón, st'ultimo plurale, a meno di considerarlo un 'plurale d'intensità', potrebbe allu-
La pasión de Jesucristo en la Primera carta de Pedro. Centro Literario y Teològi- dere alle fasi gloriose del Cristo: la risurrezione, l'ascensione, la sessione alla
co de la Carta, "Instit. San Jerónimo" 22, Verbo Divino, Estella 1991. destra di Dio e la parusìa).
250 GLI APPORTI DELLA 1PT 251
LA TRADIZIONE PAOLINA

"18Voi sapete che non a prezzo di cose corruttibili come l'argento ciò che poteva caratterizzare la precedente condotta dei lettori ma
e l'oro foste riscattati [èXuxp(ó0T)xe] dalla vostra vuota condotta eredi- con un nuovo, gratuito intervento di Dio in Cristo (cf. Wpassivum
tata dai vostri padri, 19ma con il sangue prezioso di Cristo come divinum "foste riscattati" e i seguenti vv. 20-21).
agnello senza difetti e senza macchia (co? à[xvou àfKÓpiou xocì àaruXoo)".

Volendo conoscere la provenienza e quindi il significato della 7.3 // tema del Servo sofferente
metafora cristologica, dobbiamo escludere due possibilità appa-
rentemente utili. Innanzitutto, va ammesso che essa non corri- È sviluppato nel brano 2,21-25, che si stacca dal contesto (con-
sponde propriamente all'agnello pasquale, sia perché il lessico tenente dal v. 18 una parenesi agli schiavi) come un'autonoma con-
non corrisponde", sia perché là l'atto di redenzione non è diret- fessione innica della fede cristiana, sia pur ricordata a fini
tamente connesso eoo l'agnello, che ha solo valore apotropaico,
esortatori 102 :
ma con la potenza dell'intervento personale di Dio stesso100.
Inoltre, essa ha ben poco in comune con Is 53,7 LXX ("come "21bAnche Cristo soffrì per voi, 24
lui che 'portò i nostri peccati'
pecora venne condotto al macello e come agnello muto di fronte lasciandovi un esempio nel suo corpo sul legno
al tosatore non aprì bocca"): qui infatti il paragone evidenzia perché seguiate le sue orme: perché distaccati dai peccati
22
soltanto l'estrema docilità del Servo, ma come tale l'agnello non lui che 'non commise peccato vivessimo per la giustizia:
è direttamente connesso con una funzione redentrice. È meglio né fu trovato inganno nella sua lui, 'per le cui piaghe foste
perciò, insieme al commento di Achtemeier, scorgere nella meta- bocca': guariti'.
23 25
fora un riferimento al culto sacrificale israelitico in generale, che lui che oltraggiato non ricambia- Eravate infatti 'come pecore
richiedeva come offerta al Signore solo animali perfetti, senza va con oltraggi erranti',
alcun difetto 101 . Nell'esclusione dell'argento come prezzo del ri- e soffrendo non minacciava, ma ora siete stati ricondotti
ma (si) consegnava a Colui che giù- al pastore e guardiano delle vostre
scatto riecheggia invece il testo di Is 52,3 che prospetta a Gerusa-
dica con giustizia: anime".
lemme una liberazione gratuita dall'oppressione babilonese: "Senza
prezzo foste venduti, e senza denaro sarete riscattati, où \itià Non si può comprendere adeguatamente questo brano, se non
àpyupiou XuxpcoGrjaeaGe"). In lPt 1,18-19 il prezzo del riscatto è si tiene conto della forte influenza che ebbe su di esso il quarto
costituito dal "sangue prezioso" di Cristo, cioè dalla sua morte carme del Servo di Yhwh isaiano 103 , di cui si trovano qui almeno
costosa (cf. i passi paolini di ICor 6,20; 7,23; Rm 3,24.25); ma quattro riporti pressoché letterali104. Anche il linguaggio paolino
qui, a motivo del contrasto con "le cose corruttibili" del passato
pagano dei destinatari, l'accento cade non tanto sul prezzo paga-
102
to quanto sul fatto che la redenzione è stata procurata non con Al contesto però è anche collegato per il tema della sofferenza; ma, come
fa notare N. Brox, Der erste Petrusbrief EK XXI, Benziger/Neukirchener, Zù-
rich/Neukirchen Vluyn 1979, 21986, pp. 139-140, il tema di contorno non è tanto
la schiavitù intesa per se stessa quanto piuttosto quello della sofferenza innocente
99
Infatti in Es 12,5 LXX si parla propriamente di un rcpópaiov réXetov... arcò esemplificata all'evidenza nella condizione degli schiavi ma tipica di tutti i cristiani
TÒ>V àpvà>v (lett.: "un ovino perfetto ... preso tra gli agnelli"). che soffrono ingiustamente da parte di una società ostile. In specie cf. anche T.P.
100
Infatti in Es 6,6s Dio dice: "Vi riscatterò (Xuxpcó<jo(iai) con braccio teso Osborne, Guide Lines for Christian Suff ering: A Source-Critical and Theological
e con grandi castighi e vi prenderò come mio popolo personale e sarò il vostro Study ofl Peter 2,21-25, Bibl 64 (1983) 381-408.
103
Dio". Si noti che l'uso dello stesso verbo e con lo stesso riferimento all'intervento Oltre ai commenti, cf. O. Hofius, Das vierte Gottesknechtslied in den Brie-
di Dio nell'esodo è presente solo più in Es 15,13 ("Guidasti con il tuo favore fen des Neuen Testaments, in B. Janowski e P. Stuhlmacher, edd., Der leidende
questo popolo che hai riscattato, ov èXuxptóaw, lo conducesti con forza alla tua Gottesknecht: Jesaja53 undseine Wirkungsgeschichte, FzAT 14, Mohr, Tubingen
santa dimora"). 1996, pp. 107-127 qui 125-126.
101 104
Di "agnello-i senza difetti" come vittime sacrificali perfette (con l'uso Essi sono segnalati nella nostra traduzione e corrispondono rispettivamente
dello stesso aggettivo à[i<o[xo<; [si noti che il secondo aggettivo di lPt 1,19, assente a Is 53,9; 53,4.12; 53,5; 53,6. In più, si possono scorgere un paio di allusioni anche
dai LXX, rinforza ancor più l'idea]) si parla esplicitamente in LXX Es 29,38; nel v. 23b ("soffrendo non minacciava"; cf. Is 53,7: "Maltrattato, si lasciò umi-
Lv 12,6; 14,10; 23,18; Nm 6,14; 28,3.9; 29,2.36; Ez 46,4.13 (più in generale, liare e non aprì la sua bocca") e nel v. 24b ("perché... vivessimo per la giustizia";
cf. Es 29,1; Lv 22,17-25; Nm 28-29; Ez 43,22-23; vedi anche Eb 9,14). cf. Is 53,llb: il Servo "giustificherà molti").
252 GLI APPORTI DELLA 1PT 253
LA TRADIZIONE PAOLINA

è particolarmente presente nel v. 24b con le sue antitesi "peccati dei LXX rende questi termini con dei sostantivi astratti ("aiuto, so-
-giustizia", "distaccati-viviamo" (cf. Rm5,17.21; 6,12-13.16-23; stegno, rifugio") e quasi mai invece con Xt9o?/7téxpa, se non proprio
8,10). Certo questo è il testo neotestamentario, che più direttamente nei testi citati dal nostro autore, quando cioè si tratta almeno indi-
e diffusamente si aggancia a Is 53 per esprimere la dimensione re- rettamente del Messia o comunque di una prospettiva escato-
dentrice della morte di Cristo. Ma si deve notare che queste soffe- logica106. Ma la vera novità sta nell'aggettivo "viva (Cwv)", che nei
renze, per quanto siano proposte ai cristiani come modello da imi- testi citati dall'AT non si trova mai (a differenza dell'altra ricorrente
tare, vengono ricordate e quasi proclamate per se stesse, nel loro aggettivazione: "scelta, preziosa, angolare [e all'opposto: scartata,
valore irripetibile105. Infatti l'impatto salvifico di cui sono gravi- d'inciampo, di scandalo]"). Il sintagma non è neanche proprio del-
de (cf. "per voi", "portò i nostri peccati", "per le sue piaghe fo- la lingua greca, mentre lo è della latina: qui saxum vivum significa
ste guariti") non è affatto esemplare, non essendo attribuito alle né più né meno ciò che significa nella nostra lingua, cioè una pietra
sofferenze del cristiano alcun risultato del genere. o roccia che non è ricoperta di terriccio o altro ma risplende intatta
per la sua immediata freschezza e naturalezza107. In quanto tale, es-
sa dà garanzia di affidabilità, come la pietra su cui il saggio costrui-
7.4 "Pietra viva" sce la propria casa (cf. Mt 7,24/Lc 6,48). Poiché nel linguaggio cri-
stiano l'aggettivo "vivo, vivente" si applica al Risorto (cf. Le 24,5;
Questa metafora, che nel contesto ha una tipica dimensione ec- At 1,3; Ap 1,18), non si può comprendere appieno il nostro testo senza
clesiologica, si legge in 2,4-8: far riferimento a lui (cf. anche lPt 3,18), tenendo conto però che, pa-
radossalmente, prima di diventare "viva" questa pietra è stata "scar-
'^Stringendovi a lui, pietra viva, scartata dagli uomini, ma scelta e tata' '. Quindi la fede in Cristo comprende tutto il suo mistero di pas-
preziosa davanti a Dio, 5anche voi venite impiegati come pietre vive per sione e risurrezione; solo in questo modo egli può costituire il fon-
la costruzione di un edificio spirituale, per un sacerdozio santo, per of- damento saldo della nuova costruzione che è la chiesa108.
frire sacrifici spirituali graditi a Dio per mezzo di Gesù Cristo. 6Si leg-
ge infatti nella Scrittura: 'Ecco, io pongo in Sion una pietra angolare,
scelta, preziosa, e chi crede in essa non resterà confuso' (Is 28,16).
7
Onore dunque a voi che credete; ma per gli increduli 'la pietra che i 7.5 "Pastore"
costruttori hanno scartato è divenuta la pietra angolare, 8sasso d'in-
ciampo e pietra di scandalo' (Sai 117,22; Is 8,14)". Questo titolo, che finora non abbiamo ancora incontrato, è pre-
sente in lPt due volte:
Senza commentare l'intero brano, vogliamo almeno sottolinea-
re la novità dell'appellativo cristologico "pietra viva". Ricordia- 106
Anche nella tradizione giudaica extrabiblica abbiamo un trattamento analo-
mo a questo proposito che, se l'AT ebraico definisce più volte Dio go, come testimoniano sia 1QS 8,7-8 ("Il consiglio della comunità... sarà la mura-
come "pietra, roccia" (sur, seta0, eberi) che dà sicurezza a chi si glia provata, la pietra d'angolo preziosa... le cui fondamenta non vacilleranno")
sia il Tg di Is 28,16 ("Ecco, io pongo in Sion un re, un re forte, potente e terribile.
rifugia in lui (cf. Dt 32,4; Sai 31,4; Is 26,4 ecc.), la versione greca Io lo rafforzerò e lo irrobustirò"). Addirittura il testo di Sai 118,22 ("La pietra
[eben] scartata dai costruttori è divenuta testata d'angolo") viene letto dal Targum
Onkelos con un leggero ritocco lessicale: "Il figlio (ben) scartato dai costruttori..."
105 "più che narrata la passione viene qui proclamata" (E. Bosetti, Il Pastore, (cf. F. Manns, 'La maison où réside l'Esprit': 1 P2,5 etson arrière-planjuif, SBFLA
p. 107; la stessa Autrice, contro Spicq, rileva il carattere teologico della "grazia" 34 107
[1984] 207-224 qui 222).
di cui si parla al v. 19: le sofferenze dei cristiani sono "situazione favorevole e se- Cf. Virgilio, Aen. 1,167 (in un antro si trovano acque dolci vivoquesediliasa-
gno concreto della loro chiamata alla salvezza" [ib., p. 103]). Da parte sua J. Cer- xo, "e sedili nella pietra viva"); 3,688; Ovidio, Metam. 5,317 (le Ninfe si sedettero
vantes Gabarrón, Lapasión de Jesucristo, p. 384, fa giustamente notare che in lPt su sedili fatti di pietra viva: factaque de vivo pressere sedilia saxo); 7,204 (Medea: quan-
l'unico verbo avente "Cristo" come soggetto è nàoxeiv, "soffrire" (2,21; 3,18; 4,1): do voglio "smuovo le pietre vive e le querce sradicate dalla loro terra") ecc. (cf. P.J.
"Quésto fatto mostra che l'autore della lettera concepisce la passione di Cristo co- Achtemeier, 1 Peter, p. 154 nota 58; alla nota 60 si attribuisce l'uso del sintagma in
me l'aspetto più rilevante di tutta la sua cristologia. Si tratta dell'unica affermazio- greco
108
a scritti medici dei posteriori secoli VI-VII nel senso di "magnete").
ne positiva ed esplicita su Cristo. Le altre considerazioni cristologiche della lettera Cf. A. Vanhoye, Sacerdoti antichi e nuovo sacerdote secondo il Nuovo Te-
vanno subordinate a questa caratteristica essenziale" (ib.). stamento, Elle Di Ci, Torino-Leumann 1985 (orig. frane, Paris 1980), p. 201.
254 LA TRADIZIONE PAOLINA GLI APPORTI DELLA 1PT 255

"Eravate 'come pecore erranti' (Is 53,6), ma ora siete stati ricondotti premo" (5,4; cf. Eb 13,20), significa, da una parte, che egli è tan-
al pastore e guardiano (ini -còv 7coifxévoc xoct imaxonov) delle vostre ani- to superiore a tutti i pastori della chiesa da giudicarli al momento
me" (2,25). della sua parusìa, e, dall'altra, che questi comunque sono chiama-
"Esorto i presbìteri... Quando apparirà il pastore supremo (ó àpxt- ti a condividere un ministero pastorale che è solo suo112.
7toifA7|v), riceverete la corona della gloria che non appassisce" (5,1.4).

Lo studio della Bosetti, fondato sull'analisi del testo e sul con-


fronto con le tradizioni giudaiche109, ha chiarito bene il rapporto 7.6 Predicazione ai defunti?
tra gli appellativi di "pastore" e "guardiano": solo il primo va
Accenniamo a parte alla problematica funzione attribuita a Cri-
considerato un vero titolo o comunque il principale termine di ri-
sto nei due passi 3,18-22 e 4,6, che nel NT rappresentano un
ferimento, mentre il secondo vi è subordinato ed esprime solo una
funzione propria del primo110. In questa prospettiva, il secondo unicum112. Per un'esatta comprensione delle cose occorre esami-
verbo della coppia antitetica "errare/ricondurre" (7rXocvoófxevoi/è- narli a parte, dato che sono separati da 4,1-5 dove si tratta di un
7reaTpà97]Te) va inteso come un vero passivo transitivo: "foste ri- confronto fra la sorte dei gentili e quella dei cristiani. In primo luogo
condotti" (quindi non: "vi siete convertiti" o "siete tornati" [CEI]), quindi diamo la traduzione di 3,18-22:
poiché in tutti i testi biblici è sempre Dio che agendo come un pa-
" 1 8 Anche Cristo soffrì una volta per sempre per i peccati, giusto
store riconduce personalmente il suo popolo disperso (cf. Ger per gli ingiusti, per condurvi a Dio, messo a morte nella carne ma
3,14-15; 23,3-4; Mie 2,12; 4,6-7; Ez 34,16; Sir 18,13): "Nell'essere reso vivo nello Spirito,
ricondotti non c'è quindi alcuna allusione a una conversione che 19
nel quale andò ad annunziare anche agli spiriti in prigione, 20 a
precede la salvezza: questa è tutta e soltanto un atto di grazia". coloro che un tempo erano stati infedeli, quando la magnanimità di
Ma va precisato che, a differenza dei testi biblici dove il punto di Dio pazientava nei giorni di Noè mentre si costruiva l'arca in cui po-
arrivo della riconduzione è la terra d'Israele o Dio stesso, qui inve- che persone cioè otto furono salvate per mezzo dell'acqua, 21così co-
ce la riconduzione come opera di Dio termina per così dire non me ora il battesimo quale antitipo salva voi,
in un ovile ma nel consegnare gli erranti a Cristo: lui "è il punto non come rimozione di una sporcizia del corpo ma come invoca-
di arrivo cui tende l'intero processo salvifico. Egli è stato stabilito zione di una buona coscienza a Dio,
da Dio 'pastore e custode' del gregge ricondotto"; ma "a diffe- per mezzo della risurrezione di Gesù Cristo, 22che è alla destra di Dio
renza dei confini della terra o del recinto dell'ovile, il pastore rap- dopo essere andato in cielo e aver ottenuto la sottomissione degli an-
presenta un punto d'arrivo dinamico. Egli è per definizione colui geli e delle autorità e delle potenze".
che conduce, che precede il suo gregge e lo porta al pascolo. Così
Secondo una certa interpretazione 1 1 4 , questo passo viene colle-
l'immagine di arrivo rimanda a quella di partenza: 'Perché seguia-
gato con l'articolo del Credo concernente la discesa di Cristo agli
te le sue orme' (2,21)'" n . Che poi Cristo venga detto "pastore su-
109 112
Cf. E. Bosetti, Il Pastore, pp. 117-158. Cf. N. Brox, lPt, p. 232; E. Bosetti, // Pastore, p. 220; P.J. Achtemeier,
110
Cf. Ger 23,2: "Così dice il Signore Dio d'Israele a coloro che pascolano il IPt, p. 329.
mio popolo: Voi avete disperso le mie pecore e le avete scacciate e non le avete sor- 113
In specie il v. 19 è tuttora considerato una vera crux interpretum, dato che
vegliate"; Zc 10,3; 11,16; Ez 34,1 l-12a; Filone Al., Agric. 49: "La sorveglianza si continuano a ripetere le tradizionali ammissioni di una particolare difficoltà er-
di Dio è ... quella di un pastore senza confronti, assolutamente buono"; a Qumràn meneutica, che già facevano dire per esempio a Lutero: "Questo è un testo oscuro
si dice del "sorvegliante" (mebaqqef) della comunità: "Avrà pietà di essi come un come nessun altro nel N.T. tanto che io non so ancora con certezza ciò che S. Pie-
padre dei suoi figli e farà tornare tutti i traviati come un pastore al suo gregge" tro volesse dire" (citato in P.J. Achtemeier, IPt, p. 252 nota 146).
(CD 13,9; trad. C. Martone); un midrash rabbinico sul testo di Gn 48,15 ("Dio 114
Cf. per esempio C.E.B. Cranfield, The Interpretation of I Peter III.19 and
davanti al quale camminarono i miei padri") spiega così: "Rabbi Johanan disse: IV.6, ExpT 69 (1958) 369-372; J. Galot, La descente du Christ aux enfers, NRT
(Ciò si riferisce) a un pastore che sta in piedi e sorveglia il suo gregge" (Gen.R. 83 (1961) 471-491. Una variante è quella di H.-J. Vogels, Christi Abstieg ins To-
97,2). Vedi anche At 20,28: "Badate a tutto il gregge, nel quale lo Spirito Santo tenreich und das Làuterungsgericht art den Toten. Eine bibeltheologìsche-dogmatische
vi ha
111
posti come guardiani per pascere la chiesa di Dio". Untersuchung zum Glaubensartikel "descendit ad inferos", FTS 102, Herder,
E. Bosetti, Il pastore, pp. 131.133.135. Freiburg-Basel-Wien 1976.
256 " LA TRADIZIONE PAOLINA CONCLUSIONE 257

Inferi durante il triduum mortis per annunciare la salvezza a tutti i rapporto al battesimo e quindi ai destinatari della lettera (cf. v. 21),
defunti (o almeno a quelli della generazione di Noè). Va subito det- che ormai appartengono alla sfera di potenza del Risorto e non ad
to che l'esegesi odierna è orientata a non interpretare più il testo in altre potenze concorrenti.
questo modo 115 . Le domande fondamentali stimolate dal testo per Per quanto riguarda il secondo passo117, esso letteralmente suo-
una sua esatta comprensione sono quattro: Chi sono gli "spiriti" a na così:
cui è rivolto l'annuncio? Qual è la prigione in cui essi si trovano?
Quand'è che Cristo glielo rivolge? In che cosa consiste l'annuncio? "4-6Per questo infatti anche ai morti fu evangelizzato, affinché giu-
Le risposte che oggi si tendono a dare, presentate in estrema sin- dicati nella carne secondo gli uomini vivano nello Spirito secondo Dio".
tesi, sono le seguenti: (1) Gli "spiriti" sono gli angeli malvagi di
cui si parla in Gn 6,1-6 e negli sviluppi di lEn. 6-16; Giub. 7,21, Se "i morti" non si vogliono intendere in senso allegorico come
cioè i figli di Dio che si sono uniti alle figlie degli uomini e con spiritualmente morti per il peccato durante la loro vita (così per
esse generarono i giganti: essi, che sono comunque collegati con esempio S. Agostino), rimangono solo due spiegazioni. (1) Essi van-
la storia di Noè, stanno all'origine del male nel mondo. (2) La pri- no intesi non in senso generale, ma in riferimento ai cristiani desti-
gione non è ben definita, ma indica il luogo in cui quegli spiriti natari della lettera, che durante la loro vita hanno accolto il van-
cattivi sono trattenuti, siano essi sulla terra (cf. lEn. 10,4; Giub. gelo annunziato e poi, pur avendo dovuto patire un giudizio nega-
5,10; 1QH 3,18) o nei cieli (cf. 2En. 7,1-3; Ef 6,12) o all'estremità tivo dagli uomini (così è detto anche di Cristo in 4,1), con la loro
del cielo e della terra (cf. lEn. 1,5; 21,1-10). (3) A rivolgere l'an- morte però ricevono il giudizio di Dio che li fa vivere nello Spirito
nuncio è il Cristo risorto, e la doppia ricorrenza del verbo wopeuGei's (cf. 3,18)118. Ma il precedente v. 5 ("Renderanno conto a colui che
(vv. 19 e 22) viene intesa in riferimento a un unico evento: quello è pronto a giudicare i vivi e i morti") richiede che ai "morti" si
dell'esaltazione del Risorto, come suggerisce anche il v. 18 (quindi dia in entrambi i casi lo stesso significato. (2) Si tratta di coloro
senza alcuna allusione al triduum mortis). (4) L'annuncio non ri- che sono morti prima di Cristo: anche ad essi è stata data in qual-
guarda la salvezza degli "spiriti in prigione", ma la proclamazio- che modo (da chi? dove? quando?) la possibilità di accogliere l'e-
ne del trionfo di Cristo su di loro 116 ; di salvezza invece si parla in vangelo al fine di superare il giudizio finale e ottenere la vita119.

115
D'altronde, la fede nel descensus ad inferos si è formata inizialmente non in
base ai testi petrini ma alla concezione giudaica del soggiorno dell'anima del de- 8. Conclusione
funto tra i morti, a cui viene collegata anche la predicazione di Cristo sepolto (cf.
Vangelo di Pietro 41-42; Odi di Salomone 42,11-20; Giustino, Dial. 72,4; Melito-
ne, Perì Pascha 101-102; Ireneo, Adv. haer. IV 27,2 [con aggancio a Ef 4,9]; Ori- Come si vede la riflessione cristologica della tradizione paolina
gene, C. Cels. 2,43); la prima connessione sufficientemente chiara con il nostro passo si presenta molto sfaccettata. Ciò è certamente indice della geniale
è in Clemente Al., Strom. VI 44,5-45,4. In merito vedi soprattutto W.J. Dalton, capacità espressiva della fede cristiana, ma insieme anche del fatto
Christ's Proclamation to the Spirits. A Study of 1 Peter 3:18-4,6, AB 23, Biblical
Institute, Rome 1965, 21989; e i commenti di K.H. Schelkle, N. Brox (di cui vedi che la figura di Cristo si presta per natura sua (cioè, per l'incom-
l'Excursus "Zur Nachgeschichte von IPetr 3,19f/4,6 [Der 'Hòllenabstieg' Christi]", parabilità della sua persona e delle funzioni da lui svolte) a sempre
pp. 182-189), e P.J. Achtemeier.
116
Così almeno in base al v. 22. Però resta problematico il rapporto con lEn. inediti approfondimenti.
12,4-6, dove il Signore incarica Enoch di annunziare impietosamente agli angeli de-
caduti che per loro "non vi sarà pace sulla terra né remissione del peccato... e che
imploreranno in eterno e non vi sarà per loro né perdono né pace"; forse che lPt
attribuisce a Gesù la stessa missione di Enoch? Ma ciò non sarebbe in flagrante
contrasto con la sua universale missione salvifica, così da dover intendere anche
qui un annuncio di salvezza (così K.-H. Schelkle)? Tuttavia, ciò non sarebbe un
cedimento all'ottimismo origeniano sulla salvezza universale? La semplice procla-
117
mazione della sua vittoria sarebbe invece una soluzione bilanciata (anche se N. Brox, È interessante notare che N. Brox lo ritiene "ancora più oscuro di 3,19-22"
lPt, p. 175, preferisce lasciare la questione irrisolta), tanto più che si ripeterebbe (lPt, p. 196).
qui ciò che abbiamo già visto più sopra sulla sottomissione a Cristo di tutte le po- 118
Così pensano Dalton e Achtemeier.
tenze e potestà avverse (cf. 3.2.1). 119
In questo senso vanno Schelkle e Brox.
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V

IV
LA LETTERA AGLI EBREI

Premesse

Al di là delle molte questioni che riguardano questo scritto, una


cosa è chiarissima: esso si caratterizza per una sua specifica cristo-
logia, che nell'ambito del NT spicca fortemente per la sua consi-
stenza e per la sua originalità1.
Accenniamo tuttavia molto brevemente ad alcuni interrogativi
di carattere generale, che esso pone a livello d'insieme. Composto
per rafforzare i destinatari in una loro situazione di alcune diffi-
coltà, sia esterne per accenni di persecuzione, sia interne per il ri-
schio di apostasia e di un ritorno al giudaismo (cf. 3,12.14; 5,11;
6,4-6.lls; 10,25.26-29.32-34; 12,3-4.15-16; 13,9), Eb tende a dimo-
strare non tanto che la morte di Gesù fu un sacrificio per i peccati
(cosa comunemente ammessa dai cristiani), ma piuttosto e doppia-
mente che essa sostituisce ogni altro sacrificio e che i suoi effetti
sono permanenti, così che non occorre rivolgersi a pratiche rituali
di altro genere2.
Perciò la cristologia che vi viene sviluppata ha fondamentalmente
un intento parenetico: essa implica una forte esortazione a restare
fedeli alla propria identità cristiana e ad accedere con fiducia al
trono della misericordia ( = Dio che si rivela nella croce di Cristo)
per attingervi in ogni tempo la grazia della salvezza (cf. 4,16)3. Si

1
Oltre ai Commenti, cf. H. Feld, Der Hebràerbrief: Literarische Form, reli-
gionsgeschichtlicher Hintergrund, theologische Fragen, in ANRW 11/25.4, pp.
3522-3601.
2
Cf. B. Lindars, The Rhetorical Structure ofHebrews, NTS 35 (1989) 382-406;
Id., La teologia della Lettera agli Ebrei, Paideia, Brescia 1993 (orig. ingl., Cam-
bridge 1991), pp. 18-31.
3
Vedi soprattutto F. Laub, Bekenntnis und Auslegung. Dieparànetische Funk-
tion der Christologie im Hebràerbrief, BU 15, Pustet, Regensburg 1980; inoltre R.
Schnackenburg, // messaggio morale del Nuovo Testamento, II, Paideia, Brescia
1990 (orig. ted., Freiburg i.B. 1988), pp. 310-326; E. Gràsser, An die Hebràer, I,
EKK 17/1, Zùrich-Neukirchen Vluyn 1990, pp. 25-27.
266 LA LETTERA AGLI EBREI PANORAMICA SULLE QUALIFICHE CRISTOLOGICHE 267

spiega così il procedimento generale dello scritto che, per ammis- composizione9, né l'identità dell'autore10, è invece relativamente
sione dello stesso autore, non è altro che "un discorso di esorta- agevole valutare l'eccellenza sia del livello letterario11 sia soprat-
zione" (13,22), sia pure inviato in forma epistolare. Si discute sem- tutto della cristologia che vi è configurata, per quanto sfaccettata
mai se dal punto di vista retorico il discorso appartenga al genere questa si presenti. Evidentemente l'autore, che si rivela comunque
epidittico (dimostrazione di una tesi) o piuttosto deliberativo (in- un uomo di grande responsabilità sul piano ecclesiale e pastorale,
vito a prendere una decisione)4. appare come una persona dalle grandi qualità sul piano tanto del-
La stessa struttura della composizione rivela un tipo di argomen- lo stile quanto del pensiero.
tazione che frammischia insieme, alternandole, cristologia ed esor-
tazione in maniera indissolubile. E gli studiosi, ove non rinuncino
a una vera struttura5 o non si affidino a un vecchio schema di 1. Panoramica sulle qualifiche cristologiche presenti nella lettera
struttura bipartita (dogmatica e parenesi)6, si differenziano tra di
loro a seconda che evidenzino l'una o l'altra delle due componen- •Più che mai in Eb la cristologia è connessa con dei titoli, che
ti. Da una parte, infatti, alcuni preferiscono sottolineare l'impor- la esprimono e la sintetizzano in modo inequivocabile. Qui di se-
tanza della parenesi e ad essa subordinano la cristologia7. Dall'al- guito li elenchiamo in ordine crescente di frequenza, per soffermarci
tra, invece, si vuole maggiormente evidenziare l'intento dottrinale poi diffusamente sugli ultimi due.
dello scritto, incentrato sul sacerdozio di Cristo, a cui viene rap- a) "Pastore grande", no\.\ii\v fiÉya (solo in 13,20): è detto di Ge-
portata anche la parenesi8. Noi ci atteniamo a questa seconda sù in quanto Risorto, e in questo senso è accostabile a lPt 2,25;
scelta.
Pur non essendo facile determinare con precisione né la data di 9
Alcuni vorrebbero collocare lo scritto prima dell'anno 70, soprattutto per il
fatto che il culto nel Tempio di Gerusalemme sembra ancora in pieno svolgimento,
come risulterebbe soprattutto da 10,1-3 (così per esempio A. Vanhoye, La lettera
agli Ebrei, in A. George - P. Grelot, Introduzione al Nuovo Testamento - 3. Le
lettere apostoliche, Boria, Roma 1978 [orig. frane, Paris 1977], pp. 185-216 qui
4
Cf. in generale N. Casalini, Agli Ebrei. Discorso di esortazione, Franciscan 213-214; P. Ellingworth, The Epistle to the Hebrews, NIGTC, Eerdmans/Pater-
Printing Press, Jerusalem 1992; G. Marconi, Omelie e catechesi cristiane nel I se- noster, Grand Rapids/Carlisle 1993, pp. 29-33). Altri invece vi scorgono alcuni ele-
colo, Dehoniane, Bologna 1994, pp. 9-67; P. Garuti, Alle origini dell'omiletica cri- menti, come l'assenza dei termini tecnici Upóv (l'area sacra in cui il Tempio è co-
stiana: La lettera agli Ebrei, Franciscan Printing Press, Jerusalem 1995 (sulla defi- struito) e vaó? (il Tempio vero e proprio) a favore del più arcaico <JXT|VT| (Tenda),
nizione del genere, cf. ib., p. 200 e nota 79). e l'allusione al tempo di una generazione cristiana più recente (cf. 2,2-3), che spo-
5
Così H. Braun. sterebbero la composizione agli anni successivi, comunque prima di IClem 36,2 (così
6
Così già Tommaso d'Aquino: I. Excellentia Christi: 1,1 - 10,18 (ancora sud- per esempio A. Wikenhauser - J. Schmid, Introduzione al Nuovo Testamento, Pai-
divisi: quantum adangelos [1-2]; quantum adMoysen [3-4]; quantum adsacerdo- deia, Brescia 1981 [orig. ted., Freiburg i.B. 1966], p. 610; E. Gràsser, An die He-
tium Veteris Testamenti [5,1 - 10,18]); II. Fides: 10,19 - 13,25. Per altre divisioni bràer, p. 25). Su questa seconda ipotesi si colloca anche M.E. Isaacs, Sacred Spa-
bipartite, cf. H. Feld, Der Hebràerbrief, pp. 3528s. ce. An Approach to the Theology o/the Epistle to the Hebrews, JSNT Suppl. 73,
7
Così in specie H.-F. Weiss, che divide in tre parti: I. La rivelazione definitiva JSOT Press, Sheffield 1992, secondo cui è la distruzione del Tempio nel 70 che spiega
di Dio nel Figlio (1,1 - 4,13); II. Il fondamento cristologico dell'esortazione alla sia l'affiorare di una questione centrale soggiacente alla lettera (e urgente per una
fede (4,14 - 10,18); III. L'esortazione alla fede (10,19 - 13,25). Analogamente H. comunità giudeo-cristiana), cioè come sia possibile ora l'accesso a Dio, sia anche
Hegermann ed E. Gràsser. la risposta che vi viene data, cioè che l'unico vero spazio sacro ora è il cielo dove
8
Così la struttura proposta da A. Vanhoye, La structure littéraire de l'épitre è il trono della grazia e dove Gesù continua a svolgere il suo ufficio sacerdotale.
aux Hébreux, Desclée, Bruges-Paris 1963, 21976; Id., Discussions sur la structure 10
Un certo legame con Paolo sembrerebbe suggerito dalla menzione di Timo-
de l'Épitre aux Hébreux, Bibl 55 (1974) 349-380 (essa gode della simpatia di H. Feld, teo in 13,23, ma l'universo concettuale e linguistico dello scritto lo distanzia ineso-
Der Hebràerbrief, ed è stata ripresa dai commenti di N. Casalini e di P. Elling- rabilmente dalla biografia dell'Apostolo. Quanto al nome anagrafico dell'autore,
worth). Vanhoye divide lo scritto in cinque parti: - Esordio (1,1-4); - I. Il Figlio si è creduto di individuarlo di volta in volta in Luca, Barnaba, Apollo, o altri. In
è superiore agli angeli (1,5 - 2,18); - IL Un Sommo sacerdote misericordioso e de- ogni caso, l'anonimìa dello scritto e l'indeterminatezza dei destinatari sottolinea
gno di fede (3,1 - 5,10); - III. Aspetti specifici del sacerdozio di Cristo (5,11 -10,39, l'importanza di un orizzonte ecclesiale di tipo universale.
11
così suddiviso: A. Secondo l'ordine di Melchisedeq; B. Esercizio atipico del sacer- Cf. E. Norden, La prosa d'arte antica, I, Salerno Ed., Roma 1986 (orig. ted.,
dozio; C. Causa di una salvezza eterna); - IV. Il valore fondamentale della fede Stuttgart 1909), p. 509, dove si riporta il giudizio critico di Origene, secondo cui
(11,1 - 12,13); - V. Esortazioni morali (12,14 - 13,17); - Conclusione (13,19-21); rispetto a Paolo Eb è "più greca nella costruzione del discorso, come riconoscereb-
- Parola d'invio (13,22-25). Come si vede, le sezioni più specificamente cristologi- be ogni persona che sappia distinguere le differenze di stile" (in Eusebio, H.E.
che sono le prime tre. 6,25,11).
268 LA LETTERA AGLI EBREI PANORAMICA SULLE QUALIFICHE CRISTOLOGICHE 269

Gv 10,11.14.16 (cf. anche Mt 26,31 = Zc 13,7). Ampiamente usa- lificata come "migliore" (7,22; 8,6), "nuova" (9,15), "recente"
to nell'antichità a proposito delle guide dei popoli 12 , lo si trova (12,24)14. Come avviene anche nel passo di lTm 2,5 (cf. cap. pre-
nell'AT detto di Mosé (cf. Is 63,11) e di Davide (cf. 2Sam 5,2), cedente), l'idea di mediazione è essenzialmente connessa con la mor-
oltre che dei re in generale (cf. Ez 34), in quanto condividono una te di Gesù, che in Eb è particolarmente sottolineata dalla frequen-
proprietà di Dio stesso (cf. Sai 22). La sua funzione semantica è te menzione del sangue della vittima sacrificale.
di esprimere, da una parte, la garanzia di una vita sicura e, dall'al- e) "Signore", xupioc. Usato più spesso con valenza teologica (12
tra, una piena fiducia. volte: cf. 7,21; 8,2.8.9.10.11 ecc.), il titolo ha quattro volte signi-
b) "Inviato", tócrcoXos (solo in 3,1): è l'unico caso in cui il NT ficato cristologico: 1,10 ( = Sai 101,26); 2,3; 7,14; 13,20. Come ab-
attribuisce a Gesù Cristo questo epiteto (anche nei LXX non ricor- biamo già avuto modo di vedere a proposito sia del giudeo-
re mai, eccetto 3Re 14,6 [ma solo in Origene]). L'idea di Gesù co- cristianesimo sia di Paolo, il titolo è certamente tradizionale. Eb
me inviato celeste è ben presente anche altrove (cf. Mt 15,24; Me però, tutto sommato, lo impiega poco in rapporto a Cristo, anche
9,37; Le 10,16; Gal 4,4; Gv 3,17 ecc.); qui però il titolo spicca par- se, proporzion fatta, il senso cristologico sembra prevalere su quello
ticolarmente anche per il fatto che l'autore non lo impiega mai in teologico15.
riferimento ai Dodici, del resto neppure menzionati13. Nell'AT so- f) "Cristo". Nove volte questo appellativo ricorre da solo (cf.
no inviati da Dio soprattutto Mosè (cf. Es 3,10) e il messaggero 3,6.14; 5,5; 6,1; 9,11.14.24.28; 11,26). Mai però ha valore ti-
escatologico (cf. MI 3,1). Poiché in Eb 3,1 il titolo è in endiadi con tolare 16 , ma equivale semplicemente a un altro nome per Gesù ed
quello di Sommo Sacerdote, lo si può intendere semplicemente co- è normalmente connesso con la sua qualifica di Figlio o con i mo-
me sua apposizione, cioè "Sommo Sacerdote inviato" (quindi au- menti della sua sofferenza. La messianicità di Gesù non forma mai
torevole e degno di fede) forse sulla falsariga di Mosè e Aronne oggetto di una specifica riflessione in Eb.
(cf. ISam 12,8: "Il Signore mandò loro Mosè ed Aronne", che si g) "Gesù (Cristo)". Sorprendentemente il nome storico-ana-
spiega con rimando a Es 4,10-16), il quale ultimo in 5,4 viene por- grafico di Gesù è frequentissimo in Eb: ben 13 volte, contro le ap-
tato come paradigma del chiamato da Dio. pena 15 dell'intero epistolario paolino 17 ! Ciò significa che il no-
e) "Guida, iniziatore", àpxriyó? (due volte in 2,10, "della loro stro autore sa di discorrere non di un personaggio astratto e disin-
salvezza", e in 12,2, "della fede"). La costruzione di 2,10 ("guida carnato, magari in prospettiva docetista, ma di un uomo storico,
della loro salvezza") è parallela con quella di 5,9 ("causa, amo?, concreto, come quando parla di lui applicandogli l'inno all'uomo
di salvezza eterna"). Il parallelo con At 3,15; 5,31 conferma la fun- di Sai 8 (cf. Eb 2,5-9); e ciò è vero anche quando dice che egli è
zione di primo responsabile di un nuovo percorso di vita (cf. 10,20). entrato nel santuario celeste (cf. 6,20)18.
Sinonimo può essere considerato l'appellativo di "precursore",
7tpó8po[Ao<; (6,20), detto di Gesù che ha preceduto i cristiani oltre
il velo del santuario celeste, diventando fin d'ora per loro "un'an- 14
II titolo è usato in riferimento a Mosè da Filone Al., Vit. Mos. 2,166, nel con-
cora" di sicura salvezza (6,19). testo dell'episodio dell'adorazione del vitello d'oro: "In quanto mediatore e ricon-
ciliatore (|iem-n)i; xoct SiaXXaxxri?)... egli innanzitutto, a nome del popolo, fece sup-
d) "Mediatore", [iiokr\c; (con il suo sinonimo "garante", eyyuoi;, pliche e preghiere domandando il perdono dei loro peccati".
15
in 7,22), detto in rapporto a un'alleanza che di volta in volta è qua- Lo si intuisce da un confronto con una lettera di lunghezza analoga come
2Cor,
16
dove la diversa semantica è rispettivamente di 8 casi contro ben 29.
P. Ellingworth, p. 448, ritiene che almeno in 9,11 abbia valore di titolo, ma
i motivi addotti non sono affatto cogenti. A proposito dello stesso passo, ricordia-
12
Vedi Hammurapi, Codice 1 ("Io sono Hammurapi, il pastore, l'eletto di En- mo piuttosto che secondo A. Vanhoye, Lastructure, p. 137, il nome "Cristo" con
lil"); Omero, //. 2,243 ("pastore di popoli", detto di Agamennone). In un inno cui inizia la frase in 9,11 costituirebbe il centro esatto di tutta la struttura della lettera.
17
egiziano ad Ammone del periodo del Nuovo Regno (dinastie XVIII-XX) il dio è Le ricorrenze del nome "Gesù" sono le seguenti: 2,9; 3,1; 4,14; 6,20; 7,22;
celebrato così: "Tu sei buono per ognuno, tu pastore che conosci la compassione" 10,10 (con "Cristo").19; 12,2.24; 13,8 (con "Cristo"). 12.20.21 (con "Cristo"). In
(E. Bresciani, Letteratura e poesia dell'Antico Egitto, Einaudi, Torino 1969, p. 412), 4,818invece 'IT)<JOG<; sta per "Giosuè", come nei LXX.
mentre in un altro si dice che egli "fa vivere ... ogni buon pastore", cioè ogni so- Vedi in proposito il buon excursus di H.-F. Weiss, Der Briefan die Hebràer,
vrano (ib., p. 384). Meyers Kommentar, Vandenhoeck, Gòttingen 1991, pp. 321-327 ("Der irdische Jesus
13
Cf. P. Ellingworth, Hebr., p. 199. im Hebràerbrief").
270 LA LETTERA AGLI EBREI MUTUO INTRECCIO DEI TITOLI "FIGLIO" E "SACERDOTE" 271

h) Ci sono poi altri due titoli, "figlio (di Dio)", uió? (TOU 0eou), 2.1 L'esordio: 1,1-4
e "(sommo) sacerdote", (àpx)t£peu<;, che non soltanto sono i più
frequenti (ricorrono rispettivamente 13 e 17 volte)19 ma si presen- La combinazione delle due qualifiche in questo inizio dà co-
tano anche vicendevolmente collegati, cosicché non è possibile stu- me il "la" a tutta la composizione. Essa si nota nel fatto che,
diare l'uno senza l'altro. Da essi dunque dipende e in essi si con- da una parte, si dice che Dio in questi ultimi giorni parlò a
centra tutta la cristologia del nostro scritto. Per questo li conside- noi "in un Figlio" (v. 2), mentre dall'altra si precisa che que-
riamo diffusamente a parte20. sto Figlio sedette alla destra della maestà divina "dopo aver fat-
to la purificazione dei peccati" (v. 3), cioè dopo aver svolto
una funzione prettamente sacerdotale. Tutto ciò ha certamen-
2. Mutuo intreccio dei titoli "Figlio" e "Sacerdote" te nell'intenzione dell'autore un valore programmatico per l'inte-
ro scritto22.
In alcuni passi decisivi i due titoli si trovano non solo affiancati 2.1.1 La prima qualifica cristologica di Eb ci viene incontro fin
ma anche strettamente intrecciati. Di fatto, ciò avviene fin dall'a- dall'inizio con la frase: "(Dio) ci parlò mediante un figlio, èv uio>"
pertura della lettera: sia nell'esordio (1,1-4), sia nella prima parte (1,2; CEI: "per mezzo del Figlio"). Ma il costrutto greco va ben
(1,5-2,18), che esaminiamo in successione. Se poi nel prosieguo interpretato. Infatti la versione CEI non coglie adeguatamente la
dello scritto i due titoli verranno trattati separatamente, non biso- sfumatura importante della mancanza dell'articolo determinativo
gnerà dimenticare che essi fanno comunque parte integrante di una nel complemento. Poiché in greco l'articolo ha sostanzialmente il
medesima composizione globale, la quale nel NT si caratterizza ap- valore di un dimostrativo, così da indicare concretamente un og-
punto per il loro mutuo intreccio21. getto preciso e circoscritto, la sua assenza invece evidenzia piutto-
sto la qualità o la natura dell'oggetto stesso (che in italiano si ren-
de con l'articolo indeterminativo). Nel nostro caso, va ben osser-
vato che il suddetto costrutto si oppone significativamente a èv TOT<;
7tpocpr|-cais, "per mezzo dei profeti", dove l'articolo rimanda ai pro-
19
feti non in quanto tali ma in quanto quei portaparola di Dio che
"Figlio (di Dio)": l,2.5bis.8; 3,6; 4,14; 5,5.8; 6,6; 7,3.28; 10,29; a queste ri- sono ben noti ai lettori del testo. L'autore vuole mettere in risalto
correnze va aggiunto il titolo affine di "primogenito", TtpwTÓxoxoi;, in 1,6. "(Som-
mo) sacerdote": 2,17; 3,1; 4,14.15; 5,5.6.10; 6,28; 7,11.15.17.21.26; 8,1.4; 9,11; la differenza qualitativa esistente tra coloro che sono "i profeti"
10,21
20
(altre sette volte il titolo non ha valenza cristologica). e colui che invece è "un figlio", così da sottolineare lo scarto non
Come bibliografia specifica e globale sul tema, oltre al datato F. Bùchsel, Die
Christologie des Hebrderbriefes, Gùtersloh 1922, rimandiamo ai seguenti lavori: trascurabile tra due fasi della storia della salvezza. Si noti che la
A. Stadelmann, Zur Christologie des Hebrderbriefes in der neueren Diskussion, presenza del verbo "parlare" allude discretamente ma decisamen-
TheolBer 2 (1973) 135-221; E. Gràsser, Zur Christologie des Hebrderbriefes, in H.D. te al ministero terreno di Gesù e quindi alla fase storica della sua
Betz & L. Schottroff, edd., Neues Testament und christliche Existenz. FurH. Braun,
Mohr, Tùbingen 1973, pp. 195-206; J.D.G. Dunn, Christology in theMaking, SCM esistenza. La traduzione migliore dovrebbe'essere: "Dio... parlò
Press, London 1980, pp. 52-56; W.R.G. Loader, Sohn und Hoherpriester. Eine tra-
ditionsgeschichtliche Untersuchung zur Christologie des Hebrderbriefes, WMANT
53, Neukirchener, Neukirchen-Vluyn 1981; P.E. Hughes, The Christology ofHe- 22
brews, SWJT 28 (1985) 19-27; M.C. Parsons, Son and High Priest: A Study in the Cf. soprattutto W.G. Uberlacker, Der Hebrderbrief als Appell. Untersuchun-
Christology ofHebrews, EvQuart 60 (1988) 195-216. Vedi anche gli appositi Ex- gen zu exordium, narratio und postscriptum (Hebr 1-2 und 13,22-25), ConBibl NT
cursus nei Commenti, come quelli di R. Fabris, Lettera agli Ebrei, in G. Barbaglio- Series 21, Almquist & Wiksell, Stockholm 1989, pp. 106-139 (secondo questo Au-
R. Fabris, Le lettere di Paolo, voi. 3, Boria, Roma 1980, pp. 535-539; H. Heger- tore poi 1,5-2,18 costituirebbe una narratio e 2,17-18 ìapropositio di un discorso
mann, Der Brief an die Hebràer, THNT 16, Evangelische Verlagsanstalt, Berlin deliberativo). Anche P. Garuti, Alle origini dell'omiletica cristiana, p. 212, ricono-
1988, pp. 41-49; H.W. Attridge, The Epistle to the Hebrews, "Hermeneia", For- sce che, se non è possibile scorgere in 1,1-4 un vero e proprio exordium retorico
tress, Philadelphia 1989, pp. 54-55 e 97-103; W.L. Lane, Hebrews 1-8, WBC 47A, alla lettera, è però possibile che esso equivalga a una propositio e quindi segnali
Word Books, Dallas 1991, pp. cxxv-cxliv. il tenore di un percorso argomentativo. Secondo E. Gràsser, Hebr., I, pp. 64-65,
21
Anche in 5,8-10 si affermerà che Gesù in quanto Figlio fu perfezionato dalla il v. 3 con la sua affermazione sul xaGapiqxói; può valere come "il versetto-chiave
sofferenza e (perciò) venne dichiarato Sommo Sacerdote da Dio stesso (cf. anche dell'intera Eb", purché non lo si disgiunga dal precedente v. 2 e quindi dal tema
4,14; 5,5), combinando così in forma consequenziale le due prerogative. del "figlio".
272 LA LETTERA AGLI EBREI MUTUO INTRECCIO DEI TITOLI "FIGLIO" E "SACERDOTE" 273

a noi per mezzo di uno che è Figlio" 23 . L'insieme della costruzio- il Figlio del v. 2 (ripreso dal pronome relativo del v. 3a), sicché
ne lascia poi sufficientemente intendere che il Figlio di cui si tratta è a lui che si attribuisce una qualità sacerdotale (non viceversa):
ha una pre-esistenza divina, poiché colui che "parla" è già "figlio", l'essere Figlio precede e fonda l'agire da Sacerdote; secondo, l'e-
senza nessun indizio che lo diventi solo in seguito. Del resto, la na- sercizio del sacerdozio sfocia in una fase successiva e conseguente
tura divina di questo Figlio risalta bene dal contesto immediato, che è la sessione "alla destra della maestà nell'alto dei cieli" (cf.
che addirittura elenca una serie di proprietà dal profilo cristologi- anche 10,12), sicché il soggetto di tutta la proposizione, cioè il pro-
co molto alto, organizzate soprattutto sul registro di una teologia nome relativo del v. 3a, trova finalmente qui il suo verbo principa-
della parola creatrice di Dio: (1) "(Dio) lo costituì erede di tutte le: "sedette" (exàGioev).
le cose", così che egli è come il luogotenente di Dio stesso sull'in- In quest'ultima frase risuona sicuramente il testo di Sai 110,1
tero universo (più che ICor 15,25 cf. Ef 1,10.22); (2) "mediante che, se è fondamentale per la riflessione cristologica di tutto il cri-
lui fece anche i secoli", nel senso che non solo il mondo ma anche stianesimo primitivo24, svolge un ruolo particolarmente importante
il tempo è connotato dalla sua superiorità, dalla sua centralità, e nella nostra lettera: non solo per quanto riguarda il tema specifico
dal fatto che egli ne segnerà anche la consumazione (cf. Gv 1,2; della sessione alla destra di Dio (cf. 1,13; 8,1; 10,12; 12,2)25, ma
ed Eb 9,26; 11,3); (3) "egli è riflesso (àroxuYocapux) della sua gloria anche perché Sai 110,4 contiene la confessione "Tu sei sacerdote
e impronta (xapaxxrjp) della sua sostanza", cioè: da una parte, egli per sempre alla maniera di Melchisedeq", su cui il nostro autore
irradia lo splendore di Dio, come dire che brilla di luce divina ma giocherà ampiamente in seguito (cf. 5,6.10; 6,20; 7,11.15.17). Va
riflessa (analogamente a ciò che si legge della Sapienza divina in subito detto che il Salmo interessa a Eb, non tanto per la sua pro-
Sap 7,25-26), e dall'altra reca anche profondamente inciso in sé spettiva escatologica ("finché ponga i tuoi nemici...") quanto per
il segno dell'essenza divina, di cui partecipa; (4) "regge tutte le co- l'attuale situazione gloriosa di Cristo e per la funzione di interces-
se con la parola della sua potenza (di Dio)", cioè egli non solo nel sore che egli attualmente può svolgere nel tempo fra la risurrezio-
suo essere riflette l'essenza di Dio, ma anche nel suo agire rivela ne e la parusia in favore di chi ricorre a lui (cf. 4,14-16).
la potenza divina (cf. Col 1,17). 2.1.3 Per il passaggio alla sezione seguente è decisiva l'ultima
2.1.2 Qualifica complementare è quella di tipo sacerdotale, pre- frase dell'esordio: "divenuto (yevófxevo?) tanto superiore agli ange-
sente qui non in un titolo ma nella dichiarazione: "dopo aver fat- li, in quanto ha ereditato un nome (xexXrjpovóixTixev ovo[xa) molto
to la purificazione dei peccati..." (l,3c: xa9ocpi<j[AÒv xóàv àpiapxióòv diverso dal loro" (1,4). Dal punto di vista formale, osserviamo che,
7ionr]aàfAevo<;). A monte di questa frase riecheggia chiaramente il te- secondo una tecnica messa in luce da Vanhoye, in Eb l'ultima af-
sto di Es 30,10 LXX: "Una volta l'anno su di esso (altare), sui suoi fermazione di una sezione prepara e annuncia il tema della sezione
corni, Aronne farà l'espiazione: con il sangue della purificazione successiva26. In questo caso, l'aggancio è costituito dal termine
dei peccati (àtiò xoG od'[xocxo<; xou xoc9ocpiafjiou xcòv à[xocpxtcùv; TM: mid- "angeli", sul confronto con i quali verterà la sezione immediata-
dam hatta't hakkippurim) vi farà una volta l'anno l'espiazione per
le vostre generazioni". Va però notato che in Eb questa funzione 24
sacerdotale, secondo la sintassi del periodo, è doppiamente subor- Nel NT esso è utilizzato in una ventina di passi; cf. D. Hay, Glory at the Right
Hand. Psalm 110 in Early Christianity, Abingdon, Nashville 1973; M. Gourgues,
dinata: primo, al fatto che il soggetto principale dell'azione resta À la droite de Dieu. Résurrection de Jesus et actualisation du Psaume 110,1 dans
le Nouveau Testament, EB Gabalda, Paris 1978; W.R.G. Loader, Christ at the right
Hand - Ps. CX.I in the New Testament, NTS 24 (1978) 199-217; M. Hengel, 'Sit
23
Così H. Braun: "in einem, der Sohn ist"; H.W. Attridge: "through a Son"; at My Right Hand!'. The Enthronement of Christ at the Right Hand of God and
TOB: "en un fils". L'impiego dell'articolo indeterminativo nella traduzione non Psalm 110:1, in Id., Studies in Early Christology, T&T Clark, Edinburgh 1995, pp.
suggerisce che Gesù possa essere considerato come uno di tanti figli possibili come 119-225.
25
se fosse un figlio qualunque (così N. Casalini, p. 82), sia perché l'autore sa che Si noti che l'autore di Eb è l'agiografo del NT che più di ogni altro fa ricorso
questa qualifica di Figlio vale in realtà solo per Gesù, sia perché da tutto il contesto a Sai 110 (per 5 volte), mentre Paolo in tutte le sue lettere vi ricorre appena 2 volte
la sua distinzione dai "molti figli" (2,10) resta assolutamente intatta (cf. P. Elling- (in Rm 8,34; ICor 15,25) e altrettanto la tradizione paolina lo utilizza solo in Col
worth, p. 93). Quindi, per quanto l'articolo italiano sia indeterminativo, esso non 3,1; Ef 1,20. Secondo G.W. Buchanan, p. XIX, l'intera Eb non sarebbe altro che
vuole rimarcare l'indeterminatezza del personaggio quanto invece la specifica qua- "un midrash omiletico basato sul Sai 110".
26
lifica di Figlio che lo contraddistingue. Cf. A. Vanhoye, La structure littéraire de l'épitre aux Hébreux, pp. 37-38.
274 " LA LETTERA AGLI EBREI MUTUO INTRECCIO DEI TITOLI "FIGLIO" E "SACERDOTE" 275

mente seguente, che costituisce anche la prima parte della lettera. 2.2 Gesù Cristo e gli angeli: 1,5 - 2,18
Dal punto di vista semantico, il problema maggiore del v. 4 sta nel
precisare in che cosa consista il nuovo "nome" ereditato da Gesù, Viene svolta qui una particolare argomentazione basata sul con-
su cui appunto si gioca la sua superiorità. Una ricerca sullo status fronto fra Gesù e "gli angeli", che comprende i primi due capitoli32
quaestionis rivela brevemente quanto segue. (1) La maggior parte e che, screditando la categoria angelica, esalta per converso l'iden-
degli Autori propende per la qualifica di "figlio"27, visto che nel tità del Figlio.
v. 5 immediatamente seguente si sottolinea questo aspetto. (2) Al- Riassumendo, il confronto si esprime in una serie di sette affer-
la posizione precedente però si può obiettare che Gesù è dichiarato mazioni negative sugli angeli, ciascuna delle quali ovviamente ha il
"figlio" già fin dal v. 2: anzi, tutto ciò che viene detto di lui, com- corrispondente positivo riguardante Gesù.
preso il fatto che "ereditò un nome", lo riguarda già come "fi- 2.2.1 A nessuno degli angeli Dio ha rivolto l'appellativo di
glio"; pertanto, oltrepassando il contesto immediato, si può rite- Figlio (cf. 1,5); l'autore lo dimostra adducendo due passi biblici
nere che il nome sia quello veramente nuovo di "sommo sacerdo- significativi come sono Sai 2,7 e 2Sam 7,14. Questa prima dichia-
te", con cui si conclude tutta la prima parte (in 2,17s)28. (3) Qual- razione, se da una parte è in continuità con l'identificazione già
cun altro, invece, punta più giustamente sul significato di "nome" dichiarata in 1,2, dall'altra prepara quella di Sacerdote che giun-
non in quanto titolo unico e specifico, ma nel senso generico di gerà al termine della sezione e che si fonda sulla qualifica di
una nuova dignità che esprime l'acquisizione di una nuova Figlio.
identità29; in effetti, non solo il termine "nome" è indeter- 2.2.2 Gli angeli devono solo porsi in atteggiamento di adorazio-
minato30, ma la sezione successiva comprende varie denominazioni ne (cf. 1,6-12), essendo in realtà soltanto dei servitori (cf. 1,7 [con
di Gesù: oltre a "figlio" (l,5a.5b) e "primogenito" (1,6), anche citazione di Sai 103,4] e 14). Il Figlio invece, non solo è ulterior-
"dio" (1,8.9), "signore" (1,10; 2,3), "il pioniere della salvezza" mente specificato come "primogenito"33, ma è addirittura celebra-
(2,10), e finalmente "sommo sacerdote" (2,17)31. Di tutto questo to come "dio" 34 (vv. 8-9 con citazione di Sai 45,7-8), e "signo-
bisognerà tenere conto nell'interpretazione del testo.
32
Infatti in Eb il termine è concentrato quasi esclusivamente nei primi due ca-
pitoli, dove occorre ben 11 volte (a cui si aggiungono appena altre due occorrenze
27
di minor rilievo nei capp. 12 e 13). Su questi capitoli, cf. A. Vanhoye, Situation
Vedi i Commenti di G.W. Buchanan, p. 13; H. Braun, p. 35; H. Hegermann, du Christ. L'épìtre aux Hébreux 1-2, LD 58, Cerf, Paris 1969; L.D. Hurst, The
p. 39; H.W. Attridge, p. 47; E. Gràsser, p. 66; H.-F. Weiss, p. 153; W.L. Lane, Christology of Hebrews 1 and 2, in L.D. Hurst & N.T. Wright, edd., The Glory
I, pp. 9, 17, 24. of Christ in the New Testament. Studies in Christology in Memory ofG.B. Caird,
28
Così A. Vanhoye, Sacerdoti antichi e nuovo sacerdote, pp. 73-75; a questa University Press, Oxford 1987, pp. 151-164.
interpretazione è aperto anche il commento di P. Ellingworth, p. 106. In effetti, 33
La qualifica di 7CPWTOTOXO<; si riferisce con ogni probabilità non alla nascita ter-
in 1,4 il greco ovofia, "un nome", è lasciato indeterminato, quasi per suscitare un rena (contro Spicq e Attridge; così in 10,5 ma con il termine XÓOJJLOI;) e neanche alla
senso di attesa di una sua successiva determinazione. parusia (contro Braun e Hegermann, con appoggio su 2,5), ma all'esaltazione glo-
29
Così già B.F. Wetscott, The Epistle to the Hebrews, London 3 1903, p. 17: riosa di Gesù (così Gràsser, Weiss, Casalini, Ellingworth; inoltre: Loader, Sohn,
il Nome riassume "tutto ciò che il Cristo è per i credenti", e anche N. Casalini, pp. 7-15; Vanhoye, Sacerdoti, p. 125). Sullo sfondo si sente Sai 88,27-28 LXX (a
p. 85. Il senso potrebbe essere vicino all'espressione moderna "farsi un nome", commento della profezia di Natan in 2Sam 7,14, appena citata in Eb l,5b): "Egli
che del resto è documentato nella letteratura greca (cf. Senofonte, Cyrop. 4,2,3: mi invocherà: Padre mio sei tu, Dio mio e garante della mia salvezza. E io lo costi-
"Il suo nome era diventato grandissimo"; inoltre Erodoto 1,71,2; Polibio 15,35,1). tuirò primogenito (xà-fù jrpaycÓToxov 8r|aofiou ocù-cóv) al di sopra dei re della terra".
30
È diverso il caso di Fil 2,9, dove al Risorto viene dato "// nome che è al di Testi vicini sono Col 1,18 e Ap 1,5.
sopra di ogni altro nome", cioè il nome di Kyrios (cf. sopra: cap. II 3.6). Più pros- 34
Tuttavia il titolo forte di ó Geo?, al vocativo, dato a Gesù mediante la citazio-
simo invece è il caso di Ef 1,21, dove del Risorto si dice che Dio lo pose "al di ne di Sai 45 in Eb 1,8 ("Del Figlio invece afferma: 'Il tuo trono, o Dio, sta in eter-
sopra di ogni principato e autorità e potenza e signorìa e ogni altro nome esistente n o ' " [Sai 45,7]), e forse anche in 1,9 (CEI: " . . . perciò ti unse Dio, il tuo Dio"
non solo nel mondo presente ma anche nel futuro": qui " n o m e " significa soltanto [Sai 45,8]; TOB: " . . . c'est pourquoi, ò Dieu, ton Dieu te donna l'onction"), non
una speciale dignità. va letto in chiave di pre-esistenza; infatti, essendo Sai 45 un salmo di intronizzazio-
31
Analogamente, anche di Gerusalemme il profeta dice che sarà chiamata "con ne regale (dove il titolo divino viene dato al davidide re di Gerusalemme secondo
un nome nuovo, che la bocca del Signore indicherà" (Is 62,2); dal contesto, poi, una titolatura aulica orientale, che soltanto enfatizza la dignità regale; cf. G. Ra-
risulta che non si tratta di un nome unico ma di almeno due: "Tu sarai chiamata vasi, // libro dei Salmi, I, pp. 81 ls), la sua attribuzione a Gesù rientra nella celebra-
'Mio compiacimento' e la tua terra 'Sposata'" (Is 62,4). zione della sua identità di Risorto glorificato (analogamente a Col 2,9).
276 LA LETTERA AGLI EBREI MUTUO INTRECCIO DEI TITOLI "FIGLIO" E "SACERDOTE" 277

re" 35 (vv. 9-12 con citazione di Sai 101,26-28). I testi biblici ripor- dignità dell'uomo in generale, viene piegato a una originale inter-
tati fondano nella Scrittura stessa la rispettiva diversità. pretazione cristologica (cf. Eb 2,5-9). Ciò che il Salmo dice come
2.2.3 Nessuno degli angeli, né è mai stato invitato da Dio a se- celebrazione dell'uomo ("lo hai fatto di poco inferiore agli ange-
dere alla propria destra, né ha mai ricevuto la promessa di una sot- li", "lo hai coronato di gloria e di onore", "tutto hai sottoposto
tomissione dei nemici (cf. 1,13 come richiamo, ampliato, di l,3d; ai suoi piedi"), di cui però Eb precisa che "ora non vediamo anco-
vedi anche 10,13)36. ra che tutto gli sia sottomesso" (2,8b), viene qui riferito a Cristo:
2.2.4 Gli angeli sono stati mediatori di una legge (designata co- "Invece Gesù, che è stato fatto di poco inferiore agli angeli, lo ve-
me "parola") certamente lodevole37; essa però è stata superata da diamo coronato di gloria e di onore per aver patito la morte, così
una "salvezza" incomparabile, che ha avuto inizio mediante il Si- che gustasse la morte per ciascuno di noi" (2,9). Ciò che favorisce
gnore stesso (Sta TOG xuptou si oppone a Bi'àyyéXtov), è stata confer- la rilettura cristologica di questo Salmo antropologico è l'afferma-
mata da coloro che l'avevano ascoltata, e venne rafforzata da Dio zione concernente la sottomissione di tutto "sotto i suoi piedi",
stesso con molti prodigi e con la distribuzione dello Spirito Santo che si ritrova anche in Sai 110,1 già citato prima in 1,13. Quindi
(cf. 2,2-4). è Sai 110 che ha la priorità logica e rappresenta la chiave ermeneu-
2.2.5 A nessuno degli angeli è stato sottomesso "il mondo futu- tica di Sai 840. Quest'ultimo in pratica diventa una sorta di oraco-
ro" come ora invece esso è sottoposto a Cristo (cf. 2,5-9). Il riferi- lo sull'umiliazione ed esaltazione di Gesù, dove però paradossal-
mento escatologico è in consonanza, sia con la precedente affer- mente l'accento è posto più sul passaggio attraverso la sofferenza
mazione in 1,13, sia con la già avvenuta inaugurazione della sal- che non sul suo termine d'arrivo che è la gloria.
vezza dichiarata in 1,2 e in 2,3 (tanto che in 6,5 si dirà che il cri- 2.2.6 Infatti, nessuno degli angeli ha dimostrato una tale solida-
stiano ha già gustato "le meraviglie del mondo futuro"). Per la rietà con gli uomini né ha subito la morte per essi, come invece
verità, il giudaismo conosce l'idea di un governo del mondo da parte ha fatto Gesù (cf. 2,10-16). Qui si afferma molto di più della gene-
degli angeli38; ma, da una parte, essa non riguarda il mondo esca- rica umanità, implicita nella precedente citazione di Sai 8, poiché
tologico, e, dall'altra, essa può anche implicare una dimensione si insiste sulla totale condivisione della condizione umana. Questa
negativa39. La cosa più interessante qui è che Sai 8, che canta la solidarietà è ripetutamente e variamente affermata con un ricco vo-
cabolario: "tutti sono della stessa natura" (v. Ila: il évo? nàvztc),
35
Osserviamo che la valenza cristologica di questo titolo, che in Fil 2,9-11 iden- cioè sia Gesù sia gli uomini sono accomunati da una medesima
tifica "il nome che è sopra ogni altro nome", qui non viene sottolineata. In Eb natura41; "non si vergogna di chiamarli fratelli" (àSeXcpot: vv.
infatti su 16 occorrenze di Kyrios ben 12 sono connesse con altrettante citazioni
dell'AT o rimandi ad esso; solo le altre 4 hanno chiaro valore cristologico (cf. 2,3; llb.12.17a; cf. Rm 8,29; Gv 20,17); "i figli hanno in comune la
7,14; 12,14; 13,20). Tuttavia, anche in 1,10, dove si cita Sai 102,26 ("Tu, Signore, carne e il sangue" (xexotvcóvexev: v. 14a; l'affermazione generale pre-
da principio hai fondato la terra e opera delle tue mani sono i cieli"), il riferimento para la seguente); "anch'egli ne divenne partecipe allo stesso mo-
a motivo
36
del contesto è cristologico!
Forse l'unico testo comparabile è 4Q491 fr. 11 1,12-15, dove si celebra Mi-
chele (non citato per nome) seduto in cielo su un particolare trono di gloria: "Un
trono di forza nella congregazione degli angeli, su cui non siederà nessun re dell'O- bro dei Vigilanti" in lEn. 1-36 (cf. Gn 6,1-3), dove essi stanno all'origine di tutto
riente... La mia gloria non ha uguali e non è esaltato nessuno all'infuori di me; il male, cosmico e morale, di cui si può fare esperienza.
40
e nessuno viene a me, perché io sto nel cielo... Io sono annoverato fra gli esseri Qualcosa di analogo avviene in Ef 1,20-22, dove si comincia con l'affermare
divini... E chi è simile a me nella mia gloria?". Tuttavia, non solo qui non c'è al- la risurrezione di Gesù richiamando Sai 110 (in Ef 1,20: "lo fece sedere alla sua
cun riferimento al Salmo 110, ma il trono di cui si parla è tutto proprio ed è solo destra nell'alto dei cieli") e si culmina con la dichiarazione della sua signorìa uni-
tra gli angeli così che il personaggio è tutt'al più il primo di essi, ma egli non è asso- versale citando il Sai 8 ("tutto ha posto sotto i suoi piedi").
ciato al trono di Dio! 41
37
Oltre a questa interpretazione (che intende il greco come un complemento di
L'intervento degli angeli nel dono della Legge al Sinai è un elemento proprio materia al neutro; così Vanhoye, Weiss, Gràsser [che si richiama al concetto greco
della letteratura post-biblica: cf. Giub. 1,27.29; 2,1; Test. Dan 12,1; Filone Al., di synghéneia o parentela comune] e sembra anche Ellingworth; cf. 2,14 e Ap 21,21),
Somn. 1,141-143; Giuseppe FI., Ant. 15,136; nel NT anche At 7,38.53. La loro pre- il costrutto può anche essere inteso come complemento di origine al maschile, nel
senza mediatrice ha la funzione di sottolineare la trascendenza di Dio. senso che tanto Gesù quanto gli uomini derivano tutti da uno solo: sia che questi
38
Vedi Dt 32,8 LXX ("delimitò le nazioni secondo il numero degli angeli di si intenda Adamo (così alcuni antichi; cf. At 17,26) o Abramo (così Buchanan; cf.
Dio"); Sir 17,17 LXX; Dn 10,13.20; lEn. 60,16-21; Giub. 35,17. Eb 2,16 e 11,12 [ma qui con la preposizione arcò]) o Dio stesso (così i più: oltre
39
II tema di un loro pesante influsso negativo sul mondo è sviluppato nel "Li- agli antichi, anche Braun, Hegermann, Lane, Attridge, Casalini; cf. ICor 8,6a).
278 ^ LA LETTERA AGLI EBREI MUTUO INTRECCIO DEI TITOLI "FIGLIO" E "SACERDOTE" 279

fifa" (Tcapa7cXT)aico? [xexéaxev: v. 14b; l'aoristo esprime l'azione stori- 2.3 Conclusione
ca puntuale dell'incarnazione); "non certo degli angeli si prende
cura, ma del seme di Abramo si prende cura" (£7tiXafxPdcveToci bis: È dunque sintomatico che tanto l'esordio 1,1-4 (cf. vv. 2.3c)
v. 16; l'opposizione sottolinea bene da quale parte egli sta)42; "bi- quanto l'intera sezione 1,5-2,18 (cf. 1,5 e 2,17s) siano racchiusi
sognava che egli venisse assimilato in tutto ai fratelli" (xaxà 7càvxa fra i due titoli di Figlio e di Sommo Sacerdote, che appaiono così
ófxoio>0f|vai: v. 17a; cf. 4,15); "egli ha sofferto, essendo stato mes- inscindibilmente intrecciati. E non è senza significato che l'intera
so alla prova" (7ré7cov0ev aùxò? weipaoSeC?: v. 18; cf. 4,15-16)43. argomentazione inizi con il primo titolo e termini con il secondo,
2.2.7 Perciò, soltanto a Gesù conviene il titolo conclusivo di a indicare che la qualifica di Sacerdote presuppone e si fonda ne-
"sommo sacerdote (àpxiepeu?) misericordioso e degno di fede", in cessariamente su quella di Figlio.
quanto può espiare presso Dio i peccati del popolo (cf. 2,17-18). Altra questione è di sapere perché mai il nostro autore instauri
La qualifica era già preparata nel v. 11 con il verbo "santificare- questo originale tipo di confronto fra Cristo e gli angeli e lo faccia
consacrare" (à-ftàCetv, ebr. qàdas), che nella Bibbia greca significa in termini così polemici.
prima di tutto dedicare a Dio qualcosa o qualcuno che perciò ap-
partiene esclusivamente a lui (cf. Gn 2,3 ecc.; in Es 29,1 e Lv 8,30 A questo proposito, gli studiosi si suddividono secondo cinque posi-
Mosè consacra Aronne e i suoi figli) e poi può anche essere sinoni- zioni diverse45. Secondo alcuni, i destinatari dello scritto praticavano
mo di "purificare" dal peccato (cf. Ef 5,26); esso è preferito da un pericoloso culto agli angeli, a cui l'autore vuole drasticamente ov-
Eb, che lo impiega ancora in 9,13; 10,10.14.29; 13,12. Ma in 2,17 viare (cf. analogamente Col). Secondo altri, i destinatari concepivano
abbiamo il verbo "espiare", tXàaxeaBou (ebr. kàfar, che i LXX tra- la mediazione di Cristo riducendolo al piano di una mera figura angeli-
ca (ciò è testimoniato in successivi ambiti giudeo-cristiani). Ancora se-
ducono preferibilmente con il composto élj- avente di norma "il sa- condo altri, i destinatari pensavano di partecipare già fin d'ora a una
cerdote" come soggetto): presente solo qui in tutta la lettera44, es- adorazione di Dio insieme agli angeli (analogamente a ciò che avveniva
so è tradizionalmente legato al culto, in specie al "sacrificio per a Qumràn secondo 1 lQShirShab). Altri ancora ritengono che l'autore,
il peccato" e al Kippùr (cf. Lv 4,20, 5,10, 16,34), e quindi è parti- insieme ai suoi destinatari, fosse a conoscenza della tradizionale ange-
colarmente adatto a richiamare l'attività sacerdotale di Gesù (cf. lologia giudaica, giudicata tanto forte da temere che potesse contami-
più avanti). La tematica da esso suscitata verrà trattata nei capito- nare negativamente la comunità cristiana e perciò cerca di prevenirne
li centrali della lettera (8,1 - 10,18). i possibili effetti. Per altri, infine, la tematizzazione dell'inferiorità de-
gli angeli sarebbe un mero artificio retorico, impiegato dall'autore solo
per far emergere la superiorità di Cristo e della nuova economia salvifi-
42
ca rispetto all'antica.
Ellingworth, p. 176, rimanda opportunamente al testo di Is 41,8-10 LXX:
"Ma tu, Israele, figlio mio Giacobbe, che ho eletto, seme di Abramo, che ho ama-
to, sei tu che ho preso (àvTeXa(ìó[xr)v) dai confini della terra e ti ho chiamato dai suoi Va comunque tenuto conto del fatto che anche altrove nel NT il
estremi, e ti ho detto: 'Tu sei mio figlio (naiq), ti ho eletto e non ti ho abbandonato; tema dell'adorazione degli angeli è sempre connesso con la confes-
non temere, poiché sono con te; non smarrirti, poiché io sono il tuo dio che ti dà
forza e ti vengo in aiuto (i$orfir\<ià aoi)'". sione dell'esaltazione di Cristo (cf. Fil 2,10; Ef 1,20-21 ; Col 2,15; lPt
3,22; Ap 5,6.11)46. Viene perciò spontaneo pensare che a monte di
43
Ricordiamo che J. Swetnam, Jesus and Isaac. A Study of the Epistle to the
Hebrews in the Light of the Aqedah, AnB 94, PIB, Rome 1981, pp. 130-177, dà
di tutto il brano 2,5-18 una interpretazione sulla falsariga di Gn 22 e della tradizio- Eb ci sia una effettiva, diffusa preoccupazione pastorale nei confronti
ne giudaica della Aqedah, anche se è cosciente che la cosa non sia certa (cf. p. 177).
44
In 9,5 sarà utilizzato anche il termine tecnico "espiatorio", -co IXaarriptov, in
riferimento al Santo dei Santi e alla liturgia del Yòm Kippùr, ma, mentre là il voca-
45
bolo serve solo per descrivere la liturgia giudaica, qui in 2,17 il verbo ha solo valore Cf. l'ottimo status quaestionis, con ampia bibliografia, in L.T. Stuckenbruck,
cristologico. Va precisato che il significato biblico del verbo non è quello di "pro- Angel Veneration and Christology. A Study in Early Judaism and in the Christology
piziare" la divinità con un atto che viene dal basso (così già Omero, //. 1,100; Od. of the Apocalypse of John, WUNT 2.70, Mohr, Tùbingen 1995, pp. 119-139 (l'Au-
3,380 ma in Eb non si parla mai dell'ira di Dio verso i peccatori), ma quello di "per- tore si allinea ingiustificatamente con l'ultima delle posizioni enumerate).
46
donare, essere benevolo, espiare" con un atto di grazia che viene da Dio stesso (cf. Si veda anche l'apocrifo cristiano Ascensione di Isaia (databile tra la fine del
2Cr 30,18: "Il Signore che è buono espii-perdoni [è!|iXàa9<o] chiunque abbia il cuore sec. I e l'inizio del sec. II) 10,8-15; 11,23-32, dove Gesù dopo essere disceso nel mon-
disposto a cercare Dio", e Le 18,13). do risale fino al settimo cielo, adorato e glorificato dagli angeli.
280 ^ LA LETTERA AGLI EBREI FIGLIO (DI DIO) 281

di una reale possibilità di scambiare la signorìa di Cristo con quella può consistere nel fatto che già all'interno della matrice giudaica
di potenze angeliche intermedie, sia pur variamente denominate 47 . della fede cristiana esso non implicava una dignità particolaris-
Il nostro autore intende appunto ribadire la superiorità incontra- sima49. Sintetizzando, possiamo tuttavia ridurre a quattro stadi i
stata di Gesù glorificato48. momenti della sua applicazione a Gesù da parte della comunità pri-
mitiva (a prescindere dunque dalla coscienza che Gesù stesso ne
ebbe durante la sua vita terrena).
3. Figlio (di Dio) a) All'inizio, il kérygma originario associa il titolo all'evento della
risurrezione, ritenuta come il momento fondante della filiazione
Sviluppiamo ora a parte questo primo pannello della cristologia divina di Gesù o almeno della sua percezione (così è nell'arcaica
di Eb in tre momenti, di cui il primo è di fatto introduttorio. confessione pre-paolina di Rm l,3b-4a; ma cf. anche il discorso
di Paolo nella sinagoga di Antiochia di Pisidia in At 13,33 con ci-
tazione di Sai 2,7: "Tu sei mio figlio, io oggi ti ho generato").
3.1 Portata tradizionale del titolo b) In un secondo momento, le redazioni evangeliche connettono
il titolo con l'inizio del ministero pubblico di Gesù, cioè con il bat-
A livello di pura formulazione titolare (altra cosa invece è la se- tesimo al Giordano, dove è addirittura una voce dal cielo a garan-
mantica che qui viene ad assumere) Eb non innova, ma attinge al- tire pubblicamente questa peculiare identità (cf. Me 1,11//; ma in
la precedente tradizione della fede cristiana che già si era espressa Gv 1,34 l'identificazione è fatta più realisticamente da Giovanni
in questi termini. Per la verità, come abbiamo avuto modo di ve- Battista).
dere a proposito sia del Gesù terreno sia della cristologia paolina, e) Con un passo ulteriore, due testimoni della tradizione giudeo-
nel cristianesimo della prima generazione il titolo è meno attestato cristiana anticipano la filiazione divina di Gesù già al momento del
di altri (per esempio: Figlio dell'uomo, Cristo, Signore). Il motivo suo concepimento miracoloso nel seno della madre per opera dello
Spirito Santo (cf. Mt 1,21-23; Le 1,32.35), con la differenza però
47
Per uno sguardo generale sull'angelologia giudaica pre-rabbinica, vedi M. che in Mt Gesù è detto "figlio" di Dio solo nella citazione di un
Mach, Entwicklungsstadien des jiidischen Engelglaubens in vorrabbinischer Zeit,
TSNJ 34, Mohr, Tùbingen 1992. In particolare, a Qumràn non solo la comunità testo veterotestamentario originariamente riferito a Israele (cf. Os
stessa pensa di partecipare al culto angelico (in 4QShirShab, dove gli angeli sono 11,1 in Mt 2,15), mentre in Le è l'angelo dell'annuncio a Maria
detti elim/elohim; cf. L. Rosso Ubigli, / Canti per l'Olocausto del Sabato e la ve- che lo definisce "figlio dell'Altissimo" e "figlio di Dio".
nerazione degli angeli), ma, da una parte, è particolarmente venerata la figura di
Michele (cf. sopra: nota 36), e, dall'altra, giunge persino a raffigurarsi Melchise- d) Infine, la filiazione divina di Gesù è anticipata fin nella sua
deq come un angelo dalle funzioni escatologico-sacerdotali (in 4QAmram b fr. 3,1-3; pre-esistenza ab aeterno (infatti, prima ancora delle espressioni forti
cf. F. Manzi, Melchisedek e l'angelologia nell'epistola agli Ebrei e a Qumràn, AnB
136, PIB, Roma 1997, pp. 32-39 e 231-241). Anche il giudaismo ellenistico docu-
di Gv, la qualifica è suggerita dalla cosiddetta "formula di missio-
mentato da Filone Al. attesta ampiamente una identificazione del Logos divino co- ne" paolina in Rm 8,3; Gal 4,4: "Dio mandò il figlio suo"; cf.
me angelo o arcangelo (cf. Cher. 3.35; Fug. 5; Deus imm. 182; Leg. alleg. 3,177; anche Rm 1,3a).
Conf. ling. 28.62-63; Rer. div. her. 205; Mut. nom. 87; Abr. 173; Post C. 91; Somn.
1,115; Agr. 51). Altrettanto in ambienti cristiani, se non proprio già nel NT (ma L'originalità di Eb in rapporto a questa tradizione è che il no-
cf. J.E. Fossum, Kyrios Jesus as the Angel ofthe Lord in Jude 5-7, NTS 33 [1987] stro scritto conosce soltanto il 1 ° e il 4° di questi stadi e soprattut-
226-243; anche in Ap 12 fa problema il fatto che la vittoria contro il drago viene to che esso li combina paradossalmente insieme, in modo tale da
attribuita prima all'arcangelo Michele [vv. 7-9] e poi al sangue dell'Agnello [v.l la]),
certo dalla fine del secolo I a tutto il II secolo e oltre, una simile identificazione suscitare l'impressione netta di una antinomia 50 . Infatti, se il 1°
è stata fatta a livello cristologico, come si vede già nel Pastore di Erma (cf. mand. stadio dice di fatto che Gesù è diventato "figlio" solo in quanto
5,1,7: "Furono giustificati dall'angelo venerabilissimo"; sim. 5,44) e poi in Giusti-
no, Dial. 34,2: "Cristo è stato annunciato come re, sacerdote, dio, signore, ange-
lo, uomo, arcistratega, pietra, bambino generato,..." (cf. 61,1; 126,6: "Dio e an- 49
Cf. voi. I, pp. 146-149, e anche J.D.G. Dunn, Christology in theMaking, p. 15.
gelo"; 128,4). Cf. J. Daniélou, La teologia del giudeo-cristianesimo, Il Mulino, Bo- 50
In Paolo invece, come abbiamo visto (cf. voi. I, pp. 201-208), l'antinomia
logna 1974 (orig. frane, Tournai 1958), pp. 215-244; B. Bagatti, Alle origini della è superata dal fatto che la confessione pre-redazionale su colui che "nasce dal seme
chiesa -1. Le comunità giudeo-cristiane, Città del Vaticano 1981, pp. 174-184. di Davide" (Rm l,3b) è corretta da Paolo stesso col dire che egli era già "il figlio
48
Cf. anche W.R.G. Loader, Sohn und Hoherpriester, pp. 21-29. suo", cioè di Dio (Rm l,3a).
282 LA LETTERA AGLI EBREI FIGLIO (DI DIO) 283

risorto e il 4° invece afferma che egli lo era da sempre, come non dovette verificarsi nella comunità dei destinatari della lettera (cf.
scorgervi un contrasto? Sembrano affermazioni inconciliabili. In- anche 3,12). Nel primo caso l'allusione alla passione del Gesù ter-
fatti, c'è chi a questo proposito ha parlato di una aporia senza via reno è evidente, ed è alla sua luce che riceve forza l'idea di una
d'uscita51. Ma, come vedremo subito, in buona retorica un'anti- rinnovata "crocifissione", altrettanto infamante anche se ora so-
nomia non è un'antitesi e può quindi ben esprimere aspetti contra- lo metaforica. Lo stesso vale per l'efficace metafora del "calpe-
stanti, purché non si confondano gli aspetti formali del discorso. stare", per quanto nuova possa sembrare53. In ogni caso, colui che
viene (così come era stato) crocifisso e calpestato è già Figlio, ed
è come tale che ora viene esposto al ludibrio così come già lo fu
3.2 Gesù è figlio eppure lo diviene nel passato. Anzi, sulla base di 3,12 ("Guardate, fratelli, che non
si trovi in nessuno di voi un cuore perverso e senza fede che si al-
La lettera agli Ebrei discorre della filiazione di Gesù, per così lontani dal Dio vivente"), si può concludere che chi si comporta
dire, su un doppio registro, quello dell'essere e quello del divenire. in questo modo con Gesù si allontana dal Dio vivente, dove tra
Un tale accostamento di due contrari a proposito di uno stesso sog- Gesù e Dio si suppone un vincolo indissolubile.
getto ottiene l'effetto retorico di creare uno "straniamento" intel- 3.2.2 La filiazione acquisita da Gesù. Un'altra serie di testi insi-
lettuale (in quanto acutum dicendi genus)52; esso invita inevitabil- ste invece sull'ottenimento della condizione di Figlio, come se Ge-
mente il lettore a un lavoro di riflessione per rendere ragionevol- sù non lo fosse stato prima.
mente comprensibile un'affermazione inconsueta e sorprendente, Il testo fondamentale è 1,5 dove il titolo è ripetuto due volte,
così da passare da una pura reazione emotiva a un aumento del tratto da due testi biblici: "Infatti a quale mai degli angeli disse:
sapere. Vediamo i due momenti in successione logica. 'Tu sei mio figlio, io oggi ti ho generato' (Sai 2,7)? E ancora: 'Io
3.2.1 La pre-esistenza del Figlio. Una prima serie di testi impli- sarò per lui un padre ed egli sarà per me un figlio' (ISam 7,14)?".
ca una dimensione perenne della filiazione di Gesù come sua pro- La portata esatta di questa filiazione si comprende in base all'af-
prietà ontologica. fermazione del precedente v. 4, dove si dice che Gesù con la sessio-
Quanto a 1,2 abbiamo già visto sopra come la qualifica di Figlio ne alla destra di Dio "ha ereditato un nome superiore a quello de-
("parlò a noi in uno che è figlio"), in opposizione a quella dei pro- gli angeli" (cf. sopra). Poiché già in 1,2 Gesù è definito Figlio in
feti, va intesa in senso forte: la filiazione divina definisce Gesù già tutto il suo essere, bisogna concludere che l'eredità acquisita con-
alla radice. siste in una nuova dimensione di questa filiazione: infatti, dato che
Nei due passi 5,8 ("pur essendo figlio imparò l'obbedienza... e, in 1,3d si è affermato che egli si è assiso alla destra di Dio, la nuo-
reso perfetto,...") e 7,28 ("...il figlio è stato reso perfetto in eter- va filiazione consiste nient'altro che nella sua intronizzazione re-
no") la qualifica di Figlio è associata all'idea di un perfezionamento gale, come appunto confermano i due testi biblici ivi citati54.
acquisito, su cui torneremo più avanti. Ciò che qui c'interessa no- In 3,5-6 si instaura un confronto tra Mosè e Gesù in rapporto
tare brevemente è che colui il quale viene perfezionato è comun- alla rispettiva funzione "nella casa di Dio", cioè nel suo popolo.
que già Figlio, senza doverlo diventare solo in seguito. Quest'ultima espressione deriva da Nm 12,7, dove il confronto
In questa linea ci sono ancora due altri testi analoghi tra di loro: è tra un qualunque profeta (a cui Dio si rivela solo in visione
6,6 ("essi di nuovo crocifiggono per proprio conto il Figlio e lo o in sogno) e Mosè (a cui, come uomo di piena fiducia [ne'èman],
espongono all'infamia") e 10,29 ("di quanto maggior castigo pen-
sate che sarà ritenuto degno chi avrà calpestato il Figlio di Dio"). 53
Mai usato nella Bibbia greca con Dio o Cristo come oggetto, il verbo xaxowra-cito
L'autore si riferisce a qualche episodio doloroso di apostasia, che qui impiegato richiama il calpestìo profanatore del Tempio da parte dei pagani al tempo
dei54Maccabei (cf. IMac 3,45.51; 4,60; Dn 8,13), anticipato già in Is 63,18.
51
Così H. Braun, An die Hebràer, pp. 32-33. Qualcosa di analogo avviene in Rm 1,3-4, dove l'affermazione "costituito fi-
52
Cf. H. Lausberg, Elementi di retorica, Il Mulino, Bologna 1969 (orig. ted., glio di Dio in potenza mediante la risurrezione" (v. 4a) si aggiunge alla certezza
Mùnchen 1949, 1967), 37,1; 84-90; 166,6; lo straniamento, contrapposto alla noia di una filiazione ontologica affermata già con la precedente dichiarazione che il
del solito, confina con il paradosso e l'arguzia, e vale come una forma della varietas. Vangelo "riguarda il figlio suo, nato dal seme di Davide" (v. 3ab).
284 " LA LETTERA AGLI EBREI FIGLIO (DI DIO) 285

Dio parla invece "bocca a bocca", senza enigmi). Ora in Eb la me- che Melchisedeq "è senza padre, senza madre, senza genealogia,
tafora della casa trapassa dal referente "popolo d'Israele" al nuo- senza principio di giorni né fine di vita") si deduce che qui la filia-
vo referente "noi-chiesa" (cf. 3,6). Ebbene, mentre Mosè è quali- zione di Gesù non riguarda né la pre-esistenza (perché è detto "senza
ficato solo come "servo" (<ó? 0£pà7twv), Gesù invece è designato co- padre"; ma egli ha Dio per padre) né l'incarnazione (perché è det-
me "figlio" (o>c mó<;). È di lui che ora si dice che è "degno di fede" to "senza madre, senza genealogia"; ma egli ebbe una madre e fu
(7EIOTÓ<;): sia perché è stato lui stesso a costruire la casa (cf. 3,3), generato), ma la glorificazione della risurrezione, che rappresenta
sia perché Dio in persona "lo ha fatto" (3,2: TO> 7rotT|aocvTi atkóv) un evento nuovo, al di fuori di tutti gli schemi generativi57. Alla
cioè lo ha designato-stabilito-costituito55 nella sua nuova funzione. base c'è l'idea di una figura senza tempo, che però riguarda non
Non facile è catalogare il testo 4,14 ("avendo un sommo sacer- tanto l'origine quanto piuttosto la perdurante funzione sacerdota-
dote grande che ha attraversato i cieli, Gesù il figlio di Dio, tenia- le acquisita, come evidenzia la frase conclusiva del testo.
mo ferma la confessione"), in cui il titolo è presente in forma as- 3.2.3 Conclusione. L'antinomia che risulta dalle due serie di te-
soluta, privo di particolari specificazioni semantiche. Perciò è pos- sti non si può risolvere in altro modo che nel senso di una inevita-
sibile pensare che anche qui la qualifica di Figlio preceda e fondi bile coesistenza tra due dimensioni, ontologica e funzionale, della
quella di Sacerdote. È però anche possibile che, poiché sintattica- qualifica di Figlio. Però la sua designazione nel momento della glo-
mente il titolo di Figlio segue quello di Sacerdote, esso sia connes- rificazione va fondamentalmente considerata come una specifica-
so con un intervento divino in materia (come nel caso del testo pre- zione ulteriore e nuova di questa identità. Il secondo stadio della
cedente). Si dovrà quindi forse propendere per un significato fun- filiazione, da una parte, coinvolge l'umanità storica di Gesù nel-
zionale, data la sua associazione contestuale al fatto che il Sommo l'arco completo della sua esistenza terrena e, dall'altra, lo costitui-
Sacerdote "ha attraversato i cieli", cioè alla sua esaltazione con- sce nell'esercizio di una nuova mansione (cf. 5,5). Infatti, mentre
nessa con la risurrezione. Eb scrive più volte che Sommo Sacerdote Gesù lo è "diventato"
In 5,5-6 la designazione di Figlio (tratta da una nuova citazione (cf. l'uso di ytvo[xat in 2,17; 5,5; 6,20), non dice mai che egli sia
di Sai 2,7) è strettamente correlata a quella di Sacerdote (tratta dal- "diventato" Figlio58.
la citazione di Sai 110,4), per dire che Sacerdote egli non è diventato
da se stesso ma per iniziativa divina ("Tu sei sacerdote in eterno"),
così come Dio stesso gli aveva detto: "Mio figlio sei tu; io oggi ti ho 3.3 'Tu reso perfetto"
generato". L'accento principale dunque non sta tanto sulla qualità
della nomina quanto sull'atteggiamento di umiltà da parte di Cristo. Il punto d'incontro, storico e ideale, fra la condizione di Figlio e
In 7,3 è detto di Melchisedeq che, "reso simile (à<pcofAouo[Aévo<;) quella di Sacerdote avviene nel fatto del "perfezionamento" (-reXetGXJK;)
al figlio di Dio, rimane sacerdote per sempre". L'affermazione prin- di Gesù. Per quanto risulti insolito e apparentemente stravagante, que-
cipale qui riguarda Melchisedeq e non il Figlio di Dio, che ha solo sto concetto nel nostro scritto è assolutamente tipico e centrale59.
la funzione di paragone56. Comunque dal contesto (dove si dice
57
"La sua risurrezione è stata una nuova generazione della sua natura umana,
55
nella quale non sono intervenuti né padre umano, né madre umana, e che ha fatto
Questo significato funzionale del verborcoieìvè di derivazione semitica: vedi di lui un 'primogenito' (Eb 1,6) senza genealogia" (A. Vanhoye, Sacerdoti antichi
Es 18,25 (a proposito dei 70 Anziani); ISam 12,6 (a proposito di Mosè e Aronne); e nuovo sacerdote, p. 125).
58
Me 3,14 (a proposito dei 12 apostoli). II participio -fevó[ievoi; in 1,4, come abbiamo visto, si riferisce all'acquisizione
56
Tanto che secondo Ellingworth, p. 351, il riferimento al Figlio sarebbe fatto di uno status connesso con il "nome" superiore a quello degli angeli: indirettamente
solo di passaggio e costituirebbe "una inutile complicazione" (come in ICor 10,4 perciò riguarda anche la qualifica di Figlio, ma insieme a una serie di altri titoli
si dice che "la pietra era il Cristo"). Questo autore inoltre ritiene che il participio che costituiscono il nuovo "nome".
59
perfetto vada inteso non come un passivo ("essendo stato fatto simile al Figlio di Cf. soprattutto D. Peterson, Hebrews andPerfection. An Examination o/the
Dio") ma come un medio ("essendo simile al Figlio di Dio"): in questo modo si Concept of Perfection in the "Epistle to the Hebrews", SNTS MS 47, University
esclude che Melchisedeq sia stato espressamente inteso già all'origine come una pre- Press, Cambridge 1982; e A. Vanhoye, La 'teleiósis' du Christ: Point capital de
figurazione di Gesù (cf. Id., Like the Son ofGod: Form and Content in Hebrews la cristologie sacerdotale d'Hébreux, NTS 42 (1996) 321-338. Vedi anche H.W.
7,1-10, Bibl 64 [1983] 255-262). Attridge, Hebrews, pp. 83-87 (Excursus: The Language of "Perfection").
286 LA LETTERA AGLI EBREI FIGLIO (DI DIO) 287

Certo la semantica del termine greco è molto varia 60 . Ma resta il egli diventa poi anche Sacerdote. La terza osservazione riguarda
fatto che mai altrove nel NT si usa il verbo "perfezionare" avente l'importanza del tema della sofferenza, costantemente presente:
Gesù come complemento oggetto (cf. 2,10) o come soggetto passi- "mediante la sofferenza" (2,10), "da ciò che patì imparò l'obbe-
vo (cf. 5,9; 7,28)61. Proprio questi tre sono i testi che c'interessa- dienza" (5,8), "offrì se stesso" in un sacrificio cruento (7,27); non
no per la loro originale cristologia. esiste perfezionamento, se non mediato appunto da un'esperienza
di dolore. Infine, notiamo che è altrettanto sempre presente il te-
2,10: "Era giusto che colui, per il quale e mediante il quale sono tut- ma della salvezza come effetto di quella esperienza: "iniziatore della
te le cose, volendo portare molti figli alla gloria, rendesse perfetto (xe- loro salvezza" (2,10), "causa di salvezza eterna" (5,9), "perciò può
Xetòaou) mediante la sofferenza l'iniziatore della loro salvezza". salvare pienamente coloro che per mezzo suo si accostano a Dio,
5,8-10: "Ed essendo figlio imparò da ciò che patì l'obbedienza, 9e essendo egli sempre vivo per intercedere a loro favore" (7,25).
reso perfetto (xtltioìBtiq) divenne per tutti coloro che gli obbediscono
Inoltre, da un testo all'altro è possibile verificare un progresso
causa di salvezza eterna, 10proclamato da Dio sommo sacerdote secon-
do l'ordine di Melchisedeq". logico, così da individuare in ciascuno di essi una caratteristica te-
7,27-28: "Egli non ha bisogno di offrire sacrifici ogni giorno, come matica propria.
fanno i sommi sacerdoti, prima per i propri peccati e poi per quelli del 3.3.1 La piena solidarietà con gli uomini: 2,10. Già in quanto
popolo, poiché ha fatto questo una volta per tutte offrendo se stesso. semplice uomo, Gesù condivide la comune condizione dell'umana
28
La Legge infatti stabilisce come sommi sacerdoti degli uomini debo- infermità. A questo proposito è sufficiente richiamare quanto ab-
li, mentre la parola del giuramento [cf. 7,20-22], che va oltre la Legge, biamo già detto sopra circa il confronto cristologico con gli ange-
(stabilisce) un Figlio reso perfetto (xexeXeta>(j.évov) per sempre". li. In questo contesto, il perfezionamento di Gesù passa inelutta-
bilmente attraverso la piena condivisione della debolezza umana.
Su questi testi si possono fare alcune osservazioni generali, tali Aggiungiamo che il complemento "mediante (Sia) la sofferenza"
da individuare i loro elementi comuni. Innanzitutto va notato che va letto nel senso che la sofferenza è considerata in se stessa come
a monte del processo di perfezionamento c'è sempre Dio in perso- mezzo di trasformazione e che quindi il perfezionamento non con-
na, come rivela la forma del verbo impiegato (attivo nel primo ca- segue né all'evasione da essa né tantomeno alla sua negazione.
so, passivo negli altri due): è lui il regista degli eventi. In secondo 3.3.2 L'esperienza cruciale della passione e della morte segna un
luogo, osserviamo che il soggetto «perfezionato» è costantemente passo avanti rispetto allo stadio precedente. Essa è messa bene in luce
indicato come Figlio, sia implicitamente (come nel primo caso: cf. in 5,5-8, dove si prepara la seconda ricorrenza dell'idea di perfezio-
2,10.13b.l4a) sia esplicitamente (in 5,9; 7,28): è in quanto tale che namento (enunciata in 5,9). Questa esperienza va intesa non solo co-
me momento culminante della solidarietà con gli uomini, ma anche
60
Già Aristotele, Metaphysica 5,16 (1021 b), distingueva quattro accezioni ge-
e soprattutto come momento decisivo di obbedienza a Dio 62 .
nerali del concetto di "perfezione": (1) ciò al di fuori del quale è impossibile trova- Notiamo gli elementi principali del testo. Il tema centrale è quello
re anche solo una delle sue parti; (2) ciò che, in rapporto alla virtù o alla bontà, della totale umiltà di Cristo e viene svolto in vari momenti. (1) An-
non può essere superato; (3) la virtù stessa è una forma di perfezione; (4) perfetto
è detto anche ciò che ha raggiunto la sua fine o la sua consumazione. A questi si zitutto, egli non dichiara se stesso sacerdote ma viene dichiarato
possono aggiungere anche un significato organico, quando si dice che un uomo o tale da Dio (come il Sommo Sacerdote giudaico: cf. 5,l-4.5-6) 63 .
un evento è maturo; e iniziatico, con riferimento alla iniziazione a qualche culto (2) Inoltre, Gesù affronta il peso doloroso della sofferenza nella
misterico. Nella Bibbia, poi, è attestato anche un significato cultuale, in rapporto
alla consacrazione di un sacerdote (cf. sotto). sua passione: l'espressione "offrendo preghiere e suppliche... con
61
L'unica eccezione è Le 13,32 ("Andate a dire a quella volpe: Ecco, io scaccio
i demoni e compio guarigioni oggi e domani, e il terzo giorno avrò finito, TEXEIOU-
ixou"); ma, comunque si voglia intendere l'espressione (come conclusione di un'at- 62
Cf. A. Vanhoye, Sacerdoti antichi e nuovo sacerdote, pp. 98-106; e soprat-
tività o come compimento dell'opera di salvezza), essa è inserita in uno schema cro- tutto C. Zesati Estrada, Hebreos 5,7-8. Estudio histórico-exegético, AnB 113, PIB,
nologico che le conferisce in ogni caso la dimensione di una successione temporale. Roma 1990.
Proprio questa dimensione invece è assente da Eb, che invece prende in considera- 63
II riferimento è al momento fondante della scelta di Aronne, sacerdote per
zione la dimensione personale di Gesù: ciò che viene condotto a perfezione non vocazione divina (cf. Es 28,1); ma successivamente il sacerdozio fu ereditario. Cf.
è l'opera di Gesù (qualcosa di esterno a lui), ma egli stesso. R. De Vaux, Le istituzioni dell'Antico Testamento, pp. 342-395.
288 LA LETTERA AGLI EBREI FIGLIO (DI DIO) 289

forti grida e lacrime" richiama sicuramente il momento dell'ago- to di questa esperienza di sofferenza è appunto il "perfezionamen-
nia nel Getsemani e al Calvario (cf. Mt 26,38-46)64. (3) Con ciò to" di Gesù, su cui ritorneremo.
egli dimostrò la propria fiduciosa "sottomissione" (5,7: eùXàfkia, 3.3.3 L'integrità morale di Gesù e l'unicità della sua offerta so-
lett. "rispetto profondo"; cf. anche 12,28) verso Dio 65 . (4) In più, no gli ultimi presupposti enunciati insieme dall'autore in 7,26-27
come qualunque mortale, imparò dal dolore l'obbedienza 66 , cioè come requisiti del suo "perfezionamento" (7,28). Infatti, dopo aver
ad affidarsi totalmente a Dio ma con una dedizione unica nel suo apertamente dichiarato l'abrogazione del sacerdozio levitico per la
genere (vedi anche 10,5-10, secondo cui l'obbedienza contrassegna sua debolezza e inutilità (cf. 7,18), l'autore in 7,26 enumera una
Gesù fin dall'inizio della sua esistenza terrena). serie di caratteristiche positive, che invece abilitano Cristo alla fun-
Secondo l'autore, le preghiere e suppliche di Gesù erano indiriz- zione sacerdotale: da una parte, egli è "santo", "innocente", "sen-
zate "a colui che poteva salvarlo dalla morte", ma l'insistenza sul- za macchia", "separato dai peccatori", cioè risponde in pienezza
l'atteggiamento interiore di Gesù ci dice che in realtà "l'oggetto alle richieste bibliche per la purità levitica (cf. Lv 21,1 - 22,9), e
della preghiera diviene secondario. Ciò che prima di tutto importa dall'altra è addirittura "innalzato sopra i cieli" e quindi può senza
è la relazione con Dio" 6 7 , è il rimettersi totalmente nelle sue ma- interruzione intercedere per noi (cf. 7,25). In più, si afferma qui
ni, è l'abbandono alla sua volontà come atto sommamente religio- per la prima volta che egli "ha offerto se stesso una volta sola"
so (cf. Mt 26,39.42). E se di un esaudimento si parla (cf. ebaxou- (ècpàTOx£ éocu-còv àvevéyxa?), introducendo così il tema della seguente
a0ei<j)> esso consiste non tanto nell'acquisizione di una forza mag- sezione epistolare (8,1 - 9,28) che tratterà appunto della perfezio-
giore per poter bere il calice della sofferenza, ma neanche tanto ne di Gesù Sacerdote 69 . Significativamente nel v. 28 si pone un
nella successiva esaltazione dopo la morte, bensì piuttosto nella vit- contrasto tra i "sommi sacerdoti" e "un figlio" per suggerire che,
toria sulla morte mediante la morte stessa in quanto questa signifi- paradossalmente, coloro che detenevano il sacerdozio erano sog-
cò la disfatta del principe della morte e la liberazione dell'umanità getti alla debolezza e in definitiva all'inefficacia, mentre colui che
da lui tenuta prigioniera (cf. 2,14-15)68. Ma il risultato immedia- all'origine non era un sacerdote "è stato reso perfetto" sulla base
della sua filiazione70.
64
3.3.4 Conclusione
Va notato che qui il verbo "offrire" (v. 7: npoatviyx<x<;), avente per oggetto 3.3.4.1 In che cosa consiste la perfezione ottenuta dal Figlio? La-
"preghiere e suppliche", contrasta con l'offerta (v. 1: npoo<?ipr\) di "doni e sacrifi-
ci" da parte dei sacerdoti leviti. L'offerta di Gesù non ha nulla di rituale, e in più sciando da parte una improbabile soluzione gnostica71, si posso-
riguarda se stesso: si fa luce qui il nuovo concetto di sacrificio, di cui si tratterà no prendere in considerazione tre diverse interpretazioni. (1) Ulti-
più avanti.
65
II senso esatto del termine (CEI: impropriamente "pietà", corretto poi con mante: definiamo così la soluzione di chi pensa che il lessico della
"pieno abbandono") ci proviene da un bel passo di Filone Alessandrino a proposi- perfezione esprima soltanto il raggiungimento di un fine72; ma ciò
to dell'audace preghiera di Abramo in Gn 15,2 ("Mio Signore Dio, che mi darai?
Io me ne vado senza figli e l'erede della mia casa è Eliezer di Damasco"); Filone 69
sviluppa il concetto che la parresia è parente dell'amicizia, e scrive: "Ma osserva La funzione retorica del participio "reso perfetto", che chiude enfaticamen-
d'altra parte come questo coraggio sia unito alla eulàbeia, poiché chiama Dio col te il v. 28, è messa bene in luce da A. Vanhoye, La 'teleiosis' du Christ, pp. 323s.
70
titolo di Dèspota... E come se dicesse:... Egli mi persuade a non usare della parre- Va colta la differenza temporale fra i due participi: aoristo in 5,9 (TEXEICOGEI?)
sia senza la eulàbeia, né la eulàbeia senza la parresia. Io ho imparato a misurare e perfetto in 7,28 (xeTeXeiwfxévo?). Il primo indica un atto puntuale, collegato con
il mio nulla e ad ammirare le vette sublimi della tua bontà. E quando mi accorgo l'evento unico della morte e come sua precisa conseguenza. Il secondo è invece con-
di essere 'polvere e cenere' [Gn 19,27] o qualcosa di ancor più vile se possibile, al- nesso con l'idea di una condizione stabile che caratterizza Gesù, sia in quanto co-
lora ho il coraggio di incontrarti, diventato piccolo, gettato nella polvere, ridotto stitutivamente "senza peccato", sia soprattutto in quanto ora perennemente vivo
al punto di non avere neanche più l'apparenza di essere" (Rer. div. her. 22-29)! dopo la sua esaltazione. Cf. H.-F. Weiss, p. 427.
71
Vedi anche C. Zesati Estrada, Hebreos 5,7-8, pp. 171-241. Cf. H. Braun, p. 146: "Significa miticamente la sottrazione alla morte e la
66 trasposizione nel mondo celeste inteso in senso dualistico e locale" ( = glorificazio-
L'allitterazione ena0ev-e7ta0ev è frequente nella grecità; vedi per esempio Eschi-
lo, Agam. 177-178: "Le vie della saggezza (Zeus) aprì ai mortali, facendo valere ne nell'immortalità). Ma, a parte la tardività delle fonti, nella celebrazione dei mi-
la legge che sapere è soffrire"; ib. 250 (cf. H. Braun, pp. 144-145: C. Zesati Estra- steri (che stanno a monte dello gnosticismo) si impiega il verbo -ceXetv (non -ceXeioGv)
da, Hebreos 5,7-8, pp. 253-317). e in più si ricorre a un cerimoniale e ad esperienze estatiche, che sono tutti elementi
67 assenti da Eb.
A. Vanhoye, Sacerdoti antichi e nuovo sacerdote, p. 104.
68 72
Vedi l'ottima analisi di C. Zesati Estrada, Hebreos 5,7-8, pp. 241-252 (Har- Le versioni BJ e CEI in nota a 5,9 spiegano: "Consumato il proprio ufficio
nack proponeva gratuitamente di correggere il testo di 5,7 così: "non fu esaudito"). di sacerdote e vittima".
290 LA LETTERA AGLI EBREI FIGLIO (DI DIO) 291

non rende ragione dell'accentuazione data al tema della sofferen- sia attraverso la totale solidarietà con gli uomini (cf. 2,9-18; e 8,1),
za in 2,10 e 5,8, secondo cui il perfezionamento non è posteriore che il rituale del Levitico non conosce nemmeno 76 .
ma conseguente al patire, con il quale dunque è intimamente con-
nesso. (2) Morale: secondo alcuni Gesù maturò una perfezione mo- Questo concetto di solidarietà merita un paio di riflessioni ulteriori.
rale in quanto raggiunse il livello massimo di una perfetta virtù 73 . (1) L'una riguarda il confronto con il sacerdozio giudaico. Mentre l'AT
Effettivamente da alcuni testi sembrerebbe che l'esperienza della sof- insiste sulla separazione-diversità dei Sommi Sacerdoti rispetto al po-
ferenza abbia portato Gesù a un superiore livello morale (cf. 2,10; polo (cf. Es 28-29; Lv 8-10; la lamina d'oro posta sul turbante di Aron-
4,15; 5,9); ma le affermazioni presenti in 4,15 e 7,26 non lasciano ne recava la scritta QodeS FYHWH, "consacrato a YHWH" [Es
28,36]; e secondo la Mishnah il Sommo Sacerdote veniva isolato dalla
dubbi sul fatto che egli era "senza peccato", "separato dai pecca-
famiglia sette giorni prima dello Yòm Kippùr in una stanza annessa al
tori" : non si può quindi pensare che egli fosse prima moralmente im- Tempio [Yom. 1,1]), Eb invece insiste sulla profonda solidarietà di Ge-
perfetto e che solo in un secondo tempo abbia raggiunto la perfezione sù con gli uomini (cf. 2,9-18; 4,14-15; 5,7-8). (2) La seconda osserva-
di una piena santità. (3) Sacerdotale: il perfezionamento di Gesù con- zione riguarda il messianismo. Mentre la cristologia tradizionale insiste
siste semplicemente nell'essere costituito sacerdote74. Ma ciò è com- ancora, nonostante tutto, sulle categorie regali del davidismo, qui inve-
prensibile se teniamo presenti due aspetti diversi e complementari. ce si passa decisamente alla categoria di un messianismo sacerdotale,
In primo luogo, va osservato che all'origine esiste una dimensione ritoccata però nel senso che l'espiazione è operata dal sacerdote non
cultuale-rituale del concetto. Infatti nell'Antico Testamento si de- ritualmente ma (e questo è inaudito) personalmente-esistenzialmente;
scrive la consacrazione sacerdotale con l'espressione letterale "per- così si recuperano tutti gli aspetti di debolezza, umiliazione, sofferen-
fezionare ( = riempire) le mani" (LXX: xeXeiouv xà? x£ipas; TM: mille' za, morte, che erano incompatibili con il messianismo regale. Infatti,
le due menzioni di Davide in Eb 4,7 e 11,32 non hanno nulla di messia-
yad; cf. Es 29,9.29.33.35; inLv4,5 si parla del "sacerdote unto con-
nico, e comunque i citati Salmi 2 e 110 vengono ora riletti secondo ca-
sacrato [cioè: a cui sono state riempite le mani: ó ìepeù? ó XP10™? ó tegorie sacerdotali77.
TexeXeuo[jiévo(; TOC? x^p«d" ecc.) e il sacrificio di investitura è detto let-
teralmente "perfezionamento" (LXX: xeXetcoai.?; TM: millu'im; cf.
3.3.4.2 Perfezionamento e sacerdozio. Se l'offerta di Gesù sulla
Es 29,22.27.31 ecc.)75. In secondo luogo, però, bisogna tener con-
croce lo rende «perfetto», cioè lo costituisce sacerdote, allora si
to che questo concetto rituale è stato completamente rielaborato dal
pone un altro interrogativo: in che rapporto sta l'esercizio del suo
nostro autore in un doppio senso: esistenziale e relazionale. Da una
sacerdozio con il momento del suo "perfezionamento"? L'eserci-
parte, infatti, il "perfezionamento" di Cristo non avviene con la mes-
zio di questo sacerdozio è solo una conseguenza del perfezionamen-
sa in scena di alcuna cerimonia, ma con la dolorosa offerta di se stesso
to oppure ne fa già parte? Si potrebbe infatti pensare che la teléio-
attraverso la sofferenza e la morte (cf. più avanti). D'altra parte, egli
sis avvenuta nella sofferenza sia soltanto una premessa per l'eser-
ha perfezionato anche il proprio rapporto, sia nei confronti di Dio
mediante una estrema docilità nei confronti della sua volontà, tale cizio di un sacerdozio che si svolge tutto e solo in cielo, nel santua-
da fargli accettare una sorte che non meritava affatto (da questo pun- rio celeste (cf. 8,1-2; 9,11-12.24; vedi più sotto) 78 . Ciò significhe-
to di vista è possibile recuperare parte dell'interpretazione morale), 76
Cf. A. Vanhoye, La 'teleiosis' du Christ, pp. 330-337; l'Autore a p. 337 ri-
corda che Aronne era stato costituito sacerdote "per Dio" (Es 28,1.4; 29,1), e che,
se in Eb 5,1 si legge che "ogni sommo sacerdote viene costituito per gli uomini"
73
Cf. O. Cullmann, Christologie, pp. 82-86. (ùrcèp àv9pcÌ7tuv), in realtà questo rapporto non viene mai richiamato nel rituale del
74
Questa è oggi l'interpretazione di gran lunga la più diffusa, sia pur con Levitico e quindi deriva da una sua rilettura fondata già sulla fede cristologica.
77
sfumature diverse; oltre ai Commenti, vedi soprattutto gli studi di D. Peterson Per la discussione su due manoscritti di Qumràn, dove sembrerebbe che in
e A. Vanhoye. uno si parli della morte del Messia (4Q285) e in un altro si accenni a una espiazione
75
L'espressione "riempire la mano" può significare all'origine o prendere le esercitata esistenzialmente da un Sommo Sacerdote escatologico (4Q541), cf. il no-
porzioni della vittima da porre sull'altare per presentarle a Dio (cf. Lv 8,27-28) stro voi. I, rispettivamente p. 156 nota 385 e p. 159 nota 395.
78
o ricevere lo stipendio necessario al sacerdote per il suo ingaggio (cf. Gdc 17,10: Così W.R.G. Loader, Sohn und Hoherpriester, pp. 46 e 121. Questo Auto-
18,4) oppure si allude a una parte delle rendite e delle offerte fatte al santuario re, del resto, tratta prima di Gesù come intercessore celeste ("Jesus der Fùrbitter":
come "diritto del sacerdote" (cf. ISam 2,13). Cf. R. De Vaux, Le istituzioni pp. 142-160) e solo dopo prende in considerazione la sua offerta personale ("Jesu
dell'AT, pp. 343-344. Selbstopfer": pp. 161-202).
292 -LA LETTERA AGLI EBREI (SOMMO) SACERDOTE 293

rebbe in ultima analisi che la morte di Gesù in croce non è stata sacrificio che il sangue di Cristo risulta più eloquente di quello di
un vero atto sacerdotale, ma solo una sua condizione previa. Abele (cf. 12,24), soprattutto di quello di capri e di tori (cf. 9,12-14),
A questo problema, e per attrarre comunque l'offerta in croce e diventa il sangue di una nuova alleanza (cf. 8,1 - 9,28).
nel concetto di sacerdozio, si possono dare due tipi di soluzione. Per la verità, là dove ricorrono gli specifici termini cultuali con-
(1) L'una consiste nel considerare l'effusione del sangue come pu- cernenti il "sacrificio" (Guata: 15 volte) e la sua "offerta" (àva<pépco,
ramente funzionale alla sua successiva offerta dentro il santuario, izpooyipu),rcpoacpopà:rispettivamente 4 volte, 21 volte, 5 volte) si vede
così da concludere che il sacrificio in croce fu intrinsecamente an- che almeno alcune volte essi vengono uniti in moto tale che l'of-
ch'esso «un atto celeste» perché ordinato per natura sua al mini- ferta non è considerata un atto successivo al sacrificio ma coincide
stero sacerdotale esercitato poi all'interno del santuario celeste. Ri- con esso (cf. 5,7: "offrendo preghiere e suppliche con forti grida";
facendosi in questo modo alla successione rituale dello Yòm Kip- 7,27: "questo egli ha fatto una volta per sempre offrendo se stes-
pur, ne risulta che il secondo momento (più importante) risucchia so"; 10,12: "offrendo un solo sacrificio per i peccati") 82 . Anche
in sé anche il primo, sicché tanto la croce quanto l'ingresso nel San- il tema ricorrente dell'è9àroxij si pone sulla doppia linea: se da una
to dei Santi celeste diventano parti della medesima azione sa- parte è vero che esso sembra connesso solo con l'offerta successi-
cerdotale 79 . (2) Un'altra spiegazione, più convincente, si rifa essa va (cf. 9,12), dall'altra però è più frequentemente collegato con il
pure e necessariamente allo schema soggiacente dello Yòm Kippùr, sacrificio (cf. 7,27; 9,26.28; 10,10). Esiste dunque una dialettica
ma da un punto di vista ben diverso. Secondo Eb, infatti, esiste fra i due momenti.
una vistosa differenza tra la festa giudaica e la morte di Gesù. Men- Se poi si aggiunge che tutta la tradizione cristiana primitiva con-
tre là l'immolazione del capro era solo una preparazione all'atto nette i concetti di redenzione-perdono-remissione-riscatto unicamen-
di espiazione vero e proprio, che consisteva nella successiva asper- te con la morte e quindi con l'effusione del sangue di Gesù (cf.
sione del sangue compiuta nel Santo dei Santi, qui invece l'espia- Rm 3,25; ICor 7,23; 15,3; lPt 1,18-19 ecc.), e mai con un suo suc-
zione vera e propria avviene già nell'effusione del sangue di cessivo ministero celeste (che pur esiste ed è importante: cf. Rm
Gesù80. Lo rivela il nesso esplicito fra redenzione e morte in que- 8,34; lGv 2,ls: qui "espiazione"), allora si conferma la conclu-
sti passi: 9,15 ("essendo ormai intervenuta la morte per la reden- sione che il valore redentivo vero e proprio è connesso anche con
zione delle colpe"); 9,26 ("...è apparso per annullare il peccato me- l'effusione del sangue in croce.
diante il sacrificio di se stesso"); e 10,10 ("siamo stati santificati
Secondo Eb, dunque, il perfezionamento di Gesù coinvolge già
per mezzo dell'offerta del corpo di Cristo"). Perciò, riferire l'infi-
la sofferenza della morte nella sua natura sacerdotale.
nito presente tXàaxeaGou in 2,17 solo a una attuale e continua attivi-
tà espiatrice di Gesù sembra improprio 81 . È nell'insieme del suo
4. (Sommo) Sacerdote
79
Così A. Cody, Heavenly Liturgy, pp. 170-172: già l'immolazione è una litur- Il titolo è presente nelle due forme, semplice e composta 83 . La
gia celeste, nel senso che è stata compiuta da un mediatore che è una persona cele-
ste e che è specificata dal suo termine nel santuario celeste. Così anche D. Peter- prima è propria di Sai 110,4 e si trova di fatto solo in quei passi
son, Hebrews andPerfection, pp. 191-195, il quale si appoggia sul fatto che secon- che fanno riferimento al Salmo, ripetendolo; la seconda invece ri-
do Lv 16,15 l'immolazione del capro avveniva fuori (davanti) al Santuario vero e
proprio, ma già con l'intenzione di ministrare poi il sangue all'interno del Santua-
rio stesso.
80
Anche W.R.G. Loader, Sohn und Hoherpriester, pp. 182-192, riconosce que- ge (p. 96 nota 195: l'infinito presente "espiare" ha tanto poco il valore di un'azio-
sta differenza, ma non sembra trarne le dovute conseguenze. ne continua quanto il successivo infinito aoristo (BoT)0f)vai, "venire in aiuto", non
81
Contro A. Vanhoye (Situation, pp. 380-381), E. Gràsser (I, p. 154) e P. El- ha solo valore puntuale per indicare un solo atto di soccorso).
lingworth (p. 188). L'inclusione di un riferimento al sacrificio della croce è soste- 82
Cf. C. Zesati Estrada, Hebreos 5,7-8, pp. 128-141, dove si fa vedere bene che
nuto da H. Braun (p. 70: anche se l'accento cade sulla manipolazione del sangue in 5,7 il contesto sacrificale, l'uso del verborcpocNpépco,e l'idea della preghiera come
nel Santuario, "non ne segue che l'espiazione avvenga soltanto nel cielo e non già sacrificio, inducono a ritenere che il dono di sé nella morte fu già un'oblazione sa-
sulla croce"), W.L. Lane (I, p. 66: "Il concetto implica sacrificio, e in questo con- cerdotale.
testo l'opera del Figlio consistette nel dare la sua vita per gli altri"), e H.W. Attrid- 83
Vedi sopra: nota 19.
294 "LA LETTERA AGLI EBREI (SOMMO) SACERDOTE 295

corre in passi che spiegano il senso del Salmo applicandolo a Ge- esiste tutta una tribù deputata all'esercizio del sacerdozio (Levi)
sù. La differenza fra le due, dunque, a parte la maggiore ampollo- e almeno dall'esilio babilonese in poi si impone una forte istituzio-
sità della seconda, è praticamente nulla84. nalizzazione che distingue chiaramente cariche e ruoli. In partico-
lare, venne istituita la carica di Sommo Sacerdote, che, sia sotto
i Persiani sia sotto i Seleucidi, fungeva da autorità massima della
4.1 Premesse al tema nazione89.

4.1.1 L'ambiente storico-religioso*5. A livello di fenomenolo- Secondo la storiografia impostasi dopo l'esilio babilonese, il Sommo
gia storica comparata, risulta che nelle religioni il sacerdote all'i- Sacerdote apparteneva alla famiglia di Sadoq a partire da Salomone (cf.
nizio è piuttosto l'uomo dell'oracolo86; ma egli diventa poi man IRe 2,27.35; Ez 40,46), e tale fu fino a Onia III, fatto assassinare nel
mano il professionista del sacrificio; in riferimento a questa dop- 175 a.C. a Dafne presso Antiochia di Siria dall'usurpatore Menelao,
un beniaminita, che aveva comprato la carica da Antioco IV Epifane
pia funzione, gli si riconosce anche la funzione di custode delle con denaro (cf. 2Mac 4.23-38)90. A Menelao successe Alcimo, aronita
norme soprattutto rituali87. Ma, mentre la religione greca è stata ma non sadoqita, che morì nel 159 (cf. IMac 9,54-56). Dopo una va-
definita una religione senza sacerdoti, almeno nel senso istituzio- canza di 7 anni (fino al 153 a.C.) e a conclusione dell'epopea maccabai-
nale del termine, in quanto non è previsto un ceto sacerdotale ca, il re Alessandro figlio e successore di Antioco IV, nominò Gionata
con le caratteristiche di un gruppo a sé stante88, in Israele invece Maccabeo (cf. IMac 10,18-21); la sua estraneità alla famiglia di Sadoq
provocò probabilmente la secessione della comunità di Qumràn che si
84
definisce dei "figli di Sadoq" (cf. 1QS 5,2.9; lQSa 1,24; lQpAb 9,9).
Non è il caso quindi di pensare a una duplice fonte dottrinale, come riteneva La carica rimase appannaggio dei sovrani asmonei fino all'avvento di
G. Schille, Erwàgungen zur Hohepriesterlehre des Hebràerbriefes, ZNW 46 (1955) Erode il Grande nel 37 a.C. Da allora fino al 70 d.C. venne conferita
81-109.
85
Cf. G. Schrenk, iepeu<, GLNT1V, 839-845 (Grecità), 845-855 (Israele); àPXie- ad arbitrio prima da Erode e poi dai governatori romani, passando a
peu?, ib. 862-866 (Grecità), 867-883 (Israele); R. De Vaux, Le istituzioni dell'AT, varie famiglie. Tra di esse fu particolarmente importante la famiglia di
pp. 290-441; A. Cody, A History of Old Testament Priesthood, AnB 35, PIB, Ro- Annas: questi fu Sommo Sacerdote dal 6 al 15, e tali furono poi anche
me 1969; L. Sabourin, Priesthood. A Comparative Study, Brill, Leiden 1973, spe- non solo il genero Caifa (anni 18-37), ma anche vari figli: Eleazaro
cie pp. 35-43 (sulla Grecia antica), 98-157 (sull'Israele antico), e 158-177 (sul giu-
daismo al tempo di Gesù). (16-17), Gionata (37), Teofilo (37-41), Mattia (43), Anano (62; respon-
86
Così nella Bibbia (cf. Es 17,9; Dt 33,8-11; Gdc 17,5-6; ISam 14,41) e anche sabile della morte di Giacomo il fratello del Signore)91.
in 87
Omero (cf. //. 1,62).
Così nella Bibbia (cf. Dt 33,11: "Insegneranno le tue tórót a Israele"; Mie
3,11; Ger 18,18) e in Platone {Leg. 800ab: sacerdoti e sacerdotesse sono vofiocpuXa-
xe?, "custodi delle leggi", anche se nel contesto si gioca sul doppio significato di
nomos
88
come "legge" e come "canto").
In Grecia è impossibile individuare un elemento unitario che qualifichi lo sta- tori e i "galli"). Cf. W. Burkert, / Greci, I, "Storia delle religioni" 8/1, Jaca Book,
tuto sacerdotale. In teoria, sacrifica chiunque lo desideri e abbia i mezzi per farlo, Milano 1983 (orig. ted., Stuttgart 1977), pp. 141-147; I. Chirassi Colombo, La reli-
anche casalinghe o schiavi; solo presso i santuari ci sono figure fisse di sacerdoti gione in Grecia, UL 640, Laterza, Roma-Bari 1983, pp. 76-82; J. Scheid, La reli-
(o sacerdotesse), i quali però, ove non appartengano ereditariamente a determinate gione a Roma, UL 620, Laterza, Roma-Bari 1983, pp. 80-91.
89
famiglie (per esempio ad Atene gli Eteobutadi, a Eleusi gli Eumolpidi ecc.), vengo- Nella Bibbia greca il titolo di àpxiepeu; su 46 ricorrenze è presente ben 37 vol-
no eletti in carica perlopiù annualmente (ma a Delfi sono nominati a vita) ed è ri- te in l-4Mac. Più rari sono gli equivalenti "il sacerdote dominante" (ó Upeu? ó àpx<ov:
chiesta loro una purezza rituale (fatta di abluzioni, esenzione da mutilazioni, asten- lCr 27,5), "il primo sacerdote" (Eepeu? ó TtpcÒTo?: 2Re 25,18; 2Cr 26,20) e "il sacer-
sione da cadaveri, da certi cibi ecc.); secondo Platone, Leg. 759d, chi vuole eserci- dote grande" (ó UperS? ó (x£Ta?: Lv 21,10; Nm 35,25.28.32; Gs 20,6; 2Cr 24,11; Ne
tare questo ufficio non deve avere meno di sessant'anni; certo non esisteva un Sommo 3,1.20; 13,28; Gdt 4,6.8.14; 15,8; Ag 1,1.12.14; 2,3.5; Zc 3,1.9; 6,11; IMac 12,20;
Sacerdote unico (un "primo sacerdote" annuale viene ipotizzato da Platone, Leg. 14,20; 15,2). Come si noterà, i testi sono quasi tutti posteriori all'esilio, e quelli
947ab, per il suo stato ideale). Diverso è il caso di Roma, dove un Ponti/ex Maxi- anteriori sono in realtà ritocchi successivi; certo anche prima il clero aveva un ca-
mus presiedeva il collegio dei pontifices (composto dal rex sacrorum, i flamini e po, ma questi era semplicemente designato come "il sacerdote" in quanto parte
le vestali), che controllavano il culto e si pronunciavano su questioni religiose e di della corte del re (cf. IRe 4,2 ecc.); vedi R. De Vaux, p. 371-372.
90
calendario (cf. Tacito, Ann. 3,58,3; 59,1; 71,2-3); dal 12 a.C. la carica passò al- Fu allora che il figlio Onia IV fuggì in Egitto, dove fondò il Tempio scisma-
l'imperatore. Altra è la tipologia nel Medio Oriente, dove abbondano le figure di tico di Leontopoli (nel Delta), che durerà fino al 73 d.C. (cf. FI. Giuseppe, Ant.
sacerdoti in un solo tempio (per esempio, secondo Luciano, De dea syria 42-43, 13,62-73.285).
nel santuario di Gerapoli in Siria ve ne erano almeno trecento, senza contare i can- 91
Cf. R. Penna, L'ambiente storico-culturale delle origini cristiane, pp. 306-307.
296 t A LETTERA AGLI EBREI
(SOMMO) SACERDOTE 297
Quando Eb viene scritta, prima o dopo l'anno 70, la carica di perché siano anch'essi santificati Tj-ftaoiiivoi nella verità") è presente un
Sommo Sacerdote godeva comunque di un prestigio enorme, non verbo che viene impiegato nei LXX per la consacrazione di sacerdoti in
solo per la sua forza rappresentativa della nazione giudaica92, ma vista del loro servizio (cf. Es 28,41; 40,13; Lv 8,30; 2Cr 5,11). Analogamente
anche perché solo a lui era riservato di penetrare una sola volta vedi lGv 2,2 ("egli è vittima di espiazione iXaa[xó<; per i nostri peccati")97.
l'anno nel Santo dei Santi per celebrare il Kippùr (vedi sotto) 93 . - Apocalisse: in 5,9 ("...poiché sei stato immolato èa<p<rpr]<; e hai com-
4.1.2 Portata tradizionale del tema. All'interno del NT il titolo prato per Dio nel tuo sangue uomini di ogni tribù") è presente un ver-
cristologico è esclusivo di Eb. Nei Sinottici, in Gv e in At, è impie- bo (cf. anche 5,6), che è ampiamente usato da Lv (36 volte) per descri-
gato solo in riferimento ai sacerdoti giudaici (cf. Me 15,3//; Gv vere l'immolazione degli animali sacrificali.
7,32; At 4,6). Nelle lettere paoline addirittura non s'incontra mai,
né in un senso né nell'altro. In Ap è presente solo il plurale, ma In conclusione, la cristologia sacerdotale di Eb può ben avere de-
come designazione di tutti i cristiani (cf. 1,6; 5,10; 20,6)94. gli antecedenti non solo nel giudaismo, ma anche nella tradizione cri-
Tuttavia, elementi cristologici di risonanza sacerdotale si trova- stiana. Tuttavia, è ben chiaro che essa non è stata sviluppata altrove
no nel NT anche fuori e prima di Eb. La situazione è la seguente: come invece ha fatto il nostro autore, sia in estensione sia in profon-
dità. La nostra esposizione segue di fatto la struttura della lettera98.
- Lettere paoline: Rm 3,25 ("strumento di espiazione", ìXaaxTjpiov: Poiché abbiamo già analizzato la prima parte, che confrontava Ge-
cf. Lv 16)95; Ef 5,2 ("offerta e sacrificio",rcpoacpopàvxaì Guaiocv: cf. sù con gli angeli (1,5 - 2,18), unendo insieme le qualifiche di Figlio
Es 29,18). e di Sacerdote (cf. sopra: 2.1.3; 2.2), esaminiamo ora la terza e poi
- Sinottici: Mt 26,28 ("questo è il sangue della nuova alleanza ...ver- soprattutto la quarta, che sono decisive per il nostro argomento 99 .
sato per la remissione dei peccati", di; à^saiv àfxapxtwv: cf. Es 24,8 + Is
53,12)96.
- Atti degli Apostoli: nulla (il testo di 20,28 ["... la chiesa, che egli 4.2 Gesù, sommo sacerdote degno di fede e misericordioso
si è acquistata, 7i£pie7totricjocTO, con il proprio sangue"] non impiega un (3,1 - 5,10)
verbo cultuale).
- Quarto Vangelo: in 17,19 ("per essi io santifico àyiàCw me stesso,
Come abbiamo già detto sopra, nella conclusione della prima parte
della lettera in 2,17-18 si annuncia il tema della seconda: Gesù è un
92
Cf. la lettera del re Agrippa II, nipote di Erode il Grande all'imperatore Caio sommo sacerdote "misericordioso e degno di fede" (eXerpcov xaì
Caligola (in occasione del progetto di quest'ultimo di erigere una propria statua 7uaró<;). La nuova sezione 3,1-5,10 sviluppa il tema invertendo le due
nel Tempio di Gerusalemme), riportata da Filone Al.: "Io sono nato giudeo, come
sai; ho come patria Gerusalemme, dove si trova il tempio santo del Dio Altissimo. qualifiche: "degno di fede" (3,1-6), "misericordioso" (4,15 - 5,10),
Ho l'onore di aver avuto come avi e antenati dei re, che venivano più spesso desi- e inserendovi una lunga esortazione parenetica (cf. 3,7-4,14).
gnati come Sommi Sacerdoti, poiché si poneva la regalità al secondo posto dopo Noi abbiamo già in parte affrontato la prima definizione a pro-
il sacerdozio, stimando che il Sommo Pontificato superasse la regalità di quanto
Dio supera in eccellenza gli uomini" (Legatio ad Caium 278).
93
Lo stesso Filone Al. fa del Sommo Sacerdote addirittura un simbolo del Lo-
gos divino (cf. Fug. 109.117s). Cf. H.W. Attridge, Hebrews, pp. 97-103 ("Excur-
sus: The Antecedents and Development of the High-Priestly Christology"). 97
94 Forse non si possono vedere risonanze sacerdotali in Gv 1,29 ("...che toglie
II titolo cristologico si ritrova poi in lClem 36,1 ("La via nella quale noi tro-
il peccato ó atpcov TT)V àjxapxtav del mondo"; cf. lGv 3,5), poiché l'espressione ri-
viamo la nostra salvezza, o carissimi, è Gesù Cristo, il sommo sacerdote delle no-
chiama piuttosto Is 53,4 (anche se là c'è il verbo tpépeiv).
stre offerte, il patrono e aiuto della nostra debolezza"; segue poco dopo il richia- 98
Cf. sopra: nota 8.
mo di Eb 1,3-4) e 61,3 ("Noi ti ringraziamo per mezzo del sommo sacerdote e pa- 99
Vedi anche la proposta di struttura avanzata da G.H. Guthrie, The Structure
trono delle nostre anime, Gesù Cristo"). Altrove nel NT ricorre solo il sostantivo
of the Book of Hebrews. A Text-Linguistic Analysis, NT Suppl. 73, Brill, Leiden-
astratto "sacerdozio", ìepà-ceufia (lPt 2,5.9), detto di tutta la comunità cristiana
New York 1994: mettendo a parte le sezioni parenetiche (2,1-4; 3,1 - 4,13; 5,11 -
sulla falsariga di Es 19,6.
95 6,12; 10,26 - 13,19), l'Autore divide l'intero scritto in due blocchi, così da mettere
Vedi sopra: cap. II, 4.2.1 (3). Più discusso è il testo di 2Cor 5,21 (cf. i
bene in risalto una prima parte (1,5 - 2,18: la posizione del Figlio in rapporto agli
Commenti).
96 angeli) rispetto alla seconda (4,14 - 10,25: la posizione del Figlio, nostro Sommo
Ricordiamo che il loghion di Me 10,45 ("in riscatto per molti") impiega un Sacerdote, in rapporto al sistema sacrificale terrestre), che comunque acquista un'am-
linguaggio, che appartiene non alla sfera cultuale ma a quella del diritto commerciale. piezza sproporzionata.
298 LA LETTERA AGLI EBREI (SOMMO) SACERDOTE 299

posito del titolo di Figlio, da cui appare la superiorità di Gesù nei con- dei Santi, dove egli "entrò per noi come precursore, divenuto Som-
fronti di Mosè (cf. sopra: 3.2.2). Nella sezione parenetica, l'autore mo Sacerdote per sempre alla maniera di Melchisedeq" (6,20).
paragona la situazione dei suoi destinatari a quella degli antichi ebrei Questo riferimento a Melchisedeq (che fa inclusione con la fine
in cammino verso la terra promessa: anche per i cristiani c'è sempre della sezione precedente: cf. 5,10.6), viene sviluppato in tutto il cap.
un "oggi" (cf. 3,7.13.15; 4,7: ripreso da Sai 95,7) in cui decidersi fra 7 e costituisce uno degli elementi più originali dell'intera lettera104.
ribellione e adesione al Signore, prima di entrare nel riposo dell'ulti- Cominciamo col notare che attribuire a Melchisedeq un ingresso
mo sabato. In questo cammino Gesù vale come guida sicura100. nel Santo dei Santi, dal punto di vista storico, è totalmente impro-
Anche della seconda qualifica (sviluppata in 4,15 - 5,10) abbiamo prio: sia perché quando visse Melchisedeq il Tempio non esisteva
già visto l'importanza in rapporto all'idea di perfezionamento (cf. ancora (anzi, Gerusalemme non era ancora una città giudaica), sia
sopra: 3.3.2). Qui va soprattutto notato il passo di 4,15-16: mentre perché egli non era né ebreo né tantomeno apparteneva alla classe
il primo v. ripropone la figura di Gesù come un sacerdote che ha con- sacerdotale levitica. Ma proprio in questo paradosso si accenna già
diviso in tutto l'umana debolezza e quindi sa comprendere ogni una delle tesi più originali della lettera.
necessità101, il secondo v. di conseguenza invita ad accostarsi fidu- Infatti, la tipologia di Melchisedeq è costruita sulla opposizione
ciosamente al "trono della grazia". Se in parte la terminologia im- con Aronne come esplicitamente si dichiara in 7,11: "Se la perfe-
piegata è di derivazione cultuale102, essa viene però applicata alla vi- zione fosse stata possibile per mezzo del sacerdozio levitico,... che
ta quotidiana dei cristiani, che è vista così come una liturgia gioiosa. bisogno c'era che sorgesse un altro sacerdote 'alla maniera di Mel-
L'intera sezione 3,1-5,10 vale comunque come preparazione ge- chisedeq' e che (quindi) non venisse detto 'alla maniera di Aron-
nerale a ciò che di più specifico si dirà in seguito sul sacerdozio ne'?" 105 . Il confronto fra i due comporta, anche al semplice livel-
di Cristo. lo della frequenza dei nomi, una insistenza molto maggiore su
Melchisedeq106. Da questa constatazione deduciamo tre osserva-
zioni. (1) Il confronto con Melchisedeq è sempre positivo, mentre
4.3 Confronto tipologico con Melchisedeq (cap. 7) quello con Aronne è sempre negativo; un'apparente eccezione sem-
bra essere 5,4 concernente la chiamata di Aronne, ma, come ab-
Una nuova, lunga sezione parenetica (cf. 5,11- 6,20) termina sulla biamo visto sopra, il confronto positivo con Gesù si ferma lì, poi-
curiosa combinazione della doppia immagine (nautica e cultuale) ché l'esercizio del sacerdozio è totalmente diverso. (2) Entrambi
di Gesù come ancora sicura e salda103, gettata fin dentro il Santo i personaggi praticamente scompaiono dopo 7,17 (infatti in 7,21
Melchisedeq non è più menzionato nella citazione di Sai 110,4; e
Aronne in 9,4 non è più termine di confronto), perché ormai il di-
100
Secondo A. Vanhoye, Structure, p. 87, il titolo di àTtóaroXo? dato a Gesù in scorso si concentra esclusivamente sulla figura e sull'azione di
3,1 equivale a quello di àpxTjyó? datogli in 2,10.
101
II concetto del Messia esente dal peccato è presente in Salmi di Salom. 17,36
Gesù107. (3) Anche se Eb ricama su questi personaggi dell'AT e so-
("E lui stesso è puro dal peccato così da poter governare un grande popolo e poter prattutto su Melchisedeq e sui due testi che lo riguardano (cioè Sai
confondere i potenti e cancellare i peccatori con la forza della parola"), ma qui non
c'è alcuna misericordia.
102
Ciò vale soprattutto per il verbo 7tpoaépxta6<xi, "accostarsi, presentarsi", che
104
nei LXX è ampiamente usato in ambito cultuale per designare l'atto di chi (non solo Cf. N. Casalini, Eb 7,1-10: Melchisedek prototipo di Cristo, Liber Annuus
dei sacerdoti) si pone alla presenza del Signore (cf. Es 16,9; Lv 9,5.7.8 ecc.) e che 34 (1984) 149-190.
105
anche in Eb mantiene questo significato, con riferimento sia all'AT (cf. 10,1; 12,18) Notiamo che nel complemento modale xaxà xr\\> xàiltv (Vg: secundum ordi-
sia a Cristo (cf. 7,25; 10,22; e anche 12,22). Quanto invece all'espressione Opóvo? vf\c, nerri) il sostantivo non significa "ordine (gerarchico o di successione)", né tanto-
xàpitoi;, sembra improbabile qui un'allusione diretta all'Espiatorio dello Yòm Kip- meno l'ordine sacramentale, ma semplicemente "qualità, natura, condizione, ma-
pùr e più verosimile un riferimento alla sede gloriosa di Dio (cf. Sai 10,5; Ez 1,26; niera" (cf. 7,15: " a somiglianza xocxà rr\\> ò\ioióxr\-za. di Melchisedeq"), specificato
Dn 7,9), alla cui destra ora è seduto il Cristo (cf. 8,1), tutt'al più con un'allusione però in senso sacerdotale e quindi: "ordinamento, tipo, classificazione".
106
al trono del giudizio (cf. Sai 9,8-9) dal quale però per intercessione di Cristo (cf. La situazione in tutta la lettera è la seguente: Aronne in 5,4; 7,5.9.11; 9,4;
Eb 7,25) ci si può aspettare solo un esercizio di misericordia. Melchisedeq in 5,6.10; 6,20; 7,1.11.15.17.21.
103 107
L'immagine non è biblica ma ben presente nella letteratura antica; cf. T. da Cf. H. Braun: "L'antitipo non può diventare troppo grande accanto al tipo
Castel S. Pietro, Metafore nautiche in Ebrei 2,1-3; 6,19, RivBibl 6 (1959) 33-49. Gesù" (p. 137).
300 LA LETTERA AGLI EBREI (SOMMO) SACERDOTE 301

110,4; Gn 14,17-20), tuttavia è chiaro che il suo p u n t o di partenza Anche nel successivo ambiente cristiano, tra il 200 e il sec. VI, sono do-
non è la riflessione sui personaggi o sui testi biblici che parlano cumentati molti gruppi che veneravano in Melchisedeq una dynamis ce-
di loro; il nostro autore infatti parte già da Gesù e dalla meditazio- leste, angelica, a volte addirittura superiore a Cristo o identificata con
ne sulla sua figura e sulla sua funzione, tanto che i passi (positivi) lo Spirito Santo e con lo stesso Figlio di Dio; ma è assente una funzione
escatologica 111 .
su Melchisedeq appaiono solo al cap. 5 della lettera 1 0 8 . È quindi
(2) Melchisedeq e il sacerdozio terreno. Il giudaismo attesta quattro
del tutto evidente che il ricorso all'AT, benché a b b o n d a n t e , è però
posizioni diverse in materia. Filone Alessandrino riconosce a Melchise-
secondario in q u a n t o interamente posto al servizio di una fede cri- deq un sacerdozio "imparato e insegnato da solo" (Congr. 99: (xùxo\i(xBr\<;
stologica già formatasi a u t o n o m a m e n t e . xoù ocikoSiBocx-roi;) in quanto non gli fu trasmesso da nessun altro ma
4.3.1 La figura di Melchisedeq come base dell'argomentazione. direttamente da Dio (poiché è il primo nella Bibbia a ricevere il titolo
Data l'importanza di questo personaggio per la cristologia di E b , di koheri); egli perciò è figura del Logos-sacerdote e fa bere vino alle
in quanto è assunto come referente principale del pensiero dell'au- anime perché siano misticamente possedute da un'ebbrezza divina (cf.
tore, occorre esaminare più da vicino le sue caratteristiche proprie. Leg. alleg. 3,79-82). Giuseppe Flavio invece ne parla a proposito della
polemica insorta nel sec. II a.C. tra il Tempio samaritano del monte
Excursus sulla figura di Melchisedeq109. Nell'antichità extrabiblica Garizim e il Tempio giudaico di Gerusalemme, che leggevano l'episo-
Melchisedeq ebbe una fortuna notevole, in alcuni casi persino sorpren- dio genesiaco come rispettiva leggenda di fondazione e legittimazione
dente. Di lui, attorno agli inizi dell'era cristiana, sono documentabili (cf. Bell. 6,438-439; così anche Ps.-Eupolemo in Eusebio, H.E. 9,17,4-5;
tre tipi d'interpretazioni. 9,18,2)112. L'apocrifo 2Enoch 71-72 è su di una posizione del tutto ori-
(1) Melchisedeq come figura celeste. A Qumràn almeno due mano- ginale. Qui si narra di una certa Sofonim, moglie del sacerdote Nir (fra-
scritti gli riconoscono questa dimensione: 4QAmram b 3,2-3 ("Io ho tre tello di Noè), la quale nella vecchiaia concepì senza il concorso del ma-
nomi: Michele e principe della luce e Melkisedeq"; cf. 4QM 17,6-9) e rito e per i rimproveri di lui morì; dal suo cadavere uscì un fanciullo,
4QShirShab b 11,3 (unico angelo menzionato per nome come sacerdote che recava sul petto il sigillo del sacerdozio, e lo chiamarono Melchise-
nell'assemblea celeste). In 1 lQMelch al suo nome è connesso un decisi- deq; a Nir che interroga il Signore sul destino del fanciullo, gli viene
vo intervento salvifico nella grande battaglia escatologica per sconfig- risposto: "Sarà il mio sacerdote dei sacerdoti nei secoli... Melchisedeq
gere Belial e i suoi accoliti. Il nome però, riferito comunemente al per- sarà il capo dei sacerdoti in un'altra stirpe" 113 ; poi Michele viene man-
sonaggio biblico in una sua straordinaria funzione, potrebbe essere in- dato a prelevare il fanciullo per deporlo nell'Eden e preservarlo per il
teso in senso etimologico come un semplice epiteto divino, in quanto futuro. Nel rabbinismo, al contrario, si percepisce la potenziale perico-
Dio stesso come "re di giustizia" (2,25) opererà il giudizio finale 110 . losità di Melchisedeq, un cananeo a cui Abramo rende omaggio pagan-
do le decime e ottenendone la benedizione: quindi, anche in funzione
anti-cristiana, il Targum o lo identifica com Sem (cf. Tg Ps.-Jon, Tg
108
È vero che Sai 110 nel suo v. 1 è già utilizzato in Eb l,3d e lo sarà ancora N) o lo priva del sacerdozio attribuendolo ad Abramo (cf. Tg O) o eli-
in 12,2 (passando per 1,13; 8,1; 10,12); ma là si tratta della figliazione divina e del- mina addirittura il suo nome da Sai 110,4 (cf. Tg Ps) 114 .
la sessione alla destra di Dio. Ciò che abbiamo già rilevato circa il discorso su Gesù-
Figlio che precede quello su Gesù-Sacerdote si riflette già in qualche maniera nella (3) Melchisedeq come «tipo». In Eb Melchisedeq diventa il tipo di
successione stessa dei versetti del Salmo 110, dove l'affermazione circa il sacerdo- Cristo a motivo del suo sacerdozio non appartenente a quello levitico
zio nel v. 4 si fonda su quella precedente circa la sessione alla destra di Dio nel v. 1. (cf. sotto). E nella tradizione cristiana posteriore egli verrà poi inteso
109
Cf. C. Gianotto, Melchisedek e la sua tipologia. Tradizioni giudaiche, cri-
stiane e gnostiche (sec. Ila.C.-sec. IlId.C), RivBibl Suppl 12, Paideia, Brescia 1984.
110
Questa è la inedita presa di posizione propria di F. Manzi, Melchisedek e l'an- 111
gelologia nell'epistola agli Ebrei e a Qumran, che si oppone a tutti coloro (compre- Cf. C. Gianotto, Melchisedek e la sua tipologia, pp. 238-251; F. Manzi, Mel-
so C. Gianotto) che invece qui ritengono l'ebraico malkisedeq come nome proprio chisedek e l'angelologia, pp. 83-86.
1,2
del personaggio biblico (cf. pp. 64-94); la sua argomentazione è fondata, sia sul- Esisteva evidentemente una discussione sul nome Salem, che ancora S. Ge-
l'accertamento di un impiego dell'onomastica ebraica per designare Dio stesso, sia rolamo identificava con "Salim" vicino a Scitopoli-Beth Shean, quindi molto più
sul fatto che all'interno del manoscritto il soggetto dell'intervento escatologico non a nord di Gerusalemme (cf. Ep. 73).
113
si colloca mai tra Dio e gli uomini ma si identifica con Dio stesso ("messaggero" II riferimento è certamente alla futura generazione successiva al diluvio e forse
è sempre un altro: 2,18-19), sia sul fatto che le funzioni giudiziarie e militari del anche a "una qualche setta di tipo sadocita e in definitiva essenica" (P. Sacchi,
protagonista sono proprie di Dio in quanto il suo dominio riguarda la totalità degli Apocrifi
114
dell'Antico Testamento, II, UTET, Torino 1989, p. 591).
uomini e degli angeli. Tuttavia in 2,13 sembrerebbe imporsi una distinzione: "Ma Però anche in lQapGen 22,17 colui che dà la decima non è Melchisedeq ma
// re di giustizia farà vendetta con i giudizi di Dio" (cf. 2,23). Abramo!
302 LA LETTERA AGLI EBREI (SOMMO) SACERDOTE 303

come prefigurazione del sacerdote cristiano, in particolare nella cele- gebusee"117. Così per esempio già il Tempio di Salomone è strutturato
brazione dell'eucaristia a motivo della sua offerta di pane e di vino (co- alla maniera dei templi cananei, come risulta dalle rovine di quello di Ha-
sì a partire da Clemente AL, Strom. 4,161,3). zor. Del resto, non per nulla Melchisedeq è un nome cananeo118 e nel rac-
conto di Gn 14,18-20 è detto "re di Salem" (che in Sai 76,3 sta per "Ge-
Tornando a Eb, possiamo ora constatare che la sua utilizzazio- rusalemme") e in più "sacerdote di 'ErElyón" cioè "di El come dio su-
ne della figura di Melchisedeq rappresenta solo uno dei molti mo- premo" del pantheon fenicio (attestato a Ugarit).
di con cui nel secolo I ci si rifaceva al misterioso personaggio bibli- 4.3.2 L'attribuzione a Gesù della qualifica sacerdotale di Mel-
co. Ma è importante osservare che mai altrove viene fatto ricorso chisedeq. Dopo aver detto già in 5,6.10 e 6,20 che egli è diventato
al testo di Sai 110,4, come invece viene fatto qui. È necessario quindi "Sommo Sacerdote alla maniera di Melchisedeq" (non certo nel
chiedersi: che cosa significa la frase "Tu sei sacerdote per sempre senso letterale del Salmo), finalmente nel cap. 7 l'autore spiega di
alla maniera di Melchisedeq"? Prima di renderci conto della por- che cosa si tratta. La sua argomentazione vuole dimostrare la di-
tata della dichiarazione all'interno della nostra lettera, bisogna sta- versità e la superiorità del sacerdozio di Gesù rispetto a quello le-
bilire quale fosse il suo significato originario nel Salmo citato. vitico, che egli non ha condiviso. Il senso del discorso, come ab-
A questo proposito, va osservato che, appartenendo il Salmo al biamo già accennato sopra, sta tutto in questa contrapposizione.
genere dell'intronizzazione regale, il testo riconosce al re una qua- La figura di Melchisedeq serviva ottimamente per esprimerla, ed
lifica sacerdotale115. Eb 7 ne trae tutte le conseguenze possibili rifacendosi sia a Gn
14,18-20 sia a Sai 110.
L'associazione regalità-sacerdozio è attestata fin dall'antichità extra- Gli elementi di superiorità, sui quali si gioca, sono ben cinque.
biblica, prima in ambiente mesopotamico e poi ellenistico-romano (dai Due di essi (cf. Eb 7,4-10) hanno una mera valenza storico-narrativa
Sumeri fino agli imperatori romani). In Israele a volte qualche re è det- e sono perciò privi di riferimento tipologico: (1) Melchisedeq ha
to aver compiuto atti sacerdotali (cf. Salomone a Gabaon e poi nel Tem- dato la benedizione ad Abramo, e chi benedice è superiore a chi
pio: IRe 3,4-15; 8,5.62-64); ma dopo l'esilio questa funzione è riserva- è benedetto; (2) Abramo ha omaggiato Melchisedeq offrendogli la
ta in esclusiva ai sacerdoti (cf. 2Cr 26,18)116. Anche per questo l'ipote- decima di quanto aveva, e chi offre la decima è inferiore a colui
si di datazione del Salmo al secolo II a.C. (con cui si sarebbe voluto al quale essa viene offerta.
legittimare il sacerdozio e la regalità dei discendenti dei Maccabei) è per- Altri tre elementi hanno invece una valenza tipologica (di essi
lopiù abbandonata, sia perché il linguaggio riporta a età più remote, il primo è derivato sia da Gn 14,18-20 sia da Sai 110,4, mentre il
sia perché l'assunzione delle due dignità avvenne in tempi diversi (il ti-
tolo di Sommo Sacerdote fu concesso a Gionata nel 152 a.C, mentre secondo e il terzo provengono solo da Sai 110,4).
il titolo di re fu assunto poi da Aristobulo nel 104 a.C; solo di Simone (1) Il sacerdozio di Gesù è eterno. Il punto di partenza è Melchi-
Maccabeo si legge in IMac 13,42 che divenne "sommo sacerdote, stra- sedeq in quanto "senza principio né fine" (Eb 7,3 = Gn 14,18-20)
tega e capo dei Giudei" nel 142 a.C). e in quanto sacerdote "per sempre" (Eb 7,21 = Sai 110,4). Il te-
Ciò su cui occorre puntare è la presenza del nome di Melchisedeq: che ma percorre un po' tutta la pagina: 7,1-3 ("per sempre", cioè per
ci sta a fare un re cananeo in un oracolo d'investitura regale rivolto al re
di Gerusalemme? La risposta più ovvia è che con la sua intronizzazione
117
il re ebreo riceveva in eredità e garantiva la prosecuzione delle antiche tra- H.-J. Kraus, Psalmen, II, p. 761. La verosimiglianza di queste assunzioni
dizioni gebusee-cananee proprie della città-stato di Gerusalemme: "Questa diventa ancor più forte in base al recente studio di R. Gelio, L'ingresso di Davide
a Gerusalemme, San Paolo, Cinisello Balsamo 1997, secondo cui la conquista di
trasposizione di antichissime tradizioni a Davide e alla sua dinastia av- Gerusalemme da parte di Davide avvenne mediante l'alleanza di ebrei e gebusei contro
viene mediante l'assunzione degli ordinamenti e delle convenzioni cultuali gli occupanti filistei: l'alleanza dei primi due gruppi etnici non poteva non conflui-
re nell'accettazione da parte ebraica di vari elementi della cultura e della religione
cananea, che erano molto superiori a quelle dei nuovi padroni della città.
118
Infatti è paragonabile con "Adonisedeq re di Gerusalemme" (Gs 10,1). Eti-
115
Cf. H.-J. Kraus, Psalmen, II, Neukirchen-Vluyn 2 1961, pp. 752-764; G. Ra- mologicamente, essendo la /soltanto paragogica, significa "re di giustizia"; ma
vasi, // libro dei Salmi, III, Dehoniane, Bologna 1985, 6 1993, pp. 284-291; M.C. Eb 7,2, oltre a tradurre esattamente in questo modo, suppone anche un salòm in-
Astour, Melchizedek, in ABD 4, pp. 684-686. vece di salem e lo intende anche come "re di pace" (così pure Filone Al., Leg. al-
116
Cf. R. De Vaux, Le istituzioni, pp. 120-121. leg. 3,79).
304 "LA LETTERA AGLI EBREI (SOMMO) SACERDOTE 305

il continuo, ininterrottamente, in perpetuo); 7,8 (i sacerdoti levitici che 4.4 Esercizio atipico del sacerdozio di Cristo confrontato con quello
prendono la decima muoiono, ma di Melchisedeq si dice che vive); levitico (capp. 8-9)
7,16 (Melchisedeq è diventato sacerdote non per una norma caduca,
ma per la potenza di una vita indefettibile [àxocxàXuxos, ' 'non sciolta, Dopo il confronto con Melchisedeq, dove atipico risultava sem-
intatta, permanente"]); 7,23-25 (gli altri sacerdoti muoiono anche in mai il sacerdozio dello stesso antico re di Gerusalemme, segue ora
quanto tali, mentre di lui si dice che ha un sacerdozio àrcxpàPaxov, "in- un confronto con il sacerdozio levitico, dove atipico risulta invece
violabile, immutabile, che non cade", poiché egli vive per sempre). il sacerdozio di Gesù. Ciò significa che il nostro autore pensa al-
(2) Il sacerdozio di Gesù comporta una trasposizione 'istituzio- l'ordinamento levitico come al più caratteristico per la religione d'I-
nale'. Il tema è trattato in 7,11-19 e ha come punto di partenza sraele, anche se ne prende le distanze. Il confronto in effetti è di
l'espressione xocxà XT]V xà£iv derivata da Sai 110,4b. Il sacerdozio di tipo dialettico: ci sono degli elementi di somiglianza e altri, preva-
Gesù appartiene all'"ordinamento" di Melchisedeq, perché non è lenti, di dissomiglianza.
basato sulla discendenza levitica (cf. 7,13-14; cf. 8,4: "Se Gesù fosse 4.4.1 La somiglianza. Anzitutto occorre stabilire il fattore di so-
sulla terra, egli non sarebbe neppure sacerdote"): sociologicamen- miglianza, che in qualche modo accomuna il sacrificio di Cristo con
te parlando, all'interno di Israele Gesù era un laico! L'attribuzio- i sacrifici levitici e stabilisce nonostante tutto una continuità con
ne della dimensione sacerdotale a un laico non può non comporta- l'AT 121 . Esso è dato dall'effusione del sangue della vittima sacrifi-
re una "abrogazione" (7,18: à9r|xeai$, lett. "deposizione, abolizio- cale (anche se va subito precisato che l'accostamento è prevalente-
ne") dell'ordinamento precedente, con allusione a tutte le prescri- mente formale)122. In 9,22 infatti è detto a chiare lettere: "Secon-
zioni levitiche (specie Dt 33,8-11). Quella xàfo è ormai considerata do la legge quasi tutto viene purificato nel sangue, e senza spargi-
superata, "inutile" (àva^eXrjc)119. Se poi si aggiunge che Melchi- mento di sangue (oujjiaxexxucna: hi) non esiste perdono" (cioè, dei pec-
sedeq non apparteneva neanche al popolo d'Israele, ma era un pa- cati; cf. 9,26; 10,4.11.18). A monte di questo principio si intravede
gano, la divaricazione con il sacerdozio levitico diventa davvero nettamente l'assioma di Lv 17,11: "Poiché la vita della carne è nel
incolmabile; ma bisogna riconoscere che Eb non batte questa pista sangue,... il sangue espia in quanto è la vita" 123 . Pur sapendo però
(forse perché troppo shoccante?). che nel rituale giudaico il sangue non è l'unico elemento purificato-
(3) Il sacerdozio di Gesù ha dalla sua il giuramento di Dio 120 . re (cf. il "quasi tutto") 124 , il nostro autore sottolinea comunque la
Il tema è trattato in 7,20-28 e ha come punto di partenza Sai 110,4a. necessità del versamento del sangue per la remissione dei peccati. La
La premessa sottintesa è che la Scrittura non dice nulla del genere formulazione di questo principio trova dei paralleli solo tardivi nel
a proposito del sacerdozio levitico. Il nostro autore fa tre afferma-
zioni su Gesù in antitesi con i sacerdoti levitici: mentre questi era-
no molti (cf. 7,23), Gesù è uno solo ("7w sei sacerdote..."); men- 121
Sulla prassi dei sacrifici israelitici, cf. R. De Vaux, Le istituzioni, pp.
tre quelli erano deboli e peccatori, Gesù è santo, esente da debo- 404ss e G.A. Anderson, Sacrifice and sacrificial offerings (OT), in ABD 5, pp.
lezza (7,26.28); mentre le offerte di quelli dovevano ripetersi quo- 870-886. Per una discussione sulla linea dell'antropologia culturale, cf. J. Dun-
nill, Covenant and sacrifice in the Letter to the Hebrews, SNTS MS 75, Universi-
tidianamente, quella di Gesù è avvenuta "una volta sola" (7,27). ty Press, Cambridge 1992.
122
Cf. A. Vanhoye, // sangue di Cristo nell'epistola agli Ebrei, in F. Vattioni,
a cura, Sangue e antropologia biblica, II, Pia Unione Preziosissimo Sangue, Roma
119
Su questa linea si può leggere quanto scriverà Ignazio, ad Magn. 8,1: "Non 1981, pp. 819-829.
123
ingannatevi con opinioni estranee né con vecchi mitemi, che sono inutili; se infatti Filone Al., Spec. leg. 1,205, commenta ottimamente dicendo che "propria-
continuiamo a vivere secondo la legge del giudaismo, confessiamo di non aver at- mente parlando, il sangue (effuso) è una libagione della vita". Per le analogie con
tinto la grazia". l'Antico Vicino Oriente, cf. R. Gelio, Il sangue nei rituali. Analogie e individualità
120
Filone Alessandrino critica l'attribuzione del giuramento a Dio come antro- tra mondo biblico e anatolico-mesopotamico, in F. Vattioni, a cura, Sangue e an-
pomorfismo indegno di lui, poiché "Dio è degno di fede quando non fa altro che tropologia biblica, II, Pia Unione Preziosissimo Sangue, Roma 1981, pp. 425-451.
124
parlare, cosicché le semplici sue parole, a motivo della loro sicurezza, non differi- Infatti in Lv 5,11-13 è prevista per il povero l'offerta di una quantità di fari-
scono in nulla dai giuramenti" (Sacr. 93; cf. 91-96); altrove però egli accetta che na, che il sacerdote brucerà come rito espiatorio. Altre volte si richiede una lustra-
Dio giuri per se stesso adducendo se medesimo come garante e testimone di ciò che zione d'acqua, ma solo per le impurità rituali, non per il peccato (cf. Lv 15,10.13;
promette (cf. Leg. alleg. 3,203-207). 16,26.28; ecc.).
306 - L A LETTERA AGLI EBREI (SOMMO) SACERDOTE 307

giudaismo 125 . Quindi essa, nella sua assolutezza, in Eb si spiega no, che pur era non solo essenziale alla festa ma forse anche il suo
solo sulla base dell'avvenuto sacrificio cruento di Cristo 126 . elemento più originario 129 , dice che il punto di partenza della ri-
Il modello del rito del sangue, a cui Eb concretamente si riferi- flessione dell'autore è solo l'evento-Cristo 130 .
sce, è duplice. (1) L'uno è la stipulazione dell'alleanza al Sinai, dove 4.4.2 Le dissomiglianze. C'è però una serie di dissomiglianze,
vennero immolati alcuni giovenchi: qui però il sangue era solo parte che distanziano irrimediabilmente il sacrificio di Cristo da quelli
di un "sacrificio di comunione" (ebr. sflamini), che comportava dell'antica economia salvifica.
cioè anche un pasto alla presenza del Signore (cf. Es 24,1-8 in Eb 4.4.2.1 Sul piano sociologico Gesù non apparteneva al sacerdo-
9,18-20, dove però l'elemento-pasto è assente); esso in Eb è il me- zio levitico (cf. 7,13s; 8,4). Pertanto egli non sarebbe stato abilita-
no sviluppato127. (2) Soprattutto però viene fatto riferimento al ri- to a compiere alcun atto sacrificale previsto dalla Torah. I temi
to annuale dello Yòm Kippur, dove è centrale l'immolazione del già esaminati della solidarietà con tutti gli uomini (cf. 2,10-18; 4,15)
capro espiatorio: esso è essenzialmente un "sacrificio per il pecca- e dell'appartenenza all'ordinamento di Melchisedeq (cf. cap. 7) vo-
t o " (ebr. hattà't), privo di pasto, ma con la peculiarità che il san- gliono sottolineare in lui rispettivamente l'assenza di ogni dimen-
gue della vittima veniva portato dal Sommo Sacerdote "oltre il ve- sione elitaria e l'estraneità alla linea levitica.
lo" (cf. Lv 16 in Eb 5,3; 9,1-7; e la ricorrente formula "capri e 4.4.2.2 Cristo non offrì vittime rituali, ma soltanto se stesso. An-
arieti" o "capri e vitelli" in 9,12.13.19; 10,4)128. Il fatto che Eb ticipato in 5,7-8 (in opposizione a 5,1; cf. sopra), il tema viene svi-
menzioni solo il sangue del Kippur e non la componente del digiu- luppato nel cap. 9:

125
v. 12: "Non con sangue di capri e di vitelli, ma con il proprio sangue
Così nel Talmud babilonese: "Non c'è nessuna espiazione, se non attraver-
so il sangue" (Yom. 5a); "Appena il sangue raggiunge l'altare, ne consegue il per- (Sta TOU ìBtou al'{xaxo(;)".
dono" (Zeb. 6a). Cf. Strack-Billerbeck, III, p. 742. v. 14: "Con uno Spirito eterno offrì se stesso (éocuxòv 7cpoor|veYxev)
126
Del resto, va notato non solo che Eb è lo scritto del NT che impiega di più senza macchia a Dio".
il vocabolo ai(xa, "sangue" (ben 21 volte contro le 11 volte di Mt e le 12 volte del-
l'intero epistolario paolino), ma soprattutto che lo fa quasi sempre in rapporto al v. 25: "Non per offrire se stesso (rcpoacpépT] éocuxóv) più volte... con
sangue di Cristo, sia direttamente (cf. 9,12.14.20; 10,19.29; 11,28; 12,24; 13,12.20) sangue altrui".
sia indirettamente (quando si parla dei sacrifici antichi); solo in due casi non ha
valenza cristologica (cf. 2,14; 12,4). v. 28: "Così anche Cristo, offertosi (TcpoaevexBei?) una volta sola per
127
Altra cosa è il tema dell'alleanza, che si arricchisce con la citazione di Ger togliere i peccati di molti".
31,31-34 (cf. Eb 8,7-13); vedi sotto.
128
La celebrazione dello Yòm Kippur (attestata, con alcune variazioni, in varie Va notato in particolare il v. 14, poiché contiene un'affermazio-
fonti: Lv 16; 23,26-32; Nm 29,7-11;11QT 25,10- 27,10; Filone Al.,Spec.leg. 1,188; ne molto densa che comprende i seguenti elementi: (a) l'integrità per-
FI. Giuseppe, Ant. 3,240-243; Giustino, Dial. 40,4; Mishnah, Yoma) comportava: sonale di Gesù (cf. 4,15), contrastante con il fatto che i sacerdoti le-
(1) in primo luogo l'osservanza di un rigoroso digiuno (cf. Lv 23,29: "Chi non digiu-
na in questo giorno sarà estirpato dal suo popolo"); (2) sul piano rituale: (a) alcuni vitici non potevano offrire se stessi perché peccatori (cf. 7,26)131;
olocausti (cf. Nm 29,8); (b) l'immolazione di un vitello per i peccati del Sommo Sa-
cerdote; (e) l'immolazione di un capro per i peccati del popolo ("toccato in sorte al
Signore"), di cui il Sommo Sacerdote portava il sangue nel Santo dei Santi (TM de- 129
Infatti Filone Alessandrino chiama la festa solo tre volte con il nome di
bir o qodes haqqàdasim; i LXX traslitterano semplicemente il primo [cf. IRe 6,16] iXaatxó?, "espiazione" (cf. Congr. 89.107; Plant. 61; ma qui il termine non è diret-
e rendono il secondo con tò ayiov TÒ>V àyiwv [cf. Es 26,33]) per aspergere il coperchio tamente collegato con il rito del sangue), mentre il più delle volte la designa come
dell'arca dell'alleanza o Espiatorio (TM kappóret; LXX iXaa-cTjptov: esso però dopo ^ a x e i a , "il digiuno" (cf. Decal. 159; Spec. leg. 1,168.186; 2,41.193.194.197.200;
l'esilio consisteva solo più in un semplice rialzo di tre dita dal pavimento: m. Yom. Mos. 2,23; Legat. 306) e addirittura alcune volte connette il concetto di espiazione
5,2; secondo FI. Giuseppe, Bell. 5,219, addirittura nel Santo dei Santi "non c'era as- a quello di digiuno (cf. Poster. 48; Leg. alleg. 3,174). Anche nel NT essa viene de-
solutamente nulla"; e Tacito conferma quando, a proposito di Pompeo che vi entrò nominata così in At 27,9. Sull'insieme, cf. G. Deiana, // giorno dell'espiazione,
per curiosità nel 63 a . C , riferisce che il romano vi trovò "vacuam sedem et inania pp. 141-145.
arcana" [Hist. 5,9]!); (d) l'invio nel deserto di un altro capro caricato dei peccati di 130
La stessa cosa va detta a proposito del fatto che Eb non fa alcuna menzione
tutti gli Israeliti ("toccato in sorte ad Azazel": ma questo termine è interpretato co- del cosiddetto "capro emissario", non essendo collegato con il sangue. Sull'insie-
me nome comune sia dai LXX [Ò.TZOKO\LTVXXO<;] sia dalla Vg [emissarius]). Sull'insieme, me, cf. anche N. Casalini, Dal simbolo alla realtà. L'espiazione dall'Antica alla
cf. R. De Vaux, Le istituzioni, pp. 486-489; e soprattutto G. Deiana, Il giorno dell'e- Nuova Alleanza secondo Eb 9,1-14, Franciscan Printing Press, Jerusalem 1989.
spiazione. Il kippur nella tradizione biblica, RivBibl Suppl 30, Dehoniane, Bologna 131
II presupposto è che nel "sacrificio per il peccato" l'animale offerto dev'es-
1994, che tra l'altro data la redazione di Lv 16 nel secolo III a.C. sere "senza difetto" (cf. Lv 4,3.14).
r
308 "LA LETTERA AGLI EBREI (SOMMO) SACERDOTE 309

(b) l'impulso dello Spirito Santo: il sacrifico di Gesù non consiste in esteriori vengono tutte escluse (cf. sacrifici, offerte, olocausti, sa-
un mero slancio personale di generosità, ma è avvalorato dall'azio- crifici per il peccato), e al loro posto subentra l'offerta personale
ne di Dio stesso che gli conferisce una dimensione di eternità132; (e) di sé ("ecco, io vengo"). Questa poi è totale, perché è insieme in-
soprattutto è importante il tema dell'offerta personale: mentre nel- teriore ( = appropriazione della volontà di Dio [cf. 10,7c: "per fa-
TAT il valore del sacrificio proveniva dal sangue versato (cf. Lv 17,11), re, o Dio, la tua volontà"] da parte della volontà di Gesù [cf.
ora in un certo senso avviene il contrario, in quanto il sangue di Cri- 10,10a: "e in quella volontà noi siamo stati santificati"]) ed este-
sto acquista valore dalla sua offerta, che non è cerimoniale ma esi- riore ( = coinvolgimento del "corpo": 10,5b ripreso in 10,10b; cf.
stenziale. Quest'ultimo aspetto è ripreso e ampliato in 10,5-10: Rm 7,4; lPt 2,24) e soprattutto costante, poiché inizia fin dal pri-
mo momento dell'esistenza terrena 135 .
"5Perciò, entrando nel mondo, dice: Sacrificio e offerta non hai vo- 4.4.2.3 II sacrificio di Gesù si svolse in un luogo sommamente pro-
luto, ma un corpo mi hai preparato; 6 olocausti e sacrifici per il peccato fano: "fuori della porta" (13,11-12: e£co rr\<;TOJXTK,derivato dal bi-
non hai gradito. 1Allora ho detto: Ecco, io vengo (poiché nel rotolo del blico "fuori dell'accampamento"). Questa annotazione ci dà non
libro sta scritto di me) per fare, o Dio, la tua volontà (Sai 40,7-9). 8Dopo solo un'informazione biografico-topografica sulla crocifissione di
aver detto prima: Sacrifici e offerte e olocausti e sacrifici per il peccato
non hai voluto né gradito, cose tutte che si fanno secondo la Legge, Gesù (cf. anche Gv 19,20: "il luogo era prossimo alla citta") 136 , ma
9
allora aggiunge: Ecco vengo per fare la tua volontà. Abolisce così il pri- soprattutto una sua interpretazione del tutto a-cultuale. Secondo le
mo (culto) per stabilirne un altro, 10e in quella volontà siamo stati santi- regole levitiche, infatti, i cadaveri degli animali immolati nel giorno
ficati mediante l'offerta del corpo di Gesù Cristo una volta per sempre". del Kippùr (il giovenco prima e il capro poi) dovevano essere portati
"fuori dell'accampamento" e là bruciati (cf. Lv 16,27); ma la loro
Il testo del citato Sai 40,7-9 è solo uno dei molti, con cui già nel- immolazione doveva avvenire all'interno dell'area sacra del Tempio
l ' A i Dio esprimeva il suo disgusto per gli sgozzamenti e le cerimo- e perdipiù con un abbigliamento sacerdotale specifico e solenne (cf.
nie rituali 133 . Ma proprio questo testo era particolarmente oppor- Lv 16,4.7). "Fuori dell'accampamento" dovevano andare solo gli
tuno per il nostro autore. Infatti, nel v. 7 del Salmo va notata la scarti, che non servivano al sacrificio vero e proprio, cioè al rito del
differenza tra l'originale ebraico ("gli orecchi mi hai scavato") e sangue137. Tutt'altro che ambito sacrale, e ancor meno che solo lai-
il greco dei LXX qui ripreso: "Un corpo mi hai preparato" 134 . co o profano, quello è piuttosto lo spazio del disonore, dell'ignomi-
L'accento perciò cade non più sul semplice ascolto ma su di una nia (cf. Eb 12,2) e dell'obbrobrio (cf. Eb 13,13). Proprio questo vuole
effettiva donazione. A questo proposito, va notato che le offerte sottolineare il nostro autore per distanziare ancor di più l'atto sacer-
dotale del sacrificio di Gesù da ogni ammanto rituale.
4.4.2.4 II sacrificio di Cristo come dono di sé nella morte avven-
132
Una improbabile interpretazione trinitaria è suggerita da J.J. McGrath,
ne "una volta sola/una volta per sempre/una volta per tutte":
Through the Eternai Spirit. An Historical Study ofthe Exegesis ofHebrews 9:13-14, ècpàTcd; (7,27; 9,12; 10,10), arcai; (9,26.28); altrettanto avvenne con
Pont. Università Gregoriana, Roma 1961. Da parte sua, invece, A. Vanhoye, Esprit il suo ingresso nel santuario celeste (cf. 9,12). Questa unicità è af-
éternel etfeu du sacrifice en He 9,14, Bibl 64 (1983) 263-274, vi vede una connes-
sione con il fuoco perenne dell'altare dei sacrifici, che consuma le vittime offerte fermata anche con le espressioni "un solo sacrificio" (10,12: [xia
(cf. Lv 6,5-6; lEsd 6,23). Guata) e "una sola offerta" (10,14: (xtarcpoocpopà).L'affermazione,
133
Cf. anche ISam 15,22; Sai 49,13-15; 50,18s; Is 1,11; Ger 6,20; 7,22; Os 6,6;
Am 5,22.25.
134
In più, Eb omette il v. 9b del Salmo ("Mio Dio, questo io desidero, la tua
135
legge è nel profondo del mio cuore"), dove si suggerisce che ciò che l'uomo deve "L'intera vita di Gesù, cominciando dal suo ingresso nel mondo (10,5) fino
fare per piacere a Dio è racchiuso nel rotolo della Torah. Infatti Eb ha un concetto alla sua esaltazione (10,12), è un cammino diritto verso il Santo dei Santi" (F.-J.
di Legge come realtà imperfetta, se non negativa (cf. 10,1.8.9), poiché essa è del Schierse, Verheissung und Heilsvollendung. Zur theologischen Grundfrage des He-
tutto incapace di realizzare una mediazione efficace tra Dio e il suo popolo (vedi bràerbriefes, Zink, Munchen 1955, p. 57).
136
A. Vanhoye, L'ombre et l'image. Discussions sur He 10,1, in "Ouvrir les Écritu- Per la crocifissione extra portam, cf. Plauto, Miles gloriosus 359s.
137
res". Mélanges offerts à Paul Beauchamp, LD 162, Cerf, Paris 1995, pp. 267-282; Si noti che quello era anche lo spazio destinato alla pubblica lapidazione dei
e soprattutto Id., La Loi dans l'Épitre aux Hébreux, in C. Focant, ed., La Loi dans bestemmiatori (cf. Lv 24,14), dei violatori del sabato (cf. Nm 15,36), e degli adul-
l'un et l'autre Testament, LD 168, Cerf, Paris 1997, pp. 271-298). teri (cf. Dt 22,24).
310 "LA LETTERA AGLI EBREI (SOMMO) SACERDOTE 311

oltre che col fatto naturale che "gli uomini muoiono una sola vol- gli angeli"; 2En. 20,1-21,1; Ap 4,5; 8,2), in particolare Raffaele (cf.
t a " (9,27), sta in parallelo col fatto rituale dell'ingresso del Som- Tb 12,15), Gabriele (cf. Le 1,19), e Michele (specie nel Talmud). Ai fini
mo Sacerdote "una sola volta l'anno" nel Santo dei Santi (9,7); dell'interpretazione di Eb è interessante ricordare due casi analoghi al-
ma ha soprattutto una portata polemica contro la molteplicità e la mediazione di Gesù. L'uno è quello di Elia, identificato con Pinchas,
di cui si dice che "sta in piedi e opera l'espiazione fino alla risurrezione
la ripetizione anche quotidiana dei sacrifici antichi (cf. 7,27: "ogni
dei morti" (SifréNum. 25,13 § 131: Strack-Billerbeck IV, p. 463). L'altro
giorno"; 9,25; 10,1.3: "ogni anno"; 9,25; 10,11: "molte volte"; è il Logos filoniano, che come Arcangelo intercede tra l'Immortale e
10,1: "continuamente") 138 . In più essa suggerisce l'originale idea il mortale, assicurando il primo che il mondo non si ribellerà mai e il
che, a differenza del Sommo Sacerdote nel Kippùr, Gesù entrò nel secondo che Dio non lo abbandonerà mai (cf. Rer. div. her. 205-206).
santuario celeste per non uscirne più, perché oltre a offrire il pro-
prio sangue si sedette anche per sempre alla destra della Maestà Eb attribuisce a Gesù la stessa funzione esercitata dal Sommo
divina (cf. l,3d). L'affermazione poi ha soprattutto un risvolto so- Sacerdote nello Yòm Kippùr quando, dopo aver attraversato lo
teriologico, per dire che il sacrificio di Gesù è da solo sufficiente Hèkal, entra nel Debìr; questo perciò è il modello di riferimento.
per la redenzione o "santificazione" dei credenti (cf. 10,12). La La differenza, però, è che Gesù entra "non in un Santuario fatto
base di questa tesi sull'unicità del sacrificio di Gesù non è altro che da mani d'uomo, che è solo figura di quello vero, ma nel cielo stesso
l'identità filiale di Gesù, di cui abbiamo già detto sopra. per comparire ora al cospetto di Dio in nostro favore" (9,24)140.
4.4.2.5 Cristo è entrato a completare il suo ufficio sacerdotale Il testo più importante è quello che si legge in 9,11-12:
in un Santuario celeste (cf. 4,14; 6,19s; 8,1-2; 9,11-12.24; e anche
6,19; 10,20s). A questo ambito tematico appartengono anche tutti "Cristo, diventato Sommo Sacerdote dei veri beni, attraverso la ten-
quei passi in cui, facendo ricorso a Sai 110,1, si professa la sessio- da più grande e più perfetta (8ià xfjs [xei^ovo? xoù xsXetoxépoc<; ax.r\vr\<;)
ne di Gesù glorificato alla destra di Dio (a partire fin da l,3cd, non fatta da mani d'uomo, cioè non di questa creazione, 12e non con
dove tale sessione è direttamente conseguente alla espletazione della (8ià) sangue di capri e di vitelli ma con il proprio sangue (Sta xoG tSiou
purificazione dei peccati). al'jxaxoi;), entrò una volta per sempre nel Santuario (di; xà ayia), otte-
nendo una redenzione eterna"141.
L'idea di un santuario celeste (attualmente esistente) è tradizionale
nel giudaismo139. In esso esercitano il culto a Dio gli angeli (cf. Giub. Secondo il senso più ovvio, abbiamo qui una descrizione meta-
31,14; 4QShirShab; Filone Al., Spec. leg. 1,66: "Il più eminente e vero forica dell'incedere solenne di Gesù Sommo Sacerdote negli spazi
tepóv di Dio è l'universo intero, che ha come vaó? il cielo e come lepet? simbolici del Tempio celeste: egli attraversa il Santo ("la tenda")
recando il proprio sangue e giunge al Santo dei Santi ("il Santua-
rio") 142 che è la sede di Dio, dove la sua offerta ottiene finalmen-
138
Poiché in Eb 7,27 e 10,11 si parla di sacrifici compiuti "ogni giorno"
(xaQ'i\[iipav), il riferimento non può che essere al sacrificio del tamid (= "perpe-
tuo"), compiuto due volte al giorno (cf. Es 29,38-42; 30,7-8; Nm 28,2-8). Esso pe- 140
rò è un olocausto (di due agnelli, uno al mattino e uno al crepuscolo), unito a un'of- Ciò che si legge in 10,20, dove si parla del "sangue di Gesù, che inaugurò
ferta di farina impastata con olio, a una libagione di vino, e a un'offerta d'incenso per noi una strada nuova e viva attraverso il velo, che è la sua carne", sembra iden-
sull'altare dei profumi; quindi, non essendo un sacrificio basato sul sangue, di con- tificare simbolicamente il velo del Tempio con la carne di Gesù. Poiché le prece-
seguenza non ha valore espiatorio ma solo di ringraziamento e di lode. In più esso denti due menzioni del velo hanno un significato letterale (cf. 9,3), sia pure traslato
non è compiuto dal Sommo Sacerdote (ma secondo m. Yom. 1,2 egli compie il sa- (cf. 6,19), risulta sorprendente questa identificazione: la spiegazione migliore sarà
crifico quotidiano per i sette giorni precedenti il Kippùr e ogni volta che lo vuole) quella di pensare che secondo Eb l'ingresso al cospetto di Dio non avvenne attra-
e comunque non per i peccati propri del sacerdote offerente. Tuttavia, poiché an- verso un passaggio cultuale ma attraverso la sua concreta offerta di sé mediante
che Filone Al. parla di sacrifici quotidiani del Sommo Sacerdote (cf. Spec. leg. 3,131) il sacrificio del suo corpo (cf. la discussione in H.W. Attridge, pp. 285-287). La
e ritiene che l'offerta della farina nel Tamid fosse per gli stessi sacerdoti offerenti metafora quindi non va presa troppo letteralmente.
(cf. Rer. div. her. 174), è possibile che anche il nostro autore "non fosse del tutto 141
Secondo A. Vanhoye, La structure littéraire, p. 137, questi vv. (e in partico-
familiare con il rituale del Tempio, ma basasse la sua comprensione delle cose su lare il nome iniziale "Cristo") stanno addirittura al centro anche materiale di tutta
una sua interpretazione dei sacri testi filtrati da una tradizione esegetica" (H.W. la lettera.
Attridge, p. 214). 142
Cf. A.P. Salom, « Ta Hagia» in the Epistle to the Hebrews, Andrews Uni-
139
Cf. H. Braun, pp. 71-74. versity Seminary Studies 5 (1967) 59-70.
312 (SOMMO) SACERDOTE 313
LA LETTERA AGLI EBREI

te la redenzione (almeno nel senso che viene accettata da Dio e se Tuttavia, ci sono altri motivi che inducono a ritenere il senso spa-
ne applicano gli effetti agli uomini). Questa interpretazione è stata ziale della "tenda più grande e più perfetta" 146 . Infatti, a parte che
contraddetta da due altre proposte ermeneutiche. il valore della preposizione può essere determinato dal nome se-
C'è chi intende la frase (e in particolare la preposizione Sia) in guente (e la "tenda", a differenza del "sangue", indica appunto
senso modale: con la menzione tanto della Tenda quanto anche del uno spazio), tutto il contesto (cf. 9,1-10) tratta dell'opera reden-
sangue Eb vorrebbe solo indicare il modo con cui Cristo ha svolto trice di Cristo sulla falsariga della liturgia del Kippùr, dove gli ele-
la sua mediazione sacerdotale. Perciò si insiste sul fatto che il testo menti centrali sono il sangue e l'attraversamento del velo da parte
non parla propriamente dell'attraversamento del Tempio ma solo del Sommo Sacerdote; nulla invece rimanda al corpo di Cristo. Inol-
della comparizione del Sommo Sacerdote davanti a Dio 143 . Tut- tre, il termine "tenda" in Eb indica altrove (cf. 8,2.5; 9,1.2.3.6.8.21;
tavia, a parte il fatto che il modo della redenzione è molto più con- 13,10) sempre il Tempio come dimora di Dio in terra, quindi non
sono con il "sangue" che non con la "tenda" (poiché "entrando" ha mai valore cristologico147. Si aggiunga che in Eb la funzione di-
Gesù porta con sé il sangue, non la tenda!), occorre notare che nella namica di Cristo come iniziatore (cf. 2,10), precursore (cf. 6,20),
Mishnah il trattato Yomà (termine aramaico per indicare il "Gior- e costruttore di una nuova strada verso Dio (cf. 10,20), mal si con-
n o " per eccellenza, cioè quello dell'Espiazione) menziona esplici- cilia con l'immagine statica di una tenda. In più, sarebbe meglio
tamente l'attraversamento del Tempio da parte del Sommo Sacer- richiamare come passo parallelo non Me 14,58 ("distruggerò que-
dote (cf. m. Yom. 5,1: "Egli attraversava il Tempio finché arriva- sto Tempio manufatto e in tre giorni ne costruirò un altro non ma-
va alle due tende che separavano il Santo e il Santissimo") 144 . Del nufatto") quanto invece il discorso di Stefano in At 7,48 ("l'Altis-
resto, in Eb 4,14 si parla esplicitamente dell'"attraversamento dei simo non abita in dimore manufatte, come dice il profeta: Il cielo
cieli" da parte di Gesù Sommo Sacerdote. è il mio trono e la terra è lo sgabello dei miei piedi [Is 66, ls]"),
tanto più che là nel contesto si parla anche della "tenda" del de-
Altri invece intendono "la tenda più grande e più perfetta" in serto (At 7,44s)148. Del resto, in Eb 9,24 si afferma che Cristo
senso strettamente cristologico, cioè come una semplice metafora "non entrò in un Santuario manufatto", distinguendo bene dun-
del corpo di Gesù visto come mezzo di accesso a Dio 145 . I motivi que tra ciò che è manufatto ( = il Tempio terreno) e ciò che non
addotti possono essere di tre tipi: il valore strumentale della dupli- lo è (= il Tempio celeste). Infine, si può ben scorgere sullo sfondo
ce ricorrenza della preposizione Side con il genitivo nel v. 12 (cosic- di Eb 9,11 l'idea di un Tempio celeste che è superiore a quello ter-
ché anche nel v. 11 essa dovrebbe avere valore strumentale ["per reno in quanto gli serve da modello o typos ed è quindi "quello
mezzo"] e non spaziale ["attraverso"]); il parallelismo con 10,20 vero" (8,2). Così si legge in 8,5 che i sacerdoti quaggiù "attendo-
(circa l'identificazione del velo con la carne di Cristo); e il confronto no a un servizio che è una copia e un'ombra (uTCÓBeryna xai axtà)
con Me 14,58 (dove il corpo di Gesù è presentato come un Tempio delle realtà celesti, secondo quanto fu detto da Dio a Mosè quan-
non manufatto). do stava per costruire la Tenda: «Guarda, disse, di fare ogni cosa
secondo il modello (xoc-rà TÒV XUTCOV) che ti è stato mostrato sul mon-
143
Così N. Casalini, Dal simbolo alla realtà, pp. 81-87 (a p. 58 si precisa che
te» (Es 25,40)" 149 . Ebbene, è in questo Tempio celeste che Cristo
l'attraversamento del Tempio era un atto irrilevante nella liturgia del Kippùr).
144
Traduzione di V. Castiglioni. È vero che qui l'attraversamento è menziona-
to esplicitamente solo a proposito del sacrificio del profumo; a proposito del san- 146
gue, invece, si dice soltanto che dopo averlo preso (all'esterno) "rientrava nel luo- Oltre ai Commenti, vedi anche P. Andriessen, Das gròssere und vollkom-
go dove era già entrato" (ib. 5,3.4), ma si suppone certamente la medesima azione menere Zelt (Hebr 9,11), BZ 15 (1971) 76-92.
147
precedente, cioè appunto l'attraversamento. È vero che in Eb 9 l'espressione "la prima tenda" ha un doppio significato:
145
Questa interpretazione può assumere varie sfumature. (1) Il corpo terreno mentre in 9,6 si allude alla prima parte del Tempio ( = il Santo, in rapporto alla
di Gesù; così A. Cody, A Heavenly Sanctuary, pp. 156-165. (2) Il corpo glorificato "seconda Tenda" di 9,7 che è il Santo dei Santi), invece in 9,8 si fa riferimento
di Gesù; così A. Vanhoye, "Par la tente plus grande et plus par/aite... " (Hebr 9,11), all'insieme del Tempio terreno come simbolo di quello celeste (cf. 9,9). Vedi A.
Bibl 46 (1965) 1-28; Id., Sacerdoti antichi, pp. 150-154. (3) Il corpo eucaristico di Cody, Heavenly Liturgy, pp. 146-150.
148
Gesù; così J. Swetnam, "The Greater and More Perfect Tent". A Contribution Cf. anche L.D. Hurst, The Epistle, pp. 92-93 e 97.
149
to the Discussion of Hebrews 9,11, Bibl 47 (1966) 91-106. Occorre dire che questa Sullo sfondo c'è l'idea platonica del modello eterno (rcapàSei-ffia) con cui il
ermeneutica, per quanto mi risulta, non è stata seguita dai commentatori. sommo Artefice costruì l'universo: " È assoluta necessità che questo mondo sia im-
314 LA LETTERA AGLI EBREI (SOMMO) SACERDOTE 315

è penetrato, modello di quello terreno imperfetto, cioè si è presen- zio escatologico153. Così pure si legge di un'attuale esistenza cele-
tato (certo come Risorto) direttamente davanti al trono di Dio, non ste di vari personaggi154. Una attuale intercessione celeste in favore
più davanti a una sua ombra-immagine, come invece faceva il Som- di Israele e in generale degli uomini è chiaramente attribuita all'ar-
mo Sacerdote nello Yòm Kippùr. Egli realizzò ciò a cui Giobbe inu- cangelo Michele155; la superiorità di Gesù rispetto agli angeli è già
tilmente aspirava: "Oh, potessi sapere dove trovarlo, potessi arri- stata dimostrata dal nostro autore in 1,5 - 2,18 (cf. sopra).
vare fino al suo trono! Esporrei davanti a lui la mia causa e avrei Perciò il tema di un'attuale intercessione da parte di Gesù è so-
piene le labbra di ragioni" (Gb 23,3-4). Questo ha fatto Cristo Ge- stanzialmente originale. Esso d'altronde è stato reso possibile in
sù davanti al trono celeste, dove patrocina la nostra causa (cf. Eb un'ottica cristiana, perché collegato con la risurrezione di Gesù e
7,25) con le ragioni del suo stesso sangue, ben più eloquente di quel- in specie con la sua sessione alla destra di Dio, oltre che con la pie-
lo di Abele (cf. 12,24)! na solidarietà vissuta da lui con gli uomini (cf. sopra). In definiti-
va, lo schema che gioca in Eb è quello di un nuovo Sommo Sacer-
dote che entra nel Santo dei Santi, ma sottintendendo che non vi
4.5 Efficacia e permanenza del sacrificio di Cristo esce più; in aggiunta va rilevato che Gesù non solo si presenta a
Dio, ma sulla base di Sai 110,1 condivide anche ormai il suo tro-
Con il suo sacrificio sacerdotale (fatto di solidarietà umana, di no. È proprio questo che permette all'autore di esortare ad acce-
totale offerta di sé, di gradimento da parte di Dio) e con il suo in- dere finalmente con piena fiducia al trono della grazia (cf. 4,16)156.
gresso nel Santuario celeste (per offrire il proprio sangue e sedere 4.5.2 Particolarmente importante è la dichiarazione che si legge
alla destra di Dio), superando lo schema levitico, Gesù Cristo ga- in 10,14, secondo cui Gesù Cristo
rantisce la perdurante applicabilità del suo sacrificio. Lo possia-
mo vedere particolarmente in tre affermazioni150. "con una sola offerta (fiiarcpoacpopa)rese perfetti per sempre coloro
4.5.1 In primo luogo c'è l'assicurazione della continua, attuale che vengono santificati (TeteXetwxev de, xò Birivexè? TOÙ<; àyiaCofxévou?)".
intercessione di Gesù nel Santuario celeste (cf. 7,25; 9,24), che è
cosa relativamente originale151. Nel giudaismo del tempo, infatti, È l'unica volta che il verbo "perfezionare" in Eb ha Cristo co-
a parte l'intercessione rituale del Sommo Sacerdote, si legge di una me soggetto. All'autore quindi interessa dire che non solo egli è
intercessione legata all'atto storico della morte dei martiri 152 o di
una intercessione espletata in futuro da vari personaggi nel giudi- 153
Così Mosè in Test. Mos. 11,17; 12,6; Enoc in 2En. 64,5. Invece Abramo,
Isacco e Giacobbe, in Apoc. Sof. 11,1-4, intercedono per coloro che sono già nei
magine di qualche cosa" (Tim. 28c-29b). Si comprende perciò il commento di Filone tormenti (cf. anche Test. Abr. 14,5-8). Da parte sua il Figlio dell'Uomo sarà, sì,
Al. al testo dell'Esodo citato in Eb 8,5: "Mosè... ebbe una visione spirituale delle idee un "bastone di appoggio" ma solo "dei santi e dei giusti" (lEn. 48,4).
154
immateriali corrispondenti agli oggetti materiali da realizzare, e secondo le quali bi- Così Enoc (cf. 2En. 24,1: "Il Signore mi chiamò e mi mise alla sua sinistra
sognava riprodurre le imitazioni sensibili a partire dall'archetipo originale e dai mo- più vicino di Gabriele e io adorai il Signore"); Mosè (cf. Ezechiele il Tragico, Exa-
delli concettuali... Così la forma del modello (turco? TOGrcapa8ei"f[ia-co<;)fu impressa gogé 68-89 [in Eusebio, Praep. ev. 9,29,4], dove Mosè stesso racconta di aver visto
come un sigillo nello spirito del profeta... La realizzazione fu compiuta in conformi- in sogno Dio in trono: "Con la destra mi fece un cenno e io mi fermai davanti al
tà con questa forma" (Vit. Mos. 2,74.76). Vedi anche H.-F. Weiss, pp. 436-437. trono. Mi consegnò lo scettro e sul trono grande disse di sedere. Mi diede anche
150
Esse divergono dalle tre funzioni della liturgia celeste, di cui parla A. Cody, il regale diadema... e io rimirai tutta la terra rotonda... Poi, spaventato, mi desto
Heavenly Liturgy, pp. 180-202: purificazione del tempio celeste (cf. 9,23), il com- dal sonno" [trad. L. Troiani]; e alcuni midrashim tardivi); Davide (cf. b.Chag. 14a).
155
parire alla presenza di Dio (cf. 9,24), e l'intercessione in nostro favore (cf. 7,25). Cf. Dn 12,1; Test. Levi 5,6; Test. Dan 6,2. In lEn. 40,9 egli è detto "mise-
Infatti, quanto alla prima il testo non parla del Tempio ma può ben essere inteso ricordioso", ma in 68,4 si dice che "non ebbe successo" (presso Dio). In 4Q491
nel senso delle coscienze (cf. H.W. Attridge, pp. 261-262); quanto alla seconda, fr. 11 si legge un supposto "Canto di Michele", in cui egli dice di "essere annove-
non si tratta di una funzione vera e propria, e in più finisce per risolversi nella ter- rato tra gli esseri divini" (r. 14), ma non si parla di una intercessione. Più sopra
za; questa però si integra con altre, che ora passiamo in rassegna. abbiamo ricordato anche Elia e il Logos filoniano; ma il primo è presente solo in
151
Cf. R. Le Déaut, Aspects de l'intercession dans le Judaisme ancien, JSJ 1 testi rabbinici posteriori, e il secondo non è identificato con nessun personaggio
(1970) 35-57. storico.
152 156
Cf. 2Mac 7,37-38; 4Mac 6,28-29. Di essi si può anche dire che "stanno ora Sull'idea del trono nell'antichità in generale, cf. M. Philonenko, ed., Le Tró-
accanto al trono di Dio e vivono la beata eternità" {4Mac 17,18), ma non che inter- nedeDieu, WUNT 69, Mohr, Tùbingen 1993, dove purtroppo non c'è nessun con-
cedono per gli uomini (cf. anche Ap 7,15; e Test. Job 33,3). tributo dedicato a Eb.
316 LA LETTERA AGLI EBREI (SOMMO) SACERDOTE 317

stato perfezionato, come abbiamo visto sopra (cf. 2,10; 5,9; 7,28), citazione di Ger 31,33-34 sulla nuova alleanza escatologica, interiore
ma che proprio in quanto tale egli ora può anche comunicare la e radicale, che prepara la conclusione in Eb 10,18: "Dove c'è il perdo-
sua perfezione e quindi rendere "perfetti" altri. L'uso del verbo no di queste cose, non c'è più bisogno di alcuna offerta per il peccato' '.
greco al perfetto rimarca l'efficacia permanente del sacrificio di Quanto al verbo "santificare", esso appartiene quasi esclusiva-
Cristo, come d'altronde risulta anche dal bel contrasto tra "una mente al greco biblico161 e rende normalmente l'ebraico qadas,
sola offerta" e "per sempre". Il concetto di base è che ora anche "santificare, consacrare" (luoghi, cose, persone), nel senso di sot-
i cristiani hanno libero accesso a Dio, come quello che prima era trarre all'uso profano (cf. Lv 21,8: "Io il Signore, che vi santifico,
riservato al solo Sommo Sacerdote e che invece Cristo, facendolo sono santo"). Nel NT esso acquista una valenza più personalistica
proprio, ha reso possibile a tutti. A questa immagine soggiace l'i- sul piano di una nuova antropologia (cf. ICor 1,2: "resi santi in
dea che tutti i cristiani sono ormai sacerdoti (anzi, Sommi Sacer- Cristo Gesù"; 6,11; At 20,32; 26,18). Decisamente anti-cultuale è
doti!), diventati per analogia a lui «santi, innocenti, senza mac- l'uso nel nostro scritto (cf. Eb 13,12: "Perciò anche Gesù, per san-
chia, separati dai peccatori» (cf. 7,26) perché di lui "partecipi" tificare il popolo con il proprio sangue, patì fuori della porta";
(3,14). Anche se Eb non tratta esplicitamente il tema del sacerdo- vedi sopra). Tuttavia c'è un nesso stretto tra questa santificazione
zio di tutti i credenti157, lo abbiamo qui velatamente ma ferma- e il perfezionamento operato da Gesù: coloro che aderiscono a lui
mente adombrato 158 . Il contesto è quello di una presa di distanza egli li associa alla propria perfezione sacerdotale (cf. 5,9: "reso per-
dalla Legge levitica e da ciò che essa non poteva offrire: "Essendo fetto, egli divenne per quanti gli obbediscono causa di una salvez-
infatti la legge un'ombra dei beni futuri e non l'immagine stessa za eterna"). È giusto quindi dire che Eb non presenta affatto la
delle cose, non ha il potere di rendere perfetti coloro che si acco- morte di Gesù come un atto di soddisfazione e quindi di propizia-
stano (a Dio) ogni anno offrendo sempre gli stessi sacrifici" (10,1). zione verso un Dio irato, ma piuttosto semmai come un mezzo "per
La conclusione sulla sterilità della Legge è comandata da due pre- dare soddisfazione all'uomo", cioè per venirgli in aiuto (cf. 2,15)
supposti: la continua ripetizione dei sacrifici e la riemergente co- come un amico solidale con lui162.
scienza dei peccati compiuti. Quest'ultimo aspetto, presente più vol- 4.5.3 Un'ultima, sintetica affermazione si legge in 13,8: "Gesù
te nello scritto (cf. 9,9.14; 10,2-3.22; 13,18)159, evidenzia l'effetto Cristo ieri e oggi, lo stesso anche nei secoli". Essa può valere co-
incisivo, profondo e duraturo, della purificazione connessa con l'at- me compendio di tutto il discorso cristologico precedente. Ma se
to sacrificale di Cristo, il quale secondo Eb toglie addirittura la co- ne possono dare diverse letture. (1) Potrebbe trattarsi di una sem-
scienza del peccato (cf. in specie 9,14)160! Ciò è confermato dalla plice ripresa dell'inizio della lettera, dove in 1,10-12 si citava il Sai
101,26-28: "Tu fin dall'inizio, Signore, hai fondato la terra... Ma
tu sei lo stesso e i tuoi anni non avranno fine"; ritornano infatti
157
Esso è presente invece esplicitamente in lPt 2,9; Ap 1,6; 5,10. Ma il tema gli stessi concetti di immutabile perennità, che nel Salmo valevano
non si può non intravedere implicitamente presente anche in quei testi dove si parla
dellaprosagoghé o libero accesso dei battezzati a Dio (cf. Rm 5,2; Ef 2,18-19; 3,12).
per il Dio d'Israele e in Eb vengono attribuiti a Cristo. Ma in 13,8
158
Cf. A. Vanhoye, Sacerdoti antichi, pp. 172-173; P. Ellingworth, p. 511. Ge- spiccano come peculiari le tre suddivisioni del tempo, che possono
neralmente questa particolare prospettiva non viene colta dai commentatori (essa avere diverse spiegazioni. (2) Una serie di testi antichi celebrano
infatti è assente da Buchanan, Braun, Weiss, Attridge, Hegermann, Casalini).
159
Vedi G.S. Selby, The Meaning and Function of 'syneidesis' in Hebrews 9 and la divinità come immutabile pur nel trascorrere del tempo; in me-
10, Restoration Quarterly 28 (1985-86) 145-154. rito, ci sono abbondanti testimonianze tanto pagane163 quanto an-
160 y ec ii invece Filone Alessandrino: "Preghiamo Dio, noi che siamo accusati dal-
la coscienza dei nostri peccati, perché ci punisca piuttosto di lasciarci liberi. Infatti,
se ci lascia liberi farà di noi degli schiavi, non più della sua misericordia bensì della
161
creazione che è senza misericordia; ma se ci castiga, riparerà le nostre mancanze con Cf. O. Procksch, in GLNT I, 298-299.
162
dolcezza e indulgenza, inviando nel nostro spirito il suo stesso Logos come conte- Così opportunamente N. Casalini, Dal simbolo alla realtà, p. 131.
163
statore e correttore, mediante il quale lo guarirà facendolo arrossire e biasimandolo In Sofocle, Antig. 456s, lo schema è rivolto verso il passato (si tratta delle
per gli errori commessi" (Det. pot. ins. 146). Peraltro è curioso notare come lo stes- "leggi non scritte, divine, che né da oggi né da ieri, ma da sempre sono in vita").
so Filone ritenga che la semplice esposizione delle prescrizioni religiose sul 7° gior- Platone invece, riflettendo sul tempo, scrive: "L'era e il sarà sono forme generate
no, sul 7° anno, e sul 50° anno, "è sufficiente a rendere perfetti nella virtù i meglio del tempo, che noi inconsapevolmente riferiamo a torto all'essere eterno. Infatti
dotati e a rendere più docili i caratteri ribelli e duri" (Spec. leg. 2,39). noi diciamo che esso era ed è e sarà, e tuttavia solo lo è gli conviene veramente,
318 LA LETTERA AGLI EBREI (SOMMO) SACERDOTE 319

che giudaiche164. È possibile che questo schema costituisca una ii testimone supremo della perseveranza nel cammino non solo in-
precomprensione dèi nostro autore. Tuttavia, è bene non fermarsi certo ma soprattutto faticoso della vita terrena:
a esso e leggere Eb 13,8 alla luce della tematica propria della lette-
ra. (3) Perciò, i tre momenti potrebbero essere intesi anche come "Teniamo fisso lo sguardo su Gesù, iniziatore e perfezionatore della
le tre tappe della storia della salvezza incentrata su Cristo: il pas- fede, il quale, in cambio (àv-u) della gioia che gli stava davanti, soppor-
sato della rivelazione veterotestamentaria (cf. 1,1), il presente del- tò la croce disprezzando l'ignominia e sedette alla destra del trono di
la fede e della vita cristiana (cf. l'"oggi" in 3,7.13.15; 4,7), e il Dio" (12,2).
futuro del sabato eterno (cf. 4,9.11 ; 9,28). (4) Infine, i tre momen-
Notiamo subito che questo è l'unico passo in tutta la lettera in
ti potrebbero riferirsi rispettivamente al Gesù terreno (cf. 2,10-18;
cui ricorre il termine "croce"; tenendo conto che vi ricorre anche
5,7-8), all'oggi della sua attuale intercessione alla destra di Dio (cf.
il nome proprio di "Gesù", si vede bene che l'autore ha in mente
7,25; 8,1-2), e al futuro di questa stessa funzione ritenuta inces-
l'esempio concreto, storico della sofferenza suprema da lui patita.
sante ("sempre"). In questo modo, Eb offre ai suoi lettori la ga-
Ma, a differenza di chi vorrebbe scorgere qui un invito a preferire
ranzia dell'indefettibile valore del sacrificio di Cristo, i cui effetti
la croce invece della gioia come norma di vita alternativa166, oc-
salvifici sono sempre disponibili "per coloro che gli obbediscono"
corre vedere il senso del testo nel fatto che Gesù sostenne la croce
(5,9), cioè si rifanno a lui come unica causa di salvezza165.
in vista della gioia che lo attendeva alla destra di Dio, anche se ciò
4.5.4 In definitiva, è su queste basi che si fonda l'invito dell'au-
che sta immediatamente davanti è solo una lotta (cf. 12,l) 167 . In
tore alla fiducia, sviluppato soprattutto nella quarta parte della Let-
questo senso egli è iniziatore e guida e capo di tutti coloro che so-
tera (11,1 - 12,13). Qui d'altronde Gesù, oltre al gran numero di
stengono la corsa della fede. Si vede bene pure che la "fede" di
testimoni enumerati nel cap. 11, viene proposto egli stesso come
cui qui si tratta non è quella cristologica (fede in Cristo) ma, in
senso tipicamente ebraico, è la tenacia e la costanza di un totale
abbandono a Dio nella prospettiva della realizzazione delle sue pro-
mentre Vera e il sarà si devono dire solo di ciò che è generato nel tempo" (Tim. messe escatologiche; quindi si accenna anche implicitamente alla
37e-38a). In un'epigrafe a Eleusi di età augustea, dedicata ad Aiòn, si legge che
egli "è ed era e sarà" (Dittenberger, Syll. 3,1125). Plutarco attesta un'iscrizione fede di Cristo stesso168.
sulla statua di Iside in Egitto: "Io sono tutto ciò che è stato e ciò che è e ciò che In questo modo l'autore offre anche un fondamento per le esor-
sarà" (Dels. et Osir. 9 [354C]). Infine in Pausania si legge di un inno a Zeus canta-
to nel santuario di Dodona: "Zeus era, Zeus è, Zeus sarà" (10,12,5). tazioni dettagliate della quinta parte della lettera (12,14 - 13,21)169.
164
Vedi già FI. Giuseppe: "Dio è l'inizio e il mezzo e la fine di tutte le cose"
(Contro Ap. 2,190). Interessante è poi l'interpretazione rabbinica di Es 3,14 ("Io
sono colui che sono"); questo testo viene variamente letto così: "Colui che parlò
e il mondo fu, fin dall'inizio, e colui che deve dirgli 'Sii' ed esso sarà" (TgN), "Io
sono colui che è e che sarà" (TgJ I), "Io sono colui che sono stato e sono lo stesso
ora e nel futuro" (Ex. R.). A proposito di Es 15,3 la Mek. Ex. integra così: "Il
Signore... è lui che era in Egitto e che era al mare (rosso). È lui che era nel passato 166
e che sarà nel futuro. È lui che è in questo mondo e che sarà nel mondo a venire, Cf. P. Andriessen, Renoncant à la joie qui lui revenait, NRT 107 (1975)
come è detto: 'Ora vedete che io, io sono quello' (Dt 32,39); e dice anche ...: 'Io, 424-438, e anche il commento di W.L. Lane, II, p. 413.
167
il Signore, sono il primo e con gli ultimi sono lo stesso' (Is 41,4)". Il TgJ I a Dt Cf. P.-E. Bonnard, La traduction de Hébreux 12,2: "C'est en vue de la joie
32,39 dice: "Quando il Memrà" [= la Parola] del Signore sarà rivelato per redi- que Jesus enduro la croix, NRT 97 (1975) 415-423; così in genere anche i Commen-
mere il suo popolo, dirà a tutte le nazioni: Ora vedete che io sono colui che è e ti. La preposizione àvxi ha lo stesso significato in 12,26.
168
che era e io sono colui che sarà, e non c'è altro Dio fuori di me" (TgJ I). Infine Vedi particolarmente D. Hamm, Faith in the Epistle to the Hebrews: The
citiamo un bel testo di Gen. R. 81: "Che cos'è la verità ('mt)l Disse R. Laqish: Jesus Factor, CBQ 52 (1990) 270-291. Da parte sua, H.-F. Weiss, p. 632, pone questo
' (aleph) è la prima delle lettere, m (mem) è la mediana, / (tau) l'ultima. Perché: linguaggio sullo sfondo della tradizione martirologica giudaica e fa riferimento in
'Io sono il primo e io sono l'ultimo; e all'infuori di me non esiste Dio' (Is 44,6)". particolare a 4Mac 17,7.10.12.17.
165 169
"Causa di salvezza completa" (amo? aco-cripia? Ttav-ceXod;) è detto il serpente L'esortazione rivolta ai cristiani perché si accostino con fiducia a Dio (npoaip-
di bronzo di Nm 21,8 da Filone Al., Agric.96; altrove lo stesso Filone dice dell'uo- Xea6ai:cf. 4,16; 7,25; 10,1.22; 11,6; 12,18.22) si fonda su e corrisponde esattamen-
mo virtuoso che "non sarà mai causa di male, ma piuttosto dell'acquisizione e del te all'ingresso celeste di Cristo (àaépxeaGai: cf. 6,19.20; 9,12.24; vedi anche 9,25;
godimento del bene per tutti coloro che gli si sottomettono" (Abr. 261:rcàatv-coi? e 10,5); essa costituisce "la vera e propria punta di aggancio da parte della cristolo-
u7rr)xóoi(;). gia sacerdotale con la parenesi" (F. Laub, Bekenntnis und Auslegung, p. 265).
320 LA LETTERA AGLI EBREI 321
CONCLUSIONE

5. Conclusione mo o di considerare eventuali cenni ad essa come una polemica contro


una concezione sacramentale della fede cristiana 174 o addirittura di ne-
In definitiva, ciò che si realizza per il cristiano nella sua adesio- gare che la comunità di Eb celebrasse la stessa Eucaristia 175 . Altri Au-
ne a Cristo-Sacerdote è l'esperienza vissuta della " n u o v a allean- tori si collocano invece su posizioni possibiliste intermedie 176 .
z a " . Da questo punto di vista la lunga citazione di Ger 31,31-34 Possibili allusioni vengono intraviste nei passi seguenti: 6,4 ("quelli
(LXX 38,31-34) in E b 8,8-12 occupa un posto centrale nella lette- che hanno gustato il dono celeste sono diventati partecipi dello Spirito
ra: non solo per la sua collocazione materiale, ma anche per la sua Santo"); 9,20 ("Mosè asperse il libro e tutto il popolo dicendo: 'Que-
sto è il sangue dell'alleanza che Dio ha stabilito con voi' [Es 24,8]");
determinante portata cristologico-soteriologica. Va tenuto presen-
10,29 ("Di quanto maggior castigo pensate che sarà ritenuto degno chi
te, infatti, che mai altrove, non solo nel N T , ma né nell'AT né nel avrà calpestato il Figlio di Dio e ritenuto profano quel sangue dell'al-
giudaismo contemporaneo 1 7 0 , l'alleanza viene correlata a un nuo- leanza dal quale è stato un giorno santificato...?"); 13,10 ("Noi abbia-
vo sacerdozio; comprendiamo allora q u a n t o originale e importan- mo un altare, del quale non hanno alcun diritto di mangiare quelli che
te sia la posizione del nostro scritto 1 7 1 . Ora, la citazione di Gere- sono al servizio della Tenda"). L'ipotesi è sostenuta dal fatto incontro-
mia, che verrà parzialmente ripresa in 10,15-17, non ha solo la fun- vertibile che i destinatari praticavano l'assemblea comune, dato che l'au-
zione negativa di critica dell'alleanza antica, ma ha anche e soprat- tore li esorta a "non disertare le nostre riunioni (TT)V èuiauvaycoyriv),
tutto il ruolo positivo di sottolineare la differenza qualitativa tra come alcuni hanno l'abitudine di fare" (10,25).
le due. La nuova infatti, da una parte, è interiore, incisa non più Tuttavia, rimandando ai commenti per ognuno di questi testi 177 , ci
su tavole di pietra m a nel cuore dell'uomo; dall'altra, essa perdo- sono almeno due osservazioni generali da rilevare in senso contrario.
L'una è che, mentre l'autore fa riferimento con sufficiente chiarezza
na davvero e definitivamente i peccati.
al battesimo con la menzione dell'acqua purificatrice (cf. 10,22: "acco-
Al centro di questa novità, come abbiamo visto, sta fermamen- stiamoci... con i cuori purificati da ogni cattiva coscienza e il corpo la-
te Gesù Cristo, Figlio di Dio e S o m m o Sacerdote. Il suo sacrificio vato con acqua pura"; cf. lPt 3,21), egli non fa altrettanto con l'euca-
oggettivo e l'influsso che esso esercita sui credenti rendono possi- ristia, visto che mancano del tutto i classici termini eucaristici "pane,
bile per sempre l'accesso a Dio e quindi la comunione con lui. vino, cena, mangiare-bere" 178 . L'altra è che di fatto gli eventuali rife-
rimenti eucaristici non hanno comunque valore argomentativo nello svi-
Appendice sull'Eucaristia luppo della cristologia dello scritto; essi infatti non vengono addotti in
Dato che Eb discorre a lungo del sacrificio e del sacerdozio di Gesù nei appoggio all'argomentazione cristologica, né d'altronde ci si serve di
termini di ' 'sangue' ' e di ' 'offerta' ', fra gli studiosi della lettera si discute se questa argomentazione, pur nuova e originale, per spiegare e illumina-
e fino a che punto sia presente in essa il riferimento all'Eucarestia. Questa, re la prassi eucaristica della chiesa.
infatti, stante il racconto sinottico della sua istituzione (cf. Me 14,22-25//;
vedi anche Gv 6,51), è sempre stata pensata dalla tradizione cristiana con la 174
Così R. Williamson, The Eucharist and the Epistle to the Hebrews, NTS 21
categoria del sacrificio. Quindi, un nesso tra cristologia ed eucarestia in (1975) 300-312, e H.-F. Weiss, pp. 726-729 ("Exkurs: Das Abendmahl im He-
Eb sembrerebbe a priori non solo opportuno ma necessario 172 . Eppure bràerbrief).
175
le posizioni degli Autori variano moltissimo, tanto che si va dall'estremo Così F. Schròger, Der Gottesdienst der Hebràerbriefgemeinde, MTZ 19
di definire l'intera lettera come un'omelia sull'eucaristia173 all'altro estre- (1968)
176
161-181.
Così P. Andriessen, L'Eucharistie dans l'épitre aux Hébreux, NRT 94 (1972)
269-277,
177
e A. Vanhoye, Sacerdoti, p. 180.
170 In particolare, sull'"altare" in 13,10 come semplice metonimia per la morte
La comunità di Qumràn si ritiene la comunità della nuova alleanza (cf. 1QS sacrificale di Gesù, cf. M.E. Isaacs, Hebrews 13.9-16 Revisited, NTS 43 (1997)
1,16-20; 5,7-11; CD 3,12-21), ma, nonostante il suo interesse per il sacerdozio e 268-284.
anche per la liturgia celeste, essa non associa mai i due termini. Cf. H.W. Attridge, 178
p. 220. II binomio "cibi-bevande" in 9,10 non solo ricorre al plurale e non solo è
171 costituito da termini generici, ma è anche inserito in un contesto ( = riferimento
Vedi in proposito A. Vanhoye, La novità del sacerdozio di Cristo, La civiltà ai sacrifici del Santuario antico, che non possono rendere perfetto l'offerente, "trat-
cattolica n. 3541 (3 gennaio 1998), pp. 16-27. tandosi soltanto di cibi e bevande e di varie abluzioni... valide fino al tempo in cui
172
Cf. in merito J. Swetnam, Christology and the Eucharist in the Epistle to sarebbero state riformate") in cui si tratta di vari atti sacrificali dell'Antico Testa-
the Hebrews, Bibl 70 (1989) 74-95. mento. Inoltre, interpretare sacramentalmente "cibi e bevande" in rapporto all'eu-
173
Così N. Hugedé, Le Sacerdoce du Fils. Commentaire de l'épitre aux Hébreux, caristia e le "abluzioni" in rapporto al battesimo perde di vista il fatto che quegli
Fischbacher, Paris 1983, pp. 157, 246. atti vengono giudicati comunque imperfetti (cf. (lóvov, "soltanto"!).
322 LA LETTERA AGLI EBREI

Evidentemente, pur non potendo assolutamente negare che l'autore BIBLIOGRAFIA


conoscesse e celebrasse questo peculiare momento comunitario, egli è
interessato a operare una straordinaria concentrazione cristologica così
da sottolineare al massimo il valore decisivo dell'iyó.na.% per i cristiani
di tutti tempi. Essi conoscono un solo Yòm Kippùr: quello del sacrifi-
cio di Cristo sulla croce e della sua glorificazione celeste. Tutta la vita
cristiana, compresa l'eucaristia, trae di là la sua ragion d'essere. Ed è
per quel sacrificio cruento che i lettori sono invitati piuttosto ad "offri-
re continuamente a Dio un sacrificium laudis" (13,15; cf. lPt 2,5).
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Premesse

Dopo i fatti del "terzo giorno", l'interesse della prima comuni-


tà cristiana cominciò a concentrarsi sulla passione di Gesù (cf. cap.
1,1) e poi man mano si estese a ciò che egli aveva detto e fatto du-
rante il suo ministero terreno. In base a particolari criteri di scelta,
tra cui ci fu certamente il bisogno di rapportare le parole e le azio-
ni di Gesù alla vita attuale delle stesse comunità, si raccolse tutto
un materiale narrativo e discorsivo che per un certo tempo venne
trasmesso all'interno delle varie comunità cristiane in blocchi se-
parati e soprattutto in forma orale, anche se dobbiamo calcolare
l'esistenza di alcuni parziali tentativi di una prima messa per iscrit-
to (cf. sopra: cap. 1,2). In un secondo tempo, questo materiale finì
per ricevere anche una redazione scritta globale, anzi più redazio-
ni, delle quali quelle sinottiche sono le più antiche (almeno rispet-
to al Quarto Vangelo). Certo la datazione esatta dei tre scritti Mt-
Mc-Lc non è cosa molto agevole, non solo perché vi mancano in-
dicazioni cronologiche specifiche, ma anche a motivo della loro ano-
nimia e della loro dipendenza da una tradizione multiforme già con-
solidata. Tuttavia, in base alla critica interna, oltre ad alcune indi-
cazioni dell'antica tradizione post-apostolica, la stesura dei Sinot-
tici può essere compresa grosso modo nel quarto di secolo che sta
tra gli anni 60 e la fine degli anni 80 (inizio anni 90)1.

1
Cf. le introduzioni al NT; il tentativo fatto da J.A.T. Robinson, Redating the
New Testament, SCM Press, London 1976, di porre tutti gli scritti del NT prima
dell'anno 70, è stato criticato (cf. D.M. Smith jr., in DukeDivSchRev 42 [1977]
193-205; J.A. Fitzmyer, in Interpretation 32 [1978] 309-313). Inoltre: I. de la Pot-
terie, ed., De Jesus aux Évangiles. Tradìtion et Rédaction dans les Évangiles Sy-
noptiques, BETL 25, Duculot, Gembloux 1967 (trad. ital., Assisi 1971); G. Segal-
la, Evangelo e vangeli. Quattro evangelisti, quattro Vangeli, quattro destinatari,
Dehoniane, Bologna 1992; V. Fusco e M. Laconi, Introduzione ai Sinottici, in M.
Laconi e collab., Vangeli Sinottici e Atti degli Apostoli, Logos 5, Elle Di Ci, Leu-
mann/Torino 1994, pp. 33-192. Per quanto riguarda l'ipotesi concernente il papi-
ro 7Q5, riconosciuto da alcuni come un frammento di Me 6,52-54 degli inizi degli
330 LE REDAZIONI SINOTTICHE PREMESSE 331

Ciò che più importa rilevare, ai nostri fini, è che i tre vangeli, quanto avviene negli esempi del genere, prescinde in gran parte dalla
pur essendo sinottici cioè confrontabili insieme, non sono affatto preoccupazione di riferire con precisione i dati sia cronologici (cf.
la copia l'uno dell'altro ma divergono da molti punti di vista. Su per es. Mt 3,1) sia topografici della vicenda narrata, essendo que-
questo fatto, che fin dal sec. II fu sentito come un problema2, si sti ultimi a volte neanche identificabili (per es. in Me 8,10). Si ag-
fondò negli anni '50 del nostro secolo XX la critica redazionale giunga che, secondo la distinzione antica, la biografia non va nep-
per confutare Va priori della precedente critica morfologica, secon- pure identificata con la storia, in quanto intende sorvolare su tanti
do la quale gli evangelisti non sarebbero stati altro che scialbi tra- particolari e offrire un ritratto tipico del personaggio in oggetto5.
scrittori di ciò che le comunità anonime avrebbero prodotto. Al Inoltre, il quadro narrativo dei vangeli è sbilanciato a favore di un
contrario, andando ben oltre l'analisi isolata e frammentaria delle interesse maggiore dedicato agli ultimi giorni del protagonista, co-
singole unità letterarie che compongono il materiale evangelico, la me non avviene né per la sua infanzia (addirittura assente in Me)
"storia della redazione" (Redaktionsgeschichte)3 evidenziò global- né per la sua vita di adulto, essendo totalmente taciuto il lungo pe-
mente l'apporto complessivo di ciascun evangelista come vero au- riodo della vita privata a Nazaret6. In più, va ammesso che il loro
tore di un'opera unitaria. Di ciascuno di essi risultarono così, dop- livello letterario non è di tipo colto, e ciò li accosta più alla lettera-
piamente, il diverso genio letterario e il diverso genio teologico. tura popolare (Kleinliteratur) che a quella dotta di autore7. Infi-
Si giustifica perciò il fatto che, pur avendo noi già utilizzato setto- ne, ma non ultimo, il vangelo scritto ha un proprio taglio keryg-
rialmente i Sinottici per ricostruire il ritratto del Gesù terreno (cf. matico, che lo differenzia da qualunque biografia, in quanto "rac-
voi. I, cap. I) e per reperire elementi della cristologia della prima conta una storia del passato, ma che parla al presente, e invita il
comunità palestinese (cf. sopra: cap. I), ora esaminiamo singolar- lettore o l'uditore a coinvolgersi mediante la fede"8.
mente ciascuno di essi come opera propria di uno scrittore a sé stan- Resta però il fatto che l'insieme dell'esposizione evangelica ruo-
te, il quale è ben configurabile, non solo per il suo stile, ma so- ta precisamente intorno al personaggio centrale di Gesù di Naza-
prattutto per un suo personale modo di vedere e di ritrarre la figu- ret come protagonista indiscusso. Sicché, nonostante tutte le dif-
ra di Gesù. ferenze, il genere più prossimo resta appunto la biografia antica,
A questo punto si pone la questione di sapere a quale genere let- ma quella di tipo ellenistico9, tra cui spicca il genere delle vite dei
terario appartengano i nostri scritti. Certo essi non sono dei trat-
tati teorici di morale o di teologia, poiché la loro caratteristica spe- 5
cifica è di raccontare. D'altronde però, il loro impianto narrativo Vedi Polibio X,24 e Plutarco, Alex. 1 (testi in R. Penna, L'ambiente, pp.
198-199). Cf. A. Momigliano, Lo sviluppo della biografia greca, Einaudi, Torino
li differenzia sicuramente dal romanzo, produzione di consumo o 1974 (orig. ingl., Harvard 1971).
6
di puro intrattenimento, che, consistendo normalmente in avven- Vedi la celebre definizione già citata di M. Kàhler, Der sogenannte historische
ture intricatissime di due innamorati, rappresenta l'irruzione del Jesus und der geschichtliche, biblische Christus, Leipzig 1892 (21896), riedito a cura
di E. Wolf, Kaiser, Mùnchen 1961 (trad. hai., D'Auria, Napoli 1993), p. 60 nota
privato nella letteratura narrativa4. Viene invece spontaneo pen- 3: i vangeli sono "una storia della Passione con un'ampia introduzione"!
7
sare alla biografia. Ma il racconto dei Vangeli, diversamente da Già E. Norden, La prosa d'arte antica dal VI secolo a.C. alla Rinascenza, Sa-
lerno Editrice, Roma 1986 (orig. ted., Stuttgart 1898), poneva "i Vangeli... intera-
mente fuori della letteratura d'arte" (p. 489). La distinzione netta tra Kleinlitera-
tur e Hochliteratur è stata poi formulata apertamente dai padri del metodo storico-
anni 50, la critica è per lo più concorde nel rifiutarla: cf. gli interventi in materia morfologico M. Dibelius, K.L. Schmidt, R. Bultmann.
8
raccolti da F. Dalla Vecchia, ed., Ridatare i Vangeli?, GdT 247, Queriniana, Bre- G. Segalla, Evangelo e vangeli, p. 20.
scia 1997. 9
2
In proposito, vedi lo studio globale di R.A. Burridge, What are the Gospels?
Cf. R. Penna, Il fatto sinottico e le sue soluzioni. Annotazioni in margine a A Comparison with Graeco-Roman Biography, SNTS MS 70, University Press, Cam-
una nuova Sinossi dei Vangeli, Lateranum 59 (1993) 143-160.
3
bridge 1992, 21995, che offre anche un utile status quaestionis. L'autore opera un
Cf. gli studi di G. Bornkamm e W. Trilling per Mt, di W. Marxsen per Me confronto tra i Vangeli e una decina di biografie antiche, suddivise tra le prime pro-
e di H. Conzelmann per Le. duzioni (Isocrate, Evagora; Senofonte, Agesilao; Satiro, Euripide; Nepote, Atti-
4
Esempio tipico di romanzo è quello di Caritone di Afrodisia, Le avventure di co; Filone AL, Afose) e quelle più recenti (Tacito, Agricola; Plutarco, Catone Mi-
Cherea e Calliroe, composto a cavallo tra sec. I e II, che è anche l'esempio più anti- nore; Svetonio, Vite di XII Cesari; Luciano, Demonatte; Filostrato, Apollonio di
co di romanzo completo giunto fino a noi. Vedi in generale L. Canfora, Storia del- Tiana); il confronto viene fatto in base a determinate caratteristiche esterne (esten-
la letteratura greca, Laterza, Roma-Bari 1986, pp. 575-579. sione, proporzione dei personaggi, uso di fonti) e interne (luoghi, topoi [genealo-
332 LE REDAZIONI SINOTTICHE PREMESSE 333

filosofi10, e comunque non quella rabbinica che di fatto è altro ancora si tratta di un'impresa esclusivamente macedone, che
inesistente11. Tuttavia, tenuto conto che i Vangeli (Sinottici) rap- ignora la fusione culturale dei popoli e presenta Alessandro come
presentano il caso di più "vite" di autori diversi sulla medesima genio militare, sovrano religioso e giustiziere severo (Tolemeo), e
persona, la cosa migliore sarebbe di confrontarli non con un nu- per un altro infine si tratta di difendere la memoria del condottie-
mero X di biografie scritte su altrettanti personaggi, ma con un ro da tutti gli attacchi dei detrattori di cui nel frattempo era stato
caso analogo di più biografie, possibilmente contemporanee, scritte fatto oggetto, così da farlo risultare un uomo semplice e virtuoso
su di un medesimo personaggio. Ebbene, il caso più prossimo al che mediante prove spossanti va alla scoperta di paesi sconosciuti
nostro è indubbiamente quello di Alessandro Magno, della cui spe- (Aristobulo). Sicché, in definitiva, non è affatto facile per lo stori-
dizione in Asia abbiamo testimonianza diretta nel racconto di al- co ricostruire il vero, originale Alexanderbild. Qui più che mai si
meno quattro storici suoi compagni (Callistene, Onesicrito, Tole- verifica il principio, secondo cui la verità (anche quella storica) è
meo, Aristobulo)12. Ora, la cosa più interessante da osservare, ai accessibile solo mediante la sua interpretazione, anzi mediante una
nostri fini, è che le loro testimonianze, pur convergendo sui dati inevitabile pluralità di interpretazioni13.
di fondo dell'impresa del Macedone, divergono notevolmente sia Analogamente Mt-Mc-Lc ci danno altrettante interpretazioni
nel riferire alcuni fatti compiuti da Alessandro, sia nel trasmettere diverse della figura di Gesù; ed è bene che sia così, poiché in
l'immagine globale di lui e della sua impresa. Essa, appunto, per questo modo ci si rende umilmente conto sia della parzialità dei
l'uno ha il tono epico di una crociata panellenica e di una guerra nostri approcci a lui, sia della sua inesauribile identità. Del resto,
di rivincita contro la Persia come tradizionale nemico della Grecia vari studi in materia confermano e insieme esaltano le rispettive
(Callistene), per un altro è l'impresa civilizzatrice di un re-filosofo diversità14. Aggiungiamo così alla galleria dei ritratti di Gesù al-
che introduce presso i barbari le regole della civiltà e della cultura tre tre tele.
greca per fondere insieme due mondi diversi (Onesicrito), per un Un'ultima questione ci si pone, alla quale soltanto accenniamo,
prima di iniziare l'esame dei singoli Sinottici: da quale di essi dob-
già, nascita, infanzia, gesta, virtù, morte e sue conseguenze], stile, tipo di caratte- biamo cominciare? Nessuno ritiene l'ordine canonico Mt-Mc-Lc
rizzazione, ambito sociale e intenzione dell'autore [individuata a sette livelli: enco- corrispondente alla loro successione storica. Una prima soluzione,
miastici informative; entertainment value; to preserve memory; didactic; apologe-
tic and polemic]).
proposta da Griesbach nel 1777 e oggi seguita da alcuni contem-
10
"Esse sono scritte da filosofi e fanno l'elogio di filosofi. Ora ogni elogio, con- poranei, vede le cose schematicamente così: Mt-Lc-Mc. Ma la gran-
siderato dal punto di vista del suo autore, è confessione di fede, proclamazione dei de maggioranza degli studiosi ritiene che, per ragioni tanto lettera-
suoi propri valori. In tal senso, queste biografie sono dei manifesti. E se il manife-
sto filosofico non costituisce una formulazione definitiva della dottrina, esso espo- rie quanto teologiche, Me sia stato il primo vangelo scritto, accan-
ne comunque il programma in termini essenziali" (R. Goulet, Les vies desphiloso-
phes dans l'antiquité tardive et leurportée mystérique, in F. Bovon, M. van Esbroeck
e altri, Les Actes Apocryphes des Apótres. Christianisme et monde paien, Labor
13
et Fides, Genève 1981, pp. 161-219 qui 162). Esempi tipici possono essere, non tan- Cf. L. Pareyson, Verità e interpretazione, Mursia, Milano 1971, 19914. "Della
to l'opera enciclopedica Vitae philosophorum di Diogene Laerzio, quanto piutto- verità non c'è che interpretazione... E la pluralità dell'interpretazione, lungi dal-
sto il Mosè di Filone Al. e il Demonatte di Luciano. l'essere un difetto o uno svantaggio, è il segno più sicuro della ricchezza del pensie-
11
Cf. P.A. Alexander, Rabbinic Biography and the Biography of Jesus: A Sur- ro umano... Il principio fondamentale dell'ermeneutica è appunto che l'unica co-
vey of the Evidence, in C.M. Tuckett, ed., Synoptic Studies: The Ampleforth Con- noscenza adeguata della verità è l'interpretazione; il che vuol dire che la verità è
ferences of 1982 and 1983, JSNTSS 7, JSOT Press, Sheffield 1984, pp. 19-50. Nel- accessibile e attingibile in molti modi... E c'è interpretazione soltanto quando la
la letteratura rabbinica l'attenzione si concentra non sulla figura dei singoli mae- verità s'identifica addirittura con la sua formulazione, senza tuttavia confondersi
stri, ma sulla loro interpretazione della Torah di cui essi sono posti a servizio (cf. con essa, sì da mantenerne la pluralità" (ib., pp. 53, 57, 81; corsivo originale).
14
ib., p. 41: "Il centro del giudaismo rabbinico era la Torah; il centro del cristianesi- Cf. G.M. Styler, Stages in Christology in the Synoptic Gospels, NTS 10 (1964)
mo era la persona di Gesù"). Tutt'al più sono confrontabili singole unità narrati- 398-409; B. Papa, La cristologia dei Sinottici e degli Atti degli Apostoli, Ecumeni-
ve, ma non la forma del Vangelo nel suo insieme, come fanno vedere M. Hilton ca Editrice, Roma 1972; J.D. Kingsbury, Jesus Christ in Matthew, Mark, and Lu-
& G. Marshall, The Gospels and Rabbinic Judaism, SCM Press, London 1988. tee, Fortress, Philadelphia 1981; G.N. Stanton, The Gospels and Jesus, University
12
Vedi il richiamo alla opportunità di un simile confronto in R. Penna, Keryg- Press, Oxford 1989; R. Schnackenburg, La persona di Gesù Cristo nei quattro van-
ma e storia alle origini del cristianesimo. Nuove considerazioni su di un annoso geli, CTNT Suppl. 4, Paideia, Brescia 1995 (orig. ted., Freiburg i.B. 1993); R.A.
problema, Annali di scienze religiose [Milano] 2 (1997) 239-256, e P. Pédech, Hi- Burridge, Four Gospels, One Jesus? A Symbolic Reading, Eerdmans, Grand Ra-
storiens compagnons d'Alexandre, Les Belles Lettres, Paris 1984. pids 1994.
334 LE REDAZIONI SINOTTICHE IL VANGELO SECONDO MARCO 335

to alla fonte Q (teoria delle due fonti), e ritiene questa sequenza: alla cui trasmissione in forma slegata conferisce appunto una ine-
Mc-Mt-Lc15. Ad essa noi ci atteniamo. dita unità18. Egli connette insieme tutta una varietà di elementi:
una serie di racconti di miracolo (dall'esorcismo di 1,21-28 fino al
fico seccato in 11,20-24), un complesso di parole (non nella forma
1. Il vangelo secondo Marco di Q; cf. le parabole in 4,1-34 e il discorso escatologico in 13), di
cui qualcuna esprime anche il valore redentivo della morte di Gesù
Occorre subito dire fin dall'inizio, contro i pochi autori contra- (cf. 10,45), una serie di controversie (cf. 2,1 - 3,6; 11,27 - 12,37),
ri, che Me esprime davvero una sua propria concezione cristologi- e un dettagliato racconto della passione (cf. 14-15). Questi bloc-
ca; il fatto che essa non sia facilmente configurabile non significa chi, presi separatamente uno per uno, possono apparire eteroge-
che non esista16. Per individuarla, non conviene puntare sui titoli nei nella forma e nel contenuto e suggerire visioni contrastanti del-
dati a Gesù (cioè "Cristo", 'Tiglio di Dio", "Figlio dell'uomo", la figura di Gesù; così infatti si è comportata la tradizione (vedi
"re"), come spesso si fa, sia perché essi perlopiù sono già tradi- per esempio la distanza cristologica tra Q e alcune confessioni di
zionali, sia perché rivelano prospettive solo parziali17. D'altronde, fede testimoniate da Paolo). Se Me li ha uniti, è per trasmettere
privilegiare il cosiddetto "segreto messianico" significherebbe vo- una determinata immagine di Gesù in quanto comune denomina-
ler spiegare obscurum per obscurius, a meno di reinterpretare il lem- tore di tutto ciò, per dire che Dio è venuto incontro all'uomo nel-
ma nel senso più generale del "mistero di Gesù" (cf. sotto). l'insieme della sua attività, della sua morte e della sua risurrezio-
Il solo modo adeguato per comprendere l'intento cristologico ne. Non solo il Gesù taumaturgo, non solo il Gesù maestro, non
marciano è di giudicare lo scritto nella sua globalità. Ovviamente, solo il Gesù profeta o apocalittico, non solo il Gesù sofferente, e
anche ogni singolo brano ha una sua propria dimensione cristolo- non solo il Gesù risorto rende visibile e presente l'intenzione salvi-
gica. Ma, se vogliamo parlare di una tipica cristologia marciarla, fica di Dio, ma tutta intera la sua esistenza terrena (sia pur limita-
dobbiamo necessariamente prendere in esame la sua strategia let- ta al ministero pubblico). Non si può negare che in questa opera-
teraria globale o perlomeno partire da essa. Ciò può essere fatto zione e nel suo sforzo di sintesi, c'è un chiaro intento cristologico.
in due momenti. Il Gesù di Me combina in unità una serie di aspetti, che la tradizio-
ne teneva separati, e da questa operazione emerge un personaggio
L'uno consiste nel valutare l'originalità stessa dell'intera com- indubbiamente sfaccettato e ricco di molte virtualità.
posizione rispetto alla pluralità delle varie tradizioni precedenti. Per
primo infatti Me organizza un materiale sicuramente tradizionale, Un secondo momento, che si innesta sul precedente e lo prolun-
ga, consiste nel valutare l'arte narrativa di Me considerata per se
15
In proposito vedi soprattutto P.M. Head, Christology and the synoptic pro- stessa, come fondamento ed espressione di una specifica dimen-
blem. An Argument for Markam priority, SNTS MS 94, University Press, Cam- sione cristologica19. L'impianto narrativo globale, infatti, parten-
bridge 1997, che rinverdisce e rivaluta "l'argomento cristologico" già impiegato
fin dal 1700 in favore della priorità di Me: la sua forza si può constatare nell'esame
comparato non tanto delle singole pericopi quanto piuttosto nell'uso dei titoli cri- 18
stologia; ne risulta che Mt compie un chiaro passo in avanti nella cristologia ri- Cf. E. Schweizer, // vangelo secondo Marco, Nuovo Testamento 1, Paideia,
spetto a Me, mentre non si spiegherebbe che fosse questi a compiere un passo in- Brescia 1971 (orig. ted., Gòttingen 1967), pp. 406-410; vedi anche W.H. Kelber,
dietro. Inoltre, cf. anche V. Fusco, Introduzione ai Sinottici, pp. 87-98; C.M. Tuc- Mark and Orai Tradition, Semeia 16 (1979) 7-55.
19
kett, Synoptic Problem, in ABD 6, pp. 263-270; e G. Theissen & A. Merz, Der hi- Un qualificato impulso in questo senso è stato dato da R.C. Tannehill, The
storische Jesus. Ein Lehrbuch, Vandenhoeck, Gòttingen 1996, pp. 41-48. Gospel o/Mark as Narrative Christology, Semeia 16 (1979) 57-95: è il "plot" della
16
Contro R. Pesch, // vangelo di Marco, II, CTNT II/2, Paideia, Brescia 1982 composizione narrativa che rivela la "depth rhetoric" con cui Me trasmette il suo
(orig. ted., Freiburg i.B. 21980), p. 73: "Marco non possiede alcuna concezione ritratto di Gesù (cf. p. 59: "Noi stessi comprendiamo la nostra stessa vita e la vita
cristologica chiaramente autonoma; la cristologia del suo vangelo è determinata es- degli altri dando loro forma di racconti [by shaping them into stories], e la forma
senzialmente da quella delle sue tradizioni". Da parte sua R. Schnackenburg, La del racconto della nostra vita può essere influenzata da racconti che abbiamo letto
persona di Gesù Cristo, p. 114, parla di un'immagine di Gesù non coerente e non o sentito"). Vedi anche J.R. Donahue, Jesus as the Parable o/God in the Gospel
unitaria. o/Mark, Interpr 32 (1978) 369-386; e soprattutto D. Rhoads & D. Michie, Mark
17
Contro J.D. Kingsbury, The Christology of Mark's Gospel, Fortress, Phila- as Story. An Introduction to the Narrative of a Gospel, Fortress, Philadelphia 1982;
delphia 1983, pp. 47ss; P.J. Achtemeier, Mark. Gospel of, in ABD 4, pp. 541-557 O. Davidsen, The Narrative Jesus. A Semiotic Reading of Mark's Gospel, Univer-
qui 551-553. sity Press, Aarhus 1993 (troppo polemico verso l'esegesi storico-critica).
336 LE REDAZIONI SINOTTICHE IL VANGELO SECONDO MARCO 337

do dalla predicazione del Battista e culminando nella scoperta del 1.2 L'insieme narrativo
sepolcro vuoto, pur passando attraverso una serie di sommari che
lasciano intendere l'omissione di altro abbondante materiale nar- Ma è soprattutto la struttura dell'insieme narrativo che comporta
rativo (cf. 1,32-33.39; 3,7-12; 6,54-56; 10,13-16), rivela alcune ca- una cristologia massiccia. Già l'originale incipit "Principio del van-
ratteristiche non trascurabili e significative, che possiamo percepi- gelo di Gesù Cristo [Figlio di Dio]" (1,1) concentra l'attenzione
re a un doppio livello. senza alcuna sbavatura sulla figura centrale di Gesù, comunque si
debba interpretare il greco àpxri, se in senso cronologico ( = Me
comincia non con la nascita di Gesù ma con la predicazione di Gio-
1.1 Alcune tecniche letterarie vanni, anzi con un testo dell'A.T.!) 22 oppure in senso assoluto co-
me "dato fondamentale, base costante" dell'annuncio riguardan-
Alcune tecniche letterarie implicano già di per sé una sottintesa te Gesù23.
valenza cristologica. Facciamo qualche esempio20. (1) Me nel suo Poi la struttura dello scritto è impostata in modo tale da favori-
racconto, a partire da 1,12, impiega molto spesso il presente sto- re un approccio sempre rinnovato a Gesù e al suo mistero, a passi
rico, che le traduzioni non sempre onorano; anche se a volte è successivi di sempre maggiore approfondimento 24 . Le due figure
coordinato ad altri tempi verbali (cf. 3,13: lett. " E sale sul monte del Battista all'inizio e del "giovane"- angelo alla fine fanno sem-
e chiama quelli che voleva e andarono da lui") e denota carenza plicemente da contorno a tutta la trama narrativa, favorendo, ri-
nella coordinazione sintattica, tuttavia la sua frequenza (ca. 150 spettivamente, il pronunciamento fuori campo della voce di Dio
volte [contro le 78 di Mt e le 5 di Le]) ci fa pensare che vi soggiac- nel momento del battesimo e la comprensione del sepolcro vuoto
cia l'intenzione di rendere Gesù presente ai lettori del vangelo, come segno del tremendum della risurrezione. Fra questi elementi
come per dire che ciò che Gesù disse o fece, lo dice e lo fa tuttora di prologo e di epilogo si snoda tutto un itinerario di comprensio-
per loro: la sua storia passata si riverbera sul presente. (2) L'uso ne dell'identità del protagonista, che va dallo stupore interrogante
frequentissino dell'avverbio (xoù) eù0u?, "(e) subito" (a partire da della folla nella sinagoga di Cafarnao (1,27: "Che significa que-
1,10 fino a 15,1: ben 42 volte [contro le 7 di Mt e l'I di Le]), sto?") fino all'esclamazione credente del centurione ai piedi della
per quanto lo si possa filologicamente spiegare come un croce (15,39: "Veramente quest'uomo era figlio di Dio"). Si po-
semitismo24, imprime al racconto marciano un passo veloce, un trebbe ipotizzare che la confessione del centurione valga come ap-
dinamismo, quasi un'urgenza motivata dalla presenza irresistibile propriazione credente della definizione iniziale di Gesù, che al Bat-
di Gesù, che spinge comunque a una presa di posizione. (3) Ana- tesimo è dichiarato "figlio diletto" (1,11); ma, poiché questa defi-
logamente ciò vale per l'uso di (rip^a(v)xo), "cominciò, comincia- nizione viene dal cielo, è più omogeneo confrontare fra loro due
rono", come verbo ausiliare (cf. 1,45: "Cominciò a proclama- dichiarazioni 'storiche': appunto, la reazione iniziale della gente
re"; 6,55: "Cominciarono a portargli i malati"), che Me utilizza a Cafarnao e la confessione del centurione al Calvario. Ebbene,
26 volte (contro le 9 di Mt e le 19 di Le): anche se grammatical- fra questi due estremi esiste un marcato contrasto, che consiste non
mente è ridondante, esso nell'insieme suggerisce l'idea di un nuo-
vo inizio contrassegnato appunto dall'azione e dalle parole di Ge-
sù. Sicché l'ineleganza stilistica nasconde probabilmente una in- 22
Oltre a W. Marxsen, L'evangelista Marco, p. 115, cf. i Commenti di V. Tay-
teressante lezione cristologica. lor, E. Schweizer, J. Gnilka, e R.H. Gundry (di cui cf. i testi citati a p. 31). Solo
per estensione arche potrebbe anche riferirsi all'intero racconto e quindi a tutta la
vita terrena di Gesù intesa come inizio di un'opera di evangelizzazione, che la chie-
sa continua tuttora al tempo dei lettori.
23
Cf. R. Pesch, Me, I, p. 142; da parte sua M. Adinolfi, APXH, EYArTEAION,
XPI2T02. Note filologiche a Me 1,1, RivBib 43 (1995) 211-224, lo intende nel senso
20
Cf. V. Taylor, The Gospel according to St. Mark, Macmillan, London 1963 di "rudimenti, i primi elementi, un compendio essenziale".
24
(= 1952), pp. 46, 48, 61s. L'interrogativo "Chi è costui?" è ritenuto tipico di Me da P. Mùller, "Wer
21
Cf. l'ebraico v^hinnèh, "ed ecco", che però i LXX traducono con xoù ì8ou ist dieser?" Jesus im Markusevangelium, "Biblisch-theologische Studien" 27, Neu-
(cf. Gn 22,13; Ez 1,4; 8,2.7). kirchener, Neukirchen-Vluyn 1995.
338 LE REDAZIONI SINOTTICHE IL VANGELO SECONDO MARCO 339

solo nel diverso atteggiamento assunto di volta in volta nei con- dell'uomo doveva soffrire molto...". D'ora in poi si succedono tre
fronti di Gesù, ma soprattutto nel fatto che il primo è occasionato predizioni della passione (cf. 8,31 ; 9,31 ; 10,33-34), che fanno ormai
da un prodigioso intervento di potenza (la guarigione di un inde- precipitare il racconto verso il dramma finale. Ed è tragicamente sin-
moniato), mentre il secondo è connesso con il momento della su- tomatico il fatto che i discepoli stessi, che sono chiamati a stare con
prema impotenza della morte in croce. Gesù e ai quali egli confida in maniera privilegiata il mistero del re-
Il vangelo di Marco è tutto racchiuso in questo intreccio parados- gno di Dio (cf. 3,14; 4,11), invece con un crescendo di ottusità e in-
sale, in questa dialettica. Da una parte, l'evangelista narra di un Gesù comprensione, umanamente spiegabilissime26, giungono fino al tra-
che compie prodigi in favore dell'uomo, i quali suscitano su di lui dimento di Giuda, al rinnegamento di Pietro, e alla fuga di tutti gli
giudizi favorevoli e aspettative, in cui però egli non si riconosce. Dal- altri (cf. 14,50).
l'altra, Me richiama l'attenzione su di un Gesù umiliato e sofferen-
te, nel quale egli si riconosce appieno ma che la folla e persino i di-
scepoli vogliono evitare e respingere. Questa dualità sembra avere 1.3 La dimensione cristologica
in Me addirittura un valore strutturante 25 . Infatti, in una prima fa-
se che va fino alla confessione di Pietro a Cesarea di Filippo (cf. In tutto ciò è presente una dimensione cristologica: Me sottoli-
8,27-30), si succedono ripetuti interrogativi su Gesù (cf. 1,27; 2,18; nea il fatto che il mistero di Gesù, inopinatamente, sfugge persino
4,41; 6,2). Essi ottengono risposte divaricanti: da una parte, Gesù ai suoi intimi, come a dire che egli eccede l'umana comprensione.
viene giudicato in termini assolutamente negativi (cf. 3,21 : " È fuo- A ciò è connesso un intento missionario e indirettamente ammoni-
ri di sé"; 3,22: "Ha Beelzebul"), mentre dall'altra vengono espres- torio, poiché, al contrario, la confessione di fede più alta verrà fatta
si giudizi assai positivi (cf. 6,14-15: Gesù è identificato con Giovan- da un estraneo, un centurione pagano, e proprio ai piedi della cro-
ni redivivo, con Elia, con uno dei profeti) che culminano nella em- ce, da cui i discepoli erano fuggiti (cf. 15,39).
blematica risposta di Pietro: "Tu sei il Cristo" (8,29). Ma in entrambi
i casi non si coglie nel segno ciò che Gesù veramente è. Certo la con- È a questo punto che possiamo accennare alla questione del 'segreto
fessione di Pietro è il massimo che i discepoli abbiano potuto capire messianico'. Secondo l'originale proposta ermeneutica avanzata circa un
e dire di lui; ed è il massimo che anche la folla potesse esprimere a secolo fa da Wrede27, questa formula vorrebbe dire che, non avendo mai
suo riguardo, come si vedrà durante il suo osannato ingresso a Ge- Gesù pensato di essere Messia ed essendo invece questa la convinzione della
rusalemme (cf. 11,1 -10). Giudicato da un punto di vista meramente chiesa post-pasquale, la tradizione pre-marciana e poi Me intenderebbe-
giudaico, ciò è veramente tanto. Tuttavia, Me sa che Gesù non è sod- ro creare un ponte tra le due cristologie mediante l'introduzione nella storia
disfatto, e lo fa vedere: sia riferendo il rimprovero di Gesù a Pietro di Gesù di un divieto concernente la dichiarazione della sua messianici-
(cf. 8,30), sia facendo iniziare subito dopo una nuova fase di inse- tà. Non si può nascondere l'impressione che questa costruzione abbia qual-
cosa di artificiale. Certo è che Me tematizza la reticenza di Gesù in mate-
gnamento da parte di Gesù. Infatti, con 8,31 l'evangelista opera per ria, come si vede dalla ripetuta ingiunzione del silenzio a coloro che han-
così dire un giro di boa nella sua presentazione del protagonista, poi- no percepito la sua identità: soprattutto ai beneficiari di un miracolo (così
ché da quel momento egli "cominciò a insegnare loro che il figlio il lebbroso in 1,40-45; la figlia di Giairo risuscitata in 5,35-43; il sordo-
muto in 7,31-37; il cieco di Betsaida in 8,22-26), ma anche agli indemo-
niati (cf. 1,34; 3,1 ls) e ai discepoli (cf. 8,30; 9,9). Ma qual è il senso di
25
Interessante, perché cristologicamente rilevante, è pure la struttura proposta questo comportamento di Gesù secondo Me? La spiegazione di Wrede,
da B. Standaert, L'évangile selon Marc. Composition et geme littéraire, Stichting
Studentenpers, Nijmegen 1978, 21984; Id., // vangelo secondo Marco, Boria, Ro-
ma 1984. La sua divisione in tre parti (1,14 - 6,13: esposizione del fatto-Gesù, che
26
suscita l'interrogativo della sua identità; 6,14 - 10,52: Gesù viene identificato e se Cf. 8,32s: reazione di Pietro che si oppone alla prospettiva della passione;
ne propone la sequela; 11-15: soluzione drammatica della vicenda di Gesù nell'ulti- 10,28: l'interrogativo rivendicazionista di Pietro; 10,35-40: la richiesta dei figli di
ma settimana a Gerusalemme) colloca la massima rivelazione della sua triplice identità Zebedeo (ma vedi già i precedenti rimproveri riportati in 4,40; 6,51-52; 8,17).
27
nella breve sezione 8,27 - 9,13 dove egli è confessato da Pietro come "Cristo", pre- Cf. W. Wrede, // segreto messianico nei vangeli. Contributo alla compren-
senta se stesso come "Figlio dell'uomo sofferente", ed è proclamato da Dio sul sione del Vangelo di Marco, Classici Neotestamentari 3, D'Auria, Napoli 19% (orig.
monte della trasfigurazione come "Figlio di Dio". ted., Gòttingen 1901), con una introduzione di V. Fusco (pp. 5-50).
340 LE REDAZIONI SINOTTICHE IL VANGELO SECONDO MARCO 341

che ha originato una bibliografia enorme 28 , ha ricevuto tali critiche che zionale senza con ciò voler pregiudicare le cose al livello del Gesù terre-
oggi è ritenuta insostenibile; infatti: (1) in Me 9,9 all'ingiunzione del si- no; (7) infine si fa notare che, se la designazione di Gesù come Messia
lenzio viene dato come scadenza l'evento della risurrezione, ma è sorpren- non rimontasse già alla sua coscienza storica, non ci sarebbe alcuna ra-
dente osservare che proprio secondo Me in 16,7-8 riappaiono nelle don- gione per spiegare l'attribuzione del titolo a lui da parte della chiesa post-
ne, testimoni del sepolcro vuoto, gli stessi motivi di incomprensione e di pasquale, sia perché il titolo non era affatto comune nel giudaismo in
timore che si riscontrano in tutto il vangelo 29 ; (2) in effetti, dopo 9,9 e quel periodo, sia perché non avrebbe avuto senso alcuno la sua connes-
quindi nella seconda parte del vangelo non c'è più nessun segreto da man- sione con un crocifisso.
tenere (anzi, vedi la folla in 11,1-10 e la confessione di Gesù di fronte al Altre spiegazioni perciò sono state avanzate e si possono suddividere
Sinedrio in 14,61-62): esso appartiene curiosamente solo alla prima par- in due tronconi 31 . Secondo alcuni, la prassi marciana non va intesa a li-
te, dove c'è la maggior parte dei miracoli; (3) la teoria del segreto messia- vello redazionale ma corrisponde semplicemente e interamente al dato ge-
nico fa soltanto parte di un tema più vasto, che riguarda l'incomprensio- suano: Gesù voleva evitare ogni pubblicità per non favorire malintesi di
ne di Gesù da parte dei discepoli non solo nei confronti della sua messia- tipo politico-nazionalistico, connessi con una certa aspettativa messianica
nicità ma anche della sua predicazione e del suo destino di sofferenza; (4) del tempo 32 . Bisogna però riconoscere che la richiesta del silenzio non av-
molte sezioni di Me, anche nella prima parte, sono dominate dal tema con- viene in tutti i casi (cf. sopra). Secondo altri, invece, bisognerebbe pren-
trario della pubblicità, come si vede nel blocco delle controversie in 2,1 dere sul serio una operazione redazionale di Me, la quale allora viene in-
- 3,6 e nel racconto delle guarigioni dell'indemoniato di Cafarnao terpretata in modi diversi: (1) Me vuole spiegare perché Gesù non ebbe
(1,23-28), del paralitico (2,1-12), dell'uomo con la mano rattrappita (3,1-6) successo e proprio fra i giudei (cf. M. Dibelius, W. Schmithals); (2) il di-
e di quelle menzionate in qualche sommario (1,32-34; 3,7-12), compiute vieto sarebbe solo un espediente di Me finalizzato a sottolineare l'epifa-
sotto gli occhi di tutti; (5) alcuni Autori richiamano il fatto che Gesù si nia del Figlio di Dio, in modo che la trasgressione del divieto fa risaltare
sia conformato a un topos proprio del giudaismo, secondo cui il Messia maggiormente l'inarrestabile manifestazione di Gesù (cf. G. Ebeling, W.
non doveva né rivelarsi né essere rivelato da altri, se non da Dio stesso30; Marxsen); (3) Me vuole insegnare che essere discepoli di Gesù non signi-
(6) i quattro miracoli suddetti, in occasione dei quali si ingiunge il silen- fica avere una vita di successo, poiché il segreto è svelato solo a chi segue
zio, trattano di un lebbroso, di un defunto, di un sordo e di un muto: essi Gesù sulla via della croce (cf. U. Luz, G. Minette de Tillesse); (4) Me vuole
corrispondono semplicemente ai segni messianici indicati in Q ("I ciechi privilegiare il momento della piena rivelazione che è la Pasqua: solo do-
vedono, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono mondati, i sordi odono, po la risurrezione Gesù può essere correttamente inteso dalla fede (cf. G.
i morti risorgono" : Le 7,22/Mt 11,4s), ma, se Q ha una cristologia di 'pub- Strecker, J. Gnilka); (5) Me vuole opporsi alla cristologia difettiva della
blicità messianica' e Me invece preferisce insistere sul 'segreto messiani- fonte Q (priva di racconti di miracoli) e respingere la pretesa di quei cri-
co', significa soltanto che la tecnica marciana è spiegabile a livello reda- stiani che si appellavano a un Gesù terreno connotato da una cristologia
bassa: anche prima della Pasqua i discepoli hanno capito chi è Gesù, ma
questi proibì loro di divulgarlo (cf. H. Ràisànen).
28
Vedi almeno E. Bickermann, Das Messiasgeheimnis und die Komposition des In conclusione, la teoria del segreto messianico in senso stretto va su-
Markusevangeliums, ZNW 22 (1923) 122-140; G. Ebeling, Das Messiasgeheimnis perata, poiché esige come controparte una teoria della rivelazione. In
und die Botschaft des Marcus-Evangelisten, BZNW 19, de Gruyter, Berlin 1939;
U. Luz, Das Geheimnismotiv und die markinische Christologie, ZNW 56 (1965) essa infatti si compendiano molti motivi cristologici, come il rifiuto di
9-30; G. Minette de Tillesse, Le secret messianique dans l'Évangile de Marc, LD un'immagine di Cristo "entusiastico", uno sguardo inevitabile sulla via
47, Cerf, Paris 1968; C.M. Tuckett, ed., The Messianic Secret, Issues in Religion della croce, l'unione di croce-risurrezione come decisivi fattori di sal-
and Theology 1, Fortress, Philadelphia 1983; H. Ràisànen, The 'Messianic Secret' vezza, e la dialettica tra incomprensione e comprensione 33 .
in Mark,
29
T.&T. Clark, Edinburgh 1990.
30
Cf. B. Papa, La cristologia, p. 52.
Cf. J.C. O'Neill, WhoDid Jesus Think He Was?, BIS 11, Brill, Leiden 1995, 31
pp. 42-54 ("The Hidden Messiah"), con rimandi a lEn 62,6-7; LAB6\,9; 4Esd 13,52 32
Vedi il quadro offerto da H. Ràisànen, The 'Messianic Secret', pp. 38-75 e 242-258.
("Come nessuno può scrutare né sapere quello che sta nel profondo del mare, così Cf. per esempio O. Cullmann, Christologie du Nouveau Testament, Dela-
nessuno sulla terra potrà vedere il mio servo, o coloro che sono con lui, se non quan- chaux et Niestlé, Neuchàtel 1958, pp. 107-108; e anche R. Pesch, Me, II, pp. 68-73.
33
do verrà questo giorno"); d'altronde, sia il Maestro di Giustizia a Qumràn sia i vari Cf. J. Ernst, Das sog. Messiasgeheimnis - kein "Hauptschlùssel" zum Markus-
pretendenti di cui parla FI. Giuseppe sia successivamente Bar Kochebah, pur consi- evangelium, in J. Hainz, ed., Theologie im Werden. Studien zu den theologischen Kon-
derando ciascuno la propria missione in termini messianici, furono riservatissimi nel- zeptionen im Neuen Testament, Schòningh, Paderborn 1992, pp. 21-56. Giustamente F.
l'impiegare titoli messianici per sé. Su questa linea, vedi anche D.E. Aune, ThePro- Fendler, Studien zum Markusevangelium. Zur Gattung, Chronologie, Messiasgeheimnis-
blemof the Messianic Secret, NT 11 (1969) 1-31; R. Longenecker, The Messianic Se- theorie und Uberlieferung deszweiten Evangeliums, GTA 49, Vandenhoeck, Gòttingen
cret in the Light of Recent Discoveries, EvQ 41 (1969) 207-215 qui 213ss. 1991, p. 146, scrive che con il segreto messianico Me "relativizza ogni rivelazione
342 LE REDAZIONI SINOTTICHE IL VANGELO SECONDO MARCO 343

Stante la dialettica, di cui abbiamo detto, non stupisce che gli stu- culmina poi nel racconto della passione (cf. 14-15), a cui segue per-
diosi discutano quale progetto cristologico essa nasconda. Me infatti sino il silenzio delle donne circa la sua risurrezione (cf. 16,8)38.
dedica circa il 30% del suo materiale al tema dei miracoli, soprattut- Su questa linea dovrebbe essere letto anche il tema della messiani-
to in forma di racconti (15), ma anche di sommari (4) e di una discus- cità di Gesù in rapporto con l'ascendenza davidica. Ebbene, dalla re-
sione (in 3,22-27). Tutto questo materiale, benché si trovi quasi inte- dazione dei brani corrispondenti (cf. l'invocazione "figlio di Davi-
ramente nella prima parte (eccetto 3 racconti)34, dimostrerebbe un de" da parte del cieco Bartimeo in 10,47-48; l'acclamazione durante
peculiare interesse dell'evangelista alla figura di Gesù come inviato l'ingresso a Gerusalemme in 11,1-10; la questione del tributo a Cesa-
di Dio potente e glorioso35. Altri invece hanno pensato che Me ab- re in 12,13-17; e la discussione circa la discendenza davidica del Mes-
bia accolto tanti miracoli nel suo vangelo solo per combattere la cri- sia in 12,35-37) si rileva che secondo Me Gesù non rivendica alcuna
stologia da essi suggerita, quella cioè di un Gesù irresistibilmente po- concezione politica e tantomeno trionfalistica della propria identi-
tente, e correggerla con la prospettiva della croce e dell'umiltà che tà; egli così non solo rispetta la tradizione gesuana, ma dà anche una
essa comporta36. Entrambe le tesi sono eccessive e parziali, ma en- lezione a eventuali circoli cristiani della chiesa del suo tempo39.
trambe evidenziano elementi interessanti che si integrano a vicenda. Me dunque propone alla vita della chiesa la figura di Cristo in
Da una parte, bisogna riconoscere che, se i racconti di miracolo aves- tutto l'arco del suo vangelo, a partire dal battesimo (che come per
sero solo una valenza anti-cristologica, non si spiegherebbe la loro Gesù così inizia anche l'esistenza del cristiano) fino alla croce (cf.
quantità notevole, sicché è meglio pensare che per Me essi esprimano 8,34: "Se qualcuno vuol venire dietro di me...") e al silenzio circa
comunque una parte della rivelazione di Dio e della sua regalità in la risurrezione (il cui mistero continua a sovrastare ciascun cristia-
Gesù; il lettore però viene a sapere che, secondo Me, se questa rivela- no). Anche la relazione dell'ultima cena si colloca in questo ambi-
zione fosse ristretta ai miracoli sarebbe limitata e imperfetta. Infatti, to di riflessioni, in cui Gesù e la chiesa sono intimamente intrec-
altre considerazioni sembrano andare nel senso di una predilezione ciati, in quanto l'una nel suo cammino verso il compimento esca-
per una cristologia della croce: la presenza dei miracoli è preponde- tologico (cf. 14,25) sperimenta la presenza viva dell'altro40. In par-
rante solo nella prima parte; Gesù rifiuta di compiere un particolare
segno dal cielo (cf. 8,11-12); eloquenti sono le richieste al discepolo di
seguire Gesù nella via della croce e non del successo (cf. 8,34-38; 10,42- R.N. Longenecker, ed., Patterns of Discipleship in the New Testament, Eerdmans,
Grand Rapids 1996, pp. 9-29.
45)37; l'intero vangelo, che già in 3,6 prospetta sul dramma finale, 38
Quanto ai due 'miracoli' del Battesimo e della Trasfigurazione, essi non van-
no letti solo come epifanie gloriose, ma racchiudono anche allusioni al tema della
sofferenza: nel primo caso, la menzione del "figlio diletto" implica un rimando
affrettata dell'essere di Gesù ... ed è in grado così di esporre sul piano della storia a Isacco, che, benché fosse il figlio amato di Abramo (cf. Gn 22,2), venne destina-
la dialettica dogmatica tra il Figlio dell'uomo sofferente e il Figlio di Dio glorioso". to ad essere sacrificato; nel secondo caso, la presenza di Mosè e di Elia va spiegata
34
I 15 racconti della prima parte, oltre agli eventi celesti nel Battesimo al Gior- anche per il fatto che essi, come Gesù, furono perseguitati (cf. rispettivamente Es
dano (in 1,10-11), si trovano in 1,23-28 (indemoniato di Cafarnao).29-31 (la suoce- 2,11-22 e IRe 19,1-8).
ra di Pietro).40-45 (un lebbroso); 2,1-12 (un paralitico); 3,1-5 (una mano rattrappi- 39
Cf. S.H. Smith, The Function of the Son of David Tradition in Mark's Go-
ta); 4,35-41 (la tempesta sedata); 5,1-20 (indemoniato di Gerasa).22-24 + 35-42 (la spel, NTS 42 (1996) 523-539.
figlia di Giairo).25-34 (l'emorroissa); 6,30-44 (prima moltiplicazione dei pani).48 40
Problematica tuttavia è l'interpretazione proposta da A. Vògtle, Das marki-
(cammino sulle acque); 7,24-30 (la figlia della Cananea).31-37 (un sordomuto); 8,1-9 nische Verstàndnis der Tempelworte, in U. Luz - H. Weder, edd., Die Mitte des
(seconda moltiplicazione).22-26 (il cieco di Betsaida). I 4 sommari sono in 1,32-34; Neuen Testaments. Festschrift E. Schweizer, Vandenhoeck, Gòttingen 1983, pp.
3,10-11; 6,5; 6,54-56. I 3 racconti della seconda parte, oltre la Trasfigurazione (in 362-383 (e condivisa da R. Schnackenburg, La persona di Gesù Cristo, pp. 73-74;
9,2-9), si trovano in 9,14-29 (un fanciullo indemoniato); 10,46-52 (il cieco di Geri- ma cf. già F. Flùckiger, in TZ 26 [1970] 395-409 specie 405), secondo cui le parole
co); 11,12-14 + 20-24 (il fico maledetto). di Gesù sulla costruzione di un nuovo Tempio non fatto da mani d'uomo (cf. 14,58)
35
Addirittura il commento di R.H. Gundry, Mark. A Commentary on HisApo- andrebbero riferite alla comunità cristiana in quanto sostitutiva della comunità del-
logyfor the Cross, Eerdmans, Grand Rapids 1993, è comandato dalla tesi che Me l'antico Tempio, il cui velo ormai è stato strappato (cf. 15,38). Contro di essa van-
abbia scritto "una teologia della gloria" (p. 1024), quindi allo scopo non di preser- no queste constatazioni: l'uso del termine "tempio" invece di "casa" non favori-
vare eventuali cristiani in pericolo di apostatare a motivo della vergogna della croce, sce l'idea del regno messianico d'Israele come avviene invece in 2Sam 7,16; inoltre,
ma per convertire dei non-cristiani a dispetto della vergogna della croce (cf. p. 1026). l'uso dell'aggettivo àXXo?, "altro" (invece di «epos), suggerisce l'idea di un tempio
36
Così L. Schenke, Die Wundererzàhlungen des Markusevangeliums, SBB 5, dello stesso genere; in più, se Gesù avesse voluto riferirsi alla chiesa, è quasi impos-
Katholisches Bibelwerk, Stuttgart 1974. sibile che Me potesse caratterizzare le sue parole come una falsa testimonianza (cf.
37
Cf. L.H. Hurtado, Following Jesus in the Gospel of Mark - and Beyond, in 14,57); infine, la definizione della chiesa come "tempio" sia in Paolo (cf. ICor
344 LE REDAZIONI SINOTTICHE IL VANGELO SECONDO MARCO 345

ticolare, colpisce in. Me l'uso frequente della parola eùorpféXiov, poli come amici dello sposo, i quali non possono digiunare finché
"evangelo" (sette volte [contro 4 volte in Mt e mai in Le]; assolu- questi è con loro. Certo non si tratta che di una metafora, e forse
to: 1,15; 8,35; 10,29; 13,10; 14,9; specificato: 1,1.14), a cui si ag- non è neanche il caso di scorgervi il senso forte di un'allusione al
giunge l'uso del sinonimo ó Xóyo?, "la parola", nel senso tecnico fatto che Dio nell'AT è definito come tale in rapporto a Israele
della predicazione evangelica (in 2,2; 4,14.15bis.l6.17.18.19.20. (cf. Is 54,5; 61,10; 62,5). Ma, tenuto conto che nel giudaismo la
33)41. Questo tipo di impiego può essere accostato al linguaggio qualifica di sposo non ha mai una valenza messianica, anche il sem-
paolino. Tuttavia, se l'uso del termine è già anteriore a Me, spetta plice riferimento alla comune prassi nuziale evoca sentimenti di fe-
però a Me un doppio primato: di averlo introdotto nella redazione stosità e di gioia, che qui sono connessi appunto con Gesù. Certo
sinottica, e soprattutto di averlo esteso a etichettare l'intero mini- è che dopo Me questa metafora cristologica conoscerà uno svilup-
stero di Gesù. Per lui il vangelo è doppiamente, sia la predicazione po piuttosto considerevole in rapporto a Gesù43.
di Gesù, sia la predicazione su Gesù. Dunque, la storia stessa di Certamente originale comunque è il modo con cui Me utilizza
Gesù diventa annuncio; sicché, il vangelo non ha soltanto Gesù co- soprattutto la qualifica tradizionale di "figlio di Dio". Oltre alla
me oggetto, poiché "il vangelo è Gesù", tutto intero 42 . sua presenza già nell'incipit redazionale (dove però è testualmente
incerto), esso compare cinque volte e racchiude per così dire l'inte-
ro racconto: da una parte la voce di Dio nel battesimo al Giordano
1.4 Titoli cristologia marciarti (cf. 1,11), dall'altra la confessione del centurione ai piedi della croce
(cf. 15,39). Fin dall'inizio, quindi, il lettore sa già che tutto ciò
Su questo sfondo si spiegano anche i titoli cristologici marciani. che leggerà nel vangelo riguarda un personaggio che Dio stesso
Per la verità, Me non ha molti titoli originali, poiché li deriva qua- ha dichiarato come figlio proprio, nel quale si compendiano alme-
si tutti dalla tradizione. Probabilmente fanno eccezione solo un paio no tre caratteristiche derivanti dall'AT: la messianicità, l'amore
di appellativi. Uno è la qualifica di Gesù come "Nazareno", uti- del Padre, la funzione di servo44. Ma questo titolo, se comincia
lizzato quattro volte (cf. 1,24; 10,47; 14,67; 16,6) contro la totale col richiamare un'idea di forza irresistibile (soprattutto nei con-
assenza in Mt (che ha due volte il più enigmatico "Nazoreo") e fronti di Satana, a partire dalle tentazioni nel deserto, appena ac-
solo due volte in Le (più una volta Nazoreo). Evidentemente Me cennate, e poi nella guarigione degli indemoniati), come abbiamo
pone l'accento su una delle fondamentali coordinate dell'incarna- visto, viene poi corretto da una inattesa connessione con la passio-
zione, cioè il luogo preciso della provenienza geografico-sociale di ne e la morte, come del resto suggerisce anche la parabola dei vi-
Gesù; "Nazareno" è il nome della concretezza storica, della nor- gnaioli omicidi (cf. 12,1-11). Evidentemente Me è fedele alla pro-
malità quotidiana: egli è nazareno come tanti altri lo erano, anche pria impostazione cristologica: nella sua identità profonda, Gesù
se i lettori probabilmente non ne conoscevano altri (è assente quindi non corrisponde alle precomprensioni umane; al contrario, biso-
la sfumatura di celebrità, che traspare da altre designazioni solo gna calcolare degli esiti inattesi, che rivelano Gesù nella profondi-
apparentemente analoghe come "lo Stagirita, l'Uticense, l'Aqui- tà del suo mistero.
nate ecc."). Un altro appellativo originale sembra essere quello di Lo si vede bene anche nell'uso del titolo di "figlio dell'uomo"
"sposo" in 2,19-20, dove è Gesù stesso a parlare dei suoi disce-
43
Pre-marciana è soltanto l'allusione di Paolo in 2Cor 11,2, mentre certamente
post-marciani e quindi sviluppi ulteriori sono i passi di Mt 22,1-2 (parabola del ban-
3,16-17; 6,19; 2Cor 6,16) sia in lPt (2,4-8: "casa"; cf. Ap 3,12) non parla mai di chetto di nozze per il figlio di un re); 25,1-13 (parabola delle dieci vergini); Gv 2,29
un tempio "non fatto da mani d'uomo", che ha piuttosto una venatura escatologi- (dove il Battista si proclama soltanto amico dello sposo; cf. anche Gv 2,1-11); Ef
ca o comunque celeste (cf. 2Cor 5,1; Eb 9,11) (cf. R.H. Gundry, Mk, pp. 900-901). 5,22-33 (rapporto nuziale Cristo-Chiesa); e Ap 19,7; 21,2.9 (le nozze con la Geru-
41
La frequenza di queste dieci ricorrenze, quasi tutte nella sezione della para- salemme celeste).
44
bola del seminatore o della semina, contrasta con quella dei passi paralleli in Mt La dichiarazione celeste, infatti, richiama Sai 2,7 ("Tu sei mio figlio..."; sal-
13,19-23 (dove si riducono a sei) e in Le 8,11-21 (dove si riducono ancora a cinque). mo di intronizzazione regale); Gn 22,2 LXX ("Prendi tuo figlio, // diletto [TM:
42
Cf. le belle pagine di W. Marxsen, L'evangelista Marco, pp. 110-120, cita- l'unico], quello che ami"); Is 42,1 ("Ecco il mio servo,... in cui mi compiaccio;
zione p. 119. ho posto il mio spirito su di lui").
346 LE REDAZIONI SINOTTICHE IL VANGELO SECONDO MATTEO 347

(14 volte): sia all'inizio (cf. 2,10: perdono dei peccati) che alla fine 2.1 // materiale evangelico
(cf. 14,62: venuta sulle nubi del cielo), l'impiego di questo titolo
è connesso con una manifestazione di potenza; tuttavia, a partire A livello di semplice materiale evangelico, a parte piccoli brani
da 8,31 esso è collegato con il tema inaudito della sofferenza, che esclusivi sparsi qua e là, occorre notare soprattutto la presenza e quin-
in 10,45 trova la sua espressione migliore e più tipica: "Il figlio di l'apporto cristologico proprio di due nuovi blocchi consistenti. (1)
dell'uomo è venuto non per essere servito, ma per servire e dare L'uno riguarda il cosiddetto 'vangelo dell'infanzia' dei primi due ca-
la sua vita in riscatto per molti". Qui la mera e tradizionale di- pitoli . Esso comprende la genealogia di Gesù (cf. 1,1 -17) e un insie-
mensione apocalittica giudaica è del tutto superata, e la figura del me di cinque fatti che contornano la sua nascita (cf. 1,18 - 2,23: il
Figlio dell'uomo è ricondotta dalle nubi del cielo fin sulla terra, concepimento verginale, la nascita a Betlemme con la connessa visi-
dove sia il perdono dei peccati sia la cacciata di Satana sono visti ta dei Magi, la fuga in Egitto, la strage degli innocenti, e l'insedia-
come forme di servizio all'uomo. Il lettore di Me viene così a sape- mento a Nazaret). La totale assenza di questo materiale in Me ci di-
re compiutamente di dovere tutta la propria novità a questo Gesù, ce che, viceversa, Mt vi annette una particolare importanza: non tan-
tanto concreto e terreno e tuttavia anche tanto sorprendente e ra- to per estendere una mera curiosità biografica a parte ante così da
zionalmente inarrivabile. colmare il vuoto narrativo di Me anteriore alla vita pubblica, quan-
to piuttosto, come vedremo, per rileggere l'intera vita di Gesù secon-
do una particolare ottica cristologica. (2) Il secondo blocco nuovo
concerne un insieme di parole pronunciate da Gesù (cf. Q). Esse so-
2. Il vangelo secondo Matteo no comprese soprattutto in cinque grandi discorsi, che intervallano
il materiale narrativo secondo uno schema peraltro di difficile rico-
Rispetto a Me, la figura di Gesù acquista in Mt dei lineamenti struzione: il discorso della montagna, dove Gesù delinea lo statuto
un po' diversi, comunque nuovi45. Certo, il protagonista del rac- del discepolo (cf. 5-7), il discorso missionario, con cui si inviano i
conto è sempre lo stesso; anzi, ancora una volta la cristologia si discepoli a predicare (cf. 10), il discorso in parabole, che svela la na-
dipana attraverso un impianto narrativo, che segue un filo sostan- tura del Regno annunciato (cf. 13,1-52), il discorso sulla vita comu-
zialmente identico46. Tuttavia ci sono delle novità. nitaria, imperniato sul tema dell'accoglienza reciproca (cf. 18), e il
discorso escatologico, che proietta la comunità cristiana verso l'o-
rizzonte della consumazione finale (cf. 24-25). Un altro discorso, im-
mediatamente a ridosso di quest'ultimo ma non integrabile in esso,
45
Sulla specifica cristologia matteana cf. soprattutto J.D. Kingsbury, Matthew: è contenuto nel lungo cap. 23 (che sviluppa ampiamente il breve te-
Structure, Christology, Kingdom, Fortress, Philadelphia 1975, pp. 40ss; D. Hill,
Son and Servant. An Essay on Matthean Christology, JNTS 6 (1980) 2-16; D.J. sto di Me 12,37b-40) e dà corpo a una polemica anti-farisaica dai toni
Verseput, The Rote andMeaning o/the "Son o/God" Title in Matthew's Gospel, molto duri, la quale in realtà ha di mira i rapporti vissuti dalla chie-
NTS 33 (1987) 532-556; M. Quesnel, Jésus-Christ selon Saint Matthieu. Synthèse sa matteana con il giudaismo del suo tempo (cioè quello posteriore
théologique, Desclée, Paris 1991; D.C. Allison, The New Moses. A Matthean Ty-
pology, T&T Clark, Edinburgh 1993; U. Luz, Die Jesusgeschichte des Matthàus, al 70 e caratterizzato dal celebre Sinodo di Jamnia o Jabne); essa pun-
Neukirchener, Neukirchen-Vluyn 1993; D.D. Kupp, Matthew's Emmanuel. Divi- ta perentoriamente sulla decisività di Gesù per l'identità del suo di-
ne Presence and God's People in the First Gospel, SSNT MS 90, University Press, scepolo. Nell'insieme, comunque, questo particolare interesse per
Cambridge 1996.
46
Non mi addentro nel problema della struttura di Mt, a proposito della i pronunciamenti di Gesù deve pur significare qualcosa ai fini del-
quale si fronteggiano soprattutto due soluzioni. L'una insiste sui cinque grandi l'immagine di Gesù, che Mt vuole trasmettere.
discorsi, che scandiscono l'intera narrazione (posizione piuttosto comune, che
ha preso forma in particolare nella 'teoria pentateucale' di B.W. Bacon, Studies
in Matthew, New York 1930). L'altra punta invece sulla frase "Da allora
cominciò", che ricorre due volte in 4,17 e 16,21, per dividere l'insieme in 2.2 La strategia narrativa
sole tre parti (cf. J.D. Kingsbury; così anche il commento di J. Gnilka). Altri
Autori invece evidenziano semplicemente la forma mista di alternanza fra di-
scorsi e narrazioni (cf. i commenti di R.H. Gundry, W.D. Davies & D.C. Ma è la strategia narrativa di Mt che, in quanto ingloba anche
Allison, U. Luz). il materiale suddetto, rivela una cristologia propria. La narrati vita
348 L'È REDAZIONI SINOTTICHE IL VANGELO SECONDO MATTEO 349

matteana è stata particolarmente studiata47; anche se varie acqui- (cf. 28,18ss), che contrasta anche con l'ingiunzione data prima ai
sizioni in materia si possono applicare ad altri evangelisti, è indub- missionari di non andare tra i pagani (cf. 10,5-6)49.
bio che ne risultano conclusioni specifiche. Diamo due esempi, uno Come si vede, si tratta di una cristologia complessa che va con-
di tipo lessicale e uno a livello di intreccio. siderata nelle sue varie componenti e che viene rivelata dal modo
È già sintomatico confrontare con gli altri Sinottici la particola- di procedere proprio del narratore. Noi qui di seguito rinunciamo
re frequenza della preposizione npóq, "verso", in alcuni verbi com- ad analizzare il trattamento redazionale dei classici titoli di Figlio
posti: "avvicinarsi" (rcpoaépxeaGou: 52 volte in Mt, contro le 5 di dell'uomo e Figlio di Dio, che non costituiscono il proprium del-
Me e le 10 di Le), "prostrarsi in adorazione" (7tpoaxuv&tv: 13 volte l'evangelista, il quale li condivide con la tradizione da cui li
in Mt, contro le due ciascuno di Me e di Le), "portare a, presenta- riceve50. Così tralasciamo di rilevare la portata cristologica della
re" (7cpoa9épetv: 15 volte in Mt, contro le 3 di Me e le 4 di Le); lo predicazione del Regno di Dio, di cui bisogna pur riconoscere che
stesso vale, analogamente, per il verbo "seguire" (àxoXouGetv: 25 Mt accentua i dati della tradizione. Tentiamo invece di sintetizzare
volte in Mt, contro le 18 di Me e le 17 di Le)48. Questa prassi lin- la cristologia di questo vangelo secondo tre qualifiche principali,
guistica ha delle inevitabili ricadute sulla comprensione dell'inte- che ci offrono lo specifico taglio matteano. Però non le conside-
resse narrativo proprio dell'autore: secondo Mt, Gesù non è solo riamo per se stesse, ma come esponenti dell'impianto e della tecni-
il punto focale di tutta la vicenda narrata, ma emana anche una ca narrativa del vangelo nel quale sono inserite e del quale fanno
forza centripeta tale da far muovere e attirare a sé i più vari perso- da esponenti. Utilizzando una distinzione propria della linguisti-
naggi del racconto (il diavolo, gli angeli, i discepoli, i malati, la ca, le consideriamo non tanto come significante ( = la superficiale
folla, i farisei, i sadducei ecc.). Tutto ruota letteralmente attorno evidenza del vocabolo) quanto piuttosto come significato ( = il li-
a lui. vello profondo del concetto), sapendo che il secondo supera sem-
Altro esempio eloquente è offerto dal confronto fra i due estre- pre di gran lunga il primo51.
mi dell'intera composizione. A differenza di Me, infatti, lo scritto 2.2.1 Gesù come Messia. Letteralmente la qualifica ebraico-
matteano comincia con la carta d'identità giudaica di Gesù "figlio aramaica di "Messia", Meaatas, in Mt non esiste52. Come abbia-
di Davide, figlio di Abramo" (1,1), e si conclude con il comando mo visto, la chiesa post-pasquale ha persino trasformato ben pre-
del Risorto di andare a predicare e battezzare tutte le genti (cf. sto il suo equivalente greco Christós in un nome proprio. Tuttavia
28,19-20). È evidente che Mt concepisce la storia di Gesù in modo
aperto, sia a parte ante, presentandola come conclusione di una 49
Ritengo con i più che Mt sia stato scritto secondo un'ottica giudeo-cristiana,
lunga linea di preparazione, sia a parte post, in quanto punto di aperta però a orizzonti universalistici. Vedi in materia le buone pagine di R. Schnac-
partenza di un impegno missionario che mira alla chiesa dei tempi kenburg, La persona di Gesù Cristo, pp. 131-138, che risolve la contraddizione esi-
successivi. Le due estremità però sono anche apparentemente in stente fra 10,5-6 e 28,19-20, sia distinguendo i due momenti storico-salvifici diversi
(il Gesù terreno e la chiesa post-pasquale), sia richiamando il fatto che già il Gesù
contrasto l'una con l'altra; infatti, mentre all'inizio viene eviden- terreno tende a infrangere la cornice giudaica e a offrire la salvezza al mondo inte-
ziata al massimo la giudaicità di Gesù, alla fine invece egli viene ro (cf. 2,1-10; 8,10-12). In riferimento alla prospettiva universalistica conclusiva
proiettato su di un orizzonte universalistico e addirittura cosmico del vangelo, M. Quesnel, Jésus-Christ, p. 198, scrive in termini stimolanti: "Mt
fa compiere al lettore un vero itinerario cristologico; percepito all'inizio come il
Messia storico d'Israele, Gesù alla fine è identificato come il Figlio unico di Dio
in un mondo privo di popolo eletto". Ma in Mt cristologia ed ecclesiologia sono
intimamente unite, cosicché non solo Gesù ma anche la chiesa compie le attese d'I-
47 sraele (cf. W. Trilling, Das wahre Israel, pp. 21-51).
La tecnica narrativa di Mt è stata particolarmente studiata da R.A. Edwards, 50
Matthew's Story of Jesus, Fortress, Philadelphia 1985; J.D. Kingsbury, Matthew In proposito, cf. R. Schnackenburg, La persona di Gesù Cristo, pp. 147-156.
as Story, Fortress, Philadelphia 1986, 21988; Id., The Rhetoric of Comprehension Certo il titolo di "Figlio di Dio" è trattato da Mt con un'accentuazione più forte
in the Gospelof Matthew, NTS 41 (1995) 358-377; D. Howell, Matthew's Inclusive rispetto a Me, se non altro perché vi si leggono due forti autodesignazioni del gene-
Story. A Study in the Narrative Rhetoric of the First Gospel, JSNTSS 42, JSOT re da parte di Gesù stesso: in 11,27 ("Nessuno conosce il Padre se non il Figlio...")
Press, Sheffield 1990; J.C. Anderson, Matthew's Narrative Web. Over, and Over, e 28,19 ("...battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo").
51
and Over Again, JSNT Suppl. 91, JSOT Press, Sheffield 1994. Cf. F. de Saussure, Corso di linguistica generale, a cura di T. De Mauro, BUL
48
Su questo insieme cf. R. Morgenthaler, Statistik des neutestamentlichen Wort- 79, Laterza, Roma-Bari 1987, pp. 84-85.
52
schatzes, Gotthelf, Zùrich 1958, 41992. Anzi, in tutto il NT essa è presente solo in Gv 1,41; 4,25.
350 LE REDAZIONI SINOTTICHE IL VANGELO SECONDO MATTEO 351

bisogna riconoscere che Mt rivela un interesse particolare sul si- (il titolo è connesso prevalentemente con momenti di guarigione),
gnificato titolare di questo nome (che comunque in lui è presente a cui si collega l'aspetto a-politico e di umiltà, messo bene in luce
17 volte, contro le 7 di Me e le 12 di Le). dalla citazione di Zc 9,9, esclusivamente matteana, nel contesto del
La messianicità di Gesù secondo Mt consiste essenzialmente nel solenne ingresso a Gerusalemme (cf. Mt 21,9: "Ecco il tuo re, vie-
fatto che egli compie le attese di Israele. L'evangelista lo fa vedere ne a te mansueto e montato su un'asina...")55. È su questa base
in due modi. Innanzitutto, si sottolinea la definizione di Gesù co- che si comprende la discussione polemica sulla vera discendenza
me figlio di Davide, e ciò viene fatto in forme diverse. Addirittura del Messia in 22,41-46.
Mt apre il suo scritto offrendo la genealogia di Gesù, la quale ha In secondo luogo, Mt allude alla messianicità di Gesù riferen-
certamente lo scopo generale di presentarlo per così dire come ebreo do esplicitamente a lui le profezie dell'Antico Testamento. Qui più
di pura razza (cf. "figlio di Abramo": forse anche in quanto com- che mai prende corpo una riflessione tutta personale dell'evangeli-
pie la promessa della benedizione divina a tutte le genti?), ma insi- sta sull'importanza della figura di Gesù in rapporto alle attese
ste ancor più particolarmente sulla sua davidicità richiamandola d'Israele56. Essa si esprime in tutta una serie di formule di compi-
più volte (cf. 1,1.6.7.17)53. Anche l'episodio narrato in 2,1-10, co- mento, che costellano e accompagnano lo sviluppo narrativo del
munemente noto come "Adorazione dei Magi", dovrebbe essere vangelo57. La loro costruzione più completa suona così: "Tutto
meglio intitolato "Nascita a Betlemme"; infatti, l'unico testo bi- questo avvenne perché si adempisse ciò che era stato detto dal pro-
blico ivi citato al v. 6 è tratto da Mie 5,1.3 (contaminato con 2Sam feta: '...'", ma si può anche trovare in forma abbreviata: "Allora
5,2) ed evoca l'origine betlehemita di Davide come re pastore; an- si adempì ciò che era stato detto dal profeta: '...'", o simili. La
che se Mt a proposito del borgo natio di Davide corregge il testo formula ricorre ben dodici volte (1,22; 2,15.17.23; 4,14; 8,17; 12,17;
originale (invece di "sei il più piccolo", scrive "non sei affatto il 13,14.35; 21,4; 26,56; 27,9; [contro le due volte ciascuno in Me e
più piccolo"), egli vuole però richiamare il nesso persino topogra- in Le]); ad esse bisogna aggiungere almeno la frase simile: "Come
fico con il luogo di origine del grande re israelitico (cf. ISam si potranno compiere le Scritture, secondo cui deve avvenire co-
16,1-13). Inoltre, Mt impiega più volte il titolo esplicito di "figlio sì?" (26,54), ma anche l'altra ancora più celebre: "Non sono ve-
di Davide" (8 volte, contro le due ciascuno di Me e di Le, e mai nuto ad abolire, ma a compiere" (5,17). La formula è ripetuta in
in Q): 1,1 (redazionale); 9,27 (due ciechi in Galilea); 12,23 (la fol- questi contesti: a proposito di alcune vicende dell'infanzia (cf. Is
la); 15,22 (la donna cananea); 20,30 (due ciechi a Gerico).31 (id.); 7,14; Mie 5,1.3; Os 11,1; Ger 31,15)58, nel trapasso dalla vita
21,9 (la folla). 15 (i fanciulli); a questi testi si dovrebbe aggiungere
1,20, detto però dall'angelo a proposito di Giuseppe54. Per quan- 55
Cf. M. Karrer, Der Gesalbte. Die Grundlagen des Christustitels, FRLANT
to l'epiteto abbia delle radici nella Bibbia e nel giudaismo contem- 151, Vandenhoeck, Gòttingen 1991, pp. 281-283. Vedi anche D.C. Duling, The The-
poraneo, è interessante notare che, rispetto alla componente poli- rapeutic 'Son of David': An Element in Matthew's Christological Apologetic, NTS
tica connessa con Davide e a quella sapienziale connessa con Salo- 24 (1977-78) 392-410; Id., Matthew's Plurisignificant 'Son of David' in Social Science
Perspective: Kinship, Kingship, Magic, andMiracle, BTB 22 (1992) 99-116; W.R.G.
mone, nel caso di Gesù Mt evidenzia una terza componente. Infat- Loader, Son of David, Blindness, Possession and Duality in Matthew, CBQ 44 (1982)
ti, il figlio di Davide matteano è un terapeuta dei mali dell'uomo 570-585.
56
È possibile che Mt sviluppi in materia dei tentativi già anteriori a lui, che pe-
rò si riferivano sostanzialmente soltanto ai fatti della passione o della risurrezione
53
(cf. Me 14,49; 15,28; e ICor 15,3.5: "secondo le Scritture"), ma non all'intero ar-
È interessante l'accostamento fatto da W.D. Davies & D.C. Allison, Mt, I, co della vita di Gesù. Colpisce in particolare l'attenzione prestata ai fatti dell'in-
p. 187, con la periodizzazione della storia in alcune apocalissi giudaiche (Dn 9,24-27; fanzia (cf. G. Segalla, Una storia annunciata, Queriniana, Brescia 1987).
57
lEn 93,3-30; 91,12-17; 2Bar 67,1-74), dove l'epoca dell'esilio è posta immediata- Cf. U. Luz, Das Evangelium nach Matthàus, I, EKK 1/1, Benziger/Neukir-
mente prima dell'epoca della redenzione; anche la genealogia di Mt, divisa in tre chener, Zùrich/Neukirchen 1985, pp. 134-140 ("Exkurs: Die Erfùllungszitate"),
periodi, pone l'apparizione di Gesù al termine dell'era dell'esilio come compimen- con bibliografia; R. Schnackenburg, La persona di Gesù Cristo, pp. 161-171.
58
to escatologico. Vedi anche M. Orsatti, Un saggio di teologia della storia. Esegesi A proposito di Mt 2,23 ("e venne ad abitare in una città chiamata Nazaret,
di Mt 1,1-17, SB 55, Paideia, Brescia 1980, pp. 96-97. perché si adempisse ciò che era stato detto dai profeti: Sarà chiamato Nazoreo [Na-
54
Diverso invece è il caso della disputa sulla discendenza davidica del Messia Ccopato?]"), va notato che la mancata citazione di uno specifico testo biblico che
in 22,42 (parallelo in Me e Le), dove la qualifica è usata dai Farisei ma è corretta parli di Nazaret, e tanto più di un collegamento del Messia con questa città, denota
da Gesù, come abbiamo già visto. che Mt procede partendo non dalla Bibbia ma dalle vicende storiche di Gesù. In
352 IL VANGELO SECONDO MATTEO 353
LE'REDAZIONI SINOTTICHE

Lo conferma l'uso abbondante dell'Antico Testamento, che non è


privata di Nazaret a quella pubblica di Cafarnao (cf. Is 8,23 - 9,1),
limitato alla formula suddetta ma fa costantemente da contrappunto
a proposito dell'insegnamento normativo (senza citazione: "Non alla narrazione: a proposito di Giovanni (cf. 3,3 = Is 40,3), nelle tenta-
sono venuto ad abolire...") e dell'attività taumaturgica (cf. Is 53,4; zioni nel deserto (cf. 4,1-11 - Dt 8,3; Sai 91,11-12; Dt 6,16.13), nelle
42,1-4), per spiegare la tecnica delle parabole (cf. Is 6,9-10; Sai sei antitesi del discorso della montagna (cf. 5,21-48 = Es 20,13.14; Dt
78,2), nell'ingresso a Gerusalemme (cf. Zc 9,9), nell'arresto al Get- 24,1; Es 20,7; Nm 30,3; Is 66,1; 21,24; Lv 19,18), a proposito dei dis-
semani ("le Scritture dei profeti", senza citazione; ma cf. anche sensi causati dall'adesione a lui (cf. 10,35 = Mie 7,6), per spiegare "le
26,31), e alla morte di Giuda (cf. Zc 11,12-13)59. In tutti questi opere del Cristo" (cf. 11,5 = vari passi isaiani), per dare un giudizio
passi si ripete un verbo, che è il perno dell'intera formulazione: su Giovanni (cf. 11,10 = MI 3,1), per condannare Cafarnao (cf. 11,23
7cXT)pouv, "riempire; compiere, adempiere". Il senso fondamentale = Is 14,13.15), per spiegare il segno di Giona (cf. 12,40 = Gio 2,1),
è che ora finalmente le lunghe, classiche aspettative messianiche in polemica con le tradizioni farisaiche (cf. 15,3-9 = Es 20,12; 21,17;
del popolo d'Israele si sono realizzate pienamente in Gesù. Questo Is 29,13), a condanna del divorzio (cf. 19,4-5.7 = Gn 1,27; 2,24; Dt
24,1), come rimando ai comandamenti (cf. 19,18-19), come espressio-
significato è certamente inteso anche là dove il verbo non è presen- ne di gioia della folla di Gerusalemme (cf. 21,9 = Sai 118,25-26), du-
te ma si fa riferimento alla Scrittura come testo autorevole e nor- rante l'intervento nel Tempio (cf. 21,13.16 = Is 56,7; Sai 8,3), a con-
mativo (cf. 2,5; 3,3; 24,15). Si potrà discutere se in questo proce- clusione della parabola dei vignaioli omicidi (cf. 21,42 = Sai 118,22-23),
dimento matteano sia latente una semplice preoccupazione didat- nella disputa sulla risurrezione dei morti (cf. 22,24.32 = Dt 25,5; Es
tica (infatti abitualmente la formula ha l'apparenza di un commento 3,6), per esprimere il comandamento più grande (cf. 22,37.39 = Dt
a ciò che è stato appena narrato) o una sottile intenzione polemica 6,5; Lv 19,18), nella disputa sulla discendenza del Messia (cf. 22,44
nei confronti del giudaismo del tempo (che globalmente non ha ac- = Sai 110,1), nel lamento su Gerusalemme (cf. 23,38.39 = Ger 7,14;
cettato Gesù come Messia). Probabilmente non bisogna escludere Sai 118,26), per descrivere le prove escatologiche (cf. 24,15.21.29 =
nessuna delle due; ma sicuramente è presente soprattutto la ten- Dn 9,27; 12,1; Am 8,9) e la comparsa del Figlio dell'uomo (cf. 24,30
denza a rileggere cristologicamente la storia e le Scritture d'Israe- = Zc 12,10-12; Dn 7,13-14), per spiegare la paga ottenuta da Giuda
(cf. 26,15 = Zc 11,12), per predire la fuga dei discepoli (cf. 26,31 =
le. Sicché abbiamo qui una cristologia che è strettamente connessa
Zc 13,7), per rispondere al Sommo Sacerdote (cf. 26,64 = Dn 7,13;
a una nuova concezione della storia della salvezza. Il lettore di Mt Sai 110,1), sulla bocca della gente ai piedi della croce (cf. 27,43 = Sap
deve sapere che ormai in Gesù il piano salvifico di Dio si è com- 2,18-20), come grido finale prima di morire (cf. 26,46 = Sai 22,2), e
piuto, e questo a dispetto di ogni suo rifiuto 60 . come autodefinizione prima della missione conclusiva (cf. 28,18 = cf.
Dn 7,14).

particolare, l'originale epiteto riportato viene comunemente spiegato come varia- Solo pochi di questi passi sono in comune con Me, mentre molti
zione di due termini ebraici: o nazir, "nazireo" (cf. Nm 6,1 ss), magari scritto se- lo sono con Q. Altri invece sono propri di Mt (così le sei antitesi,
condo la vocalizzazione di qadós, "santo" (in base a una variante di Gdc 13,5 LXX;
cf. E. Zuckschwerdt, Nazoraios in Matth. 2,23, TZ 31 [1975] 65-77), oppure nèser, l'interpretazione del segno di Giona, l'acclamazione dei fanciulli
"virgulto" (cf. Is 11,1); altri pensano all'infinito assoluto nasòr, "l'osservare, l'os- nel Tempio, la frase sulle tribù della terra che si batteranno il pet-
servante" (dal verbo nàsar, "vegliare, custodire, proteggere; osservare, mantene-
re, conservare"; cf. M.L. Rigato, "Sarà chiamato Nazoreo"[Mt 2,23], in A. Ser- to alla venuta del Figlio dell'uomo, la spiegazione della paga di Giu-
ra e A. Valentini, edd., / Vangeli dell'infanzia, I, RSB 4 [1992] 129-141). da, la reazione della gente ai piedi della croce, e l'autodefinizione
59
Cf. M. Trimaille, Citations d'accomplissement et architecture de l'Evangile finale): uniti a quelli delle formule di compimento, essi costitui-
selon S. Matthieu, EB 48 (1990) 47-79; M. Quesnel, Jésus-Christ, pp. 113-163. Sul-
la forma di testo biblico, non conforme ai LXX, cf. J.-M. van Cangh, La Bible scono un materiale considerevole che in ultima analisi ha la sua
de 60
Matthieu: les citations d'accomplissement, RTL 6 (1975) 205-211. spiegazione più piena solo nella statura di Gesù e nella decisività
J.-N. Aletti, Mort de Jesus et théorie du récit, RcSR 73 (1985) 147-160, os- della sua vicenda, in cui i testi antichi trovano non solo il loro com-
serva giustamente che in Mt 26,31.54.56 il tema del compimento delle Scritture non
è più opera del narratore ma si trova direttamente in bocca a Gesù, attore primario pimento ma in definitiva anche il loro senso più pieno.
del racconto; evidentemente, ciò contribuisce all'identificazione della cristologia pro- 2.2.2 Gesù come Maestro. Mt usa il titolo specifico di "maestro"
pria del narratore, che attribuisce al protagonista nel momento supremo della sua
vita una forte coscienza di ciò che si sta per compiere. (sia nella forma greca di BtSàaxaXo? sia in quella ebraica di rabbi)
354 LE REDAZIONI SINOTTICHE IL VANGELO SECONDO MATTEO 355

non più di quanto lo usi Me. Quindi a livello di puro 'significante' In contrasto con questa prassi, però, c'è in Mt (e solo in Mt)
esso non dimostra alcuna originalità. Ma a livello di 'significato' un passo importante, in cui Gesù, nell'atto di proibire questo tito-
le cose stanno ben diversamente. lo ai suoi discepoli, lo avoca ripetutamente a sé in esclusiva: "Voi
Una prima originalità in proposito si constata nel modo con cui non fatevi chiamare 'rabbi'; uno solo infatti è il vostro maestro
Mt apre il ministero pubblico di Gesù. Mentre in Me egli si dimo- (StSàCTxaXo?), ma voi siete tutti fratelli; ... uno solo è il vostro mae-
stra subito un potente esorcista nella sinagoga di Cafarnao (cf. Me stro (xoc0T]-priTT)s), il Cristo" (23,8.10). Questa designazione di Gesù
1,21-28), in Mt invece Gesù comincia con una corposa attività ma- come maestro, che sembra contraddire quanto dicevamo sopra, si
gisteriale in quanto, mediante il lungo discorso della Montagna (cf. spiega considerando che: (1) il titolo appare in un contesto di pole-
Mt 5-7), istruisce subito e solennemente i suoi discepoli e le folle mica contro "gli scribi e i farisei", che "si sono seduti sulla catte-
sulle esigenze che devono caratterizzare chi vuole mettersi al suo dra di Mosè: ...tutte le loro opere le fanno per essere ammirati da-
seguito. La prima immagine che Mt offre di Gesù a livello pubbli- gli uomini, ...amano anche sentirsi chiamare 'rabbi' dalla gente"
co non è, dunque, quella di un taumaturgo ma quella di un mae- (23,2.7)63; Gesù dunque proibisce questo vanaglorioso esibizioni-
stro autorevole61. smo; (2) il titolo non appartiene a un discorso diretto, ma è propo-
Una seconda originalità, di segno apparentemente opposto, la sto da Gesù stesso come propria definizione ed esprime la relazio-
constatiamo a livello di persone, che nella trama del racconto im- ne a cui sono vincolati i suoi discepoli ("vostro maestro"; egli non
piegano l'appellativo. Infatti, mentre in Me non solo gli estranei dice mai né poteva dire "vostro Signore"!)64; (3) la relazione in-
ma anche i discepoli si rivolgono a Gesù chiamandolo in questo tesa dal titolo è quella tra un docente e dei discenti, e in quanto
modo (cf. Me 4,38: "Maestro, non t'importa che moriamo?"; 9,5: tale l'appellativo esprime comunque una caratteristica di Gesù, che
"Maestro, è bello per noi essere qui"), Mt invece nei dialoghi di- almeno secondo Mt è fondamentale65.
retti si preoccupa, da una parte, di correggere queste allocuzioni Infatti, nei vari discorsi che scandiscono il racconto evangelico
con il titolo di "Signore"62, e, dall'altra, di riservare l'epiteto mar- (cf. sopra), il Gesù matteano si presenta più che mai come un mae-
ciano solo a coloro che non sono intimi di Gesù, siano essi inde- stro, che ha delle parole decisive da dire alla sua comunità; e la
moniati guariti (cf. Mt 8,19: "Maestro, ti seguirò dovunque va- comunità matteana ha evidentemente bisogno degli insegnamenti
da") o il giovane ricco (cf. 19,16: "Maestro, che devo fare di buo- di Gesù. Qui più che mai vale l'affermazione di Gesù-Maestro: "Il
no per avere al vita eterna?") oppure anche Giuda (cf. 26,49: "Sal- cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno"
ve, rabbi!"). (24,35//). Se è vero che questo loghion appartiene alla triplice tra-
dizione, va però riconosciuto che Mt si diversifica sia da Me, che
neppure ha la maggior parte dei discorsi suddetti, sia anche da Le,
61
H.-D. Betz, The Sermon on the Mount, Hermeneia, Fortress, Philadelphia che non presenta le parole di Gesù nella forma sistematica propria
1995, pp. 80-81, fa notare l'intenzione redazionale di Mt, che va ben oltre il mero
livello gesuano. Infatti, "i discepoli" a cui Gesù rivolge il suo discorso (5,1) non
sono soltanto i quattro, di cui è stata narrata poco prima la vocazione (cf. 4,18-22), 63
ma sono tutti coloro ai quali è già stato annunciato "il vangelo del regno" (4,17.23). II riferimento non è all'ambiente gesuano ma a quello contemporaneo della
Il discorso perciò rappresenta già una istruzione per "progrediti". Se poi alla fine redazione di Mt; solo dopo il 70 infatti i Farisei o comunque i Rabbini si insediaro-
si parla di "folle" (7,28-29), ciò significa che la funzione magisteriale di Gesù non no "sulla cattedra di Mosè", adottando una posizione determinante nell'interpre-
è di tipo esoterico, ma anzi svolge una importante funzione nell'attrarre la gente tazione normativa della legge mosaica. Cf. J. Gnilka, Mt, II, pp. 402-403; in parti-
alla chiesa. Evidentemente, come sottolinea J.D. Kingsbury, Reflections on 'the colare G. Stemberger, // giudaismo classico. Cultura e storia del tempo rabbinico
Reader' o/Matthew's Gospel, NTS 34 (1988) 442-460, il lettore ideale a cui l'evan- (dal 70 al 1040), Città Nuova, Roma 1991 (orig. ted., Munchen 1979), specie pp.
gelista si rivolge non è quello contemporaneo ai fatti (lettore primario), ma forse 98-110; e più in generale J. Neusner, // Giudaismo nella testimonianza della Mi-
neanche soltanto quello contemporaneo all'evangelista (lettore designato), bensì più shnah, Dehoniane, Bologna 1995 (orig. ingl., Chicago 1981, 21988).
64
in generale quello in cui l'intenzione del testo si trova realizzata (lettore implicito); Può essere istruttivo ricordare che dai rabbini Mosè viene abitualmente qua-
infatti lo scopo principale dei discorsi in Mt è di legare insieme la vita dei discepoli lificato come rabbènù, "nostro maestro".
65
con la figura di Gesù (cf. Id., Matthew as Story, p. 105). Al limite si potrebbe anche sostenere l'autenticità gesuana del detto, come fa
62
Secondo Mt, dunque, il modo più corretto di rivolgersi a Gesù da parte di R. Riesner, Jesus als Lehrer. Eine Untersuchung zum Ursprung der Evangelien-
un discepolo o di chiunque abbia fiducia in lui è quello di "Signore"; cf. J.D. Kings- Uberlieferung, WUNT 2.7, Mohr, Tùbingen 1981, pp. 259-264; ma, poiché esso
bury, The Title 'Kyrios' in Matthew's Gospel, JBL 94 (1975) 246-255. è esclusivo di Mt, a noi qui interessa la sua dimensione redazionale.
356 LETIEDAZIONI SINOTTICHE IL VANGELO SECONDO MATTEO 357

di Mt. In più, la pericope sul valore della Legge (5,17-20) e le suc- superiore, mentre dice di esserlo nei confronti del Tempio (cf. 12,6),
cessive antitesi in 5,21-45, che reinterpretano la Legge con quel- di Giona (cf. 12,41), di Salomone (cf. 12,42), e indirettamente per-
l'autorevole "Ma io vi dico", sono in gran parte esclusive di Mt sino di Davide (cf. 22,41-45).
e, insieme alle istruzioni contenute soprattutto nei capitoli 18 e 23 Si pone perciò la questione di sapere fino a che punto, semmai,
(ma cf. anche 10 e 24-25), denotano il particolarissimo interesse Gesù venga visto da Mt come un nuovo Mosè, e quindi con la carat-
dell'evangelista per la dimensione magisteriale di Gesù66. Della teristica di un nuovo legislatore, secondo una tipologia più volte
Legge egli appare qui come l'interprete escatologico. riproposta 67 . Certo bisogna escludere alcuni estremismi incompati-
bili con il nostro vangelo, quasi che Mt volesse semplicemente scri-
Si potrebbe forse scorgere un parallelo di questa funzione nella figu- vere la sua opera come un nuovo pentateuco 68 . Però lo studio di Al-
ra qumranica del "Maestro di Giustizia", in quanto questi è considera- lison, oltre a elencare tutta una serie di figure tanto giudaiche quan-
to anche come "intreprete della Legge". Infatti, commentando Nm 21,18 to cristiane che sono state storicamente assimilate a Mosè69, analizza
("Pozzo che scavarono i principi, che resero più profondo i nobili del dettagliatamente il vangelo per mettere in luce i molti innegabili ag-
popolo col bastone"), CD 6,4-11 precisa che "il pozzo è la legge" e ganci tra la storia di Gesù e quella del grande legislatore d'Israele 70 .
che "il bastone è l'interprete della legge (dórès hattòràh)... fino a che
sorga colui che insegna la giustizia alla fine dei tempi"; altrove si parla Per cominciare con Mt 1-2, non si può fare a meno di convin-
di "tutti quelli che si serbano saldi in queste norme... e prestano orec- cersi che nei racconti dell'infanzia di Gesù è presente in filigrana
chio alla voce del Maestro di Giustizia, e non rifiutano le norme sante la storia di Mosè, documentata non solo dalla Bibbia ma anche
quando le odono; essi gioiranno e si rallegreranno e il loro cuore sarà da varie tradizioni giudaiche extrabibliche.
forte, e domineranno su tutti i figli del mondo" (CD 20,27-34; cf. 1QS
9,9-11). Inoltre, nelpesher lQpAb 7,4-5 il testo profetico (concernente Il parallelismo dipende non tanto dalla citazione di Os 11,1 in Mt 2,15
la visione di cui si parla in Ab 2,2: "Perché la si legga speditamente") ("Dall'Egitto ho chiamato mio figlio"), che comunque collega esplici-
è commentato così: "La sua interpretazione si riferisce al Maestro di tamente il racconto matteano con l'antico evento dell'esodo, quanto piut-
Giustizia, a cui Dio ha fatto conoscere tutti i misteri delle parole dei tosto da una serie di altre osservazioni. Si vedano infatti: l'annuncio
suoi servi i profeti". Proprio perché a Qumràn il Maestro di Giustizia
è considerato un interprete ispirato, la fede in lui (cf. lQpAb 8,2-3) non
riguarda tanto una sua inesistente funzione salvifica, quanto l'esattez- 67
Dopo il già citato B.W. Bacon, cf. ora soprattutto D.C. Allison, Jr., The New
za del suo insegnamento, che darà la salvezza solo se sarà seguito. Sul- Moses. A Matthean Typology, T&T Clark, Edinburgh 1993. Un tentativo di collo-
lo sfondo abbiamo l'esempio di Mosè, a cui il Signore dice: "...perché care il Gesù matteano all'interno della tradizione rabbinica da Esdra alla Mishnah
il popolo senta quando io parlerò con te e credano sempre anche a te" è proposto da P. Sigal, The Halak'ah of Jesus of Nazareth according to the Gospel
of Matthew, University Press of America, Lanham-New York 1986, ma il tratta-
(Es 19,9). mento delle fonti non è sufficientemente critico.
68
Ciò vale non solo per il supposto calco dei cinque discorsi sui cinque libri del
Pentateuco (cf. Bacon), ma anche per la proposta di scorgere tra le "beatitudini"
È difficile non scorgere un'analogia tra questi testi e le parole di 5,1-12 e i "guai" del cap. 23 un rapporto corrispondente alle benedizioni e alle
di Gesù, per esempio quando rimprovera coloro che si accontenta- maledizioni di Dt 27-28 (cf. R. Le Déaut, La Nuit Pascale, Ab 22, PIB, Rome 1963,
no dell'invocazione "Signore, Signore" ma non compiono nella pp. 314-315), oltre che vedere in 23,2.8-10 la pretesa di Gesù di sedere lui solo sulla
cattedra di Mosè (cf. D.E. Garland, The Intention of Matthew 23, NT Suppl. 52,
vita la volontà di Dio (cf. 7,21). Anche la richiesta di una "giusti- Brill, Leiden 1979, pp. 60-61). Addirittura H.M. Teeple, The Mosaic Eschatologi-
zia maggiore di quella degli scribi e dei farisei" (5,20) va in questo calProphet, SBL MS 10, Society of Biblical Literature, Philadelphia 1957, pp. 94-97,
giunse a sostenere che, mentre Paolo-Gv-Eb ci offrono un Gesù superiore a Mosè,
senso: certo Gesù esige dai suoi discepoli misericordia, povertà nello Mt invece vuole tratteggiare un Gesù del tutto uguale a lui! In tutti questi casi si
spirito, umiltà, disponibilità alla sofferenza, e un cambiamento in- tratta di palesi forzature.
69
teriore che li porti ad essere come i bambini. Ma tutto questo è Cf. D.C. Allison, The New Moses, pp. 9-134; se non sorprende, per esem-
pio, che Esdra sia stato accostato a Mosè in 4Esd (oltre che in t.Sanh. 4,7), meravi-
proposto nella linea della Legge, a cui Gesù non si proclama mai glia invece che persino Paolo nel secolo VI sia stato definito un "nuovo Mosè"
da 70Eustrazio di Costantinopoli (cf. ib., rispettivamente pp. 62-65 e 109)!
66
Cf. ib., pp. 135-270. Bisognerebbe però non estendere l'analisi al materiale
G. Bornkamm, Uberlieferung und Auslegung, p. 32, scorgeva qui, forse un della triplice tradizione, ma attenersi soltanto a quei passi evangelici che sono pro-
po' iperbolicamente, "la cristologia propriamente matteana". pri di Mt.
358 LE REDAZIONI SINOTTICHE IL VANGELO SECONDO MATTEO 359

dell'angelo in sogno a Giuseppe angosciato, prima della nascita di Ge- Anche alcuni miracoli di Gesù richiamano l'operato di Mosè.
sù (cf. l'apparizione di Dio stesso in sogno ad Amram, angosciato pa- Così la moltiplicazione dei pani rimanda naturalmente alla manna
dre di Mosè, prima della sua nascita: FI. Giuseppe, Ant., 2,210-216); nel deserto (cf. Mt 14,13-21 con Es 16,1-10); lo stesso si dica della
l'ordine di Erode di uccidere i bambini (cf. l'ordine del Faraone di uc- guarigione di un lebbroso (cf. Mt 8,1-4 con Nm 12,10-16); inoltre,
cidere i primogeniti degli ebrei: Es 1), motivato dalla paura di un nuo-
una tradizione extrabiblica riferisce che Mosè risuscitò anche dei
vo liberatore d'Israele (cf. il sogno del Faraone su di un usurpatore ebreo:
FI. Giuseppe, Ant. 2,206; Targum Ps.-Jon. a Es 1,15), con la conse- morti (cf. Artapano in Clemente Al., Strom. 1,23,154,3)72.
guente consultazione degli scribi del popolo (cf. la consultazione del Fa- Come si vede, gli elementi maggiori della tipologia sono presenti
raone con i maghi e i loro capi Jannes e Jambres: ib.)\ i Magi vedono in Mt soprattutto nei racconti dell'infanzia e nel discorso della Mon-
la stella come segno della nascita di un salvatore (cf. gli innominati astro- tagna (pur dovendo tener presente che nella tradizione giudaica Mosè
logi che prevedono un liberatore d'Israele: Ex.R. 1,22; b.Sanh. lOla; era considerato non soltanto come legislatore, ma anche come pro-
inoltre b.Meg. 14a dice che quando Mosè nacque tutta la casa si riempì feta e come taumaturgo). Essi tuttavia sono elementi sufficienti per
di luce); Gesù fugge dal suo paese (cf. Mosè che fugge a Madian: Es ritenere che il Gesù matteano è rivestito del mantello di Mosè. Ciò
2,15); dopo la morte di Erode, Giuseppe riceve l'ordine di tornare nel non significa che per Mt Gesù sia un semplice imitatore di Mosè. Al
suo paese (cf. l'ordine a Mosè di tornare in Egitto dopo la morte del contrario, egli è superiore a lui. Ma il rimando a Mosè permette a
Faraone: Es 4,19, "poiché sono morti quanti insidiavano la tua vita"
[ = Mt 2,20]); Giuseppe prende il figlio e la moglie e torna in Israele Mt, da una parte, di proporre più facilmente la figura di Gesù alla
(cf. Mosè che prende i figli e la moglie e torna in Egitto: Es 4,20). comprensione dei suoi lettori giudeo-cristiani, e, dall'altra, di intro-
durre con più verosimiglianza l'idea della sua superiorità su Mosè,
Gli accostamenti a Mosè continuano nel racconto delle tentazioni il quale in definitiva riveste solo la funzione di un precursore. Infat-
nel deserto (fonte Q). Le molte citazioni bibliche rimandano co- ti Mt ha qualcosa da dire su Gesù che va ben oltre questa tipologia.
munque alla storia dell'esodo. Ma in particolare, il digiuno per 2.2.3 Gesù come Emmanuele. Solo Mt tra gli scrittori del NT
"quaranta giorni e quaranta notti" richiama non tanto la perma- evoca esplicitamente il nome simbolico attribuito da Is 7,14; 8,8.10
nenza di Israele nel deserto, quanto piuttosto quella di Mosè sul (TM cimmanù 'èl, LXX 'EfXfxavouTjX) a un personaggio, che, per
Sinai (cf. Es 24,18; Dt 9,9), e lo sguardo su tutti i regni della terra quanto discusso nella sua identificazione, appare comunque por-
da un monte alto evoca quello di Mosè sulla terra promessa dal tatore di una speranza radiosa per il regno di Giuda 73 . Il passo
monte Nebo (cf. Dt 34,1-4). isaiano è citato direttamente in Mt 1,23 (con traduzione greca del
Il discorso della Montagna, da parte sua (si noti che il parallelo lu- nome ebraico: [xe8'r)u.wv ó Geo?, "Dio con noi") a proposito del con-
cano è un discorso 'del piano': Le 6,17!), evoca inevitabilmente e in cepimento verginale di Gesù. L'interpretazione messianica del passo
forma massiccia Mosè sul monte Sinai. Ciò è piuttosto evidente nel fatto isaiano è cosa propria di Mt stesso, non essendo mai testimoniata
che Gesù "sale" sul monte (cf. Es 19,3.12.13; 24,12.13.18), vi "si sie- prima 74 . In più, la citazione profetica costituisce il primo testo bi-
de" (cf. il tema del trono di Mosè sul Sinai nel giudaismo), e dà istru- blico riportato dall'evangelista, che con esso perciò dà come il 'la'
zioni ai discepoli, sia riaffermando il valore impreteribile della Legge all'intera sua composizione. Infatti, è possibile leggere tutto il van-
(cf. Mt 5,17-20), sia anche reinterpretandola autorevolmente in termi- gelo alla luce di una cristologia ancorata allo specifico tema della
ni nuovi (cf. le antitesi di Mt 5,21-48, che iniziano con la formula so- presenza di Dio in mezzo al suo popolo.
lenne: "Avete udito che fu detto... Ma io vi dico..."). Pure la doppia
immagine conclusiva, che pone in contrasto le costruzioni del saggio 72
Eccessivo, tuttavia, sarebbe sostenere che i dieci miracoli raccontati in Mt 8-9
e dello stolto, rispettivamente sulla roccia e sulla sabbia, richiama l'an- corrisponderebbero alle dieci piaghe di Es 7-12 (cf. H.A. Brongers, citato in D.C.
titesi tra la vita e la perdizione, presente in Dt 30,15-20 LXX71. Allison, The New Moses, p. 208 nota 164), oppure accostare il racconto della tem-
pesta sedata (cf. Mt 8,23-27) alla divisione del Mar Rosso operata da Mosè (cf. Eu-
sebio,
73
Dem. ev. 3,2).
Oltre ai Commenti, vedi uno status quaestionis in J. Jensen, Immanuel, ABD
71 3, pp. 392-395.
Circa la distanza che separa Mt da Paolo sul tema della Legge, cf. G. Barba- 74
Cf. la discussione del testo in R.E. Brown, La nascita del Messia, secondo
glio, Paolo e Matteo: due termini a confronto, RSB 1 (1987, 2) 3-22. Matteo e Luca, Cittadella, Assisi 1981 (orig. ingl., New York 1977), pp. 181-196.
360 L E REDAZIONI SINOTTICHE
IL VANGELO SECONDO MATTEO 361
Infatti, l'idea torna chiaramente nel vangelo di Mt soprattutto enunciata sia alla terza persona (cf. Dt 20,1: "Non li temere, perché
in altri due casi: in 18,20 ("Dove due o tre sono radunati nel mio è con te il Signore tuo Dio"; cf. anche 1QM 12,8: "Il re della gloria
nome, là sono io in mezzo a loro, èv [xéaw ocikwv") e in 28,20 ("Ed è con noi") sia soprattutto alla prima persona come promessa persona-
ecco, io sono con voi [èyò> [jieB'ufjLwv] tutti i giorni fino alla fine del le di Dio stesso (cf. Gs 1,5: "Come sono stato con Mosè, così sarò con
mondo"). La collocazione strategica di questi passi nella compo- te"; ISam 20,13: "Il Signore sarà con te come è stato con mio padre";
sizione matteana, rispettivamente all'inizio, al centro, e al termi- IRe 11,38: "Se ascolterai quanto ti comando,... io sarò con te"). In
ne, permette di leggere l'intero vangelo alla luce di un tema cristo- questo caso, rispetto al TM i LXX aumentano le ricorrenze di nove ca-
logicamente forte. Anzi, il tema è ulteriormente presente, sia dove si, di cui quattro nuovi rispetto al TM (Gn 31,13; Est 6,13; Is 58,11;
riappare il complemento pronominale (cf. fjie0'óu.còv in 17,17: "Fi- Ger 1,17) e cinque nei libri greci (3Esd 1,25; 2,3; Gdt 5,17; 13,11; 3Mac
no a quando sarò con voi?"; e 26,29: "...fino a quel giorno, in 6,15), mentre le tre preposizioni ebraiche c /m,"con" 'et, "in, verso",
ty { = beqereb/betòk), "in mezzo", vengono ridotte tutte alla sola
cui lo berrò nuovo con voi nel regno del Padre mio"), sia soprat- \itià+ gen., "con", formalizzando perciò l'idea.
tutto dove il tema della presenza di Gesù risuona variamente an-
che in forma indiretta (così nell'episodio della tempesta sedata:
8,23-27; nel loghion della presenza di uno più grande del Tempio: Ciò che importa osservare è che nell'uso di questo tema da
12,6; nell'episodio della presenza di Gesù sul lago di Tiberiade men- parte di Mt risultano assenti alcune componenti, che invece sono
tre i discepoli faticano per il vento contrario: 14,22-33 [cf. v. 27: tipiche del giudaismo: così è della presenza di Dio non solo nella
"Coraggio, sono io: non temete"]; e nel discorso sull'identifica- guerra (santa), ma anche nel culto e nell'obbedienza alla Legge.
zione di Gesù con gli affamati, gli assetati, gli ignudi, ecc.: Soprattutto queste ultime due assenze (ritenendo ovvia la prima)
25,31-46). Mt dunque si dimostra particolarmente sensibile al dop- sono assai eloquenti, tanto più che Mt sottolinea più di ogni altro
pio tema complementare della presenza di Dio in Gesù e della pre- agiografo cristiano il valore della Legge, come abbiamo visto.
senza di Gesù in mezzo ai suoi. Per Mt la presenza di Dio è limitata, o meglio concentrata nella
persona viva di Gesù: il suo solo esserci è segno della presenza
L'argomento è stato particolarmente studiato da Kupp 75 , che di Dio, sia in assoluto (come in 1,23), sia in rapporto alla comu-
dedica pure due buoni capitoli allo sfondo veterotestamentario. nità dei suoi discepoli (come in 18,20; 28,20). Il suo esserci infatti
è soteriologicamente connotato. Mt del resto è l'unico autore neo-
In Israele, infatti, la presenza di Dio è particolarmente tematizzata testamentario a spiegare l'etimologia del nome "Gesù": "Egli
in tre momenti successivi: nella teofania fondatrice del Sinai, nelle pro-
messe legate a Gerusalemme tanto per la monarchia davidica quanto infatti salverà il suo popolo dai loro peccati" (1,21), echeggiando
per la dimora di Dio nel Tempio, e poi a dimensione più trascendente Sai 130,8 dove si dice di Yhwh che "redimerà Israele da tutte
dopo la distruzione del Tempio come costante vicinanza di Dio al suo le sue colpe".
popolo. Qui giocano un ruolo particolare i concetti ebraici di pànim, È possibile che una tale trasformazione del tema israelitico della
"volto", kabòd, "gloria", lem, "nome", maqòm, "luogo" efrkinàh, presenza di Dio in senso cristologico abbia a che fare storicamente
"dimora", intesi come altrettante proprietà di Dio che assicura la sua con iìparting ofthe ways, cioè con la biforcazione delle strade av-
presenza confortatrice in mezzo al suo popolo. In particolare, bisogna venuta verso la fine del secolo I tra il cristianesimo e il rabbinismo
rifarsi a quei testi biblici, in cui ricorre la formula del "Dio con noi/voi",
(se non anche abbia a che fare con una polemica interna alla co-
munità matteana). Certo il passo di 18,20 potrebbe essere letto co-
75
Cf. D.D. Kupp, Matthew's Emmanuel, cit.; egli si rifa in particolare a H. me contrapposizione nei confronti della valorizzazione rabbinica
Frankemòlle, Jahwebund und Kirche Christi. Studien zur Form- und Traditions-
geschichte des Evangelìums nach Matthàus, NTA 10, Aschendorff, Mùnster 1974; della Torah secondo quanto si legge nella Mishnah: "Rabbi Cha-
e più in generale a S. Terrien, The Elusive Presence. Toward a New Biblica! Theo- nanjà ben Teradjon dice: Se due siedono insieme, e le parole tra
logy, Harper & Row, San Francisco-London 1978. Ma già W.C. van Unnik, 'Do- di loro non sono di Torà, questa è una seduta di beffardi... Ma
minus vobiscum'. The Background of a LiturgicalFormula, in A.J.B. Higgins, ed.,
New Testament Essays. Studies in Memory of T. W. Manson, University Press, Man- se due siedono insieme e vi sono tra loro parole di Torà, la Shekhi-
chester 1959, pp. 270-305, aveva riconosciuto l'esistenza di una inclusione tra Mt nà è in mezzo a loro" {m.Ab. 3,2); "Rabbi Chalaftà di Kefar Cha-
1,23 e 28,20.
nanjà dice: Quando dieci siedono intenti allo studio della Torà, la
362 LE REDAZIONI SINOTTICHE IL VANGELO SECONDO LUCA (E ATTI) 363

Shekhinà dimora in mezzo a loro" (ib. 3,7)76. E si può ben inter- che i due libri sono stati redatti da un medesimo autore, ma so-
pretare la frase di Gesù "nel mio nome" come equivalente dell'e- prattutto dalla semplice progressione narrativa di momenti storici
braico liSmf nel senso di "per amor mio"77. Ma il parallelismo con successivi (tra i quali il doppio racconto dell'ascensione al cielo in
la Shekinà è comunque piuttosto forte, essendo questa l'ipostasi Le 24,50-51 e in At 1,9-11 rappresenta una sutura evidente). Per-
della presenza di Dio nel mondo, cioè dell'immanenza divina78. ciò, a dispetto della separazione prodotta dall'elenco canonico e
È lecito perciò chiedersi se Mt con la cristologia dell'Emmanue- dai due prologhi, l'opera lucana risulta un insieme unitario e come
le intenda parlare direttamente della divinità di Gesù. Certo egli tale va considerata79. Nel vangelo, tuttavia, è presente una cristo-
non dice mai che Gesù è "Dio"; d'altronde, il nome biblico di "Em- logia più complessa e intrigante che non negli Atti, poiché è impa-
manuele" è piuttosto un simbolo funzionale, detto già in Is di un stata dentro lo stesso racconto della vicenda terrena di Gesù, men-
nascituro rappresentante di Dio ma non Dio egli stesso. Tuttavia, tre in At essa appartiene piuttosto all'annuncio missionario della
il già notato uso matteano del verbo icpooxuveiv, "adorare", è sin- chiesa. Anche se il vangelo (come del resto le altre redazioni sinot-
tomatico di qualcosa di forte. Soprattutto va notato il detto con- tiche) riflette pure una cristologia post-pasquale, questa è intrec-
clusivo del Gesù risorto. Attribuendogli le parole "Io sono con voi ciata a una narrazione su Gesù, che, pur analoga a quelle di Me
tutti i giorni...", Mt sostituisce la promessa dello Spirito, con cui e di Mt, si aggiunge alla loro, trasmettendoci un approccio cristo-
concludono sia Le 24,49 (cf. anche At 1,8) sia Gv 20,19-25 (e i di- logico diverso, caratterizzato da nuovi, originali tratti dell'imma-
scorsi dell'ultima cena), per non dire di ICor 15,45. Secondo Mt gine di Gesù.
la presenza di Gesù in mezzo alla sua comunità si misura non tan- La complessità maggiore, tuttavia, sta sempre nell'intera opera
to con il suo Spirito quanto piuttosto con la sua dimensione perso- presa nel suo insieme. Si può ammettere che "forse l'opera lucana
nale, viva e immediata. In questo senso, c'è una continuità con ciò è il primo saggio di cristologia veramente narrativa"80, almeno nel
che si legge nell'AT a proposito di Yhwh stesso che assicura la pro- senso della sua ampia estensione storica e della varietà del suo con-
pria presenza in mezzo al suo popolo: "Io sono con voi" (Ag 1,13; tenuto. Ma resta difficile reperirvi un principio cristologico
2,4). unificatore81. Buckwalter ritiene di individuare un criterio di coe-
renza fra i due libri nella dimensione di servizio (the servanthood)
79
3. Il vangelo secondo Luca (e Atti) Vedi in proposito R.C. Tannehill, The Narrative Unity of Luke-Acts. A Li-
terary Interpretation, MI, Fortress, Philadelphia 1986-1990; J.-N. Aletti, // rac-
conto come teologia. Studio narrativo del terzo Vangelo e del libro degli Atti degli
La prima, fondamentale novità che incontriamo in Luca è che Apostoli, Dehoniane, Roma 1996. Discussa peraltro è la questione se il prologo
egli, a differenza di Matteo e di Marco, non si limita a narrare una di Le 1,1-4 possa valere per tutta l'opera, compresi gli Atti: a favore C F . Evans,
J.A. Fitzmyer; contro H. Schurmann, C. Nolland; ad affermare la differenza ten-
storia di Gesù, ma concepisce un disegno letterario-teologico di più de anche L. Alexander, The preface ofLuke's Gospel. Literary convention and so-
vasto respiro, facendo vedere che l'evento salvifico iniziato da Ge- cial context in Luke 1.1-4 andActs 1,1, SNTS MS 78, University Press, Cambridge
sù prosegue nella storia della chiesa. Tra il vangelo e gli Atti, in- 1993 (che però è fermo allo stato della ricerca del 1978), mentre l'unità è affermata
da I.H. Marshall, Acts and the 'Former Treatise', in B.W. Winter & A.D. Clarke,
fatti, c'è una omogeneità di fondo, assicurata non solo dal fatto eds., The Book of Acts in ItsAncient Literary Setting, Eerdmans/Paternoster, Grand
Rapids/Carlisle 1993, pp. 163-182. Vedi anche R.J. DiUon, Previewing Luke's Project
from His Prologue (Luke 1:1-4), CBQ 43 (1981) 205-227.
76 80
Traduzione di A. Mello, Detti dei Rabbini. Pirqè avot con i loro commenti 81
J.-N. Aletti, // racconto come teologia, p. 211.
tradizionali, Comunità di Bose 1993, pp. 101 s, 105. Vedi in particolare il tentativo di H.D. Buckwalter, The character and pur-
77
Così suggerisce D. Flusser, "Io sono in mezzo a loro" (Mt 18,20), in Id., // pose ofLuke's christology, SNTS MS 89, University Press, Cambridge 1996. Per
Giudaismo e le origini del cristianesimo, Marietti, Genova 1995, pp. 163-174, che uno status quaestionis circa la ricerca sull'impostazione della cristologia di Lc-At,
però intende le parole di Gesù nel senso estenuato del detto di R. Hillel: "Se io con bibliografia, rimandiamo a ib., pp. 6-24. Cf. anche G.C. Bottini, Introduzio-
sono qui, tutto è qui; e se io non sono qui, che cosa è qui?" (ARN A 12; b.Sukk. 53a). ne all'opera di Luca. Aspetti teologici, Franciscan Printing Press, Jerusalem 1992,
78
Cf. E.E. Urbach, Les sages d'Israel. Conceptions et croyances des maitres du pp. 77-134 ("Cap. Ili: Cristologia", impostata sull'analisi di tre aspetti: Profeta,
Talmud, Cerf, Paris 1996 (orig. ebr., 1979), p. 46; l'Autore, a proposito dei due Salvatore, Valore salvifico della morte); e R.F. O'Toole, L'unità della teologia di
passi citati dalla Mishnah, fa notare a p. 48 che essi sono i soli due in cui il termine Luca, LDC, Torino Leumann 1994 (orig. ingl., Wilmington 1984), che vede l'unità
ricorre in tutta l'opera e che appartengono all'epoca di Bar Kochebah. della teologia lucana nel tema della salvezza.
364 LE* REDAZIONI SINOTTICHE IL VANGELO SECONDO LUCA (E ATTI) 365

del Signore Gesù: Le, che dipenderebbe sia da Me (di cui sviluppe- ora Luca fa vedere che da lui prende avvio una storia di evange-
rebbe tre temi: il significato della risurrezione, il rapporto di Gesù lizzazione, che non solo prosegue il suo esempio ma attua anche
con lo Spirito e le implicazioni storico-salvifiche della passione di il suo comando (cf. At 1,8). Il nuovo e fondamentale apporto
Gesù) sia da Paolo (specie da Fil 2,6-11) avrebbe scritto "per di- cristologico di At rispetto a Le consiste in uno slittamento verso
mostrare ai suoi lettori che durante la sua umiliazione il Gesù ter- il tema della missione: in At il protagonista dell'azione non è
reno si comportò in mezzo ai suoi come uno che serve (cf. Le più il Gesù storico, ma sono i suoi testimoni (cf. At 4,33) e
22,25-27), e che come Signore glorificato co-equale al Padre egli in definitiva la chiesa (tanto che il termine èxxXrjaia, mai presente
continua a mettersi al servizio dei suoi, confortandoli e incorag- in Le, ricorre 23 volte in At); anzi, a ben vedere, è lo Spirito
giandoli nella loro testimonianza su di lui nel mondo"82. Pur in effuso a Pentecoste (= Spirito pasquale per eccellenza!), che
questa ottica 'ministeriale', l'Autore salvaguarda sia i termini di in At 16,7 è chiaramente detto "Spirito di Gesù"84. Proprio
una cristologia forte ( = la signoria di Gesù è uguale a quella di il tema dello Spirito, d'altronde, rappresenta il comune denomi-
Yhwh) sia la proiezione escatologica dell'attività di Gesù e della natore dei due racconti. Infatti, come la storia di Gesù comincia
vita della chiesa (contro Conzelmann). Ma viene da osservare che doppiamente con una dotazione pneumatica, sia nel concepi-
quod nimisprobat nihilprobatì Del resto, perché confrontare Le mento da parte di Maria (cf. Le 1,35) sia poi nel battesimo
con Me e non con Mt (con cui peraltro condivide il materiale di al Giordano (cf. Le 3,21-22)85, così la storia della chiesa inizia
Q)? e perché ridurre Paolo all'inno cristologico dei Filippesi, se Lu- con l'effusione pentecostale dello Spirito che investe potente-
ca sottovaluta poi la tipica idea paolina della morte salvifica di Gesù mente la comunità dei discepoli per un impegno testimoniale
(al punto da omettere persino Me 10,45)? Pertanto, e nonostante (cf. At 2,1-13). E come lo Spirito conduce Gesù (cf. Le 4,1),
tutto, sembra meglio considerare a parte il vangelo come espres- così esso induce ineluttabilmente i suoi testimoni a far vedere
sione di una cristologia più organica, pur premettendo alcune con- e sentire qualcosa che si impone all'attenzione di tutti (cf. At
siderazioni sull'insieme dell'opera lucana. 2,33b)86. L'unica vera differenza è che nella storia di Gesù que-
sti è ricettore passivo dello Spirito, alla maniera degli antichi
profeti, mentre nella storia della chiesa, in base alla sua risurre-
3.1 Le e At zione dai morti, egli si dimostra ormai donatore attivo del mede-
simo (cf. At 2,33a); sicché, se nella sua vita terrena ciò che
Non si può, dunque, percepire pienamente la cristologia di Le, agisce in lui non è altro che il tradizionale "Spirito Santo",
se non si tiene presente almeno all'orizzonte anche la composizio-
ne di At, che insieme al vangelo costituisce la grande tela di fondo 84
Cf. J.H.E. Hull, The Holy Spirit in the Acts of the Apostles, Lutterworth,
sulla quale il ritratto di Gesù viene disegnato e dal quale esso spic- London 1967, p. 175, e R. Penna, Lo 'Spirito di Gesù'in Atti 16,7. Analisi lettera-
ria e teologica, RivBibl 20 (1972) 241-261.
ca con un risalto suo proprio. Gli At infatti fanno emergere all'e- 85
II conflitto presente nel raffronto fra le due prospettive (del resto già latente
videnza che Gesù sta, per così dire, "al centro del tempo"83, in in Mt 1,20; 3,13-17) non si può che risolvere in base alla supposizione di due tradi-
quanto, dopo aver detto precedentemente che in lui si compie tut- zioni diverse recepite entrambe dall'evangelista (cf. R. Schnackenburg, La persona
di Gesù Cristo, pp. 200-202).
to ciò che era scritto nella legge di Mosè e nei profeti (cf. Le 24,44), 86
La tecnica e la funzione del parallelismo tra Le e At è stata messa bene
in evidenza da J.-N. Aletti, // racconto come teologia, rifacendosi alla tecnica
classica della synkrisis, "confronto". Forse il caso più evidente è quello di Stefa-
no che prima di morire lapidato riformula le parole di Gesù in croce (cf. Le
82
H.D. Buckwalter, The character and pur pose, pp. 283-284. 23,46: "Padre, nelle tue mani rimetto il mio spirito" / At 7,59: "Signore Gesù
83
Questo era il titolo significativo del contributo redaktionsgeschichtlich di H. accogli il mio spirito"; inoltre Le 23,34: "Padre, perdona loro perché non sanno
Conzelmann, Die Mitte der Zeit. Studien zur neologie des Lukas, BhT 17, Mohr, quello che fanno" / At 7,60: "Signore, non imputare loro questo peccato").
Tubingen 1954, 51964 (trad. ital., Piemme, Casale Monferrato 1997). Ma lo stu- Ma i casi sono frequenti, compreso il parallelismo Gesù-Paolo (vedi il confronto
dio di Conzelmann era comandato dal presupposto che Le avesse scritto per appia- fra le 'due passioni' in ib., pp. 68-80). Cf. anche J. Dupont, Il punto dipartenza
nare le preoccupazioni derivanti dal ritardo della parusia; Le avrebbe quindi con- dell'affermazione cristologico nei discorsi degli Atti degli Apostoli, in Pontificia
cepito uno schema di storia della salvezza in tre momenti (AT, Gesù, chiesa) che Commissione Biblica, Bibbia e cristologia, Paoline, Cinisello Balsamo 1987, pp.
dà tempo alla parusia conferendo consistenza al tempo della chiesa. 223-239.
366 LE REDAZIONI SINOTTICHE IL VANGELO SECONDO LUCA (E ATTI) 367

ora invece ciò che agisce sui suoi testimoni è appunto "lo Spirito senza viva di Gesù e con la sua accoglienza si compie qualcosa
di Gesù"87. di decisivo per gli uomini, cioè si pongono le basi della loro
salvezza89 . (3) In più, nessuno degli altri Sinottici ricorre mai al
termine x«Pl?> "grazia", che invece Le impiega otto volte90, di cui
3.2 Dati linguistici tipici almeno la metà con forte valenza teologica: 1,30 ("Hai trovato gra-
zia presso Dio", detto a Maria); 2,40 ("La grazia di Dio era su
Limitandoci ora al Vangelo, cominciamo col rilevare l'esistenza di lui", Gesù); 52 ("Gesù progrediva nella grazia presso Dio e gli
e la funzione di alcuni dati linguistici tipici del racconto lucano e uomini"); e 4,22 ("Si stupivano per le parole della grazia che usci-
tra loro connessi, di importante rilevanza cristologica. (1) Una pri- vano dalla sua bocca")91. Evidentemente per Le questo concetto
ma sorprendente constatazione riguarda l'intervento del narratore riveste una notevole importanza, tenuto anche conto che egli con-
stesso, che nel suo testo professa apertamente la propria fede per- nette la grazia di Dio solo con Maria e con Gesù. (4) Soprattutto,
sonale in Gesù come "Signore", Kupto?. A differenza di Me e di infine, per ben 17 volte (contro le 6 di Me e le 8 di Mt) Le sottoli-
Mt, che impiegano il titolo unicamente nel discorso diretto (cioè, nea il fatto che, direttamente o indirettamente, in Gesù c'è qualco-
sulla bocca di coloro che parlano con Gesù o sulla bocca di alcuni sa che "deve", Bei (o "doveva", è'Sei), necessariamente avvenire92.
personaggi all'interno di parabole), Le lo impiega nel proprio rac- Questa idea di una ineluttabilità degli avvenimenti, dipendenti dal
conto come espressione della propria penna, là dove è lui a narra- piano salvifico di Dio, attraversa e in qualche modo regge tutta
re in terza persona, sia ciò che Gesù fa o dice, sia il modo con cui la composizione lucana e il suo messaggio93.
altri si rapportano a lui. Così leggiamo, per esempio: "Il Signore
disse... Il Signore voltatosi guardò Pietro", oppure: "Stando ai
piedi del Signore... Non trovarono il corpo del Signore Gesù". Ciò 3.3 L'idea di necessità
succede per ben 14 volte (cf. 7,13.19; 10,1.39.41; 11,39; 12,42;
17,5.6; 18,6; 19,8; 22,61bis; 24,3)88. In questo modo l'agiografo Infatti, è soprattutto l'idea di una misteriosa ma inderogabile
si rende personalmente presente nel suo racconto, supponendo la "necessità" a immetterci nel vivo del racconto lucano, della sua
stessa fede pasquale nel suo destinatario Teofilo e in generale nei
suoi lettori. (2) Inoltre, nessun altro evangelista usa l'avverbio greco
89
orpepov, "oggi", per indicare l'importanza del tempo connotato Cf. B. Prete, Prospettive messianiche nell'espressione ori^epov (oggi) del Van-
gelo di Luca, in Id., L'opera di Luca. Contenuti e prospettive, LDC, Torino Leu-
dalla presenza di Gesù. Le invece lo impiega cinque volte: in bocca mann 1986, pp. 104-117, con accostamento all'altro avverbio temporale vGv, "ora,
agli angeli al momento della nascita (cf. 2,11: "Oggi è nato per adesso" che in Le è presente 14 volte (contro le 3 di Me e le 4 di Mt).
90
voi un salvatore") e in bocca a Gesù stesso, nella sinagoga di Na- In più vanno aggiunte altre otto volte in senso teologico negli Atti. È interes-
sante notare che il Quarto Vangelo lo impiega solo tre volte e soltanto nel Prologo.
zaret (cf. 4,21: "Oggi questa Scrittura si è compiuta nelle vostre 91
In quest'ultimo caso bisogna conferire alla frase un senso forte: non "parole
orecchie"), in casa di Zaccheo (cf. 19,5: "Oggi devo fermarmi in di grazia" (CEI), come se si trattasse di "parole graziose" o ben dette; infatti il
casa tua"; 19,9: "Oggi è avvenuta la salvezza per questa casa"), greco ha l'articolo, "parole de//a grazia", e allude alla rivelazione della grazia di
Dio! Questa infatti è la prassi di Luca anche in At 14,3 e 20,32, che ricevono senso
e in risposta al buon ladrone (cf. 23,43: "Oggi sarai con me nel da ciò che si legge in At 20,24: "Devo condurre a termine il servizio che mi fu affi-
paradiso"). Evidentemente a Le interessa far notare che con la pre- dato dal Signore Gesù, di rendere testimonianza all'evangelo della grazia di Dio"
( = synkrisis tra Gesù e Paolo).
92
Cf. Le 2,49; 4,43; 9,22 / / ; 11,42 (Q); 12,12; 13,16.33; 15,32; 17,25; 18,1; 19,5;
21,9 / / ; 22,7.37; 24,7.26.44; come si vede, solo in tre casi Le condivide con altri
87
C.K. Barrett, TheActs of the Apostles, I, ICC, T&T Clark, Edinburgh 1994, l'uso del verbo. Un uso proprio sarebbe anche 13,14, ma è privo di valore cristologia).
93
p. 150, cita S. Agostino: Accepit quippe ut homo et ejJudit ut deus {De Trinitate Anche in At il verbo è caratteristico, con ben 24 occorrenze (cf. At 1,16.21;
15,26). Il tema specifico di Gesù risorto come Salvatore è ben sviluppato da R.F. 3,21; 4,12; 5,29; 9,6.12; 14,22; 15,5; 16,30; 17,3; 18,21; 19,21.36; 20,35; 21,22; 23,11;
O'Toole, L'unità, pp. 34-55. 24,19; 25,10.24; 26,9; 27,21.24.26). Sull'insieme, cf. C.H. Cosgrove, The Divine
88
Alla totale assenza di questa prassi negli altri due Sinottici si può accostare AEI in Luke-Acts. Investigations info the Lukan Understanding of God's Provi-
anche il Quarto Vangelo, che si comporta al modo lucano solo in tre casi (cf. Gv dence, NT 26 (1984) 168-190; J.T. Squires, The pian ofGodin Luke-Acts, SNTS
4,1; 6,23; 11,2). MS 76, University Press, Cambridge 1993, pp. 166-185.
368 LE REDAZIONI SINOTTICHE IL VANGELO SECONDO LUCA (E ATTI) 369

teologia e della sua cristologia. A questo proposito non sarebbe sitori di Dio" (0eo|xàxoi: At 5,39; cf. Le 7,30). La figura di Gesù
affatto sufficiente parlare soltanto di "provvidenza", anche se par- è comunque il punto focale, l'epicentro, attorno a cui ruota e si
ticolare, sia perché la matrice greca del concetto implica, sì, una dipana il racconto dell'opera intera (dall'annuncio dell'angelo fat-
razionalità, ma del tutto fisica e immanente94, e sia soprattutto to al padre di Giovanni nel Tempio di Gerusalemme fino all'arri-
perché esso non si applica ai singoli individui ma univocamente e vo e alla permanenza di Paolo come prigioniero a Roma) e soprat-
indistintamente all'insieme di tutti gli esseri95. Quando invece il tutto del primo libro (dove il Tempio di Gerusalemme fa da inclu-
Gesù di Le dice, per esempio: "Non sapevate che è necessario che sione fra l'annuncio a Zaccaria in 1,5-20 e la preghiera degli apo-
io mi occupi delle cose del Padre mio?" (2,49), oppure: "È neces- stoli dopo l'Ascensione in 24,53). Non che egli sia una semplice
sario che oggi e domani e il giorno seguente io vada per la mia stra- pedina che si lascia muovere passivamente dalle mani di Dio, poi-
da" (13,33), oppure ancora: "Non bisognava che il Cristo soppor- ché invece egli è l'esecutore attivo del piano divino e sa di esserlo
tasse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?" (24,26), egli (cf. il pronome di prima persona in 4,43; 13,33; 19,5).
si riferisce a un piano specifico del Dio biblico che deve compiersi
nel proprio ministero e nella propria passione. Del resto, solo Lu-
ca parla esplicitamente di un "piano di Dio" (r\ $ou\r\ xoG Qeou), 3.4 Manifestazione e dimostrazione della grazia
e per ben tre volte: quando Gesù accusa i farisei e gli scribi di non
aver accolto Giovanni (cf. Le 7,30), quando Pietro a Pentecoste Ma qual è il contenuto centrale di questo piano? Esso è essen-
parla della crocifissione di Gesù (cf. At 2,23), e quando Paolo a zialmente una manifestazione e una dimostrazione di grazia, del
Mileto si riferisce al contenuto del suo annuncio (cf. At 20,27). Ab- fatto cioè che Dio rivela in Cristo finalmente in pienezza le sue "vi-
biamo così i tre momenti fondamentali del piano divino secondo scere di misericordia, visitandoci dall'alto come sole che sorge" (Le
Luca: la preparazione alla comparsa di Gesù, il punto centrale della 1,78)97. I due momenti, la manifestazione e la dimostrazione, so-
sua morte, e il dispiegamento missionario del vangelo post-pasquale. no ben rappresentati da alcune pagine del Vangelo, che prendia-
Se quest'ultimo costituisce piuttosto il tema degli Atti, i primi due mo brevemente in considerazione.
caratterizzano invece il Vangelo96. In ogni caso, l'importante è di 3.4.1 Una prima manifestazione avviene, quasi come introdu-
non opporsi a questo piano per non trovarsi ad essere "oppo- zione, fin dai primi due capitoli dedicati agli avvenimenti dell'in-
fanzia di Gesù. A differenza di Mt, in Le 1-2 sono già rivelati fin
94
dall'inizio al lettore tutti i principali titoli cristologici, e ciò avvie-
Così è il concetto di Prónoia, "provvidenza (divina)", che nello stoicismo di-
venta sinonimo di Heimarméne, "fato, destino", Tyche, "sorte, fortuna", Anan- ne direttamente a opera delle voci celesti di Gabriele nell'annun-
ke, "necessità", ed è connesso con quelli di logos e di physis. Cf. A. Magris, L'i- ciazione a Maria (cf. 1,32-33.35: figlio dell'Altissimo, re messiani-
dea di destino nel pensiero antico, Del Bianco, Udine 1985, voi. II, pp. 609-709. co, figlio di Dio) e dell'angelo innominato di Natale (cf. 2,11: Sal-
95
Vedi per es. M.T. Cicerone: "Tutto avviene per volere del fato, e fato io chia-
mo quello a cui i Greci danno il nome di heimarméne, cioè una serie concatenata vatore, Cristo Signore)98, prima ancora che da attori umani come
di cause ed effetti, da cui hanno origine tutte le cose. È questa una verità eterna
che affonda le sue radici nell'eternità; e perciò, dato che le cose stanno così, nulla 97
è mai accaduto che non dovesse accadere e, parimenti, nulla accadrà di cui non Oltre a ciò che dicevamo sopra sull'uso del termine x«P1?. "grazia", bisogna
esistano già in natura le cause che ne provocheranno il verificarsi" (De div. 1,55,125). sapere che più di ogni altro evangelista Le impiega anche il termine eXeo?, "miseri-
Solo tardivamente emerge qualche accenno di provvidenza individuale, ma non svi- cordia" (6 volte contro le 3 di Mt e lo 0 di Me e di Gv), soprattutto nei canti di
luppato, come nel Panegirico di Traiano di Plinio il Giovane: "Se si fosse potuto Maria (1,50.54) e di Zaccaria (1,72.74), oltre a 1,58; 10,37.
98
dubitare finora che i reggitori del mondo fossero scelti per puro caso o per un certo Questi due titoli sono particolarmente interessanti. Il primo, infatti, aw-crip,
volere divino, sarebbe pur sempre manifesto che il nostro Principe è stato largito oltre che attestare uno stadio avanzato della cristologia neotestamentaria (cf. so-
dal cielo. E certo non per l'occulto potere del destino (non enima occulta potestate pra: cap. 3,6) e mancare del tutto in Mc-Mt, è usato due volte da Le, di cui una
fatorum), ma palesemente e sotto gli occhi di tutti fu rivelato dallo stesso Giove con valore teologico (in 1,47) e 2,11 con valore cristologico, quasi a indicare la pa-
(sedab love ipso coram acpalam repertus est), poiché questo nostro Principe ven- ritarietà del senso. Quanto al secondo, osserviamo che il sintagma greco xpterrò? xupto?,
ne eletto fra are ed altari, colà appunto dove questo dio risiede manifesto e presen- "unto Signore" (invece del più tradizionale xpi<"ò? xupiou, "unto del Signore": cf.
te [cioè sul Campidoglio], come sul cielo e sulle stelle" (1,4-5). Lm 4,20; Sai 2,2; lEn. 48,10; Ps. Sai. 18,5; anche Ap 11,15; 12,10) è particolar-
96
Soltanto sulla passione di Gesù e sulla missione ai Gentili insiste J.T. Squi- mente forte, tanto che qualche raro manoscritto lo corregge secondo la forma più
res, The pian of God, pp. 185, 188-189. giudaica.
370 LE" REDAZIONI SINOTTICHE IL VANGELO SECONDO LUCA (E ATTI) 371
il vecchio Simeone (cf. 2,30.32.34: strumento di salvezza, luce del- su come rivelazione della "misericordia di Dio per coloro che lo
le nazioni e gloria dei popolo d'Israele; segno di contraddizione)99. temono" (1,50)103.
Anche il concepimento verginale è particolarmente sottolineato nel 3.4.2 La manifestazione personale della grazia di Dio da parte
dialogo tra Gabriele e Maria (cf. 1,30-35) per evidenziare al massi- di Gesù avviene, appunto quasi come in un 'manifesto', all'inau-
mo l'origine divina di Gesù100. Da parte sua, la contrapposizione gurazione del suo ministero nella sinagoga di Nazaret (cf. 4,16-
strutturale con Giovanni (due annunciazioni, due nascite, due pre- 30)104. La sua collocazione in apertura della vita pubblica svolge
sentazioni) fa emergere l'unicità incomparabile del figlio di Ma- una importante funzione ermeneutica per la comprensione dell'in-
ria, rispetto al quale l'altro è solo un'ombra, per quanto consistente. tero Vangelo: ciò che qui caratterizza la figura di Gesù vale come
Nell'insieme però i testi rivelano un'ottica cristologica di stam- in musica il 'la' per l'intera composizione successiva105. Ora, il
po giudeo-cristiano, in quanto il protagonista è sostanzialmente re- brano è costruito su due estremi (la lettura del profeta Isaia e la
lazionato a Israele e comunque all'AT e a una prospettiva sto- reazione negativa degli astanti), che fanno da contorno a una inau-
rico-salvifica, prescindendo dall'affermazione della sua pre-esi- dita autorivelazione di Gesù. Questa consiste nei tratti di un
stenza101. Lo si vede bene negli inni tanto di Maria (cf. 1,46-55) profeta pneumaticamente dotato, che inaugura l'ultimo anno
quanto di Zaccaria (cf. 1,68-79), del tipo delle berakòt giudaiche, giubilare106. Le sue funzioni infatti sono proprie di un annuncia-
dove si canta il fatto che ora Dio compie finalmente le promesse tore di grazia, che reca il buon annuncio della liberazione ai pove-
di salvezza per il suo popolo; ma la cristologia in questi inni è qua- ri, ai prigionieri, ai ciechi, agli oppressi. Al di là della citazione
si assente, essendo essenzialmente una celebrazione di Dio e della di Is 61,l-2a non si può non intravedere anche un richiamo alla
sua fedeltà a Israele102. Tuttavia, il tema dialettico dell'abbassa- legislazione concernente il giubileo in Lv 25,8-17, almeno a moti-
mento dei potenti e dell'innalzamento degli umili (cf. 1,52-53), vo del ricorrente terminefyeaic,"remissione, liberazione" (tre volte
adombrato nelle figure degli attori stessi come canamm, "pove- in Lv LXX, due volte nel riporto isaiano di Le107). E se è vero che
ri" (cf. Maria, i pastori, Anna, Simeone), anticipa già quel sov- l'istituto giubilare in Israele non venne mai applicato, restando let-
vertimento di valori che si concretizzerà nell'azione del Messia Ge-
103
99 Cf. U. Mittmann-Richert, Magnifìkat und Benediktus. Die àltesten Zeugnisse
"La cristologia viene proposta prima ancora di essere proclamata dalle voci der jùdenchristlichen Tradition von der Geburt des Messias, WUNT 2.90, Mohr,
umane, sotto forma oracolare, profetica... A livello degli enunciati e del numero Tubingen 1996, specie pp. 97-100, 210.
dei titoli, la cristologia raggiunge la sua pienezza e la sua estensione massima in 104
Oltre ai Commenti, vedi le due buone monografie di U. Busse, Das Naza-
Le 1-2, anche se le profezie devono ancora ottenere una precisazione e la loro rea- reth Manifest. Eine Einfùhrung in das lukanische Jesusbild nach Lk 4,16-30, SBS
lizzazione nella vita di Gesù" (J.-N. Aletti, L'art de raconter, p. 200). 91, Katholisches Bibelwerk, Stuttgart 1978, e di G.K.-S. Shin, Die Ausrufung des
100
Giustamente R.E. Brown, La nascita del Messia, p. 421, spiega che l'espres- endgùltigen Jubeljahres durch Jesus in Nazareth. Eine historisch-kritische Studie
sione "ti coprirà della sua ombra" non va intesa nel senso di una generazione di zu 105
Lk 4,16-30, EH 23 Th 378, Lang, Bern-Frankfurt 1989.
stampo sessuale, come se Dio prendesse il posto del principio maschile nell'unirsi In questo senso, il brano corrisponde alla guarigione dell'indemoniato nella
a Maria: "Si tratta piuttosto di una connotazione di carattere creativo. Maria non sinagoga di Cafarnao secondo Marco (cf. Me 1,21-28) e al discorso della Monta-
è sterile, quindi nel suo caso il bambino non viene alla luce perché Dio coopera gna106in Matteo (cf. Mt 5-7).
con l'azione generatrice del marito, togliendo di mezzo la sterilità. Invece, Maria Va sempre tenuto presente che la citazione profetica termina in 4,19 con Is
è una vergine che non ha conosciuto uomo, per cui il bambino è completamente 61,2a sulla frase: "A proclamare un anno gradito al Signore" oppure "...un anno
opera di Dio, una nuova creazione". di gradimento [= di favore, di grazia] del Signore" (xTjpuijai iviau-ròv xupiou Bex-cóv,
101
Si discute se la frase di Zaccaria àvaxoXT] i\ o<|>ou<;, "un sole che sorge dall'al- sostanzialmente uguale ai LXX; cf. TM: "A promulgare l'anno di misericordia del
to" (1,78) vada intesa in senso messianico oppure, forse meglio, in senso stretta- Signore"). Si omette così ciò che segue immediatamente in Is 61,2b: "un giorno
mente teologico in riferimento alla visita di Dio (cf. la discussione in J. Nolland, di vendetta per il nostro Dio"! Non va dimenticato che ai lineamenti del profeta
Lk, I, p. 90). Quanto poi alla dichiarazione di Gesù dodicenne nel Tempio, secon- si aggiungono anche quelli del Messia, come rileva R.F. O'Toole, DoesLuke Also
do cui egli deve stare "nelle cose" (altri preferiscono tradurre: "nella casa") del Portray Jesus As the Christ in Luke 4,16-30?, Bibl 76 (1995) 498-522, accostando
Padre suo (cf. 2,49), se è vero che Gesù manifesta con ciò la forte coscienza di un la citazione isaiana in Le 4,18-19 con la risposta di Gesù agli inviati di Giovanni
particolare rapporto con Dio, questo però non implica necessariamente l'afferma- in 7,18-23.
zione della sua divinità. 107
È da notare che la seconda occorrenza del termine in Le 4,18 ("a riman-
102
Cf. R. Penna, Da Israele al cosmo: Ampliamenti dell'orizzonte cristologico dare gli oppressi in libertà, èv àcpioei") rappresenta una confezione lucana, poiché
nello sviluppo dell'innografia neotestamentaria, in P. Coda, a cura, L'unico e i molti, non proviene da Is 61 ma da Is 58,6: forse per aggiungere una presenza in più
pp. 49-66.
del termine?
372 LE REDAZIONI SINOTTICHE IL VANGELO SECONDO LUCA (E ATTI) 373

ter a morta come pura legge utopistica108, secondo Le invece esso ni, egli è profeta e la sua parola non potrebbe avere un'autorità
è stato finalmente proclamato da Gesù e concretizzato nel suo mi- maggiore" 111 . In ogni caso, la misericordia è stata offerta, e il suo
nistero, anche se l'originaria liberazione sociale diventa per lui me- rifiuto per quanto ostinato e violento non può metterla in crisi.
tafora di una più radicale liberazione interiore dal peccato (cf. la 3.4.3 Di questa misericordia Le narra, e con un rilievo partico-
peccatrice perdonata: 7,36-50; e il pubblicano Zaccheo: 19,1-10) lare, non soltanto l'annuncio verbale ma anche e soprattutto la di-
e in generale dalle prescrizioni legali (cf. 16,16: "La legge e i pro- mostrazione effettiva nel ministero vissuto di Gesù. Il terzo vange-
feti fino a Giovanni") 109 . Questa proclamazione è sottolineata dal- lo, infatti, oltre ai paralleli con Me o con Q, ha tutto un materiale
la frequenza lucana del verbo "evangelizzare" (eùocffeXiCsiv: 10 volte proprio che insiste appunto su questa sua dimensione tipica.
in Le contro 1 in Mt e 0 in Me) 110 , con cui l'agiografo ricorda che
Gesù (dopo gli angeli in 1,19; 2,10; e dopo Giovanni in 3,18) a di- Si pensi, nell'ordine, alla risurrezione del figlio della vedova di Nain
verse riprese si è fatto portavoce della grazia di Dio. (cf. 7,11-17), alla peccatrice perdonata (cf. 7,36-50), alla parabola del
È vero che a Nazaret egli non riferisce esplicitamente a sé il testo buon samaritano (cf. 10,29-37), alla guarigione della donna curva (cf.
profetico, accontentandosi di commentare un po' sibillinamente: 13,10-17), alla parabola dell'amministratore astuto (cf. 16,1-9) e a quella
del ricco epulone (cf. 16,19-31), al detto sui servi inutili (cf. 17,7-10),
"Oggi si è compiuta questa Scrittura nei vostri orecchi" (4,21), ma
alla guarigione dei dieci lebbrosi (cf. 17,11-19), alla parabola del giudi-
questo significa soltanto che molto è lasciato all'intelligenza degli ce e della vedova (cf. 18,1-8) e a quella del fariseo e del pubblicano (cf.
ascoltatori e dei lettori. Da una parte, infatti, queste parole per un 18,9-14), all'incontro con Zaccheo (cf. 19,1-10), al dialogo con il buon
orecchio semitico sono già sufficientemente significative (cf. Dt 5,1), ladrone (cf. 23,39-43) e all'esperienza dei discepoli di Emmaus (cf.
e, dall'altra, il successivo riferimento a Elia e ad Eliseo, che si era- 24,13-35).
no rivolti a persone estranee a Israele (rispettivamente la vedova
di Sarepta di Sidone, e il ministro Naaman di Siria; cf. 4,25-26), In particolare, il cap. 15 tematizza ampiamente questa caratteri-
non solo conferma ulteriormente la statura profetica di Gesù, ma stica lucana e può ben essere considerato "il cuore del terzo
dice pure quanto essa si ponga a dimensione universalistica. Pro- vangelo" 112 . Lo si vede già nella sua apertura redazionale ("Si av-
prio qui si scatena l'incredulità degli astanti nei suoi confronti, giun- vicinavano a lui tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo; ma
gendo fino a cacciarlo dalla città (cf. 4,28-29). Anche queste rea- i farisei e gli scribi mormoravano: 'Costui riceve i peccatori e mangia
zioni, previste da Gesù stesso (cf. 4,24), incidono paradossalmen- con loro' " : 15,1-2), che ricapitola altri racconti del genere (come
te a tratteggiarlo come "un profeta dalla statura imponente: non il pubblicano Levi in 5,27-32 e il capo dei pubblicani Zaccheo in
solo egli sa di essere inviato, sa a chi è inviato e sa che la sua mis- 19,1-10). Essa peraltro introduce e viene per così dire commentata
sione è escatologica, ma offre anche il criterio che permette di ve- dalle tre parabole che seguono immediatamente, dette appunto della
rificare l'autenticità della sua chiamata", poiché "nel momento in misericordia: la pecora (vv. 3-7), la dracma (vv. 8-10) e il figlio (vv.
cui egli viene escluso e spinto fuori della città dai suoi concittadi- 11-32) perduti e ritrovati.
Particolarmente significativa è la cosiddetta parabola del figliol
108
Così R. De Vaux, Le Istituzioni dell'Antico Testamento, pp. 182-184.
prodigo (15,11-32), la cui lezione ha un valore emblematico per l'in-
109
Perciò mi lascia perplesso la tesi di M. Pettem, Luke's Great Omission and tero Vangelo113. Essa combina insieme il tema della grazia e quel-
His View of the Law, NTS 42 (1996) 35-54, secondo cui l'omissione lucana della lo già visto di una superiore, divina necessità. Infatti, com'è noto,
discussione sulla purità alimentare in Me 7,1-23 sarebbe segno di una sua correzio-
ne intenzionale, per sostituirla poi in At 10,1 - 11,18 con la visione di Pietro, con
cui però si dichiarerebbe soltanto che tutti i popoli sono puri. Infatti è lucano il
111
tema della condivisione del cibo da parte di Gesù con i peccatori (cf. Le 15,1-2). J.-N. Aletti, L'art de raconter, p. 49.
110 112
II fatto che, inversamente, il sostantivo eùay-réXiov non ricorra mai in Le e L. Ramaroson, Le coeur du Troisième Évangile: Le 15, Bibl 60 (1979)
solo due volte in At (contro le 4 volte di Mt e le 7 + 1 volta in Me) dice soltanto 348-360.
che l'uso del verbo (che in At è poi presente altre 15 volte) mette in luce il compor- 113
Ciò è stato ben compreso e messo a fuoco dall'analisi che ne ha fatto J.-N.
tamento concreto e attivo di Gesù e dei suoi testimoni, mentre l'uso del sostantivo
Aletti, L'art de raconter..., pp. 206-209; Id., // racconto come teologia, pp. 167-205.
è piuttosto indice di una riflessione un po' astratta. Sull'uso lucano, cf. G. De Vir-
gilio, EùayyeXi'Cetv nel terzo vangelo, CristStor 16 (1995) 587-598. La parabola, più che «del figliol prodigo», potrebbe essere meglio intitolata «del
padre misericordioso».
374 IL VANGELO SECONDO LUCA (E ATTI) 375
LE REDAZIONI SINOTTICHE

al suo culmine si leggono le parole conclusive del padre: "Biso- di questo personaggio, che a buon diritto può essere considerato
gnava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto il vero protagonista del racconto.
ed è tornato a vivere, era perduto ed è stato ritrovato" (15,32). Come si vede, la parabola verte direttamente sulla figura di Dio
Poiché Le non dà mai una definizione esplicita né della grazia né più che non su quella di Gesù. Ma allora, che senso può avere in
della necessità, essa va ricavata nient'altro che dal racconto, in cui rapporto alla cristologia di Luca? A questo proposito, è determi-
si trova di fatto inscritta. Ebbene, ciò che importa notare è che in nante ricordare l'introduzione del capitolo (vv. 1-2), che per così
realtà il figlio minore torna a casa non per una vera conversione dire enuncia una tesi: Gesù non può fare a meno di stare dalla par-
interiore e perché sia realmente pentito di ciò che ha fatto, ma sem- te dei peccatori (cf. anche 5,32; 19,10). La sua dimostrazione è poi
plicemente perché vuole soddisfare meglio la propria fame, quindi offerta in ciò che segue, non mediante un ragionamento astratto
solo per interesse e per calcolo (cf. 15,17-19: "Quanti salariati di bensì nei termini più sfumati e concreti di un racconto. Ma la con-
mio padre abbondano di pane, mentre io qui muoio [di fame]. Mi clusione è inevitabile: se nella parabola è il padre che accoglie il
alzerò e andrò da mio padre...")- Allora, però, appare chiaro che figlio, nella realtà è Gesù che accoglie i peccatori e mangia con lo-
tutto il senso del racconto consiste nell'opporre questi calcoli, fon- ro; e se nella parabola è il figlio maggiore a lamentarsene, nella
dati nient'altro che sul diritto della retribuzione (cf. 15,19: "Trat- realtà sono i farisei e gli scribi a mormorare. In ogni caso, è il con-
tami come uno dei tuoi servi"), alla totale mancanza di calcolo pro- testo della vita di Gesù che rende pienamente possibile l'interpre-
pria del padre114. Al figlio maggiore che protesta, poiché vorreb- tazione della parabola. La valenza cristologica è chiara: nel com-
be applicato lo stretto schema retributivo, il padre non dice che portamento di Gesù non fa che manifestarsi e dimostrarsi la mise-
le sue ragioni siano fuori posto. Egli interviene piuttosto a un al- ricordia di Dio stesso. Ciò che nella parabola è semplice racconto,
tro livello, quello di un'altra necessità: l'inderogabile necessità della nella vita di Gesù invece è evento116!
misericordia. La decisione del padre tende a ridonare al figlio la E un evento emblematico è l'incontro personale fra Gesù e Zac-
sua identità, ed è irrevocabile: egli può soltanto invitare il maggio- cheo (cf. 19,1-10), che con il cap. 15 rivela uno stretto nesso logico
re a condividere la sua decisione e convincerlo a prendere parte al- e un progresso narrativo. Ora Gesù non solo si lascia circondare
la festa. "Il 'bisognava' è quello dell'amore estraneo a ogni calco- dai pubblicani, ma si reca egli stesso presso uno di loro, che per
lo, è proprio di un perdono senza condizioni; in breve, è quello di più è un capo (cf. vv. 2.5); inoltre, non sono più i farisei e gli
dell'umanità di Dio"115. La misericordia festosa è il punto foca- scribi a mormorare contro Gesù, ma tutti i presenti alla scena (cf.
le. Infatti il parallelismo strutturale con le due parabole preceden- v. 7); infine, Gesù risponde non più servendosi di un racconto fit-
ti, della pecora e della dracma, mostra che la sezione dedicata al tizio, ma dimostrando di essere personalmente impegnato a cerca-
fratello maggiore (cf. 15,25-32) corrisponde semplicemente alla con- re e salvare un uomo perduto (cf. vv. 9-IO)117. Del resto, tanto la
clusione di quelle altre parabole, le quali culminano sulla gioia che parabola del padre misericordioso quanto l'episodio di Zaccheo ter-
si prova in cielo per un solo peccatore che si converte (cf. 15,7.10).
Così qui la figura del padre che, senza neanche pronunciare la pa- 116
Cf. H. Weder, Metafore del Regno. Le parabole di Gesù: ricostruzione e in-
rola "peccato", si getta commosso al collo del figlio tornato e poi terpretazione, Paideia, Brescia 1991 (orig. ted., Gòttingen 1978,31984 rist. 1989),
il suo fermo invito alla festa sottolineano all'evidenza la tenerezza pp. 307s. L'idea che la parabola senza la sua applicazione è monca ("il racconto
è solo 'metà' della parabola": p. 156) viene ben sviluppata da V. Fusco, Oltre la
parabola. Introduzione alle parabole di Gesù, Boria, Roma 1983, pp. 144-168: "Nelle
parabole di Le 15, ad esempio, Gesù non illustra genericamente la misericordia di
114
È vero che poi davanti al padre, il figlio minore non ripete "Trattami come Dio come verità astratta ed atemporale, ma difende la propria prassi di accogliere
uno dei tuoi salariati". Ma ciò si spiega solo perché non ne ha avuto il tempo: "In- pubblicani e peccatori fino al punto di offrire loro la sua commensalità. E proprio
fatti il figlio sta ancora recitando la sua lezione quando il padre l'interrompe: il qui c'è qualcosa di strano, di misterioso: gli avversari non avevano criticato Dio
greco va letto come segue: 'A/a il padre disse ai servi...'. Il padre non ha voluto ma Gesù, eppure Gesù risponde parlando di Dio. Come mai? Tale replica sarebbe
sentirne di più: quando il giovane gli dichiara di non meritare più di essere figlio, incongrua se non presupponesse, pur senza formularlo esplicitamente, che Dio agi-
taglia corto, rifiutando questa eventualità, e, al contrario, si affetta a (ri)dare al sce qui e adesso attraverso Gesù, che attraverso Gesù è Dio stesso che cerca e trova
figlio tutti i segni della sua dignità" (J.-N. Aletti, Il racconto come teologia, p. 183). i suoi figli 'perduti'" (pp. 160-161).
117
115
J.-N. Aletti, L'art de raconter, p. 208. Cf. J.-N. Aletti, L'art de raconter, p. 30.
IL VANGELO SECONDO LUCA (E ATTI) 377
376 LE REDAZIONI SINOTTICHE

derna e non può essere lucana. Forse egli è comandato da altre tra-
minano ugualmente affermando l'idea della salvezza di ciò che era
dizioni e altre prospettive? Questo sembra certo. In realtà, Le non
perduto (cf. rispettivamente 15,32: "...era perduto ed è stato ri-
ha omesso solo il loghion ma tutto l'episodio che lo precede, cioè
trovato"; 19,10: "Il Figlio dell'uomo è venuto per cercare e salva-
la sfacciata richiesta a Gesù dei due figli di Zebedeo (cf. Me
re ciò che era perduto"). Proprio il concetto di salvezza è caratte-
10,5-40/Mt 20,20-23). Invece la parenesi su chi debba considerarsi
ristico del terzo vangelo118, e nel nostro caso è Gesù stesso a espri-
il più grande tra i discepoli, che in Me segue immediatamente l'e-
merlo: "Oggi la salvezza è venuta per questa casa" (v. 9); egli, an-
pisodio e che è incentrata su di un capovolgimento di ruoli (cf. Me
zi, evita per delicatezza di ricordare il peccato dell'interlocutore,
10,41-45/Mt 20,24-28), viene da Le spostata nel contesto dell'ulti-
che lo ammette da solo (cf. v. 8), e insiste soltanto sugli aspetti
ma cena (cf. Le 22,24-27) e ritoccata in modo tale che al loghion
positivi del rapporto con lui. Decisivo è l'"oggi" dell'incontro, con
marciano corrisponda in perfetto parallelismo quest'altro: "Chi è
cui Le dice appunto che con la presenza di Gesù la situazione viene
più grande, chi sta a tavola o chi serve? Non è forse colui che sta
ribaltata e ciò che prima era perduto è tratto in salvo119.
a tavola? Eppure io sono in mezzo a voi come colui che serve".
Mi pare giusto considerare comunque questo pronunciamento co-
me una sostanziale equivalenza lucana del detto marciano adatta-
3.5 Problema del valore della Croce to al contesto della cena122. In ogni caso l'immagine del servire a
tavola suscita inevitabilmente l'idea del porsi a vantaggio altrui.
Constatata l'insistenza sulla manifestazione e sulla dimostrazio- Le sa che il corpo di Cristo è stato "dato per voi" e che il suo san-
ne della grazia di Dio in Gesù, sorprende che Luca non colleghi gue è stato "versato per voi" (Le 22,19.20); egli sa anche che la
esplicitamente questa grazia con la croce e quindi non sottolinei chiesa è stata acquistata da Dio con il sangue del proprio Figlio
altrettanto chiaramente la portata espiatrice della morte di Gesù, (cf. At 20,28). Ma non insiste su ciò 123 .
tanto più che quando l'evangelista scrive ormai il tema è tradizio-
Luca piuttosto si rivolge ai suoi lettori, collegando il tema della
nale. Il problema non è recente e non è di facile soluzione120. Ciò
rivelazione della grazia di Dio più con la vita di Gesù che con la
che colpisce maggiormente è l'assenza del celebre, illuminante lo-
sua morte. È come se l'evangelista fosse condotto dall'intenzione
ghion marciano concernente il Figlio dell'uomo che "dà la vita in
di stabilire che la morte non interrompe il filo continuo della vita
riscatto per i molti" (Me 10,45/Mt 20,28)121. Forse Luca non co-
che lega insieme lo stadio terreno e quello glorioso dell'esistenza
nosceva il tema? Impossibile, poiché in ogni caso esso riecheggia
di Gesù. La vita soprattutto interessa a Le. È per questo che anche
in Le 22,19-20 (parole sul pane e sul vino) e in At 20,28 (discorso
negli Atti la predicazione degli Apostoli insiste molto più sulla ri-
di Paolo a Mileto). Forse vuol essere più fedele al Gesù terreno,
surrezione che non sulla morte di Gesù (cf. At 4,33; ciò vale per
considerando il detto non storico? Ma questa problematica è mo-
i discorsi sia ai Giudei sia ai Gentili); questa tutt'al più fa parte di
uno schema di contrasto fra l'azione degli uomini e quella di Dio,
118
ma appunto in vista della risurrezione (cf. At 2,22-36). Anche la
Notiamo che Le è l'unico fra i Sinottici a impiegare il sostantivo awrr)pia, "sal-
vezza", e lo fa quattro volte: 1,69.71.77; 19,9. necessità divina, di cui abbiamo detto, racchiude la morte di Gesù
119
Non si comprende come si possa negare che il racconto su Zaccheo riguardi nel mistero di un progetto insondabile e perciò le conferisce uno
la salvezza del pubblicano e sostenere che esso verta soltanto sulla restituzione del
suo buon nome (così R.C. White, Vindication for Zacchaeus, ExpT 91 [1979] 21;
D.A.S. Ravens, Zacchaeus: The Final Part of a Lucan Trìptych?, JSNT41 [1991] 122
Gli Autori si dividono nel considerare Le 22,27 o come una versione più ar-
19-32), anche perché l'etimologia del nome (ebr. zak, "puro, innocente") è insuf-
caica di Me 10,45 o come una sua posteriore versione ellenistica oppure, secondo
ficiente.
120 i più, come espressione di una tradizione indipendente (cf. G. Rosse, Le, pp. 884-885).
Cf. una buona trattazione in V. Fusco, // valore salvifico della croce nell'o- Purtroppo il citato studio di H.D. Buckwalter, che pur imposta il suo studio sul
pera lucana, in Aa.Vv., Testimonium Christi. Scritti in onore di J. Dupont, Pai- concetto di servizio, non dedica a questo testo alcuna attenzione specifica.
deia, Brescia 1985, pp. 205-236 (con bibliografia). Inoltre: G.C. Bottini, Valore sal- 123
Certo però in Le non manca una specifica theologia crucis, svolta però se-
vifico della morte di Gesù, in Id., Introduzione all'opera di Luca, pp. 112-129 (e condo il modulo del giusto sofferente derivante da Sap e dal Salterio; così, insi-
pp. 129-134: "Excursus. Gli orientamenti attuali sul valore salvifico della morte stendo su Le 23,46-47, P. Doble, The Paradox of Salvation. Luke's theology of
di Gesù nell'opera lucana"). the cross, SNTS MS 87, University Press, Cambridge 1996.
121
Cf. voi. I, pp. 161-164.
378 LE REDAZIONI SINOTTICHE

spessore teologico unico. Ma ancora una volta, se "bisognava che BIBLIOGRAFIA


il Cristo patisse queste sofferenze" non è altro che "per entrare
nella sua gloria" (Le 24,26). E tuttavia, in questa gloria egli entra
come colui che ha rivelato la grazia di Dio e lo ha fatto in modo
tale che essa gli è come rimasta addosso per sempre. La grazia elar-
gita ai peccatori durante la sua vita terrena lo contraddistingue e
lo identifica per tutte le generazioni successive e per tutti gli uomi-
ni (cf. At 4,12). Lo si vedrà bene ancora nelle parole pronunciate
da Pietro durante il concilio di Gerusalemme: " È per la grazia del Achtemeier P.J., Mark, Gospel of, in ABD 4, pp. 541-557.
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Se c'è nel NT uno scritto che abbia un intento cristologico di-
chiarato, questo è proprio il Quarto vangelo. Nessun altro autore
infatti afferma di scrivere con uno scopo così preciso come quello
che leggiamo in Gv 20,31: "Queste cose sono state scritte perché
crediate che Gesù è il Cristo il Figlio di Dio, e perché credendo ab-
biate la vita nel suo nome". La seconda metà della dichiarazione
riguarda piuttosto l'impatto salvifico della fede sul credente1, ma
questa fede ha comunque Gesù come oggetto e del resto la prima
metà della dichiarazione lo dice all'evidenza.
C'è però una difficoltà, ed è che queste parole, se da una parte
riprendono almeno parzialmente la formulazione tradizionale del-
la fede cristologica (richiamando i titoli "Cristo" e "Figlio di Dio"),
dall'altra invece esse non corrispondono del tutto a ciò che l'evan-
gelista ha precedentemente sviluppato nell' esprimere il mistero del-
l'identità di Gesù; per esempio, qui non si fa alcun cenno né alla
solenne qualifica di Logos, con cui si apre l'intero vangelo, né alle
sue dichiarazioni sull'identità con Dio, né alle varie metafore del
pane, della luce, della vite ecc. Quindi non coglieremmo affatto
la portata della cristologia di Gv, se ci fermassimo alla dichiara-
zione conclusiva. Occorre invece caricare queste parole di quelle
qualifiche e di quei sintagmi che costituiscono la vera originalità
del Quarto vangelo nelPesprimere l'ontologia personale di Gesù2.

1
Prescindiamo qui dalla questione se il verbo originale greco, testualmente in-
certo, debba essere letto mareÓTi-re (congiuntivo presente: "perché continuiate a cre-
dere") oppurerci<rceuar|TE(congiuntivo aoristo: "perché cominciate a credere"). La
diversa lettura suppone ovviamente due diversi tipi di destinatari. La prima però
è la migliore, anche perché il linguaggio del vangelo è per iniziati e suppone già
l'esistenza di una fede, che l'autore vuole solo confermare nella giusta direzione.
2
Altra questione è di sapere perché l'evangelista, pur dopo i suoi ampi sviluppi
di una cristologia 'alta', in 20,31 si esprime soltanto in termini che sembrano cri-
stologicamente scarsi. Una risposta è stata offerta da J. Rinke, Kerygma und Au-
topsie. Der christologische Disput ab Spiegel johanneischer Gemeindegeschichte,
388 IL QUARTO VANGELO (e IGV) PREMESSE 389

La peculiarità della presentazione giovannea di Gesù si nota su- mancano del tutto nei Sinottici e vanno considerati il vero veicolo
bito, se vi si giunge provenendo dai Sinottici. L'atmosfera cristo- della cristologia dell'evangelista. Non che i racconti non implichi-
logica è molto diversa, come risulta da alcuni confronti3. Anzitut- no anch'essi una cristologia; anzi, la designazione dei miracoli co-
to, qui manca la ricorrente compassione di Gesù per gli uomini, me "segni" è già molto eloquente circa la loro portata 'significan-
che nei Sinottici si manifesta ripetutamente in esorcismi e guari- te' in senso cristologico5. Ma i discorsi vertono direttamente sul-
gioni, anche solo nei ricorrenti sommari. Gv invece, mentre da una l'identità di Gesù, e in più impiegano un linguaggio tanto caratte-
parte racconta pochissimi miracoli (mai esorcismi) e addirittura ristico da distanziarlo notevolmente dall'identità del Gesù sinotti-
omette ogni contatto con i peccatori (l'episodio dell'adultera per- co. In qualche caso è persino possibile supporre che il testo riporti
donata è di origine posteriore), dall'altra, anche quando ci presen- piuttosto un commento dell'evangelista stesso6.
ta tratti molto umani di Gesù (cf. i racconti della Samaritana al È legittimo perciò porsi il problema della loro gesuanità. Ebbe-
pozzo, del paralitico di Betesda, della moltiplicazione dei pani, del ne, se è vero che Gv ci conserva una migliore memoria storica su
cieco nato, della risurrezione di Lazzaro), trapassa subito a una aspetti cronologici e topografici della vicenda terrena di Gesù, non
profondità di riflessione sulla figura del protagonista, che nei Si- si può dire altrettanto circa il riporto delle sue parole7. In effetti,
nottici è del tutto assente. Inoltre, il concetto di fede diverge mol- "l'evangelista fa parlare Gesù nella sua lingua, con la sua mentali-
tissimo: mentre là è piuttosto fiducia nella possibilità che Gesù operi tà, gli fa prendere posizione su temi che erano attuali nel suo
una determinata guarigione, qui invece essa è adesione alla perso- tempo"8. Perciò storia e kerygma, resoconto storiografico e inter-
na di Gesù, al mistero della sua identità divina e quindi alla rivela-
zione da lui apportata; in più ha valore salvifico, tanto che è con- 5
nessa con la "vita eterna" (cf. 5,24). Infine, mentre nei Sinottici Cf. R.T. Fortna, The Gospel ofSigns. A Reconstruction ofthe Narrative Sour-
ce underlying theFourth Gospel, SNTS MS 11, University Press, Cambridge 1970.
Gesù non parla quasi mai di sé e procede senza mai autodefinirsi Più in generale, vedi J.A. du Rand, The characterization of Jesus as depicted in
(se non alla fine davanti al Sommo Sacerdote), qui invece quasi the narrative of the fourth gospel, Neot 19 (1985) 18-36.
6
non parla altro che di se stesso. Ciò è tanto vero che, mentre nei Ciò vale soprattutto nel caso del cap. 3: qui sia i vv. 13-21 (in apparente pro-
secuzione delle parole di Gesù) sia i vv. 31-36 (in apparente prosecuzione delle pa-
Sinottici il tema centrale della predicazione di Gesù alle folle ri- role del Battista) possono ben costituire un apporto personale dell'evangelista e ri-
guarda il regno di Dio4, in Gv invece esso è ridotto ai minimi ter- portare una confessione di fede della comunità giovannea, dato che già al v. 11
si passa alla prima persona plurale e l'insieme ha un tono dichiaratorio che si stac-
mini (in 3,5: solo a Nicodemo, e di notte!), mentre appunto al cen- ca da quello colloquiale precedente. Così R. Schnackenburg, // vangelo di Giovan-
tro del suo annuncio c'è la sua stessa identità personale. ni, I, CTNTIV/1, Paideia, Brescia 1973, pp. 543-579, dove in più l'ordine del testo
viene spostato in questo modo: 3,31-36+13-21: "Si può dire che in esso siano con-
Lo si vede bene nelle lunghe sezioni dei discorsi di Gesù, sia quan- densate le idee fondamentali del vangelo di Giovanni e della teologia giovannea:
do vengono rivolti a individui come Nicodemo (cap. 3) e la Sama- l'annuncio della venuta del rivelatore escatologico... a salvezza del mondo" (pp.
ritana (cap. 4), sia dopo i miracoli (capp. 5 [paralitico]; 6 [pani]; 343s). Da parte sua, C.K. Barrett, The Gospel according to St John, SPCK, Lon-
don 1965, p. 176, ritiene che già in 3,11 sia la comunità a prendere la parola rivol-
9 [cieco nato]; 11 [Lazzaro]), sia nel confronto con i Giudei a Ge- gendosi alla Sinagoga.
7
rusalemme (capp. 7-9), sia durante l'ultima cena (capp. 13-17). Essi Vedi C.H. Dodd, La tradizione storica nel quarto vangelo, Paideia, Brescia
1986 (orig. ingl., Cambridge 1963): pur affermando che Gv conserva una tradizio-
ne migliore dei Sinottici circa il racconto della Passione e vari aspetti del ministero
di Gesù e anche del Battista, l'Autore riconosce che l'insegnamento di Gesù è in-
HBS 12, Herder, Freiburg i.B. 1997, secondo cui l'evangelista vuole esplicitamente corporato
8
in forme letterarie che sono una creazione originale dell'evangelista.
rifarsi agli elementi del kerygma tradizionale per opporsi a una comunità dalla cri- A. Wikenhauser - J. Schmid, Introduzione al Nuovo Testamento, Paideia, Bre-
stologia troppo legata a un messianismo connotato dalla gloria terrena, e quindi scia 1981 (orig. ted., Freiburg i.B. 1963, 21966), p. 381. Analogamente, a proposi-
per dire che Gesù non è solo "il Messia" ma anche e soprattutto "il Figlio di Dio" to delle forti dichiarazioni di Gesù circa la propria divinità, scrive F. Dreyfus: "Gesù
(cf. più avanti). avrebbe riconosciuto in queste affermazioni parole che, se non pronunziò, avrebbe
3
J.-N. Aletti, Gesù Cristo: unità del Nuovo Testamento?, Boria, Roma 1995 almeno potuto pronunziare, perché corrispondono a quello che egli pensava di sé,
(orig. frane, Paris 1994), p. 217, parla di "una cristologizzazione amplificata". della sua persona e del suo mistero" (Gesù sapeva d'essere Dio?, Paoline, Cinisello
Più in specie, cf. R. Schnackenburg, Synoptische und johanneische Christologie Balsamo 1985, p. 9). L'opera classica che tratta del mutuo intreccio tra la storia
- ein Vergleich, in F. Van Segbroeck e altri, edd., The Four Gospels. Festschrift di Gesù e la storia della chiesa giovannea è di J.L. Martyn, History and Theology
Franz Neirynck, III, BETL 100, University Press, Leuven 1992, pp. 1723-1750. in the Fourth Gospel, Abingdon, Nashville 1979 (= 2a ediz. migliorata rispetto
4
Vedi voi. I, pp. 102-113. alla prima del 1968).
390 IL OlJARTO VANGELO (e 1GV) PREMESSE 391

pretazione di fede si trovano qui strettamente intrecciati. Certo il (1) All'inizio la comunità è caratterizzata da una cristologia della gloria,
rapporto fra teologia e storia in Gv è intricato e dibattuto. M a po- contraddistinta dai seguenti elementi: scarsi riferimenti alla croce (nel pro-
trebbe aver ragione chi sostiene che tutta l'impresa di Gv è consi- logo del vangelo essa è assente); insistenza sul privilegio di una testimo-
stita nel liberare il significato universale di Gesù e che quindi in nianza oculare (cf. Gv 1,14b ; 1 Gv 1,1 ) e limitazione a una cristologia del
taumaturgo, di cui non si accentua l'origine divina (cf. i "segni"). (2) L'e-
definitiva " è il non-storico che dà senso alla s t o r i a " 9 .
vangelista, da parte sua, fa un'operazione complessa. In primo luogo, rein-
terpreta i "segni" (che rischiano di essere intesi solo in funzione di un'au-
Questa constatazione ci conduce a un altro problema: quello della comu- tomanifestazione del rivelatore) come "opere" che invece spostano l'ac-
nità di origine sia del vangelo sia delle lettere giovannee e dei condiziona- cento sull'unità dell'inviato con il Padre 13 . Di conseguenza insiste non
menti che vi fanno da contorno. Da un po' di tempo ormai, per spiegare più sulla visione dei primi testimoni, ma sulle parole di Gesù disponibili
l'origine di questi scritti, si parla di circolo giovanneo, di scuola giovannea, a tutti (cf. 1,18: anche se nessuno ha visto Dio, noi però abbiamo la rive-
o semplicemente della comunità giovannea come ambito ben caratteriz- lazione di Gesù) e perciò sulla fede (cf. 20,29, con cui l'evangelista si apre
zato e anche assai travagliato al suo interno 10 . A parte i conflitti di base sulle generazioni future) 14 . Inoltre, egli prende in considerazione il pro-
con il giudaismo 11 , la comunità giovannea ebbe una storia di aspri con- blema della morte di Gesù; ma, sia pure accettando alcuni tratti della tra-
fronti interni, imperniati appunto attorno alla cristologia. Dando per scon- dizione cristiana sul suo valore espiatorio (cf. 1,29; 6,5 le; 11,50s), ne parla
tato che all'inizio della tradizione giovannea c'è la figura sia pure un po' soprattutto per dimostrare che Gesù l'ha oltrepassata: lo si vede dalla sot-
misteriosa del Discepolo prediletto, possiamo compendiare in tre momenti tolineatura dei temi dell'esaltazione e della glorificazione che trasfigu-
l'iter dello sviluppo cristologia) vissuto dal gruppo che a lui si richiama12. rano la morte assumendola in una cornice quasi di trionfo 15 . Più in

9
Così E.C. Hoskyns (1940) citato in C.K. Barrett, // vangelo di Giovanni fra 13
simbolismo e storia, '"Brevi studi" 4, Claudiana, Torino 1983, p. 91; in ib., p. Cf. J. Rinke, Kerygma und Autopsie, pp. 126-128 ("Die theologische Diffe-
73, si fa un paragone con Chopin: come nelle sue composizioni si trovano tracce renz zwischen den epya und den arpeTa"). Già J. Becker, Wunder und Christologie.
di musica popolare polacca, che rappresenta un punto di partenza ma che è assor- Zum literarkritischen und christologischen Problem der Wunder im Johannesevan-
bita e riformulata con altre componenti col risultato di un insieme diverso, così gelium, NTS 16 (1970) 130-148, riteneva che l'evangelista avesse rielaborato la co-
"se non ci fosse stato un Gesù storico non ci sarebbe stato neanche un quarto van- siddetta "fonte dei segni" (Semeia-Quelle) passando da una cristologia epifanica,
gelo". Da questo punto di vista è ben difficile accogliere le conclusioni nettamente in cui ciò che contava era l'azione prodigiosa di Gesù, a una cristologia incentrata
negative, sul piano sia storico sia teologico, elaborate da M. Casey, Is John's Go- più sull'interpellazione della parola.
14
spel True?, Routledge, London-New York 1996. Tuttavia una nuova valorizzazione del "vedere" nella tradizione giovannea,
10
Vedi soprattutto O. Cullmann, Der johanneische Kreis, Mohr, Tùbingen 1975 dal primo stadio del Discepolo prediletto al secondo del Redattore del vangelo fino
(trad. ital. Origine e ambiente dell'evangelo secondo Giovanni, Marietti, Casale Mon- al terzo del circolo giovanneo di l-3Gv, è offerta da C. Hergenròder, Wir schauten
ferrato 1976); D. Moody Smith, Johannine Christianity: Some Reflections on its seine Herrlichkeit, Wùrzburg 1996 (cf. in specie le pagineriassuntive641-647). L'Au-
Character and Delineation, NTS 21 (1974-75) 222-248; R.A. Culpepper, The Jo- tore interpreta il macarismo di Gv 20,29 in senso non polemico ma inclusivo ( =
hannine School, SBL DS 26, Scholars, Missoula 1975; R.E. Brown, La comunità beati sono non soltanto i discepoli che hanno visto Gesù, ma anche quelli delle ge-
del discepolo prediletto, Cittadella, Assisi 1982 (orig. ingl., New York 1979); K.- nerazioni successive; cf. p. 562). Resta il fatto che il "vedere" dei testimoni in Gv
M. Bull, Gemeinde zmschen Integration und Abgrenzung. Ein Beitrag zur Frage è espresso con almeno tre verbi diversi, che indicano di volta in volta una diversa
nach dem Ort der Joh Gemeinde(n) in der Geschichte des Urchristentums, BbET percezione; vedi per esempio il seguente parallelismo:
24,11Lang, Frankfurt-Bern-New York 1992. il Battista il discepolo prediletto
Cf. in breve G. Segalla, Evangelo e vangeli, pp. 354-355. Più specificamente 1,29: "Vede (fJXÉTtet) Gesù venire verso 20,5: "Chinatosi vede ((ìXércet) le bende
vedi W. Rebell, Gemeinde als Gegenwelt. Zur soziologischen und didaktischen Funk- di lui". per terra".
tion des Johannesevangeliums, BET 20, Lang, Frankfurt-Bern-New York 1987, specie 1,32: "Ho visto (teGéaiiai) lo Spirito 20,6: "(Pietro) vede (8«opeI) le bende per
pp. 100-123. scendere". terra".
12
Cf. U.B. Muller, Die Geschichte der Cristologie in der johanneischen Ge- 1,34: "Io ho visto (écópaxa) e ho testi- 20,8: entrato nel sepolcro "vide (efàev)
meinde, SBS 77, Kathol. Bibelwerk, Stuttgart 1975; R.E. Brown, La comunità, pp. moniato...". e credette".
127-144; e J. Rinke, Kerygma und Autopsie (cit.). Da parte sua K.-M. Bull, Ge- Di volta in volta si registra un approfondimento sempre maggiore dal primo al
meinde zmschen Integration und Abgrenzung (cit.), distingue tre fasi: (1) quella terzo, passando da una visione meramente esteriore a una di tipo interiore e cre-
dell'evangelista, impegnato in una cristologia che, presentando Gesù come Figlio dente. Cf. I. de la Potterie, Studi di cristologia giovannea, Marietti, Genova 1986,
di Dio e unico Rivelatore, rende definitiva la separazione dalla Sinagoga (cf. 20,31); pp.15294-295.
(2) quella della seconda redazione, occupata nel problema del rapporto conflittua- L'impiego cristologico dei due verbi SoljàCeiv e ó<>| oGv è caratteristico del Quar-
le tra la comunità e il mondo (cf. 13,31 - 17,26); (3) quella della terza redazione, to vangelo: il primo è presente 19 volte (fuori di Gv solo 1 volta in At), il secondo
impegnata in questioni interne alla comunità stessa come il rapporto tra Pietro e 4 volte (fuori 2 volte in At e 1 volta in Paolo). Cf. W. Thùsing, Die Erhóhung und
il Discepolo prediletto (cf. 21,24-25). Verherrlichung Jesu im Johannesevangelium, NT A 21, Aschendorff, Mùnster 1960.
392 IL QUARTO VANGELO (e IGV)
PREMESSE 393
generale l'evangelista, pur affermando solennemente che Gesù ha una
umanità reale, mette piuttosto l'accento sulla gloria che risplende at- 1-12) e un «libro dell'ora» (o «rivelazione davanti alla comuni-
traverso di essa16. (3) Proprio questo atteggiamento ambiguo diede ori- tà»; capp. 13-20/21). Da essa risulta per esempio che, mentre la
gine alla formazione di due gruppi all'interno della comunità con loro prima parte si chiude con una constatazione di incredulità nei con-
proprie cristologie contrastanti: (a) da una parte, si formò un gruppo fronti di Gesù (cf. 12,37ss), la seconda invece culmina su un pieno
secessionista, che sosteneva solo una rivelazione della gloria del Figlio atto di fede in lui (cf. 20,28).
di Dio sulla terra, senza ritenere che egli fosse realmente morto (cf. lGv Soprattutto a noi importa chiederci quale possa essere la sua spe-
5,6); in questo modo si diede forma a una radicalizzazione ultragiovan- cifica cristologia, che d'altronde costituisce il punto focale esplici-
nea delle concezioni dell'evangelista stesso; (b) dall'altra, e in opposi- to dell'intera composizione. A questo proposito è comunque im-
zione ai secessionisti, si collocò l'autore di lGv (diverso dall'evangeli- portante andare al di là dei semplici titoli presenti in 20,31, anche
sta) per il quale la piena umanità di Gesù e in specie la sua morte espia-
trice diventano il punto centrale della fede cristiana (cf. lGv 3,5.8; 4,2; supponendo che gli sviluppi interni al vangelo vogliano soltanto
2Gv 7)17. riflettere in modo nuovo sulla fede tradizionale da essi espressa e
che si può considerare il vero punto di riferimento dell'evangeli-
L'attuale stato redazionale del vangelo può ben integrare in sé sta. Ma, dato che questi sviluppi finiscono per tracciare una cri-
materiale proveniente dalla comunità giovannea, con cui l'evange- stologia assai sfaccettata, l'importante è di coglierne l'elemento cen-
lista forse non sempre è d'accordo. Sicché vi si possono anche con- trale, il suoproprium, se mai ce ne fosse uno. I tentativi fatti fino-
statare delle tensioni di vario genere (tra una cristologia alta e una ra, sia per descrivere tale cristologia, sia soprattutto per individuarne
bassa, tra un'escatologia realizzata e una futura ecc.). Tutta- il punto centrale, sono tanti 19 . Secondo uno studio recente, essi si
via, è lecito e doveroso assumere l'intero scritto come una unità possono raccogliere attorno a cinque modi diversi di approccio al
tanto letteraria quanto teologica e tentare di vedere quale sia il
suo progetto di comunicazione. In parte lo si vede già nella sua 19
Diamo qui la bibliografia maggiore in rapporto all'insieme del vangelo: J. Du-
struttura 18 , che secondo una sentenza abbastanza comune è bipar- pont, Essai sur la christologie de saint Jean, Abbaye de St. André, Bruges 1951;
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16
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la sua morte di croce. vannea, cit.; G. Mlakuzhyil, The Christocentric Literary Structure of the Fourth
17
Pur nella continuità di una comune tradizione, la differenza di autore fra Gv Gospel, AnB 117, PIB, Rome 1987; U. Schnelle, Antidoketische Christologie im
e lGv si nota a livello sia stilistico (per esempio, la congiunzione conclusiva "dun- Johannesevangelium, FRLANT 144, Vandenhoeck, Gòttingen 1987; M.-É. Bois-
que", ouv, presente ben 202 volte in Gv manca del tutto in lGv) sia contenutistico mard, Moìse ou Jesus. Essai de christologie johannique, BETL 84, University Press,
(per esempio: il "principio" di lGv 1,1 ha un significato diverso da Gv 1,1; la me- Leuven 1988; W. Loader, The Christology of the Fourth Gospel: Structure and Is-
tafora della "luce" in Gv è applicata a Gesù, mentre in lGv 1,5 è detta di Dio; sue, Peter Lang, Frankfurt a.M.-Bern-New York 1989; P. Létourneau, Jesus, Fils
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18
Cf. la buona discussione del problema (con status quaestionis) in G. Segalla, re influsso esercitato da Gv sullo sviluppo dogmatico prima di Nicea, cf. T.E. Pol-
Evangelo e vangeli, pp. 274-316. lard, Johannine Christology and the Early Church, SNTS MS 13, University Press,
Cambridge 1970.
394 IL QUARTO VANGELO (e 1GV) CESO, IL RIVELATORE CELESTE 395

problema20. Questa molteplicità, se non altro, ci documenta quan- attingibile se non attraverso l'intervento specifico di Gesù. Lo ve-
to sia ricca e complessa la posta in gioco e insieme ci stimola a per- diamo in tre diversi momenti.
correre una nostra via.
Ciò che mi pare importante per capire Gv è individuare innanzi-
tutto una categoria fondamentale, portante, che fondi tutti gli svi- ÌA La rivelazione come tema programmatico e unificante del
luppi dottrinali e, giustificandoli, permetta di comprenderli. Essa vangelo
funzionerebbe come un criterio formale e sintetico, tale da confe-
rire senso e sostegno a tutte le componenti contenutistiche dello La conclusione del prologo in 1,18 rappresenta la vera porta d'in-
scritto 21 . gresso al Quarto vangelo: "Dio, nessuno lo ha mai visto; ma l'uni-
Ebbene, la nostra scelta metodologica consiste nel procedere genito dio, che è nel seno del Padre, lui lo ha spiegato (èxeTvo? èjjrppfiaa-
in tre semplici momenti. In primo luogo, vogliamo mettere in lu- xo)". Questa frase, che ha tutta l'aria di una tesi da svolgere o di un
ce la categoria cristologica di fondo, quella di Gesù come «rivela- assioma programmatico, è densissima di concetti fondamentali.
tore», che regge tutto il discorso del Quarto vangelo sulla figura Innanzitutto, essa implica una distinzione tra " D i o " e " d i o " ,
di Gesù stesso (e non solo su di essa). In secondo luogo, analiz- che già era presente in 1,1 (rispettivamente con e senza articolo:
zeremo le varie componenti, che da quella si irradiano e che for- "Il Logos era rivolto verso Dio, e il Logos era dio"); essa pone
mano la materia concreta della definizione di Gesù secondo una opportuna distinzione tra l'unico Dio della tradizione israeli-
la cristologia giovannea. Infine, vedremo la rilevanza cristologica tica e, per dir così, il 'dio per partecipazione' della fede cristiana,
dello Spirito, in quanto egli conferma la rivelazione arrecata da cioè il Logos-Gesù; il riferimento bilaterale alla generazione con
Gesù. la doppia qualifica di "unigenito" e di " P a d r e " evidenzia al mas-
simo, pur nell'uguaglianza di natura, le differenze di persone e di
ruoli, proprie di ciascuno22.
1. Gesù, il rivelatore celeste Il secondo concetto, tipico specialmente dell'oriente semitico,
concerne l'impossibilità per l'uomo di realizzare la sua aspirazio-
Anche se mai in Gv s'incontra il titolo specifico di «rivelatore» ne forse più profonda, quella di vedere Dio (cf. anche lGv 4,12.20).
attribuito a Gesù, tuttavia la sua azione di base consiste proprio Ciò era già stato impedito a Mosè secondo una celebre pagina bi-
neh'arrecare al mondo una "verità" prima sconosciuta (su Gesù blica (cf. Es 33,18-23)23. Ma che egli sia "lontano da noi come la
stesso, su Dio e sull'uomo), che appunto è dischiusa come oggetto profondità dei cieli" è convinzione che appartiene anche all'antica
di una manifestazione o rivelazione particolare, non altrimenti sapienza mesopotamica 24 e viene ripetuto dal biblico Siracide:
"Chi mai lo ha veduto, così da raccontarlo (xoù èx8tT)yTiaexaO?"
20
Cf. P.N. Anderson, The Christology oftheFourth Gospel, pp. 17-32. I cin-
22
que modi sono: (1) stendere delle sintesi generali, che descrivono e rinunciano agli La questione di critica testuale, che divide anche i traduttori nell'opzione tra
approfondimenti; (2) partire da singole unità letterarie prese come chiavi cristolo- "unigenito dio" oppure "unigenito figlio", mi pare che si debba risolvere a favore
giche dell'insieme; (3) raccogliere il tutto attorno a qualche tema specifico, come della prima possibilità a motivo del maggior peso delle testimonianze manoscritte
il rapporto di Gesù con il Padre, o a qualche titolo; (4) valorizzare sincronicamente (cf. P 6 6 S B C L, oltre a Ireneo e Origene). Vedi anche B.A. Mastin, A Neglected
la dimensione letteraria dell'insieme e la sua retorica interna; (5) basarsi sulla situa- Feature ofthe Christology oftheFourth Gospel, NTS 22 (1975) 32-51, con sottoli-
zione storico-ecclesiale dell'autore e sulle fasi di sviluppo della comunità giovannea. neatura del valore ontologico di questa designazione.
21 23
A questo proposito valgono più che mai le parole di Gadamer sull'esperienza Perciò anche le frasi bibliche circa un'avvenuta visione di Dio (cf. Giacobbe
ermeneutica: "Chi si mette a interpretare un testo, attua sempre un progetto. Sulla in Gn 32,31: " H o visto Dio faccia a faccia"; lo stesso Mosè e gli Anziani in Es
base del più immediato senso che il testo gli esibisce, egli abbozza preliminarmente 24,10s: "Videro il Dio d'Israele"; Giobbe in 42,5: "I miei occhi ti vedono"; Isaia
un significato del tutto... In tal modo, il movimento del comprendere va continua- in 6,1: "Io vidi il Santo seduto su un trono") vanno intese come pure metafore
mente dal tutto alla parte e dalla parte al tutto. Il criterio per stabilire la correttezza di una particolarissima esperienza religiosa, come per il Salmista che in vista dell'a-
delle interpretazioni è l'accordarsi dei particolari nel tutto. Se tale accordo manca, scesa al Tempio prega: "Quando verrò e vedrò il volto di Dio?" (Sai 42,3).
24
l'interpretazione è fallita" (Verità e metodo, Bompiani, Milano 1983, 101995, pp. Cf. R. Labat e altri, Les religions du Proche-Orient asiatique. Textes baby-
314 e 341). loniens, ougaritiques, hittites, Fayard, Paris 1970, p. 323.
396 IL QUARTO VANGELO (e 1GV) GESÙ, IL RIVELATORE CELESTE 397

(43,31). Questo richiamo all'insondabilità di Dio è fatto in vista scrittore che riferisce tale spiegazione. Ma lo scrittore non ci dà
dell'affermazione inaudita che segue. soltanto delle parole; infatti la sua opera non è equiparabile né al-
Il terzo concetto infatti riguarda la rivelazione apportata da Ge- la sinottica fonte Q né all'apocrifo vangelo di Tommaso, che ap-
sù. A questo proposito facciamo due osservazioni fondamentali. punto raccolgono soltanto parole di Gesù. Egli invece ha dato un
La prima è che la rivelazione riguarda propriamente Dio stesso, impianto narrativo alla sua composizione, sicché anche le maggio-
così che non è improprio dire che "il Quarto vangelo è un libro ri rivelazioni verbali hanno la cornice di un racconto: e di un rac-
su Dio più che un libro su Gesù"25; la cristologia perciò appare conto dove è importante non solo il personaggio centrale ma an-
qui più che mai strettamente connessa con la teo-logia (cf. sotto). che la trama di cui egli è il protagonista28. Sicché, è possibile co-
La seconda poi, più specifica, riguarda il verbo impiegato dal te- gliere nel testo una doppia omogeneità o corrispondenza: la pri-
sto: esso non è di origine apocalittica e propriamente non significa ma, che travalica il racconto, è tra la materia della narrazione e
'rivelare' nel senso di far vedere, mostrare con evidenza; più di- l'evangelista narratore, se non altro perché per il lettore del testo
scretamente esso rimanda a un disvelamento di altro genere, che, un piano si sovrappone all'altro; la seconda, interna al racconto
senza annullare il mistero, è fatto da chi è ben al corrente delle co- stesso, è tra la parola pronunciata oralmente da Gesù e le azioni
se e perciò le espone con conoscenza di causa26. Nel nostro caso da lui compiute.
il riferimento è alla parola come mezzo di manifestazione; infatti, L'importante conclusione che ne deriva è che la rivelazione av-
nonostante Gesù affermi poi che in lui si vede il Padre (cf. 14,8-9), viene non solo oralmente ma anche fattualmente29. Il fondamen-
è prevalentemente alla parola detta o scritta che Gesù e l'evangeli- to ultimo di questa affermazione sta nel fatto che fin dal centro
sta connettono la rivelazione27. E il fatto che a parlare sia "l'uni- del prologo si confessa il paradosso del Logos divino diventato "car-
genito dio" conferisce a questa parola una garanzia ineguagliabile ne", cioè soggetto storico, limitato e fragile, comunque contestua-
(cf. 8,38: "Io dico le cose che ho visto presso il Padre"). lizzato. Ebbene, nel corso del vangelo Gesù non è presentato sol-
Bisogna però riconoscere che la rivelazione di cui si tratta in Gv tanto come un oracolo vivente; egli non sta, come Apollo a Delfi,
non è solo quella attribuita alla parola di Gesù durante la sua vita seduto immobile sull'ombelico della terra per emettere solo responsi
terrena, ma in qualche modo comprende anche la parola scritta del- e sentenze. Al contrario, Gesù ha una storia vissuta, che è fatta
l'evangelista. Il verbo con cui si chiude il prologo in realtà si riferi- di incontri, di avvenimenti, e in ultimo di sofferenza e di morte,
sce anche al racconto che è proprio dell'autore del vangelo: la 'spie- prima ancora che di risurrezione. È tutto questo insieme, secondo
gazione' data da Gesù praticamente si identifica con quella dello la conclusione di 20,30 ("molti altri segni fece Gesù"), ad essere
"segno" che rimanda alla sua profondità personale e funzionale.
25
C.K. Barrett, // quarto Vangelo fra simbolismo e storia, p. 73. Anzi, non sono le parole di Gesù a essere qualificate da Gv come
26
Un ottimo parallelo si può considerare Gb 28,20-28 dove alla constatazione segni, ma i suoi interventi operativi; essi perciò in Gv hanno uno
che la Sapienza "è nascosta agli occhi di ogni vivente" si aggiunge però: "Dio solo spessore cristologico non inferiore ma analogo a quello dei discor-
ne conosce la via, lui solo sa dove si trovi... Egli la vide e la spiegò (così nei LXX:
xaì èipTpriaa-co aùrrjv, "la raccontò", cioè "disse in che cosa consiste"; diverso il TM: si (che peraltro ne sono spesso solo delle esplicitazioni).
hàqaràh, "la scrutò, la investigò") e disse all'uomo: "Ecco, il timor di Dio è sa- Questa precisazione è importante, perché c'è stato chi, enfatiz-
pienza e astenersi dal male è intelligenza". Di tutt'altro genere è la proposta di I.
de la Potterie, "C'est lui qui a ouvert la voie". La finale du Prologue johannique, zando indebitamente la frase che leggiamo in 15,3 ("Voi siete già
Bibl 69 (1988) 340-370, che accoglie il significato di "condurre, guidare" (verso mondi a motivo della parola che vi ho annunciato"), ha ritenuto
il Padre) con riferimento a Gv 14,6; questo tipo di lettura, non solo trascura il fat- che il fondamento della purificazione espletata da Gesù risiedesse
to che il verbo è in forma assoluta privo di complementi (sicché il suo riferimento
più ovvio è alla prima metà della frase), ma in più tende a chiudere il prologo su
se stesso invece di aprirlo sul resto del Vangelo.
27
Cf. X. Léon-Dufour, Lettura dell'evangelo secondo Giovanni, I, Paoline, Ci- 28
nisello Balsamo 1990, pp. 198-201. Si può anche far riferimento a ciò che Platone Vedi le belle pagine metodologiche sul rapporto narrativa-personaggi in R.
scrive del ruolo di Apollo a Delfi in rapporto ai culti cittadini: "Questo dio, inter- Vignolo, Personaggi del Quarto Vangelo. Figure della fede in San Giovanni, Glos-
prete (èirnmTr|<;) patrio di queste cose per tutti gli uomini, le spiega (è^yetTat) seden- sa, Milano 1994, pp. 7-50.
29
do sull'ombelico della terra" (Resp. 427c). Del resto, Filone Al. definisce il Logos Cf. anche I. de la Potterie, Cristo centro della forma della rivelazione secon-
"interprete (ipwvzùt;) e profeta di Dio" (Deus imm. 138; cf. Leg. ali. 3,207). do S. Giovanni, in Id., Studi, pp. 261-278.
398 IL QUARTO VANGELO (e 1GV) GESÙ, IL RIVELATORE CELESTE 399

"soltanto nella parola del Rivelatore"30. Ma bisogna pur ricono- pria iniziativa autonoma37. Anzi, i due verbi sono sempre all'atti-
scere che in definitiva "una dicotomia tra l'azione salvifica di Ge- vo con Dio come soggetto; per esempio: "Dio ha mandato il figlio
sù e la sua parola salvifica non corrisponde al pensiero di nel mondo non per giudicare il mondo, ma perché il mondo fosse
Giovanni"31. Infatti, l'azione di Gesù che lava i piedi ai suoi di- salvato mediante lui" (3,17); "Il mio cibo è fare la volontà di co-
scepoli, purificandoli (cf. 13,10), allude all'intero servizio di amo- lui che mi ha inviato" (4,34). Il confronto con i Sinottici dà questi
re reso da Gesù verso gli uomini e culminato nella sua morte32. risultati: il primo dei due, utilizzato da Gv diciassette volte (più
Perciò, anche se l'evangelista ha utilizzato una supposta 'fonte dei tre volte in lGv), nei Sinottici è rarissimo38; il secondo poi, pre-
segni' (Semeiaquelle) contenente solo una serie di miracoli33, al li- sente ben ventitré volte in Gv, nei Sinottici è addirittura assente.
vello attuale del racconto anche la morte di Gesù è inevitabilmente Evidentemente ci troviamo di fronte a un'espressione privilegiata
un "segno", sia pur congiunto con quello della risurrezione34. della cristologia giovannea, che ama richiamare l'origine divina del
ministero di Gesù.
1.2.2 Donazione. Affine al precedente è il linguaggio espresso
1.2 Legittimazione e itinerario del Rivelatore35 dal verbo BiBóvou, "dare, concedere, offrire", quando ha Dio co-
me soggetto e Gesù come oggetto o destinatario. Attestato ben ven-
In Gv Gesù si presenta come uno che non agisce e non parla in ticinque volte, esso in questo senso è di fatto esclusivo di Gv. Solo
proprio, ma, provenendo da un'origine superiore, deve tutto a Dio: raramente si dice che il dono di Dio è Gesù in persona: "Dio ha
questi lo ha mandato e gli ha donato tutto ciò che lo caratterizza; tanto amato il mondo da aver dato il figlio unigenito" (3,16; cf.
da parte sua, Gesù parla solo di ciò che ha visto e udito presso di anche 6,32); qui la sintassi della frase fa vedere bene che il dono
lui, poiché da lui è disceso e a lui deve di nuovo ascendere. Questo del Figlio è un atto di amore estremo39, tanto più che egli è dato
vario modo di esprimersi è totalmente tipico del Quarto vangelo, per "il mondo" e cioè per una realtà fondamentalmente nemica
essendo poco o nulla presente nei Sinottici. di Dio40. Perlopiù invece si tratta di un dono fatto da Dio a Ge-
1.2.1 Missione36. Gv impiega due verbi (a7roaTéXXetv e 7té^7reiv, sù; vedi soprattutto 17,11.12: "Custodiscili nel tuo nome, che mi
entrambi col significato di "mandare, inviare") per indicare che hai dato", dove addirittura si afferma il dono del nome divino a
Gesù adempie una missione e quindi non si presenta per una pro- Gesù e quindi la sua uguaglianza con Dio41. Più che mai dunque
Gesù risulta essere il vero plenipotenziario di Dio, il suo unico rap-
30
R. Bultmann, Das Evangelium des Johannes, Vandenhoeck, Gòttingen 81962, presentante nel mondo.
p. 410.
31
R.E. Brown, Giovanni. Commento al vangelo spirituale, Cittadella, Assisi
1979 (orig. ingl., Garden City 1966), pp. 817s.
32
Cf. C.K. Barrett, pp. 364, 368, 395; e soprattutto T. Knòppler, Die theolo- 37
gia crucis des Johannesevangeliums. Das Verstàndnis des Todes Jesu im Rahmen I due verbi ricorrono rispettivamente nei passi seguenti: il primo in 3,17.34;
der johanneischen Inkarnations- und Erhòhungschristologie, WMANT 69, Neu- 5,36.38; 6,29.57; 7,29; 8,42; 10,36; 11,42; 17,3.8.18.21.23.35; 20,21; il secondo in
kirchener, Neukirchen-Vluyn 1994. 4,34; 5,23.24.30.37; 6,38.39.44; 7,16.18.28.33; 8,16.18.26.29; 9,4; 12,44.45.49; 14,24;
33 15,21; 16,5.
Cf. B. Corsani, / miracoli di Gesù nel quarto vangelo. L'ipotesi della fonte 38
dei segni, SB 65, Paideia, Brescia 1983; W.J. Bittner, Jesu Zeichen im Johannes- Una volta sola nella triplice tradizione (cf. Mt 10,10/Mc 9,37/Lc 9,48), due
evangelium. Die Messias-Erkenntnis im Johannesevangelium vor ihrem jùdischen volte in Mt (15,24; 21,37), tre volte in Le (4,18 [citazione di Is 61,2]; 4,43; 10,16);
Hintergrund, WUNT 2.26, Mohr, Tùbingen 1987; R.T. Fortna, Signs/Semeia Sour- altrove in At 3,26.1 due verbi sono presenti solo una volta per uno in Paolo (rispet-
ce, in ABD 6, pp. 18-22. tivamente in Gal 4,4; Rm 8,3). Vedi anche l'inusuale qualifica di Gesù come "apo-
34
Cf. J. Zumstein, Le signe de la croix, LV 41 (1992) 68-82. stolo" in Eb 3,1.
35 39
Cf. R. Penna, Lessico di rivelazione e cristologia nel Quarto Vangelo, VH Non è escluso che sullo sfondo sia implicito un riferimento al figlio unico e
8 (1997) 141-168 specie 145-155. dilettissimo di Gn 22 (cf. la Aqedah).
36 40
Soprattutto due Autori hanno studiato questo linguaggio: J.P. Miranda, Der Va- Cf. J. Mateos - J. Barreto, Dizionario teologico del Vangelo di Giovanni, Cit-
ter, der mich gesandt hat. Religionsgeschichtliche Untersuchung zu den johanneischen tadella, Assisi 1982 (orig. spagn., Madrid 1980), pp. 203-207.
41
Sendungsformeln. Zugleich ein Beitrag zur johanneischen Cristologie und Ekklesio- Questa versione del testo è dunque ben diversa da quella che si trova nella
logie, Lang, Bern 1972; J.-A. Bùhner, Der Gesandte und Sein Weg im 4. Evangelium. Bibbia CEI ("Custodisci nel tuo nome coloro che mi hai dato"); cf. G. Segalla,
Die kultur- und religionsgeschichtlichen Grundlagen der johanneischen Sendungs- La preghiera di Gesù al Padre (Gv 17), SB 63, Paideia, Brescia 1983, pp. 149-151:
christologie sowie ihre traditionsgeschichtliche Entwicklung, Mohr, Tùbingen 1977. "si penetra così nel più profondo del mistero trinitario" (p. 151).
400 IL QUARTO VANGELO (e 1GV) GESÙ, IL RIVELATORE CELESTE 401

1.2.3 Visione e audizione. Varie volte in Gv, e soltanto in Gv, ciò che dice Gesù viene da Dio. È così fondata la legittimità e quindi
Gesù dice di parlare solo di ciò che ha visto e udito presso il Padre l'affidabilità di tutte le parole di Gesù nel Quarto vangelo: "La
(cf. ópàv, "vedere": cinque volte; àxouetv, "udire, sentire, ascolta- parola che ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato"
re": quattro volte). Anche se possono essere uniti (cf. 3,32: "Ciò (14,24).
che ha visto e sentito, questo egli testimonia"), perlopiù i due ver- 1.2.4 Discesa e ascesa. Gv impiega tutta una serie di vocaboli
bi appaiono separati. Quanto alla visione, Gv non specifica tanto per esprimere un doppio spostamento spaziale e insieme qualitati-
ciò che Gesù ha visto42 quanto piuttosto insiste semplicemente sul vo di Gesù da un originario ambito celeste a quello terrestre, e
fatto stesso che egli ha visto. Ebbene, da una parte, il fatto di una viceversa45. Distinguiamo chiaramente i due campi semantici, pre-
visione a cui egli solo ha avuto accesso (cf. 1,18) fonda la possibi- mettendo che il semplice verbo "essere" può far da cerniera tra
lità di una testimonianza unica nel suo genere (cf. 3,11). entrambi, essendo riferito tanto verso il basso (cf. 8,23bis: "Io so-
no dall'alto... Io non sono di questo mondo"; così anche 17,14.16)
L'idea giovannea di testimonianza (cf. il verbo {xapxupetv: 33 volte quanto verso l'alto (cf. 14,3: "... affinché dove sono io siate an-
in Gv e 6 volte in lGv [nei Sinottici solo una volta in Mt e Le]; e il so- che voi"; 17,11: "Non sono più del mondo"; vedi anche 6,46;
stantivo (juxpxupux: 14 volte in Gv e 6 volte in lGv [contro tre in Me e 17,24).
una in Le]), si fonda proprio su questa prerogativa. A parte il tema di 1.2.4.1 II lessico della discesa è costituito da quattro verbi e da
una molteplice testimonianza resa da altri su Gesù (cf. soprattutto
un avverbio. (1) "Venire", gpxeaGoci, è il più frequente46. A parte
5,31-40), è quella resa da Gesù che qui più c'interessa43. Egli dichiara
con piena coscienza: "Noi parliamo di ciò che sappiamo e testimonia- un paio di volte in cui la venuta non è precisata (cf. 10,10; 12,47),
mo ciò che abbiamo veduto" (3,11). "Anche se io testimonio di me stes- esso è sempre specificato da un complemento di provenienza o di
so, la mia testimonianza è veritiera perché so donde vengo e dove va- arrivo: "da Dio" (3,2), "nel mondo" (3,19; 6,14; 12,46; 16,28;
do" (8,14; cf. 8,18). Essa dunque ha valore per se stessa, tanto che Ge- 18,37), "dall'alto... dal cielo" (3,31bis), "nel nome del Padre mio"
sù non ne dà alcuna prova. Solo in 5,31-38 si richiama alle "opere" (5,43), "non da me stesso" (7,28), "di dove" (8,14), "in questo
del Padre. Ma normalmente "invece di richiamarsi ai segni... Gesù esi- mondo" (9,39). In più, a parte due soli casi, il verbo si trova sem-
ge la fede nella sua parola e basta: questa parola è quella di un 'testi- pre in bocca a Gesù a esprimere la sua personale autocoscienza.
mone'. Gesù non espone pensieri propri, ma 'ciò che egli sa' attualmente (2) "Uscire", è!--épxtaGai (sei volte), è sempre specificato con il punto
per averlo veduto (e udito: 3,32) presso il Padre" 44 . di provenienza nella forma "da Dio" (con le preposizioni ex in 8,42,
àmó in 13,3; 16,30, eroxpàin 16,27.28; 17,8). Nei Sinottici non c'è
Dall'altra, la sua genericità, che suggerisce comunque un vasto mai 47 . (3) "Scendere", xatapaivetv (otto volte), è sempre specificato
spettro di 'cose viste', contribuisce a collocare Gesù in un partico-
lare alone di mistero. Quanto poi all'audizione, essa ha una porta-
45
ta cristologica ancora più forte poiché, se Gesù dice solo le cose Ovviamente le ricorrenze lessicali che prendiamo in considerazione sono quelle
di carattere cristologico, non narrativo. Oltre a J.P. Miranda, Der Valer, pp. 39-82,
che ha udito dal Padre (cf. 15,15: "Vi chiamo amici, poiché tutto vedi anche W.A. Meeks, The Man front Heaven in Johannine Sectarianism, JBL
ciò che ho sentito dal Padre mio ve l'ho fatto conoscere") anche 91 (1972) 44-72: il linguaggio di discesa-ascesa occorre sempre in contesti che sotto-
se esse non sono specificate, indirettamente si afferma che tutto lineano l'impossibilità degli "uomini di questo mondo" e specialmente dei Giudei
di comprendere e accettare Gesù. In particolare, cf. V. Pasquetto, Incarnazione
e comunione con Dio. La venuta di Gesù nel mondo e il suo ritorno al luogo d'ori-
gine secondo il IV Vangelo, Teresianum, Roma 1982, specie pp. 23-168.
46
La ricorrenza è di 14 volte. Nei Sinottici la situazione è la seguente: una sola
42
Infatti, mentre solo una volta oggetto della visione è personalmente "il Pa- volta nella triplice tradizione (cf. Mt 9,13/Mc 2,17/Lc 5,32: "Non sono venuto a
dre" (6,46bis), le altre volte si tratta genericamente soltanto di "ciò che abbiamo chiamare i giusti ma i peccatori"); una volta in Mc-Mt (cf. 10,45/20,28: sul Figlio
visto" (3,11), "ciò che ha visto" (3,32), oppure "ciò che è presso il Padre" (8,38). dell'uomo che "è venuto non per essere servito"); una volta in Q (cf. Le 7,19/Mt
43
Cf. J.M. Boice, Witness and Revelation in the Gospel of John, Paternoster, 11,3: interrogativo su "colui che deve venire"); cinque volte nel solo Mt, mai nel
Exeter 1970; J. Beutler, Martyria. Traditionsgeschichtliche Untersuchungen zum solo Le; comunque il verbo non è mai accompagnato dai complementi esplicativi
Zeugnisthema bei Johannes, FTS 10, Knecht, Frankfurt a.M. 1972; E. Cothenet, che troviamo in Gv. Cf. E. Arens, The r\\Qo\>-Sayings in the Synoptic Tradition.
Le témoignage selon saint Jean, Esprit et Vie 101 (1991) 401-407. A Historic Criticai Investigation, OBO 10, Fribourg-Gòttingen 1976.
44 47
X. Léon-Dufour, Lettura dell'evangelo secondo Giovanni, I, p. 399. Quanto all'apparente eccezione di Me 1,38, cf. i Commenti.
J
402 IL QUARTO VANGELO (e 1GV) GESÙ, IL RIVELATORE CELESTE 403

con il complemento "dal cielo" (3,13; 6,33.38.41.42.50.51.58)48. anche impiegato per quello di ascesa (due volte in 17,11.13: "Ora
Nei Sinottici non c'è mai. (4) "Giungere, arrivare",fyceiv:solo in io vengo a te"). (4) Il composto àir-épxeaBai, "partire, allontanarsi,
Gv 8,42 ("Io sono uscito e giungo da Dio") e lGv 5,20 ("Sappia- andarsene", è usato in forma assoluta per evidenziare il fatto della
mo che il Figlio di Dio è venuto/giunto"). (5) Anche l'avverbio partenza in quanto tale (due volte in 16,7: "Conviene a voi che io
7ró0ev, "di dove", come interrogativo indiretto, in Gv ha una rile- mene vada, poiché se non me ne vado...". (5) "Lasciare, abbando-
vanza cristologica particolare. Raramente presente nei Sinottici (cf. nare' ', à<piévat, si trova solo in 16,28 ("Di nuovo lascio il mondo... ' ')
Me 6,2: "Di dove gli vengono queste cose?"), esso è caratteristico ed è accoppiato al seguente. (6) "Andar via, camminare, allontanar-
del Quarto vangelo, che su tredici volte ne testimonia solo tre o si",rcopeueaGoct,è usato sei volte (cf. 16,28: "... e vado presso il Pa-
quattro in senso narrativo. Normalmente invece serve per espri- dre"; e 14,2.3.12.28; 16,7)50. (7) "Passare, mutar luogo", fjtexa-
mere il mistero di un'origine che sfugge alla comprensione umana, Paivetv, è presente solo in 13,1 ("Sapendo Gesù che era giunta la sua
a partire dal vino di Cana (cf. 2,9), passando per tutto il corpo ora di passare da questo mondo al Padre"), ma con il valore di un
del vangelo (cf. 3,8; 4,11; 6,5; 7,27.28; 8,14; 9,29.30), fino all'in- inizio, poiché inizia qui la sezione dei discorsi d'addio e più in gene-
terrogativo di Pilato: "Di dove sei tu?" (19,9). rale la storia della passione. D'altra parte, il verbo esprime la coscien-
1.2.4.2 II lessico di ascesa è ancor più ampio, comprendendo al- za di Gesù di essere ormai giunto al termine della sua missione.
meno sette verbi. (1) "Salire", àvocpociveiv, è presente solo quattro
volte ma sempre in bocca a Gesù ed è accompagnato dalla specifi-
cazione del termine di arrivo: "nel cielo" (3,13), "dove era pri- 1.3 Proprietà del Rivelatore
ma" (6,62), "presso il Padre" (20,17), "presso il Padre mio e Pa-
dre vostro" (20,27). Particolarmente 6,62, dicendo che il termine Le precedenti constatazioni portano inevitabilmente a una mol-
di arrivo corrisponde al precedente punto di partenza, chiude per- teplice conclusione sull'identità e sulla funzione di Gesù, che pos-
fettamente il cerchio dell'intera esistenza di Gesù, che dunque tor- siamo enucleare in tre aspetti: Gesù "sa" chi è e cosa deve dire
na all'ambito divino di partenza (cf. anche 17,5: "Glorificami, Pa- e fare; egli infatti costituisce un tutt'uno con la verità; il suo solo
dre, presso te stesso con la gloria che avevo prima che il mondo compito è di comunicarla.
fosse, presso di te") 49 . (2) "Andarsene, tornare", wràyeiv, è il più 1.3.1 La conoscenza. L'evangelista distingue due tipi di cono-
frequente (15 volte); lasciando perlopiù nell'indeterminatezza il ter- scenza in Gesù, a seconda dei suoi oggetti. C'è anzitutto una co-
mine dell'andata, il verbo rimanda alla misteriosità del viaggio per- noscenza umana, acquisita per così dire naturalmente, a cui si fa
corso da Gesù, anche se esso è nascosto solo ai Giudei non creden- riferimento con l'impiego del verbo "conoscere", ytvcóoxeiv, che im-
ti (cf. 8,21: "Dove io vado voi non potete venire"), mentre ai di- plica un apprendimento basato sull'osservazione (cf. 2,24-25;
scepoli è concesso di intravedere il punto di arrivo: "Ora io vado 5,6.42; 6,15; 10,14; 16,19). Ma per la conoscenza divina, impossi-
presso colui che mi ha mandato, e nessuno di voi mi chiede: Dove bile all'uomo, usa invece il verbo "sapere", ofàa, che indica pos-
vai?" (16,5). Per la verità, sia Simon Pietro sia Tommaso gli han- sesso stabile e tranquillo (almeno dieci volte: cf. 3,11; 5,32; 7,29;
no già chiesto "Dove vai?" (cf. 13,36; 14,5), ma probabilmente 8,14.55ter; 11,42; 12,50; 13,3)51. Fondamentale a questo proposi-
senza alcun riferimento alla gloria che lo attendeva. (3) Il verbo
"venire", che abbiamo già visto per il movimento di discesa, viene
50
In 16,28b, se i due punti di partenza ("lascio il mondo") e di arrivo ("presso
48
II fatto che ricorra quasi sempre nel discorso sul "pane di vita" del cap. 6 il Padre") sono ben specificati e persino contrapposti (ma cf. 3,16!), essi esprimo-
dipende dal riferimento alla manna nella citazione in 6,31 del Sai 78,24 ("Un pane no anche nettamente due sfere di esistenza, di cui la seconda appare come quella
dal cielo hai dato loro da mangiare"), che a sua volta dipende da Es 16,4 ("Ecco, più normale, poiché la menzione del Padre richiama l'idea della 'casa' propria di
io sto per far piovere pane dal cielo per voi"). Gesù; ciò è tanto più vero in quanto già 16,28a esprime il movimento anteriore,
49
"La gloria che Gesù possedeva 'prima che il mondo fosse' non si riferisce sol- quasi di una precedente uscita di casa: "Sono uscito dal Padre e sono venuto nel
tanto all'esistenza del Logos anteriore al mondo, ma anche a quella superiore al mondo".
mondo, in ultima analisi alla sovramondanità del Rivelatore divino" (R. Schnac- 51
Cf. I de la Potterie, OIAA e riNQSKQ. I due modi del "conoscere" nel Quar-
kenburg, // vangelo di Giovanni, III, p. 279). to vangelo, in Id., Studi di cristologia giovannea, pp. 303-315; e K.J. Cari, The
404 IL QUARTO VANGELO (e 1GV) GESÙ, IL RIVELATORE CELESTE 405

to è la dichiarazione di 8,14: "Io so di dove vengo e dove vado; concezione intellettualistica ed essenzialistica della filosofia
voi non sapete di dove vengo né dove vado". Sia pure in termini greca55, ma neanche nei suoi nessi con la mitologia misterica56. La
polemici, Gesù esprime così il punto focale della sua conoscenza, prospettiva giovannea, legata a una precisa concezione di Dio, da
che riguarda essenzialmente la propria origine e la propria desti- una parte è più dinamica e relazionale, e dall'altra non riguarda
nazione, e cioè la propria natura celeste o divina (cf. sopra). Con- direttamente verità antropologiche.
nessa a questa conoscenza di sé è quella che riguarda il Padre, che Infatti, sulla base del fatto che Gesù ha "udito la verità da Dio"
infatti lo ha mandato e dal quale proviene: "Voi non lo conoscete, (8,40), si comprende la sua assicurazione: "Se rimanete nella mia
io invece lo conosco; e se dicessi che non lo conosco, sarei come parola... conoscerete la verità e la verità vi farà liberi" (8,32). Que-
voi un mentitore; ma lo conosco" (8,55; cf. 7,29: "... Io lo cono- sto duplice nesso con uno specifico ascolto da parte di Dio e con
sco poiché vengo da lui ed egli mi ha inviato"). Altri fattori ap- la parola viva di Gesù ci dice che "verità" equivale addirittura a
partenenti a questo tipo superiore di conoscenza riguardano essen- rivelazione, nella misura in cui essa viene dal cielo con lo scopo
zialmente la sua "ora" (cf. 13,1), e quindi ciò che gli sarebbe suc- di liberare (ib.) e vivificare (8,12). In questo senso il diavolo non
cesso nella passione (cf. 18,4), e il fatto che sulla croce tutto ormai è nella verità ma nella menzogna, perché sa solo "dire del suo"
è compiuto (cf. 19,28)52. È forse nel senso di questa conoscenza e quindi uccide (8,44). Gesù invece sintetizza la sua missione di ri-
assoluta che Pietro gli dirà: "Signore, tu sai tutto" (21,17). velatore proprio col dire, fin davanti a Pilato, che è "venuto nel
1.3.2 La verità, r\ àXrjGeia. È uno dei più tipici concetti giovannei mondo per rendere testimonianza alla verità" (18,37), cioè per pro-
concernenti la semantica della rivelazione53. A partire dalla sua clamare una parola che non è originariamente sua. In definitiva,
prima occorrenza nel prologo (cf. 1,14: "pieno di grazia e di veri- la domanda inevitabile "Che cosa è la verità?" (di cui si fa inter-
tà"; cf. più avanti), si vede subito che il termine suppone uno sfondo prete Pilato in 18,38), trova la sua definizione più significativa quan-
biblico-semitico, in cui esso significa all'origine "fermezza, solidi- do Gesù rispondendo a un'altra domanda di Tommaso (in 14,5:
tà", tanto più se è connesso con Dio (cf. trad. CEI di Sai 25,10: "Signore, non sappiamo dove vai; come possiamo conoscere la
"Tutti i sentieri del Signore sono verità e grazia"; 40,10-11: "Non via?") afferma solennemente: "Sono io la via, la verità e la vita"
ho nascosto la tua grazia e la tua fedeltà alla grande assemblea" (14,6a). Il senso di queste parole si può rendere insieme a de la Pot-
ecc.)54. Non è pertinente quindi cercare il senso del lemma nella terie con questa parafrasi: "Io sono la via, perché sono la verità

Idea of 'Knowing' in the Johannine Literature, Bangalore Theological Forum 25 "fermezza, sicurezza, stabilità, costanza", da cui "fede" nel senso di adesione o
(1993) 53-75. fiducia ferma, tenace, perseverante, quindi "fedeltà".
52 55
Sul tema specifico, cf. l'importante studio di G. Ferraro, L'"ora" di Cristo Qui infatti la verità o si misura sul piano ontologico, e allora si identifica sem-
nel quarto vangelo, "Aloisiana" 10, Herder, Roma 1974. plicemente con l'essere, oppure sul piano gnoseologico, e allora è la perfetta corri-
53
II sostantivo occorre 25 volte (contro le appena tre volte ciascuno di Mc-Lc spondenza e adeguazione del pensare all'essere: così la Metafisica di Aristotele, ri-
e una di Mt); in più bisognerebbe aggiungere gli aggettivi àXTjOifa, "vero, veritiero" spettivamente 2, 993b 3-31; 6, 1027b 21-28 (da cui la adequatio rei et intellectus
(14 volte, contro una in Mt e Me), e àXr\Bwó<;, "veridico, verace" (9 volte, contro degli Scolastici).
una in Le); anche il pur raro lessico di segno contrario (J>eG8o<;, "menzogna" (8,44), 56
Bello comunque è ciò che Epitteto dice di Crisippo, il quale con i suoi libri
e ej>eu(m)<;, "menzognero" (8,44.55), appartiene a questa semantica ed è assente dai procura serenità e impassibilità. Prima lo definisce "grande benefattore che addita
Sinottici. Sull'insieme, cf. soprattutto I. de la Potterie, La vérité dans Saint Jean, la via" (Beixvuwv rr\\> ó8óv: Diatr. 1,4,29); poi, paragonandolo all'eroe eleusino Trit-
I-II, AnB 73-74, PIB, Roma 1977; Id., "Io sono la via, la verità e la vita" (Gv tolemo (che, per avere i suoi genitori dato ospitalità a Demetra in cerca di Persefo-
14,6), in Studi, pp. 124-154. Inoltre: J. Suggit, John XVII.17: HO LOGOS HO ne, ricevette dalla dea il primo chicco di grano e l'ordine di seminare grano per
SOSALETHEIA ESTIN, Journal for Theological Studies 35 (1984) 104-117; D J . gli uomini), continua: " A Trittolemo tutti gli uomini hanno offerto sacrifici e alta-
Hawkin, The Johannine Concepì of Truth and its Implications for a Technologi- ri,... ma a chi ha trovato la verità, l'ha messa in luce, l'ha portata a tutti gli uomini
cal Society, Evangelische Quartalschrift 59 (1987) 3-13; P. Mourlon Beernaert, La (•eco 8è T?)V àXrjGetav eùpóvu xal 9COT(OOVTI xaì el?rcàvcai;àv8pa>7iou<; èijeveYxóvri), e non
vérité au sens biblique: approche de saint Jean, Lumière et Vie 46 (1991) 287-300; la verità che fa vivere ma quella che fa ben vivere (où -n)v 7tepì -co £fjv, àXXà TT)V npò?
D.R. Lindsay, What Is Truth? 'AXrjGeia in the Gospel of John, Restoration Quar- tò eu CTÌV), chi di voi ha elevato per questo beneficio un altare...? Perché ci hanno
terly 35 (1993) 129-145; M.-L. Gubler, 'Ich bin der Weg und die Wahrheit unddas dato la vite e il grano, noi sacrifichiamo agli dèi, ma perché hanno prodotto nel
Leben' (Joh 14.6), Diakonia 24 (1993) 373-382. pensiero umano un frutto così bello (-coiouxov l%r\\>iyxa.v xaprcòv iv àvOpcorcivr) Biavota),
54
Nel greco dei LXX infatti il sostantivo greco, che ricorre 128 volte, per ben grazie al quale dovevano mostrarci la verità circa la felicità (rnv àXfjOeiav TTJV nepì
83 volte traduce l'ebraico 'emet e 23 volte il sinonimo 'emùnàh, che significano eù8ai(i.oviai; Seiijeiv), per questo non dobbiamo ringraziare Dio?" (Diatr. 1,4,30-32).
406 IL QUARTO VANGELO (e 1GV) GESÙ, IL RIVELATORE CELESTE 407

e quindi anche la vita" 57 , o forse meglio: "Io sono la via, perché Pilato nel 18)59. A questo proposito, l'evangelista impiega tutto un
rivelo la verità che dona la vita". In ogni caso, vanno notati in lessico dallo spessore cristologico ignoto ai Sinottici. (1) I due si-
questa frase due elementi complementari: l'uno è che Gesù stesso nonimi per "la parola" (Xóyo?: 21 volte; pfjfxa: 10 volte): la parola
si identifica con la verità e quindi non è solo un suo insegnante, di Gesù è prima di tutto parola di Dio (cf. 3,34; 5,38; 8,55;
cioè egli non funge soltanto come rivelatore di cose altre da sé ma 17,6.14.17; come quella della Scrittura: 10,35)60. Per questo essa
è la rivelazione stessa in pienezza e in persona; l'altra è che, essen- ha una dignità e un'efficacia tutta particolare: suscita la fede (cf.
do la "verità" un concetto funzionale che sta per "rivelazione", 2,22; 4,41.50), dona la vita eterna (cf. 5,24; 6,63.68), purifica chi
la definizione va intesa in senso non tanto ontologico quanto piut- l'accoglie (cf. 15,3), mentre il suo rifiuto provoca una condanna
tosto funzionale. Tuttavia, questa funzione può essere rettamente escatologica (cf. 12,48). Quindi bisogna conservarla (cf. 8,51-52:
intesa solo risalendo alla profonda comunione interpersonale che esattamente come Gesù "conserva" la parola del Padre: 8,55) e "ri-
unisce il Figlio al Padre celeste e che è resa possibile anche per chi manere in essa" (8,31; cf. 15,7: "le mie parole rimangano in voi")
cerca Dio, come si deduce dall'immediata prosecuzione della fra- allo stesso modo in cui si è invitati a rimanere in Cristo stesso (cf.
se: "Nessuno va al Padre se non per mezzo di m e " (14,6b). Quin- 15,4: come il tralcio rimane nella vite)61. (2) A questo tipo di lin-
di "adorarlo in spirito e verità" (4,23.24) significa che il vero cul- guaggio appartiene anche il verbo "rendere noto, far conoscere"
to avviene mediante la rigenerazione nello Spirito (cf. 3,5-6) e nel- (greco yvwptCeiv): presente solo tre volte e nei discorsi di addio (cf.
l'accoglienza della sua parola giunta agli uomini per il tramite di 15,15; 17,26bis: " H o fatto conoscere loro il tuo nome e ancoralo
Gesù (cf. 1,17)58. farò conoscere"), esso è determinante nel precisare l'oggetto e l'im-
1.3.3 La comunicazione. Gesù non solo ha qualcosa da dire e portanza della comunicazione agli uomini62. (3) Infine ci sono altri
da dare agli uomini, ma lo fa realmente. Egli comunica la verità, tre termini congeneri , "insegnare - dottrina - maestro" (rispetti-
e questo atto di comunicazione fa parte essenziale della rivelazio- vamente: 8i8àaxeiv, 8t8<xxr|, 8i8àaxaXo<;), che rientrano a pieno titolo
ne stessa. In quanto 'manifestazione' (cf. il verbo 9<xvepoGv), essa nella semantica della comunicazione. Se già all'inizio Nicodemo
ha per oggetto la sua gloria (cf. 2,11) e il nome del Padre (cf. 17,6). riconosce che Gesù è venuto da Dio come maestro (cf. 3,2), Gesù
I modi in cui avviene sono le parole e le azioni.
1.3.3.1 La sfera della parola è la privilegiata. Basti pensare alla 59
Cf. G.R. O'Day, Revelation in the Fourth Gospel. Narrative Mode and Theo-
funzione rivelatrice che in Gv hanno i grandi discorsi (nei capp. logical Claim, Fortress, Philadelphia 1986; V. Mannucci, Giovanni, il vangelo nar-
5.6.7-8.10.14-17) e i colloqui con vari interlocutori (cf. Nicodemo rante, pp. 45-55.
60
Ciò è ben confermato dall'uso del verbo XaXelv che, se nel greco significa in
nel cap. 3; la Samaritana nel 4; il cieco nato nel 9; Lazzaro nell' 11 ; primo luogo "chiacchierare" (e solo in secondo luogo "parlare, dire"), in Gv as-
sume una forte valenza di rivelazione; infatti, almeno in una trentina di occorrenze
esso ha un notevole spessore cristologico: "Colui che Dio ha mandato dice le paro-
le di Dio" (3,34); "Come il Padre mi ha insegnato, così io parlo" (8,28); "Le cose
57
I. de la Potterie, "Io sono la via, la verità e la vita", p. 142. Formule come che io dico, come il Padre le ha dette a me, così le dico" (12,50).
61
"via della verità" (cf. Sai 86,11) o "via della vita" (cf. Pro 5,6) sono già bibliche. Può essere interessante osservare che il verbo (iévtiv, "rimanere", è tipico di
Anche a Qumràn si impiega il concetto di "verità", 'mt, per indicare sia Dio (cf. Gv (ben 40 volte, a cui si aggiungono 23 volte in lGv, contro le appena 17 volte
1QH 4,40: "Tu sei la verità"; 11,7: "Io so che c'è la verità nella tua bocca") sia di tutto l'epistolario paolino, dove in più il termine non ha la pregnanza teologica
il Maestro di Giustizia (cf. 1QH 2,10: "Mi hai reso... fondamento di verità e di giovannea). In proposito cf. J. Heise, Bleiben. Menein in den Johanneischen Schrif-
intelligenza per quelli di retto comportamento"), ed essa si irradia sugli eletti (cf. ten, HUT 8, Mohr, Tùbingen 1967, il quale sottolinea come Gv abbia caricato una
1QH 14,2: "Uomini di verità"; 1QS 2,24: "Comunità di verità"); vi si parla anche ordinaria parola greca con una profonda semantica teologica che ne ha cambiato
di "via", ma per designare la comunità stessa nel suo impegno di adesione al Si- il significato originario; inoltre P.-M. Jerumanis, Réaliserla communion avecDieu.
gnore (cf. 1QS 9,21). Ma ciò che caratterizza Gv è la forte concentrazione cristolo- Croire, vivre et demeurer dans l'évangile selon S. Jean, EB n.s. 32, Gabalda, Paris
gica di questo linguaggio (cf. R. Fabris, Giovanni, Boria, Roma 1992, pp. 774-775). 1996, che al verbo "rimanere" unisce anche i concetti omogenei del "credere" e
Su un ben altro versante si colloca il filosofo M. Henry, Io sono la verità. Per una della "vita" (cf. specie pp. 359-528).
62
filosofia del cristianesimo, Queriniana, Brescia 1997, secondo cui il concetto di Ve- II futuro in 17,26b allude al fatto che "la sua croce sarà la rivelazione piena
rità si identifica in definitiva con quello di Vita per dire in sostanza che immanenti- e definitiva della persona del Padre, manifestando tutta la portata del suo amore
sticamente la Vita stessa è Dio, il quale non rivela altro che se stesso (cf. pp. 41-52). ... Frutto della sua morte sarà la comunicazione anche ai discepoli dello Spirito
58
Oltre ai commenti, cf. la miscellanea di P.C. Bori, a cura, In spirito e verità. che fu comunicato a Gesù" (J. Mateos - J. Barreto, // vangelo di Giovanni, Citta-
Letture di Giovanni 4,23-24, EDB, Bologna 1996. della, Assisi 1982, p. 685).
4U8 IL QUARTO VANGELO (e 1GV)
GESÙ, IL RIVELATORE CELESTE 409

stesso dichiara di parlare come il Padre gli ha insegnato (cf. 8,28), un significato superiore ben più profondo68. In un certo senso, e no-
cosicché la dottrina che egli espone è solo di colui che lo ha man- nostante la possibile distinzione tra di essi69, i due termini si sovrap-
dato (cf. 7,16), e anche chi vuol fare la volontà di Dio conoscerà pongono, in quanto le stesse "opere" vanno viste come "segni". Lo
se questa dottrina viene da Dio o se Gesù parla da se stesso (cf. si scorge con sufficiente chiarezza per esempio là dove Gesù dice: "Le
7,17)63. Se poi teniamo presente l'analoga funzione attribuita allo opere che il Padre mi ha dato da compiere, queste io faccio" (5,36;
Spirito (cf. 14,26: "Il Paraclito, lo Spirito di verità, che il Padre cf. 10,25; 14,12). La stessa incredulità dei Giudei, spiegata in 12,38-41
manderà in mio nome, egli vi insegnerà ogni cosa"; cf. sotto), con- con la citazione di Is 53,1 e 6,10, è rapportata ai "molti segni" da
statiamo l'esistenza di un insegnamento dato agli uomini, che par- lui compiuti e non percepiti come tali. Quindi secondo Gv i " segni "
te dal Padre e viene poi impartito anche dallo Spirito, ma che fa operati da Gesù hanno la funzione di rivelare l'intervento di Dio in
essenzialmente perno sulla persona e attività di Gesù, il quale rive- favore suo e degli uomini (cf. 3,2: "Nessuno può fare i segni che tu
la il primo e fonda il secondo64. compi, se Dio non è con lui")70. Del resto, la loro associazione ai
concetti di gloria e di fede (cf. 2,11) li pone ad un livello di inaudita
1.3.3.2 Le azioni di Gesù fanno parte inscindibile della sua mis- manifestazione divina e di decisività esistenziale71.
sione rivelatrice. Gv lo dice ricorrendo a due termini complemen-
tari: "opera", spyov, e "segno", aripieiov. Quanto al primo voca-
bolo, anche se può essere impiegato per indicare le opere malvagie
degli uomini (cf. 3,19-21), tuttavia la sua notevole frequenza ri- 1.4 Conclusione
spetto ai Sinottici65 e soprattutto il suo originale impiego in rife-
rimento cristologico66 invitano a scorgervi un significato molto In conclusione, e a mo' di bilancio, è importante chiedersi quale
forte. Altrettanto tipico è il secondo termine. Anche se a volte es- sia il possibile modello ermeneutico che sta a monte del linguaggio
so è soltanto sinonimo di miracolo (cf. 4,48), tuttavia il suo impie- di rivelazione esaminato. L'interrogativo allora è il seguente: la con-
go pressoché esclusivo rispetto ad altri sinonimi tradizionali67 sta cezione che sta dietro il suddetto vocabolario è forse di esclusiva
matrice giovannea oppure è possibile trovare parallelismi di tipo
a indicare che per l'evangelista gli interventi operati da Gesù non
religionista che ne costituiscano un punto di aggancio esterno? A
vanno letti nella loro materialità prodigiosa, poiché rimandano a
questo proposito si possono enumerare almeno quattro tentativi,
riscontrabili nella storia della ricerca.
1.4.1 Un primo riferimento è quello sottolineato da Miranda e
63
In questo senso, agli occhi dei Giudei (cf. il rimprovero in 7,15) Gesù è dav-
vero "un maestro irregolare poiché non aveva ricevuto la sua dottrina da un mae- 68
stro riconosciuto", ma la sua risposta è che avendo ricevuto la sua dottrina dal Pa- Sullo sfondo c'è la teologia veterotestamentaria del "segno" (ebr. 'ót), che
dre celeste "è stato alla migliore di tutte le scuole rabbiniche" (R.E. Brown, Gv, riguarda sia la storia dell'esodo (cf. Es 4,8-9.30; Dt 6,22; 7,19; 26,8) sia la tradizio-
I, p. 408)! ne profetica (cf. Is 7,14; Ger 44,29; Ez 4,3). Vedi K.H. Rengstorf, arnietov XTX, in
64 GLNT XII, coli. 17-172 specie 125-162; F. Genuyt, L'economiedessignes, Lumiè-
Cf. G. Ferraro, Gli autori divini dell'insegnamento nel quarto Vangelo: Dio re et Vie 41 (1992) 19-35; K.-M. Bull, Gemeinde zwischen Integration und Abgren-
Padre, Gesù Cristo, lo Spirito, Studia Missionalia 37 (1988) 53-76. zung, pp. 79-92.
65
La frequenza è di 27 volte contro le 6 di Mt e le 2 di Me e Le. 69
66 Cf. sopra: nota 13.
Diciotto volte: 4,34; 5,20.36bis; 7,3.21; 9,3.4; 10,25.32.33.37.38; 14,10.11.12; 70
Per una disamina filologica, cf. C. Spicq, Note di lessicografia neotestamen-
15,24; 17,4; mai nei Sinottici. Solo in Le 24,19 i discepoli di Emmaus si riferiscono
taria, II, GLNT Suppl. 4*, Paideia, Brescia 1994, pp. 531-538, dove si mette bene
a Gesù come "uomo profeta potente in opera e in parola davanti a Dio e a tutto
in luce il valore di "segnale, prova" inerente al termine greco. Per una valutazione
il popolo"; poiché una formula analoga è presente in At 7,22 a proposito di Mosè,
teologica, cf. L.L. Johns - D.B. Miller, The Signs as Witnesses in the Fourth Go-
la frase lucana suggerisce di vedere in Gesù il profeta escatologico.
67 spel: Reexamining the Evidence, CBQ 56 (1994) 519-535.
La frequenza è di 16 volte: 2,11.18.23; 3,2; 4,54; 6,2.14.26.30; 7,31; 9,16; 71
Ricordiamo qui che tra le azioni del Gesù giovanneo, a differenza di quello
10,41; 11,47; 12,18.37; 20,30. Nei Sinottici il termine è impiegato in tutt'altro sen-
sinottico, non c'è mai l'incontro e il perdono dei peccatori. Infatti la pericope del-
so: o negativamente come rifiuto di un segno (così Me 8,11-12) o limitativamente
l'adultera in 7,53 - 8,11 è deutero-giovannea (cf. G. Colombo, La critica testuale
in rapporto al "segno di Giona" (così Mt 12,38-39/Lc 11,29-30) o genericamente
di fronte alla pericope dell'adultera, RivBibl42 [1994] 81-102; J. Rius-Camps, Ori-
in riferimento ai "segni dei tempi" (Mt 16,3) o escatologicamente per i segni della
gen lucano de lapericopa de la mujer adultera [Jn 7,53-8,11], Filol NT 6 [1993/12]
parusìa (cf. Mt 24,3.24.30/Mc 13,4.22/Lc 21,7.11.25) o miracolisticamente come
149-175); essa, tuttavia, può valere come fulgido esempio di come la vita dispensa-
desiderio di Erode Antipa (cf. Le 23,8); solo una volta Gesù stesso è detto profeti-
ta da Gesù superi di gran lunga le meschine categorie umane.
camente "segno di contraddizione" (Le 2,34).
410 IL QUARTO VANGELO (e 1GV) GESÙ, IL RIVELATORE CELESTE 411

poi da Boismard, che puntano sull'importanza della figura del pro- quando si tenta di accostare il Quarto vangelo allo gnosticismo oc-
feta escatologico alla pari di Mosè come modello della cristologia corre sfoderare tutta la prudenza possibile76. Infatti, Gv non co-
giovannea; il testo-madre in questo caso è ovviamente Dt 18,15-19 nosce il tema della connaturalità divina dei destinatari del messag-
("Il Signore tuo Dio susciterà in mezzo ai tuoi fratelli un profeta gio, ignora tutte le sfrenate speculazioni sul pleroma divino (il ter-
pari a me... Se qualcuno non ascolterà le parole che egli dirà in mine in 1,17 ha un ben altro significato), e lo spessore storico della
mio nome, io gliene domanderò conto")72. figura di Gesù è ben lontano dalle figure di Rivelatori proprie dei
1.4.2 Un'altra proposta è quella di Biihner. Anch'egli evidenzia sistemi gnostici successivi77. Ma il tema della rivelazione nello gno-
l'importanza della tradizione profetica, però non per la connota- sticismo è talmente centrale che persino la figura del Rivelatore,
zione escatologica di una precisa figura bensì per il profeta in quanto pur essendo rimarcata78, perde spesso d'importanza rispetto al fat-
tale, inteso sia come Sàliah, "inviato come rappresentante", sia co- to della rivelazione in quanto tale.
me mal'ak, "messaggero (inviato con un mandato; angelo)", di 1.4.5 Bilancio conclusivo. Le diverse proposte manifestano già
Dio. In più, però, per spiegare la qualifica celeste dell'inviato, cal- da sole la complessità del dato in questione. Certo c'è un elemento
cola anche la possibilità che all'origine ci sia una concezione apo- comune alle figure sia del Profeta sia dell'Inviato sia della Sapien-
calittica del profeta, nella misura in cui questi si congiunge con la za sia del Rivelatore gnostico, ed è proprio il tema della rivelazio-
dottrina del Figlio dell'uomo per le sue connotazioni celesti73. ne; infatti, esse sono tutte incaricate di manifestare e apportare agli
1.4.3 Una terza possibilità è quella che tende a valorizzare la fi- uomini appunto le cose nascoste in Dio, che sono utili alla loro
gura tradizionale della Sapienza personificata74. Esiste infatti al- salvezza. Con ciò, anche se non si spiega tanto il lessico di visione
meno un paio di coincidenze con la cristologia del Quarto vange-
lo: come Gesù, anche la Sapienza preesiste in forma divina, inter- corre appropriarsi mediante la conoscenza (cf. 17,3), è universalmente caratteristi-
viene nella creazione del mondo e viene inviata dal cielo sulla terra co dello gnosticismo, e nel NT è proprio soltanto del Quarto vangelo" (G.W. Mac-
per svolgere una missione di redenzione; questa poi, benché espo- Rae, Gnosticism and the Church ofJohn's Gospel, in Ch.W. Hedrick & R. Hodg-
son, edd., Nag Hammadi, Gnosticism and Early Christianity, Hendrickson, Pea-
sta al rifiuto, è legata all'accettazione della Sapienza stessa. body MS 1986, p. 93). Più in generale cf. anche K.M. Fischer, Der johanneische
1.4.4 Un'ultima spiegazione è quella che prende in considera- Christus und der gnostische Erlòser, in K.-W. Tròger, ed., Gnosis und Neues Te-
stamene Mohn, Gutersloh 1973, pp. 245-266; e G. Filoramo, // Vangelo di Gio-
zione eventuali connessioni con il fenomeno gnostico75. Certo, vanni fra gnosi e gnosticismo, Ricerche Storico-Bibliche 3 (1991) 123-145.
76
Senza voler riproporre qui tutta la polemica innescata dalle posizioni di R.
Bultmann (già ridimensionate per esempio da R. Schnackenburg, // vangelo di Gio-
72
Cf. J.P. Miranda, Der Vater, der mich gesandt hat, pp. 308-388; M.-É. Bois- vanni, I, pp. 596-615), vedi le sagge osservazioni metodologiche di J.-M. Sevrin,
mard, Moise ou Jesus, specie pp. 58-89. Le Quatrième Évangile et le gnosticisme: questions de méthode, in J.D. Kaestli,
73
Cf. J.-A. Biihner, Der Gesandte undsein Weg, specie pp. 269-421. Su questa J.-M. Poffet - J. Zumstein, edd., La communauté johannique et son histoire. La
linea si colloca anche P. Létourneau, Jesus, Fils de l'Homme et Fils de Dieu, specie trajectoire de l'évangile de Jean aux deuxpremiers siècles, '"Le Monde de la Bi-
pp. 231-339, che distingue tra uno schema giuridico ( = il Figlio di Dio, inviato) ble", Labor et Fides, Genève 1990, pp. 251-268; l'Autore ritiene superflua l'ipotesi
e uno schema apocalittico ( = il Figlio dell'uomo, di origine celeste). gnostica per la cristologia giovannea (cf. pp. 264-265), potendosi questa spiegare
74
Oltre alla valorizzazione di questo modello da parte del commento di R.E. in base a modelli più 'economici' come quello giudeo-ellenistico della Sophia.
77
Brown (sia a proposito del prologo 1,1-18 sia anche in seguito, per esempio a pro- Vedi anche A. Magris, La logica del pensiero gnostico, Morcelliana, Brescia
posito di 17,5), vedi in particolare M.E. Willett, Wisdom Christology in theFourth 1997, pp. 143-150, 411-429 (e quanto si dice a p. 271 sulla "pregiudiziale docetisti-
Gospel, University Press, San Francisco 1992; M. Scott, Sophia and the Johannine ca" dello gnosticismo). Ottimamente G. Lettieri, Il fondamento cristologico del
Jesus, JSNT Suppl. 71, JSOT, Sheffield 1992 (quest'ultimo libro, ritenendo che mito gnostico: la teofania sulle acque, Cassiodorus 1 (1995) 151-165, sostiene che
la cristologia di Gv non sia altro che una cristologia della Sapienza, si occupa piut- semmai, inversamente, è la storia di Gesù a fornire i moduli per le vicende del Pie-
tosto di un problema di 'genere', stabilendo l'identità del Logos di genere maschile roma, che, pur rappresentando la vera storia della redenzione, di fatto però è sol-
con la Sophia di genere femminile). tanto una reduplicazione mitologica di quella storia.
75 78
A partire da R. Bultmann questa pista è stata percorsa da vari Autori; anco- Negli scritti gnostici il Rivelatore può di volta in volta assumere connotati di-
ra la L. Schottroff, Der Glaubende und die feindliche Welt, Neukirchen-Vluyn 1970, versi e avere anche nomi diversi: Simon Mago (secondo varie fonti patristiche), Seth
sostiene che Gesù per Gv "dev'essere senz'altro definito un rivelatore gnostico" (nel Vangelo degli Egiziani), Eleleth (nella Ipostasi degli Arconti), Derdekeas (nel-
(p. 289). Ma vedi una disamina equilibrata di questo modello in J.P. Miranda, Der la Parafrasi di Shem), il Messaggero della conoscenza (in Zostriano), Allogeno (nel
Vater, der mich gesandt hat, pp. 147-307. È comunque vero che la cristologia di trattato omonimo di Nag Hammadi), la Epinoia (nell'Apocrifo di Giovanni), la
Gv "non ha nulla che le somigli così tanto nel mondo antico quanto il mito gnosti- Protennoia (nella Triforme Protennoia), Poimandres (nel Corpus Hermeticum I),
co della rivelazione; lo specifico concetto di salvezza come rivelazione, di cui oc- e Gesù stesso (nella Pistis Sophia e altri testi), per non dire poi di Mani.
412 IL QUARTO VANGELO (e 1GV) GESÙ, IL RIVELATORE CELESTE 413

e audizione, si rende ottimamente ragione almeno del lessico della denti, a parte le questioni inerenti alla loro datazione, la funzione
comunicazione, se non anche di quello della illuminazione (cf. dell'angelo è quanto mai limitata ed episodica, non essendo egli
sotto)79. latore di una rivelazione paragonabile nella forma e nei contenuti
C'è però un importante elemento della cristologia giovannea, al a quella giovannea. Un altro ambito culturale di comparazione po-
quale né il modello del Profeta né quello della Sapienza offrono trebbe essere proprio quello gnostico, dove il Rivelatore torna al
una spiegazione adeguata: è il tema del ritorno di Gesù al Padre. Pleroma divino dopo aver espletato la sua missione82; ma la po-
Come abbiamo visto, infatti, c'è indubbiamente in Gv un abbon- steriorità di questa letteratura può far supporre al contrario, e a
dante vocabolario sui tre temi complementari della missione di Gesù ragione, una sua dipendenza dallo stesso Gv.
da parte di Dio, della sua donazione da parte del Padre e della sua In buona sostanza, risulta assai difficile ridurre il linguaggio gio-
discesa dal cielo; essi possono certamente ritrovarsi almeno par- vanneo a un solo modello ermeneutico. Per quanto salomonico il
zialmente nel modello profetico e in quello sapienziale, soprattut- giudizio possa apparire, è molto meglio ipotizzare che il lessico di
to se uniti insieme. Ma il Quarto vangelo dispiega pure una rag- rivelazione proprio del Quarto vangelo, con le concezioni cristolo-
guardevole ampiezza lessicale (6-7 verbi!) per esprimere il fatto che giche che esso implica, abbia più di una matrice e che quindi Gv
Gesù, compiuta la sua missione, torna al luogo celeste di dove era rappresenti un punto di convergenza di più modelli. A sua volta,
venuto. Ebbene, di fatto la tradizione giudaica non conosce nulla egli diventa punto di partenza e di riferimento di molteplici svilup-
del genere a proposito delle figure suddette80. pi successivi soprattutto di tipo gnostico.
Quale dovrebbe essere allora il modello da richiamare per il Quar-
to vangelo? Un punto di riferimento sicuro si potrebbe rinvenire
nell'angelologia, che presenta alcuni casi evidenti di discesa-ascesa letteratura rabbinica Ber. R. 97,3 (dove l'Angelo del Signore, stante l'invocazione
di singoli angeli81. Bisogna però osservare che nei testi corrispon- di Mosè in Es 33,15, dice: "Non potei salire perché non avevo compiuto la mia
missione, e non sono potuto scendere perché ancora egli pregava"), notando però
che Mek. Ex. 12,1 distingue tra i messaggeri degli uomini (che devono tornare a
chi li ha mandati) e i messaggeri di Dio (che non hanno bisogno di tornare perché
79
Cf. G. Iacopino, // Vangelo di Giovanni nei testi gnostici copti, "Studia Ephe- dovunque vadano sono sempre alla sua presenza). Una coincidenza di natura tra
meridis Augustinianum" 49, Roma 1995; alle pp. 214-221, l'Autrice propone un'utile Dio e il suo angelo si può intravedere in 1QS 3,24-25: "Il Dio di Israele e l'angelo
sintesi circa la forma del dialogo di rivelazione, assunto come genere letterario pe- della Sua verità aiutano tutti i buoni" (trad. C. Martone).
82
culiare dalla produzione letteraria gnostica sulla falsariga della tecnica giovannea. Per esempio, secondo i carpocraziani "la sua anima ( = di Gesù) ferma e pu-
80
Si potrebbero ricordare due precedenti. (1) L'uno è il tema della Parola di ra ha ricordato le cose da lei viste nel soggiorno presso il Dio ingenerato... e resa
Dio, di cui Isaia dice: "Non tornerà a me senza effetto, senza aver operato ciò che libera da tutti è risalita a Dio" (in Ireneo, Adv. haer. 1,25,1); cf. anche VApocrifo
desidero e senza aver compiuto ciò per cui l'ho mandata" (Is 55,10-11). Ma, a par- di Giovanni in NHC II 31,26-27 ("Ed ecco, ora salirò all'eone perfetto; io ho com-
te che l'affermazione non è sviluppata, si tratta di una semplice metafora, con cui piuto ogni cosa per voi nel vostro ascolto"); Zostrianos in NHC Vili 129,22-24;
si esprime poeticamente il fatto della sicura efficacia della parola, analogamente e C.H., Poimandres 27. Un caso tipico in questo senso potrebbe essere anche il
a quanto si legge in 2Sam 1,22 circa la spada di Saul che "non tornava mai vuota" ! celebre "Inno della perla" negli Atti di Tommaso 108-113 (= § 108: il figlio di
(2) L'altro si potrebbe scorgere in / Enoc 42,1-2 ("La saggezza non trovò posto un re d'oriente riceve la missione di cercare in Egitto una perla preziosa; §§ 109-11 la:
dove stare e la sua sede era nei cieli. Essa venne a stare tra i figli degli uomini e giunto in Egitto in abiti poveri, in un primo tempo egli dimentica sia la sua natura
non trovò posto. Ritornò alla propria sede e si mise tra gli angeli"); ma il senso sia il suo compito, ma in un secondo tempo viene risvegliato dal suo torpore e tro-
del passo è totalmente negativo: la sapienza torna in cielo delusa, perché sulla terra va la perla; §§ 11 lb-113: ritorno alla casa del padre e rivestimento degli antichi abi-
non ha trovato alcuna accoglienza (infatti il testo continua parlando invece della ti preziosi); questo testo è stato recentemente inteso come un poema allegorico cir-
ingiustizia, che ne occupa il posto: "Si assise in mezzo a loro come pioggia nel de- ca il destino non di un rivelatore ma dell'anima di ogni uomo, mandata da Dio
serto e rugiada sulla terra assetata"; trad. L. Fusella). (3) Una terza possibilità, nella creazione e destinata a tornare nella sua casa celeste (cf. J. Davidson, The
rappresentata dalle ascensioni al cielo nella letteratura apocalittica (cf. M. Him- Robe ofGlory. An Ancient Parable ofthe Soul, Element, Shaftsbury 1992); tutta-
melfarb, Ascent to Heaven in Jewish and Christian Apocalypses, University Press, via, il passo è complesso: da una parte, è vero che la funzione di risvegliare dal
Oxford 1993), non fa al caso nostro, trattandosi qui di una ascesa anteriore per torpore è riservata non a un rivelatore vero e proprio ma a una semplice lettera
ricevere rivelazioni! del padre-re, dall'altra però la distinzione tra la perla da cercare (che altrove può
81 ben essere una metafora dell'anima perduta o del bene sommo della conoscenza:
Vedi lo studio di C.H. Talbert, The Myth ofa Descending-Ascending Redee-
mer in Mediterranean Antiquity, NTS 22 (1976) 418-440 specie 422-426, dove si cf. Ireneo, Adv. haer. 1,8,4; NHC VI.2-4) e il figlio regale che la trova, induce a
rimanda a Gdc 13,20; Tb 12,20; Gius, e As. 17,8-9; Test. Giob. 5,2; Apoc. Mos. scorgere in quest'ultimo i lineamenti di un salvatore, sia pure nella forma di un
37,5-6 (ma qui Michele porta solo in cielo l'anima di Adamo); Test. Abr. 7,4. Da salvator salvatus (cf. A. Magris, La logica del pensiero gnostico, pp. 377-380,423-425,
parte sua J.-A. Bùhner, Der Gesandte undsein Weg, pp. 316-373, aggiunge dalla e 468).
414 IL QUARTO VANGELO (e 1GV) LE MOLTEPLICI DEFINIZIONI DI GESÙ 415

2. Le molteplici definizioni di Gesù rizione escatologica. Esso invece è preferibilmente connesso con
una dimensione celeste e comunque gloriosa: sia quando si tratta
Stabilito il tema di fondo, che evidenzia al massimo la centralità della sua origine (cf. 1,51; 3,13) o della sua funzione di giudice (cf.
di Cristo nella sua funzione di Rivelatore, su cui si regge tutto il Quar- 5,27: unico riferimento a Dn 7,13 ma in senso attuale) oppure in
to vangelo, occorre ora precisare gli aspetti vari con cui l'evangeli- connessione con il pane disceso dal cielo (cf. 6,27.53) o come ter-
sta dettaglia, per così dire, l'identità di questo protagonista83. Messi mine della fede (cf. 9,35) e persino a proposito della sua crocifis-
innanzitutto da parte i titoli tradizionali, vedremo poi la specifica sione intesa in termini originalissimi come esaltazione (cf. 3,14; 8,28;
e molteplice titolatura cristologica giovannea. 12,23.34bis)86 per non dire infine della sua glorificazione (cf. 6,62;
13,31). Tuttavia, questi vari aspetti del tema sono sempre e soltan-
to sfaccettature della dimensione umana di Gesù, in dipendenza
2.1 / titoli tradizionali dall'incarnazione. Infatti, il titolo in Gv riguarda comunque "il
Logos incarnato che è nello stesso tempo il rivelatore e la rivela-
Alcuni di questi affondano le loro radici nella fase gesuana, mentre zione di Dio tra gli uomini, colui che è venuto per portare luce e
altri risalgono alle confessioni post-pasquali. Tanto in un caso quanto vita a quelli che avrebbero creduto in lui"87.
nell'altro, Gv li riprende non senza segnarli con la propria impronta. 2.1.1.3 "Il figlio". La filiazione divina di Gesù88, che nei Sinot-
2.1.1 Titoli di origine gesuana84 tici si trova appena tre volte sulla sua bocca a esprimere la sua per-
2.1.1.1 "Profeta" è attribuito direttamente a Gesù solo quattro sonale coscienza89, in Gv è invece abbondantemente attestata da
volte, di cui il testo più esplicito proviene dalla gente in 6,14: "Que- lui in prima persona: ben ventitré volte90. Nella maggior parte dei
sti è davvero il profeta che deve venire nel mondo" (inoltre: 4,19 casi abbiamo la semplice forma assoluta "il Figlio" (18 volte), che,
[la Samaritana]; 7,40 [alcuni gerosolimitani]; 9,17 [il cieco nato]; se da una parte mette in primo piano una relazione filiale unica nel
cf. anche 1,21; 4,44). La definizione, da una parte, richiama ov-
viamente il passo di Dt 18,18 ("Io susciterò loro un profeta in mezzo
ai loro fratelli e gli porrò in bocca le mie parole ed egli dirà loro 86
Anche se si può ipotizzare un parallelo fra questi tre passi e le tre predizioni
quanto io gli comanderò; se qualcuno non ascolterà le parole che sinottiche della passione, è comunque inevitabile scorgerne nello stesso tempo l'e-
norme differenza di linguaggio; cf. F.J. Moloney, The Johannine Son ofMan, BSR
egli dirà in mio nome, io gliene domanderò conto"), e, dall'altra, 14, LAS, Roma 1975, 21978, p. 215. Questa resta tuttora la migliore monografia
non solo distingue Gesù da Mosè, come si prevede nello stesso Dt sul titolo giovanneo; ma cf. anche R. Schnackenburg, La persona di Gesù Cristo,
18,15 ("il Signore susciterà un profeta pari a me") ma suggerisce pp. 367-382.
87
F.J. Moloney, The Johannine Son o/Man, p. 216. Lo stesso Autore, ib., pp.
anche una presa di distanza da lui (cf. 1,17 dove si distingue netta- 202-207, ritiene che anche la dichiarazione di Pilato "Ecco l'uomo" (19,5) impli-
mente l'economia della "legge" da quella della "grazia" legate ri- chi un riferimento al titolo "Figlio dell'uomo", ma i motivi addotti sono troppo
spettivamente ai due nomi)85. deboli e giustamente R. Fabris, Gv, pp. 934-935, rifiuta il collegamento, anche se
la dichiarazione può richiamare testi come Nm 24,17 LXX ("Sorgerà un uomo da
2.1.1.2 "Il figlio dell'uomo" è presente tredici volte e, diversa- Israele") o Zc 6,12 (detto del sommo sacerdote Giosuè: "Ecco un uomo, il cui no-
mente dai Sinottici, non è mai direttamente collegato né con la de- me è Germoglio"), che però appartengono a un altro campo semantico, più o me-
no messianico.
scrizione del ministero terreno di Gesù e neppure con la sua appa- 88
Si noti che un paio di volte egli viene detto senza mezzi termini "figlio di Giu-
seppe" (1,45: da Filippo; 6,42: dai Giudei), mai contraddetto.
89
Senza contare la confessione da parte di altri, che si riscontra tre volte nella
83
Vedi anche G. Segalla, San Giovanni, Esperienze, Fossano 1972, pp. 78-107. triplice tradizione (cf. Mt 3,17//; 8,29//; 17,5//), due volte in Q (cf. Le 4,3.9/),
84
Sugli specifici titoli cristologici impiegati dal Gesù terreno, cf. il nostro voi. due volte in Mc-Mt (cf. Me 14,61/; 15,29/), sei volte nel solo Mt (2,15; 4,33; 16,16;
I, pp. 118-153. 27,40.43; 28,19), e quattro volte nel solo Le (cf. 1,32.35; 4,41; 22,70).
85 90
Giustamente perciò M.-É. Boismard già nel titolo del suo libro sulla cristolo- Senza contare la confessione da parte di altri: una volta nel Prologo (1,18),
gia giovannea, Moise ou Jesus, pone un'alternativa tra i due personaggi. Vedi an- una volta ciascuno sulla bocca del Battista (1,34), di Natanaele (1,49), di Marta
che W.A. Meeks, The Prophet-King. Moses Traditions and the Johannine Chri- (11,27), dei Giudei (19,7), del redattore (20,31). Si noti la proporzione inversa ri-
stology, NT Suppl. 14, Brill, Leiden 1967, specie pp. 32-99 e 286-319: Gesù è più spetto ai Sinottici: mentre in questi la maggior parte delle occorrenze non è in boc-
grande di Mosè così come egli è "più grande del nostro padre Giacobbe" (4,12 = ca a Gesù, in Gv invece la situazione è all'opposto. In più vanno computate le ben
Samaritani) e "più grande del nostro padre Abramo" (8,53 = Giudei). 22 occorrenze sotto la penna dell'autore della lGv.
416 IL QUARTO VANGELO (e 1GV) LE MOLTEPLICI DEFINIZIONI DI GESÙ 417

suo genere, dall'altra però è contestualmente connesso non tanto un interessante ancoraggio al primitivo ambito di lingua semitica.
con affermazioni di carattere metafisico circa il rapporto di natu- La seconda riguarda la disputa riportata in 7,27.41-42 circa l'ori-
ra col Padre quanto piuttosto con la missione da lui ricevuta per gine del Messia (cf. 1,46); qui la notorietà della provenienza di Ge-
la salvezza del mondo91. Lo si vede all'evidenza nella celebre di- sù da Nazaret è stimata una controindicazione della sua messiani-
chiarazione: "Dio ha tanto amato il mondo da aver dato il Figlio cità, in quanto contrasta con due teorie circa l'origine del Messia:
unigenito, perché chiunque crede in lui non perisca ma abbia la quella di un'origine misteriosa (cf. 7,27) e quella più diffusa del-
vita eterna" (3,16); come si vede, abbiamo qui in primo piano una l'origine davidica (cf. 7,41-42). Se ne deduce che con ogni proba-
funzione svolta da Gesù per l'incarico di una missione da compie- bilità l'evangelista non conosce la tradizione dell'origine betlehe-
re, anche se alla base c'è sicuramente una precomprensione di tipo mita di Gesù, ma insiste sulla sua origine misteriosa: egli è Messia
ontologico sull'identità dell'Inviato stesso. L'osservazione inversa non in forza di un'origine storica ma per una provenienza trascen-
va fatta a proposito di un'altra dichiarazione: "Io e il Padre sia- dente (cf. 7,28: "Certo voi mi conoscete e sapete di dove sono; ep-
mo una cosa sola" (10,30), dove in primo piano spicca l'afferma- pure io non sono venuto da me...") 94 .
zione di una fortissima unità che sfiora la metafisica (cf. 17,1 lb), 2.1.2 Titoli di origine pasquale
ma che implica anche una unione funzionale fatta di obbedienza 2.1.2.1 "Signore" è il tipico titolo cristologico della fede pasqua-
e di amore (cf. 3,35; 4,34; 10,17; del resto, in 5,30 Gesù afferma: le, come risulta all'evidenza da Fil 2,9-11 (oltre che dall'aramaico
"Io non posso fare nulla da me stesso")92. In ogni caso, anche se di ICor 16,22)95. Assente in l-3Gv, il suo impiego nel Quarto van-
si può discutere se gli oppositori di Gesù abbiano davvero inteso gelo non differisce gran che da quello dei Sinottici96. La sua valen-
nelle sue parole una reale minaccia all'infrazione del monoteismo za cristologica si misura soprattutto nel linguaggio narrativo del re-
giudaico, Gv è sicuramente orientato su questa linea93. dattore, dove egli appunto narra di Gesù chiamandolo "Signore",
2.1.1.4 "Cristo". A prescindere dalle rare volte in cui il termine così per esempio dove si legge che ' 'Maria era quella che aveva unto
appare come un nome abbinato a "Gesù" (1,17; 17,3; così di nor- di olio profumato il Signore" (Gv 11,2; cf. 4,1 ; 6,23). Quando si trova
ma in lGv), esso in Gv ha sempre valore titolare in tutti gli altri in bocca ai personaggi del racconto è difficile, come anche nei Sinot-
diciassette casi. Come nei Sinottici, esso non si trova mai in bocca tici, riconoscervi una valenza cristologica (per esempio in 11,3 : "Si-
a Gesù (anche se egli vi si riconosce in risposta alla Samaritana: gnore, colui che ami è malato"). Certo invece essa è molto forte in
cf. 4,26). Due osservazioni meritano attenzione. La prima è che bocca a Tommaso dopo la Pasqua e a conclusione del vangelo: "Si-
solo Gv in tutto il NT riporta l'originale epiteto [xeaata<; ( = traslit- gnore mio e Dio mio" (20,28: ó xupió? [xou xoù ó 0eó<; ptou). Questa con-
terazione greca dell'aramaico mesìha'\ 1,41; 4,25), attestando così
94
91
Del resto, come dimostra K.E. Pomykala, The Davidic Dynasty Tradition in
Cf. R. Schnackenburg, Gv, II, pp. 207-227: Excursus. 'Il Figlio'come auto- Early Judaism. Its History and Significance for Messianism, Scholars, Atlanta 1995,
definizione di Gesù nel Vangelo di Giovanni. Analogamente G. Segalla, Dio Padre nel giudaismo del tempo l'attesa di uno specifico Messia davidico non era né diffu-
di Gesù nel quarto Vangelo. Cristocentrismo verso il teocentrismo, Scuola Cattoli- sa né dominante, come risulta dai pretendenti regali di cui ci dà notizia FI. Giusep-
ca 117 (1989) 196-224, anche se la relazione è considerata dal punto di vista della pe e poi dal caso di Bar Kochebah.
paternità di Dio. 95
92
Cf. sopra: cap. I, 3.2; cap. II, 3.6.
Ricordiamo qui che l'identità filiale di Gesù in Gv-lGv viene ben distinta da 96
La frequenza è la seguente: Mt 77 volte, Me 15 volte + 2 volte, Le 102 volte, Gv
quella dei cristiani anche sul piano linguistico, poiché solo per lui si usa il termine 54 volte. Ma, dove esso non sia una qualifica strettamente teo-logica in senso vetero-
uió?, sostantivo maschile che rimanda allo status perfetto e legittimo del suo rap- testamentario (cf. Mt 22,37/Mc 12,30: "Amerai il Signore Dio t u o " [ = Dt 6,5]; Le
porto con il Padre, mentre i battezzati sono qualificati come xéxva (lett. "partori- 1,11: "Gli apparve l'angelo del Signore"), in bocca ai personaggi è difficile determi-
ti"), sostantivo neutro che vale per uomini e donne in senso generico (cf. Gv 1,12; nare se l'appellativo sia un semplice nome di cortesia (come in Me 7,28, dove la don-
11,52; lGv 3,1.2.10; 5,2; 2Gv 1.4.13; 3Gv 4). na siro-fenicia dice: "Sì, Signore, ma anche i cagnolini...") o esprima un vero rico-
93
Cf. M. Theobald, Gott, Logos und Pneuma. "Trinitarische" Rede von Gott noscimento cristologico: in questo secondo caso vi si dovrebbe vedere un condizio-
im Johannesevangelium, in H.-J. Klauck, ed., Monotheismus und Christologie. Zur namento post-pasquale (cf. Mt 14,30, dove Pietro grida: "Signore, salvami!"). Al-
Gottesfrage im hellenistischen Judentum und im Urchristentum, QD 138, Herder, tro è il caso in cui il titolo si trova sotto la penna stessa del narratore nei passi di rac-
Freiburg-Basel-Wien 1992, pp. 41-87; J.C. O'Neill, 'Making himselfequal with God' cordo dell'azione di Gesù (quindi al di fuori della trama delle parabole): assente da
(John 5.17-18): The Alleged Challenge to Jewish Monotheism in the Fourth Go- Mt-Mc, questa prassi è frequente in Le (cf. Le 7,14: "Vedendola [la vedova di Nain]
spel, IrBblSt 17 (1995) 50-61. //S/grtoreebbecompassionedilei";eanche7,19; 10,1; 12,42; 17,5.6; 19,8;22,61bis).
418 IL QUARTO VANGELO (e 1GV) LE MOLTEPLICI DEFINIZIONI DI GESÙ 419

fessione di fede giunge al termine di tutta una serie di altre lui")103. L'originalità della formula giovannea sta tutta nel geni-
confessioni97 e ne rappresenta il culmine. Il titolo di Kyrios non è tivo "del mondo": mentre negli altri casi l'oggetto della salvezza
nuovo in Gv, ma qui esso acquista una valenza cristologica che pri- è sempre formulato in termini antropologici104, qui invece la pro-
ma non aveva. Infatti: (a) è oggettivamente una confessione pasquale spettiva è talmente universalistica da riguardare il cosmo intero.
rivolta al Risorto; (b) il suo abbinamento a "Dio" gli conferisce una Il termine appartiene al tipico linguaggio giovanneo e connota l'am-
densità inusuale98; (e) la doppia specificazione "mio" aggiunge la bito dell'opposizione a Dio (cf. più sotto a proposito del titolo
nota personale di un rapporto vitale determinante e molto intimo. "agnello"). Ma che esso venga impiegato non in senso meramente
I due appellativi non possono essere disgiunti, al contrario si illumi- cosmologico bensì in riferimento all'umanità risulta da una dop-
nano a vicenda99; e anche se Tommaso non dice propriamente « Tu pia osservazione: l'una è che a pronunciare la confessione cristo-
sei Dio » non si può in alcun modo sminuire la confessione della di- logica sono i Samaritani, i quali, separati dal resto d'Israele, in que-
vinità di Gesù. A monte della formulazione giovannea si può intra- sto modo oltrepassano i propri confini e coinvolgono anche tutti
vedere il testo di Sai 34,23 LXX ("Destati... per la mia causa, Dio i diversi da sé; l'altra è che nel contesto Gesù invita senza mezzi
mio e Signore mio" [TM: "Signore Dio mio"]); solo secondariamen- termini a superare tutte le contrapposizioni socio-religiose (cf. 4,21:
te vi si può scorgere un'allusione polemica alla pretesa dell'impera- né su questo monte né a Gerusalemme). Tuttavia è da rilevare che
tore Domiziano, che aveva stabilito di essere chiamato Dominus et proprio Gv afferma con ogni chiarezza che "la salvezza viene dai
Deus noster100. In Gesù, Tommaso incontra Dio stesso. Giudei" (1,22), nel doppio senso che Israele è eletto da Dio come
2.1.2.2 "Salvatore". Come abbiamo già visto più sopra101, sua "peculiare proprietà tra tutti i popoli" (Es 19,5; cf. anche ìs
questo titolo nella sua valenza cristologica non solo è post-pasquale 2,3) e che Gesù stesso è storicamente un Giudeo (cf. 4,9)105.
ma è anche piuttosto tardivo. Assente in Paolo (eccetto Fil 3,20
ma in riferimento al futuro escatologico), esso è caratteristico de-
gli scritti neotestamentari più recenti102. A questi appartengono 2.2 Gli specifici titoli giovannei
sicuramente anche il Quarto vangelo e la prima Lettera giovan-
nea; in entrambe le composizioni ricorre una sola volta la stes- Il quarto evangelista dimostra la sua maggiore originalità nell'e-
sa, forte locuzione cristologica "salvatore del mondo" (Gv 4,42; sprimere la fede cristologica con un'ampia titolatura, che non ha
lGv 4,14; cf. Gv 3,17: "perché il mondo venga salvato mediante

103
II fatto che nel primo caso esso si trovi in bocca ai Samaritani dice da solo
97
Vedi 1,34: "Questi è il figlio di Dio"; 1,49: "Rabbi, tu sei il figlio di Dio, quanto sia improbabile che appartenga al livello gesuano. Infatti, se pensiamo che
tu sei il re d'Israele"; 4,42: "Questi è veramente il salvatore del mondo"; 6,69: il titolo neotestamentario ha le sue possibili ascendenze solo nell'AT e nel politei-
"Tu sei il santo di Dio"; 9,38: '"Credo, Signore', e lo adorò"; 11,27: "Tu sei il smo ellenistico, è impossibile che i Samaritani ne fossero condizionati, sia perché
Cristo, il figlio di Dio che deve venire nel mondo"; 13,13: "Voi mi chiamate 'Mae- delle Scritture d'Israele essi riconoscono solo il Pentateuco e qui il titolo è assente
stro' e 'Signore'". (solo il greco di Dt 32,15 LXX ha il titolo personale divino, mentre l'ebraico defi-
98
Molto opportunamente B.A. Mastin, A Neglected Feature, pp. 50-51, fa no- nisce Dio con l'astratto "sua salvezza"), e comunque l'idea di salvezza è semmai
tare che la definizione di Gesù come " d i o " in Gv occorre tre volte e sempre con connessa con Dio e non con il Messia, sia perché la loro chiusura etnica e confes-
un riferimento diverso: in 1,1 per il Logos pre-esistente, in 1,18 per il Logos incar- sionale rende praticamente impossibile una dipendenza dall'ellenismo.
nato, e in 20,28 per il Cristo risorto; in questo modo la divinità di Gesù è affermata 104 v e d i per esempio la differenza dal testo a p p a r e n t e m e n t e più vicino di l T m
in modo completo come una sua proprietà ineliminabile, a prescindere dal fatto 1,15: " G e s ù Cristo è venuto nel m o n d o per salvare i p e c c a t o r i " , dove si distingue
se essa presupponga una controversia antigiudaica e in più polemizzi con il culto n e t t a m e n t e tra mondo e peccatori.
105
imperiale di Domiziano. Quanto poi al titolo "il re" (6,15; 8,37) che riceve la specificazione "di Israe-
99 le" (1,49), "di Sion" (12,15 = Zc 9,9), e soprattutto "dei Giudei" (18,33.39;
Lo stesso si può dire di 1,49, dove la qualifica di "figlio di Dio" viene per
così dire attutita dalla specificazione "il re d'Israele"; al contrario, in 13,13 l'ap- 19,3.14.15.19.21), si può ipotizzare che Gv rilegga Tg Gn 49,8.10-12, dove si preci-
pellativo "Maestro" viene rafforzato (ma non troppo) da quello di "Signore". sa, non solo che da Giuda prenderanno nome tutti i Giudei, ma che da essi verrà
100 "il re Messia, a cui appartiene la regalità e a cui si sottometteranno tutti i regni:
Svetonio, Domit. 13.
101 Com'è bello il re Messia che deve sorgere da quelli della casa di Giuda!..." (cf.
Cf. cap. Ili, 6.
102 in merito l'interessante studio di V. Lopasso, // titolo 'il re dei giudei' in Giovanni
Questi i luoghi e la frequenza delle occorrenze: Luca (Le 2,11; At 5,31; 13,23),
Ef (5,23), Pastorali (4 volte), 2Pt (5 volte). e il Targum di Gn 49,8.10-12, Vivarium 3 [1995] 363-385).
420 IL QUARTO VANGELO (e 1GV) LE MOLTEPLICI DEFINIZIONI DI GESÙ 421

confronti nella letteratura canonica. Qui di seguito passiamo in ras- Logos è la legge comune che governa tutte le cose, includendo raziona-
segna i cinque modi principali che la d o c u m e n t a n o . lità e intelligenza (cf. soprattutto fr. 2: "Bisogna seguire ciò che è co-
2.2.1 II Logos. Nel prologo al vangelo 1,1-18, e solo qui, si leg- mune; ma pur essendo questo logos comune, la maggior parte degli uo-
ge la triplice affermazione della preesistenza del Logos divino, della mini vivono come se avessero una loro propria saggezza") e poi soprat-
tutto lo stoicismo. Per gli Stoici il Logos è ragione seminale di tutte le
sua diffusa presenza nel m o n d o , il quale anzi dalla sua mediazione
cose, è la realtà divina immanente; esso perciò ha soprattutto una rile-
trae origine, e della sua incarnazione storica. A parte i problemi
vanza ontologica, oltre che fungere anche da principio normativo in etica
di u n a originaria esistenza a u t o n o m a del prologo come inno a sé e da principio di verità in logica (cf. Cleante, Inno a Zeus, 19-20: "Tu
stante e del suo r a p p o r t o con il resto del vangelo (dove curiosa- infatti adattasti tutto nell'unità, così che si costituisse un logos unico
mente il titolo n o n ricorre più, come pure negli altri scritti giovan- di tutte le cose, sempre esistente, che abbandonano fuggendo quanti tra
nei) 106 , è chiara l'intenzione globale dell'evangelista di dimostra- i mortali sono malvagi"; Crisippo, in SVF 2,913, lo identifica con il
re che il vero inizio di Gesù è quello del Logos stesso 1 0 7 , anche se fato come "Logos del mondo, secondo cui avvennero le cose passate,
la loro identificazione esplicita avviene solo alla fine della compo- avvengono le presenti, avverranno le future"). (2) Nel giudaismo biso-
sizione nei vv. 17-18. gna distinguere. Nell'uso biblico e targumico, il termine Logos nei LXX
traduce l'ebraico dabar come "parola" tanto creatrice e sostentatrice
U n a tale identificazione di Gesù ci porta a precisare che cosa si
del mondo (cf. Sai 33,6: "Dalla parola del Signore furono fatti i cieli";
intendesse al t e m p o di Gv con il termine " L o g o s " , poiché tutta
in Sap 9,1-2 essa sta in parallelismo con la "sapienza") quanto anche
l'originalità di questa cristologia consiste a p p u n t o nell'attribuzio- forza vivificante e salvifica (cf. Sai 107,20: "Mandò la sua parola e li
ne a Gesù di u n a tale qualifica 108 . fece guarire, li salvò dalla distruzione"; Is 40,8: "La parola del nostro
Dio dura per sempre"; 55,10-11: "Come la pioggia e la neve scendono
Il termine Xó-fo<;, lasciando da parte la sua mera valenza lessicale109, dal cielo e non vi ritornano..., così sarà della parola uscita dalla mia
cambia la sua portata semantica a seconda che lo si consideri su di uno bocca..."), mentre nell'aramaico la paroìa-Memrah di Dio viene addi-
sfondo culturale greco-pagano o su di uno sfondo giudaico. (1) Nel pri- rittura personificata (cf. TgN a Gn 1,1 ss: "...La parola di Yhwh disse:
mo caso, entrano in conto alcune sentenze di Eraclito, per il quale il Vi sia la luce, e vi fu la luce secondo l'ordine della sua parola..."; Tg
a Is 42,12: " I o ho creato ogni cosa con il mio Memrah"). Quanto poi
a Filone Alessandrino, nei suoi scritti il Logos è personificato e assume
106
Sulla forma pre-redazionale dell'inno, cf. P. Hofrichter, Im Anfang war der i tratti dell'intermediario per eccellenza tra Dio e il mondo, tra Dio e
"Johannesprolog". Das urchristliche Logosbekenntnis - die Basis neutestamentli- l'uomo, e tende a superare le rispettive distanze con funzioni salvifi-
cher undgnostischer Theologie, BU 17, Pustet, Regensburg 1986, che peraltro en-
fatizza troppo la sua importanza per tutta la teologia neotestamentaria e gnostica. che: così esso è paragonato sia all'architetto che progetta una città (cf.
Sul rapporto con il resto del vangelo e con la lGv, cf. M. Theobald, Die Fleischwer- Opif. 20) sia allo strumento con cui essa viene costruita (cf. Cher. 127),
dung des Logos. Studien zum Verhàltnis des Johannesprologs zum Corpus des Evan- perciò è "il vincolo universale che tiene insieme tutte le cose" (Fug. 112);
geliums und zu 1 Joh, NTA 20, Aschendorff, Mùnster 1988, che, nonostante le in più, esso inabita e circola in coloro che onorano la vita dell'anima
divergenze, comunque connette la composizione al corpus evangelico; in questo senso (cf. Post.C. 122; Deus imm. 134: "il tutore, il padre, il maestro o co-
anche J. Zumstein, Le prologue, seuil du quatrième évangile, RechSR 83 (1995)
217-239. munque si voglia nominare il sacerdote che solo può correggerci e farci
107
Cf. M. Theobald, Die Fleischwerdung, p. 490. rinsavire"; altri nomi in Conf. 146: primogenito di Dio, arcangelo, ar-
108
Per una lettura filosofica di questa celebre pagina giovannea, cf. X. Tilliet- che ecc.).
te, // Cristo della filosofia. Prolegomeni a una cristologia filosofica, Morcelliana,
Brescia 1997 (orig. frane, Paris 1990), pp. 149-185 (con saggi su Herder, Hegel,
Fichte, Schelling, Solov'ev, Maine de Biran). È probabile che l'idea giovannea di Logos abbia le sue radici prin-
109
Nella lingua greca è uno dei vocaboli dal significato più sfaccettato. Il ricco
e accuratissimo Vocabolario della lingua greca di F. Montanari (Loescher, Torino cipali nella teologia giudaica della parola e della sapienza 1 1 0 ; m a
1995, s.v.) elenca quattro significati fondamentali, ciascuno dei quali a sua volta
si scompone in varie sfumature: (1) parola, discorso; dichiarazione, decisione, dot-
trina, definizione; fama, tradizione, notizia; oracolo, responso; argomento, mate-
1,0
ria, oggetto; (2) favella; colloquio, dialogo, discussione; racconto, mito, storia; ora- Cf. R. Schnackenburg, La persona di Gesù Cristo, p. 401, dove si ricorda
zione, trattato, libro; (3) conto; spiegazione; stima, valutazione; valore, significa- che entrambi i concetti si ritrovano in quello di Torah (cf. 2Bar. 54,13-14: "Ti hai
to; regola, norma; (4) ragionamento, argomentazione; ragione, pensiero, buon senso; stabilito presso di te ogni fonte di luce e hai preparato sotto il tuo trono depositi
motivo, causa, fondamento; piano, progetto, disegno. di sapienza. E giustamente periscono coloro che non hanno amato la tua legge").
422 IL QUARTO VANGELO (e 1GV) LE MOLTEPLICI DEFINIZIONI DI GESÙ 423

non si può ignorare la matrice greca. Tuttavia l'identità del Logos gloria come di unigenito dal Padre,
nel prologo giovanneo supera entrambe le ascendenze. Essa infatti pieno di grazia e di verità...
16
può essere colta secondo tre aspetti, che sono anche i tre momenti Infatti dalla sua pienezza
della sua esistenza, secondo la seguente ripartizione del testo 111 : noi tutti abbiamo ricevuto grazia su grazia,
17
poiché la Legge fu data per mezzo di Mosè,
" 1,1 In principio era il Logos ma la grazia e la verità avvennero per mezzo di Gesù Cristo.
18
e il Logos era presso Dio Dio, nessuno lo ha mai visto,
e dio era il Logos. ma l'unigenito dio, che è nel seno del Padre, lui lo ha spiegato".
2
Egli era in principio presso Dio.
3
Tutto avvenne mediante lui In primo luogo (vv. 1-3), è celebrata la dimensione protologica
e senza di lui non avvenne nulla. e archetipica del Logos, di cui si dice che è insieme preesistente ("in
4 principio era"), divino (theós) eppure personalmente distinto da
Ciò che avvenne in lui era vita
e la vita era la luce degli uomini Dio (ho theós), e mediatore nella creazione ("tutto avvenne me-
5
e la luce brilla nelle tenebre diante lui"). In secondo luogo (vv. 4-5.9-12), si afferma la dimen-
e le tenebre non l'hanno afferrata... sione della sua 'parusia' o presenza diffusa nel mondo mediante
9
Egli era la luce vera, i concetti di vita e di luce, distinguendo tra gli opposti atteggia-
che venendo nel mondo illumina ogni uomo. menti assunti dagli uomini nei suoi confronti: coloro che non lo
10
Era nel mondo riconobbero e coloro che accogliendolo possono diventare figli di
e il mondo avvenne mediante lui Dio. Certo si può pensare che queste affermazioni si riferiscano
e il mondo non lo riconobbe.
11
Venne a casa propria, già al ministero terreno di Gesù (cf. i temi giovannei della vita, della
ma i suoi non lo accolsero. luce, e della fede), ma poiché è solo nei vv. successivi che si par-
12
A quanti però lo accolsero la della sua incarnazione, è più che possibile scorgere qui solo
diede loro la possibilità di diventare figli di Dio... una eco delle concezioni stoica, sapienziale e filoniana in mate-
14
E il Logos carne divenne ria. In terzo luogo, infatti (vv. 14-18), si canta finalmente la sua
e si attendò in mezzo a noi; incarnazione 112 , intesa soprattutto come limitazione nella fragili-
e vedemmo la sua gloria, tà di un'esistenza mortale (cf. il concetto biblico di "carne" in Is
40,6: "Ogni carne [TM: basar, LXX: «rapi;; CEI: uomo] è come l'er-
ba e tutta la sua gloria è come un fiore del campo") ma anche co-
me visibile insediamento nella storia degli uomini ("si attendò [ =
L'esclusività dell'A.T. come fonte del Prologo è fortemente sostenuta da C.A. Evans, si acquartierò, abitò] fra noi"). Risuona qui l'idea anticotesta-
Word and Glory. On the Exegetical and Theological Background of John 's Prolo-
gue,111
JSNT Suppl. 89, Academic Press, Sheffield 1993.
II v. 18 va considerato una conclusione che in realtà funge da raccordo tra
il prologo e il corpus del Vangelo. Per il problema della struttura del prologo gio-
vanneo, oltre ai Commenti cf. anche O. Hofius, Struktur und Gedankengang des
Logos-Hymnus in Joh 1:1-18, ZNW 78 (1987) 1-25, che, ritenendo redazionali i H2 Precisiamo qui che la lettura del v. 13 al singolare ("// quale non da sangue
vv. 6-8.12d-13.15.17-18, suddivide la composizione in due parti: (1) i vv. 1-9 ri- ... ma da Dio è stato generato"), proposta da alcuni Autori (cf. J. Galot, Ètre né
guarderebbero il Logos àsarkos (con due strofe: i vv. 1-3 sulla preesistenza divina deDieu: Jean 1,13, AnB 37, PIB, Rome 1969; P. Hofrichter, Im Anfang, pp. 45-54;
e la mediazione nella creazione; e i vv. 4-5.9 sulle sue proprietà di vita e di luce); I. de la Potterie, La concezione e la nascita verginale di Gesù secondo il Quarto
(2) i vv. 10-16 riguarderebbero invece il Logos énsarkos (altrettanto con due strofe: Vangelo, in Id., Studi di cristologia, pp. 58-67), non è stata accetta dai commenta-
i vv. 10-12c sulla presenza del Logos nel cosmo; e i vv. 14.16 sulla sua incarnazione tori, sia perché la tradizione manoscritta non l'appoggia (a favore solo poche testi-
storica e gli effetti per la comunità credente). Bisogna però riconoscere che pure monianze latine: Tertulliano e Ireneo-latino [Clemente Al. applica il singolare a ogni
le inserzioni redazionali fanno parte dell'attuale prospettiva cristologica dell'evan- cristiano; Origene e Ambrogio al cristiano e a Cristo; mai comunque in un66com-
gelista, per quanto riguarda sia la contrapposizione del Logos con il Battista (vv. mento a Gv]; contro: tutta la tradizione greca a partire dall'importante P ), sia
6-8.15) sia la filiazione divina di coloro che credono in lui (vv. 12c-13) sia anche perché contestualmente il tema della generazione nel v. 12 riguarda solo coloro che
la differenziazione da Mosè (v. 17) sia soprattutto la sua funzione di rivelatore sto- credono, sia perché il tema della concezione verginale di Gesù è di fatto estraneo
rico (v. 18; cf. sopra). a Gv (cf. 1,45; 6,42; 7,41-42.52).
424 IL QUARTO VANGELO (e 1GV) LE MOLTEPLICI DEFINIZIONI DI GESÙ 425
mentaria dell'abitazione di Dio in mezzo al suo popolo (cf. Es 25,8: char [in 4,6]; il suo pianto di fronte all'amico Lazzaro morto [in
"Essi mi faranno un santuario e io abiterò [TM: sàkantì; LXX: 11,33]; e l'umiliazione quando lava i piedi ai suoi discepoli [in
«xpGriaofiai, 'mi mostrerò'] in mezzo a loro"; 40,34: "La gloria del 13,1-11]). Paradossale in senso contrario è invece l'affermazione
Signore riempì la Dimora [TM: miskan; LXX: <TXT)VTI]"; 1 Re 8,13; che nella "carne" assunta dal Logos si sia potuto scorgere la sua
Ez 43,7: "Questo è il luogo... dove posano i miei piedi, dove io "gloria"; si vuol dire con ciò che lo spessore e l'opacità della de-
abiterò [TM: 'eskàn; LXX: xaTaaxT|vó>cjei -co ovofxà [xou] in mezzo agli bolezza umana non solo non hanno potuto offuscare lo splendore
Israeliti per sempre"), oltre a quella della sua Sapienza (cf. Sir 24,8: del Logos divino, ma anzi gli hanno reso possibile di manifestarsi
"Allora il creatore dell'universo... mi disse: Fissa la tenda [xac- agli occhi dell'uomo115. In definitiva, è solo in questa dimensione
-caaxTivooaov] in Giacobbe"; analogamente Bar 3,38: "Per questo è storica di totale dedizione personale (e non nella legge di Mosè:
apparsa sulla terra e ha vissuto fra gli uomini")113. cf. v. 17) che Dio ha proposto agli uomini la "pienezza della gra-
È questo terzo stadio la componente più originale e anzi inaudi- zia e della verità" (v. 14). In quest'ultimo costrutto risuona la bel-
ta, se non scandalosa (cf. l'ossimoro "Logos carne"), di tutto l'inno la definizione anticotestamentaria di Dio "misericordioso e pieto-
al Logos; di una sua incarnazione infatti poteva parlare solo chi so, lento all'ira, ricco di grazia e di fedeltà" (Es 34,6), come per
avesse già davanti a sé il caso storico e ben preciso di Gesù e fosse dire che Dio, tutt'altro che accontentarsi di mere dichiarazioni di
già guidato dalla fede in lui114. Perciò, la dichiarazione del v. 14 amore, nel Verbo Incarnato le ha mantenute fino in fondo (per ana-
va letta non solo e non tanto in riferimento alla mera nascita terre- logia cf. anche 2Cor l,20a: "Tutte le promesse di Dio in lui sono
na di Gesù quanto piuttosto come un giudizio dato su tutta la sua divenute 'sì'"); sicché lo stesso Verbo incarnato è la massima gra-
vita d'uomo; infatti, mai come sulla croce il Logos si fece carne, zia di Dio agli uomini (cf. 3,16), e in lui prende letteralmente cor-
ma lo stesso vale per tutti i momenti della sua vita terrena (cf. in po la verità o (in senso anticotestamentario) la fedeltà di Dio116.
particolare la sua stanchezza quando siede presso il pozzo di Si- La comunità giovannea lo riconosce con gioia, confessando il pro-

113 115
L'idea sarà poi sviluppata nel rabbinismo giocando ampiamente sul concet- Si allude all'esperienza storica dei discepoli di fronte ai segni compiuti da Ge-
to di una personificazione della Shekinah, "dimora o presenza dimorante (di Dio)". sù (cf. 2,11), alla sua morte e risurrezione come glorificazione definitiva (cf. 7,39;
Vi si legge, per esempio, che essa ha conosciuto un progressivo allontanamento dal- 12,23; 17,1), non esclusa anche la sua gloria escatologica (cf. 17,24); vedi in merito
l'uomo mediante il peccato e poi un suo progressivo riavvicinamento fino alla Leg- C. Hergenròder, Wir schauten seine Herrlichkeit, pp. 336-351.
ge data a Mosè: "La Shekinah... quando Adamo peccò salì al primo cielo; peccò 116
Non condividiamo perciò la traduzione del v. 14e "pieno della grazia della
Caino, salì al secondo; con la generazione di Enosh, al terzo; con quella del dilu- verità", proposta da S.A. Panimolle, // dono della legge e la grazia della verità (Gv
vio, al quarto; con la generazione della torre di Babele, al quinto; coi Sodomiti, 1,17), Ave, Roma 1973 (ripresa da I. de la Potterie, La vérité, pp. 139-141, e da
al sesto; e con gli Egiziani del tempo di Abramo, al settimo. In opposizione a loro X. Léon-Dufour, Gv, I, pp. 178-180), che scorgendovi una endiadi dissolve il con-
sorsero sette giusti, che sono Abramo, Isacco, Giacobbe, Levi, Qehat [figlio di Le- cetto di grazia in quello di verità ( = la verità come grazia o dono). È vero che del
vi], Amram [figlio di Qehat e padre di Aronne e Mosè] e Mosè. Sorse Abramo e binomio biblico "grazia e verità" (hesed weemet, lett. "misericordia e fedeltà":
la Shekinah scese al sesto; con Isacco dal sesto al quinto; con Giacobbe dal quinto Es 34,6; Gs 2,14; 2Sam 15,20; Sai 85,11: "Misericordia e verità s'incontreranno";
al quarto; con Levi dal quarto al terzo; con Qehat dal terzo al secondo; con Am- 138,2; Pro 3,3; 14,22; 16,6; 20,28) il primo termine è reso normalmente dai LXX
ram dal secondo al primo. Sorse Mosè e la fece scendere dal disopra al disotto" con éleos e non con charis, ma: (1) il contesto immediatamente seguente in Gv 1,16-17,
(Gen.R. 19,7). Secondo il Talmud, poi, essa non abbandona mai Israele: "Dovun- tutt'altro che stemperare il concetto di grazia in quello di verità, insiste invece pro-
que andarono esuli, la Shekinah era con loro" (b.Meg. 29a). Vedi E.E. Urbach, prio su di esso (tanto più che il termine in Gv ricorre solo qui); (2) altrove in Gv
Les sages d'Israel, conceptions et croyances des maìtres du Talmud, Cerf, Paris la verità è associata spesso con lo Spirito, sia nella forma "Spirito di verità" (14,17;
19%, pp. 43-72: "La Shekhina, présence de Dieu dans le monde". 15,26; 16,13) sia nella forma simile alla presente "Spirito e verità" (4,23.24); ma,
114
E celebre e sempre suggestivo il commento che ne fa S. Agostino in Con- dato che lo Spirito è del tutto assente dal prologo, si può pensare che esso sia qui
fess. 7,9,13-14: riferendosi alle sue precedenti letture di alcuni scritti platonici (pro- sostituito proprio dal concetto di grazia. È meglio perciò lasciare intatto il binomio
babilmente Plotino e Porfirio), egli afferma di avervi letto già tutto quello che si nelle sue due componenti distinte (come del resto fa la maggior parte dei commen-
dice nel prologo giovanneo fino al v. 13, ma non che la Parola di Dio si fece carne tatori (cf. Barrett, Brown, Schnackenburg, Mateos-Barreto, Segalla, Fabris), che
e abitò fra gli uomini né che annientò se stesso facendosi in tutto simile all'uomo sono comunque strettamente correlate fra di loro. E. Jenni - C. Westermann, Di-
ecc. In effetti, l'affermazione di un divenire e apparire del Logos divino in forma zionario teologico dell'Antico Testamento, I, Marietti, Torino 1978, col. 176, ad-
umana contrasta non solo con la filosofia greco-platonica, secondo cui il Dio è im- dirittura subordinano il secondo concetto al primo traducendo il binomio ebraico
mutabile (cf. sopra: cap. Ili, 4 [1]), ma anche con la fede israelitica, secondo cui con "benevolenza durevole", cioè una solida manifestazione di bontà di cui ci si
Dio è e resta trascendente. può fidare.
426 IL QUARTO VANGELO (e 1GV) LE MOLTEPLICI DEFINIZIONI DI GESÙ 427

prio debito nei suoi confronti in quanto da quella pienezza "noi terminarla con esattezza significherebbe risolvere in gran parte il
tutti abbiamo attinto grazia su grazia" (v. 16)117. problema. Noi rimandiamo ad altra sede l'indagine in materia 122 .
2.2.2 L'unigenito (\iovoytvf\<;). Nel NT solo Gv impiega questo Per ora ci accontentiamo di richiamare sullo sfondo, sia pure con
termine con valenza cristologica (in 1,14.18; 3,16.18; a cui va ag- i loro limiti, le due figure dell'agnello pasquale (che però non ha
giunto lGv 4,9) 118 . All'interno del prologo, esso introduce una valore espiatorio) e del servo sofferente di Yhwh secondo Is 53 LXX
idea nuova, non ancora espressa prima, che ha un doppio aspetto: (dove però al v. 7 l'agnello è un mero paragone addotto come esem-
che cioè il Logos sta con Dio in un rapporto di filiazione e che questa pio di sopportazione in quanto "muto di fronte a chi lo tosa").
filiazione è unica nel suo genere119. L'idea viene poi ulteriormen- L'altro motivo principale che ci permette di comprendere la de-
te precisata con altre due sfumature apparentemente contrastanti finizione giovannea è la specificazione immediatamente seguente:
ma vicendevolmente complementari. Da una parte, infatti, leggia- egli "toglie il peccato del mondo (ó alpoav rr]v àfxocpTiav TOU xóafxou)".
mo non solo che l'unigenito è " d i o " ma che è "nel seno del Pa- Il verbo impiegato significa propriamente "sollevare, togliere, pren-
dre" (1,18), secondo una toccante immagine che evoca una stret- dere su di sé, eliminare, far sparire, annullare" e implica una di-
tissima intimità120 (a prescindere dal fatto se l'evangelista intenda mensione di espiazione (analogamente a Is 53,4.12: "Egli si è cari-
l'intimità divina propria del Logos preesistente o quella attuale di cato [LXX: 9épei] le nostre sofferenze,... ha portato [LXX: àvVive-y-
Gesù risorto e glorificato). Dall'altra, invece, si afferma che que- xev] i peccati di molti") 123 ; in questo senso si legge in lGv 3,5:
sto Unigenito è stato dato al mondo per un atto di amore (cf. 3,16; "Egli è apparso/?er togliere i peccati". Ma l'uso del participio pre-
lGv 4,9). Nella dialettica tra la sua dimensione ontologica e la sua sente con articolo costituisce un vero titolo definitorio di Gesù: egli
funzione dinamica sta tutto il mistero della figura e del destino di è colui che per natura sua toglie (non soltanto: che ha tolto o che
Gesù. toglierà) il peccato; togliere il peccato è una funzione che definisce
2.2.3 L'agnello di Dio. In Gv 1,29 leggiamo questa originalissi- l'agnello. Rapportandoci al racconto evangelico, si dovrà dire che
ma definizione di Gesù: "Ecco l'agnello di Dio, che toglie il pec- una tale definizione si riferisce non solo alla morte in croce (cf.
cato del mondo" (cf. 1,36: "Ecco l'agnello di Dio"). La sua iden- 3,14-15; 6,5lb; 12,32) ma a tutta la vita di Gesù, compresa la pa-
tificazione metaforica con un agnello sorprende alquanto, soprat- rola di rivelazione (cf. 8,32; 15,3)124.
tutto perché non è ulteriormente ripresa né sviluppata; al contra- Evidentemente il peso dell'affermazione cade sull'oggetto della
rio, in 10,1-18 si svilupperà un'altra metafora apparentemente con- eliminazione: il peccato del mondo. L'espressione, anche se può
trastante: quella di Gesù come (buon) pastore. Due considerazioni trovare un parallelo in lGv 2,2 ("Egli è vittima di espiazione per
possono aiutarci a capire meglio ciò di cui si tratta 121 . La prima i nostri peccati: non soltanto per i nostri, ma anche per quelli di
riguarda la possibile origine anticotestamentaria della metafora: de- tutto il mondo), di fatto è unica in tutto il NT. La sua originalità
sta nel singolare "il peccato" e insieme nella sua diretta attribu-
117
In questa celebrazione del Logos trapela la felice sorpresa di fronte a una
novità inaudita, che peraltro permea di sé l'intero vangelo; in merito cf. G. Ghi-
122
berti, "Vecchio" e "nuovo" in Giovanni. Per una rilettura di Giovanni (vangelo Cf. più avanti il cap. VII sull'Apocalisse, dove la metafora cristologica del-
e lettere),
118
RivBibl 43 (1995) 225-251. l'agnello viene sviluppata con ben altra ampiezza.
123
Cf. G. Pendrick, Movo^evri?, NTS 41 (1995) 587-600. Infatti nell'uso dei LXX il verbo semplice può avere come oggetto à^àp-apa
119
È possibile che a monte ci sia l'idea anticotestamentaria del figlio insieme (ISam 15,25) e àvó^na (ISam 25,28); da parte sua, il composto è?-aipw ha come
unico e diletto, come nel caso di Isacco per Abramo (cf. Gn 22,1-2), anche se i LXX oggetto "il malvagio" (Dt 17,7.12; 19,19; 21,21; 22,22.24; 24,7), "la maledizio-
qui120
non impiegano il vocabolario giovanneo. ne" (Gs 7,12.13), "il male" (Gdc 20,13), "le immondezze" (IMac 14,7), "ogni
L'immagine è impiegata nell'AT soprattutto per l'intimità coniugale (cf. Gn iniquo e malvagio" (ib. 14,14), "l'ingiustizia" (Sir 7,6), "il temerario" (ib. 19,3),
16,5; Dt 13,7; 28,54.56 ecc.) e per la posizione del bimbo in grembo alla madre "l'ignominia" (ib. 47,4), "gli abomini dell'empietà" (ib. 49,2), "gli idoli" (Is 30,22),
(cf. IRe 3,20; 17,19); cf. anche il piccolo Astianatte, figlio di Ettore e Andromaca, "la prostituzione" (Os 2,4), "i nomi dei Baal" (ib. 2,17), "i nemici" (Na 1,2), "gli
in braccio alla madre (Omero, //. 6,400). iniqui"
124
(Sof 1,3), "lo spirito impuro" (Zc 13,2).
121
Lasciamo da parte la questione del genitivo: agnello "di Dio" cosa signifi- Cf. M. Hasitschka, Befreiung von Sùnde nach dem Johannesevangelium. Ei-
ca? forse che ha in sé una dimensione divina? o semplicemente che appartiene a ne bibeltheologische Untersuchung, ItS 27, Tyrolia, Innsbruck-Wien 1989, pp.
Dio? o che proviene da Dio come suo donatore? o che è destinato in sacrificio a Dio? 131-133.
428 IL QUARTO VANGELO <e IGV) LE MOLTEPLICI DEFINIZIONI DI GESÙ 429

zione non a una persona ma al "mondo". È evidente che esso, pro- so consiste semplicemente nella "risposta negativa dell'uomo nel
prio perché "del mondo" come realtà impersonale e generale, non suo confronto col Cristo Gesù" 126 e più specificamente nel fatto
qualifica un atto singolo di trasgressione; esso, semmai, diventa che non si riconosce né lui né il Padre (cf. 8,21; cf. IGv 3,6)127.
proprio delle singole persone nella misura in cui queste partecipa- Questo in definitiva è "il peccato che conduce alla morte" (IGv
no della negatività peccaminosa del mondo. Tuttavia il peccato in 5,16) in quanto l'uomo non accoglie la rivelazione dell'amore di
questione è qualcosa di preciso, data la presenza dell'articolo de- Dio in Gesù Cristo, poiché solo l'amore conduce dalla morte alla
terminativo. Dobbiamo quindi comprendere bene di che cosa si vita (cf. IGv 3,14-15)128. Il peccato del mondo è quello che già il
tratta. prologo annunciava: "Era nel mondo e il mondo avvenne mediante
lui e il mondo non lo riconobbe. Venne nella sua casa, ma i suoi
In Gv, dove mancano cataloghi di peccati come invece troviamo sia non lo accolsero" (1,10-11). Si tratta dunque di una situazione og-
nei Sinottici (cf. Me 7,20-21 /Mt 15,18-19) sia in Paolo (cf. ICor 6,9-10; gettiva di cecità e di tenebra (cf. 1,5; 9,5), che non è soltanto la
Gal 5,19-21), il termine ricorre preferibilmente al singolare: 13 volte su conseguenza di un rifiuto, ma che consiste doppiamente: anzitutto
17 volte (analogamente in lGv: 10 volte su 17 volte). Vedi per esempio: nella stessa non-conoscenza di Dio da parte del mondo, manife-
"Io vado e mi cercherete ma morirete nel vostro peccato" (8,21); "Chiun- stata e resa cosciente da Gesù129; e poi anche nella responsabile
que fa il peccato è schiavo del peccato" (8,34); "Se foste ciechi, non avre-
non-accoglienza della luce della rivelazione avvenuta in Cristo e
ste un peccato; ma poiché dite 'Noi vediamo' il vostro peccato rimane"
(9,41); "Se non fossi venuto e non avessi parlato loro, non avrebbero quindi della verità che è lui stesso130. Nel concreto racconto gio-
un peccato, ma ora non hanno scusa per il loro peccato" {15,22); "Ve- vanneo, questo atteggiamento è impersonato da "i Giudei", di fatto
nendo egli convincerà il mondo circa il peccato...: quanto al peccato, sempre connotati negativamente (70 volte contro 6 volte in Me; ec-
perché non credono in me" (16,8-9). In lGv 3,4 si legge addirittura una cezione: Gv 4,22); proprio questa tipizzazione però non permette
definizione, secondo cui "il peccato è la mancanza di legge" (rj àfxapua di parlare di semplice 'antigiudaismo' in Gv 131 .
èemv r\ àvojxta). Ma nella anomia bisognerà scorgere non la semplice vio- Il tema dell'espiazione cioè della eliminazione (cf. "togliere")
lazione della legge, neanche della legge dell'amore, bensì, con i commen- di una tale situazione emerge ogni tanto nelle formule giovannee
tatori più recenti, un riferimento alla situazione escatologica di una dif-
fusa iniquità, conformemente all'idea apocalittica del nesso tra anticri- "per la vita del mondo" (6,51c), "per le pecore" (10,11.15), "per
sto e anomia (cf. 2Ts 2,2.3.7; Did. 16,4), tanto più che nel contesto pros- il popolo" (11,50), "per loro" (17,19); esso è anche adombrato
simo lGv 2,18.22; 4,3 definisce "anticristi" coloro che si sono separati nella similitudine del grano che cade in terra e muore per dare frutto
dalla comunità giovannea preferendo la menzogna alla verità125. (cf. 12,24) e nella lavanda dei piedi dei discepoli come atto che uni-
sce in sé inscindibilmente umiliazione da una parte e purificazione
dall'altra (cf. 13,6-8).
Come si vede, il peccato in Gv non solo non è un atto individua-
le, ma non è neppure la somma di vari peccati. Esso piuttosto è 126
un atteggiamento fondamentale e unitario, che si manifesta poi nella 127
I. de la Potterie, "Il peccato è l'iniquità" (1 Giovanni 3,4), p. 95.
Cf. M. Hasitschka, Befreiung von Sùnde, pp. 124-127, 202-204.
molteplicità di concreti atti singoli. Nell'insieme si può dire che es- 128
Cf. H.J. Klauck, Der erste Johannesbrief, pp. 328-329.
129
"La serietà della drammatica situazione dell'uomo non sarebbe neanche stata
conosciuta senza larivelazionedi Dio in Gesù Cristo" (D. Moody Smith, The Theo-
logy
130
of the Gospel of John, University Press, Cambridge 1996, p. 82).
125
Cf. i commenti di R.E. Brown, pp. 399-400, e di H.-J. Klauck, pp. 186-187; Si potrebbe ipotizzare un parallelismo tra il concetto giovanneo di "mon-
inoltre I. de la Potterie, "Ilpeccato è l'iniquità" (1 Giovanni3,4), in I. de la Potte- do" e quello paolino di "carne". Giustamente R. Schnackenburg, Gv, L, p. 397,
rieeS. Lyonnet, La vita secondo lo Spirito, condizione del cristiano, Ave, Roma osserva: "L'agnello di Dio non toglie il peccato che è nel mondo, ma il peccato
2
1971, pp. 75-97. Addirittura F. Manns, '"Le péché, c'est Bélial". Un: 3,4 à la del mondo"; cioè: non è che togliendo il peccato, come se si trattasse di un sempli-
lumière du judaisme, RevSR 62 (1988) 1-9, traduce anomia con Bélial sulla base ce accessorio, "il mondo" resti quello di prima, ma togliendo il peccato scompare
del fatto che in Sai 18,5 ("Mi circondavano flutti diemorte, mi travolgevano tor- anche "il mondo" stesso nella sua accezione negativa, ed esso non è più quello di
renti impetuosi") l'ultimo vocabolo, che nel TM è b liyacal (lett. "torrenti di Bé- prima.
131
lial [cioè: senza valore; quindi: malvagi]"), dai LXX è reso appunto col genitivo Cf. M. de Jonge, The Conflict between Jesus and the Jews and the Radicai
àvo(x(a? (lett. "torrenti di iniquità"). Christology of the Fourth Gospel, PerspRelStud 20 (1993) 341-355.
430 IL QUARTO VANGELO (e 1GV) LE MOLTEPLICI DEFINIZIONI DI GESÙ 431

2.2.4 Gli "Io sono"predicativi. Più volte nel Quarto Vangelo sta autunnale dei Tabernacoli (cf. 7,2.37), caratterizzata appunto
e solo in esso Gesù si autodefinisce mediante l'applicazione a sé dall'accensione di grandi e alti candelabri d'oro che dall'area del
di tutta una serie di metafore. Le passiamo in rassegna singo- Tempio illuminavano l'intera città di Gerusalemme136. Ma la de-
larmente. finizione cristologica richiama testi come quello di Is 42,6 sul ser-
2.2.4.1 "Io sono il pane della vita" (6,33.48.5la), specificato an- vo di Yhwh ("Ti ho formato e stabilito... luce delle nazioni"; cf.
che così: "Io sono il pane disceso dal cielo" (6,41). A monte di 49,6; 51,4) o di lEn. 48,4 sul Figlio dell'Uomo: "Egli sarà il ba-
questa immagine, che insiste sul concetto di nutrimento, c'è il rife- stone dei santi e dei giusti affinché si appoggino ad esso e non ca-
rimento alla manna donata da Dio nel deserto al popolo dell'eso- dano, e sarà luce dei popoli e speranza per coloro che soffrono nel
do; infatti la frase citata in 6,31 ("diede loro da mangiare un pane loro animo"137. L'orizzonte universalistico della funzione rischia-
dal cielo": Sai 78,24) richiama apertamente il racconto di Es 16, ratrice di Gesù è esplicito, ed essa riguarda non solo l'uomo e il
e tutto il cosiddetto 'discorso sul pane di vita' ne costituisce un com- mondo, ma soprattutto Dio e Gesù stesso. A lui infatti si può ap-
mento, quasi un midrash132. Un'accurata esegesi di tutto il discor- plicare il testo di Sai 36,10: "Alla tua luce vedremo la luce"138.
so dovrà distinguere tra una prima, lunga sezione (6,32-5lab, com- 2.2.4.3 "Io sono la porta" (10,7 ["delle pecore"].9). Anche se
prendente le citate definizioni), in cui tanto il pane quanto il man- il primo dei due vv. colloca la metafora all'interno di una allegoria
giare sono intesi metaforicamente (nel senso che il pane è Gesù stes- pastorale (= la porta di un ovile)139, il secondo con la sua prose-
so nell'interezza del suo mistero personale, e il mangiare è la sem- cuzione le conferisce il vero significato traslato: "Se qualcuno en-
plice adesione di fede a lui)133, e una seconda sezione (6,51c-58), tra per mezzo di me (Bi'èfxoG) sarà salvo, ed entrerà e uscirà e trove-
in cui il discorso trapassa in una prospettiva eucaristica con la nuova rà pascolo". Insieme a una garanzia di sicurezza, l'immagine dun-
menzione del binomio "carne e sangue". Per entrambi i livelli va- que vuole esprimere soprattutto l'idea di una mediazione necessa-
le l'autodefinizione di Gesù134. Anche la cosiddetta 'formula di ria, che Gesù svolge per l'accesso al Padre. Lo si legge a chiare
mutua immanenza' che si legge in 6,56 (in senso eucaristico: "Chi lettere in 14,6: "Nessuno va al Padre se non per mezzo di me"140.
mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui") Sullo sfondo si può intravedere Sai 118,20: "Questa è la porta del
vale semplicemente per la vita cristiana in quanto contrassegnata Signore: soltanto i giusti vi possono entrare" (tanto più che il Sal-
dallo Spirito pasquale (cf. 14,20: "Allora conoscerete che... voi mo è interpretato messianicamente nell'acclamazione della folla al-
siete in me e io in voi")135. l'ingresso di Gesù in Gerusalemme; cf. Gv 12,13: "Benedetto co-
2.2.4.2 "Io sono la luce del mondo" (8,12; cf. 12,46: "Io come
luce sono venuto nel mondo"). È interessante notare che la defini-
zione usata da Gesù in Mt 5,14 per definire i suoi discepoli ("Voi 136
"Non v'era cortile in Gerusalemme che non splendesse della luce di questa
siete la luce del mondo"), in Gv egli la riserva per se stesso. La illuminazione" (m.Suk. 5,3; secondo la tradizione, questi candelabri erano alti cin-
circostanza storica che spiega questa dichiarazione è data dalla fe- quanta braccia, cioè ca. 25 metri: cf. V. Castiglioni, Mishnaiot, I, p. 204 nota 6).
137
Anche D n 2,22 ("Presso di lui è la l u c e " , detto di Dio) verrà letto da un rab-
bino posteriore in senso messianico: " S i riferisce al re Messia, come è detto: Sorgi,
rivestiti di l u c e " (Gen R. 1,6, c o n r i m a n d o a Is 60,1).
132
Oltre ai Commenti, cf. soprattutto P. Borgen, Bread front Heaven. An Exe- 138 v e d i la bella preghiera di Filone A l . , Spec. leg. 1,42: " S e desidero sapere
getical Study ofthe Concept of Manna in the Gospel of John and the Writings of qual è la t u a essenza, n o n trovo in nessuna parte dell'universo chi possa insegnar-
Philo, N T Suppl. 10, Brill, Leiden 1965; i maggiori passi di Filone Al. presi in con- melo. Perciò ti prego e ti scongiuro di esaudire la richiesta di un supplicante, che
siderazione sono tratti d a Mut. nom. 253-263; Leg. alleg. 3,162-168. ti a m a e vuole servire te solo. Poiché, come la luce non è conosciuta d a nient'altro
133
Cf. il commento di S. Agostino, In Iohannem 25,1: "Crede et manducasti"! m a è essa stessa motivo della sua conoscenza, così anche tu e soltanto tu puoi ma-
134
Secondo M.J.J. Menken, John 6,51c-58: Eucharist or Christology?, Bibl 74 nifestare te stesso".
139
(1993) 1-26, anche il binomio carne-sangue nella seconda parte si riferisce prima- In Ne 3,1.31; 12,39, a proposito del Tempio ricostruito dopo l'esilio, si par-
riamente a Gesù crocifisso e solo secondariamente all'eucaristia. Vedi anche G. Se- la di una "Porta delle Pecore", che doveva essere situata sul lato nord della costru-
galla, Gesù, Pane del cielo per la vita del mondo. Cristologia ed eucaristia in Gio- zione; ma non ne sappiamo nulla per il tempo di Gesù. La metafora di Gv 10 è
vanni, Messaggero, Padova 1976. chiaramente collegata con l'attività pastorizia e non con l'architettura del Tempio.
135
Cf. I. de la Potterie, L'emploi du verbe 'demeurer' dans la mystique johan- 1 40 Cf. A . Bottino, La metafora della porta (Gv 10,7.9), RivBibl 39 (1991)
nique, NRT 117 (1995) 843-859. 207-215.
432 IL QUARTO VANGELO (e 1GV) LE MOLTEPLICI DEFINIZIONI DI GESÙ 433

lui che viene nel nome del Signore" [Sai 118,25]). E un buon com- (cf. Ger 2,8). In particolare, mentre prende corpo una forte polemica
mento può essere considerato il passo di una lettera di Ignazio di contro il "pastore stolto che abbandona il gregge" (Zc 11,15-17), la me-
Antiochia: "Egli è la porta del Padre, attraverso la quale entraro- tafora è applicata a più riprese al messia davidico che raccoglie le spe-
ranze di tutto il popolo (cf. Ez 34,11-16.23-24; 37,24-25; Mie 5,1-3).
no Abramo, Isacco, Giacobbe, i profeti, gli apostoli e la chiesa:
tutto questo per condurre all'unità in Dio" (ai Filad. 9,1)141.
La prova decisiva della legittimità pastorale di Gesù sta nel fat-
2.2.4.4 "Io sono il buon pastore" (10,11.14). Continua e anzi to che egli, come il vero pastore, "dà la vita per le sue pecore"
si personalizza l'allegoria pastorale 142 , dove non è certo originale (10,llb.l5b), mentre il mercenario pensando solo a se stesso fug-
di Gv il titolo cristologico di "pastore" in quanto tale (cf. infatti ge di fronte al lupo permettendogli di sbranarle. Una tale dedizio-
Eb 13,20; lPt 2,25; e anche Mt 26,31 = Zc 13,7) mentre lo è la ne si spiega perché le pecore sono proprietà del pastore ed egli le
formulazione nel suo insieme. Qui spicca subito la contrapposizione conosce bene (cf. 10,14). Suo compito anzi è di condurre (sott. al
contestuale con il mercenario (cioè il sostituto prezzolato del pa- pascolo) anche altre pecore al fine di formare "un solo gregge sot-
store), che conferisce alla metafora una componente polemica143 to un solo pastore" (10,16)144. Si realizza così la profezia di Ez
per dire che solo Gesù è il pastore " b u o n o " (ó xaXó?), cioè quello 37,34: "Il mio servo Davide sarà su di loro e non vi sarà che un
vero, genuino, di cui ci si può veramente fidare, con il quale si può unico pastore per tutti".
stare al sicuro.
2.2.4.5 "Io sono la risurrezione e la vita" (11,25). Questa auto-
dichiarazione acquista senso nel contesto della risurrezione di Laz-
La metafora del pastore è antichissima nel mondo mediterraneo per
definire la funzione di un sovrano. Così già Hammurapi, Codice 1: "Io zaro ed è la punta più esplicita della sua dimensione cristologica.
sono Hammurapi, il pastore, l'eletto di Enlil". In un inno egiziano ad Ma qui la cristologia diventa fondamento e costitutivo di una nuo-
Ammone del periodo del Nuovo Regno (dinastie XVIII-XX) il dio è ce- va escatologia. Infatti, l'affermazione di Gesù è in realtà una ri-
lebrato così: "Tu sei buono per ognuno, tu pastore che conosci la com- sposta velatamente polemica alla professione giudaica della fede
passione" (E. Bresciani, Letteratura e poesia dell'Antico Egitto, Einaudi, di Marta; poiché questa crede soltanto alla risurrezione futura (cf.
Torino 1969, p. 412), mentre in un altro si dice che egli "fa vivere... 11,24: "So che risusciterà nell'ultimo giorno"), Gesù vuole con-
ogni buon pastore", cioè ogni sovrano (ib., p. 384). Anche Omero ap- durla sul piano di un'altra prospettiva, in cui il fattore decisivo è
plica la metafora "pastore di popoli" al mitico Driante (//. 1,262) e ad la sua stessa personale e attuale presenza. Egli infatti precisa il senso
Agamennone (ib. 2,243 e 254). Nell'AT è Dio il pastore per eccellenza, delle sue parole con ciò che segue subito dopo: "Chi crede in me,
che assiste sia il popolo sia l'individuo (cf. Sai 23; 78,52-53; 80,2; 100,3; anche se muore, vivrà; anzi, chiunque vive e crede in me, non morrà
Is 40,11; Ger 31,10; Mie 2,12-13); ma questa funzione è partecipata da
in eterno" (11,26). Traspare qui tutta la novità dell'escatologia gio-
altri, come Mosè (cf. Is 63,11) insieme ad Aronne (cf. Sai 77,21), e poi
Giosuè (cf. Nm 27,17), Davide (cf. 2Sam 5,2; Sai 78,70-72), i sacerdoti vannea: senza negare la tradizionale componente al futuro (cf.
6,39.40), Gv si caratterizza piuttosto per il fatto che Véschaton è
già anticipato e vissuto ora nell'adesione di fede a Gesù145. Lo
141
In una prospettiva diversa si pone invece Odi di Salomone 17,8-10: "Io aprii
le porte che eran serrate. Le sbarre di ferro io infransi... Nulla m'apparve più chiu- 144
so, perché la porta d'ogni cosa io ero diventato" (trad. M. Erbetta), dove a parlare La traduzione latina della Vg, unum ovile, "un solo ovile", sposta l'atten-
è l'anonimo compositore cristiano, che impersona la figura del redento. zione sullo spazio che raccoglie le pecore, mentre il greco jùarcoi(jiv7)evidenzia piut-
142 tosto l'unità delle pecore in " u n solo gregge" in quanto tale unità è costituita dalla
Per la combinazione di questa metafora con la precedente, cf. I. de la Pot-
terie, Il buon pastore, in Id., Studi di cristologia giovannea, pp. 82-109; più in par- conduzione di "un solo pastore" (la cui collocazione al culmine della frase sottoli-
ticolare A.J. Simonis, DieHirtenrede im Johannesevangelium. Versuch einerAna- nea ancor più questa funzione).
145
lyse von Johannes 10,1-18 nach Entstehung, Hintergrund und Inhalt, AB 29, PIB, Cf. P. Ricca, Die Escatologie des Vierten Evangeliums, Gotthelf, Zùrich-
Roma 1967. Frankfurt 1966: "La venuta del Figlio ha creato una situazione, in cui ogni do-
143
Essa, a seconda dei livelli di lettura (gesuano o redazionale), può essere di- manda sul futuro diventa superflua" (p. 120); "L'escatologia giovannea è total-
retta contro i capi sacerdotali d'Israele (forse anche contro falsi Messia?) oppure mente incentrata e riassunta nella persona di Cristo, il preesistente, incarnato, cro-
vi si può scorgere un intento pastorale diretto ai ministri delle comunità cristiane; cifisso, risorto, e vivente in cielo come sulla terra mediante il suo alter ego che è
su questa seconda possibilità, cf. P.-R. Tragan, La parabole du "pasteur" et ses lo Spirito. Essa si può pertanto definire una 'escatologia personalizzata'" (p. 128:
explications: Jean, 10,1-18, '"Studia Anselmiana" 67, Anselmiana, Roma 1980. eine personalisierte Eschatologie).
P

434 IL QUARTO VANGELO (e 1GV) LE MOLTEPLICI DEFINIZIONI DI GESÙ 435

si legge chiaramente in 5,24, detto per di più con una formula so- me altrettante specificazioni cristologiche: è in quanto personal-
lenne: "In verità, in verità vi dico: Chi ascolta la mia parola e cre- mente verità e vita che Gesù conduce il credente al Padre. La se-
de a colui che mi ha mandato ha la vita eterna e non va incontro conda osservazione è che, se altrove Gesù si definisce "via" (o por-
al giudizio, ma è passato dalla morte alla vita (\izi<x$i$r\xtv ex TOG ta) e "vita" (insieme a risurrezione), non si proclama invece mai
Gavàxou de, xt)v £GOT|V)". L'aggettivo "eterna", che non a caso in Gv soltanto "verità". C'è però in tutto il vangelo una stretta connes-
è unito soltanto al concetto di "vita", non rinnega la temporalità, sione tra i due poli, come si può rilevare per esempio da questa
ma le conferisce una nuova sostanza, una nuova qualità. Anche dichiarazione: "Se rimanete fedeli alla mia parola..., conoscerete
il concetto di giudizio (xpiat?) cambia ora significato; se leggiamo la verità e la verità vi farà liberi" (8,32). Nell'adesione alla parola
che Gesù è "venuto nel mondo per un giudizio, perché coloro che di Gesù e in definitiva a Gesù stesso c'è la radice della libertà cri-
non vedono vedano e quelli che vedono diventino ciechi" (9,39), stiana. Bisogna però guardarsi dall'interpretare questa libertà in
ciò significa semplicemente che nell'atteggiamento assunto nei suoi senso puramente morale come mera possibilità conferita alla vo-
confronti si decide hic et nunc la propria sorte definitiva. Sicché lontà di non peccare. La alétheia di Gesù conduce a una libertà
l'alternativa tra salvezza e giudizio coincide con l'alternativa tra molto più radicale, poiché sottrae il credente alla servitù stessa del
fede e incredulità, che perciò è diventata una scelta assolutamente "mondo" e lo fa partecipe dello Spirito: "Se il Figlio vi renderà
decisiva146. E "il possente grido con cui Gesù fa uscire Lazzaro dal liberi, voi sarete realmente òVtcx; liberi" (8,36). Essa quindi è an-
sepolcro (11,43) non è che una debole eco di quel grido con cui che sinonimo di "vita" come bene supremo per cui egli è venuto
egli, l'Inviato di Dio, chiama tutti gli uomini, che credono in lui, sulla terra: "Io sono venuto perché abbiano la vita e l'abbiano in
alla vita di Dio (cf. 5,24s)"147. sovrabbondanza" (10,10; cf. sopra).
2.2.4.6 "Io sono la via e la verità e la vita" (14,6). Caso unico 2.2.4.7 "Io sono la vite e voi i tralci" (15,5.1: "Il Padre mio
in Gv, qui l'"io sono" è seguito da tre predicati. Una tale formu- è il vignaiolo"). Questa originale autodefinizione di Gesù giunge
lazione sa di compendio del già detto; e infatti noi abbiamo già per ultima in Gv e coinvolge anche i suoi discepoli. Come si vede,
incontrato e considerato i tre concetti uno per uno148. Ora voglia- tutti gli elementi metaforici dell'allegoria sono decodificati, e quindi
mo solo fare due precisazioni. L'una riguarda il contesto, che pri- è facile l'interpretazione di superficie. Ma l'importante è di sco-
vilegia il primo dei tre sostantivi. Infatti, l'affermazione di Gesù prirne il significato di fondo.
è una risposta all'interrogativo di Tommaso: "Signore, non sap-
piamo dove vai e come possiamo conoscere la via?" (14,5). In più, A monte della metafora c'è sicuramente la tradizione biblica, che iden-
la sua risposta prosegue immediatamente così: "Nessuno viene al tifica allegoricamente il popolo d'Israele con una vite (o vigna) che Dio
Padre se non per mezzo di me". La questione semmai consiste nel ha trapiantato dall'Egitto nella terra promessa150. I testi principali, se
coordinare i due termini seguenti il primo. Tra le soluzioni
possibili149, va preferita quella che intende tutti e tre i predicati co-
nello scopo del cammino soltanto la vita, con la quale viene impropriamente iden-
146
tificato il Padre. La terza e migliore possibilità, come abbiamo visto sopra, rende
Blank J., Krisis. Untersuchungen zur johanneischen Christologie und Escha- il passo così: "Io sono la via, perché sono la verità e anche la vita" (oppure: "Io
tologie,
147
Lambertus, Freiburg i.B. 1964, p. 131. sono la via, perché rivelo la verità che dona la vita"); in questo caso, tutti e tre
148
R. Schnackenburg, Gv, II, p. 549. i predicati acquistano una valenza esclusivamente cristologica che getta una luce
Sul concetto di "via", che esprime la mediazione di Gesù, cf. quello che ab- maggiore sull'identità e la funzione proprie di Gesù. Cf. I. de la Potterie, La véri-
biamo detto a proposito dell'immagine della porta (sopra: 2.2.4.3). Su quello di té, I, pp. 242-249, 266s.
"verità", cf. sopra: 1.3.2. Su quello di "vita", cf. sopra: 2.2.4.5. 150
149
Cf. R. Borig, Der wahre Weinstock. Untersuchungen zu Jo 15,1-10, SANT
I Padri alessandrini preferivano tradurre: "Io sono la via che conduce alla 16, Kòsel, Mùnchen 1967, che esclude un'ascendenza mandea e insiste appunto sul-
verità e alla vita"; in questo caso, verità e vita sarebbero lo scopo del cammino, l'AT. Anche l'immagine dell'albero della vita è insufficiente a spiegare il passo gio-
intendendole come sinonimi dell'essenza divina; ma Gesù precisa subito che la via vanneo, poiché qui, a differenza di quel mithologoumenon, si insiste sul tema del
conduce al Padre, lasciando capire che la verità non si identifica semplicemente e portare frutto: cf. A. Jaubert, L'image de la Vigne (Jn 15), in Oikonomia. Fest-
ontologicamente con lui (cf. più sopra). Gli altri Padri greci e latini preferivano schrift O. Cullmann, Hamburg 1967, pp. 93-99. Ricordiamo che la vite, insieme
invece tradurre: "Io sono la via che attraverso la verità conduce alla vita"; in que- all'olivo e al fico, rappresentava una pianta tipica dell'agricoltura palestinese (cf.
sto modo, pur rispettando maggiormente il concetto giovanneo di verità, si vede lRe5,5; Ct 2,15; 6,11; 7,9.13; 8,12).
436 IL QUARTO VANGELO (e 1GV) LE MOLTEPLICI DEFINIZIONI DI GESÙ 437

si esclude Sai 80,9-12.15-17 ("Asportasti una vite dall'Egitto..."), so- ciò non può portare frutto da se stesso, se non rimane nella vite,
no tutti profetici: Os 10,1 ("Rigogliosa vite era Israele, che dava frutto così anche voi se non rimanete in m e " <15,4)154. Si vuol dire dun-
abbondante..."); Is 5,1-2 ("Canterò per il mio diletto il mio cantico que che Gesù include individualmente una pluralità. Il concetto cen-
d'amore per la sua vigna... Egli aspettò che producesse uva, ma essa trale è quello dell'unità di molti in uno solo (cf. analogamente Gal
fece uva selvatica"); Ger 2,21 ("Io ti avevo piantata come vigna scelta,
tutta di vitigni genuini; ora come mai ti sei mutata in tralci degeneri 3,28). La cristologia ha dunque un interessante risvolto ecclesiolo-
di vigna bastarda?"); Ez 19,10-14 ("Tua madre era come una vite pian- gico: il discepolo, sia singolarmente sia comunitariamente, deve la
tata vicino alle acque... Ora è trapiantata nel deserto, in una terra secca propria esistenza e soprattutto la propria produttività spirituale sol-
e riarsa"). Nonostante la delusione dei suoi frutti bastardi, il profeta tanto al proprio inserimento in Gesù. Di qui l'imperativo: "Rima-
intravede però un futuro diverso: "In quel giorno si dirà: La vigna de- nete in me e io in voi,... poiché senza di me non potete far nulla"
liziosa: cantate di lei!... Israele fiorirà e germoglierà, riempirà il mon- (15,4.5)155. È vero che il testo non precisa mai quali siano i frutti
do di frutti" (Is 27,2-3.6). Inoltre, secondo la testimonianza di FI. Giu- possibili che si possono dare rimanendo in Gesù. Tuttavia non è
seppe sul portale del Santo all'interno del Tempio erano raffigurate delle possibile restringerne il significato al solo ambito missionario (co-
"viti d'oro da cui pendevano grappoli della grandezza di un uomo" (Bell. me è il caso di 4,36; 12,24). Piuttosto la genericità del linguaggio
5,210; anche Tacito Hist. 5,5 scrive che nel Tempio fu trovata una vite permette di pensare all'intera vita cristiana e soprattutto ai frutti
d'oro): forse è una reminiscenza del "tralcio con un grappolo d'uva,
dell'amore vicendevole secondo il comandamento nuovo formula-
che portarono in due con una stanga" (Nm 13,23), frutto dell'esplora-
zione della terra promessa da parte di coloro che vi erano stati inviati to in 13,34-35 (cf. anche lGv 3,11-23).
da Mosè e simbolo di grande fecondità. 2.2.5 Gli "Io sono" assoluti (iyé d\u). Una vera originalità cri-
stologica del Quarto vangelo sono quelle dichiarazioni di Gesù, nel-
È possibile che l'allegoria abbia una sfumatura polemica con- le quali egli afferma il proprio essere senza alcuna specificazione. Ciò
cernente la secessione di parte della comunità giovannea, se non avviene almeno quattro volte: "Se non credete che io sono, morire-
anche in rapporto alla rottura storica con il giudaismo (cf. nel v. te nei vostri peccati" (8,24); "Quando avrete innalzato il Figlio del-
6 i tralci "gettati fuori") 151 . Certo è che, a differenza delle meta- l'uomo, allora saprete che io sono" (8,28); "In verità, in verità vi
fore precedenti, quella della vite evoca una dimensione collettiva. dico: Prima che Abramo fosse io sono" (8,58); "Ve lo dico fin d'o-
Ciò vale anche se non si deve pensare a una vera e propria vi- ra prima che accada, perché quando sarà avvenuto crediate che io
gna 152 . Infatti, non c'è vite senza tralci, anzi in un certo senso so- sono" (13,19)156. Queste dichiarazioni, per il loro alto profilo cri-
no proprio i tralci a rendere possibile l'esistenza stessa della vite stologie©, possono addirittura essere considerate cone la chiave che
nella sua pienezza, a meno di pensare soltanto al ceppo. Ma l'au- apre l'ingresso alla comprensione dell'intero messaggio di Gv 157 .
dacia giovannea sta nel riferire solo a Gesù una metafora che nella
tradizione biblica valeva per Israele e i suoi membri: Lui solo è la
vite che porta tralci fecondi153. L'intenzione giovannea pertanto 154
Nei soli vv. 4-8 il verbo "rimanere" ricorre sette volte (15 volte nella sola
è sicuramente di carattere «mistico», cioè partecipativo-unitivo. lGv). Vedi sopra: nota 61. P.-M. Jerumanis, Réaliser la communion avec Dieu,
Infatti nel testo Gesù insiste sull'idea del "rimanere in" lui, dalla pp. 512-525, sottolinea il valore della compenetrazione, o immanenza reciproca Ge-
sù/discepoli, che la metafora vuole suggerire; sulla formula di mutua immanenza,
quale dipende poi anche quella del portare frutto: "Come il tral- cf. R. Borig, Der wahre Weinstock, pp. 215-236. Un riferimento eucaristico, no-
nostante l'affinità con Gv 6,56, è escluso da R. Schnackenburg, Gv, HI, p. 163.
155
Quanto alla prima metà della citazione è discusso il senso preciso della frase
"e io in voi": ha forse un valore soltanto comparativo (= "così come io sono in
151
voi")? o intende esprimere una conseguenza (= "allora io rimango in voi")? op-
Così F. Grob, Jesus: la vigne. Jean 15 et la rupture avec la synagogue, Foi pure esprime la constatazione di una realtà (= "per il fatto che io sono in voi")?
e Vie 86 (1987) 9-16. 156
In altri tre casi la portata della formulazione non è così forte: 4,26 (alla sa-
152
Si noti in greco la differenza tra àA
| 7C6Xo<;, "vite", e &\iKÌkó>v, "vigna"; nei maritana: "Sono io che ti parlo"; è un riferimento alla questione del Messia posta
testi dell'AT secondo i LXX citati sopra abbiamo sempre il primo termine (come dalla donna); 6,20 (ai discepoli: "Sono io, non temete"; è un'assicurazione per dis-
in Gv 15), eccettuato l'ultimo (come nelle parabole dei Sinottici: cf. Mt 20,1-8; Mt sipare la loro paura); 18,5.6.8 (ai soldati nel Getsemani: "Sono io"; è una risposta
21,28-41/Mc 12,1-9/Lc 20,9-16; Le 13,6). alla loro ricerca di Gesù il Nazareno).
!53 Cf. X. Léon-Dufour, Gv, III, pp. 202-206. 157
Così U. Wilckens, Das Evangelium nach Johannes, p. 332.
438 IL QUARTO VANGELO (e 1GV) LE MOLTEPLICI DEFINIZIONI DI GESÙ 439

Il dato ha suscitato ovviamente una sfaccettata ricerca circa la con l'assicurazione della presenza del Signore Dio è frequente nel-
sua semantica, indagata sul suo possibile sfondo storico religioso- l'AT (cf. Gn 26,24: "Io sono il Dio di Abramo tuo padre; non te-
culturale158. Innanzitutto colpisce la formulazione giovannea, in mere, poiché sono con te"; 46,3; Ger 1,8: "Non temere il loro vol-
quanto, costituendo un apparente nonsense poiché tralascia ogni to, poiché io sono con te per proteggerti"; 1,17; 46[LXX 26],28;
predicato, da una parte suppone che il suo lettore-modello cono- 42[LXX 49],11). Anche se là gli "Io sono" sono sempre specifica-
sca bene la portata della locuzione e dall'altra stimola il lettore- ti o con un titolo o con un verbo, lo specifico invito a non temere
empirico a esplorarne il significato vero. Inoltre va ammesso che è connesso con un intervento divino (cf. analogamentee Le 1,30).
tra gli "Io sono" assoluti e quelli predicativi ci dev'essere una con- Gv 8,24.28. Soprattutto il primo v. trova un doppio parallelo in
nessione, così che non si può pensare agli uni senza riferirsi anche Is 43,10 ("Voi siete miei testimoni... perché conosciate e crediate e
agli altri 159 ; probabilmente, infatti, sono gli assoluti che fondano comprendiate che Io sono [LXX: o-ci èycó et(j.t; TM: ki-'ànthùT\) e in
l'autorità dei predicativi, e se noi li abbiamo lasciati per ultimi è Is 43,25 ("Mi stai davanti nei tuoi peccati e nelle tue ingiustizie. Io
solo perché rappresentano il culmine di una cristologia forte. Essi sono, Io sono che cancello le tue iniquità per riguardo a me, e dei
infatti riflettono un punto di vista che va oltre il tempo narrativo tuoi peccati non mi ricorderò più"). Il secondo v. ha il suo parallelo
(cf. specialmente 8,58) e implicano più che mai una prospettiva in Is 52,6: "In quel giorno il popolo conoscerà il mio nome, poiché
divina160. io sono colui che dice: Sono presente". La formula ebraica 'anihù'
Il loro nesso contestuale con fattori di tipo giudaico (cf. il Figlio di Is è emblematica per esprimere l'esclusiva divinità di Yhwh: "Io
dell'uomo, Abramo, e in genere il concetto di fede) rimanda inevi- sono Dio, dall'eternità Io sono" (43,13 TM: 'ani-'el, gàm-miyyòm
tabilmente a uno sfondo dello stesso genere. Li passiamo breve- 'anihù', lett. "Io Dio, anche dal giorno [sott. "dell'inizio" con i
mente in rassegna per collocarli sul loro possibile sfondo storico- LXX: àTt'àpxris] io sono quello, cioè il medesimo") 162 .
semantico161. Gv 8,58. Qui al parallelo dei testi biblici citati si deve aggiungere
Gv 6,20. Anche se con una certa esitazione (anche a motivo del il Tg Is 43,10-13: "Io sono fin dall'inizio, sì, i tempi eterni sono miei,
suo parallelismo sinottico: cf. Mt 14,27/Mc 6,50), inseriamo que- e accanto a me non c'è alcun dio. Io, proprio io sono il Signore; e
sto testo tra gli "Io sono" assoluti. Infatti, l'invito a non temere accanto a me non c'è nessun salvatore. Io ho spiegato ad Abramo
vostro padre ciò che doveva avvenire; Io vi ho liberati dall'Egitto...
158
Lo studio di D.M. Ball, 'I Am' in John's Gospel. Literary Function, Back- Sì, da sempre io sono lo stesso, e non c'è nessuno che vi strappi dal-
ground and Theological Implications, JSNT Suppl. 124, Academic Press, Sheffield la mia mano". Ciò che colpisce qui è la menzione di Abramo, mai
1996, che peraltro prende in considerazione anche gli "Io sono" predicativi, quan- presente altrove in tutto il testo di Isaia. Proprio questo particolare
do traccia la storia della ricerca alle pp. 23-45 (con bibliografia), elenca quattro
possibili ambiti di derivazione: (1) il mondo greco, comprendente uno dei Papiri accosta sorprendentemente il passo targumico a Gv 8,58. Questa af-
Magici, due iscrizioni di Iside, il primo trattato del Corpus Hermeticum, il mande- fermazione di Gesù viene così a dare senso completo anche alle due
simo, e due scritti della letteratura gnostica copta di Nag Hammadi; (2) il giudai-
smo, con rimandi all'AT, a Qumràn, e al rabbinismo; (3) Nuovo Testamento, con precedenti, da cui diverge leggermente in quanto non è più dichia-
richiami a Me 13,6; 14,61-62; Gv 1,20; (4) ellenismo e giudaismo combinati insie- rativa; ma proprio per questo, affermando la sua preesistenza, essa
me. L'Autore computa tra gli "Io sono" assoluti anche i tre testi della nota prece- sottolinea ancor più la divinità di Gesù (cf. 10,33)163.
dente, che però non sono del tutto omogenei con gli altri; opportuna invece è la
sua distinzione tra gli "Io sono" davvero assoluti (così 8,58: lo sguardo è rivolto
al passato) e quelli inseriti in una clausola dichiarativa con OTI (COSÌ 8,24.28; 13,19:
162
lo sguardo è rivolto al futuro). In altro modo traduce C. Westermann, Isaia, capitoli 40-66, Paideia, Bre-
159 scia 1978, p. 149: "Io sono Dio 'dall'inizio', anche 'oggi' sono il medesimo".
Cf. in merito H. Zimmermann, Das Absolute "Ego eimi" als die neutesta- 163
mentliche Offenbarungsformel, BZ 4 (1960) 54-69, 266-276, specie 271-273; H. Quanto all'affermazione secondo cui "Abramo, vostro padre, esultò nella
Thyen, Ich bin das Licht der Welt. Das Ich-und Ich-Bin-Sagen Jesu im Johannes- speranza di vedere il mio giorno: lo vide e se ne rallegrò" (8,56), essa si riferisce
evangelium, JahrAntChrist 35 (1992) 19-46. probabilmente al riso con cui Abramo accolse l'annuncio della nascita di Isacco
160 (che etimologicamente significa "egli ha riso") da lui e da Sara pur nella loro tarda
Cf. D.M. Ball, 'IAm' in John's Gospel, p. 159; mi pare pertinente la speci-
ficazione che fa l'Autore a proposito degli "Io sono" predicativi, che sottolineano età. Vedi l'interpretazione di Giub. 15,17: "Abramo si prostrò con la faccia a terra
l'identità di Gesù in rapporto alla sua funzione nei confronti degli altri, e gli "Io e si rallegrò"; Filone Al., Mut. nom. 154: "Egli rise di un riso dell'anima". Abra-
sono" assoluti, che evidenziano piuttosto l'identità di Gesù in se stesso (cf. p. 174). mo vide già in Isacco, che gli assicurava una discendenza, la certezza che il giorno
161
Cf. D.M. Ball, 'I Am' in John's Gospel, pp. 177-203. del Messia si sarebbe compiuto.
440 IL QUARTO VANGELO (e 1GV) LO SPIRITO, CONFERMA DELLA RIVELAZIONE 441

Gv 13,19. Questo passo non aggiunge nulla di particolare alla "Dio è amore"), non definisce tanto la natura ontologica di Dio
semantica dei testi precedenti, se non il riferimento al tradimento in prospettiva filosofica quanto una sua funzione soteriologica in
di cui si parla in 13,18 e più in generale alla Passione. Si dà quindi rapporto agli uomini: in questo caso essa consiste nella comunica-
un contrasto fra gli eventi preannunciati della sofferenza e l'affer- zione di una rivelazione, che stabilisce una reciprocità sperimenta-
mazione della dimensione divina di Gesù, che in quegli eventi è dif- ta non in particolari luoghi di culto ma in Gesù Cristo167. Il nesso
ficile scorgere. Il passo più chiarificatore resta sempre Is 43,10; in con Gesù è scaglionato sull'arco di momenti diversi.
questo caso è interessante il parallelismo tra ciò che là si dice sulla
scelta operata dal Signore Dio ("Voi siete miei testimoni, oracolo
del Signore, miei servi che io ho scelto") e quella di Gesù nei con- 3.1 Lo Spirito dato a Gesù
fronti dei suoi discepoli: "Io conosco quelli che ho scelto" (Gv
13,18). Conformandosi alla tradizione sinottica, Gv afferma il dono dello
In conclusione, è evidente che con gli "Io sono" assoluti il Gesù Spirito a Gesù nel momento del battesimo al Giordano, sia pur sem-
giovanneo attribuisce a se stesso una qualità che è propria di Dio plificando il racconto (cf. 1,32-33: omissione della descrizione del-
soltanto. Alle spalle di questi passi c'è più evidentemente il Deutero- la teofania, sostituita dalla testimonianza personale del Battista).
Isaia, ma non si può escludere anche il testo forte di Es 3,14, "Io
sono colui che sono". Gesù perciò non può essere semplicemente
collocato nella serie dei grandi personaggi storici iniziata con Abra- 3.2 La promessa dello Spirito ai discepoli
mo, ma appartiene a un altro ordine di esistenza, al di fuori del
contesto temporale164. Come Yhwh nella fede giudaica, egli è Si- In 7,37-39 l'evangelista, situandolo nell'ultimo giorno della fe-
gnore della storia, redentore d'Israele e dell'umanità. sta dei Tabernacoli, riporta un invito solenne di Gesù ad andare
a lui per bere l'acqua viva che disseta e che egli è in grado di dona-
re personalmente, in quanto sgorgherà dal suo seno168. In questo
3. Lo Spirito, conferma della rivelazione contesto è importante il v. 39: "Questo disse a proposito dello Spi-
rito che avrebbero ricevuto i credenti in lui; infatti non c'era anco-
La menzione dello Spirito in Gv, se confrontata con i Vangeli si- ra lo Spirito, poiché Gesù non era ancora stato glorificato". Viene
nottici, non è lessicalmente la più frequente: appena 24 volte (con- così a darsi una originale equivalenza tra lo Spirito e l'acqua viva.
tro le 19 volte di Mt, le 23 volte di Me, e le 37 volte di Le). Eppure Essa, da una parte, è nuova poiché neh'AT l'acqua è piuttosto im-
il discorso giovanneo in materia spicca in tutto il NT per la sua indi-
scussa originalità165. Dimensione fondamentale di questa origina- 167
Cf. sopra: 1.3.2.
lità è appunto il nesso con la cristologia166. Certo lo Spirito ha un'o- 168
C'è una discussione tra i commentatori sulla base di quale punteggiatura si
rigine divina, ben espressa nell'affermazione "Dio è Spirito" (4,24), debba leggere il testo: (1) "Chi ha sete venga a me e beva chi crede in me. Come
dice la Scrittura, fiumi di acqua viva sgorgheranno dal suo seno": in questo caso,
che però, essendo analoga ad altre (cf. lGv 1,5: "Dio è luce"; 4,8.16: il rimando scritturistico (letteralmente introvabile; ma vi si può scorgere un triplice
riferimento: alla roccia nel deserto dell'esodo [cf. Es 17,1-7; Sai 78,15-16; ICor 10,4],
al tempio di Gerusalemme [cf. Ez 47,1-2.5; Zc 14,8; Ap 22,1] e alla sapienza o al
164 sapiente [cf. Pro 18,4; IQH 8,16: "Tu, mio Dio, hai posto nella mia bocca una
Cf. CU. Dodd, L'interpretazione del Quarto Vangelo, Pakleia, Brescia 1974
(orig. ingl., London 51953), p. 326. fonte di acque vive"]) si riferisce a Gesù stesso come donatore dell'acqua viva (così
165 R.E. Brown, I. de la Potterie, G. Ferraro); (2) "Chi ha sete venga a me e beva.
Per esempio, è già significativa una piccola caratteristica: in Gv il termine
pneuma connota praticamente sempre una realtà divina positiva e, anche se solo Chi crede in me, come dice la Scrittura, fiumi di acqua viva sgorgheranno dal suo
tre volte esso è qualificato come "santo" (1,33; 14,26; 20,22), tuttavia, contraria- seno": in questo caso, il rimando scritturistico è al credente nel senso di 4,14: "L'ac-
mente a quanto avviene nei Sinottici, non è mai unito all'aggettivo "impuro" in qua che io gli darò diventerà in lui sorgente di acqua che zampilla per la vita eter-
senso demoniaco (così 3 volte in Mt, 11 volte in Me, 8 volte in Le). na" (così C.K. Barrett, R. Schnackenburg). In favore della prima possibilità c'è
166 vedi I. de la Potterie, Gesù e lo Spirito secondo il vangelo di Giovanni, in non solo il parallelo con l'apocrifo Vangelo di Tommaso 13 ("Tu hai bevuto e ti
Id., Studi di cristologia giovannea, pp. 279-289; e soprattutto G. Ferraro, Lo Spi- sei inebriato alla sorgente d'acqua zampillante che io ho misurato"), ma soprattut-
rito e Cristo nel vangelo di Giovanni, SB 70, Paideia, Brescia 1984. to la spiegazione che viene subito data in Gv 7,39.
442 IL QUARTO VANGELO (e 1GV) LO SPIRITO, CONFERMA DELLA RIVELAZIONE 443

magine della parola di Dio a cui dissetare la propria arsura (cf. Am cuzione giovannea sia originale per esprimere l'esalazione dell'ul-
8,11; Is 55,1-3; Sir 24,20), ma dall'altra essa è anche preparata sia timo respiro e tenendo anche conto del fatto che l'evangelista non
dalla descrizione del dono dello Spirito con il verbo "versare" (cf. specifica a chi Gesù consegni lo Spirito, si può sempre considerare
Is 44,3; GÌ 3,1-2; Zc 12,10) sia dal significato più ampio dell'ac- l'espressione come una variante di Me 15,37 (èl;é7cveuaev, di cui è
qua come metafora della salvezza (cf. Is 12,3: "Attingerete con gioia già una variante anche Mt 27,50: à<pf|xev xò Tcveupia) e come una lo-
acqua alle sorgenti della salvezza"; 55,1: "O voi tutti assetati, ve- cuzione alternativa rispetto a Le 23,46 ("Padre, nelle tue mani con-
nite all'acqua..."), sia anche dall'occasionale relazione tra lo Spi- segno [rcapocxiBeixai] il mio spirito"). Più verosimile invece è un ri-
rito stesso e la parola (cf. Pr 1,23: "Ecco, verserò per voi il mio ferimento allo Spirito in 19,34: "Un soldato con una lancia gli aprì
Spirito, farò conoscere a voi le mie parole"). L'importante è os- il costato e subito ne uscì sangue e acqua". L'inconsueto binomio,
servare che solo con la glorificazione pasquale si ritiene che Gesù al di là dell'intenzione antidocetista di sottolineare la morte reale
sia in grado di donare egli stesso lo Spirito. Con ciò Gv raggiunge di Gesù come vero uomo, può avere anche un forte spessore
l'idea paolina, secondo cui la novità della pneumatologia consiste simbolico172. Da una parte, infatti, il sangue, se non rimanda a
appunto nel fatto che lo Spirito "Santo" (o "di Dio") della tradi- quello del discorso in 6,5 lc-58 (dove, in coppia con la carne di Ge-
zione giudaica viene condiviso dal Risorto diventando in qualche sù, allude ampiamente all'eucaristia), è certamente il segno di una
modo anche suo169. totale donazione di Gesù "fino all'estremo" (13,1). Dall'altra, la
menzione dell'acqua, che in Gv ricorre molto di più del nome pre-
cedente (21 volte contro 4 volte), va considerato il più importante
3.3 // dono effettivo dello Spirito del binomio: essa richiama la promessa dello Spirito da parte di Gesù
in 7,39 e il tema della vita eterna (cf. 4,14), oltre al fatto che nel
La glorificazione di Gesù in Gv riguarda certamente la sua ri- discorso a Nicodemo l'acqua e lo Spirito sono associati per spiega-
surrezione ma con ogni probabilità comprende anche la sua croci- re come avviene la rinascita del cristiano (mediante il battesimo)173.
fissione, in quanto egli allora viene "innalzato" da terra (cf. 3,14; L'acqua-Spirito rappresenta quindi il perdurante effetto del sacri-
8,28; 12,32)170. (1) Alcuni Autori infatti leggono una effusione del- ficio di Gesù avvenuto con l'effusione del suo sangue. (2) Con tut-
lo Spirito già nella morte di Gesù, espressa con la frase "consegnò ta chiarezza lo Spirito viene donato dopo la risurrezione il giorno
lo spirito" (19,30:rcocpéScoxevxò TweGfxa)171; ma, per quanto la lo- stesso di Pasqua: "Alitò (èveepucrnaev) su di loro e disse: Ricevete
lo Spirito Santo! A chi rimetterete i peccati saranno rimessi, a chi
li riterrete saranno ritenuti" (20,22-23). Di questa frase, che pro-
169
Vedi le formule "Spirito di Cristo" (Rm 8,10), "Spirito del Figlio" (Gal 4,6),
babilmente conserva una tradizione pre-giovannea174, vanno no-
"Spirito di Gesù Cristo" (Fil 1,19). tate due cose fondamentali. L'una è l'impiego del verbo èfiipuaàoù,
170
Cf. X. Léon-Dufour, Gv, I, pp. 405-407: mentre per Paolo e i Sinottici la
croce è considerata solo come momento di umiliazione e sofferenza, in Gv essa in-
globa in qualche modo anche l'esaltazione di Gesù ed esprime già in sé la pienezza
della regalità. "Con ciò l'evangelista porta a termine il movimento che, nella tradi- 172
zione, tendeva ad anticipare questa manifestazione ( = della gloria escatologica di Probabilmente diverso è il senso che si può trarre da lGv 5,6: "Questi è co-
Cristo): per i Sinottici essa avrebbe dovuto manifestarsi alla fine dei tempi, al mo- lui che è venuto con acqua e sangue: non con l'acqua soltanto, ma con l'acqua e
mento della parusìa; per Paolo essa esplode già nella risurrezione; per Gv essa si con il sangue". Il contesto e la diversa successione dei due nomi implicano una po-
verifica già fin dalla morte" (p. 406). lemica contro coloro che accettavano il Cristo battezzato al Giordano ma rifiuta-
171
Così I. de la Potterie, La passione di Gesù secondo il vangelo di Giovanni, vano il Cristo morto umiliato sulla croce (cf. R.E. Brown, Uohn, pp. 573-578; H.-
Paoline, Cinisello Balsamo 1988, pp. 143-145; G. Ferraro, Lo Spirito e Cristo, p. J. Klauck, Uoh, pp. 293-298).
173
301; J. Swetnam, Bestowal of the Spirit in theFourth Gospel, Bibl 74 (1993) 556-576. Vedi R. Fabris, Gv, pp. 987s; cf. D. Senior, La passione di Gesù nel vange-
Alcuni commentatori invece parlano solo di prolessi (come simbolismo redaziona- lo di Giovanni, Ancora, Milano 1993 (orig. ingl., Collegeville 1991), pp. 116-131,
le) rispetto a 20,22 per significare la portata vivificante della morte di Gesù (cf. e X. Léon-Dufour, Gv, IV, pp. 210-220.
R.E. Brown, Gv, II, pp. 1159s [limitatamente alla madre e al discepolo prediletto]; 174
Vedi i paralleli con Mt 16,19; 18,18. Cf. G. Ghiberti, I racconti pasquali del
X. Léon-Dufour, Gv, IV, pp. 203-205). Altri ancora sono contrari a una simile let- capitolo 20 di Giovanni, SB19, Paideia, Brescia 1972, pp. 159-167; e la dettagliata
tura (cf. C.K. Barrett, John, p. 460; R. Schnackenburg, Gv, III, pp. 462-463; R. analisi di A. Gangemi, / racconti post-pasquali nel Vangelo di San Giovanni, II,
Fabris, Gv, p. 983). Galatea, Acireale 1990, pp. 74-119.
444 IL QUARTO VANGELO (e 1GV) LO SPIRITO, CONFERMA DELLA RIVELAZIONE 445

"alitare, soffiare": il suo uso da parte dei LXX in rapporto alla 13-17)177. Ed è un insegnamento che, anche quando tratta del rap-
creazione dell'uomo (cf. Gn 2,7; Sap 15,11), alla risurrezione di porto dello Spirito con Cristo, riguarda comunque il suo interven-
un defunto (cf. IRe 17,21: Elia), e alla risurrezione escatologica to e la sua presenza nella vita cristiana.
(cf. Ez 37,9-10), conferisce al gesto compiuto dal Risorto la dimen- Il rapporto con Cristo è variamente espresso. Da una parte, è
sione di una nuova creazione o almeno di una nuova vita che va l'intercessione di Gesù che ne ottiene l'invio da parte del Padre (cf.
ben oltre quella terrena. L'altra annotazione riguarda il potere di 14,16.26). Dall'altra, Gesù promette di essere lui stesso a inviarlo,
rimettere i peccati: Gv, che non specifica alcun ministero, non può sia pur precisando che lo Spirito procede dal Padre (cf. 15,26). Una
che riferirsi in termini molto generali alla prassi della riconcilia- cosa è certa: poiché l'invio è espresso al futuro, lo Spirito risulta
zione cne avviene nella chiesa, comprendendo "tutta la vasta gam- per eccellenza il dono pasquale di Gesù (cf. sopra). In quanto tale,
ma di significati che vanno dalla remissione dei peccati nel sacra- egli svolge la funzione precipua di ricondurre tutta l'attenzione dei
mento del battesimo alla predicazione e all'annuncio del perdono cristiani nient'altro che sulla storia pre-pasquale di Gesù. Lo espri-
dei peccati mediante la proclamazione del vangelo"175. mono bene tutti i verbi di cui lo Spirito è fatto soggetto: "Vi inse-
Il dono dello Spirito da parte di Gesù avviene "senza misura" gnerà (oioàijei.) ogni cosa e vi ricorderà (ùiro^vriaet) tutto ciò che vi
(3,34b: où yàp ex (xérpou Siocoaiv TÒ 7cveGfxa). La discussione suscita- ho detto" (14,26); "Egli mi renderà testimonianza" (15,26: fjtap-
ta dal testo, se cioè il soggetto del verbo "dare" sia Dio nei con- xupTiaet); "Vi guiderà (óoTrpriaei) alla verità tutta intera, perché non
fronti di Gesù oppure Gesù nei confronti dei suoi discepoli, va parlerà (XaXr|aei) da sé ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annun-
con ogni probabilità risolta nel secondo senso, sia per il contesto zierà (òvoc-n'eXei) le cose future; egli mi glorificherà (Sol-daet), per-
immediato (cf. 3,34a: "Colui che Dio ha mandato trasmette le ché prenderà del mio (ix -cou èjxou Xr^eTou) e ve lo annunzie-
parole di Dio" = parallelismo "trasmettere-dare") sia rifacen- rà" (16,13-14). Egli dunque non fa che confermare la rivelazio-
dosi al prologo (cf. 1,16: "Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ne portata da Gesù e tutt'al più condurre a una sua migliore
attinto")176. comprensione178. È come dire che il contenuto della testimonian-
za dello Spirito è identico al contenuto del vangelo giovanneo: egli
infatti insegna a riconoscere Gesù proprio come questi in Gv ha
3.4 La funzione dello Spirito nella vita dei discepoli parlato e ha annunciato se stesso179. Se in più si dice che egli "an-

A parte quanto si dice nel dialogo con Nicodemo sulla rinascita 177
Sul genere letterario di questi discorsi e sulla loro destinazione (= il testa-
dall'alto (cf. 3,4-6), è soprattutto nei discorsi d'addio che l'inse- mento di Gesù per la comunità giovannea), cf. M. Winter, Das Vermàchtnis Jesu
gnamento sullo Spirito viene impartito in maniera diretta (capp. und die Abschiedsworte der Vàter. Gattungsgeschichtliche Untersuchung der Ver-
màchtnisrede im Blick auf Joh. 13-17, FRLANT 161, Vandenhoeck, Gòttingen 1994.
Oltre ai Commenti, vedi anche il buon esame esegetico e teologico dei testi in C.
Dietzfelbinger, Der Abschied des Kommenden. Eine Auslegung der johanneischen
Abschiedsreden, WUNT 95, Mohr, Tubingen 1997: l'Autore è particolarmente in-
175
G. Ferraro, Lo Spirito e Cristo, p. 320 (con rimando in nota sia a Le 24,46-47 teressato a mettere in luce il rapporto corroborante dello Spirito con la contrastata
["Nel suo nome saranno predicati a tutte le genti la conversione e il perdono dei presenza della comunità dei discepoli nel mondo (lo Spirito infatti in Gv 13-17 non
peccati"] sia alla formula prevista dal Missale Romanum dopo la lettura del van- ha alcuna dimensione missionaria vera e propria).
178
gelo: "Per evangelica dieta deleantur nostra delieta"). X. Léon.Dufour, Gv, IV, Ciò è ribadito dal verbo composto àvorpféXXeiv, che ricorre due volte: pur si-
p. 311, richiamando il fatto che questa parola di Gesù segue immediatamente quel- gnificando "annunciare", esso implica propriamente l'idea di "ripetere", a moti-
la sul dono pasquale dello Spirito, precisa che i discepoli, a cui Gesù si rivolge, in vo della preposizione àvà, "di nuovo"; lo Spirito è espressione di Gesù stesso, e
Gv rappresentano tutti i credenti. analogamente questo vale anche per tutti gli evangelizzatori (cf. lGv 1,5: "Questo
176 è il messaggio che abbiamo udito da lui e che ora annunciamo [àvoqnréXXoiiev] a voi").
Così commenta Origene: "Ci sono stati uomini sapienti i quali, possedendo 179
Dio, ne hanno riferito le parole; essi tuttavia avevano solo parzialmente lo Spirito Cf. U. Wilckens, Das Evangelium, p. 228. Secondo X. Léon-Dufour, Gv,
di Dio... Invece il Salvatore, mandato a trasmettere le parole di Dio, non dona lo III, p. 310, lo Spirito è "l'interprete di Gesù". Una particolare sottolineatura della
Spirito parzialmente, perché egli non lo dona agli altri avendolo ricevuto egli stes- dimensione post-pasquale di Gv, documentata soprattutto dai discorsi d'addio, è
so; bensì lui che è mandato dall'alto ed è superiore a tutti, dona lo Spirito essendo- proposta da C. Hoegen-Rohls, Der nachòsterliche Johannes. Die Abschiedsreden
ne la sorgente" (Fr. 48 [GCS 523, 5-9]; citato da I. de la Potterie, Gesù e lo Spirito, als hermeneutischer ScMùssel zum vierten Evangelium, WUNT 2.84, Mohr, Tu-
p. 283). bingen 1996.
LO SPIRITO, CONFERMA DELLA RIVELAZIONE 447
446 IL QUARTO VANGELO (e 1GV)

nunzierà le cose future (xà èpxó[xeva)", è perché la sua funzione com- è quello di sapere come sia possibile la continuità della rivelazione
prende anche la spiegazione di quanto (nel momento in cui Gesù nell'assenza di Gesù183. Sulla base di alcuni eloquenti moduli an-
parla) deve ancora avvenire, ma sempre con un riferimento cristo- ticotestamentari e giudaici184, Gv risponde appunto con il tema
logico, riguardante cioè: il mistero della sua passione e risurrezio- dello Spirito Paraclito: è lui che rende presente Gesù assente; è quin-
ne (cf. 18,4: "Gesù allora, conoscendo tutto quello che gli doveva di per la sua presenza che i discepoli non sono orfani (cf. 14,18);
accadere [7ràvxa xà èpxófxeva]..."), la presa di dimora del Padre e è dunque lui ora che assiste e stimola la sua comunità. Anzi, egli
del Figlio nel credente (cf. 14,23: "Noi verremo a lui e prendere- permette addirittura ai discepoli di compiere "opere più grandi"
mo dimora presso di lui"), non escluso il futuro escatologico (cf. (14,12), non nel senso qualitativo del termine ma in quanto la te-
14,3: "Ritornerò e vi prenderò con me"; 5,28s; 6,39s.44.54). An- stimonianza dei discepoli va molto oltre il limite spaziale e tempo-
che la sua azione di accusa nei confronti del mondo e del suo pec- rale che era stato quello del ministero terreno di Gesù185.
cato (cf. 16,8: IXé^ei) riguarda il fatto che esso non ha creduto in Dunque, con lo Spirito pasquale la figura di Gesù viene com-
Gesù. Del resto, la sua definizione come "Spirito di verità" (14,17; presa in pienezza e la sua storia continua.
15,16; 16,13) va in questo senso: lo Spirito cioè partecipa della ve-
rità che è Gesù stesso (cf. 1,14; 14,6) e che con la sua glorificazio-
ne diventa piena e visibile180.
Una evidente componente cristologica è implicata anche nell'o-
riginale definizione dello Spirito come "il Par adito", ó TtocpàxXir)-
TO? (Gv 14,16.26; 15,26; 16,7; lGv 2,1)181. Stabilito che il termine
(lett. "chiamato accanto") significa essenzialmente "avvocato, di-
fensore, patrono, confortatore (secondo alcuni anche: ammonito-
re)", è decisivo prendere atto del fatto che egli182 viene inteso es-
senzialmente come un "altro" (14,16: àXXos) cioè un sostituto ri-
spetto a Gesù, il quale perciò è inteso come il primo e fondamen-
tale "avvocato/difensore" dei cristiani (cf. lGv 2,1!). Infatti, il
Paraclito viene proprio perché Gesù se ne è andato (cf. 14,18-20;
16,5-7), e perciò quasi ne prende il posto nella vita dei discepoli.
Infatti il problema di fondo, percepito dalla comunità giovannea,

180
Questa definizione dello Spirito si trova anche a Qumràn, ma in riferimento
a un suo intervento escatologico, in quanto alla fine dei tempi Dio per il suo trami-
te purificherà totalmente l'uomo: "Allora Dio purificherà con la sua verità
(ba'àmitto) tutte le opere dell'uomo, e purgherà così la struttura dell'uomo sradi-
cando ogni spirito di eingiustizia dall'interno della sua carne, e purificandolo con
lo spirito di santità (b ruah qòdéS) da ogni azione empia. Si verserà su di lui, come
acque lustrali, lo spirito di verità {mah 'èmet), [per purificarlo] da tutti gli abomi- 183
ni di falsità e dalla contaminazione dello spirito impuro" (1QS 4,20-22; trad. Mar- 184
Cf. C. Dietzfelbinger, Der Abschied des Kommenden, pp. 83-96 e 206-208.
tone); in ib. 3,18s c'è la distinzione tra gli opposti "spiriti della verità e della men- Cf. la successione di Mosè con un profeta simile a lui (in Dt 18,15.18) e con
zogna {rùhót hà'èmet wehacàwet),\ che sono rispettivamente connaturali con la luce Giosuè (in Dt 31,1-8), la sostituzione di Samuele con Saul (in 2Sam 12,2: "Da que-
e con le tenebre, e che governano tutta la vita degli uomini. sto momento il re procede davanti a voi. Quanto a me sono diventato vecchio..."),
181
Cf. U.B. Mùller, Die Parakletenvorstellung im Johannesevangelium, ZTK la successione di Elia con Eliseo (in 2Re 2,1-15), la presenza di Baruc dopo la di-
71 (1974) 31-77, e C. Dietzfelbinger, Der Abschied des Kommenden, pp. 202-226. struzione di Gerusalemme (in 2Bar. 77,5-6: "Ecco, voi siete qui con me. Se dunque
182
La sua personalità viene discretamente suggerita dall'inconsueta concordan- correggerete le vostre vie..."), e la funzione di Esdra come un nuovo Mosè (in 4Esd.
za grammaticale tra il neutro pneùma e il pronome personale maschile ekeinos in 14).
15,26 e 16,13 (cf. 16,8). 185
Cf. C. Dietzfelbinger, Der Abschied des Kommenden, p. 48.
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10,1-18, "Studia Anselmiana" 67, Anselmiana, Roma 1980. si pensa di averne tratto 2 . Esso infatti, più che un libro di parole,
Urbach E.E., Lessages d'Israel, conceptions et croyances des mai- è un libro di immagini, ma di immagini insieme grandiose ed enig-
tres du Talmud, Cerf, Paris 1996, pp. 43-72: "La Shekhina, pré- matiche, che mettono alla prova tanto la capacità esegetica del det-
sence de Dieu dans le monde". taglio quanto quella ermeneutica dell'insieme. "In una cultura co-
Vignolo R., Personaggi del Quarto Vangelo. Figure della fede in me la nostra, che idolatra la scienza e il calcolo, l'apocalittica te-
San Giovanni, Glossa, Milano 1994. stimonia una realtà che sfida tutti i nostri metri, poiché attesta l'e-
Wengst K., Hàresie und Orthodoxie im Spiegel des ersten Johan- sistenza di un altro mondo che sfugge a tutte le misurazioni scien-
nesbriefes, Mohn, Gùtersloh 1976. tifiche e trova invece espressione in simboli e visioni" 3 .
Wikenhauser A. - Schmid J., Introduzione al Nuovo Testamento, Un velo alla sua esatta comprensione, del quale perciò bisogna
Paideia, Brescia 1981 (orig. ted., Freiburg i.B. 1963, 21966). liberarsi, è già il significato di cui purtroppo è stato caricato nelle
Wilckens U., Das Evangelium nach Johannes, NTD 4, Vanden- nostre lingue il termine stesso di "apocalisse", comunemente inte-
hoeck, Gòttingen 1998. so come sinonimo di tregenda e di catastrofe a dimensione colletti-
Willett M.E., Wisdom Christology in the Fourth Gospel, Univer- va e cosmica. In realtà, il greco àKox.vX'ofa (che è anche la prima
sity Press, San Francisco 1992.
Winter M., Das Vermàchtnis Jesu und die Abschiedsworte der Và- 1
Cf. W.J. Harrington, Revelation, "Sacra Pagina" 16, Liturgical Press, Col-
ter. Gattungsgeschichtliche Untersuchung der Vermàchtnisrede legeville 1993, p. XIII.
2
im Blick aufJoh. 13-17, FRLANT 161, Vandenhoeck, Gòttin- "L'esegeta deve cercare il cammino stretto tra l'abisso delle speculazioni fan-
gen 1994. tasiose e quello delle banalità storiche. Per spiegarla bisogna avere l'audacia e in-
sieme l'umiltà della fede": così W.A. Visser't Hooft (Segretario Generale del Con-
Zimmermann H., Das Absolute "Ego eimi" als die neutestament- siglio Ecumenico delle Chiese dal 1938 al 1966) nella sua "Préface" al fortunato
liche Offenbarungsformel, BZ 4 (1960) 54-69, 266-276. libro di C. Brùtsch, La clarté de l'Apocalypse, Labor et Fides, Genève 1940,51966,
p. 10. Del resto, già Dionigi vescovo di Alessandria nel secolo III così si esprimeva:
Zumstein J., Le signe de la croix, LV 41 (1992) 68-82. "Non misuro né giudico queste cose con il mio ragionamento ma, attribuendo mag-
—, Leprologue, seuil du quatrième évangile, RechSR 83 (1995) gior valore alla fede, le considero troppo alte per essere comprese da me, e così
217-239. non disapprovo ciò che non vi ho scorto, ma piuttosto l'ammiro proprio per il fat-
to che non sono stato in grado di vederlo" (in Eusebio, H.E. 7,25,5).
3
R.E. Brown, An Introduction to the New Testament, Doubleday, New York-
London 1997, p. 810. In particolare sul simbolismo, cf. U. Vanni, L'Apocalisse:
ermeneutica, esegesi, teologia, RivBibl Suppl 17, Dehoniane, Bologna 1988, pp.
31-61. Già S. Girolamo, Ep. 53,9, riconosceva che l'Apocalisse di Giovanni contie-
ne tanti misteri quante sono le parole: "Tot habet sacramenta, quot verba".
458 L'APOCALISSE DI GIOVANNI PREMESSE 459

parola del nostro libro) equivale semplicemente a "rivelazione". Collocare l'Apocalisse di Giovanni su questo sfondo significa evi-
In quanto tale esso, da una parte, ci introduce in tutto quell'ambi- dentemente condizionarne in parte la comprensione, almeno sul pia-
to del mondo antico in cui prevaleva come criterio di conoscenza no formale. Ma alcune considerazioni suggeriscono di superare il
non la ricerca condotta dalla ragione ma l'accoglienza di verità pro- semplice schema apocalittico7. Anzitutto bisogna avere sempre ben
venienti dal cielo, e, dall'altra, ci mette a contatto con forme spe- presente che lo scritto è comunque un'apocalisse cristiana, il cui
cifiche di un genere letterario, che adotta una tecnica espressiva autore non discorre più sulla base di una mera speranza ma, come
del tutto originale rispetto sia al racconto storiografico sia alla trat- vedremo, sulla base della certezza che l'evento decisivo si è ormai
tazione filosofica. Questa temperie culturale è certamente documen- compiuto nella storia8. Inoltre, l'autore designa le sue come "pa-
tata in ambito ellenistico-pagano4, ma lo è soprattutto sul versan- role di profezia" (1,3; 22,7.10.18.19) e se stesso come facente par-
te giudaico mediante la letteratura apocalittica. Qui però s'incon- te "dei fratelli, i profeti" (22,9)9. D'altra parte, tanto la sua viva
tra una doppia difficoltà, che consiste anzitutto nell'individuare preoccupazione pastorale verso sette chiese dell'Asia Minore (cf.
quanti e quali siano gli scritti che ne fanno parte (e quindi anche 2-3: Efeso, Smirne, Pergamo, Tiatira, Sardi, Filadelfia, Laodicea)
quali ne siano le caratteristiche letterarie) e poi nel dare una defi- quanto anche il fatto che egli non si nasconde dietro un nome fitti-
nizione esatta del messaggio che la contraddistingue sul piano dei zio conferiscono al libro un tono molto concreto di indirizzo a una
contenuti. La discussione è tuttora in corso; ma possiamo per ac- situazione ecclesiale precisa. Quindi, se è vero che in generale l'a-
cenni generali risolvere così le due questioni: (1) alla letteratura apo- pocalittica offre di fatto una risposta di conforto a credenti che
calittica, oltre ad alcuni manoscrtitti di Qumràn (cf. 1QM, 1Q27, vivono un'esperienza di sofferenza e di persecuzione, l'interpreta-
4Q246, 4Q552, HQMelch), appartengono soprattutto gli apocrifi zione globale della nostra Apocalisse deve riguardare non soltanto
lEn. o Enoch etiopico, 4Esdra, 2Baruch5; (2) il messaggio dell'a- il futuro, tantomeno quello storico (come voleva Gioacchino da
pocalittica, fondato sostanzialmente su di una riflessione circa la Fiore), quanto piuttosto il tempo storico contemporaneo al veg-
presenza del male nel mondo, consiste nell'individuare la sua ori- gente, sia pure con un occhio rivolto all'escatologia.
gine e nell'assicurarne l'eliminazione futura al momento escatolo- Questioni connesse sono quelle che riguardano l'identità dell'au-
gico (sia che il rapporto giusti-peccatori si identifichi nel rapporto tore, il tempo di composizione, e la situazione storico-ecclesiale a
Israele-nazioni sia che esso attraversi indifferentemente l'intera cui il libro intende fare fronte; qui le possiamo toccare solo bre-
umanità)6. vemente.

4
Su questo versante, se si eccettuano i culti misterici eleusini (ma privi di pro- Il concetto di rivelazione è particolarmente sottolineato da C. Rowland, The Open
duzione letteraria) e la sibillistica più antica (i Libri Sibillini, che sarebbero risaliti Heaven. A Study of Apocalyptic in Judaism andEarly Christianity, Crossraod, New
a Tarquinio Prisco ed erano custoditi nel Tempio Capitolino, vennero accidental- York 1982. Un nesso con gli scritti mistici del giudaismo noti come Hekalót è stabili-
mente bruciati nell'83 a . C ) , si tratta di una letteratura tutta di epoca imperiale: to da P. Prigent, Qu'est-ce qu'une apocalypse?, RevHistPhilRel 75 (1995) 77-84.
7
così il Corpus hermeticum e gli Oracoli caldaici; altri Libri Sibillini, a noi scono- Vedi in merito l'eccellente disamina dei problemi in C. Doglio, Quanto apo-
sciuti, furono raccolti da Augusto e vennero distrutti verso il 400 da Stilicone. Di- calittica è l'Apocalisse di Giovanni?, Ricerche storico-bibliche 7/2, Dehoniane, Bo-
verso è il caso degli Oracoli Sibillini: anche se raccolte del genere dovettero circola- logna 1995, pp. 103-135.
8
re in ambito ellenistico, la collezione che oggi abbiamo è di composizione ebraica Vedi in questo senso l'originale interpretazione di E. Corsini, Apocalisse pri-
e cristiana. Infine, su questo versante si possono collocare anche i molti scritti pro- ma e dopo, SEI, Torino 1980: Giovanni "vede il senso della storia come l'esplicar-
pri dello gnosticismo, seguendo l'ipotesi diffusa che questo movimento sia almeno si perenne di un giudizio di Dio sul mondo e sull'uomo... L'esecutore di questo
in parte di origine pagana. giudizio divino, in atto fin dalla creazione, per Giovanni è Gesù Cristo. In questo
5
In campo cristiano, oltre che nel nostro libro, il genere è documentato sia al- senso, tutta la storia, e non soltanto la sua conclusione è 'apocalisse', cioè 'rivela-
l'interno del NT (cf. Me 13; ICor 15; 2Ts 2) sia al di fuori del canone (cf. Pastore zione di Gesù Cristo'" (p. 103). Per una discussione di questo lavoro, cf. J. Lam-
di Herma; Apocrifo di Giovanni; Apocalisse di Pietro; Apocalisse di Paolo). Vedi brecht e al., Per una interpretazione dell"Apocalisse' canonica, Rivista di Storia
J. Lambrecht, ed., L'Apocalypse johannique et l'Apocalyptique dans leNouveau e Letteratura Religiosa 21 (1985) 456-479.
9
Testament, BETL 53, University Press, Leuven 1980; e B. Corsani, L'Apocalisse Cf. l'analisi di D.E. Aune, La profezia nel primo cristianesimo e il mondo me-
e l'apocalittica del Nuovo Testamento, Dehoniane, Bologna 1996. diterraneo antico, "Biblioteca di storia e storiografia dei tempi biblici" 10, Pai-
6
Sull'insieme, cf. P. Sacchi, L'apocalittica giudaica e la sua storia, Paideia, Bre- deia, Brescia 1996 (orig. ingl., Grand Rapids 1983, 1991), pp. 511-536; R. Bauck-
scia 1990; e i vari studi raccolti in R. Penna, a cura, Apocalittica e origini cristiane, ham, La teologia dell'Apocalisse, Paideia, Brescia 1994 (orig. ingl., Cambridge 1993),
Ricerche storico-bibliche 7/2, Dehoniane, Bologna 1995 (con ampia bibliografia). pp. 132-150 e 172-184.
460 L'APOCALISSE DI GIOVANNI PREMESSE 461

(1) L'autore. Il nome di "Giovanni" che il veggente si attribuisce (cf. poco. Quanto alia bestia che era e non è più, è a un tempo l'ottavo re
1,1.4.9; 22,8) non risolve ancora la sua identità; già nell'antichità, infat- e uno dei sette, ma va in perdizione". Alla questione preliminare, se
ti, se da una parte Giustino lo identifica con l'apostolo omonimo figlio si debba riferire questo testo a Roma, rispondiamo metodologicamente
di Zebedeo (cf. Dial. 81,4), dall'altra il vescovo Dionigi di Alessandria, di sì con quasi tutti gli studiosi 13 . Altre questioni sono: (1) Nella serie
sulla base di una vera e propria critica letteraria comparata con il Quar- dobbiamo computare anche Galba-Otone-Vitellio (dal 9 giugno del 68
to vangelo, vede in lui Giovanni il Presbitero di cui parlava già Papia al 20 dicembre del 69)? Sembra di no per la loro brevità: Svetonio parla
di Gerapoli (cf. Eusebio, H.E. 7,25). Tenuto conto che il greco di Ap solo di "rebellio trium principum" (Vesp. 1). (2) Quando iniziare il com-
è povero (solo 916 parole) e anche sgrammaticato 10 , si può avanzare l'i- puto? Se iniziamo da Augusto, il sesto vivente è Vespasiano (così Char-
potesi che l'autore sia "un profeta apocalittico giudeo-cristiano che la- les, Lohse, Giesen) e l'ottavo è Domiziano, uno dei sette tornato in
sciò la Palestina al tempo della guerra giudaica della fine degli anni 60 vita 14 ; in questo caso, il veggente scrive sotto Domiziano ma lascia vo-
trasferendosi nell'Asia Minore (probabilmente a Efeso, di dove venne lutamente l'impressione di scrivere sotto Vespasiano (così Charles, Lohse,
esiliato nell'isola di Patmos)" 1 1 . La questione è connessa con quella dei Giesen, Cerfaux-Cambier, Wikenhauser). Altri iniziano da Caligola (sia
rapporti con il Quarto vangelo: una serie di somiglianze (es.: metafora perché viene dopo Tiberio che è l'imperatore della morte-risurrezione
cristologica dell'agnello [benché con un lessico diverso]; Cristo come lu- di Cristo: Prigent; sia perché è stato nemico dei giudei: Mùller) e giun-
ce [Ap 21,23-24; Gv 8,12] e come sorgente di acqua viva [Ap 22,1; Gv ge a Domiziano come sesto, identificando il settimo-ottavo con Nerone
7,37-39], la madre del Messia come "donna" [Ap 12,1.4.13; Gv 2,4; redivivo personificazione di Satana e dell'Anticristo. In ogni caso si dà
19,26], atteggiamento ostile verso i "Giudei" [Ap 2,9; 3,9; Gv passim], ragione a Ireneo, secondo cui Giovanni scrisse "alla fine del regno di
la passione di Gesù come parto doloroso [Ap 12; Gv 16,19-22] ecc.) e Domiziano, quasi al tempo della nostra generazione" (Adv. haer.
una serie più consistente di dissomiglianze (es.: diversa lingua greca, as- 5,30,3)15.
senza di numerosi concetti centrali in Gv [come "verità, pace, gioia, amo- (3) Situazione storica (tenendo conto che l'area geo-culturale di Ap
re, Dio come Padre di Cristo"] e diseguaglianza d'impostazione dell'e- è l'Asia Minore: cf. le sette chiese e l'isola di Patmos). Più di una volta
scatologia [presenziale in Gv, solo futura in Ap dove in più spicca il te- l'autore si riferisce a esperienze apparentemente di persecuzione: 1,9 ("Io,
ma del millennio] e della cristologia [come nella fisionomia di un Cristo Giovanni,... vostro compagno nella tribolazione"); 2,13 ("Antipa, il
sterminatore dei nemici, che contrasta con la dolcezza di quello di Gv], mio fedele testimone, fu messo a morte nella vostra città [Pergamo],
unitamente al modo di utilizzare l'AT [frequentissimo ma mai introdot- dimora di satana"); 6,9 ("coloro che furono immolati a causa della pa-
to con formule di citazione, diversamente che in Gv, e in più vicino all'e- rola di Dio e della testimonianza che gli avevano resa"); 12,17 (il drago
braico più che ai LXX]) portano a ritenere che si tratti di un personaggio fa guerra agli altri discendenti della Donna); 13,10 (prospettiva della
che ha avuto certamente dei contatti con la tradizione giovannea, di cui prigionia e della spada); 17,6 ("sangue dei santi e dei martiri di Gesù");
egli recepisce alcune istanze ma amalgamandole in una costruzione teo-
logica propria espressa con un linguaggio proprio 12 .
13
(2) Datazione. Un buon indizio si può trovare in 17,9-11: "Le sette Invece E. Lupieri, Esegesi e simbologie apocalittiche, Annali di storia dell'e-
segesi 7 (1990,2) 379-3%, ritiene che il testo, collocandosi sullo sfondo della tradi-
teste sono i sette colli, sui quali la donna (prostituta) è seduta. E sono zione enochica (cf. En.etiop. 18,13 - 19,1: "E vidi una cosa terribile: sette stelle
anche sette re. I primi cinque sono caduti, ne resta uno ancora in vita, come grandi montagne ardenti..."), intenda parlare non di "colli" ma di "mon-
l'altro non è ancora venuto ma quando sarà venuto dovrà rimanere per ti", che sarebbero equiparati con altrettante stelle o angeli dominatori dei vari re-
gni anteriori a quello messianico e quindi in rapporto alla settimana cosmica: l'ot-
tavo che "va in perdizione" (17,11) sarebbe nient'altro che satana il quale fallisce
il suo scopo di dominare il mondo. Noi adottiamo la sentenza comune per lasciare
10
Cf. S.E. Porter, The Language ofthe Apocalypse in Recent Discussion, NTS ulteriore spazio a un maggior approfondimento di questa originale posizione (co-
35 11
(1989) 582-603. me14spiegare per esempio che "una donna siede" sui sette monti?).
R.E. Brown, An Introduction, p. 803. La tesi di un cristiano di origine genti- Vari testi del tempo attestano il mito di Nero redivivus, cioè di un ritorno di
le è invece sostenuta da R.K. MacKenzie, The Author of the Apocalypse. A Re- Nerone redivivo: Svetonio, Nero 57; Plinio il G., Paneg. 53,4; e gli apocrifi Or.
view ofthe Prevailing Hypothesis of Jewish-Christian Authorship, Mellen, Lewi- Syb.15
5,28-34; 4,119-122; Asc. Is. 4,2-14.
ston NY 1997. Un tutt'altro computo è proposto da J.C. Wilson, The Problem ofthe Do-
12
Un nesso con la tradizione giovannea è ammesso, sia pur con accenti diversi, mitianic Date of Revelation, NTS 39 (1993) 587-605, che, sulla base di Ap 11,1-2,
da J.-W. Taeger 1989 (Ap come scritto deutero o tritogiovanneo) e da J. Frey 1993 ritiene ancora funzionante il Tempio di Gerusalemme e, iniziando da Cesare o da
(consonanza di vari temi). Perorano invece una vicinanza con il paolinismo E. Schùs- Augusto, giunge agli ultimi mesi di Nerone o ai pochi mesi di Galba; ma i commen-
sler Fiorenza 1977, M. Karrer 1986, E. Lohse 1988; ma gli elementi presi in consi- tatori fanno notare che il Tempio in 11,1-2 va inteso come metafora della chiesa
derazione (specie la cornice epistolare del libro nel suo insieme) sono troppo periferici. (cf. 3,12).
462 L'APOCALISSE DI GIOVANNI IL PROBLEMA DELLA CRISTOLOGIA 463

20,4 ("Vidi anche le anime dei decapitati a causa della testimonianza 1. Il problema della cristologia
di Gesù"); 21,4 ("Non ci sarà più la morte, né lutto, né lamento"). Eu-
sebio di Cesarea convaliderà dal punto di vista storico la tesi di una per- Per lungo tempo ha pesato su Ap un giudizio negativo circa il
secuzione dei cristiani sotto Domiziano (cf. H.E. 3,17), ed essa è ripre- suo spessore cristologico. Ciò poteva avvenire in maniera indiret-
sa dalla maggior parte dei commentatori moderni 16 . Questa tesi, tutta- ta, come in Gioacchino da Fiore, per il quale il libro racchiudereb-
via, viene oggi sempre più messa in discussione sulla base non solo del be solo una serie di predizioni sul futuro della chiesa e del mondo
fatto che in 3,10 "l'ora della tentazione" è al futuro ( = "sta per venire
fino alla sua consumazione, quando finalmente Cristo apparirà co-
sul mondo intero"; cf. anche 2,10) ma soprattutto perché una persecu-
zione contro i cristiani in Asia Minore al tempo di Domiziano (di cui me "fructus spei et premium operis nostri", cioè come rivelatore
sono attestati atti di violenza limitati a Roma) non è suffragata da alcu- definitivo della verità e come giudice degli uomini; è in questo sen-
n'altra testimonianza letteraria 17 . Perciò si cercano altre motivazioni so che va letta la frase conclusiva del suo commento: "Ipse enim
per spiegare la presa di posizione da parte di Giovanni 18 . C'è chi, rite- est finis libri" (su 22,20)20: la cristologia è vista in una dimensio-
nendo che non ci fosse conflitto di alcun genere, pensa che l'autore ne soltanto escatologica ma non ha rilevanza di proclamazione per
proietti nella vita dei cristiani la propria visione di antitesi tra la chiesa la fede e la vita presente del cristiano. Più diretta è invece la critica
e il mondo e voglia semplicemente spingere i cristiani a porsi in conflit- luterana classica. Nella Prefazione all'Apocalisse contenuta nella
to con la società in una sorta di "cosmopolitan sectarianism" (Thomp- Septemberbibel del 1522, Lutero scriveva drasticamente: "Non con-
son). Altri insistono sulla pervadenza e la pericolosità del culto impe- sidero questo libro né apostolico né profetico... È per me suffi-
riale, di fronte al quale, visto che i Nicolaiti vi si sottomettono, i cri-
ciente, per non stimarlo molto, il fatto che non vi è insegnato né
stiani corrono il rischio di adorare la bestia e abbracciare così una ser-
riconosciuto Cristo, mentre questo sarebbe il compito principale
vitù tale da far loro dimenticare che il vero signore della storia è Dio
e il suo Cristo (Klauck, Mùller, Giesen; sintomatico diventa l'invito in di un apostolo" 21 . Successivamente però nella Prefazione alla Bib-
18,4: "Uscite da Babilonia, popolo mio, per non associarvi ai suoi pec- bia pubblicata nel 1530, con riferimento sia al senso nascosto del
cati"). Qualcuno infine sottolinea l'oppressione socio-economica e po- libro e sia per estensione all'identità del cristiano che è nascosta
litica dei cristiani d'Asia o di un loro gruppo, dal cui punto di vista Ap al mondo, precisò: "Finché la sola parola del Vangelo rimane pu-
è scritta come protesta di liberazione (Schùssler Fiorenza, Slater). Que- ra presso di noi, e noi l'abbiamo cara e la stimiamo, non dobbia-
sta oppressione tuttavia doveva anche comportare il pericolo della vita, mo dubitare che Cristo sia presso e con noi, anche se le cose del
se da una parte abbiamo il caso sia pur singolo di Antipa e se, dall'al- mondo vanno nel modo peggiore; come vediamo qui in questo li-
tra, Plinio il Giovane scrive a Traiano verso il 112 che già vent'anni pri- bro, che Cristo — attraverso e oltre tutte le piaghe, le fiere, gli an-
ma (quindi verso l'inizio degli anni 90) alcuni cristiani denunciati (forse
geli cattivi — rimane tuttavia presso e con i suoi santi, e alla fine
per intervento dei Giudei locali? cf. 2,9) avevano rinnegato il proprio
vince" 22 . Particolarmente pesante, più sulla linea del primo Lute-
nome per non essere condannati (cf. Ep. 10,96,6)19. Resta il fatto che
Ap è prevalentemente scritta non per consolare sulla base di tormenti ro, suona ancora il giudizio di Bultmann: "Si dovrà definire il cri-
subiti, ma per incoraggiare in vista di una fedeltà da mantenere. stianesimo di Ap come un giudaismo debolmente cristianizzato.
L'importanza di Cristo si limita al fatto che egli conferisce alla spe-
ranza ardente la certezza che manca agli apocalittici giudaici... La
16
Oltre ai Commenti, cf. anche A. Yarbro Collins, Persecution and Vengeance certezza della speranza e la convinzione che la fine è vicina (cf.
in the Book of Revelation, in D. Hellholm, ed., Apocalypticism in the Mediterra-
nean World and Near East, Mohr, Tubingen 1983, pp. 729-749. 22,10) fanno sì che il presente sia già illuminato dalla luce del
17
Cf. H. Giesen, Das Ròmische Reich im Spiegel der Johannes-Apokalypse, in
ANRW, II, 26/3, de Gruyter, Berlin-New York 19%, pp. 2501-2614 specie 2515-2522.
18
Cf. soprattutto L.L. Thompson, The Book of Revelation. Apocalypse and 20
Empire, University Press, Oxford 1990; E. Schùssler Fiorenza, Revelation. Vision Cf. Gioacchino da Fiore, Expositio in Apocalypsim, Francisci Bindoni ac Ma-
o/a Just World, T&T Clark, Edinburgh 1991, specie pp. 119-131; H.-J. Klauck, phei Pasini, Venetiis 1527 (riedita a Francoforte 1964-1965; cf. anche Olms Verlag,
Das Sendschreiben nach Pergamon und der Kaiserkult in der Johannesoffenbarung, Hildesheim). In italiano esiste la versione solo dell'Enchiridion super Apocalyp-
Bibl 73 (1992) 153-182; H. Giesen, Ermutigung zur Glaubenstreue in schwerer Zeit. sim, a cura di A. Tagliapietra, Feltrinelli, Milano 1994.
21
Zum Zweck der Johannesoffenbarung, TTZ 105 (19%) 61-76; T.B. Slater, On the M. Lutero, Prefazioni alla Bibbia, a cura di M. Vannini, Marietti, Genova
Social Setting of the Revelation of John, NTS 44 (1998) 232-256. 1987, p. 181.
19 22
Cf. anche R.E. Brown, An Jntroduction, pp. 805-809. Ib., p. 189.
464 L'APOCALISSE DI GIOVANNI AGGANCI CON LA TRADIZIONE 465

futuro... Ma il presente fondamentalmente non è inteso in modo stologia "militante" 28 , nel senso che essa è rivolta come arma della
diverso dall'apocalittica giudaica, cioè come tempo della provvi- fede contro ogni tipo di oppressione in atto e contro ogni possibi-
sorietà e dell'attesa. E che la nitrziq sia essenzialmente intesa come lità di tradire la posizione cristiana di netta contrapposizione a que-
u7to(jLovri alla pari del giudaismo, è il sintomo chiaro di questo stato sto mondo. Infatti, Ap dispiega un paio di dualità che implicano
di cose" 23 . un'antitesi, determinante per la comprensione dell'intero scritto.
Le cose sono cambiate molto a partire dagli anni '60 del secolo Essa è espressa doppiamente sotto l'immagine di due città (Babi-
XX. Le monografie pionieristiche del luterano Holtz 24 e del cat- lonia e Gerusalemme) e di due donne (la meretrice e la sposa); ad
tolico Comblin25 hanno aperto la strada a tutta una serie di studi, esse soggiace un'altra dualità, di valore portante, sotto l'immagi-
di cui è difficile qui dare conto, ma ai quali faremo riferimento ne di due bestie, la cui antitesi è già ben eloquente a livello di me-
nel corso dell'esposizione26. Sul mutamento d'indirizzo hanno in- tafora: il drago (con altre bestie che ne derivano) e l'Agnello che
fluito certamente le nuove ricerche sull'apocalittica cristiana in con- le vince. L'insieme dà corpo inevitabilmente a una dimensione
fronto con quella giudaica27. Certo è che il nostro libro ha una cri- drammatica, che percorre e vivacizza l'intero libro.
Nostra preoccupazione sarà di distinguere, come sempre, tra gli
agganci di Ap con la cristologia tradizionale (§ 2) e lo sviluppo della
23
R. Bultmann, Theologie des Neuen Testaments, Mohr, Tubingen 51965, pp. cristologia propria del libro (§ 3).
525-526.
24
T. Holtz, Die Christologie der Apokalypse des Johannes, TU 85, Akademie
Verlag, Berlin 1962, 2 1971. L'Autore divide il suo studio in due parti: (1) Il pre-
sente di Cristo (pp. 27-165): l'intronizzazione, il fondamento della sua sovranità 2. Agganci con la tradizione
nella morte, la signoria sulla chiesa e sul mondo; (2) Il futuro di Cristo (pp. 166-215):
la parusia come insediamento della sua signoria nel mondo, i suoi beni salvifici nel
nuovo eone, consumatore della storia. Prima ancora di sviluppare una propria cristologia, Ap si inne-
25
J. Comblin, Le Christ dans l'Apocalypse, Desclée, Paris-Tournai 1965. L'Au- sta su quella della chiesa primitiva, dimostrando di conoscerla, pri-
tore divide il suo studio in cinque capitoli: l'Agnello, servitore di Dio; Colui che ma ancora di volerla proseguire in termini propri. Ciò è caratteri-
viene (il Figlio dell'uomo, la parola di Dio, Gesù imperator, il Figlio dell'uomo
e il Maestro in 1QS, la Sapienza); il Testimone; il Cristo (in rapporto al Regno di stico di tutti i grandi teologi, che riprendono ma anche ripensano
Dio e al Padre); il Vivente. e ri formulano la comune fede cristiana.
26
Oltre al descrittivo E. Schmitt, Die christologischeInterpretation als das Grund-
legende der Apokalypse, TQ 140 (1960) 257-290, citiamo qui solo un paio di studi In Ap la tradizione è doppiamente presente: come ripresa sia della
complessivi. L'uno, di A. Satake, Christologie in der Johannesapokalypse im Zu- dimensione storica del personaggio sia della titolatura cristologica
sammenhang mit dem Problem des Leidens der Christen, in C. Breytenbach - H.
Paulsen, edd., Anfànge der Christologie. Festschrift F. Hahn, Vandenhoeck, Gòt- protocristiana.
tingen 1991, pp. 307-322, si preoccupa giustamente di collegare il discorso su Cri-
sto con l'esigenza di spiegare le sofferenze a cui sono esposti i cristiani. L'altro,
più originale, è di M.E. Boring, Narrative Christology in the Apocalypse, CBQ 54
(1992) 702-723, e pretende di individuare in Ap quattro livelli narrativi: (1) la storia 2.1 Identificazione storica di Gesù
di Giovanni e delle chiese, nella cornice epistolare; (2) la storia di Cristo e di Dio,
nelle visioni che riguardano Dio, Cristo, la sala del trono celeste, la vittoria del Messia, 2.1 A II nome "Gesù". Anche se non risulta che il Veggente ab-
il millennio; (3) la storia del mondo, nelle azioni drammatiche che sviluppano le
visioni, cioè la rottura dei 7 sigilli, il suono delle 7 trombe, il versamento delle 7 bia conosciuto la redazione scritta dei Vangeli29, va notato il ri-
coppe; (4) la storia di Dio, cioè la macrostoria non raccontata ma presupposta da lievo dato ali 'uso del nome "Gesù": su 14 ricorrenze, in ben 9 casi
ciascuno dei tre livelli precedenti; solo i primi tre livelli comporterebbero una cri- esso spicca da solo (cf. l,9bis; 12,17; 14,12; 17,6; 19,10bis; 20,4;
stologia. Il tentativo è interessante, ma resta a livello di superficie, senza scendere
in profondità nei contenuti specifici del discorso del Veggente; più utili sono le pp.
715-719 dove si distingue tra l'attività di Cristo nel passato (solo protologia; nulla 2
sull'incarmazione, pochissimo sul Terreno, che interessa solo per la sua morte- » A. Yarbro Collins, Revelation, Book of, ABD 5, Doubleday, New York-
risurrezione), nel presente (la sovranità sulla chiesa e sul mondo) e futura (alla fine London 1992, pp. 694-708 qui 705.
29
dei tempi). Cf. in merito L.A. Vos, The Synoptic Traditions in the Apocalypse, Kok,
27 Kampen 1965. Il Veggente tuttavia sa che Gesù ha avuto degli apostoli (cf. 21,14)
Vedi in particolare la tesi forte di E. Kàsemann agli inizi degli anni '60, se-
condo cui l'apocalittica è "la madre di tutta la teologia cristiana" (cf. un resocon- e che è stato crocifisso (cf. 11,8); inoltre, almeno il loghion sulla distinzione tra
to della discussione in R. Penna, a cura, Apocalittica e origini cristiane, pp. 11-17). Dio e Cesare (cf. Me 12,17//) gioca di fatto in Ap un ruolo fondamentale.
466 L'APOCALISSE DI GIOVANNI AGGANCI CON LA TRADIZIONE 467

22,16) senza l'aggiunta di altri titoli, i quali del resto sono presenti ti a parteciparvi nelle loro prove (cf. 2,13; 11,3; 17,6), così come
soltanto in passi di cornice epistolare (con "Cristo": 1,1.2.5; con in altri passi è detto che essi partecipano alla regalità e al sacerdo-
"Signore": 22,20.21). La mancanza di altri appellativi mette in zio. La testimonianza implica un impegno, il cui soggetto ultimo
risalto il fatto che esso è fondamentalmente "espressione di è lo Spirito dei profeti d'Israele (cf. 19,10: "La testimonianza è
umanità" 30 e richiama perciò il personaggio storico concreto an- lo Spirito di profezia") 34 ; se colleghiamo questa affermazione con
che senza la specificazione di "Nazareno" che si trova nei Vange- la finale delle lettere alle sette chiese ("Chi ha orecchi ascolti ciò
li. D'altronde, il nome non serve per rievocare fatti o detti della che lo Spirito dice alle chiese": 2,7.11.17.29; 3,6.13.22), ci si ren-
vita terrena, poiché è utilizzato nel corpo del libro (non nella se- de conto che è proprio la testimonianza resa da Gesù il contenuto
zione delle sette lettere nei capp. 2-3) nel contesto delle visioni apo- e la sorgente di ogni annuncio profetico (cf. Gv 15,26: "Il paracli-
calittiche. Ma proprio la sua presenza in questo ambito conferisce to, lo Spirito di verità testimonierà su di me"; 16,14: "Egli pren-
ad esse una nuova dimensione di tipo profetico e di testimonianza derà del mio e ve lo annunzierà"). L'intera Ap è percorsa da que-
vissuta, come a dire che per quanto inusitate e shoccanti siano le sta idea (da 1,2 fino a 20,4), nella quale si intrecciano cristologia
visioni, esse non riescono a nascondere i lineamenti tipici e storici ed ethos cristiano. Dunque il nome di "Gesù" è strettamente con-
di Gesù che sta alla base di tutta la fede cristiana. nesso con la fiera testimonianza da lui resa a prezzo della sua vita
In effetti, a parte l'autodesignazione nell'epilogo 31 , il nome ri- (cf. anche ITim 6,3: " H a dato la sua bella testimonianza davanti
corre praticamente sempre in connessione con il concetto di testi- a Ponzio Pilato"; 2,6-7: " H a dato se stesso in riscatto per tutti;
monianza. Colpisce in proposito il costrutto [xapxupia 'IrjaoG, lett. questa testimonianza egli l'ha data nei tempi stabiliti, e di essa io
"testimonianza di Gesù" (1,2.9; 12,17; 19,10bis; 20,4), che potrebbe sono stato fatto banditore e apostolo") 35 .
essere inteso come genitivo oggettivo (= "testimonianza resa dai 2.1.2 La davidicità di Gesù. In secondo luogo, viene affermata
discepoli a Gesù") 32 oppure soggettivo (= "testimonianza resa quattro volte la davidicità di Gesù, con una metafora sempre
personalmente da Gesù stesso"). Questa seconda possibilità sem- diversa.
bra la migliore33; infatti: (1) dove la "testimonianza di Gesù" è (1) "Colui che ha la chiave di David, colui che apre e nessuno
in parallelismo con "la parola di Dio" (1,2.9; 20,4), il genitivo de- chiuderà e chiude e nessuno apre" (3,7). C'è qui un richiamo a Is
v'essere in entrambi i casi di tipo soggettivo (come è Dio a parlare 22,22 ( = costituzione di Eliachim a maggiordomo al posto di Seb-
così è Gesù a testimoniare); (2) la frase "avere la testimonianza nà: "Gli porrò sulla spalla la chiave della casa di David: se egli
di Gesù" (12,17 [parallelismo con "osservare i comandamenti"]; apre nessuno chiuderà, se egli chiude nessuno potrà aprire"). Bi-
19,10; cf. 6,9) si riferisce a qualcosa che i cristiani hanno ricevuto, sogna però riconoscere che il riferimento a Davide è piuttosto estrin-
non che essi danno; (3) la qualifica di "testimone" riconosciuta seco, poiché l'affermazione centrale è quella di un potere esclusi-
esplicitamente a Gesù stesso (1,5; 3,14) fa di lui il vero soggetto vo, anche se non è subito del tutto chiaro a che cosa ci si riferisca
di una testimonianza decisiva resa a Dio e alla sua volontà mediante nel caso di Gesù36. Tenendo conto del seguente v. 12 ("Il vincito-
la sua morte in croce. I suoi discepoli sono semplicemente chiama-
34
Su questa linea è la tradizione giudaica concernente il profeta perseguitato
(specie Elia, Amos, Geremia); cf. gli apocrifi Giub. 1,12 ("Per far testimoniare contro
30
W. Foerster, in GLNT, IV, col. 917. di loro, invierò testimoni-profeti presso di loro ed essi non ascolteranno, uccide-
31
In 22,16 Gesù si presenta come l'ispiratore diretto della "rivelazione": si tratta ranno il teste e perseguiteranno anche quelli che cercano la legge") e in genere Vi-
di una ripresa e di una correzione cristo-logica dell'affermazione teo-logica di 22,6 tae proph. Secondo B. Moriconi, Lo Spirito e le chiese. Saggio sul termine "TtveG-
e in ultima analisi di una chiusura del cerchio con 1,1. |j.a" nel libro dell'Apocalisse, Teresianum, Roma 1983, la pneumatologia di Ap è
32
Cf. P. Vassiliadis, The Translation of Martyria Iesou in Revelation, Bible costantemente legata alla chiesa.
35
Translator 36 (1985) 129-134. Discutibile è il caso di Ap 14,12 dove si parla della morti; 'IT)<JOO: secondo al-
33
Essa è sostenuta in genere dai commentatori (cf. per es. Charles, Wikenhau- cuni si dovrebbe anche qui leggere un genitivo soggettivo ("la fede-fedeltà che fu
ser, Prigent, Giesen); vedi anche J. Comblin, Le Christ, pp. 141, 152; R. Filippini, quella propria di Gesù": cf. Harrington), ma secondo i più si tratterebbe della "fe-
La forza della verità. Sul concetto di testimonianza nell'Apocalisse, RivBibl 38 (1990) de dei cristiani in Gesù" (Wikenhauser, Prigent, Muller, Giesen); cf. 2,13.
401-449; e soprattutto I. Donegani, "À cause de la parole de Dieu et du témoigna- 36
Si fanno alcune ipotesi per determinare su che cosa si eserciti questo potere:
ge de Jesus...", pp. 353-388. (1) sulle Scritture o sulla rivelazione di Dio in generale (alcuni Padri); (2) sulla di-
468 L'APOCALISSE DI GIOVANNI AGGANCI CON LA TRADIZIONE 469

re lo porrò come una colonna nel tempio del mio Dio e non ne uscirà dell'inizio secolo II a.C.): "Come astro mattutino fra le nubi, co-
mai più"), si può pensare che a Gesù spetta la possibilità di deci- me la luna..., come il sole..., come l'arcobaleno"; nel giudaismo
dere chi possa entrare nella nuova Gerusalemme; egli solo cioè ha cosiddetto intertestamentario la metafora è ampiamente applicata
quel potere che in Mt 16,19 viene delegato a Pietro37. al Messia39. Probabilmente essa, in riferimento a Venere come stel-
(2) "Il leone della tribù di Giuda" (5,5: ó Xécov). Il riferimento la del mattino, era anche simbolo di vittoria e di potere nella sim-
è a Gn 49,9-10 ("Un giovane leone è Giuda... non sarà tolto lo bologia dei Cesari40.
scettro da Giuda... finché verrà colui al quale esso appartiene") Questi riferimenti alla davidicità di Gesù sono più frequenti che
e soprattutto al suo Targum: "Io ti paragonerò, o Giuda, figlio in qualsiasi altro libro del NT. Essi, come era inevitabile, sono con-
mio, al piccolo dei leoni... Tu ti riposerai e in mezzo al combatti- nessi con idee di forza, di potere, di vittoria, di splendore. Perciò
mento sarai come il leone e come la leonessa e non ci sarà né popo- si combinano bene con le concezioni messianico-regali del medio
lo né regno che resista contro di te. I re non mancheranno tra quelli giudaismo. Tuttavia, mai nel contesto di questi passi si trova il ti-
della casa di Giuda... finché venga il re-messia, a cui appartiene tolo "Cristo": segno evidente che si tratta di due serie di testi di-
la regalità e a cui si sottometteranno tutti i regni" (TgN). Viene versificate e che questo secondo titolo è più specifico della fede cri-
così evocata icasticamente l'idea di forza e di primato regale. stiana in quanto tale (cioè in quanto comprende anche l'idea della
(3) "La radice di David" (5,5: rj piCa; cf. 22,16). È un richiamo morte).
al celebre testo di Isaia 11,1.10:' 'Un germoglio (TM: hoter; LXX:
pà(38o<;) spunterà dal tronco (TM: gezcf\ LXX: pi'Coc) di lesse e un
virgulto (TM: nèser; LXX: àvGos) germoglerà dalle sue radici (TM: 2.2 Reimpiego della titolatura cristo logica tradizionale
serastm; LXX: piCa)... In quel giorno la radice (TM: sores; LXX:
pt£oc) di lesse si leverà a vessillo per i popoli". La sostituzione del 2.2.1 "Figlio dell'uomo" (1,13; 14,14). A differenza dei Vange-
nome di lesse con "David" fa emergere più direttamente Gesù co- li, in Ap questa qualifica non serve a designare un personaggio sto-
me davidide. L'interpretazione rabbinica di Is 11,1 in senso mes- rico, poiché il contesto di ricorrenza, come di norma nell'apocalit-
sianico è esplicita nel seriore midrash Tanhumà a Gn 49,8: "Per- tica giudaica, è quello della gloria celeste. Un aggancio con il lin-
ché i tuoi fratelli, o Giuda, ti loderanno?... Perché da te uscirà il guaggio gesuano è oggettivamente innegabile, ma è molto in-
Messia che redimerà Israele, come è detto: Una verga uscirà dal diretto41. Infatti la presentazione di questa figura diverge dai testi
tronco di lesse". evangelici fondamentalmente perché in Ap non si tratta di un per-
(4) "La stella radiosa del mattino" (22,16: ó àarrjp Ó XajArcpòs ó sonaggio terreno ma di un'apparizione celeste, posta in mezzo a
rcp<oivó<;; cf. 2,28). Sullo sfondo c'è l'oracolo di Balaam in Nm 24,17: sette candelabri; a ciò si aggiungono altre osservazioni di corolla-
"Una stella spunta da Giacobbe"38. Ma vanno confrontati anche rio: l'apparizione è corredata dalla descrizione di vari dettagli me-
altri testi, come Sir 50,6 (concernente il sommo sacerdote Simone, ravigliosi (cf. 1,13-16: abito talare, cintura d'oro al petto, capelli
candidi, occhi fiammeggianti, piedi come il bronzo, una voce co-
me il fragore delle acque, con sette stelle nella destra e una spada
mora dei morti, con riferimento a 1,18 ("Ho le chiavi della morte e dell'Ade"):
ma per regolare l'accesso e l'uscita? o nel senso che la Morte personificata è stata
39
vinta da Cristo? (3) sulla possibilità di scomunicare i Giudei come risposta all'e- Cf. Test. Lev. 18,3; Test. Jud. 24,1; 1QM 11,6; lQSb 5,27; 4QTest 9-13; CD
sclusione dei giudeo-cristiani dalle sinagoghe? (3) sulla nuova Gerusalemme, di cui 7,18-19. Nel Tg a Ester 10,3 si legge che Mardocheo era come "la stella del mattino
quella di Davide era solo un'immagine, e quindi sul regno escatologico? che brilla tra gli astri".
37 40
Così in genere i commentatori: cf. Wikenhauser, Ford, Prigent, Mùller, Gie- Cf. H. Giesen, Das Ramisene Reich, p. 2546, dove, partendo dalla stella del
sen. L'ipotesi di un contrasto storico con la prassi della sinagoga locale nello sco- mattino come simbolo di sovranità già per i babilonesi, si citano alcuni versi di Sta-
municare i Giudei cristiani è avanzata da R.H. Mounce, The Book of Revelation, zio, poeta di corte di Domiziano: " E sorge col nuovo sole, con gli astri sublimi,
NICNT, Eerdmans, Grand Rapids-Cambridge 1998 (• 1977), p. 100. / brillando con più chiarezza e anche maggiore della stella del mattino" (Silvae
38
Sulla 'stella di David' come simbolo storico di Israele, cf. per esempio J. 4,1,3-4: "Atque oritur cum sole novo, cum grandibus astris / Clarius ipse nitens
Maier-P. Schàfer, Piccola enciclopedia dell'ebraismo, Marietti, Casale Monferra- et primo maior Eoo").
to 1985 (orig. ted., Stuttgart 1981), coli. 587-588. 41
Cf. voi. I, pp. 134-143.
470 L'APOCALISSE DI GIOVANNI AGGANCI CON LA TRADIZIONE 471

affilata che esce dalla bocca), mentre sul piano letterario la for- (Lam 4,20)^, che indica la dipendenza del Messia rispetto a Dio
mulazione (ofxotov utòv àvGpcÓTcou, "simile a figlio d'uomo") diverge e insieme la sua stretta associazione funzionale a lui. Il contesto
doppiamente da quella evangelica in quanto non ha nessun artico- in Ap infatti è quello della regalità condivisa con Dio (vedi sotto).
lo e in più la figura è presentata solo come un paragone. In quanto Ciò avviene anche nelle altre due ricorrenze nel contesto del regno
tale, l'espressione si aggancia direttamente alla visione di Dn 7,13 millenario (cf. 20,4.6), di cui diremo più avanti.
(a)? utò? <xv9pó)7cou, "come figlio d'uomo"), a cui si aggiungono 2.2.3 "Signore". Su 21 ricorrenze, nella maggior parte è una de-
tratti sia del Vegliardo divino (cf. i capelli candidi in Dn 7,9), signazione di Dio in senso stretto (cf. 1,8; 4,8.11 ecc.). Discutibile
sia dell'uomo vestito di lino (cf. Dn 10,5-6), sia del davidide che può essere il passo di 14,13: "Beati quelli che sono morti nel Si-
giudica la terra (cf. Is 11,4; e ancora Ap 19,15). Soprattutto il gnore"; l'espressione può essere intesa o in senso giudaico (cf. Sap
personaggio rimanda esplicitamente alla propria risurrezione: "Io 5,15s: "I giusti vivono per sempre, la loro ricompensa è presso il
ero morto, ma ora vivo per sempre e ho potere sopra la morte Signore") o in senso cristiano (cf. ICor 15,18: "Coloro che si so-
e sopra l'ade" (1,18)42. Si può dunque dire con una certa sicu- no addormentati in Cristo"), ma è la seconda possibilità che viene
rezza che la designazione proviene sì dalla tradizione, ma non da preferita da tutti i commentatori 45 . Solo 5 volte il titolo Kyrios ha
quella della cristologia gesuana o protocristiana 43 . In ogni caso, sicuramente valenza cristologica: 11,8 ("...dove appunto il loro Si-
si allude alla dimensione umana di Gesù sia pure collocato in una gnore fu crocifisso"); 17,14 ("L'Agnello li vincerà perché è il Si-
atmosfera celeste. gnore dei signori"); 19,16 (detto del cavallo bianco: "Re dei re e
2.2.2 "Cristo" (solo sette volte). Nelle prime tre ricorrenze Signore dei signori"); 22,20 ("Vieni, Signore Gesù").21 ("La gra-
(1,1.2.5: cornice introduttoria) il termine è associato a "Gesù" zia del Signore Gesù sia con tutti voi"). I testi più tradizionali so-
e vale quindi come nome proprio (analogamente avviene già in no gli ultimi due (cf. rispettivamente l'invocazione aramaica Ma-
Paolo e negli altri scrittori neotestamentari). L'originalità mag- ranatha in ICor 16,22 e i saluti epistolari nell'escatocollo delle let-
giore si trova in 11,15 e 12,10 (contesto innico). Qui il nome ha tere paoline). Esaminiamo brevementre gli altri tre.
chiaro valore titolare, non solo perché è usato con l'articolo, ma In 11,8 il nesso tra Signore e croce è quanto mai stridente (vi
soprattutto perché è unito a un aggettivo possessivo come mai si può scorgere un parallelo con ICor 2,8: "Se l'avessero conosciu-
altrove in tutto il NT: "il suo Cristo", cioè di Dio. La formulazio- to, non avrebbero crocifisso il Signore della gloria"). Evidentemente
ne è tipicamente giudaica e richiama espressioni come le seguenti: abbiamo un riferimento a Gesù e alla sua morte, e si ribadisce che
"Egli concede misericordia al suo Unto" (2Sam 22,51); "Insorgo- il Signore dei cristiani reca paradossalmente i tratti infamanti di
no i re della terra e i principi congiurano insieme contro il Signore un condannato alla croce. In Ap la relazione contestuale con "i
e contro // suo Unto" (Sai 2,2; cf. Sai 19,50; 20,6; 28,8 ecc.); due testimoni" (11,3.10: "i due profeti"), da identificare proba-
"In quei giorni i re e i potenti... cadranno innanzi a lui e... non bilmente con Elia e Mosè come tipo dei cristiani perseguitati46, sot-
vi sarà chi li faccia alzare, perché hanno rinnegato il Signore degli
spiriti e il suo Unto" (lEn. 48,10); "Per il giorno della misericor-
dia Dio purifichi Israele... riconducendo il suo Unto" (Sai. Sa- 44
Essa è tradotta in greco con xpt<"°S Kupiou, come si legge nei LXX (cf. 2Sam
loni. 18,5). A monte c'è l'espressione ebraica meslah Yhwh 1,14; 19,21 ecc.) e in Sal.Salom. (cf. 17,32; 18, titolo e v. 7). Vedi in generale M.-
de Jonge, The Use of the Expression ó xP""ó<; in the Apocalypse of John, in J. Lam-
brecht, ed., L'Apocalypse johannique, pp. 267-281.
42 45
Sull'insieme, oltre ai Commenti, cf. U. Vanni, L'Apocalisse, pp. 115-136. Sul- Invece E. Corsini, Apocalisse, pp. 392-394, riferisce il passo ai giusti dell'A.T.
l'eventuale dimensione sacerdotale di questa figura, vedi più avanti (2.2.8). che hanno votato la loro vita alla testimonianza della Legge e all'attesa del Messia
43
Vedi in questo senso A. Yarbro Collins, The "Son of Man" Tradition and (cf. 14,12).
the Book of Revelation, in J.H. Charlesworth, ed., The Messiah. Developments 46
La portata simbolico-collettiva dei due testimoni era propria già di J.S. Con-
in Earliest Judaism andChristianity, Fortress, Minneapolis 1992, pp. 536-568. Da sidine, The Two Witnesses, Apoc 11:3-31, CBQ 8 (1946) 377-392; ma vedi soprat-
parte sua, L.T. Stuckenbruck, Ange! Veneration and Christology. A Study in Ear- tutto I. Donegani, "À cause de la parole de Dieu et du témoignage de Jesus... ",
ly Judaism and in the Christology ofthe Apocalypse of John, WUNT 2.70, Mohr, pp. 382-445; tra i commentatori, è messa fortemente in risalto da H. Giesen, pp.
Tubingen 1995, pp. 218-221, vi scorge una identificazione angelica sulla base di pa- 251 ss. Per una identificazione di Mosè come sostituto di Enoc, cf. E. Lupieri, Apo-
rallelismi con le angelofanie di Apoc.Abr. 10,1-11,6; Apoc.Sof. 6,15. calisse di Giovanni e tradizione enochica, RSB 7 (1995,2) 137-150 specie 146-148.
472 L'APOCALISSE DI GIOVANNI AGGANCI CON LA TRADIZIONE 473

tolinea la semantica propria del titolo di Kyrios dato a Gesù, che cristiano vincitore del mondo (cf. 21,7: "Sarò per lui dio [non "pa-
è pienamente tale solo in rapporto con la comunità cristiana e so- dre"!] ed egli sarà per me figlio"), riferendo a lui il testo ritoccato
prattutto quando essa è chiamata a condividere la sua stessa testi- di 2Sam 7,14 che propriamente parla di Salomone e, in prospetti-
monianza fino alla morte (e alla risurrezione). va, del Messia! Il cristiano dunque partecipa pienamente alla filia-
L'acclamazione "Signore dei signori" (ripetuta in 17,14 e 19,16) zione di Gesù. Ma in 2,18 la funzione del Figlio di Dio è quella
richiama alcuni testi dell'AT. Così leggiamo in Dt 10,17: "Yhwh di un giudice sovrumano, tanto che gli si attribuisce la facoltà di
vostro Dio è il Dio degli dèi, il Signore dei signori (TM: 'adone "scrutare i reni e i cuori" (2,23), secondo un'espressione che nel-
hà'àdonim; LXX: xópto? TÓÒV xupt'cuv), il Dio grande, forte e terribi- l'AT è riservata a Dio soltanto (cf. ISam 16,7; Sai 7,10; Ger 11,20).
le"; e in Sai 136,3: "Lodate il Signore dei signori, perché eterna 2.2.5 "Il Santo" (3,7), "// Verace" (3,1 A4; 19,11), "l'Amen"
è la sua misericordia"47. Essa dunque implica un'allusione suffi- (3,14). Queste tre definizioni le abbiamo già incontrate altrove, sia
cientemente chiara alla divinità del celebrato48. Questa acclama- pur in forma sparsa: rispettivamente in Atti (3,14; 4,27.30), nel
zione nei due passi citati è accompagnata da quest'altra: "Re dei Quarto vangelo (Gv 1,9; 6,32; 15,1: ma come mero aggettivo), e in
re", che perciò ha pure valore cristologico. All'origine epiteto dei Paolo (cf. 2Cor 1,20). È da notare che i primi due in Ap sono anche
sovrani assiro-babilonesi e poi persiani49, essa passa poi a designa- titoli di Dio stesso (cf. 6,10). Il primo, ó órfto<;, indica separazione,
re il Dio d'Israele (cf. 2Mac 13,4; 1QM 14,16; m.P.Ab. 3,1: "Da- diversità rispetto a ciò che è comune e profano. Il secondo, ó à\r\-
vanti a chi dovrai rendere conto? Davanti al Re dei re, il Santo, 8ivó<;, equivale in greco ad "autentico, genuino", e, secondo il cor-
benedetto egli sia"); anche in lTm 6,15 è una designazione di Dio. rispondente aggettivo ebraico 'amen, significa "affidabile, sicuro":
Entrambe perciò celebrano la divinità di Gesù, di cui esprimono in quanto tale, c'è equivalenza con la definizione cristologica di ó
la caratteristica del potere e del dominio50. TUCTCÓS (cf. 1,5; 3,14; 19,11; 22,6), già nota in forma aggettivale da
2.2.4 "Figlio di Dio" è presente solo in 2,18 (lettera alla chiesa Eb 2,17; 3,2. Il terzo, ó à^v, è l'unico caso in cui l'aggettivo ebrai-
di Tiatira; l'attribuzione a lui di occhi di fuoco e di piedi bronzei co si trova sostantivato e usato come titolo cristologico; probabil-
richiama la precedente figura del "figlio dell'uomo"). Nonostan- mente è un richiamo di Is 65,16 in cui due volte Dio è definito 'èlohé
te l'unica ricorrenza del titolo, l'idea ricorre altre volte là dove si 'amen, che viene variamente tradotto con "il Dio fedele" (CEI), "il
accenna al "Padre" suo (cf. 1,6; 3,5.21; 14,1). Curiosamente, l'u- Dio di verità" (BJ), "il Dio dell'amen" (TOB)51.
nico altro passo in cui si parla di una filiazione divina riguarda il 2.2.6 "Il principio della creazione" (3,14: r\ àpyj] vr\<; x-uaeax;).
Un parallelo neotestamentario di questa definizione cristologica si
47
Vedi anche lEn. 9,4: "(Allora Michele, Gabriele, Suriele e Uriele) dissero al
trova in Col 1,15 con cui condivide anche lo sfondo sapienziale an-
loro Signore, al re: Poiché sei Signore dei signori, Re dei re, Dio degli dèi, poiché ticotestamentario di Pro 8,22: "Il Signore mi ha formata rè'Mt
il trono della tua gloria è eterno e il tuo nome è santo e glorioso in eterno..., vedi darekò" (= "primizia della sua via", cioè del suo modo di agi-
allora quel che ha fatto Azazel [responsabile del male sulla terra]". Da parte sua
G.K. Beale, The Origin o/the Title 'King ofKings and Lord o/the Lords' in Reve- re"; LXX: àpxrjv ó&tòv aikou). Il termine ebraico rè'Sit, oltre a "prin-
lation 17.14, NTS 31 (1985) 618-620, attira l'attenzione su Dn 4,37 LXX: "Egli cipio, capo, inizio", significa spesso "primizia, primo frutto, pri-
è il dio degli dèi e il signore dei signori e il re dei re, che toglie il regno ai re e ne mogenito, ciò che c'è di meglio" (cf. Gn 49,3; Dt 21,17; Sai 78,51),
insedia altri al loro posto".
48
Forse essa implica una venatura polemica contro l'imperatore Domiziano (anni ma nel rabbinismo verrà addirittura personalizzato per interpreta-
81-96), che aveva deciso di essere designato in tutti gli scritti e i discorsi come Do- re Gn 1,1: "Il Santo, benedetto egli sia, guardò la Torah e creò
minus et deus noster (cf. Svetonio, Dom. 13); anche nel contemporaneo Marziale, l'universo ... E Rè'Sit è la Torah, come dice: Il Signore mi ha pos-
Epigr. 7,34 e 10,72, si trova il binomio Dominus deusque.
49
Cf. Nabucodònosor in Ez 26,7 e Dn 2,37; Artaserse in Esd 7,12. Erodoto im- seduta nel principio delle sue vie (= Pro 8,22)"52. Su questo sfon-
piega il titolo analogo ó [ilya./; PaaiXeu? (cf. 1,188,1 ecc.); così anche Eschilo, Pers.
24. Vedi anche A. Deissmann, Licht vom Osten, Mohr, Tùbingen 1908, 41923, pp.
3l0s, e T. Holtz, Die Christologie, pp. 154-156. 51
50 Cf. G.K. Beale, The Old Testament Background o/Rev 3.14, NTS 42 (1996)
Per la loro associazione, cf. Plutarco: dopo l'uccisione di Cesare, "Cassio oc-
cupò Rodi, ma non si comportò con mitezza, quantunque a coloro che lo acclama- 133-152.
52
vano quale Re e Signore dell'isola, mentre entrava in città, avesse risposto: 'No, Ber.R. 1,1 (trad. A. Ravenna); in ib. 1,10 si legge: "L'universo e quanto es-
no, né re né signore; io, anzi, ho ucciso il signore e il re' " (Bruto 30,3). so contiene non sono stati creati se non con la Torah, com'è detto: Il Signore con
474 L'APOCALISSE DI GIOVANNI AGGANCI CON LA TRADIZIONE 475

do Cristo va inteso non come primo essere creato ma come 'archi- di Gesù in Ap si possa considerare implicito (cf. sotto: 3.2.1), "tut-
tetto' che sta al fianco di Dio (cf. Pro 8,30) e che nello stesso mi- tavia la sua funzione e i suoi attributi sacerdotali sono fortemente
drash citato è definito "strumento di lavoro del Santo, benedetto attutiti e incomparabilmente meno evidenti dei suoi attributi rega-
egli sia", il suo assistente e addirittura il suo criterio di costruzio- li. Ciò si comprende dal fatto che Gesù, essendo posto al fianco
ne. In più, dato l'ambiente efesino di Ap, è forse possibile rifarsi di Dio, è considerato come oggetto di culto più che come mediato-
anche ai Presocratici della scuola di Mileto (secoli VI-V a.C), che re... D'altra parte (come Agnello sgozzato) egli è soprattutto con-
erano mossi dalla ricerca dell'arche o principio di tutte le cose53. siderato come la vittima del sacrificio. Perciò restava poco spazio
2.2.7 "Ilprimo e l'ultimo" (1,17; 2,8; 22,13), "l'alfa e l'ome- per spiegarsi sul suo sacerdozio"56.
ga" (22,13), "l'inizio e la fine" (22,13). Queste tre definizioni cri-
stologiche equivalgono a quella che abbiamo già trovato in Eb 13,8
e alla spiegazione di quel testo rimandiamo (cf. sopra: cap. IV, 2.3 Le due componenti del mistero pasquale
4.5.3). In più facciamo qui un paio di rilievi: innanzitutto, più che
mai in Ap le definizioni spaziano sul piano della storia, di cui Cri- Anche gli eventi pasquali, che sono storicamente il punto di par-
sto insieme a Dio è Signore; inoltre, va osservato che tutte e tre tenza della fede cristologica della chiesa, sono riferiti in Ap; o, me-
le definizioni in Ap valgono in primo luogo per Dio (cf. rispettiva- glio, ad essi viene fatto riferimento come al contenuto determinante
mente 1,4.8 e 4,8, poi 1,8 e 21,6, e infine ancora 21,6), alla cui dell'intera visione della storia, oltre che della vita cristiana. Ma non
natura e funzione Cristo soltanto partecipa54. è affatto tradizionale la loro formulazione, che perciò esaminia-
2.2.8 Sacerdote? Alcuni ritengono di vedere anche la definizione mo a parte.
di sacerdote, precisamente in 1,13: "In mezzo ai candelabri c'era 2.3 A La morte come sgozzamento. Sul lessico della morte di Gesù
uno simile a figlio d'uomo, vestito con un abito lungo fino ai piedi vanno fatte le seguenti osservazioni. Sono tradizionali, ma rarissi-
e cinto al petto con una fascia d'oro". L'interpretazione sacerdo- mi, soltanto i termini "crocifiggere" (solo in 11,8; nel NT: 45 vol-
tale si fonda essenzialmente sul fatto che il vestito richiama quello te), "morto", in contesto di risurrezione (tre volte: 1,5.18; 2,8),
del Sommo Sacerdote secondo la descrizione che ne dà FI. Giusep- e "sangue" (quattro volte: 1,5; 5,9; 7,14; 12,11 [anche 19,13?]).
pe (cf. Ant. 3,153-154)55. Ma, per quanto il carattere sacerdotale Sono poi del tutto assenti altri termini cristologici già propri della
tradizione: "croce" (NT: 27 volte), "morte" (NT: 19 volte), "mo-
rire" (NT: 6 volte), "uccidere" (NT: 15 volte)57, "soffrire" (NT:
la Sapienza fondò la terra ( = Pro 3,19)". Vedi anche T. Holtz, Die Christologie,
21 volte), "sofferenze" (NT: 7 volte). Del tutto nuovo, invece, e
pp. 143-148. assolutamente originale è l'impiego del verbo "sgozzare", a9<xCeiv
53
Ricordiamo che Varche per Talete era l'acqua, per Anassimandro era l'àpei- (5,6.9.12; 13,8), omogeneo alla metafora dell'agnello (cf. sotto).
ron, per Anassimene l'aria, e per Eraclito il fuoco. Di essi già Aristotele scriveva:
"I più degli antichi filosofi pensarono che i princìpi di tutte le cose (àpxà; TOXVTCOV)
fossero solo nella qualità della materia. Infatti, ciò di cui sono fatti tutti gli esseri,
ciò da cui derivano originariamente e in cui si risolvono infine gli esseri..., questo il Sommo Sacerdote secondo quel modello", con rimando a Es 28,4; Lv 8,7), so-
essi dicono essere elemento e principio delle cose che sono (a-coixeiov xat àpxrjv xùv prattutto Wikenhauser, Cerfaux-Cambier, Vanni, Mùller; addirittura Mounce, pp.
òVcwv)" (Met. A 983 b 7-12). 57s, ipotizza che qui culmini la presentazione di Gesù nei suoi tria munera: in 1,1
54
Oltre ai Commenti, vedi in particolare G. Ciolini, 'E-foó eìjit TÒ "A xocì tò "fi egli era presentato come profeta, in 1,5 come re, e in 1,13 come sacerdote. Contra-
(Ap 1,8), in E. Lupieri, F. Cardini, et al., Attualità dell'Apocalisse, Ed. Augusti- ri invece sono Charles, Prigent, Giesen, secondo i quali si tratta solo della descri-
nus, Palermo 1992, pp. 85-116 ( = definizione di omogeneità con Dio). Rileviamo zione di un personaggio importante (come in Dn 10,5; Ez 9,2), privo di funzioni
però che la definizione "Colui che è e che era e che viene" (1,4.8; 4,8) è esclusiva- sacerdotali; su questa linea vedi in particolare P.R. Carrell, Jesus and the angels.
mente teo-logica in senso stretto, anche se a volte è detto di Cristo che "viene" Angelology and the christology of the Apocalypse of John, SNTS MS 95, Univer-
(1,7; 2,16; 3,11; 16,15; 22,7.12) e la sua venuta è invocata dalla Sposa (cf. 22,17.20). sity Press, Cambridge 1997, pp. 129-174, il quale sostiene trattarsi di una cristofa-
Cf. J.F. Toribio Cuadrado, El Viniente. Estudio exegético y teològico del verbo nia sotto forma di angelofania (con rimando anche a Ap. Abr. 11,2; Ap. Sof. 6,11-12;
epxecrOai en la literatura joanica, "Monografias de 'Mayeùtica'" 1, Zaragoza 1993, Gius, e As. 14,8-9; 22,7; lEn. 102,2-5).
56
pp. 57-238. J. Comblin, La christologie, pp. 188s.
55 57
A favore si computano, oltre già a Ireneo (cf. Adv. haer. 4,20,11: "La tuni- C'è però il verbo "trafiggere" in 1,7 (derivato da Zc 12,10 secondo l'ebrai-
ca lunga fino ai piedi significa il potere sacerdotale: appunto per questo Mosè vestì co), impiegato anche in Gv 19,37.
476 L'APOCALISSE DI GIOVANNI LA CRISTOLOGIA DELL'AGNELLO 477

2.3.2 La risurrezione come vittoria. Sul lessico della risurrezio- 3. La cristologia dell'Agnello
ne va osservato quanto segue. Sono tradizionali le espressioni "pri-
mogenito dai morti" (1,5; cf. Col 1,18; Rm 8,29; Eb 1,6) e "vi- La più importante qualifica cristologica in Ap è certamente la
vente" (l,18bis; cf. Paoristo in 2,8; altrove l'associazione della vi- metafora de "l'agnello", TÒ àpvtov62. Il suo valore centrale e de-
ta con il Risorto nel NT: 10 volte). Non sono mai usati i verbi tra- terminante per la comprensione della cristologia del libro è sugge-
dizionali dcvt'<mr)(Ai58 ed èyetpw; sono anche assenti altri verbi sia pao- rito da una serie di osservazioni: la metafora è di fatto esclusiva
lini ("sovraesaltare", urcepucjjóco) sia soprattutto giovannei ("innal- del libro stesso63; essa è sconosciuta al giudaismo come titolo mes-
zare, glorificare", òcJ>óoo e 8o£àCw); così, non essendo mai citato il sianico (cf. sotto); il vocabolo risulta sempre in forma assoluta (sen-
Salmo 110, non si trova neanche la frase tradizionale "sedere alla za alcuna specificazione come quella che si legge in Gv 1,29.36)
destra" (presente nei Sinottici, in Paolo, in At, in Eb); è però vici- e quindi si tratta di una figura fortemente evidenziata; per la sua
na a Eb l'idea dell'associazione al "trono" di Dio (vedi sotto; il frequenza, essa innerva materialmente pressoché l'intero scritto (con
termine ricorre 45 volte su 60 nel NT; cf. Eb 8,1; 12,2). Completa- l'esclusione dei soli capitoli iniziali contenenti le lettere pastorali
mente nuove e tipiche di Ap sono invece altre due espressioni: "stare alle sette chiese); infine, la metafora risulta applicata ai tre stadi
ritto in piedi", detto dell'Agnello sgozzato (cf. il participio perfet- dell'esistenza e della funzione salvatrice di Gesù: egli è l'Agnello
to in 5,6: i<svr\xóq; 14,1: éaró<g), e soprattutto il verbo "vincere" sgozzato nel passato, è l'Agnello che oggi siede sul trono di Dio,
(vtxàw, 17 volte [su 27 volte nel NT, di cui 5 in lGv]), anche se ed è l'Agnello delle nozze escatologiche64. È necessario dunque che
solo 4 volte ha un'esplicita portata cristologica (in 3,21; 5,5; 17,14; studiamo da vicino questo originale tipo di linguaggio.
forse anche il cavallo bianco in 6,2 ["uscì vittorioso per vincere
ancora"]59; le altre volte è detto della bestia [11,7; 13,7] e soprat-
tutto dei cristiani: 2,7.11.17.26; 3,5.12.21; 12,11; 15,2; 21/7)60. 3.1 Origine e significato della metafora
Va notato che l'accostamento dei termini specifici di Ap nel par-
lare degli eventi pasquali, rispettivamente ' 'sgozzare' ' e ' 'stare in piedi- Nonostante i vari e generosi tentativi fatti in questo senso, biso-
vincere", è talmente contrastante e paradossale che crea inevitabil- gna fin d'ora riconoscere che "non si è ancora riusciti a indicare
mente nel lettore un accentuato straniamento. Esso però, creando per i contesti storico-religiosi che possano adeguatamente spiegare que-
così dire il desiderio di vederci più chiaro, si rivela fecondo ai fini er- sto titolo"65. Passiamo comunque in rassegna i cinque possibili
meneutici, poiché ripropone in modo nuovo il fondamentale para- ambiti di derivazione, partendo da quelli più periferici.
dosso del contenuto della fede cristiana, su cui l'intero libro riflette
e da cui trae maggior luce circa il suo impatto sulla vita cristiana61. 62
Essa ricorre ben 28 volte: 5,6.8.12.13; 6,1.16; 7,9.10.14.17; 12,11; 13,8;
14,1.4bis.l0; 15,3; 17,14bis; 19,7.9; 21,9.14.22.23.27; 22,1.3. A questi passi si può
58 aggiungere 13,11, dove il termine, pur essendo solo un paragone per descrivere "la
Abbiamo però due volte il participio perfetto di I'OXTIJXI riferito a Cristo-
Agnello: 5,6 e 14,1 ("stare in piedi"). bestia che sale dalla terra" (di cui si dice che "aveva due corna simili a quelle di
59 un agnello ma parlava come un drago"), serve per designare una delle concretizza-
Così Prigent, pp. 214-216, basandosi soprattutto sul parallelo con il cavallo
bianco di 19,11-16 e sul fatto che, a differenza degli altri tre, esso non è collegato zioni dell'Anticristo, il quale perciò qui è anche un 'anti-agnello'.
63
con una piaga ma "gli fu data una corona e uscì vincitore per vincere" (seguendo Ciò vale certamente per quanto riguarda il termine greco (propriamente di-
A. Feuillet, Le premier cavalier de l'Apocalypse, ZNW 57 [1966] 229-259); vedi minutivo di àpr|v, "agnello", ma con significato uguale), che non si trova mai al-
anche M. Bachmann, Noch ein Blick auf den ersten apokalyptischen Reiter (von trove detto di Gesù. Infatti, nel celebre passo di Gv 1,29.36 ("Ecco l'agnello di
Apk 6.1-2), NTS 44 (1998) 257-278; così già Ireneo, Adv. haer. 4,21,3. Al contra- Dio...") è impiegato il diverso vocabolo à^vó? (così anche in At 8,32 [= Is 53,7]
rio, Wikenhauser e Giesen ritengono che il cavaliere sia metafora di una qualche e lPt 1,19) e, nonostante l'elemento comune di una portata redentrice, vi mancano
potenza malvagia conformemente agli altri tre cavalli rosso-nero-verdastro ( = spada, due altri elementi importanti per Ap, cioè l'idea di trionfo sulle forze avverse e quella
fame, peste) che seguono in 6,3-8. C'è poi chi lo interpreta storicamente come allu- della regalità sulla storia degli uomini. Da ultimo notiamo che in Gv 21,15 c'è il
sione ai Parti che nel 62 d.C. vinsero i Romani presso il Tigri (così Charles e Miiller). plurale àpvia, "agnelli", ma è metafora dei cristiani che Pietro è incaricato di pascere.
60 64
Cf. in merito J.-W. Taeger, "Gesiegt! OhimmlischeMusikdes Wortes!". Zur Sulla densità tematica della metafora in quanto unisce in sé cristologia e so-
Entfaltung des Siegesmotivs in den joharineischen Schriften, ZNW 85 (1994) 23-46. teriologia, cf. R. Infante, L'Agnello nell'Apocalisse, Vetera Christianorum 32 (1995)
61
Cf. in proposito J.-C. Giroud, L'Agneau égorgéet debout, LumVie 45 (1996) 321-338.
35-42. 65
E. Lohse, Wie christlich ist die Offenbarung des Johannes?, p. 329.
478 L'APOCALISSE DI GIOVANNI LA CRISTOLOGIA DELL'AGNELLO 479

3.1.1 II sacrificio del Tamid ( = "per sempre, perpetuo") com- senza del termine <T9orpf| a cui si richiama il verbo proprio di Ap,
piuto quotidianamente nel Tempio di Gerusalemme: qui ogni gior- nel contesto isaiano c'è pure l'idea della redenzione dai peccati (cf.
no, mattino e sera, si offriva due volte in olocausto al Signore un Is 53,5-6.10a.l2c) come in Ap l,5b; in più vi è una prospettiva ra-
agnello, secondo il rituale prescritto in Es 29,38-42 e Nm 28,3-8. diosa di vittoria (cf. Is 53,12a: "Io gli darò in premio le moltitudi-
Ma vi si oppongono varie obiezioni: l'animale nel greco dei LXX ni, dei potenti egli farà bottino"), che è un tratto essenziale del-
è detto dcjxvós (TM: kebes); il rito è quello dell'olocausto, dove quindi l'Agnello di Ap. Le obiezioni sono di vario genere: in Is l'agnello-
il fattore-fuoco prevale su quello del sangue; si tratta di una ripeti- pecora è solo un paragone, mentre in Ap è una vera metafora; in
zione continua; e infine al tempo di Ap il Tempio non esisteva più. Is il servo non solo è muto (anche in Ap l'Agnello non parla mai)
3.1.2 In Ger 11,19 si legge: "Io ero come un agnello (TM: ke- ma è totalmente passivo, mentre in Ap è molto attivo; l'inconve-
bes; LXX: àpviov) innocente, che viene condotto al macello (0ue- niente maggiore è che in Ap, non solo non si cita mai Is 53, ma
aGoci: ad essere immolato)". Ma, nonostante la presenza dello stes- Cristo non viene mai qualificato con il titolo di "servo" (che il veg-
so sostantivo greco, qui si tratta di un semplice paragone autobio- gente riserva solo a sé [cf. 1,1], a Mosè [cf. 15,3], ai profeti [cf.
grafico; in più esso non è addotto per sviluppare alcun impatto sal- 10,7; 11,8], e in particolare a tutti i cristiani [cf. 1,1; 2,20; 7,3;
vifico delle prove sofferte dal profeta; inoltre il verbo impiegato 19,2.5; 22,6]).
nei LXX per indicare l'immolazione non è mai presente in Ap. 3.1.5 Interpretazione messianico-regale69. Alcuni testi giudaici,
3.1.3 L'agnello pasquale potrebbe avere dalla sua alcune anche se tutti extra-biblici, impiegano la metafora dell'agnello nel-
possibilità66. Infatti nella descrizione del rito in Es 12,6 ("L'assem- l'ottica di un vittorioso intervento sui nemici di Israele: il tema è
blea della comunità d'Israele lo immolerà [acpàCooaiv] al tramon- omogeneo con quello della vittoria dell'Agnello di cui si parla nel
to") è presente lo stesso verbo impiegato in Ap; esso inoltre è sim- nostro libro. Pur lasciando da parte il passo di Test. Jos. 19,8, forse
bolo della redenzione dalla schiavitù dell'Egitto e in più è garanzia interpolato 70 , è particolarmente eloquente in questo senso il testo
di protezione dall'Angelo sterminatore a motivo del "sangue" co- del Targum Palestinese JI a Es 1,15:
sparso sugli stipiti delle case. Ma i LXX non hanno il termine
"agnello" bensì Tcpóporrov, lett. "capo di bestiame" e in specie "pe- "Il Faraone disse che mentre dormiva vide in sogno che tutto il paese
cora", con il quale rendono l'ebraico seh, che di per sé significa d'Egitto era posto su un piatto di una bilancia e un agnello (talyà'), il
genericamente "ovino" 6 7 ; inoltre, l'agnello pasquale, avendo so- figlio di una pecora, sull'altro piatto della bilancia e il piatto su cui si
lo una funzione apotropaica, non ha alcun valore espiatorio dei trovava l'agnello si abbassava. Subito mandò a chiamare tutti i maghi
d'Egitto e raccontò loro il sogno. Allora Jannes e Jambres, capi dei ma-
peccati, a differenza dell'agnello di Ap; si aggiunga che l'agnello ghi, aprirono la bocca e dissero al Faraone: 'Un figlio è destinato a
di Ap non è affatto mangiato, come invece è essenziale che avven-
ga per quello pasquale.
3.1.4 La figura del Servo di Yhwh68. In Is 53,7 leggiamo: "Era
69
come agnello (TM: kasseh; LXX: à><; 7rpó(3ocTov) condotto al macel- Tra i commentatori, cf. soprattutto P. Prigent, pp. 193-195; e anche Moun-
ce, pp. 132-133.
lo (TM: lattebah; LXX: ini <j<p<xyr\v), come pecora (TM: kerùhèl; 70
Esso suona così: " E vidi che da Giuda nacque una vergine vestita di bisso
LXX: tó<; àuvós) muta di fronte ai suoi tosatori". A parte la pre- e da essa nacque un agnello senza macchia...; tutte le bestie lo assalivano, ma l'a-
gnello le vinse e le distrusse calpestandole". Secondo J. Jeremias, Das Lamm, das
aus der Jungfrau hervorging (Test. Jos. 19,8), ZNW 57 (1966) 216-219, si tratta
di un'interpolazione cristiana. Ma il fatto è evidente soprattutto in Test. Jos. 19,11
66
Cf. soprattutto T. Holtz, Die Cristologie, pp. 43-46; H. Giesen, pp. 165-166. (versione greca): "Onorate Levi e Giuda, perché da loro sorgerà per voi l'agnello
Anche U. Vanni, L'Apocalisse, p. 178, vede qui "il punto di contatto più aderen- di Dio che toglie il peccato del mondo, salvando tutti i popoli e Israele" (trad. P.
te", ma lo unisce alla possibilità successiva (Is 53), in cui vede "il punto di parten- Sacchi; la versione armena ha soltanto: " . . . sorgerà la salvezza d'Israele"). Proba-
za ispiratore". bilmente la stessa cosa va detta di Test.Ben. 3,8 (versione greca): "Si realizzerà la
67
Infatti il midrash Mek. Ex. su Es 12,3 spiega chiaramente: "Nel vocabolo seh profezia celeste riguardante l'agnello di Dio e il salvatore del mondo" (anche la
sono inclusi sia capretti sia agnelli (tlh wgdy), poiché è detto: '(Potrete mangia- versione armena, pur non menzionando l'agnello, è probabilmente interpolata: "Si
re...) il seh delle pecore e il seh delle capre' (Dt 14,4)". realizzerà la profezia celeste che dice: Colui che è senza macchia si contaminerà
68
Cf. soprattutto J. Comblin, La cristologie, pp. 17-47, e Wikenhauser, p. 84. per i trasgressori della Legge e colui che è senza peccato morirà per gli empi").
480 L'APOCALISSE DI GIOVANNI LA CRISTOLOGIA DELL'AGNELLO 481

nascere nell'assemblea d'Israele e per suo mezzo tutta la terra d'Egitto In conclusione, è difficile esprimersi per una sola delle possibili-
è destinata a essere devastata'" (segue l'ordine di uccidere i figli maschi tà elencate. Le più probabili sono le nn. 3-4-5, che evocano rispet-
degli ebrei). tivamente i concetti di sgozzamento (collegato con una liberazio-
ne), di espiazione (basata sulla sofferenza), e di memorabile vitto-
È testimoniata qui una antica tradizione probabilmente di ori- ria sui nemici. È possibile che su Giovanni abbia influito più di
gine pre-cristiana71. Il termine aramaico impiegato ha il dop- una matrice, come dà a vedere il fatto stesso che la metafora non
pio significato di "giovane ragazzo, servitore" e appunto di si presta a un'interpretazione univoca. La n. 5 è contestualmente
"agnello" 72 ; nel testo esso designa evidentemente Mosè e si rife- la più sottolineata in Ap (cf. sotto): lo si vede anche dal fatto che,
risce al fatto che egli fu vittorioso sugli Egiziani. Anche in Ap 15,3 non essendo mai l'Agnello descritto con le qualifiche di "senza mac-
abbiamo un accostamento dei due termini nella stessa frase, dove chia" o "perfetto" 75 , egli non è prevalentemente considerato nel-
si dice che i vincitori della Bestia "cantano il canto di Mosè, servo la sua funzione vittimale. Ad essa possono essersi aggiunte la n.
di Dio, e il canto dell'Agnello" (cf. anche 17,14: " E l'Agnello li 3 per il tema dello sgozzamento (pasquale) e la n. 4 per la valenza
vincerà", cioè i dieci re avversari). È come dire che il trionfo otte-
soteriologica dell'uccisione.
nuto da Mosè è ripetuto dall'Agnello, la cui vittoria pertanto è im-
plicitamente paragonata a quella dell'esodo. L'utilizzo dell'imma-
gine in Ap è anche omogenea con quella più rara di "leone" (cf.
3.2 Le funzioni dell'Agnello
sopra), che ancor più evidenzia l'idea di forza invincibile73. Essa
si trova anche altrove collegata con la metafora dell'agnello74. L'o-
L'identificazione esplicita dell'Agnello con Gesù Cristo non av-
biezione maggiore a questa matrice culturale della metafora è che
viene mai. La si deduce indirettamente da allusioni, come quella
in Ap l'Agnello è sgozzato e versa il suo sangue, mentre nei testi
del sangue (cf. l,5b; 7,14), della radice di Davide che apre il libro
giudaici citati non c'è nulla del genere; quindi il confronto regge
(cf. 5,5-9), e dei suoi 12 apostoli (cf. 21,14). L'indeterminatezza
solo per l'idea di vittoria ma non per quella di una anteriore (ap-
contribuisce molto a ritagliare l'Agnello come figura a sé stante,
parente) sconfitta.
dal forte spessore simbolico. In tutto il libro questa figura è sog-
getto di alcune funzioni fondamentali, che solo parzialmente si ri-
71
Per il testo e la sua antichità, cf. M. McNamara, The New Testament and fanno a quelle della cristologia tradizionale, mentre per lo più espri-
the Palestinian Targum to the Pentateuch, AnB 27, PIB, Rome 1966, pp. 93-96. mono nuovi sviluppi dovuti allo stesso Giovanni. Ne individuia-
Vedi anche K. Koch, Das Lamm, das Àgypten vernichtet, ZNW 57 (1966) 79-93
(escludendo però la sua tesi, secondo cui "agnello" sarebbe stato un titolo mes- mo sei.
sianico).
72
Cf. M. Jastrow, A Dictionary of the Targumim..., The Judaica Press, New 3.2.1 Lo sgozzamento e i suoi effetti', la morte di Gesù e la fun-
York 1985 ( = Philadelphia 1903), s.v., e J. Jeremias, in GLNT, I, coli. 919-920.
73
Cf. M. Hasitschka, 'Uberwunden hat der Lòwe aus dem Stamm Juda' (Offb zione soteriologica del suo sangue76. Il libro comincia di fatto con
5,5). Funktion und Herkunft des Bildes vom Lamm in der Offenbarung des Jo- una dossologia cristologica che celebra l'opera salvifica di Cristo-
hannes, ZKT 116 (1994) 487-493.
74
È il caso di lEn. 89,45; 90,6.9.37: " E il Signore delle pecore [ = Israele] man-
Agnello: " A colui che ci ama e ci ha riscattati dai nostri peccati
dò la pecora [ = Samuele] da un'altra pecora [ = Davide] e la suscitò perché divenis- col suo sangue e ha fatto di noi un regno, dei sacerdoti per il suo
se caprone [ = re] e guidasse le pecore invece di quella pecora [ = Saul]... E i piccoli Dio e Padre, a lui la gloria e la forza nei secoli" (l,5b). Vi si rico-
agnellini [ = il movimento maccabaico] furono generati da quelle pecore... fin quando
spuntarono le corna di quelle pecore, e si aprirono i loro occhi [segue il giudizio nosce anzitutto che alla radice del riscatto c'è un atto di amore,
di Dio contro i nemici d'Israele]... E vidi che era nato un bue bianco [ = il Messia],
dalle grandi corna, e tutti gli animali della selva e tutti gli uccelli del cielo lo teme-
75
vano e lo pregavano per tutto il tempo" (trad. L. Fusella). In comune con Ap ci In Ap l'Agnello non è mai qualificato con nessuno dei due aggettivi àfiwixo?
sono le corna (cf. Ap 5,6b) e anche la funzione pastorale (cf. Ap 7,17). Le varianti e TÉXEIO? (TM: tam), che nel Pentateuco esprimevano una richiesta fondamentale
del caprone e del bue, pur diverse dall'agnello, si collocano comunque in una sim- delle vittime da offrire in sacrificio, compresi gli agnelli (cf. Es 12,5; 29,38; Lv 12,6;
bologia messianica teriomorfa; in ogni caso, gli "agnellini" simbolo del movimen- 14,10; Nm 6,14; 28,3.9 ecc.), come si vede anche in lPt 1,19.
to maccabaico richiamano l'idea della vittoria che appunto i Maccabei riportarono 76
Si noti che il sangue dell'"Agnello" in 5,9; 7,14; 12,11 è lo stesso di quello
sui Seleucidi nel secolo II a.C. attribuito a "Gesù Cristo" in 1,5.
482 L'APOCALISSE DI GIOVANNI LA CRISTOLOGIA DELL'AGNELLO 483

segnato dal sangue, che contraddistingue Gesù come un perenne ra, il cui nome non è scritto nel libro della vita fin dalla fondazio-
"amante" (cf. il participio presente: TO> àyanàvti r\\iSi<;, "a colui ne del mondo, stupiranno...")79. È perciò preferibile la prima pos-
che ci ama"), ma che in concreto si è puntualmente dispiegato nel sibilità. Comunque, in 13,8 come anche in 21,7 il libro della vita
passato (cf. l'aoristo Xuaavxt; e 3,9: "ti ho amato"). Questo amore è detto "dell'Agnello": la precisazione è fondamentale per dire che
dunque ha due momenti: quello del suo esercizio costoso e quello il rapporto con Cristo è risolutivo, poiché il disegno del Creatore
della sua fecondità per i beneficiari. tende già fin dall'inizio verso l'evento pasquale della sua morte,
3.2.1.1 La morte di Gesù in quanto tale non è molto evidenzia- attorno a cui si organizza tutta la storia della salvezza80. (2) In se-
ta. A parte l'unica occorrenza, per di più quasi marginale, del ver- condo luogo, incontriamo l'originale immagine delle sofferenze del
bo "crocifiggere" (cf. 11,8), essa è segnalata soprattutto da un'al- parto in 12,2.5: "(Una donna vestita di sole) era incinta e gridava
tra, triplice forma di linguaggio. (1) Innanzitutto abbiamo il verbo per le doglie e il travaglio del parto... Essa partorì un figlio ma-
"sgozzare" (5,6.9.12; 13,8), che allude alla morte violenta patita schio". Anche se alcuni commentatori riferiscono questi dolori al-
da Gesù. È proprio questa dimensione vittimale di violenza, più l'imminenza dell'evento escatologico cioè all'ultima venuta di
che non quella specificamente sacrificale, ad essere sottolineata nei Cristo81, sembra meglio leggervi un riferimento ai dolori della Pas-
passi in cui esso ricorre; infatti, di volta in volta lo sgozzamento sione di Gesù, il quale, Messia proveniente dalla donna-Israele, rea-
è collegato con idee di forza come lo stare in piedi connotato da lizza l'evento escatologico già nascendo il mattino di Pasqua82.
simboli di potere (5,9), l'apertura dei sigilli del libro e l'acquisizio- L'idea della morte di Gesù come un parto infatti è giovannea, es-
ne di un popolo (5,9), l'ottenimento di potenza-gloria-onore (5,12). sendo presente anche in Gv 16,21-22. In più, anche a Qumràn si
Lo stesso avviene in 13,8, dove si legge letteralmente così: "L'a- può leggere di una nascita già attuale della comunità stessa, avve-
doreranno ( = la Bestia) tutti gli abitanti della terra, il cui nome nuta nei dolori del parto83. (3) Soprattutto abbiamo poi l'uso del
non è scritto nel libro della vita dell'Agnello sgozzato fin dalla fon- sostantivo "sangue" (1,5; 5,9; 7,14; 12,11). A parte l'ultima di que-
dazione del mondo". Qui, a parte la bella immagine del libro della ste ricorrenze, dove è connesso con un'idea di vittoria esterna (con-
vita77, si pone un problema d'interpretazione che consiste nel sa- tro il Drago), nelle altre esso è sempre collegato con un evento di
pere se il complemento conclusivo ("fin dalla fondazione del mon- riscatto e quindi con l'idea di un evento che riguarda positivamen-
do") vada collegato con la frase "non è stato scritto" oppure con te l'identità interiore dei beneficiari.
1'"Agnello sgozzato". Questa seconda possibilità sembrerebbe mi-
gliore per via dell'accostamento sintattico78. Ma in questo modo, 79
Così in genere le traduzioni (CEI, BJ TOB, TILC) e i commentatori Wiken-
a parte il fatto che sarebbe stemperata la storicità di Gesù, si an- hauser, Lohse, Mùller, Giesen; da parte sua, T. Holtz, Die Christologie, p. 151,
drebbe contro l'evidente parallelo in 17,8 ("E gli abitanti della ter- accenna al rischio gnosticheggiante di una avversione verso la storia. In questo ca-
so, il passo riguarda la teologia della predestinazione (come in Mt 25,34; Ef 1,4).
80
Cf. P. Prigent, p. 411.
81
Cf. Mùller e soprattutto Giesen; su questa linea anche U. Vanni, L'Apoca-
77 lisse, pp. 240-241. In questa prospettiva la donna è l'attuale comunità cristiana per-
Essa si ritrova in 3,5; 17,8; 20,12.15; 21,27 e ha dei chiari precedenti sia bi-
blici (cf. Es 32,32s; Sai 69,29; Dn 7,10; 12,1; MI 3,16; cf. anche Sai 56,9; 139,16; seguitata, che attende la nascita del Messia come evento che deve ancora verificar-
e anche Fil 4,3 oltre a Le 10,20; Eb 12,23) sia extrabiblici (cf. Giub. 30,22: "Se si. Per un'interpretazione che non esclude la prospettiva mariologica, cf. P. Far-
avranno deviato... saranno iscritti come nemici nelle tavole del cielo e saranno can- kas, La "donna" di Apocalisse 12. Storia, bilancio, nuove prospettive, "Tesi Gre-
cellati dal libro dei vivi"; lEn. 47,3: "Vidi il Capo dei Giorni assiso sul trono della goriana, serie teol." 25, PUG, Roma 1997.
82
sua gloria e innanzi a lui erano aperti i libri dei viventi"; 104,1). Secondo l'espres- Cf. il commento di P. Prigent e lo studio di A. Feuillet, Le Messie et sa Mère
sione di K. Barth, " è un libro che non ha due colonne, ma una sola" (KD 11/2,15, d'après le chap. XII de l'Apocalypse, in Id., Études johanniques, Desclée, Paris
citato in C. Brùtsch, La clarté, p. 80), cioè contiene solo il nome degli eletti. 1962, pp. 272-310.
78 83
Così infatti (dopo già Tommaso d'Aquino in Sum.Th. Ili, p. 83, a.l: "Chri- In 1QH 3,7-12 si mettono in contrasto due donne incinte: una che dà alla lu-
stus dici immolari etiam in figuris Veteris Testamenti", cioè da Abele in poi) riten- ce "un consigliere miracoloso con la sua forza" e un'altra che "è incinta del ser-
gono Lutero, Charles, Prigent, Mounce, Corsini; quest'ultimo scrive che si tratta pente"; all'interpretazione escatologizzante, che riferisce i due nati al Messia ven-
di un "effetto per così dire anticipato del sacrificio di Cristo... che si compie anche turo e all'Anticristo, è forse preferibile l'interpretazione storicizzante, che identifi-
attraverso la morte degli innocenti e dei giusti vittime della violenza" (pp. 350-353). ca i nati rispettivamente nella comunità stessa di Qumràn e in una setta rivale (cf.
In questo caso, il passo riguarderebbe la soteriologia del sacrificio di Cristo nei suoi C. Martone in F.G. Martinez - C. Martone, Testi di Qumràn, Paideia, Brescia 19%,
effetti sovratemporali. p. 530 note 2 e 4).
484 L'APOCALISSE DI GIOVANNI LA CRISTOLOGIA DELL'AGNELLO 485

3.2.1.2 La fecondità della morte di Gesù è giocata su due regi- vece è ciò che leggiamo a proposito dei 144.000 contrassegnati:
stri, individuale e comunitario. "Questi sono coloro che non si sono contaminati (oux èfxoXuvOrjaav)
3.2.1.2.1. Per quanto riguarda il suo impatto sull'individuo, es- con donne, poiché sono vergini e seguono l'Agnello dovunque va-
so è prevalente in alcuni testi, in cui viene variamente descritto co- da" (14,4). Di questa frase, se non la si vuole considerare forzata-
me uno "scioglimento-liberazione dai peccati" (l,5b: Xuw)84, co- mente come un'interpolazione88, si danno comunemente due in-
me un imbianchimento delle vesti (7,14: Xeuxatvco), e come un terpretazioni, letterale o simbolica. Alla lettera essa sarebbe indice
"riscatto-acquisto" (5,9: àyopàCw; cf. 14,3.4)85. Particolarmente di un radicale encratismo, per di più antifemminista89; ma allora
originale è l'idea dell'imbianchimento: "Questi sono coloro che ven- i 144.000 dovrebbero essere tutti di sesso maschile, il che è invero-
gono dalla grande tribolazione e hanno lavato le loro vesti e le han- simile. In senso simbolico, essa viene riferita ai fedeli di Cristo in
no rese bianche nel sangue dell'Agnello" (7,14). Di grande effica- generale in quanto non si sono macchiati con l'idolatria (del culto
cia è il contrasto fra il sangue (rosso) e il colore bianco che esso a Cesare), visto che il verbo impiegato sembra già essere stato usa-
produce, a indicare il forte potere purificante che gli è proprio. to proprio in questo senso in 3,4 ("A Sardi vi sono alcuni che non
L'immagine, oltre che richiamare Gn 49,11 ("Giuda... lava nel vi- hanno macchiato [oùx è^xóXuvav] le loro vesti: essi mi scorteranno in
no la veste e nel sangue dell'uva il manto": ma qui si vuol soltanto vesti bianche perché ne sono degni; il vincitore sarà dunque vestito
esprimere un'idea di abbondanza col dire che il vino sarà più ab- di bianche vesti..."); a monte allora viene visto il concetto profeti-
bondante dell'acqua) ed Es 19,14 ("Mosè... fece purificare il po- co dell'idolatria d'Israele come prostituzione ad altri dèi (cf. Os 2;
polo ed essi lavarono le loro vesti", cioè per essere pronti all'in- Ger 3,6-13; Ez 16; 23)90. Ma che le donne siano intese come sim-
contro con Dio al Sinai), riprende soprattutto Is 1,18 ("Anche se bolo degli idoli è del tutto inusitato, per non dire che il verbo in 3,4
i vostri peccati fossero come scarlatto, diventeranno bianchi come si riferisce meglio al comportamento morale dell'uomo nel suo
neve; se fossero rossi come porpora, diventerannno come lana"). insieme91 (cf. Zc 3,3-6, dove a Giosuè che indossa vesti immonde
Il colore bianco nella tradizione biblica esprime sia un'idea di vit- l'angelo del Signore dice: "'Ecco, io ti tolgo di dosso il peccato;
toria sia la caratteristica della gloria divina, a cui perciò il redento fatti rivestire di abiti da festa', e... lo rivestirono di candide vesti";
partecipa86. La frase implica probabilmente un riferimento al bat- vedi anche Mt 22,11-14). Bisogna perciò calcolare il fatto che il Veg-
tesimo, tanto più che spesso nel NT esso è spiegato come un lavag- gente voglia qui semplicemente presentare il suo proprio ideale asce-
gio (cf. At 22,16; ICor 6,11; Ef 5,26; Tt 3,5; Eb 10,22; cf. Gv 13,10; tico di continenza, che doveva costituire la sua personale forma di
lPt 3,20-21), mentre altre volte si attribuisce al sangue di Cristo vita e forse anche quella di un circolo a cui egli apparteneva92. Es-
un potere di purificazione (cf. Eb 9,14; lGv 1,7: "Il sangue di Ge- si fanno parte del corteo dell'Agnello, ma sono gli esponenti di tut-
sù figlio suo ci purifica da ogni peccato")87. Problematico in- ti coloro che "hanno lavato le loro vesti nel sangue dell'Agnello"
(17,14) e che egli "condurrà alle fonti della vita" (7,17).
84
II greco Xuaavn, " a colui che ci ha sciolti-riscattati", è testualmente preferi-
88
bile alla variante Xoóoocvxt, " a colui che ci ha lavati"; in ogni caso, non si può nega- Così Charles, II, p. 8.
89
re che la formula abbia un "Sitz im Leben" di carattere battesimale (cf. E. Schùs- Su questa linea erano alcuni Padri della Chiesa come Gerolamo; cf. G. Sfa-
sler Fiorenza, Redemption as Liberation: Ape 7:5/. and 5,9f., CBQ 36 [1974] meni Gasparro, Enkrateia e antropologia, Augustinianum, Roma 1984, pp. 295-296.
90
220-232). Così in genere i commentatori: Wikenhauser, Lohse, Prigent, Giesen. Altri
85
II riscatto è detto avvenire "dalla terra" (14,3; cf. 14,4: "dagli uomini"), nel invece (cf. Caird, Ford) pensano che giochi qui la categoria della purità sessuale
senso che i cristiani hanno ormai un altro orizzonte di vita. richiesta in vista della guerra santa (cf. Dt20; 23,9-10; cf. lSam21,5; 2Sam 11,11;
86
Cf. W. Michaelis, Xeuxó?, in GLNT, VI, coli. 657-682 (cf. in questo senso an- 1QM 7,3s) condotta dall'Agnello; ma, anche se in Ap si parla di una vittoria al
che i "capelli candidi" del Vegliardo in Dn 7,9, attribuiti al Figlio dell'uomo in plurale (cf. 12,11: "essi lo vinsero"), il combattimento al plurale invece, se non
Ap 1,14). riguarda Michele con i suoi angeli (cf. 12,7) o gli accoliti della Bestia (cf. 17,14),
87
Forse è in questa prospettiva che va considerato anche il numero dei 144.000, è sempre al singolare e il soggetto è solo Cristo (cf. 2,16; 19,11; anche in 12,11 si
che hanno segnato in fronte il nome dell'Agnello e quello del Padre suo (cf. 14,1); specifica: "mediante il sangue dell'Agnello").
91
essi sono detti "primizia per Dio e per l'Agnello" (14,4), o come porzione consa- Cf. Mùller, p. 126; contro W. Hauck, fxoXuvw, in GLNT, VII, coli. 463-465.
92
crata a Dio (cf. Ez 45,1; 48,9) o come gruppo che preannuncia una totalità (cf. Così il commento di Mùller e lo studio di G. Kretschmar, Ein Beitrag zur Fro-
Ap 7,9: "una moltitudine che nessuno poteva contare"). ge nach dem Ursprung frùhchristlicher Askese, ZTK 61 (1964) 27-67.
486 L'APOCALISSE DI GIOVANNI LA CRISTOLOGIA DELL'AGNELLO 487

3.2.1.2.2 A proposito dell'efficacia più propriamente comuni- Un ottimo commento a questi due passi è stato fatto da
taria della morte di Gesù abbiamo la chiara affermazione di 1,6: Vanhoye95, che ne trae una serie di considerazioni. (1) Innanzitutto
" E fece di noi 93 un regno, sacerdoti per il Dio e Padre suo", a cui vi si scopre una triplice contrapposizione con Es 19,6: figli d'Israele
è parallela quella di 5,9-10: "Fosti sgozzato e riscattasti per Dio - cristiani; "sarete" - "fece"; verbo di stato - verbo di azione che
col tuo sangue (uomini) di ogni tribù e lingua e popolo e nazione ha per soggetto Gesù Cristo. (2) C'è poi un legame stretto fra libe-
e facesti di essi per il nostro Dio un regno e dei sacerdoti" 94 . razione dal peccato e consacrazione sacerdotale: l'azione di Cristo
ha un effetto negativo di distruzione e un effetto positivo di tra-
Alla base c'è un evidente riferimento biblico al testo di Es 19,6: "Voi sformazione. (3) L'azione di Cristo è stata fatta "per Dio" che è
sarete per me un regno di sacerdoti", che viene reso diversamente dai anche "Padre suo": soltanto il Figlio poteva innalzare gli uomini
LXX ("Voi sarete per me un sacerdozio regale"), dal targum TgN ("Voi al livello del suo puro rapporto col Padre. (4) Ap non usa il collet-
sarete per il mio nome re e sacerdoti") e da lPt 2,5.9 ("per un sacerdo- tivo hieràteuma (come nei LXX e in lPt) ma il plurale concreto
zio santo... regale sacerdozio"). La traduzione che abbiamo dato in 1,6
e personale hierets: la dignità sacerdotale è propria di ogni singolo
"un regno, sacerdoti" rende fedelmente l'accostamento dei due nomi,
che non sono coordinati con un complemento ("un regno di sacerdo- cristiano, cosicché la prospettiva non è tanto quella di un sacerdo-
ti") ma solo in forma appositiva ((3ocaiXeiav tepei? [invece di tepéwv]); zio collettivo quanto piuttosto di una pluralità di sacerdoti (cf. quat-
l'autore in questo modo dà una versione servile dell'ebraico mamleket tro volte il pronome " n o i " in l,5b-6).
kohanim, che grammaticalmente forma un sintagma unico ("regno di Con il suo sangue, dunque, Cristo-Agnello ha posto in essere una
sacerdoti") ma che lessicalmente appare come semplice giustapposizio- nuova comunità. Per i suoi membri egli ha ottenuto la possibilità
ne di due nomi (come si vede ancor più chiaramente nel testo di 5,10 di un accesso senza ostacoli a Dio suo padre, come solo dei sacer-
e nel Tg). doti possono fare96. Il concetto di regalità, da parte sua, esprime
la relazione dei cristiani con il mondo, a cui non sono più sotto-
Nei due passi l'azione di Cristo-Agnello è descritta con tre verbi messi; ma essa è possibile solo in base al loro rapporto sacerdotale
che si richiamano in entrambi i casi secondo questa struttura: con Dio, che si esercita anche nelle prove della sofferenza e della
persecuzione.
l,5b-6 5,9b-10
" A colui che ci ama "Fosti sgozzato 3.2.2 L'associazione al trono di Dio. È al suo sgozzamento e quin-
e ci ha liberati... e hai riscattato... di al suo sangue che Gesù deve la sua intronizzazione. Questa espri-
e fece di noi e facesti di essi me fondamentalmente una dignità acquisita, ma forse non è esclu-
un regno, sacerdoti per il nostro Dio sa una dimensione di tipo ontologico.
per il Dio e Padre suo". un regno e dei sacerdoti". 3.2.2.1 Già nella lettera alla chiesa di Laodicea è scritto che egli
si è seduto sul trono del Padre suo come conseguenza di una sua
vittoria (cf. 3,21). L'affermazione qui è formulata come risvolto
93
Su questo pronome personale c'è una questione di carattere testuale che ha di una promessa al cristiano vincitore nelle prove, al quale appun-
degli importanti risvolti teologici: la nostra versione "facesti di noi (^(xa?)" affer- to viene prospettata la possibilità di condividere il trono di Cri§to
ma che tutti i cristiani individualmente sono essi stessi dei sacerdoti; invece la di-
versa lezione "facesti per noi (f|(xtv)" supporrebbe che tra i cristiani ci sono solo
alcuni sacerdoti che esercitano il loro ufficio per tutti gli altri. Se questa seconda
95
lezione ha a suo favore una discreta tradizione manoscritta (il codice maiuscolo A, Cf. A. Vanhoye, Sacerdoti antichi e sacerdote nuovo secondo il Nuovo Te-
del secolo V, e un certo numero di minuscoli), la prima è certamente da preferire stamento, LDC, Torino-Leumann 1985, pp. 219-224 e 224-230. Sull'insieme del te-
per la maggiore attestazione (il codice maiuscolo S, del secolo IV, e la stragrande ma vedi anche l'importante monografia di E. Schùssler Fiorenza, Priesterfùr Gott.
maggioranza dei minuscoli) e per un'altra variante Ì\[LCÌV che va nello stesso senso Studien zum Herrschafts- undPriestermotiv in der Apokalypse, NA N.F. 7, Aschen-
(col codice maiuscolo C, del secolo V, e pochi minuscoli). dorff, Munster 1972.
94 96
Un terzo passo in 20,6 ("Saranno sacerdoti di Dio e di Cristo, e regneranno II tema concernente l'ottenimento dell'accesso e della familiarità con Dio è
con lui mille anni") non è connesso col sangue dell'Agnello ma con la gloria mille- tipico già di Paolo e della tradizione paolina; cf. R. Penna, "Voi non siete più stra-
naristica. nieri né ospiti": E/2,19; cf. Col 1,21, Parola Spirito e Vita 28 (1993,2) 183-198.
488 L'APOCALISSE DI GIOVANNI LA CRISTOLOGIA DELL'AGNELLO 489

così come egli ha vinto e condivide il trono di Dio; la prospettiva viventi102; e in 5,11: miriadi di miriadi di angeli103), e i gesti che
dunque è parenetica prima che cristologica. Del resto, il tema del- i vari personaggi celesti compiono (in 4,8-11: canti di lode, pro-
l'associazione dei discepoli al trono celeste è già presente nei Si- strazioni, lanci di corone). Ebbene, il fatto che l'Agnello sia para-
nottici (cf. Mt 19,28/Lc 22,30). Anche quello dell'associazione di dossalmente "in mezzo" al trono, senza specificare il suo rappor-
Cristo al trono di Dio è tradizionale (sulla base di Sai 110,1; cf. to di collocazione con il Sedente che già lo occupa probabilmente
sopra: 3.3.2). Ma in 3,21 abbiamo soltanto un'anticipazione della pure al centro, dice che egli condivide in pienezza l'autorità di Dio
sezione delle visioni, dove il tema viene sviluppato più ampiamen- stesso104.
te e con un linguaggio del tutto originale. Nel libro dell'Apocalisse l'Agnello compare per la prima volta
In 5,6 infatti il Veggente vede **/« mezzo al trono (èv (xéaco TOG in questo contesto di regalità divina trionfante. In 5,12 l'innume-
Gpóvou)... un Agnello ritto in piedi come sgozzato". I paradossi revole corte angelica riconosce e celebra il passaggio a lui di una
qui si accumulano. Non solo l'Agnello sta sulle sue zampe pur es- serie di sette proprietà ("potenza, ricchezza, sapienza, forza, ono-
sendo sgozzato, ma egli pur essendo sul trono vi sta in piedi, non re, gloria, benedizione"), di cui alcune già in 4,11 erano attribuite
seduto. Infatti, "colui che siede" sul trono (13 volte: 4,2.3.9.10; al Sedente, e che comunque nella tradizione giudaico-biblica ap-
5,1.7 ecc.) è sempre Dio, mai l'Agnello; anzi, in 5,13 si distingue partengono soltanto a Dio; così infatti si legge per esempio in lCr
chiaramente tra l'uno e l'altro. L'attenzione dunque è rivolta al- 29,11-12: "Tua, Signore, è la grandezza, la potenza, la gloria, lo
l'importanza del trono stesso come sede di un potere e manifesta- splendore e la maestà... Signore, tuo è il regno; tu ti innalzi sovra-
zione di una gloria apparentemente inaccessibili perché riservate no sopra ogni cosa. Da te provengono la ricchezza e la gloria...:
a Dio soltanto97. Ciò è molto ben sottolineato già nell'intero cap. nella tua mano c'è forza e potenza; dalla tua mano ogni grandezza
4, con cui inizia tutta la serie delle visioni98. Qui una vera molti- e potere" (cf. lCr 16,27-28). Inoltre, l'omaggio di "lode, onore,
plicazione di immagini descrive fantasmagoricamente il Sedente gloria, e potenza" proveniente a lui dai tre livelli del creato in 5,13
(in 4,2-3) e il trono (in 4,5a), la sua collocazione al di là di un ("Tutte le creature del cielo e della terra e sotto la terra e nel mare,
mare cristallino (in 4,6a)99, la composizione della corte che lo at- e tutte le cose ivi contenute") richiama la confessione innica di Fil
tornia (in 4,4.5b.6b-7: 24 vegliardi100, 7 lampade accese101, 4 esseri 2,10 che riconosce al Risorto il titolo divino di Kyrios105.
In questo senso vanno lette le due affermazioni complementari,
secondo cui l'Agnello "ha sette corna" e "sette occhi che sono i
97
Sull'idea di trono nell'antichità, cf. O. Schmitz, Opóvo?, in GLNT, IV, coli.
sette spiriti di Dio inviati su tutta la terra" (5,6b). Con ciò si espri-
573-590; M. Philonenko, ed., Le Tròne deDieu, WUNT 69, Mohr, Tùbingen 1993.
98
A monte vi stanno le pagine di Is 6,1-3; Ez 1,4-25; 10,1; Dn 7,9-10; lEn. 71,7
(angeli che "non dormono e custodiscono il trono della sua gloria"); cf. anche Es
19,16. Vedi in proposito S. Tengstròm, Les visionsprophétiques du tròne de Dieu 102
L'immagine deriva da Ez 1,5-12 e il numero indica i quattro punti cardinali,
et leur arrière-plan dans l'Ancien Testament, in M. Philonenko, ed., Le Tròne de quindi l'intero creato sottomesso a Dio.
Dieu, pp. 28-99. 103
99
Questa quantità innumerevole ha dei precedenti in Dn 7,10; lEn. 14,22; in
Questa circostanza insieme al fatto che il Sedente non è mai identificato per 2En. 20,1 gli angeli sono suddivisi in nove gruppi.
nome esprimono la sua trascendenza. 104 v e d i M . Hengel, Die Throngemeinschaft des Lammes mit Gott in der Jo-
[°° È molto discussa la loro identità (angeli? santi?) come anche il valore sim- hannesapokalypse, T B 27 (1996) 159-175.
bolico del numero (astrale [doppio zodiaco]? israelitico [il doppio delle tribù]? sa- 105
Un parallelo si trova anche nell'apocrifo lEn. 61,8: "Il Signore avrà posto
cerdotale [cf le 24 classi sacerdotali in lCr 24,4-19]? solare [cf le 24 ore del giorno; l'Eletto sul trono della sua gloria e giudicherà le azioni dei Santi, dall'alto dei
così in Test. Ad. 1-2]?). La loro identificazione con i santi-testimoni-martiri è so- cieli, e peserà con le bilance le loro azioni"; ma qui si tratta di un'associazione
stenuta da U. Vanni, L'Apocalisse, pp. 175-177; H. Giesen, pp. 149-152. puramente funzionale in vista del giudizio (dei santi: non così in Ap); invece in
101
L'immagine risale a Zc 4,10 ("Le sette lucerne rappresentano gli occhi del Ap 5 (e poi 22,1-3; cf. sotto) si tratta di una vera condivisione della divinità. Secon-
Signore che scruta tutta la terra"). Probabilmente è un altro modo per significare do P. Borgen, Moses, Jesus, and The Roman Emperor. Observations in Philo's
"i sette spiriti" (1,4; 3,1; 4,5; 5,6), la cui identificazione da parte dei commentatori Writings and the Revelation of John, NT 38 (1996) 145-159, il Veggente descrive
oscilla tra la pienezza dello Spirito Santo (Prigent, Mùller, Moriconi [Lo Spirito Gesù nella corte celeste secondo il modulo giudaico di una "moseologia" o esalta-
e le chiese, pp. 41-51], Vanni [L'Apocalisse, pp. 184-188]; cf. la finale delle lettere zione di Mosè (cf. Filone Al., Vit.Mos. 1,149-163), che a sua volta dipenderebbe
alle sette chiese) e una semplice interpretazione angelica (Lohse, Giesen [p. 76: Ap dall'immagine pubblica dell'imperatore romano con le sue prerogative divine (spe-
"non presenta mai una dottrina trinitaria"]; cf. 8,2; e Tb 12,15). cie Caligola).
490 L'APOCALISSE DI GIOVANNI LA CRISTOLOGIA DELL'AGNELLO 491

mono rispettivamente la pienezza del potere106 e l'onniscienza e a una profondità personale che è ineffabile, indicibile, misteriosa
onnipresenza di Dio107. e perciò sconosciuta, che è indizio della dimensione inattingibile
3.2.2.2 Nei passi citati non sembra mai affermata la pre-esistenza e quindi divina della persona di Cristo110.
di Cristo-Agnello, ma soltanto l'acquisizione di una condizione di-
vina ( = associazione al Trono) dopo la vittoria connessa con lo 3.2.3 Apertura del libro dai sette sigilli. Il Sedente, personaggio
sgozzamento e dunque mediante la risurrezione. Tuttavia, c'è un dominante nella corte celeste, tiene nella destra un libro (PtpXtov,
passo che potrebbe andare in altro senso ed è quello che descrive un rotolo), che quindi gli appartiene in proprio; esso è scritto di
la visione di un cavallo bianco e del suo cavaliere, di cui fra l'altro dentro e di fuori (cioè, è opistografo) a indicare pienezza e totali-
si dice: "Porta scritto un nome che nessuno conosce all'infuori di tà, e in quanto tale richiama quello di Ez 2,9 m . Esso non va iden-
lui" (19,12). A questa affermazione sembra contraddire quella del tificato né con "il libro della vita" (che appare già in 3,5 ma non
versetto immediatamente seguente: "Il suo nome è chiamato la Pa-
rola di Dio". Ma non può essere questo il "nome che nessuno co-
nosce", sia perché questo è palesemente noto, sia perché esso ri-
scerne e possederne l'identità, che sfugge alla comprensione umana; lo si vede bene
chiama i tratti guerrieri della Parola divina in Sap 18,15. Questo nel Corpus Hermeticum, dove si legge che "Dio è troppo grande per avere un no-
piuttosto è il nome della rivelazione (non solo "scritto" ma "chia- me" (V,l) e nello stesso tempo che "egli ha tutti i nomi poiché tutto viene da que-
mato"): esso esprime appunto un'idea di manifestazione, alla cui st'unico padre" (V,9); vedi P. Festugière, La révélation d'Hermes Trismégiste -IV.
Le Dieu inconnu et la gnose, Gabalda, Paris 1954, pp. 65-77. È poi nei Papiri Ma-
base e origine però c'è un nome ulteriore "che nessuno conosce". gici che appare il desiderio di attingere l'insondabilità del divino per piegarlo alle
Secondo alcuni si tratterebbe del nome stesso di Dio, del tetragrani- proprie necessità; qui più volte si allude al "grande nome", "vero nome", "nome
ma sacro YHWH che nessuno può e deve leggere, perché parteci- segreto" del dio da invocare, che viene poi riportato in forme pressoché impronun-
ciabili , come in PGM 1,160-163 : "Tu digli : 'Qual è il tuo nome divino? Rivelamelo
pa della santità suprema interdetta agli uomini108. Ma si possono di buon grado, così che io possa invocarlo'. Esso consiste di 15 lettere: SOUESOLYR
richiamare anche i passi di Gn 32,30 e Gdc 13,17s, in cui l'angelo PHTHE MOTH" (H.D. Betz, The Greek Magical Papyri in Translation, University
Press, Chicago & London 1986, 21992, p. 7; cf. anche p. 11 dove il dio invocato
del Signore non vuole rivelare il proprio nome (rispettivamente a reca i nomi di Apollo, Zeus, la, Michele, Gabriele, Adonai, Aiòn). Qualcosa di
Giacobbe e a Manoach), che perciò resta misterioso perché parte- analogo si trova nell'apocrifo Dialogo del Salvatore (Cod. Br. 40), a cavallo dei
cipa della divinità che è indicibile (cf. analogamente Es 3,13-14). secoli II-III, dove dietro insistente richiesta dei suoi discepoli Cristo rivela loro il
nome della grande potenza presente in tutti i luoghi, che nella forma più semplice
All'origine della reticenza c'è un doppio fattore: l'ineffabilità del è &T)T)coa>xaa<xTiOxCa (cf. M. Erbetta, Gli apocrifi del N.T. -1/1. Vangeli, Marietti,
nome stesso, e cioè della persona che lo porta, e il timore che esso, Casale Monferrato 1975, p. 333). Il Prigent, p. 583, cita anche i testi gnostici del
in quanto posseduto e quindi disponibile, possa essere asservito a Vang. di Filippo (in NHC 11,54,5-12: "Un solo nome non viene proferito nel mon-
do: il nome del Padre... Quelli che hanno questo nome lo conoscono ma non lo
interessi umani109. Dunque Ap 19,12 allude a un nome e quindi pronunciano") e del Vang. di verità (in NHC 1,38,7-24: "Il nome del Padre è il
Figlio... Egli è il nome; egli è il Figlio. È possibile per lui essere visto. Ma il nome
è invisibile perché esso solo è il mistero dell'invisibile, che giunge alle orecchie com-
106
Sui "corni" come simbolo di potenza, cf. Nm 23,22; Dt 33,17; ISam 2,10; pletamente piene di esso. Infatti in verità il nome del Padre non è pronunciato, ma
Sai 75,11; 89,18.25: "Nel mio nome si innalzerà il suo corno (CEI: la sua poten- esso è apparente attraverso il Figlio"); cf. J.M. Robinson, ed., TheNag Hammadi
za)"; in Mesopotamia, Siria, e Fenicia, le divinità recano spesso una tiara con cor- Library in English, Brill, Leiden 1977, p. 47.
110
na. Cf. W. Foerster, xépoc?, in GLNT, V, coli. 349-358. II passo richiama la frase analoga di 2,17: "Al vincitore darò... una pietruz-
107
Conformemente al citato Zc 4,10: "Le sette lucerne rappresentano gli occhi za bianca sulla quale sta scritto un nome nuovo, che nessuno conosce all'infuori
del Signore che scruta tutta la terra"; analogo è il senso di Sap 1,7: "Lo spirito di chi la riceve" (cf. 3,12). Richiamando Is 62,2 (su Gerusalemme: "Ti si chiamerà
del Signore riempie l'universo e, abbracciando ogni cosa, conosce ogni voce". Cf. con un nome nuovo che la bocca del Signore indicherà"; 65,15), si vuol alludere
B. Monconi, Lo Spirito e le chiese, pp. 51-62. alla nuova identità del cristiano vincitore nelle prove e partecipe della comunione
108
Così O. Cullmann, Christologie du Nouveau Testament, Delachaux, Neu- con Gesù in una nuova vita.
111
chàtel 1958, p. 273; cf. la scritta Qodes layhwh, "consacrato al Signore", sul tur- Anche se in Ez 2,9 non si dice in quale mano fosse il libro, il fatto che in
bante del Sommo Sacerdote (secondo Es 28,36-38; 39,20). Così anche Prigent, p. 583. Ap 5,1 si precisa che esso è nella mano destra di Dio non dovrebbe significare una
109
Questo aspetto è ben documentato nell'antichità. Lo si vede anzitutto nella grande differenza. Giesen invece (p. 161), fondandosi sul fatto che la destra nel-
concezione del dio "dai molti nomi": cf. Ade (in Omero, Inno a Demetra, 18), l'antichità era simbolo di felicità e di salvezza, vi scorge solo un'allusione alla sal-
Bacco (in Sofocle, Antigone 1115), Artemide (in Aristofane, Tesmofor. 320), Zeus vezza dei cristiani, quasi che il libro non comprenda anche "lamenti, pianti e guai"
(in Cleante, Inno a Zeus 1), Physis (in Inni Orfici 9,13); ciò significa non solo che come in Ezechiele; ma, come vedremo, lo scioglimento dei sigilli comporta anche
il dio è venerato in molti luoghi sotto varie forme, ma anche che è difficile cono- lo scatenamento di varie piaghe e tormenti.
492 L'APOCALISSE DI GIOVANNI LA CRISTOLOGIA DELL'AGNELLO 493

è sigillato)112 né con il "libretto ((3ipXaptoiov) aperto" (10,2) che è 9,2; Lettera di Aristea 46; FI. Giuseppe, Ant. 9,28; 16,164). (2) Altri
in mano a un angelo e che il veggente è invitato a divorare per po- invece intendono nient'altro che lo stesso intero libro dell'Apoca-
ter profetizzare "su molti popoli, nazioni e re" (cf. 10,8-10)113. lisse come rivelazione che Giovanni ha ricevuto da Gesù (cf. 1,1)
Sua caratteristica precipua è di essere sigillato, anzi chiuso con e che al termine egli è chiamato a non sigillare (cf. 22, IO)117. Ma
sette sigilli; il numero implica semiticamente un'idea di completez- occorre notare che, mentre la "rivelazione" avviene a partire dal-
za (cf. i frequenti settenari in Ap), per dire che esso, oltre a conte- l'inizio di Ap, l'apertura del libro dai sette sigilli invece avviene
nere un segreto garantito, è comunque ermeticamente chiuso114. soltanto al cap. 5; e se essa è segno di una particolare potenza con-
Questo fatto, a dispetto del forte desiderio di rendersi conto del cessa all'Agnello, va osservato che, mentre questo concetto manca
suo contenuto, rende difficilissima la sua apertura, tanto che "nes- all'inizio del libro, nel cap. 5 invece manca del tutto il lessico di
suno né in cielo né in terra né sotto terra era in grado di aprire rivelazione118. (3) Secondo i più, il libro si riferisce semplicemen-
il libro e di leggerlo" (5,3). È a questo punto che il Veggente intro- te al contenuto dei singoli sette sigilli, la cui apertura segue a parti-
duce la figura dell'Agnello il quale, dopo aver preso il libro dalla re da 6,1 fino a 8,1; con questa apertura l'Agnello mette in moto
mano del Sedente (cf. 5,7), risulta l'unico capace e soprattutto l'u- tutto lo scenario successivo dell'Apocalisse stessa, secondo questo
nico degno di aprirlo e di leggerlo (cf. 5,5.7.9). Il motivo di questa svolgimento: l'apertura del settimo sigillo occasiona la serie delle
sua riuscita è che egli è stato immolato e ha riscattato per Dio un sette trombe (= 8,2 - 11,14); l'ultima tromba dà l'avvio ai tre se-
popolo sacerdotale e multietnico (cf. 5,9-10; cf. sopra), cosicché gni nel cielo ( = 11,15 -16,16, cioè la donna [cf. 12,1], il drago con
ancora una volta si rivela determinante e risolutivo il sacrificio della le due bestie [cf. 12,3], e i sette flagelli delle sette coppe versate dai
sua morte. sette angeli [cf. 15,1]); la settima coppa a sua volta scatena il pro-
È inevitabile a questo punto chiedersi quale sia il significato del cesso della condanna definitiva del male e della connessa esaltazio-
libro aperto dall'Agnello. Si possono registrare in proposito tre in- ne del bene (in 16,17 - 22,5)119. Ma, a rigor di termini, con i primi
terpretazioni principali. (1) L'una vi scorge l'Antico Testamento, sei sigilli si compie già l'intero contenuto del libro, e la sezione 6,9-17
il quale resterebbe lettera morta se Cristo non ne chiarisse il potrebbe già costituire la fine dell'Apocalisse (infatti, la sezione
senso115; a supporto si citano i passi di Le 24,27 ("... spiegò loro 21,1 - 22,5 non farà che riprenderne il tema del compimento)120.
in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui") e 2Cor 3,15 ("Fino Perciò, l'intera sezione di Ap 8,1 - 22,5 non fa che descrivere
ad oggi, quando si legge Mosè, un velo è steso sul loro cuore..."). ulteriormente il contenuto del libro sigillato. Anzi, da 5,9 in poi
Ma si deve obiettare che al tempo in cui Ap venne scritta non esi-
steva ancora il concetto di AT come "libro"; non solo, infatti, il 1,7
Così Giesen, al seguito di Caird e sulla scorta di R. Bergmeier, Die Buchrol-
canone non era ancora completato, ma il singolare biblion era usato le und das Lamm (Ape 5 und 10), ZNW 76 (1985) 225-244.
118
solo per un singolo libro (cf. Le 4,17; Eb 10,7)116, mentre per l'in- Una certa attenzione invece va dedicata al richiamo fatto da Giesen (sulla
scorta di H.-P. Muller, Die himmlische Ratsversammlung. Motivgeschichtliches zu
sieme si usavano i plurali bibita (cf. IMac 12,9) o bybloi (cf. Dn Ape 5,1-5, ZNW 54 [1963] 254-267, e altri) al tema della vittoria di Marduk nel
poema babilonese della creazione, secondo cui il dio riuscì vincitore tra gli dèi per-
ché ottenne la consegna della "tavoletta dei destini" (cf. Enuma elish 2,43; 3,47.105).
Tuttavia, a parte l'eccessiva distanza cronologica del poema rispetto ad Ap e la man-
112
L'equivalenza fra i due è invece sostenuta da Corsini, pp. 194-195, che in canza del contesto politeistico, va osservato che in Ap manca del tutto il gesto si-
esso113vede contenuta l'opera della redenzione compiuta da Gesù Cristo. gnificativo
119
del fissare la tavoletta sul petto di Marduk.
Così Giesen, pp. 231s e 236s (contro F.D. Mazzeferri, The Gerire oftheBook Questa successione corrisponde alla struttura letteraria di Ap proposta da U.
of Revelation from a Source-critical Perspective, BZNW 54, de Gruyter, Berlin- Vanni,
2
La struttura letteraria dell'Apocalisse, "Aloisiana" 8, Herder, Roma 1971,
New York 1989, p. 273). 1980.
120
114
Solo secondariamente i 7 sigilli potrebbero anche richiamare la prassi roma- Così A. Vògtle (1981) citato e condiviso da G. Biguzzi, I settenari nella strut-
na del testamento, che era sigillato sia dal testatore sia da sei testimoni (cf. O. Rol- tura dell'Apocalisse. Analisi, storia della ricerca, interpretazione, RivBiblSuppl 31,
ler, Das Buch mit den sieben Siegeln, ZNW 36 [1937] 98-113). Paideia, Brescia 1996, pp. 214-216, dove si attira l'attenzione sul fatto singolare
115
Così Cerfaux-Cambier, Feuillet, Prigent, con richiamo all'antica interpreta- che in Ap ci sono due narratori (Giovanni e l'Agnello) e due libri (infatti il termine
zione di Ippolito, Origene, Vittorino di Pettau, Ambrogio, Agostino, Lutero. biblion è impiegato a proposito del libro di Giovanni [cf. 1,11; 22,7.9.10.18bis. 19]
116
Anche il plurale xà (3i(3Xta -rà Syta, "i libri santi", di 2Mac 12,9 corrisponde prima e oltre che per il libro dai sette sigilli [cf. 5,1.2.3.4.5.8.9]), ma c'è una sola
al singolare TÒ (BtfìXtov xoG vó[xou, "il libro della Legge", del parallelo IMac 3,48. vicenda, che è narrata a incastro da un libro inserito in un altro.
LA CRISTOLOGIA DELL'AGNELLO 495
494 L'APOCALISSE DI GIOVANNI

l'immagine del libro (sigillato) scompare del tutto: il suo contenu- 3.2.4 La funzione pastorale dell'Agnello. Innestandosi sulla tra-
to non viene formalmente né menzionato né espressamente notifi- dizione (cf. Gv 10; Eb 13,20; lPt 2,25; 5,4), il nostro Giovanni svi-
cato, ma è semplicemente sviluppato nella descrizione di "ciò che luppa in modo originale la metafora del pastore, se non altro per-
deve avvenire presto" (1,1)121. Il libro dunque contiene il piano di- ché, al di là di ogni verosimile aspettativa, attribuisce la qualifica
vino sul mondo e sulla storia: in esso ci sono i decreti e i giudizi a un "agnello". Forse la sua immagine più prossima è quella che
di Dio "sul mondo e sull'umanità, in particolare sul regno ostile si legge in Isaia, dove si dice che il vitello e il leoncello pascoleran-
a Cristo, e il compimento della storia del mondo e dell'umanità no insieme "e un fanciullo li guiderà" (Is 11,6). Due volte in Ap
che sfocia nella creazione di un mondo nuovo e nella fondazione l'Agnello è fatto soggetto del verbo "pascere", Tcotfxaivetv, e ambe-
del regno eterno di Dio" 122 . due le volte in una prospettiva diversa.
Dunque, ciò che era esclusivo possesso della conoscenza di Dio 3.2.4.1 In 12,5 si legge del Figlio maschio partorito dalla donna
(cioè nella sua destra) viene condiviso dall'Agnello-Cristo: non per- che "pascerà tutte le genti con bastone di ferro" (ripetuto in 19,15).
ché quesji lo tenga per sé, ma perché lo manifesti apertamente. La La frase riecheggia Sai 2,8-9 dove, a proposito del re intronizzato
sua manifestazione poi deve avvenire non verbalmente (l'Agnello come figlio di Dio, si dice: "Ti darò in possesso le genti e in domi-
infatti non parla mai) bensì avvenimenzialmente, col mettere in mo- nio i confini della terra; le spezzerai (TM: terocèm [dal verbo
to una serie di eventi che senza di lui non si sarebbero verificati rcfrfY LXX: Travet? ["pascerai", corrispondente al verbo rcfah\
o non sarebbero stati intesi nella loro vera causalità123. La rivela- aÙTou?) con bastone di ferro, come vasi d'argilla le frantume-
zione perciò è veramente provocatrice, nel senso che l'Agnello rai"125. Il Salmo, ricorrendo ai moduli dell'encomiastica cu-
"sgozzato eppure ritto in piedi" provoca una reazione a catena di riale126, promette al sovrano un dominio che va ben oltre la sola
eventi storico-escatologici drammatici e conferisce loro il senso della terra di' Canaan e gli offre gli stessi poteri e la stessa giurisdizione
propria presenza dinamica124. Probabilmente è proprio qui che ac- di Dio. La tipologia del re-pastore è diffusa in tutta l'antichità12?.
quista il suo vero significato quella apokàlypsis lesoti Christoù con Ma il parallelismo nel testo ebraico "spezzerai... frantumerai"
cui si apre l'Apocalisse stessa (cf. 1,1), la quale in ultima analisi suppone un'operazione di repressione dei ribelli più che una fun-
non si propone altro che esporre ciò che Gesù Cristo rivela e ciò zione pastorale vera e propria. Questa semmai è intesa solo in
che in essa si rivela di Gesù Cristo (soggetto e oggetto nello stesso senso indiretto. Infatti nel celebre Sai 23 tra gli strumenti usati
tempo). dal pastore ("il tuo bastone e il tuo vincastro"128) il primo ha
Nei capp. 6-22 si configurano altre tre dimensioni cristologiche, effettivamente lo scopo deterrente di difesa per tenere lontani dal
che caratterizzano più da vicino l'identità e la funzione di Cristo- gregge gli animali pericolosi (il secondo invece serviva per appog-
Agnello. Infatti, se le prime tre sono piuttosto oggetto delle visio- giarsi). Ap intende riconoscere a Cristo un dominio universale,
ni di Giovanni, queste altre tre appartengono più propriamente a al quale nessuno è sottratto e al quale nessuno può resistere. Tut-
ciò che l'Agnello rivela di se stesso nel decorso delle reazioni susci- te le genti sono a lui sottomesse129, ed egli non è sottomesso a
tate dalla sua apertura dei sigilli. nessuno di loro. In 2,27 questa stessa signoria viene garantita al
testimone di Cristo.
121 3.2.4.2 Una prospettiva prevalentemente escatologica è presen-
Cf. anche N. Hohnjec, Das Lamm -xò àpvtov in der Offenbarung des Johan-
nes. Eine exegetisch-theologische Studie, PUG, Rom 1980, p. 41.
122
A. Wikenhauser, p. 82.
123
Secondo J.P. Heil, The Fifth Seal (Rev 6,9-11) as a Key to the Book o/Re- 125
Si noti che i LXX suppongono un altro verbo ebraico (rispetto al TM) e che
velation, Bibl 74 (1993) 220-243, è anche la preghiera dei martiri in 6,9-11 ("Fino Ap in questo caso dipende dalla tradizione greca. ,,..,
inoc
a quando, Sovrano,... non farai giustizia e non vendicherai il nostro sangue sopra
gli abitanti della terra?": è l'unica supplica in Ap) a stare in relazione sia con ciò ™ Cf. G. Ravasi, // Libro dei Salmi, I, Dehomane, Bologna 1985, 6 1993, pp.
che precede all'interno del libro sia soprattutto con ciò che segue. 105-107.
124 127
Altra cosa poi è interpretare gli avvenimenti descritti in Ap 6-22. Nella sto- Cf. sopra: cap. V, 2.2.4.4.
ria dell'ermeneutica essi sono stati riferiti o alle cose ultime (così nei Padri della ™ TM: sibfkà ùmifantekò; LXX: if) ^àpSo? aou xaì *i (kx-n)p£a aou.
Chiesa) o alla storia futura (così nel Medioevo, sia Gioacchino da Fiore sia Lutero) 129 Vedi la cristologia analoga in Ef 1,10.22, espressa però con la metafora del-
o alla storia contemporanea all'autore (così prevalentemente oggi). l'intestazione (o ricapitolazione).
LA CRISTOLOGIA DELL'AGNELLO 497
496 L'APOCALISSE DI GIOVANNI

te in 7,17: "L'Agnello che è in mezzo al trono li [= 7,14: "coloro punto132 ed è strettamente associato a una condanna più che a un
che vengono dalla grande tribolazione"] pascolerà e li condurrà al- premio, come si leggerà in 19,2 ("egli ha giudicato la grande mere-
le sorgenti di acque vive e Dio asciugherà ogni lacrima dai loro oc- trice... vendicando su di lei il sangue dei suoi servi") dove, con l'im-
chi". A monte di questo passo ci sono i testi di Sai 23,2 ("ad acque piego degli stessi verbi, abbiamo la risposta alla supplica riportata
tranquille mi conduce") e soprattutto di Is 49,10 ("li condurrà alle in 6,10. L'appello dei giusti alla vendetta divina è ben noto alle
sorgenti d'acqua"); cf. anche Ez 34,23. Ma in Ap il pastore non è apocalissi giudaiche, come si legge per esempio in lEn. 47,1.2 ("E
Dio, bensì il Cristo-Agnello, il quale perciò svolge un ruolo divino. in quel tempo sarà salita la preghiera dei giusti... affinché innanzi
È lui il "buon pastore" che procura al suo gregge luoghi di nutri- al Signore degli Spiriti essa non sia vana e affinché si faccia loro
mento e di ristoro perché possa rifarsi da ogni penuria e tribolazio- giustizia e non debbano pazientare in eterno"); 104,3 ("Le anime
ne. Ma, se ci ricordiamo che la stessa metafora l'abbiamo in Gv 10, dei giusti nei loro depositi" chiedono: "Fino a quando resteremo
non è escluso che questa funzione pastorale si eserciti già fin d'ora qui, e quando verrà il frutto nell'aia della nostra ricompensa?");
a vantaggio della chiesa come comunità di salvati; a questa idea ci cf. anche ib. 22,5-7; 97,3.5; 99,3.16. Si potrebbe edulcorare il te-
porta anche l'impiego del verbo "condurrà" (óBriyriaei), che si tro- sto, dicendo che esso "insiste più sull'idea del compimento del piano
va pure in Gv 16,13 a proposito dello Spirito di verità. di Dio al momento del giudizio che sull'aspetto di una vendetta
La funzione pastorale dell'Agnello, dunque, ha due risvolti com- personale"133, ma in realtà è evidente da una parte il marchio for-
plementari, uno negativo e uno positivo, che corrispondono rispet- male dell'apocalittica giudaica come genere di origine e dall'altra
tivamente allo stadio storico dell'umanità e a quello escatologico. la vera, angosciosa domanda di giustizia134.
Ma se soltanto neìì'éschaton egli sembra compiere una funzione 3.2.5.2 Cristologia e teo-logia mai come in questo caso sono in-
pastorale esplicitamente positiva, tuttavia anche la sua funzione po- timamente intrecciate. Infatti bisogna notare che, propriamente par-
lemica nella storia implica indirettamente una funzione analoga, lando, il giudizio è condotto da Dio, non dall'Agnello; infatti, so-
poiché egli è già fin d'ora difensore e garante della serenità dei suoi lo Dio è il soggetto del verbo "giudicare" e il responsabile dei "giu-
seguaci. dizi" emessi. Anche l'ira è fondamentalmente quella di Dio (cf.
"il calice della sua ira" in 14,10; 16,19). Ma essa è comunque con-
3.2.5 ''L'ira dell'Agnello" (6,16). Con questa metafora assolu- divisa dall'Agnello (cf. 6,16) tanto che si parla della "loro ira"
tamente paradossale (poiché l'agnello è da sempre simbolo di man- (6,17). E, a proposito del cavaliere sul cavallo bianco (cf. sopra),
suetudine) si esprime la funzione giudiziale dell'Agnello-Cristo, la si dirà che egli personalmente "pigerà nel tino dell'ira furiosa del
quale in concreto è di tipo condannatorio130. Con ciò si affronta Dio onnipotente" (19,15). Quest'ultima immagine, tanto vivida ed
anche il tema più sviluppato in tutto il libro, che perciò va enu- efficace, risale ai profeti e la troviamo sia in Gioele 4,13 ("Date
cleato per gradi. mano alla falce, perché la messe è matura; venite, pigiate, perché
3.2.5.1 II punto di partenza logico, ma anche strategico-letterario, il torchio è pieno e i tini traboccano: tanto grande è la loro mali-
è dato dal grido dei martiri in 6,10: "Fino a quando, o Sovrano, zia") sia in Isaia 63,1-6 (cf. v. 3: "Nel tino ho pigiato da solo e
tu che sei santo e verace, non farai giustizia e non vendicherai (où
xpivei? xoù èxBtxeT?) il nostro sangue sopra gli abitanti della ter- 132
La frequenza è la seguente: xpCveiv 9 volte (6,10; 11,18; 16,5; 18,8.20; 19,2.11;
ra?" 131 . Il tema del giudizio in effetti comincia solo da questo 20,12.13), xpbic 4 volte (14,7; 16,7; 18,10; 19,2), xpifia 3 volte (17,1; 18,20; 20,4).
133
P. Prigent, p. 227.
134
130
La versione CEI in 18,8.10 rende troppo esplicitamente l'originario concet- "Gli esegeti, che non patiscono un'oppressione insopportabile e non sono
to greco di "giudizio" con quello di "condanna"; più giustamente invece la TOB tormentati dall'apparente tolleranza dell'ingiustizia da parte di Dio, tendono a eti-
conserva in entrambi i luoghi l'idea di giudizio, mentre BJ rende il v. 8 con il con- chettare questo grido come non cristiano e contrario alla predicazione del vangelo.
cetto di condanna e il v. 10 con quello di giudizio. Propriamente in Ap non ricorre Tuttavia, è possibile giudicare in termini teologici l'interrogativo centrale dell'A-
mai l'esplicito vocabolario di condanna (xa-caxpivco, xataxpiats, xa-càxpi(xa) ma solo pocalisse, solo se si comprende l'angoscia che alimenta questo grido per la giustizia
quello del giudizio (xpivco, 9 volte; xpiai?, 4 volte; xpi[xa, 3 volte). e l'affermazione di un diritto, per la rivincita divina e la restituzione di tante vite
131
Vedi lo studio citato di J.P. Heil, The Fifth Seal (Rev 6,9-11) as a Key to strappate, e per tanto sangue gratuitamente versato" (E. Schùssler Fiorenza, Reve-
the Book of Revelation, Bibl 74 (1993) 220-243. lation, p. 64).
LA CRISTOLOGIA DELL'AGNELLO 499
498 L'APOCALISSE DI GIOVANNI

del mio popolo nessuno era con me; li [ = i popoli nemici d'Israe- go ha dei chiari precedenti nell'AT, dove appare sia come mostro
le; cf. 34,1-7] ho pigiati con sdegno..."); cf. anche Lm 1,15. Ma marino e quindi personificazione del caos (cf. Gb 7,12; Sai 74,13s;
in Ap il pigiatore escatologico è Cristo: è lui che ora "aiuta" Dio; Is 27,1; Am 9,3)139, sia come allusione mitologica al Faraone (cf.
anzi, è attraverso di lui e quindi attraverso il suo giudizio che si Ez 29,3) e a Nabucodònosor (cf. Ger 51,34), classici oppressori e
esprime e si manifesta Tira di Dio 135 . persecutori di Israele. Per il Veggente dell'Ap la sua identificazio-
3.2.5.3 In realtà, è fondamentale osservare che nell'Ap il giudi- ne è evidente in 12,9. lOb: "Il serpente antico, detto diavolo e sata-
zio di condanna non è rivolto ai reprobi in senso antropologico, na, l'ingannatore di tutta la terra abitata... l'accusatore dei nostri
cioè non si tratta di uomini, ma ha per oggetto delle entità imma- fratelli"140. Esso è stato ormai cacciato dal cielo e gettato sulla ter-
ginose, mitiche, che danno corpo a figure e istituzioni oppressive ra (cf. 12,9b.l3), cioè è stato detronizzato e la sua potenza è stata
dei cristiani e dell'umanità. Sono queste realtà a costituire i molti, per così dire spuntata. Infatti, anche se ha ancora a disposizione
veri antagonisti di Dio e dell'Agnello; e, se è vero che hanno dei un certo tempo, questo è ormai "poco" (12,12) poiché è un tempo
sicuri precedenti nella letteratura d'Israele, essi acquistano ora sotto contato, corrispondente a tre anni e mezzo (cf. v. 6: "1260 gior-
la penna del Veggente delle nuove, originali connotazioni136. In ni"; v. 14: "un tempo e tempi e metà d'un tempo"), cioè appena
pratica ne possiamo individuare cinque. la metà di una settimana di anni141. Il drago in effetti è già stato
"La bestia che sale dall'abisso" (11,7; cf. 17,8): la menzione del- vinto da Michele (cf. 12,7)142, le cui gesta sono di fatto una parte
l'Abisso come luogo di origine esprime bene il suo carattere demo- della vittoria di Cristo143, poiché il momento supremo della vitto-
niaco e infernale (cf. 9,1-2; 2Pt 2,4; lEn. 10,4-6.12-14; 18,11-16; ria è legato essenzialmente al sangue dell'Agnello, e ad essa parte-
22,2-13; 88,1: "Questo abisso era stretto, profondo, orribile e te- cipano anche i cristiani (cf. 12,11; 7,14),
nebra"). Identificare la bestia è difficile, ma il doppio fatto che "La bestia che sale dal mare" (13,1-9). Come la seguente ("dal-
in greco "la bestia", xò GTJPIOV, sia designata con l'articolo e che la terra": 13,11-18) è una emanazione del Drago (cf. 13,2b; di lui
sia determinata da un participio presente (xò <xva(3ocivov) significa, infatti in 12,12 si dice che discese verso la terra e verso il mare).
da una parte, che essa dev'essere già sufficientemente nota ai let- Il "mare" può essere inteso in senso simbolico-generale come caos
tori, e, dall'altra, che essa si ripresenta continuamente a compiere primordiale sul quale Dio trionfa con la creazione (cf. Gn 1,2; Sai
la sua opera devastatrice. Essa infatti sta all'origine dell'ostilità di-
chiarata ai testimoni. È possibile che vada letta alla luce di quella
nificazione del popolo di Dio e della chiesa (cf. U. Vanni, L'Apocalisse, pp. 227-251;
che sorge dal mare (cf. 13,1-9; vedi sotto). B. Corsani, L'Apocalisse, pp. 108-118; sullo sfondo mitico di Ap 12 cf. l'Excursus
"Il drago" (cap. 12; cf. anche cap. 20). È la figura più esplicita- di Giesen, pp. 295-299). Il fatto che il Veggente distingua la Donna (cf. 12,6.13-16)
mente impegnata in una lotta accanita con avversari diversi in mo- dai figli di lei (cf. 12,17) non significa che si intendano cose diverse (come la chiesa
giudeo-cristiana e quella pagano-cristiana) ma soltanto che si considera la chiesa
menti successivi137: prima con il Figlio maschio partorito dalla prima nel suo insieme e poi nei suoi singoli componenti (cf. Wikenhauser, Muller,
Donna, che però gli viene sottratto, rapito in cielo (cf. 12,3-5), poi Prigent [con rimando alla profezia di Gn 3,15], Giesen [con rimando a un'analoga
con la Donna stessa fuggita nel deserto (cf. 12,6.13.15), e infine distinzione in Ap 19,7.9]).
139
Questo aspetto mitico sopravvive in Ap 12,15 dove il drago-serpente vomita
con il resto della discendenza di lei (cf. 12,17)138. La figura del dra- dalla sua bocca un fiume d'acqua per sommergere la Donna.
140
Cf. anche U. Vanni, L'Apocalisse, pp. 241-244.
141
135
La cifra si legge già in Dn 7,25 come allusione alla permanenza dei Santi in
Si potrebbe pensare al Cristo irato del Giudizio Universale di Michelangelo. balìa della quarta bestia che fu il seleucide Antioco IV Epìfane (cf. anche la profe-
Molto diverso è il Cristo dolce del Giudizio del Beato Angelico! zia delle 70 settimane in Dn 9,24-27). È anche la cifra che in Ap delimita la domi-
136 v e d i in particolare J. Ernst, Die eschatologischen Gegenspieler in den Schrif- nazione pagana sulla città santa (cf. 11,2), la connessa predicazione dei due testi-
ten des Neuen Testaments, B U 3, Pustet, Regensburg 1967, p p . 104-160. moni (cf. 11,3), e il potere concesso alla bestia proveniente dal mare (cf. 13,5).
137 142
Su Ap 12 e la sua importanza per i capp. successivi, vedi A. Yarbro Collins, In quanto patrono celeste di Israele (cf. Dn 10,13.21; 12,1), anche a Qum-
The Combat Myth in the Book of Revelation, "Harvard Dissertations in Religion" ràn Michele è parte decisiva nella battaglia escatologica contro i nemici dei figli
9, Scholars, Missoula 1976.
138
Lasciamo da parte la questione dell'identificazione della Donna (si noti be- della luce (cf. 1QM 17,6-7).
143
ne però che essa è solo un "segno" e in quanto tale rimanda ad altro da sé); in L'ipotesi che Michele sia semplicemente un altro nome di Cristo (cf. A. Sa-
prima battuta essa ha con ogni probabilità una valenza collettiva in quanto perso- take, Cristologie in der Johannesapokalypse, p. 312) non viene accettata né dai
commentatori né da P.R. Carrell, Jesus and the Angels, pp. 208-209.
500 L'APOCALISSE DI GIOVANNI LA CRISTOLOGIA DELL'AGNELLO 501

74,13-14; 89,10-11) oppure in senso geografico-specifico come Mar punto nel sapere di quale personaggio si tratti e perciò su quale nome
Mediterraneo in quanto mare del dominio romano. Già in Dn 7,2ss si debba fare il calcolo. Tra i vari tentativi di soluzione ne ricordiamo
vengono dal mare 4 bestie, le cui fattezze si ritrovano in Ap 13,1-2; tre. (1) Già Ireneo (cf. Adv. haer. 5,30,3: "Questo nome contiene l'e-
la quarta bestia, che in Dn si riferiva ai Macedoni-Seleucidi, al tem- vocazione di una punizione...; quel nome è regale o piuttosto tiranni-
co") aveva supposto di individuare il personaggio di Prometeo nasco-
po di Ap era riferita ai Romani 144 . La bestia dunque simboleggia
sto sotto il nome di Titano, in greco Teitan (infatti: t = 300, e = 5, i = 10,
il potere politico di Roma che soggiogò "ogni stirpe, popolo, lin- t = 300, a = 1, n = 50; totale: 666), vedendo probabilmente in lui lo smi-
gua e nazione" (13,7b), facendo anche guerra ai santi e vincendoli surato orgoglio dell'impero romano. (2) La soluzione più diffusa pensa
(cf. 13,7a). Adorando lei (cf. 13,8) gli uomini in realtà adorano al nome di Nerone, ma secondo l'alfabeto consonantico ebraico e quindi
il drago (cf. 13,4), cioè il diavolo che la sostiene e di cui essa è una sotto la forma QsrNrwn, cioè "Cesare Nerone" (infatti: q = 100, s = 60,
concretizzazione145. r = 200, n = 50, r = 200, w = 6, n = 50; totale: 666 [la variante 616 del co-
"La bestia che sale dalla terra" (13,11-18). Questa non ha corri- dice C deriverebbe anch'essa dall'ebraico, ma secondo la pronuncia la-
spondenti in Daniele. Essa è al servizio della precedente e reca dei tina Nero]), inteso però non tanto come il Nerone storico ma come il
tratti religioso-cultuali: opera prodigi per sedurre all'adorazione del- Nerone redivivus identificato con Domiziano (cf. sopra); del resto, se-
condo l'ebraico lo stesso termine greco "bestia", Gripiov, traslitterato
la prima bestia e della sua statua, di cui pretende l'erezione e il cul- in trywn dà il medesimo totale (infatti: t = 400, r = 200, y= 10, w = 6,
to sotto pena di morte. Persino la vita quotidiana (cf. 13,17: "com- n = 50). (3) Basandosi sul parallelo di Or. Syb. 1,326-330 (dove il nome
prare o vendere") diventa impossibile senza il marchio della bestia greco di Gesù 'iTjaou? viene reso con il numero 888 [t = 10, r\ = 8, a = 200,
come segno di appartenenza 146 . Con tutto ciò è fatto riferimento o = 70, u = 400, 5 = 200]), che attribuisce a Gesù il significato della pie-
con sufficiente chiarezza al culto dell'imperatore e alla sua presen- nezza, anzi di un'eccedenza della perfezione in quanto va oltre il nume-
za in Asia147. Questa bestia richiede un particolare marchio (cf. ro perfetto 777, si interpreta il 666 come numero di imperfezione e de-
16,2), e "il suo numero è 666" (13,18; cf. 13,16; 20,4); per risolve- bolezza; in questo caso, il numero non allude a nessun personaggio spe-
re la sua enigmaticità il testo ci offre solo un indizio col precisare cifico, ma soltanto connota la bestia nella sua irrimediabile inferiorità,
che esso è "un numero d'uomo". come a dire che il suo potere è solo apparente, mentre in realtà è
spuntato148. L'unica vera difficoltà per quest'ultima interpretazione è
che essa apparentemente non rende ragione del "numero d'uomo" ri-
Per risolvere l'enigma è inevitabile fare ricorso alla gematria, cioè a chiesto dal testo; tuttavia, è del tutto possibile che si faccia riferimento
un calcolo che sommi il valore numerico di ogni singola lettera dell'al- a un qualche personaggio (anche lo stesso Nerone) inteso come Anticri-
fabeto che compone il nome del personaggio. Ma la difficoltà sta ap- sto, ma in quanto inefficace e quindi privo di un vero motivo perché
lo si debba temere149.
144
Cf. Wikenhauser, p. 150. Già in Salmi di Salom. 2,25-29 Pompeo era para-
gonato a un drago superbo, ridotto a nulla sulla terra e sul mare; e in 4Esd. 11-12
si allude a Rm con l'immagine di un'aquila che viene dal mare. "La grande prostituta... seduta sopra una bestia scarlatta" (cap.
145
Corsini, p. 333, nota giustamente che l'atteggiamento di Giovanni nei riguardi 17). La figura della prostituta evoca la predicazione profetica clas-
dell'impero romano non è più quello di Paolo (cf. Rm 13,1-7); quanto alle bestem- sica, che applicava la metafora a varie città, cioè Gerusalemme (cf.
mie proferite dalla bestia, esse "rappresentano la tentazione dell'apoteosi, della di-
vinizzazione, che accompagna il potere politico nelle sue forme assolute" (p. 334). Is 1,21; Ez 16,15s; 23,ls), Tiro (cf. Is 23,16s), Ninive (cf. Na 3,4),
146
Già in 3Mac 2,27-29 si legge che Tolomeo IV Filopatore, dopo la battaglia in quanto infedeli al vero Dio. Il nostro Veggente la identifica espli-
di Rafia (217 a . C ) , fece marchiare gli ebrei egiziani per "disprezzo contro la no-
stra stirpe" con un decreto di questo tenore: " È vietato entrare nei templi a chi
non sacrifica; tutti gli ebrei devono essere registrati e ridotti alla condizione servile;
coloro che esprimessero dissenso siano presi con la forza e perdano la vita. Coloro
148
che vengono registrati siano marchiati a fuoco sul corpo con la foglia di edera, l'em- Mentre la prima interpretazione è oggi sostanzialmente abbandonata (ma
blema di Dioniso, e siano discriminati nella condizione di diritti limitati stabilita Corsini, pp. 343-345, la riprende per un'altra via), i maggiori commentatori con-
in precedenza" (trad. A. Passoni Dell'Acqua). temporanei si dividono tra la seconda (cf. Wikenhauser, Mùller, Giesen) e la terza
147
A proposito di Ap 13 e con riferimento ai monumenti romani eretti a Efeso (cf. Prigent).
sotto Domiziano (il Tempio dei Sebastoi, e il ginnasio-bagno in onore di Domizia- 149
Qualcosa di analogo si legge in 2Ts 2, dove l'Iniquo con la sua seducente
no come Zeus Olympios), cf. S. Friesen, Ephesus: Key to a Vision in Revelation, apparizione escatologica mediante mirabolanti prestazioni viene spazzata via da Gesù
BibArchRev 19 (1993,3) 24-37.
Cristo con il semplice "soffio della sua bocca"!
502 LA CRISTOLOGIA DELL'AGNELLO 503
L'APOCALISSE DI GIOVANNI

citamente con "Babilonia la grande, la madre delle prostitute" su cui siede la prostituta si legge che "era e non è e riapparirà"
(17,5), che però a sua volta è una designazione criptica di Roma (17,8). Per quanto riguarda la vittoria storica, rimandiamo a ciò
(cf. 17,18: "La città grande, che regna su tutti i re della terra"), che è già stato detto più sopra. Quanto invece alla vittoria escato-
tanto più che le sette teste della bestia, su cui la prostituta è sedu- logica, vanno notati due diversi momenti.
ta, sono decifrate come "i sette colli cui quali è seduta la donna" 3.2.5.4.1 Anzitutto si allude alla battaglia "nel luogo detto in
(17,9). Del resto, l'equazione 'Babilonia = Roma' è tipica del lin- ebraico Armaghedón" (16,16), dove vengono radunati tutti i re della
guaggio apocalittico posteriore all'anno 70, cioè alla conquista di terra "per la guerra del gran giorno di Dio onnipotente" (16,14).
Gerusalemme da parte dei Romani150. Il colore porpora e scarlat- Il nome misterioso 'Ap(Aaye8cóv viene per lo più inteso come com-
to (cf. 17,4) è simbolo non solo di ricchezza e di prestigio ma an- posizione di due parole ebraiche: Har, "montagna", e Maghedón,
che di potere: così infatti era il vestito dei re ellenistici e poi la toga "Meghiddo". Nell'AT la città di Meghiddo è collegata a diversi
dell'imperatore romano, e anche la toga praetexta dei magistrati momenti lieti o tristi della storia d'Israele: la vittoria di Barak sui
e dei sacerdoti, ornata di una lista di porpora (come quella dei re cananei verso il 1100 a.C. (cf. Gdc 5,19), la morte del re Acazia
fanciulli liberi fino all'età virile), il mantello dei soldati e dei inseguito da Jeu nel 841 a.C. (cf. 2Re 9,27), e poi la sconfitta del
Littori151. La prostituta è detta "ubriaca del sangue dei santi e del re Giosia da parte del faraone Necao nel 609 a.C. (cf. 2Re 23,29;
sangue dei testimoni di Gesù" (17,6) per esprimere l'ostinata osti- 2Cr 35,22; Zc 12,11). Quanto alla Montagna che sta vicino a Me-
lità di Roma verso i cristiani, anche se forse non ci si deve riferire ghiddo, si tratta del Carmelo che vide il trionfo del profeta Elia
a persecuzioni particolari ma ai martiri in generale come testimo- sui profeti di Baal sgozzati poi nel vicino torrente Kison (cf. IRe
nianza impegnata e contrastata dal potere politico-religioso152. 18,20-40). Il luogo dunque, per i suoi ricordi cruenti di pubbliche
3.2.5.4 La vittoria di Cristo su questi mostri lo ritaglia nella di- vicende, poteva ben evocare la battaglia escatologica definitiva. Ma
mensione di un vero imperator storico e celeste153. Essa infatti è una recente proposta sposta l'interpretazione in tutt'altra dire-
a due fasi: l'una, storica, consiste nella sua morte-risurrezione, l'al- zione154: il nome non sarebbe altro che una servile traslitterazio-
tra, escatologica, nel regno e nel giudizio finale. Lo si vede bene ne greca di un composto ebraico e andrebbe letto da destra a sini-
nel caso del Drago, di cui si afferma una vittoria già nel cap. 12 stra. In questo modo si ottengono due nomi di località uniti insie-
e poi un'altra definitiva nel cap. 20 (cf. sotto); infatti della bestia me, Nod e Gomorra. Il loro valore simbolico dipende dal ruolo
che le rispettive località hanno nel libro della Genesi: Gomorra è
chiaramente la città emblema di vizio insieme a Sodoma, distrutta
150
Lo si vede bene sia nei testi giudaici del tempo (cf. 2Bar. 11,1-2; 67,7; Or.Syb. dal Signore al tempo di Abramo (cf. Gn 19,25s); Nod invece è il
5,143.159; 4Esd. 3,1-2.28) sia in quelli cristiani (cf. lPt 5,13; Tertulliano, Adv.Marc. nome della regione, peraltro sconosciuta ma "a oriente di Eden",
3,13; Eusebio, HE. 2,15,2: "Pietro nomina Marco nella sua prima lettera, che di-
cono compose proprio a Roma, città da lui stesso indicata, chiamandola metafori- dove Caino si ritirò dopo l'uccisione di Abele (cf. Gn 4,16)155. Cu-
camente Babilonia"). Per una diversa e originale interpretazione, che identifica Ba-
bilonia con Gerusalemme, cf. Corsini, pp. 438-470. Sulla posizione di E. Lupieri,
cf. sopra: nota 13. Da parte sua M. Rissi, Die Hure Babylon und die Verfùhrung
der Heiligen. Eine Studie zur Apokalypse des Johannes, BWANT 136, Kohlham- 154
mer, Stuttgart 1995, identifica la prostituta in senso astratto con l'empietà del sin- Cf. M. Oberweis, Erwàgungen zur apokalyptischen Ortsbezeichnung "Har-
cretismo religioso che avrebbe costituito il vero problema delle chiese d'Asia. magedon", Bibl 76 (1995) 305-324.
151 155
Vedi per contrasto il vestito dato a Gesù per scherno in Mt 27,28; Me 15,17! È interessante osservare (insieme a Giesen, p. 362) che alla storia di Caino
Quanto al simbolismo della sessione della prostituta sulla bestia, esso è interpreta- può essere collegato anche il grido con cui i martiri chiedono vendetta al Signore
to diversamente in riferimento o al culto della Dea Roma (cf. H. Giesen, Das rami- in Ap 6,9-10 (cf. sopra) e che ha un precedente significativo nella voce di Dio a
sene Reich, p. 2510) o al culto di Cibele (cf. F. Bovon, Possession ou enchante- Caino in Gn 4,10: "Che hai fatto? La voce del sangue di tuo fratello grida a me
ment. Les institutions romaines selon l'Apocalypse, Cristianesimo nella storia 7 [1986] dal suolo!". Questo passo viene così parafrasato in lEn. 22,5-7: "Io vidi gli spiriti
221-238 qui 234s). degli uomini morti e la loro voce giungeva fino al cielo e piangeva. Allora interro-
152
Cf. H. Giesen, Die Offenbarung, p. 373. gai Raffaele, l'angelo che stava con me e gli dissi: 'Di chi è questo spirito la cui
153
Sulla dimensione 'imperiale' di Cristo in Ap, cf. J. Comblin, La christolo- voce giunge e piange?'. E mi rispose e disse: 'Questo spirito è quello uscito da Abe-
gie, pp. 91-106, eE.P. Janzen, The Jesus of the Apocalypse Wears the Emperor's le che fu ucciso dal proprio fratello Caino e piangerà fin quando la sua [ = di Cai-
Clothes, in E.H. Lovering, ed., Society of Biblica!Literature 1994 Seminar Papers, no] stirpe sarà dispersa dalla faccia della terra e di fra le stirpi degli uomini sarà
SBL Seminars Papers 33, Scholars, Atlanta 1994, pp. 637-661. distrutta la sua stirpe'".
504 L'APOCALISSE DI GIOVANNI LA CRISTOLOGIA DELL'AGNELLO 505

riosamente le due località sono accostate anche nella Lettera di Giu- tro regni succedutisi nel dominio del mondo (Babilonesi, Medi, Per-
da (cf. vv. 7 e 11) come simbolo di peccato e di punizione. Il fatto siani, Macedoni) e sui quali egli ottiene il potere di giudizio159.
che in Ap 16,16 si parli solo di un raduno per la battaglia, ma sen- 3.2.5.4.3 Ma l'aspetto che più colpisce nella trattazione della vit-
za alcuna descrizione della battaglia vera e propria, attira l'atten- toria di Cristo secondo Ap è il regno dei mille anni (cf. cap. 20,
zione sul semplice concentramento degli avversari di Dio156. La lo- soprattutto i vv. 1-10). Accenniamo appena al doppio versante sto-
ro disfatta però segue immediatamente con il versamento della set- rico di questo testo: a monte, infatti, esso è già debitore di uno
tima coppa (16,17-21), che dà inizio alla condanna definitiva del schema apocalittico-giudaico160, mentre, a valle, esso ha esercita-
male. to un enorme influsso sui secoli successivi161. In mezzo c'è appunto
3.2.5.4.2 Se nella metafora di Armaghedón non c'è alcuna cri-
stologia, questa invece entra in primo piano nel combattimento 159
Cf. J.J. Collins, Daniel, "Hermeneia", Fortress, Minneapolis 1993, pp. 294-324.
escatologico descritto in 19,11-21 con l'apparizione del cavallo bian- 160
Oltre al passo di Sai 90,4 ("Ai tuoi occhi, mille anni sono come il giorno di ie-
co e del suo cavaliere (cf. già sopra: 3.2.2.2). L'immagine più elo- ri che è passato"), che risuona in Giub. 4,30 ("Alla fine del 19° giubileo, nel settimo
settennio, nel sesto anno, Adamo morì [ = nel 930 dalla creazione]... e mancavano
quente in questo ambito guerriero è quella della spada affilata che 70 anni ai 1000 anni poiché, nella testimonianza dei cieli, mille anni equivalgono a
esce dalla bocca del cavaliere (cf. 19,15 e 1,16). All'origine c'è il un solo giorno"), ciò che entra in gioco è soprattutto lo schema della settimana co-
testo di Is 11,3-4, ampiamente utilizzato nel giudaismo intertesta- smica, anche se non sempre connotato da aspettative messianiche (cf. E. Lupieri, The
Seventh Night: Visions ofHistory in the Revelation of John and the Contemporary
mentario per esprimere la speranza messianica157 (cf. anche 2Ts Apocalyptic, Henoch 14 [1992] 113-132). In lEn. 93,2-10 si tratta ancora di una set-
2,8); ma qui ciò che esce dalla bocca è "lo spirito", che nel Tar- timana storica (la prima è quella di Adamo, la settima quella che sta tra il ritorno dal-
gum diventa "la parola". Anche il nome del cavaliere, che "viene l'esilio e il tempo dell'autore). Lo schema millenario compare per la prima volta in
2En. 33,1-2 (ree. A: "L'ottavo giorno stabilii che l'ottavo sia il primo,... affinché
dal cielo" (19,11), è "parola di Dio" (19,13). Ma il suo intervento essi ritornino in figura di settemila e siano agli inizi degli ottomila") e sarà ripreso
richiama le movenze guerriere presenti già in Sap 18,15s (con rife- in campo cristiano dalla Lettera di Barnaba 15,4-8 ("Il Signore condurrà a termine
l'universo in seimila anni; infatti un giorno è per lui mille anni... Quando il suo Fi-
rimento alla strage dei primogeniti degli Egiziani): "La tua parola glio verrà a distruggere questo secolo iniquo... allora egli riposerà definitivamente
onnipotente dal cielo, dal tuo trono regale, guerriero implacabile, nel settimo giorno... Darò principio all'ottavo giorno, cioè a un mondo nuovo"). In-
si lanciò in mezzo a quella terra di sterminio, portando, come spa- vece 4Esd. 7,28-30 conosce lo schema di soli 400 anni di regno del Messia, dopo i quali
addirittura morirà, mentre 2Bar. prospetta un regno messianico indefinito dove pas-
da affilata, il tuo ordine inesorabile. Fermatasi, riempì tutto di mor- seranno la malattia e il dolore "e tornerà la gioia in tutta la terra" (73,2). Nel rabbi-
te". Tuttavia, il "mantello intriso di sangue" (Ap 19,13), con cui nismo, dove è frequente lo schema dei due eoni, il regno del Messia può durare dai
il cavaliere è vestito ancor prima della battaglia, non allude al san- 40 ai 7.000 anni (cf. P. Volz, Die Eschatologie derjùdischen Gemeinde im neutesta-
mentlichen Zeitalter.Oìms, Hildesheim 1966 [= Tubingen 1934], pp. 226-227). La
gue dei nemici (né a quello dei martiri) ma a quello vittorioso della nostra Apocalisse dà semplicemente una rilettura cristologica dello schema.
sua morte e quindi al sangue di Cristo stesso158. In più, sullo sfon- 161
Già Giustino darà una interpretazione letterale al nostro testo (cf. Dial. 80,5:
do è presente la figura solenne e terribile del Figlio dell'uomo, men- " I o , e con me tutti i cristiani veramente ortodossi, sappiamo che ci sarà una risurre-
zione della carne e un periodo di mille anni in Gerusalemme ricostruita, abbellita e
zionato già in 1,13 (i suoi occhi "fiammeggianti come fuoco" si ampliata"); analogamente Ireneo, con riferimento a un'abbondanza spropositata (cf.
ritrovano in 19,12a) e in 14,14 (dove ha come arma "una falce af- Adv. haer. 5,33,3-35,2); addirittura secondo Cerinto "dopo la risurrezione della carne
filata" che vale come metafora della mietitura escatologica, deri- si realizzerà in terra il regno di Cristo e gli uomini vivranno di nuovo a Gerusalemme
e saranno ancora schiavi delle passioni e dei piaceri" (in Eusebio, H.E. 3,28,2). In-
vante da GÌ 4,13). La sovrapposizione di immagini tanto eteroge- vece Agostino spiritualizzò il concetto, scorgendo nei mille anni il tempo della Chie-
nee (in 19,15b c'è anche quella della pigiatura) non impedisce di sa (cf. C/v. Dei 20,7,9).Vedi una utile raccolta di testi dei primi due secoli cristiani
in C. Nardi, a cura, // millenarismo. Testi dei secoli I-II, ' ' 'Biblioteca patristica' ' 27,
scorgervi comunque un rimando di base a Dn 7,13, dove il perso- Nardini, Fiesole 1995; e C. Mazzucco - E. Pietrella, // rapporto tra la concezione del
naggio appare in contrapposizione a quattro bestie, che sono i quat- millennio nei primi autori cristiani e l'Apocalisse di Giovanni, Augustinianum 18 (1978)
29-45. Sulle attese medioevali dell'anno mille, cf. G. Duby, L'Anno Mille. Storia re-
ligiosa e psicologia collettiva, Einaudi, Torino 1976, pp. 25-28. Più in generale, cf.
156
Per una comprensione del nome come Har mocèd, "monte dell'assemblea", gli studi di H. Bietenhard, Dos Tausendjàhrige Reich. Eine biblisch-theologische Stu-
cf. M.G. Kleine, Har Magedon: The End of the Millennium, JETS 39 (1996) 207-222. die, Zùrich 1944, 21955; C E . Hill, Regnum caelorum. Patterns of Future Hope in
157
Cf. M.-A. Chevalier, L'Esprit et le Messie dans le Bas-judaìsme et le Nou- Early Christianity, University Press, Oxford 1992; S. Heid, Chiliasmus und Antichrist-
veau Testament, PUF, Paris 1958, pp. 5-50. Mythos. Einefhihchristliche {Controverse um das Heilige Land, "Hereditas" 6, Bo-
158
Cf. U. Vanni, L'Apocalisse, p. 323; Giesen, p. 422. rengàsser, Bonn 1993; e anche l'Excursus in Giesen, pp. 443-444.
LA CRISTOLOGIA DELL'AGNELLO 507
506 L'APOCALISSE DI GIOVANNI

il nostro scritto, che però è certamente cristiano e comunque ante- prima possibilità si possono addurre alcuni motivi. Infatti, oltre
riore a tutte le riletture storiche; si suppone quindi che esso abbia ai tempi segnalati del verbo "regnare", va osservato anzitutto che
un suo messaggio proprio da trasmettere, e noi ci limitiamo a ten- il regno dei mille anni è contestualmente funzionale e coestensivo
tarne una comprensione fedele in base alla sua semplice struttura. ai mille anni dell'imprigionamento del drago. Ma, mentre del mil-
Il centro d'interesse del cap. 20 riguarda essenzialmente la radi- lennio di lui c'è un inizio e una fine, di quello dei martiri con Cri-
cale eliminazione del potere malvagio dalla storia, e il discorso in sto c'è di fatto soltanto l'inizio, non la fine; cioè, quando il mil-
proposito si svolge in due momenti, tra i quali si inserisce il discor- lennio di satana finirà, la regalità dei martiri proseguirà indefini-
so positivo sul regno millenario162. Vv. 1-3: dopo la vittoria sui tamente. Inoltre, e parallelamente, va notato l'uso del verbo "vin-
due accoliti, la bestia e il suo profeta (cf. 19,20; essi equivalgono cere" in Ap (cf. sopra): solo nei capp. 1-2, cioè nelle lettere alle
alle due bestie "dal mare" e "dalla terra", di cui al cap. 13: cf. sette chiese, esso è usato al presente con valore esortativo in rap-
sopra), è ora la volta del loro capo, il drago, di cui già si è parlato porto al cristiano perseverante nella prova (cf. 2,7.11.17.26;
nel cap. 12 e che qui viene ripreso con gli stessi epiteti (cf. 20,1 3,5.12.21; così anche in 21,7); già qui tuttavia l'auspicata vittoria
con 12,9); egli viene incatenato nell'Abisso per mille anni. Vv. 7-10: del cristiano è presentata sul modello di quella di Cristo già avve-
dopo i mille anni satana viene liberato e insieme a Gog e Magog nuta (cf. 3,21: "... come anch'io ho vinto"). Nei successivi capi-
(figure mitologiche provenienti da Ez 38-39) marciano per assediare toli delle visioni, la vittoria dei cristiani è presentata ancora due
"l'accampamento dei santi e la città diletta"; a questo punto in- volte ma al passato (cf. 12,11; 15,2); ora infatti si insiste sulla par-
terviene la loro disfatta definitiva, che non consiste in una batta- tecipazione alla vittoria decisiva di Cristo-Agnello, che già è avve-
glia ma in un fuoco che scende dal cielo e repentinamente li divo- nuta a beneficio dei suoi seguaci e che costituisce la svolta epocale
ra; così il diavolo è gettato "nello stagno di fuoco e zolfo" (20,10; della storia (cf. 5,5; 6,2 e 12,11: "Lo hanno vinto mediante il san-
cf. 14,10; 19,20), dove sono già la bestia e il suo profeta, e lì è tor- gue dell'Agnello"). Solo in 17,14 si dice al futuro che "l'Agnello
mentato "per i secoli dei secoli". Quanto ai vv. 4-6, essi sono inse- li vincerà", prospettando ancora una ulteriore vittoria definitiva
riti tra le due pericopi come un interludio che contiene la visione e sicura su tutti coloro che continuano a sedurre i cristiani indu-
dei martiri ("le anime dei decapitati a causa della testimonianza cendoli ad adorare la bestia. Quindi la regalità di Cristo è già
di Gesù e della parola di Dio"), i quali "ripresero vita e regnarono cominciata164, anche se Ap 20,1-10 associa ad essa soltanto i
con Cristo per mille anni" (20,4; cf. v. 6: "regneranno con lui per martiri165.
mille anni"). Si noti, anzitutto, che l'atto del regnare riguarda pro- Se poi confrontiamo Ap 20 con le dottrine millenaristiche giu-
priamente non Cristo ma i martiri. Inoltre, lo scambio dei tempi daiche, vediamo che il nostro testo non adotta nessuno dei loro
verbali non può che significare, doppiamente, sia che il regno è già temi tipici166: — non il regno visibile-politico-temporale; infatti
iniziato sia che esso durerà senza fine. Infatti è solo lo scatenamento non è Cristo che viene a fondare un nuovo regno nel mondo, ma
dell'iniquità che ha un termine, mentre il regno di Cristo e dei cri- sono i santi che vanno a regnare con Cristo: a lui viene già ricono-
stiani vittoriosi è illimitato, e di questo fatto lo schema millenario
è solo un simbolo. invece sostenuto da Corsini, p. 496. L'alternativa di un inizio nel futuro escatolo-
Il problema semmai è di sapere quando computare l'inizio dei gico al momento della parusia è propria di molti autori, tra cui Giesen e in partico-
lare J.W. Mealy, After the Thousand Years. Resurrection and Judgment in Reve-
mille anni, se già nel passato o solo nel futuro163. In favore della lation 20, JSNT Suppl. 70, Academic, Sheffield 1992 (su cui vedi la recensione cri-
tica di G.K. Beale, in EvQ 66 [1994] 229-249).
164
Cf. anche U. Vanni, // regno millenario di Cristo e dei suoi (Apoc 20,1-10),
162 vedi la buona analisi di R. Studerus, Das Millennium der Apokalypse, Erbe Studia Missionalia 42 (1993) 67-95.
und Auftrag 70 (1994) 118-131. 165
Cf. V.S. Poythress, Geme and Hermeneutics in Rev 20:1-6, JournEvang-
163 p e r "passato" intendiamo il momento della vittoria di Cristo sul drago me- TheolSoc 36 (1993) 41-54 = "a heavenly vindication of martyrs"; Mounce, pp.
diante la sua morte e risurrezione; in questo caso i mille anni si riferiscono "all'e- 360 e 369. Wikenhauser, pp. 21 ls, cita Cipriano, secondo cui solo i martiri vanno
poca presente considerata come escatologica a partire dall'avvenimento centrale, in paradiso subito dopo morte, mentre gli altri pii defunti devono attendere nell'ol-
che è la morte e la risurrezione di Cristo" (Prigent, p. 605), riguardante perciò non tretomba fino alla risurrezione universale.
solo i martiri ma tutti i cristiani. Un riferimento al passato veterotestamentario è 166
Cf. J. Comblin, La cristologie, pp. 214-218.
508 L'APOCALISSE DI GIOVANNI LA CRISTOLOGIA DELL'AGNELLO 509

sciuto un regno "nei secoli dei secoli" (11,15); già fin d'ora infatti dello sposo sia applicata al Messia"170. Poiché dunque "sposo"
egli è "Re dei re e Signore dei signori" (cf. sopra); — non la risur- non è un titolo messianico nel giudaismo, s'impone l'originalità
rezione dei corpi e la loro vita sulla terra; infatti il verbo eCrjaav del NT, che documenta anche a livello di metafora la novità della
in 20,4 significa solo l'inizio di una vita: quella che i martiri godo- cristologia rispetto alla messianologia di partenza. Il tema infatti
no tra la loro morte e il giudizio finale in quanto hanno partecipa- ha un'ampia attestazione in vari scritti delle origini cristiane (cf.
to alla immolazione di Gesù167; del resto, se la prima risurrezione Me 2,19-20; Mt 22,1-14; 25,1; Gv 3,29; 2Cor 11,2; Ef 5,25-27), ma
segue alla prima morte (fisica), la seconda risurrezione (corporale) è appunto in Ap che raggiunge il suo culmine. Abbiamo però an-
non segue alla seconda morte (eterna!): quindi solo la seconda ri- cora una volta una asimmetria di immagini. Come partner dell'A-
surrezione è fisica e generale, mentre la prima riguarda oggi i mar- gnello infatti non corrisponde né un'agnella né alcun altro simbo-
tiri già immolati e uniti a Cristo168; — non i mille anni futuri; in- lo zoomorfo. La sua partner femminile, invece, è una "donna"
fatti l'interpretazione millenaristica è costretta a preferire il conte- (YUVTI: già in 12,lss [ma con valore di madre del Messia!] e poi in
sto lontano ed estrinseco dell'apocalittica giudaica, mentre il con- 19,7; 21,9), alla quale "fu dato di vestirsi di lino puro splendente"
testo prossimo e interno delle visioni nella stessa Ap orienta a ve- (19,8a)171; e, come subito precisa il testo (cf. 19,8b: "la veste di
dere una condizione in cui già ora i santi-testimoni sono vincitori lino sono le opere giuste dei santi")172, è chiaro che essa appare
(cf. 12,11), servono Dio come sacerdoti nel suo santuario e davan- come personificazione della chiesa. Essa è anche detta "sposa"
ti al suo trono (cf. 6,15), sono persino risorti (cf. 11,11), hanno (vu[x<pri, propriamente "fidanzata, sposa novella": 21,2.9; 22,17),
la veste candida e le palme del trionfo (cf. 6,11; 7,9.14), e cantano che ha una doppia connotazione: è la chiesa-fidanzata del tempo
un cantico nuovo (cf. 14,2-3; 15,2-3; 19,1.6). presente che grida "Vieni!" (22,17) ed è anche la chiesa-sposa del
Alla base di tutto il discorso c'è in sostanza il tema di uno schietto tempo futuro, la escatologica Gerusalemme celeste (cf. 21,2.9).
personalismo comunionale, che è fondato sul kerygma della vitto- Le nozze escatologiche dell'Agnello sono l'argomento dell'ulti-
ria di Cristo sulla morte e che ricorda da vicino sia S. Paolo (cf. ma parte del libro: 21,1 - 22,5. Per la verità, le nozze in quanto
lTs 4,17: "E così saremo sempre con il Signore") sia il Quarto van- tali non sono affatto descritte, essendo supposte sullo sfondo. Piut-
gelo (cf. Gv 12,26: "Se qualcuno mi serve,... dove sono io sarà tosto l'attenzione del Veggente si sofferma su tre componenti spe-
anche il mio servo"). cifiche dell'evento: lo scenario, la Sposa, e il paradiso restituito173.
Bisogna riconoscere che, dal nostro punto di vista, la cristologia
vera e propria qui non è più in primo piano come nelle sezioni pre-
3.2.6 "Le nozze dell'Agnello" (19,7.9). Questa è l'ultima fun-
cedenti. L'interesse primario infatti va rispettivamente a ciò che
zione con cui si esprime la cristologia dell'Agnello; essa ne esalta
Dio crea di nuovo (21,1-8), alla descrizione della Sposa (21,9-27),
al massimo la componente comunionale-escatologica. Il tema, an-
e alla restituzione del paradiso perduto (22,1-5). Tuttavia, l'intero
nunciato in 19,7.9, non viene subito sviluppato (infatti in 19,11-21
c'è ancora una pagina dai toni forti sul giudizio impietoso condot-
to dal cavaliere sul cavallo bianco; cf. sopra). La trattazione inve-
ce comprende tutta la sezione conclusiva: 21,1 - 22,5169. 170
J. Jeremias, VU^TI, in GLNT, VII, coli. 1447s.
171
L'immagine delle nozze tra Dio e il popolo è frequente nell'AT Si noti come, anche attraverso il colore bianco del lino, questa donna si op-
(cf. Os 2,16.19.21; Is 54,1.5; 61,10; 62,5; 64,4-5; Ger 2,2; 3,1-4; ponga nettamente alla Grande Prostituta del cap. 17, vestita di porpora e scarlatto
(cf. sopra).
50,1; 60,10; Ez 16,7-8; Sai 45; Ct). "Però in tutta la letteratura 172
Contro chi vorrebbe vedere in questa spiegazione una glossa successiva estra-
del tardo-giudaismo non esiste neppure un testo in cui l'allegoria nea al testo, per il fatto che in Ap le vesti bianche simboleggerebbero soltanto la
trasfigurazione escatologica dei credenti (così Charles, Lohse, Muller), giustamen-
167 te Giesen p. 413 fa notare che la metafora delle vesti significa anche le opere (cf.
Cf. 6,9: essi sono "sotto l'altare", cioè "dei sacrifici", ai cui piedi scorreva 3,4.18; 7,14; 22,14).
il sangue delle vittime, sede della vita. 173
Per questa struttura seguiamo J. Comblin, La liturgie de la nouvelle Jérusa-
168
169
Ciò significa che non si tratta di tutti i cristiani vivi (contro Prigent). lem, ETL 29 (1953) 5-40, e P. Prigent, pp. 636ss. Altri suddividono in due sole
Analogamente in 14,8 si preannunciava la caduta di Babilonia, descritta poi sezioni (cioè: 21,1-8 e 21,9 - 22,5), per di più strettamente associate fra di loro (cf.
solo nei capp. 17-18.
Giesen, pp. 451 ss).
510 LA CRISTOLOGIA DELL'AGNELLO 511
L'APOCALISSE DI GIOVANNI

testo va visto nella luce dell'evento nuziale escatologico, che riguar- li", per mettere in luce anche la dimensione universalistica dell'e-
da appunto PAgnello-Cristo, il quale comunque riemerge nettamen- vento stesso176, il quale ormai va ben oltre i confini dell'Israele sto-
te nella seconda e terza sezione. rico: le stesse nazioni dei Gentili si trasformano in altrettanti po-
3.2.6.1 II teatro delle nozze, il loro scenario proprio (21,1-8). Esso poli (di Dio). Infatti, ciò che conta non è più l'appartenenza a un
è specificato fin dall'inizio come "un nuovo cielo e una nuova ter- popolo eletto (anzi, cf. 7,9!), ma semplicemente il fatto di essere
ra" (v. la), secondo un linguaggio che riprende quello di un cele- "vincitore" (sottinteso: della bestia). Ed è questo che porta alla
bre passo isaiano: "Ecco, io creo nuovi cieli e nuova terra" (Is rilettura assolutamente inconsueta della profezia di Natan in 2Sam
65,17), a sua volta ripetuto nell'apocalittica174. Corollario neces- 7,14, che ora al v. 7 viene applicata non più a un davidide ma ap-
sario di questa novità è la scomparsa di ogni lacrima (cf. Is 25,8: punto a ogni vincitore! A tutti costoro spetta come ricompensa l'ac-
"Il Signore Dio asciugherà le lacrime su ogni volto"; 65,17: "Non qua della vita (cf. 21,6; 22,1), a cui è premura dell'Agnello-pastore
si ricorderà più il passato") come affermazione indiretta, in for- di condurre i suoi testimoni (cf. 7,17). Ne restano esclusi tutti i "vili
ma di litote, della gioia piena e duratura175. Viene così evidenzia- e increduli e abominevoli e omicidi e immorali e fattucchieri e ido-
to il contesto cosmico dell'evento nuziale, per dire che ad esso par- latri e tutti i mentitori" (v. 8). Questo catalogo di otto vizi, che
tecipa tutto il creato (cf. Rm 8,18-22); esso anzi viene talmente sot- si compendia di fatto nel peccato di infedeltà al Signore come de-
tolineato da negare anche ogni sopravvivenza del contesto prece- dizione all'idolatria e al culto della bestia (l'imperatore), ha indi-
dente: "Infatti il cielo di prima e la terra di prima erano scompar- rettamente un chiaro scopo parenetico per i lettori del libro. La
si, e il mare non c'era più" (v. Ib). La scomparsa del cielo e della sorte inevitabile di questi trasgressori è lo stagno ardente di fuoco
terra anteriori significa il superamento totale del contesto in cui e zolfo, cioè la Geenna, e dunque la "morte seconda" (21,8; 20,14;
si esercitava l'antagonismo dualistico tra Dio e Cristo da una par- 2,11)177.
te e il drago con le sue bestie dall'altra (cf. cap. 12); quanto al ma- 3.2.6.2 "La sposa dell'Agnello... la città santa, Gerusalemme,
re, esso non è soltanto il luogo da cui proveniva la prima bestia che scendeva dal cielo, da Dio, risplendente della gloria di Dio"
del cap. 13, ma anche lo spazio-ostacolo esistente davanti al trono (21,9-10; cf. 21,2: "la nuova Gerusalemme ... pronta come una
di Dio (cf. 4,6) che evidenziava la sua lontananza dagli uomini. sposa ornata per il suo uomo"). La semantica di questa metafora
Ora si realizza in pienezza la comunione dell'alleanza secondo l'an- oscilla tra una dimensione spaziale (una città) e una dimensione
tica promessa: "Stabilirò la mia dimora in mezzo a voi e non vi personalistica (una donna): probabilmente, combinandole insieme,
respingerò. Camminerò in mezzo a voi, sarò vostro Dio e voi sare- essa va intesa come il luogo in cui si ritrova la comunità cristiana;
te il mio popolo" (Lv 26,11-12). Ma quest'ultima frase biblica, ora la sposa infatti ha evidentemente una dimensione collettiva, e la
riferita agli uomini in generale, in 21,3 viene ritoccata in maniera
assolutamente interessante al plurale: "Ed essi saranno suoi popo- 176
Dal punto di vista testuale il plurale Xaoi è solo appena meglio attestato del
singolare X<xó<;, ma va ritenuto anche perché è lectio difficilior, cosicché l'altra le-
zione sa di correttura intenzionale. Forse il testo si può giustificare anche in base
174
Per la letteratura intestamentaria, cf. soprattutto Giub. 1,29 ("... dal gior- a Zc 2,15: "Nazioni numerose aderiranno in quel giorno al Signore e diverranno
no della nuova creazione, allorché si rinnoveranno i cieli, la terra e tutte le loro suo177popolo ed egli dimorerà in mezzo a te".
creature... fino a che sarà creato il Santuario del Signore, in Gerusalemme, sul monte L'espressione "morte seconda" designa la dannazione eterna ed è frequente
Sion"); lEn. 45,4-5 ("In quel giorno porrò in mezzo a loro il mio eletto, e muterò nei Targum (mwf tnyn'; cf. Tg Dt 33,6; Tg Is 22,14; 65,15; Tg Ger 51,39.57); la
il cielo... e muterò la terra..."); 4Esd. 7,75 ("... se verremo conservati in riposo stessa espressione greca BeuTepo? 9àvaxo<; si trova anche in Plutarco, Mor. 942F, do-
fino a quel tempo in cui dovrai rinnovare il creato"); 2Bar. 32,6 ("Non dobbiamo ve però sta a significare la separazione del noùs dalla psyché, conseguente a quella
affatto addolorarci per il male che ora è venuto... Il Potente rinnoverà la sua crea- di ambedue dal sòma. Una interpretazione come esclusione dalla risurrezione è so-
zione"); 1QS 4,25 (i due spiriti "Dio li ha disposti in parti uguali fino al momento stenuta da J. Roloff, Weltgericht und Weltvollendung in der Offenbarung des Jo-
finale fissato e alla nuova creazione"); 2Pt 3,13. hannes, in H.-J. Klauck, ed., Weltgericht und Weltvollendung. Zukunftsbilder im
175
Vedi anche Is 35,10 ("Fuggiranno tristezza e pianto"); 4Esd. 8,53 ("La ma- Neuen Testament, QD 150, Herder, Freiburg i.B. 1994, pp. 106-127 qui 119; tutta-
lattia è stata da voi estinta, la morte è stata nascosta, l'inferno è fuggito, la corrut- via, anche se è vero che a Qumràn si parla di "oscurità del fuoco eterno" e di "igno-
tibilità è dimenticata, sono passati i dolori"); 2Bar. 21,23 ("Sgrida dunque l'ange- minia della distruzione per mezzo del fuoco delle regioni tenebrose" (1QS rispetti-
lo della morte e sia veduta la tua gloria e conosciuta la grandezza della tua bellezza, vamente 2,8 e 4,13), in Dn 12,2 è esplicitamente prevista una risurrezione anche
e sia sigillato lo Sheol, così che da ora non prenda più i mortali"). per la vergogna e l'infamia eterna (cf. J.J. Collins, Daniel, p. 393).
512 L'APOCALISSE DI GIOVANNI LA CRISTOLOGIA DELL'AGNELLO 513

sua identificazione con la comunità credente è senza alternative (cf. sarà il tuo splendore") ed Ez 48,35 ("Il nome della città sarà da
3,12; 19,7-8). Ma viene precisato doppiamente che la sua origine quel giorno: Yhwh è lì"). Rispetto ad essi la novità più significati-
è celeste e perciò che la sua bellezza reca il timbro di quella divina va è la presenza dell'Agnello, che condivide le stesse proprietà di
(cf. Ef 5,26-27)178. Dio: insieme essi sono "Tempio" (21,22), e la distinzione tra "glo-
Il tema della nuova Gerusalemme è omogeneo al precedente; in- ria" e "lampada" (21,23) dice che l'Agnello-Cristo è semplicemente
fatti, esso è già presente in Isaia nello stesso passo dei cieli nuovi il modo concreto con cui la gloria di Dio brilla nella città181. È co-
e della terra nuova, dove si continua così: " E farò di Gerusalem- me dire che la Sposa trova nel suo Sposo Dio stesso.
me una gioia, del suo popolo un gaudio: io esulterò di Gerusalem- 3.2.6.3 II paradiso terrestre restituito (cf. 22,1-5). Il contenuto
me, godrò del mio popolo; non si udranno più in essa voci di pian- di questa sezione è riassumibile attorno a tre immagini di spicco,
to, grida di angoscia" (Is 65,18b-19; soprattutto Is 60!). Invece il che, per la mediazione di altrettanti testi profetici, collegano la pa-
tentativo di una minuta descrizione della nuova città deriva da Ez gina al racconto genesìaco delle origini. Prima immagine: "Un fiu-
40-48, dove il profeta esprime la sua utopia sulla ricostruzione del- me d'acqua viva, limpida come cristallo, scaturiva dal trono di Dio
la città santa dopo l'esilio babilonese (cf. pure Zc 12,1 -13,6), an- e dell'Agnello" (22,1); sullo sfondo immediato c'è il passo di Ez
che se non mancano paralleli nella grecità179. Ma il tema è comun- 47,1-5: "Sotto la soglia del Tempio usciva acqua verso oriente...
que colorato dalle tradizioni apocalittiche in materia, dove esso è era un fiume che non potevo attraversare"; ma a monte ci sta Gn
trattato variamente180: Ap si inserisce in un filone di pensiero, se- 2,10: "Un fiume usciva da Eden per irrigare il giardino". Seconda
condo cui la Gerusalemme definitiva già preesiste ma sarà manife- immagine: "In mezzo alla sua piazza182, da una parte e dall'altra
stata solo nei tempi ultimi. del fiume, c'è un albero di vita che fa dodici frutti, uno al mese...
L'atmosfera dominante è quella dello splendore, della preziosi- le foglie serviranno per guarire le nazioni" (22,2; cf. anche 2,7);
tà e quindi della bellezza (cf. l'utilizzo dei nomi di varie pietre pre- sullo sfondo ancora una volta abbiamo Ez 47,7-12: "Sulla sponda
ziose, oltre all'oro "puro come cristallo"). Ad esso è connesso il del fiume vi era una grandissima quantità di alberi da una parte
tema di un'unione con Dio quanto mai intima, che prescinde da e dall'altra... i loro frutti matureranno ogni mese... le foglie servi-
ogni mediazione: infatti abbiamo qui l'inaudita affermazione che ranno come medicina"; ma a monte c'è sicuramente Gn 2,9: "Il
non vi è nessun Tempio, "perché il Signore Dio, l'Onnipotente, Signore Dio fece germogliare ogni sorta di alberi... tra cui l'albero
e l'Agnello sono il suo Tempio" (21,22); addirittura vi mancano della vita in mezzo al giardino". Terza immagine: " E non vi sarà
sia il sole sia la luna, "perché la gloria di Dio la illumina e la sua più maledizione" (22,3); l'affermazione richiama Zc 14,11: "Non
lampada è l'Agnello" (21,23). Riecheggiano qui alcuni testi profe- vi sarà più sterminio"; ma sullo sfondo si intravede necessariamente
tici, come Is 60,19 ("Il Signore sarà per te luce eterna, il tuo Dio Gn 3,16-22 con la sentenza di condanna comminata da Dio ad Ada-
mo ed Eva dopo il peccato. Come si vede, il richiamo ai primi ca-
178
Cf. É. Cothenet, L'Église, Épouse du Christ (Ep 5; Ap 19 et 21), in Id., Exé-
pitoli del Genesi è evidente, ed esso ha lo scopo di dire che nell'é-
gèse et Liturgie, LD 133, Cerf, Paris 1988, pp. 237-261. schaton, da una parte, vengono ripristinate le condizioni di vita
179
Caso classico è la descrizione della città di Babilonia in Erodoto 1,178-183 e prosperità simboleggiate dall'acqua e dall'albero, e, dall'altra,
(dove anche si descrivono l'estensione, le mura, le porte, la presenza di un fiume,
della reggia e del tempio in mezzo ad essa; in particolare abbiamo la stessa impo-
viene finalmente revocata ogni sanzione punitiva poiché non
stazione quadrangolare, -cexpórfoùvo?: Ap 21,16 ed Erodoto 1,178,2), presentata co-
me città perfetta; in subordine, cf. anche la descrizione di Alessandria in Strabone
17,6-10. Vedi in generale U. Sim, Das himmlische Jerusalem in Apk 21,1-22,5 im
181
Kontext biblisch-jùdischer Tradition und antiken Stàdtebaus, Bochumer Altertums- Sullo sfondo si possono intravedere testi del Quarto Vangelo tematicamente
wissenschaft Coli. 25, Wissenschaft Verlag, Trier 1996. omogenei, come quelli dell'inutilità di ogni tempio (cf. Gv 4,21.23-24), di Cristo
180
Vi si possono individuare tre prospettive diverse sulla nuova Gerusalemme: stesso come tempio (cf. Gv 2,21) e come luce (cf. Gv 8,12), e quello basilare della
o è una realtà terrestre degli ultimi tempi (cf. lEn. 90,29; Or.Syb. 1,102-101.112-116; gloria divina che risplende nel Verbo incarnato (cf. Gv 1,14).
Test.Dan 5,12; 2Bar. 32,2-4) o è una realtà celeste a cui bisogna ascendere (cf. 4Esd. 182 N o t i a m o che il termine greco nkaiiìa. (Ap 11,8; 21,21; 22,2) p r o p r i a m e n t e
8,52; 2Bar. 4,1-7; 4Bar. 5,35; Eb 12,22-24) o è una realtà celeste che discende sulla n o n significa " p i a z z a " (che sarebbe agorà): esso è soltanto aggettivo femminile di
terra (cf. 4Esd. 7,26; 10,25-54; 13,36; Ap 21); vedi P.J. King, Jerusalem, in ABD rcXaTui; e, per q u a n t o sostantivato, si riferisce a ogni spazio a m p i o presente in u n a
3, pp. 747-766 qui 765. città, s o p r a t t u t t o a u n a strada (cf. G n 19,2 L X X ; Le 10,10; S t r a b o n e 17,1,10).
CRISTOLOGIA E CELEBRAZIONE INNICA 515
514 L'APOCALISSE DI GIOVANNI

ha più alcuna ragion d'essere. Ebbene, è in questo contesto para- 4,4.10...), ma anche dai 144.000 segnati (cf. 7,4; 14,1) e soprattut-
disìaco che è collocato "il trono di Dio e dell'Agnello" (22,1.3): to da "una moltitudine immensa che nessuno poteva contare" (7,9;
esso oramai non è più in una lontana corte celeste separata dagli cf. 5,11)186.
uomini (come all'inizio delle visioni nei capp. 4-5), ma è "in mez- Ebbene, a ciascuno dei tre livelli è presente e rimarcata la con-
zo alla città", nel cuore della convivenza umana. Esso, inoltre, as- fessione cristologica. Essa però nel terzo livello diventa vera e pro-
socia Dio e l'Agnello al punto che nei vv. 3-4 ("i suoi servi lo ado- pria celebrazione innica, che si esprime in molteplici pezzi di con-
reranno e vedranno il suo volto e porteranno il suo nome sulla lo- fessione gioiosa della fede cristiana. È qui che si addice più che
ro fronte") i pronomi "lo" e "suoi-suo (lett. di lui)" sono usati mai all'Apocalisse di Giovanni la definizione di "vangelo in-
al singolare in riferimento a entrambi, Dio e l'Agnello, indistinta- nico"187. Ma bisogna precisare quante sono e a chi sono rivolte
mente insieme. È vero che questo singolare si può spiegare gram- le composizioni inniche isolabili dal contesto narrativo. E allora
maticalmente come semplice concordanza con il sostantivo singo- risulta che dei sedici inni configurabili come tali188 la proporzione
lare "trono"; ma non è in rapporto al trono che si parla di è la seguente:
adorazione-volto-nome: questi sono concetti personali, ed è per- - nove sono rivolti soltanto a Dio: 4,8; 4,11; 7,12; 11,17-18;
ciò evidente che Dio e l'Agnello sono sussunti in una sola realtà183. 15,3-4; 16,5-6; 16,7; 19,1-3; 19,5;
Di fatto è su questa prospettiva di comunione escatologica che
- cinque sono rivolti insieme a Dio e a Cristo: 5,13; 7,10; 11,15;
si chiude il libro delle visioni, ed è una comunione che riguarda
sopratutto quella vicendevole tra Dio e l'Agnello, la quale però è 12,10-12; 19,6-8;
funzionale a quella degli eletti con loro. - due sono rivolti soltanto all'Agnello: 5,9-10; 5,12.
Questa proporzione stabilisce anche l'esatto rapporto fra teo-
logia e cristo-logia. L'esaltazione di Cristo non deve mai perdere
di vista che ciò di cui si tratta è "il mistero di Dio" (10,7), sia pure
4. Cristologia e celebrazione innica da intendersi in senso funzionale e storico-salvifico. Cristo è asso-
ciato al trono di Dio e alle sue funzioni, e solo in quanto tale meri-
Caratteristica inconfondibile della nostra Apocalisse è che essa ta lode e adorazione189. Come abbiamo visto a proposito di 21,23,
esprime anche una intensa celebrazione ecclesiale della fede cristia-
na. La dimensione ecclesiale è constatabile a tre livelli: — tutto il 186
Cf. analogamente a Qumràn i "Canti dell'olocausto del sabato" in
libro si presenta in una cornice epistolare, come una sola lettera 4Q400-406e 11Q17.
inviata "alle sette chiese che sono in Asia" (1,4), di cui le sette let- 187
Vedi in merito i due studi di K.-P. Jòrns, Das hymnische Evangelium. Un-
tere dei capp. 2-3 non sono che una parte e una specificazione184; tersuchungen zu Aufbau, Funktion und Herkunft der hymnischen Stucke in der
— il libro si suppone letto durante un'assemblea liturgica (cf. 1,3: Johannesoffenbarung, "Studien zum Neuen Testament" 5, Mohn, Gòtersloh 1971
(l'Autore sostiene, mi pare giustamente, che i brani innici presenti in Ap sono do-
"Beato chi legge e quelli che ascoltano") tenuta "nel giorno del vuti non a una tradizione pre-redazionale ma allo stesso compositore del libro); e
Signore" (1,10) a una comunità in ascolto che interviene esclaman- D.R. Carnegie, Worthy is theLamb: TheHymns in Revelation, in H.H. Rowdon,
do: "Sì, amen" (1,7) e "Vieni, Signore Gesù" (22,17.20)185; — c'è ed., Christ the Lord. Studies in Christology Presented to D. Guthrie, InterVarsity,
Leicester 1982, pp. 243-256.
poi l'assemblea celeste, costituita non solo dai 24 Anziani (cf. 188
Questo è di fatto il computo di K.-P. Jòrns, Das hymnische Evangelium, pp.
19-21, contro S. Làuchli, Eine Gottesdienststruktur in der Johannesoffenbarung,
ThZ 16 (1960) 359-378, che ne computava ben 27: da essi però vanno esclusi i pezzi
183 tratti dalla cornice epistolare (quattro in l,5b.5c.6b.7-8; e cinque in 22,12.
Cf. Sai 17,15: "Contemplerò il tuo volto... mi sazierò della tua presenza";
lGv 3,2: "Lo vedremo così come egli è"; ICor 13,12: "Allora vedremo faccia a 13.17.20.21).
189
faccia"
184
(proprio come a Mosè non era stato concesso in Es 33,20-23). Tuttavia è eccessivo ridurre la cristologia di Ap a un mero subordinazioni-
Vedi in proposito il lavoro di M. Karrer, Die Johannesoffenbarung als Brief. smo, come fa K.-P. Jòrns, Das hymnische Evangelium, pp. 172-173; nel libro c'è
Studien zum literarischen, historischen und theologischen Ort des Werkes, FRLANT comunque l'idea forte della pre-esistenza di Cristo insieme a quella della condivi-
140, Vandenhoeck, Gòttingen 1986. sione della divinità da parte del Risorto, che non vanno trascurate (cf. M. Hengel,
185
Cf. U. Vanni, L'Apocalisse, pp. 73-86 ("L'assemblea ecclesiale 'soggetto in- Die Throngemeinschaft, cit.). Quanto alla cristologizzazione della teo-logia in Ap,
terpretante' dell'Apocalisse") e pp. 87-97 ("L'assemblea liturgica si purifica e di- cf. J.-N. Aletti, Gesù Cristo: unità del Nuovo Testamento?, Boria, Roma 1995 (orig.
scerne nel giorno del Signore"). frane, Paris 1994), pp. 240-243.
Dl
° L'APOCALISSE DI GIOVANNI

lo splendore della dqxa è di Dio, ma essa rifulge attraverso il BIBLIOGRAFIA


/yc/wos-lampada che è l'Agnello.
Anche la chiesa storica lo sa e lo confessa e lo canta, poiché essa
è sempre ancora la fidanzata, la sposa promessa, che giubilando
invoca: "Vieni!" (22,17; cf. 22,10).

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Wilson J.C., The Problem of the Domitianic Date of Revelation, e sfaccettato. Esso è partito sulla scorta di un principio metodolo-
NTS 39 (1993) 587-605. gico fondamentale, che qui ripetiamo: il cristianesimo è nato due
Yarbro Collins A., The Combat Myth in the Book of Revelation, volte, una volta in Galilea con la predicazione del regno di Dio da
"Harvard Dissertations in Religion" 9, Scholars, Missoula 1976. parte di Gesù e una volta a Gerusalemme con l'annuncio della sua
—, Persecution and Vengeance in the Book of Revelation, in D. risurrezione da parte della chiesa. Analogamente, la cristologia ha
Hellholm, ed., Apocalypticism in the Mediterranean World and avuto due basi, necessarie e complementari: l'autocomprensione
personale di Gesù e l'annuncio pasquale dei suoi primi testimoni
Near East, Mohr, Tùbingen 1983, pp. 729-749.
(e ciò è stato materia del volume I). Tutto il resto è sviluppo; e si
—, Revelation, Book of, ABD 5, Doubleday, New York-London
è rivelato uno sviluppo quanto mai ricco e differenziato, tale ap-
1992, pp. 694-708. punto da non permettere di parlare di un solo ritratto di Gesù ma
—, The "Son ofMan". Tradition and the Book of Revelation, di tanti quanti sono gli scrittori che di lui si sono interessati fin
in J.H. Charlesworth, ed., The Messiah. Developments in Ear- dalle prime generazioni cristiane (e questo è stato materia del vo-
liest Judaism and Christianity, Fortress, Minneapolis 1992, pp. lume II).
536-568.
La nostra indagine ha evidentemente privilegiato l'analisi, insie-
me letteraria e storica, dei singoli autori-ritrattisti. E non poteva
avvenire diversamente, se volevamo essere fedeli al genus histori-
cum della ricerca e persino della teologia biblica. Del resto, è pro-
prio questo tipo di approccio che ci ha permesso di renderci conto,
da una parte, di quante voci sia già composta la polifonia delle pri-
me riflessioni su Gesù Cristo, e, dall'altra, di quanto superiore sia
la sua personalità completa rispetto al quadro che ogni singolo pen-
satore ne ha delineato.
Ma a questo punto ci si impongono due questioni generali e con-
clusive, alle quali occorre almeno tentare di dare una risposta. La
prima è di carattere diacronico, e riguarda l'inaudito trapasso che
la figura di Gesù ha sperimentato nella confessione della fede cri-
stiana da semplice predicatore galileo a Signore del mondo e della
storia associato a Dio stesso: come giustificare un simile processo?
Il punto di arrivo è ancora fedele al punto di partenza? La secon-
da questione è di carattere sincronico, e si chiede se mai sia possi-
bile, al di là e a dispetto della molteplicità di ritratti che abbiamo
526 CONCLUSIONE GENERALE LA CRESCITA DELLA CRISTOLOGIA NEOTESTAMENTARIA 527

ricavato dalle fonti, stabilire tra di essi una omogeneità tale da po- meneutici (cf. per esempio Ernst Kàsemann), sicché oggi possia-
ter dire che si tratta comunque sempre dello stesso personaggio: mo dire di poggiare i piedi su di una posizione più sicura ed
è ancora reperibile l'uno nei molti? Cioè, dobbiamo rassegnarci equilibrata3.
all'esistenza di molte cristologie incompatibili tra di loro oppure Tuttavia il problema di fondo rimane, ed è sempre quello del
è possibile stabilire l'esistenza di un'unità nella cristologia neote- rapporto tra gesuologia e cristologia: se, cioè, per conoscere in pie-
stamentaria? Qui di seguito prendiamo brevemente in considera- nezza la figura di Gesù sia sufficiente ricostruire le coordinate
zione ciascuno di questi due problemi. geografiche-storiche-ideali della sua vita e della sua predicazione
all'interno di Israele o se occorra in più inserire nella definizione
della sua identità le varie componenti elaborate dalla chiesa post-
1. La crescita della cristologia neotestamentaria pasquale e dai suoi portavoce più eminenti come Paolo e altri. I
termini di questo problema si devono ulteriormente precisare così:
Nella storia della ricerca la presa di coscienza di una eventuale ciò che fu detto di lui dopo la sua morte-risurrezione può essere
diastasi tra il Gesù soggetto e il Gesù oggetto di predicazione, e visto in continuità omogenea con ciò che egli storicamente ritenne
quindi il problema della coerenza o incoerenza tra le due fasi, è di se stesso oppure rappresentò un passo in avanti eterogeneo e or-
relativamente recente. Qui ne richiamiamo solo i momenti forti per mai inconciliabile? Come superare "l'orribile largo fossato" {der
venire alla discussione attuale. La sua prima formulazione risale garstige breite Graberi), non traghettabile, di cui parlava Lessing
all'età dell'illuminismo e venne fatta in Germania. Fu Samuel Rei- già due secoli fa4? In sostanza, ha forse ragione Nietzsche a dire
marus nel secolo XVIII a sostenere per primo che dopo la morte che "il Vangelo morì sulla croce" e che quel che venne dopo fu
di Gesù i discepoli, delusi per la non avvenuta redenzione terrena- soltanto "una cattiva novella"5?
politica predicata dal maestro, inventarono la figura di un reden- Certamente per rispondere a un interrogativo tanto bruciante la
tore sofferente che agisce nella sfera spirituale del peccato1. La ra- ricerca storica non basta, ed è invece decisiva la fede, a cui del re-
dicale discontinuità proposta da questa tesi fu in parte superata dal sto l'incredulità è soltanto specularmente contraria. Del resto, già
binomio impostosi alla fine del secolo XIX con Martin Kàhler, che fin dalle origini fu così, ben prima di ogni questione posta a tavo-
distingueva tra il Gesù storico e il Cristo biblico a tutto vantaggio lino dai critici, quando si trattò di decidere per la prima volta se
del secondo2, imponendo una terminologia fortunata che conob- Gesù era soltanto un bestemmiatore (cf. Mt 26,65) e un malfattore
be ulteriori variazioni (come: il Gesù della storia e il Cristo della (cf. Gv 18,30), come molti e anzi i più sostennero, oppure confes-
fede; oppure: il Gesù storico e il Cristo kerigmatico). La distinzio-
ne venne ripresa ed enfatizzata nel secolo XX da Rudolf Bultmann 3
Al punto che, sia pure da parte di un filosofo e non di un neotestamentarista,
in senso unilaterale con la svalutazione della storia di Gesù e l'af- si è giunti a invertire significativamente i termini del suddetto binomio nel titolo
fermazione della sola fede pasquale come distintiva dell'identità di un recente libro di C.S. Evans, The Historical Christ and the Jesus of Faith.
cristiana. Nel giro di due secoli si raggiunse così l'esatto contrario The4 Incarnational Narrative as History, Clarendon, Oxford 1996.
Cf. G.E. Lessing, Uber den Beweis des Geistes und der Kraft, 1777, traduzio-
di ciò che all'inizio si voleva affermare: la ricerca del Gesù storico, ne italiana: "Sul cosiddetto 'argomento dello spirito e della forza"', in Id., La reli-
da cui si era partiti, venne abbandonata per insistere soltanto sul gione dell'umanità, a cura di N. Merker, Laterza, Roma-Bari 1991, pp. 65-71. Egli
Cristo predicato dalla chiesa. Ma da almeno un trentennio sono parlava appunto di un fossato, che riteneva invalicabile in un doppio senso: da una
parte, su un piano piuttosto storico, esso consiste in una incolmabile distanza cro-
stati apportati i necessari aggiustamenti a questi sbilanciamenti er- nologica e qualitativa tra l'esperienza privilegiata e irripetibile dei primi discepoli
con Gesù e noi posteri, che non avremmo a disposizione altra evidenza all'infuori
di semplici notizie su quell'esperienza stessa; dall'altra e soprattutto, su un piano
1
Le tesi di Reimarus furono pubblicate postume da Lessing nel 1778 nello scritto più teorico, esso consiste in uno iato incolmabile che si interpone tra le verità stori-
"Sullo scopo di Gesù e dei suoi discepoli", reperibile in italiano nell'opera: H.S. che e le verità razionali, essendo le seconde non deducibili dalle prime, così che ri-
Reimarus, Iframmenti dell'Anonimo di Wolfenbiittelpubblicati da G.E. Lessing, sulterebbe impossibile il passaggio da una sponda all'altra (cf. l'aristotelica meta-
a cura di F. Parente, "Istituto Italiano per gli studi filosofici -Testi" 3, Bibliopoli^, basis in alium genus).
5
Napoli 1977, pp. 349-534. F. Nietzsche, L'Anticristo. Maledizione del cristianesimo, Adelphi, Milano
2 8
Cf. il volume I, p. 11 nota 13. 1987, p. 50.
528 CONCLUSIONE GENERALE LA CRESCITA DELLA CRISTOLOGIA NEOTESTAMENTARIA 529

sare che egli era il Cristo, il figlio del Dio vivente (cf. Mt 16,16), la diversità viene delineata in rapporto non solo al giudaismo ma
e riconoscere che se egli non fosse risorto noi saremmo ancora nei anche al primo dei tre stadi in cui l'Autore divide lo sviluppo della
nostri peccati (cf. ICor 15,17), come fecero invece i suoi discepoli. cristologia neotestamentaria. Questi sono così pensati: primo, quan-
L'incredulità fu degli estranei; la fede invece fu degli intimi, anche do sia Gesù sia le comunità cristiane sono naturalmente inseriti nel
se maturata su non poche incertezze, ottusità e viltà. Una cosa è quadro del monoteismo giudaico (essendo la chiesa formata solo
sicura: la storia del cristianesimo non comincia con l'incredulità da ebrei convertiti); secondo, quando le comunità cristiane sono
di Erode, di Caifa, o di Pilato, ma con la confessione forte di un composte in forma mista, ma ancora bilanciata, da ebrei e da gen-
discepolo, del tipo "Signore mio e Dio mio" (Gv 20,28), o anche tili convertiti; terzo, quando esse sono ormai costituite soltanto o
solo con quella più estenuata che però ammette: "Quest'uomo era prevalentemente da gentili che hanno comunque il sopravvento
veramente figlio di Dio" (Me 15,39). religioso-culturale. Cronologicamente i primi due sono anteriori al
Negli anni recenti il problema è stato di nuovo sollevato in ter- 70; il terzo invece appartiene alla fine del secolo I e coincide essen-
mini icastici da uno studioso inglese con un libro dal titolo quanto zialmente con la comunità giovannea. Infatti, mentre un testo co-
mai provocatorio: Da profeta giudeo a dio pagano6. Anche se la me Fil 2,6-11 non avrebbe ancora nulla a che vedere con l'affer-
discussione da esso suscitata, per quanto mi risulta, è stata con- mazione della natura divina di Gesù, il testimone dell'avvenuto tra-
dotta solo in ambito anglosassone7, vale però la pena di prendere passo sarebbe il Quarto Vangelo con la sua cristologia tanto alta
in considerazione le sue tesi. L'Autore non intende tanto emettere da fare ormai di Gesù un dio, anche se non un 'secondo dio' 9 : a
un personale giudizio di rifiuto sul passaggio da un polo all'altro questo punto la rottura con il monoteismo giudaico sarebbe ormai
quanto invece confrontare storicamente la fede cristologica delle completa e irrevocabile. Ne sono segno, da parte giudaica, l'espul-
origini cristiane con il monoteismo giudaico di provenienza, da cui sione dei cristiani dalle sinagoghe (cf. Gv 9,22; 10,42) e, da parte
essa si sarebbe gradatamente staccata. La discussione perciò verte cristiana, il giudizio completamente negativo dato sui Giudei e sulla
sulla possibilità che gli sviluppi più forti della cristologia possano loro incredulità (da Gv 1,11 fino a 20,19)10.
ancora vantare un aggancio con la matrice giudaica oppure se si Su questa ricostruzione si devono necessariamente fare alcuni ri-
debba ammettere una soluzione di continuità tale da costituire una lievi critici. Il rilievo fondamentale riguarda la semplificazione dei
metabasis in alium genus, cioè un trapasso in qualcosa di irrime- dati. Casey infatti trascura di prendere in considerazione due fat-
diabilmente diverso. Partendo dal presupposto di otto caratteristi- tori che sono decisivi per comprendere e raffigurarsi adeguatamente
che ritenute come altrettanti contrassegni dell'identità giudaica8, lo sviluppo della cristologia neotestamentaria. L'uno concerne le
premesse anticotestamentarie e giudaiche, che costituiscono il Sitz
6
P.M. Casey, From Jewish Prophet to Gentile God. The Origins and Develop- im Leben generale delle origini cristiane, compresa la predicazione
ment of New Testament Christology, The Edward Cadbury Lectures at the Uni- di Gesù, e che vertono sulla figura e celebrazione di particolari in-
versity of Birmingham 1985-1986, James Clarke, Cambridge 1991, pagine 197.
7
Su un versante critico si sono pronunciati: J.C. O'Neill, An Introduction to
a Discussion with Dr. Maurice Casey about His Recent Book, IrBiblStud 14 (1992)
192-198; L.W. Hurtado, WhatDo WeMeanby 'First-Century JewishMonotheism'?,
in E.H. Lovering, Jr., ed., Society of Biblica! Literature: 1993 Seminar Papers, alcuni giudei si consideravano tali pur senza frequentarlo, come gli esseni) e la ter-
Scholars Press, Atlanta 1993, pp. 348-368; J.D.G. Dunn, The Making of Christo- ra d'Israele (poiché, mentre da una parte vari gentili abitavano in essa, molti ebrei
logy - Evolution or Unfolding?, in J.B. Green & M. Turner, edd., Jesus of Naza- invece vivevano ormai stabilmente nella diaspora).
9
reth: Lord and Christ. Essays on the Historical Jesus and New Testament Christo- Cf. l'analisi negativa che di Gv fa lo stesso P.M. Casey, Is John's Gospel
logy, Eerdmans/Paternoster, Grand Rapids/Carlisle 1994, pp. 437-452. L'Autore, True?, Routledge, London 1996.
da parte sua, è tornato sulle sue tesi con due altre pubblicazioni: From Jewish Pro- 10
Secondo Casey, il collegamento della comunità giovannea con il giudaismo
phet to Gentile God. A Replay to Professor O'Neill, IrBiblStud 16 (1994) 50-65, sarebbe costituito soltanto da un punto e mezzo (sugli otto sopraelencati), cioè: mezzo
e soprattutto The Deification of Jesus, in E.H. Lovering, Jr., ed., Society of Bibli- punto dall'appartenenza etnica, in quanto l'esclusione dalle sinagoghe suppone in
ca! Literature: 1994 Seminar Papers, Scholars Press, Atlanta 1994, pp. 697-714. essa una buona componente giudaica; mezzo punto dall'impiego delle Scritture,
8
Questi "identity markers" sono: l'appartenenza etnica, il riferimento alle Scrit- in quanto la comunità le accettava solo come testimonianza su Gesù, rifiutando
ture, la fede monoteistica, la pratica della circoncisione, l'osservanza del sabato, la halakah fondata su di esse; mezzo punto dal monoteismo, in quanto essa, rifiu-
le norme alimentari, le leggi di purità e le festività maggiori. Vengono invece consi- tando il culto ad altri dèi, si poteva considerare monoteistica da un punto di vista
derati secondari altri due fattori: il Tempio (poiché, a parte il caso di Leontopoli, gentile, ma non dal punto di vista giudaico (cf. The Deification of Jesus, p. 707).
530 CONCLUSIONE GENERALE LA CRESCITA DELLA CRISTOLOGIA NEOTEST AMENT ARI A 531

termediari 'divini'11. Troppo sbrigativamente egli accenna sia a sato come glorificato alla destra di Dio, portatore del nome divino
Sap 10-11 (per dire che, se anche la Sapienza appare qui come con- di Kyrios, atteso come Figlio dell'uomo nella gloria, e che sia di-
duttrice della storia della salvezza secondo un ruolo che è proprio ventato oggetto di preghiera e di venerazione, tutto questo richie-
di Dio stesso, essa però non viene mai presentata come una divini- de un impulso che va ben oltre quello che lo sfondo giudaico pote-
tà) sia all'uso estenuato della qualifica "dio" (tanto per gli angeli va provvedere e che invece consistette semplicemente nella vita-
a Qumràn quanto per Mosè o il Logos in Filone Alessandrino). morte-risurrezione di Gesù stesso, oltre che in una imprevedibile
Come ha fatto notare Hurtado, il monoteismo giudaico del tempo ma determinante esperienza dello Spirito14. Tutto ciò ha compor-
coesiste sia con la personificazione di particolari attributi divini (co- tato inevitabilmente un qualche mutamento all'interno del mono-
me la Sapienza, il Logos, lo Spirito) sia con l'esaltazione di alcune teismo giudaico, avvenuto molto presto; la formula che leggiamo
figure di patriarchi (come Enoch e Mosè), oltre che con la statura in ICor 8,6, con l'inaudita distinzione tra "Dio" e "Signore", che
'divina' di alcuni angeli (soprattutto Michele; a Qumràn detti ad- nello Èemac di Dt 6,4 sono assolutamente identificati, lo fa già ve-
dirittura 'elim, "dèi"). L'esaltazione di Gesù, del resto, non viene dere con grande chiarezza. Del resto, una lettura diversa di Fil 2,6-11
presentata con i moduli greco-romani dell'apoteosi dell'eroe, ma conduce a ritenere che "nel giro di neanche due decenni il fenome-
affonda le sue radici ermeneutiche nell'humus del giudaismo. In no cristologico è andato incontro ad un processo le cui proporzio-
effetti, in lui come personaggio storico concreto si fondono tre di- ni sono maggiori di quelle più tardi raggiunte durante i successivi
mensioni che nel giudaismo si trovano unite solo in alcuni perso- sette secoli"15.
naggi, cioè la funzione di iniziatore, quella di un intervento attua- I motivi di un tale mutamento sono di vario genere. Il primo mo-
le, e quella di una consumazione futura; esse si trovano insieme tivo è già P autocomprensione che il Gesù terreno aveva di se stes-
soltanto in Michele, nell'Angelo della luce (a Qumràn), in Mosè, so: senza voler ripetere qui ciò che abbiamo già detto (cf. volume
e soprattutto in Enoch12. I, capitolo 1), ricordiamo soltanto che in Me 8,38 egli afferma che
L'altro fattore riguarda la possibilità che a Gesù siano stati at- l'atteggiamento adottato nei suoi confronti assume un rilievo de-
tribuiti dei tratti divini già ben prima del cosiddetto terzo stadio. cisivo ai fini della salvezza escatologica; ciò in Israele non era mai
Infatti, in nessun ambito del giudaismo contemporaneo esiste nei avvenuto a proposito di nessun uomo. Del resto, tutti gli sviluppi
confronti dei suddetti intermediari una venerazione e tantomeno successivi della cristologia post-pasquale si agganciano precisamente
un culto paragonabili a ciò che si è verificato per Gesù certamente a quel personaggio storico, nonostante avesse subito la pena infa-
già prima del 7013. Infatti, che il crocifisso-risorto sia stato pen- mante della crocifissione: questi sviluppi non avrebbero potuto ve-
rificarsi, se quello stesso personaggio non li avesse in qualche mo-
11
do giustificati; d'altronde, le più comuni tradizioni gesuane hanno
Vedi in merito l'importante libro di L.W. Hurtado, One God One Lord. Early
Christian Devotion andAncient Jewish Monotheism, SCM Press, London 1988 (con avuto corso nelle chiese del secolo I esattamente insieme alle più
la recensione di P. Rainbow, Jewish Monotheism as the Matrix for New Testament alte celebrazioni di lui. // secondo motivo è dato dall'inaspettata
Christology: A ReviewArtide, NT 33 [1991] 78-91); inoltre: Id., WhatDo WeMean esperienza degli incontri pasquali con il Risorto: è allora che la co-
by 'First-Century Jewish Monotheism'?, (cit.), e in particolare P.G. Davis, Divine
Agents, Mediators, and New Testament Christology, JTS 45 (1994) 479-503. munità cristiana si è resa conto pienamente per la prima volta che
12
Cf. P.G. Davis, Divine Agents, pp. 491-497; in altre figure di intermediari "la gloria di Dio brilla sul volto di Cristo" (2Cor 4,7) e ne ha trat-
il fattore-tempo viene invece trattato in forma separata: nel passato Abramo e Da-
vide, nel presente gli angeli (specie Gabriele e Raffaele), nel futuro Elia, il figlio
di David, e il figlio dell'uomo. 14
Cf. B. Byrne, Christ's Pre-Existence in Pauline Soteriology, "Theological Stu-
13
In proposito vengono enumerati sei fattori caratteristici: la composizione di dies" 58 (1997) 308-330, p. 313.
inni in suo onore (cf. Fil 2,6-11; Col 1,15-20; Gv 1,1-18; l'utilizzo del Salmo 110); 15
M. Hengel, Il figlio di Dio. L'origine della cristologia e la storia della religio-
la preghiera rivolta a Cristo (cf. ICor 1,2; 2Cor 12,2-10; lTs 3,11-13; gli auguri ne giudeo-ellenistica, SB 67, Paideia, Brescia 1984 (orig. ted., Tùbingen 21977), p.
epistolari della grazia e della pace; inoltre: At 7,59-60); il nome di Cristo invocato 18. Il medesimo Autore propugna la decisività per lo sviluppo del dogma cristolo-
nel battesimo (cf. Rm 10,9-13; At 9,14.21; 22,16) e acclamato nelle assemblee (cf.
gico della chiesa di Gerusalemme già prima di quella di Antiochia, soprattutto per
ICor 5,4; 12,3; 16,22); la celebrazione della Cena del Signore (cf. ICor 11,23-26);
la confessione della fede in Gesù (cf. ICor 15,3-5; Rm l,3b-4a; Mt 10,32); espres- il motivo del tema della Sapienza divina pre-esistente applicato a Gesù: cf. M. Hengel
sioni di profezia nel suo nome (cf. At 16,7; Ap 1,17 - 3,22). & A.M. Schwemer, Paul Between Damascus and Antioch. The Unknown Years,
SCM Press, London 1997, per esempio pp. 101-105.
532 CONCLUSIONE GENERALE L'UNITÀ DELLA CRISTOLOGIA NEOTESTAMENTARIA 533

to le dovute conseguenze. Senza la risurrezione, delle due l'una: o bisogna dire che alcuni Giudei del tempo abbandonarono il mono-
non ci sarebbe stato cristianesimo oppure esso si sarebbe limitato teismo ma invece che il monoteismo giudaico era talmente varie-
a una setta come quella di Qumràn e Gesù avrebbe avuto tutt'al più gato da poter contenere in sé espressioni diverse19, dall'altra, di
una sorte analoga a quella del Maestro di Giustizia. Essa invece ha conseguenza, va riconosciuto che persino per quanto concerne il
avuto il doppio effetto di ricuperare la dimensione del passato ter- Quarto vangelo "lo sviluppo nel Nuovo Testamento riguarda il pas-
reno di Gesù, soprattutto della sua passione, e di scatenare una se- saggio non da profeta giudaico a dio pagano quanto piuttosto da
rie di esplicitazioni circa la sua identità, che altrimenti sarebbero profeta giudaico a dio giudaico"20.
state larvatamente nascoste. Invece, avendo constatato per fede che In definitiva, si realizza all'evidenza nel caso-Gesù un principio
Gesù sedeva ormai alla destra di Dio in una dimensione celeste, di- fondamentale in psicologia, secondo cui l'identità profonda di una
ventava logico concluderne che a lui era stata riservata la dignità persona è difficilmente incasellabile in schemi precostituiti ma va
divina di "Signore" (Fil 2,9-11) e quindi associarlo inscindibilmen- scoperta gradualmente in tutta la sua pienezza. È in questo senso
te a Colui che siede sul trono (cf. Ap 5,6; 22,3-4). Solo come terzo che "lo sviluppo va ritenuto un elemento costitutivo della stessa
motivo si può addurre la polemica antigiudaica come risposta ai so- cristologia"21. Di qui la preferenza data al concetto di "sviluppo"
spetti e alle opposizioni manifestate appunto dal giudaismo nei con- invece che a quello di "evoluzione"22 per esprimerne più la conti-
fronti del nuovo gruppo nato di recente nel suo seno. La polemica, nuità qualitativa che non la discontinuità.
cioè, favorì una più precisa messa a punto dei termini della cristo-
logia. Ma, pur assumendo il periodo fra le due guerre giudaiche e
quindi l'emergenza del rabbinismo come momento decisivo per la 2. L'unità della cristologia neotestamentaria
separazione definitiva delle strade fra giudaismo e cristianesimo16,
non è corretto dire che l'espulsione dalle sinagoghe precedette, in- Un aspetto sicuramente sorprendente nella cristologia del Nuo-
vece di seguire, l'affermarsi di una cristologia forte17. Può ben es- vo Testamento è la molteplicità delle definizioni che essa offre a
sere vero che le ragioni maggiori di controversia tra giudaismo e cri- proposito di Gesù Cristo, osservando soprattutto che esse non si
stianesimo, oltre alla missione ai gentili con la connessa necessità trovano mai unite in un solo scrittore ma variano da un autore al-
o meno di imporre loro l'osservanza della Torah, all'inizio riguar- l'altro. Così, per esempio, mentre "Figlio dell'uomo" è presente
darono più l'affermazione di Gesù come Messia crocifisso che non in tutti i vangeli e persino nell'Apocalisse (ma qui con tratti diver-
la sua divinità. Ma questa seconda è implicita almeno in alcuni set- si: cf. sopra), il titolo è invece assente nel pur ampio epistolario
tori del giudeo-cristianesimo iniziale: non in quelli che originarono Paolino. E se il Quarto vangelo sorprende per il solenne titolo ini-
i canti del Magnificat e del Benedictus, ma in quelli che favorirono ziale di "Logos", dobbiamo constatare che esso non solo è assen-
la formulazione dell'inno colossese e del prologo giovanneo. Infat- te da tutti gli altri scritti neotestamentari ma che scompare poi dal-
ti, stanti le categorie giudaiche che li connotano, all'origine si trat- lo stesso vangelo giovanneo. Da parte sua Paolo non conosce il
ta sempre di giudeo-cristianesimo18. Perciò, se, da una parte, non titolo metaforico di "Agnello", mentre la letteratura giovannea è

16
Cf. J.D.G. Dunn, The Parting of the Ways Between Christianity and Judaism 19
and their Significale f or the Character of Christianity, SCM Press, London 1991, Cf. P. Hayman, Monotheism - A Misused Word in Jewish Studies, JJS 42
pp. 238-243. (1991) 1-15; inoltre: M. Barker, The Great Angel. A Study oflsrael's Second God,
17 SPCK, London 1992 (cf. p. 3: "Yhwh, il Signore, poteva manifestarsi sulla terra
Così J.T. Sanders, Schismatics, Sectarians, Dissidents, Deviants. The First
One Hundred Years of Jewish-Christian Relations, SCM Press, London 1993, p. in figura umana, come un angelo o nel re davidico; fu come manifestazione di Yhwh
45. Anche P.M. Casey, The Deification, p. 703, sostiene che all'inizio non ci fu che Gesù venne riconosciuto come Figlio di Dio, Messia e Signore").
20
una vera controversia sulla divinità di Gesù, sicché la fede cristiana non venne per- J.D.G. Dunn, The Making of Christology, p. 447.
21
cepita come un pericolo per il monoteismo giudaico. Pontificia Commissione Biblica, Bibbia e Cristologia, Prefazione di H. Ca-
18
Cf. R. Penna, Da Israele al cosmo. Ampliamenti dell'orizzonte cristologico zelles, Paoline, Cinisello Balsamo 1987, p. 42: "Progressio... habenda est elemen-
nello sviluppo dell'innografia neotestamentaria, in P. Coda, a cura, L'Unico e i tum constitutivum ipsius christologiae".
22
molti. La salvezza in Gesù Cristo e la sfida del pluralismo, "Sapientia Christiana" Cf. C.F.D. Moule, The Origin of Christology, University Press, Cambridge
3, PUL-Mursia, Roma 1997, pp. 49-66. 1977, pp. 1-10; J.D.G. Dunn, The Making of Christology - Evolution or Unfolding?
534 CONCLUSIONE GENERALE L'UNITÀ DELLA CRISTOLOGIA NEOTESTAMENTARIA 535

all'oscuro della qualifica di "Secondo Adamo". Quanto poi al ti- sta globale di Aletti27 che, superando ogni altra impostazione di
tolo di "Sacerdote", che costituisce il punto forte del discorso del- tipo antropologico, apocalittico e simili, riconduce le diversità a
la Lettera agli Ebrei, esso è sconosciuto sia ai vangeli sia a Paolo. una comune omologia di fondo. Essa viene espressa con i termini
E si potrebbe continuare. (a detta dello stesso Autore poco felici, ma comodi) di "gesucri-
Un interrogativo si impone: come mettere insieme tante defini- stologia" e "gesucristologizzazione". Con il primo si intende ogni
zioni e tanto diverse? non si tratterà forse di approcci eterogenei discorso su Gesù Cristo, qualunque sia il suo genere (narrativo, epi-
fra di loro? Il primo atteggiamento da adottare di fronte a questo stolare, omiletico, apocalittico, sistematico); con il secondo si in-
fatto consiste nel non nasconderlo e anzi nel sottolinearlo con ogni tende l'utilizzazione del motivo gesucristologico nei vari settori della
evidenza. Si potrebbe persino parlare di «Cristologie» al plurale, fede e della vita cristiane (teo-logia, storia della salvezza, ecclesio-
avendo presente però che tutto verte nient'altro che su Gesù Cri- logia, etica, escatologia). Con ciò si vuol mettere in luce un paio
sto. È proprio vero che egli appare insieme "uno e molti"23. Noi di elementi.importantissimi, tra loro complementari, che unifica-
l'abbiamo evidenziato fin nel titolo del libro, che parla di "ritratti no tutto il discorso del Nuovo Testamento sia su Gesù che su tutto
originali". Nello stesso tempo il concetto di ritratto rimanda ine- il resto. L'uno riguarda l'unità esistente tra Gesù e il Cristo, cioè
vitabilmente all'unità del soggetto in questione. Analogamente, la tra la storia del Terreno e la condizione del Risorto: essi vanno vi-
stessa cosa avviene quando pittori diversi dovessero dipingere uno sti in continuità, e comunque per la fede cristiana l'uno non sta
stesso personaggio o una stessa scena: la diversa interpretazione senza l'altro; si uniscono così quelli che noi abbiamo chiamato 'i
di ciascuno, unita alla diversa tecnica stilistica, condurrebbe ne- due inizi' non solo della cristologia ma del cristianesimo stesso. Il
cessariamente a risultati pittorici diversi24. secondo elemento consiste nel fatto che la fede in Gesù Cristo, co-
Tuttavia, il metodo storico-letterario da noi adottato, che ci ha munque essa venga espressa, informa di sé sia le varie forme lette-
permesso uno studio analitico e dettagliato della cristologia neote- rarie sia le varie componenti della fede cristiana in tutti i suoi set-
stamentaria, se da una parte mette doverosamente in luce la plura- tori, e in questo modo rappresenta davvero l'elemento coesivo di
lità e quindi la ricchezza delle interpretazioni cristologiche, dall'altra tutto il Nuovo Testamento. Aletti infatti dimostra che la gesucri-
non può sottrarsi a un'esigenza di sintesi che è richiesta come bi- stologia, invece di distinguere tra un centro e una periferia (come
lancio della ricerca stessa. "Se la ricerca analitica è condizione d'au- fa Dunn), accorcia le distanze fra i vari scritti e i vari temi, renden-
tenticità, il proposito di sintesi è, anch'esso, condizione di intelli- doli più simili fra loro molto più di quanto si pensi. Lo si vede per
gibilità ultima"25. esempio nei racconti evangelici della passione di Gesù, dove le va-
Ebbene, è necessario partire da un'osservazione fondamentale, rie differenze28 vengono superate da alcuni dati comuni soggiacen-
che riguarda non solo le varie cristologie ma l'intero Nuovo ti e perciò unificanti29. Persino nella Lettera di Giacomo viene
Testamento26. A questo proposito mi pare importante la propo- individuata, se non proprio una cristologia (come specifico di-

23
Cf. il titolo del libro, peraltro non molto utile, di E. Richard, Jesus One and
Many. The Christological Concepì of New Testament Authors, Glazier, Wilming- is no single closely defined christology in the NT) dimostra un frammentarismo e
ton DE 1988. in definitiva un pessimismo certamente eccessivo e insostenibile. Giustamente J.-
24
Ci si può immaginare, per esempio, se a ritrarre Monna Lisa, "la Giocon- N. Aletti, Gesù Cristo, p. 265, precisa che per diversità non si deve intendere in-
da", di Leonardo da Vinci fosse stato chiamato Pablo Picasso! compatibilità e disarmonia.
25 27
J. Dorè, Presentazione, in J.-N. Aletti, Gesù Cristo: unità del Nuovo Testa- Cf. sopra: nota 25.
28
mento,
26
Boria, Roma 1995 (orig. frane, Paris 1994), p. 5. Cioè: in Mc/Mt prevale lo schema del giusto iniquamente perseguitato; Le
La loro diversità è ben sottolineata dall'importante studio di J.D.G. Dunn, invece mette in evidenza la sua totale fiducia in Dio; in Gv poi i nemici sono scom-
Unity and Diversity in the New Testament. An Inquiry into the Character ofEar- parsi e addirittura neanche si menziona Dio (cf. p. 223: il racconto giovanneo della
liest Christianity, SCM Press, London 1977: mentre da una parte l'Autore afferma passione è "un deserto teo-logico"), perché è Gesù stesso che da una posizione di-
che l'identità dell'uomo Gesù con il Signore risorto costituisce la base e il vincolo vina trasmette lo Spirito e crea una nuova famiglia.
che tiene insieme le diverse espressioni del cristianesimo del I secolo, dall'altra egli 29
Cioè: Gesù resta saldamente ancorato a Dio fino alla morte; egli non grida
sostiene giustamente che la diversità è altrettanto essenziale quanto l'unità; ma il vendetta contro nessuno; la sua morte non è l'ultima tappa del cammino ma sol-
dire che "nel NT non esiste un'unica cristologia strettamente definita" (p. 230: there tanto precede la risurrezione.
536 CONCLUSIONE GENERALE L'UNITÀ DELLA CRISTOLOGIA NEOTESTAMENTARIA 537

scorso su Cristo), almeno una certa cristologizzazione, consistente be tenere insieme gli scritti e le varie fasi di sviluppo della cristolo-
nello spazio concesso al discorso di Gesù stesso mediante i molti gia neotestamentaria: essa consiste nel titolo di "Figlio (di Dio)".
riferimenti al suo insegnamento etico30. Tuttavia, a parte il fatto che esso è variamente attestato a seconda
Ma, lasciando da parte il discorso generale sull'unità del canone dei vari scrittori (ben 29 volte nel solo Quarto vangelo e appena
neotestamentario 31 , passiamo a considerare più specificamente il 17 volte in tutto l'epistolario paolino), esso è sorprendentemente
problema posto dalle cristologie vere e proprie, che abbiamo sco- assente da alcuni scritti significativi come le Lettere Pastorali, la
perto come un dato incontrovertibile nell'analisi dei vari testi. L'in- Lettera di Giacomo, e la Prima lettera di Pietro. È dunque ben dif-
terrogativo allora suona così: che cos'è che le tiene insieme? Qual ficile affidare l'unità della cristologia neotestamentaria a ciò che
è il loro comune denominatore? C'è forse una cristologia più forte in realtà ne è solo un'espressione fra le molte.
delle altre tanto da unirle tutte sotto il proprio lemma? Oppure è Meglio sembrerebbe ricorrere a uno schema di sintesi, che rac-
meglio ricorrere a categorie ermeneutiche particolari che agiscano colga e abbracci possibilmente tutte le espressioni cristologiche della
dall'esterno come maglie di sistema? fede cristiana32. Esso si può individuare nella categoria delle fasi
A livello di mere definizioni cristologiche, bisogna certamente temporali, con le quali la fede ha sempre visto connessa la figura
lasciare da parte quelle che appaiono solo in un autore (come la di Gesù. Di lui cioè è stata coltivata la memoria, di lui è creduta
qualifica di "Nuovo-Secondo Adamo" in Paolo e di "Sacerdote" e percepita la presenza viva nel cristiano e nella chiesa, e lui anco-
in Eb) o solo in un piccolo gruppo di scritti (come " C a p o " in Col- ra è fatto oggetto di un'attesa costante. La memoria rimanda al
Ef e "Agnello" in Gv-Ap [ma qui con semantiche diverse]); altret- passato del Gesù terreno e di tutto ciò che lo ha caratterizzato in
tanto occorre tralasciare il termine "Cristo", che nel linguaggio parole e azioni (e passione!), ancorando la fede cristiana allo zoc-
cristiano è diventato abitualmente non più un titolo ma un sempli- colo duro della storia e delle sue coordinate spazio-temporali33. La
ce nome di persona. Allora constatiamo che la definizione cristo- presenza viva di lui, fondata sulla sua risurrezione, rende signifi-
logica di gran lunga la più ricorrente nel Nuovo Testamento è quella cativa tutta l'esperienza del cristiano nella storia e nel mondo, con-
di "Signore", che in più ha il vantaggio di esprimere una cristolo- ferendole dignità e spessore salvifico. L'attesa infine proietta il cre-
gia forte in quanto assimila Gesù addirittura a Yhwh! Ma c'è una dente verso un compimento futuro, che da una parte rivelerà ulte-
difficoltà non secondaria: questo "nome che è al di sopra di ogni riormente Gesù stesso e dall'altra non permette al discepolo di ada-
altro nome" è tipico ed esclusivo della fede pasquale; esso cioè non giarsi e isterilirsi nella relatività dell'oggi. I vari aspetti della cri-
'copre' la fase gesuana, essendo assente dalle espressioni dell'au-
tocomprensione di Gesù (i due passi di Me 11,3 e Gv 13,13 sono
troppo tenui e problematici). Si potrebbe allora pensare a un'altra 32
qualifica, di attestazione più generale e già caratteristica della co- Vedi anche la proposta dei 'modelli' avanzata da G. Segalla, La cristologia
del Nuovo Testamento. Un saggio, SB 71, Paideia, Brescia 1985, pp. 151-165, e
scienza del Gesù terreno, che dunque più della precedente potreb- ciò che ne abbiamo detto nel volume I, p. 23.
33
Originale è la recente proposta di M. Karrer, Jesus Christus im Neuen Testa-
menti "Grundrisse zum N T " 11, Vandenhoek, Gòttingen 1998: pur partendo dal-
la risurrezione di Gesù e dalle sue confessioni (pp. 23-71), l'A. dedica tutto il resto
30 della sua esposizione (pp. 72-334) nient'altro che al recupero della vicenda del Ge-
Cf. J.-N. Aletti, Gesù Cristo, pp. 103-110. Sui richiami dell'insegnamento di
Gesù in Gc, cf. F. Mussner, La lettera di Giacomo, CTNT 13/1, Paideia, Brescia sù terreno (cf. p. 327: "Non solo il Gesù terreno appartiene alla cristologia, ma
1970 (orig. ted., Freiburg 1964), pp. 74-79. è la sua comprensione che le conferisce gli impulsi essenziali"), il cui senso viene
31 studiato in base sia ai racconti evangelici sia soprattutto alle riflessioni degli altri
A. Weiser, Jesus und die neutestamentliche Theologie. Zur Frage nach dem
Einheitsgrund des Neuen Testaments, ZNW 87 (1996) 146-164, suggerisce di consi- scrittori (specie di Paolo). Il tentativo, considerato dal punto di vista della tipica
derare il canone stesso come fattore di unità nel NT e, dichiarandosi contrario a fede cristiana, è certamente interessante e fecondo. Esso però, considerato dal punto
ogni criterio restrittivo del tipo "canone nel canone" (cf. E. Kàsemann), individua di vista dello storico, rischia di appiattire sul Gesù terreno tutto ciò che invece ap-
un principio unificatore generale nell'intervento salvifico di Dio attraverso la vita- partiene alla riflessione posteriore (cf. per esempio gli sviluppi sul "per" come in-
morte-risurrezione di Gesù in quanto avvenuto per amore e prima di ogni agire umano tenzionalità della morte di Gesù: pp. 106-132). In più, finisce per non onorare ade-
(cf. pp. 161-163). In proposito vedi anche R. Penna, Il canone del Nuovo Testa- guatamente alcuni settori della cristologia neotestamentaria, come quelli espressi
mento come garanzia di unità e pluralismo nella chiesa, Protestantesimo 49 (1994) in Eb e Ap. In ogni caso è appunto la memoria che viene privilegiata e collocata
296-311. assolutamente in primo piano.
538 CONCLUSIONE GENERALE L'UNITÀ DELLA CRISTOLOGIA NEOTEST AMENT ARI A 539

stologia neotestamentaria sono riconducibili a uno o più o a tutti ICor 15,22.45 e di Roccia in ICor 10,4), sia quelli che ci riportano
e tre questi livelli. addirittura alla pre-esistenza e alla mediazione nella creazione (cf.
Sarebbe interessante passare in rassegna l'intero linguaggio cri- il Logos in Gv 1,1-3.14, e il Primogenito in Col 1,15-17), sia quelli
stologie© neotestamentario per classificarlo in funzione delle tre fasi che ci danno piuttosto la dimensione ontologico-trascendente di Ge-
enunciate. Ma ci accontentiamo di qualche esempio veloce. Così, sù (cf. Immagine di Dio, P"Io sono" di Gv, e addirittura "dio").
"il Figlio dell'uomo" copre soprattutto la prima e la terza fase34; Si potrebbe forse dire che il primo e il secondo gruppo apparten-
"il Sacerdote" invece vale per la prima e la seconda35; "il Capo" gono alla memoria, ma in quanto espansa, cioè non pertinente al
solo per la seconda36; una buona parte dei titoli le riguarda tutte Gesù terreno: essi rappresentano piuttosto una rilettura cristiana
e tre: il "Figlio", il "Signore", il "Mediatore", il "Salvatore", sia della macrostoria sia dell'intero cosmo. Il terzo gruppo invece,
1'"Agnello" 37 . Inoltre, persino uno scritto cristologicamente po- non appartenendo a nessuno dei livelli suddetti, appartiene in realtà
vero come la Lettera di Giacomo testimonia di fatto tutti e tre i a tutti e, nella misura in cui espande la qualifica di "Figlio", ne
livelli di rapporto con Gesù: la memoria, infatti, è ben coltivata rappresenta il fondamento ultimo.
mediante il molteplice riferimento all'insegnamento del Gesù ter- In definitiva, ciò che fa l'unità della cristologia neotestamenta-
reno (cf. sopra); la presenza è attestata dal richiamo morale all'e- ria non è altro che la persona stessa di Gesù Cristo. I modi per 'dir-
sclusione dei favoritismi personali {prosopolempsià) motivata dal- lo' sono molti, ma è sempre lui che costituisce il perno fermo del-
la "fede nel Signore nostro Gesù Cristo glorioso" (Gc 2,1); l'atte- l'interesse e del linguaggio di fede, per quanto variegato questo sia.
sa poi è esplicitamente affermata con l'esortazione: "Siate pazien- Parafrasando Aristotele, potremmo dire che Cristo, come l'esse-
ti, fratelli, fino alla venuta del Signore... Rinfrancate i vostri cuori re,TCOXXOCXGX;Xéyexai, multipliciter dicitur, "lo si esprime in molti
perché la venuta del Signore è vicina... Ecco, il giudice è alle por- modi", perché non è univoco ma polivoco (non equivoco)38. Del
te" (Gc 5,7.8.9). resto, secondo l'ermeneutica di Pareyson, "l'unica conoscenza ade-
Lo schema proposto però non rende conto di tutti gli aspetti della guata della verità è l'interpretazione; il che vuol dire che la verità
cristologia. Infatti ne restano fuori sia quelli che riguardano la storia è accessibile e attingibile in molti modi... È appunto l'interpreta-
pre-cristiana della salvezza (cf. i titoli paolini di Ultimo Adamo in zione che mantiene la verità come unica nell'atto stesso che ne mol-
tiplica senza fine le formulazioni" 39 . A questo proposito, torna
opportuno richiamare ciò che ha scritto uno dei nostri letterati sui
34
Infatti riguarda il ministero terreno di Gesù e la sua venuta nella gloria (cf. quattro evangelisti, che noi estendiamo all'insieme degli autori del
volume I, pp. 134-143); la visione di lui nella gloria da parte di Stefano (cf. At 7,55-56)
e del veggente dell'Apocalisse (cf. Ap 1,13; 14,14) non implica di per sé un rappor- Nuovo Testamento:
to dinamico con la vita concreta del cristiano nel presente.
35
Infatti l'autore di Eb collega il titolo con la morte storica di Gesù e con la "Gesù non è affatto un Dio alla ricerca della propria identità. Piut-
sua attuale intercessione celeste. tosto ha lasciato a noi il compito di stabilirla. Si è manifestato, ci ha
36
Nella doppia relazione che connota Gesù nel presente con la chiesa e con il
mondo (cf. Col-Ef). parlato, ma non si è definito... Ammettiamo per un istante, per ipotesi
37
Infatti, la qualifica di "Figlio" appartiene già alla coscienza del Gesù terre- — per ipotesi, badi — che veramente fosse Dio. Dio, ci pensi: l'infini-
no (cf. volume I, pp. 143-153), caratterizza la fede attuale del cristiano (cf. Gal to, una gamma infinita di possibilità. E lei pretende che si definisse!
2,20) ed è inscindibile dall'identità di colui che è atteso (cf. lTs 1,10). La qualifica Si provano a capirlo, in qualche modo lo interrogano, ciascuno si sfor-
di "Signore" è fondamentalmente legata alla glorificazione del Risorto (cf. Fil 2,9-11),
ma è retroproiettata dalla fede cristiana nella vita terrena di Gesù (cf. soprattutto za di farne emergere un aspetto, di metterne in evidenza una delle tante
il linguaggio matteano e lucano), e caratterizza anche colui che deve venire (cf. "il possibilità, quella che più gli riesce accessibile o che più l'ha colpito.
giorno del Signore"). Anche quella di Mediatore copre l'intero arco dell'esistenza E senza pretendere... senza mai pretendere d'esaurire il discorso. In mar-
di Gesù, di cui troviamo affermato il nesso con il suo sacrificio (cf. lTm 2,5-6), gine, rimane sempre lo spazio per altre ipotesi, e al limite il miste-
con la sua attività presente (cf. il paolino Sta) e con il suo intervento futuro (cf.
lTs 1,10; Rm 5,9). Il titolo di "Salvatore" è pure associato sia alla, nascita terrena
di Gesù (cf. Le 2,11; lGv 4,14), sia a un'attuale possibilità del cristiano (cf. 2Cor
6,2; Le 4,19.21), sia alla sua venuta escatologica (cf. Rm 5,9; Fil 3,20). Infine,
38
1'"Agnello" è colui che ha dato il suo sangue, che ora pasce il suo popolo condu- Cf. Aristotele, Fisica, A, 2-3.
39
cendolo alle acque vive e che verrà per le nozze escatologiche. L. Pareyson, Verità e interpretazione, Mursia, Milano 1971, 1994, pp. 57 e 61.
540 "CONCLUSIONE GENERALE
L'UNITÀ DELLA CRISTOLOGIA NEOTESTAMENTARIA 541

ro. In ogni caso, gli evangelisti aprono e non chiudono. La gamma d'i- "Gesù li ha imbrogliati tutti, giacché non si è manifestato per
potesi che nel loro insieme ci presentano... non solo ci mostra quanto quello che era, ma solo nella maniera in cui essi erano in grado
fosse complessa la personalità di Gesù ed è una riprova implicita della di vederlo. Si è manifestato bensì a tutti: ai grandi si è mostrato
sua statura eccezionale — se posso dir così, della sua divinità —, ma grande; ai piccoli si è mostrato piccolo; agli angeli si è rivelato co-
è il punto di partenza dell'avventura del cristiano, la piattaforma della me angelo; agli uomini come uomo. Per questo il suo logos è ri-
nostra libertà. Al modo degli evangelisti noi continuiamo a domandar- masto a tutti nascosto... Lui era grande, ma fece anche grandi i
ci chi fosse Gesù, coscienti che non avremo mai la formula giusta entro suoi discepoli affinché riuscissero a contemplarlo nella sua gran-
la quale racchiuderlo. Guai del resto se fosse altrimenti: avremmo chiuso dezza" (Vangelo di Filippo 26 = NHC II, 57,28 - 58,10).
con Gesù... Il semplice fatto di cercare la verità approda inevitabilmen-
te a una crescita del messaggio... Ma possono pretendere d'affermare
di averlo definito, quando ognuno poi deborda, esplora altre possibili-
tà, l'immagine del Cristo gli si moltiplica tra le mani, s'è appena prova-
to a fissarla ed ecco, gli è sfuggita?... Si possono moltiplicare i punti
di vista intorno a lui, come appunto hanno fatto costoro, ma col risul-
tato che immancabilmente ne emerge solo l'indecifrabilità... Non ci so-
no gerarchie tra le testimonianze che si tramandano di lui... Significa
solo che da quel nodo d'indefinite possibilità che fu, nel suo insieme,
la persona di Gesù, ciascuno ha desunto quel tanto che poteva secondo
il suo talento o il compito cui era eletto"40.

Il Nuovo Testamento, in conclusione, ci propone di non elimi-


nare ma al contrario di mantenere ben ferma la molteplice possibi-
lità di definire Gesù. Esso, parafrasando la prima lettera di Gio-
vanni, ci invita a considerare Gesù più grande di tutte le nostre er-
meneutiche (cf. lGv 3,20). Certo bisogna stare attenti a non nau-
fragare nell'indistinto. La polimorfia del Salvatore era già un an-
tico tema gnostico 41 . Ma se lo spogliamo di quanto esso aveva di
docetistico e di astorico, resta intatta la sua affermazione dell'i-
narrivabile mistero di Gesù, come risulta da questi due testi apocrifi:

"Gesù chiese ai suoi discepoli: 'Paragonatemi con qualcuno e


ditemi a chi assomiglio'. Simon Pietro gli rispose: T u assomigli
ad un angelo giusto'. Rispose Matteo: T u assomigli ad un filoso-
fo, ad un uomo sapiente'. Tommaso invece gli disse: 'Maestro, la
mia bocca non arriverà mai al punto di dire a chi assomigli'. E Ge-
sù allora: 'Io non sono il tuo maestro, perché tu hai bevuto e ti
sei inebriato alla fonte zampillante che ti ho messo a disposizio-
n e ' " (Vangelo di Tommaso 13 = NHC II, 34,30 - 35,7).

40
M. Pomilio, Il quinto evangelio, Rusconi, Milano 1975, pp. 328s, 350, 368,
369.
41
Cf. A. Magris, La logica del pensiero gnostico, Morcelliana, Brescia 1997,
pp. 421-422, da cui è tratta anche la versione dei due testi riportati sotto.
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Arbeiten zur Geschichte des Antiken Judentums und
des Urchristentums
Associazione Italiana per lo Studio del Giudaismo
Arbeiten zur Kirchengeschichte
Arbeiten zur Literatur und Geschichte des Helleni-
stischen Judentums
Aufstieg und Niedergang der Ròmischen Welt
Abhandlungen zur Theologie des Alten und Neuen
Testaments
Biblioteca de Autores Cristianos
Bonner Biblische Beitràge
Beitràge zur Biblischen Exegese und Theologie
Biblioteca di Cultura Religiosa
Blass F. - Debrunner A. - Rehkopf F., Gramma-
tica del Greco del Nuovo Testamento, GLNT
Suppl. 3, Paideia, Brescia 1982 (orig. ted., Gòttin-
gen 197614)
Bibliotheca Ephemeridum Theologicarum Lova-
niensium
Beitràge zur Historischen Theologie
Biblica
Bibel und Leben
Biblical Interpretation Series
Biblioteca Minima di Cultura Religiosa
Biblioteca di Scienze Religiose
Biblioteca Teologica
Biblische Untersuchungen
Biblioteca Universale Laterza
Biblioteca Universale Rizzoli
Beitràge zur Wissenschaft von Alten und Neuen Te-
stament
Biblische Zeitschrift
Beihefte zur Zeitschrift fùr die Alttestamentliche Wis-
senschaft
546 ABBREVIAZIONI ABBREVIAZIONI 547

BZNW = Beihefte zur Zeitschrift fùr die Neutestamentliche LXX Versione greca dell'A.T. detta dei Settanta
Wissenschaft NDTB Nuovo dizionario di teologia biblica, a cura di Ros-
CB NTS = Coniectanea Biblica, New Testament Series sano P. - Ravasi G. - Girlanda A., San Paolo, Cini-
CBQ = Catholic Biblical Quarterly sello Balsamo 1988
ChicStud = Chicago Studies NT Novum Testamentum
CivCatt = Civiltà Cattolica NTOA Novum Testamentum et Orbis Antiquus
CTNT = Commentario Teologico del Nuovo Testamento NTS New Testament Sudies
DJD = Discoveries in the Judaean Desert NTTS New Testament Tools and Studies
DSD = Dead Sea Discoveries OBO Orbis Biblicus et Orientalis
EB = Études Bibliques PIB Pontificio Istituto Biblico
EH = Europàische Hochschulschriften PUL Pontificia Università Lateranense
EKK = Evangelisch-katholischer Kommentar (zum Neuen PUU Pontificia Università Urbaniana
Testament) QD Quaestiones Disputatae
EphLit = Ephemerides Liturgicae RAC Reallexikon fùr Antike und Christentum
EPRO = Études Préliminaires aux Religions Orientales dans RB Revue Biblique
l'Empire Romain RivBibl Rivista Biblica
ETL = Ephemerides Theologicae Lovanienses RQ Revue de Qumran
EvTh = Evangelische Theologie RSB Ricerche Storico-Bibliche
FreibZeit- SANT Studien zum Alten und Neuen Testament
PhilTheol = Freiburger Zeitschrift fùr Philosophie und Theologie SB Studi Biblici
FRLANT = Forschungen zur Religion und Literatur des Alten SBL Society for Biblical Literature
und Neuen Testament SBLDS Society for Biblical Literature, Dissertation Series
FzB = Forschung zur Bibel SBL MS Society for Biblical Literature, Monograph Series
GdT = Giornale di Teologia SBS Stuttgarter Bibel-Studien
GLNT = Grande Lessico del Nuovo Testamento SC Sources Chrétiennes
hi = hapax legomenon, detto una volta sola ScandJourn-
HTKNT = Herders Theologischer Kommentar zum Neuen Te- OldTest Scandinavian Journal of the Old Testament
stament SUD Schriften des Institutum Judaicum Delitzschianum
HTR = Harvard Theological Review SJLA Studies in Judaism in Late Antiquity
ICC = The International Criticai Commentary SNT Studien zum Neuen Testament
Interpr = Interpretation SNTS MS Society for New Testament Studies, Monograph
JBL = Journal of Biblical Literature Series
JerusPersp = Jerusalem Perspective Strack-
JETS = Journal of the Evangelical Theological Society Billerbeck H.L. Strack & P. Billerbeck, Kommentar zum N. T.
JJS = Journal of Jewish Studies aus Talmud und Midrasch, I-V, Mùnchen 19654
JournRel = Journal of Religion StudPatav Studia Patavina
JournSemitStud = Journal of Semitic Studies Suppl. Supplement(o)
JSJ = Journal for the Study of Judaism SVTP Studia in Veteris Testament Pseudepigrapha
JSNT = Journal for the Study of the New Testament Teol Teologia
JSOT MS = Journal for the Study of the Old Testament, Mono- TheolRev Theological Review
graph Series TheolStud Theological Studies
JSP = Journal for the Study of the Pseudepigrapha ThQ Theologische Quartalschrift
JTS = Journal of Theological Studies TM Testo Masoretico
LAPO = Littératures Anciennes du Proche-Orient TrierTheolZeit Trierer Theologische Zeitschrift
LD = Lectio Divina TRSR Testi e Ricerche di Scienze Religiose
548 ABBREVIAZIONI

TU = Texte und Untersuchungen Indice delle fonti


TyndBull = Tyndale Bulletin
UL = Universale Laterza Questo indice è stato redatto dalla prof.ssa suor Roberta Cavalieri,
WMANT = Wissenschaftliche Monographien zum Alten und alla quale sono vivamente grato.
Neuen Testament
WUNT = Wissenschaftliche Untersuchengen zum Neuen Te-
stament
ZEE = Zeitschrift fùr die Evangelische Ethik
ZNW = Zeitschrift fùr die Neutestamentliche Wissenschaft
ZTK = Zeitschrift fùr Theologie und Kirche I. SCRITTI CANONICI

Antico Testamento 14,17-20 300


N.B.: Una sigla di citazione biblica al seguito del nome di un autore (es.:
14,18-20 303
W. Schrage, IKor, p. tale) rimanda al commento dello stesso autore (ri- Genesi 14,19-20 225
portato nella bibliografia) al libro biblico citato. 1 358 15,2 288
1,1 473 15, 6 160
1,1.26 236 16,5 426
U 65, 499 18, 3.5 46
1,3 99 19,2 LXX 513
1,26 190, 231 19,25s 503
1,26-27 130 19,27 288
1,27 129, 353 22 144, 145, 188,
2,3 278 220 278, 399
2,7 151, 444 22,1-2 426
2,9 513 22,2 343, 345
2,10 513 22,13 336
2,11-22 343 24 133
2,15 358 26,24 439
2,24 224, 353 31,13 LXX 102, 361
3 159 32, 30 490
3,5 129 32,31 395
3,6 353 46,3 439
3,13-14 490 48,15 254
3,14 317, 440 49,1 238
3,15 499 49,3 473
3,16-22 513 49,9-10 468
4,7 159 49,11 57, 484
4,8-9.30 409
4,10 503 Esodo
4,16 503 3,10 268
4,19 358 4,10-16 268
4,20 358 4,22 171, 192, 232
6,1-3 277 LXX
6,1-4 164 6,6 66, 250
6,1-6 256 8,15 40
7-12 359 12,5 LXX 250, 481
8,21 163 12,6 478
9,6 190 15,13 144, 250
12,5 170 16 430
550 INDICE DELLE FONTI INDICE DELLE FONTI 551

16,1-10 359 39,20 490 23,18 250 1 9,9 358


16,4 402 40,13 297 23,26-32 306 10,16 158
16,9 298 40,34 424 23,27-32 158 10,17 472
17,1-7 189 441 40,35 69 23,29 306 12,5.11.21 135
17, 9 294 24,14 309 13,7 426
18,25 284 Levitico 25,8-17 371 13,16 225
19,3.12.13 358 3 158 26,11-12 510 14,4 478
19,5 419 4,3.14 307 17,7.12 427
19,6 296, 486, 487 4,5 290 Numeri 18,15 414
19, 9 356 4-5.16 157 6,ls 352 18,15.18 42, 447
19,14 484 4,8.20.24.29.33. 6,14 250, 481 18,18 414
19,16 488 34 143 6,16 L X X 141 18,15-19 410
19,24 246 4,20 158 278 7,16 L X X 141 19,19 427
20,2 102 4,35 158 12,7 383 20 485
20,7 353 5,6-7.11 L X X 141 12,10-16 359 20,1 361
20,12 353 5,10 278 13,2-3 47 1 21,17 473
20,13.14 353 5,10.13 305 13,23 423 21,21 427
20,19 246 5,11-13 305 15,36 309 21,22 143
21,17 353 5,23 131 16,2 4 21,22.24 427
23,7 97 5,26 158 20,1-13 189 21,23 97, 139, 142
23,12 52 6,5-6 308 21,8 318 22,24 309
24,1-8 306 7,11-36 158 21,18 356 23,9-10 485
24,8 296, 321 8-10 291 23,22 490 24,1 353
24,10s 395 8,7 475 24,17 L X X 415, 468 24,7 427
24,12.13.18 358 8,27-28 290 25 176 25,5 353
24,18 358 8,30 278 297 25,3 238 26,8 192, 246, 409
25,8 424 9,5.7.8 298 27,17 432 27-28 357
25,40 313 9,7.22 143 28-29 250 27,26 142
26,33 306 12,6 250, 481 28,2-8 310 28,54.56 426
28-29 291 14,10 250, 481 28,3-8 478 30,6 158, 171
28,1 287 16 147, 296, 306 28,3.9 481 30,15-20 L X X 358
28,1.4 291 16,3.5.9 L X X 141 28,3.9.27 250 31,1-8 447
28,4 475 16,3.6.7.9.17.24. 29,7 158 32,4 252
28,36 291 25.27.30.33LXX 141 29,7-11 306 32,5.20 39
28,36-38 490 16,4.7 309 29,8 306 32,6 192
28,41 297 16,15 292 29,11 L X X 141 32,8 L X X 276
29,1 250, 278,291 16,19.20.30 159 30,3 353 32,15 220, 243, 419
29,9.29.33.35 290 16,26.28 305 32,13 39 | 32,35 183
29,18 296 16,27 309 35,25.28 32 295 32,39 317
29,22.27.31 290 16,29 158 33,5.26 220
29,38 L X X 250, 481 16,34 278 Deuteronomio 33,8-11 294, 304
29,38-42 310, 478 17-18 73 8,3 353 33,11 294
30,7-8 310 17,7 73 4,34 66 33,17 490
30,10 159, 272 L X X 17,11 305, 308 5,1 372 34,1-4 358
32,32s 482 18,17 73 6,4 L X X 185, 531
33,15 413 19,18 176, 353 6,5 245, 353, 417 Giosuè
33,18-23 395 21,1-22,29 289 6,6.13 353 1,5 361
33,20-23 514 21,8 317 6,22 409 2,14 425
34,6 425 21,10 295 7,7 145 7,12.13 427
34,23 97 22,17-25 250 7,19 409 1 10,1 303
552 INDICE DELLE FONTI INDICE DELLE FONTI 553

10,40 225 1 22,51 470 Neemia 8,29 L X X 146


13,5 L X X 352 23,1-7 63 3,1.20 295 12,9 492
20,6 295 3,1.31 431 13,2 238
1 Re 9,26 37 13,4 472
Giudici 2,27.35 295 9,26-32 34
3,9 244 3,4-15 302 9,27 244 Giobbe
3,15 244 3,20 426 12,39 431 4,17 163
5,4-5 225 4,2 295 13,28 295 5,9 L X X 242
5,19 503 5,5 435 5,14 130
12,3 244 6,16 306 Tobia 6,4 26
13,17s 490 8,5.62-64 302 12,7.11 238 7,12 499
13,20 412 8,13 424 12,15 311, 488 7,20 26
14s 54 8,29 135 12,20 412 9,10 L X X 242
17,5-6 294 8,35.38 158 12,4 127
17,10 290 8,47-48 158 Giuditta 13,12.28 130
18,4 290 11,38 361 2,2 238 16,12-14 127
20,13 427 17,19 426 4,6.8.14 295 16,13 26
17,21 L X X 444 5,17 L X X 361 19,25-27 127
18,20-40 503 9,11 243 22,29 128
Rut 23,3-4 L X X
133 19,1-8 343 13,11 LXX 361 314
1,21 15,8 295 28,20-28 396
2 Re 30,20a 127
1 Samuele 2,1-15 447 Ester 34,24 L X X 242
2,7-8 L X X 135 9,27 503 6,17 L X X 361 42,5 395
2,10 490 14,6 (3Re L X X ) 268
2,13 290 17,13-20 34 1 Maccabei Salmi
7,14 283 23,29 503 1-4 295 2 291
12,6 284 23,34 59 3,45.51 283 2,2 48, 49, 369, 470
12,8 268 25,18 295 3,48 492 2,7 48, 275, 281,
14,41 294 4,46 64 283, 284, 345
15,3-20 226 / Cronache 4,60 283 2,8-9 495
15,22 308 16,27-28 489 9,27 64 5,12 135
15,25 427 24,4-19 488 9,54-56 295 7,10 473
16,1-13 350 26,26 47 10,18-21 295 8 269, 276, 277
16,7 473 27,5 295 12,9 492 8,2 135
16,13 62 29,10 115, 192 12,20 295 8,3 353
20,13 361 29,11-12 489 13,42 302 8,6 226
21,5 485 14,7 427 8,7 228
25,28 427 2 Cronache 14,14 427 9,8-9 298
5,11 297 14,20 295 10,5 298
2 Samuele 24,11 295 14,41 64 15,11 LXX 47
1,14 471 26,18 302 15,2 295 17,15 514
1,22 412 26,20 295 18,5 428
5,2 268, 350, 432 30,18 278 2 Maccabei 19,8 36
7,14 272, 473, 511 35,22 503 1,5 L X X 146 19,50 470
7,16 343 36,16 37 4,23-38 295 20,6 470
11,11 485 5,20 L X X 146 22 21, 23, 25, 268
12,2 447 Esdra 7,33 L X X 146 22,2 22, 23, 353
15,20 425 2 (12),9 47 7,37 127 22,8 22
19,21 471 7,12 472 7,37-38 314 1 22,9 23
554 INDICE DELLE FONTI INDICE DELLE FONTI 555

22,11 24 68 225 110 273, 277, 291, 120,28 425


22,19 22 68,5 L X X 136 300, 303, 476, 29,25 59
22,23 25 68,21 243 530 30,19d 224
23 432, 495 69 21 110,1 19, 48, 49,225,
23,2 496 69,8-10 127 226, 228, 273, Qoèlet
24,1 184 69,22 23 277, 300, 310, 5,1 129
24/25,5 243 69,29 482 315, 353, 488 7,12 L X X 152
25,10 404 70,3 22 110,4 273, 284, 293, 7,20 159, 162
27,9 25 70,20 L X X 152 299, 300, 301,
27,12 22 74,9 64 302, 303 Cantico
28,8 470 74,13s 499 110,4a 304 2,15 435
31 21 74,13-14 450 110,4b 304 6,11 435
31,4 252 75,11 490 117,1 183 7,9.13 435
31,12s 22 76,3 303 117,22 252 8,12 435
31,14 22 77,21 432 118,15b L X X 66
31,15 24 78,2 352 118,20 431 Sapienza
32,1 161 78,8 39 118,22-23 353 1,7 234, 490
32/31,1-2 157 78,15-16 441 118,25-26 353 2,10-20 21, 127
33,6 L X X 421 78,24 402, 430 118,26 42, 353 2,12 35
33,9 L X X 181 78,51 473 118,28 24 2,12-50 20
34 21 78,52-53 432 130,8 361 2,18 23
34,19-20 127 78,70-72 432 136,3 472 2,18-20 353
34,23 L X X 418 80,2 432 138,2 425 2,22 238
35,11 22 80,9-12.15-17 436 139,16 482 4,14 128, 135
36,10 431 83,19 139 140 21 5,1-5 21
37 21 85,11 425 140,7 24 5,1-7 20, 127
37,32 22 86,11 406 5,5 23
38,13 22 86,14 22 Proverbi 5,15s 471
40/39,3 152 88/89,27 L X X 232 l,20s 37 6,22 238
40,7 308 88,27-28 L X X 275 1,20-32 38 7,8-14 241
40,7-9 308 89,10-11 450 1,22 36 7,11 241
40,9b 308 89,18.25 490 1,23 442 7,25-26 272
40,10-11 404 89,27-28 48 1,32-33 37 7,25-29 231
42,3 395 90.4 505 2,3-6 241 7,26 131, 190, 231
45 224, 275, 508 91,11-12 353 3,3 425 7,27 36
45,7 49, 275 94,1-2 183 3,19 234, 474 8,3 128
45,8 275 95,7 298 3,34 128 8,6 231
45,7-8 275 95,8-11 39 4,ls 36 9,1-2 L X X 421
5,6 406 9,9 128, 231
45,12 49 95,11 183 9,10.17
49,13-15 308 100,3 432 8,ls 37 187
49,16 127 101,26 269 8,5 36 10-11 530
50,18s 308 101,26-28 276, 317 8,14-16 37 14,15.23 238
51,6 159 102,26 276 8,22 L X X 231, 473 15,11 LXX 444
51,9-12 158 103,4 275 8,22s 37 16,7 243
51,13 65 104/103,24 234 8,23 128, 232 L X X 18,15 490, 504
54,5 22 104,30 65 8,30 234, 474
56,9 482 107,20 L X X 421 9,4 36 Siracide
14,22 425 1,4 231, 232
63,2 24 109,3-5 22
63,10 22 109,16 22 16,6 425 3,18 238
67,17 L X X 233 109,25 22 18,4 441 1 7,6 427
556 INDICE DELLE FONTI INDICE DELLE FONTI 557

15,2 37 11,4 LXX 219, 470 49,1-6 103, 133 61,2 399
49,6 431 61,2a 371
15,3 189 11,4-5 47
49,10 496 61,2b 371
17,17 LXX 276 11,6 495
50,4-10 133 61,10 345, 508
18,13 254 12,2 243
51,4 431 62,2 274, 491
19,3 427 12,3 442
52,6 135, 439 62,4 274
22,22 238 14,13 218
52,13 LXX 46 62,5 345, 508
24 176 14,13.15 353
52,13-53,12 46, 133 63,1-6 497
24,8 424 19,1 225
53 23, 127, 142, 63,3 497
24,8-11 128 19,19 59
252, 427 LXX 63,8b-9 LXX 145
24,9 231 20,3 46 246
24,10-12 37 21,24 353 478, 479 63,9
53,1 409 63,10.11 65
24,20 442 22,22 467
53,2-10a.llb.l2b 127 63,11 268, 432
24,22 37 23,16 501
53,3 250 63,15 192
25,24 159 25,8 510
53,4 297, 352 63,16 171
27,16.17.21 238 26,4 252 283
43,26 234 27,1 499 53,4-6.8b.l0a. 63,18
Ilb.l2b 127 64,4-5 508
43,31 296 27,2-3.6 436 179
47,4 427 27,9 161 53,4.10 LXX 141 1 65,1
53,4.12 251, 427 65,15 491
48,10 52 28,16 179, 247, 252 473
49,2 427 29,13 353 53,5 251 65,16
53,5.12 LXX 141 65,17 170, 510
50,6 468 29,14 37
53,5-6.10a.l2c 479 65,18b-19 512
51,1 243 30,4 47
53,5b 142 66,1 313, 353
30,22 427 170
Isaia 32,15 LXX 69 53,6 251, 254 66,22
1,2 171 34,1-7 498 53,7 LXX 250, 251, 427,
1,11 308 35,4 40, 243 477, 478 Geremia
53,9 142, 251 1,5 103
1,18 484 35,10 510
53,10 141 1,8 439
1,21 501 40,3 353 361, 439
1,24 59 40,6 425 53,10b.lla.l2a 127 1,17 LXX
53,llb 251 i 1,19 243
2,3 419 40,8 LXX 421 508
2,12 184 40,9-10 40 53,12 22, 124, 135, 2,2
296 2,8 433
5,1-2 436 40,11 432 436
5,21 37 40,13 184 53,12a 479 2,21
53,12b LXX 127 3,1-4 508
6,1 395 41,4 318 192
6,1-3 488 41,8-10 LXX 278 54,1.5 508 3,4.19
54,5 345 3,6-13 485
6,7 163 42,1 345 158
6,9-10 352 42,1-4 352 54,5-8 224 3,12.22
442 3,14-15 254
6,10 409 42,1-7 133 55,1
442 4,4 158
7,14 351, 359, 409 42,6 431 55,1-3
149 6,20 308
8,8.10 359 42,8 136 55,8
412, 421 7,14 353
8,13 181 43,10 439, 440 55,10-11
353 7,22 308
8,14 179, 247, 252 43,13 439 56,7
371 7,29 39
8,23-9,1 352 43,18-19 170 58,6
361 9,22 37
11,1 468 43,25 157, 439 58,11 LXX
512 9,23 183, 184
11,1 63 44,2 220 60 21, 478
11,1-4 62, 63 44,3 442 60,1 431 11,19
512 11,20 475
11,1.10 468 44,6 318 60,19 21
11,2 37, 63 45 125 61 371 12,2
63 15,20 243
11,3-4 504 45,23b LXX 136 61,1 136
11,4 63 49,1 103 61,l-2a 371 1 16,21

I
558 INDICE DELLE FONTI INDICE DELLE FONTI 53*

18,18 294 29,3 499 i0,5-6 470 Abacuc


23,2 254 30,3 184 10,13.20 276 2,2 356
23,3-4 254 34 268 10,13.21 499 2,4 160
24,7 159 34,ll-12a 254 11,36 218
30,11 243 34,11-16.23-24 433 12,1 315, 353, 482, Sofonia
31,10 432 34,16 254 499 1,3 427
31,15 351 34,23 496 12,2 511 1,14 184
31,31-34 306, 320 36,26 159
31,33-34 317 37,9-10 L X X 444 Osea Aggeo
38/31,9 L X X 232 37,14 65 1-2 224 1,1.12.14 295
38,31-34 L X X 320 37,24-25 433 2 485 1,13 362
42,11 243 37,34 433 2,4 427 2,3.5 295
44,29 409 38-39 506 2,16.19.21 508 2,4 322
51,34 499 40-48 512 2,17 427
60,10 508 40,46 295 6,6 308 Zaccaria
43,7 424 10,1 436 2,15 511
43,14.17.20 11,1 171, 192, 281, 3,1.9 295
Lamentazioni 147 351, 357 3,3-6
1,15 498 43,22-23 250 485
4,20 49, 181, 369, 471 45,1 484 4,10 488, 490
Gioele 6,11 295
46,4.13 250 442
3,1-2 6,12 415
Baruc 47,1-2.5 441 184
3,4 9,9 57, 351, 352,
2,20 46 47,1-5 513 3,5 184 419
3,29.38 128 47,7-12 513 4,13 497, 504 10,3 254
3,38 424 48,9 484
4,1 37 48,35 513 11,12 353
Amos
4,4 237 5,8 136 11,12-13 352
Daniele 5,18.20 186 11,15-17 433
Ezechiele 2,22 431 5,22.25 308 11,16 254
1 102 2,28 238 8 23 i 12,1-13,6 512
1,4 336 2,37 472 22, 353 12,10 442, 475
8,9
1,4-25 488 2,47 55 8,11 442 12,10-12 353
1,5-12 489 3,52 135 9,3 499 12,11 503
1,20 298 4,17.21 55 9,6 136 13,2 427
1,26-28 L X X 102 4,37 L X X 472 13,7 19, 268, 353,
2,9 491 5,23 55 Giona 432
4,3 409 7,2s 500 1,12 144 14,5 40
8,2 102 7,3-14 353 2,1 353 14,8 441
8,2.7 336 7,9 298, 470, 484 14,11 513
9,2 475 7,9-10 488 Michea 14,14 57
10,1 488 7,10 482, 489 2,12 254
16 485 7,13 19, 102,115, 2,12-13 432 Malachia
16,7-8 508 128, 353,415, 3,11 294 3,1 268, 353
16,8-14 224 470, 504 4,6-7 254 3,16 482
16,15 501 7,14 226, 353 5,1.3 350, 351 3,23-24 L X X 52
19,10-14 436 7,25 499 5,1-3 433
21,31 128 8,13 283 7,6 353
23 485 9,2 493 Nuovo Testamento
23,1 499 9,24,27 350,499 Naum
26,7 472 9,27 353 1,2 427 Matteo
28,2 218 10,5 475 3,4 501 \ 1-2 357
560 INDICE DELLE FONTI INDICE DELLE FONTI

1,1 348, 350 1 5,20 114, 356 10,16.9-13.8.7. 14,22-23


1,1-17 347 5,21-45 356 14-15 35 14,27
1,1.6.7.17 350 5,21-48 353, 358 10,24-25 35 14,30
1,18-2,23 347 5,23s.39.44 112 10,25a 35 15,3-9
1,20 350, 365 5,44-47 28 10,26-31 35 15,10-20
1,21 244, 361 5,44-48 35 10,32 41, 42, 530 15,14
1,21-23 281 5,46-48 35 10,32-33 32 15,18-19
1,22 351 5,48 28 10,34-36 33 15,22
1,23 359, 360, 361 6,9 192 10,35 353 15,24
1,35 68 6,9a.l0a 40 10,38 28, 34, 193 16,2-3
2,1-10 349, 350 6,10 40, 112, 128 10,40 33 16,3
2,5 352 6,16 415 10,40b 33 16,16
2,6 350 6,19-21.25-34 35 11,2-6 28 16,17-19
2,15 281, 357, 415 6,21 241 11,2-11.16-19 27 16,19
2,15.17.23 351 6,33 40 11,3 42, 401 16,21
2,20 358 7,1-2 28 11,4s 16,24s
340
2,23 63, 351 7,3-5 28 11,5 353 16,27
3,1 331 7,7-11 35 11,7-11 28 17,5
3,3 352, 353 7,12 35, 35 11,10 353 17,17
3,7-9 27 7,18-16 28 11,11 40 18
3,7-12 27, 29 7,21 28, 356 11,12 38, 40, 7118,1-4
3,10b 35 7,21-23a 43 11,14 42 18,7
3,11-12 27 7,21.24-27 27 11,16-19 28, 33, 36 18,12-14
3,13-17 365 7,21-27 35 11,19 41 18,15.21-22
3,14-15 67 7,24 253 11,21-23 33 18,20
3,16 63 7,24-27 28, 33 11,22 39 18,23-35
3,17 415 7,28-29 354 11,23 353 19,4-5.7
4,1-11 27, 353 7,35.18.16 35 11,25 112 19,14
4,3.6 42 8-9 359 11,25-27 34, 36, 42 19,16
4,14 351 8,1-4 359 11,27 38, 349 19,18-19
4,17 346 8,5-13 28, 32 11,51 43 19,28
4,17.23 354 8,10-12 349 12,6 179, 357, 360 19,30
4,18-22 354 8,11-12.16 29 12,17 351 20,1-8
4,33 415 8,lla 40 12,23 350 20,1-16
5-7 110, 347, 354, 8,12b.llb.l2a 40 12,28 40, 64 20,20-23
371 8,17 351 12,32 41 20,24-28
5,1 354 8,18-22 29, 35 12,35-34 35 20,28
5,1-12 357 8,19 354 12,38-39 408
5,2-12 35 8,20 41 12,40 41, 353 20,30.31
5,2-12.38-42 35 8,23-27 359, 360 12,41 357 21,4
5,3 40, 112 8,29 415 12,41-42 44 21,9
5,3.6 27 9,13 401 12,42 357 21,9.15
5,10 35 9,27 350 12,42.41 179 21,11
5,11 41 9,37-38 35, 35 13,1-52 347 21,13.16
5,11-12 27, 32 10 28, 347, 356 13,12 28 21,28-41
5,14 430 10,5-6 349 13,14.35 351 21,31
5,17 351 10,7 40 13,19-23 344 21,37
5,17-19 72 10,9-11 29 13,31.32 40 21,42
5,17-20 356, 358 10,10 399 13,33 40 22,1-2
5,18 29, 71 110,10b 35 14,13-21 359 22,1-14
563
562 INDICE DELLE FONTI INDICE DELLE FONTI

336, 340 1 8,29 338


22,11-14 485 26,49 354 3,7-12 338, 339
22,24.32 353 26,54 351 3,10-11 342 8,30 338, 339, 346
22,37 417 26,56 351 3,11 67, 339 8,31
336 8,32 339
22,37.39 353 26,64 353 3,13 28, 34, 343
22,41-45 357 26,65 527 3,14 112, 284, 339 8,34
16 8,34-38 342
22,41-46 351 27,9 351 3,19 344
22,42 350 27,28 502 3,21 338 8,35 42, 531
22,44 353 27,40.43 415 3,22 338 8,38 342
23 347, 356, 357 27,43 3,22-27 40, 342 9,2-9
353 112, 134 9,2-13.30-35 15
23,2.7 355 27,46 24, 220 3,35 354
23,2.8-10 357 27,50 443 4,1-34 12, 335 9,5
220
23,4 39 28,16-20 7 4,11 339 9,7 339
23,8.10 355 28,18 349, 353 4,14.15.16.17. 9,9 109
23,12 128 28,19 349, 415 18.19.20.33 344 9,14 342
23,23.6-7.27-28 39 28,19-20 348, 349 4,25 28 9,14-29 39
23,29-36 33 28,20 360, 361 4,35-41 342 9,19 339
23,34-36 37 39b-42 27 4,35-5,43 12 9,31 268, 399
23,37-39 27, 33, 37 4,38 354 9,37 15
23,38.39 353 Marco 4,40 339 10,1.32-34.46-52 377 .
24-25 347, 356 1,1 337 4,41 338 10,5-40 109
24,3.24.30 408 1,1.14 5,1-20.22-24. 10,11-12
344 336
24,15 352 1,10 336 35-42.25-34 342 10,13-16 339
24,15.21.29 353 1,10-11 5,35-43 339 10,28
342 344
24,27 41 220, 281, 337, 6,2 338, 402 10,29 339
1,11
24,28 35 345 6,4.15 64 10,33-34 339
24,30 353 1,12 64, 336 6,5 342 10,35-40 377
24,30-31 109 1,14-6,13 338 6,7 112 10,41-45 342
24,35 355 1,15 344 6,14-15 338 10,42-45 116, 146, 246,
24,37 41 1,20 68 6,14-10,52 338 10,45 296, 335, 346,
24,39 41 1,21-28 335, 354, 371 6,30-44.48 342 364, 376, 377,
24,43 112 1,23-28 340 6,50 438 401
24,44 41 1,23-28.29-31. 6,51-52 339 342
25,1 6,54-56 336, 342 10,46-52
509 40-45 342 344
25,1-13 345 1,24 46, 344 6,55 336 10,47 343
25,14-30 7,1-23 372 10,47-48
27 1,27 337, 338 58
25,29 28, 35 1,32-33.39 7,14-23 110 10,51 338
336
25,31-46 360 1,32-34 340, 342 7,20-21 428 11-15 338, 340, 343
25,34 483 1,34 339 7,24-30.31-37 342 11,1-10 15
26-28 116 1,40-45 7,28 56, 417 11,1-23.27-33 56, 61, 536
339 339 11,3
26,3.57 17 1,45 336 7,31-37 342
26,15 8,1-9.22-26 342 11,12-14.20-24 335
353 2,1-12 340, 342 331
26,26-28 109 2,1-3,6 12, 335, 340 8,10 11,20-24 160
26,28 8,11-12 342, 408 11,22 335
296 2,2 344 11,27-12,37
26,29 360 2,10 346 8,12.38 39 436
26,31 268, 352, 353, 2,17 8,17 339 12,1-9 34, 345
116, 401 12,1-11
432 2,18 338 8,22-26 339 37, 145
26,31.54.56 8,27-30 338 12,1-12
352 2,19-20 344, 509 15 12,1-17.34-37.
26,38-46 288 3,1-5 342 8,27-33 15
26,39.42 288 3,1-6 8,27-9,13 338 41.44
340 187, 220
26,46 353 1 3,6 342 8,28 64 1 12,6
564 INDICE DELLE FONTI
565
INDICE DELLE FONTI

12,13-17 343 1 15,27 134 I 6,47-49 28, 33


22 2,51 253
12,17 465 15,28 22, 351 2,52 367 6,48
12,28-34 114 15,29 17 7,1-10 28, 32
22, 415 3,2 373
12,30 417 15,32 19 3,6 243, 369 7,11-17
12,35-37 343 15,33 27 7,13.19 366
22 3,7-9 417
12,37b-40 347 15,34 17, 22, 23, 24, 3,7-9.15-18 29 7,14
13 335, 458 27 7,16 64
220 3,7-9.16-17 28
13,1-2 15 15,35 24 3,9b 35 7,18-23
13,4.22 408 15,35-36 27 7,18-28.31-35 27
24 3,16-17 42, 401
13,6 438 15,36 23 3,21-22 365 7,19
13,10 344 15,37 365 7,22 340
443 4,1 28
13,30 39 15,38 71, 343 4,1-13 27 7,24-28
19, 22 42, 415 7,28 40
14 15,39 20, 23, 337, 339, 4,3.9 368, 369
14-15 335, 343 345, 528 4,14 69 7,30
14,1-16,8 371 7,31 39
15 16,6 344 4,16-30 28, 33, 36
14,9 344 16,7 7 4,17 492 7,31-35
14,10 64, 371, 399 7,34 41
16 16,7-8 340 4,18 43
14,22-24 116 16,8 343 4,18-19 371 7,35
14,22-25 371 7,36-50 113, 372, 373
320 16,17 112 4,19 344
14,24 20 4,19.21 538 8,11-21
14,25 61, 343 Luca 366, 372 8,19 28
4,21 29
14,27 19 1-2 369, 370 4,22 367 9,3-4
367
14,32-42 19 1,5-20 369 4,24 372 9,22 28, 34
14,32-15,47 16, 19 1,11 417 4,25-26 372 9,23 42
14,36 15, 17, 19, 25, 1,19 311, 372 4,28-29 372 9,26 399
112, 134 1,30 367, 439 4,34 46 9,48 29
14,41 19 1,30-35 370 4,41 415 9,57-60 35
14,43 16 1,32-33.35 369 4,43 367, 369, 399 9,57-62
41
14,49 351 1,32.35 281, 415 5,27-32 373 9,58 366
14,50 19, 339 1,35 69, 365 5,32 374, 375, 401 10,1.39.41 35
14,53.54.60.61. l,35b 69 6,17 358 10,2 35
63 17 1,46-55 370 6,20b 40 10,2-16 29
14,55 22 1,47 243, 369 6,20b-21 27 10,4 109
14,56-57 22 1,50 371 6,20-26 35 10,7 35
14,58 112, 312, 313, 1,50.54 369 6,20-49 35, 35 10,7b
40
343 1,52-53 370 6,22 41 10,9 513
14,61 415 1,58 369 6,22-23 27, 32 10,10
39
14,61-62 340, 438 1,68-79 370 6,27-36 35, 35 10,13 33
14,62 19, 21, 346 1,69.71.77 376 6,29-30 27 10,13-15 33, 268, 399
14,66-72 19 1,72.74 369 6,31 35 10,16 33
14,67 344 1,78 369, 370 6,32-35 28 10,16b 482
15 22 2,10 372 6,36 28 10,20 34
15,1 336 2,11 48, 51, 181, 243, 6,37-38 28 10,21 36, 42
15,2.9.12.18.32 19 244, 366, 369, 6,37-42 35, 35 10,21-22 38
15,3 296 369, 418, 538 6,40 35 10,22 373
15,16-32 26 2,30 243 6,41-42 28 10,29-37 369
15,17 502 2,30.32.34 370 6,43-44 28 10,37 40
15,20-39 18 2,34 408 6,43-45 35, 35 11,2 35, 35
15,24 22 2,40 367 6,46 28,43 11,9-13 40, 64
15,26 19 12,49 367, 368, 370 6,46-49 27, 35 1 11,20
567
566 INDICE DELLE FONTI INDICE DELLE FONTI

11,23 367 I 1,9 473


41 1 15,3-7 373 21,9 429
11,24-25 109 15,4-7 324 22,7.37 367 1,10-11
61 l,10-12c 422
11,29-30 408 15,7 375 22,15-16 422
11,30 41 15,7.10 374 22,19-20 116, 376, 377 1,10-16
377 1,11 529
11,31-32 44, 179 15,8 376 22,24-27 416, 423
11,31.32.51 39 15,8-10 373 22,25-27 364 1,12
377 l,12c-13 422
11,39 366 15,9 376 22,27 423, 424
11,39-52 29 15,9-10 375 22,28 41 1,13
29 1,14 233, 404, 424,
11,42 366, 367 15,11-32 373 22,29-30 446, 513
11,42-44 39 15,17-19 374 22,30 488
366 l,14b 391
11,46 39 15,19 374 22,61 425
11,47-51 33 15,25-32 374 22,70 415 l,14c
408 1,14.16 422
11,49-51 37 15,32 367, 374, 376 23,8 426
11,50 39 16,1-9 23,34 365 1,14.18
373 1,14-18 423
12,2-7 35 16,1-13 35 23,39-43 373
366 1,16 426, 444
12,2-9 35 16,16 38, 40, 372 23,43 425
12,8 41,42 16,16.17 71 23,46 365, 443 1,16-17
377 1,16-18 423
12,10 41 16,17 29 23,46-47 406, 411, 414,
12,12 367 16,19-31 373 24 7 1,17
366 416, 422, 425
12,22-31 35 17.1 39 24,3 420
12,22-34 35 17,3-4 24,5 253 1,17-18
32 5, 391, 395, 400,
12,8-9 32 17,5.6 366 24,7.26.44 367 1,18
418, 422, 426
12,31 40 17,740 373 24,13-35 373 15
12,34 241 17,11-19 373 24,19 69, 408 1,19
1,20 438
12,39 112 17,24 41 24,21 146 414
12,40 41 17,24.26.30 41 24,26 368, 378 1,21
419
12,51-53 33 17,25 367 24,26-27 249 1,22 297, 391, 426
12,54-56 33, 39 17,26 41 24,27 492 1,29 477
13,2-21 40 17,30 41 24,44 364 1,29.36 63, 391
13,6 436 17,33 28 24,46-47 444 1,32 441
13,10-17 373 17,37b 35 24,49 362 1.32-33 67
13,14 367 18,1 367 24,50-51 363 1,32-34 440
13,16.33 367 18,1-8 373 24,53 369 1,33 281, 391, 415,
13,18 40 18,6 366 1,34
418
13,26-27a 43 18,9-14 113, 373 Giovanni 426
13,28 40 18,13 1 154 1,36
278 349, 416
13,28-30 29 18,14 128 1-12 393 1,41
415, 423
13,29 40 19,1-10 372, 373, 375 1,1 392, 395, 418 1,45 417
13,32 286 19,5 366, 367, 369 1,1-3 422, 423 1,46 415, 418, 419
13,33 368, 369 19,8 366 1,1-3.14 539 1,49 415
13,34-35 27, 33, 37 19,9 366, 376 1,1-9 422 1,51 345
14,11 128 19,10 375, 376 1,1-14
422 2,1-11 460
14,21 112 19,11-27 27 191, 410, 420 2,4 402
1,1-18
14,27 34 19,26 28, 26 1,2 272 2,9 406, 409, 425
14,27 28 20,5 1,4-5.9 422 2,11
391 408
15 373, 375 20,6 1,4-5.9-12 423 2,11.18.23
391 70, 513
15,1-2 33, 372, 373, 20,8 1,5 429 2,21 407
391
375 20,9-16 436 1,6-8.12d-13.15. 1 2,22 403
15,2 113 20,13 17-18 422 | 2,24-25 345
220
15,2.5 375 I 21,7.11.25 408 1,6-8.15 422 1 2,29
INDICE DELLE FONTI 569
568 INDICE DELLE FONTI

7-9 388 8,58 437, 438, 439


3 388, 389, 406 4,41.50 407 388, 406
401, 407, 408, 4,42 7,2.37 430 9
3,2 243, 418, 418
409 4,44 7,3.21 408 9,3.4 408
414 401 9,4 399
3,4-6 444 4,48 408 7,11
7,15 408 9,5 429
3,5 388 4,54 408 408 9,16 408
3,5-6 406 5 7,16
388, 406
3,8 402 5,6.42 7,16.18.28.33 399 9,17 414
403 7,17 408 9,22 529
3,11 389, 400, 403 5,20.36 408
3,13 402, 415 5,23.24.30.37 7,18-23 371 9,29-30 402
399 7,27 417 9,35 415
3,13-21 389 5,24 388, 407, 434
3,13-31 389 5,27 7,27-28 402 9,38 418
415 7,27.41-42 417 9,39 401, 434
3,14 415, 442 5,28 446
3,14-15 7,28 401, 417 9,41 428
427 5,30 416 406, 431, 495,
3,15 7,29 399, 402, 404 10
220 5,31-38 400 408 496
3,16 399, 403, 416, 5,31-40 7,31
400 7,32 296 10,1-18 426
425, 426 5,32 403
3,16.18 7,37-39 460, 441 10,7.9 431
426 5,36 409 64, 69, 425, 441, 10,10 401, 435
3,17 221, 268, 399, 5,36.38 7,39
399 443 10,11.14 432
418 5,38 407 64, 414 10,11.14.16 268
3,17.34 399 5,43 7,40
401 7,41-42 417 10,11.15 429
3,19 401 6 388, 402, 406
3,19-21 408 6,2.14.26.30 7,41-42.52 423 10,llb.l5b 433
408 7,53-8,11 409 10,14 403, 433
3,29 509 6,5 402
3,31 401 6,14 8 406 10,16 433
64, 401, 414 405, 430, 460, 10,17 220, 416
3,31-36 389 6,15 8,12
403 513 10,25 409
3,32 400 6,20 437, 438
8,14 400, 401, 402, 10,25.32.33.37.
3,34 407 6,23 366, 417
3,34a 404 38 408
444 6,27.53 415 403 10,30 416
3,34b 444 6,29.57 8,14.55 ter
399 8,16.18.26.29 399 10,33 439
3,35 416 6,31 402, 430
388, 406 8,18 400 10,35 407
4 6,32 399, 473 402, 428, 429 10,36 399
4,1 366, 417 6,32-5 lab 8,21
430 8,23 401 10,41 408
4,6 425 6,33.38.41.42.
437 10,42 529
4,8.16 50.51.58 8,24
440 402 438, 439 11 388, 406
4,9 419 6,33.48.51a 8,24.28
430 8,28 407, 415, 437, 11,2 366, 417
4,11 402 6,38.39.44 399
4,12 6,39.40
442 11,3 417
414 433 407 11,24 433
4,14 441, 443 6,39.44.54 8,31
446 8,32 405, 427, 435 11,25 433
4,19 414 6,41 430
4,20-24 8,34 428 11,27 415, 418
70 6,42 415, 423 435 11,33 425
4,21 419 6,46 8,36
400, 401 396, 400 11,42 399, 403
4,21.23-24 513 6,51 8,38
320 8,40 405 11,43 434
4,22 429 6,51b 427 8,42 399, 401, 402 11,47 408
4,23.24 406, 425 6,51c 391, 429
8,44 404, 405 11,49 17
4,24 440 6,51c-58 430, 443
4,25 349, 416 6,56 8,44.55 404 11,49-53 15
430, 437 407 11,50 391, 429
4,26 416, 437 6,62 8,51-52
402, 415 414 11,52 416
4,34 112, 134, 399, 6,63.68 8,53
407 8,55 404, 407 12,13 431
408 6,69 46, 418
4,36 8,56 439 1 12,15 419
437 17 406
570 INDICE DELLE FONTI INDICE DELLE FONTI 571

12,18.37 408 15,1 473 18,4 404, 446 1 2-5 13,44


12,23 425 15,3 397, 407, 427 18,5.6.8 437 2,1-13 365
12,23.34 415 15,4 407, 437 18,12-28 15 2,22 45
12,24 429, 437 15,4.5 437 18,13.14.24.28 17 2,22-36 44, 377
12,26 508 15,4-8 437 18,30 527 2,23 15, 45, 368
12,32 427, 442 15,5.1 435 18,33-37 20 2,24-36 45
12,37 393 15,6 436 18,33.39 419 2,28 47
12,38-41 409 15,7 407 18,37 401, 405 2,29 48
12,44.45.49 399 15,9 220 18,38 405 2,32 66
12,46 401, 430 15,15 400, 407 18,41 58 2,33 66
12,47 401 15,16 446 19,3.14.15.19.21 419 2,33.38 69
12,48 407 15,21 399 19,5 415 2,33a 365
12,50 403 15,22 428 19,7 415 2,33b 365
13-17 388, 445 15,24 408 19,9 402 2,34 49
13,1 403, 404, 443 15,26 425, 445, 446, 19,19-22 20 2,36 47, 50, 51, 57, 75
13,1-11 425 467 19,20 309 2,38 168
13,3 401, 403 16,5 399, 402 19,26 460 2,41 7
13,6-8 429 16,5-7 446 19,28 404 2,42 18
13,10 398, 484 16,7 403, 446 19,30 442 2,46 62, 70
13,13 536 16,8 446 19,34 443 2,46.42 70
13,19 437, 438 16,8-9 428 19,37 475 3,1 70
13-20/21 393 16,13 425, 446, 496 20 7 3,12-26 44, 49
13,1-13 130 16,13-14 445 20,17 277, 402 3,13 46, 47
13,13 418 16,14 467 20,19 529 3,13-15 15,45
13,18 440 16,19 403 20,19-25 362 3,13.26 45
13,19 440 16,19-22 460 20,21 399 3,14 46, 473
13,31 415 16,21-22 483 20,22 69, 440 3,15 47, 268
13,31-17,26 390 16,27-28 401 20,22-23 443 3,16 160
13,34-35 437 16,28 401, 403 20,27 153, 402 3,17-26 51
13,36 402 16,28a 403 20,28 191, 393, 417, 3,19-21 49, 61, 74
14,10.11.12 408 16,28b 403 418, 528 3,21 367
14-17 406 16,30 401 20,29 391 3,26 399
14,2.3.12.28 403 17,1 425 20,30 397, 408 4,4 7
14,3 401, 446 17,3 411, 416 20,31 387, 390, 393, 4,6 17, 295
14,5 402, 405, 434 17,3.8.18.21.23. 415 4,12 367, 378
14,6 396, 431, 434, 35 399 21 7 4,13 10
446 17,4 408 21,15 477 4,13.29.31 48
14,6a 405 17,5 131, 402, 410 21,17 404 4,24-30 45
14,6b 406 17,6 406 21,24-25 390 4,25 46
14,8-9 396 17,6.14.17 407 4,25-27 45
14,12 409, 447 17,8 401 4,27-28 15
14,16
Atti degli Apostoli
446 17,11.12 399 1-5 44 4,27.30 45, 46, 473
14,16.26 446, 445 17,11.13 403 1-15 44 4,28 45
14,17 69, 425, 446 17,llb 416 253 4,33 365, 377
14,18
1,3
447 17,14.16 401 1,4 66 5,29 367
14,18-20 446 17,19 296, 429 7 5,29-32 44
14,20
1,7
430 17,24 401, 425 1,8 69, 362, 365 5,30 15
14,23 446 17,24.26 220 1,9-11 51, 363 5,30-31 45
14,24 399, 401 17,26 407 7 5,31 47, 66, 243, 244,
1,15
14,26 408, 440, 445 18 406 1,16.21 367 268, 418
572 INDICE DELLE FONTI INDICE DELLE FONTI 573

5,32 69 15,20.29 72 l,7b 185 5,9 138, 161, 538


5,39 369 15,29 72 1,9 196 5,9-10 114, 155, 243
6-7 10, 71 16,7 193, 365, 530 1,17 160 5,10 138, 139, 156,
6,1 10, 11 16,30 367 1,18-23 149 186, 187
6,7 10 17,3 367 1,18-3,20 165 5,10-11 146, 192, 235
6,8.10 69 17,22-31 45 1,19-21 149 5,12 161, 162
6,13 70 18,21 367 1,25 191 5,12-21 164, 165, 189
6,13-14 71 19,5 168 2,5 184 5,13-14 162
7 70 19,21.36 367 2,10 237 5,13.20 176
7,22 408 19,23 69 2,12 161 5,15-21 192
7,38.53 276 20,24 367 2,16 156, 184 5,17 196
7,44 313 20,27 368 2,20 175. 5,17.21 252
7,48 313 20,28 254, 296, 376, 3,9 162 5,18 114
7,52 45, 46, 47 377 3,9.12 162 5,21 162
7,55-56 538 20,32 317, 367 3,10 162 6,1-11 92, 116, 166
7,59 365 20,35 367 3,20 176 6,3.4.5 138
7,59-60 530 21,22 367 3,21 161 6,4 65, 150
7,60 365 21,25 72 3,21-26 94 6,5 116
8,1-4 12 21,26 70 3,21-5,21 92 6,6 163
8,3 96 22,12-16 119 3,22.26 160 6,6.17.20 162
8,5-25 10 22,14 46, 47 3,23 162 6,8.9 138
8,15.17.19 69 22,16 484, 530 3,24 145 6,10 139, 167
8,16 168 23,11 367 3,24.25 250 6,11 247
8,32 477 24,19 367 3,24-26 116 6,12 162
9,6.12 367 25,10.24 367 3,25 13, 116, 120, 6,12-13.16-23 252
9,10-17 119 26,9 367 138, 147, 148, 6,12-7,24 165
9,14.21 530 26,18 317 157, 160, 192, 296 6,14 162, 180
9,31 7 26,23 47 3,26 161 6,18.22 145
10 10, 121 27,9 307 3,27 179 6,23 162
10,1-11,18 372 27,21.24.26 367 3,28 161, 179 7,3-4 166
10,38 69 28,28 343 4,1 97 7,4 146, 192, 309
10,39-40 45 4,7 161 7,7-11.13 176
10,39b 15 Romani 4,7-8 157 7,7-75 177
10,47 69 1,1 117, 181 4,14 132 7,8 162
10,48 168 1,3 97, 191 4,15 176 7,8-10 162
11,19-20 12 1,3-4 122 4,16 160 7,10 178
11,20 120 l,3a 281 4,17 65 7,10-11.13 163
11,26 119 l,3ab 283 4,24 139 7,11 162
13,1-2 119 l,3b 66, 109, 191, 4,25 114, 120, 122, 7,12.14.16 176, 178
13,21 244 281 139, 141, 144, 7,14 162
13,23 243, 418 l,3b-4a 13, 15, 48, 65, 151 7,17.20 162
13,27-29 15 120, 121, 186, 4,25-26 94 7,19-20 163
13,27-30 45 281, 530 5,1 151 7,24 163
13,33 281 1,3.4.9 186 5,1-2 192 8,1 156
14,3 367 1,3.9 188 5,2 193, 316 8,1-11 165
14,22 367 1,3-4 283 5,5 69, 154 8,1.34 155
15,5 10, 367 1,4 139 5,6 141 8,2 145, 180
15,8 69 l,4a 65, 69, 150, 154, 5,6-8 122, 138 8,3 90 91, 120,122, 141,
15,11 378 293 5,8 114, 120, 141, 143, 148,162, 178,
15,20 72 I 1,5 99 144, 145 187, 191, 192, 281, 399
574 INDICE DELLE FONTI
INDICE DELLE FONTI 575
8,3.29.32 186 10,17 192
8,4 178 10,20 179 1,17 132, 193 17,39 170
8,9 154, 193, 249 11,8 69 1,17.18 138
8,5 183
8,9-10 174 11,13 100 1,18 148, 149 8,6 56, 60, 120, 137,
8,10 252, 442 11,25-26 237 1,18-25 148 185, 186, 191,
8,15 69, 115, 119, 11,27 161 1,18-2,9 239 229, 233, 531
187 11,32 162 1,18-2,16 92 8,6a 277
8,15.23 115 11,33 179, 242 1,19-21 179 8,11 138, 141
8,18-22 510 11,36 229, 233 1,20 149 8,12 161
8,18-23 235 12,2 130, 176 1,21 149, 192 9,1 99, 100, 183
8,23 145 12,4-5 194 1,23 96, 148 9,5 109, 119, 183
8,24 114, 293 12,6 222 1,26 97 9,14 183
8,29 130, 188, 190, 12,9-21 112 1,27-28 112 9,16-17 99
196, 277, 476 12,11 185 1,30 118, 145, 171 9,21 110
8,31 141 13,1-7 500 1,31 183, 184 10,4 181, 284, 441,
8,31b-32 145 13,8-10 114, 176 2,1.7 237 539
8,31-39 152, 156 13,11 217 2,2 138 10,4b 189
8,32 114, 120, 139, 14,6-9 183 2,4 69 10,11 155
141, 144, 160, 14,8 154 2,6.8 225 1 10,16 138
187, 192 14,9 139 2,8 102, 150, 47110,18 97
8,34 138, 139, 152, 14,9.15 138 2,9 149, 18310,21 183
273 14,10 195 2,12 69 10,26 184
8,35 195 14,11 183 2,16 184 11,1 110, 111
8,37 221 14,14 110, 183 3,10 99 11,3-10 223
8,38 225, 226 14,15 141 3,10-17 247 11,23 109, 139
8,39 145 14,17 113 3,16 112 11,23-26 530
9-11 177 14,20 159 3,16-17 70, 344 11,23-27 120
9,4 115 15,2-3 111 3,20 183 11,24-25 116
9,5 97, 109, 181, 15,2-3.7 182 3,23 196 11,25-27 138
190, 191 15,3 131 4,1 237 11,26 53, 61, 138, 183,
9,5a 190 15,6 115, 191, 192 4,5 156, 184 184
9,5b 190 15,11 183 4,15 170 ll,27a 183
9,15 132 15,13.18 69 4,20 113 ll,27b 183
9,15-16 114 15,15 99 5,4 69, 530 12,3 120, 137, 154,
9,23 247 15,18-19 117 5,5 184 181, 186, 530
9,31 178 16,2 183 5,7 145, 14812,7.11 223
9,32a 179 16,27 192 6,9-10 113, 42812,7.27 222
9,32b-33 179 6,11 171, 317, 48412,21 221
10 184 1 Corinti 6,14 183, 18512,27 194
10,2-4 99 1-2 153 6,15 112, 17012,28-29 118
10,4 101, 120, 179 1,2 60, 137, 154, 6,18 161 13,2 237
10,7 139 317, 530 6,19 146, 344 13,12 514
10,9 120, 181, 184, 1,3 185 6,20 145, 146, 250 1 14,2 237
186 1,8 184, 195 7,10 29, 109, 183 14,21 183
10,9-10 116 1,9 54, 186, 188, 7,10.32 154, 186 14,57 343
10,9-13 137, 530 196 7,12-16 109 15 90, 458
10,10 184
1,10 143 7,12.25 183 15,3 15, 20, 119, 138,
10,12 162
1,12 119, 181 7,22 183 140, 157, 245,
10,12-13 100, 154 1,13 141 7,23 145, 146, 250, 293
10,13 184 1,13.15 168 293 15,3-5 120, 121, 137,
7,25 29 530
I

576 INDICE DELLE FONTI INDICE DELLE FONTI 577

15,3.5 351 1 3,15 492 13,3.5 170 4,1 183


15,3.17 161 3,16 103, 193 13,4 65, 122, 139, 4,1-5 176
15,4 139 3,18 130 150 4,4 90, 91, 100, 109,
15,4.12.13.14. 3,21 144 13,13 193 120, 122, 187,
16.17.20 139 4,4 102, 189, 230 191, 192, 268,
15,5 109, 119 4,6 99, 190 Galati 281, 399
15,6 7 4,7 531 1,3 185 4,4.6 186
15,8 99, 100 4,7-15 194 1,4 120, 141, 161 4,5 115, 145, 171
1
15,10 99 4,10 122, 139 l,4b 143 4,5-6 171
15,11 120 4,10.11 139 1,6 195 4,6 100, 115, 119,
15,14 138 4,11 139 1,12.15-16 99 154, 187, 188,
15,17 138, 151, 528 5,1 344 1,13-14 96 193, 249, 442
15,18 471 5,5 69 i 1,15 99, 100, 103 4,8-9 180
15,20.23 155 5,10 156, 195 1,15-16 177 4,19 130, 170
1
15,21 139 5,11 185 1,16 186, 188 4,21-31 247
15,21-22.45-49 189 5,14.15 138 1,18 109, 119, 120 5,1 145, 146, 180
15,22 151 5,14b 167 1,19 109, 183 5,10 183
15,22.45 539 5,14b-15 169 1,22 8 5,11 138
15,23 154, 182, 184 5,15 141, 166 1 2,9.11.14 119 5,12-21 171
1
15,24 224, 226 5,15.19.20 143 2,10 143 5,13-24 180
15,24.28 196 5,16-17 99 2,11-14 72, 73, 109 5,14 114, 176
15,24.50 113 5,16a 97 2,15-16 378 5,16-24 165
15,25 225, 272, 273 5,16b 97 2,16 160, 161, 179 5,19-21 428
15,26 225 5,17 169, 170, 190 2,16.21 74 5,21 113
15,28 186, 188 5,18 192 | 2,17.19-21 174 5,24 167, 170
15,34 150 5,18.19.20 146 2,19 167, 172 6,2 110, 195
15,45 151, 362 5,18-20 235 2,20 99, 100, 104, 6,12.14 138
15,45b 189 5,19 145 118, 120, 139, 6,14 167, 168, 172
15,49 190, 196 5,21 133, 141, 142, 141, 144, 145, 6,15 169
15,51 217, 237 148, 174, 296 160, 170, 182,
15,56 176 6,2 538 186, 188, 245 Efesini
15,57 192 6,3-10 194 2,21 114, 138, 180, 1,3 192, 215
16,22 13, 44, 52, 55, 6,16 344 538 1,4 483
60, 119, 137, 7,1 159 2,26 160 1,5 171
154, 186, 417, 8,9 132, 141, 183 3,1 268 1,6 219, 220, 221
471, 530 9,3 132 3,2.14 69 1,7 138
10,7 170 3,2b 180 1,9 239
2 Corinti 10,17 183, 184 3,8-9 172 1,9-10.20-22 240
1,2 185 11,2 223, 345, 509 3,10 142, 144 1,10 235
1,3 115, 192, 215, 11,4 69 3,10-13.21 176 1,10.22 227, 272, 495
247 11,21-12,10 194 3,11 160 1,17 63
1,5 139, 182 11,24 141 | 3,13 97, 139, 141, 1,20 139, 273, 277
1,14 184 11,31 115, 192 142, 143, 145 1,20-21 279
1,19 186, 188 12,2-10 530 3,16 109 1,20-22 277
1,20 192, 473 12,8 137, 154 3,19 176 1,21 226, 274
l,20a 425 12,8-9 117, 190 3,22 160, 162 1,22 228
1,22 69 12,9 195 3,23-25 176 2,2 225
1,29 122 12,10 122, 149 3,25-29 174 2,11-22 73
2,12 183 12,12 112 3,27 168 2,13 138
3,4-18 178 1 13,3-4 122 3,28 170, 437 1 2,14 240
578 INDICE DELLE FONTI INDICE DELLE FONTI 579

2,14.15.16.18 240 1 2,5 110, 122 3,9-11 173 1 1,26 239


2,14-18 235 2,5-8 89 3,10 138, 139, 182 1,27 240, 242
2,16 138, 235 2,6 124, 125, 127, 3,10-11 123 2,2b-3 240
2,18 193 128, 130, 131, 3,10.21 130 2,5 241
2,18-19 316 132 3,12 98 2,6-7 241
2,19 73 2,6-7 134 3,14 170 2,6-10 227
2,21-22 247 2,6-7a 124 3,18 138 2,8 241
3,1-13 99 2,6-8 122, 123 3,20 54, 156, 243, 2,9 89, 191, 233,
3,4 239 2,6-11 13, 90, 91, 92, 418, 538 241, 275
3,4-5 240 105, 116, 121, 3,20-21 123 2,10 227
3,6 240 123, 124, 127, 3,21 102, 190 2,10.15 226
3,8 242 128, 129, 136, 3,39 160 2,11-12 241
3,9 239 138, 364, 529, 4,1.2 170 2,12 139, 157, 160,
3,10 226, 242 530, 531 4,3 482 220
3,12 193, 316 2,6a 129, 131 4,5 54, 184 2,12-13 167
3,18 242 2,6ab.7ab.7bc. 2,13-15 241
3,19 242 8ab.9ab,10a.ll a 123 Colossesi 2,14 138
4,7 222, 223 2,6b 129, 131 1 154 2,14-15 157
4,9 256 2,7 109, 115, 124, 1,2 185 2,15 224, 224, 279
4,10a 223 125, 127, 131 1,3 192 2,16-23 222, 241
4,10b 223 2,7-8 124, 132 1,10 138 2,16a.21 222
4,11 222, 223 2,7a 124, 127 1,13 186, 221, 230, 2,16b 222
4,13 186 2,7b 133 232 2,17 222
4,15 228 2,7b-8 124 1,13-14 220 2,17a 222
4,15-16 221 2,8 112, 134, 138, 1,15 189, 230, 473 2,17b 222
4,24 168 139 1,15-17 229, 539 2,18 222, 227
5,2 148, 223, 296 2,8-9 143 1,15-20 229, 236, 530 2,18-19 221
5,22-23 223, 345 2,8c 123, 127 1,16 224, 226, 230, 2,19 232
5,23 223, 244, 418 2,9 124, 139, 274 233 2,20 138
5,25 139 2,9-11 57, 75, 120, 123, 1,16-17 230, 233 2,22 222
5,25-27 223, 509 124, 135, 136, 1,16.17.20 230 2,23 222
5,25.28-29.33 223 150, 153, 276, l,16a 233, 234 3,1 139, 273
5,26 278, 484 417 l,16a.l7b 230 3,1-2 220
5,26-27 224 2,10 279, 489, 532, l,16b 233 3,10 168, 225
5,32 224 538 l,16c 230 4,3 239
6,12 226, 256 2,10-11 124, 136 l,16d 230 6,12 225
2,10a 136 l,16e 230
Filippesi 2,10b 123 1,16.20 230 1 Tessalonicesi
1.2 185 2,11 131, 181, 185, 1,17 230, 372
1,1 90, 215
1,6 195 186, 196 l,17a 2321,3 54
1,6.10 182, 184 2,llb 123 l,17b 2331,5 69
1,9-11 176 2,12-18 123 1,18 222, 275, 476 1,6 91, 110
1,14 183 2,16 182, 184 1,18-19 230, 232 1,9-10 187
1,19 154, 193, 249, 2,20 106 1,18-20 229 1,10 61, 91, 155, 156,
442 3 100 l,18b 231 186, 187, 188,
1,21 104, 182 3,6 177 1,19 89, 230, 233 192, 538
1,27 160 3,7-10.12 99 1,20 230, 233 2,12 113
2 123, 154 3,7-11 100, 174, 177 1,21 225 2,14 8, 90, 91
2,1-5 122 3,8 160 1,22 138 2,15 139, 145
2,3 122 1 3,9 100 1,24 139, 194 1 2,16 161
580 INDICE DELLE FONTI INDICE DELLE FONTI 581

2,19 154, 156, 184 1 2,6 141, 146 l,3cd 310 1 2,17 270, 274, 278,
3,11-13 530 2,6-7 467 i l,3d 276, 300, 310 292, 473
3,12 185 2,8 139 ' 1,3-4 296 2,17-18 271, 278
3,12-13 137 3 154 1,4 273, 274, 283, 2,17a 278
3,13 154, 183, 184 3,16 247 I 285 2,18 279
4,1 184 4,10 243 1,5 273, 275, 279, 283 3-4 266
4,6 183 6,3 467 1,5-2,18 266, 270, 271, 3,1 268, 269, 270,
i 298, 399
4,8 69 6,14 245 275, 279, 297,
4,14 138, 139 6,15 472 315 3,1-4,13 297
4,15 154, 184, 217 l,5a.5b 274 3,1-5,10 266, 297, 298
4,15-17 109 2 Timoteo l,5b 275 3,1-6 297
4,16 91 1,7 69 1,6 270, 274, 285, 3,2 284, 473
4,16-17 120 1,10 244 476 3,3 284
4,17 62, 184, 508 2,10 243, 245 1,6-12 275 3,5-6 283
5,2 111, 195 4,1.8 245 1,7 275 3,6 270, 284
5,2.4 184 4,8 61 1,8 275 3,6.14 269
5,9 91, 155 1,8.9 274, 275 3,7-4,13 52
5,10 138, 141 Tito 1,9 275 3,7-4,14 297
5,12 97 1,3 243,247 i 1,9-12 276 3,7.13.15 298, 318
5,18 91, 170 1,4 244 1,10 269, 274, 276 3,12 283
5,23 154, 184 l,4b 185 1,10-12 317 3,12.14 265
2,10 243 1,13 273, 276, 277, 3,14 316
2 Tessalonicesi 2,13 191, 244, 245 300 4,7 291, 298, 318
1,2 218 2,14 146, 246 1,14 275 4,8 269
1,12 ; 4,9.11
2183,4 243 2,1-4 297 318
2 . 458, 501 3,5 484 2,2-3 267 4,11 312
2,1-12 217 3,6 244 2,2-4 276 4,12 312
2,2 217 2,3 269, 274, 276 4,14 270, 284, 319,
2,2.3.7 428 Filemone 2,5 275 312
2,3 217 2 70 , 2,5-9 288, 269, 276, 4,14-10,18 266
2,3-4 217 3 185 277 4,14-10,25 297
2,6-7 217 9 170 2,5-18 278 4,14.15 270, 291
2,6.7 218 16 185 2,8b 277 4,14-16 273
2,8 63, 217, 218, 2,9 269, 277 4,15 142, 246, 278,
504 Ebrei 2,9-18 291 290, 307
2,9-10 217 1-2 266 2,10 268, 272, 274, 4,15-16 278, 298
2,10b-12 219 1,1 318 286, 287, 290, 4,15-5,10 297
2,13 160 1,1-4 266, 270,271, 298, 313, 316 4,16 265, 315, 319
2,13-14 219 279 2,10-16 277 5 300
2,15 219 1,1-4,13 266 2,10-18 307, 318 5,1 291, 307
2,16 219 1,1-10,8 266 2,10.13b,14a 286 5,1-4.5-6 287
!
3,6 219 1,2 271, 272,274, 2,11 278 5,1-10,18 266
275, 276,282, 2,lla 277 5,3 306
1 Timoteo 283 2,llb.l2.17a 277 5,4 268, 299
1,1 243 l,2.3c 279 2,14 277, 306 5,5 269, 270, 285
1,15 246, 247, 419 l,2.5bis.8 270 2,14-15 288 5,5-6 284
2,3 243 1,3 271 2,14a 277 5,5-8 287
2,4 246 l,3a 272 2,14b 277 5,5.6.19 270
2,5 269 l,3b 283 2,15 317 5,5.8 270
2,5-6 245, 538 l,3c 272 2,16 277 1 5,6.10 273, 299, 303
582 INDICE DELLE FONTI INDICE DELLE FONTI 583

5,7 288, 293 7,25 287, 289, 298, 9,14 250, 307, 315, 484 1 11,3 272
5,7-8 291, 307, 318 314, 318, 319 9,15 269, 292 11,6 319
5,7-9 142 7,26 289, 290, 307, 9,18-20 306 11,12 277
5,8 282, 287, 290 316 9,20 321 11,26 269
5,8-10 286 7,26-27 289 9,22 305 11,28 306
5,9 268, 286, 287, 7,26.28 304 9,24 311, 313, 314 11,32 291
289, 290, 316, 7,27 287, 293, 304, 9,25 310, 319 12-13 275
317, 318 310 9,26 272, 292, 305 12,1 319
5,10.6 299 7,27-28 9,26.28 293, 309 12,2 268, 300, 309, 319, 476
286
5,11 265 7,28 282, 286, 289, 9,27 310 12,2.24 269
5,11-6,12 297 316 9,28 289, 318 12,3-4.15-16 265
5,11-6,20 298 8-9 10,1 222, 298, 310, 12,4 306
305 315, 316 12,14
5,11-10,39 266 8,1 273, 291, 298, 276
6,1 269 300, 476 10,1-3 267 12,14-13,17 266
6,4 321 8,1-2 291, 318 10,1.8.9 308 12,14-13,21 319
6,4-6.1ls 265 8,1-4 270 10,1.22 319 12,18 298
6,5 276 8,1-9,28 289, 293 10,2-3.22 315 12,18.26 319
6,6 270, 282 8,1-10,18 278 10,4 306 12,22 298
6,19 268 310, 311 8,2 313 10,4.11.18 305 12,22-24 512
6,19.20 10,5 275, 309, 319 12,23 482
319 8,2.5 313 288, 308 12,24 269, 293, 306, 314
6,20 268, 269, 273, 8.2..9.10.11 269 10,5-10
285, 299, 303, 8,4 304, 307 10,5b 309 12,26 319
10,7 492 12,28 288
313 8,5 313, 314
10,7-8 134 13,8 317, 318, 474
6,28 270 8,6 269
7 298 299, 303 8,7-13 306 10,7c 309 13,8.12.20.21 269
7,1-3 10,10 292, 293, 309 13,9 265
303 8,8-12 320 309 13,10 313, 321
7,1.11.15.17.21 299 9 307, 313 10,10a
7,2 303 9,1-7 306 10,10b 309 13,11-12 309
284, 303 9,1-10 10,10.14.29 278 13,12 278, 317
7,3 313 10,10.19 269 13,12.20 306
7,3.28 270 9,1.2.3.6.8.21 313
7,4-10 304 9,3 311 10,11 310 13,13 309
10,12 273, 293, 300, 13,15 322
7,5.9.11 299 9,4 299 309, 310 13,18 315
7,8 303 9,5 278 276 13,19-21 266
7,11 10,13
299 9,6 313 10,14 309, 315 1 13,20 255, 267, 269,
7,11.15.17 273 9,7 310, 313 276, 432, 495
7,11.15.17.21.26 10,15-17 319
270 9,8 313 10,18 317 13,22 266
7,11-19 304 9,9 313
7,13 10,19-13,25 266 13,22-25 266
307 9,9.14 315 10,19.29 306 13,23 267
7,13-14 304 9,10 321
7,14 10,20 268, 310, 311,
63, 269, 276 9,11 269, 270, 313, 312, 313 Giacomo
7,15 299 344 270 14
7,16 10,21 1,1
304 9,11-12 311 10,22 298, 321, 484 1,14-15 162
7,17 299 9,11-12.24 291 321 2,1 14, 160, 538
7,18 10,25
289, 304 9,11.14.24.28 269 5,7.8.9 538
10,25.26-29.
7,20-22 286 9,12 293, 309
7,20-28
32-34 265 5,8 54
304 9,12.13.19 306 10,26-13,19 297
7,21 269, 299, 303 9,12-14 293 270, 282, 321
7,22 268, 269 9,12.14.20 306
10,29 1 Pietro
11 318 1,1-17 248
7,23 304 9,12.24 319 266, 318 1 1,2.19 148
11,1-12,13
7,23-25 304 1 9,13 278
584 INDICE DELLE FONTI INDICE DELLE FONTI 585

1,3 192, 247 2 Pietro 1,1.4.9 460 1 3,5 491


1,11 249 1,1.11 243 1,2 467 3,5.12.21 476, 507
1,13 248 2,4 498 1,2.9 466 3,5.21 472
1,14.18 248 2,20 243 1,3 459, 514 3,6.13.22 467
1,18 146 3,2.18 243 1,4 63, 484, 488, 3,7 46, 467, 473
1,18-19 248, 250, 293 3,10 112 514 3,7.14 473
1,18-21 248 3,13 510 1,4.8 474 3,9 460, 482
1,19 142, 250, 477, 1,5 275, 466, 473, 3,10 462
481 1 Giovanni 475, 476, 481, 3,11 474
1,20 249 1,1 391, 392 483 3,12 344, 461, 467,
1,20-21 25 1,5 392, 440, 445 1,5.18 475 491, 512
2,2-5a 247 1,7 148, 484 l,5b 479, 481, 484 3,14 466, 473
2,3 181 2,1 293, 392, 446 l,5b.5c.6b.7-8 515 3,21 476, 487, 488,
2,4-8 248 252, 344 2,2 297, 427 l,5b-6 486, 487 507
2,5 322 2,18.22 428 1,6 296, 316, 472, 4 488
2,5.9 296, 486 2,20 46 486 4-5 514
2,6-8 247 2,27 69 1,7 474, 475, 486, 4,2-3 488
2,9 316 3,1.2.10 416 514 4,2.3.9.10 488
2,10 248 3,2 514 1,8 471, 474 4,4.5b.6b-7 488
2,11 248 3,4 428 1,9 461, 465 4,4.10 515
2,18 251 3,5 297, 427 1,10 514 4,5 311, 488
2,19 252 3,5.8 392 1,11 493 4,5a 488
2,21 252, 254 3,6 429 1,13 469, 474, 504, 4,6 510
2,21-25 248, 251 3,11-23 437 538 4,6a 488
2,23b 251 3,14-15 429 1,13-16 469 4,8 474, 515
2,24 247 251, 309 3,20 540 1,16 504 4,8-11 489
2,25 254 266, 432 3,24 69 1,17 474 4,8.11 471
3,6 247 4,2 392 1,17-3,22 530 4,11 489, 515
3,9-22 257 4,3 428 1,18 253, 468, 470, 5 489, 493
3,15 181 4,9 426 476 5,1 491
3,16 247 4,12.20 395 2-3 459, 466, 514 5,1.2.3.4.5.8.9 493
3,18 142, 252, 256, 4,13 69 2,7 513 5,1.7 488
257 4,14 243, 418, 538 2,7.11.17.26 476, 507 5,3 492
3,18-22 248, 255 5,2 416 2,7.11.17.29 467 5,5 63, 468, 476,
3,19 255, 256 5,6 392, 443 2,8 474, 475, 476 507
3,20-21 484 5,16 429 2,9 460, 462 5,5-9 481
3,21 257, 321 5,20 191, 402 2,10 462 5,5.7.9 492
3,22 256, 279 2,11 475, 511 5,6 153, 297, 476,
4,1 257 2 Giovanni 2,13 461, 467 488, 532
4,1-5 255 1,4.13 416 2,16 474, 485 5,6.8.12.13 477
4,5 257 7 392 2,17 491 5,6.9.12 475, 482
4,6 255 2,18 472, 473 5,6.11 279
4,10 222 Giuda 2,20 479 5,6.12 148
4,14 63 1,7.11 504 2,23 473 5,6b 480, 489
5,1.4 254 2,27 495 5,7 492
5,4 255, 495 Apocalisse 2,28 468 5,9 297, 475, 481,
5,5 128 1-2 507 3,1 488 482, 483, 484,
5,10.14 247 1,1 466, 475, 479, 3,3 112 493
5,12 215 494 3,4 485 5,9-10 486, 492, 515
5,13 502 1.1.2.5 466, 470 3,4.18 509 1 5,9b-10 486

M
w

INDICE DELLE FONTI 587


586 INDICE DELLE FONTI
14,1.4.10 477 1 19,2.11 497
5,11 489, 515 11,15-16,16 493 14,2-3 508 19,5 515
5,10 296, 316, 486 11,17-18 515 14,3 484 19,6-8 515
5,12 482, 489, 515 11,18 497 14,3.4 484 19,7 345, 509
5,13 488, 489, 515 12 280, 460, 498, 14,4 484, 485 19,7-8 512
6-22 494 499, 502, 506, 14,7 497 19,7.9 477, 499, 508
6,1 493 510 14,8 216, 508 19,8a 509
6,1.16 477
12,1 493, 509 14,10 497, 506 19,8b 509
6,2 476, 507 12,1.4.13 460 14,12 465, 467, 471 19,10 465, 466, 467
6,3-8 476 12,2.5 483 14,13 471 19,11 485, 504
6,9 461, 466, 508 12,3 493 14,14 469, 504, 538 19,11-16 476
6,9-10 503 12,3-5 498 15,1 493 19,11-21 219, 504, 508
6,9-11 494 12,5 495 15,2 476, 507 19,12 490
6,9-17 493 12,6 499 15,3 477, 479, 480 19,12a 504
6,10 473, 496, 497 12,6.13.15 498 15,3-4 515 19,13 475, 504
6,11 508 12,6.13.16 499 16,2 500 19,15 470, 495, 497,
6,15 508 12,7 485, 499 16,5 497 504
6,16 496, 497 12,7-9 28 16,5-6 515 19,15.21 63
6,17 497 12,9 506 16,7 497, 515 19,15b 504
7,3 479 12,9.10b 499 16,14 503 19,16 471, 472
7,4 515 12,9b.l3 499 16,15 474 19,20 506
7,9 484, 511, 515 12,10 181, 369, 470 16,16 503, 504 20 498, 502 506, 507
7,9.10.14.17 477 12,10-12 515 16,17-21 504 20,1 506
7,9.14 508 12,11 476, 477, 481, 16,17-22,5 493 20,1-3 506
7,10 515 483, 485, 499, 16,19 216, 497 20,1-10 505, 507
7,12 515 507, 508 17 509 20,4 462, 465, 466,
7,14 148, 475, 481, 12,lla 280 17-18 508 467, 497, 500,
483, 484, 499, 12,12 499 17,1 497 506, 508
509 12,14 499 17,4 502 20,4-6 506
7,15 314 12,15 499 17,5 216, 502 20,4.6 471
7,17 480, 485, 496, 12,17 461, 465, 466, 17,6 461, 465, 467, 20,6 296, 486, 506
511 498, 499 502 20,7-10 219, 506
8,1 493 13 500, 506, 510 17,8 482, 498, 503 20,10 506
8,1-22,5 493 13,1-2 500 17,9 502 20,12.13 497
8,2 311, 488 13,1-9 498, 499 17,9-11 460 20,12.15 482
8,2-11,14 493 13,2b 499 17,14 471, 472, 476, 20,14 511
9,1-2 498 13,4 500 477, 480, 485, 21 512
9,11 473 13,5 499 507 21,1 444
10,2 492 13,7 476 17,18 502 21,1-5 509
10,7 479, 515 13,7a 500 18,2.10.21 216 21,1-8 509, 510
10,8-10 492 13,7b 500 18,4 462 21,1-22,5 493, 508, 509
11,1-2 461 13,8 148, 475, 477, 18,8 496 21,la 510
11,2 499 482 483, 500 18,8.10 496 21,lb 510
11,3 467, 499 13,10 461 18,8.20 497 21,2 224, 511
11.3.10 471 13,11 477 18,10 496, 497 21,2.9 345, 509
11,7 476, 498 13,11-18 499, 500 18,20 497 21,3 510
11,8 465, 471, 475, 13,16 500 19,1-3 515 21,4 462
479, 482, 513 13,17 500 19,1.6 508 21,6 474, 511
11,11 65, 508 13,18 500 19,2 497 21,7 473 476, 483,
11,15 369, 470, 508, 14,1 472, 476, 484, 19,2.5 479 507, 511
515 515
588 INDICE DELLE FONTI INDICE DELLE FONTI 589

21,8 511 22,3 513 II. APOCRIFI E PSEUDEPIGRAFI


21,9 509 22,3-4 514, 532
21,9-10 511 22,6 466, 473, 479 1. Dell'Antico Testamento 1,3-9 40
21,9-22,5 509 22,7.9.10.18.19 493 1,5 256
21,9-27 509 22,7.10.18.19 459 Apocalisse di Abramo 1,9 54
21,9.14.22.23.27 477 22,7.12 474 10,1-11,6 470 6,16 256
21,14 465, 481 22,8 460 11,2 475 1 9,4 472
21,16 512 22,9 459 10,4 256
21,21 277, 513 22,10 463, 493, 516 Apocalisse di Mosè 10,4-6.12-14 498
21,22 512, 513 22,12.13.17.20. 32 163 12,4-6 256
21,23 512, 513, 515 21 515 37,5-6 412 14,18b-21 102
21,23-24 460 22,13 474 14,22 489
21,27 482 22,14 509 Apocalisse di Sofonia 17,11 461
22,1 460, 511, 513 22,16 466, 468 6,11-12 475 18,11-16 498
22,1-3 489 22,17 516 6,15 470 18,13-19,1 461
22,1.3 477, 514 22,17.20 474, 514 11,1-4 155, 315 21,1-10 256
22,1-5 513 22,20 53, 60, 61, 463 22,2-13 498
22,2 513, 22,20.21 466, 471 Assunzione di Mosè 22,5-7 497, 503
10,1,12 40 25,3 40
37-71 10
37-73 128
2 Baruc 38,2 46
4,1-7 512 40,9 315
11,1 216 42,1-2 412
11,1-2 502 45,1-3 102
21,23 510 45,4s 52
32,6 179, 510 45,4-5 510
44,12 170 46,3 241
48,3 239 47,1-2 21, 497
48,40 176, 177 47,3 482
48,48-50 21 48,2-3.5-6 128
50,3 52 48,2-3.6 51
52,2 170 48,4 315, 431
54,13-14 421 48,10 369, 470
54,19 163 49,2b.3a 37
56,6 163 49,2-3 241
57,2 52 49,3 63
67,1-74 350 51,3 37, 241
67,7 216, 502 52,2-4 238
73,2 505 53,6 47
77,5-6 447 55,3-4 102
81,4 239 60,16-21 276
85,3 64 61,8 102, 489
85,12 156 61,10 226
62,1-6 102
4 Baruc 62,2 63
5,35 512 62,6-7 340
62,7 51
1 Enoch 68,4 315
1-36 164, 277 69,29 102
r

590 " INDICE DELLE FONTI INDICE DELLE FONTI 591

17,36 143, 298 1 18,3 469


71,7 488 1,29 510
72,1 170 2,1 276 17,37 6:1, 66 18,7 63
88,1 498 4,26 52, 170 18 (titolo) 471 18,11 65
89,45 480 4,30 505 18,5 369, 470 35 102
90,6.9.37 480 5,2 164 18,7 63, 471
90,29 512 5,10 256 18,8 37 Vita di Adamo ed Eva
91,12-17 350 7,21 256 44 163
91,16 52 15,17 439 Testamento di Adamo
93,2-10 505 22,6 73 1-2 488
93,3-30 350 23,14-16.22 40 2. Del Nuovo Testamento
95,7 21, 35 30,22 482 Testamento di Abramo
97,3.5 497 31,14 310 7,4 412 Apocrifo di Giovanni
99,3.16 497 35,17 276 14,5-8 155, 315 NHC II 31,26-27 413
102,2-5 475
104,1 482 Libro delle antichità bibliche (LAB) Testamento di Giobbe Ascensione di Isaia
104,3 497 11,1 176, 177 5,2 412 4 218
32,3 144 33,3 314 4,2-14 461
2 Enoch 32,3-4 188 10,8-15 279
7,1-3 256 33,5 155 Testamento di Mosè 11,23-32 279
11,17 155 315
20,1 227, 489 40,2 188
12,6 155 315
20,1-21,1 311 61,9 340 Atti di Tommaso
22,7 102 108-113 129
Testamenti dei dodici Patriarchi
24,1 315 3 Maccabei
33,1-2 505 2,27-29 500 Odi di Salomone
Test. Ben.
53 155 479 17,8-10 432
64,5 155, 315 4 Maccabei 3,8
42,11-20 256
71-72 301 5,20-21 179
6,28-29 127, 314 Test. Dan
5,12 512 Vangelo di Filippo
4 Esdra 6,29 141 NHC II, 54,5-12 491
502 15,4 131 6,2 315
3,1-2.28 NHC II,
12,1 276
7,26 512 17,7.10.12.17 319 57,28-58,10 541
7,28-30 505 17,18 314
7,75 52, 170, 510 17,21-22 127 Test. Jos.
19,8 479 Vangelo di Pietro
7,102.104-105 155, 156 17,22 147 9,35-11,49 15
19,11 479
7,118 164 24
19
8,52 512 Oracoli sibillini 41-42 256
8,53 510 1,326-330 501 Test. Jud.
24,1 469
10,25-54 512 3,63-74 218
11-12 500 1,102-102.112-116 512 24,2.5-6 63 Vangelo di Tommaso
12,32 51 4,119-122 461 13 = NHC II,
Test. Lev. 34,30-35 540
13,26 51 5,28-34 461
2,10 239 13 441
13,36 512 5,143.159 216, 502
13,52 340 5,273 52 5,6 315 1 21 112
14 447
14,4 239 Salmi di Salomone
2,25-29 500
Giubilei 10,1-2 127
1,12 467 13,8-10 127
1,22-28 40 17,32 181, 471
1,27.29 276 17,32-41 47
«

592 INDICE DELLE FONTI


INDICE DELLE FONTI 593
III. SCRITTI DI QUMRÀN
4QM 2,6 155
17,6-9 300 2,13 300
lQapGen (Apocrifo della Genesi) 1QS (Regola della Comunità)
2.18 63
1,2 239 1,16-20 320 2,18-19 300
2,4 55 2,8 511 4QShirShab
11,3 300 2,23 300
2,9.13 55 2,24 406
2,24 55 3,13-4,26 165 HQPsa 154
7,7 55 3,18 446 4QTest
20,12.14.15 55 3,24-25 413 9-13 469
18,3-8 36
20,13 55 4,13 511
20,15 55 4,20-22 446 4QTLevi
1,10 55 UQShirShab 279
20,25 55 4,23 52
21,2 56 4,25 510 2,6 55
1JQT (Rotolo del Tempio)
22,16.21 56 5,2.9 295
4Q285 291 25,10-27,10 306
22,17 301 5,7-11 320
22,18 55 8,7-8 253 64,12 142
8,7-10 71 4Q372 11Q17 515
9,3 65 1,16-17 25
Documento di Damasco (CD)
1QH (Inni) 9,9-11 356
4Q400-406 515 2,12 65
1,21-22 164 9,21 406 3,12-21 320
2,10 406 11,9 162
4Q491 6,4-11 356
2,25-3,9 166 11,9-10 162, 164
fr.ll, 1,12-15 276, 315 6.19 166
3,7-12 483 7,18-19 469
3,18 256 fr.11,14 315
IQSa 8,21 166
4,29-31 165 1,24 295 13,9 254
4,40 406 4Q541 291
19,33-34 166
5,5-18 127 IQSb 20,12 166
UQMelch (Melchisedek)
7,6 63 5,24 63 300 20,27-34 356
8,16 441 2,5
5,27 469
9,32 63
11,7 406
IQpAb (Comm. di Abacuc)
12,11-13 63
7,4-5 356
13,11-12 170
7,5-14 239
13,19 63
8,2-3 356
14,2 406 8,3 166
14,25 63 9,9 295
16,3 65
16,11 63
17,17 63 1Q20
17,26 65 fr.2,5 55

1Q27 218
1QM (Rotolo della guerra) 1,2 239
4,3 162
7,35 485 4QAmram
11,4-5 225 3,1-3 280
11,6 469 3,2-3 300
12,11-12 162
14,16 472 4QEn ar
17,6-7 499 4,5 55
594 INDICE DELLE FONTI INDICE DELLE FONTI 595

IV. TARGUMIM V. LETTERATURA CLASSICA GRECO-ROMANA


Tg. N. (Neofiti) Tg. Ger. Apuleio Epitteto
51,39.57 511
Tg.Gen. Metamorf. Diatr.
l,ls 421 Tg. Zc. 11,21,1 173 1,4,29 405
3,24 55 2,14-15 40 1,4,30-32 405
37,17 55 Aristofane
49,8.10-12 419 Tg.J.I. Eraclito
49,9-10 468 Tesmofor. fr.2 421
Es
320 490
Tg.Es. 1,15 479
3,14 318 3,14 Erodoto
318 Aristotele
19,6 486
Dt Hist.
Tg.J. (Jonathan) 32,39 Fisica 1,71,2 274
318
A.2-3 539 1,178-183 512
Tg.Dt. Tg.O. 1,178,2 512
33,6 511 Metafisica 1,188,1 472
Sai 2,993b 3-31 405
Tg.Est. 110,4 301 5,16 (1021b) 286 Eschilo
10,3 469 118,22 253 6,1027b 21-28 405
Agam.
Tg. Is. Tg. PS.-J. (Pseudo-Jonathan) Politica 177-178 288
11,1 63 2,4,6 1262 b 13 168 1192 163
22,14 511 Tg.Gen 49,1 238
28,16 253 Tg.Es 1,15 358 Cicerone Pers.
42,12 421 Tg.Lv 17,7 73 24 472
43,10-1 439 18,17 73 Div.
65,1 511 Tg.Dt 33,6 511 1,55,125 368
Suppl.
524 59
Nat. deor.
80-85 21
Esiodo
Cleante
Op.
Inno a Zeus 42-105 163
1 490
19-20 421 Theog.
954-955 126
Crisippo
Euripide
SVF
2,913 421 Bacc.
45 126
Dione Crisostomo 54 126

Or. Med.
18,43 244 413 160
32,18 244
596 INDICE DELLE FONTI INDICE DELLE FONTI 597

Filodemo Inno a Demetra 37e-38a 318 Polibio


18 490 92c 189
Philos. Hist.
6,6 160 Orfici (Kern) Plauto 15,35,1 274
Frammenti
Giamblico 32s 173 Miles gloriosus Ps.-Aristotele
36 173 359s 309
Vit. Pyth.
Inni De mundo
158 216 Plinio il Giovane 6 (397b) 235
9,13 490
T. Livio Epist.
Ovidio 462 Sallustio Secondo
10,96,6
Hist. 10,96,7 123
Metamorph. De diis et mundo
10,28-29 144 5,317 253 4,9 126
Luciano Paneg.
7,204 253 1,4-5 368
De dea syria 9,271-272 126 53,4 461 Seneca
42-43 294
Pausania Plutarco De ira
De sacrif. 10,12,5 318 159
11,28,1-2
4 125
Mor.
Pindaro
Iup. conf. 167e 160 Senofonte
17 21 Isth. 330d 131
354c 318 Cyrop.
5,52 57
Marziale 942f 511 4,2,3 274
Platone
Epigr. Vit. Memorab.
7,34 472 Apol. 4,3,13 235
10,72 472 32a 21 Aem. Paul.
32-34 226
Sofocle
Omero Gorg.
521b 21 Alex.
//. 2-3 68 1 Antigone
456s 317
1,62 294 Leg.
Brut. 1115 490
1,100 278 759d 294
1,262 432 800ab 294 30,3 472
2,243 268 947ab 294 Edipo re
2,254 432 Cleom. 302-304 244
3,351 59 Respubl. 39 20
6,400 426 361e-362a 35 Sopatro
376e-383c 127 Flam.
Od. 377cd 127 10.16 244 Reth. Gr. Vili
3,320 278 380d 130 114s 173
13,312s 125 381c 130 Num.
15,520 130 427c 396 4 69
17,484-487 Stazio
126 530a 235
Themist.
Inni Tim. 27,4 190 Silvae
2,401-403 126 28c-29b 4,1,3 469
314
598 INDICE DELLE FONTI INDICE DELLE FONTI

Strabone Vesp. VI. LETTERATURA GIUDAICO-ELLENISTICA


1 461
i
Geogr. Anonimo Decal.
17,1,10 513 Tacito 82 222
17,6-10 512 Gius, e As. 159 307
Ann. 14,8-9 475
3,58,3 294 15,4 170 Det. pot.
Svetonio 59,1 294 412 54 185
17,8-9
71,2-3 294 22,7 475 146 316
Aug.
53 58, 60 Hist. Deus imm.
5,5 436
Aristea 421
94,3-5 69 134
5,9 306 138 396
Lettera 182 180
Dom. 159
Virgili 46
13 60, 418, 472
Fug.
Aen. Ezechiele il Tragico 280
5
Nero 1,167 253 109 296
57 461 3,688 253 Exagogé 112 421
68-69 315 117 296
Filone Alessandrino In Flaccum
39 55
Abr.
121 59 Leg. ad C.
173 280 55 131
196 144, 220 118 129
261 318 196 127
278 296
Agric.
49 254 Leg. alleg.
51 280 1,43 131
96 318 1,43.44 231
3,79 303
Cher. 3,79-82 301
3 280 3,96 131
35 280 3,100 238
49 238 3,162-168 430
127 421 3,174 307
3,177 180
Conf. ling. 3,203-207 304
28 280 3,207 396
62 131, 280
63 280 Mut. nom.
146 232, 421 87 280
164 131 154 439
253-263 430
Congr.
89 307 Opif.
99 301 20 421
107 307 1 20.24 234
600 INDICE DELLE FONTI 601
INDICE DELLE FONTI

Plant. 2,147 169 VII. SCRITTI RABBINICI


61 307 2,166 269
Mishna Yoma
5a 306
Post. C. Giuseppe Flavio
48 307 Abot
91 280 3,1 472 Zebahim
Ant. 306
3,2 361 6a
122 421 1,20-72 59
3,7 361
1,222 220 156
4,11 Talmud Palestinese - Yerushalmi
Quaest. in Gen. 1,232 188
2,62 102, 185 2,206 358 Berakhot
2,210-216 Peah
358 1 65 55
8,21b
Rer. div. her. 2,270 594
22-29 288 3,153-154 474 Megilla Midrashim
23 235 3,240-243 306 4,9 102
174 310 4,40 59
Gen. R. (= Ber. R.)
205 280 4,145-149 176 Sukkot 234
205-206 1
311 5,41.93 59 5,3 431 473
281.311 235 8,3 1,1
59 431
1,6
9,28 493 Yoma 424
19,7
Sacr. 11,64-65 59 1,1 291 413
39,14
91-96 304 13,62-73.285 295 1,2 310 55
58,6
93 304 13,68 59 5,1 312 81 318
13,172 164 5,2 306 97,2 254
Somn. 15,136 276 5,3.4 312 97,3 413
1,115 280 16,43 238
1,141-143 276 16,164 493 Tosefta Ex. R.
1,215 232 17,271-272. 1,22 358
1,227-233 186 278-281 19 Sanhedrin 3,14 318
4,7 357
1,228 102 18,13 159
1,238-240 131 18,35.95 17 Mek. Ex.
20,197-203 Sota 413
70 64, 104 12,1
13,2-4 478
Spec. leg. 12,3
1,42 431 Bell. 15,1 102
Sukkot 318
1,66 310 2,28 222 3,11 189 15,3
1,168.186 307 2,57-59 19 20,20 102
1,186-187 158 5,210 436 Talmud Babilonese
1,188 306 5,219 306 Sifré Num.
1,205 305 6,438-439 301 15,30 102
Megilla
2,39 316 7,121-157 226 358 15,31 169
14a
2,41.193.194.197. 424 25,13 311
29a
200 307 C. Ap.
3,131 310 1,37-41 64 Sanhedrin Sifré Dt.
1,42-43 179 102a 358 32,39 102
Vit. Mos. 2,168s 238
1,149-163 489 2,190 318
2,23 307
2,74.76 314 Vita
2,114.132 59 1 12 159
602 INDICE DELLE FONTI INDICE DELLE FONTI 603

Vili. SCRITTI PATRISTICI 72,4 256 1 Origene


79,1-2 18
1. Padri apostolici Clemente Alessandrino 80,5 505 Contro Cels.
460 2,1 72
81,4
Didachè Strom. 126,6 280 2,17-44 18
10,6 53, 60, 61 1,23,154,3 359 128,4 280 2,43 256
16,4 428 4,161,3 302 Ps. -Clemente
44,5-45,4 256 / Apol.
Lettera di Clemente Romano 21,1 125 Ep. a Giacomo
36,1 296 Costituzioni Apostoliche 36,1 249 9 75
36,2 267 3,17,3 168 55,1-7 125
61,3 296 Hom.
Eusebio 7,8,1-2 72
Ireneo 72
Lettere di Ignazio di Antiochia 8,19,1
Dem. ev. Adv. haer.
Ad Magn. 3,2 Ricogn.
359
1,8,4 413 1,35 72
8,1 72, 304
8,2 H. E. 1,25,1 413 1,55 70
249
1,26,2 72 1,64 70
2,15,2 502
4,20,11 474 2,55 72
Ad Philad. 2,23,6 70
4,21,3 476 4,36,4 72
9,1 432 3,17 462
4,27,2 256
3,19.20,1-6 7 5,30,3 461, 501 Tertulliano
Epist. Barn. 3,27,1 72 5,33,3-35,2 505
2,6 70 3,27,2 72 Adv. Marc.
3,6 220 3,28,2 505 3,13 502
4,3.8 220 7,25 460 Melitone
5,6 249 7,25,5 457 Tommaso d'Aquino
15,4-8 505 9,17,4-5 301 Perì Pascha
36,1 249 9,18,2 301 101-102 256 Sum. Th. Ili, p.83 a.l 482
55,1-7 125
Praep. ev.
Mart. Polyc. 9,29,4 315
8,2 58
Girolamo
Pastore di Erma
5,1-7 280 C. Pel.
5,44 280 3,2 67

2. Padri posteriori Ep.


53,9 457
Agostino 73 301

Civ. Dei
20,7,9 505 Giustino

Confess. Dial.
7,9,13-14 424 34,2 249, 280
40,4 306
In Iohannem 56,4 249
25,1 430 61,1 280
604 INDICE DELLE FONTI

IX. SCRITTI GNOSTICI


(oltre agli Apocrifi del NT) INDICE DEI NOMI
Corpus Hermeticum (CH) Codex Brucianus 40 491
I (Poimandres),12,14.15 129
1,27 413 Vangelo di verità
V,l 491 NHC 1,38,7-24 491
V,9 491
XVI.3 233 Zostrianos
NHC VI 2-4 413
Dialogo del Salvatore NHC Vili 129,22-24 413 Achtemeir P. J., 247, 250, 334 Astour M. C , 302
Adinolfi M., 187, 337 Attridge H. W., 270, 272, 274-275,
Adriano, 244 277, 285, 292-293, 296, 310-311,
Africano, 21 314, 316, 320
X. ISCRIZIONI E PAPIRI Agostino, 233, 366, 424, 430, 492, Augusto, 58, 60, 68, 218, 222, 224,
505 458, 461
Papiri Magici Agrippa II, 296 Aune D. E., 340, 459
Hammurapi
PGM 1,160-163 491 Alessandro Magno, 68, 131, 295,
Codice 1 268, 432 332 Bachmann M., 476
P. Oxy. Aletti J.-N., 26, 192, 194, 222, 225, Bacon B. W., 346, 357
Iscr. aramaiche
XVII,2075.16-19 126 229-230, 232, 236-237, 239, 352, Badenas R., 179
Nr.201,245,246,247,248
363, 365,370,373-375, 388, 515, Bagatti B., 8, 280
251,256 56
SylI. 534-536 Bailey J. A., 218
3,1125 318 Alexander L., 363 Ball S. M., 438
Papiri di Elefantina Alexander P. A., 332 Baltensweiler H., 11
Allison D. C , 346, 350, 357, 359 Bar Kochebah, 362, 417
Lettere
Allison D. G., 107 Barbaglio G., I l i , 114, 148, 185,
3,5;4,2;10,l-2; 27, Alonso Schòkel L., 63 215, 225, 229, 270, 358
(recto) 2.11. (verso) 21.23 55 Àlvarez Verdes L., 169 Barbi A., 50-51
Ambrogio, 423, 492 Barclay J. M. G., 108
Anassimandro, 374 Barker M., 137, 533
Anassimene, 474 Barnaba, 220
Anderson G. A., 305 Barrato J., 399, 407, 425
Anderson J. C , 348 Barrett C. K., 12, 44, 46, 48, 51, 64,
Anderson P. N., 393-394 66, 71, 94, 103, 141, 366, 389-390,
Andriessen P., 313, 319, 321 396, 398, 425, 441-442
Annibale, 21 Barth E. H., 248
Antioco IV Epifane, 295, 499 Barth G., 21, 116, 146, 148, 166
Apuleio, 173 Barth K., 482
Aquila, 58 Barth M., 90, 227, 242
Archelao, 222 Bassler J. M., 92-93
Arens E., 401 Bauckham R., 8, 459
Aristobulo, 332 Bauer W., 8
Aristofane, 168, 490 Baur F. C , 8
Aristotele, 168, 173, 286, 405, 474, Bayer H. F., 47, 51
539 Beale G. K., 472-473
Arnold C. E., 226 Bechtler S. R., 179
Arnold J. P., 108 Becker J., 89, 118-120, 391, 393
Arrighetti G., 173 Beker J. C , 93
Artaserse I., 190 Benoit A., 8
606 INDICE DEI NOMI INDICE DEI NOMI 607

Berger K., 67, 167 Brox N., 247, 251 Cerfaux L., 8, 89, 94-95, 183, 461, Crisostomo, 233
Bergmeier R., 493 Brucker R., 122 475, 492 Crossan J. D., 15
Berkhof H., 227 Brunot A., 138 Ceduto, 505 Cullmann O., 58, 140, 190, 290,
Best E., 187 Brutsch C , 457, 482 Cesare, 244, 461, 472 341, 390, 490
Betz H. D., 35, 91, 111, 270, 354, Buchanan G. W., 274, 277, 316 Cevantes Gabarrón J., 248 Culpepper R. A., 390
491 Buchsel F., 270 Chalaftà, 361
Beutler J., 400 Buckwalter H. D., 363-364, 377 Chananjà ben Teradjon, 361 Da Castel S. Pietro T., 298
Bianchi U., 105-106, 163 Bùhner J.-A., 398, 410, 412 Charles R. H., 461, 466, 475-476, Dalla Vecchia F., 330
Bickermann E., 340 Bull K.-M., 390, 409 482, 485, 509 Daniélou J., 8, 11, 280
Bietenhard H., 135, 505 Bultmann R., 15, 18, 41, 57, 93, 99, Charlesworth J. H., 102, 108, 219, Dauer A., 119-120, 122
Biguzzi G., 493 248, 331, 398, 410-411, 463-464, 470 Davidsen O., 336
Billerbeck P., 306, 311 526 Chevallier M.-A., 63, 219, 504 Davidson J., 413
Bittner W. J., 398 Burke T. J., 171 Childs B. S., 13 Davies P. E., 248
Black M., 54 Burkert W., 106, 172, 295 Chilton B., 17, 108 DaviesW. D., 90, 93, 110, 346, 350
Blank J., 98-99, 108, 434 Burney C. F., 236 Chirassi Colombo I., 106, 295 Davis C. A., 93-94
Boccaccini G., 176 Burridge R. A., 331 Chopin F., 390 Davis C. J., 184
Bockmuehl M. N. A., 237-238, 242 Busse U., 55, 371 Christ F., 32, 37 Davis P. G., 91, 236, 530
Boer M. C. de, 164 Byrne B., 110, 141, 169, 191, 531 Christiansen E. J., 175 De Lorenzi L., 189
Boers H. W., 93 Cicerone M. T., 21, 234, 368
Bogaert P.-M., 58 De Mauro T., 349
Ciolini G., 474 De Vaux R., 157, 287, 290, 294-295,
Boice J. M., 400 Cacciari M., 133 Cipriano, 507
Caird G. B., 485, 493 302, 305-306, 372
Boismard M.-E., 248, 393, 410, 414 Cirillo L., 72
Caligola, 55, 129, 296, 461, 489 De Virgilio G., 372
Boman T., 24 Clarke A. D., 363
Callistene, 332 Cleante, 421, 490 Deiana G., 147-148, 158, 306-307
Bonnard P., 24
Cambier J., 461, 475, 492 Clemente (re), 20 Deichgràber R., 123
Bonnard P.-E., 319
Bonsirvern J., 95 Campbell W. S., 177 Clemente Al., 302, 423 Deissmann A., 60, 472
Borgen P., 430, 489 Canfora L., 330 Clemente Romano, 215 Delling G., 140
Bori P. C., 406 Cangh J.-M. van, 352 Cocchini F., 167 Delobel J., 26
Borig R., 435, 437 Cantalamessa R., 182 Cocrofi R. E., 248 Demostene, 244
Boring M. E., 464 Capes D. B., 57-58, 60, 136-137, Coda P., 370, 532 Derrida J., 95
Bornkamm G., 330, 365 184 Cody A., 292, 294, 312-314 Dever W. G., 26
Bosetti E., 248 Cardellini I., 158 Collins J. J., 219, 244, 505, 511 De Berardino A., 50
Bottini G. C., 363, 376 Cardini F., 474 Collins R. F., 215, 217-218 Diaz-Rodelas J. M., 176
Bottino A., 431 Cantone di Afrodisia, 330 Colombo C , 409 Dibelius M., 18, 331, 341
Bousset W., 57, 60, 95 Cari K. J., 403 Comblin J., 464, 466, 475, 478, 502, Dietzfelbinger C , 98, 101, 445-447
Bouttier H., 223 Carnegie D. R., 515 507, 509 Dihle A., 36
Bovon F., 502 Carr W., 226 Considine J. S., 471 Dillon R. J., 363
Brandenburger E., 162 Carrell P. R., 475, 499 Conzelmann H., 22, 34, 46-48, 58, Diogene Laerzio, 332
Brandon S. G. F., 106 Carrón J., 50-51 66, 330, 364 Dione Crisostomo, 244
Braun F. M., 393 Carruth S., 26 Cornelio, 45, 121 Dionigi di Al., 457, 460
Braun H., 272, 274-275, 277, 282, Casalini N., 272, 274-275, 277, 299, Corsani B., 27, 110, 398, 458, 499 Dittenberger W., 245, 318
288-289, 292, 299, 310, 316, 333 307, 312, 316-317 Corsini E., 459, 471, 482, 492, Dix G., 8
Bresciani E., 268, 432 Casey M., 91, 390 500-502, 507 Dobbeler A. von, 161
Breytenbach C , 146, 148, 464 Casey P. M., 528-529, 532 Cortese E., 158 Doble P., 377
Broadhead E. K., 19 Cassio, 472 Cosgrove C. H., 367 Dodd C. H., 40, 67, 110, 389, 440
Brongers H. A., 359 Cassola F., 126 Cothenet E., 247, 400, 512 Doglio C , 459
Brown R. E., 14-15, 20, 24, 68, 89, Castiglioni V., 312, 431 Cowley A., 55 Domiziano, 7, 60, 418, 461-462,
119, 215, 359, 370, 390, 392, 398, Catchpole D. R., 26 Cox C , 58 469, 472, 500-501
408, 410, 425, 428, 441-443, 457, Caza L., 25 Cranfield C. E. B., 110, 141 Donahue J. R., 336
460, 462 Cazelles H., 533 Crisippo, 405, 421 Donaldson T. L., 100-101
608 INDICE DEI NOMI INDICE DEI NOMI 609

Donegani L, 466, 471 Faust E., 240 Gadamer H. G., 95, 394 Guenther H. O., 30
Donner H., 56 Feldmeier R., 248 Galba, 461 Gundry R. H., 20, 24, 57, 337, 342,
Dorè J., 534 Fendler F., 341 Galot J., 423 344, 346
Downing F. G., 31 Ferraro G., 52, 404, 408, 440-442, Gangemi A., 443 Gunton C., 229
Dreyfus F., 389 444 Garland D. E., 357 Guthrie G. H., 297
Driver G. R., 55 Festugière P., 491 Garsky A., 26
Duby G., 505 Feuillet A., 112, 124, 185, 189, Gàrtner G., 71 Habermann J., 129, 230, 235
Duling D. C., 351 232-235, 476, 483, 492 Garuti P., 271 Haenchen E., 46, 48, 66, 121
Dungan D., 107 Fichte J. G., 420 Gaugler, 242 Hagner D. A., 105, 245
Dunn J. D. G., 89, 91-92, 95, 108, Fiensy D., 8 Gelio R., 303, 305 Hahn F., 11, 49, 57-58, 70
110, 129, 140-141, 150, 161, Filippini R., 466 Gempf C , 120 Hainz J., 341
169-170, 185-186, 191, 227, 235, Filippo il Macedone, 244 Genuyt F., 409 Hamm D., 319
270, 281, 528, 532-535 Filippo tetrarca, 55 George A., 267 Hanson A. T., 140
Dunnil J., 305 Filodemo, 160 Gerolamo, 67, 233, 301, 457, 485 Harnack A., 9, 288
Dupont J., 44, 365, 393 Filone Al., 55, 59, 102, 127, 129, Gherardini B., 152 Harrington D. J., 54
Duthoy R., 106, 173 131, 144,158, 163-164, 170,185, Ghiberti G., 426, 443 Harrington W. J., 457, 467
189, 220, 222, 231-232, 234-235, Giamblico, 216 Harris M. J., 105, 190, 245
Ebeling G., 340-341 238, 276, 280, 288, 296, 301, Gianotto C., 164, 300-301 Hartin P. J., 43
Edwards R. A., 348 303-307, 310, 314, 316, 318, Giblin C. H., 218 Hartman L., 67
Egesippo, 7, 10, 215 331-332, 396, 421, 430-431, 439, Giesen H., 461-462, 466-469, 471, Hasitschka M., 427, 429, 480
Eliezer ben Jaqob R., 156 489, 530 475, 476, 478, 483, 485, 488, Hasler V., 246
Ellingworth P., 266-267, 269, 272, Filoramo G., 411 491-493, 499, 501-503, 507, 509 Haubeck W., 146
274-275, 277-278, 284, 292, 316 Filostrato, 331 Gignac A., 179 Hauck W., 485
Elliot J. H., 248 Finsterbusch K., 176, 178 Gill D. W. J., 120 Hawkin D. J., 404
Elliott-Binns L. E., 7 Fischer J., 90 Gioacchino da Fiore, 459, 463, 494 Hawthorne G. F., 108, 183, 226
Ellis E. E., 108, 112 Fischer K. M., 215, 411 Giroud J.-C., 476 Hay D., 273
Eltester F. W., 189 Fitzer G., 147 Giuseppe FI., 17, 19, 59, 64, 70, Hay D. M., 92
Epitteto, 405 Fitzmyer J. A., 54, 93, 110, 141, 159, 164, 176, 179, 188,220,222, Hayman P., 533
Eraclito, 420, 474 162, 190, 329, 363 226, 238, 276, 295, 301, 306, 318, Hays R. B., 110
Erbetta H., 432, 491 Fleddermann H. T., 30 340, 358, 417, 436, 473, 493 Head P. M., 334
Ernst J., 15, 217, 341, 498 Flessman van Leer E., 22 Giustino, 10, 18, 125, 249, 280, 306, Hedrick Ch. W., 411
Erode, 222, 295-296, 358 Fluckiger F., 343 460, 505 Hegel G. W. F., 133, 420
Erode Agrippa, 55 Flusser D., 362 Gnilka J., 19, 111, 123, 337, 341, Hegermann H., 270, 274-275, 277,
Erode Antipa, 408 Focant C., 308 346, 355 316
Erodoto, 274, 472, 512 Foerster W., 59, 244, 466, 490 Goldstein H., 247 Heid S., 8, 505
Eschilo, 59, 163, 288, 472 Ford, 468, 485 Goppelt L., 8 Heil J. P., 494, 496
Esiodo, 126-127, 163 Fortna R. T., 389, 393, 398 Goulder M. D., 27 Heise J., 407
Euripide, 126, 160 Fossum J. E., 236, 280 Goulet R., 332 Heitmùller W., 11
Eusebio, 7, 70, 72, 301, 315, 457, Foul S. E., 123 Gourgues M., 140, 273 Helewa G., 161
460, 462, 502-505 Frankemòlle H., 14, 159, 161, 360 Grappe C., 70 Hellholm D., 462
Eustrazio di Costantinopoli, 357 Fraser J. W., 97 Gràsser E., 108, 270-271, 274-275, Helyer L. L., 229
Evans C. A., 108, 422 Frazer J. G., 106 277, 292 HengelM., 10, 18,30,96, 119-121,
Evans C. F., 363 Frey J., 460 Green J. B., 16, 47, 528 134, 165, 187, 273, 489, 531
Evans C. S., 527 Freyne S., 7 Greenhut Z., 17 Henry M., 406
Friedrich G., 140, 148 Grelot P., 130, 267 Herder, 420
Fabris R., 14, 58, 123, 215, 270, Fuller R. H., 11, 49 Griesbach, 27-28, 333 Hergenròder C., 391, 425
406, 415, 425, 442-443 Furnish V. P., 97, 99, 143 Grob F., 436 Heriban J., 123, 130, 134
Farahian E., 170 Fusco V., 8, 13, 27, 329, 334, 339, Grundmann W., 393 Herzer J., 247
Farkas P., 483 375-376 Gubler M.-L., 21, 404 Higgins A. J. B., 360
Farmer W. R., 28 Fusella L., 480 Gùemes A., 180 Higgins H. J., 29
610 INDICE DEI NOMI INDICE DEI NOMI 611

Hildescheim, 463 Janowski B., 251 Kramer W., 95, 181, 183, 186 280, 291-292, 351, 393
Hilgenfeld A., 8 Janzen E. P., 502 Krànkl E., 46 Lohfink G., 50, 98, 154
Hill C. C , 12 Jastrow M., 54, 480 Kraus H.-J., 302-303 Lohmeyer E., 7, 122-123
Hill C. E., 505 Jaubert A., 435 Kraus W., 147 Lohse E., 46, 222, 231, 460-461,
Hill D., 346 Jenni E., 135, 425 Kraus Reggiani C , 180 477, 483, 485, 488, 509
Hillel R., 362 Jensen J., 359 Kreitzer L. J., 184 Longenecker B. W., 160
Hilton M., 332 Jeremias J., 46, 97, 124, 127, Kretschmar G., 485 Longenecker R., 340
Hodgson R., 411 479-480, 509 Kuhn H.-W., 21, 140 Longenecker R. N., 10, 343
Hoegen-Rohls C , 445 Jerumanis P.-M., 407, 437 Kuhn K. G., 53 Longman T., 226
Hoennicke G., 8 Jervell J., 189 Kummel W. G., 177 Lopasso V., 419
Hoffmann P., 26, 34 Johns L. L., 108, 409 Kupp D. D., 346, 360 Lorizio G., 133
Hofius O., 251, 422 Johnston G., 47 Kuss O., 90, 191 Lovering E. H., 502, 528
Hofrichter P., 420, 423 Jonge M. de, 38, 191, 393, 429, 471 Luciano, 21, 29, 125, 294, 331-332
Hohnjec N., 494 Jòrns K.-P., 515 Labat R., 395 Lucio Emilio Paolo, 226
Holland G. S., 217 Jùngel E., 108, 113-114 Lacey D. R. de, 246 Ludemann G., 8, 44, 51, 90, 121
Holtz T., 110, 187, 464, 472, 474, Laconi M., 13, 329 Luhrmann D., 30, 32
478, 483 Kaestle J.-D., 8-9, 411 Lacoste J. Y., 105 Lupieri E., 122, 124, 164, 461, 471,
Hooker M. D., 91, 140, 143, 181 Kàhler M., 14, 331, 526 Lager K., 247 474, 505
Hoppe R., 55 Kanagaraj J. J., 392 Lagish R., 318 Lutero M., 152, 173, 463, 482, 492,
Horn F. W., 30, 57, 69 Karrer M., 181-182, 351, 460, 514, Lagrange M.-J., 24 494
Horsley R. A., 31 537 Lambreckt J., 176, 458-459, 471 Luz U., 340-341, 343, 346, 351
Hort F. J. A., 8 Kàsemann E., 42, 93, 110, 130, 141, Lane W. L., 270, 274, 277, 292, 319 Lyonnet S., 145, 147, 428
Howard G., 58, 160 152-153, 191, 195,392,464,527, Lange H. D., 22
Howell D., 348 536 Langevin P.-É., 53, 56, 61 Macchioro V., 104
Hubner H., 92-93, 175, 180 Kasting H., 7 Lau A. Y., 247 Maccoby H., 105, 172
Hugedé N., 320 Kaufmann S. A., 52 Laub F., 319 Mack B. L., 26, 30-31
Hughes P. E., 270 Kee H. C., 45 Laùchli S., 515 Mack M., 280
Hull J. H. E., 365 Keegan T. J., 107 Laurentin R., 68 Mackenzie R. K., 460
Hurd J. C , 134 Kelber W. H., 335 Lausberg H., 282 MacRae G. W., 411
Hurst L. D., 129, 275, 313 Kerénji K., 126 Le Déaut R., 155, 314, 357 Maggioni B., 7, 16
Hurtado L. H., 342 Kern O., 173 Leenhardt, 190 Magris A., 196, 368, 411, 413, 540
Hurtado L. W., 134, 137, 183, 186, Kertelge K., 20, 143 Legasse S., 67, 71, 167, 172 Maier J., 157, 159
236, 528, 530 Kim S., 91, 98, 108, 111, 114 Lentren-Deis F., 67 Maine de Biran, 420
King P. J., 512 León-Dufour X., 24, 396, 400, 425, Manns F., 8, 103, 128, 145, 236, 428
Iacopino G., 412 Kingsbury J. D., 333-334, 346, 348, 436, 442-445 Manson T. W., 29-30
Iammarrone G., 132 354 Leonardo da Vinci, 534 Manzi F., 280, 300-301
Iammarrone L., 132 Kiuchi N., 148 Lessing G. E., 527 Marcello, 21
Ignazio di Antiochia, 72, 215, 220, Klauck H.-I., 70, 189, 392, 416, Létourneau P., 393, 410 Marcheselli C. C., 128
249, 304 428-429, 443, 462, 511 Lettieri G., 411 Marconi G., 14
Immelfarb M., 412 Klehn L., 170 Levenson J. D., 145 Marcus J., 164
Infante R., 477 Kleine M. G., 504 Levison J. R., 64, 164 Marguerat D., 8
Iovino P., 110, 187, 194 Kleinknecht K. T., 127 Licurgo, 69 Marshall G., 332
Ippolito, 492 Klijn A. F. J., 8 Limbeck M., 175 Marshall I. H., 175, 246, 363
Ireneo, 72, 395, 413, 423, 461, 474, Kloppenborg J. S., 26, 29-31, 34, Lincoln A. T., 220, 223 Martin B. L., 175, 179
476, 501, 505 37, 41, 43 Lindars B., 41, 54 Martin R. P., 108, 123, 127, 134,
Isaacs M. E., 321 Knòppler T., 398 Lindsay D. R., 404 183, 226
Isocrate, 331 Koch K., 480 Linnemann E., 27 Martinez F. G., 483
Koester H., 31-32, 36, 215, 217 Litfin D., 148 Martini C. M., 23
Jacobson A. D., 26, 29-30, 34, 39, Koperski V., 174, 178 Livio T., 144 Martone C., 63, 162, 165, 413, 446,
41-42 Kovacs J. L., 225 Loader W. R. G., 71, 270, 273, 275, 483
612 INDICE DEI NOMI INDICE DEI NOMI 613

Martyn J. L., 110, 389 Mourlon Beernaert P., 404 Ovidio, 126 Plutarco, 20, 68-69, 117, 131, 160,
Marxsen W., 7, 330, 337, 341, 344 Mùller, 461-462 468, 475-476, 483, 190, 226, 318, 331, 472, 511
Marziale, 60, 472 485, 488, 499, 501, 509 Padovese L., 98, 101 Poffet J.-M., 411
Mastin B. A., 395, 418 Mùller H.-P., 493 Pani G., 101 Polag A., 29-30, 32
Mateos J., 399, 407, 425 Mùller K., 148, 150 Panimolle F., 393, 425 Polibio, 274, 331
Mayer J., 468 Mùller P., 215, 337 Papa B., 333, 340 Pollard T. E., 393
Mazzeferri F. D., 492 Mùller P.-G., 47 Papia di Gerapoli, 10, 215, 460 Pomilio M., 540
Mazzucco C , 505 Mùller U. B., 215, 390, 446 Parente F., 526 Pompeo, 306, 500
McGinn B., 217 Mundle W., 161 Pareyson L., 5, 333, 539 Pomykala K. E., 417
McGrath J. J., 308 Murphy-O'Connor J., 129, 185- Park H.-W., 195 Popkes W., 145
McLean B. H., 144, 147 187, 229 Parsons M. C , 270 Porfirio, 424
McNamara M., 480 Mussner F., 14, 110, 536 Pasquetto V., 401 Porter S. E., 460
Meade D. G., 216 Passoni Dell'Acqua A., 58, 500 Potterie I. de la, 329, 391, 393,
Meadors E. P., 30, 34, 37-38, 40-41 Nardi C., 505 Patterson S. J., 108 396-397, 403-406, 423, 425,
Mealand D. L., 215, 393 Neirynck F., 29, 107 Paulsen H., 464 428-430, 432, 435, 440-442, 444
Mealy J. W., 507 Nepote, 331 Pédech P., 332 Powell E., 27
Meeks W. A., 101, 414 Nerone, 58-59, 218, 461, 504 Pederson S., 148, 245 Poythress V. S., 507
Meier J. P., 215 Nerva, 60 Pendrick G., 426 Prato G. L., 135
Melantone, 94, 156 Neusner J., 355 Penna R., 6, 63, 89-90, 93, 98, Pratscher W., 12-13
Meli U., 169-170 Newman C. C , 91, 99, 102 100-101, 103, 105, 114, 119, 132, Prete B., 367
Mello A., 362 Nickelsburg G. W. E., 15, 23 145, 147-151, 154, 161, 167, 170, Prigent P., 459, 461, 466-468,
Menken M. J.J., 430 Niederwimmer K., 180 173, 175-176, 178-180, 186-187, 475-476, 479, 482-483, 485, 488,
Mercati card. J., 58 Nielsen H. K., 148-149 193, 196, 216, 219, 223, 227, 237, 490-492, 497, 499, 501, 506,
Merker N., 527 Nietzsche F., 104, 527 240-241, 295, 330, 332, 365, 370, 508-509
Merklein H., 55, 95, 108, 148, 153, Nolland C., 363 398, 414, 458, 464, 487, 532, 536 Pritz R. A., 8
161, 166, 195, 222 Nolland J., 370 Peretto E., 222 Procksch O., 317
Merz A., 334 Norden E., 331 Perez Fernàndez M., 145 Ps.-Aristotele, 235
Metzger B. M., 105 Numa, 68 Perrot C , 7, 54, 71, 247, 249 Ps.-Clemente, 70, 72, 75
Michaelis W., 484 Numenio di Apamea, 196 Pesce M., 42, 192, 225, 246 Ps.-Eupolemo, 301
Michie D., 336 Pesch R., 14-16, 20, 24, 46, 48, 57, Puech É., 17
Milgrom J., 148, 158 Oberlinner L., 246 66, 337, 341
Miller D. B., 409 Oberweiss M., 503 Peterson D., 285, 290, 292 Quell G., 60
Mimouni S. C., 8 O'BrienP. T., I l i , 123, 129, 136, Pettem H., 372 Quesnel M., 346, 349, 352
Minette de Tillesse G., 340-341 174 Pfister F., 127 Quinn J. D., 93
Miranda J. P., 398, 401, 409-410 O'Collins G. G., 243 Philonenko M., 315, 488
Mittmann R., 371 O'Day G. R., 407 Phisis, 490 Rahner K., 191
Mlakuzhyil G., 393 Ofius O., 110 Picasso P., 534 Rainbow P., 530
Moloney F. J., 415 O'Hagan A., 147 Pietersma A., 58 Ràisànen H., 175, 180, 340-341
Momigliano A., 331 Olms Verlag, 463 Pietrella E., 505 Ramaroson L., 378
Monroy Rodriguez F. J., 229 Omero, 125-127, 130, 278, 294, 426, Pindaro, 57 Rand J. A. du, 389
Montanari F., 420 432, 490 Piper R. A., 26-27, 31-32, 35-36 Randellini L., 8
Montevecchi O., 182 O'Neil J. C., 340, 416, 528 Pitagora, 216 Rau E., 119
Moo D., 110, 141 Onesicrito, 332 Pitta A., 110, 143 Ravasi G., 25, 159, 275, 302, 495
Moody Smith D., 390, 429 Orchard B., 28 Pizzolato L. F., 182 Ravenna A., 235, 473
Moreno Martinez J. L., 234 Origene, 18, 72, 167, 395, 423, 444, Platone, 21, 35, 127, 130, 189, 234, Ravens D. A. S., 376
Morgenthaler R., 348 492 294, 317, 396 Rebell W., 390
Monconi B., 467, 488, 490 Orsatti H., 350 Plauto, 309 Redalié Y., 246
Morris L., 110, 141, 190 Osborne T. P., 251 Plevnik J., 93-94, 154 Regolo, 21
Moule C. F. D., 53, 533 Otone, 461 Plinio il Giovane, 123, 368, 461-462 Reicke B., 11
Mounce R. H., 468, 475, 479, 482 O'Toole R. F., 363, 366, 371 Plotino, 424 Reid D. G., 93, 108, 226
614 INDICE DEI NOMI INDICE DEI NOMI 615

Reid J. B., 89 Sanderson J. E., 58 Schwemer A. M., 119, 121, 531 Stanton G. N., 333
Reimarus H. S., 526 Sandnes K. O., 99 Scott M., 410 Stazio, 469
Reinbold W., 15, 179 Sànger D., 21 Seeley D., 125, 147 Steck O. H., 29, 34
Renan E., 104 Sanna I., 148 Segai A. F., 102, 105 Stemberger G., 355
Rengstorf K. H., 104, 409 Satake A., 464, 499 Segalla G., 41, 329, 331, 351, 390, Stendahl K., 93, 101
Resch A., I l i Satiro, 331 392-393, 399, 414, 416, 425, 430, Stilicone, 458
Reuman J. G., 22 Sato M., 31, 38 537 Stockhausen C. L., 215
Reumann J., 93 Saussure F. de, 349 Sekki A. E., 64 Strabone, 512
Rey B., 169 Scarpat G., 231, 234 Sellin G., 170 Strack H. L., 306, 311
Reynier C , 237, 240 Schàfer P., 468 Seneca, 159, 234 Strecker G., 57, 341
Rhoads D., 336 Scheid J., 295 Senior D., 443 Stuckenbruck L. T., 227, 279, 470
Ribet P., 93 Schelling, 133, 420 Senofonte, 235, 274, 331 Studerus R., 506
Ricca P., 433 Schenk W., 29, 41 Serra A., 352 Stuhlmacher P., 93, 107, 110, 148,
Richard E., 534 Schenke H.-M., 215 Sevenster J. N., 124 169, 191, 251
Richardson P., 134 Schenke L., 8, 10-11, 119-120, 342 Sevrin J.-M., 411 Styler G. M., 333
Riegei S. K., 8 Schierse F.-J., 309 Sex M.-J., 159 Suggit J., 404
Riesenfeld H., 123 Schille G., 8, 18, 294 Sfameni Gasparro G., 106, 485 Svetonio, 58, 60, 68, 331, 418, 461,
Riesner R., 355 Schlier H., 110, 169, 190, 224, 226 Shin G. K.-S., 371 472,
Rigato M. L., 352 Schlosser J., 41, 172, 192, 249 Shogren G. S., 105 Swetnam J., 278, 312, 320, 442
Rinke J., 387, 390-391 Schmid J., 13, 389 Sicre Diaz J. L., 63
RiSkovà M., 170 Schmidt K. L., 331 Sigal P., 357 Tacito, 294, 306, 331, 436
Rissi M., 130 Schmidt T. E., 26 Sim U., 512-513 Taeger J.-W., 460, 476
Rius-Camps J., 409 Schmithals W., 44, 142, 169, 191, Simmaco, 58 Tagliapietra A., 463
Robinson J. A. T., 329 341 Simon M., 8 Talbert C. H., 128, 412
Robinson J. M., 26, 31, 36, 49, 491 Schmitt E., 464 Simonetti M., 11 Talete, 474
Roller O., 492 Schmitz O., 488 Simonis A. J., 432 Tannehill R. C., 167, 335, 363
Ròlling W., 56 Schnabel E. J., 176 Simonsen H., 245 Tarquinio Prisco, 458
Roloff G., 244, 511 Schnackenburg R., 94, 333, 343, Sinclair S. G., 89 Taylor J., 182
Romaniuk K., 145 349, 351, 365, 388-389, 393, 402, Siniscalco P., 50 Taylor J. E., 8
Rosse G., 25-26, 377 411, 415-416, 421, 425, 429, 434, Skehan P. W., 58 Taylor V., 24, 29, 336, 337
Rosso Ubigli L., 280 437, 441-442 Slater T. B., 462 Teani M., 151
Rowdon H. H., 515 Schneider G., 15, 44, 46, 48, 66 Smalley S. S., 41, 54 Teefle H. M., 357
Rowland C , 459 Schneider N., 138 Smith D. M. jr., 329 Tengstròm S., 488
Royse J. R., 59 SchnelleU., 91, 392-393 Smith S. H., 343 Teodoro di Mopsuestia, 233
Rubenstein R. L., 105 Schnider F., 14 Soards M. L., 14, 16, 164 Teodozione, 58
Rumia D. T., 59 Schoeps H. J., 175 Socrate, 18, 21, 35 Tertulliano, 423, 502
Ruppert L., 21 Schottroff L., 270, 410 Sòding T., 91 Testa E., 8
Russell D. S., 155 Schrage W., 150, 185, 225, 229 Sofocle, 244, 317, 490 Theissen G., 8, 334
Schreiber J., 15 Solov'ev, 420 Theobald M., 186, 416, 420
Sabourin L., 145, 147, 294 Schreiner T. R., 175 Sopatro, 173 Thielman F., 175
Sabugal S., 45, 393 Schrenk G., 294 Spick C., 59, 61, 99, 131, 154, 168, Thien H., 438
Sacchi P., 155, 163-165, 301, 458, Schròger F., 321 189, 245, 275, 409 Thompson L. L., 462
479 Schuller E., 25 Spreafico A., 124 Thrall M. E., 97, 143, 170
Saffo, 130 Schulz S., 26, 30, 33, 37, 42, 53, 71, Squires J., 20, 367-368 Thùsing W., 190-191, 196, 391
Sahlin H., 24 91 Stadelmann A., 270 Tilliette X., 133, 420
Sallustio Secondo Saturnino, 126 Schùrmann H., 363 Stàhlin, 66 Tito, 226
Salom A. P., 311 Schussler Fiorenza E., 460, 462, Standaert B., 338 Tito Quinto Flaminio, 244
Sanders E. P., 90, 93, 100, 110, 166, 484, 487, 497 Stanley C. D., 91 Tòdt H. E., 30-31
173-176, 178-179 Schweitzer A., 90, 93, 173 Stanley Jones F., 180 Tolemeo, 332
Sanders J. T., 532 Schweizer E., 21, 128, 187, 335, 337 Stanton G., 27, 41 Tolomeo Epifane, 190
616 INDICE DEI NOMI INDICE DEI NOMI 617

Tolomeo IV Filopatore, 20, 500 Von Allmen D., 188 Zager W., 147 Zimmerli W., 46
Tommaso d'Aquino, 233, 482 Vos L. A., 465 Zeller D., 29-30 Zimmermann H., 438
Toribio Cuadrado J. F., 474 Zesati Estrada C , 287-288, 293 Zuckschwerdt E., 352
Torrey C. C , 8 Wagner G., 172 Ziesler J., 110 Zumstein J., 398, 411, 420
Tow E., 58 Walter N., 117
Tracey R., 120 Wanamaker C. A., 131
Tragan P.-R., 432 Wander B., 96
Traiano, 462 Watson F., 177
Trilling W., 330, 349 Webster J. B., I l i
Tròger K.-W., 411 Wedderburn A. J. M., 105, 108,
Troiani L., 315 114, 117, 168, 171-172
Tuckett C. M., 26-28, 31, 37, 39, Weder H., 149, 151, 343, 375
43, 332, 334, 340 Wehnert J., 72-73
Turcan R., 106 Weiser A., 536
Turner M., 47, 528 Weiss H.-F., 269, 274-275, 277,
Tzetzes, 144 289, 314, 316, 319, 321
Wengst K., 119, 392
Ubrich E., 58 Wenham D., 108, 113-115, 117
Unnik W. C. van, 124 Westerholm S., 175
Westermann C , 60, 135, 159, 425,
Vaage L. E., 31 439
Valentini A., 352 Wetscott B. F., 274
Van Elderen B., 8 White R. C , 376
Vanhoye A., 16, 107, 143, 266-267, Whitelam K. W., 49
269, 273-275, 277, 285, 287-292, Whiteley D. E. H., 94
298, 305, 308, 311-312, 316, Wikenhauser A., 13, 46, 66, 389,
320-321, 487 461, 466-468, 475-476, 478, 483,
Vanni U., 133, 169, 231, 470, 475, 485, 494, 499-501, 507
478, 483, 488, 493, 499, 504, 507, Wilckens U., 110, 141, 169, 187,
514 191, 437, 445
Vannini M., 463 Wilcox M., 24
Van Segbroeck F., 388 Willett M. E., 410
Vassiliadis P., 466 Williamson R., 321
Vattimo G., 95 Wilson J. C., 461
Vattioni F., 58, 305 Wilson S. G., 91, 181
Vergeer W. C , 222 Windisch H., 246
Vermascren M. J., 106 Winger M., 175
Verseput D. J., 346 Wink W., 226-227
Vespasiano, 226, 461 Winter B. W., 363
Vidal Manzanares C , 8, 10-11 Winter M., 445
Vielhauer P., 44 Witherington III B., 38
Vignolo R., 397 Wolf E., 14, 331
Virgulin S., 150 Wolff C , 185, 229
Visser't Hooft W. A., 457 Wrede W., 104, 339
Vitellio, 461 Wright N. T., 131, 178, 236, 275
Vittorino di Pettau, 492
Vivian A., 10 Yarbro Collins A., 18, 462, 465,
Vògtle A., 343, 493 470, 498
Vollenweider S., 37, 145, 180 Yates R., 225
Volz P., 155, 505

INDICE GENERALE

Prefazione pag

CAP. I - LA CHIESA GIUDEO-CRISTIANA


DI GERUSALEMME »

Premesse »

1. Il racconto pre-marciano della Passione »


1.1 Esistenza, estensione e origine di un racconto
pre-redazionale »
1.1.1 Esistenza »
1.1.2 Data e luogo di origine »
1.2 La cristologia »
1.2.1 II racconto in quanto tale »
1.2.2 La elaborazione cristologica del racconto »
1.2.3 In conclusione »

2. La raccolta delle parole di Gesù: fonte Q »


2.1 Esistenza, estensione e origine di Q »
2.2 La cristologia »
2.2.1 II Gesù di Q è l'uomo della parola »
2.2.2 La passione-morte di Gesù »
2.2.3 La dimensione sapienziale della cristolo-
gia di Q »
2.2.4 La dimensione profetico-escatologica »
2.2.5 Conclusione »

3. Altre fonti della primitiva cristologia giudeo-cristiana »


3.1 La cristologia di At 2-5 »
3.1.1 Titoli cristologici esclusivi »
3.1.2 At 2,36 »
3.1.3 At 3,19-21 »
620 INDICE GENERALE INDICE GENERALE 621

3.2 L'invocazione "Maranatha!" (ICor 16,22) 3.4 La preesistenza (A) pag. 129
e il titolo di "Signore" pag. 52 3.5 La kenosi (B) » 132
3.2.1 Lo sfondo culturale-religioso del titolo » 54 3.6 L'esaltazione (C) » 135
3.2.2 La valenza cristologica del titolo » 56 3.7 Conclusione » 136

4. Gesù Cristo e lo Spirito Santo » 62 4. Il Crocifisso risorto » 137


4.1 La risurrezione » 65 4.1 La terminologia » 138
4.2 II battesimo al Giordano » 66 4.2 II valore fondamentale della morte di Gesù » 140
4.3 II concepimento » 68 4.2.1 Un riscatto di amore » 140
4.2.2 Scandalo e stoltezza come potenza
5. Il Tempio e la Legge » 70 e sapienza di Dio » 148
5.1 II Tempio » 70 4.3 La portata della risurrezione » 150
5.2 La Legge » 71 4.3.1 Accessibilità al valore salvifico della croce » 150
4.3.2 Presenza del Signore alla sua chiesa » 153
6. Conclusione » 74 » 154
4.3.3 Parusia e intercessione escatologica
» 76
Bibliografia
5. La partecipazione del peccatore alla morte
89 » 156
CAP. II - L'APOSTOLO PAOLO (e risurrezione) di Cristo
89 5.1 Concezione di partenza: l'assoluzione » 157
Premesse 5.2 Concezione di arrivo: la partecipazione » 161
96 5.3 Conclusione » 173
1. L'incontro personale con Cristo
96
1.1 I precedenti 6. Cristo e la Legge » 174
98
1.2 L'evento di Damasco 6.1 II giudizio negativo sulla Legge » 176
101
1.3 Conversione o chiamata? 6.2 La motivazione cristologica » 177
2. Il debito verso le tradizioni gesuane 104
2.1 Un secondo fondatore del cristianesimo? 104 7. I titoli cristologici » 180
2.2 Riferimenti evidenti a Gesù 109 7.1 Reimpiego dei titoli tradizionali » 180
2.3 Allusioni alla tradizione sinottica 111 7.1.1 Cristo » 180
2.4 Consonanze tematiche tra Paolo e Gesù 112 7.1.2 Signore » 183
2.4.1. Regno di Dio e giustificazione per fede 113 7.1.3 Figlio di Dio » 186
2.4.2. L'identità di Gesù 114 7.2 Titoli nuovi » 189
2.4.3. Il valore della morte di Gesù 115 7.2.1 "Ultimo Adamo" » 189
2.5 Conclusione 117 7.2.2 "Immagine di Dio" » 189
7.2.3 "Dio"? » 190
3. L'eredità cristologica pre-paolina 118
3.1 II triangolo Damasco-Gerusalemme-Antiochia 118 8. La cristologia come struttura fondamentale
3.2 Pre-redazionalità e struttura di Fil 2,6-11 121 del pensiero paolino » 191
3.3 Lo sfondo culturale 125 8.1 Dio » 192
3.3.1. Ambiente greco 125 8.2 Lo Spirito » 193
3.3.2. Ambiente giudaico 127 8.3 La croce » 193
622 INDICE GENERALE INDICE GENERALE 623

8.4 La chiesa pag. 194 CAP. IV - LA LETTERA AGLI EBREI pag. 265
8.5 II cristiano » 195
8.6 L'ultimo giorno » 195 Premesse » 265
8.7 Conclusione » 195
Bibliografia 1. Panoramica sulle qualifiche cristologiche presenti
» 197 » 267
nella lettera
CAP. Ili - LA TRADIZIONE PAOLINA » 215 2. Mutuo intreccio dei titoli "Figlio" e "Sacerdote" » 270
2.1 L'esordio: 1,1-4 » 271
Premesse » 215 » 275
2.2 Gesù Cristo e gli angeli: 1,5-2,18
2.3 Conclusione » 279
1. L'annientamento escatologico dell'Empio (2Ts) » 217
3. Figlio (di Dio) » 280
2. "Il Diletto" (Ef 1,6) » 219 3.1 Portata tradizionale del titolo » 280
3.2 Gesù è figlio eppure lo diviene » 282
3. "Capo" (Col-Ef) » 221 3.2.1 La pre-esistenza del Figlio » 282
3.1 Capo della chiesa » 221 3.2.2 La filiazione acquisita da Gesù » 283
3.2 Capo del cosmo e delle potenze angeliche » 224 3.2.3 Conclusione » 285
3.3 "Fu reso perfetto" » 285
4. La creazione in Cristo (Col 1,15-20) » 229 3.3.1 La piena solidarietà con gli uomini: 2,10 » 287
4.1 Gli attributi » 230 3.3.2 L'esperienza cruciale della passione e della
4.2 Le funzioni » 233 morte » 287
3.3.3 L'integrità morale di Gesù e l'unicità del-
5. Il "mysterion" (Col-Ef) » 237 la sua offerta » 289
3.3.4 Conclusione » 289
6. "Salvatore" e "mediatore" (Lettere Pastorali) » 243
4. (Sommo) Sacerdote » 293
7. Gli apporti della lPt » 247 4.1 Premesse al tema » 294
7.1 II ricorso all'Antico Testamento » 249 4.1.1 L'ambiente storico-religioso » 294
7.2 "Agnello senza difetti e senza macchia" » 249 4.1.2 Portata tradizionale del tema » 296
7.3 II tema del Servo sofferente » 251 4.2 Gesù, sommo sacerdote degno di fede e miseri-
7.4 "Pietra viva" » 252 cordioso (3,1 - 5,10) » 297
7.5 "Pastore" » 253 4.3 Confronto tipologico con Melchisedeq (cap. 7) » 298
7.6 Predicazione ai defunti? » 255 4.3.1 La figura di Melchisedeq come base del-
l'argomentazione 300
8. Conclusione » 257 4.3.2 L'attribuzione a Gesù della qualifica sa-
Bibliografia » 258 cerdotale di Melchisedeq 303
4.4 Esercizio atipico del sacerdozio di Cristo con-
frontato con quello levitico (capp. 8-9) » 305
4.4.1 La somiglianza » 305
4.4.2 Le dissomiglianze » 307
4.5 Efficacia e permanenza del sacrificio di Cristo » 314
624 INDICE GENERALE INDICE GENERALE 625

5. Conclusione pag. 320 1.3 Proprietà del Rivelatore pag. 403


Appendice sull'Eucaristia » 320 1.3.1 La conoscenza » 403
Bibliografia » 323 1.3.2 La verità » 404
1.3.3 La comunicazione » 406
CAP. V - LE REDAZIONI SINOTTICHE » 329 1.4 Conclusione » 409

Premesse » 329 2. Le molteplici definizioni di Gesù » 414


2.1 I titoli tradizionali » 414
1. Il vangelo secondo Marco » 334 2.1.1 Titoli di origine gesuana » 414
1.1 Alcune tecniche letterarie » 336 2.1.2 Titoli di origine pasquale » 417
1.2 L'insieme narrativo » 337 2.2 Gli specifici titoli giovannei » 419
1.3 La dimensione cristologica » 339 2.2.1 II Logos » 420
1.4 Titoli cristologici marciani » 344 2.2.2 L'unigenito » 426
2.2.3 L'agnello di Dio » 426
2. Il vangelo secondo Matteo » 346 2.2.4 Gli "Io sono" predicativi » 430
2.1 II materiale evangelico » 347 2.2.5 Gli "Io sono" assoluti » 437
2.2 La strategia narrativa » 347
2.2.1. Gesù come Messia » 349 3. Lo Spirito, conferma della rivelazione » 440
2.2.2. Gesù come Maestro » 353 3.1 Lo Spirito dato a Gesù » 441
2.2.3. Gesù come Emmanuele » 359 3.2 La promessa dello Spirito ai discepoli » 441
3.3 II dono effettivo dello Spirito » 442
3. Il vangelo secondo Luca (e Atti) » 362 3.4 La funzione dello Spirito nella vita dei discepoli » 444
3.1 Le e At » 364 Bibliografia » 448
3.2 Dati linguistici tipici » 366
3.3 L'idea di necessità » 367 CAP. VII - L'APOCALISSE DI GIOVANNI » 457
3.4 Manifestazione e dimostrazione della grazia » 369
3.5 Problema del valore della Croce » 376 Premesse » 457
Bibliografia » 379
1. Il problema della cristologia » 463
CAP. VI - IL QUARTO VANGELO (e 1GV) » 387
2. Agganci con la tradizione » 465
Premesse » 387 2.1 Identificazione storica di Gesù » 465
2.1.1 II nome "Gesù" » 465
1. Gesù, il rivelatore celeste » 394 2.1.2 La davidicità di Gesù » 467
1.1 La rivelazione come tema programmatico e uni- 2.2 Reimpiego della titolatura cristologica tradi-
ficante del vangelo » 395 zionale » 469
1.2 Legittimazione e itinerario del Rivelatore » 398 2.2.1 "Figlio dell'uomo" » 469
1.2.1 Missione » 398 2.2.2 "Cristo" » 470
1.2.2 Donazione » 399 2.2.3 "Signore" » 471
1.2.3 Visione e audizione » 400 2.2.4 "Figlio di Dio" » 472
1.2.4 Discesa e ascesa » 401 2.2.5 "Il Santo", "il Verace", "l'Amen" » 473
626 INDICE GENERALE

2.2.6 "Il principio della creazione" pag. 473


2.2.7 "Il primo e l'ultimo", "l'alfa e l'omega",
"l'inizio e la fine" » 474
2.2.8 Sacerdote? » 474
2.3 Le due componenti del mistero pasquale » 475
2.3.1 La morte come sgozzamento » 475
2.3.2 La risurrezione come vittoria » 476

3. La cristologia dell'Agnello » 477


3.1 Origine e significato della metafora » 477
3.2 Le funzioni dell'Agnello » 481
3.2.1 Lo sgozzamento e i suoi effetti » 481
3.2.2 L'associazione al trono di Dio » 487
3.2.3 Apertura del libro dai sette sigilli » 491
3.2.4 La funzione pastorale dell'Agnello » 495
3.2.5 "L'ira dell'Agnello" » 496
3.2.6 "Le nozze dell'Agnello" » 508

4. Cristologia e celebrazione innica » 514


» 517
Bibliografia

CAP. Vili - CONCLUSIONE GENERALE » 525

1. La crescita della cristologia neotestamentaria » 526


» 533
2. L'unità della cristologia neotestamentaria » 542
Bibliografia
Abbreviazioni » 545
Indice delle fonti » 549
Indice dei nomi » 605
STUDI SULLA BIBBIA E IL SUO AMBIENTE
Collana diretta da Romano Penna

La Bibbia è per natura sua destinata a incontrare l'uomo nella sua


concreta e sofferta vicenda storica. Di questa destinazione essa
reca l'impronta fin dalle sue origini, essendo ben radicata nei tra-
vagli storico-culturali del popolo d'Israele e della specifica comu-
nità cristiana.
La collana intende offrire studi caratterizzati dall'applicazione di una
rigorosa metodologia filologica e che insistono non solo sulla
Bibbia, ma anche sul suo ambiente.

1. / ritratti originali di Gesù il Cristo: I. Gli inizi, R. Penna, 3' ed.


2. / ritratti originali di Gesù il Cristo: II. Gli sviluppi, R. Penna, 21 ed.
3. L'ingresso di Davide in Gerusalemme capitale. Studio lettera-
rio, storico e teologico su II Sam 5,6-8; 6,1-23, R. Gelio
4. // Vangelo in Egitto. Le origini della comunità cristiana di
Alessandria, J. J. Femàndez Sangrador
5. / sacrifici dell'antica alleanza. Tipologie, rituali, celebrazioni,
I. Cardellini
6. Vangelo e inculturazione. Studi sul rapporto tra rivelazione e cul-
tura nel Nuovo Testamento, R. Penna
7. Quando interrogare è pregare. La domanda nel Salterio alia lu-
ce della letteratura accadica, R. Torti Mazzi
8. Timorati di Dio e simpatizzanti. Studio sull'ambiente pagano del-
le sinagoghe della diaspora, B. Wander
9. Gesù nelle fonti extrabibliche. Le antiche testimonianze sul
Maestro di Galilea, R. E. Van Voorst

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